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T ARTICOLI DEL 5-9 novembre 2008 #TOP


IN EVIDENZA

Cina, piano da 460 miliardi di € per sostenere l'economia (Il So0le 24 Ore 9 novembre 2008)

La Cina ha annunciato un piano da 4mila miliardi di yuan, pari a 460 miliardi di euro per rilanciare l'economia reale. La notizia è stata riportata oggi sul sito del Consiglio di Stato cinese. Il piano approvato dal governo di Pechino prevede che gli investimenti saranno destinati a dieci programmi che riguardano, tra l'altro, le politiche per la casa per i meno abbienti, le infrastrutture rurali, le reti di trasporti, l'ecologia, le innovazioni tecnologiche e le ricostruzioni a seguito di disastri naturali. È previsto anche l'aumento dei prestiti per le piccole e medie imprese.

La cifra, che corrisponde a circa un quinto del Pil cinese (3.300 miliardi di dollari lo scorso anno), sarà stanziata entro il 2010. Dei 4mila miliardi di yuan, 100 milioni dovrebbero essere utilizzati già in questo trimestre. La decisione era già stata anticipata nei giorni scorsi e segue lo stanziamento da 225 miliardi di euro circa per il rilancio della rete ferroviaria, deliberato alla fine di ottobre.
Lo scopo delle misure è di stimolare la domanda interna, dopo il rallentamento dell'economia nel terzo trimestre dell'anno, quando il Pil è cresciuto del 9%, contro il 10,4% del trimestre precedente.
Nella prima metà del 2008 la Cina ha registrato un surplus di bilancio di oltre 170 miliardi di dollari, la crisi del credito che ha investito l'economia mondiale ha avuto come effetto un brusco rallentamento delle entrate fiscale.

Per stimolare la crescita dell'economia, il governo di Pechino ha anche allentato la propria politica monetaria: negli ultimi due mesi ha già abbassato il costo del denaro per tre volte portando i tassi al 6,66 per cento. Nelle scorse settimane piani di supporto alle economie reali sono stati presentati anche dai governi europei.


Report "Cina"

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Cina (85)


Indice degli articoli

Sezione principale: Cina

E General Electric va a far shopping di aerei in Cina ( da "Finanza e Mercati" del 05-11-2008)
Argomenti: Cina

Abstract: far shopping di aerei in Cina da Finanza&Mercati del 05-11-2008 Se i colossi dell'aviazione occidentale Boeing e Airbus, per un motivo o per l'altro, volano basso, Pechino inizia a farsi sentire anche in questo settore. Gecas, la divisione leasing di General Electric, comprerà infatti 25 Arj21-700 (velivoli regionali da 70 posti) prodotti dalla Commercial Aircraft Corp of China.

Quel lusso italiano a misura di stilista ( da "Finanza e Mercati" del 05-11-2008)
Argomenti: Cina

Abstract: Usa e Cina, e ad adeguarsi alle eleggi della grande comunicazione e grande distribuzione internazionale? La vera domanda, in fondo, riguarda il ruolo dello stilista: diventerà un semplice «strumento produttivo al servizio dell'azienda» (secondo le tesi dell'ad di Gucci Group Robert Polet) o è «l'industria che deve restare al servizio della creatività»

Si restringe lo spread tra Btp e Bund ( da "Finanza e Mercati" del 05-11-2008)
Argomenti: Cina

Abstract: Cina e India realizzate la settimana scorsa, la Reserve Bank of Australia ha abbassato ieri il costo del denaro di 75 punti base. Un taglio superiore alle attese, che ha portato il tasso di riferimento al 5,25%, il minimo dal marzo 2005. In Europa, il consiglio direttivo della Bce si riunirà domani per decidere sui tassi e il mercato scommette su un taglio di mezzo punto.

Ferragamo fa poker a San Paolo ( da "Finanza e Mercati" del 05-11-2008)
Argomenti: Cina

Abstract: già da tempo ha accelerato la strategia di internazionalizzazione, decidendo di entrare in Paesi emergenti come India e Cina, oggi meno colpiti dalla crisi finanziaria globale. Forse anche per questo, i due giganti del lusso francese (Lvmh e Ppr) secondo indiscrezioni degli ultimi giorni sarebbero interessati a entrare nell'azienda fiorentina. C.P.

"sindacati confederali coraggiosi hanno salvato la compagnia" - roberto petrini ( da "Repubblica, La" del 05-11-2008)
Argomenti: Cina

Abstract: Piaggio è diventata multinazionale con un occhio rivolto all´Oriente, con impianti in Cina, India e Vietnam: è questa la zona da dove può partire un contrattacco delle nostre aziende. In Oriente ci sono circa 3,5 miliardi di persone che producono oggi più del 50% della ricchezza mondiale. Non credo che sia una scelta, ma una valutazione naturale.

se il trucco è troppo "pesante" - sarah martinenghi ( da "Repubblica, La" del 05-11-2008)
Argomenti: Cina

Abstract: I prodotti arrivano infatti dalla Cina, e contengono tra i bagliori luccicanti anche nichel e cromo: metalli troppo pesanti anche per le donne che con il trucco non ci vanno leggere. Si tratta di sostanze vietatissime per legge, perché possono creare allergie e dermatiti. Ad aggravare il tutto poi è stata la scoperta che tra gli ombretti sequestrati ce n´

pizzo, negozianti e boss a giudizio - salvo palazzolo ( da "Repubblica, La" del 05-11-2008)
Argomenti: Cina

Abstract: Pietro Cinà, Francesco Palumeri e Sebastiano Vinciguerra. Seguono i picciotti addetti alla raccolta del pizzo: Antonio Ciminello, Tommaso Contino, Antonio Cumbo, Gaetano Fontana, Salvatore Liga, Fabio Micalizzi, Vincenzo Graziano. Il processo, fondato sulle indagini della sezione Criminalità organizzata della squadra mobile,

street-art di daze all'entropyart fra spray e graffiti ( da "Repubblica, La" del 05-11-2008)
Argomenti: Cina

Abstract: atteggiamento dei gangster mafiosi che quello dei manager delle corporation economiche, dall´Italia agli Usa alla Cina, perché loro gestiscono in maniera spietata il domani dei giovani». Daze infine commenta la legge italiana che punisce chi viene beccato a creare graffiti in strada: «So che la situazione è delicata perché ci sono tanti monumenti che vanno difesi da chi imbratta;

teatro, video, incontri la cina è più vicina ( da "Repubblica, La" del 05-11-2008)
Argomenti: Cina

Abstract: Pagina XIII - Firenze Affratellamento Palazzo Pitti Teatro, video, incontri la Cina è più vicina L´organo della Palatina ritrova la sua voce

uno sguardo sul mondo per combattere il razzismo - vassily sortino ( da "Repubblica, La" del 05-11-2008)
Argomenti: Cina

Abstract: associazione Prodocumentales cine y tv inaugurerà la "Muestra de documentales de America Latina". Venti documentari in lingua originale, per raccontare il Sudamerica. Una monitorizzazione di quel continente che lo statista Henry Kissinger volgarmente definiva «giardino di casa degli Usa» e che oggi vive fermenti che l´hanno reso quasi completamente indipendente dall´

crolla il "baltic index", commercio fermo - maurizio ricci ( da "Repubblica, La" del 05-11-2008)
Argomenti: Cina

Abstract: economia mondiale segna tempesta Non saranno i paesi emergenti come la Cina a salvare lo sviluppo globale MAURIZIO RICCI L´intera economia mondiale sta cadendo a candela e la tempesta coinvolge anche la Cina, a conferma che, se l´occidente industrializzato si ferma, non saranno i paesi emergenti a tenere a galla lo sviluppo globale.

il tempio buddista costruito con i tappi - come iscriversi a repubblica scuola ( da "Repubblica, La" del 05-11-2008)
Argomenti: Cina

Abstract: Pagina 41 - R2 L´evento Le immagini Repubblica Tv Trovacinema A Milano il salone della moto foto, servizi e blog In Cina i blog incastrano funzionario pedofilo Da Lincoln a Bush cento anni di cinepresidenti Il tempio buddista costruito con i tappi Le tenniste si allenano sull´isola deserta COME ISCRIVERSI A REPUBBLICA SCUOLA

La Vespa prende la rincorsa sulle strade di Ho Chi Minh ( da "Unita, L'" del 05-11-2008)
Argomenti: Cina

Abstract: come il Vietnam o la Cina e l'India, dove i costi sono irrisori rispetto alle medie italiana ed europea. Facciamo un esempio: con il salario di un operaio di Pontedera si pagano circa 15 operai vietnamiti nella fabbrica di Hanoi. Un lavoratore assunto alla Piaggio Vietnam guadagna circa 100 dollari al mese per lavorare otto ore al giorno cinque giorni alla settimana.

La nostra strada è al centro ( da "Sole 24 Ore, Il" del 05-11-2008)
Argomenti: Cina

Abstract: con o senza crisi, non foss'altro perché la Cina e l'India avanzano. E dunque parliamo di globalizzazione: è con noi per restare. Ma un piccolo rallentamento non farà male: oggi abbiamo bisogno di ecletticità, non di lacciuoli legalistici. mplatero@ilsole24ore.us SCONCERTO «Cosa mi sorprende ancora a 93 anni?

In cerca di nuova leadership ( da "Sole 24 Ore, Il" del 05-11-2008)
Argomenti: Cina

Abstract: America dovrà condividere sempre di più il suo potere con le altre potenze, la Cina, l'India, la Russia? è possibile, come ha detto lo storico Paul Kennedy, che lo zenith americano è stato raggiunto alla fine della Seconda Guerra Mondiale, quando l'America era l'unica grande Nazione rimasta intatta? Il problema non è tanto tattico, quanto strategico.

Continente tra opportunità e rischi ( da "Sole 24 Ore, Il" del 05-11-2008)
Argomenti: Cina

Abstract: anche perché la Cina sta avanzando rapidamente, con contratti di acquisti, donazioni e progetti. Impegnato in Iraq e Afghanistan, alle prese con un deficit imponente e la crisi economica, il successore di Bush darà vera dimostrazione di leadership se capirà quanto importante sarà l'Africa per i prossimi assetti (nella foto,

Rapporti più stretti Cina-Taiwan ( da "Sole 24 Ore, Il" del 05-11-2008)
Argomenti: Cina

Abstract: i legami commerciali tra i due Paesi Rapporti più stretti Cina-Taiwan Triplicati i voli settimanali, intesa su collegamenti diretti via mare REUTERS Luca Vinciguerra SHANGAI. Dal nostro corrispondente Dopo lo storico accordo sui voli diretti, Cina e Taiwan scongelano anche i collegamenti diretti tra i porti adagiati sulle due sponde dello Stretto.

TENSIONE IN CALO ( da "Sole 24 Ore, Il" del 05-11-2008)
Argomenti: Cina

Abstract: Usa promettono aiuti economici e sostegno militare contro la Cina a Taiwan 1971 Taiwan perde il suo seggio alle Nazioni Unite a favore della Cina 1975 Gli Usa rompono le relazioni diplomatiche con Taiwan 1995 Pechino conduce esercitazioni militari nello Stretto di Taiwan 2005 Il leader di Taiwan Lien Chenè ricevuto dal presidente cinese Hu 2008 Il nuovo presidente taiwanese MaYing-

Materie prime, il ruolo ambiguo della speculazione ( da "Sole 24 Ore, Il" del 05-11-2008)
Argomenti: Cina

Abstract: come Cina, India, Brasile e altri mercati emergenti. In Cina, ci fu addirittura il caso dell'accumulo in vista delle Olimpiadi di Pechino per prevenire eventuali imbarazzanti scarsità. Un quadro quindi non del tutto chiaro. Per quanto riguarda i metalli industriali, coincidenza di boom dei prezzi e calo delle scorte ai minimi storici,

Spazio, alleanza Mosca-Pechino ( da "Sole 24 Ore, Il" del 05-11-2008)
Argomenti: Cina

Abstract: 05 - pag: 17 autore: PROGETTI CONDIVISI Spazio, alleanza Mosca-Pechino La Cina vuole andare sulla Luna e la Russia è pronta a sostenere i suoi sforzi.Roscosmos,l'Agenzia spaziale di Mosca, è pronta ad assistere Pechino nella costruzione di una propria stazione spaziale e in un progetto per sviluppare risorse sulla Luna.

All'estero per affrontare la crisi ( da "Sole 24 Ore, Il" del 05-11-2008)
Argomenti: Cina

Abstract: Dal nostro inviato Non sarà facile fare del Vietnam una piccola Cina, ma 160 imprenditori italiani vogliono provarci. La missione organizzata da Confindustria, Ice e Abi, si è aperta ieri con l'annuncio di due nuovi investimenti: il gruppo bergamasco Carvico inizierà entro l'anno la costruzione di uno stabilimento per la produzione di tessuti speciali per l'abbigliamento sportivo,

La Vespa globale nascerà ad Hanoi ( da "Sole 24 Ore, Il" del 05-11-2008)
Argomenti: Cina

Abstract: Il motore della Vespa sarà prodotto in Cina, mentre la scocca in lamiera sarà realizzata in Vietnam da un fornitore locale. Dopo la posa della prima pietra, un anno fa con l'ex ministro degli Esteri Massimo D'Alema, la Piaggio ha quasi ultimato l'impianto, in cui lavoreranno circa 300 operai.

Il gruppo Luxottica sbarca in India con cento negozi ( da "Sole 24 Ore, Il" del 05-11-2008)
Argomenti: Cina

Abstract: dopo Cina e Thailandia, punta a conquistare l'India. Il tutto con progetti ambiziosi se si pensa che, a regime, l'intesa darà vita alla più grande catena di ottica nel Paese in questione. «Sunglass Hut è per Luxottica una delle migliori opportunità per crescere sia nei mercati emergenti che in quelli maturi»,

Shipping, emergenza derivati ( da "Sole 24 Ore, Il" del 05-11-2008)
Argomenti: Cina

Abstract: rallentamento del ciclo economico di Paesi come India e Cina che dal 2002 ne hanno sostenuto lo sviluppo. Lo stesso Baltic Exchange Dry Index,l'indice guida dei noli per l'affitto delle navi cargo per il trasposto di carichi secchi come acciaio, carbone, grano e cemento, quotato alla Borsa di Londra, ieri è sceso al livello più basso dal febbraio 1999, mettendo a segno un calo dell'

Commodity in cerca di strategie ( da "Sole 24 Ore, Il" del 05-11-2008)
Argomenti: Cina

Abstract: propria industria e di contrastare sullo scenario globale le politiche aggressive e protezionistiche di Paesi emergenti come Cina e India. Per questo il commissario europeo alle Imprese, Guenter Verheugen, ha presentato ieri a Bruxelles una strategia integrata, una sorta di "nuova diplomazia delle materie prime" volta ad assicurare alle aziende europee le indispensabili risorse.

Disponibilità in caduta ( da "Sole 24 Ore, Il" del 05-11-2008)
Argomenti: Cina

Abstract: Il rilancio è legato alle minori estrazioni nel Congo, devastato dalla guerriglia, ma soprattutto alle mosse dei primi due Paesi produttori, Cina e Indonesia. L'export cinese in 9 mesi è sceso del 98%, a 436 tonn., e i big hanno annunciato tagli produttivi tra il 10 e il 50%.

Taiwan e la Cina rafforzano l'intesa ( da "Avvenire" del 05-11-2008)
Argomenti: Cina

Abstract: MONDO 05-11-2008 Taiwan e la Cina rafforzano l'intesa DA TAIPEI L a distensione tra Cina e Taiwan, iniziata a maggio con l'ascesa al potere a Taipei del presidente Ma Yingjeou, ha dato i suoi primi frutti con la firma di una serie di accordi commerciali di portata storica.

Rapporti diplomatici fra Vaticano e Botswana ( da "Avvenire" del 05-11-2008)
Argomenti: Cina

Abstract: Cina popolare, Corea del nord, Maldive, Oman, Tuvalu e Vietnam. Mentre sono in carica solo dei delegati apostolici ( rappresentanti pontifici presso le comunità cattoliche locali ma non pressi i governi) in altri sette Paesi: tre in Africa ( Comore, Mauritania e Somalia) e quattro in Asia ( Brunei, Laos,

Cina, addio all'arcivescovo Jin Peixian Subì il carcere e i lavori forzati ( da "Avvenire" del 05-11-2008)
Argomenti: Cina

Abstract: insegnamento e nella teologia provocate dalla chiusura della Cina negli anni della Rivoluzione culturale; ciò gli ha permesso di rafforzare i rapporti con la Chiesa universale. Le sue doti di mediatore gli hanno permesso di ricucire il tessuto della Chiesa nel Nord est della Cina e di avere sempre buoni rapporti con le autorità governative.

Cina e Vietnam, inondazioni al confine Tragico il bilancio: sono 119 le vittime ( da "Avvenire" del 05-11-2008)
Argomenti: Cina

Abstract: 2008 Cina e Vietnam, inondazioni al confine Tragico il bilancio: sono 119 le vittime HANOI. Inondazioni dal sud della Cina stanno ulteriormente alzando il livello dei fiumi nel nord del Vietnam, aggravando le alluvioni in un'ampia regione a cavallo del confine che in una settimana hanno ucciso almeno 119 persone nei due stati,

Casa Bianca. Un nuovo condottiero. Sarà una svolta simile a quella impressa da Roosvelt? ( da "AmericaOggi Online" del 06-11-2008)
Argomenti: Cina

Abstract: e di normalizzare i rapporti con la Cina. Per arrivare agli ultimi due e più recenti "giganti". A cominciare da Ronald Reagan, che oltre a essere il presidente degli storici incontri con Gorbaciov che anticiparono per molti versi favorendolo il dissolvimento dell'Urss, nei suoi due mandati disegnò e rese vincente la ricetta che porta tuttora il suo nome.

Lo spread Btp-Bund torna sotto quota 100 ( da "Finanza e Mercati" del 06-11-2008)
Argomenti: Cina

Abstract: dopo le manovre accomodanti di Stati Uniti, Giappone, Cina e India e Australia. Per la zona euro il mercato scommette su un taglio di mezzo punto. Sul fronte americano, i prezzi dei titoli di Stato Usa hanno ceduto terreno dopo l'annuncio del Tesoro di un'operazione di rifinanziamento trimestrale da 55 miliardi di dollari.

la fine dell'autismo - lucio caracciolo ( da "Repubblica, La" del 06-11-2008)
Argomenti: Cina

Abstract: Obama è stato plebiscitato dappertutto: dalla Francia (94,5%) alla Cina (88%), dalla Germania (92,5%) all´India (97%), dalla Russia (88%) all´Iran (80%), per finire con il trionfo in Italia (92%). Miliardi di persone hanno soffiato nelle vele della barca di Obama. Gli americani lo sapevano, anzi lo sentivano.

tesoro, un clintoniano o un banchiere fed per la "mission impossible" della ripresa - federico rampini ( da "Repubblica, La" del 06-11-2008)
Argomenti: Cina

Abstract: Un imprenditore legato all´industria e sensibile alla competizione con la Cina? Sembra sconsigliabile la scelta di un uomo legato alle investment bank, un mondo colpito dal discredito. Molti elettori sarebbero delusi se la governance dell´economia venisse data ancora in appalto al capitalismo dei bancarottieri e delle liquidazioni milionarie.

addio alla decana delle industrie - antonio fraschilla ( da "Repubblica, La" del 06-11-2008)
Argomenti: Cina

Abstract: concorrenza della Cina e dell´Est e dall´aumento del costo delle materie prime e dei salari" ANTONIO FRASCHILLA Dopo un secolo chiude la Metalmeccanica meridionale. La storica azienda palermitana non ha retto alla concorrenza dei paesi dell´Est e della Cina. Ieri la proprietà, costituita dalla famiglia Mineo, ha portato i libri contabili in tribunale e 45 operai hanno così perso il lavoro.

erp, la rivolta degli inquilini - ernesto ferrara ( da "Repubblica, La" del 06-11-2008)
Argomenti: Cina

Abstract: Cina per motivi di lavoro. Al suo posto arriva il collega Graziano Cioni. Tira un fischio, si apre un varco tra la folla e chiede il silenzio: «Allora, vediamo se si risolve la faccenda una volta per tutte». Dopo mezz´ora la matassa è sbrogliata: Casa Spa si impegna a presentare entro una settimana le schede progettuali per la manutenzione straordinaria di via Simone Martini e la

il made in italy va a caccia in vietnam - roberto petrini ( da "Repubblica, La" del 06-11-2008)
Argomenti: Cina

Abstract: spiega a chiare lettere il vicepresidente di Confindustria per i rapporti internazionali Paolo Zegna: «Qui siamo i primi, in Cina il processo è esploso già vent´anni fa. Inoltre il sistema di piccole imprese vietnamite è un ottimo interfaccia per le nostre aziende», racconta e rivela di avere contatti per installare nel paese che fu di Ho Chi Min una catena di negozi di alta gamma.

"sì, barack è uno dei nostri berlusconi si rassegni le sue idee sono state sconfitte" - goffredo de marchis ( da "Repubblica, La" del 06-11-2008)
Argomenti: Cina

Abstract: Premono la Cina e l´India. «Che la Cina, l´India e altri Paesi siano protagonisti non ci sono dubbi. Io però credo all´insostituibilità dell´America. Il mondo non può accettare l´isolamento degli Usa, non può rinunciare alla sua leadership morale. In questi ultimi anni l´America era quella di Guantanamo, non più di Martin Luther King,

ArcelorMittal, piano anti-crisi ( da "Sole 24 Ore, Il" del 06-11-2008)
Argomenti: Cina

Abstract: Ma soprattutto pesa il crollo del 9,1% della produzione della Cina, il maggior produttore mondiale. Per il 2009 le previsioni continuano ad essere negative. Nello sforzo di ridurre la produzione, il gruppo in Italia ha annunciato il fermo degli impianti dall'8 dicembre per circa un mese con la ripresa prevista dopo il 6 gennaio.

<Più vicino all'Ue Ma potremmo rimanere delusi> ( da "Avvenire" del 06-11-2008)
Argomenti: Cina

Abstract: Chavez o su potenze emergenti come India e Cina. Spetta soprattutto all'Europa il compito di pesare di più a livello diplomatico e non solo in campo economico. In ambiti di cooperazione nuovi come l'ecologia, gli Stati Uniti potrebbero avvicinarsi alle posizioni europee? A giudicare dai suoi discorsi, Obama sembra credere sinceramente nelle energie rinnovabili e nella lotta all'

La svolta americana fa sognare l'Europa ( da "AmericaOggi Online" del 06-11-2008)
Argomenti: Cina

Abstract: del 2009 a Copenaghen con un accordo mondiale sulla riduzione di emissioni di C02 che includa, oltre alle economie emergenti (Cina, India, Brasile e Messico), anche gli Usa. Nonostante gli americani siano i più grandi consumatori di energia e i più grandi produttori di C02 al mondo, Washington si è finora rifiutata di accettare target vincolanti di taglio dei gas ad effetto serra.

Quante sfide per Obama ( da "AprileOnline.info" del 06-11-2008)
Argomenti: Cina

Abstract: multilateralismo che potrebbe rischiare altrimenti di restare schiacciato da un nuovo scenario bipolare sostenuto dal legame economico stretto tra Usa e Cina (Gli Usa sono il maggior importatore di prodotti cinesi e la Cina vanta un credito nei confronti degli Stati Uniti di 520 miliardi di dollari). Con questi problemi dovrà confrontarsi la speranza suscitata nel mondo dall'elezione di Obama.

Fmi: Tutti in recessione ( da "Sole 24 Ore, Il" del 07-11-2008)
Argomenti: Cina

Abstract: Cina) hanno margini per un allentamento della pressione fiscale. Da qui l'appello al G-20. «Se verrà attuata questa manovra globale - ha detto Blanchard - le nostre previsioni potranno rivelarsi pessimiste». L'Fmi nota anche che l'Italia, la cui economia si contrarrà dello 0,2% nel 2008 e dello 0,6% nel 2009,

UN PIANETA IN PERICOLO ( da "Sole 24 Ore, Il" del 07-11-2008)
Argomenti: Cina

Abstract: in particolare la Cina, cuii Paesi industrializzati chiedono di fare di più in materia ambientale. Ma la crisi economica non lasceràa Obama grandi spazi di manovra: un piano di riduzione delle emissioni, la carbon tax o le nuove tecnologie sono destinate ad aumentare i costi per i consumatori,almeno all'inizio

Pechino teme il protezionismo ( da "Sole 24 Ore, Il" del 07-11-2008)
Argomenti: Cina

Abstract: oggi chiunque si trovi a governare a Washington non può dimenticare che la Cina è la seconda finanziatrice del debito pubblico statunitense. è anche per questo che la Cina è stata invitata alla prossima riunione del G-20. Quali saranno, invece, le questioni aperte tra Cina e Stati Uniti che potranno beneficiare dell'elezione di Obama?

Vietnam preferito alla Cina Meno ostacoli burocratici ( da "Sole 24 Ore, Il" del 07-11-2008)
Argomenti: Cina

Abstract: Cina «Meno ostacoli burocratici» Carmine Fotina HO CHI MINH CITY. Dal nostro inviato Le imprese che hanno messo gli occhi sul Vietnam, guidate da Confindustria, Ice ed Abi, iniziano ad avere primi segnali di appoggio dalle banche italiane, scoprono che il governo di Hanoi accelera sulle privatizzazioni e invita gli stranieri a partecipare ai grandi piani di investimento sulle infrastrutture.

Toyota, crollano i profitti ( da "Sole 24 Ore, Il" del 07-11-2008)
Argomenti: Cina

Abstract: dalla Cina all'India. «Francamente, non so dire quando la situazione potrà migliorare» ha ammesso Kinoshita. Scarsa consolazione, per Toyota, è il rosicchiamento di quote ad altri costruttori in mercati declinanti: in Giappone la sua fetta di mercato è salita al record del 42,5% ( minivetture comprese), mentre negli Usa è aumentata al 17%

Pepsi inventa la lattina-cliente ( da "Sole 24 Ore, Il" del 07-11-2008)
Argomenti: Cina

Abstract: Pepsi è pronta a puntare sulla Cina investendo un miliardo di dollari. Ma anche nell'estremo Oriente si ripropone la sfida delle bollicine perchè la stessa Coca Cola ha annunciato una maxi-acquisizione da 2,4 miliardi nel Paese. Novità. La lattina Pepsi

Costa conquista i cinesi con il sarto di bordo ( da "Sole 24 Ore, Il" del 07-11-2008)
Argomenti: Cina

Abstract: Siamo statii primi a effettuare crociere regolari in Cina e Asia –spiega Onorato –iniziando nell'estate 2006 da Shangai e da allora le crociere Costa in Cina sono arrivate a cento». Un'operazione non facilevista la diffidenza iniziale di un popolo limitato negli spostamenti anche per le difficoltà nell'ottenimento dei visti.

Prodotti riciclati, pochi i ritiri ( da "Sole 24 Ore, Il" del 07-11-2008)
Argomenti: Cina

Abstract: Perfino la Cina –che per anni ha razziato in Italia gli scarti rigenerati per placare la sua fame di materie prime – sta rallentando gli ordinativi. Se gli europei comprano meno mobili, si producono meno pannelli ricavati con i trucioli degli imballaggi usati di legno.

Grande fuga dagli obbligazionari ( da "Sole 24 Ore, Il" del 07-11-2008)
Argomenti: Cina

Abstract: invece, Pioneer Azionario Paesi Emergenti, Gestielle Cina e Fonditalia Euro Financial: tutti e tre hanno accusato perdite superiori al 50 per cento. CHI RACCOGLIE Soltanto due gruppi hanno registrato un saldo positivo: Mediolanum (55 milioni) e la società americana State Street Advisors (52 milioni)

il mondo ai tempi di obama - ferdinando salleo ( da "Repubblica, La" del 07-11-2008)
Argomenti: Cina

Abstract: la Cina di Hu Jintao ? soprattutto con la prima ? la diplomazia a tutto campo potrà riprendere il discorso strategico che Washington aveva stabilito persino con l´URSS con reciproco vantaggio, e proseguito con alterne vicende fino alle recenti crisi e alle reciproche provocazioni che hanno arrestato il processo di disarmo e controllo degli armamenti facendo arretrare la stabilità.

"gli enti locali sostengano chi innova" - vera schiavazzi ( da "Repubblica, La" del 07-11-2008)
Argomenti: Cina

Abstract: Cina, India, Estremo Oriente, andranno davvero indietro: al momento stanno soltanto rallentando, che è cosa ben diversa dalla recessione. E´ certo comunque che il 2009 sarà un anno durissimo per l´auto. E anche se la Fiat perde e perderà in proporzione meno di altri costruttori occorre guardare molto più avanti,

il sogno americano del politecnico - milena vercellino ( da "Repubblica, La" del 07-11-2008)
Argomenti: Cina

Abstract: internazionalizzazione del Politecnico porta infatti in Cina: «Abbiamo già accordi con 20 università cinesi e ospitiamo 650 studenti cinesi che seguono i nostri corsi di laurea. Da quest´anno, poi, abbiamo un accordo con l´Università Tongji di Shanghai. Da settembre 20 nostri studenti sono là e l´anno prossimo a studiare con loro a Torino ci saranno 80 giovani cinesi»,

"servono regole severe sulla qualità il castelmagno non è tutto uguale" - davide banfo ( da "Repubblica, La" del 07-11-2008)
Argomenti: Cina

Abstract: Sono 1500 ettari di prati all´interno di un enclave italiana in territorio svizzero. Per quel pezzo di terra nei secoli ci sono state stragi ed invasioni. Oggi è rimasto solo un formaggio straordinario che in Cina, per fortuna, non potranno mai clonare».

dal parrucchiere al ristoratore "così affrontiamo la recessione" - claudia brunetto isabella napoli ( da "Repubblica, La" del 07-11-2008)
Argomenti: Cina

Abstract: «Il cinema resiste - dice Tonino Di Patti, proprietario del cine-teatro Metropolitan di viale Strasburgo - perché dipende molto dal tipo di film. Il teatro, invece, e lo spettacolo di intrattenimento in genere è diventato un lusso per la nostra utenza. Così quest´anno abbiamo fatto un solo turno di spettacoli e non due.

L'AMERICA E IL MONDO ( da "Avvenire" del 07-11-2008)
Argomenti: Cina

Abstract: accompagnandosi una sempre maggiore influenza di tipo politico da parte della Cina. Obama per l'Africa è un'icona. Lì dove il presidente eletto ha la sue radici ci si attende un impegno sempre maggiore dell'America sia sul fronte degli investimenti che su quello degli aiuti e di politiche di sviluppo sostenibili. È stato Mandela a indicare a Obama grandi obiettivi ai quali non può sottrarsi,

<Turismo e trapianti, iniquo business> ( da "Avvenire" del 07-11-2008)
Argomenti: Cina

Abstract: In Cina e Pakistan il fenomeno sta decrescendo perché stanno adottando maggiori controlli». È di ieri la notizia dal Kosovo di tre arresti per trapianti illegali, due dei quali medici, in un'inchiesta che vede coinvolti due stranieri, un israeliano e un donatore turco.

L'Europa si prepara oggi al G20 di Washington Attese proposte concrete ( da "Avvenire" del 07-11-2008)
Argomenti: Cina

Abstract: che riunirà i più importanti paesi emergenti come Cina, India, Brasile, Corea del Sud e Sud Africa, assieme alle grandi nazioni industrializzate, viene visto come l'avvio di un processo di revisione dell'architettura finanziaria globale. Il premier italiano Berlusconi, che ieri ha incontrato il presidente russo Dmitri Medvedev e il primo ministro Vladimir Putin,

L'economia mondiale ( da "Avvenire" del 07-11-2008)
Argomenti: Cina

Abstract: 6) -0,6% (-0,4) -0,7% (-0,5) -1,3% (-1,2) 2008 2009 +3,7% (-0,2) +1,4% (-0,1) +0,5% (-0,2) +2,2% (-0,8) -0,7% (-0,8) -0,2% (-0,7) MONDO Usa Giappone ECONOMIE AVANZATE Russia Cina India +1,4% (-0,1) -0,3% (-0,8) +6,8% (-0,2) +9,7% (-0,1) +7,8% (-0,1) +3,5% (-2,0) +8,5% (-0,8) +6,3% (-0,6) ANSA-CENTIMETRI

polemiche tra i visitatori per una svastica fiorita - marina paglieri ( da "Repubblica, La" del 07-11-2008)
Argomenti: Cina

Abstract: Cina, Brasile e Giappone. Si apre con «Constellations», undici opere di grandi dimensioni e di taglio museale, poste all´ingresso del padiglione che ospita la fiera. Tra queste Object of desire (selling Cuba) di Tania Bruguera, performance provocazione con nove agenti immobiliari sedute alla scrivania che vendono,

l'anima delle fabbriche nei clic d'artisti per la gd - francesca parisini ( da "Repubblica, La" del 07-11-2008)
Argomenti: Cina

Abstract: dalla Cina all´Europa, tutti ritratti ed interpretati dalla macchina fotografica di 18 professionisti: Gabriele Basilico, capofila della fotografia industriale in Italia, ha raccontato la Manifattura Tabacchi di Bologna, Dayanita Singh s´è occupato dell´India, Anthony Goicolea degli Usa, Tobias Zielony della Germania,

"un'illusione il petrolio a 60 dollari il costo del barile riprenderà la corsa" - maurizio ricci ( da "Repubblica, La" del 07-11-2008)
Argomenti: Cina

Abstract: il petrolio a 60 dollari il costo del barile riprenderà la corsa" A trainare la domanda globale saranno sempre Cina, India e Medio Oriente MAURIZIO RICCI ROMA - Il petrolio a 60 dollari al barile (la quotazione di ieri a New York) è una sorta di illusione ottica, al massimo una pausa di respiro di breve durata. Il prezzo del greggio è destinato a schizzare di nuovo verso l´alto.

Per la Sinistra, debutta l'associazione ( da "AprileOnline.info" del 07-11-2008)
Argomenti: Cina

Abstract: Giorgio Parisi, Simonetta Salacone, Marcello Cini, Wilma Labate, Luciano Gallino, Margherita Hack, Mario Tronti, Elisabetta Piccolotti, Nichi Vendola, Claudio Fava, Umberto Guidoni, Paolo Cento, Loredana De Petris) per lanciare una nuova associazione dal nome altrettanto ambizioso: "Per la sinistra".

La mano di Obama sul futuro d'Africa ( da "Finanza e Mercati" del 08-11-2008)
Argomenti: Cina

Abstract: Né tantomeno è pensabile che la Cina sieda a un tavolo congiunto con le potenze occidentali o intervenga esplicitamente nella crisi, visti i precedenti come il Darfur che hanno visto l'establishment cinese non esporsi mai e anzi prendere le distanze da prese di posizione che violino la sovranità di un Paese e del suo governo.

i diritti civili e il modello ultraliberista - mikhail gorbaciov ( da "Repubblica, La" del 08-11-2008)
Argomenti: Cina

Abstract: ma anche altri (Cina, India, Brasile, Sudafrica e Messico). Quali principi verranno messi alla base di questo sistema è un fatto fondamentale, anche dal punto di vista dei diritti umani. Credo che l´esito finale dipenderà da quanto democratica sarà la fase iniziale, se saprà tener conto degli interessi della comunità internazionale.

allarme della comunità cinese "bersagliati da scippi e rapine" - jessica schillaci ( da "Repubblica, La" del 08-11-2008)
Argomenti: Cina

Abstract: Tanta rabbia è dovuta a un fatto culturale: in Cina solo per il semplice furto si va in galera. Ecco perché i cinesi di Palermo sono così determinati, soprattutto quando a subire le ingiustizie sono gli innocenti. «Una sera quando avevo finito di lavorare e stavo andando a casa ? racconta Jin YeMin, che abita in via Garibaldi con il marito e un bambino,

sen: "è un cittadino globale risani l'economia usa per il bene di tutto il mondo" ( da "Repubblica, La" del 08-11-2008)
Argomenti: Cina

Abstract: la Cina, il Giappone, l´India, il Brasile. E deve considerare anche quei Paesi che hanno meno potere, meno persino delle nuove nazioni emergenti dotate di forti economie, come appunto la Cina, l´India e il Brasile, ma che subiranno le conseguenze della crisi attuale, e penso in particolare all´Africa, che richiederà un´attenzione tutta speciale»

un passo avanti per i diritti umani - wei jingsheng ( da "Repubblica, La" del 08-11-2008)
Argomenti: Cina

Abstract: e il principale creditore degli Usa nel mondo è la Cina. Partendo dalla riduzione del debito con Pechino, Obama saprà sanare la crisi finanziaria e allo stesso tempo rendere più distesi i rapporti con la Cina. Da questo miglioramento generale scaturirà anche un avanzamento nella situazione dei diritti umani.

gli industriali europei fanno muro "il taglio di emissioni dove costa meno" - giampiero martinotti ( da "Repubblica, La" del 08-11-2008)
Argomenti: Cina

Abstract: accordo internazionale anche con Cina, India e Stati Uniti», ha detto Emma Marcegaglia, presidente della Confindustria, al termine della riunione di Business Europe, l´organizzazione che riunisce gli imprenditori dell´Ue. «Le industrie europee dovranno già fare entro il 2020 ingenti investimenti per rilevare la sfida tecnologica che pone l´obiettivo di riduzione delle emissioni»

Marino: Le regole ci sono Non spaventate i donatori ( da "Unita, L'" del 08-11-2008)
Argomenti: Cina

Abstract: Nel 2007 le donazioni sono leggermente calate, nel primi mesi del 2008 si stanno riprendendo. «Io credo che il dibattito etico debba essere rivolto al commercio degli organi o a quello che sta avvenendo in alcuni paesi come la Cina». CRISTIANA PULCINELLI

Lotta allo smog, la Cina si smarca: <I Paesi ricchi facciano la loro parte> ( da "Avvenire" del 08-11-2008)
Argomenti: Cina

Abstract: la Cina si smarca: «I Paesi ricchi facciano la loro parte» DA PECHINO I Paesi ricchi «devono assumersi le loro responsabilità» nella lotta al surriscaldamento del pianeta, «tra cui quella di cambiare il loro insostenibile stile di vita». Lo ha detto il primo ministro cinese Wen Jiabao aprendo a Pechino una Conferenza internazionale sul cambiamento del clima.

I cocci dei <Cristalli> salvati dai cattolici ( da "Avvenire" del 08-11-2008)
Argomenti: Cina

Abstract: in Australia e in Cina. Un esodo biblico: tra quella notte e lo scoppio della guerra nel 1939 furono oltre 250 mila le persone che lasciarono le proprie case in Germania e Austria. Ma non si possono ignorare, spiega Gilbert, quanti accolsero i rifugiati e cercarono in tutti i modi di salvarli: «Se il numero di queste persone generose fu scarso,

truppe usa dall'iraq in afghanistan e scoppia un caso con la polonia sullo scudo - alberto flores d'arcais ( da "Repubblica, La" del 09-11-2008)
Argomenti: Cina

Abstract: sforzo internazionale» e alle capacità diplomatiche dei paesi del 5+1 (Stati Uniti, Cina, Russia, Gran Bretagna, Francia e Germania). Ieri Obama ha parlato al telefono con il presidente cinese Hu Jintao e con quello russo Medvedev che incontrerà nel corso del prossimo G20. Una smentita è invece arrivata sul fronte dello scudo antimissile.

"la cattiva politica fa solo danni il governo resti fuori dalle banche" - roberto rho ( da "Repubblica, La" del 09-11-2008)
Argomenti: Cina

Abstract: La Cina, che al contrario degli Usa ha un surplus di bilancio e controlla circa un trilione di dollari del debito pubblico americano, ha appena il 3,7%, l´India l´1,9%. Si può risolvere una crisi planetaria escludendo dal tavolo le economie emergenti?

la svolta lenta - (segue dalla prima pagina) ( da "Repubblica, La" del 09-11-2008)
Argomenti: Cina

Abstract: India alla Cina, dall´Iran alla Russia. In caso opposto la transfrontaliera questione pasthun, divenuta pedina del nuovo Great Game in Asia Centrale, è destinata a ipotecare qualsiasi prospettiva di stabilizzazione a Kabul. Fronte, quello afgano, condizionato dalla possibilità di ridislocare ai piedi dell´Hindu Kush parte delle truppe oggi in Iraq.

aspettando godot a bretton woods - (segue dalla prima pagina) ( da "Repubblica, La" del 09-11-2008)
Argomenti: Cina

Abstract: Sul piatto della bilancia vanno messe anche l´Europa e la Cina, la Russia, l´India. Lasciamo da parte questi ultimi tre paesi e soprattutto la Russia che naviga in acque assai brutte e fa anche il cipiglio all´Occidente. E vediamo qual è in Europa lo stato dell´arte. Lo stato dell´arte, cioè della politica economica europea, è pessimo.

la crisi e i paesi poveri - kofi annan, michel camdessus e robert rubin ( da "Repubblica, La" del 09-11-2008)
Argomenti: Cina

Abstract: la Cina, l´India, l´Arabia Saudita, il Sud Africa ed altri paesi: anche le nazioni più povere devono poter dire la loro al tavolo dei negoziati. Il Fmi deve assumere un ruolo centrale nel monitoraggio dei mercati globali e nella risposta alle situazioni di crisi, nonché essere reso più rappresentativo e partecipativo.

il revival del megafono voce delle parole ribelli - filippo ceccarelli ( da "Repubblica, La" del 09-11-2008)
Argomenti: Cina

Abstract: della Cina e della Cia, della provocazione e in fondo anche della speranza. «Voi siete il megafono del Papa», disse un giorno Karol Wojtyla ai giornalisti della Radio Vaticana; «Rutelli è un megafono che gracchia», accusò un´altra volta Sandro Bondi per replicare all´allora leader del centrosinistra.

l'ultimo assalto in fiera alla festa delle due ruote - franco vanni ( da "Repubblica, La" del 09-11-2008)
Argomenti: Cina

Abstract: La Cina al Salone del ciclo e motociclo è nascosta. Un solo espositore nazionale: sei produttori accalcati in una struttura in laminato. La Foton International propone uno scooter elettrico a 360 euro. La gente si ferma, legge il prezzo e non ci crede: «Ma davvero?

"belle arti", ecco i gioielli degli anni quaranta - a cura di cecilia cirinei ( da "Repubblica, La" del 09-11-2008)
Argomenti: Cina

Abstract: Sono centoventi i gazebo bianchi, tutti uguali, fatti arrivare appositamente dalla Cina dal suo organizzatore Mario Testa, lo stesso dello storico mercatino di Piazza Verdi. «Questo mercatino è stata una scommessa ben riuscita - racconta Mario Testa - volevamo trovare un posto più centrale e di passaggio e ci siamo riusciti.

cacciatori di dote e shopping sessuale - natalia aspesi ( da "Repubblica, La" del 09-11-2008)
Argomenti: Cina

Abstract: Se si ricordano altri cine-gigolò o la loro aristocrazia, i cacciatori di dote, vengono in mente solo stupendi seduttori: Montgomery Clift (L´ereditiera), Warren Beatty (La primavera romana della signora Stone), Paul Newman (La dolce ala della giovinezza), David Bowie (Gigolò).

federer si arrabbia "non sono un n.2" ( da "Repubblica, La" del 09-11-2008)
Argomenti: Cina

Abstract: Oggi il via al Masters maschile di Shanghai (ultima volta in Cina), ultimo appuntamento del tennis (due match: Djokovic-Del Potro e Davydenko-Tsonga). Ma hanno sorpreso le parole della vigilia di Roger Federer: «Numero due del mondo? Suona male, non mi piace per niente. Io sono un numero uno, o un vincitore di tornei dello Slam.

G20 in Brasile: i Paesi emergenti chiedono un posto tra i Grandi ( da "Unita, L'" del 09-11-2008)
Argomenti: Cina

Abstract: India e Cina), se il mondo potrà continuare a crescere anche l'anno prossimo. Lo ha appena stimato il Fondo monetario internazionale: nel 2009 i paesi avanzati saranno tutti in recessione. Per questo gli emergenti chiedono un posto stabile nelle riunioni dei «Grandi» e sicuramente faranno sentire la loro voce nel prossimo fine settimana a Washington.

Parte una settimana di fuoco per Barack Obama ( da "AmericaOggi Online" del 09-11-2008)
Argomenti: Cina

Abstract: Sempre ieri, riferisce l'agenzia Nuova Cina, il presidente eletto Usa ha avuto una conversazione telefonica con il presidente cinese Hu Jintao, al centro del colloquio la crisi finanziaria: Hu ha detto che Cina e Stati Uniti devono "tener conto delle loro rispettive preoccupazioni".


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E General Electric va a far shopping di aerei in Cina (sezione: Cina)

( da "Finanza e Mercati" del 05-11-2008)

Argomenti: Cina

E General Electric va a far shopping di aerei in Cina da Finanza&Mercati del 05-11-2008 Se i colossi dell'aviazione occidentale Boeing e Airbus, per un motivo o per l'altro, volano basso, Pechino inizia a farsi sentire anche in questo settore. Gecas, la divisione leasing di General Electric, comprerà infatti 25 Arj21-700 (velivoli regionali da 70 posti) prodotti dalla Commercial Aircraft Corp of China. La commessa, del valore di oltre 700 milioni di dollari, è la prima che il produttore cinese conquista al di fuori della Grande Muraglia.

