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ARTICOLI DELL’8-2-2008

I liberali e l'alleanza coi radicali ( da "EUROPA.it" del 08-02-2008)
Argomenti: Laicita'

Abstract: è una parentesi di tre secoli, quelli dell'Illuminismo, e all'interno di quella parentesi ce n'è una più piccola, i 50-100 anni dell'Italia liberale: un niente, per di più già concluso, nei 1600-1700 anni del dominio cristiano dell'Italia. Sicché il problema vero è ora chiudere la parentesi grande, appunto l'Illuminismo.

Quei laici a Campo Marzio ( da "EUROPA.it" del 08-02-2008)
Argomenti: Laicita'

Abstract: odierno antiabortista "cattolico romano") e i giovanissimi Eugenio Scalfari, Giovanni Spadolini, Vittorio De Capraris, Francesco Compagna. E c'erano i laici ex azionisti (Salvatorelli, La Malfa) e i salveminiani (lo stesso Salvemini e Ernesto Rossi). Talvolta s'incontravano da Rosati in via Veneto (La sera andavamo in via Veneto,

LE INCOGNITE DEL VOTO PLANETARIO ( da "Stampa, La" del 08-02-2008)
Argomenti: Laicita'

Abstract: intransigente laicismo individualista di Zapatero, ha spinto la Chiesa a sostituirsi al partito afono di Rajoy che essa critica e disprezza. I vescovi hanno deciso scendere in piazza, supplendo con la politica d'urto la mancata scomunica vaticana di Zapatero, dopo essersi accorti che i sondaggi assegnano al partito socialista un vantaggio per ora incolmabile:

Boicottaggio ingiustificato Guardo con estremo interesse alla Fiera di Torino dedicata a I ( da "Stampa, La" del 08-02-2008)
Argomenti: Laicita'

Abstract: Ho trovato posto in un ospedale cattolico, quindi obietto"). Vorrei comunque far presente che l'obiezione di coscienza è uno strumento ambivalente, che può essere manifestato e fatto valere da entrambe le parti. Se i laici cominciassero a "obiettare coscienza" nei confronti dei medici (e degli altri professionisti) che antepongono le ragioni (?

CON TUTTO il rispetto e l'attenzione verso i "fratelli ma ( da "Resto del Carlino, Il (Nazionale)" del 08-02-2008)
Argomenti: Laicita'

Abstract: inquietante sintonia tra la posizione ebraica e un certo laicismo giacobino italiano, entrambe allergiche alla pretesa di Cristo e alla sua permanenza contemporanea nel mondo. "Dialogo - ha ripetuto Benedetto XVI nell'incontro col clero romano di ieri - vuol dire rispetto dell'altro, ma questa dimensione del dialogo, cosi necessario, non esclude l'annuncio del Vangelo,

Paure, trame e pentimenti nella diaspora della Quercia pag.1 ( da "Giornale.it, Il" del 08-02-2008)
Argomenti: Laicita'

Abstract: migliorista emiliano già della Lega Coop, non ha mai fatto, ponendosi da anni come faro del laicismo illuminato e conquistandosi galloni di socialista a prova di bomba. Definizione difficile da applicare per il napoletano Roberto Barbieri o per il fondatore dell'Arcigay Franco Grillini, che si sono intruppati con Boselli assieme ad Angius.

Delirio antisemita Su un blog l'elenco dei"professori ebrei" ( da "Stampa, La" del 08-02-2008)
Argomenti: Laicita'

Abstract: anche nomi di docenti cattolici o laici (come Gian Enrico Rusconi e Chiara Saraceno, editorialisti della Stampa). Una roba sconclusionata e manicomiale, ma che in ogni caso nessuno vuole sottovalutare. Intanto perché, fra il successo degli storici negazionisti, le polemiche attorno alla Fiera del libro di Torino e anche qualche marginale ma stupefacente presa di posizione politica,

Pannunziani immaginari ( da "Stampa, La" del 08-02-2008)
Argomenti: Laicita'

Abstract: politici vogliono accreditarsi come eredi del grande laico-liberale, richiamarne alla memoria la singolarità umana ed intellettuale che rende vane tutte le rivendicazioni di continuità con Il Mondo, di cui Pannunzio fu iniziatore, regista e leader carismatico. Si è soliti qualificare Pannunzio grande direttore, maestro di giornalismo, raffinato uomo di cultura e continuatore dello "

Ferrara: lista Formigoni per la vita ( da "Corriere della Sera" del 08-02-2008)
Argomenti: Laicita'

Abstract: Una lista di scopo per la moratoria sull'aborto guidata dal governatore della laica e progredita Lombardia, un cattolico con i fiocchi". Su Panorama in edicola oggi, Ferrara definisce Roberto Formigoni (in basso) "l'uomo giusto" e prevede un "risultato sicuro: apparentata con la coalizione di centrodestra, questa lista prenderebbe molti buoni voti".

Cellula dei collettivi contesta il vescovo E lui fa l'elogio del '68 ( da "Corriere della Sera" del 08-02-2008)
Argomenti: Laicita'

Abstract: Noi siamo funzionari dello Stato e dobbiamo applicare le regole. Per cambiarle ci sono altre sedi". A quel punto non è restato che riarrotolare lo striscione pro scuola laica, consegnare un paio di volantini ai poliziotti e andarsene affidando la propria rabbia alla versione postmoderna del ciclostilato in proprio, un comunicato via e-mail per denunciare "

Foibe Non infangate la memoria Cara "Liberazione", apprendiamo con viva soddisfazione che il comune di Roma ha vietato l'uso del Teatro Brancaccio alla Consulta Studentesca, egemon ( da "Liberazione" del 08-02-2008)
Argomenti: Laicita'

Abstract: I No Vat erano stati tra i protagonisti della manifestazione contro la visita di papa Ratzinger all'università La Sapienza di Roma, un mese fa (in particolare della Frocessione laica del pomeriggio). Facciamo Breccia via e-mail Nichi Vendola La precisazione di Merlo Caro direttore Sansonetti, sono contento di potermi leggere su Liberazione,


Articoli

I liberali e l'alleanza coi radicali (sezione: Laici e chierici)

( da "EUROPA.it" del 08-02-2008)

Argomenti: Laicita'

LIB I liberali e l'alleanza coi radicali FEDERICO ORLANDO L'Italia si sta spaccando sui temi bioetici e c'è chi teme che, se una destra vittoriosa innesterà la retromarcia legislativa verso il medioevo, "gli italiani si ribelleranno", come dice la ministra Livia Turco facendosi uscire il fiato (La Stampa). Nelle stesse ore, all'Auditorium di Roma, il presidente Scalfaro diceva della Costituzione: "Parlare di religione di stato è una bestemmia. Lo stato non ha religione. Lo stato è laico: me lo hanno insegnato non i massoni, ma i preti a catechismo" (l'Unità, fascia rossa). Infine, mentre il papa proclamava a San Pietro "Difendere la vita prima della nascita", Carlo Casini, Movimento per la vita, diceva che i medici uccidono i prematuri mettendoli fuori della finestra (deve aver letto in gioventù L'Innocente di D'Annunzio); e a Cassino Ferrara e Binetti venivano contestati da studenti contrari alla guerra contro "Le donne senza voce" (Miriam Mafai, la Repubblica). Dove l'unica cosa misteriosa è perché mai le donne abbiano perso la voce (quella propria, intendo, non quella nostra). La stessa cosa si potrebbe dire dei liberali del Pd: ma c'è una differenza, le donne sono metà della popolazione italiana, e se s'incavolano saranno i loro persecutori a finire stavolta sulla graticola; i liberali, invece, sono flatus vocis, e anche se s'incavolano non succede niente, salvo la fine del "pluralismo" del Pd. Naturalmente, i senzavoce rendono più veristica l'opinione del clericale Liberal, edito da Adornato. Egli stima che nella civiltà cristiana c'è una parentesi di tre secoli, quelli dell'Illuminismo, e all'interno di quella parentesi ce n'è una più piccola, i 50-100 anni dell'Italia liberale: un niente, per di più già concluso, nei 1600-1700 anni del dominio cristiano dell'Italia. Sicché il problema vero è ora chiudere la parentesi grande, appunto l'Illuminismo. "Quante se ne devono fare per mangiare", sentivamo dire da bambini. Forse è per questo che al franco dispiegarsi di tesi clericali (manca solo, ma aspettate dopo le elezioni, che dalla 194 si passi al divorzio), fa riscontro il mutismo degli eredi di Baslini, di Fortuna, tutti impegnati ? dicesi in sala stampa ? ad assicurarsi un altro posto in parlamento. Pannella sostiene che per quei posti c'è un veto su di lui: "Coerentemente dubito ? ha detto infatti la senatrice Binetti ? che ci possa essere omogeneità programmatica coi radicali" (Corriere della sera). Non v'è dubbio, infatti alla Binetti non c'è da obbiettare. Ma a Bianco, Maccanico, Zanone, D'Amico, Amato, Bassanini, Salvati, e agli altri che sono o si dichiarano liberali, il veto sembra "coerente"? Restiamo in attesa.

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Quei laici a Campo Marzio (sezione: Laici e chierici)

( da "EUROPA.it" del 08-02-2008)

Argomenti: Laicita'

MARIO PANNUNZIO Il 10 febbraio quarant'anni dalla morte Quei laici a Campo Marzio "Il Mondo", de nito "uno dei frutti più alti della cultura liberale del Novecento", sognò la "terza via" fra centrismo e Fronte popolare FEDERICO ORLANDO I gatti che ogni venerdì ci vedevano arrivare prima dell'alba alla stazione della Piccola Città, alla fine non scappavano più: avevano imparato le nostre immagini , tre o quattro studenti universitari di area liberale, che una volta alla settimana cadevamo dal letto per trovarci al treno in arrivo da Roma alle 5. Tra i giornali, c'era il pacchetto del Mondo, sette-otto copie, tante se ne vendevano nella Piccola Città, e trentamila in tutta Italia. La storia era cominciata dopo la grandinata di De Gasperi il 18 aprile 1948: i laici (generica e impropria etichettatura per liberali, repubblicani e socialdemocratici) avevano cuore e cervello divisi a metà, una guardava al leader trentino nel centrismo, antagonista del fronte popolare e della destra nostalgica; l'altra alla nostra condizione di "figli del risorgimento", ridotti in estrema minoranza fra democristiani e comunisti. La sinistra liberale non perse tempo: mentre il vecchio partito mandava i suoi uomini del prefascismo nel governo centrista, i "crociani" aprivano in Campo Marzio la redazione del Mondo, fondatore e direttore Mario Pannunzio: che già aveva fondato e diretto (1944-47) Risorgimento liberale. C'erano Carandini, Paggi, Villabruna, Libonati, Panfilo Gentile, Mario Ferrara (il nonno dell'odierno antiabortista "cattolico romano") e i giovanissimi Eugenio Scalfari, Giovanni Spadolini, Vittorio De Capraris, Francesco Compagna. E c'erano i laici ex azionisti (Salvatorelli, La Malfa) e i salveminiani (lo stesso Salvemini e Ernesto Rossi). Talvolta s'incontravano da Rosati in via Veneto (La sera andavamo in via Veneto, rievocherà Scalfari). Il primo numero del Mondo uscì nel gennaio 1949, l'ultimo nel 1966. Due anni dopo, il 10 febbraio 1968, morì anche il grande direttore. Il Mondo fu il "giornalepartito" nel partito liberale, di cui favorì la scissione dai conservatori di Malagodi nel 1955, e fuori dal partito, per una progressiva uscita dal centrismo, ma in chiave liberale, laica, antimonopolista, europeista. Non in chiave socialista. Perciò piaceva poco a Saragat. Dalla scissione nacque il primo Partito radicale, col berretto frigio nel simbolo. La laicità della repubblica, vera linfa intellettuale e morale del Mondo, era come David fra due Golia, il clericalismo bianco e quello rosso. Ma i crociani del "Partito radicale dei liberali e dei democratici", come si chiamavano, abituati più al pensiero politico che all'azione di partito, presto furono scavalcati da un nuovo Pr, più anglosassone che crociano, più libertario che liberale, con l'avvento di Marco Pannella: profetico come Capitini o Dolci, diceva Calogero; non senza qualche "debito ideale" con Giovanni XXIII papa del Concilio, conciliava Spadolini. La battaglia laica del Mondo diventa così la battaglia anticlericale contro "il regime", la cui arretratezza rispetto al paese i radicali di Pannella dimostreranno col referendum sul divorzio. Ma chiedersi se il laicismo liberale di Pannunzio e del Mondo abbia aperto la strada al radicalismo dei pannelliani è ozioso (comunque, non l'aprì certo ai "radicali" della de-generazione berlusconiana). Il Mondo non parlava di "regime", parola che allora era sinonimo di "fascismo". Piuttosto giudicava naturalmente illiberale un sistema che affidava la funzione di governo al partito clericale (assai più democristiano che sturziano) e quella di opposizione al partito comunista, la cui "specificità italiana" era un mix di riscatto sociale e di obbedienza ereditaria delle masse, indirizzate in senso progressivo dall'egemonia degli intellettuali. La strategia del Mondo, in questa disperata guerra su due fronti, era la creazione di una "terza forza". Appunto liberale e laica. Padri ideali di Pannunzio erano Tocqueville e Croce, il primo con la sua ricerca di spazi alle minoranze in una democrazia dominata dalle "masse", il secondo con la "religione della libertà" contrapposta non solo e non tanto alle "antiche fedi religiose" in caduta, quanto agli assetti economici e sociali illiberali, ancorché derivati da esperienze oligarchiche di governo che si erano autodefinite liberali: primo fra tutti il monopolio (scuola economia comunicazione corporazione sindacato). Nella lotta al monopolio, gli amici del Mondo ricomponevano la disputa Croce- Einaudi (tuttora echeggiante) su estraneità o parentela fra liberalismo e liberismo. I due termini potevano farne uno, ma soltanto nella guerra al monopolio. Non per mettere bastoni fra le ruote dell'economia capitalistica, come pretendeva il socialmassimalista Riccardo Lombardi quando brindò alla nazionalizzione elettrica, ma per dare ossigeno e spazio alla libertà di competizione. Il sogno terzaforzista fallì, com'era fallita dopo la guerra l'illusione rosselliana del liberal-socialismo. Come su questo gravava la scomunica di Croce (l'ircocervo), così sulle speranze moderniste del Mondo pesavano le eredità storiche del risorgimento (mai un liberale si sarebbe chiamato repubblicano, e viceversa: solo Salvemini aveva pronto perfino il nome, "partito liberale-repubblicano"); e mai un austromarxista "turatiano" come Saragat si sarebbe unito in unica "forza" ai liberali (conservatori o laici che fossero): il suo disegno era, sì, anch'esso di una terza forza, ma socialista. In pratica, era il centrosinistra. Più realistica, come alternativa al centrismo, che non la via "socialdemocratica" di Bobbio; meno generosa di quella "laica" di Pannunzio, condannata dalla biografia della nazione a restare sempre di "estrema minoranza". Il potere che ne aveva precluso le prospettive e infranto il sogno, Pannunzio lo definiva, ricorda Giuseppe Bedeschi sul Sole 24 Ore, con queste parole: "Domina in Italia un potere radicato e penetrante, un governo segreto, morbido e sacerdotale, che conquista amici ed avversari e tende a snervare ogni iniziativa e ogni resistenza". Sembra il grande problema d'oggi del Partito democratico.

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LE INCOGNITE DEL VOTO PLANETARIO (sezione: Laici e chierici)

( da "Stampa, La" del 08-02-2008)

Argomenti: Laicita'

Enzo Bettiza LE INCOGNITE DEL VOTO PLANETARIO Non s'era ancora vista una rincorsa di appuntamenti elettorali estesi, in un solo anno, su un arco planetario dall'Atlantico al Mediterraneo e poi dal Danubio fino alle coste del Pacifico russo. Si è appena votato in Serbia, si voterà a marzo in Russia e in Spagna, quindi il 13 aprile in Italia. Gli americani andranno in novembre all'urna di una decisione finale che però, sotto tanti aspetti vistosi, si è già preannunciata nel Supermartedì dominato dal duello stretto e non risolto tra Hillary Clinton e Barack Obama. Il superspettacolo americano, trionfando nei media mondiali, ha finito comunque per mettere in ombra i minori e più prevedibili circhi europei. Da tempo non si assisteva a una kermesse così vivida d'imprevisti e di tripudi etnici, sciali finanziari, stilettate e endorsement trasversali a sorpresa. Ha travolto la scena l'apparizione di personaggi storicamente inediti: la moglie famosa di un ex Presidente, un sopravvissuto del Vietnam, un cristiano nero, giovanile, rivelatosi un genio della comunicazione di massa, sulla cui riuscita nessun sondaggista avrebbe scommesso mezzo dollaro ancora un mese fa. Invece il duello tra il nero in strepitosa ascesa e la candidata bianca in difficoltà ha dato l'impressione di svolgersi, più che all'interno del partito democratico, già alle soglie della Casa Bianca. La campagna, neanche a metà strada del suo lungo percorso, è stata di fatto monopolizzata mediaticamente dalla contrapposizione Hillary-Obama: non più star di un medesimo partito, bensì Presidenti in pectore di due partiti antagonisti. Il senatore repubblicano McCain, seppure ben piazzato, ha dato al confronto l'impressione di arrancare onorevolmente in salita come l'astro nascente di un terzo partito. Si è visto emergere dall'anonimato soprattutto l'astro ormai fulgido, hollywoodiano di Obama, idolatrato dai giovani d'ogni tinta e sostenuto da oltre il 40 per cento degli elettori bianchi. L'outsider erede nell'immaginario collettivo di Belafonte e di Luther King, legittimato dalla dinastia Kennedy, dal New York Times, dall'aggressivo e implacabile Murdoch, ha rotto il muro del suono in tredici Stati con percentuali da capogiro nel Sud. Nel New England clintoniano con Bob De Niro, su Internet con la canzone tratta dal suo celebre discorso "Yes we can", Obama ha sovrastato Hillary, se non nel conteggio confuso dei numeri, certamente nell'impatto d'immagine e perfino nei sostegni finanziari. È divenuto lui, in poche settimane, il vero protagonista delle elezioni. La stima del pubblico continua a confortare i discorsi competenti e lucidi di Hillary; ma l'entusiasmo irrazionale, l'ebbrezza infantile delle folle, ruotano intorno alla figura snella e alle parole seducenti del grande comunicatore che, rivolgendosi a "tutti i fratelli americani", parla di cambiamento, di futuro, di riconquista delle frontiere perdute. Comunque vada a finire, milioni di bianchi e neri vedono Obama già seduto, da Presidente demiurgico, nello studio ovale che fu di Roosevelt e di Kennedy. Mentre sulla scena americana predominano le novità di una democrazia spregiudicata e vitale, la Russia si prepara al voto del 2 marzo in un clima, opposto, di grigia farsa democratica. Tutto vi è stato meticolosamente preparato per consegnare Putin all'eternità. Nessun brivido, nessuna svolta all'orizzonte. Le brutte sorprese eliminate, i concorrenti pericolosi imbavagliati, televisioni confiscate e giornali allineati, Putin succederà per la terza volta a Putin in veste di onnipotente primo ministro al fianco di un Presidente di cartapesta. Costui, per chi non lo sapesse, si chiama Dmitry Medvedev, ha quarantadue anni ed esibisce le stimmate del perfetto palafreniere del Presidente uscente. "Uomo della forza" dell'onnipervasivo clan putiniano di Pietroburgo, presidente del colosso energetico Gazprom, primo vice primo ministro, egli deve tutto ciò che è al protettore che lo ha fatto nominare candidato alle presidenziali dal partito di maggioranza Russia Unita. La sceneggiata pseudoliberale ha avuto inizio con una sorta di giuramento aulico pronunciato in pubblico da Medvedev: "Se diventerò il capo dello Stato, offrirò a Vladimir Vladimirovic Putin la guida del governo". Non esistono motivi che possano farci dubitare della solenne promessa. Escogitata per aggirare la Costituzione che non gli consente, almeno per ora, un terzo mandato, essa offrirà a Putin la possibilità di restare, mimetizzato o meno, l'autentico zar del Cremlino sostenuto peraltro da un altissimo tasso di popolarità. Insomma, l'elezione a Mosca si è chiusa prima d'incominciare. Rispetto al presente pietrificato in Russia, al futuro in attesa negli Stati Uniti, la Spagna si prepara a fare una volta di più i conti, il 9 marzo, con i fantasmi del suo passato. Il confronto elettorale in atto, più che tra il partito socialista di Zapatero e quello popolare di Rajoy, sta assumendo i connotati inquietanti di uno scontro diretto tra lo zapaterismo ideologico e i vescovi madrileni che lo combattono e ripudiano. Sono noti gli impegni presi quattro anni fa dal governo di Zapatero, poi rigorosamente mantenuti, nel campo dei diritti civili e individuali. Matrimoni gay, aborto, eutanasia, divorzio istantaneo, educazione libertaria nelle scuole: tutti censurati dall'episcopato che ha mobilitato la piazza cattolica e diffuso perfino una sorta di manifesto contro la "almodovarizzazione" di una nazione di antiche radici cristiane. Zapatero, un falso timido, col suo ultralaicismo blindato in un ferreo quadro legislativo, non ha receduto di un passo nel corso del quadriennio. Di più, non ha trovato nel leader del partito contendente, il conservatore Mariano Rajoy, esangue controfigura di Aznar, un avversario capace di affrontarlo con armi culturalmente adeguate su un terreno dove la grande posta è, più dell'economia o dei rapporti con l'Eta, l'esistenza profonda delle persone e della società: la vita, la morte, la nascita, la parità fra i sessi e la totale libertà omosessuale legalizzata dal rito matrimoniale. L'assenza di una risposta politica, all'altezza dell'intransigente laicismo individualista di Zapatero, ha spinto la Chiesa a sostituirsi al partito afono di Rajoy che essa critica e disprezza. I vescovi hanno deciso scendere in piazza, supplendo con la politica d'urto la mancata scomunica vaticana di Zapatero, dopo essersi accorti che i sondaggi assegnano al partito socialista un vantaggio per ora incolmabile: 44,5 percento (due in più rispetto al 2004) contro il 38,7 dei popolari. Ora, il punto allarmante di questo scontro scoperto, privo di intermediazioni, tra Chiesa e partito socialista, riporta alla memoria di tanti spagnoli moderati i tempi della guerra civile: tempi tristi, in cui Franco sposava la spada all'altare mentre, sulla trincea repubblicana, socialisti anticlericali e anarcosindacalisti non andavano per il sottile nella caccia ai preti e alle suore. Se Zapatero vincerà, com'è probabile, non potrà non cercare di spegnere quei brutti ricordi, serpeggianti nel sottofondo di una campagna dominata e pericolosamente avvelenata dai temi etici. Zapatero, pur fermissimo nelle sue idee discutibili, si è mostrato tutt'altro che un politico ottuso o un vincitore arrogante. Non è da escludere che, se giungerà al traguardo una seconda volta, tirerà fuori la carta di un accordo flessibile con i vescovi madrileni, alla cui militanza politica si oppongono, fra l'altro, diversi porporati catalani, baschi e galiziani. Per questi, forse più dello scontro sui cosiddetti temi etici sensibili, contano le promesse socialiste sul federalismo e la linea di trattativa coi terroristi dell'Eta. Che dire, a questo punto, del 13 aprile italiano, al di là di tutto ciò che abbiamo visto nel video, ascoltato nei dibattiti, letto nei giornali? "Berlusconi again!", esclama sardonico l'Economist non potendo più dire "never again". La Serbia è uscita dalle urne più bloccata che mai, con un Presidente rieletto che lancia saluti all'Europa, mentre il suo primo ministro, il coriaceo Kostunica, già lo contraddice parlando di una "truffa europea" ordita alle spalle di Belgrado con l'invio di una missione civile nel Kosovo secessionista. Se i Balcani minacciano di restare balcanizzati, speriamo che in aprile, a prescindere da Berlusconi, l'Italia esca dall'autobalcanizzazione degli ultimi anni e dal blocco parlamentare degli ultimi diciannove mesi. Le buone intenzioni trapelano di giorno in giorno, sia dal centrodestra che dal centrosinistra. Ma con le sole buone intenzioni, diceva il poeta, non si fa buona letteratura. Sarebbe auspicabile che, dopo il voto d'aprile, vincitori e vinti estendessero quella raccomandazione scettica e austera in una dimensione extraletteraria. Quando le ottime intenzioni non diventano azioni, non si fa altro che pestare nel vuoto di una pessima politica. CONTINUA A PAGINA 33.

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Boicottaggio ingiustificato Guardo con estremo interesse alla Fiera di Torino dedicata a I (sezione: Laici e chierici)

( da "Stampa, La" del 08-02-2008)

Argomenti: Laicita'

Sraele. Trovo il boicottaggio ingiustificato: non credo proprio che tutti gli scrittori ebrei appoggino la politica d'Israele, ma soprattutto molti scrittori israeliani sono indiscutibilmente migliori della politica del loro Paese. DONATELLA TULLI L'orrore della Shoah a FestivalStoria Rinviando a un più meditato articolo una mia analisi e proposta in merito all'ormai vexata quaestio della Fiera del Libro, non posso lasciar passare in silenzio alcune delle pesanti insinuazioni contenute nell'intervento di Gadi Luzzatto Voghera (La Stampa di ieri). Al di là delle oscure allusioni ad ambienti torinesi nei quali la critica a Israele sarebbe uno schermo di un vetero, ineliminabile antisemitismo, mi riferisco all'attacco a FestivalStoria, da me ideato e diretto, accusato di non aver dato spazio al "dibattito" sul tema del rapporto tra politica, etnos e religione in Israele. Ribadito che il terreno della Storia è quello della conoscenza, ossia dell'accertamento dei fatti, attraverso testi e documenti; precisato che in occasione dell'incontro posto "sotto accusa" la presenza in sala sconsigliava dibattiti onde evitare di trasformarli in risse da talk show televisivo; mi corre l'obbligo di ricordar che in quell'evento a cui partecipavano uno scrittore palestinese, una giornalista svedese e due analisti israeliani (che si sono definiti in esordio, e ripetutamente, "patrioti"), sono stati forniti dati di fatto, cifre ed elementi non contestabili se non sulla base di quel "pregiudizio ideologico" che si vuole imputare a "certa sinistra". Aggiungo, infine, che negli oltre trenta eventi di cui si componeva la passata edizione (la III) del Festival - che hanno visto la partecipazione di molti israeliti, come le precedenti: nella II abbiamo inaugurato con la presenza del rabbino capo di Torino, il dr. Szomech - il tema più frequente è stata la Shoah e l'orrore che rappresenta nella Storia di ogni tempo, con precisa denuncia delle responsabilità di tutti i persecutori. ANGELO D'ORSI I post-marxisti italiani e le ragioni di Israele Ci fa molto piacere che l'on. Fassino, con la sua lettera al Corriere, abbia contestato l'indegno boicottaggio avvenuto alla Fiera del Libro di Torino contro la letteratura ebraica e quindi contro Israele. Ci aveva fatto altresì molto piacere che un vecchio comunista non pentito come Valentino Parlato avesse usato argomenti analoghi sul Manifesto. La nostra impressione purtroppo è che, nonostante i convincimenti di Fassino e Parlato, la sinistra italiana di origine marxista non comprenda ancora le ragioni di Israele e tanto meno la questione politica che pone la difesa dello Stato ebraico. È per questo motivo che ci troviamo davanti a indegnità come quelle della Fiera di Torino: Fassino e Parlato appaiono in minoranza all'interno della loro area politica. Del resto non ci si può stupire se la terza autorità dello Stato, durante la trasmissione di Lucia Annunziata, dice impunemente che Israele è un luogo dell'anima. Al contrario dell'on. Bertinotti io credo fermamente che Israele esiste ed è, con grande evidenza, il luogo della democrazia in Medio Oriente. Chi non capisce questo concetto e non lo sostiene si fa portatore di antidemocrazia. FRANCESCO NUCARA SEGRETARIO PARTITO REPUBBLICANO ITALIANO Se il Pd non si allea con i radicali È il nuovo Partito democratico. Al punto tale da escludere dalle sue possibili alleanze l'unica forza politica autenticamente laica e liberale: quella radicale. Gli italiani hanno bisogno di chiarezza, dice Veltroni. E io ne sono più che mai convinto! RENATO PATELLI, VERONA Obiezione di coscienza verso i medici obiettori Ho letto con interesse e sgomento la vicenda della signora che si è vista rifiutare da numerose strutture ospedaliere della Capitale la somministrazione della "pillola del giorno dopo", normalmente acquistabile, anche senza prescrizione medica, in molti paesi civili. Non trovo consolante che in molti dei casi riportati l'obiezione di coscienza sia probabilmente strumentale o "di scambio" ("Ho trovato posto in un ospedale cattolico, quindi obietto"). Vorrei comunque far presente che l'obiezione di coscienza è uno strumento ambivalente, che può essere manifestato e fatto valere da entrambe le parti. Se i laici cominciassero a "obiettare coscienza" nei confronti dei medici (e degli altri professionisti) che antepongono le ragioni (?) della fede al corretto e umano svolgimento dei propri compiti, si creerebbe una salutare frattura. Gli uomini di scienza potrebbero lavorare adeguandosi alle spinte propulsive e alle nuove scoperte della libera ricerca; gli altri potrebbero tranquillamente proseguire a curare i pazienti coi pannicelli caldi e le novene, evitandosi il disturbo di opporre rifiuti giustificati con l'obiezione. I pazienti da chi sceglierebbero di farsi curare? GIUSEPPE BURGIO, TREVISO Lo Stabile di Catania da Baudo a Buttafuoco Porca miseria, giusto ieri che proprio La Stampa pubblicava il borsino dei teatri d'Italia con Catania in crescita, giusto adesso che mi è stato ordinato dai padroni - da Scapagnini e dalla sua volpe, Lombardo - di ridurre e mettere in scena uno dei tanti febbrili libri di Alfio Caruso, questo se ne usciva con un commento sulle stesse pagine denunciando il tradimento di libertà e autonomia dello Stabile, fogna di lottizzazione inarrestabile (come se il mio predecessore, Pippo Baudo, non fosse stato nominato dagli stessi)? PIETRANGELO BUTTAFUOCO PRESIDENTE DEL TEATRO STABILE DI CATANIA A differenza di Buttafuoco, Pippo Baudo mai ha firmato la prefazione a un libro apologetico su Lombardo (quelle malelingue dei catanesi ne hanno approfittato per definire Buttafuoco "il biografo del biografo"), né ha invitato in una sua trasmissione Lombardo in concomitanza con la propria nomina a presidente dello Stabile. \.

