Il PuntO n°
148
CATASTROFE FINANZIARIA. UNA FATALITÀ?
ORIGINI E CAUSE DI UN DISASTRO.
Di Mauro Novelli 13-10-2008
Indice
IL SISTEMA
MONETARIO INTERNAZIONALE. UN PO’ DI STORIA.
DAL GOLD STANDARD AL GOLD EXCHANGE
STANDARD. LA PRIMA CATENA DI S. ANTONIO
DAL
GOLD EXCHANGE STANDARD AL DOLLAR STANDARD. 1971, SI INTERROMPE LA PRIMA CATENA DI S. ANTONIO
DAL DOLLAR STANDARD ALLA CRISI DI OGGI.
2008. SI INTERROMPE LA SECONDA CATENA DI S. ANTONIO
NON CI SONO
LE CONDIZIONI PER UNA TERZA CATENA DI S. ANTONIO
INDOVINO…
INDOVINO TRA LE DITA DI CHI RESTA IL CERINO?…
L’INCERTEZZA SULLA VERIDICITA’ DEI DATI
FORNITI
La Prima guerra
mondiale aveva cancellato le condizioni favorevoli al corretto persistere del
Gold Standard, cioè di un sistema monetario basato esclusivamente sull’oro
detenuto in riserva.
Durante il periodo
bellico, per il finanziamento della guerra, le Banche erano state costrette a
mettere in circolazione carta moneta in misura abnorme: le scorte in oro in
loro possesso risultarono troppo modeste in proporzione alle emissione
cartacee. C’era, insomma, troppo poco oro nel mondo per soddisfare un
fabbisogno monetario in forte lievitazione.
Con il Gold
Exchange Standard, impostato negli anni ’20, il rapporto oro/moneta circolante
diventa meno automatico: alcune monete “pregiate” (dollaro, sterlina, yen) sono immediatamente convertibili; altre
(lira, marco ecc.) non sono in diretto rapporto con l’oro, ma convertibili in
monete pregiate. In tal modo, il volume delle riserve è passibile di ampio
sviluppo, potendo le riserve stesse essere costituite da oro e da divise
chiave.
Nel 1944, gli
accordi di Bretton Woods costituirono la conclusione di due anni di discussioni
su due progetti basati sul Gold Exchange Standard: un piano di Keynes (che
prevedeva la costituzione di una International Clearing Union, dove trattare
una nuova unità monetaria internazionale, il Bancor), e un piano di White (con
la previsione di una più modesta “Cassa comune” alimentata dagli stati membri,
e fornitrice di prestiti in Unitas – un semplice dollaro “pesante” - in caso di sfavorevole andamento della
bilancia dei pagamenti).
La differenza
fondamentale dei due piani era costituita dal rapporto con l’oro: di fatto
variabile per il Bancor di Keynes, praticamente fisso per l’Unitas di White.
Vinse il progetto di White, pur con qualche modifica rispetto alla impostazione
iniziale.
Due le critiche
fondamentali al GES:
- la prima mette in
evidenza la troppo comoda tendenza dei paesi detentori di valute chiave ad
alimentare con emissioni cartacee i loro deficit della bilancia dei pagamenti,
con conseguente preoccupante aumento del loro indebitamento nei confronti delle
Banche centrali dei paesi in surplus;
- la seconda deriva
dal fatto che l’aumento delle riserve internazionali dipende quasi
esclusivamente dall’andamento del volume delle monete chiave in circolazione,
essendo la produzione di oro del tutto irrilevante. Ne deriva che lo sviluppo
del commercio internazionale dipende da una continua alimentazione di
liquidità, a sua volta dipendente dalla volontà dei paesi detentori di valute
pregiate di accettare non solo
l’esistenza di saldi passivi nelle loro bilance, ma addirittura una loro
continua crescita.
Alcuni economisti
paventavano l’innesto di un secondo problema, ben più grave di quello della
scarsità di liquidità: il problema della “fiducia”.
Per tutti gli anni
’60, la bilancia commerciale degli USA risultò attiva, approfittando del boom
che caratterizzò alcuni paesi occidentali (Italia e Germania in testa). Passiva
risultava invece la bilancia dei pagamenti statunitense (merci+capitali) per
l’esportazione continua di dollari. Nonostante il consolidamento di questa
tendenza, gli USA non accettavano di ritoccare il rapporto Oro/Dollaro (35
dollari l’oncia) perché il deficit complessivo non era imputabile ad un
commercio deficitario, ma alla “gravosa” funzione del dollaro quale regolatore
del volume della liquidità internazionale necessaria allo sviluppo del
commercio mondiale.
Con l’inizio degli
anni ’70 intervenne una novità: anche la bilancia commerciale USA cominciò a
risultare in deficit. La notevole crescita complessiva dei paesi occidentali,
esauritasi a metà anni ’60, cominciava a ripercuotersi anche sugli Stati Uniti.
Nel secondo trimestre 1971, per la prima volta dal 1893, l’andamento delle
partite correnti USA presentò un deficit (729 milioni di dollari), tendenza aggravatasi
nel terzo trimestre ( - 2,282 miliardi di dollari).
La debolezza del
dollaro incalzato dalla speculazione, resa agevole dalla fissità dei cambi
(prima o poi la valuta americana avrebbe dovuto rivedere il rapporto con l’oro
e con le altre monete), e le richieste di conversione di dollari in oro da
parte di alcuni paesi (Belgio, Olanda, Francia), costrinsero gli USA a
rifiutare la conversione della loro valuta in oro, anche se tale operazione
fosse richiesta da banche centrali, e ad imporre dazi del 10 % alle importazioni.
Il 15 agosto 1971, con un discorso di 15 muniti, Nixon cancellò la base che aveva tenuto in piedi il sistema monetario internazionale con gli accordi di Bretton Woods, decretando l’inconvertibilità del dollaro. Mentre l’oro raggiunse in poco tempo i 44 dollari l’oncia, le Banche centrali rigurgitavano di dollari che nessuno voleva più.
La condizione perché il dollaro fosse convertibile in oro era costituita dalla espansione continua delle economie dei paesi occidentali più il Giappone, dalla loro capacità, cioè, di assorbire senza problemi le esportazioni di beni e servizi USA e dal mantenimento di una loro fiducia di fondo nel meccanismo basato sul dollaro convertibile e sulla fissità di fatto dei cambi. Venuta meno la prima condizione col deficit americano anche nelle partite correnti, il problema della fiducia, esorcizzato fino agli ultimi anni ’60, esplose inevitabilmente con azione devastante.
Gli USA uscirono dalla tempesta sufficientemente avvantaggiati.
A fine 1971, il dollaro era stato svalutato a livelli ben al di là del necessario, facilitando di nuovo le esportazioni americane: il 17 per cento sullo yen, il 13,5 sul marco, l’8,5 su sterlina e franco, il 7,5 sulla lira.
Tale sovrabbondante svalutazione e l’introduzione di una fascia di oscillazione dei cambi di 4,5 punti, rese evidente la pecca fondamentale degli accordi di Bretton Woods: tenere ottusamente fissi i cambi delle valute di paesi con sistemi troppo diversificati e con sviluppi economici non omogenei, ed anzi disarmonici, avrebbe prima o poi facilitato la speculazione, con accomodamenti traumatici dei cambi (traumatici perché sempre tardivi) e con la disarticolazione del sistema nel momento in cui si fosse innestata una generalizzata sfiducia.
