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Documento d’interesse   Inserito il 23-2-2007


 

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Dal Corriere della Sera 23-2-2007

Nove mesi di sfide. Attacchi a Israele, elogi a Castro. Gli «autocomplotti» della sinistra.

Gian Antonio Stella

 

Da Bianchi a Ferrero e Diliberto, le frasi che hanno insidiato il governo.

        

Il marchio di «pidocchi sulla criniera di un cavallo», a suo tempo usato da Palmiro Togliatti per liquidare Valdo Magnani e Aldo Cucchi che avevano osato mettere in discussione il mito dell’Urss, non è stato ancora rispolverato. Ma Franco Turigliatto e Fernando Rossi sono già entrati nella galleria nera dei comunisti «traditori». Certo, sarà dura strappare loro la confessione estorta ad esempio agli operai delle armerie di Tula che una domenica del 1920 si erano rifiutati agli straordinari: «Io sottoscritto, cane puzzolente e criminale, mi pento...». La tortura non è più politically correct. Il capo d’accusa, però, è tutto dentro la tradizione della revolutja: hanno oggettivamente collaborato al complotto neo-centrista. Versione casareccia e mastelliana del complotto reazionario dell’imperialismo internazionale. Perché su quello, a sinistra della sinistra, non hanno proprio dubbi: il voto al Senato sulla politica estera costato caro al governo Prodi, è stato una specie di congiura.

Certo, perfino i «neo-tri» (variante rossa delle definizioni «neo-con» e dei «teo-con» che in questo caso sta per «neo-trinariciuti») sono coscienti di quanto sia difficile convincere le plebi proletarie che i due reprobi fossero al soldo del nemico. Così come si rendono conto che in un Paese complottarolo come l’Italia appena urli al complotto c’è chi fa la pernacchia. E ti ricorda che l’hanno già fatto Silvio Berlusconi sui suoi processi («Complotto!») e i prodiani nel ’98 («Complotto!») e Annamaria Franzoni («Complotto!»), mille altri tra cui perfino Wanna Marchi, che nel tentativo di sottrarsi alle condanne arrivò a scrivere a Fausto Bertinotti: «La mia famiglia è comunista da generazioni... ». Insomma, sul tema c’è ormai una certa diffidenza. Non bastasse, chi ha buona memoria ricorda bene certi momenti, di questi mesi. Che non sono sembrati proprio una «deriva neocentrista», come denunciò il focoso senatore Luigi Malabarba, «in continuità con le politiche liberiste e di guerra».

Facciamo un riassuntino? Due settimane dopo il voto Letizia Moratti, che spinge il vecchio padre in carrozzina, viene insultata alla festa della Liberazione da un po’ di manifestanti al grido di «troia, puttana, bastarda!» e Marco Rizzo (mentre larghi pezzi della sinistra censurano l’aggressione, a partire da Pietro Ingrao) rovescia tutto: «La Cdl enfatizza i fischi per non parlare del 25 aprile, preferisce alzar polvere su di un fattomarginale... ». Neanche il tempo che il governo si presenti e ognuno dice la sua. Alessandro Bianchi dichiara il suo amore per Castro: «Ascoltare per ore e ore il discorso del primo maggio di Fidel, nella piazza grande, mi ha dato emozioni forti ». Paolo Ferrero spiega che va cambiata subito la legge sulla droga perché «di spinello non è mai morto nessuno», piazza mine esplosive sul cammino della finanziaria ipotizzando un’aliquota al 45% per tutti i nababbi che per lui stanno «a partire da un reddito superiore a 70 mila euro» e, ignaro che le leggi vanno rispettate finché non si cambiano in parlamento, dichiara la prossima decadenza della Bossi-Fini e la chiusura dei Cpt. Paolo Cento esordisce bacchettando i mercati internazionali che «devono imparare che al centro devono essere messi i consumatori e i risparmiatori », spiega che lui, il giorno della Festa del 2 giugno sarà a una manifestazione che contesta la «sfilata di mezzi militari nel cuore di Roma » e annuncia la sua decisione: «La Tav non si fa».