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Quel lusso italiano a misura di stilista (sezione: Cina)

( da "Finanza e Mercati" del 05-11-2008)

Argomenti: Cina

Quel lusso italiano a misura di stilista da Finanza&Mercati del 05-11-2008 LUCA TESTONI Per comprendere il futuro del lusso italiano, in questo caso, occorre partire dalla fine. Ovvero, dalle conclusioni del libro di Carlo Pambianco (I signori dello stile, edizioni Sperling & Kupfer), dedicato al fenomeno della moda made in Italy, «dai tempi in cui via Montenapoleone era ancora una strada riservate alle botteghe alimentari» fino alla situazione attuale. Un'analisi di quasi mezzo secolo vissuto da protagonista, e raccontato da un professionista che è stato il primo consulente del settore e, tuttora (con l'omonima azienda Pambianco Strategie d'impresa) resta punto di riferimento della moda nazionale. Un viaggio che si conclude con un ipotetico balzo nel futuro, tentato, appunto, nelle conclusioni del libro: «Fra vent'anni - scrive Pambianco - mi immagino di osservare una grande strada della moda. Da un lato, ci saranno i grandi brand ... Quel lato della strada sarà occupato da quattro o cinque enormi edifici di lusso, a molteplici piani... Dall'altro lato della strada ci saranno edifici meno appariscenti. Avranno una dimensione tutto sommato contenuta, ma saranno costruiti e ricostruiti con maggiore frequenza, dunque abbelliti e ridisegnati secondo gli ultimi gusti e desideri di vivibilità. Soprattutto, accando a questi, e alle loro spalle, si apriranno piazzette circolari. E all'interno di esse sarà possibile accedere, e lasciarsi trasportare da una serie affascinante di scintillanti boutique tutte diverse, uniche, originali, capaci di cambiare vetrina giorno dopo giorno. Ognuna specializzata nel progettare e fare soltanto uno della sterminata quantità di oggetti di lusso che stanno nei diversi piani dei palazzoni della strada». Con questa metafora finale, Pambianco disegna la dicotomia che il lusso vive da almeno un decennio: quella tra le grandi dimensioni necessarie a competere sui mercati internazionali, e le dimensioni proprie dell'artigianato made in Italy, quello stesso artigianato che continua a garantire qualità e, soprattutto, creatività. Già, perché il percorso di crescita e di successo del lusso italiano, nella tesi del libro, resta comunque ancorato a una doppia specifica caratteristica: «1) L'esistenza di un dinamico e diversificato apparato manifatturiero che ha sostenuto e fortemente contribuito al successo del sistema; 2) l'arrivo nel mercato degli stilisti che hano nobilitato il prodotto e lo hanno posto al centro del tavolo». L'analisi del libro corre dunque sul filo conduttore degli stilisti, capaci di «rivoluzionare» quel sistema dominato da industriali in stile Pietro Marzotto («Io passo la mia giornata - raccontava a Pambianco l'imprenditore veneto - tra i miei stabilimenti, allo scopo di aumentare la produzione, e non ho tempo per pensare al mercato»), quando ai tempi di Carosello i primi spot erano roba del tipo: «Ho un debole per l'uomo in Lebole», o quando la Facis (Fabbrica abbigliamento confezioni in serie) del gruppo Gft proponeva ben 120 taglie diverse per vestito. In questo scenario «in cui la moda viaggiava nei sedili posteriori delle auto dei rappresentanti», Pambianco racconta l'avvento degli stilisti. Un passo cruciale nella «rivoluzione e successo della moda italiana nel mondo» (come recita il sottotitolo del libro). Dai primi passi («quando Nino Cerruti presentava Giorgio Armani chiamandolo: ecco il mio stilista»), all'esplosione di tutti quei brand che, proprio sulla scia di Armani, imboccarono strategie capaci di creare un'impresa attorno a un nome. Così, tra aneddoti dietro-lequinte, documenti statistici e analisi dei fenomeni aziendali e strategici, Pambianco arriva a spiegare lo scontro stilisti-industrie, la battaglia delle licenze, la creazione delle griffe, il fenomeno delle fashion victims, le M&A, le Ipo e via raccontando. Fino al boom «di quei favolosi anni Novanta», e alla successiva crisi di sistema. Una crisi, quella scoppiata l'11 settembre 2001, che Pambianco racconta in prima persona, da una deserta sala d'attesa di Malpensa il 16 settembre 2001 in attesa di un volo per New York. L'attentato «non fu la causa della crisi che il sistema avrebbe vissuto negli anni successivi. Fu semplicemente l'ago con cui venne fatta scoppiare la bolla». La moda, insomma, come altri comparti, aveva in sé i suoi fattori di crisi. Che portarono in quegli anni a clamorosi fallimenti, a disperati salvataggi e, in generale, a profonde ristrutturazioni. Dopo le quali, oggi, il settore pare uscito rafforzato e pronto ad affrontare nuove importanti sfide. Riuscirà, si chiede Pambianco, la moda italiana a mantenere la leadership, di fronte alla sfida con Paesi come Francia, Usa e Cina, e ad adeguarsi alle eleggi della grande comunicazione e grande distribuzione internazionale? La vera domanda, in fondo, riguarda il ruolo dello stilista: diventerà un semplice «strumento produttivo al servizio dell'azienda» (secondo le tesi dell'ad di Gucci Group Robert Polet) o è «l'industria che deve restare al servizio della creatività» (secondo la convinzione, opposta, di Sidney Toledano, ad di Dior). Per avere una risposta, bisogna tornare alle conclusioni del libro, alla metafora di quelle stradine e piazzette (l'Italia) «dove ci saranno maestri e giovani apprendisti». Che da quelle piazzette, spinti dagli applausi e dal favore del pubblico, arriveranno «alla guida di un qualche piano degli enormi edifici della parte opposta della strada». Quegli apprendisti «saranno chiamati stilisti ... e non cesseranno mai di tenere d'occhio l'atmosfera di quelle molteplici piazzette della creatività da cui provengono». Insomma, è vero: per i piccoli artisti della moda italiana c'è il rischio di venir conquistati. Ma questo non deve spaventare. «I grandi gruppi della moda - conclude Pambianco - cercheranno di conquistarci. Comprarci. Integrarci. Salvo, alla fine, doverci seguire».

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Si restringe lo spread tra Btp e Bund (sezione: Cina)

( da "Finanza e Mercati" del 05-11-2008)

Argomenti: Cina

Si restringe lo spread tra Btp e Bund di Redazione del 05-11-2008 da Finanza&Mercati del 05-11-2008 [Nr. 218 pagina 3] Ritorna l'interesse sul secondario italiano, che ieri ha registrato un marcato restringimento dello spread a 10 anni con i Bund. Sia l'obbligazionario sia l'azionario, in attesa dell'esito, hanno beneficiato del clima delle elezioni Usa, godendo di una certa ventata di ottimismo. In particolare, a fare bene ai titoli di Stato, sono stai comunque soprattutto i tagli dei tassi. Dopo le manovre accomodanti di Stati Uniti, Giappone, Cina e India realizzate la settimana scorsa, la Reserve Bank of Australia ha abbassato ieri il costo del denaro di 75 punti base. Un taglio superiore alle attese, che ha portato il tasso di riferimento al 5,25%, il minimo dal marzo 2005. In Europa, il consiglio direttivo della Bce si riunirà domani per decidere sui tassi e il mercato scommette su un taglio di mezzo punto. Attesa una sforbiciata anche da parte dell'istituto centrale britannico. Il ritrovato interesse sui titoli periferici, quindi anche sul secondario italiano, insieme a un buon appetito di rischio alimentato dalla tonicità delle borse, ha portato gli spread con i Bund ad allontanarsi dai livelli record della scorsa settimana. «Il miglioramento delle Borse - commenta un trader - dà meno slancio ai Bund, ma il clima economico resta fosco, quindi non li penalizza molto. Tuttavia i periferici fanno meglio. Sui Btp in particolare si vede il ritorno di un certo interesse da parte degli istituzionali». Nel dettaglio, lo spread di rendimento con i Bund sulla scadenza decennale ha viaggiato ieri sotto i 110 punti base stabilizzandosi in chiusura intorno ai 106 punti base. Venerdì 31 ottobre il differenziale aveva registrato il livello record di 132 punti, il nuovo massimo dall'introduzione dell'euro. Sul fronte Usa, i Treasuries americani hanno mostrato prezzi in calo sulla piazza newyorkese a causa del buon andamento delle borse, e i mercati in attesa dell'esito delle elezioni americane. Il Libor sul dollaro è calato in maniera netta e il Tesoro Usa ha annunciato che offrirà 34 miliardi di titoli a un mese e 40 miliardi di titoli a 230 giorni.

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Ferragamo fa poker a San Paolo (sezione: Cina)

( da "Finanza e Mercati" del 05-11-2008)

Argomenti: Cina

Ferragamo fa poker a San Paolo da Finanza&Mercati del 05-11-2008 Salvatore Ferragamo fa poker a San Paolo. In attesa del momento propizio per lo sbarco in Borsa, il gruppo del lusso fiorentino inaugurerà domani la quarta boutique nella città carioca. Il negozio, che segue il nuovo concept, sorgerà nell'esclusivo centro commerciale Cidade Jardim, inaugurato di recente. Ferragamo ha aperto il primo monomarca in Brasile nel 1996 presso l'Iguatemi Shopping Mall di San Paolo, cui sono seguiti il flagship store in Haddock Lobo, l'area dello shopping più esclusivo della città, e un corner dedicato presso l'aeroporto internazionale. Il gruppo fiorentino, che nel 2007 ha registrato un utile netto di 47,1 milioni di euro e un giro d'affari di 687,4 milioni, già da tempo ha accelerato la strategia di internazionalizzazione, decidendo di entrare in Paesi emergenti come India e Cina, oggi meno colpiti dalla crisi finanziaria globale. Forse anche per questo, i due giganti del lusso francese (Lvmh e Ppr) secondo indiscrezioni degli ultimi giorni sarebbero interessati a entrare nell'azienda fiorentina. C.P.

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"sindacati confederali coraggiosi hanno salvato la compagnia" - roberto petrini (sezione: Cina)

( da "Repubblica, La" del 05-11-2008)

Argomenti: Cina

Pagina 17 - Economia L´alleato La crisi Il presidente della Cai: è assolutamente falso che non rispetteremo le figure più deboli "Sindacati confederali coraggiosi hanno salvato la compagnia" Colaninno: aggiungeremo tre nuove rotte per l´Oriente L´alleanza nasce sulla base di un giudizio industriale. Dovrà farci affrontare la concorrenza e soddisfare il cliente Credo ancora nella globalizzazione, Piaggio è una multinazionale con un occhio rivolto all´Asia da lì possiamo ripartire ROBERTO PETRINI DAL NOSTRO INVIATO HANOI - Dal nuovo stabilimento della Piaggio, in un distretto industriale nei pressi di Hanoi, nato con l´obiettivo di strappare quote di mercato nel settore degli scooter a giganti come Honda e Yamaha, Roberto Colaninno guarda alle sfide future. Nonostante le ultime grane con piloti e hostess, l´operazione Alitalia è ormai in porto e il leader della Cai comincia a tracciare i primi bilanci: riconosce ai sindacati confederali di aver «salvato l´Alitalia», mentre agli autonomi non concede nulla, tanto meno la riapertura delle trattative. E già vede operativa la nuova compagnia: «Manterremmo sostanzialmente lo stesso look, rispettando naturalmente le norme europee» annuncia, mentre sulla scelta dell´alleato si limita a dire che il criterio decisivo sarà la «soddisfazione del cliente». Ingegner Colaninno, la Piaggio apre un nuovo impianto nel Far East mentre c´è la crisi internazionale e sta per cambiare l´inquilino della Casa Bianca. La sfida continua? «Direi di sì, il mondo non è finito. Ci sono nuove variabili e la vittoria di Obama potrebbe essere un fattore molto positivo per l´intero globo». Lei ormai è un giocatore globale, dall´industria meccanica ai grandi servizi di autotrasporto: si può ancora scommettere sulla globalizzazione? «Il mondo è diventato piccolo e la comunità mondiale troverà solo beneficio da una maggiore integrazione. Piaggio è diventata multinazionale con un occhio rivolto all´Oriente, con impianti in Cina, India e Vietnam: è questa la zona da dove può partire un contrattacco delle nostre aziende. In Oriente ci sono circa 3,5 miliardi di persone che producono oggi più del 50% della ricchezza mondiale. Non credo che sia una scelta, ma una valutazione naturale. Anche per Alitalia? «La nuova Alitalia aumenterà le rotte intercontinentali, in particolare quelle verso l´Oriente. Aggiungeremo tra le nuove destinazioni della compagnia di bandiera Shangai, Pechino e Seul». Allora non è vero, come sospettano in molti, che il futuro di Alitalia sarà quello di una compagnia più piccola? «Rifiuto la logica del grande o del piccolo. Quello che conta è il successo di una compagnia e la capacità di soddisfare il cliente. Anche il piano industriale può evolversi e cambiare: partendo da quello su cui si è aggregata la cordata, si dovrà seguire il mercato. Tra tre anni, quindi, è possibile che il piano non sia più lo stesso. Abbiamo creato le premesse per avviare una nuova impresa, accettando una sfida complessa». Che ostacoli sono rimasti? «Ci sono da soddisfare le regole dell´Unione Europea: questo non lo considero un ostacolo ma un aspetto etico. Poi la questione del prezzo e il negoziato con il Commissario Fantozzi. Anche in questo caso non si tratta di un ostacolo: semplicemente la domanda e l´offerta devono trovare un punto d´incontro». Un ostacolo sono tuttavia i sindacati autonomi di piloti e hostess che sono in subbuglio. «Il gruppo di industriali che rappresento ha deciso di investire su un progetto basato sull´acquisto degli asset e dei beni dell´Alitalia. Abbiamo fissato e discusso con le organizzazioni sindacali le condizioni necessarie per sviluppare questo progetto, il numero e le categorie delle persone che andremo ad assumere, le condizioni dei contratti di lavoro. C´è un momento forte di discontinuità tra la vecchia e la nuova Alitalia, che è rappresentato dal fatto che l´Alitalia oggi gestita dal Commissario Fantozzi metterà in mobilità tutti i dipendenti, la gran parte dei quali sarà poi assunta dalla nuova Alitalia. Se dunque un qualsiasi dipendente dell´Alitalia messo in mobilità volesse cambiare mestiere o società ritenendo non soddisfacenti le condizioni dei nostri contratti di assunzione, è libero di farlo. Noi non ci sentiamo responsabili del fallimento dell´Alitalia di oggi, noi ci sentiamo responsabili dell´Alitalia che andremo a gestire. Noi diciamo al mercato che abbiamo bisogno di 12.635 persone. Potremmo assumere anche un pilota Ryanair�». I sindacati autonomi lamentano tuttavia che, in fase di assunzione, verranno penalizzate alcune figure deboli, come le madri con figli disabili. «E´ assolutamente falso. Noi rispetteremo la legge». Ci sono ancora possibilità di dialogo? «No. Abbiamo terminato la trattativa». E´ rimasto amareggiato dal rapporto con i sindacati? «In realtà non ho capito l´atteggiamento degli autonomi. I sindacati confederali invece hanno dimostrato molto coraggio e le loro decisioni hanno contribuito a salvare l´Alitalia. Devo aggiungere che il contratto di lavoro non è un rogito, non è immodificabile, può evolvere sulla base del mercato e dei risultati futuri della società». Resta la questione dell´alleato, ormai la scelta, prevista per fine mese, è imminente. Alcuni dicono che la scelta di dislocare la maggior parte del personale a Fiumicino presupponga l´opzione Air France. «L´alleanza industriale nasce sulla base di un giudizio industriale. Dovrà avere un effetto positivo per l´Alitalia e per la controparte: dovrà servire per affrontare meglio la concorrenza e soddisfare di più il cliente. Il resto non conta».

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se il trucco è troppo "pesante" - sarah martinenghi (sezione: Cina)

( da "Repubblica, La" del 05-11-2008)

Argomenti: Cina

Pagina III - Torino L´inchiesta Una fan di Guariniello fa partire l´indagine sui cosmetici cinesi contenenti cromo e nichel Se il trucco è troppo "pesante" SARAH MARTINENGHI A dare il via all´inchiesta sugli ombretti con il «trucco», è stata una signora torinese, una fan di Guariniello, a cui è caduto l´occhio sul prezzo davvero conveniente di alcuni prodotti di bellezza venduti in profumeria: da uno a tre euro per portarsi via cosmetici e polveri per colorare guance e palpebre. «Troppo poco» ha pensato la donna, visto che in genere possono costare anche dieci volte tanto. La signora, insospettita, alla fine non ha comprato il trucco, ma ha preso carta e penna e ha scritto al suo pm preferito, invitandolo a chiarire il perché di un costo così basso. E il procuratore aggiunto Raffaele Guariniello l´ha subito esaudita: ha mandato i carabinieri del Nas in tutte le catene di profumerie per fare incetta di trousse, fard ed ombretti, svelando così il «trucco» di un prezzo da concorrenza sleale. I prodotti arrivano infatti dalla Cina, e contengono tra i bagliori luccicanti anche nichel e cromo: metalli troppo pesanti anche per le donne che con il trucco non ci vanno leggere. Si tratta di sostanze vietatissime per legge, perché possono creare allergie e dermatiti. Ad aggravare il tutto poi è stata la scoperta che tra gli ombretti sequestrati ce n´erano anche di quelli per bambine, che per giocare a fare le grandi rischiavano di sviluppare gonfiori e rossori nella zona sensibile intorno agli occhi. Ora, grazie all´occhio attento della fan di Guariniello, la procura iscriverà nel registro degli indagati la ditta tedesca che ha messo in commercio gli ombretti cinesi: l´accusa di violazione della legge sui cosmetici è punita con il carcere da uno a cinque anni.

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pizzo, negozianti e boss a giudizio - salvo palazzolo (sezione: Cina)

( da "Repubblica, La" del 05-11-2008)

Argomenti: Cina

Pagina VIII - Palermo Pizzo, negozianti e boss a giudizio In 51 scelgono l´abbreviato. Dodici commercianti patteggiano Sotto processo con i Lo Piccolo anche il titolare di una catena di supermercati SALVO PALAZZOLO Ancora una volta, sul banco degli imputati ci saranno mafiosi e commercianti che hanno preferito finire indagati piuttosto che denunciare il racket. Questo è il bilancio dell´udienza preliminare "Addiopizzo": fra i sedici rinviati a giudizio ci sono i boss di Tommaso Natale Salvatore e Sandro Lo Piccolo, ma anche Maurizio Buscemi (pub Bocachica) e Salvatore Catalano (Movi. ter). Fra i 51 che hanno chiesto il rito abbreviato figurano, fra gli altri, i boss Andrea Adamo, Calogero Lo Piccolo, i collaboratori di giustizia Antonino Nuccio e Gaspare Pulizzi, ma anche sette commercianti: Aldo e Carlo Alberto Adile (amministratori, rispettivamente, di Interlinea e di Adile salotti), Vincenzo Cintura (ditta edile Cintura junior), Salvatore Genovese (Genovese service srl), Giuseppe Giammona (Giauto), Giampiero Specchiarello (Gia. spe costruzioni) e Gaspare Messina (il gestore dello Scalea club risponde di falsa testimonianza per aver ritrattato la sua denuncia durante l´incidente probatorio). Altri dodici commercianti hanno chiesto di patteggiare la pena. Sono: Salvatore Balsano (ristorante Lo scrigno dei sapori), Antonio Billeci (Il Delfino ristorazione), Giuseppe Consolo e Giovanni Profeta (ristorante Temptation), Rosario Correnti e Raimondo Inserra (Villa Boscogrande), Vincenzo Favaloro (ristorante Alla corte dei normanni), Umberto Prestigiacomo (pub Any Way), Salvatore Taormina (ingrosso carni), Domenico e Daniele Terzo (carrozzeria Firenze), Giulio Vassallo (Bar Gardenia). In aula, davanti al gup Vittorio Anania, i pubblici ministeri Domenico Gozzo, Marcello Viola, Gaetano Paci, Annamaria Picozzi e Francesco Del Bene hanno ricostruito l´ascesa dei Lo Piccolo, fino al giorno del loro arresto, il 5 novembre 2007. Nel covo dei padrini c´erano un migliaio di pizzini, con la contabilità del racket. Le dichiarazioni di cinque pentiti hanno svelato molti dei codici utilizzati dai padrini. Ma non è bastato: solo 18 hanno ammesso di aver pagato, tutti gli altri hanno negato. E sono finiti sul banco degli imputati. L´elenco dei boss che fanno compagnia alle vittime del pizzo rimaste in silenzio è lungo. Nella lista ci sono i capi, padre e figlio Lo Piccolo. Poi, i quadri dirigenti della nuova organizzazione che aveva preso il controllo della città: Michele Catalano (reggente dello Zen), Giovan Battista Giacalone (titolare di una catena di supermercati, accusato di essere reggente di San Lorenzo), Andre Gioè (reggente di Tommaso Natale e Sferracavallo), Salvatore Genova (reggente del mandamento di Resuttana), Ferdinando Gallina (reggente della famiglia di Carini), Antonio Mancuso (reggente di Partanna Mondello), Massimo Giuseppe Troia (altro reggente di San Lorenzo). Ci sono poi gli insospettabili favoreggiatori: Gerardo Parisi era ufficialmente l´autista del presidente della Gesip, in realtà era uno dei favoreggiatori più fidati dei Lo Piccolo, sempre pronto a reperire un covo sicuro per i latitanti. Alcuni imprenditori sono accusati di associazione mafiosa, per aver messo a disposizione dei Lo Piccolo le loro aziende: Pietro Alamia, Giovanni Botta, Pietro Cinà, Francesco Palumeri e Sebastiano Vinciguerra. Seguono i picciotti addetti alla raccolta del pizzo: Antonio Ciminello, Tommaso Contino, Antonio Cumbo, Gaetano Fontana, Salvatore Liga, Fabio Micalizzi, Vincenzo Graziano. Il processo, fondato sulle indagini della sezione Criminalità organizzata della squadra mobile, fa luce su mandanti ed esecutori di 42 estorsioni e 7 tentate estorsioni. Il caso più eclatante resta quello di Rodolfo Guajana, a cui fu bruciata la fabbrica, tre mesi prima dell´arresto dei padrini di Tommaso Natale.

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street-art di daze all'entropyart fra spray e graffiti (sezione: Cina)

( da "Repubblica, La" del 05-11-2008)

Argomenti: Cina

Pagina XIII - Napoli Street-art di Daze all´Entropyart fra spray e graffiti Tra le opere in mostra per il debutto partenopeo c´è "Blue Monday" con i colori del Napoli Calcio Le dive del soul, i boss delle corporation, la strada, i volti delle donne: "South Bronx to Naples". Daze esibisce per la prima volta a Napoli la sua street-art, da stasera nelle sale della Entropyart Gallery di via San Pasquale 53 (infoline 081 409 456). L´artista americano nato come Chris Ellis espone dieci opere in puro linguaggio graffiti: tele realizzate con le bombolette spray nell´arco di quasi trent´anni d´attività. Tra queste, anche lavori creati apposta per il debutto napoletano, che avviene per intercessione di Polo (alias di Alberto Cretara) graffitista anch´egli - nonché fondatore della sigla Ktm - prima ancora che rapper con il collettivo La Famiglia. Ricordando i ripetuti incontri con Basquiat, «specie all´inizio degli anni Ottanta, nel periodo in cui lavorava come un matto e ha compiuto gran parte della sua opera», Ellis spiega i suoi esordi: «Ho iniziato dipingendo i treni della metropolitana di New York nel 1977 e ho capito che il trasporto pubblico avrebbe portato a tutti la mia comunicativa artistica. Quelle erano paragonabili quasi a mostre itineranti. Poi sono passato negli studi e nelle gallerie». A Napoli, Daze ha portato ritratti, collage e idee astratte, eredità della sua infanzia ma anche dell´attuale situazione politica e sociale americana. «Quand´ero ragazzino e da casa mia andavo verso Brooklyn e Coney Island - racconta - alla radio ascoltavo sempre le canzoni targate Motown. Sono cresciuto con le hit di James Brown e Stevie Wonder, che mi hanno ispirato tanto prima che conoscessi il rap. Ecco perché rendo omaggio a quel genere musicale celebrando con i colori il canto di "Martha Reeves and the Vandellas". Accanto a loro ci sono una serie di appunti visivi tratti dai miei "Sketchbook", per esempio il XIII, il XV, il XVII e il XX. Poi "Seduction", "Don´t Believe the Truth" e "Hypnotic". C´è pure "Blue Monday", che casualmente cita il bianco e l´azzurro del Calcio Napoli. Quindi "The Big Bosses", che racchiude un doppio significato. Denuncia sia l´atteggiamento dei gangster mafiosi che quello dei manager delle corporation economiche, dall´Italia agli Usa alla Cina, perché loro gestiscono in maniera spietata il domani dei giovani». Daze infine commenta la legge italiana che punisce chi viene beccato a creare graffiti in strada: «So che la situazione è delicata perché ci sono tanti monumenti che vanno difesi da chi imbratta; ovviamente non alludo ai writer. Ma è complicato contenere l´energia artistica. Credo che chi vuol fare un graffito troverà sempre e comunque lo spazio che gli serve». (gianni valentino)

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teatro, video, incontri la cina è più vicina (sezione: Cina)

( da "Repubblica, La" del 05-11-2008)

Argomenti: Cina

Pagina XIII - Firenze Affratellamento Palazzo Pitti Teatro, video, incontri la Cina è più vicina L´organo della Palatina ritrova la sua voce

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uno sguardo sul mondo per combattere il razzismo - vassily sortino (sezione: Cina)

( da "Repubblica, La" del 05-11-2008)

Argomenti: Cina

Pagina XVIII - Palermo Uno sguardo sul mondo per combattere il razzismo Santa Eulalia Al Cervantes un ciclo di documentari sull´America latina Rifondazione propone il film "Jalla!Jalla!" VASSILY SORTINO Cinema come punto di osservazione su un mondo plurale. Come luce per offrire uno sguardo verso popoli lontani. Come testimonianza di un´epoca. Come strumento di lotta contro il razzismo. Visi, occhi, colori della pelle, tradizioni, mode e contraddizioni di un pianeta troppo grande per essere raccontato in pieno dalle telecamere, ma il cui risultato finale può diventare parte integrante della memoria collettiva. Anche attraverso i pochi frame di una sequenza di immagini che magari faranno la storia. Questo vogliono essere i film e i documentari proiettati oggi nelle tre rassegne in corso in città. L´appuntamento più importante è alle 18,30 all´Instituto Cervantes, nella chiesa di Santa Eulalia dei Catalani in via Argenteria Nuova alla Vucciria, dove AgustÍn Funari, presidente dell´associazione Prodocumentales cine y tv inaugurerà la "Muestra de documentales de America Latina". Venti documentari in lingua originale, per raccontare il Sudamerica. Una monitorizzazione di quel continente che lo statista Henry Kissinger volgarmente definiva «giardino di casa degli Usa» e che oggi vive fermenti che l´hanno reso quasi completamente indipendente dall´influenza Usa. Quattro le proiezioni di oggi. Si comincia con "Treinta y seis", dove in 27 minuti vengono riportati i passi che portarono nel 2006 alla nascita dell´assemblea costituente in Bolivia. Si continua con "La Sombra de Don Roberto", riduzione di un telefilm che documenta la storia cilena degli ultimi 50 anni. Sfiora le atmosfere di "Buena vista social club" il terzo documentario, "Sinfonia en sol menor", dove è spiegata l´ascesa del movimento sinfonico nazionale cubano, durante la crisi economica degli anni Novanta, quando molti musicisti preferirono fuggire all´estero. La forza dirompente della radio, media democratico per eccellenza, è esposta in "Radio chiquimula", storia dell´emittente del Guatemala nota per il carattere sociale e comunitario. «Con le rassegne degli ultimi anni - dice Belen Fiallos, responsabile delle attività culturali del Cervantes - abbiamo raccontato la Spagna attraverso i suoi registi più noti. Oggi ci apriamo alla realtà sudamericana, che è parte integrante della nostra cultura». Nelle prossime settimane i temi trattati saranno la crisi dei valori e il razzismo. Tema, quest´ultimo, sfiorato in modo ironico in "Jalla! Jalla!", commedia degli equivoci con protagonista una famiglia di libanesi trasferitasi in Svezia, proiettato alle 21,30 al circolo di Rifondazione comunista di piazzetta Resuttano. Continua intanto al Goethe institut ai Cantieri culturali alla Zisa alle 18,30 l´omaggio a Helmut Kautner, regista di "Die letze brucke", pellicola in lingua originale che narra il dramma di un giovane medico tedesco durante la seconda guerra mondiale impegnato, in nome del giuramento di Ippocrate, a curare i partigiani jugoslavi rimasti feriti. Le tre rassegne sono a ingresso libero.

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crolla il "baltic index", commercio fermo - maurizio ricci (sezione: Cina)

( da "Repubblica, La" del 05-11-2008)

Argomenti: Cina

Pagina 29 - Economia Crolla il "Baltic Index", commercio fermo Le navi restano nei porti, il barometro dell´economia mondiale segna tempesta Non saranno i paesi emergenti come la Cina a salvare lo sviluppo globale MAURIZIO RICCI L´intera economia mondiale sta cadendo a candela e la tempesta coinvolge anche la Cina, a conferma che, se l´occidente industrializzato si ferma, non saranno i paesi emergenti a tenere a galla lo sviluppo globale. Tutto questo i dati ancora non lo dicono, ma lo si annusa dagli indicatori che guardano al futuro, come quelli sulla fiducia sui consumatori o sugli ordinativi delle aziende. Il segnale d´allarme più recente viene dal Baltic Dry Index, che misura, ogni giorno, i costi del trasporto via mare di prodotti di base come minerali di ferro, cemento e granaglie e viene considerato un buon termometro dello stato e delle prospettive immediate del commercio mondiale. Nello scorso maggio, quando c´era il boom delle materie prime, l´inflazione saliva e si temeva un surriscaldamento delle economie, l´indice aveva raggiunto il suo picco storico a 11,793. Nel giro di cinque mesi è crollato del 95 per cento. Ieri, colpito contemporaneamente dal calo della domanda e dalla stretta sul credito, era affondato, infatti, a 815, il livello più basso degli ultimi dieci anni. Vuol dire che i porti sono ormai intasati da navi vuote, in attesa di un carico che non arriverà. Ma anche che chi viaggia, rischia di farlo in perdita: spedire un carico su una nave da 100 mila tonnellate attraverso l´oceano costava oltre 230 mila dollari al giorno, all´inizio di giugno. La settimana scorsa, bastavano poco più di 11 mila dollari. Nonostante il nome esotico, il Baltic Dry Index non ha niente a che vedere né con i profumi, né con la vodka. E neanche con il Baltico. Viene calcolato a Londra, dove cominciarono ad utilizzarlo, nella City, a metà del ´700, quando il grosso del traffico via mare riguardava il caffè. Per misurarlo, si parte dalla risposta di un ventaglio mondiale di operatori alla domanda su quanto costa spedire carichi di varia natura su una cinquantina di rotte diverse: ad esempio, 100 mila tonnellate di ferro dal Brasile alla Cina, o 50 mila di soia da San Francisco ad Hong Kong. La domanda riguarda carichi "asciutti" e "indifferenziati". Questo significa che non ci sono carichi liquidi, come il petrolio. Ma anche che non ci sono prodotti finiti, abitualmente spediti via container. E qui è l´utilità dell´indice, secondo gli economisti: proprio perché non ci sono prodotti finiti, ma semilavorati e materie prime (come ferro e acciaio) il Baltic Dry Index viene definito un "indice precursore" perché misura l´attività alla radice della catena produttiva. Il resto (cioè la paralisi dei prodotti finiti) non potrà che seguire. In questo senso, l´indice consente oggi anche di avere un´idea, in tempo reale, dell´attività economica di un motore fondamentale, come la Cina. Il picco storico del maggio scorso era stato trainato dalla sete di materie prime dell´industria cinese, impegnata in un boom di esportazioni. Il crollo attuale è, probabilmente, il risultato di una inversione ad U della stessa economia cinese: il calo degli ultimi giorni è, in buona misura, determinato dalla rinuncia, da parte delle acciaierie in Cina, ad una serie di carichi di ferro dal Brasile. E, questa volta, chiamare in causa la speculazione non serve. Qui, si tratta di carichi reali, non di carta. E, dice un economista americano, Howard Simons, «nessuno noleggia un cargo, se non ha merci da muovere». Le oscillazioni del Baltic Dry Index sono abitualmente brusche, anche in situazioni né di boom, né di crollo. La sua volatilità, tuttavia, è anche lo specchio della sua sensibilità alle variazioni di tendenza. E il grafico dell´indice riassume assai bene come si incrocino, in questi mesi, le tre tendenze di fondo dell´economia mondiale: petrolio, recessione, stretta del credito. A primavera, il boom del petrolio rischiava di portare al collasso la globalizzazione, perché il costo del trasporto metteva fuori mercato l´import da lunga distanza. Oggi, il combustibile costa poco, ma non si spedisce quasi più nulla. La domanda è crollata e, anche dove c´è, non ci sono i soldi per finanziare il trasporto.

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il tempio buddista costruito con i tappi - come iscriversi a repubblica scuola (sezione: Cina)

( da "Repubblica, La" del 05-11-2008)

Argomenti: Cina

Pagina 41 - R2 L´evento Le immagini Repubblica Tv Trovacinema A Milano il salone della moto foto, servizi e blog In Cina i blog incastrano funzionario pedofilo Da Lincoln a Bush cento anni di cinepresidenti Il tempio buddista costruito con i tappi Le tenniste si allenano sull´isola deserta COME ISCRIVERSI A REPUBBLICA SCUOLA

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La Vespa prende la rincorsa sulle strade di Ho Chi Minh (sezione: Cina)

( da "Unita, L'" del 05-11-2008)

Argomenti: Cina

La Vespa prende la rincorsa sulle strade di Ho Chi Minh Una delegazione di duecento imprenditori italiani capeggiata dal ministro Scajola e con Roberto Colaninno nel nuovo distretto industriale dove già sono al lavoro Toyota, Ibm, Canon... Basta parlar male dei comunisti. Sentite che cosa dice Roberto Colaninno: «Un anno fa chiesi al governo del Vietnam di poter costruire una fabbrica per la produzione della Vespa. Dopo dieci giorni mi concessero il terreno e tutte le licenze. In meno di dodici mesi abbiamo fatto tutto. In Italia non sarei riuscito ad avere nemmeno l'autorizzazione per aprire un chiosco per le angurie». Good Morning, Vietnam: eccola qui la nuova tigre asiatica, l'altra faccia del modello cinese che combina profitto, sviluppo e socialismo. Il Paese vive una svolta storica e forse anche l'Italia può dare una mano. Dodici mesi fa l'ex ministro degli Esteri Massimo D'Alema, armato di vanga, pose la prima pietra dello stabilimento inaugurato ieri dal ministro dello Sviluppo, Scajola, arrivato alla guida di duecento imprenditori italiani che desiderano, con il consueto immancabile ritardo, affacciarsi su un mercato di 82 milioni di abitanti, porta d'ingresso verso l'intero continente asiastico. Il Vietnam, anzi la Repubblica Socialista del Vietnam, ha ritmi di crescita impressionanti. Il Pil è aumentato mediamente dell'8 per cento annuo negli ultimi anni e nel 2008 si limiterà a uno sviluppo del 7 per cento per i riflessi della recessione delle economie occidentali. Un paese giovane, con oltre metà della popolazione che ha meno di 25 anni, dinamico e solidale, che cerca il suo spazio nel mondo. Colaninno e la Piaggio sono stati accolti col tappeto rosso perchè la Vespa è uno dei sogni di ogni vietnamita. Il presidente della Repubblica del Vietnam si vanta pubblicamente di aver posseduto una Vespa e di essere in grado di smontarla e rimontarla pezzo per pezzo. Con questi ammiratori è stato facile trovare spazio. La fabbrica Piaggio sorge alle porte di Hanoi, in un nuovo distretto industriale dove sono presenti anche l'Ibm, la Toyota, la Canon, la Vietnam-Germany Steel Pipe. Sono stati assunti i primi cinquanta operai, diventeranno presto 300 per produrre circa 100mila Vespe nel 2009 e raddoppiare subito dopo perchè in Vietnam si vendono due milioni di scooter ogni anno. Ovviamente i capitalisti, anche quelli italiani con la fama di essere dei progressisti come Colaninno, non sono dei benefattori dell'umanità. Hanno un enorme interesse a conquistare mercati nuovi e dinamici come quello asiatico e a produrre in Paesi, come il Vietnam o la Cina e l'India, dove i costi sono irrisori rispetto alle medie italiana ed europea. Facciamo un esempio: con il salario di un operaio di Pontedera si pagano circa 15 operai vietnamiti nella fabbrica di Hanoi. Un lavoratore assunto alla Piaggio Vietnam guadagna circa 100 dollari al mese per lavorare otto ore al giorno cinque giorni alla settimana. Lo straordinario viene pagato in più, con percentuali crescenti. Ovviamente scioperi o contratti integrativi non sono previsti. Per poter "rubare" alla concorrenza giapponese i quadri e gli operai migliori, la Piaggio ha concesso 5 o 10 dollari in piu' in busta paga, una cifra che a queste latitudini fa la differenza nel reddito familiare. RINALDO GIANOLA INVIATO AD HANOI rgianola@unita.it

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La nostra strada è al centro (sezione: Cina)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 05-11-2008)

Argomenti: Cina

Il Sole-24 Ore sezione: IN PRIMO PIANO data: 2008-11-05 - pag: 5 autore: «La nostra strada è al centro» Il Nobel Samuelson: c'è stato troppo liberismo, ora va evitato l'errore opposto Mario Platero CHICAGO. Dal nostro inviato Paul Samuelson non abita più qui. Ma ricorda con nostalgia, quando, 73 anni fa, viveva da studente alla Chicago university. Ha un'immagine chiara degli anni della Depressione, quando «dalle finestre dell'università vedevo un mondo molto diverso da quello che descrivevano i libri di testo, un mondo di povera gente e disperazione ». Samuelson, decano degli economisti americani, premio Nobel e autore di testi di importanza storica, ricorda anche i lunghi pomeriggi d'estate passati sulle spiagge del lago Michigan, su cui si affaccia Chicago: «Non perché fossi un fannullone o figlio di ricchi. Ma perché vedevo la delusione sul volto dei miei compagni che sprecavano il tempo a cercare un lavoro per l'estate, senza alcuna possibilità di successo». è qui, a Chicago, da dove è partita l'avventura di Barack Obama, che Samuelson ha studiato fra i neoclassici e i conservatori, per poi trovare una sua strada più interventista e keynesiana, davanti all'evidenza del disastro che si era consumato in quegli anni: prima con il crollo di Borsa del 1929 e poi con la Depressione. Abbandonò il conservatorismo che dominava la sua scuola di Chicago per cominciare un percorso molto diverso, che lui stesso definisce centrista. I ricordi si affollano, ma su tutto prevalgono due fatti che oggi, a 93 anni, gli danno forza e stupore allo stesso tempo: la catastrofe finanziaria degli ultimi mesi, molto simile per dinamica a quella degli anni Trenta; la candidatura di un afro-americano alla Casa Bianca: «Non mi sarei aspettato di vedere nella mia vita né l'uno né l'altro. Figuriamci tutti e due. A 93 anni c'è ancora qualcosa che riesce a sorprendermi, un privilegio non da poco per uno della mia età ». Cos'altro la sorprende professore? L'ottusità del genere umano. Questa era una crisi annunciata. Bear Stearns era l'intermediario della Long Term Capital, il primo campanello d'allarme che squillò dieci anni fa per dirci di fare attenzione. Ma fare soldi a breve era più importante della certezza di stabilità a lungo termine. E su un punto non ci sono dubbi: la colpa è nostra. è Wall Street ad aver aperto la strada al disastro su cui si è poi messo il resto del mondo. Sono stati i nostri professori, alcuni miei allievi al Mit, ad aver sviluppato teorie per la distribuzione del rischio, che sarebbero poi risultate fatali per un semplice errore: non hanno tenuto conto dell'insaziabilità del genere umano. Vale a dire? Immagini di avere una mazza da baseball, se ci prova, riuscirà a mettere in equilibrio su un dito. Ma se il bastone diventa grande quanto l'Empire State Building, allora sarà impossibile metterlo in equilibrio. Il gigantismo incontrollato è stato il nostro peccato. Ci vorranno regole nuove. Ma attenzione non regole che strangolino il malato. Se guarda al futuro immediato, cosa la preoccupa? Che il pendolo dell'ideologia si sposti troppo a sinistra. Mi spaventa l'idea che al Senato potrebbe essere una maggioranza di 60 voti a favore dei democratici, che impedirà l'ostruzionismo. Questo significa che si potranno fare in libertà cose che potrebbero essere altrettanto dannose per il Paese, ad esempio aumentare spese inutili, per accontentare certe basi politiche. Rafforzando i sindacati, che hanno portato non pochi danni al Paese con rigidità distruttive per l'industria dell'auto. Lei crede comunque che si tornerà indietro a politiche simili al New Deal? Non si torna mai indietro. Il mondo è diverso. Ci sono nuove sfide. Quelle ambientali, ad esempio, che diventano centrali per lo sviluppo. Il mondo cambia. E dunque il mio consiglio è di guardare avanti, non indietro. Il mio appello è semplice: non si abbandoni il centro. Sono un centrista perché so dalla storia economica quali pericoli possono derivare dai movimenti estremi, sia quelli verso un eccessivo liberismo, come quello che abbiamo testimoniato prima della crisi, sia quelli verso gli estremi della centralizzazione e della rigidità. Mi ascolti: Mao e Marx erano pagliacci, non avevano alcuna idea di come si deve gestire un'economia. Il nuovo Presidente dovrà collocarsi al centro. E guidare l'America lungo nuovi percorsi che ancora non conosciamo. Parliamo di una sfida concreta: è favorevole a salvare l'industria dell'auto, come sono state salvate le banche? No. Ma se si dovrà fare un pacchetto di aiuti, prima le aziende dovranno fallire. Si dovrà avere il coraggio di riconoscere che il management ha sbagliato, ma che hanno sbagliato anche i sindacati a rivendicare diritti fuori dai modelli competitivi internazionali. Altro argomento molto concreto, la spesa pubblica. Ci vorranno importanti pacchetti di stimolo per l'economia. è preoccupato dal disavanzo che ne seguirà? Gli stimoli sono importanti. Purché siano intelligenti. Da sempre si è stampato danaro per rimettere in carreggiata un'economia in difficoltà. Lo hanno fatto anche i tedeschi fra le due guerre. Sappiamo quali saranno i pericoli: iperinflazione. Anche nel caso americano il processo porterà inflazione. Ma non credo che avremo iperinflazione. Non credo che gli aumenti possano essere superiori al 10 per cento. E l'Europa? Ci sono vincoli per la Bce perché si occupi solo di inflazione e sulla spesa pubblica per il patto di stabilità. Se li dimentichi quei vincoli. Non si può ragionare come se questo fosse un normale aggiustamento ciclico che può essere accomodato con piccoli spostamenti. La svolta è epocale e la Banca centrale europea è in ritardo. Dovrà cambiare filosofia, dovrà mettere la recessione davanti al pericolo di inflazione. è questione di intelligenza non di regole. Allo stesso modo sono certo che i Governi nazionali ignoreranno Bruxelles. Mi fanno sorridere le rivendicazioni dei burocrati che sventolano i manuali. Ragazzi: la casa brucia, altro che manuali. Anche perché, ci pensi: non ci sarà un Paese che sgarra a danno degli altri. Lo faranno tutti insieme e dunque saranno - saremo - tutti sulla stessa barca. L'America è in declino? La forza economica americana ha sofferto molto. No so se riusciremo a ritrovare il predominio del passato. Ma sono convinto di una cosa: il nostro indebolimento relativo si sarebbe verificato lo stesso, con o senza crisi, non foss'altro perché la Cina e l'India avanzano. E dunque parliamo di globalizzazione: è con noi per restare. Ma un piccolo rallentamento non farà male: oggi abbiamo bisogno di ecletticità, non di lacciuoli legalistici. mplatero@ilsole24ore.us SCONCERTO «Cosa mi sorprende ancora a 93 anni? L'incredibile ottusità del genere umano»

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In cerca di nuova leadership (sezione: Cina)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 05-11-2008)

Argomenti: Cina

Il Sole-24 Ore sezione: IN PRIMO PIANO data: 2008-11-05 - pag: 6 autore: In cerca di nuova leadership Poco credibili le aperture al dialogo del secondo mandato di Bush Mario Platero NEW YORK. Dal nostro corrispondente Al crepuscolo dell'amministrazione George W. Bush e con l'avvio di un nuovo capitolo politico a Washington, le promesse per la leadership mondiale degli Stati Uniti sono state tante e tutte all'insegna del cambiamento. A seconda dei casi, gli americani si aspettano che diplomazia e dialogo, linea dura e durissima a seconda dei casi, aprano un capitolo nuovo che consenta agli Stati Uniti di uscire dall'apparente stato di impotenza in cui si trovano sullo scacchiere mondiale. Di più, a partire da gennaio il Paese si aspetta una svolta immediata per la gestione delle principali crisi - Iraq, Iran, Georgia, Medio Oriente - o la chiusura simbolica di degenerazioni imbarazzanti per le tradizioni americane di tutela dei diritti civili, come le prigioni a Guantanamo Bay. Svolte che quasi certamente non ci saranno. Per due ragioni. La prima è che il secondo mandato dell'amministrazione Bush è stato molto diverso dal primo. I neocon sono stati messi da parte, si è recuperato il dialogo con l'Europa, si è messo a punto l'approccio multilaterale sia per i problemi nucleari con la Corea del Nord sia con l'Iran e si è tornati in generale a un sano approccio neorealista. L'impianto di fondo è già in posizione e semmai, più che deviare in modo drammatico, si dovrà costruire in modo diverso. La questione diventa di "personalità". La seconda è che su molti fronti su cui l'opinione pubblica ritiene che l'ostacolo sia solo ideologico è invece soprattutto tecnico. Prendiamo Guantanamo Bay. La verità è che l'amministrazione Bush ha cercato in tutti i modi di chiuderla, ma alla fine si è scontrata con problemi insormontabili che riguardavano direttamente i prigionieri. In molto casi nessuno li voleva. Persino i loro paesi di origine li rifiutavano. O minacciavano gravi ritorsioni contrarie ai diritti umani. Che i prigionieri siano liberati ovviamente è impossibile. E dunque ci si trova nel classico vicolo cieco. Lo stesso vale per l'Iran. Non è vero che l'amministrazione Bush ha rifiutato il dialogo. Anzi. Ha incoraggiato la missione di Xavier Solana già nel 2006 quando il ministro degli Esteri europeo ha portato a Teheran un pacchetto che includeva l'ammissione nel Wto in cambio di una "sospensione" dei progetti per sviluppare l'atomica. Attenzione: "sospensione", non "rinuncia". Teheran chiese di avviare un dialogo diretto anche con gli Usa. Washington non voleva ma poi accettò: se Teheran avesse accettato la proposta europea gli Usa si sarebbero seduti a un tavolo. Alla fine l'Iran rimandò al mittente il piano e subito dopo scatenò Hezbollah in Libano e Hamas in Palestina, per dimostrare la sua forza nella regione. Mesi fa si è fatto un altro tentativo, di nuovo fallito. La carta del dialogo, dunque, è già stata testata, in coordinamento con l'Europa. E non vi sono segnali che nei prossimi mesi qualcosa potrà cambiare con un nuovo inquilino alla Casa Bianca. La percezione di fondo è che l'America sia strutturalmente debole. Siamo davvero arrivati alla fine dell'unipolarismo?è vero come dice Fareed Zacharia, che l'America dovrà condividere sempre di più il suo potere con le altre potenze, la Cina, l'India, la Russia? è possibile, come ha detto lo storico Paul Kennedy, che lo zenith americano è stato raggiunto alla fine della Seconda Guerra Mondiale, quando l'America era l'unica grande Nazione rimasta intatta? Il problema non è tanto tattico, quanto strategico. E nei prossimi quattro anni, l'America dovrà recuperare una sua credibilità di leadership. Come, ancora non lo sappiamo. Ma sappiamo che ne hanno un disperato bisogno sia Washington che il mondo intero. mplatero@ilsole24ore.us CORBIS Il volto della diplomazia Usa. Condoleezza Rice in agosto a Tbilisi FINE DELL'UNIPOLARISMO? è sempre più diffusa la percezione che l'America si sia indebolita e debba quindi condividere la scena con le potenze emergenti

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Continente tra opportunità e rischi (sezione: Cina)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 05-11-2008)

Argomenti: Cina

Il Sole-24 Ore sezione: IN PRIMO PIANO data: 2008-11-05 - pag: 6 autore: AFRICA Continente tra opportunità e rischi Da un decennio ormai l'Africaè la nuova frontiera, per il suo potenziale di sviluppo economico, per le sue riserve di materie prime, per la popolazione in crescita, per il pericolo che, in mancanza di adeguate politiche di sviluppo sostenibile, milioni di africani si riversino in un esodo biblico verso l'Europa.In un momento di crisi economica l'Africa rischia di soffrire più di altre regioni. Le guerre intestine, i soldati bambini, i genocidi, i dittatori come Mugabe in Zimbabwe diventano il primo obiettivo: va ripristinata la stabilità. E in questo, soprattutto per il Darfur, l'America è stata più avanti dell'Europa.Di certo non può essere trascurato, anche perché la Cina sta avanzando rapidamente, con contratti di acquisti, donazioni e progetti. Impegnato in Iraq e Afghanistan, alle prese con un deficit imponente e la crisi economica, il successore di Bush darà vera dimostrazione di leadership se capirà quanto importante sarà l'Africa per i prossimi assetti (nella foto, profughi nel Darfur occidentale). CORBIS

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Rapporti più stretti Cina-Taiwan (sezione: Cina)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 05-11-2008)

