HOME    PRIVILEGIA NE IRROGANTO   di Mauro Novelli    

Documentazione   Documento inserito il 31-1-2008


 

 

 

 

I SISTEMI ELETTORALI

 

(Prima parte)

 

Di Federico Novelli (31-1-2008)

 

 

 


INDICE

1. Introduzione: il concetto di elezione e gli standards internazionali fondamentali 1

2. Il sistema elettorale italiano nella sua evoluzione dall’ unità ad oggi 1

2.1 Il sistema elettorale nel periodo statutario (1861-1945 circa) 1

2.2 Il sistema elettorale nel periodo repubblicano 1

      2.2.1 La legge elettorale del 2005 1

      2.2.2 Il voto degli italiani all’ estero 1

3. Considerazioni conclusive sulla legge 270 del 2005 1

FONTI BIBLIOGRAFICHE 1

 


 

 

 

 

1.       Introduzione: il concetto di elezione e gli standards internazionali fondamentali

 

Il termine “elezione” indica il metodo seguito, negli attuali regimi democratici, per la preposizione ad un ufficio; in particolare l’ elezione è la modalità attraverso la quale vengono scelti i membri delle istituzioni rappresentative. L’ elezione, dunque, è l’ elemento di base dei regimi democratici. Questo fatto spiega perché la materia in esame costituisca un settore molto regolamentato sia dagli ordinamenti nazionali, sia dall’ ordinamento internazionale. A questo proposito esistono strumenti normativi del diritto internazionale che stabiliscono standards fondamentali per la disciplina delle elezioni. Tra questi ricordiamo, ad esempio, la Dichiarazione universale dei diritti dell’ uomo, approvata dall’ Assemblea generale dell’ ONU il 10 dicembre 1948. L’ art. 21 della Dichiarazione universale sancisce che la volontà popolare “si esprime in periodiche e genuine elezioni a suffragio universale ed eguale”.

 

 

Anche il Protocollo addizionale del 20 marzo 1952 alla Convenzione europea dei diritti dell’ uomo del 1950 prevede “libere elezioni a scrutinio segreto, in condizioni tali da assicurare la libera espressione dell’ opinione del popolo”.

Il Consiglio d’ Europa ha costituito la Commissione europea per la democrazia attraverso il diritto la quale ha, a sua volta, istituito il Consiglio per le elezioni democratiche. A livello europeo è stato anche emanato il Code of good practice in Electoral Matters, il quale, tra l’ altro, stabilisce i requisiti minimi per l’ organizzazione di elezioni corrette.

L’ OSCE (Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa) produce dei veri manuali per l’ organizzazione di elezioni corrette.

 

 

 

2. Il sistema elettorale italiano nella sua evoluzione dall’ unità ad oggi

 

2.1 Il sistema elettorale nel periodo statutario (1861-1945 circa) 

 

Quando il 17 marzo 1861 fu proclamato il Regno d’ Italia, tra i tanti problemi che si posero, ci fu anche quello di organizzare la nuova rappresentanza parlamentare nello Stato unitario. Come era avvenuto per la Costituzione (ossia lo Statuto Albertino), così anche per la legge elettorale si decise di estendere all’ intera Italia la legge elettorale piemontese. Questa assicurava una rappresentanza molto ristretta in quanto prevedeva un sistema notevolmente censitario; infatti potevano votare coloro che avevano 25 anni, sapevano leggere e scrivere e pagavano 40 lire di imposte all’ anno.

La riforma elettorale successiva si ebbe nel 1882; la nuova legge riconosceva il diritto di voto ai cittadini maschi che avessero compiuto 21 anni ed avessero superato l’ esame finale del corso elementare obbligatorio o dimostrassero di saper leggere e scrivere. Il requisito del censo poteva ancora operare come alternativa a quello dell’ istruzione, ma veniva abbassato alla metà rispetto a quello previsto nel 1861: per votare occorreva pagare 20 lire annue di tasse.

La riforma elettorale del 1882 fu varata dal governo di Agostino

 

 

Depretis, leader della Sinistra, al potere dal 1876.

Il suffragio fu ulteriormente allargato durante il quarto Ministero Giolitti (1911-1914) con l’ approvazione della legge 30 giugno 1912, n. 665. Sebbene si creda che detta legge abbia stabilito il suffragio universale maschile, in realtà non è proprio così; infatti il diritto di voto venne sì riconosciuto ad un maggior numero di categorie di cittadini, ma non a tutti. La legge del 1912 riconosceva, infatti,  il diritto di voto ai cittadini maschi con almeno 30 anni di età; gli analfabeti di età compresa tra 21 e 30 anni avrebbero potuto votare, purché avessero determinati requisiti di capacità e di censo. Inoltre avrebbero avuto diritto di voto anche i cittadini maschi di età compresa tra 21 e 30 anni che avessero prestato servizio militare per un determinato periodo.

Un’ ulteriore svolta si ebbe dopo la prima guerra mondiale. Il 16 dicembre 1918 fu votata la legge n. 1985 che estendeva il diritto di voto a tutti i cittadini maschi che avessero compiuto il 21° anno di età e, a prescindere dall’ età, a tutti i cittadini che avessero prestato servizio nell’ esercito mobilitato. 

Dall’ evoluzione del suffragio va distinto il progressivo mutamento del sistema elettorale.

A questo proposito la legge elettorale del Regno di Sardegna, estesa all’ Italia intera dal 1861, introdusse il collegio uninominale maggioritario per quasi sessanta anni. Infatti, nel 1919, fu stabilito un sistema elettorale proporzionale (legge 15 agosto 1919, n. 1401).

Dal 1922 il regime fascista realizzò, progressivamente, un sistema elettorale improntato su criteri diversi da un’ equa rappresentanza democratica. La legge 18 novembre 1923, n. 2444 (c.d. legge Acerbo), sanciva che il partito che avesse conquistato almeno il 25% dei voti avrebbe ottenuto addirittura 2/3 dei seggi. Il restante 1/3 sarebbe stato suddiviso tra le varie liste di opposizione. La legge Acerbo del 1923 si iscriveva perfettamente nel programma del regime fascista, che voleva stravolgere le basi di uno stato liberale ormai afasico e agonizzante. Infatti l’ abnorme premio di maggioranza sancito dalla nuova normativa aveva il chiaro obiettivo di rafforzare fino a renderla padrona della Camera elettiva la maggioranza fascista.

