Il Corriere della Sera 4-3-2007
Appello alla mobilitazione dei
pensatori cattolici senza respingere
la cultura del tempo Ruini: «Cattolici svegliatevi» Il cardinale: «Meglio
contestati che irrilevanti»
ROMA - «Se
noi cristiani ci rassegniamo ad essere una subcultura, in un mondo che guarda
dai tetti in giù, niente potrà salvarci». La mano ossuta
accarezza il Crocifisso appeso alla lunga catena argentea, poi lo sguardo del
cardinale Camillo Ruini si accende, come il suo sorriso. E si affretta ad
aggiungere: «Salvo un intervento della Provvidenza. Certamente». Con questo
appello alla mobilitazione dei pensatori cattolici il cardinale vicario di
Roma ha appena chiuso la due giorni di studi su: «La
ragione, le scienze e il futuro delle civiltà». Ultimo appuntamento di
quel forum che dieci anni fa ha lanciato il tema del «progetto culturale»,
così gradito ora al Pontefice. Un appuntamento da record per numero e
qualità degli interventi di giuristi, matematici, filosofi, fisici e
teologi che segna anche l'addio del cardinale settantaseienne al ruolo di
presidente della Conferenza episcopale. «La prossima
volta sarò da quella parte e non da questa», dice alludendo alla sua
imminente sostituzione per motivi di età, suscitando gli applausi
affettuosi degli studiosi.
Ruini tira le fila della riflessione comune e confessa la sua intenzione di «mostrare che per dire quel
"grande sì all'uomo" auspicato da Ratzinger
e per mostrare la verità, la bellezza e la vivibilità della
fede, bisogna andare alle radici della razionalità contemporanea». Non
è un invito a respingere la cultura del nostro tempo. Anzi. Sollevando
la testa dai suoi fitti appunti, il cardinale sottolinea: «Qualcuno sostiene
che c'è molto da assumere da Kant. Io, a
costo di scandalizzare, voglio dire anche da Hegel.
E guai a chiudersi e buttare via tutto», ammonisce. Quella che attende il
cattolico, spiega, è una sfida «ineludibile»: «Deve svegliarsi. Deve
giocare di proposta e dare un orientamento alla cultura. E per questo occorre
che ci sia una crescita del senso di appartenenza alla Chiesa e a Cristo e
una più precisa consapevolezza della radicalità della sfida che
abbiamo davanti».
A convegno chiuso, finite le strette di mano, ascoltate le richieste più disparate (compresa quella di
ribadire l'inconsistenza dei vangeli apocrifi), il cardinal vicario si
aggiusta l'abito e ci spiega meglio perché nutre molte speranze che i
cattolici possano abbracciare la sua sfida a diventare bussola della cultura
e vincerla: «Dall'interno del cattolicesimo cresce la consapevolezza che
c'è bisogno di farlo. Perché i problemi che riguardano l'uomo in
quanto tale e il dialogo tra le religioni spingono ormai in una direzione
convergente: fanno sentire a molti il bisogno di riscoprire la propria
identità cristiana». Eppure, da fuori, sembra che il periodo sia molto
più complesso. E fortemente scosso dai contrasti sui temi etici.
Il cardinal
vicario allarga le braccia, annuisce e sorride: «È vero che la contestazione contro la Chiesa aumenta.
Ma è preferibile essere contestati che essere irrilevanti». E aggiunge:
«In altri Paesi come la Francia forse c'è
minore contestazione, ma solo perché minore è il peso specifico dei
cattolici». Si ferma, si illumina e aggiunge: «Se ci considerassero a fine
corsa ci attaccherebbero meno». «Tra l'altro - fa notare - i rapporti
numerici tra credenti e non credenti nella totalità della popolazione
sono molto diversi da quelli che appaiono sui media.
Io credo che qui in Italia, come negli Stati Uniti, sono maggioritari quelli
che hanno Dio come punto di riferimento». Il rischio insito nello scontro
però è di ritrovarsi nemici senza volerlo. Ora che l'etica
è divenuto terreno di polemica politica ne abbiamo esempi quotidiani.
E ieri l'altro il ministro dell'Interno, Giuliano Amato, intervenendo sui
Dico, la legge sui diritti per le coppie di fatto, ha lanciato un monito alla
religione a trattare con amore «legami forti anche fuori da
quelli convenzionali» e non respingerli come «un peccato da cancellare»,
«sennò regaliamo a Satana un tempo che non è detto sia il tempo
di Satana».
Ruini, divenuto
nella considerazione di alcuni il paradigma
di una visione severa che sembra voler più escludere che includere,
allontana da sé questo sospetto con garbo: «Non ho mai pensato di
demonizzarli. Certo io suggerisco il matrimonio, ma non sono contro le
persone che vivono in una coppia di fatto. Per carità. Quella è
una loro libera scelta. Va rispettata. D'altra parte non si vede perché
dargli una struttura giuridica che rischia di sovrapporsi a quella esistente
e a fare confusione». «E del resto non la vogliono. A dirlo sono loro stessi.
Noi ne conosciamo molti, giacché molte sono le coppie che si sposano dopo
aver convissuto. Sono una sorta di coppie di fatto in transito verso il
matrimonio. Da quanto risulta ai sacerdoti che hanno ogni giorno a che fare
con loro, queste coppie non chiedono forme diverse dal matrimonio».
Nel convegno era
già stata messa in discussione una
nuova tendenza, quella della richiesta sempre più diffusa di nuovi
diritti (c'è chi ne reclama anche per l'intelligenza artificiale)
senza farsi carico dei corrispondenti doveri. Un diritto che voglia essere
ragionevole, era stato detto, deve invece riuscire a bilanciarli. Nella
conclusione il cardinale evidenzia che «il punto decisivo è l'apertura
della razionalità umana alla trascendenza, cioè, in concreto, a
Dio e anche all'uomo che non può essere considerato un pezzo di
natura». Altrimenti, fa notare condividendo l'intervento di un professore di
letteratura russa, «ricadiamo nell'errore descritto dal pensatore sovietico Soloviev». Nel suo romanzo metaforico c'è un uomo,
progressista, umanista, pacifista, che riusciva a mettere d'accordo tutto il
mondo, persino le religioni diverse. Ma viene
smascherato: è l'Anticristo.
Fuor di metafora,
Ruini e i pensatori del Forum sono convinti: «Occorre tenere conto della novità e della importanza
decisiva della fede cristiana rispetto alla razionalità. Non basta
adottare i valori senza riconoscere l'importanza decisiva di Cristo. Questa
è la sfida culturale ineludibile dei cattolici. E per vincerla non
basta organizzarsi. Occorre una consapevolezza dell'appartenenza. Ci sono
gruppi religiosi numericamente non molto diffusi ma capaci di esprimere una
presenza assai incisiva. Lo abbiamo visto». Malgrado
le critiche affilate e gli sbeffeggiamenti subìti
dalla satira Ruini non rifugge dai media: «Gli attacchi non mi hanno mai dato
fastidio. E credo che, come cattolici, dobbiamo stare dentro alle dinamiche
della comunicazione. Senza limitarci al gioco di rimessa. Solo in questo modo
la cultura cristiana potrà avere piena cittadinanza nel pensiero
attuale. Ma soprattutto dare alla cultura di tutti un nuovo
slancio». In uno slogan: «Cattolici svegliatevi».
Virginia Piccolillo
04 marzo 2007
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