Argomenti: Cina

Il Sole-24 Ore sezione: MONDO data: 2008-11-05 - pag: 17 autore: Taipei. Firmato un accordo che normalizza, dopo sessant'anni, i legami commerciali tra i due Paesi Rapporti più stretti Cina-Taiwan Triplicati i voli settimanali, intesa su collegamenti diretti via mare REUTERS Luca Vinciguerra SHANGAI. Dal nostro corrispondente Dopo lo storico accordo sui voli diretti, Cina e Taiwan scongelano anche i collegamenti diretti tra i porti adagiati sulle due sponde dello Stretto. Ieri a Taipei i due vecchi nemici hanno firmato un accordo che istituisce una serie di collegamenti via nave senza scali intermedi tra i due Paesi. Saranno anche migliorati i collegamenti postali e la cooperazione sulla sicurezza alimentare. L'intesa sul commercio marittimo rappresenta una nuova tappa nel processo di riconciliazione tra le due anime - quella comunista e quella nazionalista di un Paese diviso dal 1949, quando la vittoria delle armate maoiste nella sanguinosa guerra civile costrinse i fedelissimi del generale Chiang Kai-shek a riparare sull'isola di Formosa, dove costituirono la cosiddetta Cina nazionalista. A mettere i sigilli all'accordo sono stati il plenipotenziario del Governo cinese, Chen Yulin, e il rappresentante di Taiwan, Chiang Pin-kung. Oltre a stabilire i collegamenti navali diretti tra le due sponde dello Stretto di Taiwan, l'intesa prevede anche l'istituzione di nuovi voli charter tra i due Paesi: si comincia con 36 voli settimanali che, se tutto filerà liscio, saliranno a 108 nei prossimi mesi. L'accordo di Taipei prevede anche 60 voli cargo mensili. La stretta di mano di ieri tra Cina e Taiwan segue quella dello scorso giugno che istituì, per la prima volta dal 1949, alcuni collegamenti aerei diretti tra le due sponde dello Stretto. La distensione dei rapporti tra Pechino e Taipei è iniziata nel marzo scorso, dopo l'elezione alla presidenza di Taiwan di Ma Ying-jeou, il leader del Kuomintang. Appena salito al potere, l'esponente del Partito nazionalista ha deciso di instaurare un nuovo rapporto con la Cina, dando così un chiaro segnale di discontinuità rispetto agli otto anni di Governo precedenti,durante i quali l'indipendentista Chen Shui- bian con le sue dichiarazioni provocatorie aveva messo sotto tensione i rapporti tra il Dragone e la sua "provincia ribelle". Mostrando grande pragmatismo ( Taiwan ha investito circa 100 miliardi di dollari nella madrepatria), il presidente Ma ha scelto di accantonare temporaneamente le vecchie dispute politiche tra Pechino e Taipei, per concentrare i propri sforzi sulla promozione delle relazioni economico-commerciali tra le due sponde dello Stretto. Ma ora, siglati gli storici accordi sui collegamenti diretti arerei e marittimi, i prossimi faccia a faccia si annunciano molto più impegnativi. I temi di discussione sono tanti e complessi. Dalla fine della guerra civile nel 1949, Cina Popolare e Taiwan sono tecnicamente in stato di guerra e ciascuno dei due Governi ritiene di essere il legittimo rappresentante del popolo e della nazione cinese. Il risultato è che oggi la Cina ha centinaia di testate missilistiche puntate contro Taiwan. Per arrivare alla loro rimozione, condizione necessaria per siglare un trattato di pace tra le due sponde dello Stretto, servirà uno sforzo politico intenso. Ma non sarà facile convincere gli apparati di due partiti storicamente contrapposti, che ragionano ancora in una logica da Guerra fredda, a stringere la mano al vecchio nemico. lucavin@attglobal.net Storica stretta. Il plenipotenziario cinese Chen Yunlin ( a sinistra) stringe la mano al rappresentante di Taiwan Chiang Pin-kung, al termine di una visita che segna un importante passo avanti nel disgelo diplomatico LENTO DISGELO Tecnicamente i due Stati rimangono in stato di guerra e il cammino per arrivare a un trattato di pace si annuncia ancora lungo

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TENSIONE IN CALO (sezione: Cina)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 05-11-2008)

Argomenti: Cina

Il Sole-24 Ore sezione: MONDO data: 2008-11-05 - pag: 17 autore: TENSIONE IN CALO 1949 Le forze di Mao vincono la guerra civile, costringendoi nazionalisti di Chang Kai-sheka rifugiarsi a Taiwan 1951-54 Gli Usa promettono aiuti economici e sostegno militare contro la Cina a Taiwan 1971 Taiwan perde il suo seggio alle Nazioni Unite a favore della Cina 1975 Gli Usa rompono le relazioni diplomatiche con Taiwan 1995 Pechino conduce esercitazioni militari nello Stretto di Taiwan 2005 Il leader di Taiwan Lien Chenè ricevuto dal presidente cinese Hu 2008 Il nuovo presidente taiwanese MaYing-jeou apre la via al disgelo diplomatico

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Materie prime, il ruolo ambiguo della speculazione (sezione: Cina)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 05-11-2008)

Argomenti: Cina

Il Sole-24 Ore sezione: COMMENTI E INCHIESTE data: 2008-11-05 - pag: 18 autore: MERCATI E MERCANTI ... Materie prime, il ruolo ambiguo della speculazione di Alessandro Merli I l ruolo della speculazione nel boom dei prezzi del petrolio e delle altre materie prime è stato uno dei temi più dibattuti della prima metà dell'anno. «La peste del XXI secolo», l'ha definita il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, che non disdegna le immagini a effetto. Ora che la tendenza dei prezzi delle commodities si è invertita bruscamente, nessuno ne parla più, anche se è possibile che siano gli anticorpi di quella ma-lattia (gli speculatori che, costretti dalla retromarcia delle quotazioni, liquidano le loro posizioni) a giocare ancora una volta una parte importante in quello che sta accadendo sui mercati. Un esame più tecnico e meno emotivo o politicamente motivato parte dall'andamento delle scorte che, come sostiene il premio Nobel per l'economia, Paul Krugman, dovrebbero aumentare con l'aumento dei prezzi e ridursi con la loro riduzione perché fosse convalidata l'ipotesi di un ruolo decisivo degli speculatori. Roger Bootle, di Capital Economics, autore di La morte dell'inflazione, osserva che fra l'inizio del 2003 e la metà del 2006 sono cresciute sia le scorte di petrolio nei Paesi industriali sia il prezzo del greggio (da 20 dollari al barile a 80, allora un record). Nella seconda metà del 2006, entrambi sono calati. Dove i due movimenti non combaciano più, tuttavia, è proprio nel periodo di impennata delle quotazioni a partire dall'inizio del 2007, quando si è cominciato a puntare il dito contro gli speculatori, divenuti poi nel 2008 veri e propri untori: in questo periodo le scorte sono in progressivo, seppur moderato calo, e non in ascesa come vorrebbe la teoria anti-speculazione. Bootle introduce un dubbio, che riguarda la scarsa trasparenza e l'inaffidabilità delle cifre sulle scorte al di fuori dei Paesi Ocse, scorte che hanno acquisito negli ultimi anni un peso crescente: nei Paesi produttori, come quelli dell'Opec, la Russia e quelli del Caspio, e in alcuni consumatori, come Cina, India, Brasile e altri mercati emergenti. In Cina, ci fu addirittura il caso dell'accumulo in vista delle Olimpiadi di Pechino per prevenire eventuali imbarazzanti scarsità. Un quadro quindi non del tutto chiaro. Per quanto riguarda i metalli industriali, coincidenza di boom dei prezzi e calo delle scorte ai minimi storici, e più tardi ritirata delle quotazioni e rimbalzo delle scorte, tenderebbero a minimizzare il ruolo degli speculatori. Le materie prime agricole hanno visto coincidere l'esplosione dei prezzi con scorte basse o declinanti. Per vederci chiaro, comunque, il G-7, su sollecitazione francese e italiana, commissionò al Fondo monetario uno studio sul ruolo della speculazione. Studio del quale a Washington si sono perse le tracce. Forse l'Fmi, e il resto della comunità internazionale, hanno da occuparsi di problemi più pressanti. alessandro.merli@ilsole24ore.com www.ilsole24ore.com/economia Online «Mercati e mercanti» di Alessandro Merli

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Spazio, alleanza Mosca-Pechino (sezione: Cina)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 05-11-2008)

Argomenti: Cina

Il Sole-24 Ore sezione: MONDO data: 2008-11-05 - pag: 17 autore: PROGETTI CONDIVISI Spazio, alleanza Mosca-Pechino La Cina vuole andare sulla Luna e la Russia è pronta a sostenere i suoi sforzi.Roscosmos,l'Agenzia spaziale di Mosca, è pronta ad assistere Pechino nella costruzione di una propria stazione spaziale e in un progetto per sviluppare risorse sulla Luna. Lo ha annunciato ieri il segretario e numero due di Roscosmos, Vitalij Davidov. La stazione dovrebbe essere simile a quella russa Mir. Il programma - ha spiegato Davidov - è diviso in varie fasi: il primo passo sarà la produzione di velivoli destinati ai viaggi nel cosmo.

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All'estero per affrontare la crisi (sezione: Cina)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 05-11-2008)

Argomenti: Cina

Il Sole-24 Ore sezione: ECONOMIA E IMPRESE data: 2008-11-05 - pag: 25 autore: Internazionalizzazione. La missione in Vietnam di Confindustria, Ice e Abi con 160 imprenditori - Siglate due intese «All'estero per affrontare la crisi» Zegna: giusto puntare su un Paese dinamico - Scajola : attenti alla contraffazione Carmine Fotina HANOI. Dal nostro inviato Non sarà facile fare del Vietnam una piccola Cina, ma 160 imprenditori italiani vogliono provarci. La missione organizzata da Confindustria, Ice e Abi, si è aperta ieri con l'annuncio di due nuovi investimenti: il gruppo bergamasco Carvico inizierà entro l'anno la costruzione di uno stabilimento per la produzione di tessuti speciali per l'abbigliamento sportivo, mentre il consorzio Medexport ha appena ottenuto la licenza per costruire un impianto per la produzione di farmaci. Carvico ha scelto il Vietnam per la sua prima operazione all'estero ed investirà complessivamente 27 milioni di dollari per un nuovo tessuto hi-tech. Il consorzio Medexport raggruppa Alpha Instruments, Alpha Intes, Ct Fisiopharma, Fulton, Lifepharma e Nova Argentia e prevede di mettere in funzione entro il 2010 uno stabilimento nel Parco Tecnologico di Hoa Lac. è direttamente il ministro dello Sviluppo economico Claudio Scajola, che ad Hanoi rappresenta il Governo nella missione di sistema, a dare l'annuncio, insieme a una serie di intese definite con il primo ministro vietnamita e con il ministro della Pianificazione e degli investimenti. Diventerà operativa la Camera di commercio italiana mentre è già arrivato il via libera delle autorità vietnamite all'apertura di un ufficio di rappresentanza del gruppo bancario Intesa Sanpaolo ad Ho Chi Minh City, motore economico del Paese. L'Ice inoltre collaborerà con l'Agenzia per gli investimenti esteri del Vietnam e la Simest farà lo stesso con la Scic, la società alla quale il Governo di Hanoi ha trasferito le quote di partecipazione dello Stato al capitale delle imprese pubbliche privatizzate, nelle adesso quali inizia ad esserci spazio anche per investimenti stranieri. Le prospettive che si aprono nelle aziende privatizzate sono uno dei frutti del "doi moi", la perestroika economica del Partito comunista che dagli anni 80 ha progressivamente condotto il Paese sulla via del socialismo di mercato, senza che questo, per la verità, fosse accompagnato da un analogo percorso di rinnovamento nella sfera politica. Oggi il Vietnam, con una crescita di poco inferiore al 7%, e un confronto favorevole rispetto alla Cina in termini di salari medi e di rapporto monetario con l'euro, rappresenta una piattaforma ideale per espandersi nell'area del Sud-Est asiatico. Eppure anche il vorticoso sviluppo vietnamita è pieno di insidie. La crisi internazionale, innanzitutto, non è un fenomeno da cui i Paesi in rapida transizione economica possono sentirsi immuni. La Banca centrale vietnamita ha appena deciso di reagire con un doppio taglio dei tassi di interesse in pochi giorni, sollevando però la preoccupazione degli operatori internazionali per l'effetto che questa mossa potrà avere su un'economia in cui il tasso di inflazione, pari al 28%, ha raggiunto ad agosto il record dal 1992. «Ci sono tutte le prospettive per fare ottimi investimenti ma– ammette poi Scajola – ci sono una serie di questioni aperte da approfondire. Ho già chiesto al Governo vietnamita che siano riviste le barriere che gravano sui costi di componenti che poi dovranno essere assemblati in Vietnam da aziende italiane che qui avvieranno nuove produzioni. E un altro fronte aperto è quello relativo alla lotta alla contraffazione per la quale potenzieremo il nostro desk nel Paese». Sulle chance e le possibili difficoltà gli imprenditori italiani dovranno fare un esame molto attento, a partire dagli incontri bilaterali in programma oggi. Dopo Hanoi, capitale e centro principale del Nord, domani toccheranno anche la realtà di Ho Chi Minh City,l'ex Saigon,dove il fiuto dei vietnamiti per i buoni affari ha la fama di essere ancora più allenato. Grandi imprese attive nell'impiantistica e nelle infrastrutture e piccole e medie imprese, soprattutto della meccanica: sono soprattutto loro l'avanguardia italiana, con la Piaggio come punta di diamante. L'investimento vietnamita sulla fabbrica della Vespa (si veda altro articolo a pagina 24) non è solo il più costoso tra quelli italiani, dice Paolo Zegna, vicepresidente di Confindustria per l'internazionalizzazione, ma è un'operazione simbolo, «perché il nostro sistema industriale conta su grandi aziende che facciano da apripista per quelle medie e piccole. è giusto puntare sul Vietnam – incalza –: investire in un Paese così dinamico è anche la strada giusta per affrontare la crisi».

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La Vespa globale nascerà ad Hanoi (sezione: Cina)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 05-11-2008)

Argomenti: Cina

Il Sole-24 Ore sezione: ECONOMIA E IMPRESE data: 2008-11-05 - pag: 24 autore: La Vespa globale nascerà ad Hanoi HANOI. Dal nostro inviato Colaninno fa da padrone di casa a Scajola nel distretto industriale di Hanoi. Il presidente della Piaggio mostra al ministro dello Sviluppo economico, in visita in Vietnam nell'ambito della missione Confindustria-Ice-Abi, lo stato di avanzamento di quello che al momento è il principale investimento italiano nel Paese del Sud-Est asiatico. Trenta milioni di dollari per portare a produzione, tra febbraio e marzo del 2009, uno stabilimento da cui usciranno 20-25mila Vespe, numero che crescerà di tre volte entro il 2010. Il motore della Vespa sarà prodotto in Cina, mentre la scocca in lamiera sarà realizzata in Vietnam da un fornitore locale. Dopo la posa della prima pietra, un anno fa con l'ex ministro degli Esteri Massimo D'Alema, la Piaggio ha quasi ultimato l'impianto, in cui lavoreranno circa 300 operai. Tempi rapidissimi per concederci le autorizzazioni e nessun obbligo di partnership con aziende locali: questo è il modello che funziona, dice Colaninno, chiamando indirettamente nuovi imprenditori a seguirlo. Anche se, a dire il vero, sono ben pochi i settori industriali che possono giustificare un investimento in Vietnam al pari delle due ruote. Due milioni di pezzi venduti dai giganti giapponesi della Honda e della Yamaha, quanto si vende in tutta Europa. Cifre strabilianti, contro appena 10mila Vespe importate dall'Italia. «Con un dazio del 100% vendere qui una Vespa prodotta in Italia è quasi impossibile- osserva Colaninno- La vera svolta era l'investimento diretto, inevitabile per presidiare questo mercato ma soprattutto per crescere in quelli limitrofi». C.Fo.

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Il gruppo Luxottica sbarca in India con cento negozi (sezione: Cina)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 05-11-2008)

Argomenti: Cina

Il Sole-24 Ore sezione: ECONOMIA E IMPRESE data: 2008-11-05 - pag: 25 autore: Lusso. Al via una catena di Sunglass Hut Il gruppo Luxottica sbarca in India con cento negozi Marigia Mangano MILANO Luxottica sbarca in India. Il colosso mondiale dell'occhialeria aprirà oltre 100 negozi in India con il marchio Sunglass Hut insieme a Dlf Building India, uno dei principali operatori locali nel settore immobiliare. In Borsa la reazione non si è fatta attendere: le azioni, complice l'andamento positivo del mercato, hanno chiuso in rialzo del 2,22% a 16,38 euro. La strategia internazionale di Luxottica si spinge, dunque, sempre più a Est e, dopo Cina e Thailandia, punta a conquistare l'India. Il tutto con progetti ambiziosi se si pensa che, a regime, l'intesa darà vita alla più grande catena di ottica nel Paese in questione. «Sunglass Hut è per Luxottica una delle migliori opportunità per crescere sia nei mercati emergenti che in quelli maturi», ha chiarito Andrea Guerra, amministratore delegato del gruppo Luxottica. «Grazie al suo modello di business e alla forte identità del suo marchio - ha aggiunto - è oggi presente nei principali mercati del mondo ed è destinata a contribuire in maniera sempre più determinante al successo delle strategie distributive del gruppo». Sunglass Hut è infatti specializzata nella vendita di occhiali da sole di fascia alta con oltre 2mila negozi nei principali mercati mondiali. L'intesa con Dfl si tradurrà, così, nella conquista di un altro Paese strategico per il gruppo e consentirà a Lu-xottica, attraverso questa partnership, di centrare un duplice obiettivo: «Diventare da subito un attore di primo piano in un mercato ad altissimo potenziale come quello indiano, dall'altro rappresenta una straordinaria opportunità per rafforzare il posizionamento dei nostri principali marchi e, in generale, tutte le nostre attività nell'area», ha spiegato l'amministratore delegato. Nel dettaglio, l'accordo di franchising appena siglato con l'operatore indiano nel settore immobiliare prevede l'apertura dei negozi Sunglass Hut in selezionati centri commerciali di alto livello e in altre posizioni premium in tutto il Paese, e il primo punto vendita sarà inaugurato a New Delhi entro fine mese. «è nostra intenzione aprire a brevissimo termine due negozi Sunglass Hut a New Delhi, con l'obiettivo di arrivare a 100 negozi in tutta l'India», spiega Kelvin Coyle, a.d. di DLF Retail Brands Private Limited. Il progetto indiano segue, a stretto giro, l'inaugurazione di due negozi a Hong Kong e in Medio Oriente, mentre a maggio sono stati aperti i primi due negozi in Thailandia, mercato per il quale il piano di sviluppo prevede di arrivarea 15 punti vendita. Inoltre Luxottica ha già annunciato che convertirà al marchio Sunglass Hut i 71 punti vendita specializzati nel "sole" in Sud Africa nel mirino del gruppo, anche in virtù dei Campionati del Mondo di calcio che vi si terranno nel 2010. ESPANSIONE IN ASIA Dopo le operazioni in Cina e Thailandia la società italiana rilancia sul franchising con la Dlf Building

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Shipping, emergenza derivati (sezione: Cina)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 05-11-2008)

Argomenti: Cina

Il Sole-24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2008-11-05 - pag: 47 autore: Mercati. L'indice guida dei noli marittimi per il trasporto ha toccato ieri i minimi dal 1999 Shipping, emergenza derivati Il crollo dei prezzi fa scattare le coperture: rischio fallimenti Mara Monti MILANO Alla fine la crisi è arrivata a colpire anche il settore dei noli marittimi e dei derivati ad essi collegati. Rimasto escluso dai contraccolpi dei ciclone subprime, oggi lo shipping sta affrontando una delle crisi più cruente per gli effetti indiretti legati al rallentamento del ciclo economico di Paesi come India e Cina che dal 2002 ne hanno sostenuto lo sviluppo. Lo stesso Baltic Exchange Dry Index,l'indice guida dei noli per l'affitto delle navi cargo per il trasposto di carichi secchi come acciaio, carbone, grano e cemento, quotato alla Borsa di Londra, ieri è sceso al livello più basso dal febbraio 1999, mettendo a segno un calo dell'1,5% a 815. Un livello inferiore del 90,3% dal picco del 20 maggio di quest'anno quando quotava 11.793, prima di allinearsi con il resto del mercato finanziario. A questo si aggiunge il crollo delle tariffe applicate ai noli, scese sotto i costi operativi tanto che molti armatori stanno pensando di lasciare le navi in rada all'ancora: secondo il Baltic Exchange di Londra, le tariffe di noleggio ora viaggiano sui 5.600 dollari al giorno, un livello che al momento non copre i costi, stimati in circa 6mila dollari giornalieri. Il crollo del settore fisico ha trascinato anche quello finanziario. I derivati (freight derivatives) negli anni scorsi sono stati oggetto di profitti a tre cifre per fondi hedge, trader finanziari e banche: soltanto nel 2007 se ne stimava una crescita del 200 per cento. Oggi gli andamenti si sono capovolti e con il crollo dell'80% del settore fisico, le coperture assicurative di chi aveva scommesso su un'ulteriore ascesa delle tariffe si sono trasformate in perdite. I contratti derivati FFA (Forward freight agreement) sono scambiati over-the-counter e il settlement dei prossimi giorni sarà un indicatore importante per capire chi ha la capacità finanziaria di rispettare le scadenze. Gli operatori si attendono un'ondata di fallimenti perché in tanti avevano investito in strumenti derivati. Qualche caso sta già emergendo come la Britannia Bulk Holding, società inglese quotata a Wall Street che il 31 ottobre ha annunciato lo stato di insolvenza, il primo caso di una società di shipping in bancarotta. Anche l'operatore ucraino Industrial Carrier ha dichiarato la bancarotta lo scorso mese. Ma il peggio, secondo gli operatori, deve ancora venire con il rischio di un effetto domino su tutto il settore. C'è anche chi scommettendo sul crollo dei no-li, al contrario delle previsioni del mercato, ci ha guadagnato, come il fondo hedge Castalia Springs che ha incrementato i rendimenti del 6,8% a settembre e dello 0,8% ad ottobre. «La crisi c'è ed evidente a tutti, ma tocca in modo particolare il mercato spot, cioè i contratti a breve - spiega Andrea Clavarino, presidente di Assocarboni - , al contrario gli armatori che hanno contratti a lungo termine con controparti first class come le utilities europee, al momento non hanno alcun problema». Il boom dei noli marittimi era iniziato nel 2002, arrivato inaspettato dopo anni di stagnazione, grazie al forte sviluppo industriale dell'India e della Cina. In molti si sono buttati in un settore che sembrava avere prospettive di crescita inarrestabili, investendo nell'acquisto di nuove navi. Con l'arrivo della crisi finanziaria e soprattutto con il rallentamento della domanda cinese, gli effetti si sono riversati su tutti i fronti, sia quello fisico sia quello finanziario. Per assistere a una ripresa «bisognerà aspettare la seconda metà del 2009 – aggiunge Clavarino – fino ad allora il mercato sarà sottoposto ancora a forti oscillazioni». LA FRENATA ASIATICA Le imprese del settore avevano scommesso sulla tenuta dell'import di materie prime da parte di Cina e India: effetto boomerang L'indice Il Baltic Exchange Dry Index è l'indice guida dei noli per l'affitto di navi cargo per il trasporto di acciaio e grano. è quotato alla Borsa di Londra: dal massimo del maggio scorso l'indice ha registrato un crollo superiore al 90%.

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Commodity in cerca di strategie (sezione: Cina)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 05-11-2008)

Argomenti: Cina

Il Sole-24 Ore sezione: MATERIE PRIME data: 2008-11-05 - pag: 48 autore: Scenari. La Ue studia come assicurare alle imprese l'approvvigionamento delle risorse Commodity in cerca di strategie Verheugen lancia la «diplomazia per le materie prime» Enrico Brivio BRUXELLES. Dal nostro inviato è sempre più urgente per l'Europa la necessità di approvvigionarsi di materie prime strategiche per la propria industria e di contrastare sullo scenario globale le politiche aggressive e protezionistiche di Paesi emergenti come Cina e India. Per questo il commissario europeo alle Imprese, Guenter Verheugen, ha presentato ieri a Bruxelles una strategia integrata, una sorta di "nuova diplomazia delle materie prime" volta ad assicurare alle aziende europee le indispensabili risorse. «La Cina ma anche altri Paesi – ha osservato Verheugen – stanno cercando in modo aggressivo di assicurarsi un accesso privilegiato a certe materie prime». Il commissario ha ammesso che l'Unione europea non intende usare gli stessi mezzi spregiudicati di Pechino per avere accesso a commodities in Africa o negli stessi Paesi emergenti; tuttavia ha sottolineato che l'Europa ha modo di costruire un'azione diplomatica ( attraverso rapporti di dialogo politico, cooperazione economica, stipulazione di accordi commerciali) con i Paesi produttori, incentrata sulla necessità di garantire che l'accesso alle risorse essenziali non venga ostacolato o impedito. Verheugen ha ricordato che da tempo si muovono in questo senso anche Stati Uniti e Giappone. Fondamentale non penalizzare i settori comunitari dell'high tech. Considerando, per esempio, che negli anni '80 i computer chips erano formati da soli 12 minerali base, mentre ora ne utilizzano 60. La dipendenza dell'Europa dai Paesi terzi produttori di materie prime (come litio, cobalto, manganese, magnesio, zinco, silicio, palladio) è però a volte totale, e un'interruzione del flusso degli approvvigionamenti potrebbe avere gravissime conseguenze su una serie di settori industriali, spesso di punta per l'innovazione.Risorse frequentemente concentrate in pochi Paesi: il 90% del niobio (usato per la costruzione di gasdottio di jet) in Brasile, il 79% del rodio (che serve per le marmitte catalitiche) in Sud Africa. La situazione è già critica e necessita un'azione incisiva:visto che Bruxelles ha identificato già 450 restrizioni all'export su oltre 400 materie prime non energetiche. Misure prese in particolare dalla Cina (su alluminio, rame, tungsteno, magnesio, coke, manganese, nickel, fosforo), in India (minerali ferrosi per l'acciaio), Russia (rottami di ferro e non ferrosi, legname) e Ucraina (coke). Verheugen ha spiegato che, oltre a promuovere una più energica azione diplomatica, Bruxelles intende migliorare l'accesso ai giacimenti interni,talvolta ostacolata dalla vicinanza ai siti protetti da Natura 2000, e migliorare le modalità di utilizzo e il riciclaggio dei materiali lavorati. enrico.brivio@skynet.be NO ALLE BARRIERE Contro i protezionismi di Cina e India la Commissione propone più dialogo e cooperazione con i Paesi produttori

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Disponibilità in caduta (sezione: Cina)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 05-11-2008)

Argomenti: Cina

Il Sole-24 Ore sezione: MATERIE PRIME data: 2008-11-05 - pag: 48 autore: STAGNO Disponibilità in caduta Gli stock di stagno nei magazzini del London Metal Exchange sono scesi ai minimi quadriennali e hanno spinto i prezzi oltre i 15mila $/tonn. per la prima volta da quasi un mese. Il rilancio è legato alle minori estrazioni nel Congo, devastato dalla guerriglia, ma soprattutto alle mosse dei primi due Paesi produttori, Cina e Indonesia. L'export cinese in 9 mesi è sceso del 98%, a 436 tonn., e i big hanno annunciato tagli produttivi tra il 10 e il 50%.

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Taiwan e la Cina rafforzano l'intesa (sezione: Cina)

( da "Avvenire" del 05-11-2008)

Argomenti: Cina

MONDO 05-11-2008 Taiwan e la Cina rafforzano l'intesa DA TAIPEI L a distensione tra Cina e Taiwan, iniziata a maggio con l'ascesa al potere a Taipei del presidente Ma Yingjeou, ha dato i suoi primi frutti con la firma di una serie di accordi commerciali di portata storica. Le comu- nicazioni, i viaggi e i rapporti commerciali tra «le due sponde dello Stretto» espressione diplomatica usata per mantenere relazioni evitando di riconoscersi reciprocamente saranno più intensi e più facili dopo l'intesa siglata ieri a Taipei dai due negoziatori, Chen Yunlin per la Cina e P. K. Chiang per Taiwan. Le due parti si sono trovate d'accordo nell'astenersi dall'affrontare problemi politici sui quali non è al momento possibile trovare un'intesa. Taiwan è di fatto indipendente dal 1949, ma Pechino continua a considerarla una sua provincia e ha minacciato di intervenire militarmente nel caso di iniziative che ne formalizzino la separazione. La visita di Chen nell'isola si svolge sotto la protezione di un massiccio schieramento di polizia dopo le contestazioni subite la scorsa settimana da un funzionario cinese recatosi a Taiwan in avanscoperta. Il Partito democratico progressista ( Pd), indipendentista, ha infatti organizzato una serie di manifestazioni anticinesi. Il capitolo di maggiore importanza dell'intesa raggiunta è quello dei collegamenti aerei diretti tra la Cina continentale e l'isola, che finora sono stati limitati, mentre la maggioranza dei voli doveva passare per lo spazio aereo di Hong Kong. Ora ci saranno 108 voli diretti settimanali. Inoltre, le navi mercantili potranno scaricare la loro merce, senza pagare imposte, in 11 porti di Taiwan e 63 della Cina. Gli accordi prevedono anche che ogni mese siano autorizzati da ciascuna delle due parti fino a 60 voli cargo, che potranno portare anche la posta, che oggi impiega fino a 10 giorni per raggiungere la sua destinazione. Siglato uno storico accordo che prevede l'aumento dei voli diretti e lo scalo nei porti senza pagare dazi

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Rapporti diplomatici fra Vaticano e Botswana (sezione: Cina)

( da "Avvenire" del 05-11-2008)

Argomenti: Cina

CHIESA 05-11-2008 Rapporti diplomatici fra Vaticano e Botswana ROMA. Ieri la Sala Stampa vaticana ha annunciato che la Santa Sede ha allacciato i rapporti diplomatici con la Repubblica di Botswana, «uno dei Paesi più stabili dell'Africa, con un'economia tra le più dinamiche del Continente» , come viene scritto nella nota con cui è stata data la notizia. Il Botswana, che ha circa un milione e mezzo di abitanti di cui solo il 5% cattolici, conta una diocesi ( con sede nella capitale Gaborone) e un vicariato apostolico ( Francistown) con, complessivamente, 67 sacerdoti e 77 religiose. Il Paese è ricco di diamanti, ma anche flagellato dalla pandemia dell'Hiv. «La Chiesa cattolica si legge nella nota vaticana è particolarmente impegnata nell'assistenza ai malati e agli orfani, nella prevenzione delle malattie e nell'apertura di nuove scuole, che sono molto apprezzate» . Da ieri quindi la Santa Sede ha rapporti diplomatici pieni con 177 Paesi, cui vanno aggiunti la Federazione Russa e l'Olp con le quali ci sono relazioni diplomatiche di natura speciale. Nel mondo rimangono quindi sedici Stati con cui la Santa Sede non scambia ambasciatori. In nove di questi Paesi non è presente alcun inviato vaticano: Afghanistan, Arabia Saudita, Bhutan, Cina popolare, Corea del nord, Maldive, Oman, Tuvalu e Vietnam. Mentre sono in carica solo dei delegati apostolici ( rappresentanti pontifici presso le comunità cattoliche locali ma non pressi i governi) in altri sette Paesi: tre in Africa ( Comore, Mauritania e Somalia) e quattro in Asia ( Brunei, Laos, Malaysia, Myanmar). È da segnalare come cresca sempre di più la presenza diplomatica vaticana in Africa. Nell'ultimo biennio infatti la Santa Sede ha deciso di aprire due nuove sedi di nunziatura. Lo scorso anno in Burkina Faso ( prima il rappresentante pontificio era quello residente in Costa d'Avorio), quest'anno in Liberia ( staccandola dalla sede della Guinea). Gianni Cardinale Ora sono soltanto sedici i Paesi nel mondo che non scambiano ambasciatori con la Santa Sede Lezione in una scuola del Botswana

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Cina, addio all'arcivescovo Jin Peixian Subì il carcere e i lavori forzati (sezione: Cina)

( da "Avvenire" del 05-11-2008)

Argomenti: Cina

CHIESA 05-11-2008 Cina, addio all'arcivescovo Jin Peixian Subì il carcere e i lavori forzati PECHINO. L'arcivescovo di Shenyang, Pio Jin Peixian, è morto ieri a 85 anni. Il presule ricorda l'agenzia AsiaNews dando notizia del decesso si era ritirato lo scorso 29 giugno, lasciando la diocesi nelle mani di Paolo Pei Junmin, suo coadiutore, ordinato nel 2006 col consenso della Santa Sede. Jin era vescovo dal 1989; anch'egli aveva ricevuto il permesso vaticano per l'ordinazione. Jin Peixian, nato nel 1924, era stato ordinato sacerdote nel 1951, due anni dopo la presa di potere di Mao Zedong. Nel 1958 venne imprigionato per «crimini controrivoluzionari» per dieci anni; all'uscita di prigione, in piena Rivoluzione culturale, venne mandato in una fattoria per «riformarsi attraverso il lavoro»; solo nel 1980 poté tornare al suo servizio pastorale. Pur essendo della «Chiesa ufficiale», Jin Peixian ha sempre operato in profonda comunione con la Santa Sede. È stato fra i primi vescovi a inviare suoi seminaristi e sacerdoti all'estero per colmare le lacune nell'insegnamento e nella teologia provocate dalla chiusura della Cina negli anni della Rivoluzione culturale; ciò gli ha permesso di rafforzare i rapporti con la Chiesa universale. Le sue doti di mediatore gli hanno permesso di ricucire il tessuto della Chiesa nel Nord est della Cina e di avere sempre buoni rapporti con le autorità governative. È stato per lunghi anni vicepresidente della «Conferenza dei vescovi cinesi» (ufficiali), organismo non riconosciuto dal Vaticano. I funerali saranno l'8 novembre.

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Cina e Vietnam, inondazioni al confine Tragico il bilancio: sono 119 le vittime (sezione: Cina)

( da "Avvenire" del 05-11-2008)

Argomenti: Cina

MONDO 05-11-2008 Cina e Vietnam, inondazioni al confine Tragico il bilancio: sono 119 le vittime HANOI. Inondazioni dal sud della Cina stanno ulteriormente alzando il livello dei fiumi nel nord del Vietnam, aggravando le alluvioni in un'ampia regione a cavallo del confine che in una settimana hanno ucciso almeno 119 persone nei due stati, 85 in Vietnam e 34 in Cina. Anche ieri è continuato a piovere sulla capitale vietnamita Hanoi, dove le autorità hanno riferito di venti morti per annegamento, folgorazione o fulmini nella più grave alluvione dall'84. Le scuole rimangono chiuse e molte strade sono allagate. Nella regione cinese dello Yunnan, le frane causate dalle piogge intense hanno ucciso almeno 26 persone, con 45 dispersi. I torrenti di montagna ingrossati hanno colpito anche la regione dello Guangxi, a est dello Yunnan, uccidendo altre otto persone. In Cina invece sono almeno 35 i morti e 9 i feriti nelle frane di rocce e di fango che hanno colpito negli ultimi giorni la provincia dello Yunnan. L'alluvione ad Hanoi (Reuters)

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Casa Bianca. Un nuovo condottiero. Sarà una svolta simile a quella impressa da Roosvelt? (sezione: Cina)

( da "AmericaOggi Online" del 06-11-2008)

Argomenti: Cina

Casa Bianca. Un nuovo condottiero. Sarà una svolta simile a quella impressa da Roosvelt? di Pino Agnetti 02-11-2008 Le grandi vigilie elettorali sono sempre state un terreno di caccia particolarmente appetito dai grandi bookmakers internazionali. A poco più di 48 ore dall'attesissima "election night" di martedì che incoronerà il 44 presidente degli Stati Uniti d'America, le agenzie specializzate, come l'inglese Ladbrokes, danno per strafavorito Barak Obama (la cui vittoria viene pagata la miseria di 7 centesimi per ogni euro giocato) su McCain quotato a quasi 8 euro contro uno. Una specie di abisso, nonostante i sondaggi delle ultime ore diano il senatore dell'Arizona in leggera ma costante risalita. Le due cose non sono in contraddizione, in quanto fotografano perfettamente la situazione reale. Con un Obama che (appoggio della quasi totalità dei media e dell'elettorato soprattutto giovane e afroamericano a parte) si è trovato a giocarsi il rush finale col vento in poppa della peggiore crisi economica degli ultimi 70 anni indiscutibilmente "firmata" da un collega di partito del suo rivale. Mentre McCain - un po' per la sua fama di "maverick" (indipendente) e di eroe di guerra, un po' perché un conto sono le simpatie della grande stampa e un altro gli umori dell'America profonda - è scontato che darà battaglia fino all'ultimo pur di soffiare a Mr. "Yes we can" il ruolo di salvatore della patria nel momento più buio della nazione dal 1929 a oggi. Il che basta, di per sé, a rendere queste elezioni (chiunque le vinca) più importanti di tutte quelle legate all'epopea e talora al mito dei grandi presidenti americani del secolo appena trascorso. Gente, per intenderci, come il Franklin Delano Roosevelt che appunto si caricò sulle spalle l'America della Grande depressione degli anni 30 inventando il New Deal, per poi guidarla da una carrozzella nella sfida vittoriosa contro il nazismo. Come Dwight D. Eisenhower, che dopo avere comandato tutti i più importanti sbarchi alleati della Seconda Guerra mondiale compreso il D-Day in Normandia, da inquilino della Casa Bianca si dimostrò un politico tutt'altro che sprovveduto continuando (lui repubblicano) la lezione del New Deal e concludendo la pace con la Corea del Nord nel 1954. Come il suo immediato successore John Fitzgerald Kennedy, senza il minimo dubbio l'icona universalmente più amata ed eterna del "sogno americano", nonostante sia stata proprio la sua breve e tragica presidenza a compiere le prime mosse della dolorosa e alla lunga perdente avventura in Viet Nam. E la "galleria" non può certo prescindere dall'unico presidente Usa a essersi finora dimesso, quel Richard Nixon capace tuttavia, prima di finire travolto dal Watergate, di firmare con Kisinger la dottrina della "realpolitik" e di normalizzare i rapporti con la Cina. Per arrivare agli ultimi due e più recenti "giganti". A cominciare da Ronald Reagan, che oltre a essere il presidente degli storici incontri con Gorbaciov che anticiparono per molti versi favorendolo il dissolvimento dell'Urss, nei suoi due mandati disegnò e rese vincente la ricetta che porta tuttora il suo nome. Quella "reaganomics" che, dal 1980 in poi, è diventata la bibbia di tutti i sostenitori della deregulation e del ruolo ridotto del governo combinati a una tassazione più bassa per tutti (ricchi compresi). Per arrivare a Bill Clinton, cioè all'uomo che ha legato la propria presidenza all'ultima stagione di grande crescita economica della nazione tanto da consegnarla, ancora forte e rispettata, allo scoccare del XXI secolo. Il resto, cioè gli 8 tormentati anni di George W. Bush, è storia più recente e nota. E soprattutto destinata, come già si è detto, ad avere un effetto quasi certamente decisivo nell'ormai imminente e fatidica "election night". Ma se nessuno dubita che l'11 settembre del capitalismo mondiale abbia, di fatto, seppellito il modello "reaganomics", l'interrogativo più grande (non solo per gli elettori americani ma per il mondo intero) è se il prossimo presidente sarà davvero all'altezza della sfida. In altri termini, se l'America riuscirà a trovare un altro condottiero alla Franklin Delano Roosevelt. E su questo punto, con tutto il rispetto per Barack Obama e per John McCain, nemmeno i super neutrali bookmarkers di Londra sono disposti, almeno per ora, ad accettare scommesse.

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Lo spread Btp-Bund torna sotto quota 100 (sezione: Cina)

( da "Finanza e Mercati" del 06-11-2008)

Argomenti: Cina

Lo spread Btp-Bund torna sotto quota 100 di Redazione del 06-11-2008 da Finanza&Mercati del 06-11-2008 [Nr. 219 pagina 3] Seduta volatile, ma improntata al rialzo per i titoli di stato europei. Tutte le scadenze hanno manifestato una buona performance, a eccezione del due anni, che ha archiviato la giornata in calo. Sul fronte italiano, è proseguito anche ieri il recupero rispetto ai titoli tedeschi per lo scemare della tensione sui mercati finanziari e per il recupero del credit default swap dell'Italia. Lo spread fra i rendimenti dei decennali Btp e Bund si è nuovamente ristretto fino a toccare i 98 punti base, dopo aver rotto al rialzo la soglia dei 100 punti lo scorso 28 ottobre e dopo aver registrato il livello record di 132 punti, nuovo massimo dall'introduzione dell'euro, il 31 ottobre. Se da un canto i timori macroeconomici a livello mondiale stanno sostenendo il mercato dei titoli di Stato, d'altra parte i trader stanno registrando anche una progressiva riduzione del rischio Paese per l'Italia rispetto ai livelli molto alti registrati alla fine del mese scorso. «Il credit default swap si è progressivamente ridotto dai massimi toccati a fine ottobre», ha detto un operatore del settore. «Ieri Wall Street ha chiuso in rialzo e questo è il segnale del ritorno di una certa propensione al rischio che favorisce i periferici rispetto ai core. Il fatto che il futuro presidente abbia una netta maggioranza al Congresso dà certamente una garanzia di stabilità che premia i mercati. Ma è ancora presto per immaginare come saranno valutate le politiche fiscali e sociali che Obama dovrà intraprendere». Nel complesso il mercato è in attesa della decisione che la Bce prenderà oggi sui tassi nonché della mossa della Banca d'Inghilterra, dopo le manovre accomodanti di Stati Uniti, Giappone, Cina e India e Australia. Per la zona euro il mercato scommette su un taglio di mezzo punto. Sul fronte americano, i prezzi dei titoli di Stato Usa hanno ceduto terreno dopo l'annuncio del Tesoro di un'operazione di rifinanziamento trimestrale da 55 miliardi di dollari. In apertura il benchmark decennale ha registrato una performance in calo con rendimento del 3,72%, male anche il due anni il cui yield si è attestato all'1,42 per cento.

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la fine dell'autismo - lucio caracciolo (sezione: Cina)

( da "Repubblica, La" del 06-11-2008)

Argomenti: Cina

Pagina 1 - Prima Pagina LA FINE DELL´AUTISMO LUCIO CARACCIOLO Barack Obama è il presidente del mondo. Non nel senso, pessimo e impossibile, dell´imperatore di noi tutti. Ma in quello, realistico e positivo, dell´uomo che la stragrande maggioranza dell´umanità avrebbe voluto alla guida del più importante paese del mondo. Nelle elezioni planetarie virtuali via Internet, Obama è stato plebiscitato dappertutto: dalla Francia (94,5%) alla Cina (88%), dalla Germania (92,5%) all´India (97%), dalla Russia (88%) all´Iran (80%), per finire con il trionfo in Italia (92%). Miliardi di persone hanno soffiato nelle vele della barca di Obama. Gli americani lo sapevano, anzi lo sentivano. Come affermava Thomas Jefferson, americanizzando il cogito cartesiano: "I feel, therefore I am" � "sento dunque sono". I connazionali di Obama devono averlo sentito quel vento ben dentro la loro pelle, fino all´altro ieri piuttosto impermeabile alle opinioni di chi vivesse fuori dell´immenso, benedetto poligono a stelle e strisce. SEGUE A PAGINA 36

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tesoro, un clintoniano o un banchiere fed per la "mission impossible" della ripresa - federico rampini (sezione: Cina)

( da "Repubblica, La" del 06-11-2008)

Argomenti: Cina

Pagina 11 - Economia Tesoro, un clintoniano o un banchiere Fed per la "mission impossible" della ripresa In pole position Larry Summers e Geithner. Tra i consiglieri Volcker e Buffett Obama cerca di evitare personaggi vicini alle banche d´affari FEDERICO RAMPINI dal nostro inviato SAN FRANCISCO - Per la prima volta nella storia la nomina più importante su cui sarà giudicato Obama non è il segretario di Stato ma il ministro del Tesoro. E´ una misura dei tempi eccezionali che viviamo e delle sfide tremende che attendono il presidente. Tutti ricordano i grandi segretari di Stato del passato, da Henry Kissinger a Colin Powell: i volti dell´America nel mondo in epoche segnate dall´importanza della politica estera; quasi nessuno ricorda i ministri del Tesoro. Oggi la crisi dell´economia globale sconvolge le gerarchie. Da Wall Street al presidente cinese Hu Jintao, dai fondi pensione ai governi dell´Unione europea, il segretario al Tesoro Usa è il nome che tutti attendono con ansia. Nel passaggio di consegne fra le Amministrazioni, un tempo le riunioni più importanti erano quelle in cui i servizi segreti rivelano al nuovo presidente i dossier per la sicurezza nazionale. Ma in queste ore oltre alle trame terroristiche Obama esamina la situazione del credito semiparalizzato, degli hedge fund in bilico, delle grandi corporation su cui incombe la bancarotta. Per la gravità degli eventi solo il passaggio da Herbert Hoover a Franklin Roosevelt nel 1932 può essere paragonato alla transizione Bush-Obama. Ma Roosevelt si rifiutò di parlare col suo inetto predecessore fino a quando non lo sostituì nella pienezza dei poteri. Obama non può permettersi tempi così lunghi. La spasmodica attesa dei mercati globali impone decisioni velocissime. Tra dieci giorni si riunisce alla Casa Bianca il G-14 per discutere la recessione mondiale e avviare il negoziato verso una Bretton Woods 2. E´ un appuntamento cruciale da cui possono dipendere i tempi di uscita da questa crisi, e forse il modello di capitalismo su cui ricostruire lo sviluppo. A quel vertice Bush e Paulson saranno due ombre, né gli europei né gli asiatici né i mercati finanziari danno peso alle loro parole. E´ essenziale che per allora sia avvenuto un informale passaggio dei poteri. Obama ha deciso di scegliere il titolare del Tesoro entro questa settimana, in modo che l´Amministrazione in pectore abbia la vera regìa del summit, «suggerendo» dietro le quinte ciò che Bush-Paulson diranno ai leader mondiali e ai mercati. Il nome profilo del ministro economico conterrà il primo messaggio forte della nuova Amministrazione. La sua biografia sarà analizzata per i simboli che condensa. I nomi che circolano sono omogenei solo in apparenza. In pole position risultano Larry Summers, ex segretario al Tesoro di Clinton. Timothy Geithner, presidente della Federal Reserve di New York, massima autorità nella banca centrale dopo Ben Bernanke. Il governatore del New Jersey, Jon Corzine, ex presidente della Goldman Sachs. Dietro ci sono l´ex banchiere centrale Paul Volcker, il miliardario Warren Buffett, l´altro ex segretario al Tesoro di Clinton Robert Rubin: più probabili come consiglieri che in un incarico nell´Amministrazione. E´ una squadra di talenti di altissimo livello, che già aiutarono Obama a sovrastare McCain per competenza quando i duelli tv s´intrecciavano con i crac bancari. Quei nomi incutono rispetto ai mercati. Ma la finanza globale non è l´unica constituency e neppure la più importante a cui deve guardare Obama. Per la natura di questa crisi, insieme con gli indici di Borsa è precipitata la credibilità etica e professionale di gran parte dell´establishment capitalistico americano. Obama ha promesso che la sua attenzione andrà a Main Street (l´economia reale) prima che a Wall Street. Il nome del segretario al Tesoro è il primo test. Sceglierà un tecnocrate istituzionale dalla banca centrale? Un economista liberal? Un imprenditore legato all´industria e sensibile alla competizione con la Cina? Sembra sconsigliabile la scelta di un uomo legato alle investment bank, un mondo colpito dal discredito. Molti elettori sarebbero delusi se la governance dell´economia venisse data ancora in appalto al capitalismo dei bancarottieri e delle liquidazioni milionarie. Tuttavia è essenziale che il prescelto abbia dimestichezza con la finanza: potrà essere chiamato ad azioni d´emergenza, provocate da improvvisi choc dei mercati. Il segretario al Tesoro eredita una "Mission Impossible". Il deficit pubblico sale vertiginosamente, verso quota 10% del Pil, mentre la recessione fa crollare le entrate fiscali. L´economia reale ha perso 760.000 posti di lavoro dall´inizio dell´anno, la produzione industriale è in caduta, i salvataggi di banche e assicurazioni sono allo stadio iniziale. Le promesse di Obama sono lungimiranti e ambiziose ma vanno confrontate con la povertà di mezzi. Il neopresidente vuole una sanità che estenda l´assistenza a decine di milioni di cittadini, senza rinunciare a meccanismi di mercato e libertà di scelta. Ha detto che taglierà le tasse su tutte le famiglie dal reddito inferiore ai 200.000 dollari (la vasta maggioranza) alzandole solo oltre i 250.000. Ha annunciato 150 miliardi di investimenti nelle energie rinnovabili per affrancare l´America dal petrolio mediorientale entro dieci anni. Altri interventi prioritari riguardano la scuola, le infrastrutture, il sostegno immediato ai consumi per le famiglie meno abbienti. E il "New New Deal" di Obama non sarà completo senza una profonda revisione dei controlli e delle regole sui mercati del credito, una nuova architettura della finanza mondiale che impedisca il riprodursi di bolle micidiali e distruttive. Può uscirne un profondo riequilibrio dei rapporti di forze: dalla finanza in favore dell´industria; dalle imprese in favore dei lavoratori. Ma non è un gioco a somma zero in cui il mondo degli affari debba essere soltanto penalizzato. Gli investimenti nelle nuove tecnologie eco-sostenibili, o la riduzione della spesa sanitaria, offrono in contropartita l´opportunità di rilanciare la crescita su basi sane; di risollevare il capitalismo americano dalla paura. Il mondo intero studierà quale nuovo equilibrio si stabilisce tra Stato e mercato in America. E attenzione: un aggravarsi della recessione, qualche indugio o errore serio nelle prime manovre economiche, espongono Obama al rischio di perdere la maggioranza al Congresso già fra due anni, nelle elezioni di mid - term. L´exploit della sua vittoria elettorale è solo il primo - forse neanche il più difficile - nella lunga serie di prodigi che dovrà realizzare.