Lo stravolgimento del sistema elettorale conobbe un ulteriore “salto di qualità” con la legge 17 maggio 1928, n. 1019, la quale sanciva che la scelta dei candidati alle elezioni doveva essere operata dai rappresentanti delle associazioni di categoria; essi avrebbero proceduto compilando una lista di candidati successivamente approvata dal Gran Consiglio del Fascismo; ai cittadini non restava che approvare o disapprovare in blocco con un “sì” o un “no” la lista.

 

 

 

Infine, con la legge 19 gennaio 1939 n. 129, la Camera dei Deputati fu abolita e sostituita dalla Camera dei Fasci e delle Corporazioni, non più elettiva in quanto i suoi membri sarebbero stati proclamati dall’ alto.

 

 

2.2 Il sistema elettorale nel periodo repubblicano

 

 Nel 1945 il diritto di voto fu esteso anche alle donne e così il suffragio divenne davvero universale; per quanto riguarda il sistema elettorale si stabilì, in continuità con la scelta espressa nel 1919, la rappresentanza proporzionale, che caratterizzò il sistema fino alla riforma del 1993.

La Costituzione repubblicana entrata in vigore nel 1948 sancisce delle norme di base in materia elettorale, ma nulla prescrive riguardo al sistema elettorale. La Costituzione, dunque, non ha stabilito se si debba ricorrere ad un sistema maggioritario o ad uno proporzionale.

Le  norme costituzionali in materia elettorale sono contenute nel 1° titolo della seconda parte, dedicato al Parlamento. L’ art. 56 sancisce che la Camera dei Deputati è eletta a suffragio universale e diretto. Possono essere eletti tutti gli elettori che abbiano compiuto, nel giorno delle elezioni, i 25 anni di età. I Deputati sono 630. In base alla legge costituzionale 23 gennaio 2001, n. 1 (che ha modificato l’ art. 56), 12 di essi sono eletti nella circoscrizione Estero. La ripartizione dei seggi nelle varie circoscrizioni in cui è suddiviso il territorio italiano si effettua dividendo il numero degli abitanti della Repubblica, quale risulta dall’ ultimo censimento generale della popolazione, per 618. Effettuata tale divisione, i seggi vanno distribuiti nelle varie circoscrizioni in proporzione alla popolazione di ciascuna di esse, sulla base dei quozienti interi e dei più alti resti.

L’ art. 57 riguarda l’ elezione del Senato e statuisce che quest’ ultimo è eletto a base regionale, ma sono previsti 6 seggi da assegnare alla circoscrizione Estero. C’ è da ricordare che la seconda Camera non è completamente elettiva; i Senatori elettivi sono 315, 6 dei quali eletti nella circoscrizione Estero. Nessuna regione può avere un numero di Senatori inferiore a 7; il Molise ne ha 2 e la Valle d’ Aosta 1. La suddivisione dei Senatori tra le regioni, esclusi quelli eletti all’ Estero si effettua in proporzione alla popolazione delle regioni quale risulta dall’ ultimo censimento generale della popolazione, sulla base dei quozienti interi e dei più alti resti.

L’ art. 58 stabilisce che sono eleggibili a Senatori gli elettori che hanno compiuto il quarantesimo anno d’ età. Per quanto concerne invece l’

 

 

 

elettorato attivo, possono partecipare alle elezioni del Senato (con

suffragio universale e diretto), gli elettori che hanno superato il venticinquesimo anno d’ età. Come si può facilmente notare, la Costituzione stabilisce diverse età sia per l’ elettorato attivo, sia per quello passivo per quanto riguarda le due Camere.

Altre disposizioni in materia elettorale sono presenti all’ art. 60, comma 1, il quale sancisce che le 2 Camere sono elette per 5 anni e all’ art. 61, comma 1 che sancisce che l’ elezione delle nuove Camere avviene entro 70 giorni dalla scadenza delle precedenti.

Passiamo ora ad esaminare le legislazioni elettorali che si sono succedute negli ultimi decenni.   

Il 18 aprile 1993 si svolse un referendum abrogativo che ebbe esito positivo (83% di “sì”). Furono così abrogate alcune disposizioni della legge elettorale del Senato (legge n. 29 del 1948). La disciplina che ne scaturì trasformò il sistema da sostanzialmente proporzionale a sostanzialmente maggioritario.

Benché il referendum riguardasse solo il sistema del Senato, per motivi di opportunità e di omogeneità anche quello della Camera fu trasformato in maggioritario con correttivo proporzionale. Il sistema elettorale maggioritario del 1993 era basato su più strumenti

normativi; per quanto riguarda il Senato si faceva riferimento a:

1        Decreto legislativo 20 dicembre 1993, n. 533;

per la Camera si faceva riferimento a:

2        D.P.R. 30 marzo 1957 e successive modificazioni, così come coordinato con la legge 4 agosto 1993, n. 277 e con il Decreto legislativo 20 dicembre 1993, n. 534.

Prima dello svolgimento delle elezioni dovevano essere effettuate alcune operazioni preliminari.

Il procedimento elettorale iniziava con il decreto del Presidente della Repubblica che indiceva le elezioni. Successivamente venivano scelti i candidati e presentate le candidature. La presentazione delle candidature e la loro pubblicazione apriva la campagna elettorale, che durava fino al giorno precedente la votazione.