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CON TUTTO il rispetto e l'attenzione verso i "fratelli ma (sezione: Laici e chierici)

( da "Resto del Carlino, Il (Nazionale)" del 08-02-2008)

Argomenti: Laicita'

Ggiori", e alla luce dell'attenzione di Paolo VI verso il mondo ebraico e della preghiera di Giovanni Paolo II al Muro del Pianto, la polemica esplosa su una riformulazione del messale quaresimale appare francamente "lunare". Nel messale di San Pio X e fino a quello di Giovanni XXIII, i cattolici pregavano, nel periodo di Quaresima e Pasqua, anche per "la conversione dei perfidi ebrei". Nel "motu proprio" di Benedetto XVI sulla possibilità straordinaria di celebrare il rito eucaristico secondo il messale latino, non era stata prevista alcuna riformulazione della preghiera! Con l'inizio della Quaresima, il Santo Padre ha reso noto che, laddove si fosse usato straordinariamente il messale latino per le celebrazioni quaresimali, si sarebbe dovuto togliere da quella preghiera di conversione il termine "perfido". Una decisione, quella vaticana, che ad occhio nudo va incontro alla sensibilità degli ebrei e, per inciso, ha mandato su tutte le furie i cattolici tradizionalisti. Il significato latino della parola, infatti, è totalmente diverso dall'accezione italiana: perfido significa senza fede, incredulo, non certo crudele o perverso. UN GESTO di amorevolezza, quindi, che si scambia come una mina esplosiva per il dialogo ecumenico? E' vero che ultimamente si gioca a tiro a segno con le parole del Papa, che l'Italia ha recentemente dimostrato la sua intolleranza verso Benedetto XVI. Però, anche alla palese strumentalizzazione c'è un limite. Con il popolo ebraico c'è un dialogo speciale, diverso da quello con i musulmani; ciò detto, i fedeli dell'Antico Testamento non possono pretendere che i cristiani rinuncino al Nuovo. Perché pretendere di abolire tutta la preghiera significa, appunto, chiedere ai cattolici di non riconoscere in Cristo Gesù colui che è la via, la verità, la vita. "Ciò che abbiamo di più caro è Cristo stesso", è la risposta dello Staretz Giovanni, nell'anticristo di Solov'ev; è la medesima risposta di Pietro e dei discepoli al primo arresto, negli Atti degli Apostoli: "non possiamo che raccontare ciò che abbiamo visto". A nessun cattolico verrebbe in mente di pretendere l'incendio dei libri della Torah in tutte le sinagoghe, come precondizione a un qualsiasi dialogo. Colpisce e amareggia l'inquietante sintonia tra la posizione ebraica e un certo laicismo giacobino italiano, entrambe allergiche alla pretesa di Cristo e alla sua permanenza contemporanea nel mondo. "Dialogo - ha ripetuto Benedetto XVI nell'incontro col clero romano di ieri - vuol dire rispetto dell'altro, ma questa dimensione del dialogo, cosi necessario, non esclude l'annuncio del Vangelo, dono di verità che non possiamo avere solo per noi stessi, ma dobbiamo offrire agli altri". PERCIÒ, pregare in Quaresima, affidare a Jahvè la conversione, la luce per tutti, non può offendere nessuno. C'è da scommetterci che alcuni omuncoli laicisti prenderanno spunto dalle polemiche ebraiche ed eviteranno di soffermarsi su altri temi affrontati dal Papa, come la distruzione mondiale prodotta da nazismo e comunismo, e gli argomenti del peccato, dell'infermo e del giudizio. Eppure, sui loro giornali ha trovato comoda casa quel Ramadan che guida il boicottaggio di Israele alla Fiera del Libro di Torino. Ha ragione il Papa, allora: "Chi non lavora per il Paradiso, non lavora nemmeno per il bene degli uomini sulla terra". E Dio solo sa quanto bisogno ci sia di questo bene. * Capogruppo Udc alla Camera dei Deputati - -->.

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Paure, trame e pentimenti nella diaspora della Quercia pag.1 (sezione: Laici e chierici)

( da "Giornale.it, Il" del 08-02-2008)

Argomenti: Laicita'

Paure, trame e pentimenti nella diaspora della Quercia di Roberto Scafuri - venerdì 08 febbraio 2008, 07:00 Scelta compiuta invece da Gavino Angius, già comunista di rito strettamente dalemiano, quando ha lasciato i Ds all'ultimo congresso. "Purtroppo pretende oggi di darci lezioni di socialismo", ne lamenta la spregiudicatezza un parlamentare di spicco dello Sdi. Errore che uno come Lanfranco Turci, migliorista emiliano già della Lega Coop, non ha mai fatto, ponendosi da anni come faro del laicismo illuminato e conquistandosi galloni di socialista a prova di bomba. Definizione difficile da applicare per il napoletano Roberto Barbieri o per il fondatore dell'Arcigay Franco Grillini, che si sono intruppati con Boselli assieme ad Angius. Un vero peccato, visto che posti per ricandidarli in Parlamento non ce ne saranno. A meno che non tornino da Walter con il capo cosparso di cenere (ci stanno pensando). Nulla di grave, rispetto allo psicodramma che vivono in queste ore gli uomini di Fabio Mussi, un prudente postcomunista veltroniano che ha scoperto il socialismo negli ultimi mesi. La sua Sinistra democratica doveva essere lievito della sinistra unita, ma per ora di ingrossato è soltanto il fegato. Speravano di restare il trait-d'-union tra la sinistra bertinottiana e i soliti compagni di una vita, ma la scelta di Veltroni di tagliare i ponti li ha spiazzati. Qualcuno, come Famiano Crucianelli o il sindacalista Nerozzi, ha già fatto dietrofront. Altri, come la capogruppo Titti Di Salvo o la deputata Marisa Nicchi, si stracciano le vesti. "Come può Walter farci questo, lasciarci nelle mani di questi pericolosi comunisti?". Il bello è che i postcomunisti non si fidano affatto dei comunisti che militano in Rifondazione o Pdci. Seggi a disposizione nisba, e si sa poi quanto poco piacciano i "rinnegati". Mussi ha cercato di rappresentare le difficoltà dei suoi negli incontri della Sinistra Arcobaleno, provando persino a mettere i bastoni fra le ruote a Bertinotti. "I nostri elettori ds faticano ad amare Fausto", ha buttato lì. Oltre a un'alzata di spalle, ha ottenuto soltanto la richiesta di incontro con Veltroni per chiedere venia: "Walter, non lasciarci da soli, è un suicidio collettivo". "Soltanto un modo per stanarlo", interpreta la mossa un altro comunista avveduto, Antonello Falomi, tra i primi assieme a Pietro Folena a riparare nella rete bertinottiana.

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Delirio antisemita Su un blog l'elenco dei"professori ebrei" (sezione: Laici e chierici)

( da "Stampa, La" del 08-02-2008)

Argomenti: Laicita'

IL SITO INTERNET DI UN ANONIMO Delirio antisemita Su un blog l'elenco dei"professori ebrei" ROMA "Elenco professori universitari ebrei". Volete sapere per quale motivo Papa Ratzinger non è potuto andare alla Sapienza? E perché il Vaticano è sotto schiaffo dal mondo laicista? Risposta: in Italia esiste una potentissima lobby ebraica, specialmente di estrazione accademica, che dirige il mondo verso il peccato più immondo. La teoria - con annesso elenco di ebrei "cattivi" - è espressa in un blog dai contorni deliranti (http://re.ilcannocchiale.it) il cui titolare è naturalmente anonimo. L'esistenza e la diffusione della lista ha ovviamente mandato in fibrillazione la comunità ebraica romana, e ieri sono partite le denunce alla polizia postale. E questo malgrado la questione sia poi apparsa meno seria di quanto sembrasse a prima vista. Anzitutto, il blog (di estrazione cattolica, ma di una variante prossima alla follia) non appartiene a un'associazione, ma a un'unica persona. In secondo luogo, è pressoché privo di seguito. Ai suoi post (dai titoli come "boicotta Israele - Strappa la piattola dal culo del mondo") non corrispondono quasi mai commenti di visitatori, se non di scherno. Poi, l'elenco dei professori ebrei non è un elenco di professori ebrei, ma di sottoscrittori di una recente petizione contro il negazionismo, e pertanto contiene anche nomi di docenti cattolici o laici (come Gian Enrico Rusconi e Chiara Saraceno, editorialisti della Stampa). Una roba sconclusionata e manicomiale, ma che in ogni caso nessuno vuole sottovalutare. Intanto perché, fra il successo degli storici negazionisti, le polemiche attorno alla Fiera del libro di Torino e anche qualche marginale ma stupefacente presa di posizione politica, il clima attorno alla comunità giustifica un'attenzione costante. E poi perché il proliferare di siti di questa natura è impressionante. Quello in oggetto, per quanto frutto di una fantasia non del tutto equilibrata, sbandiera tutte le teorie e tutti i toni che in altre epoche hanno trovato seguaci, prima di nicchia e poi crescenti. Si esalta il dibattito nato dal negazionismo, si pubblicano raccapriccianti fotografie di palestinesi trucidati (sostiene il blog) dall'esercito sionista, si ridimensiona parecchio l'eccidio delle Fosse Ardeatine, e di conseguenza si chiede la grazia per l'esecutore, Erich Priebke. All'armamentario non manca nulla: gli ebrei come guerrafondai, strozzini globali, importatori di prostitute ed esportatori di morte. \.

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Pannunziani immaginari (sezione: Laici e chierici)

( da "Stampa, La" del 08-02-2008)

Argomenti: Laicita'

E' mancato un uomo "intransigentemente antifascista in nome dell'intelligenza, intransigentemente anticomunista in nome della libertà, intransigentemente anticlericale in nome della ragione": così scrissero La Stampa, Le Monde e The Times alla morte di Mario Pannunzio, quarant'anni fa. Si rende necessario oggi, nel momento in cui tanti giornalisti e politici vogliono accreditarsi come eredi del grande laico-liberale, richiamarne alla memoria la singolarità umana ed intellettuale che rende vane tutte le rivendicazioni di continuità con Il Mondo, di cui Pannunzio fu iniziatore, regista e leader carismatico. Si è soliti qualificare Pannunzio grande direttore, maestro di giornalismo, raffinato uomo di cultura e continuatore dello "stile Longanesi". Attribuzioni tutte che hanno qualcosa di vero, insufficienti però a cogliere il nucleo più profondo ed autentico dell'opera sua, nitidamente iscritta nelle pagine di Risorgimento liberale (1944-47) e del Mondo (1949-66). Il direttore fu a tutto tondo un intellettuale antitotalitario che avvertì il dovere morale di farsi uomo politico per parlare alto e forte, in nome della libertà e della verità, contro gli integralismi e gli opportunismi: "L'uomo politico, se non vuole essere un puro faccendiere, è anch'esso un intellettuale, che vive pubblicamente e che fa con naturalezza la sua parte nella società". L'energia di Pannunzio si indirizzò soprattutto a rendere possibile il "miracolo politico" di colmare il grande vuoto della Repubblica, ossia la formazione di una terza forza liberale e democratica in grado di dare risposte europee ed occidentali all'Italia in trasformazione. Tale impresa, che non riuscì né agli azionisti, né ai liberali che si attestarono sulla sponda conservatrice, né ai socialisti democratici e ai repubblicani che coltivarono gelosamente le radici storiche, finalmente trovò ne Il Mondo il suo alto laboratorio. Solo Pannunzio riuscì a mettere insieme nelle pagine della rivista una terza forza che espresse, prima con l'appoggio critico al centrismo e poi nei prodromi del centro-sinistra, una linea pragmatica liberaldemocratica e riformatrice capace di confrontarsi con i giganti democristiani e comunisti e con i nani conservatori e reazionari. Certo Pannunzio diede vita solo ad una rivista, ma attraverso di essa e con i collegati convegni a tema (1955-62), fu possibile la preparazione di una piattaforma politica concreta, niente affatto utopistica o illuministica, che si addiceva ai bisogni del tempo, anche se poi fu tradita dal centro-sinistra. È vero, si trattò di un gruppo di pressione privo di quell'esercito partitico ed elettorale che fu sempre destinato al fallimento. Ma senza la determinazione intellettuale, la chiarezza politica e la forza carismatica di Pannunzio non sarebbe neppure esistito quell'isola liberaldemocratica in grado di mettere insieme persone di diversi orizzonti ideali - crociani e salveminiani, idealisti ed empiristi, cattolici liberali ed anticlericali volterriani. Continuano a circolare diversi luoghi comuni sul mito di Pannunzio. Ma il suo a-fascismo degli anni Trenta non ebbe nulla a che fare con il frondismo di Longanesi che nel dopoguerra divenne l'avversario qualunquista e Borghese del Mondo. Il suo anticomunismo non fece sconti agli "utili idioti" che fiancheggiavano il Pci calpestando la libertà e l'autonomia della cultura. Ed il suo laicismo ebbe come bersaglio quei clericali che anche allora volevano indicare cosa è la "vera laicità": sicché viene oggi da sorridere quando un esponente di Forza Italia, che ha espresso il giudizio secondo cui "il laicismo è peggiore del nazismo e del comunismo", pretende di parlare sull'origine tocquevilliana del liberalismo di Pannunzio. A quarant'anni dalla scomparsa è meglio stendere un velo su quanti si proclamano eredi, e dedicarsi piuttosto a rileggere testualmente il legato del grande antitotalitario: "Per anni abbiamo sollecitato socialisti e repubblicani, liberali autentici ed indipendenti, a costruire alleanze democratiche, fronti laici, terze forze; abbiamo denunciato l'invadenza clericale, il sottogoverno delle maggioranze, i connubi tra mondo politico e mondo economico. Abbiamo deplorato con ostinazione la chiusura irrimediabile del mondo comunista alle sollecitazioni della libertà". Era il 1966, eppure sembra quasi la parola giusta per l'oggi.

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Ferrara: lista Formigoni per la vita (sezione: Laici e chierici)

( da "Corriere della Sera" del 08-02-2008)

Argomenti: Laicita'

Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Primo Piano - data: 2008-02-08 num: - pag: 6 categoria: REDAZIONALE La proposta Ferrara: lista Formigoni per la vita MILANO - Giuliano Ferrara (foto in alto) lancia la sua proposta: "Una lista di scopo per la moratoria sull'aborto guidata dal governatore della laica e progredita Lombardia, un cattolico con i fiocchi". Su Panorama in edicola oggi, Ferrara definisce Roberto Formigoni (in basso) "l'uomo giusto" e prevede un "risultato sicuro: apparentata con la coalizione di centrodestra, questa lista prenderebbe molti buoni voti". "Formigoni e la sua lista saprebbero mediare con tutti - spiega -, associare il dissenso laico dei radicali come Lorenzo Strik Lievers e di noialtri non credenti", ma darebbe anche "uno sbocco a tanta parte del pensiero cattolico".

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Cellula dei collettivi contesta il vescovo E lui fa l'elogio del '68 (sezione: Laici e chierici)

( da "Corriere della Sera" del 08-02-2008)

Argomenti: Laicita'

Corriere della Sera - MILANO - sezione: Lombardia - data: 2008-02-08 num: - pag: 12 categoria: REDAZIONALE Mantova Mons. Busti incontra i dirigenti scolastici. La polizia tiene lontani gli attivisti di "Aca Toro" Cellula dei collettivi contesta il vescovo E lui fa l'elogio del '68 Un gruppetto di studenti manifesta per la laicità della scuola mentre il vescovo incontra i presidi MANTOVA - Li avessero lasciati incontrare, forse avrebbe spiazzato anche loro, gli studenti di ultrasinistra con dreadlocks e kefiah d'ordinanza, che l'hanno aspettato invano per mezz'ora davanti al cancello della scuola, mentre lui entrava da un'altra parte. Perché un giudizio così sul '68, stile "formidabili, quegli anni!", te lo saresti aspettato da un Mario Capanna o qualche altro ex del Movimento, mica dal vescovo di Mantova. Invece, ricordando i suoi tredici anni, '68 e '77 compresi, da insegnante di religione in una sezione staccata dell'Itis Feltrinelli di Milano, monsignor Roberto Busti se ne è uscito papale papale: "So che i giudizi su quel periodo oggi sono contrastanti. Eppure, anche se a parlare di religione a quei tempi, in quelle classi, ti pareva quasi di bestemmiare, per me sono stati anni belli, perché ci si è confrontati su cose che contavano davvero". Già, chissà come avrebbero reagito Enrico, Giulia, Vittoria, Andrea, Silvia e Marco, ossia la delegazione dei collettivi "Aca Toro" e "Colpo di streghe" in missione controinformativa. Erano arrivati davanti ai cancelli dell'istituto "Bonomi-Mazzolari ", teatro ieri mattina dell'incontro fra il vescovo e i dirigenti scolastici convocati dall'Aisam (Associazione istituti scolastici autonomi mantovani) con 10 minuti d'anticipo e una speranza nel cuore, poter dire la loro, davanti a quella platea, sull'ora di religione (in sintesi: "è uno strumento di controllo sociale, attraverso il quale posso venire veicolate impostazioni dogmatiche in materia scientifica, etica e sessuale""). Invece, visto lo schieramento di poliziotti e carabinieri che manco fossimo nel Sessantotto vero, si sono dovuti limitare a 20 minuti d'inutile tira e molla: "Dai, fateci entrare, siamo venuti apposta in pochi, per far capire che non vogliamo impedire al vescovo di parlare, ma solo dire la nostra". Niente da fare. A liquidarli arriva il presidente Aisam Ernesto Flisi: "Io potrei anche pensarla come voi. Qui però stamattina non si parla di Concordato, ma di come attuare al meglio le norme sull'ora di religione. Noi siamo funzionari dello Stato e dobbiamo applicare le regole. Per cambiarle ci sono altre sedi". A quel punto non è restato che riarrotolare lo striscione pro scuola laica, consegnare un paio di volantini ai poliziotti e andarsene affidando la propria rabbia alla versione postmoderna del ciclostilato in proprio, un comunicato via e-mail per denunciare "l'ennesima conferma del clima di ingerenze ecclesiastiche e genuflessioni politiche". Dentro, intanto, monsignor vescovo (che ai giovani contestatori manda a dire "Fissino un appuntamento, li riceverò volentieri") è finito a parlare di India, dove i suoi amici gesuiti, che va spesso a trovare, non si dannano più di tanto a separare studenti indù, musulmani e cattolici. Oddio, monsignore: avrà mica anche l'eskimo nell'armadio? Il prelato con l'eskimo "Per me furono anni difficili ma belli: ero insegnante di religione e con i miei alunni ci si confrontava su problemi che contavano davvero" Dentro e fuori Monsignor Busti all'incontro coi presidi sull'ora di religione (in alto a sinistra) e i giovani dei collettivi (Foto 2000) Luca Angelini.

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Foibe Non infangate la memoria Cara "Liberazione", apprendiamo con viva soddisfazione che il comune di Roma ha vietato l'uso del Teatro Brancaccio alla Consulta Studentesca, egemon (sezione: Laici e chierici)

( da "Liberazione" del 08-02-2008)

Argomenti: Laicita'

Roma è, e rimane, democratica e antifascista Lavoro, approvate il Testo unico per la sicurezza In piazza per la libertà femminile e per la 194 Foibe Non infangate la memoria Cara "Liberazione", apprendiamo con viva soddisfazione che il comune di Roma ha vietato l'uso del Teatro Brancaccio alla Consulta Studentesca, egemonizzata dalla destra, per un'iniziativa indetta per domani, 8 febbraio (oggi ndr), dal titolo "Istria, Slovenia, Dalmazia; anche le pietre parlano italiano". Questo ennesimo tentativo di strumentalizzare la storia e infangare la memoria dell'antifascismo e della Resistenza con il pretesto di "commemorare i martiri delle foibe", con la partecipazione dei gruppi neofascisti della capitale, ha suscitato le proteste delle forze politiche e sociali che vivono nella Roma democratica e antifascista, alla quale si deve la giusta decisione del comune. Ribadendo la nostra solidarietà con i docenti e gli studenti antifascisti, con le madri per Roma Città Aperta, con tutti coloro che si impegnano per far vivere la memoria più alta della nostra città e del nostro Paese, smascherando ogni tentativo di legittimazione neofascista, confidiamo nel doveroso impegno dei responsabili della sicurezza per prevenire e bloccare manifestazioni e cortei in camicia nera che violano apertamente le leggi contro l'apologia di fascismo e la ricostituzione del partito fascista in qualsiasi forma. Partito della Rifondazione Comunista Federazione di Roma Elezioni E se candidassimo don Gallo? Carissime e carissimi, amici, amiche e compagni/e, da alcune parti si avanzano (per ora proposte individuali), pre-candidature per le elezioni del prossimo aprile. Una notevole proposta è quella del prete "di strada" Don Andrea Gallo della Comunità di S. Benedetto al Porto di Genova. Per il sottoscritto questa è una ottima candidatura: è un compagno da sempre impegnato nella lotta (anche in polemica con le gerarchie della "sua" Chiesa Cattolica) per la pace ed i diritti civili, contro il fascismo nelle sue varie forme "nuove e vecchie", per il disarmo e la fine delle guerre Usa in Irak e in Afghanistan. E' stato un animatore e sostenitore del Genoa Social Forum dalla sua nascita nel 2003. E' sempre pronto a far del bene nei confronti dei giovani "sbandati" e/o bisognosi di aiuto. Non è mai stato impastoiato in lobbies locali. E' un sostenitore della svolta della Chiesa Cattolica, compiuta con il Concilio Vaticano 2°, per il confronto positivo con le altre religioni nonché per il riconoscimento dei "valori" dei non credenti nella vita pubblica. La sua candidatura potrà far riflettere molti elettori cattolici (ed intellettuali di vario orientamento del mondo cattolico) su quale "cul de sac" li stà cacciando la politica del Partito democratico di Veltroni con il suo diniego ad accordarsi su punti strategici con le forze della Sinistra e con i vari movimenti pacifisti ed ambientalisti. Ugo Montecchi già dirigente Fiom Cgil e della Camera del Lavoro di Genova Porcellum e primarie Caro direttore, il centro-destra ci ha penalizzati con il porcellum e il rissoso centro-sinistra è stato incapace di liberarcene. Ora dovremmo tornare a votare con una legge che non garantisce la governabilità e ci sottrae il diritto costituzionale di scegliere i nostri rappresentanti. Diritto costituzionale, infatti, l'art. 1 della Costituzione garantisce che "la sovranità appartiene al popolo" e l'art 48 che "il diritto di voto non può essere limitato". E' stato più che limitato, dimezzato. Le segreterie dei partiti ci hanno sottratto metà della nostra sovranità. L'elettore, che vuole e ha diritto di essere libero nell'esercizio della sua sovranità, è ridotto a complice delle altrui scelte. Non capiamo perché non ne è stata investita la Corte Costituzionale, ma una cosa possiamo e dobbiamo chiederla: che si facciano le primarie. I partiti sono avvertiti: il rischio dell'astensionismo di massa è reale. La misura è colma, la casta è nuda. Ezio Pelino via e-mail Unione Europea Aiuti per pochi Caro direttore, dopo che tenute reali quali quelle di regina d'Inghilterra o del principe di Monaco, o multinazionali del calibro di Nestlè, Philip Morris e Royal Dutch Shell, hanno ricevuto sostanziosi aiuti Ue alla produzione, è toccato stavolta alla Fondazione del ricchissimo principe del Liecthenstein, che ha percepito più di 1,7 milioni di euro di incentivi comunitari. Vale a dire uno dei contributi diretti più alti d'Europa e il maggiore tra quelli erogati in Austria. Credo che si debba meditare sugli attuali meccanismi di distribuzione degli aiuti (!) europei che creano diffuse iniquità, ignorate ai più. Infatti è paradossale che l'80% delle sovvenzioni finisca in saccoccia di soltanto il 22% delle aziende agricole. Ciò significa, e questo riguarda tutti i settori, che i piccoli e medi operatori subiscono effetti distortivi e gli squilibri di un mercato di per sé drogato. Ma tutta l'economia è così. Ci si deve assumere prioritariamente l'assunto che le eventuali sovvenzioni Ue non debbano essere patrimonio disponibile e privilegio esclusivo di chi è già ricco o ricchissimo, mentre a chi ne ha veramente necessità arrivano solo le briciole. Per chi non lo sapesse il sopraccitato principe del Liecthenstein possiede il gruppo bancario Lgt Bank e può contare su un patrimonio personale stimato in oltre tre mld di euro. Non se la passano poi così male i regnanti d'Europa! Fabio Furlan Vazzola (Tv) Lavoro Approvate il Testo Unico Caro Presidente del Consiglio, approvate, anche a camere sciolte e senza peggioramenti, il Testo Unico per la sicurezza sul lavoro, in modo che questo grande lavoro non sia gettato al vento (la delega scadrà a maggio). Sappiamo bene tutti che senza i decreti attuativi, questa delega (legge 123/2007) conta poco. Marco Bazzoni Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza No Vat Sabato si ritorna in piazza Cara "Liberazione", sabato il ritorno in piazza dei No Vat, sempre nella capitale. E' la risposta del coordinamento Facciamo Breccia alla campagna elettorale d'Oltretevere e a quella per modificare la legge 194 sull'aborto. La manifestazione sarà infatti centrata quest'anno sugli attacchi alla libertà femminile. La manifestazione partirà alle 14 da piazzale Ostiense e si concluderà a Campo de' Fiori. Il corteo sarà aperto da uno spezzone lesbico e femminista e chiuso dalla componente più partitica e istituzionali. Numerose le adesioni da tutta Italia, soprattutto da realtà autorganizzate. I No Vat erano stati tra i protagonisti della manifestazione contro la visita di papa Ratzinger all'università La Sapienza di Roma, un mese fa (in particolare della Frocessione laica del pomeriggio). Facciamo Breccia via e-mail Nichi Vendola La precisazione di Merlo Caro direttore Sansonetti, sono contento di potermi leggere su Liberazione, uno dei miei giornali di riferimento, e la ringrazio. Mi dispiace però che abbiate pubblicato la bozza dell'intervista che il presidente Vendola mi ha concesso e non la versione definitiva che è andata in pagina sul Foglio di mercoledì e che io avevo tempestivamente inviato ad Antonio Rolli, collaboratore di Nichi Vendola. In proposito mi fa fede l'email spedita alle 18.06 di martedì, ben due ore prima della chiusura del numero, intervallo di tempo durante il quale non ho ricevuto alcuna comunicazione. Confesso che in questa versione ho tralasciato un passaggio, forse decisivo, riguardante la moratoria dell'aborto. Ma le assicuro, come ho personalmente assicurato al presidente, che ciò non è avvenuto affatto per volontà manipolatoria bensì forse per un eccesso di sun pathos, ovvero la proiezione della sincera simpatia che provo per Nichi Vendola. Cordialmente suo Salvatore Merlo via e-mail Nessun problema. I giornali si fanno così, correndo contro il tempo e talvolta esce qualche pasticcio. Sapesse quanti ne ho fatti io! Il motivo per il quale ieri ho pubblicato la bozza di Vandola è chiarissimo: evitare un equivoco sulla sua posizione sulla moratoria che sarebbe stata molto grave. Tutto qui. Piero Sansonetti 08/02/2008.

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ARTICOLI DEL 6 E 7 FEBBRAIO 2008

Coppie di fatto, baruffa in Regione ( da "Secolo XIX, Il" del 06-02-2008)
Argomenti: Laicita'

Abstract: ha chiesto alla giunta di esplicitare la propria posizione "sperando di non essere tacciato di laicismo anticlericale" ( la frecciata è per le parole di Costa). "Non sottoscrivo neanche una parola di quanto affermato dagli esponenti della sinistra - ha detto invece Alessio Saso (Alleanza Nazionale) - questa questione andava affrontata in maniera molto laica.

Da disabile dico: difendiamo la 194 ( da "Unita, L'" del 06-02-2008)
Argomenti: Laicita'

Abstract: stato laico i politici la smettano di rimettere in discussione una legge così importante ogni qual volta parli un prelato. In qualità di Delegata alle Politiche dell'handicap ma soprattutto come donna disabile, voglio gridare la felicità di essere al mondo e gridare la mia fede verso un Cristo meno burocrate e più pietoso nei confronti delle centinaia di madri e padri che non hanno

Università, marcia su Roma ( da "Stampa, La" del 06-02-2008)
Argomenti: Laicita'

Abstract: C'erano molti cattolici al governo, ma allora si comportavano da laici. E' stato così fino al '29, quando fascismo e chiesa si sono riconosciuti e legittimati a vicenda. Poi è arrivato il tradimento di Togliatti, che pensandosi astuto, ha messo il concordato nella Costituzione".

Il suo modo d'essere fu l'amore per se stesso. Ma un amore balzano, episodico, irto di dub ( da "Stampa, La" del 06-02-2008)
Argomenti: Laicita'

Abstract: Un mese prima che Malaparte morisse ("con tutti i conforti religiosi") il giornale mi spedì negli Stati Uniti. Ma sulla sua "morte cattolica" raccolsi, al mio ritorno, la preziosa testimonianza di due laici, suoi amici affezionati: Aldo Borelli, il mitico direttore del Corsera, il critico Enrico Falqui, curatore dell'opera omnia di Curzio.

Sessualita' e Dialogo Interreligioso ( da "Voce d'Italia, La" del 06-02-2008)
Argomenti: Laicita'

Abstract: (Le etiche possono essere laiche, la morale no). L'uomo si rapporta col divino, che è oltre l'orizzonte umano e materiale. Ecco perché una religione non è un'ideologia. Si può vivere una fede religiosa senza la sessualità? Senza quelle esigenza che abbiamo visto prima?

Etica risposta a monsignor fisichella ( da "Riformista, Il" del 06-02-2008)
Argomenti: Laicita'

Abstract: Etica risposta a monsignor fisichella Laici e cattolici, il dialogo è possibile se il terreno comune è la ragionevolezza Come far convivere una pluralità di posizioni morali Credo che sarebbe un errore per una persona impegnata in politica lasciar senza interlocuzione un intervento di monsignor Rino Fisichella su laicità, religione e valori,

Segue la chiesa nella società ( da "Riformista, Il" del 06-02-2008)
Argomenti: Laicita'

Abstract: Ma con grande rispetto per la laicità dello Stato, sempre difesa, con dignità, dai cattolici liberali veri come De Gasperi, Don Sturzo, Andreatta (il cui comportamento nel caso Ambrosiano resta una delle pagine più belle della Repubblica italiana). E senza tentare di portare indietro l'orologio della storia.