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addio alla decana delle industrie - antonio fraschilla (sezione: Cina)

( da "Repubblica, La" del 06-11-2008)

Argomenti: Cina

Pagina IV - Palermo Addio alla decana delle industrie Chiude la Metalmeccanica meridionale, in 45 perdono il lavoro "Travolti dalla concorrenza della Cina e dell´Est e dall´aumento del costo delle materie prime e dei salari" ANTONIO FRASCHILLA Dopo un secolo chiude la Metalmeccanica meridionale. La storica azienda palermitana non ha retto alla concorrenza dei paesi dell´Est e della Cina. Ieri la proprietà, costituita dalla famiglia Mineo, ha portato i libri contabili in tribunale e 45 operai hanno così perso il lavoro. L´azienda di via Ducrot a Palermo non ha retto alle difficoltà degli ultimi anni. «Abbiamo accumulato debiti per cercare di rimanere nel mercato - dice Vincenzo Mineo, legale rappresentante dell´impresa - Siamo stati stretti da una doppia morsa, da un lato la concorrenza della Cina e dei paesi dell´Est, e dall´altro l´aumento del costo delle materie prime e del lavoro». La Metalmeccanica meridionale esiste dai primi del Novecento, dal secondo dopoguerra si è specializzata nella produzione di componenti meccaniche per le centrale elettriche, diventando un´azienda leader nel settore, che aveva nel suo portafogli clienti colossi come l´Enel e l´Edipower. «Colossi che sono rimasti nostri clienti, il problema è che con la concorrenza spietata abbiamo tenuto i prezzi bassi, mentre i costi aumentavano - continua Mineo - Il risultato è stata l´accumulazione dei debiti, ai quali adesso non sappiamo come far fronte, per questo abbiamo portato i libri contabili in tribunale». L´ultimo tentativo per salvare l´azienda è stato fatto nel gennaio scorso, quando la Metalmeccanica meridionale aveva fatto richiesta di accedere al fondo per «la ristrutturazione e il salvataggio delle aziende in crisi», costituito dal ministero dello Sviluppo economico e gestito da Sviluppo Italia. «Ci era stato riconosciuto un finanziamento di 4 milioni di euro che serviva, oltre che a coprire i debiti, a incassare la disponibilità di tre banche a sostenere il piano industriale - conclude Mineo - Ma ad aprile è arrivata la comunicazione dal Ministero che la Corte Costituzionale e l´Unione Europea avevano dichiarato illegittima una parte della legge. Risultato? Il fondo è stato bloccato. Cento anni di tradizione sono stati così spazzati via dalla burocrazia». La Metalmeccanica meridionale era stata l´unica in Sicilia a richiedere di accedere al fondo per le imprese in crisi: «Non avevamo ricevuto altre domande», dicono da Sviluppo Italia. L´azienda, da sempre nel settore metalmeccanico, è stata per più di trent´anni fornitrice dell´Enel per la costruzione di componenti per centrali termoelettriche e sostegni a traliccio zincati, detenendo il 90 per cento del mercato italiano. Fiore all´occhiello delle aziende metalmeccaniche dell´Isola, era riuscita a superare la crisi del settore della fine anni Novanta. Negli ultimi anni si era diversificata nel settore della carpenteria pesante, in particolare nella costruzione di macchine per centrali elettriche, lavorando per clienti come Ansaldo, Termokimik ed Edipower. «Purtroppo adesso, a causa dei debiti, siamo stati costretti a revocare anche alcuni di queste commesse, il che è un assurdo, ma d´altronde nessuno ci ha aiutato in questo momento difficile», dicono dalla Metalmeccanica meridionale. «L´azienda continua ad avere richieste di lavoro da parte di queste grandi ditte, per questo chiediamo al tribunale la nomina immediata di un curatore fallimentare che verifichi la possibilità di una ripresa della produzione per garantire il lavoro ai 45 operai - dice Francesco Piastra, segretario provinciale della Fiom Cgil - Inoltre occorre che venga garantita la cassa integrazione ordinaria ai dipendenti in questa fasi di transizione».

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erp, la rivolta degli inquilini - ernesto ferrara (sezione: Cina)

( da "Repubblica, La" del 06-11-2008)

Argomenti: Cina

Pagina XIII - Firenze Erp, la rivolta degli inquilini Urla e fischi in strada, sbloccano i fondi per le ristrutturazioni ERNESTO FERRARA Case popolari, scoppia la rivolta degli inquilini contro l´amianto sui tetti e le ristrutturazioni bloccate da 5 anni. La miccia si accende nei palazzi Erp di via Simone Martini all´Isolotto, dove il Sunia, il sindacato degli inquilini, organizza un incontro pubblico tra i residenti, circa 200, il Comune e la Regione. Ne nasce un mezzogiorno di fuoco: urla e fischi contro l´amministratore delegato di Casa Spa (la società che gestisce il patrimonio immobiliare Erp nell´area fiorentina) Vincenzo Esposito e l´assessore regionale alla casa Eugenio Baronti di Rifondazione Comunista. «Le facciate di questi palazzi cadono a pezzi, il vano ascensore si allaga, sui tetti ci sono ancora decine di lastre di eternit che contengono amianto: avete i soldi, perché non vi sbrigate a fare i lavori?», protesta il capocondominio Calogero D´Anca. Ci sono 50 persone arrabbiate in strada e il segretario del Sunia Simone Porzio non sa come prenderla. «Dov´è l´assessore Chiocciola?», urlano gli abitanti che chiedono in realtà dell´assessore Paolo Coggiola, in Cina per motivi di lavoro. Al suo posto arriva il collega Graziano Cioni. Tira un fischio, si apre un varco tra la folla e chiede il silenzio: «Allora, vediamo se si risolve la faccenda una volta per tutte». Dopo mezz´ora la matassa è sbrogliata: Casa Spa si impegna a presentare entro una settimana le schede progettuali per la manutenzione straordinaria di via Simone Martini e la Regione, che deve dare l´ok, garantisce che in venti giorni si può chiudere la pratica. Significa che a fine mese, se tutti rispettano la parola presa, possono partire i lavori? «No, ma può partire la procedura per la gara d´appalto: entro febbraio il cantiere potrebbe aprire i battenti», chiarisce Esposito. Ma da dove nasce il caos delle ristrutturazioni? I soldi ci sono: 9 milioni di euro derivanti dai canoni pagati dagli inquilini e da vendite degli alloggi. Sono già depositati su un conto bancario, basterebbero a ristrutturare via Martini (560 mila euro) e altre decine di alloggi (circa 1000, che dal 2003 non vedono l´ombra di un lavoro), ma Casa Spa fino a qualche mese fa non poteva spenderli per via di un contenzioso tra la Regione e i Comuni dell´area fiorentina. Perché? La Regione punta il dito contro il sistema di spesa dei comuni fiorentini: «Devono spendere quei fondi non solo per le ristrutturazioni come dice la legge regionale, ma anche per altre cose come l´Ufficio casa e i vigili urbani», dice Baronti. «L´assessore è male informato», replica la titolare del bilancio di Firenze Tea Albini. Sta di fatto che solo a fine 2007 si è trovato un accordo e quei fondi si sono sbloccati. Mancavano però i progetti e l´ok degli uffici regionali. Ieri è ripartito tutto. Ora tra un mese potrebbe partire l´iter dei lavori anche per le case Erp di via Carlo del Prete, Argingrosso, Pio Fedi, Pescetti, Canova, Casella, Accademia del Cimento e IX Febbraio.

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il made in italy va a caccia in vietnam - roberto petrini (sezione: Cina)

( da "Repubblica, La" del 06-11-2008)

Argomenti: Cina

Pagina 32 - Economia Missione di Confindustria, Ice e Abi Missione di Confindustria, Ice e Abi Il made in Italy va a caccia in Vietnam Il made in Italy va a caccia in Vietnam ROBERTO PETRINI DAL NOSTRO INVIATO HANOI - Sono 160 imprese, 300 persone, quasi tutti del mondo delle piccole e medie aziende Italiane. Da tre giorni sono sbarcati in Vietnam, guidati dalla Confindustria, in stretta collaborazione con l´Ice di Vattani e l´Abi, l´associazione delle banche presente con 11 delegazioni e fortemente interessata alla zona. Rimarranno tutta la settimana in Vietnam, nuova tigre dell´Estremo Oriente con un economia sostanzialmente al riparo dal big crash che investe il pianeta, e incontreranno "face to face", cioè a quattr´occhi, 600 operatori economici vietnamiti, per un totale di 1.700 opportunità di affari. C´è da chiedersi perché il Vietnam. Lo spiega a chiare lettere il vicepresidente di Confindustria per i rapporti internazionali Paolo Zegna: «Qui siamo i primi, in Cina il processo è esploso già vent´anni fa. Inoltre il sistema di piccole imprese vietnamite è un ottimo interfaccia per le nostre aziende», racconta e rivela di avere contatti per installare nel paese che fu di Ho Chi Min una catena di negozi di alta gamma. Del resto il vero miracolo del Vientnam, che sta per entrare nel Wto, si chiama distretti industriali, un po´ come in Italia: tante piccole imprese che, a grappolo, si istallano su un territorio e collaborano. Anche la nuova Piaggio inaugurata in questi giorni nei pressi di Hanoi sfrutta queste sinergie territoriali e affida la produzione delle scocche degli scooter ad un piccolo indotto locale. Costo del lavoro naturalmente basso, voglia di fare e manodopera istruita completano il quadro. «Il passo successivo è quello della formazione: vogliamo creare in loco tecnici abituati a lavorare su macchine utensili italiane per far crescere l´immagine dell´Italia e la simpatia nei confronti dei nostri prodotti», racconta l´ambasciatore Vattani, presidente dell´Ice assai soddisfatto dei risultati della missione. Se alcune imprese in Vietnam si sono già insediate, come la Mapei e la Ferroli, altre sono pronte a farlo. «Il mercato ci interessa», ammette Leopoldo Destro, della Aristocavi di Vicenza. «Stiamo vagliando le opportunità», dice il proprietario della Clementoni di Recanati. Persino una di avvocati d´affari si prenotata per gli incontri con i vietnamini.

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"sì, barack è uno dei nostri berlusconi si rassegni le sue idee sono state sconfitte" - goffredo de marchis (sezione: Cina)

( da "Repubblica, La" del 06-11-2008)

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Pagina 19 - Interni Veltroni elogia anche McCain: da lui parole di grande civiltà "Sì, Barack è uno dei nostri Berlusconi si rassegni le sue idee sono state sconfitte" GOFFREDO DE MARCHIS ROMA - Sul monitor scorrono le agenzie di stampa, Walter Veltroni sorride: «Berlusconi ironizza sul nostro entusiasmo e dice: "Obama sembra uno del Pd". Si sbaglia: non sembra, è uno di noi. Il leader di un grande movimento politico e civile che è il pensiero democratico». Il segretario del Pd ha puntato sul nuovo presidente americano da subito e oggi può festeggiare più degli altri. Lo ha incontrato nel 2005 quando la corsa alla Casa Bianca era nella mente di Dio. «L´anno dopo chiamai una casa editrice per dirgli di tradurre e pubblicare la sua autobiografia. Inizialmente, erano scettici. Oggi credo siano molto contenti...», scherza. Perché scommise su Obama dopo quel colloquio? «Su Obama avevo scommesso già prima di quell´incontro. Mi aveva colpito il discorso alla convention del 2004, la sua forza, la sua passione. Mi sembrava che lui parlasse il linguaggio migliore dei democratici. Obama coniuga la condivisione della vita reale e la tensione ideale. Eppoi, la mia formazione politica è dentro l´esperienza democratica e il suo sistema di valori. Ho sperato per tutta la vita che nascesse in Italia un partito con lo stesso nome e la stessa vocazione. Ho sempre creduto che il riformismo fosse radicalità di principi e concretezza di programmi. Questo è il mio percorso. Io cerco di parlare un linguaggio che in Italia viene spesso considerato idealista e sognatore ma che per me è l´unico capace di trasformare la politica in passione, in programma, in valori». Molti dicono che in fondo l´America non cambia quando si sostituisce l´inquilino della Casa Bianca. Perché adesso dovrebbe esserci una rivoluzione? «La vera rivoluzione non la fa il presidente, la fanno gli americani. Eleggendo per la prima volta un afroamericano, non chiudendosi in se stessi di fronte a una crisi economica gravissima. Invece di arroccarsi si aprono e guardano al futuro. Queste elezioni hanno la stessa forza del voto per John Kennedy». Ma oggi non sono più gli Usa il centro del mondo. Premono la Cina e l´India. «Che la Cina, l´India e altri Paesi siano protagonisti non ci sono dubbi. Io però credo all´insostituibilità dell´America. Il mondo non può accettare l´isolamento degli Usa, non può rinunciare alla sua leadership morale. In questi ultimi anni l´America era quella di Guantanamo, non più di Martin Luther King, era considerata da tanti lontana e nemica, redistribuiva la ricchezza in maniera totalmente iniqua. Ora esce dall´angolo. C´è anche la straordinaria prova di democrazia cui abbiamo assistito. Le file ai seggi e il grado di civiltà dimostrata dallo sconfitto. Ho mandato un messaggio a McCain perché il suo discorso mi ha impressionato. Si è preso le contestazioni della sua platea per aver citato le parole di Obama, per aver ricordato che l´America è una. Se guardo alla politica italiana, la differenza appare enorme. Obama vuole unire il suo Paese. In Italia si fa il contrario. Il vincitore Berlusconi, peraltro rappresentante di una parte non maggioritaria del Paese, si preoccupa di aggredire gli avversari, non di tenere insieme l´Italia». La vittoria di Barack è una lezione per il premier? «è una lezione per tutta la politica italiana. Per esempio, trovo grottesco che sia nato un comitato del Pdl per Obama. Direi che ora la confusione che si addebitava al centrosinistra è tutta dall´altra parte. Cos´è la destra? Statalista o mercatista? Sta con Bush o con Obama? Sceglie il populismo della Palin o il moderatismo di McCain? Se Berlusconi dice che Bush è stato il miglior leader nella storia degli Stati uniti non può stare in alcun modo con Obama che ha costruito la sua elezione sulla critica radicale al presidente uscente. Eppoi dicono che sono io quello del ma anche... La verità è che la destra italiana somiglia più alla Palin che a McCain. Molti dirigenti del Pdl, se fossero stati in piazza ad ascoltare lo sconfitto che rendeva omaggio al vincitore, avrebbero fischiato. Vede, mentre in Italia si propongono le classi differenziate, in America viene eletto il figlio di un agricoltore africano. Qualcuno è fuori dal tempo: noi o loro?». Perché Berlusconi dovrebbe essere tagliato fuori dopo l´elezione di Obama? Per una questione di età o perché è troppo amico di Bush? «Gioca anche il fattore età. è un mondo nuovo quello che si affaccia con Obama. Internet, le social community. Sono strumenti sconosciuti alla generazione del premier. Eppoi Berlusconi blocca gli accordi di Kyoto mentre Obama punta sull´ambiente come fattore di crescita. Berlusconi sponsorizza l´unilateralismo americano che verrà sostituito dal multipolarismo. Obama ovviamente è un sostenitore dell´integrazione multiculturale che la destra osteggia. Le idee di Berlusconi sono state sconfitte perché lui si riconosce in Bush. Che è il vero perdente di questo voto». Dunque il Cavaliere non durerà cinque anni. «Non lo so. Comunque un´altra fase era già avviata prima del voto americano. Loro possono smentire quanto vogliono, ma i sondaggi indicano una caduta verticale per il governo. Il malessere della maggioranza si sente, eccome. Se dovessi elencare le telefonate che ricevo da dirigenti del centrodestra sgomenti per come Berlusconi si muove nella vita istituzionale, potrei impiegare due giorni». Obama influenzerà anche il dibattito nel vostro Partito democratico? «Io dico che c´è una sola fonte viva per interpretare il nostro tempo: la cultura democratica. Non c´è bisogno di cercare altrove. Qui sta la chiave con cui il riformismo italiano ed europeo può diventare maggioritario. Per parte nostra, dobbiamo imparare a separare l´immagine virtuale della nostra discussione dal mondo reale, quello del Circo Massimo e delle primarie. Questo mondo reale ci dice che esiste un riformismo di massa e che va spezzato dentro il Pd il circuito dell´autodistruzione. A me piace la ricchezza di idee, ma anche il sentirsi parte di una comunità che unita si muove per far perdere le elezioni agli avversari e vincerle noi».

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ArcelorMittal, piano anti-crisi (sezione: Cina)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 06-11-2008)

Argomenti: Cina

Il Sole-24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2008-11-06 - pag: 45 autore: Acciaio. Nel periodo giugno-settembre il gruppo cresce ma i risultati deludono le attese - Titolo giù del 15,5% ArcelorMittal, piano anti-crisi Nel prossimo trimestre produzione ridotta del 35% negli Usa e del 30% in Europa Mara Monti MILANO Il settore dell'acciaio comincia a fare i conti con la crisi economica. Proprio ieri il colosso ArcelorMittal ha annunciato misure drastiche per fare fronte alla difficile fase congiunturale e frenare il calo dei prezzi, annunciando il raddoppio dei tagli alla produzione e un piano di riduzione dei costi, per fare fronte alla minore domanda di acciaio delle costruzioni e delle auto. Il titolo ha chiuso le contrattazioni in calo del 15,50% a seguito dell'annuncio del presidente della compagnia Lakshmi Mittal secondo il quale ArcelorMittal ridurrà del 35% la produzione negli Usa di prodotti piani e del 30% in Europa entro la fine dell'anno. Un taglio superiore a quanto previsto a settembre quando ci si era fermati al 15 per cento. «La crisi dell'economia sta avendo ripercussioni inaspettate – ha detto il presidente Mittal nel corso di una conference call – e rischiamo di avvicinarci a una situazione similea quella già vista nel 1930. Siamo stati costretti a prendere decisioni drastiche per cercare di riportare il business dell'acciaio su livelli più equilibrati». La decisione sulla produzione si è affiancata ai risultati del terzo trimestre, peggiori delle aspettative degli analisti e alle previsioni poco lusinghiere sul quarto trimestre: l'utile netto si è attestato a 3,821 miliardi di dollari (+29%), pari a 2,78 dollari ad azione. L'ebitda è stata di 8,58 miliardi (+76%) inferiore alle previsioni di 8,7 miliardi mentre il fatturato è salito del 38% a 35,198 miliardi. Per il 2008, ArcelorMittal punta ad un ebitda tra 2,5 e 3,0 miliardi di dollari, in calo dai 4,8 miliardi di fine 2007. Per quanto riguarda il dividendo 2009 sarà mantenuto a 1,5 dollari ad azione e il debito netto ridotto di 10 miliardi entro la fine del prossimo anno (ora è a 32,5 miliardi di dollari). I risultati deludenti di ArcelorMittal hanno messo sotto pressione i credit default swap del gruppo saliti di 14 punti base a 651 in linea con il benchmark Markit iTraxx Crossover in crescita di 15 punti base sui timori di nuovi fallimenti tra i corporate. «Il taglio della produzione rimarrà in vigore nel corso del 2009 –ha sottolineato ildirettore finanziario Aditya Mittal –, ma siamo convinti che la domanda tornerà sostenuta nei prossimi 12 mesi». Sul fronte dei prezzi, Mittal si attende una ripresa delle quotazioni dell'acciaio all'inizio del 2009, come effetto dei tagli alla produzione decisi dagli altri produttori in Russia, Giappone e Sud Corea. «I governi stanno adottando programmi a sostegno all'economia e questo avrà un impatto anche sul settore dell'acciaio», ha aggiunto. ArcelorMittal rappresenta il 10%dell'output mondiale, attestandosi al primo posto tra gli operatori del settore, tre volte i sui imminenti concorrenti, i giapponesi della Nippon Steel. A livello globale la produzione di acciaio a settembre è stata di 108,4 milioni di tonnellate, il 3,2% in meno dell'anno precedente, secondo il World Steel Association. Ma soprattutto pesa il crollo del 9,1% della produzione della Cina, il maggior produttore mondiale. Per il 2009 le previsioni continuano ad essere negative. Nello sforzo di ridurre la produzione, il gruppo in Italia ha annunciato il fermo degli impianti dall'8 dicembre per circa un mese con la ripresa prevista dopo il 6 gennaio. Al momento non sono previsti tagli occupazionali. Tra le altre misure per fare fronte alla crisi, ArcelorMittal ridurrà i costi di un ulteriore miliardi di dollari dai 4 già pianificati, adottando misure quali la chiusura di uffici all'estero e restrizioni sui viaggi dei manager. CAMBIO DI VENTO Solo poche settimane fa si prevedeva una contrazione dei volumi del 15% In tensione i credit default swap saliti di 14 punti base

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<Più vicino all'Ue Ma potremmo rimanere delusi> (sezione: Cina)

( da "Avvenire" del 06-11-2008)

Argomenti: Cina

MONDO 06-11-2008 Il voto di ieri ha aperto un nuovo capitolo nelle relazioni internazionali e in particolare in quelle le interviste Stephen Hess interatlantiche: le diverse attese sulle due sponde di un oceano percorso dai venti di recessione «Più vicino all'Ue Ma potremmo rimanere delusi» Pierre Hassner DA PARIGI DANIELE ZAPPALÀ « E sistono nuove prospettive d'intesa transatlantica, ma attenzione! Nel breve periodo, l'Europa multilateralista rischia di essere delusa da Obama». A lanciare l'avvertimento è il politologo Pierre Hassner, fra i massimi esperti mondiali di relazioni atlantiche, docente in Francia e al centro europeo di Bologna della John Hopkins University, autore di opere ed articoli sulla politica estera americana tradotti anche in Italia che gli hanno valso, fra l'altro, il prestigioso premio Tocqueville. Professore, in Europa e altrove si è parlato di «Obamamania». La sorprende questa popolarità senza frontiere del nuovo presidente? Sono rimasto colpito dalla quasi unanimità che in pochi mesi ha apparentemente ridotto la distanza fra l'America e il resto del mondo. In alcuni Paesi che si sentono minacciati, come l'Albania, la Georgia e in parte Israele, la preferenza della gente è rimasta fino alla fine per McCain, giudicato più intransigente e meno morbido. Ma si è trattato di eccezioni in un momento abbastanza unico di ritrovo simbolico dell'intero pianeta. Le reazioni politiche in Europa sono state rapide e ottimiste. Sul fronte transatlantico, le pare un ottimismo giustificato? Obama è senz'altro molto più vicino agli europei rispetto a McCain e Bush. Ma, al contempo, l'Europa non pare certo fra le sue priorità, focalizzate invece sulla crisi economica e le maggiori aree "calde" planetarie. Esistono margini maggiori per un'intesa, ma non si può neppure escludere una delusione reciproca sulla concezione del multilateralismo. Soprattutto se Washington continuerà a considerarlo come la possibilità offerta agli alleati di dare sostegno alla presenza militare americana in Afghanistan o altrove. Un sostegno da cui tante capitali preferirebbero invece oggi defilarsi. Inoltre, in queste aree di crisi, il vero problema è che non s'intravedono per il momento soluzioni. Aldilà del multilateralismo o meno, c'è un nodo irrisolto legato al contenuto dell'azione. La fiducia nel multilateralismo non basta. Dunque, la strada non è ancora spianata. Non credo, anche pensando a ciò che sta accadendo in Europa dell'Est, l'unica area europea di cui si sia davvero parlato nella campagna americana. La Polonia e gli Stati Baltici sono per l'ingresso di Ucraina e Georgia nella Nato ed Obama pare convergere su questa posizione. A differenza di gran parte dell'Europa occidentale, per nulla entusiasta. Si è parlato anche di un Obama «protezionista » sul commercio internazionale. Che ne pensa? In questo periodo di crisi, è impossibile fare previsioni su questo fronte. Ma credo si sia esagerato definendo Obama come un protezionista, dato che si tratta innanzitutto di un pragmatico. Lo sarà probabilmente tanto più grazie all'eccellente staff di consiglieri economici che ha riunito. I dirigenti europei chiedono un rapporto transatlantico «più equilibrato». Una speranza fondata? Credo di sì. In ogni caso, l'ondata d'ostilità in America soprattutto contro la Francia e più in generale verso l'ex «fronte del no» alla guerra in Iraq, pare ormai una storia del passato. Ma il rischio per l'Europa pare oggi soprattutto quello di essere un po' dimenticata. Almeno fin quando la diplomazia americana si concentrerà sugli assi critici con la Russia, il Medio Oriente, con Chavez o su potenze emergenti come India e Cina. Spetta soprattutto all'Europa il compito di pesare di più a livello diplomatico e non solo in campo economico. In ambiti di cooperazione nuovi come l'ecologia, gli Stati Uniti potrebbero avvicinarsi alle posizioni europee? A giudicare dai suoi discorsi, Obama sembra credere sinceramente nelle energie rinnovabili e nella lotta all'inquinamento. Ma la crisi economica rischia di relegare questo tema negli Stati Uniti fra quelli non prioritari. Cosa può apprendere l'Europa da questa elezione «storica»? Condivido il parere di chi giudica ancora inconcepibile un'elezione simile in Francia e negli altri Paesi europei, pur così avvezzi spesso a biasimare il presunto razzismo negli Stati Uniti. C'è tanto da apprendere su questo fronte, così come dalla capacità degli Stati U- niti di voltare pagina per rigenerarsi. L'Europa, spesso così poco appassionata, può anche imparare dallo slancio ideale che ha attraversato questa elezione. Il politologo francese Pierre Hassner: «Vi è una intesa sul multilateralismo anche se temo possano emergere forti contrasti operativi»

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La svolta americana fa sognare l'Europa (sezione: Cina)

( da "AmericaOggi Online" del 06-11-2008)

Argomenti: Cina

La svolta americana fa sognare l'Europa di Marisa Ostolani 06-11-2008 BRUXELLES. La svolta americana fa sognare anche l'Europa che con Barack Obama alla presidenza degli Usa spera di aver trovato un alleato alla Casa Bianca per dare una risposta globale e multilaterale alle sfide del mondo, dal cambiamento climatico alla globalizzazione, dalla lotta al terrorismo alla costruzione della pace. "Abbiamo bisogno di trasformare la crisi attuale in una grande opportunità. Abbiamo bisogno di un nuovo new deal", ha detto il presidente della Commissione Ue, José Manuel Durao Barroso, evocando l'immenso sforzo fatto dal presidente americano Franklin Delano Roosewelt per uscire dalla grande depressione del '29, alla quale gli economisti paragonano la crisi finanziaria ed economica attuale. Per Barroso, tra i primi leader europei a congratularsi ieri all'alba con il nuovo presidente, l'elezione di Oba- ma "é un punto di svolta per gli Usa e può esserlo anche per il mondo intero". Di "vittoria storica" ha parlato il cancelliere tedesco Angela Merkel, mentre il premier britannico Gordon Brown ha salutato i "valori progres- sisti" e la "visione per il futuro" dimostrati da Obama. Durante la campagna elettorale, la maggioranza dei leader europei ha tifato per il candidato democratico in modo esplicito ed oggi ne festeggia la vittoria come fosse anche propria. Il presidente francese Nicolas Sarkozy, che detiene la presidenza di turno dell'Unione europea, si è congratulato con Obama affermando che la sua elezione "solleva in Francia, in Europa e nel mondo un'immensa speranza: quella di un'America aperta, solidale e forte che mostrerà di nuovo la via, con i suoi partner, attraverso la forza dell'esempio e l'adesione dei suoi principi". Prima di riparare le macerie provocate nelle relazioni transatlantiche dalla decisione unilaterale di dichiarare guerra all'Iraq, probabilmente servirà tempo. Ma in Europa le attese per nuove relazioni multilaterali sono alte. "Su temi quali l'Iran, l'Afghanistan, l'Iraq, il Medio Oriente, le cose cambieranno", ha assicurato il ministro degli Esteri francese Bernard Kouchner. "Ci sarà più dialogo, anche se Obama non rovescerà tutto, sarà un presidente riflessivo, che porterà avanti un suo metodo. Ma cambierà". A Washington il 15 novembre prossimo, al vertice del G20 sulla risposta globale alla crisi dei mutui, gli onori di casa li farà ancora il vecchio presidente, ma la nuova amministrazione sarà presente con un proprio team di osservazione e gli sguardi europei saranno rivolti al nuovo corso di Obama. La Ue e Sarkozy reclamano regole per una "nuova architettura finanziaria internazionale" e sanno che troveranno nel nuovo inquilino della Casa Bianca - che nel suo primo discorso di investitura si è scagliato contro le follie di Wall Street - orecchie sensibili. Anche sul clima, le speranze europee per un cambiamento della linea Usa sono particolarmente alte. L'obiettivo è di arrivare alla fine del 2009 a Copenaghen con un accordo mondiale sulla riduzione di emissioni di C02 che includa, oltre alle economie emergenti (Cina, India, Brasile e Messico), anche gli Usa. Nonostante gli americani siano i più grandi consumatori di energia e i più grandi produttori di C02 al mondo, Washington si è finora rifiutata di accettare target vincolanti di taglio dei gas ad effetto serra. Sul fronte della politica estera, l' Afghanistan e le relazioni con la Russia sono i capitoli su cui si sperimenteranno da subito le nuove relazioni transatlantiche. Come McCain, Obama ha sostenuto in campagna elettorale la necessità di mandare più truppe in Afghanistan. E su questo gli europei sanno di non potere avere sconti. Mentre sulla ripresa di relazioni normali con Mosca, dopo il congelamento seguito alla guerra con la Georgia, il nuovo presidente può giocare un ruolo di maggiore apertura, rispetto al muro contro muro di George W. Bush.

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Quante sfide per Obama (sezione: Cina)

( da "AprileOnline.info" del 06-11-2008)

Argomenti: Cina

Quante sfide per Obama Silvana Pisa, 06 novembre 2008, 18:23 Esteri Il nuovo inquilino della Casa Bianca sarà all'altezza di tutti gli scottanti dossier internazionali lasciatigli in eredità da Bush? Dovrà affrontare l'ostilità aperta della Russia (ribadita dal presidente Medvedev), il rapporto con l'Europa e le guerre in Iraq e in Afghanistan. Da questi esami, sapremo se il nuovo leader americano si limiterà alla difesa dell'esistente o, come ha auspicato la Albright, "migliorerà gli standard di vita del mondo" Mentre i vari capi di stato si sono affrettati a congratularsi per la strabiliante elezione di Barack Obama a nuovo presidente degli Stati Uniti, in Russia il presidente Medvedev non ha esitato - nel suo rapporto alla nazione - a puntare il dito sulla politica americana. Il suo intervento evoca vecchie e nuove tensioni e, nell'auspicio di "un cambiamento di rotta nelle relazioni con gli Stati Uniti" mette le mani avanti proprio nel giorno in cui il mondo festeggia il risultato simbolico - che ha fatto luccicare gli occhi a milioni di persone - di vedere finalmente un nero a capo della casa Bianca. La Russia - 8°paese detentore di titoli del debito estero degli Stati uniti per circa 75 miliardi di dollari - accusa esplicitamente gli Usa di avere provocato la crisi finanziaria globale che insieme allo scoppio della bolla speculativa sul petrolio (sceso dai 148 $ al barile di giugno ai circa 50 di oggi) ha intaccato,non di poco, il tesoretto russo. Il "conto"presentato da Medvedev riguarda diverse tensioni accumulate nel tempo recente. Il primo riferimento esplicito si riferisce alle tecnologie per lo scudo antimissile dislocate dagli Usa in Polonia e Repubblica ceca: per la Russia una provocazione che ne muta gli equilibri strategici e che, come prima reazione, ha provocato la denuncia del trattato sugli armamenti tradizionali. Il secondo atto ostile sottolineato da Medvedev riguarda l'appoggio degli Usa all'aggressione compiuta dalla Georgia nei confronti del'Ossezia del Sud, padrinaggio utilizzato anche per giustificare lo spostamento di navi della sesta flotta dal mediterraneo alle coste russe del mar Nero. Alla denuncia di queste azioni si puo' aggiungere un pesante non detto: l'ostilità della Russia all'ampliamento della Nato verso i paesi dell'Europa dell'est, promosso dagli Stati Uniti e avvenuto, dalla fine degli anni '90, in modo massiccio e poco controllato che ha finito per dividere più che unire la stessa Europa (la vecchia Europa e la nuova Europa). Negli ultimi anni la Nato ha proposto di allargarsi anche a Georgia e Ucraina, ma nel recente vertice di Bucarest questo processo è stato stoppato dai paesi della vecchia Europa per evitare un'accerchiamento insopportabile per la Russia, che ne avrebbe aumentato l'isolamento e determinato ostilità. Non solo: sul piatto della bilancia con gli Stati Uniti gioca anche la contrarietà della Russia nei confronti del riconoscimento dell'indipendenza del Kossovo, dichiarata unilateralmente e promossa personalmente da una visita in loco di Bush, che ha mandato all'aria la risoluzione delle Nazioni Unite. Contro queste strategie made in USA - per interposta Nato - il capo del Cremilino due giorni fa ha promesso ritorsioni: allo scudo antimissile statunitense la Russia aveva già risposto, un paio di mesi fa, con la produzione di tecnologie elettroniche in grado di disturbarne la ricezione; in questi giorni Medvedev aggiunge la decisione di installare nell'enclave di Kaliningrad, a ridosso di Polonia e Lettonia, gli Iskander, sorta di batterie mobili a corto raggio con basse traiettorie, difficili da rilevare. Questo faccia a faccia muscolare tra Russia e Stati Uniti, in uno scenario di corsa al riarmo complessivamente destabilizzante, è destinato a cambiare col nuovo inquilino della Casa Bianca?Obama si è sempre espresso a favore di una politica estera multilaterale ma - al di là dell'annunciato ritiro delle truppe Usa dall'Iraq:una promessa fatta al popolo americano - democratici e repubblicani si sono raramente discostati nelle scelte internazionali di sicurezza e difesa. Nella scorsa stagione sono stati proprio i senatori democratici a votare a favore del bilancio militare più alto degli ultimi decenni. Ancora: durante la campagna elettorale Obama, per conquistare il voto repubblicano, si è impegnato a trasferire in Afghanistan parte del contingente disimpegnato dall'Iraq, aderendo alla dottrina Petraeus. Come se il tema della pacificazione afgana avesse a che vedere con l'aumento delle operazioni belliche (che continuano a colpire vittime civili come è successo in questi giorni in provincia di Kandahar) e non piuttosto a una diplomatizzazione della relazione coi talebani in vista di una via d'uscita dal conflitto. E' probabile che la crisi finanziaria ed economica globale,di cui gli Usa sono epicentro, porti, obtorto collo, ad un ridimensionamento di spese militari, missioni estere, corsa agli armamenti: il vero cambiamento sarebbe però che gli Stati Uniti, invece di accollare queste spese ai partners internazionali avviassero strategie per la risoluzione pacifica dei conflitti. E, per il rispetto dell'autonomia politica degli alleati, abbandonassero il ricatto "o con me o contro di me". Questo permetterebbe anche all'Europa - che nella crisi georgiana ha svolto un ruolo non scontato - di considerare i propri interessi non obbligatoriamente coincidenti con quelli degli USA. Per lo scenario europeo la Russia resta un interlocutore importante:per la sua vicinanza, la sua storia ma anche realisticamente, per i suoi rifornimenti energetici. C'è dell'altro: da un parternariato con la Ue la Russia, non più isolata, potrebbe trarre energie per affrontare e risolvere i suoi problemi materiali, istituzionali, di rispetto dei diritti di libertà. Un'integrazione Russia - Europa favorirebbe un multilateralismo che potrebbe rischiare altrimenti di restare schiacciato da un nuovo scenario bipolare sostenuto dal legame economico stretto tra Usa e Cina (Gli Usa sono il maggior importatore di prodotti cinesi e la Cina vanta un credito nei confronti degli Stati Uniti di 520 miliardi di dollari). Con questi problemi dovrà confrontarsi la speranza suscitata nel mondo dall'elezione di Obama. Il nuovo presidente riuscirà a "migliorare gli standard di vita del mondo" come ha scritto ieri Madeleine Albright, oppure si limiterà a "difendere il livello di vita degli americani" come sosteneva Bush? Per la pacifica convivenza la risposta a questa domanda non è indifferente.

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Fmi: Tutti in recessione (sezione: Cina)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 07-11-2008)

Argomenti: Cina

Il Sole-24 Ore sezione: IN PRIMO PIANO data: 2008-11-07 - pag: 5 autore: Fmi: «Tutti in recessione» Nel 2009 prima frenata globale dal dopoguerra per i Paesi avanzati Alessandro Merli SAN PAOLO. Dal nostro inviato Una politica fiscale globale espansiva è quello di cui l'economia mondiale ha bisogno dal G-20 per far fronte a una crisi molto peggiore di quanto si ritenesse anche solo un mese fa e che vedrà l'anno prossimo i più grandi Paesi industriali, per la prima volta dal dopoguerra, in recessione contemporaneamente. Il capo economista del Fondo monetario, Olivier Blanchard, ha lanciato ieri questa sollecitazione ai ministri delle Finanze e ai governatori del G-20, il gruppo delle principali economie avanzate e dei maggiori Paesi emergenti, che si riunisce domani a San Paolo per preparare il vertice convocato la prossima settimana dalla Casa Bianca. Un'indicazione analoga sul ruolo della politica di bilancio nel contrastare la recessione era venuta nei giorni scorsi dal governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, che sarà a San Paoloe a Washington. Blanchard ha descritto una situazione economica pesante, che ha costretto l'Fmi a fortitagli alle previsioni di crescita rispetto al World Economic Outlook di ottobre. Queste nuove stime orienteranno la discussione del fine settimana nella capitale industriale del Brasile. La crescita mondiale si fermerà nel 2009 al 2,2%, contro una previsione di ottobre del 3% ( finora considerato la soglia minima della recessione globale) e in brusco calo rispetto al 3,7% di quest'anno. L'economia si contrarrà negli Stati Uniti dello 0,7%e nell'Eurozona, sulla scia della recessione tedesca, dello 0,5. I Paesi avanzati nel loro complesso accuseranno una flessione dello 0,3% e quelli emergenti e in via di sviluppo cresceranno poco più del 5% (un punto in meno rispetto alle stime del mese scorso). Il pessimismo si è accentuato da ottobre, ha detto Blanchard, per due ragioni: il crollo della domanda nei Paesi avanzati, che porta il Fondo a ritenere che la contrazione di fine 2008 e primo semestre 2009 sarà più netta del previsto, e l'aggravamento delle condizioni del credito per i Paesi emergenti, colpiti dalla migrazione della crisi finanziaria e dal calo dell'export. I Paesi industriali hanno assistito, secondo l'economista francese, a un «drammatico crollo» della fiducia di famiglie e imprese, che hanno tenuto a lungo, ma ora «si sono semplicemente spaventati e hanno deciso di spendere meno ». Sui mercati finanziari si è innescato un «circolo vizioso» di riduzione di indebitamento, caduta dei prezzi e riscatti da parte degli investitori. Le cose potrebbero andare ancora peggio, in un clima di altissima incertezza, se si scoprissero altre «mine nascoste» nel campo della crisi finanziaria e se si creassero le condizioni per una deflazione protratta nel tempo. Secondo Blanchard, quest'ultimo rischio è molto piccolo. Il Fondo si aspetta una vigorosa reazione di politica economica: plaude al taglio dei tassi d'interesse di ieri da parte di Banca centrale europea e Banca d'Inghilterra e sostiene che esistono altri spazi di riduzione, mentre in altri casi (Stati Uniti, Giappone) si è più vicini al limite minimo dei tassi. Ma la risposta più efficace può venire dalla politica di bilancio, con un aumento della spesa pubblica o il taglio delle tasse. Molti Paesi (Stati Uniti, diversi europei, Cina) hanno margini per un allentamento della pressione fiscale. Da qui l'appello al G-20. «Se verrà attuata questa manovra globale - ha detto Blanchard - le nostre previsioni potranno rivelarsi pessimiste». L'Fmi nota anche che l'Italia, la cui economia si contrarrà dello 0,2% nel 2008 e dello 0,6% nel 2009, ha risentito, come gli altri Paesi dell'Eurozona, della caduta della fiducia, della distruzione di ricchezza dovuta al crollo dei mercati e del rallentamento della domanda globale. Ma i tagli rispetto alle stime 2009 sono minori che per altri. «Il sistema bancario - dice Jorg Decressin, economista del Fondo- è stato finorameno colpito e l'indebitamento delle famiglie è basso ». Tuttavia, il potenziale di crescita dell'economia resta scarso per ragioni demografiche e per le insufficienti riforme strutturali. alessandro.merli@ilsole24ore.com FOCUS ITALIANO Unica a chiudere il 2008 in negativo, l'Italia subisce la revisione meno grave (0,4%): l'anno prossimo Pil in retromarcia dello 0,6%

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UN PIANETA IN PERICOLO (sezione: Cina)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 07-11-2008)

Argomenti: Cina

Il Sole-24 Ore sezione: IN PRIMO PIANO data: 2008-11-07 - pag: 6 autore: «UN PIANETA IN PERICOLO» Il ritorno degli Usa Citando l'ambiente tra le grandi sfide del momento, accanto alle guerre e alla crisi finanziaria, Barack Obama ha segnalato l'intenzione degli Stati Uniti di tornare leader nella lotta ai cambiamenti climatici, rilanciando la partecipazione americana ai negoziati internazionali sul clima, dopo il rifiuto del Protocollo di Kyoto da parte di Bush Kyoto 2, dicembre 2009 Il prossimo appuntamento è per la fine dell'anno prossimo, a Copenhagen: 190 nazioni contano di concordare un nuovo accordo sul clima che preveda ulteriori tagli alle emissioni di gas serra, possibilmente da realizzare entro il 2020 Le promesse di Barack Il piano energetico e ambientale di Obama- basato sullo sviluppo delle fonti rinnovabilie dell'efficienza energeticapromette di creare entro 10 anni 5 milioni di posti di lavoro nel settore dell'energia pulita,con investimenti fino a 150 miliardi di dollari, e di arrivare entro il 2050a un taglio delle emissioni di CO2 dell'80%rispetto ai livelli del 1990.Come strumento d'azione, Obama propone uno schema analogo alle quote europee, con pagamenti da parte delle industrie e l'investimento in energia pulita del ricavato Una strada in salita La svolta nella posizione americana dovrebbe influire su altri Paesi, in particolare la Cina, cuii Paesi industrializzati chiedono di fare di più in materia ambientale. Ma la crisi economica non lasceràa Obama grandi spazi di manovra: un piano di riduzione delle emissioni, la carbon tax o le nuove tecnologie sono destinate ad aumentare i costi per i consumatori,almeno all'inizio

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Pechino teme il protezionismo (sezione: Cina)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 07-11-2008)

Argomenti: Cina

Il Sole-24 Ore sezione: IN PRIMO PIANO data: 2008-11-07 - pag: 6 autore: INTERVISTA Shi Yinhong Docente di relazioni internazionali alla Renmin University «Pechino teme il protezionismo» Luca Vinciguerra PECHINO. Dal nostro corrispondente La Cina è contenta per la vittoria di Barack Obama. è contento il Governo che, pur senza aver mai preso una posizione ufficiale, ha sempre tifato per il candidato democratico. Ed è contenta la gente della strada che, come dicono i sondaggi, in questi mesi di campagna elettorale ha finito per simpatizzare in massa per il nuovo presidente americano. «I cinesi hanno individuato istintivamente in Obama un interlocutore aperto al dialogo con il resto del mondo e, soprattutto, meno invasivo negli affari altrui di quanto non sia stato Bush», risponde Shi Yinhong, politologo e docente di Relazioni Internazionali alla Renmin University of China di Pechino. Professore, ora che Obama ha vinto la corsa alla Casa Bianca, cosa si aspetta la Cina dal nuovo presidente americano? Credo che la Cina si aspetti tutto ciò che si aspettano i cittadini americani di buon senso. E cioè che il nuovo presidente rimetta in sesto l'economia e faccia ordine nel mondo della finanza. E in politica estera che rimedi ai disastri fatti dal suo predecessore. Non è un'agenda delle più facili... è evidente che Obama non potrà fare tutto ciò che oggi gli americani e il resto dei suoi sostenitori in giro per il pianeta gli chiedono. Ma alcune cose sono realizzabili, come il ritiro delle truppe statunitensi dall'Iraq e l'avviodi un processo di distensione con l'Iran. Su altri dossier scottanti, invece, come il Pakistan o l'Afghanistan non credo che il nuovo presidente potrà incidere più di tanto. Veniamo ai rapporti tra Cina e Stati Uniti. Quale sarà l'approccio dell'Amministrazione Obama con Pechino? Sul piano politico, la competizione tra i due Paesi diventerà più serrata. Obama, infatti, cercherà di aumentare l'influenza degli Stati Uniti in zone del mondo, come l'Africa o il SudEst asiatico, che negli ultimi anni erano state dimenticate dall'Amministrazione Bush, proprio mentre la Cina promuoveva una politica di amicizia con queste aree emergenti. Questa offensiva diplomatica è destinata ad alzare la tensione tra Pechino e Washington? No, perché si tratterà di una competizione animata dalla volontà di recuperare terreno sul piano diplomatico, ma anche dal genuino desiderio di Obama di promuovere un dialogo con il nuovo mondo in via di sviluppo. E questa è una cosa positiva per la comunità internazionale, Cina compresa. E sul piano economico? Non crede che Obama dovrà fornire delle risposte a quella fetta del Partito democraticoche reclama a gran voce interventi governativi contro l'aggressione commerciale cinese? Sì, questo è un rischio concreto. D'altronde, non va dimenticato che la base elettorale del nuovo presidente è composta anche da alcuni esponenti politici che hanno trasformato la disputa sul surplus commerciale cinese nei confronti degli Stati Uniti in una questione ideologica. Se la recessione dovesse aggravarsi, questi signori inizieranno a reclamare interventi protezionistici contro i prodotti cinesi. L'Amministrazione Obama potrebbe aprire una guerra commerciale con la Cina? Certamente. Il nuovo presidente dovrà ascoltare tutti i suoi grandi elettori. E tra questi ce ne sono molti che non vedono l'ora di ingaggiare una disputa commerciale con la Cina. Tutto, lo ripeto, dipenderà dall'evoluzione della crisi finanziaria e dai suoi impatti sull'economia reale americana. Ciò detto, oggi chiunque si trovi a governare a Washington non può dimenticare che la Cina è la seconda finanziatrice del debito pubblico statunitense. è anche per questo che la Cina è stata invitata alla prossima riunione del G-20. Quali saranno, invece, le questioni aperte tra Cina e Stati Uniti che potranno beneficiare dell'elezione di Obama? Due sicuramente: Taiwan e la politica ambientale. lucavin@attglobal.net TENSIONI COMMERCIALI «Potrebbero esserci condizionamenti da parte di esponenti politici ostili al made in China»

