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Report "Obama"   3-maggio 2009


Indice degli articoli

Sezione principale: Obama

Le belle parole non nascondono i suoi crimini ( da "Stampa, La" del 03-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: ha attaccato il presidente Obama e la sua visita al Cairo in un messaggio video diffuso dal Site, il centro americano di sorveglianza dei siti utilizzati dagli estremisti islamici. Zawahiri ha definito Obama un «criminale» e si è riferito alla «campagna di sangue contro i musulmani a Swat», dove i taleban hanno dovuto fronteggiare un'offensiva dell'

La visita di Obama ci porterà qualche beneficio? Personalmente non credo. I vantaggi, in teoria... ( da "Stampa, La" del 03-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: La visita di Obama ci porterà qualche beneficio? Personalmente non credo. I vantaggi, in teoria, dovrebbero essere due. Primo, risolvere la questione palestinese, e in questo caso credo che mia zia Bahia, abilissima in cucina, sia molto più brava del presidente.

Il presidente americano Barack Obama comincia oggi l'attesa visita in Medio Oriente, tappa fond... ( da "Stampa, La" del 03-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Obama comincia oggi l'attesa visita in Medio Oriente, tappa fondamentale per la svolta tra mondo musulmano e Stati Uniti auspicata già nel discorso di insediamento alla Casa Bianca lo scorso 20 gennaio. Obama arriverà questa mattina a Riad per incontrare il re saudita Abdullah II, artefice del piano di pace tra Paesi arabi e Israele ripreso in gran parte dalle posizioni americane,

Obama al Cairo l'ultima diga contro gli islamisti ( da "Stampa, La" del 03-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Obama al Cairo l'ultima diga contro gli islamisti Ma solo nella moschea al Azhar troverà l'islam che sogna Il capo della Casa Bianca apre all'Iran: sì al nucleare civile

"fermiamo lo scontro di civiltà questo dirò a tutti i musulmani" - justin webb ( da "Repubblica, La" del 03-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Il presidente Usa anticipa l´atteso discorso del Cairo L´intervista JUSTIN WEBB Presidente Obama, partiamo dal discorso che farà al Cairo giovedì. Molti musulmani, di fatto, si aspettano le scuse per gli errori commessi durante gli anni dell´Amministrazione Bush e per quelle che reputano essere le violazioni commesse dagli Stati Uniti.

obama, la prima missione di pace "siamo un grande paese islamico" - alberto flores d'arcais ( da "Repubblica, La" del 03-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Obama-Netanyahu e Obama-Abu Mazen) ha mostrato tutti i suoi limiti. Per questo il "discorso all´Islam" avrà orecchi particolarmente attenti anche a Gerusalemme, dove alcune dichiarazioni di Obama non sono state prese troppo bene. Perché il presidente Usa parlando "da amico onesto" ha chiesto che Israele cambi rotta rapidamente sul tema degli insediamenti in Cisgiordania,

d-day, carlo al posto di elisabetta dopo la gaffe di sarkozy ( da "Repubblica, La" del 03-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Secondo il Daily Telegraph sarebbe stato l´intervento di Obama a far scattare l´invito per Carlo, dopo che tra Londra e Parigi si era creato imbarazzo per il mancato invito dell´Eliseo ai reali. Una gaffe che aveva molto indisposto la Regina Elisabetta.

fiat, si riapre il fronte europeo e gm vende hummer ai cinesi - paolo griseri ( da "Repubblica, La" del 03-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: amministrazione Obama vuole chiudere in fretta la bancarotta pilotata perché oggi Chrysler perde circa 100 milioni di dollari al giorno. Che cosa potrà essere l´auto americana del futuro lo si è capito ieri quando per celebrare la festa della Repubblica, il console d´Italia a New York, Francesco Talò è arrivato alla sede di Cipriani a Wall Street a bordo di una Fiat 500 bianca.

obama e la guerra tra ricchi e poveri - piero ottone ( da "Repubblica, La" del 03-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Commenti OBAMA E LA GUERRA TRA RICCHI E POVERI La contrapposizione è tra Occidente e Terzo mondo che aspira al nostro tenore di vita PIERO OTTONE Ha ragione Jean Daniel quando afferma (nell´articolo pubblicato tempo fa su queste colonne) che la teoria di Samuel Huntington sullo scontro delle civiltà indirizzò l´America di George Bush su una strada pericolosa:

addio alle "piccole madri" cancellate dalle copie cinesi - leonardo coen mosca ( da "Repubblica, La" del 03-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: persino Obama e - udite udite - Berlusconi, passando per cantanti e attori, atleti e astronauti. Prodotti scadenti, contraffazioni. A cominciare dal pessimo smalto: nemmeno lontanissimi parenti di quelli laccati con metodi gelosamente custoditi e trasmessi di padre in figlio dagli artigiani dei villaggi russi che attorniano Mosca e le grandi città della Russia centrale.

