CENACOLO  DEI  COGITANTI

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DOCUMENTO DEL 19-5-2009

CRONOLOGIA DELLE COGITAZIONI DI  UBALDO MENEGOTTI

 

 

COGITAZIONe

 

DOCUMENTI CORRELATI

18-2-2009 – Le ambasce della sinistra “UNO” (MN Cogitante)(18-2-09). 

18-2-2009 – Le ambasce della sinistra “DUE” (MN Cogitante) (18-2-09). 

21-5-2009 – Cogitando in Cenacolo. Le ambasce della sinistra. Che fare?

 

 

PROBLEMI DI FONDO DELLA SINISTRA

 

Ubaldo M. Cogitante (19-5-2009)

 

In risposta alla cogitazione “Le ambasce della sinistra. DUE” di  MN del 10-5-09

 

 

1.    Problemi organizzativi e strutturali

La sinistra italiana (peculiarità specifica) del dopoguerra trova la sua origine, o almeno la sua nuova fisionomia, nella cultura / struttura / nomenclatura partigiana della Resistenza.  Ha vissuto per anni una filosofia di contrapposizione ai “padroni” (nel senso di classe e nel senso di sudditanza agli USA, in qualche modo rappresentati  dalla DC): “chiesa” Marxista contrapposta alla “chiesa” dei padroni.  Filosofia ben rappresentata dall’immagine di Guareschi dell’onorevole Peppone contro don Camillo (un “contro” comunque rispettoso delle regole e quasi affettuoso).

L’allora PCI era un partito oltre che ben connotato, anche ben radicato, strutturato e articolato sul territorio (si pensi alle “case del popolo” e alle sedi di Partito di paese e di quartiere), con grande capacità di mobilitazione di militanti; c’erano scuole di partito efficienti e ben organizzate dove si formavano quadri preparati e anche politici d’eccellenza.

Era il periodo nel quale essere comunisti significava essere scomunicati dalla Chiesa, discriminati se non espulsi dal mondo industriale (esempio significativo era il Vallettismo alla Fiat, con schedatura e discriminazione degli operai socialcomunisti) ed emarginati socialmente.

Poi ci fu il revisionismo, la fine dello stalinismo, la fine della lotta di classe, con riflessi variegati per la sinistra italiana ancor più ideologicamente sparpagliata, ma comunque il PCI restava quantitativamente egemone e rappresentativo, oltre che ancora ben organizzato.

Intanto negli altri paesi occidentali (salvo parzialmente la Francia) la “sinistra” era o diventava una forza alternativa a quella conservatrice, ma di tipo Laburista – Socialdemocratico - Progressista, con capacità di governare senza destabilizzare, senza spaventare le classi dominanti storicamente legate ai principi – interessi della destra (che comunque nel resto dell’ Europa postbellica non è mai filofascista, e raramente corporativa).

Un lungo percorso storico (iniziato da personaggi come Moro e Berlinguer, in modi anche molto diversi), ha portato attraverso le vicende che tutti conosciamo all’attuale PD, che non rappresentando più la vecchia base del PCI, non ne ha ereditato neppure la struttura né la capacità di mobilitazione, ma non rappresenta ancora un partito laburista, avendo inglobato senza sostanziale “fusione”, la sinistra DC, ereditandone più personaggi  politici illuminati che base e struttura.  Il PD non è riuscito ad inglobare neppure l’area politica più vicina al concetto di laburismo-socialdemocrazia, cioè quella socialista, anche se pesantemente logorata nell’immagine, nella credibilità e nella consistenza dai coinvolgimenti di Tangentopoli .

Dall’altra parte c’è un partito non partito (infatti finalmente ha assunto il suo nome più appropriato storicamente cioè “popolo”), proprietà di una sola persona di grande potere economico e mediatico, ben organizzato e strutturato come un’azienda, con capacità di stimolare e, quando necessario, “comprare” mobilitazioni di massa, consensi, mezzi e persino di modificare a piacimento le regole del gioco.

 

1.    Problemi Ideologici

Il primo problema di fondo della sinistra, direi storico, è l’incapacità di trovare accordi ideologici e unità di intenti. L’ideologia è per definizione rigorosa, integralista, intollerante e affronta la realtà come un teorema da dimostrare in base ad assiomi assunti. Basta assumere assiomi diversi per avere teoremi diversi. Ecco che la sinistra filosofica, già dalle sue origini si presta più alle divergenze che alle convergenze.

