La Repubblica 12-12-2007
Televisione
e mercato dei senatori
Berlusconi indagato per corruzione
di GIUSEPPE D'AVANZO
L'inchiesta di Napoli su sospette tangenti agli amministratori Rai Randazzo racconta: mi è stato offerto di fare il
vice ministro
SILVIO
Berlusconi è indagato dalla procura di Napoli per la corruzione di Agostino
Saccà, presidente di RaiFiction e - seconda ipotesi di reato - per istigazione
alla corruzione del senatore Nino Randazzo e di altri senatori della
Repubblica, "in altri episodi non ancora identificati". Una storia
che corre - circostanza davvero inconsueta per il Cavaliere - sul filo di un
telefono (intercettato) dell'alto dirigente del servizio pubblico e trova una
sua concreta evidenza nel racconto del senatore eletto dagli italiani di
Australia. E' una storia che, al di là degli esiti giudiziari, ha un'evidente
rilevanza politica e si può raccontare così. Come tutte le storie che si
rispettino è avviata dal caso. I pubblici ministeri stanno ficcando il naso su
un giro di iperfatturazioni che nasconde la costituzione all'estero di fondi
neri.
La ricostruzione dei movimenti finanziari svela che il denaro ritorna - cash -
in Italia attraverso la Svizzera. Per i personaggi coinvolti, per i loro
contatti nel mondo della fiction e della Rai di viale Mazzini, il sospetto
degli investigatori è che quelle somme possano essere o le tangenti destinate
ad amministratori del servizio pubblico o "fette di torta" che i
produttori televisivi si ritagliano, franco tasse. Al centro dell'attenzione
finisce un piccolo produttore di cinema e tv, Giuseppe Proietti, che in passato
ha lavorato alla Sacis (la società di produzione e commercializzazione della
Rai).
Il suo rapporto con Agostino Saccà è costante e molto intenso. Interrogato dai
pubblici ministeri, il presidente di RaiFiction nega di conoscere Proietti così
bene. Mal gliene incoglie. Nel periodo delle indagini, Proietti si reca
ottantotto volte in viale Mazzini e in quaranta di queste occasioni è in visita
da Saccà che ignora di essere finito al centro di un'inchiesta molto invasiva
che, come sempre accade in questi casi, ha il suo perno nell'ascolto
telefonico. Nel diluvio di comunicazioni del presidente di RaiFiction saltano
fuori, per dir così, delle attività che i pubblici ministeri giudicano non
coerenti, non corrette, non legittime per un dirigente Rai. Agostino Saccà è
molto insoddisfatto della sua collocazione in Rai. Si sente sottovalutato,
forse umiliato. Avverte di essere guardato a vista - sì, controllato - dal
direttore generale Claudio Cappon. Vuole andare via, lasciare "Mamma
Rai" per "mettersi in proprio", creare nei pressi di Lametia
Terme, nella sua Calabria, una "città della fiction"; collaborare al
"progetto Pegasus", un'iniziativa che vuole consociare le capacità e
la qualità dei piccoli produttori televisivi italiani per farne una realtà
industriale in grado di competere sul mercato nazionale e internazionale.
Saccà parla molto delle sue idee e dei suoi progetti al telefono. Ne parla
soprattutto con il consigliere d'amministrazione della Rai, in quota
centro-destra, Giuliano Urbani. Con Urbani, Saccà conviene che in
"Pegasus" bisogna far spazio a "un uomo di Berlusconi". Il
presidente di RaiFiction ne va a parlare con il Cavaliere. Si incontrano
spesso, a quanto pare. E' a questo punto dell'indagine che emerge l'intensa
consuetudine dei rapporti tra Berlusconi e Saccà. Secondo fonti attendibili,
soprattutto una decina di telefonate dirette tra il giugno e il novembre di
quest'anno appaiono illuminanti (Berlusconi chiama e riceve da un cellulare in
uso a un suo body-guard). Berlusconi e Saccà discutono della sentenza del Tar
che ha bocciato l'allontanamento dal consiglio d'amministrazione della Rai,
Angelo Maria Petroni.
Saccà sostiene che i consiglieri del centro-destra non sanno cogliere "le
dinamiche positive". Spiega al Cavaliere come e con chi intervenire. Lo
sollecita a darsi da fare per eliminare i contrasti che, in consiglio, dividono
"i suoi consiglieri". Berlusconi appare a suo agio con il presidente
di RaiFiction. Spesso dal "lei" cede alla tentazione di dargli del tu
e tuttavia mai Saccà si smuove dal chiamarlo "Presidente". A volte il
Cavaliere lo chiama confidenzialmente Agostino. Gli chiede conto del destino
del film su Federico Barbarossa: "Sai, Bossi non fa che parlarmene...".
Saccà lo rassicura: andrà presto in onda in prima serata. "E allora - dice
Berlusconi - dillo alla soldatessa di Bossi in consiglio (Giovanna Clerici
Bianchi) così la smette di starmi addosso". Il Cavaliere si fa avanti
anche per risolvere qualche suo problema personale e politico. In una
telefonata, quasi si confessa alla domanda di Saccà: come sta, presidente?
"Socialmente - dice Berlusconi - mi sento come il Papa: tutti mi amano.
Politicamente, mi sento uno zero... e dunque per sollevare il morale del Capo,
mi devi fare un favore. Vedi se puoi aiutare...". Il Cavaliere fa quattro
nomi di candidate attrici: Elena Russo, Evelina Manna, Antonella Troise,
Camilla Ferranti (secondo un testimone, il produttore di Incantesimo Guido De
Angelis, è la figliola di un medico molto vicino al Cavaliere). Sai, spiega
Berlusconi a Saccà, non sono tutte affar mio perché "la Evelina Manni mi è
stata segnalata da un senatore del centro-sinistra che mi può essere utile per
far cadere il governo". Promette Berlusconi a Saccà: saprò ricompensarla
quando lei sarà un libero imprenditore come mi auguro avvenga presto...
Agostino Saccà appare consapevole che la preoccupazione prioritaria del
Cavaliere sia la "campagna acquisti" inaugurata al Senato per
capovolgere l'esigua maggioranza che sostiene il governo di Romano Prodi. Fa
quel che può, fa quel che deve nell'interesse del "Capo". In estate,
incontra il senatore Pietro Fuda, un transfuga di Forza Italia, oggi nel
Partito Democratico Meridionale di Agazio Loiero che sostiene il centro-sinistra.
Dell'esito del colloquio, Saccà riferisce a Pietro Pilello, un commercialista
calabrese con studio a Milano con molti incarichi in società pubbliche
(Metropolitana Milanese, Finlombarda), presidente dei sindaci di Rai
International dal 2003 al 2006, oggi ancora sindaco di Rai Way. Dice Saccà:
"Fuda vuol far sapere al Capo che il suo cuore batte sempre a destra,
anche se è costretto a stare oggi a sinistra e che comunque se gli dovessero
toccare gli interessi e le cose sue, il Cavaliere deve starne certo: Fuda gli
darà un aiuto in Parlamento". Saccà e Pilello affrontano di concerto (e ne
discutono al telefono) l'abbordaggio del senatore Nino Randazzo. Il
commercialista assume informazioni sullo stato economico dell'eletto per il
centro-sinistra in Oceania. Ne riferisce a Berlusconi che lo convoca ad Arcore.
Si può presumere che il commercialista riceva l'incarico di accompagnare
Randazzo da Berlusconi.
Dopo qualche tempo, gli
investigatori filmano l'arrivo di Pilello all'aeroporto di Roma; l'auto con i vetri
oscurati che lo attende; il percorso fino in città, a largo Argentina, dove è
in attesa Randazzo; l'ultimo brevissimo tragitto fino a Palazzo Grazioli. Quel
che accade nella residenza romana di Berlusconi lo racconterà il senatore ai
pubblici ministeri. Berlusconi lo lusinga. Appare euforico. Vuole conquistare
la maggioranza al Senato e dice di essere vicino ad ottenerla. Se Randazzo
cambierà cavallo, potrà essere nel prossimo esecutivo o viceministro degli
Esteri o sottosegretario con la delega per l'Oceania (al senatore Edoardo
Pollastri eletto in Brasile, aggiunge Randazzo, viene invece promessa la delega
come sottosegretario al Sud-America). L'elenco dei benefit offerti non finisce
qui. Randazzo sarebbe stato il numero 2, appena dietro Berlusconi, nella lista
nazionale alle prossime elezioni e l'intera campagna elettorale sarebbe stata
pagata dal Cavaliere.
Randazzo è scosso da quelle proposte. Ricorda ai pubblici ministeri un bizzarro
episodio che gli era occorso in estate, in luglio. Passeggiava nella Galleria
Sordi, in piazza Colonna a Roma. Come d'incanto, come apparso dal nulla, si
ritrova accanto un imprenditore australiano, Nick Scavi. L'uomo lo apostrofa
così: "Voglio offrirti la possibilità di diventare milionario. Ti darò un
assegno in bianco che potrai riempire fino a due milioni di euro".
Randazzo rifiuta l'avance. L'altro non cede. Trascorre qualche giorno e lo
richiama. Gli chiede se ci ha ripensato. Randazzo non ci ha ripensato. Come
Nick Scavi, anche Berlusconi non cede dinanzi al primo rifiuto di Randazzo. Per
superare le incertezze, il Cavaliere rassicura il senatore: "Caro
Randazzo, le farò un vero e proprio contratto...". Ancora il telefono
racconta come vanno poi le cose. Pietro Pilello dice che Berlusconi gli ha
chiesto il numero telefonico di Randazzo perché aveva bisogno di parlargli con
urgenza. Il senatore conferma durante l'interrogatorio: "E' vero,
Berlusconi mi chiamò e mi disse: lei ci ha pensato bene, le carte sono pronte,
deve solo venirle a firmarle. Mi basta anche soltanto una piccola
assenza". Al Senato un'assenza, con l'esigua maggioranza del
centro-sinistra, ha il valore di un voto contrario. "Una piccola
assenza" è sufficiente perché, dice Berlusconi, "ho con me Dini e i
suoi - che non dovrebbero tradire - e tre dei senatori eletti all'estero".
Vanagloria del Cavaliere come quella storia dei "contratti di
garanzia"? Forse sì, forse no. E' un fatto che almeno "un
contratto" è saltato fuori a Napoli in un'altra indagine che ha come
indagato per riciclaggio il senatore Sergio De Gregorio, presidente della
commissione Difesa di palazzo Madama (alcuni suoi assegni per 400 mila euro
sono stati ritrovati nelle mani di un noto contrabbandiere, Rocco Cafiero).
Durante l'investigazione, è
stato sequestrato un contratto, inviato via fax a quanto pare, a firma Sandro
Bondi e Sergio De Gregorio in cui si dà conto dell'impegno finanziario
concordato tra le parti, delle quote già consegnate e quelle da fornire con
cadenza mensile. E' l'accordo stipulato (e noto) tra Forza Italia e l'associazione
"Italiani nel mondo" di De Gregorio. Altri accordi, evidentemente,
avrebbero dovuto nascere soltanto se i senatori del centro-sinistra avessero
voluto.
(12 dicembre 2007)
ARTICOLI
DEL 10 E 11 DICEMBRE 2007
Chi ha paura di
una satira impudica e geniale? ( da "Manifesto, Il"
del 10-12-2007)
Fondazione Enzo
Biagi ( da "Unita, L'"
del 10-12-2007)
Il Punteruolo
Guerra tra Comici e libertà di vomito (
da "Riformista, Il" del 10-12-2007)
Mediaset arriva
solo al quinto posto, col ( da "Corriere della Sera"
del 10-12-2007)
ROMA Chissà
come saranno contenti gli spettatori. Rai e Mediaset adottano la politica del
risp ( da "Messaggero, Il"
del 10-12-2007)
Rai Due sugli
scudi. Marano esulta ( da "Opinione, L'"
del 10-12-2007)
Spot, Italia
messa in mora ( da "Opinione, L'"
del 10-12-2007)
Tornano i
"Soliti ignoti" su Rai Uno (
da "Opinione, L'" del 10-12-2007)
In migliaia
hanno inviato i curriculum alla direzione della Rai. In dieci sono stati
assunti a tempo ( da "Stampa, La"
del 11-12-2007)
E' importante
che Rai e Mediaset stimolino la curiosità dei ragazzi con la realizzazione di
programmi mirati ( da "Giorno, Il (Nazionale)"
del 11-12-2007) + 1 altra fonte
Di SILVIA
MASTRANTONIO - ROMA - L'EMERGENZA in Italia (
da "Giorno, Il (Nazionale)" del 11-12-2007)
Tribunale, tubo
rotto Sommerse le pratiche Mediaset-Medusa (
da "Corriere della Sera" del 11-12-2007)
Luttazzi, La7
si butta ( da "Opinione, L'"
del 11-12-2007)
Fine settimana
con pareggio per Rai e Mediaset ( da "Opinione, L'"
del 11-12-2007)
È la
televisione l'unico tribunale funzionante (
da "Avanti!" del 11-12-2007)
RAI, PER IL DDL
GENTILONI SARà CORSA A OSTACOLI ( da "Mattino, Il (Nazionale)"
del 11-12-2007)
Articoli DEL 10 E 11 DICEMBRE 2007
Chi ha paura di una satira impudica e geniale? (sezione: RAI MEDIASET)
( da "Manifesto, Il" del
10-12-2007)
Le figure retoriche di una comicità colta e che
"toglie la pelle". La drammaturgia di Luttazzi dice una verità
stringente e scandalosa per tutti i potenti Gianfranco Capitta Sembra
incredibile ma è vero. Di nuovo censura per Daniele Luttazzi. Come era accaduto per il suo Satyricon sulla Rai, ora capita al suo Decameron su La7. Una ostinazione perversa
dell'artista? Un suo "diabolico perseverare"? Un eccesso autoritario
della rete non-Rai e non-Mediaset per sentirsi a pari con le altre? O una immaturità
costituzionale dei poteri italiani, che proprio non ce la fanno a lasciare
liberi davvero gli artisti (come dovrebbero con tutti coloro che fanno
informazione e comunicazione), e quando pure osano, per farsene un'aureola
(ovvero una forma di autopubblicità) poi non sono capaci di sopportare l'urto
della satira per più di un pugno di settimane. Si potrà parlare per anni
dell'editto bulgaro numero due, con tutti i suoi corollari sugli identici
comportamenti culturali con destra o sinistra al governo. Certo è che, col
passare degli anni, Luttazzi si è fatto sempre più coerente col proprio modo di
ragionare, ironizzare, "sporcare" questo paesaggio che, pur grondando
zozzeria da tutti gli angoli, qualcuno si illude di tenere pulito con qualche
colpo di belletto o qualche provvedimento di polizia. Senza molta ironia, La7
ha comunicato nella tarda serata di venerdì di aver chiuso la trasmissione di
Daniele Luttazzi perché questi avrebbe offeso niente meno che Giuliano Ferrara,
che della rete è un collaboratore di punta. Bene, non si vede dove sia il male.
Lo stesso Ferrara non si dichiara offeso dalla scatologia dirompente che
Luttazzi ha evocato per sottolineare la condizione di chi, dopo tanto aver
sostenuto la tesi di un altro, dal voltafaccia di questi si ritrova
"smerdato". Nella fattispecie il cambio di posizione riguarda niente
meno che la guerra in Iraq, e a cambiare posizione è stato Silvio Berlusconi. È
una figura retorica assai diffusa, quella di venir coperto di escrementi per
chi rimane sbugiardato, che Luttazzi non poteva lasciarsi sfuggire. Lui che è
così attento a consequenzialità e coerenza dei discorsi dei politici, o più
spesso alla loro totale assenza. La sua comicità, la sua satira
che-toglie-la-pelle, si basano del resto proprio su un processo degno di un
detective. Tutta la drammaturgia delle sue gag (come dei libri, o delle sue
"barzellette", o dei paradossi all'apparenza surreali) si basa su una
verità assolutamente stringente. Luttazzi è medico per formazione, e in camice
bianco erano le sue prime apparizioni, la notte del sabato, su Magazine tre. Ma
lo scienziato di allora, non è affatto pazzo. Anzi utilizza volentieri
l'immaginario sporcaccione dei bambini, quello che tutti abbiamo attraversato,
o quello della "perversione sessuale" su cui si macera un popolo di
provincia insoddisfatto, per le sue indagini cogenti, i suoi ragionamenti
indefettibili, le sue conclusioni "scientifiche" e senza appello per
smascherare tutto quello che sta o vorrebbe stare sopra e intorno a noi. In
epoca vittoriana, anche il bimbo della fiaba di Andersen poteva apparire
impudico nel gridare che il re è nudo. Ma oggi che la regina Vittoria è
lontana, la sua ipocrisia viene sostituita dai pruriti di una democrazia
fragile e immatura, che finge di arrossire per eruzioni di escrementi, ma
piuttosto per velare chi ne è causa o bersaglio. La comicità di Luttazzi non
perdona, proprio perché non è affatto improvvisata, non viene da una battuta o
da un doppio senso, ma è tutta esplicita e ragionata. È implacabile, può
perfino apparire ossessiva, ma quella maniacalità non è effetto di maligna
interpretazione, quanto dell'oscenità dell'oggetto cui si applica. Per questo
può risultare indigesta a destra, come a sinistra o al centro. Non ha
preconcetti, e non chiede protezioni. Colpisce a tutto campo, eppure non
rischia mai il qualunquismo. Un lettore del manifesto potrebbe sottoscrivere
integralmente documentazioni, ragionamenti, conclusioni, visioni che Luttazzi
evoca nel suo Decameron come era nel Satyricon. Titoli non casuali, che dietro
l'enormità "impudica" della citazione classica, rimandano proprie a
eccessi sessuali e scatologici di cui quei capolavori raccontano con abbondanza
e senza censura. Poi, all'impronta, il dottor Daniele è capace di improvvisare
genialità, come quelle che, dovendo recitare proprio all'Auditorium romano, si
inventò la sera dell'elezione di papa Ratzinger. Mettendo a dura prova statica
le strutture di Renzo Piano.
( da "Unita, L'" del
10-12-2007)
Stai consultando l'edizione del Fondazione Enzo Biagi
Maurizio Chierici Segue dalla Prima "S ono un cronista che ha raccolto le
storie degli altri. Mi piacerebbe aiutare l'impegno dei ragazzi che cominciano
la cronaca, con le carte di chi per sessant'anni ha cercato di non essere
l'uomo di nessuno". Nella solitudine dell'esilio Rai
sfogliava i giornali e accendeva la Tv sconfortato dalla mollezza di certe
facce nuove ben disposte a remare nelle acque dei padroni. Loris Mazzetti,
compagno di viaggi e malinconie, entusiasma Biagi con una proposta: raccogliere
libri, appunti e trasmissioni in un centro studi legato a un'università e
appena l'università Modena-Reggio Emilia incorona la lealtà con la laurea ad
onore, Biagi si convince che l'idea non è peregrina. Giuseppe Giulietti,
"articolo 21", ne parla al ministro Mussi che subito la sposa, ma i
tempi della politica sono lunghi. Enzo se ne va mentre Mussi, Giulietti e Loris
Mazzetti stanno per annunciargli la nascita della fondazione. Marchetti,
presidente Rcs, Cappon, direttore Rai e Regione
Emilia-Romagna sono d'accordo. Carla Biagi ne sarà il presidente. Lei e Bice
inventano un premio per giovani cronisti, ogni anno a Pianaccio. Nessuna
santificazione, Enzo ne sarebbe furioso. Due volte ho invitato Biagi
all'università. Con la modestia di un artigiano senza nome liquidava i ricordi
preferendo spiegare come è possibile maneggiare la chincaglieria della
professione per non seguire l'onda dell'informazione plastificata. Raccomandava
cose che tutti i giornalisti sanno, ma i ragazzi no: come fare un'inchiesta
prima di scrivere le domande dell'intervista o usare le informazioni raccolte
per ribattere ad interlocutori allenati all'elusione. Rimpiccioliva anche il
mito dell'inviato speciale nel profilo di "un cronista che si documenta in
un'altra città". Ha lasciato non solo libri: montagne di appunti, progetti
per viaggi, racconti, incontri. Quando Antonio Di Bella lo ha richiamato in Tv,
si pensava ad un'antologia delle sue interviste famose, ma Biagi non ne era
convinto: "Macché esercizi di memoria. Raccontiamo i problemi della gente.
Facce qualsiasi, nessun politico: i senza nome non hanno voce".
L'introduzione a "Gli anni neri della Rai"
sono le ultime righe che ha scritto. "Sono contento che Mazzetti abbia
raccontato una Tv pubblica nella quale è protagonista: pochi la conoscono, un
modo per dare un contributo a rifondare quella Rai che
la gente vuole. Non è un libro di scoop: mette in fila i fatti, raccoglie
testimonianze, dà voce a tanti che hanno resistito e resistono a un potere che
così occulto non è...". Insomma, dentro tutti sanno. Era il 5 ottobre, due
mesi e qualche giorno fa: parole d'addio. Prima che le famose chiacchiere al
telefono finissero su Repubblica, il libro documenta il
travaso Mediaset-viale Mazzini negli anni d'oro del Berlusconi al governo.
Alessio Gorla: dal regno di Arcore a responsabile appalti e contratti Rai. Fabrizio Del Noce: da parlamentare azzurro a direttore Rai Uno e la Bergamini trapiantata dalla segreteria del Cavaliere al
marketing della televisione pubblica. Via vai non sbadato: ente pubblico
scomposto in micro strutture che gli emissari del nuovo potere controllano
senza controlli. Anche Lucia Annunziata racconta di quando presiedeva in
solitudine il consiglio d'amministrazione: era il vertice decideva tutto.
Direttori Tg e altre testate potevano solo obbedire. Con affetto-disprezzo li
chiamavano postini. Per non parlare di Guido Paglia: continua ad essere
responsabile delle comunicazioni internazionali. E Cattaneo, amico di Paolo
Berlusconi e La Russa, subito direttore generale. E la delusione di
Baldassarre. Nasce Pci, amico di Natta, ammiratore di Ingrao. Socialista anni
80, si perde nei salotti di Previti e diventa presidente della Corte
Costituzionale. Berlusconi-Fini lo insediano in viale Mazzini. E Biagi lo
invita a Il Fatto. Domande senza sconti e risposte che sembrano chiare.
"Sarò garante di tutti i giornalisti", ma non alza un dito per
telefonare a Biagi tanto per sapere cosa sta succedendo quando firma la lettera
di licenziamento dell'obbediente Saccà. "Hai fatto bene a mettere in fila
le storie di questa Italia minore", finale dell'introduzione. "Però
hai tanta strada davanti. Scripta manent, quello che scrivi resta. Stai
attento". Ma i problemi tra Biagi e Berlusconi non nascono con
l'intervista a Benigni che sorride sulle rincorse del piccolo lombardo con gli stessi
graffi di qualche sera fa, prologo alla lettura Tv di Paolo e Francesca.
Benigni continua a tornare in Tv, Biagi no. Il Fatto era lungo sei minuti, sei
minuti "criminosi nei quali ho perso 1 milione e 800 mila voti",
lamento pubblico del Cavaliere. I problemi sono antichi. 1993: l'intervistatore
seduto con le sue domande davanti al signore che ha cambiato idea e si è messo
in politica, esprime la curiosità di tutti "Un imprenditore di successo
che ha sempre giurato di non amare la politica, improvvisamente si dà alla
politica: lo trovo strano...". "Come la Monaca di Monza, lo
sventurato rispose. Andava capito. Era il momento di svolta nel bilancio dei
suoi misteri", ricorda Enzo nei giorni del limbo Tv. Trema per la P2
disarticolata; protettore Craxi nei guai e amici del Sud diffidenti. "Se
non scendo in politica mi mandano in galera e le mie aziende falliscono",
trema il Berlusconi che non vuol perdere il sogno. E Biagi, altrettanto
sventurato, lo scrive sul Corriere della Sera e sull'Espresso. Mai smentito, ma
è un peccato senza ritorno. Lezione della quale il Cavaliere terrà conto per
sempre: è la sua ultima vera intervista senza rete. Punto di svolta, comincia
la nuova vita: smentire, smentire, smentire. Dopo il trionfo elettorale, Biagi
fa sapere al primo ministro del primo governo Berlusconi di voler cominciare la
prima puntata del Fatto proprio con lui. Il Cavaliere vuole controllare le
domande. "E non dà più segno di vita fino al diktat bulgaro e alla lettera
di Saccà". Ma anche senza Tv, Biagi resta mina vagante. Cocciutamente
libero: nessun partito o uomo forte lo protegge. Imprendibile per Berlusconi e
tutti gli altri. Corriere, Espresso, libri, continua a scrivere: insomma,
pericoloso. Comincia la campagna dello sputtanamento affidata ai volonterosi
del libro paga. Insulti, prese in giro, allegria dissacrante contro "il
povero vecchio" che ricopia frasi scritte dieci anni fa: ecco le terribili
prove. Nei giorni delle borse che saltano e dell'economia traballante parla
della gente che non conta, che non fa le settimane bianche, che non arriva a
fine mese, insomma vecchiume lontano dalla modernità. Per favore, Biagi, torna
nel nostro mondo. Ma Biagi non torna e la sua cronaca continua. Nave scuola
degli intrepidi il Giornale della famiglia Berlusconi con appositi satelliti e
cortigiani: perseverano fino a quando il poveruomo non è proprio sotto terra.
Cappellano militare degli avanguardisti "il caro, amatissimo don
Gianni", Baget Bozzo, naturalmente. Manda una lettera al Foglio e Giuliano
Ferrara amorevolmente la apre in prima pagina: "Ho sempre considerato il
giornalista scomparso un campione di conformismo che individuava a colpo sicuro
il punto di riferimento del suo pubblico e di penne di sinistra, perché, come
si dice a Genova "c'aveva la sua convenienza"... Essendo vecchio non
ho più rispetto umano... Ho sempre chiuso la Tv quando la sinistra
italiana..." si commuoveva per Biagi e lo ha fatto "...a nome di
tutti coloro che non considerano il defunto un campione di libertà e di
pubblica virtù". Fra i coloro c'è il cardinale Tonini. Baget Bozzo non
trattiene lo sdegno: "da sempre mi onoro di non stimarlo. Si vergogni
eminenza". È una rabbia che commuove Ferrara: "Caro don Gianni, lei è
in eccellente compagnia. Numerosi amici e lettori avrebbero voluto che il Foglio
rispondesse puntualmente alla ripugnante campagna di moralismo castale che ha
accompagnato la morte di Enzo Biagi, trascinando ogni residua civiltà del
discorso pubblico, politico, ecclesiale, pubblicistico nella fanghiglia delle
delle vanità politiche e giornalistiche o nel più puro rancore personale o di
combriccola". Dietro i pensatori l'impegno dei manovali.. Voglio ricordare
il più devoto: Filippo Facci, ardito dell'insulto. Il giorno dopo la morte di
Biagi scrive un'intera pagina sull'apposito Giornale di Famiglia. Non c'è mai
stato un anatema bulgaro, Berlusconi immacolato, senza contare che il defunto
ha preteso anche la liquidazione quando l'hanno mandato via. "Orribile e
schifosa" l'Unità che racconta il dolore dei suoi ultimi giorni. Nel mare
dei veleni galleggia il minuscolo riquadro dell'ipocrisia: "Oggi i
funerali nel paese natale". Per far capire ai cronisti di domani quale
tipo di lealtà è dovuta ai lettori o alla morale dei padroni di certi
vaporetti, sarebbe utile se il laboratorio dell'università di Modena e Reggio
Emilia completasse la raccolta includendo la prosa di chi non lo sopportava.
Sfogliando Biagi, Baget Bozzo, Facci, Ferrara, eccetera, i ragazzi potranno
liberamente scegliere se diventare testimoni della realtà o palafrenieri nella
real casa. mchierici2@libero.it.
( da "Riformista, Il" del
10-12-2007)
Benigni e la volgarità non dantesca di Luttazzi Daniele,
i' vorrei che tu, Sabina ed io... firmato Benigni. Guerre di comici, non si
scherza. Sono Luttazzi amari! Alla fine c'è riuscito, il Daniele coprofilo, a
farsi sbattere fuori onda da La7 . Quanta confusione. Antonio Campo Dall'Orto
si vantava, nelle interviste, di aver dato carta bianca a Luttazzi, e poi torna
indietro sui suoi passi e scopre che con quella carta, bianca, Luttazzi si è
pulito il culo, nel senso letterale, con "tirate" organolettiche e
feticiste che sembrano la brutta parodia di Salò o le 120 giornate di Sodoma .
Con una efficace vignetta sul Magazine - non si può epurare di nuovo Luttazzi e
la sua brutta satira perché siamo di sinistra - il disegnatore Stefano Disegni,
autore della trasmissione di Crozza, sempre su La7 , aveva già messo il dito
nella brutta piega che stava prendendo la trasmissione di Luttazzi. Volgare, e
non nel senso dell'eloquenza del volgare dantesca. Ma questa volta si è andati
oltre la scaramuccia tra comici, seppure entrambi targati La7 . Luttazzi ha coperto
e riempito di merda Giuliano Ferrara, front-man dei talk a La7 . Luttazzi si
richiama a Ruzzante, per la tradizione letteraria, e per i contenuti ad Abu
Ghraib. Sabina Guzzanti dice che non ci può credere, "spero sia solo un
ammonimento e poi lo rimetteranno in onda". Anche
perché, non essendo su Rai o Mediaset non può gridare al regime come suo solito. Ma la filosofia del
turbo-antagonista è la stessa: chiagnere e fottere ai danni del tuo datore di
lavoro. Ferrara fa parte della squadra, La7 , fa fare quei soldi che Luttazzi
si becca. E poi, ancora, non confondiamo la libertà d'espressione con la
libertà di vomito. Il martire Ruzzante. Se Luttazzi, con il suo Decameron , è
il nostro Ruzzante, non ci si deve "maravigliare", che poi è il fine
del poeta, come Benigni sia diventato il nostro Boccaccio, come sostiene Bruno
Forte, a margine dei tre milioni di spettatori in seconda serata su Raiuno per il trentatreesimo canto del Paradiso. "Come
Boccaccio ha scritto il Decameron (ma non era di Luttazzi?, ndr) e poi il
Trattatello , così Benigni fa satira talvolta un po' pesante, ma poi recita
Dante mostrandoci la bellezza di Dio". Non c'è più religione, né senso del
bello... fiorin Fiorello. A sentire il cardinale Tarcisio Bertone che definisce
Benigni un "grande teologo". Dice che in Benigni, pardon, in Dante,
teologia e poesia diventano la stessa cosa. Padre Raniero Cantalamessa, come
fossimo a una ripetizione di catechismo, dice che però attenti, ha interpretato
male un passaggio che si rifà a Sant'Agostino, "dammi la castità e la
continenza, ma non subito". Bisogna stare attenti al
"pansessualismo" denunciato anche da papa Ratzinger, ammonisce il
padre. Insomma, quando Benigni entrerà in andropausa potrà diventare un santo.
Avremo Daniele Martire e San Roberto Benigni. Povero Ferrara, è una doppia
nemesi. Costretto a subirsi gli insulti di Luttazzi "ma anche" il
trionfo di Benigni assurto a ruolo di padre della Chiesa. E se questo fosse uno
degli effetti collaterali del veltronismo cui l'Elefantino si candida a
diventare consigliere? Cloaca massima. Un merito, sociale, Benigni ce l'ha. Con
il suo Dante catodico ha unito centomila volte ciò che Dante ha diviso. Alla
Società dantesca, cloaca massima di interessi privati e beghe da Italia
comunale, ci sono stati insulti e minacce per le nomine contestate del
consiglio e del presidente. Si sono fronteggiati i sostenitori del presidente
Pasquini e i suoi oppositori. Pasquini probabilmente chiederà al ministero dei
Beni culturali - che in queste settimane ha già pelato, con qualche gaffes, le
gatte della Biennale e di Spoleto - un commissariamento. E allora, perché no?,
potrebbe nominare Benigni! 10/12/2007.
( da "Corriere della
Sera" del 10-12-2007)
Corriere della Sera - NAZIONALE -
sezione: Spettacoli TV - data: 2007-12-10 num: - pag: 61 categoria: BREVI Mediaset arriva solo al quinto posto, col Il capo dei capi (28,32%).
L'analisi dei "top 5" ci dà già una chiave di lettura: anche se
arriva quinta, è Canale 5 a
vincere la sfida sulla continuità, col 22,89% di share, contro il 22,53% di Raiuno; la presenza di una serie di media lunghezza e di
straordinario successo come Il capo dei capi ne è il suggello. La
"continuità" di Mediaset è dimostrata anche
dagli altri successi stagionali, tutti "seriali ":
nell'intrattenimento (quasi 27% per Zelig, più del 23% per Ciao Darwin), nella
fiction d'importazione ( House sopra il 22%) e domestica ( Distretto oltre il
21%). Dall'altro lato, Raiuno azzecca soprattutto la
fiction breve (oltre a Chiara e Francesco, le due puntate di Rino Gaetano, La
Baronessa di Carini, Giuseppe Moscati). Prosegue però anche la lenta,
progressiva erosione delle generaliste: le "altre reti" (sat e
locali) crescono.
( da "Messaggero, Il" del
10-12-2007)
Iarmio. E festeggiano il Natale a suon di repliche. Ma
non tutti sono invincibili come il cinico, antipatico, amatissimo Dottor House,
che alla seconda messa in onda e più resiste, e bene, nella guerra Auditel. Chi
decide i palinsesti però, per sobrietà e soprattutto a causa della fine del
periodo di garanzia, spera nel contrario... Così, le fiction delle passate
stagioni riappaiono. E capita anche che scompaiono in fretta e furia. Come è
accaduto per Caterina e le sue figlie: sbattuta su Canale 5 dopo il successo
della seconda serie (trasmessa appena due mesi fa) ha segnato lo spaurito
risultato del 10,16 per cento di share ed è stata rispedita in magazzino.
Nonostante il flop, però, continua la saga del visto, rivisto e stravisto. Per
la gioia (e la noia) degli spettatori, la vigilia di Natale, Canale 5
rispolvererà La sacra famiglia, che non si rivelò un successo eclatante nemmeno
ai tempi dell'uscita, quando segnò uno share del 20,86 con il primo episodio e
del 22,68 con il secondo. A Santo Stefano invece tornerà Il mio amico Babbo
Natale, la commedia con Lino Banfi e Jerry Scotti che, per lo meno, ottenne il
32,76 di share. Per non essere da meno, la Rai, resuscita Giorni da Leone 2. Che più di una replica è un
inedito: sospeso subito dopo la prima puntata per aver portato a casa uno
striminzito share del 12,16 su Raiuno, ecco che adesso ci riprova
su Raidue. Oddio, i miracoli esistono (dicono), e il pubblico stavolta
potrebbe anche cambiare idea. Ma secondo quale criterio dovrebbe seguire
su Raidue una serie che ha evitato su Raiuno? Mi. U.
( da "Opinione, L'" del
10-12-2007)
Oggi è Lun, 10 Dic 2007 Edizione 269 del 08-12-2007
Velenoso Tiraboschi Rai Due sugli scudi. Marano esulta
di Ettore Zago Da cenerentola a principessa del palinsesto Rai.
In una stagione di garanzia autunnale poco brillante per Viale Mazzini, Rai Due è stata l'unica rete - satellite compreso - a
crescere di oltre un punto di share rispetto al periodo omologo del 2006 e si è
piazzata al terzo posto fra le generaliste, dietro le ammiraglie Canale5 e Rai Uno. Sorride il direttore, Antonio Marano, che non per
questo si sente più saldo sulla poltrona ("E' da un anno e mezzo che vengo
dato in uscita"), ma approfitta per annunciare "una primavera
all'insegna della musica". Piatto forte, il talent show The X Factor, alla
ricerca di nuovi artisti. Tra il 16 settembre il primo dicembre Rai Due ha raccolto in prime time l'11.38% di share (+1.21%
rispetto allo stesso periodo 2006) e ha battuto di 1.46 punti il diretto
competitor, Italia 1 (che si è fermata al 9.92%), salendo sul podio delle reti
terrestri generaliste e ribaltando i risultati dello scorso autunno, quando era
rimasta dietro alla rete giovane Mediaset di 0.38
punti (10.17% contro 10.55%). "Ha funzionato il lavoro di questi
mesi", dice Marano, che cita "la giusta collocazione e promozione dei
seriali", come Ncis o Criminal Minds, e il "grande successo
dell'Isola, che è cresciuta rispetto allo scorso anno, è stata il programma di
intrattenimento Rai più visto e vanta un target
socio-culturale colto e pregiato, più ancora dei programmi di informazione. E
Simona Ventura resta la numero uno tra i conduttori tv, come dimostra pure Quelli
che il calcio, che si conferma leader nella sua fascia oraria". Marano sa
che bisognerà "lottare con i denti" per replicare in primavera i
risultati positivi dell'autunno: "L'offerta di seriali, per esempio, non è
così forte: Lost (che ha esordito attorno al 7%) ormai è diventato un prodotto
di fortissima nicchia e gli appassionati hanno appena finito di vedere la terza
stagione su Sky. Stiamo anche testando il mix di episodi di serie diverse, come
Ghost Whisperer e Desperate Housewives, che hanno un analogo pubblico
femminile". La prossima stagione mancheranno all'appello anche
"fiction come Il capitano e Nebbie e delitti, che hanno avuto ascolti più
che positivi. A parte quattro serate di Zodiaco, ci sarà ER e solo a fine
stagione arriverà Hospital Central". Il punto di forza del palinsesto
primaverile sarà "The X Factor, talent show nato in Australia e coprodotto
con Magnolia, che punta a lanciare nuovi talenti musicali. Ma proporremo in
generale la musica - continua Marano come linguaggio e come modo per toccare
anche argomenti di cultura e società, per avvicinare i giovani e non solo in
modo diverso". Intanto il 22 dicembre parte Scalo 76 (dal civico dei nuovi
studi di via Mecenate a Milano), tre ore di musica e cultura in diretta il
sabato dalle 14 alle 17. Punto debole, conclude Marano, sarà la seconda serata,
"vincolata per motivi strutturali di palinsesto a modelli televisivi che
fanno ascolti da prefisso telefonico". L'analisi di Marano, in compenso, raccoglie mugugni in casa Mediaset.
"Italia1 non è direttamente concorrente di nessuno - sottolinea il
direttore Luca Tiraboschi - Tanto meno di Rai Due, a cui
faccio i miei complimenti, ma il suo pubblico è agli antipodi rispetto a quello
giovane e pregiato di cui Italia1 è leader in discussa. Detto questo,
anche nel 2007 e per il sesto anno consecutivo, Italia 1 è la terza rete
nazionale".
( da "Opinione, L'" del
10-12-2007)
Oggi è Lun, 10 Dic 2007 Edizione 269 del 08-12-2007 La
commissaria europea Viviane Reding bacchetta il governo per le interruzioni
pubblicitarie Spot, Italia messa in mora Il warning di Bruxelles: "La
legge attuale è incompatibile con le morme dell'Ue e va cambiata" di Francesco
Lener Non si interrompe un'emozione. Con questo slogan un giovane Walter
Veltroni si fece largo nell'ambiente di artisti e cinematografari in una delle
primissime crociate contro gli spot pubblicitari, colpevoli di spezzettare i
film trasmessi in televisione, senza rispetto per il lavoro dei registi. Era
autenticamente antiberlusconiano, allora, l'attuale leader del Partito
Democratico. E decisamente poco filo-biscione è il commissario ai media
dell'Unione europea, Viviane Reding, protagonista già di un lungo numero di
rimbrotti, tirate di orecchie, spedizioni punitive e vendette incrociate contro
l'Italia, ovvero il far west catodico del vecchio continente, dove impera la
legge del più forte e le regole vengono scritte per essere calpestate. Degna dell'attenzione
della commissaria brussellese, questa volta, è la diffusa attitudine della
nostra televisione generalista a disattendere i tempi e le modalità imposte
dalla direttiva comunitaria "Tv senza frontiere", nelle sue diverse
versioni, per la messa in onda dei "consigli per gli acquisti". E
così martedì prossimo la Commissione formalizzerà una procedura d'infrazione
contro il governo italiano, di fatto già aperta, per la sistematica violazione
della direttiva. "Vogliamo che le leggi italiane sulla pubblicità siano
cambiate", spiega pacatamente Martin Selmayr, portavoce della Reding, che
chiarisce le sue preoccupazioni: "La durata delle pubblicità di 12 minuti
l'ora, in base alle norme Ue, non viene rispettata. Le televendite non sono
incluse in questi 12 minuti ed inoltre l'autopromozione non viene considerata
come pubblicità. In più le sanzioni contro chi viola le norme sono deboli. La
direttiva 'Tv senza frontiere', che regola il quadro giuridico in materia,
fornisce il giusto equilibrio, una pubblicità eccessiva non è accettabile.
Viviane Reding è da molti anni in contatto con l'Authority italiana, anche
attraverso diverse lettere, e alcuni progressi sono stati fatti, ma ne servono
altri. Siamo generalmente soddisfatti del modo in cui l'Autorità garante per le
Comunicazioni applica la normativa attuale, tuttavia questa normativa è
incompatibile con le norme Ue, quindi va cambiata". Tutto questo feeling
con Calabrò, in realtà, non sembra esserci, se è vero che la Reding ha detto
chiaro e tondo che le sanzioni previste in Italia sono troppo basse per avere
un effetto deterrente, tanto che i broadcaster di solito preferiscono pagare le
ammende, tanto sono esigue rispetto agli introiti incassati mandando in onda un
numero eccessivo di spot. Oltre all'Italia, d'altra parte, anche la Spagna è
nel mirino per il numero ridondante di pubblicità sulle reti televisive.
"La Commissione - aggiunge il portavoce - da parecchi anni insiste che le
regole televisive sulla pubblicità vengano fermamente rispettate in ogni Stato
membro". Alla riunione prevista martedì a Strasburgo, la Reding proporrà
ai colleghi l'apertura della procedura contro l'Italia attraverso l'invio di
una lettera di messa in mora al governo, che e a quel punto avrà due mesi per
le controdeduzioni. Un'eventuale condanna ricadrà
naturalmente a cascata sul nostro calcificato duopolio, composto da Rai e Mediaset. L'iniziativa di Bruxelles, però, non sembra completamente in
linea con l'ultima versione della direttiva comunitaria "Tv senza
frontiere", appena varata e che entro due anni dovrà essere assimilata dai
singoli Paesi dell'Unione. Il nuovo trattato prevede norme meno rigide
per gli spot e per le televendite reintroducendo anche il "product
placement", quella sorta di pubblicità occulta all'interno di programmi e
film che mostra i prodotti e i marchi inserendoli subdolamente nelle
inquadrature. Dai 45 minuti attuali, poi, viene ridotto a 30 l'intervallo minimo tra un
break e l'altro durante film, telefilm, tg e programmi per bambini, senza
nessuna regola per le serie tv e per la tv on demand. Il tetto orario di spot
resta dodici minuti, però salta il tetto massimo di tre ore al giorno.
L'Italia, già massacrata dall'Europa per il pateracchio creato dalla legge
Gasparri, sarà comunque costretta a pagare ancora. En attendant la Gentiloni.
( da "Opinione, L'" del
10-12-2007)
Oggi è Lun, 10 Dic 2007 Edizione 269 del 08-12-2007 Il
regno dell'Auditel Tornano i "Soliti ignoti" su Rai
Uno di Alessandra Palma Dopo il successo dell'estate scorsa in access prime
time, i "Soliti ignoti" tornano su Rai Uno
con una puntata speciale che vede sempre al timone Fabrizio Frizzi. Partito
l'11 giugno 2007 in
sostituzione di "Affari tuoi", il game show prodotto dalla Endemol
Italia si impose come uno dei programmi rivelazione dell'estate chiudendo la
prima edizione con un ascolto medio di 5.323.000 telespettatori e uno share del
27,43%. A periodo di garanzia appena concluso, Rai Uno
decide di scommettere sul quiz delle identità nascoste e lo promuove in prime
time: l'esperimento può dirsi riuscito visto che, senza strabiliare,
"Soliti ignoti" vince la serata con un ascolto medio di 5.608.000
telespettatori e il 21,79% di share. La formula è sempre la stessa e riesce a
stimolare il piglio investigativo di un pubblico composto in maggioranza da
donne (24,39% di share), di adulti e anziani over 55enni e di telespettatori
con titolo di istruzione elementare (33,09% di share). Battuta dunque, quanto
ad ascolti, "La figlia di Elisa - Ritorno a Rivombrosa" che conquista
una media di poco superiore ai 5 milioni di telespettatori, ma grazie
all'allungamento in seconda serata riesce a raccogliere uno share del 22,26%.
La fiction di Canale 5 piace, proprio come il quiz di Rai
Uno, a un pubblico di donne, ma netta è la differenza riguardo al profilo
demografico: la figlia di Elisa attira soprattutto i giovani, con i ragazzi tra
gli 8 e i 14 anni che arrivano addirittura al 30,09% di share, e i 15-24enni
che seguono a ruota con il 29,37%. Il pubblico restante si spartisce tra le
altre emittenti. Una buona fetta decide di sintonizzarsi su
Rai Due per seguire la puntata di "Annozero" che parla di
televisione, normativa italiana sul sistema delle comunicazioni e delle
intercettazioni telefoniche che hanno coinvolto dirigenti Rai e Mediaset. Michele Santoro ospita tra gli altri il ministro delle
Comunicazioni Paolo Gentiloni, la ex Presidente Rai Lucia
Annunziata e Raffaella Carrà, arricchendo il dibattito con la satira di
Sabina Guzzanti che si esibisce in imitazioni di Berlusconi e di altri politici
e giornalisti. Al termine della serata l'Auditel conta una platea di 3.631.000
ascoltatori medi e uno share del 14,61%, raccolto principalmente tra gli
over45enni e tra i laureati. Delude su Rai Tre il
ritorno di "Medium", telefilm statunitense con protagonista una
medium che supporta nelle indagini il dipartimento di polizia, che viene visto
da 1.756.000 telespettatori, pari ad appena il 6,61% di share. Va un po' meglio
al giovane Superman protagonista su Italia 1 di "Smallville": il
primo episodio raccoglie un ascolto medio di 2.261.000 telespettatori e l'8,31%
di share, mentre il secondo sale a 2.427.000 telespettatori e al 9,58%. Ottimo
debutto di Roberto Benigni in seconda serata con "Tutto Dante": il
comico toscano decanta per un'ora circa i versi del sommo poeta e incanta una
platea di 3.269.000 telespettatori, pari al 23,64% di share. A Maurizio
Costanzo e al suo talk show non rimane che accontentarsi di 718.000 ascoltatori
medi e di uno share del 12,56%.
( da "Stampa, La" del
11-12-2007)
Indeterminato nelle scorse settimane. Tra i "top
10", al numero cinque c'è Marco Odetto, 30 anni, di Bagnolo che da tre
settimane si è trasferito a Milano per lavorare a "Rai
2". Laureato al Dams di Torino con 110 e lode, specializzato nella
redazione e direzione di audiovisivi, ha partecipato al concorso pubblico, il
primo da oltre dieci anni alla tv di Stato, per diventare "programmista
regista". Il 22 dicembre, dalle 14 alle 17, andrà in onda la sua "prima",
la puntata di apertura del programma "Scalo 76" condotto da Daniele
Bossari, Paola Maugieri e Maddalena Corvaglia, nelle
intenzioni dei vertici Rai, la risposta ad "Amici" di Maria De Filippi di Mediaset. "Le prove del concorso - racconta Odetto - sono iniziate
in primavera. Da 500 ammessi dopo la scrematura delle migliaia candidature,
siamo diventati 100, poi 40 e infine siamo stati scelti. Ho poi seguito
un corso di formazione di due settimane a Roma e ora mi occupo del nuovo
programma per giovani di "Rai 2" sul mondo
della musica: esco con una troupe per girare dei servizi, le cosiddette
"rvm", oppure monto videoclip con la collaborazione degli autori,
"pescando" brani dall'immenso archivio Rai.
Si tratta certamente di un lavoro "fortunato" con molti colleghi disposti
ad insegnarmi i trucchi in modo famigliare e gentile".\.
( da "Giorno, Il
(Nazionale)" del 11-12-2007)
Pubblicato anche in: (Nazione, La (Nazionale))
IL RUOLO DELLE TV E' importante che Rai
e Mediaset stimolino la curiosità dei ragazzi con la
realizzazione di programmi mirati - -->.
( da "Giorno, Il
(Nazionale)" del 11-12-2007)
Di SILVIA MASTRANTONIO ? ROMA ? "L'EMERGENZA in
Italia non è solo il Prodotto interno lordo ma la capacità di crescita delle
persone". Sono mesi che il ministro della Pubblica Istruzione Giuseppe
Fioroni lancia l'allarme sull'"emergenza educativa". Mesi in cui
insiste chiamando in causa non soltanto la scuola ma anche la famiglia e la
società nel suo complesso (Tv compresa) perchè il problema riguarda il futuro
del nostro Paese. Come saranno i manager, i politici, gli amministratori di
domani? I dati diffusi dall'Ocse-Pisa avrebbero dovuto far drizzare i capelli
in testa ma sono già finiti nel tritacarne e ben digeriti. Altrove non accade
così. Francia e Spagna nello scoprirsi più 'ignoranti' hanno avviato dibattiti
e riflessioni. "Basta guardare i giornali. Le Monde parla di Francia
paralizzata davanti ai brutti risultati scolastici dei suoi studenti; El Pais
lancia l'allarme sull'educazione che retrocede. Da noi non ci sono stati
approfondimenti ma solo lo scaricabarile alla ricerca delle responsabilità
ultime". Il ministero come intende muoversi? "Continuando a fare
quello che stiamo facendo: segnalare il problema dell'emergenza educativa e
proseguire lungo il percorso di serietà che è presupposto indispensabile ad una
formazione di qualità. Serietà e qualità vengono prima di qualsiasi
riforma". Ma la questione non riguarda soltanto la scuola... "Credo
che si tratti di un problema più complesso di quello legato all'emergenza
scolastica. Quello che i dati dimostrano è che l'Italia riesce con difficoltà
ad educare i propri figli. Per il sistema dell'istruzione significa che le
tante riforme nel corso degli anni non hanno ottenuto sostanziali cambiamenti.
Allora si deve prendere atto che è stata superata la fase della scolarizzazione
di massa. La sfida che oggi si pone è quella della qualità. Il motto non può
più essere solo 'non uno di meno sui banchi' perchè l'alfabetizzazione è
acquisita ma 'non una competenza di meno di quelle che i nostri ragazzi devono
avere'. Per vincere questa sfida è necessario il requisito della serietà. Senza
serietà la scuola non trasmette allo studente il senso di quello che sta facendo".
Come possiamo dare un senso concreto alla serietà? "Per esempio non
confondendo gli insegnamenti fondamentalicon quelli aggiuntivi o superflui.
Dobbiamo fornire le radici delle competenze e dei saperi. Nelle indicazioni
nazionali per il primo ciclo abbiamo stabilito di incentivare la didattica per
matematica, storia, geografia, italiano. Anche i dati di Pisa ci danno questo
indirizzo: c'è la necessità di incrementare la didattica sulle materie
fondamentali. Non metto in discussione l'utilità dell'inglese o
dell'informatica ma prima della lingua straniera si deve conoscere l'italiano.
Ed intendo grammatica e sintassi". Un cammino che deve proseguire anche
nelle medie inferiori e superiori? "Nelle medie inferiori la metà degli
studenti esce con un giudizio sufficiente. Questo significa che quegli studenti
non hanno acquisito nè i saperi nè le competenze. Nelle superiori in 10 anni
almeno 9 milioni di alunni sono andati avanti grazie alla logica del debito. Un
debito che, al contrario di quanto accade nella vita, non si paga mai. Si è
creata così una genìa di poveri di competenze costretti a confrontarsi con una
realtà che, al contrario, non fa sconti. Invece occorre puntare sul merito. Chi
sa può fare qualsiasi cosa nella vita". L'hanno accusata di volere una
scuola classista e selettiva... "Senza il merito il giovane che proviene
da una situazione di disagio finanziario è condannato ad essere in base a ciò
che ha e non a ciò che è. Chi sa, al contrario, può scegliere di costruirsi il
futuro". La scuola deve lavorare anche sulle motivazioni dei giovani?
"Abbiamo i ragazzi meno motivati d'Europa anche perchè il relativismo
della nostra società uccide gli stimoli. Dobbiamo recuperare i valori. Valore è
un termine laico e condiviso che si oppone al relativismo dove non esiste nè il
bene nè il male. Insegnare ai nostri giovani che nulla è male incide sul
concetto di legalità. Uno Stato laico decide autonomamente dopo aver ascoltato
tutti. Ma questa autonomia non coinvolge anche l'etica". In questo quadro
la Tv fa una parte importante... "Non so quanti
appelli ho fatto alla Rai e a Mediaset perchè l'Auditel non sia solo di quantità ma anche di qualità. I
mezzi di comunicazione di massa sono molto importanti per aiutare a trovare le
conoscenze, a stimolare la curiosità dei giovani. Ma ci si deve rendere conto
che occorre un grande momento di riflessione capace di coinvolgere tutti,
dalla famiglia alla scuola alla società. E' necessaria un'inversione di
tendenza e non perchè siamo di fronte ad un'emergenza della scuola. L'emergenza
vera è del Paese". - -->.
( da "Corriere della
Sera" del 11-12-2007)
Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Cronache -
data: 2007-12-11 num: - pag: 25 categoria: REDAZIONALE Milano Acque nere
nell'archivio Tribunale, tubo rotto Sommerse le pratiche Mediaset-Medusa Gli incartamenti Danneggiati gli atti del processo alla
casa cinematografica già concluso da anni MILANO - Giustizia a mollo. Con
"l'acqua nera" alla gola. Impelagata fino al collo negli scarichi di
fogna. Cos'è, l'ennesima inflazionata immagine per rendere la crisi del
diritto? No, nelle "acque nere" un pezzetto di giustizia
milanese c'è finita per davvero. Fisicamente. Con la rottura di una tubazione
fognaria, e il conseguente allagamento in Tribunale, di una parte dell'Archivio
generale: quella temporaneamente prestata alla Procura della Repubblica, dove
fradici e lordi sono così finiti alcuni faldoni giudiziari dall'illustre
passato. "Le acque nere - spiega la relazione di servizio sull'allagamento
di fine novembre nei seminascosti locali del pianoterra - si sono infiltrate a
cascata nel sottostante corridoio, riuscendo a infiltrarsi nell'archivio dove è
stoccata una rilevante quantità di scatoloni e atti processuali concernenti le
inchieste Mediaset-Medusa". Ma se l'espressione
può prestarsi all'equivoco allarmante, il numero di procedimento segnala che in
realtà non si tratta degli atti del processo attualmente in corso nei confronti
di Silvio Berlusconi davanti alla prima sezione penale del Tribunale, per le
frodi fiscali che a detta della Procura avrebbero viziato la compravendita
all'estero di diritti tv Mediaset; ma di un altro
vecchio processo al Cavaliere, quello ruotante appunto attorno alla casa
cinematografica Medusa (sempre del gruppo del Biscione), che si è concluso in
via definitiva ormai da molti anni, con l'assoluzione in Cassazione nel 2001
dall'accusa di falso in bilancio. Se dunque non ci sono danni irreparabili a
importanti atti giudiziari, gli interventi d'emergenza, che in questi giorni
hanno prosciugato le "acque nere" e messo l'ennesima pezza
all'impianto-colabrodo, non fanno che rinviare al prossimo incidente: "Vi
sono tubazioni, doghe e raccordi che sono ancora quelli dell'originaria
installazione del 1938", scrivono i tecnici ai capi degli uffici
giudiziari nell'informativa con la quale rimarcano di "ritrovarsi a
chiedere un intervento" finalmente "radicale e massiccio di
ristrutturazione generale delle tubazioni di raccolta delle acque meteoriche e
delle acque nere". Luigi Ferrarella lferrarella@corriere.it.
( da "Opinione, L'" del
11-12-2007)
Oggi è Mar, 11 Dic 2007 Edizione 271 del 11-12-2007 La
chiusura di Decameron costa all'emittente buona parte dell'immagine di "tv
libera" Luttazzi, La7 si butta Le esitazioni cerchiobottiste di Giuliano
Ferrara non aiutano Campo Dall'Orto a uscire dall'impasse di Francesco Lener
Chi ci ha fatto la figura peggiore, nel nuovo caso Luttazzi, è senza dubbio
La7. Ma come, la tv libera e illuminata che ospita da anni Giuliano Ferrara e
Gad Lerner, quella in cui "si sorride pensando" con Maurizio Crozza,
quella che sdogana l'intelligenza intrigante di donne svalutate da troppe
esperienze nei reality e nelle domeniche sportive come Daria Bignardi e Ilaria
D'Amico, quella che recupera con pazienza gli scarti Rai
e li rimette in carreggiata... insomma, in una realtà del genere si
ripropongono gli stereotipi antichi della censura e della cacciata dal tempio
all'indirizzo del satiro monello di turno? Quando il direttore di La7 e Mtv,
Antonio Campo Dall'Orto, aveva presentato il nuovo programma di Daniele
Luttazzi, Decameron, sembrava avesse chiaro in mente ciò a cui andava incontro
raccattando dal dimenticatoio postbulgaro un provocatore cattivissimo e
ultravolgarissimo, dichiaratamente pronto a superarsi ancora, ad andare oltre
ai suoi precedenti eccessi coprofili e antipapalini. Lo sapeva, Campo
Dall'Orto, e il fatto di concedere una nuova chance al buon Luttazzi era
sicuramente apprezzabile per aver posto fine a una caienna fin troppo lunga, ma
costituiva anche un azzardo che, una volta compiuto, avrebbe dovuto arrivare
fino in fondo. Le polemiche del dopocensura adesso servono solo a esaltare il
partito dei agitatori catodici, di cui fa parte integrante lo stesso Luttazzi,
un movimento sempre più impegnato a radicalizzarsi nelle sue battaglie e sempre
più orientanto a prendersi tragicamente sul serio (Sabina Guzzanti docet). Il
curioso tira e molla con Giuliano Ferrara, vilipeso ben più pesantemente
rispetto alle trasgressioni da educanda di Roberto Benigni, non fa che
aumentare la libidine degli urlatori. Luttazzi, convinto ormai di essere
l'ultimo dissidente nella Mosca staliniana, denuncia a Dagospia invasioni di
campo con metodi da Kgb. "E' successo un fatto gravissimo: per motivi
legali (nessuna comunicazione ufficiale della sospensione del programma) io e
Franza Di Rosa abbiamo completato al montaggio la puntata n.6 che doveva andare
in onda. Verso le 20, dei funzionari di La7 sono entrati in sala montaggio per
impedire fisicamente che proseguissimo. Hanno occupato la stanza, hanno intimato
al tecnico di sospendere (senza averne titolo), uno di loro si è seduto al mio
posto alla consolle e non se ne andava, sfidandoci. Ho telefonato all'avvocato:
stavano commettendo un reato (violenza privata) e potevo chiamare la polizia. A
quel punto sono usciti. Poi, quando ho finito e me ne sono andato, uno di loro
è entrato per cancellare tutto il girato di Decameron, passato e futuro".
Ferrara, invece, oscilla tra una sana e orgogliosa soddisfazione e un
perdonismo poco acconcio al suo "physique du rôle". "Se il mio
editore televisivo ? ragiona nella sua lettera a Repubblica - fissa nella
responsabilità televisiva un limite alla libertà di satira io sono contento, mi
spiace solo che per farlo si debba ricorrere al canone secondo cui quella di
Luttazzi non è satira, il che non è vero anche se in un primo momento ho
equivocato leggendo il testo delle sue parole fuori del loro contesto
drammaturgico e della loro legittima cornice ideologica (per me, ovviamente, un
pochino ributtante). Se la sospensione del programma serve a far discutere di
questo, io sono contento. Se Luttazzi torna in onda su La7 dopo che questa
discussione si è svolta, e ricomincia, sono contento. Se lui e Campo Dall'Orto
volessero venire a parlarne a "8 e mezzo", quando desiderino, sarei
contento". Un'allegria che nelle facce dei
responsabili di rete e dello stesso Ferrara traspare ben poco. La7, rinunciando
a battagliare con Rai e Mediaset sul fronte degli ascolti, aveva puntato tutto sull'affermazione
di un'immagine di tv libera, intraprendente e intelligente. E con Luttazzi ha
fatto un bell'autogol.
( da "Opinione, L'" del
11-12-2007)
Oggi è Mar, 11 Dic 2007 Edizione 271
del 11-12-2007 Il regno dell'Auditel Fine settimana con pareggio per Rai e Mediaset di Federica Strangolagalli Week end che si chiude in perfetta
parità per le ammiraglie Rai e Mediaset con Canale 5 che ottiene la leadership nella serata di sabato
per passare poi il testimone a Rai Uno nella serata di domenica.
Nella serata dell'8 dicembre "Ciao Darwin ? L'anello mancante",
promosso nei palinsesti del sabato a riempire il vuoto lasciato dai postini di
Maria De Filippi, conquista una media di 4.845.000 telespettatori, pari al
27,22% di share. La sfida tra "micro" e "macro" piace
indistintamente a uomini e donne, ma trova il suo pubblico preferenziale tra i
telespettatori giovani-adulti raggiungendo uno straordinario 46,39% di share
tra i 15-24enni. Nulla può "Il treno dei desideri" di Antonella
Clerici, che si deve accontentare di un seguito di poco più di 4 milioni di
telespettatori, equivalenti al 23,34% della platea televisiva. A passare la
serata in compagnia di Rai Uno sono soprattutto donne
(27,86% di share) di età superiore ai 55 anni, appartenenti alle classi
socioeconomiche medio basse e in possesso di licenza di scuola elementare.
Medesimo scenario, ma con posizioni invertite, nella serata di domenica 9
dicembre. Sulla prima rete Rai la penultima puntata
della miniserie "Donna Detective" ? ultima creatura della regista
Cinzia TH Torrini ? raccoglie un seguito di 6.305.000 telespettatori, facendo
registrare valori di share superiori al 30% tra il pubblico femminile e che sfiorano
il 41% tra il pubblico degli over 65enni; su Canale 5 "La figlia di
Elisa" si stabilizza su una media ci circa 5 milioni di telespettatori e
22% di share. Il terzo capitolo della saga di Rivombrosa si spartisce con Rai Uno il pubblico delle donne e degli over 65enni, tra cui
fa registrare rispettivamente il 26,78% e il 21,65% di share, ma al tempo
stesso ottiene i maggiori consensi tra il pubblico compreso tra i 4 e i 44 anni
toccando il picco del 33,53% di share nella fascia di età compresa tra i 15 e i
24 anni. Se da sole Rai Uno e Canale 5 monopolizzano
la metà della platea televisiva nelle prime serate del week end, qualche
discreto risultato di può annoverare anche sul fronte delle altre emittenti
generaliste. Nella serata di sabato Italia 1 conquista il 13,38% di share e
oltre 3 milioni di telespettatori grazie alla plurireplicata pellicola
"Miracolo nella 34a strada", remake dell'omonimo film degli anni 40,
battendo la concorrenza dei due episodi in replica di "Cold Case" su Rai Due (2.279.000 spettatori e 9,69% di share), del
docu-show "3° pianeta" su Rai Tre (1.919.000
spettatori e 8,68% di share) del film tv "Poirot ? Dopo le esequie"
su Rete 4 (1.189.000 telespettatori e 5,28% di share) e de "L'ispettore
Barnaby" su La7 (526.000 spettatori e 2,23% di share). Nella serata di
domenica sono invece Rai Due e Rai
Tre ad avere la meglio nella battaglia tra cadette. Sulla seconda rete del
servizio pubblico le repliche di "Navy NCIS" prima e di
"Criminal Minds" dopo ottengono rispettivamente l'8,82% e l'11,69% di
share, mentre il documentario "Cocaina" trasmesso dalla terza rete
totalizza quasi due milioni e mezzo di telespettatori e il 10,08% di share.
Risultati al di sotto delle medie di rete nella fascia per Italia 1 e Rete 4
con le pellicole "Mr. Crocodile Dundee II" e "L'ombra del
diavolo", ferme a quota 8,11% e 6,99% di share. Di contro, buoni risultati
per la versione live di "Crozza Italia" su La 7, che supera
abbondantemente i 900.000 telespettatori sfondando il tetto del 4% di share.
( da "Avanti!" del
11-12-2007)
IL FOGLIETTONE È la televisione l'unico tribunale
funzionante 11/12/2007 "Scappati con la cassa" è andato in onda la settimana
scorsa su Italia 1 in
prima serata. Si trattava di un numero pilota, condotto da Sabrina Nobile,
prodotto dallo stesso gruppo delle Iene. Il debutto è andato piuttosto bene con
il 14% di share e 2.906.000 spettatori. "Scappati con la cassa" si inserisce
nel filone della tv che più che inchiesta fa giustizia sulla scia del programma
che lo ha figliato, "Le Iene", di una certa "Striscia la
Notizia" di Ricci, dell'ultimo "Chi l'ha visto", delle mitiche
inchieste della Gabanelli e per altri versi in quello di mi manda Rai Tre. C'è stato un periodo in cui nel nostro Paese la
magistratura ha svolto, per usare un eufemismo, un compito di supplenza
rispetto alla politica, questo compito era espletato in sinergia con i mezzi di
comunicazione tanto da dar origine al cosiddetto circolo mediatico-giudiziario.
Più che il processo contava l'inchiesta giudiziaria che grazie alle casse di
risonanza dei media spazzava via l'indagato dalla scena pubblica per molto
tempo. Questo periodo sembra essersi almeno momentaneamente concluso, basti
pensare alla sorte che sembra attendere la Forleo e De Magistris rei di avere
giocato un po' troppo a questo gioco o almeno di averlo fatto con le persone
sbagliate. Ma la sete di giustizia del telespettatore italiano non si è estinta
così la televisione cerca di fare in qualche modo da sola. Siamo ben oltre il
paludato "Giorno in pretura", o il tenero Forum con la Dalla Chiesa e
Santi Licheri. Le ingiustizie si riparano in tv, l'unico vero tribunale
popolare funzionante nel Paese. Per inciso giova ricordare che a Parma non
trovano giudici compatibili con la celebrazione del mega-processo Parmalat. Il
programma dal quale prendiamo spunto si svolge con la ricostruzione della
truffa messa in atto dall'imbroglione di turno e dalla caccia che poi le Iene
gli scatenano contro. Il malcapitato truffatore, effettivamente fuggito con la
cassa, una volta raggiunto viene posto davanti ai video-messaggi delle sue
vittime e alla richiesta di presentarsi in studio per discuterne con loro.
Nella maggioranza dei casi il truffatore è anche un latitante, di solito
riparato all'estero, quindi si guarda bene dal ritornare in patria per
consegnarsi agli studi Mediaset, ma nel caso
accettasse verrebbe posto di fronte a una porta da attraversare per raggiungere
e affrontare le sue vittime, un po' come l'amato di "Stranamore". Il
programma è bellino, ha ritmo, i ragazzi delle Iene sono, come al solito,
bravissimi, quindi c'è da aspettarsi che il numero pilota abbia un seguito e
che anche questo programma si assesti nel più che prolifico filone della tv che
fa giustizia. L'idea che la tv sia ormai l'unico vero tribunale popolare del
Paese si è così radicata che un uomo ha deciso di evadere dall'ospedale in cui
era agli arresti per poter dire le sue ragioni in tv. Uno dei cosiddetti
furbetti del quartierino, Danilo Coppola, è fuggito per potere rilasciare
un'intervista a Sky nella speranza di rientrare nel circuito mediatico e
raddrizzare le sue avverse sorti giudiziarie. Aldo Grasso sul "Corriere
della sera" giustamente nota "Danilo Coppola è fuggito ma non ha
sbagliato indirizzo. Sapeva dove andare." L'indirizzo era quello giusto
perché è in tv che si giudica e che si istituiscono i nuovi processi, paralleli
o meno che siano.
