PRIVILEGIA
NE
IRROGANTO |
Acta Diurna Albo Lapillo signanda |
|||
DOCUMENTI CORRELATI |
|
|||
|
||||
|
Il PuntO n° 74 Medioriente:
le origini di un problema che solo
l’intelligenza può risolvere.
Di Mauro Novelli 2-8-2006 (mauronovelli@adusbef.it) Esattamente
90 anni fa, Monsieur Picot e Mister Sykes, incaricati dai loro paesi in guerra contro
Germania, Austria-Ungheria e Impero Ottomano, raggiunsero un accordo in base
al quale, in caso di vittoria, le
regioni mediorientali dominate dai Turchi sarebbero state così divise: -
alla
Gran Bretagna: Mesopotamia del sud (Baghdad e Bassora) e Palestina -
alla
Francia: Siria e Libano, Mesopotamia del nord (Mosul). La cartina mostra l’impero
Ottomano prima della Grande Guerra: Siria, Libano, Iraq, Palestina erano
semplici “zone indefinite” dello stato turco. Al
fine di ottenere appoggi contro la Turchia, i Britannici solleticarono le
aspirazioni kurde con la promessa di costituzione di un Kurdistan
indipendente, mentre agli Arabi fecero intendere una soluzione simile per l’ intero territorio da essi occupato, con
l’ipotesi di costituzione di un grande regno arabo. Contemporaneamente
ed in contrasto con le promesse fatte, ottennero la “simpatia” delle
organizzazioni sioniste mondiali (di ben altro aiuto nella guerra contro gli
Imperi centrali), garantendo loro, in contropartita, un benevolo atteggiamento
della Gran Bretagna: con la dichiarazione del Ministro degli esteri, A. J. Balfour, del novembre 1917, il governo britannico
comunicava al banchiere Rothschild – stavolta nero su bianco : "Il Governo di Sua Maestà guarda con favore
la costituzione in Palestina di una casa nazionale per il popolo ebraico e
applicherà tutti i suoi sforzi per facilitare il raggiungimento di questo
obiettivo, essendo stato assodato chiaramente che non sarà fatto niente che
possa pregiudicare i diritti civili e religiosi delle comunità non ebraiche
esistenti in Palestina, o i diritti e lo statuto politico goduti dagli ebrei
in qualunque altro paese”.[In
nota[i]
il testo completo della missiva di Balfour]. Vinta
la guerra, i Britannici ottennero il mandato sulla regione irachena e sui
territori arabi fino al Sinai, Palestina compresa. Quanto al Kurdistan,
l’iniziale impegno dei vincitori per la creazione di uno stato indipendente
(Trattato di Sèvres del 1920) fu disconosciuto dal
successivo Trattato firmato con Kemal Ataturk (a Losanna nel 1923), col quale gli Alleati si
rimangiarono le promesse: non si parlò più di un stato kurdo, tanto meno
indipendente. Ma
col mandato (1922) concesso alla Gran Bretagna sulla Palestina dalla neonata
Società delle Nazioni, si sarebbe dovuto sollevare un serio problema
giuridico (mai evidenziato) proprio a seguito degli impegni di Balfour. Infatti,
il “mandato” della Società delle Nazioni è un istituto mirante a garantire
agli ex territori tedeschi e a quelli del dissolto Impero Ottomano un governo
internazionalmente regolato, con il compito di avviare le popolazioni
interessate all’autonomia ed all’indipendenza. E’
evidente, per il Regno Unito, il contrasto non conciliabile tra i doveri come
potenza mandataria in Palestina e
l’impegno garantito alle organizzazioni ebraiche dalla dichiarazione di Balfour: favorire la promozione civile dei Palestinesi,
fino all’indipendenza, e permettere la costituzione di un “focolare” ebraico
[nelle traduzioni ufficiali] negli stessi territori è impegno incompatibile
con la buona fede. I
Britannici si distrassero anche sul grande Regno assicurato agli Arabi. Rispettarono,
al contrario, gli impegni con le organizzazioni sioniste destinatarie della
dichiarazione di Balfour. Con una aggravante:
sorvolarono e non fecero mai valere la precondizione richiamata dalla stessa
dichiarazione, che pure denota la ricerca e l’ottenimento da parte del Governo
di Sua Maestà di garanzie per i Palestinesi : “…essendo
stato assodato chiaramente che non sarà fatto niente che possa pregiudicare i
diritti civili e religiosi delle comunità non ebraiche esistenti in
Palestina…”. La cartina dà la situazione
mediorientale tra le due guerre, dopo
cioè il disfacimento dell’Impero Ottomano: in verde, il mandato britannico,
in rosso quello francese. Questa
è l’origine anglosassone del problema, oggi definito israelo-palestinese.
