“L’attuale forma politica di democrazia è tutto
quello che sappiamo realizzare partendo dal concetto di democrazia? Non
stiamo, per caso, soltanto alla prima fase di concretizzazione del progetto?
Siamo forse alla proto-democrazia, cioè alla sua forma più semplice: quella
quantitativa? Possiamo considerare ogni tappa realizzativa come uno dei
continui momenti di transizione, come l’attuale?
Siamo in grado di procedere - sine saltus facere, procedendo anche per semplici accomodamenti
successivi – verso una democrazia qualitativa?
I principi fondamentali della
proto-democrazia sono semplificazioni realizzative in attesa di essere noi in
grado di procedere verso la seconda tappa del progetto, quella qualitativa?
L’ “uguaglianza tra tutti i cittadini”, il
“suffragio universale” sono semplificazioni quantitative perché è difficile
(pericoloso?) elaborare valori qualitativi sottostanti, che siano di supporto
ideologico alle forme della politica che da essi deriverà come conseguenza
reale?
E’ utile considerarci tutti uguali? E utile
per tutti o per una parte della società? Ci permette di impostare soluzioni
vantaggiose per tutti i cittadini individualmente e per il loro insieme
collettivo, con l’obbiettivo di un progresso generalizzato? E come si
articolano i rapporti con le forme economiche che parallelamente si sono
affermate?
Il suffragio universale è la massima
realizzazione della democrazia o solo della democrazia quantitativa perché
più facile da strutturare? Perché è arduo pensare a paradigmi di valutazione
qualitativa?
Circa il suffragio universale, se ne
parlava (U.M. su FB) come di un “equivoco”. Certamente è così nell’ambito
delle implicazioni di una democrazia qualitativa, ma potrebbe creare scandalo
se si resta negli ambiti della proto-democrazia. Mi chiedo: il mio voto deve
essere equipollente a quello di chi, senza interessarsi di nulla e senza
sapere nulla, decide di votare difformemente da me, tra un servizio sui gol
della Roma e quelli della Juve, pareggiando col suo voto il mio nella partita
elettorale?
Insomma, siamo in grado di ragionare di
queste cose, senza infingimenti né preoccupazioni, operando intellettualmente
negli ambienti virtuali ma alla maniera degli Umanisti, nel Cenacolo
“Democrazia 2.0”?
Siamo in grado di rimettere l’Uomo e
l’Umanità al centro rimuovendo la centralità acquisita dall’Azionista e dalla
Società per azioni, quale cascame – ormai vincente - della proto-democrazia?
Mauro Novelli Due osservazioni.
1) Elettorato passivo: poiché l'attività politica è diventata una
"professione", posso pretendere che qualche entità statale mi
indichi/garantisca la professionalità di chiede il mio voto? Non pretendo la
garanzia di "buon professionista", ma quella di aver seguito studi
di un certo livello: scuole superiori, laurea? 2) Elettorato attivo: posso
pretendere che tutti i miei concittadini siano messi in grado di possedere
gli strumenti minimi di valutazione dell'ambiente socio-politico-economico in
cui vivono e che sono chiamati periodicamente a giudicare, tramite votazioni?
Non pretendo che siano anche aggiornati sulle varie situazioni, ma - come per
l'elettorato passivo - qualche entità istituzionale mi certifichi che sono
stati messi in grado di acquisire quegli strumenti: materia ed esame di
educazione civica alla fine della scuola dell'obbligo e delle superiori,
laurea? Insomma posso pretendere una patente di "eleggibilità" ed
una di "elettore"?
Paolo
Angiolelli Mauro, non possiamo riconoscere il diritto di votare e/o
di presentarsi candidati solo a coloro che sono in possesso di determinati
requisiti. Ogni persona ha diritto di voto, poi sono le organizzazioni
politiche chiamate a selezionare, preparandole, la loro classe dirigente da
sottoporre al giudizio dell'elettore.
Ubaldo
Menegotti Noi siamo nati e
cresciuti nella beatificazione del concetto di democrazia, assoluto,
intoccabile, se non unico DIO, certo il più importante nella gestione dei
consessi umani. Tanto
abbiamo adorato questo concetto, che non ci siamo accorti della sua
precarietà, della sua ambiguità, del suo mutare di senso nel tempo (oltre che
nello spazio). Non ci
siamo accorti che a forza di usarlo ed abusarlo lo
abbiamo logorato e banalizzato al punto che il suo suono non ci suscita più
nulla, è come dire "pane" o "buongiorno". Invece
va rianalizzato e ripensato, tenendo conto del nuovo contesto in cui deve (?)
operare, che è l'INFORMATION AGE in tutte le sue accezioni e implicazioni. Per
adesso ho solo buttato lì il tema, che sarebbe più o meno Democrazia nell'era
dell'Informazione, o, forse Democrazia e guerra delle informazioni
(Information Warfare, che include il moderno Cyber Warfare).
