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   PRIVILEGIA
  NE  IRROGANTO Documento inserito il:
  26-2-2014    | 
  
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   Il
  PuntO n° 285 Debito pubblico anni
  2006-2013. Detentori: cresce la quota in mano a banche e assicurazioni.
  Scende quella di famiglie e aziende italiane e degli investitori esteri.  Simulazione: le
  ripercussioni di una eventuale aumento della ritenuta sugli interessi. Di
  Mauro Novelli  25-2-2014 
 Del debito pubblico si
  dà la seguente definizione: Il debito pubblico è pari al valore nominale di
  tutte le passività lorde consolidate delle amministrazioni pubbliche
  (amministrazioni centrali, enti locali e istituti previdenziali pubblici). Il
  debito è costituito da biglietti, monete e depositi, titoli diversi dalle
  azioni – esclusi gli strumenti finanziari derivati – e prestiti, secondo le definizioni
  del SEC 95. [Quesito per inciso:
  se banconote e monete costituiscono una passività e contribuiscono alla
  formazione del debito pubblico (158,392 miliardi a dicembre 2013), chi sono i
  creditori dello stato italiano? La BCE? La Banca d’Italia? I cittadini
  italiani? Nel suo ultimo bilancio, anche la ns. banca centrale pone al
  passivo dello stato patrimoniale la voce “banconote in circolazione”. Nel
  bilancio Bankitalia 2012 la voce è pari a 149,947 miliardi di euro.] L’ultimo Supplemento
  al Bollettino statistico “Finanza pubblica” (n°10 del 14-2-2014) aggiorna i
  dati relativi a fabbisogno e debito delle Amministrazioni centrali e di
  quelle locali. Al di là delle dimensioni raggiunte, la disaffezione di lungo
  periodo degli investitori stranieri circa un loro impegno finanziario nel
  nostro debito pubblico e nei titoli che in parte lo rappresentano, sembra
  invertire la tendenza negli ultimi mesi del 2013.   
   Nei sette anni della
  crisi, la quota detenuta all’estero degli strumenti complessivi in cui si
  articola finanziariamente il nostro debito pubblico (costituito per oltre
  l’80 % da titoli di stato), è passata dal 43,3 per cento di dicembre 2006 al
  33,5 di gennaio 2013, per tornare a crescere a novembre dello scorso anno
  (34,7 percento).  Il fatto poi che il
  nostro debito pubblico sia in buona parte detenuto da investitori non domestici
  non è cosa del tutto positiva: così come sono messe le nostre finanze
  (dobbiamo attingere dalla collocazione dei ns. titoli per pagare la spesa
  corrente, anche improduttiva) essere troppo dipendenti dagli umori di
  investitori esteri potrebbe dar luogo a situazioni non controllabili e
  disastrose, qualora potentati e/o speculatori dovessero imporre una fuga dai
  titoli del nostro debito pubblico.  In particolare
  (Tabella n° 2) la fuga è più marcata se si considerano solo i titoli del
  debito pubblico (di stato e delle amministrazioni locali).  Gli investitori esteri
  hanno alleggerito le loro posizioni (in percentuale sul monte titoli)  passando dal 55,5 per cento del dicembre
  2006, al 40,1 di gennaio 2013 e al 38,9 percento di novembre scorso, con un
  calo di quasi 17 punti percentuali.  In valore assoluto, si
  rileva invece la tendenza estera ad un ritorno ad investire nei nostri
  titoli: 674 miliardi di gennaio 2013 passati ai 690 di novembre. 
   Nello stesso periodo
  assistiamo ad un andamento inverso per il monte titoli pubblici detenuto da
  Banca d’Italia e aziende di credito. Nei loro caveaux ne sono conservati
  oltre 517 miliardi pari al 29,1 %, con una crescita di 11,2 punti percentuali
  dal dicembre 2006, quando la quota era del 17,9 % e ammontavano a 219
  miliardi. Da “L’economia
  italiana in breve” n° 82 di febbraio 2014, riportiamo una tavola sinottica
  esplicativa dei detentori e della composizione dei titoli di stato con
  l’andamento dal 4° trimestre 2009 al 3° trimestre del 2013. Si consideri che
  nel comparto “Altri investitori” sono comprese assicurazioni, società
  finanziarie, aziende non finanziarie e famiglie.   
 La successiva Tabella
  3- disaggrega il dato relativo ai detentori interni e fornisce la variazione
  dal novembre 2012 al novembre 2013. A fronte di  un monte titoli pubblici cresciuto, nel
  periodo, del 5,2 percento, il maggior incremento nella detenzione dei titoli
  è imputato al comparto “assicurazioni e altre società finanziarie” cresciuto
  in un anno di oltre il 13 percento, seguito dalle banche con +11,5 percento,
  da Bankitalia (+3,6%) e da investitori esteri (+2,5%). Al contrario, crolla
  la quota di titoli pubblici detenuti da aziende e famiglie italiane  (-12,9 %), passati da complessivi 210
  miliardi di novembre 2012 ai 183 dello stesso mese del 2013, pur se in rialzo
  da settembre (166,195 miliardi). Si consideri che non si tratta di
  disaffezione tout court, ma, per i ceti meno abbienti, di liquidazioni a
  seguito soprattutto di difficoltà finanziarie. 