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Vietnam preferito alla Cina Meno ostacoli burocratici (sezione: Cina)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 07-11-2008)

Argomenti: Cina

Il Sole-24 Ore sezione: ECONOMIA E IMPRESE data: 2008-11-07 - pag: 21 autore: Missione Confindustria. Tra le Pmi c'è chi pensa a delocalizzare Vietnam preferito alla Cina «Meno ostacoli burocratici» Carmine Fotina HO CHI MINH CITY. Dal nostro inviato Le imprese che hanno messo gli occhi sul Vietnam, guidate da Confindustria, Ice ed Abi, iniziano ad avere primi segnali di appoggio dalle banche italiane, scoprono che il governo di Hanoi accelera sulle privatizzazioni e invita gli stranieri a partecipare ai grandi piani di investimento sulle infrastrutture. La Simest sarà una sorta di corsia preferenziale. La finanziaria controllata dal ministero dello Sviluppo economico ha infatti firmato un accordo con la Scic, l'azienda del Governo che promuove le privatizzazioni in Vietnam e ha oltre 140 nuove operazioni in vista. Finora la Simest ha partecipato con una quota di minoranza negli investimenti diretti di Piaggio e Bonfiglioli, operazioni che non sono scaturite da dismissioni di asset pubblici. Sonia Bonfiglioli, Ceo del gruppo di famiglia specializzato in riduttori e motori elettrici, ha inaugurato la produzione 15 giorni fa e adesso spiega ai colleghi italiani arrivati in avanscoperta perché per il suo investimento (13 milioni di euro) ha preferito il Vietnam alla Cina: «Le autorità cinesi mi imponevano di costruire su un terreno rigidamente commisurato al budget iniziale, mentre qui posso lavorare su una prima linea produttiva e successivamente, quando sarà il momento, espandermi nella parte restante del terreno che ho a disposizione. Non basta. Per importare macchinari per la lavorazione dall'Italia o dalla Germania, di qualità migliore rispetto a quelli cinesi, avrei dovuto pagare un dazio del 48%, mentre in Vietnam non ho ostacoli ». Bonfiglioli produrrà nella zona di Ho Chi Minh City (l'ex Saigon) per esportare in tutto il mondo, mentre la veneta Aristoncavi, produttrice di cavi elettrici, è qui con un'idea un po' diversa. Il figlio del fondatore, Leopoldo De-stro, cita tutti gli annunci ascoltati in questi giorni: «Faranno l'Alta velocità ferroviaria, una metropolitana ad Hanoi e una a Ho Chi Minh City, potenzieranno tutta la rete portuale. Trovare un partner affidabile per avviare una produzione sul posto sarebbe l'ideale». «L'Italia può giocare il suo ruolo nei grandi progetti del Vietnam – osserva il vicepresidente di Confindustria per infrastrutture, logistica e mobilità, Cesare Trevisani – soprattutto se si considera che gli investimenti fatti finora non hanno assicurato qualità soddisfacente. Ora speriamo solo che il Governo italiano, dopo la presenza del ministro Scajola, faccia seguire passi concreti in questo Paese». Gli incontri b-to-b con gli imprenditori vietnamiti – oltre 1.700 includendo quelli che si svolgeranno oggi – hanno acceso la fantasia di un piccolo esercito di Pmi che puntano a insediamenti produttivi da realizzare ex novo, in joint venture o al 100%; partner per la distribuzione da individuare nei settori più svariati, dalla valigeria tecnica alle macchine utensili, dall'arredo ai cosemtici e colori per i capelli. Tra i più giovani della delegazione c'è Max Catanese, che con l'azienda familiare Almax di Mariano Comense ha giù un'idea pronta: «In Italia produciamo stampelle riciclabili, fatte di poliestere antiurto, un materiale che nell'area del Sud-Est asiatico almeno per ora non usano. Ma non possiamo semplicemente gestire questo vantaggio competitivo, dobbiamo trasferirlo direttamente su questo mercato e il modo migliore sarebbe avviare una nostra produzione». Le banche italiane, spesso anello debole dell'espansione sui nuovi mercati asiatici, assicurano un cambio di passo. Dopo quello di Unicredit, apre infatti anche l'ufficio di rappresentanza di Intesa Sanpaolo. Le risorse ci sono,dice l'Abi:«A disposizione c'è un plafond di crediti da 500 milioni, di cui finora è stato utilizzato solo il 26%». La missione italiana, aperta ad Hanoi dal ministro Claudio Scajola, dal vicepresidente di Confindustria Paolo Zegna e dal presidente dell'Ice Umberto Vattani, si chiude oggi nell'ex Saigon, crocevia dello sviluppo di un Paese che non vuole più fermarsi. LA SCELTA ASIATICA Sonia Bonfiglioli: «A Pechino le autorità mi imponevano di rispettare rigidamente i piani di sviluppo mentre i dazi all'import sono più alti» LE RISORSE Anche le banche assicurano un cambio di passo: a disposizione c'è un plafond di crediti da 500 milioni utilizzato solo per il 26%

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Toyota, crollano i profitti (sezione: Cina)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 07-11-2008)

Argomenti: Cina

Il Sole-24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2008-11-07 - pag: 41 autore: Auto. Per l'esercizio in corso la società prevede utili più che dimezzati rispetto a un anno fa Toyota, crollano i profitti Il gruppo giapponese lancia l'allarme: crisi senza precedenti Stefano Carrer TOKYO. Dal nostro inviato Toyota viaggia in rosso sia negli Usa sia in Europa e guadagnerà quest'anno il 70% in meno dell'anno scorso, in quanto oggi «la crisi dell'auto è senza precedenti ». Lo ha detto ieri il vicedirettore generale Mitsuo Kinoshita, al quale il numero uno Katsuaki Watanabe ha lasciato l'ingrato compito di annunciare un bollettino di guerra al termine di una giornata in cui il titolo ha perso il 10,3% in Borsa (prima dell'annuncio sul bilancio). La revisione al ribasso delle previsioni sull'esercizio in corso (la seconda in due mesi) risulta superiore alle più pessimistiche attese: gli utili netti si limiteranno a 550 miliardi di yen, il 56% rispetto alle stime giàridotte due mesi fa,contro i 1.718 miliardi di yen dell'annata precedente. Il giro d'affari calerà del 12,5% rispetto a un anno prima a 23mila miliardi di yen, dato che saranno vendute 673mila auto in meno (8,24 milioni contro 8,91). Nel primo semestre (aprilesettembre) l'utile operativo è sceso del 54,2% a 582 miliardi di yen, su vendite in calo del 6,3% a 12.190miliardi. I conti sono preci-pitati nell'ultimo trimestre, periodo in cui il colosso dell'auto giapponese ha registrato profitti in calo di oltre due terzi, con una perdita operativa di 34,8 miliardi di yen negli Usa e di 11,5 miliardi in Europa. Proprio il calo delle vendite in Europa e Usa, assieme al rafforzamento dello yen, è stato indicato da Kinoshita come il fattore- chiave del drastico ridimensionamento del bilancio, che potrebbe ancora peggiorare. Infatti le previsioni si basano su un cambio delle yen più favorevole rispetto ai corsi correnti: in ogni caso, dalle oscillazioni valutarie Toyota subirà un “danno” di almeno 300 miliardi di yen, ossia di circa 3 miliardi di dollari. Resistono i mercati emergenti, ma anche lì non mancano i segnali di rallentamento della crescita, dalla Cina all'India. «Francamente, non so dire quando la situazione potrà migliorare» ha ammesso Kinoshita. Scarsa consolazione, per Toyota, è il rosicchiamento di quote ad altri costruttori in mercati declinanti: in Giappone la sua fetta di mercato è salita al record del 42,5% ( minivetture comprese), mentre negli Usa è aumentata al 17% (anch'esso un record). E magra consolazione per gli azionisti appare la conferma del dividendo interinale a 65 yen, il che porta il “payout” totale al 41,5% (203,7 miliardi di yen): il titolo è in calo di quasi il 40% quest'anno, con una capitalizzazione dacui è sparito l'equivalente di 77 miliardi di dollari e con esso il primato mondiale (passato al valore di Borsa della Volkswagen). Kinoshita ha delineato alcune contromisure, a partire dalla costituzione di uno specifico «comitato di emergenza » che si occuperà di tagliare i costi e «rivedere la capacità produttiva, inclusa la tempistica e l'entità dei nuovi progetti ». In Giappone si partirà dal mancato rinnovo dei contratti per i lavoratori a termine, e probabilmente si intensificheranno sospensioni e tagli produttivi in Usa ed Europa. Dopo lunghi anni di una crescita che pareva inarrestabile, insomma, Toyota è costretta a imboccare una strategia di tagli che potrebbe estendersi presto agli investimenti di capitale. Il calo atteso dei profitti operativi in questo esercizio (-73,6%) è superiore a quello annunciato nei giorni scorsi dalle rivali Honda (-42%) e Nissan (-51%): tra i costruttori giapponesi, solo Fuji Heavy (Subaru) non ha lanciato allarmi-utili. Da segnalare, infine, che Kinoshita ha mostrato di salutare con favore l'ipotesi difusione tra Panasonic (con cui ha una joint nelle batterie) e Sanyo, anche perché il gruppo intende aumentare la gamma di vetture ibride e offrire nuove soluzioni per l'auto ecologica. Quanto alle ipotesi di fusione Gm-Chrysler, Kinoshita ha detto di augurarsi che le collaborazioni in corso con Gm (compresa la jv produttiva in California) possano continuare, ma è parso pronto a contemplare la loro fine. Le scuse. Mitsuo Kinoshita, vicedirettore generale di Toyota REUTERS

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Pepsi inventa la lattina-cliente (sezione: Cina)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 07-11-2008)

Argomenti: Cina

Il Sole-24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2008-11-07 - pag: 41 autore: Strategie. Il colosso punta su un marketing aggressivo Pepsi inventa la lattina-cliente Simone Filippetti I l miglior modo per convincere qualcuno a comprare un prodotto? Stamparci sopra la sua stessa fotografia. E se poi il ritratto finisce su una lattina, il successo è assicurato. L'idea è venuta a Pepsi Cola che così pensa di dare una spinta alle vendite e battere l'eterna rivale Coca Cola. Nell'era di Facebook, della celebrità personale e alla portata di tutti, quella di Pepsi suona come un'ammiccante trovata di marketing. Chi non vorrebbe vedersi ritratto su una bibita che finisce nella mani di migliaia di persone in tutto il Paese? L'iniziativa, chiamata «Be the Face» (letteralmente, mettici la faccia) lanciata a livello globale,tocca anche l'Italia dove saranno scelti 32 "fortunati" che saranno ritratti su 7 milioni di lattine che saranno messe in commercio per tutto il 2009, tra quanti (e sono già centinaia in pochi giorni) caricheranno le loro foto sul sito di Pepsi. Con la mossa Pepsi spera di fidelizzare i clienti e di attrarne di nuovi. La crisi dei consumi e la recessione colpisce di più prodotti voluttuari e sacrificabili sull'altare del risparmio, come i soft drinks, e Pepsi ha bisogno di un colpo d'ali perchè i conti non brillano. Nel trimestre la casa ha già sperimentato un primo impatto del rallentamento sui propri bilanci: gli utili sono scesi di 100 milioni di dollari a 1,6 miliardi ed è stata costretta a rivedere le stime sui risultati dell'intero 2008.Come contromossa un drastico piano di tagli dei costi che ruota attorno a 3.300 licenziamenti. Se i mercati tradizionali soffrono la crisi, la risposta è spostarsi su mercati più promettenti. Pepsi è pronta a puntare sulla Cina investendo un miliardo di dollari. Ma anche nell'estremo Oriente si ripropone la sfida delle bollicine perchè la stessa Coca Cola ha annunciato una maxi-acquisizione da 2,4 miliardi nel Paese. Novità. La lattina Pepsi

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Costa conquista i cinesi con il sarto di bordo (sezione: Cina)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 07-11-2008)

Argomenti: Cina

Il Sole-24 Ore sezione: ATTIVITA MARITTIMA data: 2008-11-07 - pag: 27 autore: Crociere made in Italy Costa conquista i cinesi con il sarto di bordo di Marika Gervasio «A llegria, sognoe benessere: questo significa, in cinese, il termine "Costa" e proprio seguendo questi tre concetti abbiamo concquistato il pubblico cinese». Parola di Gianni Onorato, direttore generale di Costa Crociere che sulla Costa Allegra ha portato in vacanza 50mila cinesi attratti dal made in Italy che si respiraa bordo della navi. «Siamo statii primi a effettuare crociere regolari in Cina e Asia –spiega Onorato –iniziando nell'estate 2006 da Shangai e da allora le crociere Costa in Cina sono arrivate a cento». Un'operazione non facilevista la diffidenza iniziale di un popolo limitato negli spostamenti anche per le difficoltà nell'ottenimento dei visti. «Abbiamo fatto forti investimenti in marketing per farci conoscere e presentare la nostra offerta alle agenzie di viaggio. Inoltre abbiamo studiato un'offerta ad hoc, pensata per persone che amano la tradizione e la cultura». Dove la parola chiave è «made in Italy»: il fattore in assoluto più apprezzato e ricercato dai cinesi in crociera.Dall'aspetto dell'equipaggio ai servizi fino alla gastronomia: a bordo si trovano sarti che confezionano abiti da sera, 100% made in Italy, per gli ospiti che possono anche frequentare corsi di cucinae lingua italiana e deliziare il proprio palato nei ristoranti con menù tipici della tradizione nostrana. E la vacanza passa tra gare canore come l'Italian festival,l'elezione di Mr. Spaghetto, serate musicali che spaziano dalla lirica passando per Modugno fino a Ramazzotti. Così Costa ha conquistato il suo target, una fetta di pubblico con forti potenzialità di sviluppoe sul quale l'azienda punta molto, ma anche il governo locale di Shanghai, basti pensare che il primo scalo della scorsa stagione estiva della Costa Allegra a Shanghai ha dato il via all'apertura del nuovo terminal per crociere internazionali nel porto cinese. Nel 2008 i viaggi in Asia sono stati 19, di cui 14 dal porto di Shanghai e, visto il successo di quest'anno,il numero delle crociere dedicate ai cinesi per il 2009 si triplicherà: si prevedono, infatti, 15 crociere su Costa Allegra (su un totale di 34 in Asia) alle quali si aggiungeranno le 31 sulla seconda nave che sarà mandata nel Far East, la Costa Classica. Con un obiettivo ambizioso: raggiungere i 50mila passeggeri trasportati.

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Prodotti riciclati, pochi i ritiri (sezione: Cina)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 07-11-2008)

Argomenti: Cina

Il Sole-24 Ore sezione: ECONOMIA E IMPRESE MERCATI I data: 2008-11-07 - pag: 25 autore: Ambiente. Secondo Fise Unire la raccolta differenziata è in crescita ma i materiali rimangono sui piazzali Prodotti riciclati, pochi i ritiri Il recupero degli scarti a quota 35 milioni di tonnellate (+8,2%) Jacopo Giliberto RIMINI. Dal nostro inviato Aumentano (ma resta il "buco nero" di Napoli) i quantitativi di rifiuti avviati al riciclo, i camion scaricano nei piazzali sempre più quantità di plastica pronta a tornare nuova plastica, di carta da macero destinata a trovare nuova vita nel cartone ondulato, di cassette di legno che diventeranno panelli truciolari per mobili. Ma sempre più spesso questi materiali rimangono nei piazzali. La domanda è fredda, molto fredda.Perfino la Cina –che per anni ha razziato in Italia gli scarti rigenerati per placare la sua fame di materie prime – sta rallentando gli ordinativi. Se gli europei comprano meno mobili, si producono meno pannelli ricavati con i trucioli degli imballaggi usati di legno. E quando la domanda scende, i prezzi impazziscono. Emerge dalla nuova edizione dello studio «L'Italia del recupero»della Fise Unire (l'associazione confindustriale delle aziende del recupero rifiuti) presentato alla rassegna Ecomondo in corso a Rimini Fiera. Mentre negli ultimi anni la produzione industriale italiana ha subito una contrazione dell'1,6%, al tempo stesso le attività di recupero sono cresciute dell'8,2%. Il mercato del riciclo produce ogni anno 35 milioni di tonnellate di materiali recuperati sostitutivi delle materie prime e di cui 20 sono costituiti da metalli, 5,5 da carta e cartone, 4,8 da legno, 1,8 da vetro e 1,3 da plastica. I recuperatori privati rigenerano oltre 23 milioni di tonnellate. «I dati sembrano confortanti soltanto in apparenza – afferma Corrado Scapino, presidente della Fise Unire – perché le imprese del settore sentono la crisi e le flessioni nelle quotazioni delle materie prime. Il mercato non può costituire l'unico volàno del comparto: i sovraccosti dei rifiuti devono essere davvero pagati da chi inquina». Ci sono casi però particolari. è Napoli. Ancora una volta. Ci sono aziende campane di riciclo che per far marciare le macchine devono importare i materiali di scarto perché Napoli non riesce a decollare. Ci sono Comuni della Campania che hanno raccolte differenziate che per efficienza fanno sfigurare gli orgogliosi altoatesini, ma sono perle nel fango di milioni di cittadini della Campania che, pur volendo, non riescono a trovare un servizio di raccolta e non sanno dove portare le loro bottiglie usate e i giornali letti. Non è così semplice. Guido Bertolaso, sottosegretario alla Protezione civile e supercommissario ai rifiuti della Campania, vuole conquistare la fascia tra le province di Napoli e Caserta, là dove la criminalità più stupidamente arrogante impedisce ogni forma di riscatto; vuole dare il servizio di raccolta alla megalopoli disordinata attorno al Vesuvio e soprattutto a Napoli. «è questo l'obiettivo del nuovo decreto che sarà approvato a giorni», afferma Bertolaso durante Ecomondo. Il Conai – il Consorzio nazionale imballaggi costituito dalle imprese – è prontissimo a dare una mano con la sua esperienza di undici anni di raccolta e riciclo ma non è disposto ad accettare una delle disposizioni del decreto: per scavalcare l'inefficienza della municipalizzata napoletana Asìa, ogni cittadino potrà portare la sua spazzatura selezionata direttamente agli stabilimenti del Conai e ricevere – dice il decreto –un piccolo pagamento in denaro. Protesta il presidente del Conai, Piero Perron: «Non è il nostro lavoro. Siamo imprese. Sarebbe come se un consumatore si presentasse ai cancelli di uno stabilimento per comprare una confezione e chiedesse anche il resto e lo scontrino fiscale». LO SCENARIO Scapino: «Le imprese del settore appesantite dalla crisi e dai ribassi di materie prime I sovraccosti dei rifiuti pagati da chi inquina»

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Grande fuga dagli obbligazionari (sezione: Cina)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 07-11-2008)

Argomenti: Cina

Il Sole-24 Ore sezione: FONDI data: 2008-11-07 - pag: 45 autore: Risparmio gestito. A ottobre dai prodotti legati ai bond sono usciti 12 miliardi - Secondo i gestori è l'effetto Lehman Grande fuga dagli obbligazionari Corcos (Fideuram): è la guerra dei depositi - Vicinanza (Epsilon): clienti verso i Pct Isabella Della Valle MILANO I mercati azionari nel giro di soli 30 giorni hanno accusato perdite che nel migliore dei casi sono state dell'8% (America) e nel peggiore del 20% (Paesi emergenti). Eppure la grande fuga dei sottoscrittori non è stata dai fondi azionari, ma dagli obbligazionari che hanno registrato una perdita record di 12 miliardi, portando il saldo dall'inizio dell'anno a-55 miliardi. A stupire non è tanto il fatto che la raccolta di questa tipologia sia in rosso (lo è da mesi), quanto l'entità del dato. «L'esodo da questa tipologia non mi sorprende- spiega Tommaso Corcos, amministratore delegato di Fideuram Investimenti –. Il panico generato dal timore che ci fossero dei titoli Lehman Brothers nei portafogli ha portato a una riconsiderazione del rischio da parte dei sottoscrittori che, nell'incertezza, hanno preferito vendere. Il secondo elemento importante è la guerra dei depositi fatta dal sistema bancario. Una guerra anche non volontaria, che è stata portata avanti con offerte sempre più attraenti e sicure. Con questo mix, il passaggio, quindi dal fondo al deposito è stato immediato». Questa rinnovata ricerca di sicurezza va quindi ad aggravare una crisi strutturale in atto da tempo per l'intero settore. Sergio Vicinanza, amministratore delegato di Epsilon Sgr nel dare la sua interpretazione di questi dati, parte da una considerazione un po' amara. «A poco è servito non avere Lehman in portafoglio – afferma – il sistema è stato penalizzato lo stesso e non è riuscito a frenare l'uscita dai fondi a favore di conti correnti e pronti contro termine. Il cliente è stato attratto dai tassi interessanti legati all'Euribor. Ma c'è anche un altro aspetto da tenere in considerazione: i prodotti obbligazionari sono stati gli unici insieme ai monetari che su base annua hanno registrato una performance positiva. è possibile, quindi, che i risparmiatori abbiano preferito chiudere le posizioni in attivo o in pareggio e con l'esigenza di mettere i capitale su altri strumenti». è chiaro, quindi, che la necessità delle famiglie oggi non è tanto quella di una rivalutazione degli investimenti, quanto quella di preservarli. Ma c'è un altro fattore che emerge dalle considerazioni sullo stato di salute del settore, vale a dire che fino a quando le banche avranno bisogno di liquidità (bisogno già emerso da tempo e accentuato dalla situazione congiunturale) questa situazione critica del risparmio gestito difficilmente potrà terminare. Ma c'è anche chi è ottimista. «Questi dati sono certamente negativi – afferma Marco Fusco, direttore generale di State Street Global Advisors – ma non credo assolutamente che questa sia la fine del risparmio gestito perché i fondi restano comunque gli strumenti più efficienti per investire sui mercati». Ovviamente con una raccolta complessiva in rosso per 23 miliardi, sono ben poche le società che hanno registrato un saldo positivo. Tra queste ci sono Mediolanum (55 milioni), che da mesi si muove in controtendenza rispetto al settore, e State Street Global Advisors (52 milioni), branch italiana di State Street Corporation, gruppo americano specializzato nella gestione degli investimenti per clienti istituzionali. Per il restoa fianco ai gruppi ci sono solo segni meno. Il peggior dato in assoluto è stato registrato da Pioneer Investments che ha accusato una raccolta netta negativa per 6,6 miliardi. Una cifra enorme. Rosso cupo anche nei conti di Intesa Sanpaolo (-3,8 miliardi). Tra i singoli fondi, invece, qualche dato positivo c'è.Quelli che hanno incassato di più sono tendenzialmente monetari (a eccezione di Interfund Equity Europe con un saldo di 51 milioni). Guidano la classifica Interfund Euro Short term, Fideuram Moneta e Fonditalia Euro Currency, mentre la chiudono Anima Liquidità, Pioneer Monetario Euro e Ducato Fix Monetario (anche dal versante dei riscatti il primato spetta comunque ai monetari). Per quanto riguarda le performance dei prodotti, spicca il risultato degli obbligazionari che puntano sul Giappone. In questo caso ( come per i prodotti che puntano negli Usa) la componente valutaria è stata determinante, permettendo a Interfund Bond Japan di portare a casa un significativo 29,3%, seguito da Fonditalia Bond Japan (27,9%) e da Ducato Fix Yen (26,8%). Hanno più che dimezzato il valore, invece, Pioneer Azionario Paesi Emergenti, Gestielle Cina e Fonditalia Euro Financial: tutti e tre hanno accusato perdite superiori al 50 per cento. CHI RACCOGLIE Soltanto due gruppi hanno registrato un saldo positivo: Mediolanum (55 milioni) e la società americana State Street Advisors (52 milioni)

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il mondo ai tempi di obama - ferdinando salleo (sezione: Cina)

( da "Repubblica, La" del 07-11-2008)

Argomenti: Cina

Pagina 35 - Commenti IL MONDO AI TEMPI DI OBAMA FERDINANDO SALLEO Ha conquistato la Casa Bianca nel segno del cambiamento leggendo esattamente il senso del diffuso disagio e dell´inquietudine che percorrono gli Stati dell´Unione, i ceti e i gruppi sociali, anche coloro che hanno votato per McCain, gli indipendenti e gli svogliati. Non c´è dubbio che lo stato dell´economia e la preoccupazione per la recessione e la disoccupazione abbiano messo in ombra gli altri temi di una campagna elettorale lunga e tormentata da colpi bassi: ma non credo che il messaggio con cui Clinton sconfisse Bush padre ? it´s the economy, stupid ? possa spiegare la mobilitazione e l´afflusso alle urne, o la disfatta dei repubblicani visibile non tanto nella differenza di voti quanto nella larga diffusione dei suffragi per il giovane senatore dell´Illinois che ha conquistato gli Stati in bilico e alcuni Stati da decenni votati al Gop. L´energia e la comunicativa del candidato instancabile, la capillare organizzazione dei volontari, la bravura dei collaboratori, la campagna per la registrazione nelle liste elettorali, l´enorme afflusso di piccoli contributi finanziari che hanno superato la potenza di fuoco repubblicana, fattori determinanti certo, sono la conseguenza del valore aggregante del messaggio politico di Obama. Persino la sconfitta del fattore razziale ? temuto fino all´ultimo "nel segreto dell´urna" ? deve molto al cambio generazionale e alla trasformazione della società urbana, ma solo il messaggio di fiducia e di ottimismo nel Paese e nel suo destino che sono il fondamento e la forza dell´etica americana ha potuto catalizzare, al di là dell´affiliazione e del pregiudizio, tutte le ragioni in un appello che è andato oltre i programmi, specie quelli di politica estera, destinati alla fine ad assestarsi su una certa genericità. Più dell´impopolarità di Bush, delle guerre e dell´incompetenza, del disastro di Katrina e delle crescenti diseguaglianze sociali, della stessa crisi finanziaria di cui, quasi come un´incombente catastrofe naturale, pochi comprendono il senso e le terapie se non per i rischi personali, il fattore determinante del successo è stato l´appello alla nazione, una nazione in cui è dogma che ogni grande impresa le sia possibile, dove un uomo con l´improbabile storia personale del candidato democratico giunge alla soglia della Casa Bianca dove avevano regnato gli eletti dell´aristocrazia e della tradizione, del potere politico e della potenza finanziaria. E la varca oggi esaltando la vitalità della democrazia americana nel tempo più buio. Massima potenza mondiale, ma non più sola, l´America del XXI secolo ha scelto quindi di aprirsi con coraggio e fiducia, di affrontare le sfide che pone a lei ed alla comunità occidentale il mondo multipolare, ha respinto la suggestione di cedere alla paura ? è il monito del messaggio inaugurale di Roosevelt, "la sola cosa da temere è la paura stessa" ? alla politics of fear madre delle decisioni inconsulte, e la ricorrente tentazione di trincerarsi entro la frontiera nazionale, politica prima che geografica, di cui è simbolo il muro sul Rio Grande. In questo senso, la politica estera di Obama potrà presentare importanti segnali di cambiamento, certo nello stile e anche nel metodo, se non inizialmente nella sostanza. Sappiamo bene infatti che le relazioni internazionali sono governate anzitutto dai fatti, dalle relazioni reciproche di potenza, dalla sicurezza sia attiva che reattiva, dalla freddezza del rischio calcolato e dall´attenta valutazione delle conseguenze di ogni intrapresa ? il faut vouloir les conséquences de ce qu´on veut ? non già dai disegni astratti e sovente velleitari, dagli umori e dalle ubbie. La squadra estera di Barack Obama che sembra profilarsi all´orizzonte dovrebbe includere talento ed esperienza internazionale, a cominciare dal Vice Presidente Biden. Non bisogna in ogni caso lasciarsi trarre in inganno dalle polemiche e dai distinguo della campagna elettorale, meno ancora immaginare una politica estera remissiva: il senso del messaggio politico di Obama è orgoglioso e fiducioso e prefigura una diplomazia da grande potenza, sempre però una diplomazia a tutto campo che si avvalga anche degli strumenti multilaterali, le Nazioni Unite, le Ifi e il G8 se sapranno guadagnarsi un ruolo dimostrando la propria utilità o la capacità di rinnovarsi. A Washington gli strumenti non mancano certo: la nuova Casa Bianca potrà avvalersi nuovamente dell´attrazione del suo modello e dei suoi tradizionali valori, del ritrovato soft power che l´immagine che l´America proietterà di sé dopo l´offuscamento degli ultimi anni, sempre principale potenza per la combinazione dei diversi fattori. La capacità militare, pur messa a dura prova in Iraq e in Afghanistan, le fornisce un ineguagliato strumento duttile con un raggio d´azione mondiale. La sua economia, la maggiore del mondo, soffre degli squilibri accumulati che non possono essere sanati in poco tempo e senza sacrifici, ma possiede una vitalità scientifica innovativa ed un talento imprenditoriale che dovrebbero consentire alla squadra economica presidenziale ? che sembra voler avvalersi dei migliori talenti dell´epoca Clinton, il settore di maggior successo di quell´Amministrazione ? di riorganizzarsi. Soprattutto, l´abbandono della politics of fear, del campo trincerato, permetterà alla Casa Bianca di spingere il dialogo politico internazionale molto in là, fin dove è possibile e conveniente, senza pregiudizi ma facendo valere pragmaticamente un approccio costruttivo mirato alla stabilità costruita su parametri di larga condivisione e lasciando da parte regime change e ostracismi. In questo senso si può guardare alla cauta fine dei due conflitti iracheno e afghano. Tra i maggiori protagonisti, la tradizione realista di Kissinger e di Baker dovrebbe tornare in onore. Con la Russia di Putin e Medvedev e con la Cina di Hu Jintao ? soprattutto con la prima ? la diplomazia a tutto campo potrà riprendere il discorso strategico che Washington aveva stabilito persino con l´URSS con reciproco vantaggio, e proseguito con alterne vicende fino alle recenti crisi e alle reciproche provocazioni che hanno arrestato il processo di disarmo e controllo degli armamenti facendo arretrare la stabilità. Più complesso per Obama si presenta lo scenario medio-orientale, costellato di incertezze e di incomprensioni, in particolare poi con Teheran che avanza verso l´arma nucleare che destabilizzerebbe la regione: ma anche qui, Obama ha preso il rischio di accettare il dialogo senza precondizioni. E l´Europa? Dipenderà in gran parte dagli europei se comprenderanno che la gestione efficace del sistema multipolare sarà possibile per l´America e per l´Europa stessa mediante il rafforzamento della solidarietà su basi rinnovate. In un periodo di gravi turbamenti, economici e strategici, il primo e più urgente dialogo riguarda l´assetto transatlantico e la sua capacità diplomatica globale.

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"gli enti locali sostengano chi innova" - vera schiavazzi (sezione: Cina)

( da "Repubblica, La" del 07-11-2008)

Argomenti: Cina

Pagina IV - Torino "Gli enti locali sostengano chi innova" Enrietti: ma non è tutta colpa della finanza se l´industria si restringe L´intervista Il docente di economia e studioso del settore dell´auto "No all´assistenzialismo, la selezione va favorita" Questa crisi potrebbe favorire un ricambio nell´imprenditoria facendo emergere figure nuove Il processo di terziarizzazione dell´area non è certo cominciato da questa fase: lo dimostrano i numeri VERA SCHIAVAZZI «Tornare all´economia reale», come ha ammonito il cardinal Poletto? «Sì, ma quale? Non sono reali solo le automobili, ma anche i servizi, la logistica, il marketing, le mense? Reale è tutto ciò che è diverso da puramente finanziario, non solo l´industria manifatturiera». Aldo Enrietti, docente di economia all´Università di Torino, studia da sempre il settore dell´auto, il suo indotto e i suoi trend nazionali, europei e mondiali. E, anche se non è certo ottimista sulla crisi che si è appena aperta, sottolinea come «oltre alla forza distruttrice occorra vederne anche la forza creatrice, cioè il dopo e le trasformazioni che la crisi porterà con sé». Professor Enrietti, la recessione di queste settimane sembra portare con sé una sorta di nostalgia. Ma Torino e il Piemonte stanno cambiando già da anni. Qual era, prima di questa crisi, lo stato di salute di questo sistema industriale? «Relativamente buono ma, bisogna ricordarlo, le sue dimensioni si erano già ridotte, collocandosi intorno al 27, 28 per cento del Pil regionale. Ed è impensabile che la quota occupata dall´industria torni a crescere. Non solo: il processo di terziarizzazione, con lo spostamento di occupati dalla manifattura ai servizi, non è certo iniziato con questa crisi dei mercati finanziari. Non è ?colpa´ di Wall Street, insomma, se l´industria italiana e piemontese si restringe». I suoi studi condotti in occasione dell´ultima crisi Fiat, nel 2002, sembravano tuttavia dimostrare che il settore nel suo insieme aveva saputo rispondere, soprattutto puntando su altri costruttori, in tutto il mondo. Ora invece che cosa deve cambiare? «In effetti negli ultimi anni le imprese del settore automotive avevano ricollocato una parte significativa del loro business. Ora questo non è sufficiente a proteggerle, visto il calo globale del mercato dell´auto. Ma è presto per dire se anche i mercati più forti, Cina, India, Estremo Oriente, andranno davvero indietro: al momento stanno soltanto rallentando, che è cosa ben diversa dalla recessione. E´ certo comunque che il 2009 sarà un anno durissimo per l´auto. E anche se la Fiat perde e perderà in proporzione meno di altri costruttori occorre guardare molto più avanti, tra cinque o dieci anni, quando saranno pronti e si potranno tornare a vendere modelli puliti, elettrici o a idrogeno». Nel frattempo però non si può fermare tutto e aspettare? «Alcune cose si possono fare subito, i modelli a gpl e a metano ci sono già. Ampliare la rete di distribuzione del metano è una cosa che si può fare in poco tempo e può dare un piccolo contributo. Ma per i cambiamenti strutturali - come arrivare davvero a produrre e a vendere, magari con opportuni incentivi, auto elettriche che non inquinino davvero ci vogliono alcuni anni. Non è facile, come dimostra anche il caso della Toyota Prius: in un recente incontro, un esperto molto affidabile ci ha detto che Toyota perde il 30% sulla vendita di questo modello, che regala comunque alla casa un formidabile plus di immagine». Qual è il ruolo della politica in un momento come questo? «Il governo nazionale deve investire sugli ammortizzatori sociali, rifinanziando e implementando tutti quei meccanismi che possono rendere meno drammatica la perdita temporanea di lavoro. Ma gli ammortizzatori, pur necessari e doverosi, non risolvono nulla. I governi locali invece non devono in nessun modo puntare su misure assistenziali. Quei pochi o tanti fondi che sono in grado di investire in favore delle imprese devono andare a chi innova, aiutando così quel processo di selezione naturale che le crisi portano con sé». Che cosa significa oggi sostenere chi innova? «Avere la capacità di decidere quali produzioni e progettazioni possono ancora funzionare, e difendere quelle, e non tutto il sistema acriticamente. Guardiamo ad esempio a tre società torinesi, Pininfarina, Bertone e Giugiaro: la crisi c´è per tutti, ma le vicende sono molto differenti e dimostrano che cosa può significare avere o no una visione del futuro e una dirigenza all´altezza della situazione. Allo stesso modo le piccole e medie imprese che caratterizzano il nostro territorio devono innovare su terreni che non solo quelli dell´alta tecnologia: c´è bisogno di servizi di qualità». Che altro possono fare le amministrazioni pubbliche? «Progettare la mobilità in una chiave che aiuti l´ambiente ma anche il sistema produttivo, rinnovare in senso meno inquinante tutte le proprie flotte, ad esempio». In che modo questa crisi può riflettersi sui modelli contrattuali? «Può essere un´occasione per coinvolgere di più i lavoratori che resteranno e chi li rappresenta, come è avvenuto di recente con la crisi della Volkswagen. Non ci si deve illudere, l´occupazione nell´industria diminuirà ancora, ma per chi resta si possono ottenere condizioni decenti». Imprenditori e politici piemontesi, secondo lei, sono all´altezza del compito? «Non si può progettare il futuro restando attaccati al passato. Diciamo che questa crisi, forse, potrebbe portare con sé un ulteriore ricambio in entrambi i settori, far emergere figure nuove».

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il sogno americano del politecnico - milena vercellino (sezione: Cina)

( da "Repubblica, La" del 07-11-2008)

Argomenti: Cina

Pagina VII - Torino Il sogno americano del Politecnico Oggi per l´inaugurazione l´ambasciatore Spogli. Accordi con Atlanta e Berkeley Crescono (15%) gli studenti stranieri Nel 2009 concluso il raddoppio della cittadella MILENA VERCELLINO Corsi di laurea doppi tra Torino e Atlanta o Berkeley, accordi bilaterali per le ricerche di tesi a Chicago: il Politecnico allunga il passo verso gli Stati Uniti e si prepara ad aprire ai propri studenti nuovi percorsi di mobilità internazionale. Per suggellare la vicinanza tra l´ateneo torinese e il mondo universitario a stelle e strisce oggi alla cerimonia d´inaugurazione dell´anno accademico ci sarà l´ambasciatore Usa in Italia Ronald Spogli, che con il suo staff, dice il rettore del Politecnico Francesco Profumo, «ha dato un notevole supporto nella costruzione di questi accordi». Alleanze che, dice Profumo, stanno dando un forte impulso alle immatricolazioni nell´ateneo: «Quest´anno gli studenti iscritti sono cresciuti del 7%, e gli stranieri sono arrivati al 15% del totale. E la capacità di attrarre studenti stranieri e da altre città italiane è quello che ci permette di crescere come ateneo». L´anno scorso è stato firmato un accordo con l´Università Usa Georgia Tech che prevede per il 2009-2010 l´attivazione di un corso a doppia laurea in ingegneria delle telecomunicazioni. «E´ un accordo bilaterale ? sottolinea Profumo -. Alcuni nostri studenti andranno ad Atlanta e alcuni della Georgia Tech verranno da noi. Alla fine i nostri studenti oltre alla laurea specialistica avranno anche il Master of Science». E dopo gli ingegneri delle telecomunicazioni, a poter studiare nelle aule della Georgia Tech saranno nei prossimi anni anche gli studenti dei corsi di ingegneria informatica, meccanica, aerospaziale, dei materiali e di architettura. Prosegue inoltre l´accordo storico stipulato con l´Università dell´Illinois per master in ingegneria dell´informazione e meccanica: qui la doppia laurea passa per il lavoro di tesi svolto a Chicago. La stretta di mano più recente è invece quella che porterà gli studenti torinesi nel nord della California: «Abbiamo firmato nei giorni scorsi un accordo con l´University di Berkeley per la mobilità degli studenti, su base di reciprocità. Entrerà in vigore l´anno prossimo e riguarderà tutti i corsi di laurea», dice Profumo. Ma il futuro della formazione senza frontiere non passa soltanto per gli Usa: l´altra direttrice dell´internazionalizzazione del Politecnico porta infatti in Cina: «Abbiamo già accordi con 20 università cinesi e ospitiamo 650 studenti cinesi che seguono i nostri corsi di laurea. Da quest´anno, poi, abbiamo un accordo con l´Università Tongji di Shanghai. Da settembre 20 nostri studenti sono là e l´anno prossimo a studiare con loro a Torino ci saranno 80 giovani cinesi», spiega Profumo. E mentre si avvicina a festeggiare il proprio 150esimo anniversario, che cadrà nel prossimo anno accademico, il Politecnico pensa alla propria crescita sul territorio, tenendo premuto per il 2009 l´acceleratore sulle infrastrutture, sulla tecnologia e sul venture capital per finanziare i propri progetti. Sul fronte delle infrastrutture, è in via di completamento il progetto della Cittadella Politecnica, nato nell´ottica di offrire competenze capaci di attrarre investitori e finanziamenti bancari a sostegno dell´imprenditorialità tecnologica. E´ poi in cantiere l´allargamento del campus della cittadella, con nuovi spazi per oltre 5500 metri quadri. La cittadella, dice Profumo, non mira soltanto ad essere un centro d´attrazione degli investimenti privati e un motore per la creazione d´occupazione, ma si prepara anche ad essere un volano per la riqualificazione urbana: per il 2009 è in programma la conclusione della costruzione degli scavalchi di corso Castelfidardo, l´avviamento della realizzazione di un parcheggio sotterraneo e la costruzione di una piattaforma sportiva per attività indoor e outdoor di circa 8mila metri quadri. E il modello della cittadella è pronto a moltiplicarsi, con la Cittadella Politecnica dell´Automobile e del Design, che verrà realizzata a Mirafiori e prevede un accordo di partenariato con Fiat per la creazione di un hub per le attività di ricerca e di formazione del gruppo a livello mondiale, e la Cittadella Politecnica dell´Architettura, lungo l´asse del Po. SEGUE A PAGINA V

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"servono regole severe sulla qualità il castelmagno non è tutto uguale" - davide banfo (sezione: Cina)

( da "Repubblica, La" del 07-11-2008)

Argomenti: Cina

Pagina XV - Torino L´intervista I disciplinari I pericoli L´allarme Se dovessi difendere un prodotto dai rischi della globalizzazione salverei la toma dell´Alpe Cravanzola, 1500 ettari di prati in val d´Ossola Sarebbe giusto alzare un po´ l´asticella. Una stalla transumante, quelle che in estate salgono in quota, produce un latte sicuramente inimitabile La gente sente parlare di melamina e spesso è condizionata dal prezzo In un momento come questo andrebbero pagati meglio allevatori e casari L´affinatore Carlo Fiori Guffanti denuncia alcune ombre: "Troppa produzione" "Servono regole severe sulla qualità il Castelmagno non è tutto uguale" DAVIDE BANFO Il logo liberty della ditta porta la data 1876. La Luigi Guffanti di Arona da 130 anni affina e commercializza formaggi. Duecento qualità, 400 tonnellate all´anno, mille metri di cantine per stagionare e coccolare le forme. Carlo Fiori Guffanti è una specie di guru dei formaggi. è capace di spiegare per mezz´ora le diverse varietà di Raschera, si intenerisce a parlare di una robiola di capra. I formaggi piemontesi avevano bisogno di una campagna di promozione? «In un momento difficile come questo qualsiasi iniziativa è benvenuta. La gente sente di formaggi cinesi alla melamina, il prezzo diventa spesso l´elemento preponderante nella scelta di un prodotto aliementare. Parlare di dop serve sempre, anche se sarebbe meglio porre l´attenzione su chi i formaggi li produce, dall´allevatore al casaro. Di un grande vino sappiamo quasi tutto, di un produttore di formaggi poco o nulla». Si dovrebbe quindi fare la stessa rivoluzione che è avvenuta col vino dopo lo scandalo etanolo? «Il Piemonte ha un patrimonio enogastronomico unico in Italia, alla pari di quello di alcune regioni francesi. Dall´altra parte delle Alpi il "paysan" è però una figura rispettabile, ha un ruolo sociale importante. Qui da noi si resta sempre contadini senza alcuna dignità culturale». Ma a parte i problemi di visibilità sociale, come giudica da esperto i formaggi in Piemonte? «La produzione delle Dop è cresciuta molto in questi anni, ma forse si poteva fare qualcosa in più sulla qualità. Stendere i disciplinari non è il mio mestiere ma credo che andrebbe alzata un po´ l´asticella. Il Castelmagno, che è un formaggio che amo molto, non può essere catalogato sotto un´unica denominazione. Il Castelmagno ha una specificità assoluta che nasce dalla cosiddetta "cagliata rotta". Ci vorrebbe maggiore severità e indicazioni più precise sulla stessa etichetta». Vuol dire che qualcuno fa il furbo? «Il problema non è fare i furbi, ma rispettare sino in fondo l´autenticità di un prodotto. Le stalle transumanti, cioè quelle che d´estate si spostano in quota, danno un certo di prodotto. Lo stesso latte modifica alcune sue qualità organolettiche se viene trasportato e lavorato in pianura. Qualcuno sorride all´idea che un esperto possa riconoscere in un formaggio il tipo di foraggio usato». Esiste una ricetta perfetta per un grande formaggio? «Come per il vino la prima regola è quella di produrre un po´ meno e riconoscere un maggiore guadagno all´allevatore. Il resto ne viene di conseguenza. Il casaro produrrà meglio, l´affinatore potrà curare al meglio la stagionatura. Per farci un´idea basta vedere cosa è successo con il Parmigiano Reggiano. Il governo è dovuto intervenire acquistando il 10 per cento della produzione per non fare crollare i prezzi. Non era mai successo e il Parmigiano è il formaggio italiano più conosciuto al mondo ma anche il più imitato e debole di fronte alle contraffazioni». A proposito di Dop come se la passa il gorgonzola, il formaggio piemontese-lombardo per eccellenza che trattate dalla vostra fondazione? «Diciamo che potrebbe ottenere risultati migliori sia dal punto di vista della qualità, sia da quello della commercializzazione. A penalizzarlo è anche qui una questione di denominazione e regole. Non ha senso indicare il gorgonzola nelle due qualità dolce e piccante. La qualità dolce è ormai il 92 per cento della produzione, mentre quella piccante di fatto non esiste perché un buon gorgonzola tradizionale non è mai piccante». Un´ultima sentenza: qual è il formaggio di nicchia che andrebbe a suo parere difeso a colpi di forcone dalla globalizzazione? «Vivo vicino all´Ossola e non posso che indicare la toma dell´Alpe Cravanzola. Sono 1500 ettari di prati all´interno di un enclave italiana in territorio svizzero. Per quel pezzo di terra nei secoli ci sono state stragi ed invasioni. Oggi è rimasto solo un formaggio straordinario che in Cina, per fortuna, non potranno mai clonare».