e mingardi punta su "obama da bàn" ( da "Repubblica, La" del 03-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Obama da bàn, sèt ca´ sàn cuntànt? Quando ti penso tutto acquista un senso / Obama da bàn, t´è megga un parènt italiàn? Un oriundo ed Cesena, un bisnòn ed Messìna? / Ven què e fa vàdder a tòtt i nùster ignurànt Chi´s gòzzen i baiùk, chiìs tòlen pra´l cul tòtt quànt / Con la scusa dlà democrazì, i scòrren d´alternanza ma i van mai vì /

trovati i rottami nell'oceano ma è mistero sul volo air france - giampiero martinotti ( da "Repubblica, La" del 03-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: E Barack Obama, in un´intervista a Canal plus, ha assicurato l´aiuto americano per fare piena luce. Intanto, le famiglie delle vittime, ospitate in un albergo, continuano ad essere seguite dagli psicologi. Molti continuano a non voler credere alla realtà, sperano ancora che si possano trovare dei sopravvissuti: «Ditemi che c´è ancora una speranza»

l'ultimo mondo parallelo c'è obama nel reality game - ernesto assante ( da "Repubblica, La" del 03-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: permette di creare 700 milioni di personaggi nella città virtuale L´ultimo mondo parallelo c´è Obama nel reality game In The Sims 3 è possibile creare un proprio alter ego, somigliante anche nel fisico ERNESTO ASSANTE I numeri parlano chiaro: il gioco è distribuito in 60 Paesi e dal 2000 ad oggi ha venduto 110 milioni di copie, diventando il videogioco per Pc più venduto della storia.

LA DOPPIA OCCASIONE ( da "Corriere della Sera" del 03-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Sergio Romano ha notato che «il vertice telefonico fra Merkel e Obama mette implicitamente in evidenza l'assenza del governo italiano». Non so se al governo debba rimproverarsi qualcosa di specifico. Ma questo insuccesso deve indurre a ripensare due orientamenti seguiti dai governi Berlusconi fin dal 2001.

Obama e la democrazia: incoraggiare, non imporre ( da "Corriere della Sera" del 03-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: 2 Obama e la democrazia: incoraggiare, non imporre La nuova dottrina Usa sarà annunciata al Cairo WASHINGTON Barack Obama cerca un nuovo inizio con i Paesi musulmani. Una politica che eviti quelli che lui definisce «i malintesi», aiuti a diffondere i principi di democrazia, con gli Stati Uniti a fare da modello ma senza «imporre i propri valori»

Dai valori dell'era Bush alla leadership morale ( da "Corriere della Sera" del 03-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: non sentiremo Barack Obama cantare al Cairo il «solito vecchio ritornello degli uomini di Bush». Già nell'intervista del presidente americano alla Bbc, che ha anticipato il discorso di domani, si sono udite invece parole nuove. In primo luogo la convinzione che il compito degli Stati Uniti sia quello di incoraggiare nel mondo islamico «principi universali»

Nuova strategia ( da "Corriere della Sera" del 03-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Corriere della Sera sezione: Primo Piano data: 03/06/2009 - pag: 2 Casa Bianca Nuova strategia Presidenti Obama davanti a un ritratto di George Washington 2 PrimoPiano Mercoledì 3 Giugno 2009 Corriere della Sera #

( da "Corriere della Sera" del 03-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Bush ha iniziato una guerra che Obama è deciso a concludere. Bush ha ignorato il processo di pace in Medio Oriente fino all'ultimo, quando ormai era troppo tardi per fare qualcosa, mentre Obama l'ha posto sin dall'inizio come sua priorità. E al contrario di Bush, Obama sostiene il dialogo con l'Iran».