Il mondo si abituò (si dovette abituare) ben presto al Dollar standard istituzionalizzato.
Gli Usa cominciarono ad esportare titoli del Tesoro. Trovarono l’accoglienza del Giappone negli anni ’80.
Diminuita la capacità di sviluppo dei Nipponici, dopo la veloce prima guerra del Golfo (l’industria militare Usa riveste per quel paese il ruolo delle nostre Partecipazioni statali - oggi Partecipazioni locali - si aprirono i benevoli caveaux della Cina.
Ma anche questo sistema sta esplodendo, nonostante gli Stati Uniti abbiano cercato di ampliare la base della catena per mantenere in piedi il Dollars Standard cavalcando alternativamente la comprensione cinese, la bolla della “new economy”, la seconda guerra del Golfo, quella – cosiddetta - del mercato immobiliare.
Per una serie di motivi, gli USA molto difficilmente potranno impostare una terza Catena di S. Antonio:
1 - LA PRESENZA DELL’EURO. Con l’introduzione dell’euro, come valuta di riserva il dollaro Usa ha un competitore equipollente.
2 - L’ASSENZA DI “LOCOMOTIVE” ALTERNATIVE. Gli untori hanno infettato il sistema finanziario globale con i titoli tossici. Questa infezione planetaria, coordinata da mediocri intelligenze, di nessuna capacità valutativa delle conseguenze, non permette che esistano economie in grado di acquisire il ruolo di locomotive in alternativa agli Stati Uniti. Negli anni ’70 e ‘80 questo ruolo fu svolto da Germania e Giappone. Oggi, quella cinese ha bisogno ancora di un paio di lustri per poter esprimere le sue potenzialità.
3 – CONDANNA PLANETARIA PER L’ANNULLAMENTO DI OGNI CONTROLLO ISTITUZIONALE. Ogni strumento in grado, anche se non di governare, almeno di controllare la speculazione finanziaria è stato spazzato via permettendo, attraverso l’eliminazione di lacci e lacciuoli, la sopravvivenza del sistema anglosassone ancora per qualche anno. E’, infatti, risultato vincente il messaggio che il “mercato libero” è quello operante in una giungla, non quello inserito nelle regole di una polis.
Dal 1987, la lobby bancaria americana è riuscita ad annullare ogni controllo – si parla di elargizioni per centinaia di milioni di dollari: nel 1999, su pressioni di Greenspan, il sistema ha ottenuto (con Bill Clinton) la completa abolizione della legge Glass-Steagall, approvata dal parlamento americano dopo la crisi del ’29 per evitare il conflitto d’interessi tra banche e società che sottoscrivono obbligazioni ed azioni. Alan Greenspan, governatore della FED dal 1987, è stato membro del consiglio d’amministrazione della J.P. Morgan, la prima banca ad usufruire della liberalizzazione.
Nei 18 anni di governatorato di Greenspan si è avuta la più grande espansione della finanza speculativa della storia mondiale. Adesso il problema sta emergendo inesorabilmente, ma nessuno si è mai preoccupato di testare l’efficienza dei freni del veicolo, che oggi risultano inutilizzabili, anche da parte della stessa FED.
In questo ultimo periodo, i grandi gruppi finanziari e bancari americani hanno costituito un forzato consorzio di compagni di viaggio, piazzando i titoli spazzatura sia in Europa che in Asia, confezionati con le ingannevoli etichette AA o addirittura AAA, fornite dalle società di rating. E i forzati compagni di viaggio europei si fanno serenamente complici: in Italia, ancora il 13 settembre, Patti Chiari indicava i titoli della Lehman come a basso rischio
Il 15 settembre, questa era la notizia battuta da Teleborsa sulla vicenda Lehman:
Lehman Brothers: Moody's e Fitch tagliano ratings
(Teleborsa) - Roma, 15 set - Arrivano i necessari
provvedimenti d'urgenza da parte delle grandi agenzie di rating, dopo la
notizia del fallimento di Lehman Brothers.
Moody's ha infatti annunciato un downgrade del
rating sul debito senior nel lungo termine della banca d'affari statunitense a
"B3" da "A2" e sul breve a "not-Prime" da
"Prime-1". Moody's inoltre annuncia che i ratings sono in fase di
revisione per ulteriori possibili downgrade.
Un provvedimento analogo è stato preso da Fitch, che ha tagliato il rating a
"D" da "A+" per il lungo termine ed a "D" da
"F1" per il breve termine. Il rating sul debito senior è stato
ridotto a "CCC" da "A+".
Come dire? Che cosa pretendete dai signori delle pagelle? Non possono mica avvisare i pollastri prima che gli untori abbiano appestato l’appestabile! Basta che abbiano preso i “necessari provvedimenti d’urgenza”, ma con calma, senza fretta.
4 - LA COSTITUZIONE DEI FONDI SOVRANI HA ACCORCIATO LA FILIERA[1]. Vista l’assenza di regole e di etica (quindi di capacità di reazione di chicchessia), gli stati produttori di materie prime hanno scoperto di poter approfittare della loro posizione oligopolistica: se investono direttamente i surplus nazionali invece di conferirli ad entità finanziarie private multinazionali, potrebbero avere rendimenti ben più alti. Sono stati creati così fondi sovrani, fondi di investimento controllati direttamente dai governi di alcuni paesi, alimentati dai relativi surplus. Tali iniziative di finanza creativa hanno accorciato la filiera e fatto saltare il monopolio anglosassone degli strumenti finanziari.
Quegli stessi paesi hanno anche scoperto che se sono in grado di condizionare il prezzo delle materie prime (petrolio, rame ecc.) di cui sono produttori, possono lucrare investendo in futures su quelle materie prime, conoscendone l’andamento delle quotazioni: non quindi una scommessa sull’andamento del prezzo, ma una certezza nel trend.
Non a caso tali strumenti sono nati soprattutto nei paesi
forti esportatori di petrolio: Emirati Arabi Uniti, Qatar, Norvegia, ma anche
Singapore, Abu Dhabi, Dubai, Kuwait; ma anche libici, russi e algerini.
E’ abbastanza facile per i paesi appartenenti all’Opec e titolari di fondi sovrani conoscere in anticipo la politica del cartello dei produttori di greggio (visto che loro stessi contribuiscono a definirla) e “scommettere” sul futuro prezzo del greggio. Si badi bene, se decidono di abbassare il prezzo, “scommetteranno” su prezzi calanti, con conseguente garantito lucro. Non si scappa.
Non a caso il Cile si sia dotato di un fondo sovrano che punta sul rame e che il Botswana ne abbia uno che basa la sua politica di investimento sui diamanti.
I signori della City e di Wall Street sono stati spiazzati e, nel caso dei fondi sovrani, la filiera non li contempla più.
Da noi (notoriamente ai margini, nella marca) se ne è discusso poco, impegnati come eravamo sul controllo faziesco delle fusioni bancarie, sui furbetti del quartierino, su surrogazione e intervento dei notai.