Per quanto riguarda il sistema elettorale del Senato, in base alla normativa del 1993,   su 315 seggi elettivi, 238 erano assegnati con metodo maggioritario secondo un procedimento che attribuiva il seggio al candidato che avesse conquistato la maggioranza anche relativa dei voti, nell’ ambito di ciascun collegio. I restanti 77 seggi venivano attribuiti con metodo proporzionale secondo la seguente procedura: si determinava la cifra elettorale di ciascun gruppo di candidati collegati; in base all’ art. 17 del decreto legislativo n. 533 del 1993, tale cifra era

 

 

 

data dalla somma dei voti validi ottenuti dai candidati presenti nei

collegi uninominali con il medesimo contrassegno, sottratto il numero dei voti validi ottenuti già utilizzati per l’ elezione di un candidato nel collegio uninominale (con sistema maggioritario). La cifra elettorale era poi suddivisa, attraverso il metodo di Hondt per 1, 2, 3, 4, 5… fino al raggiungimento del numero di seggi da assegnare. Alla fine si ottenevano tanti quozienti quante erano le divisioni effettuate per ciascun gruppo. Tali quozienti erano posti in ordine decrescente formando una graduatoria; i seggi da assegnare erano suddivisi tra i vari gruppi e ovviamente i gruppi che avevano i quozienti più alti ottenevano un maggior numero di seggi. All’ interno dei vari gruppi di candidati i seggi venivano attribuiti al candidato che avesse conseguito la più alta cifra individuale.

Il sistema elettorale della Camera era simile a quello del Senato; su 630 seggi da assegnare, 475 venivano assegnati ai candidati che ottenevano il maggior numero di voti nei collegi uninominali (metodo maggioritario) e 155 attraverso il cosiddetto scorporo proporzionale. L’ elettore aveva a disposizione due schede: con una eleggeva il candidato nel collegio uninominale (maggioritario), mentre con l’ altra votava una lista (proporzionale); per quanto riguarda la quota di seggi assegnata con il metodo dello scorporo, la legge del 1993 prevedeva che potessero partecipare solamente le liste che avessero ottenuto almeno il 4% dei voti su scala nazionale (clausola di sbarramento). Il meccanismo dello scorporo era estremamente complicato ed era stabilito dall’ art. 77 del D.P.R. n. 361 del 1957, come modificato dalla legge del 1993.  Ne descriviamo le fasi principali. Prima di tutto, l’ Ufficio centrale circoscrizionale determinava la cifra elettorale circoscrizionale di ogni lista, data dal numero di voti ottenuto dalla lista nelle singole sezioni della circoscrizione a cui era sottratto, per ogni collegio in cui era stato eletto un candidato collegato alla lista medesima un numero pari ai voti ottenuti dal candidato immediatamente successivo per cifra di suffragi più uno, e comunque non inferiore al 25%,  a meno che il candidato eletto abbia conseguito una quota di suffragi inferiore al 25%.

Dopo questa prima fase, in base all’ art. 83 del D.P.R. del 1957, come modificato dalla legge del 1993, si determinava la cifra elettorale nazionale delle varie liste prendendo a base la somma delle cifre elettorali di ogni circoscrizione; svolta questa operazione si procedeva alla ripartizione dei seggi tra le varie liste e poi alla distribuzione dei seggi così assegnati nelle varie circoscrizioni. 

Infine, in base all’ art. 84, vengono proclamati eletti, nei limiti dei seggi

 

 

 

ai quali ha diritto ciascuna lista, i candidati compresi nelle liste secondo l’ ordine di presentazione. 

 

2.2.1 La legge elettorale del 2005

 

Il sistema prevalentemente maggioritario introdotto a seguito dei risultati del referendum del 1993 è stato sostituito con una velocità a dir poco sorprendente alla fine del 2005 dalla maggioranza di centro-destra. Tra il settembre ed il dicembre 2005 il progetto di legge elettorale fu approvato.

La legge 21 dicembre 2005, n. 270, ha introdotto un sistema elettorale proporzionale con premio di maggioranza, che tuttavia ha mantenuto la struttura bipolare del sistema politico italiano. Essa ha suscitato e suscita ancora vivaci polemiche e giudizi fortemente negativi, anche da parte delle stesse forze di centro-destra che l’ approvarono; e ciò è oggi sotto gli occhi di tutti, dal momento che uno dei temi all’ attenzione dell’ agenda politica è proprio la riforma del sistema elettorale; cerchiamo ora di condurre un’ analisi delle norme più importanti della legge n. 270 del 2005.

Prima di tutto dobbiamo sottolineare il fatto che il nuovo sistema elettorale è fondato su liste di candidati. Non esistono più collegi uninominali se non in alcuni casi che vedremo. Il sistema è, dunque, prevalentemente proporzionale.

L’ art. 1 della legge è molto consistente e modifica il meccanismo d’ elezione della Camera dei Deputati. A tal fine  esso prescrive numerose correzioni al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, ossia il Testo Unico delle leggi recanti norme per l’ elezione della Camera dei Deputati.

In particolare esso stabilisce che il nuovo art. 1 del suddetto D.P.R. debba sancire l’ elezione a suffragio universale con voto eguale, diretto, libero e segreto. Il voto è attribuito a liste di candidati concorrenti.

L’ art. 1 della legge stabilisce poi modifiche dell’ art. 4 del D.P.R. n. 361 del 1957. Il nuovo art. 4 prevede che il voto costituisce un dovere civico; inoltre è prescritto che ogni elettore disponga di un voto per la scelta della lista, attraverso una sola scheda recante i contrassegni delle varie liste concorrenti.

E’ aggiunto, sempre attraverso l’ art. 1 della legge, un art. 14 bis secondo il quale i partiti ed i gruppi politici possono effettuare il collegamento in una coalizione delle liste da essi rispettivamente

 

 

 

presentate. Inoltre i partiti o i gruppi politici che si candidano a governare devono depositare, contestualmente al contrassegno, anche il programma elettorale in cui dichiarano il nome ed il cognome della persona da loro indicata come unico capo della coalizione. Restano ferme, in ogni caso, le prerogative del Presidente della Repubblica di cui

all’ art. 92, comma 2, della Costituzione.

