La Repubblica 12-12-2007
Televisione
e mercato dei senatori
Berlusconi indagato per corruzione
di
GIUSEPPE D'AVANZO
L'inchiesta di Napoli su sospette tangenti agli
amministratori Rai Randazzo racconta: mi è
stato offerto di fare il vice ministro
SILVIO Berlusconi è indagato dalla procura di Napoli per
la corruzione di Agostino Saccà,
presidente di RaiFiction e - seconda ipotesi di
reato - per istigazione alla corruzione del senatore Nino
Randazzo e di altri senatori della Repubblica,
"in altri episodi non ancora identificati". Una storia che corre -
circostanza davvero inconsueta per il Cavaliere - sul filo di un telefono
(intercettato) dell'alto dirigente del servizio pubblico e trova una sua
concreta evidenza nel racconto del senatore eletto dagli italiani di Australia. E' una storia che, al di
là degli esiti giudiziari, ha un'evidente rilevanza politica e
si può raccontare così. Come tutte le storie che si rispettino è avviata dal caso. I pubblici ministeri
stanno ficcando il naso su un giro di iperfatturazioni che nasconde la costituzione all'estero
di fondi neri.
La ricostruzione dei movimenti finanziari svela che il denaro ritorna - cash - in Italia attraverso la Svizzera. Per i personaggi
coinvolti, per i loro contatti nel mondo della fiction e della
Rai di viale Mazzini, il sospetto degli investigatori è che
quelle somme possano essere o le tangenti destinate ad amministratori del
servizio pubblico o "fette di torta" che i produttori televisivi si
ritagliano, franco tasse. Al centro dell'attenzione
finisce un piccolo produttore di cinema e tv, Giuseppe Proietti, che in
passato ha lavorato alla Sacis (la società
di produzione e commercializzazione della Rai).
Il suo rapporto con Agostino Saccà è
costante e molto intenso. Interrogato dai pubblici ministeri, il presidente
di RaiFiction nega di conoscere Proietti
così bene. Mal gliene incoglie. Nel periodo delle indagini, Proietti
si reca ottantotto volte in viale Mazzini e in quaranta di queste occasioni
è in visita da Saccà che ignora di
essere finito al centro di un'inchiesta molto invasiva che, come sempre
accade in questi casi, ha il suo perno nell'ascolto telefonico. Nel diluvio
di comunicazioni del presidente di RaiFiction
saltano fuori, per dir così, delle attività che i pubblici
ministeri giudicano non coerenti, non corrette, non legittime per un dirigente Rai. Agostino Saccà
è molto insoddisfatto della sua collocazione
in Rai. Si sente sottovalutato, forse umiliato. Avverte di essere guardato a
vista - sì, controllato - dal direttore generale Claudio Cappon. Vuole andare via, lasciare "Mamma Rai"
per "mettersi in proprio", creare nei pressi di Lametia
Terme, nella sua Calabria, una "città della fiction";
collaborare al "progetto Pegasus",
un'iniziativa che vuole consociare le capacità e la qualità dei
piccoli produttori televisivi italiani per farne una realtà
industriale in grado di competere sul mercato nazionale e internazionale.
Saccà parla molto delle sue idee e dei suoi progetti al telefono. Ne parla soprattutto con il
consigliere d'amministrazione della Rai, in quota
centro-destra, Giuliano Urbani. Con Urbani, Saccà
conviene che in "Pegasus" bisogna far
spazio a "un uomo di Berlusconi". Il
presidente di RaiFiction ne va a parlare con il
Cavaliere. Si incontrano spesso, a quanto pare. E' a
questo punto dell'indagine che emerge l'intensa consuetudine dei rapporti tra
Berlusconi e Saccà.
Secondo fonti attendibili, soprattutto una decina di
telefonate dirette tra il giugno e il novembre di quest'anno
appaiono illuminanti (Berlusconi chiama e riceve da
un cellulare in uso a un suo body-guard). Berlusconi e Saccà
discutono della sentenza del Tar che ha bocciato
l'allontanamento dal consiglio d'amministrazione della Rai,
Angelo Maria Petroni.
Saccà sostiene che i consiglieri del
centro-destra non sanno cogliere "le dinamiche
positive". Spiega al Cavaliere come e con chi intervenire. Lo sollecita
a darsi da fare per eliminare i contrasti che, in consiglio, dividono "i
suoi consiglieri". Berlusconi appare a suo
agio con il presidente di RaiFiction. Spesso dal
"lei" cede alla tentazione di dargli del tu e tuttavia mai Saccà si smuove dal chiamarlo
"Presidente". A volte il Cavaliere lo chiama confidenzialmente
Agostino. Gli chiede conto del destino del film su Federico Barbarossa: "Sai, Bossi non fa che
parlarmene...". Saccà lo rassicura:
andrà presto in onda in prima serata. "E allora - dice Berlusconi - dillo alla soldatessa
di Bossi in consiglio (Giovanna Clerici Bianchi)
così la smette di starmi addosso". Il Cavaliere si fa avanti
anche per risolvere qualche suo problema personale e politico. In una
telefonata, quasi si confessa alla domanda di Saccà:
come sta, presidente? "Socialmente - dice Berlusconi
- mi sento come il Papa: tutti mi amano. Politicamente, mi sento uno zero...
e dunque per sollevare il morale del Capo, mi devi fare un favore. Vedi se
puoi aiutare...". Il Cavaliere fa quattro nomi di candidate attrici:
Elena Russo, Evelina Manna, Antonella Troise,
Camilla Ferranti (secondo un testimone, il produttore di Incantesimo
Guido De Angelis, è la figliola di un medico
molto vicino al Cavaliere). Sai, spiega Berlusconi
a Saccà, non sono tutte affar
mio perché "la Evelina Manni
mi è stata segnalata da un senatore del centro-sinistra che mi
può essere utile per far cadere il governo". Promette Berlusconi a Saccà:
saprò ricompensarla quando lei sarà un
libero imprenditore come mi auguro avvenga presto...
