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Documento
ripubblicato il 4-12-2021
Il
Punto n° 218
Assetto
proprietario delle società di rating.
Tutte
private ed in conflitto di interessi.
DOSSIER
Di
Mauro Novelli 6-8-2011
Si incrociano
società editoriali (ben messe nel settore delle pubblicazioni per
investimenti e business), società finanziarie di investimento, fondi di
investimento.
Standard & Poor's
(S&P) è una controllata del
gruppo editoriale Mc
Graw-Hill (prima specializzazione
del gruppo:
Economia ed Economia aziendale), che ha come azionisti BlackRock (5,3%) (BlackRock si presenta
così: “Tra l’oggi ed il domani, L’opportunità è qui. 1500 professionisti
dell’investimento dislocati in tutto il mondo Un unico approccio analitico
all’investimento Al servizio di clienti distribuiti in oltre 100 paesi dei 5
continenti. Rivolgiti a BlackRock, l’opportunità è qui.) e Capital Group (12,3%).
In Moody´s, Capital Group è l'azionista di maggioranza
relativa (16,4%), seguito da Berkshire
Hathaway (il braccio d'investimento
di Warren Buffett) –con il 13%,– e da BlackRock (6,3%) – vedi sopra. Il resto
si divide fra fondi di investimento di tutti i tipi.
Fitch
invece è la controllata della
francese Fimalac, compagnia di servizi
d'investimento presieduto da Marc Ladreit di Lachaniere, nella lista Forbes
tra i più ricchi del mondo. Possiede il 60%, mentre il
restante 40% delle quote appartiene ad Hearst, il cui settore “Business
media” ha questa filosofia: “Our
priority is to support our clients' operations with a first-rate portfolio of
information services, while also expanding our own operations and seeding
innovations that will resonate with businesses for years to come.” Richard P.
Malloch President, Hearst Business Media.
Quindi,
un tempo indipendenti, i tre porcellini sono oggi in mano a società
editoriali - particolarmente attive nel settore di investimenti e business -,
a società finanziarie, a fondi di investimento.
La
Cina ha già creato la sua: è la Dagong
(anch’essa privata, ma operante col “permesso” di Pechino). La Dagong, il 3
agosto scorso, ha annunciato di aver abbassato ulteriormente il rating delle
emissioni del Tesoro di Washington, portandolo da A+ addirittura a una
singola A: lo stesso livello di Russia e Sud Africa, un gradino superiore a
quello che attribuisce all'Italia. Per di più con un outlook negativo.
E
l’Europa ancora non è in grado di mettere in piedi una vera società di
rating? Chi si oppone?
DOSSIER
La
Procura di Trani
I
mercati Il crollo
Scatta
il sequestro a S&P e Moody' s
MILANO - La Procura di Trani ha sequestrato ieri
presso le sedi milanesi di Standard & Poor' s e Moody' s diversa
documentazione relativa ai giudizi diffusi dalle due agenzie di rating, il 6
maggio 2010 sui rischi per il sistema bancario italiano e poi nel 2011, in
tre occasioni fino allo scorso luglio, sul cambio di outlook sul debito
pubblico. Giudizi che hanno provocato crolli sul mercato azionario e su
quello dei titoli di Stato. La Guardia di finanza ha poi acquisito in Consob
gli atti presentati dalle due agenzie relativi alla procedura di
registrazione richiesta dalla normativa europea per poter continuare a
operare. Gli indagati sono sei: tre analisti di S&P e uno di Moody' s e i
responsabili legali per l' Italia delle due agenzie, a vario titolo per
manipolazione del mercato e abuso di informazioni privilegiate. Per il
procuratore Carlo Maria Capristo e il pm Michele Ruggiero, i giudizi diffusi
sono stati «infondati e imprudenti». L' inchiesta è partita da un esposto di
Adusbef e di Federconsumatori. S&P ha definito «prive di fondamento» le
ipotesi della Procura e ha rivendicato la correttezza del proprio operato. F.
Mas. RIPRODUZIONE RISERVATA
La
Repubblica 6-8-2011
Debito
Usa, S&P abbassa il rating
La Cina tuona: "Vogliamo garanzie"
Decisione storica dell'agenzia di rating
che abbassa la valutazione ad a AA+. I titoli di stato americani perdono la
massima valutazione per la prima volta nella storia: "Piano di
risanamento non adeguato". Ma per il tesoro Usa c'è un errore di 2000
miliardi. Pechino chiede subito la soluzione dei problemi: "Finiti i
giorni in cui zio Sam poteva sperperare"
NEW
YORK -
Per la prima volta nella storia, il debito sovrano degli Stati Uniti subisce
un abbassamento del rating ad opera di Standard & Poor's. La valutazione
AAA è stata abbassata di un gradino, a AA+, con un outlook che rimane
negativo. La decisione è arrivata per "i rischi politici" che
derivano dall'insufficienza degli interventi sul debito. "Il piano di
risanamento - scrive S&P - non è adeguato a quanto sarebbe necessario per
stabilizzare nel medio-termine il debito. L'efficacia, la stabilità e la
prevedibilità della politica americana si è indebolita in un momento" in
cui le sfide fiscali ed economiche aumentano. Un altro taglio, spiega ancora
l'agenzia, potrebbe maturare nell'arco dei prossimi 12 o 18 mesi in mancanza
di "correzioni solide". Immediata la reazione della Cina che
condanna la "miope" disputa politica avutasi negli Usa sul debito.
"La Cina, il più grande creditore dell'unica superpotenza mondiale, ha
tutto il diritto - si legge in un durissimo commento diffuso dall'agenzia Nuova
Cina - di chiedere oggi agli Stati Uniti la soluzione dei problemi di debito
strutturali e garantire la sicurezza degli asset cinesi denominati in
dollari".
La decisione era nell'aria da tempo, nonostante l'accordo sul tetto del
debito degli Stati Uniti faticosamente raggiunto e divenuto legge martedì
scorso.
E proprio il clima di confusione e tensione fra leader repubblicani e
democratici al Congresso che ha preceduto l'accordo sul tetto del debito
avrebbe indotto S&P al downgrade dalla AAA, il massimo, alla AA+.
"L'innalzamento del tetto del debito è arrivato troppo tardi", ha
detto John Chambers, presidente del comitato di valutazione di S&P:
"Se fossero intervenuti prima, il rating non sarebbe stato
abbassato".
L'annuncio è arrivato al termine di uno scambio con il Tesoro americano che,
avendo esaminato in anticipo la bozza della decisione, ha trovato errori per
almeno 2000 miliardi di dollari. L'agenzia ha inviato la bozza della
decisione al Tesoro alle 13.30, le 19.30 italiane. Gli economisti l'hanno
esaminata e hanno trovato errori nel modo in cui S&P teneva conto dei
dati delle spese discrezionali del Congressional Budget Office, l'organismo
indipendente incaricato di fornire analisi agli eletti. Il Tesoro ha
replicato alle 16, le 22 italiane, e S&P ha confermato il downgrade alle
20.20, ore 2.20 italiane.
Una decisione senza
precedenti. È la prima volta nella Storia che gli Usa si
vedono ridurre il grado di affidabilità da una delle tre principali agenzie
di rating, affidabilità che ora è inferiore a quello della Germania, della
Francia o del Canada.
Secondo gli analisti, la decisione di Standard & Poor's potrebbe avere un
effetto più psicologico che pratico. Moody's e Fitch hanno mantenuto il
rating di tripla A per gli Stati Uniti e il downgrade di una sola agenzia è
più gestibile. Ma il taglio del rating potrebbe avere ripercussioni su
aziende e Stati a rischio downgrade, per i quali i costi di finanziamento
potrebbero salire.
