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IL CORRIERE DELLA SERA 4-12-2007 VIAGGIO NEL MONDO DEI
RICERCATORI ITALIANI I
nostri "cervelli", sottopagati e precari Ambra Craighero Al Cnr
2.500 precari su settemila unità. Le paghe sono inferiori a quelle
degli operai. Così si spiega la fuga MILANO – Borsisti: 830 euro; assegnisti:1.100 euro; ricercatori: 1.200 euro. Sono questi gli
stipendi netti medi italiani dei ricercatori al Cnr
(Consiglio nazionale delle ricerche) nei 108 istituti presenti in Italia. Non
è certo un gran valore quello che lo Stato riconosce ai
"cervelli" italiani, gli scienziati giovani e meno giovani su cui poggia uno dei settori che dovrebbero
essere considerati strategici nello sviluppo di un Paese. Stipendi bassi -
nella media, nonostante anni di studio e di preparazione e
elevata qualificazione, si è al di sotto del salario percepito da un
operaio – a cui si aggiunge una grande precarietà. PATRIMONIO DISPERSO - La fuga dei cervelli è una conseguenza anche
di questo, del disagio che si vive giorno dopo giorno
nei laboratori. Il risultato? La dispersione di giovani
intelligenze impossibilitate che, proprio a causa della forte
instabilità della posizione, si vedono, di fatto, ostacolate nel
proseguire il percorso intrapreso. Attualmente
il personale del Cnr è di circa settemila
unità; tra loro i precari sono circa 2.500 tra i ricercatori e
"solo" 150 nel personale amministrativo. LE SPADE DI DAMOCLE – «Le spade di Damocle
sono essenzialmente due - spiega il professor Francesco
Clementi del Dipartimento di Farmacologia dell’Università di
Milano -: le ultime Finanziarie hanno penalizzato lo sviluppo della ricerca
italiana iscrivendo la categoria alla voce dei tagli e il blocco delle
assunzioni è fermo al capolinea dal 2001. Siamo in fuorigioco rispetto
agli standard internazionali, oltre ad avere un deficit nella bilancia dei
pagamenti, in relazione alle tecnologie più
avanzate tra i trenta paesi aderenti all’Ocse
(Organizzazione dei Paesi più industrializzati). Ad aggravare il tutto
si aggiunge la mancanza di fondi che nella fattispecie va
a colpire i contratti a termine dei ricercatori e il mantenimento dei
laboratori». E aggiunge: «Noi del Dipartimento di
Farmacologia al Cnr - possiamo effettuare
degli investimenti nei laboratori soltanto ogni quattro anni, cercando di
colmare il gap, ma è troppo poco». BIGLIETTO DI SOLA ANDATA - Oggi manca un flusso bidirezionale
tra i cervelli che aumentano il prestigio della cultura scientifica: i
ricercatori italiani lasciano il Paese, quelli stranieri non ne sono
attratti. Così il gioco si rompe. Al punto che la grande
differenza tra l'Italia e gli altri Paesi dell'Ocse
è sintetizzabile con l’immagine di un biglietto di sola andata: chi
esce e trova spazi all’estero poi difficilmente ritorna. Anche
perché, chi non se ne va, resta in balia degli eventi aspettando un concorso
che non arriva mai. È inoltre sempre più preoccupante
l'abbandono di numerosi borsisti fin dalla prima
fase della carriera, ovvero dopo la laurea e il successivo conseguimento del
dottorato di ricerca triennale. LO STIPENDIO DEL CNR - Uno dei disagi peggiori è lo stipendio
che, oltre ad essere misero, come già evidenziato, viene
riconosciuto con una modalità di pagamento cumulativa e non mensile.
Non solo, dunque, un borsista deve accontentarsi di 830 euro al mese; ma questa cifra la prenderà soltanto a 90
giorni. Per esempio, la retribuzione di settembre/ottobre viene
liquidata soltanto il 27 di novembre. Questo comporta che in molti casi sia
necessario un intervento diretto delle famiglie per aiutare i
"poveri" scienziati. Il risultato è una somma di situazioni
precarie che porta come conseguenza un inatteso e
gradito regalo ai centri di ricerca all’estero, pronti ad accogliere a
braccia aperte le nostre "menti". Ambra Craighero |