Agostino Saccà appare consapevole che la
preoccupazione prioritaria del Cavaliere sia la "campagna acquisti"
inaugurata al Senato per capovolgere l'esigua maggioranza che sostiene il
governo di Romano Prodi. Fa quel che può, fa
quel che deve nell'interesse del "Capo". In estate, incontra il senatore
Pietro Fuda, un transfuga di Forza Italia, oggi nel
Partito Democratico Meridionale di Agazio Loiero che sostiene il centro-sinistra. Dell'esito del
colloquio, Saccà riferisce a Pietro Pilello, un commercialista calabrese con studio a Milano
con molti incarichi in società pubbliche (Metropolitana Milanese, Finlombarda), presidente dei sindaci di Rai International dal 2003 al 2006, oggi ancora sindaco di
Rai Way. Dice Saccà:
"Fuda vuol far sapere al Capo che il suo cuore
batte sempre a destra, anche se è costretto a stare oggi a sinistra e
che comunque se gli dovessero toccare gli interessi
e le cose sue, il Cavaliere deve starne certo: Fuda
gli darà un aiuto in Parlamento". Saccà
e Pilello affrontano di concerto (e ne discutono al
telefono) l'abbordaggio del senatore Nino Randazzo. Il commercialista assume informazioni sullo
stato economico dell'eletto per il centro-sinistra in Oceania. Ne riferisce a
Berlusconi che lo convoca ad Arcore.
Si può presumere che il commercialista riceva l'incarico di accompagnare
Randazzo da Berlusconi.
Dopo qualche
tempo, gli investigatori filmano l'arrivo di Pilello
all'aeroporto di Roma; l'auto con i vetri oscurati che lo attende; il
percorso fino in città, a largo Argentina, dove è in attesa Randazzo; l'ultimo
brevissimo tragitto fino a Palazzo Grazioli. Quel
che accade nella residenza romana di Berlusconi
lo racconterà il senatore ai pubblici ministeri. Berlusconi
lo lusinga. Appare euforico. Vuole conquistare la maggioranza al Senato e
dice di essere vicino ad ottenerla. Se Randazzo cambierà cavallo, potrà essere nel
prossimo esecutivo o viceministro degli Esteri o
sottosegretario con la delega per l'Oceania (al senatore Edoardo Pollastri
eletto in Brasile, aggiunge Randazzo, viene invece promessa la delega come sottosegretario al
Sud-America). L'elenco dei benefit offerti non
finisce qui. Randazzo sarebbe stato il numero 2,
appena dietro Berlusconi, nella lista nazionale
alle prossime elezioni e l'intera campagna elettorale sarebbe stata pagata
dal Cavaliere.
Randazzo è scosso da quelle proposte.
Ricorda ai pubblici ministeri un bizzarro episodio che gli era
occorso in estate, in luglio. Passeggiava nella Galleria
Sordi, in piazza Colonna a Roma. Come d'incanto, come apparso dal
nulla, si ritrova accanto un imprenditore
australiano, Nick Scavi. L'uomo lo apostrofa
così: "Voglio offrirti la possibilità di diventare
milionario. Ti darò un assegno in bianco che potrai riempire fino a
due milioni di euro". Randazzo
rifiuta l'avance. L'altro non cede. Trascorre
qualche giorno e lo richiama. Gli chiede se ci ha ripensato.
Randazzo non ci ha ripensato. Come Nick Scavi, anche Berlusconi
non cede dinanzi al primo rifiuto di Randazzo. Per superare le incertezze, il Cavaliere rassicura il senatore:
"Caro Randazzo, le farò un vero e
proprio contratto...". Ancora il telefono racconta come vanno poi
le cose. Pietro Pilello dice
che Berlusconi gli ha chiesto il numero telefonico
di Randazzo perché aveva bisogno di parlargli con
urgenza. Il senatore conferma durante l'interrogatorio:
"E' vero, Berlusconi mi chiamò e mi
disse: lei ci ha pensato bene, le carte sono pronte, deve solo venirle a
firmarle. Mi basta anche soltanto una piccola assenza". Al Senato
un'assenza, con l'esigua maggioranza del centro-sinistra, ha il valore di un
voto contrario. "Una piccola assenza" è sufficiente perché,
dice Berlusconi, "ho con me Dini e i suoi - che non dovrebbero tradire - e tre dei
senatori eletti all'estero". Vanagloria del Cavaliere come quella storia
dei "contratti di garanzia"? Forse sì, forse no. E' un fatto che almeno "un contratto"
è saltato fuori a Napoli in un'altra indagine che ha come indagato per
riciclaggio il senatore Sergio De Gregorio, presidente della commissione
Difesa di palazzo Madama (alcuni suoi assegni per
400 mila euro sono stati ritrovati nelle mani di un noto contrabbandiere,
Rocco Cafiero).
Durante
l'investigazione, è stato sequestrato un contratto, inviato via fax a
quanto pare, a firma Sandro Bondi e Sergio De
Gregorio in cui si dà conto dell'impegno finanziario concordato tra le
parti, delle quote già consegnate e quelle da fornire con cadenza
mensile. E'
l'accordo stipulato (e noto) tra Forza Italia e l'associazione "Italiani
nel mondo" di De Gregorio. Altri accordi, evidentemente, avrebbero dovuto nascere soltanto se i senatori del
centro-sinistra avessero voluto.
(12 dicembre 2007)
|