Da La Repubblica 11-2-2007 Quei patti dimenticati tra Stato e Chiesa di Eugenio Scalfari
Nella giornata di ieri la Chiesa è passata al contrattacco, guidata
dal Papa in persona a rinforzo del "non possumus"
emanato dalla Conferenza episcopale. Benedetto XVI, con riferimento specifico
ai temi della bioetica e al disegno di legge approvato dal Consiglio dei
ministri sulle convivenze di fatto, ha detto che c'è da pensare
"che ci siano dei periodi in cui l'essere umano non esista
veramente" Addirittura! Accenti simili non si erano più uditi da quando i bersaglieri di La Marmora
entrarono dalla breccia di Porta Pia mettendo fine al potere elettorale e la
nobiltà clericale chiuse i portoni dei suoi palazzi sconfessando la
nascita dell'Italia unita e di Roma capitale.
Dev'essere accaduto qualche cosa di molto
più grave a ferire la sensibilità e gli interessi della Chiesa
del riconoscimento di alcuni diritti che regolarizzano le coppie di fatto ben
più timidamente di quanto già non sia avvenuto in tutt'Europa,
dalla Spagna all'Olanda e dalla Francia alla
Germania. Che cosa è dunque accaduto?
È accaduto che quel cautissimo atto di governo, che porta la firma
d'un premier cattolicissimo ed è stato redatto da un cattolicissimo
ministro, ha posto un paletto al neo-temporalismo
della Santa Sede, alle sue crescenti interferenze nella legislazione e
addirittura nell'articolazione delle norme di legge che il Parlamento
voterà nelle prossime settimane.
È accaduto che al "non possumus"
dei vescovi italiani è stato opposto il
"possumus" dei gruppi parlamentari del
centrosinistra e in particolare dei parlamentari cattolici della Margherita,
che hanno rivendicato la loro responsabile autonomia laica e - insieme - la
loro costante appartenenza ai valori del cristianesimo.
Viene in mente il rifiuto di Alcide De Gasperi
all'operazione Sturzo di stampo clerico-fascista,
sponsorizzata da papa Pacelli e dai Comitati
civici. Da allora il leader della Dc non fu
più ricevuto, neppure in udienza privata, da Pio XII, il che non gli
impedì di reggere le sorti del governo nazionale senza mai venir meno
ai suoi sentimenti di appartenenza cattolica e ai suoi doveri verso il paese
e verso la Costituzione.
Questo preoccupa Benedetto XVI e i vescovi italiani: che i cattolici
democratici, messi con le spalle al muro dall'intransigenza ruiniana, abbiano rifiutato di essere
passiva cinghia di trasmissione ponendo così un argine alla clericalizzazione delle istituzioni.
Non li preoccupa né Diliberto né Pecoraro Scanio né
Rifondazione comunista, bensì i Franceschini,
i Letta, le Bindi, gli
Scoppola e, soprattutto, Romano Prodi che va a messa e frequenta i sacramenti
tutte le domeniche. Si ritrovano - i vescovi - in compagnia del paganesimo
berlusconiano con il rischio di un neo-temporalismo
profumato alla cipria del Bagaglino anziché
all'incenso delle basiliche.
* * *
Si dice - talvolta l'ho detto anch'io - che il
potere politico è debole. Ha un pensiero debole. Inclina al
compromesso. Si vorrebbe una politica che scelga
senza se e senza ma. E poiché i se e i ma abbondano, se ne conclude che la
politica non fa il dover suo e le si contrappone il deposito dei valori della
religione, alimentati dall'intransigenza della fede.
Ma si è mai vista nella storia una politica senza compromessi? La
politica si nutre di compromessi, procede per sintesi, non si ferma mai ad
una tesi intransigente o ad un'intransigente
antitesi, salvo in regimi di dittatura o, peggio, di totalitarismo.