Laicità il problema di avere un papa che sogna di tornare a innocenzo III ( da "Riformista, Il" del 06-02-2008)
Argomenti: Laicita'

Abstract: Laicità il problema di avere un papa che sogna di tornare a innocenzo III Il vuoto di pensiero politico apre spazi alla Chiesa La presenza sempre più pervasiva della Chiesa su tanti temi è la conseguenza del fatto che la Chiesa è uno dei pochi centri di potere, capace anche di esprimere un pensiero.

Dibattiti il libro di onofri uscito da donzelli ( da "Riformista, Il" del 06-02-2008)
Argomenti: Laicita'

Abstract: 700 con Kant o in Francia con gli illuministi, e prima ancora con Montaigne? Qualcuno suggerisce di spostarci molto più indietro nel tempo. Proviamo ad andare in un mercato ateniese del V secolo a.C., in compagnia di Socrate. D'accordo non era un moderno, scintillante shopping mall ma presumibilmente spezie e mercanzie, specie provenienti dal vicino Oriente,

Odio profano ( da "Riformista, Il" del 06-02-2008)
Argomenti: Laicita'

Abstract: i fatti di Bagdad sarebbe appena il modo di un impaurito laicismo che ridimensiona l'evento nei confini dello sdegno morale. Ma il terrorismo non è l'estrema malattia di un mondo in guerra. Il terrorismo di quelle mani e di quegli occhi non vuole annientare il nemico, non vuole vincerlo: piuttosto vuole gonfiare d'orrore il corpo del nemico, vuole farlo "divenire tutto",

Medici d accordo con il Papa nella difesa dei feti abortiti ( da "Padania, La" del 06-02-2008)
Argomenti: Laicita'

Abstract: Il testo è stato sottoscritto da neonatologi e ginecologi delle università La Sapienza e Tor Vergata sul fronte laico, e della Cattolica e del Campus Biomedico sul versante cattolico. In particolare nel testo si sottolinea che il feto derivante dagli aborti prematuri va trattato come qualsiasi essere umano anche in estrema pre-maturità,

<Aborto, il Papa ha ragione> ( da "Padania, La" del 06-02-2008)
Argomenti: Laicita'

Abstract: Roberto Brusadelli "Al di là della adesione personale alla dottrina cattolica, penso che le parole di domenica sul diritto alla vita rappresentino, da parte del Pontefice, la rivendicazione di un diritto naturale. Chi vuole costruire un fossato tra laici e credenti su temi così grandi si muove in realtà in un angusta ottica ideologica.

Una bicicletta tra Pd e "piccola intesa" per ricomporre l'unità dei laici con Veltroni ( da "EUROPA.it" del 07-02-2008)
Argomenti: Laicita'

Abstract: Essendo stato il mio un voto sempre laico, penso che la vostra proposta risolverebbe il problema del pluralismo culturale del nuovo partito: che finora non ho visto e mi ha trattenuto domenica scorsa dall'andare anch'io a firmare in sezione per non sentirmi spaesato fra teodem e postcomunisti.

Sapienza, i docenti anti-papa "diventeremo un movimento" - paola coppola ( da "Repubblica, La" del 07-02-2008)
Argomenti: Laicita'

Abstract: Cronaca Assemblea sulla laicità: "Basta ingerenze della Chiesa" Sapienza, i docenti anti-Papa "Diventeremo un movimento" "Daremo voce al disagio diffuso tra i cattolici" E sabato a Roma No Vat in corteo PAOLA COPPOLA ROMA - "Diventeremo un movimento culturale per rispondere all'esigenza diffusa di laicità espressa da molti italiani".

Un vuoto di legalità - (segue dalla prima pagina) ( da "Repubblica, La" del 07-02-2008)
Argomenti: Laicita'

Abstract: O questa è una inaccettabile caduta nel laicismo? Un solo caso. In un clima da crociata, e di fronte a prescrizioni sempre più perentorie delle gerarchie ecclesiastiche, amministratori locali vogliono imporre le loro regole per l'interruzione della gravidanza. So bene che citare Zapatero è come parlare del Diavolo.

Odifreddi: "equivoco quell'invito a israele" - massimo novelli ( da "Repubblica, La" del 07-02-2008)
Argomenti: Laicita'

Abstract: In quei giorni, invece, sarò in pellegrinaggio verso Santiago de Compostela". Non è possibile. Ma come? Un'icona del laicismo e dell'ateismo come lei... "Non sono stato folgorato sulla via di Damasco. Non si preoccupi: ci vado da ateo e ritornerò da ateo".

Ritrovato il carteggio del sacerdote con la diocesi di patti - giovanna betto ( da "Repubblica, La" del 07-02-2008)
Argomenti: Laicita'

Abstract: congresso dei cattolici della diocesi di Patti si tenne invece nel 1910. Nei primi anni Venti s'inquadra un maggior impegno politico da parte di laici e sacerdoti. Si costituì infatti l'Unione elettorale di cui il presidente regionale era don Luigi Sturzo, e successivamente a Marina di Patti, per iniziativa di padre Calimeri si costituì la sezione del Partito popolare grazie all'

Tra Binetti, il taglio Ici e Ceppaloni: 20 mesi sul filo ( da "Unita, L'" del 07-02-2008)
Argomenti: Laicita'

Abstract: Cattolici e laici si scontrano sul disegno di legge sui Dico. Il sì al raddoppio della base nato di Vicenza apre un nuovo fronte di contestazione. Continua la logorrea ministeriale. Vengono stabiliti dodici punti per il rilancio. E Silvio Sircana, nella tempesta per alcune foto che lo ritraggono in auto mentre parla con un trans ad un semaforo,

Un gesuita del '600 tra fede e scienza - roma ( da "Repubblica, La" del 07-02-2008)
Argomenti: Laicita'

Abstract: Il fatto che il convegno si apra all'Accademia dei Lincei dimostra quanto il mondo laico e scientifico sia interessato alla figura di un religioso puro. In ogni caso, raffredderei gli animi, citando le stesse parole inviate da papa Benedetto XVI nel suo discorso alla Sapienza: bisogna dialogare "senza confusione e senza separazione"".

Stato laico , i docenti scendono in campo ( da "Manifesto, Il" del 07-02-2008)
Argomenti: Laicita'

Abstract: Il momento laico per eccellenza. Da quando quella lettera, che doveva rimanere privata, è stata resa pubblica finendo su tutti i giornali, per i prof "ribelli" è cominciata una gogna senza precedenti. Attaccati da ogni parte: dal mondo cattolico, dai media e dalla quasi totalità della classe politica, destra e sinistra senza distinzioni,

Concomitanze Parlamento a casa in un mercoledì particolare ( da "Riformista, Il" del 07-02-2008)
Argomenti: Laicita'

Abstract: incipit di una Quaresima laica per la politica italiana. Soprattutto per un leader e per un partito ben preciso. Walter Veltroni e il suo piddì. Quaranta giorni nel deserto delle tentazioni. Sempre dal vangelo di Matteo: "Il diavolo lo portò ancora su una montagna molto alta, gli fece vedere tutti i regni del mondo e il loro splendore,

Sms con frasi di Wojtyla La fede sul cellulare ( da "Corriere della Sera" del 07-02-2008)
Argomenti: Laicita'

Abstract: ma soprattutto quelle di pensatori laici e di esponenti di di tradizioni e confessioni diverse da quella cristiana e cattolica, da Confucio al Dalai Lama, da Lao-Tze (taoismo) al Mahatma Gandhi ai grandi dell'Islam e dell'ebraismo. Si punta quindi a un pubblico più ampio di quello che frequenta le parrocchie.

Nichi Vendola è il presidente della Puglia, ma è anche e sopratutto un leader carismatico - espressione che rifugge "non ne ho il fisico ne l'ambizione", si schermisce - della sini ( da "Liberazione" del 07-02-2008)
Argomenti: Laicita'

Abstract: i laici sono apparsi clericali e viceversa. Ma l'effetto rischia di essere una miniatura del passato, i guelfi e i ghibellini, le reciproche interdizioni, la cultura dell'anatema. "Il pensiero laico ha perso contatto con un mondo in vertiginosa mutazione - spiega - viene riproposto come una sorta di cimelio risorgimentale.

Tonino Bucci ( da "Liberazione" del 07-02-2008)
Argomenti: Laicita'

Abstract: è nesso automatico tra l'essere cattolico e le scelte morali. Gandhi non era cattolico e Russell era ateo". La sfida è alta e i laici devono attrezzarsi per confliggere con un pensiero che ha l'ambizione d'essere chiave di lettura globale del cosmo. "La Chiesa ha un apparato e una stuola di intellettuali da far invidia.

Turchia Sfida al laicismo Il velo torna libero nelle università ( da "Resto del Carlino, Il (Nazionale)" del 07-02-2008)
Argomenti: Laicita'

Abstract: Turchia Sfida al laicismo Il velo torna libero nelle università ? ANKARA ? LA TURCHIA si avvia ad abrogare il divieto del velo islamico nelle università, violando il tabù laicista che lo ha bandito, per oltre 80 anni dalla nascita della Repubblica nel 1923. Il voto, nella nottata dopo un dibattito teso, era scontato perché i due emendamenti costituzionali,

PANNUNZIO, MAESTRO DI IMPEGNO CIVILE ( da "Corriere della Sera" del 07-02-2008)
Argomenti: Laicita'

Abstract: cioè tutta la cultura laica che contava. Con gli articoli di Altiero Spinelli, Il Mondo fu anticipatore dell'ingresso dell'Italia nella moneta unica europea, e con gli interventi di Ernesto Rossi denunciò il sottogoverno e il malcostume e sostenne l'esigenza di un'economia libera dai monopoli privati e da uno Stato falsamente pianificatore.

DE GENNARO FA LEZIONE AL PLENUM DELLA CURIA ( da "Mattino, Il (Nazionale)" del 07-02-2008)
Argomenti: Laicita'

Abstract: De Gennaro fa lezione al plenum della Curia Un laico che parla al plenum dei sacerdoti della Curia: non si era mai verificato che il cardinale arcivescovo cedesse la parola in assemblea a persona che non appartiene al clero. Il 26 febbraio sarà il commissario straordinario all'emergenza rifiuti Gianni De Gennaro a rivolgersi ai sacerdoti di Napoli a Cappella Cangiani,


Articoli

Coppie di fatto, baruffa in Regione (sezione: Laici e chierici)

( da "Secolo XIX, Il" del 06-02-2008)

Argomenti: Laicita'

Il dibattito Cinque interrogazioni obbligano il presidente Burlando a prendere posizione. "Ma a decidere deve essere il Parlamento" 06/02/2008 genova. "Se il Comune di Genova vuole rilasciare un certificato che attesta che due persone convivono, non ho niente da dire. Così come non ho nulla in contrario sulle convivenze etero od omosessuali: non compete a noi sindacare su queste scelte, così come non ci compete dire la nostra su come il Papa dice Messa, se di spalle o con la fronte rivolta ai fedeli". Coppie di fatto, laicità e ruolo della Regione sulle questioni etiche, la pillola abortiva e quel colloquio-dibattito col cardinal Bertone. Claudio Burlando dice di non amare particolarmente l'argomento ("è delicato, e tocca sensibilità individuali"), ma non può esimersi da dire la sua dopo le frasi pronunciate qualche giorno fa dal suo vice Massimiliano Costa sul caso sollevato dall'iniziativa della giunta Vincenzi di istituire un registro anagrafico per le coppie di fatto (Costa aveva definito la mossa del Comune di Genova una "pura sparata ideologica"). Il presidente regionale non può esimersi perché ieri, sia da destra che da sinistra, in Consiglio regionale sono arrivate ben cinque interrogazioni sul tema. "È compito dei Parlamenti, e non delle Regioni, legiferare in materia di coppie di fatto - ha detto Burlando - È nostro dovere difendere lo stato laico e le prerogative dell'ente che secondo questa maggioranza sono i servizi destinati alla persona. Non possiamo discriminare i bambini sulla base del tipo di famiglia nella quale sono nati". Ieri Cristina Morelli (Verdi) ha chiesto alla giunta di sensibilizzare i Comuni liguri affinché gli uffici di anagrafe rilascino ai componenti delle famiglie che ne facciano richiesta l'attestazione di famiglia anagrafica come previsto dalla legge, mentre Rifondazione ha chiesto quali orientamenti e iniziative l'esecutivo regionale intenda assumere per tutelare la laicità delle istituzioni e dei diritti fondamentali. "Mi preoccupa il contesto - ha detto Marco Nesci (Rifondazione comunista) - Si apre una fase in cui sempre più forte è la spinta culturale a mettere in discussione il diritto di famiglia e i diritti delle coppie di fatto. C'è una spinta all'arretramento". Tirreno Bianchi (Comunisti Italiani), con Lorenzo Castè (Gruppo misto) e Franco Bonello (Unione a sinistra), ha chiesto alla giunta di esplicitare la propria posizione "sperando di non essere tacciato di laicismo anticlericale" ( la frecciata è per le parole di Costa). "Non sottoscrivo neanche una parola di quanto affermato dagli esponenti della sinistra - ha detto invece Alessio Saso (Alleanza Nazionale) - questa questione andava affrontata in maniera molto laica. Si vuol far passare per normale ciò che vent'anni fa era impensabile: il matrimonio e le adozioni da coppie gay". "Si sta strumentalizzando un problema reale", ha detto invece Luigi Morgillo (Forza Italia). Finché la negazione delle nostre istanze e richieste per il sostegno alla famiglia si scontreranno con un approccio, quello della sinistra, che mira solo ad attaccare la famiglia tradizionale, avremo soltanto una sterile lotta muro contro muro". In risposta alle critiche dell'opposizione, Burlando ha chiesto chiarezza su quali "aiuti la famiglia fondata sul matrimonio deve avere in via "esclusiva"". In questo ambito il presidente regionale ha anche tessuto le lodi della legge di Costa sui servizi sociali che apre gli aiuti anche ai bambini nati da coppie conviventi. Sulla pillola abortiva, richiamata a proposito dell'esclusivo ruolo di "metodo" e non di "merito" di un ente come la Regione su argomenti come questo, il presidente regionale ha ricordato un dialogo con l'allora arcivescovo di Genova Tarcisio Bertone. "Ho rispetto per chi è contrario all'aborto, infatti la 194 prevede obiezione coscienza - dice - Ma altra cosa sono le modalità con cui la legge si applica e che vanno lasciate alla scienza, e non alla politica. Una volta Bertone mi disse: "non spetta a voi decidere le modalità dell'interruzione di una gravidanza". Risposi: "eminenza, è vero, ma non spetta neppure a voi". daniele grillo 06/02/2008.

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Da disabile dico: difendiamo la 194 (sezione: Laici e chierici)

( da "Unita, L'" del 06-02-2008)

Argomenti: Laicita'

Stai consultando l'edizione del Da disabile dico: difendiamo la 194 Ileana Argentin Dopo quest'ultimo affondo sulla legge 194, è ormai palese l'intenzione della Chiesa di continuare con le sue ingerenze nella politica e nelle scelte dello Stato italiano al fine di veder abrogata la legge che sancisce il diritto di una donna ad interrompere volontariamente la gravidanza. In questo momento la Chiesa è più interessata allo stato di salute di un embrione e ad affermare il diritto alla vita del nascituro, piuttosto che ad interessarsi dello stato di salute di migliaia di persone già nate e che in questo mondo riescono a stento a sopravvivere. Il documento congiunto firmato dai direttori delle cliniche delle facoltà di Medicina della Sapienza, Tor Vergata, Cattolica e Campus Biomedico evidenzia che un neonato vitale, in estrema prematurità, va considerato come qualsiasi persona in condizione di rischio e trattato adeguatamente, richiamando i ginecologi al loro dovere di tenere in vita un feto. Il concetto del documento che sta facendo discutere è già contenuto nell'articolo 7 della 194/78, ma l'uso politico di questo ha il solo fine di far da sponda a chi vuole vedere svuotata o peggio ancora abrogata la 194 e i suoi poteri. Infatti mentre a livello mediatico si fa notizia lanciando attacchi all'aborto, i consultori faticano a restare in piedi e le liste d'attesa prolungano i tempi di gestazione arrivando così al limite consentito. La 194 è una legge approvata dal popolo, è una legge che sancisce il diritto della donna di scegliere liberamente del proprio corpo e della propria vita, svuotarla dei suoi poteri è la negazione dei diritti conquistati e la perdita di un diritto è una sconfitta per la democrazia e per la liberta individuale. Il Ministro della Salute Livia Turco ha lanciato un appello per continuare a parlare della 194 ed informare sulla validità e sulla necessità di tenere in vita questa legge; l'appello è rivolto alle donne, anche se sappiamo che alla Chiesa le donne non sono molto simpatiche tant'è che nelle sue alte sfere non c'è traccia di loro, ma fuori sì, ci sono donne e tante ancora determinate a voler essere padrone di loro stesse, di decidere quando, come e con chi avere un figlio e farlo nella piena consapevolezza. La scelta dell'aborto resta un problema di coscienza individuale, la Chiesa è libera di dire la sua, ma credo sia ora che in uno stato laico i politici la smettano di rimettere in discussione una legge così importante ogni qual volta parli un prelato. In qualità di Delegata alle Politiche dell'handicap ma soprattutto come donna disabile, voglio gridare la felicità di essere al mondo e gridare la mia fede verso un Cristo meno burocrate e più pietoso nei confronti delle centinaia di madri e padri che non hanno risposte né dai servizi né da una Chiesa attenta solo a sostenerli nella loro disperazione di genitori "diversi". Handicap.

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Università, marcia su Roma (sezione: Laici e chierici)

( da "Stampa, La" del 06-02-2008)

Argomenti: Laicita'

Marina Cassi Università, marcia su Roma Laica, fieramente, da sempre. Così è l'Università torinese - che massicciamente appoggia un appello per la laicità nato qui - ma certo non anticlericale. Hanno appartenuto e appartengono a quella comunità culturale una schiera di docenti cattolici. E anche alcuni religiosi. Mai, neppure nelle temperie più aspre, si sono spente la stima e l'affetto per padre Michele Pellegrino, indimenticato vescovo, o per il filologo Giuliano Gasca Queirazza o per Maurilio Guasco o per lo storico Achille Erba che lasciò la cattedra per le missioni. E certo laica è la città che si aggruma intorno alla sua Università: è la Torino del trionfale 80 per cento al referendum sul divorzio. E risalendo all'indietro nella storia è la capitale del regno nato in contrapposizione allo stato vaticano; è la città del Risorgimento, di Cavour, delle leggi Siccardi. La Torino del positivismo e di Lombroso. E poi del partito comunista, di Gobetti, di Bobbio. E la città dove nasce l'azionismo, l'anima rigorosamente più laica della Resistenza. Insomma una di quelle città che vantano quarti forti di nobiltà laica. Tutti rivendicati dal padre dell'appello di solidarietà "con i colleghi (e gli studenti) della Sapienza", Angelo D'Orsi. Non ha dubbi: "E' una università laica, ovvio. E lo stesso vale per la città che ha vissuto le stagioni dell'illuminismo, del positivismo, del marxismo. Nella aule c'era l'estremo rigore scientifico di Lombroso e Peano, di Levi, Bobbio, Firpo, Abbagnano per dire solo di alcuni". Una comunità non chiusa, anzi. D'Orsi rivendica: "C'è da sempre l'idea che l'accademia è militante nel senso che partecipa alla vita civile, alla polis". Ha firmato l'appello Piergiorgio Odifreddi che ironizza: "Siamo più laici perché siamo più lontano dal Vaticano; Roma è sotto tutela; lì il 25% degli edifici è di proprietà vaticana". Ma non vuole fare il mangiapreti e allora si addentra nella storia per rinvenire le radici di tanta fiera laicità. Dice: "L'Italia l'abbiamo fatta noi, qui, contro il Vaticano. C'erano molti cattolici al governo, ma allora si comportavano da laici. E' stato così fino al '29, quando fascismo e chiesa si sono riconosciuti e legittimati a vicenda. Poi è arrivato il tradimento di Togliatti, che pensandosi astuto, ha messo il concordato nella Costituzione". Cita l'influenza francese, la vicinanza con quella cultura tutta tipica, e soltanto, di Torino, e vede una sorta di "circolarità del sapere tra Università e città". Il peso del cattolicesimo democratico. Questo è un elemento importante per Nicola Tranfaglia: "Qui, a differenza, ad esempio, di Bologna, c'è stato un cattolicesimo democratico, anche nelle gerarchie, che ha contribuito al senso diffuso della laicità. Una vescovo come Pellegrino ha aiutato a far venir fuori cattolici come Bolgiani, Bodrato consapevoli della necessità della separazione tra Stato e Chiesa". Anche per Tranfaglia c'è un filo laico che parte dal Risorgimento e arriva all'oggi, con tanti protagonisti: "Non solo di sinistra, ma di centro, liberali, moderati". Il cuore è sempre lo stesso: la democrazia. Lo pensa il filosofo della politica Franco Sbarberi: "Qui più che altrove si è studiato il nesso laicità-democrazia; lo ha fatto Gramsci, lo ha fatto Bobbio". Un po' più dubbioso sul carattere laico della città è Gianni Vattimo, forse perchè "segnato" da gelidi pellegrinaggi, infantili da don Bosco. Dice: "Intellighenzia e accademia sono laiche, Torino un po' meno, mi sembra più "ascoltante" la Chiesa. Non si può dimenticare che è la patria dei santi sociali e che persino qualche comunista come Livia Turco si presenta come cattolico". Chi proprio non ci crede è il sociologo Luciano Gallino: "Non c'è una graduatoria di laicità; siamo come altre università".

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Il suo modo d'essere fu l'amore per se stesso. Ma un amore balzano, episodico, irto di dub (sezione: Laici e chierici)

( da "Stampa, La" del 06-02-2008)

Argomenti: Laicita'

Bi facili, tuttavia, da cancellare. Sto parlando di Curzio Malaparte, grande giornalista, imaginifico scrittore atipico e, proprio per questo, tuttora valido. A cinquant'anni dalla sua morte, Prato, città natale, lo celebra mettendo l'accento sulla sua conversione in articulo mortis. Fu autentica?, anzi: ci fu veramente quella conversione al cattolicesimo preceduta da una infuocata adesione al partito comunista, con tanto di tessera accompagnata da una convinta lettera di Palmiro Togliatti? Chi scrive, il Vecchio Cronista che allora, giovanissimo, cinquant'anni fa, appunto, ebbe in sorte di frequentare Malaparte quand'egli consumava gli ultimi ritagli di vita nella clinica romana Sanatrix, osa scrivere "sì". Vediamo. Non sappiamo perché un bel giorno Malaparte abbia deciso di "scoprire" la Cina raggiungendola via Urss. Correva il boreale 1956, lo scrittore bussò un po' dappertutto ma sempre invano, finché non ebbe l'illuminazione: chiedere il visto come inviato speciale del settimanale comunista Noi donne, diretto da Maria Antonietta Macciocchi, apprezzata da Togliatti ch'era per sua parte affascinato da Curzio. Galeotto fu il sindaco di Napoli, Valenzi, che portò Togliatti a Capo Masullo, nella splendida villa dello scrittore a Capri: l'incontro ebbe luogo nell'aprile del 1944 ma Malaparte ne scrisse nel 1947: "... lo accompagnai nella mia biblioteca e là ebbi una prima sorpresa. Togliatti si guardò intorno e disse: "Lei ha un Dufy, laggiù". Un capo comunista che riconosce un Dufy a trenta passi non è certamente uno di quei mostri che spaventano i borghesi". Fra Malaparte e i cinesi fu amore a prima vista. E quando quei medici diagnosticarono un tumore ai polmoni (già straziati dai gas delle Argonne) Malaparte decise di curarsi a Pechino. Ma gli stessi cinesi diedero una mano agli amici italiani per convincere Malaparte a farsi curare da Valdoni, alla Sanatrix di Roma. Subitanea fu la corsa all'arruolamento dello scrittore: Togliatti (che poi lo visiterà) ordinò a Maria Antonietta Macciocchi e al giovanissimo Alberto Jacoviello di non perdere mai di vista la camera dell'importante malato e quelli si davano il cambio sul pianerottolo ove mai apparisse il gesuita padre Rotondi. Ma Renato Angiolillo, direttore-fondatore de Il Tempo, architettò un marchingegno: Malaparte venne spostato in una camera che aveva un collegamento interno con un'altra che suor Carmelita apriva a padre Rotondi, a padre Cappello mentre tutti gli altri visitatori entravano ed uscivano dall'uscio diremo principale. La conversione maturerà durante la degenza: tre interminabili mesi marchiati dal dolore fisico, stoicamente sofferto. Negli ultimi suoi giorni terreni Curzio parlava spesso della morte. Quando la morfina quietava il dolore che lo destrutturava ne discorreva pianamente. Con discrezione. Eppure amava la vita. "Sono cristiano, diceva, e la religione mi ha insegnato a non aver paura della morte. Per noi toscani morire non è che un cambiar podere. Il Fattore è sempre lo stesso e la zappa eguale. Anche di là troveremo un po' di terra da zappare". Un giorno, congedatosi Falqui con cui ero venuto a trovare Curzio, rimanemmo soli. Ad un certo momento, con voce piana disse: "Sai come si dice morte in cinese? Si dice con un suono improvviso, un sussurro dolce e immediato. Morte, in cinese ha lo stesso suono del numero 4. Questo: SSSS. Morte, SSSS. E perché è lo stesso che dire quattro? Perché è il segno dei quattro punti estremi, i quattro mari. Un puntino sopra, uno sotto, due ai lati. Gli angoli di un piccolo rombo. La morte: SSSS, il numero 4. Dissi un giorno a un missionario cattolico come fosse lo stesso che fare il segno della croce. Se n'era accorto, ci aveva mai pensato? No, disse il missionario, allora su di un foglio di carta segnai i puntini, poi li unii con un tratto di lapis, uno dall'alto in basso, l'altro da sinistra a destra. Avevo così disegnato la croce. Morte, SSSS in cinese, il segno della croce. Il missionario mi guardava. Mi pregò di farlo ancora, SSSS. Ed io segnai di nuovo i quattro punti. Uno due tre quattro. Tracciai i segni di congiunzione. Piano, come se fossi in chiesa col Cristo che spalanca le braccia per accoglierti. In qualsiasi momento. Cristo non si stanca di spalancare le braccia all'uomo perché, povero Cristo, è il messaggero della pietà, lui. E' Gesù. Il missionario mi guardava. Guardava me che disegnavo la croce e intanto si segnava. "In nome del Padre, diceva, del Figliuolo, e dello Spirito santo". Era un mite missionario, semplice e buono. Quando andò via mi ringraziò. Perché, dissi. Per aver pregato insieme con me. Grazie, disse di nuovo e mi strinse a lungo la mano". Ma chi era veramente Malaparte; uno scrittore-pavone, un byroniano in ritardo, un innamorato di se stesso pronto, per altro, a mettersi in discussione? E la sua conversione? Piena, sincera ovvero dettata dalla inesauribile voglia di stupire? Trovo su quel giornale limpido ch'è Avvenire una convincente risposta: "In fondo la Prato e la Toscana di Malaparte non sono molto lontane da quelle di don Lorenzo Milani. Una terra di poveri dove tutti si è comunisti ma dove tutti vengono battezzati, ci si sposa in chiesa e si va a Messa rispettando il precetto della domenica" (cfr. F. Rizzi). Un mese prima che Malaparte morisse ("con tutti i conforti religiosi") il giornale mi spedì negli Stati Uniti. Ma sulla sua "morte cattolica" raccolsi, al mio ritorno, la preziosa testimonianza di due laici, suoi amici affezionati: Aldo Borelli, il mitico direttore del Corsera, il critico Enrico Falqui, curatore dell'opera omnia di Curzio. Entrambi confermavano quanto disse il gesuita Rotondi al microfono di Enrico Ameri. Sono gli ultimi momenti terreni di Curzio, e così li sintetizzò il padre gesuita. "Padre, mi sento come Gesù in croce. Tutto un dolore. Faccia presto, mi confessi e mi dia Gesù, padre andiamo". "Dove dobbiamo andare?", e Malaparte: "Lassù". Laura Ronchi Abbozzo, una delle due anziane nipoti di Curzio, ha detto recentemente a Toscanaoggi di credere che la conversione sia stata "sincera". Matteo Collura a suo tempo intervistò padre Rotondi insistendo sul tasto della conversione e ricevendone animosa risposta. Eccola: "L'ultima sua notte ha voluto che gli tenessi la mano per ore e ore. Volle che ripetessimo insieme la preghiera che gli avevo insegnato. (...) altro che droghe e sedativi: Malaparte fu lucidissimo sino all'ultimo istante. Hanno scritto che gli ho strappato la conversione profittando del suo delirio preagonico. Tutte calunnie, lo ripeto: vorrei morire io in quel modo". Malaparte aveva legioni di nemici ma gli bastavano pochi amici "per non sentirmi solo". Qualcuno lo vuole, tuttora, egoista, sparagnino mentre, al contrario sapeva esser generoso, soprattutto coi giovani (vero, Nantas?) e sprezzante anche con chi amava: le donne, "usa e getta". Era un grande faticatore, scrivere lo spossava sino alla febbre. I suoi scritti (in primis Kaputt) sono musica sinfonica e molti sfiorano la profezia: si veda Mamma Marcia, attualissima risonanza magnetica dell'Europa di oggi. Ma "cinquant'anni dopo" ha senso scrivere di Malaparte con la pretesa di finalmente capire chi fosse, chi fu? "Ma non c'è il Nulla. Zero non esiste. Ogni cosa è qualche cosa. Niente non è niente". Lo ha scritto Victor Hugo, uno scrittore caro a Malaparte.