( da "Mattino, Il
(Nazionale)" del 11-12-2007)
Rai,
per il ddl Gentiloni sarà corsa a ostacoli Roma. Dopo lo stallo totale e la
guerra delle carte bollate, ci si attende una ripresa dei lavori dentro e
intorno alla Rai. Torna infatti a riunirsi domani il
Cda, mentre riprende oggi al Senato la discussione sul ddl Rai.
Ieri, intanto, Angelo Maria Petroni, che a Viale Mazzini si era già
riaffacciato giovedì scorso, avrebbe completato il trasloco riprendendo così
possesso della stanza al settimo piano. Oggi riprende alla Commissione Lavori
pubblici del Senato la discussione sugli emendamenti del disegno di legge del
Ministro Paolo Gentiloni dedicato alla Rai. Ma è una
discussione senza voto, perchè manca ancora il parere della Commissione affari
costituzionali. Il parere dovrebbe arrivare nel pomeriggio e quindi
probabilmente da domani, quando la commissione è già convocata sul tema, si
potrebbe iniziare a votare almeno i tre articoli che sono stati già discussi la
scorsa settimana e sui quali c'è anche il parere del relatore e del governo.
Sono le ultime sedute utili prima della pausa natalizia, perchè la prossima
settimana dovrebbe tornare al Senato la Finanziaria che ovviamente catalizzerà
l'attenzione di Palazzo Madama. Domani appuntamento con la nuova riunione del
Consiglio di amministrazione della Rai, i cui lavori
sono fermi dal 4 novembre. Ora il consiglio riprende esattamente dall'ordine
del giorno della seduta successiva, che doveva parlare non solo di alcuni
contratti di fiction, ma appunto del nuovo assetto editoriale Rai. Prima però in scaletta le
comunicazioni del presidente Claudio Petruccioli e quelle del direttore
generale Claudio Cappon, che di cose ne hanno da comunicare ai consiglieri. In
questo mese di mancate riunioni sono esplosi casi come quello delle
intercettazioni Rai-Mediaset, le nuove polemiche su Santoro, fino all'ultima vicenda della
copertura delle manifestazioni sulla strage in fabbrica a Torino.
ARTICOLI
DEL 9 DICEMBRE 2007
Toh, la Rai ha
un'orchestra ( da "Stampa, La"
del 09-12-2007)
Luttazzi sulla
graticola neanche La7 lo vuole più (
da "Stampa, La" del 09-12-2007)
Dodici mesi fa
era l'uomo dell'anno con il Mondiale in tasca e le frontiere del mondo spal (
da "Stampa, La" del 09-12-2007)
Luttazzi fuori,
La7 nel ciclone ( da "Unita, L'"
del 09-12-2007)
Forse il
martirio mediatico dà alla testa ( da "Corriere della Sera"
del 09-12-2007)
ROMA - Sembrava
quasi fatta soltanto una settimana fa. Precisamente quando tutta la filiera
cinemato ( da "Messaggero, Il"
del 09-12-2007)
La verità su
Luttazzi: non lo vuole nessuno ( da "Giornale.it, Il"
del 09-12-2007)
Il sistema
Raiset? Era lì, bastava leggere ( da "EUROPA.it"
del 09-12-2007)
Annozero e il
male dell'autoreferenzialità ( da "EUROPA.it"
del 09-12-2007)
Castalda
Musacchio ( da "Liberazione"
del 09-12-2007)
Articoli
Toh, la Rai ha
un'orchestra (sezione: RAI MEDIASET)
( da "Stampa, La" del
09-12-2007)
Oh natalizio stupore: la Rai si
è ricordata, in occasione delle feste di fine anno, di avere un'orchestra.
L'Orchestra nazionale sinfonica, unica sopravvissuta di quattro, con sede a
Torino. Da ieri è in onda sulle reti della tv di Stato uno spot di auguri in
cui la formazione suona e una voce calda dice: "Tutti noi insieme per una
comune armonia. Tanti auguri dalla Rai e dalla sua
Orchestra sinfonica". La comune armonia, magari: ce la ricordano per
l'appunto le notizie di questi ultimi giorni, le intercettazioni e le liti,
l'armonia esistente. Ma siccome per il 25 dicembre siamo tutti più buoni, è
opportuno notare il fatto positivo. E cioè che, per gli auguri, sia stato
scelto il gruppo musicale, solitamente dimenticato com'è dimenticata la musica.
L'orchestra, che si trova nel suo Auditorium, il Toscanini di Torino, esce da
una rossa palla ornamentale, e suona il valzer conclusivo del balletto La bella
addormentata nel bosco di Ciaikovski. Mediaset a fine anno trasmette di
solito uno spot con i suoi personaggi più noti. Pure la Rai indulge in autopromozioni, efficaci e menzognere, soprattutto
per esortare i cittadini a pagare il canone. Cittadini che vorrebbero o non
pagarlo (nessuna differenza percepita tra Rai e Mediaset); o pagarlo con una riduzione: tanti soldi di meno, quante più
repliche e programmi sempre uguali ci sono. E insomma: se questi auguri con
l'orchestra fossero forieri di una maggiore sensibilità per la musica li
accetteremmo volentieri. Comunque gli anni scorsi non c'erano. Si può intendere
come un passo avanti, come un bicchiere mezzo pieno.
Luttazzi sulla graticola
neanche La7 lo vuole più
(sezione: RAI MEDIASET)
( da "Stampa, La" del
09-12-2007)
LA REAZIONE DEL COMICO il caso Perché è stato cancellato
il suo Decameron "Sono sbalordito: hanno sospeso il programma mandandomi
solo un sms" MA FAR RIDERE È DAVVERO UN'ALTRA COSA ALESSANDRA COMAZZI
Luttazzi sulla graticola neanche La7 lo vuole più Spinosa questione, questa
della chiusura di "Decameron" in onda su La7, con licenziamento del
conduttore Daniele Luttazzi. Abbattuto da fuoco amico. Il direttore Antonio
Campo Dall'Orto, brillante allievo di Carlo Freccero, gli aveva dato
"massima libertà". E adesso, con questa decisione, rischia l'accusa
di censura. Ma nello stesso tempo ottiene il plauso di chi trova il comico, non
comico e volgare. Come dimostrerebbero i suoi insulti scatologici a Ferrara,
davvero irripetibili. La7 è la più raffinata tra le reti generaliste, la più
coraggiosa, quella con un peso specifico maggiore e con obiettivi di ascolto
meno impellenti, e impedienti; molto ben frequentata, dove lavorano giornalisti
e conduttori (Gad Lerner, Chiambretti, Daria Bignardi, lo stesso Ferrara), che stanno lì ben volentieri perché alla Rai o a Mediaset potrebbero avere, se non censure, problemi, seccature, polemiche
sfiancanti. Era dunque coerente la scelta di dare spazio a Daniele Luttazzi,
una delle vittime del famoso e ormai famigerato "editto bulgaro" di
Berlusconi, dove si parlò di Biagi, Santoro, e, per l'appunto, Luttazzi.
Il quale comincia il suo programma: molto avvelenato, ma molto costruito, ben
articolato, un vero programma come non usano più, in questa televisione fatta
di ospitate e promozioni. Bene. Luttazzi fa Luttazzi; sparge astio e livore,
secondo alcuni (e in effetti ne sparge); secondo altri applica semplicemente le
vecchie regole della satira, il fescennino, il boccaccesco, come da titolo.
Andando in onda a tarda sera del sabato, non è che lo seguano le folle. La
nicchia è ancora più nicchia, e ripara. Lo vedono gli affezionati, che ne sono
lieti. Conoscono e interpretano i suoi canoni. La7 fa bella figura, ecco
l'unico canale controcorrente. Contenti tutti. Fino all'altra notte. Quando
arriva, a bruciapelo, il comunicato che ne annuncia il licenziamento. Perché,
secondo l'emittente, Luttazzi è stato pesante, volgare, inaccettabile, con
Giuliano Ferrara. Tra l'altro la puntata incriminata era andata in onda sabato
scorso, e non era successo niente; il licenziamento è avvenuto dopo la replica.
Che cosa è capitato nel frattempo? Ferrara aveva visto l'insulto e aveva
chiesto la testa del comico? Il pensiero sorge spontaneo. Invece, per
ammissione dello stesso Luttazzi, sembra che non sia andata affatto così.
"Sono sbalordito. Campo Dall'Orto - sostiene l'esiliato - ha sospeso il
programma senza una vera motivazione e io l'ho saputo con un Sms. Dice di non
aver sentito Giuliano Ferrara. Quindi non si è nemmeno offeso il diretto
interessato". Che pare avrebbe visto, e pure in ritardo, la registrazione
incriminata, decidendo poi di lasciare perdere. Quello che si è arrabbiato
senza remissione è stato proprio Campo Dall'Orto, che dice: "Ciò che è
accaduto con Luttazzi riguarda l'uso inappropriato del mezzo televisivo, non la
libertà di satira. La 7 vive dei capisaldi di libertà di espressione, di
rispetto verso le persone che vi lavorano e verso il pubblico. Non vi è nessuna
limitazione della satira: ritengo Luttazzi sia tra i più bravi se non
addirittura il più bravo in Italia, e a La7 ha avuto libertà assoluta. Ritengo
in questo caso specifico si sia invece trattato di insulti rivolti ad una altra
persona, tra l'altro parte della stessa rete. E per questo la decisione vuole
difendere il principio dell'uso responsabile di un bene prezioso come la
libertà di espressione". Ieri il comitato di redazione del tg della 7 ha protestato perché la
notizia del licenziamento non è stata inserita nell'edizione della notte. Una
lunga carriera da censurato. Come se i guai, Daniele Luttazzi, se li andasse a
cercare. Certo non si tira indietro quando c'è da insultare qualcuno, ma
dimostra libero pensiero facendo, per esempio, i complimenti alla polizia.
L'appena sospeso "Decameron" traeva spunto dallo spettacolo teatrale
che il comico ha continuato a portare in giro per i teatri di tanta Italia.
Perché non ha mica mai smesso di lavorare, Luttazzi. Ma voleva tornare in tv. Ci
è tornato, ed è tornato a mettersi nei problemi. Usare gli escrementi per far
ridere, come ha fatto riferendosi a Giuliano Ferrara, è una vecchia tecnica di
comicità basale, nota ai latini, agli antichi greci e ai bambini. Però lui non
faceva ridere, e se la prendeva con quelli che dicevano che non faceva ridere.
Faceva riflettere, magari, come testimoniano le centinaia di persone che hanno
scritto da ieri mattina a "La Stampa" per esprimersi sul caso. Ma la
risata è un'altra cosa.\ Il video incriminato Sul sito www.lastampa.it.
Dodici mesi fa era
l'uomo dell'anno con il Mondiale in tasca e le frontiere del mondo spal (sezione: RAI
MEDIASET)
( da "Stampa, La" del
09-12-2007)
Ancate, ora ha cambiato pelle, anche se il ritorno in
panchina pare prossimo, ed è la più autorevole voce della Champions League su
Sky Sport. Da uomo appena arrivato in Tv prova a parlare del suo rapporto con
la televisione e comincia proprio dal Natale. "Vorrei vedere sul piccolo schermo
qualcossa che sia in grado di portare felicità - dice l'ex ct negli studi di
Sky -, magari un programma in grado di far sorridere i bambini". Lippi non
è certo un uomo da divano, ma per Natale potrebbe fare un'eccezione. "E'
vero non sono un "animale da tv" - ammette -. Ma se non c'è lo sport
guardo volentieri i documentari, alcuni talk show e soprattutto i film".
Ma se ascolta la sua indole il ct campione del mondo non è dell'idea di un
Natale in casa. "Il Natale perfetto lo devo ancora trascorrere, forse sceglierei
una bella isola, ma comunque al mare". In passato il Natale non era il
momento migliore per godersi lo sport in tv, ma il mondo Sky ha da tempo
cambiato le carte in tavola. Il 2007 comunque sarà un anno particolare perché
il campionato di serie A vivrà di grandi emozioni fino al 23 dicembre con il
derby di Milano e altre grandi sfide che accenderanno i tifosi su Sky sport, sul digitale terrestre di Mediaset e con gli
appuntamenti dedicati ai gol sui canali Rai e Mediaset. Anche la Liga ferma le macchine, ma non prima di giocare il 23
dicembre, il big match tra Barcellona e Real Madrid. Gli appassionati di calcio
potranno scoprire su Sky sport gli incontri di Premier League e Scottish
League, che offrono grandi sfide anche nel periodo festivo. Tra queste:
Portsmouth-Arsenal del 26 dicembre, Manchester City-Liverpool del 30 dicembre,
Arsenal-West Ham del 1° gennaio e Celtic-Rangers del 2 gennaio. La sosta del
campionato porta in campo, per un amichevole di lusso, Inter, Ajax, Stoccarda e
Porto Alegre. In diretta esclusiva su SKY Sport 1, il 5 e 7 gennaio 2008, c'è
il Torneo di Dubai. Sabato 5 gennaio 2008: Porto Alegre-Stoccarda (ore 15.00),
Inter-Ajax (ore 18.00). Grandi sfide fino alle finali del 7 gennaio. Venerdì 21
dicembre, alle 12.00 su SKY Sport 1 spazio alla Champions League con il
sorteggio, in diretta da Nyon, che deciderà gli accoppiamenti degli ottavi di
finale. Non solo calcio, ma appuntamenti anche con il basket italiano e quello
americano, in campo durante tutto il periodo delle feste. Le stelle dei parquet
italiani si sfideranno durante tutti i weekend di dicembre: tra campionato,
"Basket Day" ed Eurolega, Sky Sport trasmetterà fino al 6 gennaio 32
partite, tutte in diretta e in esclusiva, dedicando alla pallacanestro italiana
quasi 80 ore di programmazione, compresi pre e post partita. Inoltre, domenica
6 gennaio, andrà in scena un nuovo "Basket Day" su SKY Sport 2:
cinque partite per 12 ore di diretta. I primi a scendere in campo alle ore
12.00 saranno Eldo Napoli e Armani Jeans Milano. Alle 14.15 il match di
Cimberio Varese-Lottomatica Roma. Alle 16.30 sarà la volta di Premiata
Montegranaro-Air Avellino. Alle 18.45 è il turno. Solsonica Rieti-Benetton
Treviso. A concludere la grande abbuffata di canestri sarà l'incontro delle ore
21.00, La Fortezza Bologna-Pierrel Capo d'Orlando. Ancora tanto basket su Sky
(dal 12 dicembre al 3 gennaio) con le dirette di dodici incontri di Eurolega.
Anche i campioni americani si affronteranno a suon di schiacciate e coast to
coast. Dal 10 dicembre 2007 al 4 gennaio 2008 su SKY 12 match NBA tre incontri
a settimana, oltre 80 ore complessive di trasmissione fra dirette e repliche.
Palla a due anche per i nostri Andrea Bargnani e Marco Belinelli, impegnati
rispettivamente con i Raptors di Toronto (28 dicembre) e i Golden State
Warriors (31 dicembre).
Luttazzi fuori, La7 nel
ciclone (sezione: RAI MEDIASET)
( da "Unita, L'" del
09-12-2007)
Stai consultando l'edizione del Luttazzi fuori, La7 nel
ciclone / Roma L Luttazzi tornato in tv dopo l'editto bulgaro di Berlusconi è
di nuovo un "licenziato" dalla tv: stavolta da La7 e non dalla Rai. Venerdì notte l'emittente ha chiuso il programma di
satira del comico Decameron che va il sabato sera perché, una settimana fa, lui
aveva immaginato in pratiche particolari in una vasca un collaboratore storico
dell'emittente, Giuliano Ferrara, con Berlusconi e Previti. Per La7 Luttazzi è
passato dalla satira all'offesa e valuta se passare a vie legali per eventuali "danni
di immagine". Le battute che hanno provocato il licenziamento potete
leggerle a fianco e giudicherete voi. Intanto il cdr della tv si infuria perché
il tg di La7 di venerdì notte non ne ha dato notizia. Ferrara, per quanto se ne
sa, tace. Il programma è stato trasmesso una settimana fa, poi in replica il
giovedì. L'azienda lo ha sospeso solo venerdì a tarda sera e la notizia si è
diffusa poco prima della mezzanotte. Decameron è registrato, ma - da accordi -
viene consegnato poco prima della messa in onda per cui è difficile sospenderlo
nell'immediato. Ma sette giorni dopo? A Luttazzi, il quale afferma che "in
Italia non è possibile fare satira libera", l'amministratore delegato di
Telecom Italia e responsabile di Italia Media Antonio Campo Dall'Orto ribatte.
"È uso inappropriato del mezzo televisivo, non libertà di satira. La7 vive
proprio dei capisaldi di libertà di espressione, di rispetto verso le persone
che vi lavorano e il pubblico, come dimostrato ampiamente dagli ultimi anni.
Non vi è nessuna limitazione della satira, ritengo Luttazzi sia tra i più bravi
se non addirittura il più bravo in Italia, e a La7 ha avuto libertà assoluta
come le cinque puntate andate in onda dimostramo. In questo caso si è invece
trattato di insulti rivolti a un'altra persona, tra l'altro della stessa
rete". A La7 però il comitato di redazione (la rappresentanza sindacale
dei giornalisti) definisce "atto censorio" il tg che nell'edizione di
venerdì notte non ha dato la notizia. "Su questo chiediamo chiarimenti al
direttore Piroso - dice Adalberto Baldini del cdr - Sulla sospensione,
chiederemo il perché a Dall'Orto. Constatiamo che ogni volta che La7 fa un
programma di successo, e Decameron con punte di 2,7 milioni di spettatori per
noi lo è, viene stoppato. Quando il 2 febbraio scorso eravamo pronti a mandare
la diretta sugli incidenti a Catania dove morì Raciti fummo fermati.
Coincidenze?". Per pressioni esterne? Politiche? "Politiche no,
sospettiamo industriali - risponde il giornalista - Per la
pubblicità le aziende, anche Rai e Mediaset, si
contendono pure lo 0,1% di ascolti. E se un programma scompagina gli ascolti è
meglio chiuderlo. La7 deve chiarirci che posizione vuole avere sul duopolio Rai-Mediaset. Poi sa chi è Luttazzi quando lo ha preso. E in tv oggi va in
onda di tutto". "Anche se non condividiamo le battute del
comico - interviene il portavoce di Articolo 21 e parlamentare dell'Unione
Giulietti - non condividiamo la sospensione del programma così come non abbiamo
mai approvato la soppressione di qualsiasi format di satira o
informazione". "La censura è sempre illiberare", aggiunge Vita,
assessore della Provincia di Roma. ste. mi. POLEMICHE TV L'emittente venerdì
sera ha chiuso il programma del sabato del comico "Decamerin". Per
l'artista in Italia non si può fare satira libera, per il responsabile
dell'emittente Dall'Orto su La7 la libertà c'è ma lui era passato agli insulti.
Forse il martirio
mediatico dà alla testa
(sezione: RAI MEDIASET)
( da "Corriere della
Sera" del 09-12-2007)
Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Spettacoli -
data: 2007-12-09 num: - pag: 43 categoria: REDAZIONALE Davanti al video Forse
il martirio mediatico dà alla testa di ALDO GRASSO Che triste vicenda, questa
di Daniele Luttazzi. Sono dispiaciuto come se un amico mi avesse tradito: certe
cose non si dicono, soprattutto in nome della libertà d'espressione; certe cose
non si fanno, se si è intelligenti come intelligente è Luttazzi. L'idea che mi
sono fatto è che il martirio mediatico dà alla testa. Stiamo naturalmente
parlando del martirio all'italiana, con gli stipendi che continuano a correre,
con i conduttori che diventano deputati, con gli approfittatori che salgono sul
carro degli eroi. Ho sempre ritenuto Luttazzi uno dei pochi comici intelligenti
della nostra tv. Fin dai tempi di Magazine 3, il programma con Gloria De Antoni
e Oreste De Fornari, si sapeva che il nostro andava "contenuto", che
spesso amava épater lo spettatore con un frasario pesantemente ginecologico.
Così con i Gialappa's, il suo periodo migliore. Lui esagerava con il macabro,
loro limavano e la risata era sicura, e devastante. Poi c'è stato l'episodio di
Satyricon dove Luttazzi ha pensato bene di darsi alla politica, che non è nelle
sue corde. Il resto l'hanno fatto l'esilio, la schiera delle tricoteuses che
affolla i teatri, i Santoro e tanti altri. L'attacco a Giuliano Ferrara,
gratuito e a freddo, greve e non grottesco, è prima di tutto un colpo basso al
direttore de La 7. Antonio Campo Dall'Orto, chiamando Luttazzi, aveva
dimostrato coraggio e soprattutto aveva voluto palesare che
la sua rete è diversa da Rai e Mediaset. Quando un direttore ti dice che puoi scrivere o dire quello che
vuoi, ti devi sentire responsabilizzato due volte: uno per quello che scrivi o
dici, due per dimostrare di meritare tanta fiducia. A questo poi si aggiunge un
vizio tipicamente italiano, da basso impero, la mancanza di etica aziendale,
di spirito di appartenenza: non si attaccano le persone con cui si lavora. Non
prima almeno di aver dato le dimissioni. Così adesso ci sono quelli che hanno
buon gioco a dire: allora Berlusconi aveva ragione quando parlava di "uso
criminoso del mezzo", e il martire rischia di apparire solo un insolente.
Ecco, sono triste perché per una battuta infelice, Daniele Luttazzi mette a
repentaglio quanto di buon ha fatto sinora: i libri, gli spettacoli, le battute
fulminanti. Odia Ferrara? Trovi un modo più elegante per infilzarlo. Perché
adesso non ci sarà più nessuna rete che lo chiamerà e non si può per tutta la
vita fare i professionisti del martirio.
ROMA - Sembrava quasi
fatta soltanto una settimana fa. Precisamente quando tutta la filiera cinemato (sezione: RAI
MEDIASET)
( da "Messaggero, Il" del
09-12-2007)
Grafica nazionale si era incontrata col ministro dei
Beni Culturali, Francesco Rutelli per sottolineare l'importanza di un via
libera ai due emendamenti alla Finanziaria, credito di imposta e riforma della
legge 122 che regola i rapporti tra tv e cinema, soprattutto alla luce del
"boom" di incassi e spettatori della stagione 2007 del cinema.
Rutelli aveva affermato che si trattava di "una partita
importantissima" e autori, produttori, registi, tecnici incrociavano le dita
in attesa dell' "evento" e di una seria legge di sistema. Ieri lo
scenario è cambiato. E di molto. Il movimento dei Centoautori ha infatti
inviato una lettera a Rutelli e al ministro delle Comunicazioni, Gentiloni,
nella quale si parla di "deputati della maggioranza che hanno presentato
emendamenti che intendono stravolgere i provvedimenti della Finanziaria, quelli
che stabiliscono regole trasparenti nei rapporti tra televisoni da una parte e
autori e produttori dall'altra...Questi emendamenti - si legge ancora -
confermano che la politica, anche quella che si definisce progressista, non è
in grado di imporre regole alle lobby televisive" e la lettera si conclude
con un atto di sfiducia nei confronti del governo: "Ci sentiamo
autorizzati a sospendere il patto di fiducia che finora ci aveva spinti a
collaborare con questo governo e questa maggioranza". Valerio Jalongo,
autore e regista, ci spiega: "Non si tratta di una guerra tra cinema e
fiction, anche perché le stesse persone spesso lavorano in entrambi i settori.
Ma è fondamentale dare delle regole ad un sistema. Se
vengono garantite è un bene per tutti, eppure sembra che Rai, Mediaset, Sky soffrano di una allergia alle regole e chi dovrebbe offrire
garanzie e tutele non lo fa, anzi nella stessa maggioranza non esiste disciplina".
E già si sta pensando a forti azioni di protesta. L.Jatt.
La verità su Luttazzi:
non lo vuole nessuno (sezione: RAI MEDIASET)
( da "Giornale.it, Il" del
09-12-2007)
Di Filippo Facci - domenica 09 dicembre 2007, 07:00
Tutti gli epurati vengono al pettine. Ieri è stato il turno del
sopravvalutatissimo Daniele Luttazzi, la cui trasmissione Decameron, in onda su
La7, è stata sospesa per via di alcuni insulti da lui scagliati contro Giuliano
Ferrara. Gli insulti sono questi: "Penso a Giuliano Ferrara immerso in una
vasca da bagno con Berlusconi e Dell'Utri che gli pisc(bip) addosso, Previti
che gli cag(bip) in bocca e la Santanchè in completo sadomaso che li frusta
tutti". Da piegarsi dal ridere, e se l'infanzia di Luttazzi dovrebbe forse
dar lavoro al suo psicoanalista, per intanto i vertici di La7 il lavoro l'hanno
tolto a lui. Ferrara è un volto storico di La7, ma a quanto pare la decisione
di chiudere è esclusivamente dell'azienda: Luttazzi l'ha ammesso. Lo stesso
Ferrara, tempo addietro, non aveva fatto una piega neppure quando Luttazzi in
un suo spettacolo l'aveva tratteggiato così: "è l'alone di feci e sperma
che viene lasciato sul lenzuolo dopo un rapporto anale, detto il Giulianone".
Divertentissimo anche questo, eppure un tempo le cose erano diverse. Ferrara fu
persino ospite a Barracuda, la trasmissione che Luttazzi
conduceva sulle terribili reti Mediaset: è lo stesso periodo in cui
pubblicava con la Mondadori berlusconiana. Ora: una trasmissione chiusa mette
melanconia persino se è di Luttazzi, sta di fatto che Luttazzi è questa cosa
qui, questa comicità qui, ed è questa qui anche il brandello di democrazia che
il famoso editto bulgaro strappò al Paese. Che Luttazzi nel trio dei
martiri sia sempre sembrato un po' imbucato è anche vero, ma a questo punto un
modesto bilancio non guasta. Daniele Fabbri, in arte Luttazzi, non è un
giornalista e forse neanche un comico: già scopiazzatore di David Letterman,
per anni è stato a spasso per teatri e forse doveva rimanerci. Fine. E gli
altri? A che punto è la restaurazione della democrazia dopo lo spaventoso
baccano del centrosinistra per le epurazioni dei tre martiri? Ordunque: Michele
Santoro è tornato in Rai più grazie a una sentenza
della magistratura che per chiara volontà politica; comunque fazioso, il suo
Annozero era partito bene salvo riscivolare sui pendii piazziaioli che peraltro
hanno portato scalogna ai poveri Clementina Forleo e Luigi De Magistris, che
pagheranno cara ogni vanità catodica. Il punto chiave è che Santoro oggi è
sgraditissimno persino a quel centrosinistra che l'aveva imbracciato come un
vessillo di libertà, tanto che i vari parlamentari tendono a optare per la
parleria di Ballarò. Poi c'è Enzo Biagi, la cui salma è stata scagliata addosso
a Silvio Berlusconi proprio in una puntata di Annozero dove paradossalmente,
per mera volontà politica, fu epurato un collaboratore del Giornale; Biagi in
definitiva accettò indubbiamente il ruolo di martire dell'editto berlusconiano
e tuttavia la Rai dell'Unione non gli fece rifare Il
fatto: lo tenne anzi a bagnomaria per un anno e poi relegò l'anziano
giornalista alle 23 e 30 in
un programma settimanale sui Raitre, Rotocalco
televisivo. Lo scorno di Biagi, e la sua chiara sensazione d'esser stato usato
e strumentalizzato come zimbello elettorale, sono stampati nero su bianco
nell'ultimo libro di Biagi titolato Quello che non si doveva dire, ottobre
2006, pagina 221, capitolo "Conclusioni": "Nella mia grande
presunzione ho pensato che qualcosa sarebbe cambiato anche nella mia vita e,
sono sincero, mi aspettavo una telefonata da viale Mazzini, se non altro come
segnale di ritrovata indipendenza dal Cavaliere. Nel frattempo è tornato al
vertice dell'azienda Claudio Cappon". (...) "Sicuramente, il nuovo
direttore generale, ha altri problemi, ben più complicati del mio, da
risolvere. Sin dall'inizio ho avuto la consapevolezza che, anche con il
centrosinistra al governo, io rimango fuori dai giochi. In poche parole, sono
convinto che nessuno mi farà più fare Il Fatto. C'è un grande alibi, la mia
età, ma non è che ottantasei anni vogliano dire per forza che uno è
rincoglionito. E poi, se il mio nome, la mia faccia e i miei appelli funzionano
per le campagne elettorali, non capisco come mai non vadano bene per un
programma televisivo". In sintesi: Biagi dice chiaramente che voleva
rifare Il Fatto ma che neppure il centrosinistra gliel'ha restituito: in
compenso, come scrive, è stato usato per una campagna elettorale. Allora, in
fin dei conti: Luttazzi svaporato, Biagi liquidato, l'unico rimasto allo stato
solido è Santoro, che in compenso fomenta la peggior antipolitica. Ma la lista
d'attesa è nutrita, nuovi martiri bussano.
Il sistema Raiset? Era
lì, bastava leggere (sezione: RAI MEDIASET)
( da "EUROPA.it" del
09-12-2007)
DOPO ANNOZERO Così "Europa" ha descritto
l'occupazione berlusconiana della Rai Il sistema Raiset? Era lì, bastava leggere (r.i.) Il centrosinistra non
ha voluto vedere negli anni berlusconiani. Più di una volta ha chiuso gli occhi
davanti alla sistematica occupazione della Rai fatta
dal centrodestra. O meglio, si è lasciato obnubilare solo dall'editto bulgaro
del Cavaliere, appassionandosi alle sorti di Santoro, Biagi e Luttazzi, perdendo
però di vista il campo dove si giocava la partita decisiva, ovvero gli
organigrammi di viale Mazzini. È lì che l'allora opposizione ha contrastato
poco e male l'inestricabile connubio fra televisione di
stato e Mediaset, messo oggi in luce dalle intercettazioni, subendo di fatto una
ristrutturazione aziendale che ha consegnato viale Mazzini nelle mani di non
più di dieci persone. Forse il centrosinistra poteva battersi per evitare tutto
questo. Probabilmente ha preferito cavalcare solo la retorica del Berlusconi
censore. L'analisi che giovedì sera l'ex presidente Rai
Lucia Annunziata ha fatto ad Annozero, nella puntata dedicata appunto allo
scandalo Raiset, è tutt'altro che campata in aria .
Viene da chi per quattordici mesi, a cavallo fra 2003 e 2004, ha ripetutamente
denunciato l'abbraccio mortale degli uomini del Polo, guidati dal direttore
generale Flavio Cattaneo. Ma ad affiancare quello che in teoria doveva essere
il presidente di garanzia della Rai c'era anche, nel
suo piccolo, il nostro giornale, fin dall'inizio delle pubblicazioni nel
febbraio 2003. Andando a scorrere in archivio i titoli dei pezzi sul tema Rai, viene fuori una valanga di articoli. E la cosa più
sorprendente è che, leggendoli uno dopo l'altro, emerge una specie di filo
invisibile che li lega, una sorta di io narrante che ricostruisce nei dettagli
tutto quello che poi è risultato dalle intercettazioni. Nel luglio 2003, ad
esempio, Europa (direttore Nino Rizzo Nervo) già faceva un ritratto dei
fedelissimi di Berlusconi in Rai: da Alessio Gorla a
Maurizio Ciarnò, da Luigi Crespi alla ormai celeberrima Deborah Bergamini. Così
come nel novembre dello stesso anno denunciava le prime avvisaglie della dura
stagione di "normalizzazione" della tv di stato. "L'incredibile
assedio di Cattaneo a Rai3, oasi del servizio
pubblico" è il titolo dell'articolo in cui si raccontava dei provvedimenti
disciplinari aperti nei confronti di Paolo Ruffini e Andrea Salerno, direttore
e vice della terza rete, riguardo il caso Raiot, il
programma satirico di Sabina Guzzanti andato in onda una sola volta e cassato
dalla censura berlusconiana. Il 2004 è l'anno più caldo per la Rai ed Europa le dedica un centinaio di articoli. Come
quello del 3 febbraio, che riporta le rivelazioni di Lucia Annunziata: "So
per certo che Berlusconi alza il telefono e chiama i consiglieri per suggerire
nomine e influenzare i programmi". Due mesi dopo arriva la denuncia del
piano di ristrutturazione di Cattaneo, che accentra nelle mani di una decina di
persone la direzione del servizio pubblico, grazie alla creazione di otto
macrodirezioni tutte dipendenti direttamente dal dg. Passa poco più di un mese
e per Cattaneo è gioco-set-incontro: vara il piano delle nuove nomine che
consegna l'azienda completamente nelle mani della maggioranza. Cosa che porta
l'Annunziata a dimettersi e mandare in soffitta l'esperimento della presidenza
di garanzia. Europa senza mezzi termini parla di "golpe, colpo di mano,
operazione coloniale, assalto alla diligenza, occupazione militare". Ma l'attenzione
del nostro giornale non si è limitata a seguire l'evoluzione dei giochi di
potere a viale Mazzini. Si è anche concentrato su aspetti più marginali, ma in
un certo senso illuminanti, degli anni berlusconiani in Rai.
A partire dalla scoperta che Cattaneo aveva inserito nel suo curriculum un
master alla Sda Bocconi che in realtà non aveva mai frequentato. Così come non
ha fatto passare inosservata la scientifica occupazione dei posti di comando
che veniva fatta in alcune redazioni dei tg regionali. Per finire, poi, con la
denuncia che come programmi di servizio pubblico (ovvero quelli che
giustificano il pagamento del canone) venivano considerati anche quiz, talk
show, premi estivi e perfino reality show. Raiset,
quindi, era sotto gli occhi di tutti, bastava aprirli. Non è un caso che
l'attuale consigliere della Rai e precedente direttore
di Europa parla legittimamente oggi di "niente di nuovo sotto il
sole" mentre il presidente della Vigilanza, Landolfi, si scandalizza e
annuncia "un'attenta analisi di Annozero di giovedì ".
Annozero e il male
dell'autoreferenzialità
(sezione: RAI MEDIASET)
( da "EUROPA.it" del
09-12-2007)
L A T E L E D I P E N D E N T E Annozero e il male
dell'autoreferenzialità STEFANIA CARINI I Gemelli, nuovi eroi Il male della tv
è l'autoreferenzialità. È Cucuzza che parla della velina, è la fiction che
racconta una storia televisiva, è un programma di informazione che invita
sempre gli stessi ospiti per combattere tutti i mali. Si può essere Vespa, ed
avere la Matone per passare da Perugia alla bontà del vino, si può essere
Santoro e avere la Guzzanti per passare dalla libertà a tutti i mali d'Italia.
È sempre la solita solfa. Pezzi di Raiot, e poi via al
commento! La puntata di giovedì di Annozero era dedicata alla Rai, libera o occupata? Come paladini della libertà di
informazione, nonché giustizieri della tv italiana, c'erano I Gemelli Diversi.
Un sogno. Meglio, un incubo. I Gemelli, bontà loro, hanno scritto una
canzoncina contro questa tv: "Cosa ci fai davanti a quello schermo, fuori
c'è un inferno e tu rimani fermo, te ne pentirai, non perdere tempo usa il tuo
talento al 100 per cento. Stai pur certo che questo non basta, tu passa la
busta a chi ha mani in pasta, non è onesto ma piaccia o non piaccia è così che
si fa: allena la lingua e la doppia faccia. So che cerchi come sfogarti ed
avvicinarti a chi è come te ma che tu? Sogni, amanti, diamanti, tanti contanti
e un posto al privé. Ehy ehy, se sei un artista è ovvio tu capisca il punto non
è mettersi in mostra, ma la libertà di pensare e gridare il tuo punto di vista
in questa società che non ha morale, che vuoi fare e l'ultimo esemplare? Vuoi
la tua opportunità? Il tuo giorno da leone. Vuoi la vita di una star? e una
folla che grida il tuo nome". Che tale scempio diventi il "Bella
ciao" contro questa tv la dice lunga su Santoro. I Gemelli sono il frutto
di certa tv musicale, del merchandising spinto, di manager giusti al momento
giusto. Devono dire grazie a Mtv, che li ha resi idoli al di là della musica,
grazie a trasmissioni come Pimp my ride, in cui rendevano ganze le vespine
sfigate di ragazzotti milanesi. I Gemelli Diversi cantano la provincia, si
nutrono di certo malcontento postadolescenziale senza arte né parte, incarnano
chi ce l'ha fatta tanto da essere sulle copertine. Miracolati dalla tv, più che
dalla musica. I Gemelli Diversi sono i tronisti dell'hip pop, i Corona del
funcky di provincia. Giustificano tutto ciò dicendo che "bisogna stare
dentro il meccanismo per poterlo combattere". Lo dicono sicuri di sé, e la
Borromeo tace, Santoro pure. Questi sono i grandi ospiti da dibattito
impegnato. Meglio la Matone. Forse pure Crepet. E invece c'erano i Gemelli
Diversi a parlare dei mali della tv, di quanto sia diventata autoreferenziale. E proprio la trasmissione di Annozero di giovedì era un perfetto
esempio di questo male. Avremmo voluto sentir parlare Santoro di se stesso per
una volta, del suo passaggio Rai e Mediaset. Allora
sì che l'autoreferenzialità avrebbe assunto un nuovo significato.
Castalda Musacchio (sezione: RAI
MEDIASET)
( da "Liberazione" del
09-12-2007)
"Decameron" chiude. L'azienda: "Ha offeso
Giuliano Ferrara" La7, Luttazzi sospeso Il cdr: "Colpa degli spot"
Castalda Musacchio Lui? Non ci sta. "Mi aspetto le scuse o perlomeno una
spiegazione valida". Le giustificazioni del management di La7 nella
persona di Antonio Campo Dall'Orto (Amministratore delegato, nonché direttore
di rete del polo televisivo) non lo convincono proprio. E ieri sera Daniele
Luttazzi era ancora lì in studio a registrare la puntata che non andrà in onda
dedicata all'enciclica del Papa. Sta di fatto che il "pluricensurato"
comico (sin dai tempi di Craxi e poi ancora vittima, insieme a Biagi e Santoro,
dell'editto bulgaro di berlusconiana memoria) è tornato a far parlare di sé.
"Dall'Orto ha deciso di sospendere la trasmissione a causa di un monologo
a dir poco grottesco e mi ha inviato la notizia con un sms: non mi sembra molto
corretto", spiega. "Inoltre non si sa bene il perché di questa
sospensione". Il comunicato aziendale è piuttosto chiaro: e riferisce che
lo stop allo show è stato deciso perché - questa la spiegazione formale -
"Luttazzi ha gravemente insultato e offeso Giuliano Ferrara che con la
stessa La7 collabora da anni come conduttore di "Otto e mezzo"".
Nella puntata di sabato scorso, in replica giovedì, il "passaggio"
incriminato prende di mira il noto conduttore della rete televisiva con toni effettivamente
"boccacceschi". Eppure, lo stesso Ferrara non ha voluto in alcun modo
commentare il fatto. E - continua Luttazzi - "Campo Dall'Orto mi ha detto
che non l'ha neppure sentito. Quindi non si è nemmeno offeso il diretto
interessato". La faccenda si fa piuttosto seria anche perché la direzione
di La7 si riserva di "considerare la questione anche sotto il profilo
legale". Eppure, la sospensione di Luttazzi, a sentire il Cdr, puzza di
bruciato. "Per quanto ci riguarda - spiega Adalberto Baldini, membro del
comitato di redazione - una volta appurata la notizia della sospensione abbiamo
subito emesso un comunicato ufficiale chiedendo alla direzione del Tg, l'altra
sera, di darne notizia. E a sorpresa ci è stato risposto di no. Una vera e
propria censura nella censura". Ieri il direttore delle news Antonello
Piroso ha respinto al mittente tutte le accuse. Ma il Cdr è pronto a chiedere
tutti i chiarimenti possibili. "Siamo convinti che la sospensione di
Luttazzi - sottolineano - nasconda ben altro". "Il discorso - continua
Baldini - è ben più ampio: quando un paio di settimane fa
si parlava dell'inciucio Rai-Mediaset l'unica tv a non parlarne affatto è stata proprio La7". Il
dubbio viene. "Come mai - si chiede il rappresentante sindacale - La7 non
protesta? Perché non fa sentire la sua voce? Forse perché fa parte anch'essa di
questo grande "mercato tv" italiano? Luttazzi - aggiunge - con
la sua trasmissione ha fatto in prima serata 2 milioni e 700mila spettatori, e
il nostro parere è che abbia cominciato a dar fastidio ai grandi network che
raccolgono pubblicità come Publitalia e Sipra. La nostra idea è che questa
sospensione, avviata inoltre su una replica e non quando è andata in onda la
prima serata di Decameron, non sia affatto legata ai contenuti ma a mere
logiche industriali. Comunque - continua - noi abbiamo una professionalità e
un'autonomia da difendere". Ed è per questo che come Cdr - promettono -
"andremo fino in fondo". Anche lui, Daniele Luttazzi, non intende
affatto cedere. Con questo gesto - sottolinea il comico - l'ad di Telecom
Italia Media "rischia di mandare in fumo il suo lavoro di tre anni, anni
in cui aveva creato un' emittente che dava l'immagine di una rete libera.
Mentre ora chiude un programma per una battuta con cinque puntate già
registrate nel cassetto?". La motivazione "è che si tratta di un
insulto ma non lo è. Quell'insulto - aggiunge Luttazzi - rappresentava solo
un'immagine in una articolata pagina di satira che si lega alla tradizione di
Ruzzante e che era collegata ad Abu Ghraib. Un monologo a cui ho lavorato un
anno e mezzo", dice con rammarico. Insomma tutto questo - aggiunge -
"per me è una cosa umiliante e finché non ho la comunicazione ufficiale
dagli avvocati resto qui al lavoro. E anche se so che non andrà in onda sto
lavorando alla prossima puntata". L'augurio? "E' che possa finalmente
lavorare in un paese dove è possibile esprimere le proprie opinioni
liberamente. Adesso?", conclude. "Non posso far nulla, posso solo
aspettare; ma mi auguro davvero che ci ripensino". 09/12/2007.
ARTICOLI DEL 7 E 8 DICEMBRE 2007
Petruccioli convoca il cda Ci sarà anche Petroni (
da "Stampa, La" del 07-12-2007)
Italia giungla degli spot, la ue ci accusa "sanzioni
troppo basse per chi sfora" - alberto d'argenio (
da "Repubblica, La" del 07-12-2007)
Santoro dà spazio a grillo "ecco la parentopoli in
tv" - emilio randacio walter galbiati (
da "Repubblica, La" del 07-12-2007)
La realtà manipolata a colpi di emozioni (
da "Manifesto, Il" del 07-12-2007)
Tommaso s'arrende, ok a Petroni (
da "Tempo, Il" del 07-12-2007)
Procedura Ue: "Troppi spot in tv" (
da "Giornale.it, Il" del 07-12-2007)
Troppi e cattivi gli spot in tv - giovanni valentini (
da "Repubblica, La" del 08-12-2007)
Finalmente caso Rai-Mediaset in tv Ma la destra attacca
AnnoZero ( da "Unita, L'"
del 08-12-2007)
Ue: Troppi spot in tv . Procedura contro l'Italia Si aprirà
martedì. La Commissione: non rispettato l'intervallo di 20 minuti (
da "Unita, L'" del 08-12-2007)
Le accuse mosse dall'Europa (
da "Unita, L'" del 08-12-2007)
Come prima ( da "Unita, L'"
del 08-12-2007)
L'Europa: troppi spot in tv (
da "Secolo XIX, Il" del 08-12-2007)
Sempre più italiani davanti alla tv: cresce Sky e raddoppia
il digitale ( da "Corriere della Sera"
del 08-12-2007)
Se il futuro della Rai è il ritorno di Raffa (
da "Corriere della Sera" del 08-12-2007)
Santoro ancora sotto accusa Landolfi: Pluralismo disatteso (
da "Tempo, Il" del 08-12-2007)
Eccesso di spot in tv, l'Ue multa l'Italia (
da "Manifesto, Il" del 08-12-2007)
La Vigilanza Rai: Santoro fazioso La7 blocca Luttazzi (
da "Libero" del 08-12-2007)
Articoli
Petruccioli convoca il
cda Ci sarà anche Petroni
(sezione: RAI MEDIASET)
( da "Stampa, La" del
07-12-2007)
RAI Petruccioli convoca il cda Ci sarà anche Petroni
ROMA Il presidente della Rai Claudio Petruccioli ha
convocato il consiglio di amministrazione per mercoledì 12 dicembre. È arrivato
infatti l'atteso via libera dall'azionista ministero dell'economia sulle
procedure da seguire dopo la sentenza del Tar che ha reintegrato il consigliere
Angelo Maria Petroni e della quale il Consiglio di Stato ha negato la
sospensiva. La Rai ha infatti reso noto che il Ministero
dell' Economia e delle Finanze, suo azionista di maggioranza, in risposta a una
lettera del Presidente Petruccioli del 19 novembre, ha ricordato "la
pronuncia del Tar dell'8 novembre che comporta il reintegro del Prof. Angelo
Maria Petroni in seno al Consiglio di Amministrazione". "Non
ritenendo allo stato di dover assumere alcuna iniziativa, il Ministero osserva
che resta di competenza esclusiva dell'organo
amministrativo della Società ogni comportamento conseguente alla predetta
pronuncia, nell'interesse dell'Azienda", rende noto la Rai. Deborah Bergamini intanto ha presentato una querela per
diffamazione contro il quotidiano "La Repubblica" per le
intercettazioni pubblicate il 21 novembre scorso su Rai-Mediaset. \.
Italia giungla degli
spot, la ue ci accusa "sanzioni troppo basse per chi sfora" - alberto
d'argenio (sezione: RAI MEDIASET)
( da "Repubblica, La" del
07-12-2007)
Economia Italia giungla degli spot, la Ue ci accusa
"Sanzioni troppo basse per chi sfora" Bruxelles apre una procedura:
le autopromozioni vanno inserite nel tetto Pronta la lettera della Commissione
al governo italiano Due mesi per replicare ALBERTO D'ARGENIO BRUXELLES - La
pubblicità trasmessa dai canali televisivi italiani, in particolare dalle
grandi emittenti commerciali, finisce nel mirino dell'Unione europea: troppi spot
in barba alle regole comunitarie, televendite eccessivamente lunghe e sanzioni
irrisorie. E' un vero atto d'accusa contro la tv nostrana quello preparato in
anni di lavoro dalla commissaria Ue ai Media, Viviane Reding, che si
concretizzerà in una pesantissima procedura d'infrazione contro l'Italia
affiancata dal rinvio in Corte di giustizia per la mancata abrogazione della
legge Gasparri, già condannata da Bruxelles ma ancora in vigore. Per quanto
riguarda la pubblicità, la lettera di messa in mora che darà il via al
procedimento Ue, a quanto risulta a Repubblica, è ormai pronta e non è stata
contestata da nessun collega della Reding. Probabilmente sarà approvata
formalmente e spedita al governo già martedì prossimo in occasione della
riunione settimanale della Commissione, anche se per problemi di calendario
potrebbe slittare a gennaio (il presidente Barroso si è curiosamente impegnato
a non creare problemi alle capitali prima di Natale). Un iter che vale anche
per la Gasparri, definitivamente condannata per una serie di violazioni delle
regole europee (non si tratta di pubblicità) ma ancora in vigore a causa dei
tempi lunghi per l'approvazione della Gentiloni. Per quanto riguarda gli spot,
secondo la Commissione sono molti gli aspetti delle norme italiane e le prassi
che violano la direttiva Ue "Tv senza frontiere" (analisi corroborata
da uno studio indipendente commissionato da Bruxelles). Il primo capo
d'imputazione riguarda i tetti orari: per Bruxelles le emittenti italiane
sforano il limite di 12 minuti di spot all'ora, quello di 20 minuti di
intervallo minimo tra una serie di reclame e l'altra e i criteri per
l'interruzione dei film. Si passa poi alle televendite nelle tv generaliste,
ovvero quelle non specializzate in questo genere di trasmissioni: le nostre
leggi non le calcolano nei tetti orari e permettono che durino più di 15 minuti
l'una, in palese violazione delle regole comunitarie. E nel mirino di Bruxelles
sono entrate anche le cosidette autopromozioni, ovvero le pubblicità di
programmi trasmessi dalla stessa rete che le manda in onda: in Italia,
contrariaremente a quanto prescritto dall'Europa, non sono considerate
pubblicità. Con l'aggravante di interrompere programmi che non potrebbero
esserlo, come le news di durata inferiore ai 30 minuti, e di trasmettere più
pubblicità del consentito. Ma non finisce qui, visto che secondo la Ue la legge
non applica alle autopromozioni le regole base per garantire il rispetto della
dignità umana e la non-discriminazione. A peggiorare ulteriormente il quadro
contribuisce il sistema sanzionatorio. Secondo la Reding le multe sono troppo
basse per avere un effetto deterrente. In poche parole, conviene infischiarsene
e pagare ammende irrisorie rispetto agli introiti incassati mandando in onda un
numero eccessivo di spot. Dunque, è il corollario, l'Italia dovrebbe prevedere
multe proporzionate alle violazioni, così da scoraggiare chi fa il furbo. Roma
avrà due mesi di tempo per rispondere e dovrà farlo in modo convincente se
vorrà evitare una condanna definitiva. Ovviamente tutte le violazioni vengono
attribuite al sistema nazionale (la Ue non procede mai contro singoli, bensì contro i governi), ma quando verranno sanate a risentirne
di più saranno i big della raccolta pubblicitaria, a partire da Mediaset e Rai. Anche se, fanno notare alcuni addetti ai lavori, tra un paio di
anni alcune accuse potrebbero cadere con l'entrata in vigore del nuovo testo
della direttiva.
Santoro dà spazio a
grillo "ecco la parentopoli in tv" - emilio randacio walter galbiati (sezione: RAI MEDIASET)
( da "Repubblica, La" del 07-12-2007)
Gentiloni ad "Annozero": gravi
le telefonate tra Rai e Mediaset Santoro dà spazio a Grillo "Ecco la Parentopoli in tv"
EMILIO RANDACIO WALTER GALBIATI MILANO - Sabina Guzzanti che imita il Cavaliere
davanti a una bottiglia di champagne, in una stanza piena di ori e quadri
preziosi. Gli ospiti in studio che dibattono sul degrado in cui è caduta la tv
di Stato. E, infine, un video di uno spettacolo di Beppe Grillo che
denuncia l'ennesimo scandalo del mondo informativo made in Italy e l'elenco,
mai passato sul piccolo schermo, sui parenti e gli "amici degli
amici", assunti in Rai. La puntata di
"Annozero" di Michele Santoro dal "Libera/occupata", era
molto attesa. Soprattutto perché alla vigilia, l'opposizione voleva sbarrare la
strada alla mandata in onda della trasmissione. "L'onorevole Santoro
continua a fare il militante di parte usando, con tasche piene di euro, il
servizio pubblico al servizio della sua fazione", tuonava alla vigilia
l'ex ministro di An, Maurizio Gasparri. Una lettera del presentatore al
direttore generale, Claudio Cappon, zittiva ogni polemica: "Erano stati
invitati diversi esponenti del centrodestra, Paolo Romani, Paolo Bonaiuti,
Fabrizio Cicchitto e il presidente Mediaset Fedele
Confalonieri, ma hanno declinato l'invito per altri impegni". Ed ecco,
dunque, andare in onda il processo alla tv di Stato. Con l'ennesimo j'accuse di
Grillo che punta l'indice contro la parentopoli all'interno di viale Mazzini.
"Ci ho messo quindici giorni per scovarli", spiega alla sua platea
divertita il comico genovese. Poi, su un grande schermo appare un elenco
interminabile di nomi dei presunti raccomandati. Per non parlare della
graduatoria in cui la fondazione americana dal beffardo nome "Casa della
Libertà", secondo cui l'Italia è all'82° posto per libertà di stampa. Poi,
nello studio di Michele Santoro, entra in scena il dibattito sullo stato di
salute della Rai, in cui si registrano schermaglie tra
gli ex componenti del Cda di viale Mazzini, Lucia Annunziata e Marcello
Veneziani. Alla fine vengono riproposti i brogliacci delle telefonate
anticipate da Repubblica, avvenute tra i vertici della Rai
e di Mediaset, alla vigilia delle elezioni regionali
del 2005, in
cui si concordano i palinsesti. L'attuale ministro delle Telecomunicazioni,
Paolo Gentiloni, rimarca l'inopportunità di quei dialoghi, accusando Silvio
Berlusconi e del suo potere sulle televisioni. Veneziani abbozza una risposta,
sostenendo che basta confrontare i dati d'ascolto per capire che sotto il
governo del Cavaliere, non c'è stato alcun assoggettamento nei confronti di Mediaset. Santoro sfodera i numeri e dimostra che sotto il
governo Berlusconi bis, le sue reti hanno goduto di una rimonta in termini di
ascolto, ma anche di ricavi pubblicitari.
La realtà manipolata a
colpi di emozioni (sezione: RAI MEDIASET)
( da "Manifesto, Il" del
07-12-2007)
"Chi l'ha vista?" di Norma Rangeri. Una
spietata analisi della televisione, l'elettrodomestico che ha il potere di
attrarre l'attenzione dello spettatore, unita alla denuncia della messa in
scena del corpo delle donne per solleticare propensioni adolescenziali e
voyeur. Infine, la critica alla colonizzazione della tv da parte del sistema
politico per piegarla ai propri fini Rossana Rossanda Perché le pagine di Norma
Rangeri sull'italica Tv, Rai e Mediaset (Chi l'ha vista?, Rizzoli 2007, pp. 315, euro 17) -
documentazione ma scrittura piena di humour - lascia pensierosi e a disagio?
Perché anche a chi non si faceva illusioni, il disastro si rivela peggiore di
quanto si sospettava: quel che affiora sul piccolo schermo è solo la parte
emergente di un iceberg di traffici e vigliaccate che costituiscono il
basamento del duo-monopolio audiotelevisivo italiano. Tale che la
recente scoperta degli scambi di cortesie fra Rai e Mediaset non ne è più che un modesto scampolo. È il sistema
che è guasto. Ne abbiamo colpa anche noi che la sera lavoriamo di telecomando
in cerca di qualcosa di "altro" e prima o poi lo troveremo nella
folla di canali satellitari, non fosse che un documentario sugli scavi in
Egitto, sul pinguinotto che si getta per la prima volta in mare, e lo scontro
fra generali nella seconda guerra mondiale. Quanto basta per andar a dormire.
Che Rai e Mediaset siano
quelle che sono, sembra ineluttabile come l'effetto serra. Siamo abituati.
Quelli come noi accendono la tv non per avere la notizia, ma per vedere
"come" la danno. Un film si cerca al cinema. È tanto se cadiamo sulla
buona serata di Santoro, Lerner, Fazio, diamo un occhiata a "Otto e
mezzo", e ci rallegriamo se ogni tanto capitano Arbore o Fiorello. E così
si va avanti, fin annoiati dal gioco dei cambi dei presidenti e direttori che
non cambiano assolutamente nulla. Chi si ribella più? Fa parte del paesaggio.
Anzi, ci si accontenta del meno peggio. In fondo Santoro è tornato, Fazio va
bene, il Tg 1 di Riotta è sempe meglio di quello di Mimun. Ma se la smettessimo
di dirci che la tv non conta, non cambia né una testa né un voto né il senso
comune di un paese su cui rovescia ore e chilometri di sederi femminili,
revolverate, sangue, preti, poliziotti e le poderose scemenze del reality? Senza
mollarci dalla culla alla tomba, dall'infante che la mamma, stanca, parcheggia
davanti al video, a noi vecchi che arriviamo la sera stonati? Di scrivere che,
piaccia o no, questa è la realtà e non resta che subirla in onda? Che i
genitori non hanno che da sedere davanti al video con la prole per comunicarle
una distanza critica - come se non ne fossero istupiditi anche loro? E dico
loro per dire noi. Chi non si è imbambolato ogni tanto su Dallas o Beautiful o
i pacchi di Bonolis? Non mi è capitato un pomeriggio di scoprirmi attaccata a
una storiaccia di Alda d'Eusanio? Taroccata o no, la tv sa manipolare il nostro
lato voyeur, i residui adolescenziali, le autoassoluzioni che ci portiamo
dentro. Ma non potrebbe farlo con un poco più di intelligenza? Norma ci spiega
perché in Italia non si può. Per mille motivi più uno, tutto nostro e
nazionale. Dei mille il primo è che - ha ragione Mac Luhan - il mezzo è il
messaggio. Il mezzo è seduttivo e ti passivizza, l'interattivita è una
frottola, puoi scegliere il menu ma sono la Rai o Mediaset (e dietro Endemol & C) che cucinano, sono loro
qualità e tempi di somministrazione, loro il dominio della subliminalità. Un
telespettatore non sarà mai simile a un lettore davanti alla sua biblioteca.
Quanto a noi, che ci siamo a ragione ribellati alla critica edificante, non ci
è lasciato che il trash, cui ogni tanto attribuiamo virtù popolari e
sovversive. Intanto la sagra delle immagini ha raggiunto l'interessante
obiettivo di farci funzionare più a emozione che a riflessione. Siamo fra i
pochi che amano Debord ma sguazziamo nella società dello spettacolo. Se almeno
si ammettesse che la tv è un incantatore di serpenti. Ben che vada, un
incantatore colto di serpenti riflessivi. Perché, secondo, nel primato del
privato sul pubblico e della merce come relazione-tipo, la tv non è più (se lo
è mai stata) un servizio pubblico e essenzialmente seduce all'acquisto. Sulla
perdita di senso della parola pubblico nella nostra cultura (o statale, anzi
governativo, o privato) altri e più sapienti di me hanno scritto. Sulla
mercificazione come regola della tv Carlo Freccero l'ha spiegato da anni: non è
essa a dare spazio alla pubblicità, è la pubblicità a darne alla tv. La merce
materiale e immateriale, che dal punto di vista del meccanismo fa lo stesso,
regge l'intero sistema. E qui Norma Rangeri aggiunge - e finora nessuno l'aveva
fatto con altrettanto freddo furore - che la merce più usata è in tv il corpo
femminile: sederi e seni, culi e tette per dirla come si usa adesso, sono
l'ingrediente principale. Non le donne, che sarebbe tutt'altro discorso, ma
alcune parti della nostra anatomia, la faccia arrivando buona terza. Con più o
meno forzosa complicità delle nostre sorelle di sesso - non solo le vallette e
le veline roteano con giubilo il sedere davanti alla camera che lo inquadra dal
basso, ma le meglio conduttrici esibiscono intimo e cordelle, mentre ministre e
professioniste sfoderano volentieri a Porta a Porta (press office del
parlamento) gambe e scollature. L'Italia si inchina davanti al Vaticano e
appena volta le spalle si precipita non nell'erotico (troppo complicato) ma nel
pecoreccio. Del resto saperlo e scriverlo non ha comportato neppure per
Freccero o Guglielmi produrre granché d'altro. Anzi, già l'averlo pensato - e
va ad ammettere che sia facile riuscirvi - ha fatto sì che finissero al confino
o addirittura fuori. Perché, terzo, e specifico del paese è che a tutti i
nostri governi, di centro, centrodestra, centrosinistra o sinistra che fossero,
il sistema è andato sempre bene. Neppure fanno finta di non essere lo sfacciato
proprietario della baracca. Lo era stato Bernabei per la Dc (perché ci si è
scandalizzati quando il Vespa ha riconosciuto che essa era il suo editore di
riferimento?), si è vantato di esserlo Silvio Berlusconi, lo rimane il
centrosinistra prima e seconda edizione. L'idea che un servizio pubblico non
significa servizio "di" e "al" governo non sfiora la nostra
classe dirigente, o la sfiora nei convegni e subito sparisce nella pratica. Se
non è del governo la tv ha da essere del tale o talatro imprenditore e viva la
concorrenza - il pubblico, inteso come autonomia di chi produce e elaborazione
da parte dell'utente, non ha posto. L'elenco che Norma Rangeri ci presenta o ci
ricorda è sterminato: soffietti e/o censura, terremoto e neppur sotteraneo a
ogni cambio di squadra a palazzo Chigi, impossibilità per quella colossale
editrice che è la Rai di costruirsi uno stile, una
squadra, di darsi delle regole che non siano all'ascolto diretto o introiettato
dei poteri in carica. Eppure c'è stato un periodo, fra il 1968 e i primi anni
Settanta, nel quale anche a viale Mazzini sono stati scossi da una ventata, il
corpaccio ha reagito, ha avuto guizzi di libertà e fantasia - ma quando è stato
capace di imporsi come autonomo? La sinistra, che allora non era al governo ma
pensava perché pesava sul paese, non aveva in mente che spazzar via la Dc, per
cui senza incidenti subentrarono il cavaliere ("non faremo
prigionieri") o il "negoziamo" prediletto dagli ex comunsiti.
Negoziamo, si intende, fra noi. E la politica stessa non essendo più un
progetto ma un ceto che amministra, occupare i media non ha neanche significato
darvi un'impronta ma essere stabilmente piazzati nel video, le proprie facce e
quelle dei vassalli, degli amici e fin dalle transitorie compagne di letto -
avanti tutti. Ogni tanto c'è una rivelazione, segue lo scandalo dei
benpensanti, interviene la magistratura e lo spettacolo continua. Non credo che
al tempo di una democrazia meno incorporea si stesse granché meglio, la scena
era meno vasta, i conflitti più visibili, una sinistra non ancora decotta, ma
la minestra servita dal video era sempre quella delle classi dirigenti. Ma nel
tempo dei media che sembrano un allargamento della ricezione e della
partecipazione, il terreno della comunicazione è diventato più esteso, le sue
centrali di comando più accentrate e invasive, l'interlocuzione è sempre e solo
delegata, il massimo denominatore comune culturalmente parlando è sempre più
basso, nel frastuono che con la fine della storia ha esentato dal dovere di
pensare. Non poteva essere che così? Non credo. In quel che chiamiamo la sfera
politica, il gigantismo molle e canceroso dei poteri, è sicuro che il terreno e
i mezzi del confronto sono mutati. Non ne è venuto un crescere del confronto ma
del baccano, tale e quale nel web, dove pochi sono gli scambi di idee nel
baccano di milioni di voci singole che gridano per esistere. Ma il web è
libero, tutti sono uguali e quindi, perlopiù, nulla, mentre la tv è un gran
produttore di merce di consumo. Monopolio o duopolio a questo punto non fa
differenza. Se non le si garantisce un'autonomia aperta e severa non c'è scampo
allo spettacolo miserevole delle infinite spartizioni del microfono e degli
infiniti sgambetti perché l'avversario non ci arrivi. E l'avversario che resta
fuori è illimitato. Questo ci grida, con calma e spietatezza, Norma. Non credo
siano molti i critici che hanno "tv amiche", qualche occhio di
riguardo per qualcuno. Norma Rangeri non lo ha per nessuno, e non deve esserle
facile. Dalla sua eroica postazione di sei ore al giorno - e poi si dice lavori
usuranti - davanti al malefico piccolo schermo vi dice tutto quel che vede e il
molto che non si vede. Cosa di cui i diversi direttori, presidenti, consiglieri
perlopiù non hanno fatto. Se ci fosse un partito serio, che non concepisse
viale Mazzini come riserva di caccia, la prenderebbe in parola. Domani, subito.
Tommaso s'arrende, ok a
Petroni (sezione: RAI MEDIASET)
( da "Tempo, Il" del
07-12-2007)
Padoa Schioppa si arrende. Il ribaltone in Rai non è andato in porto, il consigliere di amministrazione
di Viale Mazzini Angelo Maria Petroni può tornare al suo posto. Home prec succ
Contenuti correlati Rai, Petroni batte Padoa Schioppa
Tarquinia s'arrende Bagnoregio allunga Fabrica fa harakiri Civitavecchia doma
l'Acilia Petronilli: "Tre punti d'oro" Tommaso Gandino Fabrizio
Frizzi svela i suoi ... Decreto sicurezza, il governo pone la fiducia Padoa
scopre solo ora il caro-benzina Infatti, il presidente della Rai
Claudio Petruccioli ha convocato il consiglio di amministrazione per mercoledì
12 dicembre. E lo ha potuto fare perché è arrivato arrivato l'atteso via libera
dall'azionista, il ministero dell'Economia retto appunto da Tommaso Padoa
Schioppa, sulle procedure da seguire dopo la sentenza del Tar che ha
reintegrato il consigliere Angelo Maria Petroni e della quale il Consiglio di
Stato ha negato la sospensiva. La Rai ha reso noto che
il dicastero di via XX settembre in risposta a una lettera del presidente
Petruccioli del 19 novembre, ha ricordato "la pronuncia del Tar dell'8
novembre che comporta il reintegro del professor Angelo Maria Petroni in seno
al Consiglio di Amministrazione". "Non ritenendo allo stato di dover
assumere alcuna iniziativa, il Ministero osserva che resta di competenza
esclusiva dell'organo amministrativo della Società ogni comportamento
conseguente alla predetta pronuncia, nell'interesse dell'Azienda", rende
noto la Rai. Fuori dal burocratese significa che Padoa
Schioppa ha alzato bandiera bianca. Ha rinunciato a ulteriori forzature sul
nono consigliere, quello che stabilisce la maggioranza in consiglio che è
formato da altri quattro consiglieri riferimento del centrodestra e altrettanti
del centrosinistra. Petroni era stato nominato dal governo Berlusconi e rimosso
dall'esecutivo Prodi. Al suo posto era stato inserito Fabiano Fabiani,
presidente dell'Acea, uomo legato a Prodi ma anche a Veltroni. Petroni dal
canto suo aveva iniziato una battaglia giudiziaria con una serie di ricorsi che
fin qui gli hanno dato ragione. E un'altra battaglia legale si sta per aprire.
Deborah Bergamini ha presentato una querela per diffamazione contro il
quotidiano La Repubblica per le intercettazioni pubblicate
il 21 novembre scorso su Rai-Mediaset in relazione all'inchiesta sul fallimento di Hdc. Infine ieri
sera ad "Annozero", la trasmissione di Santoro su Raidue, si è parlato della lista stilata da Beppe Grillo di parenti
di personaggi importanti assunti in Rai. Raffaella
Carrà, presente in studio, ha detto: "Fate tornare Grillo e la
Guzzanti". Il ministro Gentiloni ha risposto: "Sono
d'accordissimo". 07/12/2007.
Procedura Ue:
"Troppi spot in tv"
(sezione: RAI MEDIASET)
( da "Giornale.it, Il" del
07-12-2007)
Di Redazione - venerdì 07 dicembre 2007, 16:02 Bruxelles
- "Il numero eccessivo di spot sulle tv italiane è inaccettabile".
Così Martin Seylmar, portavoce del commissario Ue alle Tlc, Viviane Reding, ha
confermato come sia in arrivo una procedura di infrazione contro il nostro
Paese. La decisione - ha spiegato - "sarà presa dalla Commissione Ue
martedì prossimo. Generalmente - ha spiegato il portavoce del commissario
Reding - siamo soddisfatti del modo in cui Agcom agisce nel contesto
dell'attuale legislazione italiana. Ma è proprio questa legislazione a essere
incompatibile con le regole della direttiva Ue Tv senza frontiere e deve essere
quindi cambiata". "Siamo da molto tempo in contatto con le autorità
italiane - ha aggiunto Seylmar - e c'è stato uno scambio di molte lettere. E
molti progressi sono stati fatti. Ma ancora non basta. Perché un numero
eccessivo di spot non è accettabile". Le accuse Tre, in particolare, le
accuse mosse alla legislazione italiana: la prima - ha spiegato il portavoce
del commissario Reding - è che le tv italiane non rispettano sia il tetto
massimo di 12 minuti di pubblicità ogni ora, sia quello di 20 minuti di
intervallo tra una striscia e l'altra di spot. Poi, c'e il problema delle
telepromozioni nelle reti generaliste come quelle di Rai e Mediaset, che non vengono calcolate nei tetti orari sopra citati. Infine
le autopromozioni, quelle che pubblicizzino programmi trasmessi dalla stessa
rete, che in base alle norme vigenti in Italia non sono considerate pubblicità.
Oltre all'Italia - ha quindi spiegato Seylmar - anche la Spagna è nel mirino
per il numero eccessivo di spot trasmesso sulle reti televisive.
