ARCHIVIO GENERALE
DEL DOSSIER
TUTTI I
DOSSIER VAI AL NUOVO DOSSIER
ARTICOLI DELL’8-2-2008
I liberali e l'alleanza coi radicali ( da "EUROPA.it" del
08-02-2008)
Argomenti: Laicita'
Abstract: è
una parentesi di tre secoli, quelli dell'Illuminismo, e all'interno di quella
parentesi ce n'è una più piccola, i 50-100 anni dell'Italia
liberale: un niente, per di più già concluso, nei 1600-1700
anni del dominio cristiano dell'Italia. Sicché il problema vero è ora
chiudere la parentesi grande, appunto l'Illuminismo.
Quei laici a Campo Marzio ( da "EUROPA.it" del
08-02-2008)
Argomenti: Laicita'
Abstract: odierno
antiabortista "cattolico romano") e i giovanissimi Eugenio
Scalfari, Giovanni Spadolini, Vittorio De Capraris, Francesco Compagna. E
c'erano i laici ex azionisti (Salvatorelli, La Malfa) e i salveminiani (lo
stesso Salvemini e Ernesto Rossi). Talvolta s'incontravano da Rosati in via
Veneto (La sera andavamo in via Veneto,
LE INCOGNITE DEL VOTO PLANETARIO ( da "Stampa, La" del 08-02-2008)
Argomenti: Laicita'
Abstract: intransigente
laicismo individualista di Zapatero, ha spinto la Chiesa a sostituirsi al partito
afono di Rajoy che essa critica e disprezza. I vescovi hanno deciso scendere
in piazza, supplendo con la politica d'urto la mancata scomunica vaticana di
Zapatero, dopo essersi accorti che i sondaggi assegnano al partito socialista
un vantaggio per ora incolmabile:
Boicottaggio ingiustificato Guardo con estremo interesse alla
Fiera di Torino dedicata a I ( da "Stampa, La" del 08-02-2008)
Argomenti: Laicita'
Abstract: Ho
trovato posto in un ospedale cattolico, quindi obietto"). Vorrei
comunque far presente che l'obiezione di coscienza è uno strumento
ambivalente, che può essere manifestato e fatto valere da entrambe le
parti. Se i laici cominciassero a "obiettare coscienza" nei
confronti dei medici (e degli altri professionisti) che antepongono le
ragioni (?
CON TUTTO il rispetto e l'attenzione verso i "fratelli ma ( da "Resto del Carlino, Il (Nazionale)" del 08-02-2008)
Argomenti: Laicita'
Abstract: inquietante
sintonia tra la posizione ebraica e un certo laicismo giacobino italiano,
entrambe allergiche alla pretesa di Cristo e alla sua permanenza
contemporanea nel mondo. "Dialogo - ha ripetuto Benedetto XVI
nell'incontro col clero romano di ieri - vuol dire rispetto dell'altro, ma
questa dimensione del dialogo, cosi necessario, non esclude l'annuncio del
Vangelo,
Paure, trame e pentimenti nella diaspora della Quercia pag.1 ( da "Giornale.it, Il" del 08-02-2008)
Argomenti: Laicita'
Abstract: migliorista
emiliano già della Lega Coop, non ha mai fatto, ponendosi da anni come
faro del laicismo illuminato e conquistandosi galloni di socialista a prova
di bomba. Definizione difficile da applicare per il napoletano Roberto
Barbieri o per il fondatore dell'Arcigay Franco Grillini, che si sono
intruppati con Boselli assieme ad Angius.
Delirio antisemita Su un blog l'elenco dei"professori
ebrei" ( da "Stampa, La" del 08-02-2008)
Argomenti: Laicita'
Abstract: anche
nomi di docenti cattolici o laici (come Gian Enrico Rusconi e Chiara
Saraceno, editorialisti della Stampa). Una roba sconclusionata e manicomiale,
ma che in ogni caso nessuno vuole sottovalutare. Intanto perché, fra il
successo degli storici negazionisti, le polemiche attorno alla Fiera del
libro di Torino e anche qualche marginale ma stupefacente presa di posizione
politica,
Pannunziani immaginari ( da "Stampa, La" del 08-02-2008)
Argomenti: Laicita'
Abstract: politici
vogliono accreditarsi come eredi del grande laico-liberale, richiamarne alla
memoria la singolarità umana ed intellettuale che rende vane tutte le
rivendicazioni di continuità con Il Mondo, di cui Pannunzio fu iniziatore,
regista e leader carismatico. Si è soliti qualificare Pannunzio grande
direttore, maestro di giornalismo, raffinato uomo di cultura e continuatore
dello "
Ferrara: lista Formigoni per la vita ( da "Corriere della Sera" del 08-02-2008)
Argomenti: Laicita'
Abstract: Una
lista di scopo per la moratoria sull'aborto guidata dal governatore della
laica e progredita Lombardia, un cattolico con i fiocchi". Su Panorama
in edicola oggi, Ferrara definisce Roberto Formigoni (in basso) "l'uomo
giusto" e prevede un "risultato sicuro: apparentata con la
coalizione di centrodestra, questa lista prenderebbe molti buoni voti".
Cellula dei collettivi contesta il vescovo E lui fa l'elogio
del '68 ( da "Corriere della Sera" del 08-02-2008)
Argomenti: Laicita'
Abstract: Noi
siamo funzionari dello Stato e dobbiamo applicare le regole. Per cambiarle ci
sono altre sedi". A quel punto non è restato che riarrotolare lo
striscione pro scuola laica, consegnare un paio di volantini ai poliziotti e
andarsene affidando la propria rabbia alla versione postmoderna del
ciclostilato in proprio, un comunicato via e-mail per denunciare "
Foibe Non infangate la memoria Cara "Liberazione",
apprendiamo con viva soddisfazione che il comune di Roma ha vietato l'uso del
Teatro Brancaccio alla Consulta Studentesca, egemon ( da "Liberazione" del 08-02-2008)
Argomenti: Laicita'
Abstract: I No
Vat erano stati tra i protagonisti della manifestazione contro la visita di
papa Ratzinger all'università La Sapienza di Roma, un mese fa (in
particolare della Frocessione laica del pomeriggio). Facciamo Breccia via
e-mail Nichi Vendola La precisazione di Merlo Caro direttore Sansonetti, sono
contento di potermi leggere su Liberazione,
Articoli
( da "EUROPA.it" del
08-02-2008)
Argomenti: Laicita'
LIB
I liberali e l'alleanza coi radicali FEDERICO ORLANDO L'Italia si sta
spaccando sui temi bioetici e c'è chi teme che, se una destra
vittoriosa innesterà la retromarcia legislativa verso il medioevo,
"gli italiani si ribelleranno", come dice la ministra Livia Turco
facendosi uscire il fiato (La Stampa). Nelle stesse ore, all'Auditorium di
Roma, il presidente Scalfaro diceva della Costituzione: "Parlare di
religione di stato è una bestemmia. Lo stato non ha religione. Lo
stato è laico: me lo hanno insegnato non i massoni, ma i preti a
catechismo" (l'Unità, fascia rossa). Infine, mentre il papa
proclamava a San Pietro "Difendere la vita prima della nascita",
Carlo Casini, Movimento per la vita, diceva che i medici uccidono i prematuri
mettendoli fuori della finestra (deve aver letto in gioventù
L'Innocente di D'Annunzio); e a Cassino Ferrara e Binetti venivano contestati
da studenti contrari alla guerra contro "Le donne senza voce"
(Miriam Mafai, la Repubblica). Dove l'unica cosa misteriosa è perché
mai le donne abbiano perso la voce (quella propria, intendo, non quella
nostra). La stessa cosa si potrebbe dire dei liberali del Pd: ma c'è
una differenza, le donne sono metà della popolazione italiana, e se
s'incavolano saranno i loro persecutori a finire stavolta sulla graticola; i
liberali, invece, sono flatus vocis, e anche se s'incavolano non succede
niente, salvo la fine del "pluralismo" del Pd. Naturalmente, i
senzavoce rendono più veristica l'opinione del clericale Liberal,
edito da Adornato. Egli stima che nella civiltà cristiana c'è una parentesi di tre secoli, quelli dell'Illuminismo,
e all'interno di quella parentesi ce n'è una più piccola, i
50-100 anni dell'Italia liberale: un niente, per di più già
concluso, nei 1600-1700 anni del dominio cristiano dell'Italia. Sicché il
problema vero è ora chiudere la parentesi grande, appunto
l'Illuminismo. "Quante se ne devono fare per mangiare",
sentivamo dire da bambini. Forse è per questo che al franco
dispiegarsi di tesi clericali (manca solo, ma aspettate dopo le elezioni, che
dalla 194 si passi al divorzio), fa riscontro il mutismo degli eredi di
Baslini, di Fortuna, tutti impegnati ? dicesi in sala stampa ? ad assicurarsi
un altro posto in parlamento. Pannella sostiene che per quei posti c'è
un veto su di lui: "Coerentemente dubito ? ha detto infatti la senatrice
Binetti ? che ci possa essere omogeneità programmatica coi
radicali" (Corriere della sera). Non v'è dubbio, infatti alla
Binetti non c'è da obbiettare. Ma a Bianco, Maccanico, Zanone,
D'Amico, Amato, Bassanini, Salvati, e agli altri che sono o si dichiarano
liberali, il veto sembra "coerente"? Restiamo in attesa.
Torna all'inizio
( da "EUROPA.it" del
08-02-2008)
Argomenti: Laicita'
MARIO
PANNUNZIO Il 10 febbraio quarant'anni dalla morte Quei laici a Campo Marzio
"Il Mondo", de nito "uno dei frutti più alti della
cultura liberale del Novecento", sognò la "terza via"
fra centrismo e Fronte popolare FEDERICO ORLANDO I gatti che ogni
venerdì ci vedevano arrivare prima dell'alba alla stazione della
Piccola Città, alla fine non scappavano più: avevano imparato
le nostre immagini , tre o quattro studenti universitari di area liberale,
che una volta alla settimana cadevamo dal letto per trovarci al treno in
arrivo da Roma alle 5. Tra i giornali, c'era il pacchetto del Mondo,
sette-otto copie, tante se ne vendevano nella Piccola Città, e
trentamila in tutta Italia. La storia era cominciata dopo la grandinata di De
Gasperi il 18 aprile 1948: i laici (generica e impropria etichettatura per
liberali, repubblicani e socialdemocratici) avevano cuore e cervello divisi a
metà, una guardava al leader trentino nel centrismo, antagonista del
fronte popolare e della destra nostalgica; l'altra alla nostra condizione di
"figli del risorgimento", ridotti in estrema minoranza fra
democristiani e comunisti. La sinistra liberale non perse tempo: mentre il
vecchio partito mandava i suoi uomini del prefascismo nel governo centrista,
i "crociani" aprivano in Campo Marzio la redazione del Mondo,
fondatore e direttore Mario Pannunzio: che già aveva fondato e diretto
(1944-47) Risorgimento liberale. C'erano Carandini, Paggi, Villabruna,
Libonati, Panfilo Gentile, Mario Ferrara (il nonno dell'odierno
antiabortista "cattolico romano") e i giovanissimi Eugenio
Scalfari, Giovanni Spadolini, Vittorio De Capraris, Francesco Compagna. E
c'erano i laici ex azionisti (Salvatorelli, La Malfa) e i salveminiani (lo
stesso Salvemini e Ernesto Rossi). Talvolta s'incontravano da Rosati in via
Veneto (La sera andavamo in via Veneto, rievocherà Scalfari).
Il primo numero del Mondo uscì nel gennaio 1949, l'ultimo nel 1966.
Due anni dopo, il 10 febbraio 1968, morì anche il grande direttore. Il
Mondo fu il "giornalepartito" nel partito liberale, di cui
favorì la scissione dai conservatori di Malagodi nel 1955, e fuori dal
partito, per una progressiva uscita dal centrismo, ma in chiave liberale,
laica, antimonopolista, europeista. Non in chiave socialista. Perciò
piaceva poco a Saragat. Dalla scissione nacque il primo Partito radicale, col
berretto frigio nel simbolo. La laicità della repubblica, vera linfa
intellettuale e morale del Mondo, era come David fra due Golia, il
clericalismo bianco e quello rosso. Ma i crociani del "Partito radicale
dei liberali e dei democratici", come si chiamavano, abituati più
al pensiero politico che all'azione di partito, presto furono scavalcati da
un nuovo Pr, più anglosassone che crociano, più libertario che
liberale, con l'avvento di Marco Pannella: profetico come Capitini o Dolci,
diceva Calogero; non senza qualche "debito ideale" con Giovanni
XXIII papa del Concilio, conciliava Spadolini. La battaglia laica del Mondo
diventa così la battaglia anticlericale contro "il regime",
la cui arretratezza rispetto al paese i radicali di Pannella dimostreranno
col referendum sul divorzio. Ma chiedersi se il laicismo
liberale di Pannunzio e del Mondo abbia aperto la strada al radicalismo dei
pannelliani è ozioso (comunque, non l'aprì certo ai
"radicali" della de-generazione berlusconiana). Il Mondo non
parlava di "regime", parola che allora era sinonimo di
"fascismo". Piuttosto giudicava naturalmente illiberale un sistema
che affidava la funzione di governo al partito clericale (assai più
democristiano che sturziano) e quella di opposizione al partito comunista, la
cui "specificità italiana" era un mix di riscatto sociale e
di obbedienza ereditaria delle masse, indirizzate in senso progressivo
dall'egemonia degli intellettuali. La strategia del Mondo, in questa
disperata guerra su due fronti, era la creazione di una "terza
forza". Appunto liberale e laica. Padri ideali di Pannunzio erano
Tocqueville e Croce, il primo con la sua ricerca di spazi alle minoranze in
una democrazia dominata dalle "masse", il secondo con la
"religione della libertà" contrapposta non solo e non tanto
alle "antiche fedi religiose" in caduta, quanto agli assetti
economici e sociali illiberali, ancorché derivati da esperienze oligarchiche
di governo che si erano autodefinite liberali: primo fra tutti il monopolio
(scuola economia comunicazione corporazione sindacato). Nella lotta al
monopolio, gli amici del Mondo ricomponevano la disputa Croce- Einaudi
(tuttora echeggiante) su estraneità o parentela fra liberalismo e
liberismo. I due termini potevano farne uno, ma soltanto nella guerra al
monopolio. Non per mettere bastoni fra le ruote dell'economia capitalistica,
come pretendeva il socialmassimalista Riccardo Lombardi quando brindò
alla nazionalizzione elettrica, ma per dare ossigeno e spazio alla
libertà di competizione. Il sogno terzaforzista fallì, com'era
fallita dopo la guerra l'illusione rosselliana del liberal-socialismo. Come
su questo gravava la scomunica di Croce (l'ircocervo), così sulle
speranze moderniste del Mondo pesavano le eredità storiche del
risorgimento (mai un liberale si sarebbe chiamato repubblicano, e viceversa:
solo Salvemini aveva pronto perfino il nome, "partito
liberale-repubblicano"); e mai un austromarxista "turatiano"
come Saragat si sarebbe unito in unica "forza" ai liberali
(conservatori o laici che fossero): il suo disegno era, sì, anch'esso
di una terza forza, ma socialista. In pratica, era il centrosinistra.
Più realistica, come alternativa al centrismo, che non la via
"socialdemocratica" di Bobbio; meno generosa di quella
"laica" di Pannunzio, condannata dalla biografia della nazione a
restare sempre di "estrema minoranza". Il potere che ne aveva
precluso le prospettive e infranto il sogno, Pannunzio lo definiva, ricorda
Giuseppe Bedeschi sul Sole 24 Ore, con queste parole: "Domina in Italia
un potere radicato e penetrante, un governo segreto, morbido e sacerdotale,
che conquista amici ed avversari e tende a snervare ogni iniziativa e ogni
resistenza". Sembra il grande problema d'oggi del Partito democratico.
Torna all'inizio
( da "Stampa, La" del
08-02-2008)
Argomenti: Laicita'
Enzo
Bettiza LE INCOGNITE DEL VOTO PLANETARIO Non s'era ancora vista una rincorsa
di appuntamenti elettorali estesi, in un solo anno, su un arco planetario
dall'Atlantico al Mediterraneo e poi dal Danubio fino alle coste del Pacifico
russo. Si è appena votato in Serbia, si voterà a marzo in Russia
e in Spagna, quindi il 13 aprile in Italia. Gli americani andranno in
novembre all'urna di una decisione finale che però, sotto tanti
aspetti vistosi, si è già preannunciata nel Supermartedì
dominato dal duello stretto e non risolto tra Hillary Clinton e Barack Obama.
Il superspettacolo americano, trionfando nei media mondiali, ha finito
comunque per mettere in ombra i minori e più prevedibili circhi
europei. Da tempo non si assisteva a una kermesse così vivida
d'imprevisti e di tripudi etnici, sciali finanziari, stilettate e endorsement
trasversali a sorpresa. Ha travolto la scena l'apparizione di personaggi
storicamente inediti: la moglie famosa di un ex Presidente, un sopravvissuto
del Vietnam, un cristiano nero, giovanile, rivelatosi un genio della comunicazione
di massa, sulla cui riuscita nessun sondaggista avrebbe scommesso mezzo
dollaro ancora un mese fa. Invece il duello tra il nero in strepitosa ascesa
e la candidata bianca in difficoltà ha dato l'impressione di
svolgersi, più che all'interno del partito democratico, già
alle soglie della Casa Bianca. La campagna, neanche a metà strada del
suo lungo percorso, è stata di fatto monopolizzata mediaticamente
dalla contrapposizione Hillary-Obama: non più star di un medesimo
partito, bensì Presidenti in pectore di due partiti antagonisti. Il
senatore repubblicano McCain, seppure ben piazzato, ha dato al confronto
l'impressione di arrancare onorevolmente in salita come l'astro nascente di
un terzo partito. Si è visto emergere dall'anonimato soprattutto l'astro
ormai fulgido, hollywoodiano di Obama, idolatrato dai giovani d'ogni tinta e
sostenuto da oltre il 40 per cento degli elettori bianchi. L'outsider erede
nell'immaginario collettivo di Belafonte e di Luther King, legittimato dalla
dinastia Kennedy, dal New York Times, dall'aggressivo e implacabile Murdoch,
ha rotto il muro del suono in tredici Stati con percentuali da capogiro nel
Sud. Nel New England clintoniano con Bob De Niro, su Internet con la canzone
tratta dal suo celebre discorso "Yes we can", Obama ha sovrastato
Hillary, se non nel conteggio confuso dei numeri, certamente nell'impatto
d'immagine e perfino nei sostegni finanziari. È divenuto lui, in poche
settimane, il vero protagonista delle elezioni. La stima del pubblico
continua a confortare i discorsi competenti e lucidi di Hillary; ma
l'entusiasmo irrazionale, l'ebbrezza infantile delle folle, ruotano intorno
alla figura snella e alle parole seducenti del grande comunicatore che,
rivolgendosi a "tutti i fratelli americani", parla di cambiamento,
di futuro, di riconquista delle frontiere perdute. Comunque vada a finire,
milioni di bianchi e neri vedono Obama già seduto, da Presidente
demiurgico, nello studio ovale che fu di Roosevelt e di Kennedy. Mentre sulla
scena americana predominano le novità di una democrazia spregiudicata
e vitale, la Russia si prepara al voto del 2 marzo in un clima, opposto, di
grigia farsa democratica. Tutto vi è stato meticolosamente preparato
per consegnare Putin all'eternità. Nessun brivido, nessuna svolta
all'orizzonte. Le brutte sorprese eliminate, i concorrenti pericolosi
imbavagliati, televisioni confiscate e giornali allineati, Putin
succederà per la terza volta a Putin in veste di onnipotente primo
ministro al fianco di un Presidente di cartapesta. Costui, per chi non lo
sapesse, si chiama Dmitry Medvedev, ha quarantadue anni ed esibisce le
stimmate del perfetto palafreniere del Presidente uscente. "Uomo della
forza" dell'onnipervasivo clan putiniano di Pietroburgo, presidente del
colosso energetico Gazprom, primo vice primo ministro, egli deve tutto
ciò che è al protettore che lo ha fatto nominare candidato alle
presidenziali dal partito di maggioranza Russia Unita. La sceneggiata
pseudoliberale ha avuto inizio con una sorta di giuramento aulico pronunciato
in pubblico da Medvedev: "Se diventerò il capo dello Stato,
offrirò a Vladimir Vladimirovic Putin la guida del governo". Non
esistono motivi che possano farci dubitare della solenne promessa. Escogitata
per aggirare la Costituzione che non gli consente, almeno per ora, un terzo
mandato, essa offrirà a Putin la possibilità di restare,
mimetizzato o meno, l'autentico zar del Cremlino sostenuto peraltro da un
altissimo tasso di popolarità. Insomma, l'elezione a Mosca si è
chiusa prima d'incominciare. Rispetto al presente pietrificato in Russia, al
futuro in attesa negli Stati Uniti, la Spagna si prepara a fare una volta di
più i conti, il 9 marzo, con i fantasmi del suo passato. Il confronto
elettorale in atto, più che tra il partito socialista di Zapatero e
quello popolare di Rajoy, sta assumendo i connotati inquietanti di uno
scontro diretto tra lo zapaterismo ideologico e i vescovi madrileni che lo
combattono e ripudiano. Sono noti gli impegni presi quattro anni fa dal
governo di Zapatero, poi rigorosamente mantenuti, nel campo dei diritti
civili e individuali. Matrimoni gay, aborto, eutanasia, divorzio istantaneo,
educazione libertaria nelle scuole: tutti censurati dall'episcopato che ha
mobilitato la piazza cattolica e diffuso perfino una sorta di manifesto contro
la "almodovarizzazione" di una nazione di antiche radici cristiane.
Zapatero, un falso timido, col suo ultralaicismo
blindato in un ferreo quadro legislativo, non ha receduto di un passo nel
corso del quadriennio. Di più, non ha trovato nel leader del partito
contendente, il conservatore Mariano Rajoy, esangue controfigura di Aznar, un
avversario capace di affrontarlo con armi culturalmente adeguate su un
terreno dove la grande posta è, più dell'economia o dei
rapporti con l'Eta, l'esistenza profonda delle persone e della
società: la vita, la morte, la nascita, la parità fra i sessi e
la totale libertà omosessuale legalizzata dal rito matrimoniale.
L'assenza di una risposta politica, all'altezza dell'intransigente
laicismo individualista di Zapatero, ha spinto la Chiesa a sostituirsi
al partito afono di Rajoy che essa critica e disprezza. I vescovi hanno
deciso scendere in piazza, supplendo con la politica d'urto la mancata
scomunica vaticana di Zapatero, dopo essersi accorti che i sondaggi assegnano
al partito socialista un vantaggio per ora incolmabile: 44,5 percento
(due in più rispetto al 2004) contro il 38,7 dei popolari. Ora, il
punto allarmante di questo scontro scoperto, privo di intermediazioni, tra
Chiesa e partito socialista, riporta alla memoria di tanti spagnoli moderati
i tempi della guerra civile: tempi tristi, in cui Franco sposava la spada
all'altare mentre, sulla trincea repubblicana, socialisti anticlericali e
anarcosindacalisti non andavano per il sottile nella caccia ai preti e alle
suore. Se Zapatero vincerà, com'è probabile, non potrà
non cercare di spegnere quei brutti ricordi, serpeggianti nel sottofondo di
una campagna dominata e pericolosamente avvelenata dai temi etici. Zapatero,
pur fermissimo nelle sue idee discutibili, si è mostrato tutt'altro
che un politico ottuso o un vincitore arrogante. Non è da escludere
che, se giungerà al traguardo una seconda volta, tirerà fuori
la carta di un accordo flessibile con i vescovi madrileni, alla cui militanza
politica si oppongono, fra l'altro, diversi porporati catalani, baschi e
galiziani. Per questi, forse più dello scontro sui cosiddetti temi
etici sensibili, contano le promesse socialiste sul federalismo e la linea di
trattativa coi terroristi dell'Eta. Che dire, a questo punto, del 13 aprile
italiano, al di là di tutto ciò che abbiamo visto nel video,
ascoltato nei dibattiti, letto nei giornali? "Berlusconi again!",
esclama sardonico l'Economist non potendo più dire "never
again". La Serbia è uscita dalle urne più bloccata che
mai, con un Presidente rieletto che lancia saluti all'Europa, mentre il suo
primo ministro, il coriaceo Kostunica, già lo contraddice parlando di
una "truffa europea" ordita alle spalle di Belgrado con l'invio di
una missione civile nel Kosovo secessionista. Se i Balcani minacciano di
restare balcanizzati, speriamo che in aprile, a prescindere da Berlusconi,
l'Italia esca dall'autobalcanizzazione degli ultimi anni e dal blocco
parlamentare degli ultimi diciannove mesi. Le buone intenzioni trapelano di
giorno in giorno, sia dal centrodestra che dal centrosinistra. Ma con le sole
buone intenzioni, diceva il poeta, non si fa buona letteratura. Sarebbe
auspicabile che, dopo il voto d'aprile, vincitori e vinti estendessero quella
raccomandazione scettica e austera in una dimensione extraletteraria. Quando
le ottime intenzioni non diventano azioni, non si fa altro che pestare nel
vuoto di una pessima politica. CONTINUA A PAGINA 33.
Torna all'inizio
( da "Stampa, La" del
08-02-2008)
Argomenti: Laicita'
Sraele.
Trovo il boicottaggio ingiustificato: non credo proprio che tutti gli
scrittori ebrei appoggino la politica d'Israele, ma soprattutto molti
scrittori israeliani sono indiscutibilmente migliori della politica del loro
Paese. DONATELLA TULLI L'orrore della Shoah a FestivalStoria Rinviando a un
più meditato articolo una mia analisi e proposta in merito all'ormai
vexata quaestio della Fiera del Libro, non posso lasciar passare in silenzio
alcune delle pesanti insinuazioni contenute nell'intervento di Gadi Luzzatto
Voghera (La Stampa di ieri). Al di là delle oscure allusioni ad
ambienti torinesi nei quali la critica a Israele sarebbe uno schermo di un
vetero, ineliminabile antisemitismo, mi riferisco all'attacco a
FestivalStoria, da me ideato e diretto, accusato di non aver dato spazio al
"dibattito" sul tema del rapporto tra politica, etnos e religione
in Israele. Ribadito che il terreno della Storia è quello della
conoscenza, ossia dell'accertamento dei fatti, attraverso testi e documenti;
precisato che in occasione dell'incontro posto "sotto accusa" la
presenza in sala sconsigliava dibattiti onde evitare di trasformarli in risse
da talk show televisivo; mi corre l'obbligo di ricordar che in quell'evento a
cui partecipavano uno scrittore palestinese, una giornalista svedese e due
analisti israeliani (che si sono definiti in esordio, e ripetutamente,
"patrioti"), sono stati forniti dati di fatto, cifre ed elementi
non contestabili se non sulla base di quel "pregiudizio ideologico"
che si vuole imputare a "certa sinistra". Aggiungo, infine, che
negli oltre trenta eventi di cui si componeva la passata edizione (la III)
del Festival - che hanno visto la partecipazione di molti israeliti, come le
precedenti: nella II abbiamo inaugurato con la presenza del rabbino capo di
Torino, il dr. Szomech - il tema più frequente è stata la Shoah
e l'orrore che rappresenta nella Storia di ogni tempo, con precisa denuncia
delle responsabilità di tutti i persecutori. ANGELO D'ORSI I
post-marxisti italiani e le ragioni di Israele Ci fa molto piacere che l'on.
Fassino, con la sua lettera al Corriere, abbia contestato
l'indegno boicottaggio avvenuto alla Fiera del Libro di Torino contro la
letteratura ebraica e quindi contro Israele. Ci aveva fatto altresì
molto piacere che un vecchio comunista non pentito come Valentino Parlato
avesse usato argomenti analoghi sul Manifesto. La nostra impressione
purtroppo è che, nonostante i convincimenti di Fassino e Parlato, la
sinistra italiana di origine marxista non comprenda ancora le ragioni di Israele
e tanto meno la questione politica che pone la difesa dello Stato ebraico.
È per questo motivo che ci troviamo davanti a indegnità come
quelle della Fiera di Torino: Fassino e Parlato appaiono in minoranza
all'interno della loro area politica. Del resto non ci si può stupire
se la terza autorità dello Stato, durante la trasmissione di Lucia
Annunziata, dice impunemente che Israele è un luogo dell'anima. Al
contrario dell'on. Bertinotti io credo fermamente che Israele esiste ed è,
con grande evidenza, il luogo della democrazia in Medio Oriente. Chi non
capisce questo concetto e non lo sostiene si fa portatore di antidemocrazia.
FRANCESCO NUCARA SEGRETARIO PARTITO REPUBBLICANO ITALIANO Se il Pd non si
allea con i radicali È il nuovo Partito democratico. Al punto tale da
escludere dalle sue possibili alleanze l'unica forza politica autenticamente
laica e liberale: quella radicale. Gli italiani hanno bisogno di chiarezza,
dice Veltroni. E io ne sono più che mai convinto! RENATO PATELLI,
VERONA Obiezione di coscienza verso i medici obiettori Ho letto con interesse
e sgomento la vicenda della signora che si è vista rifiutare da
numerose strutture ospedaliere della Capitale la somministrazione della
"pillola del giorno dopo", normalmente acquistabile, anche senza
prescrizione medica, in molti paesi civili. Non trovo consolante che in molti
dei casi riportati l'obiezione di coscienza sia probabilmente strumentale o
"di scambio" ("Ho trovato posto in un
ospedale cattolico, quindi obietto"). Vorrei comunque far presente che
l'obiezione di coscienza è uno strumento ambivalente, che può
essere manifestato e fatto valere da entrambe le parti. Se i laici cominciassero
a "obiettare coscienza" nei confronti dei medici (e degli altri
professionisti) che antepongono le ragioni (?) della fede al corretto
e umano svolgimento dei propri compiti, si creerebbe una salutare frattura.
Gli uomini di scienza potrebbero lavorare adeguandosi alle spinte propulsive
e alle nuove scoperte della libera ricerca; gli altri potrebbero tranquillamente
proseguire a curare i pazienti coi pannicelli caldi e le novene, evitandosi
il disturbo di opporre rifiuti giustificati con l'obiezione. I pazienti da
chi sceglierebbero di farsi curare? GIUSEPPE BURGIO, TREVISO Lo Stabile di
Catania da Baudo a Buttafuoco Porca miseria, giusto ieri che proprio La
Stampa pubblicava il borsino dei teatri d'Italia con Catania in crescita,
giusto adesso che mi è stato ordinato dai
padroni - da Scapagnini e dalla sua volpe, Lombardo - di ridurre e mettere in
scena uno dei tanti febbrili libri di Alfio Caruso, questo se ne usciva con
un commento sulle stesse pagine denunciando il tradimento di libertà e
autonomia dello Stabile, fogna di lottizzazione inarrestabile (come se il mio
predecessore, Pippo Baudo, non fosse stato nominato
dagli stessi)? PIETRANGELO BUTTAFUOCO PRESIDENTE DEL TEATRO STABILE DI
CATANIA A differenza di Buttafuoco, Pippo Baudo mai ha firmato la prefazione
a un libro apologetico su Lombardo (quelle malelingue dei catanesi ne hanno
approfittato per definire Buttafuoco "il biografo del biografo"),
né ha invitato in una sua trasmissione Lombardo in concomitanza con la
propria nomina a presidente dello Stabile. \.
