Il mistero dell'Eucaristia ci spinge a un impegno
coraggioso nelle strutture di questo mondo.
Occorre prendere decisioni sul
rispetto e la difesa della vita umana,
sulla famiglia, sulla libertà
di educazione
Di Benedetto XVI
È
importante rilevare ciò che i Padri sinodali hanno qualificato come
coerenza eucaristica, a cui la nostra esistenza è oggettivamente
chiamata. Il culto gradito a Dio, infatti, non è mai atto meramente
privato, senza conseguenze sulle nostre relazioni sociali: esso richiede la
pubblica testimonianza della propria fede. Ciò vale ovviamente per
tutti i battezzati, ma si impone con particolare urgenza nei confronti di
coloro che, per la posizione sociale o politica che occupano, devono prendere
decisioni a proposito di valori fondamentali, come il rispetto e la difesa
della vita umana, dal concepimento fino alla morte naturale, la famiglia
fondata sul matrimonio tra uomo e donna, la libertà di educazione dei
figli e la promozione del bene comune in tutte le sue forme. Tali valori non
sono negoziabili. Pertanto, i politici e i legislatori cattolici, consapevoli
della loro grave responsabilità sociale, devono sentirsi
particolarmente interpellati dalla loro coscienza, rettamente formata, a
presentare e sostenere leggi ispirate ai valori fondati nella natura umana.
Ciò ha peraltro un nesso obiettivo con l'Eucaristia (cfr 1 Cor
11,27-29). I Vescovi sono tenuti a richiamare costantemente tali valori;
ciò fa parte della loro responsabilità nei confronti del gregge
loro affidato.
A questo proposito è necessario esplicitare la relazione tra Mistero
eucaristico e impegno sociale. L'Eucaristia è sacramento di comunione
tra fratelli e sorelle che accettano di riconciliarsi in Cristo, il quale ha
fatto di ebrei e pagani un popolo solo, abbattendo il muro di inimicizia che
li separava (cfr Ef 2,14). Solo questa costante tensione alla riconciliazione
consente di comunicare degnamente al Corpo e al Sangue di Cristo (cfr Mt
5,23-24).
Giustizia
Attraverso il memoriale del suo sacrificio, Egli rafforza la comunione tra i
fratelli e, in particolare, sollecita coloro che sono in conflitto ad
affrettare la loro riconciliazione aprendosi al dialogo e all'impegno per la
giustizia. È fuori dubbio che condizioni per costruire una vera pace
siano la restaurazione della giustizia, la riconciliazione e il perdono. Da
questa consapevolezza nasce la volontà di trasformare anche le
strutture ingiuste per ristabilire il rispetto della dignità
dell'uomo, creato a immagine e somiglianza di Dio. È attraverso lo
svolgimento concreto di questa responsabilità che l'Eucaristia diventa
nella vita ciò che essa significa nella celebrazione. Come ho avuto
modo di affermare, non è compito proprio della Chiesa quello di prendere
nelle sue mani la battaglia politica per realizzare la società
più giusta possibile; tuttavia, essa non può e non deve neanche
restare ai margini della lotta per la giustizia. La Chiesa «deve inserirsi in
essa per via dell'argomentazione razionale e deve risvegliare le forze spirituali,
senza le quali la giustizia, che sempre richiede anche rinunzie, non
può affermarsi e prosperare».
Nella prospettiva della responsabilità sociale di tutti i cristiani i
Padri sinodali hanno ricordato che il sacrificio di Cristo è mistero
di liberazione che ci interpella e provoca continuamente. Rivolgo pertanto un
appello a tutti i fedeli ad essere realmente operatori di pace e di
giustizia: «Chi partecipa all'Eucaristia, infatti, deve impegnarsi a
costruire la pace nel nostro mondo segnato da molte violenze e guerre, e oggi
in modo particolare, dal terrorismo, dalla corruzione economica e dallo
sfruttamento sessuale». Tutti problemi, questi, che a loro volta generano
altri fenomeni avvilenti che destano viva preoccupazione. Noi sappiamo che
queste situazioni non possono essere affrontate in modo superficiale. Proprio
in forza del Mistero che celebriamo, occorre denunciare le circostanze che
sono in contrasto con la dignità dell'uomo, per il quale Cristo ha
versato il suo sangue, affermando così l'alto valore di ogni singola
persona.
Responsabilità
Non possiamo rimanere inattivi di fronte a certi processi di globalizzazione
che non di rado fanno crescere a dismisura lo scarto tra ricchi e poveri a
livello mondiale. Dobbiamo denunciare chi dilapida le ricchezze della terra,
provocando disuguaglianze che gridano verso il cielo (cfr Gc 5,4). Ad
esempio, è impossibile tacere di fronte alle «immagini sconvolgenti
dei grandi campi di profughi o di rifugiati — in diverse parti del mondo —
raccolti in condizioni di fortuna, per scampare a sorte peggiore, ma di tutto
bisognosi. Non sono, questi esseri umani, nostri fratelli e sorelle? Non sono
i loro bambini venuti al mondo con le stesse legittime attese di
felicità degli altri?».
Collaborazione
Il Signore Gesù, Pane di vita eterna, ci sprona e ci rende attenti
alle situazioni di indigenza in cui versa ancora gran parte
dell'umanità: sono situazioni la cui causa implica spesso una chiara
ed inquietante responsabilità degli uomini. Infatti, «sulla base di dati
statistici disponibili si può affermare che meno della metà
delle immense somme globalmente destinate agli armamenti sarebbe più
che sufficiente per togliere stabilmente dall'indigenza lo sterminato
esercito dei poveri. La coscienza umana ne è interpellata. Alle
popolazioni che vivono sotto la soglia della povertà, più a
causa di situazioni dipendenti dai rapporti internazionali politici,
commerciali e culturali, che non a motivo di circostanze incontrollabili, il
nostro comune impegno nella verità può e deve dare nuova
speranza»...
Il mistero dell'Eucaristia ci abilita e ci spinge ad un impegno coraggioso
nelle strutture di questo mondo per portarvi quella novità di rapporti
che ha nel dono di Dio la sua fonte inesauribile. La preghiera, che ripetiamo
in ogni santa Messa: «Dacci oggi il nostro pane quotidiano», ci obbliga a
fare tutto il possibile, in collaborazione con le istituzioni internazionali,
statali, private, perché cessi o perlomeno diminuisca nel mondo lo scandalo
della fame e della sottoalimentazione di cui soffrono tanti milioni di
persone, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo. Il cristiano laico in
particolare, formato alla scuola dell'Eucaristia, è chiamato ad
assumere direttamente la propria responsabilità politica e sociale.
Perché egli possa svolgere adeguatamente i suoi compiti occorre prepararlo
attraverso una concreta educazione alla carità e alla giustizia. Per
questo, come è stato richiesto dal Sinodo, è necessario che
nelle Diocesi e nelle comunità cristiane venga fatta conoscere e
promossa la dottrina sociale della Chiesa. In questo prezioso patrimonio,
proveniente dalla più antica tradizione ecclesiale, troviamo gli
elementi che orientano con profonda sapienza il comportamento dei cristiani
di fronte alle questioni sociali scottanti. Questa dottrina, maturata durante
tutta la storia della Chiesa, si caratterizza per realismo ed equilibrio,
aiutando così ad evitare fuorvianti compromessi o vacue utopie.
Benedetto XVI
14 marzo 2007
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