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PRIVILEGIA
NE IRROGANTO Documento
inserito il:
16-2-2016 |
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15-9-2012 - Il
PuntO n° 246. Le finanze delle famiglie italiane.
L’unico vero baluardo finanziario del paese si va sgretolando. |
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Il PuntO 330 Sofferenze:
sono 88,994 miliardi e non oltre 200. Importante
aggiornamento al Punto 328 (riportato
in calce) Di Mauro
Novelli 16-2-2016 ANSA. Abi:
basta dato su sofferenze lorde [Il dato è fornito
periodicamente da Bankitalia nei Supplementi al Bollettino Statitico “Moneta e Banche”. Ndr] 15:07 (ANSA) - ROMA, 16 FEB - L' Abi
dice basta alla diffusione del dato sulle sofferenze bancarie lorde e nel suo
rapporto mensile indica per la prima volta solo quelle al netto delle
svalutazioni già operate nei bilanci che salgono a dicembre del 5,3% a 88,9
miliardi di euro. Una scelta "non solo comunicativa", dice il vice
dg Gianfranco Torriero, a fronte di interpretazioni
"fuorvianti" diffuse sulla stampa e il mercato ma anche una
indicazione alla Bce che deve "tenerne conto". Le sofferenze lorde
di dicembre, si ricava dai dati Banca d' Italia, sono a quota 200,9 miliardi
di euro. Molti banchieri hanno parlato di errore nel considerare le
svalutazioni senza gli accantonamenti eseguiti e le garanzie in possesso. Una
posizione condivisa anche dal ministro dell' economia Pier Carlo Padoan che più volte e con sempre maggiore frequenza nei
giorni scorsi ha rimarcato la differenza fra nette e lorde allo scopo anche
di calmare le tensioni sui mercati finanziari contro le banche italiane. Bene! Quindi le sofferenze vere
ammontano a 88,994 miliardi di euro, come indicato nella Tab.
4- del PuntO n° 328. Tutti parlavano – ABI compresa - di
oltre 200 miliardi quando si trattava di mostrare l’immagine delle povere
banche “sofferenti”. In questo caso, le varianti mediatiche catastrofiste
sono risultate le migliori alleate del sistema. Una volta convinti tutti
della necessità della badbank, il settore, tramite
l’ABI, cerca di ritornare ad una immagine più realistica. Ma i conti non tornano, visto che
Bankitalia indica in 94,637 miliardi le sofferenze assistite da garanzie
reali (Tab. 2 e 3 del PuntO
328). Forse è per questo che, in alcuni
casi, si parla di garanzie in grado di superare il 100 % di copertura del credito deteriorato. Riportiamo uno studio del
Sole 24 Ore ( Olivieri – Ferrando -
Bocciarelli) del 20 gennaio, che
fornisce i dati per una analisi comparata tra il nostro sistema bancario ed
altre banche europee. Copertura dei crediti deteriorati: Italia meglio della
media europea
di Antonella Olivieri con un’analisi di Marco
Ferrando e un articolo di Rossella Bocciarelli (20 Gennaio 2016) Le banche italiane non sono “scoperte” sui crediti deteriorati. Se si
guarda alle banche quotate a Piazza Affari, il tasso di copertura arriva al
46% e, se si considerano anche le garanzie collaterali, si arriva a sfiorare
l’88%. Il problema non è neppure la dotazione patrimoniale delle banche che
hanno speso gli ultimi anni a fare aumenti di capitale a ripetizione per
adeguare i ratio ai sempre più elevati obiettivi posti dalla vigilanza. Il
vero handicap sono i tempi di recupero - mediamente 7-8 anni per escutere un
credito - così lunghi rispetto agli standard internazionali non solo da
compromettere il valore reale dell’asset, ma da
“sporcare” i bilanci delle banche italiane che, nella fase attuale, si
portano dietro tutto il peso della crisi dal fallimento della Lehman in
avanti, per gli altri istituti europei un incubo già ammortizzato a rate. L’handicap delle sofferenze che si
accumulano, strutturalmente insito nel sistema (la riforma del diritto
fallimentare è un passo nella giusta direzione, ma non basta), è noto e
segnalato da anni, solo che i mercati sembrano averlo scoperto oggi per
cavalcarlo al ribasso. Nonostante finora - se si eccettua il caso dei quattro
istituti di media dimensione finiti in amministrazione speciale - non si
siano registrati casi di istituti finiti alle corde che abbiano avuto
bisogno, come ovunque altrove, del soccorso di Stato. I dati di bilancio - quelli raccolti e
riclassificati da R&S-Mediobanca - raccontano, insomma, una realtà
complessa, ma distante dall’immagine dipinta dalla speculazione. Gli ultimi,
quelli relativi alle relazioni dei primi nove mesi del 2015, evidenziano
appunto - con le inevitabili differenziazioni - una situazione relativamente
sotto controllo. Gli accantonamenti a fronte dell’ammontare lordo complessivo
dei crediti difficili (incagli, sofferenze, scaduti e ristrutturati) arrivano
appunto al 51% per le banche quotate italiane. Lo stesso parametro di
copertura nel caso dei 21 big europei del credito (incluse anche Intesa e
