HOME PRIVILEGIA NE IRROGANTO di Mauro Novelli (www.mauronovelli.it) Il
PuntO Documento
inserito il 27-10-2008 |
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Il PuntO
n° 150 Catastrofe finanziaria “tre”. Che fare ? Per una nuova Bretton Woods. Di Mauro Novelli
27-10-2008 C’È IL TERREMOTO. CHE MI METTO? I comportamenti dei paesi occidentali per fronteggiare la catastrofe finanziaria e l’inevitabile periodo di trapasso verso nuovi equilibri economici mondiali, mi fanno venire in mente quella signora che, sorpresa da una scossa di terremoto, decide di scappare di casa, ma prima di fuggire si attarda per darsi un’ultima occhiata allo specchio e, pur terrorizzata, sistemarsi la chioma. Mi sembra che gli affanni dei governi occidentali siano mirati a soluzioni di tattica spicciola: dimostrano la assoluta parzialità di analisi del fenomeno e denotano strategie di governo della catastrofe mancanti di una visione complessiva. Si veda la nostra Confindustria: appena ha ottenuto dal presidente imprenditore l’impegno a sostenere le aziende ( … e non solo la Fiat…) ha subito messo le mani avanti per il dopo (adesso va bene il pizzo a carico dell’Erario, ma dopo le cose torneranno come ora, nessuno pensi di avere qualche diritto…). Diverso atteggiamento stanno dimostrando gli orientali. Intanto, Cina, Giappone e Sud Corea hanno impostato un comune fondo di supporto[1]. Non ha la dimensione di quelli predisposti da paesi occidentali, ma l’iniziativa denota una visione sovrannazionale del problema e delle soluzioni approntate. Non si dimentichi che Cina e Giappone detengono oltre il 40 per cento dei titoli del tesoro Usa in mano a stranieri. La prontezza dimostrata dagli orientali è sorprendente. Solo fino a tre mesi fa, la Cina poneva in essere strumenti finanziari per raffreddare la dinamica economica interna (aumento dei tassi, minori provvidenze a quei settori da scoraggiare, controllo dell’inflazione ecc). Appena deflagrata la crisi, ha rivisto con decisione la politica economica interna: diminuzione dei tassi (portati sotto il 7 per cento); rimborsi fiscali per quelle aziende operanti in settori scoraggiati solo qualche settimana prima; riforma agraria per permettere la proprietà terriera privata ai contadini ecc.). Iniziative che, pur stimolando la domanda interna, certamente non sono in grado di sopperire al tracollo delle esportazioni cinesi negli Stati Uniti. Denotano però una veloce capacità di adeguamento ai cambiamenti. Con molta probabilità la Cina sta per abbandonare la sua precedente politica economica e finanziaria basata sugli Usa quale partner privilegiato per il loro commercio internazionale. Finora Pechino ha favorito il Dollaro in termini di riserve valutarie, anche sopportando tassi di rendimento dimezzati rispetto ad altre opportunità, ad esempio, rinunciando ai maggiori rendimenti degli investimenti in Euro e non approfittando della rivalutazione della moneta europea intervenuta in questi ultimi anni; ha seguito i suggerimenti americani sulla necessità di “aggiornare” il sistema finanziario interno con l’introduzione di autorità di controllo, di autorità antitrust, di società di certificazione dei bilanci, di adeguamento delle borse cinesi ai sistemi operativi occidentali; ha investito miliardi di dollari per inserirsi nel capitale di entità finanziarie statunitensi, prendendo bagni clamorosi; ha permesso l’afflusso di capitali dall’estero, spesso solo speculativo per approfittare – dal luglio 2005 - della periodica necessaria rivalutazione dello Yuan sul Dollaro. Insomma, ha cercato di reggere con decisione fino alla fine il sistema a cui aveva aderito, dimostrando serietà e correttezza. Mentre la Cina modernizzava, cioè riconvertiva in senso “avanzato” il suo sistema finanziario, gli Usa violavano al loro interno quelle stesse regole che avevano imposto al pianeta, dimostrandone la finzione e la valenza in periodi di vacche grasse: bilanci falsi (Enron, WorldCom), società di rating che tengono famiglia e forniscono pagelle comprensive (per Leman Brothers, ad esempio), Autorità dalla visione asfittica (Fed ecc.). Fino all’aborrito ricorso all’Erario per sostenere aziende nei guai. La Cina cambierà ottica nel tempo. Ma come si diceva nel PuntO n° 149, studia da leader per permettere al mondo un decoupling finanziario, sganciandosi dal sistema occidentale. Non si dimentichi che può vantare (proiezioni 2008) un surplus commerciale di 300 miliardi di dollari (si veda la tabella); che i suoi conti interni vedono le entrate fiscali superare del trenta per cento le spese correnti, con le riserve valutarie che superano i 2 mila miliardi di dollari. ANDAMENTO DELL’IMPORT/EXPORT DELLA CINA (in miliardi di Dollari)
Come e dove collocherà la Cina questi capitali? Con l’India la Cina non è mai andata d’accordo, ma se il commercio riuscisse là dove non sono riusciti i governi ? Con un mercato di quasi 2,4 miliardi di consumatori….[2] Neanche col Giappone i Cinesi sono mai andati d’accordo, ma – come si è visto – l’Oriente ha costituito tempestivamente un comune fondo anticrisi….. . E’ evidente l’esigenza di nuove regole per mantenere duraturo ed equilibrato il progresso del commercio internazionale. Il quale commercio internazionale presuppone il ritorno alla centralità della produzione reale, il ritorno del terziario al ruolo di supporto di sistema, e l’emarginazione degli strumentini da bookmakers, delle visioni da allibratori, dei mercatini o mercatoni da giocatori d’azzardo. UNA NUOVA BRETTON WOODS C’è da augurarsi che i fautori di una nuova Bretton Wood non intendano riproporre le soluzioni imposte allora dagli Stati Uniti, vincitori della Seconda guerra mondiale: cambi, di fatto, fissi, ancoraggio di alcune valute all’oro, istituzione del FMI (ancora in buona salute e fornitore di finanziamento attraversi i Diritti speciali di prelievo). Si ricorda che qualche anno fa il FMI suggerì all’Argentina di ancorare il peso al dollaro Usa. L’Argentina, si comportò da eccellente allievo: fallì poco dopo). Auspicare una nuova Bretton Woods, vuol dire coordinare iniziative di politica monetaria internazionale, dei cambi, di normative in materia finanziaria in grado di eliminare (o sminuire) le cause dei guai finanziari ed economici che ci stanno travolgendo, di alimentare la liquidità necessaria ad uno sviluppo del commercio internazionale, di anticipare con provvedimenti lungimiranti e corretti le criticità di sistema. L’errore più grave del 1945 fu quello di stabilire la gestione collegiale (solo nominale) dei rapporti di cambio, senza definire le caratteristiche economiche delle macroaree coinvolte e la loro commensurabilità. In effetti ci si attestò su un sistema di cambi fissi. Il cambio tra due divise costituisce l’indice che permette a due sistemi economici di entrare in rapporti commerciali e finanziari in modo commensurabile. Tenere fisso quell’indice vuol dire non registrare il differenziale di crescita e di variazione dei prezzi tra i due sistemi: se il paese A cresce meno in fretta del paese B, se l’inflazione incide in maniera differenziata e, nonostante ciò, il cambio viene tenuto fisso, si genereranno tensioni valutarie: prima o poi, se i due trend continuano ad essere diversificati, il paese A dovrà svalutare e/o il paese B rivalutare. In tale situazione, la speculazione ha vita facile: può puntare sulla svalutazione della divisa A (vendendola e aggravando le tensioni sul cambio con B) e/o sulla rivalutazione della divisa B (acquistandola e, anche così, aggravare le tensioni sul cambio con A) nella “quasi certezza” che gli andamenti dei corsi saranno quelli da essa ipotizzati. Nella peggiore delle ipotesi, cioè nel caso che il cambio tra le due monete non venga adeguato dalle autorità monetarie, per gli speculatori il bilancio sarà zero, cioè non ci guadagnano né ci rimettono