HOME PRIVILEGIA NE IRROGANTO di Mauro Novelli Altri documenti
Documento aggiornato al 12-12-2007
La vicenda di
Credieuronord. DOSSIER VAI AL NUOVO DOSSIER
Rassegna
stampa dal maggio 2004.
INDICE DEL DOSSIER “CREDIEURONORD”
La Stampa 13-12-2007 IN TRIBUNALE. 56 ALLA
SBARRA Latte: il processo resta a Saluzzo [FIRMA]MASSIMO MATHIS
Comitato di soccorso ai soci Euronord
Holding Spa( da "Padania, La" del 09-12-2007)
I Pm: <Processate i tre ex dirigenti di
Credieuronord> (sezione: Credieuronord) ( da "Eco di Bergamo,
L'" del 16-11-2007)
<Credieuronord: 3 dirigenti a giudizio>
(sezione: Credieuronord) ( da "Corriere della Sera" del 16-11-2007)
Milano, chiesti sei anni per la gocini altri guai per
la curatrice dei borra ( da "Provincia
Pavese, La" del 26-10-2007) 6
Ammanchi
al Tribunale fallimentare Assolto il direttore del Credieuronord ( da "Corriere
della Sera" del 26-10-2007) 7
SCONTO DI PENA per la commercialista
Carmen Gocini, assolto l'ex dirigente di Credieuronord. ( da "Giorno, Il (Milano)" del 26-10-2007) 6
Dottor
Fiorani, lei rubava? <No, ma così fan tutti> (sezione:
Credieuronord) Da liberoi del 17-10-2007) 4
Dottor
Fiorani, lei rubava? <No, ma così fan tutti> (sezione:
Credieuronord) 4
Lanciava
pietre alle auto preso vandalo straniero (sezione: Credieuronord) 6
(
da "Giorno, Il (Milano)" del 26-10-2007) 6
Milano,
chiesti sei anni per la gocini altri guai per la curatrice dei borra
(sezione: Credieuronord) 6
(
da "Provincia Pavese, La" del 26-10-2007) 6
Ammanchi
al Tribunale fallimentare Assolto il direttore del Credieuronord (sezione:
Credieuronord) 7
( da "Corriere della Sera" del 26-10-2007) 7Savona. Lega Nord sulle banche! Ma
Credieuronord?
Lady Procura ( da "Sole 24
Ore, Il (Plus)" del 27-08-2007)
Bossi urla contro i padani che pagano, ma lui incassò da
Fiorani. Per difendere Fazio ( da "Blogosfere"
del 27-08-2007)
La banca della lega perde contro carlo rossella ( da
"Provincia Pavese, La" del 13-09-2007)
Sono 14 i veneti finiti nel mirino di stella ( da
"Nuova Venezia, La" del 02-10-2007) + 2 altre fonti
ApCom 13-9-2007 SCALATE/ TABACCI: SU
ANTONVENETA E BNL SOLIDARIETA' IN ISTITUZIONI. E Fazio era giocatore in campo
La Repubblica 23-7-2007 OLTRE IL GIARDINO La furbata di Marano e la tv
dei furbetti di ALBERTO STATERA
Da
Borsaitaliana.it 19-2-2007 Banche: Pm Milano chiude indagini
riciclaggio Credieuronord
Da ecodelchisone.it 1-2-2007
Truffa delle quote latte, parte il processo a Saluzzo Coinvolti allevatori
saluzzesi e pinerolesi?
Francesco Lodola
La Stampa
15/1/2007 (9:54) - Latte connection. Fuga dal Piemonte. E sull’Italia piovono
multe da record Alberto Gaino 2
Da La Padania
21-12-2006 dopo la sentenza. CrediEuroNord, Castelli: ora dovete chiederci
scusa 4
Da La Padania
19-12-2006 STABILITE LE RESPONSABILITÀ CrediEuroNord, il tribunale fa
chiarezza 5
Da La Padania
– 12-11-06 Euronord holding, l’assemblea delibera la liquidazione Simone
Boiocchi 6
Da Il Giornale
12-11-2006 Chiude l’istituto di
credito lumbard: «Non abbandoneremo gli azionisti» Stefano Filippi 7
Un po’ di
storia Da www.disinformazione.it (oltre la verità ufficiale) 9
BANCA POPOLARE
CREDIEURONORD S.c.r.l. – MILANO – Via Cartesio 2 Inizio Ispezione 10/03/2003
Fine ispezione 23/05/2003
CONSTATAZIONI – PROFILI GESTIONALI E ORGANIZZATIVI 10
Da
www.disinformazione.it Un po' di
verità sulla Credieuronord (II parte) (meglio conosciuta come la Banca
della Lega) A cura di Rosanna Sapori - 5 dicembre 2004 13
Da
Agendalodi.it (18-7-2006) Bpi: parte dell’indagine va a Varese 15
Da Il Giornale
(13-4-06) Scandalo fallimenti gonfiati Chiesti 6 anni per la Gocini 16
Da TGCom
7/3/2006 Soldi di Fiorani fino alla Camera 17
Da LA
PROVINCIA DI CUNEO 4-2-2006 Latte in nero, accusato Robusti. Al leader dei
Cobas contestata una truffa da 130 milioni di euro 18
DA
L’OPINIONE Edizione 7 del 17-01-2006
Necessarie riforme strutturali per il capitalismo italiano di Biagio Marzo 20
Da
Stampaweb 16/1/2006 IL CARROCCIO E BANCOPOLI. C’E’ ANCHE CHI
CONTINUA A CREDERE IN CALUNNIE E COMPLOTTI 23
Corsera
25-12-05 L'inchiesta. Banca della Lega, 70 milioni e il sospetto di
riciclaggio 26
RAI NEWS 24
Roma, 21 dicembre 2005 Banche. Prorogato il salvataggio di Credieuronord, la
banca della Lega Nord 28
LA STAMPA
21/12/2005 Bpi, slitta il salvataggio
di Credieuronord. Prorogati a giugno i termini della fusione con la holding
di controllo 28
CORRIERE DELLA
SERA 19 Dicembre 2005 (Paolo Biondani - Giuseppe Guastella) L'inchiesta sull'Opa Antonveneta. Fiorani
parla, nei verbali nomi eccellenti 29
LA STAMPAWEB
Giovedì 6 Ottobre 2005
L’inchiesta Credieuronord è per riciclaggio (di Paolo
Colonnello) 31
LA STAMPAWEB
Mercoledì 5 Ottobre 2005 Bpi
nei guai per la banca della Lega (di Paolo Colonnello) 33
Da "Il
Sole 24Ore - Plus" del 24 Settembre 2005 CREDIEURONORD La rivolta degli
azionisti (Stefano Elli, Marco Liguori) 35
Da "Il
Sole 24Ore - Plus" del 24 Settembre 2005 CREDIEURONORD L'inchiesta
penale (Stefano Elli, Marco Liguori) 37
VARESENEWS
Lunedi 29 Agosto 2005 Ma quale banca padana? 38
CORRIERE DELLA
SERA Domenica 7 Agosto 2005 FINANZE PADANE - LA LEGA E FAZIO (di Gian Antonio
Stella ) 39
LA PADANIA 9 Agosto 2005 STIAMO PARLANDO DI
CREDIEURONORD O DEL BANCO DI NAPOLI? GIANLUIGI PARAGONE 42
REPUBBLICA
AFFARI E FINANZA Lunedi 7 Febbraio 2005 PRIMO PIANO Il cavaliere bianco in
difesa della Banca Padana (di Alberto Statera) 46
IL RIFORMISTA
Sabato 5 Febbraio 2005 BANKITALIA La Lega fa una piroetta diventa fazista e
ringrazia 48
Il GAZZETTINO
Martedì 18 Gennaio 2005
Fallimento Ceit, respinte le richieste di 51 ex soci (di Lino Lava) 49
Dal sito di
Cisnetto 51
Il caso Credieuronord di Marco Liguori 51
IL RIFORMISTA
16 Dicembre 2004 FLOP. IL DISASTRO DI CREDIEURONORD ERA STATO MESSO PER
ISCRITTO, MA I SOCI PADANI NON SAPEVANO NULLA 55
GIORNALE DI
BRESCIA 13 Dicembre 2004 «I maggiori esponenti della Lega ripianino le
perdite Credieuronord» 58
Commento del
senatore Fiorello Provera - Gruppo Lega Nord 60
Da "Il
Sole 24Ore - Plus" dell' 11 Dicembre 2004 CREDIEURONORD Sottosegretario
multato e azioni legali (di Marco Liguori) 61
L’UNITA’ 21
Novembre 2004 CrediEuroNord al capolinea, chiude la banca della Lega (di
Sandro Orlando) 61
SENATO -
Interrogazioni del senatore Mauro Fabris Legislatura 14 63
SENATO -
Interrogazioni con richiesta di risposta scritta FABRIS 67
IL MATTINO DI
PADOVA Caso CEIT 11 Maggio 2004 Caso
Ceit, viceministro dal giudice 70
ARTICOLI DAL
14-12-2007 AL 26-1-2008
L'OPINIONE
Lo sfascio del paese non è solo colpa della "casta" ( da "Libertà" del 14-12-2007)
La
borsa premia la scelta pro-Air France fatta dal Governo nella vicenda
Alitalia ( da "Blogosfere" del 04-01-2008)
Il
28 marzo udienza a Verona come capo delle camicie verdi ( da "Tribuna di Treviso, La" del 26-01-2008)
( da "Libertà" del 14-12-2007)
Quotidiano partner di Gruppo Espresso
LIBERTA' di venerdì 14 dicembre 2007 > Agenda L'OPINIONE Lo sfascio
del paese non è solo colpa della "casta" di ERNESTO GHISONI
Che la situazione del nostro lavandino, come ha detto in TV Celentano, non
sia buona è risaputo. E che si debba ricorrere a delle metafore per
spiegare fatti che ci fanno star male, onde evitare fastidi, la dice lunga
sulla salute della nostra democrazia. Troppi segnali ci avvertono che forse,
in questo momento, non siamo all'altezza delle responsabilità che
dovrebbe assumersi una comunità di gente libera. Diciamocelo
francamente, lo sfascio del paese è troppo grande per ritenere che la
colpa sia tutta della "casta politica" anche se le sue
responsabilità sono pesantissime. I diritti si conseguono se prima si
diventa opinione pubblica, se c'è voglia di cittadinanza; di farsi
sentire e se nel frangente attuale si rifiuta l'imposizione di votare per la
"zuppa del centro-sinistra" o il "pan bagnato del
centro-destra" come scontato dal sistema maggioritario. In natura non
esiste solo il bianco e il nero. Il mondo ha infiniti colori. Alla sua
complessità, agli ideali ed alle pulsioni umane, non si può
rispondere solo con un sì o un no e in democrazia ogni valore scelto
non esclude quello contrario. Questa classe politica non parla più di
null'altro che delle sue condizioni. E' stremata e priva di orizzonti, dopo
anni di potere mal gestito, per incapacità o omissioni; per mediazioni
opportunistiche e contingenti; per abusi riprovevoli. Ha tutti i poteri
formali, ma non quello di rigenerarsi. Non passa giorno che non faccia
qualcosa che possa peggiorare la sua immagine pubblica, senza per questo
affannarsi, avendo la certezza di fuggire allo scrutinio della intelligenza e
della coscienza della opinione pubblica. Non è un punto nero e basta
questo. Ma non ho un nome per questa "malattia" italiana. Anche se
fosse solo banale neghittosità ha radici tali da preoccupare.
Nonostante gli espedienti attuati oltre l'editto bulgaro, per limitare e
truccare l'informazione, non tutte le magagne del potere sono rimaste
sconosciute. Si è scoperto che a Sircana piace qualche fuori
programma; che su divani istituzionali, rappresentanti del popolo e vallette
si scambiano carriere e coccole; che mentre Calderoli vegliava la
sovranità padana, accompagnato da un suino, gli portavano via mezza
Vicenza; che i magistrati se la passano male come ai tempi di Borrelli,
Colombo e Bocassini; che l'on. Randazzo è parso un marziano quando in
Parlamento ha letto la lettera di rifiuto a Berlusconi di passare dalla sua parte;
che la crisi del governo Prodi dello scorso febbraio, ha reso a Mediaset
nell'arco di 24 ore 50 milioni di euro. Ecco! Se non è questo un bel
esempio di conflitto d'interessi che tutti i parlamentari, meno uno,
dovrebbero voler abolire immediatamente, vuol dire che vota come vuoi, vota
chi vuoi, ma è sempre il partito dei "chissenefrega" a
governare. Ma guai a ricamarci troppo in TV su queste cose. E' criminoso.
Come minimo si viene iscritti al partito dell'antipolitica. Cioè il
peggiore. Quello caro a Berlusconi, vero sacerdote dell'antipolitica per fini
di lucro. Un muro di silenzi e smarrimenti ci separa dal domani. In un paese
come l'Italia, con il passato che ha, la bassa politica può replicare
modelli negativi in altre tantissime forme e contesti di quello che fu
edificato col bastone e l'olio di ricino. Al vuoto di senso della corsa ai
bisogni inventati e moltiplicati all'infinito, alla piatta solitudine delle
città non si può lasciare che le risposte siano date dalle
amfetamine e dai narcotici. Occorrono processi immaginarsi nuovi e la ferma
velleità di perseguire un effettivo ricambio della classe politica.
Così come stanno le cose nessuno mai avrà la forza di togliere
gli scheletri dagli armadi del proprio partito ed annunciare: "Da oggi
si cambia registro. Si torna ai partiti fatti dalla gente, alla politica
vera. La stagione del partito usato come strumento privato da un padrone o un
clan è chiusa". La grande commedia dei partiti che si
ricostruiscono, cambiano nome e quella dei nuovi che vengono avviati da un
giorno all'altro come esercizi commerciali è vecchia di 18 anni. Non
entusiasma più. Come non sorprende la rivelazione di Fini e Casini che
questo paese è stato governato per 5 anni in funzione degli interessi
televisivi e giudiziari di un solo uomo. Lo si era capito da molto tempo. Ma
di porvi rimedio non se ne parla. Il debito di lealtà e coerenza dei
partiti verso i propri elettori e l'intero paese era e rimane immenso. Oltre
alla abolizione delle leggi vergogna, annosi rovelli e una catena di bugie e
misteri attendono spiegazioni e sentenze. Perché è stata assassinata
Ilaria Alpi. La verità sui casi Fassino-D'Alema e
Unipol, Fiorani-Lega-Credieuronord. Perché si spiava alla regione Lazio e alla Telecom. Chi
è Pollari e cosa cercava il Sismi che non si possa sapere. Fatti che
ricordano le repubbliche sudamericane di una volta, troppo intricati per il
nostro sistema giudiziario. La situazione del nostro lavandino fa
proprio schifo. Urge capire cosa si deve fare per tenerlo pulito. [.
( da "Blogosfere" del 04-01-2008)
Dic 0731 La borsa premia la
scelta pro-Air France fatta dal Governo nella vicenda Alitalia Pubblicato da
Daniele Di Teodoro alle 05:16 in crisi e risanamento d'impresa Si potrebbe
dire, "come volevasi dimostrare". La vicenda Alitalia ha preso una
strada finalmente, anche il Governo infatti, dopo il management Alitalia, ha
scelto di trattare in esclusiva con i francesi di Air France. E la borsa ha
premiato la compagnia aerea con un deciso balzo in su dei suoi titoli. Un
più 8,3%. Ora, si potrebbe obiettare che non è necessariamente
buona cosa che le quotazioni di borsa di un titolo salgano. Che la tendenza
rialzista del mercato non vuol necessariamente dire che sia stata presa la
decisione più giusta. Soprattutto i sostenitori dell'altra tesi,
dell'italianità a tutti i costi della gestione della compagnia di
bandiera tendono ad esaltare gli aspetti negativi dell'intervento dei
francesi. Uno su tutti, l'abbandono di Malpensa e soprattutto il drastico
ridimensionamento dei voli intercontinentali dall'aeroporto lombardo. Ma
continuare a sostenere un piano industriale che non ha convinto nessuno (quello
di Air One), perché si voleva che Alitalia restasse in mani italiane a tutti
i costi, continuare a dar retta ai veti di chi, da Formigoni alla Lega Nord,
continuava e continua ad urlare ai quattro venti pericoli di "svendita
del nord" per aver ceduto allo "straniero" la nostra compagnia
aerea stava affossando definitivamente le sorti di Alitalia. Il tempo
dirà se Air France avrà fatto un buon lavoro nel rilanciare la
gestione di Alitalia. Di certo peggio di ora non potrà fare e se siamo
giunti al punto di dover "svendere" la nostra compagnia di
bandiera, forse sarebbe il caso di andare a vedere dove risiedono le
responsabilità. E magari richiedere i danni, facendosi restituire le
sontuose liquidazioni regalate per aver condotto così bene la
società. Ora Formigoni promette di passare all'azione e di promuovere
una compagnia aerea che possa "valorizzare" le imprese e l'economia
del nord. La Lega Nord promette battaglia contro la decisione del Governo.
Bè, sinora questi signori hanno dimostrato di essere dei politicanti
infallibili, con una dialettica da far invidia. Ma quando si sono messi a
fare impresa hanno dimostrato tutti i loro limiti. Chi non ricorda l'esperienza della Credieuronord, o
almeno così mi par di ricordare si chiamasse la banca che nelle intenzioni
di Bossi e compagni doveva servire da volano per lo sviluppo delle imprese e
dell'economia del nord e che invece fallì miseramente. Francamente su
una impresa da lor signori promossa non scommetterei un centesimo bucato.
E le loro opinioni su cosa è meglio e cosa è peggio o cosa
è meglio per le imprese lombarde le prenderei decisamente con le
pinze, anzi non le ascolterei proprio.
( da "Tribuna di Treviso, La" del 26-01-2008)
Lega Nord e magistrati spesso in
collisione: ecco i precedenti ALESSANDRO ZAGO TREVISO. Gian Paolo Gobbo
è stato già tirato in ballo in un procedimento giudiziario per
la vecchia faccenda delle camicie verdi, il raccogliticcio esercito di
volontari padani impiegato negli anni '90 come servizio d'ordine alle feste
del Carroccio o per pattugliare Terraglio e Pontebbana, con tanto di
dobermann al guinzaglio, per cacciare i clienti delle prostitute. Il 28 marzo
si terrà a Verona l'udienza di rinvio a giudizio legata all'inchiesta
contro la costituzione della "Guardia Nazionale Padana della Lega
Nord". E Gobbo, come massimo esponente del partito in regione,
dovrà esserci, dato che a ottobre Strasburgo gli ha tolto l'immunità
da europarlamentare. A mettere in piedi l'inchiesta, nel 1999, il procuratore
veronese Guido Papalia, per il quale le camicie verdi non erano puro folclore
bensì un'organizzazione militare in piena regola. Infatti l'ipotesi di
reato iniziale era quella di attentato all'unità nazionale, che
prevede l'ergastolo. Poi però è caduta, per lasciare spazio
alla più blanda accusa di costituzione di associazione di carattere
militare. E Gobbo dovrà rispondere al giudice di aver "promosso,
organizzato e diretto un'associazione paramilitare con scopi politici".
Leghisti e giudici sono finiti spesso in rotta di collisione. Da ultimo a
Treviso Gentilini, trascinato in aula dagli ambientalisti che aveva prima
querelato poi "graziato", inutilmente, ritirando la denuncia. Ma
prima ancora, e a più alto livello, vanno
ricordati i guai della Credieuronord e il pasticcio del villaggio turistico in Croazia. Affari
finiti male, più spesso denunce per atteggiamenti e linguaggio troppo
forti. In testa la condanna di Bossi per vilipendio al Tricolore. L'inchiesta
sulle camicie verdi prese il via nel 1996 dopo che a Pontida il Parlamento
della Padania approvò la "dichiarazione di autodeterminazione,
sovranità e associazione" dei popoli delle regioni
settentrionali. Ministri della Padania furono nominati Giancarlo Pagliarini,
Umberto Bossi, Roberto Maroni, Francesco Speroni, Alberto Bosisio, Roberto
Ceresa. Ministri veneti Enrico Cavaliere e appunto Gian Paolo Gobbo. In ogni
provincia furono nominati i rappresentanti delle camicie verdi. Papalia
aprì subito l'inchiesta chiedendo il rinvio a giudizio per 45
leghisti. Tra gli indagati altri due trevigiani: Renzo Perin, l'allora
responsabile delle camicie verdi di Treviso, poi espulso dal partito, e
Patrizio Magnanini di Cison. Ironia della sorte: nell'inchiesta Gobbo
potrebbe restare tra i pochi imputati. Molti dei leghisti coinvolti sono
stati salvati dall'immunità. Lo stesso poteva capitare anche a Gobbo,
ma pochi mesi fa l'Europarlamento ha stabilito che la partecipazione all'organizzazione
delle guardie padane è "in contraddizione e incompatibile con il
ruolo e le responsabilità inerenti ad un mandato parlamentare".
Una decisione che, come al solito, Gobbo accolse con serafica freddezza:
"Sono tranquillo - disse - anche se si dovesse andare a processo credo
che alla fine trionferà la verità e verrà sormontata
un'accusa infondata. Per me non cambia nulla, ma è sempre più
evidente che si tratta di un atto politico, si continua a insistere su un
teorema che non sta in piedi, l'associazione non aveva certo i requisiti e le
caratteristiche che la magistratura di Verona vuole far credere".
Ulteriore ironia della sorte, il fatto che almeno in Veneto le camicie verdi
si sono sciolte come neve al sole. Da anni.
La Stampa 13-12-2007 IN TRIBUNALE. 56 ALLA SBARRA Latte: il
processo resta a Saluzzo [FIRMA]MASSIMO MATHIS
SALUZZO Rimarranno in città le
carte dell'inchiesta e il processo - il primo in Italia - ai Cobas del latte.
Dopo quindici giorni (e quasi tre ore di camera di Consiglio), ieri mattina i
giudici saluzzesi hanno respinto l'istanza con la quale i legali degli
imputati avevano sollevato l'eccezione di competenza territoriale. Non cambia
quindi la posizione del leader degli "splafonatori" cuneesi
Antonino Bedino, di Scarnafigi, dell'ex parlamentare leghista Giovanni
Robusti, di Cristina Maestri, Denis Maero di Saluzzo, Francesco Robasto, di
Moretta e degli altri 51 produttori di Saluzzo, della provincia di Cuneo,
veneti, lombardi e del Torinese, nei guai per "partecipazione" ai
reati contestati: associazione a delinquere finalizzata alle truffe ai danni
dello Stato e dell'Unione europea, esercizio abusivo del credito, falso in
bilancio e in scritture contabili. Se l'istanza della difesa fosse stata
accolta, le udienze sarebbero ripartite da zero in un nuovo palazzo di
Giustizia, a Cuneo o Roma. Invece, il processo proseguirà a Saluzzo,
dove mercoledì prossimo è in programma una nuova udienza e a
gennaio dovrebbero sfilare i primi testimoni (nell'elenco figura anche l'assessore
all'Agricoltura della Regione Piemonte Mino Taricco). Ieri, in aula altre
schermaglie tra difesa e il pm Maurizio Ascione sull'accusa di falso in
bilancio, reato fiscale del quale risponderanno solo i responsabili delle
cooperative Savoia (sollevata l'eccezione per "difetto di
querela"). Secondo la Procura e i finanzieri che hanno condotto
l'indagine, il latte sarebbe finito direttamente ai caseifici mentre le coop
coinvolte svolgevano un ruolo fittizio. Le carte del pm avrebbero pure
rilevato un fiume di denaro transitato sui conti personali di Robusti o della
società finanziaria Fgr, prima alla Credieuronord, poi alla Banca
Popolare di Lodi (l'attuale Popolare Italiana). Dal conto "Milk and
money" sarebbero stati documentati finanziamenti anche alla campagna
elettorale di Robusti. I Cobas avevano già chiesto di trasferire i
fascicoli dell'inchiesta mesi fa. Il 7 febbraio scorso, si appellarono al
legittimo sospetto sull'imparzialità del giudice dopo la fiaccolata
"per la legalità" organizzata dalla Coldiretti (ammessa parte
civile con altri dieci enti e istituzioni) alla vigilia dell'udienza
preliminare. Secondo l'avvocato Paolo Botasso, di Saluzzo, uno dei legali
degli irriducibili, insieme ai colleghi Catia Salvataggio, Alessandra Piano,
Carlo Binelli, Giuseppe Caprioli, dopo quella manifestazione in città
si sarebbe creato un clima sfavorevole nei confronti di una delle parti in
causa. La sfilata sotto il Palazzo di giustizia e la partecipazione a quella
serata dell'assessore Taricco - secondo gli indagati - configuravano due
fatti in grado di influenzare la Corte giudicante.
Comitato di soccorso ai soci
Euronord Holding Spa( da "Padania, La"
del 09-12-2007)
A
difesa di chi ha subìto perdite a causa della gestione della CrediEuronord
Comitato di soccorso ai soci Euronord Holding Spa Da qualche mese i soci
della Euronord Holding Spa hanno dalla loro un'arma in più. Si tratta
del Comitato di soccorso ai soci Euronord Holding Spa . Per quale motivo
è nato e come funziona, ce lo spiega direttamente il suo presidente, l
ing. Bruno Caparini. "Il Comitato - racconta - è nato su
iniziativa di alcuni cittadini per raccogliere fondi a favore di tutti i soci
che hanno subito delle perdite a causa della gestione della Banca CrediEuronord.
Stiamo cercando finanziamenti presso privati, società, imprenditori e
attraverso chiunque, con oblazioni, contribuzioni e liberalità, voglia
partecipare a questo progetto". Da chi è composto il direttivo
del comitato? "Il sottoscritto Bruno Caparini (presidente), l avvocato
Mascetti (vice-presidente), l avvocato Palaoro, la signora Zanon, il signor
Locatelli e il dottor Bellotti". Come verranno distribuiti i soldi
raccolti? "Al 31 gennaio di ogni anno, i fondi concretamente ed
effettivamente raccolti tra i benefattori, verranno distribuiti pro-quota
(ossia in base alle azioni possedute) tra tutti i soci della Euronord Holding
che ne avranno fatto richiesta al Comitato. A tutti i soci è
già stato inviato un avviso relativo alla possibilità di
aderire all iniziativa inoltrando la richiesta per partecipare alla
distribuzione dei fondi raccolti. Alla raccomandata è allegato un
modulo che il socio, sotto la propria responsabilità, dovrà
compilare, indicando i propri dati ed il numero delle azioni di cui è
in possesso, facendolo poi ritornare, sottoscritto in originale, alla sede
del Comitato in Varese, Via Orrigoni 15". L adesione a questo comitato
comporta obblighi o costi? "No, per i soci non ci sono né obblighi, né
costi, né aggravi di alcun genere. Semplicemente bisogna rispondere e
dichiarare il proprio assenso all iniziativa secondo le modalità che
ho già descritto". Ci sono dei termini entro i quali bisogna far
pervenire la risposta? "Nella lettera che abbiamo spedito avevamo fissato
come data ultima il 30 di novembre. Però, per fare in modo che tutti
abbiamo la possibilità di aderire, abbiamo prorogato i termini di
adesione fino alla fine del 2007. Quindi, bisogna rispondere attraverso
raccomandata entro e non oltre il 31 dicembre 2007". Se una persona volesse
chiedere ulteriori delucidazioni, come può mettersi in contatto con
voi? "Il modo più semplice e veloce è utilizzare l
indirizzo e-mail che abbiamo creato ad hoc: info.comitatodisoccorso@yahoo.it.
A tutte le richieste di informazioni verrà data una risposta nel giro
di pochi giorni". [Data pubblicazione: 08/12/2007].