"La commissione da parecchi anni insiste che le regole televisive sulla
pubblicità vengano fermamente rispettate in ogni Stato membro" ha concluso
il portavoce.
Troppi e cattivi gli
spot in tv - giovanni valentini
(sezione: RAI MEDIASET)
( da "Repubblica, La" del
08-12-2007)
Commenti IL SABATO DEL VILLAGGIO TROPPI E CATTIVI GLI SPOT IN TV GIOVANNI VALENTINI Il presidente di Mediaset, Fedele Confalonieri, non ha fatto in tempo a rilanciare il suo
anatema contro la riforma televisiva presentata dal ministro delle
Comunicazioni Paolo Gentiloni, bollandola come "una pistola puntata alla
tempia di Berlusconi", che dalla Commissione europea filtra l'annuncio di
una procedura d'infrazione contro l'Italia per la mancata abrogazione
della legge Gasparri, già censurata da Bruxelles e tuttora in vigore. La nostra
televisione, insomma, va sotto processo davanti alla Corte di giustizia
europea. E questo rinvio a giudizio, confermando la legittimità delle critiche
che qui rivolgiamo da sempre al sistema televisivo, convalida la necessità e
l'urgenza di una riforma attesa ormai da molti anni. C'è troppa e, a volte,
anche cattiva pubblicità nella tv "made in Italy"? è eccessivo il
bombardamento degli spot, mini-spot, autopromozioni, telepromozioni e
televendite? Gli indici di affollamento, orari e giornalieri, non vengono
rispettati? Non siamo noi a dirlo. Ora lo afferma, con tutta l'autorità che le
compete, la Commissaria europea ai Media, Viviane Reding, denunciando che le
sanzioni in Italia sono troppo basse (il rapporto è di uno a dieci, circa mille
euro di multa per ogni minuto di sforamento contro diecimila di fatturato).
Ancor prima della signora Reding, nel luglio del 2006 era stato il presidente
dell'Autorità sulle Comunicazioni, Corrado Calabrò, a rilevarlo in una
segnalazione inviata al governo nell'ambito dei propri poteri. Il suo richiamo
si concentrava in particolare su due punti: primo, la sproporzione fra le
violazioni commesse dalle emittenti tv in campo pubblicitario e le sanzioni
previste dalle legge; secondo, la procedura lenta e farraginosa di accertamento
e contestazione attraverso una diffida preliminare. Su entrambi questi temi, il
ministro Gentiloni è intervenuto tempestivamente, proponendo alcuni emendamenti
alla sua riforma ancora all'esame del Parlamento. E su altri aspetti minori,
pure oggetto di censura da parte di Bruxelles, l'Authority ha già deliberato
autonomamente l'8 novembre scorso, stabilendo che anche in Italia le
autopromozioni (quelle cioè con cui le reti annunciano e promuovono i propri
programmi) devono rispettare come nel resto d'Europa un intervallo di 20 minuti
l'una dall'altra e che d'ora in poi le cosiddette televendite (i siparietti
commerciali in cui lo stesso conduttore o la stessa conduttrice si trasforma in
testimonial di questo o quel prodotto) devono durare almeno 15 minuti, in modo
da non essere confuse con gli spot ai fini dell'affollamento pubblicitario.
Sono regole, appunto, non "pistole puntate", minacce, ritorsioni o
vendette. Regole in difesa dei telespettatori, innanzitutto. Ma anche a tutela
del mercato, della concorrenza, del pluralismo e della libertà d'informazione.
Se qualcuno bluffa o bara a questo tavolo, insieme a tutto il pubblico ne
pagano le conseguenze gli altri media, vecchi e nuovi, a cominciare proprio dai
giornali: non a caso il nostro resta l'unico Paese del mondo occidentale in cui
la pubblicità televisiva supera quella della carta stampata, arrivando
addirittura al 55% della "torta" complessiva. E allora, oltre ai
legittimi interessi delle aziende editoriali, ne vanno di mezzo la circolazione
delle idee e delle opinioni, la formazione dell'opinione pubblica, la raccolta
del consenso, la stessa democrazia. Questo è, per così dire, il nocciolo duro
della "questione televisiva" in Italia. La posta in gioco non è
soltanto di natura economica, ma anche politica, culturale e civile. Ecco
perché la riforma tv non può diventare materia di trattativa o di negoziato,
non può essere scambiata con quella della Rai né
tantomeno con quella elettorale o costituzionale. E per lo stesso motivo, si
tratta di una priorità assoluta, già trascurata colpevolmente in passato dal
centrosinistra e tenuta al momento ancora in "stand by" dal
Parlamento. Da una parte o dall'altra, nessuno pensi però di usare questa
moneta per comprare o vendere alcunché. Allora, sì, diventerebbe davvero una pistola
puntata contro qualcuno, un'arma impropria di pressione o di ricatto. Il
conflitto d'interessi si trasformerebbe così in un duello rusticano, un duello
all'ultimo sangue, un regolamento di conti al di fuori delle regole e della
trasparenza. (sabatorepubblica.it).
Finalmente caso
Rai-Mediaset in tv Ma la destra attacca AnnoZero
(sezione: RAI MEDIASET)
( da "Unita, L'" del
08-12-2007)
Stai consultando l'edizione del "Finalmente caso Rai-Mediaset in
tv" Ma la destra attacca "AnnoZero" Il centrodestra protesta per
la puntata di AnnoZero, dedicata al caso Rai-Mediaset, con ospite il ministro delle Comunicazioni Paolo Gentiloni,
stigmatizzando l'assenza di contraddittorio. Il presidente della Vigilanza,
Mario Landolfi, parla di "pluralismo disatteso". Mentre
l'Unione difende Santoro: Marco Follini (Pd) boccia i processi fatti e subiti
dalla tv. "Annozero - sottolinea Landolfi - si è trasformato in un eroico
"Veneziani contro tutti". C'è sicuramente materia per portare quanto
accaduto all'attenzione del prossimo ufficio di presidenza". Maurizio
Gasparri (An) punta il dito contro "l'inaudita violazione delle regole
fondamentali della democrazia". Da Forza Italia, Giorgio Lainati accusa
Gentiloni di affermazioni false: "Ha detto candidamente che la tv
pubblica, in occasione delle elezioni regionali dell'aprile 2005, avrebbe
deliberatamente agito per stravolgere la diffusione degli exit poll e delle
proiezioni elettorali relative al numero di Regioni vinte e perse dagli
schieramenti politici". E sempre dal centrodestra parte l'iniziativa di
alcuni membri dell'Agcom che chiedono che il Consiglio valuti il rispetto delle
regole del contraddittorio, ma il commissario Stefano Mannoni precisa:
"Non è un'iniziativa politicamente connotata, ma semplicemente una
verifica di routine". Se Santoro - che già aveva spiegato di aver
incassato il no all'invito da parte di esponenti Fi - non replica ("Se poi
mi verranno mossi rilievi formali, risponderò come ho sempre fatto"),
l'Unione lo difende. Dal Pd, Roberto Cuillo e Giorgio Merlo plaudono a Santoro
che ha "finalmente portato in tv il caso Rai-Mediaset". Follini non ha visto AnnoZero e non dà
giudizi, ma avverte: "Non credo che la politica ad ogni trasmissione possa
dedicarsi a celebrare il referendum tra chi critica i programmi e chi li
difende. I processi non vanno né quando la tv li fa, né quando li
subisce".
Ue: Troppi spot in tv .
Procedura contro l'Italia Si aprirà martedì. La Commissione: non rispettato
l'intervallo di 20 minuti
(sezione: RAI MEDIASET)
( da "Unita, L'" del
08-12-2007)
Stai consultando l'edizione del Ue: "Troppi spot in
tv". Procedura contro l'Italia Si aprirà martedì. La Commissione: non
rispettato l'intervallo di 20 minuti / Roma LA NORMATIVA italiana sulla
pubblicità finisce nel mirino del commissario Ue ai Media Viviane Reding, che
martedì proporrà al collegio Ue di aprire una proce- dura di infrazione contro
Roma. A confermarlo è stato Martin Seylmar, portavoce della Reding.
"Vogliamo che le leggi italiane sulla pubblicità siano cambiate" ha
detto elencando alcune delle principali preoccupazioni di Bruxelles. "La
durata delle pubblicità di 12 minuti l'ora, in base alle norme Ue, non viene
rispettata -ha spiegato- le televendite non sono incluse in questi 12 minuti ed
inoltre l'autopromozione non viene considerata come pubblicità. In più le
sanzioni contro chi viola le norme sono deboli". Seylmar ha quindi
spiegato che martedì, alla riunione a Strasburgo, Reding proporrà l'apertura
della procedura contro l'Italia ai colleghi, attraverso l'invio di una lettera
di messa in mora al governo. Per Bruxelles la direttiva "Tv senza
frontiere" , che regola il quadro giuridico in materia, fornisce "il
giusto equilibrio", ha detto Selmayr, sottolineando che una
"pubblicità eccessiva non è accettabile". "Generalmente - ha
spiegato il portavoce del commissario Reding - siamo soddisfatti del modo in
cui Agcom agisce nel contesto dell'attuale legislazione italiana. Ma è proprio
questa legislazione ad essere incompatibile con le regole della direttiva Ue Tv
senza frontiere, e deve essere quindi cambiata". "Siamo da molto
tempo in contatto con le autorità italiane - ha aggiunto Seylmar - e c'è stato
uno scambio di molte lettere. E molti progressi sono stati fatti. Ma ancora non
basta. Perché un numero eccessivo di spot non è accettabile". Tre, in
particolare, le accuse mosse alla legislazione italiana: la prima - ha spiegato
il portavoce del commissario Reding - è che le tv italiane non rispettano sia
il tetto massimo di 12 minuti di pubblicità ogni ora, sia quello di 20 minuti
di intervallo tra una striscia e l'altra di spot. Poi, c'e
il problema delle telepromozioni nelle reti generaliste come quelle di Rai e Mediaset, che non vengono calcolate nei tetti orari sopra citati. Infine
le autopromozioni, quelle che pubblicizzino programmi trasmessi dalla stessa
rete, che in base alle norme vigenti in Italia non sono considerate pubblicità.
La risposta dell'Agcom, chiamata in causa, non si è fatta attendere. Il
numero eccessivo di spot sulle tv italiane è un dossier aperto anche sul tavolo
dell'Autorità per le garanzie nelle Comunicazioni, ha fatto sapere l'Agcom. La
commissione Servizi e prodotti ha appena approvato il nuovo regolamento sulle
televendite. Sarà a giorni in Gazzetta ufficiale il nuovo regolamento sulle
televendite. Sui canali generalisti, cioè quelli non esclusivamente dedicati
alla televendita, questa va inserita in "finestre di programmazione"
con una "durata minima ininterrotta di 15 minuti". La delibera
stabilisce anche le "autopromozioni", che pur non essendo computate
nei limiti di affollamento, devono rispondere alle norme sulla
"riconoscibilità" del messaggio pubblicitario rispetto al resto del
programma.
Le accuse mosse
dall'Europa (sezione: RAI MEDIASET)
( da "Unita, L'" del
08-12-2007)
Stai consultando l'edizione del Le accuse mosse
dall'Europa 12 muniti Secondo la Commissione Ue sulle tv italiane non viene
rispettata la durata del tetto pubblicitario che non deve superare i 12 minuti
l'ora. 20 minuti È l'intervallo di tempo che deve passare tra una pubblicità e
l'altra. Anche questo intervallo non viene rispettato dai media italiani. La Ue
è chiara: "Una pubblicità eccessiva non è accettabile". Telepromozioni Nelle rete generaliste come Rai e mediaset non vengono considerate come pubblicità, quindi non
calcolate nei tetti orari citati prima. L'autopromozione Sono quelle che
pubblicizzano programmi trasmessi dala stessa rete, che in base alle norme vigenti
in Italia non sono considerate pubblicità. L'Agcom L'autorità per le
garanzie nelle Comunicazioni ha fatto sapere che un nuovo regolamento sulle
televendita sarò a giorni pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale. La scheda.
( da "Unita, L'" del
08-12-2007)
Stai consultando l'edizione del Come prima Maria Novella
Oppo LA GRANDE satira è poco presente in tv; o meglio, è presente per lo più
come citazione e come memoria. Nel caso peggiore ("Porta a porta") è
usata come espediente per trainare ascolti o come antidoto alla insopportabile
presenza di Sandro Bondi. Anche AnnoZero, nell'ultima puntata, ha fatto ampio e
utile uso di filmati di Sabina Guzzanti, a suo tempo
censurati dalla gang Rai-Mediaset. E oggi? C'è Crozza che introduce Ballarò e dilaga su La7, dove
ha trovato asilo perfino l'efferato criminale Luttazzi. Poi ci sono gli eventi
eccezionali (come Benigni), per così dire fuori dal tempo e dallo spazio, ma
soprattutto fuori dal controllo della mediocrità di Del Noce, fantasma del
passato regime tuttora in grado di nuocere. Di satira (perfino
religiosa!) ce n'è anche un po' su Sky (Comedy Central, giovedì ore 21), dove
va in onda un Paolo Hendel scatenato, che parla da un'Italia virtuale, tale e
quale a quella reale, sulla quale, non si sa com'è, continua a imperversare la
banda del Bassotto, nonostante il governo Prodi. FRONTE DEL VIDEO.
L'Europa: troppi spot in
tv (sezione: RAI MEDIASET)
( da "Secolo XIX, Il" del
08-12-2007)
Ogni regola è saltata, la Ue pronta a partire con la
procedura d'infrazione contro l'Italia LA BEFFA peggiore? Il rischio che, dopo l'assalto
degli spot, siano ancora una volta i contribuenti a pagare. Cioè noi. Perché
potrebbero piovere multe milionarie sul governo italiano, colpevole di non aver
posto un argine alla debordante pubblicità televisiva. E una multa
all'esecutivo, come si sa, non la pagano gli ultimi premier, Prodi e
Berlusconi, e nemmeno i loro ministri. Ma i cittadini. Troppi spot. È l'accusa
che proviene dall'Europa. Troppe pause pubblicitarie nei programmi. Troppo
ravvicinate, troppo invadenti. Con quel suadente effetto trapano che
annichilisce chiunque non sia abbastanza lesto con il telecomando. Una cascata
di pubblicità (e di risorse) che viene fagocitata dal piccolo schermo in barba
a ogni regola, impoverendo gli altri media e cannibalizzando ogni concorrenza.
Così va giù dura, la commissaria europea alle telecomunicazioni Viviane Reding.
Martedì partirà la procedura d'infrazione contro l'Italia. E contro quel
guazzabuglio di interruzioni, promozioni, televendite che invade gli schermi
italiani e che è appannaggio, in prevalenza, della Rai e di Mediaset. Male come noi, nel continente, va solo la Spagna e ci
dev'essere un'attitudine tutta latina a questo disordine catodico. LA
COMMISSARIA. La Reding è una donna di ferro, di quelle che la Mitteleuropa
plasma con generosità superiore rispetto alle nostre latitudini. È una
cristiana-democratica, una conservatrice nell'ambito del Ppe. E questo sgombera
il campo al primo dei sospetti: una manovra della sinistra contro il Cavaliere
e il suo impero televisivo. La Reading appare davvero preoccupata per la
qualità della vita dei telespettatori e per la qualità del sistema. E poi c'è
anche una questione di supremazia: "La Commissione da parecchi anni
insiste che le regole televisive sulla pubblicità vengano fermamente rispettate
in ogni Stato membro". Insomma: in un sistema europeo, l'Italia non può
comportarsi come una monade impazzita. Nel frattempo, è il fanalino di coda in
tutta Europa per quanto attiene la confusione del sistema della pubblicità in
tv. Non è la prima volta che il commissario mette l'Italia nel mirino. L'ha
fatto sia in occasione dello scandalo Telecom, sia sul mancato amplimento dei
fornitori di reti a banda larga per internet. l'annuncio. "Il numero
eccessivo di spot sulle tv italiane è inaccettabile": così Martin Seylmar,
portavoce del commissario della Reding, tuona. E spiega come sia in arrivo una
procedura di infrazione contro il nostro Paese. "La decisione "sarà
presa dalla Commissione Ue martedì prossimo", conferma. Seylmar non misura
troppo le parole. "Siamo soddisfatti del modo in cui Agcom (l'Autorità per
le garanzie nelle Comunicazioni, ndr) agisce nel contesto dell'attuale
legislazione italiana. Ma è proprio questa legislazione ad essere incompatibile
con le regole della direttiva Ue Tv senza frontiere, e deve essere quindi
cambiata".Aggiunge: "Siamo da molto tempo in contatto con le autorità
italiane e c'è stato uno scambio di molte lettere. Molti progressi sono stati
fatti. Ma ancora non basta. Perché un numero eccessivo di spot ormai non è più
accettabile". la legge. C'è però un problemino non da poco. Cambiare
l'attuale legislazione sulle televisioni rappresenta uno degli scogli su cui da
anni è arenata la politica italiana. E non è facile intuire, con i chiari di
luna tra i quali prosegue la sua marcia l'attuale governo, che cosa possa
accadere in un futuro anche non remoto. Con la Gentiloni sotto scacco e un
panorama politico tutto in evoluzione. Al quale possono far comodo sia Rai sia Fininvest così come sono oggi. Con le attuali
risorse. la campagna. Forse non era il giorno giusto, ma la prima reazione che
giunge dal governo è la presentazione... di uno spot. È la campagna di
informazione sul risparmio e sull'efficienza energetica. Promossa dal ministero
dello Sviluppo Economico e da quello dell'Ambiente, l'iniziativa prevede una
serie di spot, programmati sulle reti Rai e, da
gennaio, su altre emittenti. Di altri media, per ora, neppure di parla.
L'authority. Gli spot a raffica sono finiti anche in un dossier, sul tavolo
dell'Autorità per le garanzie nelle Comunicazioni. E c'è una recente novità. È
stato approvato da poco (l'8 novembre) il nuovo regolamento sulle televendite e
il presidente dell'authority Corrado Calabrò, anche di recente, ha sollevato
con forza il problema della debolezza del sistema di sanzioni previste dalla
legge. Le telepromozioni dovranno durare almeno quindici minuti, tutti di
filato. Questo per arginare il trucco di alcune emittenti: inseriscono brevi
telepromozioni nel bel mezzo dei programmi aggirando così il divieto di spot. E
anche le autopromozioni (la pubblicità di programmi in onda sulla stessa rete)
dovrà avere chiare caratteristiche di riconoscibilità, rispettare il vincolo
dei venti minuti tra l'una e l'altra e non interrompere i programmi per i
bambini. Poi c'è la partita delle multe. Troppo blande, regolate da meccanismi
farraginosi e inconcludenti. Conclusione: vale la pena mandare in onda una
valanga di spot. Anche se si viene pizzicati dagli organismi di controllo, ne
vale lo stesso la pena, perché in cassa entra molto, ma molto di più. il trend.
Certo, la pubblicità televisiva continua a dimostrarsi uno dei mezzi
maggiormente remunerativi per chi investe. Tanto che si moltiplicano anche in
Italia canali satellitari e digitali dedicati esclusivamente alle televendite,
dopo il successo di Mediashopping, targata ovviamente Biscione. I brevi filmati
diventano loro stessi piccoli oggetti di culto (spesso sono di qualità assai
superiore alle trasmissioni in onda sulle reti generaliste) e generano nuovi
utili approdando su nuovi mezzi, come i telefonini cellulari. La voracità del
sistema, però, mette incrisi sia gli altri media tradizionale, sia lo sviluppo
dei più recenti, come internet. La conclusione, però, è che si rischia
veramente un paradosso. Dopo essere stati storditi dall'assalto degli spot,
incalzanti, spesso sparati a volume altissimo, fuor da ogni regola, gli
italiani rischiano ora di pagare di tasca loro, se la procedura della
Commissione europea decidesse di sanzionare il nostro Paese per il caos in tv.
marco menduni 08/12/2007 l'ultimatum"Le regole sulla pubblicità devono
essere seguite da tutti i Paesi dell'Unione" 08/12/2007 VIVIANE REDING, 56
anni, è commissario europeo incaricato della società dell'informazione e dei
media. È nata a Esch-sur-Alzette in Lussemburgo, è sposata, ha tre figli, ha
studiato alla Sorbona. È stata editorialista del Luxemburger Wort. Ha diretto
l'Unione Lussemburghese dei giornalisti dal 1986 al 1998. La sua carriera
politica inizia nel 1979, con l'elezione a deputato nel Lussemburgo. Nel 1989 è
diventata deputato europeo, dove è rimasta fino alla nomina nella Commissione
Prodi nel 1999 con l'incarico di Commissario per l'educazione, la cultura, i
giovani, i media e lo sport. Reding milita nel partito Cristiano Sociale
(centro destra) di cui è stata vice presidente dal 1995 al 1999. Tra le sue
battaglie, quella contro il caro-roaming, le tariffe esose per le chiamate tra
cellulari tra Stati diversi. 08/12/2007 l'ammonimento"Un numero eccessivo
di interruzioni ormai non è più accettabile" 08/12/2007.
Sempre più italiani
davanti alla tv: cresce Sky e raddoppia il digitale (sezione: RAI MEDIASET)
( da "Corriere della
Sera" del 08-12-2007)
Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Spettacoli -
data: 2007-12-08 num: - pag: 53 categoria: REDAZIONALE Il
rapporto Per il Censis i giovani si allontanano da Rai e Mediaset Sempre più italiani davanti alla tv: cresce Sky e raddoppia il
digitale MILANO - C'era il sospetto, ora è una certezza: gli italiani vedono la
televisione, eccome. Sono perfino aumentati. Diciamo che la guardano, e poi o
lo negano o ne parlano male. è quanto rileva il XXXXI rapporto del
Censis, che studia e fotografa il comportamento degli italiani in vari campi.
Per quanto riguarda il piccolo schermo il dato è sorprendente (o forse no), ma
certamente in controtendenza rispetto a quel che si dice in giro: se si
considera come "pubblico televisivo" l'insieme di tutte le persone
che seguono i programmi di una qualunque emittente tv, sia essa analogica o
digitale, satellitare o terrestre, via cavo o via Internet, questo è aumentato.
Nel 2007, infatti, gli utenti televisivi sono passati dal 94,4% al 96,4% della
popolazione, rafforzandone ancora di più la natura di mezzo universale. La tv
satellitare è cresciuta molto. Sky, nata in Italia nell'agosto 2003, ora ha
superato i 4 milioni di abbonati e il Censis sottolinea che - sempre prendendo
come campione l'intera popolazione - si è passati da una percentuale del 17,7%
a una del 28,3%: oltre 10 punti in più nel solo 2007. Raddoppiano pure quanti
hanno deciso di seguire la tv digitale terrestre: nel 2007 sono passati dal 7%
al 13,9% (gli italiani sopra i quattordici anni). Il Censis studia tutte le
forme di televisione: da quella più tradizionale - la cosiddetta generalista
che ancora "unisce" il Paese grazie al Festival di Sanremo o alla
finale di calcio di Coppa del mondo, passando per grandi regali come Roberto
Benigni che legge la Divina Commedia di Dante - a quella più innovativa. Ancora
incerta, però. "I dati sulla tv via Internet e via telefonino - si legge
nel rapporto - sono ancora bassi, ma quello che importa sottolineare è che oggi
guardare la televisione significa avere l'opportunità di scelta tra una di
queste possibilità. Non per tutti, ma per molti e oggi, non in un futuro più o
meno lontano". Una cosa però è certa: i giovani preferiscono altre forme
di televisione. Per dirla banalmente, a Rai, Mediaset, La 7 preferiscono la tv satellitare o digitale
terrestre (o su Internet). Del resto il grande successo di serie americane come
Dexter, Desperate Housewives, Lost, arrivano tutte dal satellite: lì i più
giovani si sono appassionati, lì hanno lanciato la moda, poi approdata sulla tv
generalista. Non a caso il Censis sottolinea un calo di sei punti percentuali
nella visione della tv tradizionale da parte dei giovani: dal 99,1% al 93,5%.
Contestualmente, nella fascia dei giovanissimi, la tv satellitare arriva al
41%, la tv via cavo al 9,4% e la tv via Internet all'8,6%. E pure gli italiani
con più alti livelli di istruzione contribuiscono a questo cambiamento. Tra i
diplomati e i laureati c'è sempre un buon 94% che segue la tv tradizionale,
però anche un 34,5% di pubblico di tv satellitare, un 16,2% di digitale
terrestre; cui si aggiunge anche un 7,1% di utenti tv via Internet e un 6,3% di
tv via cavo. C'è perfino un 1,1% di pubblico che segue programmi sul
videofonino. Poco, certo. Però almeno alla fatidica domanda che ci facciamo
tutti: ma qualcuno guarderà la tv sul telefonino?, ora sappiamo cosa
rispondere. Ma. Vo. "Dexter" La serie Usa racconta la vita di Dexter
(nella foto a destra): di giorno è perito ematologo della polizia di Miami, di
notte dà la caccia ai serial killer sfuggiti alla giustizia.
Se il futuro della Rai è
il ritorno di Raffa (sezione: RAI MEDIASET)
( da "Corriere della
Sera" del 08-12-2007)
Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Spettacoli TV
- data: 2007-12-08 num: - pag: 61 categoria: REDAZIONALE A fil di rete di Aldo
Grasso Se il futuro della Rai è il ritorno di Raffa I
l futuro della Rai è la Carrà, andiamo bene! Sì, la
Carrà, quella dei fagioloni, delle lacrime di Carramba!. Grande professionista,
ma forse la Rai avrebbe bisogno di qualcosa di
diverso. Povera Raffa, lei non ne può niente (sta promuovendo un suo dvd e
passa da un programma all'altro) ma se Michele Santoro, nella sua furia
ideologica, pensa di riformare l'azienda con il ritorno della Carrà significa
che non c'è speranza: bisognerebbe chiudere Viale Mazzini, buttare via la
chiave e riscrivere le regole del Servizio pubblico. Altrimenti è meglio
privatizzare. Il futuro della Rai sono i Gemelli
Diversi, cui è affidata, in un italiano stento, la critica alla tv (loro che
sono dei miracolati di Mtv): "Qualche milione di persone vuole una pupa
come quella del secchione fai attenzione all'assuefazione che dalla spazzatura
che vedi in televisione. No signore ha ragione l'autore nessuna discussione
segui il copione, fissa la tecnica su come si recita una rissa frenetica a
buona domenica siediti e medita chiediti cosa meriti o vuoi finire sull'isola
dei patetici?". Al perché della loro presenza in video, uno dei due ha
risposto: "Bisogna stare all'interno del meccanismo per combatterlo",
e magari promuovere l'ultimo cd. Sembra facile parlare di tv ma se non ci
fossero stati gli abbondanti frammenti di Raiot edi
Beppe Grillo la noia avrebbe presto oscurato Annozero (Raidue,
giovedì, ore 21.10). Quelli che fanno tv dovrebbero cercare di affrontare
l'argomento televisivo con più circospezione e meno presunzione. Altrimenti
sembra che esista una sola tv, nel mare magno della spazzatura, che meriti di
essere guardata: la loro. Come se Santoro fosse un corpo
estraneo, come se non fosse mai passato da Rai a Mediaset, come se non lavorasse nella rete di Antonio Marano. L'analisi
dei tg di Marco Travaglio pareva molto simile a una di Umberto Eco del 1973. Il
nuovo che avanza.
Santoro ancora sotto
accusa Landolfi: Pluralismo disatteso
(sezione: RAI MEDIASET)
( da "Tempo, Il" del
08-12-2007)
Santoro ancora sotto accusa Landolfi: "Pluralismo
disatteso" In attesa che il Cda torni a riunirsi mercoledì e che Petroni
decida se impugnare o no gli atti approvati dal consiglio in sua assenza, per
la Rai c'è l'ennesimo caso Santoro. Il centrodestra protesta per la
puntata di giovedì di Annozero sul caso Rai-Mediaset. Home Politica prec succ Contenuti correlati PROSSEDI Sequestro
di persona, cade l'accusa Nel 2006 ... Accusa Mclaren "La Renault ci
copiava tutto" Guede ha violentato Meredith ma lui accusa: uccisa da un
italiano Accusata di aver seminato il terrore con rapine e furti fra ...
Tommaso s'arrende, ok a Petroni Berlusconi: "Con Walter vado avanti"
Il presidente della Vigilanza, Mario Landolfi, parla di "pluralismo
disatteso". Critico l'ex ministro delle Comunicazioni Maurizio Gasparri
che parla di "gravissima violazione della par condicio" e, dopo aver
sentito il presidente Petruccioli, lo ringrazia per aver "condiviso le sue
osservazioni". L'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni
probabilmente si occuperà del caso. 08/12/2007.
Eccesso di spot in tv,
l'Ue multa l'Italia (sezione: RAI MEDIASET)
( da "Manifesto, Il" del
08-12-2007)
La Commissione europea aprirà una procedura d'infrazione
contro le telepromozioni. Monito da Bruxelles: "Le leggi italiane sulla
pubblicità devono essere cambiate" Alberto D'Argenzio Bruxelles Sulla tv
italiana circola troppa pubblicità, se n'è accorta pure Bruxelles. "Il
numero eccessivo di spot sulle televisioni italiane è inaccettabile",
afferma secco Martin Seylmar, portavoce della commissaria alla
telecomunicazioni Viviane Reding. Data la situazione, peraltro non nuova, la
settimana prossima il gabinetto Barroso è pronto a lanciare una procedura di
infrazione contro l'Italia. "La decisione - ha confermato Seylmar - sarà
presa martedì". Lo scorso 18 luglio era partita la seconda fase della
procedura di infrazione contro Roma per la legge Gasparri, perché
ha favorito Rai e Mediaset nel passaggio dall'analogico al digitale. Adesso anche la
pubblicità finisce nel mirino comunitario, a ulteriore prova della debolezza
delle norme televisive italiane (e la legge Gentiloni non è ancora stata
approvata) e del trattamento di favore riservato alle reti pubbliche e a quelle
di Berlusconi, che si accaparrano la quasi totalità delle promozioni.
Secondo Bruxelles, le emittenti del Belpaese hanno il difetto, tra le altre
cose, di non rispettare le indicazioni contenute nella norma comunitaria
"Televisione senza frontiere" per quel che riguarda i tempi e i modi
delle promozioni. In particolare sforano il tetto massimo di 12 minuti di
pubblicità all'ora e non rispettano l'intervallo di 20 minuti tra uno spot e
l'altro. Altro tasto dolente è quello delle televendite nelle reti generaliste,
come quelle di Rai e Mediaset,
che non vengono conteggiate nei limiti orari e che durano oltre la soglia
massima di 15 minuti. E per finire arrivano le autopromozioni (le pubblicità di
programmi che vengono trasmessi dalla stessa emittente) che da noi, caso unico
in Europa, non vengono conteggiate come pubblicità e interrompono anche
programmi che dovrebbero rimanere vergini da spot, come i tg di durata
inferiore alla mezz'ora. Per tutte queste ragioni Bruxelles "vuole che le
leggi italiane sulla pubblicità siano cambiate", ha detto ancora Seylmar.
Cambiate anche perché al momento il sistema sanzionatorio è inefficace. Nel
mirino della Commissione non c'è tanto l'organo di vigilanza Agcom, che commina
multe irrisorie, ma la legge in sé che non prevede misure dissuasorie serie. E
così in Italia conviene infrangere la legge piuttosto che rispettarla, visto
che le ammende sono comunque inferiori agli introiti pubblicitari. La decisione
di lanciare una procedura di infrazione arriva dopo un fitto scambio di lettere
tra Bruxelles e Roma e dopo una serie di avvertimenti caduti nel vuoto.
"Da parecchi anni la Commissione - continua il portavoce della Reading -
insiste che le regole televisive sulla pubblicità vengano fermamente rispettate
in ogni Stato membro". Oltre all'Italia, problemi in vista anche per la
Spagna sempre per via degli spot selvaggi. Per il portavoce di Articolo 21,
Giuseppe Giulietti, il lancio della procedura di infrazione "è l'ennesima
conferma dell'anomalia italiana nel sistema dei media. Uno scandalo per tutta
l'Europa - insiste Giulietti - che addirittura si tramuterà in nuove sanzioni
multi-milionarie, che si riverseranno su tutti i contribuenti italiani. Un
costo insopportabile per lo Stato e il governo sull'altare del permanente
conflitto di interessi, sempre più evidente e che non sembra si voglia ancora
affrontare concretamente". Giulietti chiede all'esecutivo un decreto
d'urgenza che rimetta le cose - e sono tante - a posto. Ma per assurdo Roma può
contare invece sul calendario, visto che tra un paio d'anni, all'entrata in vigore
della revisione della direttiva "Tv senza frontiere" (approvata a
fine novembre dal Parlamento europeo), alcune sue pecche verranno
automaticamente sanate con il nuovo testo, più permissivo sulla durata e la
frequenza degli spot.
La Vigilanza Rai:
Santoro fazioso La7 blocca Luttazzi
(sezione: RAI MEDIASET)
( da "Libero" del
08-12-2007)
Italia 08-12-2007 La Vigilanza Rai: Santoro fazioso La7 blocca Luttazzi "Pluralismo
disatteso". Per Mario Landolfi, presidente della Commissione di Vigilanza Rai, la puntata Annozero dedicata a Rai-Mediaset, non ha rispettato le regole del gioco. "È vero che Santoro
ha invitato a parlare di Rai alcuni esponenti di Forza Italia che hanno declinato l'invito,
ma è anche vero che la Commissione annovera personalità in grado di conferire
alla trasmissione quell'equilibrio nelle presenze e quel pluralismo nelle
opinioni che sono stati clamorosamente disattesi". Nel parterre era
presente soltanto il nostro editorialista Marcello Veneziani. Sempre ieri La7
ha deciso di sospendere la trasmissione "Decame ron" di Daniele
Luttazzi. Motivo? Le offese e le volgarità rivolte a Giuliano Ferrara nella
puntata di sabato scorso, fanno sapere dalla rete. Salvo per uso personale è
vietato qualunque tipo di riproduzione delle notizie senza autorizzazione.
ARTICOLI DEL 6 DICEMBRE 2007
La Vigilanza
grazia Padoa-Schioppa: non sarà ascoltato sul caso Petroni (
da "Libero" del 06-12-2007)
"AMICI"
UN CORNO ( da "Libero"
del 06-12-2007)
Rai-mediaset,
viale mazzini si muove chieste le intercettazioni ai pm milanesi - walter
galbiati emilio randacio ( da "Repubblica, La"
del 06-12-2007)
Senza titolo
pag.1 ( da "Giornale.it, Il"
del 06-12-2007)
Il caso (
da "Tempo, Il" del 06-12-2007)
Benigni vince
ancora, Canale 5 crolla ( da "Opinione, L'"
del 06-12-2007)
Il futuro del
digitale terrestre ( da "Stampa, La"
del 06-12-2007)
Articoli del 6 dicembre 2007
La Vigilanza grazia
Padoa-Schioppa: non sarà ascoltato sul caso Petroni (sezione: RAI
MEDIASET)
( da "Libero" del
06-12-2007)
Anzitutto 06-12-2007 La Vigilanza grazia Padoa-Schioppa:
non sarà ascoltato sul caso Petroni La commissione parlamentare di Vigilanza
non sentirà il ministro Tommaso Padoa-Schioppa sulla vicenda del reintegro di
Angelo Maria Petroni nel consiglio di amministrazione della Rai,
dopo le decisioni del Tar del Lazio e del Consiglio di Stato. Ad avanzare la
richiesta era stato l'esponente di Forza Italia Giorgio Lainati. Intanto è
slittato a martedì il voto della commissione di Vigilanza
sulla risoluzione connessa alla vicenda Rai-Mediaset, presentato dal capogruppo del Pd, Fabrizio Morri. Le assenze
tra i commissari hanno fatto mancare il numero legale. Infine il ministro della
Comunicazioni, Paolo Gentiloni ha ribadito che "il governo non ricorrerà a
un decreto per riformare la Rai, visto che ci sono i margini per
un confronto in Parlamento". Salvo per uso personale è vietato
qualunque tipo di riproduzione delle notizie senza autorizzazione.
"AMICI" UN
CORNO (sezione: RAI MEDIASET)
( da "Libero" del
06-12-2007)
Attualità 06-12-2007 "AMICI" UN CORNO
FRANCESCA D'ANGELO ROMA Tra tutti i direttori Rai,
Antonio Marano appare, decisamente, come il più temerario: con la sua Raidue, che dal 2006 traghetta (non senza sforzi) per il
mare di Auditel, vuole sempre stupire. Prima, benedicendo SuperSimo alla guida
dell'"Isola dei famosi 5", nonostante la crisi attraversata dai
reality show. Adesso, alzando la posta in gioco. E di molto. Marano ha infatti
deciso di sfidare a duello, sul suo stesso terreno, nostra signora
dell'intrattenimento: Maria De Filippi. Non è dato sapere se "Maria la
sanguinaria" terrà fede al soprannome conferitole da Dagospia, consumando
un massacro dei suo rivali. Comunque vada, però, il testa a testa sarà serrato
e declinato in due round. Il primo scatta sotto Natale, il 22 dicembre alle 14.
Per questa data è previsto il debutto su Raidue di
"Scalo 76". Un contenitore a base di show, musica, ballo e
multimedialità, la cui messa in onda coincide, guarda caso, con quella di
"Amici": dalle 14 alle 17 del sabato pomeriggio. L'obiettivo di
controprogrammare il famoso talent show di Mediaset è
palese. La notizia ha già fatto il giro dei blog come "operazione
Anti-Amici", sollevando la curiosità degli internauti: riuscirà Marano, si
chiede il popolo web, a sottrarre ascolti alla De Filippi? I pronostici sono i
più disparati, anche perché i dettagli latitano. Lo stesso ufficio stampa di Raidue, contattato da Libero, preferisce non fornire
anticipazioni prima della presentazione stampa di "Scalo 76". Il
progetto dunque è top secret. L'idea, comunque, pare sia quella di raccontare i
grandi eventi storici e del costume attraverso la musica. Un progetto molto
ambizioso, dunque. A oggi è noto il terzetto nel quale sono riposte le speranze
del canale: Daniele Bossari, Maddalena Corvaglia e Paola Maugeri. Tre contro
uno. Ma la lotta non è impari visto che dall'altra parte della barricata si
staglia una stakanov della tv, Mrs Costanzo. Tra l'altro proprio nel 2001
Daniele Bossari aveva tenuto a battesimo "Saranno famosi", senza fare
sfracelli in Auditel. La consacrazione del talent show è arrivata, infatti,
dopo il passaggio di conduzione Bossari - De Filippi e il cambiamento di nome
in "Amici di Maria". Dalla loro, comunque, la bionda, la bruna e l'ex
di "Campioni, il sogno" hanno il vantaggio di essere una squadra ad
alto tasso teen, particolarmente nota al pubblico di Mtv. Qui per lungo tempo
hanno fatto gli onori di casa Paola Maugeri ("Select") e Daniele
Bossari. Quest'ultimo è poi passato in Rai nel 2003, a
condurre "Furore", e poi in Mediaset,
presentando "Super star Tour", "Top of the Pops" e, come
inviato, la prima stagione de "La fattoria". L'ex velina di
"Striscia la notizia" Maddalena Cornovaglia, invece, ha al suo attivo
il recente "Balls of stell", dove figurava in qualità di Miss
Adrenaline. Un nome un programma. Al terzetto di sfidanti, dunque, i
giovani del web fanno i loro migliori auguri. Auspicando che il programma sia
migliore di quanto lasci presupporre il nome. Perché è proprio attorno al
titolo che si addensano le prime perplessità. Nato per sottolineare la fattura
milanese della produzione, "Scalo 76" si riferisce, per l'appun to, al
civico degli studi Rai costruiti nel capoluogo
lombardo, in via Mecenate. Una trovata giudicata infelice. Ma tant'è. E se
"Scalo 76" do vesse fallire come antidoto AntiAmici, Antonio Marano
ha già pronto un asso nella manica: restituirà alla De Filippi pan per
focaccia, sfoderando un talent show proprio sulla falsa riga di
"Amici". Il progetto è in fase di lavorazione ma è stato confermato,
per la primavera 2008, dallo stesso direttore di Raidue
a margine della conferenza stampa di chiusura dell'"Isola dei famosi
5". Inizialmente il programma doveva essere "Italian Idol",
adattamento del reality "American Idol". Ora, ha anticipato Marano,
il progetto è cambiato diventando "X - Factor". Stando ai rumors, si
tratterebbe di un talent show canoro, il cui esplicito obiettivo è emulare
"Amici". In questo caso, non ci sarà nessuna triade alla guida del
format: il presentatore sarà uno solo. E in pole position come alter ego delle
De Filippi figura Simona Ventura. Il dado è tratto. Salvo per uso personale è
vietato qualunque tipo di riproduzione delle notizie senza autorizzazione.
Rai-mediaset, viale
mazzini si muove chieste le intercettazioni ai pm milanesi - walter galbiati
emilio randacio (sezione: RAI MEDIASET)
( da "Repubblica, La" del
06-12-2007)
I legali dell'azienda dal magistrato Laura Pedio,
titolare dell'indagine sul fallimento Hdc, per avere le registrazioni Rai-Mediaset, viale Mazzini si
muove chieste le intercettazioni ai pm milanesi Interessano i colloqui della
Bergamini, sospesa in modo cautelare WALTER GALBIATI EMILIO RANDACIO MILANO -
Il primo passo formale è stato compiuto. Ieri una delegazione della Rai, guidata dal direttore dell'Internal Audit, Marco Zuppi, si è
recata presso la Procura di Milano per studiare come acquisire le telefonate
dello scandalo Rai-Mediaset. Svariate pagine di brogliacci telefonici che hanno rivelato un
presunto accordo tra la dirigenza della Rai e quella della
rivale Mediaset per gestire in comune i palinsesti delle due emittenti
televisive. L'intento era quello di favorire Silvio Berlusconi, allora
capo del governo, nelle sue apparizioni televisive e la sua parte politica in
occasione delle elezioni regionali del 2005. Delle ottomila pagine di
intercettazioni per il fallimento della Hdc, la società del sondaggista Luigi
Crespi famoso per essere stato l'autore del patto con gli italiani, ai
rappresentanti dell'Internal Audit di Viale Mazzini interessano in particolare
i colloqui telefonici di Deborah Bergamini, l'ex assistente personale di Silvio
Berlusconi e direttore Marketing della Rai (oggi
sospesa cautelarmente), finita nei brogliacci dell'inchiesta per la sua
vicinanza con lo stesso Crespi. Zuppi, accompagnato dai legali esterni della Rai, è stato ricevuto ieri pomeriggio nell'ufficio del
sostituto procuratore Laura Pedio, titolare della indagine sul fallimento Hdc
insieme con il collega Roberto Pellicano. Secondo alcune indiscrezioni, la
delegazione avrebbe chiesto copia degli atti relativi al coinvolgimento di
alcuni dipendenti della Rai, ma poiché i brogliacci
delle conversazioni telefoniche non hanno valore probatorio, gli avvocati
avrebbero chiesto le registrazioni delle conversazioni dalle quali sono state
tratte le sintesi diffuse dai media. Al momento, però, non risulta ancora
possibile acquisirle perché si trovano nella disponibilità del giudice per
l'udienza preliminare, Marina Zelante, e devono essere sottoposte alla verifica
di un perito. L'interesse della Rai è sapere se
l'azienda può essere considerata una parte lesa. Non è, tuttavia, ancora chiaro
se a Milano verrà aperta un'inchiesta, l'ipotesi di reato più probabile sarebbe
comunque l'abuso d'ufficio. A Roma, invece, ieri sono andate a vuoto per
mancanza del numero legale due sedute della Commissione di vigilanza Rai, convocata per votare una risoluzione presentata dal
capogruppo del Partito democratico Fabrizio Morri, proprio sulla vicenda Rai-Mediaset. La risoluzione
puntava a far assumere alla Commissione "tutte quelle iniziative utili a
restituire alla Rai credibilità e autonomia a tutela
della missione di servizio pubblico".
Senza titolo pag.1 (sezione: RAI
MEDIASET)
( da "Giornale.it, Il" del
06-12-2007)
La Tv sperimenta: show più corti e senza volti noti di
Laura Rio - giovedì 06 dicembre 2007, 07:00 , in parole semplici: prosegue il
gioco il concorrente che indovina una canzone e la canta. Il primo gennaio
Federica Panicucci si metterà a spiare i bambini intenti ad eseguire qualche compito
per loro difficile seguiti da telecamere nascoste. L'1 gennaio Enrico Papi farà
giocare un concorrente contro 50 bionde (e dunque - secondo tradizione - oche),
divise per fila a seconda del grado di intelligenza. Passando a Rete 4, Roberta
Capua tenterà il talk La seconda volta: due persone si reincontrano dopo aver
passato momenti disastrosi come lo tsunami e parlano di loro stessi e della
tragedia vissuta. Ma Mediaset si prepara a un'altra
piccola rivoluzione. "La nostra idea - spiega Marco Paolini, direttore
marketing del Biscione - è di sperimentare nuove modalità di contenuto e di
produzione su tutte e tre le reti, non solo a dicembre e gennaio, ma
soprattutto durante il prossimo periodo di garanzia (da febbraio), perché il
test è più efficace, avendo il competitor (la Rai) a regime. Un modello potrebbe essere quello del reality senza
studio e senza conduzione (per fare un esempio Cambio moglie). Senza togliere
spazio ai nostri varietà classici, ma a scapito di film e telefilm".
Dunque anche Mediaset si muove nella strategia di show più brevi e leggeri...
"Una filosofia già adottata per Italia 1 che può diventare importante
anche per gli altri canali".
( da "Tempo, Il" del
06-12-2007)
I gazebo di Forza Italia torneranno in piazza ogni fine
settimana fino a quando mancheranno venti giorni alle prossime elezioni
politiche. E se per adesso continueranno a raccogliere le preadesioni al
partito del Popolo delle libertà, più in là costituiranno le sezioni dove gli
elettori si recheranno per votare e scegliere il leader del nuovo soggetto
politico. Home Politica prec succ Contenuti correlati Giornata della memoria a
Casoli CASOLI In 9 giorni di dicembre ... CASOLI ... Caso S.Cosimo in Parlamento Rai-Mediaset, il caso si è già sgonfiato Antenna, un caso controverso Sono
questi i progetti di Berlusconi, emersi durante una riunione che ha tenuto nel
primo pomeriggio con i coordinatori regionali e i vertici di Forza Italia. L'ex
premier sarà, naturalmente, il candidato a livello nazionale di Forza Italia.
Carlo Giovanardi, deputato dell'Udc che ha già annunciato di voler uscire dal
partito quando prenderà forma il nuovo soggetto politico, potrebbe essere
l'esponente centrista in gara. Mentre per An toccherebbe a Fini o all'ex
ministro Gasparri. Anche i Circoli della libertà dovrebbero far gareggiare un
proprio rappresentante. 06/12/2007.
Benigni vince ancora,
Canale 5 crolla (sezione: RAI MEDIASET)
( da "Opinione, L'" del
06-12-2007)
Oggi è Gio, 06 Dic 2007 Edizione 267 del 06-12-2007 Il
regno dell'Auditel Benigni vince ancora, Canale 5 crolla di Guido Del Duca A
meno di una settimana dal successo de "Il quinto dell'Inferno",
Roberto Benigni torna a vincere negli ascolti, questa volta grazie alla sua
ultima fatica cinematografica "La tigre e la neve". Il film, uscito
nel 2005 e accolto molto freddamente da pubblico e critica, totalizza 6.550.000
spettatori con il 26,36% di share. La platea che ha seguito "La tigre e la
neve" ha una composizione alquanto eterogenea: spiccano i giovanissimi,
con il 31,75% di share nella fascia di età tra gli 8 e i 14 anni e il 27,16%
tra i bambini dai 4 ai 7 anni, ma anche gli anziani con il 28,12% tra i 55 e i
64 anni e il 26,77% tra gli over 65. Minori i risultati nelle fasce intermedie
di pubblico, in cui comunque la pellicola supera senza problemi il 20% di
share. Al successo de "La tigre e la neve" fa da contraltare su Canale
5 il risultato disastroso della replica della prima serie di "Caterina e
le sue figlie". La fiction con Virna Lisi, di cui recentemente è andato in
onda il sequel, totalizza appena 2.679.000 spettatori con il 10,67% di share,
il risultato più basso della stagione per il prime time dell'ammiraglia Mediaset. Dopo il buon successo ottenuto da "Caterina e le sue
figlie 2", Canale 5 ha
deciso di replicare la serie andata in onda esattamente due anni fa pensando di
poter contare su un pubblico di affezionati, ma si è scontrata con una risposta
al di sotto di ogni aspettativa, anche da parte dei telespettatori più giovani,
ed è stata superata sia da Rai Tre che da Italia 1. Su
Rai Tre il consueto appuntamento con
"Ballarò" è stato seguito da 3.590.000 spettatori con il 14,69% di
share, con una puntata dedicata ai temi dell'inflazione e della tutela dei
consumatori. Esordisce in modo convincente su Italia 1 "Scappati con la
cassa", trasmissione condotta da Sabrina Nobile, nata da una costola de
"Le Iene" e dedicata, come recita il titolo, a rintracciare
truffatori fuggiaschi in giro per il mondo per intervistarli e recapitare loro
un messaggio di "saluto" delle persone truffate. Lo show ha
totalizzato una media di 2.906.000 spettatori con il 14,05% di share ? e terminando
dopo mezzanotte è riuscito a sfiorare anche il 30% - riscuotendo particolare
attenzione nelle fasce intermedie di pubblico, quelle comprese tra i 15 e i 44
anni. È piuttosto buono anche il debutto su Rai Due
della serata dedicata alle serie americane in prima tv "Ghost
whisperer" e "Desperate housewives". Il primo telefilm, di cui Rai Due ha iniziato a trasmettere la seconda stagione dopo
il successo ottenuto dalla prima questa estate, è stato seguito da 2.563.000
spettatori con il 9,29% di share, mentre la premiere della terza stagione delle
"casalinghe disperate" ha totalizzato 2.098.000 spettatori con
l'8,93% di share. Anche se entrambe le serie si rivolgono a un target
prevalentemente femminile, si evidenziano alcune discrepanze tra i due profili
di pubblico. La serie paranormale "Ghost whisperer" piace al pubblico
adulto fino ai 64 anni appartenente alle classi socio-economiche medio-basse,
mentre "Desperate housewives" si rivolge in prevalenza agli
spettatori di età compresa tra i 15 e i 54 anni e appartenenti sia alle classi
socio-economiche medio-basse che a quelle alte.
Il futuro del digitale
terrestre (sezione: RAI MEDIASET)
( da "Stampa, La" del
06-12-2007)
In contemporanea al debutto sul piccolo schermo del
nuovo canale Mediaset "Iris" dedicato
principalmente al cinema, si svolge venerdì 30 e sabato primo dicembre nella
sala 500 del Lingotto la conferenza nazionale sulla televisione digitale
terrestre, organizzata dall'associazione Dgtvì che riunisce Rai,
Mediaset, Telecom, Italia Media, D-Free, Frt e
Aeranti-Corallo. Al convegno, a cui si può accedere su invito, si fa il punto
sull'offerta digitale in Europa e in Italia, analizzando anche alcune
esperienze come quella delle prime aree "all digital" di Sardegna e
Valle d'Aosta. L'appuntamento è alle 15,15 di venerdì 30 novembre, e alle ore
10 di sabato 1. Fra i momenti di rilievo il confronto tra Antonio Campo
Dall'Orto di Telecom Italia Media, Luca Balestrieri della Rai, Federico di Chio di Mediaset e
Maurizio Costanzo e la tavola rotonda "La via italiana al digitale
terrestre" a cui partecipano Fedele Confalonieri di Mediaset, Claudio Cappon per la Rai, Marco
Rosignoli di Aeranti-Corallo, Tarak Ben Ammar di D-Free, Maurizio Giunco di Frt
e Pasquale Pistorio di Telecom. Conclude il convegno il ministro delle
telecomunicazioni Paolo Gentiloni. \.
ARTICOLI DEL 5 DICEMBRE 2007
Ma l'arresto di
Azouz non è il goal del pareggio ( da "Libero"
del 04-12-2007)
Petruccioli:
con la Cdl divisa riusciremo a fare le nomine (
da "Stampa, La" del 05-12-2007)
Se Mediaset
batte Rai per un soffio ( da "Unita, L'"
del 05-12-2007)
Rai, il
consiglio di stato boccia il tesoro - carmelo lopapa (
da "Repubblica, La" del 05-12-2007)
"questa
azienda è alla paralisi tanto vale andare avanti con lui" (
da "Repubblica, La" del 05-12-2007)
A comandar
intrattenendo Alessandra bazzica in tivù (
da "Unione Sarda, L' (Nazionale)" del 05-12-2007)
Al via il nuovo
polo Tv <nordista> ( da "Giornale.it, Il"
del 05-12-2007)
Fabiani: bene
così Da questa vicenda mi sento fuori (
da "Corriere della Sera" del 05-12-2007)
Il forum di
oggi ( da "Corriere della Sera"
del 05-12-2007)
ROMA Il segnale
c'è e indica che la situazione non è buona, per dirl (
da "Messaggero, Il" del 05-12-2007)
ROMA Una botta
dietro l'altra, una paralisi dietro l'altra, lo scontro tra i partiti cont (
da "Messaggero, Il" del 05-12-2007)
Rai, lo
specchio dell'agonia di governo ( da "Manifesto, Il"
del 05-12-2007)
Intervista a
Massimo Del Frate / Endemol scommette sul genere fiction (
da "Opinione, L'" del 05-12-2007)
Canale 5 vince
il periodo di garanzia in prime time (
da "Opinione, L'" del 05-12-2007)
Per Rai Uno
serata da incorniciare ( da "Opinione, L'"
del 05-12-2007)
Il futuro del
digitale terrestre ( da "Stampa, La"
del 05-12-2007)
Articoli
Ma l'arresto di Azouz
non è il goal del pareggio
(sezione: RAI MEDIASET)
( da "Libero" del
04-12-2007)
Italia 04-12-2007 Ma l'arresto di Azouz non è il goal
del pareggio di LUIGI SANTAMBROGIO E così siamo arrivati al punto di una
pubblica richiesta di scuse a favore di Erba. L'arresto per traffico di droga
del disgraziato Azouz Marzouk ha riportato la cittadina brianzola, dagli abissi
del razzismo bru bru e strappone, di nuovo alle altezze dell'operosità
verginale e onesta delle genti lombarde. Come se si trattasse di un derby di
calcio: Erba, pure a distanza di 11 mesi, finalmente pareggia. Anzi, le manette
al tunisino sono un goal che vale la vittoria. Siamo davvero alla commedia
dell'assurdo, del colpo su colpo, del così "imparano come si sta al
mondo". E ci sarebbe da sorridere se in questa rincorsa alla vendetta, non
ci fossero di mezzo tre vite sgozzate e due esistenze condannate a finire i
loro giorni nella solitudine di una cella. Se qualcuno stesse cercando facili
rivincite su quel tunisino immigrato poco di buono, sbruffone, invadente, con
modi di fare "poco consoni a un parente in lutto", ed ora anche
bastardo spacciatore di cocaina, forse qualche ragione ce l'avrebbe. Però, qui
il forse sta ad indicare una cattiva tentazione, un impuro pensiero e desiderio
di piegare la brutta vicenda a scopi di bottega. Olindo e Rosa vanno
riabilitati? Con Azouz i giudici e soprattutto la stampa hanno già sbagliato
una volta e nel peggiore dei modi. Eppure, qualche giornale ci riprova.
Manipolare la scena del delitto, seminare false tracce per depistare le
indagini e confondere i semplici non serve comunque a nulla. Azouz non è mai
stato Abele, non è mai stato quel padre e marito affettuoso e dolente che
voleva far credere. Ma Caino (e chi spaccia cocaina lo è) può essere anch'egli
vittima di un altro Caino, forse più feroce e crudele di lui. Non si può andare
a pescare nel pozzo torbido dei delitti solo per ristabilire presunte
superiorità morali o etniche. Così, rallegrarsi che il tunisino sia stato
finalmente smascherato per quello che è (un delinquente che, pochi giorni dopo
che gli avevano ammazzato moglie e figlioletto, già scambiava favori in cambio
di sesso), non può essere il modo per rimettere le cose al loro giusto posto.
Perché questo furore è simmetrico all'altro: quello dei reportage e delle
inchieste sinistre sulla Brianza ossessionata berlusconianamente dai dané, di
gente gretta, abituata a farsi gli affaracci suoi. E a nascondere sotto il
tappeto dei suoi lindi salotti la sporcizia delle triste anime. In qualche
misura, oggi affiora nei commenti di qualche giornale, l'atroce insinuazione
che, tutto sommato, Olindo e Rosa un po' di ragione per fare quel che hanno
fatto, dovevano averla. E che, in fondo, quel disgraziato di un immigrato
spacciatore sarebbe stato comunque capace di compiere l'orrenda strage. Altro
che innocente vittima. Il suo arresto, dunque, ridà sollievo, riporta la palla
al centro e il punteggio della partita almeno sulla parità. È chiaro che a
questo punto, Erba avrebbe tutte le ragioni per ricevere pubbliche scuse, dopo
essere stata ingiustamente accusata d'essere un covo di razzisti senza cuore.
Non è così. Riflettiamo: da dove son venute quelle accuse? Nessuno tra gli
erbesi si è mai sognato, in quelle ore che seguirono la strage, di mettere un
cappio al collo del tunisino o di tutti gli extracomunitari presenti in
Brianza. Gli unici a farlo furono, semmai, i giornalisti, equamente ripartiti
tra stampa e tv. Salvo poi cambiare, con una spugnata d'acqua fresca, la
versione dei fatti. Si sa, in questi giochetti il circo mediatico è
imbattibile. Non è mai successo che poi abbia chiesto scusa e neppure un pardon
sottovoce. Figuriamoci con uno che spaccia droga: si può dire tutto, pubblicare
anche quelle intercettazioni che con le accuse non c'entrano nulla. Come quella
frase: "a me del colore delle bare non me ne frega un c.....". Frase
ambigua, ma che in maniera meno volAzouz Marzouk Lapresse gare pure tutti noi
potremmo far nostra (dite: davanti al lutto di un famigliare o di una persona
cara c'è forse qualcuno preoccupato se la cassa è nera o gialla, se ha le
borchie in acciaio translucido o in ottone opaco?) Oppure, quando confessa:
"Se vedo delle belle auto non capisco più niente. Vorrei tornare in
Tunisia per sembrare un pascià". Scandaloso, vero? Forse la smania per le
supercar ad Azouz è venuta dopo aver visto la Bentley nera del suo amico
Corona. Eppure quella frase è diventata il titolo di prima pagina di un grande
giornale nazionale, il cui direttore ci ha fatto pure il suo fondo indignato e
zeppo di richiesta di scuse (degli altri). Facile comportarsi da agit prop,
dimenticando che pure i cattivoni a volte hanno amici che sono altrettanto
cattivi. Ma che non pagano mai dazio. Il tunisino Marzouk di amici e compagni
se n'era fatti di nuovi dopo il massacro di Erba. E non erano mica tossici o
spacciatori, suoi pari da delinquente di suburra. No, tutta gente extra-chic,
vipponi della televisione e dei giornali. Gente che di solito fa scandalo
eppure non sta in galera; loro amoreggiano e se la ridono sulle copertine
patinate dei settimanali più colorati d'Italia. La bella compagnia del tunisino
trafficante Fabrizio Corona, fotografo, finito nei guai per i suoi ricatti (lui
li chiama lavoro) agli stelloni di calcio e tv. È proprio lui a convincere
Azouz a vendergli l'esclusiva del funerale di moglie e figlio. Oppure Lele
Mora, gran scopritore di talenti e talente da mille (euro) e una notte. Mora è
solito farsi fotografare in tuniche bianche, allungato su cuscini e pouf a mo'
di Caligola, circondato da boys e girls della premiata scuderia. Mica un boss
mafioso, anzi: Lele è produttore televisivo, fa businness
con Rai e Mediaset, è il press-agent delle grandi star dello spettacolo. Insomma,
la bella coppia Fabri &Lele ha illuso il tunisino (che del divo si poteva
permettere solo quel ridicolo paio di occhiali scuri): pure lui era degno di entrare
nel dorato e luccicante star-system. Le foto, comprese quelle del
funerale dei poveri parenti di Azouz, erano le più quotate e c'erano (e ci
sono) esimi e immacolati direttori disposti a pagarle più di un Pulitzer. Forse
gli stessi che ora, davanti alle imputazioni che inchiodano il tunisino,
reclamano a gran voce scuse e pentimenti. Corona e Mora non fanno parte del
giro malfamato di Azouz, sono colleghi nostri, professionisti perbene al soldo
del mondo falso della carta inchiostrata e della tv smutandata. Se è colpevole,
il tunisino spacciatore deve scontare fino in fondo la sua pena in un carcere.
Per i pusher di balle e sdegno a pagamento, invece, c'è soltanto il giudizio
dei lettori. Che comunque sanno sempre distinguere i grilli parlanti dalle iene.
la polemica p Che nottata... Ho pippato tutta la notte... p Ho fatto sesso
sporco... p A me quando qualcuno mi dice di non sniffare, sniffo di più per
ripicca p A me piacciono le Bmw, le Audi, le Porsche. Un giorno o l'altro me ne
torno in Tunisia con una di queste che sembro un pascià (...) Quando vedo delle
belle macchine io non capisco più niente "p Sai che ti dico? Che sono
stati i mesi più belli della mia vita. Pensa che mi hanno perfino proposto
soldi in cambio di sesso. Sono arrivati a dirmi: quanto vuoi per far l'amore?
Salvo per uso personale è vietato qualunque tipo di riproduzione delle notizie
senza autorizzazione.
Petruccioli: con la Cdl
divisa riusciremo a fare le nomine
(sezione: RAI MEDIASET)
( da "Stampa, La" del
05-12-2007)
Retroscena Il verdetto scuote il Palazzo Petruccioli:
con la Cdl divisa riusciremo a fare le nomine MARIA GRAZIA BRUZZONE ROMA La
notizia della sentenza del Consiglio di Stato coglie i protagonisti all'aeroporto.
Il ministro Padoa-Schioppa sta rientrando da Bruxelles. Il presidente
Petruccioli e il direttore generale Cappon tornano da Milano, dove hanno
inaugurato il nuovo centro Rai del capoluogo lombardo.
La domanda che tutti si pongono è: cosa succederà adesso? Il presidente della Rai non ha avuto neppure modo di parlare con gli altri
consiglieri per capirne l'orientamento. Sicuramente parlerà informalmente al
cda "ma la vicenda ha altri protagonisti", si sfoga con i suoi
collaboratori. Come dire che in tutta questa storia della revoca di Petroni e
della nomina al suo posto di Fabiano Fabiani, il consiglio di amministrazione e
lui stesso, non c'entrano proprio niente. Non solo da un punto di vista
operativo, ma da quello del diritto. Certo, ora la sentenza del Consiglio di
Stato che reintegra Petroni deve essere attuata, ma in che modo, spetta
all'amministrazione, cioè al ministero dell'Economia, deciderlo. Tanto è vero
che anche dopo la sentenza del Tar, il presidente scrisse una lettera al
ministero, nonché azionista Rai, chiedendo loro come
volevano dare attuazione a quella sentenza. L'ufficio legale Rai
sostiene che è necessaria una nuova assemblea dei soci, per la quale magari
servono tempi lunghi, mentre l'avvocato di Petroni afferma che il reintegro è
immediato. Il presidente non fa questioni. Sentirà gli avvocati, ma la
decisione compete all'azionista. Convochi l'assemblea, mandi una lettera
ufficiale. Dopodiché il cda verrà convocato "e vedremo cosa siamo capaci
di fare". Già, cosa potrà fare la Rai, nell'incertezza
che comunque resta sulle sorti definitive di Petroni e Fabiani?. "Il mio
dovere è far funzionare il consiglio", ripete Petruccioli ai suoi. Il
mandato del cda scade fra 6 mesi e bisogna verificare se in questo tempo si
possono ancora fare due o tre cose utili all'azienda. E degli atti incombono:
il piano editoriale per primo, e poi dovrebbero seguire le nomine. Chissà.
"A luglio le nomine le abbiamo fatte passare 6 a 3, il centrodestra si era
diviso", ricorda. E oggi, con la Cdl ben più frantumata di allora..."
. Insomma, non è detto che anche questa volta non si riesca a trovare il modo
di agire. Dopodiché, il presidente torna sul tema politico. Quello delle
riforme, come del resto fa tutto il centrosinistra. Distingue fra le due leggi
Gentiloni. Quella di sistema, che Confalonieri ha definito
"una pistola puntata alla tempia di Mediaset", e
quella della governance Rai . E qui, "se il clima fosse tale da rendere possibili delle
confluenze...se trattano sulle riforme dei regolamenti parlamentari, non
capisco perché non possano fare altrettanto sulla Rai". Sempre
dialogante, Petruccioli. Sempre attento a non cercare strappi, per
quanto è possibile. Ma questa volta sono in tanti, nel cda a pensarla come lui.
Quanto meno sul come andare avanti. Non solo nel centrodestra, dove Giuliano
Urbani (Fi), compiaciuto per la sentenza che reintegra Petroni, sostiene:
"O ci dimettiamo, o restiamo. E se restiamo, dobbiamo metterci al lavoro e
amministrare la Rai". E Malgieri (An) e Bianchi
Clerici (Lega) si augurano che "il cda si rimetta presto a funzionare nel
migliore dei modi". "Abbiamo perso alcuni mesi di tempo,ora la Rai deve ripartire. Attendiamo che il presidente Petruccioli
convochi il Cda", fa eco Marco Staderini (Udc). Gli altri consiglieri, di
centrosinistra, si limitano a "prendere atto" della decisione del
Consiglio di Stato. Ma anche Sandro Curzi, che ne ha parlato con Nino Rizzo
Nervo, invoca una linea "rapida" rispetto a quella più attendista
prospettata dall'ufficio legale, che potrebbe trovare supporti politici.
"Dalla politica come dalla magistratura si cerca di delegittimarci,
riflette Curzi. "In fondo abbiamo operato col cda con Petroni per molto
tempo, Fabiani ha partecipato a 3-4 riunioni. Quindi andiamo avanti. Per il
bene dell'azienda".
Se Mediaset batte Rai
per un soffio (sezione: RAI MEDIASET
)
( da "Unita, L'" del 05-12-2007)
Stai consultando l'edizione del Se Mediaset
batte Rai per un soffio di Toni Jop I ntanto, Paolo
Ruffini, che parla quasi a nome di tutti e invita: "Però, colleghi,
decidetevi: dobbiamo rispondere di una sconfitta sui numeri, tra l'altro di un
soffio, oppure preoccuparci e rispondere della qualità della programmazione Rai, perché ho la sensazione che i sistemi di riferimento in
base ai quali si misura il lavoro dell'Azienda, oscillino
continuamente...". Non si può dar torto al direttore di Raitre,
anche se, è vero, la zeppa che ci confeziona mentre gli chiediamo cosa pensa
del fatto che Mediaset ha superato la Rai nella cosiddetta fascia di garanzia e nel prime time, ha
una robusta crosta aziendalista. Ed è già sorprendente che ci sia questa
passione aziendalista in un luogo che sta vivendo una discreta crisi di
identità e insieme sta subendo una serie di non trascurabili lacerazioni in
coda al duro quinquennio berlusconiano. Uno può anche far finta che non ci sia
stato un tempo in cui i piani alti dell'Azienda pubblica muovevano i piedini su
un ritmo impartito dall'entourage del padrone di Mediaset.
Ma rischia di uscirne pazzo. Giusto l'altra sera, abbiamo riempito una sala
romana per ricordare Enzo Biagi, spazzato dagli studi Rai
per cinque anni perché dispiaceva al presidente del consiglio assieme ad altri
bravi professionisti che facevano ciò che si sogna sempre più spesso: audience
e qualità allo stesso tempo, la terza via del servizio pubblico. E ora?
