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    SCUOLA  E 
  ISTRUZIONE IN ITALIA   Di Federico
   Novelli    Ottobre 2008       INDICE   1. INTRODUZIONE. 1   2. LA LEGISLAZIONE SCOLASTICA
  NELL’ ITALIA UNITA.. 1   3. LA SCUOLA NELL’ ORDINAMENTO
  COSTITUZIONALE REPUBBLICANO E NELLA LEGISLAZIONE VIGENTE. 1   5. LA RIFORMA MORATTI 1   6. L’ ATTUAZIONE DELLA RIFORMA
  MORATTI 1   7. L’ ANALISI DELLE VARIE
  TIPOLOGIE DI SCUOLA NEL VIGENTE SISTEMA.. 1 7.1 La scuola dell’ infanzia. 1 7.2 La scuola primaria. 1 7.3 La scuola secondaria di 1°
  grado. 1 7.4 La scuola secondaria di 2°
  grado. 1 7.4.1   I percorsi liceali 1 7.4.2 Gli istituti tecnici e gli
  istituti professionali 1   8. IL SISTEMA DI ISTRUZIONE NON
  STATALE. 1 8.1 LE VARIE TIPOLOGIE DI SCUOLE
  NON STATALI 1   9. L’ AUTONOMIA DELLE ISTITUZIONI
  SCOLASTICHE. 1 9.1 L’ autonomia finanziaria e
  contabile. 1 9.2 L’ autonomia didattica. 1 9.3 L’ autonomia organizzativa. 1 9.4 L’ autonomia di ricerca,
  sperimentazione e sviluppo. 1 9.5 L’ autonomia funzionale. 1   10. SITUAZIONE ATTUALE E
  PROSPETTIVE FUTURE PER IL SISTEMA SCOLASTICO ITALIANO.. 1   BIBLIOGRAFIA.. 1 SITI INTERNET  1   APPENDICE. 1 DECRETO-LEGGE 1 settembre 2008, n.
  137 – Disposizioni urgenti in materia di istruzione e università. 1 Schema di piano programmatico del
  Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca di concerto
  con il Ministro dell’Economia e delle Finanze di cui all’art. 64 del decreto
  legge 25 giugno 2008, n. 112 convertito dalla legge 6 agosto 2008, n. 133. 32 Accesso studenti stranieri, la
  proposta della Lega. 48 
  
 1) - INTRODUZIONE  Il
  termine “scuola” deriva dal greco scholè,
  parola che significa ozio, tempo libero, ossia tempo dedicato agli studi e
  non al lavoro.  Oggi la scuola costituisce
  (dovrebbe costituire) l’ istituzione ed il luogo nel quale si studia, ci si
  istruisce e si cresce culturalmente, si acquista spirito critico e ci si
  prepara alla vita.  Se queste sono le
  finalità dell’ istituzione scolastica allora si comprende l’
  importanza di essa per tutti gli individui.  Col secolo dei lumi, con la
  manifesta inadeguatezza dell’assolutismo, con l’avvento dello stato moderno,
  sono aumentati i compiti e le funzioni dello stato stesso, sicché esso ha
  puntato a  rendere generale l’interesse
  alla istruzione dei cittadini,  entrata
  a pieno titolo, a partire dagli anni 60 del ‘700, tra gli obbiettivi primari
  dello stato e divenuta, appunto, pubblica.
  Al 1763 risale, infatti, l’ emanazione, da parte di Federico 2° di Prussia,
  di un regolamento che riservava all’ autorità pubblica l’
  attività di programmazione e quella ispettiva.  La rivoluzionaria Costituzione
  francese del 1793 (la più radicale tra quelle nate durante l’ epoca
  rivoluzionaria, non fu mai attuata) riconosceva, all’ interno della sua
  Dichiarazione dei Diritti, il diritto all’ istruzione.  Nel corso del 19° secolo l’
  istruzione è divenuta funzione pubblica statale ed ha assunto i
  caratteri fondamentali della gratuità e della obbligatorietà.  Anche in Italia si è
  presa coscienza della necessità di organizzare un sistema di istruzione
  pubblica, e ciò già prima del conseguimento dell’ unità.
  Infatti risale al 1847 l’ istituzione del Ministero della Pubblica Istruzione
  nel Regno di Piemonte e Sardegna. Proprio l’ assetto dell’ istruzione
  costruito in Piemonte dal 1847 è stato esteso al Regno d’ Italia.    2. LA LEGISLAZIONE SCOLASTICA NELL’
  ITALIA UNITA  A partire
  dal 1848 si sono susseguiti provvedimenti normativi in materia di istruzione,
  fra i quali il più importante è il r.d.l. n. 3725 del 13
  novembre 1859, la cosiddetta legge Casati.
   Essa prevedeva un’ istruzione
  elementare quadriennale, obbligatoria per i primi due anni; successivamente
  gli studenti potevano scegliere tra più vie:    ·        
  il ginnasio (5 anni) che dava sbocco al liceo
  classico (3 anni);  ·        
  la scuola normale per la preparazione degli
  insegnanti elementari (3 anni); ·        
  un canale di istruzione professionale che
  comprendeva le scuole biennali tecniche e gli istituti tecnici.    E’ opportuno domandarsi, a
  questo punto, quale fosse, nell’ Italia che aveva da poco raggiunto l’
  unità, la consapevolezza dell’ importanza della scuola e dell’
  istruzione e quali fossero le strategie per rendere il sistema efficiente.
  Per quanto riguarda il primo punto si potrebbe dire che, vista l’ istituzione
  del Ministero della Pubblica Istruzione fin dal 1847, la classe dirigente
  fosse cosciente del fatto che l’ istruzione dovesse essere garantita ai
  cittadini attraverso un sistema pubblico; ciò rappresenta una vera
  scelta di civiltà. Inoltre la legge Casati del 1859 prevedeva un
  sistema scolastico abbastanza razionale in quanto cercava di assicurare a
  tutti un minimo di scolarizzazione calibrando la tipologia del corso di studi
  superiori sulle diversificate capacità e potenzialità degli
  studenti.  Modificazioni alla legge Casati
  sono state apportate dal Ministro Coppino attraverso la legge 15 luglio 1877,
  n. 3968, che aumentò gli anni di istruzione elementare portandoli a 5
  e stabilendo l’ obbligo a 3 anni (dai 6 ai 9 anni di età), in luogo
  dei soli 2 previsti dalla legge Casati. Se da una parte la classe dirigente
  del neonato stato italiano aveva coscienza della necessità di
  garantire un minimo di istruzione a tutti i cittadini, dall’ altra sorgevano
  contrasti in seno ad essa per quanto riguardava la gestione delle diverse
  tipologie di studi: tale problema si pose nel 1861, allorquando fu creato il
  Ministero dell’ Agricoltura, dell’ Industria e del Commercio. Si decise,
  allora, di porre gli istituti tecnici sotto la gestione di questo Ministero,
  in quanto si credeva che nell’ ambito dell’ istruzione tecnica esso potesse
  agire meglio rispetto al Ministero della Pubblica Istruzione. Quando, nel
  1877, fu abolito temporaneamente il Ministero dell’ Agricoltura, dell’
  Industria e del Commercio, gli istituti tecnici tornarono sotto la gestione
  del Ministero della Pubblica Istruzione con r.d. 20 dicembre 1877, n. 4220.  Nel 1878 (legge 30 giugno 1878,
  n. 4449), fu ripristinato il Ministero dell’ Agricoltura, dell’ Industria e
  del Commercio e di nuovo si ricostruì un’ istruzione tecnica
  più specializzata e autonoma dalla formazione scolastica.  Emergeva, così, il
  dualismo tra formazione scolastica, più alta e finalizzata al
  proseguimento degli studi fino ai massimi livelli, e formazione
  tecnico-professionale, di livello più basso, finalizzata all’
  apprendimento dei mestieri.  Altra tappa importante nella
  storia della scuola italiana è costituita dalla legge Orlando dell’ 8
  luglio 1904, la quale estendeva l’ obbligo scolastico dal 9° al 12° anno d’
  età e riduceva a 4 anni l’ istruzione elementare.  Per quanto riguarda,
  invece,  l’ impostazione dei corsi di
  studi superiori occorre segnalare l’ istituzione, nel 1911, della sezione
  moderna dei licei ginnasi, trasformata nel 1923 nei licei scientifici.  Considerando gli aspetti
  gestionali del sistema dell’ istruzione occorre notare che, a partire dai
  primi anni del ‘900 e fino agli anni 30 lo Stato assunse gradualmente la
  gestione dei vari istituti sia elementari, sia secondari, mentre gli enti
  locali erano solamente tenuti a dare il loro contributo fornendo beni e
  servizi. A tale proposito si deve fare riferimento alla legge 4 luglio 1911,
  n. 487 (legge Daneo-Credaro), la quale sancì il passaggio allo Stato
  delle competenze in materia di scuole elementari; i comuni capoluoghi di
  provincia e quelli che ne avessero fatto richiesta avrebbero continuato a
  mantenere le proprie competenze.  Veniva così ribaltata l’
  impostazione originaria che vedeva gli enti locali gestire la scuola
  elementare, mentre il controllo amministrativo dello Stato interessava
  solamente le Università e alcuni ginnasi e scuole normali.   Non si può prescindere,
  in questo excursus, dalla riforma operata negli anni 20
  da Giovanni Gentile. L’ impostazione che Gentile diede al sistema fu
  piuttosto elitaria e tendente a far confluire nell’ ambito scolastico (o,
  meglio, nell’ ambito del Ministero dell’ Istruzione) ogni istituzione
  formativa, anche tecnica. Elementi fondamentali della riforma furono: ·                              
  l’ elevazione dell’ obbligo scolastico fino a
  14 anni d’ età; in tal modo l’ istruzione elementare veniva portata a
  5 anni; ·                              
  l’ introduzione di corsi integrativi di
  avviamento professionale della durata di 3 anni, da effettuarsi dopo le
  elementari (la sesta, la settima e l’ ottava elementare); ·                              
  la trasformazione delle scuole tecniche in
  scuole complementari, integrative delle elementari; ·                              
  la fusione della sezione fisico-matematica
  dell’ istituto tecnico con la sezione moderna del ginnasio, che diede vita al
  liceo scientifico; ·                              
  l’ istituzione dell’ istituto magistrale per
  la preparazione dei maestri elementari; ·                              
  la previsione di controlli per l’
  inadempimento dell’ obbligo scolastico; ·                              
  l’ insegnamento obbligatorio della religione
  cattolica; ·                              
  l’ istituzione di scuole speciali per gli
  handicappati sensoriali della vista e dell’ udito; ·                              
  il passaggio al Ministero dell’ economia
  nazionale della sezione industriale dell’ istituto tecnico; ·                              
  il passaggio al Ministero dell’ Istruzione
  delle scuole artistiche.   Nel 1928, con r.d.l. 17 giugno
  1928 n. 1314, ogni istituzione formativa fu posta sotto la gestione del
  Ministero dell’ Educazione Nazionale (ex Ministero dell’ Istruzione).  Negli anni 30 rimasero fuori
  della gestione del Ministero dell’ Educazione Nazionale (ma comunque sotto la
  sua vigilanza) solamente i corsi a carattere meramente addestrativo e l’
  istruzione professionale delle maestranze occupate.  Durante il Fascismo il ruolo
  totalizzante del Partito Nazionale Fascista investì anche la scuola,
  tanto che ad esso venne affidata l’ assistenza scolastica, come anche l’
  educazione fisica.  Alla caduta del Fascismo, il
  Ministero della Pubblica Istruzione riacquistò le proprie competenze
  in materia di:  ·                                
  assistenza scolastica ed educazione fisica
  (r.d.l. 2 agosto 1943, n. 704); ·                                
  vigilanza sulle scuole private (durante il
  Fascismo essa era di competenza dell’ ente nazionale per l’ insegnamento
  medio e superiore, soppresso con d.lg.lt. 24 maggio 1945, n. 412). Venne poi istituita la scuola
  popolare per gli adulti, gestita dal Ministero della Pubblica Istruzione, con
  d.lg.C.p.S. 17 dicembre 1947, n. 1599.   3. LA SCUOLA NELL’ ORDINAMENTO
  COSTITUZIONALE REPUBBLICANO E NELLA LEGISLAZIONE VIGENTE  La Costituzione
   Repubblicana del 1948 ha sancito i capisaldi del sistema dell’
  istruzione nel nuovo ordinamento democratico. Essi si trovano negli artt. 33
  e 34. Il principio più importante sancito nell’ art. 33 della
  Costituzione è la libertà di insegnamento. Di seguito l’ art.
  33 prescrive che la
   Repubblica ponga le norme generali sull’ istruzione ed
  istituisca scuole per ogni ordine e grado. Ancora,  l’ art. 33 stabilisce che anche istituzioni
  private possono costituire scuole senza oneri per lo Stato.    L’ art. 34 stabilisce, invece,
  che la scuola è aperta a tutti e che l’ istruzione inferiore è
  obbligatoria, gratuita e impartita per un periodo di almeno otto anni.
  Inoltre, sempre in base all’ art. 34, i capaci e meritevoli hanno diritto di
  raggiungere i più alti livelli negli studi, anche se privi di mezzi. A
  tal fine sono istituite borse di studio. Dunque all’ interno della
  Costituzione Repubblicana sono consacrati due principi che potremmo definire
  speculari: da un lato la libertà dell’ insegnamento, dall’ altro il
  diritto di tutti ad essere istruiti (“La scuola è aperta a tutti”,
  come recita l’ art. 34, comma 1).  Il fatto che nella Costituzione
  siano sanciti i principi fondamentali riguardanti il sistema dell’ istruzione
  dimostra l’ importanza che lo Stato assegna alla scuola: infatti è lo
  Stato stesso che assume l’ onere di garantire il diritto all’ istruzione  per tutti. Ciò perché la scuola ha
  il compito di formare i futuri cittadini e la futura società.  Tanto è considerata
  fondamentale l’ istruzione che la Costituzione ha stabilito che essa debba
  essere, almeno per un primo periodo, obbligatoria e gratuita; ciò
  significa che il cittadino, per un certo periodo di tempo della sua vita, deve necessariamente essere istruito
  anche, eventualmente, contro la sua volontà. Ciò fa sì
  che si parli di servizio pubblico sociale a fruizione coattiva.
