Giuliano Ferrara, non so se
in accordo preventivo con le gerarchie ecclesiastiche, o con le gerarchie ecclesiastiche subito al seguito della sua
iniziativa, ha approfittato della recente approvazione all'Onu della moratoria sulla pena di morte per estendere
analoga moratoria alla pratica dell'aborto. In questo modo ha rimesso in
discussione la legge 194, approvata con un referendum degli italiani trent'anni fa, trascurando il fatto
che questa legge, oltre a rendere drasticamente marginali gli aborti
clandestini, ha ridotto del 40 per cento le pratiche abortive.
Ora, se consideriamo che compito dello Stato non è costruire la
"città ideale", ma ridurre il
più possibile il male nella "città reale", dobbiamo
dire che questa legge ha funzionato ed è entrata nella
sensibilità comune degli italiani e soprattutto nel vissuto delle
donne, sul cui corpo lo Stato non può decidere, né nella forma
dell'aborto forzato come accade in Cina, né nella forma della proibizione
dell'aborto come si vorrebbe da noi, perché in entrambi i casi significa
considerare la donna non come "persona" e quindi come soggetto di
libere scelte, ma come semplice "funzionaria della specie",
quindi sotto un profilo che non esitiamo a definire di "bieco
materialismo", in barba a tutti i valori spirituali che si vorrebbero
difendere con la proibizione generalizzata della pratica dell'aborto.
La grande contraddizione
Per rendercene conto è sufficiente considerare l'insanabile
contraddizione che esiste tra la "natura" e
l'"individuo". La natura quasi sempre
rifiuta l'aborto perché, per la conservazione della specie, ha bisogno di
tanta vita. Non perché la vita sia "sacra". Alla natura non
appartengono giudizi di valore. Per questo essa
spreca tante vite senza rimpianto.
Nel suo ciclo crudele e innocente di vita e di morte,
alla natura i singoli individui interessano solo in quanto riproduttivi. Le
loro biografie, le loro storie, i loro progetti, i
loro sogni, il senso che essi cercano nel breve tragitto della loro
esistenza, alla natura non interessano proprio nulla perche,
come vuole l'immagine di Goethe: “Nel vortice
della sua danza sfrenata la natura si lascia andare con noi, finché siamo
stanchi e le cadiamo dalle braccia. La vita è la sua invenzione
più bella e la morte è il suo artificio per avere molta vita.
Sembra che abbia puntato tutto sull'individualità, eppure niente le
importa degli individui”.
Questa, tra natura e individuo, è la grande
contraddizione che nel corpo della donna, dove le esigenze della natura e
quelle della propria soggettività confliggono,
diventa la grande lacerazione che non consente sempre alla donna di
coincidere con l'istanza materna e all'istanza materna di essere sempre
compatibile con la realizzazione della propria individualità.
L'aborto è solo il drammatico epilogo di questa lacerante
contraddizione, che viene prima di tutte quelle
giustificazioni razionali, assolutamente da non trascurare, che sono
l'età in cui si resta incinte, il numero dei figli già nati,
le risorse economiche della famiglia, il costo delle abitazioni, la scarsa
disponibilità di nidi e di asili, la sempre maggior difficoltà
delle famiglie nucleari di oggi di farsi aiutare.
Tutte queste ragioni vengono dopo, molto dopo. Prima di
queste, incoffessatamente, segretamente, incosciamente, c’è il rifiuto della donna di
consegnarsi ineluttabilmente e incondizionatamente alle richieste della
natura, che guarda gli individui esclusivamente come fattori riproduttivi
per la sua autoconservazione. Nella donna,
infatti, tra la sua soggettività e il suo essere
madre può non esserci coincidenza, e l'aborto è il
gesto drammatico che sancisce questa lacerante distanza.
I rappresentanti dei vari "movimenti per la
vita", oggi impegnati nei consultori a dispensare i loro
consigli, non conoscono questa lacerazione. Con la parola "vita"
essi pensano alla vita della "natura"
non a quella dell’“individuo”, dimenticando che è stato proprio il
cristianesimo a far nascere e a far crescere il concetto di
"individuo". E lo ha fatto emancipando
la persona dall'ordine naturale, per instaurarla come compiuta
soggettività, a cui compete capacità di discernimento e
libero arbitrio. Si è dimenticata la Chiesa di questo suo principio
che ha dato forma alla cultura occidentale, rendendola riconoscibile e
differenziandola dalle altre culture proprio a parrire
da questo suo dettato?
