P A G I N E     L I B E R E

Di Federico Fedenovus Novelli

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E L A B O R A T I

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R. C. AUTO E IMMIGRAZIONE

 

Aggiornamento al 2011

 

Di Federico Novelli  (Ultimo agg.nto 30-8-2011)

 

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1. ASPETTI QUANTITATIVI, DEMOGRAFICI ED ECONOMICI

 

Per  poter avere una corretta visione dei problemi che affronteremo circa il rapporto tra stranieri in Italia e servizi assicurativi (pur limitati alla Responsabilità Civile Auto) è opportuno fornire alcuni dati quantitativi sul fenomeno della immigrazione.

A tale scopo risulta illuminante una sintesi del “Dossier emigrazione 2010” (di Caritas Italiana - Fondazione Migrantes - Caritas di Roma).

 

 

ITALIA. Soggiornanti stranieri negli anni 1970-2010*

FONTE: Dossier Statistico Immigrazione Caritas/Migrantes. Dati Ministero dell’Interno/Istat

 

 

 

ANNI

TOTALE

Europa        

Africa

Asia

America

Oceania

Apolidi e altri

1970

143.838

61,3

3,3

7,8

25,7

1,9

-

1975

186.415

60,5

4,7

8,1

24,3

1,8

0,6

1980

298.749

53,2

10,0

14,0

21,0

1,4

0,4

1985

423.004

52,1

10,5

15,4

19,5

1,4

1,1

1990

781.138

33,5

30,5

18,7

16,4

0,8

0,1

1995

729.159

40,7

28,2

16,4

14,3

0,3

0,1

2000

1.379.749

40,7

28,0

19,2

11,8

0,2

0,0

2005

3.035.000

 

 

 

 

 

 

2010

4.919.000

 

 

 

 

 

 

 

 

* Viene ripreso, in questa tabella, il dato contenuto nel Dossier del 2005, opportunamente aggiornato al 2010.

 

 

 


 

 

Se si osserva il grafico e la tabella che precedono, si evince che, nel 2010, i migranti ammontavano a quasi 5.000.000.

Disaggregando il dato[1] per nazionalità, emerge che la popolazione più numerosa, nel 2010, è quella rumena (900.000 persone); seguono i marocchini e gli albanesi (500.000 persone per ciascuna nazionalità); cinesi ed ucraini sono quasi 200.000 per ognuna delle due collettività.

E’ da notare che queste 5 collettività costituiscono, insieme, il 50,7% dell’ intera popolazione immigrata presente in Italia.

Da una ricerca condotta dall’ ABI e dal CESPI[2] emergono dati che fanno riflettere e confermano la tendenza degli anni recenti: l’ immigrazione sta diventando sempre di più un fenomeno importante  nella nostra società: gli stranieri sono pari al 7% della popolazione residente. L’ aumento maggiore della presenza straniera in Italia si è verificato soprattutto nell’ ultimo decennio, con un’ impennata vertiginosa che ha caratterizzato il fenomeno a partire dal 2000.   

Qualche dato economico può farci pensare: in base ad una stima di Unioncamere del 2008 riportata nel Dossier immigrazione della Caritas del 2010, gli immigrati contribuiscono al PIL italiano per l’ 11,1%; versano annualmente quasi 11 miliardi di euro tra contributi previdenziali e imposte e dichiarano al fisco 33 miliardi di euro l’ anno.

Gli stranieri sono molto attivi nel settore del lavoro dipendente (essi incidono sul totale dei lavoratori dipendenti per il 10%); sono in tutto circa 300.000, invece, gli immigrati titolari, amministratori o soci di aziende; al 31 maggio 2010 (il dato è contenuto nel Dossier immigrazione della Caritas del 2010) sono 213.267 le imprese il cui titolare è straniero.

Dunque il dinamismo della popolazione migrante è notevole nel mondo del lavoro ed anche in quello dell’ impresa; e proprio quest’ultimo ha conosciuto un incremento considerevole negli ultimi anni: dal 2006 ad oggi l’ aumento cumulato è stato di 68 punti percentuali[3].

Tutto ciò ci induce a pensare che ormai la popolazione immigrata in Italia stia diventando sempre più una componente strutturale nel sistema demografico ed economico italiano. I migranti, infatti, nell’ attuale situazione, garantiscono un riequilibrio per la popolazione italiana, che sta diventando sempre più anziana; possono quindi essere considerati un’ opportunità, anzi, per certi aspetti, una necessità. A questo proposito, si cita un dato contenuto in un documento dell’ ISTAT (La popolazione straniera residente in Italia all’ 1-1-2010): la popolazione residente in Italia, al 1° gennaio 2010, ammontava a 60.340.328, mentre al 1° gennaio 2009 era di 60.045.068 individui; ciò che è fondamentale notare è che l’ incremento del numero dei residenti in Italia è dovuto interamente all’ apporto dei migranti; senza di loro, la popolazione residente nel nostro paese sarebbe in diminuzione.

Certo, occorre considerare anche gli aspetti negativi dell’ immigrazione, primo fra tutti il fattore criminalità; questo problema, però, non può far perdere di vista i vantaggi che possono derivare al sistema Italia dall’ apporto della popolazione migrante.

 

 

2. ASPETTI FINANZIARI

 

L’ immigrazione porta con sé anche conseguenze sul sistema finanziario. A questo proposito un aspetto importante da tenere in considerazione è quello delle rimesse: esse sono costituite dalla quantità di denaro che gli immigrati risparmiano in Italia e inviano (attraverso la banca o i money transfer) nei loro paesi d’ origine. Anche le rimesse hanno conosciuto un notevole incremento e sono passate da 1.167.000.000 (dato riguardante il 2003 che non considerava le rimesse trasferite con i money transfer) ai circa 6.800.000.000 del 2009. Solo nel 2010, complice soprattutto la crisi economica, c’ è stato un leggero decremento e le rimesse si sono attestate intorno ai 6.300.000.000[4].

In ogni caso, nonostante la lieve diminuzione del 2010, è evidente che il fenomeno è piuttosto importante e costituisce un’ ulteriore testimonianza del fatto che i migranti sono ormai protagonisti ed attori economico-finanziari rilevanti nel nostro paese.

Il fatto che i migranti in Italia rappresentino ormai una componente strutturale della popolazione e del mondo del lavoro è dimostrato anche dalla progressiva crescita del tasso di bancarizzazione dei migranti adulti residenti in Italia. Secondo dati apparsi su “Repubblica” il 9 giugno scorso e tratti dallo studio dell’ ABI e del CeSPI in precedenza citato[5], oltre il 70% (considerando anche i dati basati sul sistema BancoPosta) dei migranti adulti residenti in Italia ha aperto un conto corrente bancario. E’ interessante riflettere sul fatto che il migrante si rivolge ad una banca non al momento della sua venuta nel paese di accoglienza, bensì quando trova una certa possibilità di stabilizzazione: ad esempio, quando trova un’ abitazione e un lavoro. In pratica il cittadino straniero entra in banca quando è diventato già un attore economico importante ed una componente strutturale della popolazione del paese d’ accoglienza.

