HOME PRIVILEGIA NE IRROGANTO Documento d’interesse Inserito il 13-1-2008 |
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La
Repubblica del 9
gennaio 2008 Monnezza bipartisan di Sebastiano Messina Ah, gridano tutti, se Napoli avesse già un magnifico termovalorizzatore
come quello di Brescia! A quest'ora, invece di essere prigioniera del fetore dei suoi rifiuti,
ricaverebbe dalla monnezza acqua calda e corrente
elettrica. Il termovalorizzatore, ecco quello che
ci voleva per non ritrovarsi con i viali di spazzatura e i picchetti alle discariche. Mannaggia a
chi non l'ha costruito. Si dimetta immediatamente chi non ha saputo imporlo. Sia processato chi
l'ha boicottato. Tutto vero, tutto giusto. Ma chi
è che non l'ha voluto, questo benedetto termovalorizzatore?
Chi ha marciato contro? Chi ha firmato le interrogazioni parlamentari? Chi
si è scontrato con la polizia? L'elenco - ahi ahi - è più assortito del contenuto
di un cassonetto. La destra e la sinistra. Il vescovo
e i no global. Greenpeace
e Beppe Grillo. Bertinotti
e Alemanno. Padre Zanotelli e la
comunista Katia Bellillo.
Un sindaco della Cdl e uno dell'Unione. E poi i Verdi, i Disobbedienti, il Codacons,
i pensionati, i costruttori, gli ex partigiani, i mutilati di guerra, gli ex
combattenti... E Di
Pietro. Sì, lui: proprio il ministro che oggi reclama le dimissioni di Bassolino,
imputandogli troppa lentezza nell'affrontare il più puzzolente dei
problemi, una settimana dopo l'inizio della costruzione del termovalorizzatore di Acerra -
era il 2004 - si domandava «i motivi della improvvisa, ingiustificata e non
motivata accelerazione che ha portato ad avviare I lavori per il termovalorizzatore a Ferragosto», e invitava perentoriamente
il commissario di governo «a sospendere immediatamente i lavori». Una voce tra le tante, per carità. Perché accanto ai due sindaci di Acerra
che marciavano alla testa dei cortei di protesta (prima uno di centro-destra,
poi uno di centro-sinistra: staffetta bipartisan)
nessuno ha mai fatto distinzioni di colore politico. C'era Fausto Bertinotti, che salutava soddisfatto «la grande mobilitazione popolare»
(corteo di30rnilapersone, finito tra i lacrimogeni della polizia con 82
feriti al pronto soccorso) e portava «solidarietà e sostegno». E c'era Franco Giordano,
che avvertiva Bassolino: «Rifondazione comunista
è assolutamente contraria alla realizzazione del termovalorizzatore
di Acerra». Ma c'era anche
Gianni Alemanno di An, allora ministro delle Politiche Agricole, che
scandiva il suo slogan di lotta e di governo («Il Sud non può essere
la pattumiera d'Italia!») e prometteva ai
manifestanti: se avete ragione voi, «non ci possono essere dubbi sull'interruzione
dei lavori». C'era Alfonso Pecoraro Scanio, che a nome dei
Verdi presentava interpellanze al governo per chiedere il blocco dell'«ecomostro» di Acerra. C'era un
comitato di ex partigiani, mutilati di guerra ed ex
combattenti che gridava: «Oggi facciamo qui la nostra Resistenza!». Ma e' era anche il sindaco Michelangelo Riemma (Cdl) che lanciava la sua sfida anche al di
là del Tevere: «Nemmeno il Papa potrebbe
farci recedere da questa battaglia di civiltà!». Ipotesi remotissima, anche perché la Chiesa si era
schierata subito contro il termovalorizzatore. Non solo con il solito don Vitaliano della
Sala, subito arrivato con il leader dei
Disobbedienti, Francesco Caruso, a dire che quella non era certo «la
soluzione adeguata». Non solo con padre Alex Zanotelli, il missionario comboniano
controcorrente, che fece anche uno sciopero della fame:
«Mi nutrirò con sola acqua e un po' di caffè,
per dire no a tutti i termovalorizzatori». No,
stavolta persino il vescovo di Acerra, monsignor Giovanni Rinaldi, aveva
benedetto la protesta popolare, con un comunicato ufficiale che venne letto
la domenica in tutte le chiese della diocesi. Dietro il termovalorizzatore
c'era la coda del diavolo. Poi venne Beppe Grillo, che non aveva ancora cominciato la stagione
dei «vaffanculo» ma era già contrario a quella soluzione. «Tutti dicono che il termovalorizzatore
serve per produrre energia, ma basterebbero 800 mila persone per produrre la
stessa energia di un inceneritore» spiegò pazientemente il comico nel
suo «spettacolo d'informazione» a Pomigliano
d'Arco. Va bene, gli dissero dalla platea, mala spazzatura dove la mettiamo?
Lui ebbe la risposta pronta: «Fate un bellissimo
museo della monnezza. Portate
tutta la spazzatura sotto una campana di vetro gigantesca, in modo che sia
studiata dalla gente che arriva da tutto il mondo». Lui scherzava, ma
è finita davvero così. Senza la campana, però. |