Gli utopismi socialisti romantico idealistici e il socialismo scientifico dell’ottocento,  i vari Marxismi, poi Marxismi Leninismi più o meno ortodossi e il Maoismo.  Attraverso i revisionismi (da Togliatti a Berlinguer da Kruscev a Breznev ),  fino alla caduta del muro di Berlino, simbolica fine del comunismo reale, variamente mal implementato in una consistente parte del mondo, sconfitto da una lotta impari contro il capitalismo, intrinsecamente più forte (ora agonizzante anch’ esso nella sua parossistica implosione verso la speculazione finanziaria fine a se stessa , utopismo simile alla fede nel moto perpetuo).

A sinistra c’è sempre stato un rinnegato non sufficientemente rigoroso (il rinnegato Kautsky di Lenin), o uno troppo a destra o troppo a sinistra, o troppo qualcosa o troppo poco qualcos’altro.

Ricordo le trasmissioni di radio Pechino, rimbalzate da Tirana, che nei primi anni settanta anni esordivano inesorabilmente in questi termini: “ La clicca dei linnegati levisionisti sovietici … “ e giù la sequela delle malefatte dell’allora URSS.

La storia della sinistra è una storia di scissioni (e qualche rara fusione o catastrofica alleanza, come quella PCI-PSI del frontismo, che portò ad un clamoroso insuccesso elettorale nel 48).

E oggi? Diliberto contro Vendola e contro il PD, e dentro il PD Bersani contro Franceschini,  … e Di Pietro, Caruso, Grillo,  tutti contro tutti.

I partiti laburisti/socialdemocratici/progressisti nel resto del mondo occidentale sono a largo spettro ideologico  e riescono ad includere, almeno nel momento del voto, tutte le tendenze di pensiero e interesse collocabili genericamente nell’area , ... quindi dalla sinistra storica di derivazione marxista o “liberal” (salvo qualche frangia estrema) al centro moderato ;  pescano anche nella fascia “mobile” del voto cioè nelle classi medie, che di volta in volta spostano in modo pragmatico il voto, secondo risultati e comportamenti dei governi precedenti senza pregiudiziali.

Ma nel resto del mondo occidentale, anche i governi che si alternano non distruggono quanto fatto dai precedenti governi di diverso colore,  consentendo una continuità operativa, anche se non ideologica.

In Italia ad ogni cambio si cerca di distruggere quanto fatto o deciso dai precedenti governi o comunque se ne disconoscono i risultati.

A destra l’unità è semplicemente un patto d’affari, non essendoci forti ideologie dietro (la destra ideologica, necessariamente filofascista legata ai valori tipo Dio, patria, famiglia, … è evaporata nell’operazione di inglobamento nel Popolo delle Libertà), quindi facilmente mantenibile con più o meno equi scambi di favori.

 

2.   Problemi elettorali

a)   Il voto nel moderno scenario mediatico

Il momento chiave della democrazia rappresentativa è il “voto” , ma oggi le modalità non sempre corrette di “cattura” del voto costituiscono anche il suo limite principale.

Più o meno in tutte le democrazie votare significa:

·         - in elezioni politiche, secondo il modello italiano, scegliere i propri rappresentanti al parlamento che esercita direttamente il potere legislativo e indirettamente esprime anche il potere esecutivo attraverso la nomina di un premier per la formazione di un governo corrispondente agli equilibri del parlamento. Secondo altri modelli significa scegliere direttamente il premier.

·         - in elezioni amministrative, significa scegliere i propri amministratori ai diversi livelli di articolazione amministrativa del paese.

La scelta delle persone e dei partiti dovrebbe essere “consapevole”, dato per scontato che sia libera (non forzata) e onesta (non frutto di corruzione).  Consapevolezza che effettivamente la persona e/o il partito scelto facciano quello per cui sono stati votati e difendano effettivamente idee/interessi del votante (le leggi e le scelte amministrative corrispondano alle proprie idee/interessi –le idee sono spesso la proiezione conscia o no degli interessi!).

Dovrebbe essere il risultato di un processo razionale.  Invece, al pari di ogni scelta umana, il condizionamento esterno a livello emotivo è fortissimo, come per ogni pubblicità di ogni prodotto.

Dovrebbe essere basata su informazioni di buona “qualità” (sufficienti, chiare, complete, competenti) e “non polarizzate”.

Nell’era dell’informazione il possesso e la padronanza scientifica dei mezzi di comunicazione sono la chiave del potere (mediatico, e attraverso il voto, effettivo).