Maurizio
Cesanelli La protodemocrazia, come la
definisci, è strettamente connessa con la democrazia qualitativa, anzi , ambedue costituiscono un unico corpo. Solo così il
sapere non è rimasto appannaggio dei potenti .
È certamente un percorso in divenire. L'esercizio della democrazia è il punto
centrale, mi sembra di poter dire. Osservando i fatti, come unico metro per
giudicarne valore ed efficacia, potremmo ragionare sui risultati che la
legislazione penale, ad esempio, ha ottenuto rispetto ai reati di stalking contro le donne. Potremmo
anche ragionare sul decentramento amministrativo stabiliti dal titolo quinto che, in teoria,
aveva l'obiettivo di favorire una gestione più democratica delle risorse
economiche. Si è invece ottenuto di moltiplicare le occasioni di corruzione.
Io continuo a pensare che ciò che conta è soprattutto quale modello lo Stato
riesce a darsi, considerando che anche le istituzioni sono il risultato del
punto di mediazione che gli interessi economici e sociali realizzano. La
concezione della democrazia ha consentito, ad esempio, che ai partiti
riconosciuto il diritto di costituirsi come associazioni private, con propri
statuti "privati" ma di essere finanziati con risorse pubbliche ,delle quali disporne arbitrariamente, senza
neppure l'obbligo di certificare i bilanci. Sto esprimendo solo qualche
impressione in libertà.
Mauro
Novelli Ma allora, dove sono le falle del sistema? Chi le ha
causate? Chi non opera per tapparle? Da 70 anni godiamo di buona
Costituzione, con annesso suffragio universale, nonostante ciò assistiamo ad
un declino innegabile nella qualità della vita civile di questo paese. Oltre
ad annetterci - come cittadini - tutte le colpe perché ci disinteressiamo
della cosa pubblica, dove dobbiamo agire per cominciare a provvedere alle
falle e ad attrezzarci per tapparle? Per regolamentare partiti e sindacati
sembra che la Costituzione non sia così imperativa: art. 39 e art. 49 mai
presi in considerazione. E' comunque di grande interesse il fatto che si
cominci a parlare di temi/problemi che solo dieci anni fa sarebbe stato
impensabile solo concepire: l'articolo indicato da Ubaldo "contro le
elezioni" e l'altro, di cui suggerisco la lettura, sulla redistribuzione
del reddito: http://www.mauronovelli.it/Cenacolo%20Che%20Fare.htm...
Troppa fatica scrivere
col telefonino ,madue,tre
cose le segnalo.
Le falle? A partire dall'unità d'Italia che, oggi possiamo dirlo, forse ha
lasciato qualche problema insoluto , considerando
che non esiste un senso di comunità nazionale. Anzi, con il passare dei
decenni, oltre un secolo e mezzo, si è andata affermando una sorta di
intolleranza di vasti strati di popolo del Nord nei confronti del Sud. E la
mafia, il suo controllo del territorio e la cultura che ne discende? Il
rapporto tra Stato e popolazione al Sud?Altro che
falle, altro.che voragini, questi sono canyon,
quasi senza fondo.
Tanto per accennare appena a due questioni ciclopiche che sarebbe indegno
credere di poter trattare in qualche riga.
In attesa della possibilità di incontrarci per stabilire,se
sarà il caso, un percorso di lavoro, mi limito ad.accennare
a un aspetto della democrazia che, sollevato da Veltroni una decina di anni
fa, non avevo colto nel suo significato.
"La democrazia è decidere",aveva detto.
Ed argomentava della necessità di costruire un partito snello,agile, in grado di intervenire
tempestivamente nelle società.
Ero contrario. Sbagliavo.
Dopo qualche tempo ho capito che, specialmente in questo periodo di crisi e
di emergenze di vario genere, rallentare il processo decisionale,
moltiplicare i momenti di confronto senza concludere in tempo le questioni
aperte è esattamente il contrario di una gestione democratica della cosa
pubblica. Lo scontro ,nella migliore delle ipotesi, è su questo terreno: tra
chi è convinto che la migliore democrazia consiste nel confrontarsi pure con
le pietre per allargare la partecipazione e chi si rende conto che sono
decenni che affondiamo nelle sabbie mobili.Quali.leggi
e quali strumenti si possono realizzare in questa situazione?
