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PRIVILEGIA
NE IRROGANTO Documento
inserito il: 21-4-2013 Aggiornato il 26-4-2013 |
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DOCUMENTI CORRELATI |
26-2-2014 Il PuntO 285 Debito pubblico. Detentori
e tassazione. |
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13-1-2011 Il PuntO n° 195. Debito pubblico e Titoli
di stato. 1) Consiglio UE di
dicembre: dal giugno 2013 prima di poter ottenere l’aiuto del “meccanismo
europeo di stabilità finanziaria”, un paese considerato insolvente dovrà
ristrutturare il debito con il “contributo”dei
sottoscrittori privati. 2) Dati quantitativi. PDF |
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Il PuntO
n° 265 Debito pubblico
italiano e titoli del debito pubblico. Detentori:
crescono i domestici. Di Mauro
Novelli 20-4-2013 (agg.
26-4-2013) L’ultimo Supplemento al
Bollettino statistico “Finanza pubblica” (n°18 del 12-4-2013) aggiorna i dati
relativi a fabbisogno e debito delle Amministrazioni centrali e di quelle
locali. Al di là delle dimensioni raggiunte, è evidente la disaffezione degli
investitori stranieri circa un loro impegno finanziario nel nostro debito
pubblico e nei titoli che in parte lo rappresentano.
Nei sette anni della
crisi, la quota detenuta all’estero degli strumenti complessivi in cui si articola
finanziariamente il nostro debito pubblico, è passata dal 43,3 per cento di
dicembre 2006 al 35,1 di dicembre 2012 con una differenza di 8,2 punti
percentuali. L’abbandono continua ad
accentuarsi: i dati di gennaio 2013 forniti da Bankitalia indicano nel 33,5
la percentuale di debito pubblico in mano a detentori stranieri, con una
diminuzione di oltre un punto e mezzo rispetto al mese precedente. In particolare (Tabella
n° 2) la fuga è più marcata se si considerano i titoli del debito pubblico
(di stato e delle amministrazioni locali). Gli investitori esteri hanno
alleggerito le loro posizioni passando dal 55,5 per cento del monte titoli
del dicembre 2006, al 40,3 del dicembre scorso, con un calo di oltre 15 punti
percentuali. A gennaio 2013 la quota
di titoli di stato in mano a stranieri è scesa ancora fino al 40,1 per cento.
Il fatto poi che i
nostri titoli di stato siano massicciamente detenuti da investitori domestici
non è cosa del tutto positiva: così come sono messe le nostre finanze
(dobbiamo attingere dalle collocazioni dei ns. titoli per pagare la spesa
corrente, anche improduttiva) essere troppo dipendenti dagli umori di
investitori esteri potrebbe dar luogo a situazioni non controllabili e
disastrose, qualora potentati e/o speculatori dovessero imporre una fuga dai
titoli del nostro debito pubblico. Considero quindi positivo il fatto che i
nostri titoli siano posseduti con andamento crescente da risparmiatori
domestici. Quanto alle
ripercussioni sullo spread della nuova distribuzione dei detentori (parliamo
di BTP), queste saranno negative (spread in aumento) se le vendite estere non
fossero assorbite da acquisti interni, perché – in tal caso – il deprimersi
delle quotazioni farebbero aumentare i rendimenti e quindi il differenziale
con i Bund tedeschi. Ma finché è assicurato il
travaso estero-domestico dei possessori, l’aumento dei detentori interni
alleggerisce la nostra dipendenza dagli umori di potentati e speculatori. Anche a seguito delle
perplessità e delle critiche intervenute sull’utilizzo, da parte delle
banche, della liquidità “affidata” da Draghi ai sistemi bancari nazionali di
Eurolandia, è interessante valutare l’andamento relativo al portafoglio
Titoli di stato della banche italiane. Nei sette anni
considerati (2006-2012), il monte titoli di stato detenuti da Bankitalia e
sistema bancario italiano è più che raddoppiato, passando dai 219 miliardi di
dicembre 2006, pari al 17,9 per cento del totale, ai 451 di fine 2012, pari al 27,2 per
cento. A gennaio 2013 il portafoglio bancario è ulteriormente lievitato di 20
miliardi di euro, passando al 27,8 per cento del totale dei titoli di stato
in circolazione. In un grafico di Bankitalia (Economia italiana in
breve N. 72 - Aprile 2013), una visione d’insieme dei detentori dei nostri
titoli di stato: In positivo va
considerato il fronte interessi, di entità tra i 75 e gli 80 miliardi di euro
annui. Fino al 2010, oltre la metà della remunerazione riconosciuta sui
titoli emigrava, senza possibilità di recuperare il 12,5 per cento di
tassazione, se non per la quota detenuta da cittadini delle nazioni (poche)
in lista nera perché non permettono scambi di informazioni finanziarie sui
detentori dei nostri titoli. Con il
nuovo riposizionamento, emigra solo il 40 per cento degli interessi. In particolare, a
famiglie ed aziende italiane non finanziarie resterà il 12,1 percento del
monte interessi, avendo in portafoglio complessivamente (gennaio 2013)
204,375 miliardi di titoli sul totale di
1.689,371 miliardi in circolazione. Mentre ad altre istituzioni
finanziarie residenti in Italia, in possesso di 336,702 miliardi di euro,
andrà il 20 per cento del totale interessi. |
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