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dal parrucchiere al ristoratore "così affrontiamo la recessione" - claudia brunetto isabella napoli (sezione: Cina)

( da "Repubblica, La" del 07-11-2008)

Argomenti: Cina

Pagina VII - Palermo Meno sacchetti griffati per i clienti, ingredienti per la rosticceria comprati al discount. Ecco come ci si attrezza Dal parrucchiere al ristoratore "Così affrontiamo la recessione" Il libraio: "Orario più lungo in pausa pranzo" Il negoziante "Riduco i capi" CLAUDIA BRUNETTO ISABELLA NAPOLI PESA al botteghino dei cinema come sugli incassi dei parrucchieri. è la crisi raccontata da chi la vive sulla pelle. Dall´agente di viaggio al panificatore, che per stare a galla, cambiano gli orari di lavoro, puntano su utenze telefoniche meno care, limitano o diversificano gli ordini, e fanno da sé tutto quello che di solito affidavano a ditte esterne, come le consegne e le pulizie. «Limitiamo gli acquisti di merce - spiega Pippo Chianchiano, titolare di un negozio di abbigliamento - il prodotto non può essere scadente e allora, ci riforniamo di giubbini e camicie e limitiamo gli ordini di capispalla più cari, come cappotti e giacche, che rimarrebbero invenduti. Ma ci limitiamo anche sulle spese accessorie. Per esempio, meno sacchetti griffati per la clientela». Anche nelle agenzie di viaggio, i titolari cercano di risparmiare come possono. «Offriamo i viaggi a corto raggio e più economici come il Mar Rosso - spiega Nando Milella, titolare della Biba Tour - anziché quelli più lunghi e costosi, sono sempre offerte di qualità ma costano meno. Negli scaffali, mettiamo in evidenza proprio i cataloghi delle destinazioni vicine. Compriamo e offriamo meno gadget come borse e altri accessori. Nel turismo congressuale, ci consorziamo con altre aziende per organizzare eventi in modo da abbattere i costi». A Borgo Vecchio, la mattina il pane non lo compra più nessuno. «C´è un calo del 70 per cento - spiega Domenico Zora, titolare del panificio della piazza - e allora ci dobbiamo arrangiare. Gli ingredienti per la rosticceria li compriamo al discount. Per le utenze, luce e telefono, ho cambiato più volte gestore, da Wind Infostrada a Tele 2. Il contratto della luce ora l´ho fatto con la Sorgenia e risparmio circa il 20 per cento ma sto pensando di passare ad una società la Eon che produce energia dall´eolico». In macelleria, i banchi sono meno forniti. Succede anche in via principe di Scordia. «Ordiniamo meno carni - spiega Salvatore Ballo, titolare di una macelleria - cerchiamo di risparmiare sull´energia elettrica, limitando i consumi. La mattina a esempio non accendiamo la luce se non è necessario». In libreria, la filosofia per affrontare la diminuzione dei lettori è quella di diversificare l´offerta e fornire il servizio in orari diversi. «Lavoriamo di più - spiega Pietro Onorato, titolare della libreria Broadway - prolungando l´orario mattutino fino alle 14,30 per agganciare la clientela in pausa pranzo. Forniamo più titoli e quindi acquistiamo di più ma risparmiamo sulle spese per le spedizioni. Facciamo da noi quello che di solito delegavamo ai pony o ad agenzie». Angelo Altomari da oltre trenta anni nella ristorazione, da quando gli effetti della crisi si sono fatti sentire ha dovuto rimboccarsi le maniche: «Non sono soltanto il titolare - dice il proprietario della trattoria "Al tarì" in via Isaac Rabin - ma faccio anche il cuoco, il cameriere e l´amministratore. Insomma ho dovuto fare degli tagli al personale. Le spese aumentano, ma il prezzo del menù deve rimanere sempre lo stesso altrimenti la gente non viene più a mangiare da me. Così i guadagni sono inesistenti». Se prima contava una cinquantina di coperti al giorno, adesso sfiora la trentina a malapena e spesso soltanto nel weekend: «Se prima i clienti affezionati si facevano vedere anche quattro volte alla settimana, adesso fanno un salto una volta sola». E se con un´ottantina di clienti alla settimana il parrucchiere Fabrizio Mancuso fino a un paio di anni fa riusciva a guadagnare bene, oggi con qualcuno in meno a stento riesce a coprire le spese della sua attività in via Montepellegrino: «Il problema non è soltanto l´euro - dice Mancuso di "Nuance by Nat" - ma soprattutto il sistema fiscale. Quasi l´ottanta per cento degli incassi finiscono in tasse. Se si lavora in regola con i contributi pagati per dipendenti e tutto il resto, è praticamente impossibile essere in attivo. è un miracolo arrivare a fine mese senza rimetterci». E per affrontare la crisi si dà spazio anche alla fantasia: «Mi invento promozioni e offerte - dice Mancuso - per attirare i clienti. E non c´è persona che non mi chiede lo sconto». Anche chi opera nel mondo dello spettacolo e della cultura ogni giorno fa i conti con le tasche povere della gente. «Il cinema resiste - dice Tonino Di Patti, proprietario del cine-teatro Metropolitan di viale Strasburgo - perché dipende molto dal tipo di film. Il teatro, invece, e lo spettacolo di intrattenimento in genere è diventato un lusso per la nostra utenza. Così quest´anno abbiamo fatto un solo turno di spettacoli e non due. E comunque cerchiamo di contenere i costi dei biglietti di ingresso. Abbiamo offerte e card sconto». Ogni giorno Corrado Cantoni aspetta anche tre ore per una corsa e finisce di lavorare sempre più tardi per cercare di "portare a casa la giornata". «Il problema è l´euro - dice Cantoni, tassista da nove anni - ma anche la crisi del turismo, le guerre e il caro-petrolio. Ormai il taxi è un lusso, la gente lo prende solo in casi rari. In alcune zone possono passare anche cinque ore prima di essere chiamati per una corsa. A fronte di scarsi guadagni, per ammortizzare le spese dell´assicurazione e della benzina ho preferito una macchina più piccola». Attende con terrore la fine del periodo delle crociere Francesco Pecoraro che da quando aveva quattordici anni con la sua carrozza gira per le strade della città: «Campiamo solo con quei pochi turisti che ci sono - dice il cocchiere - e neanche bene. Pochi guadagni e spese sempre maggiori. Con l´euro poi è finito il mondo. Solo per mantenere il cavallo spendo circa cinquecento euro al mese. Se dieci anni fa facevo più di dieci corse al giorno, oggi posso farne due, una o anche nessuna in una giornata».

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L'AMERICA E IL MONDO (sezione: Cina)

( da "Avvenire" del 07-11-2008)

Argomenti: Cina

MONDO 07-11-2008 L'AMERICA E IL MONDO Fronti incandescenti come l'Iraq e l'Afghanistan. Mine da disinnescare come quelle mediorientale e iraniana. E altre aree dove gli assi tradizionali della politica Usa potrebbero cambiare Viaggio negli scacchieri «caldi» dove le capacità diplomatiche del neo-presidente verranno presto messe alla prova L'ombra dello «zar» Vladimir Putin si allungherà sui rapporti bilaterali Temi caldi per eccellenza sono l'Iraq e l'Afghanistan. Il piano di Obama è di ritirare gradualmente le truppe da Baghdad entro 16 mesi, ma la flessibilità della situazione sul campo potrebbe imporgli di calibrare il ritiro secondo le indicazioni dei generali. Gli Usa continuerebbero comunque ad addestrare il nuovo esercito iracheno e a lasciare operare unità speciali antiterrorismo. La nuova strategia si accompagnerebbe a un cambio di passo in Afghanistan, dove invece dovrebbero essere dislocati più soldati, senza la preclusione di un eventuale dialogo con gli insorti. Il negoziato, però, dovrebbe basarsi sul riconoscimento delle autorità locali da parte dei taleban e sullo stop Smaltita la gioia della vittoria, e in attesa di insediarsi il 20 gennaio alla Casa Bianca, il presidente eletto degli Stati Uniti Barack Obama deve già pensare alle tante sfide da affrontare sul difficile terreno della politica estera ( Epa) alla guerriglia, mentre gli irriducibili di al-Qaeda resterebbero il nemico numero uno da Un maggiore protezionismo o più collaborazione? L- A T I N A In quello che un tempo gli Usa consideravano come il loro «cortile di casa» , c'è chi teme che con Obama Washington tornerà a un maggior A- M E R I CA protezionismo. Ma anche chi vede una possibilità di miglioramento nei rapporti con il Venezuela di Chavez e un approccio migliore con Cuba. Chavez si è complimentato con Obama e ha parlato di «sintomo di un cambiamento di epoca» . Non è poco per chi negli ultimi anni ha fatto dell'antiamericanismo una delle sue bandiere. Di miglioramento delle relazioni ha parlato anche il boliviano Morales, che di recente aveva espulso l'ambasciatore Usa Philip Goldberg. Ora Morales promette un miglioramento delle relazioni. Entusiasmo per Barack è stato espresso anche dall'alleato brasiliano Lula, mentre Colombia e Messico non hanno mai nascosto le loro preferenze per McCain. il fatto I- RAQ - AF- GHANISTAN Disimpegno dall'Iraq più truppe in Afghanistan snidare e abbattere. A- F R I C A La povertà, le malattie e voglia di pace Se c'è un continente nel quale in questi ultimi anni gli Stati Uniti hanno perso terreno rispetto ai principali rivali questo è l'Africa. L'interscambio commerciale tra Pechino e il Continente nero è passato ad esempio dai 10 miliardi di dollari del 2000 ai 40 miliardi di dollari del 2005, e ad esso va accompagnandosi una sempre maggiore influenza di tipo politico da parte della Cina. Obama per l'Africa è un'icona. Lì dove il presidente eletto ha la sue radici ci si attende un impegno sempre maggiore dell'America sia sul fronte degli investimenti che su quello degli aiuti e di politiche di sviluppo sostenibili. È stato Mandela a indicare a Obama grandi obiettivi ai quali non può sottrarsi, come la lotta alla povertà e alle malattie e l'impegno per la pace anche nel Continente nero. A differenza di Bush, Obama è convinto che anche con Abu Mazen M- E D I O fiducioso Israele diffidente «Il problema palestinese e il conflitto israeloarabo sono la chiave per la pace nel mondo» . A O- RIENTE ricordarlo ad Obama è stato il presidente palestinese Abu Mazen, fiducioso che il neo presidente Usa continui a fare «dell'instaurazione della pace una delle sue maggiori priorità» . Ai palestinesi Obama ha riconosciuto il diritto a uno Stato, chiedendo loro di rinunciare alla violenza. Fonti israeliane sostengono che più che una rivoluzione Israele si aspetta da Obama «un'evoluzione» nella politica americana in Medio Oriente, anche se per molti aspetti Barack rappresenta ancora un'incognita per lo Stato ebraico. Da parte sua Hamas ha esortato Obama a imparare dagli «errori» di Bush, ma Barack ha già precisato che non negozierà con il gruppo al potere a Gaza. Gli strascichi della tensione nel Caucaso saranno la prima sfida da affrontare nei rapporti con Mosca. Barack ha alternato il bastone alla carota nei suoi riferimenti alla Russia, escludendo di estrometterla dal G8 dopo l'invasione della Georgia ma sottolineando che la sua politica costituisce «una minaccia per la stabilità della regione» e che Georgia e Ucraina dovrebbero «entrare nella Nato». Due giorni fa il presidente russo Medvedev ha detto che Mosca è pronta a installare in Polonia missili anti-scudo Usa. E mentre, dopo l'allungamento a 6 anni del mandato, è sempre più vicino un ritorno di Putin al Cremlino, Obama ha promesso di consultarsi su tutto, ma non lascerà spazio a veti russi in contrasto con gli R- USSIA interessi Usa. I- RAN l'Iran non si debba escludere la possibilità del dialogo. «Un incontro senza precondizioni ha però precisato Barack non è un invito per il tè». Per il presidente eletto l'avvio di eventuali trattative, dunque, non si tradurrà in nessun modo in una «resa», significando invece un approccio nuovo anche con un Paese con il quale gli Usa non hanno rapporti diplomatici dal 1979. A sorpresa, peraltro, sono giunte a Barack le congratulazioni del presidente iraniano Ahmadinejad, che ha esortato Obama a cogliere «al massimo le opportunità» fornitegli dal suo mandato. Ahmadinejad ha peraltro chiesto che gli Usa diano un taglio netto «alle politiche militaristiche e di occupazione» e limitino le loro «interferenze» a «ciò che accade dentro i loro confini». Obama in questi mesi ha cercato di allentare le preoccupazioni di Israele, ribadendo che non ha intenzione di lasciare a Teheran la possibilità di sviluppare armi nucleari, una minaccia non solo per Israele ma per gli stessi interessi Usa. A cura di Paolo M. Alfieri Dialogo senza cedimenti Ahmadinejad «apre»

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<Turismo e trapianti, iniquo business> (sezione: Cina)

( da "Avvenire" del 07-11-2008)

Argomenti: Cina

CRONACA 07-11-2008 la denuncia Tra donazioni e illegalità il convegno vaticano Fisichella: no alla compravendita permessa per legge «Turismo e trapianti, iniquo business» DA ROMA LUCA LIVERANI B asta un biglietto aereo per la Colombia e un assegno con parecchi zeri. Le liste d'attesa spariscono e il trapianto di rene o di fegato in una clinica di Medellin diventa una realtà. Se l'espianto di organi dai condannati a morte o le sparizioni di bambini sono orrori sussurrati e nascosti nelle trame del crimine internazionale, il turismo del trapianto è una pratica lecita, consumata alla luce del sole in paesi compiacenti dell'America Latina e del Sud- Est asiatico. Un business legale, ma orribile quasi quanto quello criminale. Il presidente della Pontificia accademia per la vita, l'arci- vescovo Rino Fisichella, esprime «forte preoccupazione » per il «traffico clandestino che miete vittime innocenti spesso in tenera età soprattutto dai paesi più poveri». Ma aggiunge subito: «Con altrettanta preoccupazione stiamo seguendo proposte di legge presenti in alcuni Paesi che tendono a legiferare in materia di trapianti di organo legittimandone la compravendita». L'allarme arriva all'apertura del congresso internazionale sui trapianti di organo Un dono per la vita, organizzato dalla Pontificia accademia per la vita, dalla Federazione delle associazioni dei medici cattolici e dal Centro nazionale trapianti, che si chiuderà domani. Oggi in programma l'udienza dal Papa. «Non si combatte il traffico clandestino di organi ribadisce monsignor Fisichella con la legittimazione per legge. Tanto ci appare iniquo il traffico di organi, tanto ci rende sospettosi la compravendita permessa per legge. Se la donazione esce dal contesto della gratuità non vediamo altra strada che possa essere perseguita diversa da quella della violenza». Colombia, dunque. Ma anche Pakistan, Filippine e Thailandia le mete del turismo dei trapianti. Rafael Matesanz, direttore del Centro nazionale trapianti spagnolo, spiega che la compravendita di organi da donatori viventi è ancora presente in India, ma in calo dopo il giro di vite delle autorità. Ora le traiettorie sono state dirottate su altri paesi compiacenti. «In Pakistan sono oltre 2 mila i trapianti di rene eseguiti ogni anno spiega Matesanz in gran parte riconducibili a compravendita». L'esperto spagnolo segnala un sito www.happylife.co attualmente inattivo che pubblicizzava un centro privato di Medellin con testi in inglese e israeliano: «Molti i cittadini israeliani che alimentano questo turismo, perché per motivi religiosi in Israele non ci sono donatori. Prima la mèta era Istanbul in Turchia, con donatori dalla Moldavia. Poi si sono spostati verso il Sudafrica. In Colombia ora il governo si sta muovendo». Segnalazioni anche in Bolivia, Perù, Ecuador. L'inefficienza dei servizi sanitari e dei trapianti da cadavere alimenta il mercato: Matesanz spiega che «in Asia il 60% della popolazione mondiale dispone del 2 o 3% dei donatori, situazione perfetta per creare il commercio di organi» Luc Noel, esperto dell'Oms, conferma: «Il 10% dei trapianti di rene effettuati nel 2005 nel mondo è frutto di traffici illegali. In Cina e Pakistan il fenomeno sta decrescendo perché stanno adottando maggiori controlli». È di ieri la notizia dal Kosovo di tre arresti per trapianti illegali, due dei quali medici, in un'inchiesta che vede coinvolti due stranieri, un israeliano e un donatore turco. Per arginare il fenomeno a maggio 2008 un vertice mondiale di organizzazioni scientifiche aveva stilato la Dichiarazione di I- stanbul, firmata da 150 rappresentanti di tutti i paesi. Il modo migliore per combattere il mercato clandestino resta l'accessibilità ai trapianti. Ferdinand Muehlbacher, presidente della Società europea per i trapianti parla di 100 mila trapianti nel 2006, tra cui 65.511 di rene, 20.366 di fegato, 5.313 di cuore, 3.051 di polmone e 2.500 di pancreas. Chi fa più trapianti è la Spagna, con 34,3 donatori per milione di abitanti. Seguono gli Usa con 26,6, l'Italia con 21, sopra la media Ue di 17, appena dietro a Francia e Gran Bretagna. In coda la Romania con 1,7 donatori. «Nel 2008 in Italia saranno 3 mila i trapianti d'organo dice il ministro della Salute Maurizio Sacconi più 15 mila trapianti di tessuto e 5 mila di cellule staminali emopietiche per la cura delle patologie del sangue».

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L'Europa si prepara oggi al G20 di Washington Attese proposte concrete (sezione: Cina)

( da "Avvenire" del 07-11-2008)

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ECONOMIA 07-11-2008 IL VERTICE L'Europa si prepara oggi al G20 di Washington Attese proposte concrete D opo i nuovi interventi delle banche centrali e passato il momento elettorale americano, i leader mondiali tornano a incontrarsi per definire nuove misure anticrisi. L'attenzione è rivolta in particolare, all'appuntamento del G20 a Washington il 15 novembre. Da lì «dovranno uscire proposte concrete di riforma del sistema finanziario». È quanto prevede il testo redatto dalla presidenza di turno dell'Unione Europea che verrà discusso al vertice straordinario europeo di oggi a Bruxelles per preparare una linea comune. Il summit dovrebbe definire «immediate guidelines per la governance a livello internazionale e precisare il programma di lavoro in base al quale entro 100 giorni dovranno essere presentate misure concrete». In Europa, il summit del 15 novembre, che riunirà i più importanti paesi emergenti come Cina, India, Brasile, Corea del Sud e Sud Africa, assieme alle grandi nazioni industrializzate, viene visto come l'avvio di un processo di revisione dell'architettura finanziaria globale. Il premier italiano Berlusconi, che ieri ha incontrato il presidente russo Dmitri Medvedev e il primo ministro Vladimir Putin, chiederà interventi sull'economia reale. Questo fine settimana a San Paolo, in Brasile, si riuniranno i ministri delle Finanze e i governatori delle banche centrali del G20, per preparare il campo e confrontarsi su possibili riforme delle regole finanziarie. Per l'Italia, ci saranno il governatore di Bankitalia Mario Draghi (a San Paolo anche lunedì 10 per la riunione della Banca dei regolamenti internazionali) e il direttore generale del Tesoro,Vittorio Grilli. Ai lavori parteciperanno il presidente della Bce Trichet, il direttore del Fondo monetario internazionale Strauss-Kahn e il presidente della Banca Mondiale Zoellick.

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L'economia mondiale (sezione: Cina)

( da "Avvenire" del 07-11-2008)

Argomenti: Cina

ECONOMIA 07-11-2008 L'economia mondiale Previsioni del Fondo monetario internazionale sul Pil dei principali Paesi (tra parentesi le variazioni delle stime rispetto a un mese fa) 2008 2009 AREA EURO Germania Francia ITALIA Spagna Regno Unito +1,2% (-0,1) +1,7% (-0,2) +0,8% (-0,1) -0,2% (-0,1) +1,4% (inv.) +0,8% (-0,2) -0,5% (-0,7) -0,8% (-0,8) -0,5% (-0,6) -0,6% (-0,4) -0,7% (-0,5) -1,3% (-1,2) 2008 2009 +3,7% (-0,2) +1,4% (-0,1) +0,5% (-0,2) +2,2% (-0,8) -0,7% (-0,8) -0,2% (-0,7) MONDO Usa Giappone ECONOMIE AVANZATE Russia Cina India +1,4% (-0,1) -0,3% (-0,8) +6,8% (-0,2) +9,7% (-0,1) +7,8% (-0,1) +3,5% (-2,0) +8,5% (-0,8) +6,3% (-0,6) ANSA-CENTIMETRI

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polemiche tra i visitatori per una svastica fiorita - marina paglieri (sezione: Cina)

( da "Repubblica, La" del 07-11-2008)

Argomenti: Cina

Pagina XVIII - Torino Polemiche tra i visitatori per una svastica fiorita Il neopresidente Usa nella Campbell´s Soup di John Grande Un alloggio a Cuba venduto da Bruguera Fino a domenica al Lingotto le opere di 128 gallerie da diciannove Paesi "Una finestra aperta sulla collettività" secondo il direttore Andrea Bellini MARINA PAGLIERI «Una fiera diversa da tutte le altre, ma anche un´avventura culturale, una finestra aperta sulla collettività, pensata per i collezionisti ma anche per un pubblico più ampio». Così il direttore Andrea Bellini ha presentato ieri la sua seconda edizione di Artissima, giunta al quindicesimo anno di vita, che apre oggi i battenti al pubblico con qualche polemica, come accade spesso. Stavolta per colpa di una svastica dell´artista vicentino Giovanni Morbin. Artissima si è aperta con il saluto della presidente di Torino Musei Giovanna Cattaneo, dell´assessore regionale Oliva a nome anche di Comune e Provincia, dei rappresentanti degli sponsor istituzionali, Giovanni Ferrero per Fondazione Crt, Luca Remmert per la Compagnia di San Paolo, Maurizio Beretta per la Camera di Commercio. Una fiera gestita per la prima volta da Artissima srl, di cui la Fondazione Torino Musei è socio unico, e che costa 2 milioni, di cui si prevede il 60 per cento sia coperto da entrate proprie, dai biglietti ai costi degli stand, per il resto i maggiori contributi arrivano da Regione (480mila), Comune (170mila), Fondazione Crt (120mila) e Compagnia di San Paolo (80mila). Sono 128 le gallerie provenienti da 19 paesi, tra cui Australia e Usa, Cina, Brasile e Giappone. Si apre con «Constellations», undici opere di grandi dimensioni e di taglio museale, poste all´ingresso del padiglione che ospita la fiera. Tra queste Object of desire (selling Cuba) di Tania Bruguera, performance provocazione con nove agenti immobiliari sedute alla scrivania che vendono, contravvenendo alla legge che lo vieta, appartamenti a Cuba. Sorprese anche tra gli stand, che hanno trovato una nuova disposizione più ariosa. Non mancano i riferimenti all´attualità, ad esempio un´opera di John Grande con tredici quadretti che ripropongono la Campbell´s Soup di Andy Warhol, ma il marchio ha il volto di Barack Obama, che appare anche in un´altra opera tridimensionale. Diminuiti almeno un po´ video e fotografia, tiene bene la pittura e abbondano le sculture (da Tony Cragg, presente anche quest´anno da Tucci Russo, ai tavoli sovrapposti di Martin Creed ancora in «Constellations», alle numerose installazioni tridimensionali disseminate tra gli stand). Al veronese Magazzino di Arte Moderna sono convinti che non sia possibile notare tutto ciò che è esposto: il titolare Mauro Nicoletti ha allora deciso di coprire le opere con lenzuoli e scoprirle solo a richiesta. Veronese è anche Arte Ricambi, che ha suscitato la protesta di Ermanno Tedeschi, gallerista quest´anno non ammesso in fiera e presidente degli Amici del Museo di Tel Aviv, per una svastica in lucente metallo ricoperta di fiori, opera di Giovanni Morbin. Dal palermitano Francesco Pantaleone c´è Andrej Mania, artista collezionato da Elton John, accanto a Loredana Longo, che scolpisce tazzine di porcellane, le riempie di polvere da sparo, le fa esplodere e riproduce il tutto in video. Tra le novità di quest´anno l´«Ecole de Stéphanie», vera e propria scuola d´arte a cura di Stéphanie Moisdon, con tanto di lezioni, dialoghi e presentazione di progetti, e il concorso «Italian Wave», con i sette vincitori, selezionati tra i 1.550 che hanno partecipato al concorso lanciato on line, che espongono le loro opere in fiera. Per il resto, torna la sezione «Present Future», con diciassette artisti emergenti che presentano in un´apposita sezione progetti inediti, mentre di «New entries» fanno parte diciannove gallerie fondate dopo il 2003, per la prima volta in fiera. Proseguono intanto le iniziative in città, dalla mostra di Michelangelo Setola a Palazzo Birago di Borgaro per «Artissima Fumetto», a «Luoghi d´arte e di artisti 1968-2008» di Paolo Mussat Sartor a Palazzo Cavour, per «Artissima Design». Fuori dal Lingotto, quasi una performance per gli universitari in lotta, vestiti di nero con una maschera bianca, che distribuiscono volantini.

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l'anima delle fabbriche nei clic d'artisti per la gd - francesca parisini (sezione: Cina)

( da "Repubblica, La" del 07-11-2008)

Argomenti: Cina

Pagina XXI - Bologna Un concorso e una mostra da oggi a Palazzo Pepoli per celebrare gli 85 anni della storica azienda L´anima delle fabbriche nei clic d´artisti per la GD Sorgerà un museo nel grande polo funzionale vicino allo stabilimento di via Battindarno FRANCESCA PARISINI (segue dalla prima di cronaca) La GD, Leader nella realizzazione di macchine impacchettatrici, l´azienda bolognese della famiglia Seragnoli ha scelto di raccontarsi attraverso le immagini dei suoi clienti, disseminati in 110 paesi nel mondo. Di questi paesi, ne sono stati scelti 18, per un totale di 23 imprese clienti, dall´India agli Stati Uniti, dalla Cina all´Europa, tutti ritratti ed interpretati dalla macchina fotografica di 18 professionisti: Gabriele Basilico, capofila della fotografia industriale in Italia, ha raccontato la Manifattura Tabacchi di Bologna, Dayanita Singh s´è occupato dell´India, Anthony Goicolea degli Usa, Tobias Zielony della Germania, Naoya Hatakeyama del Giappone, solo per citarne alcuni. Il lavoro è ora un volume edito da Electa, e a gennaio sarà una mostra da inaugurare in occasione di ArteFiera, presso la Pinacoteca. Se per decenni, poi, la ?fotografia industriale´ o ?applicata´ che dir si voglia è stata un vero e proprio genere, frequentata principalmente allo scopo di documentare il lavoro della macchina e dell´uomo, nella seconda metà del secolo scorso l´arte fotografica sembrava essersi dimenticata dell´industria. «GD4PhotoArt riallaccia il dialogo», ha spiegato Giovanna Calvenzi che ha curato la mostra a Palazzo Pepoli Campogrande, presentata ieri insieme a Basilico. A una dozzina di curatori ed esperti di foto da tutto il mondo è stato chiesto di segnalare ciascuno tre giovani fotografi. Visionati i 36 portfoli pervenuti, ne sono risultati vincitori tre a cui è stata assegnata una borsa di studio per realizzare in otto mesi un progetto di fotografia industriale. I tre, la ceca Dita Pepe, la francese Lea Crespi e l´olandese Rob Hornstra raccontano un paesaggio industriale molto diverso da quello descritto dai loro colleghi di primo Novecento, vedi Lewis Hine, Alfred Stieglitz, più tardi Koudelka e i Becher. «L´industria non è presente tecnicamente parlando - prosegue Giovanna Calvenzi - bensì diventa uno sfondo». E´ una cornice, infatti, per la Pepe, con i suoi autoritratti di fianco a operai e abitanti di una zona industriale, è una quinta teatrale per Lea Crespi, che all´interno di un contenitore di archeologia industriale muove il suo corpo giocando con la luce, è terreno d´inchiesta per Hornstra che ha condotta un fotoreportage in Siberia. Il loro lavoro è esposto quindi nella sede della Pinacoteca di via Castiglione (tutti i giorni dalle 10 alle 19). Poi il concorso, con cadenza biennale e sempre dedicato alla fotografia industriale, avrà sede nel museo che GD realizzerà all´interno del polo funzionale la cui prima pietra verrà posata nelle prossime settimane accanto allo stabilimento in via Battindarno (termine previsto dei lavori tra fine 2010 e principio del 2011). Su una superficie di 8500 mq. progettati dallo Studio Labics di Roma, troveranno spazio un auditorium da 400 posti, un centro di formazione, un asilo, una mensa e una palestra, spazi aperti alla città e non solo ai dipendenti GD. «Il museo, parte fondamentale di questo nuovo complesso - illustra Francesco Dal Co, storico dell´architettura e presidente della giuria del concorso che ha scelto il progetto dei romani - , non sarà solo un museo industriale che racconta la storia dell´impresa GD, ma verrà aperto a varie espressioni artistiche, a cominciare proprio dalla fotografia industriale a cui sarà dedicata in particolare una sezione».

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"un'illusione il petrolio a 60 dollari il costo del barile riprenderà la corsa" - maurizio ricci (sezione: Cina)

( da "Repubblica, La" del 07-11-2008)

Argomenti: Cina

Pagina 29 - Economia L´Aie stima un aumento dei prezzi nonostante il rallentamento della crescita mondiale "Un´illusione il petrolio a 60 dollari il costo del barile riprenderà la corsa" A trainare la domanda globale saranno sempre Cina, India e Medio Oriente MAURIZIO RICCI ROMA - Il petrolio a 60 dollari al barile (la quotazione di ieri a New York) è una sorta di illusione ottica, al massimo una pausa di respiro di breve durata. Il prezzo del greggio è destinato a schizzare di nuovo verso l´alto. L´Aie, l´agenzia per l´energia dell´Ocse - l´organizzazione che raccoglie i maggiori paesi industrializzati, ma non Cina e India - prevede, nel suo nuovo World Energy Outlook 2008 che, fra oggi e il 2015, il prezzo del barile sarà, in media, superiore ai 100 dollari. Moneta del 2007, al netto, cioè, della futura inflazione: in termini nominali, i prezzi che vedremo sui giornali dei prossimi anni saranno più alti. Per il 2030, il prezzo nominale sarà di 200 dollari. Ma l´ascesa non sarà lineare: la tensione fra domanda e offerta è talmente alta che anche piccoli spostamenti dell´una e dell´altra determineranno brusche oscillazioni, picchi record dei prezzi, seguiti da repentini crolli, rendendo ancora più affannoso di oggi il mondo dell´energia. E´ il risultato inevitabile di una situazione che l´Aie giudica "insostenibile", fra una domanda dei consumatori che continua a salire e un´offerta di greggio che non tiene il passo. I prossimi uno-due anni di recessione o ristagno dell´economia mondiale, infatti, rallenteranno la corsa dei consumi, ma, secondo l´Outlook, non a lungo. Da qui al 2030, la domanda globale di petrolio crescerà, in media, dell´1 per cento l´anno, trainata dai paesi emergenti: Cina, India e Medio Oriente forniranno i quattro quinti della nuova domanda che si presenterà sul mercato nei prossimi anni. La produzione dovrà passare da 84 a 106 milioni di barili al giorno nel 2030. Meno di quanto la stessa Aie ritenesse necessario nel suo rapporto dell´anno scorso, ma anche molto di più di quanto gli stessi petrolieri ritengano possibile. «Oltre i 100 milioni di barili al giorno - ha dichiarato qualche mese fa il capo della Total - dove dovremmo trovare tutto questo petrolio?». Le cifre che calcola l´Aie sono, infatti, impressionanti. Considerato che i pozzi attualmente in produzione si esauriscono al ritmo di quasi il 7 per cento l´anno e che questo declino è destinato ad accelerare, per far fronte alla domanda mondiale, occorre, solo nei prossimi sette anni, aggiungere capacità produttiva per 30 milioni di barili al giorno, tre volte quanto produce oggi il gigante del petrolio, cioè l´Arabia saudita. E, in ogni caso, 10 milioni di barili in più di quanto risulterebbero dalle esplorazioni attualmente in corso. C´è, sottoterra, tutto questo petrolio? L´Aie, in realtà, non si aspetta che la produzione del greggio convenzionale, quello che oggi soprattutto utilizziamo, aumenti più di 5 milioni di barili al giorno. Il resto dovrà venire dai gas naturali liquidi (il gpl, oggi di moda, per semplificare) e dalle sabbie bituminose, come quelle del Canada. A costi, però, anche ambientali, crescenti. Secondo i calcoli dell´Outlook, di greggio vero e proprio sottoterra ce ne sarebbe, in effetti, ancora per una trentina d´anni, considerato l´aumento dei consumi. Sfortunatamente è nei posti sbagliati, come il Medio Oriente, dove è dubbio che le compagnie nazionali vogliano affrontare gli investimenti necessari (350 miliardi di dollari l´anno) per estrarlo il più in fretta possibile.

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Per la Sinistra, debutta l'associazione (sezione: Cina)

( da "AprileOnline.info" del 07-11-2008)

Argomenti: Cina

Per la Sinistra, debutta l'associazione Aldo Garzia, 07 novembre 2008, 16:41 Politica Presentato a Roma, al centro Congressi di via Cavour, il documento che fonda il nuovo soggetto politico di Vendola, Fava e un parte di PdCI e Verdi. Il 13 dicembre terrà un'assemblea per discutere il testo ma anche i contenuti. L'ipotesi di trasformarsi in un partito della Sinistra aleggia su questa nuova iniziativa Il documento Un documento dall'ambizioso titolo ("Costruire la sinistra: il tempo è adesso") e con autorevoli firmatari di diverse aree politiche (Moni Ovadia, Alberto Asor Rosa, Maria Rosa Cutrufelli, Maria Luisa Boccia, Giorgio Parisi, Simonetta Salacone, Marcello Cini, Wilma Labate, Luciano Gallino, Margherita Hack, Mario Tronti, Elisabetta Piccolotti, Nichi Vendola, Claudio Fava, Umberto Guidoni, Paolo Cento, Loredana De Petris) per lanciare una nuova associazione dal nome altrettanto ambizioso: "Per la sinistra". I promotori si sono ritrovati presso il Centro congressi di via Cavour a Roma per annunciare che vorrebbero avviare una prima ricomposizione della sinistra che non ha rappresentanza in Parlamento dopo le ultime elezioni politiche. Ma la loro iniziativa è stata subito interpretata come il preludio di una possibile scissione all'interno di Rifondazione. Sinistra democratica (Sd) di Claudio Fava e Fabio Mussi insieme alla minoranza del Prc che fa riferimento a Nichi Vendola sono infatti il nucleo che si propone di rimettere in moto la geografia organizzata di chi non si riconosce nel Pd e trova angusta la linea di Paolo Ferrero, nuovo segretario di Rifondazione, che punterebbe sui tempi lunghi della ricostruzione della sinistra "dal basso" e attraverso una ricomposizione con altre formazioni comuniste, a iniziare dal PdCI di Oliviero Diliberto. L'avvicinamento tra Sd e minoranza del Prc avviene su una piattaforma politica che tende a occupare lo spazio politico lasciato libero dal Pd: priorità delle questioni del lavoro e dell'economia ambientalmente compatibile, attenzione ai nuovi movimenti come quello della scuola e dell'università di queste settimane, necessità di ricostruire un centrosinistra capace di fare autocritica sulle esperienze dei governi guidati da Romano Prodi ma altrettanto in grado di rilanciare la sfida alla destra sui temi del governo del paese. Nuovi e autonomi rapporti pure con il Pd. Alcuni dei promotori di questa nuova associazione pongono anche la questione delle prossime elezioni europee. L'alternativa sembra secca: o un cartello unitario Prc-Sd-PdCI -a cui Ferrero e la maggioranza di Rifondazione obiettano per via dei deliberati congressuali del partito che prevedono il solo simbolo del Prc - o una lista Sd-minoranza Prc che equivarrebbe alla scissione di Rifondazione. Da Ferrero è già venuto un no all'ipotesi di un congresso straordinario del suo partito per discutere della novità della scena politica e delle elezioni europee ("Ho l'impressione che di congressi si possa morire. L'ultima cosa che farei, dopo aver fatto un congresso di sei mesi molto combattuto, è rifarne un altro per discutere delle stesse cose"). Il segretario del Prc ha proprio oggi ribadito dagli schermi di Omnibus che il suo principale problema "resta ricollocare Rifondazione e la sinistra dentro la società, perché se abbiamo perso le elezioni si deve al fatto non siamo considerati utili". Patrizia Sentinelli, ex viceministro degli Esteri, dell'area vendoliana, precisa: "Avanziamo una proposta politica, al Prc in primis, per promuovere una lista unitaria delle sinistre alla europee. Su questo vogliamo un pronunciamento politico formale. Vogliamo procedere anche con due iniziative parallele: la richiesta di liste unitarie al partito e l'associazione per un soggetto di tutta la sinistra". Ma non c'è il rischio di ripetere alle europee la deludente esperienza fatta alle elezioni politiche dalla lista Sinistra-Arcobaleno? Vendola replica cosi': "Sinistra-Arcobaleno è stato un cartello elettorale improvvisato. Ora abbiamo bisogno di fare rivivere quella sinistra che è nelle aspettative della gente". Da qui l'ipotesi di avviare un percorso che metta a contatto le varie forze della sinistra. "Noi non abbiamo bisogno di scinderci - annota Vendola a proposito di una eventuale scissione del Prc - ma di allargarci, di mettere in piedi un cantiere orizzontale. Questa è la caratteristica del documento che proponiamo da oggi alla discussione di tutta la sinistra". Intanto domani, a Firenze, presso il Palaffari, si terrà la prima Assemblea nazionale degli amministratori locali di Sd a cui parteciperanno 500 delegati in rappresentanza dei consiglieri comunali, provinciali, regionali, assessori e sindaci del partito. Quanto all'avvenire dell'associazione "Per la sinistra", il primo appuntamento è quello di una assemblea nazionale per il prossimo 13 dicembre: sarà il punto di approdo di discussioni che si terranno in tutta Italia sul documento programmatico presentato oggi. Da qui ad allora ci sarà tempo per dibattere se alla sinistra serve una nuova associazione o un nuovo partito.

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La mano di Obama sul futuro d'Africa (sezione: Cina)

( da "Finanza e Mercati" del 08-11-2008)

Argomenti: Cina

La mano di Obama sul futuro d'Africa da Finanza&Mercati del 08-11-2008 Il Kenya, la più grande economia dell'Africa orientale e Paese natale del padre del neopresidente americano Barack Obama, ha proclamato un giorno di festa nazionale per celebrare adeguatamente un evento eccezionale che vede un suo «concittadino» guidare la principale potenza economica mondiale. E gli analisti già si interrogano sugli effetti che la politica estera di Obama avrà verso l'Africa centrale. È indubbio, del resto, che la finanza africana è uscita indenne dalla crisi dei subprime grazie soprattutto alla sua arretratezza strutturale. Ora sono in molti a scommettere su una nuova fase di liberalizzazione dei mercati finanziari africani sostenuta dai copiosi investimenti dall'estero. Al di là di alcune punte di eccellenza, rappresentate da Sudafrica e Nigeria, in generale l'Africa continua a mostrare fondamentali resistenti e una crescita attesa per il 2009 al 6 per cento. Certo, non mancano i rischi legati agli effetti collaterali della recessione globale, con la conseguente contrazione delle materie prime, o ai conflitti regionali. Una vera e propria tragedia nazionale, la Terza guerra del Congo, che si sta consumando a scapito di una popolazione stremata da una guerra civile che ha fatto più morti di qualsiasi altro conflitto (circa 5,5 milioni) con l'eccezione della seconda guerra mondiale, più 2 milioni di profughi. In campo, sette anni dopo l'ultimo accordo di pace, ci sono il presidente di etnia tutsi Joseph Kabila, succeduto al padre assassinato (già presidente congolese dal 1997), che guidava le forze ribelli dell'Alleanza per la Liberazione del Congo (Afdl) durante la prima guerra del Congo, e il generale Nkunda, capo dei ribelli di etnia tutsi del Cndp. A nulla è servito il vertice di Nairobi, voluto dal segretario generale dell'Onu Ban Ki-Moon e dall'Unione africana: i ribelli del Cndp sono a ridosso di Goma, dove è situato l'avamposto con i 167 mila militari dell'Onu, e sembra pronto a proseguire verso la capitale Kinshasa. Kabila, ex allievo dell'Università Nazionale di Difesa di Pechino durante il governo del padre, è accusato di aver svenduto le risorse minerarie del Paese proprio ai cinesi in cambio di 9 miliardi di dollari di finanziamenti infrastrutturali. Riuscirà l'America di Barack, alleato fondamentale di questi Paesi centroafricani, a esercitare la pressione necessaria per far cessare il conflitto? Sarà molto difficile, perché Obama, per quanto legato alla sua terra di origine, non dispone oggi degli spazi per intervenire, pressato com'è dai mercati finanziari internazionali che attendono le prime misure economiche e fiscali del governo di transizione che si insedierà poi definitivamente il prossimo gennaio. Né tantomeno è pensabile che la Cina sieda a un tavolo congiunto con le potenze occidentali o intervenga esplicitamente nella crisi, visti i precedenti come il Darfur che hanno visto l'establishment cinese non esporsi mai e anzi prendere le distanze da prese di posizione che violino la sovranità di un Paese e del suo governo. D'altro canto, a mo' di consolazione, dà conforto a Obama il fatto che il Kenya, la nona economia d'Africa per dimensioni, si sia lasciata alle spalle la crisi di inizio anno, strascico post elettorale caratterizzato da scontri avulsi dal retaggio storico del Paese. L'accordo tra i contendenti dello scorso febbraio ha riportato la calma e ha permesso al governo di riprendere la strada delle riforme. Ma non ha protetto la sua Borsa da un destino comune ai listini azionari di tutto il mondo: il Kenya Stock Exchange, infatti, ha perso circa il 38% da inizio anno. Ma nonostante la frenata, i piani di sviluppo kenioti del governo Kibaki restano comunque ambiziosi, con un obiettivo di investimento superiore ai 45 miliardi di dollari nei prossimi 5 anni. Nonostante la recessione globale che rallenterà la crescita del Pil nel prossimo anno a ridosso del 4%, vanno avanti i progetti di sviluppo delle infrastrutture: dal potenziamento del porto di Mombasa sino al collegamento tra Lamu (la più nota località turistica del Paese) fino al confine settentrionale verso il Sudan e l'Etiopia. Il governo ha infatti annunciato che, come fonte di finanziamento principale, oltre alle risorse del settore privato, farà ricorso a emissioni di bond: attualmente il livello di debito esterno/Pil resta contenuto al 22 per cento. La prima emissione sovrana per 500 miliardi di dollari è stata però posticipata al prossimo anno a causa delle condizioni di estrema volatilità del mercato, che imponeva un premio al rischio troppo elevato a fronte di un merito di credito rapportato a un livello di singola B, riservato alle componenti più speculative del mercato. I festeggiamenti seguiti all'elezione di Obama, in questa cornice, rappresentano perciò non più di una pausa salutare che non ha però allontanato le nubi di un cielo africano dai grandi orizzonti, ma ancora zeppo di nubi che incombono su conflitti per i quali ancora una soluzione possibile non sembra essere vicina.

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i diritti civili e il modello ultraliberista - mikhail gorbaciov (sezione: Cina)

( da "Repubblica, La" del 08-11-2008)

Argomenti: Cina

Pagina 33 - Commenti I diritti civili e Il modello ultraliberista MIKHAIL GORBACIOV Quest´anno cade il sessantesimo anniversario della Dichiarazione Universale dei diritti dell´uomo, a cui ho dedicato il mio discorso all´assemblea annuale del World Political Forum. Nel pieno di una crisi che colpisce tutto il mondo è una data che di per sé ci costringe a ricordare questo punto di riferimento dello sviluppo dell´umanità. Ma ricordare non basta. Oggi dobbiamo discutere di come avvicinarci agli obiettivi esposti in quel documento, nel contesto delle sfide del nuovo millennio e degli elementi che hanno prodotto la crisi in cui versa la politica mondiale. Credo che gli autori della Dichiarazione Universale si rendessero ben conto che grande è la distanza tra i principi enunciati e la loro realizzazione. Un forte contributo è stato dato dai movimenti che si sono battuti per i diritti civili, contro la discriminazione razziale e i regimi totalitari. E dai loro leader morali, Martin Luther King, Nelson Mandela, Andrej Sakharov. Ma nel mondo diviso dagli scontri ideologici e dalla guerra fredda gli ideali dei diritti umani venivano sempre messi in secondo piano e travisati. I cambiamenti avvenuti nel nostro Paese, in Europa e nel mondo nella seconda metà degli anni Ottanta ci hanno dato una chance irripetibile: quella di mettere in archivio la guerra fredda e lo scontro, anche in materia di diritti umani. Abbiamo avuto una reale possibilità di farlo, di ridurre tutti i tipi di armi e spostare le risorse per la soluzione di problemi come la povertà, il ritardo, il degrado ecologico. Uscendo dalla guerra fredda si comprese che non esistono diritti umani in un mondo dove miliardi di persone vivono con un dollaro al giorno, senza accesso all´acqua pulita, all´istruzione e all´assistenza medica. Che essi non possono farsi spazio in un mondo condannato a infiniti conflitti e alla corsa agli armamenti. In certo senso, siamo tornati a Franklin Roosevelt, che dichiarò fondamentali non solo la libertà di parola e di professione religiosa, ma anche la libertà dal bisogno e dalla paura. Noi abbiamo avuto la possibilità di procedere insieme in questa direzione. Ma bisognava davvero passare dallo scontro alla cooperazione, cancellare le vecchie linee di separazione senza crearne di nuove. Insomma, passare a una nuova politica mondiale. Sappiamo che così non è stato. La globalizzazione, che avrebbe potuto avvicinare miliardi di persone, ha seguito un altro scenario. I politici non sono stati all´altezza. Così cresce il divario tra ricchi e poveri, la crisi ecologica, il terrorismo e il fallimento della politica, fino alle guerre. è giunto il momento di parlare anche del rischio di militarizzazione della politica e del pensiero, incompatibile con i diritti dell´uomo. Intanto perché il primo diritto è quello alla vita, e militarizzazione vuol dire morte. Ma anche perché l´uso della forza come soluzione universale dei problemi, come mezzo di democratizzazione e stimolo alla crescita è un´assurdità contro il buon senso e contro l´intera esperienza dell´umanità. Credo che il vicolo cieco in cui si trova la politica si farà ancor più sentire con la crisi, iniziata come crisi finanziaria, ma che diventerà politica nei vari Paesi e nel mondo. Essa conferma l´interdipendenza dei processi mondiali, in questo caso un´«interdipendenza col segno meno». E le cause vanno ricercate soprattutto nella politica, intimamente legata negli ultimi quindici-vent´anni al modello dell´ultraliberismo, di cui ora capiamo tutta l´inconsistenza e l´amoralità. Un modello che ignora gli imperativi della solidarietà umana, ma anche gli interessi e le necessità della società. Parte indissolubile di quel modello è l´antidemocraticità del sistema economico globale, visto che le decisioni prese in un centro di potere hanno conseguenze fatali per tutti. Si può già prevedere che la crisi colpirà duramente i diritti di centinaia di milioni di persone, soprattutto se, nel tentativo di uscirne, si continuerà a salvare prima i pilastri del sistema finanziario e poi la gente, capitalismo spietato per la maggioranza e "socialismo", aiuto dello Stato, per i ricchi. Siamo alla nascita di un nuovo sistema economico finanziario sostenuto da un grande gruppo di Stati, non solo quelli del «miliardo d´oro», ma anche altri (Cina, India, Brasile, Sudafrica e Messico). Quali principi verranno messi alla base di questo sistema è un fatto fondamentale, anche dal punto di vista dei diritti umani. Credo che l´esito finale dipenderà da quanto democratica sarà la fase iniziale, se saprà tener conto degli interessi della comunità internazionale. Se avrà, o meno, un fulcro etico, morale. A suo tempo io posi il problema del rapporto tra politica e morale. Durante la perestrojka cercai di agire partendo dall´assunto che esse sono compatibili e una buona politica non può prescindere dall´etica. Per questo, nonostante tutti gli errori, siamo riusciti a tirare fuori il nostro Paese da un sistema totalitario, per la prima volta nella storia della Russia senza enormi spargimenti di sangue, portando avanti quel processo fino al punto in cui non era più possibile rigettarlo indietro. Ora è il momento di affrontare il nodo del rapporto tra economia e morale. Sappiamo che l´attività economica deve produrre profitto, altrimenti scompare. Ma il motto «l´unico dovere di un uomo d´affari è produrre profitto» confina con un altro motto: «profitto a qualsiasi prezzo». E allora non c´è più spazio per nessun diritto, per l´etica più elementare. Questo ci porta a riflettere su una nuova architettura politica mondiale. è la grande sfida che abbiamo davanti: inserire il fattore umano e della morale per garantire all´umanità un´esistenza degna nel prossimo futuro. è questa la sfida che per la nuova generazione dei politici.