Ora, se circa il 70% degli stranieri adulti che vivono in Italia possiede un conto corrente, ciò significa che, molto probabilmente, i migranti si sono ampiamente stabilizzati e costituiscono perciò, a tutti gli effetti, parte integrante della popolazione residente in Italia.

Per completare il discorso sui rapporti degli immigrati con gli istituti di credito, analizziamo qualche dato sull’ accesso al credito[6]: dal citato studio dell’ ABI e del CeSPI si evince che il 33% degli stranieri correntisti ha in essere una forma di finanziamento; oltre al credito al consumo (che rappresenta il 38% dei prestiti), che i migranti utilizzano per acquistare beni di consumo o per le spese correnti, una forma di finanziamento che sta prendendo piede è il mutuo: il 28% dei finanziamenti è, infatti, finalizzato all’ acquisto di immobili, segno importante della volontà di stabilizzazione in Italia. Certo, bisogna considerare l’ impatto negativo cha ha avuto la crisi economica del 2007-2008: il dato contenuto nel rapporto prodotto da Scenari Immobiliari (relativo al 2010) ci dice che, a fronte di un aumento dal 12,6% al 17% tra il 2004 ed il 2007, la previsione per il 2010 evidenziava, invece un decremento del 9% delle transazioni bancarie legate all’ acquisto di immobili. Tuttavia questo non significa che la popolazione migrante non stia comunque diventando sempre più stabilizzata.   

La strutturalizzazione era, già nel Dossier Caritas del 2005, indicata come una caratteristica fondamentale del fenomeno migratorio in Italia.

Oggi, nel 2011, questa dinamica è ancora più avanzata, tanto che l’ Italia non può prescindere, in ogni analisi sulla sua economia e sulla sua società, dalla popolazione immigrata. Non ne può prescindere perché è anche sull’ apporto dato dagli stranieri che si basa il suo sviluppo socio-economico.

E’ per questo che mantenere un atteggiamento di discriminazione (in qualsiasi ambito e, dunque, anche in quello delle assicurazioni, oggetto di questo studio) farebbe di certo male al progresso economico e sociale del nostro paese.

 

 

3. ASPETTI GIURIDICI

 

3.1 ASPETTI GIURIDICI LEGATI ALL’ ORDINAMENTO ITALIANO

 

Come abbiamo visto, il fenomeno dell’ immigrazione in Italia assume un’ importanza sempre maggiore dai punti di vista economico e sociale: gli immigrati che vivono nel nostro paese, soprattutto se stabili e regolari sono attori importanti per la nostra economia e per la nostra società. La vita quotidiana in Italia fa nascere per loro molteplici esigenze: dall’ assistenza sanitaria all’ accesso ai vari servizi, dalla tutela dei diritti alla necessità di sicurezza. Ormai molti immigrati possiedono un’ automobile e devono, perciò, poter accedere ai servizi assicurativi.[7]

L’ ordinamento italiano (ma anche la legislazione internazionale ed europea) cerca di soddisfare le esigenze degli immigrati attraverso leggi che tutelano i diritti e favoriscono l’ integrazione in tutti gli ambiti di vita.

Prima di trattare più specificamente i problemi giuridici che si pongono in materia di assicurazioni R.C. auto analizziamo lo stato attuale della normativa concernente la condizione degli immigrati in Italia.

Innanzitutto diciamo che la Costituzione Repubblicana del 1948 stabilisce, all’ art. 2 che “la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’ uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità (…)”. Come è evidente, la nostra Costituzione, in materia di riconoscimento e garanzia dei diritti inviolabili, non distingue tra cittadini italiani e stranieri, ma semplicemente menziona l’ uomo in quanto tale[8]; ciò significa che esistono diritti fondamentali che devono essere garantiti a tutti.

Diverse possono essere le interpretazioni che si danno all’ art. 2. Detto articolo si può interpretare nel senso che i diritti inviolabili sono soltanto quelli menzionati in altre disposizioni costituzionali; appare, però, più opportuna e più consona alla realtà odierna, l’ interpretazione menzionata da T. Martines[9], secondo la quale l’ art. 2 contiene un “elenco aperto” di diritti inviolabili dell’ uomo. Ciò fa sì che la dottrina e la giurisprudenza possano, attraverso un’ interpretazione storico-evolutiva, stabilire la garanzia di altri diritti inviolabili, anche non stabiliti in Costituzione. L’ interpretazione evolutiva è particolarmente congeniale alle possibili soluzioni delle problematiche poste dal fenomeno immigrazione. Infatti una giurisprudenza aperta potrebbe aprire la strada ad una maggiore tutela dei diritti degli immigrati ed anche ad un incremento di situazioni giuridiche soggettive inviolabili, anche a vantaggio degli immigrati. E tra dette situazioni, se si dà un’ interpretazione aperta dell’ art. 2, potrebbe rientrare anche, ad esempio, il diritto di accedere ai servizi assicurativi senza discriminazioni. A questo proposito aggiungiamo che, secondo quanto affermato da T. Martines[10], anche il principio di uguaglianza contenuto nell’ art. 3 della Costituzione, sebbene espressamente riservato ai cittadini, può essere, in certi casi, esteso ai non cittadini. A sostegno di questa tesi esistono anche alcune sentenze della Corte Costituzionale[11] che stabiliscono che il principio di eguaglianza può essere esteso agli stranieri allorché si tratti di diritti inviolabili dell’ uomo, garantiti allo straniero anche in conformità dell’ ordinamento internazionale. 

Altra norma fondamentale per la regolamentazione della condizione dello straniero in Italia è data dall’ art. 16 delle disposizioni preliminari al Codice Civile (cosiddette “Preleggi”). Esso sancisce che “lo straniero è ammesso a godere dei diritti civili attribuiti al cittadino a condizione di reciprocità e salve le disposizioni contenute in leggi speciali”.

Per quanto concerne la nostra problematica, ossia i servizi assicurativi ed in particolare la r.c. auto, l’ ISVAP (circolare n. 407 del 12 aprile 2000) ha evidenziato che molto spesso le Compagnie di Assicurazione, a fronte di richieste di risarcimento avanzate da stranieri, si attengono strettamente al principio della reciprocità stabilito nell’ art. 16 delle “Preleggi”. Ciò spesso penalizza il cittadino straniero in quanto può darsi il caso che il suo stato d’ origine non conceda un trattamento equo al cittadino italiano. 

Oggi la legislazione italiana riconosce al principio della reciprocità un ruolo residuale. A tale proposito occorre menzionare alcune fonti normative. La legge n. 218 del 31 maggio 1995 stabilisce, all’ art. 62, che “la responsabilità per fatto illecito è regolata dalla legge dello Stato in cui si è verificato l’evento”. Pertanto, ogni sinistro che si verifichi in territorio nazionale è soggetto all’applicazione della legge italiana in materia (lex loci). Tuttavia lo stesso art. 62, al comma successivo, prevede una deroga: il danneggiato, infatti, può richiedere l’ applicazione della legge dello Stato nel cui territorio si è verificato il fatto che ha causato il danno.  