nulla. Se si procederà a svalutazione e/o rivalutazione, la speculazione guadagnerà adeguatamente. Ricordiamo le tensioni periodiche sulla lira con le autorità monetarie costrette a ritoccare il nostro cambio nei confronti di monete divenute più forti perché i sistemi economici sottostanti si sviluppavano a ritmo superiore al nostro, apportando svalutazioni competitive per recuperare con le manovre sul cambio la loro maggiore crescita rispetto alla nostra. Ricordiamo i momenti drammatici del 1992/1993 quando, pur di tenere la lira nell’ambito del serpente monetario europeo, Bankitalia bruciò la quasi totalità delle nostre riserve, per poi cedere alle pressioni speculative (di Soros & Co.) ben superiori alle nostra capacità di tenuta. A proposito di svalutazioni
competitive, non si dimentichi che l’Art. 1 dell'Accordo Istitutivo del Fondo
Monetario Internazionale individua tra gli altri obbiettivi quello di promuovere la
stabilità e l'ordine dei rapporti di cambio, evitando svalutazioni
competitive. Non è mai riuscito a raggiungerlo. Ricordiamo ancora le tensioni sul dollaro (1968-1971) che obbligarono gli USA a dichiararne la non convertibilità in oro. Con l’aggravante della disponibilità di una tecnologia che permette arbitraggi in tempo reale e spostamenti di capitali ingenti in frazioni di secondo. In sintesi, i vantaggi di un regime di cambi fissi si evidenziano solo nel momento in cui si sono ben individuate macroaree disposte a condividere inflazione, tensioni sulle retribuzioni, obbiettivi politici. E’ il caso di Eurolandia[3]. In caso di sviluppo differenziato sia di obbiettivi (sociali, politici ed economici) che di “ricchezze”, di diversa sopportazione dei livelli di inflazione, un regime di cambi variabili è ineludibile, pena l’intervento massacrante della speculazione, certa di non rimetterci mai. Insomma, la nuova Bretton Woods dovrà dar luogo ad un nuovo assetto monetario internazionale che sia di base allo sviluppo del commercio tra nazioni e generi progresso e non arricchimenti parziali a scapito del resto del pianeta. Stavolta gli anglosassoni non potranno avere eccessivo peso nella definizione delle nuove regole, sia per aver dimostrato di non avere una visione complessiva dei problemi del mondo, sia perché il loro peso specifico è oggettivamente diminuito, sia ancora perché l’immagine di leaders indiscussi si è fortemente appannata. Sono per altro risibili le dichiarazioni imbronciate di Brown che si lamenta perché altri paesi non lo hanno voluto seguire nei suoi progetti (parliamo di metà anni ’90) miranti ad introdurre maggiori controlli sui sistemi bancari. Sarà comunque difficile convincerli del fatto che si va concludendo un’era, che la realtà è scandita da fenomeni di globalizzazione, quella vera, non quella da loro immaginata negli anni ‘90. Dovrebbero avere un buon peso, al contrario, Cina, Brasile, Russia, India e le macroaree sufficientemente omogenee per accogliere i vantaggi di una fissità dei cambi per zone armonizzabili. MATERIE DI DISCUSSIONE Propongo alla discussione questi argomenti: - Individuazione di valute di riferimento (Currency Standard) - Individuazione di macroaree sufficientemente omogenee sul fronte economico, finanziario, politico, sociale. - Cambi liberi tra macroaree. - Fasce di oscillazione per le valute di riferimento e per quelle delle macroaree. - Mercati scissi tra settore al servizio dell’economia reale (Mercati A) e settore per scommettitori (Mercati B). - Abolizione per manifesta disutilità del Fondo Monetario Internazionale CURRENCY STANDARD 1) Fascia di oscillazione ristretta (+/- 1,5 % ?) tra le valute di riferimento. Inizialmente dovrebbe coinvolgere: Euro/Dollaro (o Amero[4])/Yen. I paesi di riferimento dovrebbero impegnarsi a: - introdurre nei loro sistemi legislativi tutte le norme ritenute necessarie dagli accordi per la stabilità finanziaria del sistema; - non ammettere al loro