Torna all'inizio
( da "Resto del
Carlino, Il (Nazionale)" del
08-02-2008)
Argomenti: Laicita'
Ggiori",
e alla luce dell'attenzione di Paolo VI verso il mondo ebraico e della
preghiera di Giovanni Paolo II al Muro del Pianto, la polemica esplosa su una
riformulazione del messale quaresimale appare francamente "lunare".
Nel messale di San Pio X e fino a quello di Giovanni XXIII, i cattolici
pregavano, nel periodo di Quaresima e Pasqua, anche per "la conversione
dei perfidi ebrei". Nel "motu proprio" di Benedetto XVI sulla
possibilità straordinaria di celebrare il rito eucaristico secondo il
messale latino, non era stata prevista alcuna riformulazione della preghiera!
Con l'inizio della Quaresima, il Santo Padre ha reso noto che, laddove si
fosse usato straordinariamente il messale latino per le celebrazioni
quaresimali, si sarebbe dovuto togliere da quella preghiera di conversione il
termine "perfido". Una decisione, quella vaticana, che ad occhio nudo
va incontro alla sensibilità degli ebrei e, per inciso, ha mandato su
tutte le furie i cattolici tradizionalisti. Il significato latino della
parola, infatti, è totalmente diverso dall'accezione italiana: perfido
significa senza fede, incredulo, non certo crudele o perverso. UN GESTO di
amorevolezza, quindi, che si scambia come una mina esplosiva per il dialogo
ecumenico? E' vero che ultimamente si gioca a tiro a segno con le parole del
Papa, che l'Italia ha recentemente dimostrato la sua intolleranza verso Benedetto
XVI. Però, anche alla palese strumentalizzazione c'è un limite.
Con il popolo ebraico c'è un dialogo speciale, diverso da quello con i
musulmani; ciò detto, i fedeli dell'Antico Testamento non possono
pretendere che i cristiani rinuncino al Nuovo. Perché pretendere di abolire
tutta la preghiera significa, appunto, chiedere ai cattolici di non
riconoscere in Cristo Gesù colui che è la via, la
verità, la vita. "Ciò che abbiamo di più caro
è Cristo stesso", è la risposta dello Staretz Giovanni,
nell'anticristo di Solov'ev; è la medesima risposta di Pietro e dei
discepoli al primo arresto, negli Atti degli Apostoli: "non possiamo che
raccontare ciò che abbiamo visto". A nessun cattolico verrebbe in
mente di pretendere l'incendio dei libri della Torah in tutte le sinagoghe,
come precondizione a un qualsiasi dialogo. Colpisce e amareggia l'inquietante sintonia tra la posizione ebraica e un certo laicismo giacobino italiano, entrambe allergiche alla pretesa di Cristo
e alla sua permanenza contemporanea nel mondo. "Dialogo - ha ripetuto
Benedetto XVI nell'incontro col clero romano di ieri - vuol dire rispetto
dell'altro, ma questa dimensione del dialogo, cosi necessario, non esclude
l'annuncio del Vangelo, dono di verità che non possiamo avere
solo per noi stessi, ma dobbiamo offrire agli altri". PERCIÒ,
pregare in Quaresima, affidare a Jahvè la conversione, la luce per
tutti, non può offendere nessuno. C'è da scommetterci che
alcuni omuncoli laicisti prenderanno spunto dalle polemiche ebraiche ed
eviteranno di soffermarsi su altri temi affrontati dal Papa, come la
distruzione mondiale prodotta da nazismo e comunismo, e gli argomenti del
peccato, dell'infermo e del giudizio. Eppure, sui loro giornali ha trovato
comoda casa quel Ramadan che guida il boicottaggio di Israele alla Fiera del
Libro di Torino. Ha ragione il Papa, allora: "Chi non lavora per il
Paradiso, non lavora nemmeno per il bene degli uomini sulla terra". E
Dio solo sa quanto bisogno ci sia di questo bene. * Capogruppo Udc alla
Camera dei Deputati - -->.
Torna all'inizio
( da "Giornale.it, Il" del
08-02-2008)
Argomenti: Laicita'
Paure,
trame e pentimenti nella diaspora della Quercia di Roberto Scafuri -
venerdì 08 febbraio 2008, 07:00 Scelta compiuta invece da Gavino
Angius, già comunista di rito strettamente dalemiano, quando ha
lasciato i Ds all'ultimo congresso. "Purtroppo pretende oggi di darci
lezioni di socialismo", ne lamenta la spregiudicatezza un parlamentare
di spicco dello Sdi. Errore che uno come Lanfranco Turci, migliorista emiliano già della Lega Coop, non ha mai
fatto, ponendosi da anni come faro del laicismo illuminato
e conquistandosi galloni di socialista a prova di bomba. Definizione
difficile da applicare per il napoletano Roberto Barbieri o per il fondatore
dell'Arcigay Franco Grillini, che si sono intruppati con Boselli assieme ad
Angius. Un vero peccato, visto che posti per ricandidarli in
Parlamento non ce ne saranno. A meno che non tornino da Walter con il capo
cosparso di cenere (ci stanno pensando). Nulla di grave, rispetto allo
psicodramma che vivono in queste ore gli uomini di Fabio Mussi, un prudente
postcomunista veltroniano che ha scoperto il socialismo negli ultimi mesi. La
sua Sinistra democratica doveva essere lievito della sinistra unita, ma per
ora di ingrossato è soltanto il fegato. Speravano di restare il
trait-d'-union tra la sinistra bertinottiana e i soliti compagni di una vita,
ma la scelta di Veltroni di tagliare i ponti li ha spiazzati. Qualcuno, come
Famiano Crucianelli o il sindacalista Nerozzi, ha già fatto
dietrofront. Altri, come la capogruppo Titti Di Salvo o la deputata Marisa Nicchi,
si stracciano le vesti. "Come può Walter farci questo, lasciarci
nelle mani di questi pericolosi comunisti?". Il bello è che i
postcomunisti non si fidano affatto dei comunisti che militano in
Rifondazione o Pdci. Seggi a disposizione nisba, e si sa poi quanto poco
piacciano i "rinnegati". Mussi ha cercato di rappresentare le
difficoltà dei suoi negli incontri della Sinistra Arcobaleno, provando
persino a mettere i bastoni fra le ruote a Bertinotti. "I nostri
elettori ds faticano ad amare Fausto", ha buttato lì. Oltre a
un'alzata di spalle, ha ottenuto soltanto la richiesta di incontro con
Veltroni per chiedere venia: "Walter, non lasciarci da soli, è un
suicidio collettivo". "Soltanto un modo per stanarlo", interpreta
la mossa un altro comunista avveduto, Antonello Falomi, tra i primi assieme a
Pietro Folena a riparare nella rete bertinottiana.
Torna all'inizio
( da "Stampa, La" del
08-02-2008)
Argomenti: Laicita'
IL
SITO INTERNET DI UN ANONIMO Delirio antisemita Su un blog l'elenco
dei"professori ebrei" ROMA "Elenco professori universitari
ebrei". Volete sapere per quale motivo Papa Ratzinger non è potuto
andare alla Sapienza? E perché il Vaticano è sotto schiaffo dal mondo
laicista? Risposta: in Italia esiste una potentissima lobby ebraica,
specialmente di estrazione accademica, che dirige il mondo verso il peccato
più immondo. La teoria - con annesso elenco di ebrei
"cattivi" - è espressa in un blog dai contorni deliranti
(http://re.ilcannocchiale.it) il cui titolare è naturalmente anonimo.
L'esistenza e la diffusione della lista ha ovviamente mandato in
fibrillazione la comunità ebraica romana, e ieri sono partite le
denunce alla polizia postale. E questo malgrado la questione sia poi apparsa
meno seria di quanto sembrasse a prima vista. Anzitutto, il blog (di
estrazione cattolica, ma di una variante prossima alla follia) non appartiene
a un'associazione, ma a un'unica persona. In secondo luogo, è
pressoché privo di seguito. Ai suoi post (dai titoli come "boicotta
Israele - Strappa la piattola dal culo del mondo") non corrispondono
quasi mai commenti di visitatori, se non di scherno. Poi, l'elenco dei
professori ebrei non è un elenco di professori ebrei, ma di
sottoscrittori di una recente petizione contro il negazionismo, e pertanto
contiene anche nomi di docenti cattolici o
laici (come Gian Enrico Rusconi e Chiara Saraceno, editorialisti della Stampa).
Una roba sconclusionata e manicomiale, ma che in ogni caso nessuno vuole
sottovalutare. Intanto perché, fra il successo degli storici negazionisti, le
polemiche attorno alla Fiera del libro di Torino e anche qualche marginale ma
stupefacente presa di posizione politica, il clima attorno alla
comunità giustifica un'attenzione costante. E poi perché il
proliferare di siti di questa natura è impressionante. Quello in
oggetto, per quanto frutto di una fantasia non del tutto equilibrata,
sbandiera tutte le teorie e tutti i toni che in altre epoche hanno trovato
seguaci, prima di nicchia e poi crescenti. Si esalta il dibattito nato dal
negazionismo, si pubblicano raccapriccianti fotografie di palestinesi
trucidati (sostiene il blog) dall'esercito sionista, si ridimensiona
parecchio l'eccidio delle Fosse Ardeatine, e di conseguenza si chiede la
grazia per l'esecutore, Erich Priebke. All'armamentario non manca nulla: gli
ebrei come guerrafondai, strozzini globali, importatori di prostitute ed
esportatori di morte. \.
Torna all'inizio
( da "Stampa, La" del
08-02-2008)
Argomenti: Laicita'
E'
mancato un uomo "intransigentemente antifascista in nome dell'intelligenza,
intransigentemente anticomunista in nome della libertà,
intransigentemente anticlericale in nome della ragione": così
scrissero La Stampa, Le Monde e The Times alla morte di Mario Pannunzio,
quarant'anni fa. Si rende necessario oggi, nel momento in cui tanti
giornalisti e politici vogliono accreditarsi come eredi
del grande laico-liberale, richiamarne alla memoria la singolarità
umana ed intellettuale che rende vane tutte le rivendicazioni di
continuità con Il Mondo, di cui Pannunzio fu iniziatore, regista e
leader carismatico. Si è soliti qualificare Pannunzio grande
direttore, maestro di giornalismo, raffinato uomo di cultura e continuatore
dello "stile Longanesi". Attribuzioni tutte che hanno
qualcosa di vero, insufficienti però a cogliere il nucleo più
profondo ed autentico dell'opera sua, nitidamente iscritta nelle pagine di
Risorgimento liberale (1944-47) e del Mondo (1949-66). Il direttore fu a
tutto tondo un intellettuale antitotalitario che avvertì il dovere
morale di farsi uomo politico per parlare alto e forte, in nome della
libertà e della verità, contro gli integralismi e gli
opportunismi: "L'uomo politico, se non vuole essere un puro faccendiere,
è anch'esso un intellettuale, che vive pubblicamente e che fa con
naturalezza la sua parte nella società". L'energia di Pannunzio
si indirizzò soprattutto a rendere possibile il "miracolo
politico" di colmare il grande vuoto della Repubblica, ossia la
formazione di una terza forza liberale e democratica in grado di dare
risposte europee ed occidentali all'Italia in trasformazione. Tale impresa,
che non riuscì né agli azionisti, né ai liberali che si attestarono
sulla sponda conservatrice, né ai socialisti democratici e ai repubblicani
che coltivarono gelosamente le radici storiche, finalmente trovò ne Il
Mondo il suo alto laboratorio. Solo Pannunzio riuscì a mettere insieme
nelle pagine della rivista una terza forza che espresse, prima con l'appoggio
critico al centrismo e poi nei prodromi del centro-sinistra, una linea pragmatica
liberaldemocratica e riformatrice capace di confrontarsi con i giganti
democristiani e comunisti e con i nani conservatori e reazionari. Certo
Pannunzio diede vita solo ad una rivista, ma attraverso di essa e con i
collegati convegni a tema (1955-62), fu possibile la preparazione di una
piattaforma politica concreta, niente affatto utopistica o illuministica, che
si addiceva ai bisogni del tempo, anche se poi fu tradita dal
centro-sinistra. È vero, si trattò di un gruppo di pressione
privo di quell'esercito partitico ed elettorale che fu sempre destinato al
fallimento. Ma senza la determinazione intellettuale, la chiarezza politica e
la forza carismatica di Pannunzio non sarebbe neppure esistito quell'isola
liberaldemocratica in grado di mettere insieme persone di diversi orizzonti
ideali - crociani e salveminiani, idealisti ed empiristi, cattolici
liberali ed anticlericali volterriani. Continuano a circolare diversi luoghi
comuni sul mito di Pannunzio. Ma il suo a-fascismo degli anni Trenta non ebbe
nulla a che fare con il frondismo di Longanesi che nel dopoguerra divenne
l'avversario qualunquista e Borghese del Mondo. Il suo anticomunismo non fece
sconti agli "utili idioti" che fiancheggiavano il Pci calpestando
la libertà e l'autonomia della cultura. Ed il suo laicismo ebbe come
bersaglio quei clericali che anche allora volevano indicare cosa è la
"vera laicità": sicché viene oggi da sorridere quando un
esponente di Forza Italia, che ha espresso il giudizio secondo cui "il
laicismo è peggiore del nazismo e del comunismo", pretende di
parlare sull'origine tocquevilliana del liberalismo di Pannunzio. A
quarant'anni dalla scomparsa è meglio stendere un velo su quanti si
proclamano eredi, e dedicarsi piuttosto a rileggere testualmente il legato
del grande antitotalitario: "Per anni abbiamo sollecitato socialisti e
repubblicani, liberali autentici ed indipendenti, a costruire alleanze
democratiche, fronti laici, terze forze; abbiamo denunciato l'invadenza
clericale, il sottogoverno delle maggioranze, i connubi tra mondo politico e
mondo economico. Abbiamo deplorato con ostinazione la chiusura irrimediabile
del mondo comunista alle sollecitazioni della libertà". Era il
1966, eppure sembra quasi la parola giusta per l'oggi.
Torna all'inizio
( da "Corriere della
Sera" del
08-02-2008)
Argomenti: Laicita'
Corriere
della Sera - NAZIONALE - sezione: Primo Piano - data: 2008-02-08 num: - pag:
6 categoria: REDAZIONALE La proposta Ferrara: lista Formigoni per la vita
MILANO - Giuliano Ferrara (foto in alto) lancia la sua proposta: "Una lista di scopo per la moratoria sull'aborto guidata dal
governatore della laica e progredita Lombardia, un cattolico con i
fiocchi". Su Panorama in edicola oggi, Ferrara definisce Roberto
Formigoni (in basso) "l'uomo giusto" e prevede un "risultato
sicuro: apparentata con la coalizione di centrodestra, questa lista
prenderebbe molti buoni voti". "Formigoni e la sua lista
saprebbero mediare con tutti - spiega -, associare il dissenso laico dei
radicali come Lorenzo Strik Lievers e di noialtri non credenti", ma
darebbe anche "uno sbocco a tanta parte del pensiero cattolico".
Torna all'inizio
( da "Corriere della
Sera" del
08-02-2008)
Argomenti: Laicita'
Corriere
della Sera - MILANO - sezione: Lombardia - data: 2008-02-08 num: - pag: 12 categoria:
REDAZIONALE Mantova Mons. Busti incontra i dirigenti scolastici. La polizia
tiene lontani gli attivisti di "Aca Toro" Cellula dei collettivi
contesta il vescovo E lui fa l'elogio del '68 Un gruppetto di studenti
manifesta per la laicità della scuola mentre il vescovo incontra i
presidi MANTOVA - Li avessero lasciati incontrare, forse avrebbe spiazzato
anche loro, gli studenti di ultrasinistra con dreadlocks e kefiah
d'ordinanza, che l'hanno aspettato invano per mezz'ora davanti al cancello
della scuola, mentre lui entrava da un'altra parte. Perché un giudizio
così sul '68, stile "formidabili, quegli anni!", te lo
saresti aspettato da un Mario Capanna o qualche altro ex del Movimento, mica
dal vescovo di Mantova. Invece, ricordando i suoi tredici anni, '68 e '77
compresi, da insegnante di religione in una sezione staccata dell'Itis
Feltrinelli di Milano, monsignor Roberto Busti se ne è uscito papale
papale: "So che i giudizi su quel periodo oggi sono contrastanti.
Eppure, anche se a parlare di religione a quei tempi, in quelle classi, ti
pareva quasi di bestemmiare, per me sono stati anni belli, perché ci si
è confrontati su cose che contavano davvero". Già,
chissà come avrebbero reagito Enrico, Giulia, Vittoria, Andrea, Silvia
e Marco, ossia la delegazione dei collettivi "Aca Toro" e
"Colpo di streghe" in missione controinformativa. Erano arrivati
davanti ai cancelli dell'istituto "Bonomi-Mazzolari ", teatro ieri
mattina dell'incontro fra il vescovo e i dirigenti scolastici convocati
dall'Aisam (Associazione istituti scolastici autonomi mantovani) con 10
minuti d'anticipo e una speranza nel cuore, poter dire la loro, davanti a
quella platea, sull'ora di religione (in sintesi: "è uno
strumento di controllo sociale, attraverso il quale posso venire veicolate
impostazioni dogmatiche in materia scientifica, etica e
sessuale""). Invece, visto lo schieramento di poliziotti e
carabinieri che manco fossimo nel Sessantotto vero, si sono dovuti limitare a
20 minuti d'inutile tira e molla: "Dai, fateci entrare, siamo venuti
apposta in pochi, per far capire che non vogliamo impedire al vescovo di
parlare, ma solo dire la nostra". Niente da fare. A liquidarli arriva il
presidente Aisam Ernesto Flisi: "Io potrei anche pensarla come voi. Qui
però stamattina non si parla di Concordato, ma di come attuare al
meglio le norme sull'ora di religione. Noi siamo
funzionari dello Stato e dobbiamo applicare le regole. Per cambiarle ci sono
altre sedi". A quel punto non è restato che
riarrotolare lo striscione pro scuola laica, consegnare un paio di volantini
ai poliziotti e andarsene affidando la propria rabbia alla versione
postmoderna del ciclostilato in proprio, un comunicato via e-mail per
denunciare "l'ennesima conferma del clima di ingerenze
ecclesiastiche e genuflessioni politiche". Dentro, intanto, monsignor
vescovo (che ai giovani contestatori manda a dire
"Fissino un appuntamento, li riceverò volentieri") è
finito a parlare di India, dove i suoi amici gesuiti, che va spesso a
trovare, non si dannano più di tanto a separare studenti indù,
musulmani e cattolici. Oddio, monsignore:
avrà mica anche l'eskimo nell'armadio? Il prelato con l'eskimo
"Per me furono anni difficili ma belli: ero insegnante di religione e
con i miei alunni ci si confrontava su problemi che contavano davvero"
Dentro e fuori Monsignor Busti all'incontro coi presidi sull'ora di religione
(in alto a sinistra) e i giovani dei collettivi (Foto 2000) Luca Angelini.
Torna all'inizio
( da "Liberazione" del
08-02-2008)
Argomenti: Laicita'
Roma
è, e rimane, democratica e antifascista Lavoro, approvate il Testo
unico per la sicurezza In piazza per la libertà femminile e per la 194
Foibe Non infangate la memoria Cara "Liberazione", apprendiamo con
viva soddisfazione che il comune di Roma ha vietato l'uso del Teatro
Brancaccio alla Consulta Studentesca, egemonizzata dalla destra, per
un'iniziativa indetta per domani, 8 febbraio (oggi ndr), dal titolo
"Istria, Slovenia, Dalmazia; anche le pietre parlano italiano".
Questo ennesimo tentativo di strumentalizzare la storia e infangare la
memoria dell'antifascismo e della Resistenza con il pretesto di
"commemorare i martiri delle foibe", con la partecipazione dei
gruppi neofascisti della capitale, ha suscitato le proteste delle forze
politiche e sociali che vivono nella Roma democratica e antifascista, alla
quale si deve la giusta decisione del comune. Ribadendo la nostra
solidarietà con i docenti e gli studenti antifascisti, con le madri
per Roma Città Aperta, con tutti coloro che si impegnano per far
vivere la memoria più alta della nostra città e del nostro
Paese, smascherando ogni tentativo di legittimazione neofascista, confidiamo
nel doveroso impegno dei responsabili della sicurezza per prevenire e
bloccare manifestazioni e cortei in camicia nera che violano apertamente le
leggi contro l'apologia di fascismo e la ricostituzione del partito fascista
in qualsiasi forma. Partito della Rifondazione Comunista Federazione di Roma
Elezioni E se candidassimo don Gallo? Carissime e carissimi, amici, amiche e
compagni/e, da alcune parti si avanzano (per ora proposte individuali),
pre-candidature per le elezioni del prossimo aprile. Una notevole proposta
è quella del prete "di strada" Don Andrea Gallo della
Comunità di S. Benedetto al Porto di Genova. Per il sottoscritto questa
è una ottima candidatura: è un compagno da sempre impegnato
nella lotta (anche in polemica con le gerarchie della "sua" Chiesa
Cattolica) per la pace ed i diritti civili, contro il fascismo nelle sue
varie forme "nuove e vecchie", per il disarmo e la fine delle
guerre Usa in Irak e in Afghanistan. E' stato un
animatore e sostenitore del Genoa Social Forum dalla sua nascita nel 2003. E'
sempre pronto a far del bene nei confronti dei giovani "sbandati"
e/o bisognosi di aiuto. Non è mai stato impastoiato
in lobbies locali. E' un sostenitore della svolta della Chiesa Cattolica,
compiuta con il Concilio Vaticano 2°, per il confronto positivo con le altre
religioni nonché per il riconoscimento dei "valori" dei non
credenti nella vita pubblica. La sua candidatura potrà far riflettere
molti elettori cattolici (ed intellettuali di vario
orientamento del mondo cattolico) su quale "cul de sac" li
stà cacciando la politica del Partito democratico di Veltroni con il
suo diniego ad accordarsi su punti strategici con le forze della Sinistra e
con i vari movimenti pacifisti ed ambientalisti. Ugo Montecchi già
dirigente Fiom Cgil e della Camera del Lavoro di Genova Porcellum e primarie
Caro direttore, il centro-destra ci ha penalizzati con il porcellum e il rissoso
centro-sinistra è stato incapace di
liberarcene. Ora dovremmo tornare a votare con una legge che non garantisce
la governabilità e ci sottrae il diritto costituzionale di scegliere i
nostri rappresentanti. Diritto costituzionale, infatti, l'art. 1 della
Costituzione garantisce che "la sovranità appartiene al
popolo" e l'art 48 che "il diritto di voto non può essere
limitato". E' stato più che limitato,
dimezzato. Le segreterie dei partiti ci hanno sottratto metà della
nostra sovranità. L'elettore, che vuole e ha diritto di essere libero
nell'esercizio della sua sovranità, è ridotto a complice delle
altrui scelte. Non capiamo perché non ne è stata investita la Corte
Costituzionale, ma una cosa possiamo e dobbiamo chiederla: che si facciano le
primarie. I partiti sono avvertiti: il rischio dell'astensionismo di massa
è reale. La misura è colma, la casta è nuda. Ezio Pelino
via e-mail Unione Europea Aiuti per pochi Caro direttore, dopo che tenute
reali quali quelle di regina d'Inghilterra o del principe di Monaco, o
multinazionali del calibro di Nestlè, Philip Morris e Royal Dutch
Shell, hanno ricevuto sostanziosi aiuti Ue alla produzione, è toccato
stavolta alla Fondazione del ricchissimo principe del Liecthenstein, che ha
percepito più di 1,7 milioni di euro di incentivi comunitari. Vale a
dire uno dei contributi diretti più alti d'Europa e il maggiore tra
quelli erogati in Austria. Credo che si debba meditare sugli attuali
meccanismi di distribuzione degli aiuti (!) europei che creano diffuse iniquità,
ignorate ai più. Infatti è paradossale che l'80% delle
sovvenzioni finisca in saccoccia di soltanto il 22% delle aziende agricole.
Ciò significa, e questo riguarda tutti i settori, che i piccoli e medi
operatori subiscono effetti distortivi e gli squilibri di un mercato di per
sé drogato. Ma tutta l'economia è così. Ci si deve assumere
prioritariamente l'assunto che le eventuali sovvenzioni Ue non debbano essere
patrimonio disponibile e privilegio esclusivo di chi è già
ricco o ricchissimo, mentre a chi ne ha veramente necessità arrivano
solo le briciole. Per chi non lo sapesse il sopraccitato principe del
Liecthenstein possiede il gruppo bancario Lgt Bank e può contare su un
patrimonio personale stimato in oltre tre mld di euro. Non se la passano poi
così male i regnanti d'Europa! Fabio Furlan Vazzola (Tv) Lavoro
Approvate il Testo Unico Caro Presidente del Consiglio, approvate, anche a
camere sciolte e senza peggioramenti, il Testo Unico per la sicurezza sul
lavoro, in modo che questo grande lavoro non sia gettato al vento (la delega
scadrà a maggio). Sappiamo bene tutti che senza i decreti attuativi,
questa delega (legge 123/2007) conta poco. Marco Bazzoni Rappresentante dei
lavoratori per la sicurezza No Vat Sabato si ritorna in piazza Cara "Liberazione",
sabato il ritorno in piazza dei No Vat, sempre nella capitale. E' la risposta
del coordinamento Facciamo Breccia alla campagna elettorale d'Oltretevere e a
quella per modificare la legge 194 sull'aborto. La manifestazione sarà
infatti centrata quest'anno sugli attacchi alla libertà femminile. La
manifestazione partirà alle 14 da piazzale Ostiense e si
concluderà a Campo de' Fiori. Il corteo sarà aperto da uno
spezzone lesbico e femminista e chiuso dalla componente più partitica
e istituzionali. Numerose le adesioni da tutta Italia, soprattutto da
realtà autorganizzate. I No Vat erano stati tra i
protagonisti della manifestazione contro la visita di papa Ratzinger
all'università La Sapienza di Roma, un mese fa (in particolare della
Frocessione laica del pomeriggio). Facciamo Breccia via e-mail Nichi Vendola
La precisazione di Merlo Caro direttore Sansonetti, sono contento di potermi
leggere su Liberazione, uno dei miei giornali di riferimento, e la
ringrazio. Mi dispiace però che abbiate pubblicato la bozza dell'intervista
che il presidente Vendola mi ha concesso e non la versione definitiva che
è andata in pagina sul Foglio di mercoledì e che io avevo
tempestivamente inviato ad Antonio Rolli, collaboratore di Nichi Vendola. In
proposito mi fa fede l'email spedita alle 18.06 di martedì, ben due
ore prima della chiusura del numero, intervallo di tempo durante il quale non
ho ricevuto alcuna comunicazione. Confesso che in questa versione ho
tralasciato un passaggio, forse decisivo, riguardante la moratoria dell'aborto.
Ma le assicuro, come ho personalmente assicurato al presidente, che
ciò non è avvenuto affatto per volontà manipolatoria
bensì forse per un eccesso di sun pathos, ovvero la proiezione della
sincera simpatia che provo per Nichi Vendola. Cordialmente suo Salvatore
Merlo via e-mail Nessun problema. I giornali si fanno così, correndo
contro il tempo e talvolta esce qualche pasticcio. Sapesse quanti ne ho fatti
io! Il motivo per il quale ieri ho pubblicato la bozza di Vandola è
chiarissimo: evitare un equivoco sulla sua posizione sulla moratoria che
sarebbe stata molto grave. Tutto qui. Piero Sansonetti 08/02/2008.
Torna all'inizio
ARTICOLI
DEL 6 E 7 FEBBRAIO 2008
Coppie di fatto,
baruffa in Regione ( da "Secolo XIX, Il" del 06-02-2008)
Argomenti: Laicita'
Abstract: ha
chiesto alla giunta di esplicitare la propria posizione "sperando di non
essere tacciato di laicismo anticlericale" ( la frecciata è per
le parole di Costa). "Non sottoscrivo neanche una parola di quanto
affermato dagli esponenti della sinistra - ha detto invece Alessio Saso
(Alleanza Nazionale) - questa questione andava affrontata in maniera molto
laica.
Da disabile dico:
difendiamo la 194 ( da "Unita, L'" del 06-02-2008)
Argomenti: Laicita'
Abstract: stato
laico i politici la smettano di rimettere in discussione una legge
così importante ogni qual volta parli un prelato. In qualità di
Delegata alle Politiche dell'handicap ma soprattutto come donna disabile,
voglio gridare la felicità di essere al mondo e gridare la mia fede
verso un Cristo meno burocrate e più pietoso nei confronti delle
centinaia di madri e padri che non hanno
Università,
marcia su Roma ( da "Stampa, La" del 06-02-2008)
Argomenti: Laicita'
Abstract: C'erano
molti cattolici al governo, ma allora si comportavano da laici. E' stato
così fino al '29, quando fascismo e chiesa si sono riconosciuti e
legittimati a vicenda. Poi è arrivato il tradimento di Togliatti, che
pensandosi astuto, ha messo il concordato nella Costituzione".
Il suo modo
d'essere fu l'amore per se stesso. Ma un amore balzano, episodico, irto di
dub ( da "Stampa, La" del 06-02-2008)
Argomenti: Laicita'
Abstract: Un
mese prima che Malaparte morisse ("con tutti i conforti religiosi")
il giornale mi spedì negli Stati Uniti. Ma sulla sua "morte
cattolica" raccolsi, al mio ritorno, la preziosa testimonianza di due
laici, suoi amici affezionati: Aldo Borelli, il mitico direttore del Corsera,
il critico Enrico Falqui, curatore dell'opera omnia di Curzio.
Sessualita' e
Dialogo Interreligioso ( da "Voce d'Italia, La" del 06-02-2008)
Argomenti: Laicita'
Abstract: (Le
etiche possono essere laiche, la morale no). L'uomo si rapporta col divino,
che è oltre l'orizzonte umano e materiale. Ecco perché una religione
non è un'ideologia. Si può vivere una fede religiosa senza la
sessualità? Senza quelle esigenza che abbiamo visto prima?
Etica risposta a
monsignor fisichella ( da "Riformista, Il" del 06-02-2008)
Argomenti: Laicita'
Abstract: Etica
risposta a monsignor fisichella Laici e cattolici, il dialogo è
possibile se il terreno comune è la ragionevolezza Come far convivere
una pluralità di posizioni morali Credo che sarebbe un errore per una
persona impegnata in politica lasciar senza interlocuzione un intervento di
monsignor Rino Fisichella su laicità, religione e valori,
Segue la chiesa
nella società ( da "Riformista, Il" del 06-02-2008)
Argomenti: Laicita'
Abstract: Ma
con grande rispetto per la laicità dello Stato, sempre difesa, con
dignità, dai cattolici liberali veri come De Gasperi, Don Sturzo,
Andreatta (il cui comportamento nel caso Ambrosiano resta una delle pagine
più belle della Repubblica italiana). E senza tentare di portare indietro
l'orologio della storia.