I
Pm: <Processate i tre ex dirigenti di Credieuronord> (sezione: Credieuronord) ( da "Eco di Bergamo, L'" del
16-11-2007)
I
Pm: "Processate i tre ex dirigenti di Credieuronord" I pm di
Milano Riccardo Targetti, Giulia Perrotti e Margherita Taddei hanno chiesto
il rinvio a giudizio nei confronti di tre ex dirigenti della banca Credieuronord,
accusati di riciclaggio in relazione a 1.324 milioni di euro, il controvalore
di latte venduto da alcuni produttori in eccedenza rispetto alle quote
stabilite dall'Ue. Tra il 2003 e il 2004, attraverso 37 operazioni
finanziarie i produttori avrebbero ricevuto dai caseifici quella cifra,
confluita sul conto di una cooperativa. I tre dirigenti per cui è
stato chiesto il processo, Gian Maria Galimberti, Pier Franco Filippi e
Roberto Iaboli, avrebbero, secondo l'accusa, permesso quelle movimentazioni
di denaro. La Credieuronord, banca un tempo della Lega Nord e poi
acquisita da Bpi, aveva una filiale ad Albino.
<Credieuronord: 3 dirigenti a
giudizio> (sezione: Credieuronord) ( da "Corriere della Sera" del
16-11-2007)
Corriere
della Sera - MILANO - sezione: Lombardia - data: 2007-11-16 num: - pag: 12
categoria: REDAZIONALE Milano "Credieuronord: 3 dirigenti a
giudizio" è stato chiesto il rinvio a giudizio per Gian Maria
Galimberti, Pier Franco Filippi e Roberto Iaboli, tre ex dirigenti di Credieuronord,
accusati di riciclaggio in relazione a 1.324 milioni di euro, cioè il
controvalore di latte venduto da produttori in eccedenza rispetto alle quote
stabilite dall'Ue. I produttori avrebbero ricevuto dai caseifici il denaro,
confluito poi sul conto di una cooperativa. Operazione che, secondo l'accusa,
sarebbe stata agevolata dai tre dirigenti.
Milano, chiesti sei anni per la Gocini altri guai per la curatrice dei Borra ( da "Provincia Pavese, La" del 26-10-2007)
Cronaca
Milano, chiesti sei anni per la Gocini Altri guai per la curatrice dei Borra
MILANO. In aula Angelino e Caterino Borra non c'erano ma di loro si ha
parlato anche ieri davanti alla seconda corte d'appello nel processo di
secondo grado per il troncone in cui la protagonista del cosiddetto scandalo
dei fallimenti Carmen Gocini e il dirigente bancario Giancarlo Conti,
avevano chiesto il rito abbreviato. Dei due imprenditori pavesi ha parlato
soprattutto il sostituto procuratore generale Alessandra Cecchelli che ha
ricostruito le operazioni che, portarono decine di miliardi di lire sottratte
dalle procedure fallimentari di cui la Gocini era curatrice, nella
disponibilità dei fratelli Borra. Alla fine la rappresentante della
pubblica accusa ha chiesto la conferma delle condanne emesse dal giudice
delle udienze preliminari: sei anni per la Gocini accusata di peculato e appropriazione
indebita e tre
anni per Conti che doveva rispondere di riciclaggio in relazione alle somme passate sui
conti della Credieuronord prima di finire ai Borra. Alla fine però
il collegio giudicate presieduto da Alfonso Marra, ha modificato la sentenza
di primo grado, mandando assolto il Conti perché il fatto non costituisce
reato e riducendo a cinque anni la pena della Gocini presente in aula senza
manette malgrado lo stato di detenzione. La commercialista
dovrà anche risarcire il danno a diverse procedure fallimentari
costituitesi parte civile per cercare di ottenere la copertura di almeno una
parte delle somme trafugate illecitamente dalla loro curatrice. Intanto
potrebbe profilarsi l'apertura di un orizzonte positivo per i fratelli
Angelino e Caterino Borra, visto che i loro legali, gli avvocati Gianluigi
Tizzoni e Massimo Teti si stanno dando da fare per inquadrare la situazione
detentiva dei loro assistiti. In pratica tenendo conto dei cumuli di pena
dopo i due gradi del giudizio per entrambi i tronconi e calcolando i tre anni
dell'indulto insieme ai previsti sconti annui, non è escluso che tra
non molto le porte del carcere possano riaprirsi per i due imprenditori pavesi
consentendo loro un ritorno a casa.
Corriere della Sera -
MILANO - sezione: Grande Milano - data: 2007-10-26 num: - pag: 10 autore: Lu.
Ferr. categoria: REDAZIONALE Sentenza Ammanchi al Tribunale fallimentare Assolto il direttore del Credieuronord La seconda Corte d'appello ha cancellato la
condanna (3 anni) contro l'ex direttore generale della banca leghista Credieuronord, Giancarlo Conti. "Non costituisce
reato" quel fatto che il Tribunale aveva qualificato come riciclaggio,
avvenuto nel 2001-2003, di 13 milioni di euro in assegni circolari versati
dagli allora proprietari di "Radio 101" (i fratelli
Borra) e provenienti dagli ammanchi (35 milioni) operati al Tribunale
Fallimentare dalla curatrice Carmen Gocini (braccio destro di Giancamillo
Naggi, già prosciolto). Oltre ad assolvere Conti, difeso da Stefano
Toniolo, l'appello ha ridotto la pena da 6 a 5 anni per Gocini, che con l'avvocato
Roberta Ligotti ha strappato l'importante derubricazione da peculato in
truffa.
SCONTO DI PENA per la commercialista
Carmen Gocini, assolto l'ex dirigente di Credieuronord. ( da "Giorno,
Il (Milano)" del
26-10-2007)
MILANO SCONTO DI PENA per la commercialista
Carmen Gocini, assolto l'ex dirigente di Credieuronord. La seconda Corte d'appello ha riformato la
sentenza con cui il giudice delle udienze preliminari aveva valutato la
posizione dei due imputati che avevano chiesto il rito abbreviato nel
processo per il secondo troncone del cosiddetto scandalo dei fallimenti.
Si tratta della vicenda nella quale la commercialista
Carmen Gocini sottrasse un centinaio di miliardi di lire dalle procedure
fallimentari di cui era curatrice. A giudizio ieri erano la stessa Gocini,
condannata in primo grado a sei anni, e Giancarlo Conti, ex dirigente della Credieuronord, la banca sulla quale transitavano le
somme sottratte dalla Gocini prima di finire ai fratelli Angelino e Caterino
Borra, proprietari di Radio 101. Dopo una lunga camera di consiglio, la Corte ha disposto
l'assoluzione per Conti e ha ridotto a 5 anni la pena per la commercialista.
Il sostituto procuratore generale Alessandra Cecchelli aveva chiesto la
conferma delle condanne di primo grado (6 anni per la Gocini accusata di
peculato e appropriazione indebita e
3 anni per Conti, imputato di riciclaggio). - -->.
Dottor Fiorani, lei rubava? <No,
ma così fan tutti> ( da "Libero" del
17-10-2007)
Italia
17-10-2007 Dottor Fiorani, lei rubava? "No, ma così fan
tutti" di OSCAR GIANNINO Non lo so proprio se chi ha seguito Matrix
lunedì sera su Canale 5 abbia capito davvero come stanno le cose,
nella vicenda che riguarda Gianpiero Fiorani, l'ex amministratore delegato
della ex Banca
Popolare di Lodi, poi Popolare Italiana oggi acquisita
dalla Popolare Verona-Novara. All'ottimo Enrico Mentana va riconosciuto il
merito di aver tanto insistito per mesi e mesi dall'aver ottenuto che
sedessero di fronte a lui, uno dopo l'altro, i "famigerati"
protagonisti delle scalate al cielo finanziario abortite a suon di manette
dalla Procura di Milano nell'estate del 2005: prima Giovanni Consorte, poi
Stefano Ricucci, e infine, lunedì, Gianpiero Fiorani. E a tutti ha
fatto domande fuori dai denti, quando le altre trasmissioni di
approfondimento giornalistico preferiscono tenersi alla larga da vicende
bancofinanziarie con la scusa che sono troppo complesse e tecniche, non alla
portata del pubblico comune. In più, con Fiorani Mentana ha avuto il
merito addizionale di essersi presto sbarazzato del colore estivo, che aveva
steso sull'ex banchiere lodigiano una cortina gossippara assai poco adeguata
a far meglio capire le intricate vicende di cui deve rispondere ai giudici.
Le domande non fatte E allora con chi ce l'ho, se per Mentana ho solo
complimenti, direte voi? Innanzitutto con me stesso, che ero lì a far
domande insieme a Fabio
Tamburini, direttore di Radiocor del gruppo Sole 24 ore, e poi con Mario
Gerevini, del Corriere
della sera e coautore del libro "Capitalismo di
rapina". Era soprattutto sulle nostre spalle il compito di far capire a
chi stava a casa di che cosa debba rispondere davvero Fiorani. Secondo me,
non ci siamo riusciti come avremmo dovuto. Diamo troppo per scontato che chi
stia a casa abbia in testa tutti gli sviluppi delle vicende che seguiamo da
anni, e magari per sembrare più ficcanti finiamo per inoltrarci su
particolari che agli occhi del telespettatore suonano secondari. O del tutto
incomprensibili. Tento allora di rimediare oggi, per i lettori di Libero.
Prima domanda, che secondo me viene prima di qualunque altra. Ƞvero
o meno, che Fiorani facesse abbellire i bilanci della Lodi ordinando
prelievi straordinari dai conti correnti dei risparmiatori? Questa almeno
l'abbiamo fatta. E Fiorani
ha risposto che la
Lodi e tutte le banche che essa controllava non hanno mai
disposto sui conti se non commissioni ordinarie e straordinarie regolarmente
deliberate dagli organi dell'istituto, e secondo le consuetudini dell'intero
sistema bancario. Capite bene che è una risposta che a casa, al
telespettatore, suona un po' singolare. Perché delle due l'una. O non
è vero che le cose stanno così, e allora la risposta
verrà smentita nel prosieguo processuale (non rientra però nei
capi d'im putazione). Oppure, se è vero, significa che le banche in
generale rapinano soldi ai risparmiatori, sul presupposto che nessuno poi
vada a leggersi i rendiconti analitici e ne chieda ragione. Dopodiché, ci
siamo lasciati portare dal confronto che si sviluppava intanto in studio.
Così, la seconda domanda - centrale - non è mai stata
esplicitamente pronunziata . Ma era un disegno criminoso come sostengono i
pubblici ministeri - o meno, il concerto tra la Lodi, i bresciani di Hopa, la Unipol di Consorte, per
acquisire il controllo della banca Antonveneta? Una domanda che è un
po' la chiave di volta di tutta l'estate rovente finanziaria del 2005. E che
va sviscerata in più parti. Innanzitutto c'era davvero un accordo tra
tutti questi soggetti, come recitano gli atti giudiziari in base ai quali di
Fiorani e degli altri si è chiesto il rinvio a giudizio? E come
funzionava, se non risulta che la
Unipol aiutasse con acquisti di Antonveneta la Lodi, né questa la Unipol nella sua tentata
opa sulla romana Bnl? Dopodiché, bisognava forse chiedere a Fiorani di far capire
ai telespettatori come un concerto in una scalata - che spetta alla Consob
accertare, infatti lo accertò, e a quel punto dispose che l'offerta
pubblica di acquisto e scambio divenisse obbligatoria sull'intero capitale di
Antonveneta diventi quel reato penale contestato dai pm, con aggiotaggio
informativo, resistenza agli organi di vigilanza, e tutta la batteria di
illeciti che in associazione a delinquere i pm hanno contestato a Fiorani e agli altri.
Personalmente, ad esempio, ho forti dubbi su molti aspetti di come - dopo il
recepimento nella nostra legislazione di due direttive comunitarie, che il
legislatore italiano ha trasformato in un inasprimento senza paragoni in
Europa delle pene edittali dei reati in materia di abuso d'informazioni
finanziarie privilegiate - comportamenti sino ad allora sottoponibili solo al
giudizio di Consob e Bankitalia siano divenute materie nelle quali i pm
intervengono con provvedimenti di custodia cautelare e sequestrando conti e
plusvalenze, rimuovendo amministratori delegati e interi consigli
d'amministrazione: di fatto, cioè, annullando scalate e cambi di
proprietà con il potere delle manette ben prima che i dibattimenti,
anni dopo, possano stabilire se reati davvero c'erano e di che eventuale
gravità. La terza domanda centrale - questa l'abbiamo sfiorata -
è se davvero la scalata della Lodi ad Antonveneta, quella di Unipol a Bnl e quella di Ricucci a Rcs facessero parte di un
unico disegno criminoso, sempre come sostengono i pubblici ministeri. Antonio
Fazio, allora governatore di Bankitalia, era il burattinaio di un tale risiko
congiunto per impedire che gli olandesi prendessero Antonveneta? Ma perché
allora la Commissione europea,
investita della faccenda, lo negò? E analogamente il Tar del Lazio?
Tutti complici ai suoi ordini? Tutti pagati da Fiorani, come il giglio di
Lamberto Cardia, consulente della Lodi? Mah, consentite a me di non crederlo.
Ma certo, resto curioso di sapere che cosa pensi Fiorani. Il sostegno dei
politici La quarta avrebbe riguardato la politica, visto che per i pm i
concertisti associati contavano sul sostegno a 360 gradi, dalla destra alla
sinistra. In trasmissione abbiamo parlato della Lega e della vicenda di Credieuronord. Della sinistra spaccata, come di Tremonti
anti-Fazio, ho parlato solo io. Fiorani ha chiosato che le telefonate dei
politici erano per informarsi, e che è la finanza a contare, la politica
segue. Io mi ci ritrovo abbastanza, nel giudizio: ma invece sono in troppi a
sinistra, a farsi belli di un presunto rinnovamento fatto a colpi di manette
dei famigerati "furbetti". Infine, la domanda delle
domande. Ma come si fa a difendersi respingendo le accuse, se poi si dice che
i magistrati che hanno indagato sono perfetti, hanno ragione e Francesco
Greco dovrebbe governare l'Italia? Io ho capito solo che Fiorani prima del
processo indora la pillola alle Procure. E posso capirlo. Ma chi sta a a casa,
a quel punto, come e perché non dovrebbe battere le mani ai magistrati, unici
custodi delle virtù del mercato? Dio scampi, da una conclusione
simile. Almeno a mio personalissimo giudizio, s'intende. IL CASO L'ARRESTO
L'ex numero uno della Banca popolare italiana Giampiero Fiorani viene
arrestato il 13 dicembre 2005. Le accuse a suo carico sono di aggiotaggio
(aver diffuso notizie false per alterare il corso dei titoli in Borsa),
insider trading (aver utilizzato notizie riservate), truffa aggravata, appropriazione
indebita e associazione per delinquere finalizzata al compimento di questi
reati. LE ACCUSE Nell'ordinanza del Gip di Milano Clementina Forleo si legge
che Fiorani e i suoi complici avrebbero agito "per tutelare tout court
l'italianità del sistema bancario", volendo proteggere, con essa,
"per evidenti e necessitate alleanze politiche ampiamente emerse durante
numerose delle conversazioni intercettate, chi solo dall'italianità
del sistema bancario avrebbe potuto continuare a fruire di ingenti e illeciti
profitti". La Bpi
di Fiorani, secondo il giudice milanese, avrebbe portato avanti la scalata ad
altri istituti bancari (Antonveneta) "in totale spregio delle regole
poste a presidio del mercato", e soprattutto "con la
complicità di esponenti del mondo istituzionale". "Gianpiero
Fiorani ha chiosato che le telefonate dei politici erano per informarsi, e
che è la finanza a contare, la politica segue. Io mi ci ritrovo
abbastanza, nel giudizio: ma invece sono in troppi a sinistra, a farsi belli
di un presunto rinnovamento fatto a colpi di manette dei famigerati
"furbetti". "Ma come si fa a difendersi respingendo le accuse,
se poi si dice che i magistrati che hanno indagato sono perfetti, hanno
ragione e Francesco Greco dovrebbe governare l'Italia? Io ho capito solo che
Fiorani prima del processo indora la pillola alle Procure. E posso capirlo.
Salvo per uso personale è vietato qualunque tipo di riproduzione delle
notizie senza autorizzazione.
Da www.savonanotizie.it del 26-10-2007-10-26
Savona. Lega Nord sulle banche! Ma Credieuronord?
Data di pubblicazione:
26/10/2007 <<Buonasera, vi scrivo in merito all'appuntamento da
voi pubblicato sullo strapotere delle banche http://www.savonanotizie.it/scheda.php?sezione=online&idart=9091
Spesso si sente parlare delle grandi scalate ma mai della vicenda
Credieuronord, forse volutamente oscurata dai media nazionali.
Vorrei segnalare come sia nato un comitato spontaneo a difesa dei
risparmiatori con relativo sito internet all'indirizzo: http://labancadellalega.web-gratis.net/
Inoltre vi è un intero capitolo dedicato alla Banca Padana su
"La Casta"
di Rizzo-Stella, dove si fanno nomi e cognomi delle persone coinvolte,
persone che ancora oggi ricoprono incarichi di dirigenza all'interno del
partito di Bossi.
Ricordo inoltre come lo stesso Giancarlo Pagliarini, insieme ad altri
parlamentari, avessero chiesto il risarcimento da parte del partito ai
piccoli risparmiatori; richiesta caduta nel vuoto e che ha portato al suo
allontanamento dalla Lega Nord.
Ora penso sia opportuno che il partito, e le persone aderenti al partito
coinvolte nel crac, facessero chiarezza su tale situazione. Fino ad ora a
pagare sono stati solo i piccoli risparmiatori che, su suggerimento di Bossi
ed altri, hanno aderito all'operazione fallimentare Credieuronord.
Concludo quindi dicendo che il convegno proposto dalla Segreteria Provinciale
mi sembra alquanto "azzardato"; ma forse proprio per i temi
trattati, ovvero il rapporto tra banche e
politica, potranno fare luce e chiarire tali episodi.>>
Danilo Formica
Ex coordinatore provinciale Giovani Padani
( da "Sole 24 Ore,
Il (Plus)" del 27-08-2007)
Plus sezione: ATTUALITA data: 2007-08-25 - pag: 14 autore:
GIULIA PERROTTI Lady Procura E legante, bella e riservata, Giulia Perrotti
è la Lady
della Procura
della Repubblica di Milano. Di origine campana, figlia
d'arte (suo padre era uno stimato magistrato), dopo essere stata giudice
civile della seconda sezione fallimentare e componente del Consiglio di
presidenza della giustizia tributaria, si appassiona al penale e diventa in
pochi anni uno dei magistrati di riferimento del dipartimento per i reati
finanziari. Il primo processo complesso di cui si occupa è quello
della Magnetofoni Castelli, società vicina al gruppo Ligresti finita
in bancarotta. Con la collega Margherita Taddei segue prima lo scandalo della
discarica di Cerro Maggiore, in cui era coinvolta la Simec di Paolo Berlusconi,
e poi la vicenda di Credieuronord,
la banca della Lega, che ha evitato il fallimento in extremis. La vera
notorietà arriva con l'inchiesta sulla scalata ad Antonveneta da parte
della Bpi di Gianpiero Fiorani culminata con le richieste di rinvio a
giudizio per 68 persone fra cui l'ex Governatore Fazio, Fiorani e l'ex a.d.
di Unipol Giovanni Consorte.
( da "Blogosfere" del 27-08-2007)
Ago 0727 Bossi urla contro i padani che pagano, ma lui
incassò da Fiorani. Per difendere Fazio. Pubblicato da Davide Romano
alle 09:09 in Current Affairs La sparata di Bossi: "Finora gli è
andata bene. Noi padani pagavamo e non abbiamo mai tirato fuori il fucile. Ma
c'è sempre una prima volta." Inutile cercare - nel caso del
senatùr - una qualche coerenza con precedenti affermazioni. L'anno
scorso aveva detto, riferito a chi chiedeva la secessione, che "A chi
pensa di conquistare qualcosa facendo casino sa cosa dico? Dico “tanti
saluti”." (vedi qui). Ma c'è altro dietro alle parole di Bossi.
C'è il fatto che quando lui, che ha governato 5 anni l'Italia, chiede
meno tasse è poco credibile. Ha gioco facile chi gli chiede dov'era durante
il governo Berlusconi. Probabilmente è per questo che il leader della
Lega sente bisogno di alzare i toni (e il fumo), per buttarla in rissa e
evitare di essere messo con le spalle al muro. Ora tutti sono scandalizzati
dal richiamo ai "fucili", così Bossi non è più
chiamato a rispondere di quello che non ha fatto (o ha fatto) tra il 2001 e
il 2006. E non è che abbia solo "dimenticato" di far calare
le tasse, ha anche fatto da (importantissima) sponda politica all'ex-governatore
della banca d'Italia Antonio Fazio, nonchè a Fiorani (della Banca
Popolare di Lodi. Ricordate gli scandali emersi? la difesa ad oltranza da
parte della Lega dei banchieri coinvolti negli scandali degli anni scorsi?).
Quando Bossi parla dei padani che pagano infatti, dovrebbe anche ricordarsi
dei padani che incassavano (da Fiorani) valanghe di euro. Oggi Bossi devia
l'attenzione anche dall'inchiesta che ha coinvolto Brancher (Forza Italia) e
soprattutto Calderoli (Lega), in cui lo stesso Fiorani ha ammesso di aver
consegnato soldi in contanti all'ex ministro leghista. Di questa vicenda
parlammo abbondantemente in passato, per chi avesse bisogno di un ripasso,
leggete pure questo nostro post di un anno e mezzo fa. A me, che sono nato e
cresciuto a Milano,
quando Bossi fa le sue sparate mi fa anche sorridere. Ma quando inizia a
parlare di soldi, le cose si fanno serie. Cominci lui a dare il buon esempio,
restituendo i soldi ai soci leghisti della banca
"padana" (Credieuronord), oltre che i soldi degli investimenti dei villaggi turistici
"leghisti" in Croazia. Per non parlare della sua difesa a spada tratta del
finanziamento pubblico dei partiti, soldi che potrebbero meglio tornare nelle
tasche dei cittadini, invece che esser usati per pagare i burocrati dei
partiti.
( da "Provincia
Pavese, La" del 13-09-2007)
AL TRIBUNALE DI MILANO La banca della Lega perde
contro Carlo Rossella MILANO. Per lo scandalo dei fallimenti, dopo i due
processi penali è arrivata anche la prima sentenza civile. L'ha emessa
il tribunale di Milano che ha respinto la richiesta
risarcitoria formulata dalla Credieuronord, la banca sulla
quale transitarono le somme sottratte dalla commercialista Carmen Gocini
dalle procedure fallimentari di cui era curatrice e destinate ai fratelli
Angelino e Caterino Borra. L'istituto di credito creato dalla Lega Nord, aveva citato in
giudizio la casa editrice Mondadori e l'allora direttore di "Panorama"
Carlo Rossella per un articolo intitolato "La doppia vita di Angelo: Re
Mida dei fallimenti". Nel servizio Angelino Borra veniva definito
"pregiudicato per falso e truffa" in relazione ai riciclaggi delle
somme passategli dalla Gocini a titolo di finanziamento delle sue radio.
"Si parlava - sosteneva la Credieuronord- di
frenetiche movimentazioni del conto con ripetuti versamenti e prelievi".
Questo avrebbe danneggiato l'immagine della banca che ha chiesto il
risarcimento del danno. Il caso è finito all'esame del giudice
Marangoni che ha riconosciuto il diritto di cronaca e di critica e ha
rigettato la domanda nei confronti del giornalista e della Mondadori
condannando la Credieuronord, a pagare le spese: 5.881
euro.
( da "Nuova
Venezia, La" del 02-10-2007)
Pubblicato anche in: (Tribuna di
Treviso, La) (Mattino di Padova, Il)
Regione Sono 14 i veneti finiti nel mirino di Stella
VENEZIA. Curiosità: sono 14 i veneti citati nel libro "La Casta" di Gian
Antonio Stella, in un contesto non sempre precisissimo (ci duole, caro Gian,
ma è così). Per dimostrarlo si può cominciare dal
penultimo, Tiziano Zigiotto, citato come campione dei politici trombati,
sistemati per consolazione nelle poltrone di società regionali. Quella
di Zigiotto è Obiettivo Nordest. Ne ha anche altre, precisiamo, ma non
ci siede sopra per consolazione, semplicemente perché non è mai stato
trombato. E' impossibile che lo sia. Il suo è l'unico caso, pensiamo
al mondo, di consigliere regionale eletto per tre volte nel listino bloccato
del presidente Galan, come suo uomo di fiducia. Dunque senza bisogno di un
voto di preferenza. Neanche Marino Zorzato, citato come presidente di Veneto
Strade, sempre nel contesto delle poltrone consolatorie (chiamale
consolatorie con gli stipendi che si ritrovano) è mai stato ex
deputato forzista: lo è tuttora. Un trombato di classe è invece
Pigi Bolla, candidato da un Galan determinatissimo a sindaco di Verona. E
trombato anche lì. Tra gli altri citati il forzista Sandro Trevisanato
(Venezia, Terminal passeggeri spa); i leghisti Stefano
Stefani ed Enrico Cavaliere per il crack della Credieuronord;
Elisabetta Casellati per l'epopea della figlia; l'immancabile Galan; il
vescovo di Padova Mattiazzo; Massimo Cacciari e Gianni De Michelis; e
l'incredibile Mario Rigo finito, volete sapere dove?, -a palazzo Madama,
collaboratore di uno dei questori. (r.m.).
Roma, 13 set. (Apcom) - "La
scalata della Bpi di Fiorani su Antonveneta e di Unipol su Bnl erano
strettamente intrecciate e andavano di pari passi con il tentativo di scalata
ordito da Ricucci e finanziata dalla Banca popolare di Lodi
al Corriere della Sera. Le cose si tenevano e avevano un reticolo di
solidarietà con presenze significative anche nei livelli
istituzionali". Lo dice a Radio Radicale il deputato Udc Bruno Tabacci,
interpellato sulle motivazioni con le quali la dottoressa Clementina Forleo
ha motivato il patteggiamento per Bpi e Bpl Swisse.
"Il ruolo di Fazio - spiega -
era quello di un giocatore in campo che si avvaleva spesso della
possibilità di forzare le regole del gioco e la politica era divisa in
tifoserie che parteggiavano per gli uni o per gli altri senza la
capacità di vedere con lucidità la questione delle regole.
Dalle intercettazioni è emerso un ordito molto chiaro che di lì
a pochi mesi porterà alla sostituzione di Fazio con Mario Draghi.
Dentro quel contesto c'è stato il dibattito sulla riforma del
risparmio dove ci sono stati anche capovolgimenti di fronte rilevanti, in
particolare quello della Lega che aveva un interesse nella tutela di una
banca che stava fallendo, la
CrediEuronord, e che stava per essere comprata dalla Banca
Popolare di Lodi. Il capovolgimento avvenne sui due punti fondamentali sui
quali Fazio giocava tutto il suo prestigio: il mandato a vita, mentre nel
testo licenziato dalla commissione c'era una riduzione a cinque anni; la
conservazione di tutte le competenze in materia bancaria mentre nel testo
c'era una distinzione sulla concorrenza a vantaggio dell'Autorità
antitrust".
"Il testo votato in commissione
- ricorda Tabacci - fu cambiato in Aula con il cambio di fronte della Lega e
con i Ds, che fino a qualche ora prima avevano annunciato il voto di
astensione, che a quel punto votarono contro solo di fronte alla sicurezza
che quei due punti non sarebbero passati. Queste connessioni abbracciavano
parti consistenti della maggioranza e anche della opposizione di allora.
Fiorani era intimamente collegato a Consorte, le due posizioni andavano di
comune intesa, tant'è che c'è il riscontro di telefonate che
riguardavano la intelligenza strategica dei due gruppi sulle due diverse
scalate che riferivano ai due diversi mondi politici, ma più che altro
per avere degli avalli esterni".
La
Repubblica
23-7-2007 OLTRE IL GIARDINO La furbata di Marano e la tv dei furbetti di
ALBERTO STATERA
Dopo le indimenticabili
performance di "Ball of Steel" (palle d´acciaio-ndr), "Wild
West" e, tocco padano-partenopeo tra tanto english,
"Votantonio", Antonio Marano, leghista varesotto, ex deputato, ex
sottosegretario nel primo governo Berlusconi e tuttora, per quegli
insondabili scherzi della sorte, direttore di Rai 2, conquista a mezza
estate, in memoria di Ennio Flaiano, il nostro personale premio "Italia
alle vongole" o "Vongolino d´oro". Se Gianpiero Fiorani non ha
mentito a Luca Pagni, che lo intervistava per "Repubblica", Marano
gli ha offerto di condurre "una trasmissione su Rai2 in difesa dei
diseredati, dei cittadini truffati dalle finanziarie e dalle banche".
