VIRUS,
GLOBALIZZAZIONE E ANGLOBALIZZAZIONE
11-2-2020 Altreconomia.it.
Coronavirus: l’epidemia (e la psicosi) può smontare la globalizzazione.
di Alessandro Volpi
L’interdipendenza
tra aree geografiche diverse è la cifra dell’economia contemporanea. Più
dei dazi e della Brexit, nel mondo globalizzato e “socializzato”, una
psicosi collettiva che paralizza i movimenti del corpo sociale del Pianeta
può avviare una recessione e un arretramento, alimentando spiriti
“aggressivi”. L’analisi di Alessandro Volpi
La globalizzazione non interessa più
gli Occidentali da quando scoprirono che, a fine secolo scorso, che sarebbe stata la Cina a globalizzare
tutti.
Ritenevano, per restare in Italia,
che i Cinesi non sarebbero andati oltre la concorrenza alle fabbriche di
pantofole del varesotto o a quelle
delle sedie di legno friulane.
E invece, in due decenni,
hanno surclassato gli occidentali anche sul 5G, tanto che gli USA si
son visti costretti a farne un caso militare coinvolgente la Nato, quindi
tutti gli alleati.
Oltretutto, col secondo mandato,
Trump avrà modo di cercar di realizzare l’ “anglobalizzazione”. Poco
interessa gli Anglosassoni se dovranno usare strumenti finanziari vecchi di
qualche secolo, come i dazi, la politica delle cannoniere di Palmerston o
del grosso bastone di Roosvelt (il primo).
Ma non dimentichino gli USA che,
dopo la FED, il più grande detentore di titoli del Tesoro americano è
proprio la Cina (1.180 miliardi), seguita dal Giappone (1.030 miliardi)
e dal Brasile (300
miliardi) [dati 2018]. E la Cina ha cominciato a disertare le aste USA.
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