  L’ obbligo scolastico, sancito in Costituzione (l’ art. 34 fa riferimento ad
  un periodo di almeno 8 anni) si giustifica anche alla luce di altre
  importanti disposizioni costituzionali, ossia gli artt. 3 e 4. Con
  riferimento all’ art. 3 si può dire che l’ obbligo scolastico permette
  la realizzazione dell’ uguaglianza sostanziale e del pieno sviluppo della
  persona umana; consente, inoltre, la partecipazione all’ organizzazione
  politica, economica e sociale del Paese.  Per quanto riguarda, invece, la
  disposizione dell’ art. 4 si deve considerare il fatto che l’ istruzione
  costituisce un dovere sociale: infatti l’ assolvimento dell’ obbligo
  scolastico è un’ azione propedeutica allo svolgimento, “secondo le
  proprie possibilità e la propria scelta, di un’ attività o di
  una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della
  società”.  Dunque l’ istruzione è,
  da una parte, diritto soggettivo, dall’ altra dovere sociale.  Nell’ analisi delle norme
  costituzionali che trattano di scuola e istruzione si deve anche fare
  riferimento alla riforma del Titolo 5° ed al nuovo art. 117. Come è
  noto, la
   Costituzione Repubblicana prevede il decentramento
  amministrativo nei servizi che dipendono dallo Stato (art. 5); tra questi va
  certamente annoverato quello dell’ istruzione.  L’ art. 117, come riformato nel
  2001 dalla legge costituzionale n. 3, sancisce che: ·                                                                   
  lo Stato ha potestà legislativa
  esclusiva per quanto riguarda le norme generali sull’ istruzione (cfr. anche
  l’ art. 33); ·                                                                   
  Stato e Regioni hanno potestà
  legislativa concorrente in materia di istruzione, salva l’ autonomia delle
  istituzioni scolastiche e con l’ esclusione dell’ istruzione e della
  formazione professionale.        Sebbene l’ istruzione sia da
  garantire come servizio pubblico, il costituente, ha lasciato anche ai
  privati la possibilità di offrire il servizio dell’ istruzione,
  creando un equilibrio tra pubblico e privato e  favorendo il pluralismo nell’ istruzione,
  fondamentale in una società aperta e democratica. Tuttavia l’ art. 33
  della Costituzione pone un limite preciso alla possibilità per i
  privati di offrire il servizio: che essi istituiscano scuole senza oneri per lo Stato; inoltre gli
  istituti creati da privati devono chiedere la parità e la legge, nel
  fissare i diritti e gli obblighi per le scuole non statali deve assicurare ad
  esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico
  equipollente a quello riservato a coloro che frequentano istituti statali.  Dopo l’ entrata in vigore della
  Costituzione Repubblicana, la riforma della scuola operata da Giovanni
  Gentile nel 1923 rimase sostanzialmente in vigore fino a quando, nel 1962, il
  Parlamento approvò la legge istitutiva della scuola media unica (legge
  31 dicembre 1962, n. 1859). Veniva in tal modo attuata la disposizione dell’
  art. 34 della Costituzione in base alla quale l’ istruzione deve essere
  impartita per almeno 8 anni e deve essere obbligatoria e gratuita. La legge
  del 1962 aboliva le scuole di avviamento professionale, i primi 3 anni del
  ginnasio, i primi 4 anni degli istituti magistrali e tecnici, i corsi
  inferiori dei conservatori di musica e delle scuole d’ arte e le classi
  post-elementari previste dal T.U. n. 577 del 1928.  La scuola media unica, che
  è scuola secondaria di 1° grado, garantisce a una formazione di base
  uguale per tutti.  Altro elemento di novità
  nel periodo repubblicano è costituito dall’ introduzione, nel 1968,
  della scuola materna statale (legge 18 marzo 1968, n. 444), la quale accoglie
  i bambini dai 3 ai 6 anni di età preparandoli alla scuola dell’
  obbligo e contribuendo con la famiglia allo sviluppo della loro
  personalità. Nel 1971 venne istituito il tempo
  pieno (legge 24 settembre 1971, n. 820). Nel 1973 venne emanata una
  legge delega (legge 30 luglio 1973, n. 477) con la quale il Parlamento
  delegava il Governo all’ emanazione di norme sul riordinamento dell’
  organizzazione della scuola e sullo stato giuridico del personale direttivo,
  ispettivo, docente e non docente della scuola dello Stato. La risultante
  furono i decreti legislativi nn. 416, 417, 418, 419, 420, emanati il 31
  maggio 1974. Le norme in essi contenute riguardavano, tra l’ altro: ·                                   
  Istituzione e riordinamento degli organi
  collegiali della scuola  ·                                   
  Sperimentazione e ricerca educativa,
  aggiornamento culturale e professionale; ·                                   
  Stato giuridico del personale della scuola
  statale. Nel 1977, con la legge n. 517,
  si sancì che, in una scuola realmente aperta a tutti devono trovare
  posto anche alunni portatori di handicap.  Nel 1990, con la legge 5 giugno
  1990, n. 148 si attuò la riforma della scuola elementare. L’ art. 1,
  comma 1 della legge stabilisce che la scuola elementare provvede alla
  formazione dell’ uomo e del cittadino secondo i principi sanciti dalla
  Costituzione e nel rispetto e nella valorizzazione delle diversità
  individuali, sociali e culturali. In base al comma 2 dell’ art. 1 la scuola
  elementare assicura la continuità del processo formativo mediante
  opportuni raccordi con la scuola materna e con quella media.  L’ art. 3 stabilisce che le
  classi non possono essere formate da più di 25 alunni, salvo il limite
  di 20 sancito per le classi nelle quali ci sono portatori di handicap.  Novità importante
  è prevista nell’ art. 10, il quale sancisce che nella scuola
  elementare deve essere insegnata una lingua straniera.  Molti dei provvedimenti
  normativi su scuola e istruzione sono stati raccolti in un Testo Unico
  (decreto legislativo n. 297 del 16 aprile 1994). Tuttavia il quadro normativo
  non si esaurisce con il T.U. Occorre infatti considerare altre norme che
  completano il quadro, come ad esempio la normativa contrattuale, quella sul
  pubblico impiego e le norme intervenute dopo l’ emanazione del T.U. a
  regolare la materia.  Tra queste consideriamo le
  più significative: ·                                   
  La legge 10 dicembre 1997, n. 425, che ha
  riformato gli esami di maturità; ·                                   
  La legge 10 febbraio 2000, n. 30, che ha
  riformato i cicli d’ istruzione;  ·                                   
  La legge 20 gennaio 1999, n. 9, che ha
  innalzato l’ obbligo scolastico; ·                                   
  La legge 17 maggio 1999, n. 144, che ha
  introdotto l’ obbligo formativo.  Con riferimento al primo
  provvedimento, esso ha articolato il nuovo esame di Stato su 3 prove scritte
  di cui una a carattere multidisciplinare, e una prova orale. La legge ha
  inoltre introdotto la valutazione in centesimi ed il parametro valutativo del
  credito scolastico.  Il secondo strumento normativo
  menzionato, ossia la legge n. 30 del 2000 ha basato il sistema scolastico su 2
  cicli d’ istruzione (scuola di base e scuola secondaria) in luogo dei
  precedenti 3. Tale legge non è stata sostanzialmente attuata ed
  è stata completamente superata dalla legge 28 marzo 2003, n. 53
  (riforma Moratti).  Il terzo provvedimento (l. 9
  del 1999) ha portato l’ obbligo scolastico da 8 a 10 anni.  L’ ultimo provvedimento
  menzionato (legge 144 del 1999) prevede, a partire dall’ anno scolastico
  1999-2000, l’ obbligo di frequentare attività formative fino al
  compimento del 18° anno d’ età. Tale obbligo può essere assolto
  nel sistema scolastico, in quello della formazione professionale di
  competenza regionale e nell’ esercizio dell’ apprendistato.    5. LA RIFORMA MORATTI  La riforma operata dal Ministro
  dell’ Istruzione Letizia Moratti si è concretizzata nella legge 28
  marzo 2003, n. 53. Detta legge contiene la “delega al Governo per la
  definizione delle norme generali sull’ istruzione e dei livelli essenziali
  delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale”.  L’ art. 1 comma 1 della legge
  stabilisce che il Governo è delegato ad adottare, entro 24 mesi dall’
  entrata in vigore, uno o più decreti legislativi per la definizione
  delle norme generali sull’ istruzione e dei livelli essenziali delle
  prestazioni. Ciò al fine di favorire la crescita e la valorizzazione
  della persona umana, nel rispetto dei ritmi dell’ età evolutiva, delle
  differenze e dell’ identità di ciascuno e delle scelte educative della
  famiglia, nel quadro della cooperazione 
  tra scuola e genitori, in coerenza con il principio dell’ autonomia
  scolastica e con i principi della Costituzione.  L’ art. 2 stabilisce i principi
  ed i criteri direttivi su cui si devono basare i decreti legislativi. I
  più significativi sono: ·                                              
  Promozione dell’ apprendimento in tutto l’ arco
  della vita; pari opportunità di raggiungere elevati livelli culturali
  e di sviluppare le capacità e le competenze; ·                                              
  Promozione del conseguimento di una formazione
  spirituale e morale, anche ispirata ai principi della Costituzione;  ·                                              
  Deve essere assicurato a tutti il diritto all’
  istruzione ed alla formazione per almeno 12 anni  e comunque sino al conseguimento di una
  qualifica entro il diciottesimo anno d’ età; ·                                              
  Il sistema di istruzione e formazione
  professionale si basa su una scuola dell’ infanzia, su un primo ciclo (scuola
  primaria e scuola secondaria di 1° grado) e su un secondo ciclo (licei e
  sistema di istruzione e formazione professionale); ·                                              
  La scuola dell’ infanzia dura 3 anni e
  concorre all’ educazione e allo sviluppo affettivo, psicomotorio, cognitivo,
  morale, religioso e sociale dei bambini e delle bambine dai 3 ai 6 anni; ·                                              
  Il primo ciclo di istruzione è
  costituito dalla scuola primaria che dura 5 anni e dalla scuola secondaria di
  1° grado, che dura 3 anni. La scuola primaria è strutturata in un primo
  anno nel quale si devono raggiungere le strumentalità di base e in due
  periodi didattici biennali. La scuola secondaria di primo grado è
  articolata in un biennio e in un terzo anno che completa prioritariamente il
  percorso e assicura il raccordo con il secondo ciclo; la scuola primaria
  promuove lo sviluppo della personalità nel rispetto delle
  diversità individuali, fa acquisire e sviluppare le conoscenze e le
  abilità di base fino alle prime sistemazioni logico-critiche. Inoltre
  deve far conoscere almeno una lingua dell’ Unione Europea oltre la lingua
  italiana; ·                                              
  Il secondo ciclo è finalizzato alla
  crescita educativa, culturale e professionale dei giovani, allo sviluppo
  dell’ autonoma capacità di giudizio e all’ esercizio della
  responsabilità personale e sociale.  L’ art. 4
  della legge prevede l’ alternanza scuola-lavoro. Gli studenti che hanno
  compiuto il quindicesimo anno d’ età possono frequentare i corsi del
  2° ciclo in alternanza scuola-lavoro. Anche per quanto riguarda questa
  materia il Governo è delegato all’ emanazione di un apposito decreto
  legislativo, secondo principi e criteri direttivi, tra cui: ·                                                            
  Svolgimento dell’ intera formazione dai 15 ai
  18 anni attraverso l’ alternanza scuola-lavoro sotto la responsabilità
  dell’ istituzione scolastica o formativa sulla base di convenzioni con le
  imprese, con le rispettive associazioni di rappresentanza o con le Camere di
  Commercio ·                                                            
  Fornire indicazioni generali per il
  reperimento e l’ assegnazione delle risorse finanziarie necessarie alla
  realizzazione dei percorsi di alternanza.  Per quanto
  riguarda la formazione degli insegnanti, l’ art. 5 stabilisce principi e
  criteri direttivi ai quali si devono uniformare i decreti legislativi di cui
  all’ art. 1. Tra questi ricordiamo: ·                             
  La formazione di base per gli insegnanti deve
  essere di pari dignità per tutti i docenti e avviene nei corsi
  universitari di laurea specialistica.        Il primo provvedimento
  normativo attuativo della riforma Moratti è il decreto legislativo 19
  febbraio 2004, n. 59. Esso contiene norme di carattere generale sulla scuola
  dell’ infanzia, sul primo ciclo d’ istruzione e sulle prestazioni essenziali
  che devono essere fornite da tutte le istituzioni scolastiche.  Il decreto è abbastanza
  schematico e contiene disposizioni riguardanti le finalità, l’
  accesso, le attività educative e didattiche ed il sistema di
  valutazione nella scuola dell’ infanzia e nel primo ciclo d’ istruzione
  (scuola primaria e scuola secondaria di 1° grado). Per quanto concerne il
  termine del primo ciclo d’ istruzione, sono previsti esami di stato.   Nel decreto sono anche
  contenuti degli allegati indicanti le indicazioni nazionali per i piani
  personalizzati delle attività educative nelle scuole dell’ infanzia
  (allegato A), le indicazioni nazionali per i piani di studio personalizzati
  nella scuola primaria (allegato B) e in quella secondaria di 1° grado
  (allegato C). Infine, l’ allegato D contiene
  il “profilo educativo, professionale e culturale dello studente alla fine del
  primo ciclo d’ istruzione (6-14 anni)”.  Le scuole devono attenersi ai
  piani suddetti, agendo però in autonomia. Ciò significa che
  hanno valore vincolante solamente gli obiettivi generali e quelli specifici
  di apprendimento.  Altro decreto di attuazione
  della riforma Moratti è il decreto legislativo 15 aprile 2005, n. 76,
  il quale contiene le norme generali sul diritto-dovere all’ istruzione e alla
  formazione professionale.   Il diritto-dovere dell’
  istruzione si realizza nei 2 cicli di scuola primaria e scuola secondaria.  Poiché, come è stato
  già detto, l’ istruzione costituisce anche un dovere sociale (cfr. l’
  art. 4 della Costituzione), è necessario anche porre delle norme
  riguardanti la vigilanza sul rispetto dell’ obbligo scolastico. In base all’
  art. 7 del decreto sono previsti meccanismi sanzionatori per gli
  inadempimenti. La responsabilità per l’ adempimento dell’ obbligo
  spetta ai genitori dei minori o a coloro che ne fanno le veci. Alla
  vigilanza, invece, provvedono:  ·                             
  Il comune di residenza dei giovani soggetti
  all’ adempimento; ·                             
  I dirigenti scolastici o i responsabili; ·                             
  I servizi per l’ impiego. Gli studenti possono assolvere
  all’ obbligo scolastico, per quanto riguarda il 2° ciclo, anche attraverso il
  percorso formativo di alternanza scuola-lavoro, tra i 15 ed i 18 anni d’
  età. Ciò in base al decreto legislativo 15 aprile 2005, n. 77.
  I percorsi di alternanza sono progettati, attuati, verificati e valutati
  sotto la responsabilità dell’ istituzione scolastica, sulla base di
  accordi con le imprese, con le associazioni di rappresentanza di queste, le
  camere di commercio e altri enti, pubblici o privati. I percorsi di
  alternanza si svolgono alternando, appunto, periodi di apprendimento in aula
  e periodi di lavoro in imprese. L’ ultimo dei decreti attuativi
  della riforma Moratti è il d. lgs. 17 ottobre 2005, n. 226, il quale
  ha riformato il secondo ciclo d’ istruzione ossia quello riguardante la
  scuola secondaria superiore.  L’ art. 1, comma 3, del decreto
  sancisce che nel secondo ciclo di istruzione si persegue la formazione
  intellettuale, spirituale e morale degli studenti, anche ispirata ai principi
  della Costituzione, lo sviluppo della coscienza storica, dell’ appartenenza
  alla comunità locale, alla collettività nazionale e alla
  civiltà europea. Il secondo ciclo è costituito dal sistema dei
  licei e della formazione professionale. Esso realizza il secondo grado dell’
  obbligo (del diritto-dovere) di istruzione e formazione professionale.  Sempre in base all’ art. 1 del
  decreto, lo Stato garantisce i livelli essenziali delle prestazioni relative
  al secondo ciclo d’ istruzione e formazione professionale.  In base all’ art. 2 del
  decreto, la finalità essenziale del secondo ciclo è quella di
  fornire gli strumenti metodologici e culturali per una comprensione
  approfondita ed elevata dei temi legati alla società e alla persona
  nella realtà contemporanea. Ciò affinché lo studente si ponga
  di fronte ad essa con atteggiamento razionale, creativo, progettuale e critico.
   I percorsi liceali hanno durata
  quinquennale e si concludono con un esame di Stato. Il sistema dei licei si
  sviluppa in 8 articolazioni: ·        
  Liceo classico; ·        
  Liceo scientifico; ·        
  Liceo artistico; ·        
  Liceo linguistico; ·        
  Liceo economico; ·        
  Liceo musicale e coreutico; ·        
  Liceo delle scienze umane; ·        
  Liceo tecnologico. Ognuna di queste articolazioni
  approfondisce la cultura liceale nei vari ambiti specifici.