Per chi non lo ricordasse, Fiorani è l´ex capo dei "Furbetti del
quartierino", quello che ha messo a ferro e fuoco la finanza italiana, che tosava i
correntisti "qualunque" della Banca Popolare di Lodi
e che, telefonicamente, baciava l´ex governatore della Banca d´Italia Antonio
Fazio, che da controllore trescava con un suo controllato diventato ormai un
"famiglio". Poi la galera e il "ravvedimento mediatico",
che, cooptato nella squadra ruffiana di Lele Mora, lo ha promosso a baciare
non più Fazio, ma la giovane figlia di Ornella Muti, Nike Rivelli, nei
pressi del Billionaire, luogo di culto dell´Italia "cafonal"
illustrata da Roberto D´Agostino.
Capite l´astuzia quasi partenopea del polentone Marano? Chi meglio di un
truffatore può spiegare le truffe ai truffati?
Ex gestore di Rete 55, una tivù privata del Varesotto, amico di Bobo
Maroni, appassionato del festival dei druidi, autore di indimenticabili
"speciali" su Pontida, all´atto del suo secondo insediamento alla
direzione del secondo canale della Rai, Marano aveva promesso "una rete
sexy". Sexy in che senso? Guardonismo per un colabrodo etico e
finanziario? Se si mettono insieme le "Palle d´acciaio", "Wild
West", "Votantonio", "Donne", "La sposa
perfetta" e altre insulsaggini varie, il presunto "servizio
pubblico" ha buttato dalla finestra circa 14 milioni e mezzo di euro per
format idioti e fallimentari, che Aldo Grasso non esita a definire "uno
scandalo". Pochi spiccioli, se volete, per gli standard di Gianpiero
Fiorani, che di milioni ne spese almeno 40, naturalmente non suoi, per
cercare di salvare dalla bancarotta Credieuronord, la banchetta, nata come
suprema icona del velleitarismo leghista e subito diventata un disastro, che
fece imbufalire alcune migliaia di leghisti della prima ora truffati come
polli. Così nessuno meglio di Fiorani, nella trasmissione che Marano
graziosamente gli ha offerto sul "servizio pubblico" e che si
potrebbe intitolare "Furbetti" o " Fanfulla da Lodi",
potrà raccontare che in questo paese basta pagare, come per l´appunto
accadde con la banchetta di Bossi, per lavare ogni peccato e ottenere magari dalla
politica gratitudine eterna per fare i propri affari. A quei tempi la Lega era la peggior nemica
del governatore Fazio. Bastarono poche ore, dopo l´intervento di Fiorani,
perché Bobo Maroni dichiarasse: "Fazio è bravissimo, non si
tocca", smentendo anche il ministro dell´Economia in carica Giulio
Tremonti, che della Lega era allora il principale supporter dentro Forza
Italia e che aveva l´unico scopo di far fuori il governatore. Chissà
che con Marano, il Fiorani versione petto nudo, danze, baci e Billionaire non
abbia giocato ancora spregiudicatamente quel credito, e magari altri meno
noti, cui il direttore di Rai2 non poteva negarsi.
Marano è giustamente famoso per l´"Isola dei famosi", un
saggio superbo sulla società di massa - per chi sappia leggerlo nella
sua nefandezza - e sull´Isola, buon sangue non mente, avrebbe voluto
approdare uno dei figli di Umberto Bossi, Riccardo, cui il papà, dopo
un primo avallo, ha promesso, nel caso, "calci nel sedere". Se
è Marano che ha dissuaso l´insipiente giovanotto, ha forse fatto
l´ultimo favore al suo boss.
Chi più di lui, che l´insipienza della politica mantiene ancora in
quel posto, merita a mezza estate il "Vongolino d´oro"?
a.staterarepubblica.it
MILANO (MF-DJ)--Il Pm di Milano,
Riccardo Targetti, titolare dell'inchiesta per riciclaggio nei confronti di
quattro ex dirigenti della banca della Lega Nord Cedieuronord, poi acquisita da
B.P.Italiana, ha disposto l'avviso di chiusura indagini.
L'inchieste vede coinvolti l'ex
presidente onorario e vicepresidente esecutivo di Credieuronord, Gian Maria
Galimberti, l'ex d.g. Pier Franco Filippi, Roberto Iaboli, allora referente
crediti per il settore agricolo, e il responsabile della filiale di Milano,
Alfredo Molteni.
Secondo quanto si e' appreso ai
quattro viene contestato il fatto di aver acconsentito a che si disponesse su
un conto intestato alla Cooperativa Latte Savoia 6 operazioni di prelievo e
ordini di bonifico per un importo superiore a 1,3 mln di euro. Tali
operazioni sarebbero avvenute, secondo l'accusa, tra il 2003 ed il 2004 e la
somma sarebbe derivata da una truffa ai danni dell'Ue e dell'Erario che e' al
centro di una inchiesta della procura di Saluzzo per truffa relativa alle
quote latte dell'Unione. Mcn
(END) Dow Jones Newswires
February 19, 2007 11:47 ET (16:47 GMT)
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SALUZZO -
Mercoledì 7 febbraio, alle ore 9, si terrà l'udienza
preliminare per la truffa sulle quote latte davanti al Gup dott. Alberto
Boetti. I reati ipotizzati sono l'associazione per delinquere finalizzata
alla truffa ai danni dello Stato e dell'Unione europea, il falso in bilancio
e l’emissione di false fatture. Da qui il nome "Black milk", latte
in nero, con il quale gli uomini della Tenenza saluzzese della Guardia di
finanza hanno battezzato fin dagli esordi l'indagine.
Nata dalla scoperta
di una serie di società cooperative dal nome seriale - Coop latte
Savoia uno, due, tre… sei, le prime tre con sede a Saluzzo, le altre a
Carmagnola - la truffa avrebbe consentito a più di 500 allevatori, tra
Saluzzo, Pinerolo, Cuneo, Ivrea, Torino, Mantova, Cremona e Verona, di
percepire il compenso dalla vendita del latte prodotto anche al di fuori dei
limiti imposti dalle leggi 462/92 e 119/03 (per sette anni consecutivi, dal
1998 al 2004). Secondo l’accusa, le cooperative acquistavano il latte in
esubero pagandolo sotto forma di finte consulenze e rivendendolo poi ai
caseifici. A seguito delle misure restrittive introdotte dal decreto
Alemanno, la frode si è arricchita di un altro soggetto, la Finanziaria Giovanni
Robusti Spa (Fgr) con sede a Treviso, continuando probabilmente sotto forma
di cessione di crediti anticipati.
Le indagini, avviate
dalla Procura di Saluzzo e coordinate dal dottor Maurizio Ascione - che
sarà anche pubblico ministero del dibattimento - si sono avvalse della
consulenza di un esperto in materia finanziaria e hanno ricevuto l'elogio dei
pm milanesi, che hanno parallelamente condotto l'indagine sui presunti
illeciti rapporti bancari tra la citata Fgr e la Credieuronord, la
banca della Lega salvata dal fallimento dall'ex-numero uno di Bipielle
Fiorani. Si presume infatti che parte dei proventi illeciti della truffa, nel
suo complesso stimata in 130 milioni di euro, sia stata dirottata alla banca.
Insieme con Giovanni
Robusti, ex-parlamentare leghista e leader dei Cobas del latte, sono 55 gli
indagati. Con una decisione presa in extremis, nella seduta di Giunta del 29
gennaio, la Regione si
è costituita parte civile al processo.
La Stampa
15 15/1/2007 (9:54) - Latte connection. Fuga dal Piemonte. E sull’Italia
piovono multe da record A. GAINO
TRASLOCO: L’OFFENSIVA
GIUDIZIARIA SPINGE LE COOPERATIVE IN FRIULI
TORINO
Quote latte: in Italia si
continua a «splafonare» alla grande - anzi, sempre di più - e la Commissione europea,
a maggior ragione, sanziona il nostro Paese come maglia nera fra i 25 Stati
membri della Ue. La riprova sta nei 188,8 milioni di euro di «imposta» (il
cosiddetto prelievo supplementare) a carico dei produttori italiani per
l’ultima campagna del latte. Praticamente la metà dei 377 decisi per
l’intera Europa. C’è chi si è messo in regola e paga per la
produzione in eccesso, e chi, i cobas del latte, non ci pensa nemmeno.
I cobas sforano dal 1996 e si vantano di farlo, inseguiti da funzionari di
Province e Regioni, cartelle esattoriali e pignoramenti. Ultimamente, anche
dalla giustizia penale. Il Piemonte è diventato terra di frontiera di
questo scontro fra gli irriducibili dei cobas, spalleggiati dalla Lega Nord, e il fronte della
legalità, rappresentato dalla santa alleanza fra istituzioni e la
stragrande maggioranza dei produttori riuniti nelle associazioni di
categoria, Coldiretti in testa. La prima conseguenza è che le
cooperative dei cobas sono in fuga. O poste in liquidazione (Savoia 6) o con
la sede legale trasferita altrove (Savoia 5 in Friuli).
Offensiva giudiziaria
La furbizia dei cobas e dei loro organizzatori ha prodotto meccanismi di
evasione delle sanzioni ricevute in questi anni che il pm Maurizio Ascione,
di Saluzzo, ha rivoltato come tanti calzini con l’aiuto della Guardia di
finanza per chiedere il rinvio a giudizio di 57 fra amministratori e sindaci
delle sei coop Savoia alternatesi per fare da scudo di carta ai loro soci.
Udienza preliminare il 7 febbraio. I reati: associazione per delinquere e truffa
aggravata ai danni dello Stato e dell’Unione europea. Su tutti gli imputati
spicca l’ex senatore leghista (e candidato di Bossi alle ultime europee)
Giovanni Robusti: il personaggio politico che ha creato il sistema cobas, le
coop di riferimento che fingono di acquistare il latte dai soci per evitare
l’ «imposta» per la produzione in eccesso, e infine la Fgr (finanziaria Giovanni
Robusti). Ossia l’ultimo anello del complicato meccanismo di evasione: per
evitare che la sanzione colpisse i cobas attraverso i «prelievi» di imposta
presso gli acquirenti del loro latte (i caseifici), Fgr ha cominciato ad
acquistare i crediti dei primi verso i secondi, incassando poi forti somme
dalle industrie di trasformazione del latte.
Gli intrecci con la politica
«L’inchiesta - sostiene l’avvocato Mariagrazia Pellerino, parte civile a
Saluzzo per Asprolatte, Coldiretti, Cia e Confcooperative - ha chiarito che
il latte finiva direttamente ai caseifici e che le coop coinvolte svolgevano
un ruolo fittizio, ma ha pure rilevato un fiume di denaro transitato sui
conti personali di Robusti o della Fgr, prima alla Credieuronord, poi alla Banca Popolare di Lodi
(l’attuale Popolare Italiana). Dal conto «Milk and money» sono usciti molti
soldi in contanti. E sono stati documentati finanziamenti alla campagna
elettorale di Robusti.
Recentemente sono state emesse cartelle esattoriali per 35 milioni nei
confronti di 250 produttori piemontesi «fuorilegge», ma la vera misura per
stanarli arriva dal nuovo meccanismo di compensazione dei contributi
comunitari. Chi non paga non riceverà aiuti né per i «seminativi» né
per la zootecnia. Arma letale.
Da La Padania
21-12-2006 dopo la sentenza. CrediEuroNord, Castelli: ora dovete chiederci
scusa
La condanna di tre ex dirigenti
della Credieuronord per “mala gestio” della banca ha sollevato da ogni
responsabilità i politici leghisti ingiustamente accusati di essere
responsabili del dissesto. L’ottava sezione civile del tribunale di Milano ha
stabilito la completa estraneità di Maurizio Balocchi, Giancarlo
Giorgetti, Stefano Stefani e altri amministratori del Carroccio al crac della
Credieuronord mentre ha condannato Gianmaria Galimberti, Giancarlo Conti e
Piero Franco Filippi a un risarcimento di circa 3 milioni di euro. L’azione
civile era stata avviata dalla EuroNord, la società subentrata a
quella originaria, che ha chiesto ai dirigenti in questione la restituzione
delle somme necessarie a rimborsare i correntisti. La richiesta iniziale era
stata di 8 milioni di euro ma il tribunale ne ha accordati 3 riconoscendo la
responsabilità dell’ex direttore generale Giancarlo Conti e dei
consiglieri Filippi e Galimberti, quest’ultimo pure vicepresidente
dell’istituto. «La verità soffre, ma non muore - ha commentato Roberto
Castelli, presidente dei senatori della Lega Nord. Finalmente questa sentenza
fa giustizia delle palate di falsità e spazzatura versate addosso agli
esponenti della Lega». Castelli punta il dito contro l’accanimento mediatico
che ha tentato di screditare i politici del Carroccio. «Oggi le vere
responsabilità sono emerse - ha ribadito l’ex ministro della Giustizia
-. Tutti i giornalisti e i giornali che ci calunniano oggi, se avessero un
minimo di dignità, dovrebbero chiederci scusa ma ovviamente non lo
faranno».
[Data pubblicazione:
21/12/2006]
Da La Padania
19-12-2006 STABILITE LE RESPONSABILITÀ CrediEuroNord, il tribunale fa
chiarezza
Finalmente è stata
fatta chiarezza sulle responsabilità della malagestione della banca
CrediEuroNord.
«Secondo l’ottava sezione civile del tribunale di Milano, infatti, Gianmaria
Galimberti, Giancarlo Conti e Piero Franco Filippi sarebbero i colpevoli
della mala gestio dell’istituto bancario e per questo sono stati condannati a
un risarcimento di circa tre milioni di euro in via tra loro solidale».
A raccontarlo è Marcello Sala, presidente di EuroNord (la
società nata dopo la cessione del ramo bancario di CrediEuroNord) e
presidente del collegio dei liquidatori, che a nome della società
esprime soddisfazione per una sentenza che «fa chiarezza e per la prima volta
offre ai soci un’indicazione ufficiale circa le responsabilità su
quanto è successo. Lo stesso atto infatti, assolve gli altri ex
amministratori che in epoche e tempi diversi hanno ricoperto gli incarichi di
amministratori o sindaci: Maurizio Balocchi, Giancarlo Giorgetti, Stefano
Stefani, Massimo Barbiani, Virginio Carnevali, Franco Colombo, Diego
Confalonieri, Gerolano Gavazzi, Paolo Pasqui e Francesco Arcucci. Ora -
spiega ancora Sala - almeno in linea teorica dovrebbero esserci delle
disponibilità in più per la liquidazione della società.
Ovviamente - aggiunge - questi soldi dovremo andare a incassarli, visto che
la cosa non è automatica. La sentenza è immediatamente esecutiva,
ma dobbiamo vedere se le parti decideranno di ricorrere in appello».
Per la precisione la sentenza condanna: Galimberti, Conti e Filippi al
risarcimento dei danni in favore della parte attrice, ovvero la stessa
EuroNord che ha rilevato l’azione legale promossa nel 2004 direttamente dalla
banca popolare CrediEuroNord, pari a 3.088.580 euro, cifra alla quale bisogna
aggiungere la rivalutazione da calcolarsi (rispettivamente dal gennaio al
dicembre 2003) al saldo e gli interessi legali, calcolati sulle somme di anno
in anno rivalutate sulla base degli indici Istat.
[Data pubblicazione:
19/12/2006]
Da La Padania
– 12-11-06 Euronord holding, l’assemblea delibera la liquidazione Simone
Boiocchi
In un clima sereno di massima
trasparenza e collaborazione si è svolta l’assemblea della (fu)
Credieuronord, la banca vicina alla Lega Nord che non è riuscita a portare a
termine l’incorporazione con la
Reti bancarie holding, confluita nella Bpi del nuovo corso
Giarda-Gronchi.
«L’assemblea - spiega il presidente del Cda, Marcello Sala - si è svolta
regolarmente e ha deliberato la messa in liquidazione dell’Euronord Holding.
Di conseguenza è stato nominato un collegio di liquidatori del quale
io sono presidente. Diversi soci sono intervenuti per chiedere normali
chiarimenti e tutti hanno ottenuto le risposte che chiedevano».
Tecnicamente, ora, per risparmiatori e addetti ai lavori, si apre una fase di
attesa.
«Dobbiamo aspettare le sentenze sulle responsabilità - continua Sala -
per sapere quali sono le risorse che reperiremo da quelle azioni. Allo stesso
modo dovremo attendere per capire come si evolveranno i procedimenti per
responsabilità civile». Una strada obbligata quella che ha portato
l’assemblea e il Consiglio di Amministrazione insediatosi agli inizi del 2005 a deliberare la messa
in liquidazione. “Ci avevate assegnato un chiaro e preciso mandato - si legge
nella relazione del presidente all’assemblea -: quello di pervenire alla
realizzazione della fusione per incorporazione di Euronord Holding in Reti
Bancarie Holding Spa, del Gruppo Banca Popolare Italiana. Il mandato
comportava che la
Società non avrebbe posto in essere svolgimento di
attività alcuna e che la sua gestione sarebbe consistita nella
conservazione dell’integrità del valore del patrimonio sociale. Tale
indirizzo è stato sempre osservato, com’è ricavabile
dall’analisi del bilancio relativo all’esercizio 2005 e dai dati contabili
infrannuali al 31/10/2006”.
“Come è noto - continua la relazione del presidente - , la condizione
gestionale puramente e unicamente orientata all’integrità sostanziale
del valore del patrimonio sociale è indicazione compresa nelle
pregresse intese fra la
Società ed il Gruppo Banca Popolare Italiana
relativamente all’operazione di incorporazione”.
Ma al di là delle operazioni di conservazione del patrimonio e delle
scelte adottate dal Cda, a bloccare il progetto di fusione sono stati altri
fattori esterni legati alla precedente gestione dell’istituto. Fattori che
pian piano hanno fatto pesare la loro presenza tanto che il 21 dicembre 2005 Banca Popolare Italiana
ed Euronord Holding, attraverso un comunicato stampa congiunto, hanno reso
nota la decisione di differire il termine per l’effettuazione dell’operazione
di incorporazione da quello previsto entro il 31 dicembre 2005, a quello entro il
30 giugno 2006. Alla fine dello stesso 2005, poi, una serie di procedure
concorsuali, per lo più fallimenti, si sono costituite parte civile
nel procedimento penale nei confronti di più imputati rendendo ancora
più difficile la firma dell’accordo con Bpi. “Il Consiglio d’Amministrazione
riunitosi in data 21 settembre 2006 - conclude la relazione del presidente -,
non ha potuto fare altro che prendere atto della scadenza della proroga dei
termini concessi dalla Banca Popolare Italiana e
dell’impossibilità di completare l’operazione di incorporazione
secondo le modalità previste dal Protocollo d’Intesa”.
Da Il Giornale 12-11-2006 Chiude l’istituto di credito lumbard: «Non
abbandoneremo gli azionisti» Stefano
Filippi
La banca della Lega ha chiuso i battenti ieri mattina nel centro congressi di
un grande albergo alla periferia nord di Milano. Addio triste per un sogno
che doveva garantire l'indipendenza finanziaria del partito, nel quale
Umberto Bossi aveva messo la faccia e un po' di soldi, e che invece è
svanito nel peggiore dei modi, travolto da scandali giudiziari, gestioni
fallimentari, insufficienti controlli. E soprattutto facendo perdere un sacco
di quattrini a migliaia di militanti che in buona fede avevano investito
nell'avventura, convinti a versare risparmi e liquidazioni da una campagna
rimbalzata dalle pagine della Padania a «Radio Padania libera», dai prati di
Pontida ai mille comizi organizzati nelle roccaforti del Carroccio.
Da ieri, dunque, la banca non esiste più. Un atto dovuto. Il
rimasuglio di quello che era stata la società cooperativa per azioni a
responsabilità limitata Banca popolare Credieuronord, cioè la Euronord Holding
spa, è stato messo in liquidazione. Il clima era surriscaldato. I
politici della Lega, impersonificati da Giancarlo Giorgetti (segretario
lombardo ed ex amministratore dell'istituto), a promettere che non
abbandoneranno i creditori. I risparmiatori-militanti furibondi contro i
vertici del Carroccio, traditori della loro fiducia. E anche una troupe delle
«Iene» pilotata da Alessandro Sortino che ha tentato di intervistare i
lumbard arrabbiati, ma è stato costretto a ripiegare tra minacce e
anche spintoni. Tensione altissima nel cuore del popolo leghista, ferito
nell'orgoglio e nel portafoglio.
Non è rimasto nulla dello
spirito che aveva indotto Bossi e il suo seguito a buttarsi nel mondo del
credito. Il comitato promotore si era costituito il 28 ottobre 1998 a Samarate (Varese),
mobilitando tutte le strutture del Carroccio: il 5 marzo 1999 Bossi aveva
scritto a tutti i segretari di sezione che «il capitale che ogni soggetto
verserà è assolutamente tutelato dalle vigenti normative in
materia di credito e risparmio». La Credieuronord aveva visto la luce con un atto
notarile il 21 febbraio 2000: oltre 2.600 soci avevano sottoscritto un
capitale nominale di 17 miliardi di lire. Ma in tre anni la banca aveva
aperto appena tre sportelli di cui uno solo bancario (a Treviso), uno di
tesoreria nel Bresciano e uno di consulenza nel Bergamasco.
E il denaro raccolto veniva gestito allegramente e senza controlli adeguati,
sia pure segnalati dalla Banca d'Italia. Aperture di credito spropositate,
come quella di un milione e mezzo di euro sul conto di Maura Lari, moglie
dell'ex calciatore Franco Baresi. Scandali come quello del riciclaggio,
sfociato nella condanna a tre
anni dell'ex direttore generale Giancarlo Conti: attraverso la Credieuronord tra
il 2001 e il 2003 erano stati ripuliti 13 milioni di euro in assegni
circolari versati dagli allora proprietari di Radio 101, Angelo e Caterino
Borra; i soldi provenivano da una commercialista milanese, Carmen Gocini, che
li sottraeva (con falsi mandati di pagamento) alle somme ricavate da
fallimenti decretati dal tribunale di Milano.
Quando il dissesto aveva assunto proporzioni drammatiche, era comparso il
salvatore: Giampiero Fiorani, numero uno della Banca popolare di Lodi,
che aveva rilevato il ramo bancario della società per meno di tre
milioni di euro (cinque miliardi e mezzo di lire), conquistando così
l'appoggio della Lega per i suoi progetti di espansione. Le azioni, comprate
tra il '99 e il 2000 a
50mila lire, venivano valutate 4,12 euro: circa un sesto della quotazione
originale.
Ma il crac dell'ex istituto di Fiorani ha fatto saltare l'ultima fusione. E
dopo la condanna per il riciclaggio sono partite le istanze dei creditori che
hanno indotto il tribunale di Milano a sequestrare il capitale rimasto. I
leghisti però non disperano: «Magari ci vorranno due o tre anni ma la vicenda non
sarà fatta cadere - dice Fabrizio Fenoglio, presidente del comitato
degli amici del Credieuronord -. Ora è tutto nelle mani dei nostri
parlamentari e amministratori locali: sono loro a dover tirare fuori i soldi.
Una sorta di devoluzione tutta inter nos».
Un po’ di verità sulla
Banca Popolare Credieuronord (parte prima)
(meglio conosciuta come la
Banca della Lega)
A cura di Rosanna Sapori - 25
novembre 2004
Il 28 ottobre 1998 si costituisce
a Samarate in provincia di Varese, il comitato Promotore per la costituzione
della Banca Credieuronord. Il Comitato svolge attività di
promozione e di raccolta delle sottoscrizioni del capitale necessario per la
costituzione della Banca. Le quote sono raccolte battendo a tappeto le
sezioni della Lega Nord
di Piemonte, Lombardia e Veneto. Sono coinvolti i segretari di sezione e di
circoscrizione che - raccogliendo l’appello del Segretario Federale Umberto
Bossi – organizzano apposite riunioni tra militanti e simpatizzanti del
partito. Il quotidiano LA
PADANIA e l’emittente RADIO PADANIA LIBERA, invitano
lettori ed ascoltatori a sottoscrivere le quote. Anche durante i raduni nel
mitico prato di Pontida sono raccolte adesioni tra i militanti della Lega
Nord.
Il 21 febbraio 2000, con atto notarile, si costituisce la Banca Popolare
CredieuroNord, società cooperativa per azioni a responsabilità
limitata. Con l’adesione di circa 2600 soci è sottoscritto un capitale
nominale di 17 miliardi e 76 milioni di lire. Il 17 novembre dello stesso
anno la Banca
d’Italia concede l’autorizzazione ad esercitare l’attività bancaria.
Il 19 marzo del 2001 apre il primo sportello a Milano, con 2615 soci e
poco più di 19 miliardi di capitale.
“Siamo contenti di aver fatto
questa banca i cui soci sono per la maggior parte militanti leghisti”
puntualizza GianMaria Galimberti, Vicepresidente di Credieuronord. “Ma
è bene confermare che la politica non c’entra anche se Credieuronord
serve agli ideali che la Lega
ha sempre portato avanti, la
difesa del risparmio della famiglia e della piccola e media
impresa. In pratica abbiamo dato concretezza agli ideali del Carroccio…si
è cercato di mischiare la politica con la banca ma Credieuronord si
muoverà su un piano assolutamente deontologico e certamente non
verranno fatti dei prestiti graziosi perché non è nello spirito della
banca né nello statuto della banca”. Queste le parole di Galimberti in
un’intervista al quotidiano LA
PADANIA nel gennaio del 2001.
Nel gennaio del 2003 apre uno
sportello di tesoreria ad Erbusco in provincia di Brescia e successivamente,
a seguito dell’autorizzazione di Banca d’Italia, in data 24 marzo 2003 uno
sportello bancario a Treviso. Il 13 febbraio 2004 Credieuronord apre
uno sportello di consulenza finanziaria ad Albino in provincia di Bergamo.
Che cosa accade alla Banca in questi pochi anni d’attività è
storia conosciuta e raccontata dai maggiori quotidiani e settimanali italiani
ed esteri che sarà riscritta con ordine e dovizia di particolari in
altra sede. Credo valga invece la pena di trascrivere per intero il documento
che è stato redatto dall’ispettorato di vigilanza Creditizia e
Finanziaria di BANCA D’ITALIA durante un’ispezione ordinaria.
BANCA POPOLARE CREDIEURONORD S.c.r.l. – MILANO – Via Cartesio 2
Inizio Ispezione 10/03/2003 Fine ispezione 23/05/2003
CONSTATAZIONI – PROFILI GESTIONALI E ORGANIZZATIVI
1. Non si sono adottati
provvedimenti idonei a rendere affidabile l’impianto organizzativo e a
pervenire in tempi rapidi a una profittevole gestione; né sono state
individuate le motivazioni sottese al degrado degli impieghi. Si richiamano
segnatamente:
a) i ritardi nell’applicazione
del Regolamento, tuttora disatteso in alcuni aspetti rilevanti quali i
controlli interni;
b) OMISSIS
c) le incoerenze nella
politica creditizia nonché la labilità dei crediti seguiti per la
selezione della clientela e l’enucleazione delle partite a decorso
insoddisfacente:
2. La previsione
contenuta nel regolamento interno, che subordina il concreto esercizio dei
poteri del Direttore generale a previe “consultazioni” con il Vice Presidente
Esecutivo, di fatto trasferisce in capo all’esponente amministrativo la
conduzione aziendale pur lasciando al dirigente la formale
responsabilità degli atti.
3. Gli scarni resoconti delle
riunioni consiliari – che rendono disagevole la ricostruzione degli
accadimenti – si mostrano poco accurati e, talvolta, redatti a distanza di
mesi: ad esempio, l’adunanza del 24.2.2003 è stata verbalizzata nel
mese di maggio e quella del 24.3.2003 non contempla gli affidamenti approvati
in tale data, riproponendo quelli concessi nella precedente seduta. Si
è altresì permesso al segretario di presenziare al vaglio delle
pratiche di fido allo stesso riconducibili.