Con riferimento alla presentazione delle candidature, l’ art. 19 modificato dalla legge del 2005 mantiene un unico limite: l’ impossibilità di presentare la candidatura alla Camera ed al Senato. Ricordiamo che, in modo più saggio, il legislatore del 1993 aveva posto maggiori limitazioni: infatti l’ art. 18 del D.P.R. del 1957, come modificato dalla legge 277 del 1993, prevedeva che il candidato non potesse presentarsi in più di un collegio uninominale; l’ art. 19, come modificato dalla stessa legge stabiliva che il candidato non potesse presentarsi in più di tre circoscrizioni con una medesima lista. Attualmente, invece, con l’ unico limite che abbiamo in precedenza indicato, si attenuano molto i legami tra il candidato ed il suo territorio e, dunque, il candidato risulta essere meno responsabilizzato nei confronti del suo elettorato. Altra novità non positiva è rappresentata dalla modifica dell’ art. 18 bis del D.P.R. del 1957. Il nuovo articolo prevede, al comma 2, che non è necessaria alcuna sottoscrizione per la presentazione di partiti e gruppi politici costituiti in  gruppo parlamentare in entrambe le Camere all’ inizio della legislatura in corso al momento della convocazione dei comizi elettorali. Parimenti non è necessaria alcuna sottoscrizione per la presentazione di partiti o gruppi politici che hanno effettuato dichiarazioni di collegamento con almeno due partiti o gruppi politici in precedenza menzionati (ossia quelli che sono già costituiti in gruppo parlamentare nei due rami del Parlamento all’ inizio della legislatura in corso al momento della convocazione dei comizi elettorali) e che abbiano conseguito almeno un seggio in occasione delle ultime elezioni del Parlamento Europeo con lo stesso contrassegno depositato ai sensi dell’ art. 14 del D.P.R. del 1957.

Questa disposizione tende a cristallizzare l’ agone politico-parlamentare in quanto avvantaggia i partiti già presenti nelle assemblee.

Per quanto riguarda poi il meccanismo di assegnazione dei seggi, l’ art. 1 della legge del 2005 apporta modifiche all’ art. 77 del D.P.R. n. 361 del 30 marzo 1957. Il nuovo art. 77

sancisce che l’ Ufficio centrale circoscrizionale determina la cifra elettorale circoscrizionale di ogni lista, che è data dalla somma dei voti ottenuti dalla lista in ciascuna sezione della circoscrizione elettorale.

 

 

 

Tale cifra deve successivamente, sempre ad opera dell’ Ufficio circoscrizionale, essere comunicata, a mezzo di estratto del verbale, all’ Ufficio centrale nazionale. L’ Ufficio circoscrizionale deve poi comunicare, per i fini di cui all’ art. 83, comma 1, n. 3 del D.P.R. del 1957 (che vedremo più avanti), il totale dei voti validi della circoscrizione.

L’ art. 83, come modificato dall’ art. 1 della legge del 2005, sancisce che l’ Ufficio centrale nazionale determina, desumendola dagli estratti dei verbali degli uffici circoscrizionali, la cifra elettorale nazionale di ogni lista, che è data dalla somma delle cifre circoscrizionali. Successivamente stabilisce la cifra elettorale nazionale di ciascuna coalizione di liste collegate, la quale è data dalla somma delle cifre elettorali nazionali delle liste che compongono la coalizione; stabilisce, inoltre, la cifra nazionale delle liste non collegate ed individua la coalizione o la lista non collegata che ha conseguito il maggior numero di suffragi validi espressi.

Sono previste delle soglie di sbarramento sia per le liste che per le coalizioni. Infatti il numero 3 del comma 1 del nuovo art. 83, prevede che l’ Ufficio nazionale individui, al fine dell’ assegnazione dei seggi, le coalizioni di liste che abbiano conseguito sul piano nazionale almeno il 10% dei voti validi espressi e che contengano almeno una lista con un minimo di voti, a livello nazionale, pari al 2%. In alternativa al criterio del 2% le coalizioni possono anche contenere una lista rappresentativa di minoranze linguistiche riconosciute, presentata esclusivamente in una delle circoscrizioni che fanno parte di regioni che, per statuto speciale, tutelano espressamente tali minoranze; detta lista deve aver conseguito, però, almeno il 20% dei voti validi espressi nella circoscrizione.

L’ Ufficio centrale nazionale deve poi provvedere ad individuare le liste non collegate che abbiano ottenuto, a livello nazionale, almeno il 4% dei voti validi espressi; ciò sempre ai fini dell’ assegnazione dei seggi. In alternativa al criterio del 4%, le liste non collegate possono essere ammesse al riparto dei seggi anche qualora siano rappresentative di minoranze linguistiche riconosciute, siano presentate esclusivamente in una delle circoscrizioni comprese in regioni che, per statuto speciale, tutelano dette minoranze e abbiano conseguito almeno il 20% dei voti validi espressi nella circoscrizione.

L’ Ufficio centrale nazionale provvede anche ad individuare le liste delle coalizioni che, sebbene non abbiano conseguito il 2% dei voti validi espressi sul piano nazionale, tuttavia hanno ottenuto, a livello nazionale, almeno il 4% dei voti validi espressi ovvero siano

 

 

 

rappresentative di minoranze linguistiche riconosciute e siano presentate esclusivamente in una delle circoscrizioni comprese in regioni che, per statuto speciale, tutelano dette minoranze; tali liste devono avere ottenuto almeno il 20% dei voti validi espressi nella circoscrizione.

Esaurito questo procedimento di individuazione delle liste e delle coalizioni, l’ Ufficio centrale nazionale prosegue nell’ assegnazione, alle sole liste e coalizioni che soddisfano i criteri ora menzionati, dei seggi in base alle cifre elettorali nazionali di ciascuna lista e coalizione (Cfr. l’ art. 1, comma 12 legge 270/2005 nella parte in cui modifica l’ art. 83, comma 1, n. 4 del D.P.R. n. 361 del 1957).

Il nuovo art. 83 prevede, al numero 5, che l’ Ufficio centrale nazionale verifichi se la coalizione o la lista che ha conseguito il maggior numero di voti validi espressi abbia ottenuto almeno 340 seggi. Individua, poi, nell’ ambito di ciascuna coalizione, le liste che hanno acquisito almeno il 2% dei voti validi espressi e le liste rappresentative di minoranze

linguistiche in precedenza menzionate che hanno conquistato almeno il 20% dei suffragi validi espressi nell’ ambito della circoscrizione. Individua anche, tra quelle che non hanno ottenuto sul piano nazionale almeno il 2% dei voti validi espressi, la lista ha acquisito la cifra elettorale nazionale maggiore (n. 6 del nuovo art. 83 del D.P.R. n. 361 del 1957).

Se la verifica di cui al n. 5 ha esito positivo, l’ Ufficio centrale procede al riparto dei seggi per ciascuna coalizione in base alla cifra elettorale nazionale di ogni lista di cui al n. 6.  

