CENACOLO DEI COGITANTI |
DOCUMENTO DEL 19-5-2009 |
COGITAZIONe |
PROBLEMI DI FONDO DELLA
SINISTRA
Ubaldo M.
Cogitante (19-5-2009)
In
risposta alla cogitazione “Le ambasce della sinistra. DUE” di MN del 10-5-09
1. Problemi organizzativi e strutturali
La sinistra italiana (peculiarità specifica) del
dopoguerra trova la sua origine, o almeno la sua nuova fisionomia, nella
cultura / struttura / nomenclatura partigiana della Resistenza. Ha vissuto per anni una filosofia di
contrapposizione ai “padroni” (nel senso di classe e nel senso di sudditanza
agli USA, in qualche modo rappresentati dalla DC): “chiesa” Marxista
contrapposta alla “chiesa” dei padroni.
Filosofia ben rappresentata dall’immagine di Guareschi dell’onorevole
Peppone contro don Camillo (un “contro” comunque rispettoso delle regole e
quasi affettuoso).
L’allora PCI era un partito oltre che ben
connotato, anche ben radicato, strutturato e articolato sul territorio (si pensi
alle “case del popolo” e alle sedi di Partito di paese e di quartiere), con
grande capacità di mobilitazione di militanti; c’erano scuole di partito
efficienti e ben organizzate dove si formavano quadri preparati e anche
politici d’eccellenza.
Era il periodo nel quale essere comunisti
significava essere scomunicati dalla Chiesa, discriminati se non espulsi dal
mondo industriale (esempio significativo era il Vallettismo
alla Fiat, con schedatura e discriminazione degli operai socialcomunisti)
ed emarginati socialmente.
Poi ci fu il revisionismo, la fine dello
stalinismo, la fine della lotta di classe, con riflessi variegati per la
sinistra italiana ancor più ideologicamente sparpagliata, ma comunque il PCI
restava quantitativamente egemone e rappresentativo, oltre che ancora ben
organizzato.
Intanto negli altri paesi occidentali (salvo
parzialmente la Francia) la “sinistra” era o diventava una forza alternativa a
quella conservatrice, ma di tipo Laburista – Socialdemocratico - Progressista,
con capacità di governare senza destabilizzare, senza spaventare le classi
dominanti storicamente legate ai principi – interessi della destra (che
comunque nel resto dell’ Europa postbellica non è mai
filofascista, e raramente corporativa).
Un lungo percorso storico (iniziato da personaggi
come Moro e Berlinguer, in modi anche molto diversi), ha portato attraverso le
vicende che tutti conosciamo all’attuale PD, che non rappresentando più la
vecchia base del PCI, non ne ha ereditato neppure la struttura né la capacità di
mobilitazione, ma non rappresenta ancora un partito laburista, avendo inglobato
senza sostanziale “fusione”, la sinistra DC, ereditandone più personaggi politici illuminati
che base e struttura. Il PD non è
riuscito ad inglobare neppure l’area politica più vicina al concetto di
laburismo-socialdemocrazia, cioè quella socialista, anche se pesantemente
logorata nell’immagine, nella credibilità e nella consistenza dai
coinvolgimenti di Tangentopoli .
Dall’altra parte c’è un partito non partito (infatti finalmente ha assunto il suo nome più appropriato
storicamente cioè “popolo”), proprietà di una sola persona di grande potere
economico e mediatico, ben organizzato e strutturato come un’azienda, con
capacità di stimolare e, quando necessario, “comprare” mobilitazioni di massa,
consensi, mezzi e persino di modificare a piacimento le regole del gioco.
1. Problemi Ideologici
Il primo problema di fondo della sinistra, direi
storico, è l’incapacità di trovare accordi ideologici e unità di intenti.
L’ideologia è per definizione rigorosa, integralista, intollerante e affronta
la realtà come un teorema da dimostrare in base ad assiomi assunti. Basta
assumere assiomi diversi per avere teoremi diversi. Ecco che la sinistra
filosofica, già dalle sue origini si presta più alle divergenze che alle
convergenze.
Gli utopismi socialisti
romantico idealistici e il socialismo scientifico dell’ottocento, i vari Marxismi, poi Marxismi Leninismi più o
meno ortodossi e il Maoismo. Attraverso
i revisionismi (da Togliatti a Berlinguer da Kruscev a Breznev ), fino alla caduta del muro di Berlino,
simbolica fine del comunismo reale, variamente mal implementato in una
consistente parte del mondo, sconfitto da una lotta impari contro il
capitalismo, intrinsecamente più forte (ora agonizzante anch’ esso nella sua
parossistica implosione verso la speculazione finanziaria fine a se stessa ,
utopismo simile alla fede nel moto perpetuo).