Non è chi non vede, infatti, che la vita e gli interessi dell'individuo
non coincidono sempre e in ogni caso con la vita e l'interesse della
specie. Non è una faccenda di egoismo,
quindi una faccenda morale. È il segno di una contraddizione
insanabile tra la vita della natura e la vita
dell'uomo che, a differenza dell'animale, non coincide perfettamente con
l'ordine naturale. L'aborto, che gli animali non praticano, è uno
dei segni evidenti di questa non coincidenza.
Per una morale laica
Si dirà: non è necessario arrivare all'aborto, ci sono i
contraccettivi o la pillola del giorno dopo per evitare gravidanze
indesiderate. È vero. L'obiezione è ineccepibile
e, a parte la riprovazione della morale cattolica anche in ordine all'uso
dei contraccettivi e della pillola RU486, un'adeguata informazione e una
corretta educazione sessuale nelle nostre scuole sarebbe davvero
auspicabile. Certamente più utile delle crociate anti-abortiste, che servono solo a colpevolizzare chi
non trova una via d'uscita nella morsa del conflitto tra individuo e natura.
Ma neppure questo in Italia si riesce a fare per
l'intollerabile ossequio della nostra politica alle indicazioni che
provengono dalla gerarchia ecclesiastica. Per un deficit insopportabile di
laicità. E quindi di democrazia. Perché come è vero che un laico non obbliga un cattolico
a divorziare, ad assumere contraccettivi, ad abortire, così un
cattolico non può obbligare chi non la pensa come lui ad attenersi
ai suoi principi.
Cosa dice il Partito democratico in proposito? Che
posizione ha preso in ordine al testamento
biologico, alla pillola del giorno dopo, alla fecondazione assistita
omologa ed eterologa, alla diagnosi preventiva,
al rifiuto della tecnica quando si deve nascere per rispetto della
"procreazione naturale" e il ricorso massiccio alla tecnica
quando "per natura" si dovrebbe morire, come nel caso Welby? Non rischia questo partito di implodere proprio
sulle questioni etiche, non assumendo posizione su nessuno dei problemi qui
elencati per non lacerare se stesso? E non è in vista di questa implosione che Giuliano Ferrara ha sollevato di
proposito la questione dell'aborto, subito affiancato dalle gerarchie
ecclesiastiche, più interessate alla difesa dei loro principi che
alle sorti dell'uomo?
Per sentirmi in un paese democratico chiederei alla politica e, se non a
tutta, al meno a quanti si riconoscono nel partito democratico, una chiara
presa di posizione in ordine alla laicità, smascherando la sottile
persuasione che si va diffondendo secondo la quale, senza religione, non
è possibile darsi una morale. Non è così. Basta rifarsi
a due fondamentali insegnamenti di Kant. Il primo
recita: “La morale è fatta per l'uomo, non l'uomo
per la morale”. Che è quanto basta per far
piazza pulita di tutte quelle morali fondate sui principi religiosi, che
nel nostro tempo sono inapplicabili, perché formulati quando la natura era
considerata immutabile e non come oggi in ogni suo aspetto modificabile. I
progressi della scienza e della tecnica, che la chiesa non ha mai smesso di
contrastare, rendono quei principi del tutto inutilizzabili. Il secondo dettato che Kant pone alla
base della morale laica recita: “L'uomo va trattato sempre come un fine e
mai come un mezzo”. Un principio questo che,
applicato alla questione dell'aborto, significa: non trattare la donna solo
come un "mezzo" riproduttivo, imponendole in ogni caso la
procreazione, ma come un "fine", e quindi come persona libera e
responsabile delle sue scelte.
Credo che bastino questi due principi difficilmente contestabili per
ispirare un'etica laica, come deve essere quella dello Stato se vuoi essere
rispettoso di tutte le opinioni e le credenze, comprese quella cristiana, perche neppure il cristiano può
accettare di trattare la donna come un "mezzo" e non come una
"persona", dal momento che fu proprio il cristianesimo, lo
ripetiamo, a introdurre nella nostra Cultura il concetto di
"persona".
Un'ultima parola agli uomini di religione. Se avete bisogno degli strumenti
giuridici per difendere la vostra morale imponendola a tutti, dimostrate
solo la debolezza della vostra fede che, se ricorre al dispositivo
legislativo, vuoI dire
che più non si fida del convincimento delle coscienze. A me questo
pare un problema grave. Ma è un problema vostro, che
però non potete far pagare anche a chi non aderisce al vostro
credo.
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