Nel 1998 è stata emanata la legge n. 40 che disciplina la condizione dello straniero in Italia. Tale legge è stata poi inserita nel decreto legislativo del  25 luglio 1998, n. 286, che costituisce il T.U. sull’ immigrazione. In particolare, l’art. 2, comma 2, del d.lgs n. 286/1998, stabilisce che “lo straniero regolarmente soggiornante nel territorio dello Stato gode dei diritti in materia civile attribuiti al cittadino italiano, salvo che le convenzioni internazionali in vigore per l’Italia e il presente testo unico dispongano diversamente. Nei casi in cui il presente testo unico o le convenzioni internazionali prevedano la condizione di reciprocità, essa è accertata secondo i criteri e le modalità previste dal regolamento di attuazione”.

Come può rilevarsi, anche la materia della condizione di reciprocità viene indirettamente modificata. Al decreto legislativo n. 286 del 1998 è stata data attuazione mediante il regolamento emanato con D.P.R. n. 394 del 31 agosto 1999. Esso sancisce, al comma 2 dell’ art. 1, che  l’accertamento della condizione di reciprocità non è richiesto per i cittadini stranieri titolari della carta di soggiorno nonché per gli stranieri titolari di un permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato o di lavoro autonomo, per l’esercizio di un’impresa individuale, per motivi di famiglia, umanitari o di studio e per i relativi familiari in regola con il soggiorno.

Il ruolo residuale del principio emerge anche dal I comma dell’art. 1 ove è previsto che i soggetti ivi indicati (i responsabili del procedimento amministrativo che ammette lo straniero al godimento dei diritti civile ed i notai) richiedano l’accertamento di tale condizione al Ministero degli Affari Esteri nei soli casi previsti dal testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero.

Alla luce della normativa del T.U. in materia d’ immigrazione del 1998, dunque, sembra risolto il problema dei risarcimenti ai cittadini stranieri. Infatti l’ immigrato risulta equiparato al cittadino italiano in materia di risarcimento e la clausola dell’ art. 16 delle Preleggi agisce solo in via residuale, ossia nei soli casi previsti dal T.U. del 1998.

Questa evoluzione nella normativa italiana in materia di immigrazione è stata evidenziata nella precedentemente citata circolare n. 407 del 2000 emanata dall’ ISVAP. L’ Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private ha così invitato le imprese assicuratrici a non operare discriminazioni a scapito degli immigrati attraverso un richiamo abusato ed improprio al principio della reciprocità.

Va inoltre sottolineato che la tutela per gli immigrati va estesa anche al caso di danno biologico. Posto infatti che questo tipo di danno si concretizza in una lesione del diritto alla salute e che tale diritto è garantito dalla Costituzione agli artt. 2 e 32, è ovvio che le Compagnie di Assicurazione dovranno risarcire gli stranieri anche quando sono vittime del danno biologico. Si tenga conto, tra l’ altro, che l’ art. 32 della Costituzione stabilisce che “la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’ individuo” e che , dunque anche agli stranieri è garantito il diritto alla salute. Inoltre l’ integrità psico-fisica della persona è diritto riconosciuto e garantito dal diritto internazionale.

Riguardo al danno biologico occorre, però, fare delle precisazioni.

In linea con quanto riconosciuto anche dalla giurisprudenza, tale componente di danno deve essere valutata e quantificata con riguardo al luogo ove l’ingiusta lesione patrimoniale conseguente all’illecito altrui estrinseca i suoi effetti sul piano concreto. Pertanto, l’ammontare effettivo del danno va determinato con riferimento al luogo ove il soggetto conduce la sua esistenza e svolge la sua attività; il complesso dei dati economici necessari per la completa determinazione e liquidazione del danno va perciò attinto dalla realtà economica del paese di effettiva residenza del danneggiato. Di ciò è ragionevole che si tenga conto a seconda che il cittadino straniero soggiorni regolarmente nel nostro Paese oppure no.

L’ analisi della normativa italiana in materia di assicurazioni non può prescindere decreto legislativo del 7 settembre 2005, n. 209, in materia di assicurazioni (cosiddetto Codice delle assicurazioni private).

Il decreto legislativo intende procedere ad un riordino completo della materia delle assicurazioni private. E’ significativo notare l’ esistenza, nel codice, di numerose disposizioni a favore ed a tutela degli assicurati; fra queste ricordiamo, ad esempio, l’art. 120, che stabilisce il dovere di informazione precontrattuale. L’ art. 122 sancisce l’ obbligo di assicurazione per i veicoli a motore sprovvisti della guida di rotaie. L’ art. 123 stabilisce lo stesso obbligo per i natanti.

Significativa è la norma contenuta nell’ art. 131, che prevede la trasparenza nelle informazioni riguardanti i prodotti assicurativi e nelle condizioni di contratto, al fine di realizzare una vera concorrenza nel mercato assicurativo. Questa disposizione appare quanto mai necessaria soprattutto perché, come prescrive l’ art. 122, esiste l’ obbligo di assicurare i veicoli a motore. Siccome si è, appunto, obbligati a ricorrere ai servizi assicurativi (nel caso si possieda un veicolo a motore), si deve poter accedere ad un mercato dei servizi assicurativi trasparente e concorrenziale. D’ altro canto si deve tenere conto che esiste, specularmente all’ obbligo di assicurare i veicoli, l’ obbligo, da parte delle imprese assicuratrici, di accettare le proposte ad esse indirizzate per l’ assicurazione degli stessi (art. 132). L’ art. 132 non permette assolutamente discriminazioni in questo senso[12].

E’ poi importante menzionare il titolo XIII del Codice, che fa riferimento alla trasparenza delle operazioni ed alla protezione dell’ assicurato.

Nell’ art. 182 si sancisce il dovere di correttezza nelle informazioni pubblicitarie concernenti il servizio assicurativo. L’ art. 183 prescrive, per gli intermediari assicurativi, il dovere di comportarsi in modo diligente e corretto e di informare al meglio gli assicurati ed i contraenti. E’ prevista (art. 185) una nota informativa contenente tutte le informazioni, diverse da quelle pubblicitarie, che hanno lo scopo di far sì che il contraente e l’ assicurato pervengano ad un giudizio fondato sui diritti e gli obblighi derivanti dal contratto. L’ ISVAP disciplina, con regolamento, lo schema ed il contenuto della nota informativa.

Si può affermare, in conclusione, che il Codice contiene numerose norme per la tutela degli utenti dei servizi assicurativi. Nella società attuale accade sovente che siano tali anche gli immigrati che, per esigenze personali o di lavoro possiedono un veicolo a motore e, dunque, sono obbligati a contrarre.

Alla luce di quanto detto finora e dell’ analisi delle normative giuridiche sugli immigrati emerge che, in un mondo ormai globalizzato sarà sempre più necessaria una parificazione di trattamento tra cittadini autoctoni e cittadini immigrati. Ciò riguarderà non solo la sfera del diritto in senso stretto, ma anche l’ accesso ai beni ed ai servizi. Anche le imprese assicuratrici dovranno adeguarsi a questo nuovo stato di cose.

