CENACOLO  DEI  COGITANTI

PRIMA PAGINA

TUTTI I DOSSIER

CRONOLOGICA

 

 

Report "Obama"  30-4-2009


Indice degli articoli

Sezione principale: Obama

"Febbre suina, pandemia imminente" ( da "Stampaweb, La" del 30-04-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Barack Obama ha ammesso che «la situazione è grave» e si è detto pronto a prendere «tutte le misure necessarie». In Egitto, dove non è stato segnalato finora nessun caso di influenza né fra i maiali né fra gli umani, il governo ha tuttavia ordinato l?

Viviamo tempi inaspettati: l'automobile italiana va in soccorso di quella americana, un giovane... ( da "Stampa, La" del 30-04-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Ho avuto la fortuna di seguire Barack Obama, Presidente da cento giorni, in giro per gli Stati Uniti negli ultimi due anni e al di là delle sue parole d'ordine, «Speranza» e «Cambiamento», trovo che la sua vera forza sia la capacità di guardare avanti, di non farsi ingabbiare dentro schemi ideologici che appartengono ad un altro secolo.

Ma i concessionari vanno dall'avvocato ( da "Stampa, La" del 30-04-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: la task force di Obama vorrebbe una drastica riduzione della rete sul modello di quella appena annunciata da Gm. Anche perché i contratti, oltre ad essere particolarmente onerosi, sono strutturati in maniera tale da comportare per la casa automobilistica inefficienze e duplicazioni non sostenibili con questa fase del mercato.

Bombardier tenta lo sbarco negli Usa ( da "Stampa, La" del 30-04-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: dove Barack Obama vuole rivoluzionare il sistema di trasporti ferroviari. Ansaldo Breda e Bombardier parteciperanno con il V300 Zefiro, un'unità multipla disegnata da Zagato e composta da otto vetture nella configurazione tipica, lunga 200 metri, con una capacità di oltre 500 posti e allungabile fino a 400 metri con l'aggiunta di vetture doppie.

Barack, 100 giorni contro gli "ingordi di Wall Street" ( da "Stampa, La" del 30-04-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Nel centesimo giorno da presidente Barack Obama sbarca a Arnold, in Missouri, per un «town meeting» con le famiglie del Mid-West bianco, anglosassone e protestante e sfrutta l'occasione per puntare l'indice contro «coloro che prestano i soldi» accusandoli di essere il tallone d'Achille dell'economia.

[FIRMA]FRANCESCO SEMPRINI WASHINGTON Il futuro dell'asse Torino-Detroit è solo quest... ( da "Stampa, La" del 30-04-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Barack Obama rompe gli indugi intervenendo sul nodo auto da St. Louis, Missouri, in occasione dei suoi primi cento giorni di governo. «Speriamo» che l'accordo si faccia anche se non «sappiamo ancora» se andrà a buon fine, dice il presidente che ne ribadisce la convenienza per lo stesso gruppo americano.

obama, i cento giorni di un uomo tranquillo - washington ( da "Repubblica, La" del 30-04-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Pagina 1 - Prima Pagina Il personaggio Obama, i cento giorni di un uomo tranquillo WASHINGTON Faceva molto freddo, 100 giorni or sono, quando la lingua del giudice Roberts e quella del presidente si congelarono sulla formula del giuramento e milioni di persone trattennero il respiro.

il virus colpisce gli stati uniti la vittima è un bimbo messicano - (segue dalla prima pagina) dal nostro inviato ( da "Repubblica, La" del 30-04-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Obama: "Chiudere le scuole del contagio" Aveva 23 mesi, quando è stato ricoverato l´emergenza non era ancora nota Un´altra bimba muore in Messico: le avevano diagnosticato la varicella Il presidente: "La situazione è molto seria, e richiede il massimo delle precauzioni" (SEGUE DALLA PRIMA PAGINA) DAL NOSTRO INVIATO alberto flores d´

"l'influenza suina arriverà in italia" l'oms: la pandemia è imminente - mario reggio ( da "Repubblica, La" del 30-04-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha ammesso che «la situazione è grave, sono pronto a prendere tutte le misure necessarie, fino alla chiusura delle scuole». Secondo l´Oms sono stati i viaggi aerei a far uscire il virus della nuova influenza dal Messico per diffonderlo in altri Paesi.

oggi l'accordo fiat-chrysler ma c'è anche la bancarotta pilotata - paolo griseri ( da "Repubblica, La" del 30-04-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: è anche la bancarotta pilotata Obama: bene i manager del Lingotto, serve un sacrificio dai creditori Continua il pressing sui creditori che ancora non hanno detto sì al piano PAOLO GRISERI TORINO - L´accordo è cosa fatta. Verrà annunciato oggi a Washington e sancirà l´alleanza tra Fiat e Chrysler consegnando al Lingotto la gestione della più piccola delle tre sorelle di Detroit.

dalla teoria della sopravvivenza al blitz di detroit in cinque mesi la svolta americana di marchionne - (segue dalla prima pagina) salvatore tropea ( da "Repubblica, La" del 30-04-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Obama alla strategia di Marchionne è eccezionale. Il neopresidente dichiara la Fiat ha tutte le caratteristiche per essere il migliore alleato della Chrysler. Ma la strada verso l´accordo non è in discesa. Se la Chrysler vuole incassare i 6 miliardi di dollari in aggiunta ai 4 già ottenuti dal governo americano deve presentare entro il 30 aprile un piano credibile che preveda un

insulti alla lario sui blog, osanna su facebook - carmelo lopapa ( da "Repubblica, La" del 30-04-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: si erigeva il muro in difesa della «nostra Obama», «Veronica leader del Pd», «Lario for president», «Ti amo, sposami», fino al «santa subito». Margherita Boniver, sette legislature alle spalle, attraversa in elegante tailleur il Transatlantico e racconta che sì, «Veronica non la vedo da tempo, ultimamente mi sembra una donna molto amareggiata.

Geithner spinge per la riforma delle credit card ( da "Stampa, La" del 30-04-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: L'amministrazione Obama guarda «alla creazione di un mercato delle carte di credito più stabile, efficiente e amico dei consumatori», spiega Geithner, sottolineando che fra i principi per una riforma figurano il bando degli «ingiusti aumenti dei tassi» e delle «sanzioni e commissioni abusive».

Il Pil Usa affonda ancora: -6,1% ( da "Stampa, La" del 30-04-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Una buona notizia per il presidente Barack Obama dopo la doccia fredda del dato sul Pil giunta al compimento dei primi cento giorni di governo. Obama paga il dazio di una pesante eredità lasciata dal suo predecessore, come spiega Carolyn B. Maloney, presidente del Joint Economic Committee: «La sbornia da amministrazione Bush è peggiore del previsto».

Dellacasa col Crocetta per pareggiare i conti ( da "Stampa, La" del 30-04-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Mister Obama? No i cestisti del Dellacasa Trino che stasera in gara2 delle semifinali playoff di serie C si giocano una grossa fetta delle proprie ambizioni. Al Pala Ferraris di Casale (fischio d'inizio alle 21) i biancoblù dovranno ammortizzare la sconfitta nella prima partita contro i torinesi del Crocetta: impresa non semplice ma neppure quella «

l'orgoglio di obama cento giorni dopo "l'america si è alzata dalla polvere" - (segue dalla prima pagina) vittorio zucconi ( da "Repubblica, La" del 30-04-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: VITTORIO ZUCCONI Si chiedevano che cosa avesse mai fatto l´America eleggendo questo Barack Hussein Obama, di colpo spaventati da tanta audacia. Ora fa caldo, a Washington, e si può respirare. «E´ cominciata la ricostruzione, l´America si è alzata dalla polvere», come ha detto lui ieri. Obama non ha cambiato il mondo, ha cambiato il vento che dall´America soffia sul mondo.

michelle "la più bella", barack "il più amato" ( da "Repubblica, La" del 30-04-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Lui, Barack Obama, è il presidente più amato dell´ultimo ventennio, con un indice di gradimento del 63 per cento assegnatogli dal prestigioso Pew Research. è un risultato di gran lunga superiore rispetto al 56 per cento strappato nei primi 100 giorni da George W.

al jazeera con obama sbarca a washington ( da "Repubblica, La" del 30-04-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Al Jazeera con Obama sbarca a Washington WASHINGTON - La tv satellitare Al Jazeera sarà visibile nelle case di Washington. Il canale all news con sede nel Qatar aveva lanciato oltre due anni fa una rete in lingua inglese, aprendo anche una sede nella capitale Usa, ma finora solo due piccole reti via cavo che operano in Vermont e in Ohio avevano deciso di trasmetterne il segnale.

pil usa, tonfo del 6%. fed: ma la crisi rallenta - elena polidori ( da "Repubblica, La" del 30-04-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Obama. Se sommato al ribasso dei precedenti tre mesi (meno 6,4%) un semestre così nero non si vedeva da cinquant´anni. Contemporaneamente, le autorità tedesche tagliano dal 2,25 al 6% la performance del Pil: è «la recessione peggiore dal 1945», ammette il ministro Steinbrueck, è il peggior risultato dalla riunificazione delle due Germanie quando il dato segnava un rosso dello 0,

samuelson: ripresa avvistata però serve ancora pazienza - eugenio occorsio ( da "Repubblica, La" del 30-04-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: persino per un presidente come Obama che ha un consenso popolare senza precedenti (63% all´ultimo sondaggio Abc, ndr), percorrere per ogni provvedimento una laboriosa e spesso tortuosa via parlamentare, convincere gli elettori, a volte addirittura i partner internazionali, e quindi conquistare al Congresso una misura dietro l´altra».

banda di incompetenti ( da "Repubblica, La" del 30-04-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: ortodossi Banda di incompetenti Regole ferree Stiamo ancora pagando gli errori di Bush e della sua banda di economisti incompetenti Obama ora deve fare qualcosa di più diretto per la gente, per chi non può pagare il mutuo Misure non-ortodosse Approntare da subito una serie di regole nuove, molto precise e ferree, per controllare i mercati

finmeccanica punta su berlusconi "sul nuovo elicottero convinca obama" ( da "Repubblica, La" del 30-04-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Sul nuovo elicottero convinca Obama" «Sono certo che Berlusconi ci darà una mano». Il numero uno di Finmeccanica, Pier Francesco Guarguaglini, è sicuro che il premier convincerà Barack Obama (insieme nell´immagine a sinistra) a confermare l´ordine per il nuovo elicottero della Casa Bianca (nella foto in alto un prototipo).

amos oz: "le mie due penne per raccontare israele" - tel aviv ( da "Repubblica, La" del 30-04-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: L´elezione di Barack Obama le suscita speranze? «Sì, ma ha creato delle aspettative messianiche. Ovviamente, sono contento che sia diventato Presidente e, se fossi stato americano, l´avrei votato anch´io. Credo però che non si siano accorti di aver eletto un intellettuale».

Cade il Pil Usa, ma la crisi ora è meno grave ( da "Corriere della Sera" del 30-04-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Corriere della Sera sezione: Prima Pagina data: 30/04/2009 - pag: 1 I cento giorni di Obama: fiducioso per il futuro Cade il Pil Usa, ma la crisi ora è meno grave «Fiducioso per il futuro ma non contento del presente». Si è definito così il presidente Barack Obama celebrando i suoi primi 100 giorni da inquilino della Casa Bianca.

Cade il Pil Usa, meno 6,1% Ma Borse e consumi salgono ( da "Corriere della Sera" del 30-04-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: E se ci fosse una epidemia di febbre suina, la Borsa ne risentirebbe in maniera drammatica. Ciò nonostante, la Casa Bianca ripete che il presidente Obama, che ieri ha celebrato i suoi primi 100 giorni, vede sempre «barlumi di speranza». Ennio Caretto

Fiat e Chrysler alle nozze, il giorno della firma ( da "Corriere della Sera" del 30-04-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: il giorno della firma Obama: banche, sacrifici come i lavoratori. Resta l'ipotesi della bancarotta pilotata MILANO - La firma sarebbe cosa fatta. Ma la cautela è ovvia - non è escluso un passaggio dalla bancarotta pilotata - e porta all'ultimo pressing. Firmato direttamente Barack Obama: «I lavoratori Chrysler hanno fatto enormi sacrifici.

E le tute blu Usa ora si affidano all'economista italiana di New York ( da "Corriere della Sera" del 30-04-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: dal tipo di riforma sanitaria che verrà introdotta da Obama». Traduzione: se in Europa, dove previdenza e sanità sono garantite dallo Stato, un sindacato può anche provare a inventare percorsi originali di cogestione, negli Usa il fondo Veba dovrà puntare solo al profitto, se non vuole lasciare i dipendenti senza cure mediche.

anche dal Vaticano ( da "Corriere della Sera" del 30-04-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Così titola oggi in prima pagina L'Osservatore Romano (foto) riferendosi all'operato di Obama. Meno peggio del previsto: finora osserva il quotidiano organo ufficiale della Santa Sede la nuova amministrazione americana non ha apportato nessuna radicale novità in bioetica

Obama, 100 giorni e una promessa all'America ( da "Corriere della Sera" del 30-04-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Obama, 100 giorni e una promessa all'America «Ci stiamo rialzando: abbiamo iniziato il lavoro di rifare questo Paese» DAL NOSTRO CORRISPONDENTE WASHINGTON Cento giorni dopo essere entrato alla Casa Bianca, Barack Obama è «lieto dei progressi compiuti, ma non soddisfatto», è «fiducioso per il futuro, ma non contento del presente »

e lode ( da "Corriere della Sera" del 30-04-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: 14 9 Obama Presidente Ha subito dimostrato che le qualità del grande candidato vanno bene anche alla Casa Bianca: sangue freddo, coraggio, leadership. Qualche scivolone in pubblico 10 e lode Michelle First lady Padrona del lavoro e della propria immagine, ha modernizzato il ruolo della first lady scegliendosi temi e battaglie.

Lo slogan elettorale di Ahmadinejad: in farsi ( da "Corriere della Sera" del 30-04-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Punta sullo stesso slogan di Obama e sullo status di ex professore universitario (lo è stato prima di diventare sindaco di Teheran). Ahmadinejad copia Obama? Così sostiene il Guardian, affermando che se l'Iran ha accolto con scetticismo l'offerta di amicizia del presidente Usa, i due leader si ritrovano almeno d'accordo sugli slogan.

Garzón apre un'inchiesta sulle torture a Guantánamo ( da "Corriere della Sera" del 30-04-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Obama ha annunciato la chiusura della prigione entro l'anno, ma ha preferito non aprire indagini e non cercare colpevoli tra i consiglieri del suo predecessore, George W. Bush, che idearono il carcere nell'isola di Cuba. Dal 2005 la giustizia spagnola si riconosce una competenza internazionale nel perseguire crimini contro l'

Gheddafi chiude la tv del figlio e (ex) delfino Saif ( da "Corriere della Sera" del 30-04-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Ma nessuna missione per conto di papà: nella Washington di Obama c'è andato il fratello Moatessem. E silenzio su cosa stesse facendo. Poi il raid contro la tv. Saif, a quanto pare, ha davvero perso i favori del Colonnello. Cecilia Zecchinelli Propaganda Un poliziotto libico davanti al manifesto di Muammar Gheddafi e di suo figlio Saif (Afp/Mahmud Turkia)

Primo morto negli Usa, ( da "Corriere della Sera" del 30-04-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: saliti a un centinaio i casi accertati in 10 Stati americani e alla Casa Bianca il presidente Obama ha invitato l'America «alla massima vigilanza» e, se necessario, «alla chiusura precauzionale di alcune scuole per contenere il contagio». Ma Obama ha respinto con forza gli appelli ad innalzare muri al confine, lanciati dai conservatori al Congresso dopo il caso del bimbo messicano.

( da "Corriere della Sera" del 30-04-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Barack Obama, Hillary Clinton, Ted Kennedy, Irwin Cotler ed io siamo tutti liberal e pro-Israele, come il resto della sinistra moderata Usa». La sua coscienza sionista è germogliata a Williamsburg, il quartiere di Brooklyn dove è nato nel 1938 da una coppia di origine polacca: Claire, computista, e Harry, fondatore della Young Israel Synagogue:

Il capitolo finale della sua trilogia ( da "Corriere della Sera" del 30-04-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Barack Obama a un procione e illustra invece i suoi desideri carnali verso Sarah Palin. Ellroy ha tenuto lo stesso comportamento vivace l'altro giorno al festival del libro del «Los Angeles Times» dove, in papillon e rigatino bianco anni '50 ha raccontato aneddoti salaci mimando atti di autoerotismo davanti a una platea di fan deliziati.

Darfur, il digiuno di Mia ( da "Corriere della Sera" del 30-04-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Come giudica l'operato del presidente Obama sul Sudan? «Durante la campagna elettorale Obama e il suo vice Joe Biden fecero molte promesse per il Darfur e nessuno ha votato per loro con più entusiasmo di me. Purtroppo alle promesse non sono seguiti i fatti e quando Obama ha nominato un inviato nella regione, era ormai troppo tardi».

Usa, i primi 100 giorni di Obama "Buona partenza, ma è solo l'inizio" ( da "Repubblica.it" del 30-04-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: ha detto Obama, ma per la quale sarebbe inutile chiudere i confini col Messico: "Sarebbe come chiudere la porta della stalla quando i buoi sono già scappati". OAS_RICH('Middle'); Sul fronte internazionale, Obama ha parlato di Pakistan e della guerriglia talebana e di al Qaeda e ha avvertito che per il governo di Islamabad "la maggiore minaccia alla sicurezza viene oggi dall'

Il virus colpisce gli Stati Uniti la vittima è un bimbo messicano ( da "Repubblica.it" del 30-04-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: e alle preoccupate dichiarazioni di Barack Obama: "La situazione è seria, talmente seria da richiedere le massime precauzioni. Siamo pronti a fare tutto il necessario, anche chiudere le scuole dove ci sono stati contagi". OAS_RICH('Middle'); Per i medici di Houston è "impossibile fare una previsione" sulla diffusione del contagio.

Creditori all'assalto della GM Da loro una contro offerta ( da "Repubblica.it" del 30-04-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: offerta alla task force dell'auto del presidente Obama, che darebbe loro il controllo della casa automobilistica. Il comitato che rappresenta i creditori vorrebbe respingere l'offerta, avanzata da Gm il 27 aprile, di scambiare i loro titoli con una quota del 10% nel capitale del gruppo. Il termine fissato per le adesioni e' il primo giugno.

"La Twitter mania dura un mese" Lascia il 60 per cento degli utenti ( da "Repubblica.it" del 30-04-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Barack Obama, lo hanno usato e ne sono diventati loro malgrado importanti testimonial. Come nel caso dell'attore Ashton Kutcher, che ha sfidato la Cnn, scommettendo che avrebbe raggiunto quota un milione di sostenitori su Twitter prima del gigante informativo, o sua moglie, l'attrice Demi Moore, che avrebbe addirittura impedito a una donna in California di suicidarsi grazie al sito.

I cento giorni di un uomo tranquillo ( da "Repubblica.it" del 30-04-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Si chiedevano che cosa avesse mai fatto l'America eleggendo questo Barack Hussein Obama, di colpo spaventati da tanta audacia. Ora fa caldo, a Washington, e si può respirare. "E' cominciata la ricostruzione, l'America si è alzata dalla polvere", come ha detto lui ieri. Obama non ha cambiato il mondo, ha cambiato il vento che dall'America soffia sul mondo.