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Sessualita' e Dialogo Interreligioso (sezione: Laici e chierici)

( da "Voce d'Italia, La" del 06-02-2008)

Argomenti: Laicita'

La Voce d'Italia - nuova edizione anno II n.142 del 06/02/2008 Home Cronaca Politica Esteri Economia Scienze Spettacolo Cultura Sport Focus Focus Sessualita' e Dialogo Interreligioso Sessualità, Religioni e Sette. Tre parole che hanno il potere di suscitare nel nostro animo un certo numero di sentimenti, ricordi, emozioni, domande… Se ci interroghiamo su qualcosa che percepiamo come più grande di noi, in una parola: ci trascende, siamo in una qualche misura religiosi. Esistono in realtà alcuni uomini senza fede religiosa, non credenti, molto pochi a dire la verità, ma per non avere una religiosità occorrerebbe non porsi mai quesiti sulla vita, sulla morte, sul destino, e così via. Impossibile. Difatti la religiosità è istintiva nell'animo umano. Può prendere strade diverse, può sfociare nelle credenze magiche ed esoteriche oppure nella fede vissuta o solo dichiarata nell'ambito di una e tradizione religiosa col suo vissuto storico, culturale e cultuale. (Cristianesimo, Ebraismo, Islam, Buddhismo e così via). Oppure delusa e non appagata la religiosità può ripiegarsi nell'agnosticismo di coloro che sostengono di non poter dare e darsi una risposta soddisfacente a quelle domande di senso che sono nel cuore di tutti… Abbiamo insomma bisogno di assoluto. Oggi attirano moltissimo questi temi. Da una parte vogliono farci credere che tutte le risposte stanno nell'avere delle cose, ma l'animo umano non si rassegna. Guarda oltre. Abbiamo bisogno di infinito. 2) 3 PAROLE. CHIARIAMOLE BREVEMENTE. Per Sessualità intendiamo il modo di essere della personalità maschile o femminile. Abbiamo a che fare col carattere, con l'affettività, cioè con l'insieme dei sentimenti e delle emozioni, con i tratti caratteristici del porsi nella relazione con gli altri. Sessualità dice infatti molto più di sesso. Se ad esempio la donna è analitica e l'uomo è sintetico nell'affrontare i problemi oppure se per lei è fondamentale sentirsi ascoltata, capita, rispettata, speciale e per lui è essenziale sentirsi stimato, necessario, apprezzato, accettato, utile, bene, anche questo fa parte della sessualità. "La sessualità caratterizza l'uomo e la donna non solo sul piano fisico, ma anche su quello psicologico e spirituale, improntando ogni loro espressione". (Congregazione per l'Educazione Cattolica – Orientamenti educativi sull'amore umano. Lineamenti di educazione sessuale, 4 ,1983). Del sesso immagino che tutti abbiamo in mente l'utilità… Ad ogni modo… il sesso è l'aspetto fisico della sessualità. Ovviamente inscindibile. A differenza degli animali per noi il sesso è tre cose: è identità. mi dice chi sono. Uomo o donna. E' espressione. mi consente di relazionarmi con l'altro e di esprimere sentimenti (se sono in sintonia con le esigenze affettive prima accennate esprime amore, altrimenti no). Un terzo compito è quello procreativo, che consente di trasmettere la vita per amore e per scelta. Ciò la distingue dalla inconsapevole riproduzione degli animali. Solo la persona umana ha una sessualità ed è consapevole di averla. Gli animali hanno solo il sesso, e per giunta non ne sono consapevoli. Non sanno di essere maschi o femmine. La natura sceglie già per loro nei momenti prestabiliti. 3) COSA C'ENTRANO LE RELIGIONI E LE SETTE IN TUTTO QUESTO? Abbiamo visto che la persona umana è per natura religiosa e dotata di una sessualità, oltre che di un sesso. Un legame è già possibile intuirlo. Sessualità e religiosità fanno parte della natura e dei bisogni umani. E quando i bisogni istintuali non vengono positivamente soddisfatti la psicologia tira fuori una brutta parola: “frustrazione”. Esistono infatti le frustrazioni sessuali. Meno apparenti sono quelle religiose (ad esempio la religiosità ipomaniaca, narcisistica, il fanatismo, quella da timore, ossessiva, dipendente, ecc.) che nulla hanno a che fare con il positivo soddisfacimento di questi bisogni, se non denotare una mancata o una scorretta gratificazione, che certamente non possono dare sostegno e serenità all'individuo. La persona ha dunque un forte bisogno di significato, di trascendenza, di sentimento, di infinito. O lo trova o va a cercarselo nei modi più impensati, dando magari retta a chi ha più carisma, ma non sempre purtroppo senza secondi fini. Jung notò che i suoi pazienti si rivolgevano a lui perché erano tutti privi di ciò che le religioni davano ai propri fedeli. Questi pazienti non miglioravano fino a quando non acquisivano un atteggiamento religioso verso la vita, nel senso di rispetto nei confronti di una realtà più grande di loro. Per Maslow vanno sicuramente soddisfatti i bisogni fondamentali come quelli di sicurezza e di amore. la loro gratificazione produce sanità, la loro frustrazione produce malattia. (Motivazione e Personalità) Rimando al capitolo tredicesimo della mia opera per la trattazione in dettaglio del rapporto tra affettività/sessualità e fede religiosa cristiana. LE RELIGIONI Le religioni orientano il bisogno di infinito e di trascendenza, il bisogno di senso dell'animo umano, verso una tradizione storica e culturale consolidata. La persona si ritrova con i suoi simili che credono e che per secoli hanno creduto le stesse verità di fede. Certamente soddisfano anche il bisogno di riconoscersi in un gruppo di simili. La fede poi, in quanto fiducia in qualcosa di più grande o di non totalmente conosciuto per esperienza diretta, è un altro aspetto fondamentale della vita umana. E' impossibile vivere senza fede, intesa come fiducia in ciò che non è immediato o visibile. Non è possibile scindere la dimensione religiosa dalla cultura e dalla storia di un popolo. Se voglio ad esempio capire la cultura e la storia dell'Occidente non potrò non studiare obiettivamente e senza pregiudizi il Cristianesimo. Se mi interesso della cultura orientale è essenziale che con umiltà io mi metta a studiare almeno gli elementi fondamentali della Religione Buddhista, e così via… Su questa terra nove persone su dieci si dichiarano credenti di una religione tradizionale. un numero importante è anche quello di coloro che si riconoscono nei “Nuovi Movimenti Religiosi”, un termine che il Cardinale Arinze coniò per sostituirlo all'inquietante termine “Sette”. Sono gruppi che si sono separati da una religione madre tradizionale e dalla sua dottrina classica ponendosi in contrasto con essa, spesso con un leader carismatico. Quando la rottura è meno accentuata possiamo chiamarli “Nuovi Culti”. Baintiridge ne ha censiti più di 1500 nel mondo. 4) MILIARDI DI CREDENTI CON LA LORO SESSUALITA' Ogni religione o culto ha un insieme di valori e di credenze. Delle norme di comportamento basate sulla dottrina religiosa. In una parola: una morale. (Le etiche possono essere laiche, la morale no). L'uomo si rapporta col divino, che è oltre l'orizzonte umano e materiale. Ecco perché una religione non è un'ideologia. Si può vivere una fede religiosa senza la sessualità? Senza quelle esigenza che abbiamo visto prima? Ovviamente no. Le poche che dissociano religiosità e sessualità vivono quella dimensione che preoccupa tanto gli psicoanalisti: l'angelismo, che fa parte della religiosità malata e ipomaniaca che li porta ad un'eccessiva ambizione morale che tende al rigore e a mete irraggiungibili, al punto da assumere talvolta la parte dell'angelo, considerando cattivi tutti gli istinti naturali. L'angelismo è la pretesa di combattere ogni istinto o manifestazione sessuale, per vivere una vita esclusivamente spirituale. Esistono sì persone che si dedicano alla vita spirituale sublimando le pulsioni sessuali, ma per scelta, per vocazione, senza disprezzo della dimensione sessuale come inferiore a quella spirituale. Tutto ha senso solo nella logica dell'amore. Clemente di Alessandria (150-215) parlava di “astinenti senza intelligenza” coloro che rimangono celibi fuori della causa del Regno di Dio. Alcune religioni possono proporre (non a caso) di rinunziare ad un'attività sessuale o a determinate pratiche sessuali piuttosto che altre, ritenute dannose alla dignità della persona, alle relazioni con gli altri e quindi allo spirito, ma nessuna chiede di rinunziare alla propria affettività e sessualità. Quelle che prevedono la strada del celibato verificano lungamente che sia presente una forte carica vocazionale liberamente accolta dalla persona. La persona umana non è solo un corpo. Siamo noi, ma non ci sentiamo un corpo, punto e basta. Abbiamo una mente, ma non ci consideriamo un cervello. Siamo persone, ma non siamo un corpo. Siamo cioè coscienti, liberi e razionali. Esistono persone senza un corpo? Per fede sì: gli Angeli, Dio e le persone umane nell'aldilà. Ma l'essere umano giunge a Dio mediante un'esperienza terrena di anima incarnata e quindi sessuata. Il corpo è uno strumento del nostro spirito. 5) SESSO E FEDE Le tradizioni religiose orientano la persona al suo bisogno di infinito. Alcune prevedono la castità assoluta del celibato come mezzo privilegiato per la strada verso il divino (ma non per tutti i suoi fedeli). Altre, all'estremo opposto, prevedono il sesso come strada di spiritualità (si pensi ad esempio alla scuola tantrica buddhista). E' chiaro che qui in Occidente la maggioranza conosce (o ritiene di conoscere) la visione cristiana della sessualità. Una visione che storicamente nel passato ha visto il sesso come un limite per l'ascesi spirituale e proprio per questo la domanda spontanea ancora oggi potrebbe sorgere come “sesso o spirito”? In antitesi. Conseguenza del pensiero: il sesso allontana dallo spirito. Nel terzo secolo il teologo Origene arrivò addirittura a castrarsi a diciott'anni per piacere a Dio. Si accorse poi in seguito del suo errore e rimase un grande teologo, ma castrato. La Chiesa non approvò mai il suo gesto, anzi lo condannò nel 253. Erano infatti la scuole greche pagane della Stoà e della Gnosi quelle che vedevano soprattutto l'antitesi tra sesso e spirito. Ma molti condivisero nei fatti questa visione: ad esempio S. Agostino, S. Alberto Magno, S. Girolamo, Papa Gregorio I per il quale il piacere non poteva mai essere senza peccato, S. Tommaso d'Aquino il quale riteneva che l'uomo è trascinato al peccato dalla donna e che i vergini ottengono il paradiso al cento per cento mentre gli sposati al trenta. Questa visione non è più ovviamente attuale nel Cristianesimo. Il Cattolicesimo vede oggi la verginità e il matrimonio come due strade di pari dignità e valore, liberamente scelte, entrambe per un servizio alla società oltre che per la propria realizzazione dei bisogni fondamentali di amore e di trascendenza. LE RELIGIONI PROPONGONO NORME MORALI SULLA SESSUALITA' Sì lo fanno. Perché tutte hanno una peculiare visione delle realtà terrene e sirituali. Perché l'uomo ha bisogno di norme morali. Perché l'uomo deve imparare ad amare con fatica. Spontaneo è solo il desiderio d'amore. Ma tra il dire e il fare… In America ha fatto giustamente fortuna il Dottor John Gray e la sua fama è giunta sino a noi con varie opere tradotte. I suoi seminari oltreoceano sono gremiti di persone che vogliono imparare a capire le donne o gli uomini e le loro esigenze affettive, per soddisfare il loro bisogno di capire l'altro e quindi di amare e di essere riamati. Imparare a capire. Non è così istintivo e immediato… Imparare a capire il linguaggio che l'altro naturalmente usa e che potrebbe creare malintesi. in una parola: empatia. Mettersi nei panni dell'altro, ma decifrando il suo linguaggio maschile o femminile. Ecco, l'amore ha bisogno di regole. Regole non scritte, ma regole. Se voglio amare, DEVO ascoltare, rispettare, perdonare, fare sacrifici, avere pazienza, cercare di capire, essere sincero, fedele, ecc. Se non faccio così l'altro non si sente amato. Se non faccio così io non amo. E se non amo sono frustrato perché non gratifico il bisogno primario di uscire da se stessi e incontrare il mio simile. Erich Fromm sosteneva che solo amando scopro il mio valore. Difficilmente le norme morali sessuali che le religioni propongono sono in contrasto con la moderna psicologia. E non è vero che la psicologia mi concede tutto, mentre le religioni mi dicono che questo e quello non lo posso fare. La psicologia conosce le perversioni sessuali, le devianze dalla norma, le nevrosi. Le religioni conoscono il peccato. Cosa hanno in comune questi termini? Provate a dirlo… Esatto: la frustrazione dell'amore. Ma i popoli sono molti. Diversa la loro storia. Diversa l'esperienza del divino che hanno fatto. Diversi i loro testi sacri. E nessuna di esse. Nessuna tace sulla sessualità. Nessuna tace sul sesso. Se i credenti sono oggi 5,5 miliardi ecco, tutti hanno una particolare visione dell'amore e della sessualità in gran parte basata sull'educazione religiosa ricevuta e che i genitori hanno avuto il diritto e dovere di trasmettere loro. SESSUALITA', RELIGIONI E SETTE Sessualità, Religioni e Sette, nasce da un interesse personale e professionale di insegnamento. Nel 1992 mi sono occupato del contributo dell'esperienza religiosa cristiana all'integrazione dell'affettività matura, in una tesi per l'Istituto Superiore di Scienze Religiose di Milano. Una tematica complessa e delicata nell'area della psicologia della religione. certamente una tematica ambiziosa. cercare di stabilire se e in quale misura la fede cristiana vissuta e praticata, in particolare nel Cattolicesimo, possa dare un contributo sostanziale ad un'affettività sana e matura. Un contributo psicologicamente positivo oltre che spirituale. Abbiamo detto all'inizio che non possiamo scindere il credente, con i suoi valori spirituali di fede, dalla sessualità e dalla psicologia dell'individuo. Un credente è innanzi tutto una persona con i suoi dinamismi psichici interiori (Es, Super Io e Io) che si apre ad un orizzonte trascendente. La psicologia e la religione stanno su due piani diversi. La prima si occupa delle dinamiche inconsce. La seconda di una scelta conscia e responsabile di apertura a Dio, al divino. Due piani diversi che però, così come per sessualità e religiosità, non sono in contrasto tra loro. Anzi. la psicologia può, senza prendere posizione sulle singole verità di fede credute, verificare e notare il positivo o il negativo apporto della fede ai dinamismi psichici dell'individuo. Ecco allora che avremo la fede matura e quella immatura sino a giungere alle gravi nevrosi di tipo religioso. Di queste ultime non hanno colpa le religioni. Esse si situano in un'errata strutturazione del Super Io nell'infanzia. se i dinamismi inconsci sono malati la fede, se c'è, non potrà far nulla da sola. Se la persona è psichicamente sana, ha cioè raggiunto una maturità psicologica, la fede religiosa la aiuterà a mantenere e sviluppare una sana affettività e sessualità. Abbiamo visto prima che per Jung non sono le religioni causa di nevrosi, ma proprio la mancanza di religiosità una delle cause principali. O l'uomo sviluppa in modo maturo la sua innata religiosità, il suo bisogno di infinito, o si ammala. La malattia può andare dal narcisismo alle illusioni di onnipotenza dell'uomo moderno, sino a grave forme di nevrosi. Ricordiamo che "La religione rappresenta per l'uomo un mezzo di autorealizzazione morale, nel suo cammino dalla sua posizione egocentrica e narcisistica dell'infanzia alla posizione altruistica ed oblativa della maturità. Contribuendo all'autoregolazione morale del soggetto, essa lo rende più responsabile, stimolandolo a migliorarsi di continuo nel campo spirituale, frenando l'edonismo, promuovendo la sublimazione e il controllo degli istinti. La religione è infatti un valido freno agli impulsi sessuali ed aggressivi – come sostiene Dacquino, attribuendole un valido sostegno alla strutturazione del Super IO e freno alle pulsioni dell'ES. - Lo stesso Freud, pur attribuendo alla religione un ruolo repressivo, le riconobbe anche una funzione sublimante della libido infantile. Egli inoltre le ha attribuito una funzione sociale, nel senso che l'ordinamento umano degenererebbe nelle barbarie, se non vi fosse quello che egli denominava l'”illusione” di un ordinamento divino". Partendo da queste considerazioni Dacquino sostiene a proposito della Confessione che "Nei confronti dei fedeli maturi e normali, questo sacramento può offrire effetti salutari anche sotto l'aspetto psichico poiché, manifestando i suoi peccati, il penitente si libera dal sentimento di colpa che lo aggrava. oltre ad essere, per chi crede, fonte di arricchimento spirituale, la Confessione assicura anche un equilibrio psicologico che giova alla maturità del soggetto ed alla collettività" (Giacomo Dacquino – Religiosità e psicoanalisi - op. cit. pp. 303-304 e 295-296) Affermare che tutte le religioni hanno lo stesso valore non vuol dire che una vale l'altra. Vuol dire che sono tutte strade per lo spirito, senza il quale l'uomo si ammala, perché è fatto per Dio, sia che creda in lui sia che non creda. E il bisogno di trascendenza è un bisogno confermato dalla moderna psicologia, che è una scienza agnostica, non atea. non prende posizione sulla questione religiosa, ma ne riconosce l'importanza per la salute psicologica. Abbiamo citato Jung, ma potremmo citare Adler, Fromm, Maslow e lo stesso ateo Freud sotto certi aspetti. Ma le strade per lo spirito sono diverse tra loro, anche se accomunate dallo stesso desiderio, dallo stesso bisogno. Una non vale l'altra. Come le persone che pongono in loro la stessa fede. Tutte valgono per la loro intoccabile dignità umana, ma una persona non vale un'altra. Provate a dirlo a chi è innamorato. Così le religioni. E così partiamo da un'esperienza di fede vissuta in famiglia, innanzi tutto, là dove siamo nati. Riceviamo insegnamenti e tra questi quelli religiosi con la loro visione etica, compresa quella sessuale. Noi siamo in gran parte fatti di esperienze vissute e di educazione ricevuta o… non ricevuta. E qui sta il delicato compito dei genitori, per i quali ho una grande ammirazione. Ma le religioni per i motivi visti prima non possono lasciare indifferenti. O le ami o le odi. Molti hanno capito che sono strade verso un'unica verità. Altri per sorreggere la loro verità le hanno viste scorrettamente come un insieme di norme morali soffocanti. Le religioni devono fare i conti col tempo, col luogo e con la cultura dominante dove vengono proposte e vissute. Una lotta talvolta difficile e controcorrente, ma sorretta dalla fede. ETICHE SESSUALI (Come nascono) Le etiche sessuali rispecchiano la cultura e l'ambiente dove sono nate, le scritture religiose di riferimento. Nel corso dei secoli hanno subito dei mutamenti, ma hanno tenuto fissi i cardini fondanti. E proprio per questo non sono scomparse. Non sono ideologie, pensieri puramente umani che seguono mode o visioni storiche momentanee. E' bene anche ricordare che come diceva Durkheim, padre della sociologia moderna, le religioni sono generatrici di etica, sono ordinatori egemoni della realtà sociale. Sono necessarie. E lui, pur essendo ateo, lo aveva capito. Danno punti di riferimento, certezza, speranze, equilibrio, forza. Sono parte integrante di tutte le culture. Non è possibile capire le culture e la storia senza comprendere le religioni che le hanno plasmate e che tuttora ne sono parte integrante, molto più di quanto si pensi. Perché l'uomo è un essere religioso per natura, cioè si interroga sul mistero che lo circonda e cerca un infinito che possa soddisfarlo. Brevemente ne cito alcune: La visione EBRAICA (Fedeli: 17.473.000) è basata su tre principi biblici che costituiscono anche i fondamenti dell'etica sessuale cristiana, in quanto il cristianesimo come sappiamo si sviluppa in ambiente giudaico. I tre principi sono: “Dio creò l'uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò. Maschio e femmina li creò”. (Gn 1,27). E' il principio dell'identità. La sessualità dice all'uomo chi è: uomo o donna, molto più di maschio o femmina. Gli animali ad esempio non hanno una sessualità, ma solo un sesso e non ne sono neppure consapevoli non essendo esseri razionali, cioè persone. Per noi è diverso “Non si nasce donna. Si diventa” diceva Simone De Bouvoire, e ciò è valido anche per l'uomo. Subito di seguito il passo biblico che fonda il secondo principio: “Dio li benedisse e disse loro: Siate fecondi e moltiplicatevi…” (Gn 1, 28). E' il principio procreativo. La sessualità è pro-creazione, cioè a favore della creazione, in maniera libera, consapevole, in collaborazione appunto col Creatore, essendo l'essere umano sua immagine spirituale. Dio è l'autore della sessualità. Essa è per gli esseri simili a lui: liberi, razionali, spirituali, ma non asessuati, come ad esempio gli angeli. L'animale si riproduce, l'uomo procrea perché è libero, perché è persona, perché ama. L'atto sessuale dà la vita e la vita viene da Dio, per cui la sessualità è sacra. Solo l'essere umano dà la vita sapendo di farlo, quindi pro-crea, a immagine e somiglianza di Dio. Il terzo principio è tratto dal passo biblico: “non è bene che l'uomo sia solo: gli voglio fare un aiuto che gli sia simile” (Gn 2, 18) e crea numerosi animali che non possono però soddisfare l'uomo nella sua sete di comunione con l'altro. L'uomo è essere per l'altro. Essendo a immagine divina, l'uomo è fatto per amare. E' il principio dell'unione. La sessualità è fatta per amare e per amarsi in due uomo e donna, diversi ma simili e complementari. ) E questo viene poco dopo il passo dove l'uomo nel “giardino delle delizie”, in ebraico Gan Eden (pairi daeza in persiano da cui Paradiso) si accorge che nessuna creatura di Dio può colmare il suo vuoto. A nessuna può parlare ed essere compreso, capito. A nessuna può confidarsi. Nessuna può amare ottenendo contraccambio La Bibbia prosegue: “per questo l'uomo abbandonerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una sola carne” (Gn 2,24). Questi principi hanno plasmato l'etica giudaica e l'etica cristiana. Ad essi si riferiscono oggi 17 milioni di ebrei e più di 2 miliardi di cristiani. Le Chiese cristiane non sono più creazioniste, (Pio XII ad esempio affermò la compatibilità della visione biblica con quella darwiniana) sanno che i passi citati sono simbolici, mitologici, ma rispecchiano la verità del cuore umano. La parabola di Adamo e Eva non contraddicono, anzi mettono in luce le caratteristiche del cuore umano. L'uomo ha bisogno di una sessualità che lo identifichi, una sessualità unitiva e procreativa. Per gli ebrei l'avodah, lo sforzo per costruire una relazione che duri e che tolga l'uomo e la donna dalla solitudine (e il detto che non si sta bene soli nemmeno in paradiso viene proprio dal passo biblico in cui abbiamo visto Adamo poco fa nella sua solitudine dorata). Lo sforzo dunque deve avere due middoth, cioè qualità: un ayin tova (buon occhio, comprensione e apprezzamento delle qualità dell'altro, che mi completano – e amare è prendersi cura di e completare l'altro non cambiarlo) e un lev tov (un cuore buono, con devozione e generosità). L'etica ebraica considera sacra la sessualità. Il celibato dunque non esiste. La procreazione è il matrimonio sono un dovere divino per l'ebraismo ortodosso. La sessualità deve essere “Kosher” cioè seguire le prescrizioni della legge ebraica. Molte norme sono presenti nei capitoli 18-20 del libro biblico del Levitico. Alcune norme sono strane, ma sono comprensibili in un otica in cui Dio chiede al suo popolo di distinguersi dagli altri perché gli appartiene. Ciò che è di Dio dev'essere senza macchia, deve distinguersi. Per cui le norme della circoncisione o della purificazione dopo il ciclo mestruale o il parto per la donna sono dei segni di appartenenza così come lo è il kippà, lo zucchetto che ogni ebreo maschio osservante indossa ogni giorno. E' ovvio che ogni comportamento sessuale che non risponda ai tre principi visti sopra: identità, unione e procreazione, è un comportamento impuro, che non può soddisfare il desiderio umano di amore. E la mancata realizzazione di un bisogno si chiama frustrazione. La visione CRISTIANA (Fedeli: 2.090.417.000) parte dai tre principi biblici visti sopra e pone l'accento sul fatto che il corpo è il tempio dello Spirito Santo (1 COR 6,19 ) "La sessualità caratterizza l'uomo e la donna non solo sul piano fisico, ma anche su quello psicologico e spirituale, improntando ogni loro espressione". (Congregazione per l'Educazione Cattolica – Orientamenti educativi sull'amore umano. Lineamenti di educazione sessuale, 4 ,1983). Nei secoli passati ha incontrato l'ostilità di diversi teologi da S.Agostino sino a Tommaso Daquino, ma anche in tempi più recenti. Oggi nel cattolicesimo non è più così. Il matrimonio è segno visibile dell'amore di Cristo per la sua Chiesa. Le due strade del celibato consacrato e del matrimonio hanno pari dignità e valore. L'attività sessuale ha senso solo all'interno dell'unione nuziale come segno della reciproca appartenenza per sempre degli sposi e non è necessariamente votata alla procreazione. Le Chiese della Riforma Protestante si discostano in alcuni tratti da questa visione, mentre quella ortodosse si trovano concordi. Nel Cattolicesimo, il ramo del cristianesimo che ha resistito agli scismi e ha mantenuto la successione apostolica, i principi di unione e procreazione sono alla base della sessualità, che non è mai un fatto puramente biologico, ma anche spirituale. Non tutto ciò che l'uomo compie è quindi anche degno dell'uomo, dato che l'uomo ha una dignità, un valore assoluto, che nessuno può togliergli, e dal quale provengono i suoi diritti umani. Un valore che gli viene dato da Dio. La morale aiuta distinguere ciò che è fatto dall'uomo da ciò che è giusto, degno dell'uomo. Quando invece diventa fine a se stessa e pone la norma prima del valore del significato, si ammala e diventa moralismo. Ma anche quando l'uomo perde il riferimento alla sua dignità si ammala e chiama la morale, che può aiutarlo ad amare come moralismo. Per cui nascono le domande del tipo: ma perché la morale nella sessualità? Non è una limitazione? Dimenticando che la libertà senza il valore che la guida diventa il suo contrario: schiavitù. Tuttavia errori sono stati fatti nella visione cristiana come in tutte le altre. Nel corso dei secoli l'etica sessuale cristiana si è ammalata di gnosi e stoicismo, visioni a lei estranee, per cui il corpo e con esso il sesso sono stati visti con sospetto. Il celibato era la via spirituale maestra. La procreazione era l'unico fine della sessualità, dimenticando il principio unitivo. Sviluppi futuri nella morale sessuale saranno possibili. Ma i principi basilari sono e saranno sempre validi. La visione ISLAMICA (Fedeli 1.159.901.000) concorda sostanzialmente con quella ebraica. Il celibato non esiste. L'attività sessuale è consentita solo agli sposi. Diverse norme sono contenute nel Corano, altre negli “hadit” del Profeta Muhammed. L'unione carnale è un atto d'adorazione, un 'ibada. Esso soddisfa le esigenze emozionali e di procreazione dell'umanità. Emozionalmente, è il culmine dell'amore reciproco tra uomo e donna. Allo stesso modo di un pellegrinaggio, è un mezzo d'unione con Dio. E' il modo più importante per esprimere l'amore e l'impegno reciproco di due persone. La procreazione è il contributo al proseguimento dell'opera creatrice di Dio. Sia la soddisfazione emozionale dell'atto, sia il suo scopo procreativo sono ni'ma, doni divini. Sono parte della fiducia Islamica in Dio. Per preservare questa importanza è proibita l'attività sessuale di fuori del matrimonio, che è il luogo dove il potere e la creatività dell'atto sessuale possono essere controllate. La fornicazione sbilancia la personalità e la crescita spirituale della persona. la vera felicità (sa'adah) dell'atto sessuale può essere ottenuta se vi è un bilanciamento (wast) tra due estremi emozionali e quando vi sono degli obblighi morali riguardo alle conseguenze di questo atto, quale la nascita dei figli, che non potrebbero essere accolti senza un impegno definitivo nel matrimonio. La castità assoluta va osservata nel periodo del digiuno rituale. Se un uomo non può sposarsi subito dopo la pubertà, deve praticare l'astinenza, secondo il versetto coranico: "E quelli che non trovano moglie si mantengano casti finché Dio li arricchisca della sua grazia". (Sura 24,33) In aiuto a questa astinenza forzata alcuni hadith, detti del Profeta, forniscono dei singolari consigli. Una volta un uomo andò dal profeta (Muhammed) e gli disse: "Non ho possibilità economica di sposarmi; quindi devo lamentarmi del mio celibato". Il Profeta lo consigliò di controllare il suo desiderio sessuale dicendogli: "Lasciati crescere i peli del tuo corpo e digiuna spesso". (Wasa'il, vol. 14, p. 178) Il Profeta della Mecca si riferiva ai peli pubici. La loro rimozione è obbligatoria nell'Islam, ma questo aumenta il desiderio sessuale. La shari'ah Islamica raccomanda questa pratica per gli uomini ogni quaranta giorni e per le donne ogni venti. L'Imam 'Ali afferma: "Ogni volta che i peli di una persona aumentano, il suo desiderio sessuale diminuisce". (!) (Wasa'il, vol. 14, p. 178) La castità prematrimoniale è un precetto presente chiaramente nel Corano (a differenza di altri testi religiosi): "E quelli che non trovano moglie si mantengano casti finché Dio li arricchisca della sua grazia". (Sura 24,33) Per fornicazione s'intendono i tutti i rapporti sessuali al di fuori del matrimonio, anche se, , il termine è improprio: nella sua etimologia indica il rapporto con prostitute. E' ciò che il Nuovo Testamento chiama "pornéia" da "pornè", la prostituta La castità prematrimoniale è un precetto presente chiaramente nel Corano (a differenza di altri testi religiosi): "E quelli che non trovano moglie si mantengano casti finché Dio li arricchisca della sua grazia". (Sura 24,33) Il matrimonio è obbligatorio (wajib) per l'uomo che ha i mezzi per pagare la dote e la possibilità di mantenere una moglie e dei figli, che sia in buona salute e che teme di fornicare (zina), se non si sposa. Il matrimonio è obbligatorio anche per la donna che non ha altri mezzi per mantenersi e che teme la zina. Tuttavia, le nozze rimangono raccomandabili (mandub) anche per chi sa controllare il suo desiderio sessuale o non desidera figli o che abbia la sensazione che questo passo possa tenerlo lontano dalla devozione ad Allah. La poligamia è prevista dal Corano, ma solo in particolari circostanze. La sura delle donne è chiara: "Se temete di non essere equi con gli orfani (yatim), sposate allora di fra le donne che vi piacciono, due o tre o quattro, e se temete di non essere giusti con loro, una sola". (Sura 4,3) Di conseguenza, pochi uomini musulmani hanno più di una consorte. Le donne sono considerate inferiori, anche nel matrimonio e devono sottostare al principio della qiwamah, cioè della custodia, nel senso di “controllo totale da parte di un guardiano”, che è il marito. La qiwamah, tuttora in uso, ha quattro scopi: protezione, sorveglianza, custodia e mantenimento. Questo comporta sei precetti per la moglie: 1) La moglie non può ricevere estranei, uomini, regali, senza il permesso del marito, né può disporre o prestare le proprietà di lui senza il suo permesso. Non esiste quindi la comunione dei beni. 2) Il marito ha il diritto di limitare i movimenti della moglie e di impedirle di lasciare la casa. Questo diritto prevale anche sul diritto dei parenti di lei di farle visita o di essere visitati da lei. E' raccomandato al marito di non abusare di questo suo diritto. 3) La moglie non ha il diritto di contestare il marito e questi può punirla per la sua disobbedienza. 4) La moglie non può contestare il diritto del marito al concubinato, ma può chiedergli il khul (il divorzio). 5) Col matrimonio la moglie accetta implicitamente queste regole della qiwamah. Nonostante ciò la sposa può stipulare delle clausole che le garantiscono il diritto di divorziare, o di rimanere unita a lui solo se è l'unica moglie. 6) La moglie deve sottostare al diritto del marito di rivendicare in ogni caso una paternità. Nella legge Islamica, secondo la Shi'ah fiqh (etica Islamica), vi sono due tipi di matrimonio: uno permanente, detto da'im, ed uno temporaneo, detto munqati' o mut'a La differenza principale tra i due matrimoni consiste nella definizione dei doveri, molto chiara solo in quello permanente. Ad esempio il dovere del marito di provvedere alle necessità della moglie e il dovere di quest'ultima di non rifiutare mai l'atto sessuale al coniuge, senza una giustificazione religiosa (le mestruazioni) o medica. La visione INDU' (Fedeli 840.792.000) fa del sesso un simbolo sacrale. Il “linga” e la “yoni”, gli organi sessuali maschile e femminile, vengono onorati e in alcuni rituali anche adorati. L'attività sessuale è consentita solo agli sposi, come espressione di un apore profondo e maturo. Noto è il culto fallico del linga, il membro maschile, considerato lo stesso dio Shiva, ma anche del suo corrispondente femminile, la yoni, l'organo genitale della donna, che rappresenta la moglie di Shiva: Parvati. Il simbolo del dio Shiva è il fallo eretto, presente anche in molte culture pagane. Lo Shiva lingam simboleggia la sessualità maschile esaltata, controllata e trasformata nella visione spirituale interiore. Nel Linga Purana troviamo scritto che gli dei andarono a far visita a Shiva, nella sua dimora celeste, e lo trovarono durante un rapporto sessuale con Parvati, ma la coppia proseguì nonostante gli ospiti inattesi. Vishnu iniziò a ridere, ma gli altri dei si adirarono maledicendo Shiva e sua moglie, facendoli morire… nella posizione in cui erano… Il linga e la yoni, il fallo e la vulva, rappresentano le nuove sembianze di Shiva e Parvati. Si può immaginare quale importanza è data a questi organi da parte dei fedeli indù! Il Tantra è un testo più molto più antico (XX Sec. a.C.) rispetto al famoso Kama-Sutra (III Sec. d.C.) e tratta, in chiave spirituale, dell'unione tra eccitazione, consapevolezza e rilassamento. Il termine sanscrito significa: “tecnica per ampliare la coscienza”, mentre per altri sta per “tessuti insieme”. Suo scopo è quello, in chiave empirica, di gettare un ponte tra sessualità e spirito. Nel Tantra la donna è al centro dell'adorazione da parte dell'uomo perché questo proviene da lei. E' un culto di adorazione sessuale centrato sulla donna. La visione BUDDHISTA (Fedeli 366.265.000) classica guarda al sesso con sospetto in quanto qualsiasi cosa che generi desiderio è impura e causa reincarnazioni. In ogni caso è onorato il matrimonio ma ogni espressione sessuale al di fuori di esso è considerata contraria al precetto di non abusare dei sensi. "C'è il piacere e c'è la beatitudine. Rinunzia al primo e possiedi la seconda". (Dhammapada) Originariamente il Buddhismo era per i monaci. Il sesso era temuto come un rivale all'ideale di vita di auto rinuncia e di fuga dal desiderio, fonte del dolore. Nella vita tutto è duhkha, dolore causato dai desideri. Siddartha Gautama, il Buddha, si sposò a sedici anni. Suo padre gli fornì quarantamila danzatrici per evitargli tentazioni ascetiche. Non bastarono. In principio la vita sessuale era vista come notevolmente negativa. Tuttoggi la dottrina classica (nei suoi rami mahayana, theravada, vairayana) è molto attenta al kamamithycar (il cattivo comportamento sessuale). Nel Buddhismo tantrico il sesso è invece ricercato come sorgente spirituale. Il Buddha disse: "Io non conosco o monaci altra forma sia così attraente, così eccitante, così inebriante, così avvincente, così seducente, così contraria alla vita serena come proprio la forma della donna. A causa della forma della donna, gli esseri sono avvinti, attratti e arsi nel fuoco della brama della passione e gemono a lungo sotto l'incendio della forma femminile". Egli condannava la donna in quanto fonte di desiderio. (L'uomo non lo è). Tenzin Gyatso, meglio noto come Dalai Lama conferma: "Se ti prude, è bello grattarsi. Ma ancora meglio sarebbe non avere prurito alcuno. Lo stesso vale per il desiderio sessuale". Nel Vinaya vi è scritto che per il linga del monaco è meglio entrare in un serpente o in un fuoco ardente (entrambe simboli sessuali), piuttosto che in una yoni. Nel Buddhismo classico era raccomandata la castità matrimoniale. Attualmente vi troviamo rispecchiati molti atteggiamenti indù verso la sessualità. Con la sola eccezione della scuola tantrica, il Buddhismo è molto cauto riguardo alle espressioni sessuali. Gli insegnamenti del Buddha sono sintetizzati nel terzo precetto che vieta i comportamenti considerati sessualmente impuri: kamesu micchacara. Genericamente ciò è forse riferito allo sfruttamento sessuale di una persona e comprende lo stupro, l'adulterio (che sfrutta la fiducia dell'altro coniuge), il sesso con persone intellettualmente, economicamente o psicologicamente svantaggiate, e la promiscuità. "L'uccidere, il massacrare, il ferire, l'imprigionare esseri viventi, il furto, la menzogna, l'inganno, la frode, l'ipocrisia, l'adulterio. Questo è putredine, non cibo carneo". (Sutta Nipata, 242) Il Buddhismo Tantrico afferma, al contrario, che la passione può far giungere all'illuminazione al punto da lodare Un altro precetto, tra i cinque contenuti nel panca-sila, prescrive di astenersi dall'abuso dei sensi. Questo precetto copre tutte le situazioni in cui l'attività sessuale è il frutto di una perdita di controllo e di una scelta non ragionata. Questo è molto grave nell'etica buddhista: occorre sempre essere consci di ciò che si fa e delle conseguenze dei propri atti. La visione CONFUCIANA (Fedeli 6.913.000) vede la donna in stato di profonda inferiorità rispetto all'uomo, al quale tutto è consentito nell'etica sessuale. Non così per la donna. Un classico è divenuta la frase di Confucio: “Picchia tua moglie una volta al giorno. Tu non sai perché, ma lei sì. La visione SHINTOISTA (Fedeli 3.698.000) è neutrale su tutti gli aspetti dell'etica sessuale. Anche qui viene reso onore al linga maschile. Uno enorme di legno trova posto nel santuario della fertilità Taga Jinjia, in Giappone. La visione TAOISTA è neutrale su tutti gli aspetti dell'etica sessuale"La gentilezza delle parole crea fiducia. La gentilezza dei pensieri crea profondità. La gentilezza nel donare crea amore". (Lao-Tzu) Un po' meno romantico, ma sicuro del fatto suo è il filosofo taoista ispiratore di più di un “playboy”: Ko Hung. Per gli amici Pao-P'u-Tzu. E' suo il detto, vecchio ormai di circa diciassette secoli, ma sempre attuale: "Più un uomo copula, maggiore è il beneficio che trae dall'atto… la copulazione con una o due donne soltanto è quanto basta per condurlo a una morte prematura". Ovviamente consigliava almeno dieci unioni con altrettante donne a notte. (Cf. Clifford Bishop, op. cit., pp. 141-142) Cosa che porta ugualmente ad una morte prematura, ma che differenza! Dopotutto per Chang Taoling, patriarca dei Turbanti Gialli, autori della caduta della dinastia Han (25-220 d.C.), il motto era uno solo: "ho-ch'i-shih tsui" ("il sesso (ho-ch'i – unione di Yin e Yang) assolve da tutti i peccati"). Questa convinzione portò diverse sette radicali, fondate su questa convinzione, a sommosse politiche e al crollo dell'antica dinastia. Un altro filosofo playboy lo era veramente, ma si convertì e quasi un secolo dopo sostenne tutto il contrario. Era S. Agostino, ma questa è un'altra storia. Nel VII secolo a.C., Tung-hsÜan scriveva nella sua opera “L'arte dell'amore”: "Di tutte le decine di migliaia di cose create dal Cielo, l'uomo è la più preziosa. Di tutte le cose che fanno prosperare l'uomo, nessuna può essere comparata al rapporto sessuale. Questo è modellato sul Cielo e prende esempio dalla Terra, regola lo Yin e dà norma allo Yang. Coloro che ne comprendono il significato possono nutrire la loro natura e prolungare i loro anni; coloro che non comprendono il suo vero significato si faranno del male da soli e moriranno anzitempo". (Cf. R.H. Van Gulik, Sexual Life in Ancient China, Brill, 1961, p. 125 ss.) Nel Taoismo il rapporto sessuale ha due scopi principali. La procreazione, specialmente di figli maschi, portatori dell'essenza maschile dello Yang, continuatrice del ramo famigliare. L'essenza che consente la prosecuzione della cura degli antenati e del mantenimento dell'armonia dell'universo (Tao). Tra i nuovi movimenti religiosi (le sette) quella che ha fatto del sesso il suo baluardo sono i “Bambini di Dio” mentre quella che vede al sesso con maggior sospetto e prudenza sono “La Chiesa di Cristo e dei Santi degli Ultimi giorni” I Mormoni. "La castità è la cosa più cara e preziosa". (Libro di Moroni 9:9) Essa è più preziosa di rubini, diamanti, oro e argento e addirittura più della vita terrena stessa. Verrà un giorno in cui il fornicatore, come l'omicida, vorranno nascondersi dal mondo e da se stessi, ma non potranno. Dovranno incontrare il Creatore. La mancanza di castità è sudiciume morale. Il peccato sessuale è il peggiore che possa esistere. (Spencer W. Kimball, op. cit.) La salvezza è riservata solo ai mormoni sposati. Se non condividete la loro fede, niente paura. E' possibile evitare la dannazione in un modo un po' macabro, ma molto efficace: i defunti non credenti ai quali è stata trovata una sposa mormone si salvano. Facendo testamento non dimenticate quindi di chiedere che vi sposino (da morti) ad una loro fedele. Da ultimo il satanismo fa del sesso un segno di appartenenza al maligno in quanto esso viene utilizzato come trasgressione al difuori di qualsiasi contesto di amore per ridurre l'uomo alla sua animalità senza più la sua immagine e somiglianza spirituale col Creatore. Questo fa pensare. Alcuni fanno la stessa cosa anche senza essere ufficialmente satanisti. (Cf. Giorgio Nadali - "Sessualità, Religioni e Sette. Amore e Sesso nei Culti mondiali", Roma, Armando Editore, 1999). Giorgio Nadali politica@voceditalia.it.