4. Non si sono definiti limiti
alle facoltà esercitate dell’Esecutivo in tema di condizioni da
praticare alla clientela; la materia non è oggetto di monitoraggio e
reporting all’organo sovraordinato. OMISSIS
5. Il Collegio Sindacale ha
circoscritto la propria attività – peraltro non raccordata con quella
dell’ispettorato – alle verifiche di cassa e all’accertamento della
regolarità nelle incombenze fiscali e previdenziali, omettendo di
rilevare lo scadimento del comparto creditizio e le disfunzioni insite nel
sistema dei riscontri.
6. Lo schema organizzativo
risente della ridotta cultura dei controlli nonché del turnover del
personale, non accompagnato dai necessari interventi formativi. In dettaglio:
a) pur in presenza di uno
strumentario adeguato a rilevare le relazioni connotate da anomalie
andamentali, la mancata istituzione di una struttura di controllo rischi
impedisce azioni di regolarizzazione dei rapporti.
b) Le registrazioni contabili
e il flusso informativo destinato alla Vigilanza, non sottoposti a scrutinio
quali-quantitativo, presentano diffuse imprecisioni, specie nei conti
transitori
c) La scarsa cura prestata
alle evidenze sui “grandi rischi” ha impedito di acclarare, al 31.12.02,
l’erronea segnalazione di supero sul plafond prudenziale
d) Gli avvicendamenti intervenuti
nel Consiglio e nella Direzione sono stati inseriti nelle previste
segnalazioni di Vigilanza solo in corso di ispezione
e) L’omessa pubblicazione
sulla G.U. delle variazioni generalizzate alla struttura dei tassi ha
comportato difetti di informativa, specie per i titolari di libretti di
deposito
f) Non sono previste
salvaguardie sull’utilizzo di partite illiquide in c/corrente.
EROGAZIONE DEL CREDITO E STATO
DEGLI IMPIEGHI
7. Il processo creditizio
è connotato da carenze che si sono riflesse sulla qualità
dell’erogato. Il degrado, accentuato dal livello di concentrazione del
rischio, è stato determinato da:
a) affidamenti per operazioni
finanziarie senza preventiva individuazione di fonti e tempi di rimborso
(cfr, ad es., Bingo.Net Srl)
b) facilitazioni accordate pur
in costanza di elementi negativi prospettati in sede istruttoria (cfr, ad
es., D’Evant Cesare Giosuè) ovvero di appostazioni a sofferenza presso
il sistema (cfr, ad es., Robusti Giovanni e Milano Pietro)
c) ripetuti sconfinamenti
autorizzati dal Capo dell’esecutivo anche in esubero ai poteri delegati,
acriticamente ratificati dall’organo collegiale
d) assenza di vincoli alla
annotazione delle c.d. “prenotazioni avere”, considerate nella prassi
aziendale come incrementative delle disponibilità di conto. Non
seguite da effettivi versamenti, hanno consentito di non rilevare
eccedenze per oltre euro 1,5 mln sulla linea di credito al nome di Lari
Maura/Baresi Franco.
Da ultimo, la mancata richiesta
ai legali esterni di esaurienti resoconti sulle procedure in corso ha indotto
ad apprezzamenti non in linea con le effettive possibilità di recupero
delle creditorie (cfr.d es. Boni e Mascarini Snc).
8. La distanza sul portafoglio
prestiti al 31.12.02 ha fatto emergere sofferenze per euro 4,8 mln, incagli
per euro 3,7 mln e previsioni di perdita per euro 2 mln. Negli allegati
nn.3/a e 3/b
vengono riportate le differenze in aumento rispetto alle segnalazioni
aziendali (nell’ordine euro 3,1 mln, 1,5 mln e 1,7 mln).
IL PRESENTE DOCUMENTO,
COMPOSTO DI N. 4 PAGINE E N. 1
ALLEGATO, E’ COPIA CONFORME ESTRATTA DAL RAPPORTO ISPETTIVO SUGLI
ACCERTAMENTI DI VIGILANZA CONDOTTI
DAL 10.03.2003 AL 23.05.2003 PRESSO BANCA POPOLARE CREDIEURONORD
S.c.r.l. IL QUALE CONSTA DI N. 7 PAGINE
E 3 ALLEGATI.
Il resto alla prossima
puntata.
25 novembre 2004
Da www.disinformazione.it Un po' di verità sulla Credieuronord
(II parte) (meglio conosciuta come la Banca della Lega) A cura di Rosanna Sapori - 5
dicembre 2004
Dopo l’ispezione ordinaria che
la Banca Popolare
Credieuronord subisce dal 10 marzo al 23 maggio 2003, la Vigilanza propone
l’irrogazione di sanzioni amministrative e pecuniarie in relazione alle gravi
infrazioni rilevate durante i controlli. Ripropongo qui il testo integrale a
firma dell’allora Ministro dell’Economia e delle Finanze Giulio Tremonti .
BANCA POPOLARE CREDIEURONORD –
Il ministro dell’economia e
delle finanze
VISTO il decreto legislativo
1° settembre 1993, n. 385 (Testo Unico delle leggi in materia bancaria e
creditizia –TUB);
VISTA la lettera n. 177749 del 1° marzo 2004 con la quale la Banca d’italia, dopo aver
espletato i prescritti adempimenti in conformità al disposto
dell’art.145 TUB e delle relative Istruzioni di Vigilanza, ha proposto
l’irrogazione di sanzioni amministrative pecuniarie in relazione alle
seguenti infrazioni rilevate presso la BANCA POPOLARE
CREDIEURONORD, con sede in Milano, nel corso degli accertamenti ispettivi di
vigilanza condotti, ai sensi dell’art. 54 TUB, dal 10.3.2003 al 23.5.2003:
1) carenze nell’organizzazione
e nei controlli interni da parte del Consiglio di Amministrazione (art.53,
comma 1, lett.d), TUB; tit. IV, cap. 11, Istr. di Vig.);
2) carenze nei controlli
interni da parte del Collegio Sindacale (art.53, comma 1, lett.d) TUB;
tit.IV, cap. 11, Istr.di Vig);
3) carenze nell’organizzazione
e nei controlli da parte del Direttore Generale (art.53, comma 1, lett.d) TUB
tit.IV, cap.11, Istr. Vig);
4) carenze nella gestione del
credito da parte del Consiglio di Amministrazione e del Direttore (art.53,
comma 1, lett.d) TUB; tit: IV, cap. 11, Istr.Vig.);
5)posizione ad andamento
anomalo e previsione di perdite non segnalate all’O.d.V. da parte del
Consiglio di Amministrazione, del Collegio sindacale e del Direttore generale
(art. 51 TUB; tit.IV, cap.1, Istr. di Vig.);
- omissis -
D E C R E T A
A carico delle persone di
seguito indicate, nella qualità per ciascuna di esse precisata e per
efetto delle norme richiamate, sono inflitte, ai sensi dell’art.144 TUB, le
seguenti sanzioni amministrative pecuniarie:
Componenti il Consiglio di
amministrazione: ARCUCCI Francesco; GALIMBERTI Giovanni Maria; BALOCCHI
Maurizio; BARBIANI Massimo.
Ex componente il Consiglio di
amministrazione: CARNEVALI Virginio (in carica fino al 6.3.2003)
Per irregolarità sub
1): euro 2.582,00 ciascuno
Per irregolarità sub 4): euro 2.582,00 ciascuno
Per irregolarità sub 5): euro 2.582,00 ciascuno
Complessivamente: euro 7.746,00 ciascuno
Componenti il collegio
sindacale: GAVAZZI Gerolamo; PASQUI Paolo; CONFALONIERI Diego.
Per irregolarità sub
2): euro 2.582,00 ciascuno
Per irregolarità sub 5): euro 2.582,00 ciascuno
Complessivamente euro 5.164,00
Ex Direttore Generale: CONTI
Giancarlo (in carica fino al 16.3.2003)
Per irregolarità sub
3): euro 1.549,00
Per irregolarità sub 4): euro 1.549,00
Per irregolarità sub 5): euro 2.582,00
Complessivamente euro 5.680,00
- omissis –
Roma, addì 22 marzo
2004
IL
MINISTRO: G. TREMONTI
Da Agendalodi.it (18-7-2006) Bpi: parte
dell’indagine va a Varese
Lodi, 18 luglio 13,17
Mentre Fazio chiede che l’indagine sulla scalata ad
Antonveneta passi a Lodi, una parte dell’indagine sulla Bpi passa alla
procura di Varese, che sta indagando sull'ipotesi di truffa ai danni dello
Stato nella crisi di Cit, la
Compagnia italiana turismo. L'inchiesta avrebbe portato a
scoprire presunti passaggi di denaro illeciti da Bpi attraverso Cit, per poi
finire ad altri terminali sospetti, a partire da Credieuronord, la
"banca della Lega" che proprio l’ex-amministratore delegato di Bpi,
Gianpiero Fiorani, avrebbe dovuto salvare.
Data di pubblicazione:
18 Luglio, 2006
Da Varese News (22-6-06)
Finanza - Non ci sarà
più la fusione con la
Credieuronord e i 2700 soci non prenderanno un euro
BPI "scarica" la banca della Lega. Holding CreditNord verso il fallimento
Triste epilogo per i 2.700
soci dell'ex "banca della Lega" Credieuronord. Con nove giorni di
anticipo la
Popolare Italiana ha decretato quello che si prospettava
come il crac della banca della Lega. L'ex Lodi dice no alla fusione
perchè le condizioni sono cambiate. Il Cda della BPI ha
decretato ieri che "non ci sono i numeri per la fusione. Le indicazioni
che si hanno ora non corrispondono a quelle iniziali".
Una decisione che era nelle cose dopo la condanna di alti
dirigenti della banca per riciclaggio di denaro.
Fiorani nel salvataggio di Credieuronord aveva inserito una clausula che
permetteva a BPI di evitare la fusione qualora, entro la fine del 2005,
fossero sopravvenute questioni di carattere legali. E queste ci sono state,
eccome.
Tutta la vicenda è una complicata storia di intrecci tra politica
e finanza. La Credieuronord, nata nel
2000 per forte volontà della Lega nord non ha mai avuto
lo sviluppo che prefigurava il senatur nella sua lettera di invito a tutti i
segretari di sezione del Carroccio e la crisi emerse con chiarezza già
nel 2003 quando dal 10 marzo al 23 maggio la Banca d’Italia realizzò un’ispezione
trovando una situazione disastrosa tanto che il 5 dicembre del 2004 l’ex
ministro Giulio Tremonti, su proposta dell’istituto di vigilanza
decretò una serie di sanzioni amministrative a tutti i vertici della
banca.
La situazione era però già completamente compromessa e a nulla
era valso aumentare il capitale nel giugno dello stesso anno. L’assemblea dei
soci il 20 novembre 2004 approvò la cessione della Crediteuronord alla
Popolare di Lodi e la trasformazione della società in Holding
CreditNord. I soci che hanno scelto di recedere dalla nuova società e
quindi non convertire il capitale sono stati liquidati con 2,69 euro a fronte
dei 25,8 del valore iniziale. Per gli altri l’odissea ha avuto il
peggiore degli epiloghi: non vedranno più un euro.
Su tutta questa vicenda ha svolto un grande lavoro di informazione Rosanna
Sapori attraverso un sito internet
e diversi articoli. La
giornalista, attualmente a Tele NordEst, ha lavorato
per quattro anni a Radio Padania raccogliendo centinaia di lettere di
militanti del Carroccio che erano entrati nella banca avendo piena fiducia
del movimento. "Sono contenta che emerga tutta la verità perché
sono davvero tanti quelli che hanno creduto alle parole della Lega. Ora che
ci sono le prime condanne per riclicaggio di denaro emergono le
responsabilità di quanti hanno diretto quelle operazioni".
Giovedi 22 Giugno 2006
Marco Giovannelli
Da Il Giornale (13-4-06) Scandalo fallimenti gonfiati
Chiesti 6 anni per la Gocini - di Redazione
–
Dieci anni di reclusione per
Camillo Naggi, 6 per Carmen Gocini e 4 per Giancarlo Conti. Queste le
richieste di condanna invocate dall'accusa al processo con rito abbreviato
relativo al cosiddetto «scandalo dei fallimenti». Processo stralcio che vede
di nuovo imputata la
commercialista Gocini, accusata di aver sottratto almeno 75
miliardi di lire in dieci anni dalle procedure fallimentari di cui era
curatrice, e che è già stata condannata con rito abbreviato a 8
anni di reclusione per altri fallimenti gonfiati. Naggi è il titolare
dello studio in cui lavorava la commercialista, mentre Conti è il
direttore generale della banca Credieuronord dove sarebbero transitati circa
13 milioni di euro, provento dei fallimenti gonfiati. I tre imputati sono
accusati a vario titolo di peculato, riciclaggio e falso.
L'udienza preliminare continua dunque parallelamente nei confronti dei
fratelli Angelino e Caterino Borra, ex proprietari di Radio 101 accusati di
aver ricevuto parte del denaro distratto da Gocini dalle procedure
fallimentari, e di Alfredo Molteni, ex direttore responsabile di sala e delle
segnalazioni antiriciclaggio dell'istituto di credito. Anche i due Borra
hanno già ricevuto una precedente condanna a 8 anni di carcere per
episodi analoghi. Il giudizio era stato emesso con rito abbreviato nel 2004 e
confermato in secondo grado lo scorso 3 novembre dalla quarta corte
d'appello.
I pm Riccardo Targetti, Giulia Perrotti e Margherita Taddei contestano a
Conti e Molteni di aver consentito ai Borra di versare assegni anche
circolari derivanti dal peculato, per poi trasferirli su altri conti creati
per far perdere le tracce della provenienza dei soldi. Date le dimensioni
della banca, sostengono i magistrati, non è possibile ipotizzare che i
due dirigenti fossero all'oscuro di tutto. I fatti contestati agli imputati
risalgono fino al 1995.
Giorgetti li
rifiutò,Palenzona indagato
I verbali degli interrogatori
di Fiorani stanno producendo i primi effetti. L'ex ad della Bpi avrebbe fatto
i nomi di politici coinvolti nel vortice di mazzette creato da Fiorani per i
suoi progetti. Spunta una mazzetta da 50mila euro rifiutata dal leghista
Giorgetti (che avrebbe però ottenuto aiuto per il Varese Calcio) e una
tangente da 4 milioni per il politico-banchiere Fabrizio Palenzona.
Una mazzetta portata dentro la Camera
Rocambolesco il
racconto fatto da Fiorani (pubblicato dal Corriere della Sera) sui 50mila euro offerti a Giancarlo Giorgetti, il
braccio destro di Umberto Bossi. Il banchiere avrebbe portato la somma in
contanti avvolti dentro un giornale, superando tutti i controlli delle forze
dell'ordine a protezione del palazzo governativo. Ma quei soldi sono poi
stati rifiutati dal leghista che avrebbe però chiesto un aiuto
finanziario per il Varese Calcio. Aiuto poi effettivamente arrivato al club
sotto forma di finanziamenti leciti.
A questo vanno aggiunti i mutui agevolati offerti a diversi esponenti del
carroccio e il salvataggio della banca della Lega, la Credieuronord. In
cambio Fiorani chiedeva un aiuto all'amico governatore Fazio. Nel periodo in
cui si sono svolti i fatti, alla Camera si discuteva appunto la famosa legge
sul risparmio. Legge nella quale si doveva mettere mano ai poteri del numero
uno di Palazzo Koch.
Indagato
Palenzona, milioni su conti esteri
Esponente della Margherita, vicepresidente di Unicredit, componente del
comitato esecutivo di Mediobanca, vicepresidente Confcommercio, presidente
dell'Aiscat: le cariche attribuite a Fabrizio Palenzona sono tante. Ecco
perché l'iscrizione nel registro degli indagati da parte dei pm che indagano
sul caso Antonveneta ha fatto molto rumore. Secondo l'accusa, portata avanti
dopo le affermazioni di Fiorani, Palenzona avrebbe intascato tangenti per
quattro milioni di euro.
Soldi finiti su conti esteri e per questo motivo ora le indagini si stanno
spostando anche nel Principato di Monaco. "Mai preso soldi - ha fatto
sapere il politico-banchiere - anche perché non sono mai stato in affari con
Fiorani".
Da LA PROVINCIA DI
CUNEO 4-2-2006 Latte in nero, accusato Robusti. Al leader dei Cobas
contestata una truffa da 130 milioni di euro
A Cuneo. La Procura di Saluzzo ha
chiuso le indagini su sette anni di frode. Coinvolti 508 clienti dell’ex
senatore leghista
Già senatore della Lega, il leader dei Cobas del latte, Giovanni
Robusti, di Torre de’ Picenardi, sarebbe il capo di una «associazione per
delinquere finalizzata a truffe aggravate, falsi in bilancio» e altri reati
economici. L’associazione avrebbe sottratto alle casse dello Stato e dell’unione europea 130
milioni di euro, ‘dribblando’ la legge sulle quote latte. Lo sostiene la Procura di Saluzzo
(Cuneo) che ha notificato l’avviso di conclusione delle indagini a otto
imputati, fra i quali l’ex senatore del Carroccio.
L’inchiesta è strettamente collegata al troncone delle istruttorie
milanesi sulle scalate bancarie: il troncone Credieuronord, banca nell’orbita
di Umberto Bossi e della Lega, di cui Robusti è dall’aprile 2004 nel
consiglio di amministrazione, salvata dal crak nell’autunno di quell’anno
dall’ex amministratore delegato di Bipielle Gianpiero Fiorani. Secondo il
procuratore di Saluzzo, Maurizio Ascione, la rete di società
organizzata dalleader dei Cobas avrebbe consentito a 508 produttori di latte
di frodare per sette anni consecutivi, dal 1998 al 2004, i limiti (quote)
imposti all’Italia dalle norme comunitarie. Il latte in eccesso sarebbe
dunque stato venduto in nero a cooperative di comodo che ne pagavano il
prezzo attraverso finte consulenze. L’associazione di Robusti avrebbe
così suddiviso i 130milioni di profitti illeciti. L’indagine della
Guardia di Finanza, battezzata «Black milk», latte in nero, era nata dalla
scoperta di società con sede a Saluzzo con nomi simili (Coop Latte
Savoia Uno, Savoia Due, Savoia Tre...), che acquistavano dagli allevatori il
latte in esubero, poi rivenduto ai caseifici. Dopo il 2003, con i nuovi
controlli previsti dal decreto Alemanno, la grande truffa delle quote latte
sarebbe continuata con il sistema delle cessioni di crediti anticipati dalla
Finanziaria Giovanni Robusti spa (Fgr) con sede a Treviso, area d’azione del
leader dei Cobas, che è ora è anche accusato di esercizio
abusivo di attività bancaria. Tempo fa il presidente regionale della
Cia del Piemonte, unitamente ai presidenti regionali di Associazione dei
Produttori del Latte, di Confagricoltura e Coldiretti, aveva sottoscritto un
esposto in Procura a Torino
contro le cooperative denominate «Savoia», che nell’annata 2003-2004 erano al
sesto posto per volume di latte acquistato tra i primi acquirenti di latte in
Italia, con una quota superiore a quella di un colosso del settore come la Granarolo. Chiusa
l’inchiesta sull’associazione per delinquere, nei prossimi mesi le Fiamme
gialle chiuderanno le indagini sui 508 beneficiari del meccanismo di Robusti:
si tratta di produttori di latte padano, per lo più elettori del
Carroccio di Torino, Cuneo, Mantova e Verona. Intanto, i pm milanesi, che
hanno elogiato, definendolo «eccezionale», il lavoro svolto dalla piccola
procura di Saluzzo, proseguono l’indagine sul riciclaggio di una parte del
bottino proprio attraverso la Credieuronord, salvata dal fallimento da
Fiorani. Un «salvataggio» da molti indicato come il prezzo imposto all’ex
numero uno di Bipielle dal governatore Fazio per ottenere l’appoggio politico
della Lega. Ma il quadro ora disegnato dalle indagini è più
complesso: furono gli uomini di Fiorani a segnalare agli inquirenti i primi
sospetti di riciclaggio delle quote latte scoperto a Cuneo. E fu una
ispezione di Bankitalia a indicare Robusti come uno dei «soggetti in sofferenza»
premiati dai «crediti facili» di Credieuronord. (f.mo.)
Nella Prima repubblica il
rapporto tra politica ed economia era parecchio più chiaro e netto di
quello che abbiamo visto nella Seconda. Per un motivo molto semplice che
nell’ancien régime c’era il Partito-Stato, la Dc, che aveva l’egemonia, ossia la direzione e
il dominio, gramscianamente parlando, del capitalismo pubblico e di quello
privato. Fu Amintore Fanfani, eletto segretario della Dc, nel 1954, che
impose la costituzione del ministero delle Ppss. Con questo atto la Dc si conquistò
l’autonomia dai poteri economici privati e, nello stesso tempo, diede
organicità e rappresentatività al capitalismo pubblico, facendo
in modo che le aziende a partecipazione statale si staccassero dalla
Confindustria e confluissero in una simil Confindustria pubblica,
l’Intersind. Insomma, era lo scudo crociato che batteva le carte, mentre gli
alleati, (tra cui il Psi che era il secondo partito per numero di voti),
dovevano accontentarsi di alcuni posti nei Cda e di alcune vicepresidenze.
Questo ai tempi del centrosinistra d’antan. Ai tempi del pentapartito, Craxi,
imponendo la pari dignità, cambiò il quadro, ma non di molto. A
Via del Corso toccarono le presidenze dell’Eni e della Banca nazionale del
lavoro. Il che fu letto come un grande successo.
Nella Seconda repubblica, il capitalismo cambiò pelle: con la
scomparsa delle Ppss, furono liquidati gli Enti di gestione Efim e Iri e solo
l’Eni restò in vita. Si mise mano alle privatizzazioni delle aziende
Ppss e delle banche irizzate (le tre bin: Comit, Credito italiano e Banca di Roma),
degli Enti e delle Banche pubbliche. Tuttavia, il processo di privatizzazione
all’italiana non ha convinto molto, visto che fu svolto sotto la spada di Damocle di
Bruxelles. Prendendo a pretesto il forte debito pubblico, l’Ue impose al
governo di avviare una politica di risanamento tramite le privatizzazioni,
altrimenti l’Italia non avrebbe fatto il proprio ingresso a Maastricht.
Privatizzazione senza un minimo di liberalizzazione, il Sistema Italia
è passato dal monopolio pubblico al monopolio privato. A tutt’oggi, il
quadro è il seguente: il capitalismo pubblico senza voce in capitolo,
il capitalismo privato come sempre senza capitali, il capitalismo sociale
cooperativistico in forte sviluppo, avendo superato alla grande il periodo di
crisi causata da Tangentopoli. Non è che l’economia cooperativa non ci
fosse pure nella Prima repubblica, ma nella Seconda ha avuto il proprio
momento magico. Cambiata l’economia, è cambiata la politica. E, guarda
caso, l’imprenditore Berlusconi è sceso in politica, con la sua
potenza economica. Uno degli imprenditori più ricchi della terra
è stato eletto alla presidenza del Consiglio
italiano.
Il che significa che l’economia ha la supremazia sulla politica. Pertanto,
sulla scia berlusconiana i partiti si sono messi in proprio nel mondo degli
affari economici. E da che mondo è mondo, è stato e sarà
sempre così. Checché ne dica Romano Prodi. Proprio lui che ne
avrà viste di tutti i colori, avendo fatto in giovane età il
ministro dell’Industria, per due volte il presidente dell’Iri, il Primo
ministro e il presidente Ue. Non servono tanto la formulazione di codici
etici quanto riforme di struttura che modifichino il capitalismo, quindi,
liberino il mercato da lacci e laccioli e da rendite parassitarie. A destra, la Lega fonda Credieuronord che
dopo una breve attività bancaria fallisce, per colpa della cattiva
gestione creditizia. A sinistra, i Ds hanno la direzione del Bmps, perché
hanno nelle proprie mani la gestione della cosa pubblica del Comune e della
Provincia di Siena. Sicché, avendo il controllo di entrambi gli enti locali,
hanno il controllo completo di uno dei più importanti istituti di
credito italiani. Negli anni dei governi di centrosinistra, il Mps fece una
politica di espansione, acquisendo la Banca agricola di Mantova e la Banca del Salento.
C’entrino o no i Ds, la banca senese ha portato a casa due fusioni. Ma
è meglio fermarsi qui. Semmai si volesse andare oltre, si arriverebbe
all’episodio della “famigerata” telefonata del luglio scorso, secondo cui il
segretario Ds, Piero Fassino, si congratula con il presidente dell’Unipol,
Giovanni Consorte, per avere chiuso brillantemente l’operazione di
acquisizione della Bnl per cui sono proprietari (capendo di aver fatto una
gaffe, cambia musica e dice: voi siete i proprietari di una banca) di una
banca.
Il ché è in stridente contraddizione con una politica riformista in
campo finanziario di cui i Ds, tra l’altro, si sentono portatori. La scalata
Unipol su Bnl, tuttavia, si è potuta compiere grazie al sostegno della
stragrande maggioranza delle imprese della LegaCoop. Si badi che ciò
non è nulla di scandaloso, viceversa, lo è nel caso in cui il
rapporto politica e affari venga criminalizzato. Delle due l’una: o i Ds lo
accettano alla luce del sole, oppure lo condannino, evitando, però, di
predicare bene e razzolare male. A ben vedere, si sono rovinati con le
proprie mani, sostenendo tesi ipocrite. Per la verità, è lo
stesso errore commesso per gli incontri avuti con Bernheim. Anche qui non si
tratta di cosa hanno discusso gli “attovagliati”, bensì se c’è
stato il desco tra il banchiere francese e gli esponenti politici di
opposizione. Non è di certo bello che prima si negano i convivi e poi
si ammettano. Nell’Italia di “metti una sera a cena”, non c’è nulla di
segreto, per cui è meglio dire sempre la verità. D’altra parte
bisogna sempre guardarsi dai padroni di casa, essendo alcune volte personaggi
che combattono sotto almeno dieci bandiere. Oltretutto, se al politico viene
proibito di interessarsi di economia, dovrebbe cambiare mestiere. Solo nelle
società politicamente in crisi, si scinde la politica dagli affari
economici e si lanciano codici e non riforme.
E comunque, affari e non affarismo. Francesco Rutelli prima e Arturo Parisi
poi hanno mosso i primi attacchi ai Ds per il loro interessamento alle
scalate bancarie e per il loro giudizio benevolo sul conto del capitalismo
della rendita, ossia quello legato agli immobiliaristi. Secondo Fassino, non
passa alcuna differenza tra questo e quello del profitto. Insomma, fare di
ogni erba un fascio per giustificare gli interessi diessini nelle scalate.
Tuttavia, l’atteggiamento della Margherita non è da prendere sul
serio, come oro colato. Stante la situazione bancaria italiana, Rutelli e
compagnia bella sono quelli che hanno di più le mani in pasta. La
quasi totalità delle banche & banchieri italiani (escluso
probabilmente Geronzi per essere consociativo) è schierata con il
centrosinistra in generale e con la Margherita in particolare. Per dirne alcune:
dalla Banca Intesa di Bazoli all’Unicredito di Profumo, passando per il San
Paolo Imi di Sanza. Forte di tanto, non volevano perdere la Bnl, dato che una simile
perdita avrebbe penalizzato gli interessi del presidente Abete e
dell’azionista Della Valle, cooptato in mancanza dall’altro nel salotto
buono. In conclusione, la vittoria dell’establishment non riempie di gioia
nessuno, ma sarebbe stato peggio se avessero vinto i parvenus. Ma per evitare
che vincano sempre i “soliti noti”, non servono le proposte di codici
moralisti, bensì riforme che cambino il capitalismo italiano.