Fazio: "A casa chi torna dal Messico" Oms, 260 casi nel mondo ( da "Repubblica.it" del 30-04-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: di Barak Obama potrebbe aver contratto il virus dell'influenza suina. Lo ha riferito la Casa Bianca, sottolineando che si tratterebbe di un membro della delegazione che accompagnò il presidente americano nella missione in Messico del 16 aprile. Intanto negli Stati Uniti sono state chiuse oltre 4mila scuole e 170mila studenti sono rimasti a casa in particolare in Texas e New York,


Articoli

"Febbre suina, pandemia imminente" (sezione: Obama)

( da "Stampaweb, La" del 30-04-2009)

Argomenti: Obama

ROMA L’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) ha innalzato stasera da 4 a 5 il suo livello di allarme sull«influenza suinà, segno che considera una pandemia come «imminente». Nel frattempo, nuovi casi sono stati confermati oggi in Messico, Europa e Stati Uniti: la malattia si è diffusa fino a totalizzare i 192 casi ufficialmente confermati in tutto il mondo, almeno 114 secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), i cui dati sono in genere inferiori perché procede a verifiche più approfondite. Durante la giornata, in Messico sono stati confermati 23 nuovi casi, che hanno portato a 49 il totale: il Paese dove l’epidemia ha avuto origine ha confermato la morte di 7 persone, ma ci sono sospetti su 159 decessi, con 1.311 ricoveri e 2.498 casi sospetti in totale. E mentre la Federazione di calcio messicana ha deciso di far giocare tutte le 176 partite di calcio di questo fine settimana senza pubblico, il sindaco della capitale, Città del Messico, ha indicato che se l’epidemia si stabilizzerà, potrebbe revocare l’ordine di chiusura dei luoghi pubblici fino al 5 maggio. Negli Stati Uniti, la situazione non è ancora così grave, ma diventa sempre più preoccupante: oltre alla morte di un bambino messicano di due anni - che era in Texas con la famiglia per trovare dei parenti - sono stati ormai confermati 92, in 10 Stati, dalla costa est a quella ovest. Fra gli altri casi di contagio, in serata il Pentagono ha confermato quello di un membro dei marines nel sud della California. Ma anche in Europa si sono registrati nuovi casi: 6 in Spagna (di cui uno che non proveniva dal Messico, anche se la fidanzata era stata recentemente in quel paese), che portano il totale nel paese iberico a 10; 3 in Gran Bretagna, che ormai ne totalizza 5; 3 in Germania e uno in Austria. E la Nuova Zelanda ha confermato il contagio di 14 persone tornate dal Messico. L’Oms, in una riunione d’urgenza convocata in serata a Ginevra, ha deciso di alzare il livello di allarme da 4 a 5, il penultimo prima della dichiarazione ufficiale di pandemia. Il livello 5 significa che una pandemia è considerata come «imminente» ed è considerata tale quando vi sono focolai autonomi in almeno due paesi della stessa regione del mondo. La direttrice dell’Oms Margaret Chan ha chiesto a tutti i paesi del mondo di «attivare immediatamente il loro piano di preparazione alla pandemia». Chan ha ricordato che nel caso di una pandemia «è davvero tutta l’umanità ad essere minacciata» dalla malattia, ma ha anche sottolineato che, dopo la paura per l’influenza aviaria negli scorsi anni, il mondo è preparato a un’eventuale epidemia globale planetaria come non lo è mai stato prima nella storia. Diversi Paesi hanno già annunciato misure d’emergenza: negli Stati Uniti, il governo federale ha deciso di distribuire ai singoli Stati riserve dell’antivirale Tamiflu sufficienti al trattamento di 11 milioni persone, nel caso in cui fosse necessario. Barack Obama ha ammesso che «la situazione è grave» e si è detto pronto a prendere «tutte le misure necessarie». In Egitto, dove non è stato segnalato finora nessun caso di influenza né fra i maiali né fra gli umani, il governo ha tuttavia ordinato l’abbattimento di tutti i maiali negli allevamenti del paese, stimati a 250.000. Una misura che ha rilanciato le polemiche, dato che gli allevatori di tutto il mondo ma anche alcune istituzioni come la Commissione europea vorrebbero che il virus - che già si trasmette direttamente fra gli umani - non fosse associato alla carne suina: la contrazione della malattia, ha detto la commissaria Ue alla Salute Anrdroulla Vassiliou, «nulla a ha che fare con la carne di maiale, che se mangiata cotta è perfettamente sana». Nel frattempo la Francia (dove sono sotto esame due casi sospetti) ha annunciato che intende chiedere all’Ue la sospensione dei voli verso il Messico. La questione - già evocata oggi in una riunione già in programma dei ministri dei Trasporti dei 27 - sarà sul tavolo della riunione straordinaria dei ministri della Salute convocata per domani a Lussemburgo.

Torna all'inizio


Viviamo tempi inaspettati: l'automobile italiana va in soccorso di quella americana, un giovane... (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 30-04-2009)

Argomenti: Obama

Viviamo tempi inaspettati: l'automobile italiana va in soccorso di quella americana, un giovane afroamericano guida la nazione più potente del mondo, in pochi mesi è stata bruciata più ricchezza che in due guerre mondiali. L'incertezza è la cifra delle nostre vite e anche i giornali sono divisi tra la passione di raccontare una stagione eccezionale e la paura per una crisi che non li risparmia. Nel mondo occidentale c'è chi chiude i quotidiani, chi scommette sulla loro scomparsa e chi si ostina a credere, tenacemente, che proprio in mezzo alle difficoltà si debba guardare lontano. Immaginare sfide completamente nuove. «Non è importante quante volte cadi ma quanto in fretta ti rialzi», recita un motto popolare negli Stati Uniti: farlo proprio significa cercare di vedere possibilità e occasioni nelle avversità. Così nella crisi globale della carta stampata, davanti alla necessità di ripensare i modelli tradizionali di giornalismo, Torino, casa di questo giornale, può esserci di esempio: si era persa nella fine della città fabbrica, ma ha trovato la forza di ripensarsi e di rinascere diversa, piena di fermenti e di energie nuove. Si parla molto del declino dei giornali e non possiamo negare che la tecnologia moltiplica le possibilità di ricevere informazioni e riduce i tempi dedicati alla lettura, ma poi ogni mattina oltre trecentomila persone ripetono il gesto di comprare La Stampa. A tutto questo dobbiamo provare a dare risposte: il flusso quotidiano su Internet, le notizie più fresche sui cellulari e le e-mail, mentre il senso della giornata troverà ancora il suo approdo naturale nella carta stampata. Diversi i supporti, identici i valori di fondo, quelli che si sono tramandati per quasi un secolo e mezzo: l'amore per il lavoro fatto con cura, l'etica della responsabilità, i fatti, non le ideologie. Così come la fedeltà alla tradizione laica, da intendersi come rispetto delle posizioni, delle idee, delle fedi. La Stampa continuerà ad essere un giornale con le sue radici in Piemonte, in Liguria e in Valle d'Aosta, ma che non rinuncia a parlare al resto dell'Italia e a raccontare cosa accade a Napoli e a New York, a Parigi e a Pechino. Il segreto di questo giornale è di non essersi mai chiuso nel suo territorio ma di aver raccolto gli stimoli migliori che venivano da tutto il Paese e dall'altra parte delle Alpi. Ho avuto la fortuna di seguire Barack Obama, Presidente da cento giorni, in giro per gli Stati Uniti negli ultimi due anni e al di là delle sue parole d'ordine, «Speranza» e «Cambiamento», trovo che la sua vera forza sia la capacità di guardare avanti, di non farsi ingabbiare dentro schemi ideologici che appartengono ad un altro secolo. «Sono convinto - ha scritto nel suo libro più famoso - che ogni volta che esageriamo, demonizziamo o siamo arroganti, siamo condannati alla sconfitta. Sono la caccia alla purezza ideologica, l'ortodossia rigida e l'eterna prevedibilità del dibattito che ci impediscono di vedere le sfide che abbiamo davanti». La sfida per i giornali è oggi quella di riuscire a decifrare la complessità offrendo chiavi di lettura. È di essere credibili, affidabili, corretti e curiosi. Il giornalismo non è intrattenimento, tanto meno l'inseguimento dell'ultima stranezza: mi sta a cuore che si spieghi se la febbre suina è davvero pericolosa, senza cadere in un sensazionalismo fine a se stesso, o se un terremoto può essere previsto senza farsi condizionare dalle convenienze politiche. Adesso per me comincia un'avventura nuova come direttore di questo giornale, e ho un doppio debito di gratitudine verso Giulio Anselmi non solo per avermi lasciato un giornale bello e autorevole, ma anche per aver creduto in me quando mi assunse all'Ansa diventando il mio primo direttore. Il direttore che invece non ho mai avuto è stato Indro Montanelli. Quando vent'anni fa mi chiese se volevo fare il praticante, non ne avevo l'età e stavo iscrivendomi all'università, però poi mi regalò una passeggiata nei giardini di Porta Venezia, a Milano. Di quella camminata mi piace ricordare la sola cosa che secondo lui avrei dovuto stamparmi in testa: «I giornalisti sono al servizio dei giornali e i giornali dei lettori. Chi pensa il contrario farebbe bene a cambiare mestiere». mario.calabresi@lastampa.it

Torna all'inizio


Ma i concessionari vanno dall'avvocato (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 30-04-2009)

Argomenti: Obama

Ma i concessionari vanno dall'avvocato La Casa Bianca vuole ridurre la rete di vendita sovradimensionata [FIRMA]DETROIT DALL'INVIATO Sono i dealer, la catena dei rivenditori dei marchi Chrysler, Dodge e Jeep, uno dei nodi della trattativa in corso a Washington con il Tesoro Usa per il salvataggio della Chrysler. Dopo il via libera dei sindacati e quello delle quattro principali banche coinvolte (JpMorgan, Citigroup, Goldman Sachs e Morgan Stanley), spiegano fonti legali, resta da trovare una soluzione per la rete di vendita. Una rete, spiegano le stesse fonti, nata all'inizio del decennio su una prospettiva di vendita di 4 milioni di auto all'anno contro 1,2 milioni venduti nel 2008. Per ristrutturare il gruppo e salvare Chrysler, la task force di Obama vorrebbe una drastica riduzione della rete sul modello di quella appena annunciata da Gm. Anche perché i contratti, oltre ad essere particolarmente onerosi, sono strutturati in maniera tale da comportare per la casa automobilistica inefficienze e duplicazioni non sostenibili con questa fase del mercato. Ma i contratti stipulati, spiegano le stesse fonti, prevedono penali molto onerose in caso di rescissione e tali da compromettere la fattibilità del salvataggio. Uno scoglio, quello dei rapporti con la rete di vendita, che potrebbe essere superato con il ricorso al Chapter 11, come spiegato tre giorni fa da Ron Bloom, della task force di Obama, incontrando i rappresentanti dei dealer. La procedura di protezione dai creditori permetterebbe infatti di tagliare la rete e congelare le pretese dei dealer, che verrebbero «risarciti» solo una volta che il gruppo risanato esce dalla procedura. Per questo, l'associazione dei rivenditori Chrysler, che non partecipa alle trattative di Washington, avrebbe ingaggiato lo studio legale Arnold & Porter per rappresentarla in caso di bancarotta del gruppo. Una mossa analoga è stata fatta dai dealers di General Motors, che ha annunciato nei giorni scorsi il taglio di 2.600 punti vendita nell'ambito del suo piano di ristrutturazione.\

Torna all'inizio


Bombardier tenta lo sbarco negli Usa (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 30-04-2009)

Argomenti: Obama

Vado Ligure Bombardier tenta lo sbarco negli Usa Bombardier e Ansaldo Breda parteciperanno alla gara per il treno ad alta velocità degli Stati Uniti, dove Barack Obama vuole rivoluzionare il sistema di trasporti ferroviari. Ansaldo Breda e Bombardier parteciperanno con il V300 Zefiro, un'unità multipla disegnata da Zagato e composta da otto vetture nella configurazione tipica, lunga 200 metri, con una capacità di oltre 500 posti e allungabile fino a 400 metri con l'aggiunta di vetture doppie. Il sistema di propulsione consente al treno di raggiungere la velocità di 350 chilometri all'ora. Sarà prodotto alla Bombardier di Vado Ligure e all'Ansaldo Breda a Napoli e Pistoia. \

Torna all'inizio


Barack, 100 giorni contro gli "ingordi di Wall Street" (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 30-04-2009)

Argomenti: Obama

Analisi La grande sfida della Casa Bianca LA PLATEA LA RECESSIONE AMERICA ARLEN SPETER L'IMPEGNO Barack, 100 giorni contro gli "ingordi di Wall Street" MAURIZIO MOLINARI Nel Mid-West le famiglie della classe media lavorano per le quattro ruote «Abbiamo fatto progressi ma non sono ancora del tutto soddisfatto» CRISI E RICETTE Il senatore repubblicano è passato con i democratici, vicini ai 60 seggi al Senato «Lavoro per voi ogni giorno Porto le vostre parole con me a Washington» I signori dei soldi «I contribuenti hanno dato denaro ai finanzieri per aiutare il salvataggio di Chrysler» Il Presidente parte dall'auto per strigliare le banche CORRISPONDENTE DA NEW YORK Sono i signori dei soldi che rischiano di far fallire l'accordo su Chrysler». Nel centesimo giorno da presidente Barack Obama sbarca a Arnold, in Missouri, per un «town meeting» con le famiglie del Mid-West bianco, anglosassone e protestante e sfrutta l'occasione per puntare l'indice contro «coloro che prestano i soldi» accusandoli di essere il tallone d'Achille dell'economia. E l'occasione per il nuovo affondo contro gli «ingordi» di Wall Street è proprio la trattativa sull'alleanza Fiat-Chrysler che, a 24 ore dalla scadenza fissata dal governo per la sua conclusione, incontra qualche residua resistenza da parte di banche e obbligazionisti titolari di crediti per circa 7 miliardi di dollari. «Non so ancora se l'accordo ci sarà o meno», dice il presidente, drammatizzando volutamente la situazione e alzando il tono della voce per far trapelare la propria irritazione verso il tassello mancante: «Una delle questioni chiave che resta da chiarire è se i creditori, i titolari di obbligazioni e la gente dei soldi di Wall Street sono pronti ad affrontare i sacrifici come stanno facendo i lavoratori» che attraverso i sindacati hanno accettato i compromessi proposti dalla task force governativa. Obama adopera a più riprese l'espressione «money people» per riferirsi alle banche che ancora avrebbero qualche esitazione a dare luce verde all'intesa, ben conscio che però l'accordo sarebbe di fatto raggiunto. Vuol far vedere che si mette dalla parte dei contribuenti dicendo che «hanno accettato di dare loro soldi alle istituzioni finanziarie per facilitare l'intesa» e ribadisce la fiducia nella partnership con Fiat «perché è un'azienda che ha fatto un buon lavoro nel trasformare la propria industria» riuscendo a risalire la china. Se il presidente sceglie il terreno del futuro dell'auto per l'affondo che segna la ricorrenza dei 100 giorni è perché nel Mid-West afflitto dalla crisi economica è questo il settore dell'industria al quale le famiglie della classe media guardano con maggiore interesse. Il messaggio del presidente non potrebbe essere più chiaro: se Chrysler non riuscisse ad allearsi con Fiat e arrivasse un brutale fallimento, decine di migliaia di americani diventerebbero disoccupati a causa della scelta delle «banche creditrici» che dopo essere state salvate da iniezioni di soldi pubblici non vogliono ora sacrificare i propri profitti per salvare uno dei giganti di Detroit. Incalzato dalle domande del pubblico, Obama aggiunge altre cartucce all'offensiva contro «gli speculatori di Wall Street»: «Uno dei potenziali vantaggi della fusione fra Chrysler e Fiat sta che nel fatto che consentirebbe la produzione di macchine capaci di risparmiare carburante, di essere basate sull'energia pulita che va incontro ai bisogni futuri del mercato». Come dire, il motore verde che Fiat propone per le nuove auto Chrysler risponde alla scommessa sull'energia pulita nella quale l'amministrazione crede per rilanciare l'economia ma anche su questo fronte i «money people» sembrano avere priorità diverse dal resto della nazione. Se nei primi due mesi di governo Obama aveva cavalcato lo sdegno pubblico contro i manager di Wall Street destinatari di bonus milionari a dispetto della recessione, adesso la scelta è di affondare i colpi contro le «banche creditrici», prime fra tutte JPMorgan Chase, Goldman Sachs, Citogroup e Morgan Stanley che detengono assieme circa il 70 per cento dei debiti di Chrysler. Anche per questo Obama dice di essere «contento dei progressi fatti finora contro la recessione» ma senza potersi dire ancora «soddisfatto» anche perché nel primo trimestre dell'anno l'economia è arretrata del 6,1 cento, più più previsto. «Abbiamo iniziato a risollevarci, a liberarci dalla polvere ed a ricostruire l'America ma resta ancora molto da fare perché sin dal primo giorno di lavoro ci siamo trovati di fronte a sfide sena precedenti» aggiunge il presidente, rivendicando il merito di aver «mantenuto le promesse» varando programmi a favore delle famiglie su educazione, energia, sanità. Più che un discorso di bilancio su quanto fatto Obama rilancia l'approccio della campagna elettorale: «La mia vittoria è stata possibile perché il popolo americano ha voluto il cambiamento, mi sono candidato per ascoltare queste voci, le vostre voci, e per portarle con me a Washington, lavoro per voi ogni giorno e non voglio deludervi». Forte di una popolarità saldamente oltre la soglia del 60 per cento e sicuro di poter contare sul sostegno dei 13 milioni di fan riuniti dal guru David Plouffe in «Organizing for America», Obama punta ad usare il trampolino del traguardo dei 100 giorni soprattutto per vincere le resistenze di un Congresso che ancora esita a dare luce verde al bilancio da lui presentato. A ostacolare i piani dell'amministrazione sono la scelta dei repubblicani nell'arroccarsi su posizioni di opposizione e le divisioni fra i democratici, con i più moderati esitanti nel sostenere l'aumento consistente della spesa pubblica. Obama è convinto che il sostegno dell'opinione pubblica contro i «money people» possa aiutarlo a rompere questa fase di impasse e su questo cammino trova un importante alleato in Arlen Specter, il senatore repubblicano della Pennsylvania che decide di cambiare casacca consentendo ai democratici di arriare a quota 59 seggi, vedendo all'orizzone il quorum di 60 se la riconta dei voti in Minnesota finirà - come appare probabile - per premiare Al Franken a dispetto di Norman Coleman. È dal 1978 che un partito non riesce a controllare il Senato con 60 seggi, un numero dal forte valore politico perché impedisce all'opposizone di praticare l'ostruzionismo, consentendo di accelerare l'approvazione di leggi. Ma non è tutto. Specter è anche un senatore moderato che dal 1980 raccoglie i sostegni della classe media bianca impoverita nelle aree rurali della Pennsylvania come nei centri urbani del Missouri ed averlo dalla propria parte consente a Obama di ribadire la capacità di parlare a nome di coloro che «lavorano e soffrono» nei grandi spazi dell'entroterra continentale. Il fatto che sia stato il vicepresidente Joe Biden a mediare il cambio di partito di Specter permette anche alla Casa Bianca di risollevare l'immagine di un numero 2 che continua ad essere descritto dai media più per le continue gaffe che per il contributo all'amministrazione.