Piersilvio Berlusconi esulta per la vittoria: sai che sforzo, vorremmo vedere Mediaset sgovernata per qualche anno da uno che,
dall'esterno ma ben servito all'interno, le dice cosa deve fare per non rompere
le balle alla Rai quando il gioco si fa più duro. Ma
basta piagnucolare. Ruffini ha scelto la sua barriccata: "E poi - aggiunge
- troppi pifferai magici attorno che vorrebbero dettarci i palinsesti
giusti..."; tosto, ma si capisce che sta in una
zattera Rai alla quale non si può imputare granché in questa colata di cifre
d'ascolto dalla quale, tutto sommato, la Rai non esce poi
male se Mediaset - la "tv del Popolo" - passa per qualche decimale.
Torneremo a Ruffini, ma intanto ecco un'altro soggetto pensante al
"microfono", vestito di un diverso d'animo, Giovanni Minoli.
"Perdere serve a riflettere - dice - e lo sostengo dal margine del
palinsesto; il problema Rai è sapere chi è, non il
fatto di aver perso una competizione per un pelo; ma se l'unica questione che
sta a cuore è quella legata ai numeri, allora la Rai
ha perso. Insisto: conviene riflettere, se ne siamo in grado, non mi va di
criticare il lavoro degli altri". Quasi cupo, ma anche lui ha ragione,
queste cose le dice da un pezzo: chi lo ascolta mentre somministra con buon
stile storia e approfondimenti a una platea che, a ore tarde, si sta facendo il
palato per questi piatti di sostanza? Più lieve Sergio Valzania, direttore di
Radiodue forte di un trascorso in tv: "Con che serietà si può andare
avanti in Rai? Lo stesso giorno in cui si materializza
la notizia del prime time, qualcuno ti dice qual è il tuo vero consigliere di amministrazione".
Si riferisce al berlusconiano Petroni e al suo contorto e sorprendente
reintegro nell'organismo Rai. Quasi una barzelletta,
da raccontare. Valzania è sulla stessa linea di Minoli: dice che è il momento
di pensare e di chiedersi cosa cavolo debba essere la tv generalista..."mi
piacerebbe che si riflettesse su cosa è andato bene e cosa meno. Così, magari
scopri che, valuto a occhio..., la fiction quest'anno non c'era come c'era
stata l'anno prima. E poi il solito problema storico: alla Rai
manca Maria De Filippi...". De Filippi? "Non prendermi alla lettera,
sto facendo l'avvocato del diavolo, mi riferisco a quel tipo di relazione che
si stabilisce tra il pubblico giovane e quel modello di situazione. Non è un
mistero che non sono contrario ai reality, se curati con intelligenza. Per
esempio, l'Isola dei famosi non è scivolata su Raiuno
per problemi interni alla Rai, su Raiuno
sarebbe stata un'altra avventura...o li vuoi o non li vuoi". Sembra il
contraltare di Ruffini, ma a ben pensare forse nella sostanza non lo è. Si può
innovare, come sostiene il direttore di Raitre,
contaminando e cosa impedisce - questo è un pensiero nostro - di contaminare un
format militarizzato-rintronato come l'Isola, come suggerisce Valzania? In
fondo, Raitre ha con sé il grande Fazio e quella sua
piazza televisivamente "poliglotta" che, osserva con orgoglio
Ruffini, "contamina proprio il prime time". Quindi, gli spunti ci
sono e i dati d'ascolto non sono una ghigliottina: convinto di questo anche Carlo
Freccero, presidente di Raisat, che invita a non far
drammi perché "la sconfitta è minima". E tira bilanci strategici che
conviene seguire. Alla Rai, sintetizza, è mancato
l'apporto della fiction italiana: "la vera fiction di quest'anno è stata
"Il capo dei capi" ma ce l'aveva Mediaset".
Secondo: "Nei programmi standard che si basano sulla ripetizione e sulla
fidelizzazione, la signora De Filippi ha vinto". Terzo: "I programmi
che potevano affrontare Zelig sono stati due exploit, quelli di Benigni e di
Celentano. Immagina che esito avrebbero avuto se si fosse trattato di quattro
puntate per ciascuno". Quarto: "Canale 5 si è portata in casa la
miglior fiction Usa, "Doctor House"; in conclusione, Mediaset si è presa il meglio di Raiuno
- la fiction italiana - e di Sky, la fiction americana". Quest'ultimo
pensiero di Freccero è quasi una nota al margine ma anche una lampadina
finalmente accesa in una stanza della quale non avevamo percepito fino in fondo
la grande oscurità: "Scorri Raiuno e senti il
bisogno di un soffio di libertà, di aprire le finestre, non ti dà mai l'idea
dell'aerazione". Qualcuno deve avere manomesso i sistemi di aerazione,
vedremo se ci sono registrazioni in materia. TV E BILANCI Mediaset
ha superato di pochissimo la Rai nel periodo di
garanzia. Ne parliamo con Ruffini, Valzania, Minoli e Freccero per capire le
cause. Intanto, sono d'accordo sul fatto che non è cosa grave. Basta che serva
a riflettere.
( da "Repubblica, La" del 05-12-2007)
Rai, il Consiglio di Stato boccia il Tesoro Petroni torna nel cda. La Cdl:
Padoa-Schioppa lasci. E il Pd accelera la riforma Tra gennaio e febbraio il
giudizio definitivo sul ricorso dell'azienda CARMELO LOPAPA ROMA - La Rai senza pace torna nella tormenta politica. Pochi giorni dopo l'esplosione
del caso delle intercettazioni che hanno rivelato i casi di cogestione con Mediaset nell'era Berlusconi, un
pronunciamento giudiziario segna un punto in favore del rientro nel cda del
consigliere targato centrodestra Angelo Maria Petroni e riapre la polemica sui
rapporti tra Rai e governo. Succede che il Consiglio di Stato respinge il ricorso
avanzato dal ministro dell'Economia Tommaso Padoa-Schioppa contro il reintegro
di Petroni che era stato sancito dalla sentenza
del Tar del Lazio, lo scorso 16 novembre. La vicenda processuale non è chiusa,
tra gennaio e febbraio è atteso il pronunciamento nel merito da parte dello
stesso organo di secondo grado della giustizia amministrativa. Ma a quel punto
il cda sarà di fatto a fine mandato (scade a maggio) ed è assai probabile che
resti in carica per l'ordinaria amministrazione. Con Petroni, secondo i suoi
avvocati, che definiscono "immediatamente esecutivo" il reintegro,
fin dal prossimo cda che il presidente Petruccioli dovrà convocare. Il
centrodestra canta vittoria e in coro adesso torna a chiedere le dimissioni del
ministro dell'Economia. Era stato Padoa-Schioppa, ai primi di settembre, a
chiedere e ottenere la revoca del consigliere e la sua sostituzione con uno
"di fiducia", Fabiano Fabiani. Per Palazzo Chigi, la decisione del
Consiglio di Stato evidenzia piuttosto "l'urgenza di accelerare sulla
legge di riforma del sistema radiotelevisivo". Quella legge Gentiloni che
Prodi conta di portare in aula alla ripresa di gennaio e di far riemergere -
magari col sostegno auspicato dell'Udc - dalle sabbie mobili dei 1.415
emendamenti, per lo più targati Forza Italia. L'"urgenza della legge che
dia stabilità" viene sottolineata ora anche da Federazione della Stampa e
sindacato Usigrai, oltre che dal responsabile Informazione del Pd, Marco
Follini. Una cosa è certa. Il dicastero dell'Economia, a questo punto, non
intende insistere sulla linea dei ricorsi né vincolare il ritorno di Petrini a
un ulteriore passaggio formale, quale potrebbe essere la convocazione
dell'assemblea dei soci, come qualcuno in azienda ventilava ieri pomeriggio. Va
detto che il colpo di ieri è stato accusato nel ministero di via XX Settembre.
Ancora il 25 novembre scorso, ospite di Fabio Fazio su Rai3, Padoa-Schioppa si era detto ottimista in vista del pronunciamento del
Consiglio di Stato, tanto da suscitare interrogazioni e critiche
dell'opposizione che lamentava un presunto "pressing" su quell'organo
giudiziario. Resta da capire come si comporterà adesso il presidente Rai Petruccioli. Con molta probabilità convocherà anche prima di Natale il
cda. La reazione dei consiglieri di centrodestra potrebbe portare alla
richiesta formale di invalidare le delibere adottate a maggioranza nelle ultime
sedute, quelle con la presenza di Fabiani. A rischio quindi il piano
industriale varato di recente dal direttore generale Cappon per il risanamento
dell'azienda. A quel punto sarebbe la paralisi. Il centrodestra intanto passa
all'incasso politico del passaggio di ieri. "Padoa-Schioppa tolga il
disturbo" chiedono i consiglieri forzisti in commissione di Vigilanza e
con loro il vice coordinatore Cicchitto e Schifani. E dimissioni vengono
invocate anche da Gasparri e Landolfi di An, Rotondi della Dc e dal leghista
Castelli. Il mastelliano Satta ha un altro obiettivo: "Ora il cda se ne
vada". Nella maggioranza trapela tutta la preoccupazione per la situazione
di stallo dell'azienda.
( da "Repubblica, La" del 05-12-2007)
Dimissioni no II consigliere Curzi: ma Petruccioli
convochi il consiglio per dare un colpo di reni "Questa azienda è alla
paralisi tanto vale andare avanti con lui" Avevo proposto le dimissioni ma
i miei colleghi hanno detto no. Ora tentiamo una svolta prima di fine mandato
ROMA - "Adesso siamo alla paralisi. Non ci resta che sperare che la
politica ne prenda atto". Sandro Curzi, consigliere di amministrazione Rai, lei una soluzione l'aveva individuata, dopo la sentenza
del Tar che reintegrava Petroni: dimissioni in massa del cda. E invece?
"Invece non mi hanno seguito, nessuno dei miei colleghi per un motivo o
per un altro ha accettato. Sarebbe stato un pungolo straordinario, una
provocazione produttiva ed efficace". Dunque restate? "Sì ma a questo
punto occorre un colpo di reni, tocca al presidente Petruccioli e a noi
consiglieri inviare un messaggio alla politica, al governo e al Parlamento
incapaci di intervenire". Più che incapaci troppo interventisti, sulla Rai, a leggere i pronunciamenti della giustizia
amministrativa. "Devo confessare che l'atteggiamento del ministero del
Tesoro sinceramente non lo capisco. Non lo capivo ai tempi di Berlusconi,
quando ha piazzato il direttore generale Meocci, e non l'ho capito con
Padoa-Schioppa, che ha chiamato Fabiani al posto di Petroni. Il Tar non poteva
decidere diversamente: le ragioni dell'avvicendamento erano politiche". Tutto questo accade in una Rai che ancora non
si è ripresa dalla bufera delle intercettazioni, dallo scandalo del patto con Mediaset. "Anche lì, il consiglio di amministrazione ne doveva
discutere e invece nulla, il silenzio. Segno evidente che siamo alla
paralisi". E il presidente Petruccioli? "Dovrebbe convocare
subito il cda. è urgente esaminare la situazione di crisi". Con Petroni
reintegrato. "Ma sì, in fondo abbiamo lavorato con lui in questi anni,
abbiamo compiuto importanti passai avanti, anche con il consiglio a maggioranza
di centrodestra. Si può continuare così fino a fine mandato, a maggio. Ma,
ripeto, proviamo a imprimere una svolta". Crede davvero che il cda ormai a
fine mandato di un'azienda in estrema difficoltà, possa imprimere una svolta?
"Ce lo impone il successo di Roberto Benigni. Quella sera la Rai ha sconfitto la concorrenza puntando sulla qualità,
abbiamo toccato 12 milioni di spettatori non quando sbeffeggiava la politica ma
quando leggeva di Paolo e Francesca. Puntiamo allora sulla qualità e spazziamo
via tutto quel che non va, a cominciare dal presunto
"approfondimento" giornalistico che in realtà trasforma delitti e
sangue in spettacolo". Ammetterà che il nodo della Rai,
la stessa paralisi di cui parla, è tutto politico. "La Rai
può essere salvata solo dalle nuove regole. E quelle spettano al Parlamento. Ma
con la legge di riordino ancora al palo e il conflitto di interessi riposto
accuratamente nel cassetto, all'orizzonte non si intravede nulla di
buono". (c.l.).
( da "Unione Sarda, L' (Nazionale)" del 05-12-2007)
Commenti Pagina 314 Le molte salse della Mussolini A
comandar intrattenendo Alessandra bazzica in tivù Le molte salse della
Mussolini --> Politica e spettacolo. Spettacolo e politica. Un binomio che
Alessandra Mussolini sembra avere nel sangue. E non solo per la strepitosamente
autoironica performance della settimana scorsa a Bombay, ultima creatura
televisiva di Gianni Boncompagni, in cui l'europarlamentare ha giocato a
interpretare la sua comunistissima sorella immaginaria Nilde, con tanto di
kefia ed eskimo indosso. E nemmeno in vitù delle "prezzemolate" nei
più disparati programmi del piccolo schermo, dove la leader di Alternativa
sociale è in grado di dissertare, indifferentemente, con competenza e
nonchalance, sulla piaga della prostituzione (Annozero) o di ergersi a giudice
del grado di preparazione culturale di bellone apparentemente senza cervello
(La pupa e il secchione). Alessandra il connubio tra due aspetti così diversi
dell'essere ce l'ha ben scritto nel Dna. Cromosoma X: Anna Maria Scicolone, la
mamma è la sorella della Sophia Loren nazionale. Cromosoma Y: Romano Mussolini,
il padre, era il quarto figlio di Benito. Con siffatti natali, l'attitudine a
intrattenere comandando e a comandare intrattenendo parrebbe dunque scontata.
Il tutto in perfetto equilibrio armonico. Forse solo all'inizio il lato
"loreniano" dell'avvenente nipote del Duce si è dimostrato più
irruente (beata giovinezza!). La ricordiamo, ventenne, soubrette al fianco di
Pippo Baudo a Domenica In. La rammentiamo in piccole parti in svariati film e
filmetti, da Bianco, rosso e? di Lattuada (1972), a Il tassinaro con Alberto
Sordi (1983), passando per Noi uomini duri con Enrico Montesano (1987) e
Sabato, domenica e lunedì (1990) di Lina Wertmuller, proprio accanto
all'illustre zia. Più remoti nella memoria il servizio fotografico del 1983 sul
numero agostano di Playboy e il disco uscito sempre in quegli anni in Giappone,
oggi vera e propria chicca da cultori delle rarità in vinile. Poi, il cursus
honorum ha spostato il suo baricentro: dal 1992 Alessandra, 45 anni a giorni,
si è laureata in Medicina, è stata eletta a Montecitorio, si è candidata a
sindaco di Napoli e alla presidenza del Lazio e ora, quando
non ha una poltrona prenotata negli studi Rai o Mediaset, fa la spola tra Roma e Strasburgo. Con naturalezza e senza
esagerare. Certo, la mano a volte le scappa, Sgarbi e Luxuria lo sanno bene.
Ma, intanto, su La7 e in Rete impazza la sua parodia della donna di sinistra.
E, domani, qualcuno la vedrebbe bene a condurre uno show tutto suo. A
metà, ovviamente, tra il serio e il faceto. Irene Pivetti è avvertita. LUIGI
BARNABA FRIGOLI.
( da "Giornale.it, Il" del 05-12-2007)
Al via il nuovo polo Tv "nordista" di Laura
Rio - mercoledì 05 dicembre 2007, 07:00 da Milano Che paradosso. Ieri è stato
inaugurato in pompa magna il nuovo polo produttivo Rai
di Milano, ma da dove è andato in onda l'ultimo nato di Raidue,
la rete lombarda per eccellenza? Ovviamente, da Roma. È Pyramid, il nuovo game
condotto da Brignano (esordito tiepidamente al 4,74 per cento, ma va in onda
nella stessa ora dei grandi Tg) e non è stato possibile realizzarlo a Milano,
perché il nuovo centro è tutto occupato. Proprio così, appena finito di
realizzare e già troppo piccolo. Comunque, per i sostenitori della
decentralizzazione, un grande passo in avanti. Vediamo di che si tratta. Gli
spazi di via Mecenate 76, (le ex officine Caproni dove si producevano gli
aerei) che già hanno ospitato in questi anni vari programmi, sono stati rimessi
a lucido e dotati di alta tecnologia digitale. In sostanza ora ci sono tre
studi più un quarto per le telepromozioni. Da dove vanno in onda L'isola dei
famosi, Quelli che, Confronti, Artù. Il polo (2.500 mq, due regie, 32 camerini,
sartoria, redazioni) è stato realizzato in otto mesi di lavoro, dopo che la Rai ha dovuto lasciare gli storici studi alla Fiera da dove
venne trasmesso il primo segnale della Tv di Stato nel 1954. E a questo ricordo
si sono agganciati i vertici di viale Mazzini (direttore Cappon e presidente
Petruccioli) planati da Roma e i responsabili delle istituzioni locali (sindaco
Moratti, presidente regione Formigoni e presidente provincia Penati) insieme ad
alcuni volti tv (Simona Ventura - che ha ricordato come la sua Isola che doveva
essere chiusa, in realtà ha contribuito a far vincere la stagione alla Rai - Roberta Laffranchi, Milo Infante, Gene Gnocchi) per
battezzare ufficialmente il neonato centro. Qui è cominciata la Rai - è stato detto in sostanza - qui si intende tornare
dopo anni di abbandono e di concentrazione della produzione nella capitale.
Anche e, soprattutto, per recuperare pubblico
"nordista" migrato negli anni sulle reti Mediaset. Ma le
parole dei vertici aziendali non hanno rassicurato i lavoratori milanesi della
Tv di Stato che, volantinando davanti all'ingresso, hanno protestato sostenendo
che si tratta di una "non soluzione" e che Milano resta troppo
succube alle ingerenze romane. La consigliera Rai
in quota Lega, Giovanna Bianchi Clerici, ha fatto loro eco sostenendo che
Milano resta "un centro bistrattato, basato sulla grande capacità
lavorativa di una sola rete", cioè Raidue che, in
pochi anni, ha portato da cento a quasi novecento le ore di produzione lombarda
(tutti i programmi realizzati a Milano vanno in onda sul secondo canale, tranne
Che tempo che fa.
( da "Corriere della Sera" del 05-12-2007)
Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Politica -
data: 2007-12-05 num: - pag: 10 categoria: REDAZIONALE Il personaggio
L'esclusione Fabiani: bene così Da questa vicenda mi sento fuori ROMA - Fabiano
Fabiani, il consigliere "cancellato" dal Consiglio di Stato, dice
addio senza rimpianti alla Rai: "Va benissimo
così. Già mi sentivo fuori da questa vicenda dopo la sentenza del Tar. A
maggior ragione mi ci sento ora. Per me tutto finisce qui". Naturalmente
"tutto" è la sua tempestosa permanenza alla Rai,
cominciata per volere di Tommaso Padoa-Schioppa il 10 settembre e ormai
conclusa. Nessun commento nemmeno dal "rientrante" Angelo Maria
Petroni: "è più opportuno tornare alla normalità senza ulteriori
clamori". Il prossimo Cda Dietro tanta formale tranquillità, la Rai inevitabilmente è in fermento. Il presidente Claudio
Petruccioli punta a riavviare subito la macchina, convocando un Consiglio di
amministrazione la settimana prossima, rispettando il rito del mercoledì. Il vero
nodo sarà l'atteggiamento di Petroni rispetto alle decisioni votate da un cda
composto anche da Fabiani (che dal 20 novembre non partecipa più ai Consigli
dopo la sentenza del Tar). Primo interrogativo, fondamentale: Petroni
contesterà l'approvazione del piano industriale varato dal Cda del 24 ottobre a
maggioranza (cinque contro quattro) e quindi col voto decisivo di Fabiani? Due
ipotesi: potrebbe chiudere col passato oppure esigere di riesaminare il piano e
rimettere in gioco la sua approvazione, visto il peso avuto da Fabiani. Secondo
punto: quale sarà l'atteggiamento del blocco del centrodestra verso il
direttore generale Claudio Cappon, visto che col rientro di Petroni l'ago della
bilancia torna a spostarsi verso l'area non governativa? Fino alla sostituzione
di Petroni non era buono, come conferma il voto contrario al piano industriale.
I consiglieri di centrodestra sono già sul piede di guerra. Giuliano Urbani:
"A un ministro fuori legge si applica ancora l'istituto delle dimissioni
spontanee, oppure è stato sostituito dalla faccia di bronzo?". Gennaro
Malgieri: "Il Consiglio di Stato ha fugati tutti i dubbi sulla legittimità
di Petroni". Marco Staderini: "Grande soddisfazione, ora possiamo
riprendere a lavorare subito". Terzo interrogativo: quando verrà approvato
il piano editoriale che dovrebbe sconvolgere la Rai a
partire dal settembre 2008 ricollocando in palinsesto la cultura, mettendo da
parte i reality, cancellando le sovrapposizioni? Avviare un cambiamento così
corposo richiede tempi lunghi e decisioni compatte. Quarto: quando verranno
votati i piani di produzione, i piani di budget per il 2008, gli stessi
progetti di fiction, ovvero la "finanziaria " della
Rai? Il ruolino di marcia segna un forte ritardo. La concorrenza Sky
si fa sentire sempre più forte, Mediaset insidia
ogni giorno di più il primato sul prime time, il pubblico della Rai invecchia e diventa sempre meno appetibile per la pubblicità,
Cappon ha parlato giorni fa di una perdita di bilancio di 500 milioni di euro
entro il 2010 se non ci sarà un quadro di certezze... Lo sfogo di Curzi
Nemmeno nel centrosinistra Rai si sta tranquilli. Si
sfoga Sandro Curzi, area Rifondazione: "Prima bisognava nominare Alfredo
Meocci direttore generale, costi quel che costi. E ci è costato... Poi hanno
voluto sostituire Petroni, costi quel che costi... Tutto in una Rai bloccata". Prospettive? "Già l'ho detto. O ci
dimettiamo tutti. O ci rimettiamo tutti al lavoro". Timori di una resa dei
conti con Petroni? "E perché? Non ci sono problemi personali. L'essenziale
è rimettere mano ai contenuti, subito. Sangue e delitti restano i piatti forti
di un'offerta discutibile. Dobbiamo muoverci". Mercoledì si capirà se, e
come. Paolo Conti.
( da "Corriere della Sera" del 05-12-2007)
Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Opinioni -
data: 2007-12-05 num: - pag: 44 categoria: REDAZIONALE Il forum di oggi
Televisioni di Aldo Grasso Programmi in ritardo e
spettatori disprezzati Sul Forum si discute anche di questo: Rai e Mediaset avevano solennemente giurato che i programmi di access prime
time, tipo "Affari tuoi" e "Striscia la notizia", sarebbero
finiti puntualmente alle 21.10. In modo tale da dare spazio alle trasmissioni
di prima e seconda serata. Che inevitabilmente slittano oltre la mezzanotte.
Promessa mantenuta per poco tempo, adesso siamo alle solite. Nel nome
dell'audience si disprezza lo spettatore. forum.corriere.it/televisioni.
( da "Messaggero, Il" del 05-12-2007)
Di MARCO MOLENDINI ROMA Il segnale c'è e indica che
la situazione non è buona, per dirla alla Celentano. Non parliamo di qualità
(per carità, ci sarebbe da riempire un lungo catalogo dei dolori), ma piuttosto
di numeri visto che siamo entrati in tempi di bilanci. La tv è già in ferie,
nel senso che il periodo di garanzia invernale si è chiuso sabato scorso. Vuol
dire che i programmi di peso sono già stati tutti sparati e che ora si andrà
avanti di conserva, fra spermentazioni, qualche replica, qualche titolo da
magazzino e via dicendo. Insomma, quello che doveva succedere è già successo.
Ed ecco cosa è successo. Primo: Raiuno ha perso, sia
pure di un soffio (22,5 contro 22,66 di Canale 5). Più che la sconfitta in sè
conta il modo in cui è arrivata. L'ammiraglia Rai viene da sette vittorie ininterrotte (stando alle sue
"garanzie" che differiscono per date da quelle di Mediaset) solitamente utilizzate come paravento per mascherare i guai,
pur evidenti, della tv pubblica. Stavolta ha dovuto lasciare strada alla
concorrenza nonostante gli exploit di Celentano e Benigni (con tutto ciò che
sono costati), sparati proprio sul filo di lana, e nonostante gli
allungamenti dei pacchi. Affari tuoi (prodotto Endemol-Mediaset)
è diventato una sorta di cintura di salvataggio per la prima serata del
servizio pubblico, spesso allungata oltre le 21.30 (ma non aveva lanciato la
stessa Rai, per bocca del suo direttore generale
Cappon, l'appello a non partire troppo tardi con i programmi serali?). E senza
quella "cintura" i guasti sarebbero ancora più evidenti perché i
prodotti di prima serata che non hanno funzionato sono parecchi a cominciare
dai varietà. Secondo: la tv nel suo complesso, generaliste e satellitari, perde
quote di pubblico. Siamo nell'ordine dell'1,9 per cento, vale a dire circa
mezzo milione di telespettatori. Ovviamente, guadagnando Sky, il calo è più
sensibile per le reti tradizionali. Mentre La7 che, pure, ha fatto molti sforzi
produttivi e ha goduto di ampia risonanza mediatica, è ferma al palo in prima
serata e scende di uno 0,1 in seconda. Terzo: sia Raiuno
(meno 0,6) che Canale 5 (meno 0,3) scendono (parliamo sempre di primaserata)
rispetto alla garanzia autunnale di un anno fa peraltro già in discesa. Per la Rai il dato è accompagnato da un invecchiamento sempre più
pronunciato del suo pubblico che si accompagna alla crisi della raccolta
pubblicitaria (il piano industriale presentato da Cappon recentemente parla di
una perdita del 20 per cento dal 2000). Insomma, tutto lascia pensare che sia
l'ora di intervenire pesanemtne sul prodotto. Ma c'è la forza per farlo?.
( da "Messaggero, Il" del 05-12-2007)
Inua a fare a pezzi la Rai.
Ieri il Consiglio di Stato ha deciso di non sospendere la sentenza del Tar,
così come chiedeva invece il ministero dell'Economia. E dunque, a viale
Mazzini, ricambia tutto: la revoca di Angelo Maria Petroni, il consigliere di
amministrazione scelto dal centrodestra e rimosso dal ministro Padoa Schioppa,
era stata giudicata illegittima dal Tar, e tale resta. Quindi Petroni deve
essere reintegrato nel Cda della Rai. Da cui discende
che il ministro dell'Economia perde clamorosamente la sua sfida, il
centrodestra esulta e ne chiede le dimissioni, il centrosinistra accetta la
sentenza ma denuncia l'ennesimo stallo e invoca l'approvazione della nuova
legge sulle tv scritta da Gentiloni e arenata in Senato sotto una valanga
d'emendamenti, sponsorizzati all'80% dalla sola Forza Italia. Anche a palazzo
Chigi non resta che sostenere come, la bocciatura del Consiglio di Stato, sia
"un passaggio che evidenzia l'urgenza di accelerare la legge di riforma
del sistema radiotelevisivo". La morale, al di là del braccio di ferro
politico, è una sola: c'è un'azienda pubblica che ha migliaia di dipendenti e
che non può portare avanti un piano industriale, ma vive alla giornata tra stop
and go continui. Nessuna azienda al mondo se lo potrebbe permettere. E le
accuse reciproche si sprecano. Legulei e azzeccagarbugli sono già all'opera per
cercare nelle pieghe dei codici contromosse giuridiche improbabili, che
rischiano di allungare lo stallo. Il centrodestra cavalca, dopo la vittoria di
ieri, la richiesta di dimissioni di Padoa Schioppa: "Riconosca gli errori
e se ne vada". La maggioranza è in preda a fibrillazioni d'ogni genere.
L'Udeur invoca le dimissioni in blocco del Cda. L'ulivista Zanda si pone due
domande: come è possibile che la Rai possa riuscire
a far concorrenza a Mediaset se il governo (che della Rai è l'azionista)
non può neanche sostituire l'unico Consigliere d'amministrazione la cui
designazione rientra tra i suoi poteri? Come è possibile gestire in modo
efficace una società per azioni come la Rai sulla quale
hanno contemporaneamente giurisdizione i tribunali civili e il Tar?
"Sulla Rai siamo arrivati a un punto di non
ritorno". La soluzioni sarebbe solo quella di approvare la Gentiloni.
Risponde Landolfi (An), presidente della Vigilanza: "La politica dovrà
valutare il ddl Gentiloni, ma penso che abbia scarsissime possibilità di essere
approvato". Recrimina il Pdci, ricordando la storia delle intercettazioni Rai-Mediaset durante il governo
Berlusconi. Mentre Giulietti (Ulivo) ricorda all'opposizione il caso Meocci, la
multa di 28 milioni di euro, e provoca: piuttosto che la paralisi per la Rai sarebbe meglio il commissariamento, ma è la maggioranza
che dovrebbe uscire dallo stallo e impegnarsi sulla Gentiloni. Chiude
Giulietti: "Magari con un decreto che cambi il potere di nomina
togliendolo ai partiti". Federazione della stampa (Fnsi) e sindacato della
Rai (Usigrai) parlano di "ruolo ridicolo"
assegnato all'azienda e amaramente notano: "Non è il momento dei giochini
di comodo. Sicuramente nel palazzo di viale Mazzini e anche in quelli della
politica, ma solo lì, ci sarà oggi chi gioisce e chi si rattrista per questo
atto della giustizia amministrativa. Noi non possiamo che essere preoccupati
per i cittadini che pagano il canone e per i dipendenti della maggior azienda
culturale del paese. Per rimettere davvero le cose al loro posto serve una
legge che svincoli la Rai dalle contese dei partiti,
le permetta di essere competitiva e non legata mani e piedi dalla legge
Gasparri". C.Rz.
( da "Manifesto, Il" del 05-12-2007)
Commento Rai, lo specchio
dell'agonia di governo Norma Rangeri La maionese è impazzita. Come in un gioco
dell'Oca, si torna alla casella-Petroni, il consigliere Rai,
sfiduciato e sostituito (con Fabiano Fabiani) dal ministro dell'Economia Padoa
Schioppa. Lo ha deciso il Consiglio di Stato al quale era ricorso il governo
per cancellare una precedente sentenza del Tar. Per il ministro del Tesoro si
tratta di una gaffe plateale. La bocciatura del Consiglio di stato dell'operato
del ministro, con il conseguente ribaltone degli equilibri all'interno del Cda
di viale Mazzini, cade nel giorno in cui i dati dell'Auditel riferiti al
periodo di garanzia (determinante per i futuri contratti pubblicitari) danno la
vittoria a Mediaset. Un k.o. su tutta la linea. Se
dovessimo giudicare lo stato di salute della maggioranza di governo da come ha
gestito la Rai, dovremmo dichiararla già defunta. E'
difficile trovarne un'altra capace di un simile capolavoro: far reintegrare un
consigliere che insieme agli altri del centrodestra è indagato per abuso
d'ufficio avendo eletto un direttore generale incompatibile (specialmente per
le tasche ai contribuenti). Se non interverranno decisione drastiche (per
esempio il commissariamento dell'azienda proposto dall'onorevole del Pd, Beppe
Giulietti), avremo il ritorno allo status quo, con un Cda ancora a maggioranza
di centrodestra, con i berlusconiani nei ruoli decisionali, con un mercato
clandestino nelle trattative per la riforma Gentiloni (io ti do un direttore di
Raiuno, tu in cambio modifichi il disegno di legge).
L'unico servizio che in queste condizioni è consentito esprimere alla Rai, sarà mostrare al pubblico, insieme alla lenta agonia,
la sua natura di cavia da laboratorio delle future alchimie politiche. A
seconda di come i partiti, di governo e di opposizione, si comporteranno con i
loro consiglieri delegati di viale Mazzini, sapremo dove oscilla il pendolo
delle nuove alleanze.
( da "Opinione, L'" del 05-12-2007)
Oggi è Mer, 05 Dic 2007 Edizione 266 del 05-12-2007
Intervista a Massimo Del Frate / Endemol scommette sul genere fiction di
Francesca Fiocchi Salva le Reti, alza ascolti e gradimento. Batte quasi sempre
la concorrenza. La fiction è il prodotto vincente in questa annata televisiva.
Tra le miniserie in due puntate la più vista è stata Maria Montessori,
interpretata da Paola Cortellesi. Tra le lunghe, gli ascolti migliori sono
quelli di Butta la luna, Un medico in famiglia e Raccontami. A parlarcene
Massimo del Frate, responsabile fiction Endemol Italia. Il mercato delle soap
"tira" ancora? Sì, il problema è che ce ne sono sempre di più. Oggi
il mercato si è arricchito di soap tedesche quali Tempesta d'amore, su Rete4,
Giulia, su Rai Uno. Il mercato è un po' inflazionato.
Comunque anche le soap d'acquisto possono avere grandi risultati. Centovetrine
fa il 27% di media in day time su canale5. Per Vivere, prima soap italiana ad
andare in onda, si è decisa la chiusura? Il formato si è un po' usurato, è
stato impiegato in maniera troppo coraggiosa. Cioè? Ha influito molto lo
spostamento della fascia oraria. L'estate scorsa andava in onda alle 14.45 e
batteva Incantesimo. Quando è slittato alle 12.30 abbiamo registrato un calo
perché se n'è andato il pubblico più giovane. Beautiful da quindici anni ha la
stessa collocazione. Nella promozione di una soap conta la fedeltà
dell'appuntamento. Nei palinsesti ci sono quasi solo fiction? E' il genere che
va di più. La situation comedy fa più fatica a livello di ascolti, il nostro
pubblico non l'ha ancora assimilata al 100%: è quello americano che ce l'ha nel
dna. Siamo in onda con il poliziesco femminile "Donna detective", con
Lucrezia Lante della Rovere, che segna il ritorno della regista Cinzia Th
Torrini sulle reti Rai: sei puntate di cui la terza ha
incollato 5 milioni e ottocento mila telespettatori (24.61% share) battendo la
Figlia di Elisa di Rivombrosa su Canale5. Stiamo girando "Provaci ancora
prof 3" con Veronica Pivetti, che andrà in onda in autunno, e quattro
puntate di un giallo psicologico con Virna Lisi. E poi la seconda serie di La
mia terra, e la terza di Don Luca, con Luca Laurenti. Non trova che gli autori
siano sempre più schiacciati dai format comprati all'estero? Si prendono i
formati che costituiscono un esempio di programma che funziona a livello europeo.
Anzi si sopperisce alla mancanza di creatività degli autori che spesso non
riescono uniformarsi alle esigenze dei mercati internazionali. Il lavoro
autoriale su una fiction, così come nel cinema, è d'equipe. In base a quale
meccanismo Endemol acquista un format all'estero? Conta l'originalità del
prodotto, che non deve essere troppo simile ad altri già esistenti. Deve essere
capace di dialogare con un certo tipo di pubblico. E poi gli ascolti: la forza
di un format si giudica in base all'audience che fa. Tra poco riparte il Grande
fratello. Non è finita l'era del reality? E' finito il grande momento d'oro.
Adesso si sta assestando il reality classico. I vari cloni sono spariti.
Endemol è stata acquisita dal gruppo Berlusconi. Cos'è cambiato? Nonostante la nuova partecipazione azionaria continuiamo a
lavorare sia con Mediaset che con la Rai. Hanno due pubblici diversi: uno
è più giovane, l'altro più adulto. Mediaset è audace
con le sperimentazioni, in Rai si deve sempre conciliare
tradizione e novità.
( da "Opinione, L'" del 05-12-2007)
Oggi è Mer, 05 Dic 2007 Edizione 266 del 05-12-2007
Ma l'intero giorno è della Rai. Il bilancio autunnale
premia Mediaset nella fascia oraria di punta, ma di
misura e soltanto per la Rete ammiraglia Canale 5 vince il periodo di garanzia
in prime time di Enzo Corsetti Si è chiuso con una novità di rilievo rispetto
agli anni precedenti, e cioè la vittoria dell'ammiraglia Mediaset
nel prime time, il periodo autunnale di garanzia, primo dei due intervalli
stagionali in cui le emittenti televisive trasmettono la loro programmazione
più competitiva per ottenere i migliori risultati da presentare agli
investitori pubblicitari; la Tv di Stato continua però a prevalere nell'intero
giorno, e come gruppo anche nella fascia oraria di maggiore affollamento,
grazie al brillante rendimento di Rai Due e alla
sostanziale tenuta delle altre due emittenti. I dati che arrivano al primo
dicembre partendo dal 16 settembre, data canonica d'inizio della stagione
2007/08 e anche della garanzia autunnale (secondo i tradizionali parametri
adottati dalla Rai, mentre Mediaset
anticipa la data d'inizio di circa una settimana), sanciscono infatti il
ritorno al primato per Canale 5 nel prime time, dove conquista 44 giorni di
leadership con un bacino medio di 5.927.000 telespettatori, mentre nell'intero
giorno vince per appena 16 giorni; al successo nella fascia serale
contribuiscono sia le fiction, tra cui spiccano "Il capo dei capi" e
"Dr. House M. D." ma vanno bene anche "Distretto di polizia
7" e "Caterina e le sue figlie 2", sia il collaudato
intrattenimento di "Striscia la notizia", "Paperissima Sprint",
"Zelig", e "C'è posta per te" più il ritrovato "Ciao Darwin".
La vittoria dell'ammiraglia non aiuta peraltro Mediaset nella competizione tra poli, dove la Rai vince 53
serate di prime time contro 24, e fa similmente nell'intero giorno con 51
vittorie. Molto solida si mantiene infatti Rai Uno, che vince
31 serate di prime time con una media 5.862.000 telespettatori, e continua a
dominare l'intero giorno con ben 61 vittorie; a sostenere saldamente
l'ammiraglia Rai in termini di quote d'ascolto è il
collaudato palinsesto diurno, che va da "Uno mattina" a "La vita
in diretta" per "L'eredità" passando per le varie edizioni del
Tg1, più le ultime quattro tappe del "Gran Premio di Formula 1"
grazie alla rimonta vittoriosa delle Ferrari, ma anche l'offerta serale di
fiction, dove si sono affermate parecchie produzioni, "Chiara e
Francesco", "Rino Gaetano", "La baronessa di Carini",
"La terza verità", "Guerra e pace", e "Giuseppe
Moscati", a differenza dell'intrattenimento che invece è riuscito ad
imporsi essenzialmente con le serate-evento di Benigni e Celentano. Tra le reti
cadette svetta Rai Due, solida nell'intero giorno e
forte in prime time grazie al telefilm "N.C.I.S. unità anticrimine",
all'approfondimento di "Annozero", e naturalmente all'intrattenimento
de "L'isola dei famosi 5"; l'orario di maggiore affollamento
penalizza invece Italia 1, che può contare soltanto sul telefilm "Grey's
anatomy" e sul cinema dal rendimento incostante, dopo aver visto fallire
sia "Heroes" che "Una mamma per amica" ed essendo stata
privata a metà periodo di "Dr. House M. D.", mentre nell'intero
giorno sfrutta il richiamo del motociclismo e il successo evergreen di cartoni
animati come "Heidi". Un insolito calo di ascolti investe Rai Tre nell'intero giorno, dove viene superata da Rete 4
che vanta una solida presa sia negli orari notturni con il cinema e le rassegne
stampa, sia nelle fasce diurne occupate dall'intrattenimento di
"Forum" e "Melaverde"; nel prime time è invece la terza
emittente Rai ad emergere, grazie al solido bacino
garantito da uno stuolo di programmi autorevoli come "Ballarò",
"Report", "Chi l'ha visto?", e "Ulisse il piacere
della scoperta", ma la terza rete Mediaset si
difende comunque bene annoverando il fresco successo della soap "Tempesta
d'amore" e la tenuta del repertorio di cinema. In recidiva difficoltà
appare La 7, cui non basta il buon rendimento serale di "Crozza
Italia" e Le invasioni barbariche", in aggiunta al consueto "8
½" e al cinema di nicchia, per ripetere il traguardo del 3% di share che
vantava come media della stagione 2006-07; la garanzia autunnale conferma
infine il peso delle Altre Reti, che nonostante gli ascolti stabili e centrati
più sull'intero giorno iniziano a rappresentare una potenziale insidia anche
nel prime time, dove le importanti sfide calcistiche del campionato di Serie A
apportano due preziosi giorni di leadership.
( da "Opinione, L'" del 05-12-2007)
Oggi è Mer, 05 Dic 2007 Edizione 266 del 05-12-2007
Il regno dell'Auditel Per Rai Uno serata da incorniciare
di Guido Del Duca Ottimo risultato per la quarta puntata di "Donna
detective", che rispetto all'esordio della settimana scorsa ha guadagnato
più di 2 milioni di spettatori e 6 punti di share, anche grazie al traino di
una puntata record di "Affari tuoi". Complice una serata non
particolarmente competitiva, la fiction poliziesca con Lucrezia Lante della
Rovere tocca la soglia dei 7 milioni di spettatori pari al 26,29% di share,
vincendo di netto la serata. A seguire "Donna detective" è un
pubblico prettamente femminile, le percentuali di share più alte si registrano
tra gli over 65 (il 38,01%) e nella fascia di età compresa tra i 55 e i 64 anni
(30,31%), tuttavia la formula della miniserie, incentrata maggiormente
sull'aspetto investigativo che su quello rosa, riesce a fare breccia anche in
altri target, come dimostra il 24,58% raggiunto tra gli adulti dai 45 ai 54
anni e il 19,29% registrato tra i ragazzi dagli 8 ai 14 anni. Si difende bene
il film su Canale 5 "Un amore a 5 stelle", interpretato da Jennifer
Lopez. Nonostante si tratti della terza replica nel giro di tre stagioni, la
pellicola riesce a totalizzare una media di 5.302.000 spettatori, pari al
20,31% di share, superiore a quella ottenuta nei due precedenti passaggi
televisivi. Il film trattiene sull'ammiraglia Mediaset il pubblico dei giovani e giovanissimi, con oltre il 32% di
share tra i 15 e i 24 anni, ma in queste fasce Canale 5 deve fare i conti con
la concorrenza di Italia 1, che dedica il lunedì sera ai sei film che
compongono la saga di Star Wars. "Episodio I - La minaccia
fantasma", il film con cui George Lucas nel 1999 ha dato il via alla
seconda trilogia di Guerre Stellari, ha infatti totalizzato 3.075.000
spettatori con il 12,51% di share, con percentuali superiori al 30% nella fascia
di età 8-14. Su Rai Tre "Chi l'ha visto?" è
stato seguito da 3.151.000 spettatori con l'11,54% di share, mentre il debutto
su Rai Due della terza stagione di "Lost" ha
catturato solo 2.157.000 appassionati, con uno share del 7,64%. Si prospetta
quindi un'altra stagione di passione per i naufraghi più famosi del mondo,
collocati quest'anno nei mesi invernali dopo gli ascolti al ribasso ottenuti
l'anno scorso nel periodo di garanzia primaverile. Va comunque sottolineato
che, mentre sulla Rai andavano in onda in chiaro i
primi due episodi stagionali, Fox mandava in onda i tre episodi conclusivi, in
un "Lost contro Lost" che sicuramente ha penalizzato Rai Due. In access prime time, trionfa "Affari
tuoi" che grazie alla seconda parte della manche di gioco iniziata
domenica sera ottiene 8.809.000 spettatori con il 31,30% di share, l'ascolto
più alto da quando Flavio Insinna è al timone del programma, superando
nettamente "Striscia la notizia" ferma a 7.516.000 spettatori pari al
26,51% di share. Debutto deludente per "Pyramid", il nuovo quiz di Rai Due condotto da Enrico Brignano che dovrebbe fare da
traino al Tg2: il programma, ispirato ad un format di grande successo in
Francia, nonostante il battage pubblicitario su stampa e tv raccoglie 1.212.000
spettatori con il 4,75% di share e fa registrare risultati scarsi presso i
telespettatori più giovani. Sottotono anche l'esordio de "I Simpson"
nella nuova collocazione preserale, con il 10,86% di share e 2.425.000
spettatori.
( da "Stampa, La" del 05-12-2007)
In contemporanea al debutto sul piccolo schermo del
nuovo canale Mediaset "Iris" dedicato
principalmente al cinema, si svolge venerdì 30 e sabato primo dicembre nella
sala 500 del Lingotto la conferenza nazionale sulla televisione digitale
terrestre, organizzata dall'associazione Dgtvì che riunisce Rai,
Mediaset, Telecom, Italia Media, D-Free, Frt e
Aeranti-Corallo. Al convegno, a cui si può accedere su invito, si fa il punto
sull'offerta digitale in Europa e in Italia, analizzando anche alcune
esperienze come quella delle prime aree "all digital" di Sardegna e
Valle d'Aosta. L'appuntamento è alle 15,15 di venerdì 30 novembre, e alle ore
10 di sabato 1. Fra i momenti di rilievo il confronto tra Antonio Campo
Dall'Orto di Telecom Italia Media, Luca Balestrieri della Rai, Federico di Chio di Mediaset e
Maurizio Costanzo e la tavola rotonda "La via italiana al digitale
terrestre" a cui partecipano Fedele Confalonieri di Mediaset, Claudio Cappon per la Rai, Marco
Rosignoli di Aeranti-Corallo, Tarak Ben Ammar di D-Free, Maurizio Giunco di Frt
e Pasquale Pistorio di Telecom. Conclude il convegno il ministro delle
telecomunicazioni Paolo Gentiloni. \.
Petroni
Bocciata la richiesta di sospensiva del provvedimento adottato a novembre dal
Tar del Lazio (La
Repubblica 4-12-2007)
La
Caporetto di nonna Rai ( da "Stampa, La" del 04-12-2007)
Il
mio avvocato? E' il web La Bergamini dal mondo di Keltia all'autodifesa ( da "Nazione,
La (Nazionale)"
del 04-12-2007)
DEBORAH
BERGAMINI, 37 anni, direttore marketing della Rai, ( da "Nazione,
La (Nazionale)"
del 04-12-2007)
L'Erba
del vicino ( da
"Unita, L'" del 04-12-2007)
Gli
orrori Rai già prima delle intercettazioni ( da "Unita,
L'" del
04-12-2007)
Mediaset,
nuova accusa contro Berlusconi La procura di Milano: appropriazione indebita
nell'inchiesta sulla compravendita dei diritti televisivi ( da "Unita,
L'" del
04-12-2007)
Raidue
supera Italia Uno La sorpresa è Retequattro ( da "Giornale.it,
Il" del 04-12-2007)
LA
TV DEGLI SCIPPI
( da "Libero" del 04-12-2007)
La
tv senza garanzia
( da "Opinione, L'" del 04-12-2007)
L'Europa
corre, l'Italia no. La Rai è l'imputato principale per il mancato sviluppo
della nuova tecnologia ( da "Opinione, L'" del 04-12-2007)
Il
futuro del digitale terrestre ( da "Stampa, La" del 04-12-2007)
ROMA - Il consigliere
Rai Angelo Maria Petroni si aggiudica il primo round anche davanti al Consiglio
di Stato. L'organo supremo della giustizia amministrativa ha respinto infatti
la richiesta di sospensiva avanzata dall'azienda contro la sentenza del Tar del
Lazio che reintegrava Petroni al suo posto di consigliere di viale Mazzini.
Nelle prossime settimane il Consiglio di Stato si dovrà esprimere anche sul
merito, ma il pronunciamento di oggi rappresenta una forte ipoteca a favore
della vittoria finale di Petroni e di una conferma di quanto stabilito il 16
novembre scorso dal Tar del Lazio che aveva ritenuto illegittimo l'effetto immediato della revoca di
Petroni dal cda della Rai, riservandosi invece di entrare nel merito della
questione.
La decisione odierna secondo il legale di Petroni, l'avvocato Filippo Satta,
avrà effetto immediato.
"Non credo affatto che sia necessaria una nuova assemblea dei soci per
reintegrare Petroni - spiega il difensore - Dal momento che il Tar ha annullato
l'atto preliminare, cioè la decisione del ministro di revocare il consigliere,
cadono tutti gli atti consequenziali. Quindi Petroni può rientrare a viale
Mazzini già domani, quando notificheremo alle parti la pronuncia del Consiglio
di Stato".
La vicenda era iniziata a maggio, quando il ministro Tommaso Padoa-Schioppa (il
Tesoro è azionista di maggioranza della tv di Stato) aveva comunicato a Romano
Prodi la fine del rapporto di fiducia con Petroni, chiedendo la convocazione
dell'assemblea degli azionisti per la revoca. Una sfiducia culminata il 10
settembre scorso con la revoca da parte dell'assemblea dei soci del mandato a
Petroni e la nomina al suo posto, su indicazione di del ministro Padoa
Schioppa, del nuovo consigliere Fabiano Fabiani.
( da "Stampa, La" del 04-12-2007)
Retroscena PAOLO MARTINI Il
bilancio di fine autunno degli ascolti premia per la prima volta Mediaset nonostante Celentano, Benigni e i pacchi: dove va il servizio
pubblico? La Caporetto di nonna Rai Gli orari
Dimenticati i buoni propositi I reality sforano, Vespa tira fino a notte fonda
e anche Dante così diventa un autogol Il caso Paolini Il più clamoroso buco
riguarda "Il sergente" su La7, un evento che avrebbe dovuto
prendere Viale Mazzini MILANO Si può parlare di Caporetto infernal-celentanesca
della tv di Stato? La débacle di "nonna Rai"
nella guerra degli ascolti di fine 2007, la prima dopo anni di vittorie -
Canale 5 ha vinto il prime time autunnale col 22.72% di share contro il 22.66%
di Raiuno, e se si guarda al target commerciale peggio
ci si sente - casca in singolare coincidenza con la riedizione del libretto di
culto Allegro ma non troppo di Carlo Maria Cipolla. Nella deliziosa appendice
sulla legge generale della stupidità umana, viene dimostrato che il vero
stupido è chi fa del male a un altro arrecando danno a sé stesso. L'altra sera,
all'ultima spiaggia, Raiuno ha ribaltato il punteggio
del sabato, vincendo grazie al prolungamento di Affari tuoi fino alle 21 e 42
per mettere in ballo il premio da 500mila euro. E l'effetto servizio pubblico
del Benigni dantesco è volato via in poche ore. Ma è solo uno dei nuovi
paradossi della legge generale della stupidità tv, che soprattutto il Grillo
Cantante Celentano ha messo in luce. 1 Oltre al solito Ballandi, sono stati
decisivi per il rush finale di Del Noce il produttore "dei pacchi"
Paolo Bassetti (Endemol) e l'agente di Benigni Lucio Presta, detto MediaPrest
da quando si è trasferito con Paolo Bonolis sotto le insegne di Canale 5. E se
nel disgelo politico del "Veltrusconismo" sparisce il conflitto
d'interessi, ecco che già ora gli interessi stanno molto bene in conflitto. La
singolare coincidenza con il caso Raiset, aldilà delle
battute, porta a trarre il bilancio in termini di politica culturale
dell'egemonia di questa classe dirigente Rai vicina a
Berlusconi ora un po' sotto scacco. Di nuovo, per esempio nell'informazione,
hanno costruito ben poco. E alla fine restano memorabili la foga neo-prodiana
di Celentano e l'irresistibile breve antistoria dell'Italia del centrodestra
fatta da Benigni. 2Nell'insensata falsa guerra televisiva si dimentica in
fretta anche l'impegno della nuova classe dirigente del centrosinistra a
rimettere in ordine perlomeno gli orari del servizio pubblico: se Celentano ha
bene ostentato la chiusura anticipata in diretta, ecco subito che la prima serata
parte quasi in seconda, per non parlare dei reality che sbrodolano ben oltre la
mezzanotte. Vespa infine tira fino a notte fonda, e tra un po' Marzullo farà
l'Alba e dintorni. Anche Benigni così diventa un autogol, nota subito il
quotidiano cattolico Avvenire o che si chiede: dopo il successo del V
dell'Inferno, non sarebbe il caso di trasmettere il Paradiso benignesco in un
orario più importante? Non sono più i tempi di Omero letto da Ungaretti ma
possono tornare. 3Celebrando sempre Benigni, è il Giornale che giustamente
ricorda il caso del Sergente di Paolini su La 7, un clamoroso buco della Rai in questa stagione. Che appare ancor più profondo se si
valuta la questione sul piano del linguaggio: Paolini ha costruito un vero e
proprio evento di tutto rispetto, sulla linea da lui già sperimentata di un
teatro civile che in tv passa perfettamente e funziona. Invece certe pecche
televisive del Benigni-show (regia, luci, tempi) sono state evidenti agli
addetti ai lavori, ma sono quisquilie che per fortuna non hanno intaccato lo
strepitoso genio comico del nostro Oscar. Che la Rai
comunque perda molti treni, oltre ai sergenti nella neve, lo dimostrano i
successi di Dr. House e del Capo dei Capi su Canale 5. 4 Come da legge di
Cipolla, Benigni dantesco senza spot e più ancora Celentano sono eventi a
specchio che denudano l'immagine di una certa programmazione abituale,
sottolineano di più l'horror vacui dei vari Pacchi, Treni e Fuoriclasse. Alla
fine Celentano ha fatto uno spettacolo impeccabile e particolare, con la
suggestione di una svolta "minimalista" del varietà molto
contemporanea, come ha notato subito bene Carlo Freccero. Per dispetto, ma
anche per sottolineare il paradosso, ha poi voluto portare un pezzo di Raitre su Raiuno, come se ormai
esistesse solo lei, con Fabio Fazio e la telefonata a Milena Gabanelli. Ancor
più provocatoria la scelta di rimandare uno spezzone di Che tempo che fa e
proprio quello contro gli spot sulla rete che per i miliardi di euro di
pubblicità richiamava in campo lui e Benigni a fare un po' di servizio
pubblico.
( da "Nazione, La (Nazionale)" del 04-12-2007)
NELLA "BLOGSFERA", il grande universo
informatico dei blog, c'è spazio davvero per tutto: riflessioni personali e di
attualità, blog tematici e fotografici, urban blog a contenuto cittadino, fino
ai vlog, che privilegiano l'immagine, o meglio il video, alla parte scritta. Ma
il blog di maggiore attualità in questi giorni è quello aperto da Deborah
Bergamini, responsabile del marketing strategico della Rai, sospesa dopo le intercettazioni telefoniche che avrebbero
svelato un inciucio fra dirigenti Rai e Mediaset per pilotare le grandi scelte nel settore dell'informazione. I
casi al centro dell'attenzione sono in particolare quelli relativi alla morte
di Papa Giovanni Paolo II e alle elezioni amministrative del 2005.
Deborah Bergamini, che da anni aveva aperto un personalissimo blog intitolato
'Cartimandua', una specie di mondo fantastico nel quale si rifugiava nei
momenti di quiete, ha scelto ancora la strada del blog per difendersi, per
spiegare al mondo informatico la sua posizione, reclamando la propria
innocenza. E così, viaggiando nella storia e nell'attualità dei suoi blog, si
scoprono universi lontanissimi. "Cartimandua, Regina dei Celti non c'è più
? spiega la setssa Bergamini nel nuovo blog ? era un personaggio di fiaba,
abitava un territorio libero, immaginario. Quello in cui ogni tanto mi piaceva fare
qualche incursione di poesia e di gioco. Ma gli accadimenti degli ultimi
giorni, le intercettazioni pubblicate su Repubblica e su altri giornali e la
bufera che ne è seguita non mi consentono più di rifugiarmi in un mondo di
sogno... Così 'Cartimandua' lascia il posto a Deborah Bergamini. E il mondo di
Keltia, nel quale ogni tanto mi rifugiavo in cerca di libertà, deve lasciare
spazio al mondo reale, quello in cui ho deciso di combattere in prima
persona...". BASTA UNA RAPIDA incursione nel vecchio blog (ormai chiuso)
per scoprire il mondo parallelo e fantastico delle Bergamini. Ecco uno
stralcio: "C'è una nuova cotta per la regina dei Celti. Luce di luna,
strepito di tuono e abbraccio di ferro sono serviti al fido amico Odhran per
omaggiare la sua regina... Ma nessun tuono poteva coprire il tumulto nel cuore
della regina. La passeggiata nel bosco liquido le era costata un momento
d'anima. E lei aveva pagato di buon grado. Glielo aveva insegnato il grande
capo, mentre nuotavano insieme nelle acque ghiacciate del Lago Maestro..".
IN MIGLIAIA stanno scrivendo sul nuovo blog della Bergamini. c'è chi la insulta
e chi presta fede alla sue ragioni ma dallo scorso 30 novembre il blog è anche
un nuovo modo di difendersi, un avvocato mediatico, una palestra per spiegare le
proprie ragioni come spiega la dirigente Rai: "Da
oggi non vado più in ufficio dopo cinque anni di lavoro per la Rai...Ciò che mi si è scatenato addosso in questi giorni è
basato sul nulla. Sintesi di brogliacci interpretati e decontestualizzati da
alcuni giornali. E' bastato questo per ritrovarmi al centro di un frettoloso
linciaggio mediatico... Ai tanti che mi domandano conto degli attacchi che mi
sono stati rivolti, posso solo dire di andare a vedere i dati di ascolto della Rai degli ultimi cinque anni e le registrazioni di cosa è
andato veramente in onda nei giorni della morte del Papa Giovanni Paolo II e
delle elezioni amministrative del 2005. Ma quale collusione? Ma quali
'inciuci'?". Basterà davvero un blog per scoprire la verità? Forse no, ma
può aiutare tutti a cercarla. - -->.
( da "Nazione, La (Nazionale)" del 04-12-2007)
DEBORAH BERGAMINI, 37 anni, direttore
marketing della Rai, è attualmente sospesa dall'incarico a causa dell'inchiesta
interna aperta da Viale Mazzini sui rapporti con Mediaset durante
il secondo governo Berlusconi. Nell'Ente di Stato, la Bergamini era entrata nel
2002 (vicedirettore dell'area Marketing Strategico e Business Development).
E' consigliere di amministrazione di Rai Trade. E'
stata anche consigliere di amministrazione della Newco Rai
International. Dal 1999 al 2002 ha lavorato nello staff di Silvio Berlusconi
seguendo in particolare le campagne elettorali amministrative e politiche del
2000 e del 2001. Da allora è considerata una fedelissima del Cavaliere. -
-->.
( da "Unita, L'" del 04-12-2007)
Stai consultando l'edizione del L'Erba del vicino
Marco Travaglio Gioco di società. Sostituire, nelle intercettazioni di Azouz
Marzouk, il suo nome con quello di un politico, un imprenditore, un banchiere, un dirigente Rai o Mediaset (tanto
spesso è lo stesso), un principe di casa Savoia e immaginare l'effetto che fa.
Se, al posto del superstite della strage di Erba, ci fosse un intoccabile delle
caste italiote, avremmo tg e giornali intasati da dichiarazioni sdegnate per la
"pubblicazione indebita delle intercettazioni", severi moniti
dagli alti Colli contro la "violazione del segreto istruttorio",
plotoni di garanti mobilitati "a tutela della privacy", giornalisti
masochisti che domandano "chi passa le carte ai giornalisti?",
ispettori mastelliani in assetto di guerra contro i pm che "inseriscono
negli atti conversazioni prive di rilevanza penale", appelli bipartisan
per "approvare al più presto la legge Mastella sulle
intercettazioni". Invece si tratta di Azouz Marzouk, arrestato per spaccio
di droga, dunque chi se ne frega. Si bada al sodo, cioè al contenuto delle
intercettazioni, che dipingono un personaggio senza scrupoli: "che me ne
frega del colore delle bare", la morte di moglie e figlioletto
"disturbano i miei affari", "voglio vestiti firmati e auto di
lusso per tornare in Tunisia come un pascià", "gente ricca e potente
mi offre lavoro e soldi in cambio di sesso sporco", "mi vergogno, mi
hanno comprato". Cose moralmente orribili, d'accordo. Ma dove sarebbe la
rilevanza penale di queste conversazioni? Nessuna di esse (diversamente da
altre contenute nella stessa ordinanza del gip, relative al traffico di droga)
dimostra un reato: eppure sono finite agli atti pure queste, perché i giudici
devono lumeggiare la personalità criminale dell'indagato che accusano.
Esattamente come era giusto che i giudici di Potenza citassero le telefonate di
Vittorio Emanuele sulle "puchiacche" dell'Est, il gip Forleo quelle
dei politici con i furbetti delle scalate, i giudici di Napoli quelle su Moggi
&C., i giudici di Milano quelle sul patto Rai-Mediaset e così via. E com'era giusto che i giornali,
trattandosi di atti depositati e non più segreti, li pubblicassero. Eppure, in
tutti i casi citati, si son levati gli alti lai delle massime e minime cariche
dello Stato,mentre per Azouz non protesta nessuno. Anzi il direttore de Il Giornale
quello che, sulle intercettazioni Raiset, delirava
di "giustizia a orologeria per sabotare il dialogo
Berlusconi-Veltroni" intima di "chiedere scusa a Erba" perché
qualcuno, a suo tempo, aveva parlato di razzismo a proposito dei sospetti (poi
rivelatisi infondati) sul coinvolgimento del tunisino nella strage. In realtà
quanto sta accadendo conferma il razzismo di certa politica e
"informazione". Chi fosse Azouz lo si sapeva da sempre: era uscito
dal carcere - dove scontava una pena definitiva per traffico di droga- grazie
all'indulto. E, se qualcuno aveva qualche dubbio sul suo spessore morale, la
frequentazione del duo Corona & Mora tagliava la testa al toro. Eppure,
quando fu scagionato dai sospetti sulla strage, venne beatificato: come se un
trafficante di droga diventasse una brava persona solo perché non ha ucciso
nessuno. Ora si scopre che continuava a trafficare in droga e speculava sulla
morte dei suoi cari per diventare un vip. Sai che novità. Resta da capire in
quale altro paese un pregiudicato possa pensare di diventare un vip perché gli
hanno sterminato la famiglia. Gli indignati speciali dovrebbero spiegare la
differenza tra Marzouk, che passa direttamente dai funerali alla scuderia di
Mora & Corona, dal carcere alla tv, conteso a colpi di esclusive da Vespa e
Mentana, e chi gli ha consentito tutto questo mettendo in piedi il Mortality
Show che infesta le tv a reti unificate. Dopodichè, se non si vergognano
troppo, dovrebbero annotarsi le parole pronunciate un mese fa a Montecatini da
Berlusconi abbracciato a Dell'Utri: "Vittorio Mangano non fu mai
condannato per mafia: faceva il chierichetto nella mia cappella di
Arcore". Visto che Mangano fu condannato per associazione a delinquere con
la mafia nel processo Spatola e per traffico di droga nel maxiprocesso alla
Cupola, la domanda è semplice: che aspetta il Cavaliere a ingaggiare Azouz
Marzouk come stalliere o come chierichetto nella villa di Arcore? Uliwood
party.
( da "Unita, L'" del 04-12-2007)
Stai consultando l'edizione del GIUSEPPE
GIULIETTI"Ma il centrosinistra è rimasto a guardare. Troppe teste sono
cadute negli anni della Cdl" "Gli orrori Rai
già prima delle intercettazioni" di Andrea Carugati/ Roma "Non c'era
nessun bisogno delle intercettazioni per rendersi conto dell'orrore che si è
consumato in Rai tra il 2001 e il 2006. Per verificare
i danni del conflitto di interessi. C'è chi, giornalisti, dirigenti,
sindacalisti, quelle cose le ha denunciate. E per questo sono stati aggrediti,
e considerati sopra le righe anche nel centrosinistra, talvolta irrisi".
Giuseppe Giulietti, portavoce di Articolo 21 e membro Pd della Commissione di
Vigilanza sulla Rai, ha un timore: "Non mi
piacciono espulsioni, sospensioni e forche. Ma alcuni responsabili di quegli
anni sono ancora al loro posto. Vorrei che su quel periodo venisse fatta piena
luce: perché non si possa ripetere". Lei sembra poco appassionato alla
vicenda delle intercettazioni. "Mi dispiace che qualcuno si svegli solo
dopo la pubblicazione di alcune telefonate. "l'Unità" quelle cose le
ha documentate tutte, giorno per giorno. E infatti è stata accusata di essere
un foglio omicida, ed eliminata da tutte le principali
rassegne stampa della Rai, tranne il terzo canale. E anche a sinistra, a mezza bocca,
veniva definita esagerata. Chi denunciava il polo unico Rai- Mediaset era mal sopportato, eppure nel mondo tutto questo veniva
guardato con orrore. Vorrei che tutti avessero ben presente che questo è un
tema di oggi, che non si può archiviare frettolosamente cacciando la signora
Bergamini. Di episodi gravi ne sono accaduti molti altri". Quali?
"Tra i primi dirigenti a saltare, dopo la vittoria di Berlusconi, sono i
vertici della Sipra. A guidarla c'era un manager moderato, che però aveva ben
chiaro il concetto di concorrenza: Antonello Perricone, che oggi è ad di Rcs.
Poi c'è il caso del sondaggista Pagnoncelli, uno dei migliori: ebbe il torto di
fare un paio di sondaggi per Santoro e per Ballarò che indicavano un calo di
consensi per il Cavaliere: i criteri della gara furono modificati, e lui fu
sostituito da Luigi Crespi, che aveva lavorato alla campagna elettorale di
Berlusconi e faceva i sondaggi per Mediaset. Altri
casi: in varie assemblee pubbliche sono state denunciate pressioni sui vertici
del Tg3 per non rendere noti gli exit poll dopo le regionali 2005. Sarebbe un
reato penale, possibile che a nessuno interessi sapere chi fece quelle
pressioni? E ancora: le denunce di Paolo Francia sulla questione dei diritti
sportivi sono state archiviate. E il primo maggio 2004, che per la prima volta
nella storia della Rai fu trasmesso in differita per
poterlo controllare. E poi vorrei fare luce sulle dimissioni di Lucia
Annunziata, su quel fax in arrivo da Milano con una tornata di nomine...".
Chi dovrebbe occuparsi di tutte queste vicende? "Certamente la commissione
etica della Rai, ma ci sono profili che riguardano
anche la Vigilanza e l'Agcom. Credo che Lucia Annunziata dovrebbe essere
sentita". Perché non se ne parla, dunque? "Si è diffusa l'idea che il
conflitto di interessi non sia risolvibile, che sia meglio non rompere le
scatole e accontentarsi del fatto che alcuni epurati, ma non tutti, sono
rientrati. Si cominci restituendo l'onore a chi queste cose le ha
denunciate". Qual è il suo obiettivo? "Una ricostruzione precisa di
come il conflitto di interessi abbia alterato il sistema dei media italiani. È
fondamentale perché si arrivi ad approvare i ddl Gentiloni sulle tv e la legge
sul conflitto di interessi. Non si tratta di leggi "muscolari", ma ci
consentirebbero di entrare in Europa, magari a metà classifica...Su questo il
Pd dovrebbe caratterizzarsi, sfidare le opposizioni. Qualcuno nel centrodestra
potrebbe collaborare...". Lei crede che la tv sia una priorità per
Veltroni? "La sua proposta sull'amministratore unico per la Rai va in questa direzione: fuori i governi e i partiti
dalla comunicazione, mai più un cda in cui ogni partito ha il suo consigliere
di riferimento. Zapatero ci è riuscito".
( da "Unita, L'" del 04-12-2007)
Stai consultando l'edizione del Mediaset,
nuova accusa contro Berlusconi La procura di Milano: appropriazione indebita
nell'inchiesta sulla compravendita dei diritti televisivi / Milano NOVITÀ
Appropriazione indebita. È la nuova accusa mossa dalla procura di Milano contro
Silvio Berlusconi nell'ambito del processo sulla compravendita dei diritti
televisivi Mediaset. L'atto di iscrizione nel registro
degli indagati da parte del pubblico ministero Fabio De Pasquale, titolare
dell'inchiesta, risale addirittura all'aprile scorso. La notifica è stata presentata
a Silvio Berlusconi solo a metà dell'ottobre scorso, quando nell'ufficio
padovano del legale del Cavaliere, Niccolò Ghedini, è stata notificata una
"notifica di proroga indagini". In una pagina, si informa che contro
l'ex presidente del consiglio si indaga per concorso in appropriazione
indebita. Il filone è quello della compravendita gonfiata dei diritti
televisivi dalle grandi case di produzioni americane, il cui uomo di
riferimento in Europa è Frank Agrama. Secondo la procura
milanese proprio Agrama, insieme ad altri tre ex manager Mediaset, avrebbe concordato tariffe fasulle per l'acquisto di film e
altri format sui canali televisivi del gruppo di Berlusconi. Fino allo scorso
febbraio per il pm De Pasquale Mediaset risultava come "parte
lesa" del procedimento giudiziario. Non vi era prova che il gruppo
fosse a conoscenza degli accordi sottobanco tra Agrama ed i suoi manager.
