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T ARTICOLI DEL 5-9 novembre 2008 #TOP
IN EVIDENZA
La Cina
ha annunciato un piano da 4mila miliardi di yuan, pari a 460 miliardi di euro
per rilanciare l'economia reale. La notizia è stata riportata oggi sul sito del
Consiglio di Stato cinese. Il piano approvato dal governo di Pechino prevede
che gli investimenti saranno destinati a dieci programmi che riguardano, tra
l'altro, le politiche per la casa per i meno abbienti, le infrastrutture
rurali, le reti di trasporti, l'ecologia, le innovazioni tecnologiche e le
ricostruzioni a seguito di disastri naturali. È previsto anche l'aumento dei
prestiti per le piccole e medie imprese.
La cifra, che corrisponde a circa un quinto del Pil cinese (3.300 miliardi di
dollari lo scorso anno), sarà stanziata entro il 2010. Dei 4mila miliardi di
yuan, 100 milioni dovrebbero essere utilizzati già in questo trimestre. La
decisione era già stata anticipata nei giorni scorsi e segue lo stanziamento da
225 miliardi di euro circa per il rilancio della rete ferroviaria, deliberato
alla fine di ottobre.
Lo scopo delle misure è di stimolare la domanda interna, dopo il rallentamento
dell'economia nel terzo trimestre dell'anno, quando il Pil è cresciuto del 9%,
contro il 10,4% del trimestre precedente.
Nella prima metà del 2008 la Cina ha registrato un surplus di bilancio di oltre
170 miliardi di dollari, la crisi del credito che ha investito l'economia mondiale
ha avuto come effetto un brusco rallentamento delle entrate fiscale.
Per stimolare la crescita dell'economia, il governo di Pechino ha anche
allentato la propria politica monetaria: negli ultimi due mesi ha già abbassato
il costo del denaro per tre volte portando i tassi al 6,66 per cento. Nelle
scorse settimane piani di supporto alle economie reali sono stati presentati
anche dai governi europei.
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Articoli
Cina (85)
E General Electric va a far shopping di aerei in Cina
( da "Finanza
e Mercati" del 05-11-2008)
Argomenti: Cina
Abstract: far shopping di aerei in Cina da Finanza&Mercati del 05-11-2008 Se i colossi dell'aviazione occidentale Boeing e Airbus, per un motivo o per l'altro, volano basso, Pechino inizia a farsi sentire anche in questo settore. Gecas, la divisione leasing di General Electric, comprerà infatti 25 Arj21-700 (velivoli regionali da 70 posti) prodotti dalla Commercial Aircraft Corp of China.
Quel
lusso italiano a misura di stilista
( da "Finanza
e Mercati" del 05-11-2008)
Argomenti: Cina
Abstract: Usa e Cina, e ad adeguarsi alle eleggi della grande comunicazione e grande distribuzione internazionale? La vera domanda, in fondo, riguarda il ruolo dello stilista: diventerà un semplice «strumento produttivo al servizio dell'azienda» (secondo le tesi dell'ad di Gucci Group Robert Polet) o è «l'industria che deve restare al servizio della creatività»
Si
restringe lo spread tra Btp e Bund
( da "Finanza
e Mercati" del 05-11-2008)
Argomenti: Cina
Abstract:
Cina e India
realizzate la settimana scorsa, la Reserve Bank of Australia ha abbassato ieri
il costo del denaro di 75 punti base. Un taglio superiore alle attese, che ha
portato il tasso di riferimento al 5,25%, il minimo dal marzo
Ferragamo
fa poker a San Paolo ( da "Finanza e Mercati"
del 05-11-2008)
Argomenti: Cina
Abstract: già da tempo ha accelerato la strategia di internazionalizzazione, decidendo di entrare in Paesi emergenti come India e Cina, oggi meno colpiti dalla crisi finanziaria globale. Forse anche per questo, i due giganti del lusso francese (Lvmh e Ppr) secondo indiscrezioni degli ultimi giorni sarebbero interessati a entrare nell'azienda fiorentina. C.P.
"sindacati
confederali coraggiosi hanno salvato la compagnia" - roberto petrini
( da "Repubblica,
La" del 05-11-2008)
Argomenti: Cina
Abstract: Piaggio è diventata multinazionale con un occhio rivolto all´Oriente, con impianti in Cina, India e Vietnam: è questa la zona da dove può partire un contrattacco delle nostre aziende. In Oriente ci sono circa 3,5 miliardi di persone che producono oggi più del 50% della ricchezza mondiale. Non credo che sia una scelta, ma una valutazione naturale.
se
il trucco è troppo "pesante" - sarah martinenghi
( da "Repubblica,
La" del 05-11-2008)
Argomenti: Cina
Abstract: I prodotti arrivano infatti dalla Cina, e contengono tra i bagliori luccicanti anche nichel e cromo: metalli troppo pesanti anche per le donne che con il trucco non ci vanno leggere. Si tratta di sostanze vietatissime per legge, perché possono creare allergie e dermatiti. Ad aggravare il tutto poi è stata la scoperta che tra gli ombretti sequestrati ce n´
pizzo,
negozianti e boss a giudizio - salvo palazzolo
( da "Repubblica,
La" del 05-11-2008)
Argomenti: Cina
Abstract: Pietro Cinà, Francesco Palumeri e Sebastiano Vinciguerra. Seguono i picciotti addetti alla raccolta del pizzo: Antonio Ciminello, Tommaso Contino, Antonio Cumbo, Gaetano Fontana, Salvatore Liga, Fabio Micalizzi, Vincenzo Graziano. Il processo, fondato sulle indagini della sezione Criminalità organizzata della squadra mobile,
street-art
di daze all'entropyart fra spray e graffiti
( da "Repubblica,
La" del 05-11-2008)
Argomenti: Cina
Abstract: atteggiamento dei gangster mafiosi che quello dei manager delle corporation economiche, dall´Italia agli Usa alla Cina, perché loro gestiscono in maniera spietata il domani dei giovani». Daze infine commenta la legge italiana che punisce chi viene beccato a creare graffiti in strada: «So che la situazione è delicata perché ci sono tanti monumenti che vanno difesi da chi imbratta;
teatro,
video, incontri la cina è più vicina
( da "Repubblica,
La" del 05-11-2008)
Argomenti: Cina
Abstract: Pagina XIII - Firenze Affratellamento Palazzo Pitti Teatro, video, incontri la Cina è più vicina L´organo della Palatina ritrova la sua voce
uno
sguardo sul mondo per combattere il razzismo - vassily sortino
( da "Repubblica,
La" del 05-11-2008)
Argomenti: Cina
Abstract: associazione Prodocumentales cine y tv inaugurerà la "Muestra de documentales de America Latina". Venti documentari in lingua originale, per raccontare il Sudamerica. Una monitorizzazione di quel continente che lo statista Henry Kissinger volgarmente definiva «giardino di casa degli Usa» e che oggi vive fermenti che l´hanno reso quasi completamente indipendente dall´
crolla
il "baltic index", commercio fermo - maurizio ricci
( da "Repubblica,
La" del 05-11-2008)
Argomenti: Cina
Abstract: economia mondiale segna tempesta Non saranno i paesi emergenti come la Cina a salvare lo sviluppo globale MAURIZIO RICCI L´intera economia mondiale sta cadendo a candela e la tempesta coinvolge anche la Cina, a conferma che, se l´occidente industrializzato si ferma, non saranno i paesi emergenti a tenere a galla lo sviluppo globale.
il
tempio buddista costruito con i tappi - come iscriversi a repubblica scuola
( da "Repubblica,
La" del 05-11-2008)
Argomenti: Cina
Abstract: Pagina 41 - R2 L´evento Le immagini Repubblica Tv Trovacinema A Milano il salone della moto foto, servizi e blog In Cina i blog incastrano funzionario pedofilo Da Lincoln a Bush cento anni di cinepresidenti Il tempio buddista costruito con i tappi Le tenniste si allenano sull´isola deserta COME ISCRIVERSI A REPUBBLICA SCUOLA
La
Vespa prende la rincorsa sulle strade di Ho Chi Minh
( da "Unita,
L'" del 05-11-2008)
Argomenti: Cina
Abstract: come il Vietnam o la Cina e l'India, dove i costi sono irrisori rispetto alle medie italiana ed europea. Facciamo un esempio: con il salario di un operaio di Pontedera si pagano circa 15 operai vietnamiti nella fabbrica di Hanoi. Un lavoratore assunto alla Piaggio Vietnam guadagna circa 100 dollari al mese per lavorare otto ore al giorno cinque giorni alla settimana.
La
nostra strada è al centro ( da "Sole 24 Ore, Il"
del 05-11-2008)
Argomenti: Cina
Abstract: con o senza crisi, non foss'altro perché la Cina e l'India avanzano. E dunque parliamo di globalizzazione: è con noi per restare. Ma un piccolo rallentamento non farà male: oggi abbiamo bisogno di ecletticità, non di lacciuoli legalistici. mplatero@ilsole24ore.us SCONCERTO «Cosa mi sorprende ancora a 93 anni?
In
cerca di nuova leadership ( da "Sole 24 Ore, Il"
del 05-11-2008)
Argomenti: Cina
Abstract: America dovrà condividere sempre di più il suo potere con le altre potenze, la Cina, l'India, la Russia? è possibile, come ha detto lo storico Paul Kennedy, che lo zenith americano è stato raggiunto alla fine della Seconda Guerra Mondiale, quando l'America era l'unica grande Nazione rimasta intatta? Il problema non è tanto tattico, quanto strategico.
Continente
tra opportunità e rischi ( da "Sole 24 Ore, Il"
del 05-11-2008)
Argomenti: Cina
Abstract: anche perché la Cina sta avanzando rapidamente, con contratti di acquisti, donazioni e progetti. Impegnato in Iraq e Afghanistan, alle prese con un deficit imponente e la crisi economica, il successore di Bush darà vera dimostrazione di leadership se capirà quanto importante sarà l'Africa per i prossimi assetti (nella foto,
Rapporti
più stretti Cina-Taiwan ( da "Sole 24 Ore, Il"
del 05-11-2008)
Argomenti: Cina
Abstract:
i legami
commerciali tra i due Paesi Rapporti più stretti Cina-Taiwan Triplicati i voli
settimanali, intesa su collegamenti diretti via mare
TENSIONE
IN CALO ( da "Sole 24 Ore, Il"
del 05-11-2008)
Argomenti: Cina
Abstract: Usa promettono aiuti economici e sostegno militare contro la Cina a Taiwan 1971 Taiwan perde il suo seggio alle Nazioni Unite a favore della Cina 1975 Gli Usa rompono le relazioni diplomatiche con Taiwan 1995 Pechino conduce esercitazioni militari nello Stretto di Taiwan 2005 Il leader di Taiwan Lien Chenè ricevuto dal presidente cinese Hu 2008 Il nuovo presidente taiwanese MaYing-
Materie
prime, il ruolo ambiguo della speculazione
( da "Sole
24 Ore, Il" del 05-11-2008)
Argomenti: Cina
Abstract: come Cina, India, Brasile e altri mercati emergenti. In Cina, ci fu addirittura il caso dell'accumulo in vista delle Olimpiadi di Pechino per prevenire eventuali imbarazzanti scarsità. Un quadro quindi non del tutto chiaro. Per quanto riguarda i metalli industriali, coincidenza di boom dei prezzi e calo delle scorte ai minimi storici,
Spazio,
alleanza Mosca-Pechino ( da "Sole 24 Ore, Il"
del 05-11-2008)
Argomenti: Cina
Abstract: 05 - pag: 17 autore: PROGETTI CONDIVISI Spazio, alleanza Mosca-Pechino La Cina vuole andare sulla Luna e la Russia è pronta a sostenere i suoi sforzi.Roscosmos,l'Agenzia spaziale di Mosca, è pronta ad assistere Pechino nella costruzione di una propria stazione spaziale e in un progetto per sviluppare risorse sulla Luna.
All'estero
per affrontare la crisi ( da "Sole 24 Ore, Il"
del 05-11-2008)
Argomenti: Cina
Abstract: Dal nostro inviato Non sarà facile fare del Vietnam una piccola Cina, ma 160 imprenditori italiani vogliono provarci. La missione organizzata da Confindustria, Ice e Abi, si è aperta ieri con l'annuncio di due nuovi investimenti: il gruppo bergamasco Carvico inizierà entro l'anno la costruzione di uno stabilimento per la produzione di tessuti speciali per l'abbigliamento sportivo,
La
Vespa globale nascerà ad Hanoi ( da "Sole 24 Ore, Il"
del 05-11-2008)
Argomenti: Cina
Abstract: Il motore della Vespa sarà prodotto in Cina, mentre la scocca in lamiera sarà realizzata in Vietnam da un fornitore locale. Dopo la posa della prima pietra, un anno fa con l'ex ministro degli Esteri Massimo D'Alema, la Piaggio ha quasi ultimato l'impianto, in cui lavoreranno circa 300 operai.
Il
gruppo Luxottica sbarca in India con cento negozi
( da "Sole
24 Ore, Il" del 05-11-2008)
Argomenti: Cina
Abstract: dopo Cina e Thailandia, punta a conquistare l'India. Il tutto con progetti ambiziosi se si pensa che, a regime, l'intesa darà vita alla più grande catena di ottica nel Paese in questione. «Sunglass Hut è per Luxottica una delle migliori opportunità per crescere sia nei mercati emergenti che in quelli maturi»,
Shipping,
emergenza derivati ( da "Sole 24 Ore, Il"
del 05-11-2008)
Argomenti: Cina
Abstract: rallentamento del ciclo economico di Paesi come India e Cina che dal 2002 ne hanno sostenuto lo sviluppo. Lo stesso Baltic Exchange Dry Index,l'indice guida dei noli per l'affitto delle navi cargo per il trasposto di carichi secchi come acciaio, carbone, grano e cemento, quotato alla Borsa di Londra, ieri è sceso al livello più basso dal febbraio 1999, mettendo a segno un calo dell'
Commodity
in cerca di strategie ( da "Sole 24 Ore, Il"
del 05-11-2008)
Argomenti: Cina
Abstract: propria industria e di contrastare sullo scenario globale le politiche aggressive e protezionistiche di Paesi emergenti come Cina e India. Per questo il commissario europeo alle Imprese, Guenter Verheugen, ha presentato ieri a Bruxelles una strategia integrata, una sorta di "nuova diplomazia delle materie prime" volta ad assicurare alle aziende europee le indispensabili risorse.
Disponibilità
in caduta ( da "Sole 24 Ore, Il"
del 05-11-2008)
Argomenti: Cina
Abstract: Il rilancio è legato alle minori estrazioni nel Congo, devastato dalla guerriglia, ma soprattutto alle mosse dei primi due Paesi produttori, Cina e Indonesia. L'export cinese in 9 mesi è sceso del 98%, a 436 tonn., e i big hanno annunciato tagli produttivi tra il 10 e il 50%.
Taiwan
e la Cina rafforzano l'intesa ( da "Avvenire"
del 05-11-2008)
Argomenti: Cina
Abstract: MONDO 05-11-2008 Taiwan e la Cina rafforzano l'intesa DA TAIPEI L a distensione tra Cina e Taiwan, iniziata a maggio con l'ascesa al potere a Taipei del presidente Ma Yingjeou, ha dato i suoi primi frutti con la firma di una serie di accordi commerciali di portata storica.
Rapporti
diplomatici fra Vaticano e Botswana
( da "Avvenire"
del 05-11-2008)
Argomenti: Cina
Abstract: Cina popolare, Corea del nord, Maldive, Oman, Tuvalu e Vietnam. Mentre sono in carica solo dei delegati apostolici ( rappresentanti pontifici presso le comunità cattoliche locali ma non pressi i governi) in altri sette Paesi: tre in Africa ( Comore, Mauritania e Somalia) e quattro in Asia ( Brunei, Laos,
Cina,
addio all'arcivescovo Jin Peixian Subì il carcere e i lavori forzati
( da "Avvenire"
del 05-11-2008)
Argomenti: Cina
Abstract: insegnamento e nella teologia provocate dalla chiusura della Cina negli anni della Rivoluzione culturale; ciò gli ha permesso di rafforzare i rapporti con la Chiesa universale. Le sue doti di mediatore gli hanno permesso di ricucire il tessuto della Chiesa nel Nord est della Cina e di avere sempre buoni rapporti con le autorità governative.
Cina
e Vietnam, inondazioni al confine Tragico il bilancio: sono 119 le vittime
( da "Avvenire"
del 05-11-2008)
Argomenti: Cina
Abstract: 2008 Cina e Vietnam, inondazioni al confine Tragico il bilancio: sono 119 le vittime HANOI. Inondazioni dal sud della Cina stanno ulteriormente alzando il livello dei fiumi nel nord del Vietnam, aggravando le alluvioni in un'ampia regione a cavallo del confine che in una settimana hanno ucciso almeno 119 persone nei due stati,
Casa
Bianca. Un nuovo condottiero. Sarà una svolta simile a quella impressa da
Roosvelt? ( da "AmericaOggi Online"
del 06-11-2008)
Argomenti: Cina
Abstract: e di normalizzare i rapporti con la Cina. Per arrivare agli ultimi due e più recenti "giganti". A cominciare da Ronald Reagan, che oltre a essere il presidente degli storici incontri con Gorbaciov che anticiparono per molti versi favorendolo il dissolvimento dell'Urss, nei suoi due mandati disegnò e rese vincente la ricetta che porta tuttora il suo nome.
Lo
spread Btp-Bund torna sotto quota 100
( da "Finanza
e Mercati" del 06-11-2008)
Argomenti: Cina
Abstract: dopo le manovre accomodanti di Stati Uniti, Giappone, Cina e India e Australia. Per la zona euro il mercato scommette su un taglio di mezzo punto. Sul fronte americano, i prezzi dei titoli di Stato Usa hanno ceduto terreno dopo l'annuncio del Tesoro di un'operazione di rifinanziamento trimestrale da 55 miliardi di dollari.
la
fine dell'autismo - lucio caracciolo
( da "Repubblica,
La" del 06-11-2008)
Argomenti: Cina
Abstract: Obama è stato plebiscitato dappertutto: dalla Francia (94,5%) alla Cina (88%), dalla Germania (92,5%) all´India (97%), dalla Russia (88%) all´Iran (80%), per finire con il trionfo in Italia (92%). Miliardi di persone hanno soffiato nelle vele della barca di Obama. Gli americani lo sapevano, anzi lo sentivano.
tesoro,
un clintoniano o un banchiere fed per la "mission impossible" della
ripresa - federico rampini ( da "Repubblica, La"
del 06-11-2008)
Argomenti: Cina
Abstract: Un imprenditore legato all´industria e sensibile alla competizione con la Cina? Sembra sconsigliabile la scelta di un uomo legato alle investment bank, un mondo colpito dal discredito. Molti elettori sarebbero delusi se la governance dell´economia venisse data ancora in appalto al capitalismo dei bancarottieri e delle liquidazioni milionarie.
addio
alla decana delle industrie - antonio fraschilla
( da "Repubblica,
La" del 06-11-2008)
Argomenti: Cina
Abstract: concorrenza della Cina e dell´Est e dall´aumento del costo delle materie prime e dei salari" ANTONIO FRASCHILLA Dopo un secolo chiude la Metalmeccanica meridionale. La storica azienda palermitana non ha retto alla concorrenza dei paesi dell´Est e della Cina. Ieri la proprietà, costituita dalla famiglia Mineo, ha portato i libri contabili in tribunale e 45 operai hanno così perso il lavoro.
erp,
la rivolta degli inquilini - ernesto ferrara
( da "Repubblica,
La" del 06-11-2008)
Argomenti: Cina
Abstract: Cina per motivi di lavoro. Al suo posto arriva il collega Graziano Cioni. Tira un fischio, si apre un varco tra la folla e chiede il silenzio: «Allora, vediamo se si risolve la faccenda una volta per tutte». Dopo mezz´ora la matassa è sbrogliata: Casa Spa si impegna a presentare entro una settimana le schede progettuali per la manutenzione straordinaria di via Simone Martini e la
il
made in italy va a caccia in vietnam - roberto petrini
( da "Repubblica,
La" del 06-11-2008)
Argomenti: Cina
Abstract: spiega a chiare lettere il vicepresidente di Confindustria per i rapporti internazionali Paolo Zegna: «Qui siamo i primi, in Cina il processo è esploso già vent´anni fa. Inoltre il sistema di piccole imprese vietnamite è un ottimo interfaccia per le nostre aziende», racconta e rivela di avere contatti per installare nel paese che fu di Ho Chi Min una catena di negozi di alta gamma.
"sì,
barack è uno dei nostri berlusconi si rassegni le sue idee sono state
sconfitte" - goffredo de marchis
( da "Repubblica,
La" del 06-11-2008)
Argomenti: Cina
Abstract: Premono la Cina e l´India. «Che la Cina, l´India e altri Paesi siano protagonisti non ci sono dubbi. Io però credo all´insostituibilità dell´America. Il mondo non può accettare l´isolamento degli Usa, non può rinunciare alla sua leadership morale. In questi ultimi anni l´America era quella di Guantanamo, non più di Martin Luther King,
ArcelorMittal,
piano anti-crisi ( da "Sole 24 Ore, Il"
del 06-11-2008)
Argomenti: Cina
Abstract: Ma soprattutto pesa il crollo del 9,1% della produzione della Cina, il maggior produttore mondiale. Per il 2009 le previsioni continuano ad essere negative. Nello sforzo di ridurre la produzione, il gruppo in Italia ha annunciato il fermo degli impianti dall'8 dicembre per circa un mese con la ripresa prevista dopo il 6 gennaio.
<Più
vicino all'Ue Ma potremmo rimanere delusi>
( da "Avvenire"
del 06-11-2008)
Argomenti: Cina
Abstract: Chavez o su potenze emergenti come India e Cina. Spetta soprattutto all'Europa il compito di pesare di più a livello diplomatico e non solo in campo economico. In ambiti di cooperazione nuovi come l'ecologia, gli Stati Uniti potrebbero avvicinarsi alle posizioni europee? A giudicare dai suoi discorsi, Obama sembra credere sinceramente nelle energie rinnovabili e nella lotta all'
La
svolta americana fa sognare l'Europa
( da "AmericaOggi
Online" del 06-11-2008)
Argomenti: Cina
Abstract:
del
Quante
sfide per Obama ( da "AprileOnline.info"
del 06-11-2008)
Argomenti: Cina
Abstract: multilateralismo che potrebbe rischiare altrimenti di restare schiacciato da un nuovo scenario bipolare sostenuto dal legame economico stretto tra Usa e Cina (Gli Usa sono il maggior importatore di prodotti cinesi e la Cina vanta un credito nei confronti degli Stati Uniti di 520 miliardi di dollari). Con questi problemi dovrà confrontarsi la speranza suscitata nel mondo dall'elezione di Obama.
Fmi:
Tutti in recessione ( da "Sole 24 Ore, Il"
del 07-11-2008)
Argomenti: Cina
Abstract: Cina) hanno margini per un allentamento della pressione fiscale. Da qui l'appello al G-20. «Se verrà attuata questa manovra globale - ha detto Blanchard - le nostre previsioni potranno rivelarsi pessimiste». L'Fmi nota anche che l'Italia, la cui economia si contrarrà dello 0,2% nel 2008 e dello 0,6% nel 2009,
UN
PIANETA IN PERICOLO ( da "Sole 24 Ore, Il"
del 07-11-2008)
Argomenti: Cina
Abstract: in particolare la Cina, cuii Paesi industrializzati chiedono di fare di più in materia ambientale. Ma la crisi economica non lasceràa Obama grandi spazi di manovra: un piano di riduzione delle emissioni, la carbon tax o le nuove tecnologie sono destinate ad aumentare i costi per i consumatori,almeno all'inizio
Pechino
teme il protezionismo ( da "Sole 24 Ore, Il"
del 07-11-2008)
Argomenti: Cina
Abstract: oggi chiunque si trovi a governare a Washington non può dimenticare che la Cina è la seconda finanziatrice del debito pubblico statunitense. è anche per questo che la Cina è stata invitata alla prossima riunione del G-20. Quali saranno, invece, le questioni aperte tra Cina e Stati Uniti che potranno beneficiare dell'elezione di Obama?
Vietnam
preferito alla Cina Meno ostacoli burocratici
( da "Sole
24 Ore, Il" del 07-11-2008)
Argomenti: Cina
Abstract: Cina «Meno ostacoli burocratici» Carmine Fotina HO CHI MINH CITY. Dal nostro inviato Le imprese che hanno messo gli occhi sul Vietnam, guidate da Confindustria, Ice ed Abi, iniziano ad avere primi segnali di appoggio dalle banche italiane, scoprono che il governo di Hanoi accelera sulle privatizzazioni e invita gli stranieri a partecipare ai grandi piani di investimento sulle infrastrutture.
Toyota,
crollano i profitti ( da "Sole 24 Ore, Il"
del 07-11-2008)
Argomenti: Cina
Abstract: dalla Cina all'India. «Francamente, non so dire quando la situazione potrà migliorare» ha ammesso Kinoshita. Scarsa consolazione, per Toyota, è il rosicchiamento di quote ad altri costruttori in mercati declinanti: in Giappone la sua fetta di mercato è salita al record del 42,5% ( minivetture comprese), mentre negli Usa è aumentata al 17%
Pepsi
inventa la lattina-cliente ( da "Sole 24 Ore, Il"
del 07-11-2008)
Argomenti: Cina
Abstract: Pepsi è pronta a puntare sulla Cina investendo un miliardo di dollari. Ma anche nell'estremo Oriente si ripropone la sfida delle bollicine perchè la stessa Coca Cola ha annunciato una maxi-acquisizione da 2,4 miliardi nel Paese. Novità. La lattina Pepsi
Costa
conquista i cinesi con il sarto di bordo
( da "Sole
24 Ore, Il" del 07-11-2008)
Argomenti: Cina
Abstract: Siamo statii primi a effettuare crociere regolari in Cina e Asia –spiega Onorato –iniziando nell'estate 2006 da Shangai e da allora le crociere Costa in Cina sono arrivate a cento». Un'operazione non facilevista la diffidenza iniziale di un popolo limitato negli spostamenti anche per le difficoltà nell'ottenimento dei visti.
Prodotti
riciclati, pochi i ritiri ( da "Sole 24 Ore, Il"
del 07-11-2008)
Argomenti: Cina
Abstract: Perfino la Cina –che per anni ha razziato in Italia gli scarti rigenerati per placare la sua fame di materie prime – sta rallentando gli ordinativi. Se gli europei comprano meno mobili, si producono meno pannelli ricavati con i trucioli degli imballaggi usati di legno.
Grande
fuga dagli obbligazionari ( da "Sole 24 Ore, Il"
del 07-11-2008)
Argomenti: Cina
Abstract: invece, Pioneer Azionario Paesi Emergenti, Gestielle Cina e Fonditalia Euro Financial: tutti e tre hanno accusato perdite superiori al 50 per cento. CHI RACCOGLIE Soltanto due gruppi hanno registrato un saldo positivo: Mediolanum (55 milioni) e la società americana State Street Advisors (52 milioni)
il
mondo ai tempi di obama - ferdinando salleo
( da "Repubblica,
La" del 07-11-2008)
Argomenti: Cina
Abstract: la Cina di Hu Jintao ? soprattutto con la prima ? la diplomazia a tutto campo potrà riprendere il discorso strategico che Washington aveva stabilito persino con l´URSS con reciproco vantaggio, e proseguito con alterne vicende fino alle recenti crisi e alle reciproche provocazioni che hanno arrestato il processo di disarmo e controllo degli armamenti facendo arretrare la stabilità.
"gli
enti locali sostengano chi innova" - vera schiavazzi
( da "Repubblica,
La" del 07-11-2008)
Argomenti: Cina
Abstract: Cina, India, Estremo Oriente, andranno davvero indietro: al momento stanno soltanto rallentando, che è cosa ben diversa dalla recessione. E´ certo comunque che il 2009 sarà un anno durissimo per l´auto. E anche se la Fiat perde e perderà in proporzione meno di altri costruttori occorre guardare molto più avanti,
il
sogno americano del politecnico - milena vercellino
( da "Repubblica,
La" del 07-11-2008)
Argomenti: Cina
Abstract: internazionalizzazione del Politecnico porta infatti in Cina: «Abbiamo già accordi con 20 università cinesi e ospitiamo 650 studenti cinesi che seguono i nostri corsi di laurea. Da quest´anno, poi, abbiamo un accordo con l´Università Tongji di Shanghai. Da settembre 20 nostri studenti sono là e l´anno prossimo a studiare con loro a Torino ci saranno 80 giovani cinesi»,
"servono
regole severe sulla qualità il castelmagno non è tutto uguale" - davide
banfo ( da "Repubblica, La"
del 07-11-2008)
Argomenti: Cina
Abstract:
Sono
dal
parrucchiere al ristoratore "così affrontiamo la recessione" -
claudia brunetto isabella napoli ( da "Repubblica, La"
del 07-11-2008)
Argomenti: Cina
Abstract: «Il cinema resiste - dice Tonino Di Patti, proprietario del cine-teatro Metropolitan di viale Strasburgo - perché dipende molto dal tipo di film. Il teatro, invece, e lo spettacolo di intrattenimento in genere è diventato un lusso per la nostra utenza. Così quest´anno abbiamo fatto un solo turno di spettacoli e non due.
L'AMERICA
E IL MONDO ( da "Avvenire"
del 07-11-2008)
Argomenti: Cina
Abstract: accompagnandosi una sempre maggiore influenza di tipo politico da parte della Cina. Obama per l'Africa è un'icona. Lì dove il presidente eletto ha la sue radici ci si attende un impegno sempre maggiore dell'America sia sul fronte degli investimenti che su quello degli aiuti e di politiche di sviluppo sostenibili. È stato Mandela a indicare a Obama grandi obiettivi ai quali non può sottrarsi,
<Turismo
e trapianti, iniquo business> ( da "Avvenire"
del 07-11-2008)
Argomenti: Cina
Abstract: In Cina e Pakistan il fenomeno sta decrescendo perché stanno adottando maggiori controlli». È di ieri la notizia dal Kosovo di tre arresti per trapianti illegali, due dei quali medici, in un'inchiesta che vede coinvolti due stranieri, un israeliano e un donatore turco.
L'Europa
si prepara oggi al G20 di Washington Attese proposte concrete
( da "Avvenire"
del 07-11-2008)
Argomenti: Cina
Abstract: che riunirà i più importanti paesi emergenti come Cina, India, Brasile, Corea del Sud e Sud Africa, assieme alle grandi nazioni industrializzate, viene visto come l'avvio di un processo di revisione dell'architettura finanziaria globale. Il premier italiano Berlusconi, che ieri ha incontrato il presidente russo Dmitri Medvedev e il primo ministro Vladimir Putin,
L'economia
mondiale ( da "Avvenire"
del 07-11-2008)
Argomenti: Cina
Abstract: 6) -0,6% (-0,4) -0,7% (-0,5) -1,3% (-1,2) 2008 2009 +3,7% (-0,2) +1,4% (-0,1) +0,5% (-0,2) +2,2% (-0,8) -0,7% (-0,8) -0,2% (-0,7) MONDO Usa Giappone ECONOMIE AVANZATE Russia Cina India +1,4% (-0,1) -0,3% (-0,8) +6,8% (-0,2) +9,7% (-0,1) +7,8% (-0,1) +3,5% (-2,0) +8,5% (-0,8) +6,3% (-0,6) ANSA-CENTIMETRI
polemiche
tra i visitatori per una svastica fiorita - marina paglieri
( da "Repubblica,
La" del 07-11-2008)
Argomenti: Cina
Abstract: Cina, Brasile e Giappone. Si apre con «Constellations», undici opere di grandi dimensioni e di taglio museale, poste all´ingresso del padiglione che ospita la fiera. Tra queste Object of desire (selling Cuba) di Tania Bruguera, performance provocazione con nove agenti immobiliari sedute alla scrivania che vendono,
l'anima
delle fabbriche nei clic d'artisti per la gd - francesca parisini
( da "Repubblica,
La" del 07-11-2008)
Argomenti: Cina
Abstract: dalla Cina all´Europa, tutti ritratti ed interpretati dalla macchina fotografica di 18 professionisti: Gabriele Basilico, capofila della fotografia industriale in Italia, ha raccontato la Manifattura Tabacchi di Bologna, Dayanita Singh s´è occupato dell´India, Anthony Goicolea degli Usa, Tobias Zielony della Germania,
"un'illusione
il petrolio a 60 dollari il costo del barile riprenderà la corsa" -
maurizio ricci ( da "Repubblica, La"
del 07-11-2008)
Argomenti: Cina
Abstract: il petrolio a 60 dollari il costo del barile riprenderà la corsa" A trainare la domanda globale saranno sempre Cina, India e Medio Oriente MAURIZIO RICCI ROMA - Il petrolio a 60 dollari al barile (la quotazione di ieri a New York) è una sorta di illusione ottica, al massimo una pausa di respiro di breve durata. Il prezzo del greggio è destinato a schizzare di nuovo verso l´alto.
Per
la Sinistra, debutta l'associazione
( da "AprileOnline.info"
del 07-11-2008)
Argomenti: Cina
Abstract: Giorgio Parisi, Simonetta Salacone, Marcello Cini, Wilma Labate, Luciano Gallino, Margherita Hack, Mario Tronti, Elisabetta Piccolotti, Nichi Vendola, Claudio Fava, Umberto Guidoni, Paolo Cento, Loredana De Petris) per lanciare una nuova associazione dal nome altrettanto ambizioso: "Per la sinistra".
La
mano di Obama sul futuro d'Africa
( da "Finanza
e Mercati" del 08-11-2008)
Argomenti: Cina
Abstract: Né tantomeno è pensabile che la Cina sieda a un tavolo congiunto con le potenze occidentali o intervenga esplicitamente nella crisi, visti i precedenti come il Darfur che hanno visto l'establishment cinese non esporsi mai e anzi prendere le distanze da prese di posizione che violino la sovranità di un Paese e del suo governo.
i
diritti civili e il modello ultraliberista - mikhail gorbaciov
( da "Repubblica,
La" del 08-11-2008)
Argomenti: Cina
Abstract: ma anche altri (Cina, India, Brasile, Sudafrica e Messico). Quali principi verranno messi alla base di questo sistema è un fatto fondamentale, anche dal punto di vista dei diritti umani. Credo che l´esito finale dipenderà da quanto democratica sarà la fase iniziale, se saprà tener conto degli interessi della comunità internazionale.
allarme
della comunità cinese "bersagliati da scippi e rapine" - jessica
schillaci ( da "Repubblica, La"
del 08-11-2008)
Argomenti: Cina
Abstract: Tanta rabbia è dovuta a un fatto culturale: in Cina solo per il semplice furto si va in galera. Ecco perché i cinesi di Palermo sono così determinati, soprattutto quando a subire le ingiustizie sono gli innocenti. «Una sera quando avevo finito di lavorare e stavo andando a casa ? racconta Jin YeMin, che abita in via Garibaldi con il marito e un bambino,
sen:
"è un cittadino globale risani l'economia usa per il bene di tutto il
mondo" ( da "Repubblica, La"
del 08-11-2008)
Argomenti: Cina
Abstract: la Cina, il Giappone, l´India, il Brasile. E deve considerare anche quei Paesi che hanno meno potere, meno persino delle nuove nazioni emergenti dotate di forti economie, come appunto la Cina, l´India e il Brasile, ma che subiranno le conseguenze della crisi attuale, e penso in particolare all´Africa, che richiederà un´attenzione tutta speciale»
un
passo avanti per i diritti umani - wei jingsheng
( da "Repubblica,
La" del 08-11-2008)
Argomenti: Cina
Abstract: e il principale creditore degli Usa nel mondo è la Cina. Partendo dalla riduzione del debito con Pechino, Obama saprà sanare la crisi finanziaria e allo stesso tempo rendere più distesi i rapporti con la Cina. Da questo miglioramento generale scaturirà anche un avanzamento nella situazione dei diritti umani.
gli
industriali europei fanno muro "il taglio di emissioni dove costa
meno" - giampiero martinotti
( da "Repubblica,
La" del 08-11-2008)
Argomenti: Cina
Abstract: accordo internazionale anche con Cina, India e Stati Uniti», ha detto Emma Marcegaglia, presidente della Confindustria, al termine della riunione di Business Europe, l´organizzazione che riunisce gli imprenditori dell´Ue. «Le industrie europee dovranno già fare entro il 2020 ingenti investimenti per rilevare la sfida tecnologica che pone l´obiettivo di riduzione delle emissioni»
Marino:
Le regole ci sono Non spaventate i donatori
( da "Unita,
L'" del 08-11-2008)
Argomenti: Cina
Abstract: Nel 2007 le donazioni sono leggermente calate, nel primi mesi del 2008 si stanno riprendendo. «Io credo che il dibattito etico debba essere rivolto al commercio degli organi o a quello che sta avvenendo in alcuni paesi come la Cina». CRISTIANA PULCINELLI
Lotta
allo smog, la Cina si smarca: <I Paesi ricchi facciano la loro parte>
( da "Avvenire"
del 08-11-2008)
Argomenti: Cina
Abstract: la Cina si smarca: «I Paesi ricchi facciano la loro parte» DA PECHINO I Paesi ricchi «devono assumersi le loro responsabilità» nella lotta al surriscaldamento del pianeta, «tra cui quella di cambiare il loro insostenibile stile di vita». Lo ha detto il primo ministro cinese Wen Jiabao aprendo a Pechino una Conferenza internazionale sul cambiamento del clima.
I
cocci dei <Cristalli> salvati dai cattolici
( da "Avvenire"
del 08-11-2008)
Argomenti: Cina
Abstract: in Australia e in Cina. Un esodo biblico: tra quella notte e lo scoppio della guerra nel 1939 furono oltre 250 mila le persone che lasciarono le proprie case in Germania e Austria. Ma non si possono ignorare, spiega Gilbert, quanti accolsero i rifugiati e cercarono in tutti i modi di salvarli: «Se il numero di queste persone generose fu scarso,
truppe
usa dall'iraq in afghanistan e scoppia un caso con la polonia sullo scudo -
alberto flores d'arcais ( da "Repubblica, La"
del 09-11-2008)
Argomenti: Cina
Abstract: sforzo internazionale» e alle capacità diplomatiche dei paesi del 5+1 (Stati Uniti, Cina, Russia, Gran Bretagna, Francia e Germania). Ieri Obama ha parlato al telefono con il presidente cinese Hu Jintao e con quello russo Medvedev che incontrerà nel corso del prossimo G20. Una smentita è invece arrivata sul fronte dello scudo antimissile.
"la
cattiva politica fa solo danni il governo resti fuori dalle banche" -
roberto rho ( da "Repubblica, La"
del 09-11-2008)
Argomenti: Cina
Abstract: La Cina, che al contrario degli Usa ha un surplus di bilancio e controlla circa un trilione di dollari del debito pubblico americano, ha appena il 3,7%, l´India l´1,9%. Si può risolvere una crisi planetaria escludendo dal tavolo le economie emergenti?
la
svolta lenta - (segue dalla prima pagina)
( da "Repubblica,
La" del 09-11-2008)
Argomenti: Cina
Abstract: India alla Cina, dall´Iran alla Russia. In caso opposto la transfrontaliera questione pasthun, divenuta pedina del nuovo Great Game in Asia Centrale, è destinata a ipotecare qualsiasi prospettiva di stabilizzazione a Kabul. Fronte, quello afgano, condizionato dalla possibilità di ridislocare ai piedi dell´Hindu Kush parte delle truppe oggi in Iraq.
aspettando
godot a bretton woods - (segue dalla prima pagina)
( da "Repubblica,
La" del 09-11-2008)
Argomenti: Cina
Abstract: Sul piatto della bilancia vanno messe anche l´Europa e la Cina, la Russia, l´India. Lasciamo da parte questi ultimi tre paesi e soprattutto la Russia che naviga in acque assai brutte e fa anche il cipiglio all´Occidente. E vediamo qual è in Europa lo stato dell´arte. Lo stato dell´arte, cioè della politica economica europea, è pessimo.
la
crisi e i paesi poveri - kofi annan, michel camdessus e robert rubin
( da "Repubblica,
La" del 09-11-2008)
Argomenti: Cina
Abstract: la Cina, l´India, l´Arabia Saudita, il Sud Africa ed altri paesi: anche le nazioni più povere devono poter dire la loro al tavolo dei negoziati. Il Fmi deve assumere un ruolo centrale nel monitoraggio dei mercati globali e nella risposta alle situazioni di crisi, nonché essere reso più rappresentativo e partecipativo.
il
revival del megafono voce delle parole ribelli - filippo ceccarelli
( da "Repubblica,
La" del 09-11-2008)
Argomenti: Cina
Abstract: della Cina e della Cia, della provocazione e in fondo anche della speranza. «Voi siete il megafono del Papa», disse un giorno Karol Wojtyla ai giornalisti della Radio Vaticana; «Rutelli è un megafono che gracchia», accusò un´altra volta Sandro Bondi per replicare all´allora leader del centrosinistra.
l'ultimo
assalto in fiera alla festa delle due ruote - franco vanni
( da "Repubblica,
La" del 09-11-2008)
Argomenti: Cina
Abstract: La Cina al Salone del ciclo e motociclo è nascosta. Un solo espositore nazionale: sei produttori accalcati in una struttura in laminato. La Foton International propone uno scooter elettrico a 360 euro. La gente si ferma, legge il prezzo e non ci crede: «Ma davvero?