Torna all'inizio


[FIRMA]FRANCESCO SEMPRINI WASHINGTON Il futuro dell'asse Torino-Detroit è solo quest... (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 30-04-2009)

Argomenti: Obama

[FIRMA]FRANCESCO SEMPRINI WASHINGTON Il futuro dell'asse Torino-Detroit è solo questione di ore. La firma dell'accordo tra Chrysler e Fiat dovrebbe arrivare già oggi, come sostengo fonti di mercato, ma rimane da sciogliere il nodo della procedura. Il Tesoro degli Stati Uniti deve decidere se optare per il Chapter 11, ovvero una bancarotta pilotata di Chrysler nella quale si innesta l'alleanza con il gruppo torinese. Un'opzione che «Chrysler avrebbe remote possibilità di evitare», dice Bloomberg, ma per altre fonti non è scontato che la vicenda possa risolversi fuori dalle aule del tribunali. E mentre in Canada si dice che l'accordo è fatto al 90%, Barack Obama rompe gli indugi intervenendo sul nodo auto da St. Louis, Missouri, in occasione dei suoi primi cento giorni di governo. «Speriamo» che l'accordo si faccia anche se non «sappiamo ancora» se andrà a buon fine, dice il presidente che ne ribadisce la convenienza per lo stesso gruppo americano. «Uno dei potenziali vantaggi di questa fusione è rappresentato dalle tecnologie con le quali Chrysler potrebbe iniziare a produrre auto a basse emissioni aprendo così alle esigenze future del mercato». Obama pone l'accento sulle responsabilità del management: «Intendiamo fornire alcuni tipi di tutele ai pensionati in termini di assistenza sanitaria. Sarà oneroso per i contribuenti, ma io ritengo che siamo a questo punto perché con le loro decisioni i manager hanno tradito i lavoratori e non perché i nostri lavoratori non abbiano fatto un gran lavoro». Ma il suo è l'ennesimo tentativo di pressing sulle banche: «I lavoratori hanno fatto sacrifici, c'è la volontà anche da parte dei creditori di fare sacrifici?». Obama infine riserva un encomio particolare al Lingotto: «Il management di Fiat ha fatto un buon lavoro nel trasformare la sua industria. L'obiettivo è che Chrysler inizi a produrre auto che i consumatori vogliono». Intanto al Tesoro i 45 istituti votano sull'accordo raggiunto tra governo e le quattro grandi banche creditrici, ovvero Jp Morgan, Citigroup, Goldman Sachs e Morgan Stanley, che hanno acconsentito al taglio del debito da 6,9 miliardi a 2 miliardi di dollari. Si tratta di una svalutazione del 70% dell'esposizione ben lontana dalle richieste delle banche e che non piace ad alcuni dei 45 creditori, anche se si tratta di istituti minori. Sul fronte sindacale gli aderenti allo United Auto Workers votano l'intesa raggiunta con Chrysler sul piano di copertura sanitaria per i pensionati, la cui approvazione è data per certa. Sulla vicenda il presidente del Lingotto, Luca Montezemolo si limita a riferire le parole di Sergio Marchionne secondo cui «tutto quello che doveva essere fatto è stato fatto. Si tratta solo di aspettare». E proprio di bancarotta «probabile per Chrysler» aveva parlato l'ad di Fiat nel corso di una conversazione a Toronto con il presidente del sindacato Canadian Auto Workers (Caw), Ken Lewenza, spiegandogli che l'epilogo possibile per la più piccola delle case automobilistiche americane era appunto la «soft bankruptcy». Secondo le indiscrezioni trapelate più volte in questi giorni l'assetto dell'alleanza con o senza Chapter 11 prevede l'entrata di Uaw in Chrysler con una quota di capitale del 55%, Fiat col 35%, mentre il 10% residuo andrebbe a governo e banche ma non è chiaro in che forma e con quale ripartizione. L'operazione Fiat-Crhysler piace al ministro dell'Economia Giulio Tremonti che lo definisce «un segno molto buono nel mondo e per l'Italia» e un contributo per superare la crisi. Ma l'ipotesi non convince tutti: «Il piano di salvataggio messo a punto dal governo per Chrysler attraverso l'unione con l'italiana Fiat potrebbe trasformarsi in un grande flop che potrebbe costare miliardi di dollari ai consumatori americani se fallisse». Secondo gli esperti, infatti, in caso di bancarotta gestita il governo darebbe o garantirebbe 24 miliardi di «debtor-in-possession» per finanziamenti delle attività.

Torna all'inizio


obama, i cento giorni di un uomo tranquillo - washington (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 30-04-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 1 - Prima Pagina Il personaggio Obama, i cento giorni di un uomo tranquillo WASHINGTON Faceva molto freddo, 100 giorni or sono, quando la lingua del giudice Roberts e quella del presidente si congelarono sulla formula del giuramento e milioni di persone trattennero il respiro. SEGUE A PAGINA 16

Torna all'inizio


il virus colpisce gli stati uniti la vittima è un bimbo messicano - (segue dalla prima pagina) dal nostro inviato (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 30-04-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 12 - Esteri Il virus colpisce gli Stati Uniti la vittima è un bimbo messicano Era in vacanza in Texas. Obama: "Chiudere le scuole del contagio" Aveva 23 mesi, quando è stato ricoverato l´emergenza non era ancora nota Un´altra bimba muore in Messico: le avevano diagnosticato la varicella Il presidente: "La situazione è molto seria, e richiede il massimo delle precauzioni" (SEGUE DALLA PRIMA PAGINA) DAL NOSTRO INVIATO alberto flores d´arcais Stava già incubando la "nuova influenza" ma nessuno poteva saperlo, perché i sintomi, febbre alta, dolori alla testa e alla gola, si manifestano solo quattro giorni più tardi. Il medico che lo visita si rende conto della gravità della situazione e il piccolo viene ricoverato all´ospedale di Brownsville. Solo il 13 aprile, in condizioni sempre peggiori, viene trasportato d´urgenza al Texas Children Hospital di Houston, 600 chilometri più a nord. Nessuno è in grado di capire il virus che lo ha colpito (l´allarme per la "gripe porcina" sarà diffuso dopo due settimane), le cure sono inutili, lunedì 27 aprile il piccolo messicano muore, anche se la notizia viene diffusa solo ieri. Insieme alla conferma che è la prima vittima sul suolo americano (anche se non faceva parte della lista dei sei casi registrati in Texas) e alle preoccupate dichiarazioni di Barack Obama: «La situazione è seria, talmente seria da richiedere le massime precauzioni. Siamo pronti a fare tutto il necessario, anche chiudere le scuole dove ci sono stati contagi». Per i medici di Houston è «impossibile fare una previsione» sulla diffusione del contagio. I genitori del piccolo messicano non sono stati contagiati (così come sono risultate immuni dal virus anche le altre persone venute a contatto con lui) e del resto al Texas Children Hospital il suo caso era stato considerato per due settimane come «influenza stagionale» sia pure particolarmente acuta. I bambini sotto i cinque anni sono molto vulnerabili, ogni anno negli Stati Uniti 20mila bimbi vengono ricoverati in ospedale per la flu, nel 2008 per la «stagionale» ne erano morti 86 e quest´anno (fino all´11 aprile) sono già 53. Il bimbo morto a Houston era partito da Città del Messico, un´ulteriore conferma che questa capitale resta il punto centrale della crisi sanitaria che ha messo in allarme il mondo intero. Il sindaco del Distrito Federal ha detto ieri che il contagio si sta «stabilizzando» e che se nei prossimi giorni questa tendenza dovesse continuare si potrebbe «abbassare» l´allerta sanitaria. La megalopoli continua a vivere in un modo surreale. Chiusi bar, ristoranti e caffè; chiuse le scuole, i musei, i tribunali e da ieri anche i grandi siti archeologici aztechi e maya; annullate le manifestazioni sportive (con il campionato di calcio che prosegue solo a porte chiuse) e gli attesissimi gala di film come Star Trek e Angeli e Demoni; proibiti baci e carezze nelle telenovelas. L´immenso formicaio umano (quasi 23 milioni di abitanti) esce di casa solo quando vi è costretto dal lavoro. La capitale ha paura e le cifre ufficiali della «crisi sanitaria», spesso contraddittorie, non rassicurano. I morti della "gripe porcina" erano stati quantificati in 159 (martedì sera) ma adesso la certezza riguarda solo 7 fra loro. I nuovi casi «accertati» di persone (in vita) che hanno contratto il virus sono 23, numero che porta il totale ufficiale a 49, mentre nel week end il ministero della Sanità aveva parlato di 1.400 malati di cui 900 curati e dimessi. Per sapere la verità sui morti e capire quanti dei 159 siano effettivamente morti per la "nuova influenza" serviranno ancora giorni. Nel frattempo gli ospedali di Città del Messico sono presi d´assalto da centinaia di persone convinte di essere state contagiate ma che risultano poi avere l´influenza classica o anche un semplice raffreddore. Una psicosi collettiva, forse giustificata dalla paura e dalla mancanza di chiarezza, ma che non aiuta. Così oltre alle leggende metropolitane di chi parla di centinaia di morti «nascosti» dal governo ci sono anche terribili vicende personali molto gravi. Come quella di Maria Fernanda, una bimba di cinque anni, morta dopo essere stata dimessa da ben due ospedali, nonostante la febbre alta e i dolori alle ossa. Dopo averla visitata i medici le avevano diagnosticato una malattia esantematica, probabilmente varicella, e avevano giustificato i suoi dolori alle ossa con una frattura del femore. La notte in cui è tornata a casa ha inizia ad avere insufficienza respiratoria: «Il suo respiro si è fatto sempre più veloce, poi è finito del tutto», ha raccontato in lacrime la madre.

Torna all'inizio


"l'influenza suina arriverà in italia" l'oms: la pandemia è imminente - mario reggio (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 30-04-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 12 - Esteri Sull´Espresso "L´influenza suina arriverà in Italia" L´Oms: la pandemia è imminente Contagio da uomo a uomo, è "allerta 5". La Ue: pronti a bloccare i voli La crisi Nel nostro paese al momento si registrano solo casi sospetti Infettato in Spagna un giovane che non ha mai messo piede in Messico MARIO REGGIO ROMA - «L´influenza arriverà in Italia, anche se è improprio chiamarla febbre suina, ma non sappiamo ancora se si tratta di una "coda" che con il passare delle settimane si attenuerà. L´ipotesi peggiore sarebbe quella che il virus tra gli esseri umani si fermasse in estate, ma riprendesse in autunno, perché si mischierebbe con l´influenza annuale. Dobbiamo essere pronti a fronteggiare comunque l´emergenza». Così il sottosegretario alla Salute Ferruccio Fazio agli assessori regionali alla Sanità, nella riunione ristretta che si è tenuta ieri al ministero. Ed entro la prossima settimana le Regioni adegueranno i loro piani antipandemia, già sperimentati quando si affacciò l´allarme aviaria. Cresce, comunque, l´ansia tra la gente. Dalle 8 di martedì scorso, quando è stato attivato il numero verde del ministero della Salute, le richieste di informazioni hanno superato quota diecimila. Il Comitato d´emergenza dell´Organizzazione mondiale della Sanità è rimasto riunito per tutto il giorno, decidendo in serata l´innalzamento dello stato di allerta per l´influenza suina al livello 5, su una scala massima di sei e avvertendo che il rischio di pandemia è crescente: «Questi virus - ha avvertito il direttore generale Chang - noti per la capacità di estendersi molto rapidamente». Secondo l´Oms tutti i casi mortali si sono verificati in Messico, meno quello del bimbo avvenuto negli Stati Uniti nello Stato del Texas. Il numero due dell´Organizzazione, Keilji Fucuda ha precisato: «E´ chiaro che il virus si sta diffondendo e non ci sono segnali di un suo rallentamento. L´origine del virus proviene dai suini, ma i casi che osserviamo sono quelli di trasmissione da uomo a uomo, quindi non si trasmette mangiando carne di maiale». Ieri la Spagna ha annunciato il suo primo caso di influenza su un paziente che non ha mai messo piede in Messico, ma secondo le ultime notizie la persona sarebbe venuta a contato con un amico appena tornato da Città del Messico. Due casi sospetti anche in Sud Africa. Mentre il governo egiziano ha ordinato la macellazione di tutti i 35 mila suini, la cui carne viene consumata solo dalla minoranza cristiana, circa il 10 per cento della popolazione. Il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha ammesso che «la situazione è grave, sono pronto a prendere tutte le misure necessarie, fino alla chiusura delle scuole». Secondo l´Oms sono stati i viaggi aerei a far uscire il virus della nuova influenza dal Messico per diffonderlo in altri Paesi. Anche i Centri europei per il controllo delle malattie hanno rilevato che tutti i casi accertati di nuova influenza in Europa sono stati importati dal Messico. «Finora non si registra nessun caso di trasmissione secondaria», ha detto il direttore dell´Unità di preparazione e risposta all´influenza del Centro Denis Coulombier, ossia non è stato accertato nessun caso di trasmissione del virus da persone colpite ad altre che le hanno avvicinate dopo il loro rientro in Europa. E tutti i casi accertati finora sono stati provocati dallo stesso virus, del tipo A/H1N1. Nessun caso di "nuova influenza" ha contagiato persone in Italia ma, si susseguono, le segnalazioni di casi sospetti: in totale sarebbero una ventina, sparsi in più regioni. L´ultimo, a Reggio Calabria, è stato dichiarato non collegabile al virus sotto osservazione. Resta comunque alta l´allerta nelle reti di sorveglianza. «Al momento - ha spiegato il sottosegretario Fazio - non esiste conferma di alcun caso. è verosimile pensare che questa influenza arrivi anche da noi, ma siamo tranquilli perché abbiamo visto come è l´evoluzione clinica negli altri Paesi: questo virus si sta dimostrando molto poco aggressivo». Il ministero della Salute sta predisponendo un vademecum per chi non può rinunciare ad un viaggio in Messico, una guida informativa per rendere più sicura la visita. Fazio ha spiegato che «in ogni caso aeroporti internazionali come quello di Roma non possono essere considerati a rischio di contagio».

Torna all'inizio


oggi l'accordo fiat-chrysler ma c'è anche la bancarotta pilotata - paolo griseri (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 30-04-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 2 - Economia Oggi l´accordo Fiat-Chrysler ma c´è anche la bancarotta pilotata Obama: bene i manager del Lingotto, serve un sacrificio dai creditori Continua il pressing sui creditori che ancora non hanno detto sì al piano PAOLO GRISERI TORINO - L´accordo è cosa fatta. Verrà annunciato oggi a Washington e sancirà l´alleanza tra Fiat e Chrysler consegnando al Lingotto la gestione della più piccola delle tre sorelle di Detroit. Un onore ma soprattutto un onere che dovrebbe consegnare a Sergio Marchionne il 35 per cento delle azioni e il compito di risollevare dal baratro l´industria automobilistica americana. La parola fine verrà scritta oggi da Barak Obama nel discorso che il Presidente degli Usa terrà alla casa Bianca alle 12 di Washington, le 18 in Italia. Lo scoglio da superare nelle ultime ore è quello dei piccoli creditori, un esercito di una quarantina di banche e fondi che, a differenza dei quattro principali istituti di credito, non sembra intenzionato ad accedere all´accordo proposto dal Tesoro. Nei confronti dei cosiddetti creditori minori Chrysler ha un debito di circa un miliardo di dollari. Senza il loro assenso il ricorso dalla bancarotta pilotata prevista dall´articolo 11 della legge fallimentare americana, è praticamente inevitabile. Anche nel caso, ieri sera dato per assai probabile, di una sorta di amministrazione controllata, l´intesa tra Torino e Detroit (advisor per Fiat sono gli svizzeri di Ubs) si realizzerebbe comunque. Un esito che il Lingotto non aveva certo auspicato preferendo comunque sottoscrivere un accordo con una società nella pienezza delle sue prerogative. Anche perché, in caso di bancarotta, dovrebbe essere rivisto l´accordo sottoscritto con i sindacati che riservava il 55 per cento della società alle organizzazioni dei lavoratori e il 35 per cento a Torino. Una situazione di incertezza che molti vogliono evitare. Così ancora questa notte è proseguito il pressing della casa Bianca per convincere i creditori ad accettare le offerte del Tesoro scongiurando il ricorso al «Chapter 11». In un discorso tenuto ieri in Missouri, in occasione dei suoi primi 100 giorni di presidenza, Obama ha nuovamente elogiato «il management di Fiat per il lavoro svolto» e ha chiesto «ai creditori» di seguire l´esempio dei sindacati che hanno accettato «enormi sacrifici» pur di evitare la bancarotta. Appello che ieri sera sembrava caduto nel vuoto anche se lo stesso Obama ha osservato che «ci sono ancora trattative in corso». Ieri i lavoratori canadesi e statunitensi hanno votato sugli accordi raggiunti tra il Tesoro e la Chrysler accettando in larga maggioranza gli «enormi sacrifici» di cui ha parlato Obama, compreso l´impegno a non indire scioperi fino al 2015. In Italia la vicenda d´oltreoceano è stata accolta favorevolmente dalla Borsa (le Fiat hanno chiuso a +2 dopo aver segnato un aumento anche del 4 per cento). Il presidente del Lingotto, Luca di Montezemolo si è detto fiducioso: «Sono in contatto costante con Marchionne, so che abbiamo fatto tutto ciò che era possibile per giungere a una conclusione positiva. Ora non ci resta che attendere». Commento positivo anche da parte del ministro dell´Economia, Giulio Tremonti: «L´intesa è un segno molto buono per il mondo e per l´Italia. Chi lo avrebbe mai detto fino a qualche mese fa?».

Torna all'inizio


dalla teoria della sopravvivenza al blitz di detroit in cinque mesi la svolta americana di marchionne - (segue dalla prima pagina) salvatore tropea (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 30-04-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 3 - Economia Se oggi ci sarà l´accordo con Chrysler, nascerà un nuovo colosso dell´industria automobilistica mondiale Dalla teoria della sopravvivenza al blitz di Detroit in cinque mesi la svolta americana di Marchionne I passaggi chiave nella trattativa con i sindacati Determinante la Casa Bianca (SEGUE DALLA PRIMA PAGINA) SALVATORE TROPEA Se ci pensava da prima è difficile dirlo visto il carattere dell´uomo e la sua spiccata propensione a navigare in solitaria. Ma se si deve mettere una data di inizio al viaggio che potrebbe concludersi con l´accordo di Washington, quella data è ufficialmente l´8 dicembre 2008 quando, appunto, l´ad del Lingotto affida al giornale specializzato Automotive News quella che sarà ricordata come la «teoria della sopravvivenza». Nel pieno della grande crisi partita dall´America, Sergio Marchionne ritorna sull´altra sponda dell´Atlantico per ripartire dalle rovine della Chrysler. Descrive un´industria mondiale dell´auto afflitta da una sorta di elefantiasi della capacità produttiva e bisognosa di sottoporsi con urgenza a una cura di snellimento al termine della quale lo scenario è il seguente: cinque o sei player in tutto, in grado di produrre singolarmente non meno di 6 milioni di vetture all´anno. I tempi di questa rivoluzione? Marchionne parla di due anni ma si capisce che quello è il termine massimo e che lui ha già individuato un traguardo più vicino, almeno per quanto riguarda la Fiat che, con i suoi 2 milioni 300 mila autoveicoli, si trova nella fascia a rischio. «E invece noi vogliamo essere della partita» dice. Una partita che lui ha già scelto di giocare assieme alla più piccola delle big three dell´auto americana, in crisi profonda e con il rischio di scomparire definitivamente dalla scena. Mentre se si allea con Fiat può sopravvivere perché per Fiat essa, una volta rimessi a posto i conti e riorganizzata la produzione, è una «buona opportunità». E così il 19 gennaio l´ad del Lingotto può far sapere che l´interlocutore della nuova strategia delle alleanze di Fiat è appunto Chrysler. Sembra, questo, l´inizio e invece è una tappa di un cammino che lui ha già intrapreso da tempo. Alle spalle ha almeno cinque mesi di contatti e con Bob Nardelli e Tom La Sorda, vecchie conoscenze degli anni in cui era studente a Toronto e che ora sono ai vertici di Chrysler. Due giorni fa è stato visto in una bisteccheria di Toronto con La Sorda e con il numero uno dei sindacati canadesi della Caw, Ken Liwenza. Giorno dopo giorno, con loro, ha esaminato ciò che è utile per Fiat e ciò che lo è per Chrysler, difficoltà e modi per superarle. E poiché, come ripete spesso, viviamo in un mondo in cui la finanza non ha liquidità e sembra quasi di essere tornati allo scambio come unico strumento di affari, Marchionne utilizza questo meccanismo per un accordo che per Torino deve essere appunto a costo zero: tecnologia per costruire vetture di dimensioni più contenute, ecologiche e a prezzi bassi, in cambio di un ritorno dei torinesi in America e di un 35 per cento in Chrysler con possibilità di salire oltre il 50 per cento. L´assist di Barack Obama alla strategia di Marchionne è eccezionale. Il neopresidente dichiara la Fiat ha tutte le caratteristiche per essere il migliore alleato della Chrysler. Ma la strada verso l´accordo non è in discesa. Se la Chrysler vuole incassare i 6 miliardi di dollari in aggiunta ai 4 già ottenuti dal governo americano deve presentare entro il 30 aprile un piano credibile che preveda un nuovo rapporto con i sindacati e le banche creditrici. E´ questo il passaggio obbligato da superare. I sindacati e le banche sono un osso duro, minacciano di far saltare tutto. E costringono Marchionne a un rilancio da pokerista: «Senza l´accordo con i sindacati non firmerò nessuna alleanza» fa sapere quando si è già alla stretta decisiva. Funziona: i sindacati sottoscrivono l´accordo con consente a Chrysler di risparmiare 400 milioni di dollari all´anno. La partita con le banche Marchionne la gioca per interposta persona, affidandola ufficialmente alla task force di Obama. Ma fa bene attenzione a non allontanarsi mai dal tavolo. Con Alfredo Altavilla, ad di Powertrain Technology, segue le manovre spostandosi tra Torino, Detroit, Washington. I ritocchi dell´accordo, anche quelli delle ultime ore, quando l´interlocutore del Tesoro sono le banche, hanno la loro impronta.