Laicità il
problema di avere un papa che sogna di tornare a innocenzo III ( da "Riformista, Il" del 06-02-2008)
Argomenti: Laicita'
Abstract: Laicità
il problema di avere un papa che sogna di tornare a innocenzo III Il vuoto di
pensiero politico apre spazi alla Chiesa La presenza sempre più
pervasiva della Chiesa su tanti temi è la conseguenza del fatto che la
Chiesa è uno dei pochi centri di potere, capace anche di esprimere un
pensiero.
Dibattiti il libro
di onofri uscito da donzelli ( da "Riformista, Il" del 06-02-2008)
Argomenti: Laicita'
Abstract: 700
con Kant o in Francia con gli illuministi, e prima ancora con Montaigne?
Qualcuno suggerisce di spostarci molto più indietro nel tempo.
Proviamo ad andare in un mercato ateniese del V secolo a.C., in compagnia di
Socrate. D'accordo non era un moderno, scintillante shopping mall ma
presumibilmente spezie e mercanzie, specie provenienti dal vicino Oriente,
Odio profano ( da "Riformista, Il" del 06-02-2008)
Argomenti: Laicita'
Abstract: i
fatti di Bagdad sarebbe appena il modo di un impaurito laicismo che
ridimensiona l'evento nei confini dello sdegno morale. Ma il terrorismo non
è l'estrema malattia di un mondo in guerra. Il terrorismo di quelle
mani e di quegli occhi non vuole annientare il nemico, non vuole vincerlo:
piuttosto vuole gonfiare d'orrore il corpo del nemico, vuole farlo
"divenire tutto",
Medici d accordo
con il Papa nella difesa dei feti abortiti ( da "Padania, La" del 06-02-2008)
Argomenti: Laicita'
Abstract: Il
testo è stato sottoscritto da neonatologi e ginecologi delle
università La Sapienza e Tor Vergata sul fronte laico, e della Cattolica
e del Campus Biomedico sul versante cattolico. In particolare nel testo si
sottolinea che il feto derivante dagli aborti prematuri va trattato come
qualsiasi essere umano anche in estrema pre-maturità,
<Aborto, il Papa
ha ragione> ( da "Padania, La" del 06-02-2008)
Argomenti: Laicita'
Abstract: Roberto
Brusadelli "Al di là della adesione personale alla dottrina
cattolica, penso che le parole di domenica sul diritto alla vita
rappresentino, da parte del Pontefice, la rivendicazione di un diritto
naturale. Chi vuole costruire un fossato tra laici e credenti su temi
così grandi si muove in realtà in un angusta ottica ideologica.
Una bicicletta tra
Pd e "piccola intesa" per ricomporre l'unità dei laici con
Veltroni ( da "EUROPA.it" del 07-02-2008)
Argomenti: Laicita'
Abstract: Essendo
stato il mio un voto sempre laico, penso che la vostra proposta risolverebbe il
problema del pluralismo culturale del nuovo partito: che finora non ho visto
e mi ha trattenuto domenica scorsa dall'andare anch'io a firmare in sezione
per non sentirmi spaesato fra teodem e postcomunisti.
Sapienza, i docenti
anti-papa "diventeremo un movimento" - paola coppola ( da "Repubblica, La" del 07-02-2008)
Argomenti: Laicita'
Abstract: Cronaca
Assemblea sulla laicità: "Basta ingerenze della Chiesa"
Sapienza, i docenti anti-Papa "Diventeremo un movimento" "Daremo
voce al disagio diffuso tra i cattolici" E sabato a Roma No Vat in
corteo PAOLA COPPOLA ROMA - "Diventeremo un movimento culturale per
rispondere all'esigenza diffusa di laicità espressa da molti
italiani".
Un vuoto di
legalità - (segue dalla prima pagina) ( da "Repubblica, La" del 07-02-2008)
Argomenti: Laicita'
Abstract: O
questa è una inaccettabile caduta nel laicismo? Un solo caso. In un
clima da crociata, e di fronte a prescrizioni sempre più perentorie
delle gerarchie ecclesiastiche, amministratori locali vogliono imporre le
loro regole per l'interruzione della gravidanza. So bene che citare Zapatero
è come parlare del Diavolo.
Odifreddi:
"equivoco quell'invito a israele" - massimo novelli ( da "Repubblica, La" del 07-02-2008)
Argomenti: Laicita'
Abstract: In
quei giorni, invece, sarò in pellegrinaggio verso Santiago de
Compostela". Non è possibile. Ma come? Un'icona del laicismo e
dell'ateismo come lei... "Non sono stato folgorato sulla via di Damasco.
Non si preoccupi: ci vado da ateo e ritornerò da ateo".
Ritrovato il
carteggio del sacerdote con la diocesi di patti - giovanna betto ( da "Repubblica, La" del 07-02-2008)
Argomenti: Laicita'
Abstract: congresso
dei cattolici della diocesi di Patti si tenne invece nel 1910. Nei primi anni
Venti s'inquadra un maggior impegno politico da parte di laici e sacerdoti.
Si costituì infatti l'Unione elettorale di cui il presidente regionale
era don Luigi Sturzo, e successivamente a Marina di Patti, per iniziativa di
padre Calimeri si costituì la sezione del Partito popolare grazie all'
Tra Binetti, il
taglio Ici e Ceppaloni: 20 mesi sul filo ( da "Unita, L'" del 07-02-2008)
Argomenti: Laicita'
Abstract: Cattolici
e laici si scontrano sul disegno di legge sui Dico. Il sì al raddoppio
della base nato di Vicenza apre un nuovo fronte di contestazione. Continua la
logorrea ministeriale. Vengono stabiliti dodici punti per il rilancio. E
Silvio Sircana, nella tempesta per alcune foto che lo ritraggono in auto
mentre parla con un trans ad un semaforo,
Un gesuita del '600
tra fede e scienza - roma ( da "Repubblica, La" del 07-02-2008)
Argomenti: Laicita'
Abstract: Il
fatto che il convegno si apra all'Accademia dei Lincei dimostra quanto il
mondo laico e scientifico sia interessato alla figura di un religioso puro.
In ogni caso, raffredderei gli animi, citando le stesse parole inviate da
papa Benedetto XVI nel suo discorso alla Sapienza: bisogna dialogare
"senza confusione e senza separazione"".
Stato laico , i
docenti scendono in campo ( da "Manifesto, Il" del 07-02-2008)
Argomenti: Laicita'
Abstract: Il
momento laico per eccellenza. Da quando quella lettera, che doveva rimanere
privata, è stata resa pubblica finendo su tutti i giornali, per i prof
"ribelli" è cominciata una gogna senza precedenti. Attaccati
da ogni parte: dal mondo cattolico, dai media e dalla quasi totalità
della classe politica, destra e sinistra senza distinzioni,
Concomitanze
Parlamento a casa in un mercoledì particolare ( da "Riformista, Il" del 07-02-2008)
Argomenti: Laicita'
Abstract: incipit
di una Quaresima laica per la politica italiana. Soprattutto per un leader e
per un partito ben preciso. Walter Veltroni e il suo piddì. Quaranta
giorni nel deserto delle tentazioni. Sempre dal vangelo di Matteo: "Il
diavolo lo portò ancora su una montagna molto alta, gli fece vedere
tutti i regni del mondo e il loro splendore,
Sms con frasi di
Wojtyla La fede sul cellulare ( da "Corriere della Sera" del 07-02-2008)
Argomenti: Laicita'
Abstract: ma
soprattutto quelle di pensatori laici e di esponenti di di tradizioni e
confessioni diverse da quella cristiana e cattolica, da Confucio al Dalai
Lama, da Lao-Tze (taoismo) al Mahatma Gandhi ai grandi dell'Islam e
dell'ebraismo. Si punta quindi a un pubblico più ampio di quello che
frequenta le parrocchie.
Nichi Vendola
è il presidente della Puglia, ma è anche e sopratutto un leader
carismatico - espressione che rifugge "non ne ho il fisico ne
l'ambizione", si schermisce - della sini ( da "Liberazione" del 07-02-2008)
Argomenti: Laicita'
Abstract: i
laici sono apparsi clericali e viceversa. Ma l'effetto rischia di essere una
miniatura del passato, i guelfi e i ghibellini, le reciproche interdizioni,
la cultura dell'anatema. "Il pensiero laico ha perso contatto con un
mondo in vertiginosa mutazione - spiega - viene riproposto come una sorta di
cimelio risorgimentale.
Tonino Bucci ( da "Liberazione" del 07-02-2008)
Argomenti: Laicita'
Abstract: è
nesso automatico tra l'essere cattolico e le scelte morali. Gandhi non era
cattolico e Russell era ateo". La sfida è alta e i laici devono
attrezzarsi per confliggere con un pensiero che ha l'ambizione d'essere
chiave di lettura globale del cosmo. "La Chiesa ha un apparato e una
stuola di intellettuali da far invidia.
Turchia Sfida al
laicismo Il velo torna libero nelle università ( da "Resto del Carlino, Il (Nazionale)" del 07-02-2008)
Argomenti: Laicita'
Abstract: Turchia
Sfida al laicismo Il velo torna libero nelle università ? ANKARA ? LA
TURCHIA si avvia ad abrogare il divieto del velo islamico nelle
università, violando il tabù laicista che lo ha bandito, per
oltre 80 anni dalla nascita della Repubblica nel 1923. Il voto, nella nottata
dopo un dibattito teso, era scontato perché i due emendamenti costituzionali,
PANNUNZIO, MAESTRO
DI IMPEGNO CIVILE ( da "Corriere della Sera" del 07-02-2008)
Argomenti: Laicita'
Abstract: cioè
tutta la cultura laica che contava. Con gli articoli di Altiero Spinelli, Il
Mondo fu anticipatore dell'ingresso dell'Italia nella moneta unica europea, e
con gli interventi di Ernesto Rossi denunciò il sottogoverno e il
malcostume e sostenne l'esigenza di un'economia libera dai monopoli privati e
da uno Stato falsamente pianificatore.
DE GENNARO FA
LEZIONE AL PLENUM DELLA CURIA ( da "Mattino, Il (Nazionale)" del 07-02-2008)
Argomenti: Laicita'
Abstract: De
Gennaro fa lezione al plenum della Curia Un laico che parla al plenum dei
sacerdoti della Curia: non si era mai verificato che il cardinale arcivescovo
cedesse la parola in assemblea a persona che non appartiene al clero. Il 26
febbraio sarà il commissario straordinario all'emergenza rifiuti
Gianni De Gennaro a rivolgersi ai sacerdoti di Napoli a Cappella Cangiani,
Articoli
( da "Secolo XIX, Il" del
06-02-2008)
Argomenti: Laicita'
Il dibattito Cinque interrogazioni
obbligano il presidente Burlando a prendere posizione. "Ma a decidere
deve essere il Parlamento" 06/02/2008 genova. "Se il Comune di
Genova vuole rilasciare un certificato che attesta che due persone convivono,
non ho niente da dire. Così come non ho nulla in contrario sulle
convivenze etero od omosessuali: non compete a noi sindacare su queste
scelte, così come non ci compete dire la nostra su come il Papa dice
Messa, se di spalle o con la fronte rivolta ai fedeli". Coppie di fatto,
laicità e ruolo della Regione sulle questioni etiche, la pillola
abortiva e quel colloquio-dibattito col cardinal Bertone. Claudio Burlando
dice di non amare particolarmente l'argomento ("è delicato, e
tocca sensibilità individuali"), ma non può esimersi da
dire la sua dopo le frasi pronunciate qualche giorno fa dal suo vice
Massimiliano Costa sul caso sollevato dall'iniziativa della giunta Vincenzi
di istituire un registro anagrafico per le coppie di fatto (Costa aveva definito
la mossa del Comune di Genova una "pura sparata ideologica"). Il
presidente regionale non può esimersi perché ieri, sia da destra che
da sinistra, in Consiglio regionale sono arrivate ben cinque interrogazioni
sul tema. "È compito dei Parlamenti, e non delle Regioni,
legiferare in materia di coppie di fatto - ha detto Burlando - È
nostro dovere difendere lo stato laico e le prerogative dell'ente che secondo
questa maggioranza sono i servizi destinati alla persona. Non possiamo
discriminare i bambini sulla base del tipo di famiglia nella quale sono
nati". Ieri Cristina Morelli (Verdi) ha chiesto alla giunta di
sensibilizzare i Comuni liguri affinché gli uffici di anagrafe rilascino ai
componenti delle famiglie che ne facciano richiesta l'attestazione di famiglia
anagrafica come previsto dalla legge, mentre Rifondazione ha chiesto quali
orientamenti e iniziative l'esecutivo regionale intenda assumere per tutelare
la laicità delle istituzioni e dei diritti fondamentali. "Mi
preoccupa il contesto - ha detto Marco Nesci (Rifondazione comunista) - Si
apre una fase in cui sempre più forte è la spinta culturale a
mettere in discussione il diritto di famiglia e i diritti delle coppie di
fatto. C'è una spinta all'arretramento". Tirreno Bianchi
(Comunisti Italiani), con Lorenzo Castè (Gruppo misto) e Franco
Bonello (Unione a sinistra), ha chiesto alla giunta di
esplicitare la propria posizione "sperando di non essere tacciato di laicismo anticlericale" ( la frecciata è per le parole di
Costa). "Non sottoscrivo neanche una parola di quanto affermato dagli
esponenti della sinistra - ha detto invece Alessio Saso (Alleanza Nazionale)
- questa questione andava affrontata in maniera molto laica. Si vuol
far passare per normale ciò che vent'anni fa era impensabile: il
matrimonio e le adozioni da coppie gay". "Si sta strumentalizzando
un problema reale", ha detto invece Luigi Morgillo (Forza Italia).
Finché la negazione delle nostre istanze e richieste per il sostegno alla
famiglia si scontreranno con un approccio, quello della sinistra, che mira
solo ad attaccare la famiglia tradizionale, avremo soltanto una sterile lotta
muro contro muro". In risposta alle critiche dell'opposizione, Burlando
ha chiesto chiarezza su quali "aiuti la famiglia fondata sul matrimonio
deve avere in via "esclusiva"". In questo ambito il presidente
regionale ha anche tessuto le lodi della legge di Costa sui servizi sociali
che apre gli aiuti anche ai bambini nati da coppie conviventi. Sulla pillola
abortiva, richiamata a proposito dell'esclusivo ruolo di "metodo" e
non di "merito" di un ente come la Regione su argomenti come
questo, il presidente regionale ha ricordato un dialogo con l'allora
arcivescovo di Genova Tarcisio Bertone. "Ho rispetto per chi è
contrario all'aborto, infatti la 194 prevede obiezione coscienza - dice - Ma
altra cosa sono le modalità con cui la legge si applica e che vanno
lasciate alla scienza, e non alla politica. Una volta Bertone mi disse:
"non spetta a voi decidere le modalità dell'interruzione di una
gravidanza". Risposi: "eminenza, è vero, ma non spetta
neppure a voi". daniele grillo 06/02/2008.
Torna all'inizio
( da "Unita, L'" del
06-02-2008)
Argomenti: Laicita'
Stai consultando l'edizione del Da
disabile dico: difendiamo la 194 Ileana Argentin Dopo quest'ultimo affondo
sulla legge 194, è ormai palese l'intenzione della Chiesa di
continuare con le sue ingerenze nella politica e nelle scelte dello Stato italiano
al fine di veder abrogata la legge che sancisce il diritto di una donna ad
interrompere volontariamente la gravidanza. In questo momento la Chiesa
è più interessata allo stato di salute
di un embrione e ad affermare il diritto alla vita del nascituro, piuttosto
che ad interessarsi dello stato di salute di
migliaia di persone già nate e che in questo mondo riescono a stento a
sopravvivere. Il documento congiunto firmato dai direttori delle cliniche
delle facoltà di Medicina della Sapienza, Tor Vergata, Cattolica e
Campus Biomedico evidenzia che un neonato vitale, in estrema
prematurità, va considerato come qualsiasi persona in condizione di
rischio e trattato adeguatamente, richiamando i ginecologi al loro dovere di
tenere in vita un feto. Il concetto del documento che sta facendo discutere
è già contenuto nell'articolo 7 della 194/78, ma l'uso politico
di questo ha il solo fine di far da sponda a chi vuole vedere svuotata o
peggio ancora abrogata la 194 e i suoi poteri. Infatti mentre a livello
mediatico si fa notizia lanciando attacchi all'aborto, i consultori faticano
a restare in piedi e le liste d'attesa prolungano i tempi di gestazione
arrivando così al limite consentito. La 194 è una legge
approvata dal popolo, è una legge che sancisce il diritto della donna
di scegliere liberamente del proprio corpo e della propria vita, svuotarla
dei suoi poteri è la negazione dei diritti conquistati e la perdita di
un diritto è una sconfitta per la democrazia e per la liberta
individuale. Il Ministro della Salute Livia Turco ha lanciato un appello per
continuare a parlare della 194 ed informare sulla validità e sulla
necessità di tenere in vita questa legge; l'appello è rivolto
alle donne, anche se sappiamo che alla Chiesa le donne non sono molto
simpatiche tant'è che nelle sue alte sfere non c'è traccia di
loro, ma fuori sì, ci sono donne e tante ancora determinate a voler
essere padrone di loro stesse, di decidere quando, come e con chi avere un
figlio e farlo nella piena consapevolezza. La scelta dell'aborto resta un
problema di coscienza individuale, la Chiesa è libera di dire la sua,
ma credo sia ora che in uno stato laico i politici la smettano di rimettere in discussione una
legge così importante ogni qual volta parli un prelato. In
qualità di Delegata alle Politiche dell'handicap ma soprattutto come
donna disabile, voglio gridare la felicità di essere al mondo e
gridare la mia fede verso un Cristo meno burocrate e più pietoso nei
confronti delle centinaia di madri e padri che non hanno risposte né
dai servizi né da una Chiesa attenta solo a sostenerli nella loro
disperazione di genitori "diversi". Handicap.
Torna all'inizio
( da "Stampa, La" del
06-02-2008)
Argomenti: Laicita'
Marina Cassi Università,
marcia su Roma Laica, fieramente, da sempre. Così è
l'Università torinese - che massicciamente appoggia un appello per la
laicità nato qui - ma certo non anticlericale. Hanno appartenuto e
appartengono a quella comunità culturale una schiera di docenti cattolici. E anche alcuni religiosi. Mai, neppure nelle
temperie più aspre, si sono spente la stima e l'affetto per padre
Michele Pellegrino, indimenticato vescovo, o per il filologo Giuliano Gasca
Queirazza o per Maurilio Guasco o per lo storico Achille Erba che
lasciò la cattedra per le missioni. E certo laica è la
città che si aggruma intorno alla sua Università: è la
Torino del trionfale 80 per cento al referendum sul divorzio. E risalendo
all'indietro nella storia è la capitale del regno nato in
contrapposizione allo stato vaticano; è la
città del Risorgimento, di Cavour, delle leggi Siccardi. La Torino del
positivismo e di Lombroso. E poi del partito comunista, di Gobetti, di
Bobbio. E la città dove nasce l'azionismo, l'anima rigorosamente
più laica della Resistenza. Insomma una di quelle città che
vantano quarti forti di nobiltà laica. Tutti rivendicati dal padre
dell'appello di solidarietà "con i colleghi (e gli studenti)
della Sapienza", Angelo D'Orsi. Non ha dubbi: "E' una
università laica, ovvio. E lo stesso vale per la città che ha
vissuto le stagioni dell'illuminismo, del positivismo, del marxismo. Nella
aule c'era l'estremo rigore scientifico di Lombroso e Peano, di Levi, Bobbio,
Firpo, Abbagnano per dire solo di alcuni". Una comunità non
chiusa, anzi. D'Orsi rivendica: "C'è da sempre l'idea che
l'accademia è militante nel senso che partecipa alla vita civile, alla
polis". Ha firmato l'appello Piergiorgio Odifreddi che ironizza:
"Siamo più laici perché siamo più lontano dal Vaticano;
Roma è sotto tutela; lì il 25% degli edifici è di
proprietà vaticana". Ma non vuole fare il mangiapreti e allora si
addentra nella storia per rinvenire le radici di tanta fiera laicità.
Dice: "L'Italia l'abbiamo fatta noi, qui, contro il Vaticano. C'erano molti cattolici al governo, ma allora si
comportavano da laici. E' stato così fino al '29,
quando fascismo e chiesa si sono riconosciuti e legittimati a vicenda. Poi
è arrivato il tradimento di Togliatti, che pensandosi astuto, ha messo
il concordato nella Costituzione". Cita l'influenza francese, la
vicinanza con quella cultura tutta tipica, e soltanto, di Torino, e vede una
sorta di "circolarità del sapere tra Università e
città". Il peso del cattolicesimo democratico. Questo è un
elemento importante per Nicola Tranfaglia: "Qui, a differenza, ad
esempio, di Bologna, c'è stato un
cattolicesimo democratico, anche nelle gerarchie, che ha contribuito al senso
diffuso della laicità. Una vescovo come Pellegrino ha aiutato a far
venir fuori cattolici come Bolgiani, Bodrato
consapevoli della necessità della separazione tra Stato e
Chiesa". Anche per Tranfaglia c'è un filo laico che parte dal
Risorgimento e arriva all'oggi, con tanti protagonisti: "Non solo di
sinistra, ma di centro, liberali, moderati". Il cuore è sempre lo
stesso: la democrazia. Lo pensa il filosofo della politica Franco Sbarberi:
"Qui più che altrove si è studiato il nesso
laicità-democrazia; lo ha fatto Gramsci, lo ha fatto Bobbio". Un
po' più dubbioso sul carattere laico della città è
Gianni Vattimo, forse perchè "segnato" da gelidi
pellegrinaggi, infantili da don Bosco. Dice: "Intellighenzia e accademia
sono laiche, Torino un po' meno, mi sembra più "ascoltante"
la Chiesa. Non si può dimenticare che è la patria dei santi
sociali e che persino qualche comunista come Livia Turco si presenta come
cattolico". Chi proprio non ci crede è il sociologo Luciano
Gallino: "Non c'è una graduatoria di laicità; siamo come
altre università".
Torna all'inizio
( da "Stampa, La" del
06-02-2008)
Argomenti: Laicita'
Bi facili, tuttavia, da cancellare.
Sto parlando di Curzio Malaparte, grande giornalista, imaginifico scrittore
atipico e, proprio per questo, tuttora valido. A cinquant'anni dalla sua
morte, Prato, città natale, lo celebra mettendo l'accento sulla sua
conversione in articulo mortis. Fu autentica?, anzi: ci fu veramente quella
conversione al cattolicesimo preceduta da una infuocata adesione al partito
comunista, con tanto di tessera accompagnata da una convinta lettera di
Palmiro Togliatti? Chi scrive, il Vecchio Cronista che allora, giovanissimo,
cinquant'anni fa, appunto, ebbe in sorte di frequentare Malaparte quand'egli
consumava gli ultimi ritagli di vita nella clinica romana Sanatrix, osa
scrivere "sì". Vediamo. Non sappiamo perché un bel giorno
Malaparte abbia deciso di "scoprire" la Cina raggiungendola via
Urss. Correva il boreale 1956, lo scrittore bussò un po' dappertutto
ma sempre invano, finché non ebbe l'illuminazione: chiedere il visto come
inviato speciale del settimanale comunista Noi donne, diretto da Maria
Antonietta Macciocchi, apprezzata da Togliatti ch'era per sua parte
affascinato da Curzio. Galeotto fu il sindaco di Napoli, Valenzi, che
portò Togliatti a Capo Masullo, nella splendida villa dello scrittore
a Capri: l'incontro ebbe luogo nell'aprile del 1944 ma Malaparte ne scrisse
nel 1947: "... lo accompagnai nella mia biblioteca e là ebbi una
prima sorpresa. Togliatti si guardò intorno e disse: "Lei ha un
Dufy, laggiù". Un capo comunista che riconosce un Dufy a trenta
passi non è certamente uno di quei mostri che spaventano i
borghesi". Fra Malaparte e i cinesi fu amore a prima vista. E quando
quei medici diagnosticarono un tumore ai polmoni (già straziati dai
gas delle Argonne) Malaparte decise di curarsi a Pechino. Ma gli stessi
cinesi diedero una mano agli amici italiani per convincere Malaparte a farsi
curare da Valdoni, alla Sanatrix di Roma. Subitanea fu la corsa
all'arruolamento dello scrittore: Togliatti (che poi lo visiterà)
ordinò a Maria Antonietta Macciocchi e al giovanissimo Alberto
Jacoviello di non perdere mai di vista la camera dell'importante malato e
quelli si davano il cambio sul pianerottolo ove mai apparisse il gesuita
padre Rotondi. Ma Renato Angiolillo, direttore-fondatore de Il Tempo,
architettò un marchingegno: Malaparte venne spostato
in una camera che aveva un collegamento interno con un'altra che suor
Carmelita apriva a padre Rotondi, a padre Cappello mentre tutti gli altri
visitatori entravano ed uscivano dall'uscio diremo principale. La conversione
maturerà durante la degenza: tre interminabili mesi marchiati dal
dolore fisico, stoicamente sofferto. Negli ultimi suoi giorni terreni Curzio
parlava spesso della morte. Quando la morfina quietava il dolore che lo destrutturava
ne discorreva pianamente. Con discrezione. Eppure amava la vita. "Sono
cristiano, diceva, e la religione mi ha insegnato a non aver paura della
morte. Per noi toscani morire non è che un cambiar podere. Il Fattore
è sempre lo stesso e la zappa eguale. Anche di là troveremo un
po' di terra da zappare". Un giorno, congedatosi Falqui con cui ero
venuto a trovare Curzio, rimanemmo soli. Ad un certo momento, con voce piana
disse: "Sai come si dice morte in cinese? Si dice con un suono
improvviso, un sussurro dolce e immediato. Morte, in cinese ha lo stesso
suono del numero 4. Questo: SSSS. Morte, SSSS. E perché è lo stesso
che dire quattro? Perché è il segno dei quattro punti estremi, i
quattro mari. Un puntino sopra, uno sotto, due ai lati. Gli angoli di un
piccolo rombo. La morte: SSSS, il numero 4. Dissi un giorno a un missionario
cattolico come fosse lo stesso che fare il segno della croce. Se n'era
accorto, ci aveva mai pensato? No, disse il missionario, allora su di un
foglio di carta segnai i puntini, poi li unii con un tratto di lapis, uno
dall'alto in basso, l'altro da sinistra a destra. Avevo così disegnato
la croce. Morte, SSSS in cinese, il segno della croce. Il missionario mi
guardava. Mi pregò di farlo ancora, SSSS. Ed io segnai di nuovo i quattro
punti. Uno due tre quattro. Tracciai i segni di congiunzione. Piano, come se
fossi in chiesa col Cristo che spalanca le braccia per accoglierti. In
qualsiasi momento. Cristo non si stanca di spalancare le braccia all'uomo
perché, povero Cristo, è il messaggero della pietà, lui. E'
Gesù. Il missionario mi guardava. Guardava me che disegnavo la croce e
intanto si segnava. "In nome del Padre, diceva, del Figliuolo, e dello
Spirito santo". Era un mite missionario, semplice e buono. Quando
andò via mi ringraziò. Perché, dissi. Per aver pregato insieme
con me. Grazie, disse di nuovo e mi strinse a lungo la mano". Ma chi era
veramente Malaparte; uno scrittore-pavone, un byroniano in ritardo, un
innamorato di se stesso pronto, per altro, a mettersi in discussione? E la
sua conversione? Piena, sincera ovvero dettata dalla inesauribile voglia di
stupire? Trovo su quel giornale limpido ch'è Avvenire una convincente
risposta: "In fondo la Prato e la Toscana di Malaparte non sono molto
lontane da quelle di don Lorenzo Milani. Una terra di poveri dove tutti si
è comunisti ma dove tutti vengono battezzati, ci si sposa in chiesa e
si va a Messa rispettando il precetto della domenica" (cfr. F. Rizzi). Un mese prima che Malaparte morisse ("con tutti i conforti
religiosi") il giornale mi spedì negli Stati Uniti. Ma sulla sua
"morte cattolica" raccolsi, al mio ritorno, la preziosa
testimonianza di due laici, suoi amici affezionati: Aldo Borelli, il mitico
direttore del Corsera, il critico Enrico Falqui, curatore dell'opera omnia di
Curzio. Entrambi confermavano quanto disse il gesuita Rotondi al
microfono di Enrico Ameri. Sono gli ultimi momenti terreni di Curzio, e
così li sintetizzò il padre gesuita. "Padre, mi sento come
Gesù in croce. Tutto un dolore. Faccia presto, mi confessi e mi dia
Gesù, padre andiamo". "Dove dobbiamo andare?", e
Malaparte: "Lassù". Laura Ronchi Abbozzo, una delle due
anziane nipoti di Curzio, ha detto recentemente a Toscanaoggi di credere che
la conversione sia stata "sincera". Matteo Collura a suo tempo
intervistò padre Rotondi insistendo sul tasto della conversione e
ricevendone animosa risposta. Eccola: "L'ultima sua notte ha voluto che
gli tenessi la mano per ore e ore. Volle che ripetessimo insieme la preghiera
che gli avevo insegnato. (...) altro che droghe e sedativi: Malaparte fu
lucidissimo sino all'ultimo istante. Hanno scritto che gli ho strappato la
conversione profittando del suo delirio preagonico. Tutte calunnie, lo
ripeto: vorrei morire io in quel modo". Malaparte aveva legioni di nemici
ma gli bastavano pochi amici "per non sentirmi solo". Qualcuno lo
vuole, tuttora, egoista, sparagnino mentre, al contrario sapeva esser
generoso, soprattutto coi giovani (vero, Nantas?) e sprezzante anche con chi
amava: le donne, "usa e getta". Era un grande faticatore, scrivere
lo spossava sino alla febbre. I suoi scritti (in primis Kaputt) sono musica
sinfonica e molti sfiorano la profezia: si veda Mamma Marcia, attualissima
risonanza magnetica dell'Europa di oggi. Ma "cinquant'anni dopo" ha
senso scrivere di Malaparte con la pretesa di finalmente capire chi fosse,
chi fu? "Ma non c'è il Nulla. Zero non esiste. Ogni cosa è
qualche cosa. Niente non è niente". Lo ha scritto Victor Hugo,
uno scrittore caro a Malaparte.