La maggiore preoccupazione è verificare se la decisione avrà un impatto
sull'appetito degli investitori esteri per il debito americano. Nel 1945 i
creditori esteri detenevano solo l'1% del debito americano, ora ne
controllano il 46%.
La presa di posizione della
Fed. Il downgrade di Standard & Poor's non cambia le operazioni
condotte tramite la finestra del tasso di sconto della Fed e le operazioni a
mercato aperto. Lo ha comunicato la Fed, sottolineando che il downgrade non
ha implicazioni sul trattamento dei titoli di stato americani, Treasury,
usati dalle banche.
La posizione della Cina.
La cina, il maggior paese creditore degli Stati Uniti, aveva accolto con
freddezza l'adozione del piano per evitare il default Usa, denunciando il
protrarsi del problema dell'enorme debito sovrano. "I giorni in cui lo
zio Sam, piegato dai debiti, poteva facilmente dilapidare quantità infinite
di prestiti stranieri sono ormai contati", si legge nel comunicato di Nuova Cina. La cancellazione
della tripla A per gli Stati Uniti è "un ammonimento", scrive Nuova Cina nel suo severo
giudizio sullo stato delle finanze americano. L'agenzia di rating cinese
Dagong, che non ha la stessa credibilità delle sue concorrenti anglossassoni,
ha anch'essa abbassato il suo giudizio da A+ ad A con una prospettiva
negativa.
(06 agosto 2011)
Il
Sole 24 Ore 6-8-2011
Inadeguati
gli interventi sul debito: S&P toglie la tripla A agli Stati Uniti.
Il
Tesoro: errori di calcolo dell'Agenzia
dal
nostro inviato Marco Valsania 6
agosto 2011
Standard & Poor's ha tolto agli Stati Uniti
il rating massimo di Tripla A, che faceva del suo debito uno degli
investimenti più sicuri al mondo e un pilastro della finanza globale. Una
decisione storica: erano settantanni che Washington manteneva i pieni voti
sui Treasuries. L'agenzia di valutazione del credito, nella notte tra sabato
e domanica, ha ridotto il suo rating da "AAA" a "AA
più" con outlook negativo.
Un voto inferiore a quello di una dozzina di paesi, tra i quali il
Liechtenstein, e alla pari con Nuova Zelanda o Belgio. La ragione: S&P ha
concluso il suo riesame della situazione del paese giudicando insufficiente
la recente manovra annunciata da Washington di riduzione del deficit.
L'agenzia aveva in passato fatto sapere di ritenere adeguata una riduzione di
4.000 miliardi, ma il recente compromesso tra Congresso e Casa Bianca ha un
obiettivo di soli 2.400 miliardi in dieci anni. L'annuncio e' arrivato dopo
le otto di sera ora di New York, le due di notte italiane, a mercati
statunitensi ormai chiusi.
"Il declassamento riflette la nostra opinione che il consolidamento che
il Congresso e l'amministrazione hanno concordato sia a nostro avviso meno di
ciò che sarebbe necessario a stabilizzare la dinamica del debito del governo
nel medio termine", ha scritto S&P nella sua nota. L'agenzia, dopo
la protratta battaglia tra democratici e repubblicani su debito e deficit che
aveva portato il paese sull'orlo del default, ha citato anche le disfunzioni
della politica americana tra le sue motivazioni: "l'efficacia, la
stabilità e la prevedibilità" del processo di policy making appare a
S&P diminuita mentre le sfide restano.
Il retroscena del declassamento ha rivelato anche un duro scontro tra il
Tesoro americano e S&P. Fin dal primo pomeriggio, è emerso, l'agenzia
aveva notificato la sua intenzione sul declassamento. Ma il Tesoro aveva
risposto denunciando un errore di calcolo, pari a duemila miliardi di
dollari, nelle valutazioni sul debito americano fatte dalla società di
rating. L'incognita ha ritardato l'annuncio ormai pronto, ma S&P ha in
seguito deciso di procedere ugualmente. L'agenzia aveva lanciato il suo primo
allarme sulla possibilità di un downgrade del debito americano il 14 luglio.
A dare la dimensione senza precedenti di quanto avvenuto è indicata una data:
la prima vera garanzia di solidità del debito americano risale al 1790,
quando Alexander Hamilton spinse perchè il governo federale si assumesse gli
oneri degli stati americani indebitatisi durante la guerra rivoluzionaria.
Oggi i Treasuries sono una linfa vitale dell'intero sistema finanziario.
Enormi riserve vautarie di paesi come la Cina sono investite in buona parte
in Treasuries. In tutto oggi il 46% dei Treasuries sono in mano a stranieri e
una loro fuga più o meno rapida dai titoli scatenerebbe gravi tensioni.
Ancora: quattromila miliardi in titoli del Tesoro Usa sono utilizzati come
garanzia per operazioni da molti protagonisti della finanza, da banche a
trader di derivati. Il declassamento potrebbe costare caro costringendo
operatori a cercare e offrire nuove garanzie. Fondi del mercato monetario
hanno in portafoglio titoli per 1.300 miliardi legati ai Treasuries: il
taglio del rating, qui, potrebbe generare vendite o svalutazioni, anche se
molti fondi hanno criteri flessibili quando si tratta di detenere comunque
debito classificato con i voti più elevati. I tassi di interesse, infine,
potrebbero salire e potrebbero scattare altri declassamenti, da quelli stati
a quelli di aziende americane, rendendo più costosi i finanziamenti e creando
nuovi ostacoli a un'economia già in seria difficoltà e a rischio di ricaduta
in recessione.
Di fronte a tutte queste incognite, adesso gli occhi sono tutti puntati sulla
reazione dei mercati, se ci saranno violente scosse, paralisi, oppure
risposte meno drammatiche. Alcuni analisti ritengono che l'effetto
inizialmente potrebbe essere anzitutto psicologico, visto che la possibilità
di un downgrade era già stata indicata. Altre due agenzie, Fitch e Moody's,
hanno inoltre confermato il loro voto massimo sul rating americano, pur se
Moody's ha adottato un outlook negativo. La sicurezza e liquidità dei
Treasuries a livello mondiale, a questi analisti, appare difficile da
sostituire, anche in presenza di un declassamento. Gli effetti di più lungo
termine potrebbero però essere comunque inevitabili e riflettere un
appannamento del ruolo economico internazionale degli Stati Uniti.
