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Documento inserito il:  16-2-2016

 

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22-4-2013 Il PuntO n° 266. Le sofferenze bancarie negli anni della crisi (2006-2012). Ulteriore impennata per le famiglie consumatrici da dicembre 2012 a febbraio 2013. Aggiornamento 5-2013.

15-9-2012  -  Il PuntO n° 246. Le finanze delle famiglie italiane. L’unico vero baluardo finanziario del paese si va sgretolando.

Il PuntO n° 194  4-1-2011. Finanza delle famiglie italiane.  Condizioni di vita, Risparmio, Passività finanziarie, Sofferenze.

 

Il PuntO 330

Sofferenze: sono 88,994 miliardi e non oltre  200.

Importante aggiornamento  al Punto 328 (riportato in calce)

Di Mauro Novelli 16-2-2016

 

ANSA.  Abi: basta dato su sofferenze lorde  [Il dato è fornito periodicamente da Bankitalia nei Supplementi al Bollettino Statitico “Moneta e Banche”. Ndr]

15:07

(ANSA) - ROMA, 16 FEB - L' Abi dice basta alla diffusione del dato sulle sofferenze bancarie lorde e nel suo rapporto mensile indica per la prima volta solo quelle al netto delle svalutazioni già operate nei bilanci che salgono a dicembre del 5,3% a 88,9 miliardi di euro. Una scelta "non solo comunicativa", dice il vice dg Gianfranco Torriero, a fronte di interpretazioni "fuorvianti" diffuse sulla stampa e il mercato ma anche una indicazione alla Bce che deve "tenerne conto". Le sofferenze lorde di dicembre, si ricava dai dati Banca d' Italia, sono a quota 200,9 miliardi di euro. Molti banchieri hanno parlato di errore nel considerare le svalutazioni senza gli accantonamenti eseguiti e le garanzie in possesso. Una posizione condivisa anche dal ministro dell' economia Pier Carlo Padoan che più volte e con sempre maggiore frequenza nei giorni scorsi ha rimarcato la differenza fra nette e lorde allo scopo anche di calmare le tensioni sui mercati finanziari contro le banche italiane.

 

Bene! Quindi le sofferenze vere ammontano a 88,994 miliardi di euro, come indicato nella Tab. 4- del PuntO n° 328.

Tutti parlavano – ABI compresa - di oltre 200 miliardi quando si trattava di mostrare l’immagine delle povere banche “sofferenti”. In questo caso, le varianti mediatiche catastrofiste sono risultate le migliori alleate del sistema. Una volta convinti tutti della necessità della badbank, il settore, tramite l’ABI, cerca di ritornare ad una immagine più realistica.

Ma i conti non tornano, visto che Bankitalia indica in 94,637 miliardi le sofferenze assistite da garanzie reali (Tab. 2 e 3 del PuntO 328).

Forse è per questo che, in alcuni casi, si parla di garanzie in grado di superare il  100 % di copertura del credito deteriorato.

 

Riportiamo uno studio del Sole  24 Ore ( Olivieri – Ferrando - Bocciarelli) del 20 gennaio,  che fornisce i dati per una analisi comparata tra il nostro sistema bancario ed altre banche europee.

 

 

Copertura dei crediti deteriorati: Italia meglio della media europea

http://i.res.24o.it/images2010/Editrice/ILSOLE24ORE/ILSOLE24ORE/2014/07/25/Norme%20e%20tributi/ImmaginiWeb/Ritagli/recupero-crediti-258-kUsC--258x258@IlSole24Ore-Web.jpg?uuid=27ef4676-131a-11e4-924a-7c71721d37b4

Le banche italiane non sono “scoperte” sui crediti deteriorati. Se si guarda alle banche quotate a Piazza Affari, il tasso di copertura arriva al 46% e, se si considerano anche le garanzie collaterali, si arriva a sfiorare l’88%. Il problema non è neppure la dotazione patrimoniale delle banche che hanno speso gli ultimi anni a fare aumenti di capitale a ripetizione per adeguare i ratio ai sempre più elevati obiettivi posti dalla vigilanza. Il vero handicap sono i tempi di recupero - mediamente 7-8 anni per escutere un credito - così lunghi rispetto agli standard internazionali non solo da compromettere il valore reale dell’asset, ma da “sporcare” i bilanci delle banche italiane che, nella fase attuale, si portano dietro tutto il peso della crisi dal fallimento della Lehman in avanti, per gli altri istituti europei un incubo già ammortizzato a rate.

L’handicap delle sofferenze che si accumulano, strutturalmente insito nel sistema (la riforma del diritto fallimentare è un passo nella giusta direzione, ma non basta), è noto e segnalato da anni, solo che i mercati sembrano averlo scoperto oggi per cavalcarlo al ribasso. Nonostante finora - se si eccettua il caso dei quattro istituti di media dimensione finiti in amministrazione speciale - non si siano registrati casi di istituti finiti alle corde che abbiano avuto bisogno, come ovunque altrove, del soccorso di Stato.