Torna all'inizio
( da "Voce d'Italia,
La" del
06-02-2008)
Argomenti: Laicita'
La Voce d'Italia - nuova edizione anno
II n.142 del 06/02/2008 Home Cronaca Politica Esteri Economia Scienze
Spettacolo Cultura Sport Focus Focus Sessualita' e Dialogo Interreligioso
Sessualità, Religioni e Sette. Tre parole che hanno il potere di
suscitare nel nostro animo un certo numero di sentimenti, ricordi, emozioni,
domande… Se ci interroghiamo su qualcosa che percepiamo come più
grande di noi, in una parola: ci trascende, siamo in una qualche misura
religiosi. Esistono in realtà alcuni uomini senza fede religiosa, non
credenti, molto pochi a dire la verità, ma per non avere una
religiosità occorrerebbe non porsi mai quesiti sulla vita, sulla
morte, sul destino, e così via. Impossibile. Difatti la
religiosità è istintiva nell'animo umano. Può prendere
strade diverse, può sfociare nelle credenze magiche ed esoteriche
oppure nella fede vissuta o solo dichiarata nell'ambito di una e tradizione
religiosa col suo vissuto storico, culturale e cultuale. (Cristianesimo,
Ebraismo, Islam, Buddhismo e così via). Oppure delusa e non appagata
la religiosità può ripiegarsi nell'agnosticismo di coloro che
sostengono di non poter dare e darsi una risposta soddisfacente a quelle
domande di senso che sono nel cuore di tutti… Abbiamo insomma bisogno di
assoluto. Oggi attirano moltissimo questi temi. Da una parte vogliono farci
credere che tutte le risposte stanno nell'avere delle cose, ma l'animo umano
non si rassegna. Guarda oltre. Abbiamo bisogno di infinito. 2) 3 PAROLE.
CHIARIAMOLE BREVEMENTE. Per Sessualità intendiamo il modo di essere
della personalità maschile o femminile. Abbiamo a che fare col
carattere, con l'affettività, cioè con l'insieme dei sentimenti
e delle emozioni, con i tratti caratteristici del porsi nella relazione con
gli altri. Sessualità dice infatti molto più di sesso. Se ad
esempio la donna è analitica e l'uomo è sintetico
nell'affrontare i problemi oppure se per lei è fondamentale sentirsi
ascoltata, capita, rispettata, speciale e per lui è essenziale
sentirsi stimato, necessario, apprezzato, accettato, utile, bene, anche
questo fa parte della sessualità. "La sessualità
caratterizza l'uomo e la donna non solo sul piano fisico, ma anche su quello
psicologico e spirituale, improntando ogni loro espressione".
(Congregazione per l'Educazione Cattolica – Orientamenti educativi sull'amore
umano. Lineamenti di educazione sessuale, 4 ,1983). Del sesso immagino che
tutti abbiamo in mente l'utilità… Ad ogni modo… il sesso è
l'aspetto fisico della sessualità. Ovviamente inscindibile. A
differenza degli animali per noi il sesso è tre cose: è identità.
mi dice chi sono. Uomo o donna. E' espressione. mi consente di relazionarmi
con l'altro e di esprimere sentimenti (se sono in sintonia con le esigenze
affettive prima accennate esprime amore, altrimenti no). Un terzo compito
è quello procreativo, che consente di trasmettere la vita per amore e
per scelta. Ciò la distingue dalla inconsapevole riproduzione degli
animali. Solo la persona umana ha una sessualità ed è
consapevole di averla. Gli animali hanno solo il sesso, e per giunta non ne
sono consapevoli. Non sanno di essere maschi o femmine. La natura sceglie
già per loro nei momenti prestabiliti. 3) COSA C'ENTRANO LE RELIGIONI
E LE SETTE IN TUTTO QUESTO? Abbiamo visto che la persona umana è per
natura religiosa e dotata di una sessualità, oltre che di un sesso. Un
legame è già possibile intuirlo. Sessualità e
religiosità fanno parte della natura e dei bisogni umani. E quando i
bisogni istintuali non vengono positivamente soddisfatti la psicologia tira
fuori una brutta parola: “frustrazione”. Esistono infatti le frustrazioni
sessuali. Meno apparenti sono quelle religiose (ad esempio la
religiosità ipomaniaca, narcisistica, il fanatismo, quella da timore,
ossessiva, dipendente, ecc.) che nulla hanno a che fare con il positivo
soddisfacimento di questi bisogni, se non denotare una mancata o una
scorretta gratificazione, che certamente non possono dare sostegno e
serenità all'individuo. La persona ha dunque un forte bisogno di
significato, di trascendenza, di sentimento, di infinito. O lo trova o va a
cercarselo nei modi più impensati, dando magari retta a chi ha
più carisma, ma non sempre purtroppo senza secondi fini. Jung
notò che i suoi pazienti si rivolgevano a lui perché erano tutti privi
di ciò che le religioni davano ai propri fedeli. Questi pazienti non
miglioravano fino a quando non acquisivano un atteggiamento religioso verso
la vita, nel senso di rispetto nei confronti di una realtà più
grande di loro. Per Maslow vanno sicuramente soddisfatti i bisogni
fondamentali come quelli di sicurezza e di amore. la loro gratificazione
produce sanità, la loro frustrazione produce malattia. (Motivazione e
Personalità) Rimando al capitolo tredicesimo della mia opera per la
trattazione in dettaglio del rapporto tra affettività/sessualità
e fede religiosa cristiana. LE RELIGIONI Le religioni orientano il bisogno di
infinito e di trascendenza, il bisogno di senso dell'animo umano, verso una
tradizione storica e culturale consolidata. La persona si ritrova con i suoi
simili che credono e che per secoli hanno creduto le stesse verità di
fede. Certamente soddisfano anche il bisogno di riconoscersi in un gruppo di
simili. La fede poi, in quanto fiducia in qualcosa di più grande o di
non totalmente conosciuto per esperienza diretta, è un altro aspetto
fondamentale della vita umana. E' impossibile vivere senza fede, intesa come
fiducia in ciò che non è immediato o visibile. Non è
possibile scindere la dimensione religiosa dalla cultura e dalla storia di un
popolo. Se voglio ad esempio capire la cultura e la storia dell'Occidente non
potrò non studiare obiettivamente e senza pregiudizi il Cristianesimo.
Se mi interesso della cultura orientale è essenziale che con
umiltà io mi metta a studiare almeno gli elementi fondamentali della
Religione Buddhista, e così via… Su questa terra nove persone su dieci
si dichiarano credenti di una religione tradizionale. un numero importante
è anche quello di coloro che si riconoscono nei “Nuovi Movimenti
Religiosi”, un termine che il Cardinale Arinze coniò per sostituirlo
all'inquietante termine “Sette”. Sono gruppi che si sono separati da una
religione madre tradizionale e dalla sua dottrina classica ponendosi in
contrasto con essa, spesso con un leader carismatico. Quando la rottura
è meno accentuata possiamo chiamarli “Nuovi Culti”. Baintiridge ne ha
censiti più di 1500 nel mondo. 4) MILIARDI DI CREDENTI CON LA LORO
SESSUALITA' Ogni religione o culto ha un insieme di valori e di credenze.
Delle norme di comportamento basate sulla dottrina religiosa. In una parola:
una morale. (Le etiche possono essere laiche, la morale
no). L'uomo si rapporta col divino, che è oltre l'orizzonte umano e
materiale. Ecco perché una religione non è un'ideologia. Si può
vivere una fede religiosa senza la sessualità? Senza quelle esigenza
che abbiamo visto prima? Ovviamente no. Le poche che dissociano
religiosità e sessualità vivono quella dimensione che preoccupa
tanto gli psicoanalisti: l'angelismo, che fa parte della religiosità
malata e ipomaniaca che li porta ad un'eccessiva ambizione morale che tende
al rigore e a mete irraggiungibili, al punto da assumere talvolta la parte
dell'angelo, considerando cattivi tutti gli istinti naturali. L'angelismo
è la pretesa di combattere ogni istinto o manifestazione sessuale, per
vivere una vita esclusivamente spirituale. Esistono sì persone che si
dedicano alla vita spirituale sublimando le pulsioni sessuali, ma per scelta,
per vocazione, senza disprezzo della dimensione sessuale come inferiore a
quella spirituale. Tutto ha senso solo nella logica dell'amore. Clemente di
Alessandria (150-215) parlava di “astinenti senza intelligenza” coloro che
rimangono celibi fuori della causa del Regno di Dio. Alcune religioni possono
proporre (non a caso) di rinunziare ad un'attività sessuale o a
determinate pratiche sessuali piuttosto che altre, ritenute dannose alla
dignità della persona, alle relazioni con gli altri e quindi allo
spirito, ma nessuna chiede di rinunziare alla propria affettività e
sessualità. Quelle che prevedono la strada del celibato verificano lungamente
che sia presente una forte carica vocazionale liberamente accolta dalla
persona. La persona umana non è solo un corpo. Siamo noi, ma non ci
sentiamo un corpo, punto e basta. Abbiamo una mente, ma non ci consideriamo
un cervello. Siamo persone, ma non siamo un corpo. Siamo cioè
coscienti, liberi e razionali. Esistono persone senza un corpo? Per fede
sì: gli Angeli, Dio e le persone umane nell'aldilà. Ma l'essere
umano giunge a Dio mediante un'esperienza terrena di anima incarnata e quindi
sessuata. Il corpo è uno strumento del nostro spirito. 5) SESSO E FEDE
Le tradizioni religiose orientano la persona al suo bisogno di infinito.
Alcune prevedono la castità assoluta del celibato come mezzo
privilegiato per la strada verso il divino (ma non per tutti i suoi fedeli).
Altre, all'estremo opposto, prevedono il sesso come strada di
spiritualità (si pensi ad esempio alla scuola tantrica buddhista). E'
chiaro che qui in Occidente la maggioranza conosce (o ritiene di conoscere)
la visione cristiana della sessualità. Una visione che storicamente
nel passato ha visto il sesso come un limite per l'ascesi spirituale e
proprio per questo la domanda spontanea ancora oggi potrebbe sorgere come
“sesso o spirito”? In antitesi. Conseguenza del pensiero: il sesso allontana
dallo spirito. Nel terzo secolo il teologo Origene arrivò addirittura
a castrarsi a diciott'anni per piacere a Dio. Si accorse poi in seguito del
suo errore e rimase un grande teologo, ma castrato. La Chiesa non
approvò mai il suo gesto, anzi lo condannò nel 253. Erano
infatti la scuole greche pagane della Stoà e della Gnosi quelle che
vedevano soprattutto l'antitesi tra sesso e spirito. Ma molti condivisero nei
fatti questa visione: ad esempio S. Agostino, S. Alberto Magno, S. Girolamo,
Papa Gregorio I per il quale il piacere non poteva mai essere senza peccato,
S. Tommaso d'Aquino il quale riteneva che l'uomo è trascinato al
peccato dalla donna e che i vergini ottengono il paradiso al cento per cento
mentre gli sposati al trenta. Questa visione non è più
ovviamente attuale nel Cristianesimo. Il Cattolicesimo vede oggi la
verginità e il matrimonio come due strade di pari dignità e
valore, liberamente scelte, entrambe per un servizio alla società
oltre che per la propria realizzazione dei bisogni fondamentali di amore e di
trascendenza. LE RELIGIONI PROPONGONO NORME MORALI SULLA SESSUALITA'
Sì lo fanno. Perché tutte hanno una peculiare visione delle
realtà terrene e sirituali. Perché l'uomo ha bisogno di norme morali.
Perché l'uomo deve imparare ad amare con fatica. Spontaneo è solo il
desiderio d'amore. Ma tra il dire e il fare… In America ha fatto giustamente
fortuna il Dottor John Gray e la sua fama è giunta sino a noi con
varie opere tradotte. I suoi seminari oltreoceano sono gremiti di persone che
vogliono imparare a capire le donne o gli uomini e le loro esigenze
affettive, per soddisfare il loro bisogno di capire l'altro e quindi di amare
e di essere riamati. Imparare a capire. Non è così istintivo e
immediato… Imparare a capire il linguaggio che l'altro naturalmente usa e che
potrebbe creare malintesi. in una parola: empatia. Mettersi nei panni
dell'altro, ma decifrando il suo linguaggio maschile o femminile. Ecco,
l'amore ha bisogno di regole. Regole non scritte, ma regole. Se voglio amare,
DEVO ascoltare, rispettare, perdonare, fare sacrifici, avere pazienza,
cercare di capire, essere sincero, fedele, ecc. Se non faccio così
l'altro non si sente amato. Se non faccio così io non amo. E se non
amo sono frustrato perché non gratifico il bisogno primario di uscire da se
stessi e incontrare il mio simile. Erich Fromm sosteneva che solo amando
scopro il mio valore. Difficilmente le norme morali sessuali che le religioni
propongono sono in contrasto con la moderna psicologia. E non è vero
che la psicologia mi concede tutto, mentre le religioni mi dicono che questo
e quello non lo posso fare. La psicologia conosce le perversioni sessuali, le
devianze dalla norma, le nevrosi. Le religioni conoscono il peccato. Cosa
hanno in comune questi termini? Provate a dirlo… Esatto: la frustrazione
dell'amore. Ma i popoli sono molti. Diversa la loro storia. Diversa
l'esperienza del divino che hanno fatto. Diversi i loro testi sacri. E
nessuna di esse. Nessuna tace sulla sessualità. Nessuna tace sul
sesso. Se i credenti sono oggi 5,5 miliardi ecco, tutti hanno una particolare
visione dell'amore e della sessualità in gran parte basata
sull'educazione religiosa ricevuta e che i genitori hanno avuto il diritto e
dovere di trasmettere loro. SESSUALITA', RELIGIONI E SETTE Sessualità,
Religioni e Sette, nasce da un interesse personale e professionale di
insegnamento. Nel 1992 mi
sono occupato del contributo dell'esperienza religiosa cristiana
all'integrazione dell'affettività matura, in una tesi per l'Istituto
Superiore di Scienze Religiose di Milano. Una tematica complessa e delicata
nell'area della psicologia della religione. certamente una tematica
ambiziosa. cercare di stabilire se e in quale misura la fede cristiana
vissuta e praticata, in particolare nel Cattolicesimo, possa dare un
contributo sostanziale ad un'affettività sana e matura. Un contributo
psicologicamente positivo oltre che spirituale. Abbiamo detto all'inizio che
non possiamo scindere il credente, con i suoi valori spirituali di fede,
dalla sessualità e dalla psicologia dell'individuo. Un credente
è innanzi tutto una persona con i suoi dinamismi psichici interiori
(Es, Super Io e Io) che si apre ad un orizzonte trascendente. La psicologia e
la religione stanno su due piani diversi. La prima si occupa delle dinamiche
inconsce. La seconda di una scelta conscia e responsabile di apertura a Dio,
al divino. Due piani diversi che però, così come per
sessualità e religiosità, non sono in contrasto tra loro. Anzi.
la psicologia può, senza prendere posizione sulle singole
verità di fede credute, verificare e notare il positivo o il negativo
apporto della fede ai dinamismi psichici dell'individuo. Ecco allora che
avremo la fede matura e quella immatura sino a giungere alle gravi nevrosi di
tipo religioso. Di queste ultime non hanno colpa le religioni. Esse si
situano in un'errata strutturazione del Super Io nell'infanzia. se i
dinamismi inconsci sono malati la fede, se c'è, non potrà far
nulla da sola. Se la persona è psichicamente sana, ha cioè
raggiunto una maturità psicologica, la fede religiosa la aiuterà
a mantenere e sviluppare una sana affettività e sessualità.
Abbiamo visto prima che per Jung non sono le religioni causa di nevrosi, ma
proprio la mancanza di religiosità una delle cause principali. O
l'uomo sviluppa in modo maturo la sua innata religiosità, il suo
bisogno di infinito, o si ammala. La malattia può andare dal
narcisismo alle illusioni di onnipotenza dell'uomo moderno, sino a grave
forme di nevrosi. Ricordiamo che "La religione rappresenta per l'uomo un
mezzo di autorealizzazione morale, nel suo cammino dalla sua posizione
egocentrica e narcisistica dell'infanzia alla posizione altruistica ed
oblativa della maturità. Contribuendo all'autoregolazione morale del
soggetto, essa lo rende più responsabile, stimolandolo a migliorarsi
di continuo nel campo spirituale, frenando l'edonismo, promuovendo la
sublimazione e il controllo degli istinti. La religione è infatti un
valido freno agli impulsi sessuali ed aggressivi – come sostiene Dacquino,
attribuendole un valido sostegno alla strutturazione del Super IO e freno
alle pulsioni dell'ES. - Lo stesso Freud, pur attribuendo alla religione un
ruolo repressivo, le riconobbe anche una funzione sublimante della libido
infantile. Egli inoltre le ha attribuito una funzione sociale, nel senso che
l'ordinamento umano degenererebbe nelle barbarie, se non vi fosse quello che
egli denominava l'”illusione” di un ordinamento divino". Partendo da
queste considerazioni Dacquino sostiene a proposito della Confessione che
"Nei confronti dei fedeli maturi e normali, questo sacramento può
offrire effetti salutari anche sotto l'aspetto psichico poiché, manifestando
i suoi peccati, il penitente si libera dal sentimento di colpa che lo
aggrava. oltre ad essere, per chi crede, fonte di arricchimento spirituale,
la Confessione assicura anche un equilibrio psicologico che giova alla
maturità del soggetto ed alla collettività" (Giacomo
Dacquino – Religiosità e psicoanalisi - op. cit. pp. 303-304 e
295-296) Affermare che tutte le religioni hanno lo stesso valore non vuol dire
che una vale l'altra. Vuol dire che sono tutte strade per lo spirito, senza
il quale l'uomo si ammala, perché è fatto per Dio, sia che creda in
lui sia che non creda. E il bisogno di trascendenza è un bisogno
confermato dalla moderna psicologia, che è una scienza agnostica, non
atea. non prende posizione sulla questione religiosa, ma ne riconosce
l'importanza per la salute psicologica. Abbiamo citato Jung, ma potremmo
citare Adler, Fromm, Maslow e lo stesso ateo Freud sotto certi aspetti. Ma le
strade per lo spirito sono diverse tra loro, anche se accomunate dallo stesso
desiderio, dallo stesso bisogno. Una non vale l'altra. Come le persone che
pongono in loro la stessa fede. Tutte valgono per la loro intoccabile
dignità umana, ma una persona non vale un'altra. Provate a dirlo a chi
è innamorato. Così le religioni. E così partiamo da
un'esperienza di fede vissuta in famiglia, innanzi tutto, là dove
siamo nati. Riceviamo insegnamenti e tra questi quelli religiosi con la loro
visione etica, compresa quella sessuale. Noi siamo in gran parte fatti di
esperienze vissute e di educazione ricevuta o… non ricevuta. E qui sta il
delicato compito dei genitori, per i quali ho una grande ammirazione. Ma le
religioni per i motivi visti prima non possono lasciare indifferenti. O le
ami o le odi. Molti hanno capito che sono strade verso un'unica
verità. Altri per sorreggere la loro verità le hanno viste
scorrettamente come un insieme di norme morali soffocanti. Le religioni
devono fare i conti col tempo, col luogo e con la cultura dominante dove
vengono proposte e vissute. Una lotta talvolta difficile e controcorrente, ma
sorretta dalla fede. ETICHE SESSUALI (Come nascono) Le etiche sessuali
rispecchiano la cultura e l'ambiente dove sono nate, le scritture religiose
di riferimento. Nel corso dei secoli hanno subito dei mutamenti, ma hanno
tenuto fissi i cardini fondanti. E proprio per questo non sono scomparse. Non
sono ideologie, pensieri puramente umani che seguono mode o visioni storiche
momentanee. E' bene anche ricordare che come diceva Durkheim, padre della
sociologia moderna, le religioni sono generatrici di etica, sono ordinatori
egemoni della realtà sociale. Sono necessarie. E lui, pur essendo
ateo, lo aveva capito. Danno punti di riferimento, certezza, speranze, equilibrio,
forza. Sono parte integrante di tutte le culture. Non è possibile
capire le culture e la storia senza comprendere le religioni che le hanno
plasmate e che tuttora ne sono parte integrante, molto più di quanto
si pensi. Perché l'uomo è un essere religioso per natura, cioè
si interroga sul mistero che lo circonda e cerca un infinito che possa
soddisfarlo. Brevemente ne cito alcune: La visione EBRAICA (Fedeli:
17.473.000) è basata su tre principi biblici che costituiscono anche i
fondamenti dell'etica sessuale cristiana, in quanto il cristianesimo come
sappiamo si sviluppa in ambiente giudaico. I tre principi sono: “Dio
creò l'uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò. Maschio
e femmina li creò”. (Gn 1,27). E' il principio dell'identità.
La sessualità dice all'uomo chi è: uomo o donna, molto
più di maschio o femmina. Gli animali ad esempio non hanno una
sessualità, ma solo un sesso e non ne sono neppure consapevoli non
essendo esseri razionali, cioè persone. Per noi è diverso “Non
si nasce donna. Si diventa” diceva Simone De Bouvoire, e ciò è
valido anche per l'uomo. Subito di seguito il passo biblico che fonda il
secondo principio: “Dio li benedisse e disse loro: Siate fecondi e
moltiplicatevi…” (Gn 1, 28). E' il principio procreativo. La
sessualità è pro-creazione, cioè a favore della
creazione, in maniera libera, consapevole, in collaborazione appunto col
Creatore, essendo l'essere umano sua immagine spirituale. Dio è
l'autore della sessualità. Essa è per gli esseri simili a lui:
liberi, razionali, spirituali, ma non asessuati, come ad esempio gli angeli.
L'animale si riproduce, l'uomo procrea perché è libero, perché
è persona, perché ama. L'atto sessuale dà la vita e la vita
viene da Dio, per cui la sessualità è sacra. Solo l'essere
umano dà la vita sapendo di farlo, quindi pro-crea, a immagine e
somiglianza di Dio. Il terzo principio è tratto dal passo biblico:
“non è bene che l'uomo sia solo: gli voglio fare un aiuto che gli sia
simile” (Gn 2, 18) e crea numerosi animali che non possono però soddisfare
l'uomo nella sua sete di comunione con l'altro. L'uomo è essere per
l'altro. Essendo a immagine divina, l'uomo è fatto per amare. E' il
principio dell'unione. La sessualità è fatta per amare e per
amarsi in due uomo e donna, diversi ma simili e complementari. ) E questo
viene poco dopo il passo dove l'uomo nel “giardino delle delizie”, in ebraico
Gan Eden (pairi daeza in persiano da cui Paradiso) si accorge che nessuna
creatura di Dio può colmare il suo vuoto. A nessuna può parlare
ed essere compreso, capito. A nessuna può confidarsi. Nessuna
può amare ottenendo contraccambio La Bibbia prosegue: “per questo
l'uomo abbandonerà suo padre e sua madre e si unirà a sua
moglie e i due saranno una sola carne” (Gn 2,24). Questi principi hanno
plasmato l'etica giudaica e l'etica cristiana. Ad essi si riferiscono oggi 17
milioni di ebrei e più di 2 miliardi di cristiani. Le Chiese cristiane
non sono più creazioniste, (Pio XII ad esempio affermò la
compatibilità della visione biblica con quella darwiniana) sanno che i
passi citati sono simbolici, mitologici, ma rispecchiano la verità del
cuore umano. La parabola di Adamo e Eva non contraddicono, anzi mettono in
luce le caratteristiche del cuore umano. L'uomo ha bisogno di una
sessualità che lo identifichi, una sessualità unitiva e
procreativa. Per gli ebrei l'avodah, lo sforzo per costruire una relazione
che duri e che tolga l'uomo e la donna dalla solitudine (e il detto che non
si sta bene soli nemmeno in paradiso viene proprio dal passo biblico in cui
abbiamo visto Adamo poco fa nella sua solitudine dorata). Lo sforzo dunque
deve avere due middoth, cioè qualità: un ayin tova (buon
occhio, comprensione e apprezzamento delle qualità dell'altro, che mi
completano – e amare è prendersi cura di e completare l'altro non cambiarlo)
e un lev tov (un cuore buono, con devozione e generosità). L'etica
ebraica considera sacra la sessualità. Il celibato dunque non esiste.
La procreazione è il matrimonio sono un dovere divino per l'ebraismo
ortodosso. La sessualità deve essere “Kosher” cioè seguire le
prescrizioni della legge ebraica. Molte norme sono presenti nei capitoli
18-20 del libro biblico del Levitico. Alcune norme sono strane, ma sono
comprensibili in un otica in cui Dio chiede al suo popolo di distinguersi
dagli altri perché gli appartiene. Ciò che è di Dio dev'essere
senza macchia, deve distinguersi. Per cui le norme della circoncisione o
della purificazione dopo il ciclo mestruale o il parto per la donna sono dei
segni di appartenenza così come lo è il kippà, lo
zucchetto che ogni ebreo maschio osservante indossa ogni giorno. E' ovvio che
ogni comportamento sessuale che non risponda ai tre principi visti sopra:
identità, unione e procreazione, è un comportamento impuro, che
non può soddisfare il desiderio umano di amore. E la mancata
realizzazione di un bisogno si chiama frustrazione. La visione CRISTIANA
(Fedeli: 2.090.417.000) parte dai tre principi biblici visti sopra e pone
l'accento sul fatto che il corpo è il tempio dello Spirito Santo (1
COR 6,19 ) "La sessualità caratterizza l'uomo e la donna non solo
sul piano fisico, ma anche su quello psicologico e spirituale, improntando
ogni loro espressione". (Congregazione per l'Educazione Cattolica –
Orientamenti educativi sull'amore umano. Lineamenti di educazione sessuale, 4
,1983). Nei secoli passati ha incontrato l'ostilità di diversi teologi
da S.Agostino sino a Tommaso Daquino, ma anche in tempi più recenti.
Oggi nel cattolicesimo non è più così. Il matrimonio
è segno visibile dell'amore di Cristo per la sua Chiesa. Le due strade
del celibato consacrato e del matrimonio hanno pari dignità e valore.
L'attività sessuale ha senso solo all'interno dell'unione nuziale come
segno della reciproca appartenenza per sempre degli sposi e non è
necessariamente votata alla procreazione. Le Chiese della Riforma Protestante
si discostano in alcuni tratti da questa visione, mentre quella ortodosse si
trovano concordi. Nel Cattolicesimo, il ramo del cristianesimo che ha
resistito agli scismi e ha mantenuto la successione apostolica, i principi di
unione e procreazione sono alla base della sessualità, che non
è mai un fatto puramente biologico, ma anche spirituale. Non tutto
ciò che l'uomo compie è quindi anche degno dell'uomo, dato che
l'uomo ha una dignità, un valore assoluto, che nessuno può
togliergli, e dal quale provengono i suoi diritti umani. Un valore che gli
viene dato da Dio. La morale aiuta distinguere ciò che è fatto
dall'uomo da ciò che è giusto, degno dell'uomo. Quando invece
diventa fine a se stessa e pone la norma prima del valore del significato, si
ammala e diventa moralismo. Ma anche quando l'uomo perde il riferimento alla
sua dignità si ammala e chiama la morale, che può aiutarlo ad
amare come moralismo. Per cui nascono le domande del tipo: ma perché la morale
nella sessualità? Non è una limitazione? Dimenticando che la
libertà senza il valore che la guida diventa il suo contrario:
schiavitù. Tuttavia errori sono stati fatti nella visione cristiana
come in tutte le altre. Nel corso dei secoli l'etica sessuale cristiana si è
ammalata di gnosi e stoicismo, visioni a lei estranee, per cui il corpo e con
esso il sesso sono stati visti con sospetto. Il celibato era la via
spirituale maestra. La procreazione era l'unico fine della sessualità,
dimenticando il principio unitivo. Sviluppi futuri nella morale sessuale
saranno possibili. Ma i principi basilari sono e saranno sempre validi. La
visione ISLAMICA (Fedeli 1.159.901.000) concorda sostanzialmente con quella
ebraica. Il celibato non esiste. L'attività sessuale è
consentita solo agli sposi. Diverse norme sono contenute nel Corano, altre
negli “hadit” del Profeta Muhammed. L'unione carnale è un atto
d'adorazione, un 'ibada. Esso soddisfa le esigenze emozionali e di
procreazione dell'umanità. Emozionalmente, è il culmine
dell'amore reciproco tra uomo e donna. Allo stesso modo di un pellegrinaggio,
è un mezzo d'unione con Dio. E' il modo più importante per
esprimere l'amore e l'impegno reciproco di due persone. La procreazione
è il contributo al proseguimento dell'opera creatrice di Dio. Sia la
soddisfazione emozionale dell'atto, sia il suo scopo procreativo sono ni'ma,
doni divini. Sono parte della fiducia Islamica in Dio. Per preservare questa
importanza è proibita l'attività sessuale di fuori del
matrimonio, che è il luogo dove il potere e la creatività
dell'atto sessuale possono essere controllate. La fornicazione sbilancia la
personalità e la crescita spirituale della persona. la vera
felicità (sa'adah) dell'atto sessuale può essere ottenuta se vi
è un bilanciamento (wast) tra due estremi emozionali e quando vi sono
degli obblighi morali riguardo alle conseguenze di questo atto, quale la
nascita dei figli, che non potrebbero essere accolti senza un impegno
definitivo nel matrimonio. La castità assoluta va osservata nel periodo
del digiuno rituale. Se un uomo non può sposarsi subito dopo la
pubertà, deve praticare l'astinenza, secondo il versetto coranico:
"E quelli che non trovano moglie si mantengano casti finché Dio li
arricchisca della sua grazia". (Sura 24,33) In aiuto a questa astinenza
forzata alcuni hadith, detti del Profeta, forniscono dei singolari consigli.
Una volta un uomo andò dal profeta (Muhammed) e gli disse: "Non
ho possibilità economica di sposarmi; quindi devo lamentarmi del mio
celibato". Il Profeta lo consigliò di controllare il suo
desiderio sessuale dicendogli: "Lasciati crescere i peli del tuo corpo e
digiuna spesso". (Wasa'il, vol. 14, p. 178) Il Profeta della Mecca si
riferiva ai peli pubici. La loro rimozione è obbligatoria nell'Islam,
ma questo aumenta il desiderio sessuale. La shari'ah Islamica raccomanda
questa pratica per gli uomini ogni quaranta giorni e per le donne ogni venti.