Torna all'inizio


insulti alla lario sui blog, osanna su facebook - carmelo lopapa (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 30-04-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 6 - Interni Insulti alla Lario sui blog, osanna su Facebook Divise le donne del Pdl. "Era attrice anche lei". "Ne usciamo male tutte" CARMELO LOPAPA ROMA - Avrà pure vinto Veronica, come a fine giornata sussurrano maliziosi quelli di An in Transatlantico spulciando le liste ripulite all´insegna del (quasi) "no veline". Certo però, quanto veleno a Montecitorio nei confronti della «signora», per dirla con Berlusconi. Le onorevoli del Pdl ne istillano con una certa generosità, come al solito la perfidia si tinge di rosa. Sia chiaro, nulla di paragonabile ai sassi di insulti e contumelie scagliati in libertà dalle 13 dallo «spazio azzurro» del sito web ufficiale del Pdl contro la first lady. Con commenti, dietro la copertura dei nickname, del tipo «non sei mai stata una grande attrice e hai una vita da favola grazie a tuo marito: piantala di infangarlo» o «Veronica ha perso una buona occasione per tacere», «troppo comodo fare la moglie di Silvio e poi...». Proprio nelle stesse ore in cui, al contrario, su Facebook - d´incanto roccaforte di sinistra - si erigeva il muro in difesa della «nostra Obama», «Veronica leader del Pd», «Lario for president», «Ti amo, sposami», fino al «santa subito». Margherita Boniver, sette legislature alle spalle, attraversa in elegante tailleur il Transatlantico e racconta che sì, «Veronica non la vedo da tempo, ultimamente mi sembra una donna molto amareggiata. Ma pure lei proviene dal mondo dello spettacolo, è stata attrice no?» Gabriella Giammanco, giovane new entry, ha trovato «fuori luogo sconfinare nel moralismo: i giudizi sulle persone sarebbe meglio esprimerli a posteriori, noi giovani deputate stiamo facendo ad esempio del nostro meglio». Lei, come Nunzia De Girolamo, a dispetto delle voci della vigilia, in lista non ci sarà. Compare invece, circoscrizione Sud, Mariarosaria Rossi. Che prima ironizza: «Sono andata a firmare la candidatura, ma di veline non ne ho viste. Che montatura». Alessandra Mussolini invece scuote la testa: «Da tutta questa vicenda le donne italiane ne escono male, anzi malissimo». Passano le ore, le liste diventano ufficiali e la responsabile Pari opportunità del Pdl, Barbara Saltamartini, minimizza. «La polemica di Veronica? Non è un problema politico ma familiare, me ne tengo fuori». Non se ne tiene fuori Catia Polidori, deputata e animatrice del sito finiano Farefuturo. «La capisco, è una donna che tiene al suo uomo e lo dimostra. Detto questo, bellezza e grazia sono tratti distintivi di noi donne». Souad Sbai, origine marocchina, scuderia An, la legge con la lente dei sentimenti: «Veronica è una donna innamorata. Io avrei fatto come lei. Anzi, di più, il premier l´avrei chiuso in una stanza e buttato la chiave. Da donna araba... Ma dico così per dire» precisa.

Torna all'inizio


Geithner spinge per la riforma delle credit card (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 30-04-2009)

Argomenti: Obama

PROPOSTA DI LEGGE Geithner spinge per la riforma delle credit card Più tutele ai titolati di carte di credito: il segretario al Tesoro, Timothy Geithner, preme per l'approvazione di norme più stringenti a protezione dei consumatori mentre alla Camera sta per avere inizio il dibattito sulla proposta in questo senso firmata dalla democratica Carolyn Maloney. L'amministrazione Obama guarda «alla creazione di un mercato delle carte di credito più stabile, efficiente e amico dei consumatori», spiega Geithner, sottolineando che fra i principi per una riforma figurano il bando degli «ingiusti aumenti dei tassi» e delle «sanzioni e commissioni abusive».

Torna all'inizio


Il Pil Usa affonda ancora: -6,1% (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 30-04-2009)

Argomenti: Obama

Il Pil Usa affonda ancora: -6,1% Uno spiraglio di luce dalla spesa per consumi che segna un rialzo del 2,2% sull'anno [FIRMA]FRANCESCO SEMPRINI WASHINGTON L'economia americana registra la seconda pesante contrazione consecutiva nei primi tre mesi del 2009 ma Wall Street reagisce mettendo a segno significativi rialzi sui principali listini forte della ripresa dei consumi, mentre la Fed tiene fermi i tassi d'interesse spiegando che l'inflazione rimane sottostimata. Da gennaio a marzo il prodotto interno lordo degli Stati Uniti è crollato del 6,1% dopo il -6,3% degli ultimi tre mesi dell'anno passato seguiti alla flessione dello 0,5% del terzo trimestre 2008. Era dal 1975, sulla scia della crisi energetica, che non si assisteva a una contrazione di nove mesi consecutivi. Ed è necessario tornare indietro a quell'anno per vedere un calo delle importazioni peggiore di quello registrato tra gennaio a marzo, ovvero del 34%, mentre le esportazioni sono scese del 30% come non si vedeva dal 1969. Il dato del Pil è ben peggiore del -4,7% previsto dagli analisti ed è dipeso per buona parte dal crollo delle scorte di magazzino, pari a un valore di 103,7 miliardi di dollari. Si tratta del dato peggiore dal 1947 al netto del quale la caduta si riduce al 3,4%. Hanno pesato inoltre la cronica debolezza del settore immobiliare, l'abbattimento di oltre la metà degli investimenti interni e il taglio della spesa del governo, che si è ridotta del 3,9%, il tasso maggiore dal 1995. Ma nel buio della crisi si intravede qualche spiraglio di luce, come il dato sulla spesa per consumi che contribuisce per il 70% alla formazione della ricchezza del Paese. L'indicatore ha segnato un rialzo del 2.2% su base annuale, dopo il calo del 4,1% del trimestre precedente. Un segnale importante da attribuire in parte agli sforzi del governo e a quelli della Fed che con l'acquisto di 300 miliardi di dollari di titoli del Tesoro entro fine anno hanno permesso di abbassare i tassi di interesse di mutui e prestiti per le auto. Sul fronte dei prezzi invece il rapporto ha mostrato un calo del indice sulle spese per consumi personali dell'1% ben inferiore al 4,9% attenuando i rischi di deflazione. Tuttavia il Fomc, il braccio esecutivo della Fed, ha lasciato ieri i tassi interbancari fermi alla forbice zero-0,25% spiegando che le attività economiche saranno deboli ancora un po', ma da «marzo le prospettive economiche sono lievemente migliorate» mentre l'inflazione rimane sotto il livello ritenuto adeguato dai banchieri centrali americani. E sul dato dei consumi si sono concentrati gli operatori finanziari incoraggiati dall'inattesa ripresa: a Wall Street il DJ ha terminato in rialzo dell'2,08% mentre il Nasdaq ha terminato a +2,28% trainati dal comparto energetico e da quello finanziario che spera di aver indicazioni più chiare sullo stato di salute delle banche con la pubblicazione dei risultati sugli stress test. Una buona notizia per il presidente Barack Obama dopo la doccia fredda del dato sul Pil giunta al compimento dei primi cento giorni di governo. Obama paga il dazio di una pesante eredità lasciata dal suo predecessore, come spiega Carolyn B. Maloney, presidente del Joint Economic Committee: «La sbornia da amministrazione Bush è peggiore del previsto».

Torna all'inizio


Dellacasa col Crocetta per pareggiare i conti (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 30-04-2009)

Argomenti: Obama

BASKET. A CASALE VA IN SCENA LA GARA DUE Dellacasa col Crocetta per pareggiare i conti Il Trino è sotto di un match In Promozione c'è Rices-Omega [FIRMA]PIERMARIO FERRARO TRINO Yes we can. Mister Obama? No i cestisti del Dellacasa Trino che stasera in gara2 delle semifinali playoff di serie C si giocano una grossa fetta delle proprie ambizioni. Al Pala Ferraris di Casale (fischio d'inizio alle 21) i biancoblù dovranno ammortizzare la sconfitta nella prima partita contro i torinesi del Crocetta: impresa non semplice ma neppure quella «mission impossible» ipotizzata all'inizio della sfida. «Loro sono un'ottima squadra, che non a a caso è ancora imbattuta in questi playoff - conferma coach Lorenzo Pansa - ma, anche alla luce delle risposte avute dal primo confronto, avremo diverse chances da poterci giocare». Fondamentale sarà però la condizione fisica: «A Torino abbiamo pagato proprio questa situazione - spiega il tecnico biancoazzurro -. Fino a che abbiamo tenuto atleticamente l'incontro era aperto, poi le assenze e la fatica su giocatori non al top hanno permesso al Crocetta di operare un break che ci è stato fatale». Rispetto a "gara uno" l'allenatore trinese potrebbe recuperare Carrea ma non Patrucco (per lui il rientro sul parquet è previsto per la terza sfida); inoltre resta da valutare il pieno recupero di Paci e Guarnieri, presenti a Torino stringendo i denti. In ogni caso il duello Trino-Crocetta non si chiuderà stasera, visto che sabato le due formazioni si troveranno nuovamente di fronte a Torino per «gara tre». Promozione Dopo l'eliminazione anzitempo dei Panthers Valsesia il Rices Vercelli sono rimasti gli unici a difendere l'onore del basket provinciale di Promozione. Stasera alle 21 al Pala Bertinetti i bicciolani di coach Alex Cardano affronteranno l'Omega Asti nella gara uno di quella che, a tutti gli effetti, è la semifinale playoff. L'Asti dovrebbe presentare le stesse caratteristiche del Rices: «Squadra esperta - conferma il coach vercellese - anche leggermente più "anziana" e "pesante" rispetto alla nostra». Tra i biancoverdi mancherà Campaci (ancora alle prese con l'infortunio occorsogli nella sfida con Rivarolo) mentre è in forte dubbio Gherzi, bloccatosi durante l'ultimo allenamento. In preallarme Mascarino.

Torna all'inizio


l'orgoglio di obama cento giorni dopo "l'america si è alzata dalla polvere" - (segue dalla prima pagina) vittorio zucconi (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 30-04-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 16 - Esteri L´orgoglio di Obama cento giorni dopo "L´America si è alzata dalla polvere" Il neopresidente: abbiamo cominciato a ricostruire il paese Ha insieme la scorza di Reagan e la popolarità di Clinton Ancora non sappiamo chi sia davvero questo allampanato quarantenne (SEGUE DALLA PRIMA PAGINA) VITTORIO ZUCCONI Si chiedevano che cosa avesse mai fatto l´America eleggendo questo Barack Hussein Obama, di colpo spaventati da tanta audacia. Ora fa caldo, a Washington, e si può respirare. «E´ cominciata la ricostruzione, l´America si è alzata dalla polvere», come ha detto lui ieri. Obama non ha cambiato il mondo, ha cambiato il vento che dall´America soffia sul mondo. Dal 20 gennaio governa gli Stati Uniti un uomo tranquillo. Un non fanatico, come abbiamo visto ieri sera nella sua conferenza stampa per i «primi 100 giorni», che non vuole salvare l´universo del «bene contro il male», ma avviare la ricostruzione dalle rovine che ha ereditato. Che sa sorridere, che nella sua calma quasi soprannaturale in mezzo al vortice di debiti, vertici, conflitti, virus, sta facendo impazzire alleati e avversari incapaci di rinchiuderlo dentro la scatola di una definizione. Si è arreso anche il Wall Street Journal di Murdoch, che ha scritto: «E´ riuscito a confondere uno per uno gli osservatori sparsi su tutto l´arco delle opinione politiche». Ancora non sappiamo chi sia l´allampanato quarantenne con qualche filo grigio tra i capelli, una moglie che osa esibire le braccia nude e sode ai vertici infischiandosi dell´etichetta cara alle più stagionate dame bianche, due figlie, un cagnetto portoghese e un orticello biologico. Tutti gli uomini e le donne di buona volontà sulla Terra salutarono il suo essere finalmente un figlio del mondo, uomo in bianco e nero, uomo fatto dal nulla e allevato da madre single, il paradigma sempre più diffuso della famiglia post-tradizionale. Eppure non si ricordano un´intervista, un discorso, una frase nella quale lui abbia vantato, o anche soltanto ricordato, la straordinarietà del suo essere. Di razze, di questioni razziali, non ha mai parlato. Ha affrontato rivolte interne del proprio partito dove parlamentari preoccupati di perdere quei «barili di lardo» con i quali ungono gli elettori dei propri collegi gli sparigliavano i piani di soccorso alla finanza agonizzante. E tre mesi dopo si ritrova con una supermaggioranza a prova di boicottaggio al Senato, 60 seggi su 100, grazie al ribaltone individuale di un senatore passato con lui e un´opposizione repubblicana costretta sempre più nel ghetto dei fanatici e di sondaggi di popolarità deprimenti. Un mini partito che lui lascia seccare sul ramo dei propri rancori, coltivando quella maggioranza di elettori indipendenti e vaganti che oggi tengono le chiavi di ogni vittoria. La macchietta dello «statalista nazionalizzatore» che avrebbe trasformato la nazione negli USSA, gli United Socialist States of America, è rimasta una caricatura. Non è stata nazionalizzata neppure una banca o un´azienda, neppure quei cadaveri di Detroit che sono stati indirizzati verso accordi con società come la Fiat. Le minacce di tassazione punitiva per i «bonus» sono rientrate. Un solo presidente di corporation, quello della General Motors, è stato costretto a dimettersi in cambio di aiuti. Persino il «Dottor Apocalisse», l´economista Nouriel Roubini della New York University divenuto celebre per le sue profezie di sventura poi avverate, oggi ammette in un´intervista che questo collasso globale, «sembra avere raggiunto il fondo della U», che è un modo per dire che d´ora in poi non può far altro che risalire. Si sono calmati Paul Krugman, il Nobel che dalle colonne del New York Times sparava su Obama come prima su Bush, memore della sua appartenenza al campo della Clinton durante la campagna. Si scandalizzano gli sfollati del neo-conservatorismo per le aperture all´Iran, a Cuba, a Chavez, a quell´America Latina che era stata ignorata da Bush e lasciata incancrenire, ma neppure la sempre temuta «lobby cubana» a Miami protesta più. Dal sepolcro dove era stato nascosto, risorge Dick Cheney, furioso perché le rivelazioni sulle torture arrivano diritte a lui, a suoi ordini segreti, mentre George W Bush è scomparso nel ventre del Texas, dimostrando a posteriori chi fosse stato, per otto anni, il vero Presidente degli Stati Uniti. Il meglio che uno degli ideologhi neocon più striduli, Bill Kristol, sappia dire è: «Più forza ha Obama, più errori potrà fare». L´enigma Obama resiste, mentre per lui parla l´opera di ricostruzione prima di tutto dell´immagine e dell´onore dell´America di fronte al mondo e di fronte a sé stessa. Ha la scorza di Reagan, sulla quale l´acqua delle critiche scorreva via, la popolarità di Clinton, inossidabile anche agli scandali. Spinge l´opposizione a radicalizzarsi, senza mai dare l´impressione di chiuderla all´angolo, anzi, ripetendo il mantra della «collaborazione» bipartisan. Anche i media che lo avevano sostenuto hanno provato, e provano, a criticarlo, magari quando uno dei suoi Boeing 747 presidenziali sorvola a bassa quota Manhattan per fare foto scatenando panico in una città sempre coi nervi scoperti, eppure il pubblico, che avrebbe squartato Bush per un simile «stunt», fa spallucce. Arriva il virus suino che sconvolgerà l´economia mondiale già provata? «Calma», esorta l´uomo calmo, e Wall Street fa un piccolo sternuto, poi riprende a salire. Per il secondo mese consecutivo chiuderà in rialzo tutti i suoi indicatori. Pancette e prosciutti tornano a vendere. Più la tempesta sembra grave, più calmo appare l´uomo al centro, e questo è il segreto che ha massaggiato i nervi di una nazione tenuta nell´ansia e nella tensione da un governo che usava la paura per rosicchiare i valori e le libertà costituzionali. Hanno ragione coloro che avvertono che il difficile viene adesso, e ben poco è cambiato davvero in quell´assetto della finanza americana che lui avrebbe dovuto rivoltare come un calzino e per ora è stata soltanto rammendata. Guantanamo è ancora aperta, 150 mila soldati restano inchiodati in Iraq, l´Iran continua sulla via del nucleare, il Pakistan è un verminaio di fanatici con missili intercontinentali, palestinesi e israeliani camminano «sull´orlo dell´abisso» eppure tutto sembra diverso, più razionale, più controllabile. Si può parlare, si ragiona, perché c´è un adulto alla Casa Bianca, dunque si può continuare a sperare e a lavorare, dopo questi primi 100 giorni.

Torna all'inizio


michelle "la più bella", barack "il più amato" (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 30-04-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 17 - Esteri I sondaggi Michelle "la più bella", Barack "il più amato" Lei, Michelle, è fra le "100 persone più belle al mondo" stando alla classifica annuale stilata dalla rivista People. Lui, Barack Obama, è il presidente più amato dell´ultimo ventennio, con un indice di gradimento del 63 per cento assegnatogli dal prestigioso Pew Research. è un risultato di gran lunga superiore rispetto al 56 per cento strappato nei primi 100 giorni da George W. Bush, o al 55 da Bill Clinton e al 58 di Bush senior. Anzi, quando si tratta di giudicare Obama come persona, la sua popolarità sale al 73 per cento, con ampio distacco sugli avversari. La coppia presidenziale naviga a piene vele nell´immaginario degli americani. Se People incorona la First Lady per la sua "bellezza sia interiore che fisica", affiancandola ad attrici come Angeline Jolie, (e lei accetta con disinvoltura l´onore, ricordando che il padre e il fratello "mi hanno fatta sentire sempre bella"), sono sempre più quanti oggi l´approvano: il 76 per cento contro il 68% di gennaio. Quanto al presidente, ha un solo rivale, Franklin Delano Roosevelt, suo modello ispiratore. Fu lui a introdurre il conteggio dei 100 giorni decisivi. Un gigante difficile da imitare: prima di quel traguardo, Fdr riuscì a introdurre ben 15 leggi fondamentali. (a.v.b.)

Torna all'inizio


al jazeera con obama sbarca a washington (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 30-04-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 18 - Esteri La tv del Qatar era stata "bandita" da Bush Al Jazeera con Obama sbarca a Washington WASHINGTON - La tv satellitare Al Jazeera sarà visibile nelle case di Washington. Il canale all news con sede nel Qatar aveva lanciato oltre due anni fa una rete in lingua inglese, aprendo anche una sede nella capitale Usa, ma finora solo due piccole reti via cavo che operano in Vermont e in Ohio avevano deciso di trasmetterne il segnale. Il nuovo accordo e´ stato siglato da MHz, newtork indipendente con sede in Virginia. Nei prossimi mesi il servizio potrebbe essere esteso ad altre 20 città. Will Stebbins, capo dell´ufficio Al Jazeera di Washington, ha parlato di «un cambiamento culturale. Con la nuova amministrazione Obama molte delle posizioni negative nei confronti della rete saranno riviste».