L’ analisi delle diverse normative, del resto, ha evidenziato uno sforzo notevole, da parte nazionale ed internazionale, nel venire incontro alle esigenze dei migranti attraverso una normazione che ha come scopo principale la realizzazione di una politica di integrazione in tutti gli ambiti di vita.

 

3.2 ASPETTI GIURIDICI LEGATI ALL’ ORDINAMENTO INTERNAZIONALE

 

Un’ analisi della legislazione internazionale permetterà di comprendere che anche l’ ordinamento internazionale contiene normative a favore degli immigrati. Tali normative potranno essere invocate a sostegno della tesi della non discriminazione, chiaramente espressa dell’ ISVAP nella precedentemente citata circolare n. 407 del 12 aprile 2000.

Tra gli atti giuridici di diritto internazionale più importanti ricordiamo la Dichiarazione Universale dei diritti dell’ Uomo, adottata dall’ assemblea generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948 con risoluzione 217 (III). Benché in genere, nel diritto internazionale le risoluzioni contenenti dichiarazioni – come nel caso che stiamo esaminando - , non abbiano efficacia vincolante nei confronti dei destinatari, tuttavia esse rappresentano un programma di condotta; è difficile, dunque, non riconoscere una grande autorità morale all’ assemblea generale dell’ O.N.U. Pertanto risulterebbe arduo per gli stati membri non conformare i propri ordinamenti giuridici a quanto contenuto nella Dichiarazione del 10 dicembre 1948.

Tra le disposizioni contenute nella Dichiarazione particolarmente significative, ai fini dell’ analisi della nostra problematica, appaiono quelle degli artt. 6 e 7.

All’ art. 6 si stabilisce che “ogni individuo ha diritto, in ogni luogo, al riconoscimento della propria personalità giuridica”. Ciò significa che ogni persona è soggetto di diritto, ossia titolare di situazioni giuridiche attive o passive in ogni luogo. Dunque anche l’ immigrato in Italia ha personalità giuridica ed è titolare di diritti e di doveri. Tra i diritti potremmo anche ricomprendere quello ad essere trattato con equità dalle imprese assicuratrici.

L’ art. 7 della Dichiarazione stabilisce che tutti sono uguali davanti alla legge e hanno diritto ad eguale  tutela da parte della legge. Ciò implica che il cittadino immigrato deve essere protetto da ogni discriminazione.

L’ art. 8 sancisce che ogni individuo ha diritto a ricorrere ai competenti tribunali nazionali contro atti che violino i diritti fondamentali ad esso riconosciuti dalla costituzione o dalla legge. Come abbiamo visto in precedenza, la nostra costituzione riconosce anche agli stranieri taluni diritti fondamentali[13].

Dunque possiamo affermare che, anche se la Dichiarazione del 1948 non è vincolante nei confronti degli stati, sarà comunque necessario che essi vi si conformino, promovendo, ad esempio, una legislazione a tutela dei diritti dell’ uomo. Ciò appare tanto più necessario oggi, in un mondo globalizzato dove è forte la presenza di immigrati, dove i confini si defunzionalizzano e dove è più proprio parlare di uomo che di cittadino in senso stretto.

Un altro atto giuridico internazionale è costituito dalla Convenzione internazionale per la tutela dei diritti dei lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie, adottata dall’ Assemblea generale dell’ O.N.U. il 18 dicembre 1990. In essa vengono fondamentalmente ribaditi i diritti fondamentali dell’ uomo già garantiti dalla Dichiarazione del 1948: diritto alla vita, libertà di pensiero, diritto a non essere ridotti in schiavitù, ad essere trattati come i cittadini dello stato nel quale si trovano in molteplici situazioni di vita (ad esempio quando sono giudicati nei tribunali). Prevale dunque il principio della non discriminazione che, ci si augura, possa valere anche in materia di servizi assicurativi. Del resto la Convenzione stabilisce la necessità di trattare i migranti allo stesso modo degli altri lavoratori; quindi, per esempio, anche in materia di assicurazioni per i potenziali danni derivanti dall’ attività lavorativa svolta i migranti dovranno usufruire delle stesse opportunità offerte ai lavoratori autoctoni.

Riguardo alla Convenzione per la tutela dei diritti del lavoratore  migrante sottolineiamo che, trattandosi di accordo internazionale, a differenza delle dichiarazioni ha un’ efficacia vincolante nei confronti degli stati che lo ratificano.

Tuttavia occorre sottolineare che la Convenzione è stata ratificata solo da stati generatori[14] di flussi di migranti, ossia stati poveri. Essendo stato raggiunto il numero di ratifiche necessario (20) la Convenzione è entrata in vigore. Non si può, però, tacere sul fatto che nessuno stato sviluppato l’ ha ratificata. Neanche l’ Italia ha ratificato la Convenzione e dunque essa non può essere invocata, oggi, dall’ immigrato lavoratore ingiustamente discriminato. Un tale stato di cose è assai deplorevole per l’ occidente che si dice civile.

 

3.3 ASPETTI GIURIDICI LEGATI ALL’ ORDINAMENTO EUROPEO

 

Il 4 novembre 1950 gli stati membri del Consiglio d’ Europa hanno adottato la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’ uomo, che riconosce e tutela i diritti fondamentali, inviolabili di tutti gli uomini senza alcuna distinzione. Tra questi ricordiamo: il diritto alla vita, il diritto a non essere sottoposto a tortura, il diritto alla libertà ed alla sicurezza, il diritto di riunione ed associazione, la libertà di pensiero. La Convenzione stabilisce, all’ art. 14 il divieto di discriminazione: ogni persona deve poter godere dei diritti garantiti dalla Convenzione. In caso di violazione del principio di non discriminazione è ammesso ricorso ad un’ istanza nazionale (art. 13). Per assicurare il rispetto della Convenzione da parte degli stati contraenti è istituita la Corte europea dei diritti dell’ uomo (art. 19).

E’ importante sottolineare, poi, un intervento del Parlamento europeo in materia di immigrazione: si tratta della risoluzione sulla comunicazione della commissione su immigrazione, integrazione ed occupazione emanata il 25 novembre 2003. Sappiamo che il Parlamento europeo non godeva, in passato, di poteri particolarmente elevati nell’ ambito delle istituzioni europee: alle origini del processo di integrazione europea esso fu infatti pensato come organo puramente consultivo, anche se, già nell’ originario art. 137 erano previsti poteri deliberativi e di controllo.  Nel corso del tempo sono intervenute, però, significative riforme[15].  In base ad esse i poteri deliberativi sono stati accresciuti e oggi il Parlamento partecipa pienamente alla formazione degli atti comunitari.

Ciò premesso, il ruolo giocato oggi dall’ assemblea parlamentare appare fondamentale, non solo per l’ aumento e la maggiore incisività dei suoi poteri, ma anche essa è organo rappresentativo dei cittadini dell’ Unione Europea, essendo i suoi membri eletti a suffragio universale. Dunque sarà importante tenere presenti i suoi interventi.

