CENACOLO  DEI  COGITANTI

PRIMA PAGINA

COGITANDO IN SOLITUDINE

LA BIBLIOTECA DEL CENACOLO

 

 

COGITANDO IN CENACOLO


 

ARGOMENTI SOGGETTI A CRITICA

 

1) SULLA  SCUOLA        dal  27-2-2009    (+ MN 10° 23-3-2009)

 

2) ITALIA, DOVE VAI ?   dal  14-3-2009    (+ MN 2° 2-4-09)

 

3) FACEBOOK E RAPPORTI UMANI: STRUMENTO ANTROPOLOGICO EFFICACE O ECCELLENTE ANSIOLITICO?   dal 13-4-2009 (+ RV 18-5-09)

 

4) LE AMBASCE DELLA SINISTRA: CHE FARE? Dal 21-5-2009 (+UM 2° 24-5-2009)    

 

 


 

1) SULLA SCUOLA  [COGITANDO IN CENACOLO]     (Torna su)

 

- Dagli anni ’70 s’è spezzata l’alleanza tra scuola e famiglia (negli anni ’50, ’60, chi “andava male” a scuola, “andava peggio” a casa). Come affrontare e superare  i danni di questa  frattura?

- Oggi “tutti promossi”, “tutti ignoranti”. Quali fasce sociali risentono di più di questa realtà?

- Alla luce dei nuovi canali di informazione (internet ecc) quale ruolo deve avere oggi la scuola?

- La scuola va a bene come è oggi organizzata ?

- Deve fornire gli strumenti per costruire un professionista specializzato? Che cosa dobbiamo cambiare dell’attuale architettura scolastica per ottenere questo risultato?

- Deve fornire un metodo di apprendimento: ricercare e organizzare le fonti, analizzarle, metabolizzarle e produrre “cultura”? Che cosa dobbiamo cambiare dell’attuale architettura scolastica?

- Deve fornire ogni strumento idoneo a formare un cittadino consapevole, critico e coinvolto nella vita socio-seconomico-politico-culturale del paese? Che cosa dobbiamo cambiare dell’attuale architettura scolastica?

 

NON PRIVARCI DEL TUO CONTRIBUTO

 

DOCUMENTI CORRELATI

24-7-2009 Il Corriere della Sera (24-7-09) PACCHETTO UNIVERSITA’ (gli atenei promossi e quelli bocciati)

24-7-2009 Documento d’interesse. La Stampa 24-7-09. Due articoli sulla scuola. R. Masci e M.T. Martinengo.

23-7-2009 Documento di interesse. La Stampa 23-7-2009 La scuola ha smesso di insegnare . Luca Ricolfi

2-6-2009 Documento d’interesse. La Repubblica 2-6-09. Professore sospeso per due mesi, chiese: "Religione o altra materia?". Un docente del liceo scientifico Righi di Cesena punito per aver diffuso un questionario La maggioranza avrebbe optato per lo studio dei diritti umani e della storia dei culti. di Salvo Intravaia

24-4-2009 - La Repubblica 23-4-09 Si uccide davanti al prof e ai compagni suicidio-shock in un liceo del frusinate. (Aveva preso “4” al compito di greco: vogliamo parlarne in Cenacolo?).

4-4-2009 – Ministero della Pubblica Istruzione: 10 anni di scuola statale 1998-2008 (3-2009)

21-3-2009  Documento d’interesse. La Repubblica 21-3-09. Maturità, in migliaia a rischio. Slitta il nuovo regolamento? In arrivo il regolamento Gelmini che prevede la media del sei per sostenere l'esame. Ma il ministro Giovanardi ne frena l'entrata in vigore: "Siamo già a metà anno". di Salvo Intravaia

20-3-2009 – Documento d’Interesse. Il valore legale dei titoli di studio: residuato anti-storico o garanzia di uguaglianza? Ferdinando di Orio (Rettore dell’Università dell’Aquila) 10 gennaio 2009

30-4-2009 - Documento d’interesse. Il Corriere della Sera. I ragazzi e i silenzi degli adulti. I nostri figli senza maestri. di Isabella Bossi Fedrigotti

Dossier “Scuola”

COGITAZIONI

1) Antonio (27-2-2009)

6) Roberto 2° (5-3-2009)

 

 

2) Mauro (27-2-2009)

7) Antonio 2° (6-3-2009)

 

 

3) Luciano (1-3-2009)

8) Mauro 3° (15-3-2009)

 

 

4) Roberto (3-3-2009)

9) Antonio 3° (19-3-09)

 

 

5) Mauro 2° (4-3-2009)

10) Mauro/Carlo/Mauro 4° (23-3-09)

 

 

 

 

 

 

 

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10)  Mauro/Carlo/Mauro  (Discussione su Facebook: Gruppo Liceo Scientifico Cavour – Roma)

MAURO ha scritto:

Noi (una decina della B del triennio '63-'65) riteniamo di essere stati marchiati dal professor Italo Guidetti di Storia e Filosofia. Aveva un metodo di insegnamento pericolosissimo: per tutto il trimestre (giurassico... giurassico, vabbè) spiegava. Interrogava l'ultima settimana con convocazioni anche nel pomeriggio. Insomma, promozione o bocciatura dipendevano dal nostro saper essere studenti quanto meno "accorti". Il suo scopo era chiaro: trasmettere a noi il piacere di porci delle domande, di affannarci con tenacia nel risolvere dubbi e non di campare al calduccio di piccole e gracili certezze (oggi si direbbe "integraliste"). Metterci in grado di rispondere alle domandine con metodi usuali? Non gli interessava assolutamente. Si capiva benissimo che le interrogazioni erano per lui un incidente di percorso nella Stoà, da sbrigare in fretta a fine trimestre, tre settimane l'anno. Promuoveva col contagocce: sui libri di storia e/o filosofia, ogni anno, almeno un terzo della classe passava l'estate per l'esame di riparazione. Io, ad esempio, in filosofia ero proprio una capra (per la verità sono sempre stato sotto la media, in tutto). Me la beccai in terza (o in quarta?) e alla maturità. Ma, oggi, la mia biblioteca è piena di libri "problematici". Gli assertivi li lascio a chi deve rispondere alle domandine. E' una biblioteca piacevolemente guidettiana.
Compatitemi questo pippone su Italo Guidetti.

 

Post n. 6

Carlo Firmani (Italy)

Ma che compatitemi!!! Io faccio come lui ancora oggi. Solo che a me non consentono di bocciare quasi mai. Lo scopo che perseguo è anche quello di far abituare i ragazzi ad una sana programmazione dei tempi di studio in modo che, maturata una certa autonomia, possano poi servirsene all'università. Peccato che mi trovi a predicare quasi nel deserto.

 

Post n. 7

MAURO ha scritto

E' un po' triste mio caro. Una volta la scuola era il luogo di un potenziale riscatto sociale per chi, provenendo dalle classi sociali non "predestinate", riusciva ad emergere negli studi e si affermava. Oggi - come si scriveva nel sito che sai - non è permesso a chi è bravo di emergere perché tutti saranno ugualmente emersi. A rimetterci sono i "non predestinati" (indivina da che classi provengono), perché i "predestinati", anche se ignoranti, avranno le strade già aperte; perché, anche se capre, avranno un titolo di studio da sbandierare e che sfrutteranno, mentre i non predestinati lo stesso titolo di studio se lo sbatteranno. E non potranno pretendere dalla società scelte per merito, perché non esistono più criteri di valutazione. Vale ormai solo il censo: il figlio del libero professionista farà il professionista ereditando studio e clienti del padre; il figlio del giornalista potrà fare il giornalista (guardate le nuove firme in TV), il figlio del notaio farà il notaio (questa anche prima, ma almeno doveva studiare), il figlio del politico farà quello che vuole...
E' stato lo storpiamento delle sorgenti del '68. Da: tutti con uguali possibilità fino all'università, a: tutti con lo stesso risultato. Insomma, da un trampolino uguale per tutti (poi ciascuno farà il suo tuffo), a tuffo uguale per tutti. Le classi al potere (parlo degli anni '70) non sono state mica sceme: hanno preso la palla al balzo ed hanno creato una scuola "facile" per i loro rampolli-capre. E' irrilevante che risulti facile anche per gli altri. I quali, da sciocchi, pretendono proprio questo e, da non predestinati ma sempre promossi come gli altri - si attaccheranno. Infatti, si stanno attaccando..... E dovranno umiliarsi per ottenere qualche briciola... Ecco che cosa abbiamo combinato, o meglio, che cosa non siamo riusciti a evitare....
Caro Carlo il triste è che a non voler tornare a giudizi e valutazioni serie sono proprio i non predestinati che si cacciano in un cul de sac sociale senza saperlo.
Passatemi le generalizzazioni per motivi di sintesi.

CRITICA


9) Da Antonio 3°

Cogitando, cogitando...nelle settimane scorse, fra i genitori della scuola elementare frequentata da mia figlia, abbiamo costituito un coordinamento con lo scopo di arginare lo scasso che la cosiddetta riforma Gelmini porterà alla scuola. Abbiamo manifestato, abbiamo raccolto firme per ribadire la nostra volontà di non vedere modificata l'organizzazione scolastica almeno per i bambini che stanno frequentando dalla prima alla quarta. E' stato un movimento spontaneo, non elettivo. E allora, a detta di Brunetta, mi dovrei sentire un guerrigliero e sarò trattato di conseguenza.

Del resto qualche giorno fà, in una trasmissione che si chiama Ballarò, un Vice Presidente della Camera (mi pare) che ha nome Maurizio Lupi, ha parlato di "maledetta Italia". Forse la parola Italia andrebbe scritta in minuscolo così come è collegata alla parola maledetta. Quindi, evidentemente, c'è una logica in tutto questo.

Per completare l'opera e per darsi una giustificazione e un alibi chi ci governa stà tentando la via della provocazione. Così, come ha affermato Brunetta, "i guerriglieri saranno trattati come tali".

E si continua a guardare la TV!!

Povera Patria.

CRITICA


8) Da Mauro 3°

Sulla scuola media.

Se  agli esami detti “di ammissione alla scuola media”, fosse “scappato” anche un solo errore di ortografia, si sarebbe ripetuta la quinta elementare. In prima media, si studiava tutta la mitologia greca; in seconda, si leggeva e si commentava tutta l’Iliade; in terza, tutta l’Odissea. 

Uno dei Cogitanti (Roberto) ama affermare che se avesse studiato più compiutamente i due poemi omerici, sarebbe stato un medico migliore.

Forse, in prima media, tradurre 50 frasette di latino come compito a casa, fin dai primi giorni di scuola, era eccessivo: si impegnava un pomeriggio intero e si finiva con un mal di testa. Ma, all’università, scoprii che il saper mettere in italiano accettabile tre frasi o le decine di pagine di una tesi mi derivava dal latino studiato alle medie e al liceo, articolato con l’applicazione dell’analisi logica (i cui rudimenti erano appresi già in quinta elementare).

Si ripeteva l’anno se agli esami di terza media fosse “scappato” qualche errore di sintassi. 

Ritengo che l’eliminazione del latino alle medie sia stata la più maramaldesca fregatura appioppata agli studenti italiani. Perché il latino non era una lingua (morta), era una matematica, una storia, una filosofia, una letteratura. Il suo studio comportava la messa a punto (forse inconsapevole per lo studente, ma impareggiabile dal punto di vista culturale)  di un metodo di apprendimento, di capacità di organizzazione delle informazioni, di elasticità intellettuale nel passare da una disciplina all’altra pur restando impegnati in una semplice versione di dieci righe.