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Etica risposta a monsignor fisichella (sezione: Laici e chierici)

( da "Riformista, Il" del 06-02-2008)

Argomenti: Laicita'

Etica risposta a monsignor fisichella Laici e cattolici, il dialogo è possibile se il terreno comune è la ragionevolezza Come far convivere una pluralità di posizioni morali Credo che sarebbe un errore per una persona impegnata in politica lasciar senza interlocuzione un intervento di monsignor Rino Fisichella su laicità, religione e valori, apparso nei giorni scorsi sul Messaggero . Due affermazioni in particolare mi sembrano rilevanti e sulle quali vorrei soffermarmi: 1) la laicità presentata come una delle dimensioni della democrazia e 2) il riconoscimento di valori anche a chi non crede. Non si può negare che il livello di scontro che si registra da qualche anno nel nostro paese su temi eticamente sensibili abbia provocato lacerazioni profonde che può diventare difficile ricomporre. Sarebbe interessante indagare meglio le ragioni di questo esito. Nessuno può cavarsela attribuendo ad altri l'intera responsabilità; non può farlo la Chiesa; non può farlo la politica nelle sue diverse articolazioni. L'errore che spesso si commette è partire dal fondo senza chiedersi se qualcosa non debba cambiare nella riflessione su temi che attengono sempre più spesso alla bioetica e che si pongono in termini nuovi rispetto al passato, rispetto alla tradizione dello stesso pensiero occidentale, compreso il cristianesimo. I cambiamenti maggiori sono quelli prodotti dai progressi della conoscenza scientifica, dalle nuove tecnologie riproduttive e dalle biotecnologie, dalla genetica. Le nuove conoscenze ci interrogano tutti sulle nuove frontiere della vita e della morte, su limiti e libertà. Nessuno può sottrarsi a questa riflessione ciascuno per le sue responsabilità. Rispetto al resto dell'Europa nel nostro Paese siamo arrivati molto in ritardo a capire che quegli sviluppi della genetica e le nuove biotecnologie richiedevano norme e leggi che ponessero limiti e garantissero libertà e diritti, che era giunto il momento di non potersi più affidare semplicemente al sacro principio della libertà di coscienza e di assumersi la responsabilità della discussione pubblica e della decisione. Ma proprio questa necessità di normare ha aperto una fase di contrapposizioni laceranti non fra credenti e non credenti, ma il più delle volte fra laici e un certo fondamentalismo cattolico. Inoltre, a differenza di quanto è accaduto in passato rispetto alle ingerenze ecclesiastiche nella politica italiana, oggi esse intervengono in una condizione di maggiore vulnerabilità delle istituzioni politiche, che rendono più impervia, e talvolta impossibile, la decisione autonoma, nel rispetto dell'articolo 7 della Costituzione. Non sta a me dire come debba esprimersi l'impegno dei cattolici su questi temi nuovi e difficili. Il rapporto fra etica e politica è un tema antico. È vero che nella politica ciascuno porta i valori in cui crede, che possono essere condivisi, ma anche no, registrando differenze e conflitti senza per questo compromettere il tessuto civile della comunità. I nostri principi e valori condivisi sono - devono essere - quelli costituzionali, che fondano il patto di convivenza fra culture e convinzioni etiche e religiose diverse. È importante il riconoscimento di monsignor Fisichella, per niente scontato: anche chi non crede in Dio dispone di valori e principi e non può essere additato né come nichilista né come relativista. Ma la Costituzione dovrebbe essere la stella polare dell'agire pubblico per chiunque scelga l'impegno politico. In essa sono contenute anche le due più importanti dimensioni della laicità: come autonomia e sovranità dello Stato e come condizione della convivenza plurale, di una molteplicità di concezioni del bene. Come si fa vivere la laicità nella prassi quotidiana pur partendo da valori non completamente convergenti? Proviamo a scrivere un'"etica del legislatore" che non costringa a rinunciare alle proprie convinzioni e alla ricerca del maggior consenso possibile, ma che consenta la ricerca di soluzioni condivise. Concordo con monsignor Fisichella quando dice che la laicità non può essere un criterio per assopire le coscienze. Per me essa è la condizione che consente alle coscienze di vivere e agire in libertà. La politica può anche essere vissuta come testimonianza, e però è importante capire che non può essere solo quello, neanche per i cattolici. La politica è prima di tutto il luogo della decisione legislativa o amministrativa alla quale si giunge attraverso la ricerca della mediazione, cioè di punti di incontro fra posizioni diverse allo scopo di produrre una decisione sufficientemente condivisa. Se ci domandiamo se è possibile questo stesso esercizio se restiamo sul piano esclusivamente dell'etica, la risposta è quanto meno problematica. La mediazione fra principi etici differenti o contrapposti non è possibile, e può addirittura presentarsi come una forma di violenza. Per assumere una decisione legislativa su questioni con rilevanti implicazioni etiche, occorre allora compiere un'operazione preliminare: abbandonare il piano dell'etica e porsi sul piano della politica tenendo conto del punto di vista degli altri legislatori, oltre che dei destinatari della legge. John Rawls va nella giusta direzione quando propone di assumere la categoria della ragionevolezza. "Ragionevole" è diverso dal "vero" e consente di far convivere una pluralità di concezioni morali. Le soluzioni ragionevoli di un problema possono, infatti, essere diverse e su queste ci si può incontrare. Non altrettanto se si continua a permanere nell'ottica della Verità assoluta e inconfrontabile. La pratica della ragionevolezza consente di abbandonare il terreno dell'equivalenza fra teorie morali vere e concezione corretta della giustizia politica e di superare il passaggio diretto dall'ethos al nomos, dalla convinzione etica alla legge. Per questo, non è l'etica dei principi, ma l'etica della responsabilità quella più propria per affrontare i problemi legislativi. Quando si esercita la funzione di legislatore non si può assumere la propria coscienza come unica ed esclusiva ispiratrice dell'agire, bensì occorre anche rendere conto delle conseguenze della decisione sulla vita dei destinatari della legge. Non è giusto talvolta che la vita e le relazioni vissute delle persone concrete vengano anteposte alle proprie convinzioni etiche o religiose proprio nello spirito, che è anche lo spirito cristiano, dell'accoglienza e dell'ospitalità? senatrice Pd, presidente commissione Cultura 06/02/2008.

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Segue la chiesa nella società (sezione: Laici e chierici)

( da "Riformista, Il" del 06-02-2008)

Argomenti: Laicita'

Segue la chiesa nella società Tra Ratzinger e padre Bevilacqua io da cattolico scelgo il secondo (segue dalla prima pagina) Condivido questo giudizio e ne sono preoccupato, anche come cattolico liberale (una categoria certo non amata da Ratzinger, ma che tanto ha fatto per favorire la maturazione della Chiesa moderna, la ricchezza profonda e attuale del cattolicesimo). Sono preoccupato perché questa invadenza pervasiva, questa politicizzazione spinta, questo tentare di riportare indietro l'orologio della storia, non può non far rinascere l'anticlericalismo. La vicenda della Sapienza va inquadrata in questo scenario e aggiunge peso e significato alle riflessioni che Alberto Melloni, storico della Chiesa, ha sviluppato tempo fa (prima dell'episodio della Sapienza): "La lunga presidenza di Ruini (alla Cei) rappresenta un caso unico. Eppure penso che sia stata la grande occasione perduta della Cei: ha avuto la possibilità di dare alla Chiesa italiana una sua fisionomia e invece ha preferito fare ciò che gli risulta più facile, il dribbling stretto con i partiti? Lui ha continuato a dribblare dove c'era il gioco, come se il sensore di rilevanza fossero i partiti. Sì, la Chiesa è molto e forse troppo temuta nel Transatlantico, ha guadagnato una certa capacità di intimidazione, ma non è questo che la fa essere bella e attraente. È un modo di fare che ha annaffiato la pianticella dell'anticlericalismo, una brutta bestia". La correttezza di questa visione non è confermata solo dall'episodio della Sapienza, ma da una recente rilevazione sui "sentiment" degli italiani. La società Astra svolge da molti anni un'indagine periodica sui "sentiment" degli italiani per conto di Bpm Gestioni. Nell'ambito della più recente rilevazione, tra le motivazioni spontaneamente indicate dagli intervistati per spiegare il clima sociale negativo, per la prima volta, spunta: "la rimessa in discussione della laicità dello Stato". A me sembra che il tentativo di riportare indietro l'orologio della storia da parte dei vertici della Chiesa, sia evidente e forte. Non si tratta di farlo ritornare a prima del Vaticano II, ma più indietro, molto più indietro, sino a Innocenzo III. Grande papa, grande teologo, grande giurista, Innocenzo III era diventato Papa a 37 anni quando era già un famoso teologo e giurista. Fu con lui che, nel IV Concilio Laterano (1215), la visione ierocratica raggiunse il culmine, con una formula di straordinaria eleganza: "Sententia papae et sententia Dei una sententia est". Fu lui ad affermare "Papa ipse verus imperator". Fu lui che sostenne, con forza, la necessità di salvare il clero dall'umanità corrotta e abominevole e per simboleggiare ciò impose che il sacerdote, che sino ad allora aveva officiato la messa rivolto ai fedeli, fosse tenuto ad officiarla con la schiena rivolta agli stessi (come Ratzinger è ritornato a fare), come segno di disprezzo verso l'umanità e come segno del fatto che per la celebrazione eucaristica il sacerdote, protetto dalla grazia, non aveva bisogno della compartecipazione dei laici. Fu Innocenzo III, con formula geniale, a sostenere che la Chiesa "ratione peccati" poteva e doveva interessarsi non solo della dottrina e della pratica religiosa ma di tutti gli aspetti della vita civile ed economica. E questa formula resta ancora la chiara guida per risolvere tanti problemi. La Chiesa, "ratione peccati", cioè per aiutare il popolo a capire il bene e il male, per diffondere il sentimento religioso, per testimoniare la presenza di Dio nel mondo, non può stare chiusa nelle chiese e nelle strette pratiche religiose. Deve stare nel mondo, dove i temi del bene e del male vivono e si scontrano nella realtà della vita e "ratione peccati" non può ma deve far sentire la sua voce ovunque l'uomo vive, soffre, ama e si interroga sul proprio destino. Per questo quando quella sventura per Napoli che risponde al nome del sindaco Iervolino si rivolge, con stizza, al cardinale di Napoli, dicendogli: il cardinale si interessi dei temi religiosi che io mi interesso dei problemi di Napoli, come i rifiuti, fornisce la dimostrazione definitiva della sua piccolezza. Il cardinale di una grande città come Napoli, che sta morendo soffocata da tonnellate di rifiuti, frutto di venti anni di mala gestione che continua e che non si ha la minima idea di cambiare, cioè frutto del male, cioè frutto, per un cattolico, del peccato, non può non interessarsi, "ratione peccati", di questa tragedia dei suoi parrocchiani. E non solo può ma deve, "ratione peccati", essere presente in questa tragedia totale del suo popolo. Ma lo deve fare, appunto, "ratione peccati", non per ragioni e obiettivi politici e di potere, ma per ragioni proprie del buon pastore, per contribuire ad aiutare il suo popolo a resistere, a non rifugiarsi nella "disperazione stabilizzata" che sta avvelenando il cuore e l'anima dei napoletani, a conservare la capacità di credere e di pregare. Dunque che vescovi, cardinali, Papi, "ratione peccati", parlino e portino il loro contributo alla ricerca della difficile via. Ma con grande rispetto per la laicità dello Stato, sempre difesa, con dignità, dai cattolici liberali veri come De Gasperi, Don Sturzo, Andreatta (il cui comportamento nel caso Ambrosiano resta una delle pagine più belle della Repubblica italiana). E senza tentare di portare indietro l'orologio della storia. Perché questi tentativi, possono creare conflitti e dolori, ma non possono riuscire, come scrisse nel 1953 una delle grandi voci anticipatrici del Vaticano II, padre Giulio Bevilacqua in Equivoci mondo moderno e Cristo : "Il vento soffia dove vuole e tu ne odi la voce, ma non sai donde venga e dove vada; così è chiunque nasce dallo Spirito. Figli di una verità che ci ha fatti liberi perché non abbiamo salutato con gioia questo uomo del secolo XX che rifiuta di restare un eterno minorenne per assumere la totalità delle sue funzioni attive con tutte le responsabilità e i rischi inerenti? Ricordiamolo bene: le tortuose complicazioni della vita moderna possono farci desiderare talora che l'uomo ritorni fanciullo, ma minorenne non lo ritornerà mai. Egli volterà sdegnosamente le spalle a qualunque messaggio, a qualunque diplomatico, a qualunque ordine ammantato anche dei più alti titoli sacri, ove si accorga di una manovra di accerchiamento per diminuirlo e per dominarlo. Questo problema di maggiorità è sentito ora fino all'esasperazione costituendo, essa, la linea essenziale del mondo moderno in chiesa e nell'officina, nella vita pubblica e nella direzione dell'impresa, nel pensiero e nella azione. Come sintesi dell'aspirazione alla giustizia sociale è stata posta dal mondo contemporaneo la formula paolina "chi non lavora non mangi"; ma sotto l'aspirazione alla maggiorità che brucia l'uomo moderno, si può collocare un altro aforisma di Paolo: "Fanciullo, parlavo da fanciullo, avevo gusti da fanciullo. Divenuto uomo ho smesso tutte quelle cose da bambino" (I Cor. XIII-ii)". Se, dunque, ci costringono a scegliere tra il Papa che sogna di ritornare a Innocenzo III e che ha difficoltà a cogliere la differenza tra un Papa e un professore di teologia, e il pastore cardinale Giulio Bevilacqua o il pastore protestante "cattolico" Dietrich Bonhoeffer, io non ho dubbi nello scegliere i due pastori. 06/02/2008.

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Laicità il problema di avere un papa che sogna di tornare a innocenzo III (sezione: Laici e chierici)

( da "Riformista, Il" del 06-02-2008)

Argomenti: Laicita'

Laicità il problema di avere un papa che sogna di tornare a innocenzo III Il vuoto di pensiero politico apre spazi alla Chiesa La presenza sempre più pervasiva della Chiesa su tanti temi è la conseguenza del fatto che la Chiesa è uno dei pochi centri di potere, capace anche di esprimere un pensiero. Ciò vale non solo sul tema della scienza e della tecnica, ma per i temi socio-economici, per i temi della criminalità (se nel Sud si incontrano ancora delle autorità rispettabili e credibili queste sono di solito i vescovi, tra le poche persone degne e con le quali si può parlare in modo serio di cose serie) e altri temi. L'agghiacciante vuoto di pensiero che caratterizza la classe dirigente italiana (e non solo la classe politica) apre spazi nuovi e inaspettati per la Chiesa e per il Papa. La domanda centrale è se la Chiesa si inserisce in questi spazi in modo utile e appropriato o meno. Io, parlando da aspirante cristiano e cattolico-liberale con sofferenza, rispondo di no. Se i vertici della Chiesa (Papa e Cei), approfittando della debolezza di pensiero della classe dirigente, invece di aiutare a colmare questo vuoto, cercano di riportare indietro le lancette della storia, è inevitabile che il confronto tra pensiero laico e pensiero teocratico, superato dal Vaticano II, si riacutizzi. E a me sembra che questo Papa e questa Cei invece di impegnarsi a diffondere nella società lo spirito religioso, cioè il senso del divino, invece di diffondere e applicare il Vangelo (per usare un'espressione amata da quei preti "da strada" che, come me, soffrono per questa Chiesa arrogante, ricca, potente e scintillante di gioielli), siano impegnati principalmente in una grande operazione di potere. E allora devono attendersi delle reazioni. Se la Chiesa si muove direttamente e in prima persona come un partito politico, se c'è qualcosa di vero in quello che, scherzosamente ma non troppo, disse tempo fa Cossiga: "come presidente della Cei Ruini è stato un grande, ma come segretario regionale della Dc sarebbe stato il massimo", allora episodi come quello della Sapienza vanno inquadrati in una prospettiva più ampia. Questo episodio preso in sé e per sé è il frutto di due errori. Il primo è quello di cercare di impedire la parola a un'autorità intellettuale in una università, che è il luogo per eccellenza della libertà di pensiero e di parola. E il secondo è quello di invitare il Papa non a parlare ma a tenere il discorso di apertura dell'anno accademico in una università pubblica. L'invito è stato una dimostrazione di debolezza intellettuale, servilismo, ricerca impropria di effetti mediatici, tipica di una dirigenza senza pensiero, senza dignità e senza rispetto per l'istituzione che è chiamata a dirigere. Ma forse l'accettazione di questo invito è stata una decisione non ben valutata. Io credo però che più che preoccuparci della limitata ostilità alla preannunciata presenza di Ratzinger alla Sapienza, sia più giusto preoccuparci del contrario. Credo che abbia ragione Carlo Augusto Viano, professore emerito di Storia della filosofia all'università di Torino che, tempo fa, (prima delle vicende della Sapienza), ha detto: "Voci critiche e discordanti! Ma se Ratzinger è l'uomo meno criticato del Pianeta. In Italia ormai c'è una devozione agghiacciante verso il Papa che neanche nel peggiore regime democristiano, non esiste alcuna voce discordante o se c'è non se ne dà mai notizia. Basta guardare i mezzi di comunicazione: ogni giorno c'è il Papa, non chi la pensa diversamente da lui. Siamo eredi dello Stato pontificio e questo ci rende succubi del Papa. Inoltre solo in Italia ci si stupisce del fatto che il Pontefice venga criticato, e ci siamo ormai abituati a non contraddirlo mai". 2 06/02/2008.