La già citata risoluzione del 25 novembre 2003 riguarda la problematica dell’ immigrazione; i punti importanti della risoluzione sono il 17 e i seguenti. In essi si parla dell’ importanza di condurre una politica di integrazione alla quale devono contribuire tanto gli immigrati quanto i cittadini del paese d’ accoglienza. A tal fine occorrerà un impegno nella conoscenza delle altre culture ed uno sforzo, da parte di tutti i membri della società ad operare in un ambiente più eterogeneo e mutevole (punto 18).

Al punto 24 si stabiliscono i criteri per la realizzazione di una politica di integrazione: in particolare si fa riferimento alla necessità di stabilire regole chiare sulla condizione giuridica degli immigrati, alla garanzia per gli stranieri all’ accesso dei servizi sociali e sanitari. Al punto 26 si invitano gli stati membri a regolarizzare i lavoratori immigrati che, pur non avendo permesso di soggiorno, pagano regolarmente le imposte e versano i contributi per la sicurezza sociale.

E’ logico che una simile politica di integrazione coinvolga anche i servizi assicurativi e, tra questi, la R.C. auto.

Maggiore incisività, nell’ ambito della normativa europea è data alla direttiva n. 109 del 25 novembre 2003. A differenza della risoluzione del Parlamento, la direttiva è un vero strumento legislativo vincolante per tutti gli stati membri, che sono tenuti ad emanare, nel loro ordinamento, nella maggioranza dei casi, una normativa di recepimento della direttiva stessa.

La direttiva n. 109 riguarda i soggiornanti stranieri di lungo periodo negli stati membri dell’ Unione Europea. In particolare essa è finalizzata alla realizzazione, da parte dei paesi dell’ U.E., di una politica di integrazione di questi soggetti, che ha come cardine la parità di trattamento ad essi riconosciuta in molteplici ambiti della vita sociale ed economica.

L’ art. 11 stabilisce che il soggiornante di lungo periodo gode dello stesso trattamento riservato ai cittadini nazionali per quanto riguarda alcune materie e, tra queste figura l’ accesso ai beni ed ai servizi a disposizione del pubblico e la loro erogazione (art. 11 par. 1 lett. f). Tuttavia, nel par. 2 è specificato che gli stati membri possono limitare la parità di trattamento ai casi in cui il soggiornante di lungo periodo o il familiare che chiede per lui la prestazione abbia scelto il paese in questione come sua dimora abituale.

E’ evidente che tra i beni ed i servizi a disposizione del pubblico possono sicuramente essere inclusi i servizi assicurativi.

Dobbiamo tenere presente che la direttiva, all’ art. 26, prevedeva che gli Stati ne attuassero il recepimento entro il 23 gennaio 2006. L’ Italia, che spesso ha mostrato purtroppo un costante ritardo nel recepimento delle direttive europee, anche in questa occasione non ha rispettato il termine: infatti, il decreto di recepimento è stato emanato l’ 8 gennaio 2007 con quasi un anno di ritardo.

 

3.3.1 IN PARTICOLARE: LE DIRETTIVE EUROPEE IN MATERIA DI ASSICURAZIONE

 

L’ Unione Europea (o la Comunità economica europea prima del 1992) ha adottato numerose direttive in materia di assicurazione contro i potenziali danni causati  da veicoli a motore senza guida di rotaie (r.c. auto) al fine di realizzare un certo grado di integrazione anche in questo ambito.

Come sappiamo, il fine fondamentale dell’ Unione Europea e, più in generale, del processo di integrazione europea intrapreso negli anni 40 e 50 del ‘900, è quello di realizzare un mercato unico europeo in tutti i settori sia per i beni che per i servizi. Per raggiungere questo scopo il processo di integrazione ha prodotto una notevole quantità di leggi e norme miranti proprio alla creazione di un mercato unico.

L’ integrazione ha riguardato anche il settore dei servizi assicurativi, ed in particolare la r.c. auto.

Il primo provvedimento normativo organico concernente il settore è costituito dalla direttiva 72/166/CEE, del 24 aprile 1972, la quale ha subito modifiche nel corso del tempo. La direttiva si propone di realizzare l’ integrazione attraverso il ravvicinamento delle legislazioni dei vari stati membri, come previsto dall’ art. 94[16][1] (art. 100 prima della riforma operata dal trattato di Maastricht), richiamato dalla direttiva stessa nel preambolo. A questo proposito è significativo ricordare il 1° “considerando”, che pone l’ attenzione sul fatto che il Trattato di Roma del 1957 “è volto a creare un mercato comune avente caratteristiche analoghe a quelle di un mercato interno”. E’ chiaro che il mercato comune si può realizzare solo se esiste la libera circolazione delle merci e delle persone.

Il 2°  ed il 3° “considerando” sottolineano che il controllo alla frontiera dell’ obbligo di assicurazione r.c. auto da una parte è effettuato per salvaguardare gli interessi di coloro che possono essere potenzialmente vittime di un sinistro, ma d’ altra parte intralcia la libera circolazione delle persone e delle merci pregiudicando, così, il mercato comune.

Nel concludere che un tale stato di cose deriva dalla disparità delle varie legislazioni nazionali in materia di r.c. auto, il legislatore europeo (in questo caso il Consiglio), ha posto, come scopo primario della direttiva, il ravvicinamento delle normative nazionali.

A questo proposito è importante menzionare l’ art. 2, che statuisce che ogni stato membro si astiene dall’ effettuare il controllo sulla r.c. auto quando i veicoli in questione stazionano abitualmente sul territorio di un altro stato membro o quando, pur stazionando in un paese terzo, provengano da uno stato membro. Lo stesso art. 2 afferma, però, che lo stato nel cui territorio entra il veicolo può effettuare controlli per sondaggio.

Il 2° comma dell’ art. 2, come modificato dalla direttiva 72/430/CEE del 19/12/1972,  sancisce che le norme della direttiva, ad eccezione degli artt. 3 e 4, hanno effetto solo dopo che sia stato concluso un accordo tra i 9 uffici nazionali di assicurazione ai sensi del quale ogni ufficio si rende garante della definizione dei sinistri avvenuti sul suo territorio e causati da veicoli, assicurati o no, che stazionano abitualmente sul territorio di un altro stato membro.

L’ art. 3 sancisce che ogni paese membro adotta tutte le misure necessarie affinché i veicoli che stazionano abitualmente sul suo territorio siano coperti da r.c. auto. Inoltre lo stato deve adottare misure affinché il contratto di assicurazione copra i danni causati negli altri paesi membri ed i danni di cui possono essere vittime i cittadini di paesi membri durante il tragitto che collega due territori nei quali si applica il Trattato di Roma del 1957; ciò nel caso in cui il territorio percorso non sia provvisto di un ufficio nazionale di assicurazione.

L’ art. 4 prevede deroghe al disposto dell’ art. 3.