I regimi liberali e ancor più quelli liberal-democratici
amministrano organismi complessi, interessi plurimi e spesso
contrapposti. Debbono pertanto rappresentarli tutti superandone i
particolarismi, includendo e non escludendo, trovando il denominatore comune.
Il pensiero debole della politica coincide con compromessi deboli
e privi di obiettivi forti. E in quei casi debbono essere vigorosamente
criticati. La politica è l'arte del possibile, quindi del dialogo e
dell'accordo al più alto livello possibile. Cavour voleva fare un
grande Piemonte nel 1857 e si accordò con la Francia
di Napoleone III. Poi l'obiettivo cambiò e divenne assai più
ambizioso: volle fare l'Italia. Si alleò con Garibaldi, con Ricasoli, con Minghetti e con
l'Inghilterra. Si sarebbe alleato anche col diavolo se fosse servito.
Quale politica non fa compromessi? Perfino Cesare li fece. Perfino Napoleone.
Hitler no, non li fece. Voleva sterminare gli ebrei
e li sterminò. Voleva conquistare tutta
l'Europa e c'era quasi riuscito se non ci fosse stato
Pearl Harbor e se Roosevelt non si fosse alleato con Stalin. Ma Hitler non era un politico, era un pazzo criminale.
Antipolitico per eccellenza.
Anche la Chiesa ha fatto compromessi. Perfino con Hitler.
Con Mussolini. Con Franco. Con Breznev.
Con Jaruzelski. Con Gorbaciov.
Tutte le volte che le è convenuto ha stipulato concordati. Non
è forse un compromesso il concordato? Si patteggia, si dà e si
prende.
La fede non fa compromessi. Ma la fede riguarda la coscienza individuale, non
le organizzazioni che l'amministrano. La Chiesa e la sua gerarchia sono il
corpo che riveste la fede. Talvolta il corpo esprime e realizza l'anima,
talaltra la rinserra nei suoi corposi interessi mondani. Questo è
sempre stato il rapporto tra la gerarchia dei presbiteri e la comunità
dei fedeli. Lo scontro tra il modernismo e il Vaticano ebbe proprio questa
motivazione. Finì con la persecuzione dei modernisti della quale c'è traccia evidente perfino nel Concordato del '29.
Il cristianesimo diffuso dalla predicazione degli apostoli è la
religione dell'amore. Ma non sempre.
* * *
È singolare che nel dibattito in corso tra il Vaticano e il governo
italiano nessuno (salvo i radicali) abbia menzionato il Concordato. Come se
non esistesse più. Come se fosse caduto in desuetudine. Come se non
fosse stato recepito nella Costituzione del 1947.
Infatti è caduto in desuetudine. O meglio:
sta in piedi soltanto a tutela dei benefici che ne riceve la Chiesa. I limiti
che la Chiesa ha pattuito con lo Stato sono stati invece superati.
Il deputato Capezzone, tanto per dire, si è
stupito l'altro ieri perché si aspettava che il governo protestasse con la
Santa Sede per l'irritualità compiuta dalla Cei con l'irruzione palese e anticoncordataria compiuta
nei confronti del potere legislativo, così come il governo aveva
ritenuto irrituale l'intervento dei sei
ambasciatori che ci invitavano perentoriamente a restare in Afghanistan senza
se e senza ma.
Ha ragione Capezzone. Ma ha ragione anche il
governo. Il Vaticano in Italia è infinitamente più forte degli
ambasciatori dei sei paesi alleati. È più forte come potere
temporale. Pretende di dirigere le coscienze dei fedeli anche - anzi
soprattutto - quando rivestano cariche ministeriali
o siano membri del Parlamento. Chiede, anzi pretende obbedienza.
Ho letto l'intervista di Rosy Bindi su Repubblica
di ieri. Dice: "Abbiamo scritto una legge giusta che tutela
i più deboli, riconosce diritti alle persone discriminate, non
crea nessuna figura giuridica che possa attentare alla famiglia.