Da Stampaweb
16/1/2006 IL CARROCCIO E
BANCOPOLI. C’E’ ANCHE CHI CONTINUA A CREDERE IN CALUNNIE E COMPLOTTI
I leghisti rivogliono i soldi della banca padana furbetta
«Eravamo con loro ma non importa: li portiamo in tribunale»
MILANO. «Basta. Li portiamo in
tribunale», dice Corinna Zanon. Lei è fra i promotori del «Comitato
amici della Credieuronord», e il termine «amici» è ingannevole. Il
comitato, infatti, raduna i 3 mila e 500 soci che in Credieuronord
(conosciuta anche come Banca della Lega) hanno perso venti milioni di euro,
in media 5 mila e 700 euro a testa. Lanciata nel 1999 dal testimonial Umberto
Millitanti della Lega a Pontida
Militanti della Lega
con le bandiere padane a Pontida
Bossi, la banca andò presto a gambe all’aria, poi fu salvata dalla
Popolare di Lodi di Giampiero Fiorani che si prese a 4 euro le azioni pagate dai
soci il sestuplo. «Nei prossimi giorni partiranno le prime cause civili»,
dice Corinna Zanon e spiega che non si guarderà in faccia a nessuno,
né a sindaci né a revisori dei conti, e nemmeno ai membri del comitato di
amministrazione, «neanche se si chiamano Stefano Stefani e Maurizio Balocchi e sono
dirigenti della Lega».
In internet, nei gruppi di discussione, si leggono frasi così: «E’ la
prova che chi va a Roma
diventa romano». Oppure: «Sono tutti uguali». O ancora: «Se
hanno fatto robe del genere, massima condanna». Credieuronord non c’entra.
Qui i leghisti commentano i rapporti fra il partito e la Popolare di Lodi. Anche
se la maggioranza non si rassegna, e crede siano calunnie e complotti, e che
se porcheria c’è stata è porcheria per legittima difesa, tutti
gli altri (non pochi) soffiano di rabbia. «Sono furenti. Furenti», spiega
Rosanna Sapori. E’ stata una voce storica di Radio Padania. L’hanno
allontanata nel 2004 dopo quattro anni da Co.co.co: «Davo spazio ai truffati
di Credieuronord. E alla Lega dava fastidio». TelePadova Adesso Rosanna
lavora a TelePadova, e continua a consegnare i microfoni a scontenti e
indignati: «Aumentano, e la
Lega sbaglia a trascurarli». Lo pensa anche Roberto
Poletti, conduttore di una trasmissione quotidiana sulla milanese Antenna 3.
I telespettatori telefonano in diretta destreggiandosi fra lo scoramento e la
collera: «C’è la banca, ci sono i maneggi con Fiorani, e poi le
pensioni d’oro per i senatori votate dai leghisti insieme a tutti gli altri.
Non tira un’aria meravigliosa», dice Poletti. «Non è questione di
reati», osserva l’ex sindaco socialista Paolo Pillitteri, uno che dovette
misurarsi col tambureggiante leghismo delle origini, «ma ora sappiamo che i
bossiani hanno relazioni non sempre limpide, si muovono nel sottobosco, nella
zona grigia compresa fra politica e affari. Magari fanno quadrare i conti con
qualche artificio. E insomma, si dedicano a quello che, scendendo in
politica, volevano combattere». La percezione degli osservatori combacia
straordinariamente. Soltanto Massimo Fini (scrittore e giornalista nemico
della modernità e della globalizzazione, molto affascinato quindici
anni fa dagli esordi leghisti) ha convinzioni un po’ dissimili: «La base
è molto spaccata, metà innocentista e metà colpevolista.
Ma continua a credere fideisticamente nella diversità della Lega,
pensa che i cattivi comportamenti, se ci sono stati, servivano al
perseguimento di obiettivi nobili e superiori. E anche gli intransigenti, e
non mancano, hanno l’aria di aspettare il pretesto per perdonare e passare
oltre».
Nella provincia di Bergamo Altrettanto straordinariamente convergono le
analisi nel partito - e sono ben più rassicuranti - che provengano da
uno sgobbone di provincia, da un semplice parlamentare o da un ministro. Lo
sgobbone è Daniele Belotti, ex coordinatore della Lega a Bergamo, oggi
consigliere regionale lombardo: «Io i nostri li incontro, e c’è
assolutamente fiducia. Hanno capito che i giornali scrivono certe cose per
coprire qualcun altro». Il deputato è Giancarlo Pagliarini: «Da quello
che ho letto, le accuse non stanno in piedi. Sono diffamazioni così
confuse da non poterci danneggiare». Il ministro è Roberto Maroni: «Se
qualcuno scrive che Bossi ha intascato cento milioni di lire, e Bossi
smentisce, secondo voi l’elettore leghista a chi crede?». Il vigoroso
ottimismo non accetta obiezioni. Nemmeno quando si parla di «Etere padano»,
iniziativa di qualche anno fa. Venne aperto un conto (alla solita Popolare di
Lodi) per raccogliere i fondi necessari a potenziare l’informazione leghista:
il giornale, la radio, la tv. Negli anni sul conto sono transitati denari a
profusione. In cambio dell’anonimato, un leghista confida le preoccupazioni
di alcuni militanti: «Fanno due più due, si ricordano che era un conto
della Bpl, si chiedono come sono stati spesi quei soldi». Per Pagliarini non
c’è stranezza: «Immagino siano serviti per tenere in piedi i nostri
media.
Le radio e le tv non rendono...», dice, e sorride pensando a quanto abbiano
reso a Berlusconi. E continua a sorridere malgrado lui stesso abbia perso 20
mila euro in un’avventura immobiliare promossa da colleghi di partito in
Croazia: «Un vero bidone, sono ancora incazzatissimo. Ma che c’entra la Lega? Era un investimento
sballato, e io, asino, non me ne sono accorto». I poverini, conclude, sono
quelli di Credieuronord, e il sorriso svanisce. «Certo che sono poverini»
«Certo che sono poverini. Fanno bene a promuovere azioni civili, e chi ha
sbagliato paghi. E so che noi della Lega dovremmo trovare il modo di
aiutarli», prosegue Maroni. Ma la questione, dice, elettoralmente è
già stata metabolizzata: «Alle Europee abbiamo preso il 5 per cento
contro il 3,9 del 2001. E ad aprile andremo oltre, vedrete».
E succederà, secondo Maroni, specie se continueranno a girare panzane
come quella di un asse Fiorani-Maroni per salvare il Varese calcio: «Bene,
una calunnia buona per regalarci i voti degli ultrà. Come si
può vedere, è tutto inutile: la Lega è sana, e intrattiene certe
relazioni perché non sta chiusa sotto una campana di vetro». Intanto,
però, il giudizio di Massimo Fini è bruciante: «Se intrattiene
certe relazioni è perché, in democrazia, le oligarchie politiche sono
strutturalmente legate alle oligarchie finanziarie. Per competere hai bisogno
di quattrini, e ne ha anche la
Lega. Non solo in questo, purtroppo, il partito di Bossi
è diventato come gli altri». «Anzi, parte della base ormai reputa la Lega una sottomarca di
Forza Italia», è la lapide di Gigi Moncalvo, ex direttore della
Padania.
Corsera 25-12-05 L'inchiesta.
Banca della Lega, 70 milioni e il sospetto di riciclaggio
MILANO
— Banca della Lega o banca del riciclaggio padano? Nella nuova inchiesta
milanese su Credieuronord, l’istituto di credito pubblicizzato da Umberto
Bossi, amministrato da parlamentari leghisti e finanziato da centinaia di
piccoli risparmiatori padani (ora riuniti in un comitato per chiedere i
danni), gli inquirenti indagano su una cifra quasi equivalente alla famosa
«maxitangente Enimont» dei tempi di Manipulite: circa 70 milioni di euro. Al
centro dell’inchiesta, che è ormai alle battute finali, c’è
Giovanni Robusti, ex senatore leghista e leader dei «Cobas del latte».
Attraverso la banca
Credieuronord, secondo l’accusa, sarebbero stati riciclati fiumi di soldi da
decine di cooperative agricole che avrebbero truffato le leggi comunitarie:
soldi in nero accumulati con intermediazioni, ritenute fittizie, tra gli
allevatori-produttori e i distributori finali del latte. Un sistema
complesso, ora ricostruito nei dettagli dalle indagini della Guardia di
finanza, che avrebbe consentito di smerciare quantitativi di latte superiori
alle quote limite fissate dalle leggi comunitarie. Gran parte di questi
ricavi illeciti sarebbero stati «lavati» attraverso Credieuronord, di cui
Robusti è stato consigliere di amministrazione per due mesi nel 2003,
per tornare a occupare la stessa carica dall’aprile 2004, quando l’istituto
ha cambiato nome in Euronord Holding.
La nuova indagine era stata
rivelata dall’Espresso grazie al giornalista economico Vittorio
Malagutti: ora l’istruttoria è sostanzialmente chiusa e già in
gennaio la Procura
di Milano potrebbe notificare i formali avvisi di fine indagine con la grave
accusa di riciclaggio (fino a 12 anni di reclusione).
Per la sfortunata banca
leghista si tratta di un bis. Le indagini su Credieuronord, infatti, erano
partite con un altro clamoroso caso di riciclaggio di soldi «rubati ai
derubati ». Questa prima inchiesta, per cui è già in corso il
processo contro i dirigenti della banca, parte dal «peculato » (furto di
denaro pubblico) di oltre 35 milioni di euro: soldi che un’affermata
commercialista milanese, Carmen Gocini, ha confessato di aver sottratto per
anni alle procedure di fallimento di cui era curatrice.
Di questo bottino, buona parte
è finita ai fratelli Angelo e Caterino Borra per coprire le perdite
della loro radio «101 One-o-One» (sequestrata e messa all’asta dai pm Taddei
e Perrotti), mentre oltre 13 milioni di euro sono spariti con prelievi in
contanti da un conto all’altro di Credieuronord. Tuttora s’ignora a chi siano
finiti questi soldi, mentre i due Borra e la Gocini stanno scontando
in carcere la condanna a 8 anni confermata in appello. Ora il caso Robusti,
nato dall’inchiesta «black milk» (latte nero) del procuratore di Saluzzo
(Cuneo)Maurizio Ascione, porta l’entità delle accuse di riciclaggio a
livelli impensabili per la piccola banca leghista, che nell’autunno 2004,
quando fu acquistata dalla Bpl di Gianpiero Fiorani, aveva «impieghi» per
appena 47 milioni.
Proprio il «salvataggio» di
Credieuronord era stato da molti indicato come il prezzo imposto a Fiorani dal
governatore Fazio per ottenere l’appoggio politico della Lega. Ma il quadro
ora disegnato dalle indagini del pm milanese Riccardo Targetti è
più complesso: furono gli uomini di Fiorani a segnalare alla Procura i
primi sospetti di riciclaggio delle quote latte (circa 150 milioni di euro)
scoperti a Cuneo. E fu un’ispezione di Bankitalia a indicare Robusti come uno
dei «soggetti in sofferenza» premiati dai «crediti facili» di Credieuronord.
Un puzzle politico-economico che solo Fiorani, nei suoi interrogatori a San
Vittore, potrà ricomporre.
P.B.
25 dicembre 2005
La Banca
popolare Italiana ha prorogato al 30 giugno 2006 i termini per la fusione di Euronord
Holding, a cui fa capo Credieuronord, la banca voluta dalla Lega Nord, in Reti Bancarie
spa, società controllata da Bpi.
La notizia era stata anticipata oggi dal Corriere della Sera
che aveva sottolineato come il salvataggio, fortemente voluto da Gianpiero
Fiorani sia stato congelato dai nuovi vertici dell'istituto, dopo le
dimissioni di Antonio Fazio.
Valentino: non sono io la
talpa
Secondo alcuni quotidiani sarebbe il deputato di An, Giuseppe Valentino,
sottosegretario alla Giustizia, il politico, amico indicato dal banchiere
Gianpiero Fiorani negli interrogatori. Ma il sottosegretario smentisce
"è' falso io abbia rivelato a Ricucci che il suo telefono fosse
intercettato. Non ne sapevo nulla e non ne potevo sapere nulla. Oggi
presenterò querela per calunnia contro accuse nell'ambito di vicende
che mi sono assolutamente estranee e di cui nulla so".
"Ribadisco tutta la mia
incondizionata stima e considerazione" al deputato di An Giuseppe Valentino,
sottosegretario alla giustizia, ha detto il vicepremier Gianfranco Fini.
LA STAMPA
21/12/2005 Bpi, slitta il salvataggio
di Credieuronord. Prorogati a giugno i termini della fusione con la holding
di controllo
ROMA. Slitta il salvataggio di
Credieuronord, la banca voluta dalla Lega Nord, naufragata dopo pochi anni di gestione
disastrosa.
La Banca
popolare Italiana ha prorogato al 30 giugno 2006 i termini per la fusione di
Euronord Holding, a cui fa capo Credieuronord, in Reti Bancarie spa,
società controllata da Bpi.
La notizia era stata anticipata oggi dal Corriere della Sera
che aveva sottolineato come il salvataggio, fortemente voluto da Gianpiero
Fiorani sia stato congelato dai nuovi vertici dell'istituto, dopo le
dimissioni di Antonio Fazio.
La Bpi in una
nota spiega che la proroga sin spiega con motivazioni di natura tecnica. La
delibera in oggetto ha fatto salvo il caso in cui non dovessero esservi le
condizioni previste nel Protocollo d'Intesa per procedere alla fusione.
L'impegno alla fusione, precisa Bpi, è condizionato al fatto che
«successivamente alla cessione del ramo d'azienda, non si sia verificato
alcun fatto che abbia influito negativamente ed in modo sostanziale sulla
consistenza del patrimonio netto della EuroNord Holding, convenzionalmente
stabilito dalle parti in 2,8 milioni.
L'impegno alla fusione viene meno qualora vengano iniziate verso EuroNord
Holding, rispettivamente dalle Autorità di Vigilanza o
dall'Autorità Giudiziaria o dalla Polizia Giudiziaria, nuovi
procedimenti giudiziari o indagini. Secondo alcuni quotidiani sarebbe il
deputato di An, Giuseppe
Valentino, sottosegretario alla Giustizia, il politico,
amico indicato dal banchiere Gianpiero Fiorani negli interrogatori.
Ma il sottosegretario smentisce «E' falso io abbia rivelato a Ricucci che il
suo telefono fosse intercettato. Non ne sapevo nulla e non ne potevo sapere
nulla. Oggi presenterò querela per calunnia contro accuse nell'ambito
di vicende che mi sono assolutamente estranee e di cui nulla so».
Infine nella polemica politica delle ultime ore entra anche l'esistenza di un
conto presso la Bpi
detenuto dal presidente dei Ds, Massimo D'Alema. Un conto, come reso noto
dallo stesso istituto, funzionale esclusivamente al pagamento delle rate di
un leasing stipulato con la società Bipitalia leasing, a tassi di
mercato e con rate regolarmente pagate.
CORRIERE DELLA SERA 19 Dicembre 2005 (Paolo Biondani - Giuseppe Guastella) L'inchiesta sull'Opa Antonveneta. Fiorani
parla, nei verbali nomi eccellenti
Altre 10 ore d’interrogatorio a San Vittore. Nel mirino «gli sponsor delle
scalate, anche politici»
Il banchiere Fiorani (Ansa)
MILANO - Dieci ore di
interrogatorio a San Vittore, il secondo in due giorni, con i tre pm che
incalzano il detenuto per tutta la domenica: è il segno più
vistoso che le confessioni di Gianpiero Fiorani, il banchiere di Lodi in
carcere da martedì come capo di un’«associazione per delinquere» in
gran parte «ancora intatta», promettono di scatenare altre tempeste nei
palazzi della politica e dell’economia. Nelle sue deposizioni-fiume Fiorani
ha fatto sicuramente «nuovi nomi eccellenti». Ha chiamato in causa quattro o
cinque «personaggi». Qualcuno è «di alto livello»: «anche politici»,
ma non solo. Li ha indicati come i massimi «sponsor» delle grandi scalate,
passate e presenti, che a cominciare dal ’96 hanno segnato la vorticosa
ascesa della Popolare di Lodi, minandone i conti. E in questo quadro si
è dipinto come partecipe o talvolta esecutore di una più ampia
strategia di «difesa dell’italianità delle banche», condivisa da tutti
gli «sponsor». E in primis dal governatore Antonio Fazio.
IL SEGRETO SULLE INDAGINI - Alcuni
«nomi eccellenti» sarebbero completamente nuovi: mai comparsi prima
nell’inchiesta. Ed è proprio la necessità di nuove indagini a
spiegare l’inusuale richiesta di «segretare», l’altro ieri, già il
primo «interrogatorio di garanzia» davanti al gip Forleo. Per la Procura si apre una
nuova fase di verifiche urgenti per capire se, tra chi era al vertice della
«rete di protezione», qualcuno possa aver ottenuto contropartite economiche o
di potere. Fiorani avrebbe ricostruito nei dettagli anche la famosa notte tra
l’11 e il 12 luglio, quando Fazio gli telefonò di aver «appena
firmato» l’autorizzazione all’Opa su Antonveneta. Il governatore è
indagato per insider trading proprio per aver divulgato a troppe persone
quell’informazione riservata. Fiorani avvertì Fazio di non essere
solo, ma «nello studio dei legali» con tre «collaboratori», tra cui Boni che
ora è in carcere come presunto regista dei reati di borsa. «Sia io, sia
D’Amico che Boni - ha già ammesso uno dei tre, Attilio Savarè -
abbiamo mandato sms ai colleghi per comunicare l’autorizzazione. Fiorani ha
chiamato Gnutti...». E intanto Fazio avvertiva il senatore Grillo (cliente
finanziato da Bpl-Bpi), che quella notte gli offrì un passaggio in
auto da Bankitalia a casa.
IL TESORO DA DUECENTO MILIONI - Dopo le reticenze dei primi quattro
interrogatori, culminate nella scoperta che Fiorani in ottobre aveva nascosto
tra Jersey e Singapore «circa 70 milioni di euro», il banchiere ha indicato
ai pm tutta la sua rete di conti, società e immobili in Italia e
all’estero, per un totale quantificabile in «circa 200 milioni di euro». Pur
ammettendo le sistematiche «appropriazioni indebite» a danno della banca,
Fiorani ha voluto chiarire che questo «è davvero tutto» il suo
patrimonio anche lecito.
I MISTERI DELLE SCALATE - Nell’interrogatorio si è parlato anche
dell’assalto alla Rcs e quindi al «Corriere», per cui la banca di Fiorani ha
finanziato con circa 800 milioni di euro l’immobiliarista Stefano Ricucci,
per ragioni mai chiarite, fino a poco prima che fosse interdetto, il 2
agosto, per Antonveneta. Il banchiere ha poi descritto gli affari con Emilio
Gnutti e «gli amici di Unipol», ma non è chiaro se abbia affrontato la
questione Bnl. E nemmeno se abbia inquadrato le tre scalate estive in
un’unica tela. Sui parlamentari «finanziati illecitamente» (così il
gip), l’unica indiscrezione è che Fiorani ha confermato il nome del
«personaggio romano» che «segnalava i politici da accreditare». Già
sabato Fiorani aveva annunciato di voler affrontare «tutte le accuse». E
all’interrogatorio-fiume di ieri ne seguiranno altri. La Guardia di Finanza
potrebbe cercare già nelle prossime ore i riscontri alle confessioni
del banchiere, che ancor prima dell’arresto ammise il piano per «spartirsi il
bottino da 200 milioni» della scalata ad Antonveneta. Ma ora l’inchiesta
riguarda dieci anni di acquisizioni, spesso apertamente sostenute da Fazio.
Secondo l’agenzia Ansa,
Fiorani avrebbe parlato anche di «come fu costretto a salvare la banca della
Lega CrediEuroNord» e dei «politici» interessati. E tra i misteri c’è
pure l’acquisto per 88 milioni di euro dalla famiglia Bassani della banca
Adamas, benché inquisita per riciclaggio e oberata di debiti. Ribattezzata
Bpl Suisse, è diventata la tesoreria occulta del sistema Fiorani.
LA STAMPAWEB
Giovedì 6 Ottobre 2005 L’inchiesta Credieuronord è per
riciclaggio (di Paolo Colonnello)
FINANZA E FALLIMENTI IL SOSPETTO EMERGE DALLE CARTE DELL’INDAGINE SUL SALVATAGGIO DELLA BANCA DELLA LEGA
OPERATO DALLA EX POPOLARE LODI
MILANO
L’inchiesta è “contro ignoti” ma il reato è preciso e pesante:
riciclaggio. E riguarda, in mancanza, per ora, di persone fisiche, il
soggetto giuridico e la gestione di Credieuronord, ovvero la fallita banca
della Lega. È questo il tema dell’inchiesta aperta alcuni mesi fa dal
pm Riccardo Targetti e che ha portato nelle scorse settimane la Guardia di Finanza negli
uffici lodigiani della Bpi per acquisire i contratti di cessione della
Credieuronord nonchè libri contabili, attivi e passivi e documenti
vari sulla passata gestione della sconclusionata banca padana. Una banca
fallita nei fatti ma non sulla carta visto che, a un passo dal baratro, nella
primavera del 2004 l’istituto di credito voluto da Bossi venne salvato dalla
Bpl di Giampiero Fiorani che ne inglobò una buona parte trasformandolo
in holding e pagandolo il 16 per cento in meno del valore iniziale,
cioè 2,8 milioni di euro, ovvero 4 euro per azione contro i 25,8
sborsati dai 4.000 piccoli investitori solo 4 anni prima e fino alla data del
30 aprile 2004. Meglio di niente, dato che lo stato contabile della banca
leghista era in stato comatoso, con 13 milioni di euro in crediti
inesigibili, 8 milioni di euro di perdite solo nel bilancio del 2003 e 12
milioni di euro di sofferenze su circa 47 milioni di euro di impieghi.
Insomma non proprio un affare, sia per i piccoli azionisti che, si direbbe,
per la ex Bpl ora Bpi. La quale comunque si sarebbe garantita da brutte sorprese
inserendo nel contratto di cessione della holding alcune clausole. Condizioni
al verificarsi delle quali «non si prenderà nemmeno in considerazione
la fusione della cedente in una delle società di Bpl». Vale a dire che, se dovessero
sorgere problemi, anche i 4 euro per azione ricevuti dai piccoli azionisti
dell’ormai scomparsa Credieuronord, dovranno essere restituiti. In altre
parole: se ci saranno procedimenti pendenti entro la fine dell’anno (2005),
la vendita di Credieuronord sarà annullata. Clausole che al pm che
indaga sul presunto riciclaggio operato dai pochissimi sportelli che la banca
leghista era riuscita ad aprire, sono sembrate singolari e comunque
meritevoli di maggior approfondimento. Sull’operazione Bpl-Credieuronord
vennero scritti fiumi d’inchiostro e fioccarono interrogazioni parlamentari.
Anche perchè nel 2003 gli ispettori della vigilanza di Bankitalia
stilarono una relazione al vetriolo che dipingeva la banca «della Padania»,
«dove il signor Brambilla possa investire nell’azienda di Rossi», come una
società senza nè capo nè coda, dove i crediti venivano
concessi senza alcuna garanzia, dove non si tenevano nemmeno in ordine i
libri contabili, dove mancava perfino l’istituzione di una struttura di
controllo interno. Dove «l’erogazione del credito...è connotato da
carenze che si sono riflesse sulla qualità dell’erogato». Oppure dove
si sono verificati «affidamenti per operazioni finanziarie senza preventiva
individuazione di fonti e tempi di rimborso (ad es. Bingo.Net srl). Ciò nonostante il governatore della Banca
d’Italia Antonio Fazio, ora indagato a Roma e coinvolto pesantamente nella
vicenda della scalata Antonveneta, diede il suo benestare al salvataggio
messo in atto dall’amico Fiorani. Sono in tutto 13 i punti «di
criticità» contestati nella relazione della Banca d’Italia: una
situazione da paura che indusse infine il ministro del Tesoro dell’epoca,
Giulio Tremonti, a sanzionare per svariate migliaia di euro i responsabili
dell’istituto di credito, tutti in qualche modo notabili leghisti tra i quali
spiccava il sottosegretario all’Interno Maurizio Balocchi, già finito
nel mirino dei magistrati per un altro clamoroso fallimento del 2003, la
società Bingo.Net, citata en passant come postilla nella relazione di
Bankitalia. Anche in questo caso milioni di euro scomparsi nel nulla dopo
essere stati erogati dalla banca di cui Balocchi, passato
dall’amministrazione di condomini al ruolo di tesoriere della Lega, figurava
tra gli amministratori: insomma creditore e debitore al tempo stesso. Per altro
Balocchi è sempre stato in buona compagnia, visto che ai vertici della
disastrata banca padana si sono seduti in varie fasi i sottosegretari
leghisti Brambilla, Stefani e Giorgetti. Coinvolta quindi nella vicenda del
fallimento di Radio 101 One-o-One dei fratelli Borra, che depositavano (e poi
facevano sparire) sui conti di Credieuronord i miliardi sottratti al
tribunale fallimentare dalla commercialista Carmen Goncini, la storia e i
misteri della banca della Lega ora sono finiti sotto la lente d’ingrandimento
della procura milanese per un’indagine tutta nuova che prevede già un
reato pesante: riciclaggio.
LA STAMPAWEB
Mercoledì 5 Ottobre 2005 Bpi nei guai per la banca della Lega (di
Paolo Colonnello)
La Procura di Milano ha aperto un fascicolo sul caso
Credieuronord
INDAGINI LA GUARDIA DI
FINANZA NELLA SEDE DELL’EX BPL ALLA RICERCA DEI DOCUMENTI SUL PASSAGGIO DI
MANO DELL’AZIENDA LUMBARD
MILANO
Per ora è un risvolto secondario dell’indagine principale sulla
scalata Antonveneta. Ma presto potrebbe diventare un terremoto politico. La Procura di Milano, in
gran segreto, nelle scorse settimane ha infatti deciso di aprire un fascicolo
dedicato al salvataggio che la ex Popolare di Lodi guidata da Gianpiero
Fiorani fece della Credieuronord, la cosiddetta «banca della Lega». Istituto
di credito con pochi sportelli, conti disastrati e un pesante sospetto di
riciclaggio, la
Credieuronord nelle intenzioni di Umberto Bossi sarebbe
dovuta diventare «la banca che si rivolge al tessuto sociale e produttivo che
fa riferimento alla Lega». Successe invece che nel 2004 la banca si vide
costretta a chiedere e ottenere l’intervento di Bpl, all’epoca in piena
espansione, che, stimandola in tutto 2 milioni e 800 mila euro, la
inglobò dandole il nome di Euronord Holding. Storie che sembravano
dimenticate ma che con l’inchiesta sugli affari di Fiorani sono tornate
prepotentemente alla ribalta tanto da spingere il pm Riccardo Targetti, che
già si era occupato dell’istituto di credito per un’altra inchiesta, a
spedire nei giorni scorsi un consistente drappello di uomini della Guardia di
Finanza del nucleo provinciale nella sede lodigiana della Bpi, ex Bpl. In
mano le Fiamme Gialle avevano un ordine di esibizione per acquisire i
documenti che trattarono la cessione e l’acquisto di Credieuronord. Tutto
nasce da un’altra inchiesta, quella sugli affari dei fratelli Borra -
proprietari della storica emittente radiofonica 101 One-o-One (acquistata ora
da Mondadori) - con la
commercialista Carmen Goncini accusata di aver sottratto
milioni di euro dalle casse del tribunale fallimentare milanese (circa 70
miliardi di lire) versandoli, prima di farli sparire, proprio sui conti della
banca padana. Per l’esattezza vennero versati 64 assegni circolari per 13,2
milioni di euro sul conto corrente 920/47, intestato alla radio, di cui 6,9
milioni di euro riversati in seguito su altri conti della stessa filiale «ma
attribuendo falsamente a tali operazioni di giro conti» l’apparenza «di un
prelevamento in contanti da un conto e di versamento in contanti su altri». A
quale scopo? Secondo i giudici del tribunale che hanno condannato in primo
grado a 8 anni di reclusione i tre protagonisti della vicenda, l’obiettivo
era «ostacolare l’individuazione della provenienza illecita del denaro e
della sua destinazione ultima». Che non si è mai capito bene quale
fosse anche se in parte i magistrati sospettano che quel denaro sia servito
ai Borra per acquistare un intero arsenale di carri armati, vecchi Mig, auto,
moto e armi di vario genere dall’ex impero sovietico. Tutte nascoste in un
paio di hangar nell’Oltrepo pavese. Una strana passione, un po’ inquietante
sulla quale i magistrati non hanno ancora smesso d’indagare.