Penso che dovremmo.organizzare una serie di incontri
e cominciare a vedere cosa si potrebbe fare,senza
velleità, ma con la consapevolezza che potrebbe essere un impegno.interessante
e proficuo.
Certo, occorrerà approfondire i problemi indicati da Maurizio.
Io ne aggiungo un altro: riguarda il ns. DNA. Vado veloce: Dominazioni
straniere hanno imposto per secoli alle popolazioni autoctone del nostro
paese un apparato normativo vessatorio ed estraneo. Inutile ricordare le
dominazioni dal Sacro Romano Impero alla normanna, alla sveva, alla angioina.
Si pensi al periodo di dominio spagnolo (dal 1559) dell’Italia non solo
meridionale con la sostituzione del dominio francese nel nord Italia. I cittadini che a quelle leggi si appellavano, o
erano membri della casta dei dominanti o erano dominati ai quali convenivano
atteggiamenti collaborazionisti. Agli occhi dei cittadini normali quella
collusione appariva come deprecabile e comunque foriera di ulteriori vessazioni. Le cose non sono migliorate con l’unità d’Italia:
ampie fasce di popolazione meridionale accolsero di buon grado i suggerimenti
del Cardinale Rufo che spingeva i "veri cristiani" ad opporsi
all’apparato imposto dai piemontesi. Più in generale, il Papa tenne lontani i
cattolici da una attiva vita politica nazionale, imponendo loro di
considerarsi estranei ai processi di unificazione che avevano visto il
vicario di Cristo ridursi a dominare il territorio racchiuso entro le mura
paoline. Il veto ad una compiuta cittadinanza dei cattolici fu rimosso solo
nel 1913 (Patto Gentiloni). Dopo neanche un decennio da quella data, la
dittatura fascista impose una legislazione totalitarista, rifiutata da una
parte della popolazione, almeno come atteggiamento intellettuale e di
contrasto all’assolutismo del ventennio. Dopo la liberazione, passato il momento
costituente di enorme forza unificante, una parte della popolazione (la
sinistra) non ebbe un completo atteggiamento di adesione alla nuova struttura
giuridico istituzionale della Repubblica. Atteggiamento perdurato almeno fino
al discorso di Berlinguer col quale si annunciava che “..non si governa il Paese col 51 per cento dei voti…”. Da quel momento, a mio avviso, è iniziato un
faticoso processo di adesione alle istituzioni di questo paese. Ma le
disarticolazioni operate per secoli hanno portato a storture difficili da
raddrizzare: dagli atteggiamenti della Lega, a quelli di Berlusconi sul pagamento
delle tasse, a quelle del Subcomandante Fausto che opponeva allo Sceriffo
Cofferati il fatto che “…la legalità non è mai stata un valore della sinistra
marxista…”. In conclusione: il proverbio “fatta la legge,
trovato l’inganno” non nasconde una rassegnazione di fondo, ma esplicita un
modus operandi italicamente “legittimo”. Oggi il legalismo è fatto passare pergiustizialismo, con connotati fortemente
negativi alimentati dai furbi - ai quali non conviene mai rispettare le
leggi, compito sempre degli altri - per mettere in difficoltà i cittadini
che, ligi, “pretenderebbero” il rispetto delle leggi. Quei furbi che hanno
fatto un business del mancato rispetto delle norme e della non piena adesione
alle istituzioni. E chi si ribella a questo atteggiamento eversivo?
Beh, sono dei poveracci. D’altra parte, che cosa pretendete dai
giustizialisti? I quali se sono in grado di farsi sentire dal corpo sociale,
diventano addirittura forcaioli. E' stato fatto passare quindi il messaggio
per cui, fino al terzo grado di giudizio, il politico ladro o corrotto, che
non è riuscito a sfangarla con la prescrizione, deve rimanere al suo posto in
attesa della Cassazione. E' stato quindi cassato dai principi della
democrazia, quello di opportunità democratica: ti considero innocente fino al
terzo grado, ma non pretendere di rivestire ruoli istituzionalmente
rilevanti. Quindi mettiti da parte. Meglio: quindi dovresti metterti da
parte. Macché!
Aggiunta all'aggiunta. Oggi, a pag. 18 di Repubblica un articolo informa
sulla costituzione delle ronde cittadine in alcuni comuni amministrati dal
centrosinistra. Lo richiedono i cittadini. È una risposta democratica ad un
problema reale? Le istituzioni preposte alla sicurezza sono in grado di
affrontare compiutamente il problema? Il diritto all'autodeterminazione dei popoli ha a che fare con
la tutela dei confini nazionali ? E questo diritto può considerarsi a pieno
titolo un valore democratico? Dunque, se ci riferiamo ad alcuni problemi reali , come la
sicurezza e l'immigrazione , ci troviamo immediatamente di fronte ad alcune
inadeguatezze dell'attuale modello democratico. L' Europa
,in questo momento offre una declinazione della democrazia non attuale
, inadeguato e perciò incapace di affrontare questa novità storico-politica.