L'Imam 'Ali afferma: "Ogni volta che i peli di una persona aumentano, il
suo desiderio sessuale diminuisce". (!) (Wasa'il, vol. 14, p. 178) La
castità prematrimoniale è un precetto presente chiaramente nel
Corano (a differenza di altri testi religiosi): "E quelli che non
trovano moglie si mantengano casti finché Dio li arricchisca della sua
grazia". (Sura 24,33) Per fornicazione s'intendono i tutti i rapporti
sessuali al di fuori del matrimonio, anche se, , il termine è
improprio: nella sua etimologia indica il rapporto con prostitute. E'
ciò che il Nuovo Testamento chiama "pornéia" da
"pornè", la prostituta La castità prematrimoniale
è un precetto presente chiaramente nel Corano (a differenza di altri
testi religiosi): "E quelli che non trovano moglie si mantengano casti
finché Dio li arricchisca della sua grazia". (Sura 24,33) Il matrimonio
è obbligatorio (wajib) per l'uomo che ha i mezzi per pagare la dote e
la possibilità di mantenere una moglie e dei figli, che sia in buona
salute e che teme di fornicare (zina), se non si sposa. Il matrimonio
è obbligatorio anche per la donna che non ha altri mezzi per mantenersi
e che teme la zina. Tuttavia, le nozze rimangono raccomandabili (mandub)
anche per chi sa controllare il suo desiderio sessuale o non desidera figli o
che abbia la sensazione che questo passo possa tenerlo lontano dalla
devozione ad Allah. La poligamia è prevista dal Corano, ma solo in
particolari circostanze. La sura delle donne è chiara: "Se temete
di non essere equi con gli orfani (yatim), sposate allora di fra le donne che
vi piacciono, due o tre o quattro, e se temete di non essere giusti con loro,
una sola". (Sura 4,3) Di conseguenza, pochi uomini musulmani hanno
più di una consorte. Le donne sono considerate inferiori, anche nel
matrimonio e devono sottostare al principio della qiwamah, cioè della
custodia, nel senso di “controllo totale da parte di un guardiano”, che
è il marito. La qiwamah, tuttora in uso, ha quattro scopi: protezione,
sorveglianza, custodia e mantenimento. Questo comporta sei precetti per la
moglie: 1) La moglie non può ricevere estranei, uomini, regali, senza
il permesso del marito, né può disporre o prestare le proprietà
di lui senza il suo permesso. Non esiste quindi la comunione dei beni. 2) Il
marito ha il diritto di limitare i movimenti della moglie e di impedirle di
lasciare la casa. Questo diritto prevale anche sul diritto dei parenti di lei
di farle visita o di essere visitati da lei. E' raccomandato al marito di non
abusare di questo suo diritto. 3) La moglie non ha il diritto di contestare
il marito e questi può punirla per la sua disobbedienza. 4) La moglie
non può contestare il diritto del marito al concubinato, ma può
chiedergli il khul (il divorzio). 5) Col matrimonio la moglie accetta
implicitamente queste regole della qiwamah. Nonostante ciò la sposa
può stipulare delle clausole che le garantiscono il diritto di
divorziare, o di rimanere unita a lui solo se è l'unica moglie. 6) La
moglie deve sottostare al diritto del marito di rivendicare in ogni caso una
paternità. Nella legge Islamica, secondo la Shi'ah fiqh (etica
Islamica), vi sono due tipi di matrimonio: uno permanente, detto da'im, ed
uno temporaneo, detto munqati' o mut'a La differenza principale tra i due
matrimoni consiste nella definizione dei doveri, molto chiara solo in quello
permanente. Ad esempio il dovere del marito di provvedere alle
necessità della moglie e il dovere di quest'ultima di non rifiutare
mai l'atto sessuale al coniuge, senza una giustificazione religiosa (le
mestruazioni) o medica. La visione INDU' (Fedeli 840.792.000) fa del sesso un
simbolo sacrale. Il “linga” e la “yoni”, gli organi sessuali maschile e
femminile, vengono onorati e in alcuni rituali anche adorati.
L'attività sessuale è consentita solo agli sposi, come
espressione di un apore profondo e maturo. Noto è il culto fallico del
linga, il membro maschile, considerato lo stesso dio Shiva, ma anche del suo
corrispondente femminile, la yoni, l'organo genitale della donna, che
rappresenta la moglie di Shiva: Parvati. Il simbolo del dio Shiva è il
fallo eretto, presente anche in molte culture pagane. Lo Shiva lingam
simboleggia la sessualità maschile esaltata, controllata e trasformata
nella visione spirituale interiore. Nel Linga Purana troviamo scritto che gli
dei andarono a far visita a Shiva, nella sua dimora celeste, e lo trovarono
durante un rapporto sessuale con Parvati, ma la coppia proseguì nonostante
gli ospiti inattesi. Vishnu iniziò a ridere, ma gli altri dei si
adirarono maledicendo Shiva e sua moglie, facendoli morire… nella posizione
in cui erano… Il linga e la yoni, il fallo e la vulva, rappresentano le nuove
sembianze di Shiva e Parvati. Si può immaginare quale importanza
è data a questi organi da parte dei fedeli indù! Il Tantra
è un testo più molto più antico (XX Sec. a.C.) rispetto
al famoso Kama-Sutra (III Sec. d.C.) e tratta, in chiave spirituale,
dell'unione tra eccitazione, consapevolezza e rilassamento. Il termine
sanscrito significa: “tecnica per ampliare la coscienza”, mentre per altri
sta per “tessuti insieme”. Suo scopo è quello, in chiave empirica, di
gettare un ponte tra sessualità e spirito. Nel Tantra la donna
è al centro dell'adorazione da parte dell'uomo perché questo proviene
da lei. E' un culto di adorazione sessuale centrato sulla donna. La visione
BUDDHISTA (Fedeli 366.265.000) classica guarda al sesso con sospetto in
quanto qualsiasi cosa che generi desiderio è impura e causa
reincarnazioni. In ogni caso è onorato il matrimonio ma ogni
espressione sessuale al di fuori di esso è considerata contraria al
precetto di non abusare dei sensi. "C'è il piacere e c'è
la beatitudine. Rinunzia al primo e possiedi la seconda". (Dhammapada)
Originariamente il Buddhismo era per i monaci. Il sesso era temuto come un
rivale all'ideale di vita di auto rinuncia e di fuga dal desiderio, fonte del
dolore. Nella vita tutto è duhkha, dolore causato dai desideri.
Siddartha Gautama, il Buddha, si sposò a sedici anni. Suo padre gli
fornì quarantamila danzatrici per evitargli tentazioni ascetiche. Non
bastarono. In principio la vita sessuale era vista come notevolmente
negativa. Tuttoggi la dottrina classica (nei suoi rami mahayana, theravada, vairayana)
è molto attenta al kamamithycar (il cattivo comportamento sessuale).
Nel Buddhismo tantrico il sesso è invece ricercato come sorgente
spirituale. Il Buddha disse: "Io non conosco o monaci altra forma sia
così attraente, così eccitante, così inebriante,
così avvincente, così seducente, così contraria alla
vita serena come proprio la forma della donna. A causa della forma della
donna, gli esseri sono avvinti, attratti e arsi nel fuoco della brama della
passione e gemono a lungo sotto l'incendio della forma femminile". Egli
condannava la donna in quanto fonte di desiderio. (L'uomo non lo è).
Tenzin Gyatso, meglio noto come Dalai Lama conferma: "Se ti prude,
è bello grattarsi. Ma ancora meglio sarebbe non avere prurito alcuno.
Lo stesso vale per il desiderio sessuale". Nel Vinaya vi è
scritto che per il linga del monaco è meglio entrare in un serpente o
in un fuoco ardente (entrambe simboli sessuali), piuttosto che in una yoni.
Nel Buddhismo classico era raccomandata la castità matrimoniale.
Attualmente vi troviamo rispecchiati molti atteggiamenti indù verso la
sessualità. Con la sola eccezione della scuola tantrica, il Buddhismo
è molto cauto riguardo alle espressioni sessuali. Gli insegnamenti del
Buddha sono sintetizzati nel terzo precetto che vieta i comportamenti
considerati sessualmente impuri: kamesu micchacara. Genericamente ciò
è forse riferito allo sfruttamento sessuale di una persona e comprende
lo stupro, l'adulterio (che sfrutta la fiducia dell'altro coniuge), il sesso
con persone intellettualmente, economicamente o psicologicamente
svantaggiate, e la promiscuità. "L'uccidere, il massacrare, il
ferire, l'imprigionare esseri viventi, il furto, la menzogna, l'inganno, la
frode, l'ipocrisia, l'adulterio. Questo è putredine, non cibo
carneo". (Sutta Nipata, 242) Il Buddhismo Tantrico afferma, al
contrario, che la passione può far giungere all'illuminazione al punto
da lodare Un altro precetto, tra i cinque contenuti nel panca-sila, prescrive
di astenersi dall'abuso dei sensi. Questo precetto copre tutte le situazioni
in cui l'attività sessuale è il frutto di una perdita di
controllo e di una scelta non ragionata. Questo è molto grave
nell'etica buddhista: occorre sempre essere consci di ciò che si fa e
delle conseguenze dei propri atti. La visione CONFUCIANA (Fedeli 6.913.000)
vede la donna in stato di profonda
inferiorità rispetto all'uomo, al quale tutto è consentito
nell'etica sessuale. Non così per la donna. Un classico è
divenuta la frase di Confucio: “Picchia tua moglie una volta al giorno. Tu non
sai perché, ma lei sì. La visione SHINTOISTA (Fedeli 3.698.000)
è neutrale su tutti gli aspetti dell'etica sessuale. Anche qui viene
reso onore al linga maschile. Uno enorme di legno trova posto nel santuario
della fertilità Taga Jinjia, in Giappone. La visione TAOISTA è
neutrale su tutti gli aspetti dell'etica sessuale"La gentilezza delle
parole crea fiducia. La gentilezza dei pensieri crea profondità. La
gentilezza nel donare crea amore". (Lao-Tzu) Un po' meno romantico, ma sicuro
del fatto suo è il filosofo taoista ispiratore di più di un
“playboy”: Ko Hung. Per gli amici Pao-P'u-Tzu. E' suo il detto, vecchio ormai
di circa diciassette secoli, ma sempre attuale: "Più un uomo
copula, maggiore è il beneficio che trae dall'atto… la copulazione con
una o due donne soltanto è quanto basta per condurlo a una morte
prematura". Ovviamente consigliava almeno dieci unioni con altrettante
donne a notte. (Cf. Clifford Bishop, op. cit., pp. 141-142) Cosa che porta
ugualmente ad una morte prematura, ma che differenza! Dopotutto per Chang
Taoling, patriarca dei Turbanti Gialli, autori della caduta della dinastia
Han (25-220 d.C.), il motto era uno solo: "ho-ch'i-shih tsui"
("il sesso (ho-ch'i – unione di Yin e Yang) assolve da tutti i
peccati"). Questa convinzione portò diverse sette radicali,
fondate su questa convinzione, a sommosse politiche e al crollo dell'antica
dinastia. Un altro filosofo playboy lo era veramente, ma si convertì e
quasi un secolo dopo sostenne tutto il contrario. Era S. Agostino, ma questa
è un'altra storia. Nel VII secolo a.C., Tung-hsÜan scriveva nella sua
opera “L'arte dell'amore”: "Di tutte le decine di migliaia di cose
create dal Cielo, l'uomo è la più preziosa. Di tutte le cose
che fanno prosperare l'uomo, nessuna può essere comparata al rapporto
sessuale. Questo è modellato sul Cielo e prende esempio dalla Terra,
regola lo Yin e dà norma allo Yang. Coloro che ne comprendono il
significato possono nutrire la loro natura e prolungare i loro anni; coloro
che non comprendono il suo vero significato si faranno del male da soli e
moriranno anzitempo". (Cf. R.H. Van Gulik, Sexual Life in
Ancient China, Brill, 1961, p. 125 ss.) Nel Taoismo il rapporto sessuale ha
due scopi principali. La procreazione, specialmente di figli maschi,
portatori dell'essenza maschile dello Yang, continuatrice del ramo
famigliare. L'essenza che consente la prosecuzione della cura degli antenati
e del mantenimento dell'armonia dell'universo (Tao). Tra i nuovi movimenti
religiosi (le sette) quella che ha fatto del sesso il suo baluardo sono i
“Bambini di Dio” mentre quella che vede al sesso con maggior sospetto e
prudenza sono “La Chiesa di Cristo e dei Santi degli Ultimi giorni” I
Mormoni. "La castità è la cosa più cara e
preziosa". (Libro di Moroni 9:9) Essa è più preziosa di
rubini, diamanti, oro e argento e addirittura più della vita terrena
stessa. Verrà un giorno in cui il fornicatore, come l'omicida,
vorranno nascondersi dal mondo e da se stessi, ma non potranno. Dovranno
incontrare il Creatore. La mancanza di castità è sudiciume
morale. Il peccato sessuale è il peggiore che possa esistere. (Spencer
W. Kimball, op. cit.) La salvezza è riservata solo ai mormoni sposati.
Se non condividete la loro fede, niente paura. E' possibile evitare la
dannazione in un modo un po' macabro, ma molto efficace: i defunti non
credenti ai quali è stata trovata una sposa mormone si salvano.
Facendo testamento non dimenticate quindi di chiedere che vi sposino (da
morti) ad una loro fedele. Da ultimo il satanismo fa del sesso un segno di
appartenenza al maligno in quanto esso viene utilizzato come trasgressione al
difuori di qualsiasi contesto di amore per ridurre l'uomo alla sua
animalità senza più la sua immagine e somiglianza spirituale
col Creatore. Questo fa pensare. Alcuni fanno la stessa cosa anche senza
essere ufficialmente satanisti. (Cf. Giorgio Nadali -
"Sessualità, Religioni e Sette. Amore e Sesso nei Culti
mondiali", Roma, Armando Editore, 1999). Giorgio Nadali
politica@voceditalia.it.
Torna all'inizio
( da "Riformista, Il" del
06-02-2008)
Argomenti: Laicita'
Etica
risposta a monsignor fisichella Laici e cattolici,
il dialogo è possibile se il terreno comune è la ragionevolezza
Come far convivere una pluralità di posizioni morali Credo che sarebbe
un errore per una persona impegnata in politica lasciar senza interlocuzione
un intervento di monsignor Rino Fisichella su laicità, religione e
valori,
apparso nei giorni scorsi sul Messaggero . Due affermazioni in particolare mi
sembrano rilevanti e sulle quali vorrei soffermarmi: 1) la laicità
presentata come una delle dimensioni della democrazia e 2) il riconoscimento
di valori anche a chi non crede. Non si può negare che il livello di
scontro che si registra da qualche anno nel nostro paese su temi eticamente
sensibili abbia provocato lacerazioni profonde che può diventare
difficile ricomporre. Sarebbe interessante indagare meglio le ragioni di
questo esito. Nessuno può cavarsela attribuendo ad altri l'intera
responsabilità; non può farlo la Chiesa; non può farlo
la politica nelle sue diverse articolazioni. L'errore che spesso si commette
è partire dal fondo senza chiedersi se qualcosa non debba cambiare
nella riflessione su temi che attengono sempre più spesso alla
bioetica e che si pongono in termini nuovi rispetto al passato, rispetto alla
tradizione dello stesso pensiero occidentale, compreso il cristianesimo. I
cambiamenti maggiori sono quelli prodotti dai progressi della conoscenza
scientifica, dalle nuove tecnologie riproduttive e dalle biotecnologie, dalla
genetica. Le nuove conoscenze ci interrogano tutti sulle nuove frontiere
della vita e della morte, su limiti e libertà. Nessuno può
sottrarsi a questa riflessione ciascuno per le sue responsabilità.
Rispetto al resto dell'Europa nel nostro Paese siamo arrivati molto in
ritardo a capire che quegli sviluppi della genetica e le nuove biotecnologie
richiedevano norme e leggi che ponessero limiti e garantissero libertà
e diritti, che era giunto il momento di non potersi più affidare
semplicemente al sacro principio della libertà di coscienza e di
assumersi la responsabilità della discussione pubblica e della
decisione. Ma proprio questa necessità di normare ha aperto una fase
di contrapposizioni laceranti non fra credenti e non credenti, ma il
più delle volte fra laici e un certo fondamentalismo cattolico.
Inoltre, a differenza di quanto è accaduto in passato rispetto alle
ingerenze ecclesiastiche nella politica italiana, oggi esse intervengono in
una condizione di maggiore vulnerabilità delle istituzioni politiche,
che rendono più impervia, e talvolta impossibile, la decisione
autonoma, nel rispetto dell'articolo 7 della Costituzione. Non sta a me dire
come debba esprimersi l'impegno dei cattolici su
questi temi nuovi e difficili. Il rapporto fra etica e politica è un
tema antico. È vero che nella politica ciascuno porta i valori in cui
crede, che possono essere condivisi, ma anche no, registrando differenze e
conflitti senza per questo compromettere il tessuto civile della
comunità. I nostri principi e valori condivisi sono - devono essere -
quelli costituzionali, che fondano il patto di convivenza fra culture e
convinzioni etiche e religiose diverse. È importante il riconoscimento
di monsignor Fisichella, per niente scontato: anche chi non crede in Dio
dispone di valori e principi e non può essere additato né come
nichilista né come relativista. Ma la Costituzione dovrebbe essere la stella
polare dell'agire pubblico per chiunque scelga l'impegno politico. In essa
sono contenute anche le due più importanti dimensioni della
laicità: come autonomia e sovranità dello Stato e come
condizione della convivenza plurale, di una molteplicità di concezioni
del bene. Come si fa vivere la laicità nella prassi quotidiana pur
partendo da valori non completamente convergenti? Proviamo a scrivere
un'"etica del legislatore" che non costringa a rinunciare alle
proprie convinzioni e alla ricerca del maggior consenso possibile, ma che
consenta la ricerca di soluzioni condivise. Concordo con monsignor Fisichella
quando dice che la laicità non può essere un criterio per
assopire le coscienze. Per me essa è la condizione che consente alle
coscienze di vivere e agire in libertà. La politica può anche
essere vissuta come testimonianza, e però è importante capire
che non può essere solo quello, neanche per i cattolici.
La politica è prima di tutto il luogo della decisione legislativa o
amministrativa alla quale si giunge attraverso la ricerca della mediazione,
cioè di punti di incontro fra posizioni diverse allo scopo di produrre
una decisione sufficientemente condivisa. Se ci domandiamo se è
possibile questo stesso esercizio se restiamo sul piano esclusivamente
dell'etica, la risposta è quanto meno problematica. La mediazione fra
principi etici differenti o contrapposti non è possibile, e può
addirittura presentarsi come una forma di violenza. Per assumere una
decisione legislativa su questioni con rilevanti implicazioni etiche, occorre
allora compiere un'operazione preliminare: abbandonare il piano dell'etica e
porsi sul piano della politica tenendo conto del punto di vista degli altri
legislatori, oltre che dei destinatari della legge. John Rawls va nella
giusta direzione quando propone di assumere la categoria della
ragionevolezza. "Ragionevole" è diverso dal "vero"
e consente di far convivere una pluralità di concezioni morali. Le
soluzioni ragionevoli di un problema possono, infatti, essere diverse e su
queste ci si può incontrare. Non altrettanto se si continua a
permanere nell'ottica della Verità assoluta e inconfrontabile. La
pratica della ragionevolezza consente di abbandonare il terreno
dell'equivalenza fra teorie morali vere e concezione corretta della giustizia
politica e di superare il passaggio diretto dall'ethos al nomos, dalla
convinzione etica alla legge. Per questo, non è l'etica dei principi,
ma l'etica della responsabilità quella più propria per
affrontare i problemi legislativi. Quando si esercita la funzione di legislatore
non si può assumere la propria coscienza come unica ed esclusiva
ispiratrice dell'agire, bensì occorre anche rendere conto delle
conseguenze della decisione sulla vita dei destinatari della legge. Non
è giusto talvolta che la vita e le relazioni vissute delle persone concrete
vengano anteposte alle proprie convinzioni etiche o religiose proprio nello
spirito, che è anche lo spirito cristiano, dell'accoglienza e
dell'ospitalità? senatrice Pd, presidente commissione Cultura
06/02/2008.
Torna all'inizio
( da "Riformista, Il" del
06-02-2008)
Argomenti: Laicita'
Segue la chiesa nella società
Tra Ratzinger e padre Bevilacqua io da cattolico scelgo il secondo (segue
dalla prima pagina) Condivido questo giudizio e ne sono preoccupato, anche
come cattolico liberale (una categoria certo non amata da Ratzinger, ma che
tanto ha fatto per favorire la maturazione della Chiesa moderna, la ricchezza
profonda e attuale del cattolicesimo). Sono preoccupato perché questa
invadenza pervasiva, questa politicizzazione spinta, questo tentare di
riportare indietro l'orologio della storia, non può non far rinascere
l'anticlericalismo. La vicenda della Sapienza va inquadrata in questo
scenario e aggiunge peso e significato alle riflessioni che Alberto Melloni,
storico della Chiesa, ha sviluppato tempo fa (prima dell'episodio della
Sapienza): "La lunga presidenza di Ruini (alla Cei) rappresenta un caso
unico. Eppure penso che sia stata la grande occasione perduta della Cei: ha
avuto la possibilità di dare alla Chiesa italiana una sua fisionomia e
invece ha preferito fare ciò che gli risulta più facile, il
dribbling stretto con i partiti? Lui ha continuato a dribblare dove c'era il
gioco, come se il sensore di rilevanza fossero i partiti. Sì, la
Chiesa è molto e forse troppo temuta nel Transatlantico, ha guadagnato
una certa capacità di intimidazione, ma non è questo che la fa
essere bella e attraente. È un modo di fare che ha annaffiato la
pianticella dell'anticlericalismo, una brutta bestia". La correttezza di
questa visione non è confermata solo dall'episodio della Sapienza, ma
da una recente rilevazione sui "sentiment" degli italiani. La
società Astra svolge da molti anni un'indagine periodica sui
"sentiment" degli italiani per conto di Bpm Gestioni. Nell'ambito
della più recente rilevazione, tra le motivazioni spontaneamente
indicate dagli intervistati per spiegare il clima sociale negativo, per la
prima volta, spunta: "la rimessa in discussione della laicità
dello Stato". A me sembra che il tentativo di riportare indietro
l'orologio della storia da parte dei vertici della Chiesa, sia evidente e
forte. Non si tratta di farlo ritornare a prima del Vaticano II, ma più
indietro, molto più indietro, sino a Innocenzo III. Grande papa,
grande teologo, grande giurista, Innocenzo III era diventato Papa a 37 anni
quando era già un famoso teologo e giurista. Fu con lui che, nel IV
Concilio Laterano (1215), la visione ierocratica raggiunse il culmine, con
una formula di straordinaria eleganza: "Sententia papae et sententia Dei
una sententia est". Fu lui ad affermare "Papa ipse verus
imperator". Fu lui che sostenne, con forza, la necessità di
salvare il clero dall'umanità corrotta e abominevole e per
simboleggiare ciò impose che il sacerdote, che sino ad allora aveva
officiato la messa rivolto ai fedeli, fosse tenuto ad officiarla con la
schiena rivolta agli stessi (come Ratzinger è ritornato a fare), come
segno di disprezzo verso l'umanità e come segno del fatto che per la
celebrazione eucaristica il sacerdote, protetto dalla grazia, non aveva
bisogno della compartecipazione dei laici. Fu Innocenzo III, con formula
geniale, a sostenere che la Chiesa "ratione peccati" poteva e
doveva interessarsi non solo della dottrina e della pratica religiosa ma di
tutti gli aspetti della vita civile ed economica. E questa formula resta
ancora la chiara guida per risolvere tanti problemi. La Chiesa, "ratione
peccati", cioè per aiutare il popolo a capire il bene e il male,
per diffondere il sentimento religioso, per testimoniare la presenza di Dio
nel mondo, non può stare chiusa nelle chiese e nelle strette pratiche
religiose. Deve stare nel mondo, dove i temi del bene e del male vivono e si
scontrano nella realtà della vita e "ratione peccati" non
può ma deve far sentire la sua voce ovunque l'uomo vive, soffre, ama e
si interroga sul proprio destino. Per questo quando quella sventura per
Napoli che risponde al nome del sindaco Iervolino si rivolge, con stizza, al
cardinale di Napoli, dicendogli: il cardinale si interessi dei temi religiosi
che io mi interesso dei problemi di Napoli, come i rifiuti, fornisce la
dimostrazione definitiva della sua piccolezza. Il cardinale di una grande
città come Napoli, che sta morendo soffocata da tonnellate di rifiuti,
frutto di venti anni di mala gestione che continua e che non si ha la minima
idea di cambiare, cioè frutto del male, cioè frutto, per un
cattolico, del peccato, non può non interessarsi, "ratione
peccati", di questa tragedia dei suoi parrocchiani. E non solo
può ma deve, "ratione peccati", essere presente in questa
tragedia totale del suo popolo. Ma lo deve fare, appunto, "ratione
peccati", non per ragioni e obiettivi politici e di potere, ma per
ragioni proprie del buon pastore, per contribuire ad aiutare il suo popolo a
resistere, a non rifugiarsi nella "disperazione stabilizzata" che
sta avvelenando il cuore e l'anima dei napoletani, a conservare la
capacità di credere e di pregare. Dunque che vescovi, cardinali, Papi,
"ratione peccati", parlino e portino il loro contributo alla
ricerca della difficile via. Ma con grande rispetto per
la laicità dello Stato, sempre difesa, con dignità, dai cattolici liberali veri come De Gasperi, Don Sturzo, Andreatta (il cui
comportamento nel caso Ambrosiano resta una delle pagine più belle
della Repubblica italiana). E senza tentare di portare indietro l'orologio
della storia. Perché questi tentativi, possono creare conflitti e
dolori, ma non possono riuscire, come scrisse nel 1953 una delle grandi voci
anticipatrici del Vaticano II, padre Giulio Bevilacqua in Equivoci mondo
moderno e Cristo : "Il vento soffia dove vuole e tu ne odi la voce, ma
non sai donde venga e dove vada; così è chiunque nasce dallo
Spirito. Figli di una verità che ci ha fatti liberi perché non abbiamo
salutato con gioia questo uomo del secolo XX che rifiuta di restare un eterno
minorenne per assumere la totalità delle sue funzioni attive con tutte
le responsabilità e i rischi inerenti? Ricordiamolo bene: le tortuose
complicazioni della vita moderna possono farci desiderare talora che l'uomo
ritorni fanciullo, ma minorenne non lo ritornerà mai. Egli
volterà sdegnosamente le spalle a qualunque messaggio, a qualunque
diplomatico, a qualunque ordine ammantato anche dei più alti titoli
sacri, ove si accorga di una manovra di accerchiamento per diminuirlo e per
dominarlo. Questo problema di maggiorità è sentito ora fino
all'esasperazione costituendo, essa, la linea essenziale del mondo moderno in
chiesa e nell'officina, nella vita pubblica e nella direzione dell'impresa,
nel pensiero e nella azione. Come sintesi dell'aspirazione alla giustizia
sociale è stata posta dal mondo contemporaneo la formula paolina
"chi non lavora non mangi"; ma sotto l'aspirazione alla maggiorità
che brucia l'uomo moderno, si può collocare un altro aforisma di
Paolo: "Fanciullo, parlavo da fanciullo, avevo gusti da fanciullo.
Divenuto uomo ho smesso tutte quelle cose da bambino" (I Cor.
XIII-ii)". Se, dunque, ci costringono a scegliere tra il Papa che sogna
di ritornare a Innocenzo III e che ha difficoltà a cogliere la
differenza tra un Papa e un professore di teologia, e il pastore cardinale
Giulio Bevilacqua o il pastore protestante "cattolico" Dietrich
Bonhoeffer, io non ho dubbi nello scegliere i due pastori. 06/02/2008.
Torna all'inizio
( da "Riformista, Il" del
06-02-2008)
Argomenti: Laicita'
Laicità
il problema di avere un papa che sogna di tornare a innocenzo III Il vuoto di
pensiero politico apre spazi alla Chiesa La presenza sempre più
pervasiva della Chiesa su tanti temi è la conseguenza del fatto che la
Chiesa è uno dei pochi centri di potere, capace anche di esprimere un
pensiero.
Ciò vale non solo sul tema della scienza e della tecnica, ma per i
temi socio-economici, per i temi della criminalità (se nel Sud si
incontrano ancora delle autorità rispettabili e credibili queste sono
di solito i vescovi, tra le poche persone degne e con le quali si può
parlare in modo serio di cose serie) e altri temi. L'agghiacciante vuoto di
pensiero che caratterizza la classe dirigente italiana (e non solo la classe
politica) apre spazi nuovi e inaspettati per la Chiesa e per il Papa. La
domanda centrale è se la Chiesa si inserisce in questi spazi in modo
utile e appropriato o meno. Io, parlando da aspirante cristiano e
cattolico-liberale con sofferenza, rispondo di no. Se i vertici della Chiesa
(Papa e Cei), approfittando della debolezza di pensiero della classe
dirigente, invece di aiutare a colmare questo vuoto, cercano di riportare
indietro le lancette della storia, è inevitabile che il confronto tra
pensiero laico e pensiero teocratico, superato dal Vaticano II, si
riacutizzi. E a me sembra che questo Papa e questa Cei invece di impegnarsi a
diffondere nella società lo spirito religioso, cioè il senso
del divino, invece di diffondere e applicare il Vangelo (per usare
un'espressione amata da quei preti "da strada" che, come me,
soffrono per questa Chiesa arrogante, ricca, potente e scintillante di
gioielli), siano impegnati principalmente in una grande operazione di potere.
E allora devono attendersi delle reazioni. Se la Chiesa si muove direttamente
e in prima persona come un partito politico, se c'è qualcosa di vero
in quello che, scherzosamente ma non troppo, disse tempo fa Cossiga:
"come presidente della Cei Ruini è stato
un grande, ma come segretario regionale della Dc sarebbe stato
il massimo", allora episodi come quello della Sapienza vanno inquadrati
in una prospettiva più ampia. Questo episodio preso in sé e per sé
è il frutto di due errori. Il primo è quello di cercare di
impedire la parola a un'autorità intellettuale in una
università, che è il luogo per eccellenza della libertà
di pensiero e di parola. E il secondo è quello di invitare il Papa non
a parlare ma a tenere il discorso di apertura dell'anno accademico in una
università pubblica. L'invito è stato
una dimostrazione di debolezza intellettuale, servilismo, ricerca impropria
di effetti mediatici, tipica di una dirigenza senza pensiero, senza
dignità e senza rispetto per l'istituzione che è chiamata a
dirigere. Ma forse l'accettazione di questo invito è stata una
decisione non ben valutata. Io credo però che più che
preoccuparci della limitata ostilità alla preannunciata presenza di
Ratzinger alla Sapienza, sia più giusto preoccuparci del contrario.
Credo che abbia ragione Carlo Augusto Viano, professore emerito di Storia
della filosofia all'università di Torino che, tempo fa, (prima delle
vicende della Sapienza), ha detto: "Voci critiche e discordanti! Ma se
Ratzinger è l'uomo meno criticato del Pianeta. In Italia ormai
c'è una devozione agghiacciante verso il Papa che neanche nel peggiore
regime democristiano, non esiste alcuna voce discordante o se c'è non
se ne dà mai notizia. Basta guardare i mezzi di comunicazione: ogni
giorno c'è il Papa, non chi la pensa diversamente da lui. Siamo eredi
dello Stato pontificio e questo ci rende succubi del Papa. Inoltre solo in
Italia ci si stupisce del fatto che il Pontefice venga criticato, e ci siamo
ormai abituati a non contraddirlo mai". 2 06/02/2008.