Torna all'inizio


pil usa, tonfo del 6%. fed: ma la crisi rallenta - elena polidori (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 30-04-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 4 - Economia Pil Usa, tonfo del 6%. Fed: ma la crisi rallenta Anche in Germania crescita giù del 6%. Indici di fiducia europei in rialzo Negli States tre trimestri consecutivi in negativo: non accadeva dal ‘75 Nonostante i dati congiunturali, Borse in rialzo Tremonti: il peggio è passato ELENA POLIDORI ROMA - «Siamo ancora dentro la crisi, ma il peggio è alle spalle», ripete Giulio Tremonti, ministro dell´economia. E come lui, tutti i membri del G7 stanno cercando da giorni di ribaltare le aspettative psicologiche della recessione. «A glimmer of hope?», titola l´ultimo numero dell´Economist. Ma questi «barlumi di speranza», se ci sono, paiono cozzare con la notizia che due grandi locomotive del mondo sono in piena recessione. Il Pil americano crolla nei primi tre mesi del 6,1%. E´ il dato peggiore dal 1975, è superiore alle attese ed è il terzo calo consecutivo: una doccia fredda sui primi 100 giorni del presidente Barack Obama. Se sommato al ribasso dei precedenti tre mesi (meno 6,4%) un semestre così nero non si vedeva da cinquant´anni. Contemporaneamente, le autorità tedesche tagliano dal 2,25 al 6% la performance del Pil: è «la recessione peggiore dal 1945», ammette il ministro Steinbrueck, è il peggior risultato dalla riunificazione delle due Germanie quando il dato segnava un rosso dello 0,8%. In entrambe i casi, crolla l´export, frenano gli investimenti e ci si aspettano milioni e milioni di disoccupati. Eppure la Borsa reagisce bene alla doppia notizia, in ambedue le sponde dell´oceano. Solo il cambio euro-dollaro vacilla per un po´, ma lievemente. Segno che il mercato crede, almeno per adesso, che qualche segnale di miglioramento vi sia sul serio, qualche «freccia che va verso l´alto pur partendo dal basso», come segnala Tremonti. Una conferma arriva dalla Fed americana che non solo decide di lasciare i tassi invariati, ma sostiene che a marzo le prospettive economiche sono «modestamente migliorate», pur restando deboli; che il ritmo della recessione è «più lento»; che la spesa delle famiglie, pur stabilizzandosi, resta «costretta» dalla contrazione del credito e dai tagli ai posti di lavoro. Inoltre, gli analisti Usa leggono in rosa quel più 2,2% sul fronte della spesa dei consumatori e quel 2,9% sul fronte dell´inflazione calcolata in base alla spesa per beni e servizi. In Germania, gli esperti si aggrappano all´ipotesi di un «rimbalzo» del Pil l´anno prossimo, certificato anche dal Fmi, e dunque all´ipotesi di una ripresa nel 2010 con una crescita dello 0,5%. Il governo giudica «controproducente» varare altri stimoli all´economia. Più in generale in Europa, per la prima volta da due anni, l´indice che misura la fiducia nell´economia sale ad aprile a quota 67,2 (da 64,7di marzo), sopra le attese degli analisti. Nella Ue a 27 l´indice passa da 60,4 a 63,9 punti. Segnali positivi anche nell´Est. Migliorano pure gli indicatori sulla fiducia del settore industriale e dei consumatori. In questo contesto, in Irlanda, il Pil 2009 potrebbe scivolare dell´8,3%. In Spagna, nei primi tre mesi scende dell´1,8% dopo il meno 2,9 dello stesso periodo del 2008. In Italia, il Fmi prevede un calo quest´anno del 4,4%, più del doppio delle stime ufficiali (meno 2%, secondo l´aggiornamento al piano di stabilità). Alla domanda se il governo rivedrà le previsioni, Tremonti risponde: «Ma siete ancora qui con i decimali? Ci sono anche dei dati ambientali, ad esempio forse arriva la primavera e anche questo contribuisce ai dati complessivi». Il ministro comunque convoca tra due settimane un nuovo «liquidity day» con le banche, perché sia garantito il credito alle imprese.

Torna all'inizio


samuelson: ripresa avvistata però serve ancora pazienza - eugenio occorsio (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 30-04-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 4 - Economia Cauto ottimismo dell´economista premio Nobel americano Samuelson: ripresa avvistata però serve ancora pazienza "In democrazia inevitabile lentezza delle misure" "Un pugno di banchieri ha creato tanti Frankenstein finanziari che loro chiamavano derivati" EUGENIO OCCORSIO ROMA - «Questo dato sul Pil dimostra due cose: che la ripresa non è affatto dietro l´angolo, e che in democrazia i processi di ripresa non possono essere immediati». In che senso, professore? «Che è necessario, persino per un presidente come Obama che ha un consenso popolare senza precedenti (63% all´ultimo sondaggio Abc, ndr), percorrere per ogni provvedimento una laboriosa e spesso tortuosa via parlamentare, convincere gli elettori, a volte addirittura i partner internazionali, e quindi conquistare al Congresso una misura dietro l´altra». Paul Samuelson, classe 1915, premio Nobel 1970 e gran decano degli economisti americani, è un modello di correttezza in tutto: anche nei rapporti con i media. Quando riceve la nostra telefonata, sta chiudendo la casa in Florida per tornare nella sua Boston finalmente mitigata dopo il tremendo inverno della east coast. Le figlie lo aspettano in macchina con il motore acceso, rischia di perdere l´aereo, ma lui ferma tutto per spiegarci perché non bisogna disperarsi dietro all´ennesimo crollo dell´economia Usa. Obama è accusato dalla sua stessa "sinistra", Paul Krugman in testa, di non avere abbastanza coraggio, di non riuscire a nazionalizzare le banche, di esitare in tanti interventi. Lei, che è stato consigliere di John Kennedy, come giudica i 100 giorni del presidente? «Guardi, io la battaglia di Krugman non la capisco. Ma forse è anche questo un retaggio dell´iper-liberismo di Bush, il peggior presidente di 235 anni di storia americana, e della sua banda di incompetenti sedicenti economisti. Hanno fatto un disastro, mettendo il paese in mano ad un pugno di banchieri che hanno creato tanti Frankenstein finanziari che loro chiamavano derivati. Ora c´è una specie di reazione, di tentativo di trasformare l´America in un paese comunista, insomma l´errore opposto. Invece, in medio stat virtus, e Obama l´ha capito. Io lo chiamo Limited Centrist State. Intanto però non bisogna indugiare nell´approntare una serie di regole nuove, molto precise e ferree, per controllare i mercati». Tornando alla congiuntura, cosa dobbiamo aspettarci? «Di sicuro, non miracoli. Serve pazienza. Molto lentamente, la ripresa sta profilandosi oltre l´orizzonte. Ad Obama, che ha appena schivato la tentazione protezionista che veniva appunto dall´ala estremista del suo stesso partito, e che deve battersi contemporaneamente su un´infinità di fronti diversi, suggerirei ora di fare qualcosa di più diretto ed esplicito per le gente, per chi non può pagare il mutuo, per chi ha visto i compensi dei manager crescere dal 2001 ad oggi da 40 a 400 volte in più dei loro stipendi. Servono misure non-ortodosse. Vede, in tempi normali sarebbe stato una follia tenere in vita certe banche o i colossi dell´auto (Samuelson specifica di non voler commentare il possibile accordo Chrysler-Fiat, ndr): ora, con la disoccupazione al 10% e oltre, una decisione del genere diventa giustificabile, anzi va sostenuta. Chiamiamolo, come diceva Joseph Schumpeter "capitalismo nella tenda ad ossigeno"». Insomma, non è passata l´emergenza... «Certo che no. Guardi che ci troviamo di fronte alla più grave crisi dal ´29, e la Grande Depressione richiese anni per passare. Anzi, tante misure di Roosevelt vennero criticate, qualcuna fu oggettivamente sbagliata, la crisi ebbe più di una ricaduta, avvennero cose collaterali inaspettate come la crescita di certi prezzi o la creazione di inopportuni monopoli. Ma anche attraverso questi incerti bisogna passare quando si è finiti in una situazione così spaventosa. Per colpa di...non me lo faccia ripetere».

Torna all'inizio


banda di incompetenti (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 30-04-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 4 - Economia Passi non-ortodossi Banda di incompetenti Regole ferree Stiamo ancora pagando gli errori di Bush e della sua banda di economisti incompetenti Obama ora deve fare qualcosa di più diretto per la gente, per chi non può pagare il mutuo Misure non-ortodosse Approntare da subito una serie di regole nuove, molto precise e ferree, per controllare i mercati

Torna all'inizio


finmeccanica punta su berlusconi "sul nuovo elicottero convinca obama" (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 30-04-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 4 - Economia Finmeccanica punta su Berlusconi "Sul nuovo elicottero convinca Obama" «Sono certo che Berlusconi ci darà una mano». Il numero uno di Finmeccanica, Pier Francesco Guarguaglini, è sicuro che il premier convincerà Barack Obama (insieme nell´immagine a sinistra) a confermare l´ordine per il nuovo elicottero della Casa Bianca (nella foto in alto un prototipo). Guarguaglini ha spiegato che ci sono già stati contatti dei governi italiano e inglese con l´amministrazione americana e che lui stesso ha parlato con il Pentagono.

Torna all'inizio


amos oz: "le mie due penne per raccontare israele" - tel aviv (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 30-04-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 46 - Cultura Intervista/ I settant´anni dell´autore di "Una storia di amore e di tenebra" amos Oz: "le mie due penne per raccontare israele" Il romanziere scrive i saggi con l´inchiostro blu e i romanzi con quello nero "Sto preparando un seguito della mia biografia" TEL AVIV orride Amos Oz. «Diventare un libro? No, ora non lo voglio più». è seduto al caffè Marilyn Monroe, nella zona alta di dove va a trovare figlia e nipoti, lasciando la sua prediletta città nel deserto, Arad. «Era il mio desiderio di bambino: avevo 6 anni, ed ero così sovrastato dalla cultura di mio padre e dei suoi amici intellettuali, vittima di un sistematico lavaggio del cervello, che la mia unica speranza, il mio rifugio, era di diventare un libro. Non uno scrittore, ma proprio un libro. Cioè di trasformarmi in un oggetto da preservare, da mettere sugli scaffali. Non ci sono riuscito, ma oggi sono contento di fare lo scrittore». Sogna, un giorno, di mollare tutto, «di salire su una macchina rossa e di partire per un lungo viaggio con mia moglie». Ma oggi quel grande saggista e romanziere è ancora qui con noi a parlare di Israele e Palestina, della guerra e delle donne. E ancora per molto lo farà, visto che a Repubblica anticipa di voler affrontare, «magari non subito», la continuazione di quella che è considerata sua autobiografia, Una storia di amore e di tenebra. «Perché in realtà - spiega sorseggiando un cappuccino dopo essersi alzato alle 5, aver fatto come sempre una passeggiata nel deserto, e poi scritto prima una pagina di un saggio con la sua penna blu, e poi una di un romanzo con l´altra di colore nero ("uso un colore per quando sono arrabbiato con il governo e un altro per le mie storie" ha detto al Nyt) - quello era un libro sulla mia famiglia. Più precisamente, sui miei genitori. Io ero un personaggio di contorno. Scriverò un romanzo su quel che avvenne dopo». Amos Oz il 4 maggio compie 70 anni. Arad prepara tre giorni di convegni e di festa alla presenza di amici, colleghi e del capo dello Stato, Shimon Peres. Poi toccherà all´Università Ben Gurion, a Beersheba, dove Oz insegna letteratura. «Credo - aggiunge abbassando la voce - che mi stiano preparando delle sorprese. Continuo a lavorare al mio nuovo libro. Posso solo dire che si svolge più o meno in Israele, ma riguarda una situazione umana, più che israeliana vera e propria. Preferisco però non parlare del mio parto. Ma penso sempre, in futuro, a una sorta di opera definitiva, qualcosa che sia insomma "il libro". Potrebbe essere la continuazione di Una storia di amore». I libri, in fondo, non erano il suo destino? «Io ho sempre avuto, fin da bambino, dai 5 anni in avanti, il desiderio di scambiare storie con gli altri. Siccome non ero alto, pensavo di poter impressionare le bambine raccontando loro delle storie. Così, al tempo stesso, ricevevo storie. Ero insomma impegnato in un continuo business di dare e avere che mi ha portato poi a fare questo, di mestiere». Un mestiere da svolgere con una forte tensione morale. «Assolutamente. La prospettiva morale, e quindi politica, è molto importante. Lo vediamo qui, con Israele e Palestina. Io sono sempre stato per la soluzione di due Stati per due popoli: ci troviamo di fronte a due diritti. A volte, magari, anche a due posizioni sbagliate. In questo piccolo Paese, abitato prima dai palestinesi, e poi, altrettanto giustamente, dagli israeliani, queste due entità oggi devono vivere assieme». Nel suo Contro il fanatismo lei sostiene la necessità del Muro di separazione. Costruirlo è servito? «Sì, ma lo hanno tirato su nel posto sbagliato! Non puoi edificare nel giardino del vicino. Se lo fai, lui si arrabbia e ti dichiara guerra. Andava tirato su lungo i confini del 1967, precedenti la guerra dei Sei Giorni». L´elezione di Barack Obama le suscita speranze? «Sì, ma ha creato delle aspettative messianiche. Ovviamente, sono contento che sia diventato Presidente e, se fossi stato americano, l´avrei votato anch´io. Credo però che non si siano accorti di aver eletto un intellettuale». Non va bene? «Sì, sì, va bene lo stesso. Servirà anche questo». Un suo libro ancora molto amato e letto è Conoscere una donna. Su questo tema è giunto a qualche conclusione? «Mio nonno Alexander un giorno mi prese da parte e mi disse: "Dobbiamo seriamente parlare delle donne. La donna, beh, in un certo senso, è proprio come noi. Ma, per altri versi, è completamente diversa. A questo - mi disse lui, che aveva 93 anni - sto ancora lavorando". Ecco, per ora posso dire di essere arrivato alle stesse conclusioni: ci sto ancora lavorando». Dicevamo che Israele è un Paese piccolo. Ma con un´alta concentrazione di grandi scrittori. Perché questa specificità? «Dovremmo chiederci perché Paesi piccoli come Olanda e Belgio hanno prodotto in un determinato periodo storico tanti pittori di fama mondiale. Sono domande legittime. Posso rispondere per Israele. Perché questo posto, dopo la guerra, è stato mèta di uomini e donne di 136 Paesi diversi, creando così una concentrazione di diversità e intelligenze tali da formare un humus collettivo unico. E la situazione di tensione, di confronto, di guerra, ha fatto poi sì che questo sforzo si trasferisse a livello estremo sul piano culturale».

Torna all'inizio


Cade il Pil Usa, ma la crisi ora è meno grave (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 30-04-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Prima Pagina data: 30/04/2009 - pag: 1 I cento giorni di Obama: fiducioso per il futuro Cade il Pil Usa, ma la crisi ora è meno grave «Fiducioso per il futuro ma non contento del presente». Si è definito così il presidente Barack Obama celebrando i suoi primi 100 giorni da inquilino della Casa Bianca. E i fatti gli hanno dato ragione: proprio ieri è stato comunicato il tonfo del 6,1% del Pil Usa, il maggiore da 50 anni. Ma Wall Street, che vive di attese, è risalita. ALLE PAGINE 2, 3 E14 Barack Obama ieri ha festeggiato i primi 100 giorni di presidenza ( Foto Damon Winter)

Torna all'inizio


Cade il Pil Usa, meno 6,1% Ma Borse e consumi salgono (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 30-04-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Primo Piano data: 30/04/2009 - pag: 2 Cade il Pil Usa, meno 6,1% Ma Borse e consumi salgono La Fed: ora crisi meno grave. Berlino taglia le stime al 6% WASHINGTON Lo scorso trimestre il prodotto interno lordo americano è sceso del 6,1%, un calo vicino a quello del 6,3% dell'ultimo trimestre del 2008. Era dai tardi anni Cinquanta, dalla cosiddetta recessione di Dwight «Ike» Eisenhower, l'allora presidente, che non si registrava una caduta così ingente della ricchezza nazionale per due trimestri consecutivi. Ma Wall Street non ne ha risentito, i suoi indici anzi sono schizzati in alto, con il Dow Jones su del 2,1% e il Nasdaq del 2,3%. Il motivo: tra gennaio e marzo i consumi sono saliti del 2,2%, una sorprendente inversione di tendenza. Le scorte in magazzino hanno toccato il fondo. Ad aprile la fiducia dei consumatori è aumentata di 12 punti a quota 39,2. Secondo gli operatori potrebbero essere tutti segni che tra non molto gli investimenti, la produzione, l'impiego e i profitti si riprenderanno. L'ottimismo della Borsa è stato alimentato dal rapporto della Federal Reserve, che al termine della sua riunione bimensile ha dichiarato che l'economia «ha continuato a contrarsi ma a un ritmo inferiore », e che non ha ritenuto necessarie altre misure per il suo rilancio, pur indicando di essere pronta a nuovi interventi. La Fed, che manterrà i tassi d'interesse tra lo 0 e lo 0,25%, il minimo storico, ha adombrato un inizio di ripresa entro fine anno. All'ascesa di Wall Street hanno contribuito poi gli utili superiori al previsto registrati dalla General Dynamics (il titolo è arrivato a salire anche del 6%) e il calo dei profitti, questa volta inferiore alle previsioni, della Time Warner (l'azione è cresciuta fino al 3%). La flessione del prodotto interno lordo Usa nel primo trimestre del 2009 è dello stesso tenore di quella del prodotto interno tedesco, stimato anch' esso ieri in calo del 6% per tutto il 2009 dalla Cancelliera Angela Merkel. Ma è stata tuttavia superiore alle previsioni, che propendevano per un calo più moderato, intorno al 5%. E ha confermato che la disoccupazione, al momento all'8,5% in media, ma con una punta dell'11,2% in California, salirà ancora. Le esportazioni sono crollate del 30%, un evento che non si verificava con questa portata dal 1969. Anche se non andasse in dissesto, inoltre, la General Motors ha già annunciato che licenzierà 21 mila persone, mentre la Textron, la produttrice degli aerei Cessna e degli elicotteri Bell, ne licenzierà 8 mila, il 20% del totale. Le incognite maggiori riguardano comunque il destino delle grandi banche, di cui sei sarebbero in pratica insolventi, e la nuova minaccia rappresentata dalla febbre suina. Le due banche principali, la Bank of America e Citigroup, che sinora hanno incassato 45 miliardi di dollari a testa dallo Stato, hanno bisogno di nuovi sussidi. E se ci fosse una epidemia di febbre suina, la Borsa ne risentirebbe in maniera drammatica. Ciò nonostante, la Casa Bianca ripete che il presidente Obama, che ieri ha celebrato i suoi primi 100 giorni, vede sempre «barlumi di speranza». Ennio Caretto

Torna all'inizio


Fiat e Chrysler alle nozze, il giorno della firma (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 30-04-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Primo Piano data: 30/04/2009 - pag: 3 Italia-Usa Intesa entro oggi. Marchionne: possibile il Chapter 11. Al Lingotto e al Tesoro tre posti ciascuno nel board, ai sindacati uno solo Fiat e Chrysler alle nozze, il giorno della firma Obama: banche, sacrifici come i lavoratori. Resta l'ipotesi della bancarotta pilotata MILANO - La firma sarebbe cosa fatta. Ma la cautela è ovvia - non è escluso un passaggio dalla bancarotta pilotata - e porta all'ultimo pressing. Firmato direttamente Barack Obama: «I lavoratori Chrysler hanno fatto enormi sacrifici. Ora la domanda è: c'è la volontà di farne anche da parte dei creditori? ». I quattro maggiori, le grosse banche che detenevano oltre l'80% del debito, hanno già risposto sì. Restano un pugno di istituti minori, hedge fund, fondi vari. Sono loro che possono ancora far scattare il fallimento. È quindi su di loro che ora preme, pubblicamente, la Casa Bianca. È il presidente degli Stati Uniti a citare i «sacrifici dei lavoratori» e a invitare quella parte di «mondo della finanza» che ancora resiste a fare altrettanto. «La decisione è nelle loro mani. Per questo non sappiamo ancora se la fusione con Fiat possa esserci. Per questo ci sono ancora trattative ». Ultimo pressing, appunto, serrato perché l'amministrazione Usa quella fusione «se la augura ». Tant'è che arriva un nuovo elogio a Sergio Marchionne e al Lingotto. Oggi il conto alla rovescia finisce. Ed entro oggi, ricorda Obama, «Chrysler dovrebbe presentarci i suoi piani per la potenziale alleanza. Il management Fiat ha fatto un buon lavoro nel trasformare la sua industria: speriamo di avere una partnership in cui i contribuenti mettano soldi per facilitare l'accordo». Si saprà nel tardo pomeriggio se il resto è solo tattica, se quest'impegno in prima linea per non far passare la più piccola delle ex big three dalle procedure di bancarotta sarà vanificato «dal settore finanziario ». E sarà probabilmente lo stesso Obama, che su queste parole ha calato l'evidenziatore, ad annunciarlo nel discorsobilancio dei primi cento giorni per il quale, stasera intorno alle sei (ora italiana), ha convocato tv e stampa. Nell'attesa le parti ovviamente tacciono. Se non per dire, come Luca Cordero di Montezemolo: «Noi abbiamo fatto tutto quello che dovevamo». Negli Usa (e non solo: in Borsa Fiat è salita di un altro 2%) la sensazione generale è però che, dopo il sì dei sindacati e dei maggiori creditori, l'intesa sia pronta. O che Torino sarà comunque la destinazione finale di Chrysler. Questo dicono tutti i segnali in arrivo da Washington. A partire dalle indiscrezioni di chi, interno alla trattativa, ieri assicurava che, Chapter 11 o no (lo stesso Obama avrebbe pronte da ieri due bozze di discorso), l'accordo era pronto per la firma già in serata. Inutile cercare conferme. Sì, secondo il leader dei sindacati canadesi, Ken Lewenza, che l'ha incontrato lunedì sera a Toronto, lo stesso Marchionne si aspetterebbe più l'ipotesi della bancarotta pilotata: «È stato prudente ma mi ha detto: Ken, molte cose possono accadere in due giorni, però se fossi uno scommettitore direi che Chrysler farà ricorso al Chapter 11». Dettaglio: è una frase pronunciata prima dell'accordo con le grandi banche. E anche qui, poteva essere solo tattica. Qualunque sia lo scenario (i concessionari Chrysler, per esempio, hanno assunto ieri un consulente ad hoc per l'eventuale procedura), che si vada a un accordo subito o si proceda prima con una separazione tra una bad e una good company da cui ripartire, Torino sarebbe comunque protagonista. Il sindacato - che ha tra l'altro fatto una concessione impensabile fino a ieri: rinuncia a ogni sciopero da qui al 2015 - otterrebbe il 55% del capitale. Non è il caso però di parlare di cogestione assoluta. La governance, se le linee saranno confermate, è chiara: alla Uaw dovrebbe andare solo un consigliere. Altri tre, indipendenti, dovrebbero essere nominati dal Tesoro. Fiat, che potrebbe salire subito o molto presto al 35%, avrebbe gli altri tre. Con Marchionne amministratore delegato e mandato pieno sulla gestione. Il lavoro comincerà lì. Raffaella Polato L'accordo Per oggi è attesa la firma del Lingotto per Chrysler (PHOTOMASI)