"belle
arti", ecco i gioielli degli anni quaranta - a cura di cecilia cirinei
( da "Repubblica,
La" del 09-11-2008)
Argomenti: Cina
Abstract: Sono centoventi i gazebo bianchi, tutti uguali, fatti arrivare appositamente dalla Cina dal suo organizzatore Mario Testa, lo stesso dello storico mercatino di Piazza Verdi. «Questo mercatino è stata una scommessa ben riuscita - racconta Mario Testa - volevamo trovare un posto più centrale e di passaggio e ci siamo riusciti.
cacciatori
di dote e shopping sessuale - natalia aspesi
( da "Repubblica,
La" del 09-11-2008)
Argomenti: Cina
Abstract: Se si ricordano altri cine-gigolò o la loro aristocrazia, i cacciatori di dote, vengono in mente solo stupendi seduttori: Montgomery Clift (L´ereditiera), Warren Beatty (La primavera romana della signora Stone), Paul Newman (La dolce ala della giovinezza), David Bowie (Gigolò).
federer
si arrabbia "non sono un n.2"
( da "Repubblica,
La" del 09-11-2008)
Argomenti: Cina
Abstract: Oggi il via al Masters maschile di Shanghai (ultima volta in Cina), ultimo appuntamento del tennis (due match: Djokovic-Del Potro e Davydenko-Tsonga). Ma hanno sorpreso le parole della vigilia di Roger Federer: «Numero due del mondo? Suona male, non mi piace per niente. Io sono un numero uno, o un vincitore di tornei dello Slam.
G20
in Brasile: i Paesi emergenti chiedono un posto tra i Grandi
( da "Unita,
L'" del 09-11-2008)
Argomenti: Cina
Abstract: India e Cina), se il mondo potrà continuare a crescere anche l'anno prossimo. Lo ha appena stimato il Fondo monetario internazionale: nel 2009 i paesi avanzati saranno tutti in recessione. Per questo gli emergenti chiedono un posto stabile nelle riunioni dei «Grandi» e sicuramente faranno sentire la loro voce nel prossimo fine settimana a Washington.
Parte
una settimana di fuoco per Barack Obama
( da "AmericaOggi
Online" del 09-11-2008)
Argomenti: Cina
Abstract: Sempre ieri, riferisce l'agenzia Nuova Cina, il presidente eletto Usa ha avuto una conversazione telefonica con il presidente cinese Hu Jintao, al centro del colloquio la crisi finanziaria: Hu ha detto che Cina e Stati Uniti devono "tener conto delle loro rispettive preoccupazioni".
( da "Finanza e Mercati" del 05-11-2008)
Argomenti: Cina
E General Electric
va a far shopping di aerei in Cina da
Finanza&Mercati del 05-11-2008 Se i colossi dell'aviazione occidentale
Boeing e Airbus, per un motivo o per l'altro, volano basso, Pechino inizia a
farsi sentire anche in questo settore. Gecas, la divisione leasing di General
Electric, comprerà infatti 25 Arj21-700 (velivoli regionali da 70 posti)
prodotti dalla Commercial Aircraft Corp of China. La commessa, del
valore di oltre 700 milioni di dollari, è la prima che il produttore cinese
conquista al di fuori della Grande Muraglia.
( da "Finanza e Mercati" del 05-11-2008)
Argomenti: Cina
Quel lusso italiano
a misura di stilista da Finanza&Mercati del 05-11-2008 LUCA TESTONI Per comprendere
il futuro del lusso italiano, in questo caso, occorre partire dalla fine.
Ovvero, dalle conclusioni del libro di Carlo Pambianco (I signori dello stile,
edizioni Sperling & Kupfer), dedicato al fenomeno della moda made in Italy,
«dai tempi in cui via Montenapoleone era ancora una strada riservate alle
botteghe alimentari» fino alla situazione attuale. Un'analisi di quasi mezzo
secolo vissuto da protagonista, e raccontato da un professionista che è stato
il primo consulente del settore e, tuttora (con l'omonima azienda Pambianco
Strategie d'impresa) resta punto di riferimento della moda nazionale. Un
viaggio che si conclude con un ipotetico balzo nel futuro, tentato, appunto,
nelle conclusioni del libro: «Fra vent'anni - scrive Pambianco - mi immagino di
osservare una grande strada della moda. Da un lato, ci saranno i grandi brand
... Quel lato della strada sarà occupato da quattro o cinque enormi edifici di
lusso, a molteplici piani... Dall'altro lato della strada ci saranno edifici
meno appariscenti. Avranno una dimensione tutto sommato contenuta, ma saranno
costruiti e ricostruiti con maggiore frequenza, dunque abbelliti e ridisegnati
secondo gli ultimi gusti e desideri di vivibilità. Soprattutto, accando a
questi, e alle loro spalle, si apriranno piazzette circolari. E all'interno di
esse sarà possibile accedere, e lasciarsi trasportare da una serie affascinante
di scintillanti boutique tutte diverse, uniche, originali, capaci di cambiare
vetrina giorno dopo giorno. Ognuna specializzata nel progettare e fare soltanto
uno della sterminata quantità di oggetti di lusso che stanno nei diversi piani
dei palazzoni della strada». Con questa metafora finale, Pambianco disegna la
dicotomia che il lusso vive da almeno un decennio: quella tra le grandi dimensioni
necessarie a competere sui mercati internazionali, e le dimensioni proprie
dell'artigianato made in Italy, quello stesso artigianato che continua a
garantire qualità e, soprattutto, creatività. Già, perché il percorso di
crescita e di successo del lusso italiano, nella tesi del libro, resta comunque
ancorato a una doppia specifica caratteristica: «1) L'esistenza di un dinamico
e diversificato apparato manifatturiero che ha sostenuto e fortemente
contribuito al successo del sistema; 2) l'arrivo nel mercato degli stilisti che
hano nobilitato il prodotto e lo hanno posto al centro del tavolo». L'analisi
del libro corre dunque sul filo conduttore degli stilisti, capaci di
«rivoluzionare» quel sistema dominato da industriali in stile Pietro Marzotto
(«Io passo la mia giornata - raccontava a Pambianco l'imprenditore veneto - tra
i miei stabilimenti, allo scopo di aumentare la produzione, e non ho tempo per
pensare al mercato»), quando ai tempi di Carosello i primi spot erano roba del
tipo: «Ho un debole per l'uomo in Lebole», o quando la Facis (Fabbrica
abbigliamento confezioni in serie) del gruppo Gft proponeva ben 120 taglie
diverse per vestito. In questo scenario «in cui la moda viaggiava nei sedili
posteriori delle auto dei rappresentanti», Pambianco racconta l'avvento degli
stilisti. Un passo cruciale nella «rivoluzione e successo della moda italiana
nel mondo» (come recita il sottotitolo del libro). Dai primi passi («quando
Nino Cerruti presentava Giorgio Armani chiamandolo: ecco il mio stilista»),
all'esplosione di tutti quei brand che, proprio sulla scia di Armani,
imboccarono strategie capaci di creare un'impresa attorno a un nome. Così, tra
aneddoti dietro-lequinte, documenti statistici e analisi dei fenomeni aziendali
e strategici, Pambianco arriva a spiegare lo scontro stilisti-industrie, la
battaglia delle licenze, la creazione delle griffe, il fenomeno delle fashion
victims, le M&A, le Ipo e via raccontando. Fino al boom «di quei favolosi
anni Novanta», e alla successiva crisi di sistema. Una crisi, quella scoppiata
l'11 settembre 2001, che Pambianco racconta in prima persona, da una deserta
sala d'attesa di Malpensa il 16 settembre
( da "Finanza e Mercati" del 05-11-2008)
Argomenti: Cina
Si restringe lo
spread tra Btp e Bund di Redazione del 05-11-2008 da Finanza&Mercati del 05-11-2008
[Nr. 218 pagina 3] Ritorna l'interesse sul secondario italiano, che ieri ha
registrato un marcato restringimento dello spread a 10 anni con i Bund. Sia
l'obbligazionario sia l'azionario, in attesa dell'esito, hanno beneficiato del
clima delle elezioni Usa, godendo di una certa ventata di ottimismo. In
particolare, a fare bene ai titoli di Stato, sono stai comunque soprattutto i
tagli dei tassi. Dopo le manovre accomodanti di Stati Uniti, Giappone, Cina e India realizzate la settimana scorsa, la Reserve Bank of
Australia ha abbassato ieri il costo del denaro di 75 punti base. Un taglio
superiore alle attese, che ha portato il tasso di riferimento al 5,25%, il
minimo dal marzo
( da "Finanza e Mercati" del 05-11-2008)
Argomenti: Cina
Ferragamo fa poker a
San Paolo da Finanza&Mercati del 05-11-2008 Salvatore Ferragamo fa poker a
San Paolo. In attesa del momento propizio per lo sbarco in Borsa, il gruppo del
lusso fiorentino inaugurerà domani la quarta boutique nella città carioca. Il
negozio, che segue il nuovo concept, sorgerà nell'esclusivo centro commerciale
Cidade Jardim, inaugurato di recente. Ferragamo ha aperto il primo monomarca in
Brasile nel 1996 presso l'Iguatemi Shopping Mall di San Paolo, cui sono seguiti
il flagship store in Haddock Lobo, l'area dello shopping più esclusivo della
città, e un corner dedicato presso l'aeroporto internazionale. Il gruppo
fiorentino, che nel
( da "Repubblica, La" del 05-11-2008)
Argomenti: Cina
Pagina 17 - Economia
L´alleato La crisi Il presidente della Cai: è assolutamente falso che non
rispetteremo le figure più deboli "Sindacati confederali coraggiosi hanno
salvato la compagnia" Colaninno: aggiungeremo tre nuove rotte per l´Oriente
L´alleanza nasce sulla base di un giudizio industriale. Dovrà farci affrontare
la concorrenza e soddisfare il cliente Credo ancora nella globalizzazione,
Piaggio è una multinazionale con un occhio rivolto all´Asia da lì possiamo
ripartire ROBERTO PETRINI DAL NOSTRO INVIATO HANOI - Dal nuovo stabilimento
della Piaggio, in un distretto industriale nei pressi di Hanoi, nato con
l´obiettivo di strappare quote di mercato nel settore degli scooter a giganti
come Honda e Yamaha, Roberto Colaninno guarda alle sfide future. Nonostante le
ultime grane con piloti e hostess, l´operazione Alitalia è ormai in porto e il
leader della Cai comincia a tracciare i primi bilanci: riconosce ai sindacati
confederali di aver «salvato l´Alitalia», mentre agli autonomi non concede
nulla, tanto meno la riapertura delle trattative. E già vede operativa la nuova
compagnia: «Manterremmo sostanzialmente lo stesso look, rispettando
naturalmente le norme europee» annuncia, mentre sulla scelta dell´alleato si
limita a dire che il criterio decisivo sarà la «soddisfazione del cliente».
Ingegner Colaninno, la Piaggio apre un nuovo impianto nel Far East mentre c´è
la crisi internazionale e sta per cambiare l´inquilino della Casa Bianca. La
sfida continua? «Direi di sì, il mondo non è finito. Ci sono nuove variabili e
la vittoria di Obama potrebbe essere un fattore molto positivo per l´intero
globo». Lei ormai è un giocatore globale, dall´industria meccanica ai grandi
servizi di autotrasporto: si può ancora scommettere sulla globalizzazione? «Il
mondo è diventato piccolo e la comunità mondiale troverà solo beneficio da una
maggiore integrazione. Piaggio è diventata multinazionale
con un occhio rivolto all´Oriente, con impianti in Cina, India e
Vietnam: è questa la zona da dove può partire un contrattacco delle nostre
aziende. In Oriente ci sono circa 3,5 miliardi di persone che producono oggi
più del 50% della ricchezza mondiale. Non credo che sia una scelta, ma una
valutazione naturale. Anche per Alitalia? «La nuova Alitalia aumenterà
le rotte intercontinentali, in particolare quelle verso l´Oriente. Aggiungeremo
tra le nuove destinazioni della compagnia di bandiera Shangai, Pechino e Seul».
Allora non è vero, come sospettano in molti, che il futuro di Alitalia sarà
quello di una compagnia più piccola? «Rifiuto la logica del grande o del
piccolo. Quello che conta è il successo di una compagnia e la capacità di
soddisfare il cliente. Anche il piano industriale può evolversi e cambiare:
partendo da quello su cui si è aggregata la cordata, si dovrà seguire il
mercato. Tra tre anni, quindi, è possibile che il piano non sia più lo stesso.
Abbiamo creato le premesse per avviare una nuova impresa, accettando una sfida
complessa». Che ostacoli sono rimasti? «Ci sono da soddisfare le regole
dell´Unione Europea: questo non lo considero un ostacolo ma un aspetto etico.
Poi la questione del prezzo e il negoziato con il Commissario Fantozzi. Anche
in questo caso non si tratta di un ostacolo: semplicemente la domanda e
l´offerta devono trovare un punto d´incontro». Un ostacolo sono tuttavia i
sindacati autonomi di piloti e hostess che sono in subbuglio. «Il gruppo di
industriali che rappresento ha deciso di investire su un progetto basato
sull´acquisto degli asset e dei beni dell´Alitalia. Abbiamo fissato e discusso
con le organizzazioni sindacali le condizioni necessarie per sviluppare questo
progetto, il numero e le categorie delle persone che andremo ad assumere, le
condizioni dei contratti di lavoro. C´è un momento forte di discontinuità tra
la vecchia e la nuova Alitalia, che è rappresentato dal fatto che l´Alitalia
oggi gestita dal Commissario Fantozzi metterà in mobilità tutti i dipendenti,
la gran parte dei quali sarà poi assunta dalla nuova Alitalia. Se dunque un
qualsiasi dipendente dell´Alitalia messo in mobilità volesse cambiare mestiere
o società ritenendo non soddisfacenti le condizioni dei nostri contratti di
assunzione, è libero di farlo. Noi non ci sentiamo responsabili del fallimento
dell´Alitalia di oggi, noi ci sentiamo responsabili dell´Alitalia che andremo a
gestire. Noi diciamo al mercato che abbiamo bisogno di 12.635 persone. Potremmo
assumere anche un pilota Ryanair�». I sindacati autonomi lamentano tuttavia
che, in fase di assunzione, verranno penalizzate alcune figure deboli, come le
madri con figli disabili. «E´ assolutamente falso. Noi rispetteremo la legge».
Ci sono ancora possibilità di dialogo? «No. Abbiamo terminato la trattativa».
E´ rimasto amareggiato dal rapporto con i sindacati? «In realtà non ho capito
l´atteggiamento degli autonomi. I sindacati confederali invece hanno dimostrato
molto coraggio e le loro decisioni hanno contribuito a salvare l´Alitalia. Devo
aggiungere che il contratto di lavoro non è un rogito, non è immodificabile,
può evolvere sulla base del mercato e dei risultati futuri della società».
Resta la questione dell´alleato, ormai la scelta, prevista per fine mese, è
imminente. Alcuni dicono che la scelta di dislocare la maggior parte del
personale a Fiumicino presupponga l´opzione Air France. «L´alleanza industriale
nasce sulla base di un giudizio industriale. Dovrà avere un effetto positivo
per l´Alitalia e per la controparte: dovrà servire per affrontare meglio la
concorrenza e soddisfare di più il cliente. Il resto non conta».
( da "Repubblica, La" del 05-11-2008)
Argomenti: Cina
Pagina III - Torino L´inchiesta
Una fan di Guariniello fa partire l´indagine sui cosmetici cinesi contenenti
cromo e nichel Se il trucco è troppo "pesante" SARAH MARTINENGHI A
dare il via all´inchiesta sugli ombretti con il «trucco», è stata una signora
torinese, una fan di Guariniello, a cui è caduto l´occhio sul prezzo davvero
conveniente di alcuni prodotti di bellezza venduti in profumeria: da uno a tre
euro per portarsi via cosmetici e polveri per colorare guance e palpebre.
«Troppo poco» ha pensato la donna, visto che in genere possono costare anche
dieci volte tanto. La signora, insospettita, alla fine non ha comprato il
trucco, ma ha preso carta e penna e ha scritto al suo pm preferito, invitandolo
a chiarire il perché di un costo così basso. E il procuratore aggiunto Raffaele
Guariniello l´ha subito esaudita: ha mandato i carabinieri del Nas in tutte le
catene di profumerie per fare incetta di trousse, fard ed ombretti, svelando
così il «trucco» di un prezzo da concorrenza sleale. I
prodotti arrivano infatti dalla Cina, e contengono
tra i bagliori luccicanti anche nichel e cromo: metalli troppo pesanti anche
per le donne che con il trucco non ci vanno leggere. Si tratta di sostanze
vietatissime per legge, perché possono creare allergie e dermatiti. Ad
aggravare il tutto poi è stata la scoperta che tra gli ombretti sequestrati ce
n´erano anche di quelli per bambine, che per giocare a fare le grandi
rischiavano di sviluppare gonfiori e rossori nella zona sensibile intorno agli
occhi. Ora, grazie all´occhio attento della fan di Guariniello, la procura
iscriverà nel registro degli indagati la ditta tedesca che ha messo in
commercio gli ombretti cinesi: l´accusa di violazione della legge sui cosmetici
è punita con il carcere da uno a cinque anni.
( da "Repubblica, La" del 05-11-2008)
Argomenti: Cina
Pagina VIII - Palermo
Pizzo, negozianti e boss a giudizio In 51 scelgono l´abbreviato. Dodici
commercianti patteggiano Sotto processo con i Lo Piccolo anche il titolare di
una catena di supermercati SALVO PALAZZOLO Ancora una volta, sul banco degli
imputati ci saranno mafiosi e commercianti che hanno preferito finire indagati
piuttosto che denunciare il racket. Questo è il bilancio dell´udienza
preliminare "Addiopizzo": fra i sedici rinviati a giudizio ci sono i
boss di Tommaso Natale Salvatore e Sandro Lo Piccolo, ma anche Maurizio Buscemi
(pub Bocachica) e Salvatore Catalano (Movi. ter). Fra i 51 che hanno chiesto il
rito abbreviato figurano, fra gli altri, i boss Andrea Adamo, Calogero Lo
Piccolo, i collaboratori di giustizia Antonino Nuccio e Gaspare Pulizzi, ma anche
sette commercianti: Aldo e Carlo Alberto Adile (amministratori,
rispettivamente, di Interlinea e di Adile salotti), Vincenzo Cintura (ditta
edile Cintura junior), Salvatore Genovese (Genovese service srl), Giuseppe
Giammona (Giauto), Giampiero Specchiarello (Gia. spe costruzioni) e Gaspare
Messina (il gestore dello Scalea club risponde di falsa testimonianza per aver
ritrattato la sua denuncia durante l´incidente probatorio). Altri dodici
commercianti hanno chiesto di patteggiare la pena. Sono: Salvatore Balsano
(ristorante Lo scrigno dei sapori), Antonio Billeci (Il Delfino ristorazione),
Giuseppe Consolo e Giovanni Profeta (ristorante Temptation), Rosario Correnti e
Raimondo Inserra (Villa Boscogrande), Vincenzo Favaloro (ristorante Alla corte
dei normanni), Umberto Prestigiacomo (pub Any Way), Salvatore Taormina
(ingrosso carni), Domenico e Daniele Terzo (carrozzeria Firenze), Giulio
Vassallo (Bar Gardenia). In aula, davanti al gup Vittorio Anania, i pubblici
ministeri Domenico Gozzo, Marcello Viola, Gaetano Paci, Annamaria Picozzi e
Francesco Del Bene hanno ricostruito l´ascesa dei Lo Piccolo, fino al giorno
del loro arresto, il 5 novembre 2007. Nel covo dei padrini c´erano un migliaio
di pizzini, con la contabilità del racket. Le dichiarazioni di cinque pentiti
hanno svelato molti dei codici utilizzati dai padrini. Ma non è bastato: solo
18 hanno ammesso di aver pagato, tutti gli altri hanno negato. E sono finiti
sul banco degli imputati. L´elenco dei boss che fanno compagnia alle vittime
del pizzo rimaste in silenzio è lungo. Nella lista ci sono i capi, padre e
figlio Lo Piccolo. Poi, i quadri dirigenti della nuova organizzazione che aveva
preso il controllo della città: Michele Catalano (reggente dello Zen), Giovan
Battista Giacalone (titolare di una catena di supermercati, accusato di essere
reggente di San Lorenzo), Andre Gioè (reggente di Tommaso Natale e
Sferracavallo), Salvatore Genova (reggente del mandamento di Resuttana),
Ferdinando Gallina (reggente della famiglia di Carini), Antonio Mancuso (reggente
di Partanna Mondello), Massimo Giuseppe Troia (altro reggente di San Lorenzo).
Ci sono poi gli insospettabili favoreggiatori: Gerardo Parisi era ufficialmente
l´autista del presidente della Gesip, in realtà era uno dei favoreggiatori più
fidati dei Lo Piccolo, sempre pronto a reperire un covo sicuro per i latitanti.
Alcuni imprenditori sono accusati di associazione mafiosa, per aver messo a
disposizione dei Lo Piccolo le loro aziende: Pietro Alamia, Giovanni Botta, Pietro Cinà, Francesco Palumeri e Sebastiano Vinciguerra. Seguono
i picciotti addetti alla raccolta del pizzo: Antonio Ciminello, Tommaso
Contino, Antonio Cumbo, Gaetano Fontana, Salvatore Liga, Fabio Micalizzi,
Vincenzo Graziano. Il processo, fondato sulle indagini della sezione Criminalità
organizzata della squadra mobile, fa luce su mandanti ed esecutori di 42
estorsioni e 7 tentate estorsioni. Il caso più eclatante resta quello di
Rodolfo Guajana, a cui fu bruciata la fabbrica, tre mesi prima dell´arresto dei
padrini di Tommaso Natale.
( da "Repubblica, La" del 05-11-2008)
Argomenti: Cina
Pagina XIII - Napoli
Street-art di Daze all´Entropyart fra spray e graffiti Tra le opere in mostra
per il debutto partenopeo c´è "Blue Monday" con i colori del Napoli
Calcio Le dive del soul, i boss delle corporation, la strada, i volti delle
donne: "South Bronx to Naples". Daze esibisce per la prima volta a
Napoli la sua street-art, da stasera nelle sale della Entropyart Gallery di via
San Pasquale 53 (infoline 081 409 456). L´artista americano nato come Chris
Ellis espone dieci opere in puro linguaggio graffiti: tele realizzate con le
bombolette spray nell´arco di quasi trent´anni d´attività. Tra queste, anche
lavori creati apposta per il debutto napoletano, che avviene per intercessione
di Polo (alias di Alberto Cretara) graffitista anch´egli - nonché fondatore
della sigla Ktm - prima ancora che rapper con il collettivo La Famiglia.
Ricordando i ripetuti incontri con Basquiat, «specie all´inizio degli anni
Ottanta, nel periodo in cui lavorava come un matto e ha compiuto gran parte
della sua opera», Ellis spiega i suoi esordi: «Ho iniziato dipingendo i treni
della metropolitana di New York nel 1977 e ho capito che il trasporto pubblico
avrebbe portato a tutti la mia comunicativa artistica. Quelle erano
paragonabili quasi a mostre itineranti. Poi sono passato negli studi e nelle
gallerie». A Napoli, Daze ha portato ritratti, collage e idee astratte, eredità
della sua infanzia ma anche dell´attuale situazione politica e sociale
americana. «Quand´ero ragazzino e da casa mia andavo verso Brooklyn e Coney
Island - racconta - alla radio ascoltavo sempre le canzoni targate Motown. Sono
cresciuto con le hit di James Brown e Stevie Wonder, che mi hanno ispirato
tanto prima che conoscessi il rap. Ecco perché rendo omaggio a quel genere
musicale celebrando con i colori il canto di "Martha Reeves and the
Vandellas". Accanto a loro ci sono una serie di appunti visivi tratti dai
miei "Sketchbook", per esempio il XIII, il XV, il XVII e il XX. Poi
"Seduction", "Don´t Believe the Truth" e
"Hypnotic". C´è pure "Blue Monday", che casualmente cita il
bianco e l´azzurro del Calcio Napoli. Quindi "The Big Bosses", che
racchiude un doppio significato. Denuncia sia l´atteggiamento
dei gangster mafiosi che quello dei manager delle corporation economiche,
dall´Italia agli Usa alla Cina, perché loro gestiscono in
maniera spietata il domani dei giovani». Daze infine commenta la legge italiana
che punisce chi viene beccato a creare graffiti in strada: «So che la
situazione è delicata perché ci sono tanti monumenti che vanno difesi da chi
imbratta; ovviamente non alludo ai writer. Ma è complicato contenere
l´energia artistica. Credo che chi vuol fare un graffito troverà sempre e
comunque lo spazio che gli serve». (gianni valentino)
( da "Repubblica, La" del 05-11-2008)
Argomenti: Cina
Pagina
XIII - Firenze Affratellamento Palazzo Pitti Teatro, video, incontri la Cina è più vicina
L´organo della Palatina ritrova la sua voce
( da "Repubblica, La" del 05-11-2008)
Argomenti: Cina
Pagina XVIII -
Palermo Uno sguardo sul mondo per combattere il razzismo Santa Eulalia Al Cervantes
un ciclo di documentari sull´America latina Rifondazione propone il film
"Jalla!Jalla!" VASSILY SORTINO Cinema come punto di osservazione su
un mondo plurale. Come luce per offrire uno sguardo verso popoli lontani. Come
testimonianza di un´epoca. Come strumento di lotta contro il razzismo. Visi,
occhi, colori della pelle, tradizioni, mode e contraddizioni di un pianeta
troppo grande per essere raccontato in pieno dalle telecamere, ma il cui
risultato finale può diventare parte integrante della memoria collettiva. Anche
attraverso i pochi frame di una sequenza di immagini che magari faranno la
storia. Questo vogliono essere i film e i documentari proiettati oggi nelle tre
rassegne in corso in città. L´appuntamento più importante è alle 18,30 all´Instituto
Cervantes, nella chiesa di Santa Eulalia dei Catalani in via Argenteria Nuova
alla Vucciria, dove AgustÍn Funari, presidente dell´associazione
Prodocumentales cine y tv inaugurerà la "Muestra de documentales de
America Latina". Venti documentari in lingua originale, per raccontare il
Sudamerica. Una monitorizzazione di quel continente che lo statista Henry
Kissinger volgarmente definiva «giardino di casa degli Usa» e che oggi vive
fermenti che l´hanno reso quasi completamente indipendente dall´influenza
Usa. Quattro le proiezioni di oggi. Si comincia con "Treinta y seis",
dove in 27 minuti vengono riportati i passi che portarono nel 2006 alla nascita
dell´assemblea costituente in Bolivia. Si continua con "La Sombra de Don
Roberto", riduzione di un telefilm che documenta la storia cilena degli
ultimi 50 anni. Sfiora le atmosfere di "Buena vista social club" il
terzo documentario, "Sinfonia en sol menor", dove è spiegata l´ascesa
del movimento sinfonico nazionale cubano, durante la crisi economica degli anni
Novanta, quando molti musicisti preferirono fuggire all´estero. La forza
dirompente della radio, media democratico per eccellenza, è esposta in
"Radio chiquimula", storia dell´emittente del Guatemala nota per il
carattere sociale e comunitario. «Con le rassegne degli ultimi anni - dice
Belen Fiallos, responsabile delle attività culturali del Cervantes - abbiamo
raccontato la Spagna attraverso i suoi registi più noti. Oggi ci apriamo alla
realtà sudamericana, che è parte integrante della nostra cultura». Nelle
prossime settimane i temi trattati saranno la crisi dei valori e il razzismo.
Tema, quest´ultimo, sfiorato in modo ironico in "Jalla! Jalla!",
commedia degli equivoci con protagonista una famiglia di libanesi trasferitasi
in Svezia, proiettato alle 21,30 al circolo di Rifondazione comunista di
piazzetta Resuttano. Continua intanto al Goethe institut ai Cantieri culturali
alla Zisa alle 18,30 l´omaggio a Helmut Kautner, regista di "Die letze
brucke", pellicola in lingua originale che narra il dramma di un giovane
medico tedesco durante la seconda guerra mondiale impegnato, in nome del
giuramento di Ippocrate, a curare i partigiani jugoslavi rimasti feriti. Le tre
rassegne sono a ingresso libero.
( da "Repubblica, La" del 05-11-2008)
Argomenti: Cina
Pagina 29 - Economia
Crolla il "Baltic Index", commercio fermo Le navi restano nei porti,
il barometro dell´economia mondiale segna tempesta Non
saranno i paesi emergenti come la Cina a salvare lo
sviluppo globale MAURIZIO RICCI L´intera economia mondiale sta cadendo a
candela e la tempesta coinvolge anche la Cina, a conferma
che, se l´occidente industrializzato si ferma, non saranno i paesi emergenti a
tenere a galla lo sviluppo globale. Tutto questo i dati ancora non lo
dicono, ma lo si annusa dagli indicatori che guardano al futuro, come quelli
sulla fiducia sui consumatori o sugli ordinativi delle aziende. Il segnale
d´allarme più recente viene dal Baltic Dry Index, che misura, ogni giorno, i
costi del trasporto via mare di prodotti di base come minerali di ferro,
cemento e granaglie e viene considerato un buon termometro dello stato e delle
prospettive immediate del commercio mondiale. Nello scorso maggio, quando c´era
il boom delle materie prime, l´inflazione saliva e si temeva un
surriscaldamento delle economie, l´indice aveva raggiunto il suo picco storico
a 11,793. Nel giro di cinque mesi è crollato del 95 per cento. Ieri, colpito
contemporaneamente dal calo della domanda e dalla stretta sul credito, era
affondato, infatti, a 815, il livello più basso degli ultimi dieci anni. Vuol
dire che i porti sono ormai intasati da navi vuote, in attesa di un carico che
non arriverà. Ma anche che chi viaggia, rischia di farlo in perdita: spedire un
carico su una nave da 100 mila tonnellate attraverso l´oceano costava oltre 230
mila dollari al giorno, all´inizio di giugno. La settimana scorsa, bastavano
poco più di 11 mila dollari. Nonostante il nome esotico, il Baltic Dry Index
non ha niente a che vedere né con i profumi, né con la vodka. E neanche con il
Baltico. Viene calcolato a Londra, dove cominciarono ad utilizzarlo, nella
City, a metà del ´700, quando il grosso del traffico via mare riguardava il
caffè. Per misurarlo, si parte dalla risposta di un ventaglio mondiale di
operatori alla domanda su quanto costa spedire carichi di varia natura su una
cinquantina di rotte diverse: ad esempio, 100 mila tonnellate di ferro dal
Brasile alla Cina, o 50 mila di soia da San Francisco
ad Hong Kong. La domanda riguarda carichi "asciutti" e
"indifferenziati". Questo significa che non ci sono carichi liquidi,
come il petrolio. Ma anche che non ci sono prodotti finiti, abitualmente spediti
via container. E qui è l´utilità dell´indice, secondo gli economisti: proprio
perché non ci sono prodotti finiti, ma semilavorati e materie prime (come ferro
e acciaio) il Baltic Dry Index viene definito un "indice precursore"
perché misura l´attività alla radice della catena produttiva. Il resto (cioè la
paralisi dei prodotti finiti) non potrà che seguire. In questo senso, l´indice
consente oggi anche di avere un´idea, in tempo reale, dell´attività economica
di un motore fondamentale, come la Cina. Il picco
storico del maggio scorso era stato trainato dalla sete di materie prime
dell´industria cinese, impegnata in un boom di esportazioni. Il crollo attuale
è, probabilmente, il risultato di una inversione ad U della stessa economia
cinese: il calo degli ultimi giorni è, in buona misura, determinato dalla
rinuncia, da parte delle acciaierie in Cina, ad una
serie di carichi di ferro dal Brasile. E, questa volta, chiamare in causa la
speculazione non serve. Qui, si tratta di carichi reali, non di carta. E, dice
un economista americano, Howard Simons, «nessuno noleggia un cargo, se non ha
merci da muovere». Le oscillazioni del Baltic Dry Index sono abitualmente
brusche, anche in situazioni né di boom, né di crollo. La sua volatilità,
tuttavia, è anche lo specchio della sua sensibilità alle variazioni di
tendenza. E il grafico dell´indice riassume assai bene come si incrocino, in
questi mesi, le tre tendenze di fondo dell´economia mondiale: petrolio,
recessione, stretta del credito. A primavera, il boom del petrolio rischiava di
portare al collasso la globalizzazione, perché il costo del trasporto metteva
fuori mercato l´import da lunga distanza. Oggi, il combustibile costa poco, ma
non si spedisce quasi più nulla. La domanda è crollata e, anche dove c´è, non
ci sono i soldi per finanziare il trasporto.
( da "Repubblica, La" del 05-11-2008)
Argomenti: Cina
Pagina
41 - R2 L´evento Le immagini Repubblica Tv Trovacinema A Milano il salone della
moto foto, servizi e blog In Cina i blog
incastrano funzionario pedofilo Da Lincoln a Bush cento anni di cinepresidenti
Il tempio buddista costruito con i tappi Le tenniste si allenano sull´isola
deserta COME ISCRIVERSI A REPUBBLICA SCUOLA
( da "Unita, L'" del 05-11-2008)
Argomenti: Cina
La Vespa prende la
rincorsa sulle strade di Ho Chi Minh Una delegazione di duecento imprenditori
italiani capeggiata dal ministro Scajola e con Roberto Colaninno nel nuovo
distretto industriale dove già sono al lavoro Toyota, Ibm, Canon... Basta
parlar male dei comunisti. Sentite che cosa dice Roberto Colaninno: «Un anno fa
chiesi al governo del Vietnam di poter costruire una fabbrica per la produzione
della Vespa. Dopo dieci giorni mi concessero il terreno e tutte le licenze. In
meno di dodici mesi abbiamo fatto tutto. In Italia non sarei riuscito ad avere
nemmeno l'autorizzazione per aprire un chiosco per le angurie». Good Morning,
Vietnam: eccola qui la nuova tigre asiatica, l'altra faccia del modello cinese
che combina profitto, sviluppo e socialismo. Il Paese vive una svolta storica e
forse anche l'Italia può dare una mano. Dodici mesi fa l'ex ministro degli
Esteri Massimo D'Alema, armato di vanga, pose la prima pietra dello
stabilimento inaugurato ieri dal ministro dello Sviluppo, Scajola, arrivato
alla guida di duecento imprenditori italiani che desiderano, con il consueto
immancabile ritardo, affacciarsi su un mercato di 82 milioni di abitanti, porta
d'ingresso verso l'intero continente asiastico. Il Vietnam, anzi la Repubblica
Socialista del Vietnam, ha ritmi di crescita impressionanti. Il Pil è aumentato
mediamente dell'8 per cento annuo negli ultimi anni e nel 2008 si limiterà a
uno sviluppo del 7 per cento per i riflessi della recessione delle economie
occidentali. Un paese giovane, con oltre metà della popolazione che ha meno di
25 anni, dinamico e solidale, che cerca il suo spazio nel mondo. Colaninno e la
Piaggio sono stati accolti col tappeto rosso perchè la Vespa è uno dei sogni di
ogni vietnamita. Il presidente della Repubblica del Vietnam si vanta
pubblicamente di aver posseduto una Vespa e di essere in grado di smontarla e
rimontarla pezzo per pezzo. Con questi ammiratori è stato facile trovare
spazio. La fabbrica Piaggio sorge alle porte di Hanoi, in un nuovo distretto
industriale dove sono presenti anche l'Ibm, la Toyota, la Canon, la
Vietnam-Germany Steel Pipe. Sono stati assunti i primi cinquanta operai,
diventeranno presto 300 per produrre circa 100mila Vespe nel 2009 e raddoppiare
subito dopo perchè in Vietnam si vendono due milioni di scooter ogni anno.
Ovviamente i capitalisti, anche quelli italiani con la fama di essere dei
progressisti come Colaninno, non sono dei benefattori dell'umanità. Hanno un
enorme interesse a conquistare mercati nuovi e dinamici come quello asiatico e
a produrre in Paesi, come il Vietnam o la Cina e l'India, dove i costi sono irrisori rispetto alle medie
italiana ed europea. Facciamo un esempio: con il salario di un operaio di
Pontedera si pagano circa 15 operai vietnamiti nella fabbrica di Hanoi. Un
lavoratore assunto alla Piaggio Vietnam guadagna circa 100 dollari al mese per
lavorare otto ore al giorno cinque giorni alla settimana. Lo
straordinario viene pagato in più, con percentuali crescenti. Ovviamente
scioperi o contratti integrativi non sono previsti. Per poter
"rubare" alla concorrenza giapponese i quadri e gli operai migliori,
la Piaggio ha concesso 5 o 10 dollari in piu' in busta paga, una cifra che a
queste latitudini fa la differenza nel reddito familiare. RINALDO GIANOLA
INVIATO AD HANOI rgianola@unita.it
( da "Sole 24 Ore, Il" del 05-11-2008)
Argomenti: Cina
Il Sole-24 Ore
sezione: IN PRIMO PIANO data: 2008-11-05 - pag: 5 autore: «La nostra strada è
al centro» Il Nobel Samuelson: c'è stato troppo liberismo, ora va evitato
l'errore opposto Mario Platero CHICAGO. Dal nostro inviato Paul Samuelson non
abita più qui. Ma ricorda con nostalgia, quando, 73 anni fa, viveva da studente
alla Chicago university. Ha un'immagine chiara degli anni della Depressione,
quando «dalle finestre dell'università vedevo un mondo molto diverso da quello
che descrivevano i libri di testo, un mondo di povera gente e disperazione ».
Samuelson, decano degli economisti americani, premio Nobel e autore di testi di
importanza storica, ricorda anche i lunghi pomeriggi d'estate passati sulle
spiagge del lago Michigan, su cui si affaccia Chicago: «Non perché fossi un
fannullone o figlio di ricchi. Ma perché vedevo la delusione sul volto dei miei
compagni che sprecavano il tempo a cercare un lavoro per l'estate, senza alcuna
possibilità di successo». è qui, a Chicago, da dove è partita l'avventura di
Barack Obama, che Samuelson ha studiato fra i neoclassici e i conservatori, per
poi trovare una sua strada più interventista e keynesiana, davanti all'evidenza
del disastro che si era consumato in quegli anni: prima con il crollo di Borsa
del 1929 e poi con la Depressione. Abbandonò il conservatorismo che dominava la
sua scuola di Chicago per cominciare un percorso molto diverso, che lui stesso
definisce centrista. I ricordi si affollano, ma su tutto prevalgono due fatti
che oggi, a 93 anni, gli danno forza e stupore allo stesso tempo: la catastrofe
finanziaria degli ultimi mesi, molto simile per dinamica a quella degli anni
Trenta; la candidatura di un afro-americano alla Casa Bianca: «Non mi sarei
aspettato di vedere nella mia vita né l'uno né l'altro. Figuria
( da "Sole 24 Ore, Il" del 05-11-2008)
Argomenti: Cina
Il Sole-24 Ore sezione:
IN PRIMO PIANO data: 2008-11-05 - pag: 6 autore: In cerca di nuova leadership
Poco credibili le aperture al dialogo del secondo mandato di Bush Mario Platero
NEW YORK. Dal nostro corrispondente Al crepuscolo dell'amministrazione George
W. Bush e con l'avvio di un nuovo capitolo politico a Washington, le promesse
per la leadership mondiale degli Stati Uniti sono state tante e tutte
all'insegna del cambiamento. A seconda dei casi, gli americani si aspettano che
diplomazia e dialogo, linea dura e durissima a seconda dei casi, aprano un
capitolo nuovo che consenta agli Stati Uniti di uscire dall'apparente stato di
impotenza in cui si trovano sullo scacchiere mondiale. Di più, a partire da
gennaio il Paese si aspetta una svolta immediata per la gestione delle
principali crisi - Iraq, Iran, Georgia, Medio Oriente - o la chiusura simbolica
di degenerazioni imbarazzanti per le tradizioni americane di tutela dei diritti
civili, come le prigioni a Guantanamo Bay. Svolte che quasi certamente non ci
saranno. Per due ragioni. La prima è che il secondo mandato
dell'amministrazione Bush è stato molto diverso dal primo. I neocon sono stati
messi da parte, si è recuperato il dialogo con l'Europa, si è messo a punto
l'approccio multilaterale sia per i problemi nucleari con la Corea del Nord sia
con l'Iran e si è tornati in generale a un sano approccio neorealista.