Torna all'inizio
( da "Riformista, Il" del
06-02-2008)
Argomenti: Laicita'
Dibattiti il libro di onofri uscito
da donzelli Il critico fa shopping culturale come Socrate Bisogna riconoscere
di quante cose non abbiamo bisogno. Consigliare e sconsigliare Quando e dove
comincia in Occidente il pensiero critico? Nella Prussia orientale del '700 con Kant o in Francia con gli illuministi, e prima ancora
con Montaigne? Qualcuno suggerisce di spostarci molto più indietro nel
tempo. Proviamo ad andare in un mercato ateniese del V secolo a.C., in
compagnia di Socrate. D'accordo non era un moderno, scintillante shopping
mall ma presumibilmente spezie e mercanzie, specie provenienti dal vicino
Oriente, non dovevano mancarvi. Dopo aver passeggiato lungo i banchi
il filosofo greco ha un'aria compiaciuta, quasi allegra. Un discepolo gliene
chiede ragione, al che lui risponde con un sospiro: "Di quante cose non
ho bisogno". Ecco, in quel momento nasce il pensiero critico, non
allineato, orgogliosamente autonomo, anticonformista. Ora, non vorrei dare
l'impressione di una premessa troppo alta e solenne per introdurre questo
libro di Massimo Onofri, La ragione in contumacia (Donzelli) - più un
trattatello concentrato che un pamphlet - ma in una delle sue pagine si legge
questo passo, ripreso anche in quarta di copertina: "Il critico è
Socrate, quando, per restare fedele ai suoi argomenti, è disposto a
sacrificare addirittura la sua stessa vita?". E, in un certo senso, pur
occupandosi prevalentemente di critica letteraria, il libro è di
"filosofia militante", nel senso che continua, con umiltà ma
anche con ostinazione, la battaglia di Socrate contro i sofisti.Chi sono oggi
i sofisti (e naturalmente uso questo termine nella accezione peggiorativa -
assai discutibile - che volle conferirgli Platone)? Sono tutti quelli che in
discipline e campi diversi negano l'esistenza della realtà,
riducendola a effetto retorico, a simulazione o narrazione tra le altre, che
ritengono che la verità è una "cosa da anni '60"
(Carlo Freccero), sintomo ed espressione di rapporti di forza (come se
Nietzsche quando scrisse che "non esistono fatti ma
interpretazioni" volesse dire che tutto è soggettivo!). A loro si
contrappone proprio il critico militante, inteso come figura antagonista,
responsabile, a tratti eroica, come critico della cultura e della vita.
Evidentemente i concetti di "realtà" e
"verità" sono alquanto problematici, ma uno dei compiti
più appassionanti per la cultura contemporanea è quello di
ripensarli e reinterpretarli ogni volta di nuovo. E di farlo mettendosi dal
punto di vista concreto, "impuro", dell'individuo empirico,
materiale, del lettore in carne e ossa che - come si dice in queste pagine -
mentre legge vive, e dunque mangia, beve, sogna, fa l'amore, odia, patisce?
Ma entriamo nel merito degli argomenti di Onofri. La sua apologia dell'illuminismo, contro i molti e anche illustri denigratori
(Adorno Horkheimer, e poi, sia pure parzialmente, Sternhell e Berlin) si
rifà a Edward Said, straordinario intellettuale palestinese cresciuto
al Cairo e immigrato negli Usa (dove è stato professore alla Columbia
University fino alla sua morte, nel 2003), e al suo concetto di
"autoriforma dell'umanesimo". L'illuminismo
che sta a cuore a Onofri viene ridefinito "trascendentale" a
indicare la ragione non come istanza normativa, o come privilegiamento di una
cultura (quella occidentale) sulle altre, ma come spazio di condivisione e
reciprocità, dunque condizione di ogni possibile dialogo. Di qui siamo
portati nel cuore della discussione attuale sull'estetica e poi sul canone
letterario. Molte le pagine su angustie e dogmi teorici dello strutturalismo,
sulla pretesa di dissolvere, insieme al giudizio di gusto e di valore, il
soggetto stesso del sapere. Barthes, insuperato critico dell'ideologia,
è invece un teorico spesso unilaterale ed epigonico, rispetto alla
grande tradizione dei Bataille e Blanchot: la sua letteratura intesa come
spazio intertestuale, irrelato, anonimo mi evoca l'universo tecnologico descritto
dal filosofo Anders, nel quale l'uomo stesso è divenuto antiquato. Ma
ancora più interessante è il confronto di Onofri con la Critica
del giudizio , dove ci viene mostrato che il sentimento (o piacere) del
bello, per quanto soggettivo, non è affatto arbitrario né riducibile
ai sensi: quando dico che una cosa è bella desidero, e anzi esigo, che
tutti quanti la riconoscano bella, giudico per tutti. Nel giudizio estetico -
, coincidente in ciò con il senso comune - anticipo la
comunità, o almeno una sua versione utopica. Agisco come se la
bellezza fosse una qualità dell'oggetto. Questa direzione
"comunitaristica" - e dunque etica - della riflessione kantiana mi
sembra oggi la più feconda. E anzi, vorrei estenderla a campi anche
lontani dall'estetico, come ha fatto Hannah Arendt (non citata da Onofri).
Anche di fronte a una ideologia politica infatti la questione potrebbe porsi,
kantianamente, in questi termini: mi piace o non mi piace? Ma torniamo alla
letteratura. Se giudico bello un romanzo e pretendo il consenso di tutti
corro il rischio di una possibile deriva autoritaria? Credo di no, per la
ragione che non vi è alcuna regola del gusto, definita a priori e una
volta per sempre. Nella comunità dei giudicanti non si danno garanzie.
L'unica autorità è quella retorica della argomentazione -
onesta, minuziosa -: la critica letteraria non può dimostrare alcunché
né esibire prove. È soprattutto discorsiva. Ed ovviamente qualsiasi
canone, che implica conflitto e anzi "guerra" delle interpretazioni,
non potrà che essere mutevole e oscillante, esposto ai mutamenti
storici del gusto. Il critico lavora sulle ombre proiettate sulla caverna
perché sa che, benché incerte, sono quanto di più stabile e affidabile
ci sia dato. La sua è una continua, impietosa ecologia della cultura,
impegnata a denunciare gli eco-mostri letterari, tutte quelle opere che non
aprono e fondano mondi, ma li soffocano, impoverendo il nostro linguaggio,
diseducando il nostro orecchio e appiattendo la nostra immaginazione. La
definizione di Orhan Pamuk - qui riportata - dell'arte del romanzo mi sembra
illuminante: "talento di raccontare la propria storia come se fosse la
storia degli altri". Se per letteratura intendiamo, in prima battuta,
dire qualcosa in modo "interessante", ecco che lo scrittore
è colui che riesce a trovare dentro la propria esperienza personale
quegli elementi potenzialmente universali, che diventano figure e geroglifici
di destino, simboli, significati condivisi: la realtà è
sì una "invenzione", ma un'invenzione in cui gli altri si
riconoscono, proprio perché illumina qualcosa che fino a quel momento era in
ombra (su questo non riesco a seguire fino in fondo Onofri che, volendo
distinguere - in modo sofistico? - tra scrittore e critico, sostiene che il
primo crea e il secondo inventa: mi sembrano termini interscambiabili). Ma
vengo alla questione di fondo in cui mi sento di esprimere un lieve dissenso
con l'autore, o sulla quale mi piacerebbe leggere una sua successiva
elaborazione. Nel libro si dice a più riprese che la bellezza di un'opera
letteraria si misura con l'altro da sé, si disfa nelle sue continue,
sfuggenti metamorfosi, coincide infine con una "irriducibile
opacità". E ancora che l'estetico oppone resistenza ai nostri
sforzi di comprensione, "sfugge alla pressione livellante dell'esperienza
quotidiana, dalla quale l'arte paradossalmente ha origine" (Said). Poi
cita il grande Leo Spitzer che una volta osservò che una pagina
letteraria "non si lasciava strappare il suo incanto". Si configura
qui una epistemologia della passività, simile a quella che Debenedetti
volle individuare in Proust: per conoscere una qualsiasi cosa occorre
pazienza, attenzione, identificazione, bisogna che ci lasciamo raggiungere da
quella cosa. L'atto conoscitivo non dipende solo da me e dalla mia volontà.
Qui temo che l'illuminismo, sia pure trascendentale,
non ci basti più. Deve essere "corretto", come suggeriva
Berlin, da Vico, Hamann, Herder, dalla cultura romantica e dal populismo di
Herzen. Se la verità è affidata alla letteratura, questa che contiene
sempre in sé un nucleo misterioso, asociale, un quid non del tutto
laicizzabile. Mi viene in mente una citazione dell'amato-odiato Barthes:
compito della letteratura non è di esprimere l'inesprimibile ma
"inesprimere" l'esprimibile, e cioè sottrarlo alla ovvietà,
alla convenzione, alla falsa trasparenza. Ma ancora una volta l'estetica si
sporge sull'etica. Onofri si appella, giustamente, al dialogo - senza
ipocrisie - , nel quale tutti producono incessantemente argomenti e tentano
di persuadere l'altro. Però ci sono soggetti che si sottraggono al
dialogo stesso, anche perché intuiscono che su quel terreno lì - della
argomentazione - sono fatalmente perdenti. Cosa farne? Concluderemo forse che
si autoescludono da qualsiasi comunicazione? Quando proponevo a mio figlio -
che aveva 8 o 9 anni - di discutere una questione su cui avevamo differenti
vedute (che so, una sua richiesta negata di giocare a pallone con il brutto
tempo), lui si sottraeva alla discussione, istintivamente diffidente. A quel
punto dipende solo da me riattivare le condizioni di un vero dialogo. In che
modo? Mettendomi nei panni di mio figlio e cercando di immaginare - con
equanimità - le sue possibili argomentazioni. Dunque: immedesimazione,
empatia, attenzione alla concretezza dell'altro, immaginazione morale, scelta
di mettersi da parte, almeno per un momento. Riformulo allora quanto detto in
precedenza: l'illuminismo andrebbe corretto
semplicemente dalla letteratura, che implica tutte queste attitudini.
06/02/2008.
Torna all'inizio
( da "Riformista, Il" del
06-02-2008)
Argomenti: Laicita'
Odio profano Con Zizek ai mercati di
Baghdad Il terrorismo non ha nulla di sacro Non c'è sogno di vittoria,
ma gonfiare d'orrore il nemico Nessun martirio, nulla di sacro nel sangue di
Al Qaeda. E soprattutto, nessuna follia: l'ultima strage nei mercati di
Baghdad, prodotta dall'esplosione, con un ordine a distanza, dei corpi di due
povere donne down, non è un gesto barbarico, è molto altro. Se
continuassimo ad inorridire pensando che quell'atto sia il culmine della
deiezione e l'apice del ritorno in una mostruosità primitiva, quasi
che all'evoluzione si sostituisse l'involuzione, ebbene non capiremmo la
verità, staremmo soltanto confortandoci, rimuovendo il significato del
terrorismo. Il nichilismo, questa disumanizzazione, non riportano negli
incubi delle caverne: il nichilismo vero è quando batte alle nostre
porte un futuro voluto, invocato, coscientemente desiderato. Il pensiero di
Al Qaeda è una forma estrema di razionalismo materialista. Nelle mani
di chi ha vestito a lutto col tritolo quelle due ragazze; negli occhi di
quegli uomini che le hanno lasciate sole in mezzo al chiasso dei mercati (e
loro, a un certo punto, avranno avuto paura, smarrite, senza più le
mani amiche che le guidavano); in quel terrorismo, insomma, non c'è la
bestialità né la disperazione di uomini in guerra, ma semplicemente le
ragioni, la volontà, i desideri furiosi di un futuro che il terrorismo
vuole chiamare nell'oggi. Quel futuro è senza tempo: non ha memoria;
è un tempo totale che non cambia più. L'idea, allora, di
ritenere "barbari" i fatti di Bagdad sarebbe
appena il modo di un impaurito laicismo che
ridimensiona l'evento nei confini dello sdegno morale. Ma il terrorismo non
è l'estrema malattia di un mondo in guerra. Il terrorismo di quelle
mani e di quegli occhi non vuole annientare il nemico, non vuole vincerlo:
piuttosto vuole gonfiare d'orrore il corpo del nemico, vuole farlo "divenire
tutto", vuole crescerlo morto. Per il terrorismo è
necessario che il nemico rimanga e che non finisca mai. È fondamentale
che coincida, che sia identico all'assoluto di un terrore che perdura, che
"sta per essere" definitamente e oltre i confini. L'idea stessa di
guerra termina: mai come nel mercato di Baghdad il terrorista vuole essere
esso stesso il nemico, quel corpo/mondo in cui il terrorista esiste,
esplodendo in lui per non vincerlo mai, per esaltarlo come un puro terrore
realizzato. Quelle mani, quegli occhi. Goebbels proclamava la "guerra
totale", così come Mao invocò la "guerriglia
totale": il leninismo (il suo essere prototipo del fascismo)
costituì la morale stalinista dell'"assassinio di massa".
Per tutti, la condizione rivoluzionaria era che il nemico non fosse vinto ma
"esibito", cioè sterminato; e nella sua imperfezione,
dunque, fosse manifestato dall'oscenità perfetta della paura. Ecco, la
globalizzazione, l'unità concentrazionaria del mondo/corpo in quanto
nemico cancellano la guerra (la sua dialettica di vinti e vincitori), la
rendono un passato, mentre la totalità del Terrore si fa il furore
macabro del Futuro che "arriva per sempre" - come un linguaggio
unico, come lo schema di un'ira senza più confini su cui si fonda il
materialismo nichilista. Per questo il terrorismo coincide con l'altro corno
di un'utopia cieca, la mafia: entrambi sono l'"esternità"
razionalistica di un'escatologia dell'umano. Oggi abbiamo bisogno di una
spiritualità più coraggiosa, di un odio più umano che
sappia odiare quest'orrore. Un grande "odio politico", ricordava
Slavoy Zizek nel bellissimo La fragilità dell'assoluto (Transeuropa).
Che ancora ci insegni a guardare negli occhi quelle due ragazze con
l'infanzia mite sulle palpebre. Prima dello schianto. 06/02/2008.
Torna all'inizio
( da "Padania, La" del
06-02-2008)
Argomenti: Laicita'
Benedetto XVI parla della sacralità
della vita anche prima della nascita Medici d accordo con il Papa nella
difesa dei feti abortiti Città del Vaticano - La vita va difesa anche
prima della nascita. È quanto ha affermato Benedetto XVI nel corso
dell Angelus. E per quanto le parole del Pontefice siano arrivate nel giorno
in cui la Chiesa celebrava la Giornata per la vita, è inevitabile
cogliere la concomitanza con il documento di quatto ospedali degli atenei
romani affinché si tenti di tenere in vita il feto delle donne che hanno praticato
un aborto terapeutico anche contro la loro volontà. Il testo è stato
sottoscritto da neonatologi e ginecologi delle università La Sapienza
e Tor Vergata sul fronte laico, e della Cattolica e del Campus Biomedico sul
versante cattolico. In particolare nel testo si sottolinea che il feto
derivante dagli aborti prematuri va trattato come qualsiasi essere umano
anche in estrema pre-maturità, cioè sotto le 22
settimane che è il limite attuale. Dunque, le parole del Papa, pur non
riferendosi esclusivamente al caso italiano, lo toccano però da
vicino, almeno nell impostazione di fondo del problema, ribadendo il punto di
vista della Chiesa. "Ognuno, secondo le proprie possibilità
professionalità e competenze - ha detto il Pontefice - si senta sempre
spinto ad amare e servire la vita, dal suo inizio al suo naturale tramonto.
È infatti impegno di tutti accogliere la vita umana come dono da
rispettare, tutelare e promuovere, ancor più quando essa è
fragile e bisognosa di attenzioni e di cure, sia prima della nascita che
nella sua fase terminale". "Bene ha fatto il Papa nel suo discorso
domenicale sulla vita. Crediamo che la prossima legislatura sia quindi il
tema della vita che sarà al centro di una agenda etica e non come
è avvenuto finora con questa legislatura pro-choice". Lo ha
affermato Massimo Polledri, capogruppo della Lega Nord in commissione
Sanità del Senato, che rileva come finora, con questo governo, sia
stata affermata fortemente "la libertà di scelta ad ogni costo,
come bene primario nei confronti della vita, quindi con la revisione della
40, con la possibilità della diagnosi pre-impianto, con la
soppressione del feto malato (non eugeneticamente corretto) e ancora con la
ru-486 e, infine, con l eutanasia mascherata da testamento biologico
presentato con il volto perbene ed ispirato da sentimenti di pietà del
presidente Marino". Ecco quindi, per il senatore leghista, la
necessità di "dettare una agenda etica, laica, equilibrata,
pro-life dove non ci sia più contrapposizione tra diritto della donna
e diritto dell embrione e dove l obiettivo sia coniugare la libertà
della donna con la necessità di ridurre il numero di aborti e di
aumentare le persone che scelgono la vita: lo Stato dovrà tornare ad
applicare veramente la legge 194; la lotta contro il dolore e l approvazione
di un serio piano per le cure palliative dove oggi l Italia è fanalino
di coda in Europa . [Data pubblicazione: 05/02/2008].
Torna all'inizio
( da "Padania, La" del
06-02-2008)
Argomenti: Laicita'
Intervista a Francesca Martini
"Aborto, il Papa ha ragione" Roberto Brusadelli
"Al di là della adesione personale alla dottrina cattolica, penso
che le parole di domenica sul diritto alla vita rappresentino, da parte del
Pontefice, la rivendicazione di un diritto naturale. Chi vuole costruire un
fossato tra laici e credenti su temi così grandi si muove in realtà
in un angusta ottica ideologica. Parlando giustamente delle
fragilità della condizione umana, Benedetto XVIha inteso riferirsi non
solo alla nascita e alla morte come termine naturale della vita, ma anche
alla malattia e alle sofferenze più diverse". È molto determinata,
e appassionata, Francesca Martini - responsabile federale politiche sociali e
famiglia della Lega Nord -, quando commenta l intervento di Papa Ratzinger in
occasione della Giornata mondiale per la vita. Quali altre parti del discorso
papale suscitano il suo plauso? "Un altra affermazione che mi ha molto
colpita - prosegue - è quella per cui la civiltà di un popolo
si misura sulla capacità di difendere la vita. Questo è un vero
e proprio ultimatum a quelle forze che si proclamano laiche, e che invece
dovrebbero definirsi laiciste, che fomentano una contrapposizione ispirata in
ultima analisi al nichilismo e al tentativo di distruggere il concetto stesso
di dignità della persona umana. Mi stupiscono quelle femministe che,
in merito all aborto e all applicazione delle legge 194, parlano di un
dibattito politico che viene fatto sul corpo delle donne . Sembrerebbe
così che esse vogliano affermare un diritto di proprietà sui
bambini, una potestà assoluta che arriva al punto di distruggere la
vita nascente. È un autentica follia, questa di tentare di
contrapporre la libertà individuale, senza freni né inibizioni, a quei
valori in cui affondano le radici storiche, etiche e culturali della nostra
civiltà". Francesca Martini si schiera poi con il gruppo di neonatologi
e ginecologi romani che hanno sancito l applicabilità delle teorie di
rianimazione per i feti nati molto prematuramente, compresi quelli oggetto di
interruzione di gravidanza. Perché quel documento ha sollevato polemiche?
"Perché, grazie anche ai progressi della medicina, si è voluto
semplicemente proclamare che stiamo parlando sempre e comunque di una vita
che si affaccia al mondo. Anche su questo punto c è chi, come Livia
Turco, porta avanti una polemica strumentale. Come strumentale è la
posizione di Rita Bernardini e in genere dei radicali che rivendicano alla
madre l opzione ultima, anche in considerazione che i feti così
salvati, proprio perché in età gestionale molto precoce, possono
andare incontro a gravi problemi di salute psico-fisica. Ma questi sono
discorsi che mi ricordano una selezione eugenetica, per non dire la prassi
della Rupe Tarpea". Veniamo a un analisi della normativa in vigore sull
aborto e delle criticità che presenta. "Partendo dal concetto,
che non è quello ispiratore della legge, che la natalità
è il collante sociale delle nostre comunità locali, possiamo
notare subito che, pur se in lieve diminuzione, le interruzioni volontarie di
gravidanza vedono una quota massiccia di donne immigrate, circa il 40% del
totale. Combattere l aborto significa quindi rendersi conto di quali siano le
donne che vi ricorrono e quali strumenti di prevenzione si possono attuare.
Nel 2005 avevo presentato una proposta di legge per il rafforzamento della
rete dei consultori. Pensiamo che oggi la metà di questo 40% di donne
straniere che accedono alla 194 lo fa più volte nel corso di un anno,
anche tre: e questo in pieno contrasto con la stessa 194, che vieta l aborto
come mezzo anticoncezionale". E i dati relativi alle donne italiane?
"Un altro 20% che abortisce ha partorito nei 12 mesi precedenti. Mi
viene quindi da dire che, prima di essere dimesse dall ospedale, le nuove
mamme debbano essere informate rispetto alla fertilità dopo il parto.
Un discorso a parte, poi, è relativo alle minorenni che nel 2% dei
casi va incontro a gravidanze indesiderate, il che nella metà delle
volte si traduce nella scelta di rinunciare al figlio. Ecco perché da molte
parti esiste un rapporto di cooperazione tra i consultori familiari e i
centri di aiuto alla vita: penso al Veneto, dove sono assessore regionale
alla Sanità". Molte polemiche ha sollevato la decisione della
Regione Lombardia a fissare a 22 settimane il limite per l intervento
abortivo. "In realtà la Regione ha recepito la prassi in uso
già da tre anni alla Clinica Mangiagalli di vietare l interruzione di
gravidanza oltre le 22 settimane. E trovo vergognoso che su un diritto
fondamentale come quello alla vita abbia così largo spazio la
soggettività dei medici". A proposito di medici: cosa pensa del
cumulo di indagine diagnostiche prenatali a cui comunemente ci si adegua?
"Penso che siano troppe e che vengano effettuate senza un adeguata
valutazione di parametri come la storia familiare e l età della donna.
I medici del resto spesso protraggono sempre più in là le
indagini perché, quanto più il feto è formato, tanto più
l esito è sicuro. Occorre anche un severo monitoraggio del rapporto
esistente fra le prassi abortive e le diagnosi post-aborto, in modo da poter
valutare gli errori commessi". Insomma: una famiglia forte nasce da
prevenzione, corretta informazione, applicazione della legge nelle parti
disattese. "Nasce anche da politiche familiari che consentano l
effettivo ingresso delle giovani coppie nel mondo del lavoro per mantenere la
loro famiglia e sostenere la natalità! Così il cerchio virtuoso
si chiude, anche se, come afferma il nostro Segretario Federale Umberto
Bossi, nessuno ci potrà mai restituire le centinaia di migliaia di
bambini che già mancano all appello". [Data pubblicazione:
06/02/2008].
Torna all'inizio
( da "EUROPA.it" del
07-02-2008)
Argomenti: Laicita'
FEDERICO ORLANDO Cara Europa, ho
letto il vostro lungo editoriale di ieri sul possibile ingresso di candidati
radicali nelle liste del Pd (una lista collegata sarebbe troppo
"clamorosa", a differenza di quelle Sd e Idv) e me ne sono
rallegrato. Essendo stato il mio un
voto sempre laico, penso che la vostra proposta risolverebbe il problema del
pluralismo culturale del nuovo partito: che finora non ho visto e mi ha
trattenuto domenica scorsa dall'andare anch'io a firmare in sezione per non
sentirmi spaesato fra teodem e postcomunisti. ALCEO LIVERANI, LIVORNO
Caro Liverani, sono lieto di risentirla dopo decenni di lontananza. Quando
eravamo tutti uniti in un unico partito liberale (di sinistra, di destra,
mangiapreti, cattolici, monarchici, repubblicani,
liberalcrociani, liberisti einaudiani, ecc.) non avremmo potuto immaginare
che ci saremmo sbriciolati, come la Dc (dieci partiti se ne contendono il
simbolo, le membra, le benedizioni e qualche eredità, da Berlusconi a
Casini, a Mastella, a Dini, a Tabacci, a Giovanardi, a Lombardo, ai teodem
del Pd), come il Pci (Rifondaroli, comunisti d'Italia, trozskisti, sinistra
democatica, ex Ds, ecc.), per non parlare dei fascisti di tutte le tinte di
nero e di bruno e dei socialisti (boselliani, cicchittiani, demichelisiani,
craxiani di rito Bobo, craxiani di rito Stefania, rose singole, rose a mazzi,
garofani, e il resto dell'orto botanico) . La sua idea di un ritrovarci nel
Pd di tutti noi laici di matrice liberale, estende a ragioni un po'
nostalgiche e un po' ideologiche (oggi démodé) quelle ragioni politiche e
pratiche che l'articolo di Europa ha chiarito. Anch'io (che vedrei volentieri
una bicicletta tra Pd e "piccola intesa" Sd-Pr-Idv) vorrei che ci
ritrovassimo. Ricordo d'aver scritto in questa pagina, nei giorni delle
primarie per il segretario del Partito democratico a cui voleva concorrere
anche Pannella: "Firmerò per la candidatura di Pannella e
voterò Veltroni. Sarà il mio modo di essere liberale nel
Pd". Ora sta per cadere il 40° della scomparsa di Mario Pannunzio, il
grande direttore del Mondo che riunì nella redazione di Campo Marzio
il fiore dell'intelligenza laica italiana (da Croce e Einaudi a Salvemini a
Calogero da La Malfa a Bobbio, da Panfilo Gentile a Poggi a Mario Ferrara,
più i giovani Scalfari, Compagna, De Capraris, Spadolini e, dopo il
1955 e la scissione dei radicali dal partito liberale, Marco Pannella). In un
articolo nella nostra pagina culturale, ricorderò domani quella
vicenda che fu definita "la più alta espressione intellettuale,
dopo La Critica di Croce, del liberalismo del Novecento". E dunque, caro
Liverani, penso che, finite le cause che mezzo secolo fa provocarono il
nostro bing bang e incombendo su tutte le libertà le nuvole di un
nuovo medioevo, che mai sentimmo così gelide nemmeno al tempo del muro
di Berlino, è necessario che i liberaldemocratici si riuniscano nel
Pd: quelli che già ci sono, se non pensano solo a se stessi, e quelli
come i radicali, che a Pannella debbono le conquiste civili, a Bonino ottimi
risultati in Europa e al governo e a Cappato nobili e solitarie battaglie
contro le sofferenze e per la dignità umana. Unendosi tutti i rami di
centrosinistra della cultura liberale, nel Pd potrà finalmente
parlarsi di quel "pluralismo" che ci era stato
promesso anni fa e che abbiamo visto in parte inghiottito dall'aquila
bicipite neoclericale e postcomunista. E anche lei ed io potremo andare alle
urne il 13 aprile con convinzione.
Torna all'inizio
( da "Repubblica, La" del
07-02-2008)
Argomenti: Laicita'
Cronaca
Assemblea sulla laicità: "Basta ingerenze della Chiesa"
Sapienza, i docenti anti-Papa "Diventeremo un movimento" "Daremo
voce al disagio diffuso tra i cattolici"
E sabato a Roma No Vat in corteo PAOLA COPPOLA ROMA - "Diventeremo un
movimento culturale per rispondere all'esigenza diffusa di laicità
espressa da molti italiani". Lo storico Angelo D'Orsi, promotore
dell'appello di solidarietà nei confronti dei 67 docenti di fisica
della Sapienza, rilancia. Dopo le 1500 firme di professori, ricercatori e
dottorandi che hanno aderito su internet all'iniziativa, il professore
torinese auspica che l'incontro organizzato dagli studenti di Sinistra
critica sia il primo di una serie. Dall'aula di giurisprudenza dove, a una
ventina di giorni dalle polemiche, si discute di "Laicità e
autoderminazione dopo le proteste per la partecipazione del Papa
all'inaugurazione dell'anno accademico", parte un messaggio: in uno stato moderno e laico è inaccettabile
"l'ingerenza del Vaticano nella sfera politica e nelle scelte
individuali". In platea ci sono molti giornalisti, gli studenti sono
pochi, la solidarietà si è espressa soprattutto su Internet.
Intorno all'iniziativa di D'Orsi contro il "linciaggio morale,
intellettuale e persino politico" dei "cattivi maestri" si
è raccolto il mondo dell'accademia - tra gli altri, la grecista Eva
Cantarella, il filosofo Gianni Vattimo e il matematico Pierluigi Odifreddi -
e il professore racconta che è emersa la richiesta di trasformare
l'appello in qualcosa di più, "un movimento culturale
permanente", dice. Dello stesso avviso Carlo Cosmelli, coinvolto nelle
polemiche per la lettera al rettore Renato Guarini: "Ci piacerebbe
essere un punto di aggregazione di idee. C'è un disagio che non
è presente solo negli uomini di scienza ma che esiste anche tra molti cattolici", chiarisce. Nel dibattito D'Orsi ricorda i
passaggi che hanno prodotto "l'anomalia italiana", dal Concordato
del 1929 fino alla revisione dei Patti Lateranensi del governo Craxi.
"Un'anomalia - dice - dovuta alla carenza di laicità nella vita
pubblica e istituzionale". E, aggiunge, che l'Italia "sta
diventando un paese multietnico" e che la Chiesa di Roma rappresenta il
pensiero di una parte del paese. Cosmelli contesta le dichiarazioni di
Ratzinger su temi come l'evoluzionismo, l'omosessualità e il diritto
alla vita: se le parole del Papa "entrano nella vita dei cittadini vanno
discusse", secondo il fisico. Coordina Giorgio Sestili, del
coordinamento dei Collettivi che ricorda l'appuntamento di sabato, la
manifestazione No Vat. Nel pomeriggio invece a Scienze politiche si tiene un
altro incontro organizzato dal preside Fulco Lanchester, intervengono i
docenti Vittorio Possenti, Mario Caravale e Teresa Serra. Si discute di
"Fede, ragione e università". "Non è nato in
contrapposizione a quello di giurisprudenza", assicura Lanchester. "Ma
era necessario affinché l'università si riprendesse il potere di
dibattere sull'accaduto".
Torna all'inizio
( da "Repubblica, La" del
07-02-2008)
Argomenti: Laicita'
Commenti Un vuoto di legalità
(SEGUE DALLA PRIMA PAGINA) La legalità costituzionale, prima di tutto.
Sta accadendo qualcosa che non ha precedenti nell'intera storia repubblicana.