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allarme della comunità cinese "bersagliati da scippi e rapine" - jessica schillaci (sezione: Cina)

( da "Repubblica, La" del 08-11-2008)

Argomenti: Cina

Pagina XIV - Palermo Allarme della comunità cinese "Bersagliati da scippi e rapine" Gli immigrati: le forze dell´ordine ci tutelino di più Eva, titolare di un negozio in via Lincoln accusa "La polizia non ci ha aiutato" Jin è stata aggredita in via Maqueda, pochi giorni dopo è toccato al marito JESSICA SCHILLACI Scippi, furti, rapine in casa non risparmiano la Chinatown cittadina. I cinesi di Palermo in queste ultime settimane hanno subito furti e aggressioni di tutti i tipi: nel proprio negozio o per strada, al lavoro o a casa, ora gli ex abitanti della Repubblica popolare sono terrorizzati all´idea di dover affrontare un nuovo giorno nella zona in cui vivono o lavorano. E chiedono maggiore tutela alle istituzioni. Le prime grida d´allarme partono dai negozianti di via Trieste e via Torino: «In una settimana hanno fatto ben quattro scippi a noi cinesi in questa zona ? dice Lina, di WenZhou ? due mercoledì, uno venerdì, uno non ricordo bene quando. Le strade più bersagliate sono via Trieste, via Torino, corso TukÖry, via Lincoln, via Maqueda, via Garibaldi. Mia sorella ha già fatto una denuncia. Sono ladri italiani, spesso romeni. Due o tre mesi fa, per esempio, è venuto in negozio un ragazzo, non ricordo se era italiano o romeno e mi ha rubato cento euro che avevo sopra il tavolo. Io ero sola e non ho potuto fare altro che gridare e corrergli dietro. E ad altri cinesi è successa la stessa cosa, ma hanno paura a dirlo perché forse non possiedono il permesso di soggiorno. Queste strade, diciamo la verità, sono troppo pericolose. Fino a poco tempo fa c´erano i carabinieri, ma ora che fine hanno fatto? Noi chiediamo maggiore controllo. La polizia spesso si preoccupa di controllare la nostra merce, ma sarebbe giusto che la stessa attenzione ci fosse nei confronti dei delinquenti dai quali subiamo furti e rapine. La sera queste zone dovrebbero essere più vigilate». In Corso dei mille dicono la stessa cosa. Qui addirittura chi va a comprare merce cinese corre rischi solo posteggiando l´auto. «Quando le macchine si fermano qui davanti le rompono ? racconta Dong ? e i miei clienti, sia italiani sia cinesi, che acquistano qui, non possono fermarsi tranquillamente. Al ritorno trovano i vetri delle auto infranti e la merce rubata. Diciamo che una volta alla settimana è routine». Anche i negozi di via Lincoln sono bersaglio della criminalità. Xing, proprietario di uno dei negozi del Centro commerciale cinese (ex Barone) spiega: «Un mese fa, a mia moglie le hanno rubato la borsa. Erano dei ragazzi italiani. Noi abbiamo fatto la denuncia, ma è necessario che in questa zona ci sia la polizia, soprattutto la sera». E la moglie di Xing non è la sola cinese vittima di uno scippo violento: «Erano quasi le otto di sera ? racconta Eva, proprietaria di un ingrosso di scarpe ? stavamo chiudendo il negozio, ero davanti ai cassonetti mentre mio marito chiudeva la saracinesca. Tenevo la borsa nella mano destra, sono passati due ragazzi sopra una moto. Mi hanno raggiunto da dietro, mi hanno tirato la borsa e io sono caduta per terra. Non si sono neanche accorti che ero incinta. Sono caduta per terra perché tenevo forte la borsa, ma loro me l´hanno tirata e sono scappati a tutto gas. Anche mia cugina è stata scippata, e nel negozio cinese di fronte al nostro sono entrati con i coltelli». Ma la rabbia di Eva è soprattutto perché non si sente tutelata: «Quando abbiamo detto ai poliziotti di una volante cos´era successo - racconta - ci hanno risposto che "Questa è Palermo, succede così". E non hanno fatto niente. Sappiamo che quando catturano i criminali minorenni, dopo averli rimproverati li mandano a casa. E così i ladri tornano a colpire, perché non hanno paura della polizia. Invece dovrebbero spaventarsi, dovrebbero essere puniti». Tanta rabbia è dovuta a un fatto culturale: in Cina solo per il semplice furto si va in galera. Ecco perché i cinesi di Palermo sono così determinati, soprattutto quando a subire le ingiustizie sono gli innocenti. «Una sera quando avevo finito di lavorare e stavo andando a casa ? racconta Jin YeMin, che abita in via Garibaldi con il marito e un bambino, affetto dalla sindrome di Down ? ero in via Maqueda. Sono arrivati due ragazzi con la moto e mi hanno strappato la borsa dalle mani. Mi hanno buttato giù per terra. Nella borsa c´erano dei soldi, due telefonini e i documenti del bambino. Pochi giorni dopo mio marito è sceso da casa di mattina molto presto per andare al lavoro e dieci ragazzi sotto casa nostra l´hanno attorniato, l´hanno colpito all´occhio con un pezzo di legno. è finito in ospedale. Tutto questo per rubargli la merce. Adesso mio marito sta facendo la una terapia perché non ci vede più bene. C´è bisogno di maggiore ordine pubblico. Noi abbiamo paura a vivere qui». Già, questa è Palermo, succede così.

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sen: "è un cittadino globale risani l'economia usa per il bene di tutto il mondo" (sezione: Cina)

( da "Repubblica, La" del 08-11-2008)

Argomenti: Cina

Pagina 8 - Esteri L´invito del premio Nobel per l´Economia Sen: "è un cittadino globale risani l´economia Usa per il bene di tutto il mondo" "Occorre un approccio fondato sul multilateralismo e la partecipazione" «Al presidente eletto Barack Obama direi questo: che la priorità assoluta è quella di sanare l´economia americana, e non soltanto per il bene degli Stati Uniti ma per il resto del mondo». è perentorio, al telefono da New York, Amartya Sen, economista indiano, docente all´Università di Harvard, premiato col Nobel per l´Economia nel 1998. Professore Sen, come risolvere l´emergenza? «Esorterei Obama a scongiurare una crisi finanziaria globale di cui già s´intravedono i primi segnali. Infatti una recessione profonda e duratura avrebbe conseguenze davvero devastanti sul resto del pianeta, scuoterebbe l´Europa, l´Asia, l´Africa, l´America Latina e non solo. Il mercato azionario, l´abbiamo visto in questi giorni, finora non ha dimostrato alcuna fiducia nel governo americano, indipendentemente da quale sia l´inquilino della Casa Bianca». Che cosa deve fare Obama per restituire fiducia al mercato? «Deve chiarire che adesso s´insedia un nuovo regime, e deve farlo presto. Deve dire che la nuova Amministrazione non si farà guidare da una politica ispirata alle dottrine della destra, basate esclusivamente sul mercato, e prive di regole, come quelle perseguite dall´Amministrazione Bush. Deve dimostrare al mercato l´esistenza di un nuovo approccio, e che stavolta sarà pragmatico. In secondo luogo il presidente eletto deve convincere, e in un certo senso persino obbligare, le banche a rigenerare il credito riavviando il circuito dei prestiti degli istituti di credito fra di loro. Obama osservi i passi, convincenti, compiuti dal primo ministro britannico Gordon Brown, quando ha in parte nazionalizzato le banche private. Rigenerare il mercato del credito è un fattore essenziale alla stabilità finanziaria globale». Il suo compito è finito qui? «Niente affatto. Resta, in America, l´altra questione cruciale legata alla disoccupazione di cui in questi giorni si annuncia un aumento, e quella legata a chi perso la propria casa. Dovrà affrontarle assicurando sussidi assieme a benefici legati alla Social Security che non escludano alcuno. Dovrà inoltre affrettarsi ad avviare i progetti di ricostruzione dell´infrastruttura nazionale, a cominciare dalle strade e dalle scuole, e la riforma sanitaria. Tutto questo servirà a far ripartire l´economia. Ci vorrà tempo. Ma se riuscirà a stabilizzare l´America aiuterà il resto del mondo». Basterà sanare l´economia per rafforzare il ruolo dell´America nel mondo? «No, tutto ciò ancora non basta. Una volta superata la crisi, l´America deve rivedere il proprio contributo al resto del pianeta. Obama in questo quadro figura non soltanto come americano, ma come cittadino globale. Lui stesso ha spesso sottolineato il ruolo globale dell´America, non quello di leader unilaterale del mondo ma come uno dei partecipanti di una leadership globale di cui faccia parte naturalmente l´Europa ma anche, fra gli altri, la Cina, il Giappone, l´India, il Brasile. E deve considerare anche quei Paesi che hanno meno potere, meno persino delle nuove nazioni emergenti dotate di forti economie, come appunto la Cina, l´India e il Brasile, ma che subiranno le conseguenze della crisi attuale, e penso in particolare all´Africa, che richiederà un´attenzione tutta speciale». Professore, il programma che lei delinea è ambizioso. Nella pratica, Obama riuscirà? «E´ un programma molto ambizioso, è vero. Però Obama stesso ci ha persuasi che dobbiamo aspettarci da lui un cambiamento di dimensioni considerevoli, e questo è il momento più opportuno nel quale il presidente eletto può segnalare quali sono le sue priorità nel breve periodo, e cioè stabilizzare l´economia americana, ma anche nel lungo periodo, e quindi come può aiutare il resto del mondo attraverso un approccio fondato sul multilateralismo, la partecipazione, la collaborazione: in primo luogo con l´Europa, ma anche con l´Asia, l´Africa, l´America Latina e il resto del pianeta». (a.v.b.)

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un passo avanti per i diritti umani - wei jingsheng (sezione: Cina)

( da "Repubblica, La" del 08-11-2008)

Argomenti: Cina

Pagina 9 - Esteri La Cina Un passo avanti per i diritti umani WEI JINGSHENG Gli otto anni di Bush hanno distrutto la fiducia del popolo cinese nei confronti dell´America (ma anche dell´Europa, a dire il vero). In questo senso, le promesse di cambiamento hanno un significato molto forte per il mio popolo. Obama, anche se può apparire inesperto, ha dimostrato durante la campagna elettorale di saper adattare le sue posizioni alle esigenze internazionali, e sono convinto che saprà lavorare bene nei confronti della Cina. A pesare sui rapporti fra Pechino e Washington non c´è solo la questione dei diritti umani. Il bandolo della matassa sta piuttosto nell´economia. L´attuale crisi finanziaria nasce da un problema di indebitamento dell´America, e il principale creditore degli Usa nel mondo è la Cina. Partendo dalla riduzione del debito con Pechino, Obama saprà sanare la crisi finanziaria e allo stesso tempo rendere più distesi i rapporti con la Cina. Da questo miglioramento generale scaturirà anche un avanzamento nella situazione dei diritti umani. Dissidente cinese, oggi vive negli Usa

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gli industriali europei fanno muro "il taglio di emissioni dove costa meno" - giampiero martinotti (sezione: Cina)

( da "Repubblica, La" del 08-11-2008)

Argomenti: Cina

Pagina 22 - Economia Accordo a Parigi con la sola opposizione inglese Gli industriali europei fanno muro "Il taglio di emissioni dove costa meno" GIAMPIERO MARTINOTTI dal nostro corrispondente PARIGI - Sì alla lotta contro il riscaldamento climatico, ma senza penalizzare l´industria manifatturiera: le organizzazioni imprenditoriali dei Ventisette, con la sola esclusione di quella britannica, si sono impegnate ieri su questa strada. Mettendo tuttavia i puntini sulle i e insistendo sulla necessità di non penalizzare la loro competitività: «L´obiettivo rimane quello di una riduzione delle emissioni del 20 per cento entro il 2020, un obiettivo che condividiamo totalmente, ma per problemi di competitività riteniamo che non debba essere l´industria manifatturiera a pagare i diritti di emissione fino a quando non sarà firmato un accordo internazionale anche con Cina, India e Stati Uniti», ha detto Emma Marcegaglia, presidente della Confindustria, al termine della riunione di Business Europe, l´organizzazione che riunisce gli imprenditori dell´Ue. «Le industrie europee dovranno già fare entro il 2020 ingenti investimenti per rilevare la sfida tecnologica che pone l´obiettivo di riduzione delle emissioni» ha precisato la Marcegaglia, sottolineando che se dovessero anche pagare per i diritti di emissione, il costo raddoppierebbe e questo proprio nel difficile momento congiunturale che stiamo attraversando. Business Europe ha inoltre ricordato che nel piano contro l´inquinamento elaborato dall´Unione europea, il settore residenziale è stato escluso, malgrado rappresenti quasi un terzo delle emissioni: «Ci vuole un piano serio per ridurle anche negli altri settori», ha detto la presidente della Confindustria. Ma ha precisato che le imprese devono fare la loro parte: «Le industrie che non investono per ridurre le emissioni e non rispettano gli standard che dovranno essere elaborati settorialmente dovranno pagare». Se il vertice europeo di metà dicembre dovesse approvare il piano, il costo per l´industria manifatturiera italiana dei soli diritti di emissione sarebbe compreso tra i 12 e i 18 miliardi l´anno, il 40 per cento in più rispetto alla media degli altri paesi (in Germania il costo è valutato attorno ai 9 miliardi, in Francia attorno ai 10). In dieci anni, secondo i calcoli della Commissione, il costo complessivo per l´Italia dovrebbe aggirarsi sui 139 miliardi. Ma la Confindustria, ha concluso la sua presidente, «condivide la sfida tecnologica che comporta e che aprirà forse la via a una nuova imprenditorialità». Nei prossimi giorni Business Europe cercherà di assicurarsi l´appoggio dei governi in vista delle ultime trattative prima del varo del provvedimento.

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Marino: Le regole ci sono Non spaventate i donatori (sezione: Cina)

( da "Unita, L'" del 08-11-2008)

Argomenti: Cina

Marino: «Le regole ci sono Non spaventate i donatori» È dal 1968 che la comunità scientifica ha regole certe. Ignazio Marino, senatore ed esperto in trapianti, spiega come la vedono i medici. C'è però il rischio che certe affermazioni spaventino i potenziali donatori. Benedetto XVI, dopo aver affermato che donare gli organi è una «forma peculiare della carità», ha accennato a un tema più delicato, senza tuttavia nominarlo esplicitamente: l'accertamento della morte cerebrale. In realtà sull'accertamento della morte cerebrale il consenso della comunità scientifica c'è già da tempo. Spiega Ignazio Marino, senatore ed esperto di trapianti d'organo: «Se per comunità scientifica si intende tutti coloro che si occupano di trapianti d'organo, allora non c'è dubbio che ci sia consenso. La Transplantation Society, che riunisce più di 5000 scienziati e chirurghi, nel meeting del 2008 non ha dedicato neppure una tavola rotonda all'accertamento di morte cerebrale: semplicemente non è un argomento in discussione». Quello che si fa ogni giorno nelle sale operatorie del pianeta viene fatto, quindi, nell'assoluta certezza che si prelevano organi da persone decedute. «È senz'altro utile che la scienza utilizzi tutti gli strumenti per migliorare la conoscenza del cervello, ma questo è un altro argomento. Quello che rileviamo anche attraverso l'elettroencefalogramma è il riflesso elettrico di un fatto biologico, ovvero la morte delle cellule cerebrali: un fatto irreversibile». Un accertamento che si basa su criteri scientifici stabiliti nel 1968 dal «rapporto di Harvard». Prima di allora la morte veniva diagnosticata quando il cuore smetteva di battere. Il 5 agosto 1968 la rivista scientifica JAMA pubblicò una ricerca della Harvard Medical School nella quale si riconosceva come alcuni casi di coma, la perdita irreversibile di qualsiasi funzionalità cerebrale e l'impossibilità di una respirazione autonoma fossero i nuovi criteri in grado di spostare il concetto di morte dal cuore al cervello. Un evento che ebbe un'importanza storica per i trapianti d'organo. Gli organi, infatti, possono essere prelevati solo da un cadavere «a cuore battente»: se l'organo, che sia cuore, polmone o fegato, non viene irrorato dal sangue, muore e diventa inservibile. Le parole del Papa in realtà sono soggette a diverse interpretazioni, ma nei mesi passati la polemica sulla morte cerebrale era esplosa in modo esplicito per un articolo scritto da Lucetta Scarrafia sulle pagine dell'Osservatore romano e dal quale lo stesso giornale prese le distanze. Mettere in discussione i criteri di morte cerebrale, infatti, può essere rischioso. «Molti ricordano ancora l'effetto Celentano - racconta Marino - . Alcuni anni fa Celentano disse in una trasmissione molto seguita che c'era il rischio che togliessero organi a persone che non erano morte. Questa affermazione fece sì che i morti ci fossero davvero perché nelle settimane successive calarono le donazioni di organi con la conseguenza che molte persone in lista d'attesa non fecero il trapianto». Le liste d'attesa sono effettivamente un problema enorme che rimane tale anche se il nostro paese ha fatto passi in avanti enormi negli ultimi 10 anni passando dagli ultimi ai primi posti per i trapianti in Europa. Nel 2007 le donazioni sono leggermente calate, nel primi mesi del 2008 si stanno riprendendo. «Io credo che il dibattito etico debba essere rivolto al commercio degli organi o a quello che sta avvenendo in alcuni paesi come la Cina». CRISTIANA PULCINELLI

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Lotta allo smog, la Cina si smarca: <I Paesi ricchi facciano la loro parte> (sezione: Cina)

( da "Avvenire" del 08-11-2008)

Argomenti: Cina

MONDO 08-11-2008 Lotta allo smog, la Cina si smarca: «I Paesi ricchi facciano la loro parte» DA PECHINO I Paesi ricchi «devono assumersi le loro responsabilità» nella lotta al surriscaldamento del pianeta, «tra cui quella di cambiare il loro insostenibile stile di vita». Lo ha detto il primo ministro cinese Wen Jiabao aprendo a Pechino una Conferenza internazionale sul cambiamento del clima. Il premier ha inoltre sostenuto che i Paesi industrializzati devono «aiutare » quelli meno sviluppati a far fronte alle conseguenze del surriscaldamento. «Mentre la crisi finanziaria globale si allarga e si aggrava ha detto Wen e sembra che le economie mondiali stiano rallentando, la Comunità internazionale deve rimanere determinata ad affrontare i cambiamenti climatici». Secondo le ultime previsioni degli economisti, la crisi internazionale sarà sentita in Cina più pesantemente di quello che si era pensato in un primo momento. Le fabbriche ad alta intensità di lavoro nel sud stanno chiudendo e la Borsa di Shanghai è in caduta libera. Arranca anche il settore più dinamico dell'economia, quello immobiliare, e si prevede che il tasso di crescita nel 2009 scenderà dall'11,9% dell'anno scorso al 7-8%. Il governo cinese, ha aggiunto il premier, ha «un atteggiamento responsabile» verso il problema e «attribuisce la massima importanza » alla lotta contro il surriscaldamento. La Conferenza di Pechino è stata organizzata dal governo cinese e dall'O- nu. Nel corso della conferenza, Wen e gli altri dirigenti cinesi intervenuti hanno precisato che Pechino è pronta agli interventi necessari e propone la creazione di un fondo internazionale per la lotta al surriscaldamento finanziato in larga parte dai Paesi industrializzati. La prossima scadenza per un confronto sui cambiamenti climatici sarà il vertice del 15 novembre del G20, un organismo che riunisce i Paesi industrializzati e alcuni dei principali emergenti, tra cui la Cina. Il premier Wen Jiabao: «Devono cambiare il loro insostenibile stile di vita». Rallenta l'economia Inquinamento e agricoltura (Reuters)

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I cocci dei <Cristalli> salvati dai cattolici (sezione: Cina)

( da "Avvenire" del 08-11-2008)

Argomenti: Cina

AGORÀ 08-11-2008 storia/1 A 70 anni dalla Notte in cui esplosero le persecuzioni anti-ebree, un autore «laico» ricorda l'opera benefica della Chiesa I cocci dei «Cristalli» salvati dai cattolici DI ANTONIO GIULIANO E ra più buio che mai quella notte. Fuori e dentro la coscienza degli uomini di Hitler. Solo così si spiegano quelle drammatiche ore tra il 9 e il 10 novembre di settant'anni fa. Passarono alla storia col nome beffardo di «Notte dei cristalli» per il frastuono delle vetrine dei negozi ebrei distrutti dalla furia cieca dei nazisti. Per la prima volta fu chiaro a tutti in quale modo il Terzo Reich avrebbe mandato in frantumi l'ordine mondiale. Con il rigore dello storico autorevole, l'inglese Martin Gilbert ricostruisce una pagina ignobile del Novecento nel saggio 9 novembre 1938. La cronaca minuziosa dell'evento, che aprì la strada all'annientamento di un popolo, è supportata da testimonianze inedite dei sopravvissuti e dei parenti. Più di trentamila, dai 16 ai sessant'anni, quelli che nel giro di una sola notte furono arrestati e inviati nei campi di concentramento. «Non chiedetemi mai ciò che ho visto», dice nel testo uno degli scampati. Un migliaio furono quelli che non fecero ritorno. Sin dalla nascita del regime hitleriano, si erano susseguite le misure antiebraiche: dalle «Leggi di Norimberga», che privarono gli ebrei della cittadinanza e vietarono i matrimoni misti, all'obbligo di aggiungere un secondo nome: Israel per gli uomini e Sarah per le donne. Il mezzo milione di ebrei residenti in Germania, appena lo 0,76% della popolazione, finì nel mirino della propaganda nazista come nemico interno, unico colpevole della sconfitta del 1918 e delle conseguenti difficoltà economiche. La situazione precipitò il 7 novembre 1938 con l'assassinio del diplomatico tedesco Ernst vom Rath per mano di un giovane ebreo di una famiglia espulsa illegalmente dalla Germania. Fu la scintilla del terrore esploso nella notte del 9 novembre e proseguito senza interruzione fino alla sera del giorno dopo. Almeno 90 le vittime, oltre mille le sinagoghe incendiate e quasi 8 mila i negozi distrutti. Goebbels, il cinico ministro della Propaganda nazista, non si sottrasse alle domande dei cronisti sul perché non avesse ordinato alla polizia di fermare i devastatori. E ammise sfacciatamente la complicità del governo: «Non potevo intimare ai nostri poliziotti di sparare, poiché intimamente simpatizzavo per loro». Nel proprio diario registrò anche le parole di Hitler: «Per una volta gli ebrei avrebbero dovuto percepire la rabbia del popolo». Emigrare era ormai l'unica via di salvezza. Un flusso di disperati si diresse ovunque: dalle Americhe alla Palestina, in Australia e in Cina. Un esodo biblico: tra quella notte e lo scoppio della guerra nel 1939 furono oltre 250 mila le persone che lasciarono le proprie case in Germania e Austria. Ma non si possono ignorare, spiega Gilbert, quanti accolsero i rifugiati e cercarono in tutti i modi di salvarli: «Se il numero di queste persone generose fu scarso, grande fu il loro animo». E ricorda l'impegno dei cristiani, dopo l'immediata denuncia del Vaticano l'11 novembre 1938. La sera stessa a Monaco i nazisti risposero con manifestazioni di massa contro i cattolici. Il Gauleiter (capodistretto) nazista della Baviera, Adolf Wagner, ammonì: «Ogni discorso del Papa a Roma è un incitamento agli ebrei di tutto il mondo a mobilitarsi contro la Germania». L'arcivescovo cattolico di Monaco, il cardinale Michael von Faulhaber, fornì un camion al rabbino della comunità. Una folla inferocita assaltò il palazzo vescovile. Pio XI sfidò senza esitazione i proclami nazisti sulla superiorità razziale ariana. Il 22 novembre 1938, Robert Ley, ministro del Lavoro tedesco, sbottò: «Nessuna compassione sarà tollerata nei confronti degli ebrei. Rifiutiamo l'affermazione del Papa secondo cui non esisterebbe che un'unica razza. Gli ebrei sono parassiti». Lo storico inglese annota anche altre pubbliche condanne di esponenti della Chiesa cattolica: il cardinale Schuster di Milano, il cardinale belga Van Roey e il cardinale Verdier di Parigi. Senza contare che in parecchi villaggi tedeschi «i preti delle parrocchie locali evitarono un massacro». E «grazie a loro, nel mezzo del crollo di qualsiasi morale, la morale sopravvisse». A 9 anni Ruen Moller, un sopravvissuto alla deportazione in 7 campi di lavoro forzato, sentì senza esser visto la conversazione tra una madre tedesca e la figlia di 6 anni che passavano lì vicino al suo campo: «Mamma, che genere di persone sono?», chiese la bambina. E la madre: «Queste non sono persone, sono ebrei». LIBRI Un passante davanti alla vetrina distrutta di un negoziante ebreo a Berlino il 10 novembre 1938

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truppe usa dall'iraq in afghanistan e scoppia un caso con la polonia sullo scudo - alberto flores d'arcais (sezione: Cina)

( da "Repubblica, La" del 09-11-2008)

Argomenti: Cina

Pagina 3 - Esteri Barack medita di anticipare il ritiro da Bagdad. Una lunga telefonata con il russo Medvedev irrita Varsavia Truppe Usa dall´Iraq in Afghanistan e scoppia un caso con la Polonia sullo scudo Il presidente eletto incontrerà nel corso del G20 il numero uno del Cremlino ALBERTO FLORES D´ARCAIS dal nostro inviato NEW york - Nel suo viaggio dello scorso luglio nei paesi dell´Asia Centrale Barack Obama aveva definito l´Afghanistan «il fronte centrale» della guerra al terrorismo e l´elezione a presidente non gli ha fatto cambiare idea. Nella sua prima conferenza stampa non ne ha parlato, perché la ribalta era tutta per l´economia e l´unico accenno di politica internazionale è stato quell´"inaccettabile" rivolto al programma nucleare dell´Iran che ha già stizzito il regime di Teheran. Le guerre e il terrorismo non si fermano in attesa dell´Inauguration Day (20 gennaio) e Obama non intende perdere tempo. Ne ha parlato nella stanza protetta del Fbi di Chicago, dove ogni giorno riceve il briefing dell´Intelligence sulla sicurezza nazionale. Quei colloqui, in cui il presidente-eletto più che altro ascolta, sono rigidamente top secret ma è abbastanza scontato che i temi delle due guerre in corso (Afghanistan e Iraq) e delle minacce di Al Qaeda siano stati affrontati. Sicuramente ne parlerà con George Bush quando domani pomeriggio entrerà per la prima volta alla Casa Bianca con i gradi di "Commander Chief" in pectore. Il generale David McKiernan, comandante della Nato in Afghanistan, preme per avere urgentemente rinforzi (20mila uomini) e questa è la cifra che il piano elaborato dalla Casa Bianca (di Bush) prevede. Da parte di Obama non ci sono obiezioni. E´ una sua proposta, l´ha ripetuta più volte durante la campagna elettorale ed é uno dei punti del dossier Afghanistan che i suoi consiglieri di politica estera stanno mettendo a punto. L´aumento delle truppe, un surge come quello in Iraq, deve però andare di pari passo con l´addestramento delle forze di sicurezza di Kabul e con un programma di aiuti civili che si integri con quelli militari. Il Pentagono di Robert Gates è d´accordo sul primo punto - «deve essere una guerra afgana, non una guerra americana o della Nato» - lo staff del presidente eletto vuole allargare anche gli altri. Inoltre il nuovo presidente intende ascoltare le critiche del presidente afgano Karzai sulle vittime civili. Ieri il Pentagono ha confermato che il bombardamento di un matrimonio lunedì scorso ne ha uccisi 37 innocenti, in gran parte donne e bambini. La questione militare resta la più rilevante ed è strettamente legata all´altra guerra, quella in Iraq. In un documento "riservato" (le cui grandi linee sono state "soffiate" alla stampa) si dice che in Afghanistan gli Stati Uniti «stanno perdendo terreno» e che tutte le agenzie di spionaggio Usa concordano che la situazione è "terribile": la violenza è aumentata del 543 per cento negli ultimi cinque anni, la coltivazione dell´oppio è raddoppiata dal 2003, l´appoggio degli afgani alle forze internazionali è calato del 33 per cento negli ultimi mesi, le truppe per un surge all´irachena non bastano. Sui tempi del ritiro dall´Iraq Obama sarà flessibile («dovrò tenere conto di quanto dicono i comandanti nel terreno») ma intende spostare fin da gennaio alcune brigate da combattimento da Bagdag a Kabul. Il Pentagono sostiene che pur iniziando a gennaio i 20mila nuovi soldati possono diventare pienamente operativi soltanto nel giugno 2009. I consiglieri di Obama dicono che è troppo tardi perché la primavera porterà certamente nuovi attacchi da parte dei Taliban e dei gruppi di Al Qaeda che hanno stabilito le retrovie nelle zone tribali tra Afghanistan e Pakistan e perché il prossimo agosto scadrà il mandato di Karzai. E immutata resta la posizione del presidente-eletto su Al Qaeda e Pakistan: il primo obiettivo è quello di «uccidere o catturare Bin Laden per condannarlo a morte» anche se fosse necessario inviare i marines nell zone tribali. Il nuovo documento-analisi del Pentagono (che verrà consegnato ad Obama dal generale Patraeus nel febbraio 2009) punta anche sulle altre aree calde della regione a iniziare dall´Iran. Se il regime iraniano credeva di trovare con il nuovo presidente una strada più facile ha sbagliato previsione. Per Obama (come per Bush) è «inaccettabile» che Teheran possa dotarsi di armi nucleari, cosi come è inaccettabile il sostegno degli ayatollah a «organizzazioni terroristiche». Diverso sarà l´approccio come ha confermato lo stesso Obama dicendo che risponderà «in modo appropriato» alla lettera alla lettera inviata da Ahmadinejad (Bush non l´ha mai fatto). Il dialogo "diretto" di cui aveva parlato in campagna elettorale resta una possibilità, ma all´inizio la nuova amministrazione seguirà le linee-guida attuali, puntando a uno «sforzo internazionale» e alle capacità diplomatiche dei paesi del 5+1 (Stati Uniti, Cina, Russia, Gran Bretagna, Francia e Germania). Ieri Obama ha parlato al telefono con il presidente cinese Hu Jintao e con quello russo Medvedev che incontrerà nel corso del prossimo G20. Una smentita è invece arrivata sul fronte dello scudo antimissile. Il presidente polacco Lech Kaczynski ha tentato di forzare la mano ad Obama («mi ha detto che il progetto dello scudo andrà avanti») e questa è stata la risposta del consigliere di Obama Denis McDonough: «Obama non ne ha parlato. La sua posizione resta la stessa: appoggio allo scudo antimissile solo quando ci sarà una tecnologia che può funzionare».

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"la cattiva politica fa solo danni il governo resti fuori dalle banche" - roberto rho (sezione: Cina)

( da "Repubblica, La" del 09-11-2008)

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Pagina 9 - Economia L´Italia La Ue "La cattiva politica fa solo danni il governo resti fuori dalle banche" Guido Rossi: troppi interventi nazionali, l´euro è a rischio Niente azioni concertate, qui possono saltare i vincoli di Maastricht su deficit e debito pubblico Lo Stato che ricapitalizza gli istituti, quale sia lo strumento scelto, finisce sempre per pesare molto ROBERTO RHO MILANO - Attenti, qui rischia di saltare l´Europa. Se gli interventi dei governi fanno saltare le regole del Trattato, se saltate le regole sulla concorrenza e gli aiuti di Stato saltano anche i vincoli sul debito pubblico, allora quel che resta dell´Europa sarà spazzato via. E naturalmente sarà a rischio pure l´euro. Guido Rossi, giurista, ex presidente della Consob e padre della legislazione italiana antitrust, ha sul tavolo una galleria di ritagli di quotidiani internazionali. Parte da lontano, dai disastri dell´era Bush, dal fallimento delle istituzioni finanziarie internazionali, ma si capisce che è lì che vuole arrivare: al pericolo che gli effetti della crisi sul Vecchio Continente vadano ben al di là degli scossoni delle Borse e della lunga recessione nella quale si sono infilate le economia europee, travolgendo quel poco di regole e istituzioni sovranazionali che nell´ultimo ventennio si sono faticosamente messe insieme. E poi, c´è l´Italia, e l´annunciato intervento del governo a sostegno delle banche: «Lo Stato stia il più lontano possibile dall´economia ? ammonisce ? trovi il modo di stimolare la domanda, che è l´unica via per accelerare l´uscita dalla recessione, piuttosto che aumentare il debito pubblico per iniettare liquidità nelle banche. Anche perché dove c´è cattiva politica, e in Italia c´è cattiva politica, anche le forme di intervento apparentemente più neutre mascherano l´intenzione di impadronirsi dei centri di potere che ancora sfuggono al controllo dei governi». Professor Rossi, di chi è la responsabilità di questa crisi? «Hanno voluto farci credere che è tutta colpa della speculazione, che ci sono state calamità e malversazioni. Non è così. è tutto il sistema che ha fallito, è il sistema che ha fatto crac». E perché è crollato in modo così spettacolare? «Ci sono ragioni specifiche e responsabilità dirette. La Federal Reserve ha lasciato totale libertà alle banche di agire come volevano. Greenspan, per anni glorificato come l´eroe del libero mercato, è il principale responsabile di questa situazione. E poi c´è l´amministrazione americana: nel 1995 al Congresso è passata la legge che limita la possibilità di citare in giudizio le società. Nel 1999 gli Stati Uniti hanno smontato il Glass Steagall Act che Roosvelt aveva introdotto per separare le attività delle banche d´affari da quella delle banche commerciali. E nel 2000 è passata una legge anche peggiore, che esclude dal controllo di tutte le autorità di vigilanza i derivati, compresi i famigerati credit default swap». Eppure su questa deregulation i mercati finanziari hanno prosperato per anni. «Sì, e intanto che i mercati prosperavano, si è creato un sistema bancario occulto, non controllato, senza trasparenza e senza regole. E quello che vediamo oggi è il risultato della deregolamentazione, o se preferisce dell´autoregolamentazione, che è la grande invenzione di Basilea 2. Qui servirebbe una Basilea 3 per metterne di nuove, di regole...» Non è quello che stanno facendo le grandi istituzioni finanziarie internazionali? «E con quali risultati? Il G7 è inconcludente. Il 14 e 15 novembre a Washington si riunisce il G20, con la stravagante definizione di «Bretton Woods 2», per dare la falsa impressione che si tratti esclusivamente di un problema monetario. A Bretton Woods 44 Stati si riunirono per tre settimane, a Washington sarà tuttalpiù un weekend lungo in cui decideranno che dovranno decidere. La Ue non dà segni di vita, non ha il minimo soprassalto, il minimo orgoglio. E poi c´è l´Fmi». Nel quale i governi europei sembrano riporre grande fiducia. «Pensare che sia il Fondo Monetario a risolvere questa situazione è assurdo. è dominato dagli Stati Uniti (che hanno oltre il 17% delle quote) e dalle potenze occidentali. La Cina, che al contrario degli Usa ha un surplus di bilancio e controlla circa un trilione di dollari del debito pubblico americano, ha appena il 3,7%, l´India l´1,9%. Si può risolvere una crisi planetaria escludendo dal tavolo le economie emergenti?» Non c´è al mondo una sola istituzione che garantisca quantomeno la genuinità di un tentativo? «All´assemblea generale dell´Onu si è costituita una task force guidata dal premio Nobel Joseph Stiglitz, che è stato uno dei critici più severi delle istituzioni di Bretton Woods. Ha più volte sostenuto la necessità di un organismo sovranazionale, che non può essere l´Fmi per le ragioni che ho detto. Oppure può essere l´Fmi, ma prima bisogna redistribuirne le quote, dotarlo di maggiori poteri e maggiori risorse. Questo potrebbe fare Stiglitz». Intanto, i singoli Stati iniettano denaro nelle banche. «Servirà forse a tenerle in piedi fino a che infuria la tempesta. Ma se non poniamo delle regole alle banche, torniamo all´inizio del problema: che ne faranno di quei soldi? Continueranno a investirli in derivati completamente opachi?» Berlusconi dice che le banche che avranno soldi pubblici dovranno garantire il ripristino del monte prestiti alle imprese. «Già, ma a quali imprese? Le ripeto: il problema non è la liquidità, ma l´economia reale. Si esce dalla crisi se c´è domanda, e la domanda non sta nelle banche né nelle imprese». Insomma, il nodo è politico. «Non c´è dubbio. Serve un intervento multilaterale, forte, perché la crisi è globale. Il problema non è più economico. Gli economisti sono tecnici come i dentisti, scrisse Keynes nel 1930 nel bel mezzo della grande depressione, ed è ora che si facciano da parte. è la politica che deve risolvere il problema». è quello che l´Europa e gli Stati nazionali stanno facendo, no? «L´Europa? Continua a dichiarare intenzioni di coordinamento, ma sono solo annunci sterili. Nessuna iniziativa, nessuna azione concertata. Ci si affida alle opzioni nazionali. E con ciò si indebolisce la politica comunitaria. Diciamolo con chiarezza: gli aiuti di Stato sono incompatibili con i Trattati europei. Sempre. Ho detto altre volte che servirebbe un´agenzia sovranazionale che impedisca che le regole europee vengano sbugiardate. Non ci pensano neppure. Le opzioni nazionali rischiano di far saltare il trattato di Maastricht. E se saltano i vincoli sul debito pubblico e sul deficit, se salta il principio del 3%, rischia di saltare anche l´euro. Come si fa a tenere insieme sotto la stessa moneta Paesi virtuosi e Paesi come il nostro che dentro quei limiti non riescono a starci?» Non sarà una previsione troppo catastrofica? In fondo si parla di interventi «soft», di azioni privilegiate, di obbligazioni convertibili, tutti strumenti «neutri» dal punto di vista del controllo e dei diritti di voto. «Sa qual è la verità? Lo Stato che inietta soldi nel capitale delle banche, quale che sia la natura dello strumento che sceglie, in quelle banche finisce per contare, e per contare parecchio. Gli Stati Uniti sono usciti dalla crisi del 29 con il Glass Steagall Act, con l´invenzione di un grande mercato finanziario e con la Sec, l´Italia ci è uscita con l´Iri e le banche di interesse nazionale. Quanto ci abbiamo messo a liberarci, poi, del fardello dello Stato imprenditore? Io lo Stato lo terrei lontano dall´economia, il più lontano possibile». C´è chi insinua che la determinazione a intervenire in soccorso delle banche nasconda la volontà del governo di mettere le mani sulle banche che Berlusconi non sente "amiche". «Dove c´è cattiva politica - come in Italia - il sospetto che l´intervento pubblico serva a conquistare nuovi centri di potere non è mai fuori luogo. E poi, scusi, qui il sistema bancario dice che non ha bisogno dei soldi dello Stato. Ha visto una sola banca rivolgersi al governo per chiedere aiuto?» No, in compenso abbiamo visto il ministro Tremonti che discerne tra i banchieri che si sono messi in fila per le primarie del Pd e quelli che non l´hanno fatto. «Se sono discorsi esclusivamente politici, di fronte ai problemi attuali non hanno alcuna rilevanza». Fossero solo chiacchiere in libertà. Tra interventi del governo, norme salvamanager infilate nottetempo nelle pieghe dei decreti, grandi manovre nelle banche, in Italia sembra esserci aria di ricompattamento di un sistema di potere. «Io lo definirei un sistema di malcostume, più che di potere. Sicuramente capace di alleanze e di influenze su più livelli, politico, industriale, bancario. Ma non sono più i poteri forti di qualche anno fa. Questi sono poteri fragili».

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la svolta lenta - (segue dalla prima pagina) (sezione: Cina)

( da "Repubblica, La" del 09-11-2008)

Argomenti: Cina

Pagina 22 - Commenti LA SVOLTA LENTA (SEGUE DALLA PRIMA PAGINA) In particolare dal profilo del nuovo segretario di Stato, del Consigliere per la sicurezza nazionale, del capo del Pentagono, figure decisive nell´Amministrazione. Ma, anche ci fosse, la virata sarà lenta. I vincoli della geopolitica pesano e la gravosa eredità dell´amministrazione Bush riduce le possibilità di manovra. A partire dalla duplice guerra in Iraq e Afghanistan. Obama ha sempre ritenuto l´Afghanistan il vero fronte della lotta al terrorismo internazionale, disertato da Bush per inseguire l´ambizioso progetto della nuova centralità politica, militare, energetica americana in Medioriente. Percezione realistica, confermata non solo dalla riorganizzazione nell´area di Taliban e Al Qaeda, ma anche dall´aumento delle perdite tra i soldati americani, da mesi superiori a quelle in Mesopotamia. E´ prevedibile che il nuovo presidente aumenti l´impegno militare nel "Paese dei monti", chiedendo un sostegno più ampio anche ai paesi Nato. Meno chiaro è come intenda affrontare la questione pakistana: non basta sostenere che, per combattere qaedisti e taliban, occorre operare militarmente sui due versanti della frontiera. Per sciogliere l´intricato nodo serve una soluzione regionale, che metta fine alle ambiguità politiche di Islamabad imperniate sulla dottrina della "profondità strategica" oltre la linea Durand. Soluzione che coinvolga gli Stati che hanno interessi nell´area, dall´India alla Cina, dall´Iran alla Russia. In caso opposto la transfrontaliera questione pasthun, divenuta pedina del nuovo Great Game in Asia Centrale, è destinata a ipotecare qualsiasi prospettiva di stabilizzazione a Kabul. Fronte, quello afgano, condizionato dalla possibilità di ridislocare ai piedi dell´Hindu Kush parte delle truppe oggi in Iraq. Se, dopo il surge guidato da Petraeus e, soprattutto, la rottura politica tra tribù sunnite e jihadisti stranieri, la situazione militare è migliorata, restano ancora molte incognite politiche: dalla tenuta del governo Maliki ai difficili equilibri tra gruppi etnoreligiosi, sino all´influenza che l´Iran esercita in riva a Tigri e Eufrate. A decidere della presenza militare americana in Iraq saranno poi le esigenze di bilancio: il deficit pubblico Usa è alle stelle dopo i recenti interventi a sostegno di banche e finanza ed è destinato a salire nel caso di piena attuazione del programma fiscale e sociale di Obama. E´, comunque, difficile che il ritiro possa iniziare, come promesso, dall´estate del 2010. Anche se, durante la lunga transizione presidenziale dei "settantasettegiorni", Obama premerà perché il negoziato avviato da Bush con Maliki non fissi scadenze troppo in là nel tempo. Ipotesi gradita anche a Teheran. Senza l´Iran, al quale la miope politica di Bush ha consegnato un ruolo chiave nella regione, l´America non può stabilizzare l´Iraq e concentrare i suoi sforzi in Afghanistan, dove pure si tende, con minore forza, la corda tesa dell´arco sciita. In campagna elettorale Obama ha sostenuto la necessità di parlare direttamente con gli iraniani e sembra aver escluso ogni iniziativa militare. Gli Stati Uniti sono già sovraesposti strategicamente con più di 170.000 uomini tra Afghanistan e Iraq. Inoltre, in piena recessione mondiale, una crisi militare nel Golfo, farebbe schizzare il prezzo di petrolio e gas alle stelle, mettendo definitivamente al tappeto la già provata economia globale. Ma il candidato Obama non è il presidente Obama e il nocciolo duro degli interessi strategici è difficile da scalfire. Il futuro inquilino della Casa Bianca ritiene «inaccettabile» che l´Iran sviluppi un programma nucleare e sostenga il terrorismo. Definizione che nel linguaggio di Washington versus Teheran significa innanzitutto: Hamas, le milizie sciite radicali in Iraq, l´Hezbollah in Libano. Affermazioni stigmatizzate dal presidente del parlamento iraniano Ali Larjiani, perno dell´asse di potere nascente a Teheran, e probabile candidato alle presidenziali di primavera, stagione in cui l´ormai impopolare Ahmadinejad dovrebbe uscire di scena. Nelle parole di Obama, Larijiani scorge una netta continuità con la politica di Bush e dice ai nuovi governanti americani che se vogliono uscire dalla situazione in cui si trovano nella regione devono mandare "segnali giusti". Sottolineando implicitamente che, dal nucleare a Baghdad, da Gaza a Beirut sino alla provincia afghana di Herat, popolata dagli hazara sciiti, "tutto si tiene". Un potere di "ricatto", quello iraniano, che irrita anche gli israeliani. L´ipotesi che nel nuovo team presidenziale vi sia una massiccia presenza di clintoniani, da quella certa di Emanuel a figure come Ross o Susan Rice, unite a quella del vicepresidente Biden, che in passato fu tra i promotori del riconoscimento di Gerusalemme capitale, è accolta con favore in Israele. Ciò non toglie che, se a vincere le elezioni anticipate fosse il Likud di Netanyahu, la tentazione, mai sopita, di uno strike sull´Iran destinato strappare la tela del ragno avviluppata da Teheran attorno a Washington, potrebbe tornare a fare breccia. Uno scenario, quello politico israeliano, destinato a riflettersi anche sulla questione palestinese. Eppure la soluzione del conflitto è più che mai nell´interesse americano. Privare il fronte radicale di un argomento che agisce insieme come volano della delegittimazione degli Stati Uniti, amplificazione del reclutamento jihadista è anche un modo di produrre sicurezza interna. Dalla nuova politica estera di Obama, troppo ipotecata dal passato per dispiegarsi a breve secondo linee nuove, non dovremmo aspettarci un change eclatante. Diverso sarà l´approccio, più incline al multilateralismo e all´uso del soft power. Consapevole che l´egemonia non è solo prodotto dell´uso della forza, del proiettare minacciosamente potere caro ai neocon, ma anche della capacità di ascolto e persuasione. Una regola chiave dimenticata nella scura era di Bush e Cheney.

