(9) COVID E INCAPACI
1-4-2020. Lamorgese: un
comunicato chiarirà i contenuti della circolare di ieri, quella che
permette alla gente di uscire purché con un bambino al guinzaglio.
Aspettiamo nei prossimi giorni l’interpretazione
autentica del comunicato e della circolare.
Ogni iniziativa è fatta per il consenso: partorita
l’azione, se ne valutano reazioni, opposizioni, contrasti e, soprattutto, livello di gradimento.
Se BisConte capisce che il consenso è scarsino o
manca del tutto, si corregge l’iniziativa.
Ma come abbiamo potuto accettare un governo del
genere! Tutti hanno scommesso sul fatto che non si sarebbero
presentati problemi eccezionali da
gestire. Si è puntato sulle botte di culo, ma abbiamo perso.
Saremo più fortunati la prossima volta.
Abbiamo
istituzioni inadeguate. Non ce le meritiamo così misere.
Pubblico la lettera di una infermiera di prima
linea, da leggere fino in fondo:
Entri dalla paziente, la conosci e la
saluti. Ha un casco sulla testa, si chiama C-pap.
Serve per respirare meglio, non ha molte speranze e il monitor al quale è
collegata ne dà conferma. Ma la paziente è cosciente, lucida e orientata
nel tempo e nello spazio, ma soprattutto sa che sta per morire. Lo sa, lo
percepisce e lo sente. Parli un po’ con lei.
Non mangia da
giorni. Questa mattina chiede la colazione. Ha un diabete non controllato e
vuole due fette biscottate con la marmellata. Sarà certo il diabete il suo
peggior nemico ora? E riferisci alla collega di passarteli.
Quello sguardo
implorante ti uccide. Distogli ogni tanto gli occhi da lei per non morire
dentro…
Mentre le sistemi i cavi dei parametri vitali, lei ti prende la
mano…”Amore, sei mamma?”. “Si, di due ragazzi”.
“Allora puoi
capire cosa sto provando?”.
“Posso provare,
ma se vuoi, puoi descrivermelo… ti ascolto”.
“Ho quattro figli
e sono sempre stati tanto mammoni. Un rapporto bellissimo, anche perché gli
ho fatto da madre e da padre, visto che sono rimasta vedova da giovane. Non
ho paura di morire, non vorrei solo soffrire. Ma un giorno, uno dei miei
figli è venuto a trovarmi e non lo hanno più fatto entrare..
è stato obbligato, non una scelta. Non ho potuto vedere più i nipoti, le
nuore nessuno. Io qui, loro a casa.”.
“Ma chiamali al
telefono e diglielo”.
“Si, ma non è la
stessa cosa”.
“E vabbè, però ti
sentono, ti parlano ed è già qualcosa, meglio di niente”.
“Li chiamo ogni giorno, li sento che
stanno soffrendo perché non possono stare con me fino alla fine”.
Entra il medico,
la visita e squilla il telefono, è uno dei figli. La paziente gli dice “c’è
il medico, te lo passo”. Il medico descrive al figlio la situazione. È
davvero critica. Alla signora viene detto che dovrà essere intubata presto
e che non ha molto da vivere. Il figlio chiede di poterla vedere per un
ultimo, breve saluto. Non è possibile. il Covid
non decide su chi posarsi, si insinua su chiunque.
Il medico esce
dalla stanza e la signora piange disperata. Mentre è ancora al telefono con
il figlio, il figlio piange con lei. Lei ha sempre su di te quello sguardo
implorante, come volesse chiederti di fare qualcosa e chiedi di passarle il
telefono. La signora ha un telefono vecchio, non è anziana, ma nemmeno
tecnologica, non puoi avvicinare il telefono all’orecchio, quindi non sai
cosa ti risponde il figlio, ma quello sguardo ti ha trapanato e non sei
soltanto un operatore, sei mamma, sei figlia.
Dici al figlio:
“Radunatevi tutti e quattro, ma proteggetevi con le mascherine. Fatelo
prima che potete e poi chiamate in video chiamata questo numero”.
E gli dai il tuo
e vi farò vedere mamma. È poca cosa, ma almeno non sarà una cosa interrotta
di netto, e la potrete vedere.
Gli dici che
sarai li per altre dieci ore e di richiamare più
volte se non rispondo subito. Non passa neanche un’ora e la collega dice
che dalla borsa sta squillando il tuo telefono. Tu sei sempre vestita e sempre
in quella stanza, non sei mai uscita e le chiedi di prendere il cellulare,
metterlo in un sacchettino, disinfettarlo e passartelo.
Apri la
video-chiamata e tutti e quattro i figli lì. La paziente non se lo
aspettava ed è felice come una Pasqua e tu con lei. Si parlano un bel po’, si raccontano, si dicono ti amo e lei desatura spesso perché si sta affaticando, ma sai il
destino nefasto, non te la senti di chiedere di chiudere. Già una volta
sono stati obbligati a tagliare, ora vuoi che la decisione sia la loro.
La chiamata dura
circa mezz’ora ed è come se un cerchio si fosse chiuso, quello che doveva
essere è stato… lei aveva resistito solo per loro, per vederli, per
salutarli. Hai il cuore in mille pezzi. Pensi a te e ai tuoi figli e
comprendi tutto..ogni
sua preoccupazione.
Ti prende la
mano, ti dice grazie, veglierò su di te, per quello che hai fatto. E fai
fatica a non piangere. La paziente si spegne. Decidi di uscire e lasciare
ai colleghi il resto. E vedi che, come le procedure prevedono, la cospargono
di disinfettante, la avvolgono in un lenzuolo e la portano in camera
mortuaria. Sola..sola..i
suoi effetti personali messi in triplice sacco nero andranno inceneriti.
È domenica
mattina. L’agenzia di pompe funebri è venuta a prendere la salma. Uno solo
dei figli presente, a debita distanza. Non l’ha più vista da quella video
chiamata. Dà indicazioni all’incaricato e vanno via… la sua macchina svolta
a destra, la salma va a sinistra..sola.
Non ce la fai, quello è troppo. E se fino ad ora non avevi pianto, ora non
ce la fai.
A casa apri Facebook. Lamentele ovunque. Vi hanno negato la
libertà, il bimbo non può andare più al parco, il cane passeggia troppo in
là da casa e non si trova più lievito. Quanta ignoranza, quanti pochi
problemi ha la gente, ma su una cosa ancora siamo fortunati: a noi ci
saranno state anche negate delle cose, dovremmo anche fare sacrifici, ma
almeno noi abbiamo ancora la dignità, un diritto che il Covid-19 ti toglie,
senza poterti lamentare. Un diario dalla prima linea, quella umana, del
cuore».
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