Il
Sole 24 Ore Radiocor – 3-8-2011
Usa:
sul rating mossa di Dagong senza ossequio - IL COMMENTO
di Alberto Forchielli* (Il Sole 24 Ore Radiocor) - Milano,
03 ago - Il taglio del rating americano da parte dell'agenzia di rating
cinese Dagong non deve sorprendere. Gli Usa hanno innalzato il tetto del
debito e questo non cambia le prospettive di breve termine per l'economia ma
peggiora quelle di medio-lungo perche' vuol dire che il paese continuera' nel
circolo vizioso tra debito, spesa e nuovo debito. In piu' non sono state
aumentate le tasse malgrado l'imposizione fiscale in America sia molto bassa,
un altro importante punto negativo. In sostanza il presidente Barack Obama e
i democratici escono sconfitti dall'agenda repubblicana che proponeva da
subito di non tagliar le tasse. Alla fine gli Usa si trovano con un esecutivo
debole. Non deve quindi sorprendere la decisione di Dagong. Deve piuttosto
sorprendere la decisione delle altre agenzie di rating internazionali Moody's, Fitch, Standard and Poor's
che non hanno modificato il rating. Solo Moody's si e' limitata ad abbassare
l'outlook a negativo confermando comunque il giudizio con la tripla A. Viene
il sospetto che siano molto ossequiose. * Presidente di Osservatorio Asia (RADIOCOR) 03-08-11
19:00:00 (0368)news 5 NNNN
La
Repubblica (06 luglio 2011)
RATING
Tutti contro le agenzie di rating
Barroso: "Pregiudicano il mercato"
Il presidente della commissione Ue critica
la decisione di Moody's di abbassare il rating del Portogallo. E si chiede
perché non ci siano agenzie europee. Durissimo il ministro delle Finanze
tedesco: "Bisogna porre un limite alla loro influenza". Intanto le
Borse sono in calo
BRUXELLES - Tutti contro le agenzie
di rating, accusate di turbare "senza motivi reali" i mercati
finanziari. Il primo, durissimo affondo viene dal presidente della
commissione Ue, Jose Manuel Barroso dopo il downgrade di Moody's sul
Portogallo. Barroso non esclude la possibilità di varare leggi europee che
prevedano la possibilità di ricorrere giudiziariamente in sede civile contro
giudizi scorretti delle agenzie sulla solidità creditizia delle nazioni
europee. "Mi sembra strano - dice - che nessuna delle agenzie sia
europea. Cio significa che potrebbero esserci pregiudizi sui mercati quando
si arriva alla valutazione di specifiche questioni europee".
"prevedo possibili sviluppi - aggiunge - sulla possibilità di creare
agenzie di rating europee".
L'accusa del Presidente della Commissione tocca al cuore il ruolo delle
agenzie, ossia il valore delle loro valutazioni. "In assenza di fatti
nuovi sull'economia portoghese - ha affermato Barroso in conferenza stampa -
che potrebbero giustificare la nuova valutazione, le decisione di ieri di
un'agenzia di rating non danno maggiore chiarezza, anzi aggiungono un
elemento speculativo alla situazione". "Con tutto il rispetto per
quella specifica agenzia di rating - ha aggiunto Barroso - le nostre
istituzioni conoscono un pò meglio il Portogallo".
Le agenzie - ha motivato Barroso - "sono un attore del mercato per
questo non sono immuni dai cicli dei mercati e dagli errori che ne
derivano". Il Presidente della Commissione ha ricordato che il taglio di
ieri di Moody's al rating del suo paese è avvenuto subito dopo "aver
varato il piano con il Fmi e Bce" a sostegno di Lisbona. "Se il
Portogallo rispetterà gli impegni si potrà vedere tramite la valutazione
trimestrale" della stessa Commissione, considerata, dal suo Presidente,
assai più rigorosa. Quanto al cammino che attende Lisbona per uscire dalla
crisi, "se il Portogallo continuerà" sula strada della riforme "avrà
successo e la crescita tornerà".
E' "discutibile" la decisione presa ieri da Moody's di abbassare il
rating del Portogallo, in quanto non basata su valutazioni ma solo su
ipotesi. Lo ha affermato il portavoce del commissario Ue agli affari
economici e monetari Olli Rehn. "Questa decisione dell'agenzia -
ha proseguito - confligge con la nuova partenza del Paese che ha avviato un
programma di contrasto del deficit che va anche al di là di quanto
richiesto". Il Paese è "determinato senza ambiguità" a
rimediare alla situazione dei suoi conti, e a raggiungere l'obiettivo che gli
ha dato la Commissione europea, ha precisato.
Fortemente critico anche il ministro delle Finanze tedesco, Wolfang
Schaeuble, che non giustifica il downgrade di Moody's sul Portogallo e dice
che bisogna "rompere l'oligopolio" delle agenzie di rating e porre
un "limite" alla loro influenza. "Dobbiamo rompere
l'oligopolio delle agenzie di rating", dice Schaeuble, secondo il quale
il Portogallo è "alla fine della curva" riguardo all'applicazione
delle raccomandazioni della troika (Ue, Bce, Fmi) sulle riforme.
Intanto, proprio per effetto delle valutazioni di Moody's sulla crisi
portoghese, tutti i mercati azionari europei viaggiano al ribasso.
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27-7-2011
Camera dei Deputati.
Commissione
finanze
ALLEGATO
4
5-05183
Barbato: Iniziative per contrastare i fenomeni speculativi sui mercati
finanziari e per la riforma del sistema tributario italiano.
TESTO
DELLA RISPOSTA
[….]
Per quanto attiene le iniziative per contrastare le pratiche speculative
improprie che stanno minando la stabilità dei mercati finanziari, la CONSOB
ha fatto presente che con comunicato stampa del 10 luglio u.s., ha reso noto
di aver adottato la delibera n. 17862 (di pari data) tramite la quale è stato
introdotto un nuovo regime di trasparenza in materia di vendite allo scoperto
in virtù del quale, a partire dall'11 luglio 2011 e sino al 9 settembre 2011,
«gli investitori che detengano posizioni ribassiste rilevanti sui titoli
azionari negoziati sui mercati regolamentati italiani sono tenuti a darne
comunicazione alla Consob. Con ciò la normativa italiana viene allineata a
quella in vigore nei principali Paesi europei, Germania in primis.
Il provvedimento rafforza i poteri di vigilanza della Consob nell'attuale
fase di mercato, caratterizzata da un elevato livello di volatilità
nell'andamento delle quotazioni. In particolare, dovranno essere rese note
alla Consob le posizioni nette corte relative ai titoli azionari delle
società quotate in Italia, quando superino determinate soglie quantitative.
Il primo obbligo di comunicazione scatta al raggiungimento di una posizione
netta corta uguale o superiore allo 0,2 per cento del capitale
dell'emittente. Successivamente l'obbligo si attiva per ogni variazione pari
o superiore allo 0,1 per cento del capitale».
Il provvedimento in questione ha avuto lo scopo di far fronte alle
eccezionali condizioni di mercato e, in particolare, all'elevata volatilità
dei prezzi che ha caratterizzato le negoziazioni svoltesi nelle sedute del 24
giugno e dell'8 luglio 2011.
La Consob ha infatti ritenuto che l'assenza in Italia di obblighi di
comunicazione in materia di posizioni nette corte avrebbe potuto acuire la
pressione speculativa in atto sui titoli negoziati sui mercati regolamentati
italiani.
Per questa ragione, unitamente al fatto di voler garantire l'ordinato
svolgimento delle negoziazioni e la tutela degli investitori, la Commissione
ha dunque reputato necessario e indifferibile introdurre temporaneamente i
predetti obblighi di comunicazione alla Consob delle posizioni nette corte detenute
su titoli azionari.
Per completezza informativa, la CONSOB ha fatto presente che la citata
delibera n. 17862 ha avuto, inoltre, l'effetto di allineare la normativa
italiana in materia di vendite allo scoperto a quelle in vigore nei
principali Paesi europei, che può essere sintetizzata come segue:
in Francia, il 1o febbraio 2011 l'Autorité des Marchés
Financiers (AMF) ha introdotto un regime di disclosure delle
posizioni nette corte riferibili a tutti gli emittenti le cui azioni sono
quotate sul mercato regolamentato francese (Euronext
Paris), o sul multilateral trading faciiity (Altemext Paris).