Vediamo ora cosa accade nel caso in cui la coalizione o la lista che ha conquistato il maggior numero di suffragi validi espressi non consegua almeno 340 seggi. In questo caso scatta il premio di maggioranza. In base al comma 2 del nuovo art. 83 del D.P.R. n. 361 del 1957, l’ Ufficio centrale nazionale assegna comunque 340 seggi alla lista o alla coalizione che ha ottenuto il maggior numero di voti validi espressi. Bisogna, tuttavia, tenere presente che sia i 12 seggi della circoscrizione Estero, sia il seggio della Valle d’ Aosta sono esclusi dal collegamento in coalizione,  ai fini dell’ assegnazione del premio di maggioranza.  

Per ciascuna coalizione di liste l’ Ufficio centrale nazionale provvede a ripartire i seggi rimanenti tra le altre coalizioni e liste di cui al comma 1, n. 3 del nuovo art. 83.

Infine, in base al comma 4 dell’ art. 83 modificato, l’ Ufficio centrale nazionale procede, per ciascuna coalizione, alla suddivisione dei seggi ad essa spettanti tra le varie liste che la compongono, purché queste siano ammesse al riparto.

 

 

 

Si nota, dall’ analisi di questa normativa di modifica del D.P.R. n. 361 del 1957, che il sistema elettorale della Camera (ma, come vedremo, anche quello del Senato) è stato notevolmente trasformato, anche se tale profondo mutamento sembra non aver intaccato l’ assetto bipolare. Tuttavia il problema più serio determinato da questa legge elettorale, quello su cui si concentrano i giudizi più negativi, è posto dal nuovo sistema di elezione del Senato, come vedremo.

Un cenno, a conclusione di questo discorso sul sistema d’ elezione dei

membri della Camera, merita la diversa soluzione che, rispetto alla precedente normativa (1993), è data al problema dei seggi vacanti. In base alla legislazione del 1993, se alla Camera dei Deputati un seggio diveniva vacante si potevano avere due diverse soluzioni: nel caso in cui il seggio vacante fosse quello assegnato al candidato in un collegio uninominale si procedeva ad una elezione suppletiva; nel caso di assegnazione con correttivo proporzionale il seggio era attribuito a colui che, nell’ ambito della medesima circoscrizione, seguiva immediatamente l’ ultimo degli eletti nella lista.

Oggi, in base all’ art. 1, comma 14, della legge n. 270 del 2005, l’ art. 86 del D.P.R. n. 361 del 1957 è stato modificato; in base a tale correzione il seggio che, alla Camera dei Deputati, si renda vacante per qualsiasi causa è assegnato al candidato che segue, nella medesima circoscrizione, l’ ultimo degli eletti nella lista. Se una lista ha già esaurito tutti i suoi candidati, allora si procede in base a quanto stabilito dal nuovo art. 84, commi 2, 3, e 4.  Un elemento di diversità nel sistema è dato dal fatto che se il seggio vacante è quello della circoscrizione Valle d’ Aosta si deve procedere ad elezione suppletiva.

Terminato l’ esame della procedura d’ elezione e assegnazione dei seggi alla Camera dei Deputati passiamo ora ad esaminare cosa avviene al Senato. Anche qui scompare il collegio uninominale ed il sistema è basato su liste e coalizioni di liste.

La disciplina è data dall’ art. 4 della legge n. 270 del 2005. Il comma 1 determina la modificazione dell’ art. 1 del decreto legislativo 20 dicembre 1993, n. 533 (Testo Unico delle leggi recanti norme per l’ elezione del Senato della Repubblica).

Il nuovo art. 1, comma 1, stabilisce che il Senato è eletto su base regionale.

Il comma 2 sancisce che l’ assegnazione dei seggi tra liste concorrenti avviene con metodo proporzionale ed eventuale assegnazione di un premio di coalizione regionale. Anche qui ci sono, però, delle differenze che riguardano la Valle d’ Aosta ed il Trentino-Alto Adige. Nel primo caso l’ elezione dell’ unico Senatore avviene in collegio uninominale; nel

 

 

 

secondo si ha la suddivisione del territorio in 6 collegi uninominali e la restante quota di seggi attribuiti alla regione è assegnata con metodo proporzionale.

L’ assegnazione dei seggi avviene attraverso una procedura simile a quella che abbiano visto per la Camera. A questo proposito il comma 7 dell’ art. 4 della legge 270 del 2005 modifica l’ art. 16 del decreto legislativo n. 533 del 1993.

L’ art. 16 modificato stabilisce una procedura per l’ individuazione delle

varie cifre elettorali, al fine dell’ attribuzione dei seggi. Tale procedura è simile a quella prevista per l’ assegnazione dei seggi alla Camera dei Deputati.

Il procedimento inizia con l’ individuazione, ad opera dell’ Ufficio elettorale circoscrizionale (regionale, in quanto la circoscrizione è la regione), delle cifre circoscrizionali delle varie liste. Esse sono date dalla somma dei voti conquistati da ciascuna lista nelle singole sezioni elettorali della circoscrizione. In seguito è determinata la cifra circoscrizionale delle coalizioni, data dalla somma delle cifre delle varie liste che le costituiscono.

L’ Ufficio provvede poi ad individuare le coalizioni che abbiano ottenuto, a livello regionale, almeno il 20% dei voti validi espressi e che contengano una lista con un minimo del 3% dei suffragi validi espressi ottenuti sul piano regionale. Determina successivamente le liste non collegate che hanno conseguito, sul piano regionale, almeno l’ 8% dei suffragi validi espressi e le liste che, pur essendo presenti in coalizioni che non hanno superato il 20% dei voti sul piano regionale, hanno acquisito, a livello regionale, l’ 8%.

L’ art. 17 del decreto legislativo n. 533 del 1993, come modificato dal comma 8 dell’ art. 4 della legge 270 del 2005, prevede che l’ Ufficio elettorale regionale proceda ad una assegnazione provvisoria dei seggi tra le coalizioni e le liste di cui all’ art. 16; ciò in base alla cifra circoscrizionale da esse conseguita.