L'impianto di fondo è già in posizione e semmai, più che deviare in modo
drammatico, si dovrà costruire in modo diverso. La questione diventa di
"personalità". La seconda è che su molti fronti su cui l'opinione
pubblica ritiene che l'ostacolo sia solo ideologico è invece soprattutto
tecnico. Prendiamo Guantanamo Bay. La verità è che l'amministrazione Bush ha
cercato in tutti i modi di chiuderla, ma alla fine si è scontrata con problemi
insormontabili che riguardavano direttamente i prigionieri. In molto casi
nessuno li voleva. Persino i loro paesi di origine li rifiutavano. O
minacciavano gravi ritorsioni contrarie ai diritti umani. Che i prigionieri
siano liberati ovviamente è impossibile. E dunque ci si trova nel classico
vicolo cieco. Lo stesso vale per l'Iran. Non è vero che l'amministrazione Bush
ha rifiutato il dialogo. Anzi. Ha incoraggiato la missione di Xavier Solana già
nel 2006 quando il ministro degli Esteri europeo ha portato a Teheran un
pacchetto che includeva l'ammissione nel Wto in cambio di una
"sospensione" dei progetti per sviluppare l'atomica. Attenzione:
"sospensione", non "rinuncia". Teheran chiese di avviare un
dialogo diretto anche con gli Usa. Washington non voleva ma poi accettò: se
Teheran avesse accettato la proposta europea gli Usa si sarebbero seduti a un
tavolo. Alla fine l'Iran rimandò al mittente il piano e subito dopo scatenò
Hezbollah in Libano e Hamas in Palestina, per dimostrare la sua forza nella
regione. Mesi fa si è fatto un altro tentativo, di nuovo fallito. La carta del
dialogo, dunque, è già stata testata, in coordinamento con l'Europa. E non vi
sono segnali che nei prossimi mesi qualcosa potrà cambiare con un nuovo inquilino
alla Casa Bianca. La percezione di fondo è che l'America sia strutturalmente
debole. Siamo davvero arrivati alla fine dell'unipolarismo?è vero come dice
Fareed Zacharia, che l'America dovrà condividere sempre di
più il suo potere con le altre potenze, la Cina, l'India, la
Russia? è possibile, come ha detto lo storico Paul Kennedy, che lo zenith
americano è stato raggiunto alla fine della Seconda Guerra Mondiale, quando
l'America era l'unica grande Nazione rimasta intatta? Il problema non è tanto
tattico, quanto strategico. E nei prossimi quattro anni, l'America dovrà
recuperare una sua credibilità di leadership. Come, ancora non lo sappiamo. Ma
sappiamo che ne hanno un disperato bisogno sia Washington che il mondo intero.
mplatero@ilsole24ore.us CORBIS Il volto della diplomazia Usa. Condoleezza Rice
in agosto a Tbilisi FINE DELL'UNIPOLARISMO? è sempre più diffusa la percezione
che l'America si sia indebolita e debba quindi condividere la scena con le
potenze emergenti
( da "Sole 24 Ore, Il" del 05-11-2008)
Argomenti: Cina
Il Sole-24 Ore
sezione: IN PRIMO PIANO data: 2008-11-05 - pag: 6 autore: AFRICA Continente tra
opportunità e rischi Da un decennio ormai l'Africaè la nuova frontiera, per il
suo potenziale di sviluppo economico, per le sue riserve di materie prime, per
la popolazione in crescita, per il pericolo che, in mancanza di adeguate
politiche di sviluppo sostenibile, milioni di africani si riversino in un esodo
biblico verso l'Europa.In un momento di crisi economica l'Africa rischia di
soffrire più di altre regioni. Le guerre intestine, i soldati bambini, i
genocidi, i dittatori come Mugabe in Zimbabwe diventano il primo obiettivo: va
ripristinata la stabilità. E in questo, soprattutto per il Darfur, l'America è
stata più avanti dell'Europa.Di certo non può essere trascurato, anche perché la Cina sta avanzando rapidamente, con
contratti di acquisti, donazioni e progetti. Impegnato in Iraq e Afghanistan,
alle prese con un deficit imponente e la crisi economica, il successore di Bush
darà vera dimostrazione di leadership se capirà quanto importante sarà l'Africa
per i prossimi assetti (nella foto, profughi nel Darfur occidentale).
CORBIS
( da "Sole 24 Ore, Il" del 05-11-2008)
Argomenti: Cina
Il Sole-24 Ore sezione:
MONDO data: 2008-11-05 - pag: 17 autore: Taipei. Firmato un accordo che
normalizza, dopo sessant'anni, i legami commerciali tra i
due Paesi Rapporti più stretti Cina-Taiwan Triplicati i voli
settimanali, intesa su collegamenti diretti via mare
( da "Sole 24 Ore, Il" del 05-11-2008)
Argomenti: Cina
Il Sole-24 Ore
sezione: MONDO data: 2008-11-05 - pag: 17 autore: TENSIONE IN CALO 1949 Le forze
di Mao vincono la guerra civile, costringendoi nazionalisti di Chang Kai-sheka
rifugiarsi a Taiwan 1951-54 Gli Usa promettono aiuti
economici e sostegno militare contro la Cina a Taiwan 1971
Taiwan perde il suo seggio alle Nazioni Unite a favore della Cina 1975 Gli Usa rompono le relazioni diplomatiche con Taiwan 1995
Pechino conduce esercitazioni militari nello Stretto di Taiwan 2005 Il leader
di Taiwan Lien Chenè ricevuto dal presidente cinese Hu 2008 Il nuovo presidente
taiwanese MaYing-jeou apre la via al disgelo diplomatico
( da "Sole 24 Ore, Il" del 05-11-2008)
Argomenti: Cina
Il Sole-24 Ore sezione:
COMMENTI E INCHIESTE data: 2008-11-05 - pag: 18 autore: MERCATI E MERCANTI ...
Materie prime, il ruolo ambiguo della speculazione di Alessandro Merli I l
ruolo della speculazione nel boom dei prezzi del petrolio e delle altre materie
prime è stato uno dei temi più dibattuti della prima metà dell'anno. «La peste
del XXI secolo», l'ha definita il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, che
non disdegna le immagini a effetto. Ora che la tendenza dei prezzi delle
commodities si è invertita bruscamente, nessuno ne parla più, anche se è
possibile che siano gli anticorpi di quella ma-lattia (gli speculatori che,
costretti dalla retromarcia delle quotazioni, liquidano le loro posizioni) a
giocare ancora una volta una parte importante in quello che sta accadendo sui
mercati. Un esame più tecnico e meno emotivo o politicamente motivato parte
dall'andamento delle scorte che, come sostiene il premio Nobel per l'economia,
Paul Krugman, dovrebbero aumentare con l'aumento dei prezzi e ridursi con la
loro riduzione perché fosse convalidata l'ipotesi di un ruolo decisivo degli
speculatori. Roger Bootle, di Capital Economics, autore di La morte
dell'inflazione, osserva che fra l'inizio del 2003 e la metà del 2006 sono
cresciute sia le scorte di petrolio nei Paesi industriali sia il prezzo del
greggio (da 20 dollari al barile a 80, allora un record). Nella seconda metà
del 2006, entrambi sono calati. Dove i due movimenti non combaciano più,
tuttavia, è proprio nel periodo di impennata delle quotazioni a partire dall'inizio
del 2007, quando si è cominciato a puntare il dito contro gli speculatori,
divenuti poi nel 2008 veri e propri untori: in questo periodo le scorte sono in
progressivo, seppur moderato calo, e non in ascesa come vorrebbe la teoria
anti-speculazione. Bootle introduce un dubbio, che riguarda la scarsa
trasparenza e l'inaffidabilità delle cifre sulle scorte al di fuori dei Paesi
Ocse, scorte che hanno acquisito negli ultimi anni un peso crescente: nei Paesi
produttori, come quelli dell'Opec, la Russia e quelli del Caspio, e in alcuni
consumatori, come Cina, India,
Brasile e altri mercati emergenti. In Cina, ci fu
addirittura il caso dell'accumulo in vista delle Olimpiadi di Pechino per
prevenire eventuali imbarazzanti scarsità. Un quadro quindi non del tutto
chiaro. Per quanto riguarda i metalli industriali, coincidenza di boom dei
prezzi e calo delle scorte ai minimi storici, e più tardi ritirata delle
quotazioni e rimbalzo delle scorte, tenderebbero a minimizzare il ruolo degli
speculatori. Le materie prime agricole hanno visto coincidere l'esplosione dei
prezzi con scorte basse o declinanti. Per vederci chiaro, comunque, il G-7, su
sollecitazione francese e italiana, commissionò al Fondo monetario uno studio
sul ruolo della speculazione. Studio del quale a Washington si sono perse le
tracce. Forse l'Fmi, e il resto della comunità internazionale, hanno da
occuparsi di problemi più pressanti. alessandro.merli@ilsole24ore.com
www.ilsole24ore.com/economia Online «Mercati e mercanti» di Alessandro Merli
( da "Sole 24 Ore, Il" del 05-11-2008)
Argomenti: Cina
Il Sole-24 Ore
sezione: MONDO data: 2008-11-05 - pag: 17 autore: PROGETTI CONDIVISI
Spazio, alleanza Mosca-Pechino La Cina vuole andare
sulla Luna e la Russia è pronta a sostenere i suoi sforzi.Roscosmos,l'Agenzia
spaziale di Mosca, è pronta ad assistere Pechino nella costruzione di una
propria stazione spaziale e in un progetto per sviluppare risorse sulla Luna.
Lo ha annunciato ieri il segretario e numero due di Roscosmos, Vitalij Davidov.
La stazione dovrebbe essere simile a quella russa Mir. Il programma - ha
spiegato Davidov - è diviso in varie fasi: il primo passo sarà la produzione di
velivoli destinati ai viaggi nel cosmo.
( da "Sole 24 Ore, Il" del 05-11-2008)
Argomenti: Cina
Il Sole-24 Ore
sezione: ECONOMIA E IMPRESE data: 2008-11-05 - pag: 25 autore:
Internazionalizzazione. La missione in Vietnam di Confindustria, Ice e Abi con
160 imprenditori - Siglate due intese «All'estero per affrontare la crisi»
Zegna: giusto puntare su un Paese dinamico - Scajola : attenti alla
contraffazione Carmine Fotina HANOI. Dal nostro inviato Non
sarà facile fare del Vietnam una piccola Cina, ma 160
imprenditori italiani vogliono provarci. La missione organizzata da
Confindustria, Ice e Abi, si è aperta ieri con l'annuncio di due nuovi
investimenti: il gruppo bergamasco Carvico inizierà entro l'anno la costruzione
di uno stabilimento per la produzione di tessuti speciali per l'abbigliamento
sportivo, mentre il consorzio Medexport ha appena ottenuto la licenza per
costruire un impianto per la produzione di farmaci. Carvico ha scelto il
Vietnam per la sua prima operazione all'estero ed investirà complessivamente 27
milioni di dollari per un nuovo tessuto hi-tech. Il consorzio Medexport
raggruppa Alpha Instruments, Alpha Intes, Ct Fisiopharma, Fulton, Lifepharma e
Nova Argentia e prevede di mettere in funzione entro il 2010 uno stabilimento
nel Parco Tecnologico di Hoa Lac. è direttamente il ministro dello Sviluppo
economico Claudio Scajola, che ad Hanoi rappresenta il Governo nella missione
di sistema, a dare l'annuncio, insieme a una serie di intese definite con il
primo ministro vietnamita e con il ministro della Pianificazione e degli
investimenti. Diventerà operativa la Camera di commercio italiana mentre è già
arrivato il via libera delle autorità vietnamite all'apertura di un ufficio di
rappresentanza del gruppo bancario Intesa Sanpaolo ad Ho Chi Minh City, motore
economico del Paese. L'Ice inoltre collaborerà con l'Agenzia per gli
investimenti esteri del Vietnam e la Simest farà lo stesso con la Scic, la
società alla quale il Governo di Hanoi ha trasferito le quote di partecipazione
dello Stato al capitale delle imprese pubbliche privatizzate, nelle adesso
quali inizia ad esserci spazio anche per investimenti stranieri. Le prospettive
che si aprono nelle aziende privatizzate sono uno dei frutti del "doi
moi", la perestroika economica del Partito comunista che dagli anni
( da "Sole 24 Ore, Il" del 05-11-2008)
Argomenti: Cina
Il Sole-24 Ore
sezione: ECONOMIA E IMPRESE data: 2008-11-05 - pag: 24 autore: La Vespa globale
nascerà ad Hanoi HANOI. Dal nostro inviato Colaninno fa da padrone di casa a
Scajola nel distretto industriale di Hanoi. Il presidente della Piaggio mostra
al ministro dello Sviluppo economico, in visita in Vietnam nell'ambito della
missione Confindustria-Ice-Abi, lo stato di avanzamento di quello che al
momento è il principale investimento italiano nel Paese del Sud-Est asiatico.
Trenta milioni di dollari per portare a produzione, tra febbraio e marzo del
2009, uno stabilimento da cui usciranno 20-25mila Vespe, numero che crescerà di
tre volte entro il 2010. Il motore della Vespa sarà
prodotto in Cina, mentre la scocca in lamiera sarà realizzata in Vietnam da un
fornitore locale. Dopo la posa della prima pietra, un anno fa con l'ex ministro
degli Esteri Massimo D'Alema, la Piaggio ha quasi ultimato l'impianto, in cui
lavoreranno circa 300 operai. Tempi rapidissimi per concederci le
autorizzazioni e nessun obbligo di partnership con aziende locali: questo è il
modello che funziona, dice Colaninno, chiamando indirettamente nuovi
imprenditori a seguirlo. Anche se, a dire il vero, sono ben pochi i settori
industriali che possono giustificare un investimento in Vietnam al pari delle
due ruote. Due milioni di pezzi venduti dai giganti giapponesi della Honda e
della Yamaha, quanto si vende in tutta Europa. Cifre strabilianti, contro
appena 10mila Vespe importate dall'Italia. «Con un dazio del 100% vendere qui
una Vespa prodotta in Italia è quasi impossibile- osserva Colaninno- La vera
svolta era l'investimento diretto, inevitabile per presidiare questo mercato ma
soprattutto per crescere in quelli limitrofi». C.Fo.
( da "Sole 24 Ore, Il" del 05-11-2008)
Argomenti: Cina
Il Sole-24 Ore
sezione: ECONOMIA E IMPRESE data: 2008-11-05 - pag: 25 autore: Lusso. Al via una
catena di Sunglass Hut Il gruppo Luxottica sbarca in India con cento negozi
Marigia Mangano MILANO Luxottica sbarca in India. Il colosso mondiale
dell'occhialeria aprirà oltre 100 negozi in India con il marchio Sunglass Hut
insieme a Dlf Building India, uno dei principali operatori locali nel settore
immobiliare. In Borsa la reazione non si è fatta attendere: le azioni, complice
l'andamento positivo del mercato, hanno chiuso in rialzo del 2,22% a 16,38
euro. La strategia internazionale di Luxottica si spinge, dunque, sempre più a
Est e, dopo Cina e Thailandia,
punta a conquistare l'India. Il tutto con progetti ambiziosi se si pensa che, a
regime, l'intesa darà vita alla più grande catena di ottica nel Paese in
questione. «Sunglass Hut è per Luxottica una delle migliori opportunità per
crescere sia nei mercati emergenti che in quelli maturi», ha chiarito
Andrea Guerra, amministratore delegato del gruppo Luxottica. «Grazie al suo
modello di business e alla forte identità del suo marchio - ha aggiunto - è oggi
presente nei principali mercati del mondo ed è destinata a contribuire in
maniera sempre più determinante al successo delle strategie distributive del
gruppo». Sunglass Hut è infatti specializzata nella vendita di occhiali da sole
di fascia alta con oltre 2mila negozi nei principali mercati mondiali. L'intesa
con Dfl si tradurrà, così, nella conquista di un altro Paese strategico per il
gruppo e consentirà a Lu-xottica, attraverso questa partnership, di centrare un
duplice obiettivo: «Diventare da subito un attore di primo piano in un mercato
ad altissimo potenziale come quello indiano, dall'altro rappresenta una
straordinaria opportunità per rafforzare il posizionamento dei nostri
principali marchi e, in generale, tutte le nostre attività nell'area», ha spiegato
l'amministratore delegato. Nel dettaglio, l'accordo di franchising appena
siglato con l'operatore indiano nel settore immobiliare prevede l'apertura dei
negozi Sunglass Hut in selezionati centri commerciali di alto livello e in
altre posizioni premium in tutto il Paese, e il primo punto vendita sarà
inaugurato a New Delhi entro fine mese. «è nostra intenzione aprire a
brevissimo termine due negozi Sunglass Hut a New Delhi, con l'obiettivo di
arrivare a 100 negozi in tutta l'India», spiega Kelvin Coyle, a.d. di DLF
Retail Brands Private Limited. Il progetto indiano segue, a stretto giro,
l'inaugurazione di due negozi a Hong Kong e in Medio Oriente, mentre a maggio
sono stati aperti i primi due negozi in Thailandia, mercato per il quale il
piano di sviluppo prevede di arrivarea 15 punti vendita. Inoltre Luxottica ha
già annunciato che convertirà al marchio Sunglass Hut i 71 punti vendita
specializzati nel "sole" in Sud Africa nel mirino del gruppo, anche
in virtù dei Campionati del Mondo di calcio che vi si terranno nel 2010.
ESPANSIONE IN ASIA Dopo le operazioni in Cina e
Thailandia la società italiana rilancia sul franchising con la Dlf Building
( da "Sole 24 Ore, Il" del 05-11-2008)
Argomenti: Cina
Il Sole-24 Ore
sezione: FINANZA E MERCATI data: 2008-11-05 - pag: 47 autore: Mercati. L'indice
guida dei noli marittimi per il trasporto ha toccato ieri i minimi dal 1999
Shipping, emergenza derivati Il crollo dei prezzi fa scattare le coperture:
rischio fallimenti Mara Monti MILANO Alla fine la crisi è arrivata a colpire
anche il settore dei noli marittimi e dei derivati ad essi collegati. Rimasto
escluso dai contraccolpi dei ciclone subprime, oggi lo shipping sta affrontando
una delle crisi più cruente per gli effetti indiretti legati al rallentamento del ciclo economico di Paesi come India e Cina che dal 2002 ne hanno sostenuto lo sviluppo. Lo stesso Baltic
Exchange Dry Index,l'indice guida dei noli per l'affitto delle navi cargo per
il trasposto di carichi secchi come acciaio, carbone, grano e cemento, quotato
alla Borsa di Londra, ieri è sceso al livello più basso dal febbraio 1999,
mettendo a segno un calo dell'1,5% a 815. Un livello inferiore del 90,3%
dal picco del 20 maggio di quest'anno quando quotava 11.793, prima di
allinearsi con il resto del mercato finanziario. A questo si aggiunge il crollo
delle tariffe applicate ai noli, scese sotto i costi operativi tanto che molti
armatori stanno pensando di lasciare le navi in rada all'ancora: secondo il
Baltic Exchange di Londra, le tariffe di noleggio ora viaggiano sui 5.600
dollari al giorno, un livello che al momento non copre i costi, stimati in
circa 6mila dollari giornalieri. Il crollo del settore fisico ha trascinato
anche quello finanziario. I derivati (freight derivatives) negli anni scorsi
sono stati oggetto di profitti a tre cifre per fondi hedge, trader finanziari e
banche: soltanto nel 2007 se ne stimava una crescita del 200 per cento. Oggi
gli andamenti si sono capovolti e con il crollo dell'80% del settore fisico, le
coperture assicurative di chi aveva scommesso su un'ulteriore ascesa delle
tariffe si sono trasformate in perdite. I contratti derivati FFA (Forward
freight agreement) sono scambiati over-the-counter e il settlement dei prossimi
giorni sarà un indicatore importante per capire chi ha la capacità finanziaria
di rispettare le scadenze. Gli operatori si attendono un'ondata di fallimenti
perché in tanti avevano investito in strumenti derivati. Qualche caso sta già
emergendo come la Britannia Bulk Holding, società inglese quotata a Wall Street
che il 31 ottobre ha annunciato lo stato di insolvenza, il primo caso di una
società di shipping in bancarotta. Anche l'operatore ucraino Industrial Carrier
ha dichiarato la bancarotta lo scorso mese. Ma il peggio, secondo gli
operatori, deve ancora venire con il rischio di un effetto domino su tutto il
settore. C'è anche chi scommettendo sul crollo dei no-li, al contrario delle
previsioni del mercato, ci ha guadagnato, come il fondo hedge Castalia Springs
che ha incrementato i rendimenti del 6,8% a settembre e dello 0,8% ad ottobre.
«La crisi c'è ed evidente a tutti, ma tocca in modo particolare il mercato
spot, cioè i contratti a breve - spiega Andrea Clavarino, presidente di
Assocarboni - , al contrario gli armatori che hanno contratti a lungo termine
con controparti first class come le utilities europee, al momento non hanno
alcun problema». Il boom dei noli marittimi era iniziato nel 2002, arrivato
inaspettato dopo anni di stagnazione, grazie al forte sviluppo industriale
dell'India e della Cina. In molti si sono buttati in
un settore che sembrava avere prospettive di crescita inarrestabili, investendo
nell'acquisto di nuove navi. Con l'arrivo della crisi finanziaria e soprattutto
con il rallentamento della domanda cinese, gli effetti si sono riversati su
tutti i fronti, sia quello fisico sia quello finanziario. Per assistere a una
ripresa «bisognerà aspettare la seconda metà del 2009 – aggiunge Clavarino –
fino ad allora il mercato sarà sottoposto ancora a forti oscillazioni». LA
FRENATA ASIATICA Le imprese del settore avevano scommesso sulla tenuta
dell'import di materie prime da parte di Cina e India:
effetto boomerang L'indice Il Baltic Exchange Dry Index è l'indice guida dei
noli per l'affitto di navi cargo per il trasporto di acciaio e grano. è quotato
alla Borsa di Londra: dal massimo del maggio scorso l'indice ha registrato un
crollo superiore al 90%.
( da "Sole 24 Ore, Il" del 05-11-2008)
Argomenti: Cina
Il Sole-24 Ore
sezione: MATERIE PRIME data: 2008-11-05 - pag: 48 autore: Scenari. La Ue studia
come assicurare alle imprese l'approvvigionamento delle risorse Commodity in
cerca di strategie Verheugen lancia la «diplomazia per le materie prime» Enrico
Brivio BRUXELLES. Dal nostro inviato è sempre più urgente per l'Europa la
necessità di approvvigionarsi di materie prime strategiche per la propria industria e di contrastare sullo scenario globale le
politiche aggressive e protezionistiche di Paesi emergenti come Cina e India. Per questo il commissario europeo alle Imprese, Guenter
Verheugen, ha presentato ieri a Bruxelles una strategia integrata, una sorta di
"nuova diplomazia delle materie prime" volta ad assicurare alle
aziende europee le indispensabili risorse. «La Cina
ma anche altri Paesi – ha osservato Verheugen – stanno cercando in modo
aggressivo di assicurarsi un accesso privilegiato a certe materie prime». Il
commissario ha ammesso che l'Unione europea non intende usare gli stessi mezzi
spregiudicati di Pechino per avere accesso a commodities in Africa o negli
stessi Paesi emergenti; tuttavia ha sottolineato che l'Europa ha modo di
costruire un'azione diplomatica ( attraverso rapporti di dialogo politico,
cooperazione economica, stipulazione di accordi commerciali) con i Paesi
produttori, incentrata sulla necessità di garantire che l'accesso alle risorse essenziali
non venga ostacolato o impedito. Verheugen ha ricordato che da tempo si muovono
in questo senso anche Stati Uniti e Giappone. Fondamentale non penalizzare i
settori comunitari dell'high tech. Considerando, per esempio, che negli anni
'80 i computer chips erano formati da soli 12 minerali base, mentre ora ne
utilizzano 60. La dipendenza dell'Europa dai Paesi terzi produttori di materie
prime (come litio, cobalto, manganese, magnesio, zinco, silicio, palladio) è
però a volte totale, e un'interruzione del flusso degli approvvigionamenti
potrebbe avere gravissime conseguenze su una serie di settori industriali,
spesso di punta per l'innovazione.Risorse frequentemente concentrate in pochi
Paesi: il 90% del niobio (usato per la costruzione di gasdottio di jet) in
Brasile, il 79% del rodio (che serve per le marmitte catalitiche) in Sud
Africa. La situazione è già critica e necessita un'azione incisiva:visto che
Bruxelles ha identificato già 450 restrizioni all'export su oltre 400 materie
prime non energetiche. Misure prese in particolare dalla Cina
(su alluminio, rame, tungsteno, magnesio, coke, manganese, nickel, fosforo), in
India (minerali ferrosi per l'acciaio), Russia (rottami di ferro e non ferrosi,
legname) e Ucraina (coke). Verheugen ha spiegato che, oltre a promuovere una
più energica azione diplomatica, Bruxelles intende migliorare l'accesso ai
giacimenti interni,talvolta ostacolata dalla vicinanza ai siti protetti da
Natura 2000, e migliorare le modalità di utilizzo e il riciclaggio dei materiali
lavorati. enrico.brivio@skynet.be NO ALLE BARRIERE Contro i protezionismi di Cina e India la Commissione propone più dialogo e
cooperazione con i Paesi produttori
( da "Sole 24 Ore, Il" del 05-11-2008)
Argomenti: Cina
Il Sole-24 Ore
sezione: MATERIE PRIME data: 2008-11-05 - pag: 48 autore: STAGNO Disponibilità
in caduta Gli stock di stagno nei magazzini del London Metal Exchange sono scesi
ai minimi quadriennali e hanno spinto i prezzi oltre i 15mila $/tonn. per la
prima volta da quasi un mese. Il rilancio è legato alle
minori estrazioni nel Congo, devastato dalla guerriglia, ma soprattutto alle
mosse dei primi due Paesi produttori, Cina e Indonesia.
L'export cinese in 9 mesi è sceso del 98%, a 436 tonn., e i big hanno
annunciato tagli produttivi tra il 10 e il 50%.
( da "Avvenire" del 05-11-2008)
Argomenti: Cina
MONDO
05-11-2008 Taiwan e la Cina rafforzano
l'intesa DA TAIPEI L a distensione tra Cina e Taiwan,
iniziata a maggio con l'ascesa al potere a Taipei del presidente Ma Yingjeou, ha
dato i suoi primi frutti con la firma di una serie di accordi commerciali di
portata storica.
Le comu- nicazioni, i viaggi e i rapporti commerciali tra «le due sponde dello
Stretto» espressione diplomatica usata per mantenere relazioni evitando di
riconoscersi reciprocamente saranno più intensi e più facili dopo l'intesa
siglata ieri a Taipei dai due negoziatori, Chen Yunlin per la Cina e P. K. Chiang per Taiwan. Le due parti si sono trovate
d'accordo nell'astenersi dall'affrontare problemi politici sui quali non è al
momento possibile trovare un'intesa. Taiwan è di fatto indipendente dal 1949,
ma Pechino continua a considerarla una sua provincia e ha minacciato di
intervenire militarmente nel caso di iniziative che ne formalizzino la
separazione. La visita di Chen nell'isola si svolge sotto la protezione di un
massiccio schieramento di polizia dopo le contestazioni subite la scorsa
settimana da un funzionario cinese recatosi a Taiwan in avanscoperta. Il
Partito democratico progressista ( Pd), indipendentista, ha infatti organizzato
una serie di manifestazioni anticinesi. Il capitolo di maggiore importanza
dell'intesa raggiunta è quello dei collegamenti aerei diretti tra la Cina continentale e l'isola, che finora sono stati limitati,
mentre la maggioranza dei voli doveva passare per lo spazio aereo di Hong Kong.
Ora ci saranno 108 voli diretti settimanali. Inoltre, le navi mercantili
potranno scaricare la loro merce, senza pagare imposte, in 11 porti di Taiwan e
63 della Cina. Gli accordi prevedono anche che ogni
mese siano autorizzati da ciascuna delle due parti fino a 60 voli cargo, che
potranno portare anche la posta, che oggi impiega fino a 10 giorni per
raggiungere la sua destinazione. Siglato uno storico accordo che prevede
l'aumento dei voli diretti e lo scalo nei porti senza pagare dazi
( da "Avvenire" del 05-11-2008)
Argomenti: Cina
CHIESA 05-11-2008 Rapporti
diplomatici fra Vaticano e Botswana ROMA. Ieri la Sala Stampa vaticana ha
annunciato che la Santa Sede ha allacciato i rapporti diplomatici con la
Repubblica di Botswana, «uno dei Paesi più stabili dell'Africa, con un'economia
tra le più dinamiche del Continente» , come viene scritto nella nota con cui è
stata data la notizia. Il Botswana, che ha circa un milione e mezzo di abitanti
di cui solo il 5% cattolici, conta una diocesi ( con sede nella capitale
Gaborone) e un vicariato apostolico ( Francistown) con, complessivamente, 67
sacerdoti e 77 religiose. Il Paese è ricco di diamanti, ma anche flagellato
dalla pandemia dell'Hiv. «La Chiesa cattolica si legge nella nota vaticana è
particolarmente impegnata nell'assistenza ai malati e agli orfani, nella
prevenzione delle malattie e nell'apertura di nuove scuole, che sono molto
apprezzate» . Da ieri quindi la Santa Sede ha rapporti diplomatici pieni con
177 Paesi, cui vanno aggiunti la Federazione Russa e l'Olp con le quali ci sono
relazioni diplomatiche di natura speciale. Nel mondo rimangono quindi sedici
Stati con cui la Santa Sede non scambia ambasciatori. In nove di questi Paesi
non è presente alcun inviato vaticano: Afghanistan, Arabia Saudita, Bhutan, Cina popolare, Corea del nord, Maldive, Oman, Tuvalu e Vietnam.
Mentre sono in carica solo dei delegati apostolici ( rappresentanti pontifici
presso le comunità cattoliche locali ma non pressi i governi) in altri sette
Paesi: tre in Africa ( Comore, Mauritania e Somalia) e quattro in Asia (
Brunei, Laos, Malaysia, Myanmar). È da segnalare come cresca sempre di
più la presenza diplomatica vaticana in Africa. Nell'ultimo biennio infatti la
Santa Sede ha deciso di aprire due nuove sedi di nunziatura. Lo scorso anno in
Burkina Faso ( prima il rappresentante pontificio era quello residente in Costa
d'Avorio), quest'anno in Liberia ( staccandola dalla sede della Guinea). Gianni
Cardinale Ora sono soltanto sedici i Paesi nel mondo che non scambiano
ambasciatori con la Santa Sede Lezione in una scuola del Botswana
( da "Avvenire" del 05-11-2008)
Argomenti: Cina
CHIESA 05-11-2008 Cina, addio all'arcivescovo Jin Peixian Subì il carcere e i
lavori forzati PECHINO. L'arcivescovo di Shenyang, Pio Jin Peixian, è morto
ieri a 85 anni. Il presule ricorda l'agenzia AsiaNews dando notizia del decesso
si era ritirato lo scorso 29 giugno, lasciando la diocesi nelle mani di Paolo
Pei Junmin, suo coadiutore, ordinato nel 2006 col consenso della Santa Sede.
Jin era vescovo dal 1989; anch'egli aveva ricevuto il permesso vaticano per
l'ordinazione. Jin Peixian, nato nel 1924, era stato ordinato sacerdote nel
1951, due anni dopo la presa di potere di Mao Zedong. Nel 1958 venne
imprigionato per «crimini controrivoluzionari» per dieci anni; all'uscita di
prigione, in piena Rivoluzione culturale, venne mandato in una fattoria per
«riformarsi attraverso il lavoro»; solo nel 1980 poté tornare al suo servizio
pastorale. Pur essendo della «Chiesa ufficiale», Jin Peixian ha sempre operato
in profonda comunione con la Santa Sede. È stato fra i primi vescovi a inviare
suoi seminaristi e sacerdoti all'estero per colmare le lacune nell'insegnamento e nella teologia provocate dalla chiusura della Cina negli anni della Rivoluzione culturale; ciò gli ha permesso di
rafforzare i rapporti con la Chiesa universale. Le sue doti di mediatore gli
hanno permesso di ricucire il tessuto della Chiesa nel Nord est della Cina e di avere sempre buoni rapporti con le autorità governative.
È stato per lunghi anni vicepresidente della «Conferenza dei vescovi cinesi»
(ufficiali), organismo non riconosciuto dal Vaticano. I funerali saranno l'8
novembre.
( da "Avvenire" del 05-11-2008)
Argomenti: Cina
MONDO 05-11-2008 Cina e Vietnam, inondazioni al confine Tragico il bilancio: sono 119
le vittime HANOI. Inondazioni dal sud della Cina stanno
ulteriormente alzando il livello dei fiumi nel nord del Vietnam, aggravando le
alluvioni in un'ampia regione a cavallo del confine che in una settimana hanno
ucciso almeno 119 persone nei due stati,
( da "AmericaOggi Online" del 06-11-2008)
Argomenti: Cina
Casa Bianca. Un nuovo
condottiero. Sarà una svolta simile a quella impressa da Roosvelt? di Pino
Agnetti 02-11-2008 Le grandi vigilie elettorali sono sempre state un terreno di
caccia particolarmente appetito dai grandi bookmakers internazionali. A poco
più di 48 ore dall'attesissima "election night" di martedì che
incoronerà il 44 presidente degli Stati Uniti d'America, le agenzie
specializzate, come l'inglese Ladbrokes, danno per strafavorito Barak Obama (la
cui vittoria viene pagata la miseria di 7 centesimi per ogni euro giocato) su
McCain quotato a quasi 8 euro contro uno. Una specie di abisso, nonostante i
sondaggi delle ultime ore diano il senatore dell'Arizona in leggera ma costante
risalita. Le due cose non sono in contraddizione, in quanto fotografano
perfettamente la situazione reale. Con un Obama che (appoggio della quasi
totalità dei media e dell'elettorato soprattutto giovane e afroamericano a
parte) si è trovato a giocarsi il rush finale col vento in poppa della peggiore
crisi economica degli ultimi 70 anni indiscutibilmente "firmata" da
un collega di partito del suo rivale. Mentre McCain - un po' per la sua fama di
"maverick" (indipendente) e di eroe di guerra, un po' perché un conto
sono le simpatie della grande stampa e un altro gli umori dell'America profonda
- è scontato che darà battaglia fino all'ultimo pur di soffiare a Mr. "Yes
we can" il ruolo di salvatore della patria nel momento più buio della
nazione dal
( da "Finanza e Mercati" del 06-11-2008)
Argomenti: Cina
Lo spread Btp-Bund
torna sotto quota 100 di Redazione del 06-11-2008 da Finanza&Mercati del
06-11-2008 [Nr. 219 pagina 3] Seduta volatile, ma improntata al rialzo per i
titoli di stato europei. Tutte le scadenze hanno manifestato una buona
performance, a eccezione del due anni, che ha archiviato la giornata in calo.
Sul fronte italiano, è proseguito anche ieri il recupero rispetto ai titoli
tedeschi per lo scemare della tensione sui mercati finanziari e per il recupero
del credit default swap dell'Italia. Lo spread fra i rendimenti dei decennali
Btp e Bund si è nuovamente ristretto fino a toccare i 98 punti base, dopo aver
rotto al rialzo la soglia dei 100 punti lo scorso 28 ottobre e dopo aver
registrato il livello record di 132 punti, nuovo massimo dall'introduzione
dell'euro, il 31 ottobre. Se da un canto i timori macroeconomici a livello
mondiale stanno sostenendo il mercato dei titoli di Stato, d'altra parte i
trader stanno registrando anche una progressiva riduzione del rischio Paese per
l'Italia rispetto ai livelli molto alti registrati alla fine del mese scorso.
«Il credit default swap si è progressivamente ridotto dai massimi toccati a
fine ottobre», ha detto un operatore del settore. «Ieri Wall Street ha chiuso
in rialzo e questo è il segnale del ritorno di una certa propensione al rischio
che favorisce i periferici rispetto ai core. Il fatto che il futuro presidente
abbia una netta maggioranza al Congresso dà certamente una garanzia di
stabilità che premia i mercati. Ma è ancora presto per immaginare come saranno
valutate le politiche fiscali e sociali che Obama dovrà intraprendere». Nel
complesso il mercato è in attesa della decisione che la Bce prenderà oggi sui
tassi nonché della mossa della Banca d'Inghilterra, dopo le
manovre accomodanti di Stati Uniti, Giappone, Cina e India e
Australia. Per la zona euro il mercato scommette su un taglio di mezzo punto.
Sul fronte americano, i prezzi dei titoli di Stato Usa hanno ceduto terreno
dopo l'annuncio del Tesoro di un'operazione di rifinanziamento trimestrale da
55 miliardi di dollari. In apertura il benchmark decennale ha registrato
una performance in calo con rendimento del 3,72%, male anche il due anni il cui
yield si è attestato all'1,42 per cento.
( da "Repubblica, La" del 06-11-2008)
Argomenti: Cina
Pagina 1 - Prima
Pagina LA FINE DELL´AUTISMO LUCIO CARACCIOLO Barack Obama è il presidente del
mondo. Non nel senso, pessimo e impossibile, dell´imperatore di noi tutti. Ma
in quello, realistico e positivo, dell´uomo che la stragrande maggioranza
dell´umanità avrebbe voluto alla guida del più importante paese del mondo.
Nelle elezioni planetarie virtuali via Internet, Obama è
stato plebiscitato dappertutto: dalla Francia (94,5%) alla Cina (88%), dalla Germania (92,5%) all´India (97%), dalla Russia
(88%) all´Iran (80%), per finire con il trionfo in Italia (92%). Miliardi di
persone hanno soffiato nelle vele della barca di Obama. Gli americani lo
sapevano, anzi lo sentivano. Come affermava Thomas Jefferson,
americanizzando il cogito cartesiano: "I feel, therefore I am" �
"sento dunque sono". I connazionali di Obama devono averlo sentito
quel vento ben dentro la loro pelle, fino all´altro ieri piuttosto impermeabile
alle opinioni di chi vivesse fuori dell´immenso, benedetto poligono a stelle e
strisce. SEGUE A P
( da "Repubblica, La" del 06-11-2008)
Argomenti: Cina
Pagina 11 - Economia
Tesoro, un clintoniano o un banchiere Fed per la "mission impossible"
della ripresa In pole position Larry Summers e Geithner. Tra i consiglieri
Volcker e Buffett Obama cerca di evitare personaggi vicini alle banche d´affari
FEDERICO RAMPINI dal nostro inviato SAN FRANCISCO - Per la prima volta nella
storia la nomina più importante su cui sarà giudicato Obama non è il segretario
di Stato ma il ministro del Tesoro. E´ una misura dei tempi eccezionali che
viviamo e delle sfide tremende che attendono il presidente. Tutti ricordano i
grandi segretari di Stato del passato, da Henry Kissinger a Colin Powell: i
volti dell´America nel mondo in epoche segnate dall´importanza della politica
estera; quasi nessuno ricorda i ministri del Tesoro. Oggi la crisi
dell´economia globale sconvolge le gerarchie. Da Wall Street al presidente
cinese Hu Jintao, dai fondi pensione ai governi dell´Unione europea, il
segretario al Tesoro Usa è il nome che tutti attendono con ansia. Nel passaggio
di consegne fra le Amministrazioni, un tempo le riunioni più importanti erano
quelle in cui i servizi segreti rivelano al nuovo presidente i dossier per la
sicurezza nazionale. Ma in queste ore oltre alle trame terroristiche Obama
esamina la situazione del credito semiparalizzato, degli hedge fund in bilico,
delle grandi corporation su cui incombe la bancarotta. Per la gravità degli
eventi solo il passaggio da Herbert Hoover a Franklin Roosevelt nel 1932 può
essere paragonato alla transizione Bush-Obama. Ma Roosevelt si rifiutò di
parlare col suo inetto predecessore fino a quando non lo sostituì nella
pienezza dei poteri. Obama non può permettersi tempi così lunghi. La spasmodica
attesa dei mercati globali impone decisioni velocissime. Tra dieci giorni si
riunisce alla Casa Bianca il G-14 per discutere la recessione mondiale e
avviare il negoziato verso una Bretton Woods 2. E´ un appuntamento cruciale da
cui possono dipendere i tempi di uscita da questa crisi, e forse il modello di
capitalismo su cui ricostruire lo sviluppo. A quel vertice Bush e Paulson
saranno due ombre, né gli europei né gli asiatici né i mercati finanziari danno
peso alle loro parole. E´ essenziale che per allora sia avvenuto un informale
passaggio dei poteri. Obama ha deciso di scegliere il titolare del Tesoro entro
questa settimana, in modo che l´Amministrazione in pectore abbia la vera regìa
del summit, «suggerendo» dietro le quinte ciò che Bush-Paulson diranno ai
leader mondiali e ai mercati. Il nome profilo del ministro economico conterrà
il primo messaggio forte della nuova Amministrazione. La sua biografia sarà
analizzata per i simboli che condensa. I nomi che circolano sono omogenei solo
in apparenza. In pole position risultano Larry Summers, ex segretario al Tesoro
di Clinton. Timothy Geithner, presidente della Federal Reserve di New York,
massima autorità nella banca centrale dopo Ben Bernanke. Il governatore del New
Jersey, Jon Corzine, ex presidente della Goldman Sachs. Dietro ci sono l´ex
banchiere centrale Paul Volcker, il miliardario Warren Buffett, l´altro ex
segretario al Tesoro di Clinton Robert Rubin: più probabili come consiglieri
che in un incarico nell´Amministrazione. E´ una squadra di talenti di altissimo
livello, che già aiutarono Obama a sovrastare McCain per competenza quando i
duelli tv s´intrecciavano con i crac bancari. Quei nomi incutono rispetto ai
mercati. Ma la finanza globale non è l´unica constituency e neppure la più
importante a cui deve guardare Obama. Per la natura di questa crisi, insieme
con gli indici di Borsa è precipitata la credibilità etica e professionale di
gran parte dell´establishment capitalistico americano. Obama ha promesso che la
sua attenzione andrà a Main Street (l´economia reale) prima che a Wall Street.