           Come abbiamo avuto modo di
  vedere, la scuola dell’ infanzia fu istituita nel 1968, con la legge n. 444
  ed ha finalità di educazione, sviluppo della personalità
  infantile e preparazione alla scuola dell’ obbligo, integrando l’ opera della
  famiglia. La scuola dell’ infanzia non è obbligatoria, ma facoltativa;
  la frequenza è gratuita.  In base a quanto stabilito
  dalla riforma Moratti e dal decreto legislativo 19 febbraio 2004, n. 59, la
  scuola materna ha durata triennale e concorre allo sviluppo affettivo,
  psicomotorio, cognitivo, morale, religioso e sociale dei bambini dai 3 ai 6
  anni.  L’ orario di funzionamento
  varia da un minimo di 875 ore annuali ad un massimo di 1700, comprensive
  della quota riservata alle regioni, alle istituzioni scolastiche autonome e
  all’ insegnamento della religione cattolica.      La scuola primaria dura 5 anni
  ed è articolata in un anno di raccordo con la scuola dell’ infanzia e
  teso al conseguimento delle strumentalità di base. Gli altri 4 anni
  costituiscono due periodi didattici biennali.  La scuola elementare ha la
  finalità di promuovere la formazione dell’ uomo e del cittadino
  secondo i principi della Costituzione, di dare la prima alfabetizzazione
  culturale e di sviluppare la personalità del fanciullo.  Per quanto concerne gli
  insegnanti, fino ad oggi operano, dopo un primo periodo in cui c’ era l’
  insegnante unico, 3 docenti su 2 classi. La prospettiva che si pone oggi,
  invece, è quella di un ritorno al maestro unico.  L’ orario annuale delle
  lezioni, comprensivo della quota riservata alle regioni, all’ autonomia delle
  istituzioni scolastiche e all’ insegnamento della religione cattolica
  è di 891 ore. Il tempo dedicato alla mensa e al dopo mensa è di
  330 ore massime.  Per quanto riguarda la
  valutazione, essa è affidata ai docenti responsabili delle
  attività didattiche ed educative previste dai piani di studio
  personalizzati; essa è periodica e annuale.  L’ art. 7, commi 5, 6, 7, del
  decreto legislativo 19 febbraio 2004, n. 59, prevede che per le
  attività di cui al comma 2, ossia quelle attività legate alla
  personalizzazione del piano di studi, un docente tutor in possesso di una specifica formazione svolga una funzione
  di orientamento in ordine alla scelta delle stesse.      La scuola secondaria di primo
  grado (scuola media), è articolata in tre anni. Come abbiamo
  già avuto modo di vedere, la scuola media unica fu istituita nel 1962;
  prima di questo anno esistevano la scuola media e la scuola per l’ avviamento
  professionale.  La scuola media è di
  formazione dell’ uomo e del cittadino, che colloca nel mondo, orientativa e
  secondaria.  La riforma Moratti e il decreto
  legislativo n. 59 del 2004, attuativo della stessa, hanno sancito che la
  scuola media: ·           
  È finalizzata alla crescita delle
  capacità autonome di studio e al rafforzamento delle attitudini all’
  interazione sociale; ·           
  Organizza ed accresce, anche attraverso l’
  alfabetizzazione e l’ approfondimento delle tecnologie informatiche, le
  conoscenze e le abilità; ·           
  È caratterizzata dalla diversificazione
  didattica e metodologica in relazione allo sviluppo della personalità
  dell’ allievo; ·           
  Cura la dimensione sistematica delle
  discipline; ·           
  Sviluppa progressivamente le competenze e le
  capacità di scelta in base alle attitudini; ·           
  Fornisce strumenti adeguati alla prosecuzione
  delle attività di istruzione e formazione; ·           
  Introduce lo studio di una seconda lingua
  dell’ Unione Europea; ·           
  Orienta le successive scelte di istruzione e di
  formazione.  L’ orario annuale della scuola
  media è di 891 ore. Possono essere organizzati altri insegnamenti ed
  attività per ulteriori 198 ore annue.  Anche per la scuola secondaria
  di 1° grado è previsto il docente tutor
  per l’ organizzazione e la scelta delle attività dei piani di studio
  personalizzati. La valutazione avviene da parte
  dei docenti su tutti gli apprendimenti, sia obbligatori sia opzionali; ai
  fini della validità dell’ anno scolastico, l’ alunno deve aver
  frequentato almeno i ¾ dell’ orario annuale obbligatorio e facoltativo
  prescelto.  Il primo ciclo di istruzione si
  conclude con un esame di Stato.       La scuola secondaria di 2°
  grado ha lo scopo di preparare gli studenti agli studi universitari o all’
  entrata nel mondo del lavoro.  Prima che nel 2003 intervenisse
  la riforma Moratti, la scuola superiore era organizzata nel sistema dei
  licei, che prevedeva: ·           
  Il liceo classico; ·           
  Il liceo scientifico; ·           
  L’ istituto magistrale (per la preparazione
  degli insegnanti elementari); ·           
  La scuola magistrale (per la preparazione all’
  insegnamento nella scuola materna); ·           
  Gli istituti tecnici; ·           
  Gli istituti professionali; ·           
  I licei artistici; ·           
  Gli istituti d’ arte. La riforma Moratti (legge n. 53
  del 2003) ha ridisegnato il secondo ciclo d’ istruzione, che ora risulta
  disciplinato dal decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226.  Il secondo ciclo è
  articolato nel sistema dei licei e in quello dell’ istruzione e della formazione
  professionale, che sono considerati di pari dignità; essi si
  propongono il fine di promuovere l’ educazione alla convivenza civile, la
  crescita educativa, culturale e professionale dei giovani.        La parola “liceo” deriva dalla
  scuola che Aristotele fondò nel 336 a.C. nel ginnasio dedicato ad Apollo
  Licio. Il liceo di Aristotele è considerato la prima scuola superiore
  della storia e costituisce forse la massima istituzione culturale dell’
  antichità. I licei sono dunque le fondamentali scuole che trasmettono
  la cultura più alta.  In base all’ art. 2 del decreto
  legislativo 17 ottobre 2005, n. 226, “i percorsi liceali forniscono allo
  studente gli strumenti culturali e metodologici per una comprensione
  approfondita ed elevata dei temi legati alla persona ed alla società
  contemporanea, affinché egli si ponga, con atteggiamento razionale, creativo,
  progettuale e critico, di fronte alle situazioni, ai suoi fenomeni e ai
  problemi che la investono, ed acquisisca la padronanza di conoscenze,
  competenze, abilità e capacità, generali e specifiche, coerenti
  con le attitudini e le scelte personali, e le competenze adeguate all’
  inserimento nella vita sociale e nel mondo del lavoro”. I percorsi liceali hanno durata
  quinquennale e si concludono con l’esame di Stato.        In base alla legge 2 aprile
  2007, n. 40, gli istituti tecnici e professionali sono considerati parte del
  sistema di istruzione secondaria in luogo dei percorsi liceali economico e
  tecnologico. Prescrive l’ art. 13, comma 1-bis del decreto coordinato con la
  legge di conversione, che gli istituti tecnici e professionali sono
  finalizzati al conseguimento del diploma di istruzione secondaria superiore e
  attivano ogni opportuno
  collegamento con il mondo del lavoro e dell'impresa, ivi compresi il
  volontariato e il privato sociale, con la formazione professionale, con l'
  universita' e la ricerca e con gli enti locali.  Esistono varie tipologie di
  istituti tecnici e professionali. Per quanto riguarda i primi ricordiamo: ·           
  Istituto tecnico commerciale; ·           
  Istituto tecnico industriale; ·           
  Istituto tecnico per geometri; ·           
  Istituto tecnico agrario; ·           
  Istituto tecnico turistico; ·           
  Istituto tecnico per le attività
  sociali; ·           
  Istituto tecnico aeronautico; ·           
  Istituto tecnico per perito aziendale e
  corrispondente in lingue estere. Fra i secondi: ·           
  Istituto professionale agrario; ·           
  Istituto professionale abbigliamento e moda; ·           
  Istituto professionale chimico e biologico; ·           
  Istituto professionale elettrico ed
  elettronico; ·           
  Istituto professionale meccanico-termico; ·           
  Istituto professionale alberghiero e della
  ristorazione; ·           
  Istituto professionale economico aziendale e
  turistico; ·           
  Istituto professionale per la
  pubblicità; ·           
  Istituto professionale per i servizi sociali. Anche il percorso degli
  istituti tecnici e professionali si conclude con l’ esame di Stato.     L’ art. 33 della Costituzione
  sancisce che enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituzioni
  educative senza oneri per lo Stato. Questo è il principio del
  pluralismo nell’ istruzione: oltre lo Stato, infatti, anche altre istituzioni
  (anche private e religiose, per esempio), possono istituire scuole a
  determinate condizioni. Tali condizioni sono stabilite sia in Costituzione,
  sia anche da fonti legislative ordinarie, quali la legge sulla parità
  scolastica (legge 10 marzo 2000, n. 62). Per quanto concerne la Costituzione si
  è già detto che essa prescrive che le istituzioni educative non
  statali devono essere istituite senza oneri per lo Stato. Per quanto riguarda
  invece la legge sulla parità scolastica, essa stabilisce all’ art. 1,
  comma 4, che le scuole non statali (definite paritarie) siano in linea con i
  seguenti principi:    a)                  
  un progetto educativo in armonia con i
  princípi della Costituzione; un piano dell'offerta formativa conforme agli
  ordinamenti e alle disposizioni vigenti; attestazione della titolarità
  della gestione e la pubblicità dei bilanci; b) la
  disponibilità di locali, arredi e attrezzature didattiche propri del
  tipo di scuola e conformi alle norme vigenti; c) l'istituzione e il
  funzionamento degli organi collegiali improntati alla partecipazione
  democratica; d) l'iscrizione alla
  scuola per tutti gli studenti i cui genitori ne facciano richiesta, purché in
  possesso di un titolo di studio valido per l'iscrizione alla classe che essi
  intendono frequentare; e) l'applicazione delle
  norme vigenti in materia di inserimento di studenti con handicap o in
  condizioni di svantaggio; f) l'organica
  costituzione di corsi completi: non può essere riconosciuta la
  parità a singole classi, tranne che in fase di istituzione di nuovi
  corsi completi, ad iniziare dalla prima classe; g) personale docente
  fornito del titolo di abilitazione; h) contratti individuali
  di lavoro per personale dirigente e insegnante che rispettino i contratti
  collettivi nazionali di settore. I direttori scolastici
  regionali hanno la facoltà di eseguire controlli sull’ esistenza dei
  succitati requisiti con una periodicità non eccedente il triennio.  Possiamo notare, dunque, che il
  sia il Costituente che il legislatore ordinario hanno inteso stabilire un
  sistema di istruzione misto, basato sul pubblico e sul privato, in modo da
  realizzare un sano ed equilibrato pluralismo, congeniale ad una
  società aperta e democratica.  Tuttavia, però, siccome
  l’ istruzione costituisce un settore importante e di dimensione pubblica, lo
  Stato pone comunque dei vincoli e delle condizioni per il suo corretto
  esercizio da parte di altri enti.      La suddivisione delle scuole
  non statali in varie tipologie non vale per la scuola materna.  Invece le scuole elementari non
  statali si dividono in: - scuole parificate: sono quelle create da enti ed associazioni
  aventi personalità giuridica ed equipollenti a quelle statali. Lo
  Stato contribuisce tramite convenzione per le spese dovute al compenso dei
  docenti, che devono percepire lo stipendio legale;  - scuole sussidiate: sono scuole aperte da privati con
  l’autorizzazione dell’ ufficio scolastico regionale nelle località
  dove non esistono altre scuole statali o parificate. Esse percepiscono un
  sussidio dallo Stato, in forma di premio ai docenti; - scuole private autorizzate: sono autorizzate con un provvedimento
  del Direttore didattico competente per territorio e gestite da cittadini che
  siano in possesso di diploma di maturità magistrale, classica o
  tecnica. Esse devono uniformarsi agli obiettivi dei programmi in vigore per
  la scuola elementare statale e sono sottoposte alla vigilanza dell’ ufficio
  scolastico regionale.  Le scuole secondarie non
  statali sono suddivise in:   - scuole legalmente riconosciute: sono istituite da enti o privati
  cittadini che rilasciano titoli di studio legali; il riconoscimento è
  accordato se sussistono determinate condizioni, quali: sede scolastica con
  caratteristiche di sicurezza, igieniche, didattiche consone; insegnamenti ed
  esercitazioni dello stesso tipo di quelle impartite nelle scuole statali
  dello stesso tipo; docenti e personale direttivo con gli stessi requisiti di
  quelli della scuola statale; alunni provvisti di titoli di studio per le
  classi che frequentano.      - scuole
  pareggiate: sono quelle mantenute da enti pubblici o da enti            ecclesiastici indicati dall’
  art. 29 del Concordato. Per il pareggiamento sono previsti determinati
  requisiti, quali: numero e tipo di cattedre uguali a quelli delle
  corrispondenti scuole statali; personale docente nominato a seguito di
  pubblico concorso; trattamento economico iniziale per il personale di ruolo
  pari a quello delle scuole statali.  - scuole private: sono create da enti o privati con presa d’ atto
  da parte del Ministero della Pubblica Istruzione. Possono svolgere la loro
  attività senza l’ autorizzazione del Ministero, ma il Ministro
  può disporre la loro chiusura per motivi di ordine morale o didattico.
  Le scuole private non possono rilasciare titoli di studio con valore legale,
  possono essere aperte alla generalità dei cittadini ed i loro piani di
  studi possono non essere conformi a quelli delle scuole statali.            Il nostro ordinamento
  costituzionale riconosce e garantisce alle istituzioni scolastiche l’
  autonomia, che si concretizza in vari ambiti: essa è autonomia
  finanziaria, contabile, didattica, organizzativa, di sperimentazione e
  funzionale.  In base a quanto sancito dall’
  art. 21 della legge 59 del 1997, si attua prima di tutto attraverso l’
  attribuzione della personalità giuridica alle istituzioni scolastiche.
  La personalità giuridica viene accordata alle scuole che raggiungano,
  entro e non oltre il 31 dicembre 2000, una ben precisa dimensione, definita
  come dimensione ottimale sulla base di precisi parametri economici, sociali,
  demografici e geografici dei relativi bacini di utenza.
       Il comma 5 dell’ art. 21 della
  legge 59 del 1997, come modificato dal decreto-legge 28-8-2000, n. 240,
  convertito nella legge 27-10-2000, n. 306, ha previsto che lo Stato eroghi alle
  scuole una dotazione finanziaria ordinaria determinata sulla base di
  parametri fissi e, in particolari casi, un’ assegnazione perequativa.  Le risorse assegnate dallo
  Stato hanno come unico vincolo di destinazione quello dello svolgimento delle
  attività di istruzione, formazione, orientamento.  L’ autonomia contabile, come
  prevista dal d.m. 1-2-2001, n. 44, si concretizza nell’ autonoma allocazione
  delle risorse.      Trattando di autonomia
  didattica occorre premettere che esiste un sistema nazionale di istruzione.
  Ciò implica che il nucleo essenziale dell’ istruzione costituisce
  materia di interesse nazionale e non può essere frammentato.