Angela la pragmatica ordina ( da "Corriere della Sera" del 03-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Obama tedesco»). Solo, i turchi non votano conservatore: il 55% resta fedele ai socialdemo-- cratici, il 23% segue i verdi di Cem, i due partiti garanti dell'integrazione. Il 10% sceglie i cristianodemocratici. Eppure, calcola la Merkel, la base turca è religiosa e conservatrice, più vicina alle posizione della Cdu che a quelle della sinistra.>

Cheney più a sinistra dei liberal: ( da "Corriere della Sera" del 03-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Obama favorevole solo alle unioni civili Cheney più a sinistra dei liberal: «Nozze gay» L'ex vice presidente ha una figlia omosessuale: «In famiglia siamo abituati» DAL NOSTRO CORRISPONDENTE NEW YORK Dick Cheney molto più a sinistra di Barack Obama sul tema dei diritti gay?

Unesco, le inaccettabili scuse del candidato nemico di Israele ( da "Corriere della Sera" del 03-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Facciamo appello a Barak Obama (che arriva al Cairo domani mattina), a Nicolas Sarkozy (la sede dell'Unesco è a Parigi), agli altri (l'eminente dignità della carica deve far sì che questa controversia preoccupi l'intera comunità internazionale) affinché, prima di ottobre, data della vittoria annunciata del signor Farouk Hosny,

Guantanamo, pr ( da "Repubblica.it" del 03-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: secondo il piano di Barack Obama dovrebbero essere trasferiti in altre prigioni, rimpatriati o trasferiti in paesi terzi per permettere la chiusura del campo entro il prossimo gennaio. Nelle scorse settimane i familiari dei circa 80 prigionieri hanno condotto una manifestazione di fronte la sede del governo di Sana'a chiedendo un maggiore impegno per il rimpatrio dei prigionieri.

"Fermiamo lo scontro di civiltà questo dirò a tutti i musulmani" ( da "Repubblica.it" del 03-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Presidente Obama, partiamo dal discorso che farà al Cairo giovedì. Molti musulmani, di fatto, si aspettano le scuse per gli errori commessi durante gli anni dell'Amministrazione Bush e per quelle che reputano essere le violazioni commesse dagli Stati Uniti.

Sims III, mondo parallelo c'è Obama nel reality game ( da "Repubblica.it" del 03-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: compare il presidente degli Stati Uniti Barack Obama, o Susan Boyle la cantante rivelazione di Britain's Got Talent. OAS_RICH('Middle'); Nella vita virtuale i Sims, gli abitanti della città gestita dal giocatore, possono sposarsi e fare figli, cambiare lavoro e frequentare l'università, scegliere una carriera nel mondo dello spettacolo o perdere tempo partecipando a feste e parties,


Articoli

Le belle parole non nascondono i suoi crimini (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 03-06-2009)

Argomenti: Obama

Al Zawahiri lo attacca su Internet «Le belle parole non nascondono i suoi crimini» Il vice di Osama Bin Laden, il medico egiziano Al Zawahiri, ha attaccato il presidente Obama e la sua visita al Cairo in un messaggio video diffuso dal Site, il centro americano di sorveglianza dei siti utilizzati dagli estremisti islamici. Zawahiri ha definito Obama un «criminale» e si è riferito alla «campagna di sangue contro i musulmani a Swat», dove i taleban hanno dovuto fronteggiare un'offensiva dell'esercito pachistano: «I suoi messaggi sanguinosi - ha continuato il numero due di Al Qaeda - sono stati ricevuti dai musulmani e non potranno essere mascherati da operazioni di relazioni pubbliche o da visite ridicole e parole eleganti». L'autenticità della registrazione non è ancora stata accertata. Anche il discorso di Obama sarà diffuso su Internet. Ieri Obama aveva anticipato parte dei contenuti in varie interviste televisive con network internazionali (Bbc, Canal Plus): «Se si contasse il numero degli americani musulmani, si scoprirebbe che gli Stati Uniti sono uno dei più grandi paesi musulmani del pianeta», ha sottolineato.

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La visita di Obama ci porterà qualche beneficio? Personalmente non credo. I vantaggi, in teoria... (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 03-06-2009)

