CENACOLO DEI COGITANTI |
DOCUMENTO DEL 3-6-2009 |
COGITAZIONe |
COME SI VENNE DALL’UNO AL
DUE…
(e come si tentò poi di
porvi rimedio)
Terza
parte
Roberto Vismara
Cogitante (3-6-2009)
...NON FURONO
I DELFINI
...Non
furono i Delfini. Non si sono mai sapute le vere ragioni; anzi, in realtà quella
sembrava davvero la scelta più appropriata: simpatici, giocosi, con quella
naturale disposizione all'armonia che era così importante ai fini del Progetto;
eppure, quando fu lì, non se ne fece nulla. Forse erano restii ad abbandonare
le quiete profondità marine in cui si erano rifugiati tanto tempo prima, senza
dubbio con tutte le loro buone ragioni; o forse non sentivano il bisogno di
cambiare, di migliorare, essendo così vicini alla perfezione.
Ché l'essere imperfetti comporta sì degli
svantaggi, ma offre l'incomparabile opportunità di perfezionarsi, come ben
sanno i costruttori di Cattedrali incompiute! Comunque, andò proprio così: non
furono i Delfini, e per un bel tratto non se ne fece nulla.
Certo, la
scelta della Specie cui affidare il compito arduo della riunificazione tra
Spirito e Materia non era affare semplice; in fondo, se si vuole, era un lavoro
secondo solo alla Fabbrica del Grande Circo, come talvolta Materia,
irriverente, chiamava la Creazione.
D'altronde, come aveva più volte affermato, il principio informatore del
lavoro di Materia era proprio: "Falli, e poi lasciali fare", e fu
proprio così che si fece; le cose seguirono il loro corso, sotto l'occhio
vigile dei Due, secondo le proprie imperscrutabili vie.
Intanto , il DNA: un tipetto con cui fare i conti,
come diceva sempre Materia. Era diventato quasi un Aiutante dotato di
iniziative proprie nel Progetto-Vita. Non era cosciente di sé, per quanto se ne
sappia, ma era certo intelligente: aveva capito il meccanismo del gioco, e vi
aveva subito aggiunto regole proprie; sapeva che riprodursi e riempire tutti i
vuoti era uno dei modi di osservare la Suprema Legge (quella dell'Amore, per
intendersi), e si era messo alacremente all'opera per conseguire quello scopo;
sapeva che poche modifiche nella sequenza delle basi portavano a risultati
estremamente diversi, ed aveva trovato il suo piccolo sistema per favorire il
ritorno all'Unità.
Sotto la infinita varietà delle forme viventi, animali e vegetali, che erano la risultante
di quelle piccole variazioni, lui, il DNA, rappresentava l'Unità da cui si
origina il Molteplice; lui, sempre lo stesso, con poche variazioni di composizione molecolare, era
alga e fungo, grano e vite, cavallo e dromedario... ed Uomo.
Beh, ci siamo arrivati finalmente: fu proprio su un
antropoide peloso e sociale che si fermò l'attenzione di Materia e Spirito, per
attuare il loro Progetto.
Peloso di sicuro: quando Materia lo mostrò per la
prima volta al Fratello, questi inorridì. "E tu vorresti attuare un
Progetto ambizioso e sottile come il nostro con... con quello scimmione
?!"
"Non giudicare al primo sguardo –l o chetò
Materia - brutto, è proprio brutto, non
discuto, ma consentimi di spiegarti qualcosa su di lui. O meglio, sui suoi...
successori, che sono poi quelli che ci interessano davvero. Vedi, quello è Homo
Abilis, non sarà lui quello che ci aiuterà nel nostro piano, ma un suo
successore, Sapiens (non sono nomi che gli ho dato io, se li darà da solo
tra milioni di anni). Ancora c'è da lavorarci un po’ su, ma penso
che i risultati ti piaceranno"
"Me lo auguro - disse Spirito riprendendosi
dallo shock iniziale - perché a vederlo così, se vogliamo, non sembra granché
promettente; con quella fronte bassa, il mento sfuggente, e poi, tutti quei
peli!"
"Ma cos'hai contro il pelo? - ridacchiò
Materia - è così bello, morbido da accarezzare; il vento ci gioca dando delle
sensazioni..." Materia condivideva con le sue creature un certo, per così
dire, edonismo.
"Vabbè - troncò Spirito - spiegami questi tuoi
piani."
"Loro - cominciò Materia - tendono ad
evolversi, come tutti gli altri, del resto! Dovrebbero presto dar luogo ad una
mutazione che renderà, tra l'altro, le loro mandibole meno robuste, ed il loro
cervello più grande; già camminano eretti, e possono perciò guardare il Cielo,
oltre che la terra, ed usano utensili, per quanto rozzi. Vedrai cosa sarò
capace di trarne una serie di
appropriate scelte evolutive! Riuniti in gruppi per compensare le loro carenze
individuali..."
* * *
Le loro
carenze erano notevoli, a ben guardare, e sarebbe stato piuttosto azzardato
scommettere su di loro; correvano meno delle loro prede e dei loro predatori,
di cui non potevano eguagliare le zanne,
gli artigli, i rostri, la mole, il veleno... Sembravano, a dire il vero, destinati
ad un futuro piuttosto marginale, rispetto ad altre forme di vita: gli
splendidi smilodonti, tigri dai denti a sciabola (che di loro non di rado si
nutrivano!) erano efficientissimi e spietati cacciatori; e i giganteschi lanosi
mammut, vere montagne di carne, li facevano apparire, al confronto, miserabili
mosche terragne: ma essi scomparvero, mentre l' Uomo continuava a camminare per
la sua Via.
Via peraltro lunga ed aspra, come vedremo: ché se
una eccessiva durezza delle condizioni di vita avrebbe fatto sì che la nuova
specie vivacchiasse a stento, condizioni troppo facili l'avrebbero spinta in
una beata carenza di stimoli propulsivi, in una sorta di Eden senza motivazioni
a progredire; e dunque quello che la nuova specie dovette affrontare fu un mondo
ricco di pericoli e di agguati, con la fame e la morte sempre a portata di
mano, sicché non dimenticasse che per sopravvivere doveva mutare ed adattarsi,
e darsi le zanne e gli artigli di cui Madre Natura non l'aveva provveduta.
E lo fece, altroché se lo fece! Anche se poi quel
famoso Eden lo sognò tanto da farne uno dei suoi miti più noti; ma su questo
torneremo poi.
Dunque gli scimmioni pelosi che tanto avevano
disgustato Spirito evolvettero, facendosi sempre meno scimmioni e sempre meno
pelosi, man mano che il loro progredire li portava a creare artificialmente i
propri artigli e le proprie pellicce, misurandosi con un ambiente non proprio
accogliente, in cui ogni boccone di cibo, ogni notte al riparo dalle intemperie
erano frutto di fatica, sudore e non di rado sangue.
(Fine parte terza. Continua)