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Dibattiti il libro di onofri uscito da donzelli (sezione: Laici e chierici)

( da "Riformista, Il" del 06-02-2008)

Argomenti: Laicita'

Dibattiti il libro di onofri uscito da donzelli Il critico fa shopping culturale come Socrate Bisogna riconoscere di quante cose non abbiamo bisogno. Consigliare e sconsigliare Quando e dove comincia in Occidente il pensiero critico? Nella Prussia orientale del '700 con Kant o in Francia con gli illuministi, e prima ancora con Montaigne? Qualcuno suggerisce di spostarci molto più indietro nel tempo. Proviamo ad andare in un mercato ateniese del V secolo a.C., in compagnia di Socrate. D'accordo non era un moderno, scintillante shopping mall ma presumibilmente spezie e mercanzie, specie provenienti dal vicino Oriente, non dovevano mancarvi. Dopo aver passeggiato lungo i banchi il filosofo greco ha un'aria compiaciuta, quasi allegra. Un discepolo gliene chiede ragione, al che lui risponde con un sospiro: "Di quante cose non ho bisogno". Ecco, in quel momento nasce il pensiero critico, non allineato, orgogliosamente autonomo, anticonformista. Ora, non vorrei dare l'impressione di una premessa troppo alta e solenne per introdurre questo libro di Massimo Onofri, La ragione in contumacia (Donzelli) - più un trattatello concentrato che un pamphlet - ma in una delle sue pagine si legge questo passo, ripreso anche in quarta di copertina: "Il critico è Socrate, quando, per restare fedele ai suoi argomenti, è disposto a sacrificare addirittura la sua stessa vita?". E, in un certo senso, pur occupandosi prevalentemente di critica letteraria, il libro è di "filosofia militante", nel senso che continua, con umiltà ma anche con ostinazione, la battaglia di Socrate contro i sofisti.Chi sono oggi i sofisti (e naturalmente uso questo termine nella accezione peggiorativa - assai discutibile - che volle conferirgli Platone)? Sono tutti quelli che in discipline e campi diversi negano l'esistenza della realtà, riducendola a effetto retorico, a simulazione o narrazione tra le altre, che ritengono che la verità è una "cosa da anni '60" (Carlo Freccero), sintomo ed espressione di rapporti di forza (come se Nietzsche quando scrisse che "non esistono fatti ma interpretazioni" volesse dire che tutto è soggettivo!). A loro si contrappone proprio il critico militante, inteso come figura antagonista, responsabile, a tratti eroica, come critico della cultura e della vita. Evidentemente i concetti di "realtà" e "verità" sono alquanto problematici, ma uno dei compiti più appassionanti per la cultura contemporanea è quello di ripensarli e reinterpretarli ogni volta di nuovo. E di farlo mettendosi dal punto di vista concreto, "impuro", dell'individuo empirico, materiale, del lettore in carne e ossa che - come si dice in queste pagine - mentre legge vive, e dunque mangia, beve, sogna, fa l'amore, odia, patisce? Ma entriamo nel merito degli argomenti di Onofri. La sua apologia dell'illuminismo, contro i molti e anche illustri denigratori (Adorno Horkheimer, e poi, sia pure parzialmente, Sternhell e Berlin) si rifà a Edward Said, straordinario intellettuale palestinese cresciuto al Cairo e immigrato negli Usa (dove è stato professore alla Columbia University fino alla sua morte, nel 2003), e al suo concetto di "autoriforma dell'umanesimo". L'illuminismo che sta a cuore a Onofri viene ridefinito "trascendentale" a indicare la ragione non come istanza normativa, o come privilegiamento di una cultura (quella occidentale) sulle altre, ma come spazio di condivisione e reciprocità, dunque condizione di ogni possibile dialogo. Di qui siamo portati nel cuore della discussione attuale sull'estetica e poi sul canone letterario. Molte le pagine su angustie e dogmi teorici dello strutturalismo, sulla pretesa di dissolvere, insieme al giudizio di gusto e di valore, il soggetto stesso del sapere. Barthes, insuperato critico dell'ideologia, è invece un teorico spesso unilaterale ed epigonico, rispetto alla grande tradizione dei Bataille e Blanchot: la sua letteratura intesa come spazio intertestuale, irrelato, anonimo mi evoca l'universo tecnologico descritto dal filosofo Anders, nel quale l'uomo stesso è divenuto antiquato. Ma ancora più interessante è il confronto di Onofri con la Critica del giudizio , dove ci viene mostrato che il sentimento (o piacere) del bello, per quanto soggettivo, non è affatto arbitrario né riducibile ai sensi: quando dico che una cosa è bella desidero, e anzi esigo, che tutti quanti la riconoscano bella, giudico per tutti. Nel giudizio estetico - , coincidente in ciò con il senso comune - anticipo la comunità, o almeno una sua versione utopica. Agisco come se la bellezza fosse una qualità dell'oggetto. Questa direzione "comunitaristica" - e dunque etica - della riflessione kantiana mi sembra oggi la più feconda. E anzi, vorrei estenderla a campi anche lontani dall'estetico, come ha fatto Hannah Arendt (non citata da Onofri). Anche di fronte a una ideologia politica infatti la questione potrebbe porsi, kantianamente, in questi termini: mi piace o non mi piace? Ma torniamo alla letteratura. Se giudico bello un romanzo e pretendo il consenso di tutti corro il rischio di una possibile deriva autoritaria? Credo di no, per la ragione che non vi è alcuna regola del gusto, definita a priori e una volta per sempre. Nella comunità dei giudicanti non si danno garanzie. L'unica autorità è quella retorica della argomentazione - onesta, minuziosa -: la critica letteraria non può dimostrare alcunché né esibire prove. È soprattutto discorsiva. Ed ovviamente qualsiasi canone, che implica conflitto e anzi "guerra" delle interpretazioni, non potrà che essere mutevole e oscillante, esposto ai mutamenti storici del gusto. Il critico lavora sulle ombre proiettate sulla caverna perché sa che, benché incerte, sono quanto di più stabile e affidabile ci sia dato. La sua è una continua, impietosa ecologia della cultura, impegnata a denunciare gli eco-mostri letterari, tutte quelle opere che non aprono e fondano mondi, ma li soffocano, impoverendo il nostro linguaggio, diseducando il nostro orecchio e appiattendo la nostra immaginazione. La definizione di Orhan Pamuk - qui riportata - dell'arte del romanzo mi sembra illuminante: "talento di raccontare la propria storia come se fosse la storia degli altri". Se per letteratura intendiamo, in prima battuta, dire qualcosa in modo "interessante", ecco che lo scrittore è colui che riesce a trovare dentro la propria esperienza personale quegli elementi potenzialmente universali, che diventano figure e geroglifici di destino, simboli, significati condivisi: la realtà è sì una "invenzione", ma un'invenzione in cui gli altri si riconoscono, proprio perché illumina qualcosa che fino a quel momento era in ombra (su questo non riesco a seguire fino in fondo Onofri che, volendo distinguere - in modo sofistico? - tra scrittore e critico, sostiene che il primo crea e il secondo inventa: mi sembrano termini interscambiabili). Ma vengo alla questione di fondo in cui mi sento di esprimere un lieve dissenso con l'autore, o sulla quale mi piacerebbe leggere una sua successiva elaborazione. Nel libro si dice a più riprese che la bellezza di un'opera letteraria si misura con l'altro da sé, si disfa nelle sue continue, sfuggenti metamorfosi, coincide infine con una "irriducibile opacità". E ancora che l'estetico oppone resistenza ai nostri sforzi di comprensione, "sfugge alla pressione livellante dell'esperienza quotidiana, dalla quale l'arte paradossalmente ha origine" (Said). Poi cita il grande Leo Spitzer che una volta osservò che una pagina letteraria "non si lasciava strappare il suo incanto". Si configura qui una epistemologia della passività, simile a quella che Debenedetti volle individuare in Proust: per conoscere una qualsiasi cosa occorre pazienza, attenzione, identificazione, bisogna che ci lasciamo raggiungere da quella cosa. L'atto conoscitivo non dipende solo da me e dalla mia volontà. Qui temo che l'illuminismo, sia pure trascendentale, non ci basti più. Deve essere "corretto", come suggeriva Berlin, da Vico, Hamann, Herder, dalla cultura romantica e dal populismo di Herzen. Se la verità è affidata alla letteratura, questa che contiene sempre in sé un nucleo misterioso, asociale, un quid non del tutto laicizzabile. Mi viene in mente una citazione dell'amato-odiato Barthes: compito della letteratura non è di esprimere l'inesprimibile ma "inesprimere" l'esprimibile, e cioè sottrarlo alla ovvietà, alla convenzione, alla falsa trasparenza. Ma ancora una volta l'estetica si sporge sull'etica. Onofri si appella, giustamente, al dialogo - senza ipocrisie - , nel quale tutti producono incessantemente argomenti e tentano di persuadere l'altro. Però ci sono soggetti che si sottraggono al dialogo stesso, anche perché intuiscono che su quel terreno lì - della argomentazione - sono fatalmente perdenti. Cosa farne? Concluderemo forse che si autoescludono da qualsiasi comunicazione? Quando proponevo a mio figlio - che aveva 8 o 9 anni - di discutere una questione su cui avevamo differenti vedute (che so, una sua richiesta negata di giocare a pallone con il brutto tempo), lui si sottraeva alla discussione, istintivamente diffidente. A quel punto dipende solo da me riattivare le condizioni di un vero dialogo. In che modo? Mettendomi nei panni di mio figlio e cercando di immaginare - con equanimità - le sue possibili argomentazioni. Dunque: immedesimazione, empatia, attenzione alla concretezza dell'altro, immaginazione morale, scelta di mettersi da parte, almeno per un momento. Riformulo allora quanto detto in precedenza: l'illuminismo andrebbe corretto semplicemente dalla letteratura, che implica tutte queste attitudini. 06/02/2008.

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Odio profano (sezione: Laici e chierici)

( da "Riformista, Il" del 06-02-2008)

Argomenti: Laicita'

Odio profano Con Zizek ai mercati di Baghdad Il terrorismo non ha nulla di sacro Non c'è sogno di vittoria, ma gonfiare d'orrore il nemico Nessun martirio, nulla di sacro nel sangue di Al Qaeda. E soprattutto, nessuna follia: l'ultima strage nei mercati di Baghdad, prodotta dall'esplosione, con un ordine a distanza, dei corpi di due povere donne down, non è un gesto barbarico, è molto altro. Se continuassimo ad inorridire pensando che quell'atto sia il culmine della deiezione e l'apice del ritorno in una mostruosità primitiva, quasi che all'evoluzione si sostituisse l'involuzione, ebbene non capiremmo la verità, staremmo soltanto confortandoci, rimuovendo il significato del terrorismo. Il nichilismo, questa disumanizzazione, non riportano negli incubi delle caverne: il nichilismo vero è quando batte alle nostre porte un futuro voluto, invocato, coscientemente desiderato. Il pensiero di Al Qaeda è una forma estrema di razionalismo materialista. Nelle mani di chi ha vestito a lutto col tritolo quelle due ragazze; negli occhi di quegli uomini che le hanno lasciate sole in mezzo al chiasso dei mercati (e loro, a un certo punto, avranno avuto paura, smarrite, senza più le mani amiche che le guidavano); in quel terrorismo, insomma, non c'è la bestialità né la disperazione di uomini in guerra, ma semplicemente le ragioni, la volontà, i desideri furiosi di un futuro che il terrorismo vuole chiamare nell'oggi. Quel futuro è senza tempo: non ha memoria; è un tempo totale che non cambia più. L'idea, allora, di ritenere "barbari" i fatti di Bagdad sarebbe appena il modo di un impaurito laicismo che ridimensiona l'evento nei confini dello sdegno morale. Ma il terrorismo non è l'estrema malattia di un mondo in guerra. Il terrorismo di quelle mani e di quegli occhi non vuole annientare il nemico, non vuole vincerlo: piuttosto vuole gonfiare d'orrore il corpo del nemico, vuole farlo "divenire tutto", vuole crescerlo morto. Per il terrorismo è necessario che il nemico rimanga e che non finisca mai. È fondamentale che coincida, che sia identico all'assoluto di un terrore che perdura, che "sta per essere" definitamente e oltre i confini. L'idea stessa di guerra termina: mai come nel mercato di Baghdad il terrorista vuole essere esso stesso il nemico, quel corpo/mondo in cui il terrorista esiste, esplodendo in lui per non vincerlo mai, per esaltarlo come un puro terrore realizzato. Quelle mani, quegli occhi. Goebbels proclamava la "guerra totale", così come Mao invocò la "guerriglia totale": il leninismo (il suo essere prototipo del fascismo) costituì la morale stalinista dell'"assassinio di massa". Per tutti, la condizione rivoluzionaria era che il nemico non fosse vinto ma "esibito", cioè sterminato; e nella sua imperfezione, dunque, fosse manifestato dall'oscenità perfetta della paura. Ecco, la globalizzazione, l'unità concentrazionaria del mondo/corpo in quanto nemico cancellano la guerra (la sua dialettica di vinti e vincitori), la rendono un passato, mentre la totalità del Terrore si fa il furore macabro del Futuro che "arriva per sempre" - come un linguaggio unico, come lo schema di un'ira senza più confini su cui si fonda il materialismo nichilista. Per questo il terrorismo coincide con l'altro corno di un'utopia cieca, la mafia: entrambi sono l'"esternità" razionalistica di un'escatologia dell'umano. Oggi abbiamo bisogno di una spiritualità più coraggiosa, di un odio più umano che sappia odiare quest'orrore. Un grande "odio politico", ricordava Slavoy Zizek nel bellissimo La fragilità dell'assoluto (Transeuropa). Che ancora ci insegni a guardare negli occhi quelle due ragazze con l'infanzia mite sulle palpebre. Prima dello schianto. 06/02/2008.

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Medici d accordo con il Papa nella difesa dei feti abortiti (sezione: Laici e chierici)

( da "Padania, La" del 06-02-2008)

Argomenti: Laicita'

Benedetto XVI parla della sacralità della vita anche prima della nascita Medici d accordo con il Papa nella difesa dei feti abortiti Città del Vaticano - La vita va difesa anche prima della nascita. È quanto ha affermato Benedetto XVI nel corso dell Angelus. E per quanto le parole del Pontefice siano arrivate nel giorno in cui la Chiesa celebrava la Giornata per la vita, è inevitabile cogliere la concomitanza con il documento di quatto ospedali degli atenei romani affinché si tenti di tenere in vita il feto delle donne che hanno praticato un aborto terapeutico anche contro la loro volontà. Il testo è stato sottoscritto da neonatologi e ginecologi delle università La Sapienza e Tor Vergata sul fronte laico, e della Cattolica e del Campus Biomedico sul versante cattolico. In particolare nel testo si sottolinea che il feto derivante dagli aborti prematuri va trattato come qualsiasi essere umano anche in estrema pre-maturità, cioè sotto le 22 settimane che è il limite attuale. Dunque, le parole del Papa, pur non riferendosi esclusivamente al caso italiano, lo toccano però da vicino, almeno nell impostazione di fondo del problema, ribadendo il punto di vista della Chiesa. "Ognuno, secondo le proprie possibilità professionalità e competenze - ha detto il Pontefice - si senta sempre spinto ad amare e servire la vita, dal suo inizio al suo naturale tramonto. È infatti impegno di tutti accogliere la vita umana come dono da rispettare, tutelare e promuovere, ancor più quando essa è fragile e bisognosa di attenzioni e di cure, sia prima della nascita che nella sua fase terminale". "Bene ha fatto il Papa nel suo discorso domenicale sulla vita. Crediamo che la prossima legislatura sia quindi il tema della vita che sarà al centro di una agenda etica e non come è avvenuto finora con questa legislatura pro-choice". Lo ha affermato Massimo Polledri, capogruppo della Lega Nord in commissione Sanità del Senato, che rileva come finora, con questo governo, sia stata affermata fortemente "la libertà di scelta ad ogni costo, come bene primario nei confronti della vita, quindi con la revisione della 40, con la possibilità della diagnosi pre-impianto, con la soppressione del feto malato (non eugeneticamente corretto) e ancora con la ru-486 e, infine, con l eutanasia mascherata da testamento biologico presentato con il volto perbene ed ispirato da sentimenti di pietà del presidente Marino". Ecco quindi, per il senatore leghista, la necessità di "dettare una agenda etica, laica, equilibrata, pro-life dove non ci sia più contrapposizione tra diritto della donna e diritto dell embrione e dove l obiettivo sia coniugare la libertà della donna con la necessità di ridurre il numero di aborti e di aumentare le persone che scelgono la vita: lo Stato dovrà tornare ad applicare veramente la legge 194; la lotta contro il dolore e l approvazione di un serio piano per le cure palliative dove oggi l Italia è fanalino di coda in Europa . [Data pubblicazione: 05/02/2008].

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<Aborto, il Papa ha ragione> (sezione: Laici e chierici)

( da "Padania, La" del 06-02-2008)

Argomenti: Laicita'

Intervista a Francesca Martini "Aborto, il Papa ha ragione" Roberto Brusadelli "Al di là della adesione personale alla dottrina cattolica, penso che le parole di domenica sul diritto alla vita rappresentino, da parte del Pontefice, la rivendicazione di un diritto naturale. Chi vuole costruire un fossato tra laici e credenti su temi così grandi si muove in realtà in un angusta ottica ideologica. Parlando giustamente delle fragilità della condizione umana, Benedetto XVIha inteso riferirsi non solo alla nascita e alla morte come termine naturale della vita, ma anche alla malattia e alle sofferenze più diverse". È molto determinata, e appassionata, Francesca Martini - responsabile federale politiche sociali e famiglia della Lega Nord -, quando commenta l intervento di Papa Ratzinger in occasione della Giornata mondiale per la vita. Quali altre parti del discorso papale suscitano il suo plauso? "Un altra affermazione che mi ha molto colpita - prosegue - è quella per cui la civiltà di un popolo si misura sulla capacità di difendere la vita. Questo è un vero e proprio ultimatum a quelle forze che si proclamano laiche, e che invece dovrebbero definirsi laiciste, che fomentano una contrapposizione ispirata in ultima analisi al nichilismo e al tentativo di distruggere il concetto stesso di dignità della persona umana. Mi stupiscono quelle femministe che, in merito all aborto e all applicazione delle legge 194, parlano di un dibattito politico che viene fatto sul corpo delle donne . Sembrerebbe così che esse vogliano affermare un diritto di proprietà sui bambini, una potestà assoluta che arriva al punto di distruggere la vita nascente. È un autentica follia, questa di tentare di contrapporre la libertà individuale, senza freni né inibizioni, a quei valori in cui affondano le radici storiche, etiche e culturali della nostra civiltà". Francesca Martini si schiera poi con il gruppo di neonatologi e ginecologi romani che hanno sancito l applicabilità delle teorie di rianimazione per i feti nati molto prematuramente, compresi quelli oggetto di interruzione di gravidanza. Perché quel documento ha sollevato polemiche? "Perché, grazie anche ai progressi della medicina, si è voluto semplicemente proclamare che stiamo parlando sempre e comunque di una vita che si affaccia al mondo. Anche su questo punto c è chi, come Livia Turco, porta avanti una polemica strumentale. Come strumentale è la posizione di Rita Bernardini e in genere dei radicali che rivendicano alla madre l opzione ultima, anche in considerazione che i feti così salvati, proprio perché in età gestionale molto precoce, possono andare incontro a gravi problemi di salute psico-fisica. Ma questi sono discorsi che mi ricordano una selezione eugenetica, per non dire la prassi della Rupe Tarpea". Veniamo a un analisi della normativa in vigore sull aborto e delle criticità che presenta. "Partendo dal concetto, che non è quello ispiratore della legge, che la natalità è il collante sociale delle nostre comunità locali, possiamo notare subito che, pur se in lieve diminuzione, le interruzioni volontarie di gravidanza vedono una quota massiccia di donne immigrate, circa il 40% del totale. Combattere l aborto significa quindi rendersi conto di quali siano le donne che vi ricorrono e quali strumenti di prevenzione si possono attuare. Nel 2005 avevo presentato una proposta di legge per il rafforzamento della rete dei consultori. Pensiamo che oggi la metà di questo 40% di donne straniere che accedono alla 194 lo fa più volte nel corso di un anno, anche tre: e questo in pieno contrasto con la stessa 194, che vieta l aborto come mezzo anticoncezionale". E i dati relativi alle donne italiane? "Un altro 20% che abortisce ha partorito nei 12 mesi precedenti. Mi viene quindi da dire che, prima di essere dimesse dall ospedale, le nuove mamme debbano essere informate rispetto alla fertilità dopo il parto. Un discorso a parte, poi, è relativo alle minorenni che nel 2% dei casi va incontro a gravidanze indesiderate, il che nella metà delle volte si traduce nella scelta di rinunciare al figlio. Ecco perché da molte parti esiste un rapporto di cooperazione tra i consultori familiari e i centri di aiuto alla vita: penso al Veneto, dove sono assessore regionale alla Sanità". Molte polemiche ha sollevato la decisione della Regione Lombardia a fissare a 22 settimane il limite per l intervento abortivo. "In realtà la Regione ha recepito la prassi in uso già da tre anni alla Clinica Mangiagalli di vietare l interruzione di gravidanza oltre le 22 settimane. E trovo vergognoso che su un diritto fondamentale come quello alla vita abbia così largo spazio la soggettività dei medici". A proposito di medici: cosa pensa del cumulo di indagine diagnostiche prenatali a cui comunemente ci si adegua? "Penso che siano troppe e che vengano effettuate senza un adeguata valutazione di parametri come la storia familiare e l età della donna. I medici del resto spesso protraggono sempre più in là le indagini perché, quanto più il feto è formato, tanto più l esito è sicuro. Occorre anche un severo monitoraggio del rapporto esistente fra le prassi abortive e le diagnosi post-aborto, in modo da poter valutare gli errori commessi". Insomma: una famiglia forte nasce da prevenzione, corretta informazione, applicazione della legge nelle parti disattese. "Nasce anche da politiche familiari che consentano l effettivo ingresso delle giovani coppie nel mondo del lavoro per mantenere la loro famiglia e sostenere la natalità! Così il cerchio virtuoso si chiude, anche se, come afferma il nostro Segretario Federale Umberto Bossi, nessuno ci potrà mai restituire le centinaia di migliaia di bambini che già mancano all appello". [Data pubblicazione: 06/02/2008].

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Una bicicletta tra Pd e "piccola intesa" per ricomporre l'unità dei laici con Veltroni (sezione: Laici e chierici)

( da "EUROPA.it" del 07-02-2008)

Argomenti: Laicita'

FEDERICO ORLANDO Cara Europa, ho letto il vostro lungo editoriale di ieri sul possibile ingresso di candidati radicali nelle liste del Pd (una lista collegata sarebbe troppo "clamorosa", a differenza di quelle Sd e Idv) e me ne sono rallegrato. Essendo stato il mio un voto sempre laico, penso che la vostra proposta risolverebbe il problema del pluralismo culturale del nuovo partito: che finora non ho visto e mi ha trattenuto domenica scorsa dall'andare anch'io a firmare in sezione per non sentirmi spaesato fra teodem e postcomunisti. ALCEO LIVERANI, LIVORNO Caro Liverani, sono lieto di risentirla dopo decenni di lontananza. Quando eravamo tutti uniti in un unico partito liberale (di sinistra, di destra, mangiapreti, cattolici, monarchici, repubblicani, liberalcrociani, liberisti einaudiani, ecc.) non avremmo potuto immaginare che ci saremmo sbriciolati, come la Dc (dieci partiti se ne contendono il simbolo, le membra, le benedizioni e qualche eredità, da Berlusconi a Casini, a Mastella, a Dini, a Tabacci, a Giovanardi, a Lombardo, ai teodem del Pd), come il Pci (Rifondaroli, comunisti d'Italia, trozskisti, sinistra democatica, ex Ds, ecc.), per non parlare dei fascisti di tutte le tinte di nero e di bruno e dei socialisti (boselliani, cicchittiani, demichelisiani, craxiani di rito Bobo, craxiani di rito Stefania, rose singole, rose a mazzi, garofani, e il resto dell'orto botanico) . La sua idea di un ritrovarci nel Pd di tutti noi laici di matrice liberale, estende a ragioni un po' nostalgiche e un po' ideologiche (oggi démodé) quelle ragioni politiche e pratiche che l'articolo di Europa ha chiarito. Anch'io (che vedrei volentieri una bicicletta tra Pd e "piccola intesa" Sd-Pr-Idv) vorrei che ci ritrovassimo. Ricordo d'aver scritto in questa pagina, nei giorni delle primarie per il segretario del Partito democratico a cui voleva concorrere anche Pannella: "Firmerò per la candidatura di Pannella e voterò Veltroni. Sarà il mio modo di essere liberale nel Pd". Ora sta per cadere il 40° della scomparsa di Mario Pannunzio, il grande direttore del Mondo che riunì nella redazione di Campo Marzio il fiore dell'intelligenza laica italiana (da Croce e Einaudi a Salvemini a Calogero da La Malfa a Bobbio, da Panfilo Gentile a Poggi a Mario Ferrara, più i giovani Scalfari, Compagna, De Capraris, Spadolini e, dopo il 1955 e la scissione dei radicali dal partito liberale, Marco Pannella). In un articolo nella nostra pagina culturale, ricorderò domani quella vicenda che fu definita "la più alta espressione intellettuale, dopo La Critica di Croce, del liberalismo del Novecento". E dunque, caro Liverani, penso che, finite le cause che mezzo secolo fa provocarono il nostro bing bang e incombendo su tutte le libertà le nuvole di un nuovo medioevo, che mai sentimmo così gelide nemmeno al tempo del muro di Berlino, è necessario che i liberaldemocratici si riuniscano nel Pd: quelli che già ci sono, se non pensano solo a se stessi, e quelli come i radicali, che a Pannella debbono le conquiste civili, a Bonino ottimi risultati in Europa e al governo e a Cappato nobili e solitarie battaglie contro le sofferenze e per la dignità umana. Unendosi tutti i rami di centrosinistra della cultura liberale, nel Pd potrà finalmente parlarsi di quel "pluralismo" che ci era stato promesso anni fa e che abbiamo visto in parte inghiottito dall'aquila bicipite neoclericale e postcomunista. E anche lei ed io potremo andare alle urne il 13 aprile con convinzione.

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Sapienza, i docenti anti-papa "diventeremo un movimento" - paola coppola (sezione: Laici e chierici)

( da "Repubblica, La" del 07-02-2008)

Argomenti: Laicita'

Cronaca Assemblea sulla laicità: "Basta ingerenze della Chiesa" Sapienza, i docenti anti-Papa "Diventeremo un movimento" "Daremo voce al disagio diffuso tra i cattolici" E sabato a Roma No Vat in corteo PAOLA COPPOLA ROMA - "Diventeremo un movimento culturale per rispondere all'esigenza diffusa di laicità espressa da molti italiani". Lo storico Angelo D'Orsi, promotore dell'appello di solidarietà nei confronti dei 67 docenti di fisica della Sapienza, rilancia. Dopo le 1500 firme di professori, ricercatori e dottorandi che hanno aderito su internet all'iniziativa, il professore torinese auspica che l'incontro organizzato dagli studenti di Sinistra critica sia il primo di una serie. Dall'aula di giurisprudenza dove, a una ventina di giorni dalle polemiche, si discute di "Laicità e autoderminazione dopo le proteste per la partecipazione del Papa all'inaugurazione dell'anno accademico", parte un messaggio: in uno stato moderno e laico è inaccettabile "l'ingerenza del Vaticano nella sfera politica e nelle scelte individuali". In platea ci sono molti giornalisti, gli studenti sono pochi, la solidarietà si è espressa soprattutto su Internet. Intorno all'iniziativa di D'Orsi contro il "linciaggio morale, intellettuale e persino politico" dei "cattivi maestri" si è raccolto il mondo dell'accademia - tra gli altri, la grecista Eva Cantarella, il filosofo Gianni Vattimo e il matematico Pierluigi Odifreddi - e il professore racconta che è emersa la richiesta di trasformare l'appello in qualcosa di più, "un movimento culturale permanente", dice. Dello stesso avviso Carlo Cosmelli, coinvolto nelle polemiche per la lettera al rettore Renato Guarini: "Ci piacerebbe essere un punto di aggregazione di idee. C'è un disagio che non è presente solo negli uomini di scienza ma che esiste anche tra molti cattolici", chiarisce. Nel dibattito D'Orsi ricorda i passaggi che hanno prodotto "l'anomalia italiana", dal Concordato del 1929 fino alla revisione dei Patti Lateranensi del governo Craxi. "Un'anomalia - dice - dovuta alla carenza di laicità nella vita pubblica e istituzionale". E, aggiunge, che l'Italia "sta diventando un paese multietnico" e che la Chiesa di Roma rappresenta il pensiero di una parte del paese. Cosmelli contesta le dichiarazioni di Ratzinger su temi come l'evoluzionismo, l'omosessualità e il diritto alla vita: se le parole del Papa "entrano nella vita dei cittadini vanno discusse", secondo il fisico. Coordina Giorgio Sestili, del coordinamento dei Collettivi che ricorda l'appuntamento di sabato, la manifestazione No Vat. Nel pomeriggio invece a Scienze politiche si tiene un altro incontro organizzato dal preside Fulco Lanchester, intervengono i docenti Vittorio Possenti, Mario Caravale e Teresa Serra. Si discute di "Fede, ragione e università". "Non è nato in contrapposizione a quello di giurisprudenza", assicura Lanchester. "Ma era necessario affinché l'università si riprendesse il potere di dibattere sull'accaduto".