Stimolare e cavalcare opportunamente le emozioni (attraverso suggestioni e associazioni palesi od occulte)  come ad esempio la paura, rende possibile acquisire voti, indipendentemente dalla verità oggettiva, poiché a livello emotivo conta quella percepita.

Paure (problema della sicurezza),  fobie  (ad esempio xenofobia e omofobia, come repulsione per il diverso), interessi materiali immediati (tasse), difese corporative,  … così  è facile confezionare pacchetti  demagogici in grado di intercettare enormi quantità di voti viscerali in determinate aree geografiche e presso varie categorie di cittadini.

In più, oltre all’oggetto delle proposte elettorali, conta molto il modo  in cui vengono poste e discusse:

l’elettorato italico per sua natura è portato a premiare l’insulto, l’urlo, l’arroganza (vedi il successo di certi talk show o di certi personaggi come Sgarbi).

D’altra parte non si vince senza voti.

Allora o si è onesti e ideologicamente coerenti nel metodo e si perde elettoralmente (Veltroni), o si usano i metodi della destra e si perde l’identità, così succede che il potenziale elettore ha sempre un motivo per non votare la sinistra:

o non ti vota perché è proprio di destra o non ti vota perché sei troppo accondiscendente con la destra ….

b)    Incapacità di adeguamento ai mutamenti sociali ed individuali

La struttura del paese è cambiata significativamente: sono cambiati i rapporti famigliari, i rapporti sociali, i rapporti lavorativi, … ma sembra che la sinistra fatichi ad accorgersene.

Insiste su una posizione vetero-sindacale con eccessi di tutele del lavoratore da una parte e ammiccamenti al mondo imprenditoriale dall’altra.

Ci piaccia o no, il lavoro moderno è per definizione mobile, ma se i problemi connessi a tale necessaria mobilità si affrontano con la mentalità del posto fisso, si è perdenti e si promuove involontariamente il precariato, un precariato sempre più drammatico e oggetto di sfruttamento.

Dovrebbe invece preparare lavoratori, imprenditori e società a questo mutato modello, che richiede strutture adeguate ed aumento dell’efficienza dell’intera “macchina”.

C’è poi anche una incapacità a gestire i moderni strumenti  dell’”era dell’informazione”, in termini di uso accorto dell’immagine, di scelta di personaggi adatti a tali mezzi , di uso del linguaggio più efficace.

D’altra parte la destra, controllando ed indirizzando ad arte questi strumenti ha creato una generazione che ha per modelli calciatori, tronisti e veline con l’unica aspirazione di apparire e guadagnare.

Così il precario o il disoccupato non hanno mezzi di sostentamento, ma possono sognare.

La destra fa leva sulle illusioni, sui miti sulle lotterie, sul “godi di non godere in attesa di godimento” direbbe Cesare Pavese.

E’ la versione moderna delpanem et circenses

c)     Questione settentrionale

Il modello rappresentato dall’operaio della grande industria del nord , con la sua lotta di classe e le sue rivendicazioni sindacali è definitivamente tramontato.  Il numero degli operai è diminuito (industrie automatizzate) ed è cambiato il loro ruolo in fabbrica (scomparse le catene di montaggio).

I vecchi proletari sono diventati piccolo borghesi da una parte e precari dall’altra.

Poi ci sono le “partite IVA” : piccoli imprenditori operosi  e volonterosi, ma necessariamente con cultura industriale e tendenza all’innovazione limitate.  Vogliono e talvolta giustamente meno burocrazia, meno tasse, più servizi e strutture, benessere e sicurezza.

Alcuni dei problemi che la destra cavalca, come l’esigenza di sicurezza, possono in parte essere  reali ma anche se fossero solo frutto di suggestione, bisognerebbe comunque tenerne conto: hanno una legittimità , e anche se non ce l’hanno, hanno una valenza elettorale, trascurando la quale inesorabilmente si perde.

Democrazia è anche tener conto di opinioni palesemente sbagliate degli elettori.

d)    Questione meridionale

La connivenza con mafie,ndranghete e camorre varie è attribuibile anche alla sinistra (almeno a livello locale).  Quindi è difficile trarre vantaggio da una moralità non certificabile.

La gestione del problema “rifiuti” in Campania è stata gestita dalla sinistra a livello di governo e a livello locale in maniera disastrosa sia sul piano concreto che su quello dell’immagine.  Così l’intervento del  Premier ha dato la sensazione di presenza dello Stato e di capacità a risolvere i problemi.

Il discorso potrebbe andare avanti, ma mi fermo qui.