Queste sono le disposizioni più significative della direttiva. Come si intuisce dall’ analisi ora condotta, la ratio della direttiva e di quelle che seguiranno negli anni successivi, fino al 2005, è quella di favorire misure che consentano di creare, tramite il ravvicinamento delle normative nazionali, un certo grado di integrazione nel settore della r.c. auto al fine di meglio realizzare il mercato unico.

La seconda direttiva sul ravvicinamento delle legislazioni nazionali in materia di r.c. auto è la 84/5/CEE, adottata dal Consiglio il 30 dicembre 1983. Questo strumento normativo compie ulteriori passi avanti; ad esempio sancisce, all’ art. 1, che l’ assicurazione di cui all’ art. 3 della direttiva 72/166/CEE, copre obbligatoriamente, oltre i danni alle persone, anche i danni alle cose; inoltre stabilisce (art. 1, par. 4) che ogni stato membro crea o autorizza un organismo che ha il compito di rimborsare, almeno entro i limiti dell’ obbligo di assicurazione, i danni alle cose ed alle persone causati da un veicolo non identificato o non assicurato.

La direttiva 90/232/CEE del 14 maggio 1990 è la terza in materia di ravvicinamento delle legislazioni nazionali sulla r.c. auto. Essa specifica ulteriormente quanto stabilito nelle due direttive precedenti.

L’ art. 1 sancisce che l’ assicurazione di cui all’ art. 3, par. 1 della direttiva 72/166/CEE, fatta salva la disposizione dell’ art. 2, par. 1, 2° comma, della direttiva 84/5/CEE, copre la responsabilità per i danni alla persona di qualsiasi passeggero, diverso dal conducente.

L’ art. 2 prescrive che ogni stato membro prende le misure necessarie affinché tutti i contratti di assicurazione r.c. auto siano validi su tutto il territorio della Comunità (ora Unione Europea) in base ad un unico premio. Ogni paese membro prenderà poi le misure necessarie perché tutti i contratti di assicurazione garantiscano, in base al medesimo unico premio, in ciascuno stato membro, la copertura richiesta dalla sua legislazione o la copertura richiesta dalla normativa dello stato membro in cui il veicolo staziona abitualmente, se quest’ ultima è superiore.

L’ art. 3 completa il testo dell’ art. 1, par. 4 della direttiva 84/5/CEE ed aggiunge la seguente frase: “Tuttavia gli stati membri non autorizzano l’ organismo a subordinare il pagamento dell’ indennizzo alla condizione che la vittima dimostri in un modo qualsiasi che il responsabile del sinistro non è in grado o rifiuta di pagare”. Questa norma tutela maggiormente, rispetto alla direttiva 84/5/CEE, l’ interesse della persona danneggiata. L’ organismo di cui si parla è quello previsto dalla stessa direttiva 84/5 al fine di far sì che i danneggiati possano soddisfare il loro interesse ad essere risarciti anche nel caso in cui il sinistro sia causato da un veicolo non identificato o non assicurato. Già con questa norma il legislatore europeo ha compiuto un passo avanti rispetto alla direttiva 72/166 in quanto ha stabilito l’ istituzione dell’ organismo per il risarcimento in caso di danno provocato da un veicolo non identificato o non assicurato. L’ ulteriore progresso raggiunto con la terza direttiva, quella del 1990, è testimoniato proprio dal fatto che essa prevede che gli stati membri non possono autorizzare l’ organismo a subordinare il pagamento alla condizione che la vittima dimostri che il responsabile del sinistro non vuole o non è in grado di risarcire.

Nel 2000 è stata emanata dal Consiglio e dal  Parlamento un’ altra direttiva, la 2000/26; essa detta regole in materia di assicurazioni r.c. auto in modo da garantire la massima tutela delle persone danneggiate da sinistri stradali. E’ la quarta direttiva che il legislatore europeo ha prodotto sulla materia. L’ art. 1, par. 1 statuisce che “la presente direttiva stabilisce disposizioni specifiche relative a persone lese aventi diritto a risarcimento per danni a cose o a persone derivanti da sinistri avvenuti in uno Stato membro diverso da quello di residenza della persona lesa provocati dall'uso di veicoli che sono assicurati e stazionano abitualmente in uno Stato membro”. Inoltre l’ art. 1 stabilisce che “fatti salvi la legislazione di paesi terzi in materia di responsabilità civile e il diritto internazionale privato, le disposizioni della presente direttiva si applicano anche alle persone lese residenti in uno Stato membro aventi diritto a risarcimento per danni a cose o a persone derivanti da sinistri avvenuti in paesi terzi i cui uffici nazionali d'assicurazione, quali definiti all'articolo 1, paragrafo 3, della direttiva 72/166/CEE, hanno aderito al sistema della carta verde ogniqualvolta tali sinistri siano provocati dall'uso di veicoli che sono assicurati e stazionano abitualmente in uno Stato membro”.

L’ art. 5 prevede che, al fine di assicurare alla persona lesa la possibilità di chiedere l’ indennizzo, ogni stato membro istituisca o riconosca un centro di informazioni. L’ art. 6 prescrive l’ istituzione, presso ogni paese membro, di un organismo di indennizzo, mentre l’ art. 7 stabilisce che, nel caso in cui sia impossibile identificare il veicolo ovvero l’ impresa di assicurazione del veicolo che ha causato l’ incidente, la persona lesa potrà rivolgersi, al fine di essere indennizzata, all’ organismo di indennizzo dello stato membro in cui risiede.

L’ ultima tappa di questo cammino ci porta alla direttiva 2005/14/CEE, dell’ 11 maggio 2005.  Ovviamente tale nuovo strumento normativo è stato adottato dal Consiglio e dal Parlamento al fine di migliorare ulteriormente la tutela degli interessi dei danneggiati e di far sì che il mercato comune funzioni meglio; queste aspirazioni sono  particolarmente evidenti se si analizza il preambolo della direttiva. Si vuole, per esempio, dare un’ interpretazione chiara della nozione di “controllo per sondaggio” (cfr. art. 2 dir. 72/166). Si specifica che è tale un controllo non sistematico e, soprattutto, non discriminatorio.

L’ art. 1 della pone modifiche all’ art. 1 della dir. 72/166. In particolare cambia, in parte, la definizione di “territorio dello stato in cui il veicolo staziona abitualmente” (cfr. il testo della direttiva).

L’ art. 1, par. 2, specifica la nozione di controllo per sondaggio, già menzionata nella direttiva 72/166: il par. 2 dell’ art. 1 della dir. 72/166 è modificato da un nuovo par. che definisce il controllo per sondaggio come un controllo che non ha carattere discriminatorio e che non ha come fine esclusivo la verifica dell’ assicurazione.