La marcia dei 500 soci
Gli azionisti della banca leghista si riuniscono in un comitato
Lo scopo? Dare battaglia per riavere almeno parte del proprio denaro
I soci della Banca Popolare
Credieuronord, l'istituto vicino alla Lega Nord, stanno preparando le loro mosse per
recuperare il proprio capitale investito. I promotori del «Comitato Amici
della Credieuronord», che raccoglie 500 azionisti dell'istituto su un totale
complessivo di 3.300, hanno intenzione di incontrare nelle prossime settimane
i magistrati della Procura della Repubblica di Milano Margherita
Taddei, Giulia Perrotti e Riccardo Targetti, che stanno indagando sulla
vicenda dell'azienda di credito leghista coinvolta nello scandalo delle
malversazioni della curatrice fallimentare Carmen Gocini nelle casse degli ex
proprietari di Radio 101 Angelo e Caterino Borra. L'iniziativa segue quella
dello scorso febbraio, quando un centinaio di loro presentò un esposto
collettivo (il cui testo è sul sito del comitato http://labancadellalega.web-gratis.net)
agli stessi Pm, in cui si chiedeva di fare chiarezza sulle vicende che hanno
causato in tre esercizi finanziari il dilapidamento del patrimonio
dell'istituto. «Il capitale sociale era pari a 30 miliardi di vecchie lire -
spiega Fabrizio Fenoglio, coordinatore del Comitato - sottoscritto in gran
parte da militanti e simpatizzanti della Lega Nord: in tre anni di operatività ne
è stato sperperato circa l'85 per cento. Nel 2001 le azioni valevano
50mila lire, pari a 25
euro: il primo esercizio ha chiuso in rosso, ed era normale visto che la
banca era in fase di avviamento. Nel 2002 fu varato un aumento di capitale da
28 euro per azione: ma non servì a nulla per l'ennesima chiusura in
perdita». Ai soci fu chiesto un altro contributo nel 2003. «Fu indetta
un'altra operazione di incremento del capitale - prosegue Fenoglio - a 9,5
euro per azione, a cui parteciparono i vertici della Lega, insieme a
consiglieri regionali e comunali». Alla fine del 2004 l'assemblea dei soci
votò la sua trasformazione da società cooperativa in Spa,
denominata Euronord Holding, per permettere il suo passaggio alla Banca popolare Italiana
(ex Banca
Popolare di Lodi). Quest'ultima, per ora, ha rilevato solo
il ramo d'azienda della holding costituito dall'attività bancaria con
i due sportelli di Milano e Treviso: il progetto prevede la fusione della
holding nel gruppo lodigiano.
«Ciòperò
è sottoposto alla clausola con cui la Bpi - aggiunge Fenoglio - attende la
risoluzione di tutte le controversie legali della ex Credieuronord. Oltre,
naturalmente alla risistemazione dei conti e dei vertici della stessa Banca popolare italiana
dopo le dimissioni irrevocabili del suo amministratore delegato Gianpiero
Fiorani. Ciascun azione della holding vale 4 euro: quelli che hanno
sottoscritto le azioni all'atto di nascita della banca stanno perdendo 21
euro per azione, mentre chi ha sottoscritto il primo aumento di capitale
è sotto di 24 euro. I soci sottoscrittori solo del secondo hanno un
rosso di 5,5 euro ad azione». Legittimo, dunque, il risentimento e la rabbia
di coloro che, spinti dalla fedeltà di partito ed esortati ad aderire
all'iniziativa da Umberto Bossi in persona, hanno perso circa il 70% del
proprio investimento. Il Comitato presenterà ai magistrati un dossier
riguardante una serie di atti su operazioni effettuate dalla Credieuronord.
Inoltre, ai Pm sarà esibito anche il Bollettino della Vigilanza della
Banca d'Italia del marzo 2004.
In esso, gli ispettori di via Nazionale hanno
rilevato cinque tipi di irregolarità: «Carenze nell'organizzazione e
nei controlli interni», «carenze nei controlli interni da parte del collegio
sindacale», «carenze nell'organizzazione e nei controlli interni da parte del
direttore generale», «carenze nella gestione del credito da parte del
consiglio di amministrazione e del direttore», «posizioni ad andamento
anomalo e previsioni di perdite non segnalate alla vigilanza da parte del
consiglio di amministrazione, del collegio sindacale e del direttore
generale». Per la prima, quarta e quinta infrazione sono stati sanzionati
ciascuno con 7.746 euro il presidente Francesco Arcucci, il vicepresidente
Giovanni Maria Galimberti, i consiglieri Massimo Barbiani e Maurizio Balocchi
(sottosegretario leghista all'interno) dall'allora ministro dell'Economia,
Giulio Tremonti. I tre membri del collegio sindacali hanno ognuno ricevuto
una sanzione di 5.164 euro, mentre l'ex direttore generale Giancarlo Conti ha
avuto una sanzione di 15.680 euro. Solo Galimberti ha presentato ricorso alla
Corte di appello di Roma contro la decisione di Tremonti, ma è stato
respinto dai giudici.
Le prossime tappe del processo
sulle distrazioni alla fallimentare
«Ma perché non vi occupate di Parmalat e di Cirio?». Così il ministro
del Welfare Roberto Maroni al cronista che gli chiedeva un commento sulla
vicenda della banca leghista Credieuronord. Una vicenda ancora aperta, almeno
sul fronte penale, e che vede la prossima tappa programmata il 20 ottobre,
quando di fronte al Gup di Milano
Enrico Manzi, si ritroveranno insieme i commercialisti e
curatori fallimentari Carmen Gocini e Giancamillo Naggi, gli ex titolari di
Radio One-o-One Angelo e Caterino Borra e il direttore generale della banca
della Lega Credieuronord Giancarlo Conti con il responsabile della filiale di
Milano Alfredo
Molteni. In fase di archiviazione, su richiesta dei Pm, invece la posizione
dell'ex presidente del consiglio di amministrazione della banca Giovanni
Maria Galimberti. Da sottolineare come, tra gli indagati, non risulta alcun
membro del consiglio di ammininistrazione, né l'ex vicedirettore generale
Bruno Sirtori, uscito dalla banca nel settembre 2002 per «divergenze con i
vertici». Il dirigente e il funzionario della Banca Credieuronord, al
contrario, sono imputati in quanto responsabili delle segnalazioni
antiriciclaggio. Per l'accusa, avrebbero mancato di indicare all'Ufficio
italiano cambi tra l'ottobre 2001 e il agosto 2003, il versamento di 64
assegni circolari per complessivi 13,244 milioni di euro provenienti dalle
distrazioni della Gocini. In altre parole per i Pm i dirigenti avrebbero
favorito le operazioni di candeggio del denaro (circa 30 milioni di euro)
che, dal 1994 ad oggi, era stato distratto dalle procedure dai professionisti
milanesi. A supporto delle tesi della Procura della repubblica
vi è poi la
Consulenza tecnica di un funzionario dello stesso Ufficio
italiano cambi, Nicola Gomez, in cui si sottolinea la natura illecita delle
operazioni messe in atto. Dal canto loro gli indagati ridimensionano: si
sarebbe trattato di una semplice violazione di regolamenti: le operazioni
bancarie sarebbero state registrate sotto il codice normalmente utilizzato
per prelievi e versamenti in contanti anziché in quello utilizzato per i
bonifici. Ma secondo quanto risulta a Plus, esiste un altro filone
dell'inchiesta che riguarda i fratelli Borra e le malversazioni: un filone
sino a questo momento inesplorato e che riguarda altri movimenti di denaro
transitati su conti di banche diverse su cui i magistrati intendono far luce.
Continua la difesa di Fazio da
parte della Lega nord. Roberto Maroni, domenica in un’intervista rilasciata a
Repubblica, se la prende “con i signori della finanza e il salotto buono
delle grandi banche”. Spiega che il salvataggio di CreditEuronord fu “un
affare per la Popolare
di Lodi. Il mercato premiò l’operazione”. Maroni sostiene che la Lega “difende un progetto
di sviluppo del nord e non Fazio”. Un progetto che sarebbe la logica
conseguenza della costruzione “in terra padana di un terzo polo bancario
popolare vantaggioso soprattutto per le piccole e medie imprese”.
Tesi sostenuta ad oltranza anche dal quotidiano leghista La Padania.
Una posizione che letta dal nostro territorio, non convince
mica tanto. Lasciamo ad altri la questione della Banca d’Italia. Di questa
tesi della Lega non colpisce tanto il fatto che i dirigenti del Carroccio
abbiano così repentinamente cambiato opinione sul “ciociaro”, come
loro chiamano il Governatore Fazio. Del resto Roma è “padrona” solo
quando conviene.
Le tesi di Maroni lasciano più di un dubbio per diverse ragioni. La
prima il ministro dovrebbe conoscerla bene. Gli azionisti della “banca della
Lega”, come loro stessi e Bossi chiamava la Crediteuronord,
in una manciata di mesi di attività dell’istituto di credito hanno
perso oltre l’85% del valore del capitale versato. Gli stessi, dopo aver
fondato un comitato, hanno investito i dirigenti leghisti per avere alcune
assicurazioni circa i loro soldi. Da allora nessuna risposta, ma in cambio
oggi possono scoprire che per la Popolare
di Lodi quello fu un affare visto che lo ha decretato il
mercato. Maroni se la prende con i salotti buoni, ma guarda caso poi racconta
la “favola” del mercato, invece di ricordare i militanti del suo partito, che
si sono fatti “spennare” da chi ha avuto una gestione a dir poco scellerata,
e a suffragio di questo basta leggere la relazione di ispezione della Banca
d’Italia che portò poi a penali pesanti per tutti gli amministratori.
Le piccole e medie imprese e con loro i risparmiatori se ne guardano bene dal
dare ulteriore credito a chi ha gestito in questa maniera la finanza.
L’altro aspetto che lascia l’amaro in bocca riguarda strettamente il nostro
territorio. Il Varesotto è governato dalla Lega ormai da oltre un
decennio. Comuni, Provincia e un ruolo centrale anche in Regione. Il nostro
territorio è tra i più ricchi. Ha una densità di imprese
incredibile. Le associazioni di categoria che le rappresentano sono tra le
più importanti d’Italia. Ebbene, malgrado questo oggi non abbiamo
più una banca locale. Fa sorridere questa levata di scudi per avere
una banca padana quando non si è stati capaci nemmeno di favorire lo
sviluppo di un territorio più limitato come può essere il
Varesotto rispetto a tutto il Nord del paese. E non si trattava di invadere
un terreno, cosa che invece è stata fatta pensando di farsi in proprio
una banca. I partiti non hanno questo ruolo e nemmeno i movimenti come ama
definirsi il Carroccio. Governare un territorio vuol dire in questo caso
creare le condizioni per e non farsi in proprio le cose. Fatto sta che a Roma
si può dire qualsiasi cosa e poi il contrario di questa, ma le piccole
e medie imprese di cui parla Maroni sanno giudicare cosa è stato fatto
per loro.
E da ultimo, se il ministro ha tanto a cuore il “mercato” non conviene forse
iniziare a guardare meglio a cosa succede a due passi da casa nostra e a
pensare a una vera e sana concorrenza? O forse preferiamo continuare a pagare
tre euro per un bonifico e spese carissime per i servizi come nessun altro
paga in Europa?
La difesa di
un territorio e delle sue tradizioni sono una cosa sacro santa, ma spacciare
posizioni politiche, anche legittime, come fossero sempre funzionali al
grande nord, in questa occasione, lascia davvero troppi dubbi.
Lunedi 29 Agosto 2005
Marco Giovannelli
CORRIERE DELLA SERA
Domenica 7 Agosto 2005 FINANZE PADANE - LA LEGA E FAZIO (di Gian Antonio Stella )
«Dottore in teologia mortale»: quando La Padania lo chiamava così tempestandolo
di richieste di dimissioni, l' idea che Antonio Fazio sarebbe stato
accanitamente difeso un giorno dalle milizie celtiche pareva impossibile. Mai
dire mai. Lo dimostra uno dei tanti titoli di questi giorni del quotidiano
leghista. Il titolo è: «Roma padrina / Chi c' è dietro l'
attacco a Fiorani e
alla nuova finanza padana?». Un voltafaccia stupefacente perfino in un Paese
trasformista come il nostro. Incoraggiato dal miracoloso salvataggio, mesi
fa, di quella che avrebbe dovuto essere la Gran Banca Padana.
Sprofondata in pochi mesi in un abisso di debiti. Scrive oggi Gianluigi
Paragone, che della Padania è il quinto direttore in sette anni:
«Fiorani non lo conosco. So che ha comprato Credieuronord, la banca
considerata della Lega...». Ed è lì, la storia da raccontare:
nella scelta furbina di quel distaccato aggettivo: «considerata». Gli oltre
tremila sventurati caduti nella trappola, quasi tutti leghisti duri e puri,
se la ricordano bene, infatti, la campagna che portò all' avventura
finanziaria nella quale molti hanno perso tutti i loro risparmi. «Anch' io
sono socio fondatore della Credieuronord. E tu?», sorrideva rassicurante in
una foto l' Umberto. Il quale, in altre pubblicità, tuonava:
«Finalmente una banca nostra». Cioè «una banca padana e dei padani».
Lui stesso illustrava lo sforzo chiesto: «Ogni azione vale 50 mila lire e il
minimo d' acquisto è di 20 azioni, un milione, per studenti,
casalinghe e pensionati». Appello: «Avanti, non perdiamo la grande
occasione». E nacque, la banca padana. Era il gennaio 2001, aveva 2.615 soci,
poco più di 17 miliardi di capitale e Gian Maria Galimberti, allora
vicepresidente, gongolava sul quotidiano leghista: «Abbiamo dato concretezza
agli ideali del Carroccio». Cioè? Cioè, rispondeva il
«banchiere», la «realtà nata sul prato di Pontida» si presentava «come
una banca estremamente moderna». E basta con le voci maligne: «certo non
saranno fatti dei prestiti graziosi». Un anno dopo, la Padania pubblicava un
pezzo esultante: «Credieuronord, una sfida vinta». Diventato presidente,
Galimberti spiegava stavolta che il pareggio era lì lì: «Anzi,
l' abbiamo già raggiunto con il primo trimestre 2002». Un trionfo: «Le
cifre parlano chiaro: 54 miliardi di raccolta e 20 miliardi di prestiti
erogati nei sei mesi del 2001». Di più: «Ora il capitale è di
13 milioni di euro, circa 26 miliardi». E il futuro era ancora più
roseo: «Abbiamo presentato un piano di apertura per 15 sportelli in 5 anni, 4
solo nel 2002 a
Bergamo, Brescia, Treviso e Milano. Parallelamente sorgeranno sportelli a
Vicenza, Fossano, Cuneo, Busto Arsizio, Como...». Insistere, insistere,
insistere, raccomandavano le segreterie provinciali come quella di Bergamo
controllata da Roberto Calderoli: «Occorre che i nostri risparmi finiscano
sui conti della Banca Popolare Credieuronord». Come andassero le cose, nella
realtà, l' avrebbero ricostruito nel marzo 2003 gli ispettori di
Bankitalia: «incoerenze nella politica creditizia nonché labilità dei
crediti»; «scarni resoconti delle riunioni consiliari» talvolta «redatti a
distanza di mesi»; «ridotta cultura dei controlli»; «scarsa cura prestata
alle evidenze sui grandi rischi»; «ripetuti sconfinamenti autorizzati dal
Capo dell' esecutivo» e «acriticamente ratificati dall' organo collegiale».
Insomma: un colabrodo. Al punto che, a meno di due anni dalla nascita, il
buco era già di 8 milioni e mezzo di euro in crediti difficilmente
esigibili di cui 4,7 già dati per persi. Cos' era successo? Lasciamo
rispondere a Bruno
Tabacci: «Con 4-5 affidamenti si sono mangiati tutto il
capitale». Soldi dati «senza preventiva individuazione di fonti e tempi di
rimborso», scrissero gli ispettori, ad amici. Come la moglie di Franco Baresi
Maura Lari. O il leader dei Cobas del latte Giovanni Robusti. O la
società (fallita) Bingo.Net che aveva come soci leghisti di spicco
quali Enrico Cavaliere (già presidente del consiglio del Veneto) e Maurizio Balocchi,
tesoriere della Lega, sottosegretario e addirittura (sic!) membro del Cda
della banca. Peggio: stando alle inchieste, la banca era servita a far girare
(senza una segnalazione all' Ufficio Italiano Cambi) un fiume di soldi fatti
sparire al tribunale fallimentare da Carmen Gocini per conto di Angiolino
Borra, il padrone di Radio 101 che la
Lega aveva a suo tempo suggerito per il Cda della Rai.
Risultato: i poveretti che avevano messo i risparmi nella banca della Lega
(«cosa che si erano ben guardati dal fare troppi ministri, deputati e
senatori», accusano negli esposti e nei forum su internet che traboccano di
amara delusione) si sono ritrovati con un pugno di mosche: 2,69 euro ad
azione contro i 25 (o 28) investiti. E sulle teste dei leader coinvolti ai
massimi vertici del moribondo istituto bancario (Stefano Stefani, Maurizio
Balocchi, Giancarlo Giorgetti...) si addensavano nubi foschissime. Era tale,
il nervosismo, che la rabbia contro Fazio per la gestione dei casi Cirio e
Parmalat pareva trarre nuova forza. Sergio Rossi accusava il Governatore di
essere «un incapace». Francesco Moro lo abbinava a Don Abbondio. Federico
Bricolo gli intimava di dimettersi giacché «la gente si chiede come mai Beppe Grillo
sapesse mentre il Governatore ignorava tutto». Mimmo Pagliarini strillava ai
«grandi truffatori della finanza italiana, che con la complicità anche
di alti vertici istituzionali vogliono appropriarsi dei risparmi degli
italiani». Alessandro Cè ordinava: «Deve dimettersi». E per le strade
di Milano sfilavano fiaccolate leghiste: «Fazio, vattene!». Poi, miracolo, si
affacciò un uomo: Gianpiero Fiorani. Che si fece carico, con la sua
Popolare di Lodi, dell' ormai defunta banca leghista. Spazzando via gli
incubi, anche penali, dei protagonisti della catastrofica impresa. Era il 5
ottobre 2004. E le ostilità, improvvisamente, cessarono come di colpo
si quietano certi uragani caraibici. Come non voler bene a Fazio, venerato
ora come il Sant' Antonio della finanza padana?
LA
PADANIA 9 Agosto 2005 STIAMO PARLANDO DI
CREDIEURONORD O DEL BANCO DI NAPOLI? GIANLUIGI PARAGONE
Mai come in queste ultime
settimane ho sentito parlare di Credieuronord. Credieuronord è la
banca su cui la Lega
puntò per stare vicino ai risparmiatori, ai piccoli imprenditori,
artigiani, famiglie padani. Secondo molti politici dell’opposizione e non
(Tabacci guida la truppa) e, secondo molti giornalisti, questa banca sarebbe
la chiave di volta per capire le attuali posizioni del Carroccio rispetto
alla vicenda Fazio, Fiorani e compagnia intercettata. Ne ho lette talmente di
grosse che vorrei girarvi una domanda: ma di cosa stiamo parlando? Sta’ a
vedere che ora
Credieuronord è come il
Banco di Napoli o il Banco di Sicilia...Ma stiamo scherzando? Stiamo parlando
di una banca con due agenzie e quattro sportelli messi in croce... Certo,
errori ne sono stati fatti e ne parleremo ma non ci sono stati interventi
pubblici di salvataggio come qualcuno
potrebbe pensare leggendo
alcuni articoli: al contribuente, al cittadino non è costato un
centesimo di euro: non come il Banco di Napoli o il Banco di Sicilia per
salvare i quali a noi tutti, a me e a te che mi stai leggendo, sono costati
alcune centinaia di miliardi di vecchie lire. Quindi, vediamo di riportare
alla giusta dimensione la vicenda Credieuronord.
Come ormai tutti ben sanno -
perché la libera stampa non ha lesinato commenti, inchieste, analisi,
articoli, e tricche tracche vari - Credieuronord è stata acquistata lo
scorso ottobre dalla Banca Popolare di Lodi di quel Fiorani di cui oggi
tanto si parla, perché tanto si è intercettato... Per dirla con il
linguaggio di molti colleghi, Credieuronord sarebbe stata salvata dopo un
crack che dal Corriere al Riformista passando per Repubblica, Messaggero,
Stampa eccetera è stato via via definito come il peggio possibile e
immaginabile, la vergogna delle vergogne, lo spreco degli
sprechi. Un crack,
sembrerebbe, da far impallidire anche il rosso del Banco di Napoli.
Non ultimo è stato Gian
Antonio Stella (nostra vecchia conoscenza...), domenica scorsa sulle colonne
del Corriere della
Sera, a verbalizzare la genesi di Credieuronord e quindi il
“voltafaccia” leghista e del quotidiano che dirigo. Anche stavolta la penna
di punta del Corsera nella fretta di giudicare con piglio moralizzatore, si
dimentica di fare bene il giornalista (a meno che Stella non sia più
iscritto all’albo dei giornalisti ma a quello dei predicatori), si dimentica
cioè di informarsi sugli elementi essenziali della notizia.
Ho preso tre articoli a caso:
Riformista, Repubblica e Corriere. L’apertura della banca padana per il
Riformista è del febbraio 2000, per Alberto Statera di Repubblica
è del 21 febbraio 2000 (risposta corretta: bastava leggersi l’atto
notarile) e per Stella del Corriere no: lui decide che la banca padana nasce
nel gennaio 2001. Uno che sbaglia il punto di partenza può essere
credibile per tutto il resto del pezzo? Provate in una equazione algebrica a
sbagliare i primi passaggi e poi ne riparliamo...
Ma sì, sono dettagli:
non è questo quello che importa, così come non importa se il
numero dei soci per Stella sono 2615 (nel 2001) e per il Riformista quasi
quattromila nel 2000. Sempre inutile dettaglio è il capitale sociale:
poco più di 17 miliardi per Stella, 19 miliardi per Repubblica e quasi
15milioni di euro per il Riformista. Dettagli no? Non vi dico sui numeri
riguardanti i debiti: ognuno ha sparato la sua cifra. Di dettaglio in
dettaglio, ognuno ricostruisce la sua personale storia di Credieuronord.
Tutti però convengono su due punti: che la Lega è voltagabbana
perché ora salverebbe Fazio dopo che Fiorani ha comprato la banca padana; che
anche la Lega
ha le mani in pasta, altro che rivoluzionari!, e potremmo proseguire ancora
un po’ sui loro commenti e
interpretazioni. Li capisco: e
quando gli capiterà più un’altra storia come questa per
azzannare Bossi (qui tirato in ballo come se fosse stato il presidente o
l’amministratore generale o il direttore della banca) e sugli altri lumbard?
La comparazione di alcuni
articoli su Credieuronord e sulle ricadute politiche era doverosa da parte mia
per dimostrare, nell’ordine: 1) quanta confusione ci sia nei giornalisti; 2)
quanto poco interessi loro la verità sulla banca; 3) il vero intento
politico, denigratorio nei confronti della Lega e dei suoi vertici. Altro che
informazione!
Adesso, tocca a me. La mia
onestà ovviamente mi impone di dirvi che la verità che vi sto
raccontando è un punto di vista; al pari di quegli altri punti di
vista camuffati a verità raccontati dalle stelle del firmamento
giornalistico. Per il direttore della Padania è fin troppo chiaro il
conflitto di interesse nel raccontare alcune cosette forse anche inedite. Io
però lo ammetto e mi piacerebbe che anche qualcun altro lo dicesse:
perché Gian Antonio Stella non ci racconta mai
dei chiaroscuri di Montezemolo
o degli altri potenti che sono nel patto di sindacato del Corrierone? O
perché nessuno avanza il dubbio che la pubblicazione delle intercettazioni
potrebbe favorire (direttamente o indirettamente) l’attuale assetto di Rcs? E
ancora perché Stella, il moralizzatore, non ci racconta niente degli sprechi
di Fiat o della cessione del 5 per cento della Ferrari agli arabi? Quante
cose potrebbe raccontarci il Maestro magro di via Solforino invece di
rimasticare le solite cattiverie sulla Lega, quella Lega grazie alla quale il
giornalista ha fatto fortuna
vendendo libri e raccontando
il miracolo del Nord-Est?
Lui che spulcia nella
cronistoria delle agenzie, nelle dichiarazioni dei politici, perché non fa la
cronistoria delle dichiarazioni della Lega nel periodo in cui Credieuronord
stava per essere acquistata dalla Banca Popolare di Lodi?
L’operazione di Fiorani
andò in porto il 5 ottobre 2004, in quel tempo e nei mesi successivi, la Lega sparava ad alzo zero
contro Fazio per la mancata vigilanza sui crack (quelli veri, mica quelli di
Credieuronord...) Parmalat e Cirio e per l’emissione allegra dei bond
Argentina. In tutto quel periodo, la
Lega continuò a chiedere conto al Governatore.
Se avesse veramente cercato
una captatio benevolentiae, certe dichiarazioni precedenti, ontestuali e
successive alla acquisizione della “sua” banca sarebbero state al bromuro e
non al veleno. Le vadano a prendere, Stella e gli altri, quelle
dichiarazioni. Vadano a prendere quello che io stesso scrivevo giovedì
scorso proprio su Fazio. Glielo sintetizzo in due parole: Fazio resta il Governatore di scelte assolutamente
sbagliate (tipo quelle su Cariplo) e di controlli rigidi omessi. Nessuno
sconto, anche perché non ci sono ragioni per concedere sconti.
La Lega non deve dire grazie a Fazio per le sorti di Credieuronord;
Bankitalia quando ha fatto le sue ispezioni nella banca padana non ha
concesso sconti né trattamenti di favore, com’era giusto che fosse. Ha
controllato, ha evidenziato sofferenze, ha indotto l’assemblea a un nuovo
Cda, a nuovi dirigenti e managment; ha permesso all’assemblea dei soci di
avviare poi un’azione di responsabilità nei confronti del presidente
Gian Maria Galimberti.
Sul suo operato vedremo cosa
deciderà il tribunale civile di Milano.
Mi potreste domandare: ma
è vero o non è vero che i tremila soci sono usciti malconci? E
chi lo mette in dubbio; vedersi svalutato dell’80 per cento il proprio
investimento iniziale non è esattamente l’idea che uno ha per far
“crescere” i propri soldi. Ciò nonostante, tutti i passaggi delicati
di Credieuronord sono stati ratificati dalla maggioranza dei soci; sempre.
Prova ne è che quando la Lega Padana di Bernardelli tentò di
capitalizzare politicamente la protesta dei soci delusi si ritrovò con
un pugno di mosche in mano: vedetevi i dati elettorali...
In un precedente articolo
scrivevo che un’altra banca si era detta interessata a rilevare
Credieuronord: si trattava di Banca Popolare di Milano. L’avrebbe fatto
subordinando l’accordo a un aumento di capitale. Ricapitalizzazione che fu
fatta. Tenete conto che, dopo le ispezioni di Bankitalia, ogni passaggio fu
eseguito sotto la regia di Consob.
Bankitalia diede parere
positivo all’accordo con la Bpm;
anche l’assemblea dei soci ratificò quell’intesa di massima.
L’operazione sembrava volgere
verso l’esito positivo ma - magia - Bpm si dileguò. Perché? Non
bastavano le valutazioni positive di Consob e Bankitalia? Ci fu un input
politico di non salvare la banca vicina alla Lega?
Così il nuovo managment
parte alla ricerca di un altro partner: in ballo ci sono Banca Sella e Banca
Popolare di Lodi. Il Cda di Credieuronord sceglie Lodi cedendogli il ramo
d’azienda. Qual è il progetto vincente di Fiorani?
Tenete conto che non si
parlava minimamente di Antonveneta e Fiorani aveva invece comprato molte banche in
difficoltà. È il progetto di una graduale fusione con la
società quotata in borsa, Reti Bancarie spa; è l’inquadramento
della Credieuronord nel progetto di Bpl.