Non è per caso, infatti, che in occidente stiano emergendo movimenti che
mettono in crisi alcuni tra i valori fondanti le democrazie. In questo clima , in
Italia si aggiunge anche la novità finora secondo me, sottovalutata, della
parola d'ordine grillina "uno vale uno".
Che di per se sembra un'ovvieta' vicina ad una
battuta demagogica, considerando come viene gestito il M5S
, ma palesa la volontà di affermare che l'opinione di uno vale quanto
l'opinione di un' altro. Quindi quando si parla di Costituzione l'opinione di
Napolitano ha lo stesso valore di quella di un ignorante qualsiasi. E per
questo torna utile la rete , sulla quale si può
riversare ogni opinione senza un confronto vero. In questo senso si può comprendere
il riferimento di Grillo alla democrazia diretta, al continuo dileggio contro
giornali e giornalisti venduti ai poteri forti. Credo dovremo ragionare anche su questo, se ne
avremo la volontà.
·
Maurizio Cesanelli Tg2 , stasera : Grillo si oppone alla costituzione di
autorità deputata al controllo della veridicità di notizie diffuse sul Web.
Lupus in fabula.
Dall'Economist del 24-12-2016
La traduzione è di Google, ma si capisce abbastanza bene.
Questo è l'originale: http://www.economist.com/…/21712165-1942-joseph-schumpeter-…
Il nostro editorialista Schumpeter: un addio scuro
Nel 1942 Joseph Schumpeter ha avvertito che il
capitalismo non potrebbe sopravvivere. Una ondata di populismo indica che è
ancora una volta in pericolo
24 dic 2016
E 'stato nel 1942 di Joseph Schumpeter
ha pubblicato il suo unico bestseller,
"Capitalismo, socialismo e democrazia". Il libro era popolare per
una buona ragione. E 'stato un tour de force di economia, storia e
sociologia. E 'coniato frasi memorabili come "distruzione
creativa". Ma è stato un libro in particolare scuro. In un'epoca in cui
le persone erano alla ricerca di speranza durante la lotta per la vita e la
morte con il nazismo, Schumpeter ha offerto solo
oscurità. "Il capitalismo può sopravvivere?" Chiese. "No, non
credo che possa."
Questa colonna è stata ispirata dalla visione del giovane Schumpeter
della imprenditore come eroe del Übermensch che
sogna un nuovo mondo e lo realizza con la forza dell'intelletto e della
volontà. Al suo debutto nel settembre 2009, abbiamo sostenuto che Schumpeter era una icona perfetta per una colonna
business, perché, a differenza di altri economisti, si è concentrato sulla
dirigenti d'azienda, piuttosto che forze astratte e fattori. Ma, col maturare
di Schumpeter, la sua visione diventava più nera. E
'diventato sempre più preoccupato non per la mancanza di eroismo, ma per la
burocratizzazione, e non per il cambiamento, ma per la decadenza. Lo stesso
vale per l'autore di questa colonna.
Sarebbe esagerato affermare che il capitalismo non può sopravvivere.
L'alternativa socialista che si profilava di nuovo grande nel 1942, è
implosa. Il mondo emergente è il capitalismo che offre la via di fuga da
millenni di povertà. Ma in Occidente i problemi che hanno portato Schumpeter a preoccuparsi sono cresciuti. E ad essi
vengono aggiunte nuove difficoltà che non aveva previste.
La sua più grande preoccupazione era che il capitalismo stava producendo i
propri becchini, sotto forma di una intellighenzia anticapitalista. Oggi
quella stessa élite, aderente in canyon di Los Angeles e dipartimenti
universitari, si è ampliato. Gli studi di Hollywood denunciano i lupi di Wall Street e i vandali ambientali in generale nel
settore petrolifero. Il tipo liberale accademico (cioè il tipo che favorisce
grande governo) sono più numerosi di gran lunga il tipo conservatore, per
5-1, secondo uno studio recente.
Un'altra delle preoccupazioni di Schumpeter era che
l'attivismo economico di stato del New Deal di Roosevelt avrebbe minato il
mercato. Ma nel 1938 il governo americano stava spendendo solo un quinto del
PIL. Oggi si sta spendendo il 38% e che costituisce il neoliberismo dei più
laissez-faire genere rispetto all'Italia (51% del PIL) e alla Francia (57%).