  Ciò detto, tuttavia, bisogna dire che il perseguimento degli scopi del
  sistema nazionale di istruzione viene raggiunto anche attraverso l’ autonomia
  didattica delle istituzioni scolastiche.  L’ autonomia didattica si
  traduce nella scelta libera e programmata delle metodologie, degli strumenti,
  dell’ organizzazione e dei tempi di insegnamento. In attuazione dell’
  autonomia didattica possono anche essere offerti insegnamenti opzionali,
  facoltativi ed aggiuntivi.  Il documento fondamentale
  attraverso il quale si esplica l’ autonomia didattica è il Piano dell’
  offerta formativa (POF). Esso viene elaborato dal Collegio dei docenti sulla
  base degli indirizzi generali per le attività della scuola e sulla
  base delle scelte di gestione e di amministrazione definiti dal consiglio di
  circolo e di istituto. Nell’ elaborazione del POF il collegio dei docenti deve
  anche tenere in considerazione i pareri delle associazioni dei genitori e,
  per quanto riguarda la scuola secondaria di secondo grado, degli studenti.  Attraverso il POF, l’
  istituzione scolastica esprime la propria identità culturale e
  progettuale delineando gli itinerari curricolari, extracurricolari ed
  educativi.      L’ autonomia organizzativa
  consente alle istituzioni scolastiche di organizzarsi liberamente al fine di
  realizzare la flessibilità, la diversificazione, l’ efficienza e l’
  efficacia del servizio scolastico, la migliore utilizzazione delle risorse e
  delle strutture.        Le scuole esercitano anche,
  singolarmente o in forma associata, l’ autonomia di ricerca, sperimentazione
  e sviluppo in armonia con le esigenze del contesto culturale, sociale ed
  economico delle realtà locali. L’ autonomia di ricerca,
  sperimentazione e sviluppo si esplica, per esempio, attraverso l’ innovazione
  metodologica e disciplinare, la formazione e l’ aggiornamento culturale del
  personale, gli scambi di informazioni, esperienze e materiali didattici.         La scuola vede riconosciuto
  anche l’ esercizio di funzioni e competenze in precedenza proprie delle
  istituzioni dell’ amministrazione centrale e periferica relative a: - carriera scolastica e
  rapporto con gli alunni; - amministrazione e gestione
  del patrimonio e delle risorse finanziarie; - stato giuridico ed economico
  del personale.       Attualmente e già a
  partire dal 2006, il sistema scolastico italiano vive un momento di profondo
  rinnovamento o, almeno, di tentativo di rinnovamento, pur tra molte
  resistenze.  L’ inizio di questo grande
  cambiamento, a giudizio di chi scrive positivo, è iniziato a partire
  dal 2006, ed è dovuto all’ azione del Ministro dell’ epoca, Giuseppe
  Fioroni, il quale ha avuto il merito di riportare nell’ istituzione
  scolastica il necessario rigore, la meritocrazia e la serietà. I
  provvedimenti più significativi che sono stati posti in essere durante
  la gestione del Ministro Fioroni sono: ·             
  la legge 11 gennaio 2007, n. 1; ·             
  il decreto-legge 7 settembre 2007, n. 147,
  convertito nella legge 25 ottobre 2007, n. 176. Il primo provvedimento reca “Disposizioni in materia
  di esami di Stato conclusivi dei corsi di studio di istruzione secondaria e
  delega al Governo in materia di raccordo tra la scuola e le
  università”. Con tale strumento normativo l’
  esame di Stato conclusivo della scuola secondaria superiore (cosiddetto esame
  di maturità) è stato reso più serio; infatti sono stati
  resi più rigidi i criteri di ammissione all’ esame stesso, non essendo
  più sufficiente che gli studenti abbiano frequentato l’ ultimo anno di
  corso, ma essendo necessario che essi siano stati valutati positivamente
  nello scrutinio finale ed abbiano comunque saldato i debiti formativi
  contratti nei precedenti anni scolastici. Coloro che vogliono anticipare l’
  esame per merito dovranno non solo avere conseguito 8/10 in tutte le materie
  nel penultimo anno, ma anche 7/10 nei due anni precedenti.  Il secondo provvedimento, o
  meglio la legge di conversione, reca, tra l’ altro, “disposizioni urgenti per
  l’ ordinato avvio dell’ anno scolastico 2007-2008” e ha ristabilito il
  tempo pieno. Inoltre ha stretto le maglie per i provvedimenti disciplinari
  nei confronti: ·                            
  dei docenti assenteisti, per i quali si
  abbassa il termine per l’ irrogazione di sanzioni; ·                            
  dei docenti che si sono resi colpevoli di
  reati gravi che possono essere sospesi cautelativamente dal Capo d’ istituto; Per quanto riguarda i candidati
  esterni agli esami di maturità, essi potranno esprimere preferenze per
  gli istituti nei quali sostenere l’esame, ma sarà comunque il
  dirigente preposto all’ ufficio scolastico regionale ad assegnare la sede d’
  esame.  Il “decreto Fioroni” prevede
  poi regole più severe per l’ ammissione all’ esame di terza media, che
  è a tutti gli effetti esame di Stato: è infatti previsto un
  giudizio di ammissione.  Tra gli interventi positivi
  realizzati dal Ministro Fioroni, ricordiamo anche il suo impegno contro il
  bullismo nelle scuole come testimonia, per esempio, la direttiva n. 16 del 5
  febbraio 2007, e il decalogo del 15 marzo 2007 con cui si vieta l’ uso dei
  cellulari  nelle scuole, sia da parte
  degli studenti che da parte dei docenti. 
  Dobbiamo considerare, poi, che il Ministro Fioroni ha stabilito tempi
  più certi per il recupero dei debiti formativi degli studenti delle
  scuole superiori, per cui se uno studente non colma le sue lacune entro il 31
  agosto o, comunque, prima che inizi il nuovo anno scolastico, dovrà
  ripetere l’ anno. Da ultimo, e ciò non sembri soltanto un formalismo
  di poco conto, egli ha reintrodotto la definizione di “Ministero della Pubblica Istruzione”, in luogo della
  precedente definizione, che qualificava il Dicastero come “Ministero dell’
  Istruzione, dell’ Università e della Ricerca”.  La positiva azione portata
  avanti dal Ministro Fioroni sembra continuare anche con il nuovo responsabile
  dell’ istruzione, Mariastella Gelmini. Il provvedimento più
  significativo del nuovo Ministro è il decreto-legge 1 settembre 2008, n. 137,
  recante “disposizioni urgenti in materia di istruzione ed Università”.
  Il decreto è stato approvato dalla Camera dei Deputati il 9 ottobre
  scorso ed il Senato ha tempo fino al prossimo 31 ottobre per approvarlo.  Le disposizioni più
  importanti contenute nel decreto sono le seguenti: - Assegnazione delle classi
  elementari ad un insegnante unico; - deve essere espressa una
  valutazione sulla condotta degli studenti e solamente se questa è
  positiva (non inferiore ai 6 decimi), l’ alunno sarà ammesso a
  frequentare l’ anno successivo; - nella scuola secondaria di
  primo grado la valutazione periodica ed annuale dell’ apprendimento degli
  alunni è espressa in decimi (ossia, c’ è un ritorno ai voti
  numerici); - adozione dei libri di testo
  con cadenza quinquennale per evitare spese ingiustificate; - studio dell’ educazione
  civica e della Costituzione; - finanziamento per interventi
  nell’ edilizia scolastica e per la messa in sicurezza degli istituti. Questo provvedimento, ancora
  non divenuto legge, viene proprio in questi giorni contestato, spesso
  aspramente, da più parti, ma a parere di chi scrive è positivo
  e segue la via già tracciata dal precedente Ministro, Giuseppe
  Fioroni, riportando rigore e serietà nel sistema d istruzione
  italiano.  Particolarmente
  positivo risulta il fatto che il decreto Gelmini reintroduca lo studio dell’
  educazione civica e della Costituzione, indispensabile affinché si formi una
  coscienza nazionale nei cittadini fin dalla tenera età.  Qualche
  perplessità si potrebbe forse manifestare a proposito della
  reintroduzione del maestro unico, ma del resto è forse più
  opportuno che i bambini abbiano una sola figura alla quale fare riferimento.
  Il problema deriva semmai dal fatto che molti insegnanti resteranno senza
  lavoro, ma bisogna considerare il fatto che la scuola deve essere a misura
  dei discenti, e non a misura dei docenti. Il problema degli insegnanti in
  più deve essere certamente risolto, ma non di tutto può farsi
  carico la scuola.  Le perplessità sulla
  gestione del sistema dell’ istruzione da parte dell’ attuale amministrazione
  possono manifestarsi anche con riferimento ai tagli che l’ attuale Governo
  sta operando. A proposito di ciò si devono svolgere alcune
  considerazioni; da una parte bisogna tenere presente che il sistema
  scolastico va razionalizzato eliminando inutili sprechi, rendite di posizione
  e privilegi; ciò soprattutto in tempi di crisi internazionale quali
  sono quelli che stiamo vivendo oggi. Tuttavia la giusta opera di
  razionalizzazione e snellimento delle spese va contestualizzata in un ambito
  più ampio: infatti, se è vero che si sta vivendo un periodo di
  crisi grave, ciò vale per ogni settore della vita pubblica: questo
  implica che, se si deve procedere a tagli finanziari, non possono essere solo
  alcuni settori, per di più di capitale importanza (l’ istruzione e la
  sanità che oggi non può contare più nemmeno su un
  Ministero ad hoc, per esempio) a sopportarne il peso; i tagli
  dovrebbero, per quanto possibile, distribuiti su tutti i settori. Oggi,
  invece, si ridimensionano le risorse per l’ istruzione da una parte e si
  danno aiuti a piene mani alle banche ed alle industrie in difficoltà
  per la crisi finanziaria in atto dall’ altra, rispondendo positivamente ai diktat
  della Confindustria che assomiglia oggi più ad una lobby di
  affaristi che a quella borghesia illuminata e lungimirante che forse l’
  Italia non ha mai avuto.      A conclusione del nostro
  discorso possiamo dire che il sistema di istruzione italiano ha un grande
  bisogno di rigore e di serietà se vuole formare una classe dirigente
  degna e preparare le giovani generazioni a vivere e lavorare in un mondo
  selettivo e globalizzato quale è quello nel quale viviamo oggi. L’
  azione iniziata da  Giuseppe Fioroni
  nel 2006 e proseguita da Mariastella Gelmini oggi sembra essere, pur tra le
  inevitabili ombre, quella giusta per il raggiungimento di questo obiettivo.    
     ·                    
  CALCERANO (L.), MARTINEZ Y CABRERA (G.), Scuola,
  voce tratta da Enciclopedia del diritto, vol. XLI, CEDAM, Padova,
  1989;    ·                    
  SANDULLI (A.), Istruzione, voce tratta
  dal Dizionario di diritto pubblico, diretto da S. Cassese, vol. IV, Giuffré,
  Milano, 2006;   ·                    
  Manuale di preparazione al concorso per 100
  assistenti al Ministero della Pubblica Istruzione, Simone, 2007.                     -   
  www.asca.it;  ·                    
  www.camera.it; ·                    
  www.comune.san-piero-a-sieve.fi.it; ·                    
  www.corriere.it; ·                    
  www.ilsole24ore.com ·                    
  www.istruzione.it; ·                    
  www.lastampa.it; ·                    
  www.liceoamaldi.it; ·                    
  www.parlamento.it; ·                    
  www.senato.it;   
  
     
  
 
  
       IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA Visti gli articoli 77 e 87
  della Costituzione [1]; Ritenuta la straordinaria necessità
  ed urgenza di emanare disposizioni per l’attivazione nei percorsi di
  istruzione di insegnamenti relativi alla cultura della legalità e del
  rispetto dei principi costituzionali, per disciplinare le attività
  connesse alla valutazione complessiva del comportamento degli studenti
  nell’ambito della comunità scolastica, per ripristinare il valore
  abilitante dell’esame finale del corso di laurea in Scienze della formazione
  primaria e per la semplificazione e razionalizzazione delle procedure di
  accesso alle scuole di specializzazione medica; Vista la deliberazione del
  Consiglio dei Ministri adottata nella riunione del 28 agosto 2008; Sulla proposta del presidente del
  Consiglio dei Ministri e dei Ministri dell’istruzione, dell’università
  e della ricerca, dell’economia e delle finanze, e per la pubblica
  amministrazione e per l’innovazione; EMANA Il seguente decreto-legge Articolo 1. Cittadinanza e
  Costituzione 1. A
  decorrere dall’inizio dell’anno scolastico 2008/2009, oltre ad una
  sperimentazione nazionale, ai sensi dell’articolo 11, del D.P.R. n. 275dell’8 marzo 1999 [2],
  sono attivate azioni di sensibilizzazione e di formazione del personale
  finalizzate all’acquisizione nel primo e nel secondo ciclo di istruzione
  delle conoscenze e delle competenze relative a "Cittadinanza e
  Costituzione", nell’ambito delle aree storico-geografica e
  storico-sociale e del monte ore complessivo previsto per le stesse.
  Iniziative analoghe sono avviate nella scuola dell’infanzia. 2. All’attuazione del presente
  articolo si provvede entro i limiti delle risorse umane, strumentali e
  finanziarie disponibili a legislazione vigente. Articolo 2. Valutazione del
  comportamento degli studenti 1. Fermo restando quanto previsto
  dal decreto del
  Presidente dellaRepubblica 24 giugno 1998, n. 249 [3] e successive
  modificazioni, in materia di diritti, doveri e sistema disciplinare degli
  studenti nelle scuole secondarie di primo e di secondo grado, in sede di
  scrutinio intermedio e finale viene valutato il comportamento di ogni
  studente durante tutto il periodo di permanenza nella sede scolastica anche
  in relazione alla partecipazione alle attività ed agli interventi
  educativi realizzati dalle istituzioni scolastiche anche fuori della propria
  sede. 2. La valutazione del
  comportamento è espressa in decimi. 3. La votazione sul comportamento
  degli studenti attribuita dal consiglio di classe concorre alla valutazione
  complessiva dello studente e determina, se inferiore a sei decimi, la non
  ammissione al successivo anno di corso o all'esame conclusivo del ciclo.
  Ferma l'applicazione della presente disposizione dall'inizio dell'anno
  scolastico di cui al comma 2, con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università
  e della ricerca sono specificati i criteri per correlare la particolare e
  oggettiva gravità del comportamento al voto insufficiente, nonché
  eventuali modalità applicative del presente articolo. Articolo 3. Valutazione del
  rendimento scolastico degli studenti 1. Dall'anno scolastico 2008/2009,
  nella scuola primaria la valutazione periodica ed annuale degli apprendimenti
  degli alunni e la certificazione delle competenze da essi acquisite è
  espressa in decimi ed illustrata con giudizio analitico sul livello globale
  di maturazione raggiunto dall'alunno. 2. Dall'anno scolastico 2008/2009,
  nella scuola secondaria di primo grado la valutazione periodica ed annuale
  degli apprendimenti degli alunni e la certificazione delle competenze da essi
  acquisite è espressa in decimi. 3. Sono ammessi alla classe
  successiva, ovvero all'esame di Stato a conclusione del ciclo, gli studenti
  che hanno ottenuto un voto non inferiore a sei decimi in ciascuna disciplina
  o gruppo di discipline. 4. L'articolo 13, comma
  3, del decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226[4], è
  abrogato e all'articolo
  177 del decreto legislativo 16 aprile1994, n. 297 [5], sono
  apportate le seguenti modificazioni:  a) i commi 2, 5, 6 e 7, sono
  abrogati;  b) al comma 3, dopo le parole:
  «Per la valutazione» sono inserite le seguenti: «, espressa in decimi,»;  c) al comma 4, le parole: «giudizi
  analitici e la valutazione sul» sono sostituite dalle seguenti: «voti
  conseguiti e il»;  d) l'applicazione dei commi 1 e 8
  dello stesso articolo 177 resta sospesa fino alla data di entrata in vigore
  del regolamento di cui al comma 5;  e) è altresì
  abrogata ogni altra disposizione incompatibile con la valutazione del
  rendimento scolastico mediante l'attribuzione di voto numerico espresso in
  decimi. 5. Con regolamento emanato ai
  sensi dell'articolo
  17, comma 2, della legge23 agosto 1988, n. 400 [6], su proposta
  del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, si
  provvede al coordinamento delle norme vigenti per la valutazione degli
  studenti e sono stabilite eventuali ulteriori modalità applicative del
  presente articolo.  Articolo 4. Insegnante unico nella
  scuola primaria 1. Nell'ambito degli obiettivi di
  contenimento di cui all'articolo 64 deldecreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 [7],
  convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, nei
  regolamenti di cui al relativo comma 4 è ulteriormente previsto che le
  istituzioni scolastiche costituiscono classi affidate ad un unico insegnante
  e funzionanti con orario di ventiquattro ore settimanali. Nei regolamenti si
  tiene comunque conto delle esigenze, correlate alla domanda delle famiglie,
  di una più ampia articolazione del tempo-scuola. 2. Con apposita sequenza
  contrattuale e a valere sulle risorse di cui all'articolo 64, comma 9, del
  decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla
  legge 6 agosto 2008, n. 133, è definito il trattamento economico
  dovuto per le ore di insegnamento aggiuntive rispetto all'orario d'obbligo di
  insegnamento stabilito dalle vigenti disposizioni contrattuali.  Articolo 5. Adozione dei libri di
  testo 1. Fermo restando quanto disposto
  dall'articolo 15
  del decreto-legge 25giugno 2008, n. 112 [8], convertito, con
  modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, i competenti organi
  scolastici adottano libri di testo in relazione ai quali l'editore si sia impegnato
  a mantenere invariato il contenuto nel quinquennio, salvo le appendici di
  aggiornamento eventualmente necessarie da rendere separatamente disponibili.
  Salva la ricorrenza di specifiche e motivate esigenze, l'adozione dei libri
  di testo avviene con cadenza quinquennale, a valere per il successivo
  quinquennio. Il dirigente scolastico vigila affinché le delibere del collegio
  dei docenti concernenti l'adozione dei libri di testo siano assunte nel
  rispetto delle disposizioni vigenti.  Articolo 6. Valore abilitante della
  laurea in scienze della formazione primaria 1. L'esame
  di laurea sostenuto a conclusione dei corsi in scienze della formazione
  primaria istituiti a norma dell'articolo 3, comma 2, della legge19 novembre 1990, n.
  341 [9], comprensivo della valutazione delle attività di
  tirocinio previste dal relativo percorso formativo, ha valore di esame di
  Stato e abilita all'insegnamento, rispettivamente, nella scuola dell'infanzia
  e nella scuola primaria. 2. Le disposizioni di cui al comma
  1 si applicano anche a coloro che hanno sostenuto l'esame di laurea
  conclusivo dei corsi in scienze della formazione primaria nel periodo
  compreso tra la data di entrata in vigore della legge 24 dicembre 2007, n.