interno entità finanziariamente canaglia (Delaware, Lussemburgo, Isole Vergini, Isola di Man [che sul piano politico, non fa parte del Regno Unito né dell'Unione europea, ma è una dipendenza della Corona britannica] ecc.); - mantenere separati i mercati, azionario ed obbligazionario, inerenti l’economia da quelli inerenti la finanza (vedi oltre); - ripristinare, aggiornare o introdurre tutte le coperture di legge contro la commistione banca/industria ecc. - impegnarsi a mantenere la propria divisa all’interno della fascia di oscillazione stabilita. Le monete di riferimento possono variare di numero. Gli stati che ritengono di poter essere utili portando la propria valuta tra quelle di riferimento si impegnano ad adottare gli strumenti appena richiamati. 2) Fascia di oscillazione dei cambi più alta (+ o – 3 % ?) per macroaree sufficientemente omogenee. 3) Cambi liberi tra valute di riferimento e valute di macroaree, tra queste e le altre valute mondiali[5]. STATI FINANZIARI CANAGLIA Gli stati che non adeguano la loro legislazione societaria e fiscale alle nuove regole vedranno fortemente tassate le operazioni finanziarie in entrata ed in uscita comportanti ogni movimento di capitali. MARCATI (per linee grossolane) Occorre mantenere “libero” il versante finanziario del mercato che serve direttamente l’economia e differenziarlo chiaramente dal mercato che serve da sala giochi per gli speculatori mondiali. MARCATI AZIONARI Scindere il mercato borsistico azionario: quello che serve l’economia (Mercato A) da quello che serve la finanza (Mercato B). Entrambi devono prevedere una tassazione (differenziata?) sui movimenti finanziari. Mercato Azionario A In esso: - non è possibile operare allo scoperto; - non sono possibili contrattazioni al di là di acquisti e vendite (niente premi, put, call, strip, strap ecc.); - i derivati (swaps ecc.) devono costituire il secondo termine (quindi di copertura) di una operazione a due corni: il rischio del primo corno deve avere come operazione eventuale un adeguato secondo corno. Non può esistere un secondo corno senza il primo. - le società di rating che intendano fornire pubbliche valutazioni di un titolo, sono tenute ad offrire al mercato assicurazioni contro l’eventualità di default dell’emittente: i collocatori di titoli retati sono corresponsabili per 24 mesi con emittenti ed se venduti al settore privato non istituzionale (quindi in circolazione nel Mercato A). Mercato Azionario B In esso si può fare tutto ciò che si vuole con gli strumenti finanziari esistenti ed inventati. Accoglierà le cartolarizzazioni. MERCATO OBBLIGAZIONARIO Scisso in A e B come l’azionario. Ogni emissione collocata presso privati deve essere quotata. Mercato Obbligazionario A In esso sono quotate le obbligazioni non strutturate e non cartolarizzabili. Mercato Obbligazionario B In esso possono essere trattate obbligazioni strutturate e ogni forma di cartolarizzazione. MERCATO DEI FONDI DI INVESTIMENTO Come per i precedenti, il Mercato A prevede solo la presenza di fondi che investono nei titoli quotati nei mercati A (azionario e obbligazionario). I fondi operativi nel Mercato B sono liberi di fare quello che vogliono. AUTORITA’ MONETARIE Gli stati aderenti al sistema dovrebbero impegnarsi a costituire una Autorità monetaria centrale indipendente. FONDO MONETARIO INTERNAZIONALE Da abolire. Per manifesta disutilità. NOTE
[1] Da Il Sole 24 Ore del 25 Ottobre 2008:L'Asia crea un fondo da 80 miliardi di
dollari Luca Vinciguerra PECHINO
- L'Asia tenta una reazione congiunta contro la crisi finanziaria. Ieri,
mentre le Borse d'Oriente si sgretolavano nuovamente sotto i colpi della
valanga ribassista, i Governi dei Paesi membri del cosiddetto "Asean +
3" (l'Associazione che raggruppa le nazioni del Sudest asiatico
più Cina, Giappone e Corea) hanno deciso di costituire un fondo da 80
miliardi di dollari per ammortizzare gli eventuali contraccolpi della crisi