Il nome del segretario al Tesoro è il primo test. Sceglierà un tecnocrate
istituzionale dalla banca centrale? Un economista liberal? Un
imprenditore legato all´industria e sensibile alla competizione con la Cina? Sembra sconsigliabile la scelta di un uomo legato alle investment
bank, un mondo colpito dal discredito. Molti elettori sarebbero delusi se la
governance dell´economia venisse data ancora in appalto al capitalismo dei
bancarottieri e delle liquidazioni milionarie. Tuttavia è essenziale che
il prescelto abbia dimestichezza con la finanza: potrà essere chiamato ad
azioni d´emergenza, provocate da improvvisi choc dei mercati. Il segretario al
Tesoro eredita una "Mission Impossible". Il deficit pubblico sale
vertiginosamente, verso quota 10% del Pil, mentre la recessione fa crollare le
entrate fiscali. L´economia reale ha perso 760.000 posti di lavoro dall´inizio
dell´anno, la produzione industriale è in caduta, i salvataggi di banche e
assicurazioni sono allo stadio iniziale. Le promesse di Obama sono lungimiranti
e ambiziose ma vanno confrontate con la povertà di mezzi. Il neopresidente
vuole una sanità che estenda l´assistenza a decine di milioni di cittadini,
senza rinunciare a meccanismi di mercato e libertà di scelta. Ha detto che
taglierà le tasse su tutte le famiglie dal reddito inferiore ai 200.000 dollari
(la vasta maggioranza) alzandole solo oltre i 250.000. Ha annunciato 150
miliardi di investimenti nelle energie rinnovabili per affrancare l´America dal
petrolio mediorientale entro dieci anni. Altri interventi prioritari riguardano
la scuola, le infrastrutture, il sostegno immediato ai consumi per le famiglie
meno abbienti. E il "New New Deal" di Obama non sarà completo senza
una profonda revisione dei controlli e delle regole sui mercati del credito,
una nuova architettura della finanza mondiale che impedisca il riprodursi di
bolle micidiali e distruttive. Può uscirne un profondo riequilibrio dei
rapporti di forze: dalla finanza in favore dell´industria; dalle imprese in
favore dei lavoratori. Ma non è un gioco a somma zero in cui il mondo degli
affari debba essere soltanto penalizzato. Gli investimenti nelle nuove
tecnologie eco-sostenibili, o la riduzione della spesa sanitaria, offrono in
contropartita l´opportunità di rilanciare la crescita su basi sane; di risollevare
il capitalismo americano dalla paura. Il mondo intero studierà quale nuovo
equilibrio si stabilisce tra Stato e mercato in America. E attenzione: un
aggravarsi della recessione, qualche indugio o errore serio nelle prime manovre
economiche, espongono Obama al rischio di perdere la maggioranza al Congresso
già fra due anni, nelle elezioni di mid - term. L´exploit della sua vittoria
elettorale è solo il primo - forse neanche il più difficile - nella lunga serie
di prodigi che dovrà realizzare.
( da "Repubblica, La" del 06-11-2008)
Argomenti: Cina
Pagina IV - Palermo Addio
alla decana delle industrie Chiude la Metalmeccanica meridionale, in 45 perdono
il lavoro "Travolti dalla concorrenza della Cina e dell´Est e dall´aumento del costo delle materie prime e dei
salari" ANTONIO FRASCHILLA Dopo un secolo chiude la Metalmeccanica
meridionale. La storica azienda palermitana non ha retto alla concorrenza dei
paesi dell´Est e della Cina. Ieri la proprietà, costituita dalla famiglia Mineo, ha portato
i libri contabili in tribunale e 45 operai hanno così perso il lavoro.
L´azienda di via Ducrot a Palermo non ha retto alle difficoltà degli ultimi
anni. «Abbiamo accumulato debiti per cercare di rimanere nel mercato - dice
Vincenzo Mineo, legale rappresentante dell´impresa - Siamo stati stretti da una
doppia morsa, da un lato la concorrenza della Cina e
dei paesi dell´Est, e dall´altro l´aumento del costo delle materie prime e del
lavoro». La Metalmeccanica meridionale esiste dai primi del Novecento, dal
secondo dopoguerra si è specializzata nella produzione di componenti meccaniche
per le centrale elettriche, diventando un´azienda leader nel settore, che aveva
nel suo portafogli clienti colossi come l´Enel e l´Edipower. «Colossi che sono
rimasti nostri clienti, il problema è che con la concorrenza spietata abbiamo
tenuto i prezzi bassi, mentre i costi aumentavano - continua Mineo - Il
risultato è stata l´accumulazione dei debiti, ai quali adesso non sappiamo come
far fronte, per questo abbiamo portato i libri contabili in tribunale».
L´ultimo tentativo per salvare l´azienda è stato fatto nel gennaio scorso,
quando la Metalmeccanica meridionale aveva fatto richiesta di accedere al fondo
per «la ristrutturazione e il salvataggio delle aziende in crisi», costituito
dal ministero dello Sviluppo economico e gestito da Sviluppo Italia. «Ci era
stato riconosciuto un finanziamento di 4 milioni di euro che serviva, oltre che
a coprire i debiti, a incassare la disponibilità di tre banche a sostenere il
piano industriale - conclude Mineo - Ma ad aprile è arrivata la comunicazione
dal Ministero che la Corte Costituzionale e l´Unione Europea avevano dichiarato
illegittima una parte della legge. Risultato? Il fondo è stato bloccato. Cento
anni di tradizione sono stati così spazzati via dalla burocrazia». La
Metalmeccanica meridionale era stata l´unica in Sicilia a richiedere di
accedere al fondo per le imprese in crisi: «Non avevamo ricevuto altre
domande», dicono da Sviluppo Italia. L´azienda, da sempre nel settore
metalmeccanico, è stata per più di trent´anni fornitrice dell´Enel per la
costruzione di componenti per centrali termoelettriche e sostegni a traliccio
zincati, detenendo il 90 per cento del mercato italiano. Fiore all´occhiello
delle aziende metalmeccaniche dell´Isola, era riuscita a superare la crisi del
settore della fine anni Novanta. Negli ultimi anni si era diversificata nel
settore della carpenteria pesante, in particolare nella costruzione di macchine
per centrali elettriche, lavorando per clienti come Ansaldo, Termokimik ed
Edipower. «Purtroppo adesso, a causa dei debiti, siamo stati costretti a
revocare anche alcuni di queste commesse, il che è un assurdo, ma d´altronde
nessuno ci ha aiutato in questo momento difficile», dicono dalla Metalmeccanica
meridionale. «L´azienda continua ad avere richieste di lavoro da parte di
queste grandi ditte, per questo chiediamo al tribunale la nomina immediata di
un curatore fallimentare che verifichi la possibilità di una ripresa della
produzione per garantire il lavoro ai 45 operai - dice Francesco Piastra,
segretario provinciale della Fiom Cgil - Inoltre occorre che venga garantita la
cassa integrazione ordinaria ai dipendenti in questa fasi di transizione».
( da "Repubblica, La" del 06-11-2008)
Argomenti: Cina
Pagina XIII -
Firenze Erp, la rivolta degli inquilini Urla e fischi in strada, sbloccano i
fondi per le ristrutturazioni ERNESTO FERRARA Case popolari, scoppia la rivolta
degli inquilini contro l´amianto sui tetti e le ristrutturazioni bloccate da 5
anni. La miccia si accende nei palazzi Erp di via Simone Martini all´Isolotto,
dove il Sunia, il sindacato degli inquilini, organizza un incontro pubblico tra
i residenti, circa 200, il Comune e la Regione. Ne nasce un mezzogiorno di
fuoco: urla e fischi contro l´amministratore delegato di Casa Spa (la società
che gestisce il patrimonio immobiliare Erp nell´area fiorentina) Vincenzo
Esposito e l´assessore regionale alla casa Eugenio Baronti di Rifondazione
Comunista. «Le facciate di questi palazzi cadono a pezzi, il vano ascensore si
allaga, sui tetti ci sono ancora decine di lastre di eternit che contengono
amianto: avete i soldi, perché non vi sbrigate a fare i lavori?», protesta il
capocondominio Calogero D´Anca. Ci sono 50 persone arrabbiate in strada e il
segretario del Sunia Simone Porzio non sa come prenderla. «Dov´è l´assessore
Chiocciola?», urlano gli abitanti che chiedono in realtà dell´assessore Paolo
Coggiola, in Cina per motivi di lavoro. Al suo posto arriva il collega Graziano
Cioni. Tira un fischio, si apre un varco tra la folla e chiede il silenzio:
«Allora, vediamo se si risolve la faccenda una volta per tutte». Dopo mezz´ora
la matassa è sbrogliata: Casa Spa si impegna a presentare entro una settimana
le schede progettuali per la manutenzione straordinaria di via Simone Martini e
la Regione, che deve dare l´ok, garantisce che in venti giorni si può
chiudere la pratica. Significa che a fine mese, se tutti rispettano la parola
presa, possono partire i lavori? «No, ma può partire la procedura per la gara
d´appalto: entro febbraio il cantiere potrebbe aprire i battenti», chiarisce
Esposito. Ma da dove nasce il caos delle ristrutturazioni? I soldi ci sono: 9
milioni di euro derivanti dai canoni pagati dagli inquilini e da vendite degli
alloggi. Sono già depositati su un conto bancario, basterebbero a ristrutturare
via Martini (560 mila euro) e altre decine di alloggi (circa 1000, che dal 2003
non vedono l´ombra di un lavoro), ma Casa Spa fino a qualche mese fa non poteva
spenderli per via di un contenzioso tra la Regione e i Comuni dell´area
fiorentina. Perché? La Regione punta il dito contro il sistema di spesa dei
comuni fiorentini: «Devono spendere quei fondi non solo per le ristrutturazioni
come dice la legge regionale, ma anche per altre cose come l´Ufficio casa e i
vigili urbani», dice Baronti. «L´assessore è male informato», replica la
titolare del bilancio di Firenze Tea Albini. Sta di fatto che solo a fine 2007
si è trovato un accordo e quei fondi si sono sbloccati. Mancavano però i
progetti e l´ok degli uffici regionali. Ieri è ripartito tutto. Ora tra un mese
potrebbe partire l´iter dei lavori anche per le case Erp di via Carlo del
Prete, Argingrosso, Pio Fedi, Pescetti, Canova, Casella, Accademia del Cimento
e IX Febbraio.
( da "Repubblica, La" del 06-11-2008)
Argomenti: Cina
Pagina 32 - Economia
Missione di Confindustria, Ice e Abi Missione di Confindustria, Ice e Abi Il
made in Italy va a caccia in Vietnam Il made in Italy va a caccia in Vietnam
ROBERTO PETRINI DAL NOSTRO INVIATO HANOI - Sono 160 imprese, 300 persone, quasi
tutti del mondo delle piccole e medie aziende Italiane. Da tre giorni sono
sbarcati in Vietnam, guidati dalla Confindustria, in stretta collaborazione con
l´Ice di Vattani e l´Abi, l´associazione delle banche presente con 11
delegazioni e fortemente interessata alla zona. Rimarranno tutta la settimana
in Vietnam, nuova tigre dell´Estremo Oriente con un economia sostanzialmente al
riparo dal big crash che investe il pianeta, e incontreranno "face to
face", cioè a quattr´occhi, 600 operatori economici vietnamiti, per un
totale di 1.700 opportunità di affari. C´è da chiedersi perché il Vietnam. Lo spiega a chiare lettere il vicepresidente di Confindustria per i
rapporti internazionali Paolo Zegna: «Qui siamo i primi, in Cina il processo è esploso già vent´anni fa. Inoltre il sistema di
piccole imprese vietnamite è un ottimo interfaccia per le nostre aziende»,
racconta e rivela di avere contatti per installare nel paese che fu di Ho Chi
Min una catena di negozi di alta gamma. Del resto il vero miracolo del Vientnam,
che sta per entrare nel Wto, si chiama distretti industriali, un po´ come in
Italia: tante piccole imprese che, a grappolo, si istallano su un territorio e
collaborano. Anche la nuova Piaggio inaugurata in questi giorni nei pressi di
Hanoi sfrutta queste sinergie territoriali e affida la produzione delle scocche
degli scooter ad un piccolo indotto locale. Costo del lavoro naturalmente
basso, voglia di fare e manodopera istruita completano il quadro. «Il passo
successivo è quello della formazione: vogliamo creare in loco tecnici abituati
a lavorare su macchine utensili italiane per far crescere l´immagine
dell´Italia e la simpatia nei confronti dei nostri prodotti», racconta
l´ambasciatore Vattani, presidente dell´Ice assai soddisfatto dei risultati della
missione. Se alcune imprese in Vietnam si sono già insediate, come la Mapei e
la Ferroli, altre sono pronte a farlo. «Il mercato ci interessa», ammette
Leopoldo Destro, della Aristocavi di Vicenza. «Stiamo vagliando le
opportunità», dice il proprietario della Clementoni di Recanati. Persino una di
avvocati d´affari si prenotata per gli incontri con i vietnamini.
( da "Repubblica, La" del 06-11-2008)
Argomenti: Cina
Pagina 19 - Interni
Veltroni elogia anche McCain: da lui parole di grande civiltà "Sì, Barack
è uno dei nostri Berlusconi si rassegni le sue idee sono state sconfitte"
GOFFREDO DE MARCHIS ROMA - Sul monitor scorrono le agenzie di stampa, Walter
Veltroni sorride: «Berlusconi ironizza sul nostro entusiasmo e dice:
"Obama sembra uno del Pd". Si sbaglia: non sembra, è uno di noi. Il
leader di un grande movimento politico e civile che è il pensiero democratico».
Il segretario del Pd ha puntato sul nuovo presidente americano da subito e oggi
può festeggiare più degli altri. Lo ha incontrato nel 2005 quando la corsa alla
Casa Bianca era nella mente di Dio. «L´anno dopo chiamai una casa editrice per
dirgli di tradurre e pubblicare la sua autobiografia. Inizialmente, erano
scettici. Oggi credo siano molto contenti...», scherza. Perché scommise su
Obama dopo quel colloquio? «Su Obama avevo scommesso già prima di
quell´incontro. Mi aveva colpito il discorso alla convention del 2004, la sua
forza, la sua passione. Mi sembrava che lui parlasse il linguaggio migliore dei
democratici. Obama coniuga la condivisione della vita reale e la tensione
ideale. Eppoi, la mia formazione politica è dentro l´esperienza democratica e
il suo sistema di valori. Ho sperato per tutta la vita che nascesse in Italia
un partito con lo stesso nome e la stessa vocazione. Ho sempre creduto che il
riformismo fosse radicalità di principi e concretezza di programmi. Questo è il
mio percorso. Io cerco di parlare un linguaggio che in Italia viene spesso
considerato idealista e sognatore ma che per me è l´unico capace di trasformare
la politica in passione, in programma, in valori». Molti dicono che in fondo
l´America non cambia quando si sostituisce l´inquilino della Casa Bianca.
Perché adesso dovrebbe esserci una rivoluzione? «La vera rivoluzione non la fa
il presidente, la fanno gli americani. Eleggendo per la prima volta un
afroamericano, non chiudendosi in se stessi di fronte a una crisi economica
gravissima. Invece di arroccarsi si aprono e guardano al futuro. Queste
elezioni hanno la stessa forza del voto per John Kennedy». Ma oggi non sono più
gli Usa il centro del mondo. Premono la Cina e l´India. «Che la Cina, l´India e
altri Paesi siano protagonisti non ci sono dubbi. Io però credo
all´insostituibilità dell´America. Il mondo non può accettare l´isolamento
degli Usa, non può rinunciare alla sua leadership morale. In questi ultimi anni
l´America era quella di Guantanamo, non più di Martin Luther King, era
considerata da tanti lontana e nemica, redistribuiva la ricchezza in maniera
totalmente iniqua. Ora esce dall´angolo. C´è anche la straordinaria prova di
democrazia cui abbiamo assistito. Le file ai seggi e il grado di civiltà
dimostrata dallo sconfitto. Ho mandato un messaggio a McCain perché il suo
discorso mi ha impressionato. Si è preso le contestazioni della sua platea per
aver citato le parole di Obama, per aver ricordato che l´America è una. Se
guardo alla politica italiana, la differenza appare enorme. Obama vuole unire
il suo Paese. In Italia si fa il contrario. Il vincitore Berlusconi, peraltro
rappresentante di una parte non maggioritaria del Paese, si preoccupa di
aggredire gli avversari, non di tenere insieme l´Italia». La vittoria di Barack
è una lezione per il premier? «è una lezione per tutta la politica italiana.
Per esempio, trovo grottesco che sia nato un comitato del Pdl per Obama. Direi
che ora la confusione che si addebitava al centrosinistra è tutta dall´altra
parte. Cos´è la destra? Statalista o mercatista? Sta con Bush o con Obama?
Sceglie il populismo della Palin o il moderatismo di McCain? Se Berlusconi dice
che Bush è stato il miglior leader nella storia degli Stati uniti non può stare
in alcun modo con Obama che ha costruito la sua elezione sulla critica radicale
al presidente uscente. Eppoi dicono che sono io quello del ma anche... La
verità è che la destra italiana somiglia più alla Palin che a McCain. Molti
dirigenti del Pdl, se fossero stati in piazza ad ascoltare lo sconfitto che
rendeva omaggio al vincitore, avrebbero fischiato. Vede, mentre in Italia si
propongono le classi differenziate, in America viene eletto il figlio di un
agricoltore africano. Qualcuno è fuori dal tempo: noi o loro?». Perché
Berlusconi dovrebbe essere tagliato fuori dopo l´elezione di Obama? Per una
questione di età o perché è troppo amico di Bush? «Gioca anche il fattore età.
è un mondo nuovo quello che si affaccia con Obama. Internet, le social
community. Sono strumenti sconosciuti alla generazione del premier. Eppoi
Berlusconi blocca gli accordi di Kyoto mentre Obama punta sull´ambiente come
fattore di crescita. Berlusconi sponsorizza l´unilateralismo americano che
verrà sostituito dal multipolarismo. Obama ovviamente è un sostenitore
dell´integrazione multiculturale che la destra osteggia. Le idee di Berlusconi
sono state sconfitte perché lui si riconosce in Bush. Che è il vero perdente di
questo voto». Dunque il Cavaliere non durerà cinque anni. «Non lo so. Comunque
un´altra fase era già avviata prima del voto americano. Loro possono smentire
quanto vogliono, ma i sondaggi indicano una caduta verticale per il governo. Il
malessere della maggioranza si sente, eccome. Se dovessi elencare le telefonate
che ricevo da dirigenti del centrodestra sgomenti per come Berlusconi si muove
nella vita istituzionale, potrei impiegare due giorni». Obama influenzerà anche
il dibattito nel vostro Partito democratico? «Io dico che c´è una sola fonte
viva per interpretare il nostro tempo: la cultura democratica. Non c´è bisogno
di cercare altrove. Qui sta la chiave con cui il riformismo italiano ed europeo
può diventare maggioritario. Per parte nostra, dobbiamo imparare a separare
l´immagine virtuale della nostra discussione dal mondo reale, quello del Circo
Massimo e delle primarie. Questo mondo reale ci dice che esiste un riformismo
di massa e che va spezzato dentro il Pd il circuito dell´autodistruzione. A me
piace la ricchezza di idee, ma anche il sentirsi parte di una comunità che
unita si muove per far perdere le elezioni agli avversari e vincerle noi».
( da "Sole 24 Ore, Il" del 06-11-2008)
Argomenti: Cina
Il Sole-24 Ore
sezione: FINANZA E MERCATI data: 2008-11-06 - pag: 45 autore: Acciaio. Nel
periodo giugno-settembre il gruppo cresce ma i risultati deludono le attese -
Titolo giù del 15,5% ArcelorMittal, piano anti-crisi Nel prossimo trimestre
produzione ridotta del 35% negli Usa e del 30% in Europa Mara Monti MILANO Il
settore dell'acciaio comincia a fare i conti con la crisi economica. Proprio
ieri il colosso ArcelorMittal ha annunciato misure drastiche per fare fronte
alla difficile fase congiunturale e frenare il calo dei prezzi, annunciando il
raddoppio dei tagli alla produzione e un piano di riduzione dei costi, per fare
fronte alla minore domanda di acciaio delle costruzioni e delle auto. Il titolo
ha chiuso le contrattazioni in calo del 15,50% a seguito dell'annuncio del
presidente della compagnia Lakshmi Mittal secondo il quale ArcelorMittal
ridurrà del 35% la produzione negli Usa di prodotti piani e del 30% in Europa
entro la fine dell'anno. Un taglio superiore a quanto previsto a settembre
quando ci si era fermati al 15 per cento. «La crisi dell'economia sta avendo
ripercussioni inaspettate – ha detto il presidente Mittal nel corso di una
conference call – e rischiamo di avvicinarci a una situazione similea quella
già vista nel 1930. Siamo stati costretti a prendere decisioni drastiche per
cercare di riportare il business dell'acciaio su livelli più equilibrati». La
decisione sulla produzione si è affiancata ai risultati del terzo trimestre,
peggiori delle aspettative degli analisti e alle previsioni poco lusinghiere
sul quarto trimestre: l'utile netto si è attestato a 3,821 miliardi di dollari
(+29%), pari a 2,78 dollari ad azione. L'ebitda è stata di 8,58 miliardi (+76%)
inferiore alle previsioni di 8,7 miliardi mentre il fatturato è salito del 38%
a 35,198 miliardi. Per il 2008, ArcelorMittal punta ad un ebitda tra 2,5 e 3,0
miliardi di dollari, in calo dai 4,8 miliardi di fine 2007. Per quanto riguarda
il dividendo 2009 sarà mantenuto a 1,5 dollari ad azione e il debito netto
ridotto di 10 miliardi entro la fine del prossimo anno (ora è a 32,5 miliardi
di dollari). I risultati deludenti di ArcelorMittal hanno messo sotto pressione
i credit default swap del gruppo saliti di 14 punti base a
( da "Avvenire" del 06-11-2008)
Argomenti: Cina
MONDO 06-11-2008 Il
voto di ieri ha aperto un nuovo capitolo nelle relazioni internazionali e in
particolare in quelle le interviste Stephen Hess interatlantiche: le diverse
attese sulle due sponde di un oceano percorso dai venti di recessione «Più
vicino all'Ue Ma potremmo rimanere delusi» Pierre Hassner DA PARIGI DANIELE
ZAPPALÀ « E sistono nuove prospettive d'intesa transatlantica, ma attenzione!
Nel breve periodo, l'Europa multilateralista rischia di essere delusa da
Obama». A lanciare l'avvertimento è il politologo Pierre Hassner, fra i massimi
esperti mondiali di relazioni atlantiche, docente in Francia e al centro
europeo di Bologna della John Hopkins University, autore di opere ed articoli
sulla politica estera americana tradotti anche in Italia che gli hanno valso,
fra l'altro, il prestigioso premio Tocqueville. Professore, in Europa e altrove
si è parlato di «Obamamania». La sorprende questa popolarità senza frontiere
del nuovo presidente? Sono rimasto colpito dalla quasi unanimità che in pochi
mesi ha apparentemente ridotto la distanza fra l'America e il resto del mondo.
In alcuni Paesi che si sentono minacciati, come l'Albania, la Georgia e in
parte Israele, la preferenza della gente è rimasta fino alla fine per McCain,
giudicato più intransigente e meno morbido. Ma si è trattato di eccezioni in un
momento abbastanza unico di ritrovo simbolico dell'intero pianeta. Le reazioni
politiche in Europa sono state rapide e ottimiste. Sul fronte transatlantico,
le pare un ottimismo giustificato? Obama è senz'altro molto più vicino agli
europei rispetto a McCain e Bush. Ma, al contempo, l'Europa non pare certo fra
le sue priorità, focalizzate invece sulla crisi economica e le maggiori aree
"calde" planetarie. Esistono margini maggiori per un'intesa, ma non
si può neppure escludere una delusione reciproca sulla concezione del
multilateralismo. Soprattutto se Washington continuerà a considerarlo come la
possibilità offerta agli alleati di dare sostegno alla presenza militare
americana in Afghanistan o altrove. Un sostegno da cui tante capitali
preferirebbero invece oggi defilarsi. Inoltre, in queste aree di crisi, il vero
problema è che non s'intravedono per il momento soluzioni. Aldilà del
multilateralismo o meno, c'è un nodo irrisolto legato al contenuto dell'azione.
La fiducia nel multilateralismo non basta. Dunque, la strada non è ancora
spianata. Non credo, anche pensando a ciò che sta accadendo in Europa dell'Est,
l'unica area europea di cui si sia davvero parlato nella campagna americana. La
Polonia e gli Stati Baltici sono per l'ingresso di Ucraina e Georgia nella Nato
ed Obama pare convergere su questa posizione. A differenza di gran parte
dell'Europa occidentale, per nulla entusiasta. Si è parlato anche di un Obama
«protezionista » sul commercio internazionale. Che ne pensa? In questo periodo
di crisi, è impossibile fare previsioni su questo fronte. Ma credo si sia
esagerato definendo Obama come un protezionista, dato che si tratta
innanzitutto di un pragmatico. Lo sarà probabilmente tanto più grazie
all'eccellente staff di consiglieri economici che ha riunito. I dirigenti
europei chiedono un rapporto transatlantico «più equilibrato». Una speranza
fondata? Credo di sì. In ogni caso, l'ondata d'ostilità in America soprattutto
contro la Francia e più in generale verso l'ex «fronte del no» alla guerra in
Iraq, pare ormai una storia del passato. Ma il rischio per l'Europa pare oggi
soprattutto quello di essere un po' dimenticata. Almeno fin quando la
diplomazia americana si concentrerà sugli assi critici con la Russia, il Medio
Oriente, con Chavez o su potenze emergenti come India e Cina. Spetta soprattutto all'Europa il compito di pesare di più a
livello diplomatico e non solo in campo economico. In ambiti di cooperazione
nuovi come l'ecologia, gli Stati Uniti potrebbero avvicinarsi alle posizioni
europee? A giudicare dai suoi discorsi, Obama sembra credere sinceramente nelle
energie rinnovabili e nella lotta all'inquinamento. Ma la crisi
economica rischia di relegare questo tema negli Stati Uniti fra quelli non
prioritari. Cosa può apprendere l'Europa da questa elezione «storica»?
Condivido il parere di chi giudica ancora inconcepibile un'elezione simile in
Francia e negli altri Paesi europei, pur così avvezzi spesso a biasimare il
presunto razzismo negli Stati Uniti. C'è tanto da apprendere su questo fronte,
così come dalla capacità degli Stati U- niti di voltare pagina per rigenerarsi.
L'Europa, spesso così poco appassionata, può anche imparare dallo slancio
ideale che ha attraversato questa elezione. Il politologo francese Pierre Hassner:
«Vi è una intesa sul multilateralismo anche se temo possano emergere forti
contrasti operativi»
( da "AmericaOggi Online" del 06-11-2008)
Argomenti: Cina
La svolta americana
fa sognare l'Europa di Marisa Ostolani 06-11-2008 BRUXELLES. La svolta
americana fa sognare anche l'Europa che con Barack Obama alla presidenza degli
Usa spera di aver trovato un alleato alla Casa Bianca per dare una risposta
globale e multilaterale alle sfide del mondo, dal cambiamento climatico alla
globalizzazione, dalla lotta al terrorismo alla costruzione della pace.
"Abbiamo bisogno di trasformare la crisi attuale in una grande
opportunità. Abbiamo bisogno di un nuovo new deal", ha detto il presidente
della Commissione Ue, José Manuel Durao Barroso, evocando l'immenso sforzo
fatto dal presidente americano Franklin Delano Roosewelt per uscire dalla
grande depressione del '29, alla quale gli economisti paragonano la crisi
finanziaria ed economica attuale. Per Barroso, tra i primi leader europei a
congratularsi ieri all'alba con il nuovo presidente, l'elezione di Oba- ma
"é un punto di svolta per gli Usa e può esserlo anche per il mondo
intero". Di "vittoria storica" ha parlato il cancelliere tedesco
Angela Merkel, mentre il premier britannico Gordon Brown ha salutato i
"valori progres- sisti" e la "visione per il futuro"
dimostrati da Obama. Durante la campagna elettorale, la maggioranza dei leader
europei ha tifato per il candidato democratico in modo esplicito ed oggi ne
festeggia la vittoria come fosse anche propria. Il presidente francese Nicolas
Sarkozy, che detiene la presidenza di turno dell'Unione europea, si è
congratulato con Obama affermando che la sua elezione "solleva in Francia,
in Europa e nel mondo un'immensa speranza: quella di un'America aperta,
solidale e forte che mostrerà di nuovo la via, con i suoi partner, attraverso
la forza dell'esempio e l'adesione dei suoi principi". Prima di riparare
le macerie provocate nelle relazioni transatlantiche dalla decisione
unilaterale di dichiarare guerra all'Iraq, probabilmente servirà tempo. Ma in
Europa le attese per nuove relazioni multilaterali sono alte. "Su temi
quali l'Iran, l'Afghanistan, l'Iraq, il Medio Oriente, le cose
cambieranno", ha assicurato il ministro degli Esteri francese Bernard
Kouchner. "Ci sarà più dialogo, anche se Obama non rovescerà tutto, sarà
un presidente riflessivo, che porterà avanti un suo metodo. Ma cambierà".
A Washington il 15 novembre prossimo, al vertice del G20 sulla risposta globale
alla crisi dei mutui, gli onori di casa li farà ancora il vecchio presidente,
ma la nuova amministrazione sarà presente con un proprio team di osservazione e
gli sguardi europei saranno rivolti al nuovo corso di Obama. La Ue e Sarkozy
reclamano regole per una "nuova architettura finanziaria
internazionale" e sanno che troveranno nel nuovo inquilino della Casa
Bianca - che nel suo primo discorso di investitura si è scagliato contro le
follie di Wall Street - orecchie sensibili. Anche sul clima, le speranze
europee per un cambiamento della linea Usa sono particolarmente alte.
L'obiettivo è di arrivare alla fine del
( da "AprileOnline.info" del 06-11-2008)
Argomenti: Cina
Quante sfide per
Obama Silvana Pisa, 06 novembre 2008, 18:23 Esteri Il nuovo inquilino della
Casa Bianca sarà all'altezza di tutti gli scottanti dossier internazionali
lasciatigli in eredità da Bush? Dovrà affrontare l'ostilità aperta della Russia
(ribadita dal presidente Medvedev), il rapporto con l'Europa e le guerre in
Iraq e in Afghanistan. Da questi esami, sapremo se il nuovo leader americano si
limiterà alla difesa dell'esistente o, come ha auspicato la Albright,
"migliorerà gli standard di vita del mondo" Mentre i vari capi di
stato si sono affrettati a congratularsi per la strabiliante elezione di Barack
Obama a nuovo presidente degli Stati Uniti, in Russia il presidente Medvedev
non ha esitato - nel suo rapporto alla nazione - a puntare il dito sulla
politica americana. Il suo intervento evoca vecchie e nuove tensioni e,
nell'auspicio di "un cambiamento di rotta nelle relazioni con gli Stati
Uniti" mette le mani avanti proprio nel giorno in cui il mondo festeggia
il risultato simbolico - che ha fatto luccicare gli occhi a milioni di persone
- di vedere finalmente un nero a capo della casa Bianca. La Russia - 8°paese
detentore di titoli del debito estero degli Stati uniti per circa 75 miliardi
di dollari - accusa esplicitamente gli Usa di avere provocato la crisi
finanziaria globale che insieme allo scoppio della bolla speculativa sul
petrolio (sceso dai 148 $ al barile di giugno ai circa 50 di oggi) ha
intaccato,non di poco, il tesoretto russo. Il "conto"presentato da
Medvedev riguarda diverse tensioni accumulate nel tempo recente. Il primo
riferimento esplicito si riferisce alle tecnologie per lo scudo antimissile
dislocate dagli Usa in Polonia e Repubblica ceca: per la Russia una
provocazione che ne muta gli equilibri strategici e che, come prima reazione,
ha provocato la denuncia del trattato sugli armamenti tradizionali. Il secondo
atto ostile sottolineato da Medvedev riguarda l'appoggio degli Usa
all'aggressione compiuta dalla Georgia nei confronti del'Ossezia del Sud,
padrinaggio utilizzato anche per giustificare lo spostamento di navi della
sesta flotta dal mediterraneo alle coste russe del mar Nero. Alla denuncia di
queste azioni si puo' aggiungere un pesante non detto: l'ostilità della Russia
all'ampliamento della Nato verso i paesi dell'Europa dell'est, promosso dagli
Stati Uniti e avvenuto, dalla fine degli anni '
( da "Sole 24 Ore, Il" del 07-11-2008)
Argomenti: Cina
Il Sole-24 Ore
sezione: IN PRIMO PIANO data: 2008-11-07 - pag: 5 autore: Fmi: «Tutti in
recessione» Nel 2009 prima frenata globale dal dopoguerra per i Paesi avanzati
Alessandro Merli SAN PAOLO. Dal nostro inviato Una politica fiscale globale
espansiva è quello di cui l'economia mondiale ha bisogno dal G-20 per far
fronte a una crisi molto peggiore di quanto si ritenesse anche solo un mese fa
e che vedrà l'anno prossimo i più grandi Paesi industriali, per la prima volta
dal dopoguerra, in recessione contemporaneamente. Il capo economista del Fondo
monetario, Olivier Blanchard, ha lanciato ieri questa sollecitazione ai
ministri delle Finanze e ai governatori del G-20, il gruppo delle principali
economie avanzate e dei maggiori Paesi emergenti, che si riunisce domani a San
Paolo per preparare il vertice convocato la prossima settimana dalla Casa
Bianca. Un'indicazione analoga sul ruolo della politica di bilancio nel
contrastare la recessione era venuta nei giorni scorsi dal governatore della
Banca d'Italia, Mario Draghi, che sarà a San Paoloe a Washington. Blanchard ha
descritto una situazione economica pesante, che ha costretto l'Fmi a fortitagli
alle previsioni di crescita rispetto al World Economic Outlook di ottobre. Queste
nuove stime orienteranno la discussione del fine settimana nella capitale
industriale del Brasile. La crescita mondiale si fermerà nel 2009 al 2,2%,
contro una previsione di ottobre del 3% ( finora considerato la soglia minima
della recessione globale) e in brusco calo rispetto al 3,7% di quest'anno.