  244, e la data di entrata in vigore del presente decreto.  Articolo 7. Sostituzione
  dell'articolo 2, comma 433, della legge 24 dicembre 2007, n. 244. 1. Il comma 433
  dell'articolo 2 della legge 24 dicembre 2007, n. 244[10], è
  sostituito dal seguente:  «433. Al concorso per l'accesso
  alle scuole di specializzazione mediche, di cui al decreto legislativo 17
  agosto 1999, n. 368, e successive modificazioni, possono partecipare tutti i
  laureati in medicina e chirurgia. I laureati di cui al primo periodo, che
  superino il concorso ivi previsto, sono ammessi alle scuole di
  specializzazione a condizione che conseguano l'abilitazione per l'esercizio
  dell'attività professionale, ove non ancora posseduta, entro la data
  di inizio delle attività didattiche di dette scuole immediatamente
  successiva al concorso espletato.».  Articolo 8.  Norme finali 1. Dall'attuazione del presente
  decreto non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza
  pubblica. 2. Il presente decreto entra in
  vigore il giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale
  della Repubblica italiana e sarà presentato alle Camere per la
  conversione in legge. Il presente decreto, munito del
  sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti
  normativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti
  di osservarlo e di farlo osservare.  Dato a Roma, addì 1°
  settembre 2008  NAPOLITANO  Berlusconi, Presidente del
  Consiglio dei Ministri  Gelmini, Ministro dell'istruzione,
  dell'università e della ricerca  Tremonti, Ministro dell'economia e
  delle finanze Brunetta, Ministro per la pubblica
  amministrazione e l'innovazione  Visto, il Guardasigilli: Alfano     
 Da cittadinolex.kataweb.it   Schema di piano programmatico
  del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca di
  concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze di cui all’art. 64 del
  decreto legge 25 giugno 2008, n. 112 convertito dalla legge 6 agosto 2008, n.
  133PREMESSA Il nostro sistema d’istruzione sta
  vivendo da anni una preoccupante crisi i cui effetti sono tra l’altro
  evidenziati da ricorrenti indagini nazionali ed internazionali: a fronte di
  una spesa per allievo superiore alla media OCSE, di un rapporto insegnanti
  studenti decisamente più alto rispetto alla media europea (9,2
  insegnanti per cento studenti che raggiunge l’11,5 se si tiene conto degli
  insegnanti di sostegno, degli insegnanti che svolgono attività diverse
  dall’insegnamento e dagli insegnanti soprannumerari ecc..), si riscontrano
  consistenti divari tra gli esiti scolastici degli studenti italiani e quelli
  degli altri paesi OCSE e ritardi significativi nei livelli di conoscenza e di
  competenza relativi agli apprendimenti di base ed in particolare della
  matematica e della comprensione linguistica. A questo si aggiungono diffuse
  forme di disinteresse degli alunni verso la scuola, demotivazione e
  stanchezza del personale anche in assenza di incentivi e riconoscimenti del
  merito e un preoccupante clima di incertezza e di sfiducia. Un bilancio deludente che pone una
  seria ipoteca sul futuro dei nostri giovani, chiamati a confrontarsi tra loro
  in un contesto internazionale globalizzato, dove la conoscenza è
  fattore prioritario di crescita personale e collettiva e l’investimento più
  produttivo è quello in capitale umano. E’ noto, infatti, che nella
  società in cui viviamo la "qualità" delle risorse
  umane costituisce un bene primario e strategico di straordinaria importanza
  per interpretare correttamente e governare l’innovazione e il cambiamento,
  per sostenere e orientare le vicende economiche, per essere competitivi, per
  dare solidità e stabilità alle istituzioni democratiche, per
  assicurare coesione sociale e promuovere la piena fruizione dei diritti di
  cittadinanza, per raggiungere livelli di benessere accettabili e duraturi. Ma "qualità"
  delle risorse umane significa "qualità" dell’istruzione,
  centralità della scuola quale sede privilegiata di formazione
  integrale della persona, di crescita umana, civile e culturale delle giovani
  generazioni e fondamentale fattore di sviluppo della società nel suo
  complesso. Nel nostro Paese, alle profonde
  trasformazioni intervenute nella vita individuale e negli assetti sociali, ai
  nuovi scenari disegnati dalla scienza e dalla tecnologia, alle nuove logiche
  della produzione e del mercato del lavoro non è corrisposta una
  politica dell’istruzione che realizzasse un disegno organico ed un intervento
  riformatore unitario e condiviso e, comunque, tale da adeguare alla mutevole
  realtà gli ordinamenti scolastici, i percorsi formativi, i modelli
  organizzativi e didattico-pedagogici, i profili professionali degli
  insegnanti, i sistemi di valutazione. Le riforme e le innovazioni
  introdotte negli ultimi decenni hanno conosciuto vicende alterne e spesso
  tormentate, spinte in avanti, ritorni al passato e rifacimenti che ne hanno
  impedito la completa attuazione, generando confusione e sensibili ritardi nel
  processo di modernizzazione. Si rende perciò necessario un profondo e
  sereno ripensamento dell’impianto complessivo del nostro sistema scolastico,
  e l’avvio e la gestione di una fase di revisione, riordino ed
  "essenzializzazione" dell’intero quadro normativo,
  ordinamentale, organizzativo e operativo. Non tanto si tratta di aggiungere a
  quelle esistenti altre soluzioni innovative, ma di razionalizzare e
  semplificare l’esistente e rendere pienamente efficienti i servizi scolastici
  al fine di raggiungere risultati qualitativi migliori e di più alto
  profilo. Il presente piano programmatico,
  elaborato in attuazione dell’art. 64, comma 3, del decreto legge 25 giugno
  2008, n. 112 convertito dalla legge 6 agosto 2008, n. 133 [1] , si fa
  interprete di questa esigenza, individuando un quadro organico di interventi
  e misure volti a realizzare contestualmente sia il riassetto della spesa
  pubblica sia l’ammodernamento e lo sviluppo del sistema. Ai fini suddetti sono stati tenuti
  in debita evidenza gli elementi di successo degli apprendimenti evidenziati
  nel "Quaderno bianco sulla scuola", elaborato d’intesa tra il
  Ministero dell’Istruzione e quello dell’Economia e che si ritiene utile
  richiamare: - percorsi formativi
  caratterizzati dalla chiarezza dei profili di uscita, dagli obiettivi e dai
  livelli di apprendimento per ogni ciclo di studi; - essenzialità, coerenza e
  continuità dei contenuti dei curricoli e dei piani di studio, nella
  prospettiva di un progressivo passaggio ad una didattica per competenze, i
  cui esiti vanno certificati con "strumenti" oggettivi; - autonomia didattica e di ricerca
  delle scuole nell’organizzare le soluzioni più efficaci per
  raggiungere i livelli di apprendimento previsti e per superare i fenomeni di
  dispersione e di insuccesso scolastico; - un sistema di monitoraggio e di
  valutazione che misuri conoscenze, competenze e abilità degli studenti
  nel tempo, offrendo elementi per una didattica più personalizzata e
  assicurando maggiore omogeneità degli esiti tra le diverse aree del
  Paese; - forme integrative della
  retribuzione di base, legate al riconoscimento del merito, in un contesto di
  autonomia organizzativa, didattica e di ricerca, sia a livello di istituzione
  scolastica che di singolo docente. In consonanza con gli obiettivi e
  le strategie utilizzati in ambito internazionale, per realizzare il successo
  scolastico, il piano intende coniugare il dato quantitativo relativo al
  migliore assetto delle classi e alla riduzione degli indirizzi e dei carichi
  orario di insegnamento con quelli della migliore qualità dei servizi
  scolastici e di un efficace dimensionamento del sistema e a un più
  produttivo impegno degli insegnanti. Le soluzioni di carattere
  strutturale e le politiche del territorio per rivelarsi produttive di effetti
  e assicurare il successo scolastico debbono essere sostenute da un corretto e
  ben ponderato impiego delle risorse professionali della scuola, attraverso
  l’adozione di interventi e misure che, nel mentre eliminino sprechi e
  sottoutilizzo di mezzi, responsabilizzino e recuperino motivazioni,
  valorizzino il merito, coinvolgano e rendano partecipi nelle scelte,
  conferiscano maggior ruolo, diano un più avvertito senso di
  appartenenza. Si rende pertanto necessario ed
  urgente procedere alla revisione degli ordinamenti scolastici, dei piani di
  studio e dei quadri orari, all’attivazione di politiche del territorio
  efficaci, alla definizione e al riordino del sistema di istruzione
  professionale corrispondente alle attese ed ai bisogni della
  collettività: il tutto all’insegna della
  "essenzialità" e della "continuità" e alla
  luce di quanto previsto dalle Indicazioni nazionali da ridefinire
  rapidamente, tenendo anche conto, per il primo ciclo, degli esiti delle
  sperimentazioni in atto. Si ritiene poi preliminare
  rispetto alle altre azioni e non più rinviabile, una complessiva e
  incisiva revisione della rete scolastica e dell’offerta formativa sul
  territorio, che elimini nel triennio duplicazioni di indirizzi - spesso
  frutto della pura sedimentazione di innovazioni successive e della mancanza
  di proficui raccordi e interazioni tra i livelli istituzionali, i soggetti e
  gli organismi rappresentativi interessati - e legittimi la presenza di
  istituzioni scolastiche secondo criteri di corretto dimensionamento, sulla
  base dei parametri
  previsti dal DPR 233/98[2]per l’attribuzione dell’autonomia. A tal
  fine occorre stabilire una forte interlocuzione con le Regioni e gli Enti
  locali, al fine di consentire agli stessi, anche con la collaborazione degli
  Uffici Scolastici Regionali e Provinciali, scelte di politica scolastica
  più aderenti ai bisogni del territorio e meglio integrate con la formazione
  professionale, l’istruzione post-secondaria e l’istruzione per gli adulti. Per poter raggiungere gli
  obiettivi di razionalizzazione e di sviluppo previsti dal presente piano si
  richiede, inoltre, un forte impegno che porti ad un’intesa con la Conferenza
  unificata e crei le condizioni per una progressiva attuazione di quanto
  previsto dal novellato titolo V della Costituzione. Gli interventi finalizzati al
  razionale ed efficace utilizzo delle risorse - che si inseriscono nel
  più ampio contesto di un globale riassetto della spesa pubblica che il
  Governo è chiamato inderogabilmente ad avviare – mirano ad
  incrementare di un punto il rapporto alunni/docenti e a ridurre del 17% la
  consistenza del personale ATA. Contrariamente a quanto avvenuto nel passato,
  mirano anche a realizzare il riordino complessivo del sistema, attraverso la
  valorizzazione dell’autonomia delle unità
  scolastiche, il pieno coinvolgimento delle Regioni e delle Autonomie locali,
  una nuova governance territoriale dell’istruzione/formazione e un
  più appropriato ed efficace utilizzo delle risorse. Il 30% delle economie che saranno
  realizzate sarà destinato al merito e allo sviluppo professionale del
  personale della scuola, la cui partecipazione attiva e responsabile ai
  processi innovativi è indispensabile per il buon esito degli stessi. I provvedimenti che si intende
  adottare si pongono, altresì, in una linea di continuità con le
  azioni poste in essere nel recente passato, previste dalle leggi finanziarie
  2007 e 2008, dal c.d. decreto mille proroghe, dalla normativa sull’obbligo di
  istruzione e dalla Legge 40/2007, relativa all’istruzione
  tecnico-professionale. CRITERI DI
  PREDISPOSIZIONE E ATTUAZIONE DEL PIANO. Il citato articolo 64 individua
  una rete di collaborazioni interistituzionali per l’organizzazione del
  sistema scuola, in grado di assicurare trasparenza e qualità allo
  stesso e basata sull’impegno e sul lavoro comune del Ministero
  dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca, del Ministero
  dell’Economia e delle Finanze, delle Regioni e delle Autonomie locali. Il piano programmatico predisposto
  tenendo in debito conto, ai fini della puntuale realizzazione degli
  interventi, dell’importante ruolo della citata rete di collaborazioni, si
  ispira ai seguenti criteri e principi guida: − la dimensione territoriale
  quale ambito di riferimento sia per l’esercizio delle competenze nazionali e
  regionali previste dalla Costituzione, anche in relazione alle attribuzioni
  delle Regioni in ordine all’allocazione delle risorse umane disponibili, sia per
  la definizione dell’offerta formativa e della rete territoriale di scuole,
  sia infine per la gestione del servizio scolastico, nel rispetto delle norme
  generali delle prestazioni e secondo criteri che assicurino uno sviluppo
  coerente ed omogeneo del sistema scolastico sul territorio nazionale; − la trasparenza nelle
  scelte, con l’individuazione di parametri oggettivi, che consentano di
  valutare il percorso di riqualificazione della spesa e di progressivo
  riequilibrio territoriale nell’utilizzo delle risorse; − l’integrazione delle
  risorse dello Stato, delle Regioni e degli Enti locali, per il governo della
  flessibilità e la valorizzazione del livello territoriale
  nell’individuazione delle soluzioni organizzative più idonee a
  rispondere alle esigenze degli studenti e delle loro famiglie; − l’ottimale dimensionamento
  delle scuole autonome e la funzionale previsione di una rete di punti di
  erogazione del servizio realmente rispondente ai bisogni dell’utenza che
  risiede in aree disagiate (insulari, collinari, montane, etc.); − la sostenibilità
  per gli studenti del carico orario e della dimensione quantitativa dei piani
  di studio, opportunamente riducendo l’eccessiva espansione degli insegnamenti
  e gli assetti orari dilatati, che si traducono in un impegno dispersivo e
  poco produttivo, in parte responsabile degli insuccessi, del fenomeno della
  dispersione e dell’abbandono; − il superamento della
  frammentazione e proliferazione degli indirizzi di studio, che disorienta
  l’utenza e determina un aumento ingiustificato di docenti, e spesso produce
  una modesta qualità dei risultati di apprendimento. LE AREE DI INTERVENTO Per ragioni sistematiche e
  chiarezza di quadro espositivo si strutturano e articolano gli interventi
  programmati con riferimento alle tre aree successivamente indicate,
  riconducibili alle fattispecie e tipologie previste dalla legge 133/2008. Il presente documento
  programmatico individua una sequenza organica di azioni strettamente
  correlate e interdipendenti secondo una logica unitaria, riferite alle
  seguenti macro aree: 1. Revisione degli ordinamenti
  scolastici; 2. Riorganizzazione della rete
  scolastica, ivi compresi i centri territoriali per l’educazione degli adulti e i corsi serali; 3. Razionale ed efficace utilizzo
  delle risorse umane delle scuole. ACCELERAZIONE DELLE
  PROCEDURE Al fine di poter disporre di
  strumenti normativi che consentano di raggiungere l’obiettivo del
  contenimento, della razionalizzazione e della migliore qualificazione dei
  servizi scolastici entro i tempi utili per la gestione di tutte le operazioni
  concernenti l’anno scolastico 2009/10, si prevederà l’emanazione di
  uno o più Regolamenti, secondo la procedura di cui all’art. 64, comma
  4, della legge 133/2008, recante i principi base, le modalità ed i
  tempi per la realizzazione delle azioni relative alle aree prima indicate,
  da declinare anche attraverso l’adozione di decreti ministeriali e
  interministeriali. In particolare i citati
  Regolamenti disciplineranno la revisione dei curricoli del I e II ciclo e
  conterranno le indicazioni per l’adozione, entro il mese di dicembre, di una
  prima azione volta al dimensionamento e razionalizzazione della rete
  scolastica, da realizzare d’intesa con le Regioni, nonché i criteri e le misure
  da adottare per l’innalzamento del rapporto alunni docenti a modifica del
  D.M. 331/1998. 1. Revisione degli
  ordinamenti scolastici. In questa area si rende necessaria
  l’attivazione di iniziative volte sia ad armonizzare e ricondurre in un
  quadro coerente i diversi interventi di riforma ordinamentale succedutisi
  negli ultimi anni, sia ad operare, all’interno dei diversi ordini di scuola
  opportunamente rivisti, una riformulazione degli assetti orari. Nel quadro di