Tale regime di disclosure prevede, in particolare, un obbligo di
comunicazione all'Autorità delle posizioni superiori allo 0,2 per cento del
capitale sociale dell'emittente e un obbligo di comunicazione al pubblico di
tali posizioni qualora esse superino lo 0,5 per cento del capitale;
in Germania, il 31 gennaio 2011 la Bundesanstalt für
Finanzdienstleistungsaufsicht (BAFIN) ha prorogato le misure già
introdotte il 4 marzo 2010 in materia di reporting e trasparenza
delle posizioni nette corte. Il sistema in vigore in Germania delinea le
medesime soglie di rilevanza sopra indicate, sebbene esso preveda un ambito
di applicazione oggettivo limitato a 10 emittenti del comparto finanziario,
quotati sul mercato tedesco;
in Gran Bretagna, il 18 settembre 2008, all'indomani del default di
Lehman Brothers, la Financial Services Authority (FSA) ha introdotto
un regime di disclosure delle posizioni nette corte su azioni. Tali
misure sono state in seguito prorogate, a tempo indeterminato, il successivo
26 giugno 2009. Il regime in vigore nel Regno Unito prevede una soglia di
rilevanza pari allo 0,25 per cento del capitale dell'emittente ed è limitato,
con riferimento all'ambito di applicazione, a 30 titoli del comparto
finanziario.
Per
quanto di competenza il Comitato Interministeriale per il Credito ed il
Risparmio, sentita anche la Banca d'Italia, ha fatto presente che alcune
valutazioni sull'attuale situazione dei mercati finanziari internazionali e
le risposte del Governo possono essere tratte dalla Testimonianza del Vice
Direttore Generale della Banca d'Italia Ignazio Visco sul decreto legge 6
luglio 2011, n. 98, resa presso il Senato della Repubblica il 13 luglio
scorso.
Si riporta di seguito una breve sintesi.
Il differenziale tra il rendimento dei BTP decennali e quello dei
corrispondenti titoli tedeschi, dopo aver superato i 300 punti base, si
colloca ancora oggi su livelli prossimi a tale soglia. Nell'immediato i costi
dell'aumento dei differenziali per il nostro paese sono limitati, ma se
l'attuale livello degli spread persistesse ne deriverebbero oneri
ingenti per i conti pubblici: nonostante la sensibilità del bilancio alla
variazione dei tassi d'interesse si sia ridotta negli ultimi anni grazie
all'allungamento della vita media residua e all'incremento della quota degli
strumenti di debito a tasso fisso, uno spostamento verso l'alto della curva
dei rendimenti di 100 punti base comporta un incremento della spesa per interessi
pari a circa 0,2 punti percentuali di PIL nel primo anno, e a 0,4 e 0,5 punti
rispettivamente nel secondo e nel terzo anno.
In queste circostanze è necessario che l'Italia, come tutti i paesi dell'area
dell'euro, rassicuri gli investitori sulla sostenibilità delle proprie
finanze pubbliche. La decisione del Governo, già nell'aprile scorso, di
perseguire il sostanziale pareggio di bilancio nel 2014 e la volontà di
anticipare a prima della pausa estiva la definizione delle misure necessarie
a questo scopo (stimate in 2,3 punti percentuali del PIL) sono pertanto da
valutare molto positivamente.
Gli interventi definiti con il citato decreto-legge dello scorso 6 luglio
sono stati rafforzati nel corso dell'iter parlamentare di
conversione in legge. Inoltre, l'entità delle risorse che dovranno essere
recuperate con l'attuazione della legge delega è stata resa più certa grazie
all'introduzione di un meccanismo automatico (cosiddetta clausola di
salvaguardia) che prevede un taglio lineare dei regimi di esenzione,
esclusione e favore fiscale qualora la delega fiscale e assistenziale non
venga esercitata nel tempo e per gli importi stabiliti. Si stima ora che la
correzione riduca l'indebitamento netto rispetto al tendenziale di 2,1
miliardi nel 2011, 5,6 nel 2012, 24,4 nel 2013 e 48 nel 2014.
Sebbene nei programmi iniziali si prefigurasse una correzione sostanzialmente
basata su tagli di spesa, le misure sulle entrate determinerebbero una quota
rilevante dell'aggiustamento nel 2013 e nel 2014.
Commissione
finanze della Camera. Seduta di giovedì 30 settembre
2010
Sulla pubblicità dei lavori.
PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono
obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata
anche attraverso l'attivazione di impianti
audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).
Audizione di componenti del Parlamento europeo eletti in
Italia, nell'ambito dell'esame della Proposta di
Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica del
Regolamento (CE) n. 1060/2009, relativo alle agenzie di rating del credito (COM (2010) 289 definitivo).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai
sensi dell'articolo 127-ter, comma 1, del Regolamento, l'audizione di componenti del Parlamento europeo eletti in Italia,
nell'ambito dell'esame della Proposta di Regolamento
del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica del Regolamento (CE)
n. 1060/2009, relativo alle agenzie di rating del credito (COM (2010) 289 definitivo).
Do subito la parola all'onorevole Pittella.
GIANNI PITTELLA, Vicepresidente del
Parlamento europeo. La ringrazio, signor presidente.
Ho approntato un breve testo, di cui darò lettura,
per poi rendermi disponibile a rispondere a eventuali domande che i presenti
vorranno rivolgermi.
Signor Presidente, onorevoli deputati, l'audizione odierna mi offre la
possibilità di riferire sui lavori che il Parlamento
europeo sta svolgendo in merito alla regolamentazione delle agenzie di rating del credito.
Si tratta di un tema attualissimo, ove si consideri
che proprio oggi Moody's ha declassato il debito della Spagna. Con
riferimento a questa nuova incursione (mi piace definirla così) dell'agenzia,
ritengo opportuno svolgere due brevi considerazioni preliminari.
In primo luogo, è accettabile, più che possibile, che un'agenzia di rating del credito
debba esprimere il giudizio sul debito sovrano di un
Paese, oppure non sarebbe più giusto, ad esempio nel caso dell'Italia, che
una valutazione al riguardo la esprimesse la Corte dei conti? In
considerazione delle rilevanti conseguenze che taluni rating
determinano, penso sia da preferire, in questo caso, il giudizio di un organo come la Corte dei conti.
In secondo luogo, Moody's non è nuova a siffatte incursioni. Il 6 maggio
aveva espresso, a mercati aperti, un giudizio molto preoccupato e negativo
rispetto alla situazione dei conti pubblici di
alcuni Paesi europei, tra i quali il nostro. Intervenne tempestivamente la
Consob, la quale sottolineò quanto fosse stato inopportuno esprimere, a
mercati aperti, giudizi che avrebbero potuto influenzare negativamente il
mercato e gli investitori (come in effetti avvenne). Ebbene, il giorno dopo,
Moody's modificò il suo giudizio. Credo che ciò la dica lunga
sull'affidabilità di alcuni rating.
A queste e ad altre problematiche e criticità intendiamo dare una risposta
concreta con l'attribuzione all'ESMA, la nuova Autorità europea di vigilanza sugli strumenti finanziari e i mercati, anche
del compito di vigilare sulle agenzie di rating del credito.
Torniamo, ora, alla fotografia del contesto generale.
La crisi finanziaria originatasi nell'estate del 2007 è riconducibile a
molteplici cause, ma è soprattutto figlia di un sistema
finanziario deregolamentato, privo di reale
sorveglianza e basato su un'eccessiva tendenza al rischio. Si tratta di una crisi rispetto alla quale le agenzie di rating hanno
giocato un ruolo che possiamo pacificamente definire negativo. È stata
evidente, allora, la necessità di prevedere un
inquadramento regolamentare per tali soggetti, nonché un dispositivo europeo di supervisione.
Il negativo contributo offerto dalle agenzie di rating al funzionamento del sistema finanziario
può essere ricondotto a tre principali problematiche: 1) elevata complessità
delle obbligazioni strutturate; 2) conflitti di
interessi tra agenzie ed emittenti; 3) utilizzo di
modelli statistici con serie storiche troppo corte.