L’ Ufficio regionale provvede poi a verificare se la coalizione o la singola lista che ha ottenuto il maggior numero di voti validi nell’ ambito della circoscrizione abbia conseguito il 55% dei seggi spettanti alla regione, con arrotondamento all’ unità superiore. In caso di esito positivo procede ad una ripartizione dei seggi tra le varie liste che costituiscono le coalizioni, tenendo presente lo “sbarramento” del 3% che opera a livello circoscrizionale.

Se, al contrario, l’ esito della verifica fosse negativo, l’ Ufficio regionale assegnerebbe comunque, alla coalizione o alla singola lista che ha ottenuto il maggior numero di suffragi validi espressi, il numero di

 

 

 

seggi necessario a raggiungere il 55% dei seggi spettanti alla regione, con arrotondamento all’ unità superiore. E’ questo il tanto discusso premio di maggioranza regionale. I seggi rimanenti sono distribuiti tra le altre coalizioni o liste.

Nel caso di vacanza di seggi non si procede più ad elezioni suppletive, ma subentra, nell’ ambito della stessa circoscrizione, il candidato che segue immediatamente l’ ultimo degli eletti nell’ ordine della lista (nuovo art. 19, comma 1, del decreto legislativo n. 533 del 1993,

modificato dall’ art. 4, comma 10 della legge n. 270 del 2005).

Un elemento di confusione e di disomogeneità è rappresentato dal diverso criterio di elezione ed assegnazione dei seggi per quanto riguarda la Valle d’ Aosta ed il Trentino-Alto Adige. A tale proposito l’ art. 5 della legge 270 del 2005 stabilisce disposizioni speciali modificando il titolo VII del decreto legislativo 20 dicembre 1993, n. 533. Al pari di quanto avviene alla Camera, anche al Senato il parlamentare della Valle d’ Aosta è eletto in un collegio uninominale. Al Senato quelli del Trentino-Alto Adige sono eletti in sei collegi uninominali; per il Trentino, poi, esistono seggi che vengono assegnati con metodo proporzionale secondo il metodo di Hondt. Nel caso di vacanza del seggio della Valle d’ Aosta o dei seggi assegnati nei collegi uninominali del Trentino-Alto Adige si procede ad elezioni suppletive in base all’ art. 21 ter del nuovo titolo VII del decreto legislativo n. 533 del 1993. Sempre in base a tale articolo (comma 7), nel caso in cui si renda vacante un seggio del Trentino-Alto Adige assegnato con metodo proporzionale, esso viene attribuito al candidato del medesimo gruppo con la più alta cifra elettorale individuale.  

Un’ ulteriore anomalia riguarda l’ elezione dei due Senatori spettanti al Molise. Infatti l’ art. 4, comma 9, della legge 270 del 2005 inserisce un articolo 17 bis al decreto legislativo 533 del 1993, il quale prevede che per l’ attribuzione dei seggi spettanti al Molise si deve procedere in base all’ art. 17, commi 1 e 3, mentre non si applicano le disposizioni di cui ai commi 2, 4, 5 e 6. Ciò significa che l’ elezione dei Senatori del Molise avviene senza premio di maggioranza.

Fra le norme significative, soprattutto perché gravide di conseguenze non positive, è degno di nota l’ art. 9 della legge del 2005. Esso contiene una norma in base alla quale gli scrutatori sono nominati e non più sorteggiati dalle Commissioni elettorali comunali. Ciò rappresenta una vera involuzione sia dal punto di vista meramente temporale (la nomina era prevista fino al 1989), sia, molto più significativamente, dal punto di vista della “bontà” della norma; infatti appare più sensato e anche più “democratico” sorteggiare piuttosto che

 

 

 

nominare gli scrutatori; e ciò in quanto le nomine potrebbero essere “pilotate” dai partiti. Tali perplessità sono fondate se si considera che dopo le elezioni politiche del 2006 c’ è stata notevole difficoltà per la proclamazione dei risultati, legata anche alle polemiche sul computo delle schede.

Terminato l’ esame delle norme più significative, occorre menzionare altri strumenti normativi importanti che costituiscono la struttura del sistema elettorale.

Parliamo del decreto legge 3 gennaio 2006, n. 1. La prima riflessione

riguarda i tempi di conversione del decreto stesso; se si pensa che spesso i decreti legge vengono convertiti quasi al 60° giorno dopo la loro emanazione, sorprende la inusuale rapidità con cui questo decreto è stato convertito: la conversione è avvenuta, il 27 gennaio, poco più di 3 settimane dopo. Ritroviamo la stessa rapidità che abbiamo visto per l’ approvazione della legge 270 (solo da settembre a dicembre). Ciò, a mio avviso, non fa che radicare ancora di più la convinzione che l’ intento della maggioranza di centro-destra fosse quello di creare una legge che ridimensionasse la vittoria degli avversari e creasse difficoltà al nuovo esecutivo. Tutti fattori, questi, che avrebbero (e, nei fatti, hanno) notevolmente danneggiato il paese. 

Svolta questa considerazione preliminare, vediamo il contenuto della legge 27 gennaio 2006, n. 22. Alcune novità introdotte dalla legge sono positive. Ad esempio ricordiamo fra queste la possibilità, per coloro che dipendono da apparecchiature elettromedicali, di votare a domicilio. I cittadini che sono temporaneamente all’ estero impegnati in missioni internazionali, che sono dipendenti dello stato o professori universitari che si trovano all’ estero per motivi di servizio possono esprimere il loro voto nella circoscrizione estero. Negativa, a mio avviso, è la nuova normativa prevista dalla legge 22 del 2006 in materia di spese elettorali, che subiscono un incremento. A questo proposito,  nel volume intitolato “Proporzionale ma non solo. Le elezioni politiche del 2006”, è contenuto un interessante capitolo scritto da Carlo Fusaro, riguardante la legge elettorale del 2005. In esso l’ autore tratta anche della legge n. 22 del 2006; in base a calcoli da lui effettuati, il limite massimo di spesa per ciascun candidato sale da una cifra inferiore a 90.000 euro a circa 1.400.000 euro; inoltre le spese sostenute dal partito riconducibile al candidato non concorrono al raggiungimento di tale limite, mentre prima le spese del partito concorrevano al raggiungimento del limite. Per il computo del limite di spesa per i partiti si sommano gli iscritti in tutte le liste elettorali di ogni circoscrizione (della Camera e del Senato); poiché la spesa per ciascun

 

 

 

iscritto è di 1 euro, il totale è di circa 87.000.000 di euro; è soppresso il limite alle contribuzioni che le persone fisiche, le persone giuridiche o le associazioni possono dare ad un candidato (prima era di circa 12.600 euro); infine, è stato elevato da 6.500 euro a 20.000 euro il limite al di sopra del quale è obbligatoria l’ indicazione nominativa dei contributori. 