UniCredit) si ferma - al primo semestre dell’anno scorso - al 44,8%. Se si
aggiungono le garanzie (nel caso in cui il fair value
del collaterale risulti superiore al valore del credito, ci si ferma a
quest’ultimo), la copertura assicurata dalle banche quotate è dell’87,6%. A
riguardo, non esiste la possibilità di un raffronto significativo a livello
continentale, perchè la maggioranza degli istituti
compresi nel gruppo esaminato non fornisce nei rendiconti di bilancio il
dettaglio che per standard le banche italiane devono dare. La babele delle
regole nei diversi Paesi ha reso finora ancora più complicata la lettura
comparata della situazione. Per esempio, fino a non molto tempo fa - fino a
quando cioè la Banca centrale spagnola non è intervenuta con una sua
circolare - gli istituti iberici non includevano nel novero dei prestiti
problematici i crediti ristrutturati, quelli cioè dove era stato già
necessario fare una concessione al cliente in difficoltà. È però se
si va a confrontare l’incidenza delle partite deteriorate sul totale dei prestiti
o sul capitale degli istituti che emergono chiaramente i contorni
dell’ingolfamento che zavorra i bilanci delle banche tricolori. I crediti
deteriorati netti (al netto cioè degli accontonamenti)
pesano mediamente per l’11,3% sul totale dei crediti verso la clientela delle
banche quotate a Piazza Affari e solo il 3,3% per i big europei, che sono in
grado di smaltire più rapidamente le “partite perse”, facendole così
scomparire dalla rappresentazione contabile. Analogamente, il peso sul
patrimonio netto tangibile che è inferiore del 30% nel paniere continentale
(29,3%) è del 106,7% per le quotate tricolori. Vale a dire che, anche tenuto
conto degli accantonamenti, l’ammontare scoperto dei crediti problematici
supera il valore del capitale degli istituti nostrani, depurati dagli
avviamenti e altre poste immateriali. È
l’eredità avvelenata del passato, che balza agli occhi nei dati di sistema.
Per l’insieme delle banche italiane le sole sofferenze (che dei crediti
deteriorati, sono quelli messi peggio)si sono gonfiate - accumulandosi di
anno in anno in un perverso effetto valanga - dai 42,8 miliardi del 2008 -
primo anno di crisi - ai 195,3 miliardi di metà 2015, per arrivare a superare
oggi quota 200 miliardi. La stessa Banca d’Italia - nella relazione annuale
del 2015 - puntava il dito sui «tempi lunghi e le incertezze sugli esiti
delle crisi di impresa» che «favoriscono l’accumulazione delle partite
deteriorate nei bilanci degli intermediari e si riflettono negativamente
sulla loro capacità di erogazione del credito». Insomma, oltre far sfiguare il sistema bancario nel confronto
internazionale, il problema finisce per riflettersi anche sulla clientela in bonis, che ne fa le spese con i prestiti centellinati.
Nell’ultima relazione annuale via Nazionale rilevava anche che «negli anni
della crisi il numero di procedure concorsuali aperte (fallimentari e
concordatarie) è significativamente aumentato». Per concludere infine - come
si diceva - che «l'elevata consistenza delle partite deteriorate risente dei
tempi di recupero dei crediti, significativamente più lunghi in Italia che
all'estero». Alla fine
di tutto il processo il credito problematico, per la parte non recuperata, si
trasforma in perdite che possono essere dedotte fiscalmente. Ma fino al 2012
ci volevano 18 anni - 18 bilanci - per metterci definitivamente una pietra
sopra. Aggiunti i tempi di recupero della fase precedente - i famosi 7-8 anni
di media - non era difficile cioè per le banche italiane trascorrere un
quarto di secolo a piangere sul latte versato. A valere dall’esercizio 2015
quest’ulteriore anomalia nel quadro europeo è stata eliminata e almeno per il
Fisco le partite perse, d’ora in poi, potranno essere digerite in un anno,
come avviene già di prassi altrove. ©RIPRODUZIONE RISERVATA Il PuntO n° 328 Le
sofferenze bancarie negli anni della crisi (2007-2015). Il 45,8
per cento di esse è coperto da garanzie reali. E le
sofferenze al valore di realizzo? Perché
svenderle alla bad bank
al 17% del valore? Di Mauro
Novelli 11-2-2016 I Bollettini statistici di Bankitalia forniscono, tra gli
altri dati, l’andamento delle sofferenze bancarie. Abbiamo analizzato il loro
trend negli anni della crisi (2007-2015), disaggregando i dati (nella tabella
che segue) per imputarne i livelli
alle aziende (non finanziarie), alle Famiglie produttrici, alle Famiglie
consumatrici. Oltre al valore in euro, sono riportati anche il numero di
aziende e famiglie con posizione in sofferenza. In valore assoluto, l’ammontare delle sofferenze è passato
dai 41 miliardi di euro del 2007, ai quasi 201 miliardi del dicembre 2015,
con un incremento di oltre il 390 per cento. TAB. 1 SOFFERENZE BANCARIE LORDE ANDAMENTO ANNI 2007/2015.