Big regolamentazione ha avanzato più rapidamente di grande governo. Business
è sempre visibilmente flabbier, troppo. L'industria
europea è stato vecchio e inadatto per anni e ora stodge
si sta diffondendo in America. Le più grandi aziende si stanno espandendo e
quelli più piccoli sono appassendo sulla vite. La quota di aziende americane
che sono 11 anni o più passano da un terzo nel 1987 a quasi la metà nel 2012.
Non c'è nulla di necessariamente un male su questo. Una delle grandi
intuizioni di Schumpeter, dai suoi ultimi anni, è
che le grandi imprese possono essere più innovativi di start-up se dato i
giusti incentivi. Ma gli incentivi attuali favoriscono la stasi. Molte grandi
aziende prosperano a causa di governo e regolazione. Il costo per dipendente
di rosso nastro senza fine compilazione dei moduli e si occupano di salute e
di sicurezza-regole-è multipli più elevati per le aziende che hanno un
personale dozzina di poco rispetto a quelli con centinaia o migliaia. Schumpeter chiama immobiliare-imprenditori per dare
dinamismo alle economie. Oggi il capitalismo esiste senza capitalisti-società
sono "di proprietà" da milioni di azionisti che agiscono attraverso
le istituzioni che impiegano manager professionisti il cui scopo principale è
quello di cercare di rendimenti sicuro, non opportunità rischiose.
Alcuni luce tremola all'orizzonte. l'economia
americana sta iniziando ad allungare gli arti. Imprese high-tech sono la
revisione di una fetta sempre più ampia dell'economia, tra cui negozi e dei
trasporti, che dovrebbe essere un bene per la crescita (anche se questo
significa anche il potere è concentrato nelle mani di un minor numero di
grandi imprese). Ma questi sono solo lampi nel buio che avanza. Il tasso di
crescita della produttività in tutto il mondo ricco è stata deludente a
partire dai primi anni 1970, con solo una breve tregua nel 1996-2004 nel caso
dell'America. C'è, e in altri paesi ricchi, le popolazioni stanno
invecchiando rapidamente. Nel frattempo, i frutti di ciò che la crescita c'è
vengono catturati da una sezione sempre più ristretto di società. E chi ha
successo sulla base del merito si sposano altri vincitori e accaparramento
delle migliori opportunità di istruzione.
Allo stesso tempo la democrazia sta diventando sempre più disfunzionale. grande preoccupazione di Platone su governo rappresentativo
è stato che i cittadini avrebbero "vivere giorno per giorno, indulgere
al piacere del momento". Aveva ragione: la maggior parte delle
democrazie spendere troppo per dare ai cittadini ciò che vogliono nel breve
periodo (se i tagli fiscali o diritti avanzati) e investimenti a lungo
termine abbandono. In cima a quello, lobbisti e altri interessi acquisiti
hanno ormai fatto una scienza di gioco del sistema per la produzione di
benefici privati.
Nubi di tempesta si riuniscono
Il risultato di questa miscela tossica è un'onda di populismo che sta
rapidamente distruggendo le fondamenta dell'ordine internazionale post-guerra
e la produzione di un mondo molto più instabile. Uno dei suoi molti pericoli
è che è auto-rinforzante. Contiene abbastanza verità per essere plausibile.
Può essere sciocchezze che "il popolo" sono depositi infallibili
del senso comune, ma non c'è dubbio che le élite liberali sono stati
compiaciuta e self-serving. E il populismo si nutre
dei propri fallimenti. Il più che le imprese affronta l'incertezza ritardando
investimento o in movimento di denaro all'estero, più i politici bullo o
corrompere a fare "la cosa giusta". Come stagnazione economica
alimenta il populismo, così eccessivo riguardo per la volontà popolare
rafforza stagnazione.
Questi pensieri confortanti sono l'ultima che questo cronista vi offrirà come
Schumpeter, se non la sua ultima come scrivano per
The Economist . Da aprile scriverà la colonna Bagehot
sulla Gran Bretagna e la sua politica. Una delle tante cose straordinarie su
di joint-stock delle imprese è che essi sono potenzialmente immortali: le
persone che li gestiscono vanno e vengono, ma la società si mantiene in
corso. Lo stesso vale per le nostre colonne. La colonna Schumpeter
tornerà nel 2017 con un nuovo (e forse più ottimista) autore.
La struttura segreta scoperta dalla
polizia postale a Roma impone ancora una volta una seria riflessione su come
le nostre vite e la nostra privacy non siano al…
La
lingua classica non solo è molto utilizzata nel linguaggio economico moderno,
ma offre anche una intepretazione etimologica delle
parole del lessico