Il problema è però fortemente sentito in Germania, dove è notevole la preoccupazione per le “esigenze” di libertà totale del capitale finanziario del pianeta preteso dagli anglosassoni. Nel corso del semestre di presidenza tedesca (2007), infatti, Angela Merkel ha sollevato pesantemente la questione dei fondi sovrani. Ha cercato di far adottare all’Europa misure almeno di regolamentazione della materia, di reciprocità: tentativo fallito per l’opposizione della Gran Bretagna e della sua capacità di coinvolgimento dei paesi recentemente accolti nell’Unione. Oggi, coautore del disastro, il primo ministro Brown si scopre terzo detentore mondiale di titoli del Tesoro USA, ed invoca uno strumento europeo per far fronte alla crisi, visto che la politica americana è ormai nel pallone.
La Merkel è stata l’unica a parlare di punizione per gli autori del ciclone che ci sta investendo. Tutti gli altri, come diciamo tra gentlemen, “hanno fatto pippa”.
5 - LA STRABILIANTE SFIDUCIA INTERBANCARIA. L’impossibilità di individuare ed isolare il virus che infetta i mercati, ha creato un rapporto tra banche improntato a reciproca e, ormai totale, sfiducia. [Anche per questo l’Euribor cresce nonostante la politica (oggi) espansiva della BCE in termini di tassi di riferimento.]
I titoli tossici sono stati impacchettati, rimpacchettati, spacchettati, suddivisi, variamente ricomposti ed infine collocati e ricollocati anche per 20 volte.
Gli autori (in testa alla catena di S. Antonio) si sono arricchiti e detengono le garanzie reali costituite dagli immobili negli Stati Uniti, se titolari di crediti costituiti da mutui, anche subprime. Il sistema si è però interrotto per l’impossibilità di ulteriori ampliamenti della base della piramide, ormai sclerotizzata e non più in grado di trovare pollastri tra entità finanziarie consorelle.
In ultima analisi, le banche, bravissime a pesare i clienti, non sono in grado di pesare loro stesse o altre banche. Ormai siamo al fallimento professionale.
A questo proposito, sarà interessante una occhiatina alle politiche di investimento dei gestori di fondi comuni e di gestioni patrimoniali: nell’ultimo hanno o no alleggerito le loro posizioni azionarie sul settore bancario e finanziarie? Cioè, hanno fatto gli interessi dei clienti o hanno dato un aiutino al sistema bancario sostenendone i titoli? L’argomento potrebbe risultare interessante per l’autorità giudiziaria.
6 – DIFFICILE TROVARE UN’ALTRA CINA. PASSARE ALL’INDIA? GLI USA CI PROVANO. Nonostante la minore poderosità economica rispetto alla Cina, l’India potrebbe essere il prossimo pollastro. Difficile ma ci si può provare. Detiene solo 13 miliardi di dollari di titoli del tesoro USA, in calo rispetto ai 14 del 2007 (vedi tabella successiva). Basterebbe convincere gli indiani ad acquistarne un po’ (come è stato fatto con la Gran Bretagna nel 2007) per campare bene qualche altro annetto.
Ma la repubblica indiana non ha scorciatoie governative come quelle cinesi, dove si sta sperimentando una via di mezzo tra capitalismo privato e di partito. Ha una legislazione molto vicina a quelle occidentali; si considera la più grande democrazia del mondo. Non sarà facile.
Ma gli USA ci provano. Cominciano a destabilizzare il Pakistan, nemico degli indiani fin dalla sua costituzione. Prima, con il suo aiuto, hanno destabilizzato l’Afghanistan approfittando delle decennali controversie di confine tra i due paesi. Ora buttano a mare Musharraf …… Forse per accreditarsi agli occhi degli indiani. Chissà?
Ecco i dati sui detentori
esteri dei titoli del tesoro americano:
Del debito complessivo 2007, 3500 miliardi sono detenuti da enti pubblici USA,
2800 miliardi da cittadini privati USA, e il restante 2200 da persone fisiche e
Stati non USA.
Nel 2008, i detentori stranieri aggregano 2.676 miliardi di dollari. Oltre la metà (il 52,4 %) è nelle casse di Giappone, Cina, Gran Bretagna.
Ecco la tabella:
PRINCIPALI DETENTORI STRANIERI DI TITOLI DEL TESORO USA
(IN MILIARDI DI DOLLARI) HOLDINGS a/ AT END OF PERIOD
Fonte: Department of the
Treasury/Federal Reserve Board. September
16, 2008
Nostra elaborazione
PAESE |
LUGLIO 2008 |
GIUGNO 2008 |
MAGGIO 2008 |
LUGLIO 2007 |
VARIAZIONE 7-2008 / 7-2007 |
|
593,4 |
583,8 |
578,7 |
620,6 |
- 4,4 % |
|
518,7 |
503,8 |
506,8 |
480,0 |
+ 8,1 % |
|
290,8 |
280,4 |
272,5 |
67,3 |
+ 332,1 % |
PRIMI
TRE PAESI |
1.402,9 |
|
|
1.167,9 |
+ 20,1 % |
Oil
Exporters c |
173,9 |
170,4 |
164,3 |
134,7 |
|
|
148,4 |
151,6 |
151,4 |
105,8 |
|
Carib
Bnkng Ctrs d |
133,5 |
122,4 |
104,7 |
70,7 |
|
|
75,8 |
88,6 |
80,4 |
57,6 |
|
|
74,1 |
65,3 |
63,7 |
35,9 |
|
-------------------------------------------------------------------------- |
|||||
|
13,0 |
11,7 |
10,3 |
14,1 |
|
|
12,4 |
12,4 |
13,2 |
15,5 |
|
|
12,0 |
12,4 |
12,4 |
15,4 |
|
|
11,2 |
14,2 |
15,8 |
15,6 |
|
All
Other |
139,5 |
145,8 |
147,7 |
154,3 |
|
|
|
|
|
|
|
Grand Total |
2.676,4 |
2646,5 |
2611,2 |
2,201,0 |
|
a/ Estimated foreign holdings of U.S. Treasury marketable
and non-marketable bills, bonds, and notes
reported under the Treasury International Capital (TIC) reporting system
are based on annual
Surveys of Foreign Holdings of U.S. Securities and on monthly data.
b/
c/ Oil
exporters include
d/ Caribbean Banking Centers include
Beginning with new series for June 2006, also includes
Commuove la fedele subordinazione degli inglesi alla politica
anche suicida degli Stati Uniti: dal luglio 2007, al luglio 2008 i titoli USA
detenuti da Londra sono passati da
L’Italia non è presente nella lista dei detentori esteri dei titoli Usa: o non ne ha o ne detiene un importo al di sotto degli 11 miliardi di dollari.
Si è imputata la causa della crisi ai mutui subprime. Ma perché Bush ha offerto 700 miliardi di dollari dell’Erario (più 150 miliardi di alleggerimenti fiscali) quando ad oggi, in USA i pignoramenti per morosità sono circa 100 miliardi e si prevede al massimo, un raddoppio di tale ammontare? E, ripetiamo, le garanzie ipotecarie, anche se ridotte, ci sono, stanno li, negli USA. Non solo, ma quasi 1/3 dei mutui subprime è stato concesso per l’acquisto di seconde case, quindi con possibilità di inserire ipoteche giudiziali anche sulla prima casa di chi dovesse risultare moroso.