Il latino era una vera e propria tecnologia culturale messa a disposizione di chi, non più bambino e ancora non adolescente, avrebbe dovuto cominciare a crearsi strumenti personali per “prendere le misure” alla vita.

Chi fu l’autore dello scempio? Non me lo ricordo.

CRITICA


7) Da Antonio 2° (in risposta a Mauro 2°)

 

è molto intenso il Tuo"memento" sulla scuola elementare. Tuttavia mi trovo in disaccordo su alcuni dei punti da Te affrontati. Forse, questo disaccordo si manifesta proprio alla luce della straordinaria esperienza che stò vivendo oggi come papà di una bimba di sette anni che stà frequentando la scuola elementare, dopo avere avuto l'esperienza dei primi tre figli che invece hanno frequentato la scuola elementare rispettivamente trenta, venticinque e venti anni fà.

Questa esperienza, che ho anche maturato attraverso la partecipazione negli Organi collegiali a tutti i livelli - nel passato e oggi - (dal Consiglio di Classe al Consiglio Scolastico Provinciale al Consiglio di Circolo) mi porta ad una conclusione: la scuola è sempre (stata) cristallizzata in schemi organizzativi che non si sincronizzano con la società e con il suo naturale evolversi.

Anche io ho avuto il cosiddetto maestro unico. Che ricordo ancora per le sue grandi capacità e per la sua severità. Ed è anche vero che la funzione del maestro è stata ed è quella di sostituirsi e completare i percorsi educativi che i genitori intraprendono o dovrebbero intraprendere. Si, dovrebbero intraprendere. Perchè, nel frattempo la società è cambiata. mentre prima, nella maggioranza dei casi, era solo il papà, a portare a casa il necessario per la sopravvivenza quotidiana e quindi la mamma, a casa, poteva ancora supplire nelle fasi educative dei figli, oggi (ma ormai da tempo) anche la mamma come il papà deve provvedere al sostentamento della famiglia ed i tempi da dedicare alle funzioni educative si sono drasticamente ridotti. Non solo. La società nel frattempo si è evoluta (nel senso  che ha modificato anche i propri ritmi) ed i nostri figli hanno cominciato a subire input sempre più diversificati. Da qui, pertanto, anche l'esigenza proprio nella fase evolutiva più delicata per un futuro uomo, di potere disporre non di una sola guida di riferimento, ma di una squadra, di una funzionalità educativa diversificata sia pur nell'unico obiettivo di formare le future generazioni.

E' questa funzione formativa, ed è questo un punto sul quale mi permetto di dissentire non deve essere una “autorevole (si spera) autorità” di origine non familiare, come hai affermato, ma dovrebbe essere capace di trasferire sicuramente con sufficiente autorevolezza (e senza autoritarismi, aggiungo) nel più breve tempo tutte quelle conoscenze necessarie per sopravvivere nella complessa e articolata società di oggi. L'unico maestro mi ricorda tempi cupi dove solo uno aveva la conoscenza della verità.

Ed è "proprio perché un bimbo di cinque, sei anni non è in grado di gestire una pluralità di personaggi" che dovrà affrontare nella realtà quotidiana, perchè a casa non ci saranno le mamme ed i papà che lo potranno aiutare come ai nostri tempi, è necessario che l'educazione e la formazione siano affidati ad una pluralità di personaggi.

CRITICA


6) Da Roberto 2° (5-3-2009)

 

La scuola come vaccinazione

Al di fuori di scuola e famiglia, che sono almeno in teoria “dalla parte” dei ragazzi, un mondo di interessi economici tende a condizionare le persone, omologarle, trasformarle in consumatori acritici, succubi dell’industria pubblicitaria in senso lato (TV, internet, cinema e stampa compresi) e degli interessi commerciali delle multinazionali. Ciò è particolarmente facile (e criminale) quando l’oggetto di tali ‘cure’  sono i bambini ed i ragazzi, per loro natura particolarmente indifesi da simili insidie. Gli adulti, salvo le doverose eccezioni, sono per la maggior parte del tempo occupati in lavori sempre più precari, ripetitivi ed alienanti; e comunque preda anch’essi di quel fenomeno contemporaneo sempre più accentuato che va sotto i nomi di ‘crisi dei valori’ e ‘crisi delle ideologie’. Se nel periodo della formazione, quando il “sistema immunitario culturale” dell’individuo si forma, non vengono stimolate le difese (che sono, sostanzialmente, l’abitudine al pensiero libero e magari ‘laterale’, la critica, la formazione ragionata e consapevole di un sistema di valori), tale individuo si troverà alla mercè delle suddette forze ‘di mercato’. Basti pensare che negli States i pubblicitari hanno elaborato strategie che puntano ad “insegnare” a bambini e ragazzi le tecniche per convincere (costringere?) i genitori ad acquistare ciò che l’industria propone. Questo ricorda sinistramente gli indottrinamenti che i regimi comunisti ed il nazismo misero in opera a suo tempo per far sì che i figli denunciassero i genitori che avessero lasciato trasparire opinioni avverse a quei regimi!

Fino agli anni ’60, in Italia, il bambino e poi il giovane in formazione si trovava al centro di un tessuto socioculturale e politico che tendeva a trasmettergli valori omogenei. I genitori, la famiglia in generale, il prete, il maestro o i professori, il medico di famiglia, i libri e giornali per ragazzi, tutto e tutti, insomma, gli presentavano un sistema di opinioni, valori, consuetudini sostanzialmente simile; pur con le differenze del caso, il giovane avvertiva un profondo senso di comunità e di appartenenza in cui anche la ‘ribellione’ giovanile trovava il suo posto, la sua spiegazione, il suo limite. Alla fine di tale processo educativo-formativo vi erano, non definiti ma evidenti, i “riti di passaggio” all’età adulta: la goliardia per i figli delle classi dominanti, la ‘naja’ per quelli delle classi cosiddette subalterne. Il giovane, divenuto adulto, diveniva a sua volta membro di questa “società educante” e trasmettitore , alla generazione successiva, di quegli stessi valori e tradizioni.

Questo meccanismo si è inceppato, forse irreversibilmente, negli ultimi decenni, e ad esso non si è, a tutt’oggi, sostituito alcunché. Di qui una  diffusa condizione di sgomento, disorientamento, anarchia, disagio. E d’altronde, come potrebbe un genitore disorientato dare un orientamento? O un maestro o professore demotivato, dequalificato e mal pagato svolgere un ruolo di modello etico-culturale? Non parliamo di una classe politica, che anche prima del disastro di Tangentopoli era così poco credibile ed affidabile, o di una chiesa cattolica che sembra voler ottusamente ignorare tutti i fermenti e le esigenze del mondo moderno per riaffermare  a testa bassa e denti stretti un’autocelebrazione ed una  autoreferenzialità piuttosto medievali che contemporanee.

Ho sentito dire una cosa che mi sembra una amara verità: i cattivi maestri sono più ascoltati e creduti dei buoni ( in particolare di noi genitori) perché parlano ai nostri figli del loro mondo reale, mentre noi, quello, non lo conosciamo neppure,  e parliamo loro del ricordo impreciso di un tempo che fu, di un mondo che non è più.

Noi non conosciamo i piccoli segreti delle strade dei nostri figli, lo spacciatore, il cattivo compagno, il cattivo maestro, le mode giovanili di devianza, i writers, gli squatters, i pushers… Loro sì, e solo se affrontano la loro strada “preparati” possiamo sperare che diventino uomini e cittadini maturi e responsabili. Come prepararli?  Come capire, e far loro capire, quali siano i rischi, i pericoli, le occasioni, dove sia il bene e dove sia il male in una società che sembra aver bandito i concetti stessi di bene e di male, sostituendoli con quelli di utile, possibile, vantaggioso?

Per la quale società, ciò che la tecnologia rende possibile fare, ebbene può essere fatto; senza dover badare se quella cosa è moralmente accettabile o meno. Se una cosa dà un immediato piacere, perché privarsene, anche se ci danneggia, o danneggia qualcun altro? La morale non è più il metro su cui misurare la liceità o meno di cose, fatti, comportamenti; è stata sostituita dal profitto, dall’indifferenza, dal ‘laissez-faire’.

Ed in una simile situazione, caratterizzata da istituzioni indifferenti o corrotte, dalla tanto citata crisi delle ideologie, dal generale disorientamento, la Scuola, che potrebbe essere portatrice della nostra cultura, dei nostri veri valori, frana sotto il piccone di squallidi ‘riformatori’, di destra e di sinistra, che per ignoranza o per interesse sacrificano il futuro di questo Paese, abbandonando i giovani al loro destino!

Non più sacrificio, responsabilità, studio, costanza, disciplina, serietà; ma invece approssimazione, lassismo, edonismo, anarchia.

Eppure ognuno di noi è in fondo convinto, e credo a ragione, che solo la Scuola, in cui transitano, per un lungo periodo di 12 – 13 anni almeno, TUTTI i bambini ed i giovani del Paese, sia l’istituzione che potrebbe svolgere un ruolo fondamentale per uscire da questa impasse. Certo non con l’attuale personale, l’attuale budget, l’attuale normativa!

Davanti alle sempre più agguerrite e numerose schiere di coloro i quali hanno forti interessi e abbondante amoralità per portare avanti e rafforzare questa nuova “In cultura”, sparute e spaurite le forze che ancora credono in una società più giusta, ordinata, colta e consapevole perdono continuamente terreno, e sembrano avviate ad una inevitabile sconfitta: ma è proprio così? Certo che se fossimo più coscienti di quello che sta accadendo, se sapessimo leggere le conseguenze negative di fatti in sé apparentemente “neutri” saremmo meno disarmati davanti a questa marea montante.

Parliamo ad esempio di profitto: venerato da alcuni, esecrato da pochi, considerato dai più come una delle molle indispensabili del progresso umano. Ognuna di queste posizioni è più o meno ragionevole ed accettabile. Ma se ci caliamo in qualche caso concreto vediamo come di per sé il profitto può essere una motivazione altamente controproducente. Il 70% degli antibiotici prodotti non vengono utilizzati per curare le malattie umane o animali, ma somministrati indiscriminatamente agli animali di allevamento (dai pesci ai polli ai bovini) per incrementarne la crescita e prevenire epizoozie, che sarebbero un grave danno economico. Questo, unito ad un uso non di rado irrazionale degli antibiotici in terapia umana, ha fatto sì che si sviluppassero moltissimi ceppi microbici resistenti, rendendo necessaria una continua ricerca e commercializzazione di nuovi antibiotici. Purtroppo, di antibiotico si assume una dose al giorno per sette giorni, mentre di psicofarmaci se ne prende sì una dose al giorno, ma per tutta la vita;  per cui la ricerca farmaceutica sforna ogni anno nuovi psicofarmaci, ma da tempo non si brevetta un nuovo antibiotico, soprattutto farmaci attivi contro la TBC e le malattie tropicali. Un profitto nell’immediato rischia di trasformarsi in una catastrofe – non solo economica – nel futuro. Il cosiddetto “Capitalismo maturo” sembra in questo caso (ed in molti altri) simile all’apprendista stregone, che armato di potenza ma non di controllo scatena forze avanti alle quali poi è destinato a soccombere. E lo stesso si può dire dello sviluppo industriale, dell’uso dei combustibili fossili, dell’agricoltura intensiva e degli OGM, del saccheggio dell’acqua e di mille altri aspetti della nostra civiltà.