L'insegnamento cattolico parla di valore della giustizia, di pace, di
libertà personale, di accoglienza perfino dell'errore. Di
carità e di misericordia... Un politico non
deve sentirsi referente di nessuno. Il mio referente è il Paese e la
mia coscienza cattolica".
Ebbene, questo è il punto che per i vescovi italiani ha l'effetto d'un
panno rosso davanti a un toro infuriato: il fatto che il laicato cattolico
democratico abbia come riferimento la Costituzione e
la propria coscienza cattolica e sulla base di questi due riferimenti
fondamentali arrivi a conclusioni difformi da quelle della gerarchia
ecclesiastica. La considera una ribellione perché ha perso la nozione esatta
della parola Ecclesia. Che non distingue tra
presbiteri e fedeli. Ecclesia è la
comunità cristiana, è comunione partecipata perché tutti
prendono il corpo eucaristico del Cristo, tutti nello stesso momento e alla stessa mensa. La grazia non passa attraverso
l'intermediazione dei presbiteri, ma il Signore la dispensa direttamente ai
fedeli che credono in lui e da lui prescelti.
Il neo-temporalismo è il contrario di tutto
ciò. Non a caso Paolo VI ritenne la fine del temporalismo
"un fausto evento per la Chiesa". Ma in realtà a partire dal
pontificato di papa Wojtyla fino ad oggi la Chiesa
sta devitalizzando i contenuti più
significativi del Concilio Vaticano II e i due pontificati di Giovanni XXIII
e di Paolo VI. L'ha scritto a chiare lettere Pietro Scoppola nel suo articolo
di tre giorni fa su Repubblica.
Questo è il senso dell'operazione in corso, di cui il disegno di legge
sulle convivenze non è che il pretesto.
* * *
Si dice che il pensiero laico sia debole. Capisco perché lo
si dice: i laici (qui intesi come laici non credenti) non hanno né
papi né cardinali né vescovi né preti. Ciascuno parla per sé e rappresenta
solo se stesso. Per fortuna.
Non significa che un pensiero laico non esista e
neppure che sia debole. Al contrario è forte, è lucido,
è coerente alle sue premesse e nella sua
dialettica con i clerici. Basta aver letto i
più recenti prodotti di questo pensiero pubblicati questa
settimana dal nostro giornale: l'articolo di Ezio Mauro e quello di Gustavo Zagrebelsky a proposito del "non possumus"
episcopale.
I laici sono favorevoli allo spazio pubblico che spetta alla Chiesa, per
ampio e crescente che sia, e ascoltano la sua parola con interesse traendone
elementi di positiva riflessione e di rispettosa accoglienza quando ve ne siano, contestando elementi di intolleranza e tentazioni
teocratiche che spesso, purtroppo, vi sono.
I laici non sono anticlericali, anche se l'episcopato italiano sta facendo il
possibile per farceli diventare. Ma i laici hanno
come solo punto di riferimento il patto costituzionale. Su quel patto si
fonda la Repubblica italiana e in esso ciascuno
trova le radici della sua identità.
Perciò mi stupisco molto di coloro che sarebbero pronti ad accettare i
patti di convivenza purché limitati agli eterosessuali. La Costituzione vieta
in modo esplicito che la legislazione possa
introdurre norme discriminanti nei confronti dei cittadini per ragioni di
etnia, di religione, di sesso. Un regime di convivenza che discriminasse gli
omosessuali cadrebbe ovviamente sotto la scure della Corte costituzionale e,
prima ancora, sotto quella del Capo dello Stato secondo i poteri e le
modalità che gli sono attribuiti.
Quindi tutto è molto chiaro. I laici vogliono il rispetto della
Costituzione e di conseguenza anche del Concordato. Qualcuno, prima o poi,
chiederà alla Corte se il Concordato sia ancora in vigore o sia
gravemente leso. E qualora lo fosse, quali siano gli strumenti atti a recuperarne
il rispetto o a proclamarne la decadenza per doveroso recesso della parte
lesa.
(11 febbraio 2007)
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