Ma perché, mentre si distribuivano mutui a pioggia ed il prezzo degli immobili raggiungeva quotazioni oniriche, la FED anziché allertarsi - ed allertare presidente, parlamento e concittadini - procedeva ad una riduzione continua dei tassi d'interesse portandoli sino all'1%? Perché la tanto osannata FED non ha avvertito la pericolosità di una massiccia offerta di denaro a cittadini americani con basso o bassissimo merito di credito, attraverso l’elargizione di mutui addirittura oltre il valore dell’immobile dato a garanzia, con tassi di promozione?
E’ tutto imputabile alla famelicità di alcune decine di top manager che, per lucrare sulle stock options, hanno gonfiato bilanci e utili volantinando mutui ai concittadini?
Chi aveva l’occhio lungo, già nel 2001 (2001 !) paventava andamenti poi verificatisi.
Dal sito umm.it:
[…] A luglio 2001, Paul McCulley, economista del colosso
finanziario Pimco, aveva previsto che la Federal Reserve non avrebbe fatto
altro che sostituire una bolla speculativa con un'altra. "Qualora dovesse
rendersi necessario", scriveva McCulley, "la Fed troverebbe il modo
di gonfiare i prezzi degli immobili per sostenere l'edonismo americano. Penso
che la Fed sia intenzionata a farlo nonostante si tratti di un'operazione non
politically correct e nonostante le aspettative di chi vorrebbe un Greenspan
contrario a simili iniziative".
Insomma, perché le autorità americane si sentivano obbligate a sostenere sempre di più la domanda interna attraverso integrazioni del reddito dei cittadini americani sotto forma di vere e proprie regalie ? Quali peggiori iatture dovevano essere scongiurate?
Oggi è evidente la risposta. Non doveva interrompersi la triangolazione: emissione di titoli del tesoro, assorbimento di questi da parte della Cina, importazione di prodotti cinesi da parte degli USA. Non si dimentichi che Pechino, oltre ai 500 miliardi di titoli del Tesoro, detiene anche 400 miliardi di titoli derivanti dalle cartolarizzazioni di Fanny e Freddy. Se la domanda interna degli Stati Uniti si fosse afflosciata, ne avrebbero risentito le esportazioni cinesi, la triangolazione si sarebbe interrotta ed il sistema sarebbe saltato. Si decise quindi di finanziare anche gli americani infinanziabili.
Ma il meccanismo si interruppe lo stesso. La insuperabile competitività dei prodotti cinesi a bassa tecnologia rischiava di disarticolare interi settori dell’economia americana. Nel 2005, infatti, su pressione del settore tessile interno e della sua capacità lobbistica, gli Stati Uniti furono costretti a reintrodurre i dazi commerciali su tre categorie di prodotti tessili provenienti dalla Cina: le importazioni di magliette cinesi erano aumentate del 1.258% nel primo trimestre del 2005, rispetto allo stesso periodo dello anno precedente, mentre le spedizioni di pantaloni di cotone erano addirittura lievitate del 1.521% nello stesso periodo.
Il meccanismo finanziario è risultato straripante rispetto alla più contenuta dimensione del sistema economico/produttivo sottostante che governo e FED volevano fargli supportare.
[Una curiosità: subito dopo la nomina di Bernanke in sostituzione di Greenspan, il vecchio presidente della FED cominciò, finalmente, a parlare di bolla speculativa sull’immobiliare.]
La situazione attuale non sembra reversibile. E la Cina si sta dimostrando pronta ad assumere iniziative miranti a permettere il raggiungimento di nuovi equilibri: ha diminuito i tassi di interesse per facilitare il credito interno ed aumentare i consumi cinesi per sopperire al crollo delle importazioni USA; sta procedendo a riforme radicali come quella che permette ai contadini di diventare proprietari delle terre che lavorano.
Da CRIonline:
Banca centrale cinese: ridotti i tassi di interesse di
riferimento dei crediti e dei depositi di riserva. 2008-09-15 21:30:17 cri
Il 15 settembre la banca centrale cinese, la Banca del Popolo, ha
annunciato che per applicare la disposizione del lavoro economico statale nella
seconda metà dell'anno, risolvere i problemi evidenti dell'attuale andamento
economico, e mantenere lo stabile, rapido e continuo sviluppo dell'economia
nazionale, ha deciso di abbassare il tasso di interesse di riferimento dei
crediti in RMB e il tasso dei depositi di riserva dei piccoli e medi organismi
finanziari.
A partire dal 16
settembre, il tasso di interesse di riferimento dei crediti in RMB scenderà
dello 0,27%. Dal 25 settembre, a parte le Banche dell'Industria e del
Commercio, o postale, gli altri organismi finanziari di deposito abbasseranno
dell'1% il tasso dei depositi di riserva, e del 2% per gli organismi finanziari
con lo status di persona giuridica delle zone terremotate di Wenchuan.
L’INCERTEZZA SULLA VERIDICITA’ DEI DATI FORNITI.
Ma, insomma, a quanto ammonta l’erogazione dei mutui subprime?
Le cifre fornite da FMI e OCSE sono molto discordanti. Ad aprile, il Fondo Monetario parlava di 975 miliardi di dollari, l’OCSE indicava una forbice tra i 350 e i 420 miliardi di dollari ed ha giudicato ingiustificata la valutazione del Fondo monetario. Ad ottobre 2008, la valutazione del FMI era arrivata a 1.400 miliardi di dollari.
Ma una buona parte dei titoli derivanti dalla cartolarizzazione dei subprime è in mano alla finanza internazionale, o no? Di fatto, oggi Bush offre quella cifra per ritirare dal portafoglio delle banche americane non meglio definiti “titoli tossici”. Titoli ben oltre l’ammontare dei subprime?
Però, se 700 miliardi dollari sono necessari per bonificare il sistema bancario americano, quanti miliardi di dollari sono stati spalmati sul sistema finanziario internazionale? E quanti sono andati a finire nel portafoglio dei risparmiatori privati?
Secondo Mike Whitney, un analista finanziario americano, il totale di titoli circolanti emessi nei mercati non regolamentati e privi di patrimonialità reale, è di 20 mila miliardi di dollari. Se questi 20 mila miliardi di dollari di titoli sono privi di mercato e, quindi, non liquidabili, sono anche privi di valore. Secondo questa analisi, l’attuale sistema finanziario è destinato ad affrontare una crisi, ma non per problemi di liquidità, bensì per mancanza di solvibilità.
Torniamo così al problema della “fiducia” che interruppe la prima Catena di S. Antonio col discorso di Nixon che abolì la convertibilità del dollaro.
Quindi il cerino resterà in mano alle banche?
Non scherziamo!
Tutti i governi si stanno impegnando a trasferire nelle tasche dei rispettivi Pantaloni i buchi finanziari e le possibili insolvenze di banche. E le iniziative dovranno risultare particolarmente vantaggiose per gli istituti di credito.