Secondo l'avvocato Ghedini "il pm De Pasquale cerca disperatamente di
tenere in piedi un processo morto. È impensabile ed illogico che Silvio
Berlusconi si sia appropriato di soldi di Mediaset".
Nel filone principale sui diritti gonfiati, che si discute in dibattimento, le
accuse contro Silvio Berlusconi e una decina di altri suoi manager sono state
ridimensionate pochi giorni fa. Si trattava di frode fiscale e falso in
bilancio, ma risalendo al 2001 l'imputazione l'imputazione è ormai caduta in
prescrizione. In questo modo Fedele Confalonieri è uscito dal processo.
( da "Giornale.it, Il" del 04-12-2007)
Di Redazione - martedì 04 dicembre 2007, 07:00 da
Milano Raidue ha vinto la battaglia d'autunno. È stata
l'unica rete a crescere di oltre l'un per cento nella prima serata, battendo la
diretta concorrente Italia 1 (11.38 contro 9.92). Lo dicono i dati del periodo
di garanzia autunnale, che scatta quando i network trasmettono i programmi
migliori per "garantire" agli investitori pubblicitari di essere
seguiti da un consistente numero di telespettatori. Tra il 16 settembre e il 2
dicembre la seconda rete Rai ha conquistato
soprattutto donne, è vista nel Nord Est e conquista il 36 per cento dei
telespettatori tra i 35 e i 54 anni. Hanno funzionato sia Annozero, il
programma di approfondimento di Michele Santoro, sia il menu a base di telefilm
e fiction. La domenica, il campione di ascolti Ncis, con l'agente investigativo
della marina militare Gibbs, e cioè Mark Harmon, ha sbaragliato gli Heroes di
Italia Uno, incrementando il suo pubblico di circa il 2.8 per cento rispetto
allo scorso anno. Il lunedì Voyager ha zoppicato, ma il martedì Criminal Minds
ha avuto la meglio sulle proposte della seconda rete Mediaset
Ugly Betty e Una mamma per amica. Indiscutibile il successo dell'Isola al
mercoledì. Un po' più fragile la chiusura della settimana con la fiction al
venerdì e Cold Case al sabato, che comunque hanno superato le performance del
2006, facendo di Raidue l'ex Cenerentola che invece ha
aiutato mamma Rai a vincere, nel totale, questa stagione.
Italia Uno ha però combattuto bene e si è fatta onore, accaparrandosi i
giovanissimi sino ai 24 anni e confermandosi rete leader su questo terreno,
sempre più scivoloso invece per Raidue. I dati
mostrano come Canale 5 più Italia 1 siano una coppia di ferro: insieme
conquistano il pubblico pregiato, visto che sono saldamente al primo e secondo
posto per tutta la giornata nelle preferenze della popolazione fino ai 34 anni
(e Canale 5 è sempre prima rete fino ai 54 anni). Viceversa, la rete ammiraglia
Rai passa in vantaggio solo tra chi ha più di 55 anni.
Inaspettato e importante, il risultato di Rete 4: è cresciuta in tutte le fasce
orarie, si conferma terzo canale italiano più amato dagli over 65 anni,
conquistando uno share del 12.9% nelle 24 ore e, ciliegina sulla torta,
nell'arco della giornata vince (8.9 per cento contro 8.7) su Raitre.
( da "Libero" del 04-12-2007)
Attualità 04-12-2007 LA TV DEGLI SCIPPI FRANCESCA
D'ANGELO ROMA In principio fu Bonolis. Con lui, tra i pacchi di Raiuno tramutati per Mediaset in
busti di cartongesso, è iniziata la sanguinaria guerra dei format. Una
battaglia a suon di rivendicazioni creative che, a ondate alterne, non manca di
scuotere le pieghe del piccolo schermo. L'ultimo grido di dolore è stato
sollevato da Raffaella Carrà. La showgirl, pronta a rimpatriare "con nuovo
amore" in Rai, svela di sentirsi tradita,
accusando l'azienda di averle soffiato l'idea. "Sogni", la sua
creatura dedicata alle adozioni a distanza, è stato riproposto in video, senza
di lei, sotto mentite spoglie. Il riferimento è al programma "Il treno dei
desideri", condotto sulla rete ammiraglia da Antonella Clerici. Endemol ha
prontamente risposto che non si tratta di scippo, essendo il format una
proprietà della casa di produzione. A distinguere i due programmi, inoltre,
concorrono diverse modifiche sostanziali. Ma la Raffa nazionale appare
inconsolabile. E forse non le importa sapere che, prima di lei, altri hanno
gridato alla frode ideativa. Come si è detto, l'operazione clone non è nuova
per la tv italiana. Tutto è cominciato con l'autunno 2006 quando Bonolis,
traslocando in Mediaset, ha debuttato con il preserale
"Fattore C". Un programma palesemente somigliante al game
"Affari tuoi" che il presentatore aveva appena condotto, con ottimi
riscontri di ascolti. Davanti a cotanta somiglianza (stesso meccanismo di
gioco, simile scenografia, identica collocazione oraria), la Rai
aveva richiesto un provvedimento d'urgenza, appellandosi all'articolo ex 700. è
seguito un processo. Delle sorti giudiziarie di questo contendere, non è stata
data più notizia. Si sa, invece, che Bonolis è tornato alla carica nel
rivendicare un'al tra paternità creativa. "Vot'Antonio" di Fabio
Canino sarebbe stata una sua idea. Almeno all'inizio. Perché poi, con la messa
in video su Raidue, Bonolis ha notato le differenze
del programma (e forse anche gli ascolti terribilmente bassi), ripudiando nel
giro di un giorno la creatura catodica. La Einstein Multimedia ha comunque
precisato che "Vot'Antonio" è un adattamento dell'inglese "Vote
x me", ideato dagli autori Stephen Leahy & Trish Kinane. Al di là
delle singole polemiche, è evidente che né Bonolis né Canino né la Carrà siano
degli sprovveduti. E che, al contempo, nessuno abbia interesse a inimicarseli.
Il problema sta, semplicemente, nel format. Il punto è che non esiste una
tutela internazionale univoca. In Italia la Siae è a buon punto per varare
un'apposita legge in materia. Tra i tanti tecnicismi e i nodi da sciogliere,
bisogna soprattutto fare chiarezza se sia l'autore o il produttore (o entrambi)
il soggetto avente diritto d'autore. Comunque a oggi non c'è una condivisa
disciplina vigente. Il format, inoltre, si presta di per sè all'effetto clone.
Dentro il quale il nostro Paese ci sguazza. Perché l'Italia, sul versante tv,
sta come i cinesi alla moda: siamo dei gran copioni. Dei magnifici convertitori
di idee. Basti guardare alle fiction: per un santo canonizzato, abbiamo almeno
due fiction biografiche. Di Padre Pio ne abbiamo visti a go - go, per non
parlare dei Papi, buoni o polacchi che siano, tutti
vicendevolmente raccontati da Rai e Mediaset. Non
solo. Guarda caso sono italiani i migliori doppiatori del mondo e sono sempre
made in Italy quei format riveduti e corretti che hanno fatto poi fatto il giro
del mondo. La versione nostrana de "I soliti Ignoti", per esempio, è
più apprezzata dell'originale americana. Lo stesso "Grande
Fratello" ha fatto la fortuna all'estero nella veste scenografica ideata
per l'Italia dalla nostra scenografa Trixie Zitowski. Finché non sarà
disciplinata la materia, attendiamoci quindi nuovi cloni in video. Uno è già
alle porte: appurata l'effica cia della formula karaoke, che lanciò Fiorello, a
dicembre ci sciropperemo due versioni del game canoro. La prima debutta venerdì
7 dicembre su RaiUno, alle 21.30: "Chi fermerà la
musica" con Pupo. La seconda è targata Mediaset e
arriverà a metà dicembre, in versione puntata one shot, su Italia1. Nel primo
caso, la sfida è cantare ricordando le parole del testo. Mediaset
invece punta a una sfida dove vince chi canta meglio. Non si tratta di scippo,
è vero. Ma la sostanza, per il pubblico, è sempre quella. NEMICHE DI FORMAT
Raffaella Carrà (sopra) ha accusato la Rai e Antonella
Clerici di aver copiato, con "Il treno dei desideri", il suo
"Sogni" su Raiuno Olycom Salvo per uso
personale è vietato qualunque tipo di riproduzione delle notizie senza
autorizzazione.
( da "Opinione, L'" del 04-12-2007)
Oggi è Mar, 04 Dic 2007 Edizione 265 del 04-12-2007
Gli appuntamenti dopo il periodo autunnale La tv senza garanzia di Antonio
Arabia Archiviati gli scontri del periodo di garanzia autunnale, per la tv è
tempo di grandi ritorni - da Passaparola alla Ruota della fortuna, ai Soliti
ignoti, al Grande Fratello - e di novità, come Bon ton, con Milly Carlucci
insegnante di buone maniere su Rai Uno, o Anni e anni,
ovvero "i migliori anni della nostra vita" televisiva raccontati da
Carlo Conti. Manovre e sperimentazioni iniziano già dalla fascia preserale e
dall'access prime time. Su Canale5 Gerry Scotti concluderà domenica 9 dicembre
il settimo anno di Chi vuol essere milionario, ma tornerà con Maria Amelia
Monti il 19 dicembre nel film tv Finalmente Natale, ispirato alla sitcom
Finalmente Soli, lasciando il posto del preserale al game 1 contro 100 condotto
da Amadeus. Ma il bulimico della tv riprenderà il gioco che ha nel cuore, ossia
Passaparola, in un'edizione speciale da domenica 16 dicembre alle 20:40 dopo il
Tg5 per sette appuntamenti, nello spazio felice di Paperissima sprint (di cui
tra l'altro è doppiatore), sperando che Mediaset riprenda in considerazione di riproporlo nella naturale
collocazione del preserale. Italia 1 da domani sera proverà a testare nuovi
programmi. Il primo, realizzato dalla redazione de Le iene, è per ritrovare i
truffatori: Scappati con la cassa, condotto da Sabrina Nobile con Giulio Golia,
Matteo Viviani e Luigi Pelazza, andati a cercarli in giro per il mondo.
Il 18 dicembre Amadeus proporrà una sorta di karaoke, Canta e Vinci, mentre il
1 gennaio sempre in prima serata sarà Federica Panicucci a sperimentare un
format giapponese, Mi raccomando, con bambini protagonisti alla prima missione
da grandi, mentre Enrico Papi sempre a gennaio testerà Sconfiggi le bionde. Lo
stesso Papi da lunedì 10 dicembre sarà sulle orme del grande Mike: La ruota
della fortuna, in onda nell'access prime time alle 20:30. Nel format americano
tra i più antichi della tv, Papi avrà accanto l'attrice e modella Victoria
Silvstedt. Nell'access di Raiuno fino al 30 dicembre
c'é Affari tuoi con Flavio Insinna, che dal 6 dicembre il giovedì sarà
coalizzato con Soliti ignoti, quattro speciali in prime time del fortunato game
sulle identità da indovinare che, forte del successo della scorsa estate,
tornerà dal primo gennaio al posto dei pacchi. Insinna si rifarà a sua volta
con tre-quattro speciali di Affari tuoi in prime time a gennaio. Su Rai Uno il 6 dicembre torna Roberto Benigni alle 23, con le
letture di Dante (il giovedì, più due speciali il 25 dicembre e il primo
gennaio) e dopo Natale arrivano due nuovi show: dall'11 gennaio Bon ton, con
dieci vip che saranno educati alle buone maniere; dal 12 gennaio Anni e anni
con Conti. Per la fiction arriveranno Medicina generale 2, Un caso di Coscienza
3 e il nuovo Ho sposato uno sbirro con Flavio Insinna. A gennaio su Canale 5 si
riaffaccerà il Bagaglino con il nuovo varietà, mentre per metà gennaio sulla
rete ammiraglia Mediaset ripartiranno il più classico
people reality, Grande fratello 8 ancora condotto da Alessia Marcuzzi, la cui
popolarità a giudicare dal successo dei casting non ha avuto cedimenti e la
settima edizione di Amici condotto da Maria De Filippi in prima serata come
selezione finale del corso interdisciplinare che mira a far emergere il talento
di giovani abili nel ballo, danza, canto e recitazione. Più avanti, dopo
Sanremo, su Canale5 tornerà anche La Corrida. Per la fiction, si attendono I
Cesaroni 2 e Ris 4. Raidue punta sui telefilm (stasera
tocca a Lost, da domani all'accoppiata Ghost Whisperer-Desperate Housewives),
ma dal 22 dicembre sperimenta anche, il sabato pomeriggio dalle 14 alle 17,
Scalo 76 (civico dei nuovi studi di via Mecenate a Milano), ovvero attualità,
cultura, multimedialità e musica a fare da filo conduttore. Conducono Daniele
Bossari, Maddalena Corvaglia e Paola Maugeri. Raitre
propone domenica in prima tv Cocaina, film shock realizzato in presa diretta da
Roberto Burchielli e Mauro Parissone: è il primo di una serie di sei reportage
d'autore che proseguirà nel 2008. Tante le novità per Rai
Tre in seconda serata: il 17 dicembre arrivano le Memorie di Adriano recitate
da Giorgio Albertazzi; il 22 parte una serie sui Processi internazionali (si
comincia con quattro puntate sugli ufficiali argentini che guidarono il paese
tra il 1976 ed il 1983); il 28 Gregorio Paolini racconta La preistoria della
tv.
( da "Opinione, L'" del 04-12-2007)
Oggi è Mar, 04 Dic 2007 Edizione 265 del 04-12-2007
Digitale terrestre, la terza conferenza nazionale si trasforma in una seduta di
terapia collettiva L'Europa corre, l'Italia no. La Rai
è l'imputato principale per il mancato sviluppo della nuova tecnologia di
Alessandra Mieli Partire per primi e rischiare di arrivare ultimi. Questo
sembra essere lo scenario nel quale avanza lo stato di attuazione del Digitale
Terrestre. Sul banco degli imputati, i partecipanti alla terza conferenza
nazionale sulla Tv digitale terrestre spingono la Rai
e la politica. Salvo poi "assolvere" i manager della televisione
pubblica perché costantemente in bilico e perciò non nelle condizioni di varare
progetti di lungo respiro. C'è poi anche il cahier de doleance delle Tv locali
che lamentano il rischio di vedersi "spegnere" a causa
dell'assegnazione penalizzante delle frequenze decisa in sede europea. E dunque
lo spettro digitale non è infinito, anzi con lo standard alta definizione si
riduce a poco più di quanto è attualmente disponibile con l'analogico. E
tuttavia a Torino si è insistito sul punto che il Dtt rappresenta il futuro,
anzi oramai il presente della televisione. Ma è un presente che tende a
slittare e prendere connotati sempre più vaghi trasformando quello che è stato
un grande sogno in un incubo per gli operatori del settore che hanno investito
somme ingentissime e non vedono all'orizzonte il ritorno, ovvero i ricavi.
Soprattutto è inquietante il fatto che gli utenti acquistino i decoder ma poi
li utilizzino pochissimo. Perché? Per il motivo semplice che l'offerta di
contenuti non si differenzia in modo sostanziale da quella del tradizionale
sistema analogico e dunque il telespettatore non è motivato a "smanettare"
sulla nuova macchinetta per vedere uno o l'altro programma. Dunque tutti a
puntare il dito contro l'azienda pubblica, accusata di non aver svolto il suo
ruolo di "traino" nello sviluppo della tecnologia digitale. Ma come
mai avrebbe potuto la Rai farlo se, come risulta, i
finanziamenti da parte dello Stato pur copiosi in termini assoluti, sono
decurtati di 500 milioni di euro a causa del mancato incasso del canone?
L'elusione o evasione del balzello non è egualmente distribuita su tutto il
territorio nazionale: sono in particolare gli utenti del Mezzogiorno a non
versare il canone. E, invece, la Rai proprio di questi
utenti sembra preoccuparsi in modo particolare se è vero, come risulta, che la
programmazione di Rai Uno è seguita proprio dal
pubblico meridionale. Occorrerebbe anche interrogarsi sul senso della
definizione di servizio pubblico, ma questo rischia di diventare un argomento
spinoso che ci porterebbe lontano dai temi affrontati nel convegno. Sta di
fatto che, finalmente, anche la Rai ha ottenuto quest'anno
un finanziamento aggiuntivo per sviluppare il Dtt e che ha annunciato di voler
arrivare nel 2010 a rendere operativi 8 ? 10 canali che costituiranno il suo
"pacchetto di mischia". In tempo per la data fatidica dello switch
off del 2012. Sempre che non ci siano altri slittamenti all'italiana. E questa
certezza sul punto di arrivo della digitalizzazione è quanto con ansia chiedono
gli operatori privati che si sono impegnati con piani d'investimento rilevanti
ma che, per ora, lamentano l'impossibilità di vedere il frutto dei capitali
destinati al progetto. In particolare, sia Mediaset
(1.700 milioni complessivamente investiti), sia Telecom, con la 7, (810 milioni
investiti in 5 anni) chiedono, come ha detto fuori dai denti Antonio Campo
Dall'Orto che "sia fatta chiarezza sui tempi di ritorno del business"
perché come ha ribadito Enrico Perazzini, "il ritorno sull'investimento
non lo vede nessuno". Altro che nuovi soggetti come auspica il Ministro,
qui si rischia la fuga di quelli che già ci sono. Sarebbe stato inutile, allora
firmare protocolli con la Regione Piemonte e la provincia di Trento, se l'anno
prossimo la situazione dovesse ripresentarsi ancora in questi termini. A che
pro si chiedono gli operatori del settore continuare a sborsare un fiume di
soldi, lanciare nuovi canali, magari anche aggiustare il
tiro come ha fatto Mediaset che adesso guarda con maggior attenzione anche all'offerta
gratuita e non più ai soli contenuti pregiati, se poi si deve continuare a
vivacchiare in un sistema promiscuo "en attendant" che anche sua
signoria la Rai sia finalmente competitiva nell'offerta? La via italiana
al Dtt, insomma, è lastricata sempre da buone intenzioni, ma non porta in
paradiso. Restiamo nel limbo mentre il resto d'Europa procede spedito. Sarà anche
colpa del duopolio, ma il superamento dell'assetto del mercato non dipende da
un diktat quanto piuttosto dalla liberalizzazione dell'offerta di contenuti. E,
anche, anzi soprattutto dalla disponibilità a investire enormi quantità di
denaro da parte di altri editori. Per ora non pervenuti.
( da "Stampa, La" del 04-12-2007)
In contemporanea al debutto sul piccolo schermo del
nuovo canale Mediaset "Iris" dedicato
principalmente al cinema, si svolge venerdì 30 e sabato primo dicembre nella
sala 500 del Lingotto la conferenza nazionale sulla televisione digitale
terrestre, organizzata dall'associazione Dgtvì che riunisce Rai,
Mediaset, Telecom, Italia Media, D-Free, Frt e
Aeranti-Corallo. Al convegno, a cui si può accedere su invito, si fa il punto
sull'offerta digitale in Europa e in Italia, analizzando anche alcune
esperienze come quella delle prime aree "all digital" di Sardegna e
Valle d'Aosta. L'appuntamento è alle 15,15 di venerdì 30 novembre, e alle ore
10 di sabato 1. Fra i momenti di rilievo il confronto tra Antonio Campo
Dall'Orto di Telecom Italia Media, Luca Balestrieri della Rai, Federico di Chio di Mediaset e
Maurizio Costanzo e la tavola rotonda "La via italiana al digitale
terrestre" a cui partecipano Fedele Confalonieri di Mediaset, Claudio Cappon per la Rai, Marco
Rosignoli di Aeranti-Corallo, Tarak Ben Ammar di D-Free, Maurizio Giunco di Frt
e Pasquale Pistorio di Telecom. Conclude il convegno il ministro delle
telecomunicazioni Paolo Gentiloni. \.
Ddl
Rai, niet di Mediaset ( da "Manifesto, Il" del 03-12-2007)
"noi
piccoli non accettiamo trucchi" - giovanna casadio ( da "Repubblica,
La" del
03-12-2007)
ROMA
- La legge Gentiloni è una buona legge e bisogna battersi per farla passare.
Non mi ( da
"Messaggero, Il" del 03-12-2007)
Il
futuro del digitale terrestre ( da "Stampa, La" del 03-12-2007)
Ascolti,
finale al fotofinish ( da "Giornale.it, Il" del 03-12-2007)
Ascolti,
finale al fotofinish pag.1 ( da "Giornale.it, Il" del 03-12-2007)
Benigni,
grazie a Dante, batte Celentano ( da "Opinione, L'" del 03-12-2007)
La
manovra a tenaglia per fermare Silvio ( da "Opinione, L'" del 03-12-2007)
Dtt,
la Sardegna verso lo switch off ( da "Opinione, L'" del 03-12-2007)
Benigni
trionfa, il Capo dei capi vince ( da "Opinione, L'" del 03-12-2007)
Silvio
e Piersilvio insieme nella top ten ( da "Opinione, L'" del 03-12-2007)
La
serata infernale di Rai Uno ( da "Opinione, L'" del 03-12-2007)
Lunedì
ricorderemo Enzo Biagi e l'urgenza di cambiare la Rai e il sistema
dell'informazione
( da "EUROPA.it" del 03-12-2007)
( da "Manifesto, Il" del 03-12-2007)
Confalonieri attacca: "Legge Gentiloni, una pistola puntata" Ddl Rai, niet di Mediaset Torino La legge Gentiloni? "Una specie di pistola puntata
contro l'avversario politico". Parola di Fedele Confalonieri, presidente
di Mediaset, all'indomani dal minuetto cortese fra Walter Veltroni e Silvio
Berlusconi. Il Cavaliere, dunque, può dialogare su tutto, tranne che sulle sue
tv. "Se fai una legge contro il tuo avversario politico scassi il
sistema", dice il fido Fedele. Tradotto: se con una mano Walter propone a
Silvio una democrazia 'normale', in cui le forze antagoniste concorrono insieme
ad approvare le riforme, con l'altra non può puntargli un'arma contro. O è la
proposta di uno scambio, oppure un avvertimento, oppure entrambe le cose.
L'affermazione cade non troppo casualmente nel pieno della conferenza sul
digitale terrestre, ieri a Torino, nel corso della quale il ministro Paolo
Gentiloni aveva fatto l'elogio dell'avvio del dialogo fra i due leader massimi.
"Intervenire sull'eccessiva concentrazione delle risorse pubblicitarie e
delle frequenze e sulla rilevazione degli ascolti è una cosa
normalissima", replica il ministro. Non pistole ma "una normale
politica antitrust, che punta all'apertura di mercati che sono tuttora
chiusi". Ma Gentiloni usa un tono soft, adatto alla nuova fase dei
rapporti fra maggioranza e opposizione. "È vero che due o tre soggetti
sono entrati nel mercato tv, ma perché ne sono usciti altri, quelli che sono
stati acquistati. Il club, insomma, è rimasto chiuso". Il ministro
assicura che presto partirà il confronto sul suo ddl, confronto che lui si
aspetta "serio e non ostruzionistico" da parte degli ex alleati di
Berlusconi. In realtà Fini ha annunciato che d'ora in avanti terrà "le
mani libere sul riassetto del sistema tv" ed è la stessa posizione
dell'Ud. Gli azzurri, avverte Giorgio Lainati, contro la Gentiloni invece
continueranno a fare "le barricate". Ma la vera incognita, al
momento, è l'atteggiamento che terrà proprio il Pd. Che ha appena nominato come
responsabile della comunicazione Marco Follini, l'ex Udc che ha votato la legge
Gasparri.
( da "Repubblica, La" del 03-12-2007)
Da Mastella a Pecoraro a Diliberto, raffica di
telefonate ai vertici del Pd. Il leader Udeur: così vi tagliate gli attributi
"Noi piccoli non accettiamo trucchi" L'incubo è una riforma che crei
il bipartitismo. I Verdi: netto no al "Vassallum" Ma
"Liberazione" inverte la rotta: fare le riforme è "vitale"
anche per la sinistra GIOVANNA CASADIO ROMA - A Veltroni ha detto che l'Udeur
"non è mica di quelli che vogliono portare la mummia di Lenin... noi
portiamo un buon numero di voti cattolici, quelli sì, e se tu vai avanti così
sulla legge elettorale, il mio partito può pure sparire ma tu ti tagli gli
attributi". Clemente Mastella, dopo la telefonata di ieri con il
segretario del Pd, non è meno scettico: "Non le parole, ma i fatti
rassicurano". E va bene il dialogo con Berlusconi, ma
"francamente" non è neppure il caso "di fabbricare la fortuna
del Cavaliere". Gli "indignati" - i piccoli partiti dell'Unione
che temono l'inciucio e vivono l'incubo del bipartitismo, cioè di un patto Pd-Forza
Italia sulla legge elettorale - non sono tranquillizzati neppure da
Prodi-garante di tutta l'Unione. Il leader dei Verdi Alfonso Pecoraro Scanio,
ad esempio, ha chiamato il premier e ha sfogato tutto il suo malcontento:
"La ricreazione è finita - è sbottato - non si può giocare al bipartitismo
e se il Partito democratico formalizza la scelta del "Vassallum"
salta tutto". è un modello elettorale che va a pennello a Berlusconi,
"ma noi riforme per Berlusconi non ne facciamo, allora meglio il
referendum, e poi si vede". Minaccia Pecoraro, come già ha fatto Mastella.
Furibondo il ministro dei Verdi: "Si stanno truccando le carte. Capisco
Berlusconi che è un monopolista, che vuole riprodurre il
duopolio Rai-Mediaset in politica, ma non Veltroni. Il bacio con Berlusconi è un bacio
della morte. Anche per Veltroni. Si sta andando avanti con faciloneria, da 15
anni inneggiamo al bipolarismo e ora disfiamo tutto perché lo vuole il
Cavaliere, al quale peraltro andrebbe bene il modello-Putin". Tanto
irritati sono i Verdi da parlare di "stile sbagliato". Con loro,
anche i dipietristi, Pdci, Sinistra democratica e Sdi insistono per un vertice
del centrosinistra sulle riforme, legge elettorale in testa, "prima che
sia troppo tardi". Diliberto fa sapere di essere pronto a cantarle a Veltroni:
l'operazione Pd-Fi sarebbe talmente sfacciata, bipartitica, contraria
all'interesse dei partner dell'Unione, da innescare il cortocircuito nella
coalizione. Altra musica viene da Rifondazione. Basta sfogliare il quotidiano
del partito, Liberazione, negli ultimi giorni: si è passati dall'allarme di
sabato per il "Veltrusconi" al commento di ieri di Ritanna Armeni
sugli "scenari nuovi e vitali" che una riforma elettorale aprirebbe
soprattutto se prevale il modello tedesco. Come mai il cambio di rotta? Piero
Sansonetti, il direttore: "Per me, sempre meglio stare allerta. Però,
vediamo. Il primo giorno l'abbraccio tra Veltroni e Berlusconi sembrava
preoccupante, il giorno dopo lo scenario è parso diverso. Certo la
preoccupazione politica complessiva resta". Sulla legge elettorale
Veltroni è sembrato convincente a Fausto Bertinotti, sentito sabato al
telefono. Ma è il segretario del Prc, Franco Giordano, ad avere imposto la
linea "meno strepito, ragioniamo nel merito". Oggi Rifondazione
riunisce il suo vertice e Giordano insisterà su un punto: "Il nostro
partito ha interesse a ciò che consente l'aggregazione, noi scommettiamo
sull'unità della sinistra. Un patto bipartitico tra Pd e Fi non avrebbe i
numeri in Parlamento". Senza dimenticare che "il primo e vero rischio
bipartitico è rappresentato dal referendum". Fuori dai partiti, anche
l'associazione "Libertà e giustizia" ha riunito i coordinatori
sabato, per fare il punto sulle proposte di riforme. "Ora occorre
soprattutto riflettere - commenta Sandra Bonsanti - . Ma una certa
preoccupazione c'è: non si può passare da una difficoltà a decidere del
Parlamento a un parlamentarismo ridotto all'osso".
( da "Messaggero, Il" del 03-12-2007)
ROMA - "La legge Gentiloni è una buona legge e
bisogna battersi per farla passare. Non mi nascondo le difficoltà, però la
legge non è certo un atto eversivo. Confido che non ci sia ostruzionismo da
parte dell'opposizione, comunque la maggioranza ha il diritto-dovere di
legiferare". Marco Follini, neo responsabile Informazione del Pd, è
intervenuto a In mezz'ora, la trasmissione di Raitre
condotta da Lucia Annunziata. Follini ha spiegato che "la riforma del
settore televisivo viaggia su di un binario diverso rispetto al dialogo sulle
riforme". Per l'ex Udc, "la riforma delle tv non può essere una clava
contro l'avversario politico ma non può nemmeno essere l'occasione di
complicità". Quanto alla polemica sull'influenza di Mediaset nei confronti della Rai, Follini ha
affermato "che la concertazione dei palinsesti è una distorsione grave del
mercato". E ha concluso affermando che avrebbe dovuto lasciare il
centrodestra all'approvazione della Gasparri.
( da "Stampa, La" del 03-12-2007)
In contemporanea al debutto sul piccolo schermo del
nuovo canale Mediaset "Iris" dedicato
principalmente al cinema, si svolge venerdì 30 e sabato primo dicembre nella
sala 500 del Lingotto la conferenza nazionale sulla televisione digitale
terrestre, organizzata dall'associazione Dgtvì che riunisce Rai,
Mediaset, Telecom, Italia Media, D-Free, Frt e
Aeranti-Corallo. Al convegno, a cui si può accedere su invito, si fa il punto
sull'offerta digitale in Europa e in Italia, analizzando anche alcune
esperienze come quella delle prime aree "all digital" di Sardegna e
Valle d'Aosta. L'appuntamento è alle 15,15 di venerdì 30 novembre, e alle ore
10 di sabato 1. Fra i momenti di rilievo il confronto tra Antonio Campo
Dall'Orto di Telecom Italia Media, Luca Balestrieri della Rai, Federico di Chio di Mediaset e
Maurizio Costanzo e la tavola rotonda "La via italiana al digitale
terrestre" a cui partecipano Fedele Confalonieri di Mediaset, Claudio Cappon per la Rai, Marco
Rosignoli di Aeranti-Corallo, Tarak Ben Ammar di D-Free, Maurizio Giunco di Frt
e Pasquale Pistorio di Telecom. Conclude il convegno il ministro delle
telecomunicazioni Paolo Gentiloni. \.
( da "Giornale.it, Il" del 03-12-2007)
Di Redazione - lunedì 03 dicembre 2007, 07:00 Stampa
Dimensioni Versione PDF Invia ad un amico Vota 1 2 3 4 5 Risultato Premesso che
Canale 5 ha avuto una stagione d'oro e che ha vinto in tutte le fasce pregiate
per gli inserzionisti pubblicitari, come hanno ribadito anche ieri i vertici Mediaset (di seguito riportiamo il comunicato), è anche
divertente andare a sfrucugliare quello che è successo sabato, ultimo giorno
della stagione autunnale. Per riuscire a salvare la faccia, Raiuno,
che per la prima volta dopo quattro anni di successi non ha vinto, ha giocato
il tutto per tutto. E che ha fatto? Ha allungato di moltissimi minuti Affari
tuoi (fino alle 21,42), che con una puntatona mozzafiato in cui compariva un
pacco in finale di 500mila euro, ha fatto un ascolto alto: il 26,77 per cento.
Dall'altra parte Striscia ha realizzato solo il 18,78 e a seguire c'era il
meglio di C'è Posta per te (che quindi ha fatto meno del Treno). In sostanza in
prime time (20,30-22,30) Raiuno ha realizzato il 23
per cento e Canale 5 solo il 16,95. Conclusione? Questa forte differenza si è
ripercossa sul calcolo finale della stagione. Che è finita in maniera curiosa: nella stagione di garanzia Mediaset (9
settembre - 1 dicembre) Raiuno e Canale 5 hanno pareggiato: 22,6 per cento (per l'esattezza Raiuno ha fatto uno 0,008 in più, che significa 2000 spettatori in
più). Nel periodo di garanzia Rai (16 settembre - 1 dicembre) ha
vinto Canale 5: 22,74 contro il 22,49, quindi 0,25 in più. Cosa non si
fa per dire di non aver perso... Da Mediaset, come
detto, ribadiscono l'importanza della vittoria netta sul target commerciale
15-64 anni, su cui converge l'80 per cento degli investimenti pubblicitari.
"Questa fascia di età - recita il comunicato di Cologno - vede Canale 5
prima rete italiana in prime time con il 25.0% di share (Raiuno
18.8%). Nel totale giornata, Italia 1 è prima rete assoluta sul pubblico fino
ai 24 anni di età con il 24.4% di share, e si conferma terza rete italiana sul
pubblico fino a 64 anni con il 12.5%. Se si considerano i risultati per fasce
di età, un dato rilevante per misurare il valore pubblicitario e commerciale
delle singole reti, emerge con chiarezza la forza dell'accoppiata Canale 5 più
Italia 1 tra il pubblico più pregiato. Pagina successiva >>.
( da "Giornale.it, Il" del 03-12-2007)
Ascolti, finale al fotofinish di Redazione - lunedì
03 dicembre 2007, 07:00 Stampa Dimensioni Versione PDF Invia ad un amico Vota 1
2 3 4 5 Risultato Di grande rilevanza anche il risultato di Retequattro che è
cresciuta in tutte le fasce orarie e in particolare si conferma terzo canale
italiano nella classe d'età sopra i 65 anni, conquistando uno share del 12.9%
nelle 24 ore. Un risultato che ribadisce l'attenzione
editoriale di Mediaset per tutto il pubblico televisivo. Per completezza, è utile
sottolineare che la leadership Mediaset registrata nel periodo di
garanzia d'autunno è confermata anche nei dati calcolati dall'inizio dell'anno.
Questi risultati dimostrano che, pur in un quadro competitivo sempre più
affollato, multipiattaforma, e dove il pubblico più giovane è sempre più
difficile da fidelizzare, la programmazione Mediaset
si rivela commercialmente pregiata ed editorialmente moderna e completa".
<< Pagina precedente.
( da "Opinione, L'" del 03-12-2007)
Oggi è Lun, 03 Dic 2007 Edizione 263 del 01-12-2007
(S)comunicando Benigni, grazie a Dante, batte Celentano di Paolo Pillitteri
Intendiamoci: con Dante Alighieri non c'è partita. Benigni lo sapeva e, tra
l'altro, lo sa a memoria, soprattutto quel Quinto canto dell'Inferno dove Paolo
Malatesta e Francesca da Rimini simbolizzano l'amore totale, il peccato
dell'adulterio, con la caduta agli inferi di due anime innamorate che
"quali colombe dal disio chiamate/con l'ali alzate ferme al dolce
nido...narrano la loro vicenda di amore e morte, forse fra le più ricordate,
perché commoventi e tragiche, dagli studenti e non solo. E dove, non a caso,
Dante pone all'inizio di molti versi la parola Amor "ch' a nullo amato
amar perdona" fino a concludere con la morte "e caddi come corpo morto
cade". E' forse fuorviante la valutazione del peso della satira politica
benignana nel complesso di una trasmissione il cui clou era e resta Dante
Alighieri nel suo momento poetico fra i più alti e conosciuti. L'attrazione
fatale che provoca sul pubblico il Poeta è ben nota, e non solo nel suo
mediatore Benigni ma con Sermonti e, storicamente parlando, con Albertazzi e
prima ancora con Gassman nei quali la classicità della parola limpida e
profonda si fondeva, rianimandoli, coi i versi sublimi e travolgenti del Padre
della nostra lingua. Benigni tutto ciò ben conosce e ha chiesto ed ottenuto da
Del Noce un lungo tempo televisivo senza spot, senza "interrompere
un'emozione". Cosa che invece Adriano Celentano non ha ottenuto o chiesto.
Ma non è questo il punto. Il fatto è che il modello Benigni, proprio perché
tutto teso e concentrato verso l'exploit emozionale del canto dantesco, ha
giocato con la satira politica senza premere troppo sui pedali, privandola di
punte cattive e, soprattutto, trattandola in modo bipartisan, quasi da manuale
Cencelli, a parte una crudeltà sull'innocuo Bondi: Berlusconi che "ha
avuto cinque mogli di cui due sue" andrà all'inferno, ma anche Prodi non
deve vantarsi troppo dei 24 mila voti in più, Mastella è un capro espiatorio
buono a niente, mentre Tremaglia ha fatto perdere voti ad An eccetera. I limiti
di Adriano s'intravedevano, oltre ai ritmi eccessivamente diluiti, in quel
sermoneggiare d'ecologia che sapeva di deja vu, collegato, per di più, al
singolarissimo elogio di Prodi. Comunque, questa è la Rai,
il cosiddetto Servizio Pubblico Radiotrelevisivo, che amiamo e che amano gli
italiani, ancorchè Cappon e staff si autocompiacciano per la vittoria nel
periodo di garanzia con in più la sconfitta di Canale 5 con "Il capo dei
capi", tacendo sul fatto che ci fanno pagare il Canone
e omettendo gli orrori della Rai dei vari, tragicamente trash
pomeriggi,e non soltanto, sull'Uno e sul Due, per non dire delle militanze
spocchiose e insopportabili di certi anni zero, appunto. Tra l'altro, Mediaset non piange e non deve soffrire troppo di questo uno-due di
Adriano e Roberto se è vero, come è vero, che il Biscione se la cava comunque,
anche in periodo di garanzia, al punto far dire a Pier Silvio, a sentire il
sempre informato P. Martini della "Stampa" che "Da un punto di
vista economico dubito che si possano ripagare i programmi con un solo break
dentro Celentano e praticamente nessuno spot per Benigni". Come a dire,
con Totò: è la somma che fa il totale. Intanto però, quel "traditore"
di Del Nox stappa lo champagne.
( da "Opinione, L'" del 03-12-2007)
Oggi è Lun, 03 Dic 2007 Edizione 263 del 01-12-2007
Un film visto e rivisto La manovra a tenaglia per fermare Silvio di Graziano
Girotti Con la sinistra governativa allo sfascio e quella partitica che a
fatica intravede un futuro, ecco ridiscendere in campo il
"democratico" braccio giudiziario e giornalistico. C'è da distrarre
l'opinione pubblica disfatta dalle tasse e da una situazione economica che
resta sul brutto stabile. Peraltro un Berlusconi stile-'93, che rimescola le
carte con coraggio e lungimiranza, aumenta in modo esponenziale il rischio che
i moderati si riprendano l'Italia e magari provino pure, questa volta con
successo, a tradurre in pratica quella rivoluzione liberale che resta l'unica
strada possibile per salvare il Paese da un declino che ora sembra
inarrestabile. Insomma, c'è molto lavoro "sporco" da fare. E allora
ecco muoversi in pompa magna chi quel lavoro per la sinistra ha sempre compiuto
con dedizione e costrutto. Prima ci ha pensato l'armata Repubblica-na, che ha
gridato uno scoop totalmente inesistente: ai tempi del
secondo governo Berlusconi, i dirigenti Rai e Mediaset si rifugiavano in bagno e da lì, al riparo da orecchi
indiscreti, partivano teleconferenze per favorire il network privato rispetto a
quello pubblico. Ovviamente a tirare i fili era Silvio il quale, fregandosene
delle cose di governo, pensava a ingrassare i suoi bilanci. Il direttore
Ezio Mauro, all'operazione, è riuscito persino ad appioppare un nome che sa di
trame segrete, logge massoniche, torbido, fango. Delta, l'ha chiamata. Il
ragazzo ci sa fare, è indubbio. Peccato che dopo solo alcuni giorni
dall'esplosione del caso, il Corriere della Sera intervisti l'ex direttore
generale della Rai, Pierluigi Celli. Il quale non ci
pensa due volte a togliere le brache all'erede del Fondatore e a lasciarlo alla
mercè delle risate di quei pochi lettori che si accorgono dell'articolo.
"Ma le telefonate ci sono sempre state!" ha sostanzialmente
dichiarato. "Era ed è normale che i vertici di due aziende concorrenti si
confrontino". La rivelazione resta confinata nelle pagine interne e passa
sotto silenzio. Talmente sotto silenzio che è di poche ore fa la notizia della
sospensione dalla Rai della sua direttrice marketing,
colei che viene ritenuta la materiale esecutrice dei voleri di Silvio. E per
lei l'odissea, ne siamo sicuri, è appena agli inizi. Poi c'è l'altro versante,
quello giudiziario. L'obiettivo prescelto è stato il sindaco di Milano, Letizia
Moratti, coinvolta in una inchiesta su presunti incarichi d'oro. Primo
cittadino stimato, donna, personaggio di sicuro avvenire nel Partito della
libertà, la Moratti rappresenta un bersaglio a dir poco interessante. "Le
recenti polemiche rispetto ad incarichi profumatamente retribuiti, soprattutto
quando provenienti da sinistra ? ha commentato il capogruppo di Forza Italia
alla provincia meneghina, Bruno Dapei ? ci avevano fin qui fatto sorridere al
pensiero di quanto, a riguardo, abbiamo visto accadere a Palazzo Isimbardi
(sede del consiglio provinciale) e nelle società partecipate e controllate
dalla Provincia. Dal piano politico, la vicenda ora sembra spostarsi su quello
giudiziario. Déjà vu". Sì, un film visto e rivisto, che ora però va
assolutamente replicato. C'è da fermare Silvio. Ed è scattata la manovra a
tenaglia.
( da "Opinione, L'" del 03-12-2007)
Oggi è Lun, 03 Dic 2007 Edizione 263 del 01-12-2007
Ma l'Italia è fanalino di coda Dtt, la Sardegna verso lo switch off di Antonio
Arabia Via libera da parte dell'Autorità per le garanzie nelle Comunicazioni al
piano di assegnazione per le frequenze digitali in Sardegna, che il primo marzo
2008 spegnerà completamente la tv analogica. Il Consiglio dell'Agcom,
presieduto da Corrado Calabrò, ha approvato - relatori i commissari Giancarlo
Innocenzi e Michele Lauria - la delibera che definisce i criteri tecnici e amministrativi
per la completa digitalizzazione delle reti tv nell'isola. Gli uffici
dell'Authority stanno lavorando alla messa a punto degli aspetti tecnici della
delibera, che sarà presto pubblicata sul sito dell'organismo di garanzia. Il
tema delle frequenze è, peraltro, uno dei piatti forti della due giorni
nazionale sul digitale terrestre, iniziata ieri a Torino. I grandi Paesi
europei procedono a passo svelto nel cammino verso la tv digitale, grazie al
concorso di tutte le piattaforme: satellite, digitale terrestre, cavo e tv su
protocollo Internet. L'Italia, invece, rischia di restare il fanalino di coda
in termini di diffusione, offerta e ascolti (e quindi investimenti
pubblicitari). E' il quadro a luci e ombre del Secondo rapporto sulla tv
digitale terrestre in Europa, presentato a Torino alla
Conferenza nazionale, voluta da DGTVi, l'associazione (Rai, Mediaset, Ti Media, DFree, Frt e Aeranti-Corallo) che promuove la nuova
tecnologia. Nel Regno Unito a fine 2007 le abitazioni digitali saranno più del
90%, in Francia quasi il 60%, in Italia e Spagna si avvicineranno al 50%, in
Germania poco più del 40%. Il Dtt fa da traino, con tassi di crescita
nell'ultimo biennio superiori alle altre piattaforme: in GB la diffusione nelle
famiglie è del 36%; in Francia, Italia e Spagna si avvicina al 20%; in Germania
è quasi al 10%. Una spinta importante viene dalla vendita di televisori
integrati (con sintonizzatore digitale), che in Italia e Francia diventerà un
obbligo: nel nostro Paese a ottobre 2007 ne sono stati venduti circa 170 mila,
contro i 27 mila di ottobre 2006. L'offerta va da 20 canali (Spagna) a 41 (GB).
In Francia, GB e Spagna prevalgono quelli generalisti e di intrattenimento, in
Italia i canali tematici e a target specifico. Prevale l'offerta in chiaro,
anche se ovunque è presente un'offerta pay.
( da "Opinione, L'" del 03-12-2007)
Oggi è Lun, 03 Dic 2007 Edizione 263 del 01-12-2007
Da vere Ammiraglie Rai Uno e Canale5 hanno fatto bei
numeri in prima serata Benigni trionfa, il Capo dei capi vince "Il quinto
dell'Inferno" ha siglato il record stagionale con 10 milioni 76 mila
telespettatori e il 35,69% di share. Ottima l'ultima
puntata della fiction targata Mediaset sul boss Totò Riina seguita
da 7 milioni 995 mila telespettatori, ha riportato il 28,59% di share di
Lucilla Bicocchi Sono stati molti gli applausi che l'altra sera hanno
interrotto il monologo di Roberto Benigni, soprattutto nella prima parte.
Il comico toscano, prima di inneggiare a Dante e all'amore, si tuffa nelle
pieghe della satira sfornando a mitraglia una lunghissima serie di lazzi e
battute e, malgrado i tantissimi "Scusate, si scherza" non ha
risparmiato davvero nessuno. Puntuali all'ora d'inizio dello show c'erano
10.076.000 telespettatori con uno share pari al 35,69%: se per Rai Uno si tratta di una sonora vittoria, lo stesso vale per
il Capo dei capi che, con l'ultima puntata conquista un nuovo boom d'ascolti.
Sono stati 8 milioni i telespettatori che l'altra sera alle ore 21 e 30 hanno
assistito all'arresto del più feroce criminale di Cosa nostra e, considerando
l'ultimo bottino ottenuto in fatto di ascolti, la fiction sul boss di Corleone
ha tenuto fede alle aspettative rispettando i pronostici. Lo show di Benigni,
iniziato 50 minuti prima rispetto alla fiction di Canale 5, ha visto i suoi
momenti migliori nella prima parte dello show, nel corso delle tante gag e
frustate ai politici. Abito scuro e camicia bianca, complice la scenografia
nuda firmata Castelli, Benigni indossa i panni del piccolo diavolo nel teatro
che fu scena de La vita è bella. E' verso le ore 21 e 30 che share e ascolti
s'impennano: sintonizzati su Rai Uno, a quell'ora, ci
sono oltre 12 milioni di italiani con uno share che supera il 40%. Passano 45
minuti, lui parla a raffica e poi cambia, portando il pubblico all'Inferno e
incantando con la poesia di Dante. Qualche minuto prima delle 22 il picco degli
ascolti: Benigni associa il quinto canto a Beatrice e spiega che Paolo e Francesca
furono divisi da un inganno delle loro famiglie. Risultato: 12.597.000 presenti
all'appello, mentre la divina predica raccoglie il 41,67%. Sulla sponda Mediaset, intanto, andava in onda un altro Inferno, quello
della strage di Capaci e via D'Amelio, tra i momenti più visti della serata: se
lo share sale al 32,69%, sono quasi 9 milioni ad assistere alla scena in cui
Giovanni Brusca aziona il telecomando che polverizza Falcone e la sua scorta,
mentre zio Totò e i suoi brindano alla sua fine. Ma sulla carriera del boss sta
per calare il sipario. Alle ore 23 e 10 scatta l'arresto mentre va in scena il
botta e risposta ormai storico: "Chi vi manda?" e il capitano che
effettuò l'arresto: "Falcone e Borsellino". Se lo share sfiora il 36%
è negli istanti finali dell'ultima puntata che la serie trova uno dei suoi
momenti più efficaci dal punto di vista narrativo. L'incontro-scontro tra Riina
e Schirò, il Bene e il male. "Prima o poi doveva succedere", dice
Schirò, mentre Riina/Gioè chiede invano il nome del traditore. Ma qual è stato
il pubblico della serata evento del 29 novembre? Se lo show di Benigni
conquista una platea colta e benestante di 55-65 enni (42,36%) il pubblico del
capo dei capi resta fedele nel corso delle puntate; presente davanti alle
atrocità del clan dei corleonesi ci sono tantissimi giovani tra i 15 e i 24
anni (43,45%) mentre sembrano davvero in pochi, in Sicilia, ad essersi persi le
gesta nefande del re boss di Corleone. E' dalla sua terra, senza sorprese, che
Riina incassa il maggior numero di preferenze (55,68%).
( da "Opinione, L'" del 03-12-2007)
Oggi è Lun, 03 Dic 2007 Edizione 263 del 01-12-2007
Info Tv Silvio e Piersilvio insieme nella top ten di Claudia Bruno dalla
famiglia Berlusconi: il cavaliere, che con oltre 5 minuti di parlato Tv si
aggiudica la prima posizione della top ten, annuncia che non ci sarà nessun
passo indietro per quanto riguarda il nuovo partito, spiegando che Forza Italia
rimarrà lo zoccolo duro della nuova formazione e ribadendo la volontà di
costruire una grande realtà in cui far confluire tutti i moderati. Il leader di
Forza Italia fa sapere ai microfoni dei telegiornali che sabato e domenica
saranno allestiti gazebo per sceglierne il nome e che il nuovo soggetto
politico si ispirerà al Ppe. Su giustizia e Tv il cavaliere ha preferito non
replicare a Fini e Casini, mentre con chiaro riferimento a quanto detto nei
giorni scorsi dal presidente di An ha dichiarato: "Nel centro-destra solo
io ho avuto le mani legate". Il figlio Piersilvio, vicepresidente
di Mediaset, conquista invece la quinta posizione, attraverso le
dichiarazioni rilasciate in merito all'accordo raggiunto in casa Mediaset per una joint-venture in cui confluiranno Medusa Film e Taodue,
un accordo che fa del gruppo una grande realtà di contenuti, non solo
nell'ambito dell'intrattenimento e della produzione cinematografica, ma
anche nella creazione di fiction. "Con questa intesa si crea la prima vera
major italiana, che contribuirà alla diffusione di fiction e prodotti italiani
su mercati esteri", ha affermato con ottimismo Piersilvio. Per dare
completa visibilità alla famiglia Berlusconi Studio Aperto dedica un intero
servizio anche al più piccolo dei figli: Luigi, 18 anni, che in una intervista
rilasciata alla rivista mensile "Style" dichiara: "Credo nella
famiglia e nella sua unità. Non farò né Tv e né politica, ma mi dedicherò
all'alta finanza". Studia alla Bocconi, ama la satira, le amicizie bipartisan
e i vantaggi di un padre all'opposizione "Più tempo per stare
insieme", spiega. Medaglia d'argento della giornata per il ministro
Clemente Mastella interpellato dal Tg4 sullo scandalo del giovane rom Marco
Ahmetovic che travolse e uccise col suo furgone quattro ragazzi ad Appignano
del Tronto e che ora è testimonial di una linea di orologi. "La vicenda è
sconcertante e vergognosa", ha sottolineato il guardasigilli, che ha già
incaricato i propri uffici di inviare ispettori per le verifiche sul caso.
Terzo posto in classifica, infine, per il grande comico toscano Roberto
Benigni, che non perde l'occasione per scherzare con il giornalista del Tg1
Vincenzo Mollica e per fare arrossire la conduttrice Monica Maggioni nel
collegamento in diretta a pochi minuti dal suo debutto in prima serata su Rai Uno, un grande evento televisivo che ha unito comicità e
poesia come solo la genialità di Benigni sa fare e che è stato apprezzato da
oltre diecimila italiani che hanno assistito con gioia davanti al piccolo
schermo al "Quinto dell'Inferno".
( da "Opinione, L'" del 03-12-2007)
Oggi è Lun, 03 Dic 2007 Edizione 263 del 01-12-2007
Il regno dell'Auditel La serata infernale di Rai Uno
di Alessandra Palma Giovedì 29 novembre, ore 20 e 42: Roberto Benigni scende
all'Inferno e manda in Paradiso Rai Uno. Questo il
resoconto della serata-evento organizzata dalla Rai,
che colloca in prima serata "Il quinto dell'Inferno", lo spettacolo
del comico toscano dedicato al sommo poeta e alla sua "Divina
Commedia". Se nei teatri il grande mattatore è riuscito a portare oltre un
milione di persone, in televisione riesce a tenere incollati allo schermo per
oltre due ore e mezza una media di oltre 10 milioni di telespettatori, pari al
35,69% di share. Tra stoccate ai politici ed elogi alla cultura italiana, con
tanto di declamazione dei celebri versi di "Paolo e Francesca" nella
seconda parte della serata, Benigni non supera il suo precedente record di
oltre 12 milioni di telespettatori segnato il 23 novembre 2003 con
"L'ultimo del Paradiso", ma supera Adriano Celentano che lunedì 26
sempre su Rai Uno aveva registrato una media ascolti
di 9.209.000 telespettatori. Due eventi televisivi diversi per struttura, temi
e appeal, che tuttavia hanno un unico comune denominatore: i grandi numeri per
il prime time di Rai Uno, che si appresta a chiudere
il periodo di garanzia con una media ascolti che tra il 16 settembre e il 29
novembre è di 5.856.000 spettatori. Mediaset non rinuncia alla
contro-programmazione, anzi piazza in prime la fiction rivelazione della
stagione: su Canale 5 va in onda l'epilogo de "Il Capo dei capi",
miniserie in sei puntate criticata da molti ma apprezzata dai telespettatori,
tanto che con una media complessiva di 7.279.000 ascoltatori e uno share
del 28,32%, si piazza al primo posto tra le fiction più viste dall'inizio di
settembre. In una serata monopolizzata dalle ammiraglie alle altre emittenti
non restano che le briciole. Le uniche due a contenere i danni sono Rai Due e Italia 1 che non variano i palinsesti e come da
copione dedicano la serata all'informazione e alle serie tv. Rai
Due si affida a Michele Santoro e al suo "Annozero" che confeziona
una puntata-inchiesta sulla prostituzione e raccoglie una platea di 2.374.000
spettatori, pari all'8,37% di share. Italia 1, invece, manda in onda gli ultimi
episodi della terza season di "Grey' anatomy": il primo incassa
l'8,91% di share, pari a un ascolto medio di 2.734.000 spettatori, mentre il
secondo sale al 9,52% con una platea di 2.690.000 ascoltatori. Bisogna
attendere l'ultimo episodio, trasmesso in seconda serata, per assistere
all'uscita di scena di Burke, uno dei personaggi principali, e vedere la share
salire oltre il 14% con una media di 2.905.000 ascoltatori. Rai
Tre e Rete 4 ripiegano sul cinema. La prima manda in onda il plurireplicato
"Il mio nome è nessuno" che viene visto dal 4,15% dei telespettatori
del prime time; Rete 4 invita a cena Sidney Poitier, Katrine Hepburn e Spencer
Tracy, protagonisti di una pellicola che ha fatto la storia del cinema,
"Indovina chi viene a cena?", ma che viene un po' snobbata dagli
ascoltatori e chiude al 4,98% di share. Ottimi ascolti per La7 che propone
l'incontro Aek Atene-Fiorentina, valevole per la Coppa Uefa e si assicura una media
di 1.147.000 telespettatori, pari al 4,04% di share.
( da "EUROPA.it" del 03-12-2007)
Ricorderemo Enzo Biagi e l'urgenza
di cambiare la Rai e il sistema dell'informazione
FEDERICO ORLANDO RISPONDE Cara Europa, la sospensione cautelativa di alti
dirigenti infilati da Mediaset nella Rai è stato l'unico effetto concreto delle intercettazioni
fra i responsabili dei relativi palinsesti. Tutto qui? ALESSANDRA AMATI, ROMA
Cara signora, lunedì alle 20,30 molti romani si riuniranno al Teatro Quirino
per un ricordo di Enzo Biagi. Saranno letti passi della storia d'Italia scritti
da lui e proiettati filmati con documenti inediti, riordinati da Barbara
Scaramucci nei preziosi e spesso inesplorati archivi Rai. Alla serata,
indetta dalla Federazione della stampa, da Articolo 21, dall'Usigrai e da altre
organizzazioni di attori, registi, autori, sceneggiatori ? è data per certa la
partecipazione del ministro Gentiloni, del sindaco Veltroni, del governatore
del Lazio Marrazzo e, se lo consentiranno gli impegni di Palazzo Chigi, di
Romano Prodi. Non si tratterà della solita serata di svago intellettuale, ma di
un momento "politico" in senso alto, di spinta a costruire una nuova
realtà del sistema delle comunicazioni in Italia. Il recente caso della singora
Bergamini, sospesa dal direttore generale Rai perché avrebbe
scambiato coi colleghi di Mediaset opinioni sulle
strategie comunicative e i palinsesti, pregiudicando la concorrenza, non
dovrebbe, a nostro giudizio, servire da parafulmine per chiudere la partita:
anche perché il personaggio non sembra avere i titoli di numero 1
dell'eventuale inciucio, raffigurato dalle intercettazioni telefoniche.
Piuttosto auspichiamo che l'azienda pubblica, che fin nel vertice è figlia di
un compromesso con la concorrenza, spinta fino in fondo la sua inchiesta
interna anche per ridare dignità a giornalisti e funzionari ingiustamente
sospettati; e soprattutto per ridestare il dormiente interesse della politica
sul conflitto d'interesse e l'assetto del sistema televisivo. Su entrambe le
materie, che sono la chiave di una democrazia fondata sulla libertà di pensiero
e di parola, ci sono disegni di legge del ministro Gentiloni: ma dopo 18 mesi
di governo sono all'inizio dell'iter parlamentare. La presenza di così
autorevoli personaggi lunedì al Quirino potrebbe essere l'occasione di un
dialogo costruttivo tra gli operatori dell'informazione, i suoi fruitori e i
politici che dell'informazione libera debbono essere garanti. Quando avremo una
legge di tipo spagnolo che limiti drasticamente la proprietà di un singolo
soggetto? Quando almeno una legge che crei spazio a un terzo polo, come da
tempo deciso e mai fatto? Quando un sistema inglese di gestione del vertice
pubblico da parte di una fondazione culturale e la nomina dei dirigenti da
parte di rappresentanti della cultura? Al centrosinistra non si chiede di
inventar nulla, ma di guardarsi intorno in Europa. E non solo per la legge
elettorale.
Rai
2 e Rete 4 solo sul decoder ( da "Stampa, La" del 02-12-2007)
Frequenze,
la rivolta delle Tv ( da "Unione Sarda, L'
(Nazionale)" del
02-12-2007)
Quando
il potere è femmina ( da "Unione Sarda, L'
(Nazionale)" del
02-12-2007)
Il
futuro del digitale terrestre ( da "Stampa, La" del 02-12-2007)
Dal
nostro inviatoALBERTO GUARNIERITORINO - Fedele Confalonieri dà il v ( da "Messaggero,
Il" del
02-12-2007)
"la
legge gentiloni? una pistola contro berlusconi" - diego longhin ( da "Repubblica,
La" del
02-12-2007)
Iris,
la cultura in digitale ( da "Repubblica, La" del 02-12-2007)
<La
legge tv? Pistola puntata contro Silvio> ( da "Giornale.it,
Il" del
02-12-2007)
<La
legge tv? Pistola puntata contro Silvio> pag.1 ( da "Giornale.it,
Il" del
02-12-2007)
Canale
5: vinciamo in autunno Rai: noi nel 2007 ( da "Giornale.it, Il" del 02-12-2007)
Confalonieri:
la Gentiloni? Arma puntata su Silvio ( da "Corriere della Sera" del 02-12-2007)
SPOT
SU RAI E MEDIASET
( da "Corriere della Sera" del 02-12-2007)
Riforma
delle tv e digitale, duello Confalonieri-Gentiloni Il presidente Mediaset: è
una pistola puntata su Berlusconi. Il ministro: non è che una normale politica
antitrust ( da
"Unita, L'" del 02-12-2007)
Confalonieri:
La Gentiloni è una pistola contro Berlusconi ( da "Tempo,
Il" del
02-12-2007)
CONFALONIERI:
DDL TV, PISTOLA CONTRO DI NOI GENTILONI: NO, è SOLO POLITICA ANTI-TRUST ( da "Mattino,
Il (Nazionale)"
del 02-12-2007)
( da "Stampa, La" del 02-12-2007)
Progetto La rivoluzione
comincia fra un anno Rai 2 e Rete 4 solo
sul decoder MAURIZIO TROPEANO La transizione verso il digitale sarà progressiva,
ma nel giro di quattro anni in tutto il Piemonte si dovranno guardare i
programmi televisivi gratuiti delle reti Rai, Mediaset e delle emittenti locali solo attraverso il decoder. Un
passaggio a due tappe. Si parte dalle province di Torino e Cuneo e con il
trasferimento dall'analogico al digitale di Rai 2 e Rete 4
previsto per il 17 novembre dell'anno prossimo. Il 17 marzo 2009 il passaggio
sarà totale. Nel resto del Piemonte la sperimentazione partirà dodici mesi dopo
e si concluderà il 17 marzo del 2011. La condizione necessaria e sufficiente
per realizzare questa operazione è che il 65 per cento delle famiglie
piemontesi si doti di un decoder. Spesa prevista: tra i 30 e i 45 euro. Un
investimento giustificato dal fatto che la nuova tv non si limiterà a
trasmettere notiziari, spettacoli e film, ma offrirà anche servizi interattivi
di informazioni ai cittadini, "dal meteo ai trasporti, dai concorsi fino
alla possibilità di fare prenotazioni online", spiega la presidente della
Regione, Mercedes Bresso. Per facilitare il passaggio dall'analogico al
digitale, Stato e Regione mettono a disposizione 11 milioni di euro che
serviranno a sostenere l'acquisto del decoder da parte delle famiglie con
reddito più basso. Sarà un gruppo misto Regione/governo a individuare i
beneficiari dei contributi. Il via libera al Piemonte digitale è arrivato ieri
con la firma del protocollo d'intesa tra Regione, ministero delle Comunicazioni
e Consorzio DGTVi che avvia la sperimentazione. Secondo Bresso, "con
questa iniziativa il Piemonte si candida come regione all'avanguardia nella
transizione al digitale. Potremo rilanciare il ruolo della Rai e dell'intero sistema radiotelevisivo piemontese e
continuare il nostro impegno nella ricerca e nell'innovazione dei servizi
offerti ai cittadini". La scelta di anticipare la transizione al digitale
nasce anche dal fatto che in parte dei territori montani piemontesi la
ricezione del segnale Rai è insufficiente
o addirittura assente. Il digitale dovrebbe permettere a una "parte dei
nostri cittadini di vedere finalmente la televisione", prosegue la
presidente. Ma dietro questa scelta c'è anche il tentativo di ripensare al
ruolo della Rai in Piemonte e di rilanciare le
emittenti locali, ma anche di favorire attività di ricerca e innovazione delle
aziende piemontesi. Nel corso del convegno nazionale sul digitale terrestre che
si è concluso ieri al Lingotto la Bresso ha parlato con Fedele Confalonieri,
presidente di Mediaset, della possibilità di girare alla
Reggia di Venaria utilizzando gli stabilimenti di San Giusto Canavese una
"soap opera storica, magari dedicata a Garibaldi". Aggiunge:
"Stiamo puntando molto sulle produzioni televisive e ci piacerebbe che si
potesse fare qualcosa a Venaria in vista dei 150 anni dell'unità d'Italia".
( da "Unione Sarda, L' (Nazionale)" del 02-12-2007)
Economia Pagina 221 L'isola in primo piano alla
conferenza sul digitale terrestre. Videolina: "Ci permettano di
lavorare" Frequenze, la rivolta delle Tv L'isola in primo piano alla
conferenza sul digitale terrestre. Videolina: "Ci permettano di
lavorare" La Rai con le emittenti sarde:
"Serve chiarezza" --> La Rai con le
emittenti sarde: "Serve chiarezza" Alla conferenza nazionale sul
digitale terrestre, il caso Sardegna è finito in primo piano: la
riorganizzazione delle frequenze è quanto mai urgente. A chiederlo, ieri a
Torino, è stato anche il direttore generale della Rai Claudio Cappon. C'è il duello a distanza tra il presidente di Mediaset, Fedele Confalonieri, che parla della riforma tv come di una
"pistola puntata" contro Berlusconi, e il ministro delle
Comunicazioni Paolo Gentiloni, che replica spiegando che si tratta di
"normale politica antitrust". Ma soprattutto, al tavolo della
Conferenza nazionale sul digitale terrestre che si è conclusa ieri a Torino, ha
tenuto banco il nodo delle frequenze, a partire da quelle sarde, dove la
definizione va fatta entro il 28 febbraio, quando verrà spento il segnale
analogico: "Se non si risolve il problema, il digitale rischia di
bloccarsi", ha ammonito il direttore generale della Rai,
Claudio Cappon. "Se passa la Gentiloni è un disastro, non è un bene per
nessuno", ha ripetuto Confalonieri. "Quella legge è un'arma
politica", ha aggiunto ancora. "Intervenire sull'eccessiva
concentrazione delle risorse pubblicitarie e delle frequenze è una cosa
normalissima che non assomiglia a pistole o cose simili: è una normale politica
antitrust, che punta all'apertura di mercati tuttora chiusi", ha replicato
pacato Gentiloni, citando però lo "spettro" della procedura di
infrazione Ue sulla mancata correzione della legge Gasparri. Ma per
Confalonieri il duopolio è superato: "Siamo in tre o in quattro: c'è Sky e
Telecom". FREQUENZE Una situazione contro la quale puntano il dito le tv
locali: "Non è possibile", ha sottolineato Maurizio Giunco della Frt,
"sostituire il duopolio con il duopolio stesso più il monopolio della tv
satellitare, non è immaginabile. La missione del digitale terrestre è proprio
quella di evitare che si riproponga un duopolio molto più pericoloso di quello
analogico". Ma sull'urgenza di fare chiarezza sulle frequenze, una mano
alle emittenti locali è stata data dal direttore generale della Rai, Cappon: in Italia, ha spiegato, sul mercato delle frequenze
"ha prevalso un modello patrimoniale. Le frequenze sono un bene
patrimoniale e vengono gestite con logiche economiche che valgono anche per la Rai. È normale che una loro ridefinizione comporti conflitti
di interessi e che i soggetti in campo cerchino di mantenere il loro
patrimonio". Una logica che, secondo Gentiloni, gli operatori devono
mettere da parte prima di sedersi al tavolo tecnico, organizzato da ministero e
Authority Tlc, che metterà a punto il piano per le frequenze digitali in Sardegna,
regione completamente digitale dal prossimo primo marzo, quando sarà spento il
segnale analogico su tutta l'isola. SARDEGNA Inoltre, in Sardegna, va
affrontata anche la protesta delle emittenti locali, escluse dalla gara per
l'assegnazione di 16 frequenze sarde, sulle 108 messe a bando dal ministero e
destinate di fatto a Telecom Italia e al Gruppo Espresso per completare la loro
rete di trasmissione. "È possibile raggiungere un'intesa, che eviti di
penalizzare gli operatori già attivi e insieme apra spazi a nuovi
soggetti", ha aggiunto il ministro, ma serve "disponibilità da parte
delle emittenti: se ci siede al tavolo con la logica che le frequenze sono una
proprietà immutabile, è difficile trovare una mediazione". "Non
vogliamo conservare le frequenze tanto per averle", ha ribattuto Bepi
Anziani, direttore generale di Videolina, "ma per continuare a esercitare
la nostra attività e coprire il territorio, così come fatto fino a oggi.
Perché, per esempio, prima di questo bando non sono state assegnate le frequenze
libere a emittenti che ora rischiano di perdere le proprie per rispettare gli
accordi internazionali?". Una domanda a cui il ministero deve ancora dare
una risposta. ( red. ec. ).
( da "Unione Sarda, L' (Nazionale)" del 02-12-2007)
Commenti Pagina 319 donne sull'orlo di una crisi...