È da calare in tale contesto il processo di riforma
che riguarda, in generale, i mercati finanziari europei e, in particolare, le
agenzie di rating
del credito.
Un primo passo è stato compiuto già nel 2008, quando la Commissione europea
ha pubblicato una prima proposta legislativa. Frutto di
tale proposta è il regolamento (CE) n. 1060/2009, che è stato approvato dal
Parlamento e dal Consiglio, in parte già in vigore (alcune disposizioni
entreranno in vigore il prossimo 7 dicembre).
La finalità del predetto regolamento è quella di
permettere la creazione, a livello europeo, di un
sistema di registrazione e di
supervisione di tutte le agenzie che emettono
valutazioni utilizzate nell'ambito dell'Unione europea.
Il regolamento stabilisce, inoltre, le condizioni per utilizzare in Europa le
valutazioni emesse da agenzie stabilite in Paesi terzi, apprestando un
sistema di garanzie a doppio binario: per le agenzie
più grandi, è previsto un meccanismo di avallo, a
determinate condizioni; per quelle di più piccole
dimensioni, è contemplato, invece, un sistema di
certificazione, previo riconoscimento, da parte della Commissione europea,
dell'equivalenza del quadro giuridico e di vigilanza
nel Paese terzo con i requisiti prescritti dal regolamento medesimo.
Prima, durante e dopo l'adozione del regolamento (CE) n. 1060/2009, il
Parlamento europeo ha insistito per portare a livello europeo la supervisione
diretta sulle agenzie di rating,
garantendo un controllo comune dei loro prodotti in tutta l'Unione europea.
Il messaggio politico ebbe una grande enfasi, e la Commissione si impegnò a
formulare una proposta legislativa in tal senso. Il risultato è stato
ottenuto grazie alla riforma dell'architettura finanziaria di
vigilanza e alla creazione delle tre nuove autorità, che voi conoscete:
l'Autorità bancaria europea (EBA), l'Autorità europea degli strumenti
finanziari e dei mercati (ESMA), che vigilerà anche sulle agenzie di rating del credito,
e l'Autorità europea delle assicurazioni e delle pensioni aziendali o
professionali (EIOPA).
Possiamo affermare con una punta di fierezza che si
tratta di un grande successo. Ricorrendo a una
metafora calcistica, si tratta del primo vero goal realizzato
dall'Unione Europea nel corso della VII legislatura. I cittadini esprimevano
un grande bisogno di sicurezza e di
tranquillità rispetto a mercati finanziari che avevano mostrato gravi falle.
Com'è a voi ben noto, la crisi finanziaria si è trasformata in crisi
economica e sociale, che ha prosciugato le tasche dei cittadini.
La suddetta architettura di vigilanza finanziaria
europea entrerà in vigore il 1o gennaio 2011, data dalla quale la
supervisione sulle agenzie di rating
del credito sarà attribuita direttamente all'ESMA.
Proprio in conseguenza di tale riforma è stato
necessario rivedere il regolamento (CE) n. 1060/2009. La Commissione europea
ha presentato all'esame del Parlamento europeo una proposta di modifica, oggetto dell'audizione odierna, al fine di affidare all'ESMA la registrazione delle agenzie di rating del credito
e la relativa vigilanza.
Il regolamento del 2009 stabilisce che la domanda di
registrazione di un'agenzia di
rating del credito deve essere presentata
al CESR, che la trasmette alle autorità competenti di
tutti gli Stati membri, con un parere in merito alla completezza della
domanda. Successivamente, la domanda viene esaminata congiuntamente
dall'Autorità competente dello Stato membro d'origine e dalle Autorità
componenti del collegio competente (il cui compito è quello di semplificare la cooperazione e la convergenza in
materia di vigilanza). La decisione di concessione o di rifiuto della
registrazione è adottata dall'Autorità competente dello Stato membro
d'origine, previo parere del CESR in merito all'osservanza dei requisiti
previsti per la registrazione.
La proposta della Commissione europea recante modifica del regolamento (CE)
n. 1060/2009, coerentemente con la nuova architettura di
vigilanza finanziaria, attribuisce all'ESMA la competenza a ricevere la
domanda di registrazione, a verificarne la
completezza, ad esaminarla e ad adottare una motivata decisione di concessione o di rifiuto della
registrazione. L'ESMA potrà richiedere informazioni, svolgere indagini,
disporre ispezioni in loco e proporre alla Commissione di infliggere ammende e penalità di
mora alle agenzie di rating
che incorrono in violazioni delle disposizioni del regolamento.
Il dibattito su questo dossier presso il Parlamento europeo è in
fase iniziale. Il vero punto qualificante della relazione riguarderà la
necessità di garantire che l'ESMA sia posta nella
condizione di esercitare un forte controllo sulle
agenzie di rating
del credito.
Il rapporto tra ESMA e autorità di vigilanza
nazionali rappresenta, per me, un punto politico essenziale. Se abbiamo
costituito le tre autorità europee, dobbiamo conferire loro poteri veri.
Vi è stato un duro braccio di ferro - non so se
abbiate seguito l'iter del provvedimento - tra Governi nazionali,
Consiglio e Parlamento europeo. Ebbene, il Parlamento europeo è stato
determinato e compatto nel difendere le prerogative delle autorità europee di vigilanza, perché i Governi - diciamoci la verità -
volevano attuare iniziative annacquate, volevano costruire scatole vuote
senza poteri.
Tuttavia, senza poteri effettivi, quali quelli sopra elencati, le autorità
sarebbero state strutture finte, istituite soltanto per affermarne
l'esistenza. Il punto qualificante della proposta di
cui stiamo discorrendo è proprio quello di difendere
le prerogative dell'Autorità di vigilanza europea,
nel caso di specie dell'ESMA.
Un secondo nodo è costituito dal fatto che la proposta attribuisce la potestà
sanzionatoria non direttamente all'ESMA, ma alla Commissione europea. Non
condivido tale impostazione: essa contraddice il percorso di
rafforzamento delle authority, che invece va intrapreso con
decisione.
Per garantire l'effettività, a livello europeo, delle nuove disposizioni
relative alla vigilanza sulle agenzie di rating, sarebbe opportuno, a mio giudizio,
attribuire la potestà sanzionatoria interamente all'ESMA, rinunciando alla
gestione in condominio - diciamo così - con la Commissione europea.
Sono da valutare positivamente, invece, per quanto riguarda i poteri
dell'ESMA, le previsioni recate dall'articolo 24, lettere a) e b),
della proposta.
La lettera a) attribuisce all'Autorità il potere di
revocare la registrazione a norma dell'articolo 20. Ai sensi della lettera b),
l'Autorità può vietare temporaneamente all'agenzia di
rating del credito di
emettere rating efficaci in tutta
l'Unione, finché non si sia posto termine alla violazione rilevata.
Un'interessante novità è quella relativa ai prodotti strutturati. L'articolo
8-bis della proposta obbliga l'emittente di
uno strumento finanziario strutturato a fornire le informazioni utilizzate
dall'agenzia nominata per emettere il relativo rating
anche alle altre agenzie di rating
registrate o certificate che richiedano di
accedervi, qualora queste ultime assicurino la riservatezza di tali informazioni e forniscano, su base annua, rating per almeno il 10 per cento degli
strumenti finanziari strutturati riguardo ai quali hanno richiesto l'accesso.
Stiamo parlando, ovviamente, della proposta della Commissione europea, che
poi seguirà il normale iter in Parlamento. Come ho già detto, siamo
ancora alla fase iniziale. Quella che vi ho esposto è una sintesi dello stato
dell'arte.