Si ricordi che, all’ inizio del 2007, la Goldman Sachs suggeriva di comprare o, quanto meno, di tenere azioni di banche, facendo storcere il naso agli analisti più accorti, in grado di avvertire le avvisaglie della tempesta che stava arrivando. Oggi, scopriamo che forse la Goldman Sachs aveva ragione, forse era a conoscenza di informazioni migliori di altri: se il sistema avesse retto, sarebbero continuati i notevoli utili del settore bancario; se fosse crollato, sarebbero intervenuti i comprensivi e preoccupati governi del mondo intero.
In questa vicenda, in un gioco delle parti ben organizzato, il Fondo Monetario Internazionale si è assunto il compito di pressare i governi sul didietro. Come qualificare infatti i suoi proclami miranti a terrorizzare miliardi di persone con intensità crescente, quando tutte le autorità politiche e monetarie cercano di spargere fiducia, o fanno finta di farlo?
(7-10-2008) Blog di Panorama. […]Del resto, parlano da sole le cifre riportate nel rapporto sulla stabilità finanziaria globale redatto dall’Fmi, nel quale si parla di perdite collegate alla crisi del mercato subprime americano che potrebbero arrivare a 1.400 miliardi di dollari, significativamente più dei 1.000 miliardi stimati ad aprile. “Sull’Europa pesa il 40% delle perdite emerse fino ad ora”, con svalutazioni per 580 miliardi di dollari solo a carico delle banche, come ha spiegato Caruana, sottolineando che “il compito del Fondo non è dare indicazioni specifiche ad ogni paese o imporre strategie uguali per tutti, ma promuovere collaborazione e coordinamento tra i vari paesi”, nel rispetto delle particolarità e necessità di ogni singolo stato. Proprio la collaborazione intergovernativa appare come una possibile via di uscita nel tentativo di migliorare il livello di comunicazione e rendere le politiche più organiche e coordinate. “Il tempo delle soluzioni graduali è terminato.
(8- 10-2008) Il Sole 24 Ore. L'allarme del Fondo Monetario. L'economia globale sta "decelerando rapidamente". Si tratta della "peggiore crisi finanziaria dal 1930". È l'allarme lanciato dal Fmi World Economic Outlook. L'economia mondiale, si legge nel rapporto, sta "entrando in una crescente depressione economica a causa del più pericoloso shock finanziario per le economie avanzate dagli anni Trenta".
(10-10-2008) ANSA Il direttore generale dell'Fmi, Dominique Strauss-Khan, ha fatto presente che il Fondo sarà pronto a soccorrere finanziariamente i Paesi membri più colpiti dalla stretta nel credito, non escludendo che anche alcune economie occidentali possano chiedere aiuto -"nessuno sa se alcune economie avanzate avranno bisogno degli aiuti del Fondo"
(11-10-2008) AGI- Secondo il numero dell'Fmi, nonostante le azioni senza precedenti, come il taglio dei tassi coordinato delle banche centrali, saranno necessarie ulteriori interventi affinché i mercati si stabilizzino
.
(12-10-2008) Il Fmi: «È una crisi di sistema, servono strumenti eccezionali»
(12-10.2008) Il Fondo Monetario internazionale ritiene che "il sistema finanziario globale sia sull'orlo di un collasso sistemico", ma appoggia il piano del G7. Lo dice il direttore generale Dominique Strauss-Kahn alla luce dell' "intensificarsi dei problemi di solvibilità delle maggiori finanziarie Usa e Ue".
E, giacché ci siamo, anche le aziende dei settori industriali chiedono aiutini.
Abbiamo scoperto che la globalizzazione non è la meccanica supremazia del vecchio mondo occidentale sul resto dei paesi della terra, come credevano i gonzi d’inizio millennio.
Abbiamo anche scoperto che il sistema occidentale ed il livello di reddito a cui è giunto non sono esportabili: occorrerebbero le risorse di quattro Terre per garantire il nostro “benessere” a 6,7 miliardi di uomini. Non possiamo pensare che l’inserimento di circa duemiliardi e mezzo di persone nel meccanismo tendenziale del sistema economico e finanziario occidentale, promosso in pochi anni, possa non avere ripercussioni. La crescita conseguente di consumi (petrolio, alimentari, altre materie prime ecc.) non è possibile senza una drastica revisione dei consumi dei paesi oggi avanzati, pena un insostenibile aumento dei prezzi.
Con il coinvolgimento di Cina, India, Brasile ed altre nazioni abbiamo messo in comunicazione due vasi uguali in precedenza non comunicanti. Tolta la paratia di separazione, i liquidi dei due tubi tendono ad a disporsi alla stessa altezza. Cioè, pur nelle differenze fisiologiche, i redditi del mondo occidentale e quelli di Cina e di India, nel tempo, tendono ad equipararsi: i nostri devono contrarsi, gli altri devono crescere.
La crisi impone una revisione obbligatoria di molti equilibri. Ma gli strumenti ed i risultati di questa revisione non sono “oggettivi”, dipendono dalla decisioni dei governi dei paesi interessati, che – oggi – vogliono far passare le loro azioni per obbligate.
Intanto è stata rivista la posizione dei liberisti ad oltranza: quando le cose vanno bene è opportuno imporre il liberismo della giungla; quando le cose vanno male è opportuno scoprire il liberismo della polis e, magari, quello di una polis temporaneamente soggetta a tirannide.
Insomma, i vantaggi vanno divisi per pochi, mentre gli svantaggi è opportuno condividerli con tutti, anche adottando strumenti di politica economica verbosamente vituperati fino a qualche settimana fa (nazionalizzazioni, eliminazione di elementi di concorrenza, aiuti di stato). In seguito, rimesse in sesto le cose con il raggiungimento di nuovi equilibri, tornerà ad affacciarsi la superiorità del mercato della giungla su quello della polis. Le nazionalizzazioni oggi annunciate come salvifiche, verranno ripudiate per tornare alle necessarie, superiori e più efficienti privatizzazioni.
Vedremo se, nei vasi comunicanti, si creeranno sacche di privilegio i cui livelli non saranno influenzati dal riversarsi del liquido dalla parte dove è disposto a livello più alto, verso quella dove il livello è più basso. Vedremo se, ancora una volta, il buono si dividerà tra pochi e il cattivo tra tutti.
Occorre predisporre nuovi strumenti di analisi e di intervento, adatti a situazioni fino ad ora considerate possibili ma improbabili. Pena la messa in comunicazione anche dei vasi contenenti i diritti, con la messa in discussione del loro rispetto, della loro valorizzazione: il nostro livello si abbasserà, il loro si alzerà. Ma questa deriva verso una polis tirannica non possiamo certo permetterla.
Le deleghe totali ai professionisti della politica e della finanza non sono più ammissibili: cominciano ad essere, come stiamo verificando, pesantemente diseconomiche.
APPENDICE
UN PO’ DI CIFRE
IL PIL MONDIALE
A ottobre 2008 la popolazione mondiale ha raggiunto i 6.758.293.000 di unità.
Prima della attuale crisi, le previsioni circa il PIL mondiale 2008 mondiale superavano i 60 mila miliardi di dollari, per un Pil pro capite medio di circa 8.800 dollari.
Per quanto riguarda la ricchezza complessiva prodotta dalla singole nazioni, 14 dei 225 paesi della Terra hanno un PIL superiore a mille miliardi di dollari; 49 hanno un PIL superiore a 100 miliardi di dollari.
