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Documento
inserito: 10-9-2021 Il PuntO n° 434 Sulla
scienza, massacrata tra media e covid Di Mauro
Novelli 10-9-2021 I pitagorici del VI secolo a.C. erano soliti
richiamare Pitagora quale massima autorità asserendo che quanto affermato “Lo ha detto lo stesso Pitagora”, “Ipse
dixit” in latino, “Autòs épha”
in greco antico. La formula rendeva quindi inutile – perché vero - ogni
verifica di quanto sostenuto. Nel Medio Evo la formula fu resuscitata ma sostituendo
Aristotele a Pitagora quale fonte di certezza delle posizioni assunte e degli
argomenti trattati. Nessuno avrebbe avuto il coraggio di modificare le
sistematizzazioni culturali aristoteliche o le conclusioni da lui indicate,
filosofiche o scientifiche che fossero. Ancora a metà del 1500, il libro di Copernico (Le
rivoluzioni delle sfere celesti) sull’eliocentrismo e, quindi, in
contraddizione con la Bibbia e con il sistema tolemaico, veniva pubblicato
dall’editore con il chiarimento che le teorie di Copernico non dovevano
essere considerate vere, ma semplicemente facilitatrici dei calcoli
astronomici e, pertanto,
non dovevano intendersi come confutazione della visione
tolemaica e biblica. Occorrerà attendere Galileo per vedere la scienza
liberarsi della cappa ecclesiastica e di quella dell’ipse dixit. La scienza
di Galileo è quella del “Provare e riprovare” fino all’eliminazione di ogni
dubbio. Il nuovo metodo scientifico permetterà a Newton di
formulare la teoria della gravitazione universale e di sistematizzare le
leggi del moto. Secoli dopo, le teorie di Newton sono riviste – chiedo
venia e compatite la grossolanità, comunque qui non rilevante - in situazioni
macro, dalle teorie di Einstein sulla relatività e la necessaria introduzione
della variabile spazio-tempo. A loro volta riviste, in situazioni micro, dal
principio di indeterminazione di Heisenberg e dalla
fisica quantistica. Come si vede, la scienza procede cercando di eliminare
dubbi, provando e riprovando e solo se una situazione riproponibile in
laboratorio dà sempre lo stesso risultato potrà essere caratterizzata da
certezza. Comunque solo fino alla sua eventuale successiva confutazione. Scienza
medica e
covid. Molti cittadini hanno scoperto la “scienza” proprio
obbligati dall’andamento drammatico della pandemia, dalle spiegazioni, dai
chiarimenti, dalle giustificazioni e dalle ipotesi fornite dagli
“scienziati”. Ma è quella scoperta in pandemia da una gran parte dei
cittadini una scienza vera e propria? Disgraziatamente la medicina non può essere definita
una scienza “esatta”. La medicina è un’arte che si appoggia sempre più
frequentemente su scienze esatte come la fisica e la chimica ed alle loro applicazioni tecnologiche.