Argomenti: Obama

La visita di Obama ci porterà qualche beneficio? Personalmente non credo. I vantaggi, in teoria, dovrebbero essere due. Primo, risolvere la questione palestinese, e in questo caso credo che mia zia Bahia, abilissima in cucina, sia molto più brava del presidente. Secondo, Obama potrebbe donarci un po' della ricchezza dell'America per rendere la nostra vita meno grama. Anche in questo caso credo che fallirà, per il semplice fatto che siamo già un paese ricco sebbene metà di noi vivano sotto il livello di povertà. Se l'America donasse tutti i suoi soldi all'Egitto i ricchi del nostro paese diverrebbero più ricchi e i poveri più poveri, quindi non ci sarà nessun miglioramento. Questa è anche la conseguenza della politica imposta da Washington all'Egitto dal 1974, dopo l'alleanza voluta da Sadat. All'Università del Cairo hanno così lucidato la cupola dell'aula magna da farla diventare più brillante di un piatto di porcellana nuovo di fabbrica. Là il presidente Obama terrà il suo discorso il 4 giugno. Tutti gli egiziani sognano che il corteo dell'illustre ospite passi per le strade del loro rione, in modo che le autorità puliscano anche il loro quartiere come accade in molte zone, per evitare che l'ospite non cada in depressione alla vista di tanta sporcizia per le strade. A parte i benefici della pulizia, ci sono alcuni inconvenienti dovuti ai preparativi della visita. L'Università, per esempio, è stata trasformata in una fortezza. Obama arriva proprio durante il periodo degli esami di fine anno. Alcune facoltà hanno dovuto rinviarli. Gli studenti di Lettere hanno chiesto il massimo dei voti in nome del principio di reciprocità. Sostengono che, in circostanze normali, se avessero mancato l'appello del 4 giugno, sarebbero stati bocciati. Ma visto che è lo Stato a mandare a monte gli esami, tutti dovrebbero essere promossi automaticamente. Un lettore di un giornale locale ha suggerito agli apparati di sicurezza di dare il via proprio quel giorno a grandi saldi (con sconti fino al 90 per cento). In tal caso i commercianti dovrebbero essere risarciti dal ministero dell'Interno per le perdite subite. Così, ha spiegato il lettore, il governo sarà sicuro che il popolo non organizzerà proteste. La gente si chiede se il protocollo esenterà Obama (e il suo nutrito seguito) dalle misure di controllo sanitario all'aeroporto: gli stranieri che arrivano in Egitto sono sottoposti a un test sull'influenza suina. Si dice che una persona del seguito abbia contratto il morbo del H1N1 quando era con lui a Città del Messico, lo scorso aprile. Obama avrà una delegazione di un migliaio di persone, lo sostiene il tam tam dei caffè del Cairo. Perché ha portato con sé così tanto personale? Affronterà nel suo discorso argomenti come i diritti umani, la democrazia, i diritti della minoranza copta? In ogni caso, sappiamo che sono soltanto espedienti retorici. Davvero la cosa più importante è che il corteo di Obama passi per la mia strada. *Scrittore del Cairo, autore di «Taxi» (Edito in Italia da Il Sirente)

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Il presidente americano Barack Obama comincia oggi l'attesa visita in Medio Oriente, tappa fond... (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 03-06-2009)

Argomenti: Obama

Il presidente americano Barack Obama comincia oggi l'attesa visita in Medio Oriente, tappa fondamentale per la svolta tra mondo musulmano e Stati Uniti auspicata già nel discorso di insediamento alla Casa Bianca lo scorso 20 gennaio. Obama arriverà questa mattina a Riad per incontrare il re saudita Abdullah II, artefice del piano di pace tra Paesi arabi e Israele ripreso in gran parte dalle posizioni americane, e poi si sposterà in Egitto per un incontro, domani, con il presidente Hosni Mubarak e per il discorso all'Università del Cairo. Al centro dei colloqui ci sarà il processo di pace, ma il discorso avrà un respiro più ampio. Il presidente Usa, in un'intervista alla Bbc, ha spiegato di voler proporre un dialogo al mondo musulmano nel quale le proposte di democrazia e libertà possano venir abbracciate anche da Paesi fondati sulle leggi islamiche. Obama ha anche dichiarato che «l'Iran ha diritto all'energia nucleare per scopi pacifici». Al suo fianco ci sarà il segretario di Stato Hillary Clinton, che ieri ha ribadito le nuove più stringenti richieste americane a Israele: «Vogliamo la fine della colonizzazione».

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Obama al Cairo l'ultima diga contro gli islamisti (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 03-06-2009)

Argomenti: Obama

Obama al Cairo l'ultima diga contro gli islamisti Ma solo nella moschea al Azhar troverà l'islam che sogna Il capo della Casa Bianca apre all'Iran: sì al nucleare civile