L’ art. 4 della dir. 72/166 subisce modifiche: riguardo alla deroga al disposto dell’ art. 3 nel caso di veicoli appartenenti a determinate persone fisiche o giuridiche, è sancito che lo stato membro deve adottare le misure idonee al fine di assicurare l’ indennizzo dei danni causati nel suo territorio o in quello degli altri stati membri da veicoli appartenenti alle suddette persone. L’ art. 4 originario prevedeva l’ adozione di misure solo nel caso di danni provocati nel territorio degli altri stati membri. Inoltre nell’ originario art. 4 si affermava semplicemente che lo stato membro “notifica le misure adottate agli stati membri ed alla Commissione”. Ora il paese membro deve notificare alla Commissione l’elenco delle persone dispensate dall’ obbligo di copertura assicurativa e gli organismi  responsabili dell’ indennizzo; la Commissione pubblica l’ elenco. Come si vede, lo stato ha un compito più specifico, che assicura maggiore trasparenza.

Il 2° comma della lett. b dell’ art. 4 è modificato in questo modo: se prima si affermava che, per determinati tipi veicoli o per determinati veicoli con targa speciale gli stati membri potevano esigere dal detentore un certificato di carta verde o un  contratto di assicurazione frontiera, ora è prescritto che, ai suddetti veicoli sia riservato lo stesso trattamento dei veicoli per i quali non vi è stato l’ adempimento dell’ obbligo di assicurazione di cui all’ art. 3, par. 1.

Queste le modifiche più significative alla direttiva 72/166.

Per quanto riguarda la direttiva 84/5, le modifiche più importanti sono le seguenti:

sostituzione dell’ art. 1 originario con uno nuovo; in particolare vengono modificati gli importi per i quali lo stato membro esige che l’ assicurazione sia obbligatoria. In secondo luogo si specifica, rispetto all’ art. 1 originario, con riferimento all’ organismo che ha il compito di indennizzare i danni causati da un veicolo non identificato o non assicurato, che “quando l’ organismo è intervenuto per danni gravi alle persone del medesimo incidente (…) gli stati membri non escludono l’ indennizzo per danni alle cose in ragione del fatto che il veicolo non è identificato (…)”.

Veniamo ora alle modifiche alla direttiva del 1990.

 Nell’ art. 1 è inserito, tra il 1° ed il 2° comma, un comma in base al quale gli stati membri prendono le misure necessarie affinché qualsiasi disposizione legale o clausola contrattuale che escluda il passeggero dalla copertura assicurativa perché questi sapeva o avrebbe dovuto sapere che il conducente al momento del sinistro era sotto l’ effetto di alcol o di altre sostanze eccitanti sia considerato senza effetto per quanto riguarda l’ azione del passeggero.

E’ introdotto l’ art. 1 bis, in base al quale l’ assicurazione di cui all’ art. 3 della dir. 72/166 copre anche i danni subiti da pedoni, ciclisti ed altri utenti non motorizzati della strada.

Il 1° trattino dell’ art. 2 è sostituito dal seguente, più specifico:

“-coprano, sulla base di un unico premio e per tutta la durata del contratto, l’ intero territorio della Comunità, incluso l’ eventuale stazionamento del veicolo in un altro stato membro durante il periodo di validità del contratto, e”.

Sono poi inseriti altri articoli, tra i quali il più significativo appare il 4 quater, che statuisce che le imprese assicuratrici non possono opporre una franchigia alla persona lesa a seguito di sinistro per quanto riguarda la copertura assicurativa di cui all’ art. 3 della direttiva 72/166.

Importante è anche l’ art. 4 quinquies, in base al quale gli stati membri provvedono affinché le persone lese possano avvalersi del diritto di azione diretta nei confronti dell’ impresa che assicura il veicolo di colui che è responsabile del sinistro.

Con riferimento alla direttiva 2000/26, del 16 maggio 2000, la direttiva del 2005 inserisce il “considerando” 16 bis:

“(16 bis) Ai sensi del combinato disposto dell'articolo 11, paragrafo 2, e dell'articolo 9, paragrafo 1, lettera b), del regolamento (CE) n. 44/2001 del Consiglio, del 22 dicembre 2000, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale [17], la parte lesa può citare in giudizio l'assicuratore della responsabilità civile nello Stato membro in cui essa è domiciliata”.

Infine, è introdotto l’ art. 6 bis, che recita:

“Gli Stati membri adottano tutte le misure necessarie per agevolare la fornitura, in tempo utile, alle vittime, ai loro assicuratori o ai loro rappresentanti legali, dei dati di base necessari per la liquidazione dei danni.

Tali dati di base sono, all'occorrenza, messi a disposizione in forma elettronica in un deposito centrale in ciascuno Stato membro e sono accessibili alle parti interessate su loro esplicita richiesta.”

Gli stati membri dovranno prendere le misure per conformarsi alla direttiva del 2005 entro l’ 11 giugno 2007.

Anche in questo caso l’ Italia ha recepito la direttiva con ritardo (seppur leggero), attraverso il decreto legislativo 6 novembre 2007, n. 198.

 

4. ASPETTI LEGATI ALL’ ATTUALITA’: UNA PANORAMICA SUL RAPPORTO TRA ASSICURAZIONI E IMMIGRATI ITALIA OGGI

 

Le discriminazioni in materia di accesso ai servizi assicurativi sono, purtroppo, ancora frequenti nel nostro paese. Alcune compagnie operano discriminazioni in base al cosiddetto rischio etnico.

Nell’ ultimo periodo si sono registrati casi abbastanza eclatanti, come, ad esempio, quello della compagnia Genialloyd, che ha fatto pagare ad un cittadino tunisino in Italia da 16 anni un premio maggiorato di 170 euro rispetto ai cittadini italiani. In seguito, dopo essere stata citata in giudizio per discriminazione, Genialloyd ha deciso di eliminare il parametro della cittadinanza per il calcolo del premio e la controversia è stata risolta in via stragiudiziale.

Questo è stato forse quello più eclatante; tuttavia, in generale, molti altri casi possono essere segnalati.

Da un’ indagine pubblicata sul sito www.stranieriinitalia.it il 5 maggio 2011 emerge che, a parità di condizioni, esclusa la nazionalità, con la compagnia Quixa i cittadini italiani pagano annualmente un premio di 1.300 euro, che lievita a 2.400 euro nel caso di cittadini marocchini.

Con la compagnia Zurich Connect gli italiani pagano 1.300 euro, mentre gli immigrati (albanesi, marocchini, ucraini, romeni) corrispondono un premio che può arrivare fino a 1.523 euro.

Se si sceglie la compagnia Hdi gli italiani pagano 1.200 euro, gli albanesi 1.600, i marocchini, gli ucraini e romeni 1.724 euro.

Tra le tre compagnie in questione, l’ unica che ha abbandonato il parametro della nazionalità è Hdi, la quale, però, spalmerà la maggiorazione derivante dalla più alta sinistrosità di alcune nazionalità sui cittadini italiani.

Le altre 2 compagnie, invece, non intendono rinunciare alla determinazione dei premi basata anche sul criterio etnico. La giustificazione che le 2 imprese adducono è la seguente: poiché è statisticamente documentato che alcune nazionalità provocano più incidenti rispetto a quella italiana, è giusto che queste nazionalità paghino un prezzo più alto; e ciò non per un pregiudizio o per un intento discriminatorio.