 

 

2.2.2 Il voto degli italiani all’ estero

 

Il 17 gennaio 2000 fu varata una legge costituzionale (n. 1) che ha

riformato l’ art. 48 della Costituzione inserendo in esso una disposizione significativa che prevede che gli italiani residenti all’ estero possano esprimere il loro voto: “La legge stabilisce requisiti e modalità per l’ esercizio del diritto di voto dei cittadini residenti all’ estero e ne assicura l’ effettività. A tal fine è istituita una circoscrizione Estero per l’ elezione delle Camere (…)”. Conseguentemente a questa riforma, il 23 gennaio 2001 un’ altra legge costituzionale (la n. 1) ha provveduto a modificare gli articoli 56 e 57 della Costituzione inserendo in essi le disposizioni riguardanti i seggi da attribuire alla circoscrizione Estero nelle due Camere. Abbiamo già avuto modo di vedere, analizzando i due articoli in questione, che essi sanciscono che i seggi per la Camera sono 12 e quelli per il Senato sono 6. La legge elettorale del 2005 contiene le norme da seguire nella procedura di assegnazione dei seggi per quanto riguarda il territorio nazionale. Con riferimento, invece, all’ attribuzione dei seggi nella circoscrizione Estero, lo strumento normativo che dobbiamo considerare è la legge n. 459 del 27 dicembre 2001. Consideriamo, anzitutto, l’ art. 6, il quale stabilisce che la circoscrizione Estero è suddivisa nelle seguenti ripartizioni:

3        Europa;

4        America meridionale;

5        America settentrionale e centrale;

6        Africa, Asia, Oceania e Antartide.

Per ogni ripartizione sono eletti un Deputato ed un Senatore; i rimanenti seggi sono suddivisi tra le ripartizioni in proporzione del numero di cittadini italiani che vi risiedono, sulla base dei quozienti interi e dei più alti resti.

In base all’ art. 7 è istituito, presso la Corte di appello di Roma, l’ Ufficio centrale per la circoscrizione Estero. L’ art. 8 stabilisce le norme

 

 

 

per la presentazione delle liste di candidati. In particolare la lettera b) del comma 1 sancisce che i candidati devono essere residenti ed elettori nella relativa ripartizione. 

Con l’ art. 11 inizia la parte della legge che stabilisce le norme per la procedura di votazione e di assegnazione dei seggi. Il comma 1 prevede che l’ assegnazione dei seggi tra le varie liste avviene in ragione proporzionale per ciascuna ripartizione. Il comma 3 prevede che gli elettori possano esprimere due voti di preferenza nelle ripartizioni a cui sono assegnati due o più Deputati o Senatori ed un solo voto di preferenza nelle altre. E’ questo l’ unico caso in cui, con il vigente sistema elettorale, l’ elettore può esprimere preferenze.

L’ art. 15 statuisce che l’ Ufficio centrale per la circoscrizione Estero determina la cifra elettorale di ciascuna lista per ogni ripartizione; tale

cifra è data dalla somma dei voti validi ottenuti nell’ ambito della ripartizione. Successivamente l’ Ufficio individua la cifra elettorale del singolo candidato, data dalla somma dei suffragi ottenuti dal candidato nell’ ambito della ripartizione. Attraverso un procedimento simile a quello previsto per l’ assegnazione dei seggi alle liste nelle circoscrizioni nazionali, i seggi vengono suddivisi tra le varie liste e, a seguire, tra i vari candidati, in base alle cifre individuali.

In base all’ art. 16, il seggio che si renda vacante è assegnato, nell’ ambito della stessa ripartizione, al candidato che nella lista segue immediatamente l’ ultimo degli eletti nella graduatoria delle cifre individuali e, in assenza di questi, nella lista.

La legge n. 459 del 2001 stabilisce anche norme per la procedura di voto. L’ art. 1, comma 2 prevede che i cittadini residenti all’ estero votino per corrispondenza o, in alternativa (comma 3), in Italia.

Le polemiche che seguirono le elezioni politiche del 2006 riguardarono anche il voto degli italiani all’ estero. Può essere giusto che anche coloro che risiedono e vivono fuori dall’ Italia concorrano alle scelte politiche che riguardano la loro nazione di origine, ma è chiaro che, poiché il loro voto si esprime per corrispondenza, esso è più soggetto ad eventuali manipolazioni e meno garantito. Inoltre c’ è difficoltà nello stabilire chi siano gli italiani all’ estero; questo interrogativo, che potrebbe apparire banale, in realtà non è di poco conto. A questo proposito ricordiamo che fin dalla legge n. 555 del 13 giugno 1912, l’ ordinamento italiano ha sempre avuto favore per lo jus sanguinis. Tale principio prevale anche nella legge 5 febbraio 1992, n. 91.

La preferenza per lo jus sanguinis fa sì che possano essere riconosciuti come cittadini italiani anche coloro che discendono in linea retta da cittadini italiani, anche se hanno sempre vissuto all’ estero. Non solo,

 

 

 

ma tali individui possono anche cumulare due cittadinanze (Italia più Stato di residenza). Si comprende facilmente come le persone ora menzionate potrebbero non avere più alcun legame (magari neppure linguistico) con l’ Italia e potrebbero non avere alcun interesse a riallacciare tale legame. Stando così le cose non appare equo che esse abbiano la possibilità di incidere sulle scelte politiche italiane.   

 

 

3. Considerazioni conclusive sulla legge 270 del 2005

 

Complessivamente non si può dare un giudizio positivo sulla legge elettorale del 2005. Del resto gli stessi esponenti del centro-destra, che nel dicembre 2005 approvarono così velocemente la legge, riconoscono

oggi la necessità e l’ urgenza di riformare il sistema; sicché oggi, all’ inizio del 2008, la riforma elettorale è in primo piano nell’ agenda politica e ci si aspetta che lo sia sempre di più dopo che la Corte Costituzionale ha dichiarato l’ ammissibilità del referendum abrogativo sulla legge del 2005.

