CENACOLO DEI COGITANTI |
Documento d’interesse Inserito
il 28-4-2009
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Da L’Espresso 24-4-2009
Il paese normale
(Edmondo Berselli – Porte Girevoli)
Il
berlusconismo normalizzato mette ai margini tutti gli altri. Sono out quelli
che si indignano, i fissati che vedono la mafia nella economia. L'irrealtà rischiamo
di essere noi
Sarebbe meglio accorgersi alla svelta di un
fenomeno insidioso, cioè di una fase diversa del berlusconismo. Complice
l'emergenza, complice il terremoto, complice la crisi economica, complice la fragilità
delle opposizioni a cominciare dal Pd, la società italiana si sta abituando a
Berlusconi. Già. L'Italia 'normale' è quella di Berlusconi, azione di governo e
decisioni rapide. Efficaci? Boh. Eppur presenzia. Andrà alla celebrazione del
25 aprile, per la prima volta. Critica con sufficienza padronale la
lottizzazione patrimoniale dell'informazione Rai, alza le spalle davanti alle
accuse di fare le nomine a casa sua ("Lo faccio per risparmiare allo Stato
le telefonate private"; "E prima dove li facevano, questi
vertici?"). Si propone come il vero depositario del buonsenso in un paese
infestato da untori fanatici.
Insomma dopo il presidente donnino, il presidente operaio, l'unto del Signore,
quello dell'amaro calice, ecco finalmente il Presidente Italiano, somma o
meglio sintesi della medietà nazionale. Berlusconi iperbole dell'italiano
medio, e anche dell'italiana media, per virtù seduttiva innata. "Avesse
una puntina di tette", diceva infatti Enzo Biagi, "farebbe anche
l'annunciatrice": la battuta è antica, ma quando una battuta diventa
verità e rafforza ogni giorno se stessa diventa un dato genetico, una
rivelazione, una totale verità.
Il fatto è che non siamo ancora all'appeasement con il capo del Pdl, dopo 15
anni di strattonamenti, a corpo a corpo, lotte e attacchi, risate e
dissimulazioni, menzogne e ipocrisie. La pacificazione semmai l'hanno fatta gli
establishment e le corporazioni, con l'Alitalia e i benefici fiscali via
tolleranza all'evasione. Tuttavia la società nel suo complesso, anche se non ha
fatto la pace, comincia ad abituarsi. Ad assuefarsi. Vabbè, non è un governo di
prima classe, è fatto di personalità trovaticce, i risultati sono dubbi, le
invenzioni estemporanee superano del tutto i progetti, c'è molto più potere che
amministrazione, erano liberisti e sono diventati protezionisti o chissà che
cosa, la politica sull'immigrazione è catastrofica e la sicurezza lasciamo
perdere, erano liberali e sono diventati ratzingeriani.
Ma, si dà il caso, è l'unico governo che c'è.
Le alternative non si vedono (l'ultima alternativa ce la siamo giocata con il
biennio di governo caotico 2006-2008 e con la 'vocazione maggioritaria'). E
quindi sarà bene capire che l'assuefazione generale a Berlusconi e al
berlusconismo è una questione politicamente scivolosa. Non per confermare
quelle certezze antropologiche dei grandi scettici e cinici alla Longanesi,
quelli che hanno sempre sostenuto che il popolo italiano è una corte di
conformisti e servi, pronti a seguire il padrone di turno. Tutte storie. Il paese
si è addormentato per una quantità di motivi, dalla perdita delle culture, dal
degrado della vita civile, dal disastro dei processi di formazione, fino alla
sostanziale abdicazione civile della sua classe dirigente e dei suoi clan, come
anche per l'ipnosi profonda prodotta dalle reti televisive Mediaset e
controllate e quindi l'atomizzazione in una individualità implosa.
Sì, sarà la risposta, ma non è tutto così: al margine del berlusconismo e dei
suoi officianti, fuori dalla pappa delle soubrette e dei terzini, delle rifatte
e dei palestrati, dei cocainomani sociali e dei talent show, c'è ancora
un'Italia civile e civica che tiene. Ancora piena di passioni, con accenni di
impegno, rivolta a temi solidali. Non illudiamoci. È l'Italia dello spazio esterno.
Fuori dai confini del reale. Fuori dalla foto. I famosi ceti medi riflessivi.
Quelli che prima di consumare ci pensano, quelli biologici e ambientali. Quelli
che credono ancora nei contratti collettivi. Quelli che si fermano con il
giallo, che rispettano le regole, magari anche quelle non scritte, e che ancora
pensano ci sia in prospettiva un'Italia moderna e ispirata a una simpatia per
gli altri, i meno privilegiati, quelli che ce la fanno a stento o non ce la
fanno più.
Ecco, potrebbe sembrare un moralismo babbione,
e si potrebbe finire tutto questo con l'esecrazione dei telefonini e di
Facebook. Ma non è questo il senso: il berlusconismo normalizzato mette ai
margini tutti gli altri. Chi resta fuori è qualcuno che ulula alla luna. Sono
out quelli che si indignano, i fissati che vedono le infliltrazioni mafiose
nell'economia, coloro a cui continua a sembrare inconcepibile una democrazia
che non sia contendibile, quelli che si attaccano alla Costituzione. In questo
modo, la realtà è Berlusconi. L'irrealtà rischiamo di essere noi. Se non ce ne
rendiamo conto, siamo destinati a danzare nel vuoto, pallide figure di un mondo
che non c'è più.
(24 aprile 2009)