Solo cittadini informati, responsabili ed organizzati, produttori e consumatori consapevoli possono opporsi a queste forze cieche e brutali che sembrano essere l’ultima incarnazione del Capitalismo. E si ritorna alla Scuola, unico possibile vaccino contro l’acriticità, la superficialità, l’incultura che sono il pabulum indispensabile per l’allevamento di generazioni di consumatori acritici, disinformati, autolesionisti che garantiscono la crescita a questo  modo di produzione suicida. Quando si prospetta un fantomatico “scontro di Civiltà” o si parla di imminenti “Guerre di Religione” è forse il caso di chiedersi come può essere visto questo bubbone della economia globalizzata occidentale da chi, in tutto il mondo, ne fa le spese. Se si viaggia nei paesi  dl terzo mondo, specie quelli mussulmani, dopo un po’ si scopre di provare una sorta di nostalgia: la gente è affabile, sorride al forestiero, appare ospitale e disponibile, i bambini giocano per strada rispettosi degli anziani, il rapporto tra le persone appare genuino, sembra di essere tornati nell’Italietta degli anni ’50. E’ l’industrializzazione che ci ha così depersonalizzati? Il successivo e conseguente consumismo, con la mercificazione di tutto e di tutti? Non lo so, ma questo mi sembra di vedere più che un conflitto di Civiltà o di Religioni: una società compatta ed omogenea, coi suoi valori tradizionali Vs. una società amorale, disgregata, cinica e violenta. Gli uomini sono uguali in partenza, la cultura di un Paese li plasma poi a sua immagine; e la scuola è veicolo di tale formazione. In questo nostro Paese il decadere dell’istruzione pubblica sta dando spazio ad una crescente aggressività della scuola privata e confessionale, che aggraverebbe ancor più le spinte disgregatrici e farebbe crescere le disparità sociali, lasciando indifese e povere di strumenti culturali di autodifesa, di ‘vaccini’, proprio le fasce più deboli e svantaggiate. Un nuovo ‘analfabetismo culturale di massa’ garantito dalla scuola dei poveri ed una nuova élite culturalmente acritica forgiata nella scuole confessionali private. Ben si attaglia questo modello alla Chiesa di Ratzinger, mentre cerca di attuare il suo programma neo-medievale di ferreo dominio delle coscienze e di lotta spietata alla diversità!

Berlinguer trenta anni fa dava al suo partito la parola d’ordine “La scuola pubblica deve essere la prima priorità ”: di quel messaggio non è rimasto nulla, destra e sinistra hanno picconato la Pubblica Istruzione con impegno bipartisan, riducendola in fin di vita proprio nel momento in cui si avrebbe più bisogno di lei. Ma se qualcuno non riprenderà quella parola d’ordine in tempo, sarà forse troppo tardi, e non so se al nostro declino ci sarà rimedio: un nuovo Medioevo ci attende?

CRITICA


5) Da Mauro 2° (4-3-2009)

 

Sulla scuola elementare.

Sono figlio di due insegnanti elementari (passati da tempo a miglior vita), tanto votati alla missione quanto esigenti.

Da giovani maestri, hanno insegnato in vari paesetti della Sabina, dove hanno seminato i loro tre figli. Prima di concludere (negli anni ’60 e ’70) la loro “carriera” a Roma, mio padre aveva insegnato (pluriclasse) nella campagna reatina. Non potendo contare su adeguati sussidi didattici, comprava lui quaderni, matite e penne e pennini per tutti. Andava fiero del fatto che non pochi ex scolari, a distanza di anni,  lo ricercavano per  chiedere consiglio al vecchio maestro prima di inserirsi nel mondo del lavoro o iscriversi all’università.

Mia madre andava fiera per una cosa diversa: quando tornava a gestire una prima elementare, a Natale dava il grande annuncio alla famiglia: “Anche in questa prima alcuni bambini mi hanno chiamato mamma….”.

Ho recuperato questi vecchi ricordi non per motivi sentimentali, ma per fornire la fonte intellettuale delle considerazioni che sto per fare.

 

Ho sempre considerato la scuola (almeno fino alle medie superiori) una sorta di allenamento che la società deve imporre ai cittadini per metterli in condizione di affrontare preparati, per quanto possibile, la partita della vita: individuale, interpersonale e sociale. E, si sa, è opportuno effettuare gli allenamenti proprio quando le condizioni di contorno sono negative: ci si allena con la pioggia, perché se “giocheremo” col tempo brutto, saremo allenati, se il tempo sarà bello, saremo avvantaggiati.

La scuola quindi, oltre ad essere una fonte di nozioni e di metodi, è un microcosmo della società ( quella dei grandi) nella quale tutti, passata l’età scolare, dovremo approdare.

Proprio a scuola, il giovane che comincia a mettere il naso al di fuori delle ovattate protezioni familiari, “prova” ad ampliare il proprio orizzonte, viene allenato a riconoscere le grandi architetture in cui è strutturata la società (autorità, ruoli, doveri, diritti, valori); si esercita ad assumere impegni nuovi, ad operare insieme ad altri, a capire le dinamiche comportamentali, a prenderle come metro di misura del proprio agire, a misurare i personali progressi nell’apprendimento e nel vivere civile, a giudicare gli altri e se stesso, a pretendere il giusto da se stesso e dagli altri. Insomma a diventare cittadini di una polis e non semplici gregari.

A cinque sei anni, quindi, si entra in società attraverso l’opera di un maestro che deve assumere le caratteristiche rassicuranti dei genitori e, contemporaneamente, il ruolo di chi è incaricato di procede a giudizi su quello che facciamo, su come impariamo a farlo, su quello che dimostriamo di saper fare.

Questa operazione non può che essere appannaggio di un solo personaggio, il maestro/maestra, in grado di operare con serenità come compagno di viaggio del bambino e, al  tempo stesso, di offrire un primo esempio di “autorevole (si spera) autorità” di origine non familiare.

Sono quindi d’accordo col maestro unico della Gelmini, almeno per i primi tre anni della scuola elementare, proprio perché un bimbo di cinque, sei anni non è in grado di gestire una pluralità di personaggi assegnatigli solo perché non si sa dove metterli, magari in contrasto professionale tra loro, in una scuola costruita per chi pretende di insegnare e non per chi deve pretendere di imparare e diventare un cittadino utile a sé ed agli altri. Questo non vuol dire che poi attorno al nuovo e diverso “genitore sociale” non possano ruotare “specialisti” come insegnanti di lingua, di internet, di educazione stradale, di musica ecc.; ma il rapporto fondamentale, il “calzante” utilizzato dalla società per accogliere il nuovo cittadino ancora in età evolutiva, ritengo debba essere costituito da un solo personaggio. Solo così il bimbo potrà cominciare a misurarsi con l’innesto del giudizio esterno sul tronco affettivo costituito dalla famiglia.

Per concludere senza concludere: ritengo che la famiglia accorta non possa non vedere nella scuola una protesi per potenziare il suo stesso ruolo, protesi che i genitori naturali devono imparare ad utilizzare, evitando di limitarsi a considerare gli anni di studio come parcheggio temporale dove tenere i figli in attesa dell’attestato di ignoranza. 

E’ questa concezione che in seguito, esaltata dal complesso di colpa derivante dal trascurare la prole (perché “troppo impegnati nel lavoro”), tenderà ad atteggiamenti iperprotettivi in grado di produrre giovani fondamentalmente disadattati e, quindi, cittadini, di fatto, asociali.

Insomma, l’eccesso di protezione, i continui cedimenti alle richieste, le giustificazioni anche in caso di mancanze gravi, la complicità a tutti i costi tranquillizzano mamma e papà (“… e se ti bocciano, ricorriamo al TAR…”), ma non giova ai figli: è facile e comodo atteggiarsi a loro amici contro la società ostile, anzi nemica e causa di ogni disagio (la scuola e gli insegnanti, nello specifico), quando invece dovremmo rivestire il difficile ed impegnativo ruolo di educatori, mediando con altri educatori.

Ma, si sa, la cosa costa fatica e ruba il tempo al Grande Fratello….

CRITICA

Critica da Antonio 2°


 

4) Da Roberto (3-3-2009)

RISPONDO TELEGRAFICAMENTE:

- Dagli anni ’70 s’è spezzata l’alleanza tra scuola e famiglia (negli anni ’50, ’60, chi “andava male” a scuola, “andava peggio” a casa). Come affrontare e superare  i danni di questa  frattura?

La fine dell’alleanza coincide con la rapida esplosione dell’intera società; in termini Marxiani si potrebbe parlare di fine dell’egemonia di classe, che in qualche modo uniformava ideali, valori, comportamenti. Al ragazzo parlavano più o meno allo stesso modo i genitori, il prete, il maestro; oggi la struttura della società è disgregata, ognuno canta ai giovani la sua canzone, non c’è più un corpo sociale unito anche perché il mondo globalizzato non ha posto per altro che per il profitto immediato. E le famiglie sono ormai distanti di una o due generazioni da quelle che vivevano in ‘quell’altro mondo’, sono altrettanto o forse più ancora disorientate dei giovani.

- Oggi “tutti promossi”, “tutti ignoranti”. Quali fasce sociali risentono di più di questa realtà?

Che domande: quelle più basse, per le quali una volta l’istruzione significava anche e soprattutto riscatto sociale. Prima tutti analfabeti, ora tutti diplomati… ma la differenza non è così grande come potrebbe sembrare! Sappiamo che le classi dominanti non mandano i figli in questa scuola, ma : istituti privati, università private, studi e master all’estero, e il divario persiste ed anzi aumenta. La folle scuola italliana di oggi sembra fatta per perpetuare ed aumentare la discriminazione e la disparità, mentre l’intenzione dichiarata (non so quanto in buona fede) era proprio il contrario

- Alla luce dei nuovi canali di informazione (internet ecc.) quale ruolo deve avere oggi la scuola?

Oggi (e sempre) il compito della scuola è quello di formare cittadini capaci di essere all’altezza delle grandi responsabilità che l’essere cittadini di un paese democratico comporta. Già negli anni ’50 un documento di Confindustria affermava che il grosso della preparazione professionale specifica avviene in Azienda, perché la scuola, per sua natura, può offrire solo una formazione professionale superata. Allora perché non approfittare per dare a tutti i giovani CULTURA? Non credo che un tornitore o un agricoltore sarebbero peggiori se avessero studiato Arte, Filosofia, Latino, Musica, Letteratura… Forse saprebbero meglio trovare la dignità ed il ruolo del loro lavoro, godere di più la vita, essere più critici e più forti davanti all’attacco della disgregazione…

- La scuola va a bene come è oggi organizzata ?

CHIARAMENTE NO

- Deve fornire gli strumenti per costruire un professionista specializzato. Che cosa dobbiamo cambiare dell’attuale architettura scolastica per ottenere questo risultato?

Vedi sopra: il professionista si fa in azienda, la scuola deve formare uomini e cittadini, dare il quadro di riferimento, ed eventualmente fornire le cognizioni necessarie per poter fruire dell’esperienza di lavoro

- Deve fornire un metodo di apprendimento: ricercare e organizzare le fonti, analizzarle, metabolizzarle e produrre “cultura”. Che cosa dobbiamo cambiare dell’attuale architettura scolastica?