Torna all'inizio


E le tute blu Usa ora si affidano all'economista italiana di New York (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 30-04-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Primo Piano data: 30/04/2009 - pag: 3 Teresa Ghilarducci Figlia di emigranti di Lucca, cura gli interessi del fondo pensioni dell'Uaw E le tute blu Usa ora si affidano all'economista italiana di New York DAL NOSTRO INVIATO NEW YORK - «Fratelli e sorelle.»: la lettera con la quale la Uaw, il sindacato dell'auto, comunica agli iscritti i termini - assai onerosi per i lavoratori - dell'accordo per la ristrutturazione della Chrysler, ricorre all'antica retorica della solidarietà operaia, ma la descrizione degli impegni è essenziale, nitida. L'assenza di alternative praticabili viene presentata con livido realismo. Fino alle conclusioni: il Veba, il fondo istituito due anni fa per fornire agli operai dell'auto l'assistenza sanitaria non più garantita dai datori di lavoro di Detroit, non potrà più essere finanziato «cash» dalla Chrysler come previsto dagli accordi iniziali. L'azienda automobilistica pagherà in azioni e, si legge nel patto, «Veba riceverà il 55% del capitale della nuova Chrysler ristrutturata». Chi siederà in consiglio d'amministrazione vicino a Marchionne e agli altri rappresentanti della Fiat? Sindacalisti Uaw? Accademici? Esperti di sanità della Veba? «Non è ancora chiaro come andrà a finire» confessa Teresa Ghilarducci, docente universitaria di economia a New York e membro del «board» della Veba. L'incertezza non dipende solo dal fatto che, mentre gli iscritti Uaw stanno già votando sull'accordo e la Fiat si prepara a sottoscrivere il patto con Chrysler, tutto potrebbe ancora saltare: una mancata intesa coi concessionari o con qualche creditore può ancora portare Chrysler alla bancarotta. E, allora, sarebbe tutto da rivedere. La Ghilarducci, americana di seconda generazione che non parla italiano (suo padre immigrò negli Usa da Lucca), spiega che, anche se l'accordo coi sindacati verrà ratificato, ci sarà molto da definire sulla sua applicazione: «Negli Stati Uniti lo stile della contrattazione collettiva è molto disomogeneo: talvolta è molto passivo, mentre in certe aree c'è un grande attivismo sindacale. Lo United Auto Workers è uno dei più dinamici, quello con più mentalità imprenditoriale. È nella natura sua e degli iscritti: i lavoratori dell'auto si considerano dei veri esperti di problemi industriali». Ma l'accordo dice che proprietario della maggioranza assoluta della Chrysler sarà il fondo Veba. Chi lo controlla? E che tipo di cogestione è immaginabile? Quanto peseranno i sindacati? «Oggi nel consiglio della Veba», dice la Ghilarducci, «i sindacalisti sono in minoranza: quattro contro i cinque di nomina pubblica. Accademici come me o esperti di sanità con un passato in grandi assicurazioni come Bob Naftaly, il nostro presidente». Al di là della scelta dei personaggi che siederanno in consiglio, quello che conta è la missione dell'azionista Veba: un istituto creato solo per garantire cure mediche a dipendenti e pensionati dell'auto (Chrysler, GM e Ford, ma dal 2010 il fondo, oggi unico, si dividerà in tre, lungo i confini aziendali). Creato nel 2007, davanti all'evidente impossibilità per i gruppi industriali di continuare a sostenere da soli previdenza e sanità, il fondo Veba - ora finanziato dalle aziende e da contributi dei dipendenti - era stato concepito per accumulare una capitalizzazione tale da garantirgli 70-80 anni di vita. Con la crisi del 2008 e il crollo del mercato dell'auto che ha portato al taglio dei contributi delle aziende, la vita prevedibile del fondo è scesa a 20 anni. Alcuni analisti che hanno esaminato l'accordo Chrysler - basato su un ulteriore calo dei versamenti aziendali sostituiti dal conferimento di azioni che, al momento, valgono ben poco - prevedono che, nelle condizioni attuali, l'ombrello della Veba possa tenere solo per sei anni. La Ghilarducci - un'esperta di pensioni che ha fatto molto discutere col suo ultimo saggio «When I'm Sixty Four» e una proposta di riforma della previdenza pubblica che ha spinto la rivista «US News & World Report» a definirla «la donna più pericolosa d'America » - non nega il deterioramento del quadro, ma non dà numeri: «Tutto dipenderà - sostiene - dal tipo di riforma sanitaria che verrà introdotta da Obama». Traduzione: se in Europa, dove previdenza e sanità sono garantite dallo Stato, un sindacato può anche provare a inventare percorsi originali di cogestione, negli Usa il fondo Veba dovrà puntare solo al profitto, se non vuole lasciare i dipendenti senza cure mediche. A meno che Obama non introduca anche negli Usa la sanità «europea». Massimo Gaggi NATHANIEL WELCH/REDUX/CONTRASTO

Torna all'inizio


anche dal Vaticano (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 30-04-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Esteri data: 30/04/2009 - pag: 14 Promosso anche dal Vaticano «I cento giorni che non hanno sconvolto il mondo». Così titola oggi in prima pagina L'Osservatore Romano (foto) riferendosi all'operato di Obama. Meno peggio del previsto: finora osserva il quotidiano organo ufficiale della Santa Sede la nuova amministrazione americana non ha apportato nessuna radicale novità in bioetica

Torna all'inizio


Obama, 100 giorni e una promessa all'America (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 30-04-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Esteri data: 30/04/2009 - pag: 14 Primo bilancio Messaggio del presidente nel giorno del simbolico traguardo: «Sono fiducioso, ma non soddisfatto» Obama, 100 giorni e una promessa all'America «Ci stiamo rialzando: abbiamo iniziato il lavoro di rifare questo Paese» DAL NOSTRO CORRISPONDENTE WASHINGTON Cento giorni dopo essere entrato alla Casa Bianca, Barack Obama è «lieto dei progressi compiuti, ma non soddisfatto», è «fiducioso per il futuro, ma non contento del presente ». E il suo messaggio al Paese è di ottimismo e speranza: «Abbiamo cominciato a rialzarci, a toglierci la polvere di dosso. Mentre sgombriamo il campo dal relitto di questa recessione, stiamo ponendo fondamenta nuove per la crescita: non possiamo tornare a una economia costruita sulla sabbia». Ha scelto un profilo altissimo, il presidente degli Stati Uniti, per celebrare un giro di boa che nonostante i tentativi di minimizzarlo rimane un passaggio simbolico e importante per ogni nuovo leader americano. Graziato alla vigilia dalla fortuna di un regalo inatteso, il cambio di casacca del senatore Arlen Specter da repubblicano e democratico, Obama si è imposto una cadenza da campagna elettorale, volando al mattino a Saint Louis, in Missouri, dove ha risposto alle domande di un gruppo di cittadini. Ed è poi rientrato nella capitale, per la terza conferenza stampa in prima serata della sua presidenza. Obama entra nella nuova fase del suo mandato con uno dei più alti tassi di popolarità della storia (lo approvano quasi 7 americani su 10) e un capitale politico intatto. Ma ha davanti a sé difficoltà enormi, costretto com'è a muoversi contemporaneamente su più fronti all'interno e all'estero, tra crisi economica e guerra, riforme ambiziose e complicate sfide diplomatiche. Troppo, come obiettano i suoi critici? «Nessuno dovrebbe sorprendersi ha detto a Saint Louis , i cambiamenti che stiamo facendo sono quelli che avevamo promesso, è ciò che ognuno dovrebbe aspettarsi da un presidente. I problemi che ci siamo trovati di fronte sono senza precedenti per dimensioni e complessità. E non potevano essere affrontati in modo isolato, con le solite vecchie formule. Richiedevano un'azione coraggiosa e sostenuta». Il leader della Casa Bianca ha negato che lui sia «l'uomo dei miracoli», ricordando che «le scelte più dure devono ancora venire». Il centesimo giorno segna in realtà solo «l'inizio di un altro lungo viaggio», ha aggiunto Obama, chiedendo ancora una volta agli americani di aver pazienza, ma promettendo loro che combatterà senza tregua per realizzare il cambiamento: «Dovremo stringere la cinghia, ma lo faremo in modo equo e intelligente ». A conferma delle preoccupazioni del presidente, è la notizia che il Prodotto interno lordo degli Usa si sia contratto del 6,1% nei primi tre mesi di quest'anno. Mentre l'estendersi negli Stati Uniti dei casi di febbre suina e la minaccia di pandemia globale, aggiungono nuova drammaticità all'emergenza. In soli tre mesi alla Casa Bianca, Obama ha ordinato la chiusura di Guantanamo, esteso l'assistenza sanitaria a 4 milioni di bambini, eliminato le ultime discriminazioni contro le donne sui luoghi di lavoro, fissato il calendario per il ritiro dall'Iraq e deciso l'invio di 22 mila nuovi soldati in Afghanistan, offerto un nuovo dialogo all'Iran, lanciato lo scongelamento dei rapporti con Cuba e ha teso la mano al mondo islamico. Soprattutto, ha lanciato il più grande piano di investimenti pubblici per l'economia della Storia americana. I prossimi appuntamenti, che il presidente ha tratteggiato ieri in Missouri e poi nella conferenza, sono il passaggio di un bilancio che rovescia completamente il paradigma reaganiano degli ultimi 30 anni, quello che vedeva lo Stato come parte del problema e non della soluzione; la riforma sanitaria, forse il progetto più ambizioso e rivoluzionario, che dovrebbe dare l'assistenza medica a ogni americano; gli investimenti nelle energie pulite. Una grossa mano dovrebbe dargliela il passaggio nelle file democratiche di Specter, il senatore della Pennsylvania che già in febbraio aveva votato in favore dello stimolo economico. Se come sembra anche il seggio in bilico in Minnesota andrà ai democratici, con lui Obama avrà al Senato i 60 voti necessari a neutralizzare ogni tentativo di ostruzionismo dei repubblicani. Paolo Valentino

Torna all'inizio


e lode (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 30-04-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Esteri data: 30/04/2009 - pag: 14 9 Obama Presidente Ha subito dimostrato che le qualità del grande candidato vanno bene anche alla Casa Bianca: sangue freddo, coraggio, leadership. Qualche scivolone in pubblico 10 e lode Michelle First lady Padrona del lavoro e della propria immagine, ha modernizzato il ruolo della first lady scegliendosi temi e battaglie. E allevando due figlie con la stessa grazia e serietà che porta sulla scena pubblica

Torna all'inizio


Lo slogan elettorale di Ahmadinejad: in farsi (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 30-04-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Esteri data: 30/04/2009 - pag: 14 Influenze Il presidente iraniano usa la frase simbolo del suo rivale statunitense. Ma c'è chi dice che Barack si sia ispirato proprio a lui Lo slogan elettorale di Ahmadinejad: «Yes We Can» in farsi Nella versione americana, c'erano l'attrice Scarlett Johansson, sexy, sognante, il cantante Will.I.Am, serio, e decine di celebrità che ripetevano lo slogan della campagna elettorale di Barack Obama: «Yes, We Can», «Sì, possiamo ». Nella versione iraniana, c'è il presidente Mahmoud Ahmadinejad con l'eterna giacchetta a vento beige sulla camicia bianca. Sotto la barba di cinque giorni, segno di devozione, si intravede un mezzo sorriso, mentre indica sulla lavagna una frase scritta in farsi col gessetto: «Ma Mitavanim », «Possiamo». L'anno scorso, il discorso di Obama dopo le primarie in New Hampshire (Hillary vinse a sorpresa, ma lui promise «Noi possiamo, è il credo scritto nei documenti dei fondatori... Noi possiamo, è il sospiro degli schiavi e degli abolizionisti... ») ispirò un video spontaneo, popolarissimo su internet, vincitore di un Emmy. Adesso ci prova il presidente iraniano, in vista del voto del 12 giugno, che spera lo riconfermi per un secondo mandato. Punta sullo stesso slogan di Obama e sullo status di ex professore universitario (lo è stato prima di diventare sindaco di Teheran). Ahmadinejad copia Obama? Così sostiene il Guardian, affermando che se l'Iran ha accolto con scetticismo l'offerta di amicizia del presidente Usa, i due leader si ritrovano almeno d'accordo sugli slogan. E l'iraniano non sarebbe il primo. L'anno scorso Veltroni adottò « Si può fare» come motto per il PD e il neopremier israeliano Bibi Netanyahu chiese ai suoi guru una campagna «stile Obama». Ma in realtà Ahmadinejad è un comunicatore sottovalutato. Nel 2005, quando fu eletto presidente, due video erano stati mandati in onda senza sosta in tv. Lo mostravano tra i poveri. Lo slogan: «E' fattibile, e possiamo farlo». Il parallelo non era sfuggito alla giornalista conservatrice Usa Monica Crowley, che a giugno accusò Obama di «aver rubato» lo slogan Yes We Can in casa del nemico. Contraria al dialogo con Ahmadinejad, aggiunse: «Non è un caso che Obama sia così propenso a parlare con lui. Vuole ringraziarlo per lo slogan vincente». Ma la Crowley è stata smentita dal sito di monitoraggio dell'informazione Media Matters: Obama usò la frase ancora prima, nella campagna per il Senato nel 2004. L'autore dei discorsi di Barack, Jon Favreau, la riprese nel 2008 per trasmettere un messaggio positivo, collettivo, attivo, in un momento di sconfitta, riuscendo a trasformare la campagna in un movimento nazionale. Era accoppiata però a «Change» (cambiamento), slogan più difficile da rivendicare per Ahmadinejad, che chiede un secondo mandato. E gli sfidanti «riformisti » Mousavi e Karroubi ne hanno un altro dalla loro, data l'economia iraniana in profonda crisi: «It's the economy, stupid ». Viviana Mazza

Torna all'inizio


Garzón apre un'inchiesta sulle torture a Guantánamo (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 30-04-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Esteri data: 30/04/2009 - pag: 15 Spagna Garzón apre un'inchiesta sulle torture a Guantánamo DAL NOSTRO CORRISPONDENTE MADRID Il giudice spagnolo Baltasar Garzón sembra aver trovato il punto debole della «fortezza» di Guantánamo (foto), finora inespugnata dalla giustizia ordinaria. Partendo dalle denunce di quattro ex detenuti, tra i quali il «talebano spagnolo» Hamed Abderrahman Ahmed, e dai documenti non più top secret dell'amministrazione Usa, il magistrato ha istruito una nuova indagine preliminare contro i responsabili delle crudeltà commesse durante gli interrogatori di sospetti terroristi islamici. I quattro ex prigionieri, estradati in Spagna per essere processati, hanno testimoniato su ciò che ormai neppure il Pentagono più nasconde: nel carcere di Guantánamo i detenuti in attesa di giudizio erano sottoposti ad affogamenti simulati e ad altre sevizie autorizzate da Washington. Obama ha annunciato la chiusura della prigione entro l'anno, ma ha preferito non aprire indagini e non cercare colpevoli tra i consiglieri del suo predecessore, George W. Bush, che idearono il carcere nell'isola di Cuba. Dal 2005 la giustizia spagnola si riconosce una competenza internazionale nel perseguire crimini contro l'umanità, genocidi e torture commesse in qualunque parte del mondo. Garzón è diventato il simbolo di un'impresa giudiziaria spesso complicata dall'irreperibilità di prove, testimoni e imputati, ma imparzialmente diretta verso ex dittatori sudamericani, capi di Al Qaeda, incluso Bin Laden, o vecchi falangisti spagnoli responsabili di eccidi durante la guerra civile. L'ultimo bersaglio, Guantánamo, si è dimostrato uno dei più difficili per il magistrato spagnolo che, pochi giorni fa, si è visto respingere dalla procura dell'Audiencia Nacional la richiesta di investigare su sei funzionari giuridici di Bush, indicati come le menti del limbo legale nei Caraibi. Con in mano i ritagli di giornale che riferiscono come i metodi utilizzati a Guantánamo fossero consentiti dalla Casa Bianca e con i verbali delle testimonianze rese da Abderrahman Ahmed, dal marocchino Lahcen Ikassrien, dal palestinese giordano Jamiel Abdul Latif al Banna e dal libico Omar Deghayes (nessuno dei quali è stato condannato), Garzón riparte all'attacco: chiede agli Stati Uniti la consegna dei documenti originali e ipotizza l'esistenza di «un piano autorizzato e sistematico di tortura e maltrattamenti ai danni di persone private della libertà in prigioni come Guantánamo e altre». Il riferimento è al carcere di Bagram in Afghanistan. Elisabetta Rosaspina

Torna all'inizio


Gheddafi chiude la tv del figlio e (ex) delfino Saif (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 30-04-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Esteri data: 30/04/2009 - pag: 15 Tripoli Il secondogenito del Colonnello, favorevole a riforme e democrazia, da agosto si era ritirato dalla politica Gheddafi chiude la tv del figlio e (ex) delfino Saif Al Libiya aveva trasmesso un programma sugli abusi del regime e criticato l'Egitto Il messaggio per Saif Al Islam Gheddafi non poteva essere più esplicito: a metà del programma in diretta An Qurb (da vicino) il segnale della sua tv satellitare Al Libiya s'interrompe; breve pausa, poi compare il logo della rete governativa della Grande Jamahiriya libica. Trascinata in questura e interrogata la conduttrice Hala Al Musrati, mentre il direttore Abdessalam Mechri era stato arrestato sabato (sarà liberato ieri). Motivo dichiarato del raid: un'inchiesta di An Qurb sulle attività di tortura e terrorismo all'estero dei Comitati Rivoluzionari (una sorta di partito unico libico) e le accuse lanciate giorni prima sulla stessa rete dal giornalista egiziano dissidente Ahmed Qandil contro il raìs del Cairo Hosni Mubarak (che ha protestato formalmente). Confiscate infine le due radio sorelle: se le tre emittenti continueranno a trasmettere non sarà certo da Tripoli (ma da Londra), perché la sentenza pare definitiva. E questo varrebbe anche per l'(ex) figlio prediletto di Muammar Gheddafi. Capire cosa succede in un Paese chiuso e complicato come la Libia non è impresa facile. Ancora più opaca è la questione della successione al Colonnello, 67 anni di cui 40 da «fratello leader» di un Paese fondamentale per gli equilibri della regione: terzo produttore africano di petrolio; snodo chiave per l'immigrazione clandestina; tuttora in bilico tra isolamento tribal-socialista e apertura al mondo, in campo economico e politico. E Saif, figlio maggiore della seconda (e preferita) moglie del Colonnello, laurea in architettura in Austria, studi a Londra, è da anni il paladino di tale apertura. Ha lanciato campagne per introdurre una Costituzione (idea Svizzera (si era parlato di «asilo politico», poi smentito). Da poco era tornato in Libia. Ma nessuna missione per conto di papà: nella Washington di Obama c'è andato il fratello Moatessem. E silenzio su cosa stesse facendo. Poi il raid contro la tv. Saif, a quanto pare, ha davvero perso i favori del Colonnello. Cecilia Zecchinelli Propaganda Un poliziotto libico davanti al manifesto di Muammar Gheddafi e di suo figlio Saif (Afp/Mahmud Turkia)