Salvataggio o operazione
finanziaria, dunque? Vedetela come vi pare, ma se uno compra azioni a 4,1 euro
(contro i 25 di quattro anni prima), se uno assorbe due agenzie in centro a Milano e a Treviso e se uno
si porta a casa (...in questi momenti non facili per il mondo del credito)
tremila soci, cioè tremila clienti, secondo me fa un affare. Non si
piglia una sòla. Né ha fatto beneficenza. Certo, Fiorani non è
un pisquano e sapeva che il risvolto politico sarebbe venuto da sé. Fiorani
s’è costruito una cambiale politica, insomma? In un certo senso
sì e mi spiego. Quando è venuto il tempo in cui Fiorani parlava
dell’idea di scalare Antonveneta (storia dei nostri giorni), la Lega si dice d’accordo. Gli
sta accanto. Per il Carroccio è la realizzazione di quella prospettiva
che mosse la creazione di Credieuronord e cioè avere una grande banca
lombardo-veneta da mettere accanto alle famiglie e agli imprenditori padani.
Una banca del Nord. Quella banca che Roma Padrina impedirà sempre di
fare.
Ps. Gian Antonio Stella, sul
Corsera, scrive che “un fiume di soldi fu fatto sparire al tribunale
fallimentare da Carmen Gocini per conto di Angiolino Borra padrone di radio 101”. C’è un’azione
legale in corso con l’accusa di riciclaggio e vede coinvolti due funzionari
di banca (e non i dirigenti come altri hanno scritto) di Credieuronord
rinviati a giudizio dal pm e su cui si deve ancora pronunciare il gip:
eravamo vicini alla pronuncia ma chissà come mai quel gip che stava
per pronunciarsi è stato trasferito e quindi bisogna aspettare ancora
un bel po’. Cosa c’entra
con il casino in corso?
Semplice, da quella decisione dipende la seconda fase di attuazione della
fusione con Reti Bancarie spa, la società di Fiorani quotata in
borsa... Coincidenze anche queste?
Gianluigi Paragone
[Data pubblicazione:
09/08/2005]
Il sussulto di nazionalismo
del governatore della Banca d'Italia Antonio Fazio a difesa
dell'italianità delle nostre banche si è
spinto fino alla Nazione Padana. Non perché i padani di Bossi minacciassero
moneta alla mano, come gli olandesi o gli spagnoli, di voler scalare i nostri
istituti di credito. Al contrario, perché avevano una certa urgenza di
salvarsi dal disastro la Banca
della Padania appioppandola all'Italia. Lanciata tra i militanti nelle
sezioni della Lega nel ‘98, in era secessionista, la Banca Popolare
CredieuroNord viene costituita il 21 febbraio 2000 e comincia a operare nel
novembre 2001 con 2600 soci e 19 miliardi di capitale. Bastano un paio d'anni
per farne un piccologrande crack. Piccolo perché, per quel che se ne sa, si
tratta di un buco di una decina di milioni di euro, grande per la
gravità delle irregolarità nella gestione del credito trovate
dagli ispettori della Banca d'Italia e per i nomi dei personaggi coinvolti.
Primo Maurizio Balocchi, sottosegretario all'Interno e tesoriere della Lega,
amministratore della banca e al tempo stesso debitore come amministratore
unico della società BingoNet, fallita nel 2003. Poi una pletora di
personaggi più o meno illustri della Lega entrati in Consiglio
d'amministrazione in varie fasi, tra i quali i sottosegretari Alberto
Brambilla, Stefano Stefani e Giancarlo Giorgetti. Per tamponare il fallimento
leghista, che lascia tremila soci (ex) militanti imbufaliti, era stata
officiata la Popolare
di Milano che, visti i conti, è scappata a gambe levate. A questo
punto compare il cavaliere bianco che si prende il crack della Lega con la
benedizione di Fazio, che se non riuscirà a bloccare l'orda
d'oltralpe, avrà almeno placato in nome dell'italianità il
secessionismo padano e convinto i leghisti a votare contro il mandato a
termine del governatore, come ha già promesso il ministro Maroni. Il
cavaliere bianco di Fazio risponde al nome di Gianpiero Fiorani, ragioniere
quarantacinquenne, ex giornalista dell'Avvenire, da sei anni amministratore
delegato della Banca
Popolare di Lodi, una banchetta di provincia con molti
problemi, con una quota di bad loan tra i peggiori in Europa. In quattro anni
Fiorani si è preso l'Iccri, l'Efibanca, la Popolare di Crema, le
casse di Risparmio di Livorno, Lucca e Pisa, la Casse di Imola e Pescara, le Popolari del
Trentino, di Mantova e di Bronte, il Banco di Chiavari e la Popolare di Cremona,
con una coda di accuse per insider poi archiviate. E ora mena le danze nella
tormentata vicenda dell'Antonveneta contro il colosso Abn Amro, che non ha
intenzione di perdere il suo ruolo strategico e, governatore o non
governatore, potrebbe lanciare un'Opa. Molti si chiedono non solo perché
Fazio ha più paura degli stranieri che dei palazzinari e dei discussi
finanzieri alla Chicco Gnutti e alla Giovanni Consorte che infestano le
banche, ma anche perché ha scelto il ragioniere di Codogno come gendarme
dell'italianità. E fioccano le leggende metropolitane, spesso troppo
italiote per essere del tutto autentiche. Come quella del ruolo di
consigliere spirituale ma anche finanziario di don Luigi Ginami, giovane
prete mondano che ha celebrato il matrimonio della figlia di Geronzi e
l'anniversario di matrimonio di Fazio, meritando un articolo encomiastico su
"Bipielle Magazine" firmato Maria Teresa Fazio, la figlia del
governatore. Un po' poco per spiegare il ruolo del ragionier Fiorani e dei
palazzinarifinanzieri che nei consigli delle banche sono l'incarnazione dei
conflitti d'interessi e vanificano le norme antitrust che la Banca d'Italia deve far
rispettare. Il minicrack della Banca della Lega è l'epitome di
ciò che sta avvenendo nel sistema bancario italiano, in una confusa
fase di riallocazione d'interessi, che qualche giorno fa ha visto anche un'
irrituale intesa tra il governatore e il presidente del Consiglio. Se questa
è la linea del Piave dell'italianità, c'è forse da
augurarsi che qualche grande banca straniera prenda il controllo di banche
italiane.
Una piroetta da niente, come
si suol dire, quella della Lega su Bankitalia. Dopo aver passato un anno e
mezzo col coltello tra i denti chiedendo ragione all'istituto centrale
dell'omessa o inadeguata vigilanza su questo o quello scandalo del risparmio,
dopo aver polemizzato all'arma bianca con gli esponenti politici più
determinati a difendere Fazio - fossero dell'Udc o di Forza Italia o di An,
comunque quasi tutti della maggioranza - ecco che il ministro Maroni ieri ha
rivelato che era tutto uno scherzo. Alla Lega è apparsa
improvvisamente un'estatica visione che l'ha fatta cadere da cavallo sulla
via Nazionale. In aula a Montecitorio si rimangerà i voti espressi in
commissione sulla riforma del risparmio, sposerà la linea
Berlusconi-Fazio a difesa
del mandato a tempo indeterminato del governatore e
dell'intangibilità dei suoi attuali poteri di vigilanza. La ragione
addotta è di non consentire agli odiati olandesi di Abn Amro di
mettere magari le zampe sul controllo della "padana" AntonVeneta.
Cioè una banca in cui da anni sono presenti ma senza poter contare e
crescere come le proprie possibilità ed economie di scala renderebbero
possibile, esattamente come in Capitalia. Inutile sottolineare che la difesa della
"padanità" dell'Antonveneta fa abbastanza sorridere,
rispetto a elementi assai più concreti. Il capo della Popolare di Lodi Fiorani, che
si candida da mesi a varare un'aggregazione tra la sua banca e Antonveneta
convincendo gli olandesi a preferirlo ai romani, è personalmente amico
di Roberto Calderoli.In queste settimane Fiorani ha il suo bel daffare perché
Bankitalia non gli si metta per traverso. tanto da aver anche querelato il
direttore di un quotidiano finanziario che improvvisamente - da che Fiorani
ha rotto la solidarietà con Geronzi - gli spara addosso descrivendo lo
stato patrimoniale della Bpl come fosse un'emmenthal, mentre nelle 35
aggregazioni autorizzate negli ultimi anni da Bankitalia applaudiva sempre.La
divertente coincidenza è che mesi fa è stata proprio
Bankitalia, a salvare con discrezioni la Credieuronord
fondata da esponenti leghisti e che aveva accumulato perdite e sofferenze per
un terzo degli impieghi. Anziché avviarla all'amministrazione controllata,
Bankitalia con un compiaciuto sorriso la fece salvare e sapete da chi? Ma
dalla Bpl di Fiorani, naturalmente. Non è in fondo sbagliato, che in
Bankitalia pensassero che la
Lega fosse irriconoscente, e che qualcuno si sia dunque
riservatamente incaricato di ricordare a Bossi che i favori ricevuti si
restituiscono.
PADOVA
È stato un colpo durissimo per i cinquantuno ex soci della Ceit srl,
che volevano dal fallimento la restituzione dei soldi che avevano versato
alla società di Montegrotto Terme per costruire il "paradiso dei
leghisti" sulla splendida costa di Punta Salvore, a Umago in Croazia. Il
giudice Giuseppe Giovanni Amenduni ha respinto le loro domande. La
motivazione: "Si rigetta la domanda, attesa la mancanza di certezza di
prova sia in ordine all'effettività del versamento, sia in ordine alla
natura di esso, e cioè se si tratti di versamento in conto capitale
ovvero a titolo di finanziamento soci". Tra i "respinti" anche
alcuni deputati. In testa l'onorevole Maurizio Balocchi, genovese, tesoriere
della Lega e sottosegretario agli Interni, uomo vicinissimo a Bossi,
Giancarlo Pagliarini, Flavio Rodighiero, e l'ex onorevole leghista Luca
Bagliani, uno dei "delfini" del senatur, poi passato all'Udeur e oggi grande accusatore.
È stata accolta solo la domanda dell'onorevole vicentino Stefano
Stefani, già presidente federale della Lega Nord ed ex
sottosegretario al Commercio, oggi vice ministro. Stefani ha dimostrato di
aver prestato alla Ceit 593.480 mila euro, circa un miliardo di vecchie lire.
Nel corso dell'esame dello stato passivo il giudice Amenduni e il curatore
Flavio Tullio hanno scoperto le carte della Ceit srl, dichiarata fallita dal
Tribunale di Padova il primo aprile dello scorso anno. I debiti ammontano
complessivamente a 4 milioni 660 mila euro. Di questi, ben 3 milioni 760 mila
sono nei confronti della Kemco, società croata, proprietaria del terreno,
che doveva costruire il faraonico complesso immobiliare turistico. La Kemco era stata acquisita
completamente dalla Ceit che si era impegnata anche a pagare i debiti. Ed
è stata proprio la società croata a chiedere un anno fa il
fallimento della srl di Montegrotto.
Dunque, per il giudice delegato al fallimento, degli ex soci Ceit solo
l'onorevole Stefani può essere considerato un creditore. Allegati alla
domanda c'erano i bonifici fatti attraverso la Cassamarca nel marzo
e nel giugno 2001, rispettivamente di 330 e 660 mila euro, compresi i
riscontri che i soldi erano entrati nella società.
Gli altri cinquantuno, invece, chiedevano la restituzione delle quote pagate
a suo tempo, dietro la promessa di un investimento molto interessante.
L'inchiesta penale, che sta conducendo il pubblico ministero Paolo Luca, ha
accertato che nei libri della società le quote acquistate dai soci
valevano centomila lire. Mentre, nella realtà, ogni quota veniva
pagata venti milioni. Si basa proprio su questo particolare la richiesta
degli ex soci della restituzione dell'ipotetico finanziamento di 19 milioni
900 mila lire. Ma in epoca successiva, nei libri contabili risulta che le
quote ammontano a venti milioni. Ed è per questo motivo che il giudice
fallimentare sostiene che non è chiara la natura del versamento. In
molti ricorreranno contro questa decisione. Soprattutto l'onorevole Balocchi,
nella cui domanda non distinguerebbe i soldi che ha versato alla
società da quelli che ha pagato per l'acquisto delle quote.
E nelle prossime settimane entrerà nel vivo anche l'inchiesta della
Procura, che procede nell'ipotesi accusatoria di bancarotta fraudolenta e
falso. Il pubblico ministero Luca continuerà con gli interrogatori
degli indagati, tra i quali risultano i nomi degli onorevoli Balocchi e
Stefani.
Venerdì 17 Dicembre
2004
CREDIEURONORD. SOTTOSEGRETARIO
MULTATO E AZIONI LEGALI
da “Plus”, Il Sole24ore, 11 dicembre 2004
E il ministro sanzionò
il sottosegretario. Secondo il bollettino della vigilanza della Banca
d'Italia, il 22 marzo scorso l'allora ministro dell'Economia, Giulio
Tremonti, aveva sancito l'ammenda di 7.746 euro per ciascun consigliere di
amministrazione, di 5.164 euro per i componenti del collegio sindacale e di
5.680 euro per l'ex direttore generale della Banca Popolare Credieuronord,
meglio conosciuta come "banca della Lega Nord". Nel cda sedeva anche il
sottosegretario leghista all'Interno, Maurizio Balocchi, pure colpito dai
fulmini di Tremonti che aveva deciso il provvedimento dopo la serie di gravi
irregolarità gestionali rilevate dagli ispettori di Bankitalia. Tra
queste, gli affidamenti per Bingonet, fallita il 25 settembre 2003, di cui
Balocchi è stato amministratore unico e azionista di maggioranza. Il
30 aprile 2004 l'assemblea
dei soci, si legge nel prospetto dell'aumento di capitale di giugno, «ha
deliberato di promuovere un'azione di responsabilità nei confronti
degli amministratori e dei direttori generali per il risarcimento dei danni
che la loro gestione abbia eventualmente causato alla banca». I soci, quasi
tutti militanti leghisti, si riuniranno domani mattina presso il Comune di
Castel di Mella (Brescia) per valutare altre azioni legali. Credieuronord
è stata trasformata in Spa per essere ceduta alla Bipielle.
FLOP. IL DISASTRO DI
CREDIEURONORD ERA STATO MESSO PER ISCRITTO, MA I SOCI PADANI NON SAPEVANO
NULLA
Banca padana, la denuncia dei sindaci rimasta in naftalina Così la
nomenclatura della Lega controllava il cda dell’istituto L’ispezione
Bankitalia e il valore effettivo delle quote sottoscritte
da Il Riformista, 16 dicembre 2004
La data del documento è
quella dello scorso 15 novembre. I destinatari erano i componenti del Cda
della banca e gli stessi soci interessati della Credieuronord, l’ormai famosa
banca padana teatro di un piccolo crack e ad oggi messa (anzi promessa) in
vendita a 2,8 milioni di Euro alla Popolare di Lodi. Purtroppo, però,
molti dei soci le 63 pagine di relazione del collegio sindacale della banca,
non le hanno mai viste e nemmeno mai le vedranno. Forse perché scritte in
ritardo rispetto alla data di convocazione dell’assemblea soci che il 20
novembre sancì la dismissione dell’istituto ad un valore pari al 16%
di quello iniziale del 2000. O forse perché, come si sussurra, il cda della
banca (dove e si trovavano personaggi illustri della nomenclatura
parlamentare e governativa leghista quali gli onorevoli Stefano Stefani e
Giancarlo Giorgetti fra i primi e il Sottosegretario agli Interni Maurizio
Balocchi), pensò bene fosse preferibile mettere il plico in naftalina,
fuori portata dei 4000 soci padani. Questo, almeno sino all’Assemblea stessa.
Ciò evidentemente nella convinzione che i convenuti in riunione
avessero optato di rinunciare, attraverso la vendita alla Lodi, al piccolo
rimborso di 4 euro per azione in luogo dei nominali 25,8 di soli quattro anni
fa.
Quel che ha infatti spinto i tre componenti del collegio sindacale della
Credieuronord a scrivere questo piccolo libro di memorie da consegnarsi anche
ai soci, è stata l’amara constatazione dello stato delle cose. Che per
farla breve a metà del mese scorso era più o meno questo. Molti
soci erano ignari delle disavventure finanziarie, mentre un’altra buona parte
ne era al corrente, ma i dirigenti leghisti avevano sempre detto che le
responsabilità dei fatti erano riconducibili a soggetti non
direttamente legati al Carroccio il quale, invece, si stavano prodigando per
cercar soluzioni. In particolare, i sindaci, hanno assunto questa decisione
avendo udito a Radio Padania le parole di Giuseppe Tronconi, ultimo
Presidente del Cda della Credieuronord, il quale lo scorso 12 novembre aveva
detto: «Nell’ambito delle indagini interne che si stanno effettuando, se del
caso ci saranno i coinvolgimenti anche di avrebbe dovuto controllare e non ha
controllato». Collegio Sindacale compreso, ovviamente. Ma poiché i componenti
l’organismo evidentemente erano di tutt’altro avviso, ed avendo letto quanto
scritto potremmo dire che in buona parte avevano ed hanno buone ragioni,
hanno pensato bene di far sapere la loro verità ai soci che
però, come detto, non hanno saputo quasi nulla. Ed ecco dunque qui, le
verità del collegio sindacale. Contenute in diverse lettere di
segnalazione indirizzate a Banca d’Italia dopo la scoperta che quest’ultima
aveva fatto durante la sua ormai famosa ispezione della primavera 2003. E
contenute in diversi verbali di riunione del collegio stesso, verbali tutti
girati al cda, nei quali i sindaci lamentavano diversi fatti. I più
significativi dei quali li ritroviamo nel corposo resoconto della riunione
del 6 Novembre 2003 durante la quale i sindaci misero nero su bianco 13 punti
di criticità facendo agli stessi la seguente premessa: «Il collegio
sindacale, in questo momento di difficoltà dell’Istituto, ritiene
opportuno puntualizzare le seguenti disfunzioni affinché il cda possa con
ancor maggiore energia e determinazione provvedere a far fronte alle necessità
di cui con questa nota se ne può prender conoscenza». Una severa
reprimenda iniziale per poi ricordare al cda, di «leggere il libro delle
adunanze dei sindaci», «di dotare il settore contabilità di personale
idoneo», «dotare la banca di un organo responsabile per gli adempimenti
formali legati alla vita della società stessa», «di dotare con urgenza
la banca di una persona di alto profilo per gestire l’Istituto», «ridurre le
spese per conseguire tutti i risparmi possibili stante l?analisi di tutti i
crediti anomali con annesse imputazioni a perdite di molti degli stessi in
sofferenza», «avere presente, a proposito di affidamenti, sconfinamenti ed
operatività sugli impieghi, che i sindaci manifestano preoccupazione
sulla quale già fiumi di inchiostro sono stati scritti da tempo»,
«fare in modo che il resoconto di auditing interno, rivelatosi di giudizio
insufficiente, sia regolarmente oggetto dell’odg della banca», ed infine «di
valutare la responsabilità che gli organi sociali hanno
nell’accogliere le sottoscrizioni e i versamenti di capitale sociale
chiedendo sempre lo stesso importo nominale con il sovrapprezzo deciso in
passato a fronte di una situazione attuale in cui si sa che la società
è in forte perdita e ha già eroso notevolmente il proprio
patrimonio ». Significativi, in proposito di quest’ultima segnalazione, i
commenti verbalizzati dei sindaci: «è ovvio e lecito pensare
-scrivevano sulla delicata questione- che i nuovi soci e i nuovi
sottoscrittori avrebbero un atteggiamento ben diverso se conoscessero la
situazione economica attuale della Banca». Naturalmente, non risulta che
questo suggerimento sia stato in una qualche misura considerato con il
risultato che sino a tutto li 30 aprile 2004, le quote azionarie della banca
venivano sottoscritte al prezzo di nominali 25,8 euro. Ciò, pare
evidente, pur sapendo di propinare al sottoscrittore e/o neosocio, quantomeno
un titolo gonfiatissimo. Insomma, a conti fatti, siano essi tecnici o
meramente di opportunità politica visto l’intreccio che quest’ultima ha
avuto da sempre nel caso della Credieuronord, pare proprio di capire,
documentalmente, che le motivazioni della crisi finanziaria della banca
padana vadano, come sembrò sin da principio, proprio ricercate nei
suoi stessi amministratori. Laconico il commento conclusivo della relazione
stessa. Nella quale si legge che, dopo tutti i documenti citati,
«rappresentano solo i momenti più significativi» di attività
dell’organo sul quale il cda per voce del suo attuale Presidente ha tentato
di scaricare alcune colpe, appare chiaro che «il collegio sindacale è
stato il primo -anche prima del verbale di Bankitalia- a denunciare la
cattiva gestione della Banca». Purtroppo, però, per i militanti e
simpatizzanti leghisti che nella Credieuronord avevano messo quattrini, ciò
non è stato abbastanza. Qualcuno, valutate le rilevanze segnalate dai
sindaci, ha chiuso occhi e orecchi.
Un esempio? Era il 25 settembre 2003 e in pieno marasma finanziario, durante
una riunione del collegio, giunge notizia, regolarmente verbalizzata, che
è «pervenuta alla banca ordine di bonifico in uscita da parte della
Fondazione Banca del Monte di Lombardia per un importo di 6 milioni di Euro
custoditi sul conto verde. Tenuto conto dell’entità della somma»,
dissero i sindaci, «unitamente al livello dei crediti anomali, si ritiene
urgente una verifica sulla situazione attuale della liquidità
bancaria». Per una curiosa coincidenza padana, il dott. Gianmaria Galimberti
era componente del cda di Credieuronord ed anche di quello della citata Monte
di Lombardia.
Banca padana, la denuncia dei
sindaci rimasta in naftalina
Così la nomenclatura della Lega controllava il cda dell’istituto
L’ispezione Bankitalia e il valore effettivo delle quote sottoscritte
La data del documento è
quella dello scorso 15 novembre. I destinatari erano i componenti del Cda
della banca e gli stessi soci interessati della Credieuronord, l’ormai famosa
banca padana teatro di un piccolo crack e ad oggi messa (anzi promessa) in
vendita a 2,8 milioni di Euro alla Popolare di Lodi. Purtroppo, però,
molti dei soci le 63 pagine di relazione del collegio sindacale della banca,
non le hanno mai viste e nemmeno mai le vedranno. Forse perché scritte in
ritardo rispetto alla data di convocazione dell’assemblea soci che il 20
novembre sancì la dismissione dell’istituto ad un valore pari al 16%
di quello iniziale del 2000. O forse perché, come si sussurra, il cda della
banca (dove e si trovavano personaggi illustri della nomenclatura
parlamentare e governativa leghista quali gli onorevoli Stefano Stefani e
Giancarlo Giorgetti fra i primi e il Sottosegretario agli Interni Maurizio
Balocchi), pensò bene fosse preferibile mettere il plico in naftalina,
fuori portata dei 4000 soci padani. Questo, almeno sino all’Assemblea stessa.
Ciò evidentemente nella convinzione che i convenuti in riunione
avessero optato di rinunciare, attraverso la vendita alla Lodi, al piccolo
rimborso di 4 euro per azione in luogo dei nominali 25,8 di soli quattro anni
fa.
Quel che ha infatti spinto i tre componenti del collegio sindacale della
Credieuronord a scrivere questo piccolo libro di memorie da consegnarsi anche
ai soci, è stata l’amara constatazione dello stato delle cose. Che per
farla breve a metà del mese scorso era più o meno questo. Molti
soci erano ignari delle disavventure finanziarie, mentre un’altra buona parte
ne era al corrente, ma i dirigenti leghisti avevano sempre detto che le
responsabilità dei fatti erano riconducibili a soggetti non
direttamente legati al Carroccio il quale, invece, si stavano prodigando per
cercar soluzioni. In particolare, i sindaci, hanno assunto questa decisione
avendo udito a Radio Padania le parole di Giuseppe Tronconi, ultimo
Presidente del Cda della Credieuronord, il quale lo scorso 12 novembre aveva
detto: «Nell’ambito delle indagini interne che si stanno effettuando, se del
caso ci saranno i coinvolgimenti anche di avrebbe dovuto controllare e non ha
controllato». Collegio Sindacale compreso, ovviamente. Ma poiché i componenti
l’organismo evidentemente erano di tutt’altro avviso, ed avendo letto quanto
scritto potremmo dire che in buona parte avevano ed hanno buone ragioni,
hanno pensato bene di far sapere la loro verità ai soci che
però, come detto, non hanno saputo quasi nulla.
Ed ecco dunque qui, le
verità del collegio sindacale. Contenute in diverse lettere di
segnalazione indirizzate a Banca d’Italia dopo la scoperta che quest’ultima
aveva fatto durante la sua ormai famosa ispezione della primavera 2003. E
contenute in diversi verbali di riunione del collegio stesso, verbali tutti
girati al cda, nei quali i sindaci lamentavano diversi fatti. I più
significativi dei quali li ritroviamo nel corposo resoconto della riunione
del 6 Novembre 2003 durante la quale i sindaci misero nero su bianco 13 punti
di criticità facendo agli stessi la seguente premessa: «Il collegio
sindacale, in questo momento di difficoltà dell’Istituto, ritiene
opportuno puntualizzare le seguenti disfunzioni affinché il cda possa con
ancor maggiore energia e determinazione provvedere a far fronte alle necessità
di cui con questa nota se ne può prender conoscenza». Una severa
reprimenda iniziale per poi ricordare al cda, di «leggere il libro delle
adunanze dei sindaci», «di dotare il settore contabilità di personale
idoneo», «dotare la banca di un organo responsabile per gli adempimenti
formali legati alla vita della società stessa», «di dotare con urgenza
la banca di una persona di alto profilo per gestire l’Istituto», «ridurre le
spese per conseguire tutti i risparmi possibili stante l’analisi di tutti i crediti
anomali con annesse imputazioni a perdite di molti degli stessi in
sofferenza», «avere presente, a proposito di affidamenti, sconfinamenti ed
operatività sugli impieghi, che i sindaci manifestano preoccupazione
sulla quale già fiumi di inchiostro sono stati scritti da tempo»,
«fare in modo che il resoconto di auditing interno, rivelatosi di giudizio
insufficiente, sia regolarmente oggetto dell’odg della banca», ed infine «di
valutare la responsabilità che gli organi sociali hanno
nell’accogliere le sottoscrizioni e i versamenti di capitale sociale
chiedendo sempre lo stesso importo nominale con il sovrapprezzo deciso in
passato a fronte di una situazione attuale in cui si sa che la società
è in forte perdita e ha già eroso notevolmente il proprio
patrimonio ».
Significativi, in proposito di
quest’ultima segnalazione, i commenti verbalizzati dei sindaci: «è
ovvio e lecito pensare -scrivevano sulla delicata questione- che i nuovi soci
e i nuovi sottoscrittori avrebbero un atteggiamento ben diverso se conoscessero
la situazione economica attuale della Banca». Naturalmente, non risulta che
questo suggerimento sia stato in una qualche misura considerato con il
risultato che sino a tutto li 30 aprile 2004, le quote azionarie della banca
venivano sottoscritte al prezzo di nominali 25,8 euro. Ciò, pare
evidente, pur sapendo di propinare al sottoscrittore e/o neosocio, quantomeno
un titolo gonfiatissimo. Insomma, a conti fatti, siano essi tecnici o
meramente di opportunità politica visto l’intreccio che quest’ultima
ha avuto da sempre nel caso della Credieuronord, pare proprio di capire,
documentalmente, che le motivazioni della crisi finanziaria della banca
padana vadano, come sembrò sin da principio, proprio ricercate nei
suoi stessi amministratori. Laconico il commento conclusivo della relazione
stessa. Nella quale si legge che, dopo tutti i documenti citati,
«rappresentano solo i momenti più significativi» di attività
dell’organo sul quale il cda per voce del suo attuale Presidente ha tentato
di scaricare alcune colpe, appare chiaro che «il collegio sindacale è
stato il primo -anche prima del verbale di Bankitalia- a denunciare la
cattiva gestione della Banca». Purtroppo, però, per i militanti e
simpatizzanti leghisti che nella Credieuronord avevano messo quattrini,
ciò non è stato abbastanza. Qualcuno, valutate le rilevanze
segnalate dai sindaci, ha chiuso occhi e orecchi.