Soldi, formazione degli insegnanti, altri soldi, rigore, soldi, coscienza che nella scuola si forgia il futuro di tutto il paese, soldi…. (la salvezza costa!)

Fornire ogni strumento idoneo a formare un cittadino consapevole, critico e coinvolto nella vita socio-seconomico-politico-culturale del paese. Che cosa dobbiamo cambiare dell’attuale architettura scolastica?

Chiederei piuttosto cosa dobbiamo cambiare della società: non credo che si dia una scuola sana in una società malata.

CRITICA


3) Da Luciano (1-3-2009)

Considerazioni preliminari sulla scuola

Senza avere la pretesa di dire qualcosa di organico (l’argomento mi è ostico e gli impegni premono), tanto meno su temi specifici come programmi, didattica ecc., mi limito ad alcuni spunti di “contesto”.

I tempi mi sembrano maturi per una riscoperta (ed un affiancamento alle altre istanze) del principio di autorità: le tutele odierne dal punto di vista giuridico e della maturità sociale appaiono antidoti sufficienti per evitare che ad esso si accompagAntonio arroganza e prevaricazione.

Bullismo: occorre avere il coraggio della giustizia a tutela dei deboli. Chiudere gli occhi di fronte a certi episodi non è indulgenza, è - eufemisticamente - paura.

Siamo (come opinione pubblica, organi di informazione ecc.) finalmente diventati capaci di distinguere tra: reali istanze di miglioramento che vengano dagli studenti (giuste o meno, ma in buona fede), strumentalizzazioni politiche, semplici manifestazioni di immaturità?

Una proposta: in tempi di tagli e ristrettezze economiche, credo che sarebbe essenziale investire maggiori risorse per  risolvere i problemi di: scarsa comunicabilità (introducendo esperti di comunicazione a fare da collegamento tra docenti e studenti), distanza dal mondo del lavoro (intensificando e rendendo finalmente effettivo ed organico l’intervento di operatori del mondo del lavoro e delle imprese), disinteresse delle famiglie (trovando nuove forme di partecipazione rispetto a quelle episodiche e/o consunte esistenti).

CRITICA


2°) Da  Mauro (27-2-2009)

Alla luce dei disastri scolastici degli ultimi 35 anni, mi chiedo:” Quanti genitori ritengono di dover pretendere che la scuola frequentata dai figli sia valida, puntuale, efficace, con il giusto rigore nell’applicare le regole interne ed esterne?”. “Quanti considerano utili per il futuro dei loro figli i quindici, venti anni passati sui libri?”

Al di là delle chiacchiere promosse da personaggi in mala fede, nel ’68 (diciamo fino al 1971-1972) si studiava due volte: una per superare l’esame, come richiesto dalla prassi meritocratica vigente da generazioni, l’altra per avere gli strumenti culturali per “far fuoco sul quartier generale”, come indicava Mao.

Capita velocemente l’antifona: l’allora classe dirigente si accorse che i rampolli che uscivano dall’università non rappresentavano più (come era stato per secoli) i rincalzi per mantenere in piedi il sistema, ma puntavano apertamente a rivoluzionarlo. In breve tempo, la scuola pubblica fu disarticolata. Dal ’73, ’74 non si studiò più: tutti promossi. Ricordo i commenti di un amico di architettura che, ridendo,  mi informava della prassi: uno fa il disegno e 15 vengono promossi.

Nel frattempo, la classe dirigente trovò altri criteri di formazione dei successori predestinati: scuola privata, corsi di perfezionamento, magari all’estero, qualificazioni aziendali ecc. O altri canali: cursus honorum nei partiti politici o come clientes, ad esempio.

Per la prima volta le famiglie “normali” furono costrette a decidere che il tempo scolastico dei figli era tempo perso, da far passare in fretta (se mi bocciano il ragazzo, ricorro al Tar!) perché altre e di diversa natura ( a partire dal censo)  erano le promozioni personali da coltivare per permettere l’ingresso nel mondo del lavoro: la raccomandazione del potente di turno, tra le altre. Perciò, a che serve studiare? Certo, pronti a manifestare per la scuola pubblica, diciamo meglio “gratuita”, ma maestri e professori non devono rompere con inutilità come formazione, meritocrazia, educazione, impegno, regole: promuovano e forniscano gli attestati. E tanto basti!.

Con gli anni ’70 si disarticola l’alleanza famiglia-scuola.

Conclusione: siamo passati da qualche possibilità offerta a chi “era bravo” indipendentemente dal ceto sociale (parlo degli anni ’50 e ’60), al “tutti promossi, tutti ignoranti” (anni ’70, ’80, ’90).  Con grande vantaggio per i “predestinati”. Pur ignoranti, e sempre promossi come tutti,  costoro avranno una vita facile e già tracciata; gli altri, i “normali”, non saranno in grado di  accampare alcuna pretesa, perché da ignoranti,  non potranno più neanche far leva sulla meritocrazia.

Alla classe al potere non mancano rampolli in grado di rimpiazzare adeguatamente il genitore, il padrino o il padrone, e di ereditarne  gli strumenti di dominio. Sono proprio questi rampolli che non metteranno assolutamente in discussione un sistema che li garantisce (né avrebbero gli strumenti per farlo). 

Per concludere, la scuola italiana sta formando cittadini acritici, non istruiti, tanto meno colti, speranzosi solo in un colpo di fortuna: questo è il miglior livello di progettualità espressa dalla media. Con questa scuola si alimenta la fonte maggiore di conservatorismo:  è questo il peggior guasto prodotto dalla scuola italiana.

CRITICA


 

1°) Da Antonio (27-2-2009)

Sono stato bruciato sul filo di lana. Stavo infatti "cogitando" proprio sul tema Scuola. Questa nuova esperienza che stò vivendo partecipando alle attività degli Organi Collegiali (sono componente il Consiglio del 2° Circolo Didattico di Ferentino e componente la Giunta dello stesso Circolo) perchè papà di una bimba di 7 anni, come del resto ho fatto in gioventù per i miei primi altri tre figli, mi stà confermando che la scuola è ferma. Si, ferma. Perchè le stesse problematiche che avevo affrontato 25 anni fa le sto rivivendo adesso.

Attribuisco questa "stasi" non tanto agli insegnanti che quotidianamente ci aiutano nella educazione e formazione dei nostri figli, quanto nella organizzazione scolastica che mi appare ferma, cristallizzata in vecchi schemi, dove tutto è vecchio, dagli arredi all'organizzazione, dagli stessi edifici alle procedure. Come anche attribuisco responsabilità anche agli stessi genitori, alle famiglie, che della scuola si ricordano solo marginalmente.

La sicurezza delle scuole è uno degli aspetti del problema che è cronicamente irrisolto, ma non irrisolvibile. Anzi è uno degli aspetti più delicati perchè la sicurezza dovrebbe garantire la salute e la vita dei nostri figli.

Facevo una riflessione proprio oggi su come l'informazione può a volte disorientare. Tutti abbiamo letto e ascoltato che per quella grave tragedia in Molise qualcuno sia stato condannato in appello. Condannato a pochi anni, quando, invece, si è trattato di una strage. Già oggi la notizia era scomparsa dai media. Dimenticata. Eppure sono morti oltre 20 bambini più una maestra. Non voglio fare paragoni, ma la reazione dell'opinione pubblica, in generale, dei media e della politica non è stata la stessa "forte", aggiungerei "caciarosa", come, invece, lo è stata per altri gravi reati che hanno visto coinvolti di recente donne e bambini.

Perché del fatto che circa il 50% delle scuole in Italia è a rischio nessuno fa "caciara".

Me lo domando ogni volta che insieme a qualche altro genitori ci troviamo a fare pressioni, da soli, nei confronti della pubblica amministrazione e della Direzione didattica per la "messa in sicurezza" di tetti, pareti, finestre, pavimenti e quant'altro.

CRITICA

 


 

 

 

 

 


 

 

 

2) ITALIA, DOVE STAI ANDANDO ? [COGITANDO IN CENACOLO] (Torna su)

 

Paese della cultura? Siamo realmente interessati  a mettere i nostri giovani in grado di ben figurare e di competere …?

Paese del sole? La Germania produce energia solare in percentuale maggiore della nostra…

Paese del “grand tour”? Negli anni ’70 eravamo il primo paese per turismo e non solo culturale. Oggi siamo quinti: ci ha superato anche la Cina…

Paese di inventori e della ricerca scientifica? Il numero dei nostri nuovi brevetti è irrisorio rispetto al totale. I nostri ricercatori emigrano. La nostra ricerca è asfittica….

I toscani con il “mercatare” inventarono il modo per soppiantare la vecchia economia feudale basata sul possesso della terra. Oggi siamo in grado di importare ogni tipo di modello socio-economico acriticamente, e non sappiamo valutare se si tratti di cascame o di architetture sociali di risulta…

Paese dei beni culturali? Potrebbe essere la nostra industria vincente…. Ma  in momenti di crisi non siamo in grado di andare oltre la rottamazione di autovetture e frigoriferi…..

Siamo ancora l’estro del mondo?  Siamo ancora sulla cresta del progresso? Stiamo adottando modelli che permettono le nostre migliori espressioni?

Paese dell’associazionismo produttivo? 900 anni fa, con lo strumento  delle Arti e le Corporazioni i comuni dell’Italia centrale dilatarono in pochi decenni l’orizzonte dell’uomo medievale. Oggi la visione dell’italiano medio è tornata ad essere (ancora per quanto tempo?) la famiglia. Ma i modelli vincenti (quelli anglosassoni) ci spingono ad una dimensione rigorosamente individuale… Dobbiamo regredire fino a quella dimensione? E quella dimensione ci è congeniale? Siamo ancora in grado di apprezzare l’utilità del “metterci assieme” ?

Abbiamo sbagliato? Stiamo sbagliando? Stiamo scarrocciando senza rendercene conto? Stiamo adottando modelli che invece di farci da trampolino risultano palle al piede?

E’ solo colpa di classi dirigenti con basso quoziente di intelligenza e scarso senso della polis?

Come correggere il tiro? Dove e come dobbiamo rivedere i nostri comportamenti?

Come tornare ad una responsabilità civica come principio individuale e valore diffuso?

 

NON PRIVARCI DEL TUO CONTRIBUTO

 

DOCUMENTI CORRELATI

Documento d’interesse. JOHN LOCKE  di François Duchesneau

Documento d’interesse. Da L’Espresso 24-4-2009 Il paese normale. (Edmondo Berselli – Porte Girevoli) Il berlusconismo normalizzato mette ai margini tutti gli altri. Sono out quelli che si indignano, i fissati che vedono la mafia nella economia. L'irrealtà rischiamo di essere noi.

6-6-2009 El Pais - Alla sinistra di Papi. Filippo Di Giacomo

 

 

COGITAZIONI

1) Mauro (15-3-2009)

 

 

 

 

2) Ubaldo (18-3-2009)

 

 

 

 

3) Ubaldo 2° (18-3-2009)

 

 

 

 

4) Mauro 2° (2-4-2009)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(Torna su)

 

4) Mauro 2° (2-4-2009)

 

Intanto cominciamo con l’impegnarci a non  imporsi/imporre modelli preconcetti di valutazione e di analisi della realtà umana: basta con Guelfi e Ghibellini e, ancora Guelfi Bianchi e Guelfi Neri e via intelaiando sovrastrutture valutative e stanche scorciatoie intellettuali. Bisognerà ricominciare ad affrontare liberamente ogni argomento e ad operare su ogni fronte in grado di contribuire al bene di tutti i cittadini.