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"fermiamo lo scontro di civiltà questo dirò a tutti i musulmani" - justin webb (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 03-06-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 2 - Esteri I temi del viaggio La polemica "Fermiamo lo scontro di civiltà questo dirò a tutti i musulmani" Il presidente Usa anticipa l´atteso discorso del Cairo L´intervista JUSTIN WEBB Presidente Obama, partiamo dal discorso che farà al Cairo giovedì. Molti musulmani, di fatto, si aspettano le scuse per gli errori commessi durante gli anni dell´Amministrazione Bush e per quelle che reputano essere le violazioni commesse dagli Stati Uniti. è così? «No, quello che intendiamo fare è aprire un dialogo. Ci sono stati sicuramente grossi malintesi ed errori di comprensione sull´Occidente da parte del mondo musulmano, e ce ne sono stati di altrettanto grossi nei confronti del mondo musulmano da parte nostra. Nessun discorso può risolvere i problemi reali che esistono, ma credo che questa possa essere un´occasione ideale per far sì che entrambe le parti abbiano l´opportunità di ascoltarsi. E che entrambi potremo imparare dalla controparte qualcosa di più sulla sua cultura». Lei parla di entrambe le parti. Cosa la induce a credere che i musulmani siano disposti ad ascoltarla, e a cambiare atteggiamento nei confronti degli Stati Uniti? «Faccio un piccolo esempio. La popolazione musulmana negli Stati Uniti è più numerosa di quella presente in molti Stati a maggioranza musulmana. C´è un contesto nel quale le cose possono essere aiutate a migliorare. Alcuni musulmani sono esponenti politici locali, altri membri del Congresso, abbiamo perfino un presidente che ha parenti musulmani. Quindi l´idea che l´America sia distaccata, lontana, e che lo scontro di civiltà sia inevitabile, è sbagliata». Il suo discorso sarà pronunciato al Cairo. Secondo Amnesty International in Egitto ci sono migliaia di prigionieri politici. Come affronterà questo tema scottante? «La questione dei diritti umani esiste in tutto il Medio Oriente, credo che nessuno possa metterlo in dubbio. Il messaggio che io spero di far arrivare è che democrazia, la legalità e il rispetto della legge, della libertà di parola, della libertà di religione non sono semplicemente principi dell´Occidente, ma sono principi universali, che loro possono abbracciare, che possono essere difesi ovunque, affermati ovunque come parte di ogni identità nazionale. Il pericolo c´è quando gli Stati Uniti o chiunque altro pensa che si possano imporre questi valori ad altri Paesi con culture e storie completamente diverse, mentre il nostro compito è quello di incoraggiare e promuovere questi valori». Molti si aspettano di conoscere qualcosa di incoraggiante per ciò che concerne il conflitto israelo-palestinese. Lei ha detto chiaramente che vuole che gli insediamenti dei coloni israeliani siano congelati. Ma gli israeliani non intendono farlo. Come si esce da questa situazione? «Ho parlato col primo ministro Netanyahu, ma penso che non abbiamo ancora visto gesti di potenziale collaborazione da parte di altri stati arabi e dei palestinesi che possano aiutare e dare garanzie al governo israeliano… Ho affrontato con lui alcune delle preoccupazioni di Israele. Io sono convinto che se si seguirà la road map che è stata delineata, se Israele rispetterà gli obblighi fissati che le competono e sono previsti, in primis evitando i nuovi insediamenti, e se i palestinesi faranno fronte ai loro obblighi, soprattutto in tema di sicurezza, e se tutti gli Stati arabi circostanti saranno disposti a collaborare con il Quartetto a incoraggiare lo sviluppo economico e quello politico, allora potremo fare dei progressi concreti. Di sicuro nelle prossime ore lavoreremo con grande pazienza sul fronte diplomatico. La diplomazia comporta tempi lunghi, lenti, ma sicuramente proficui. Non si possono mai avere risultati immediati». Questo significa che ci sarà molto da lavorare ancora per arrivare alla pace. «Nessuno pensa che questo possa essere un risultato semplice da conseguire. Ma l´importante è ripartire con seri negoziati. Faremo tutto quello che è possibile per riuscirci. Perché una cosa deve essere chiara: non è soltanto nell´interesse dei palestinesi avere uno stato palestinese tutto loro, ma lo è anche per il popolo israeliano che ha interesse a stabilizzare la sicurezza. Ed è importante e nell´interesse degli Stati Uniti arrivare a una soluzione di due Stati che vivono vicini in pace e in sicurezza». Israele invece è riuscita a convincerla sul fatto che bisogna arrivare a risultati per fermare il progetto nucleare iraniano entro questo anno. «Vorrei correggerla su un piccolo dettaglio non indifferente: Israele non ha affatto bisogno di convincermi di una cosa del genere. Credo che sia venuto il momento per il mondo di sentire tutto l´interesse legato al fatto che Teheran si convinca che deve accantonare il suo progetto di dotarsi della bomba atomica e di armi nucleari. Ma il modo migliore per farlo è con incessanti e duri negoziati. Noi abbiamo una scaletta di marcia precisa, non vogliamo fissare scadenze precise, ma entro quest´anno di sicuro vogliamo che sia possibile valutare e capire definitivamente se l´Iran ha le idee chiare ed è seria per ciò che concerne la rinuncia al suo programma nucleare. Theran ha diritto al nucleare pacifico, ha tutto il potenziale che le serve per essere un Paese molto potente, molto prospero e ricco. Ha molte più possibilità senza l´arma atomica, che potrebbe innescare una corsa agli armamenti nella regione e una proliferazione nucleare pericolosa. Credo che per il momento la cosa importante sia dare il via a un processo rigoroso di negoziati bilaterali che possa portare all´abbandono definitivo del programma nucleare». (Copyright Bbc News. Traduzione di Anna Bissanti)