A sinistra c’è sempre stato un rinnegato non
sufficientemente rigoroso (il rinnegato Kautsky di
Lenin), o uno troppo a destra o troppo a sinistra, o troppo qualcosa o troppo
poco qualcos’altro.
Ricordo le trasmissioni di radio Pechino,
rimbalzate da Tirana, che nei primi anni settanta anni esordivano
inesorabilmente in questi termini: “ La clicca dei linnegati
levisionisti sovietici … “ e giù la sequela delle
malefatte dell’allora URSS.
La storia della sinistra è una storia di scissioni
(e qualche rara fusione o catastrofica alleanza, come quella PCI-PSI del
frontismo, che portò ad un clamoroso insuccesso elettorale nel 48).
E oggi? Diliberto contro Vendola
e contro il PD, e dentro il PD Bersani contro Franceschini, … e Di Pietro,
Caruso, Grillo, tutti contro tutti.
I partiti laburisti/socialdemocratici/progressisti
nel resto del mondo occidentale sono a largo spettro ideologico e riescono ad
includere, almeno nel momento del voto, tutte le tendenze di pensiero e
interesse collocabili genericamente nell’area , ... quindi dalla sinistra
storica di derivazione marxista o “liberal” (salvo
qualche frangia estrema) al centro moderato ;
pescano anche nella fascia “mobile” del voto cioè nelle classi medie,
che di volta in volta spostano in modo pragmatico
il voto, secondo risultati e comportamenti dei governi precedenti senza
pregiudiziali.
Ma nel resto del mondo occidentale, anche i governi
che si alternano non distruggono quanto fatto dai precedenti governi di diverso
colore, consentendo
una continuità operativa, anche se non ideologica.
In Italia ad ogni cambio si cerca di distruggere
quanto fatto o deciso dai precedenti governi o comunque se ne disconoscono i
risultati.
A destra l’unità è semplicemente un patto d’affari,
non essendoci forti ideologie dietro (la destra ideologica, necessariamente
filofascista legata ai valori tipo Dio, patria, famiglia, … è evaporata
nell’operazione di inglobamento nel Popolo delle Libertà), quindi facilmente
mantenibile con più o meno equi scambi di favori.
2.
Problemi
elettorali
a) Il
voto nel moderno scenario mediatico
Il momento chiave della democrazia rappresentativa
è il “voto” , ma oggi le modalità non sempre corrette
di “cattura” del voto costituiscono anche il suo limite principale.
Più o meno in tutte le democrazie votare significa:
·
-
in elezioni politiche, secondo il modello italiano, scegliere i propri rappresentanti
al parlamento che esercita direttamente il potere legislativo e
indirettamente esprime anche il potere esecutivo attraverso la nomina di
un premier per la formazione di un governo corrispondente agli equilibri del
parlamento. Secondo altri modelli significa scegliere direttamente il premier.
·
-
in elezioni amministrative, significa scegliere i propri amministratori ai
diversi livelli di articolazione amministrativa del paese.
La scelta delle persone e dei partiti dovrebbe
essere “consapevole”, dato per scontato che sia libera (non forzata) e onesta
(non frutto di corruzione).
Consapevolezza che effettivamente la persona e/o il partito scelto
facciano quello per cui sono stati votati e difendano effettivamente
idee/interessi del votante (le leggi e le scelte amministrative corrispondano
alle proprie idee/interessi –le idee sono spesso la proiezione conscia o no
degli interessi!).
Dovrebbe essere il risultato di un processo
razionale. Invece, al pari di ogni
scelta umana, il condizionamento esterno a livello emotivo è fortissimo, come
per ogni pubblicità di ogni prodotto.
Dovrebbe essere basata su informazioni di buona
“qualità” (sufficienti, chiare, complete, competenti) e “non polarizzate”.
Nell’era dell’informazione il possesso e la
padronanza scientifica dei mezzi di comunicazione sono la chiave del potere
(mediatico, e attraverso il voto, effettivo).
Stimolare e cavalcare opportunamente le emozioni
(attraverso suggestioni e associazioni palesi od occulte) come ad esempio la paura, rende possibile
acquisire voti, indipendentemente dalla verità oggettiva, poiché a livello
emotivo conta quella percepita.