 

La legge morale non è certamente quella che suggerisce di essere buoni, non dire bugie, non rubare (possibilmente), perdonare. Disgraziatamente questi metri di misura sono scorciatoie antropologiche che mal si “sistemano” in una polis. La legge morale è quella intuita da Locke (*), sul finire del '600. E' la legge che  impone a ciascun individuo libero di valutare e giudicare ogni evento esterno (politico, religioso, economico, sociale) che ineluttabilmente lo coinvolge e lo condiziona.

In pieno assolutismo (il Re Sole muore nel 1715) seguire la legge morale (come Locke l’aveva profilata) non poteva non avere come risultato proprio quello di giudicare la Politica (cosa diversa dalle questioni politiche imposte mediticamente) ed i principi e valori politici sottostanti. E' la legge morale che obbliga ogni cittadino a farsi portatore di quei valori elaborati in totale libertà, senza che alcuno possa limitare la libera ricerca di altri concittadini. Questa è l'indicazione operativa suggerita da Locke, indipendentemente ed al di là della temperie politica e religiosa contingenti (le intuizioni di Montesquieu ne costituirono un primo stravolgente risultato). Proprio Montesquieu, in qualche decennio di pensiero libero gettò le basi culturali per liquidare l’assolutismo. Non a caso, le libere elaborazioni del '700 sottendono ancora oggi la più avanzata ( per noi) forma della Politica: la democrazia occidentale.

Per chiudere il pistolotto, non di cronaca, ma di storia e di futuro propongo di occuparci.

E l'utopia di oggi è (spesso) la storia di domani: è la Politica depurata dalle sue sterili "questioni".

 

Occorre affrontare alcuni problemi:

1° problema. Chi ritiene di operare sul fronte dell'insegnamento non ha ancora chiara la distinzione tra istruzione e cultura. O meglio, forse l'ha perfettamente chiara: l'istruzione  permette di rispondere alle domande; la cultura permette di porsele. Meglio fermarsi al primo passaggio, meglio avere concittadini istruiti (poco) ma non colti. Per il loro stesso bene, è meglio fornire un elenco di informazioni piuttosto che lo strumento per organizzarle.

2° problema. In paesi dai mille problemi,  istituzioni scolastiche sono ancora in mano a chi ritiene di poter esercitare il controllo delle coscienze con l'ammannire catechismi intellettuali, la teologia essendo riservata  non alla plebe, ma a pochi, di provata e cieca fede.

3° problema.  Occorre fare di tutto perché i cittadini, schiacciati da potenti poveri di spirito, possano mantenere alta la dignità che deriva dall'esercizio di diritti universalmente riconosciuti in Occidente e per essi battersi contro ogni appiccicosa ragnatela dogmatica, contrabbandata per dono provvidenziale, generoso, disinteressato.

L' Occidente è punta avanzata di questa umanità perché imparò (pur con notevoli oppositori interni) a costruire ed usare setacci culturali dove riversare e purificare ogni idea assieme al suo contrario, ogni spunto intellettuale e la sua negazione, ogni ipotesi scientifica e la sua dimostrazione sfavorevole, scartando i cascami, spesso nocivi e sempre inutili, e proteggendo la materia positiva restante, da trasmettere alle generazioni successive assieme ai metodi di costruzione  e d'uso del setaccio.

Molto più comodo somministrare materiale scelto per tutti da pochi scherani affidabili, senza rischiare che troppi imparino il piacere del setaccio: "Scherziamo ! Poi cominciano a cercare d'iniziativa materiale da setacciare ".

Abbiamo sostituito gli scomodi "princìpi" (fonte endogena e motivazionale delle azioni e ad esse preesistente, ma faticosa da rinvenire e da mantenere vivace) con più malleabili "valori" ( metro di misura sociale delle azioni stesse, successivo al loro farsi). Mi chiedo: stiamo abbandonando anche il metro dei "valori"? Sebbene di più indulgente applicazione (dipende da dove ciascuno pone l'origine - lo zero - dello strumento) da qualche lustro anche i valori hanno cominciato a  risultare lacci e laccioli, come i diritti comunemente conosciuti ma non riconosciuti.


3) Ubaldo 2° (18-3-2009)

 

Nella descrizione del tema “ITALIA, DOVE STAI ANDANDO ?” leggo alcune cose su cui vorrei esprimere un sintetico parere, in particolare sul modello sociale di riferimento.

E’ vero che la famiglia fosse e sia la dimensione di aggregazione privilegiata in Italia, anche se sono cambiati alcuni aspetti non trascurabili:

·         il numero dei figli si è drasticamente ridotto

·         la opportunità/necessità di lavoro femminile comporta che la donna non sia più il riferimento stabile, la regina della “casa”

·         la famiglia larga di tipo rurale (con fratelli e nonni conviventi) è ormai definitivamente sparita

·         la necessità di lavoro in luoghi diversi (anche se meno che in altri paesi) disgrega ulteriormente i legami famigliari

cosicché la nuova famiglia:

·         è ristretta a pochi membri (coppia, coppia più un figlio)

·         spesso non è ufficializzata (unioni di fatto, convivenze)

·         non accoglie e non accudisce più gli anziani nel suo ambito (vivono spesso soli o con badanti, quando non finiscono in ospizi)

La struttura famil-centrica presenta tuttavia ancora alcuni dei vantaggi di base (pochi?), in termini di solidarietà, mutuo soccorso, compagnia reciproca, conforto, …, ma presenta ancora tutti gli svantaggi (talvolta amplificati), come nepotismo, “baronismo”,  mafia (non a caso talvolta detta “famiglia”), egoismo famigliare,  mammismo, bamboccionismo, …

Comunque il modello incardinato sulla famiglia non è un fenomeno solo Italico, ma tipico delle culture di derivazione cattolico-mediterranea, con la sua espansione a tutto il Sudamerica.  Anzi sicuramente in Sudamerica è ancora più evidente e radicato.

Per non parlare dell’Islam e di tutti i paesi di religione musulmana !!  

Leggo che il modello anglosassone sarebbe individualista.

Sicuramente non è famigliarista e ancor meno mammista,  ma individualista non direi.  

Anzi, trovo che sia fortemente basato sull’aggregazione sociale, sul principio di mutualità, sul rispetto della cosa comune, sul rispetto del vicino, sul rispetto dell’”altro” (straniero, omosex, di altra religione o razza, …).  Trovo che sia nel complesso un modello meno ipocrita, più civile ed efficiente di quello famigliarista.

A parte la mutazione/degenerazione avvenuta negli Stati Uniti verso un individualismo esasperato, rasentante  talvolta patologie di tipo quasi autistico (basti pensare ai classici banchi dei bar in USA dove gli avventori stanno tutti soli, rivolti faccia verso il muro, seduti gli uni accanto agli altri e non di fronte!!).

 

CRITICA


2) Ubaldo (18-3-2009)

 

Solo poche righe, per il momento.

Ho paura che da quel che dice Mauro passi un dodicesimo messaggio:

e cioè che la colpa sia tutta della politica, e della Casta in particolare.

Arriva il momento in cui i popoli si devono prendere la responsabilità di ciò che sono e di come si confrontano con gli altri popoli.  La politica non può essere da sola la causa dello stato di salute generale di un paese e del suo eventuale degrado, semmai ne è un’espressione.

Che la Casta, o anche il solo berlusconismo, siano la causa dello sfacelo della democrazia italiana (e dell’Italia in toto) non è credibile. Possono essere il meccanismo attraverso il quale la più negativa natura italica si manifesta, il mezzo che lobbies ben più ampie della sola Casta usano per conservare ed ampliare il potere, il mezzo che le “corporazioni” usano per mantenere privilegi legali e non.

Il berlusconismo non fa che interpretare le necessità più egoistiche e immediate dell’italiano medio, né più né meno di come Alberto Sordi sapeva interpretare vigliaccherie, meschinità e talvolta eroismi dell’italiano medio.

Non è comunque vero (ed è anzi un po’ qualunquistico) che “tutti” i politici e tutta la politica siano Casta autoriproducentesi .  La democrazia basata (necessariamente?) sulla rincorsa al voto ad ogni costo porta ad una concorrenza anche sul piano dei metodi: l’onestà politica fine a se stessa diventa integralismo e più o meno sterile protesta (vedi i fenomeni del girotondismo prima e del Grillismo oggi).

Altro appunto, sul referendum.

Intanto la Costituzione lo prevede solo in casi eccezionali e solo a fini abrogativi, poi è un meccanismo perverso da un punto di vista della teoria della decisione (decision making), una delle cui prime regole è quella di non fare mai scelte binarie (si-no per intenderci).

Infatti una decisione consapevole deve sempre essere fatta a fronte di

- Obiettivi (e vincoli) della decisione stessa

- Ricerca e analisi delle Alternative disponibili

- Valutazione delle alternative rispetto agli obiettivi

 

Spesso si cerca di far decidere emotivamente e su scelte che non sono scelte (ad es . domanda referendum: nucleare si o no; aborto si o no).

Invece la domanda dovrebbe essere presentata sotto la forma (peraltro purtroppo non prevista): “Quale è la miglior soluzione per … (ed es. per l’energia in Italia per i prossimi anni), tra quelle possibili?

Poi ci sono decisioni che il popolo non è in grado di prendere in maniera consapevole e competente, e lasciarle al popolo rappresenta solo una falsa democrazia  (democrazia visceral-populistica).

 
CRITICA


1) Mauro (15-3-2009)

 

Qualche settimana fa, a diciassette anni di distanza,un servizio televisivo riproponeva la vicenda di “mani pulite”. Al di là dei ricordi di quegli avvenimenti, il mio coinvolgimento si è fatto più riflessivo nel momento in cui il filmato mostrava e dava risalto alla partecipazione dei cittadini all’evento attraverso manifestazioni di piazza. “Ancora si manifestava per gli interessi di tutti…” pensai, facendo un immediato e amareggiato parallelo con l’attuale situazione, frutto di diciassette anni di programmata  consunzione di ogni valore civico e di senso della polis, di capacità di reazione nei confronti di chi cerca di reimpostare quelle caratteristiche per raggiungere obbiettivi tribali.

Sulla vicenda di “Mani Pulite” scriveva  Vittorio Foa [“Questo novecento” (Einaudi – 1996)]:

“Ci si è domandato come mai i giudici non si erano mossi prima. L’avevano fatto: ma i partiti, usando altri giudici, avevano fermato le inchieste…. Da molto tempo la Procura di Roma era chiamata “il porto delle nebbie”, un porto dove le varie inchieste di ogni parte d’Italia venivano richiamate e archiviate”.

La terza generazione di politici al potere, quella ancora oggi in sella, imparò – parzialmente -  la lezione, ed introdusse soluzioni legislative che traducessero da illegali a legali le azioni ed i comportamenti che avevano portato, nei primi anni ’90,  alla scomparsa dei predecessori.