L'economia si contrarrà negli Stati Uniti dello 0,7%e nell'Eurozona, sulla scia
della recessione tedesca, dello 0,5. I Paesi avanzati nel loro complesso
accuseranno una flessione dello 0,3% e quelli emergenti e in via di sviluppo
cresceranno poco più del 5% (un punto in meno rispetto alle stime del mese
scorso). Il pessimismo si è accentuato da ottobre, ha detto Blanchard, per due
ragioni: il crollo della domanda nei Paesi avanzati, che porta il Fondo a ritenere
che la contrazione di fine 2008 e primo semestre 2009 sarà più netta del
previsto, e l'aggravamento delle condizioni del credito per i Paesi emergenti,
colpiti dalla migrazione della crisi finanziaria e dal calo dell'export. I
Paesi industriali hanno assistito, secondo l'economista francese, a un
«drammatico crollo» della fiducia di famiglie e imprese, che hanno tenuto a
lungo, ma ora «si sono semplicemente spaventati e hanno deciso di spendere meno
». Sui mercati finanziari si è innescato un «circolo vizioso» di riduzione di
indebitamento, caduta dei prezzi e riscatti da parte degli investitori. Le cose
potrebbero andare ancora peggio, in un clima di altissima incertezza, se si
scoprissero altre «mine nascoste» nel campo della crisi finanziaria e se si
creassero le condizioni per una deflazione protratta nel tempo. Secondo
Blanchard, quest'ultimo rischio è molto piccolo. Il Fondo si aspetta una
vigorosa reazione di politica economica: plaude al taglio dei tassi d'interesse
di ieri da parte di Banca centrale europea e Banca d'Inghilterra e sostiene che
esistono altri spazi di riduzione, mentre in altri casi (Stati Uniti, Giappone)
si è più vicini al limite minimo dei tassi. Ma la risposta più efficace può
venire dalla politica di bilancio, con un aumento della spesa pubblica o il
taglio delle tasse. Molti Paesi (Stati Uniti, diversi europei, Cina) hanno margini per un allentamento della pressione fiscale. Da
qui l'appello al G-20. «Se verrà attuata questa manovra globale - ha detto
Blanchard - le nostre previsioni potranno rivelarsi pessimiste». L'Fmi nota
anche che l'Italia, la cui economia si contrarrà dello 0,2% nel 2008 e dello
0,6% nel
( da "Sole 24 Ore, Il" del 07-11-2008)
Argomenti: Cina
Il Sole-24 Ore sezione:
IN PRIMO PIANO data: 2008-11-07 - pag: 6 autore: «UN PIANETA IN PERICOLO» Il
ritorno degli Usa Citando l'ambiente tra le grandi sfide del momento, accanto
alle guerre e alla crisi finanziaria, Barack Obama ha segnalato l'intenzione
degli Stati Uniti di tornare leader nella lotta ai cambiamenti climatici,
rilanciando la partecipazione americana ai negoziati internazionali sul clima,
dopo il rifiuto del Protocollo di Kyoto da parte di Bush Kyoto 2, dicembre 2009
Il prossimo appuntamento è per la fine dell'anno prossimo, a Copenhagen: 190
nazioni contano di concordare un nuovo accordo sul clima che preveda ulteriori
tagli alle emissioni di gas serra, possibilmente da realizzare entro il 2020 Le
promesse di Barack Il piano energetico e ambientale di Obama- basato sullo
sviluppo delle fonti rinnovabilie dell'efficienza energeticapromette di creare
entro 10 anni 5 milioni di posti di lavoro nel settore dell'energia pulita,con
investimenti fino a 150 miliardi di dollari, e di arrivare entro il 2050a un taglio
delle emissioni di CO2 dell'80%rispetto ai livelli del 1990.Come strumento
d'azione, Obama propone uno schema analogo alle quote europee, con pagamenti da
parte delle industrie e l'investimento in energia pulita del ricavato Una
strada in salita La svolta nella posizione americana dovrebbe influire su altri
Paesi, in particolare la Cina, cuii Paesi
industrializzati chiedono di fare di più in materia ambientale. Ma la crisi
economica non lasceràa Obama grandi spazi di manovra: un piano di riduzione
delle emissioni, la carbon tax o le nuove tecnologie sono destinate ad
aumentare i costi per i consumatori,almeno all'inizio
( da "Sole 24 Ore, Il" del 07-11-2008)
Argomenti: Cina
Il Sole-24 Ore
sezione: IN PRIMO PIANO data: 2008-11-07 - pag: 6 autore: INTERVISTA Shi
Yinhong Docente di relazioni internazionali alla Renmin University «Pechino
teme il protezionismo» Luca Vinciguerra PECHINO. Dal nostro corrispondente La Cina è contenta per la vittoria di Barack Obama. è contento
il Governo che, pur senza aver mai preso una posizione ufficiale, ha sempre
tifato per il candidato democratico. Ed è contenta la gente della strada che,
come dicono i sondaggi, in questi mesi di campagna elettorale ha finito per
simpatizzare in massa per il nuovo presidente americano. «I cinesi hanno
individuato istintivamente in Obama un interlocutore aperto al dialogo con il
resto del mondo e, soprattutto, meno invasivo negli affari altrui di quanto non
sia stato Bush», risponde Shi Yinhong, politologo e docente di Relazioni
Internazionali alla Renmin University of China di Pechino. Professore, ora che
Obama ha vinto la corsa alla Casa Bianca, cosa si aspetta la Cina
dal nuovo presidente americano? Credo che la Cina si
aspetti tutto ciò che si aspettano i cittadini americani di buon senso. E cioè
che il nuovo presidente rimetta in sesto l'economia e faccia ordine nel mondo
della finanza. E in politica estera che rimedi ai disastri fatti dal suo
predecessore. Non è un'agenda delle più facili... è evidente che Obama non
potrà fare tutto ciò che oggi gli americani e il resto dei suoi sostenitori in
giro per il pianeta gli chiedono. Ma alcune cose sono realizzabili, come il ritiro
delle truppe statunitensi dall'Iraq e l'avviodi un processo di distensione con
l'Iran. Su altri dossier scottanti, invece, come il Pakistan o l'Afghanistan
non credo che il nuovo presidente potrà incidere più di tanto. Veniamo ai
rapporti tra Cina e Stati Uniti. Quale sarà
l'approccio dell'Amministrazione Obama con Pechino? Sul piano politico, la
competizione tra i due Paesi diventerà più serrata. Obama, infatti, cercherà di
aumentare l'influenza degli Stati Uniti in zone del mondo, come l'Africa o il
SudEst asiatico, che negli ultimi anni erano state dimenticate
dall'Amministrazione Bush, proprio mentre la Cina
promuoveva una politica di amicizia con queste aree emergenti. Questa offensiva
diplomatica è destinata ad alzare la tensione tra Pechino e Washington? No,
perché si tratterà di una competizione animata dalla volontà di recuperare
terreno sul piano diplomatico, ma anche dal genuino desiderio di Obama di
promuovere un dialogo con il nuovo mondo in via di sviluppo. E questa è una
cosa positiva per la comunità internazionale, Cina
compresa. E sul piano economico? Non crede che Obama dovrà fornire delle
risposte a quella fetta del Partito democraticoche reclama a gran voce
interventi governativi contro l'aggressione commerciale cinese? Sì, questo è un
rischio concreto. D'altronde, non va dimenticato che la base elettorale del
nuovo presidente è composta anche da alcuni esponenti politici che hanno
trasformato la disputa sul surplus commerciale cinese nei confronti degli Stati
Uniti in una questione ideologica. Se la recessione dovesse aggravarsi, questi
signori inizieranno a reclamare interventi protezionistici contro i prodotti
cinesi. L'Amministrazione Obama potrebbe aprire una guerra commerciale con la Cina? Certamente. Il nuovo presidente dovrà ascoltare tutti
i suoi grandi elettori. E tra questi ce ne sono molti che non vedono l'ora di
ingaggiare una disputa commerciale con la Cina. Tutto,
lo ripeto, dipenderà dall'evoluzione della crisi finanziaria e dai suoi impatti
sull'economia reale americana. Ciò detto, oggi chiunque si
trovi a governare a Washington non può dimenticare che la Cina è la seconda finanziatrice del debito pubblico statunitense. è
anche per questo che la Cina è stata invitata alla prossima riunione del G-20. Quali saranno,
invece, le questioni aperte tra Cina e Stati Uniti
che potranno beneficiare dell'elezione di Obama? Due sicuramente: Taiwan
e la politica ambientale. lucavin@attglobal.net TENSIONI COMMERCIALI
«Potrebbero esserci condizionamenti da parte di esponenti politici ostili al
made in China»
( da "Sole 24 Ore, Il" del 07-11-2008)
Argomenti: Cina
Il Sole-24 Ore
sezione: ECONOMIA E IMPRESE data: 2008-11-07 - pag: 21 autore: Missione
Confindustria. Tra le Pmi c'è chi pensa a delocalizzare Vietnam preferito alla Cina «Meno ostacoli burocratici» Carmine Fotina HO CHI MINH CITY. Dal
nostro inviato Le imprese che hanno messo gli occhi sul Vietnam, guidate da
Confindustria, Ice ed Abi, iniziano ad avere primi segnali di appoggio dalle
banche italiane, scoprono che il governo di Hanoi accelera sulle
privatizzazioni e invita gli stranieri a partecipare ai grandi piani di
investimento sulle infrastrutture. La Simest sarà una sorta di corsia
preferenziale. La finanziaria controllata dal ministero dello Sviluppo
economico ha infatti firmato un accordo con la Scic, l'azienda del Governo che
promuove le privatizzazioni in Vietnam e ha oltre 140 nuove operazioni in
vista. Finora la Simest ha partecipato con una quota di minoranza negli
investimenti diretti di Piaggio e Bonfiglioli, operazioni che non sono
scaturite da dismissioni di asset pubblici. Sonia Bonfiglioli, Ceo del gruppo
di famiglia specializzato in riduttori e motori elettrici, ha inaugurato la
produzione 15 giorni fa e adesso spiega ai colleghi italiani arrivati in
avanscoperta perché per il suo investimento (13 milioni di euro) ha preferito
il Vietnam alla Cina: «Le autorità cinesi mi imponevano
di costruire su un terreno rigidamente commisurato al budget iniziale, mentre
qui posso lavorare su una prima linea produttiva e successivamente, quando sarà
il momento, espandermi nella parte restante del terreno che ho a disposizione.
Non basta. Per importare macchinari per la lavorazione dall'Italia o dalla
Germania, di qualità migliore rispetto a quelli cinesi, avrei dovuto pagare un
dazio del 48%, mentre in Vietnam non ho ostacoli ». Bonfiglioli produrrà nella
zona di Ho Chi Minh City (l'ex Saigon) per esportare in tutto il mondo, mentre
la veneta Aristoncavi, produttrice di cavi elettrici, è qui con un'idea un po'
diversa. Il figlio del fondatore, Leopoldo De-stro, cita tutti gli annunci
ascoltati in questi giorni: «Faranno l'Alta velocità ferroviaria, una
metropolitana ad Hanoi e una a Ho Chi Minh City, potenzieranno tutta la rete
portuale. Trovare un partner affidabile per avviare una produzione sul posto
sarebbe l'ideale». «L'Italia può giocare il suo ruolo nei grandi progetti del
Vietnam – osserva il vicepresidente di Confindustria per infrastrutture,
logistica e mobilità, Cesare Trevisani – soprattutto se si considera che gli
investimenti fatti finora non hanno assicurato qualità soddisfacente. Ora
speriamo solo che il Governo italiano, dopo la presenza del ministro Scajola,
faccia seguire passi concreti in questo Paese». Gli incontri b-to-b con gli
imprenditori vietnamiti – oltre 1.700 includendo quelli che si svolgeranno oggi
– hanno acceso la fantasia di un piccolo esercito di Pmi che puntano a
insediamenti produttivi da realizzare ex novo, in joint venture o al 100%;
partner per la distribuzione da individuare nei settori più svariati, dalla
valigeria tecnica alle macchine utensili, dall'arredo ai cosemtici e colori per
i capelli. Tra i più giovani della delegazione c'è Max Catanese, che con
l'azienda familiare Almax di Mariano Comense ha giù un'idea pronta: «In Italia
produciamo stampelle riciclabili, fatte di poliestere antiurto, un materiale
che nell'area del Sud-Est asiatico almeno per ora non usano. Ma non possiamo
semplicemente gestire questo vantaggio competitivo, dobbiamo trasferirlo
direttamente su questo mercato e il modo migliore sarebbe avviare una nostra
produzione». Le banche italiane, spesso anello debole dell'espansione sui nuovi
mercati asiatici, assicurano un cambio di passo. Dopo quello di Unicredit, apre
infatti anche l'ufficio di rappresentanza di Intesa Sanpaolo. Le risorse ci
sono,dice l'Abi:«A disposizione c'è un plafond di crediti da 500 milioni, di
cui finora è stato utilizzato solo il 26%». La missione italiana, aperta ad
Hanoi dal ministro Claudio Scajola, dal vicepresidente di Confindustria Paolo
Zegna e dal presidente dell'Ice Umberto Vattani, si chiude oggi nell'ex Saigon,
crocevia dello sviluppo di un Paese che non vuole più fermarsi. LA SCELTA
ASIATICA Sonia Bonfiglioli: «A Pechino le autorità mi imponevano di rispettare
rigidamente i piani di sviluppo mentre i dazi all'import sono più alti» LE
RISORSE Anche le banche assicurano un cambio di passo: a disposizione c'è un
plafond di crediti da 500 milioni utilizzato solo per il 26%
( da "Sole 24 Ore, Il" del 07-11-2008)
Argomenti: Cina
Il Sole-24 Ore
sezione: FINANZA E MERCATI data: 2008-11-07 - pag: 41 autore: Auto. Per
l'esercizio in corso la società prevede utili più che dimezzati rispetto a un
anno fa Toyota, crollano i profitti Il gruppo giapponese lancia l'allarme:
crisi senza precedenti Stefano Carrer TOKYO. Dal nostro inviato Toyota viaggia
in rosso sia negli Usa sia in Europa e guadagnerà quest'anno il 70% in meno
dell'anno scorso, in quanto oggi «la crisi dell'auto è senza precedenti ». Lo
ha detto ieri il vicedirettore generale Mitsuo Kinoshita, al quale il numero
uno Katsuaki Watanabe ha lasciato l'ingrato compito di annunciare un bollettino
di guerra al termine di una giornata in cui il titolo ha perso il 10,3% in
Borsa (prima dell'annuncio sul bilancio). La revisione al ribasso delle previsioni
sull'esercizio in corso (la seconda in due mesi) risulta superiore alle più
pessimistiche attese: gli utili netti si limiteranno a 550 miliardi di yen, il
56% rispetto alle stime giàridotte due mesi fa,contro i 1.718 miliardi di yen
dell'annata precedente. Il giro d'affari calerà del 12,5% rispetto a un anno
prima a 23mila miliardi di yen, dato che saranno vendute 673mila auto in meno
(8,24 milioni contro 8,91). Nel primo semestre (aprilesettembre) l'utile
operativo è sceso del 54,2% a 582 miliardi di yen, su vendite in calo del 6,3%
a 12.190miliardi. I conti sono preci-pitati nell'ultimo trimestre, periodo in
cui il colosso dell'auto giapponese ha registrato profitti in calo di oltre due
terzi, con una perdita operativa di 34,8 miliardi di yen negli Usa e di 11,5
miliardi in Europa. Proprio il calo delle vendite in Europa e Usa, assieme al
rafforzamento dello yen, è stato indicato da Kinoshita come il fattore- chiave
del drastico ridimensionamento del bilancio, che potrebbe ancora peggiorare.
Infatti le previsioni si basano su un cambio delle yen più favorevole rispetto
ai corsi correnti: in ogni caso, dalle oscillazioni valutarie Toyota subirà un
“danno” di almeno 300 miliardi di yen, ossia di circa 3 miliardi di dollari.
Resistono i mercati emergenti, ma anche lì non mancano i segnali di
rallentamento della crescita, dalla Cina all'India. «Francamente, non so dire quando la situazione potrà
migliorare» ha ammesso Kinoshita. Scarsa consolazione, per Toyota, è il
rosicchiamento di quote ad altri costruttori in mercati declinanti: in Giappone
la sua fetta di mercato è salita al record del 42,5% ( minivetture comprese),
mentre negli Usa è aumentata al 17% (anch'esso un record). E magra
consolazione per gli azionisti appare la conferma del dividendo interinale a 65
yen, il che porta il “payout” totale al 41,5% (203,7 miliardi di yen): il
titolo è in calo di quasi il 40% quest'anno, con una capitalizzazione dacui è
sparito l'equivalente di 77 miliardi di dollari e con esso il primato mondiale
(passato al valore di Borsa della Volkswagen). Kinoshita ha delineato alcune
contromisure, a partire dalla costituzione di uno specifico «comitato di
emergenza » che si occuperà di tagliare i costi e «rivedere la capacità
produttiva, inclusa la tempistica e l'entità dei nuovi progetti ». In Giappone
si partirà dal mancato rinnovo dei contratti per i lavoratori a termine, e
probabilmente si intensificheranno sospensioni e tagli produttivi in Usa ed
Europa. Dopo lunghi anni di una crescita che pareva inarrestabile, insomma,
Toyota è costretta a imboccare una strategia di tagli che potrebbe estendersi
presto agli investimenti di capitale. Il calo atteso dei profitti operativi in
questo esercizio (-73,6%) è superiore a quello annunciato nei giorni scorsi
dalle rivali Honda (-42%) e Nissan (-51%): tra i costruttori giapponesi, solo
Fuji Heavy (Subaru) non ha lanciato allarmi-utili. Da segnalare, infine, che
Kinoshita ha mostrato di salutare con favore l'ipotesi difusione tra Panasonic
(con cui ha una joint nelle batterie) e Sanyo, anche perché il gruppo intende
aumentare la gamma di vetture ibride e offrire nuove soluzioni per l'auto
ecologica. Quanto alle ipotesi di fusione Gm-Chrysler, Kinoshita ha detto di
augurarsi che le collaborazioni in corso con Gm (compresa la jv produttiva in
California) possano continuare, ma è parso pronto a contemplare la loro fine.
Le scuse. Mitsuo Kinoshita, vicedirettore generale di Toyota
( da "Sole 24 Ore, Il" del 07-11-2008)
Argomenti: Cina
Il Sole-24 Ore
sezione: FINANZA E MERCATI data: 2008-11-07 - pag: 41 autore: Strategie. Il
colosso punta su un marketing aggressivo Pepsi inventa la lattina-cliente
Simone Filippetti I l miglior modo per convincere qualcuno a comprare un
prodotto? Stamparci sopra la sua stessa fotografia. E se poi il ritratto
finisce su una lattina, il successo è assicurato. L'idea è venuta a Pepsi Cola
che così pensa di dare una spinta alle vendite e battere l'eterna rivale Coca
Cola. Nell'era di Facebook, della celebrità personale e alla portata di tutti,
quella di Pepsi suona come un'ammiccante trovata di marketing. Chi non vorrebbe
vedersi ritratto su una bibita che finisce nella mani di migliaia di persone in
tutto il Paese? L'iniziativa, chiamata «Be the Face» (letteralmente, mettici la
faccia) lanciata a livello globale,tocca anche l'Italia dove saranno scelti 32
"fortunati" che saranno ritratti su 7 milioni di lattine che saranno
messe in commercio per tutto il 2009, tra quanti (e sono già centinaia in pochi
giorni) caricheranno le loro foto sul sito di Pepsi. Con la mossa Pepsi spera
di fidelizzare i clienti e di attrarne di nuovi. La crisi dei consumi e la
recessione colpisce di più prodotti voluttuari e sacrificabili sull'altare del
risparmio, come i soft drinks, e Pepsi ha bisogno di un colpo d'ali perchè i
conti non brillano. Nel trimestre la casa ha già sperimentato un primo impatto
del rallentamento sui propri bilanci: gli utili sono scesi di 100 milioni di
dollari a 1,6 miliardi ed è stata costretta a rivedere le stime sui risultati
dell'intero 2008.Come contromossa un drastico piano di tagli dei costi che
ruota attorno a 3.300 licenziamenti. Se i mercati tradizionali soffrono la crisi,
la risposta è spostarsi su mercati più promettenti. Pepsi è
pronta a puntare sulla Cina investendo un miliardo di dollari. Ma anche nell'estremo Oriente
si ripropone la sfida delle bollicine perchè la stessa Coca Cola ha annunciato
una maxi-acquisizione da 2,4 miliardi nel Paese. Novità. La lattina Pepsi
( da "Sole 24 Ore, Il" del 07-11-2008)
Argomenti: Cina
Il Sole-24 Ore
sezione: ATTIVITA MARITTIMA data: 2008-11-07 - pag: 27 autore: Crociere made in
Italy Costa conquista i cinesi con il sarto di bordo di Marika Gervasio «A
llegria, sognoe benessere: questo significa, in cinese, il termine
"Costa" e proprio seguendo questi tre concetti abbiamo concquistato
il pubblico cinese». Parola di Gianni Onorato, direttore generale di Costa
Crociere che sulla Costa Allegra ha portato in vacanza 50mila cinesi attratti
dal made in Italy che si respiraa bordo della navi. «Siamo
statii primi a effettuare crociere regolari in Cina e Asia
–spiega Onorato –iniziando nell'estate 2006 da Shangai e da allora le crociere
Costa in Cina sono arrivate a cento». Un'operazione non facilevista la
diffidenza iniziale di un popolo limitato negli spostamenti anche per le
difficoltà nell'ottenimento dei visti. «Abbiamo fatto forti investimenti
in marketing per farci conoscere e presentare la nostra offerta alle agenzie di
viaggio. Inoltre abbiamo studiato un'offerta ad hoc, pensata per persone che
amano la tradizione e la cultura». Dove la parola chiave è «made in Italy»: il
fattore in assoluto più apprezzato e ricercato dai cinesi in
crociera.Dall'aspetto dell'equipaggio ai servizi fino alla gastronomia: a bordo
si trovano sarti che confezionano abiti da sera, 100% made in Italy, per gli
ospiti che possono anche frequentare corsi di cucinae lingua italiana e
deliziare il proprio palato nei ristoranti con menù tipici della tradizione
nostrana. E la vacanza passa tra gare canore come l'Italian festival,l'elezione
di Mr. Spaghetto, serate musicali che spaziano dalla lirica passando per
Modugno fino a Ramazzotti. Così Costa ha conquistato il suo target, una fetta
di pubblico con forti potenzialità di sviluppoe sul quale l'azienda punta
molto, ma anche il governo locale di Shanghai, basti pensare che il primo scalo
della scorsa stagione estiva della Costa Allegra a Shanghai ha dato il via
all'apertura del nuovo terminal per crociere internazionali nel porto cinese.
Nel 2008 i viaggi in Asia sono stati 19, di cui 14 dal porto di Shanghai e,
visto il successo di quest'anno,il numero delle crociere dedicate ai cinesi per
il 2009 si triplicherà: si prevedono, infatti, 15 crociere su Costa Allegra (su
un totale di
( da "Sole 24 Ore, Il" del 07-11-2008)
Argomenti: Cina
Il Sole-24 Ore
sezione: ECONOMIA E IMPRESE MERCATI I data: 2008-11-07 - pag: 25 autore:
Ambiente. Secondo Fise Unire la raccolta differenziata è in crescita ma i
materiali rimangono sui piazzali Prodotti riciclati, pochi i ritiri Il recupero
degli scarti a quota 35 milioni di tonnellate (+8,2%) Jacopo Giliberto RIMINI.
Dal nostro inviato Aumentano (ma resta il "buco nero" di Napoli) i
quantitativi di rifiuti avviati al riciclo, i camion scaricano nei piazzali
sempre più quantità di plastica pronta a tornare nuova plastica, di carta da
macero destinata a trovare nuova vita nel cartone ondulato, di cassette di
legno che diventeranno panelli truciolari per mobili. Ma sempre più spesso
questi materiali rimangono nei piazzali. La domanda è fredda, molto fredda.Perfino la Cina –che per anni ha razziato in Italia gli scarti rigenerati per
placare la sua fame di materie prime – sta rallentando gli ordinativi. Se gli
europei comprano meno mobili, si producono meno pannelli ricavati con i
trucioli degli imballaggi usati di legno. E quando la domanda scende, i
prezzi impazziscono. Emerge dalla nuova edizione dello studio «L'Italia del
recupero»della Fise Unire (l'associazione confindustriale delle aziende del
recupero rifiuti) presentato alla rassegna Ecomondo in corso a Rimini Fiera.
Mentre negli ultimi anni la produzione industriale italiana ha subito una
contrazione dell'1,6%, al tempo stesso le attività di recupero sono cresciute
dell'8,2%. Il mercato del riciclo produce ogni anno 35 milioni di tonnellate di
materiali recuperati sostitutivi delle materie prime e di cui 20 sono
costituiti da metalli, 5,5 da carta e cartone, 4,8 da legno, 1,8 da vetro e 1,3
da plastica. I recuperatori privati rigenerano oltre 23 milioni di tonnellate.
«I dati sembrano confortanti soltanto in apparenza – afferma Corrado Scapino,
presidente della Fise Unire – perché le imprese del settore sentono la crisi e
le flessioni nelle quotazioni delle materie prime. Il mercato non può
costituire l'unico volàno del comparto: i sovraccosti dei rifiuti devono essere
davvero pagati da chi inquina». Ci sono casi però particolari. è Napoli. Ancora
una volta. Ci sono aziende campane di riciclo che per far marciare le macchine
devono importare i materiali di scarto perché Napoli non riesce a decollare. Ci
sono Comuni della Campania che hanno raccolte differenziate che per efficienza
fanno sfigurare gli orgogliosi altoatesini, ma sono perle nel fango di milioni
di cittadini della Campania che, pur volendo, non riescono a trovare un
servizio di raccolta e non sanno dove portare le loro bottiglie usate e i
giornali letti. Non è così semplice. Guido Bertolaso, sottosegretario alla
Protezione civile e supercommissario ai rifiuti della Campania, vuole
conquistare la fascia tra le province di Napoli e Caserta, là dove la
criminalità più stupidamente arrogante impedisce ogni forma di riscatto; vuole
dare il servizio di raccolta alla megalopoli disordinata attorno al Vesuvio e
soprattutto a Napoli. «è questo l'obiettivo del nuovo decreto che sarà
approvato a giorni», afferma Bertolaso durante Ecomondo. Il Conai – il
Consorzio nazionale imballaggi costituito dalle imprese – è prontissimo a dare
una mano con la sua esperienza di undici anni di raccolta e riciclo ma non è
disposto ad accettare una delle disposizioni del decreto: per scavalcare
l'inefficienza della municipalizzata napoletana Asìa, ogni cittadino potrà
portare la sua spazzatura selezionata direttamente agli stabilimenti del Conai
e ricevere – dice il decreto –un piccolo pagamento in denaro. Protesta il
presidente del Conai, Piero Perron: «Non è il nostro lavoro. Siamo imprese.
Sarebbe come se un consumatore si presentasse ai cancelli di uno stabilimento
per comprare una confezione e chiedesse anche il resto e lo scontrino fiscale».
LO SCENARIO Scapino: «Le imprese del settore appesantite dalla crisi e dai
ribassi di materie prime I sovraccosti dei rifiuti pagati da chi inquina»
( da "Sole 24 Ore, Il" del 07-11-2008)
Argomenti: Cina
Il Sole-24 Ore
sezione: FONDI data: 2008-11-07 - pag: 45 autore: Risparmio gestito. A ottobre
dai prodotti legati ai bond sono usciti 12 miliardi - Secondo i gestori è
l'effetto Lehman Grande fuga dagli obbligazionari Corcos (Fideuram): è la
guerra dei depositi - Vicinanza (Epsilon): clienti verso i Pct Isabella Della
Valle MILANO I mercati azionari nel giro di soli 30 giorni hanno accusato
perdite che nel migliore dei casi sono state dell'8% (America) e nel peggiore
del 20% (Paesi emergenti). Eppure la grande fuga dei sottoscrittori non è stata
dai fondi azionari, ma dagli obbligazionari che hanno registrato una perdita
record di 12 miliardi, portando il saldo dall'inizio dell'anno a-55 miliardi. A
stupire non è tanto il fatto che la raccolta di questa tipologia sia in rosso
(lo è da mesi), quanto l'entità del dato. «L'esodo da questa tipologia non mi
sorprende- spiega Tommaso Corcos, amministratore delegato di Fideuram
Investimenti –. Il panico generato dal timore che ci fossero dei titoli Lehman
Brothers nei portafogli ha portato a una riconsiderazione del rischio da parte
dei sottoscrittori che, nell'incertezza, hanno preferito vendere. Il secondo
elemento importante è la guerra dei depositi fatta dal sistema bancario. Una
guerra anche non volontaria, che è stata portata avanti con offerte sempre più
attraenti e sicure. Con questo mix, il passaggio, quindi dal fondo al deposito
è stato immediato». Questa rinnovata ricerca di sicurezza va quindi ad
aggravare una crisi strutturale in atto da tempo per l'intero settore. Sergio
Vicinanza, amministratore delegato di Epsilon Sgr nel dare la sua
interpretazione di questi dati, parte da una considerazione un po' amara. «A
poco è servito non avere Lehman in portafoglio – afferma – il sistema è stato
penalizzato lo stesso e non è riuscito a frenare l'uscita dai fondi a favore di
conti correnti e pronti contro termine. Il cliente è stato attratto dai tassi
interessanti legati all'Euribor. Ma c'è anche un altro aspetto da tenere in
considerazione: i prodotti obbligazionari sono stati gli unici insieme ai
monetari che su base annua hanno registrato una performance positiva. è
possibile, quindi, che i risparmiatori abbiano preferito chiudere le posizioni
in attivo o in pareggio e con l'esigenza di mettere i capitale su altri
strumenti». è chiaro, quindi, che la necessità delle famiglie oggi non è tanto
quella di una rivalutazione degli investimenti, quanto quella di preservarli.
Ma c'è un altro fattore che emerge dalle considerazioni sullo stato di salute
del settore, vale a dire che fino a quando le banche avranno bisogno di
liquidità (bisogno già emerso da tempo e accentuato dalla situazione congiunturale)
questa situazione critica del risparmio gestito difficilmente potrà terminare.
Ma c'è anche chi è ottimista. «Questi dati sono certamente negativi – afferma
Marco Fusco, direttore generale di State Street Global Advisors – ma non credo
assolutamente che questa sia la fine del risparmio gestito perché i fondi
restano comunque gli strumenti più efficienti per investire sui mercati».
Ovviamente con una raccolta complessiva in rosso per 23 miliardi, sono ben
poche le società che hanno registrato un saldo positivo. Tra queste ci sono
Mediolanum (55 milioni), che da mesi si muove in controtendenza rispetto al
settore, e State Street Global Advisors (52 milioni), branch italiana di State
Street Corporation, gruppo americano specializzato nella gestione degli investimenti
per clienti istituzionali. Per il restoa fianco ai gruppi ci sono solo segni
meno. Il peggior dato in assoluto è stato registrato da Pioneer Investments che
ha accusato una raccolta netta negativa per 6,6 miliardi. Una cifra enorme.
Rosso cupo anche nei conti di Intesa Sanpaolo (-3,8 miliardi). Tra i singoli
fondi, invece, qualche dato positivo c'è.Quelli che hanno incassato di più sono
tendenzialmente monetari (a eccezione di Interfund Equity Europe con un saldo
di 51 milioni). Guidano la classifica Interfund Euro Short term, Fideuram
Moneta e Fonditalia Euro Currency, mentre la chiudono Anima Liquidità, Pioneer
Monetario Euro e Ducato Fix Monetario (anche dal versante dei riscatti il
primato spetta comunque ai monetari). Per quanto riguarda le performance dei
prodotti, spicca il risultato degli obbligazionari che puntano sul Giappone. In
questo caso ( come per i prodotti che puntano negli Usa) la componente
valutaria è stata determinante, permettendo a Interfund Bond Japan di portare a
casa un significativo 29,3%, seguito da Fonditalia Bond Japan (27,9%) e da
Ducato Fix Yen (26,8%). Hanno più che dimezzato il valore, invece,
Pioneer Azionario Paesi Emergenti, Gestielle Cina e Fonditalia
Euro Financial: tutti e tre hanno accusato perdite superiori al 50 per cento.
CHI RACCOGLIE Soltanto due gruppi hanno registrato un saldo positivo:
Mediolanum (55 milioni) e la società americana State Street Advisors (52
milioni)
( da "Repubblica, La" del 07-11-2008)
Argomenti: Cina
Pagina 35 - Commenti
IL MONDO AI TEMPI DI OBAMA FERDINANDO SALLEO Ha conquistato la Casa Bianca nel segno
del cambiamento leggendo esattamente il senso del diffuso disagio e
dell´inquietudine che percorrono gli Stati dell´Unione, i ceti e i gruppi
sociali, anche coloro che hanno votato per McCain, gli indipendenti e gli
svogliati. Non c´è dubbio che lo stato dell´economia e la preoccupazione per la
recessione e la disoccupazione abbiano messo in ombra gli altri temi di una
campagna elettorale lunga e tormentata da colpi bassi: ma non credo che il
messaggio con cui Clinton sconfisse Bush padre ? it´s the economy, stupid ?
possa spiegare la mobilitazione e l´afflusso alle urne, o la disfatta dei
repubblicani visibile non tanto nella differenza di voti quanto nella larga
diffusione dei suffragi per il giovane senatore dell´Illinois che ha
conquistato gli Stati in bilico e alcuni Stati da decenni votati al Gop.
L´energia e la comunicativa del candidato instancabile, la capillare
organizzazione dei volontari, la bravura dei collaboratori, la campagna per la
registrazione nelle liste elettorali, l´enorme afflusso di piccoli contributi
finanziari che hanno superato la potenza di fuoco repubblicana, fattori
determinanti certo, sono la conseguenza del valore aggregante del messaggio
politico di Obama. Persino la sconfitta del fattore razziale ? temuto fino
all´ultimo "nel segreto dell´urna" ? deve molto al cambio
generazionale e alla trasformazione della società urbana, ma solo il messaggio
di fiducia e di ottimismo nel Paese e nel suo destino che sono il fondamento e
la forza dell´etica americana ha potuto catalizzare, al di là dell´affiliazione
e del pregiudizio, tutte le ragioni in un appello che è andato oltre i
programmi, specie quelli di politica estera, destinati alla fine ad assestarsi
su una certa genericità. Più dell´impopolarità di Bush, delle guerre e dell´incompetenza,
del disastro di Katrina e delle crescenti diseguaglianze sociali, della stessa
crisi finanziaria di cui, quasi come un´incombente catastrofe naturale, pochi
comprendono il senso e le terapie se non per i rischi personali, il fattore
determinante del successo è stato l´appello alla nazione, una nazione in cui è
dogma che ogni grande impresa le sia possibile, dove un uomo con l´improbabile
storia personale del candidato democratico giunge alla soglia della Casa Bianca
dove avevano regnato gli eletti dell´aristocrazia e della tradizione, del
potere politico e della potenza finanziaria. E la varca oggi esaltando la
vitalità della democrazia americana nel tempo più buio. Massima potenza
mondiale, ma non più sola, l´America del XXI secolo ha scelto quindi di aprirsi
con coraggio e fiducia, di affrontare le sfide che pone a lei ed alla comunità
occidentale il mondo multipolare, ha respinto la suggestione di cedere alla
paura ? è il monito del messaggio inaugurale di Roosevelt, "la sola cosa
da temere è la paura stessa" ? alla politics of fear madre delle decisioni
inconsulte, e la ricorrente tentazione di trincerarsi entro la frontiera
nazionale, politica prima che geografica, di cui è simbolo il muro sul Rio
Grande. In questo senso, la politica estera di Obama potrà presentare
importanti segnali di cambiamento, certo nello stile e anche nel metodo, se non
inizialmente nella sostanza. Sappiamo bene infatti che le relazioni
internazionali sono governate anzitutto dai fatti, dalle relazioni reciproche
di potenza, dalla sicurezza sia attiva che reattiva, dalla freddezza del
rischio calcolato e dall´attenta valutazione delle conseguenze di ogni
intrapresa ? il faut vouloir les conséquences de ce qu´on veut ? non già dai
disegni astratti e sovente velleitari, dagli umori e dalle ubbie. La squadra
estera di Barack Obama che sembra profilarsi all´orizzonte dovrebbe includere
talento ed esperienza internazionale, a cominciare dal Vice Presidente Biden.
Non bisogna in ogni caso lasciarsi trarre in inganno dalle polemiche e dai
distinguo della campagna elettorale, meno ancora immaginare una politica estera
remissiva: il senso del messaggio politico di Obama è orgoglioso e fiducioso e
prefigura una diplomazia da grande potenza, sempre però una diplomazia a tutto
campo che si avvalga anche degli strumenti multilaterali, le Nazioni Unite, le
Ifi e il G8 se sapranno guadagnarsi un ruolo dimostrando la propria utilità o
la capacità di rinnovarsi. A Washington gli strumenti non mancano certo: la
nuova Casa Bianca potrà avvalersi nuovamente dell´attrazione del suo modello e
dei suoi tradizionali valori, del ritrovato soft power che l´immagine che
l´America proietterà di sé dopo l´offuscamento degli ultimi anni, sempre
principale potenza per la combinazione dei diversi fattori. La capacità
militare, pur messa a dura prova in Iraq e in Afghanistan, le fornisce un
ineguagliato strumento duttile con un raggio d´azione mondiale. La sua
economia, la maggiore del mondo, soffre degli squilibri accumulati che non
possono essere sanati in poco tempo e senza sacrifici, ma possiede una vitalità
scientifica innovativa ed un talento imprenditoriale che dovrebbero consentire
alla squadra economica presidenziale ? che sembra voler avvalersi dei migliori
talenti dell´epoca Clinton, il settore di maggior successo di
quell´Amministrazione ? di riorganizzarsi. Soprattutto, l´abbandono della
politics of fear, del campo trincerato, permetterà alla Casa Bianca di spingere
il dialogo politico internazionale molto in là, fin dove è possibile e conveniente,
senza pregiudizi ma facendo valere pragmaticamente un approccio costruttivo
mirato alla stabilità costruita su parametri di larga condivisione e lasciando
da parte regime change e ostracismi. In questo senso si può guardare alla cauta
fine dei due conflitti iracheno e afghano. Tra i maggiori protagonisti, la
tradizione realista di Kissinger e di Baker dovrebbe tornare in onore. Con la
Russia di Putin e Medvedev e con la Cina di Hu Jintao ? soprattutto con la prima ? la diplomazia a tutto
campo potrà riprendere il discorso strategico che Washington aveva stabilito
persino con l´URSS con reciproco vantaggio, e proseguito con alterne vicende
fino alle recenti crisi e alle reciproche provocazioni che hanno arrestato il
processo di disarmo e controllo degli armamenti facendo arretrare la stabilità.
Più complesso per Obama si presenta lo scenario medio-orientale, costellato di
incertezze e di incomprensioni, in particolare poi con Teheran che avanza verso
l´arma nucleare che destabilizzerebbe la regione: ma anche qui, Obama ha preso
il rischio di accettare il dialogo senza precondizioni. E l´Europa? Dipenderà
in gran parte dagli europei se comprenderanno che la gestione efficace del
sistema multipolare sarà possibile per l´America e per l´Europa stessa mediante
il rafforzamento della solidarietà su basi rinnovate. In un periodo di gravi
turbamenti, economici e strategici, il primo e più urgente dialogo riguarda
l´assetto transatlantico e la sua capacità diplomatica globale.
( da "Repubblica, La" del 07-11-2008)
Argomenti: Cina
Pagina IV - Torino
"Gli enti locali sostengano chi innova" Enrietti: ma non è tutta
colpa della finanza se l´industria si restringe L´intervista Il docente di
economia e studioso del settore dell´auto "No all´assistenzialismo, la
selezione va favorita" Questa crisi potrebbe favorire un ricambio
nell´imprenditoria facendo emergere figure nuove Il processo di
terziarizzazione dell´area non è certo cominciato da questa fase: lo dimostrano
i numeri VERA SCHIAVAZZI «Tornare all´economia reale», come ha ammonito il
cardinal Poletto? «Sì, ma quale? Non sono reali solo le automobili, ma anche i
servizi, la logistica, il marketing, le mense? Reale è tutto ciò che è diverso
da puramente finanziario, non solo l´industria manifatturiera». Aldo Enrietti,
docente di economia all´Università di Torino, studia da sempre il settore
dell´auto, il suo indotto e i suoi trend nazionali, europei e mondiali. E,
anche se non è certo ottimista sulla crisi che si è appena aperta, sottolinea
come «oltre alla forza distruttrice occorra vederne anche la forza creatrice,
cioè il dopo e le trasformazioni che la crisi porterà con sé». Professor
Enrietti, la recessione di queste settimane sembra portare con sé una sorta di
nostalgia. Ma Torino e il Piemonte stanno cambiando già da anni. Qual era,
prima di questa crisi, lo stato di salute di questo sistema industriale?
«Relativamente buono ma, bisogna ricordarlo, le sue dimensioni si erano già
ridotte, collocandosi intorno al 27, 28 per cento del Pil regionale. Ed è
impensabile che la quota occupata dall´industria torni a crescere. Non solo: il
processo di terziarizzazione, con lo spostamento di occupati dalla manifattura
ai servizi, non è certo iniziato con questa crisi dei mercati finanziari. Non è
?colpa´ di Wall Street, insomma, se l´industria italiana e piemontese si
restringe». I suoi studi condotti in occasione dell´ultima crisi Fiat, nel
2002, sembravano tuttavia dimostrare che il settore nel suo insieme aveva
saputo rispondere, soprattutto puntando su altri costruttori, in tutto il
mondo. Ora invece che cosa deve cambiare? «In effetti negli ultimi anni le
imprese del settore automotive avevano ricollocato una parte significativa del
loro business. Ora questo non è sufficiente a proteggerle, visto il calo
globale del mercato dell´auto. Ma è presto per dire se anche i mercati più
forti, Cina, India, Estremo Oriente, andranno davvero indietro: al momento
stanno soltanto rallentando, che è cosa ben diversa dalla recessione. E´ certo
comunque che il 2009 sarà un anno durissimo per l´auto. E anche se la Fiat
perde e perderà in proporzione meno di altri costruttori occorre guardare molto
più avanti, tra cinque o dieci anni, quando saranno pronti e si potranno
tornare a vendere modelli puliti, elettrici o a idrogeno». Nel frattempo però
non si può fermare tutto e aspettare? «Alcune cose si possono fare subito, i
modelli a gpl e a metano ci sono già. Ampliare la rete di distribuzione del
metano è una cosa che si può fare in poco tempo e può dare un piccolo
contributo. Ma per i cambiamenti strutturali - come arrivare davvero a produrre
e a vendere, magari con opportuni incentivi, auto elettriche che non inquinino
davvero ci vogliono alcuni anni. Non è facile, come dimostra anche il caso
della Toyota Prius: in un recente incontro, un esperto molto affidabile ci ha
detto che Toyota perde il 30% sulla vendita di questo modello, che regala
comunque alla casa un formidabile plus di immagine». Qual è il ruolo della
politica in un momento come questo? «Il governo nazionale deve investire sugli
ammortizzatori sociali, rifinanziando e implementando tutti quei meccanismi che
possono rendere meno drammatica la perdita temporanea di lavoro. Ma gli
ammortizzatori, pur necessari e doverosi, non risolvono nulla. I governi locali
invece non devono in nessun modo puntare su misure assistenziali. Quei pochi o
tanti fondi che sono in grado di investire in favore delle imprese devono
andare a chi innova, aiutando così quel processo di selezione naturale che le
crisi portano con sé». Che cosa significa oggi sostenere chi innova? «Avere la
capacità di decidere quali produzioni e progettazioni possono ancora funzionare,
e difendere quelle, e non tutto il sistema acriticamente. Guardiamo ad esempio
a tre società torinesi, Pininfarina, Bertone e Giugiaro: la crisi c´è per
tutti, ma le vicende sono molto differenti e dimostrano che cosa può
significare avere o no una visione del futuro e una dirigenza all´altezza della
situazione. Allo stesso modo le piccole e medie imprese che caratterizzano il
nostro territorio devono innovare su terreni che non solo quelli dell´alta
tecnologia: c´è bisogno di servizi di qualità». Che altro possono fare le
amministrazioni pubbliche? «Progettare la mobilità in una chiave che aiuti
l´ambiente ma anche il sistema produttivo, rinnovare in senso meno inquinante
tutte le proprie flotte, ad esempio». In che modo questa crisi può riflettersi
sui modelli contrattuali? «Può essere un´occasione per coinvolgere di più i
lavoratori che resteranno e chi li rappresenta, come è avvenuto di recente con
la crisi della Volkswagen. Non ci si deve illudere, l´occupazione
nell´industria diminuirà ancora, ma per chi resta si possono ottenere
condizioni decenti». Imprenditori e politici piemontesi, secondo lei, sono
all´altezza del compito? «Non si può progettare il futuro restando attaccati al
passato. Diciamo che questa crisi, forse, potrebbe portare con sé un ulteriore
ricambio in entrambi i settori, far emergere figure nuove».
