Inserito
il 10-1-2007
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l’intelligenza può risolvere. |
Il PuntO n° 96. Finalmente trovata in Iraq l’arma di
distruzione di massa.
Di Mauro Novelli
10-1-2007
Gli Americani hanno individuato
nel benzene (cancerogeno) contenuto nel petrolio la vera arma di distruzione di
massa posseduta dall’Iraq; hanno quindi deciso di togliere agli iracheni (tutti
terroristi) la sua gestione. A seguito di tale scoperta fondamentale, stanno
imponendo al governo di Bagdad una requisizione trentennale dei pozzi
petroliferi – impegno gravoso, ma i fidi Britannici sono già al loro
fianco - per strappare a quei terroristi
l’arma del benzene. In tal modo il Al Qaeda perderà il suo
più subdolo strumento di morte,
che solo l’intelligence USA poteva individuare, e subirà una cocente sconfitta.
Alla luce di questo successo, gli
USA stanno decidendo di aumentare le loro truppe in Iraq: con 20 o 30mila
soldati in più, la democrazia si esporta meglio, ironizzano i
detrattori. L’aumento delle truppe servirà a proteggere (per i prossimi
decenni) pozzi e pipe lines dagli attacchi degli iracheni che, come si sa, sono tutti fiancheggiatori di Bin
Laden e vorrebbero continuare a gestire quell’arma micidiale.
Alla faccia dei detrattori del
presidente i quali sostengono che i suoi occhi troppo ravvicinati non gli
consentono una corretta trigonometrazione, tanto da non potergli permettere una
messa a fuoco oltre il proprio naso. Il difetto è stato, per altro,
superato dalla presenza di Condoliza, i cui occhi molto distanti tra loro, permettono una buona
triangolazione in lontananza. Le pecche del governo americano sono quindi
compensate, e si elidono a vicenda. Basta che i due non si separino mai.
Non a caso cominciamo a bombardare
i terroristi in Somalia: Bush guarda vicino, al petrolio, arma di distruzione
di massa; Condoliza guarda lontano, ai futuri interventi per minare alla base
il terrorismo islamico di unità somala. Ed anche per distogliere l’attenzione interna e
mondiale dalla disastrosa iniziativa irachena.
Certo, c’è chi sostiene che
i 300 miliardi di dollari (ai quali si potrebbero sommare i 100 di nuova
richiesta) finora spesi per individuare il benzene e disarmare Bin Laden, si sarebbero potuti
investire per accelerare i tempi di realizzazione di un vero, efficiente motore
ad idrogeno (di massa). Ma si può chiedere di annullare i vantaggi dei
petrolieri a chi ha gli occhi troppo ravvicinati ed è, per giunta,
oliodipendente?
Molti speravano in un benefico
influsso di Blair: ma lui dispone solo di orecchie a foglia larga che, in
questa vicenda, sono risultate del tutto inutili.
Ci corre l’obbligo di ricordare
che, dopo la insulsa colonizzazione italiana, anche la Somalia ha goduto dei
vantaggi di essere stato protettorato britannico (nel Somaliland). Proprio il
Somaliland dichiarò la sua indipendenza dalla Somalia (1991):
iniziò così la devastante frammentazione della nazione. Né
sortì risultati positivi l’intervento dell’ONU (1992-1995). In quella
circostanza, vista la mal parata, gli USA abbandonarono frettolosamente
l’iniziativa somala promossa dalle Nazioni Unite.
Oggi, con una iniziativa forse
conosciuta solo da Blair, i boys tornano, sia direttamente che spingendo
l’Etiopia all’intervento nelle vicende del paese confinante. Ricordiamo che
Addis Abeba si schierò (2003) a
fianco degli USA intervenuti in Iraq e la stessa cosa fece l’ Eritrea.
In Somalia non sembra ci sia
petrolio. Ma ci sono giacimenti di rame, cromo, oro, uranio e, soprattutto,
carbone ancora non sfruttati.
Prudentemente, anche per Bush, la
parola d’ordine - suggerita dalla lungimirante Condoliza - è
“diversificare”.
Se poi l’ “investimento”
andrà male, peggio per i Democratici (che erediteranno la gestione di
quei disastri) e per il pianeta, per altro abituato a sopportare le conseguenze
di una ottusa politica estera anglosassone, di corto respiro e mirante solo alla protezione immediata ed
asfittica dei propri interessi.
Che l’obbiettivo sia quello di
circondare l’Europa (e l’ euro) da una fascia di situazioni geopolitiche
balcanizzate?
Loro intanto costruiscono la
grande muraglia messicana: per eliminare la piaga della mano d’opera ispanica
illegalmente immigrata, il muro è costruito utilizzando manodopera
ispanica illegalmente immigrata.