  tali iniziative si darà attuazione alla disposizione di cui all’art. 4
  del decreto legge 1 settembre 2008, n. 137, concernente la reintroduzione
  nella scuola primaria del maestro unico dal 1 settembre 2009. - Intervento e
  razionalizzazione dei piani di studio La revisione dei piani di studio
  di insegnamento e, conseguentemente, dei carichi orario, anche ai fini di una
  loro "essenzializzazione", tiene conto dei recenti interventi che
  hanno riguardato, da una parte, il primo ciclo di istruzione e, dall’altra,
  l’impianto di riforma del secondo ciclo di cui alla legge 53/2003 [3],
  nonché delle recenti misure di riassetto dell’istruzione tecnica e
  professionale introdotte dalla legge 40/2007[4] e dal decreto legge
  137/2008 [5]. Tale revisione sarà realizzata anche mediante
  l’adozione di uno o più Regolamenti ai sensi dell’art. 64 più
  volte citato nonché, per favorire il rapido e completo
  raggiungimento degli obiettivi, di appositi decreti ministeriali che avviino
  il processo di innovazione fin dall’anno scolastico 2009/2010. In tale ottica le Indicazioni
  nazionali relative alla scuola dell’infanzia e alle scuole del
  primo ciclo di istruzione, di cui agli allegati A, B e C al decreto
  legislativo 18 febbraio 2004, n. 59, saranno opportunamente
  armonizzate con le Indicazioni per il curricolo proposte con direttiva
  ministeriale 3 agosto 2007, n. 68, con l’obiettivo di pervenire ad una
  stesura unitaria e semplificata. I relativi piani di studio, le
  discipline e i carichi orario saranno contestualmente riesaminati ed "essenzializzati". I nuovi piani di studio della
  scuola dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione costituiranno parte
  integrante dei Regolamenti da emanare in attuazione del presente piano
  programmatico. I piani di studio relativi al sistema
  dei licei, di cui al decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226, come
  modificato dalla legge 2 aprile 2007, n. 40, saranno riesaminati con
  l’obiettivo di razionalizzarne l’impianto in termini di massima
  semplificazione. Andranno in tale contesto definite le discipline ed i
  carichi orario delle singole tipologie in misura non superiore alle 30 ore
  settimanali. I piani di studio relativi agli istituti tecnici e
  professionali di cui la legge 2 aprile 2007, n. 40, saranno anch’essi
  riveduti al fine di pervenire ad una ulteriore razionalizzazione e
  semplificazione. Per quanto riguarda l’istruzione tecnica, se ne definiranno
  gli indirizzi in un numero contenuto e adottando un carico orario annuale obbligatorio
  delle lezioni non superiore a 32 ore settimanali. Per i citati ordini di
  studio le suddette operazioni dovranno essere raccordate con i tempi previsti
  per la effettuazione delle iscrizioni e la determinazione degli organici. Per l’istruzione professionale si
  opererà nel senso che gli indirizzi aventi una sostanziale
  corrispondenza con quelli dell’istruzione tecnica, confluiscano in
  quest’ultima, evitando duplicazioni di percorsi e di carichi orari e
  conseguente disorientamento dell’utenza. Si riorganizzeranno i rimanenti
  indirizzi di durata quinquennale, finalizzati al conseguimento di un titolo
  di studio di istruzione secondaria superiore, in un numero ristretto di
  tipologie che abbiano rilevanza nazionale, con un carico orario settimanale
  non superiore a quello degli istituti tecnici. Si provvederà, inoltre,
  all’elaborazione delle linee guida di cui all’art. 13, comma 1 quinquies,
  della legge n. 40/2007, con le quali saranno definiti i criteri atti a
  consentire, in regime di transitorietà e sussidiarietà, la
  prosecuzione dei percorsi di durata triennale degli istituti professionali
  finalizzati al rilascio di qualifiche professionali nei limiti delle risorse
  umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente. Dovrà infine essere
  ridefinito l'assetto organizzativo-didattico dei Centri di istruzione per gli
  adulti. I nuovi piani di studio degli istituti di istruzione secondaria
  costituiranno parte integrante dei Regolamenti da emanare in attuazione del
  presente piano programmatico. - Revisione dei quadri
  orario nei diversi ordini di scuola L’assestamento dei curricoli e la
  razionalizzazione dei piani di studio di cui sopra dovranno comportare nuovi
  quadri orario di durata più contenuta, con il superamento della
  duplicazione di indirizzi corrispondenti e la revisione delle attuali forma
  di compresenza, finalizzata al più proficuo utilizzo del personale
  docente e all’estensione del servizio. Nella scuola
  dell’infanzia l’orario obbligatorio delle attività
  educative, nell’ottica di una progressiva generalizzazione e tenendo conto
  delle diversificate esigenze rappresentate dalle famiglie, si svolge anche
  solamente nella fascia antimeridiana, impiegando una sola unità di
  personale docente per sezione e riorganizzando il più possibile il
  funzionamento delle sezioni di una medesima scuola sulla base di tali
  opzioni. Le conseguenti economie di ore e di posti potranno consentire nuove
  attivazioni e conseguentemente l’estensione del servizio. Nei territori montani, delle
  piccole isole e dei piccoli comuni privi di strutture educative per la prima
  infanzia, sarà consentita, ad integrazione del numero delle sezioni
  che non raggiungono il numero dei bambini stabilito, l’iscrizione alla scuola
  dell’infanzia di piccoli gruppi di bambini di età compresa tra i due e
  i tre anni, da inserire sulla base di progetti integrati, ispirati
  all’esperienza delle sezioni primavera, entro limiti massimi del numero di
  bambini fissato per sezione e dell’orario di svolgimento dell’attività
  educativa. E’ reintrodotto con apposito
  intervento normativo, l’istituto dell’anticipo di cui alla legge 53/2003 e al
  decreto leg.vo 59/2004, nei limiti delle disponibilità finanziarie
  esistenti. Ulteriori risposte alle esigenze
  relative alla medesima fascia di età potranno essere soddisfatte anche
  attraverso la prosecuzione e dallo sviluppo delle c.d. "sezioni
  primavera". Nella scuola primaria
  va privilegiata ai sensi del decreto legge 1 settembre 2008, n. 137,
  l’attivazioni di classi affidate ad un unico docente e funzionanti per un
  orario di 24 ore settimanali. Tale modello didattico e
  organizzativo, infatti, appare più funzionale
  "all’innalzamento" degli obiettivi di apprendimento, con
  particolare riguardo all’acquisizione dei saperi di base, favorisce
  l’unitarietà dell’insegnamento soprattutto nelle classi iniziali,
  rappresenta un elemento di rinforzo del rapporto educativo tra docente e
  alunno, semplifica e valorizza la relazione fra scuola e famiglia. Nell’arco
  di vita intercorrente dai sei ai dieci anni si avverte il bisogno di una
  figura unica di riferimento con cui l’alunno
  possa avere un rapporto continuo e diretto. Le economie derivanti da tale
  modello didattico, allo stato non quantificabili, consentono di ottenere
  ulteriori risorse che potranno ridurre l’incidenza degli altri interventi.
  Resta comunque aperta la possibilità di una più ampia
  articolazione del tempo scuola, tenuto conto della domanda delle famiglie e
  della dotazione organica assegnata alle scuole, nel rispetto dell’autonomia
  delle stesse. Le relative opzioni organizzative
  possibili sono le seguenti: - la prima (27 ore),
  corrispondente all’orario di insegnamento di cui al decreto legislativo
  59/2004, con esclusione delle attività opzionali facoltative; - la seconda (30 ore) comprensiva
  dell’orario opzionale facoltativo e con l’introduzione delmaestro prevalente;
  quest’ultimo nei limiti dell’organico assegnato, integrabile con le risorse
  disponibili presso le scuole. Potrà altresì
  aversi, ai sensi del decreto legislativo 59/2004, una estensione delle ore di
  lezione pari ad un massimo di 10 ore settimanali, comprensive della mensa. L’insegnamento della lingua
  inglese è affidato ad un insegnante di classe opportunamente
  specializzato. Si dovrà prevedere, pertanto, un piano di formazione
  linguistica obbligatoria della durata di 150/200 ore attraverso l’utilizzo,
  come formatori, di docenti specializzati e di docenti di lingua della scuola
  secondaria di I grado. I docenti in tal modo formati, saranno preferibilmente
  impiegati, già dall’anno scolastico 2009/2010, nelle prime due classi
  della scuola primaria e saranno assistiti da interventi periodici di
  formazione. Potrà altresì essere previsto, in via transitoria,
  un affiancamento da parte di un nucleo di docenti specializzati operanti
  presso ogni scuola, nonché, negli istituti comprensivi, da parte di docenti
  di lingua inglese. Nelle more della conclusione del
  piano di formazione, in via transitoria e fino all’a.s. 2010/2011, potranno
  continuare ad essere utilizzati, in caso di carenza di docenti specializzati,
  docenti specialisti esterni alle classi, per l’intero orario settimanale di
  docenza previsto dal CCNL. L’orario obbligatorio delle
  lezioni per la scuola secondaria di I grado è
  definito, in via ordinaria, nella misura di 29 ore settimanali (rispetto alle
  32 attuali) con conseguente adattamento del quadro orario previsto
  dall’allegato C al decreto legislativo 19 febbraio 2004, n. 59. Sono fatte
  salve le situazioni ordinamentali relative alla classi ad indirizzo musicale. Le classi funzionanti col tempo
  prolungato, previste dall’art. 166, comma 4 del Testo Unico delle
  disposizioni legislative in materia di istruzione, di cui al decreto
  legislativo 16 aprile 1994, n. 297, e successive modificazioni, saranno
  ricondotte all’orario normale qualora non dispongano di servizi e strutture
  per lo svolgimento obbligatorio di attività in fascia pomeridiana per
  almeno tre giornate a settimana ovvero non sia previsto il funzionamento di
  un corso intero a tempo prolungato. I quadri orario delle classi a tempo
  prolungato saranno opportunamente definiti per un orario massimo di 36 ore per insegnamenti e
  attività. Saranno determinate entro il mese di dicembre le classi di
  abilitazione ai sensi dell’art. 14 del decreto legislativo 59/2004 e la
  conseguente composizione delle cattedre, riconsiderando quelle attuali al
  fine di superare l’esistente frammentazione degli insegnamenti, privilegiando
  quelli di base e aggregazioni umanistico letterarie, scientifico tecnologiche
  e linguistiche. L’orario obbligatorio di lezione
  nei licei classici, linguistici, scientifici e delle scienze umane
  sarà pari ad un massimo di 30 ore settimanali, con conseguente
  revisione dei quadri orario previsti dagli allegati al decreto legislativo 17
  ottobre 2005, n. 226. Per i licei artistici e i
  licei musicali e coreutici l’orario obbligatorio di lezione
  sarà di 32 ore settimanali, con conseguente revisione dei quadri
  orario previsti dagli allegati al decreto legislativo 17 ottobre, n. 226. Per gli istituti tecnici
  e professionali previsti dalla legge 2 aprile 2007, n. 40, per i
  quali il numero degli indirizzi di studio dovrà essere opportunamente
  ridimensionato tenendo conto anche delle proposte del documento finale
  predisposto dall’apposita Commissione ministeriale di studio, l’orario
  obbligatorio delle lezioni non potrà essere superiore a 32 ore
  settimanali, comprensive delle ore di laboratorio. Per quanto riguarda gli
  indirizzi degli istituti professionali, si fa rinvio a quanto in precedenza
  previsto per la semplificazione e riduzione dei percorsi. La modifica degli
  ordinamenti si avvierà progressivamente a decorrere dall’anno
  scolastico 2009/2010. Dall’a.s. 2009/2010 non saranno conseguentemente
  attivate nelle prime classi le sperimentazioni attualmente in atto. Per i centri di istruzione per gli
  adulti, (compresi i corsi serali degli istituti di II grado) bisognerà
  ridefinire l’assetto organizzativo-didattico, prevedendo un numero contenuto
  di materie di insegnamento e legando l’autorizzazione dei corsi stessi al
  monitoraggio degli esiti finali. Eventuali docenti in esubero non potranno
  essere utilizzati in corsi o in moduli non ordinamentali. Apposito intervento
  dovrà riguardare la figura del docente tecnico-pratico presente negli
  istituti di secondo grado, riducendo di almeno
  il 30%, rispetto a quelle previste dagli ordinamenti vigenti, le compresenze
  con il titolare della cattedra e la contemporanea revisione delle relative
  funzioni e di quelle dell’assistente tecnico, con l’obiettivo prioritario di
  assicurare la massima efficienza ed efficacia dell’attività didattica
  e in laboratorio. 2. Riorganizzazione della
  rete scolastica. Il DPR 233/1998, nel fissare i
  parametri per il dimensionamento delle istituzioni scolastiche, prevede uno
  standard generale compreso tra i 500 e i 900 alunni, quale requisito per il
  conferimento dell’autonomia alle istituzioni scolastiche. Lo stesso DPR 233 consente
  tuttavia una deroga a tale standard autorizzando, in via eccezionale,
  dimensionamenti di istituzioni scolastiche con una popolazione compresa tra
  le 300 e le 500 unità, a condizione che si trovino in zone montane o
  nelle piccole isole e si tratti di istituti comprensivi del 1° ciclo o
  "istituti superiori"del 2° ciclo. Da quasi un decennio, però,
  la rete scolastica, è rimasta pressoché immutata nelle sue strutture
  vale a dire nei suoi punti di erogazione del servizio (plessi, sedi
  distaccate o principali, sezioni associate) e nei centri di coordinamento e
  gestione (istituzioni scolastiche), e ciò nonostante le dinamiche
  demografiche che spesso hanno svuotato o riempito a dismisura la platee
  scolastiche o hanno reso difficili o superflui la gestione e il coordinamento
  delle scuole. La presenza dei due diversi
  livelli di competenza, quello nazionale e quello territoriale, l’assenza di
  un adeguato coordinamento tra i livelli istituzionali interessati, e la
  carenza di idonei monitoraggi della rete, che potessero prevenire o
  correggere tempestivamente il deteriorarsi dei livelli di erogazione del
  servizio, hanno favorito sprechi di risorse, sperequazioni e disfunzioni. Attualmente circa 700 istituzioni
  scolastiche autonome hanno una popolazione scolastica inferiore ai minimi
  previsti dalla fascia in deroga (meno di 300 alunni). All’interno poi della
  stessa fascia in deroga vi sono oltre 850 istituzioni scolastiche che non
  hanno titolo, per tipologia di scuola (circoli didattici, scuole medie,
  istituti superiori), a farne parte, perché per la loro istituzione non
  è prevista la possibilità di deroga. Alle citate scuole se ne
  aggiungono altre 1.050 (istituti comprensivi) comprese nella fascia minima, ma
  non tutte si trovano effettivamente nei territori montani o nelle piccole
  isole. Si può dunque stimare che
  una buona percentuale di istituzioni scolastiche, compresa tra il minimo
  certo del 15% e il massimo probabile del 20%, non sia legittimato a
  funzionare come istituzione autonoma. Anche per i diversi punti di
  erogazione del servizio le dinamiche demografiche hanno determinato
  significative modifiche nel numero della popolazione scolastica accolta. La presenza di oltre 10.760
  istituzioni scolastiche autonome, che governano 41.862 punti di erogazione
  del servizio, è di ostacolo alla stabilità delle stesse e
  all’offerta di una pluralità di scelte aggregate in maniera razionale
  alle esigenze del territorio e che agevolino l’esercizio del diritto
  all’istruzione. Inoltre, escludendo dal computo le scuole dell’infanzia per
  la loro particolare natura di servizio capillarmente diffuso, su poco
  più di 28 mila punti di erogazione del servizio circa il 15% ha meno di 50 alunni e un
  altro 21% ha meno di 100 alunni. In effetti, la polverizzazione sul
  territorio di piccole scuole non risulta funzionale al conseguimento degli
  obiettivi didattico-pedagogici, in quanto non consente l’inserimento dei
  giovani in comunità educative culturalmente adeguate a stimolarne le
  capacità di apprendimento e di socializzazione Si rende pertanto necessario non
  solo eliminare le numerose situazioni non conformi ai parametri dell’attuale
  normativa, ma anche ripensare il sistema nel suo complesso al fine
  dell’ottimizzazione e della perequazione delle risorse umane a sostegno di
  una maggiore funzionalità gestionale, prevedendo anche ricorrenti