Il finanziamento dei partiti doveva diventare istituzionale, i funzionari di partito non dovevano più pesare sulle singole organizzazioni politiche ma su Pantalone:

1)      Furono cancellati i risultati del referendum sul finanziamento pubblico del 18 aprile 1993 (il 90,3 per cento dei votanti si espresse per sopprimerlo) introducendo i “rimborsi elettorali e referendari” e “finanziamenti agli organi di partito”.

2)      Le vecchie “Partecipazioni statali” furono avvicinate alla base: divennero “Partecipazioni locali”. Si costituirono società (oltre 26 mila) partecipate da regioni, province, comuni e capitale privato, con perdite imputate a Pantalone, e guadagni privatizzati. Decine di migliaia di consiglieri, presidenti, revisori dei conti ecc. sostituirono il finanziatore-partito attingendo “legalmente” alle casse dello Stato. Attenzione: senza alcun concorso pubblico.

3)      Si impiantarono nuove province (la Sardegna – 1,4 milioni di abitanti - ne ha otto) con consiglieri, prefetture, questure, uffici amministrativi, aziende partecipate al seguito.

4)      Si provvide a togliere agli elettori la possibilità di esprimere preferenze sulle schede elettorali. Fin dalle elezioni del 27 marzo 1994, i cittadini chiamati alle urne non hanno la possibilità di scegliere. Il setaccio è stato accuratamente tolto di mezzo, nascosto in soffitta.

5)      I partiti furono trasformati in allevamenti di Satrapi: abbastanza capaci per alimentare il consenso, ma non sufficientemente intelligenti da mettere in discussione i capi bastone. In Italia, infatti, l’avvicendamento della casta avviene –oggi - per vie naturali. E’ infatti normale l’ottantenne al potere, ma non il quarantenne. La “fedeltà” rimpiazzò definitivamente la “meritocrazia”. In tal modo sono stati eletti parenti, amici, amanti, avvocati difensori, amici degli amici ecc.

6)      Si continuò a caricare sulle famiglie ogni sorta di inefficienza, dalla burocratica alla sanitaria, dalla politica alla amministrativa. E le famiglie sono state costrette a reagire con l’unico strumento a loro disposizione: non consumando e non facendo figli.

 

Attraverso i media, dalla TV alla carta stampata, complice la alleata tribù dei giornalisti, si sono fatti passare alcuni messaggi devastanti:

-         Primo messaggio: “Tutto è facile, soprattutto per chi è in grado di “vincere sugli altri”. Questo messaggio ha creato un profondo senso di insicurezza in campo sociale e di inadeguatezza in quello personale: per sopravvivere occorre rendersi scherano di qualche potente. La polis aveva cercato di annullare quell’atteggiamento selvaggio tipico dei membri di una tribù: ma alla tribù si stava tornando.

-         Secondo messaggio: “I problemi della società italiana non dipendono dai metodi di saccheggio adottati dalla Casta, ma  dall’apparato normativo inadeguato in ogni settore; insomma da obbiettive difficoltà giuridico-procedurali, in aggiunta a quelle planetarie in campo finanziario”. Si accavallano i cambiamenti legislativi, nominalmente nell’interesse del paese, di fatto per mantenere più utilmente vassalli, valvassori e valvassini. Dalle leggi elettorali alle riforme  della pubblica istruzione, dalla giustizia alla sanità, dai rapporti sindacali alla burocrazia è tutto un dibattere su proposte di cambiamento. Tutto nella finzione perché l’attuale situazione è troppo vantaggiosa  per i potenti, cioè per coloro che dovrebbero cambiarla. E proprio i potenti della casta costituiscono la formidabile falange conservatrice, bipartisan e operante per tutta la tribù.

-         Terzo messaggio: “La giustizia non funziona per problemi oggettivi e comportamentali dei giudici”. In Italia, il terzo potere (quello giudiziario) individuato da Montesquieu non è mai stato un vero potere. La Casta è riuscita a renderlo un semplice servizio della pubblica amministrazione, (il peggiore – per la verità), dipendente, per finanziamenti e procedure,  dal ministro della giustizia.

  -         Quarto messaggio: “Gli eletti dal popolo non possono essere giudicati da giudici (non eletti), e devono rispondere solo al popolo”. Tale atteggiamento delegittimante cerca di allontanare “mani pulite seconda passata”. Il proverbio “fatta la legge, trovato l’inganno” non nasconde una rassegnazione di fondo, ma esplicita un modus operandi divenuto ormai “legittimo”.

Oggi il legalismo è reso una caricatura  ad opera dei furbi, è diventato  giustizialismo, con connotati fortemente negativi alimentati per mettere in difficoltà quei cittadini che, ligi, “pretenderebbero” il rispetto delle leggi. E se i cittadini cercano di ribellarsi a questo atteggiamento eversivo? Beh, sono dei poveracci. D’altra parte, che cosa pretendete dai giustizialisti? I quali se sono in grado di farsi sentire dal corpo sociale, diventano addirittura forcaioli.

-          Quinto messaggio: “Rientrano nella normale e naturale attività politica gli interventi a favore di Satrapi e sudditi”. Pertanto è cosa addirittura giusta promuovere, nominare, offrire consulenze, far eleggere, estromettere, favorire nei concorsi, ricattare, acquisire appalti ecc.  Su questo fronte, nelle sue apparizioni TV la Casta è compatta ed assolutamente univoca.  

-         Sesto messaggio: “E’ vero che i salari italiani sono tra i più bassi [L’OCSE rileva che siamo scesi al 23° posto sui primi trenta paesi, anche dopo la Grecia] ma la produttività è tra le più basse”. Quella “produttività” non è qualificata e il messaggio lascia intendere che sono i lavoratori italiani a produrre meno di quelli di altri paesi. Per produttività bassa deve invece intendersi quella del “sistema paese”, bloccata da una burocrazia ottusa, ma in grado di procurarsi “lavoro” a danno dei cittadini che con essa  devono confrontarsi; da apparati retti da raccomandati incapaci e spocchiosi; da ruoli professionali occupati da baroni appesi agli attributi del Satrapo di riferimento (si veda la sanità); con strutture societarie dominate da scatole cinesi talmente labirintiche ed impenetrabili da scoraggiare anche il più audace investitore estero;  con una spesa sociale più alta ma meno efficace di quella di paesi concorrenti; senza veri elementi di concorrenza reali in settori vitali come il bancario,  l’assicurativo, dell’energia;

-         Settimo messaggio: “Abbiamo capito: diminuiremo il numero dei “politici” dicono i capi della tribù al potere. Sono 429 mila gli italiani che vivono (bene) di politica. 135 italiani “campano” un politico (eletto, Satrapo, capo bastone, consigliere o cliente che sia). Hanno comunque presa una decisione radicale: diminuiranno qualche cliente marginale, ma guai a parlare di cambiamento di metodo. Tutti tengono – oltre che famiglia – una coalizione, un partito, una corrente, un’azienda partecipata, un appaltino da mantenere.

-         Ottavo messaggio: “Si governa al centro, il centro è cattolico, ergo: chiunque voglia vincere deve avere la Curia  alleata”. E giù favoretti e favoroni, legislativi e tributari agli apparati cattolici, offerta di alleanze tra caste, pelose donazioni per i poveri. I quali apparati, cessata da tempo la vendita delle indulgenze, hanno ben compreso che oggi è “consenso” da essi gestito a riempire le casse”. Non è vero che la Curia controlla un numero di voti così alto, ma è meglio non rompere le scatole a chi può dotarsi di megafoni planetari.

-         Nono messaggio: “Il governo sta facendo molto, ma non sa comunicare… ha la stampa contro”. E’ il refrain di tutti gli ultimi governi.

-    Decimo messaggio: pretendere l’allontanamento dei vecchi figuri della politica, pur se diversamente mafiosi, per puntare invece ad uno svecchiamento - soprattutto anagrafico - in grado di smantellare concrezioni maleodoranti,  vuol dire buttare alle ortiche preziose professionalità acquisite in anni di dedizione e di sacrifici.

-   Undicesimo messaggio: I “partiti” di oggi hanno tutte le caratteristiche (di gestione, di funzione, di responsabilità) individuate dalla Costituzione che ne promuove il ruolo fondamentale? Questo è l’art. 49 della nostra Costituzione: “Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”. Un esamino, anche blando, a carico dei partiti attuali, non darebbe esito positivo.

 

Il setaccio a disposizione dei cittadini per decidere chi, come e perché incaricare del governo della cosa pubblica è stato accuratamente tolto di mezzo, nascosto in soffitta.

Dal 1995, i referendum svolti non raggiunsero più il quorum: aveva vinto la Casta. Sarà un caso?

Si rilegga attentamente l’intervista a Berlinguer: oggi, le sue considerazioni sarebbero considerate cascami qualunquisti di risulta.

Che fare? 

(Segue, con qualche proposta)

CRITICA

 

 

 


 

 

3) Facebook e rapporti umani:

strumento antropologico efficace o eccellente ansiolitico?   [COGITANDO IN CENACOLO] (Torna su)

 

Utensile collettivo per realizzare o individuale per fingere di realizzare?

Dobbiamo limitarci ad arrangiare le nostre esigenze relazionali a questa tecnologia informatica, o possiamo/dobbiamo sfruttarla per soddisfare quelle esigenze? 

E’ possibile ripensarne le funzioni per migliorare i nostri rapporti sociali?

Lo strumento va bene così o possiamo riattarlo per migliorare la nostra produzione culturale, urgenza primaria di animali pensanti e politici, in un’ottica che vada oltre la pura gratificazione individuale?

 

NON PRIVARCI DEL TUO CONTRIBUTO

 

DOCUMENTI CORRELATI

Rassegna di valutazioni e commenti su Facebook (13-4-2009)

14-4-2009 Documento d’interesse. Il Corriere della Sera 14-4-09. La moralità ai «tempi» di Twitter. Le decisioni «profonde» mal si sposano con la tempestività tipica dei nuovi media. Uno studio analizza l'attitudine del cervello a elaborare pensieri «etici» alla velocità dei nuovi media «sociali» Emanuela Di Pasqua

 

 

 

COGITAZIONI  

1) Ubaldo (16-4-2009)

7) Roberto (18-5-2009)

 

 

2) Mauro (18-4-2009)

 

 

 

3) Mauro 2° (20-4-2009) su Facebook

 

 

 

4) Mauro 3° – Ubaldo 2° (21-4-2009) su Facebook

 

 

 

5) Mauro 4° (2-5-2009)

 

 

 

6) Ubaldo 3° (3-5-2009)

 

 

 

 

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7) Roberto (18-5-2009)

 

facile e gratuito: non solo l'informazione in Internet, ma TUTTO. Questa è la chiave di lettura di questi nostri sciagurati Temps modernes! La tv commerciale, il superenalotto, i quiz milionari (che per primi attrassero ai nostri lidi migliaia di Albanesi!) e sopratutto la scuola pubblica statale. Certo, come dici tu ci vuole un discreto livello culturale per scegliere, ma non è proprio questo che si vuole? Gente che, ignorante e superficiale, deleghi  la scelta al Grande Fratello, o al Grande Capo, o al pastore tedesco del Vaticano....

 


6) Ubaldo 3° (3-5-2009)

 

L’argomento trattato mi spinge ad alcune precisazioni che ritengo utili e molto correlate alle considerazioni di Mauro, anche se un po’ troppo didattiche e di lettura tecnica forse non proprio semplicissima per chi ha una cultura prevalentemente umanistica.