Nonché di quello kurdo, fin dal 1923tenuto da tutti sottotraccia, d’accordo Kemal Ataturk. Di
fatto, gli iniziali acquisti di terre palestinesi da parte delle
organizzazioni sioniste si fecero sempre più massicci, e aumentarono gli
insediamenti ebraici, creando fin dagli anni ’20 aspri contrasti con gli
abitanti della Palestina. Col tempo, i pudichi “acquisti” di terra, divennero
acquisizioni e, nei fatti, espropriazioni da parte di una entità che andava
facendosi “stato”, in barba alla Società delle Nazioni, al concetto di
“mandato”, alla Gran Bretagna. E
ancora, sessanta anni fa, nessuno volle tenere in considerazione, per ragioni
in fondo speciose, la assennata risoluzione dell’Assemblea generale dell’Onu
(n° 181 del 1947) mirante a favorire la formazione di due Stati indipendenti.
Comunque,
nel 1948, Ben Gurion annunciò al mondo la
fondazione dello stato di Israele. La
politica estera anglosassone (non intendo solo la britannica) è sempre stata,
al di là delle forme, trasandata e sciatta; in breve, grossolana perché
fondamentalmente “isolana”: eleganti, educati e civili in casa (cioè tra di
loro); solo formalmente civili ma in concreto sgraziati e rozzi con gli
altri; da dominatori non hanno mai destinato alla soluzione dei “problemi
d’oltremare” sufficiente impegno ed adeguate risorse intellettuali; poco
interessa la costituzione di equilibri duraturi, dettati cioè da saggezza e
lungimiranza, insomma da intelligenza politica. Se poi, oltremare, dovessero
sorgere problemi seri, tali da mettere in discussione i loro stessi
interessi, si invieranno le cannoniere (nell’ ‘800), i tanks ed i bombardieri
(a metà ‘900), i cruise, le bombe chirurgiche (fine secolo, inizio
millennio). La
“comunità” anglosassone (Usa, GB, Canada, Australia, Nuova Zelanda) ha tre
confini di terra: due dei tre hanno da
sempre qualche problema (col Messico per gli USA e con l’Irlanda per il Regno
Unito); non ha problemi il terzo, quello tra USA e Canada, ma è un confine
domestico. A
conferma del pressappochismo in politica estera, basti considerare che gli
Stati Uniti aprono fronti internazionali che poi o non risolvono (con la
Corea del Nord c’è solo un armistizio; la Somalia è stata frettolosamente
abbandonata a se stessa; con Israele si abbonda in armamenti ma non in
soluzioni politiche intelligenti), o risolvono male (Viet
Nam, Iraq, Sud America che ormai sta sfuggendo di
mano). Si
consideri inoltre che, sebbene promossa dal presidente Wilson (fautore
oltretutto dell’autodeterminazione dei popoli), la Società delle Nazioni –
antenata dell’Onu – non fu mai ratificata dagli Usa: il Congresso la bocciò
non sottoscrivendo il trattato di Versailles (1919); da tempo, per gli USA
l’Onu stessa è un impiccio, come la Convenzione di Ginevra, come il Tribunale
penale internazionale dell’Aia; mentre la mengheliana
Guantanamo – e chissà quanti altri lager - non imbarazza assolutamente, perché
collocata “oltremare”, al riparo da giudizi di concittadini che “se non vedono, possono far finta di
non sapere”. E’
di grande preoccupazione il fatto che Israele abbia mutuato velocemente gli
atteggiamenti deteriori dei dominatori anglosassoni, primo fra tutti la