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aspettando godot a bretton woods - (segue dalla prima pagina) (sezione: Cina)

( da "Repubblica, La" del 09-11-2008)

Argomenti: Cina

Pagina 23 - Commenti ASPETTANDO GODOT A BRETTON WOODS (SEGUE DALLA PRIMA PAGINA) Del resto le proposte europee formulate dal vertice parigino consistono nell´attribuire al Fondo monetario internazionale poteri di controllo e di pronto intervento sui mercati finanziari internazionali e nella creazione di alcune Autorità di regolazione mondiale che veglino sulla trasparenza dei mercati e sulla natura dei titoli emessi. Sarebbe questa la Bretton Woods numero due? E la moneta internazionale resterebbe il dollaro? Moneta di pagamento e di riserva? Con facoltà per l´America di vivere sulle spalle del resto del mondo? L´Europa è stata a Parigi molto critica sull´attuale "dollar standard" ma non ha formulato alcuna proposta alternativa. E poi una nuova Bretton Woods che non sia una presa in giro non può esser nemmeno pensata senza la partecipazione delle potenze emergenti e di quelle che stanno invece inabissandosi nella povertà e nella disperazione. Vi pare che avremo "risposte forti" in materia dal vertice di sabato 15 a Washington? Dove non ci sarà neppure Barack Obama? * * * Torniamo alle misure di emergenza. Quelle sì, bisognerebbe prenderle subito. Obama ha già indicato alcuni punti di riferimento che però riguardano soprattutto l´economia americana. Anzitutto i riferimenti temporali: gli interventi necessari dovrebbero esser presi prima di Natale, cioè subito, per poter diventare esecutivi non oltre la metà di dicembre. Sul merito il nuovo presidente eletto ha dato per ora le seguenti indicazioni: dare liquidità alle tre "majors" dell´automobile, General Motors, Ford, Chrysler. Ci vogliono subito una quarantina di miliardi di dollari perché almeno due delle tre "majors" di Detroit rischiano l´insolvenza entro i prossimi trenta giorni. Obama ha poi chiesto sostegno creditizio per le imprese piccole e medie, ma non è andato oltre questa generica enunciazione. Si sa però che l´ordine di grandezza d´un siffatto intervento in prima battuta si aggirerebbe sui 150 miliardi. Ha suggerito infine un sostegno ai redditi delle famiglie fino ai 200mila dollari annui attraverso meccanismi di detassazione. E invece maggiori tasse sui redditi superiori ai 250mila dollari. Su questo capitolo le cifre sono puramente induttive ma è logico pensare ad altri 100 miliardi. Il totale raggiungerebbe dunque più o meno quei 250 miliardi che Bush e il suo ministro del Tesoro avevano stanziato come prima tranche per sostenere le banche in pericolo di "default" e rastrellare i titoli spazzatura. Per ora siamo a questo punto. Può darsi che Bush ripeta ai suoi interlocutori del 15 novembre questo programma del suo successore. Si tratta di misure strettamente limitate all´economia Usa, ma è pur vero che è lì il nucleo del problema e la fonte primaria della recessione in atto. Misure capaci di ripristinare la fiducia delle imprese e dei consumatori rilanciando la domanda e quindi alleggerendo le scorte e mettendo in moto impianti e cantieri. Se questo avvenisse, sarebbe certamente un contributo importante anche per l´economia europea e internazionale. Tutto dipenderà dalla determinazione con cui Bush parlerà ai suoi interlocutori e dalla sponsorizzazione che riceverà dal suo successore. Un piano di rilancio dell´ordine di 250 miliardi (se questa fosse la cifra indicata) è certamente imponente in senso assoluto ma modesto di fronte all´immensità del disastro che il Fmi ha ripetutamente quantificato tra i 1.500 e i 2.000 miliardi di dollari. I mercati riprenderanno fiducia di fronte ad un pacchetto che rappresenta più o meno un decimo del disastro totale? * * * Naturalmente per produrre una svolta positiva alla crisi in corso non bisogna guardare soltanto all´America. Sul piatto della bilancia vanno messe anche l´Europa e la Cina, la Russia, l´India. Lasciamo da parte questi ultimi tre paesi e soprattutto la Russia che naviga in acque assai brutte e fa anche il cipiglio all´Occidente. E vediamo qual è in Europa lo stato dell´arte. Lo stato dell´arte, cioè della politica economica europea, è pessimo. Non solo dal giugno sorso, quando ci furono i primi segnali della crisi americana dei "subprime" ma da molto tempo prima. Pessima la politica economica della Commissione di Bruxelles per la parte di sua competenza, pessima la politica monetaria della Bce e pessima quella di gran parte dei governi nazionali membri dell´Ue. Politica restrittiva dei tassi, dei parametri che presiedono al patto di stabilità, della vigilanza sul sistema bancario. Ho letto ieri su "24 Ore" un articolo di Fabrizio Galimberti dal titolo "Ma si può dir male della Bce?". Finalmente, ma ve ne accorgete soltanto adesso? Noi ne diciamo male da un anno e mezzo ma non siamo economisti accademici, siamo soltanto giornalisti dei quali si dice male tutti i giorni. Non costa nulla dir male dei giornalisti anche se talvolta vedono più lontano dei banchieri centrali e della folta schiera dei loro sostenitori. La Bce ha mantenuto il tasso di sconto al 4,25 per cento per almeno due anni fino ad un mese fa, quando già infuriava la tempesta recessiva. Due punti sopra al tasso Usa. Poi, un mese fa, ha cominciato a ridurlo a passettini, con il contagocce seguendo con ritardo il crollo delle Borse e lo stallo delle imprese. Non hanno capito assolutamente niente della natura e delle dimensioni di quanto stava accadendo nell´economia americana. Della devastazione dei titoli spazzatura. Dell´inquinamento dei "derivati". E soprattutto della politica del debito che era diventata la base di una piramide rovesciata, di un "boom" cartaceo che si reggeva sulla punta anziché sulla base. Si incoraggiava il debito facile e su di esso si creavano profitti enormi ma enormemente precari. Nel giugno scorso arrivò il primo scossone, ma le istituzioni in Europa hanno continuato come niente fosse. I "fondamentali" ? così dicevano ? sono solidi. Fino a quando ci abbiamo sbattuto il muso contro. Si dice: però fin dai primi segnali di crisi non hanno fatto mai mancare liquidità al sistema. Questo è vero: sia la Fed sia la Bce hanno inondato il sistema di liquidità. Con prestiti reiterati a breve e brevissimo termine. Nell´ultima fase, una ventina di giorni fa, anche i governi si sono finalmente svegliati intervenendo al salvataggio di alcune banche in "default" (in Gran Bretagna, in Germania, in Francia, in Olanda, in Belgio) e fornendo in tutti i paesi dell´Ue una garanzia pubblica sui depositi, con il motto "nessuna banca fallirà". Si pensava che bastasse, ma ovviamente non è bastato. La garanzia dei depositi è un puro e semplice "spot" mediatico. Può servire a ridare fiducia ma nessun governo del mondo sarebbe in grado di garantire i depositi di fronte ad un "default" bancario. Una grande banca amministra depositi per decine di miliardi. Lo "spot" serve a rassicurare i depositanti e non costa nulla, ma se i depositanti dovessero fare ressa agli sportelli anche di una sola grande banca, verrebbe giù tutto come un castello di carta. Per fortuna non siamo a questo. Allora tutto va bene? Nient´affatto. Sapete dove è finita la liquidità che la Bce ha fornito alle banche? E´ finita nelle casse della Bce, questo è il paradosso. Era stata data nella speranza che il credito interbancario, cioè quello che le banche si prestano reciprocamente, riprendesse a scorrere fluentemente. Invece le banche hanno ridepositato la liquidità presso la Banca centrale. Ci lucrano un differenziale ma intanto tagliano i crediti ai clienti. Le cifre sono queste: il 10 settembre i depositi delle banche alla Bce di Francoforte ammontavano a 48 milioni di euro; al 31 ottobre ammontano a 280 milioni. E´ evidente che il meccanismo si è inceppato ma nessuno è ancora corso ai ripari. Un altro problema non risolto e difficilmente risolvibile riguarda i Fondi d´investimento. I clienti scappano chiedendo la restituzione dei risparmi investiti. Nei primi dieci mesi di quest´anno le richieste di riscatto sono state di 55 miliardi di euro. Per farvi fronte i Fondi scaricano sulla Borsa i loro portafogli e i listini vanno giù. * * * Adesso è entrata in crisi l´economia reale: aumenta la disoccupazione, diminuisce il reddito reale delle famiglie, tutto il lavoro precario è sotto schiaffo. Il lavoro precario non usufruisce nemmeno di ammortizzatori sociali, non è prevista finora la Cassa integrazione. Attenzione: i precari sono ormai alcuni milioni di persone. Finora il problema era quello di favorirne il passaggio a contratti stabilizzati, ma ora il problema è un altro: evitare che le imprese li buttino sulla strada e predisporre qualche tutela per la loro disoccupazione. Gli impiegati statali si trovano anch´essi in questa situazione perché la pubblica amministrazione è piena di precari. Fannulloni? Alcuni probabilmente sì ma tutti sicuramente no. Ma è facile farli fuori alla scadenza dei contratti. Il governo ha stanziato un fondo di 650 milioni per sostenere le imprese. Ho riletto più volte questa cifra, credevo si trattasse di un refuso, che mancasse uno zero. Invece no, si tratta di milioni e non di miliardi. Altri 600 milioni dovrebbero servire per rafforzare la Cassa integrazione. Ma se arriva l´ondata dei precari anche questa cifra diventerà ridicola. «Non ci sono soldi» dice Tremonti ed è vero, non ce ne sono. Avete buttato dalla finestra tre miliardi e mezzo annui per abolire l´Ici sulle case degli abbienti. Malgrado i tagli alle spese il fabbisogno del Tesoro è in costante aumento e di conseguenza aumenta il debito pubblico e l´onere degli interessi. Vuol dire che la lotta all´evasione è stata abbandonata. Ora si sta studiando un provvedimento molto opportuno: prelevare l´Iva al momento dell´incasso del credito e non al momento della emissione della fattura. Un respiro per le imprese, ma ovviamente una diminuzione di entrate da parte dell´erario. Tuttavia salari e pensioni debbono essere aumentati altrimenti il consumo, gli investimenti, la disoccupazione andranno in crisi ancora di più. Ci vuole un piano di rilancio, bisogna immaginare una copertura e utilizzare i margini di flessibilità che l´Europa finalmente concede. Il governo pensa alla Cassa depositi e prestiti e ai 100 miliardi di risparmio postale che essa amministra. Per fare che cosa? Per metterli dove? Sono depositi di povera gente, libretti postali di vecchi, i risparmi di una vita. Che cosa volete farne? Lo deciderete in nove minuti per decreto e con la fiducia? Cento miliardi di povera gente in operazioni di rischio? Ma siete matti? Post Scriptum. Il clamore sulla "abbronzatura" del presidente eletto degli Stati Uniti ha indignato il premier italiano. Era una carineria ? ha detto ? e la stampa imbecille di tutto il mondo non l´ha capita. Io penso che Berlusconi abbia ragione, il clamore è stato eccessivo. Dovrebbe esser chiaro a tutti che l´Italia ha liberamente scelto di affidare il governo nazionale ad un comico. E´ un comico un po´ invecchiato ma pur sempre di prim´ordine. Chi se ne stupisce e se ne indigna è male informato. Si tratta di un attore della premiata ditta del Bagaglino. Barack Obama che è intelligente l´ha capito e gli ha telefonato. Forse qualche risata se la sarà fatta anche lui.

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la crisi e i paesi poveri - kofi annan, michel camdessus e robert rubin (sezione: Cina)

( da "Repubblica, La" del 09-11-2008)

Argomenti: Cina

Pagina 23 - Commenti LA CRISI E I PAESI POVERI KOFI ANNAN, MICHEL CAMDESSUS E ROBERT RUBIN La storia e la nostra esperienza personale ci insegnano due lezioni. La prima è che quando si verifica una crisi solitamente chi ha meno responsabilità è al tempo stesso chi ne viene colpito più fortemente ed ha meno possibilità di farvi fronte. La seconda è che le crisi possono essere d´impulso per riforme e cambiamenti radicali. Si tratta di situazioni transitorie, che tuttavia è imperativo cogliere, e che ci impongono di intervenire per evitare che si ripetano. Nell´attuale mondo globalizzato, ciò si traduce in nuovi accordi, più efficaci, efficienti ed equi. Questo è anche lo scenario dell´attuale tracollo finanziario, la cui portata sfugge tuttora ad una valutazione complessiva. è certo, però, che esso comporterà un rallentamento dell´economia mondiale, una diminuzione degli scambi commerciali, maggiore concorrenza per ottenere un credito e una "corsa alla sicurezza" da parte degli investitori. La pressione fiscale aumenterà sulla spesa pubblica e sul livello degli aiuti che potrebbero diminuire. Attualmente l´attenzione politica mira a tutelare consumatori e contribuenti nei paesi industrializzati, tuttavia i poveri e i paesi poveri sono coloro che presto potrebbero trovarsi a dover pagare il prezzo più alto di uno scompiglio di cui non sono affatto responsabili. Fronteggiare questa crisi senza tenere in considerazione le necessità dei poveri di tutto il mondo, o ? alternativa ancor più grave ? riducendo l´impegno nei loro confronti, sarebbe una gravissima ingiustizia. Il persistere della povertà, della fame, della malnutrizione, di malattie e dell´analfabetismo su vasta scala è responsabilità di tutti. Il senso di ingiustizia che ciò ingenera costituisce una minaccia per l´economia globale, l´ambiente e la sicurezza politica. Il senso di responsabilità che ha stimolato i politici occidentali a intervenire per ripristinare la fiducia nel sistema finanziario dovrebbe, in un mondo globalizzato, concretizzarsi anche in azioni volte ad accelerare il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo del Millennio (Mdg). Oggi, a metà del cammino verso il 2015, è chiaro che si è fuori strada per quanto riguarda gli Mdg, ma è altrettanto chiaro che la situazione non è ineluttabile. Le molteplici esperienze individuali virtuose forniscono una base ottimale per applicarne il modello su vasta scala e dare una svolta concreta allo sviluppo umano globale, senza aspettare il secolo venturo o i prossimi 50 anni, bensì nel decennio che è alle porte. è imprescindibile che la governance nei paesi africani divenga più responsabile ed efficiente. L´impegno politico dei leader dei paesi in via di sviluppo, unito a maggiori investimenti, all´assistenza tecnica e finanziaria da parte delle nazioni più ricche, può tradurre tutto questo in realtà. E, in termini relativi, non è un´impresa onerosa. Le nazioni facenti parte del G8 e dell´Ocse devono adempiere agli impegni assunti, nei confronti dei paesi in via di sviluppo, in particolare per quanto concerne gli aiuti, e non utilizzare la crisi economica come un pretesto per abbandonarli. è stato molto impegnativo mettere in opera questi impegni, ma oggi la loro assunzione incoraggia molti paesi africani ed altri in via di sviluppo a costruire dei progetti imperniati sugli Mdg. Il mancato adempimento degli impegni rappresenterebbe un messaggio molto negativo per i paesi in via di sviluppo e metterebbe a repentaglio il fragile ma crescente senso di reciproca responsabilità che sta emergendo tra l´Africa e i suoi partner tradizionali per far fronte alle numerose sfide del continente. La determinazione che pervade gli incontri volti a stabilire un nuovo sistema globale di governance finanziaria è sempre bene accolta. Gli avvenimenti degli ultimi mesi hanno mostrato quanto sia inadeguato il sistema attuale: oggi i mercati sono globali, ma i controlli legislativi sono tuttora locali. Il nuovo sistema deve coinvolgere tutti gli attori, non soltanto l´Europa, l´Ue e il Giappone, ma anche il Brasile, la Cina, l´India, l´Arabia Saudita, il Sud Africa ed altri paesi: anche le nazioni più povere devono poter dire la loro al tavolo dei negoziati. Il Fmi deve assumere un ruolo centrale nel monitoraggio dei mercati globali e nella risposta alle situazioni di crisi, nonché essere reso più rappresentativo e partecipativo. Si dovrebbe sollevare il Consiglio Esecutivo dalla responsabilità di assumere le maggiori decisioni strategiche, affidandola a un Consiglio più rappresentativo e con più alti poteri sul piano politico. Un Consiglio che, tra l´altro, andrebbe a sostituire il Comitato del Fmi, che attualmente svolge solo un ruolo consultivo. Queste idee non sono nuove e sono state proposte dopo le crisi del Messico e dell´Asia negli anni ´90. Allora, l´occasione di implementare un sistema di regolamentazione globale fu sprecata. Cerchiamo di non perdere anche questa opportunità. Un ulteriore intervento opportuno sarebbe l´allargamento degli incontri annuali dei G8 in modo che essi rispecchino gli attuali scenari economici e geopolitici. Le necessità dei paesi in via di sviluppo, e in particolar modo quelle dell´Africa, così, potrebbero essere affrontate in maniera più sistematica, preparando gli incontri su problemi globali, sia inerenti l´economia, il commercio, le migrazioni, la sicurezza alimentare o i cambiamenti climatici. Fra quattro settimane, la riunione ad alto livello di Doha sul finanziamento dello sviluppo, sarà un´ottima occasione per fare il punto della situazione, capire cosa dobbiamo fare per garantire che vi siano sufficienti risorse per portare a termine le sfide intraprese dai leader mondiali al volgere del Millennio. E fra due settimane avrà luogo il vertice finanziario internazionale di Washington. Adesso più che mai è il momento di dare la garanzia che nel far fronte alla crisi attuale l´approccio adottato sarà globale e non tralascerà le necessità dei più poveri. I grossi problemi sono l´occasione per una riflessione ponderata. Sappiamo che la globalizzazione può essere una forza ad effetto positivo. Ma se i vantaggi che ne derivano devono essere condivisi, e il mondo non deve essere polarizzato tra coloro che sono "dentro" e coloro che sono ancora più emarginati, allora c´è bisogno di un nuovo approccio e di nuovi accordi globali. Ci troviamo di fronte a un momento foriero di rischi ma anche di opportunità. Esortiamo i leader politici ad avere il coraggio e l´avvedutezza di coglierle. (gli autori sono membri dell´Africa Progress Panel)

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il revival del megafono voce delle parole ribelli - filippo ceccarelli (sezione: Cina)

( da "Repubblica, La" del 09-11-2008)

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Pagina 28 - Cultura Il revival del megafono voce delle parole ribelli In piazza l´attualità Messo da parte negli anni del disimpegno politico e del riflusso, è tornato in auge grazie al nuovo movimento studentesco Dall´indimenticabile "Vota Antonio" di Totò ai cortei dei no-global: ecco i motivi per cui quest´oggetto vince la lotta contro il tempo Di quella stagione sessantottina restano impressi pochi frammenti vocali "Compagni.... il concentramento... Crr..." Perché spesso l´arnese si rompeva FILIPPO CECCARELLI BENTORNATO IL MEGAFONO. BENTORNATO DI MODA - se mai fosse scivolato nel dimenticatoio - sull´onda dell´Onda anomala degli studenti. Megafono a tracolla nei cortei; megafono che risuona davanti ai cancelli delle scuole; megafono per fare lezione universitaria in piazza. Incredibile, ma vero, adesso se ne va addirittura a ruba, il megafono, arma dei senza voce, dei senza diritti, dei senza quattrini. Così informano le cronache che il 22 ottobre scorso, a Firenze, durante l´occupazione dell´istituto professionale alberghiero Saffi, tre giovani (e malintenzionati) si sono messi a girare per le aule e quindi, approfittando del fervido e gioioso clima, sono usciti quatti quatti con un bel megafono nascosto sotto il giaccone. A temeraria e malandrina conferma, si direbbe, di un revival senza limiti di tempo. E sarebbe anche un segno di speranza che questa nuova visibilità si accompagnasse al rilancio della parola motivata e autentica, da condividere negli assembramenti all´aria aperta, «gridatela dai tetti!», si diceva una volta, oppure soffiatela nell´umile magico imbuto della viva voce che risuona. In principio, in effetti, il megafono era poco più di un imbuto, senza pile né elettricità a dargli forza e clamore in tutte le possibili occasioni e modalità d´uso. Di ottone brunito era il megafono con cui l´ammiraglio Nelson guidava la disposizione e i movimenti dei marinai sulle cannoniere britanniche prima e durante la battaglia. Di latta o banda stagnata, plausibilmente, oltre che di oblunga e curiosissima foggia quello impugnato da Totò in un comizio alla finestra sulla piazza ciociara di Roccasecca ne Gli onorevoli (di Sergio Corbucci, 1963). Indimenticabile e profetico quel suo comizio dadaista: «Vota Antonio! Vota Antonio!». Attrezzo al tempo stesso famigliare e desueto, comunque pre-televisivo, eppure forse proprio per questo oggi riscoperto come capace di evocare la più vasta e anche contraddittoria varietà di atmosfere. Per Federico Fellini, che ne fece uso e spettacolo, il megafono raffigurava il potere: «Non avrei mai pensato di fare il regista, di minacciare come un domatore urlando dai megafoni - ha confessato una volta il Maestro -. La prima volta che vidi dei registi in azione pensai che era un mestiere ridicolo, cialtronesco, maleducato. Non credevo di avere una voce per imporre un´autorità carismatica, ma dal primo giorno in cui mi sono trovato dietro una macchina da presa, quella voce mi è venuta fuori in modo naturale». Per quanto trasfigurata in metallica e cavernosa, nel bel mezzo di un carosello musicato da Nino Rota. Dunque, può essere il comando che ispira l´immediata suggestione dell´amplificatore. Ma quando una notte di cinque anni orsono due scalatori inglesi si ritrovarono incrodati, irraggiungibili e senza apparenti speranze in parete lungo la via Dimai sulla Tofana di Rozes, ecco, è esattamente a un megafono del Soccorso alpino della Guardia di Finanza che devono la loro salvezza. Così come, sulle macerie fumanti di Ground Zero, c´erano megafoni a incoraggiare le squadre dei vigili del fuoco: un esemplare in plastica fu poi donato al presidente George W. Bush. Perché poi insomma è la vita, a pensarci bene, che è fatta di altoparlanti, e a volte sono anche troppi, e non solo negli aeroporti, nelle stazioni ferroviarie, sui luoghi del disastro, sul set, in montagna o nelle agitazioni di piazza. Il rumore infatti è contagioso e nel caso dei residenti del centro storico di Roma, specie intorno a Campo de´ Fiori, il guaio o meglio l´incubo deriva dall´irruzione sul mercato di piccoli megafoni di produzione cinese, pure dotati di registratore, al prezzo di 5 euro e 79 centesimi. Ebbene, la scorsa estate in quell´area già di suo poco silenziosa le notti erano funestate dalla curiosa tendenza di diversi giovinastri a parlarsi l´un l´altro, ma tutti insieme, da un lato all´altro della piazza: al modo di urlatori tecnologici, fino all´arrivo della polizia e al sequestro massivo dell´evoluta merce che diffondeva e dilatava quella chiacchiera selvaggia. Difficile stabilire con esattezza quando il megafono era parso entrare nell´ambiguo, nostalgico e pacificatissimo comparto del modernariato. Certo un velo di polvere aveva finito per depositarsi sulla memoria in bianco e nero di certe fotografie inequivocabilmente sessantottine o, se si preferisce, sessantottesche. Per una volta nei ricordi il mezzo tradiva il messaggio e allora i volti, l´aspetto, gli atteggiamenti, gli stessi sentimenti di chi maneggiava quel fatidico apparecchio facevano premio su qualsiasi argomento propagato in quegli anni di effervescenza sociale. Di quella stagione restano impressi semmai pochi frammenti vocali: «Compagni... il concentramento... operai e studenti... crrrr...». Perché a volte l´arnese si rompeva mettendosi a ronzare o più spesso funzionava a intermittenza. «Megafono della rivoluzione» si definì d´altra parte Vladimir Vladimirovic Majakovskji. L´impegnativa qualifica deve aver contribuito a collegare inestricabilmente questo strumento alla lotta politica, con il che è ragionevole pensare che a determinarne l´apparente declino siano stati il riflusso, la stanchezza, il disimpegno, la delusione. Lontano dagli occhi, e quindi dal cuore, il megafono sopravvisse tuttavia nel mondo dei simboli e delle metafore, negative o positive che fossero. Si poteva essere «megafoni» di tutto, della pace e della guerra, della Cina e della Cia, della provocazione e in fondo anche della speranza. «Voi siete il megafono del Papa», disse un giorno Karol Wojtyla ai giornalisti della Radio Vaticana; «Rutelli è un megafono che gracchia», accusò un´altra volta Sandro Bondi per replicare all´allora leader del centrosinistra. E però c´è modo e ragione di ritenere che la manifesta decadenza, più che alla politica fosse dovuta anche allo sviluppo della tecnologia, al superamento pratico del vecchio altoparlante fisso o manuale, alla sua sostituzione con gli asettici sintetizzatori regolati da sistemi automatici, voci pre-registrate, distanti, robotiche. Nel suo recente Il tramezzino del dinosauro, sintomatico catalogo di «oggetti, comportamenti e manie della vita quotidiana» (Guanda), Marco Belpoliti spiega bene il «secco impoverimento» cognitivo causato alla società dalla fine o comunque dalla mancanza della voce umana, certo amplificata dalla meccanica, ma pur sempre «carica di intenzioni, di allusioni, sottintesi, evocazioni di stati d´animo». E qui giocoforza vale comprendere nella ripresa d´interesse per il vecchio e caro megafono pure la sua inaspettata declinazione per così dire armonica, non per caso messa in opera dal movimento giovanile no-global: vedi il «concerto per megafoni, slogan e orchestra» eseguito dai gruppi "Terra terra" e "Fiati perduti" al Social Forum di Firenze dell´ottobre 2001, un gran miscuglio di suoni e di generi, rullanti e tromboni, rap e risonanze di Carosone («Tu vuo´ fa´ l´americano»), inframmezzate da rime ritmate e più specificamente polemiche tra cui spiccava: «A tutti diamo il benvenuto, / ma se viene D´Alema zitto e muto!». E sempre in tema musicale, a parte qualche pezzo in cui Franco Battiato si diverte a modulare la voce in risonanze artificiali («Sul ponte sventola bandiera bianca»), arrivò più esplicitamente a Sanremo L´uomo con il megafono di Daniele Silvestri, canzone abbastanza malinconica per quanto disposta ad offrire un raggio di sole: «L´uomo col megafono parlava parlava / parlava di cose importanti, purtroppo / i passanti, passando distratti, a tratti / soltanto sembravano ascoltare il suo / monologo, ma l´uomo col megafono / credeva nei propri argomenti». Il brano non deve essere sfuggito a un signore, Pierluigi Lenoci, che su Internet ha giustappunto aperto un sito intitolato "L´uomo col megafono" (www. lenoci. org/megafono) nel quale, con la tecnica del fotomontaggio e il caldo invito a «supportare anche tu questa follia», egli si colloca - Zelig digitale e risonante - nelle più varie situazioni: in una cena con il Papa e i cardinali, in uno studio televisivo, fra i colori dell´Urlo di Munch, al Gay Pride, con alcuni bimbi travestiti da Halloween, sullo schermo di un telefonino, ma sempre con l´inseparabile strumento. Alla lunga, le immagini dell´ottimo Lenoci fanno cortocircuito e inesorabilmente rievocano altre foto, però vere, di personaggi con megafoni. L´onorevole Gramazio (An) su di un gigantesco camion a caccia di viados; il presidente Berlusconi che dal predellino di un´automobile dichiara la nascita del Popolo della libertà; Di Pietro che raccoglie firme al Circo Massimo; Oreste Scalzone, ormai anziano, ritornato alla Sapienza ad arringare le folle. Sembrano sogni, suoni, visioni e stati di eccezione. Parole sugli occhi, megafonate nelle orecchie.

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l'ultimo assalto in fiera alla festa delle due ruote - franco vanni (sezione: Cina)

( da "Repubblica, La" del 09-11-2008)

Argomenti: Cina

Pagina XI - Milano L´ultimo assalto in Fiera alla festa delle due ruote Nel settore del pedale vince il gusto rétro e il motorino "assistente" Molti scooter e un ibrido benzina-elettricità che guarda al futuro FRANCO VANNI la nuova Lambretta Pato «by Valeria Marini» tempestata di cristalli Swarovski e la bici con telaio in bambù prodotta a San Patrignano. La moto supersportiva Bimota Oro Nero con forcellone in carbonio e il casco in pelle dorata da 350 euro. Oggetti che in Fiera si fanno guardare. Poi, però, in questo Salone del ciclo e motociclo edizione numero 66 ci sono soprattutto i prodotti prudenti di una stagione di crisi: fra i nuovi modelli, tanti scooter e pochi mostri da vetrina. Ressa fra gli stand, qualche disagio ma nessun blocco sulle strade, per vedere la più grande fiera delle due ruote al mondo. L´esposizione motociclistica occupa sei padiglioni, quella delle biciclette uno, gli stand sono oltre mille. L´area esterna ospita gli spettacoli di funamboli del gas: trial, stuntman e acrobazie. Spettacoli che proseguiranno anche oggi, ultimo giorno di Fiera (dalle 10 alle 18.30), compresi nei 18 euro di biglietto d´ingresso. Che questa sia una Fiera di crisi (7% di calo nel primo semestre 2008) lo si capisce allo stand Honda. Il colosso giapponese, anziché tentare modelli futuristici, espone l´eterno scooter Sh in una nuova estetica. Due motorizzazioni: 125 e 150, rispettivamente 3.100 e 3.250 euro. «Prezzo che con le rate scompare», rispondono al banco informazioni a chi chiede. Allo stand Bmw gli occhi sono tutti per il missile che l´anno prossimo correrà in superbike, ma la moto che vedremo in strada è la F800R: bicilindico in linea, niente fronzoli, prezzo intorno agli 8mila euro. E la Suzuki presenta la Gladius 650, costruita per avere un prezzo basso, sotto i 7mila euro. Anche molte case italiane, con l´eccezione di Ducati che ha presentato l´aggressiva maxi-bicilindrica Streetfighter (15mila euro prezzo base) giocano in difesa: tanti scooter e qualche sguardo al futuro, come il Piaggio MP3 ibrido, elettrico e benzina, in produzione dal 2009. Fra le biciclette, invece, le maggiori novità riguardano la tecnologia della pedalata assistita da motore elettrico, con modelli a partire da 1.050 euro, e una diffusa operazione nostalgia: modelli retrò, bici simili a quelle da pista anni Cinquanta, e la «nuova» Bianchi Dolomiti, con telaio in acciaio e vernice azzurrina. Costa 1.690 euro, «questa i cinesi non ce la riescono a copiare», sperano allo stand. La Cina al Salone del ciclo e motociclo è nascosta. Un solo espositore nazionale: sei produttori accalcati in una struttura in laminato. La Foton International propone uno scooter elettrico a 360 euro. La gente si ferma, legge il prezzo e non ci crede: «Ma davvero?». Nessuna risposta: allo stand non parlano italiano e nemmeno inglese. «Il prezzo è quello, lo vendono già negli ipermercati», dice il vicino di stand. Produce anche lui scooter elettrici, ma in Italia. Costano 2mila euro. «Potrei dire che i nostri sono migliori, ma sono balle, è lo stesso scooter», ammette. L´anno scorso molti produttori cinesi non erano stati ammessi all´esposizione per irregolarità nella prenotazione degli spazi, quest´anno nemmeno si sono presentati. Intanto, però, l´industria asiatica delle due ruote low-cost mangia quote di mercato: nel segmento scooter 50 cc si è passati dal 7% dell´immatricolato dello scorso anno all´attuale 15%.

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"belle arti", ecco i gioielli degli anni quaranta - a cura di cecilia cirinei (sezione: Cina)

( da "Repubblica, La" del 09-11-2008)

Argomenti: Cina

Pagina XXII - Roma ANTIQUARIATO A ROMA MERCATINO CONCA D´ORO PARADISO DELLE SIGNORE LA SOFFITTA IN GARAGE ECO SOLIDALE BORGHETTO FLAMINIO "Belle Arti", ecco i gioielli degli anni Quaranta Nei centoventi gazebo bianchi si trovano anche mobili antichi e ceramiche In viale Tiziano dagli orologi inglesi ai vecchi merletti. E poi i lampadari liberty A CURA DI CECILIA CIRINEI Pizzi antichi e vecchi merletti, lampadari liberty, bigiotteria d´epoca anni Quaranta americana, vasi e bicchieri di cristallo, porcellane danesi, orologi inglesi da tavolo e mobili di piccolo antiquariato. Questa mattina appuntamento con il "Mercatino delle Belle Arti" che si svolge puntuale da tre anni ogni seconda domenica del mese nei giardini dei Fratelli Archibugi, all´angolo fra viale Tiziano e viale delle Belle Arti, nel cuore del quartiere Flaminio. Sono centoventi i gazebo bianchi, tutti uguali, fatti arrivare appositamente dalla Cina dal suo organizzatore Mario Testa, lo stesso dello storico mercatino di Piazza Verdi. «Questo mercatino è stata una scommessa ben riuscita - racconta Mario Testa - volevamo trovare un posto più centrale e di passaggio e ci siamo riusciti. Siamo sempre pieni. E c´è la lista d´attesa degli espositori, che cerchiamo di cambiare a rotazione tutti i mesi. Il punto poi è perfetto perché le macchine ci girano intorno, e sono molti quelli che non resistono alla tentazione di parcheggiare e fermarsi a guardare i nostri banchetti». Fra i visitatori del mercatino ci sono anche tanti personaggi del mondo della cultura e dello spettacolo, avvistato spesso lo show man e cantante Renzo Arbore e lo scrittore Alain Elkann. Passeggiando fra i banchetti si possono ammirare oggetti di ogni tipo: mobili antichi e artigianali, argenterie e specchi, ceramiche e porcellane, quadri e sculture, grammofoni di fine secolo, perfettamente funzionanti, e vecchi attrezzi agricoli. E poi ancora: cartoline d´epoca da collezionare, manifesti di vecchi film, cassapanche da antico casale di campagna e originali lampadari in vetro di Murano fatti da maestri vetrai veneziani. Tra i tanti banchetti, spicca, per l´alto numero di visitatrici femminili, quello di Paola Franchini e Dominique Fidotti con una ricca esposizione di bigiotteria antica di grande qualità. «La nostra è una grande passione, nata come un hobby circa dieci anni fa - racconta Paola Franchini, che cura con amore il banchetto insieme all´amica francese Dominique Fidotti - siamo due collezioniste di bigiotteria d´epoca dagli anni Venti agli anni Sessanta. Io preferisco quella americana mentre la mia amica è specializzata in bigiotteria francese. Fra i nostri pezzi più rari dei bracciali "Napier" degli anni ?50». "Mercatino delle Belle Arti", Giardini dei Fratelli Archibugi, ingresso libero dalle 8 alle 20. Info.06.8552773

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cacciatori di dote e shopping sessuale - natalia aspesi (sezione: Cina)

( da "Repubblica, La" del 09-11-2008)

Argomenti: Cina

Pagina 27 - Cronaca Cacciatori di dote e shopping sessuale NATALIA ASPESI (segue dalla copertina) Nel secondo film, francese, appena presentato al Festival di Roma, diretto da una signora senza grandi pretese, Josiane Balasko, c´è sul mercato cui ricorre una cinquantenne molto graziosa, Nathalie Baye, un ragazzotto dall´aria magrebina, nervoso, insicuro, mal vestito, con amici battoni, che si vende per pagare il mutuo del negozio da parrucchiera della bionda amata moglie, vivendo con suocera e cognata in pochi rumorosi metri quadri. Una vita d´inferno. Questo Eric Caravaca, tale è il nome dell´attore, nel ruolo di gigolò parigino non potrebbe attirare molti pur scarni portafogli femminili e neppure maschili, tanto meno avrà diritto ad entrare nei nostri sogni anche molto modesti. Se si ricordano altri cine-gigolò o la loro aristocrazia, i cacciatori di dote, vengono in mente solo stupendi seduttori: Montgomery Clift (L´ereditiera), Warren Beatty (La primavera romana della signora Stone), Paul Newman (La dolce ala della giovinezza), David Bowie (Gigolò). Quindi la domanda, riguardo alla metamorfosi gigoliana in Cliente, è: perché oggi, 2008, avendo a disposizione un certo budget per gli svaghi, la protagonista dello shopping sessuale, non centenaria né orribile, anziché raccattare quel poverino, quale opera buona più che erotica, non si procura uno di quei giovanotti lucidati tipo pubblicità dei profumi che spuntano in ogni angolo di internet, fotografati anche, maliziosi, nella candida schiuma da bagno? Evitando quelli che sarebbero allettanti se non abitassero a Bombay o a Kuala Lumpur, le occasioni sono infinite anche nel ramo saldi. E per esempio se ne vendono pure a pacchetti, tra cui scegliere, a ottanta-cento euro l´ora, «sensibile, maturo, con carriera propria, buona compagnia», «bello, giovane, raffinato, buon ascoltatore, molto gentleman», «abile nei massaggi rilassanti ma anche in servizi più accuratamente personali». Alcuni perfezionisti insistono sul «male male escort», sulla doppia mascolinità del prodotto, e le agenzie apposite assicurano che i loro chaperon sono rigorosamente etero e non sprecano la loro professionalità anche con uomini. Le più eleganti mettono in chiaro che i loro cavalieri, e senza sovrapprezzo, sono disponibili anche per compagnia «non sexual», offerta pare, per ora, troppo chic per essere molto richiesta. La moltitudine (dicono) di uomini che da sempre si guadagnano duramente da vivere, talvolta anche nel massimo lusso, a carico di signore o signori si divide in varie categorie o classi, del resto come le donne: alla base della scala ci sono i prostituti e i mignotti, cui si chiedono, immagino, prestazioni a buon mercato e non impegnative; poi i gigolò, in grado almeno di spiccicare parola e di mimare modesti corteggiamenti, persino (per modico sovrapprezzo) con invito a cena a lume di candela; più su, l´indefinibile ma vasta categoria dei mantenuti, spesso mariti della signora che lavora, orgogliosa di consentire al suo uomo di studiare, prepararsi a un grande avvenire, fare l´artista non ancora compreso, eccetera. La nobiltà del ramo è costituita dai playboy, di cui quel Helg Sgarbi, ricattatore senza talento della ultramilionaria tedesca Susanne Klatten è la degenerazione da tempi bui. Dice Beppe Piroddi, famoso playboy italiano anni Sessanta, autore della divertente autobiografia Amateur: «Eravamo giovani e ardenti, frequentavamo donne bellissime e uomini celebri, il denaro allora non contava, contava solo il piacere, il divertimento, le passioni. Oggi invece l´unico metro di misura sono i soldi, che guastano ogni avventura». Veramente il denaro contava eccome anche in passato, perlomeno per certi playboy entrati nella storia. Ad esempio Porfirio Rubirosa, professionista raffinato della seduzione come investimento, che non chiedeva, non ricattava, ma sposava: solo miliardarie naturalmente, una in fila all´altra, tra cui le disordinate e infelici Barbara Hutton e Doris Duke. Più che un gigolò, forse quell´Helg Sgarbi è un epigone fallito dei grandi playboy alla Rubirosa: tutte quelle ricche signore forse attraenti, neppure vecchie, che smaniavano per lui, che si contendevano il suo charme, i suoi modi, le sue attenzioni, la sua capacità di farle sentire belle, desiderate, uniche, come ormai gli uomini non professionisti del fascino non fanno più, potevano ricompensarlo per tanta dedizione. Come si paga un gioiello, o una pelliccia, pagavano e molto lo sciocco Helg. Avrebbe potuto diventare ricco, senza vendersi, solo venendo ricompensato per la sua capacità di farne felici tante, come un generoso samaritano dell´eros, o magari riuscendo a sposarne una particolarmente ricca. Che sia precipitato nel ricatto, e quindi nella galera, significa che si sottostimava, che il suo socio lo aveva irretito, che lui stesso, con tutta la sua professionalità, delle donne ancora non aveva capito niente.

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federer si arrabbia "non sono un n.2" (sezione: Cina)

( da "Repubblica, La" del 09-11-2008)

Argomenti: Cina

Pagina 46 - Sport Federer si arrabbia "Non sono un n.2" SHANGHAI - Oggi il via al Masters maschile di Shanghai (ultima volta in Cina), ultimo appuntamento del tennis (due match: Djokovic-Del Potro e Davydenko-Tsonga). Ma hanno sorpreso le parole della vigilia di Roger Federer: «Numero due del mondo? Suona male, non mi piace per niente. Io sono un numero uno, o un vincitore di tornei dello Slam. Non un numero due». Frasi che fanno comprendere quanto sia stato duro per lo svizzero accettare il sorpasso di Rafa Nadal. Intanto a Doha si chiude il Masters femminile con la finale. A giocarsi il titolo oggi saranno la russa Zvonareva, che si è imposta sulla connazionale Dementieva 7-6 (7), 3-6, 6-3 e Venus Williams. L´americana ha superato la serba Jankovic (numero uno prima del torneo) 6-2, 2-6, 6-3.

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G20 in Brasile: i Paesi emergenti chiedono un posto tra i Grandi (sezione: Cina)

( da "Unita, L'" del 09-11-2008)

Argomenti: Cina

G20 in Brasile: i Paesi emergenti chiedono un posto tra i Grandi Lula apre il summit che precede l'incontro di Washington del prossimo fine settimana. «Servono subito nuove regole per governare la crisi», dichiara il presidente. Per l'Italia presenti Draghi e Grilli (Tesoro). Crisi globale: cominciano a muoversi i Paesi emergenti. Si concluderà oggi il G20 convocato in Brasile, in vista del prossimo vertice di Washington (il 14 e il 15 novembre) chiamato a dare le prime risposte al terremoto finanziario che sta contagiando le economie di tutto il globo. I ministri delle Finanze e i governatori delle banche centrali riuiniti a San Paolo sono stati accolti ieri dal presidente Luiz Inacio Lula da Silva, che ha sollecitato i partecipanti a cambiare le regole che governano le istituzioni finanziarie globali per creare una «nuova architettura finanziaria», dando più voce ai paesi in via di sviluppo. Sarà grazie a loro, infatti, al cosiddetto Bric (Brasile, Russia, India e Cina), se il mondo potrà continuare a crescere anche l'anno prossimo. Lo ha appena stimato il Fondo monetario internazionale: nel 2009 i paesi avanzati saranno tutti in recessione. Per questo gli emergenti chiedono un posto stabile nelle riunioni dei «Grandi» e sicuramente faranno sentire la loro voce nel prossimo fine settimana a Washington. Ieri Lula ha affermato che la fede cieca nell'autoregolamentazione dei mercati è crollata come un «castello di carte» dopo la crisi finanziaria. Per questo l'imperativo categorico è: cambiare. «Non possiamo, non dobbiamo, non abbiamo il diritto di fallire», ha concluso il presidente brasiliano. Oltre all'allargamento del G7 ad altri Paesi, il presidente ha anche chiesto l'immediata conclusione del Doha round (l'intesa sul commercio internazionale) senza chiedere altre concessioni ai paesi in via di sviluppo. «La conclusione del Doha round non è più un'opportunità, ma una necessità», ha detto Lula. Per l'Italia all'appuntamento sono presenti il governatore di Bankitalia Mario Draghi, il direttore generale del Tesoro Vittorio Grilli e Carlo Monticelli, direttore delle relazioni internazionali del ministero delle Finanze. Oggi, al termine del summit brasiliano, si conosceranno le prime indicazioni che i ministri consegnano ai capi di Stato e di governo che si vedranno a Washington. Troppo presto per parlare di primi risultati: per ora siamo solo all'indicazione di principi e orientamenti. Certamente - dicono gli esperti - gli appuntamenti di questi giorni non saranno una nuova Bretton Woods, ma l'inizio di un percorso lungo e faticoso. L'Europa si presenta all'appuntamento con una voce sola, ma ancora lontana da una politica economica comune. La Germania resiste all'idea di un governo comune europeo. A rappresentare il vecchio continente ci saranno Francia, Germania, Gran Bretagna e Italia. La presidenza di turno (Francia) coopterà la Spagna e forse l'Olanda. Bruxelles chiede il rafforzamento del Fondo monetario, che dovrà vigilare sulla finanza globale. Più trasparenza, più convergenza sulle norme contabili, più controlli sulle valutazioni dei rating. BIANCA DI GIOVANNI ROMA bdigiovanni@unita.it

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Parte una settimana di fuoco per Barack Obama (sezione: Cina)

( da "AmericaOggi Online" del 09-11-2008)

Argomenti: Cina

Parte una settimana di fuoco per Barack Obama 09-11-2008 Lunedì Barack Obama sarà alla Casa Bianca per il primo incontro con il presidente uscente George W. Bush dopo la sua elezione. Poi, Obama dovrà prepararsi ad una serie di riunioni informali con i leader mondiali a Washington nel fine settimana, ai margini del Vertice del G20, al quale parteciperà da dietro le quinte. Il presidente eletto dovrà anche risolvere rapidamente il primo nodo significativo della sua futura compagine di governo: quello della nomina del segretario al Tesoro, che dovrà coordinare il pacchetto di stimoli all'economia e di aiuti alla classe media che il presidente eletto si è impegnato a varare, oltre a lavorare con i suoi colleghi internazionali NEW YORK. Settimana di fuoco per il presidente eletto degli Stati Uniti. Lunedì Barack Obama sarà alla Casa Bianca per il primo incontro con il presidente uscente George W. Bush dopo la sua elezione. Poi, Obama dovrà prepararsi ad una serie di riunioni informali con i leader mondiali a Washington nel fine settimana, ai margini del Vertice del G20, al quale parteciperà da dietro le quinte. Il presidente eletto dovrà anche risolvere rapidamente il primo nodo significativo della sua futura compagine di governo: quello della nomina del segretario al Tesoro, che dovrà coordinare il pacchetto di stimoli all'economia e di aiuti alla classe media che il presidente eletto si è impegnato a varare, oltre a lavorare con i suoi colleghi internazionali. Dopo le telefonate di venerdì sera (tra l'altro al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e al presidente egiziano Hosni Mubarak), Obama ha avuto ieri una conversazione col presidente russo Dmitri Medvedev. Secondo il Cremlino i due si sono impegnati a vedersi "prossimamente", cioé ai margini del vertice del G20 (i 7 più ricchi, la Russia e gli emergenti). Sempre ieri, riferisce l'agenzia Nuova Cina, il presidente eletto Usa ha avuto una conversazione telefonica con il presidente cinese Hu Jintao, al centro del colloquio la crisi finanziaria: Hu ha detto che Cina e Stati Uniti devono "tener conto delle loro rispettive preoccupazioni". Obama ha anche fatto la sua prima smentita: affermando di non avere preso nessun impegno sul futuro dello scudo antimissile che l'Amministrazione Bush intende installare nell'Europa centro-orientale per rispondere a minacce come quella dell'Iran. Da Chicago, il suo responsabile per la politica estera Dennis McDonough ha seccamente smentito il presidente polacco Lech Kaczynski (con cui Obama ha parlato venerdì), secondo cui Obama gli ha garantito che il progetto continuerà. Il presidente eletto ha anche pronunciato il suo primo discorso radiofonico dopo il 4 novembre, ribadendo che occorrono azioni urgenti per far fronte alla crisi economica e la sua futura amministrazione "non perderà tempo". Obama ritiene che le misure attuali sono insufficienti e che gli Stati Uniti "avranno bisogno di altre misure nel periodo di transizione e nei mesi seguenti", come "un piano di salvataggio per la classe media e le famiglie che vedono ridursi i salari e svanire i risparmi di tutta una vita". Il tema verrà senz'altro affrontato nell'incontro di lunedì con Bush, il quale ha garantito che "fare in modo che questa transizione si svolga senza scontri è una delle mie primissime priorità di questa fine mandato", come ha detto alla radio. Come ha indicato nella sua prima conferenza stampa, venerdì a Chicago, Obama spera che Bush firmerà un primo 'pacchetto' di stimoli che il Congresso potrebbe approvare (con una seduta speciale) prima del suo insediamento il 20 gennaio. Come si svolgeranno le cose per il G20 e al margine del Vertice non è ancora totalmente chiaro. Salvo sorprese, Obama sarà a Washington, ma non parteciperà direttamente al Vertice, visto che - come lui stesso ama ricordare - c'é un solo presidente degli Stati Uniti ed è George W. Bush. Il presidente eletto potrebbe prendere parte alla cena di venerdì sera alla Casa Bianca, oltre ad organizzare -si presume in uno dei grandi alberghi della capitale- una serie di incontri bilaterali con i grandi del mondo. Oltre a Medvedev, il presidente francese Nicolas Sarkozy ha espresso pubblicamente la volontà di vedere Obama a Washington. Dalla Casa Bianca, infine, è venuta una piccola apertura alle posizioni europee e del G20, presieduto dal Brasile e che proprio ieri si è riuniti San Paolo: "C'é un terreno d'intesa sulla necessità di una riforma del sistema finanziario mondiale", ha detto la portavoce di Bush Dana Perino.

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