E via così, per mesi. «Non accettiamo lezioni di legalità da Cofferati perché i diritti vengono prima del diritto», spiega Francesco Caruso dichiarandosi «deputato eversore» (definizione che concretizzerà portando a Montecitorio due finte molotov) al fianco dei compagni incriminati perché si erano auto-ridotti il prezzo della mensa a Bologna. «Davanti a noi abbiamo una sola scelta: votare no alla missione, quali che siano le conseguenze », dichiara Giorgio Cremaschi sull’Afghanistan. «L’ingresso del Venezuela nel consiglio di sicurezza dell’Onu sarebbe una prova importante che l’Onu è la casa di tutti e non solo degli amici degli Usa», sentenzia il responsabile esteri del Pdci Jacopo Venier in linea con Mahmoud Ahmadinejad. «Proponiamo che il Governo fissi come obiettivo generale di legislatura non l’abbattimento ma la sola stabilizzazione del debito rispetto al Pil», suggeriscono «sessanta economisti» concordi con l’idea di Franco Giordano che «il tempo delle lacrime e del sangue per noi è tramontato definitivamente» alla faccia dei giudizi delle agenzie di rating: «Non dobbiamo farci condizionare da queste cose».

E avanti. Il senatore Fosco Giannini bolla il popolo israeliano (successiva correzione: «Intendevo e intendo dire il governo israeliano») come «un soggetto eversore, la mano armata degli Usa in Medio Oriente». Oliviero Diliberto, rifiutato ogni consiglio, sfila a un corteo per la Palestina (in cui bruciano tre manichini- soldati avvolti nelle bandiere Usa, israeliana ed italiana urlando «l’unico tricolore da guardare / è quello disteso sulle vostre bare») e davanti allo sconcerto dice che si è trattato di un «atteggiamento così dichiaratamente sporco e provocatorio» che lui ha il sospetto che ci sia lo zampino dei «servizi deviati». La sottosegretaria al Lavoro Rosa Rinaldi va in piazza coi precari dietro striscioni contro il ministro Cesare Damiano («Amico dei padroni, vattene ») e sbuffa coi cronisti: «Ma io non sto manifestando». In che senso, scusi? «Sto a lato, non ho bandiere in mano e non scandisco slogan...». Il tutto mentre ogni giorno il governo è appeso al Senato ai mal di pancia di questo e quello: «Non mi piace...». «Non mi va...». «Forse non voto...».

E via coi sospetti. Il dilibertiano Pino Sobio: «Nel Paese tira una brutta aria neo-centrista». Il verde Angelo Bonelli: «Il neocentrismo non è una possibilità ma un pericolo, perché eliminerebbe il bipolarismo...». Fino al tormentone di questi giorni: «Siamo finiti nelle mani di Andreotti, Pininfarina e Cossiga: Vaticano, Confindustria e Usa uniti in una rinata comunità d’interessi», scrive il direttore del manifesto Gabriele Polo. «Una parte significativa dello schieramento moderato e dei poteri forti di questo paese è da tempo intenzionato a buttare giù questo governo. Èpossibile che quanto accaduto sia la prima tappa d’un disegno», concorda la bertinottiana Rina Gagliardi. «I poteri forti, vaticani e confindustriali su tutti hanno lucidamente lavorato per questo risultato », denuncia la rifondarola emiliana Donatella Bortolazzi. Il voto «potrebbe essere il figlio di poteri forti che vogliono le grandi intese», concorda Giovanni Russo Spena. E la spirale si avvita e si avvita. Fino a far dire a Franco Turigliatto che lui pure vede nel voto di mercoledì «una regia un po’ diversa» giacché lo insospettisce il ruolo di «un personaggio politico di grande rilievo come il senatore Andreotti» ed è chiaro che «una delle operazioni in corso è scaricare su alcuni della sinistra l’operazione centrista » anche se lui non direbbe «che è una congiura, ma...». Ma cosa, compagno Turigliatto?

23 febbraio 2007