Quando il potere è femmina Donne sull'orlo di una crisi... di Maurizio Crippa
--> di Maurizio Crippa C'è chi dice: "Sono assolutamente serena";
"ho deciso di combattere in prima persona"; "è la cronaca di un
evento annunciato". Non è proprio un "tutti per uno, uno per
tutti", perché ognuna combatte per sé la sua battaglia, ma l'approccio
mentale al combattimento è senza dubbio lo stesso: fuori le unghie, ragazze,
noi non abbiamo paura di nessuno. Tantomeno degli uomini. Tre donne, per la
precisione tre "signore che contano" sulla scena pubblica. Tre donne
improvvisamente sull'orlo di una crisi di... giudici. Per carità: fatti assai
diversi tra loro, e neanche troppo rilevanti, se fossimo un Paese in grado di
giudicare più con il buon senso che con codici e codicilli. Ma non è questo il
punto: la cosa invece spettacolare è la reazione immediatamente esibita da
tutte e tre. Il sindaco di Milano, Letizia Moratti - una così tosta da essere
riuscita a imporre persino ai suoi riottosi alleati il ticket antismog per le
auto - si è trovata tutto d'un tratto "indagata" per via di alcuni
contratti di consulenza stipulati dalla sua giunta e giudicati "d'oro"
dall'opposizione, che ha avvisato la magistratura. Caso completamente diverso
quello di Deborah Bergamini, la bionda e determinatissima ex
assistente di Silvio Berlusconi diventata poi responsabile Marketing per la Rai, che ora si trova "sospesa" dagli incarichi per colpa
delle sue telefonate intercettate a dirigenti Rai e Mediaset. Infine, la pasionaria Gip di Milano, Clementina Forleo,
magistrato così spericolato da sfidare in contemporanea la Cia sui terroristi
islamici e Massimo D'Alema sulle scalate bancarie. Ovvio che le sia
costata assai più cara questa seconda iniziativa: ora il Procuratore generale
della Corte di Cassazione ha avviato un procedimento disciplinare a suo carico,
relativo all'indagine Unipol-Bnl. Tre storie assai diverse, ma unite da qualche
dettaglio che le rende significative. Innanzitutto, è probabilmente la prima
volta che nel tritacarne del nostro Circo Barnum mediatico-giustizialista
finiscono in contemporanea tre donne. Di solito, l'immagine del potere da
mettere sotto torchio è legata agli uomini: da Clemente Mastella a Fabrizio
Corona ai furbetti del quartierino, non si sa perché ma "la casta" è
un sostantivo usato al maschile. Paradossalmente, i casi delle nostre signore
potrebbero contenere un messaggio positivo: il potere è diventato anche
femmina. In secondo luogo, colpisce il modo di reagire sfoderato in tutti e tre
i casi. Anche qui una novità: siamo abituati a uomini potenti che gridano al
complotto o che si fanno venire attacchi di panico, difficile vederli reagire
con la grinta di chi vuole tirare diritto. Deborah Bergamini, ad esempio, ha
aperto addirittura un blog. L'ha intitolato nientemeno che
"Intercettazioni di conoscenze", con un frizzante sfottò rivolto a
tutti quelli che pensano che ci sia sempre un complotto in corso. E la verità
sia da cercare tra le onde dei telefonini. Poi, a mezza voce, ha fatto capire
anche di essere pronta a scendere in campo in politica: basta con la vita
all'ombra dei potenti, a organizzare l'agenda o a dirigere i lavori, ora
"ho deciso di combattere in prima persona". Non male davvero, come
reazione, un bel ribaltone per il cliché del potente costretto sulla difensiva.
Una reazione energica, come quella di Lady Letizia Moratti. Ha altro, lei, che
rispondere alle contestazioni della procura per non aver rispettato "i
criteri di competenza e professionalità nella nomina dei funzionari
comunali". Ad esempio, ha da portare a casa la scelta di Milano per
ospitare l'Expo del 2015: quella sì una sentenza cruciale per lei e per i
cittadini. Così, alla notizia dell'indagine, ha fatto gli occhi come può farli
una manager in carriera quando le fanno perdere il taxi, e con la calma dei
forti si è detta "fiera" del suo operato, che ha consentito di
"creare maggiore efficienza nella macchina del Comune. Sono orgogliosa
della riorganizzazione che ho fatto e la rifarei". Clementina Forleo è
giusto un po' più nervosa, ma ne ha anche motivo: contro di lei si muovono i
suoi colleghi magistrati, e sa bene di cosa si tratta. Così ogni tanto le
scappa pure da piangere, ma va avanti come una Giovanna D'Arco senza armatura.
Anzi senza scorta, che non le serve, tanto "la piazza è con me".
( da "Stampa, La" del 02-12-2007)
In contemporanea al debutto sul piccolo schermo del
nuovo canale Mediaset "Iris" dedicato
principalmente al cinema, si svolge venerdì 30 e sabato primo dicembre nella
sala 500 del Lingotto la conferenza nazionale sulla televisione digitale
terrestre, organizzata dall'associazione Dgtvì che riunisce Rai,
Mediaset, Telecom, Italia Media, D-Free, Frt e
Aeranti-Corallo. Al convegno, a cui si può accedere su invito, si fa il punto
sull'offerta digitale in Europa e in Italia, analizzando anche alcune
esperienze come quella delle prime aree "all digital" di Sardegna e
Valle d'Aosta. L'appuntamento è alle 15,15 di venerdì 30 novembre, e alle ore
10 di sabato 1. Fra i momenti di rilievo il confronto tra Antonio Campo
Dall'Orto di Telecom Italia Media, Luca Balestrieri della Rai, Federico di Chio di Mediaset e
Maurizio Costanzo e la tavola rotonda "La via italiana al digitale
terrestre" a cui partecipano Fedele Confalonieri di Mediaset, Claudio Cappon per la Rai, Marco
Rosignoli di Aeranti-Corallo, Tarak Ben Ammar di D-Free, Maurizio Giunco di Frt
e Pasquale Pistorio di Telecom. Conclude il convegno il ministro delle
telecomunicazioni Paolo Gentiloni. \.
( da "Messaggero, Il" del 02-12-2007)
Dal nostro inviato ALBERTO GUARNIERI TORINO - Fedele
Confalonieri dà il via libera alla Gentiloni 2 (il disegno di legge sulla
riforma della Rai), ma ribadisce a sua ferma
opposizione alla Gentiloni 1 (il ddl sulla riforma del sistema televisivo):
"E' una pistola puntata contro Berlusconi". Il ministro delle
Comunicazioni prende atto con soddisfazione dell'apprezzamento
("inaspettato, ora però va visto l'atteggiamento di Forza Italia in
Aula") ed esclude con decisione che il ddl su sistema possa essere oggetto
di scambio, o con quello sulla Rai o nell'ambito della
nuova intesa Veltroni-Berlusconi. "Intervenire sull'eccessiva
concentrazione delle risorse pubblicitarie e delle frequenze è una cosa
normalissima - spiega - che non assomiglia a pistole o cose simili: è una
normale politica antitrust, che punta all'apertura di mercati tuttora
chiusi". Il duello tra i due si svolge sul paco della conferenza sul
digitale terrestre di Torino. Ad accendere la miccia ha contribuito l'allarme
del consigliere dell'Authority Tlc Stefano Mannoni, che ha denunciato una
possibile carenza di frequenze per tutti nell'ambito della nuova tecnologia. Un
allarme che i player televisivi ridimensionano, ma che fa partire nuove
polemiche. Cui contribuisce anche il direttore generale della Rai Claudio Cappon, che ammonisce: "C'è il rischio
reale che se non si risolve il problema delle frequenze, il digitale in Italia
ritarderà o forse si bloccherà del tutto. Da noi ha prevalso un modello
patrimoniale. Le frequenze sono un bene patrimoniale e vengono gestite con
logiche economiche che valgono anche per la Rai. È
normale che una loro ridefinizione comporti conflitti di interessi, che i
soggetti in campo cerchino di mantenere il loro patrimonio". Confalonieri
non ci sta: "Noi abbiamo investito 500 milioni di euro sulle frequenze per
il digitale terrestre e almeno 1200 sui programmi. E' assolutamente ridicolo
che la gentiloni voglia tagliare quello che abbiamo pagato, anche perché non
servirà ad allargare il mercato. Pensano addirittura di riconvertirle
sull'analogico, che al massimo nel 2012 (ma è un errore, sarebbe meglio almeno
due anni prima) non ci sarà più. Ultima parola al ministro. "È possibile
raggiungere un'intesa, che eviti di penalizzare gli operatori già attivi e insieme
apra spazi a nuovi soggetti", ma serve "disponibilità da parte delle
emittenti: se ci siede al tavolo con la logica che le frequenze sono una
proprietà immutabile, è difficile trovare una mediazione". E ne riparlerà
a gennaio, al tavolo che organizzerà l'Authority. Intanto Piemonte e Trentino
firmano i protocolli di intesa: saranno le prossime regioni digitali dopo Val
d'Aosta e Sardegna (che ha raggiuntoli 51% di fruizione attraverso il nuovo
sistema). Mediaset proporrà a metà gennaio una sorta di mini pacchetto di canali
stile Sky per il digitale terrestre e annuncia di aver acquisito sempre per la
nuova tecnologia i diritti della Coppa intercontinentale che il Milan si
appresta a giocare. La Rai prepara per l'anno
prossimo un novo canale, ma non è chiaro se a prepararlo sarà Carlo Freccero
piuttosto che Lorenzo Vecchione e Luca Balestrieri, che si contendono la
responsabilità sul settore.
( da "Repubblica, La" del 02-12-2007)
La pasionaria Il presidente di Mediaset
Confalonieri all'attacco della riforma tv. La replica del ministro: è solo una
normale politica antitrust "La legge Gentiloni? Una pistola contro
Berlusconi" DIEGO LONGHIN TORINO - "Una pistola puntata contro le
tempie di Berlusconi". Il numero uno di Mediaset,
Fedele Confalonieri, definisce così il disegno di legge sulla riforma tv del
ministro Paolo Gentiloni. Lo fa dal palco della terza conferenza nazionale
sulla televisione digitale, al Lingotto di Torino, davanti al ministro, che
subito replica: "Ma quale pistola? Si tratta di una normale politica
antitrust". Il presidente di Mediaset auspica che
il testo di Gentiloni non passi, "perché è studiato solo per andare contro
l'avversario politico ed in più scassa il sistema". Confalonieri difende
la legge Gasparri, perché "ha aperto il mercato e nuovi soggetti sono
entrati nel settore" e non capisce perché il centrosinistra "ha un
approccio penitenziale alle leggi: devono servire a migliorare il sistema, non
a punire qualcuno". Difende, invece, la riforma della Rai,
"perché farebbe bene all'azienda". Gentiloni ribatte punto su punto
alle accuse: "è normale intervenire sulla concentrazione delle risorse
pubblicitarie e delle frequenze e sulla rilevazione degli ascolti questo non
assomiglia a pistole o cose simili: è una normale politica antitrust, che punta
all'apertura di mercati". E aggiunge: "è vero che sono entrati nuovi
soggetti, ma perché altri, attraverso operazioni di acquisizione sono usciti.
Il club, insomma, è rimasto chiuso e se non si apre la procedura di infrazione
comunitaria produrrà effetti ancora più gravi". Dal palco del Lingotto
Confalonieri confessa di essersi "espresso a favore di Gentiloni in
alternativa a Di Pietro" per il ministero alle Telecomunicazioni quando è
stato interpellato da un leader politico in vista della formazione del governo
Prodi. Ed ora? "Gentiloni è tra le persone più gentili che conosco, ma è
anche il più impermeabile. Dici tremila cose e non ne passa una", sostiene
il numero uno di Mediaset, che sul digitale ha già
speso 1 miliardo e 700 milioni e considera negativo rispetto al resto
dell'Europa lo slittamento al 2012 della fine dell'era analogica. E a chi
paventa un duopolio sulla nuova tecnologia Confalonieri ribatte: "Ma chi
volete che faccia gli investimenti? La Rai è in ritardo, non per colpa degli attuali vertici". Accanto
a Confalonieri siede il direttore generale di viale Mazzini, Claudio Cappon. Il
primo incontro dopo il caso delle intercettazioni Rai-Mediaset sul pilotaggio dei palinsesti della tv pubblica. Il
presidente delle tv di Berlusconi dice che "fa comodo tirare fuori cose
tipo Delta o Stasi" e respinge l'ipotesi di un duopolio collusivo.
Ironizza poi sulla decisione della Rai di sospendere
Deborah Bergamini, ex assistente del Cavaliere e responsabile marketing Rai coinvolta nelle intercettazioni. Per farlo usa il
paragone con Dolores Ibarurri, la pasionaria del partito comunista spagnolo che
lanciò il motto no pasaran: "Farla diventare una specie di Ibarurri mi
sembra ridicolo". Cappon non commenta, preferisce ribadire la sua idea di
sistema: "Creare un operatore nazionale che gestisca le frequenze a cui
tutte le tv possono accedere a pari condizioni".
( da "Repubblica, La" del 02-12-2007)
Spettacoli Parte il nuovo canale Mediaset,
gratuito, dedicato a cinema, lirica e teatro Iris, la cultura in digitale Iris,
dedicato a cinema e teatro, e Bis, con il meglio delle produzioni di
intrattenimento in 25 anni di storia: sono i due nuovi canali "free",
cioè gratuiti, in digitale terrestre, di Mediaset. Il primo è partito venerdì e il secondo debutterà entro il
primo semestre 2008. I due canali sono diretti da Miriam Pisani, già
vicedirettore di Canale 5 e prima donna Mediaset a
ricoprire la carica di direttore di rete. La programmazione di Iris spazierà
dal cinema d'autore di ieri a quello di oggi, dalle commedie italiane e
straniere ai B-movies, articolati in cicli spesso legati a ricorrenze,
anniversari, festival ("Made in Usa": dal Laureato al Colore viola;
"Sguardo d'autore": da 2001, Odissea nello spazio a Urla del
silenzio; Fellini & Co; Ritratto d'attore). Spazio anche al teatro (il venerdì
in prima serata), alla musica classica e all'opera lirica (il mercoledì), alla
divulgazione e alla cultura (con documentari sul clima e sui grandi eventi
storici), alle sit com, alle serie tv e all'informazione (col TgCom
aggiornamenti cinque volte al giorno più un'edizione quotidiana). Bis passerà
in rassegna produzioni, show, serie e personaggi che hanno fatto la storia
della tv commerciale. Tre i cicli per gli appassionati del "Come
eravamo": Mediaset graffiti, Cult e Greatest
hits. Con questi due nuovi canali, Mediaset porta
avanti l'investimento sul digitale terrestre iniziato nel 2004 con Boing, il
canale tematico per i bambini, che oggi è il canale commerciale più visto tra
quelli dedicati ai piccoli. (s.f.).
( da "Giornale.it, Il" del 02-12-2007)
"La legge tv? Pistola puntata contro
Silvio" di Stefano Filippi - domenica 02 dicembre 2007, 07:00 Stampa
Dimensioni Versione PDF Invia ad un amico Vota 1 2 3 4 5 Risultato nostro
inviato a Torino Se qualcuno pensava che il dialogo tra Walter Veltroni e
Silvio Berlusconi comprendesse anche l'ammorbidimento della legge Gentiloni
sulle tv, eccolo smentito. "La legge è uno strumento difficilmente
eliminabile e si è già perso troppo tempo; anzi il ritardo dell'approvazione è
il problema numero uno", ha scandito ieri il ministro delle Comunicazioni.
L'occasione per togliere i dubbi era ghiotta: il convegno del Lingotto sullo sviluppo della tv digitale terrestre davanti a
tutti i protagonisti, a partire dal direttore generale della Rai Claudio Cappon e il presidente di Mediaset Felice
Confalonieri, più i rappresentanti della "7" e delle emittenti
televisive minori. Gentiloni è apparso proprio come l'ha dipinto Confalonieri:
"Gentile, competente ma impermeabile. Con lui non passa nulla".
Difatti il ministro è stato granitico a difesa della riforma in discussione
alla Camera. "Intervenire sull'eccessiva concentrazione della pubblicità e
delle frequenze è normale politica antitrust, uno strumento che apre il mercato
riducendo le posizioni dominanti". Che poi si riducono a una, cioè Mediaset. Confalonieri era stato di poche parole: "La
legge Gentiloni è una pistola puntata contro un avversario politico. È fatta di
quattro articoli, la si può approvare in tre sedute parlamentari". Invece
il testo si trascina in aula da un anno e viene riesumato quando c'è da usarlo
contro Berlusconi. Tra il ministro e il numero uno di Mediaset
il dialogo è stato a distanza, gli organizzatori del convegno torinese non li
hanno fatti dibattere. Così Gentiloni non ha avuto repliche quando ha chiesto
appoggi all'opposizione: "Desidero la serietà di un confronto non
ostruzionistico. Non chiedo abiure e non credo che An cambierà radicalmente le
sue opinioni, ma penso che la nuova situazione politica aiuterà anche nel
centrodestra ad avere un dialogo". Confalonieri, invece, che non fa il
politico, non aveva usato giri di parole. "Se passa la Gentiloni, per noi
è un disastro. Non è un buon modo di legiferare quello di togliere il 25-30 per
cento del fatturato a un'azienda che ha fatto bene ed è importante per il
Paese, solo perché fondata da un avversario politico". Pagina successiva
>>.
( da "Giornale.it, Il" del 02-12-2007)
"La legge tv? Pistola puntata contro
Silvio" di Stefano Filippi - domenica 02 dicembre 2007, 07:00 Stampa
Dimensioni Versione PDF Invia ad un amico Vota 1 2 3 4 5 Risultato "Voi
siete illuministi - ha esclamato, sorridendo a denti stretti -, come quelli che
scrivevano l'Enciclopedia per spiegare agli altri le cose, e poi la realtà
funziona in modo diverso. Tutti se la prendono con il duopolio come fosse il
peccato originale, come la shoah. Nessuno dice che i settori come quello
televisivo sono oligopolisti per natura e che oggi di soggetti forti ce ne sono
almeno quattro. Semmai bisogna dare il merito a un imprenditore come Silvio
Berlusconi di aver investito grossi capitali ed essere riuscito a spezzare un
monopolio, quello della Rai". Confalonieri non è
stato l'unico a prendersela con Gentiloni. Marco Rossignoli e Maurizio Giunco,
rappresentanti delle tv locali, così come il finanziere Tarek Ben Ammar, gli
hanno rimproverato lo slittamento al 2012 del digitale terrestre e gli hanno
detto che nemmeno quella data sembra troppo sicura. Cappon ha ridotto la
questione al nodo delle frequenze: bisogna sottrarle alle emittenti e affidarne
la gestione a un nuovo ente. Tra lui e Confalonieri qualche battuta sulle caso delle intercettazioni tra dirigenti Rai e Mediaset (per Confalonieri è "una stupidaggine" evocare
strutture Delta e "ridicolo trasformare la Bergamini in una Dolores
Ibarruri"). E quando il moderatore Antonello Piroso ha chiesto a Cappon se
davvero la Rai è stata stuprata, come ha detto il presidente Petruccioli, il
direttore generale di Viale Mazzini ha risposto sottovoce: "Io non
c'ero". << Pagina precedente.
( da "Giornale.it, Il" del 02-12-2007)
Di Redazione - domenica 02 dicembre 2007, 07:00
Stampa Dimensioni Versione PDF Invia ad un amico Vota 1 2 3 4 5 Risultato Ieri,
un giorno prima della fine della stagione autunnale (ormai i dati sono
definitivi), Mediaset ha tracciato un bilancio per le
sue reti. E la Rai ha risposto. "Tra il 9
settembre e il 30 novembre 2007 - recita un comunicato di Cologno monzese -
stagione commerciale Mediaset, Canale 5 è la prima
rete italiana assoluta in prime time con il 25,1% sul target di riferimento
(15-64 anni) con RaiUno al 18.8%. A scanso di
equivoci, è utile precisare che la leadership di Canale 5 si conferma netta
anche considerando la stagione commerciale della concorrenza (dal 16 settembre
al 30 novembre) con il 25.3% di share (Raiuno 18.5%).
Ma il dato più significativo riguarda la regolarità con cui Canale 5 ha
marciato per tutta la stagione, serata dopo serata, con produzioni come C'è
posta per te, Ciao Darwin, Zelig, Striscia la notizia, e fiction come Caterina
e le sue figlie, Distretto di Polizia e Il capo dei capi. Se invece depuriamo
il dato generale di Rai Uno dai due eventi dell'ultima
settimana (Celentano e Benigni praticamente privi di pubblicità) il risultato
della rete pubblica cala dal 18.8% al 18.1% sul target commerciale. Infine, per quanto il dato riferito al totale individui non rivesta alcun
rilievo nella logica commerciale Mediaset, a puro
titolo di cronaca informiamo che Canale 5 si rivela prima rete italiana in
prime time anche considerando la totalità del pubblico. Sia nella stagione Mediaset (22.72% di Canale 5 contro il 22.66% di Rai Uno) sia in quella Rai (22.81%
di Canale 5 contro il 22.49% di Rai Uno)". Viale
Mazzini, che ha perso per la prima volta la stagione di garanzia dopo quattro
anni, ripara tirando fuori i dati di tutto l'anno solare. "Dall'inizio del
2007 Raiuno - recita un comunicato - è la rete più
vista nel prime time con uno share del 23,31 rispetto a Canale 5 che ottiene il
21,55. Supremazia di Raiuno anche nell'intera giornata
con il 22,28 di share contro il 20,68 di Canale 5. Nello stesso periodo di
tempo, nel prime time, anche le tre reti Rai con il
44,07 di share battono le reti Mediaset ferme al
40,72".
( da "Corriere della Sera" del 02-12-2007)
Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Primo
Piano - data: 2007-12-02 num: - pag: 6 categoria:
REDAZIONALE La polemica Il presidente Mediaset critica
il ministro. La replica: è una normale politica antitrust Confalonieri: la
Gentiloni? Arma puntata su Silvio DAL NOSTRO INVIATO TORINO - Non se le mandano
più a dire Fedele Confalonieri, presidente Mediaset, e Paolo
Gentiloni ministro delle Telecomunicazioni. Il primo con le sue iperboli
e i modi coloriti, il secondo con garbo e lucida freddezza. Così è stato anche
ieri, alla conferenza sulla tv del digitale terrestre, al Lingotto di Torino.
"La Gentiloni è una pistola puntata contro l'avversario politico - tuona
Confalonieri -. Il suo ragionamento è: il digitale terrestre è un elemento che
favorisce Berlusconi? Bene, allora colpisco il digitale per colpire
Berlusconi". Al presidente Mediaset proprio non
va giù il ddl di riassetto del sistema tv che porta il nome del ministro. Ma
non si sposta di una virgola Gentiloni (Confalonieri dice di lui: "è
gentile sì, ma non ho mai visto una persona così impermeabile") e replica:
"Intervenire sull'eccessiva concentrazione delle risorse pubblicitarie e
delle frequenze è una cosa normalissima, che non assomiglia a pistole o cose
simili: è una normale politica antitrust, che punta all'apertura di mercati che
sono tuttora chiusi". Un argomento che ha appassionato il dibattito tra i
protagonisti del convegno, tra i quali Cappon (il direttore generale Rai ha detto: "Se non si risolve il problema delle
frequenze, il digitale rischia di bloccarsi"), Tarak Ben Ammar (D-Free),
Parazzini (Telecom). Tra i motivi di scontro Confalonieri- Gentiloni c'è anche
lo slittamento al 2012 per il passaggio definitivo alla tv digitale terrestre. "La
data del 2006 - sottolinea Confalonieri - era forse troppo ottimista, ma il
2012 non ha senso". Gentiloni è fermo: "Indicare come data il 2012
significa dire la verità, e dire la verità al mercato è importante ". Non
c'è neanche un punto d'incontro. Ma non perde il gusto di ironizzare
Confalonieri, e sulla sospensione - causa intercettazioni - della ex assistente
di Berlusconi dice: "Fare della Bergamini una specie di Dolores Ibarruri
mi sembra ridicolo". Maria Volpe A Torino Confalonieri tra il ministro
Gentiloni e il dg della Rai Cappon alla conferenza
nazionale sul digitale terrestre.
( da "Corriere della Sera" del 02-12-2007)
Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Lettere al
Corriere - data: 2007-12-02 num: - pag: 35 categoria: BREVI
SPOT SU RAI E MEDIASET Coincidenza singolare Caro Romano, a proposito delle
intese fra Rai e Mediaset, vorrei attirare la sua attenzione sul fatto che fra loro
comunque un accordo esiste, almeno per quanto riguarda la pubblicità. Infatti,
gli spot pubblicitari vanno in onda contemporaneamente sui canali della Rai e su quelli di Mediaset, nonostante i loro
dirigenti continuino ad affermare che i due network sono in concorrenza e non
esiste alcun accordo! Carlo Carbone, Roma Giusta osservazione. Forse le
Autorità per le comunicazioni e per la concorrenza potrebbero occuparsi di
questa singolare coincidenza. PARTECIPAZIONE AL VOTO La caccia alle firme Caro
Romano, a metà novembre ero a visitare mia mamma, ospite di una residenza
sanitaria assistenziale, quando siamo stati avvicinati da una parente di
un'altra ricoverata che ci ha chiesto di firmare per "Subito al
voto", qualificandosi come attivista di Forza Italia. Ho trovato
abbastanza inquietante il fatto che in seguito siano stati fatti firmare alcuni
ammalati di Alzheimer guidando loro la mano. Non si è tratta di circonvenzione
di incapace? Quella sottoscrizione non aveva valenza legale, ma sicuramente ha
avuto grande valore propagandistico. Ora le chiedo: è stato corretto
sbandierare montagne di adesioni quando parte di esse erano frutto di plagio?
Non so perché - il paragone calza solo parzialmente - ma mi è riandata la
memoria alle "Anime morte" di Gogol... Marco Ferrario, Milano Sin
dalle elezioni politiche del 18 aprile 1948 i partiti hanno cercato di
organizzare la partecipazione al voto delle persone anziane e degli invalidi.
La "caccia alla firma", come quella al voto, appartiene allo stile e
alle consuetudini della democrazia di massa. Spetta ai dirigenti degli asili e
delle case di riposo vigilare affinché la firma non venga strappata a chi non è
in grado di intendere. GOVERNABILITà / 1 Mandato da concludere Fino a quando
l'opposizione non si sarà convinta che il governo durerà tutto il suo mandato,
continuerà a cercare la spallata, oppure a ostacolare invece di collaborare. In
America i sondaggi riconoscono a Bush soltanto il 35% delle preferenze: vi
immaginate Hillary Clinton che si mette d'accordo con tutti gli altri candidati
per anticipare le elezioni? Negli Stati Uniti una simile iniziativa è
impensabile; in Italia ce la sentiamo proporre ogni giorno! Secondo me, l'unica
vera soluzione è comunque questa: chi vince, rimane per 5 anni e basta! Mario
Rossi Solbiate Arno (Va) GOVERNABILITà / 2 Realizzata l'alternanza Sono sul
tappeto tutte le proposte di sistemi elettorali europei, modificati con innesti
fantasiosi all'italiana e con baloccamenti vari per evitare il referendum che
comunque non risolve molto. In fondo il Mattarellum ha concesso una legislatura
completa alla sinistra e una alla destra: quindi l'alternanza c'è stata! Renata
Franchi Vallebona (Im) MAGGIORANZE RISICATE L'arma del ricatto Le proteste dei
taxisti, oggi, come ieri dei farmacisti, dei notai, degli avvocati, dimostrano
quanto sia difficile per un governo e anche per i singoli partiti di
maggioranza prendere una posizione ferma senza essere condizionati da poche
decine di migliaia di cittadini elettori che hanno dalla loro l'arma del
ricatto dei servizi e del voto, quest'ultimo specie quando le maggioranze sono
risicate. Speriamo di non dovere mai arrivare a rimpiangere le corporazioni
fasciste del 1934 e quel nefasto regime che non permetteva ai contestatori di
bloccare le nostre città, mandandoli in carcere! Alberto Sartori al_sartori@libero.it
CONFRONTI I politici e i magistrati A chi lamenta l'eccessivo potere politico
della magistratura, vorrei poter chiedere se si sente maggiormente
rappresentato dai giudici (provenienti dal popolo, vincitori di un regolare
concorso e provvisti di un notevole grado di indipendenza) oppure dai
parlamentari (ben lontano dall'essere eletti dal popolo, nominati da una
ristretta cerchia di potenti e dipendenti totalmente da questi ultimi). Luciano
Dissegna l.dissegna@gmail.com A SCUOLA Proibiti i cellulari Il ministro Fioroni
ha emanato "nuove direttive" sull'uso dei telefonini a scuola. Niente
di nuovo sotto il sole: già la legge sulla riservatezza lo vietava. Finalmente
l'alunno sarà più disponibile all'apprendimento, senza distrazioni, imparando
di più a socializzare con danni alla salute (cervello e fertilità) allontanati.
Aspettiamo ora con trepidazione misure restrittive atte a disincentivare
completamente o quasi la pratica di questo marchingegno diabolico! Sergio
Benetti Dueville (Vi) CON IL NOME DI MAOMETTO L'orsetto di pelouche Se un
orsetto di pelouche chiamato col nome del Profeta esalta migliaia di fanatici
ad invocare il capestro per un'ingenua insegnante, chissà che cosa succederebbe
con un maialino di pezza! Quando l'umanità inizierà ad abbandonare lo stadio
infantile? Filippo Testa Baldissero Torinese (To) TRENITALIA I treni soppressi
Trenitalia informa, che in Lombardia aumentano i punti vendita degli orari
ferroviari. Qualche giorno fa la stessa Trenitalia aveva annunciato che si vedrà
costretta a ridurre del 20% il numero dei treni dei pendolari, perché la
Finanziaria del governo Prodi ha tagliato 350 milioni di euro di fondi.
Diminuire i treni e contemporaneamente aumentare i punti di vendita degli orari
mi pare paradossale, ma purtroppo dalle Ferrovie dello Stato c'è solo da
aspettarsi il peggio! Maurizio Tempesti maurizio.tempesti@poste.it.
( da "Unita, L'" del 02-12-2007)
Stai consultando l'edizione del Riforma delle tv e
digitale, duello Confalonieri-Gentiloni Il presidente Mediaset:
è una pistola puntata su Berlusconi. Il ministro: non è che una normale
politica antitrust / Roma Duello a distanza tra il presidente di Mediaset, Fedele Confalonieri - "la riforma tv è una
pistola puntata contro Berlusconi" - e il ministro delle Comunicazioni
Paolo Gentiloni, che replica spiegando che non è "normale politica
antitrust". Ma al tavolo della Conferenza nazionale sul digitale terrestre
appena conclusa a Torino, tiene banco il nodo delle frequenze: "Se non si
risolve il problema, il digitale rischia di bloccarsi", ammonisce il
direttore generale della Rai, Claudio Cappon. "Se
passa la Gentiloni è un disastro, non è un bene per nessuno", ripete
Confalonieri, che sorride ma tace quando il moderatore, Antonello Piroso, gli
chiede se sia pentito di essersi augurato Gentiloni invece che Di Pietro come
ministro delle Comunicazioni. "Quella legge è un'arma politica",
dice. E poi, il ministro "è gentilissimo. Ma non conosco una persona
impermeabile come lui: dici tremila cose, e non ne passa mezza". Pacata e
ferma la risposta di Gentiloni: "Intervenire sull'eccessiva concentrazione
delle risorse pubblicitarie e delle frequenze è una cosa normalissima che non
assomiglia a pistole o cose simili: è una normale politica antitrust, che punta
all'apertura di mercati tuttora chiusi"; e cita la minaccia della
procedura di infrazione Ue sulla mancata correzione delle distorsioni della
legge Gasparri. Replica Confalonieri: "Il duopolio? Attenti, non è il
peccato originale o la Shoah. Ormai sul mercato di soggetti forti siamo in tre
o in quattro: c'è Sky e c'è Telecom". Una situazione contro la quale
puntano il dito le tv locali: "Non è possibile - sottolinea Maurizio
Giunco della Frt - sostituire il duopolio con il duopolio più il monopolio del
satellitare. La missione del digitale terrestre è proprio quella di evitare che
si riproponga un duopolio molto più pericoloso di quello analogico".
Tullio Camiglieri, direttore comunicazione di Sky Italia: "La Rai ha il monopolio del canone, Mediaset quello
della raccolta pubblicitaria, noi della pay tv. Evidentemente i monopoli sono
tanti. E ormai la tv a pagamento è una realtà anche per il digitale
terrestre". Ecco Cappon: "Se non si risolve il problema delle
frequenze, il digitale in Italia ritarderà o forse si bloccherà del tutto".
Perché sul mercato delle frequenze "ha prevalso un modello patrimoniale.
Le frequenze sono un bene patrimoniale e vengono gestite con logiche economiche
che valgono anche per la Rai. È normale che una loro
ridefinizione comporti conflitti di interessi, che i soggetti in campo cerchino
di mantenere il loro patrimonio". Ma è proprio questa logica che va messa
da parte, ammonisce Gentiloni, prima di sedersi al tavolo tecnico, organizzato
da ministero e Authority Tlc, sul piano per le frequenze digitali in Sardegna,
"all digital" dall'1 marzo 2008: "È possibile un'intesa che non
penalizzi gli operatori attivi e insieme apra spazi a nuovi soggetti", ma
serve "disponibilità: se ci siede al tavolo con la logica che le frequenze
sono una proprietà immutabile, è difficile trovare una mediazione". Se
invece si trova l'accordo, "si potrà fare della Sardegna la prima regione
importante d'Europa che passa interamente al digitale".
( da "Tempo, Il" del 02-12-2007)
Confalonieri: "La Gentiloni è una pistola contro
Berlusconi" "La legge Gentiloni è una pistola puntata contro
Berlusconi". Confalonieri va dritto al sodo e attacca a testa bassa il
provvedimento sul riassetto del sistema radiotelevisivo. Alla terza conferenza
nazionale sul digitale terrestre il presidente di Mediaset
ha preso di petto il ministro delle Comunicazioni Paolo Gentiloni. Home
Politica prec succ Contenuti correlati Vota per il nome del nuovo partito di
SIlvio Berlusconi Taxi, i consumatori contro gli autisti "No all'aumento
di due euro da Termini" Contro il Luco Canistro esordio per i nuovi
acquisti Campagna di prevenzione della Asrem contro l'infezione da Hiv
Aeroporto, fuoco di critiche contro la Regione Esposto contro Bianchi, si
archivia Corsaro verso l'insediamento al Tar Confalonieri osserva che "la
legge Gentiloni è fatta di 4 articoli, la si può approvare in tre sedute
parlamentari ma che è un disegno politico per dare addosso a Berlusconi"
mentre il Gentiloni 2 (il ddl di riforma della Rai,
ndr) "potrebbe andare bene". In ogni caso, secondo Confalonieri, la
vigente legge Gasparri, che "aveva un grosso difetto sulla Rai, non è vero che ha chiuso il mercato, anzi. Nel mercato
sono entrati il gruppo l'Espresso, il gruppo 3 G, Tarak Ben Ammar...". E
rivolto ai suoi interlocutori Confalonieri sbotta: "Parlate di duopolio
come se fosse il peccato originale, la Shoah, dimenticando che Berlusconi è
entrato in un mercato dove si è guadagnato il suo spazio attraverso la concorrenza
con il servizio pubblico". Confalonieri ha criticato anche lo slittamento
a fine 2012 del passaggio definitivo al digitale terrestre: "Nel resto
dell'Europa avverrà al massimo nel 2010". A chi parla
di rischio duopolio Rai-Mediaset anche sulla nuova piattaforma, Confalonieri ha replicato:
"Ma chi volete che li faccia gli investimenti? Dal 2001 abbiamo investito
500 milioni nell'acquisto e nella digitalizzazione delle frequenze, e 1.200
milioni nell'acquisizione di diritti, per un totale di ben 1.700 milioni
già spesi". La Rai è in ritardo ma "paga
anche il continuo cambiamento dei vertici e le condizioni politiche".
02/12/2007.
( da "Mattino, Il (Nazionale)" del 02-12-2007)
La polemica L'accusa: "La legge Gentiloni è una
pistola puntata contro Berlusconi". La replica del ministro: "Solo
normalissima politica antitrust". È il duello che innesca il presidente di
Mediaset, Fedele Confalonieri, contro il ministro
delle Comunicazioni e il disegno di legge sulla tv che porta il suo nome. La
polemica va in scena ieri durante la conferenza nazionale sul digitale
terrestre di Torino. Si parla del futuro della tv ma si accenna anche di
vicende recenti. A cominciare da Deborah Bergamini, la
manager della Rai sospesa per presunti accordi a vantaggio di Mediaset. Tesi che Confalonieri respinge a muso duro: "Non esiste
alcun duopolio collusivo ma ogni tanto fa comodo tirare fuori cose come la
Stasi o il Delta (nome dato al presunto asse Rai-Mediaset, ndr)". Poi sull'ex collaboratrice di Silvio
Berlusconi azzarda un paragone con la storica segretaria del Pci spagnolo che,
nel giugno del '36 dopo il golpe, va alla radio e lancia un grido che passerà
alla storia ("Meglio morire in piedi: no pasaran"): "Far
diventare la Bergamini una specie di Dolores Ibarruri mi sembra francamente
ridicolo". Duro anche sul ministro Gentiloni: "È gentilissimo. Ma non
conosco una persona impermeabile come lui: dici tremila cose e non ne passa
mezza". Il numero uno di Mediaset plaude invece,
alla riforma della Rai ma s'infervora quando si parla
di riassetto: "È assurdo che si ipotizzi di dare agli altri le frequenze
intanto liberate che ci vengono espropriate". Perché per Confalonieri
comunque, si tratta di una legge che "scassa anche il sistema. Parlate di
duopolio come se fosse il peccato originale, la shoah, dimenticando che
Berlusconi è entrato in un mercato dove si è guadagnato il suo spazio
attraverso la concorrenza con il servizio pubblico". Poi arriva il
ministro Paolo Gentiloni a cui sono affidate le conclusioni del convegno
torinese. "Intervenire sull'eccessiva concentrazione delle risorse
pubblicitarie e delle frequenze e sulla rilevazione degli ascolti è una cosa
normalissima, che non assomiglia a pistole o cose simili: è una normale
politica antitrust, che punta all'apertura di mercati che sono tuttora
chiusi" risponde gelido l'esponente di governo a Confalonieri senza però,
citarlo. "Il club è rimasto chiuso: e se non lo apriamo - aggiunge ancora
- prima o poi la procedura di infrazione comunitaria produrrà effetti ancora
più gravi" . Il ddl di riassetto del sistema approderà alla Camera dopo la
pausa natalizia e il ministro ieri fa capire che conta anche su quello che è
ormai l'incubo di Berlusconi: l'appoggio di Gianfranco Fini al ddl. "Non
chiedo a nessuno abiure e non credo che An cambierà radicalmente le sue
opinioni. Chiedo però, a tutti la serietà - spiega - in un confronto non
ostruzionistico e penso che la nuova situazione politica aiuterà anche nel
centrodestra ad avere un dialogo con queste proposte meno
ostruzionistico".
"La
riforma tv? Se anche An si smarca..." ( da "Stampa,
La" del
01-12-2007)
Il
futuro del digitale terrestre ( da "Stampa, La" del 01-12-2007)
Il
lato oscuro del caso telecom - giovanni valentini ( da "Repubblica,
La" del
01-12-2007)
Bergamini:
informazione malata parlerò dopo aver letto le carte ( da "Repubblica,
La" del
01-12-2007)
CELENTANO
E BENIGNI INSEGNANO ALLA RAI CHE LIBERTÀ E AUTONOMIA SONO D'ORO ( da "Unita,
L'" del
01-12-2007)
Un'altra
Tv è possibile
( da "Manifesto, Il" del 01-12-2007)
Rai,
il sonno della ragione ( da "Unita, L'" del 01-12-2007)
OCCHIO
A QUESTI DUE ( da
"Libero" del 01-12-2007)
Mimun
ascoltato a viale Mazzini <Ho sempre battuto Mediaset> ( da "Libero" del 01-12-2007)
La
Rai cicala non batte la formica Mediaset ( da "Giornale.it, Il" del 01-12-2007)
La
Rai cicala non batte la formica Mediaset pag.1 ( da "Giornale.it,
Il" del
01-12-2007)
Per
il digitale nuovi canali e nuove tivù ( da "Giornale.it, Il" del 01-12-2007)
( da "Stampa, La" del 01-12-2007)
Oggi a Torino il ministro delle Comunicazioni Paolo
Gentiloni firmerà con la presidente della Regione Bresso un protocollo in cui
il Piemonte propone di accendere la tv digitale in anticipo sul resto d'Italia.
Lo stesso avverrà in Trentino, così come è avvenuto in Sardegna e Val D'Aosta,
dove Rai2 e Rete4 si vedono ormai solo in quella
modalità. Una anticipazione rispetto al 2012, data in cui la tv analogica verrà
spenta in tutta Italia. Ministro Gentiloni, il dialogo decollato fra Veltroni e
Berlusconi affronterà anche le riforme della tv? "Non credo. Giustamente
entrambi hanno voluto circoscrivere l'oggetto di queste discussioni, come era
già accaduto negli incontri con Fini, Casini e Maroni, a quattro o cinque
riforme sulle regole istituzionali. Non vedo che ci sia, né sopra né sotto il
tavolo il tema televisivo". Esclude che da parte di Berlusconi, oppure di
Veltroni, vi possa essere la tentazione di mettere sul piatto, o magari sotto
il piatto, anche questi nodi? "Distinguiamo i piani. Negli incontri di
questi giorni si cercano punti di intesa principalmente sulla legge elettorale.
E' nell'interesse nel paese, oltre che di Fi e Pd, far evolvere la crisi degli
assetti attuali delle coalizioni verso un nuovo bipolarismo. Non c'è bisogno di
rovistare fra interessi segreti per riconoscere la convenienza di entrambi al
dialogo. Altra cosa è rivendicare, e sono il primo a farlo, che il confronto
parlamentare sulle proposte del governo sulla tv, in particolare sulla Rai, passi da un ostruzionismo abbastanza inspiegabile a un
atteggiamento più dialogante". Oggi è del tutto negativo? "Lo è
soprattutto da parte di Fi. Basti dire che al Senato, dove sta cominciando la
discussione di merito in commissione, su 1300 emendamenti, 1200 sono di
Fi". Le "mani libere" annunciate da Fini su tv e giustizia
sembrano un buon viatico? Da alcuni dei suoi colonnelli, come Gasparri,
cominciano ad arrivare dei distinguo. "Credo che l'onere di queste riforme
ricada sulla maggioranza, che, almeno su questi temi, vedo abbastanza compatta.
Dopo di che mi auguro che almeno sulla Rai si possa
passare a un confronto vero e mi pare che qualche segnale ci sia, dall'Udc ma
anche da An, al di là di Gasparri. Tutto avverrà in Parlamento alla luce del
sole. Sul ddl di riforma del sistema tv, non mi aspetto un'abiura, la legge
attuale l'hanno fatta loro. Però constato che lo sgretolarsi della Cdl mette
gli alleati in libera uscita. Non mi pare un caso che Fini abbia citato proprio
giustizia e tv, due temi in cui la disciplina della Cdl ha costretto gli
alleati a piegarsi a interessi politici o addirittura economici del suo leader.
E se adesso viene meno quella disciplina...". Adesso il governo, anche sull'onda dello scandalo delle collusioni Rai-Mediaset, sta accelerando su entrambe le riforme? "Il Consiglio dei
ministri di 10 giorni fa ha deciso di proporre di calendarizzare la riforma tv
in aula alla Camera subito dopo le feste. E di chiedere alla commissione del
Senato di accelerare sulla riforma Rai.
D'altra parte l'inchiesta di Repubblica ha dato un po' una sveglia". Una
sveglia? "Noi del centrosinistra abbiamo la brutta abitudine di dare a
questi temi un'attenzione a corrente alternata. Fortissima quando siamo
all'opposizione, più debole quando siamo al governo. La spiegazione benevola è
che al governo si tende a puntare sui temi sociali, sugli argomenti più
sentiti. Una meno benevola è che a queste questioni non si crede troppo e le si
usano come arma di propaganda contro Berlusconi. Come se, allontanato lui dal
governo, i problemi del duopolio, del pluralismo, del conflitto di interessi,
dell'autonomia della Rai, scomparissero".
( da "Stampa, La" del 01-12-2007)
In contemporanea al debutto sul piccolo schermo del
nuovo canale Mediaset "Iris" dedicato
principalmente al cinema, si svolge venerdì 30 e sabato primo dicembre nella
sala 500 del Lingotto la conferenza nazionale sulla televisione digitale
terrestre, organizzata dall'associazione Dgtvì che riunisce Rai,
Mediaset, Telecom, Italia Media, D-Free, Frt e
Aeranti-Corallo. Al convegno, a cui si può accedere su invito, si fa il punto
sull'offerta digitale in Europa e in Italia, analizzando anche alcune
esperienze come quella delle prime aree "all digital" di Sardegna e
Valle d'Aosta. L'appuntamento è alle 15,15 di venerdì 30 novembre, e alle ore
10 di sabato 1. Fra i momenti di rilievo il confronto tra Antonio Campo
Dall'Orto di Telecom Italia Media, Luca Balestrieri della Rai, Federico di Chio di Mediaset e
Maurizio Costanzo e la tavola rotonda "La via italiana al digitale
terrestre" a cui partecipano Fedele Confalonieri di Mediaset, Claudio Cappon per la Rai, Marco
Rosignoli di Aeranti-Corallo, Tarak Ben Ammar di D-Free, Maurizio Giunco di Frt
e Pasquale Pistorio di Telecom. Conclude il convegno il ministro delle
telecomunicazioni Paolo Gentiloni. \.
( da "Repubblica, La" del 01-12-2007)
Commenti IL SABATO DEL VILLAGGIO IL LATO OSCURO DEL
CASO TELECOM GIOVANNI VALENTINI Mentre un vecchio "carrozzone di
Stato" come la Rai apre subito un'indagine interna sul "patto segreto" di
alcuni suoi dirigenti e giornalisti con Mediaset rivelato
dalle intercettazioni apparse sul nostro giornale, sospendendo in via cautelare
la responsabile del marketing Deborah Bergamini, un colosso dell'impresa
privata come Telecom esita e tentenna invece a fare piazza pulita al suo
interno dopo lo scandalo dello spionaggio telefonico e telematico. E
sono aziende che gestiscono, la prima, una concessione pubblica per il servizio
radiotelevisivo e, la seconda, una licenza pubblica per il servizio telefonico,
fisso e mobile. Diciamo pure che, quanto a rilevanza e gravità, tra le due
vicende non c'è paragone. Nel caso di Telecom si parla, infatti, di reati
penali come associazione a delinquere; accesso abusivo a sistemi informatici;
simulazione di reato; appropriazione indebita; acquisizione e procacciamento
illecito di notizie e documenti sulla sicurezza dello Stato; accesso e
intrusione illecita nei sistemi di banche, aziende e privati cittadini; e,
infine, di intercettazioni telematiche: tutte accuse per le quali diverse
persone sono già finite in galera o agli arresti domiciliari. Ecco perché qui
occorre, a maggior ragione, fare piena luce su tutta la storia. Con le nomine
di Gabriele Galateri alla presidenza e di Franco Bernabè come amministratore
delegato, si può già dire che Telecom volta pagina sul piano strategico. E
l'uscita del vicepresidente Carlo Buora apre la strada a un azzeramento
completo del vertice, tanto più opportuno alla luce delle indagini e in vista
delle ormai prossime richieste di rinvio a giudizio da parte della magistratura
milanese. Proprio alla vigilia dell'insediamento di Galateri e Bernabè, è
sembrato quanto meno improprio perciò l'invito pubblico dell'ex presidente
Marco Tronchetti Provera a "valorizzare la prima linea operativa".
Più che un viatico o un auspicio, appariva la richiesta di un salvacondotto per
i manager che hanno lavorato alle dipendenze sue e dell'ex amministratore
delegato, Enrico Bondi, negli anni dello spionaggio organizzato. A parte Buora,
al vertice di Telecom figurano ancora personaggi che risultano coinvolti a
vario titolo nell'inchiesta, dirigenti che non potevano non sapere o che
addirittura sono stati già chiamati in causa da altri: tra questi, il
segretario generale "permanente" e responsabile dell'Ufficio legale,
Francesco Chiappetta; il capo del Personale e della Security interna, Gustavo
Bracco; il responsabile degli Affari generali, Giancarlo Valente; il capo degli
Acquisti, Germanio Spreafico; e il capo degli Affari internazionali, Giampaolo
Zambeletti. Spetterà alla magistratura verificare ed eventualmente accertare le
responsabilità individuali. E comunque, fino a un giudizio definitivo nessuno
potrà considerarli colpevoli di alcunché. Resta il fatto però che, almeno sul
piano dell'opportunità, questa situazione di stallo non giova certamente alla
trasparenza, all'immagine e alla credibilità dell'azienda. è dall'avvento di
Tronchetti Provera e di Bondi, e cioè dal 2001, che inizia infatti la stagione
degli "spioni", sotto la regia di Giuliano Tavaroli - ex carabiniere,
capo della Security prima alla Pirelli e poi a Telecom - arrestato per le
intercettazioni illegali. Il primo passo, come abbiamo ricordato in un altro
articolo, è la rimozione di due manager ancora in attesa di una riabilitazione
- l'ex segretario generale Vittorio Nola e l'ex capo della sicurezza Piero
Maria Gallina - in forza di una presunta bonifica ambientale e del ritrovamento
di una falsa "cimice", entrambi già spiati in precedenza. Ma l'ultima
ordinanza del gip di Milano rivela addirittura lo spionaggio di alcuni
funzionari dell'Antitrust, tra cui il responsabile del settore, Giovanni
Calabrò (figlio dell'attuale presidente dell'Authority sulle Comunicazioni),
con le relative spese scaricate da Pirelli a Telecom. C'è materia più che
sufficiente, come si vede, per puntare i riflettori sull'avvicendamento al vertice
dell'azienda: non solo nell'interesse degli azionisti, grandi e piccoli, ma
soprattutto dei circa 25 milioni di utenti che usano la sua rete telefonica
fissa. Finora, il Comitato di controllo interno non è riuscito a fare chiarezza
su questo intrigo. In attesa delle decisioni della magistratura, converrà
perciò che intervengano il ministero e le competenti Autorità di garanzia per
illuminare il "lato oscuro" del caso Telecom. (sabatorepubblica. it).
( da "Repubblica, La" del 01-12-2007)
Caso Rai-Mediaset Bergamini:
informazione malata parlerò dopo aver letto le carte ROMA - Sul suo diario
personale in Internet, la Bergamini si dice vittima di un "modo malato di
fare informazione". E motiva il suo rifiuto di rispondere, per il momento,
al Comitato Etico Rai e agli
ispettori dell'Internal Auditing sul caso delle intercettazioni. Non è - dice -
indisponibilità a collaborare. Bergamini non vuole rispondere sulla base degli
articoli che riprendono la sintesi che la Finanza ha fatto delle
intercettazioni. Aspetta l'integrale delle conversazioni, che lei stessa
porterà in Rai, per replicare "nel
merito". Su sua richiesta invece è stato sentito ieri il direttore del Tg5
ed ex direttore del Tg1 e del Tg2, Mimun. Davanti agli ispettori Rai, Mimun ha detto che il suo Tg1 e il suo Tg2 hanno sempre
sconfitto i notiziari concorrenti di Mediaset. "Nessuna
collusione mai", dunque. Mimun ha ricordato di aver assunto solo precari
delle testate Rai e di aver gestito il budget in
economia.
( da "Unita, L'" del 01-12-2007)
Stai consultando l'edizione del
CELENTANO E BENIGNI INSEGNANO ALLA RAI CHE LIBERTÀ E AUTONOMIA SONO D'ORO
Piersilvio dice che la Rai non ce l'ha fatta ed è contento che Mediaset l'abbia
spuntata. Spieghiamo per chi non sa: siamo in periodo di garanzia, fascia
temporale nel corso della quale gli investitori valutano la capacità di cattura
delle reti e di conseguenza piazzano i loro spot, e cioè i soldi che
servono a tirare avanti la baracca. Per un soffio, ma Piersilvio ha il diritto
di gioire, lui che, sulla carta, come imprenditore puro è tenuto a concentrarsi
sul guadagno. Noi non pensiamo che la Rai debba
sottrarsi a questa regola del mercato, ci pare tuttavia opportuno che la
cultura produttiva della tv pubblica non debba avere un solo dio. Fantasia,
creatività, intelligenza non sono figli del denaro, non sono colf d'impresa:
questo lo si sarà capito davanti ai silenzi di Celentano come davanti al fiume
di parole di Benigni. Ma non c'è solo questo. Questi due flash tv hanno
illuminato una caratteristica operativa che la Rai ha
dimenticato e che Mediaset può trascurare senza
affanni: l'autonomia produttiva, la libertà di cui ogni artista, ogni
visionario dovrebbe godere nell'allestimento - sceneggiatura e stile di
messinscena - del "suo" territorio creativo. È il solo modo per
infrangere l'omologazione, per mandare al diavolo quella riproduzione infinita
di moduli sempre più uguali che hanno ucciso, anche in tv, fantasia e libertà,
carattere e originalità. Toni Jop.
( da "Manifesto, Il" del 01-12-2007)
Norma Rangeri Se vogliamo metterla alla maniera di
Berlusconi, potremmo dire che il partito del popolo ieri, in sole due ore, ha
raccolto 18 milioni di firme (cifra approssimata per difetto), triplicando la
fantomatica sottoscrizione ai gazebo. Se la pensiamo come Prodi allora dovremmo
constatare che il 29 settembre del 2007 si è svolto il più grande family-day
della storia. Naturalmente stiamo parlando dell'audience che giovedì sera si è
riunita davanti al piccolo schermo per assistere alla mirabolante performance
di Roberto Benigni (Raiuno) e al gran finale della
fiction sulla mafia (Canale5). Così come, due giorni prima, erano stati 9,5
milioni i telespettatori che avevano seguito la serata Celentano. Diciotto
milioni di telespettatori distribuiti abbastanza omogeneamente tra nord-ovest,
nord-est e centro-sud. La poderosa concentrazione di attenzione su prodotti che
nulla hanno a che vedere con quel che quotidianamente offre il convento
televisivo, conferma il potenziale represso della tv esaltandone il ruolo di
catalizzatore di una domanda, pressante quanto inascoltata, di un consumo
culturale di qualità. SEGUE A PAGINA 15 1 Tanto più sorprendente in una società
bombardata dal modello televisivo berlusconiano, assorbito e riprodotto dal
servizio pubblico. Per un paese fortemente condizionato da una minima
percentuale di lettori di quotidiani, l'esistenza di una sterminata platea che
rifiuta di essere trattata come una massa di consumatori senza voce, chiedendo,
al contrario, di essere considerata con il rispetto dovuto ai cittadini, è un
patrimonio politico. Quante volte abbiamo sentito dire dai manager del nostro
sistema mediatico (pubblico e privato) che la gente vuole solo veline e
reality? Che l'offerta di spazzatura è la risposta alla domanda? Quel che è
successo questa settimana, prima con Celentano, poi con Benigni e lo
sceneggiato sulla mafia, è l'esempio dell'esatto contrario. Del resto ormai il
re è così nudo che persino i documenti ufficiali lo hanno capito: "L'offerta
- si legge nel recente piano editoriale presentato dal direttore generale Rai, Claudio Cappon - viene vissuta come uno degli elementi
di impoverimento culturale della società". Dieci milioni di persone che
rimangono incollate alla tv fino a tarda ora per capire e divertirsi guardando
e ascoltando Dante, sono il cuore di un paese che ancora spera e fa sperare.
Tanto più brucia l'inerzia con cui il centrosinistra al governo ha finora
trattato la più grande azienda culturale, riducendola a una succursale di
Montecitorio, con dosi massicce di mezzibusti e bellimbusti, culi e tette,
politici da salotto e conduttori-maggiordomo. Sempre rinviando la riforma del
sistema televisivo, continuando a tenersi alla larga da un radicale cambiamento
nel criterio di selezione dei manager, scegliendo i giornalisti più affidabili,
licenziando quelli non addomesticabili (Berlusconi), o relegandoli al ruolo di
fiori all'occhiello (gestioni centrosinistre). Se "la Rai
è arrivata al capolinea", come ha recentemente ammesso il presidente
Petruccioli, se ha le casse vuote e il morale a pezzi, deve ringraziare
l'accanimento e la voracità con cui centrodestra e centrosinistra l'hanno
umiliata spogliandola di ogni funzione civile, imbottendola di pubblicità, consegnandola al mercato di Endemol (oggi Mediaset). In un'intervista all'Espresso, Giovanni Minoli racconta che
negli ultimi dieci anni la Rai ha perso quasi 12 punti di share
mentre il suo deficit tendenziale vola verso i 500 milioni di euro.
Miracolosamente, aggiungiamo noi, l'azienda di Cologno ha le tasche gonfie.
E la lista non è completa: il cda di viale Mazzini non riesce a riunirsi perché
non sa se al tavolo si deve sedere il consigliere Petroni (berlusconiano) o il
collega Fabiani (veltroniano); i consiglieri di centrodestra sono sotto
giudizio del tribunale per l'affare-Meocci; la Corte dei Conti chiede agli ex
direttori generali di restituire premi e gratifiche; gli organismi europei ci
stanno per rovesciare addosso salatissime multe perché non abbiamo cambiato la
legge Gasparri sulle tv. Servirebbe un centrosinistra all'altezza
dell'audience. Dobbiamo accontentarci di Marco Follini, l'uomo delegato da
Veltroni a occuparsi di Rai. Norma Rangeri.
( da "Unita, L'" del 01-12-2007)
Stai consultando l'edizione
del Rai, il sonno della ragione Nando Dalla Chiesa E così la
vicenda Rai-Mediaset inizia a
produrre qualche sanzione per chi si è maggiormente macchiato dell'antico (e
ignobile) reato di "intelligenza col nemico". Benissimo. Sullo sfondo
resta però un interrogativo amaro e più generale: ma dove finiremo? Si dovrà
forse intercettare l'Italia intera, Palazzo per Palazzo, giorno dopo giorno,
dovremo disseminare cimici dappertutto, per comprendere le dinamiche sociali e
politiche che si squadernano davanti a noi? Perché questo è il punto dopo le
rivelazioni sulla tivù una e bina dell'era berlusconiana. Come se un
provvidenziale fascio di luce ci avesse illuminato una realtà nascosta e
insospettabile. Mentre invece, vogliamo dirlo?, la vera notizia che ci arriva
da quelle trascrizioni giudiziarie non è la fine del mercato televisivo o la
trasformazione dell'informazione da "cane da guardia della
democrazia" in "cane da guardia del padrone". La vera notizia è
la abdicazione dell'opinione pubblica ai suoi compiti primari: quelli di
leggere, di capire, di criticare i fatti e i comportamenti che attentano al
bene comune e all'interesse collettivo nel momento in cui i fatti e i
comportamenti sono in corso. Strano, bizzarro paese, questo. In cui si continua
a declamare che la storia non la si può fare nei tribunali, che la politica non
può cedere il suo primato alla magistratura, che le carte giudiziarie non
possono esaurire la complessità degli accadimenti, o che il diritto penale non
può sostituirsi alla critica morale e politica. E in cui però, puntualmente,
solo gli atti giudiziari, solo le intercettazioni telefoniche sembrano
abilitati a rivelare ciò che all'intelligenza delle persone dovrebbe invece
rivelarsi per la pura concatenazione logica dei pubblici fatti. Il peso che le
intercettazioni telefoniche finiscono per avere nella nostra capacità di
ricostruire ambienti culturali, pubbliche vicende, intrecci perversi di
interessi, è direttamente proporzionale alla nostra inettitudine a svolgere
quelle ricostruzioni per altre vie. Ossia partendo dai dati, dai puri dati di
fatto. Per associarli secondo logiche plausibili o incontrovertibili. Insomma,
quando sarà passata la buriana mediatica sulle intercettazioni Rai, così come su quelle del caso Bnl-Corriere-Popolare di
Lodi, a me pare che la vera, più scomoda responsabilità che ci viene consegnata
non sia tanto quella di analizzare le relazioni di potere disegnate dai
dialoghi tra i protagonisti, corredati da qualche corsara informazione sulla
privacy di questo o quell'intercettato. E tanto meno sia quella di discettare
stancamente se la pubblicazione delle intercettazioni in questione fosse da
vietare. La vera responsabilità è un'altra: capire perché - perfino all'interno
della Rai! - abbiamo bisogno di quelle intercettazioni per
raccontarci senza mille timori come sia degenerato nei cinque anni di governo
berlusconiano il rapporto tra Rai e Mediaset. Ma perché, vien da chiedere, il fatto che una pattuglia
di direttori e funzionari dell'impero Mediaset fosse stata
all'epoca scaraventata di peso nel servizio pubblico, a quale disegno poteva
mai essere ricondotto se non a quello di fare delle due grandi aziende
televisive un unico sistema alle dipendenze del capo del governo? E noi non
avevamo saputo con tanto di notizie ufficiali di quei trasferimenti indecenti,
e non avevamo visto con i nostri occhi la qualità dell'informazione che ne era
scaturita? E ancora: che cosa pensavamo che fosse andata a fare in Rai la ex assistente personale di Silvio Berlusconi, forse a
garantire la correttezza e l'imparzialità dell'informazione Rai nei confronti del suo antico (?) padrone? E non avevamo
visto lo scadimento progressivo dei programmi Rai, la resa della
tivù pubblica alle ragioni della tivù privata, il suo crollo qualitativo, la
sua inferiorità perfino sui generi di impegno civile (la fiction su
Borsellino)? E ancora: perché mai la Rai avrebbe dovuto
obbedire all'editto contro Biagi e Santoro e Luttazzi (il reprobo neanche nominato
correttamente, e perciò il più perseguitato) se non perché profondamente
infeudata alle volontà di Berlusconi, ben al di là dell'influenza che può
esercitare sul servizio pubblico un capo del governo? E a chi faceva comodo la
trasformazione della politica in teatrino, la riduzione della politica a una
compagnia di giro, a Porta a Porta come a Ballarò? E c'è davvero bisogno di
sapere da una intercettazione telefonica che Bruno Vespa nominerà "il
Dottore" ogni volta che sarà opportuno? Davvero bisogno, voglio dire, per
cogliere una disponibilità di quella trasmissione a offrire ogni debito
sostegno al generoso editore del conduttore? Ma perché, non era bastato, per
capirlo, il Cesare Previti appena condannato da un tribunale della Repubblica
ospitato in tivù per attaccare in diretta i suoi giudici senza che alcuno di
loro potesse (ovviamente) esercitare un informato contraddittorio? Quando mai
si erano viste scene del genere nella non eroica storia di Raiuno? Davvero, ripeto, dovevamo attendere le intercettazioni
per sapere e per capire? E Sanremo? Sanremo come crocevia delle due aziende?
Sanremo dove Berlusconi, dopo le rimpatriate estive in Sardegna, aveva piazzato
Tony Renis nella veste di direttore artistico? Ci voleva molto per capire quale
unità di interessi e di volontà ci fosse dietro una scelta indecorosa e di cui,
senza disporre di intercettazioni, questo giornale e il sottoscritto
denunciarono il senso culturale e politico? Il guaio è che sempre più ci stiamo
disabituando a usare l'arma vitale dell'intelligenza critica. Che stiamo
deponendo le armi che madre natura ci ha elargito, sia pure in misura più o
meno generosa, affinché non viviamo come vittime o garruli idioti il nostro
tratto di storia. C'è davanti a noi una contraddizione stridente. Si immaginano
e si descrivono ogni giorno raffinate e fantastiche trame che avvolgerebbero la
politica e gli stessi mezzi d'informazione. I retroscena della caduta prossima
ventura - domani, dopodomani - del governo. Le argute dietrologie secondo cui
la cattura di ogni grande latitante renderebbe la mafia ancora più forte. E al
tempo stesso, mentre si scava e si dà di bulino dentro l'immaginazione
svolazzante, si voltano gli occhi di fronte a ciò che sta a terra e ha sostanza
visibile. Non solo. Si prendono le distanze da coloro che non voltano gli
occhi. E li si rimbrotta perché hanno l'ardire di vedere, non si sa mai che ci
facciano fare la figura dei conniventi o dei pavidi o degli opportunisti. Il
gioco dei ruoli richiede, impone che siano loro, quelli che vedono e colgono i
segni della materia, a essere messi sotto accusa. Imputati di trasformare la
storia in un complotto permanente, di non sapere leggere la complessità delle
umane vicende, le alleanze involontarie (che esistono, per carità), le
casualità (che esistono, per carità); di vivere di sospetti e di veleni. La
ricordate la storia del regime? Che cosa dite, voi? Che una democrazia dove il
parlamento viene piegato ogni giorno, dall'inizio alla fine della legislatura,
alle esigenze giudiziarie del capo e dei suoi amici e dove il 90 per cento
dell'informazione televisiva è piegata alle ragioni dello stesso capo, porta o
no, in sé, qualche germe di regime? Ve la ricordate quella discussione oziosa
sul regime sì - regime no, per spiegarci che siccome un po' di democrazia
restava in piedi, il rischio del regime non esisteva? Vi ricordate con che
fastidio, con che albagia sussiegosa, veniva trattato chi denunciava il rischio
dell'involuzione totalitaria? Purtroppo il mondo si divide per tre: quelli che,
anche a prezzo di non apparire dialoganti e di non andare in tivù, le cose le
vedono, anche se non hanno a disposizione atti giudiziari o lenzuolate di
intercettazioni telefoniche sui giornali; quelli che le cose le vedono solo
quando arrivano gli atti giudiziari e le intercettazioni telefoniche (e che in
genere sono proprio quelli che lamentano l'espropriazione di ogni funzione
politica da parte della magistratura); quelli che quando ci sono le
intercettazioni, gridano che non bisogna pubblicarle (e non c'è bisogno di
avere nuove intercettazioni telefoniche per capire perché lo fanno). La verità
è che quando, attraverso le combinazioni chimiche che solo la storia sa
inventare, nascono e muoiono i regimi, alla fine c'è sempre una sola, grande
domanda che si impone: come è potuto accadere? Semplice: perché la ragione è
andata a dormire. E lo spirito di libertà l'ha seguita a ruota. I documenti
segreti più che svelare i fatti svelano soprattutto la profondità di quel
sonno. www.nandodallachiesa.it.
( da "Libero" del 01-12-2007)
Prima pagina 01-12-2007 OCCHIO A QUESTI DUE di FAUSTO
CARIOTI Non c'è bisogno della foto con bacio in bocca, tipo quelle che
immortalavano i capi sovietici quando incontravano gli sventurati leader di
qualche Paese satellite. L'inciucio tra Silvio Berlusconi e Walter Veltroni è
nei fatti, è scritto dal destino che, in questa fase, si è divertito a metterli
uno accanto all'altro. Così diversi, così vicini. Ed è inevitabile che il prezzo
di questa loro intesa implicita finisca per essere pagato tutto, a caro prezzo,
da Romano Prodi. Un po' per pudore (quello di Veltroni nei confronti del
governo sostenuto dal suo partito) e un po' per normale ipocrisia (in politica
talvolta è una qualità), Silvio & Walter non possono dire davanti alle
telecamere tutte le cose che adesso li uniscono. Che sono tante. Primo. Ambedue
vogliono riscrivere le regole del gioco a loro vantaggio. Vogliono che sia
introdotta, al più presto, una nuova legge elettorale, che consegni a quello
dei loro due partiti che prenderà più voti la più larga maggioranza possibile.
Siccome i seggi alla Camera e al Senato sono quelli che sono, questa operazione
può essere fatta solo a spese degli altri partiti, cioè di quelli che, sino ad
oggi, sono stati i loro alleati. Con i quali il leader del costituendo partito
delle libertà e quello del neonato partito democratico non vogliono più
sentirsi obbligati a stringere accordi. "Mai più alleanze forzose" è
lo slogan della strana coppia nata ieri a Montecitorio. Non a caso, il
confronto partirà dal sistema tedesco-spagnolo ideato da Salvatore Vassallo.