  verifiche, tali da prevenire e correggere tempestivamente le eventuali
  anomalie. Il dimensionamento delle
  istituzioni scolastiche dovrà procedere pertanto attraverso la
  verifica delle situazioni in atto finalizzata al rispetto dei parametri
  previsti dalla normativa vigente per il funzionamento delle scuole autonome,
  a cominciare dai territori non ubicati nelle comunità montane o nelle piccole
  isole, anche attraverso il progressivo superamento delle attuali situazioni
  relative a plessi e a sezioni staccate con meno di 50 alunni. L’esperienza
  virtuosa di diversi Comuni, che ha consentito in questi anni di ovviare, ove
  possibile, alle criticità e all’isolamento delle piccole scuole, deve
  essere assunta come linea di intervento generalizzata, anche se
  richiederà tempi medio-lunghi, soprattutto nei territori montani e
  nelle piccole isole. È opportuno, tuttavia, che
  l’intervento sia gradualmente realizzato dalle Regioni e dagli Enti Locali,
  col supporto di azioni mirate quali, ad esempio, l’attivazione di trasporti,
  l’adeguamento delle strutture edilizie ecc.. e provvedendo contestualmente
  alla realizzazione di servizi in rete. In tale contesto va anche considerato
  il conferimento dell’autonomia ai centri provinciali per l’istruzione degli
  adulti di cui al decreto del Ministro della pubblica istruzione 25 ottobre 2007, in applicazione
  dell’articolo 1, comma 632, della legge finanziaria 2007. Nell’azione di razionalizzazione
  della rete scolastica un modello da incentivare è quello degli
  Istituti «comprensivi» che, oltre a consentire una migliore organizzazione
  delle risorse, rispondono meglio sul piano didattico, garantendo una
  più incisiva continuità, il curricolo verticale e un migliore
  orientamento scolastico e professionale. Un ulteriore ambito di intervento
  può essere quello di evitare, nella scuola secondaria superiore,
  duplicazioni di indirizzi formativi sostanzialmente equipollenti, riducendo
  la flessibilità dell’organico. L’istituzione, la soppressione o
  l’aggregazione delle scuole, quali punti di erogazione del servizio
  scolastico, rientrano, com’è noto, nelle competenze delle Regioni e
  alle Autonomie locali, in base al disposto del decreto legislativo 31 marzo
  1998, n. 112, e alle previsioni del novellato titolo V della Costituzione
  sulla base dei parametri e dei criteri per il dimensionamento e per
  l’individuazione dei punti di erogazione dei servizi definiti dal Ministero
  dell’istruzione con l’emanazione dell’apposito
  Regolamento previsto dall’art. 64. In attesa della conclusione
  dell’iter di emanazione del citato Regolamento, l’Amministrazione scolastica
  offrirà alle Regioni e alle Autonomie locali la collaborazione
  necessaria per dimensionare la rete scolastica nel rispetto delle
  disposizioni vigenti; ciò tanto con riferimento alle istituzioni
  scolastiche, che al funzionamento delle sedi di erogazione del servizio. 3. Razionale ed
  efficiente utilizzo delle risorse umane della scuola. Il processo di razionalizzazione
  dell’utilizzo delle risorse prevede peculiari interventi volti ad eliminare
  circoscritte, ma non poco onerose, nicchie di spreco e sottoutilizzo delle
  risorse stesse, sia attraverso una verifica della situazione applicativa delle
  norme di ordinamento vigenti, sia attraverso l’emanazione di un nuova
  normativa mirata al contenimento di oneri non funzionali al raggiungimento degli obiettivi
  istituzionali. Le azioni previste dal piano per il raggiungimento della
  suddetta finalità si riferiscono agli ambiti di seguito descritti. Personale docente − Criteri e parametri
  per la determinazione degli organici del personale Per il raggiungimento
  dell’obiettivo di un più razionale utilizzo delle risorse
  professionali occorre intervenire, in primo luogo, su quel complesso di norme
  e procedure che presiedono alla definizione degli organici del personale. Si indicano, di seguito, alcune
  delle misure previste: definizione di nuovi criteri per
  la determinazione e distribuzione delle dotazioni organiche in relazione alla
  revisione degli ordinamenti scolastici. L’organico di istituto, determinato
  secondo le nuove previsioni ordinamentali, verrà assegnato alle scuole
  che, nell’ambito della propria autonomia, organizzeranno l’attività didattica
  con criteri di flessibilità; - ridefinizione dei criteri e
  parametri che presiedono alla formazione delle classi, con particolare
  riguardo ai valori minimi e massimi necessari per la costituzione delle
  stesse che consentano di incrementare sia il rapporto alunni/docenti che
  quello alunni/classi, per un accostamento di tale rapporto ai relativi
  standard europei, come previsto dall’art. 64 comma 4 della legge 133/2008. Si confermerà il criterio
  di costituire le classi iniziali di ciclo esclusivamente sulla base del
  numero di alunni iscritti, procedendo solo successivamente all’assegnazione
  degli stessi alle classi secondo le diverse scelte espresse e nel limite dei
  posti disponibili. I dirigenti scolastici sono personalmente responsabili di
  tale operazione. Come riportato nella scheda
  allegata, il rapporto alunni-classe si eleverà di uno 0,20 con
  riferimento all’a.s. 2009/2010 e di uno 0,10 in ciascuno dei due
  anni scolastici successivi. L’innalzamento sarà
  riferito ai livelli massimi di alunni per classe attualmente vigenti per i
  vari gradi di istruzione, tenendo altresì conto della presenza di
  alunni disabili. Tale intervento si rende
  necessario non solo per contenere la spesa, ma anche per superare la
  polverizzazione dei centri di erogazione del servizio non funzionali agli
  obiettivi formativi, in quanto non consente di inserire gli studenti in
  comunità educative culturalmente adeguate. L’intervento in questione
  consentirà, altresì, di evitare, specie nel biennio iniziale,
  quella frammentazione degli indirizzi che costituisce ostacolo
  all’acquisizione di una formazione di base coerente con le esigenze della
  società della conoscenza. L’applicazione dei nuovi
  parametri, correlata alla revisione della rete scolastica da parte delle
  Regioni, costituisce lo strumento necessario per la determinazione e
  l’assegnazione dei contingenti di organico. Resta inteso che, in relazione al
  progressivo rafforzamento dell’autonomia delle scuole, l’ottimale utilizzo
  dell’organico dei docenti potrà essere realizzato secondo criteri di flessibilità
  che promuovano l’azione modulare, ai sensi dell’art. 4, comma 2 lettera d)
  del DPR 8 marzo 1999, n. 275, di gruppi di alunni provenienti dalla stessa o
  da diverse classi o da diversi anni di corsi. -superamento delle attività
  di co-docenza e contenimento delle attività in compresenza tra docenti
  di teoria e insegnanti tecnico-pratici di laboratorio; - riconduzione a 18 ore di tutte
  le cattedre di scuola di I e II grado; - eliminazione nella scuola
  secondaria di secondo grado della norma che consente di salvaguardare la
  titolarità del docente nei casi in cui vi sia stata la riconduzione
  della cattedra a 18 ore di insegnamento; -determinazione dell’organico dei
  docenti relativo ai corsi per l’istruzione degli adulti che tenga conto della
  serie storica degli alunni scrutinati e non di quelli iscritti, privilegiando
  i curricoli e i piani di studio con percorsi più brevi ed essenziali
  rispetto a quelli previsti per i corsi ordinari; -sostegno allo sviluppo di sistemi
  di istruzione a distanza; -graduale piena attuazione della
  disciplina prevista dal comma 413 dell’articolo 2 della legge 24 dicembre
  2007 n. 244, relativa alla determinazione dei posti di sostegno per gli
  alunni disabili. Classi di concorso Si provvederà ad accorpare
  le classi di concorso con una comune matrice culturale e professionale, ai
  fini di una maggiore flessibilità nell’impiego dei docenti. Tale
  misura risulta funzionale al processo di essenzializzazione dei curricoli
  previsto dal piano, nonché alla revisione dei quadri orario delle discipline
  d’insegnamento. Docenti specialisti di
  lingua inglese nella scuola primaria Come in precedenza evidenziato, si
  porranno in essere le azioni finalizzate alla realizzazione di una intensiva
  formazione dei docenti che non hanno ancora il titolo per poter insegnare la
  lingua inglese. Docenti inidonei per
  motivi di salute La legge finanziaria per l’anno
  2008 dispone la costituzione di un ruolo specifico per i docenti inidonei per
  motivi di salute, da impiegare anche in altre Amministrazioni. Occorre
  accelerare la prevista procedura. Ciò consentirà di eliminare
  questa voce di spesa che grava notevolmente sul bilancio dell’istruzione. Riconversione
  professionale dei docenti Saranno attivati corsi di
  riconversione professionale per i docenti, facenti parte delle classi di
  concorso in esubero, nonché corsi relativi ad altre tipologie di docenti, ai
  fini dell’inserimento in classi di concorso più ampie. Utilizzo dei docenti in
  compiti diversi dall’insegnamento Saranno rivisti gli istituti
  giuridici che comportano comandi, collocamenti fuori ruolo, utilizzazioni
  ecc.., onde ridurre allo stretto necessario la incidenza della spesa
  rappresentata dal pagamento dei supplenti in sostituzione. La revisione degli
  ordinamenti scolatici con una riduzione generalizzata del monte ore
  settimanale di insegnamento e la definizione di nuovi criteri per la
  formazione delle classi e degli organici, determinerà una riduzione
  strutturale della spesa. Quand’anche in via temporanea, in alcuni ambiti, si
  determinassero situazioni di soprannumero, riassorbibili con i successivi
  pensionamenti, si determinerebbe comunque una
  economia a seguito dell’utilizzo di tale personale per le supplenze e, nella
  scuola primaria, per fronteggiare le richieste delle famiglie di un
  ampliamento del tempo scuola. PERSONALE ATA - Criteri e parametri per la
  determinazione del personale ATA. Anche per il personale ATA si
  dovrà procedere ad una revisione dei criteri e parametri che presiedono alla sua
  quantificazione e assegnazione. Occorre premettere che la
  riduzione dell’organico del personale ATA verrà realizzata su tutti i
  profili professionali, salvaguardando, per quanto possibile, le figure
  amministrative necessarie allo sviluppo dell’autonomia, come indicato nel
  parere della Commissione cultura della Camera. Si ipotizza un’ azione di
  contenimento nella misura media del 17 % della dotazione organica modulando
  tale misura sui diversi profili. La riduzione richiederà
  pertanto: a) la revisione delle tabelle che
  attualmente determinano l’organico dei vari profili professionali,
  salvaguardando, prioritariamente, il contingente degli assistenti
  amministrativi. Al fine di assicurare una maggiore aderenza nell’attribuzione
  del personale agli effettivi carichi di lavoro, si potrebbe ipotizzare
  l’attribuzione alle scuole di un organico essenziale, lasciando al livello
  territoriale l’intervento sulla complessità e per una più equa
  e funzionale distribuzione. Nell’ambito delle risorse finanziarie e di
  organico come sopra definite, vanno promosse iniziative di qualificazione
  professionale, procedendo anche alla costituzione dell’organico di area C,
  per dare concretezze a quelle figure di coordinamento previste dal vigente
  contratto di lavoro; b) la formulazione del nuovo piano
  di dimensionamento sopra descritto ridurrà sia il numero delle
  istituzioni scolastiche che quello delle sezioni staccate, dei plessi e delle
  succursali, con conseguente riduzione del fabbisogno di personale ATA; c) la revisione dell’orario degli
  assistenti tecnici, ai fini di una sua maggiore flessibilità in
  relazione alla specifiche esigenze delle scuole, con particolare riferimento
  alla funzionalità dei laboratori. QUADRO DEGLI INTERVENTI L’art. 64 della legge 6 agosto
  2008, n.133 prevede l’adozione, con decorrenza dall’a.s. 2009/10, di interventi
  e misure da portare a compimento nell’arco di un triennio, volti a: a) incrementare gradualmente di un
  punto il rapporto alunni/docenti da realizzare comunque entro il 2011/2012; b) ridurre nel triennio 2009/11
  del 17% la consistenza del personale ATA determinata per l’anno scolastico
  2007/08. Sono confermate le riduzioni
  previste dalla Legge finanziaria per il 2008. Gli obiettivi attesi sono quelli
  indicati nella relazione tecnica di accompagnamento al decreto legge n.
  112/2008, convertito dalla legge n.133/2008 e nel totale generale si
  quantificano in: Personale docente 
   
    | Anno scolastico  | 2009/2010 | 2010/2011 | 2011/2012 | TOTALE |  
    | Decreto legge  | 32.105 | 15.560 | 19.676 | 67.341 |  
    | Finanziaria 2008 | 10.000 | 10.000 |   | 20.000 |  
    | Totale | 42.105 | 25.560 | 19.676 | 87.341 |  Personale ATA 
   
    | Anno scolastico | 2009/2010 | 2010/2011 | 2011/2012 | TOTALE |  
    | Decreto Legge | 14.167 | 14.167 | 14.167 | 42.500 |  
    | Finanziaria 2008 | 1.000 | 1.000 |   | 2.000 |  
    | Totale | 15.167 | 15.167 | 14.167 | 44.500 |  Di seguito sono riportati gli
  interventi di riduzione per conseguire i risultati nel triennio di riferimento di cui all’art. 64: ANNO SCOLASTICO 2009/10 – Tabella
  1 
   
    | Aree di intervento  | Stima riduzioni |  
    | a) Innalzamanto del rapporto alunni classe dello 0,20 | 6.000 |  
    | b) Determinazione organico scuola primaria con il solo orario  obbligatorio (quota riducibile fino a 10.000 unità in
    correlazione  all’eventuale attribuzione di un budget specifico per
    l’attivazione dell’area opzionale facoltativa; per budget superiore non si
    ottiene il  raggiungimento completo dell’obiettivo di contenimento) | 10.000 |  
    | c) Riduzione insegnanti specialisti lingua inglese scuola primaria | 4.000 |  
    | d) Determinazione organico scuola I grado con il solo orario obbligatorio e applicazione D.L.vo n. 59/04 | 10.300 |  
    | e) Eliminazione clausola salvaguardi titolarità nella
    riconduzione  delle cattedre a 18 ore di insegnamento | 2.000 |  
    | f) Riconduzione di tutte le cattedre a 18 ore di insegnamento | 5.000 |  
    | g) Revisione dei curricoli istitutivi II grado | 3.300 |  
    | h)Razionalizzazione dell’organico dei corsi serali e dei corsi per  | 1.500 |    
   
    | l’istruzione degli adulti |   |  
    | TOTALE | 42.100  |  ANNO SCOLASTICO 2010/2011- Tabella
  2 
   
    | Aree di intervento | Stima riduzioni |  
    | a) Innalzamento del rapporto alunni-classe di un ulteriore 0,10 | 3.400 |  
    | b) Determinazione organico scuola primaria con il solo orario  obbligatorio – ulteriore riduzione | 4.000 |  
    | c) Riduzione insegnanti specialisti lingua inglese scuola primaria | 3.900 |  
    | d) Revisione dell’organizzazione e dell’orario del tempo prolungato nella scuola secodnaria di I grado | 10.600 |  
    | g) Revisione dei curricoli istitutivi II grado | 3.700 |  
    | TOTALE | 25.600 |  ANNO SCOLASTICO 2011/12 - Tabella
  3 
   
    | Aree di intervento | Stima riduzioni |  
    | a) Innalzamento del rapporto alunni classe di un ulteriore 0,10  | 3.400 |  
    | c) Riduzione insegnanti specialisti lingua inglese scuola primaria  | 3.300 |  
    | d) Determinazione organico scuola I grado con il solo orario obbligatorio e applicazione D.L.vo n. 59/04 - ulteriore riduzione
    - | 3.000 |  
    | d) Revisione dell’organizzazione e dell’orario del tempo prolungato nella scuola secondaria di I grado | 3.000 |  
    | g) Revisione dei curricoli istitutivi II grado  | 7.000 |  
    | TOTALE  | 19.700 |  Totale generale 87.400 Personale ATA Riduzioni Decreto legge n. 42.500 Legge finanziaria 2008 n. 2.000 TOTALE n. 44.500 Riduzioni per profilo 
   
    | 1)D.S.G.A. (segretari)  |   | 700 |  
    | 2) Assistenti Amministrativi |   | 10.452 |  
    | 3) Assistenti Tecnici  |   | 3.965 |  
    | 4) Collaboratori scolastici |   | 29.076 |  
    | 5) Altri profili  |   | 307 |  
    | TOTALE  |   | 44.500 |  Nei tre anni scolastici
  considerati le riduzioni verranno operate in proporzione ad ogni profilo professionale e il decremento
  sarà pari ad un terzo per anno scolastico della riduzione complessiva da conseguire. La riduzione di circa 700
  istituzioni scolastiche comporterà conseguentemente la riduzione dell’organico del personale
  dirigente scolastico oltre i DSGA sopra indicati. 