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Un vuoto di legalità - (segue dalla prima pagina) (sezione: Laici e chierici)

( da "Repubblica, La" del 07-02-2008)

Argomenti: Laicita'

Commenti Un vuoto di legalità (SEGUE DALLA PRIMA PAGINA) La legalità costituzionale, prima di tutto. Sta accadendo qualcosa che non ha precedenti nell'intera storia repubblicana. Si dubita, con fondate ragioni, della legittimità stessa delle leggi elettorali, dunque dello strumento al quale sono affidate le sorti della democrazia rappresentativa. Questo non avviene per forzature di parte. Deriva da quel che sta scritto in una delle sentenze con le quali la Corte costituzionale ha dichiarato ammissibili i referendum elettorali e che, nell'euforia referendaria, era stato trascurato. Non è un dettaglio, ed è ben più che un segnale d'allarme. Dopo aver ricordato di non potersi occupare in questo momento della costituzionalità dell'attuale legge elettorale, né di quella che risulterebbe qualora i referendum fossero approvati, i giudici costituzionali scrivono: "L'impossibilità di dare, in questa sede, un giudizio anticipato di legittimità costituzionale non esime tuttavia questa Corte dal dovere di segnalare al Parlamento l'esigenza di considerare con attenzione gli aspetti problematici di una legislazione che non subordina l'attribuzione del premio di maggioranza al raggiungimento di una quota minima di voti e di seggi". Un vizio, questo, che non riguarda soltanto la legge che deriverebbe dal referendum, ma "è carenza riscontrabile già nella normativa vigente", dunque nella legge con la quale andremo a votare in aprile. Che cosa vuol dire tutto questo? Che sulle prossime elezioni si allunga appunto l'ombra dell'illegittimità. Le Camere risultanti dal voto di aprile verranno costituite con un meccanismo sul quale sollevano dubbi non critici malevoli, ma la stessa Corte. La "porcata" di Calderoni e la "trovata" dei referendari sono accomunate da un dubbio che riguarda la loro compatibilità con il sistema costituzionale. Come uscire da questa situazione? Da molte parti si prospettano ricorsi, conflitti tra poteri dello Stato. Ma, date le caratteristiche delle leggi elettorali, è quasi impossibile sanare quel vizio d'origine. E così l'intero nostro sistema istituzionale è destinato a funzionare in condizioni di "convivenza con l'illegalità", estendendosi ad esso una regola che vige da tempo in molte aree e settori del nostro paese. L'unico rimedio sarebbe la rapida approvazione di una nuova legge elettorale, subito dopo il voto. In questo modo, però, il nuovo Parlamento sarebbe immediatamente delegittimato, l'annunciata "fase costituente" avrebbe basi fragilissime e non sarebbero infondate le richieste di tornare al voto con una legge finalmente conforme alla Costituzione. Sembrerebbe che non vi sia alternativa: convivere con l'illegalità al massimo grado, quello costituzionale, o rassegnarsi ad una fase confusa e instabile. Questo è l'ultimo lascito della cosiddetta Seconda Repubblica, frutto dell'imprevidenza di alcuni e dell'irresponsabilità di molti. L'illegalità costituzionale non si ferma qui, ma si estende all'intero sistema della comunicazione televisiva, dunque ad una componente ormai essenziale del processo democratico. Di nuovo, la denuncia della stessa illegittimità formale del nostro sistema non viene da critici prevenuti, ma dal vertice delle istituzioni europee, la Corte di Giustizia e la Commissione. La prima ha giudicato illegittima la mancata attribuzione delle frequenze spettanti all'emittente televisiva Europa 7, con una inammissibile chiusura del mercato e un pregiudizio per il pluralismo della comunicazione. E la Commissione ha da tempo avviato una procedura d'infrazione contro l'Italia, ritenendo incompatibile con le regole europee la legge Gasparri, dunque la normativa che sta alla base dell'attuale sistema. Questa situazione, per sé in contrasto con qualsiasi assetto democratico, diventa particolarmente grave nel nostro paese dove, come tutti sanno, si traduce nell'attribuzione di un indebito vantaggio ad una delle parti della contesa elettorale. Le infinite anomalie italiane si intrecciano sempre più strettamente, rischiano di soffocare la democrazia e certamente producono sfiducia crescente da parte dei cittadini elettori. Che, per la seconda volta, si troveranno radicalmente espropriati della possibilità di scegliere i loro rappresentanti. Le liste bloccate saranno confezionate da una ventina di persone, alle quali è stato così trasferito un potere incontrollato di designare quasi mille parlamentari. A questa ulteriore distorsione potrebbe esser posto parzialmente rimedio se, a differenza della volta passata, le oligarchie politiche facessero una duplice operazione. Da una parte, dovrebbero adoperare il loro enorme potere per rinnovare davvero la classe dirigente, con l'occhio alla competenza e all'effettiva rappresentatività, invece di perseverare nell'abitudine di promuovere famigli, clienti, yesmen, bevitori di spumante, mangiatori di mortadella, espositori di striscioni ormai vietati anche nelle curve degli stadi. Dall'altra, dovrebbero avviare una operazione di ripulitura che ripristini la legalità attraverso una rigorosissima valutazione della moralità pubblica e dei precedenti penali dei singoli candidati. Sembrano due missioni impossibili, e forse lo sono. Ma la fiducia dell'opinione pubblica, dunque il suo ritorno alla politica e non la resa alle suggestioni dell'astensione e dell'antipolitica, passa proprio attraverso la ricostruzione della moralità pubblica, la fine della politica come mondo separato, sciolto dall'osservanza d'ogni regola, portatore più che di privilegi di vere e proprie immunità. Molte indicazioni recenti vanno nel senso opposto. Prendiamo come esempio il caso Cuffaro. Sembrerebbe che le sue dimissioni siano state determinate non da una pesante condanna, ma da un vassoio di cannoli. Presente alla lettura della sentenza, il Presidente della Regione siciliana ha manifestato tutta la sua soddisfazione per essere stato assolto dall'imputazione di concorso esterno in associazione mafiosa, con una allegria che lasciava allibito chi aveva appena ascoltato una condanna a cinque anni con interdizione perpetua dai pubblici uffici. Intorno a Cuffaro si strinsero il suo partito e l'intero centrodestra. Poi l'imprevisto, barocco arrivo dei cannoli, e l'inevitabilità delle dimissioni. Dovute, dunque, ad un eccesso nei festeggiamenti, non a sensibilità istituzionale (si annunciava un decreto di rimozione). Ma il suo schieramento politico continua a presentarlo come vittima di una persecuzione giudiziaria, mentre quel processo, come dimostrano i molteplici colloqui di uomini della politica con esponenti mafiosi, è la prova drammatica di una politica che al mondo della criminalità non chiede soltanto un "appoggio esterno", ma con esso tende a compenetrarsi. Come dimostrano questo ed altri casi, i tentativi di recuperare una legalità perduta da tempo sono affidati soltanto ai giudici, con le inevitabili distorsioni che questo comporta. Ma queste distorsioni, come ripeto da anni, derivano dal modo in cui il ceto politico ha deciso di difendersi, azzerando ogni sua responsabilità, sottraendosi a quelle minime regole deontologiche che qualsiasi professione (avvocati, medici, ingegneri) deve rispettare. Da tempo la responsabilità politica è scomparsa. Quando si censura il comportamento di un politico, ormai la risposta corrente è "non vi è nulla di penalmente rilevante". Così non solo si confondono codice penale e regole della politica. Si fa diventare la magistratura l'esclusivo e definitivo giudice della politica: e questo accade non per una volontà di potenza dei giudici, ma per le dimissioni della politica da uno dei suoi essenziali compiti. Un establishment che voglia davvero essere tale, e voglia conservare credibilità di fronte all'opinione pubblica, dev'essere capace di escludere non solo chi viola le norme penali, ma chiunque trasgredisca le regole di trasparenza, correttezza moralità, riducendo la politica solo a spregiudicata gestione del potere. Parlando di legalità, e del suo ripristino, è lecito fare un accenno anche alle questioni "eticamente sensibili"? O questa è una inaccettabile caduta nel laicismo? Un solo caso. In un clima da crociata, e di fronte a prescrizioni sempre più perentorie delle gerarchie ecclesiastiche, amministratori locali vogliono imporre le loro regole per l'interruzione della gravidanza. So bene che citare Zapatero è come parlare del Diavolo. Ma uno Stato dev'essere capace di rivendicare quelle che sono le sue proprie competenze, non delegabili a nessun altro. Solo così i cittadini possono continuare a percepire chi davvero esercita la sovranità, qual è la fonte delle regole, ed essere pronti a rispettarle.

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Odifreddi: "equivoco quell'invito a israele" - massimo novelli (sezione: Laici e chierici)

( da "Repubblica, La" del 07-02-2008)

Argomenti: Laicita'

Pagina XIII - Torino "Si doveva distinguere tra il governo e gli intellettuali" Odifreddi: "Equivoco quell'invito a Israele" Secondo il docente torinese si è fatta troppa confusione anche sul tema dell'antisemitismo MASSIMO NOVELLI Si è già guadagnato la fama di "cattivo maestro" per le proteste contro la ventilata visita di Papa Benedetto XVI all'Università La Sapienza di Roma. Ora il matematico torinese Piergiorgio Odifreddi rischia di peggiorare la sua nomea, come ci anticipa con un po' di ironia, ragionando sulle polemiche che stanno arroventando la Fiera del libro a causa dell'invito a Israele in veste di ospite d'onore. Una querelle, dice, "fondata su due piccoli equivoci di fondo". Quali sono questi equivoci? "Il primo piccolo equivoco è basato sulla considerazione che l'invito è stato fatto come un invito allo stato di Israele. Una cosa è invitare uno stato, un'altra cosa è chiamare i suoi intellettuali". Ma gli organizzatori della manifestazione del Lingotto, da Picchioni a Ferrero, hanno più volte affermato che si tratta di un invito alla cultura israeliana, non alla sua entità politica. "In ogni caso quell'invito viene presentato così, oppure si legge in quel modo. Ed è chiaro che si polemizzi. Lo si fa non contro il popolo israeliano, bensì contro il suo governo. Quando ero giovane, non si andava in vacanza in Spagna per il regime di Franco. Non è che ce l'avessimo con gli spagnoli, naturalmente, ma con il regime dittatoriale di quel paese. Mi chiedo: se la Fiera del libro avesse deciso di invitare l'Iran, non ci sarebbero state forse delle polemiche? L'Iran ha pure un premio Nobel, però è una cosa diversa dalla natura del suo governo, no? Anche l'Italia, ai tempi del governo di Silvio Berlusconi, venne boicottata a Parigi. Avvenne. E ritengo che sia stato giusto. Umberto Eco disse allora di vergognarsi di essere italiano". Non è detto che avesse davvero ragione. Comunque passiamo al secondo equivoco. Di che cosa si tratta? "Si continua a citare alcuni grandi scrittori israeliani, come Abraham Yehoshua o Amos Oz, oppure David Grossman, per dire: ecco, questi scrittori sono critici verso il loro paese, verso il loro governo. Sarà. Io tuttavia ricordo un articolo di Yehoshua, in cui si esprimeva a favore dell'erezione di un muro verso i territori palestinesi. Devo dire che, al di là del fatto specifico di Israele, mi sta poco bene un intellettuale che propone di erigere dei muri. E poi c'è un'altra questione, che magari mi procurerà nuovamente l'accusa di essere un cattivo maestro". Quale questione? "Quando c'è di mezzo Israele, si usano due pesi e due misure. Voglio dire che se uno critica questo paese, corre il rischio di essere accusato di antisemitismo. I politici fanno bene a prestare attenzione ai fenomeni di antisemitismo, ma fare confusione non è una buona cosa, anzi: è pericolosissimo". Andiamo al sodo: lei parteciperà alla Fiera del libro di quest'anno? Oppure la diserterà? "No, non potrò esserci. Però non è perché la voglio boicottare, e del resto trovo eccessivo questo boicottaggio. In quei giorni, invece, sarò in pellegrinaggio verso Santiago de Compostela". Non è possibile. Ma come? Un'icona del laicismo e dell'ateismo come lei... "Non sono stato folgorato sulla via di Damasco. Non si preoccupi: ci vado da ateo e ritornerò da ateo".

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Ritrovato il carteggio del sacerdote con la diocesi di patti - giovanna betto (sezione: Laici e chierici)

( da "Repubblica, La" del 07-02-2008)

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Pagina X - Palermo Ritrovato il carteggio del sacerdote con la diocesi di Patti GIOVANNA BETTO Trentun luglio 1910. "Sacerdote Gaetano Mammana, verso la fine di maggio le spedii il Regolamento del Comitato elettorale, e con la presente le spedisco copia del Programma Municipale. La prego di farmi conoscere se a Patti è stato costituito il Comitato elettorale Cattolico e chi ne sia il Presidente; se nel Consiglio Comunale vi sono altri consiglieri cattolici e chi sono; se nella diocesi di Patti vi sia un qualche accenno al movimento elettorale cattolico, e a chi ci si potrà rivolgere in ogni Comune per mandare lettere circolari e stampa anche tessere e statuto del Movimento Cattolico Italiano. Ossequi e ringraziamenti Il segretario Generale Luigi Sturzo". è uno stralcio tratto dalla corrispondenza fra don Luigi Sturzo e i vescovi di Patti, ritrovata da Nicola Calabria, presidente della Società pattese di Storia patria, presso l'archivio Sturzo a Roma. Un carteggio che fa emergere l'interesse del padre della democrazia cristiana per il peso del movimento cattolico in Sicilia ma anche l'ombra scura della massoneria nel contrastare l'azione della Chiesa isolana. Il Mammana rispose così a don Sturzo: "In diocesi non esiste un movimento (elettorale) cattolico tranne che in qualche paese. Ed ora ad altri ragguagli: l'ambiente pattese è più che apatico esiste però un buon gruppo di garzoni capaci di un serio movimento cattolico. Si andrebbe però incontro alla denigrazione non dico degli avversari ma... Esiste pubblicato (un giornale) dalla locale loggia massonica a somiglianza e imitazione dell'Asino di Roma. Tre volte nel corso di quest'anno mi sono messo all'opera e tutte le volte ho dovuto ritirare le armi per colpa prima di coloro che avrebbero dovuto aiutarmi e incoraggiarmi. Si figuri che anche preti mi hanno negato il voto nelle ultime elezioni comunali!". Fra i documenti più importanti ritrovati da Calabria quello c'è il rapporto che il sacerdote Mammana invia a Luigi Sturzo nel 1910 sulla situazione ecclesiale e politica di Patti e della diocesi. "Dalla relazione - dice Nicola Calabria - emerge la presenza forte e radicata in tutti gli ambienti della massoneria e della difficoltà di costituire l'Unione elettorale cattolica per l'ostruzionismo dei preti locali, a suo dire collusi con la massoneria tanto da non aver votato neppure i candidati cattolici locali alle elezioni comunali". è interessante anche la corrispondenza fra il vescovo Angelo Ficarra e Sturzo con il quale ci fu un continuo scambio epistolare sin da quando questi era parroco a Canicattì. "Dal carteggio - continua Nicola Calabria - emerge la mappa della nascita del Partito popolare nei Nebrodi. Dopo la costituzione della sede a Marina di Patti, nacquero circoli a Motta D'Affermo, Santo Stefano di Camastra, Ficarra, Naso, San Salvatore di Fitalia, Mistretta, Cesarò, Capizzi. La presenza del Partito popolare dei Nebrodi fu molto importante per la questione agraria in quanto si poneva il problema non solo di dare il terreno ai contadini ma soprattutto agli allevatori. La questione fu portata in seno al Consiglio provinciale e fu redatto un ordine del giorno per il Congresso nazionale sulla questione agraria nei Nebrodi che fu votato dalla maggior parte dei partecipanti". Secondo gli studi di Calabria la presenza della massoneria a Patti e sui Nebrodi, e di cui parla il Mammana nella lettera a Sturzo, è molto antica. "Il carteggio di Luigi Sturzo - dice lo studioso - si inquadra nell'ambito dell'impegno della Chiesa pattese e siciliana nel sociale, all'indomani dell'enciclica "Rerum Novarum" di Leone XIII. Un impegno difficile da praticare, tenuto conto della realtà ecclesiale, sociale, politica ed economica del territorio nebroideo. Basti pensare alla politica anticlericale, al forte potere massonico radicato a Patti e in altri centri della diocesi, all'usura che attanagliava i più deboli, alle leggi contro la famiglia, alla stampa contraria agli interessi cattolici. La presenza della massoneria di cui parla il Mammana nella lettera a Sturzo è molto antica: le prime logge massoniche di cui si hanno notizie ufficiali sono quella di San Piero Patti risalente al 1866 dedicata a Paolo Sarpi, e di Vittor Pisani a San Salvatore di Fitalia. Successivamente nacquero in ordine cronologico le logge Queretaro, nel 1870 a Capizzi, Uguaglianza, nel 1874 a Santo Stefano di Camastra, I Figli del Timeto, nel 1892 a Patti, dove sorsero successivamente altre due logge, Giovanni Bovio, nel 1903, e Giuseppe Mazzini, nel 1923". Al 1902 risale la loggia Giuseppe Salamone di Mistretta dove nel 1908 ne sorse una dedicata a Serafino Lo Monaco; e nel 1911 quella dedicata a Giosuè Carducci. Nel 1913 a Tusa nasce la loggia Rosolino Pilo. Alla fine dell'Ottocento veniva pubblicato a Patti il giornale massonico "La Gazzetta popolare". Nel 1896 nacque per contrastare la massoneria il quindicinale "Il Tindari". Il primo congresso dei cattolici della diocesi di Patti si tenne invece nel 1910. Nei primi anni Venti s'inquadra un maggior impegno politico da parte di laici e sacerdoti. Si costituì infatti l'Unione elettorale di cui il presidente regionale era don Luigi Sturzo, e successivamente a Marina di Patti, per iniziativa di padre Calimeri si costituì la sezione del Partito popolare grazie all'opera dell'instancabile messinese Attilio Salvatore, di cui esiste una fitta corrispondenza con Luigi Sturzo che ospitò diverse volte a Messina nella sua casa. Il carteggio ritrovato sarà depositato presso l'Archivio Storico della Società Pattese di Storia Patria che si sta arricchendo di documenti, materiale, volumi sulla storia non solo di Patti ma di tutto il territorio dei Nebrodi.

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Tra Binetti, il taglio Ici e Ceppaloni: 20 mesi sul filo (sezione: Laici e chierici)

( da "Unita, L'" del 07-02-2008)

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Stai consultando l'edizione del GOVERNO-STORYL'angoscia dei numeri sempre ballerini, gli sgambetti tra alleati. Ma anche tante cose "vere": dalla lotta all'evasione al welfare, fino al Libano Tra Binetti, il taglio Ici e Ceppaloni: 20 mesi sul filo Marcella Ciarnelli Venti mesi. Con l'angoscia di non farcela e la difficoltà di farsi comprendere. Si chiude la stagione di un governo in cui anche la capacità di mediazione di Romano Prodi alla fine non ce l'ha fatta a tenere insieme una coalizione eterogenea, in cui i solisti non hanno saputo rinunciare a far sentire il proprio acuto stonato, piuttosto che collaborare al successo del coro. La vittoria strappata d'un soffio, la fredda realtà dei numeri, le decisioni impopolari da prendere per cercare di garantire un futuro meno instabile al Paese. Il governo nato gracile in una notte d'aprile senza festa è ora in carica solo per l'ordinaria amministrazione. Il bilancio finale, con l'occhio distaccato della storia, potrebbe non essere negativo come in queste ore condizionate dalla crudeltà della cronaca. L'avvio del risanamento dei conti pubblici, le liberalizzazioni, la riduzione dell'Ici sulla prima casa, il pacchetto del welfare, la riforma della giustizia, la lotta all'evasione fiscale, una politica estera autorevole con il rientro delle truppe dall'Iraq, la missione in Libano e il sostegno della moratoria contro la pena di morte votata dall'Onu. Ed anche, a seconda dei punti di vista, l'approvazione dell'indulto chiesto in Parlamento da papa Wojtila... La verità è che tenere a bada un "corpaccione" di più di cento tra ministri, vice e sottosegretari, espressione di uno schieramento tanto ampio quanto troppo spesso in contraddizione, si è rivelata una missione impossibile anche per un uomo testardo e tenace come Romano Prodi. D'altra parte non sarebbe stato possibile fare altrimenti dovendo dare visibilità a tutte le componenti della coalizione che era riuscita per un soffio a tagliare vittoriosa il traguardo. Chissà se le cose sarebbero andate diversamente se fossero stati applicati subito i tagli al maxigoverno in nome della riduzione dei costi della politica tanto a cuore alla gente comune. Un segnale preciso al Paese che, invece, non c'è stato ed ha aperto spazio ai moralizzatori di piazza e di penna. Così come è possibile, col senno di poi, immaginare che percorrere senza indugi la strada delle riforme, a cominciare da quella elettorale, avrebbe potuto portare almeno al risultato di non votare con il "porcellum". Invece prima la bozza Chiti, e poi il premier che avoca a sè la questione, e poi ancora la bozza Chiti e la Bianco uno, e la Bianco due. E Walter Veltroni che tenta il difficile confronto con Berlusconi ed il premier che interviene in difesa delle esigenze dei piccoli partiti. Non è andata. Flash su una legislatura breve. Quasi di frontiera. In cui le diverse anime della coalizione hanno lavorato più a contrapporsi che a collaborare. La decisione di Clemente Mastella di "uscire" ha creato un'occasione che era da tempo nell'aria. Fin dall'inizio. Neanche un mese dall'insediamento del governo Prodi fu costretto a richiamare, radunandoli in quel di San Martino in Campo, i suoi ministri colpevoli di parlare troppo. Di contraddirsi e di litigare. In Parlamento ci sono la Binetti e Caruso. Due facce della stessa coalizione. Una che guarda all'Opus Dei, l'altro che porta finte molotov alla Camera. Cominciano le tensioni tra Antonio Di Pietro e Clemente Mastella. L'indulto le renderà più che visisbili. Proseguiranno fino alla fine. Ci sono i maldipancia della sinistra. Ci sono i condizionamenti della destra. I risultati così sono difficili da ottenere. E ancor più farli conoscere. Prevale la polemica urlata. Istantanee di una breve legislatura. Vladimir Luxuria viene contestata nei bagni di Montecitorio dall'azzurra Elisabetta Gardini che vive l'incontro con la compita deputata transgender come una "violenza sessuale". E via, che modi. Angelo Rovati, consigliere economico e amico di Prodi, è costretto a dimettersi mentre il premier è in trasferta a Pechino. Avrebbe fornito consigli alla Telecom su carta intestata di Palazzo Chigi. Una Finanziaria di lacrime e sangue produce molte critiche. Il ministro Padoa-Schioppa non demorde. Bisogna soffrire con l'obbiettivo di aggiustare i conti. I giovani che restano a casa dei genitori sono "bamboccioni". E le "tasse sono bellissime". Sale il picco d'impopolarità. Si va a Caserta per rimettere insieme le fila in un consesso affollato che Veltroni ha definito "la pagina più brutta del governo". Dieci punti per ricominciare. Cattolici e laici si scontrano sul disegno di legge sui Dico. Il sì al raddoppio della base nato di Vicenza apre un nuovo fronte di contestazione. Continua la logorrea ministeriale. Vengono stabiliti dodici punti per il rilancio. E Silvio Sircana, nella tempesta per alcune foto che lo ritraggono in auto mentre parla con un trans ad un semaforo, viene nominato portavoce unico del governo. La prima crisi di governo. Lo sgambetto riesce al Senato sulla politica estera ma, poi, faticosamente si va avanti. Grazie anche ai senatori a vita, quelli con "le stampelle" come dice Storace alla Levi Montalcini. Nasce la "Cosa rossa". Scoppia il caso Speciale-Visco. Scoppia la polemica sui voli di stato. L'utilizzo dell'extragettito non viene condiviso dalla sinistra. Napoli e la Campania sono sommerse dai rifiuti e per arginare la situazione viene nominato un supercommissario. La moglie di Mastella finisce agli arresti domicialiari. L'Udeur esce dalla compagine di governo. Il resto è cronaca di questi giorni.

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Un gesuita del '600 tra fede e scienza - roma (sezione: Laici e chierici)

( da "Repubblica, La" del 07-02-2008)

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Cultura Un convegno su Antonio Vieria. Parla Silvano Peloso UN GESUITA DEL '600 TRA FEDE E SCIENZA Missionario in Brasile, difensore degli indios e del dialogo con ebrei e scienziati ROMA In quel Seicento che si apre con il rogo di Giordano Bruno, in quel secolo di Galileo, di Tommaso Campanella, Leibniz e Newton, c'era anche Antonio Vieira. Fernando Pessoa lo definì "imperatore della lingua portoghese". I registi Manoel de Oliveira e JÚlio Bressane gli hanno dedicato i loro film. Missionario, gesuita, difensore degli indios del Brasile, promotore di un dialogo ampio tra il Cristianesimo e le altre confessioni religiose, ma anche tra fede e scienza, condannato dall'Inquisizione portoghese e poi "salvato" da papa Clemente X, era nato a Lisbona il 6 febbraio 1608. Quattrocento anni dopo, l'università La Sapienza riporta alla luce una figura storica praticamente sconosciuta in Italia. Lo fa con un convegno di tre giorni, che prende il via oggi alle 9.30 a Roma, a Palazzo Corsini, sede dell'Accademia dei Lincei. Ma anche ultima dimora di Cristina di Svezia, per la quale Vieira predicò alcuni sermoni. A introdurre il convegno - oggi presieduto da Tullio De Mauro e da Antonio Celso Alves Pereira dell'università di Rio de Janeiro - sarà Silvano Peloso, ordinario di Lusitanistica alla Sapienza, da anni impegnato nella complicata ricostruzione del corpus di opere di Vieira. E in particolare della Clavis Prophetarum, testo profetico vittima di censure, sabotaggi e ancora al centro di gialli storici. Professor Peloso, è impossibile parlare di un religioso "rivoluzionario" come Vieira e di un convegno promosso dalla Sapienza senza riferimenti alle polemiche delle ultime settimane... "Il fatto che il convegno si apra all'Accademia dei Lincei dimostra quanto il mondo laico e scientifico sia interessato alla figura di un religioso puro. In ogni caso, raffredderei gli animi, citando le stesse parole inviate da papa Benedetto XVI nel suo discorso alla Sapienza: bisogna dialogare "senza confusione e senza separazione"". Cosa accomuna Antonio Vieira ad altri grandi personaggi "moderni" del Seicento come Galileo e Campanella? "Vieira è la massima espressione di uomo del suo tempo. Nasce in Portogallo, ma arriva in Brasile a sei anni, al seguito del padre. Vive in quel paese, fra vari intervalli, per cinquant'anni, vi fonda delle missioni, ma al tempo stesso coltiva un'intensa attività diplomatica divisa tra la corte portoghese, Roma e le principali città europee. In tutta la sua vita - muore a ottantanove anni - attraversa l'oceano per ben sette volte. è un gesuita, fedele al papa, ma sempre fautore di una visione aperta, solidale e universale del Cristianesimo. Si batte con forza per un'apertura religiosa e politica nei confronti degli ebrei e si impegna per tutta la vita in difesa degli abitanti del Nuovo Mondo, il che gli costa scontri con gli apparati di potere del suo tempo. E quindi il processo, dal 1663 al 1667, da parte dell'Inquisizione portoghese". L'opera alla quale Vieira lavora per cinquant'anni, la Clavis Prophetarum, è ancora misteriosa... "Ce ne sono varie copie in molte biblioteche del mondo. Alla Sapienza, lavoriamo da dieci anni alla sua ricostruzione filologica. Il testo è stato censurato sin dalla morte di Vieira, nel 1697. Il manoscritto 706 della biblioteca Casanatense testimonia delle censure subite. In più non c'è mai stato un serio scambio di studi e documenti con Brasile e Portogallo. Ma ora siamo a buon punto. Nelle parti già recuperate, Vieira manifesta posizioni a favore degli ebrei in tempi in cui questi venivano bruciati negli auto da fé. Difende gli indios e sostiene - aggirando il decreto di papa Alessandro VIII - che anche per loro si apriranno le porte del Paradiso". Papa Clemente X rese inoperante la condanna dell'Inquisizione nello stesso secolo che si era aperto con il rogo di Campo de'Fiori... "Clemente X fu uno di quei pontefici di transizione, eletto in conclave perché anziano, ma poi capace di gesti di grande apertura. Era un po' un Giovanni XXIII del Seicento". Quel clima di censure che per secoli ha impedito la circolazione delle opere e delle idee di Vieira può dirsi del tutto superato? "Il convegno, al quale prenderanno parte studiosi portoghesi e brasiliani insieme, vuole dimostrare di sì. E anche da parte della chiesa cattolica c'è attesa per capire come verrà raccontata questa figura di missionario che, nel tempo delle guerre di religione e del conflitto tra chiesa e scienza, si batteva per il dialogo e mostrava aperture sulla questione copernicana senza mai rinunciare alla sua fede".

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Stato laico , i docenti scendono in campo (sezione: Laici e chierici)

( da "Manifesto, Il" del 07-02-2008)

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"Stato laico", i docenti scendono in campo Alla Sapienza di Roma tornano in cattedra i "cattivi maestri" e lanciano un movimento culturale per la laicità dello stato. "Mai più ingerenze dal Vaticano" Lo storico Angelo d'Orsi: "Non si può rimanere fermi mentre il papa e la Cei invadono tutti gli spazi, siamo in uno stato fondamentalista" Stefano Milani Roma "Le elezioni sono alle porte, il papa faccia un partito politico e si presenti con una propria lista". Un po' provocazione e un po' no. Del resto, Angelo d'Orsi è un "cattivo maestro". Così è stato definito dall'intellighenzia cattolica che lo ha messo al rogo dopo il suo appello di solidarietà ai 67 docenti, "cattivi maestri" prima di lui per aver inviato una lettera al rettore Guarini nella quale chiedevano di non invitare il papa all'inaugurazione dell'anno accademico della Sapienza. Il momento laico per eccellenza. Da quando quella lettera, che doveva rimanere privata, è stata resa pubblica finendo su tutti i giornali, per i prof "ribelli" è cominciata una gogna senza precedenti. Attaccati da ogni parte: dal mondo cattolico, dai media e dalla quasi totalità della classe politica, destra e sinistra senza distinzioni, tutti a difendere lo sgarbo fatto al pontefice. Ma i professori, incuranti (e anche un po' stupiti) di tutto questo clamore, sono andati avanti per la loro strada, continuando a manifestare il loro dissenso e a lavorare nell'ombra. E a ventuno giorni di distanza dalla mancata lectio magistralis papale, ora spunta un'idea stuzzicante: creare "un movimento culturale che risponda all'esigenza diffusa di laicità espressa da molti italiani". A renderla pubblica è lo stesso d'Orsi intervenendo ieri ad un dibattito intitolato "Diritto al dissenso", organizzato dai giovani di Sinistra critica alla Sapienza. "Perché laicismo - ha esordito il docente di storia del pensiero politico all'università di Torino - non è altro che l'idea della laicità. Un movimento di idee che ritiene indispensabile la laicità per la vita politica". Con lui, gran parte del mondo accademico. Il suo appello on-line (visitabile sul sito www.historiamagistra.it) ha già superato le 1.500 adesioni. Molte le firme illustri, come la grecista Eva Cantarella, lo storico medievale Alessandro Barbero, il filosofo Gianni Vattimo, il matematico Pierluigi Odifreddi, lo storico Nicola Tranfaglia, il sociologo Luciano Gallino e il giurista Ugo Rescigno. Tra loro anche chi "mi ha già chiesto di trasformare questa iniziativa in qualcosa di più, ci sono sollecitazioni perché tutto questo diventi un movimento culturale permanente". Non pronuncia la parola "partito politico" anche se non nega che "qualche esponente politico ha già fatto tentativi di annessione". Ma non è questo che interessa al nuovo "movimento". La missione è solo una: "laicizzare il paese" perché, ha proseguito ancora d'Orsi, "non si può rimanere fermi mentre il papa e la Cei invadono tutti gli spazi, siamo in uno stato fondamentalista, in cui si apre la televisione e tutti i telegiornali dicono quello che Ratzinger ha fatto la mattina e non fanno altro che parlare di lui". Non si può non riconoscere che l'Italia "sta diventando un paese multietnico e multireligioso - a dire dello storico - i fedeli della chiesa cattolica sono ormai una minoranza in Italia e noi viviamo questo paradosso con la chiesa di Roma che rappresenta il vero pensiero degli italiani e questa chiesa si comporta come un superpartito politico". Al momento l'idea di una lista Ratzinger in corsa alle prossime elezioni fa sorridere. Anche se - ed è proprio il santo padre ad insegnarcelo - le vie del signore sono infinite. Alla tavola rotonda di ieri c'era, oltre a Cinzia Arruzza di Sinistra critica, anche il professor Carlo Cosmelli, docente di fisica e tra i 67 firmatari della lettera "incriminata". Meno politico il suo intervento, e più virato alla relazione tra ragione e fede. Il fisico ha comunque contestato il Pontefice facendo le pulci ai suoi discorsi in tema di scienze, evoluzionismo, omosessualità e diritto alla vita. Virgolettati come "Non agire "con il logos" è contrario alla natura di Dio" (lezione di Ratisbona, 12/02/2006) o "Ogni teoria che neghi alla divina provvidenza qualsiasi reale ruolo causale nello sviluppo della vita nell'universo non è scienza ma ideologia" (Commissione teologica internazionale, 2004), sono tra i motivi per cui il mondo scientifico è in fermento. "Alla fine - ha detto Cosmelli - si arriva sempre al problema di una morale. E anche lo scienziato deve seguire una morale, ma allora, mi chiedo, perché proprio quella cattolica? E non quella induista, buddista o atea?". Duro anche il giudizio degli studenti che non ci stanno a passare come "intolleranti, integralisti e oscurantisti", così erano stati bollati all'indomani della rinuncia di Benedetto XVI ad intervenire alla cerimonia del 17 gennaio scorso. "Nessuno ha impedito al papa di intervenire - hanno detto Giorgio Sestili del coordinamento dei collettivi - anzi è stato proprio il pontefice a sottrarsi alle critiche e alle voci di dissenso facendolo apparire una vittima e questo è servito per rafforzare la portata degli attacchi che il Vaticano sta portando avanti su molti temi, non ultimo quello dell'aborto". Il rettore della Sapienza, Renato Guarini, per ora tace. Lo smacco del dietrofront di papa Ratzinger ancora gli brucia. Doveva essere il suo rilancio accademico, per ripulirlo dallo scandalo "parentopoli" scoppiato dopo l'inchiesta sull'assegnazione di tre incarichi di ricercatore andati alle due figlie e ad uno dei generi. Ma il papa non è arrivato e, dunque, niente miracolo. Anzi, qualche giorno dopo, il Magnifico si è ritrovato iscritto nel registro degli indagati dalla procura della Repubblica di Roma col reato di abuso d'ufficio. L'accusa è un presunto scambio con l'architetto Leonardo di Paola, docente di Estimo dell'ateneo romano e presidente della Cpc, l'impresa che dovrà costruire il parcheggio all'interno della città universitaria.