Torna all'inizio


Primo morto negli Usa, (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 30-04-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Cronache data: 30/04/2009 - pag: 18 Febbre suina La vittima aveva 22 mesi. Obama: situazione seria. La Ue pensa al blocco dei voli per il Messico Primo morto negli Usa, «il virus avanza» L'Oms: pandemia vicina, allarme a livello 5. In Italia venti casi, tutti negativi DAL NOSTRO CORRISPONDENTE NEW YORK L'Organizzazione mondiale della sanità (Oms)ha deciso di alzare da 4 a 5 il livello di allarme per la febbre suina. Lo ha reso noto ieri la direttrice generale Margaret Chan, spiegando che il passaggio al livello 5 indica che la pandemia è considerata «imminente» e che «non vi sono segnali di un rallentamento della diffusione del virus ». «Tutti i Paesi avverte devono immediatamente attivare il loro piano di preparazione alla pandemia». Cresce l'allarme in Europa e negli Stati Uniti. Allerta anche in Italia: venti casi sospetti, nessuno accertato. Nel Vecchio Continente si estende la mappa del contagio, con i primi tre casi accertati in Germania e un altro in Austria. Salgono a cinque gli «accertati» in Gran Bretagna e a 10 quelli in Spagna. Le autorità messicane hanno rivisto drasticamente a sette il bilancio delle vittime del virus che fino a poco prima era stato fissato a 20. È invece aumentato il numero delle morti «probabilmente» causate dall'influenza: 159 decessi. In totale 1.311 persone sono in ospedale dopo aver manifestato i sintomi della malattia. Intanto la febbre suina ha fatto la prima vittima fuori dal Messico. Un bimbo messicano di 22 mesi è morto lunedì notte in un ospedale di Houston, in Texas, tre settimane dopo aver visitato con la famiglia la cittadina di Matamor as, a sud del confine Usa-Messico. In tutto sono saliti a un centinaio i casi accertati in 10 Stati americani e alla Casa Bianca il presidente Obama ha invitato l'America «alla massima vigilanza» e, se necessario, «alla chiusura precauzionale di alcune scuole per contenere il contagio». Ma Obama ha respinto con forza gli appelli ad innalzare muri al confine, lanciati dai conservatori al Congresso dopo il caso del bimbo messicano. «Non possiamo scavare un fossato attorno all'America ha detto il presidente parlando a St. Louis in Missouri . Le minacce che abbiamo davanti, dal terrorismo alla proliferazione nucleare, dalle pandemie al clima, attraversano i confini e sono globali. Non possiamo dire: 'Ci spiace non potete entrare, non portate i vostri problemi da noi'». New York guida la lista degli Stati americani colpiti con 51 casi, davanti a Texas (16), California (14), Massachusetts, Kansas e Michigan (due), Arizona, Nevada, Indiana, Rhode Island e Ohio (un caso ciascuno). L'incubo è approdato anche nelle caserme. Un soldato dei Marines che ha contratto il virus nella base di 29 Palms, nel sud della California, è stato messo in quarantena mentre 39 commilitoni che sono venuti a contatto con lui non potranno recarsi alla mensa né partecipare alle altre attività collettive, fino a quando non sarà fatta luce sul caso. Le autorità sanitarie raccomandano ai malati di restare a casa da scuola e dal lavoro per almeno una settimana. Un appello che ha sollevato polemiche in un paese dove quasi 50 milioni di americani non hanno l'assistenza sanitaria. «Meno della metà dei lavoratori Usa godono di giorni di malattia pagati punta il dito Barbara Gault, direttore del gruppo non profit Women's Policy Research solo uno su tre può stare a casa, retribuito, per curare i figli malati ». Vertice oggi, a Lussemburgo, dei ministri della Salute europei per prendere le prime decisioni comuni sui farmaci d'emergenza e per decidere misure sui viaggi nelle aree a rischio. La Francia invita la Ue al blocco dei voli. Alessandra Farkas

Torna all'inizio


(sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 30-04-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Terza Pagina data: 30/04/2009 - pag: 41 La denuncia Il paladino dei diritti civili arriva in Italia per presentare il suo libro contro chi alimenta «l'odio verso lo Stato ebraico» «Un vero liberal deve difendere Israele» Alan Dershowitz accusa gli intellettuali di sinistra, da Saramago a Chomsky dal nostro corrispondente ALESSANDRA FARKAS NEW YORK In Italia Alan Dershowitz è di casa dal 1974. Allora si recò nel nostro Paese per incontrare Umberto Terracini, dirigente del Pci d'origine ebraica favorevole a una politica più pro-Israele. Dopo 35 anni il giurista-scrittore di Harvard, paladino dei diritti civili, torna a Roma con una missione: frenare l'ondata di odio anti-israeliano che, mette in guardia, «oggi non scaturisce più soltanto dalle forze estremiste». La sua tournée italiana è stata organizzata da Amy Rosenthal, docente di Relazioni internazionali all'American University di Roma e comprende anche un incontro con alcuni deputati, tra cui Fiamma Nirenstein. L'occasione: l'uscita in Italia del libro Processo ai nemici di Israele (Eurilink editore), dove Dershowitz mette sotto accusa l'intellighenzia occidentale: «Intellettuali spiega come lo scrittore spagnolo Antonio Gala, secondo cui gli ebrei meritano un altro Olocausto se non abbandonano Israele». Nella sua lista nera: l'ex presidente Usa Jimmy Carter (che ha scritto Palestine. Peace not Apartheid) e Stephen Walt e John Mearsheimer, autori di La Israel Lobby e la politica estera americana (Mondadori). «Mi preoccupa che la retorica anti-israeliana più violenta non appartenga più a frange dell'estrema sinistra, ma al mainstream », precisa Dershowitz, che cita i Nobel Harold Pinter, Carter, José Saramago e Desmond Tutu, oltre a Noam Chomsky («studioso di fama mondiale»), ma non Norman Finkelstein, «spazzatura che nessuno prende sul serio». A Roma Dershowitz approda dopo i riflettori di Durban II, dove è stato allontanato quando si accingeva a sfidare il presidente iraniano Ahmadinejad. «Ad applaudire con più entusiasmo le sue farneticanti esternazioni sull'Olocausto e Israele accusa erano purtroppo gli ebrei barbuti del Neturei Karta. Un gruppo che auspica l'annullamento totale del sionismo». L'ebreo antisemita: un ossimoro che lo tormenta. «L'odio anti-israeliano è diventato una sorta di rito d'iniziazione. Per essere accettati nell'estrema sinistra agli ebrei si chiede di diventare più anti-israeliani degli arabi e più palestinesi dei palestinesi, buttando alle ortiche la propria eredità». Si tratta, teorizza, di un ritorno all'Inquisizione, «quando eravamo costretti a convertirci e a diventare più cattolici del Papa. Gli ebrei disposti a vendere l'anima al diavolo esistono da sempre». Il suo assillo oggi è spiegare al mondo che non bisogna essere di destra per amare Israele. «Barack Obama, Hillary Clinton, Ted Kennedy, Irwin Cotler ed io siamo tutti liberal e pro-Israele, come il resto della sinistra moderata Usa». La sua coscienza sionista è germogliata a Williamsburg, il quartiere di Brooklyn dove è nato nel 1938 da una coppia di origine polacca: Claire, computista, e Harry, fondatore della Young Israel Synagogue: «I miei erano ebrei ortodossi ma moderni. Da piccolo giocavo a baseball e correvo dietro alle ragazze come i miei amici protestanti e cattolici. Oggi l'ebraismo è spaccato in due tra ultraortodossi e laici: il tipo di quartiere dove sono cresciuto io non esiste più in America». A 14 anni aveva trovato il primo lavoro, alla Sohn Delicatessen, una fabbrica di insaccati kosher della Lower East Side. «Dovevo annodare lo spago tra un hot dog e l'altro e un giorno rimasi chiuso nel freezer». Dopo la laurea in legge a Yale nel 1962, nel '67, a solo 28 anni, diventa il più giovane docente in legge nella storia di Harvard, dove, tra gli ex alunni, annovera Eliot Spitzer, John Sexton, Joe Klein, Barack e Michelle Obama. Difendere gli emarginati era nel suo Dna. Si fa strada come avvocato dei poveri e dei bistrattati, per esempio dei condannati a morte di colore. «La pena capitale è un'atrocità razzista che li penalizza. E solo quando la vittima è bianca». Ma tra i suoi clienti ci sono pure Vip ricchi e famosi come Patricia Hearst, Mike Tyson, Michael Milken. «Certo, ma la metà dei miei assistiti non paga un centesimo », ribatte. Di O.J. Simpson, assolto col suo aiuto, dice che «non comparirà tra i processi del secolo accanto a Norimberga, ai coniugi Rosenberg o Sacco e Vanzetti, e sarà scordato dalla storia». Per assicurarsi l'immortalità abbandona spesso la toga di avvocato, per indossare i panni di scrittore prolifico, autore di ben trenta saggi, tra cui i bestseller Reversal of Fortune e Chutzpah. «Scrivo ogni giorno dalle tremila alle quattromila parole. La mia segretaria le ha contate: un milione l'anno, oltre 40 milioni in tutto. Però non so usare il computer e scrivo solo a penna». Dershowitz ha appena ultimato il suo terzo romanzo: The Trial of Zion, un thriller legale che parte da un attentato terroristico per esplorare, attraverso cinque famiglie, il conflitto ebraico-palestinese in Terra Santa dal 1885 ad oggi. Nel 1994 aveva pubblicato Il demone dell'avvocato (Mondadori), il suo primo lavoro di fiction (la storia semiautobiografica di un avvocato alle prese con un cliente colpevole e pericoloso) e nel 1999 Just Revenge, ispirato allo sterminio della famiglia materna durante l'Olocausto. «Sono stato influenzato da Emanuel Ringelblum, che ha immortalato l'esperienza nel ghetto di Varsavia nascondendo i diari in cartoni del latte sottoterra. E da Elie Wiesel, oggi mio caro amico. Non parlo solo de La notte ma anche de Gli ebrei del silenzio che mi spinse ad andare in Unione Sovietica e a lavorare dieci anni per gli ebrei russi». I suoi libri preferiti? « I fratelli Karamazov, Anna Karenina, Il Principe di Machiavelli. E poi l'opera omnia di Philip Roth, Primo Levi, Amos Oz e Saul Bellow». Alan Dershowitz oggi è anche un famoso blogger, per l'«Huffington Post», il «Jerusalem Post» e «Front Page». «Sull''Huffington Post' scrivono le migliori e le peggiori firme d'America: le più ridicolamente d'estrema sinistra reagiscono ai miei post con invettive antisemite inaudite. Ma va bene così, perché il mio mestiere è provocare». Una passione, questa, che rischia di costargli due anni di carcere in Italia, dove è stato denunciato dal Gip Clementina Forleo per aver osato, in un'intervista del 2005, definire «vergognosa » la sua decisione di assolvere cinque militanti islamici dal reato di terrorismo internazionale. «Il caso dimostra come il sistema giudiziario italiano non contempli neppure la liberta d'espressione. Ma il mio Paese non accetterà mai l'idea medievale che un cittadino Usa sia perseguito all'estero per un'opinione espressa in patria, dove il primo emendamento ne tutela la liberta di parola. Il dipartimento di Stato mi ha confermato che sono il primo americano della storia ad essere incriminato in Italia per un'opinione espressa a casa mia». Le pecche del Belpaese sono anche altre. «Mi duole dover dire che è troppo morbido coi terroristi, e non parlo solo dell''Achille Lauro'. Obama sa di non poter contare sull'Italia come alleato affidabile nella guerra contro il terrorismo alla stregua di Francia e Inghilterra. Da voi e in Spagna, poi, il potere giudiziario è in mano a magistrati d'estrema sinistra che considerano i terroristi combattenti per la libertà». La morale cattolica buonista? «Non c'entra. Al contrario, penso che il ruolo del Vaticano sia e continui ad essere estremamente positivo sul versante dei diritti umani e civili e della tutela dei poveri, immigrati e deboli in generale». Harold Pinter (1930-2008), vincitore del premio Nobel nel 2005 José Saramago, premio Nobel nel 1998 Jimmy Carter, ex presidente degli Usa, premio Nobel nel 2002

Torna all'inizio


Il capitolo finale della sua trilogia (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 30-04-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Cultura data: 30/04/2009 - pag: 39 Il romanzo «Il sangue è randagio» uscirà da Mondadori Il capitolo finale della sua trilogia di MATTEO PERSIVALE L a lettera di James Ellroy ai librai americani può stupire soltanto chi non ha mai visto il modus operandi dello scrittore in pubblico: perché è solito prendere la parola, alle conferenze, salutando i presenti con un affettuoso «cari i miei guardoni, ladri, pederasti, annusatori di mutandine rubate, fetenti e papponi, grazie a tutti di essere qui». E poi paragona il (da lui intensamente odiato) Barack Obama a un procione e illustra invece i suoi desideri carnali verso Sarah Palin. Ellroy ha tenuto lo stesso comportamento vivace l'altro giorno al festival del libro del «Los Angeles Times» dove, in papillon e rigatino bianco anni '50 ha raccontato aneddoti salaci mimando atti di autoerotismo davanti a una platea di fan deliziati. E ha anche parlato del suo nuovo libro, «il più grande romanzo dai tempi della Bibbia ». Al di là dei latrati (è un cinofilo affettuosissimo) con i quali accompagna le sue sentenze al festival del libro si è paragonato a Gutenberg Ellroy sa che l'uscita americana del libro, il 22 settembre, è un momento decisivo della sua carriera. Blood's a Rover è il capitolo finale della trilogia cominciata nel 1995 con American Tabloid e proseguita con Sei pezzi da mille. Quest'ultimo capitolo arriverà a novembre in Italia (edito da Mondadori, verrà tradotto con il titolo Il sangue è randagio citazione di un verso tratto da Un ragazzo dello Shropshire di A. E. Housman) ed è la storia parallela sotterranea, dice lui dell'America immaginata da Ellroy con la politica come estensione naturale del gangsterismo, cominciata nel 1958 ( American Tabloid, che si conclude nel 1963 pochi istanti prima dell'omicidio di John Kennedy). Blood's a Rover parte dal '68, dove si era fermato il precedente, e arriva fino al 1972, prima del Watergate. Qui Ellroy si ferma. E promette di chiudere con la contro-storia americana e anche con Los Angeles. Eppure nella sua vecchia città, luogo dei suoi vecchi libri, dell'omicidio della madre che lo tormenterà per sempre, si è appena trasferito. Dopo aver lasciato la gentile moglie Helen.

Torna all'inizio


Darfur, il digiuno di Mia (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 30-04-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Esteri data: 30/04/2009 - pag: 17 Sciopero della fame La Farrow: «Evitare altri massacri» Darfur, il digiuno di Mia «Il mondo non fa niente» «Dalla Casa Bianca promesse non mantenute» DAL NOSTRO CORRISPONDENTE NEW YORK La sua decisione di fare uno sciopero della fame pro-Darfur preoccupa il suo medico e alcuni dei suoi 14 figli ma è stata applaudita da George Clooney, Ban Ki-Moon e dalla Fox tv che ha addirittura pubblicizzato il suo «ultimo pasto»: strettamente vegetariano, nonostante la sua grande passione per la cioccolata. Da lunedì scorso e per ventuno giorni, la sessantaquattrenne star del cinema e attivista americana Mia Farrow («ambasciatrice di buona volontà » dell'Unicef dal 2000) si nutrirà esclusivamente d'acqua. Una scelta grave. Perché ha preso questa decisione? «Per manifestare la mia solidarietà con il popolo del Darfur ed esprimere la mia indignazione nei confronti di un mondo capace di guardare bambini, donne e anziani morire di fame, sete e malattie». Perché proprio adesso? «Dopo il mandato di cattura spiccato contro Omar Al Bashir lo scorso 4 marzo, l'emergenza nel Paese è precipitata. Entro maggio oltre un milione di persone rischiano di restare senza acqua, cibo e cure mediche a causa dell'espulsione degli operatori umanitari decisa in ritorsione dal presidente sudanese». Cosa spera di ottenere con questo digiuno? «Che tutti i leader della terra, da Obama a Sarkozy e da Brown a Berlusconi costringano il Sudan a riaprire le porte alle organizzazioni umanitarie internazionali come Medici Senza Frontiere e Save the Children, evitando una tragedia ancora più immensa del Ruanda. Serve subito un processo di pace che ponga fine al genocidio». Come giudica l'operato del presidente Obama sul Sudan? «Durante la campagna elettorale Obama e il suo vice Joe Biden fecero molte promesse per il Darfur e nessuno ha votato per loro con più entusiasmo di me. Purtroppo alle promesse non sono seguiti i fatti e quando Obama ha nominato un inviato nella regione, era ormai troppo tardi». Non teme che il suo resti un gesto isolato? «So che rischio di sembrare sciocca o presuntuosa ma spero che il mio digiuno serva ad informare la gente. Vengo da una generazione che ha marciato contro il Vietnam e ha posto fine a quella guerra. La storia mostra che i governi non si mobilitano per altruismo ma quando la piazza fa sentire la propria voce». E dopo? «Io sono solo l'anello di una catena senza fine e quando le forze mi verranno meno e sarò costretta ad interrompere il digiuno, spero che altri continueranno la mia crociata. Moltissime persone hanno aderito allo sciopero della fame indetto da fastfordarfur. org, non per imitare me ma in solidarietà con le vittime del Darfur». Cosa dice il suo medico di questa decisione? «Dubita che io riesca a digiunare oltre due settimane ma io spero di arrivare a tre. Di più non posso perché rischierei danni irreversibili agli organi interni». Come hanno reagito i suoi figli? «Alcuni erano molto preoccupati ma capiscono perfettamente le mie ragioni e la posta in gioco e mi appoggiano al 100%». Alessandra Farkas Solo acqua Mia Farrow in un campo profughi in Darfur. L'ex moglie di Woody Allen, 64 anni, è ambasciatrice Unicef dal 2000. Si è impegnata a digiunare per 21 giorni \\ «Dopo il mandato di cattura per Omar Al Bashir la crisi si è aggravata: un milione di persone a rischio»

Torna all'inizio


Usa, i primi 100 giorni di Obama "Buona partenza, ma è solo l'inizio" (sezione: Obama)

( da "Repubblica.it" del 30-04-2009)

Argomenti: Obama

WASHINGTON - "Abbiamo avuto una buona partenza, ma è solo l'inizio". Il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, in una conferenza stampa nel centesimo giorno del suo insediamento alla Casa Bianca, si dà una sufficienza piena per il suo operato nei primi tre mesi, periodo in cui ha dovuto gestire tante crisi allo stesso tempo. "Sono orgoglioso di ciò che abbiamo fatto, ma non sono ancora soddisfatto: c'è molto da fare - ha sottolineato il presidente Usa - ricostruire l'America richiederà tempo e grande impegno". Rispondendo per un'ora in prima serata alle domande dei giornalisti nella East Room, Obama ha spiegato che mentre la sua amministrazione è impegnata a "sgomberare il campo dalle macerie della recessione", l'America deve rimodellare un'economia "non costruita sulla sabbia: occorrono nuove solide fondamenta". Proprio l'economia ha rappresentato un'emergenza inattesa: "Quando mi sono candidato", ha ricordato, "l'Iraq era il problema centrale, ma l'economia sembrava forte. Non avrei mai pensato di dover gestire la più grave crisi economica dalla Grande Depressione". Il presidente è rimasto colpito dalla "pazienza straordinaria degli americani": hanno capito "che non possiamo uscire da questa crisi in breve tempo". "Non faccio miracoli", aveva detto poco prima a St. Louis, in Missouri, "ma siamo sulla strada giusta". Negli ultimi giorni si è aggiunta l'emergenza per l'influenza suina: "Una situazione molto seria", ha detto Obama, ma per la quale sarebbe inutile chiudere i confini col Messico: "Sarebbe come chiudere la porta della stalla quando i buoi sono già scappati". OAS_RICH('Middle'); Sul fronte internazionale, Obama ha parlato di Pakistan e della guerriglia talebana e di al Qaeda e ha avvertito che per il governo di Islamabad "la maggiore minaccia alla sicurezza viene oggi dall'interno, non dall'India". Il presidente americano ha espresso anche "preoccupazione" per gli "spettacolari attentati" avvenuti in Iraq negli ultimi giorni. Poi la nuova condanna del "waterboarding", l'annegamento simulato utilizzato dalla Cia per gli interrogatori dei presunti terroristi nell'era Bush. "E' tortura", ha ribadito, e rinunciare alla tortura può solo rendere l'America "più forte e più sicura". Obama si è anche impegnato a rivedere "la legge sul segreto di Stato". Per quanto riguarda l'aborto, il presidente americano ha ribadito di ritenere che le donne abbiano "il diritto di scegliere", ma ha sottolineato che l'approvazione di una legge su questo tema non è la sua "più alta priorità", anche perché è un tema che suscita "rabbia" e la cosa migliore è "concentrarsi sulle cose su cui possiamo tutti concordare". Obama ha anche annunciato la creazione di una task force per contrastare l'aumento di gravidanze tra le teenager americane che lavorerà in contatto con i gruppi favorevoli al diritto di scelta e quelli contrari all'aborto. A un giornalista che gli chiedeva cosa lo avesse stupito e scoraggiato di più da quando è presidente, Obama ha detto di essere rimasto sorpreso dal moltiplicarsi delle emergenze ("ma ogni presidente deve giocare con le carte che ha ricevuto") e di essere stato rattristato dalla "lentezza dei cambiamenti a Washington: anche nel cuore di una grande crisi, i giochi della schermaglia politica continuano". Obama ha detto di essere stato colpito dalla "pazienza straordinaria degli americani": hanno capito "che non possiamo uscire da questa crisi in breve tempo". (30 aprile 2009