ricerca di una legittimazione esclusivamente muscolare. Per emulazione, anche
sul fronte arabo si pensa ad un riscatto legittimato dalla sola imposizione
di soluzioni militari distruttive e finali. E’ un cul
de sac, costosissimo su tutti i fronti. Ma
per poter mantenere con successo l’atteggiamento di chi si sente legittimato
dalla sola manifesta superiorità militare, per poter imporre cioè la politica
delle cannoniere, occorre che Israele diventi l’isola che non è: il muro di
Sharon non è altro che il tentativo tragico e perdente di illudere se stessi
di abitare un’isola, senza l’immanenza dei problemi di vicinato. [La
soluzione del muro è piaciuta agli USA, che hanno la tentazione, oggi, di
riproporla al confine con il Messico.]. Insomma,
per loro natura, gli anglosassoni non sono in grado di sostenere il ruolo di
gendarme unico per molto tempo e senza far seri danni. Per la funzione di
gendarmeria mondiale, non resta che sperare in un affiancamento dell’unica
superpotenza da parte di chi conosce bene, per averne sperimentato nei
millenni gli effetti sulla propria
pelle, l’atroce drammaticità delle conseguenze di errate scelte e di superficiali
decisioni politiche nei rapporti internazionali. L’Europa?
La Russia? Certamente la Cina tra qualche anno. Intanto,
Israele e Palestina versano il loro sangue e, con esso, alimentano il più
grave e disarticolante problema per la pace planetaria. Contribuiscono
altresì ad arricchire le finanze di chi lucra quando la comunità
internazionale è tenuta in fibrillazione. Il
mondo dovrebbe, invece, poter
affrontare con saggezza e lungimiranza
ben altre sfide. Con
un po’ di intelligenza (che se però non c’è, nessuno se la può dare) potremmo
liberare enormi risorse. Chi
ha ragione? I Palestinesi? Gli Ebrei ? Disgraziatamente,
al di là delle responsabilità, ha sempre ragione la storia che, in assenza di
colpi di genio antropologico che ne intuisca il telos, procede a colpi di genio militare. Continuare
a battersi per chi ha ragione vuol dire non uscire dal dramma, così come
continuare a rivendicare diritti di prelazione sul territorio: dovremmo
davvero assegnare i territori ai legittimi abitanti? E per individuarli, di
quanti secoli dovremo andare a ritroso? Solo di alcuni, per gli Arabi? Di due
o tre decine, per gli Ebrei ? Ma allora, per le coste potrebbero farsi avanti
i Filistei e i Fenici, per le colline gli Ammoniti. E se si facessero sentire
i Madianiti, il cui territorio fu occupato da Mosè e dal suo popolo in fuga
dall’Egitto? Purché non accampino diritti gli Ittiti. E perché non gli stessi
Egizi, patrocinati dai Berberi, loro probabili eredi? Comunque,
se il genio dell’intelletto (e chi lo detiene) non sopravanza e mette a
tacere il genio militare (e chi lo detiene), la storia procede lo stesso con
i suoi tempi, macinando sempre e comunque chi prende decisioni ottuse e
miopi, di corto respiro, sempre costose e la loro gente. Pur di mantenere il primato
del genio militare, qualcuno è riuscito perfino a buttarla in religione….. [1] 1) La Dichiarazione di Mr. Balfour Foreign
Office - November 2nd, 1917 Ministero degli Esteri - 2 novembre 1917 |
|
||