 Le
  ripercussioni dell’eventuale aumento della ritenuta sugli interessi. Per il calcolo degli
  interessi sui titoli e delle ritenute, abbiamo cercato di applicare un tasso
  ragionato, anche se non preciso. Il Dipartimento del
  Tesoro pubblica annualmente i livelli di tasso di interesse applicati ai
  titoli emessi.  [http://www.dt.tesoro.it/it/debito_pubblico/dati_statistici/principali_tassi_di_interesse/  ]  Se procediamo ad una
  media - per gli otto anni considerati - dei tassi risultanti per la totalità
  dei titoli di stato emessi, ricaviamo il dato del 3,1 per cento. Per quanto
  riguarda invece i soli tassi di interesse applicati ai BTP decennali,
  ricaviamo una media dei rendimenti del 4,60 percento. Banca d’Italia calcola
  mensilmente i dati relativi al “rendistato”. Se mediamo
  i soli mesi di gennaio degli anni interessati, ricaviamo il dato del 3,7
  percento quale rendimento dei titoli di stato. Per una simulazione
  approssimata delle ripercussioni dell’aumento della ritenuta sugli interessi
  maturati, prendiamo quindi, ragionevolmente, il valore di 3,7 percento quale
  tasso di rendimento medio dei titoli di stato. La Tabella 4- calcola
  per i settori detentori il valore degli interessi e la differenza risultante
  da una variazione delle ritenute dal 12,5 per cento al 20.  Si consideri comunque che
  l’attuale regime fiscale degli interessi sui Titoli di Stato prevede:   (1) il concorso alla
  formazione della base imponibile, soggetta alle imposte sui redditi (e,
  laddove dovuta, all’imposta regionale sulle attività produttive) per gli
  interessi percepiti nell’esercizio di imprese commerciali; e  (2) una imposta
  sostitutiva del 12,5%, applicata a titolo definitivo sugli interessi
  percepiti al di fuori di un’impresa commerciale.   In altre parole, per tutti i contribuenti
  residenti, diversi dalle persone fisiche, che percepiscono interessi su
  Titoli di Stato nell’esercizio di un’attività commerciale gli interessi non
  sono soggetti ad alcuna ritenuta o prelievo sostitutivo e concorrono,
  unitamente a tutti gli altri elementi negativi e positivi di reddito, alla
  formazione del reddito imponibile complessivo.  Nella
  simulazione valutiamo comunque la ripercussione sulle attività commerciali esenti
  come se risentissero dell’aumento della tassazione, qualora si dovesse
  pervenire ad una differente struttura della fiscalità sui titoli di stato. 
 Nella simulazione, degli
  oltre 3 miliardi di maggiori introiti incassati dall’erario, i 5/6 (2,505
  miliardi)  sono a carico di Bankitalia,
  banche, assicurazioni e finanziarie; solo 1/5 (508 milioni) a carico di
  famiglie e aziende. In realtà, al di là
  della simulazione, banche, assicurazioni e finanziare percepiscono interessi
  su Titoli di Stato nell’esercizio di un’attività commerciale. Quindi sono esenti.
  Tutta la manovra ricondurrebbe ad un aumento del gettito di soli 508 milioni
  di euro. Si consideri che gli
  investitori esteri residenti nei paesi presenti nella “white list”,
  non pagheranno alcuna imposta sostitutiva sugli interessi (oltre 25,5
  miliardi nella simulazione) che emigreranno totalmente.  Poco convincente,
  quindi,  la critica come ennesimo
  scippo ai danni della nonnina titolare di BOT. Più accettabile la
  considerazione di una conseguente minore propensione alla sottoscrizione dei
  titoli da parte della domanda interna e quella, ancor più seria,  che suggerisce di smetterla con l’azione
  incrementale sulla leva fiscale per passare decisamente ad un taglio drastico
  della spesa corrente, unico strumento salutare per trasferire risorse a
  settori più produttivi. DOCUMENTAZIONE RENDISTATO:
  Indica il rendimento annuo lordo di un paniere di titoli di stato italiani,
  ossia il rendimento di un campione di titoli pubblici a tasso fisso. Il paniere su
  cui si calcola il rendistato è composto da tutti
  i Buoni del Tesoro Poliennali (BTP) (soggetti a tassazione) quotati
  sul Mercato telematico delle
  obbligazioni e dei titoli di stato (MOT) e aventi vita residua superiore ad
  un anno. Dal sito di
  Bankitalia.  http://www.bancaditalia.it/banca_centrale/operazioni/titoli/tassi/rendi/rendimtp/PMC220.pdf
   TASSAZIONE
  DEGLI INTERESSI  APPANNAGGIO DI
  INVESTITORI ESTERI:
  Gli investitori esteri (residenti nei paesi presenti nella White
  list) possono richiedere la non applicazione dell'imposta sostitutiva su  interessi, premi ed altri frutti delle
  obbligazioni e titoli similari, pubblici e privati, ai sensi dell’articolo 7,
  comma 2, lett. a), del decreto legislativo 1°
  aprile 1996, n. 239.  L’autocertificazione
  deve essere utilizzata da parte di soggetti, ivi compresi gli investitori
  istituzionali esteri privi di soggettività tributaria, residenti in Paesi che
  consentono un adeguato scambio di informazioni e che non siano residenti
  negli Stati o territori di cui all’articolo 76, comma 7-bis, del testo unico
  delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica
  22 dicembre 1986, n.917, come individuati dai decreti di cui al medesimo
  comma 7 bis.  Attualmente
  si considerano “Paesi che consentono un adeguato scambio di informazioni”
  tutti gli Stati indicati nel decreto ministeriale 4 settembre 1996 e
  successive modificazioni ed integrazioni (consultabile nei siti internet
  www.agenziaentrate.it e www.tesoro.it/publicdebt).  White list:
  Elenco previsto dal Decreto Ministeriale 4 settembre
  1996 (pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 220 del 19/09/96) con
  le successive modifiche, aggiornato con le modifiche introdotte dal Decreto
  Ministeriale  27/7/2010 in Gazzetta Ufficiale del 4/8/2010: Riferimenti
  normativi. (si
  riportano le integrazioni dei Decreti Ministeriali  successivi al D.M. 4
  settembre 1996) 
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