Desidero ricordare, avviandomi alla conclusione, ancora due questioni.
La Commissione europea sta predisponendo un'ulteriore proposta, la quale
verterà sulle misure complementari relative alla valutazione e alla struttura
del mercato. È stata ipotizzata anche l'istituzione di
un'agenzia di rating
del credito europea.
Parallelamente al lavoro che stiamo svolgendo in Europa per innovare la
normativa europea in materia di rating, anche gli Stati Uniti stanno adottando
un sistema di vigilanza improntato a maggiore
rigore. Ciò significa che sulle due sponde dell'Atlantico si avverte
un'esigenza comune. Per fortuna, dopo la bufera della crisi finanziaria,
abbiamo aperto gli occhi e abbiamo cominciato a dare alcune risposte.
Vi ringrazio per l'attenzione.
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Pittella.
Do la parola ai deputati che intendano porre quesiti o formulare
osservazioni.
COSIMO VENTUCCI. Innanzitutto, la
ringrazio, onorevole Pittella, per averci offerto una panoramica concisa.
Come parlamentare, lei sa perfettamente che le audizioni hanno lo scopo di accrescere il patrimonio informativo di
chi, pur non essendo tecnico, è chiamato a prendere decisioni riguardanti
materie tecniche.
Prima di porle qualche domanda, desidero svolgere
una breve considerazione, che non vuole assolutamente essere provocatoria.
Anche per una questione di età - sono, per così
dire, un prodotto prebellico, e ho vissuto la nascita della Comunità
economica europea e dell'Unione europea anche in ambito professionale -,
conosco bene i disastri che hanno caratterizzato il comune percorso europeo,
uno dei quali consiste nella scarsissima rappresentanza italiana all'interno
degli organi decisionali dell'Unione europea.
Ciò premesso, abbiamo appreso, in occasione delle precedenti audizioni,
quanto grande sia il rilievo assunto dalle grandi società
di rating. Lei
ha fatto riferimento a Moody's, ma ve ne sono altre. Solo Moody's conta circa
30.000 dipendenti, di cui quasi 20.000 sono
analisti, ossia specialisti.
Ebbene, tenendo conto di ciò, di
quali strutture e poteri dovrebbe essere dotata l'ESMA per svolgere una
vigilanza efficace su organismi che dispongono di
apparati organizzativi molto vasti e che hanno assunto una posizione di assoluto dominio all'interno dei mercati finanziari?
ALBERTO FLUVI. Rivolgo un ringraziamento
all'onorevole Pittella, anche a nome del mio gruppo.
Abbiamo chiesto l'audizione odierna - sta diventando un'abitudine, essendo la
seconda volta che incontriamo in questa sede i nostri rappresentanti che
siedono nel Parlamento europeo - per provare a creare un rapporto più
stretto, anche nella fase ascendente del processo normativo dell'Unione
europea, fra i parlamentari nazionali, in questo caso della Commissione
finanze, e coloro che si occupano della scrittura dei regolamenti e delle
direttive e del loro esame nel Parlamento europeo.
Sappiamo bene che la Commissione finanze della Camera approverà, come la
Commissione finanze e tesoro del Senato, un documento finale nel quale
inviterà il Governo ad adoperarsi in varie direzioni nelle competenti sedi
decisionali dell'Unione europea. Tuttavia, ci rendiamo anche conto, pur senza
volere sminuire l'importanza del lavoro al quale ci stiamo dedicando, che il
potere di influenza del documento finale risulterà,
probabilmente, molto limitato. Per questa ragione, un confronto diretto può
agevolare uno scambio di opinioni su questioni che a
noi sembrano decisive. Esprimo innanzitutto apprezzamento, onorevole
Pittella, per le considerazioni che ha sviluppato all'inizio del suo
intervento introduttivo, con riferimento al declassamento del rating della Spagna e all'analoga sorte toccata
al nostro Paese alcuni mesi fa.
Onestamente, non so dire - perché non ho pensato a una simile alternativa -
se ad assegnare una sorta di bollino di qualità ai conti dei singoli Stati debba essere
un'agenzia di rating
ovvero la Corte dei conti. In ogni caso, voglio cogliere questa riflessione
come espressione della volontà di depotenziare un
po' il tema del rating.
È indubbio che il rating offre al risparmiatore,
e in generale a chi non è specialista, informazioni utili per superare
l'asimmetria informativa tra emittenti di strumenti
finanziari e singoli risparmiatori. Chiunque si reca in una banca per
effettuare un investimento verifica in primo luogo se la classe di rating sia «A»,
tripla o doppia, oppure «B». In questo senso, esso ha assunto un'importanza
sempre maggiore. Tuttavia, credo che dovremmo rivolgere la nostra attenzione
anche verso strumenti diversi dal rating,
ugualmente idonei ad orientare il risparmiatore.
Ciò premesso, desidero trattare tre specifiche questioni.
La prima riguarda il conflitto di interessi.
Essendosi creato un mercato oligopolistico, è chiaro che il conflitto di interessi è sempre presente. Fino a pochi mesi fa, si
contendevano il campo soltanto tre agenzie, quelle tradizionali iscritte nel
registro statunitense. Pur essendosi, nel frattempo, un po' allargato, il
mercato è tuttora controllato, al 90 per cento, da Standard & Poor's,
Moody's e Fitch Ratings. È in corso, comunque, un ulteriore allargamento.
Il conflitto di interessi è un problema diffuso, che
il regolamento (CE) n. 1060/2009 tenta di
affrontare. A tale proposito, non mi risulta chiaro un aspetto.
Il regolamento stabilisce che un'agenzia di rating del credito non fornisce servizi di consulenza all'entità valutata o a terzi collegati per
quanto riguarda la loro struttura societaria o giuridica, il loro attivo e il
loro passivo o le loro attività. In breve, se un'agenzia di
rating presta consulenza a un emittente,
non può, poi, attribuire un rating agli
strumenti finanziari che tale emittente introduce nel mercato. Stabilisce,
inoltre, che un'agenzia di rating
del credito deve comunicare al pubblico i nomi delle entità valutate o di terzi collegati dai quali proviene oltre il 5 per cento
del suo fatturato annuale.
Orbene, non ho capito se l'emittente, dopo essersi avvalso, per una
consulenza, di Moody's registrata negli Stati Uniti,
possa essere valutato dalla società registrata
in Italia che fa parte del medesimo gruppo.
Nel corso di una precedente audizione, il presidente
vicario della Consob ha escluso tale possibilità, precisando, altresì, che
l'ESMA guarderà al bilancio «consolidato» del gruppo. Lei è dello stesso
avviso, onorevole Pittella?
La seconda questione riguarda l'apparato sanzionatorio.
Sebbene ci abbiano spiegato che il diritto comunitario originario non
consente un'opzione diversa da quella che la Commissione propone, rimango del
parere che si debba sfruttare, se esiste, anche la più piccola breccia, per
fare in modo che la potestà sanzionatoria sia attribuita direttamente
all'ESMA: ne va dell'autonomia dell'Autorità.
L'ultima questione attiene a quella che sono solito definire
compartecipazione al rischio.
È opportuna una brevissima premessa. Quando, nei primi anni Duemila,
esplosero gli scandali Parmalat, Enron, Worldcom e via elencando, furono
messe sul banco degli imputati alcune società di revisione. Ricordo, in particolare, che insieme a Enron
chiuse i battenti anche la mitica società di revisione Arthur Andersen.
Oggi, mi sembra di assistere, grosso modo, alla
stessa discussione che si sviluppò allora, con riferimento, stavolta, alle
agenzie di rating.