( da "Repubblica, La" del 07-11-2008)
Argomenti: Cina
Pagina VII - Torino
Il sogno americano del Politecnico Oggi per l´inaugurazione l´ambasciatore
Spogli. Accordi con Atlanta e Berkeley Crescono (15%) gli studenti stranieri
Nel 2009 concluso il raddoppio della cittadella MILENA VERCELLINO Corsi di
laurea doppi tra Torino e Atlanta o Berkeley, accordi bilaterali per le
ricerche di tesi a Chicago: il Politecnico allunga il passo verso gli Stati
Uniti e si prepara ad aprire ai propri studenti nuovi percorsi di mobilità
internazionale. Per suggellare la vicinanza tra l´ateneo torinese e il mondo
universitario a stelle e strisce oggi alla cerimonia d´inaugurazione dell´anno
accademico ci sarà l´ambasciatore Usa in Italia Ronald Spogli, che con il suo
staff, dice il rettore del Politecnico Francesco Profumo, «ha dato un notevole
supporto nella costruzione di questi accordi». Alleanze che, dice Profumo,
stanno dando un forte impulso alle immatricolazioni nell´ateneo: «Quest´anno
gli studenti iscritti sono cresciuti del 7%, e gli stranieri sono arrivati al
15% del totale. E la capacità di attrarre studenti stranieri e da altre città
italiane è quello che ci permette di crescere come ateneo». L´anno scorso è
stato firmato un accordo con l´Università Usa Georgia Tech che prevede per il
2009-2010 l´attivazione di un corso a doppia laurea in ingegneria delle
telecomunicazioni. «E´ un accordo bilaterale ? sottolinea Profumo -. Alcuni
nostri studenti andranno ad Atlanta e alcuni della Georgia Tech verranno da
noi. Alla fine i nostri studenti oltre alla laurea specialistica avranno anche
il Master of Science». E dopo gli ingegneri delle telecomunicazioni, a poter
studiare nelle aule della Georgia Tech saranno nei prossimi anni anche gli
studenti dei corsi di ingegneria informatica, meccanica, aerospaziale, dei materiali
e di architettura. Prosegue inoltre l´accordo storico stipulato con
l´Università dell´Illinois per master in ingegneria dell´informazione e
meccanica: qui la doppia laurea passa per il lavoro di tesi svolto a Chicago.
La stretta di mano più recente è invece quella che porterà gli studenti
torinesi nel nord della California: «Abbiamo firmato nei giorni scorsi un
accordo con l´University di Berkeley per la mobilità degli studenti, su base di
reciprocità. Entrerà in vigore l´anno prossimo e riguarderà tutti i corsi di
laurea», dice Profumo. Ma il futuro della formazione senza frontiere non passa
soltanto per gli Usa: l´altra direttrice dell´internazionalizzazione
del Politecnico porta infatti in Cina: «Abbiamo già
accordi con 20 università cinesi e ospitiamo 650 studenti cinesi che seguono i
nostri corsi di laurea. Da quest´anno, poi, abbiamo un accordo con l´Università
Tongji di Shanghai. Da settembre 20 nostri studenti sono là e l´anno prossimo a
studiare con loro a Torino ci saranno 80 giovani cinesi», spiega
Profumo. E mentre si avvicina a festeggiare il proprio 150esimo anniversario,
che cadrà nel prossimo anno accademico, il Politecnico pensa alla propria
crescita sul territorio, tenendo premuto per il 2009 l´acceleratore sulle
infrastrutture, sulla tecnologia e sul venture capital per finanziare i propri
progetti. Sul fronte delle infrastrutture, è in via di completamento il
progetto della Cittadella Politecnica, nato nell´ottica di offrire competenze
capaci di attrarre investitori e finanziamenti bancari a sostegno
dell´imprenditorialità tecnologica. E´ poi in cantiere l´allargamento del
campus della cittadella, con nuovi spazi per oltre
( da "Repubblica, La" del 07-11-2008)
Argomenti: Cina
Pagina XV - Torino
L´intervista I disciplinari I pericoli L´allarme Se dovessi difendere un
prodotto dai rischi della globalizzazione salverei la toma dell´Alpe
Cravanzola,
( da "Repubblica, La" del 07-11-2008)
Argomenti: Cina
Pagina VII - Palermo
Meno sacchetti griffati per i clienti, ingredienti per la rosticceria comprati
al discount. Ecco come ci si attrezza Dal parrucchiere al ristoratore
"Così affrontiamo la recessione" Il libraio: "Orario più lungo
in pausa pranzo" Il negoziante "Riduco i capi" CLAUDIA BRUNETTO
ISABELLA NAPOLI PESA al botteghino dei cinema come sugli incassi dei
parrucchieri. è la crisi raccontata da chi la vive sulla pelle. Dall´agente di
viaggio al panificatore, che per stare a galla, cambiano gli orari di lavoro,
puntano su utenze telefoniche meno care, limitano o diversificano gli ordini, e
fanno da sé tutto quello che di solito affidavano a ditte esterne, come le
consegne e le pulizie. «Limitiamo gli acquisti di merce - spiega Pippo
Chianchiano, titolare di un negozio di abbigliamento - il prodotto non può
essere scadente e allora, ci riforniamo di giubbini e camicie e limitiamo gli
ordini di capispalla più cari, come cappotti e giacche, che rimarrebbero
invenduti. Ma ci limitiamo anche sulle spese accessorie. Per esempio, meno
sacchetti griffati per la clientela». Anche nelle agenzie di viaggio, i
titolari cercano di risparmiare come possono. «Offriamo i viaggi a corto raggio
e più economici come il Mar Rosso - spiega Nando Milella, titolare della Biba
Tour - anziché quelli più lunghi e costosi, sono sempre offerte di qualità ma
costano meno. Negli scaffali, mettiamo in evidenza proprio i cataloghi delle
destinazioni vicine. Compriamo e offriamo meno gadget come borse e altri
accessori. Nel turismo congressuale, ci consorziamo con altre aziende per
organizzare eventi in modo da abbattere i costi». A Borgo Vecchio, la mattina
il pane non lo compra più nessuno. «C´è un calo del 70 per cento - spiega
Domenico Zora, titolare del panificio della piazza - e allora ci dobbiamo arrangiare.
Gli ingredienti per la rosticceria li compriamo al discount. Per le utenze,
luce e telefono, ho cambiato più volte gestore, da Wind Infostrada a Tele 2. Il
contratto della luce ora l´ho fatto con la Sorgenia e risparmio circa il 20 per
cento ma sto pensando di passare ad una società la Eon che produce energia
dall´eolico». In macelleria, i banchi sono meno forniti. Succede anche in via
principe di Scordia. «Ordiniamo meno carni - spiega Salvatore Ballo, titolare
di una macelleria - cerchiamo di risparmiare sull´energia elettrica, limitando
i consumi. La mattina a esempio non accendiamo la luce se non è necessario». In
libreria, la filosofia per affrontare la diminuzione dei lettori è quella di
diversificare l´offerta e fornire il servizio in orari diversi. «Lavoriamo di
più - spiega Pietro Onorato, titolare della libreria Broadway - prolungando
l´orario mattutino fino alle 14,30 per agganciare la clientela in pausa pranzo.
Forniamo più titoli e quindi acquistiamo di più ma risparmiamo sulle spese per
le spedizioni. Facciamo da noi quello che di solito delegavamo ai pony o ad
agenzie». Angelo Altomari da oltre trenta anni nella ristorazione, da quando
gli effetti della crisi si sono fatti sentire ha dovuto rimboccarsi le maniche:
«Non sono soltanto il titolare - dice il proprietario della trattoria "Al
tarì" in via Isaac Rabin - ma faccio anche il cuoco, il cameriere e
l´amministratore. Insomma ho dovuto fare degli tagli al personale. Le spese
aumentano, ma il prezzo del menù deve rimanere sempre lo stesso altrimenti la
gente non viene più a mangiare da me. Così i guadagni sono inesistenti». Se
prima contava una cinquantina di coperti al giorno, adesso sfiora la trentina a
malapena e spesso soltanto nel weekend: «Se prima i clienti affezionati si
facevano vedere anche quattro volte alla settimana, adesso fanno un salto una
volta sola». E se con un´ottantina di clienti alla settimana il parrucchiere
Fabrizio Mancuso fino a un paio di anni fa riusciva a guadagnare bene, oggi con
qualcuno in meno a stento riesce a coprire le spese della sua attività in via
Montepellegrino: «Il problema non è soltanto l´euro - dice Mancuso di
"Nuance by Nat" - ma soprattutto il sistema fiscale. Quasi l´ottanta
per cento degli incassi finiscono in tasse. Se si lavora in regola con i
contributi pagati per dipendenti e tutto il resto, è praticamente impossibile
essere in attivo. è un miracolo arrivare a fine mese senza rimetterci». E per
affrontare la crisi si dà spazio anche alla fantasia: «Mi invento promozioni e
offerte - dice Mancuso - per attirare i clienti. E non c´è persona che non mi
chiede lo sconto». Anche chi opera nel mondo dello spettacolo e della cultura
ogni giorno fa i conti con le tasche povere della gente. «Il
cinema resiste - dice Tonino Di Patti, proprietario del cine-teatro
Metropolitan di viale Strasburgo - perché dipende molto dal tipo di film. Il
teatro, invece, e lo spettacolo di intrattenimento in genere è diventato un
lusso per la nostra utenza. Così quest´anno abbiamo fatto un solo turno di
spettacoli e non due. E comunque cerchiamo di contenere i costi dei
biglietti di ingresso. Abbiamo offerte e card sconto». Ogni giorno Corrado
Cantoni aspetta anche tre ore per una corsa e finisce di lavorare sempre più
tardi per cercare di "portare a casa la giornata". «Il problema è
l´euro - dice Cantoni, tassista da nove anni - ma anche la crisi del turismo,
le guerre e il caro-petrolio. Ormai il taxi è un lusso, la gente lo prende solo
in casi rari. In alcune zone possono passare anche cinque ore prima di essere
chiamati per una corsa. A fronte di scarsi guadagni, per ammortizzare le spese
dell´assicurazione e della benzina ho preferito una macchina più piccola».
Attende con terrore la fine del periodo delle crociere Francesco Pecoraro che
da quando aveva quattordici anni con la sua carrozza gira per le strade della
città: «Campiamo solo con quei pochi turisti che ci sono - dice il cocchiere -
e neanche bene. Pochi guadagni e spese sempre maggiori. Con l´euro poi è finito
il mondo. Solo per mantenere il cavallo spendo circa cinquecento euro al mese.
Se dieci anni fa facevo più di dieci corse al giorno, oggi posso farne due, una
o anche nessuna in una giornata».
( da "Avvenire" del 07-11-2008)
Argomenti: Cina
MONDO 07-11-
( da "Avvenire" del 07-11-2008)
Argomenti: Cina
CRONACA 07-11-2008
la denuncia Tra donazioni e illegalità il convegno vaticano Fisichella: no alla
compravendita permessa per legge «Turismo e trapianti, iniquo business» DA ROMA
LUCA LIVERANI B asta un biglietto aereo per la Colombia e un assegno con
parecchi zeri. Le liste d'attesa spariscono e il trapianto di rene o di fegato
in una clinica di Medellin diventa una realtà. Se l'espianto di organi dai
condannati a morte o le sparizioni di bambini sono orrori sussurrati e nascosti
nelle trame del crimine internazionale, il turismo del trapianto è una pratica
lecita, consumata alla luce del sole in paesi compiacenti dell'America Latina e
del Sud- Est asiatico. Un business legale, ma orribile quasi quanto quello
criminale. Il presidente della Pontificia accademia per la vita, l'arci-
vescovo Rino Fisichella, esprime «forte preoccupazione » per il «traffico
clandestino che miete vittime innocenti spesso in tenera età soprattutto dai
paesi più poveri». Ma aggiunge subito: «Con altrettanta preoccupazione stiamo
seguendo proposte di legge presenti in alcuni Paesi che tendono a legiferare in
materia di trapianti di organo legittimandone la compravendita». L'allarme
arriva all'apertura del congresso internazionale sui trapianti di organo Un
dono per la vita, organizzato dalla Pontificia accademia per la vita, dalla
Federazione delle associazioni dei medici cattolici e dal Centro nazionale
trapianti, che si chiuderà domani. Oggi in programma l'udienza dal Papa. «Non
si combatte il traffico clandestino di organi ribadisce monsignor Fisichella
con la legittimazione per legge. Tanto ci appare iniquo il traffico di organi,
tanto ci rende sospettosi la compravendita permessa per legge. Se la donazione
esce dal contesto della gratuità non vediamo altra strada che possa essere
perseguita diversa da quella della violenza». Colombia, dunque. Ma anche
Pakistan, Filippine e Thailandia le mete del turismo dei trapianti. Rafael
Matesanz, direttore del Centro nazionale trapianti spagnolo, spiega che la
compravendita di organi da donatori viventi è ancora presente in India, ma in
calo dopo il giro di vite delle autorità. Ora le traiettorie sono state
dirottate su altri paesi compiacenti. «In Pakistan sono oltre 2 mila i
trapianti di rene eseguiti ogni anno spiega Matesanz in gran parte
riconducibili a compravendita». L'esperto spagnolo segnala un sito
www.happylife.co attualmente inattivo che pubblicizzava un centro privato di
Medellin con testi in inglese e israeliano: «Molti i cittadini israeliani che alimentano
questo turismo, perché per motivi religiosi in Israele non ci sono donatori.
Prima la mèta era Istanbul in Turchia, con donatori dalla Moldavia. Poi si sono
spostati verso il Sudafrica. In Colombia ora il governo si sta muovendo».
Segnalazioni anche in Bolivia, Perù, Ecuador. L'inefficienza dei servizi
sanitari e dei trapianti da cadavere alimenta il mercato: Matesanz spiega che
«in Asia il 60% della popolazione mondiale dispone del 2 o 3% dei donatori,
situazione perfetta per creare il commercio di organi» Luc Noel, esperto
dell'Oms, conferma: «Il 10% dei trapianti di rene effettuati nel 2005 nel mondo
è frutto di traffici illegali. In Cina e Pakistan il
fenomeno sta decrescendo perché stanno adottando maggiori controlli». È di ieri
la notizia dal Kosovo di tre arresti per trapianti illegali, due dei quali
medici, in un'inchiesta che vede coinvolti due stranieri, un israeliano e un
donatore turco. Per arginare il fenomeno a maggio 2008 un vertice
mondiale di organizzazioni scientifiche aveva stilato la Dichiarazione di I-
stanbul, firmata da 150 rappresentanti di tutti i paesi. Il modo migliore per
combattere il mercato clandestino resta l'accessibilità ai trapianti. Ferdinand
Muehlbacher, presidente della Società europea per i trapianti parla di 100 mila
trapianti nel 2006, tra cui 65.511 di rene, 20.366 di fegato, 5.313 di cuore,
3.051 di polmone e 2.500 di pancreas. Chi fa più trapianti è la Spagna, con
34,3 donatori per milione di abitanti. Seguono gli Usa con 26,6, l'Italia con
21, sopra la media Ue di 17, appena dietro a Francia e Gran Bretagna. In coda
la Romania con 1,7 donatori. «Nel
( da "Avvenire" del 07-11-2008)
Argomenti: Cina
ECONOMIA 07-11-2008
IL VERTICE L'Europa si prepara oggi al G20 di Washington Attese proposte
concrete D opo i nuovi interventi delle banche centrali e passato il momento
elettorale americano, i leader mondiali tornano a incontrarsi per definire
nuove misure anticrisi. L'attenzione è rivolta in particolare, all'appuntamento
del G20 a Washington il 15 novembre. Da lì «dovranno uscire proposte concrete
di riforma del sistema finanziario». È quanto prevede il testo redatto dalla
presidenza di turno dell'Unione Europea che verrà discusso al vertice
straordinario europeo di oggi a Bruxelles per preparare una linea comune. Il
summit dovrebbe definire «immediate guidelines per la governance a livello
internazionale e precisare il programma di lavoro in base al quale entro 100
giorni dovranno essere presentate misure concrete». In Europa, il summit del 15
novembre, che riunirà i più importanti paesi emergenti come
Cina, India, Brasile, Corea del Sud e Sud Africa, assieme alle grandi
nazioni industrializzate, viene visto come l'avvio di un processo di revisione
dell'architettura finanziaria globale. Il premier italiano Berlusconi, che ieri
ha incontrato il presidente russo Dmitri Medvedev e il primo ministro Vladimir
Putin, chiederà interventi sull'economia reale. Questo fine settimana a
San Paolo, in Brasile, si riuniranno i ministri delle Finanze e i governatori
delle banche centrali del G20, per preparare il campo e confrontarsi su
possibili riforme delle regole finanziarie. Per l'Italia, ci saranno il governatore
di Bankitalia Mario Draghi (a San Paolo anche lunedì 10 per la riunione della
Banca dei regolamenti internazionali) e il direttore generale del
Tesoro,Vittorio Grilli. Ai lavori parteciperanno il presidente della Bce
Trichet, il direttore del Fondo monetario internazionale Strauss-Kahn e il
presidente della Banca Mondiale Zoellick.
( da "Avvenire" del 07-11-2008)
Argomenti: Cina
ECONOMIA 07-11-
( da "Repubblica, La" del 07-11-2008)
Argomenti: Cina
Pagina XVIII -
Torino Polemiche tra i visitatori per una svastica fiorita Il neopresidente Usa
nella Campbell´s Soup di John Grande Un alloggio a Cuba venduto da Bruguera
Fino a domenica al Lingotto le opere di 128 gallerie da diciannove Paesi
"Una finestra aperta sulla collettività" secondo il direttore Andrea
Bellini MARINA PAGLIERI «Una fiera diversa da tutte le altre, ma anche
un´avventura culturale, una finestra aperta sulla collettività, pensata per i
collezionisti ma anche per un pubblico più ampio». Così il direttore Andrea
Bellini ha presentato ieri la sua seconda edizione di Artissima, giunta al
quindicesimo anno di vita, che apre oggi i battenti al pubblico con qualche
polemica, come accade spesso. Stavolta per colpa di una svastica dell´artista
vicentino Giovanni Morbin. Artissima si è aperta con il saluto della presidente
di Torino Musei Giovanna Cattaneo, dell´assessore regionale Oliva a nome anche
di Comune e Provincia, dei rappresentanti degli sponsor istituzionali, Giovanni
Ferrero per Fondazione Crt, Luca Remmert per la Compagnia di San Paolo,
Maurizio Beretta per la Camera di Commercio. Una fiera gestita per la prima
volta da Artissima srl, di cui la Fondazione Torino Musei è socio unico, e che
costa 2 milioni, di cui si prevede il 60 per cento sia coperto da entrate
proprie, dai biglietti ai costi degli stand, per il resto i maggiori contributi
arrivano da Regione (480mila), Comune (170mila), Fondazione Crt (120mila) e
Compagnia di San Paolo (80mila). Sono 128 le gallerie provenienti da 19 paesi,
tra cui Australia e Usa, Cina, Brasile e Giappone. Si apre con «Constellations», undici opere
di grandi dimensioni e di taglio museale, poste all´ingresso del padiglione che
ospita la fiera. Tra queste Object of desire (selling Cuba) di Tania Bruguera,
performance provocazione con nove agenti immobiliari sedute alla scrivania che
vendono, contravvenendo alla legge che lo vieta, appartamenti a Cuba.
Sorprese anche tra gli stand, che hanno trovato una nuova disposizione più
ariosa. Non mancano i riferimenti all´attualità, ad esempio un´opera di John
Grande con tredici quadretti che ripropongono la Campbell´s Soup di Andy
Warhol, ma il marchio ha il volto di Barack Obama, che appare anche in un´altra
opera tridimensionale. Diminuiti almeno un po´ video e fotografia, tiene bene
la pittura e abbondano le sculture (da Tony Cragg, presente anche quest´anno da
Tucci Russo, ai tavoli sovrapposti di Martin Creed ancora in «Constellations»,
alle numerose installazioni tridimensionali disseminate tra gli stand). Al
veronese Magazzino di Arte Moderna sono convinti che non sia possibile notare
tutto ciò che è esposto: il titolare Mauro Nicoletti ha allora deciso di coprire
le opere con lenzuoli e scoprirle solo a richiesta. Veronese è anche Arte
Ricambi, che ha suscitato la protesta di Ermanno Tedeschi, gallerista
quest´anno non ammesso in fiera e presidente degli Amici del Museo di Tel Aviv,
per una svastica in lucente metallo ricoperta di fiori, opera di Giovanni
Morbin. Dal palermitano Francesco Pantaleone c´è Andrej Mania, artista
collezionato da Elton John, accanto a Loredana Longo, che scolpisce tazzine di
porcellane, le riempie di polvere da sparo, le fa esplodere e riproduce il
tutto in video. Tra le novità di quest´anno l´«Ecole de Stéphanie», vera e
propria scuola d´arte a cura di Stéphanie Moisdon, con tanto di lezioni,
dialoghi e presentazione di progetti, e il concorso «Italian Wave», con i sette
vincitori, selezionati tra i 1.550 che hanno partecipato al concorso lanciato
on line, che espongono le loro opere in fiera. Per il resto, torna la sezione
«Present Future», con diciassette artisti emergenti che presentano in
un´apposita sezione progetti inediti, mentre di «New entries» fanno parte
diciannove gallerie fondate dopo il 2003, per la prima volta in fiera.
Proseguono intanto le iniziative in città, dalla mostra di Michelangelo Setola
a Palazzo Birago di Borgaro per «Artissima Fumetto», a «Luoghi d´arte e di artisti
1968-2008» di Paolo Mussat Sartor a Palazzo Cavour, per «Artissima Design».
Fuori dal Lingotto, quasi una performance per gli universitari in lotta,
vestiti di nero con una maschera bianca, che distribuiscono volantini.
( da "Repubblica, La" del 07-11-2008)
Argomenti: Cina
Pagina XXI - Bologna
Un concorso e una mostra da oggi a Palazzo Pepoli per celebrare gli 85 anni
della storica azienda L´anima delle fabbriche nei clic d´artisti per la GD
Sorgerà un museo nel grande polo funzionale vicino allo stabilimento di via
Battindarno FRANCESCA PARISINI (segue dalla prima di cronaca) La GD, Leader
nella realizzazione di macchine impacchettatrici, l´azienda bolognese della
famiglia Seragnoli ha scelto di raccontarsi attraverso le immagini dei suoi
clienti, disseminati in 110 paesi nel mondo. Di questi paesi, ne sono stati
scelti 18, per un totale di 23 imprese clienti, dall´India agli Stati Uniti, dalla Cina all´Europa, tutti ritratti ed interpretati dalla macchina
fotografica di 18 professionisti: Gabriele Basilico, capofila della fotografia
industriale in Italia, ha raccontato la Manifattura Tabacchi di Bologna,
Dayanita Singh s´è occupato dell´India, Anthony Goicolea degli Usa, Tobias
Zielony della Germania, Naoya Hatakeyama del Giappone, solo per citarne
alcuni. Il lavoro è ora un volume edito da Electa, e a gennaio sarà una mostra
da inaugurare in occasione di ArteFiera, presso la Pinacoteca. Se per decenni,
poi, la ?fotografia industriale´ o ?applicata´ che dir si voglia è stata un
vero e proprio genere, frequentata principalmente allo scopo di documentare il
lavoro della macchina e dell´uomo, nella seconda metà del secolo scorso l´arte
fotografica sembrava essersi dimenticata dell´industria. «GD4PhotoArt
riallaccia il dialogo», ha spiegato Giovanna Calvenzi che ha curato la mostra a
Palazzo Pepoli Campogrande, presentata ieri insieme a Basilico. A una dozzina
di curatori ed esperti di foto da tutto il mondo è stato chiesto di segnalare
ciascuno tre giovani fotografi. Visionati i 36 portfoli pervenuti, ne sono
risultati vincitori tre a cui è stata assegnata una borsa di studio per
realizzare in otto mesi un progetto di fotografia industriale. I tre, la ceca
Dita Pepe, la francese Lea Crespi e l´olandese Rob Hornstra raccontano un
paesaggio industriale molto diverso da quello descritto dai loro colleghi di
primo Novecento, vedi Lewis Hine, Alfred Stieglitz, più tardi Koudelka e i
Becher. «L´industria non è presente tecnicamente parlando - prosegue Giovanna
Calvenzi - bensì diventa uno sfondo». E´ una cornice, infatti, per la Pepe, con
i suoi autoritratti di fianco a operai e abitanti di una zona industriale, è
una quinta teatrale per Lea Crespi, che all´interno di un contenitore di
archeologia industriale muove il suo corpo giocando con la luce, è terreno
d´inchiesta per Hornstra che ha condotta un fotoreportage in Siberia. Il loro
lavoro è esposto quindi nella sede della Pinacoteca di via Castiglione (tutti i
giorni dalle 10 alle 19). Poi il concorso, con cadenza biennale e sempre
dedicato alla fotografia industriale, avrà sede nel museo che GD realizzerà all´interno
del polo funzionale la cui prima pietra verrà posata nelle prossime settimane
accanto allo stabilimento in via Battindarno (termine previsto dei lavori tra
fine 2010 e principio del 2011). Su una superficie di 8500 mq. progettati dallo
Studio Labics di Roma, troveranno spazio un auditorium da 400 posti, un centro
di formazione, un asilo, una mensa e una palestra, spazi aperti alla città e
non solo ai dipendenti GD. «Il museo, parte fondamentale di questo nuovo
complesso - illustra Francesco Dal Co, storico dell´architettura e presidente
della giuria del concorso che ha scelto il progetto dei romani - , non sarà
solo un museo industriale che racconta la storia dell´impresa GD, ma verrà
aperto a varie espressioni artistiche, a cominciare proprio dalla fotografia
industriale a cui sarà dedicata in particolare una sezione».
( da "Repubblica, La" del 07-11-2008)
Argomenti: Cina
Pagina 29 - Economia
L´Aie stima un aumento dei prezzi nonostante il rallentamento della crescita
mondiale "Un´illusione il petrolio a 60 dollari il
costo del barile riprenderà la corsa" A trainare la domanda globale
saranno sempre Cina, India e Medio Oriente MAURIZIO RICCI ROMA - Il petrolio a 60
dollari al barile (la quotazione di ieri a New York) è una sorta di illusione
ottica, al massimo una pausa di respiro di breve durata. Il prezzo del greggio
è destinato a schizzare di nuovo verso l´alto. L´Aie, l´agenzia per
l´energia dell´Ocse - l´organizzazione che raccoglie i maggiori paesi
industrializzati, ma non Cina e India - prevede, nel
suo nuovo World Energy Outlook 2008 che, fra oggi e il 2015, il prezzo del
barile sarà, in media, superiore ai 100 dollari. Moneta del 2007, al netto,
cioè, della futura inflazione: in termini nominali, i prezzi che vedremo sui
giornali dei prossimi anni saranno più alti. Per il 2030, il prezzo nominale
sarà di 200 dollari. Ma l´ascesa non sarà lineare: la tensione fra domanda e
offerta è talmente alta che anche piccoli spostamenti dell´una e dell´altra
determineranno brusche oscillazioni, picchi record dei prezzi, seguiti da
repentini crolli, rendendo ancora più affannoso di oggi il mondo dell´energia.
E´ il risultato inevitabile di una situazione che l´Aie giudica
"insostenibile", fra una domanda dei consumatori che continua a
salire e un´offerta di greggio che non tiene il passo. I prossimi uno-due anni di
recessione o ristagno dell´economia mondiale, infatti, rallenteranno la corsa
dei consumi, ma, secondo l´Outlook, non a lungo. Da qui al 2030, la domanda
globale di petrolio crescerà, in media, dell´1 per cento l´anno, trainata dai
paesi emergenti: Cina, India e Medio Oriente
forniranno i quattro quinti della nuova domanda che si presenterà sul mercato
nei prossimi anni. La produzione dovrà passare da
( da "AprileOnline.info" del 07-11-2008)
Argomenti: Cina
Per la Sinistra, debutta
l'associazione Aldo Garzia, 07 novembre 2008, 16:41 Politica Presentato a Roma,
al centro Congressi di via Cavour, il documento che fonda il nuovo soggetto
politico di Vendola, Fava e un parte di PdCI e Verdi. Il 13 dicembre terrà
un'assemblea per discutere il testo ma anche i contenuti. L'ipotesi di
trasformarsi in un partito della Sinistra aleggia su questa nuova iniziativa Il
documento Un documento dall'ambizioso titolo ("Costruire la sinistra: il
tempo è adesso") e con autorevoli firmatari di diverse aree politiche
(Moni Ovadia, Alberto Asor Rosa, Maria Rosa Cutrufelli, Maria Luisa Boccia, Giorgio Parisi, Simonetta Salacone, Marcello Cini, Wilma Labate,
Luciano Gallino, Margherita Hack, Mario Tronti, Elisabetta Piccolotti, Nichi
Vendola, Claudio Fava, Umberto Guidoni, Paolo Cento, Loredana De Petris) per
lanciare una nuova associazione dal nome altrettanto ambizioso: "Per la
sinistra". I promotori si sono ritrovati presso il Centro congressi
di via Cavour a Roma per annunciare che vorrebbero avviare una prima
ricomposizione della sinistra che non ha rappresentanza in Parlamento dopo le
ultime elezioni politiche. Ma la loro iniziativa è stata subito interpretata
come il preludio di una possibile scissione all'interno di Rifondazione.
Sinistra democratica (Sd) di Claudio Fava e Fabio Mussi insieme alla minoranza
del Prc che fa riferimento a Nichi Vendola sono infatti il nucleo che si
propone di rimettere in moto la geografia organizzata di chi non si riconosce
nel Pd e trova angusta la linea di Paolo Ferrero, nuovo segretario di
Rifondazione, che punterebbe sui tempi lunghi della ricostruzione della
sinistra "dal basso" e attraverso una ricomposizione con altre
formazioni comuniste, a iniziare dal PdCI di Oliviero Diliberto.
L'avvicinamento tra Sd e minoranza del Prc avviene su una piattaforma politica
che tende a occupare lo spazio politico lasciato libero dal Pd: priorità delle
questioni del lavoro e dell'economia ambientalmente compatibile, attenzione ai
nuovi movimenti come quello della scuola e dell'università di queste settimane,
necessità di ricostruire un centrosinistra capace di fare autocritica sulle
esperienze dei governi guidati da Romano Prodi ma altrettanto in grado di
rilanciare la sfida alla destra sui temi del governo del paese. Nuovi e autonomi
rapporti pure con il Pd. Alcuni dei promotori di questa nuova associazione
pongono anche la questione delle prossime elezioni europee. L'alternativa
sembra secca: o un cartello unitario Prc-Sd-PdCI -a cui Ferrero e la
maggioranza di Rifondazione obiettano per via dei deliberati congressuali del
partito che prevedono il solo simbolo del Prc - o una lista Sd-minoranza Prc
che equivarrebbe alla scissione di Rifondazione. Da Ferrero è già venuto un no
all'ipotesi di un congresso straordinario del suo partito per discutere della
novità della scena politica e delle elezioni europee ("Ho l'impressione
che di congressi si possa morire. L'ultima cosa che farei, dopo aver fatto un
congresso di sei mesi molto combattuto, è rifarne un altro per discutere delle stesse
cose"). Il segretario del Prc ha proprio oggi ribadito dagli schermi di
Omnibus che il suo principale problema "resta ricollocare Rifondazione e
la sinistra dentro la società, perché se abbiamo perso le elezioni si deve al
fatto non siamo considerati utili". Patrizia Sentinelli, ex viceministro
degli Esteri, dell'area vendoliana, precisa: "Avanziamo una proposta
politica, al Prc in primis, per promuovere una lista unitaria delle sinistre
alla europee. Su questo vogliamo un pronunciamento politico formale. Vogliamo
procedere anche con due iniziative parallele: la richiesta di liste unitarie al
partito e l'associazione per un soggetto di tutta la sinistra". Ma non c'è
il rischio di ripetere alle europee la deludente esperienza fatta alle elezioni
politiche dalla lista Sinistra-Arcobaleno? Vendola replica cosi':
"Sinistra-Arcobaleno è stato un cartello elettorale improvvisato. Ora
abbiamo bisogno di fare rivivere quella sinistra che è nelle aspettative della
gente". Da qui l'ipotesi di avviare un percorso che metta a contatto le
varie forze della sinistra. "Noi non abbiamo bisogno di scinderci - annota
Vendola a proposito di una eventuale scissione del Prc - ma di allargarci, di
mettere in piedi un cantiere orizzontale. Questa è la caratteristica del documento
che proponiamo da oggi alla discussione di tutta la sinistra". Intanto
domani, a Firenze, presso il Palaffari, si terrà la prima Assemblea nazionale
degli amministratori locali di Sd a cui parteciperanno 500 delegati in
rappresentanza dei consiglieri comunali, provinciali, regionali, assessori e
sindaci del partito. Quanto all'avvenire dell'associazione "Per la
sinistra", il primo appuntamento è quello di una assemblea nazionale per
il prossimo 13 dicembre: sarà il punto di approdo di discussioni che si
terranno in tutta Italia sul documento programmatico presentato oggi. Da qui ad
allora ci sarà tempo per dibattere se alla sinistra serve una nuova
associazione o un nuovo partito.
( da "Finanza e Mercati" del 08-11-2008)
Argomenti: Cina
La mano di Obama sul
futuro d'Africa da Finanza&Mercati del 08-11-2008 Il Kenya, la più grande
economia dell'Africa orientale e Paese natale del padre del neopresidente
americano Barack Obama, ha proclamato un giorno di festa nazionale per
celebrare adeguatamente un evento eccezionale che vede un suo «concittadino»
guidare la principale potenza economica mondiale. E gli analisti già si
interrogano sugli effetti che la politica estera di Obama avrà verso l'Africa
centrale. È indubbio, del resto, che la finanza africana è uscita indenne dalla
crisi dei subprime grazie soprattutto alla sua arretratezza strutturale. Ora
sono in molti a scommettere su una nuova fase di liberalizzazione dei mercati
finanziari africani sostenuta dai copiosi investimenti dall'estero. Al di là di
alcune punte di eccellenza, rappresentate da Sudafrica e Nigeria, in generale
l'Africa continua a mostrare fondamentali resistenti e una crescita attesa per
il 2009 al 6 per cento. Certo, non mancano i rischi legati agli effetti
collaterali della recessione globale, con la conseguente contrazione delle
materie prime, o ai conflitti regionali. Una vera e propria tragedia nazionale,
la Terza guerra del Congo, che si sta consumando a scapito di una popolazione
stremata da una guerra civile che ha fatto più morti di qualsiasi altro
conflitto (circa 5,5 milioni) con l'eccezione della seconda guerra mondiale, più
2 milioni di profughi. In campo, sette anni dopo l'ultimo accordo di pace, ci
sono il presidente di etnia tutsi Joseph Kabila, succeduto al padre assassinato
(già presidente congolese dal 1997), che guidava le forze ribelli dell'Alleanza
per la Liberazione del Congo (Afdl) durante la prima guerra del Congo, e il
generale Nkunda, capo dei ribelli di etnia tutsi del Cndp. A nulla è servito il
vertice di Nairobi, voluto dal segretario generale dell'Onu Ban Ki-Moon e
dall'Unione africana: i ribelli del Cndp sono a ridosso di Goma, dove è situato
l'avamposto con i 167 mila militari dell'Onu, e sembra pronto a proseguire
verso la capitale Kinshasa. Kabila, ex allievo dell'Università Nazionale di
Difesa di Pechino durante il governo del padre, è accusato di aver svenduto le
risorse minerarie del Paese proprio ai cinesi in cambio di 9 miliardi di
dollari di finanziamenti infrastrutturali. Riuscirà l'America di Barack,
alleato fondamentale di questi Paesi centroafricani, a esercitare la pressione
necessaria per far cessare il conflitto? Sarà molto difficile, perché Obama,
per quanto legato alla sua terra di origine, non dispone oggi degli spazi per
intervenire, pressato com'è dai mercati finanziari internazionali che attendono
le prime misure economiche e fiscali del governo di transizione che si
insedierà poi definitivamente il prossimo gennaio. Né
tantomeno è pensabile che la Cina sieda a un tavolo congiunto con
le potenze occidentali o intervenga esplicitamente nella crisi, visti i
precedenti come il Darfur che hanno visto l'establishment cinese non esporsi
mai e anzi prendere le distanze da prese di posizione che violino la sovranità
di un Paese e del suo governo. D'altro canto, a mo' di consolazione, dà
conforto a Obama il fatto che il Kenya, la nona economia d'Africa per
dimensioni, si sia lasciata alle spalle la crisi di inizio anno, strascico post
elettorale caratterizzato da scontri avulsi dal retaggio storico del Paese.
L'accordo tra i contendenti dello scorso febbraio ha riportato la calma e ha
permesso al governo di riprendere la strada delle riforme. Ma non ha protetto
la sua Borsa da un destino comune ai listini azionari di tutto il mondo: il
Kenya Stock Exchange, infatti, ha perso circa il 38% da inizio anno. Ma
nonostante la frenata, i piani di sviluppo kenioti del governo Kibaki restano
comunque ambiziosi, con un obiettivo di investimento superiore ai 45 miliardi
di dollari nei prossimi 5 anni. Nonostante la recessione globale che rallenterà
la crescita del Pil nel prossimo anno a ridosso del 4%, vanno avanti i progetti
di sviluppo delle infrastrutture: dal potenziamento del porto di Mombasa sino
al collegamento tra Lamu (la più nota località turistica del Paese) fino al
confine settentrionale verso il Sudan e l'Etiopia. Il governo ha infatti
annunciato che, come fonte di finanziamento principale, oltre alle risorse del
settore privato, farà ricorso a emissioni di bond: attualmente il livello di
debito esterno/Pil resta contenuto al 22 per cento. La prima emissione sovrana
per 500 miliardi di dollari è stata però posticipata al prossimo anno a causa
delle condizioni di estrema volatilità del mercato, che imponeva un premio al
rischio troppo elevato a fronte di un merito di credito rapportato a un livello
di singola B, riservato alle componenti più speculative del mercato. I
festeggiamenti seguiti all'elezione di Obama, in questa cornice, rappresentano
perciò non più di una pausa salutare che non ha però allontanato le nubi di un
cielo africano dai grandi orizzonti, ma ancora zeppo di nubi che incombono su
conflitti per i quali ancora una soluzione possibile non sembra essere vicina.
( da "Repubblica, La" del 08-11-2008)
Argomenti: Cina
Pagina 33 - Commenti
I diritti civili e Il modello ultraliberista MIKHAIL GORBACIOV Quest´anno cade
il sessantesimo anniversario della Dichiarazione Universale dei diritti
dell´uomo, a cui ho dedicato il mio discorso all´assemblea annuale del World
Political Forum. Nel pieno di una crisi che colpisce tutto il mondo è una data
che di per sé ci costringe a ricordare questo punto di riferimento dello
sviluppo dell´umanità. Ma ricordare non basta. Oggi dobbiamo discutere di come
avvicinarci agli obiettivi esposti in quel documento, nel contesto delle sfide
del nuovo millennio e degli elementi che hanno prodotto la crisi in cui versa
la politica mondiale. Credo che gli autori della Dichiarazione Universale si
rendessero ben conto che grande è la distanza tra i principi enunciati e la
loro realizzazione. Un forte contributo è stato dato dai movimenti che si sono
battuti per i diritti civili, contro la discriminazione razziale e i regimi
totalitari. E dai loro leader morali, Martin Luther King, Nelson Mandela,
Andrej Sakharov. Ma nel mondo diviso dagli scontri ideologici e dalla guerra
fredda gli ideali dei diritti umani venivano sempre messi in secondo piano e
travisati. I cambiamenti avvenuti nel nostro Paese, in Europa e nel mondo nella
seconda metà degli anni Ottanta ci hanno dato una chance irripetibile: quella
di mettere in archivio la guerra fredda e lo scontro, anche in materia di
diritti umani. Abbiamo avuto una reale possibilità di farlo, di ridurre tutti i
tipi di armi e spostare le risorse per la soluzione di problemi come la
povertà, il ritardo, il degrado ecologico. Uscendo dalla guerra fredda si
comprese che non esistono diritti umani in un mondo dove miliardi di persone
vivono con un dollaro al giorno, senza accesso all´acqua pulita, all´istruzione
e all´assistenza medica. Che essi non possono farsi spazio in un mondo
condannato a infiniti conflitti e alla corsa agli armamenti. In certo senso,
siamo tornati a Franklin Roosevelt, che dichiarò fondamentali non solo la libertà
di parola e di professione religiosa, ma anche la libertà dal bisogno e dalla
paura. Noi abbiamo avuto la possibilità di procedere insieme in questa
direzione. Ma bisognava davvero passare dallo scontro alla cooperazione,
cancellare le vecchie linee di separazione senza crearne di nuove. Insomma,
passare a una nuova politica mondiale. Sappiamo che così non è stato. La
globalizzazione, che avrebbe potuto avvicinare miliardi di persone, ha seguito
un altro scenario. I politici non sono stati all´altezza. Così cresce il
divario tra ricchi e poveri, la crisi ecologica, il terrorismo e il fallimento
della politica, fino alle guerre. è giunto il momento di parlare anche del
rischio di militarizzazione della politica e del pensiero, incompatibile con i
diritti dell´uomo. Intanto perché il primo diritto è quello alla vita, e
militarizzazione vuol dire morte. Ma anche perché l´uso della forza come
soluzione universale dei problemi, come mezzo di democratizzazione e stimolo
alla crescita è un´assurdità contro il buon senso e contro l´intera esperienza
dell´umanità. Credo che il vicolo cieco in cui si trova la politica si farà
ancor più sentire con la crisi, iniziata come crisi finanziaria, ma che
diventerà politica nei vari Paesi e nel mondo. Essa conferma l´interdipendenza
dei processi mondiali, in questo caso un´«interdipendenza col segno meno». E le
cause vanno ricercate soprattutto nella politica, intimamente legata negli
ultimi quindici-vent´anni al modello dell´ultraliberismo, di cui ora capiamo
tutta l´inconsistenza e l´amoralità. Un modello che ignora gli imperativi della
solidarietà umana, ma anche gli interessi e le necessità della società. Parte
indissolubile di quel modello è l´antidemocraticità del sistema economico
globale, visto che le decisioni prese in un centro di potere hanno conseguenze
fatali per tutti. Si può già prevedere che la crisi colpirà duramente i diritti
di centinaia di milioni di persone, soprattutto se, nel tentativo di uscirne,
si continuerà a salvare prima i pilastri del sistema finanziario e poi la
gente, capitalismo spietato per la maggioranza e "socialismo", aiuto
dello Stato, per i ricchi. Siamo alla nascita di un nuovo sistema economico
finanziario sostenuto da un grande gruppo di Stati, non solo quelli del
«miliardo d´oro», ma anche altri (Cina, India,
Brasile, Sudafrica e Messico). Quali principi verranno messi alla base di
questo sistema è un fatto fondamentale, anche dal punto di vista dei diritti
umani. Credo che l´esito finale dipenderà da quanto democratica sarà la fase
iniziale, se saprà tener conto degli interessi della comunità internazionale.