Un esempio? Era il 25 settembre 2003 e in pieno marasma finanziario, durante
una riunione del collegio, giunge notizia, regolarmente verbalizzata, che
è «pervenuta alla banca ordine di bonifico in uscita da parte della
Fondazione Banca del Monte di Lombardia per un importo di 6 milioni di Euro
custoditi sul conto verde. Tenuto conto dell’entità della somma»,
dissero i sindaci, «unitamente al livello dei crediti anomali, si ritiene
urgente una verifica sulla situazione attuale della liquidità
bancaria». Per una curiosa coincidenza padana, il dott. Gianmaria Galimberti
era componente del cda di Credieuronord ed anche di quello della citata Monte
di Lombardia.
GIORNALE DI BRESCIA 13 Dicembre 2004 «I maggiori
esponenti della Lega ripianino le perdite Credieuronord»
RIUNIONE DI SOCI A CASTEL MELLA
Si sono riuniti ieri mattina a
Castel Mella i componenti del comitato «Amici della Credieuronord», costituito,
in seguito alle difficoltà in cui versa l’istituto bancario, con lo
scopo di recuperare l’investimento. Quella ch’è conosciuta come «la
banca della Lega Nord»
è stata costituita circa 6 anni fa con la sottoscrizione di quote da
parte di militanti leghisti. Nell’ultimo periodo ci sono stati tuttavia
problemi. Secondo il bollettino della vigilanza di Bankitalia, il 22 marzo
l’allora ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, aveva sancito l’ammenda di
7.746 euro per ciascun consigliere di amministrazione, 5.164 per i componenti
del collegio sindacale e 5.680 per l’ex direttore generale della Banca
Popolare Credieuronord, a causa di irregolarità gestionali rilevate
dagli ispettori. Il 30 aprile l’assemblea dei soci ha deliberato di
promuovere un’azione di responsabilità nei confronti degli
amministratori per il risarcimento dei danni che la loro gestione abbia
eventualmente causato alla banca. Non solo: i componenti del comitato hanno
deciso di inviare le loro lamentele e richieste direttamente al consiglio
federale della Lega. «Dopo aver valutato le proposte dei soci della Banca
Popolare Credieuronord - si legge nel comunicato che poteva essere
sottoscritto da ogni socio - abbiamo deciso di sottoporre alla dirigenza
della Lega Nord,
promotrice della sottoscrizione delle quote della banca stessa, di
intervenire a ripianare le perdite subite». Stando alla lettera, le azioni
della Credieuronord sono oggi quotate 4 euro ciascuna, contro un valore di
acquisto di 25,8 €, con una perdita quindi dell’85%. «Per impedire - continua
il comunicato - che la Lega
sia vittima di ingiuste azioni di rivalsa da parte di soci che non hanno a
cuore le sorti del Movimento, vi chiediamo d’intervenire al più presto
per ripianare la perdita subita dai soci, in gran parte militanti. Tutti
ricordano gli interventi statali che hanno salvato il Banco di Sicilia e il
Banco di Napoli, per cifre infinitamente superiori, ma, visti i principi
padani che ci contraddistinguono, sarebbe più opportuno che l’ingente
perdita fosse coperta attraverso versamenti mensili da parte di coloro che
grazie al Movimento hanno raggiunto cariche istituzionali di rilievo:
parlamentari, ministri, sottosegretari, consiglieri regionali e tutti coloro
che ricevono emolumenti». A Castel Mella il clima tra i vari soci era molto
teso. A portare la sua testimonianza anche Rosanna Sapori, di Radio Padania.
Poco dopo l’inizio del dibattito si è tuttavia deciso di procedere a
porte chiuse e più nulla è stato diffuso.
f. a.
Commento del senatore Fiorello Provera - Gruppo Lega
Nord
E il ministro sanzionò
il sottosegretario. Secondo il bollettino della vigilanza della Banca
d'Italia, il 22 marzo scorso l'allora ministro dell'Economia, Giulio
Tremonti, aveva sancito l'ammenda di 7.746 euro per ciascun consigliere di amministrazione,
di 5.164 euro per i componenti del collegio sindacale e di 5.680 euro per
l'ex direttore generale della Banca Popolare Credieuronord, meglio conosciuta
come "banca della Lega
Nord". Nel cda sedeva anche il sottosegretario
leghista all'Interno, Maurizio Balocchi, pure colpito dai fulmini di Tremonti
che aveva deciso il provvedimento dopo la serie di gravi irregolarità
gestionali rilevate dagli ispettori di Bankitalia.
Tra queste, gli affidamenti
per Bingonet, fallita il 25 settembre 2003, di cui Balocchi è stato
amministratore unico e azionista di maggioranza. Il 30 aprile 2004 l'assemblea dei soci,
si legge nel prospetto dell'aumento di capitale di giugno, «ha deliberato di
promuovere un'azione di responsabilità nei confronti degli amministratori
e dei direttori generali per il risarcimento dei danni che la loro gestione
abbia eventualmente causato alla banca». I soci, quasi tutti militanti
leghisti, si riuniranno domani mattina presso il Comune di CastelMella
(Brescia) per valutare altre azioni legali. Credieuronord è stata
trasformata in Spa per essere ceduta alla Bipielle.
MILANO
Un'altra grana padana sta per abbattersi sullo sventurato Maurizio Balocchi,
il fantasioso tesoriere della Lega, già amministratore di condominio,
che da quando è passato a gestire realtà più impegnative
non ne azzecca una. Dopo la messa in liquidazione di Babà
(assicurazioni), e il fallimento di Bingo.Net (sale da gioco), Tele Golfo
(emittenza locale) e Ceit (villaggi turistici), con relative denunce,
pignoramenti e strascichi legali, un altro dissesto leghista si aggiunge al
curriculum di Balocchi, quello del CrediEuronord, di cui l'attuale
sottosegretario degli Interni è membro del consiglio di
amministrazione.
La banca popolare della Lega ha infatti riunito ieri mattina i suoi numerosi
soci alla periferia di Milano per modificare lo statuto e trasformarsi da
cooperativa in società per azioni con finalità finanziarie,
presupposto indispensabile per la cessione delle attività bancarie al
gruppo Bipielle. È stato l'ultimo boccone amaro che i circa 3.500
piccoli azionisti della banca del Senatur hanno dovuto mandare giù,
nella speranza di rivedere almeno qualche briciola del loro investimento. In
cambio di due filiali, un negozio finanziario e uno sportello di tesoreria, la Bipielle si è
impegnata infatti a versare alla neocostituita Euronord Holding 2,8 milioni
di euro, che andranno a rimborsare i soci della defunta banca leghista, nel
rapporto di 4 euro per ogni azione posseduta, rispetto ai 28 pagati al
momento della sottoscrizione. Ma se non si volevano perdere anche quei pochi
spiccioli, oltre alle obbligazioni emesse dalla CrediEuronord (altri 8,4
miliardi), che saranno rimborsate solo a partire dal 2006, non c'erano
alternative.
In quattro anni di gestione
allegra, la banca del Senatur ha eguagliato la tanto vituperata «Roma
ladrona», dilapidando 20 milioni di capitale, tra perdite e crediti in
sofferenza, per colpa della «labilità dei criteri per la selezione
della clientela», delle «incoerenze della politica creditizia», del «degrado
degli impieghi», come ha denunciato il governatore di Bankitalia dopo
l'ispezione dell'anno scorso. E tra gli esempi di «affidamenti senza
preventiva individuazione di fonti e tempi di rimborso», Fazio aveva indicato
proprio i prestiti concessi dalla CrediEuronord alla società di un suo
amministratore, la
Bingo.Net del sottosegretario Balocchi, in perperfetto
stile da inciucio romano.
Pastette che molti soci, per lo meno i più agguerriti, oggi non sono
disposti a perdonare. «Chi ha sbagliato dovrà pagare», sentenzia
furibonda una militante torinese, accorsa a malincuore all'ultima assise
della cooperativa: «Ci credevamo – dice – era la nostra banca, l'aveva voluta
il Segretario». A giugno i promotori del Manifesto Soci CrediEuronord avevano
iniziato ad organizzare la fronda leghista. Obiettivo, impedire la vendita,
sconfessando in assemblea lo Stato maggiore lumbard che siede nel Cda della
banca, a cominciare dall'ex sottosegretario alle attività produttive
Stefano Stefani (famoso per le sue fini disgressioni sui rutti dei tedeschi),
dal sottosegretario al Welfare Alberto Brambilla e dal presidente della
Commissione bilancio Giancarlo Giorgetti, oltre a Balocchi naturalmente. I
quali addirittura si sono autotassati, pur di evitare l'ennesima bancarotta.
Alla fine però la
rivolta non c'è stata, e per salvare il salvabile gli azionisti hanno
accettato ieri di immolarsi. Ma ora molti di loro stanno già affilando
le armi legali. L'idea è quella di avviare un'azione di
responsabilità civile nei confronti degli amministratori, alcuni dei
quali l'ex vicepresidente Giovanni Maria Galimberti, l'ex direttore generale
Giancarlo Conti, l'ex responsabile della vigilanza Alfredo
Molteni – sono già indagati nell'ambito di quel procedimento per
presunto riciclaggio ai danni del tribunale fallimentare di Milano, che ha
portato l'altro ieri a richieste di condanna per otto anni nei confronti dei
vecchi proprietari di Radio 101 e di una loro commercialista. Ma quello che
probabilmente molti soci della defunta CrediEuronord non sanno, è che la Bipielle si è
garantita una via d'uscita grazie ad una clausola del contratto di cessione:
se ci saranno procedimenti pendenti entro la fine dell'anno prossimo, la
vendita sarà annullata. E anche i miseri 4 euro per azione dovranno
venire restituiti.
SENATO - Interrogazioni del senatore Mauro Fabris
Legislatura 14
Atto di Sindacato Ispettivo n° 4-08022
Pubblicato il 1 febbraio 2005
Seduta n. 729
FABRIS - Al Presidente del Consiglio dei ministri e ai Ministri delle
comunicazioni, della giustizia e dell'economia e delle finanze. -
Premesso:
che Arnoldo Mondadori Editore S.p.A. ha perfezionato in data 22 gennaio 2005,
tramite la controllata Monradio S.r.l., l'acquisizione del complesso
aziendale relativo all'esercizio dell'attività radiofonica
dell'emittente Radio 101 One-One in virtù della concessione per
l'esercizio della radiodiffusione sonora a carattere commerciale in ambito
nazionale e all'esercizio dell'attività radiofonica relativa alla
ripetizione di segnale estero;
che l'operazione è stata definita in esecuzione dell'offerta
formalizzata con le controparti lo scorso 30 luglio 2004 e già oggetto
di comunicazione al mercato;
che il prezzo definitivo - stabilito in base all'esito positivo della due
diligence tecnica, legale, amministrativo- contabile e fiscale - è di
39, 6 milioni di euro;
che Mondadori ha inoltre acquisito il 10% della società Rock FM
S.r.l., titolare di due concessioni per l'esercizio della radiodiffusione
sonora a carattere commerciale in ambito locale (Rock FM e Radio Milano
International) sulla base di una valutazione pari a 2,7 milioni di euro per
il 100% della società;
che il 90 % di Rock FM S.r.l. è di proprietà del gruppo greco
Attica Publications S.A. (di cui Mondatori è azionista al 40%),
già attiva nel settore radiofonico attraverso l'emittente Athens Radio
Dee Jay;
che il Consiglio di Amministrazione di Monradio ha deliberato di affidare la
gestione operativa di un nuovo business radiofonico a Carlo Mandelli, che
assume la carica di Amministratore delegato;
che Presidente della Società è Maurizio Costa;
che tale acquisizione è subordinata all'ottenimento delle
autorizzazioni di legge da parte dell'Autorità garante della
concorrenza e del mercato e delle altre autorità competenti;
considerato:
che Arnoldo Mondadori Editore
S.p.A é una società controllata da Fininvest S.p.A.;
che detta acquisizione, nonostante le autorizzazioni concesse da parte delle
competenti autorità, desta notevoli preoccupazioni soprattutto fra
coloro che temono che tale operazione possa ridurre sensibilmente il
pluralismo attualmente vigente nel settore radiofonico, poiché l'Italia non
possiede gruppi radiofonici di grandi dimensioni, come Nrj Group in Francia o
Capital in Gran Bretagna;
che detta acquisizione comporta l'acquisto di una emittente radiofonica,
segnatamente, l'emittente Radio 101 One-One, recentemente coinvolta in una
causa di fallimento successivamente degenerata in uno scandalo giudiziario
che ha interessato direttamente l'istituto di credito cooperativo di
riferimento della Lega, ovverosia la banca Credieuronord;
che, in particolare, sul “Corriere della Sera” del 25 marzo 2004 (pagina 17)
è comparso il seguente articolo: “Dieci anni di ammanchi al tribunale
fallimentare di Milano, e almeno 35 milioni di euro di peculato sui fondi
delle procedure assegnate alla curatrice Carmen Gocini, non inducono il
Ministero della giustizia a costituirsi parte civile nel processo cominciato
ieri contro la
commercialista e i coimputati fratelli Angelo e Caterino
Borra, proprietari di Radio 101.
A sorpresa, infatti, accanto alle scontate
costituzioni di parte civile dei legali delle varie curatele spogliate negli
anni di almeno 70 miliardi di lire, ieri non si è registrata la
costituzione dell'Avvocatura dello Stato. L'ufficio guidato da Dante Corti
aveva regolarmente segnalato a via Arenula l'esistenza di questo processo,
l'indicazione come 'parte offesa', e l'opportunità di costituirsi in
giudizio per chiedere agli imputati sia i danni materiali sia quelli arrecati
al prestigio dell'amministrazione che rappresenta l'interesse dei cittadini
al corretto esercizio dell'attività giudiziaria: tanto più in
un settore nel quale creditori, fornitori e dipendenti (e gli stessi falliti)
trovano tutela proprio nello Stato, contro il quale potrebbero in teoria
rivalersi in futuro qualora i proventi della messa all'asta della radio o la
caccia al 'tesoro' svolta dalla Finanza non bastassero a coprire l'intero
ammontare del 'buco'. Ma dal Dicastero del Ministro leghista Roberto Castelli
non è arrivata a Milano
alcuna risposta. E, in assenza di direttive, l'Avvocatura dello Stato non ha
un autonomo potere di costituirsi. La decisione del Ministro leghista di
passare la mano, in controtendenza rispetto alla spiccata attenzione
manifestata da Castelli per i cordoni della borsa del mondo della giustizia,
è giunta in una udienza dominata dai Borra, in carcere con l'accusa di
aver riciclato soldi provenienti dai mandati di pagamento firmati dai giudici
della fallimentare ma falsificati negli importi dalla curatrice Gocini,
sentimentalmente legata ad Angelo Borra: assegni prima fatti transitare su
conti bancari (specie quelli di un piccolo istituto cooperativo di
riferimento della Lega, Credieuronord), e poi fatti subito uscire in contanti
verso destinazioni ignote. Impugnando la legge Cirami, e mettendo in conto di
restare in carcere (i termini infatti sono 'congelati' finché la Cassazione non
avrà deciso), i proprietari di Radio 101 - emittente sotto sequestro
dal settembre 2003, e che curiosamente si ritrova da ieri tra le
società costituitesi parte civile contro i propri proprietari - hanno
incaricato i loro legali Massimo Teti, Raffaele Dolce e Gianni Tizzoni di
chiedere il trasferimento del processo a Brescia, sostenendo che l'ambiente
del tribunale penale di Milano non sarebbe la sede più adatta per discutere
di colossali ammanchi protrattisi per anni sotto il naso di magistrati e
cancellieri del tribunale fallimentare di Milano. Mossa difensiva a sorpresa
anche per la Gocini:
la commercialista
ha revocato il proprio difensore di fiducia Andrea Galasso senza nominarne
uno nuovo. Il giudice Cristina Mannocci ha così dovuto dargliene uno
d'ufficio, Tommaso Pisapia, al quale ha concesso termini a difesa sino al 19
aprile”;
che ancora non sono chiari i motivi per i quali in tale frangente il Ministro
della giustizia non avesse voluto subito deliberatamente costituirsi parte
civile nel processo e malgrado fosse a conoscenza della gravità del
fatto;
che tale omissione poteva ragionevolmente dipendere dalla necessità di
favorire, o non danneggiare, anche solo l'immagine della banca Credieuronord,
che avrebbe riciclato assegni o altri titoli di provenienza illecita,
si chiede di sapere:
se risulti quali siano stati i criteri in base ai quali l'Autorità
garante della concorrenza e del mercato e le altre autorità competenti
hanno concesso le autorizzazioni di legge per consentire l'acquisizione da
parte di Arnoldo Mondadori S.p.A del complesso aziendale relativo
all'esercizio dell'attività radiofonica dell'emittente Radio 101
One-One in virtù della concessione per l'esercizio della
radiodiffusione sonora a carattere commerciale in ambito nazionale e
all'esercizio dell'attività radiofonica relativa alla ripetizione di
segnale estero, considerato che l'Italia non possiede gruppi radiofonici di
grandi dimensioni, come Nrj Group in Francia o Capital in Gran Bretagna;
come sarà tutelato il pluralismo attualmente vigente nel settore della
radiofonia a seguito di detta acquisizione;
se detta acquisizione non sia in qualche modo legata alla necessità di
mettere a tacere ogni questione legata al riciclaggio di assegni o di altri
titoli di provenienza illecita compiuti dalla banca Credieuronord;
se e quali provvedimenti siano stati adottati dal Governo sino ad oggi per
risolvere l'annoso problema legato al disastro economico provocato dalla
Banca Credieuronord a danno di migliaia di cittadini;
se risulti come sia stata esercitata in tale contesto l'alta vigilanza in
materia di tutela del risparmio e di esercizio della funzione creditizia da
parte del Comitato interministeriale per il credito ed il risparmio,
presieduto, fra le altre cose, dall'attuale Ministro dell'economia e delle
finanze;
se non si possa ritenere che i continui attacchi compiuti, anche di recente,
proprio dal Ministro della giustizia nei confronti della categoria
professionale dei magistrati siano solo uno strumento per offuscare il grave
danno arrecato dalla banca Credieuronord, l'istituto di credito di
riferimento della Lega, sia alla pubblica amministrazione che ai cittadini.
Legislatura 14 - Aula -
Resoconto stenografico della seduta n. 611 del 20/05/2004
Allegato B
SENATO - Interrogazioni con richiesta di risposta
scritta FABRIS - Al
Presidente del Consiglio dei ministri - Premesso:
che, secondo notizie apparse in data 28 aprile 2004 sulla stampa nazionale,
segnatamente la testata "L'Unità'", il Sottosegretario di
Stato al Ministero dell’interno, l'on. Maurizio Balocchi, avrebbe dato vita,
assieme ad altre personalità legate al partito politico della Lega Nord, ad una
società, in particolare la società CEIT S.r.l., con in dote un
capitale di 3,2 milioni di euro, con l'obiettivo di colonizzare una
località marina in Istria, di fronte al Golfo di Venezia, con la
costruzione di un villaggio turistico e di ben 180 appartamenti dotati di
piscine, campi da golf, casinò e fitness center ;
che la citata società risulterebbe essere stata finanziata dalla banca
pubblica della Carinzia Hypo-Alpe-Adria-Bank, presieduta dal governatore
Joerg Haider;
che all'inizio dello scorso aprile la società CEIT S.r.l. è
stata dichiarata fallita;
che nei confronti dell'on. Maurizio Balocchi (consigliere ed azionista della
citata società con il 18,75% delle azioni possedute) risulta essere
stata presentata denuncia per truffa da parte di alcuni soci;
che, solo qualche settimana prima della dichiarazione di tale fallimento,
un'altra iniziativa imprenditoriale dell'on. Maurizio Balocchi veniva meno,
essendo dichiarata il 18 marzo scorso la bancarotta dell'emittente Tele Golfo
Chiavari;
che già nella primavera del 2003 era stato dichiarato il fallimento di
un'altra creazione commerciale dell'on. Maurizio Balocchi, segnatamente la
società Bingo Net di Padova, che lo scorso anno chiudeva con un
passivo di 4 milioni di euro;
considerato:
che secondo notizie apparse in
data 31 marzo 2004 sulla stampa
nazionale, segnatamente la testata "Il
Messaggero", la Banca d'Italia
avrebbe mandato dei propri ispettori presso la sede della banca Credi Euro
Nord, banca nata quattro anni fa per iniziativa di alcuni esponenti del
partito della Lega Nord;
che, stando a quanto riportato dal citato quotidiano, detti ispettori
avrebbero accertato "un livello elevato di sofferenza" economica
"definito in gergo livello cinque" ed, in seguito, sarebbe stata
compiuta una seconda ispezione;
che, secondo notizie apparse in data 1° aprile 2004 sulla testata "Il Corriere della Sera",
la citata banca avrebbe chiuso il proprio bilancio 2003 con 8 milioni di euro
di perdite e 12 milioni di euro di sofferenze su circa 47 milioni di euro di
impieghi;
che, in particolare, Credi Euro Nord avrebbe registrato una perdita secca nel
2003 pari a 8 milioni di euro dopo 9 milioni euro di accantonamenti;
che, attualmente, il capitale sociale complessivo della banca corrisponde a
14 milioni di euro e l'ingente perdita renderà necessario un aumento
del capitale stesso;
che la banca Credi Euro Nord s.c.a.r.l., fondata il 21 febbraio del 2000 con
un capitale sociale di 9 milioni di euro circa condiviso da 2313 soci, era
stata presentata e, costantemente pubblicizzata sulla stampa nazionale e via
Internet, come l'istituto di credito che avrebbe puntato al piccolo
risparmiatore e avrebbe convogliato tutti i quattrini dei cosiddetti
"padani" che lavorano;
che detta banca avrebbe dovuto rappresentare la banca popolare caratteristica
dell'economia locale della "Padania", che si poneva l'obiettivo di
raddoppiare il numero dei propri soci e di raggiungere i 18 milioni di euro
di capitale sociale;
che una fortissima sollecitazione all'investimento in Credi Euro Nord
è stata compiuta in questi ultimi anni nei confronti, oltre che dei
tesserati della Lega Nord,
di tutte le famiglie residenti nel Nord Italia;
che, durante lo svolgimento dell'assemblea dei soci tenutasi a Milano il 7 aprile 2001,
veniva deliberata la variazione in euro delle quote sociali di Credi Euro
Nord;
che, attualmente, il valore di ogni quota di Credi Euro Nord corrisponde a 28
euro (lire 54.215,56);
che l'acquisto minimo di quote sociali previsto è di 100 quote, per un
totale di 2.800 euro (lire 5.421.556);
che, solo fino al 12 giugno 2001, i soci di Credi Euro Nord nelle province
italiane corrispondevano ad una percentuale pari al 32, 62 a Milano (939 soci), 10,84 a Varese (312
soci), 8,51 a
Bergamo (245 soci), 7,61 a
Torino (219 soci), 5,35 a
Treviso (154 soci), 4,72 a
Brescia (136 soci), 4,10 a
Padova (118 soci), 3,89 a
Como (112 soci), 2,57 a
Vicenza (74 soci) e infine 2,50
a Lecco (72 soci);
che, in riferimento alla questione relativa al dissesto della Banca Credi
Euro Nord, secondo quanto apparso sulla stampa nazionale,
l'on. Maurizio Balocchi si sarebbe trovato nella posizione di dover chiedere
agli attuali 3600 soci di Credi Euro Nord un nuovo sacrificio per
ricapitalizzare la società ed evitare il fallimento definitivo,
si chiede di sapere come il Presidente del Consiglio valuti la permanenza nel
suo incarico del Sottosegretario di Stato per l’interno on. Maurizio Balocchi
alla luce delle vicende denunciate nella presente interrogazione, trattandosi
di vicende caratterizzate dall'intervento della magistratura che in alcuni
casi, come quello del fallimento della società Bingo.net e della
bancarotta dell'emittente Tele Golfo Chiavari, ha già chiuso i
relativi contenziosi e in altri, come quello della società CEIT, sta continuando
ad indagare ai fini dell'attribuzione di eventuali responsabilità
penali per il compimento del reato di truffa.
(4-06826)
Il fallimento di Ceit,
l’immobiliare targata Lega, è già stato benedetto da una
sentenza del tribunale di Padova il 25 marzo scorso. E adesso il curatore di
quel crac, il ragioniere commercialista Flavio Tullio, vuole capire dove
siano andati a finire i soldi, 10 miliardi di vecchie lire
Miliardi di cui oggi non
c’è traccia visto che a quella cifra ammonta il buco di Ceit. E vuole
capire come si sia formato e sia stato gestito il capitale raccolto tra i 114
investitori che avevano scommesso sul successo dell’iniziativa proposta da
Ceit (Centro europeo
investimento turistici): la costruzione del villaggio vacanze Skipper
affacciato sul golfo di Pirano, in Croazia, una quarantina di chilometri
oltre il confine triestino. Un affare da 100 miliardi sponsorizzato dalla
Lega e dallo stesso leader Umberto Bossi che aveva brindato all’operazione la
sera del 6 giugno 2000 durante una cena al ristorante «da Bruno» ad Alberi di
Umago affollata di soci e simpatizzanti. Un affare, invece, finito male:
prima Ceit ha perduto il residence rilevato dalla banca finanziatrice Alpe
Adria Hypo Bank, poi è fallita lei stessa. Sommersa dai debiti. Ecco
perché ieri il curatore Flavio Tullio ha invitato in tribunale il nucleo
storico dei promotori di Ceit: oltre a 4 imprenditori padovani, il presidente
del consiglio regionale del Veneto Enrico Cavaliere che della società
è stato presidente, e l’attuale sottosegretario al Ministero degli Interni Maurizio
Balocchi che è anche segretario amministrativo della Lega ed era nel
consiglio di amministrazione dell’immobiliare con l’ex sottosegretario e
senatore Stefano Stefani. Quest’ultimo - atteso da Tullio per oggi - era
entrato nel consiglio di amministrazione Ceit in un successivo momento con
l’amministratore delegato Sebastiano Cacciaguerra, docente all’Università
di Udine, e il designer veneziano Nicola Munaretto, buon amico di Cavaliere.
Il faccia faccia di ieri pomeriggio è andato per le lunghe. Al punto
che il presidente del Consiglio regionale Veneto, stressato dalla lunga
attesa in corridoio, dopo un paio d’ore avrebbe deciso d’andarsene per
tornare davanti al curatore in un’altra occasione. Dagli interessati,
comunque, nessuna conferma. Sulla vicenda Cavaliere, che è architetto
e nel fallimento Ceit ci ha rimesso soldi anche dal punto di vista
professionale, glissa ogni domanda. E al telefono taglia corto infastidito:
«Di questa storia non voglio più parlarne». Smentisce con foga
l’appuntamento con il curatore il senatore vicentino Stefani, concludendo
piuttosto seccato: «Io oggi sono a
Milano». Ma intanto parallelamente al fallimento va avanti
l’indagine per truffa coordinata dal pubblico ministero Paolo Luca.
Un’indagine avviata in seguito alla denuncia di 13 piccoli investitori
padovani assistiti dall’avvocato Giorgio Saccomani. Rassicurati dalla
presenza di alcuni pezzi da novanta della Lega e dallo stesso Bossi (tra i
soci Ceit con un piccolo investimento insieme alla moglie Manuela Marrone),
si erano decisi a comprare quote della società (40 milioni la quota
minima). Alla fine dell’operazione contavano di diventare proprietari di 5
appartamenti e di un posto barca nel residence di Punta Salvore. Ma il
progetto è andato in fumo quando nell’estate del 2001 Alpe Adria Hypo
Bank ha preteso il rientro immediato del prestito di 22 miliardi di lire
concesso a Kemco, l’immobiliare che aveva avviato il progetto ed era stata
poi rilevata da Ceit. Che ha perso tutto: il villaggio vacanze sognato dalla
Lega e i soldi degli investitori.
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