C'è, tuttavia, una notevole differenza tra i due casi. Il 15 settembre 2008
le tre maggiori agenzie di rating
attribuivano a Lehman Brothers la tripla «A».
La società è fallita poco dopo, ma le tre agenzie sono
ancora in piedi.
La sanzione reputazionale, che ha determinato il fallimento della Arthur
Andersen nei primi anni Duemila, non ha funzionato perché il mercato dei rating è oligopolistico. Ebbene, se la sanzione
reputazionale non funziona, in quale modo è possibile far partecipare le
agenzie di rating
al rischio connesso a una loro valutazione sbagliata?
Conosciamo tutti la pratica del rating
shopping: gli emittenti vanno alla ricerca di
chi offre loro un rating migliore, perché
ciò li pone nella condizione di piazzare i propri
titoli sul mercato a tassi di interesse inferiori.
Si pone, dunque, la necessità non tanto di fare un favore
a chi paga, ma di rendere trasparente il mercato.
Negli Stati Uniti, i risparmiatori dispongono di uno
strumento efficace e diffuso, la class action; da noi, invece, uno
strumento analogo non esiste, perché gli ordinamenti dell'Europa continentale
si ispirano a principi diversi da quelli tramandati dalla tradizione
giuridica anglosassone.
Come garantirci che le agenzie di rating, qualora sopravvalutino un titolo,
influenzando il mercato, compartecipino al rischio?
FRANCESCO BARBATO. Mi è gradito rivolgere
all'onorevole Pittella, a nome del gruppo parlamentare Italia dei Valori, un
ringraziamento per la partecipazione all'odierna audizione.
Come ben evidenziato dall'onorevole Fluvi, riteniamo importante creare una
sinergia tra i diversi livelli parlamentari, soprattutto per partecipare,
nella fase ascendente del processo, alla costruzione di
questa rilevante riforma del sistema europeo di
vigilanza finanziaria.
Le porrò, onorevole, una domanda breve e chiara, relativa a una argomento sul
quale mi sono soffermato anche stamani, intervenendo in Assemblea.
A proposito della localizzazione delle sedi delle tre authority
europee a Londra, Parigi e Francoforte, il presidente vicario della Consob ha
dichiarato in audizione, la settimana scorsa, che all'estero viene percepita
una certa debolezza del livello istituzionale italiano. Ebbene, è questa la
ragione per la quale l'Italia non ha potuto ottenere che una delle predette
sedi fosse individuata nella città di Milano, che è
la nostra capitale economica?
Poiché il leitmotiv della riforma è costituito dalla volontà di aumentare il peso della regolamentazione, introducendo
regole di maggiore trasparenza e rimediando
all'asimmetria informativa esistente tra emittenti e
risparmiatori-investitori, non ritiene che l'aprioristica rinuncia del
Governo italiano al confronto relativo alla localizzazione delle tre autorità
di settore tradisca la scarsa inclinazione dello
stesso ad accrescere la trasparenza e la funzionalità degli organismi di vigilanza?
PRESIDENTE. La scelta di
Londra come sede dell'Autorità bancaria europea non mi sembra un indice molto
rassicurante.
Onorevole Pittella, data la sua esperienza parlamentare, vorrei affrontare
con lei il tema relativo al mood, al sentimento che si nutre a
Bruxelles rispetto alla questione oggetto di questo
ciclo di audizioni.
Con sincerità, sono fra coloro i quali pensano che sia meglio abolire del
tutto le agenzie di rating,
piuttosto che mantenerle in una posizione chiaramente ridimensionata. La
sensazione che ho, nell'ascoltare gli auditi, ma anche nel leggere gli atti
delle istituzioni dell'Unione europea, è che le agenzie di
rating siano, oggi, più che altro
tollerate.
Per quanto riguarda, in particolare, gli umori che lei può percepire
all'interno del Parlamento europeo, esiste la consapevolezza che i problemi
affrontati dall'onorevole Fluvi - conflitto di
interessi, rating shopping e
responsabilità delle agenzie - difficilmente potranno essere risolti?
Il lobbying messo in atto dalle società
interessate è arrivato a un tale punto di
penetrazione da rendere necessario apportare alcuni aggiustamenti al
regolamento (CE) n. 1060/2009, nella speranza che nel prossimo futuro non
succeda nulla.
Esiste
effettivamente, come lei ha accennato, la possibilità di
realizzare interventi positivi, quale sarebbe l'istituzione di un'agenzia europea, almeno per quanto riguarda i debiti
sovrani e le emissioni che hanno carattere internazionale, oppure si sta
cercando di rimediare alla meno peggio, per
mantenere sostanzialmente lo status quo?
E come si spiega che in materia di revisione legale
dei bilanci annuali e consolidati si sia scelto di
elaborare una disciplina puntuale, mentre per le agenzie di
rating del credito si pensa genericamente
all'istituzione di un nuovo organismo di vigilanza?
Peraltro, come ho affermato nel corso della precedente audizione, sono
piuttosto preoccupato perché hanno presentato domanda di
registrazione, in Italia, società come Cerved e
CRIF, le quali si sono sempre occupate di altro. Evidentemente,
esse hanno fiutato il business: nella storia delle agenzie di rating, le piccole società che sono riuscite a guadagnarsi uno spazio sul
mercato sono state immancabilmente acquisite da Standard & Poor's, da
Fitch Ratings o da Moody's. Insomma, la registrazione di
società che non hanno i mezzi delle tre grandi,
più che rispondere all'esigenza di creare un po' di concorrenza tra le agenzie, potrebbe rivelarsi uno
stratagemma per realizzare un affare.
Con riferimento al rating shopping,
abbiamo addirittura assistito a casi - ai quali ha accennato anche lei,
onorevole Pittella - nei quali un rating
è stato attribuito e poi, senza un'apparente ragione, modificato. Ebbene, non
so se gli organismi di vigilanza siano in grado di accertare in quali casi la rettifica dei rating al rialzo possa essere ricondotta ad
appositi interventi degli emittenti volti a migliorare le condizioni di emissione.
Poiché lei sta seguendo da vicino la vicenda relativa alla revisione del
Patto di stabilità e crescita, ne approfitto per
chiederle, onorevole Pittella, se esistano, allo stato, prese di posizione tendenti a migliorare le proposte in
discussione, in considerazione del fortissimo impatto che esse potrebbero
avere sull'economia e sul bilancio del nostro Paese.
Do la parola all'onorevole Pittella per la replica.
GIANNI PITTELLA, Vicepresidente del
Parlamento europeo. Se mi è consentito, risponderei innanzitutto, su sua
richiesta, all'onorevole Barbato, il quale ha prenotato un volo che parte tra
poco.
La mia replica avrà breve durata, perché risponderò in maniera quasi
telegrafica.
Per quanto riguarda la questione delle sedi, la posizione del Parlamento
europeo è stata chiara: noi volevamo un'unica sede e intendevamo concentrare
le autorità a Francoforte. A questa posizione non ha aderito il Consiglio,
all'interno del quale si è determinato un equilibrio tra i diversi Governi da
cui è scaturita l'individuazione delle città di
Londra, Parigi e Francoforte. Non tocca a me stabilire da chi o da cosa sia
dipesa, in tale contesto, la mancata individuazione di
una città italiana come sede di una delle tre
autorità.
Non ho combattuto, quindi, una battaglia campanilistica: insieme ad altri
colleghi parlamentari, ho tentato di evitare che le
autorità fossero disseminate in vari luoghi, aggiungendosi alla ridondante e
dispendiosa ripartizione delle sedi del Parlamento europeo. Poiché spendiamo
i soldi dei cittadini, dovremmo condurre una battaglia per unificare le sedi
del Parlamento europeo, ma non ci riusciamo, a causa dei veti opposti in
Consiglio europeo da Francia e Germania, le quali non vogliono assolutamente
rinunciare alla sede di Lussemburgo.