Tale giustificazione non regge alla luce della normativa italiana, europea ed internazionale che abbiamo analizzato nei precedenti paragrafi. Infatti, l’ art. 43 del T.U. sull’ immigrazione (decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286) sancisce che non si può discriminare in base alla razza, all’ origine nazionale o etnica; dunque la razza e l’ origine nazionale costituiscono fattori vietati, ovvero parametri in base ai quali non è possibile riservare trattamenti differenti in una situazione analoga senza cadere nella discriminazione.

Diverso, invece, è il caso in cui si operi un trattamento diverso in base per esempio all’ età, che non costituisce fattore vietato secondo quanto disposto dall’ art. 43 del T.U. sull’ immigrazione.

Per quanto detto finora, perciò, è assolutamente ingiustificato il modus operandi di quelle compagnie che trattano in maniera diversa (discriminatoria) i cittadini stranieri.

 

 


 

  

 

 

BIBLIOGRAFIA E SITI INTERNET CONSULTATI

 

     ABI – CeSPI -  Quaderno ABI-CESPI 2010 – Cittadinanza economica dei migranti e rapporto con le banche italiane (Daniele Frigeri, Giulio Giangaspero, Chiara Provasoli, Isabella Corvino – Coordinamento di Josè Luis Rhi-Sausi e Gianna Zappi);

 

       T. MARTINES, Diritto costituzionale, Milano, 1997;

 

     www.amnesty.it – Dichiarazione universale dei diritti dell’ Uomo – 10 dicembre 1948;

 

       www.assicurazioniprestiti.com  – Assicurazione auto e moto: gli stranieri pagano di più (Prestiti, 4 giugno 2010);

 

     www.bassitassi.com – RC auto, immigrati: premi più alti. Perché? (Moreno, 29 dicembre      2010);

 

       www.bresciaoggi.it – Articolo: La provincia non aumenta rc-auto (E.B. 1 luglio 2011);

 

CARITAS ITALIANA - Dossier immigrazione 2010 (scheda di sintesi);

 

Dossier immigrazione 2005;

      www.caritasitaliana.it;

 

COMUNE DI RAVENNA – Divieti di discriminazione e parità di trattamento (giugno 2011) –

www.comune.ra.it;

 

www.corriere.itIl costo salato dell’ assicurazione auto (Giuditta Marvelli, 5 giugno 2011);

 

CONVENZIONE EUROPEA PER LA SALVAGUARDIA DEI DIRITTI DELL’ UOMO E DELLE LIBERTA’ FONDAMENTALI

www.unhcr.it;

 

CREDITO AL CONSUMO PER GLI IMMIGRATI. OSSERVATORIO ASSOFIN (3 giugno 2011);

www.fondazioneleonemoressa.org;

 

www.europa.eu;

 

www.ilsole24ore.it – Articolo: In banca 1,5 milioni di conti correnti multietnici, il 7,9% in più rispetto al 2007. (Leonard Berberi, 27 settembre 2010);

 

www.istat.it – Statistiche in breve – Popolazione – La popolazione straniera residente in Italia al 1° gennaio 2010;

 

www.isvap.it – Circolare n. 407 D del 12 aprile 2000;

 

www.lanazione.it – RC auto, aumenti per tutti. La rivolta dei tartassati. (1 luglio 2011);

 

www.laveracronaca.com  – Rc auto più cara per gli stranieri. Genialloyd ci ripensa (Gianpaolo Battaglia, 10 marzo 2011);

 

www.lunaset.it – Articolo – Assicurazioni rc auto, la provincia non ha aumentato l’ addizionale (Pasquale De Rosa, 4 luglio 2011);

 

www.newstreet.it – Articolo – Assicurazioni. L’ Unrae contro il caro rca (21 giugno 2011);

 

www.onuitalia.it – Convenzione internazionale sulla protezione dei diritti dei lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie -  18 dicembre 1990;

 

- La Convenzione ONU sui lavoratori migranti ed i membri delle loro famiglie a più di dodici anni dalla sua adozione (articolo di Francesca Natalini);

 

www.repubblica.it – Articolo: Cresce il numero di immigrati che possiede un conto corrente

(Teleborsa, 9 giugno 2011);

 

 Italia in testa nella UE27 per le rimesse degli immigrati (Rosaria Amato, 13 dicembre 2010);

Sei romeno?La Rc Auto costa di più. Assicurazione col rischio etnico. (Vladimiro Polchi, 31 maggio 2010);

 

 

       www.stranieriinitalia.itRimesse in calo nel 2010. Anche gli stranieri subiscono la crisi (21 aprile 2011);

 

Rc auto più cara per gli stranieri. Le assicurazioni non mollano. (Marco Iorio, 5 maggio 2011);

 

 

 

 

 

 

 



[1] I dati sono tratti dalla sintesi del Dossier immigrazione 2010 della Caritas italiana.

[2] Daniele Frigeri, Giulio Giangaspero, Chiara Provasoli, Isabella Corvino; con il coordinamento di Josè Luis Rhi Sausi e Gianna Zappi: Cittadinanza economica dei migranti e rapporto con le banche italiane. Quaderno ABI-CESPI 2010.  

[3] Dato tratto dalla ricerca ABI-CESPI.

[4] Quest’ ultimo proviene da uno studio della Fondazione Leone Moressa; quello relativo al 2009 da Eurostat e quello del 2003 dal Dossier Immigrazione del 2005 della Caritas Italiana.

[5] Cresce il numero di immigrati che possiede un conto corrente. (Teleborsa, 9 giugno 2011).

[6] I dati che seguono riguardano il segmento delle famiglie consumatrici.

[7] E’ importante ricordare che oggi il 5% delle auto ed il 2% degli scooter che circolano in Italia sono intestati a immigrati.

[8] Ciò diversamente da altri articoli della Costituzione, che sono specificamente rivolti ai “cittadini” (ad esempio l’ art. 3).

[9] T. Martines, “Diritto Costituzionale”, Milano, 1997.

[10] T. Martines, op. cit.

[11]Sent. n. 120 del 1967, n. 104 del 1969 e n. 144 del 1970.

[12] Ciò significa che, anche alla luce delle normative italiana, europea ed internazionale che abbiamo in precedenza analizzato e della circolare n. 407 del 2000 dell’ ISVAP,  non c’ è alcun motivo per operare discriminazioni a danno di immigrati o di qualsiasi altra persona.

[13] Si ricordi, in proposito, quanto affermato nel precedente paragrafo a proposito dei “diritti inviolabili” di cui all’ art. 2 della Costituzione.

[14] Dati al 2003.

[15] Esse sono, nell’ ordine: l’ Atto Unico Europeo del 1986 e il Trattato di Maastricht del 1992.

[16][1] L’ ex art. 100 (ora art. 94) del Trattato di Roma così recita:”Il Consiglio, deliberando all’ unanimità su proposta della Commissione e previa consultazione del Parlamento e del Comitato economico e sociale, stabilisce direttive volte al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli stati membri che abbiano un’ incidenza diretta sull’ instaurazione o sul funzionamento del mercato comune”.