CENACOLO DEI
COGITANTI |
Documento d’interesse Inserito
il 8-3-2009
Il Corriere della Sera 8-3-2009
Englaro: denuncio il cardinale Barragan
«Il prelato è stato
arrogante, ha parlato di assassinio»
Grazia Maria Mottola
DAL NOSTRO INVIATO
LECCO — Solo. Con se stesso. Le montagne sul lago, il vento che taglia la
faccia. Non più le visite alla Casa di cura Lecco. Finiti anche i
battibecchi con le suore misericordine. Perché, da un
mese, Eluana non c'è più. E il tempo è volato. Tra
viaggi a Udine e inchieste giudiziarie. Ma per papà Beppino
è il momento di fermarsi. A pensare. A quello che è stato e a che cosa
succederà. Non ultime le querele «contro chi gli ha mancato di rispetto». «Ho intenzione di denunciare anche il cardinale Barragan che ha parlato di assassinio — spiega —. I miei
avvocati stanno valutando le sue affermazioni. Io ricordo la sua arroganza nei
miei confronti in una tavola rotonda organizzata da Micromega. Mi diede fastidio soprattutto quando, alla fine,
sottolineò che aveva simpatia per me. Ma cardinale, gli dissi, se mi tratta
come un assassino, vuol dire che non ha molta simpatia...».
Per il resto, nessuna
nostalgia né rimpianti. «Non mi manca nulla di quello
che avevo — racconta —. Perché con Eluana se n'è
andato anche il tormento. Di vederla lì, in un
letto d'ospedale, ostaggio di mani altrui». Un «senso di liberazione»: la
dimensione attuale. «È vero, potevo andarla a trovare,
accarezzarla, baciarla. Ma questo fa parte del sentire comune. Io, ogni volta
che la guardavo, avrei spaccato il mondo per la rabbia. Ogni volta che qualcuno
la toccava, dovevo dominarmi. La mia creatura era vittima di violenza inaudita,
anche se a toccarla erano le mani delle suore. Ma loro hanno sempre saputo come
la pensavo». Fa parte del passato. Un'altra vita. Quella nuova inizia il 9
febbraio, giorno della morte di Eluana. «Ero a casa, a Lecco, quando mi ha chiamato De Monte:
"Tua figlia è morta". Sono rimasto paralizzato. Non me l'aspettavo.
Fino a quel momento ero impegnato a fare di tutto perché non venisse sospeso il
decreto. Invece lei se n'è andata all'improvviso. Ho capito che era il momento
di essere presente. Se prima il suo accudimento era
un fatto infermieristico, ora toccava a me starle vicino».
Papà Beppino,
sotto scorta, arriva a Udine il 10 febbraio. Eluana è
all'obitorio per l'autopsia. Il padre chiede di vederla. «Sono rimasto solo con lei.
È stato straziante, nello stesso modo in cui, nel 1992, il giorno dopo l'incidente
stradale, andai all'ospedale di Lecco. Ecco: davanti a me avevo mia figlia
inerme con gli occhi chiusi. Un impatto devastante, non ero preparato, ma forse
non si è mai preparati». I giorni scorrono veloci. Eluana
va seppellita. Beppino vorrebbe farlo senza funerale,
ma interviene il fratello Armando: «Io devo pregare, mi dai la possibilità di
farle un funerale?». «Ho deciso pensando al legame tra
mia figlia e lo zio. Ogni volta che lo vedeva, lei diceva: "Papà, sposo lo
zio Armando ».
Quel pomeriggio Englaro resta chiuso nella casa di Paluzza,
mentre in chiesa si celebra la messa. Ancora
qualche giorno. Poi il ritorno a Lecco. La solitudine. Nuovi pensieri. «A Elu non può succedere più niente, ma come sarà la mia vita,
rientrerò anch'io in una dimensione umana?». Nel suo futuro ci sono già la
fondazione «per Eluana » e l'impegno a portare avanti
il dibattito sui temi di fine vita. Ma il 27 febbraio si aggiunge l'indagine
giudiziaria. Quella mattina è l'avvocato Vittorio Angiolini ad avvertirlo che è
stato iscritto nel registro degli indagati con l'accusa di omicidio volontario.
«Me lo aspettavo, ma ho provato fastidio per essere finito in quel meccanismo».
Ritorna a Udine, sempre sotto scorta. Poi si sposta a Paluzza.
Impegni di famiglia, incontri per la fondazione. E la settimana vola. Venerdì
scorso il rientro a Lecco. Le giornate si riempiono di telefonate,
appuntamenti. Lo cercano le tv, ma anche i politici.
Ieri, addirittura, un
colloquio con il ministro Bondi: «Ha voluto conoscere
la mia storia e gliene sono grato.
Quello che mi ha sempre premuto è che Eluana fosse
capita e rispettata come persona. Ora lo vorrei per tutti».
È ciò che gli sta più a cuore: «Spero che la legge sul
testamento biologico accolga le ragioni di ognuno di noi: di quelli che la
pensano come me, ma anche di coloro che con me non sono mai stati d'accordo.
Questa è la libertà nello Stato di diritto».
08 marzo 2009