Nell’arte medica risultano fondamentali l’esperienza e l’intuizione del
medico, la sua capacità di organizzare informazioni fisiopatologiche con
criteri di indagine anche statistici, di rilevare sintomi in grado di
permettere l’intuizione di situazioni organiche sottostanti i cui scostamenti
dalla fisiologia (conosciuta) determinano l’ipotesi patologica. Ed infatti,
per i casi clinici più complicati è spesso richiesto un consulto, cioè il
parere di altri medici e la messa a confronto di intuizioni ed esperienze,
portatrici di posizioni anche divergenti e dettate da acquisizioni cliniche
personali. Ma grazie a giornalisti pressappochisti e a caccia di
scoop, stampa, tv e radio si sono affannati alla ricerca di informazioni
eclatanti tanto da far passare come risposte oracolari scientificamente
provate, semplici ipotesi e previsioni di singoli medici, senza evidenziare
che le posizioni riportate – spesso contraddittorie – lungi dall’avere
caratteristica ed evidenza puramente scientifica, erano dettate da personali
intuizioni e conoscenze acquisite in anni di esercizio dell’arte medica. Il battage mediatico totalizzante sulla pandemia ha spinto
i telespettatori a schierarsi per decidere chi fosse, secondo loro, il vero
“ipse” tra scienziati, per onorarlo del “dixit”. Sono stati, in tal modo, creati scontri e
contrasti anche acuti tra addetti ai lavori – trasformati in ospiti d’onore
contesi o ostracizzati
nei talk show - con il conseguente suggerimento, alla
cittadinanza meno accorta, di dubbi e diffidenze nei confronti della scienza
tout court, avendo fatto credere che
di contrasti altamente scientifici si stesse trattando e non di valutazioni
dipendenti da esperienza professionale comunque personale. Insomma, tornato al Medio Evo, ogni cittadino poco colto ha annesso
a quell’ “ipse” il volto e il nome che gli risultava più congeniale,
gratificandolo del “dixit”. In molti cittadini questa situazione ha creato solo
diffidenza e delusione nei confronti della scienza in sé: ne è derivato che
se un clinico fa previsioni smentite dai fatti due mesi dopo, è la scienza ad
essere giudicata fallace e campata in aria. Ma non basta, anche tutto ciò che
era stato fatto passare mediaticamente nel corso della pandemia come prodotto
della scienza, quindi perfetto e intoccabile, ha subito lo stesso massacro. E’ la sorte dei vaccini anticovid: se gli scienziati non
sono d’accordo nell’ipotizzare soluzioni e risultati futuri circa l’andamento
della pandemia, vuol dire che anche i vaccini sono contestabili e potrebbero
non solo non risultare la soluzione del problema pandemico, ma addirittura
essere di nocumento per la cittadinanza. Se a queste componenti mediatiche
aggiungiamo la guerra che alcuni fabbricanti di vaccini (costosi) hanno promosso nei confronti di vaccini (meno costosi) di altre case
farmaceutiche, con il conseguente e non sempre “scientificamente” suggerito
schieramento dei clinici più in auge, il battage pubblicitario sempre più
strillato non poteva che massacrare l’immagine degli stessi prodotti
vaccinali (tutti). Insomma, si ricerca l’ “ipse
dixit” anche per decidere in campo vaccinale. E tutto si riduce ad uno
“scientifico” tifo da stadio: vaccino assolutamente sì, vaccino assolutamente
no! Conclusione: vista la tanto sfilacciata situazione
comportamentale dei cittadini, se si ritiene risolutiva la vaccinazione
anticovid, occorrerà provvedere perché sia resa obbligatoria. Questo è il
risultato dell’assoluta assenza di professionalità nell’impostazione
giornalistica e mediatica del problema somministrata al pubblico da oltre un
anno e mezzo. Per inciso, il fatto che la cittadinanza fosse “obbligata” a
parlare ogni giorno di pandemia e vaccini, ha permesso alla nostra classe
politica di essere esentata da risposte serie ai
seri problemi
sociali, politici, economici del paese. Un
equivoco da chiarire. Oggi in Italia i vaccinati sono circa 40 milioni i non
vaccinati sono circa 10 milioni. I dati ci informano che in terapia intensiva i
ricoverati sono circa per metà non vaccinati e per metà vaccinati (mi scuso
per la valutazione grossolana). Quindi, concludono i novax,
non è vero che il vaccino risolva il problema, anzi – concludono – la
vaccinazione è irrilevante. Ma nel valutare quei dati occorre una
osservazione: i 300 non vaccinati derivano da un bacino di 10 milioni di
cittadini non vaccinati
e costituiscono lo 0,003 % di quel bacino, mentre i 300 vaccinati derivano da un bacino di 40 milioni di
vaccinati e ne costituiscono lo 0,00075 %. Quindi abbiamo un ricoverato non
vaccinato su 33mila non vaccinati; mentre c’è un ricoverato vaccinato ogni
133mila vaccinati. |
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