finanziaria internazionale sulle economie del continente. […..] Con
la montagna d'insolvenze che rischia di soffocare la finanza mondiale, un
fondo da 80 miliardi di dollari forse non è una gran cosa. Ma quello
che conta è il segnale: l'Asia, che dopo essere stata solo lambita dal
ciclone dei mutui subprime partito da Wall Street ora sta assistendo
impotente al tracollo delle Borse, non intende muoversi in ordine sparso,
come accadde dieci anni fa, ma vuole opporre un fronte comune alla crisi
finanziaria. Con questo spirito, i capi di Stato di Cina, Giappone e Corea
del Sud hanno deciso di convocare un vertice a tre che si svolgerà ai
primi di dicembre a Fukuoka. [….] 2 Da news.kataweb.it - 26 ottobre 2008 alle 00:19Cina - India ’strategie comuni’ Chiesto dal presidente cinese Hu Jintao al primo
ministro indiano Manmohan Singh un legame bilaterale per una lungimirante e
strategica prospettiva a lungo termine. L’India con un miliardo di abitanti,
la Cina con un miliardo e trecento milioni sono le nazioni più
popolose della terra ed hanno entrambe il compito di migliorare il tenore di
vita della popolazione. 3 Sostiene Robert Mundell: “L’Europa è stata il pioniere nel processo
di formazione di una area valutaria di più grandi dimensioni, e si
tratta di un esempio che sarà sempre più spesso imitato nel
resto del mondo. È addirittura possibile che il processo possa
condurre alla riforma del sistema monetario internazionale, un risultato che
porterebbe con sé la promessa dell’ottimizzazione dell’efficienza del
commercio mondiale e del relativo meccanismo di pagamento mondiale. (Rivista
di politica economica 7-8 2002) 4 Da Wikipedia. L' Amero prevede l'unione, teorizzata, economica e monetaria di tre
nazioni del Nord America, ovvero il Canada,
gli Stati Uniti
e il Messico.
L'Amero, secondo la teoria, dovrebbe sostituire le monete attualmente in
circolazione (dollari Canadesi, dollari Americani, e pesos Messicani).
Secondo alcuni dovrebbe nascere dal modello della moneta dell'Unione
Europea, (l'euro), e viene incontro ai presupposti del NAFTA (North
American Free Trade Agreement) e del SPP (Security and Prosperity Partnership
of North America). L'idea
di un'unione monetaria del Nord America fu proposta per la prima volta
dall'economista canadese Herbert G. Grubel. Nel
settembre de 5
Sui cambi flessibili, sostiene Milton Friedman: “L’argomentazione è pressappoco identica a
quella valida per l’ora legale. Non è forse assurdo spostare le
lancette dell’orologio in estate quando lo stesso risultato si potrebbe
ottenere convincendo ciascun individuo a modificare le sue abitudini?
Basterebbe solo che tutti decidessero di recarsi in ufficio un’ora prima, di
pranzare un’ora prima, eccetera. Ma, naturalmente, è molto più
semplice spostare le lancette dell’orologio che guida i comportamenti di
tutti piuttosto che convincere ciascun individuo a modificare i suoi
comportamenti in relazione all’orologio, anche se tutti desiderano farlo. La
situazione sui mercati valutari è esattamente identica. È molto
più semplice consentire a un prezzo di variare, e cioè il
prezzo della valuta estera, piuttosto che fare affidamento su variazioni
della moltitudine di prezzi che, insieme, costituiscono la struttura dei
prezzi interni». (Rivista di politica economica 7-8 2002) |
[1] Da Il Sole 24 Ore del 25 Ottobre 2008:
L'Asia crea un fondo da 80 miliardi di dollari Luca Vinciguerra
PECHINO - L'Asia tenta una reazione
congiunta contro la crisi finanziaria. Ieri, mentre le Borse d'Oriente si
sgretolavano nuovamente sotto i colpi della valanga ribassista, i Governi dei
Paesi membri del cosiddetto "Asean + 3" (l'Associazione che raggruppa
le nazioni del Sudest asiatico più Cina, Giappone e Corea) hanno deciso
di costituire un fondo da 80 miliardi di dollari per ammortizzare gli eventuali
contraccolpi della crisi finanziaria internazionale sulle economie del
continente. […..]