Piuttosto che dare luogo a una gara per inserire una nostra città, sarebbe
stato preferibile, a mio avviso, compiere un'operazione di
correttezza nei confronti dei cittadini, perché ogni apertura di sede comporta costi per il bilancio dell'UE.
Ovviamente, nel momento in cui è prevalsa, nel Consiglio, l'idea di scegliere tre città, occorreva che qualcuno proponesse
- non poteva farlo, però, il Parlamento europeo - la candidatura di una città italiana.
Rispondo all'onorevole Ventucci, che per essere un «prodotto prebellico» si
mantiene in gran forma. Egli esprime, se mi è consentito semplificare, la
seguente preoccupazione: poiché Moody's è un gigante, l'autorità di vigilanza che stiamo per mettere in piedi sarà in grado
di affrontarlo?
Moody's sarà pure un gigante avendo riguardo al numero delle persone che vi
lavorano, ma certamente non vanta una credibilità e una reputazione pari alle
sue dimensioni, per le questioni a tutti note, ricordate anche in questa
sede.
Inoltre, l'azione che potrà concretamente svolgere l'Autorità europea degli
strumenti finanziari e dei mercati - ma il discorso vale per tutte -
dipenderà anche dai mezzi che le attribuiremo, dalle risorse umane, dalle
competenze e dalla qualità di cui la doteremo. Nel
settore specifico, vi sono risorse professionali validissime, anche italiane,
che sarebbe il caso di sostenere, affinché anche
l'Italia possa avere una rappresentanza di alto
livello nell'ambito del nuovo sistema europeo di
vigilanza.
Insomma, non dovremo farci abbindolare quando si tratterà di
scegliere le persone che andranno a dirigere l'Autorità, le quali dovranno
essere individuate secondo criteri di meritocrazia e
competenza: più saranno autorevoli e competenti, più avremo la capacità di controllare, di adottare
misure di vigilanza, di
irrogare sanzioni alle agenzie di rating del credito che dovessero meritarle.
Onorevole Fluvi, sottolineo che la fase ascendente a cui lei faceva
riferimento ha avuto un importantissimo riconoscimento nel Trattato di Lisbona. Come sapete, il Trattato ha previsto un nuovo
ruolo dei Parlamenti nazionali, che voi state già esercitando, anche bene.
Esso consiste, appunto, in una maggiore partecipazione alla fase ascendente
del processo normativo dell'Unione europea: ai sensi dell'articolo 3 del
Protocollo sul ruolo dei Parlamenti nazionali nell'Unione europea, i
Parlamenti nazionali possono inviare ai presidenti del Parlamento europeo, del
Consiglio e della Commissione un parere motivato in merito alla conformità di un progetto di atto
legislativo europeo al principio di sussidiarietà,
secondo la procedura prevista dal Protocollo sull'applicazione dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità.
Il parere deve essere espresso dai Parlamenti nazionali, ai sensi
dell'articolo 4 del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti nazionali nell'Unione
europea, entro otto settimane (un periodo di tempo
congruo, ma non molto ampio) dal momento in cui il progetto di atto legislativo è messo a loro disposizione. Di solito, i Parlamenti nazionali non si limitano a
esprimere un parere relativo alla sola conformità del progetto al principio di sussidiarietà, ma entrano nel merito dei provvedimenti
e, in tal modo, concorrono al loro miglioramento prima che siano adottati in
via definitiva.
Vengo ai tre quesiti che lei ha posto, onorevole Fluvi.
Se Moody's, Standard & Poor's o Fitch Ratings hanno fornito la propria
consulenza per realizzare un prodotto finanziario strutturato, è chiaro che
non attribuiranno un rating negativo
all'emittente dopo averlo aiutato a costruire il pacchetto: ne esprimeranno
sicuramente uno positivo. Quindi, il problema del conflitto di interessi era reale, ma il regolamento l'ha risolto,
vietando la prestazione di servizi di consulenza all'entità valutata.
In merito all'esercizio della potestà sanzionatoria, ho una mia posizione,
che ho già espresso chiaramente. Esistono due scuole di
pensiero: la Commissione europea rivendica il potere di
comminare le sanzioni, appellandosi a una certa interpretazione del Trattato;
altri ritengono che sia possibile, sul piano giuridico, affidare tale potere
alle autorità, in questo caso all'ESMA. Io sosterrò questa seconda tesi.
Il terzo quesito riguarda la cosiddetta compartecipazione al rischio. Si è
lavorato sulla prevenzione e sulla sanzione. Siamo scoperti sul versante
della riparazione del danno, perché da noi non esiste la class action.
Si tratta di un vuoto che dobbiamo colmare.
La sua,
onorevole Fluvi, è un'importante segnalazione, che avrò modo di riportare ai miei colleghi del Parlamento europeo.
Venendo alle considerazioni del presidente, il Parlamento europeo è ben
consapevole della crucialità della questione. Come ho già ricordato, è stato
proprio il Parlamento europeo il primo ad accendere la miccia, a porre il
problema di una regolamentazione delle agenzie di rating del credito
e a chiedere alla Commissione di presentare una
proposta, sfociata nel regolamento (CE) n. 1060/2009. Adesso stiamo chiedendo
che vi sia, oltre all'adeguamento del regolamento, una proposta legislativa
più completa e organica, che preveda, tra l'altro, di
attribuire a un'agenzia di rating
del credito europea lo specifico compito di valutare
i debiti sovrani.
La spinta, come accade per la maggioranza delle questioni, proviene dal
Parlamento europeo. Anche per questo motivo vedo nei nostri incontri
un'occasione utile e preziosa di confronto.
Voi esprimerete il vostro parere sulla proposta della Commissione. Se posso
permettermi, suggerirei di inviarlo non soltanto al
Governo, operazione giusta e doverosa, ma anche alla Commissione affari
economici e monetari del Parlamento europeo, della quale fanno parte, insieme
a me, i colleghi Domenici, Susta, Pallone e altri. Se ci mandaste i vostri
pareri, potremmo aumentare il numero delle audizioni. Ovviamente, anche noi
vi chiamiamo spesso a Bruxelles per ricevere il vostro utile e prezioso
contributo. Insomma, siamo a disposizione per lavorare in stretta
cooperazione.
A proposito della riforma del Patto di stabilità e
crescita, il Parlamento europeo non ha ancora cominciato a discuterne. La
proposta viene dalla Commissione europea. In linea generale, posso riferire
la mia opinione. Non condivido un'interpretazione, una modifica o una riforma
del Patto basata su una linea di esclusivo rigore di bilancio: è una strategia che considero inefficace,
anzi deleteria per la ripresa e la crescita. Se mirassimo esclusivamente al
risanamento dei conti pubblici, ci ritroveremmo tutti morti nel giro di poco tempo. Dobbiamo dare boccate di
ossigeno all'economia, altrimenti ci saranno una disoccupazione dilagante, un
calo dei consumi e una spirale di recessione,
inflazione e disperazione. Grazie.
PRESIDENTE. Ringraziamo l'onorevole
Pittella.
Dichiaro conclusa l'audizione.
La
seduta termina alle 16,55.
Senato.
SCHEDA DI VALUTAZIONE n. 19/2010 dei progetti di atti legislativi trasmessi
ai sensi del protocollo
sull'applicazione
dei principi di sussidiarietà e proporzionalità [società di rating]
Presentrazione di Moody’s alle Commissioni
Finanze riunite 3-febbraio 2004
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