Se avrà, o meno, un fulcro etico, morale. A suo tempo io posi il problema del
rapporto tra politica e morale. Durante la perestrojka cercai di agire partendo
dall´assunto che esse sono compatibili e una buona politica non può prescindere
dall´etica. Per questo, nonostante tutti gli errori, siamo riusciti a tirare
fuori il nostro Paese da un sistema totalitario, per la prima volta nella
storia della Russia senza enormi spargimenti di sangue, portando avanti quel
processo fino al punto in cui non era più possibile rigettarlo indietro. Ora è
il momento di affrontare il nodo del rapporto tra economia e morale. Sappiamo
che l´attività economica deve produrre profitto, altrimenti scompare. Ma il
motto «l´unico dovere di un uomo d´affari è produrre profitto» confina con un
altro motto: «profitto a qualsiasi prezzo». E allora non c´è più spazio per
nessun diritto, per l´etica più elementare. Questo ci porta a riflettere su una
nuova architettura politica mondiale. è la grande sfida che abbiamo davanti:
inserire il fattore umano e della morale per garantire all´umanità un´esistenza
degna nel prossimo futuro. è questa la sfida che per la nuova generazione dei
politici.
( da "Repubblica, La" del 08-11-2008)
Argomenti: Cina
Pagina XIV - Palermo
Allarme della comunità cinese "Bersagliati da scippi e rapine" Gli
immigrati: le forze dell´ordine ci tutelino di più Eva, titolare di un negozio
in via Lincoln accusa "La polizia non ci ha aiutato" Jin è stata
aggredita in via Maqueda, pochi giorni dopo è toccato al marito JESSICA
SCHILLACI Scippi, furti, rapine in casa non risparmiano la Chinatown cittadina.
I cinesi di Palermo in queste ultime settimane hanno subito furti e aggressioni
di tutti i tipi: nel proprio negozio o per strada, al lavoro o a casa, ora gli
ex abitanti della Repubblica popolare sono terrorizzati all´idea di dover
affrontare un nuovo giorno nella zona in cui vivono o lavorano. E chiedono
maggiore tutela alle istituzioni. Le prime grida d´allarme partono dai
negozianti di via Trieste e via Torino: «In una settimana hanno fatto ben
quattro scippi a noi cinesi in questa zona ? dice Lina, di WenZhou ? due
mercoledì, uno venerdì, uno non ricordo bene quando. Le strade più bersagliate
sono via Trieste, via Torino, corso TukÖry, via Lincoln, via Maqueda, via
Garibaldi. Mia sorella ha già fatto una denuncia. Sono ladri italiani, spesso
romeni. Due o tre mesi fa, per esempio, è venuto in negozio un ragazzo, non
ricordo se era italiano o romeno e mi ha rubato cento euro che avevo sopra il
tavolo. Io ero sola e non ho potuto fare altro che gridare e corrergli dietro.
E ad altri cinesi è successa la stessa cosa, ma hanno paura a dirlo perché
forse non possiedono il permesso di soggiorno. Queste strade, diciamo la
verità, sono troppo pericolose. Fino a poco tempo fa c´erano i carabinieri, ma
ora che fine hanno fatto? Noi chiediamo maggiore controllo. La polizia spesso
si preoccupa di controllare la nostra merce, ma sarebbe giusto che la stessa
attenzione ci fosse nei confronti dei delinquenti dai quali subiamo furti e
rapine. La sera queste zone dovrebbero essere più vigilate». In Corso dei mille
dicono la stessa cosa. Qui addirittura chi va a comprare merce cinese corre
rischi solo posteggiando l´auto. «Quando le macchine si fermano qui davanti le
rompono ? racconta Dong ? e i miei clienti, sia italiani sia cinesi, che
acquistano qui, non possono fermarsi tranquillamente. Al ritorno trovano i
vetri delle auto infranti e la merce rubata. Diciamo che una volta alla
settimana è routine». Anche i negozi di via Lincoln sono bersaglio della criminalità.
Xing, proprietario di uno dei negozi del Centro commerciale cinese (ex Barone)
spiega: «Un mese fa, a mia moglie le hanno rubato la borsa. Erano dei ragazzi
italiani. Noi abbiamo fatto la denuncia, ma è necessario che in questa zona ci
sia la polizia, soprattutto la sera». E la moglie di Xing non è la sola cinese
vittima di uno scippo violento: «Erano quasi le otto di sera ? racconta Eva,
proprietaria di un ingrosso di scarpe ? stavamo chiudendo il negozio, ero
davanti ai cassonetti mentre mio marito chiudeva la saracinesca. Tenevo la
borsa nella mano destra, sono passati due ragazzi sopra una moto. Mi hanno
raggiunto da dietro, mi hanno tirato la borsa e io sono caduta per terra. Non
si sono neanche accorti che ero incinta. Sono caduta per terra perché tenevo
forte la borsa, ma loro me l´hanno tirata e sono scappati a tutto gas. Anche
mia cugina è stata scippata, e nel negozio cinese di fronte al nostro sono
entrati con i coltelli». Ma la rabbia di Eva è soprattutto perché non si sente
tutelata: «Quando abbiamo detto ai poliziotti di una volante cos´era successo -
racconta - ci hanno risposto che "Questa è Palermo, succede così". E
non hanno fatto niente. Sappiamo che quando catturano i criminali minorenni,
dopo averli rimproverati li mandano a casa. E così i ladri tornano a colpire,
perché non hanno paura della polizia. Invece dovrebbero spaventarsi, dovrebbero
essere puniti». Tanta rabbia è dovuta a un fatto culturale:
in Cina solo per il semplice furto si va in galera. Ecco perché i cinesi
di Palermo sono così determinati, soprattutto quando a subire le ingiustizie
sono gli innocenti. «Una sera quando avevo finito di lavorare e stavo andando a
casa ? racconta Jin YeMin, che abita in via Garibaldi con il marito e un
bambino, affetto dalla sindrome di Down ? ero in via Maqueda. Sono
arrivati due ragazzi con la moto e mi hanno strappato la borsa dalle mani. Mi
hanno buttato giù per terra. Nella borsa c´erano dei soldi, due telefonini e i
documenti del bambino. Pochi giorni dopo mio marito è sceso da casa di mattina
molto presto per andare al lavoro e dieci ragazzi sotto casa nostra l´hanno
attorniato, l´hanno colpito all´occhio con un pezzo di legno. è finito in
ospedale. Tutto questo per rubargli la merce. Adesso mio marito sta facendo la
una terapia perché non ci vede più bene. C´è bisogno di maggiore ordine
pubblico. Noi abbiamo paura a vivere qui». Già, questa è Palermo, succede così.
( da "Repubblica, La" del 08-11-2008)
Argomenti: Cina
Pagina 8 - Esteri
L´invito del premio Nobel per l´Economia Sen: "è un cittadino globale
risani l´economia Usa per il bene di tutto il mondo" "Occorre un
approccio fondato sul multilateralismo e la partecipazione" «Al presidente
eletto Barack Obama direi questo: che la priorità assoluta è quella di sanare
l´economia americana, e non soltanto per il bene degli Stati Uniti ma per il
resto del mondo». è perentorio, al telefono da New York, Amartya Sen,
economista indiano, docente all´Università di Harvard, premiato col Nobel per
l´Economia nel 1998. Professore Sen, come risolvere l´emergenza? «Esorterei
Obama a scongiurare una crisi finanziaria globale di cui già s´intravedono i
primi segnali. Infatti una recessione profonda e duratura avrebbe conseguenze
davvero devastanti sul resto del pianeta, scuoterebbe l´Europa, l´Asia,
l´Africa, l´America Latina e non solo. Il mercato azionario, l´abbiamo visto in
questi giorni, finora non ha dimostrato alcuna fiducia nel governo americano,
indipendentemente da quale sia l´inquilino della Casa Bianca». Che cosa deve
fare Obama per restituire fiducia al mercato? «Deve chiarire che adesso s´insedia
un nuovo regime, e deve farlo presto. Deve dire che la nuova Amministrazione
non si farà guidare da una politica ispirata alle dottrine della destra, basate
esclusivamente sul mercato, e prive di regole, come quelle perseguite
dall´Amministrazione Bush. Deve dimostrare al mercato l´esistenza di un nuovo
approccio, e che stavolta sarà pragmatico. In secondo luogo il presidente
eletto deve convincere, e in un certo senso persino obbligare, le banche a
rigenerare il credito riavviando il circuito dei prestiti degli istituti di
credito fra di loro. Obama osservi i passi, convincenti, compiuti dal primo
ministro britannico Gordon Brown, quando ha in parte nazionalizzato le banche
private. Rigenerare il mercato del credito è un fattore essenziale alla stabilità
finanziaria globale». Il suo compito è finito qui? «Niente affatto. Resta, in
America, l´altra questione cruciale legata alla disoccupazione di cui in questi
giorni si annuncia un aumento, e quella legata a chi perso la propria casa.
Dovrà affrontarle assicurando sussidi assieme a benefici legati alla Social
Security che non escludano alcuno. Dovrà inoltre affrettarsi ad avviare i
progetti di ricostruzione dell´infrastruttura nazionale, a cominciare dalle
strade e dalle scuole, e la riforma sanitaria. Tutto questo servirà a far
ripartire l´economia. Ci vorrà tempo. Ma se riuscirà a stabilizzare l´America
aiuterà il resto del mondo». Basterà sanare l´economia per rafforzare il ruolo
dell´America nel mondo? «No, tutto ciò ancora non basta. Una volta superata la
crisi, l´America deve rivedere il proprio contributo al resto del pianeta.
Obama in questo quadro figura non soltanto come americano, ma come cittadino
globale. Lui stesso ha spesso sottolineato il ruolo globale dell´America, non
quello di leader unilaterale del mondo ma come uno dei partecipanti di una
leadership globale di cui faccia parte naturalmente l´Europa ma anche, fra gli
altri, la Cina, il Giappone, l´India, il
Brasile. E deve considerare anche quei Paesi che hanno meno potere, meno
persino delle nuove nazioni emergenti dotate di forti economie, come appunto la
Cina, l´India e il Brasile, ma che subiranno le conseguenze della
crisi attuale, e penso in particolare all´Africa, che richiederà un´attenzione
tutta speciale». Professore, il programma che lei delinea è ambizioso.
Nella pratica, Obama riuscirà? «E´ un programma molto ambizioso, è vero. Però
Obama stesso ci ha persuasi che dobbiamo aspettarci da lui un cambiamento di
dimensioni considerevoli, e questo è il momento più opportuno nel quale il
presidente eletto può segnalare quali sono le sue priorità nel breve periodo, e
cioè stabilizzare l´economia americana, ma anche nel lungo periodo, e quindi
come può aiutare il resto del mondo attraverso un approccio fondato sul
multilateralismo, la partecipazione, la collaborazione: in primo luogo con
l´Europa, ma anche con l´Asia, l´Africa, l´America Latina e il resto del
pianeta». (a.v.b.)
( da "Repubblica, La" del 08-11-2008)
Argomenti: Cina
Pagina 9 - Esteri La
Cina Un passo avanti per i diritti umani WEI JINGSHENG
Gli otto anni di Bush hanno distrutto la fiducia del popolo cinese nei confronti
dell´America (ma anche dell´Europa, a dire il vero). In questo senso, le
promesse di cambiamento hanno un significato molto forte per il mio popolo.
Obama, anche se può apparire inesperto, ha dimostrato durante la campagna
elettorale di saper adattare le sue posizioni alle esigenze internazionali, e
sono convinto che saprà lavorare bene nei confronti della Cina.
A pesare sui rapporti fra Pechino e Washington non c´è solo la questione dei
diritti umani. Il bandolo della matassa sta piuttosto nell´economia. L´attuale
crisi finanziaria nasce da un problema di indebitamento dell´America, e il principale creditore degli Usa nel mondo è la Cina. Partendo dalla riduzione del debito con Pechino, Obama saprà
sanare la crisi finanziaria e allo stesso tempo rendere più distesi i rapporti
con la Cina. Da questo miglioramento generale scaturirà anche un avanzamento
nella situazione dei diritti umani. Dissidente cinese, oggi vive negli
Usa
( da "Repubblica, La" del 08-11-2008)
Argomenti: Cina
Pagina 22 - Economia
Accordo a Parigi con la sola opposizione inglese Gli industriali europei fanno
muro "Il taglio di emissioni dove costa meno" GIAMPIERO MARTINOTTI
dal nostro corrispondente PARIGI - Sì alla lotta contro il riscaldamento
climatico, ma senza penalizzare l´industria manifatturiera: le organizzazioni
imprenditoriali dei Ventisette, con la sola esclusione di quella britannica, si
sono impegnate ieri su questa strada. Mettendo tuttavia i puntini sulle i e
insistendo sulla necessità di non penalizzare la loro competitività:
«L´obiettivo rimane quello di una riduzione delle emissioni del 20 per cento
entro il 2020, un obiettivo che condividiamo totalmente, ma per problemi di
competitività riteniamo che non debba essere l´industria manifatturiera a
pagare i diritti di emissione fino a quando non sarà firmato un accordo internazionale anche con Cina, India e
Stati Uniti», ha detto Emma Marcegaglia, presidente della Confindustria, al
termine della riunione di Business Europe, l´organizzazione che riunisce gli
imprenditori dell´Ue. «Le industrie europee dovranno già fare entro il 2020 ingenti
investimenti per rilevare la sfida tecnologica che pone l´obiettivo di
riduzione delle emissioni» ha precisato la Marcegaglia, sottolineando
che se dovessero anche pagare per i diritti di emissione, il costo
raddoppierebbe e questo proprio nel difficile momento congiunturale che stiamo
attraversando. Business Europe ha inoltre ricordato che nel piano contro
l´inquinamento elaborato dall´Unione europea, il settore residenziale è stato
escluso, malgrado rappresenti quasi un terzo delle emissioni: «Ci vuole un
piano serio per ridurle anche negli altri settori», ha detto la presidente
della Confindustria. Ma ha precisato che le imprese devono fare la loro parte:
«Le industrie che non investono per ridurre le emissioni e non rispettano gli
standard che dovranno essere elaborati settorialmente dovranno pagare». Se il
vertice europeo di metà dicembre dovesse approvare il piano, il costo per
l´industria manifatturiera italiana dei soli diritti di emissione sarebbe
compreso tra i 12 e i 18 miliardi l´anno, il 40 per cento in più rispetto alla
media degli altri paesi (in Germania il costo è valutato attorno ai 9 miliardi,
in Francia attorno ai 10). In dieci anni, secondo i calcoli della Commissione,
il costo complessivo per l´Italia dovrebbe aggirarsi sui 139 miliardi. Ma la
Confindustria, ha concluso la sua presidente, «condivide la sfida tecnologica
che comporta e che aprirà forse la via a una nuova imprenditorialità». Nei
prossimi giorni Business Europe cercherà di assicurarsi l´appoggio dei governi
in vista delle ultime trattative prima del varo del provvedimento.
( da "Unita, L'" del 08-11-2008)
Argomenti: Cina
Marino: «Le regole
ci sono Non spaventate i donatori» È dal 1968 che la comunità scientifica ha
regole certe. Ignazio Marino, senatore ed esperto in trapianti, spiega come la
vedono i medici. C'è però il rischio che certe affermazioni spaventino i potenziali
donatori. Benedetto XVI, dopo aver affermato che donare gli organi è una «forma
peculiare della carità», ha accennato a un tema più delicato, senza tuttavia
nominarlo esplicitamente: l'accertamento della morte cerebrale. In realtà
sull'accertamento della morte cerebrale il consenso della comunità scientifica
c'è già da tempo. Spiega Ignazio Marino, senatore ed esperto di trapianti
d'organo: «Se per comunità scientifica si intende tutti coloro che si occupano
di trapianti d'organo, allora non c'è dubbio che ci sia consenso. La
Transplantation Society, che riunisce più di 5000 scienziati e chirurghi, nel
meeting del 2008 non ha dedicato neppure una tavola rotonda all'accertamento di
morte cerebrale: semplicemente non è un argomento in discussione». Quello che
si fa ogni giorno nelle sale operatorie del pianeta viene fatto, quindi,
nell'assoluta certezza che si prelevano organi da persone decedute. «È
senz'altro utile che la scienza utilizzi tutti gli strumenti per migliorare la
conoscenza del cervello, ma questo è un altro argomento. Quello che rileviamo
anche attraverso l'elettroencefalogramma è il riflesso elettrico di un fatto
biologico, ovvero la morte delle cellule cerebrali: un fatto irreversibile». Un
accertamento che si basa su criteri scientifici stabiliti nel 1968 dal
«rapporto di Harvard». Prima di allora la morte veniva diagnosticata quando il
cuore smetteva di battere. Il 5 agosto 1968 la rivista scientifica JAMA
pubblicò una ricerca della Harvard Medical School nella quale si riconosceva
come alcuni casi di coma, la perdita irreversibile di qualsiasi funzionalità
cerebrale e l'impossibilità di una respirazione autonoma fossero i nuovi
criteri in grado di spostare il concetto di morte dal cuore al cervello. Un
evento che ebbe un'importanza storica per i trapianti d'organo. Gli organi,
infatti, possono essere prelevati solo da un cadavere «a cuore battente»: se
l'organo, che sia cuore, polmone o fegato, non viene irrorato dal sangue, muore
e diventa inservibile. Le parole del Papa in realtà sono soggette a diverse
interpretazioni, ma nei mesi passati la polemica sulla morte cerebrale era
esplosa in modo esplicito per un articolo scritto da Lucetta Scarrafia sulle
pagine dell'Osservatore romano e dal quale lo stesso giornale prese le
distanze. Mettere in discussione i criteri di morte cerebrale, infatti, può
essere rischioso. «Molti ricordano ancora l'effetto Celentano - racconta Marino
- . Alcuni anni fa Celentano disse in una trasmissione molto seguita che c'era
il rischio che togliessero organi a persone che non erano morte. Questa
affermazione fece sì che i morti ci fossero davvero perché nelle settimane
successive calarono le donazioni di organi con la conseguenza che molte persone
in lista d'attesa non fecero il trapianto». Le liste d'attesa sono effettivamente
un problema enorme che rimane tale anche se il nostro paese ha fatto passi in
avanti enormi negli ultimi 10 anni passando dagli ultimi ai primi posti per i
trapianti in Europa. Nel 2007 le donazioni sono leggermente
calate, nel primi mesi del 2008 si stanno riprendendo. «Io credo che il
dibattito etico debba essere rivolto al commercio degli organi o a quello che
sta avvenendo in alcuni paesi come la Cina». CRISTIANA
PULCINELLI
( da "Avvenire" del 08-11-2008)
Argomenti: Cina
MONDO 08-11-2008
Lotta allo smog, la Cina si smarca: «I
Paesi ricchi facciano la loro parte» DA PECHINO I Paesi ricchi «devono
assumersi le loro responsabilità» nella lotta al surriscaldamento del pianeta,
«tra cui quella di cambiare il loro insostenibile stile di vita». Lo ha detto
il primo ministro cinese Wen Jiabao aprendo a Pechino una Conferenza internazionale
sul cambiamento del clima. Il premier ha inoltre sostenuto che i Paesi
industrializzati devono «aiutare » quelli meno sviluppati a far fronte alle
conseguenze del surriscaldamento. «Mentre la crisi finanziaria globale si
allarga e si aggrava ha detto Wen e sembra che le economie mondiali stiano
rallentando, la Comunità internazionale deve rimanere determinata ad affrontare
i cambiamenti climatici». Secondo le ultime previsioni degli economisti, la
crisi internazionale sarà sentita in Cina più
pesantemente di quello che si era pensato in un primo momento. Le fabbriche ad
alta intensità di lavoro nel sud stanno chiudendo e la Borsa di Shanghai è in
caduta libera. Arranca anche il settore più dinamico dell'economia, quello
immobiliare, e si prevede che il tasso di crescita nel 2009 scenderà dall'11,9%
dell'anno scorso al 7-8%. Il governo cinese, ha aggiunto il premier, ha «un
atteggiamento responsabile» verso il problema e «attribuisce la massima
importanza » alla lotta contro il surriscaldamento. La Conferenza di Pechino è
stata organizzata dal governo cinese e dall'O- nu. Nel corso della conferenza,
Wen e gli altri dirigenti cinesi intervenuti hanno precisato che Pechino è
pronta agli interventi necessari e propone la creazione di un fondo
internazionale per la lotta al surriscaldamento finanziato in larga parte dai
Paesi industrializzati. La prossima scadenza per un confronto sui cambiamenti
climatici sarà il vertice del 15 novembre del G20, un organismo che riunisce i
Paesi industrializzati e alcuni dei principali emergenti, tra cui la Cina. Il premier Wen Jiabao: «Devono cambiare il loro
insostenibile stile di vita». Rallenta l'economia Inquinamento e agricoltura
(Reuters)
( da "Avvenire" del 08-11-2008)
Argomenti: Cina
AGORÀ 08-11-2008
storia/1 A 70 anni dalla Notte in cui esplosero le persecuzioni anti-ebree, un autore
«laico» ricorda l'opera benefica della Chiesa I cocci dei «Cristalli» salvati
dai cattolici DI ANTONIO GIULIANO E ra più buio che mai quella notte. Fuori e
dentro la coscienza degli uomini di Hitler. Solo così si spiegano quelle
drammatiche ore tra il 9 e il 10 novembre di settant'anni fa. Passarono alla
storia col nome beffardo di «Notte dei cristalli» per il frastuono delle
vetrine dei negozi ebrei distrutti dalla furia cieca dei nazisti. Per la prima
volta fu chiaro a tutti in quale modo il Terzo Reich avrebbe mandato in
frantumi l'ordine mondiale. Con il rigore dello storico autorevole, l'inglese
Martin Gilbert ricostruisce una pagina ignobile del Novecento nel saggio 9
novembre 1938. La cronaca minuziosa dell'evento, che aprì la strada all'annientamento
di un popolo, è supportata da testimonianze inedite dei sopravvissuti e dei
parenti. Più di trentamila, dai 16 ai sessant'anni, quelli che nel giro di una
sola notte furono arrestati e inviati nei campi di concentramento. «Non
chiedetemi mai ciò che ho visto», dice nel testo uno degli scampati. Un
migliaio furono quelli che non fecero ritorno. Sin dalla nascita del regime
hitleriano, si erano susseguite le misure antiebraiche: dalle «Leggi di
Norimberga», che privarono gli ebrei della cittadinanza e vietarono i matrimoni
misti, all'obbligo di aggiungere un secondo nome: Israel per gli uomini e Sarah
per le donne. Il mezzo milione di ebrei residenti in Germania, appena lo 0,76%
della popolazione, finì nel mirino della propaganda nazista come nemico interno,
unico colpevole della sconfitta del 1918 e delle conseguenti difficoltà
economiche. La situazione precipitò il 7 novembre 1938 con l'assassinio del
diplomatico tedesco Ernst vom Rath per mano di un giovane ebreo di una famiglia
espulsa illegalmente dalla Germania. Fu la scintilla del terrore esploso nella
notte del 9 novembre e proseguito senza interruzione fino alla sera del giorno
dopo. Almeno 90 le vittime, oltre mille le sinagoghe incendiate e quasi 8 mila
i negozi distrutti. Goebbels, il cinico ministro della Propaganda nazista, non
si sottrasse alle domande dei cronisti sul perché non avesse ordinato alla
polizia di fermare i devastatori. E ammise sfacciatamente la complicità del
governo: «Non potevo intimare ai nostri poliziotti di sparare, poiché
intimamente simpatizzavo per loro». Nel proprio diario registrò anche le parole
di Hitler: «Per una volta gli ebrei avrebbero dovuto percepire la rabbia del
popolo». Emigrare era ormai l'unica via di salvezza. Un flusso di disperati si
diresse ovunque: dalle Americhe alla Palestina, in
Australia e in Cina. Un esodo biblico: tra quella notte e lo scoppio della guerra
nel 1939 furono oltre 250 mila le persone che lasciarono le proprie case in
Germania e Austria. Ma non si possono ignorare, spiega Gilbert, quanti
accolsero i rifugiati e cercarono in tutti i modi di salvarli: «Se il numero di
queste persone generose fu scarso, grande fu il loro animo». E ricorda
l'impegno dei cristiani, dopo l'immediata denuncia del Vaticano l'11 novembre
1938. La sera stessa a Monaco i nazisti risposero con manifestazioni di massa
contro i cattolici. Il Gauleiter (capodistretto) nazista della Baviera, Adolf
Wagner, ammonì: «Ogni discorso del Papa a Roma è un incitamento agli ebrei di
tutto il mondo a mobilitarsi contro la Germania». L'arcivescovo cattolico di
Monaco, il cardinale Michael von Faulhaber, fornì un camion al rabbino della
comunità. Una folla inferocita assaltò il palazzo vescovile. Pio XI sfidò senza
esitazione i proclami nazisti sulla superiorità razziale ariana. Il 22 novembre
1938, Robert Ley, ministro del Lavoro tedesco, sbottò: «Nessuna compassione
sarà tollerata nei confronti degli ebrei. Rifiutiamo l'affermazione del Papa
secondo cui non esisterebbe che un'unica razza. Gli ebrei sono parassiti». Lo
storico inglese annota anche altre pubbliche condanne di esponenti della Chiesa
cattolica: il cardinale Schuster di Milano, il cardinale belga Van Roey e il
cardinale Verdier di Parigi. Senza contare che in parecchi villaggi tedeschi «i
preti delle parrocchie locali evitarono un massacro». E «grazie a loro, nel
mezzo del crollo di qualsiasi morale, la morale sopravvisse». A 9 anni Ruen
Moller, un sopravvissuto alla deportazione in 7 campi di lavoro forzato, sentì
senza esser visto la conversazione tra una madre tedesca e la figlia di 6 anni
che passavano lì vicino al suo campo: «Mamma, che genere di persone sono?»,
chiese la bambina. E la madre: «Queste non sono persone, sono ebrei». LIBRI Un
passante davanti alla vetrina distrutta di un negoziante ebreo a Berlino il 10
novembre 1938
( da "Repubblica, La" del 09-11-2008)
Argomenti: Cina
Pagina 3 - Esteri
Barack medita di anticipare il ritiro da Bagdad. Una lunga telefonata con il
russo Medvedev irrita Varsavia Truppe Usa dall´Iraq in Afghanistan e scoppia un
caso con la Polonia sullo scudo Il presidente eletto incontrerà nel corso del
G20 il numero uno del Cremlino ALBERTO FLORES D´ARCAIS dal nostro inviato NEW
york - Nel suo viaggio dello scorso luglio nei paesi dell´Asia Centrale Barack
Obama aveva definito l´Afghanistan «il fronte centrale» della guerra al
terrorismo e l´elezione a presidente non gli ha fatto cambiare idea. Nella sua
prima conferenza stampa non ne ha parlato, perché la ribalta era tutta per
l´economia e l´unico accenno di politica internazionale è stato
quell´"inaccettabile" rivolto al programma nucleare dell´Iran che ha
già stizzito il regime di Teheran. Le guerre e il terrorismo non si fermano in
attesa dell´Inauguration Day (20 gennaio) e Obama non intende perdere tempo. Ne
ha parlato nella stanza protetta del Fbi di Chicago, dove ogni giorno riceve il
briefing dell´Intelligence sulla sicurezza nazionale. Quei colloqui, in cui il
presidente-eletto più che altro ascolta, sono rigidamente top secret ma è
abbastanza scontato che i temi delle due guerre in corso (Afghanistan e Iraq) e
delle minacce di Al Qaeda siano stati affrontati. Sicuramente ne parlerà con
George Bush quando domani pomeriggio entrerà per la prima volta alla Casa
Bianca con i gradi di "Commander Chief" in pectore. Il generale David
McKiernan, comandante della Nato in Afghanistan, preme per avere urgentemente
rinforzi (20mila uomini) e questa è la cifra che il piano elaborato dalla Casa
Bianca (di Bush) prevede. Da parte di Obama non ci sono obiezioni. E´ una sua
proposta, l´ha ripetuta più volte durante la campagna elettorale ed é uno dei
punti del dossier Afghanistan che i suoi consiglieri di politica estera stanno
mettendo a punto. L´aumento delle truppe, un surge come quello in Iraq, deve
però andare di pari passo con l´addestramento delle forze di sicurezza di Kabul
e con un programma di aiuti civili che si integri con quelli militari. Il
Pentagono di Robert Gates è d´accordo sul primo punto - «deve essere una guerra
afgana, non una guerra americana o della Nato» - lo staff del presidente eletto
vuole allargare anche gli altri. Inoltre il nuovo presidente intende ascoltare
le critiche del presidente afgano Karzai sulle vittime civili. Ieri il
Pentagono ha confermato che il bombardamento di un matrimonio lunedì scorso ne
ha uccisi 37 innocenti, in gran parte donne e bambini. La questione militare
resta la più rilevante ed è strettamente legata all´altra guerra, quella in
Iraq. In un documento "riservato" (le cui grandi linee sono state
"soffiate" alla stampa) si dice che in Afghanistan gli Stati Uniti
«stanno perdendo terreno» e che tutte le agenzie di spionaggio Usa concordano
che la situazione è "terribile": la violenza è aumentata del 543 per
cento negli ultimi cinque anni, la coltivazione dell´oppio è raddoppiata dal 2003,
l´appoggio degli afgani alle forze internazionali è calato del 33 per cento
negli ultimi mesi, le truppe per un surge all´irachena non bastano. Sui tempi
del ritiro dall´Iraq Obama sarà flessibile («dovrò tenere conto di quanto
dicono i comandanti nel terreno») ma intende spostare fin da gennaio alcune
brigate da combattimento da Bagdag a Kabul. Il Pentagono sostiene che pur
iniziando a gennaio i 20mila nuovi soldati possono diventare pienamente
operativi soltanto nel giugno 2009. I consiglieri di Obama dicono che è troppo
tardi perché la primavera porterà certamente nuovi attacchi da parte dei
Taliban e dei gruppi di Al Qaeda che hanno stabilito le retrovie nelle zone
tribali tra Afghanistan e Pakistan e perché il prossimo agosto scadrà il
mandato di Karzai. E immutata resta la posizione del presidente-eletto su Al
Qaeda e Pakistan: il primo obiettivo è quello di «uccidere o catturare Bin
Laden per condannarlo a morte» anche se fosse necessario inviare i marines nell
zone tribali. Il nuovo documento-analisi del Pentagono (che verrà consegnato ad
Obama dal generale Patraeus nel febbraio 2009) punta anche sulle altre aree
calde della regione a iniziare dall´Iran. Se il regime iraniano credeva di
trovare con il nuovo presidente una strada più facile ha sbagliato previsione.
Per Obama (come per Bush) è «inaccettabile» che Teheran possa dotarsi di armi
nucleari, cosi come è inaccettabile il sostegno degli ayatollah a
«organizzazioni terroristiche». Diverso sarà l´approccio come ha confermato lo
stesso Obama dicendo che risponderà «in modo appropriato» alla lettera alla
lettera inviata da Ahmadinejad (Bush non l´ha mai fatto). Il dialogo
"diretto" di cui aveva parlato in campagna elettorale resta una
possibilità, ma all´inizio la nuova amministrazione seguirà le linee-guida
attuali, puntando a uno «sforzo internazionale» e alle
capacità diplomatiche dei paesi del 5+1 (Stati Uniti, Cina, Russia, Gran
Bretagna, Francia e Germania). Ieri Obama ha parlato al telefono con il
presidente cinese Hu Jintao e con quello russo Medvedev che incontrerà nel
corso del prossimo G20. Una smentita è invece arrivata sul fronte dello scudo
antimissile. Il presidente polacco Lech Kaczynski ha tentato di forzare
la mano ad Obama («mi ha detto che il progetto dello scudo andrà avanti») e
questa è stata la risposta del consigliere di Obama Denis McDonough: «Obama non
ne ha parlato. La sua posizione resta la stessa: appoggio allo scudo
antimissile solo quando ci sarà una tecnologia che può funzionare».
( da "Repubblica, La" del 09-11-2008)
Argomenti: Cina
Pagina 9 - Economia
L´Italia La Ue "La cattiva politica fa solo danni il governo resti fuori
dalle banche" Guido Rossi: troppi interventi nazionali, l´euro è a rischio
Niente azioni concertate, qui possono saltare i vincoli di Maastricht su
deficit e debito pubblico Lo Stato che ricapitalizza gli istituti, quale sia lo
strumento scelto, finisce sempre per pesare molto ROBERTO RHO MILANO - Attenti,
qui rischia di saltare l´Europa. Se gli interventi dei governi fanno saltare le
regole del Trattato, se saltate le regole sulla concorrenza e gli aiuti di
Stato saltano anche i vincoli sul debito pubblico, allora quel che resta
dell´Europa sarà spazzato via. E naturalmente sarà a rischio pure l´euro. Guido
Rossi, giurista, ex presidente della Consob e padre della legislazione italiana
antitrust, ha sul tavolo una galleria di ritagli di quotidiani internazionali.
Parte da lontano, dai disastri dell´era Bush, dal fallimento delle istituzioni
finanziarie internazionali, ma si capisce che è lì che vuole arrivare: al
pericolo che gli effetti della crisi sul Vecchio Continente vadano ben al di là
degli scossoni delle Borse e della lunga recessione nella quale si sono
infilate le economia europee, travolgendo quel poco di regole e istituzioni
sovranazionali che nell´ultimo ventennio si sono faticosamente messe insieme. E
poi, c´è l´Italia, e l´annunciato intervento del governo a sostegno delle
banche: «Lo Stato stia il più lontano possibile dall´economia ? ammonisce ?
trovi il modo di stimolare la domanda, che è l´unica via per accelerare
l´uscita dalla recessione, piuttosto che aumentare il debito pubblico per
iniettare liquidità nelle banche. Anche perché dove c´è cattiva politica, e in
Italia c´è cattiva politica, anche le forme di intervento apparentemente più
neutre mascherano l´intenzione di impadronirsi dei centri di potere che ancora
sfuggono al controllo dei governi». Professor Rossi, di chi è la responsabilità
di questa crisi? «Hanno voluto farci credere che è tutta colpa della
speculazione, che ci sono state calamità e malversazioni. Non è così. è tutto
il sistema che ha fallito, è il sistema che ha fatto crac». E perché è crollato
in modo così spettacolare? «Ci sono ragioni specifiche e responsabilità
dirette. La Federal Reserve ha lasciato totale libertà alle banche di agire
come volevano. Greenspan, per anni glorificato come l´eroe del libero mercato,
è il principale responsabile di questa situazione. E poi c´è l´amministrazione
americana: nel 1995 al Congresso è passata la legge che limita la possibilità
di citare in giudizio le società. Nel 1999 gli Stati Uniti hanno smontato il
Glass Steagall Act che Roosvelt aveva introdotto per separare le attività delle
banche d´affari da quella delle banche commerciali. E nel 2000 è passata una
legge anche peggiore, che esclude dal controllo di tutte le autorità di
vigilanza i derivati, compresi i famigerati credit default swap». Eppure su
questa deregulation i mercati finanziari hanno prosperato per anni. «Sì, e
intanto che i mercati prosperavano, si è creato un sistema bancario occulto,
non controllato, senza trasparenza e senza regole. E quello che vediamo oggi è
il risultato della deregolamentazione, o se preferisce
dell´autoregolamentazione, che è la grande invenzione di Basilea 2. Qui
servirebbe una Basilea 3 per metterne di nuove, di regole...» Non è quello che
stanno facendo le grandi istituzioni finanziarie internazionali? «E con quali
risultati? Il G7 è inconcludente. Il 14 e 15 novembre a Washington si riunisce
il G20, con la stravagante definizione di «Bretton Woods 2», per dare la falsa
impressione che si tratti esclusivamente di un problema monetario. A Bretton
Woods 44 Stati si riunirono per tre settimane, a Washington sarà tuttalpiù un
weekend lungo in cui decideranno che dovranno decidere. La Ue non dà segni di
vita, non ha il minimo soprassalto, il minimo orgoglio. E poi c´è l´Fmi». Nel
quale i governi europei sembrano riporre grande fiducia. «Pensare che sia il
Fondo Monetario a risolvere questa situazione è assurdo. è dominato dagli Stati
Uniti (che hanno oltre il 17% delle quote) e dalle potenze occidentali. La Cina, che al contrario degli Usa ha un surplus di bilancio e
controlla circa un trilione di dollari del debito pubblico americano, ha appena
il 3,7%, l´India l´1,9%. Si può risolvere una crisi planetaria escludendo dal
tavolo le economie emergenti?» Non c´è al mondo una sola istituzione che
garantisca quantomeno la genuinità di un tentativo? «All´assemblea generale
dell´Onu si è costituita una task force guidata dal premio Nobel Joseph
Stiglitz, che è stato uno dei critici più severi delle istituzioni di Bretton
Woods. Ha più volte sostenuto la necessità di un organismo sovranazionale, che
non può essere l´Fmi per le ragioni che ho detto. Oppure può essere l´Fmi, ma
prima bisogna redistribuirne le quote, dotarlo di maggiori poteri e maggiori
risorse. Questo potrebbe fare Stiglitz». Intanto, i singoli Stati iniettano
denaro nelle banche. «Servirà forse a tenerle in piedi fino a che infuria la
tempesta. Ma se non poniamo delle regole alle banche, torniamo all´inizio del
problema: che ne faranno di quei soldi? Continueranno a investirli in derivati
completamente opachi?» Berlusconi dice che le banche che avranno soldi pubblici
dovranno garantire il ripristino del monte prestiti alle imprese. «Già, ma a
quali imprese? Le ripeto: il problema non è la liquidità, ma l´economia reale.