TAB. 1 - PRODOTTO INTERNO LORDO PER PAESE
Fonte Index Mundi – In miliardi di dollari USA
Paese |
Value |
Stati Uniti |
13.860 |
Cina |
7.043 |
Giappone |
4.417 |
India |
2.965 |
Germania |
2.833 |
Gran Bretagna |
2,147 |
Russia |
2.076 |
Francia |
2.067 |
Brasile |
1.838 |
Italia |
1.800 |
Spagna |
1.362 |
Messico |
1.353 |
Canada |
1.274 |
Corea del Sud |
1.206 |
Iran |
853 |
Indonesia |
846 |
Australia |
767 |
Taiwan |
690 |
Turchia |
668 |
Paesi Bassi |
639 |
Polonia |
625 |
Arabia Saudita |
572 |
Argentina |
524 |
Thailandia |
520 |
Sudafrica |
468 |
Pakistan |
446 |
Egitto |
432 |
Belgio |
379 |
Malesia |
358 |
Venezuela |
335 |
Svezia |
333 |
Grecia |
326 |
Ucraina |
321 |
Colombia |
320 |
Austria |
320 |
Svizzera |
301 |
Filippine |
299 |
Nigeria |
295 |
Hong Kong |
293 |
Algeria |
269 |
Norvegia |
257 |
Repubblica ceca |
249 |
Romania |
247 |
Cile |
234 |
Portogallo |
232 |
Singapore |
223 |
Vietnam |
223 |
Perù |
218 |
Bangladesh |
209 |
Danimarca |
205 |
Ungheria |
194 |
Irlanda |
188 |
Finlandia |
186 |
Israele |
185 |
Kazakistan |
162 |
Emirati arabi uniti |
146 |
Kuwait |
139 |
Marocco |
127 |
Nuova Zelanda |
113 |
Sudan |
108 |
Slovacchia |
108 |
Bielorussia |
105 |
Iraq |
100 |
Ecuador |
98 |
Myanmar |
91 |
Bulgaria |
87 |
Rep.ca dominicana |
85 |
Sri Lanka |
83 |
Siria |
83 |
Angola |
81 |
Libia |
79 |
Portorico |
77 |
Tunisia |
77 |
Azerbaigian |
72 |
Croazia |
69 |
Guatemala |
67 |
Uzbekistan |
62 |
Oman |
61 |
Lituania |
60 |
Qatar |
58 |
Kenya |
58 |
Serbia |
57 |
Costa Rica |
56 |
Etiopia |
55 |
Slovenia |
55 |
Yemen |
53 |
Cuba |
51 |
Turkmenistan |
47 |
Tanzania |
43 |
Libano |
41 |
Lettonia |
40 |
Camerun |
40 |
Bolivia |
40 |
Lussemburgo |
39 |
Uruguay |
37 |
El Salvador |
36 |
Afghanistan |
35 |
Costa d'Avorio |
33 |
Uganda |
31 |
Ghana |
31 |
Nepal |
31 |
Bosnia-Erzegovina |
30 |
Estonia |
29 |
Panama |
29 |
Giordania |
28 |
Paraguay |
27 |
Montenegro |
26 |
Cambogia |
26 |
Guinea Equatoriale |
26 |
Honduras |
25 |
Bahrein |
25 |
Botswana |
24 |
Trinidad e Tobago |
23 |
Senegal |
21 |
Gabon |
20 |
Madagascar |
20 |
Albania |
20 |
Georgia |
20 |
Congo (ex Zaire) |
19 |
Nicaragua |
18 |
Mozambico |
18 |
Burkina Faso |
18 |
Macedonia |
17 |
Armenia |
17 |
Papua N.a Guinea |
17 |
Ciad |
16 |
Zambia |
16 |
Haiti |
16 |
Maurizio |
15 |
Mali |
14 |
Congo |
14 |
Giamaica |
13 |
Laos |
13 |
Macao |
13 |
Benin |
12 |
Islanda |
12 |
Tagikistan |
12 |
Namibia |
11 |
Malawi |
10 |
Kirghizistan |
10 |
Corea del Nord |
10 |
Moldavia |
10 |
Guinea |
10 |
Brunei |
10 |
Malta |
9 |
Niger |
9 |
Ruanda |
9 |
Mongolia |
8 |
Bahamas |
7 |
Burundi |
6 |
Zimbabwe |
6 |
Mauritania |
6 |
Somalia |
6 |
Barbados |
6 |
Swaziland |
5 |
Togo |
5 |
Figi |
5 |
Sierra Leone |
5 |
Eritrea |
5 |
Guyana |
4 |
Capo Verde |
4 |
Bhutan |
4 |
Suriname |
3 |
Nuova Caledonia |
3 |
Rep. Centrafricana |
3 |
Lesotho |
3 |
Andorra |
3 |
Belize |
2 |
Timor orientale |
2 |
Isole Cayman |
2 |
Gibuti |
2 |
Liechtenstein |
2 |
Seicelle |
2 |
Liberia |
1 |
Gambia |
1 |
Comore |
1 |
Samoa |
1 |
Antigua e Barbuda |
1 |
Saint Lucia |
1 |
Groenlandia |
1 |
Grenada |
1 |
Monaco |
1 |
S. Vinc. Grenadine |
1 |
Guinea Bissau |
1 |
Tonga |
1 |
San Marino |
1 |
Isole Salomone |
1 |
Vanuatu |
1 |
S.Christopher Nevis |
1 |
Dominica |
0 |
São Tomé Príncipe |
0 |
Kiribati |
0 |
Palau |
0 |
Isole Falkland |
0 |
Nauru |
0 |
Tuvalu |
0 |
PIL PRO CAPITE
Per quanto riguarda la ricchezza per abitante, il PIL pro capite varia tra il massimo di 80.800 dollari del Lussemburgo ed il minimo di 110 $ l’anno della Striscia di Gaza, dove si vive con poco più di un terzo di dollaro al giorno. L’Italia è al 38^ posto con 31 mila dollari.
Orientativamente, considerando la tabella che segue, possiamo dire che il gruppo più ricco (oltre 10.000 $ di Pil pro capite - dal primo al 94 posto in graduatoria), comprende il 20% della popolazione mondiale.
Quello intermedio, con Cina e India, (tra i 2.000 ed i 10.000 $ di Pil pro capite - dal 95^ al 175 posto), il 55 % della popolazione mondiale.
Quello più povero (sotto i 2.000 $ di Pil pro capite - dal 176^ al 225^ posto), il 25 % della popolazione mondiale.
Un quarto della popolazione mondiale campa con 5 dollari e mezzo (meno di 4 euro) al giorno.
Il Pil della Cina (1.330 miliardi di abitanti) supera di poco i 7.000 miliardi di $, con un Pil p.c. di 5.260 $.
Il Pil dell’India (1.148 miliardi di abitanti) è di circa 3.000 miliardi, per un Pil p.c. di poco superiore ai 2.600 $.
La Ue dei 27 raggiunge un Pil di 14.070 miliardi di dollari (circa il 24,8 del Pil mondiale), con 497 milioni di abitanti per un Pil pro capite di 28.300 dollari annui.