E’ noto che in molti casi l’andamento delle sofferenze è
lievitato per azioni intempestive da parte delle banche, con l’imposizione di
rientro dagli affidamenti in termini temporali strettissimi, anche a
posizioni il cui andamento economico e finanziario non avrebbe giustificato
quel tirare i remi in barca Aziende: L’importo delle sofferenze è
aumentato del 390 percento, passate da 29,212 miliardi del 2007 a 143.135 del 2015 Famiglie produttrici: L’importo delle sofferenze relative è aumentato di oltre il
165 percento, passate da 6,048
miliardi a 16,072 del 2015. Famiglie consumatrici: L’importo delle sofferenze relative è cresciuto di oltre
249 per cento, passate da 10,698 miliardi a 37,362 del 2015). LE GARANZIE REALI Dal Bollettino Statistico di
Bankitalia IV trimestre 2015 (dati di settembre 2015) ricaviamo i dati delle
sofferenze lorde disaggregati per aree
geografiche e comparti di attività economica della clientela. La stessa
tabella fornisce il livello di garanzie reali che assistono quelle
sofferenze. TAB. 2- SOFFERENZE LORDE E RELATIVE
GARANZIE REALI PER AREA GEOGRAFICA
Quindi, quasi il 46 percento delle
sofferenze, in essere a settembre 2015 e pari a 206,753 miliardi, era
assistito da garanzie reali per 94,637 miliardi. Più garantiti i crediti del
Nord-Est (49,7 %), meno quelli dell’Italia Meridionale (42,0 %). [In altra tabella del Suppl.to del Bollettino statistico n° 7 del
9-2-2016 (forse più aggiornata), per le sofferenze lorde in essere a
settembre 2015, Bankitalia fornisce il dato di 200,410 miliardi] I dati forniti dallo stesso
Bollettino Statistico di Bankitalia IV trimestre 2015 (di settembre 2015),
rendono possibile disaggregare quelli relativi alle società non finanziarie
per settore di attività e quelli delle Famiglie produttrici (Tab. 3-) TAB. 3- SOFFERENZE LORDE E RELATIVE
GARANZIE REALI [(*) Dato difforme dal totale della tabella 2 (206,753) probabilmente per via di arrotondamenti operati da Bankitalia] La Tab. 3- evidenzia la differenza
tra le garanzie richieste dalle banche in funzione delle attività specifiche.
I crediti in sofferenza maggiormente garantiti (59,6 %) sono quelli
imputabili alle famiglie consumatrici (ipoteche sui mutui in sofferenza);
seguono le garanzie richieste all’edilizia (54,8 %) ed alle società finanziarie (53,5 %). In
assoluto più basse sono le garanzie richieste per i prestiti alla Pubblica
amministrazione (2,7 %) ed alle società industriali (28,7 %). Tornando ai dati nazionali, i
crediti in sofferenza sono coperti per il 46 percento. Pur considerando il
lungo periodo di rientro occorrente per acquisire quelle garanzie, periodo
che potrebbe comportare a svalutazioni,
non si capisce come si parli di acquisizioni al 17 % per la cessione
dei crediti in sofferenza alla bad bank. Soprattutto, perché annettere anche una garanzia
dello stato? SOFFERENZE LORDE E AL
VALORE DI REALIZZO Ma ad una parte delle sofferenze
lorde le banche hanno già provveduto appostando in bilancio voci correttive.
In Appendice metodologica del supplemento n° 7 del 9-2-2016, Bankitalia distingue infatti
tra “sofferenze lorde” e sofferenze al valore di realizzo”, definendo così la
differenza: “[…] Le sofferenze al
valore di realizzo sono ottenute sottraendo alle sofferenze i fondi
rettificativi su esposizioni per cassa delle sofferenze, che includono sia i
fondi (iscritti nella contabilità generale delle banche segnalanti), che
assolvono la funzione di rettificare i valori dei finanziamenti, sia
l'ammontare cumulato delle svalutazioni operate in contabilità generale
direttamente in conto (svalutazione diretta) […]”. Ciò vuol dire che, se si annettono
alla bad bank gli oltre
200 miliardi di sofferenze lorde, le banche dovrebbero rivedere i bilanci
degli anni passati, annullando fondi rettificativi e svalutazioni. O no? La Tab.
4- riporta le sofferenze e le sofferenze al valore di realizzo dal 2012 al
2015. TAB. 4- SOFFERENZE E SOFFERENZE
AL VALORE DI REALIZZO |
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