Le tecnologie oggi disponibili (a tutti) fanno sì che l’epoca attuale possa ben definirsi l’”era dell’informazione”.

Anche il classico Warfare (termine quasi intraducibile; la traduzione letterale sarebbe guerra, ma va intesa in senso lato, con significati non solo militari ma anche politici, industriali, etc.) ha fatto suo l’uso dell’informazione, tanto che è nata una nuova disciplina chiamata Information Warfare (IW: guerra delle/alle informazioni) .

I targets dell’IW sono:

1.       le informazioni stesse (il loro contenuto)

2.       i sistemi informativi (i dispositivi atti ad acquisirle, diffonderle, scambiarle, …)

3.       i processi relativi all’informazione (acquisizione, diffusione, scambio, … )

 

L’IW può essere di tipo difensivo:

·         Firewalls (intraducibile, ma noto a chiunque usi il computer)

·         Authentication - verification of the originator (Autenticazione – verifica della sorgente)

·         Auditing (Convalida)

·         Intrusion detection (Rilevamento di intrusioni)

·         Encryption (Codificazione)

 

L’IW può essere di tipo offensivo:

·         Psychological Operations (Usare le informazioni per influire sul ragionamento dell’avversario o dell’utente)   

·         Deception (Fornire errate informazioni sulle proprie capacità o intenzioni)       

·         Physical destruction (Colpire elementi del sistema informativo dell’avversario o dell’utente attraverso la conversione di energia immagazzinata in potenza distruttiva, ad esempio impulsi elettromagnetici ad elevata energia)

·         Information Attack (Predisporre elementi atti a corrompere le informazioni senza modifiche visibili dell’entità fisica entro cui risiedono: ad esempio virus, inserimento di bachi, saturazione).

 

In particolare l’ Information Attack può essere:

-      SW attack; per provocare errori nel sistema, come virus nel computer, cavalli di Troia, bombe logiche, porte trappola.  Si possono inserire punti deboli nei microchips prima della programmazione o funzioni aggiuntive nascoste attivabili dall’avversario (chipping).

-      Hacking; intrusione non autorizzata nei sistemi informativi avversari per scopi di inganno, furto, frode, distruzione.

-      Data attack; inserimento o manipolazione di dati in un sistema di informazioni: corruzione di files, disturbo di trasmissioni radio di dati, diffusione di propaganda ingannevole e “spamming” (invio di grandi quantità di dati irrilevanti in ingresso).

Quando un Data Attack viene condotto per campagne di distorsione di informazione o per influenzare il fattore umano nei processi decisionali, esso diviene anche un’azione di Psychological Operations.

 

Il Physical attack può consistere ad esempio in metodi per causare incendi o generazione di ambienti nocivi, e può utilizzare impulsi elettromagnetici (EMP), microonde ad alta potenza (HPM), impulsi ad alta potenza e a banda ultralarga (UWB) ed altri strumenti ad energia diretta.

Sono disponibili in commercio disturbatori continui per interrompere il collegamento di GPS o servizi di telefonia mobile.

Si pensi a possibili usi dell’IW con conseguenze gravissime.

Con poco sforzo un terrorista potrebbe inserirsi nel sistema informatico della regolazione della distribuzione dell’energia elettrica di un intera nazione, creando dei gravissimi black out generali. Oppure nel sistema di distribuzione dell’acqua, o nei sistemi di regolazione di una centrale nucleare.

Più semplicemente chiunque può diffondere false notizie di qualsiasi natura con impatti smisurati, anche, perché no, attraverso Facebook!

 

CRITICA


5) Mauro 4° (2-5-2009)

 

Quanto al filtro culturale (secondo punto rilevato da Ubaldo), è azzardato affermare che per la prima volta l’uomo ha  disposizione informazioni e testimonianze la cui veridicità  non è filtrata da altri uomini?

Fino all’avvento di Internet e della possibilità per  chiunque di immettere in rete qualsiasi documento, l’uomo ha avuto la traccia ed il setaccio di altri uomini, della cui capacità di discernimento culturale approfittava e di cui poteva fidarsi: dal magister, che suggeriva le letture da seguire in classe (i classici, appunto), al precettore, all’editore, al professore. Gli stessi luoghi deputati costituivano un filtro: la biblioteca, privata o pubblica, o, nell’’800, la sezione di partito, dove l’ “intellettuale” procedeva ad informare gli altri leggendo l’articolo di un giornale o le pagine di un testo. [Nel 1861, 17 dei  23 milioni di italiani erano analfabeti]. E ancora il prodotto culturale: dal giornale, al giornale radio, al telegiornale. A parte la propaganda, cioè la patologia dell’informazione, comunque riconosciuta come tale.

Tutti questi filtri garantivano una (sufficiente) veridicità alla notizia, al documento, all’informazione. In caso di scarsa affidabilità manifesta, autore ed editore sarebbero stati velocemente emarginati, oltre che intellettualmente condannati: avrebbero dovuto mantenere un buon livello di attendibilità, pena la scomparsa.

Insomma, una notizia apparsa sul giornale presuppone (dovrebbe presupporre) a monte la verifica di chi la riporta; un saggio, l’onesto lavoro di ricerca di chi lo stila. Con una coincidenza di interessi, del giornalista/autore, dell’editore e del lettore.

Questo filtro ha costituito – prima dell’avvento di Internet -  il valore aggiunto alla produzione intellettuale; tanto è vero che per il fruitore finale esso costituisce una voce di costo; per questo gli è richiesto di pagare un prezzo, da quello di copertina per rifondere l’editore, al diritto d’autore per ripagare il produttore. [Per inciso, inesistenti fino all’invenzione della stampa].

Prima di Internet, quindi, il fruitore veniva sufficientemente garantito quanto meno sulla attendibilità dell’elaborato intellettuale. Almeno fino a prova contraria.

Con Internet ci viene offerta una serie di vantaggi: la capacità di acquisire informazioni in merito ad un ventaglio enorme di argomenti e materie, la facilità e la  velocità di acquisizione, la gratuità del processo di acquisizione. Queste indubbie “utilità” stanno scardinando i processi intellettuali basati esclusivamente sull’informazione filtrata.  Tutto diventa facile e gratuito. Con questa miracolosa trasformazione, il fruitore finale annulla i tempi di ricerca delle fonti,  azzera i costi dell’informazione. Ma paga un prezzo altissimo in termini di attendibilità dell’informazione.

Perché non  scada la qualità dell’informazione stessa, occorre ricostituire un filtro.

Stavolta non possiamo basarci su personaggi col ruolo di setacciatori professionisti, dobbiamo costruircelo in via del tutto personale, con un processo intellettuale che presuppone un buon livello culturale.

Chi mi dice che la traduzione del De senectute che gira in rete (e che copio e incollo, evitando le tribolazioni di una versione) non sia taroccata da un bontempone? E l’autore è Cicerone o Seneca? (Seneca: sentita in TV-La Sette).

Insomma,  Internet è come una pila atomica? A chi è colto fornisce energia, a chi è ignorante regala (col copia/incolla) scorie radiattive?

CRITICA

 


4) Mauro – Ubaldo (21-4-2009) Su Face Book

 

MN: Ho nascosto alcuni amici affetti da logorrea feisbuxis

 

UM: Eutanasia della comunicazione.

 

MN: Ma perché dovrebbe interessarmi sapere che la tua anima è verde, o che stai tornando a casa dopo una giornata di lavoro? Questo giochino porta da un lato ad un aumento di traffico paccottiglia e quindi al degrado del veicolo di comunicazione, ma, dall'altro, ad un aumento vertiginoso delle quotazioni di FB

 

UM: ... ma io sono favorevole all'eutanasia e anche all'aborto, quando a fin di bene!

In realtà lo spamming porta all'inflazione della comunicazione, e rischia di far perdere l'informazione utile, annegata nel mare dell'inutile "noise" di fondo.

 

MN: L'equivoco  è enorme: solo un minus habens può ritenere che mettere su FB " il numero della mia vita è il sette" sia una forma di comunicazione. Io ritengo che siano invece da compatire proprio coloro che, avendo problemi di rapporti interpersonali, ritengono di averli risolti leggendo (forse unici lettori) il messaggino personale inserito su uno schermo che, a torto, si ritiene una finestra sul mondo...

Sappiamo che gli anglosassoni hanno problemi di rapporti interpersonali. Hanno inventato i club per poter fare amicizia. Non a caso il sistema è anglosassone.

CRITICA


3) Mauro 2° (20-4-2009).

 

A margine di questa  discussione. Ho inserito su FaceBook questo messaggio (in due passate):

Si pensa che gli inserimenti su FaceBook siano letti da migliaia di "collegati". Al massimo vengono letti da tre o quattro persone (se "amici"). Anche perché se incappi in un "amico" che si inserisce dieci volte al giorno (della serie: "che numero sei", "che formaggio sei", “sono stanco","non sono più stanco" ecc. ) con molta probabilità perdi inserimenti più interessanti.

Oltretutto, è possibile non ricevere più messaggi da uno o più amici [voce "nascondi" quando spostiamo il cursore sul messaggio]. Se affetti da "logorrea facebuxis", si rischia la "cassazione" da tutti gli "amici". FB manda un messaggio di posta elettronica anche per ovviare a questo problema?

Anche di questo parleremo in altra sede.

CRITICA


 

2) Mauro (18-4-2009)

Ubaldo ha centrato due punti fondamentali:

1) Il potere mediatico consiste nell’informare influenzando.

2) Più basso è il livello culturale del ricettore più larghe sono le maglie del suo filtro intellettuale a cui è affidato il compito di depurare la massa di informazioni in arrivo.

Entrambi i punti richiamati richiederebbero volumi per essere approfonditi. Mi limito a poche osservazioni, per il momento sul primo.

Avrete notato come, da qualche anno, l’agone socio-politico si sia ridotto a registrare non la critica della posizione dell’avversario (iniziativa che richiede lo studio e la conoscenza di quella posizione, parametrata con la propria; processi intellettuali troppo faticosi per titolari di q.i. medio bassi), ma la più comoda e meno impegnativa delegittimazione di chi sostiene posizioni discordanti o contrastanti.

“Chi vota a sinistra è un coglione”. “Sono e rimarranno tutti comunisti”. “Chi vota a destra è un poveraccio indifeso caduto nella trappola di un venditore”. Frasi che vanno bene in qualsiasi circostanza, per qualsiasi materia, per ogni tipo di problemi.

Le informazioni su quanto accade nel paese o nel mondo sono impastate dalla emotività indotta dal giudizio (comunista o intrappolato) e, si sa, nel breve periodo, l’emozione la spunta sulla ragione quasi sempre. Ed infatti (vado giù per le trippe) alla casta nessuno chiede più progetti, programmi, soluzioni articolate di medio o lungo periodo, approfondimenti in grado di fornire una visione oggettiva del problema e mettere tutti in grado di valutare i fatti e di decidere consapevolmente. Si va, in ogni campo, per qualificazione delegittimante del gestore del potere o di chi a lui si oppone sperando di scalzarlo e sostituirlo.