Si dubita, con fondate ragioni, della legittimità stessa delle leggi
elettorali, dunque dello strumento al quale sono affidate le sorti della
democrazia rappresentativa. Questo non avviene per forzature di parte. Deriva
da quel che sta scritto in una delle sentenze con le quali la Corte
costituzionale ha dichiarato ammissibili i referendum elettorali e che,
nell'euforia referendaria, era stato trascurato. Non è un dettaglio,
ed è ben più che un segnale d'allarme. Dopo aver ricordato di
non potersi occupare in questo momento della costituzionalità
dell'attuale legge elettorale, né di quella che risulterebbe qualora i
referendum fossero approvati, i giudici costituzionali scrivono:
"L'impossibilità di dare, in questa sede, un giudizio anticipato
di legittimità costituzionale non esime tuttavia questa Corte dal
dovere di segnalare al Parlamento l'esigenza di considerare con attenzione
gli aspetti problematici di una legislazione che non subordina l'attribuzione
del premio di maggioranza al raggiungimento di una quota minima di voti e di
seggi". Un vizio, questo, che non riguarda soltanto la legge che
deriverebbe dal referendum, ma "è carenza riscontrabile
già nella normativa vigente", dunque nella legge con la quale
andremo a votare in aprile. Che cosa vuol dire tutto questo? Che sulle
prossime elezioni si allunga appunto l'ombra dell'illegittimità. Le
Camere risultanti dal voto di aprile verranno costituite con un meccanismo
sul quale sollevano dubbi non critici malevoli, ma la stessa Corte. La
"porcata" di Calderoni e la "trovata" dei referendari sono
accomunate da un dubbio che riguarda la loro compatibilità con il
sistema costituzionale. Come uscire da questa situazione? Da molte parti si
prospettano ricorsi, conflitti tra poteri dello Stato. Ma, date le
caratteristiche delle leggi elettorali, è quasi impossibile sanare
quel vizio d'origine. E così l'intero nostro sistema istituzionale
è destinato a funzionare in condizioni di "convivenza con
l'illegalità", estendendosi ad esso una regola che vige da tempo
in molte aree e settori del nostro paese. L'unico rimedio sarebbe la rapida
approvazione di una nuova legge elettorale, subito dopo il voto. In questo
modo, però, il nuovo Parlamento sarebbe immediatamente delegittimato,
l'annunciata "fase costituente" avrebbe basi fragilissime e non
sarebbero infondate le richieste di tornare al voto con una legge finalmente
conforme alla Costituzione. Sembrerebbe che non vi sia alternativa: convivere
con l'illegalità al massimo grado, quello costituzionale, o
rassegnarsi ad una fase confusa e instabile. Questo è l'ultimo lascito
della cosiddetta Seconda Repubblica, frutto dell'imprevidenza di alcuni e
dell'irresponsabilità di molti. L'illegalità costituzionale non
si ferma qui, ma si estende all'intero sistema della comunicazione
televisiva, dunque ad una componente ormai essenziale del processo
democratico. Di nuovo, la denuncia della stessa illegittimità formale
del nostro sistema non viene da critici prevenuti, ma dal vertice delle
istituzioni europee, la Corte di Giustizia e la Commissione. La prima ha
giudicato illegittima la mancata attribuzione delle frequenze spettanti
all'emittente televisiva Europa 7, con una inammissibile chiusura del mercato
e un pregiudizio per il pluralismo della comunicazione. E la Commissione ha
da tempo avviato una procedura d'infrazione contro l'Italia, ritenendo
incompatibile con le regole europee la legge Gasparri, dunque la normativa
che sta alla base dell'attuale sistema. Questa situazione, per sé in
contrasto con qualsiasi assetto democratico, diventa particolarmente grave
nel nostro paese dove, come tutti sanno, si traduce nell'attribuzione di un
indebito vantaggio ad una delle parti della contesa elettorale. Le infinite
anomalie italiane si intrecciano sempre più strettamente, rischiano di
soffocare la democrazia e certamente producono sfiducia crescente da parte
dei cittadini elettori. Che, per la seconda volta, si troveranno radicalmente
espropriati della possibilità di scegliere i loro rappresentanti. Le
liste bloccate saranno confezionate da una ventina di persone, alle quali
è stato così trasferito un potere incontrollato di designare
quasi mille parlamentari. A questa ulteriore distorsione potrebbe esser posto
parzialmente rimedio se, a differenza della volta passata, le oligarchie
politiche facessero una duplice operazione. Da una parte, dovrebbero adoperare
il loro enorme potere per rinnovare davvero la classe dirigente, con l'occhio
alla competenza e all'effettiva rappresentatività, invece di
perseverare nell'abitudine di promuovere famigli, clienti, yesmen, bevitori
di spumante, mangiatori di mortadella, espositori di striscioni ormai vietati
anche nelle curve degli stadi. Dall'altra, dovrebbero avviare una operazione
di ripulitura che ripristini la legalità attraverso una rigorosissima
valutazione della moralità pubblica e dei precedenti penali dei singoli
candidati. Sembrano due missioni impossibili, e forse lo sono. Ma la fiducia
dell'opinione pubblica, dunque il suo ritorno alla politica e non la resa
alle suggestioni dell'astensione e dell'antipolitica, passa proprio
attraverso la ricostruzione della moralità pubblica, la fine della
politica come mondo separato, sciolto dall'osservanza d'ogni regola,
portatore più che di privilegi di vere e proprie immunità.
Molte indicazioni recenti vanno nel senso opposto. Prendiamo come esempio il
caso Cuffaro. Sembrerebbe che le sue dimissioni siano state determinate non
da una pesante condanna, ma da un vassoio di cannoli. Presente alla lettura
della sentenza, il Presidente della Regione siciliana ha manifestato tutta la
sua soddisfazione per essere stato assolto dall'imputazione di concorso
esterno in associazione mafiosa, con una allegria che lasciava allibito chi
aveva appena ascoltato una condanna a cinque anni con interdizione perpetua
dai pubblici uffici. Intorno a Cuffaro si strinsero il suo partito e l'intero
centrodestra. Poi l'imprevisto, barocco arrivo dei cannoli, e
l'inevitabilità delle dimissioni. Dovute, dunque, ad un eccesso nei
festeggiamenti, non a sensibilità istituzionale (si annunciava un
decreto di rimozione). Ma il suo schieramento politico continua a presentarlo
come vittima di una persecuzione giudiziaria, mentre quel processo, come
dimostrano i molteplici colloqui di uomini della politica con esponenti
mafiosi, è la prova drammatica di una politica che al mondo della
criminalità non chiede soltanto un "appoggio esterno", ma
con esso tende a compenetrarsi. Come dimostrano questo ed altri casi, i
tentativi di recuperare una legalità perduta da tempo sono affidati
soltanto ai giudici, con le inevitabili distorsioni che questo comporta. Ma
queste distorsioni, come ripeto da anni, derivano dal modo in cui il ceto
politico ha deciso di difendersi, azzerando ogni sua responsabilità,
sottraendosi a quelle minime regole deontologiche che qualsiasi professione
(avvocati, medici, ingegneri) deve rispettare. Da tempo la
responsabilità politica è scomparsa. Quando si censura il
comportamento di un politico, ormai la risposta corrente è "non
vi è nulla di penalmente rilevante". Così non solo si
confondono codice penale e regole della politica. Si fa diventare la
magistratura l'esclusivo e definitivo giudice della politica: e questo accade
non per una volontà di potenza dei giudici, ma per le dimissioni della
politica da uno dei suoi essenziali compiti. Un establishment che voglia
davvero essere tale, e voglia conservare credibilità di fronte
all'opinione pubblica, dev'essere capace di escludere non solo chi viola le
norme penali, ma chiunque trasgredisca le regole di trasparenza, correttezza
moralità, riducendo la politica solo a spregiudicata gestione del potere.
Parlando di legalità, e del suo ripristino, è lecito fare un
accenno anche alle questioni "eticamente sensibili"? O questa è una inaccettabile caduta nel laicismo? Un solo caso. In un clima da crociata, e di fronte a
prescrizioni sempre più perentorie delle gerarchie ecclesiastiche,
amministratori locali vogliono imporre le loro regole per l'interruzione
della gravidanza. So bene che citare Zapatero è come parlare del
Diavolo. Ma uno Stato dev'essere capace di rivendicare quelle che sono
le sue proprie competenze, non delegabili a nessun altro. Solo così i
cittadini possono continuare a percepire chi davvero esercita la
sovranità, qual è la fonte delle regole, ed essere pronti a
rispettarle.
Torna all'inizio
( da "Repubblica, La" del
07-02-2008)
Argomenti: Laicita'
Pagina XIII - Torino "Si doveva
distinguere tra il governo e gli intellettuali" Odifreddi: "Equivoco
quell'invito a Israele" Secondo il docente torinese si è fatta
troppa confusione anche sul tema dell'antisemitismo MASSIMO NOVELLI Si
è già guadagnato la fama di "cattivo maestro" per le
proteste contro la ventilata visita di Papa Benedetto XVI all'Università
La Sapienza di Roma. Ora il matematico torinese Piergiorgio Odifreddi rischia
di peggiorare la sua nomea, come ci anticipa con un po' di ironia, ragionando
sulle polemiche che stanno arroventando la Fiera del libro a causa
dell'invito a Israele in veste di ospite d'onore. Una querelle, dice,
"fondata su due piccoli equivoci di fondo". Quali sono questi
equivoci? "Il primo piccolo equivoco è basato sulla
considerazione che l'invito è stato fatto come un invito allo stato di
Israele. Una cosa è invitare uno stato, un'altra cosa è
chiamare i suoi intellettuali". Ma gli organizzatori della
manifestazione del Lingotto, da Picchioni a Ferrero, hanno più volte
affermato che si tratta di un invito alla cultura israeliana, non alla sua
entità politica. "In ogni caso quell'invito viene presentato
così, oppure si legge in quel modo. Ed è chiaro che si
polemizzi. Lo si fa non contro il popolo israeliano, bensì contro il
suo governo. Quando ero giovane, non si andava in vacanza in Spagna per il
regime di Franco. Non è che ce l'avessimo con gli spagnoli,
naturalmente, ma con il regime dittatoriale di quel paese. Mi chiedo: se la
Fiera del libro avesse deciso di invitare l'Iran, non ci sarebbero state
forse delle polemiche? L'Iran ha pure un premio Nobel, però è
una cosa diversa dalla natura del suo governo, no? Anche l'Italia, ai tempi
del governo di Silvio Berlusconi, venne boicottata a Parigi. Avvenne. E
ritengo che sia stato giusto. Umberto Eco disse allora di vergognarsi di
essere italiano". Non è detto che avesse davvero ragione.
Comunque passiamo al secondo equivoco. Di che cosa si tratta? "Si
continua a citare alcuni grandi scrittori israeliani, come Abraham Yehoshua o
Amos Oz, oppure David Grossman, per dire: ecco, questi scrittori sono critici
verso il loro paese, verso il loro governo. Sarà. Io tuttavia ricordo
un articolo di Yehoshua, in cui si esprimeva a favore dell'erezione di un
muro verso i territori palestinesi. Devo dire che, al di là del fatto
specifico di Israele, mi sta poco bene un intellettuale che propone di
erigere dei muri. E poi c'è un'altra questione, che magari mi
procurerà nuovamente l'accusa di essere un cattivo maestro".
Quale questione? "Quando c'è di mezzo Israele, si usano due pesi
e due misure. Voglio dire che se uno critica questo paese, corre il rischio
di essere accusato di antisemitismo. I politici fanno bene a prestare
attenzione ai fenomeni di antisemitismo, ma fare confusione non è una
buona cosa, anzi: è pericolosissimo". Andiamo al sodo: lei
parteciperà alla Fiera del libro di quest'anno? Oppure la
diserterà? "No, non potrò esserci. Però non
è perché la voglio boicottare, e del resto trovo eccessivo questo
boicottaggio. In quei giorni, invece, sarò in
pellegrinaggio verso Santiago de Compostela". Non è possibile. Ma
come? Un'icona del laicismo e dell'ateismo come lei... "Non sono stato folgorato
sulla via di Damasco. Non si preoccupi: ci vado da ateo e ritornerò da
ateo".
Torna all'inizio
( da "Repubblica, La" del
07-02-2008)
Argomenti: Laicita'
Pagina X - Palermo Ritrovato il
carteggio del sacerdote con la diocesi di Patti GIOVANNA BETTO Trentun luglio
1910. "Sacerdote Gaetano Mammana, verso la fine di maggio le spedii il
Regolamento del Comitato elettorale, e con la presente le spedisco copia del
Programma Municipale. La prego di farmi conoscere se a Patti è stato costituito il Comitato elettorale Cattolico e chi ne
sia il Presidente; se nel Consiglio Comunale vi sono altri consiglieri cattolici e chi sono; se nella diocesi di Patti vi sia un
qualche accenno al movimento elettorale cattolico, e a chi ci si potrà
rivolgere in ogni Comune per mandare lettere circolari e stampa anche tessere
e statuto del Movimento Cattolico Italiano. Ossequi e ringraziamenti Il
segretario Generale Luigi Sturzo". è uno stralcio tratto dalla
corrispondenza fra don Luigi Sturzo e i vescovi di Patti, ritrovata da Nicola
Calabria, presidente della Società pattese di Storia patria, presso
l'archivio Sturzo a Roma. Un carteggio che fa emergere l'interesse del padre
della democrazia cristiana per il peso del movimento cattolico in Sicilia ma
anche l'ombra scura della massoneria nel contrastare l'azione della Chiesa
isolana. Il Mammana rispose così a don Sturzo: "In diocesi non
esiste un movimento (elettorale) cattolico tranne che in qualche paese. Ed
ora ad altri ragguagli: l'ambiente pattese è più che apatico
esiste però un buon gruppo di garzoni capaci di un serio movimento
cattolico. Si andrebbe però incontro alla denigrazione non dico degli
avversari ma... Esiste pubblicato (un giornale) dalla locale loggia massonica
a somiglianza e imitazione dell'Asino di Roma. Tre volte nel corso di
quest'anno mi sono messo all'opera e tutte le volte ho dovuto ritirare le
armi per colpa prima di coloro che avrebbero dovuto aiutarmi e incoraggiarmi.
Si figuri che anche preti mi hanno negato il voto nelle ultime elezioni
comunali!". Fra i documenti più importanti ritrovati da Calabria
quello c'è il rapporto che il sacerdote Mammana invia a Luigi Sturzo
nel 1910 sulla situazione ecclesiale e politica di Patti e della diocesi.
"Dalla relazione - dice Nicola Calabria - emerge la presenza forte e
radicata in tutti gli ambienti della massoneria e della difficoltà di
costituire l'Unione elettorale cattolica per l'ostruzionismo dei preti
locali, a suo dire collusi con la massoneria tanto da non aver votato neppure
i candidati cattolici locali alle elezioni
comunali". è interessante anche la corrispondenza fra il vescovo
Angelo Ficarra e Sturzo con il quale ci fu un continuo scambio epistolare sin
da quando questi era parroco a Canicattì. "Dal carteggio - continua
Nicola Calabria - emerge la mappa della nascita del Partito popolare nei
Nebrodi. Dopo la costituzione della sede a Marina di Patti, nacquero circoli
a Motta D'Affermo, Santo Stefano di Camastra, Ficarra, Naso, San Salvatore di
Fitalia, Mistretta, Cesarò, Capizzi. La presenza del Partito popolare
dei Nebrodi fu molto importante per la questione agraria in quanto si poneva
il problema non solo di dare il terreno ai contadini ma soprattutto agli
allevatori. La questione fu portata in seno al Consiglio provinciale e fu
redatto un ordine del giorno per il Congresso nazionale sulla questione
agraria nei Nebrodi che fu votato dalla maggior parte dei partecipanti".
Secondo gli studi di Calabria la presenza della massoneria a Patti e sui
Nebrodi, e di cui parla il Mammana nella lettera a Sturzo, è molto
antica. "Il carteggio di Luigi Sturzo - dice lo studioso - si inquadra
nell'ambito dell'impegno della Chiesa pattese e siciliana nel sociale,
all'indomani dell'enciclica "Rerum Novarum" di Leone XIII. Un
impegno difficile da praticare, tenuto conto della realtà ecclesiale,
sociale, politica ed economica del territorio nebroideo. Basti pensare alla
politica anticlericale, al forte potere massonico radicato a Patti e in altri
centri della diocesi, all'usura che attanagliava i più deboli, alle
leggi contro la famiglia, alla stampa contraria agli interessi cattolici. La presenza della massoneria di cui parla il
Mammana nella lettera a Sturzo è molto antica: le prime logge
massoniche di cui si hanno notizie ufficiali sono quella di San Piero Patti
risalente al 1866 dedicata a Paolo Sarpi, e di Vittor Pisani a San Salvatore
di Fitalia. Successivamente nacquero in ordine cronologico le logge
Queretaro, nel 1870 a
Capizzi, Uguaglianza, nel 1874
a Santo Stefano di Camastra, I Figli del Timeto, nel 1892 a Patti, dove sorsero
successivamente altre due logge, Giovanni Bovio, nel 1903, e Giuseppe
Mazzini, nel 1923". Al 1902 risale la loggia Giuseppe Salamone di
Mistretta dove nel 1908 ne sorse una dedicata a Serafino Lo Monaco; e nel
1911 quella dedicata a Giosuè Carducci. Nel 1913 a Tusa nasce la
loggia Rosolino Pilo. Alla fine dell'Ottocento veniva pubblicato a Patti il
giornale massonico "La Gazzetta popolare". Nel 1896 nacque per
contrastare la massoneria il quindicinale "Il Tindari". Il primo congresso dei cattolici della diocesi di Patti
si tenne invece nel 1910. Nei primi anni Venti s'inquadra un maggior impegno
politico da parte di laici e sacerdoti. Si costituì infatti l'Unione
elettorale di cui il presidente regionale era don Luigi Sturzo, e
successivamente a Marina di Patti, per iniziativa di padre Calimeri si
costituì la sezione del Partito popolare grazie all'opera
dell'instancabile messinese Attilio Salvatore, di cui esiste una fitta
corrispondenza con Luigi Sturzo che ospitò diverse volte a Messina
nella sua casa. Il carteggio ritrovato sarà depositato presso
l'Archivio Storico della Società Pattese di Storia Patria che si sta
arricchendo di documenti, materiale, volumi sulla storia non solo di Patti ma
di tutto il territorio dei Nebrodi.
Torna all'inizio
( da "Unita, L'" del
07-02-2008)
Argomenti: Laicita'
Stai consultando l'edizione del GOVERNO-STORYL'angoscia
dei numeri sempre ballerini, gli sgambetti tra alleati. Ma anche tante cose
"vere": dalla lotta all'evasione al welfare, fino al Libano Tra
Binetti, il taglio Ici e Ceppaloni: 20 mesi sul filo Marcella Ciarnelli Venti
mesi. Con l'angoscia di non farcela e la difficoltà di farsi
comprendere. Si chiude la stagione di un governo in cui anche la
capacità di mediazione di Romano Prodi alla fine non ce l'ha fatta a
tenere insieme una coalizione eterogenea, in cui i solisti non hanno saputo rinunciare
a far sentire il proprio acuto stonato, piuttosto che collaborare al successo
del coro. La vittoria strappata d'un soffio, la fredda realtà dei
numeri, le decisioni impopolari da prendere per cercare di garantire un
futuro meno instabile al Paese. Il governo nato gracile in una notte d'aprile
senza festa è ora in carica solo per l'ordinaria amministrazione. Il
bilancio finale, con l'occhio distaccato della storia, potrebbe non essere
negativo come in queste ore condizionate dalla crudeltà della cronaca.
L'avvio del risanamento dei conti pubblici, le liberalizzazioni, la riduzione
dell'Ici sulla prima casa, il pacchetto del welfare, la riforma della
giustizia, la lotta all'evasione fiscale, una politica estera autorevole con
il rientro delle truppe dall'Iraq, la missione in Libano e il sostegno della
moratoria contro la pena di morte votata dall'Onu. Ed anche, a seconda dei
punti di vista, l'approvazione dell'indulto chiesto in Parlamento da papa
Wojtila... La verità è che tenere a bada un "corpaccione"
di più di cento tra ministri, vice e sottosegretari, espressione di
uno schieramento tanto ampio quanto troppo spesso in contraddizione, si
è rivelata una missione impossibile anche per un uomo testardo e
tenace come Romano Prodi. D'altra parte non sarebbe stato
possibile fare altrimenti dovendo dare visibilità a tutte le
componenti della coalizione che era riuscita per un soffio a tagliare
vittoriosa il traguardo. Chissà se le cose sarebbero andate
diversamente se fossero stati applicati subito i tagli al maxigoverno in nome
della riduzione dei costi della politica tanto a cuore alla gente comune. Un
segnale preciso al Paese che, invece, non c'è stato
ed ha aperto spazio ai moralizzatori di piazza e di penna. Così come
è possibile, col senno di poi, immaginare che percorrere senza indugi
la strada delle riforme, a cominciare da quella elettorale, avrebbe potuto
portare almeno al risultato di non votare con il "porcellum".
Invece prima la bozza Chiti, e poi il premier che avoca a sè la questione,
e poi ancora la bozza Chiti e la Bianco uno, e la Bianco due. E Walter
Veltroni che tenta il difficile confronto con Berlusconi ed il premier che
interviene in difesa delle esigenze dei piccoli partiti. Non è andata.
Flash su una legislatura breve. Quasi di frontiera. In cui le diverse anime
della coalizione hanno lavorato più a contrapporsi che a collaborare.
La decisione di Clemente Mastella di "uscire" ha creato
un'occasione che era da tempo nell'aria. Fin dall'inizio. Neanche un mese
dall'insediamento del governo Prodi fu costretto a richiamare, radunandoli in
quel di San Martino in Campo, i suoi ministri colpevoli di parlare troppo. Di
contraddirsi e di litigare. In Parlamento ci sono la Binetti e Caruso. Due
facce della stessa coalizione. Una che guarda all'Opus Dei, l'altro che porta
finte molotov alla Camera. Cominciano le tensioni tra Antonio Di Pietro e
Clemente Mastella. L'indulto le renderà più che visisbili.
Proseguiranno fino alla fine. Ci sono i maldipancia della sinistra. Ci sono i
condizionamenti della destra. I risultati così sono difficili da
ottenere. E ancor più farli conoscere. Prevale la polemica urlata.
Istantanee di una breve legislatura. Vladimir Luxuria viene contestata nei
bagni di Montecitorio dall'azzurra Elisabetta Gardini che vive l'incontro con
la compita deputata transgender come una "violenza sessuale". E
via, che modi. Angelo Rovati, consigliere economico e amico di Prodi,
è costretto a dimettersi mentre il premier è in trasferta a
Pechino. Avrebbe fornito consigli alla Telecom su carta intestata di Palazzo
Chigi. Una Finanziaria di lacrime e sangue produce molte critiche. Il
ministro Padoa-Schioppa non demorde. Bisogna soffrire con l'obbiettivo di
aggiustare i conti. I giovani che restano a casa dei genitori sono
"bamboccioni". E le "tasse sono bellissime". Sale il
picco d'impopolarità. Si va a Caserta per rimettere insieme le fila in
un consesso affollato che Veltroni ha definito "la pagina più
brutta del governo". Dieci punti per ricominciare. Cattolici
e laici si scontrano sul disegno di legge sui Dico. Il sì al raddoppio
della base nato di Vicenza apre un nuovo fronte di contestazione. Continua la
logorrea ministeriale. Vengono stabiliti dodici punti per il rilancio. E
Silvio Sircana, nella tempesta per alcune foto che lo ritraggono in auto
mentre parla con un trans ad un semaforo, viene nominato portavoce
unico del governo. La prima crisi di governo. Lo sgambetto riesce al Senato
sulla politica estera ma, poi, faticosamente si va avanti. Grazie anche ai
senatori a vita, quelli con "le stampelle" come dice Storace alla
Levi Montalcini. Nasce la "Cosa rossa". Scoppia il caso
Speciale-Visco. Scoppia la polemica sui voli di stato.
L'utilizzo dell'extragettito non viene condiviso dalla sinistra. Napoli e la
Campania sono sommerse dai rifiuti e per arginare la situazione viene
nominato un supercommissario. La moglie di Mastella finisce agli arresti
domicialiari. L'Udeur esce dalla compagine di governo. Il resto è
cronaca di questi giorni.
Torna all'inizio
( da "Repubblica, La" del
07-02-2008)
Argomenti: Laicita'
Cultura Un convegno su Antonio
Vieria. Parla Silvano Peloso UN GESUITA DEL '600 TRA FEDE E SCIENZA Missionario
in Brasile, difensore degli indios e del dialogo con ebrei e scienziati ROMA
In quel Seicento che si apre con il rogo di Giordano Bruno, in quel secolo di
Galileo, di Tommaso Campanella, Leibniz e Newton, c'era anche Antonio Vieira.
Fernando Pessoa lo definì "imperatore della lingua
portoghese". I registi Manoel de Oliveira e JÚlio Bressane gli hanno
dedicato i loro film. Missionario, gesuita, difensore degli indios del
Brasile, promotore di un dialogo ampio tra il Cristianesimo e le altre
confessioni religiose, ma anche tra fede e scienza, condannato
dall'Inquisizione portoghese e poi "salvato" da papa Clemente X,
era nato a Lisbona il 6 febbraio 1608. Quattrocento anni dopo,
l'università La Sapienza riporta alla luce una figura storica
praticamente sconosciuta in Italia. Lo fa con un convegno di tre giorni, che
prende il via oggi alle 9.30
a Roma, a Palazzo Corsini, sede dell'Accademia dei
Lincei. Ma anche ultima dimora di Cristina di Svezia, per la quale Vieira
predicò alcuni sermoni. A introdurre il convegno - oggi presieduto da
Tullio De Mauro e da Antonio Celso Alves Pereira dell'università di
Rio de Janeiro - sarà Silvano Peloso, ordinario di Lusitanistica alla
Sapienza, da anni impegnato nella complicata ricostruzione del corpus di
opere di Vieira. E in particolare della Clavis Prophetarum, testo profetico
vittima di censure, sabotaggi e ancora al centro di gialli storici. Professor
Peloso, è impossibile parlare di un religioso
"rivoluzionario" come Vieira e di un convegno promosso dalla Sapienza
senza riferimenti alle polemiche delle ultime settimane... "Il fatto che il convegno si apra all'Accademia dei Lincei
dimostra quanto il mondo laico e scientifico sia interessato alla figura di
un religioso puro. In ogni caso, raffredderei gli animi, citando le stesse
parole inviate da papa Benedetto XVI nel suo discorso alla Sapienza: bisogna
dialogare "senza confusione e senza separazione"". Cosa
accomuna Antonio Vieira ad altri grandi personaggi "moderni" del
Seicento come Galileo e Campanella? "Vieira è la massima
espressione di uomo del suo tempo. Nasce in Portogallo, ma arriva in Brasile
a sei anni, al seguito del padre. Vive in quel paese, fra vari intervalli,
per cinquant'anni, vi fonda delle missioni, ma al tempo stesso coltiva
un'intensa attività diplomatica divisa tra la corte portoghese, Roma e
le principali città europee. In tutta la sua vita - muore a
ottantanove anni - attraversa l'oceano per ben sette volte. è un
gesuita, fedele al papa, ma sempre fautore di una visione aperta, solidale e
universale del Cristianesimo. Si batte con forza per un'apertura religiosa e
politica nei confronti degli ebrei e si impegna per tutta la vita in difesa
degli abitanti del Nuovo Mondo, il che gli costa scontri con gli apparati di
potere del suo tempo. E quindi il processo, dal 1663 al 1667, da parte
dell'Inquisizione portoghese". L'opera alla quale Vieira lavora per
cinquant'anni, la Clavis Prophetarum, è ancora misteriosa... "Ce
ne sono varie copie in molte biblioteche del mondo. Alla Sapienza, lavoriamo
da dieci anni alla sua ricostruzione filologica. Il testo è stato censurato sin dalla morte di Vieira, nel 1697. Il
manoscritto 706 della biblioteca Casanatense testimonia delle censure subite.
In più non c'è mai stato un serio
scambio di studi e documenti con Brasile e Portogallo. Ma ora siamo a buon
punto. Nelle parti già recuperate, Vieira manifesta posizioni a favore
degli ebrei in tempi in cui questi venivano bruciati negli auto da fé.
Difende gli indios e sostiene - aggirando il decreto di papa Alessandro VIII
- che anche per loro si apriranno le porte del Paradiso". Papa Clemente
X rese inoperante la condanna dell'Inquisizione nello stesso secolo che si
era aperto con il rogo di Campo de'Fiori... "Clemente X fu uno di quei
pontefici di transizione, eletto in conclave perché anziano, ma poi capace di
gesti di grande apertura. Era un po' un Giovanni XXIII del Seicento".
Quel clima di censure che per secoli ha impedito la circolazione delle opere
e delle idee di Vieira può dirsi del tutto superato? "Il convegno,
al quale prenderanno parte studiosi portoghesi e brasiliani insieme, vuole
dimostrare di sì. E anche da parte della chiesa cattolica c'è
attesa per capire come verrà raccontata questa figura di missionario
che, nel tempo delle guerre di religione e del conflitto tra chiesa e
scienza, si batteva per il dialogo e mostrava aperture sulla questione
copernicana senza mai rinunciare alla sua fede".
Torna all'inizio
( da "Manifesto, Il" del
07-02-2008)
Argomenti: Laicita'
"Stato laico", i docenti
scendono in campo Alla Sapienza di Roma tornano in cattedra i "cattivi
maestri" e lanciano un movimento culturale per la laicità dello stato. "Mai più ingerenze dal Vaticano"
Lo storico Angelo d'Orsi: "Non si può rimanere fermi mentre il
papa e la Cei invadono tutti gli spazi, siamo in uno stato
fondamentalista" Stefano Milani Roma "Le elezioni sono alle porte,
il papa faccia un partito politico e si presenti con una propria lista".
Un po' provocazione e un po' no. Del resto, Angelo d'Orsi è un
"cattivo maestro". Così è stato
definito dall'intellighenzia cattolica che lo ha messo al rogo dopo il suo
appello di solidarietà ai 67 docenti, "cattivi maestri"
prima di lui per aver inviato una lettera al rettore Guarini nella quale
chiedevano di non invitare il papa all'inaugurazione dell'anno accademico
della Sapienza. Il momento laico per eccellenza. Da
quando quella lettera, che doveva rimanere privata, è stata resa
pubblica finendo su tutti i giornali, per i prof "ribelli" è
cominciata una gogna senza precedenti. Attaccati da ogni parte: dal mondo
cattolico, dai media e dalla quasi totalità della classe politica,
destra e sinistra senza distinzioni, tutti a difendere lo sgarbo fatto
al pontefice. Ma i professori, incuranti (e anche un po' stupiti) di tutto
questo clamore, sono andati avanti per la loro strada, continuando a
manifestare il loro dissenso e a lavorare nell'ombra. E a ventuno giorni di
distanza dalla mancata lectio magistralis papale, ora spunta un'idea
stuzzicante: creare "un movimento culturale che risponda all'esigenza
diffusa di laicità espressa da molti italiani". A renderla
pubblica è lo stesso d'Orsi intervenendo ieri ad un dibattito
intitolato "Diritto al dissenso", organizzato dai giovani di
Sinistra critica alla Sapienza. "Perché laicismo
- ha esordito il docente di storia del pensiero politico
all'università di Torino - non è altro che l'idea della
laicità. Un movimento di idee che ritiene indispensabile la
laicità per la vita politica". Con lui, gran parte del mondo
accademico. Il suo appello on-line (visitabile sul sito
www.historiamagistra.it) ha già superato le 1.500 adesioni. Molte le
firme illustri, come la grecista Eva Cantarella, lo storico medievale
Alessandro Barbero, il filosofo Gianni Vattimo, il matematico Pierluigi
Odifreddi, lo storico Nicola Tranfaglia, il sociologo Luciano Gallino e il
giurista Ugo Rescigno. Tra loro anche chi "mi ha già chiesto di trasformare
questa iniziativa in qualcosa di più, ci sono sollecitazioni perché
tutto questo diventi un movimento culturale permanente". Non pronuncia
la parola "partito politico" anche se non nega che "qualche
esponente politico ha già fatto tentativi di annessione". Ma non
è questo che interessa al nuovo "movimento". La missione
è solo una: "laicizzare il paese" perché, ha proseguito
ancora d'Orsi, "non si può rimanere fermi mentre il papa e la Cei
invadono tutti gli spazi, siamo in uno stato
fondamentalista, in cui si apre la televisione e tutti i telegiornali dicono
quello che Ratzinger ha fatto la mattina e non fanno altro che parlare di
lui". Non si può non riconoscere che l'Italia "sta
diventando un paese multietnico e multireligioso - a dire dello storico - i
fedeli della chiesa cattolica sono ormai una minoranza in Italia e noi
viviamo questo paradosso con la chiesa di Roma che rappresenta il vero
pensiero degli italiani e questa chiesa si comporta come un superpartito
politico". Al momento l'idea di una lista Ratzinger in corsa alle
prossime elezioni fa sorridere. Anche se - ed è proprio il santo padre
ad insegnarcelo - le vie del signore sono infinite. Alla tavola rotonda di
ieri c'era, oltre a Cinzia Arruzza di Sinistra critica, anche il professor Carlo
Cosmelli, docente di fisica e tra i 67 firmatari della lettera
"incriminata". Meno politico il suo intervento, e più virato
alla relazione tra ragione e fede. Il fisico ha comunque contestato il Pontefice facendo le pulci ai suoi discorsi in
tema di scienze, evoluzionismo, omosessualità e diritto alla vita.