Sponsorizzato da Veltroni, e nella sostanza gradito anche a Berlusconi, serve
proprio a questo: caratterizzato da circoscrizioni piccole, avvantaggerebbe i
grandi partiti, dando loro un "premio di maggioranza implicito" tanto
più alto quanto più grande è il partito. Una sigla che riuscisse a prendere il
38-39% dei voti potrebbe ottenere la maggioranza assoluta dei seggi. Il leader
di questo partito sarebbe, automaticamente, il primo ministro. In altre parole,
Berlusconi e Veltroni vogliono che quello di loro due che vincerà le prossime
elezioni possa restare a palazzo Chigi per cinque anni senza dover subire, ogni
giorno, i diktat di un Clemente Mastella o di un Oliviero Diliberto. Ma se
questa volontà di creare un partito costruito sulla figura del leader è
normale, e persino ostentata, nel caso di Berlusconi, lo è assai meno per
Veltroni, dalle cui parti c'è sempre chi considera simili "derive"
cesaristi che una lesione alla democrazia. Niente spazi al centro Secondo.
Entrambi vogliono che il prossimo sistema elettorale impedisca la creazione di
un nuovo centro che faccia da ago della bilancia tra i due schieramenti. Per
riuscirci, dovranno giocare di sponda sia tra loro, sia con i loro alleati a
destra (nel caso di Berlusconi) e a sinistra (nel caso di Veltroni). Gli spazi
per trovare un'alchimia che torni comoda ai due grandi, strozzi nella culla i
piccoli al centro e non penalizzi troppo i partiti collocati alle estremità ci
sono tutti. Terzo. Per ambedue è indispensabile che la legislatura termini
prima della scadenza naturale. Restare a bagnomaria sino al 2011 sarebbe un
suicidio politico. Per Veltroni, perché ogni giorno in più che governa Prodi il
centrosinistra perde voti. E per Berlusconi, classe 1936, perché l'ana grafe è
quella che è. Silvio vuole che si vada a votare nel 2008, ma gli va bene anche
il 2009. Walter punta alle elezioni nel 2009, dopo aver fatto qualche ritocco alla
Costituzione. Ma non si metterebbe a piangere se si dovesse votare nel 2008.
Quarto. Berlusconi e Veltroni possono persino permettersi il lusso di non
trovare un accordo per cambiare la legge elettorale. A differenza dei loro
alleati, hanno a disposizione un'alternativa pronta a premiarli pure se non
combinano un tubo. È il referendum voluto da Mario Segni e Gio- vanni Guzzetta,
che punta a ridurre il numero dei partiti assegnando un premio di maggioranza
nazionale, in ambedue i rami del parlamento, alla lista che prende più voti, e
non più alla coalizione vincente. Le firme necessarie per chiedere il
referendum sono state raggiunte e certificate. Se, a gennaio, la corte
costituzionale darà il via libera (e le voci che filtrano in questi giorni
fanno ben sperare per i referendari) e se nelle settimane seguenti non si
troverà una larga intesa per una nuova legge elettorale (ed è chiaro che nessun
accordo si potrà fare senza i due partiti principali), in primavera si andrà a
votare per cambiare le regole del gioco. Si può scommettere
sin d'ora che la Rai di Veltroni e la Mediaset di
Berlusconi non faranno come in altre occasioni, e daranno ampia pubblicità al
referendum. È vero, come sostengono gli avversari del quesito referendario, che
un simile meccanismo elettorale favorirebbe la creazione di grandi liste
eterogenee. Partiti e partitini, in parole povere,
"fingerebbero" di allearsi per trarre il massimo vantaggio possibile
dalla legge elettorale, ma subito dopo il voto ogni componente formerebbe il
suo gruppo parlamentare, e il quadro politico sarebbe frammentato proprio come
oggi. Ma Berlusconi e Veltroni, guarda caso, hanno pensato anche a questo. Tra
i punti sui quali ieri si sono trovati d'accordo, c'è la riforma dei
regolamenti parlamentari: al Senato e alla Camera non sarà più possibile creare
gruppi ai quali non corrisponda un partito candidato alle elezioni. Insomma,
Berlusconi e Veltroni si trovano in quella che gli esperti di teoria dei giochi
chiamano situazione "win-win": comunque vada, ne usciranno ambedue
vincenti. Se riusciranno a cambiare la legge elettorale, lo faranno a loro uso
e consumo. Se non ci sarà alcun accordo, il referendum lavorerà per loro. In
ogni caso, il giorno dopo che la nuova legge sarà entrata in vigore, tutto sarà
pronto per il pensionamento di Prodi e il ritorno alle urne. Silvio ha un
vantaggio in più Per Berlusconi, poi, l'intesa con Veltroni offre un motivo
d'interesse in più. La doppia minaccia di una legge elettorale che premia i
partiti più grandi e del referendum potrebbe indurre qualcuno dei
"piccoli" che appoggiano il governo, tipo Mastella, a scegliere la
terza strada: far saltare il governo e la legislatura, in modo da evitare il
voto referendario. A questo punto, Berlusconi avrebbe vinto comunque, ottenendo
il ritorno alle urne dopo appena due anni passati all'opposizio ne. Avrebbe
solo il compito di ricucire con gli alleati. Anche per questo, si è guardato
bene dal rompere una volta per tutte con Gianfranco Fini e Pier Ferdinando
Casini. L'ACCORDO SULLE RIFORME RIFORMA ELETTORALE Il Pd ha sempre sostenuto il
cosiddetto "Vas sallum", il sistema elaborato dai costituzionalisti
Vassalli e Ceccanti che consiste in un proporzionale con sbarramento che mette
insieme i sistemi tedesco e spagnolo. In pratica un proporzionale alla tedesca
con collegi molto piccoli che favorirebbero i partiti maggiori. Ieri Berlusconi
si è detto favorevole al Vassallum, sul quale potrebbe esserci l'accordo.
REGOLAMENTI PARLAMENTARI Accordo anche sulla riforma riforma dei regolamenti
parlamentari: si punta a vietare la costituzione di gruppi parlamentari diversi
da quelli che si sono presentati alle elezioni. Lo scopo è evitare che, una
volta raggiunto l'obiettivo di farsi eleggere, le forze politiche si frantumino
aumentando la capacità di ricatto dei singoli. Inoltre verrà introdotto il
diritto di precedenza in Parlamento per i disegni di legge e i decreti del
governo. RIFORME ISTITUZIONALI Il Cavaliere ha però escluso che si possa
mettere mano anche alle riforme istituzionali perché "non ci sono i tempi
tecnici". Sui contenuti proposti, però, Berlusconi si è detto favorevole
perché "si torna a parlare delle stesse proposte che erano contenute anche
nella nostra riforma della Costituzione". Salvo per uso personale è
vietato qualunque tipo di riproduzione delle notizie senza autorizzazione.
( da "Libero" del 01-12-2007)
Italia 01-12-2007 Mimun ascoltato
a viale Mazzini "Ho sempre battuto Mediaset"
Clemente Mimun, direttore del Tg5 ed ex del Tg1, è stato ascoltato su sua
richiesta dal Direttore dell'Internal Audit della Rai, Marco Zuppi,
sul caso intercettazioni. Mimun ha ricordato di aver lavorato in Rai, in due diversi periodi, per 20 anni complessivi.
"Tra il settembre del 1994 ed il settembre 2006", ha detto, "ho
diretto per quasi 8 anni il Tg2, battendo sempre il concorrente diretto, cioè
il Tg5 delle 13. Nel periodo successivo ho diretto il Tg1, battendo il mio
avversario, il tg5 delle 20, per 50 mesi a 2. Nel mio percorso professionale in
Rai", ha aggiunto Mimun, "si è registrato il
massimo livello di concorrenzialità rispetto ai tg avversari, un rigoroso
rispetto dei budget, l'esclusiva assunzione di precari interni (oltre 50) e non
si è verificato mai alcun episodio di combine con la concorrenza, né per
ragioni politiche, meno che mai per tecnicalità legate ai palinsesti. Il mio
curriculum da direttore", ha concluso, "non registra neppure episodi
di malversazioni economiche: rarissime, brevi e mirate trasferte realizzate in
economia e, naturalmente, nessun lungo soggiorno in lussuosi alberghi. Alla Rai, che non mi ha contestato alcunché, ho confermato la mia
piena disponibilità, anche ad essere riascoltato, in ogni momento". Salvo
per uso personale è vietato qualunque tipo di riproduzione delle notizie senza
autorizzazione.
( da "Giornale.it, Il" del 01-12-2007)
Di Maurizio Caverzan - sabato 01 dicembre 2007, 07:00
Stampa Dimensioni Invia ad un amico Vota 1 2 3 4 5 Risultato Eppure non è
bastato. Dopo quattro anni consecutivi, l'autunno televisivo l'ha vinto Canale
5. I due fuoriclasse mandati in onda da Raiuno a tre
giorni di distanza non sono stati sufficienti a ribaltare il risultato
costruito con operosità da formica - tanti, buoni ascolti messi in cascina
giorno per giorno - da Canale 5. Certo, il vantaggio dell'ammiraglia Mediaset sull'avversaria è sceso allo 0.3 per cento (22.8
contro il 22.5 nel periodo 16 settembre - 29 novembre), mentre prima
dell'inizio della settimana di fuoco era dello 0.6. Dunque, recupero ma non
rimonta. è stato "un tentativo solo formale" ha detto ieri al
Giornale Piersilvio Berlusconi, costruito "grazie a due eventi singoli,
privi o quasi di spot". In realtà, quei pochi che c'erano erano ben
profumati. Ma il succo è un altro. E cioè che la Rai
cicala ha tentato il rush sul filo di lana sparando la doppietta
Celentano-Benigni, aprendo i cordoni della borsa per i cachet, ma comportandosi
come una tv commerciale. A che cosa serve, sennò, piegare tutta l'immagine e le
risorse dell'azienda per vincere un altro periodo di garanzia? Ha detto ieri un
euforico Sandro Curzi, consigliere della Tv di Stato: "L'uno-due assestato dalla Rai alla
concorrenza con Celentano e Benigni nel giro di una settimana conferma che,
quando vuole e ce la mette tutta, il servizio pubblico è in grado di vedersela
ad armi pari e di vincere con Mediaset sul piano degli
ascolti". In realtà, come detto, la Rai ha vinto un
paio di battaglie ma non la guerra. Quanto alla sua cifra di servizio
pubblico, c'è qualcosa da rivedere. Qualche settimana fa, quando La7 mandò in
onda Il sergente di Marco Paolini eliminando gli spot, molti commentatori, tra
i quali il nostro Roberto Levi, scrissero che quella era un'operazione che
avrebbe dovuto fare la Rai e che La7 aveva offerto una
vera lezione da servizio pubblico. Ora la doppietta Celentano-Benigni è stata
venduta come un unico kit anti-Canale 5. In realtà, un'operazione ibrida. Dal
punto di vista della comunicazione e dell'immagine, una sorta di minotauro.
Come del resto è e rimane la Rai, finanziata dalla
pubblicità e dal canone. Invece i distinguo sono tanti e necessari. Il
Molleggiato è andato su Raiuno per promuovere il suo
disco e, solo indirettamente, ha rischiato di fare un favore all'ex nemico Del
Noce. A differenza di Roberto Benigni che è stato protagonista di una
performance di grande qualità, questa sì da servizio pubblico: appassionare
dieci milioni di telespettatori con una lectura Dantis. Anche i suoi
detrattori, a cominciare dal professor Sermonti, dovranno mettersi il cuore in
pace. Dopo aver seguito Benigni nel suo viaggio all'Inferno non si può
concordare con loro. Non è vero, infatti, che il pubblico che lo ascolta esce
dai suoi spettacoli uguale a come è entrato. E l'altra sera se n'è avuta la
conferma anche davanti alla tv. Pagina successiva >>.
( da "Giornale.it, Il" del 01-12-2007)
La Rai cicala non
batte la formica Mediaset di Maurizio
Caverzan - sabato 01 dicembre 2007, 07:00 Stampa Dimensioni Invia ad un amico
Vota 1 2 3 4 5 Risultato Fin qui le differenze. I tratti che avvicinano le due
serate sono invece nel comune sbilanciamento antiberlusconiano. Se ai politici
di sinistra Benigni ha riservato qualche buffetto, contro Berlusconi ha
sfoderato qualche bordata di troppo, come quella su Bondi "falso come i
bilanci delle sue aziende". Chissà in quale girone Dante metterebbe
Benignaccio... << Pagina precedente.
( da "Giornale.it, Il" del 01-12-2007)
Di Maddalena Camera - sabato 01 dicembre 2007, 07:00
Stampa Dimensioni Versione PDF Invia ad un amico Vota 1 2 3 4 5 Risultato da
Torino "In Europa il 2007 è stato un anno di svolta per la tv digitale. Le
trasmissioni in digitale via satellite, cavo e terrestre hanno superato quelle
per la tv analogica". Lo spiega Andrea Ambrogetti responsabile relazioni
istituzionali di Mediaset e consigliere di Dgtv, il
consorzio per la promozione della tv digitale terrestre in Italia che ieri ha
inaugurato a Torino la terza conferenza nazionale. Ma cosa è il digitale
terrestre? In pratica il passaggio di tutte le trasmissioni tv dalla tecnologia
analogica a quella digitale. "La crescita del digitale - dice Ambrogetti -
è pari al 25% all'anno ma gli ascolti nel nostro paese sono ancora bassi".
È per questo che Mediaset,
l'azienda italiana che più ha investito nel digitale terrestre, ma anche la Rai, hanno ripensato le strategie. E dunque la tanto sbandierata
interattività della tv digitale sarà sostituita da una offerta gratuita
interessante. Per questo Mediaset ha lanciato proprio ieri Iris, canale digitale gratuito con film
e programmi di intrattenimento, mentre già può vantare un buon successo
per Boing, il canale per bambini. Mentre la Rai è
pronta a lanciare 8 canali digitali tra il 2008 e il 2009. Quanto alla cifre,
secondo una ricerca lo scorso giugno le famiglie dotate di decoder digitale
erano 4,5 milioni contro i 5,8 milioni della tv satellitare (di cui 4,2 milioni
abbonati a servizi pay). Per lo sviluppo del digitale terrestre il presidente
di Dgtv Piero De Chiara ha sottolineato che a partire dal 2009 saranno venduti
soltanto televisori che avranno il decoder digitale incorporato e saranno
dotati di bollini bianchi per garantire le prestazioni dell'apparecchio. Chi
non vorrà cambiare tv potrà acquistare un decoder che sarà a sua volta dotato
di bollino blu.
Deborah
Bergamini sospesa dalla Rai. Il dirigente del marketing della tv di ( da "Foglio,
Il" del
30-11-2007)
[FIRMA]MARIA
GRAZIA BRUZZONE ROMA Deborah Bergamini è stata sospesa da direttore del mark ( da "Stampa,
La" del
30-11-2007)
Il
futuro del digitale terrestre ( da "Stampa, La" del 30-11-2007)
Rai-mediaset,
bergamini sospesa - aldo fontanarosa ( da "Repubblica, La" del 30-11-2007)
La
super manager del cavaliere sul web diventa regina dei celti - antonello
caporale ( da
"Repubblica, La" del 30-11-2007)
Duopolio
tv ( da
"Riformista, Il" del 30-11-2007)
Patto
Rai-Mediaset, sospesa la Bergamini ( da "Unione Sarda, L'
(Nazionale)" del
30-11-2007)
Notizie
in 2 minuti ( da
"Corriere della Sera" del 30-11-2007)
Intercettazioni
Rai, sospesa la Bergamini ( da "Corriere della Sera" del 30-11-2007)
Mediaset,
corsa ai contenuti
( da "Corriere della Sera" del 30-11-2007)
La
vicenda ( da
"Corriere della Sera" del 30-11-2007)
<Una
vita in piazza Parlo a chi voglio, non ho tradito> ( da "Corriere
della Sera" del
30-11-2007)
CHI
LE HA VISTE? ( da
"Libero" del 30-11-2007)
La
Rai se ne lava le mani: paga solo Deborah ( da "Libero" del 30-11-2007)
Il
centrodestra la difende: ora congelate tutta l'azienda ( da "Libero" del 30-11-2007)
Niente
più telefonate per Deborah... Viale Mazzini, sospensione cautelativa dopo
l'esplosione del caso Raiset in cui è coinvolta ( da "Unita,
L'" del
30-11-2007)
Inciucio
Raiset, Bergamini sospesa ( da "Manifesto, Il" del 30-11-2007)
Sospesa
dalla Rai Bergamini apre blog ( da "Secolo XIX, Il" del 30-11-2007)
Inciucio
Rai-Mediaset, sospesa la Bergamini Viale Mazzini: Misura cautelare . Ma è
scontro ( da
"Resto del Carlino, Il (Nazionale)" del 30-11-2007)
E
Boselli si sfoga in Transatlantico ( da "Tempo, Il" del 30-11-2007)
Intercettazioni
Rai, sospesa la Bergamini ( da "Giornale.it, Il" del 30-11-2007)
"Canale
5? Ha vinto la sua sfida" pag.1 ( da "Giornale.it, Il" del 30-11-2007)
Deborah
finisce dietro la lavagna ( da "Opinione, L'" del 30-11-2007)
Intervista
a Giorgio Gori / L'orgoglio di Gori ( da "Opinione, L'" del 30-11-2007)
Rai
- Mediaset Bergamini sospesa ( da "Voce d'Italia, La" del 30-11-2007)
I
rapporti fra Silvio Berlusconi e la magistratura non sono mai stati sereni. Per
usare un eufemismo. Ora ci si mette anche Gianfranco Fini, alleato di ieri e
avversario di oggi, a ( da "Liberazione" del 30-11-2007)
Provvedimento
di sospensione cautelare per Deborah Bergamini, responsabile marketing strategico
della Rai, coinvolta nelle intercettazioni telefoniche. Il provvedimento è
stato dec ( da
"Liberazione" del 30-11-2007)
<Si
prega di non parcheggiare dal civico 32 al civico 84 nel giorno 10 novembre per
riprese cinematografiche>. Non a Roma ma a Bari svariati divieti di sosta
con questo messaggio c ( da "Liberazione" del 30-11-2007)
( da "Foglio, Il" del 30-11-2007)
Stato è stata sospesa
"cautelativamente" dopo le intercettazioni del presunto patto Rai-Mediaset. Per il
presidente della Vigilanza Landolfi (An), è una "decisione poco
chiara".
( da "Stampa, La" del 30-11-2007)
Eting strategico, e anche da consigliere di amministrazione
di alcune società collegate, fra cui Rai Trade. La Rai avrebbe tenuto volentieri riservata la cosa: non c'è
riuscita, allora è intervenuta per precisare che "tecnicamente" non
di sospensione vera e propria si tratta, cioè di un provvedimento disciplinare.
L'ex segretaria di fiducia di Silvio Berlusconi, assurta ai
vertici del servizio pubblico e protagonista delle intercettazioni dell'affaire
collusioni Rai-Mediaset, è stata solo "dispensata" dal lavoro fino alla
conclusione dell'inchiesta interna disposta dal direttore generale Cappon. Il
quale assicura che l'azienda sarà "garantista fino in fondo", fermi
restando "elementi di preoccupazione". Fra l'altro,
chiariscono a viale Mazzini, la sospensione cautelativa - che non blocca lo
stipendio - sarebbbe anche "a sua garanzia": permettendole di
raccogliere documentazione utile per l'inchiesta. Un'indagine non brevissima.
Solo i i riassunti delle intercettazioni stesi dai finanzieri e acquisiti dalla
Rai, consisterebbero in migliaia di pagine raccolte in
giganteschi faldoni, "20-30 volte di più" dei materiali che
riguardavano Calciopoli e Valettopoli. Se poi la Rai
riuscirà ad avere le intercettazioni "grezze", per ora in mano alla
procura di Milano, i tempi si allungheranno ulteriormente, malgrado le assicurazioni
di Cappon e del presidente Petruccioli. Bergamini, che sarebbe protagonista in
gran parte delle intercettazioni, è stata subito sentita nell'inchiesta. Ma
"non è stata molto collaborativa", riferiscono in Rai.
Anzi, si sarebbe rifiutata di rispondere, al contrario degli altri personaggi
sentiti finora (il suo vice Benassi e il suo superiore Nardello, Vespa e
Fabrizio Del Noce) che avrebbero invece dato spiegazioni. E proprio questa
chiusura, oltre al ruolo delicato, sarebbe stata all'origine della
"dispensa". La sospensione comunque suscita polemiche. "Non si
tratta di cercare capri espiatori, ma di sviluppare l'inchiesta interna che la Rai ha il diritto e il dovere fare in piena autonomia",
osserva il ministro delle Comunicazioni Gentiloni, nel question time al Senato.
Perplesso il presidente della Vigilanza Landolfi: "Sarebbe stato più
lineare attendere la fine dell'indagine interna". Forza Italia, in testa
Paolo Bonaiuti, capogruppo in Vigilanza, va oltre e parla di "processo sommario"
e di "condanna preventiva decisa dai vertici di sinistra della Rai". Ironico il neoresponsabile informazione del Pd,
Follini: "Immaginare che, se c'è stato inciucio televisivo, la Bergamini
ne sia stata la regista è più fiction che realtà". L'ulivista Montino chiede
che il provvedimento sia esteso ad altri. Ma in tanti, da Giulietti (Pd), al
verde Lion, a Bellucci di Prc chiedono che si vada "alle radice"
delle collusioni attuando "una una pulizia profonda in Rai".
Mentre Giovanni Minoli denuncia: "L'azienda è allo sbando. Il dg ha un
potere minimo. E larga parte del fatturato è controllata da Mediaset
grazie a Endemol".
( da "Stampa, La" del 30-11-2007)
In contemporanea al debutto sul piccolo schermo del
nuovo canale Mediaset "Iris" dedicato
principalmente al cinema, si svolge venerdì 30 e sabato primo dicembre nella
sala 500 del Lingotto la conferenza nazionale sulla televisione digitale
terrestre, organizzata dall'associazione Dgtvì che riunisce Rai,
Mediaset, Telecom, Italia Media, D-Free, Frt e
Aeranti-Corallo. Al convegno, a cui si può accedere su invito, si fa il punto
sull'offerta digitale in Europa e in Italia, analizzando anche alcune
esperienze come quella delle prime aree "all digital" di Sardegna e
Valle d'Aosta. L'appuntamento è alle 15,15 di venerdì 30 novembre, e alle ore
10 di sabato 1. Fra i momenti di rilievo il confronto tra Antonio Campo
Dall'Orto di Telecom Italia Media, Luca Balestrieri della Rai, Federico di Chio di Mediaset e
Maurizio Costanzo e la tavola rotonda "La via italiana al digitale
terrestre" a cui partecipano Fedele Confalonieri di Mediaset, Claudio Cappon per la Rai, Marco
Rosignoli di Aeranti-Corallo, Tarak Ben Ammar di D-Free, Maurizio Giunco di Frt
e Pasquale Pistorio di Telecom. Conclude il convegno il ministro delle
telecomunicazioni Paolo Gentiloni. \.
( da "Repubblica, La" del 30-11-2007)
Rai-Mediaset, Bergamini sospesa L'azienda: decisione temporanea. La Cdl: no a
processi sommari Gentiloni: bene indagine, no capri espiatori. Forza Italia:
processo sommario ALDO FONTANAROSA ROMA - "Sono dei momenti
complicati". In Internet, sul suo diario personale, Deborah Bergamini
commenta così la decisione che la Rai le notifica a prima mattina appena entrata a Viale Mazzini. "Lei è dispensata in via temporanea". Dispensata. La potente
responsabile del Marketing della Rai è pregata di restarsene a
casa, in attesa che l'azienda chiarisca i suoi comportamenti. Questo cartellino
giallo è il primo effetto dell'inchiesta interna sulle telefonate tra i
dirigenti Rai (di fede berlusconiana, come la Bergamini) e i
dirigenti Mediaset. Bergamini continuerà a ricevere il suo stipendio.
Mantenerla fuori dalla porta a vetri di Viale Mazzini è un atto di prudenza,
una misura di cautela. Non si tratta, viceversa, di una sanzione disciplinare
che arriverà eventualmente alla fine dell'indagine interna. Ce ne è abbastanza,
però, per muovere decine di parlamentari, che si affollano nei Tg, chiamano le
agenzie di informazione, le radio e i quotidiani. In sintesi, l'Unione chiede
che venga tagliata la radice del male; mentre il Polo grida al processo
sommario contro la dirigente. In Senato, il ministro Gentiloni condivide la
linea della Rai: "Ha fatto bene a non minimizzare il
caso". Poi però spiega che il governo non è a caccia di "capri
espiatori". Al di là dei destini dei singoli dirigenti di Viale Mazzini,
preme all'Esecutivo decifrare per davvero i contatti tra la Rai polista e il gruppo tv di Berlusconi: "Perché qui non siamo certo
di fronte a contatti informali tra due aziende, tra Pepsi e Coca Cola. Qui
sembra emergere un clima collusivo che puntava a presentare in un certo modo,
ad esempio, il risultato delle elezioni del 2005". "Non partecipo al
referendum pro o contro la Bergamini", aggiunge Marco Follini,
responsabile Informazione del Partito democratico, "Ci sono procedure
aziendali che vanno rispettate. Detto questo, se c'è stato inciucio televisivo,
immaginare che Bergamini ne sia stata regista mi sembra più fiction che
reality". I registi veri, insomma, sono parecchio, molto più in alto.
Anche per questo Silvana Mura dell'Italia dei Valori invita ad affrontare la
madre di tutte le questioni, e cioè il conflitto d'interessi incarnato da
Silvio Berlusconi: "E' un messaggio che continuiamo a lanciare, ma che
cade desolatamente nel vuoto". Giorgio Merlo (ex Margherita, ora nel Pd)
fa da sponda alla parlamentare dipietrista: "Lei vuole sul conflitto
quello che noi vogliamo, e senza alcuna esitazione". La Casa delle
Liberta, invece, disegna un cerchio difensivo intorno alla Bergamini. Mario
Landolfi di An, ex ministro ed ora presidente della Vigilanza Rai, si lamenta per la "procedura poco trasparente". Meglio
sarebbe stato aspettare la fine dell'indagine interna e prendere, solo allora,
un "provvedimento chiaro sulla dirigente: l'esclusione di ogni colpa
oppure la sanzione disciplinare". "Noi siamo garantisti", dice
Paolo Bonaiuti, portavoce di Berlusconi, "per questo non condividiamo i
processi sommari. La Bergamini ne ha appena subito uno". Dalla Lega, Dario
Galli chiede ora di sospendere "tutti i dirigenti e giornalisti Rai che non siano stati assunti con un annuncio suo Corriere della Sera. La
tv di Stato", ironizza, "verrebbe chiusa per improvvisa mancanza di
personale".
( da "Repubblica, La" del 30-11-2007)
La super manager del Cavaliere sul web diventa regina
dei celti Un blog dedicato a Cartimandua oggi chiuso. Il leader di Fi la
allontanò per una fuga di notizie ANTONELLO CAPORALE ROMA - Tra Deborah e il
suo tempo ci sono prati e sorgenti, un mondo di fiaba, una regina di nome
Cartimandua, la signora dei Celti. Deborah Bergamini, trentaseienne poliglotta,
di casa a Parigi, poi a Londra e a Milano e infine a Roma. Carina e bionda,
cronista di nera, anche giornalista di finanza e di impresa, traduttrice, pure anchorwoman
per il canale televisivo Bloomberg, e quindi ad Arcore impegnata a sviluppare
il carattere multimediale della campagna elettorale di Silvio Berlusconi.
Disciplinata, brava, concreta, attenta. Superlavoratrice, ossessiva nel dare
ritmo alle sue giornate di lavoro, minuziosa nei dettagli. Capace, illuminata.
Forse cattivella, che è sempre un buon segno. Francamente eccezionale. E così
il passo successivo, in qualche modo conseguente: da Arcore a viale Mazzini.
Vice capo e subito dopo capo del marketing della Rai.
Consigliere di amministrazione di Rai Trade e anche
della newco di Rai Internazional. Una realtà così
esaltante ma anche sfibrante, nervosa, caotica. Per uscirne fuori, almeno di
notte, Deborah ha cercato rifugio nel suo opposto: in una seconda life tonda,
definitiva. L'immaginario trova finalmente il suo senso letterale e compiuto.
La seconda vita è davvero alternativa alla prima: tutta e solo fantasy. Succede
di rado. E' successo a Deborah. Spegneva il computer della Rai
(ore 21.30 se andava bene; 23 se andava peggio) e accendeva il suo personale.
Ogni sera, e l'ha fatto per anni, Deborah si svestiva del suo tailleur, e
abbandonava il telefonino, i colloqui, segreti o banali, intercettati o meno, e
agli inizi della notte, trasfigurata in Cartimandua, la regina dei Celti,
conduceva la sua vita liberata e fantastica. Regina: "Il mio regno di
prati verdi e impetuosi corsi d'acqua...". Eccetera, eccetera. Sulle orme
di Tolkien. Non c'è più niente oggi, purtroppo. Solo il ricordo, la cache di Google
e poco altro: "Cartimandua regina dei Celti non c'è più", scrive
delusa la Bergamini. Lasciata a galleggiare per qualche settimana. Sospesa dal
suo incarico, punita ma non condannata. Tenuta a mezz'aria, né dentro né fuori.
Bergamini, dopo una violenta ma sintetica ribellione verbale ("mi sono
sentita stuprata") ha chiuso una delle due sue vite. Ha scelto la seconda.
"Era un personaggio di fiaba, abitava in un territorio libero,
immaginario. Quello in cui ogni tanto mi piaceva fare qualche incursione di
poesia e gioco. Ma gli accadimenti degli ultimi giorni, le intercettazioni
pubblicate su Repubblica non mi consentono più di rifugiarmi in un mondo di
sogno. Così Cartimandua lascia il posto a Deborah. E il mondo di Keltia deve
lasciare spazio a quello reale". Ha forse ragione Marco Follini a
rifiutare di immaginarla come la regista dell'inciucio televisivo:
"Francamente mi sembra più fiction che reality". Certo è difficile
pensare che l'asse Rai-Mediaset che ha sviluppato anche linguisticamente una crasi efficace, Raiset, possa essere passato tutto per le mani di Deborah. Che
finora, a quel che si dice e si racconta, ha raccolto sul campo i meriti di una
super segretaria velocemente traghettata in funzioni strategiche, nell'azienda
concorrente a quella del proprietario di Mediaset,
suo precedente datore di lavoro. Non vengono segnalate proiezioni di potere
autonomo, né spicchi di dominio assoluto. E per di più il trasferimento romano
è stato spesso commentato come la sanzione ricevuta dopo una fuga di notizie,
sprigionatasi improvvisamente nel cielo di Arcore, sullo stato di salute del
Cavaliere. Tutto (o quasi) quel che ora dunque intriga di Deborah Bergamini
ruota intorno alla sua vita notturna e fantastica. E' il suo immaginario che
appassiona, non il lavoro alla corte di Silvio. Quello si sa. Le telefonate
certificano soltanto un giudizio preventivo condiviso, pacifico. Colpisce il
nuovo, invece che il vecchio. Colpisce Tolkien, la regina, il linguaggio e il
sogno di questa giovane e bella donna dai capelli biondi e il passo svelto.
Colpisce di più che l'avventura nella Rai, appena
arrestato, anzi sospeso, coincida con l'abbandono della sua vita più
affascinante perché tenebrosa. Colpisce che Deborah ha tenuto la sua bocca
cucita quando è stata interrogata, ma ha chiesto di scucirla "per un
dibattito pubblico sulla vicenda", ai naviganti di internet che dovessero
incontrarla nella piazza virtuale ("intercettazioni di conoscenze" è
il suo nuovo blog). Ne sta intercettando parecchi di naviganti, e alcuni anche
scorbutici: "Deborah (con l'acca) non sei l'unica che giocava... fatti
forza e coraggio e fai i nomi".
( da "Riformista, Il" del 30-11-2007)
Sbagliato fare il referendum pro o contro la
Bergamini Ha ragione Marco Follini, neoresponsabile dell'informazione per il
Pd, quando sostiene di non voler partecipare al referendum pro o contro la
giovane Bergamini, direttrice del marketing di Viale Mazzini, sospesa dopo lo
scandalo delle intercettazioni sul duopolio collusivo Rai-Mediaset di questi anni. In sostanza, dice Follini, immaginare la sola
Bergamini come colpevole regista dell'inciucio è pura fiction. Il punto vero è
questo. Che si rischia, cioè, di fare dell'ex segretaria di Berlusconi poi
sbarcata in Rai il capro espiatorio di una vicenda nota e stranota e venuta
definitivamente a galla con lo scoop di Repubblica sulle conversazioni
intercettate tra direttori e funzionari del servizio pubblico e della
televisione commerciale (a proposito, perché non si vanno a monitorare le
controprogrammazioni Rai ogni qualvolta Canale 5
lanciava una nuova fiction?). Non solo: presentare il conto alla sola Bergamini
sarebbe esercizio di pura ipocrisia, a fronte della macerie lasciate dal
duopolio collusivo. Sotto accusa sono intere stagioni che coincidono con
l'avvento della Seconda Repubblica. Anni in cui, per usare le parole del
presidente Petruccioli, la Rai è stata ripetutamente
violentata. Ecco, ridurre tutto questo a un referendum pro o contro la
Bergamini ci sembra fuorviante e anche un po' ridicolo. Chi ha sbagliato paghi,
anche se in Italia non accade mai, ma in ogni caso risparmiateci il teatrino
del capro espiatorio da immolare sui vari altari mediatici. Sulla base di
quanto letto e ascoltato in questi giorni, la Rai
andrebbe rifondata e bonificata dai partiti: un dibattito che tra l'altro va
avanti da lustri senza approdare a nulla. E forse anche questo ci conferma il
sospetto che la bufera politica scoppiata ieri sulla sospensione della giovane
direttrice del marketing sia in realtà la solita canea gattopardesca.
30/11/2007.
( da "Unione Sarda, L' (Nazionale)" del 30-11-2007)
Cronaca Italiana Pagina 109 "Misura cautelativa"
decisa dalla tv pubblica Patto Rai-Mediaset,
sospesa la Bergamini "Misura cautelativa" decisa dalla tv pubblica
--> ROMA Sospesa Deborah Bergamini: è la prima decisione che la Rai ha preso dopo la pubblicazione delle intercettazioni da
parte de La Repubblica sui rapporti tra Rai e Mediaset. Soddisfazione da parte della maggioranza per la
rapidità dell'azione interna dell'azienda mentre il presidente della Vigilanza
Mario Landolfi parla di decisione poco chiara, il gruppo di Forza Italia nella
stessa bicamerale sostiene che si tratta di "un vero e proprio processo
sommario". Lei commenta: "Sono momenti complicati". È lei del
resto, allora responsabile del palinsesto Rai e oggi
del marketing, la protagonista di quelle telefonate che sono state registrate
nell'ambito dell'inchiesta sul fallimento Hdc, che pure coinvolgono altri nomi
dell'azienda. Tutti sono stati ascoltati dal Comitato etico e dall'Internal
auditing di Viale Mazzini ma pare che soltanto Bergamini abbia dimostrato un
atteggiamento di scarsa collaborazione, anzi a Viale Mazzini dicono che non è
voluta entrare nel merito e non avrebbe voluto riconoscere la legittimità di
chi era seduto davanti a lei per rispondere alle domande che a suo avviso
assomigliavano all'idea di un processo. Intanto la Rai
precisa: non è "un provvedimento disciplinare", ma una "misura
cautelativa".
( da "Corriere della Sera" del 30-11-2007)
Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Due Minuti
- data: 2007-11-30 num: - pag: 72 categoria: BREVI Notizie in 2 minuti Primo
piano Parla Sarkozy Intervista al presidente francese, Nicolas Sarkozy. Dice al
Corriere, alla vigilia del suo primo vertice con l'Italia: "A chi mi
critica rispondo che sono stato eletto per cambiare le cose ". Trasporti,
giornata nera Oggi scioperi a tappeto per i trasporti. Città e collegamenti a
rischio paralisi. Gravi i disagi per i cittadini. Indagata Letizia Moratti *
Con Style: abbinamento obbligatorio (Corriere e 1,00 + Style e 0,30); con
"Corriere Enigmistica" e 2,60; con "Winx - Il segreto del regno
perduto" e 8,20; con "Storie e giochi Winnie the Pooh" e 9,20;
con "Geronimo Stilton English!" e 10,20; con "Aspettando il
Natale" e 11,20; con "Claudio Baglioni" e 11,20; con "La
grande storia di Milan o Inter o Juventus" e 11,29; con "Computer
& Web" e 14,20; con "L'Italia del '900" e 14,20; con
"Il Diritto" e 16,20; con "Storia della civiltà europea" e
14,20; con "Il Mondo" e 2,50. Letizia Moratti è indagata per abuso
d'ufficio a scopo patrimoniale nell'ambito dell'inchiesta sugli "incarichi
d'oro" assegnati a consulenti esterni. La Procura contesta al sindaco di
Milano di non aver rispettato i criteri di competenza e professionalità nella
nomina dei consulenti. Esteri Russia verso il voto Il presidente Vladimir Putin
si rivolge ai russi in tv e come capolista del suo partito esorta a votare per
lui: "L'idea che tutto sia già deciso e che il cammino intrapreso verrà
mantenuto è una pericolosa illusione". Politica Una sospensione alla Rai La Rai ha temporaneamente
sospeso dal suo incarico Deborah Bergamini, la dirigente coinvolta nello
scandalo delle intercettazioni. Al centro della decisione le telefonate tra la
Bergamini, ex assistente personale di Silvio Berlusconi, e Niccolò Querci,
anche lui ex assistente del leader di Forza Italia e all'epoca
dei fatti numero tre delle televisioni Mediaset. Cronache
Uccide il figlio "perché gay" Scarcerato il pensionato che ha ucciso
a Monza il figlio ventinovenne, lo avrebbe fatto perché il giovane era omosessuale.
Dieci anni di Viagra Sessanta milioni di pillole vendute in Italia: così il
Viagra si avvia a compiere i dieci anni di vita nel nostro Paese. Ha
rivoluzionato le abitudini sessuali e ora spopola fra i ventenni. Economia La
sorpresa americana Più forte della crisi dei mutui subprime, l'America cresce
del 4,9%. La Casa Bianca tuttavia frena. Economia & Carriere La pubblicità
cambia forma Il mercato pubblicitario, e con esso la stessa natura del lavoro
in pubblicità, cambia con l'espandersi delle nuove tecnologie. Creativi e
manager affrontano le sfide del web, dei portatili, dei nuovi media. Cultura La
lezione di Prodi Polemiche a Bologna per la decisione di invitare Romano Prodi
a tenere l'annuale lettura promossa da Il Mulino. Il tema è "Per l'Europa",
ma diversi degli 81 soci contestano il fatto che il relatore sia il capo del
governo. Spettacoli L'Inferno di Benigni Roberto Benigni torna a Dante,
l'autore prediletto. Ieri sera il suo recital- spettacolo su Raiuno.
Tanta satira sui politici. Il film di Mereghetti Un esordio felice alla regia
quello di Fabrizio Bentivoglio in "Lascia perdere, Johnny!". Sport
Fiorentina, pareggio greco Coppa Uefa: in Grecia, contro l'Aek, la Fiorentina
fa 1-1 ed è in testa al girone.
( da "Corriere della Sera" del 30-11-2007)
Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Politica -
data: 2007-11-30 num: - pag: 19 categoria: REDAZIONALE Il caso Viale Mazzini
interviene sul presunto asse con Mediaset. Gentiloni:
bene l'azione tempestiva, ma evitiamo capri espiatori Intercettazioni Rai, sospesa la Bergamini Misura "cautelare"
dell'azienda contro il direttore marketing. Insorge il centrodestra La
decisione presa "per consentire al Comitato etico di completare il
lavoro". Forza Italia parla di "processo sommario, condanna
preventiva voluta dai vertici di sinistra della tv pubblica". Polemico il
consigliere Curzi: provvedimento poco chiaro ROMA - La Rai
ha deciso di "dispensare temporaneamente la dottoressa Deborah Bergamini
dal rendere prestazione lavorativa" fino alla fine del procedimento
istruttorio che la riguarda. Non si tratta, spiega viale Mazzini, "di un
provvedimento disciplinare ma di una misura cautelativa presa a tutela della Rai per consentire al Comitato etico e all'Internal Auditing
di completare il lavoro". Nessuna misura è stata invece adottata per gli
altri dirigenti, da Fabrizio del Noce a Carlo Nardello, Benito Benassi e Carlo
Berti. L'allontanamento dal lavoro del direttore del Marketing dopo la vicenda
delle intercettazioni che prefigurerebbero un "asse" Rai-Mediaset negli anni del governo Berlusconi ha suscitato diverse reazioni.
Per Forza Italia (primo tra tutti Paolo Bonaiuti, seguito da tutto il gruppo
berlusconiano in Vigilanza Rai) si tratta di un autentico caso
politico nazionale, cioè di "un processo sommario, una condanna preventiva
decisa dagli attuali vertici di sinistra della tv pubblica ".
Massimo Baldini, sempre Forza Italia: "Sembra un avvertimento a tutti gli
anticomunisti della Rai. Era fin troppo facile
prevedere che a pagare sarebbe stata la dottoressa Bergamini, perché vicina a
Forza Italia". Il presidente della commissione di Vigilanza, Mario
Landolfi, An, parla di "scarsa trasparenza e linearità del provvedimento,
si doveva sicuramente aspettare la fine dell'indagine interna". Il
ministro delle Comunicazioni Paolo Gentiloni: "La Rai
fa bene e a non minimizzare e ad agire tempestivamente" ma chiede che non
si risolva tutto in "una ricerca di capri espiatori". Sandro Curzi
consigliere Rai in quota Rifondazione, chiede un
vertice solido "pena il dissolvimento definitivo dell'azienda" per la
mancanza di scelte strategiche. Infatti definisce il provvedimento sulla
Bergamini "una decisione- non decisione che ha generato perplessità sul
piano della chiarezza e della trasparenza e che avrebbe potuto essere esaminata
nella sede aziendale più alta, il consiglio di amministrazione". Che non è
stato convocato perché si attende il Consiglio di Stato sulla vicenda Fabiani-Petroni.
Una dimostrazione di quanto il vertice Rai non sia
unito sulle misure adottate, indipendentemente dalle diverse sensibilità
politiche. Anche Giovanni Minoli propone la sua analisi: "Da ben 14 anni
viviamo polemiche e contrasti nati all'ombra del conflitto di interessi di
Berlusconi. L'incesto tra Rai e Mediaset
è la conseguenza di un problema mai risolto. Scandali e scandaletti si
manifestano ciclicamente, in modo più clamoroso o sottotraccia a seconda delle
fortune politiche del Cavaliere" P. Co.
( da "Corriere della Sera" del 30-11-2007)
Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Economia -
data: 2007-11-30 num: - pag: 35 categoria: REDAZIONALE Il
lungo duello con De Agostini e l'intreccio con il blitz su Endemol Mediaset, corsa ai contenuti Acquistata la Taodue di Valsecchi e Nesbitt
La società che ha prodotto "Distretto di Polizia" sarà integrata con
il cinema di Medusa MILANO - Continua la lunga marcia di Mediaset nello sviluppo del mondo dei contenuti. L'accordo siglato
ieri sancisce l'unione tra Medusa film (la casa di distribuzione e produzione
cinematografica controllata da Rti) e Taodue, la società di Pietro Valsecchi e
Camilla Nesbitt, salita alla ribalta per le sue fiction d'autore, da
"Paolo Borsellino" a "Distretto di Polizia". Sarà
costituita una newco (ancora senza nome) con un patrimonio netto di 370 milioni
di euro, in cui confluirà il 100% di entrambe le società. La proprietà farà
capo per il 75% a Rti (in cui si concentrano le attività televisive del
Biscione) e per il restante 25% agli azionisti di Taodue che riceveranno anche
un conguaglio di 107 milioni di euro. Non solo broadcasting. Il gruppo di
Cologno Monzese sta costituendo la sua major di contenuti da distribuire sulle
reti italiane ma anche su altre piattaforme. E soprattutto con un occhio di
riguardo per il panorama internazionale. I programmi di Endemol (Mediaset è entrata nel maggio scorso nel consorzio che ha
rilevato la casa olandese del "Grande fratello" che faceva gola anche
alla De Agostini) circolano in 25 Paesi. Mancava il coté cinematografico e a
luglio arriva il 100% di Medusa. Ora è la volta della fiction televisiva mentre
la De Agostini si è aggiudicata Magnolia, la società di format tv creata da
Giorgio Gori. Ma come nasce Taodue? Fondata nel 1991 da Pietro Valsecchi e
Camilla Nesbitt, l'azienda ha da subito intrecciato il suo destino con quello
del Biscione presenziando con successo molte stagioni del palinsesto di Canale
5, con sceneggiati quali "La Uno Bianca", la saga di
"Ultimo". Uno dei prodotti di punta è stato "Karol", la
miniserie dedicata alla giovinezza di papa Wojtyla, ma anche "Nassirya
", "Maria Montessori", fino all'ultimo successo del "Capo
dei capi". La caratteristica che ha portato Taodue a distinguersi nel
panorama del mercato televisivo italiano è la forte ispirazione realistica
della sua produzione che attinge da fatti di cronaca o da eventi storici.
Antonia Jacchia.
( da "Corriere della Sera" del 30-11-2007)
Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Politica -
data: 2007-11-30 num: - pag: 19 categoria: BREVI La vicenda Intercettazioni Tra
il 2004 e il 2005, indagando sul fallimento Hdc, la Gdf
intercetta conversazioni tra personaggi chiave della Rai e di Mediaset (foto, il cavallo della Rai) Polemiche Si
parla di "patto pro Berlusconi" e "inciucio". La Rai apre un'inchiesta interna, Mediaset querela.
Al centro delle polemiche la dirigente Rai Deborah
Bergamini Decisione La Rai ieri ha sospeso dal lavoro Deborah Bergamini, direttore del
Marketing Rai (nella foto, il direttore generale Claudio Cappon).
( da "Corriere della Sera" del 30-11-2007)
Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Politica -
data: 2007-11-30 num: - pag: 19 categoria: REDAZIONALE L'intervista "Una
vita in piazza Parlo a chi voglio, non ho tradito" ROMA - Come va, Deborah
Bergamini? "Va che una mattina ti svegli e scopri da un giornale di essere
stata intercettata. Per giorni, settimane, mesi? Pezzi della tua vita personale
e di lavoro girano per le redazioni.... Non sono più la stessa persona di una
settimana fa. Mettere una vita in piazza non è dignitoso per nessuno. Né per
chi lo fa. Né per chi è titolare di quella vita" Lei ha ricevuto una
"dispensa dall'attività lavorativa". "Sì. E chiedo di sapere su
quale base. Io non ho capito la ragione. Ho visto in fretta. E, appunto, emotività
nel giungere a una conclusione. Che era poi questa ". Dicono che lei non
abbia collaborato con il Comitato etico incaricato di ascoltarla giorni fa.
Avrebbe fatto scena muta. "Non è così. Non ho nulla da nascondere. Visto
che siamo in un Paese civile, ho chiesto di poter rispondere sulla base delle
trascrizioni originali e non su un resoconto giornalistico che parte da un
teorema. Non credo sia giusto giudicare una persona su quelle basi. O è
pretendere troppo? Ho chiesto alla Procura di Milano di avere i testi che mi riguardano".
Ma quelle trascrizioni descrivono un asse Rai-Mediaset ben chiaro. Che ruota intorno a un perno: Silvio Berlusconi.
"Intanto sono brogliacci e non trascrizioni. Non c'è alcun
"inciucio" o asse Rai-Mediaset. Abbiamo
combattuto una battaglia sanguinosa per gli ascolti. I dati parlano da soli.
la Rai ha vinto otto periodi consecutivi di garanzia.
Altro che inciucio. Il resto sono solo parole" Ma lei ha sentito o no
spesso Mauro Crippa di Mediaset nelle ore della morte
di Giovanni Paolo II e delle elezioni dell'aprile 2005 è vero che i palinsesti
venivano modificati "insieme", che tutto doveva "tornare
utile" a Berlusconi? "No. Non è vero. L'aspetto più assurdo è che
tutto nasca dalla sintesi giornalistica di una sintesi di un brogliaccio...
Proprio per tutelare la mia dignità e l'azienda credo che sia importante
acquisire la documentazione originale. Ho sentito Crippa? Sì. Come ho fatto in
tutti questi anni con i dirigenti Sky, della 7, della Bbc, di France
Télévision, della Tv spagnola... Preoccupazioni per Berlusconi? In cinque anni
di lavoro alla Rai mi sono preoccupata solo
dell'azienda, dei suoi risultati, delle vittorie. La morte del Papa e quelle
elezioni furono due eventi straordinari che si sovrapposero. I palinsesti
furono stravolti. Chissà quante telefonate furono scambiate in quei giorni.
Parlo con chiunque, se è necessario al mio lavoro". Avete
"ritardato" dati elettorali "scomodi" per Berlusconi?
"Non è così, non è così. E i documenti di cui l'azienda dispone lo
confermano ". Lei è stata assistente personale di Berlusconi. è un fatto.
"Sì. Ed è una colpa, un peccato originale? No. Ho lavorato anche per
Bloomberg. Mi dovrei vergognare anche di quell'esperienza? " Non negherà
che in Italia esiste il conflitto di interessi. "Perché lo domanda proprio
a me? Io in questi cinque anni ho lavorato per una sola azienda: la Rai". E le telefonate tra Del Noce, Rossella, Mimun...
"Rispondere anche degli altri? Questo mi pare troppo, scusi". Deborah
Bergamini, la plenipotenziaria del Cavaliere in Rai. "Lo
hanno detto, lo so. Ma chi ha collaborato con me sa quanto io abbia lavorato
seriamente e duramente per la Rai". Delusa dal
comportamento della Rai? "Non mi sono sentita
difesa dall'azienda. Il presidente Petruccioli ha detto in assemblea
all'Usigrai: "Ora, rispetto al passato, non ci sono più zone d'ombra
impenetrabili". Ma a cosa si riferiva? " Ha avuto solidarietà
all'interno della Rai? "Molta, sul piano
personale. Mi sarebbe piaciuto qualche gesto pubblico in più". Ma perché
ha aperto un blog on line sul suo caso (www.deborahbergamini. it)? "Perché
non ho nulla da nascondere. Ho pensato che fosse una buona occasione per
capire. C'è uno spazio aperto per dibattere. Serve a me. Serve agli
altri". Marco Follini, neo-responsabile della Comunicazione del Pd, ha
detto: Deborah Bergamini regista dell'inciucio Rai-Mediaset? Mi sembra più una fiction che un reality
"Forse, se ci si prende il tempo di riflettere, le valutazioni diventano
più serene... " Paolo Conti.
( da "Libero" del 30-11-2007)
Spettacoli 30-11-2007 CHI LE HA VISTE? di DONATELLA
ARAGOZZINI ROMA Fiction annunciate, a volte perfino confezionate, delle quali
poi si sono inspiegabilmente perse le tracce. I cassetti dei produttori e delle
reti tv sono pieni zeppi di titoli mai apparsi sul piccolo schermo, ancora in
attesa di trovare un posticino in palinsesto. Se infatti "La vita
rubata", la miniserie sull'assassinio di Graziella Campagna prevista per
lo scorso 27 novembre e poi bloccata dal direttore generale della Rai Claudio Cappon su richiesta del Guardasigilli Clemente
Mastella (a sua volta sollecitato dalla Corte d'Appello di Messina con la
motivazione che la fiction avrebbe potuto condizionare i giudici riuniti in
udienza per quell'omicidio il prossimo 13 dicembre), ha già una nuova
collocazione, il 24 febbraio su Raiuno, tante altre
produzioni non hanno avuto la stessa fortuna. In alcuni casi il fatidico primo
passaggio televisivo è infatti arrivato a distanza di anni dalla fine della
lavorazione, con una messa in onda non all'altezza degli investimenti:
"L'ispettore Coliandro" è stata ad esempio trasmessa solo nel 2006,
in pieno agosto e praticamente senza promozione, dopo due anni di rinvii;
ancora peggio è andata a "Sweet India", ambiziosa sit-com
multiculturale con Shel Shapiro e Edy Angelillo, prodotta da Rai
Fiction e Rai O.O.P./Innovazione Prodotto, data per
imminente nella primavera del 2004 e trasmessa invece nel luglio del 2006,
peraltro in un orario talmente penalizzante - il sabato mattina alle 11.00 -
che gran parte del pubblico non se n'è nemmeno accorto. Meglio un ritardo,
comunque, che finire nel dimenticatoio dopo aver sputato sangue dietro e
davanti la macchina da presa. Ne sanno qualcosa due registi come Massimo Spano,
che dal 1999 attende la messa in onda della sua miniserie con Giuliano Gemma
"Game over", e Alberto Sironi, che lo scorso anno ha dovuto
sospendere la lavorazione della fiction "L'ultima trincea" perché la Rai, dopo aver bocciato tutte le sue scelte, continuava a proporgli
attori già impegnati su altri set. E poi ci sono i titoli annunciati e rimasti
poi in sospeso. Se sul fronte Mediaset si sono perse le tracce
delle due puntate sul Mostro di Firenze tratte dal libro di Michele Giuttari e
Carlo Lucarelli "Compagni di sangue", di cui hanno parlato un
paio di anni fa sia il produttore Pietro Valsecchi che l'attore Lorenzo
Flaherty, è ancora la tv di Stato ad avere il primato dei progetti mai
realizzati. Si va dalla storia di Sandro Pertini prodotta con la Immagine e
cinema, che un anno e mezzo fa avrebbe dovuto avere come protagonista Giorgio
Pasotti, alla biografia del fondatore dell'Opus Dei José Escriva targata Lux
Vide, annunciata pomposamente lo scorso febbraio - con tanto di attori del
calibro di Robert De Niro, Antonio Banderas e Nicolas Cage candidati a vestire
i panni del religioso - e subito dopo rimandata a data da destinarsi, fino alla
miniserie sui due ex Nar Giusva Fioravanti e Francesca Mambro, già identificati
in Giorgio Pasotti e Nicoletta Romanoff, che Claudio Bonivento ha dovuto
accantonare per volere della coppia e per le proteste dei familiari delle
vittime della strage di Bologna. E, ancora, non si sa più niente di una fiction
pseudopoliziesca con Bud Spencer presentata a suo tempo con il titolo
provvisorio "Delitti e fornelli", di una sitcom sentimental-culinaria
con Antonella Clerici allo studio dal 2004, di "Rossella", affresco
del Novecento lombardo firmato da Sergio Silva, delle due puntate su Giacomo
Puccini previste per il 150° anniversario della nascita del compositore e
dell'even tuale remake in salsa meneghina del serial "I ragazzi del
muretto", idea balenata al direttore di RaiFiction
Agostino Saccà esattamente dodici mesi fa. Salvo per uso personale è vietato
qualunque tipo di riproduzione delle notizie senza autorizzazione.
( da "Libero" del 30-11-2007)
Italia 30-11-2007 La Rai se
ne lava le mani: paga solo Deborah di ENRICO PAOLI ROMA "Il servizio
pubblico è allo sbando e il direttore generale ha un margine di governance
ridotto al minimo". Eh sì, questa volta ha proprio ragione Giovanni
Minoli, dirigente storico della Rai (ha guidato anche Raidue e Raitre in passato) e
attuale direttore di Rai Educational, se l'azienda non
ha trovato di meglio che sospendere Deborah Bergamini, responsabile marketing
strategico della Rai, coinvolta nelle intercettazioni
telefoniche rese note da Repubblica sui presunti accordi fra Rai
e Mediaset, per mettere a tacere le solite cassandre
della sinistra. Possibile che a pagare per una vicenda tutta da chiarire debba
essere solo lei? E gli altri? Domande a cui, per il momento, è difficile dare
una risposta. I fatti, prima di tutto. Con una sospetta tempistica, il
quotidiano La Repubblica pubblica le intercettazioni relative a un presunto
accordo segreto fra Rai e Mediaset,
cui il beneficiario sarebbe stato Silvio Berlusconi. I verbali pubblicati dal
quotidiano diretto da Ezio Mauro riguardano un'inchiesta chiusa, ovvero il
fallimento dell' Hdc di Luigi Crespi. Quello di Deborah Bergamini, responsabile
del palinsesto Rai ed ex assistente di Silvio
Berlusconi, è uno dei nomi che ricorrono più frequentemente nel brogliaccio
delle intercettazioni, stralciate nel maggio scorso dagli atti dell'inchiesta,
che è stato allegato alla documentazione depositata in occasione della chiusura
delle indagini. In particolare sono colloqui relativi all'aprile del 2005, i
giorni dell'agonia di Papa Giovanni Paolo II e delle elezioni amministrative, e
di questo tra l'altro si parla nelle telefonate che
coinvolgono manager del gruppo Mediaset e dirigenti della Rai. Letti i documenti l'Autorità per le garanzie nelle
comunicazioni annuncia l'apertura di un'istruttoria, mentre la commissione
parlamentare di Vigilanza sulla Rai mette in
agenda le audizioni del direttore generale Claudio Cappon e dell'ex Flavio
Cattaneo. "L'Azienda ha deciso di dispensare temporaneamente la
Dottoressa Bergamini dal rendere prestazione lavorativa fino alla conclusione
del procedimento istruttorio in corso. Si tratta di una misura cautelativa
presa a tutela della Rai, per consentire al Comitato
Etico (che sentito anche il direttore di RaiUno
Fabrizio Del Noce ndr) di completare gli accertamenti e alla stessa Bergamini,
dopo le sue audizioni allo stesso Comitato Etico e all'In ternal Auditing, di
fornire gli elementi a sua disposizione". La precisazione della Rai arriva dopo che la notizia ha già fatto il giro delle
redazioni. Evidentemente anche a viale Mazzini la "tenuta" è
tutt'altro che stagna. Una volta storditi dal fulmine a ciel sereno, arrivato
fine mattinata, il circo mediatico della politica, come al solito, si butta
sulla preda come un condor. Per la sinistra, la notizia della sospensione della
Bergamini, è una vera e propria manna dal cielo. Emblematico il commento di
Giuseppe Giulietti, deputato del Partito democratico. "Se l'azienda ha
assunto questa decisione evidentemente avrà ritenuto di tutelare così l'au
tonomia editoriale e industriale dell'impresa e lo avrà fatto non solo sulla
base delle intercettazioni telefoniche". La Bergamini ufficialmente non
parla, ma si fa sentire tramite il suo blog,(www.deborahbergamini.it) con un
breve e intenso intervento. "Sono momenti complicati", scrive la
dirigente Rai, "non mi è possibile rispondere a
coloro che stanno inondando il mio blog di commenti. L'unica cosa che posso
fare è di continuare a dare spazio a tutti voi per un dibattito pubblico sulla
vicenda". Da notare che sul suo sito l'ex dirigente Rai
ha pubblicato anche le dichiarazioni di Giulietti. E, sempre sul blog, la
Bergamini se la prende con la stampa. "Anche su "Famiglia
Cristiana" si parla del "degrado di una professione". È un fatto
interessante". VACANZE FORZATE La dirigente Rai
Deborah Bergamini, sospesa dall'azienda. Fino a qualche giorno fa era attivo un
suo blog dove scriveva con lo pseudonimo Cartimandua, in onore della regina dei
Celti che governò sulla tribù britannica dal 43 al 69 d.c. Contr. I BLOG LA
REGINA Fino a qualche giorno fa era attivo il blog di Deborah Bergamini
http://cartimandua.blogspot.com, dove la manager parlava di se stessa come la
regina dei Celti: "Ieri", si leggeva, "la regina dei Celti,
recentemente ribattez zata Struttura Delta, è andata a mangiare con i suoi più
fidi compagni" LA MANAGER Adesso la Bergamini si fa sentire tramite il suo
sito www.deborahbergamini.it. "Sono momenti complicati", ha scritto,
"non mi è possibile rispondere a coloro che stanno inondando il mio
blog" Salvo per uso personale è vietato qualunque tipo di riproduzione
delle notizie senza autorizzazione.
( da "Libero" del 30-11-2007)
Italia 30-11-2007 Il centrodestra la difende: ora
congelate tutta l'azienda ROMA La posizione più dura, anche se addolcita da una
certa ironia, è di Dario Galli, capogruppo del Carroccio in commissione
Vigilanza Rai. "La Rai
completi il lavoro" e "sospenda tutti i giornalisti che sono stati
assunti senza rispondere ad un annuncio". Il bello è che all'idea si rifà
anche Esterino Montino del Partito Democratico, che chiede la sospensione di
"tutti i soggetti coinvolti". il presidente della Commissione
parlamentare di Vigilanza sulla Rai, Mario Landolfi è
più cauto. "La decisione della Rai di sospendere
dall'attività lavorativa Deborah Bergamini da adito a perplessità perché lascia
margini di ambiguità alla sua interpretazione". "Sarebbe stato
preferibile attendere la fine dell'indagine per poi adottare un provvedimento
chiaro ed inequivocabile". Chi preferisce affondare il colpo sono i
componenti del gruppo di Forza Italia in commissione di Vigilanza Rai, Paolo Bonaiuti, Giorgio Lainati, Francesco Giro, Paolo
Romani, Massimo Baldini, Paolo Barelli, Paolo Guzzanti, Egidio Sterpa .
"Ma quale misura cautelativa? La sospensione dall'atti vità lavorativa
della direttrice del Marketing strategico della Rai,
Deborah Bergamini, assomiglia troppo ad una condanna preventiva decisa dagli
attuali vertici di sinistra della tv pubblica. C'è da scommettere che il
messaggio verrà usato ancora una volta per tentare di colpire il centrodestra
partendo dalla cosiddetta vicenda delle intercettazioni Rai-Mediaset". Mario Baccini dell'Udc, nonché vicepresidente del Senato
afferma che "di tutto abbiamo bisogno alla Rai salvo che di
capri espiatori. È necessario che venga fatta chiarezza nell'interesse
dell'azienda che deve ritornare al più presto alla primordiale missione di
servizio pubblico, vale a dire di corretta informazione. Non servono
misure tampone o punizioni esemplari. Altrimenti i problemi veri non si
risolvono mai". Duro infine il consigliere d'amministrazione Sandro Curzi
che giudica l'azione dell'azienda una "decisione-non decisione, che ha
generato perplessità e riserve sul piano della chiarezza e della trasparenza, e
che avrebbe potuto essere esaminata nella sede aziendale più alta, il
Cda". E.PA. Salvo per uso personale è vietato qualunque tipo di
riproduzione delle notizie senza autorizzazione.
( da "Unita, L'" del 30-11-2007)
Stai consultando l'edizione del Niente più telefonate
per Deborah... Viale Mazzini, sospensione cautelativa dopo l'esplosione del
caso "Raiset" in cui è coinvolta di Andrea
Carugati / Roma SOSPENSIONE CAUTELATIVA per Deborah Bergamini, la direttrice del Marketing strategico Rai, coinvolta
nelle intercettazioni sul grande inciucio Rai-Mediaset per manipolare le notizie a favore di Berlusconi. Non si tratta
di un provvedimento disciplinare, precisa la Rai, ma di una
misura temporanea, in attesa che l'indagine interna avviata dal dg Cappon
giunga al termine. Il comitato etico e l'Internal auditing, infatti,
dovranno completare i loro accertamenti. Forza Italia già parla di
"processo sommario" e di "pulizia etnica", ma Bergamini,
già collaboratrice del leader di Fi prima di approdare in Rai,
continuerà a percepire regolarmente lo stipendio. Lei si rifugia sul suo
(nuovo) blog, dopo aver chiuso quello precedente dove vestiva i panni della
regina celtica Cartimandua, tra elfi e boschi fatati, atmosfere tolkeniane. Il
nuovo è più secco: www.deborahbergamini.it. Sottotitolo ironico:
"Intercettazioni di conoscenze". Spiega lei: "Cartimandua,
Regina dei Celti, non c'è più. Era un personaggio di fiaba, abitava un
territorio libero, immaginario. Ma gli accadimenti degli ultimi giorni non mi
consentono più di rifugiarmi in un mondo di sogno". No, ora Deborah-Cartimandua
ha deciso che deve stare nel mondo reale, e qui a combattere "per la mia
dignità e per disegnare un futuro che mi piaccia". E infatti sul nuovo
blog si parla, e molto, della vicenda Rai-Mediaset. Con numerosi post di "difensori", a
partire da Maria Giovanna Maglie, e con interventi della stessa Deborah. Che
scrive: "Sono la prima a desiderare che venga fatta chiarezza. Ma per ora
devo tacere". "Sono momenti complicati", aggiunge. Numerosi i
messaggi che con lei non sono affatto teneri. Scrive Stefano Ceccarelli:
"Perché ha atteso la sospensione da parte della Rai?
Poteva evitarla nel modo più semplice e dignitoso: dimettendosi". E Tony:
"Sei liberissima di costruirti il mondo che vuoi. Se però lavori
all'informazione, specie quella pubblica, sei pregata di attenerti alla
descrizione della realtà di questo mondo". E "nonbruciatelaglio"
attacca: "Il mondo che ti piace è un mondo controllato da notizie pilotate
o ritardate o distorte?". Chiarezza, chiede Bergamini. Ma da viale Mazzini
si apprende che durante le audizioni la dottoressa non è stata collaborativa
con il Comitato Etico, fino a non riconoscerne la legittimità, denunciando un
clima da processo. Dice il ministro delle Comunicazioni Gentiloni al question
time del Senato: "Non si tratta di un caso singolo e il governo in ogni
caso non ha i titoli per dare giudizi su casi singoli. Non si tratta di cercare
capri espiatori, ma di sviluppare un'inchiesta interna che la Rai ha tutto il diritto e il dovere di fare in piena
autonomia". E aggiunge, sul ddl di riforma della Rai:
"C'è l'urgenza di provvedere a risolvere un problema di instabilità
permanente della tv pubblica che dura da 15 anni e non è più sostenibile".
Nessuna chiusura all'opposizione, dunque, ma a patto che "non assuma
atteggiamenti ostruzionistici". Il governo, assicura Gentiloni, andrà
avanti sul ddl "quale che sia l'andamento del dialogo su riforme e legge
elettorale". "Non partecipo al referendum pro o contro la Bergamini.
Ci sono procedure aziendali e vanno rispettate", commenta Marco Follini,
responsabile informazione del Pd. "Se c'è stato un inciucio televisivo,
immaginare che ne sia stata regista la Bergamini mi sembra più fiction che
reality". Esterino Montino (Pd), relatore del ddl Rai
in commissione al Senato: "Sospendere tutti i manager e i giornalisti
coinvolti nelle intercettazioni". Mario Landolfi (An), presidente della
Vigilanza, parla di decisione che dà adito a "perplessità":
"Sarebbe stato meglio attendere la fine dell'indagine conoscitiva". E
articolo 21: "Bergamini non sia usata come responsabile unica di un
sistema di collusioni tuttora operante. La politica colpisca alla radice la
malattia".
