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inserito il 21-12-2006
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21/12/2006
Bush vuole una grande armata
Più
uomini per esercito e marines: si prepara la “spallata” a Baghdad
Di
Maurizio Molinari
«Ho
chiesto al ministro della Difesa Robert Gates di studiare l’aumento degli
effettivi di esercito e marines». Il presidente americano, George W. Bush,
convoca i giornalisti alla Casa Bianca per dare un annuncio che contiene due
messaggi: la mano tesa ai leader democratici ed il possibile aumento nel 2007
del contingente in Iraq.
L’apertura ai democratici, che da gennaio controlleranno il Congresso, sta nel
fatto che negli ultimi tre anni in più occasioni erano stati loro a
criticare l’ex capo del Pentagono, Donald Rumsfeld, per non voler espandere le
forze armate sostenendo l’«esercito leggero» appoggiato da nuove tecnologie per
affrontare i compiti della guerra al terrorismo. Rumsfeld aveva sperimentato
con successo l’« esercito leggero» nella guerra in Afghanistan a fine 2001,
rovesciando i taleban in appena tre settimane adoperando truppe speciali ed
intelligence, e questo lo aveva indotto ad applicare lo stesso modulo in Iraq
nel 2003. Questa decisione si è però dimostrata con il tempo
errata come sostenuto dall’ex Segretario di Stato Colin Powell, teorico
dell’«uso della forza soverchiante », i leader democratici hanno fatto proprie
queste obiezioni ed ora che al Pentagono c’è un altro titolare è
Bush che cambia registro.
A conferma dell’apertura ai democratici ci sono le dichiarazioni del presidente
al Washington Post sul fatto che in Iraq «non stiamo vincendo né perdendo »,
l’ammissione che «in Iraq i nemici della libertà hanno avuto successi
nel 2006», la promessa a «chiedere di più agli alleati iracheni nel
2007» ed anche la disponibilità a lavorare con il Congresso sulle
riforme di immigrazione e previdenza sociale. «Non chiederò ai
democratici di rinunciare ai loro principi e credo non mi chiederanno di
rinunciare ai miei ma potremmo trovare compromessi sulla legislazione», ha
detto Bush disegnando l’approccio alla coabitazione che disinguerà i
ultimi due anni di mandato. Quando dice «legislazione» il presidente si
riferisce anche ai provvedimenti che il Congresso dovrà approvare per
finanziare la guerra al terrorismo perché la Casa Bianca si avvia a chiedere
altri cento miliardi di dollari - che si aggiungono ai 400 già spesi -
soprattutto per l’Iraq.
La prospettiva di «aumentare gli effettivi» rende inoltre possibile l’aumento
delle truppe in Iraq - dove vi sono 140 mila uomini - anche se Bush ribadisce
di «non aver deciso» e di voler aspettare «le indicazioni dei comandi». Su
questo fronte le difficoltà non mancano perché i vertici militari in
Iraq, nominati da Rumsfeld, non vogliono più truppe. La missione di
Gates a Baghdad, iniziata ieri, serve proprio per verificare se i generali si
oppongono a più soldati perché davvero non necessari oppure solo perché
fedeli al modulo dell’«esercito leggero» finora applicato. Un primo segnale di
cambio ai vertici è giunto con l’annuncio di John Abizaid, comandante
delle truppe in Medio Oriente, di andare in pensione e presto altri potrebbero
compiere scelte simili, dando modo a Gates di nominare i nuovi comandanti.
Proprio la necessità che Gates ha di assumere il controllo delle forze
armate ha spinto Bush a posticipare a gennaio i tempi della «svolta strategica
» in Iraq.
Durante la conferenza stampa Bush ha parlato anche di Iran, dicendosi
«sbalordito» per la recente conferenza organizzata a Teheran per negare lo sterminio
di sei milioni di ebrei in Europa durante la Seconda Guerra Mondiale, e
ribadendo la richiesta a Teheran di «sospendere l’arricchimento dell’uranio» se
vuole evitare le sanzioni. Ad ammonire l’Iran è stato anche il premier
britannico, Tony Blair invocando un’« alleanza dei Paesi moderati» per
fronteggiare le «minacce di Teheran». Kofi Annan, oramai ex Segretario generale
dell’Onu, vede in arrivo nuovi venti di guerra ed ammonisce: «Non sarebbe
saggio attaccare l’Iran».