Nel
Riportiamo il Pil pro capite previsto per il 2008 dei 225 paesi della Terra:
TAB. 2 - PIL PRO CAPITE PER PAESE
Fonte Index Mundi. Stime
|
Paesi |
PILp.c in
$ USA |
1 |
80.800 |
|
2 |
75.900 |
|
3 |
69.900 |
|
4 |
57.000 |
|
5 |
55.600 |
|
6 |
55.300 |
|
7 |
55.200 |
|
8 |
48.900 |
|
9 |
46.000 |
|
10 |
45.600 |
|
11 |
44.600 |
|
12 |
44.100 |
|
13 |
43.800 |
|
14 |
42.000 |
|
15 |
39.800 |
|
16 |
39.400 |
|
17 |
39.000 |
|
18 |
38.800 |
|
19 |
38.600 |
|
20 |
38.500 |
|
21 |
38.200 |
|
22 |
38.200 |
|
23 |
37.500 |
|
24 |
37.400 |
|
25 |
36.900 |
|
26 |
36.500 |
|
27 |
35.500 |
|
28 |
35.300 |
|
29 |
35.000 |
|
30 |
34.700 |
|
31 |
34.400 |
|
32 |
34.100 |
|
33 |
33.800 |
|
34 |
33.800 |
|
35 |
33.700 |
|
36 |
33.600 |
|
37 |
31.000 |
|
38 |
31.000 |
|
39 |
30.500 |
|
40 |
30.000 |
|
41 |
29.800 |
|
42 |
28.800 |
|
43 |
28.400 |
|
44 |
27.300 |
|
45 |
27.300 |
|
46 |
25.000 |
|
47 |
25.000 |
|
48 |
24.600 |
|
49 |
24.400 |
|
50 |
23.200 |
|
51 |
22.700 |
|
52 |
21.800 |
|
53 |
21.800 |
|
54 |
21.800 |
|
55 |
21.700 |
|
56 |
20.700 |
|
57 |
20.000 |
|
58 |
19.800 |
|
59 |
19.700 |
|
60 |
19.600 |
|
61 |
19.500 |
|
62 |
19.100 |
|
63 |
18.400 |
|
64 |
17.700 |
|
65 |
17.500 |
|
66 |
16.700 |
|
67 |
16.200 |
|
68 |
16.000 |
|
69 |
15.500 |
|
70 |
15.000 |
|
71 |
15.000 |
|
72 |
14.700 |
|
73 |
14.600 |
|
74 |
14.500 |
|
75 |
14.400 |
|
76 |
14.400 |
|
77 |
13.800 |
|
78 |
13.500 |
|
79 |
13.100 |
|
80 |
13.000 |
|
81 |
12.800 |
|
82 |
12.500 |
|
83 |
12.500 |
|
84 |
12.300 |
|
85 |
11.900 |
|
86 |
11.800 |
|
87 |
11.500 |
|
88 |
11.100 |
|
89 |
10.900 |
|
90 |
10.700 |
|
91 |
10.600 |
|
92 |
10.400 |
|
93 |
10.400 |
|
94 |
10.200 |
|
95 |
9.700 |
|
96 |
9.400 |
|
97 |
9.200 |
|
98 |
9.200 |
|
99 |
9.100 |
|
100 |
9.000 |
|
101 |
9.000 |
|
102 |
8.800 |
|
103 |
8.400 |
|
104 |
8.200 |
|
105 |
8.100 |
|
106 |
8.000 |
|
107 |
7.800 |
|
108 |
7.800 |
|
109 |
7.700 |
|
110 |
7.600 |
|
111 |
7.600 |
|
112 |
7.500 |
|
113 |
7.200 |
|
114 |
7.100 |
|
115 |
7.000 |
|
116 |
7.000 |
|
117 |
6.900 |
|
118 |
6.600 |
|
119 |
6.500 |
|
120 |
5.800 |
|
121 |
5.800 |
|
122 |
5.700 |
|
123 |
5.500 |
|
124 |
5.500 |
|
125 |
5.400 |
|
126 |
5.400 |
|
127 |
5.300 |
|
128 |
5.300 |
|
129 |
5.200 |
|
130 |
5.200 |
|
131 |
5.000 |
|
132 |
4.900 |
|
133 |
4.800 |
|
134 |
4.800 |
|
135 |
4.800 |
|
136 |
4.700 |
|
137 |
4.500 |
|
138 |
4.400 |
|
139 |
4.300 |
|
140 |
4.200 |
|
141 |
4.100 |
|
142 |
4.000 |
|
143 |
3.900 |
|
144 |
3.900 |
|
145 |
3.800 |
|
146 |
3.800 |
|
147 |
3.800 |
|
148 |
3.800 |
|
149 |
3.700 |
|
150 |
3.600 |
|
151 |
3.600 |
|
152 |
3.400 |
|
153 |
3.400 |
|
154 |
3.300 |
|
155 |
3.300 |
|
156 |
3.200 |
|
157 |
2.900 |
|
158 |
2.900 |
|
159 |
2.900 |
|
160 |
2.900 |
|
161 |
2.700 |
|
162 |
2.600 |
|
163 |
2.600 |
|
164 |
2.500 |
|
165 |
2.500 |
|
166 |
2.400 |
|
167 |
2.300 |
|
168 |
2.300 |
|
169 |
2.200 |
|
170 |
2.200 |
|
171 |
2.200 |
|
172 |
2.200 |
|
173 |
2.100 |
|
174 |
2.000 |
|
175 |
2.000 |
|
176 |
1.900 |
|
177 |
1.900 |
|
178 |
1.900 |
|
179 |
1.900 |
|
180 |
1.800 |
|
181 |
1.800 |
|
182 |
1.800 |
|
183 |
1.700 |
|
184 |
1.600 |
|
185 |
1.600 |
|
186 |
1.600 |
|
187 |
1.600 |
|
188 |
1.500 |
|
189 |
1.500 |
|
190 |
1.400 |
|
191 |
1.400 |
|
192 |
1.400 |
|
193 |
1.400 |
|
194 |
1.200 |
|
195 |
1.200 |
|
196 |
1.200 |
|
197 |
1.100 |
|
198 |
1.100 |
|
199 |
1.100 |
|
200 |
1.000 |
|
201 |
1.000 |
|
202 |
1.000 |
|
203 |
1.000 |
|
204 |
1.000 |
|
205 |
1.000 |
|
206 |
1.000 |
|
207 |
1.000 |
|
208 |
900 |
|
209 |
900 |
|
210 |
800 |
|
211 |
800 |
|
212 |
800 |
|
213 |
800 |
|
214 |
700 |
|
215 |
700 |
|
216 |
700 |
|
217 |
600 |
|
218 |
600 |
|
219 |
600 |
|
220 |
600 |
|
221 |
500 |
|
222 |
500 |
|
223 |
300 |
|
224 |
110 |
|
225 |
110 |
RAPPORTO DEBITO/PIL
La tabella che
segue mette in evidenza il rapporto del Debito pubblico sul PIL.
Uruguay a parte, da
rilevare il rapporto Debito/Pil del Giappone (oltre il 170 per cento).