I dati di bilancio - quelli raccolti e riclassificati da R&S-Mediobanca - raccontano, insomma, una realtà complessa, ma distante dall’immagine dipinta dalla speculazione. Gli ultimi, quelli relativi alle relazioni dei primi nove mesi del 2015, evidenziano appunto - con le inevitabili differenziazioni - una situazione relativamente sotto controllo. Gli accantonamenti a fronte dell’ammontare lordo complessivo dei crediti difficili (incagli, sofferenze, scaduti e ristrutturati) arrivano appunto al 51% per le banche quotate italiane. Lo stesso parametro di copertura nel caso dei 21 big europei del credito (incluse anche Intesa e UniCredit) si ferma - al primo semestre dell’anno scorso - al 44,8%.

Se si aggiungono le garanzie (nel caso in cui il fair value del collaterale risulti superiore al valore del credito, ci si ferma a quest’ultimo), la copertura assicurata dalle banche quotate è dell’87,6%. A riguardo, non esiste la possibilità di un raffronto significativo a livello continentale, perchè la maggioranza degli istituti compresi nel gruppo esaminato non fornisce nei rendiconti di bilancio il dettaglio che per standard le banche italiane devono dare. La babele delle regole nei diversi Paesi ha reso finora ancora più complicata la lettura comparata della situazione. Per esempio, fino a non molto tempo fa - fino a quando cioè la Banca centrale spagnola non è intervenuta con una sua circolare - gli istituti iberici non includevano nel novero dei prestiti problematici i crediti ristrutturati, quelli cioè dove era stato già necessario fare una concessione al cliente in difficoltà.

È però se si va a confrontare l’incidenza delle partite deteriorate sul totale dei prestiti o sul capitale degli istituti che emergono chiaramente i contorni dell’ingolfamento che zavorra i bilanci delle banche tricolori. I crediti deteriorati netti (al netto cioè degli accontonamenti) pesano mediamente per l’11,3% sul totale dei crediti verso la clientela delle banche quotate a Piazza Affari e solo il 3,3% per i big europei, che sono in grado di smaltire più rapidamente le “partite perse”, facendole così scomparire dalla rappresentazione contabile. Analogamente, il peso sul patrimonio netto tangibile che è inferiore del 30% nel paniere continentale (29,3%) è del 106,7% per le quotate tricolori. Vale a dire che, anche tenuto conto degli accantonamenti, l’ammontare scoperto dei crediti problematici supera il valore del capitale degli istituti nostrani, depurati dagli avviamenti e altre poste immateriali.

È l’eredità avvelenata del passato, che balza agli occhi nei dati di sistema. Per l’insieme delle banche italiane le sole sofferenze (che dei crediti deteriorati, sono quelli messi peggio)si sono gonfiate - accumulandosi di anno in anno in un perverso effetto valanga - dai 42,8 miliardi del 2008 - primo anno di crisi - ai 195,3 miliardi di metà 2015, per arrivare a superare oggi quota 200 miliardi. La stessa Banca d’Italia - nella relazione annuale del 2015 - puntava il dito sui «tempi lunghi e le incertezze sugli esiti delle crisi di impresa» che «favoriscono l’accumulazione delle partite deteriorate nei bilanci degli intermediari e si riflettono negativamente sulla loro capacità di erogazione del credito». Insomma, oltre far sfiguare il sistema bancario nel confronto internazionale, il problema finisce per riflettersi anche sulla clientela in bonis, che ne fa le spese con i prestiti centellinati. Nell’ultima relazione annuale via Nazionale rilevava anche che «negli anni della crisi il numero di procedure concorsuali aperte (fallimentari e concordatarie) è significativamente aumentato». Per concludere infine - come si diceva - che «l'elevata consistenza delle partite deteriorate risente dei tempi di recupero dei crediti, significativamente più lunghi in Italia che all'estero».

Alla fine di tutto il processo il credito problematico, per la parte non recuperata, si trasforma in perdite che possono essere dedotte fiscalmente. Ma fino al 2012 ci volevano 18 anni - 18 bilanci - per metterci definitivamente una pietra sopra. Aggiunti i tempi di recupero della fase precedente - i famosi 7-8 anni di media - non era difficile cioè per le banche italiane trascorrere un quarto di secolo a piangere sul latte versato. A valere dall’esercizio 2015 quest’ulteriore anomalia nel quadro europeo è stata eliminata e almeno per il Fisco le partite perse, d’ora in poi, potranno essere digerite in un anno, come avviene già di prassi altrove. ©RIPRODUZIONE RISERVATA


 

 

Il PuntO n° 328

Le sofferenze bancarie negli anni della crisi (2007-2015).

Il 45,8 per cento di esse è coperto da garanzie reali.

E le sofferenze al valore di realizzo?

Perché svenderle alla bad bank al 17% del valore?

Di Mauro Novelli 11-2-2016

 

 

 

I Bollettini statistici di Bankitalia forniscono, tra gli altri dati, l’andamento delle sofferenze bancarie. Abbiamo analizzato il loro trend negli anni della crisi (2007-2015), disaggregando i dati (nella tabella che segue)  per imputarne i livelli alle aziende (non finanziarie), alle Famiglie produttrici, alle Famiglie consumatrici. Oltre al valore in euro, sono riportati anche il numero di aziende e famiglie con posizione in sofferenza.