( da "Manifesto, Il" del 30-11-2007)
La decisione presa in attesa che si concluda
l'indagine interna di viale Mazzini. Forza Italia: "Processo
sommario". Dubbi anche nella maggioranza Micaela Bongi Il provvedimento
era ufficiosamente annunciato da giorni. Il dubbio era solo su quando sarebbe
stato preso. E ieri è stato deciso: Deborah Bergamini, ex collaboratrice di
Silvio Berlusconi spedita alla Rai come responsabile
del palinsesto e poi divenuta direttice del marketing, famosa ai più per le sue
telefonate finite su Repubblica, è stata sospesa in via cautelativa. Alle
intercettazioni fatte tra la fine del 2004 e la primavera del 2005 nell'ambito
dell'inchiesta sul fallimento di Hdc e che hanno "rivelato" un gioco di squadra tra dirigenti della tv pubblica e di Mediaset per favorire il Cavaliere, la direzione generale di viale
Mazzini ha risposto avviando subito un'indagine interna. Il comitato etico
dell'azienda e l'internal auditing hanno ascoltato non solo Bergamini, ma anche
gli altri protagonisti indiretti delle intercettazioni. Nel consiglio
d'amministrazione c'è dunque chi si chiede come mai sia stato deciso di
sospendere - fino alla conclusione dell'indagine - solo la respondabile del
marketing. Il portavoce di Silvio Berlusconi, Paolo Bonaiuti, non esita a
parlare di "processo sommario". Mentre il presidente della
commissione di vigilanza, il nazional-alleato Mario Landolfi, si dice perplesso
da una decisione "che lascia margini di ambiguità alla sua
interpretazione. Sarebbe stato preferibile attendere la fine dell'indagine
conoscitiva per poi adottare un provvedimento chiaro e inequivocabile: o
l'esclusione di qualsiasi responsabilità o l'applicazione di una sanzione
disciplinare". Dubbi li esprime anche il consigliere d'amministrazione
Sandro Curzi: "Quella su Deborah Bergamini è una decisione-non decisione,
che ha generato perplessità e riserve sul piano della chiarezza e della
trasparenza, e che avrebbe potuto essere esaminata nella sede aziendale più
alta, il consiglio d'amministrazione". Peccato che, sottolinea lo stesso
Curzi, il cda non sia operativo, perché per riconvocarlo si aspetta la sentenza
del consiglio di stato che dovrà stabilire chi, tra Angelo Maria Petroni e
Fabiano Fabiani, sia autorizzato a svolgere il ruolo di consigliere di
riferimento del ministero dell'economia. A viale Mazzini si ribatte che la
decisione, che non è un provvedimento disciplinare, è stata assunta per
tutelare l'azienda da eventuali rilievi dell'Authority per le comunicazioni che
a sua volta ha avviato un'indagine sul caso Raiset. Ma
anche nella maggioranza non mancano perplessità. Fresco di nomina, il
responsabile informazione del Partito democratico, l'ex Udc Marco Follini,
sceglie il sarcasmo: "Non partecipo al referendum pro o contro la
Bergamini. Ci sono procedure aziendali e vanno rispettate. Detto questo, se c'è
stato un inciucio televisivo, immaginare che ne sia stata regista la Bergamini
mi sembra più fiction che reality". Evidentemente l'ex vicepremier di
Berlusconi sa qualcosa che noi non sappiamo. Piuttosto Beppe Giulietti, anche
lui Pd, si augura che "la signora Bergamini non sia usata come una sorta
di responsabile unica di un sistema di collusioni, di alleanze, di doppie
fedeltà che sono tuttora operanti e che erano visibilissime senza bisogno di
alcune intercettazioni". Anche Sergio Bellucci, responsabile comunicazione
del Prc, teme che tutto si risolva con un capro espiatorio o con giudizi
sommari. Mentre il senatore del Pd Esterino Montino, d'accordo con la
sospensione, ha però chiesto direttamente al ministro delle comunicazioni Paolo
Gentiloni, durante il question time, se non sia opportuno estendere il
provvedimento cautelativo "anche a tutti gli altri manager e giornalisti
coinvolti". Dal canto suo Gentiloni risponde che "il governo non dà
giudizi sul caso singolo e non cerca capri espiatori. Resta il fatto che da
quelle intercettazioni emerge un quadro grave, un clima collusivo che fa
riferimento a problemi di natura politica". Di altra natura è la curiosità
suscitata dal blog che Deborah Bergamini alias Certimandua regina dei Celti
aveva deciso di chiudere, ma che è stato recuperato dalla copia cache rimasta
su google e rimesso in circolazione dai media.
( da "Secolo XIX, Il" del 30-11-2007)
Dopo le intercettazioni Ex collaboratrice di
Berlusconi, la dirigente della Rai è oggetto di
un'indagine per alcune telefonate con Mediaset
30/11/2007 Roma.Provvedimento di sospensione per Deborah Bergamini, direttrice
del Marketing strategico della Rai (è una ex collaboratrice di
Silvio Berlusconi che la volle ai vertici di viale Mazzini) coinvolta nelle
intercettazioni telefoniche rese note qualche giorno fa da "Repubblica".
Intercettazioni in cui la Bergamini, parlando con diversi dirigenti Mediaset, cioè la concorrenza avrebbe concordatoio come dare
in tv alcune notiziela: ad esempio per ritardare il pù possibili i dati sulla
sconfitta elettorale del centro destra nel 2005. Le indagini sono ancora in
corso tanto è vero che ieri la Rai ha immediatamente
precisato di aver "dispensato temporaneamente" Deborah Bergamini dal
rendere prestazione lavorativa. Ma si tratta di una "misura cautelativa e
non disciplinare". "La Rai precisa che nei
confronti della dottoressa Deborah Bergamini non è stato preso alcun
provvedimento disciplinare. Si tratta di una misura cautelativa presa a tutela
della Rai, per consentire al Comitato Etico di
completare gli accertamenti e alla stessa Bergamini, dopo le sue audizioni, di
fornire gli elementi a sua disposizione". Fin qui l'ufficialità. Ma Fi non
ci crede. "La sospensione dall'attività lavorativa della direttrice del
Marketing strategico della Rai assomiglia troppo ad
una condanna preventiva decisa dagli attuali vertici di sinistra della tv
pubblica. C'è da scommettere che il messaggio verrà usato di nuovo per tentare
di colpire il centrodestra partendo dalla cosiddetta vicenda delle
intercettazioni Rai-Mediaset".
Così in una dichiarazione congiunta i componenti di Forza Italia in commissione
di Vigilanza, ovvero il vicepresidente della commissione Paolo Bonaiuti, i
deputati Giorgio Lainati, Francesco Giro ("Bergamini è stata fatta a pezzi
anche perchèè una dirigente donna. Se a questo si aggiunge che è anche una
donna intelligente allora bisogna annichilirla", ha detto Giro), Paolo
Romani e i senatori Massimo Baldini, Paolo Barelli, Paolo Guzzanti, Egidio
Sterpa. "Invece di attendere la conclusione dell'indagine interna Cappon,
la Rai agisce unilateralmente nei confronti di un
singolo dirigente: è un processo sommario". "Non si tratta di un caso
singolo ma di sviluppare un'inchiesta interna che la Rai
ha tutto il diritto e il dovere fare", ha a sua volta precisato il
ministro delle Comunicazioni, Paolo Gentiloni. "Credo che la Rai abbia fatto bene a non minimizzare gli episodi che
emergevano dall'inchiesta e a incaricare i servizi giuridici e legali di
costituirsi parte offesa al fine di ottenere la trascrizione delle
intercettazioni". Intanto Deborah Bergamini ringrazia per per i tanti
commenti arrivati al suo nuovo blog: ma per ora, dice "devo tacere"
perché glielo impone l'inchiesta interna già avviata dalla rai. Abbiate
pazienza, sono la prima a desiderare che venga fatta chiarezza. Per ora devo
tacere, almeno su queste specifiche vicende. Posso solo fare in modo che anche
coloro che non la pensano come me possano trovare proprio sul mio blog il luogo
dove poter dire liberamente la propria opinione. Magari per aprire un dibattito
fra i lettori di questo e di altri blog. Questo posso fare e questo farò".
silvia neonato 30/11/2007.
( da "Resto del Carlino, Il (Nazionale)" del 30-11-2007)
Inciucio Rai-Mediaset, sospesa la Bergamini Viale Mazzini: "Misura
cautelare". Ma è scontro ? ROMA ? TECNICAMENTE è "misura
cautelativa" che non comporta alcun provvedimento disciplinare. Sta di
fatto che la sospensione di Deborah Bergamini, responsabile del Marketing
strategico della Rai, fa rumore. La decisione è stata presa a seguito dell'indagine
interna avviata dal direttore generale Claudio Cappon, per fare luce sul
presunto accordo segreto tra Rai e Mediaset,
denunciato da un'inchiesta di Repubblica. La Bergamini, infatti, era comparsa
in intercettazioni da cui sarebbero emersi contatti tra le due aziende in tema
di programmazione e contenuti dei notiziari. Vicenda che aveva sollevato
un vespaio di polemiche, coinvolgendo tra gli altri, Bruno Vespa, Carlo
Rossella, Fabrizio Del Noce e Clemente Mimun. Ieri, la prima decisione della tv
di Stato, che sospende la dirigente "fino alla conclusione del
procedimento istruttorio in corso". "Una misura cautelativa presa a
tutela della Rai ? si legge in una nota ? per
consentire al Comitato etico di completare gli accertamenti e alla stessa Bergamini,
dopo le sue audizioni allo stesso Comitato Etico e all'Internal Auditing, di
fornire gli elementi a sua disposizione". La diretta interessata non ha
preso bene la notizia e affida al suo blog i primi commenti. "Sono momenti
complicati", ha scritto, spiegando di essere "la prima a volere
chiarezza" e di essere impossibilitata a fornire i particolari della
questione, "dato che l'azienda per la quale lavoro ha avviato un'inchiesta
interna". Della vicenda, tuttavia, parla il mondo della politica, a cominciare
dal ministro delle Comunicazioni, Paolo Gentiloni, che si dice d'accordo con la
scelta della Rai di non minimizzare i dati emersi,
anche se l'esponente del Pd dice che non "si tratta di cercare capri
espiatori". Concetto ribadito anche dall'ex responsabile comunicazione dei
Ds, Giuseppe Giulietti, che invita a colpire alla radice "una malattia che
è rappresentata dall'irrisolto conflitto di interessi e da scarsa autonomia
politica", senza per questo fare della Bergamini "la responsabile
unica di un sistema di collusioni". Decisamente più morbida la posizione
del nuovo responsabile Comunicazione del Pd, l'ex segretario Udc, Marco
Follini. "Non partecipo al referendum pro o contro la Bergamini, ci sono
procedure aziendali e vanno rispettate. Detto questo, se c'è stato un inciucio
televisivo, immaginare che ne sia stata regista la Bergamini mi sembra
fiction". DA PARTE SUA, il centrodestra si mostra critico, a partire dal
presidente della Commissione di vigilanza sulla Rai,
Mario Landolfi. "Sarebbe stato preferibile attendere la fine dell'indagine
conoscitiva ? spiega l'esponente di An ? per poi adottare un provvedimento
inequivocabile, o l'esclusione di qualsiasi responsabilità o l'applicazione di
una sanzione disciplinare". Categorica Forza Italia: "La sospensione
assomiglia troppo a una condanna preventiva decisa dagli attuali vertici di
sinistra della tv pubblica. Un processo sommario". Matteo Spicuglia -
-->.
( da "Tempo, Il" del 30-11-2007)
"Ci siamo sentiti presi in giro dal
governo". In piedi accanto ad un divanetto nel Transatlantico di
Montecitorio, lo sguardo affranto, Enrico Boselli sfoga così la sua rabbia. In
Aula sono appena iniziate le dichiarazioni di voto, ma il leader del Partito
Socialista non sembra intenzionato a entrare. Home Politica prec succ Contenuti
correlati Il trionfo delle "mani libere", anche Boselli va per conto
suo Cappon: "Il tetto agli stipendi dei manager paralizza l'azienda"
Il diniano D'Amico: "Il Pd è inesistente. I veri riformisti siamo
noi" Azione disciplinare per la Forleo "Ha
diffamato Massimo D'Alema" Veltroni: An non vuol votare Rai-Mediaset, il caso si è già sgonfiato Quello che è successo sul welfare
proprio non gli è andato giù. Dopotutto il suo partito aveva chiesto un'unica
cosa: l'introduzione di un'indennità di disoccupazione collegata ad un percorso
di formazione per i co.co.pro (un modo per introdurre anche in Italia la
cosiddetta flex security). "Avevamo a cuore la sorte di un milione e
ottocentomila lavoratori non cercavamo visibilità - continua Boselli -. Abbiamo
discusso per due mesi. Al Senato il governo si era impegnato ad accogliere la
misura nel provvedimento sul welfare. Ci hanno presentato 5 testi diversi.
L'ultimo ieri mattina (martedì ndr) firmato dal ministro Damiano".
"Poi - spiega - arriviamo alla riunione e lo stesso Damiano ci dice che
non si può fare. Ci dice che ci sono problemi di copertura, che la misura non
lo convince. Mi ha detto che il testo che mi era arrivato lo aveva scritto il
suo capo di gabinetto, ma lui non era d'accordo. Ma come si fa? Il problema non
è la maggioranza, ma la testa, il governo". Nic. Imb. 29/11/2007.
( da "Giornale.it, Il" del 30-11-2007)
Di Anna Maria Greco - venerdì 30 novembre 2007, 07:00
Stampa Dimensioni Versione PDF Invia ad un amico Vota 1 2 3 4 5 Risultato da
Roma La comunicazione a Deborah Bergamini arriva in mattinata: sospesa
dall'incarico, in attesa della conclusione dell'inchiesta interna sullo
scandalo delle intercettazioni telefoniche del 2005, che
rivelano contatti su palinsesti e strategie aziendali tra la direttrice
Marketing della Rai ed ex assistente personale di Silvio Berlusconi e Niccolò
Querci, anche lui già collaboratore del leader di Fi e all'epoca numero tre
delle televisioni Mediaset. Viale Mazzini precisa che il provvedimento, cautelare e
temporaneo, non comporta l'avvio di un procedimento disciplinare.
Martedì il direttore generale, Claudio Cappon, ha annunciato l'apertura
dell'indagine interna e ha promesso che si sarebbe agito rapidamente e con
determinazione se fossero emerse responsabilità di singoli. Ora arriva il primo
provvedimento, ma tutto è ancora da definire. Lei, la Bergamini, ha già fatto
sapere di non essere sorpresa di quello che sta accadendo e ha preannunciato
querele contro i media che ha pubblicato i brogliacci. Ieri, dal suo blog, ha
detto che per lei "sono momenti complicati", assicurando di essere la
prima a "desiderare che venga fatta chiarezza". Parla di
"degrado" della professione giornalistica, ma data l'inchiesta in
corso, preferisce "tacere" sul suo lavoro. Dal centrodestra arrivano
dure critiche e attestati di solidarietà alla Bergamini, ma per il ministro
delle Comunicazioni Paolo Gentiloni è giusto che la Rai
abbia avviato con "prontezza" un'indagine, senza
"minimizzare" sui fatti emersi dalle intercettazioni. Sui
protagonisti della vicenda non esprime giudizi, ma Esterino Montino (Pd) gli
chiede se non si dovrebbero sospendere pure gli altri manager e giornalisti
coinvolti. Eppure, anche il consigliere Rai Sandro
Curzi critica la "decisione-non decisione, che ha generato perplessità e
riserve sul piano della chiarezza e della trasparenza e che avrebbe potuto
essere esaminata nella sede aziendale più alta, il Cda". Dubbi ce l'ha
anche il responsabile informazione del Pd, Marco Follini: "La Bergamini
regista dell'inciucio tv? È una fiction". Pagina successiva >>.
( da "Giornale.it, Il" del 30-11-2007)
"Canale 5? Ha vinto la sua sfida" di
Maurizio Caverzan - venerdì 30 novembre 2007, 11:00 Stampa Dimensioni Versione
PDF Invia ad un amico Vota 1 2 3 4 5 Risultato Dopo Endemol, anche la Taodue: continua la politica di impegno Mediaset sui contenuti. "Sì, sono operazioni importanti. Si tratta
di due realtà complementari: internazionale e concentrata sull'intrattenimento
Endemol, radicata in Italia e proiettata sul cinema e sulla fiction la nuova
joint-venture tra Medusa e Taodue". Parlando di Endemol, avete un
diritto di opzione sui suoi format? "In questa stagione, in primetime, non
avevamo nessun programma Endemol. Paradossalmente, è più la Rai
ad averne bisogno. è una semplice constatazione, senza valutazioni di merito,
ovviamente. I format, i game show... funzionano meglio durante la giornata. Al
pubblico più ampio e vario della prima serata ci sforziamo di offrire programmi
creati e coltivati per i gusti del pubblico italiano. Striscia la notizia, C'è
posta per te, Zelig e Ciao Darwin sono tutti nati e prodotti dai nostri gruppi
di autori". Tutti un tantino stagionati... "Io li vedo come diverse
riviste di una stessa casa editrice. Testate che garantiscono risultati sicuri
e che di numero in numero, di stagione in stagione si evolvono e hanno
contenuti nuovi. E questo patrimonio di titoli per un editore è una ricchezza.
Detto questo, per la prossima primavera abbiamo previsto programmi di pura
sperimentazione su tutte e tre le reti. Queste produzioni andranno in onda con
una logica diversa dalla normale programmazione". Parliamo delle vostre
star, partendo da Paolo Bonolis, forse il più irrequieto, il cui contratto
scade a giugno 2008... "Qualche giorno fa ho trascorso un intero
pomeriggio con Paolo ed è stato un incontro caldo e divertente. Sono
sereno". Come risponde all'accusa che il suo Ciao Darwin e in parte anche
C'è posta per te contengano eccessi trash? "Premetto che sono un
telespettatore forse troppo sensibile alla volgarità e all'eccesso. Ma credo
sia sempre sbagliato giudicare singoli segmenti estrapolati dal loro contesto.
Ciao Darwin è pura leggerezza, scherzo, autoironia. C'è posta per te racconta
l'Italia dei sentimenti. Possono piacere o non piacere, ma certamente sono
programmi fatti bene, e questo il pubblico, visti i risultati, l'ha
capito". Fiorello è nato a Mediaset, avete
provato a riportarlo all'ovile? << Pagina precedente | Pagina successiva
>>.
( da "Opinione, L'" del 30-11-2007)
Oggi è Ven, 30 Nov 2007 Edizione 262 del 30-11-2007
La Rai sospende la Bergamini. Insorge Forza Italia,
Gentiloni approva Deborah finisce dietro la lavagna La responsabile marketing
coinvolta nello scandalo intercettazioni si fa viva sul suo blog ma si tappa la
bocca di Mario Valeri "Sono momenti complicati. Non mi è possibile
rispondere a coloro che stanno inondando il mio blog di commenti. L'unica cosa
che posso fare è di continuare a dare spazio a tutti voi per un dibattito
pubblico sulla vicenda. Deborah". Se dalla polvere agli altari è riuscito
a risalire Fabrizio Corona e persino il rom che qualche mese fa ha investito e
ucciso quattro persone, l'accorata dedica on line di Deborah Bergamini,
direttrice del marketing Rai messa ieri in naftalina
dopo lo scandalo delle intercettazioni, sembra il preludio a una rapida rimonta
di consensi e di popolarità. L'azienda ha fatto ciò che ci si aspettava,
sbattendo dietro la lavagna chi si era esposto di più e sottraendo alla gogna,
per ora, chi davvero aveva i galloni per taroccare pesantemente le trasmissioni
del servizio pubblico in accordo con il Biscione berlusconiano. La Rai, a scanso di equivoci, fa professione di garantismo.
"Non è stato preso alcun provvedimento disciplinare ? precisa una nota di
Viale Mazzini - l'Azienda ha deciso di dispensare temporaneamente la dottoressa
Bergamini dal rendere prestazione lavorativa fino alla conclusione del
procedimento istruttorio in corso. Si tratta di una misura cautelativa presa a
tutela della Rai, per consentire al Comitato etico di
completare gli accertamenti e alla stessa Bergamini, dopo le sue audizioni allo
stesso Comitato Etico e all'Internal Auditing, di fornire gli elementi a sua
disposizione". Uno sforzo inutile, se l'intento era quello di evitare la
consueta mobilitazione dei due schieramenti politici. I più inviperiti, neanche
a dirlo, sono quelli di Forza Italia. "Ma quale misura cautelativa? -
sbottano coralmente in una nota firmata da tutti i componenti azzuri della
Commissione di Vigilanza - La sospensione dall'attività lavorativa della
direttrice del Marketing strategico della Rai, Deborah
Bergamini, assomiglia troppo ad una condanna preventiva decisa dagli attuali
vertici di sinistra della tv pubblica. C'è da scommettere che il messaggio
verrà usato ancora una volta per tentare di colpire il centrodestra partendo
dalla cosiddetta vicenda delle intercettazioni Rai-Mediaset. Invece di attendere la conclusione dell'indagine interna già
disposta dal direttore generale Cappon, la Rai agisce
preventivamente e unilateralmente nei confronti di un singolo dirigente: un
vero e proprio processo sommario". Dubbi anche da parte del presidente di
commissione, Mario Landolfi (An): "Questa sospensione dà adito a
perplessità perché lascia margini di ambiguità alla sua interpretazione.
Sarebbe stato preferibile attendere la fine dell'indagine conoscitiva per poi
adottare un provvedimento chiaro ed inequivocabile: o l'esclusione di qualsiasi
responsabilità o l'applicazione di una sanzione disciplinare. Sarebbe stata
quantomeno una procedura più lineare nel metodo e assolutamente trasparente nel
merito". Il centrosinistra in parte plaude, in parte chiede altre teste e
in parte parle di "scelta necessaria". Di sicuro, nessuno si
rammarica, neanche il ministro Paolo Gentiloni che, pur senza fare nomi,
incoraggia la piccola "mani pulite" di Viale Mazzini. "La Rai ha fatto bene a non minimizzare l'inchiesta della
Repubblica ? ha spiegato in un question time al Senato - ha fatto bene ad
attivare tempestivamente un audit interno e il Comitato etico, e a costituirsi
parte offesa presso la Procura di Milano per interloquire direttamente con gli
inquirenti e acquisire materiale utile a chiare la natura dei fatti". E lei,
la disinvolta telefonista? "Dato che l'azienda per la quale lavoro ha
avviato un'inchiesta interna ? spiega ai suoi fans - non posso discutere dei
particolari relativi al mio lavoro in Rai e al
contenuto degli articoli che hanno scatenato questo inferno. Mi spiace per
tutti coloro che sollecitano un mio commento e una mia risposta. Abbiate
pazienza, sono la prima a desiderare che venga fatta chiarezza. Per ora devo
tacere almeno su queste specifiche vicende". Per ora.
( da "Opinione, L'" del 30-11-2007)
Oggi è Ven, 30 Nov 2007 Edizione 262 del 30-11-2007
Intervista a Giorgio Gori / L'orgoglio di Gori di Francesca Fiocchi L'Isola,
format di successo della Magnolia, alla quinta edizione, ha decretato il suo
vincitore, o meglio, la sua vincitrice. Partito in sordina, tra mille dubbi e
incertezze, oltre confermarsi come programma di intrattenimento più visto tra
le proposte Rai di questo autunno, ha saputo
rinnovarsi, superandosi: gli ascolti sono vincenti rispetto a quelli del 2006.
Ne parliamo con Giorgio Gori. Tra i reality è l'unico che resiste? E' andata
meglio dell'anno scorso, nonostante una controprogrammazione forte sulle altre
reti. Mediaset ha dovuto mettere il Doctor House su
Canale5 per parare il colpo del mercoledì. Quest'anno abbiamo dovuto superare
diversi pregiudizi. La Rai aveva molti dubbi, fino
all'ultimo non sapevamo se saremmo andati in onda. E' stato un rischio. Oggi
sono soddisfatto dei risultati ottenuti. Qual è la forza dell'Isola? E' una
coproduzione tra Rai e Magnolia: è un successo
dell'azienda. Simona Ventura ha saputo rischiare anche quest'anno. E poi il
connubio tra famosi, e non, è stato vincente. L'anno prossimo si rifarà? Deve
chiederlo a Marano. In questa edizione abbiamo raggiunto gli obiettivi
qualitativi che c'eravamo dati. Godiamoci questo momento: è stato un
esperimento di successo. Basta pensare che siamo riusciti a catturare il
pubblico d'elite, ossia quella fascia di uomini e donne, d'età medio-giovane,
con reddito e istruzione alti. E non dimentichiamoci che è stata tra le tre
produzioni più viste di questo autunno dopo Zelig e Ciao Darwin. Qualcosa
significherà. In generale, non trova che sia finito il tempo dei reality? C'è
molto pregiudizio verso il genere. Quando si parla di reality si usa
l'espressione trash. Io trovo che l'Isola non sia stato per nulla un programma
trash. E' come per i film: bisogna distinguere quelli d'autore da quelli
volgari. E' un modo di pensare conformista. Apprezzo Maria Giovanna Maglie per
il coraggio e per il suo anticonformismo.
( da "Voce d'Italia, La" del 30-11-2007)
La Voce d'Italia - nuova edizione anno II n.74 del
30/11/2007 Home Cronaca Politica Esteri Economia Scienze Spettacolo Cultura
Sport Focus Cronaca Intercettazioni Rai - Mediaset: Bergamini sospesa Lei commenta: "Sono momenti
complicati" Milano, 30 Nov. - E' stata sospesa Deborah Bergamini. Questa
decisione è stata presa per direttissima dalla Rai, in
seguito alla pubblicazione delle intercettazioni, da parte de La Repubblica,
sui rapporti tra Rai e Mediaset.
Una sospensione, questa, sulla quale si è espresso il ministro delle
Comunicazioni, Paolo Gentiloni: "Non si tratta di un caso singolo e il
governo in ogni caso non ha i titoli per dare giudizi su casi singoli. Non si
tratta di cercare capri espiatori, ma di sviluppare un'inchiesta interna che la
Rai ha tutto il diritto e il dovere fare in piena
autonomia".Non partecipo al referendum pro o contro la Bergamini. Ci sono
procedure aziendali e vanno rispettate." Secondo il presidente della
Vigilanza, Mario Landolfi, la questione è diversa, secondo Landolfi “dà adito a
perplessità perché lascia margini di ambiguità alla sua interpretazione.
Sarebbe stato preferibile attendere la fine dell'indagine conoscitiva per poi
adottare un provvedimento chiaro ed inequivocabile: o l'esclusione di qualsiasi
responsabilità o l'applicazione di una sanzione disciplinare. Sarebbe stata quantomeno
una procedura più lineare nel metodo e - ha concluso - assolutamente
trasparente nel merito”. Paolo Bonaiuti, portavoce di Silvio Berlusconi,
interviene più irritato: “Ma quale misura cautelativa? quella sospensione
assomiglia troppo a una condanna preventiva decisa dagli attuali vertici di
sinistra della tv pubblica. La Rai agisce
preventivamente nei confronti di un singolo dirigente – ha chiesato - un vero e
proprio processo sommario”. Massimo Baldini, infine, sentenzia: "Era fin
troppo facile prevedere che a pagare sarebbe stata la dottoressa Bergamini,
perché vicina a Forza Italia". Mentre Dario Galli della Lega sostiene:
"Ora la Rai completi il lavoro e sospenda tutti i
giornalisti che sono stati assunti senza rispondere ad un annuncio sul 'Corriere
della Sera'". di Valentina Pellegrino.
( da "Liberazione" del 30-11-2007)
Gravi accuse per il direttore generale ed ex sindaco
Giampiero Borghini, la sua vice Amabile, il capo di Gabinetto e l'ex direttore
delle risorse umane Incarichi d'oro a Milano, indagata la sindaca Moratti I
rapporti fra Silvio Berlusconi e la magistratura non sono mai stati sereni. Per
usare un eufemismo. Ora ci si mette anche Gianfranco Fini, alleato di ieri e
avversario di oggi, a dire in pubblico (su Canale5 a "Matrix") che
Alleanza nazionale da qui in avanti non farà sconti. Su due fronti molto cari
al Cavaliere: televisioni e giustizia. Ironia della sorte, subito dopo le
dichiarazioni di Fini arriva la notizia di un'indagine per abuso di ufficio che
riguarda una fedelissima del Cavaliere, la sindaca di Milano Letizia Moratti.
Con accuse più gravi (corruzione, concussione e truffa aggravata) per alcuni
diretti collaboratori di lady Letizia. Più o meno nello stesso momento, la Rai sospende temporaneamente dal suo incarico Deborah Bergamini, ex
assistente personale di Berlusconi, coinvolta nelle intercettazioni che hanno
svelato il presunto accordo tra Rai e Mediaset. Avvenimenti naturalmente casuali, dei quali si discuterà nelle
aule dei tribunali - caso Bergamini a parte - ma che piovono come chicchi di grandine
sul dibattito politico. Torniamo alla notizia del giorno, Letizia
Moratti. La prima cittadina di Milano è indagata per abuso d'ufficio a scopo
patrimoniale nell'ambito dell'inchiesta sugli "incarichi d'oro"
assegnati a consulenti esterni. Perquisizioni e acquisizioni di documenti sono
in corso a Palazzo Marino da parte della Guardia di finanza e dei carabinieri.
I reati contestati sarebbero stati commessi tra il luglio 2006 e il febbraio
2007. La Procura accusa la sindaca di non aver rispettato i criteri di
competenza e professionalità nella nomina dei consulenti violando i criteri
della prioritaria pubblicità e della ricerca all'interno dell'amministrazione,
della professionalità e della comparazione tra diversi curriculum.
Nell'inchiesta è emerso che una decina di funzionari di alto livello sarebbero
stati forzati a rinunciare alla propria carriera, andando in pensione con
incentivi che andavano dalle 4 alle 15 mensilità, con decisioni prese nel giro
di tre giorni. In seguito sarebbero stati nominati in totale una novantina di
funzionari con stipendi a volte triplicati. "Sono serena e assolutamente
certa che l'inchiesta si concluderà positivamente". Tranquilla e
ottimista, Moratti si dice pronta a collaborare con la magistratura e a fornire
tutti gli elementi necessari. "L'attività di indagine riguarda i dirigenti
nominati all'inizio del mio mandato". Una attività di cui Moratti va
fiera: "Sono orgogliosa della riorganizzazione che ho fatto e la
rifarei". E ancora, Moratti si dichiara disponibile a riferire
dell'inchiesta in Consiglio comunale qualora giunga una richiesta in tal senso
dall'assemblea. Altri quattro dipendenti comunali devono rispondere di vari
reati. Tra loro ci sono Giampietro Borghini, ex sindaco del capoluogo lombardo
e attuale direttore generale del Comune, e la sua vice Rita Amabile. Borghini è
accusato di corruzione, abuso d'ufficio e truffa aggravata, Amabile di
concussione. Gli altri due indagati sono Alberto Bonetti Baroggi, capo di
Gabinetto, accusato di truffa aggravata e Federico Bordogna, ex direttore
centrale delle risorse umane, che deve rispondere del reato di concussione.
L'indagine era sta avviata dalla Procura di Milano ed è condotta dal pm Alfredo
Robledo. Tutti i forzisti lombardi, pardon il Popolo delle libertà lombardo, si
stringe intorno a lady Moratti. La giustizia farà il suo corso, nell'attesa
Moratti continuerà ad essere una delle figure più amate del macrocosmo azzurro.
Dove, si sa, di fronte alle indagini della magistratura si alzano spesso e
volentieri dubbi, perplessità, proteste. A lady Letizia arriva anche la
solidarietà del leghista Roberto Calderoli. A nome di tutto il partito padano,
naturalmente. "La notizia - sostiene l'ex ministro del Carroccio - sarebbe
se qualche amministratore, ministro o sindaco di grandi città, non fosse mai
indagato per abuso d'ufficio". Del silenzio di Gianfranco Fini non si
parla. L'unico che può affrontare l'argomento è il gran capo di Arcore.
"Fini ha detto che Alleanza nazionale avrà le mani libere sulla giustizia?
Sono io che le ho avute legate", replica il Cavaliere. L'ennesimo segnale
dell'esplosione della Casa delle libertà. Al suo posto l'operaio-costruttore
Berlusconi ne sta già facendo un'altra più grande, più bella e tutta sua, a
milàn non si sta con le mani in man. Fri.Na. 30/11/2007.
( da "Liberazione" del 30-11-2007)
Rai, sospesa Bergamini "Misura cautelativa" Provvedimento di
sospensione cautelare per Deborah Bergamini, responsabile marketing strategico
della Rai, coinvolta nelle intercettazioni telefoniche. Il
provvedimento è stato deciso dopo l'indagine interna avviata dalla Rai. La manager nei giorni scorsi non si sarebbe presentata davanti la
Commissione d'inchiesta proprio per far luce sulla vicenda. L'azienda, a questo
punto avrebbe adottato un provvedimento di sospensione cautelare della manager.
Un comunicato della Rai precisa: "L'Azienda ha deciso
di dispensare temporaneamente la Dottoressa Bergamini dal rendere prestazione
lavorativa fino alla conclusione del procedimento istruttorio in corso".
Sono in particolare colloqui relativi all'aprile del 2005, i giorni dell'agonia
di Papa Giovanni Paolo II (quando si lamentava delle poche inquadrature a
Berlusconi) e delle elezioni amministrative (in cui si sostiene di bloccare i
dati per rendere meno evidente la sconfitta del centrodestra), e di questo tra
l'altro si parla nelle telefonate che
coinvolgono manager del gruppo Mediaset e dirigenti della Rai."In una vicenda così
complessa, bisogna evitare in ogni modo il rischio che si perda di vista il
nocciolo del problema, trasformando in capri espiatori i singoli responsabili.
Vale anche in questo caso il principio che chi ha sbagliato non è compatibile
con la missione pubblica, ma bisogna evitare giudizi
sommari e affrettati, indagando a fondo per individuare tutte le responsabilità
e commistioni". Commenta Sergio Bellucci, responsabile Comunicazione del
Prc. 30/11/2007.
( da "Liberazione" del 30-11-2007)
Intervista a Silvio Maselli, direttore
dell'Afc-Apulia Film Commission che con una dotazione di 800mila euro finanzia
e sostiene la produzione cinematografica regionale, a partire da "Il
passato è una terra straniera" La Puglia non è un film, ma i film la
raccontano "Si prega di non parcheggiare dal civico 32 al civico 84 nel
giorno 10 novembre per riprese cinematografiche". Non a Roma ma a Bari
svariati divieti di sosta con questo messaggio campeggiano nel popolarissimo
quartiere Libertà, nei pressi del tribunale. Si sta girando "Il passato è
una terra straniera", film tratto dall'omonimo libro di Gianrico
Carofiglio, per la regia di Daniele Vicari, autore del premiato "Velocità
massima". Si gira in Puglia. Come e perché lo spiega Silvio Maselli, 32
anni, laureato in Scienze politiche, cinque anni alla Fandango, due all'agenzia
di comunicazione Proforma, attuale direttore dell'Afc - Apulia Film Commission.
Si gira molto di più da quando anche qui è nata la Apulia Film Commission
(Afc), creata dalla Regione Puglia. Come mai? Il cinema come forma di
espressione artistica ha costi di realizzazione per un lungometraggio quasi
impossibili, soprattutto se in pellicola. E' necessario che una struttura
assista, intervenga e coadiuvi questa preziosa industria di prototipi
soprattutto da quando gli Stati hanno tagliato i fondi e sottratto risorse al
mondo della produzione culturale. Come cambia, con le Film Commission, il mondo
del cinema? La peculiarità del cinema finanziato dallo Stato resiste solo in
Francia (dove opera la Commission Nationale du Cinéma). Ora le commissioni
nazionali intervengono in sede di produzione, distribuzione oppure a seconda
degli incassi fatti. In Puglia l'Afc è nata nel 2007 con una dotazione di circa
800.000 euro in partenariato istituzionale con altri enti locali (comuni di
Bari, Brindisi, Lecce e province di Lecce e Foggia). Le Film Commission
esistono già in Sicilia, Calabria, addirittura due in Campania. In Puglia l'Afc
nasce con un po' di ritardo. Eppure la Puglia è terra di elezione del cinema,
perché rafforza l'impulso artistico-identitario di narrazione e completa il
quadro delle possibili espressioni artistiche come Dezio, Capraro, Piva,
Lagioia, Desiati, Tommy di Bari, Fabio di Credico e ovviamente Carofiglio nella
narrativa; Radioderwish, Folkabbestia, Negramaro e Caparezza nella musica.
Finora il cinema è stato poca cosa in Puglia, ma la differenza si affaccia
prepotente con Alessandro Piva e Lacapagira che a sua volta ha ispirato molti
film-makers in un costante inseguimento della realtà. Cosa bolle nel calderone
dell'Afc? Intanto si gira "Il passato è una terra straniera" di
produzione Fandango ed R&C, distribuito dalla Rai.
Le risorse che l'Afc può dare possono essere relativamente scarse (50.000 euro)
ma in molti casi essenziali, dato che i produttori non rischiano più nulla e che il finanziamento del Ministero va prevalentemente
a Rai Cinema o a Medusa (Mediaset). Il
sistema del referent system (voluto dalla legge Urbani) fa sì che i soldi per
un'opera dipendono dalla simpatia di 10 persone. L'Afc con la Rai Film finanzia "I galantuomini" di Edoardo Winspeare,
regista de "Il Miracolo", film sulla Sacra Corona Unita prodotto da
Acaba Film. Ma soprattutto si prepara un film tv in coproduzione con
Palomar, con il contributo della Regione Puglia, dal titolo Pane e Libertà
sulla vita dell'"intellettuale bracciante" di Cerignola, Giuseppe Di
Vittorio. Non solo cinema quindi, ma anche promozione della politica,
dell'immagine e dell'identità pugliese nel mondo? Sì. E c'è anche il contributo
dell'Afc a una coproduzione internazionale (Francia Lussemburgo Belgio e
Italia) dal titolo "Non ti voltare", storia di donne che indagano sul
tema del doppio e dell'identità femminile nella cornice di una splendida Lecce
barocca con la regia di Marina De Van e l'interpretazione di Monica Bellucci e
Sophie Marceau. Anche in questo caso il contributo è stato di 40.000 euro, ma
quando la Bellucci dichiara che Lecce è bella e accogliente, e soprattutto si
mangia benissimo, il ritorno d'immagine è di gran lunga superiore
all'investimento. Da ultimo, non per importanza, si gira "Focaccia
Blues" di Nico Cirasola, che è la storia del panificio di Altamura che,
con pane di semola e focaccia, riesce a sconfiggere McDonald's. Come e perché
fare cinema al Sud? Partiamo dal come. Le regioni del Sud devono consorziarsi e
creare una Sud Film Commission. Il perché è presto detto: il clima è più mite,
gli esterni sono meravigliosi e ci sono due ore di luce in più, che nel cinema
valgono oro. gae.cat. 30/11/2007.
Mi
è capitato nei giorni scorsi di non essere d'accordo col ministro Mastella
quando ha co ( da
"Stampa, La" del 29-11-2007)
Libera
stampa in libero Stato. E le intercettazioni? ( da "Unita,
L'" del
29-11-2007)
Fini:
<Mani libere su Giustizia e tv> ( da "Unione Sarda, L'
(Nazionale)" del
29-11-2007)
Italia
in bianco e nero per furbizia e convenienza ( da "Unione
Sarda, L' (Nazionale)"
del 29-11-2007)
Veltroni-Berlusconi,
quante aspettative
( da "Unione Sarda, L' (Nazionale)" del 29-11-2007)
Caso
rai, bergamini si difende sul web ( da "Repubblica, La" del 29-11-2007)
E
poi dicono che la Rai è del Cav ( da "Libero" del 29-11-2007)
"Nessuno
tocchi Riotta" ( da "Opinione, L'" del 29-11-2007)
Rai:
Sospesa dall'incarico Deborah Bergamini ( da "Tempo, Il" del 29-11-2007)
Rai,
sospesa Deborah Bergamini di Redazione - giovedì 29 novembre 2007, 13:31 Stampa
Dimensioni Invi...
( da "Giornale.it, Il" del 29-11-2007)
La Repubblica 29-11-2007 Bufera intercettazioni.
La Rai sospende Bergamini
( da "Stampa, La" del 29-11-2007)
Ntribuito a non far mettere in onda Una vita rubata,
una fiction televisiva che riproponeva la barbara uccisione di un'incolpevole
ragazza minorenne da parte del boss mafioso Gerlando Alberti jr, già condannato
all'ergastolo per questo delitto, ma poi inspiegabilmente (o troppo
spiegabilmente) rimesso in libertà. La motivazione della sospensione è stata
che la trasmissione poteva in qualche modo influire sul procedimento in corso
contro Gerlando Alberti Jr. Mirabile atto di quasi sovrumano garantismo! Il
ministro, nei giorni scorsi, ha preso di mira un'altra fiction, questa volta di Mediaset, mentre la prima era della Rai. Par condicio? Si tratta de Il capo dei capi, una biografia di
Totò Riina della quale, a quanto pare, si sentiva l'urgente bisogno. Il
ministro ha auspicato che venisse sospesa, pur trovandola ben fatta, in quanto
pericolosamente diseducativa perché finiva con l'esaltare la figura di Riina,
presentava il boss come una specie di eroe positivo (ma questo è anche il
parere di un magistrato del valore di un Ingroia) e conteneva in sé un'alta
potenzialità di suggestione. Venendo da un pulpito così tarlato, le parole del
ministro sono state dileggiate, rifiutate, controbattute. E lo stesso ministro
ha fatto tutto il possibile perché le sue parole venissero male interpretate,
prima usando alcuni verbi che a lui sono cari e che invece non esistono nel mio
vocabolario ("proibire", "sospendere", "vietare")
e in secondo luogo affermando di non aver visto lo sceneggiato, ma di esserselo
fatto raccontare. Pare che sia un costume assai diffuso tra i politici,
Berlusconi e Prodi compresi, quello di polemizzare su trasmissioni mai viste.
Ma la validità delle osservazioni mosse alla fiction, a mio parere, resta
intera. E propone una seria riflessione. Non si tratta di non parlare di mafia
(più se ne parla e meglio è), è in quale contesto se ne parla. Questa fiction è
stata sceneggiata anche da Claudio Fava, sulla cui netta presa di posizione antimafia
non c'è nemmeno da discutere. Il fatto è che il risultato finale rischia
d'ottenere l'effetto opposto di quello voluto. E questo capita sempre nei
romanzi e nei film che si occupano di mafia. Mi richiamo a due titoli classici.
Nel Giorno della civetta di Leonardo Sciascia, il boss don Mariano Arena, come
"positività" e simpatia batte il capitano Bellodi. Naturalmente,
contro la volontà dell'autore. Chi non ricorda la suddivisione dell'umanità
secondo le categorie di don Mariano (quegli ominicchi e quei quaquaraquà
entrati nell'uso comune)? Nel Padrino, la magica interpretazione di Brando ci
fa dimenticare del tutto che egli è il mandante di stragi ed efferati omicidi.
Io personalmente ritengo che l'unica letteratura che tratti di mafia debba
essere quella dei verbali di polizia e carabinieri e dei dispositivi di
sentenze della magistratura. A parte i saggi degli studiosi, naturalmente. E
poi, che significa che questo sceneggiato è ben fatto? Tecnicamente, sì, certo.
Ma, di necessità, è assai riduttivo. Per esempio, è quasi impossibile rendere
in uno sceneggiato la concezione solare che della vita hanno, faccio dei nomi a
caso, le famiglie Cassarà, Borsellino, Falcone rispetto a quella oscura, cupa e
chiusa dei Riina e dei Bagarella. È uno degli elementi che non si possono e non
si devono trascurare, perché altrimenti tutto diventa la rappresentazione di
una serie di conflitti a fuoco e non dell'unico vero conflitto tra due culture:
una di vita e l'altra di morte.
( da "Unita, L'" del 29-11-2007)
Stai consultando l'edizione del Libera stampa in
libero Stato. E le intercettazioni? Oreste Flamminii Minuto Alcuni giorni fa
ero a cena con amici giornalisti e inevitabilmente la conversazione si è
avviata sull'analisi dello stato dell'informazione. Ho ricordato che la mia
prima esperienza in materia risaliva ai primi anni 60 quando, quasi digiuno,
l'amico Pino Zac, padre del "Gatto Filippo", epica striscia di Paese Sera,
mi chiese di difenderlo dalle querele di alcuni politici per un opuscolo
propagandistico elettorale. Aveva effettuato i disegni satirici per il Psi e mi
ero ritrovato in un collegio difensivo con l'avvocato Adolfo Gatti,
"numero uno" dei penalisti di quell'epoca, a sostenere la tesi della
assoluta dignità del diritto di satira politica. Il Tribunale accolse le
ragioni della difesa e quello fu considerato, in seguito, uno dei momenti più
importanti della giurisprudenza "liberale" della magistratura italiana.
Agli amici che mi chiedevano cosa fosse mutato da quel periodo nella
giurisprudenza per la stampa, ho risposto che qualche conquista c'era stata, ma
che poco poteva cambiare dal momento che la legislazione è rimasta bloccata con
i tanti divieti che praticamente pongono nel nulla le enunciazioni di principio
contenute nella nostra carta costituzionale sulla libertà di pensiero. Ripetevo
ciò che da anni vado dicendo e cioè che se il ruolo della stampa è un ruolo di
controllo degli atti di tutti i poteri, è evidente che per poter svolgere
questo ruolo è necessario che la stampa, ogni qual volta venga in possesso di
notizie coperte dal segreto, sia affrancata da sanzioni relative alla
violazione dello stesso. Il più delle volte, infatti, il segreto apposto è
proprio per non far conoscere all'opinione pubblica ciò che avviene nelle
segrete stanze. Se i segreti sono necessari, è bene che di quei segreti
risponda chi è preposto alla tutela degli stessi e che si ponga finalmente fine
alla situazione attuale che pone sanzioni a carico di chi è alla fine della
catena delle conoscenze e "pubblica". La discussione era nata dalle
recenti notizie sulle intercettazioni che avrebbero
mostrato una sorta di accordo tra Rai e Mediaset per non farsi concorrenza e, come era prevedibile, era alla fine
ritornato sull'argomento di partenza. C'era chi si dichiarava per la liceità di
pubblicazione di quegli atti e chi, invece, sosteneva la non pubblicabilità per
essere quelle intercettazioni relative a persone non implicate nel procedimento
penale. A nessuno era venuto in mente di riflettere sul suolo
dell'Informazione in una situazione del genere. Nessuno aveva riflettuto sul
fatto che se quelle notizie non erano pubblicabili per le attuali norme in
vigore nel nostro Paese, c'è poco da stare allegri sul futuro della democrazia.
E se le cose stanno così, e non vedo in che altro modo possano essere, sarà
bene che il Partito Democratico faccia una profonda riflessione sul ruolo che
intende affidare a una libera informazione, sulle norme che la regolano
attualmente e che vanno rapidamente abolite e sui giornalisti. Se questi ultimi
non rivendicano il diritto a violare i segreti, non avremo mai una stampa
libera e degna di questo nome.
( da "Unione Sarda, L' (Nazionale)" del 29-11-2007)
Politica Italiana Pagina 109 Il leader di An minaccia
Berlusconi. Che annuncia: FI non si scioglie, entra nel Pdl Fini: "Mani
libere su Giustizia e tv" Il leader di An minaccia Berlusconi. Che
annuncia: FI non si scioglie, entra nel Pdl --> ROMA Silvio Berlusconi
aggiusta il tiro sul Pdl, retrocesso da partito-nuovo a partito-rete,
Gianfranco Fini attacca. "Ho menato come un fabbro", riconosce lo
stesso leader di An durante la registrazione di 'Matrix', in un pensiero ad
alta voce intercettato dalla bassa frequenza e dai presenti. Colpi assestati
sul Cavaliere, in verità fin dal mattino nell'intervista alla Stampa, ma
soprattutto nella trasmissione di Enrico Mentana, che per buoni tre quarti
serve a Fini per demolire del tutto i rapporti con Berlusconi. Fino al massimo
sgarbo, per sommo dispetto lanciato via etere da una rete berlusconiana:
"La Cdl è un ectoplasma che non esiste più? E allora d'ora in poi ognuno
avrà mani libere su televisioni e giustizia". Tra Fini e Berlusconi siamo
ormai al "mors tua, vita mea". Perciò, quando Mentana chiede se
Berlusconi sarebbe il candidato premier nel caso in cui Prodi cadesse, Fini
ribatte gelido: "No. Automaticamente di certo no". Un concetto già
espresso nel colloquio con il quotidiano di Torino: "Berlusconi ormai è il
leader del suo partito. Punto e basta". "Si può avere una strategia e
anche cambiarla, ma non imporla agli alleati - è ancora Fini a Matrix - se no
ci si ritrova da soli, con le risposte piccate che io e Casini abbiamo dato. La
logiche di Berlusconi non hanno nulla a che vedere con la politica e con il
rispetto degli altri". Di fronte al contrordine del Cavaliere, a quel suo
dire che Forza Italia non si scioglie e che si allontana l'avvento del Pdl,
Fini sente alzarsi in volo le colombe azzurre e quelle del suo partito. E
allora, mentre l'altro indugia, lui procede, apre scenari: "Con Casini c'è
la volontà di creare qualcosa di più, di costruire nella pari dignità e nel rispetto".
"Berlusconi è stato sincero e ha detto che se dopo il voto c'è il pareggio
vuole fare un governo con il Pd. E forse la politica delle mani libere che
Berlusconi auspica può servirgli per fare direttamente l'accordo con
Veltroni", mette in guardia dal rischio di inciucio gli elettori di
centrodestra. "Essere più giovani non credo sia una colpa. Rivendico il
diritto di avanzare critiche e fare analisi politiche. E vado dritto per la mia
strada, anche se incorro nel delitto di lesa maestà del Ferrara di corte",
se la prende con Giuliano Ferrara, consigliere ascoltato del Cavaliere. "In una legge di sistema la tecnologia porta a pensare che non ci
sono solo i giganti attuali, Rai o Mediaset. Deve
esserci il pluralismo. Più tv ci sono meglio è", affonda il leader di An.
E una dietro l'altra, come le ciliege, una serie di risposte astiose,
sferzanti, persino irridenti. "Tra lei e Berlusconi ci sono stati alti e
bassi", introduce Mentana. "Ovviamente non si azzardi a dire
che lui tra i due non è quello alto", risponde sardonico Fini.
( da "Unione Sarda, L' (Nazionale)" del 29-11-2007)
Commenti Pagina 319 Sospetti e veleni senza posizioni
intermedie Italia in bianco e nero per furbizia e convenienza Sospetti e veleni
senza posizioni intermedie --> Italia in bianco e nero, i colori si
oppongono, non vi è raccordo; è estrema frammentazione dove non sono permesse
armonie, presupposto di una società civile. È Italia contro, fra nemici:
maggioranza e opposizione, sinistra e destra, magistratura e politica, giornalismo d'assalto e condiscendente, Rai e Mediaset, giovani e vecchi, ciascuno per proprio conto su posizioni
d'intolleranza, dove il bianco e nero sono intercambiabili, per italica
furbizia e convenienza, ciascuno con le proprie ed esclusive verità senza il
beneficio del dubbio, fra veleni e sospetti. I colori? L'artista conosce
le "regole" di un possibile accostamento, ma la società italiana non
conosce i colori, quindi neppure le regole di una loro possibile armonia. Di
volta in volta, tuttavia, anche l'Italia inventa le sue regole come se ci
fossero i colori, ma il bianco e nero non ammettono regole e deroghe alla loro
"normalità". I risultati: gli estremismi italiani, quello del
terrorismo rosso, del terrorismo nero, dell'antistato della malavita
organizzata, del terrorismo della polizia e del sovversivismo di piazza. Bianco
e nero da cui cercarono di uscire Indro Montanelli ed Enzo Biagi con "i
fatti". Furono bocciati dal grande puparo. Sono le premesse per cercare
d'interpretare le ultime vicende del calcio. In questo caso è stato un altro
personaggio a cercare d'uscire dal bianco e nero. Guido Rossi ha, anche lui,
tentato d'interpretare "i fatti" e proporre regole. Era fuori dal
giro ed è stato bocciato da altri pupari. Si è ritirato con dignità. Non poteva
essere altrimenti. Hanno vinto su tutto il fronte gli antichi personaggi del
bianco e nero: Abete e Matarrese, Moggi in attesa. Tutto come prima: il calcio
di Sky e degli affari contro lo sport, con la condiscendenza dei massimi
vertici sportivi e istituzionali. Il bianco e nero dei presidenti delle società
calcistiche organizzano "professionalmente" le proprie truppe
d'assalto, le tifoserie di malavita organizzata. La sociologia, soprattutto
quella d'accatto dei salotti televisivi, si dispiega a tutto campo e cerca
d'interpretare gli avvenimenti, ma lascia fuori "i fatti" per le
convenienze di parte. Il gioco deve continuare. Tre onesti personaggi del
calcio - Riva, Rivera e Zoff - non partecipano ai salotti. Sono a conoscenza
dei "fatti": il loro intervento potrebbe essere utile non solo per
capire, ma forse anche per governare. È un possibile suggerimento, fuori dal
bianco e nero. PAOLO PANI Università di Cagliari.
( da "Unione Sarda, L' (Nazionale)" del 29-11-2007)
Prima Pagina Pagina 2 L'incontro di domani
Veltroni-Berlusconi, quante aspettative L'incontro di domani di Raimondo Cubeddu --> di Raimondo
Cubeddu Tra interessati appelli ad evitare inciuci e attese fuori misura il
previsto incontro tra Berlusconi e Veltroni si sta caricando di aspettative che
hanno scarse probabilità di realizzarsi. Per alcuni si tratterà di un incontro
mono-tematico: la legge elettorale; mentre per altri questo non è che uno dei
temi in discussione. Forse il meno importante dato che per altri ancora i due,
in realtà, non ne farebbero un dramma se l'accordo si rivelasse impossibile e
si dovesse andare al referendum. Naturalmente c'è anche chi auspica un'intesa
talmente ampia da mettere finalmente la parola fine a un decennio
caratterizzato da reciproche delegittimazioni, e chi, come
si è visto in occasione dell'ultima polemica su Rai - Mediaset, non sembra affatto disposto a rinunciare alla rendita di
posizione che deriva dall'esistenza dell'anomalia berlusconiana. Si tratta,
come si è visto, di persone, categorie e gruppi che tenteranno con ogni mezzo -
e come dar loro torto? - di evitare di passare da una situazione
ritenuta soddisfacente a una che lo sarebbe meno. E poiché i fautori e i
sabotatori dell'accordo sono distribuiti su entrambi gli schieramenti, sulla
possibilità che possa produrre qualcosa di vantaggioso anche per il Paese lo
scetticismo abbonda anche se la ragione impone di tentare. I vantaggi sono
quelli che si collegano abitualmente alla fine delle contrapposizioni frontali.
Un nuovo clima che non annulla le differenze, ma che trasforma la
contrapposizione in una concorrenza tra partiti che ha per oggetto il modo
migliore per passare da una fase di demotivazione etica, economica e culturale
a una di rilancio. Il problema è semmai quanto Berlusconi possa essere un
interlocutore strategico per Veltroni. I settant'anni portati splendidamente e
l'invidiata 'verve' non possono infatti nascondere che il Cavaliere, al
momento, non ha eredi. Se una circostanza propizia poteva presentarsi a Fini e
a Casini per aspirare al delfinato era questa. Ma l'hanno sprecata, e hanno
deluso il popolo della CdL che chiedeva un progetto e un sogno. Vissuti di
rendita per un decennio, Fini e Casini ora mostrano di non aver quelle doti di
creatività e di carattere che distinguono il capo partito dallo statista: la
capacità di trasformare le circostanze in vantaggi. La situazione, per certi
versi, assomiglia a una telenovela: due nipoti si contendono i favori e il
patrimonio (in questo caso elettorale) di uno zio che in cuor suo non li stima
e che in attesa di qualcun altro al quale passare il testimone, si concede scapattelle
che innervosiscono i nipoti. Da cui si può ipotizzare che Veltroni abbia più di
un intresse a trattare e a prolungare la trattativa. Berlusconi deve invece
concludere la faccenda al più presto perché il partito che ha in mente ha
bisogno di qualcuno che eserciti la patria potestà. E, come nelle telenovelas,
si resta in attesa delle sorprese della prossima puntata.
( da "Repubblica, La" del 29-11-2007)
Il blog Caso Rai, Bergamini
si difende sul web LA dirigente Rai Bergamini esce
allo scoperto sul Web. Dopo aver tenuto un Blog sotto le
spoglie di Cartimandua regina dei Celti, ne vara uno col suo nome (sottotitolo
"intercettazioni di conoscenza"). Lo dedica al caso delle
intercettazioni Rai-Mediaset che l'ha coinvolta. Estratti del vecchio blog, su
macchianera.net.
( da "Libero" del 29-11-2007)
Attualità 29-11-2007 E poi dicono che la Rai è del Cav L'ex orologiaio miliardario e semi analfabeta
ha lodato Prodi e condannato il nucleare. Cosa sarebbe successo se, al potere
il governo Berlusconi, avesse lodato Berlusconi e il nucleare? La comparsata
dell'aspirante guro ci è costata un miliardo e mezzo di lire per 40 minuti. In
questo contesto suona particolarmente ridicolo l'attacco di
questi giorni a Rai e Mediaset considerate preda di Berlusconi. Altro riso amaro: quando gli
stati europei avranno provveduto al nucleare, come stanno facendo, e India e
Cina si saranno pappati tutto il petrolio, l'Italia, con le sue industrie e i
suoi 60 milioni di cittadini, andrà avanti con i pannelli solari?
Qualcuno lo chieda a Celentano. Giuliana Cecchettani Bologna Salvo per uso
personale è vietato qualunque tipo di riproduzione delle notizie senza
autorizzazione.
( da "Opinione, L'" del 29-11-2007)
Oggi è Gio, 29 Nov 2007 Edizione 261 del 29-11-2007
Il Pd fa quadrato a difesa del Tg1. Gentiloni ormai pensa solo al suo Ddl
"Nessuno tocchi Riotta" La governance Rai,
per diventare legge, deve superare le resistenze di Forza Italia. E di qualche
alleato scomodo di Mario Valeri La grande offensiva prenatalizia. Nonostante i
paurosi tremolii del governo, nonostante l'incerta sorte di un Cda
delegittimato, il centrosinistra fa quadrato sulla Rai.
Giù le mani dal Tg1 di Gianni Riotta, innanzi tutto. Chi dall'opposizione ne
aveva messo in dubbio l'oggettività si è trovato di fronte al fuoco di fila ulivista.
"Con un pasticcio di cifre ? tuona Renzo Lusetti (Pd) - la stampa vicina a
Berlusconi fa raffronti campati in aria, tra periodi diversi. Invece di
inventarsi alibi, attaccando il Tg1, la destra del conflitto di interessi
farebbe meglio ad avere un pizzico di pudore in più". "Contro il Tg1
? gli fa eco il collega di partito Roberto Giachetti - è stato sollevato un
polverone ingiustificato e scomposto". Più fine il ragionamento del
ministro Paolo Gentiloni: "Non mi stupisce se il Tg1, che lo ha sempre
fatto nei suoi 50 e più anni di storia, dia più spazio al governo che
all'opposizione. Il tema che abbiamo denunciato per anni era che in capo al
governo c'era tutto il sistema televisivo, all'epoca in cui governava
Berlusconi. Il tema quindi non è quanto spazio si dà a questo o a quello ma è
costruire una Rai più autonoma dai partiti. Se rimane
attaccata ai partiti è in una condizione di instabilità permanente". Ormai
qualsiasi argomento è buono per consentire al ministro di spingere il suo Ddl,
che comincia ad avere speranze concrete di diventare legge. La riforma della Rai, infatti, è ai primi punti dell'agenda di governo.
L'impegno, siglato già venerdì scorso in Consiglio dei Ministri, è stato
confermato ieri nell'ufficio di presidenza della commissione Lavori pubblici
del Senato, dove giace ora il Ddl. La discussione degli emendamenti alla
riforma, si è deciso, partirà martedì prossimo alle ore 11, quando saranno
arrivati anche i pareri delle commissioni Affari costituzionali e Bilancio.
L'ottimismo di Gentiloni, in compenso, dovrà fare i conti con la resistenza di
Forza Italia: sul tavolo ci sono infatti ben 1.400 emendamenti, di cui
addirittura 1.280 presentati da Forza Italia. Difficile, dunque, abbattere il
muro prima che Babbo Natale si sia calato dal camino. Il Pd, tra l'altro, deve
fare i conti anche con i dissensi provenienti dalla propria schiera. Il
socialista Enrico Boselli, ad esempio, continua ad andare giù duro:
"Quando si dice 'ritiriamo i partiti della Rai',
ma poi il governo fa esattamente il contrario con Fabiani, e ci infila la
politica e i partiti, non è molto credibile. Le parole del governo e di
Gentiloni mi sembrano retorica. La realtà è molto differente. Se si fosse
voluta allontanare la politica dall'azienda, non si sarebbe arrivati ad un
colpo di mano contro Petroni. Non hanno aspettato la scadenza naturale del Cda,
perché c'erano da nominare i rappresentanti del Partito democratico
nell'azienda: direttori di rete, vicedirettori, comunque tutti del Pd. Credo
che alla Rai non debbano fare le nomine. Per nuove
nomine, penso debbano aspettare la scadenza del Cda Rai.
Se le faranno, si andrà verso una grave crisi tra chi amministra la Rai e il Parlamento, e tra il governo e il Parlamento. E
diventerà una crisi irreversibile". A proposito di crisi: il capro espiatorio dello scandalo Rai-Mediaset sembra proprio Deborah Bergamini, il cui profilo bassissimo non
sembra aver giovato alla propria causa. "È inconcepibile che una dirigente
della Rai si rifiuti di rispondere su vicende delicate come quelle sulle
quali è stata chiamata a riferire la Bergamini, che ha invece ben pensato di
optare per il silenzio, trincerandosi dietro l'illegittimità delle
intercettazioni", afferma Antonio Borghesi, deputato dell'Italia dei
Valori. "Se la sua posizione rimane questa ? aggiunge - è giusto che la Rai avvii un procedimento disciplinare nei suoi confronti,
che potrebbe sfociare, alla fine, in un licenziamento". Con buona pace di
Del Noce, Vespa, Mimun, Rossella.
( da "Tempo, Il" del 29-11-2007)
Deborah Bergamini, la dirigente di viale Mazzini
coinvolta nello scandalo delle intercettazioni [...] Home prec succ Contenuti
correlati Entro febbraio si costituirà la prima società campobassana Operaio
morto sul lavoro, sentenza vicina Cade nel vuoto, operaio
in gravi condizioni Mediaset lancia "Iris" e "Bis" tra film e storia
Enel, operai contro i verdi Rai-Mediaset, il caso
si è già sgonfiato [...] Rai-Mediaset, è stata di fatto sospesa dal suo incarico. La decisione, presa
a seguito dell'indagine interna a viale Mazzini avviata dal Dg Claudio Cappon,
non comporterebbe tuttavia, a quanto si apprende, l'avvio di un
procedimento disciplinare nei confronti della direttrice marketing della Rai ed ex collaboratrice di Berlusconi. 29/11/2007.
( da "Giornale.it, Il" del 29-11-2007)
Rai, sospesa Deborah Bergamini di Redazione - giovedì 29 novembre 2007,
13:31 Stampa Dimensioni Invia ad un amico Vota 1 2 3 4 5 Risultato Roma - La Rai ha temporaneamente sospeso dal suo incarico Debora Bergamini, la
dirigente coinvolta nello scandalo delle intercettazioni. La lettera
dell'azienda è già stata consegnata alla Bergamini, attualmente direttore del
Marketing Strategico. Lo riferisce una fonte di viale Mazzini. Secondo un'altra
fonte di viale Mazzini, si tratta di "una dispensa dalla prestazione di lavoro.
E' una misura cautelare e di garanzia, anche per la stessa Bergamini".
Dalle intercettazioni sono emerse telefonate tra la Bergamini, ex assistente
personale di Silvio Berlusconi, e Niccolò Querci, anche lui ex assistente del
leader di Forza Italia e all'epoca dei fatti numero tre delle televisioni Mediaset. Intercettazioni Secondo numerose intercettazioni -
allegate all'inchiesta sul fallimento della "Hdc" e pubblicate da
Repubblica - negli anni del governo Berlusconi Rai e Mediaset si sarebbero scambiate
informazioni sui palinsesti, concordato le strategie informative nel caso dei
grandi eventi di cronaca e orchestrato i resoconti della politica. Bergamini - che nei giorni scorsi ha detto in una nota di non essere
sorpresa di quanto sta accadendo - è stata difesa da Berlusconi. Il direttore
generale della Rai Claudio Cappon la settimana scorsa
aveva promesso che l'azienda sarebbe stata determinata nel caso fossero emerse
responsabilità di singoli all'interno dell'azienda. "Momenti
delicati" "Sono momenti complicati". Lo scrive sul suo blog
Deborah Bergamini, pochi minuti dopo l'ufficializzazione da parte di viale
Mazzini dell'adozione di una misura di sospensione cautelare nei suoi
confronti. "Non mi è possibile rispondere a coloro che stanno inondando il
mio blog di commenti - scrive la dirigente Rai -. L'unica cosa
che posso fare è di continuare a dare spazio a tutti voi per un dibattito
pubblico sulla vicenda".
L'azienda:
"Misura cautelativa, non disciplinare". La giornalista ha aperto un
sito sul web, dove svela che era una regina dei Celti.
ROMA - La Rai ha sospeso dalle funzioni la
giornalista e direttore della sezione marketing Deborah Bergamini. La lettera
dell'azienda è già stata consegnata alla Bergamini, attualmente direttore del
Marketing Strategico di Viale Mazzini. Ma non si tratta di una punizione.
"Nei confronti della dottoressa Deborah Bergamini non è stato preso alcun
provvedimento disciplinare", precisa in una nota l'ufficio stampa della
Rai. "L'Azienda - si legge - ha deciso di dispensare temporaneamente la
Dottoressa Bergamini dal rendere prestazione lavorativa fino alla conclusione
del procedimento istruttorio in corso. Si tratta di una misura cautelativa
presa a tutela della RAI, per consentire al Comitato Etico di completare gli
accertamenti e alla stessa Bergamini, dopo le sue audizioni allo stesso Comitato
Etico e all'Internal Auditing, di fornire gli elementi a sua
disposizione".
La Bergamini compare nelle intercettazioni, pubblicate da Repubblica, da cui
sembra che lei - così come altri giornalisti Rai - prenda accordi con Mediaset
su programmazione e contenuti dei notiziari. Con Bergamini coinvolti anche
Bruno Vespa, Carlo Rossella, Fabrizio Del Noce, Clemente Mimun. Bergamini era
stata convocata anche dall'Ordine dei giornalisti di Milano presso cui è
iscritta come giornalista professionista.
Proprio oggi la Bergamini ha inaugurato un suo blog (www.deborahbergamini.it)
sfondo azzurro e come sottotitolo "intercettazioni di conoscenza". Il
tema del blog del resto sono proprio le intercettazioni pubblicate da La
Repubblica che la vedono protagonista. Nel sito in primo piano l'articolo di
Maria Giovanna Maglie che la difende su Il Giornale, e un intervento video di
Bruno Vespa a Tetris su La7 intitolato "Le intercettazioni? Sono una
schifezza, vi auguro di capitarci".
In realtà la Bergamini aveva già una sua second life sul web nelle spoglie di
Cartimandua, regina dei Celti. Nel nuovo sito, infatti c'è anche un suo unico
commento dal titolo "Essere nel mondo senza essere del mondo".
"Cartimandua, Regina dei Celti - scrive la giornalista - non c'è più. Era
un personaggio di fiaba, abitava un territorio libero, immaginario. Quello in
cui ogni tanto mi piaceva fare qualche incursione di poesia e gioco. Ma gli
accadimenti degli ultimi giorni, le intercettazioni pubblicate su Repubblica e
su altri giornali e la bufera che ne è seguita, non mi consentono più di
rifugiarmi in un mondo di sogno, per quanto poetico. Come ho detto qualche
giorno fa al Tocqueville Party, oggi sono una persona diversa, e credo che
quanto accadutomi nei giorni scorsi mi abbia cambiato per sempre. Così
Cartimandua lascia il posto a Deborah Bergamini. E il mondo di Keltia, nel
quale ogni tanto mi rifugiavo in cerca di libertà, deve lasciare spazio al
mondo reale, quello in cui ho deciso di combattere in prima persona, per
affermare il diritto - conclude - di difendere la mia dignità di individuo e la
mia voglia di disegnare un futuro che mi piaccia".
(29 novembre 2007)