Torna all'inizio


Il virus colpisce gli Stati Uniti la vittima è un bimbo messicano (sezione: Obama)

( da "Repubblica.it" del 30-04-2009)

Argomenti: Obama

CITTA' DEL MESSICO - È morto a Houston, prima vittima ufficiale della gripe porcina negli Stati Uniti, ma in Texas era arrivato solo da pochi giorni. è un bimbo messicano di 23 mesi, che il 4 aprile scorso era partito con i familiari da Città del Messico per una visita-vacanza ai parenti di Brownsville, cittadina texana sul confine americano del Rio Grande. Un viaggio aereo fino a Matamoros la cittadina-gemella sul lato messicano, poi l'ingresso a piedi negli Stati Uniti, insieme alle migliaia di pendolari che passano quotidianamente il grande fiume che divide gli Stati Uniti dal Messico. Stava già incubando la "nuova influenza" ma nessuno poteva saperlo, perché i sintomi, febbre alta, dolori alla testa e alla gola, si manifestano solo quattro giorni più tardi. Il medico che lo visita si rende conto della gravità della situazione e il piccolo viene ricoverato all'ospedale di Brownsville. Solo il 13 aprile, in condizioni sempre peggiori, viene trasportato d'urgenza al Texas Children Hospital di Houston, 600 chilometri più a nord. Nessuno è in grado di capire il virus che lo ha colpito (l'allarme per la "gripe porcina" sarà diffuso dopo due settimane), le cure sono inutili, lunedì 27 aprile il piccolo messicano muore, anche se la notizia viene diffusa solo ieri. Insieme alla conferma che è la prima vittima sul suolo americano (anche se non faceva parte della lista dei sei casi registrati in Texas) e alle preoccupate dichiarazioni di Barack Obama: "La situazione è seria, talmente seria da richiedere le massime precauzioni. Siamo pronti a fare tutto il necessario, anche chiudere le scuole dove ci sono stati contagi". OAS_RICH('Middle'); Per i medici di Houston è "impossibile fare una previsione" sulla diffusione del contagio. I genitori del piccolo messicano non sono stati contagiati (così come sono risultate immuni dal virus anche le altre persone venute a contatto con lui) e del resto al Texas Children Hospital il suo caso era stato considerato per due settimane come "influenza stagionale" sia pure particolarmente acuta. I bambini sotto i cinque anni sono molto vulnerabili, ogni anno negli Stati Uniti 20mila bimbi vengono ricoverati in ospedale per la flu, nel 2008 per la "stagionale" ne erano morti 86 e quest'anno (fino all'11 aprile) sono già 53. Il bimbo morto a Houston era partito da Città del Messico, un'ulteriore conferma che questa capitale resta il punto centrale della crisi sanitaria che ha messo in allarme il mondo intero. Il sindaco del Distrito Federal ha detto ieri che il contagio si sta "stabilizzando" e che se nei prossimi giorni questa tendenza dovesse continuare si potrebbe "abbassare" l'allerta sanitaria. La megalopoli continua a vivere in un modo surreale. Chiusi bar, ristoranti e caffè; chiuse le scuole, i musei, i tribunali e da ieri anche i grandi siti archeologici aztechi e maya; annullate le manifestazioni sportive (con il campionato di calcio che prosegue solo a porte chiuse) e gli attesissimi gala di film come Star Trek e Angeli e Demoni; proibiti baci e carezze nelle telenovelas. L'immenso formicaio umano (quasi 23 milioni di abitanti) esce di casa solo quando vi è costretto dal lavoro. La capitale ha paura e le cifre ufficiali della "crisi sanitaria", spesso contraddittorie, non rassicurano. I morti della "gripe porcina" erano stati quantificati in 159 (martedì sera) ma adesso la certezza riguarda solo 7 fra loro. I nuovi casi "accertati" di persone (in vita) che hanno contratto il virus sono 23, numero che porta il totale ufficiale a 49, mentre nel week end il ministero della Sanità aveva parlato di 1.400 malati di cui 900 curati e dimessi. Per sapere la verità sui morti e capire quanti dei 159 siano effettivamente morti per la "nuova influenza" serviranno ancora giorni. Nel frattempo gli ospedali di Città del Messico sono presi d'assalto da centinaia di persone convinte di essere state contagiate ma che risultano poi avere l'influenza classica o anche un semplice raffreddore. Una psicosi collettiva, forse giustificata dalla paura e dalla mancanza di chiarezza, ma che non aiuta. Così oltre alle leggende metropolitane di chi parla di centinaia di morti "nascosti" dal governo ci sono anche terribili vicende personali molto gravi. Come quella di Maria Fernanda, una bimba di cinque anni, morta dopo essere stata dimessa da ben due ospedali, nonostante la febbre alta e i dolori alle ossa. Dopo averla visitata i medici le avevano diagnosticato una malattia esantematica, probabilmente varicella, e avevano giustificato i suoi dolori alle ossa con una frattura del femore. La notte in cui è tornata a casa ha inizia ad avere insufficienza respiratoria: "Il suo respiro si è fatto sempre più veloce, poi è finito del tutto", ha raccontato in lacrime la madre. (30 aprile 2009

Torna all'inizio


Creditori all'assalto della GM Da loro una contro offerta (sezione: Obama)

( da "Repubblica.it" del 30-04-2009)

Argomenti: Obama

Il comitato che rappresenta i creditori vorrebbe respingere l'offerta, avanzata da Gm il 27 aprile, di scambiare i loro titoli con una quota del 10% nel capitale del gruppo Creditori all'assalto della GM Da loro una contro offerta Gli obbligazionisti di General Motors avrebbero intenzione di presentare una contro-offerta alla task force dell'auto del presidente Obama, che darebbe loro il controllo della casa automobilistica. Il comitato che rappresenta i creditori vorrebbe respingere l'offerta, avanzata da Gm il 27 aprile, di scambiare i loro titoli con una quota del 10% nel capitale del gruppo. Il termine fissato per le adesioni e' il primo giugno. Il comitato sarebbe invece intenzionato a chiedere, in cambio dei 27 miliardi di crediti avanzati verso la societa', il 51% di Gm, cedendo il 41% al fondo cui spetta l'assistenza sanitaria dei dipendenti e l'1% agli azionisti ordinari.

Torna all'inizio


"La Twitter mania dura un mese" Lascia il 60 per cento degli utenti (sezione: Obama)

( da "Repubblica.it" del 30-04-2009)

Argomenti: Obama

TUTTI ne parlano, e molti dicono di usarlo regolarmente, ma è qui la sorpresa. Secondo la società Nielsen Online, che misura il traffico su internet, il 60 per cento degli utenti di Twitter - noto servizio online con cui è possibile condividere un breve messaggio con altri utenti - ha abbandonato un mese dopo l'iscrizione. Una sentenza senza appello, emersa da una ricerca sul successo a lungo termine dell'ultimo famoso social network usato da celebrità come la conduttrice Tv a stelle a strisce, Oprah Winfrey, e la pop star Britney Spears. "Il tasso di mantenimento dell'audience di Twitter, o la percentuale di utenti di un certo mese che ci sono ancora il mese successivo, è di circa il 40 per cento", ha confermato online David Martin, vice presidente di ricerca primaria alla Nielsen Online. Come a dire: il restante 60 per cento saluta e ringrazia, senza farsi più vedere. Creato tre anni fa come un servizio internet in grado di permettere agli utenti di scambiarsi e leggere brevi messaggi da 140 caratteri, Twitter è stato recentemente investito da un'ondata di popolarità inarrestabile, da quando celebrità come il giocatore di basket Shaquille O'Neal o lo stesso presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, lo hanno usato e ne sono diventati loro malgrado importanti testimonial. Come nel caso dell'attore Ashton Kutcher, che ha sfidato la Cnn, scommettendo che avrebbe raggiunto quota un milione di sostenitori su Twitter prima del gigante informativo, o sua moglie, l'attrice Demi Moore, che avrebbe addirittura impedito a una donna in California di suicidarsi grazie al sito. OAS_RICH('Middle'); E sempre secondo i dati diffusi da Nielsen Online, il sito avrebbe registrato 7 milioni di visite a febbraio di quest'anno contro le 475.000 di febbraio dell'anno scorso e si imporrebbe come vero e proprio fenomeno del momento insieme a Facebook e pochi altri. A tre anni dall'ascesa di questo enfant prodige del Web 2.0, lo studio di Nielsen Online mette però in guardia i fondatori del sito - recentemente diventato preda ambita da parte di Google - sottolineando che un tasso di mantenimento del 40 per cento limiterà la crescita del sito. "Semplicemente a un certo punto non ci saranno abbastanza nuovi utenti per controbilanciare quelli che abbandonano il sito", ha spiegato David Martin, aggiungendo che siti concorrenti come Facebook e MySpace, hanno tassi di mantenimento degli utenti pari a circa il doppio rispetto a Twitter. Parola di chi, proprio sulla piattaforma di microblogging più famosa al mondo, ha pensato bene di lanciare l'allarme. (30 aprile 2009

Torna all'inizio


I cento giorni di un uomo tranquillo (sezione: Obama)

( da "Repubblica.it" del 30-04-2009)

Argomenti: Obama

WASHINGTON - Faceva molto freddo, 100 giorni or sono, quando la lingua del giudice Roberts e quella del presidente si congelarono sulla formula del giuramento e milioni di persone trattennero il respiro. Si chiedevano che cosa avesse mai fatto l'America eleggendo questo Barack Hussein Obama, di colpo spaventati da tanta audacia. Ora fa caldo, a Washington, e si può respirare. "E' cominciata la ricostruzione, l'America si è alzata dalla polvere", come ha detto lui ieri. Obama non ha cambiato il mondo, ha cambiato il vento che dall'America soffia sul mondo. Dal 20 gennaio governa gli Stati Uniti un uomo tranquillo. Un non fanatico, come abbiamo visto ieri sera nella sua conferenza stampa per i "primi 100 giorni", che non vuole salvare l'universo del "bene contro il male", ma avviare la ricostruzione dalle rovine che ha ereditato. Che sa sorridere, che nella sua calma quasi soprannaturale in mezzo al vortice di debiti, vertici, conflitti, virus, sta facendo impazzire alleati e avversari incapaci di rinchiuderlo dentro la scatola di una definizione. Si è arreso anche il Wall Street Journal di Murdoch, che ha scritto: "E' riuscito a confondere uno per uno gli osservatori sparsi su tutto l'arco delle opinione politiche". Ancora non sappiamo chi sia l'allampanato quarantenne con qualche filo grigio tra i capelli, una moglie che osa esibire le braccia nude e sode ai vertici infischiandosi dell'etichetta cara alle più stagionate dame bianche, due figlie, un cagnetto portoghese e un orticello biologico. OAS_RICH('Middle'); Tutti gli uomini e le donne di buona volontà sulla Terra salutarono il suo essere finalmente un figlio del mondo, uomo in bianco e nero, uomo fatto dal nulla e allevato da madre single, il paradigma sempre più diffuso della famiglia post-tradizionale. Eppure non si ricordano un'intervista, un discorso, una frase nella quale lui abbia vantato, o anche soltanto ricordato, la straordinarietà del suo essere. Di razze, di questioni razziali, non ha mai parlato. Ha affrontato rivolte interne del proprio partito dove parlamentari preoccupati di perdere quei "barili di lardo" con i quali ungono gli elettori dei propri collegi gli sparigliavano i piani di soccorso alla finanza agonizzante. E tre mesi dopo si ritrova con una supermaggioranza a prova di boicottaggio al Senato, 60 seggi su 100, grazie al ribaltone individuale di un senatore passato con lui e un'opposizione repubblicana costretta sempre più nel ghetto dei fanatici e di sondaggi di popolarità deprimenti. Un mini partito che lui lascia seccare sul ramo dei propri rancori, coltivando quella maggioranza di elettori indipendenti e vaganti che oggi tengono le chiavi di ogni vittoria. La macchietta dello "statalista nazionalizzatore" che avrebbe trasformato la nazione negli USSA, gli United Socialist States of America, è rimasta una caricatura. Non è stata nazionalizzata neppure una banca o un'azienda, neppure quei cadaveri di Detroit che sono stati indirizzati verso accordi con società come la Fiat. Le minacce di tassazione punitiva per i "bonus" sono rientrate. Un solo presidente di corporation, quello della General Motors, è stato costretto a dimettersi in cambio di aiuti. Persino il "Dottor Apocalisse", l'economista Nouriel Roubini della New York University divenuto celebre per le sue profezie di sventura poi avverate, oggi ammette in un'intervista che questo collasso globale, "sembra avere raggiunto il fondo della U", che è un modo per dire che d'ora in poi non può far altro che risalire. Si sono calmati Paul Krugman, il Nobel che dalle colonne del New York Times sparava su Obama come prima su Bush, memore della sua appartenenza al campo della Clinton durante la campagna. Si scandalizzano gli sfollati del neo-conservatorismo per le aperture all'Iran, a Cuba, a Chavez, a quell'America Latina che era stata ignorata da Bush e lasciata incancrenire, ma neppure la sempre temuta "lobby cubana" a Miami protesta più. Dal sepolcro dove era stato nascosto, risorge Dick Cheney, furioso perché le rivelazioni sulle torture arrivano diritte a lui, a suoi ordini segreti, mentre George W Bush è scomparso nel ventre del Texas, dimostrando a posteriori chi fosse stato, per otto anni, il vero Presidente degli Stati Uniti. Il meglio che uno degli ideologhi neocon più striduli, Bill Kristol, sappia dire è: "Più forza ha Obama, più errori potrà fare". L'enigma Obama resiste, mentre per lui parla l'opera di ricostruzione prima di tutto dell'immagine e dell'onore dell'America di fronte al mondo e di fronte a sé stessa. Ha la scorza di Reagan, sulla quale l'acqua delle critiche scorreva via, la popolarità di Clinton, inossidabile anche agli scandali. Spinge l'opposizione a radicalizzarsi, senza mai dare l'impressione di chiuderla all'angolo, anzi, ripetendo il mantra della "collaborazione" bipartisan. Anche i media che lo avevano sostenuto hanno provato, e provano, a criticarlo, magari quando uno dei suoi Boeing 747 presidenziali sorvola a bassa quota Manhattan per fare foto scatenando panico in una città sempre coi nervi scoperti, eppure il pubblico, che avrebbe squartato Bush per un simile "stunt", fa spallucce. Arriva il virus suino che sconvolgerà l'economia mondiale già provata? "Calma", esorta l'uomo calmo, e Wall Street fa un piccolo sternuto, poi riprende a salire. Per il secondo mese consecutivo chiuderà in rialzo tutti i suoi indicatori. Pancette e prosciutti tornano a vendere. Più la tempesta sembra grave, più calmo appare l'uomo al centro, e questo è il segreto che ha massaggiato i nervi di una nazione tenuta nell'ansia e nella tensione da un governo che usava la paura per rosicchiare i valori e le libertà costituzionali. Hanno ragione coloro che avvertono che il difficile viene adesso, e ben poco è cambiato davvero in quell'assetto della finanza americana che lui avrebbe dovuto rivoltare come un calzino e per ora è stata soltanto rammendata. Guantanamo è ancora aperta, 150 mila soldati restano inchiodati in Iraq, l'Iran continua sulla via del nucleare, il Pakistan è un verminaio di fanatici con missili intercontinentali, palestinesi e israeliani camminano "sull'orlo dell'abisso" eppure tutto sembra diverso, più razionale, più controllabile. Si può parlare, si ragiona, perché c'è un adulto alla Casa Bianca, dunque si può continuare a sperare e a lavorare, dopo questi primi 100 giorni. (30 aprile 2009

Torna all'inizio


Fazio: "A casa chi torna dal Messico" Oms, 260 casi nel mondo (sezione: Obama)

( da "Repubblica.it" del 30-04-2009)

Argomenti: Obama

ROMA - La tensione sale. E sfiora la psicosi della pandemia. Dopo la decisione dell'Oms di alzare alla fase 5 il livello di allerta per l'epidemia di influenza messicana, ogni Paese si prepara ora a fare scattare i piani di emergenza. Ad oggi il numero dei casi ufficialmente notificati all'Organizzazione mondiale della sanità e confermati da analisi di laboratorio è salito a 260, contro i 148 casi di ieri. Mentre l'Onu raccomanda di limitare strette di mano, abbracci e viaggi non indispensabili. Ue. Nel frattempo i 27 ministri della salute dell'Ue hanno deciso di rafforzare il coordinamento a livello europeo. I ministri, in particolare, hanno deciso di cooperare in stretto contatto con l'industria farmaceutica per facilitare lo sviluppo di un vaccino pilota che protegga dal virus facendo in questo modo delle aperture all'idea di una strategia comune per i vaccini. Bocciata, invece, la proposta francese di introdurre norme coercitive per bloccare i viaggi dall'Ue verso il Messico per l'opposizione di diversi paesi tra cui la Spagna e la Germania. Italia. La situazione, assicura il ministro del Welfare Maurizio Sacconi, è "sotto controllo". Ad oggi, infatti, nessun caso è segnalato, anche se tra i casi sospetti in Messico c'è una bimba italiana di 1 anno e 9 mesi. Come misura di prevenzione però, ha detto il sottosegretario Ferruccio Fazio, i medici valuteranno uno 'stop' a casa per 7 giorni se si rientra dal Messico. In pratica una sorta di quarantena. Notizie confortanti anche anche per le scorte di medicinali. "A giorni partirà l'incapsulamento di 30 mln di dosi di principio attivo" dice Sacconi. OAS_RICH('Middle'); Le polemiche. Nel nostro Paese sul rischio pandemia si accende anche il dibattito. E' "importante è che non ci sia riferimento ai suini perchè non c'è correlazione tra il consumo della carne di suino e questo virus", precisa il ministro delle politiche agricole Luca Zaia. E alla stessa convention è stato il premier Silvio Berlusconi a compiere un gesto simbolico, assaggiando un pezzo di mortadella. E c'è anche chi sostiene che sia in presenza di esagerazioni. Lo pensa il ministro dello Sviluppo Economico Claudio Scajola e lo pensa anche il presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni ("forse ci sono degli interessi economici in gioco"). Resta comunque attivo il numero verde del ministero (1500) mentre in varie regioni sono stati istituiti comitati di crisi per l'attuazione dei piani pre-pandemia. Usa. Una persona dello staff di Barak Obama potrebbe aver contratto il virus dell'influenza suina. Lo ha riferito la Casa Bianca, sottolineando che si tratterebbe di un membro della delegazione che accompagnò il presidente americano nella missione in Messico del 16 aprile. Intanto negli Stati Uniti sono state chiuse oltre 4mila scuole e 170mila studenti sono rimasti a casa in particolare in Texas e New York, le zone più colpite dal virus. (30 aprile 2009

Torna all'inizio