Con la montagna d'insolvenze
che rischia di soffocare la finanza mondiale, un fondo da 80 miliardi di
dollari forse non è una gran cosa. Ma quello che conta è il
segnale: l'Asia, che dopo essere stata solo lambita dal ciclone dei mutui
subprime partito da Wall Street ora sta assistendo impotente al tracollo delle
Borse, non intende muoversi in ordine sparso, come accadde dieci anni fa, ma
vuole opporre un fronte comune alla crisi finanziaria. Con questo spirito, i
capi di Stato di Cina, Giappone e Corea del Sud hanno deciso di convocare un
vertice a tre che si svolgerà ai primi di dicembre a Fukuoka. [….]
[2] Da news.kataweb.it - 26 ottobre 2008 alle
00:19
Cina - India ’strategie comuni’
Chiesto
dal presidente cinese Hu Jintao al primo ministro indiano Manmohan Singh un legame
bilaterale per una lungimirante e strategica prospettiva a lungo termine.
L’India con un miliardo di abitanti, la Cina con un miliardo e trecento milioni
sono le nazioni più popolose della terra ed hanno entrambe il compito di
migliorare il tenore di vita della popolazione.
[3]
Sostiene Robert Mundell: “L’Europa è
stata il pioniere nel processo di formazione di una area valutaria di
più grandi dimensioni, e si tratta di un esempio che sarà sempre
più spesso imitato nel resto del mondo. È addirittura possibile
che il processo possa condurre alla riforma del sistema monetario
internazionale, un risultato che porterebbe con sé la promessa
dell’ottimizzazione dell’efficienza del commercio mondiale e del relativo
meccanismo di pagamento mondiale. (Rivista di politica economica 7-8 2002)
[4] Da Wikipedia.
L' Amero prevede l'unione, teorizzata, economica e monetaria di tre nazioni del
Nord America,
ovvero il Canada,
gli Stati Uniti
e il Messico.
L'Amero, secondo la teoria, dovrebbe sostituire le monete attualmente in
circolazione (dollari Canadesi, dollari Americani, e pesos Messicani). Secondo
alcuni dovrebbe nascere dal modello della moneta dell'Unione Europea,
(l'euro),
e viene incontro ai presupposti del NAFTA (North American Free Trade Agreement) e del SPP
(Security and Prosperity Partnership of North America).
L'idea di
un'unione monetaria del Nord America fu proposta per la prima volta
dall'economista canadese Herbert G. Grubel. Nel
settembre de
In Appendice.
[5] Sui cambi flessibili, sostiene Milton Friedman: “L’argomentazione è pressappoco identica a quella valida per l’ora legale. Non è forse assurdo spostare le lancette dell’orologio in estate quando lo stesso risultato si potrebbe ottenere convincendo ciascun individuo a modificare le sue abitudini? Basterebbe solo che tutti decidessero di recarsi in ufficio un’ora prima, di pranzare un’ora prima, eccetera. Ma, naturalmente, è molto più semplice spostare le lancette dell’orologio che guida i comportamenti di tutti piuttosto che convincere ciascun individuo a modificare i suoi comportamenti in relazione all’orologio, anche se tutti desiderano farlo. La situazione sui mercati valutari è esattamente identica. È molto più semplice consentire a un prezzo di variare, e cioè il prezzo della valuta estera, piuttosto che fare affidamento su variazioni della moltitudine di prezzi che, insieme, costituiscono la struttura dei prezzi interni». (Rivista di politica economica 7-8 2002)