Il problema principale posto dall’ attuale legge elettorale è dato dal meccanismo di elezione del Senato; si ritiene che l’ attuale situazione di stallo che si verifica nella seconda Camera, derivante dal fatto che la maggioranza è estremamente esigua, sia il frutto del premio di maggioranza assegnato non su base nazionale, bensì regione per regione. Ora, poiché in base alla Costituzione (art. 94) il Governo deve avere la fiducia delle due Camere, è chiaro che anche il Senato può “fare crisi”. Con una situazione così confusa ed incerta nella Camera alta l’ esecutivo è sempre soggetto a possibili crisi, soprattutto se si tiene conto del fatto che le coalizioni sono estremamente eterogenee e frammentate. Concentriamo l’ attenzione sul fatto che la legge del 2005 opera in un regime di bicameralismo perfetto (come si è detto ora anche il Senato “fa le crisi”): dal momento che essa non assicura che la coalizione (o la lista) vincente alla Camera sia vincente anche al Senato, si può facilmente comprendere che l’ eventualità in questione generi una situazione di paralisi e di ingovernabilità. Una situazione simile si è verificata proprio nelle elezioni politiche del 2006: infatti, grazie al premio di maggioranza nazionale alla Camera il centro-sinistra ha un’ ampia maggioranza, ma a causa del premio di maggioranza regionale, al Senato si è creata una situazione di quasi parità che rende spesso decisivo il voto dei 6 Senatori eletti all’ estero e dei Senatori a vita.

 

 

 

Altro elemento negativo che questa legge porta con sé è costituito dalle liste bloccate; ciò implica che l’ elettore non può esprimere preferenze, ma solo votare per un partito apponendo un segno sul simbolo. In tal modo vengono eletti, progressivamente, coloro che sono nei primi posti nella lista. Questa disposizione dà grande forza ai partiti (che porranno nei primi posti della lista le personalità più docili e obbedienti) e ridimensiona di molto la possibilità di scelta degli elettori. Inoltre la lista bloccata deresponsabilizza molto i candidati nei confronti dei loro elettori; ai candidati basterà avere una buona disciplina di partito.  

Altra norma fortemente partitocratica è quella in base alla quale non è richiesta alcuna sottoscrizione per quei partiti o gruppi politici che sono già costituiti in gruppi parlamentari in entrambi i rami del Parlamento all’ inizio della legislatura in corso al momento della convocazione dei comizi. Abbiamo poi visto che non è necessaria alcuna sottoscrizione per quei partiti o gruppi che si collegano a quelli ora menzionati e che

abbiamo conseguito almeno un seggio al Parlamento Europeo nelle ultime elezioni con il medesimo contrassegno. Come già osservato, questa disposizione avvantaggia i partiti già stabilmente presenti nell’ agone politico-parlamentare e crea, invece, difficoltà alle nuove forze.

Negativa è anche la norma che prevede la nomina in luogo del sorteggio degli scrutatori, di cui abbiamo già trattato.

Ancora, tra gli elementi negativi della legge 270 del 2005 ricordiamo il notevole svilimento del legame tra territorio e candidati, al quale corrisponde un rafforzamento tra candidati e partiti. Tutto ciò deriva sia dalle liste bloccate, sia dall’ eliminazione dei collegi uninominali. Anche il fatto che la legge preveda la possibilità di candidarsi in più circoscrizioni (anche in tutte!) e che l’ unico limite posto alle candidature sia quello dell’ impossibilità di presentarsi in entrambe le Camere è un difetto grave.

Ancora, torniamo sul fatto che i seggi della circoscrizione Estero e quello della Valle d’ Aosta sono esclusi dal collegamento in coalizione ai fini dell’ assegnazione del premio: ciò determina una disparità tra gli elettori inaccettabile.

Infine, se da una parte il premio di maggioranza previsto dalla legge può incentivare una razionalizzazione del sistema partitico attraverso l’ aggregazione delle liste in coalizioni, dall’ altro, il sistema proporzionale, benché siano presenti soglie di sbarramento, incoraggia al contrario la proliferazione dei partiti e la frammentazione dell’ agone politico-parlamentare.

In conclusione, non bisogna commettere l’ errore di credere che la legge elettorale del 2005 sia all’ origine di tutti i mali, in quanto molte

 

 

 

delle deficienze del nostro sistema politico sono già insite e connaturate in esso e nella frammentarietà della società italiana. La legge del 2005 non fa che acuire tali difetti.       

 

 

   

[Fine prima parte. Segue la Seconda parte con l’analisi dei sistemi tedesco, francese, spagnolo]

 


 FONTI BIBLIOGRAFICHE - PRIMA PARTE

 

·        BARBERA (A.), FUSARO (C.), Corso di diritto pubblico, Il Mulino, Bologna, 2006.

 

·        2D’ ALIMONTE (R.) – CHIARAMONTE (A.) (a cura di) Proporzionale, ma non solo. Le elezioni politiche del 2006, Il Mulino, Bologna, 2007; In particolare si è fatto riferimento al cap. III scritto da Carlo Fusaro ed al cap. IV scritto da Giovanni Tarli Barbieri;

 

·        FUSARO (C.), Elezioni, voce tratta dal Dizionario di diritto pubblico diretto da S. Cassese, vol. 3°, Giuffré, Milano, 2006;

 

·        GIARDINA (A.), SABBATUCCI (G.), VIDOTTO (V.), Manuale di storia, vol. 3°: l’ età contemporanea, Laterza, Roma-Bari, 1992;

 

·        MARTINES (T.), Diritto costituzionale, Giuffré, Milano, 1997;

 

·        PASQUINO (G.), I sistemi elettorali, Il Mulino, Bologna, 2006;

 

·        SCHEPIS (G.), Elezioni (storia), voce tratta dall’ Enciclopedia del diritto, vol. 14°, Giuffré, Milano, 1965.

 

 

Siti Internet

 

1       www.camera.it;

 

2       www.senato.it.