TAB. 3 - RAPPORTO DEBITO/PIL
2007
Uruguay |
793,4
% |
Giappone |
oltre
il 170 % |
Italia |
oltre
il 105 % |
Germania |
68,1
% |
La Francia |
66,5
% |
USA |
64,7
% |
GB |
42,2
% |
Canada |
38,7
% |
Hong Kong |
1,8
% |
La comparazione col
Giappone non è consolante per l’Italia: mentre il Giappone ha un difetto di
entrate, l’Italia ha un eccesso di spese. I nipponici, cioè, possono far conto
su una potenziale ed efficace leva fiscale. Infatti, mentre la nostra pressione
fiscale supera il 43 per cento, quella giapponese supera appena il 25 per
cento. E sappiamo quanto sia difficile per l’Italia diminuire le spese
correnti.
ALCUNI DATI DEGLI STATI UNITI
Abitanti: 303.824.646
Prodotto Interno Lordo (PIL): $13.860 miliardi di
dollari (2007)
Tasso
di crescita del Prodotto Interno Lordo (PIL): 2,2% (2007)
Prodotto
Interno Lordo (PIL) pro capite: $46,000 (2007)
Tasso
di inflazione annuo (prezzi al consumo): 2,7% (2007)
Tasso
di disoccupazione: 4,6% (2007)
Soglia di povertà: il 12% della popolazione degli USA vive sotto la linea di
povertà. [Germania: 11 per cento; Francia: 6 per cento]
Proprietari di case: il 67 per cento delle famiglie sono proprietarie di case.
Disavanzo: L'anno fiscale 2006 si è chiuso con un disavanzo di 8.500 miliardi di dollari, pari a 6.472 miliardi di euro.
[1] I fondi sovrani controllano solo lo 0,3% di Piazza Affari di Carlo Festa (Il Sole 24 Ore del 19-10-08)
Hanno decine di miliardi di dollari da
investire in Europa e negli Stati Uniti e la loro ombra si sta velocemente
avvicinando a molti dossier fino a poco tempo fa intoccabili. I fondi sovrani
asiatici e del Medio Oriente in pochi mesi hanno comprato quote di banche
europee e americane (Merrill Lynch, Barclays, Ubs, Credit Suisse, Citigroup e
Deutsche Bank fino all'ultimo raid su Unicredit), ma anche colossi dell'energia
(con l'acquisto di azioni del colosso transalpino Total) e simboli di Wall
Street come General Electric e Blackstone. Insomma, settori e aziende
strategiche per qualsiasi Paese.
In Italia, per ora, hanno ancora un peso ridotto. A Piazza Affari contano
infatti con un risicatissimo 0,3% che vale 1,5 miliardi di capitalizzazione e
partecipazioni in Unicredit e nella Juventus (dove è presente la Lafico) e in
Mediaset (dove c'è il fondo sovrano di Abu Dhabi). Ma proprio dopo il recente
raid della Banca di Libia e della Lybian Investment Authority che hanno
rilevato sul mercato nelle ultime settimane il 4,2% di Piazza Cordusio, si
stanno ritagliando un angolo privilegiato nelle stanze dei bottoni.
Alla conquista delle banche
Dalla moda-lusso e dal real estate, soprattutto i grandi alberghi, che sono
sempre stati settori privilegiati, i fondi sovrani si stanno rapidamente
espandendo verso l'area del credito. Con risultati a dir la verità altalenanti:
perché è pur vero che il braccio finanziario di Muammar Gheddafi potrebbe avere
visto giusto a comprare un titolo come Unicredit ormai a livelli di Borsa molto
bassi.
Meno bene è andato però finora ad altri. Molti fondi sovrani hanno comprato
quote di grandi banche nel 2007 e, nell'ultimo anno, le quotazioni del credito
sono scese pesantemente. Che dire dell'investimento con il quale il Governo di
Abu Dhabi, attraverso Adia, a fine novembre del
Perdite pur sempre teoriche come quella su Barclays, dove in agosto al termine
della ricapitalizzazione alcuni investitori, come la China Development Bank e
il fondo Temasek di Singapore hanno accresciuto la loro quota, mentre è entrata
la Qatar Investment Authority. Tuttavia il collocamento era avvenuto a 282
pence, mentre oggi il titolo Barclays quota 221 pence. E non sono finora state
un grande affare le quote comprate dai fondi sovrani cinesi in Bearn Steans,
Morgan Stanley fino alla quota rilevata nel colosso finanziario Blackstone.
E c'è da chiedersi, dunque, se alcuni di questi stessi investitori non stiano
rischiando di restare con il cerino in mano, puntando su aree ad alta
volatilità dove peraltro finora non hanno badato ai prezzi.
Si sono salvati con fortuna nell'investimento in Merrill Lynch Temasek, fondo
sovrano di Singapore con più di 100 miliardi di dollari di asset, e la Korea
Investment Corporation. Se non fosse arrivata l'offerta di Bank of America (a
ben 29 dollari per azione) il fondo asiatico avrebbe potuto accusare un passivo
sul 14% di azioni Merrill Lynch acquistato in fasi successive: pacchetto
attualmente con un prezzo di carico, secondo le elaborazioni di Bloomberg, a
23,11 dollari ad azione.
Le mire in Italia
In Italia, fino ad oggi, i fondi sovrani si sono mossi poco sulle aziende
quotate. Il più attivo è stato proprio il braccio finanziario del governo di
Tripoli, la Lafico che ha investito nel corso degli ultimi quindici anni su
Fiat, Capitalia, Juventus (di cui hanno tuttora il 7,8% per un valore di 11
milioni) e Olcese. Recentemente Tripoli è entrata come principale azionista
anche in Retelit, società italiana di dorsali per le tlc.
Se si guarda invece ad Abu Dhabi Investment Authority, cassaforte con attivi
stimati a 875 miliardi di dollari, che alla fine degli anni 90 era entrata
anche in Bulgari e nella Banca Popolare Commercio e Industria, ha il 2,04% di
Mediaset che vale ai prezzi attuali un centinaio di milioni di euro.
Ci sono poi i dossier allo studio, principalmente su aziende non quotate. Fino
a questo momento i fondi sovrani hanno preso di mira il Belpaese soltanto per
due tipi di investimenti: moda-lusso e real estate. Non è un caso che le
indiscrezioni di mercato di queste ultime settimane indichino le attenzioni di
alcuni fondi sovrani per il dossier di alcune note griffe e per progetti di
sviluppo nel settore immobiliare.
È il caso di Prada, la maison guidata da Patrizio Bertelli che dopo la
momentanea archiviazione del progetto di Ipo a Piazza Affari potrebbe prendere
in considerazione l'ingresso di un socio di minoranza con circa il 20% del
capitale. E per l'ingresso in Prada ci potrebbe essere la fila tra i fondi
sovrani. E un altro dossier che piace ai fondi sovrani è quello di Ferretti,
brand italiano degli yacht di lusso.
Se si guarda all'immobiliare è invece ormai da diversi mesi che sta procedendo,
tra tira e molla, la trattativa tra il fondo Limitless di Dubai e la
Risanamento di Luigi Zunino per acquistare i progetti di sviluppo di Sesto San
Giovanni-area Falck e quello di Santa Giulia. Insomma, per ora soltanto dossier
singoli, anche se il raid su Unicredit di Lafico potrebbe creare un effetto
domino anche su altri grandi gruppi italiani, come Telecom Italia ed Eni.