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PRIVILEGIA
NE IRROGANTO Documento inserito il: 13-1-2015 |
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Il PuntO n° 304 Redditi da lavoro dipendente: in Italia
non sono in grado di sostenere la domanda interna.
Ecco perché. Comparazione con Francia, Germania, Regno
Unito, Spagna. Di Mauro Novelli 13-1-2015 Negli
anni della crisi, il nostro settore produttivo non è stato assolutamente
sostenuto da una domanda interna in
grado di alimentarne adeguati livelli di produzione. Di tale supporto interno
hanno potuto godere altri paesi UE come Germania, Francia, Regno Unito e
anche Spagna. Riteniamo
di aver individuato le motivazioni di questi andamenti da alcuni dati
statistici forniti da Eurostat. La Tab. 1- fornisce l’andamento, dal 2007 al 2013, del
rapporto tra il monte “redditi da lavoro dipendente” ed il PIL nei 5 paesi UE
più importanti. Nel
2007, in Italia i lavoratori dipendenti aggregavano redditi pari al 40,7 %
del PIL. Negli altri 4 paesi il dato superava il nostro dai 7 punti della
Spagna (47,9%), ai quasi 9 punti della
Germania (48,9%), agli 11 della Francia (51,8%) ai 13 punti della Gran Bretagna. La media
UE si attestava al 48,1 % del PIL complessivo. Nel
2013, i redditi da lavoro dipendente in Italia sono passati dal 40,7 al 42,7
del PIL; la Germania sale al 51,7%, la Francia al 53,3 % e la Gran Bretagna
al 53,7%. La Spagna, al contrario, arretra rispetto al 2007 collocandosi al
45,5% , comunque di 3 punti superiore al ns. 42,7%. TAB. 1- Redditi da
lavoro dipendente in % del PIL. Andamento
2007-2013. Fonte Eurostat
Stiamo
quindi parlando di decine di miliardi di euro(per la Spagna) e centinaia (per
Francia, Germania e Gran Bretagna) a sostegno della rispettiva domanda
interna in quanto redditi per le famiglie. E’
questo l’effetto della politica ottusa e sconsiderata adottata in combine da
sindacati e Confindustria allo scopo di tenere basse o nulle le richieste di
adeguamento di salari e stipendi di operai e impiegati del settore sia
privato che pubblico. Negli
ultimi 15 anni questa è stata la politica salariale “responsabile” alla luce
delle “difficoltà del paese”. Ora
sindacati e Confindustria scoprono gli effetti delle castronerie operative
che hanno improntato la loro azione. E’
possibile avere una verifica di quanto affermato. La Tab.
2 mostra l’andamento 2007-2013 della
spesa per consumi finali delle famiglie dei 5 paesi monitorati. A fronte di
un ns. modesto + 3,4 %, in Germania la spesa delle famiglie è cresciuta quasi
del 16 %, in Francia dell’11; in Gran Bretagna si è assistito ad un calo (-5%) ma compensato
brillantemente da un abbattimento della tassazione a carico del settore
produttivo, operata a fronte di una drastica riduzione dei dipendenti
pubblici (circa 500mila licenziati). Motivazione
simile all’inglese per l’andamento spagnolo. Tab. 2 - Spesa per consumi finali delle famiglie e delle istituzioni
senza scopo di lucro al servizio delle famiglie Andamento
2007-2013. Fonte Eurostat Miliardi di euro
E non può essere presa a giustificazione della distribuzione
evidenziata, il fatto che in Italia prosperino milioni di partite IVA, vere o
false, perché l’andamento della spesa per consumi finali delle famiglie ricomprende
tutte le tipologie di lavoratori, dipendenti e indipendenti. Su “I bilanci delle famiglie italiane nel 2012”, ultimo aggiornamento
diffuso da Bankitalia a inizio 2014, può esserci d’integrazione il seguente grafico: {Ricordo che il valore mediano (diverso dal valore medio) è quello che
divide a metà gli elementi di un campione: metà elementi sono al di sotto del
valore, metà al di sopra} Il declino – soprattutto della Ricchezza familiare netta - è evidente. |
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