Si esce dalla crisi se c´è domanda, e la domanda non sta nelle banche né nelle
imprese». Insomma, il nodo è politico. «Non c´è dubbio. Serve un intervento
multilaterale, forte, perché la crisi è globale. Il problema non è più
economico. Gli economisti sono tecnici come i dentisti, scrisse Keynes nel 1930
nel bel mezzo della grande depressione, ed è ora che si facciano da parte. è la
politica che deve risolvere il problema». è quello che l´Europa e gli Stati
nazionali stanno facendo, no? «L´Europa? Continua a dichiarare intenzioni di
coordinamento, ma sono solo annunci sterili. Nessuna iniziativa, nessuna azione
concertata. Ci si affida alle opzioni nazionali. E con ciò si indebolisce la
politica comunitaria. Diciamolo con chiarezza: gli aiuti di Stato sono incompatibili
con i Trattati europei. Sempre. Ho detto altre volte che servirebbe un´agenzia
sovranazionale che impedisca che le regole europee vengano sbugiardate. Non ci
pensano neppure. Le opzioni nazionali rischiano di far saltare il trattato di
Maastricht. E se saltano i vincoli sul debito pubblico e sul deficit, se salta
il principio del 3%, rischia di saltare anche l´euro. Come si fa a tenere
insieme sotto la stessa moneta Paesi virtuosi e Paesi come il nostro che dentro
quei limiti non riescono a starci?» Non sarà una previsione troppo
catastrofica? In fondo si parla di interventi «soft», di azioni privilegiate,
di obbligazioni convertibili, tutti strumenti «neutri» dal punto di vista del
controllo e dei diritti di voto. «Sa qual è la verità? Lo Stato che inietta
soldi nel capitale delle banche, quale che sia la natura dello strumento che
sceglie, in quelle banche finisce per contare, e per contare parecchio. Gli
Stati Uniti sono usciti dalla crisi del 29 con il Glass Steagall Act, con
l´invenzione di un grande mercato finanziario e con la Sec, l´Italia ci è
uscita con l´Iri e le banche di interesse nazionale. Quanto ci abbiamo messo a
liberarci, poi, del fardello dello Stato imprenditore? Io lo Stato lo terrei
lontano dall´economia, il più lontano possibile». C´è chi insinua che la
determinazione a intervenire in soccorso delle banche nasconda la volontà del
governo di mettere le mani sulle banche che Berlusconi non sente
"amiche". «Dove c´è cattiva politica - come in Italia - il sospetto
che l´intervento pubblico serva a conquistare nuovi centri di potere non è mai
fuori luogo. E poi, scusi, qui il sistema bancario dice che non ha bisogno dei
soldi dello Stato. Ha visto una sola banca rivolgersi al governo per chiedere
aiuto?» No, in compenso abbiamo visto il ministro Tremonti che discerne tra i
banchieri che si sono messi in fila per le primarie del Pd e quelli che non
l´hanno fatto. «Se sono discorsi esclusivamente politici, di fronte ai problemi
attuali non hanno alcuna rilevanza». Fossero solo chiacchiere in libertà. Tra
interventi del governo, norme salvamanager infilate nottetempo nelle pieghe dei
decreti, grandi manovre nelle banche, in Italia sembra esserci aria di
ricompattamento di un sistema di potere. «Io lo definirei un sistema di
malcostume, più che di potere. Sicuramente capace di alleanze e di influenze su
più livelli, politico, industriale, bancario. Ma non sono più i poteri forti di
qualche anno fa. Questi sono poteri fragili».
( da "Repubblica, La" del 09-11-2008)
Argomenti: Cina
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LA SVOLTA LENTA (SEGUE DALLA PRIMA P
( da "Repubblica, La" del 09-11-2008)
Argomenti: Cina
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ASPETTANDO GODOT A BRETTON WOODS (SEGUE DALLA PRIMA P
( da "Repubblica, La" del 09-11-2008)
Argomenti: Cina
Pagina 23 - Commenti
LA CRISI E I PAESI POVERI KOFI ANNAN, MICHEL CAMDESSUS E ROBERT RUBIN La storia
e la nostra esperienza personale ci insegnano due lezioni. La prima è che quando
si verifica una crisi solitamente chi ha meno responsabilità è al tempo stesso
chi ne viene colpito più fortemente ed ha meno possibilità di farvi fronte. La
seconda è che le crisi possono essere d´impulso per riforme e cambiamenti
radicali. Si tratta di situazioni transitorie, che tuttavia è imperativo
cogliere, e che ci impongono di intervenire per evitare che si ripetano.
Nell´attuale mondo globalizzato, ciò si traduce in nuovi accordi, più efficaci,
efficienti ed equi. Questo è anche lo scenario dell´attuale tracollo
finanziario, la cui portata sfugge tuttora ad una valutazione complessiva. è
certo, però, che esso comporterà un rallentamento dell´economia mondiale, una
diminuzione degli scambi commerciali, maggiore concorrenza per ottenere un credito
e una "corsa alla sicurezza" da parte degli investitori. La pressione
fiscale aumenterà sulla spesa pubblica e sul livello degli aiuti che potrebbero
diminuire. Attualmente l´attenzione politica mira a tutelare consumatori e
contribuenti nei paesi industrializzati, tuttavia i poveri e i paesi poveri
sono coloro che presto potrebbero trovarsi a dover pagare il prezzo più alto di
uno scompiglio di cui non sono affatto responsabili. Fronteggiare questa crisi
senza tenere in considerazione le necessità dei poveri di tutto il mondo, o ?
alternativa ancor più grave ? riducendo l´impegno nei loro confronti, sarebbe
una gravissima ingiustizia. Il persistere della povertà, della fame, della
malnutrizione, di malattie e dell´analfabetismo su vasta scala è responsabilità
di tutti. Il senso di ingiustizia che ciò ingenera costituisce una minaccia per
l´economia globale, l´ambiente e la sicurezza politica. Il senso di
responsabilità che ha stimolato i politici occidentali a intervenire per
ripristinare la fiducia nel sistema finanziario dovrebbe, in un mondo
globalizzato, concretizzarsi anche in azioni volte ad accelerare il
raggiungimento degli obiettivi di sviluppo del Millennio (Mdg). Oggi, a metà
del cammino verso il 2015, è chiaro che si è fuori strada per quanto riguarda
gli Mdg, ma è altrettanto chiaro che la situazione non è ineluttabile. Le
molteplici esperienze individuali virtuose forniscono una base ottimale per
applicarne il modello su vasta scala e dare una svolta concreta allo sviluppo
umano globale, senza aspettare il secolo venturo o i prossimi 50 anni, bensì
nel decennio che è alle porte. è imprescindibile che la governance nei paesi
africani divenga più responsabile ed efficiente. L´impegno politico dei leader
dei paesi in via di sviluppo, unito a maggiori investimenti, all´assistenza
tecnica e finanziaria da parte delle nazioni più ricche, può tradurre tutto
questo in realtà. E, in termini relativi, non è un´impresa onerosa. Le nazioni
facenti parte del G8 e dell´Ocse devono adempiere agli impegni assunti, nei
confronti dei paesi in via di sviluppo, in particolare per quanto concerne gli
aiuti, e non utilizzare la crisi economica come un pretesto per abbandonarli. è
stato molto impegnativo mettere in opera questi impegni, ma oggi la loro
assunzione incoraggia molti paesi africani ed altri in via di sviluppo a
costruire dei progetti imperniati sugli Mdg. Il mancato adempimento degli
impegni rappresenterebbe un messaggio molto negativo per i paesi in via di
sviluppo e metterebbe a repentaglio il fragile ma crescente senso di reciproca
responsabilità che sta emergendo tra l´Africa e i suoi partner tradizionali per
far fronte alle numerose sfide del continente. La determinazione che pervade
gli incontri volti a stabilire un nuovo sistema globale di governance
finanziaria è sempre bene accolta. Gli avvenimenti degli ultimi mesi hanno
mostrato quanto sia inadeguato il sistema attuale: oggi i mercati sono globali,
ma i controlli legislativi sono tuttora locali. Il nuovo sistema deve
coinvolgere tutti gli attori, non soltanto l´Europa, l´Ue e il Giappone, ma
anche il Brasile, la Cina, l´India,
l´Arabia Saudita, il Sud Africa ed altri paesi: anche le nazioni più povere
devono poter dire la loro al tavolo dei negoziati. Il Fmi deve assumere un
ruolo centrale nel monitoraggio dei mercati globali e nella risposta alle
situazioni di crisi, nonché essere reso più rappresentativo e partecipativo.
Si dovrebbe sollevare il Consiglio Esecutivo dalla responsabilità di assumere
le maggiori decisioni strategiche, affidandola a un Consiglio più
rappresentativo e con più alti poteri sul piano politico. Un Consiglio che, tra
l´altro, andrebbe a sostituire il Comitato del Fmi, che attualmente svolge solo
un ruolo consultivo. Queste idee non sono nuove e sono state proposte dopo le crisi
del Messico e dell´Asia negli anni ´90. Allora, l´occasione di implementare un
sistema di regolamentazione globale fu sprecata. Cerchiamo di non perdere anche
questa opportunità. Un ulteriore intervento opportuno sarebbe l´allargamento
degli incontri annuali dei G8 in modo che essi rispecchino gli attuali scenari
economici e geopolitici. Le necessità dei paesi in via di sviluppo, e in
particolar modo quelle dell´Africa, così, potrebbero essere affrontate in
maniera più sistematica, preparando gli incontri su problemi globali, sia
inerenti l´economia, il commercio, le migrazioni, la sicurezza alimentare o i
cambiamenti climatici. Fra quattro settimane, la riunione ad alto livello di
Doha sul finanziamento dello sviluppo, sarà un´ottima occasione per fare il
punto della situazione, capire cosa dobbiamo fare per garantire che vi siano
sufficienti risorse per portare a termine le sfide intraprese dai leader
mondiali al volgere del Millennio. E fra due settimane avrà luogo il vertice
finanziario internazionale di Washington. Adesso più che mai è il momento di
dare la garanzia che nel far fronte alla crisi attuale l´approccio adottato
sarà globale e non tralascerà le necessità dei più poveri. I grossi problemi
sono l´occasione per una riflessione ponderata. Sappiamo che la globalizzazione
può essere una forza ad effetto positivo. Ma se i vantaggi che ne derivano
devono essere condivisi, e il mondo non deve essere polarizzato tra coloro che
sono "dentro" e coloro che sono ancora più emarginati, allora c´è
bisogno di un nuovo approccio e di nuovi accordi globali. Ci troviamo di fronte
a un momento foriero di rischi ma anche di opportunità. Esortiamo i leader
politici ad avere il coraggio e l´avvedutezza di coglierle. (gli autori sono
membri dell´Africa Progress Panel)
( da "Repubblica, La" del 09-11-2008)
Argomenti: Cina
Pagina 28 - Cultura
Il revival del megafono voce delle parole ribelli In piazza l´attualità Messo
da parte negli anni del disimpegno politico e del riflusso, è tornato in auge
grazie al nuovo movimento studentesco Dall´indimenticabile "Vota
Antonio" di Totò ai cortei dei no-global: ecco i motivi per cui
quest´oggetto vince la lotta contro il tempo Di quella stagione sessantottina
restano impressi pochi frammenti vocali "Compagni.... il concentramento...
Crr..." Perché spesso l´arnese si rompeva FILIPPO CECCARELLI BENTORNATO IL
MEGAFONO. BENTORNATO DI MODA - se mai fosse scivolato nel dimenticatoio -
sull´onda dell´Onda anomala degli studenti. Megafono a tracolla nei cortei;
megafono che risuona davanti ai cancelli delle scuole; megafono per fare
lezione universitaria in piazza. Incredibile, ma vero, adesso se ne va
addirittura a ruba, il megafono, arma dei senza voce, dei senza diritti, dei
senza quattrini. Così informano le cronache che il 22 ottobre scorso, a
Firenze, durante l´occupazione dell´istituto professionale alberghiero Saffi,
tre giovani (e malintenzionati) si sono messi a girare per le aule e quindi,
approfittando del fervido e gioioso clima, sono usciti quatti quatti con un bel
megafono nascosto sotto il giaccone. A temeraria e malandrina conferma, si
direbbe, di un revival senza limiti di tempo. E sarebbe anche un segno di
speranza che questa nuova visibilità si accompagnasse al rilancio della parola
motivata e autentica, da condividere negli assembramenti all´aria aperta,
«gridatela dai tetti!», si diceva una volta, oppure soffiatela nell´umile
magico imbuto della viva voce che risuona. In principio, in effetti, il
megafono era poco più di un imbuto, senza pile né elettricità a dargli forza e
clamore in tutte le possibili occasioni e modalità d´uso. Di ottone brunito era
il megafono con cui l´ammiraglio Nelson guidava la disposizione e i movimenti
dei marinai sulle cannoniere britanniche prima e durante la battaglia. Di latta
o banda stagnata, plausibilmente, oltre che di oblunga e curiosissima foggia
quello impugnato da Totò in un comizio alla finestra sulla piazza ciociara di
Roccasecca ne Gli onorevoli (di Sergio Corbucci, 1963). Indimenticabile e
profetico quel suo comizio dadaista: «Vota Antonio! Vota Antonio!». Attrezzo al
tempo stesso famigliare e desueto, comunque pre-televisivo, eppure forse
proprio per questo oggi riscoperto come capace di evocare la più vasta e anche
contraddittoria varietà di atmosfere. Per Federico Fellini, che ne fece uso e
spettacolo, il megafono raffigurava il potere: «Non avrei mai pensato di fare
il regista, di minacciare come un domatore urlando dai megafoni - ha confessato
una volta il Maestro -. La prima volta che vidi dei registi in azione pensai
che era un mestiere ridicolo, cialtronesco, maleducato. Non credevo di avere
una voce per imporre un´autorità carismatica, ma dal primo giorno in cui mi
sono trovato dietro una macchina da presa, quella voce mi è venuta fuori in
modo naturale». Per quanto trasfigurata in metallica e cavernosa, nel bel mezzo
di un carosello musicato da Nino Rota. Dunque, può essere il comando che ispira
l´immediata suggestione dell´amplificatore. Ma quando una notte di cinque anni
orsono due scalatori inglesi si ritrovarono incrodati, irraggiungibili e senza
apparenti speranze in parete lungo la via Dimai sulla Tofana di Rozes, ecco, è
esattamente a un megafono del Soccorso alpino della Guardia di Finanza che
devono la loro salvezza. Così come, sulle macerie fumanti di Ground Zero,
c´erano megafoni a incoraggiare le squadre dei vigili del fuoco: un esemplare
in plastica fu poi donato al presidente George W. Bush. Perché poi insomma è la
vita, a pensarci bene, che è fatta di altoparlanti, e a volte sono anche
troppi, e non solo negli aeroporti, nelle stazioni ferroviarie, sui luoghi del
disastro, sul set, in montagna o nelle agitazioni di piazza. Il rumore infatti
è contagioso e nel caso dei residenti del centro storico di Roma, specie
intorno a Campo de´ Fiori, il guaio o meglio l´incubo deriva dall´irruzione sul
mercato di piccoli megafoni di produzione cinese, pure dotati di registratore,
al prezzo di 5 euro e 79 centesimi. Ebbene, la scorsa estate in quell´area già
di suo poco silenziosa le notti erano funestate dalla curiosa tendenza di
diversi giovinastri a parlarsi l´un l´altro, ma tutti insieme, da un lato
all´altro della piazza: al modo di urlatori tecnologici, fino all´arrivo della
polizia e al sequestro massivo dell´evoluta merce che diffondeva e dilatava
quella chiacchiera selvaggia. Difficile stabilire con esattezza quando il
megafono era parso entrare nell´ambiguo, nostalgico e pacificatissimo comparto
del modernariato. Certo un velo di polvere aveva finito per depositarsi sulla
memoria in bianco e nero di certe fotografie inequivocabilmente sessantottine
o, se si preferisce, sessantottesche. Per una volta nei ricordi il mezzo
tradiva il messaggio e allora i volti, l´aspetto, gli atteggiamenti, gli stessi
sentimenti di chi maneggiava quel fatidico apparecchio facevano premio su
qualsiasi argomento propagato in quegli anni di effervescenza sociale. Di
quella stagione restano impressi semmai pochi frammenti vocali: «Compagni... il
concentramento... operai e studenti... crrrr...». Perché a volte l´arnese si
rompeva mettendosi a ronzare o più spesso funzionava a intermittenza. «Megafono
della rivoluzione» si definì d´altra parte Vladimir Vladimirovic Majakovskji.
L´impegnativa qualifica deve aver contribuito a collegare inestricabilmente
questo strumento alla lotta politica, con il che è ragionevole pensare che a
determinarne l´apparente declino siano stati il riflusso, la stanchezza, il
disimpegno, la delusione. Lontano dagli occhi, e quindi dal cuore, il megafono
sopravvisse tuttavia nel mondo dei simboli e delle metafore, negative o
positive che fossero. Si poteva essere «megafoni» di tutto, della pace e della
guerra, della Cina e della Cia,
della provocazione e in fondo anche della speranza. «Voi siete il megafono del
Papa», disse un giorno Karol Wojtyla ai giornalisti della Radio Vaticana;
«Rutelli è un megafono che gracchia», accusò un´altra volta Sandro Bondi per
replicare all´allora leader del centrosinistra. E però c´è modo e
ragione di ritenere che la manifesta decadenza, più che alla politica fosse
dovuta anche allo sviluppo della tecnologia, al superamento pratico del vecchio
altoparlante fisso o manuale, alla sua sostituzione con gli asettici
sintetizzatori regolati da sistemi automatici, voci pre-registrate, distanti,
robotiche. Nel suo recente Il tramezzino del dinosauro, sintomatico catalogo di
«oggetti, comportamenti e manie della vita quotidiana» (Guanda), Marco Belpoliti
spiega bene il «secco impoverimento» cognitivo causato alla società dalla fine
o comunque dalla mancanza della voce umana, certo amplificata dalla meccanica,
ma pur sempre «carica di intenzioni, di allusioni, sottintesi, evocazioni di
stati d´animo». E qui giocoforza vale comprendere nella ripresa d´interesse per
il vecchio e caro megafono pure la sua inaspettata declinazione per così dire
armonica, non per caso messa in opera dal movimento giovanile no-global: vedi
il «concerto per megafoni, slogan e orchestra» eseguito dai gruppi "Terra
terra" e "Fiati perduti" al Social Forum di Firenze dell´ottobre
2001, un gran miscuglio di suoni e di generi, rullanti e tromboni, rap e
risonanze di Carosone («Tu vuo´ fa´ l´americano»), inframmezzate da rime ritmate
e più specificamente polemiche tra cui spiccava: «A tutti diamo il benvenuto, /
ma se viene D´Alema zitto e muto!». E sempre in tema musicale, a parte qualche
pezzo in cui Franco Battiato si diverte a modulare la voce in risonanze
artificiali («Sul ponte sventola bandiera bianca»), arrivò più esplicitamente a
Sanremo L´uomo con il megafono di Daniele Silvestri, canzone abbastanza
malinconica per quanto disposta ad offrire un raggio di sole: «L´uomo col
megafono parlava parlava / parlava di cose importanti, purtroppo / i passanti,
passando distratti, a tratti / soltanto sembravano ascoltare il suo / monologo,
ma l´uomo col megafono / credeva nei propri argomenti». Il brano non deve
essere sfuggito a un signore, Pierluigi Lenoci, che su Internet ha giustappunto
aperto un sito intitolato "L´uomo col megafono" (www. lenoci.
org/megafono) nel quale, con la tecnica del fotomontaggio e il caldo invito a
«supportare anche tu questa follia», egli si colloca - Zelig digitale e
risonante - nelle più varie situazioni: in una cena con il Papa e i cardinali,
in uno studio televisivo, fra i colori dell´Urlo di Munch, al Gay Pride, con
alcuni bimbi travestiti da Halloween, sullo schermo di un telefonino, ma sempre
con l´inseparabile strumento. Alla lunga, le immagini dell´ottimo Lenoci fanno
cortocircuito e inesorabilmente rievocano altre foto, però vere, di personaggi
con megafoni. L´onorevole Gramazio (An) su di un gigantesco camion a caccia di
viados; il presidente Berlusconi che dal predellino di un´automobile dichiara
la nascita del Popolo della libertà; Di Pietro che raccoglie firme al Circo
Massimo; Oreste Scalzone, ormai anziano, ritornato alla Sapienza ad arringare
le folle. Sembrano sogni, suoni, visioni e stati di eccezione. Parole sugli
occhi, megafonate nelle orecchie.
( da "Repubblica, La" del 09-11-2008)
Argomenti: Cina
Pagina XI - Milano L´ultimo
assalto in Fiera alla festa delle due ruote Nel settore del pedale vince il
gusto rétro e il motorino "assistente" Molti scooter e un ibrido
benzina-elettricità che guarda al futuro FRANCO VANNI la nuova Lambretta Pato
«by Valeria Marini» tempestata di cristalli Swarovski e la bici con telaio in
bambù prodotta a San Patrignano. La moto supersportiva Bimota Oro Nero con
forcellone in carbonio e il casco in pelle dorata da 350 euro. Oggetti che in
Fiera si fanno guardare. Poi, però, in questo Salone del ciclo e motociclo
edizione numero 66 ci sono soprattutto i prodotti prudenti di una stagione di
crisi: fra i nuovi modelli, tanti scooter e pochi mostri da vetrina. Ressa fra
gli stand, qualche disagio ma nessun blocco sulle strade, per vedere la più grande
fiera delle due ruote al mondo. L´esposizione motociclistica occupa sei
padiglioni, quella delle biciclette uno, gli stand sono oltre mille. L´area
esterna ospita gli spettacoli di funamboli del gas: trial, stuntman e
acrobazie. Spettacoli che proseguiranno anche oggi, ultimo giorno di Fiera
(dalle 10 alle 18.30), compresi nei 18 euro di biglietto d´ingresso. Che questa
sia una Fiera di crisi (7% di calo nel primo semestre 2008) lo si capisce allo
stand Honda. Il colosso giapponese, anziché tentare modelli futuristici, espone
l´eterno scooter Sh in una nuova estetica. Due motorizzazioni: 125 e 150,
rispettivamente 3.100 e 3.250 euro. «Prezzo che con le rate scompare»,
rispondono al banco informazioni a chi chiede. Allo stand Bmw gli occhi sono
tutti per il missile che l´anno prossimo correrà in superbike, ma la moto che
vedremo in strada è la F800R: bicilindico in linea, niente fronzoli, prezzo
intorno agli 8mila euro. E la Suzuki presenta la Gladius 650, costruita per
avere un prezzo basso, sotto i 7mila euro. Anche molte case italiane, con
l´eccezione di Ducati che ha presentato l´aggressiva maxi-bicilindrica
Streetfighter (15mila euro prezzo base) giocano in difesa: tanti scooter e
qualche sguardo al futuro, come il Piaggio MP3 ibrido, elettrico e benzina, in
produzione dal 2009. Fra le biciclette, invece, le maggiori novità riguardano
la tecnologia della pedalata assistita da motore elettrico, con modelli a
partire da 1.050 euro, e una diffusa operazione nostalgia: modelli retrò, bici
simili a quelle da pista anni Cinquanta, e la «nuova» Bianchi Dolomiti, con
telaio in acciaio e vernice azzurrina. Costa 1.690 euro, «questa i cinesi non
ce la riescono a copiare», sperano allo stand. La Cina al Salone del ciclo e motociclo è nascosta. Un solo espositore nazionale:
sei produttori accalcati in una struttura in laminato. La Foton International
propone uno scooter elettrico a 360 euro. La gente si ferma, legge il prezzo e
non ci crede: «Ma davvero?». Nessuna risposta: allo stand non parlano
italiano e nemmeno inglese. «Il prezzo è quello, lo vendono già negli
ipermercati», dice il vicino di stand. Produce anche lui scooter elettrici, ma
in Italia. Costano 2mila euro. «Potrei dire che i nostri sono migliori, ma sono
balle, è lo stesso scooter», ammette. L´anno scorso molti produttori cinesi non
erano stati ammessi all´esposizione per irregolarità nella prenotazione degli
spazi, quest´anno nemmeno si sono presentati. Intanto, però, l´industria
asiatica delle due ruote low-cost mangia quote di mercato: nel segmento scooter
50 cc si è passati dal 7% dell´immatricolato dello scorso anno all´attuale 15%.
( da "Repubblica, La" del 09-11-2008)
Argomenti: Cina
Pagina XXII - Roma
ANTIQUARIATO A ROMA MERCATINO CONCA D´ORO PARADISO DELLE SIGNORE LA SOFFITTA IN
GARAGE ECO SOLIDALE BORGHETTO FLAMINIO "Belle Arti", ecco i gioielli degli
anni Quaranta Nei centoventi gazebo bianchi si trovano anche mobili antichi e
ceramiche In viale Tiziano dagli orologi inglesi ai vecchi merletti. E poi i
lampadari liberty A CURA DI CECILIA CIRINEI Pizzi antichi e vecchi merletti,
lampadari liberty, bigiotteria d´epoca anni Quaranta americana, vasi e
bicchieri di cristallo, porcellane danesi, orologi inglesi da tavolo e mobili
di piccolo antiquariato. Questa mattina appuntamento con il "Mercatino
delle Belle Arti" che si svolge puntuale da tre anni ogni seconda domenica
del mese nei giardini dei Fratelli Archibugi, all´angolo fra viale Tiziano e
viale delle Belle Arti, nel cuore del quartiere Flaminio. Sono
centoventi i gazebo bianchi, tutti uguali, fatti arrivare appositamente dalla Cina dal suo organizzatore Mario Testa, lo stesso dello storico
mercatino di Piazza Verdi. «Questo mercatino è stata una scommessa ben riuscita
- racconta Mario Testa - volevamo trovare un posto più centrale e di passaggio
e ci siamo riusciti. Siamo sempre pieni. E c´è la lista d´attesa degli
espositori, che cerchiamo di cambiare a rotazione tutti i mesi. Il punto poi è
perfetto perché le macchine ci girano intorno, e sono molti quelli che non
resistono alla tentazione di parcheggiare e fermarsi a guardare i nostri banchetti».
Fra i visitatori del mercatino ci sono anche tanti personaggi del mondo della
cultura e dello spettacolo, avvistato spesso lo show man e cantante Renzo
Arbore e lo scrittore Alain Elkann. Passeggiando fra i banchetti si possono
ammirare oggetti di ogni tipo: mobili antichi e artigianali, argenterie e
specchi, ceramiche e porcellane, quadri e sculture, grammofoni di fine secolo,
perfettamente funzionanti, e vecchi attrezzi agricoli. E poi ancora: cartoline
d´epoca da collezionare, manifesti di vecchi film, cassapanche da antico casale
di campagna e originali lampadari in vetro di Murano fatti da maestri vetrai
veneziani. Tra i tanti banchetti, spicca, per l´alto numero di visitatrici
femminili, quello di Paola Franchini e Dominique Fidotti con una ricca esposizione
di bigiotteria antica di grande qualità. «La nostra è una grande passione, nata
come un hobby circa dieci anni fa - racconta Paola Franchini, che cura con
amore il banchetto insieme all´amica francese Dominique Fidotti - siamo due
collezioniste di bigiotteria d´epoca dagli anni Venti agli anni Sessanta. Io
preferisco quella americana mentre la mia amica è specializzata in bigiotteria
francese. Fra i nostri pezzi più rari dei bracciali "Napier" degli
anni ?50». "Mercatino delle Belle Arti", Giardini dei Fratelli
Archibugi, ingresso libero dalle 8 alle 20. Info.06.8552773
( da "Repubblica, La" del 09-11-2008)
Argomenti: Cina
Pagina 27 - Cronaca
Cacciatori di dote e shopping sessuale NATALIA ASPESI (segue dalla copertina)
Nel secondo film, francese, appena presentato al Festival di Roma, diretto da
una signora senza grandi pretese, Josiane Balasko, c´è sul mercato cui ricorre
una cinquantenne molto graziosa, Nathalie Baye, un ragazzotto dall´aria
magrebina, nervoso, insicuro, mal vestito, con amici battoni, che si vende per
pagare il mutuo del negozio da parrucchiera della bionda amata moglie, vivendo
con suocera e cognata in pochi rumorosi metri quadri. Una vita d´inferno.
Questo Eric Caravaca, tale è il nome dell´attore, nel ruolo di gigolò parigino
non potrebbe attirare molti pur scarni portafogli femminili e neppure maschili,
tanto meno avrà diritto ad entrare nei nostri sogni anche molto modesti. Se si ricordano altri cine-gigolò o la loro aristocrazia, i
cacciatori di dote, vengono in mente solo stupendi seduttori: Montgomery Clift
(L´ereditiera), Warren Beatty (La primavera romana della signora Stone), Paul
Newman (La dolce ala della giovinezza), David Bowie (Gigolò). Quindi la
domanda, riguardo alla metamorfosi gigoliana in Cliente, è: perché oggi, 2008,
avendo a disposizione un certo budget per gli svaghi, la protagonista dello
shopping sessuale, non centenaria né orribile, anziché raccattare quel
poverino, quale opera buona più che erotica, non si procura uno di quei
giovanotti lucidati tipo pubblicità dei profumi che spuntano in ogni angolo di
internet, fotografati anche, maliziosi, nella candida schiuma da bagno?
Evitando quelli che sarebbero allettanti se non abitassero a Bombay o a Kuala
Lumpur, le occasioni sono infinite anche nel ramo saldi. E per esempio se ne
vendono pure a pacchetti, tra cui scegliere, a ottanta-cento euro l´ora, «sensibile,
maturo, con carriera propria, buona compagnia», «bello, giovane, raffinato,
buon ascoltatore, molto gentleman», «abile nei massaggi rilassanti ma anche in
servizi più accuratamente personali». Alcuni perfezionisti insistono sul «male
male escort», sulla doppia mascolinità del prodotto, e le agenzie apposite
assicurano che i loro chaperon sono rigorosamente etero e non sprecano la loro
professionalità anche con uomini. Le più eleganti mettono in chiaro che i loro
cavalieri, e senza sovrapprezzo, sono disponibili anche per compagnia «non
sexual», offerta pare, per ora, troppo chic per essere molto richiesta. La
moltitudine (dicono) di uomini che da sempre si guadagnano duramente da vivere,
talvolta anche nel massimo lusso, a carico di signore o signori si divide in
varie categorie o classi, del resto come le donne: alla base della scala ci
sono i prostituti e i mignotti, cui si chiedono, immagino, prestazioni a buon
mercato e non impegnative; poi i gigolò, in grado almeno di spiccicare parola e
di mimare modesti corteggiamenti, persino (per modico sovrapprezzo) con invito
a cena a lume di candela; più su, l´indefinibile ma vasta categoria dei
mantenuti, spesso mariti della signora che lavora, orgogliosa di consentire al
suo uomo di studiare, prepararsi a un grande avvenire, fare l´artista non
ancora compreso, eccetera. La nobiltà del ramo è costituita dai playboy, di cui
quel Helg Sgarbi, ricattatore senza talento della ultramilionaria tedesca
Susanne Klatten è la degenerazione da tempi bui. Dice Beppe Piroddi, famoso
playboy italiano anni Sessanta, autore della divertente autobiografia Amateur:
«Eravamo giovani e ardenti, frequentavamo donne bellissime e uomini celebri, il
denaro allora non contava, contava solo il piacere, il divertimento, le passioni.
Oggi invece l´unico metro di misura sono i soldi, che guastano ogni avventura».
Veramente il denaro contava eccome anche in passato, perlomeno per certi
playboy entrati nella storia. Ad esempio Porfirio Rubirosa, professionista
raffinato della seduzione come investimento, che non chiedeva, non ricattava,
ma sposava: solo miliardarie naturalmente, una in fila all´altra, tra cui le
disordinate e infelici Barbara Hutton e Doris Duke. Più che un gigolò, forse
quell´Helg Sgarbi è un epigone fallito dei grandi playboy alla Rubirosa: tutte
quelle ricche signore forse attraenti, neppure vecchie, che smaniavano per lui,
che si contendevano il suo charme, i suoi modi, le sue attenzioni, la sua
capacità di farle sentire belle, desiderate, uniche, come ormai gli uomini non
professionisti del fascino non fanno più, potevano ricompensarlo per tanta
dedizione. Come si paga un gioiello, o una pelliccia, pagavano e molto lo
sciocco Helg. Avrebbe potuto diventare ricco, senza vendersi, solo venendo
ricompensato per la sua capacità di farne felici tante, come un generoso
samaritano dell´eros, o magari riuscendo a sposarne una particolarmente ricca.
Che sia precipitato nel ricatto, e quindi nella galera, significa che si
sottostimava, che il suo socio lo aveva irretito, che lui stesso, con tutta la
sua professionalità, delle donne ancora non aveva capito niente.
( da "Repubblica, La" del 09-11-2008)
Argomenti: Cina
Pagina 46 - Sport
Federer si arrabbia "Non sono un n.2" SHANGHAI - Oggi
il via al Masters maschile di Shanghai (ultima volta in Cina), ultimo appuntamento del tennis (due match: Djokovic-Del Potro
e Davydenko-Tsonga). Ma hanno sorpreso le parole della vigilia di Roger
Federer: «Numero due del mondo? Suona male, non mi piace per niente. Io sono un
numero uno, o un vincitore di tornei dello Slam. Non un numero due».
Frasi che fanno comprendere quanto sia stato duro per lo svizzero accettare il
sorpasso di Rafa Nadal. Intanto a Doha si chiude il Masters femminile con la
finale. A giocarsi il titolo oggi saranno la russa Zvonareva, che si è imposta
sulla connazionale Dementieva 7-6 (7), 3-6, 6-3 e Venus Williams. L´americana
ha superato la serba Jankovic (numero uno prima del torneo) 6-2, 2-6, 6-3.
( da "Unita, L'" del 09-11-2008)
Argomenti: Cina
G20 in Brasile: i
Paesi emergenti chiedono un posto tra i Grandi Lula apre il summit che precede
l'incontro di Washington del prossimo fine settimana. «Servono subito nuove
regole per governare la crisi», dichiara il presidente. Per l'Italia presenti
Draghi e Grilli (Tesoro). Crisi globale: cominciano a muoversi i Paesi
emergenti. Si concluderà oggi il G20 convocato in Brasile, in vista del
prossimo vertice di Washington (il 14 e il 15 novembre) chiamato a dare le
prime risposte al terremoto finanziario che sta contagiando le economie di
tutto il globo. I ministri delle Finanze e i governatori delle banche centrali
riuiniti a San Paolo sono stati accolti ieri dal presidente Luiz Inacio Lula da
Silva, che ha sollecitato i partecipanti a cambiare le regole che governano le
istituzioni finanziarie globali per creare una «nuova architettura
finanziaria», dando più voce ai paesi in via di sviluppo. Sarà grazie a loro,
infatti, al cosiddetto Bric (Brasile, Russia, India e Cina), se il mondo potrà continuare a crescere anche l'anno prossimo.
Lo ha appena stimato il Fondo monetario internazionale: nel 2009 i paesi
avanzati saranno tutti in recessione. Per questo gli emergenti chiedono un
posto stabile nelle riunioni dei «Grandi» e sicuramente faranno sentire la loro
voce nel prossimo fine settimana a Washington. Ieri Lula ha affermato
che la fede cieca nell'autoregolamentazione dei mercati è crollata come un
«castello di carte» dopo la crisi finanziaria. Per questo l'imperativo
categorico è: cambiare. «Non possiamo, non dobbiamo, non abbiamo il diritto di
fallire», ha concluso il presidente brasiliano. Oltre all'allargamento del G7
ad altri Paesi, il presidente ha anche chiesto l'immediata conclusione del Doha
round (l'intesa sul commercio internazionale) senza chiedere altre concessioni
ai paesi in via di sviluppo. «La conclusione del Doha round non è più
un'opportunità, ma una necessità», ha detto Lula. Per l'Italia all'appuntamento
sono presenti il governatore di Bankitalia Mario Draghi, il direttore generale
del Tesoro Vittorio Grilli e Carlo Monticelli, direttore delle relazioni
internazionali del ministero delle Finanze. Oggi, al termine del summit
brasiliano, si conosceranno le prime indicazioni che i ministri consegnano ai
capi di Stato e di governo che si vedranno a Washington. Troppo presto per
parlare di primi risultati: per ora siamo solo all'indicazione di principi e
orientamenti. Certamente - dicono gli esperti - gli appuntamenti di questi
giorni non saranno una nuova Bretton Woods, ma l'inizio di un percorso lungo e
faticoso. L'Europa si presenta all'appuntamento con una voce sola, ma ancora
lontana da una politica economica comune. La Germania resiste all'idea di un
governo comune europeo. A rappresentare il vecchio continente ci saranno
Francia, Germania, Gran Bretagna e Italia. La presidenza di turno (Francia)
coopterà la Spagna e forse l'Olanda. Bruxelles chiede il rafforzamento del
Fondo monetario, che dovrà vigilare sulla finanza globale. Più trasparenza, più
convergenza sulle norme contabili, più controlli sulle valutazioni dei rating.
BIANCA DI GIOVANNI ROMA bdigiovanni@unita.it
( da "AmericaOggi Online" del 09-11-2008)
Argomenti: Cina
Parte una settimana
di fuoco per Barack Obama 09-11-2008 Lunedì Barack Obama sarà alla Casa Bianca
per il primo incontro con il presidente uscente George W. Bush dopo la sua
elezione. Poi, Obama dovrà prepararsi ad una serie di riunioni informali con i
leader mondiali a Washington nel fine settimana, ai margini del Vertice del
G20, al quale parteciperà da dietro le quinte. Il presidente eletto dovrà anche
risolvere rapidamente il primo nodo significativo della sua futura compagine di
governo: quello della nomina del segretario al Tesoro, che dovrà coordinare il
pacchetto di stimoli all'economia e di aiuti alla classe media che il
presidente eletto si è impegnato a varare, oltre a lavorare con i suoi colleghi
internazionali NEW YORK. Settimana di fuoco per il presidente eletto degli
Stati Uniti. Lunedì Barack Obama sarà alla Casa Bianca per il primo incontro
con il presidente uscente George W. Bush dopo la sua elezione. Poi, Obama dovrà
prepararsi ad una serie di riunioni informali con i leader mondiali a
Washington nel fine settimana, ai margini del Vertice del G20, al quale
parteciperà da dietro le quinte. Il presidente eletto dovrà anche risolvere
rapidamente il primo nodo significativo della sua futura compagine di governo:
quello della nomina del segretario al Tesoro, che dovrà coordinare il pacchetto
di stimoli all'economia e di aiuti alla classe media che il presidente eletto
si è impegnato a varare, oltre a lavorare con i suoi colleghi internazionali.
Dopo le telefonate di venerdì sera (tra l'altro al presidente del Consiglio
Silvio Berlusconi e al presidente egiziano Hosni Mubarak), Obama ha avuto ieri
una conversazione col presidente russo Dmitri Medvedev. Secondo il Cremlino i
due si sono impegnati a vedersi "prossimamente", cioé ai margini del
vertice del G20 (i 7 più ricchi, la Russia e gli emergenti). Sempre ieri, riferisce l'agenzia Nuova Cina, il
presidente eletto Usa ha avuto una conversazione telefonica con il presidente
cinese Hu Jintao, al centro del colloquio la crisi finanziaria: Hu ha detto che
Cina e Stati Uniti devono "tener conto delle loro rispettive
preoccupazioni". Obama ha anche fatto la sua prima smentita:
affermando di non avere preso nessun impegno sul futuro dello scudo antimissile
che l'Amministrazione Bush intende installare nell'Europa centro-orientale per
rispondere a minacce come quella dell'Iran. Da Chicago, il suo responsabile per
la politica estera Dennis McDonough ha seccamente smentito il presidente
polacco Lech Kaczynski (con cui Obama ha parlato venerdì), secondo cui Obama
gli ha garantito che il progetto continuerà. Il presidente eletto ha anche
pronunciato il suo primo discorso radiofonico dopo il 4 novembre, ribadendo che
occorrono azioni urgenti per far fronte alla crisi economica e la sua futura
amministrazione "non perderà tempo". Obama ritiene che le misure
attuali sono insufficienti e che gli Stati Uniti "avranno bisogno di altre
misure nel periodo di transizione e nei mesi seguenti", come "un
piano di salvataggio per la classe media e le famiglie che vedono ridursi i
salari e svanire i risparmi di tutta una vita". Il tema verrà senz'altro
affrontato nell'incontro di lunedì con Bush, il quale ha garantito che
"fare in modo che questa transizione si svolga senza scontri è una delle
mie primissime priorità di questa fine mandato", come ha detto alla radio.
Come ha indicato nella sua prima conferenza stampa, venerdì a Chicago, Obama
spera che Bush firmerà un primo 'pacchetto' di stimoli che il Congresso
potrebbe approvare (con una seduta speciale) prima del suo insediamento il 20
gennaio. Come si svolgeranno le cose per il G20 e al margine del Vertice non è
ancora totalmente chiaro. Salvo sorprese, Obama sarà a Washington, ma non
parteciperà direttamente al Vertice, visto che - come lui stesso ama ricordare
- c'é un solo presidente degli Stati Uniti ed è George W. Bush. Il presidente
eletto potrebbe prendere parte alla cena di venerdì sera alla Casa Bianca,
oltre ad organizzare -si presume in uno dei grandi alberghi della capitale- una
serie di incontri bilaterali con i grandi del mondo. Oltre a Medvedev, il
presidente francese Nicolas Sarkozy ha espresso pubblicamente la volontà di
vedere Obama a Washington. Dalla Casa Bianca, infine, è venuta una piccola
apertura alle posizioni europee e del G20, presieduto dal Brasile e che proprio
ieri si è riuniti San Paolo: "C'é un terreno d'intesa sulla necessità di
una riforma del sistema finanziario mondiale", ha detto la portavoce di
Bush Dana Perino.