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Concomitanze Parlamento a casa in un mercoledì particolare (sezione: Laici e chierici)

( da "Riformista, Il" del 07-02-2008)

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Lo scioglimento delle Ceneri e la Quaresima di Veltroni Dal vangelo di Matteo, capitolo quattro: "Poi lo Spirito di Dio fece andare Gesù nel deserto, per essere tentato dal diavolo. Per quaranta giorni e quaranta notti Gesù rimase là, e non mangiava né beveva". Lo scioglimento delle Camere è caduto il Mercoledì delle Ceneri. L'inizio della Quaresima cattolica. I quaranta giorni di Gesù nel deserto delle tentazioni. "Ricordati che sei polvere, e in polvere tornerai". Forse è un caso, forse no. In fondo, questi sono tempi in cui Dio e Cesare sono più vicini del solito. Tre anni fa, nel 2005, ci fu una Quaresima di dolore che culminò con la morte di Giovanni Paolo secondo, preceduta da quelle di suor Lucia, l'ultima veggente di Fatima, e del don Gius, il fondatore di Comunione e liberazione. Adesso, invece, il Parlamento a casa nel giorno delle Ceneri è l'incipit di una Quaresima laica per la politica italiana. Soprattutto per un leader e per un partito ben preciso. Walter Veltroni e il suo piddì. Quaranta giorni nel deserto delle tentazioni. Sempre dal vangelo di Matteo: "Il diavolo lo portò ancora su una montagna molto alta, gli fece vedere tutti i regni del mondo e il loro splendore, poi gli disse: "Io ti darò tutto questo che vedi, se ti metti in ginocchio davanti a me per adorarmi"". Vade retro Satana. "Anche al Senato correremo da soli". Digiuno e penitenza. Una processione di sottrazioni e rinunce per purificare i riformisti italiani dopo il caravanserraglio del prodismo. "Ci vuol pazienza! Siempre adelante ma con juicio!". Stavolta è Francesco Guccini. Nostra Signora dell'Ipocrisia: "Il Mercoledì delle Ceneri ci confessarono bene o male/ che la festa era ormai finita e ormai lontano il carnevale/ e proclamarono penitenza e in giro andarono col cilicio/ ruttando austeri: "Ci vuol pazienza! Siempre adelante ma con juicio!"". Per giunta, la festa è cominciata male ed è finita peggio. La più breve legislatura della storia repubblicana. Poi quaranta giorni di tentazioni. La più dura: l'Unto che travestito da demonio gli sussurra: "Facciamo un patto elettorale insieme, facciamo una grande coalizione". Vade retro Satana. Grande coalizione. "Ti darò tutto questo che vedi". Forse un miraggio, un'utopia. Sicuramente una tentazione. Dal vangelo di Marco: "Satana lo assaliva con le sue tentazioni. Viveva tra le bestie selvatiche e gli angeli si prendevano cura di lui". Angelo Massimo e Angelo Francesco. E Angelo Obama. "Yes, we can". Il Mercoledì delle Ceneri dell'anno del Signore 2008: decreto di convocazione dei comizi elettorali per il 13 e 14 aprile. La Quaresima laica di Walter e del Partito democratico. E in Quaresima si digiuna sul serio. Non si tratta di una moratoria con dieta liquida. Il deserto è difficile da attraversare. La fame e la sete fanno male. E Pasqua è ancora lontana, molto lontana. Post scriptum. Ieri sera, Prodi e sua moglie Flavia hanno preso le ceneri nella chiesa di Santa Maria in Via, vicino a Palazzo Chigi. Nell'omelia, forse per rincuorare l'ex premier, il sacerdote ha anche detto che "la Quaresima non è buonismo". 07/02/2008.

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Sms con frasi di Wojtyla La fede sul cellulare (sezione: Laici e chierici)

( da "Corriere della Sera" del 07-02-2008)

Argomenti: Laicita'

Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Cronache - data: 2008-02-07 num: - pag: 29 categoria: REDAZIONALE L'accordo Vodafone e Lux Vide con la supervisione di Navarro-Valls Sms con frasi di Wojtyla La fede sul cellulare Dai pensieri di Giovanni Paolo II al santino del giorno. "Ma vogliamo coinvolgere anche gli utenti di altre religioni" ROMA - Vi sarà capitato, durante le feste natalizie, di ricevere o inviare un sms con una citazione filosofica o spirituale. è la prova che esiste un bisogno di questo tipo. Del resto, si sono moltiplicati i siti internet dai quali è possibile copiare o scaricare sui cellulari messaggini religiosi o simili. Ora Lux Vide, azienda della famiglia Bernabei specializzata in grandi fiction tv (Guerra e Pace, Don Matteo, la Bibbia), e il gestore telefonico Vodafone hanno concluso un accordo per un servizio sms e mms di carattere etico-religioso. Con un supervisore d'eccezione, che è stato anche tra i promotori del progetto: l'ex direttore della Sala stampa della Santa Sede, JoaquÍn Navarro-Valls, l'uomo che più è stato vicino a Papa Giovanni Paolo II, dal 1984 fino al giorno della morte la morte, il 2 aprile del 2005. Non a caso il servizio di messaggini telefonici che partirà alla fine di febbraio punterà soprattutto sulla categoria "Le parole di Giovanni Paolo II". Chi la attiverà riceverà un sms al giorno con una frase di Karol Wojtyla. Dalla indimenticabile "Non abbiate paura! Aprite anzi spalancate le porte a Cristo" agli ultimi pensieri rivolti ai giovani di tutto il mondo. Ma si potranno scegliere anche altre due categorie: il "Santo del giorno" e "Le ragioni del vivere". Nel primo caso si riceverà il classico santino, cioè un'immagine del santo con brevi notizie sulla vita e le opere. Nel secondo un messaggino con citazioni di grandi pensatori, religiosi e non, sui grandi temi della vita. Qui troveranno posto classici come Blaise Pascal, ma anche le parole del successore di Wojtyla, Benedetto XVI, ma soprattutto quelle di pensatori laici e di esponenti di di tradizioni e confessioni diverse da quella cristiana e cattolica, da Confucio al Dalai Lama, da Lao-Tze (taoismo) al Mahatma Gandhi ai grandi dell'Islam e dell'ebraismo. Si punta quindi a un pubblico più ampio di quello che frequenta le parrocchie. L'idea di Lux Vide, guidata da Matilde Bernabei, figlia del cattolicissimo Ettore, ex direttore generale della Rai dal 1961 al 1974, "ci ha convinto ", racconta Vittorio Veltroni, direttore Marketing Multimedia di Vodafone. "Tra i nostri utenti, lo abbiamo verificato nei forum e nei focus group che facciamo periodicamente, non c'è bisogno solo di notizie d'attualità, ma anche di messaggi spirituali, di un sostegno morale, soprattutto in questa fase storica di grande confusione". Per questo, continua Veltroni, "ci aspettiamo che il servizio non resti confinato ai fedeli di una sola religione, ma sia di interesse per la massa". Il manager non vuole fare previsioni, ma si aspetta grandi numeri. Il costo del servizio, assicura, "è nella fascia bassa ": 25 centesimi per ogni sms e 35 centesimi per ogni mms. Ottimista sulle possibilità di successo dei messaggini per l'anima è anche Navarro- Valls, che quando guidava la Sala stampa del Vaticano aveva attivato un servizio di questo tipo, fatto in casa. Già allora, spiega, "avevo colto che le nuove tecnologie riescono ad attrarre una grande attenzione su queste tematiche e non solo sui giochi e la pubblicità". Del resto, è di ieri la notizia che in Austria la chiesa cattolica ha direttamente attivato un servizio di sms per la Quaresima con citazioni dei discorsi di Benedetto XVI durante la sua visita nel Paese lo scorso settembre. Ai fedeli basterà inviare un semplice messaggino con la parola chiave Papst (Papa) al numero indicato dalla conferenza episcopale austriaca per attivare il servizio. La cura delle anime, insomma, passa ormai anche per il telefonino. Enrico Marro Ex portavoce Navarro-Valls: ha lavorato con Wojtyla per 16 anni # Sostegno morale "I forum dimostrano che c'è bisogno non solo di notizie di attualità, ma anche di sostegno morale".

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Nichi Vendola è il presidente della Puglia, ma è anche e sopratutto un leader carismatico - espressione che rifugge "non ne ho il fisico ne l'ambizione", si schermisce - della sini (sezione: Laici e chierici)

( da "Liberazione" del 07-02-2008)

Argomenti: Laicita'

L'articolo su cosa pensa il presidente della Puglia dell'iniziativa de "il Foglio" Ecco "la (vera) versione" di Nichi Vendola "Meglio la moratoria sul commercio d'armi" Nichi Vendola è il presidente della Puglia, ma è anche e sopratutto un leader carismatico - espressione che rifugge "non ne ho il fisico ne l'ambizione", si schermisce - della sinistra. Agli stati generali della cosa rossa - che lui vorrebbe "la sinistra popolare del futuro" - è stato salutato come tale da un applauso a scena aperta: frastornante al momento dell'abbraccio con Pietro Ingrao, grande vecchio della sinistra comunista. Fausto Bertinotti, si sa, gli vorrebbe cedere lo scettro perché nella sua visione il grande partito della sinistra unita, reduce della concentrazione democrat, ha bisogno di una guida che abbia grande appeal popolare, che sappia parlare alla gente. Comunista, omosessuale dichiarato, cattolico scettico, Nichi Vendola corrisponde alla descrizione che lui stesso, parlando con il Foglio , ha dato di Pierpaolo Pasolini. "Un uomo capace di assumere posizioni 'impolitiche' - dice Vendola di Pasolini - fuori contesto, fuori da qualunque coro, anche provocatoriamente reazionarie". Così il presidente della Puglia parla del suo rapporto con la fede, non intimistico, ma pubblico e brandisce la sua contrarietà all'aborto: "Una volta mi definii un comunista 'creaturale' - dice citando un suo celebre discorso - Al primo posto non c'è l'ideologia ma la creatura umana, stretta dalla tenaglia tra l'integralismo e il suo gemello mercantile: il laicismo - aggiunge - Dobbiamo occuparci della tutela della vita, della difesa del vivente". Citiamo Barack Obama, il leader nero e democratico, che una volta ha detto: "I laici sbagliano a chiedere ai credenti che entrano in politica di mettere da parte la religione". Nichi sceglie le parole, le soppesa, "non si può chiedere a nessuno, tanto più a chi fa politica, di mettere da parte un pezzo della propria storia e della propria stessa umanità - dice - La fede non può essere archiviata nel deposito della propria più inviolabile intimità. La fede non è una protesi che si possa innestare a piacimento sul corpo della propria quotidianità". Anche se, aggiunge, "dal mio punto di vista, però, la fede non coincide con la fedeltà alla gerarchia ecclesiastica". Ma Vendola soprattutto mette in guardia dai veleni dell'integralismo e da quella "paura del pluralismo" che ridurrebbe la fede cristiana ad un gendarme della tradizione. Dice che la Chiesa vive dentro enormi paradossi, oscilla nei dirupi della secolarizzazione, gli sembra in profonda sofferenza, vede nel "formidabile protagonismo politico" del cardinale Camillo Ruini "un arroccamento militare, un serrate le fila contro la modernità, una esibizione di forza che serve ad esorcizzare il sentimento della sconfitta". Ma allo stesso tempo Vendola denuncia la crisi del pensiero laico, il suo rinsecchimento dinanzi ai nodi delicatissimi che oggi entrano nell'agenda politica. Quando gli chiediamo cosa abbia pensato della censura subita da Benedetto XVI all'Università di Roma, Vendola pensa che non si sia trattato di una censura ma di un pasticcio, nel quale si è perso il senso delle cose, i laici sono apparsi clericali e viceversa. Ma l'effetto rischia di essere una miniatura del passato, i guelfi e i ghibellini, le reciproche interdizioni, la cultura dell'anatema. "Il pensiero laico ha perso contatto con un mondo in vertiginosa mutazione - spiega - viene riproposto come una sorta di cimelio risorgimentale. Porta Pia? Il Papa Re? Ma per favore - prorompe - Così non entriamo nella carne viva dei nostri anni, così entriamo nel museo delle cere". Ma della fede Nichi Vendola ha un'idea precisa "la fede è un fatto meta-culturale: non riguarda semplicemente il contesto ambientale che la comprende, riguarda (così penso io) il rapporto con il mistero del Dio che si fa uomo. La fede cristiana ti inchioda dinanzi alla follia della croce e ti convoca sull'ingresso di un sepolcro che annuncia la vita oltre la morte". Tuttavia nei rapporti tra religiosità e politica, benché pubblici e palesi, riconosce un rischio: "In Italia troppi si genuflettono risultando più credenti che credibili. Ricordo le parole semplici di un martire cristiano come il giudice Rosario Livatino: è più importante per un politico essere "credibile" piuttosto che esibirsi "credente". Bisognerebbe evitare - spiega Vendola - professioni di fede che hanno un carattere squallidamente strumentale e di copertura. E sugli argomenti più delicati ed eticamente sensibili - incalza - occorrerebbe alzare il tono della contesa ideale, mettere in circolazione informazioni corrette, non ridicolizzare le posizioni che si intenda avversare". Per questo quando gli spieghiamo il senso profondo della moratoria internazionale dell'aborto la sua reazione si fa di ascolto interessato ma anche di dissenso radicale. Non si tratta di una censura alla 194 - gli diciamo - né di una campagna volta a vietare la pratica dell'interruzione di gravidanza. "Voi, pasoliniani fuori tempo massimo, rimuovete il nodo della libertà femminile, delle donne che hanno superato la soggezione millenaria nei confronti di chi le costringeva a morire d'aborto sul tavolo delle mammane. Pasolini aveva ragione a pre-vedere e pre-sentire un mondo segnato dal conformismo consumista e borghese. Ma per lui lo spazio femminile era quasi esclusivamente un archetipo materno: senza autonoma soggettività". Mi piace di più l'idea di una moratoria sul commercio di armi. 07/02/2008.

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Tonino Bucci (sezione: Laici e chierici)

( da "Liberazione" del 07-02-2008)

Argomenti: Laicita'

Docenti e studenti all'incontro organizzato all'università La Sapienza da Sinistra critica. Tra loro, Carlo Cosmelli, uno dei 67 fisici firmatari Perché abbiamo contestato il papa Tonino Bucci Tutto finito? Cosa è rimasto dopo la famosa lettera di protesta dei 67 docenti di fisica della Sapienza? E quale segno ha lasciato nei collettivi studenteschi la battaglia contro la scelta (politica) del rettore Renato Guarini di invitare Benedetto XVI all'inaugurazione dell'anno accademico? Se si guarda alla cronaca sembra acqua passata. Il rettore è tornato in un cono d'ombra come se l'intera storia non fosse partita da lui. E nel silenzio dei media sono tornati anche gli studenti, isolati come sempre nel denunciare i tagli all'università pubblica (e laica). Eppure le ragioni politiche di chi ha contestato sono ancora in gioco. Che sulle pagine dei giornali si parli di moratoria contro l'aborto o di rianimazione coatta dei feti l'argomento è sempre quello, la laicità e il rapporto tra Stato e Chiesa. La religione cattolica ha il monopolio della verità? E' possibile che non ci sia altra morale al di fuori di quella ammessa dalle gerarchie vaticane? La politica, la scienza, l'etica, sono chiamate a rispondere alla sfida, a cercare criteri di legittimazione autonomi, a non accettare l'idea che solo chi ritiene d'avere Dio in tasca sia autorizzato a spiegare il mondo e a parlare della verità. Ecco perché la battaglia iniziata da docenti e studenti alla Sapienza è ancora attuale e non va lasciata cadere - anche perché qui si gioca una delle discriminanti nello scenario politico italiano tra il Pd e quello che si muove alla sua sinistra. Alla Sapienza di Roma ieri s'è svolta una tavola di discussione, "Diritto al dissenso", organizzata da Sinistra critica con Carlo Cosmelli, uno dei firmatari della lettera dei 67 docenti di fisica, lo storico Angelo d'Orsi - a sua volta promotore di un appello a sostegno dei docenti romani - Giorgio Sestili, studente del collettivo di fisica e del coordinamento dei collettivi, e Cinzia Arruzza, ricercatrice di Sinistra critica. Ancora oggi gli studenti non si spiegano il fuoco di sbarramento dei media. "Perché? Di solito i giornali non si accorgono delle nostre iniziative. Il Papa sarebbe potuto venire e tenere il discorso. All'indomani i giornali avrebbero potuto dipingerci come la solita frangia minoritaria. E invece non hanno accettato il dissenso, ci hanno presentato come intolleranti. E oggi siamo ritornati invisibili, come sempre. Noi parliamo dei tagli alla ricerca e alla didattica e nessuno se ne accorge. L'università è devastata e la Chiesa mantiene i suoi privilegi e non paga l'Ici. E poi, l'inaugurazione dell'anno accademico non è un momento di confronto, è l'appuntamento più simbolico dell'università pubblica e laica". Ma ci può essere interlocuzione tra scienziati e credenti sul terreno della ricerca? "Uno scienziato può anche credere in Dio - dice Carlo Cosmelli - ma questo non ha nulla a che fare con la ricerca. E' una questione di metodo. Un Essere supremo potrebbe anche esistere ma per uno scienziato è indifferente perché nella descrizione degli eventi naturali non deve ricorrere a cause esterne. Questo è il naturalismo metodologico. Se la nostra macchina si ferma la portiamo dal meccanico. Nessuno si sognerebbe di tirare in ballo una causa soprannaturale". Perché è irricevibile il pensiero teologico di Benedetto XVI? Perché parte dall'equiparazione di ragione e fede - spiega Cosmelli - perché la ragionevolezza sfuma nell'idea di obbedienza alla verità e perché la verità finisce per coincidere, a sua volta, con la morale dettata dalle gerarchie cattoliche. Comincia col dire che Dio è logos e finisce con l'etichettare immorali e tendenzialmente malvagi tutti coloro che vanno "contronatura". Omosessuali in prima fila. Un vero manifesto etico-politico. Ma "non c'è nesso automatico tra l'essere cattolico e le scelte morali. Gandhi non era cattolico e Russell era ateo". La sfida è alta e i laici devono attrezzarsi per confliggere con un pensiero che ha l'ambizione d'essere chiave di lettura globale del cosmo. "La Chiesa ha un apparato e una stuola di intellettuali da far invidia. Perché si scagliano contro il pensiero queer, contro Judith Butler, contro l'idea che i generi non siano biologici, ma una costruzione simbolica? Perché la Chiesa pensa che la differenza biologica tra i sessi sia a fondamento di ruoli differenti, definiti una volta per tutte, tra uomo e donna, nella famiglia e nella società intera. Vede come fumo negli occhi ogni pensiero che metta in discussione l'ordine della natura". Non basta però contrapporre al fronte oscurantista la fede nel progresso. "Noi laici dobbiamo interrogarci sullo statuto della scienza, sulla dipendenza dal potere economico, sulla proprietà dei brevetti e su un modo di produzione alternativo". Ma quali sono le radici di questa anomalia italiana? "Vanno cercate nella nostra storia", dice Angelo d'Orsi che intanto nelle firme a sostegno dei docenti romani è arrivato a quota millecinquecento. "L'esistenza di un potere politico, militare e giudiziario della Chiesa ha impedito che il nostro paese diventasse uno Stato nazionale e moderno come le altre nazioni europee. E questo ha avuto conseguenze gravissime anche sul piano culturale e civico. Perché gli italiani sono individualisti e non hanno senso del pubblico? L'unico periodo laico del nostro Stato è quello postrisorgimentale. Dopo di allora l'idea della separazione tra Stato e chiesa di matrice cavouriana è stata affossata. Prima dal fascismo con i Patti lateranensi, poi con la grande occasione mancata della Costituzione - vedi articolo 7 - e infine la revisione del Concordato voluta da Craxi. E' possibile che oggi a dettare l'agenda politica in questo paese debba essere un uomo come Giuliano Ferrara che si vanta di non aver mai terminato gli studi universitari e chiama "asini" i docenti? E poi smettiamola di dire che al Papa non viene riconosciuta libertà di interloquire. Giornali e televisioni sono pieni dei suoi discorsi". 07/02/2008.

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Turchia Sfida al laicismo Il velo torna libero nelle università (sezione: Laici e chierici)

( da "Resto del Carlino, Il (Nazionale)" del 07-02-2008)

Argomenti: Laicita'

Turchia Sfida al laicismo Il velo torna libero nelle università ? ANKARA ? LA TURCHIA si avvia ad abrogare il divieto del velo islamico nelle università, violando il tabù laicista che lo ha bandito, per oltre 80 anni dalla nascita della Repubblica nel 1923. Il voto, nella nottata dopo un dibattito teso, era scontato perché i due emendamenti costituzionali, presentati dal governo e dal partito filoislamico di Tayyip Erdogan, appoggiati anche dai 70 deputati del partito nazionalista turco potevano contare 410 voti su 550. - -->.

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PANNUNZIO, MAESTRO DI IMPEGNO CIVILE (sezione: Laici e chierici)

( da "Corriere della Sera" del 07-02-2008)

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Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Terza Pagina - data: 2008-02-07 num: - pag: 49 categoria: REDAZIONALE Elzeviro L'intellettuale che fondò "Il Mondo" PANNUNZIO, MAESTRO DI IMPEGNO CIVILE di GIOVANNI RUSSO S ono trascorsi quarant'anni dalla sua morte prematura, avvenuta il 10 febbraio 1968, ma ancora si sente il vuoto che Mario Pannunzio e Il Mondo, il settimanale da lui fondato, hanno lasciato. Fu un centro di vita politica e culturale, uno strumento di battaglie democratiche, intorno al quale si coagularono, in molte occasioni, le forze più avanzate del Paese. Mario Pannunzio aveva grande sensibilità per la notizia, curiosità per i meccanismi della vita politica, fiducia nella verità, rispetto per le idee degli altri, purché non fossero negatrici del principio della libertà. L'identità tra pensiero e azione era in Pannunzio perfettamente realizzata. Appassionato di letteratura e di cinema, apparteneva a una generazione che era cresciuta facendo la fronda al fascismo. Con Arrigo Benedetti, nato come lui a Lucca, altro grande protagonista del giornalismo, aveva partecipato alle esperienze più brillanti di rinnovamento della stampa italiana, dal settimanale Omnibus fino alla direzione di Oggi, soppresso da Mussolini durante la guerra. Dopo aver diretto Risorgimento liberale, il quotidiano del Pli durante il periodo clandestino e nel dopoguerra, Pannunzio fondò Il Mondo nel marzo 1949 quando, con le elezioni del 18 aprile del 1948, si profilò il pericolo di un dominio della maggioranza democristiana. La creazione di una alternativa, capace di svincolarsi dal ricatto costituito dalla contrapposizione tra le due "chiese", la cattolica e la comunista, fu lo scopo essenziale cui Pannunzio dedicò i suoi sforzi con Il Mondo e le altre iniziative, dai convegni degli "Amici del Mondo " alla fondazione del Partito radicale di democrazia liberale nel 1956. Fu accusato di astrattezza e snobismo intellettuale, ma basta scorrere le pagine del settimanale per rendersi conto che non c'era niente di astratto, e che anzi rispecchiava la realtà politica e sociale del Paese. Quanto all'accusa di snobismo, essa nascondeva il disagio per la superiorità morale che Pannunzio incarnava. Amava l'umorismo: non a caso sul Mondo ebbero spazio le vignette di Mino Maccari e di Arrigo Bartoli, e fu legato da intensa amicizia con Ennio Flaiano, che era stato redattore capo nei primi quattro anni. I suoi interessi culturali e umani erano vasti e profondi. Al giornalista politico, bisogna infatti unire la figura di Pannunzio uomo di cultura, critico estetico, raffinato interprete letterario, che esercitava concretamente queste sue doti sia nel vagliare i testi dei maggiori studiosi e scrittori italiani che si onoravano di collaborare alla rivista, sia nello scoprire capacità e qualità di giovani sconosciuti. è grazie a lui se poterono incontrarsi sulle stesse pagine personalità così diverse come Benedetto Croce e Gaetano Salvemini, Luigi Einaudi e Alessandro Galante Garrone, Ernesto Rossi e Panfilo Gentile, Ignazio Silone e Ugo La Malfa, Aldo Garosci e Leo Valiani, Nicolò Carandini, Nicola Chiaromonte, Mario Ferrara, e Riccardo Lombardi, cioè tutta la cultura laica che contava. Con gli articoli di Altiero Spinelli, Il Mondo fu anticipatore dell'ingresso dell'Italia nella moneta unica europea, e con gli interventi di Ernesto Rossi denunciò il sottogoverno e il malcostume e sostenne l'esigenza di un'economia libera dai monopoli privati e da uno Stato falsamente pianificatore. Con le sue inchieste, fece conoscere i problemi della realtà italiana. Un'altra delle iniziative di Pannunzio furono i "Convegni degli amici del Mondo", con i quali, a partire dal 1955, vennero affrontati nodi della società italiana ancora oggi irrisolti: la speculazione edilizia, la libertà di stampa, la riforma della scuola, il finanziamento dei partiti, il rapporto tra Stato e Chiesa, la lotta ai monopoli, la necessità di una legge antitrust, la riforma della pubblica amministrazione e la tutela del paesaggio. Il Mondo doveva cessare le pubblicazioni nel 1966 e due anni dopo Pannunzio moriva. "Mai come ora - scriveva Pannunzio nel suo ultimo articolo - abbiamo sentito urgente il bisogno della partecipazione attiva alla vita pubblica e alla civiltà morale del Paese, di uomini appassionati, indipendenti, intransigenti e risoluti". è un invito che vorremmo raccogliessero tutti coloro che credono nei valori della libertà e della democrazia. \\ Dai crociani ai socialisti, il suo giornale esprimeva le vette della laicità.

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DE GENNARO FA LEZIONE AL PLENUM DELLA CURIA (sezione: Laici e chierici)

( da "Mattino, Il (Nazionale)" del 07-02-2008)

Argomenti: Laicita'

De Gennaro fa lezione al plenum della Curia Un laico che parla al plenum dei sacerdoti della Curia: non si era mai verificato che il cardinale arcivescovo cedesse la parola in assemblea a persona che non appartiene al clero. Il 26 febbraio sarà il commissario straordinario all'emergenza rifiuti Gianni De Gennaro a rivolgersi ai sacerdoti di Napoli a Cappella Cangiani, presso i padri gesuiti. Avrà un tema da trattare: come educare al rispetto dell'ambiente. E l'invito del cardinal Sepe non può che essere messo in relazione con i tormenti delle chiese campane di fronte all'emergenza rifiuti ed alle soluzioni traumatiche e, talvolta, indecifrabili: come quando, incalzati dal dramma della collettività, si vanno a riaprire piaghe di singole comunità e siti di stoccaggio. Il commissario dovrebbe, dunque, chiarire ai sacerdoti l'altro lato del problema, quello delle istituzioni che devono riportare un dramma alla normalità. L'insolito contributo, a tutti gli effetti considerato autorevole per aiutare i parroci nell'opera di formare anche la coscienza ambientale delle anime in una particolarissima situazione, si inserirà in una giornata dedicata alle comunità cattoliche degli stranieri che vivono in città ed all'impegno pastolare che richiedono. La prima parte della giornata sarà condotta dall'arcivescovo, cardinale Crescenzio Sepe. Il pomeriggio toccherà a De Gennaro, sulle cui riflessioni trarrà le conclusioni lo steso cardinale. L'arcivescovo ha già fatto sentire il peso del suo appoggio al commissario straordinario. Anche convocando in Duomo per una veglia di preghiera i fedeli della diocesi e paragonando l'emergenza rifiuti alle calamità dei secoli scorsi, guerra, peste, eruzioni del Vesuvio. Napoli annaspa sotto una calamità forgiata dagli uomini e non dalla natura, nel rimpallo delle responsabilità. c.gr.

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