In conclusione, per restare nel settore politico, i membri della casta hanno convinto il paese che la lotta politica non consiste nel confronto fra due proposte di soluzione dei problemi, ma nel delegittimare l’altro (pur membro della stessa casta) con iniezioni di emotività: è l’unica cosa che ormai sanno fare. Se stai di là sei, alternativamente, un coglione comunista o un povero ignorantello gestito da un venditore. Con un’aggravante: il giorno successivo alla somministrazione del giudizio emotivamente rilevante, si torna sull’argomento; formalmente per smentire quanto affermato il giorno prima (magari dando la colpa ai “giornalisti”), di fatto per rimarcare di nuovo l’aspetto emozionale : non ho detto coglione, non ho parlato di poveri ignorantelli.  Ma il concetto viene  “emotivamente”  ribadito. Per inciso, la capacità di penetrazione dell’emozione dipende anche dal numero dei “megafoni” controllati.

Quindi, prima scoperta di chi gestisce i media e non solo: nel breve periodo, l’emozione fa premio sulla ragione. Pertanto, obbiettivo prioritario è quello di fornire strumenti mediatici che privilegino gli aspetti emozionali,  e convincere i fruitori che non è opportuno – perché inutile - andare troppo oltre visioni di breve o brevissimo periodo.

Un esempio e poi la smetto con la prima parte:  perché avvilirsi pensando a come arrabbattare programmi per il futuro sia personale che collettivo? Meglio puntare sul superenalotto. Veltroni introdusse la seconda estrazione settimanale; oggi, se non sbaglio, siamo in presenza di tre “appuntamenti col futuro”.

 

CRITICA

 


1) Ubaldo (16-4-2009)

 

Facebook è insieme uno strumento di comunicazione:

 

punto-punto, che consente un link di comunicazione bidirezionale tra due punti, quindi lo scambio di messaggi (di varia natura) tra ciascun singolo utente con ciascun altro singolo utente alla volta (come il telefono, che è un collegamento punto-punto per scambio di messaggi vocali)

broadcast, cioè trasmissione unidirezionale di informazioni da un sistema trasmittente a un numero non definito a priori di utenti variamente abilitati (come la radio in cui un trasmettitore di grande potenza trasmette informazioni di tipo vocale a un gran numero di ricevitori installati nelle automobili o nelle case; o come la TV, che a differenza della radio trasmette immagini dinamiche).

Inoltre è un sistema interattivo,  permette di interagire con l'informazione (l'utente non è solo passivo fruitore) e di essere di volta in volta consumatore/generatore di informazioni da/verso altri utenti singoli, multipli selezionati o indistinti (ruolo broadcast).

Quindi è potente, socializzante, democratico, stimolante, .. ma anche rischioso per molti aspetti, soprattutto per chi non ha le capacità critiche sufficienti per filtrare l'enorme flusso informativo e, quel che è più pericoloso, emotivo.

Infatti, mentre in  passato il problema era la scarsità e il ritardo delle informazioni, che non consentivano decisioni adeguate e tempestive, oggi la disponibilità di una eccessiva quantità di informazioni fluenti in tempi rapidissimi pone il problema della loro gestione e fruizione.

Le informazioni arrivano sotto forme diverse (voce, scritti, immagini statiche o dinamiche), veicolate da mezzi diversi (giornali, radio, TV, internet, … facebook appunto), spesso cariche di contenuti emotivi più o meno oggettivi: il potere mediatico consiste nell’informare influenzando, ovvero associando ai fatti stimoli emotivi atti a colpire più le viscere che il cervello.

L’ enorme quantità di informazioni, manipolate o no, comunque arrivano indiscriminate ed è difficile selezionarle, filtrarle, metabolizzarle, organizzarle, raffrontarle, prioritizzarle, tanto più quanto più il recettore è impreparato culturalmente.

Ecco il rischio anche per Facebook, che può diventare strumento di omologazione qualunquistica (apparentemente solo cazzeggio, di fatto proposizione di modelli socio-culturali fasulli), e nelle mani esperte nella comunicazione potente strumento di manipolazione mediatica.

 

 

 

 


 

4) Le ambasce della sinistra: che fare?  [COGITANDO IN CENACOLO]   (Torna su)

 

Domanda: è in grado la sinistra di articolare qualche proposta progettuale per governare la situazione avvilente in cui versa questo paese, oppure la qualità intellettuale dei suoi dirigenti è troppo bassa per poter elaborare una strategia credibile ed efficace e ad essa non resta altro che assumere posizioni sdegnate di comodo?

 

 

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DOCUMENTI CORRELATI

18-2-2009 – Le ambasce della sinistra “UNO” (M.N. Cogitante). 

10-5-2009 – Le ambasce della sinistra “DUE” (M.N. Cogitante)

19-5-2009 - Problemi di fondo della Sinistra. (U.M. Cogitante)

 

 

COGITAZIONI  

1) Mauro (21-5-2009)

 

 

 

2) Antonio (22-5-2008)

 

 

 

3) Ubaldo (22-5-2009)

 

 

 

4) Antonio 2° (23-5-2009)

 

 

 

5) Mauro 2° (23-5-2009)

 

 

 

6) Ubaldo 2° (24-5-2009)

 

 

 

 

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6) Ubaldo 2° (24-5-2009)

"Ogni azione che opportunamente manipolata possa apparire come persecutoria fa il gioco di B e diventa controproducente. Una guerra sul piano legale continuerebbe a farne una specie di martire mediatico. Insisto sulla necessità di adottare sofisticate tecniche di Information Warfare: è l'unica strategia che potrebbe consentire di combatterlo ad armi pari sul suo terreno."

(U.M. COGITANTE) (CRITICA)


5) Mauro 2° (23-5-2009)

Berlusconi mette altre 50 lire nel juke box: “«Mai detto che Parlamento è inutile» Berlusconi ribatte in una nota agli attacchi del Pd dopo le dichiarazioni a Confindustria: «Finocchiaro e D'Alema si sono comportati in modo indegno attribuendomi parole che non ho detto»”. Cantiamo anche oggi il ritornello suggerito dal primo ministro, o ci impegnamo a cercar soluzioni ai nostri problemi? (M.N. COGITANTE)  CRITICA


4) Antonio 2°

23-5-2009 – Risposta alla domanda di UM Cogitante del 22-5-2009. Quali sono gli altri "altri percorsi più producenti” (A.C. Cogitante) ventilati nella critica del 22 -5-09 dal cogitante A.C.? chiede U.M. Alcuni li ha indicati proprio Uba "Quando incombe un pericolo evidente, la ricerca di unità di intenti è l’unica scelta possibile, prima che sia troppo tardi". Penso che questo, anche se ho molti dubbi e perplessità, possa essere un percorso più producente. Invece vediamo ancora 4 simboli falce e martello, uno radicale, Di Pietro e PD che, teoricamente, dovrebbero essere l'alternativa. Attenzione però. Queste divisioni che possono sembrare, oggi, incoerenti e poco producenti, rappresentano invece la più profonda democraticità di uno stato. Niente "omologazioni", come invece vorrebbe il Cav. Altro percorso più producente potrebbe essere la messa in stato di accusa del Presidente del Consiglio, come previsto da Costituzione e Legge costituzionale (che c'è ma non ricordo numero. Dovrebbe essere del 1989). Capisco che non è semplice, ma con tutti questi bravi costituzionalisti penso che potremmo riempire tutti i giornali e le città di manifesti per denunciare palesi violazioni della costituzione e imbastire la "causa" da proporre in Parlamento. Ma penso che nessuno abbia il coraggio di  intraprendere quest'ultimo percorso. (A.C. COGITANTE) CRITICA

 


 

3) Ubaldo

22-5-2009 - Risposta al “quesito” del 21-5-2009 di MN... E’ tutto vero. I problemi della sinistra sono evidenti (ho cercato di identificare e discutere alcuni di essi nella mia risposta del 19 maggio al quesito del cogitante M.N. del 10 maggio (19-5-2009 Problemi di fondo della Sinistra.- U.M. Cogitante), ma sicuramente non irrisolvibili. Il problema certo per il paese è la graduale ma inesorabile perdita di democrazia effettiva nelle istituzioni e nel costume. Tuttavia se la sinistra anzi le varie anime della sinistra continuano nell’eccesso di autocritica, aumenta il rischio di arrivare a situazioni irreversibili.  Ricordiamoci che in democrazia la politica è spesso la scelta relativa del “meno peggio”, una scelta di soluzioni di compromesso accettabili.  La ricerca del meglio assoluto è una forma di integralismo, che in certi momenti storici (come l’attuale) porta all’immobilità. Quando incombe un pericolo evidente, la ricerca di unità di intenti è l’unica scelta possibile, prima che sia troppo tardi: trovare ciò che unisce e soprassedere su ciò che divide.  In fondo è stato lo spirito della Resistenza, anche se storicamente troppo tardivo. E’ importante anche sforzarsi di scardinare la disinformazione organizzata della maggioranza e contrapporvi informazioni corrette con tutti i mezzi possibili, in tutte le sedi disponibili.  Ma certo non basta. Quali sono gli altri "altri percorsi più producenti” (A.C. Cogitante)  ventilati nella critica del 22 -5-09 dal cogitante A.C.? (U.M. COGITANTE) (CRITICA)

 


 

2) Antonio

22-5-2009 Risposta al “quesito” del 21-5-2009 di MN...è evidente quale possa essere la Tua risposta al quesito che Ti sei posto. E' no. Oggi la sinistra non è in grado di presentare un progetto alternativo. Punto. La democrazia è questa. Qualcuno ha la maggioranza e gestisce, purchè nel rispetto delle leggi, la cosa pubblica. Ma porsi queste domande è "producente" ? o, forse, sarebbero più "producenti" altri percorsi? La democrazia è anche questa. Se poi rileviamo, ma non perchè di parte, che la democrazia viene disattesa, bisogna avere il coraggio ciivile di denunciare tale stato di cose. Denunciare tale stato di cose, affrontando spese e rischiando in proprio se necessario. Questa è la democrazia, fino a che qualcuno non la usurpa. Allora abbiamo tutto il diritto, che è anche un dovere, di ribellarci. Con ogni mezzo. La verità e la democrazia saranno sempre da una parte. Ma noi non lo sapremo...........DUM ROMAE CONSULITUR, SAGUNTUM EXPUGNATUR.....(A.C. Cogitante) CRITICA

 


 

1) Mauro

21-5-2009 – Quesito. Berlusconi mette le 50 lire nel juke box (Ieri: ..chi vota a sinistra è un coglione… Oggi:“…il parlamento è inutile e controproducente..”) e la sinistra canta quello che vuole lui. Invece di sostenere che non si sta facendo nulla, che le provvidenze sono solo avvisi mediatici (si veda l’utilizzo dei “fondi dormienti”,  prima da utilizzarsi per ristorare le fregature prese dai risparmiatori, e dopo vari altri annunci di soccorso tramite quelle somme,  da utilizzarsi per i terremotati abruzzesi); invece di mettere in chiaro che il governo spera che siano gli sforzi di altri paesi a tirarci fuori dalla crisi, la sinistra canta i ritornelli impostati da Berlusconi e che hanno come unico risultato quello di radicare i convincimenti dei due schieramenti, senza spostare un voto. Domanda: ma l’opposizione è in grado di articolare qualche proposta progettuale di governo della situazione avvilente in cui versa questo paese, oppure ad essa non resta altro che assumere posizioni sdegnate di comodo, perché intellettualmente non è in grado di elaborare alcunché?  (M.N. Cogitante)  CRITICA

 

 

 

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