 Da
  cittadinolex.kataweb.it   Accesso studenti stranieri, la
  proposta della Lega(Mozione 1-00033 Cota ed altri -
  Camera dei Deputati - 10.10.2008) Il
  Governo dovrà rivedere il sistema di accesso degli studenti stranieri
  alla scuola di ogni ordine e grado, prevedendo il loro ingresso previo
  superamento di test e specifiche prove di valutazione. Chi non
  supererà questi esami sarà iscritto in "classi di
  inserimento" per lo studio della lingua italiana, classi propedeutiche
  all'ingresso nelle classi permanenti. E' quanto prevede una mozione della
  Lega approvata il 14 ottobre dalla Camera. La motivazione del provvedimento,
  ha spiegato la Lega, è legata al fatto che in classi comuni gli
  studenti immigrati non apprendono e impediscono di apprendere agli studenti
  italiani. Inoltre non dovrà essere consentito l'ingresso nelle classi
  ordinarie oltre il 31 dicembre di ciascun anno, "al fine di un razionale
  ed agevole inserimento degli studenti stranieri", mentre
  occorrerà prevedere una distribuzione proporzionata al numero
  complessivo degli alunni per classe, per favorirne la piena integrazione e
  evitare il rischio della formazione di classi di soli alunni stranieri.(15
  ottobre 2008)    Mozione 1-00033 Cota ed
  altri - Camera dei Deputati - 14 ottobre 2008 La Camera, premesso che: il crescente fenomeno
  dell'immigrazione ha modificato sensibilmente il modello organizzativo del
  sistema scolastico italiano; l'elevata presenza di alunni
  stranieri nelle singole classi scolastiche della scuola dell'obbligo
  determina difficoltà oggettive d'insegnamento per i docenti e di
  apprendimento per gli studenti; il diverso grado di
  alfabetizzazione linguistica si rivela, quindi, un ostacolo per gli studenti
  stranieri che devono affrontare lo studio e gli insegnamenti previsti nei
  programmi scolastici, e per gli alunni italiani che assistono a una
  «penalizzante riduzione dell'offerta didattica» a causa dei rallentamenti
  degli insegnamenti dovuti alle specifiche esigenze di apprendimento degli
  studenti stranieri; tale situazione è ancora
  più evidente nelle classi che vedono la presenza di studenti
  provenienti da diversi Paesi, le cui specifiche esigenze personali sono anche
  caratterizzate dalle diversità culturali del Paese di origine, tanto
  da indurre gli insegnanti ad essere più tolleranti e meno rigorosi in
  merito alle valutazioni volte a stabilire i livelli di competenza acquisiti
  dagli alunni stranieri e italiani sulle singole discipline; dai dati forniti dal ministero
  dell'istruzione, dell'università e della ricerca la crescita di alunni
  stranieri, registrata nell'anno scolastico 2007-2008, è pari a 574.133
  unità, con un incidenza del 6,4 per cento rispetto alla popolazione
  scolastica complessiva; tale situazione è
  determinata dalla crescita degli alunni stranieri nel triennio 2003-2005
  intensificatasi anche per effetto dei provvedimenti di regolarizzazione
  (legge n. 189 del 2002 e legge n. 222 del 2002); rispetto alle nazionalità
  si confermano ai primi posti i gruppi di studenti provenienti dai Paesi
  dell'Est europeo, in particolare la Romania che, nell'arco di due anni,
  è passata dal 12,4 per cento (52.821 alunni), al 16,15 per cento
  (92.734 alunni), superando la numerosità degli alunni provenienti
  dall'Albania (85.195 pari al 14,84 per cento), e dal Marocco (76.217
  presenze, pari al 13,28 per cento); la disomogenea distribuzione
  territoriale di alunni con cittadinanza non italiana, molto concentrata al
  Centro-Nord e scarsa al Sud e nelle Isole, interessa circa 37.000 punti di
  erogazione del servizio scolastico, rispetto ai 57.000 presenti in ambito
  nazionale. È evidente il divario esistente tra i primi e i secondi,
  determinato dalla necessità per i primi di adeguare gli aspetti
  organizzativi e didattici all'attività di integrazione degli alunni
  stranieri; la più elevata consistenza
  di alunni stranieri si trova nella scuola primaria e secondaria di I grado
  (il 7,7 per cento frequenta la primaria, il 7,3 per cento la secondaria di I
  grado, il 6,7 per cento le scuole dell'infanzia). Gli istituti di istruzione
  secondaria di II grado, pur non raggiungendo complessivamente i valori delle
  presenze registrate nella scuola primaria e secondaria di I grado, registrano
  l'8,7 per cento del totale degli studenti. Tra questi ultimi la maggior parte
  è concentrata nei professionali, dove rappresentano l'8,7 per cento
  del totale degli studenti, mentre nei tecnici raggiungono il 4,8 per cento e
  nei licei sono appena l'1,4 per cento; l'osservazione a livello
  territoriale evidenzia che l'incidenza degli alunni con cittadinanza non
  italiana è particolarmente significativa in Emilia-Romagna,Umbria,
  Lombardia e Veneto dove essi rappresentano più del 10 per cento della
  popolazione scolastica regionale; la presenza di studenti stranieri
  nel Centro-Nord è quindi superiore alla media italiana fino a
  raggiungere i 12 studenti stranieri ogni 100 in Emilia-Romagna,
  mentre nel Mezzogiorno l'incidenza percentuale varia tra l'1,3 e il 2,3 per
  cento ad eccezione dell'Abruzzo con il 5 per cento; di grande attualità
  risultano i dati sulla presenza di alunni nomadi, essi raggiungono le 12.342
  unità e pertanto rappresentano il 2,1 per cento degli alunni
  stranieri. Più della metà degli alunni nomadi frequenta la
  scuola primaria; relativamente al rapporto tra la
  frequenza delle scuole statali e non statali e le loro suddivisioni tra i
  diversi gradi della scuola, si registra la presenza del 90,3 per cento di
  alunni stranieri in scuole statali, mentre il restante 9,7 per cento risulta
  iscritto in istituzioni scolastiche non statali; i Paesi di provenienza degli
  alunni stranieri, sui 194 censiti dall'Istituto nazionale di statistica, sono
  ben 191. Nelle scuole della provincia di Bergamo, ad esempio, i dati del 2005
  registravano la rappresentanza di 118 cittadinanze, a Perugia 109, a Pesaro 90, a Siena 80, a Latina 78; l'osservazione sull'esito
  scolastico degli alunni italiani a confronto con quello degli alunni
  stranieri rivela che nelle scuole dove sono presenti alunni con cittadinanza
  non italiana si riscontra una maggiore selezione nei loro riguardi che
  finisce per incidere sui livelli generali di promozione: il divario dei tassi
  di promozione degli allievi stranieri e di quelli italiani è -3,36 per
  cento nella scuola primaria, -7,06 per cento nella secondaria di I grado,
  -12,56 per cento nella secondaria di II grado, in cui più di un alunno
  straniero su quattro non consegue la promozione; la presenza di minori stranieri
  nella scuola si inserisce come fenomeno dinamico in una situazione in forte
  trasformazione a livello sociale, culturale, di organizzazione scolastica:
  globalizzazione, europeizzazione e allargamento dell'Unione europea, processi
  di trasformazione nelle competenze territoriali (decentramento, autonomia ed
  altro), trasformazione dei linguaggi e dei media della comunicazione,
  trasformazione dei saperi e delle connessioni tra i saperi, processi di
  riforma della scuola; il fenomeno migratorio sta
  assumendo caratteri di stabilizzazione sia per le caratteristiche dei
  progetti migratori delle famiglie, sia per la quota crescente di minori di
  origine immigrata che nascono in Italia o comunque frequentano l'intero
  percorso scolastico; la Convenzione internazionale dei
  diritti dell'infanzia sancisce che tutti devono poter contare su pari
  opportunità in materia di accesso alla scuola, nonché di riuscita
  scolastica e di orientamento; la scuola italiana deve quindi
  essere in grado di supportare una politica di «discriminazione transitoria
  positiva», a favore dei minori immigrati, avente come obiettivo la riduzione
  dei rischi di esclusione; la maggior parte dei Paesi europei
  ha costruito luoghi d'apprendimento separati per i bambini immigrati, allo
  scopo di attuare un percorso breve o medio di alfabetizzazione culturale e
  linguistica del Paese accogliente. La presenza di bambini stranieri, ma anche
  nomadi o figli di genitori con lo status di rifugiati politici, implica
  l'aggiunta di finanziamenti e di docenti, e l'organizzazione di classi di
  recupero successive o contemporanee all'orario normale, di classi bilingue,
  oppure con la presenza di assistenti assunti a tal fine; in Grecia, ad esempio, le scuole
  con un gran numero di alunni stranieri, figli di genitori nomadi o di greci
  rimpatriati, organizzano delle classi propedeutiche o delle sezioni
  preparatorie per l'insegnamento del greco, ma anche della linguad'origine,
  per facilitare l'integrazione di questi bambini nel sistema educativo. Queste
  classi e sezioni usano materiale didattico specifico e possono essere seguite
  da insegnanti ordinari che effettuano delle ore supplementari, insegnanti di
  sostegno temporanei o da insegnanti con qualifiche specifiche a orario
  ridotto. Il rapporto ufficiale alunni/insegnanti da rispettare è di
  9-17 alunni per insegnante nelle classi propedeutiche e di 3-8 alunni per
  insegnante nelle sezioni preparatorie. L'assegnazione delle risorse dipende
  dalla presenza di un numero di alunni sufficiente per poter organizzare una
  classe o sezione; le gerarchie istituzionali del
  precedente Governo di centro-sinistra hanno rigettato la proposta della Lega
  Nord, sulla necessità di istituire dette «classi propedeutiche»,
  considerandole addirittura «luoghi di segregazione culturale», o «mere
  strategie di integrazione degli alunni immigrati», ritenendole «soluzioni
  compensatorie di carattere speciale», avvolte in schemi stereotipi e
  folkloristici; la pedagogia interculturale del
  centro-sinistra, attraverso l'affermazione dell'«universalismo», ha lasciato
  l'iniziativa alle singole scuole e agli enti locali che, pur avendo agito in
  maniera equilibrata, non possono attuare strategie per il superamento dei
  problemi derivanti dall'accoglienza e dalla formazione degli studenti
  stranieri. Le normative sull'immigrazione del 1998 e del 2002 (Testo unico di
  cui al decreto legislativo n. 286 del 1998 e legge n. 189 del 2002)
  contengono indicazioni utili sulla funzione e sull'uso dei cosiddetti «spazi
  dotati di strumenti appositamente dedicati», demandando alle scuole e agli
  enti locali l'iniziativa e la gestione di tali spazi e strumenti mirati
  all'istituzione di percorsi specifici di alfabetizzazione linguistica di
  durata variabile; i dati forniti dal ministero
  dell'istruzione, dell'università e della ricerca evidenziano come il
  problema dei ripetenti e della dispersione scolastica incida soprattutto sui
  ragazzi stranieri. Secondo tali dati, il numero degli studenti stranieri
  ripetenti è del 4 per cento nella scuola primaria, dell'8 per cento
  nella scuola secondaria di primo grado e arriva al 14 per cento nella scuola
  secondaria di secondo grado. In riferimento a quest'ultimo ciclo di
  istruzione si rilevano, inoltre, incongruenze tra la classe frequentata e
  l'età, incongruenze che riguardano circa il 75 per cento degli
  studenti stranieri; la dimensione della scuola, la
  quantità di stranieri rispetto alla popolazione scolastica e la
  quantità di cittadinanze concorrono al successo o all'insuccesso
  scolastico di tutti gli studenti; dai dati ministeriali si rileva
  che per i diversi ordini di scuola gli alunni stranieri sembrano ottenere
  maggiori risultati quando sono ridotti di numero; la densità della presenza
  di alunni con cittadinanza non italiana in piccole scuole sembra non favorire
  livelli elevati di esiti positivi. Tale fattore si determina maggiormente
  nelle scuole secondarie di secondo grado dove il decremento degli esiti in
  rapporto alla maggiore consistenza di alunni stranieri è ancora
  più accentuato: negli istituti di piccole dimensioni con gruppi minimi
  di studenti non italiani, il tasso di promozione degli alunni stranieri
  scende dal 93,29 per cento (da 1
   a 5) fino al 78,64 per cento (da 11 a 30) se vi sono
  consistenti gruppi di alunni stranieri. Negli istituti di medie dimensioni
  (da 101 a
  300 alunni complessivi) si passa dal 91,79 per cento al 78,46 per cento;
  negli istituti maggiormente dimensionati si passa dall'89,87 per cento
  all'80,26 per cento; ciò vuol dire che il tasso di promozione di
  alunni stranieri nelle scuole primarie e secondarie di I grado è
  inversamente proporzionale alla dimensione della loro presenza nella scuola; l'elemento della presenza di molte
  diverse cittadinanze nelle scuole, pur non coincidendo necessariamente con
  esiti negativi finali degli alunni stranieri, rappre senta un fattore
  condizionante del complesso sistema educativo e formativo che influenza
  l'intera classe; le sopraccitate analisi sugli
  esiti scolastici sono importanti poiché consentono di comprendere determinate
  categorie di alunni per i quali l'obiettivo, oltre a quello degli
  apprendimenti, è anche quello dell'integrazione del sistema scolastico
  e del sistema sociale; questa tipologia di alunni con
  cittadinanza non italiana consegue determinati esiti scolastici, in rapporto
  al livello di conoscenza della lingua italiana, alla dimensione temporale di
  scolarizzazione nel nostro Paese, alle misure di accompagnamento per la loro
  integrazione all'interno e all'esterno dell'ambito scolastico; tali misure risultano infatti
  determinate sia dal numero degli studenti stranieri, sia dalle diverse
  nazionalità presenti nella stessa classe o scuola e dalle conseguenti
  differenti situazioni culturali e sociali che generano molteplici esigenze
  cui dare risposta, impegna il Governo: a rivedere il sistema di accesso
  degli studenti stranieri alla scuola di ogni ordine e grado, favorendo il
  loro ingresso previo superamento di test e specifiche prove di valutazione; a istituire classi di inserimento
  che consentano agli studenti stranieri che non superano le prove e i test
  sopra menzionati di frequentare corsi di apprendimento della lingua italiana,
  propedeutiche all'ingresso degli studenti stranieri nelle classi permanenti; a non consentire in ogni caso
  ingressi nelle classi ordinarie oltre il 31 dicembre di ciascun anno, al fine
  di un razionale ed agevole inserimento degli studenti stranieri nelle nostre
  scuole e a prevedere, altresì, una distribuzione degli stessi
  proporzionata al numero complessivo degli alunni per classe, per favorirne la
  piena integrazione e scongiurare il rischio della formazione di classi di
  soli alunni stranieri; a favorire, all'interno delle
  predette classi di inserimento, l'attuazione di percorsi monodisciplinari e
  interdisciplinari, attraverso l'elaborazione di un curricolo formativo
  essenziale, che tenga conto di progetti interculturali, nonché
  dell'educazione alla legalità e alla cittadinanza: a) comprensione dei diritti e
  doveri (rispetto per gli altri, tolleranza, lealtà, rispetto della
  legge del paese accogliente); b) sostegno alla vita democratica; c) interdipendenza mondiale; d) rispetto di tradizioni
  territoriali e regionali del Paese accogliente, senza etnocentrismi; e) rispetto per la
  diversità morale e cultura religiosa del Paese accogliente; a prevedere l'eventuale maggiore
  fabbisogno di personale docente da assegnare a tali classi, inserendolo nel
  prossimo programma triennale delle assunzioni di personale docente
  disciplinato dal decreto-legge n. 97 del 2004, convertito, con modificazioni,
  dalla legge n. 143 del 2004, alla cui copertura finanziaria si provvede
  mediante finanziamenti da iscrivere annualmente nella legge finanziaria.                                        |