Virgolettati come "Non agire "con il logos" è contrario
alla natura di Dio" (lezione di Ratisbona, 12/02/2006) o "Ogni
teoria che neghi alla divina provvidenza qualsiasi reale ruolo causale nello
sviluppo della vita nell'universo non è scienza ma ideologia"
(Commissione teologica internazionale, 2004), sono tra i motivi per cui il
mondo scientifico è in fermento. "Alla fine - ha detto Cosmelli -
si arriva sempre al problema di una morale. E anche lo scienziato deve
seguire una morale, ma allora, mi chiedo, perché proprio quella cattolica? E
non quella induista, buddista o atea?". Duro anche il giudizio degli
studenti che non ci stanno a passare come "intolleranti, integralisti e
oscurantisti", così erano stati bollati all'indomani della
rinuncia di Benedetto XVI ad intervenire alla cerimonia del 17 gennaio
scorso. "Nessuno ha impedito al papa di intervenire - hanno detto
Giorgio Sestili del coordinamento dei collettivi - anzi è stato proprio il pontefice a sottrarsi alle critiche e
alle voci di dissenso facendolo apparire una vittima e questo è
servito per rafforzare la portata degli attacchi che il Vaticano sta portando
avanti su molti temi, non ultimo quello dell'aborto". Il rettore della
Sapienza, Renato Guarini, per ora tace. Lo smacco del dietrofront di papa
Ratzinger ancora gli brucia. Doveva essere il suo rilancio accademico, per
ripulirlo dallo scandalo "parentopoli" scoppiato dopo l'inchiesta
sull'assegnazione di tre incarichi di ricercatore andati alle due figlie e ad
uno dei generi. Ma il papa non è arrivato e, dunque, niente miracolo.
Anzi, qualche giorno dopo, il Magnifico si è ritrovato iscritto nel
registro degli indagati dalla procura della Repubblica di Roma col reato di abuso
d'ufficio. L'accusa è un presunto scambio con l'architetto Leonardo di
Paola, docente di Estimo dell'ateneo romano e presidente della Cpc, l'impresa
che dovrà costruire il parcheggio all'interno della città
universitaria.
Torna all'inizio
( da "Riformista, Il" del
07-02-2008)
Argomenti: Laicita'
Lo scioglimento delle Ceneri e la
Quaresima di Veltroni Dal vangelo di Matteo, capitolo quattro: "Poi lo
Spirito di Dio fece andare Gesù nel deserto, per essere tentato dal
diavolo. Per quaranta giorni e quaranta notti Gesù rimase là, e
non mangiava né beveva". Lo scioglimento delle Camere è caduto il
Mercoledì delle Ceneri. L'inizio della Quaresima cattolica. I quaranta
giorni di Gesù nel deserto delle tentazioni. "Ricordati che sei
polvere, e in polvere tornerai". Forse è un caso, forse no. In
fondo, questi sono tempi in cui Dio e Cesare sono più vicini del
solito. Tre anni fa, nel 2005, ci fu una Quaresima di dolore che
culminò con la morte di Giovanni Paolo secondo, preceduta da quelle di
suor Lucia, l'ultima veggente di Fatima, e del don Gius, il fondatore di
Comunione e liberazione. Adesso, invece, il Parlamento a casa nel giorno delle
Ceneri è l'incipit di una Quaresima laica per la
politica italiana. Soprattutto per un leader e per un partito ben preciso.
Walter Veltroni e il suo piddì. Quaranta giorni nel deserto delle
tentazioni. Sempre dal vangelo di Matteo: "Il diavolo lo portò ancora
su una montagna molto alta, gli fece vedere tutti i regni del mondo e il loro
splendore, poi gli disse: "Io ti darò tutto questo che
vedi, se ti metti in ginocchio davanti a me per adorarmi"". Vade
retro Satana. "Anche al Senato correremo da soli". Digiuno e
penitenza. Una processione di sottrazioni e rinunce per purificare i
riformisti italiani dopo il caravanserraglio del prodismo. "Ci vuol
pazienza! Siempre adelante ma con juicio!". Stavolta è Francesco
Guccini. Nostra Signora dell'Ipocrisia: "Il Mercoledì delle
Ceneri ci confessarono bene o male/ che la festa era ormai finita e ormai
lontano il carnevale/ e proclamarono penitenza e in giro andarono col
cilicio/ ruttando austeri: "Ci vuol pazienza! Siempre adelante ma con
juicio!"". Per giunta, la festa è cominciata male ed
è finita peggio. La più breve legislatura della storia
repubblicana. Poi quaranta giorni di tentazioni. La più dura: l'Unto
che travestito da demonio gli sussurra: "Facciamo un patto elettorale insieme,
facciamo una grande coalizione". Vade retro Satana. Grande coalizione.
"Ti darò tutto questo che vedi". Forse un miraggio,
un'utopia. Sicuramente una tentazione. Dal vangelo di Marco: "Satana lo
assaliva con le sue tentazioni. Viveva tra le bestie selvatiche e gli angeli
si prendevano cura di lui". Angelo Massimo e Angelo Francesco. E Angelo
Obama. "Yes, we can". Il Mercoledì delle Ceneri dell'anno
del Signore 2008: decreto di convocazione dei comizi elettorali per il 13 e
14 aprile. La Quaresima laica di Walter e del Partito democratico. E in
Quaresima si digiuna sul serio. Non si tratta di una moratoria con dieta
liquida. Il deserto è difficile da attraversare. La fame e la sete
fanno male. E Pasqua è ancora lontana, molto lontana. Post scriptum.
Ieri sera, Prodi e sua moglie Flavia hanno preso le ceneri nella chiesa di
Santa Maria in Via, vicino a Palazzo Chigi. Nell'omelia, forse per rincuorare
l'ex premier, il sacerdote ha anche detto che "la Quaresima non è
buonismo". 07/02/2008.
Torna all'inizio
( da "Corriere della
Sera" del
07-02-2008)
Argomenti: Laicita'
Corriere della Sera - NAZIONALE -
sezione: Cronache - data: 2008-02-07 num: - pag: 29 categoria: REDAZIONALE
L'accordo Vodafone e Lux Vide con la supervisione di Navarro-Valls Sms con
frasi di Wojtyla La fede sul cellulare Dai pensieri di Giovanni Paolo II al
santino del giorno. "Ma vogliamo coinvolgere anche gli utenti di altre
religioni" ROMA - Vi sarà capitato, durante le feste natalizie,
di ricevere o inviare un sms con una citazione filosofica o spirituale.
è la prova che esiste un bisogno di questo tipo. Del resto, si sono
moltiplicati i siti internet dai quali è possibile copiare o scaricare
sui cellulari messaggini religiosi o simili. Ora Lux Vide, azienda della
famiglia Bernabei specializzata in grandi fiction tv (Guerra e Pace, Don
Matteo, la Bibbia), e il gestore telefonico Vodafone hanno concluso un
accordo per un servizio sms e mms di carattere etico-religioso. Con un
supervisore d'eccezione, che è stato anche
tra i promotori del progetto: l'ex direttore della Sala stampa della Santa
Sede, JoaquÍn Navarro-Valls, l'uomo che più è stato vicino a Papa Giovanni Paolo II, dal 1984 fino al
giorno della morte la morte, il 2 aprile del 2005. Non a caso il servizio di
messaggini telefonici che partirà alla fine di febbraio punterà
soprattutto sulla categoria "Le parole di Giovanni Paolo II". Chi
la attiverà riceverà un sms al giorno con una frase di Karol
Wojtyla. Dalla indimenticabile "Non abbiate paura! Aprite anzi
spalancate le porte a Cristo" agli ultimi pensieri rivolti ai giovani di
tutto il mondo. Ma si potranno scegliere anche altre due categorie: il
"Santo del giorno" e "Le ragioni del vivere". Nel primo
caso si riceverà il classico santino, cioè un'immagine del
santo con brevi notizie sulla vita e le opere. Nel secondo un messaggino con
citazioni di grandi pensatori, religiosi e non, sui grandi temi della vita.
Qui troveranno posto classici come Blaise Pascal, ma anche le parole del
successore di Wojtyla, Benedetto XVI, ma soprattutto
quelle di pensatori laici e di esponenti di di tradizioni e confessioni
diverse da quella cristiana e cattolica, da Confucio al Dalai Lama, da
Lao-Tze (taoismo) al Mahatma Gandhi ai grandi dell'Islam e dell'ebraismo. Si
punta quindi a un pubblico più ampio di quello che frequenta le
parrocchie. L'idea di Lux Vide, guidata da Matilde Bernabei, figlia
del cattolicissimo Ettore, ex direttore generale
della Rai dal 1961 al 1974, "ci ha convinto ", racconta Vittorio
Veltroni, direttore Marketing Multimedia di Vodafone. "Tra i nostri
utenti, lo abbiamo verificato nei forum e nei focus group che facciamo
periodicamente, non c'è bisogno solo di notizie d'attualità, ma
anche di messaggi spirituali, di un sostegno morale, soprattutto in questa
fase storica di grande confusione". Per questo, continua Veltroni,
"ci aspettiamo che il servizio non resti confinato ai fedeli di una sola
religione, ma sia di interesse per la massa". Il manager non vuole fare
previsioni, ma si aspetta grandi numeri. Il costo del servizio, assicura,
"è nella fascia bassa ": 25 centesimi per ogni sms e 35
centesimi per ogni mms. Ottimista sulle possibilità di successo dei
messaggini per l'anima è anche Navarro- Valls, che quando guidava la
Sala stampa del Vaticano aveva attivato un servizio di questo tipo, fatto in
casa. Già allora, spiega, "avevo colto che le nuove tecnologie
riescono ad attrarre una grande attenzione su queste tematiche e non solo sui
giochi e la pubblicità". Del resto, è di ieri la notizia
che in Austria la chiesa cattolica ha direttamente attivato un servizio di
sms per la Quaresima con citazioni dei discorsi di Benedetto XVI durante la
sua visita nel Paese lo scorso settembre. Ai fedeli basterà inviare un
semplice messaggino con la parola chiave Papst (Papa) al numero indicato
dalla conferenza episcopale austriaca per attivare il servizio. La cura delle
anime, insomma, passa ormai anche per il telefonino. Enrico Marro Ex portavoce
Navarro-Valls: ha lavorato con Wojtyla per 16 anni # Sostegno morale "I
forum dimostrano che c'è bisogno non solo di notizie di
attualità, ma anche di sostegno morale".
Torna all'inizio
( da "Liberazione" del
07-02-2008)
Argomenti: Laicita'
L'articolo su cosa pensa il
presidente della Puglia dell'iniziativa de "il Foglio" Ecco
"la (vera) versione" di Nichi Vendola "Meglio la moratoria sul
commercio d'armi" Nichi Vendola è il presidente della Puglia, ma è
anche e sopratutto un leader carismatico - espressione che rifugge "non
ne ho il fisico ne l'ambizione", si schermisce - della sinistra. Agli
stati generali della cosa rossa - che lui vorrebbe "la sinistra popolare
del futuro" - è stato salutato come tale
da un applauso a scena aperta: frastornante al momento dell'abbraccio con
Pietro Ingrao, grande vecchio della sinistra comunista. Fausto Bertinotti, si
sa, gli vorrebbe cedere lo scettro perché nella sua visione il grande partito
della sinistra unita, reduce della concentrazione democrat, ha bisogno di una
guida che abbia grande appeal popolare, che sappia parlare alla gente.
Comunista, omosessuale dichiarato, cattolico scettico, Nichi Vendola
corrisponde alla descrizione che lui stesso, parlando con il Foglio , ha dato
di Pierpaolo Pasolini. "Un uomo capace di assumere posizioni
'impolitiche' - dice Vendola di Pasolini - fuori contesto, fuori da qualunque
coro, anche provocatoriamente reazionarie". Così il presidente
della Puglia parla del suo rapporto con la fede, non intimistico, ma pubblico
e brandisce la sua contrarietà all'aborto: "Una volta mi definii
un comunista 'creaturale' - dice citando un suo celebre discorso - Al primo
posto non c'è l'ideologia ma la creatura umana, stretta dalla tenaglia
tra l'integralismo e il suo gemello mercantile: il laicismo
- aggiunge - Dobbiamo occuparci della tutela della vita, della difesa del
vivente". Citiamo Barack Obama, il leader nero e democratico, che una
volta ha detto: "I laici sbagliano a chiedere ai credenti che entrano in
politica di mettere da parte la religione". Nichi sceglie le parole, le
soppesa, "non si può chiedere a nessuno, tanto più a chi
fa politica, di mettere da parte un pezzo della propria storia e della
propria stessa umanità - dice - La fede non può essere
archiviata nel deposito della propria più inviolabile intimità.
La fede non è una protesi che si possa innestare a piacimento sul
corpo della propria quotidianità". Anche se, aggiunge, "dal
mio punto di vista, però, la fede non coincide con la fedeltà
alla gerarchia ecclesiastica". Ma Vendola soprattutto mette in guardia
dai veleni dell'integralismo e da quella "paura del pluralismo" che
ridurrebbe la fede cristiana ad un gendarme della tradizione. Dice che la
Chiesa vive dentro enormi paradossi, oscilla nei dirupi della
secolarizzazione, gli sembra in profonda sofferenza, vede nel
"formidabile protagonismo politico" del cardinale Camillo Ruini
"un arroccamento militare, un serrate le fila contro la
modernità, una esibizione di forza che serve ad esorcizzare il
sentimento della sconfitta". Ma allo stesso tempo Vendola denuncia la
crisi del pensiero laico, il suo rinsecchimento dinanzi ai nodi delicatissimi
che oggi entrano nell'agenda politica. Quando gli chiediamo cosa abbia
pensato della censura subita da Benedetto XVI all'Università di Roma,
Vendola pensa che non si sia trattato di una censura ma di un pasticcio, nel
quale si è perso il senso delle cose, i laici sono
apparsi clericali e viceversa. Ma l'effetto rischia di essere una miniatura del
passato, i guelfi e i ghibellini, le reciproche interdizioni, la cultura
dell'anatema. "Il pensiero laico ha perso contatto con un mondo in
vertiginosa mutazione - spiega - viene riproposto come una sorta di cimelio
risorgimentale. Porta Pia? Il Papa Re? Ma per favore - prorompe -
Così non entriamo nella carne viva dei nostri anni, così
entriamo nel museo delle cere". Ma della fede Nichi Vendola ha un'idea
precisa "la fede è un fatto meta-culturale: non riguarda
semplicemente il contesto ambientale che la comprende, riguarda (così
penso io) il rapporto con il mistero del Dio che si fa uomo. La fede
cristiana ti inchioda dinanzi alla follia della croce e ti convoca
sull'ingresso di un sepolcro che annuncia la vita oltre la morte".
Tuttavia nei rapporti tra religiosità e politica, benché pubblici e
palesi, riconosce un rischio: "In Italia troppi si genuflettono
risultando più credenti che credibili. Ricordo le parole semplici di
un martire cristiano come il giudice Rosario Livatino: è più
importante per un politico essere "credibile" piuttosto che
esibirsi "credente". Bisognerebbe evitare - spiega Vendola -
professioni di fede che hanno un carattere squallidamente strumentale e di
copertura. E sugli argomenti più delicati ed eticamente sensibili -
incalza - occorrerebbe alzare il tono della contesa ideale, mettere in
circolazione informazioni corrette, non ridicolizzare le posizioni che si
intenda avversare". Per questo quando gli spieghiamo il senso profondo
della moratoria internazionale dell'aborto la sua reazione si fa di ascolto
interessato ma anche di dissenso radicale. Non si tratta di una censura alla
194 - gli diciamo - né di una campagna volta a vietare la pratica
dell'interruzione di gravidanza. "Voi, pasoliniani fuori tempo massimo,
rimuovete il nodo della libertà femminile, delle donne che hanno
superato la soggezione millenaria nei confronti di chi le costringeva a
morire d'aborto sul tavolo delle mammane. Pasolini aveva ragione a pre-vedere
e pre-sentire un mondo segnato dal conformismo consumista e borghese. Ma per
lui lo spazio femminile era quasi esclusivamente un archetipo materno: senza
autonoma soggettività". Mi piace di più l'idea di una
moratoria sul commercio di armi. 07/02/2008.
Torna all'inizio
( da "Liberazione" del
07-02-2008)
Argomenti: Laicita'
Docenti e studenti all'incontro
organizzato all'università La Sapienza da Sinistra critica. Tra loro,
Carlo Cosmelli, uno dei 67 fisici firmatari Perché abbiamo contestato il papa Tonino Bucci Tutto finito? Cosa è
rimasto dopo la famosa lettera di protesta dei 67 docenti di fisica della
Sapienza? E quale segno ha lasciato nei collettivi studenteschi la battaglia
contro la scelta (politica) del rettore Renato Guarini di invitare Benedetto
XVI all'inaugurazione dell'anno accademico? Se si guarda alla cronaca sembra
acqua passata. Il rettore è tornato in un cono d'ombra come se
l'intera storia non fosse partita da lui. E nel silenzio dei media sono tornati
anche gli studenti, isolati come sempre nel denunciare i tagli
all'università pubblica (e laica). Eppure le ragioni politiche di chi
ha contestato sono ancora in gioco. Che sulle pagine
dei giornali si parli di moratoria contro l'aborto o di rianimazione coatta
dei feti l'argomento è sempre quello, la laicità e il rapporto
tra Stato e Chiesa. La religione cattolica ha il monopolio della
verità? E' possibile che non ci sia altra morale al di fuori di quella
ammessa dalle gerarchie vaticane? La politica, la scienza, l'etica, sono
chiamate a rispondere alla sfida, a cercare criteri di legittimazione
autonomi, a non accettare l'idea che solo chi ritiene d'avere Dio in tasca
sia autorizzato a spiegare il mondo e a parlare della verità. Ecco
perché la battaglia iniziata da docenti e studenti alla Sapienza è
ancora attuale e non va lasciata cadere - anche perché qui si gioca una delle
discriminanti nello scenario politico italiano tra il Pd e quello che si
muove alla sua sinistra. Alla Sapienza di Roma ieri s'è svolta una
tavola di discussione, "Diritto al dissenso", organizzata da
Sinistra critica con Carlo Cosmelli, uno dei firmatari della lettera dei 67
docenti di fisica, lo storico Angelo d'Orsi - a sua volta promotore di un
appello a sostegno dei docenti romani - Giorgio Sestili, studente del
collettivo di fisica e del coordinamento dei collettivi, e Cinzia Arruzza,
ricercatrice di Sinistra critica. Ancora oggi gli studenti non si spiegano il
fuoco di sbarramento dei media. "Perché? Di solito i giornali non si
accorgono delle nostre iniziative. Il Papa sarebbe potuto venire e tenere il
discorso. All'indomani i giornali avrebbero potuto dipingerci come la solita
frangia minoritaria. E invece non hanno accettato il dissenso, ci hanno
presentato come intolleranti. E oggi siamo ritornati invisibili, come sempre.
Noi parliamo dei tagli alla ricerca e alla didattica e nessuno se ne accorge.
L'università è devastata e la Chiesa mantiene i suoi privilegi
e non paga l'Ici. E poi, l'inaugurazione dell'anno accademico non è un
momento di confronto, è l'appuntamento più simbolico
dell'università pubblica e laica". Ma ci può essere
interlocuzione tra scienziati e credenti sul terreno della ricerca? "Uno
scienziato può anche credere in Dio - dice Carlo Cosmelli - ma questo
non ha nulla a che fare con la ricerca. E' una questione di metodo. Un Essere
supremo potrebbe anche esistere ma per uno scienziato è indifferente
perché nella descrizione degli eventi naturali non deve ricorrere a cause
esterne. Questo è il naturalismo metodologico. Se la nostra macchina
si ferma la portiamo dal meccanico. Nessuno si sognerebbe di tirare in ballo
una causa soprannaturale". Perché è irricevibile il pensiero
teologico di Benedetto XVI? Perché parte dall'equiparazione di ragione e fede
- spiega Cosmelli - perché la ragionevolezza sfuma nell'idea di obbedienza
alla verità e perché la verità finisce per coincidere, a sua
volta, con la morale dettata dalle gerarchie cattoliche. Comincia col dire
che Dio è logos e finisce con l'etichettare immorali e tendenzialmente
malvagi tutti coloro che vanno "contronatura". Omosessuali in prima
fila. Un vero manifesto etico-politico. Ma "non c'è
nesso automatico tra l'essere cattolico e le scelte morali. Gandhi non era
cattolico e Russell era ateo". La sfida è alta e i laici devono
attrezzarsi per confliggere con un pensiero che ha l'ambizione d'essere
chiave di lettura globale del cosmo. "La Chiesa ha un apparato e una
stuola di intellettuali da far invidia. Perché si scagliano contro il
pensiero queer, contro Judith Butler, contro l'idea che i generi non siano
biologici, ma una costruzione simbolica? Perché la Chiesa pensa che la
differenza biologica tra i sessi sia a fondamento di ruoli differenti,
definiti una volta per tutte, tra uomo e donna, nella famiglia e nella
società intera. Vede come fumo negli occhi ogni pensiero che metta in
discussione l'ordine della natura". Non basta però contrapporre
al fronte oscurantista la fede nel progresso. "Noi laici dobbiamo
interrogarci sullo statuto della scienza, sulla dipendenza dal potere
economico, sulla proprietà dei brevetti e su un modo di produzione
alternativo". Ma quali sono le radici di questa anomalia italiana?
"Vanno cercate nella nostra storia", dice Angelo d'Orsi che intanto
nelle firme a sostegno dei docenti romani è arrivato a quota
millecinquecento. "L'esistenza di un potere politico, militare e
giudiziario della Chiesa ha impedito che il nostro paese diventasse uno Stato
nazionale e moderno come le altre nazioni europee. E questo ha avuto conseguenze
gravissime anche sul piano culturale e civico. Perché gli italiani sono
individualisti e non hanno senso del pubblico? L'unico periodo laico del
nostro Stato è quello postrisorgimentale. Dopo di allora l'idea della
separazione tra Stato e chiesa di matrice cavouriana è stata
affossata. Prima dal fascismo con i Patti lateranensi, poi con la grande
occasione mancata della Costituzione - vedi articolo 7 - e infine la
revisione del Concordato voluta da Craxi. E' possibile che oggi a dettare
l'agenda politica in questo paese debba essere un uomo come Giuliano Ferrara
che si vanta di non aver mai terminato gli studi universitari e chiama
"asini" i docenti? E poi smettiamola di dire che al Papa non viene
riconosciuta libertà di interloquire. Giornali e televisioni sono
pieni dei suoi discorsi". 07/02/2008.
Torna all'inizio
( da "Resto del
Carlino, Il (Nazionale)" del 07-02-2008)
Argomenti: Laicita'
Turchia
Sfida al laicismo
Il velo torna libero nelle università ? ANKARA ? LA TURCHIA si avvia
ad abrogare il divieto del velo islamico nelle università, violando il
tabù laicista che lo ha bandito, per oltre 80 anni dalla nascita della
Repubblica nel 1923. Il voto, nella nottata dopo un dibattito teso, era
scontato perché i due emendamenti costituzionali,
presentati dal governo e dal partito filoislamico di Tayyip Erdogan,
appoggiati anche dai 70 deputati del partito nazionalista turco potevano
contare 410 voti su 550. - -->.
Torna all'inizio
( da "Corriere della
Sera" del
07-02-2008)
Argomenti: Laicita'
Corriere della Sera - NAZIONALE -
sezione: Terza Pagina - data: 2008-02-07 num: - pag: 49 categoria:
REDAZIONALE Elzeviro L'intellettuale che fondò "Il Mondo"
PANNUNZIO, MAESTRO DI IMPEGNO CIVILE di GIOVANNI RUSSO S ono trascorsi
quarant'anni dalla sua morte prematura, avvenuta il 10 febbraio 1968, ma
ancora si sente il vuoto che Mario Pannunzio e Il Mondo, il settimanale da
lui fondato, hanno lasciato. Fu un centro di vita politica e culturale, uno
strumento di battaglie democratiche, intorno al quale si coagularono, in
molte occasioni, le forze più avanzate del Paese. Mario Pannunzio
aveva grande sensibilità per la notizia, curiosità per i
meccanismi della vita politica, fiducia nella verità, rispetto per le
idee degli altri, purché non fossero negatrici del principio della
libertà. L'identità tra pensiero e azione era in Pannunzio
perfettamente realizzata. Appassionato di letteratura e di cinema,
apparteneva a una generazione che era cresciuta facendo la fronda al
fascismo. Con Arrigo Benedetti, nato come lui a Lucca, altro grande
protagonista del giornalismo, aveva partecipato alle esperienze più
brillanti di rinnovamento della stampa italiana, dal settimanale Omnibus fino
alla direzione di Oggi, soppresso da Mussolini durante la guerra. Dopo aver
diretto Risorgimento liberale, il quotidiano del Pli durante il periodo
clandestino e nel dopoguerra, Pannunzio fondò Il Mondo nel marzo 1949
quando, con le elezioni del 18 aprile del 1948, si profilò il pericolo
di un dominio della maggioranza democristiana. La creazione di una
alternativa, capace di svincolarsi dal ricatto costituito dalla
contrapposizione tra le due "chiese", la cattolica e la comunista,
fu lo scopo essenziale cui Pannunzio dedicò i suoi sforzi con Il Mondo
e le altre iniziative, dai convegni degli "Amici del Mondo " alla
fondazione del Partito radicale di democrazia liberale nel 1956. Fu accusato
di astrattezza e snobismo intellettuale, ma basta scorrere le pagine del
settimanale per rendersi conto che non c'era niente di astratto, e che anzi
rispecchiava la realtà politica e sociale del Paese. Quanto all'accusa
di snobismo, essa nascondeva il disagio per la superiorità morale che
Pannunzio incarnava. Amava l'umorismo: non a caso sul Mondo ebbero spazio le
vignette di Mino Maccari e di Arrigo Bartoli, e fu legato da intensa amicizia
con Ennio Flaiano, che era stato redattore capo nei
primi quattro anni. I suoi interessi culturali e umani erano vasti e
profondi. Al giornalista politico, bisogna infatti unire la figura di
Pannunzio uomo di cultura, critico estetico, raffinato interprete letterario,
che esercitava concretamente queste sue doti sia nel vagliare i testi dei
maggiori studiosi e scrittori italiani che si onoravano di collaborare alla
rivista, sia nello scoprire capacità e qualità di giovani
sconosciuti. è grazie a lui se poterono incontrarsi sulle stesse
pagine personalità così diverse come Benedetto Croce e Gaetano
Salvemini, Luigi Einaudi e Alessandro Galante Garrone, Ernesto Rossi e
Panfilo Gentile, Ignazio Silone e Ugo La Malfa, Aldo Garosci e Leo Valiani,
Nicolò Carandini, Nicola Chiaromonte, Mario Ferrara, e Riccardo
Lombardi, cioè tutta la cultura laica che contava.
Con gli articoli di Altiero Spinelli, Il Mondo fu anticipatore dell'ingresso dell'Italia
nella moneta unica europea, e con gli interventi di Ernesto Rossi
denunciò il sottogoverno e il malcostume e sostenne l'esigenza di
un'economia libera dai monopoli privati e da uno Stato falsamente
pianificatore. Con le sue inchieste, fece conoscere i problemi della
realtà italiana. Un'altra delle iniziative di Pannunzio furono i
"Convegni degli amici del Mondo", con i quali, a partire dal 1955,
vennero affrontati nodi della società italiana ancora oggi irrisolti:
la speculazione edilizia, la libertà di stampa, la riforma della
scuola, il finanziamento dei partiti, il rapporto tra Stato e Chiesa, la
lotta ai monopoli, la necessità di una legge antitrust, la riforma
della pubblica amministrazione e la tutela del paesaggio. Il Mondo doveva
cessare le pubblicazioni nel 1966 e due anni dopo Pannunzio moriva. "Mai
come ora - scriveva Pannunzio nel suo ultimo articolo - abbiamo sentito
urgente il bisogno della partecipazione attiva alla vita pubblica e alla
civiltà morale del Paese, di uomini appassionati, indipendenti,
intransigenti e risoluti". è un invito che vorremmo
raccogliessero tutti coloro che credono nei valori della libertà e
della democrazia. \\ Dai crociani ai socialisti, il suo giornale esprimeva le
vette della laicità.
Torna all'inizio
( da "Mattino, Il
(Nazionale)" del
07-02-2008)
Argomenti: Laicita'
De
Gennaro fa lezione al plenum della Curia Un laico che parla al plenum dei
sacerdoti della Curia: non si era mai verificato che il cardinale arcivescovo
cedesse la parola in assemblea a persona che non appartiene al clero. Il 26
febbraio sarà il commissario straordinario all'emergenza rifiuti
Gianni De Gennaro a rivolgersi ai sacerdoti di Napoli a Cappella Cangiani,
presso i padri gesuiti. Avrà un tema da trattare: come educare al
rispetto dell'ambiente. E l'invito del cardinal Sepe non può che
essere messo in relazione con i tormenti delle chiese campane di fronte all'emergenza
rifiuti ed alle soluzioni traumatiche e, talvolta, indecifrabili: come
quando, incalzati dal dramma della collettività, si vanno a riaprire
piaghe di singole comunità e siti di stoccaggio. Il commissario
dovrebbe, dunque, chiarire ai sacerdoti l'altro lato del problema, quello
delle istituzioni che devono riportare un dramma alla normalità.
L'insolito contributo, a tutti gli effetti considerato autorevole per aiutare
i parroci nell'opera di formare anche la coscienza ambientale delle anime in
una particolarissima situazione, si inserirà in una giornata dedicata
alle comunità cattoliche degli stranieri che vivono in città ed
all'impegno pastolare che richiedono. La prima parte della giornata
sarà condotta dall'arcivescovo, cardinale Crescenzio Sepe. Il
pomeriggio toccherà a De Gennaro, sulle cui riflessioni trarrà
le conclusioni lo steso cardinale. L'arcivescovo ha già fatto sentire
il peso del suo appoggio al commissario straordinario. Anche convocando in
Duomo per una veglia di preghiera i fedeli della diocesi e paragonando
l'emergenza rifiuti alle calamità dei secoli scorsi, guerra, peste,
eruzioni del Vesuvio. Napoli annaspa sotto una calamità forgiata dagli
uomini e non dalla natura, nel rimpallo delle responsabilità. c.gr.
Torna all'inizio
|