In valore assoluto, l’ammontare delle sofferenze è passato dai 41 miliardi di euro del 2007, ai quasi 201 miliardi del dicembre 2015, con un incremento di oltre il 390 per cento.

 

TAB. 1 SOFFERENZE BANCARIE LORDE

ANDAMENTO ANNI 2007/2015.

Soff Geo

 

E’ noto che in molti casi l’andamento delle sofferenze è lievitato per azioni intempestive da parte delle banche, con l’imposizione di rientro dagli affidamenti in termini temporali strettissimi, anche a posizioni il cui andamento economico e finanziario non avrebbe giustificato quel tirare i remi in barca

Aziende: L’importo delle sofferenze è aumentato del 390 percento, passate da 29,212 miliardi del 2007  a 143.135 del 2015

Famiglie produttrici: L’importo delle sofferenze relative è aumentato di oltre il 165  percento, passate da 6,048 miliardi a 16,072 del 2015.

Famiglie consumatrici: L’importo delle sofferenze relative è cresciuto di oltre 249 per cento, passate da 10,698 miliardi a 37,362 del 2015).

 

LE GARANZIE REALI

Dal Bollettino Statistico di Bankitalia IV trimestre 2015 (dati di settembre 2015) ricaviamo i dati delle sofferenze lorde  disaggregati per aree geografiche e comparti di attività economica della clientela. La stessa tabella fornisce il livello di garanzie reali che assistono quelle sofferenze.

 

TAB. 2- SOFFERENZE LORDE E RELATIVE GARANZIE REALI

PER AREA GEOGRAFICA

Soff. Geo.

 

Quindi, quasi il 46 percento delle sofferenze, in essere a settembre 2015 e pari a 206,753 miliardi, era assistito da garanzie reali per 94,637 miliardi. Più garantiti i crediti del Nord-Est (49,7 %), meno quelli dell’Italia Meridionale (42,0 %).

[In altra tabella del Suppl.to del Bollettino statistico n° 7 del 9-2-2016 (forse più aggiornata), per le sofferenze lorde in essere a settembre 2015, Bankitalia fornisce il dato di 200,410 miliardi]

 

I dati forniti dallo stesso Bollettino Statistico di Bankitalia IV trimestre 2015 (di settembre 2015), rendono possibile disaggregare quelli relativi alle società non finanziarie per settore di attività e quelli delle Famiglie produttrici (Tab. 3-)

 

TAB. 3- SOFFERENZE LORDE E RELATIVE GARANZIE REALI

PER ATTIVITÀ ECONOMICA Soff. Gar.

[(*) Dato difforme dal totale della tabella 2 (206,753) probabilmente per via di arrotondamenti operati da Bankitalia]

 

La Tab. 3- evidenzia la differenza tra le garanzie richieste dalle banche in funzione delle attività specifiche. I crediti in sofferenza maggiormente garantiti (59,6 %) sono quelli imputabili alle famiglie consumatrici (ipoteche sui mutui in sofferenza); seguono le garanzie richieste all’edilizia (54,8 %) ed  alle società finanziarie (53,5 %). In assoluto più basse sono le garanzie richieste per i prestiti alla Pubblica amministrazione (2,7 %) ed alle società industriali (28,7 %).

 

Tornando ai dati nazionali, i crediti in sofferenza sono coperti per il 46 percento. Pur considerando il lungo periodo di rientro occorrente per acquisire quelle garanzie, periodo che potrebbe comportare a svalutazioni,  non si capisce come si parli di acquisizioni al 17 % per la cessione dei crediti in sofferenza alla bad bank. Soprattutto, perché annettere anche una garanzia dello stato?

 

SOFFERENZE LORDE E AL VALORE DI REALIZZO

Ma ad una parte delle sofferenze lorde le banche hanno già provveduto appostando in bilancio voci correttive. In Appendice metodologica del supplemento n° 7  del 9-2-2016, Bankitalia distingue infatti tra “sofferenze lorde” e sofferenze al valore di realizzo”, definendo così la differenza: “[…] Le sofferenze al valore di realizzo sono ottenute sottraendo alle sofferenze i fondi rettificativi su esposizioni per cassa delle sofferenze, che includono sia i fondi (iscritti nella contabilità generale delle banche segnalanti), che assolvono la funzione di rettificare i valori dei finanziamenti, sia l'ammontare cumulato delle svalutazioni operate in contabilità generale direttamente in conto (svalutazione diretta) […]”.

Ciò vuol dire che, se si annettono alla bad bank gli oltre 200 miliardi di sofferenze lorde, le banche dovrebbero rivedere i bilanci degli anni passati, annullando fondi rettificativi e svalutazioni. O no?

La Tab. 4- riporta le sofferenze e le sofferenze al valore di realizzo dal 2012 al 2015.

 

              TAB. 4- SOFFERENZE E SOFFERENZE AL VALORE DI REALIZZO

Realizzo