Paure (problema della sicurezza), fobie
(ad esempio xenofobia e omofobia, come repulsione per il diverso),
interessi materiali immediati (tasse), difese corporative, … così
è facile confezionare pacchetti
demagogici in grado di intercettare enormi quantità di voti
viscerali in determinate aree geografiche e presso varie categorie di
cittadini.
In più, oltre all’oggetto delle proposte elettorali,
conta molto il modo in
cui vengono poste e discusse:
l’elettorato italico per sua
natura è portato a premiare l’insulto, l’urlo, l’arroganza (vedi il successo di
certi talk show o di certi personaggi come Sgarbi).
D’altra parte non si vince senza voti.
Allora o si è onesti e ideologicamente coerenti nel
metodo e si perde elettoralmente (Veltroni), o si usano i metodi della destra e
si perde l’identità, così succede che il potenziale elettore ha sempre un
motivo per non votare la sinistra:
o non ti vota perché è
proprio di destra o non ti vota perché sei troppo accondiscendente con la
destra ….
b) Incapacità
di adeguamento ai mutamenti sociali ed individuali
La struttura del paese è cambiata
significativamente: sono cambiati i rapporti famigliari, i rapporti sociali, i
rapporti lavorativi, … ma sembra che la sinistra fatichi
ad accorgersene.
Insiste su una posizione vetero-sindacale
con eccessi di tutele del lavoratore da una parte e ammiccamenti al mondo
imprenditoriale dall’altra.
Ci piaccia o no, il lavoro moderno è per
definizione mobile, ma se i problemi connessi a tale necessaria mobilità si
affrontano con la mentalità del posto fisso, si è perdenti e si promuove
involontariamente il precariato, un
precariato sempre più drammatico e oggetto di sfruttamento.
Dovrebbe invece preparare lavoratori, imprenditori
e società a questo mutato modello, che richiede strutture adeguate ed aumento
dell’efficienza dell’intera “macchina”.
C’è poi anche una incapacità
a gestire i moderni strumenti dell’”era
dell’informazione”, in termini di uso accorto dell’immagine, di scelta di
personaggi adatti a tali mezzi , di uso del linguaggio più efficace.
D’altra parte la destra, controllando ed
indirizzando ad arte questi strumenti ha creato una generazione che ha per
modelli calciatori, tronisti e veline con l’unica
aspirazione di apparire e guadagnare.
Così il precario o il disoccupato non hanno mezzi
di sostentamento, ma possono sognare.
La destra fa leva sulle illusioni, sui miti sulle lotterie,
sul “godi di non godere in attesa di godimento” direbbe Cesare Pavese.
E’ la versione moderna del “panem et circenses”
c) Questione
settentrionale
Il modello rappresentato dall’operaio della grande
industria del nord , con la sua lotta di classe e le
sue rivendicazioni sindacali è definitivamente tramontato. Il numero degli operai è diminuito (industrie
automatizzate) ed è cambiato il loro ruolo in fabbrica (scomparse le catene di
montaggio).
I vecchi proletari sono diventati piccolo borghesi da una parte e precari dall’altra.
Poi ci sono le “partite IVA” :
piccoli imprenditori operosi e
volonterosi, ma necessariamente con cultura industriale e tendenza
all’innovazione limitate. Vogliono e
talvolta giustamente meno burocrazia, meno tasse, più servizi e strutture,
benessere e sicurezza.
Alcuni dei problemi che la destra cavalca, come
l’esigenza di sicurezza, possono in parte essere reali ma anche se fossero solo frutto
di suggestione, bisognerebbe comunque tenerne conto: hanno una legittimità , e anche
se non ce l’hanno, hanno una valenza elettorale, trascurando la quale
inesorabilmente si perde.
Democrazia è anche tener conto di opinioni
palesemente sbagliate degli elettori.
d) Questione
meridionale
La connivenza con mafie, ‘ndranghete
e camorre varie è attribuibile anche alla sinistra (almeno a livello
locale). Quindi è difficile trarre
vantaggio da una moralità non certificabile.
La gestione del problema “rifiuti” in Campania è
stata gestita dalla sinistra a livello di governo e a livello locale in maniera
disastrosa sia sul piano concreto che su quello dell’immagine. Così l’intervento del Premier ha dato la sensazione di
presenza dello Stato e di capacità a risolvere i problemi.
Il discorso potrebbe andare avanti, ma mi fermo
qui.