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obama, la prima missione di pace "siamo un grande paese islamico" - alberto flores d'arcais (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 03-06-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 2 - Esteri La diplomazia L´America e le fedi I valori La collaborazione L´opportunità Obama, la prima missione di pace "Siamo un grande Paese islamico" Via al viaggio nel mondo arabo. E Al Qaeda minaccia La diplomazia comporta tempi lunghi, lenti, ma proficui. Non si possono mai avere risultati immediati Negli Stati Uniti ci sono più musulmani che in molti Paesi islamici E anch´io ho parenti musulmani Nessuno può imporre i propri valori ad altri Paesi con culture e storie completamente diverse Non abbiamo ancora visto gesti di potenziale collaborazione da parte di Stati arabi e dei palestinesi con Israele Questa può essere un´occasione per far sì che Occidente e Islam abbiano l´opportunità di ascoltarsi Zawahiri attacca "è un criminale, da lui solo messaggi di sangue" ALBERTO FLORES D´ARCAIS DAL NOSTRO INVIATO RIAD - Barack Obama arriva oggi nel caldo torrido (45 gradi) di Riad e alla vigilia del viaggio della speranza e del dialogo con il mondo islamico porge subito la mano: «Gli Stati Uniti sono uno dei più grandi paesi musulmani del pianeta». Un viaggio in quattro paesi (Arabia Saudita, Egitto, Germania e Francia) ricco di simboli e di storia nella sua tratta europea - visiterà la Dresda rasa al suolo dai bombardieri anglo-americani, ricorderà l´Olocausto nel lager di Buchenwald, festeggerà il D-Day in Normandia - ma il cui fulcro sarà l´atteso "discorso all´Islam" che domani mattina farà all´Università del Cairo. Era una promessa («le relazioni tra gli Usa e il mondo musulmano devono migliorare, dialogare è necessario») fatta ancora in campagna elettorale, ripetuta nel giorno dell´ingresso alla Casa Bianca e che adesso Obama ha deciso di mantenere parlando da una delle grandi capitali di quel mondo. «Desidero usare questa occasione per presentare un messaggio su più ampia scala su come gli Usa possono migliorare le loro relazioni con il mondo musulmano», ha spiegato nelle diverse interviste con i media dei paesi in cui sarà ospite. Un discorso atteso e preparato con cura in cui non mancheranno gli elementi biografici (i familiari paterni di religione musulmana, l´infanzia trascorsa nel più grande paese islamico al mondo, l´Indonesia, il fatto di chiamarsi Barack Hussein) ma in cui dovrà affrontare anche temi difficili quali il conflitto israeliano-palestinese e la guerra al terrorismo. Un discorso che deve segnare una svolta. E puntuale ecco che alla vigilia arriva il solito comunicato di Al Qaeda, firmato dal suo numero due (sempre che Bin Laden sia ancora in vita) Al Zawahiri, che è egiziano e che proprio tra gli studenti integralisti del Cairo ha mosso i primi passi della sua carriera di terrorista: «Obama è un criminale e i suoi messaggi ai musulmani sono già stati ricevuti attraverso una sanguinaria campagna contro i musulmani nello Swat». Il riferimento è ai Taliban del Pakistan, oggi l´avamposto di quella nebulosa in cui l´integralismo islamico e il terrorismo dei gruppi che si richiamano ad Al Qaeda si fondono nell´area più difficile per l´impegno militare-diplomatico della Casa Bianca di Obama, quella tra Pakistan, Afghanistan ed Iran. Anche su questi punti non mancheranno riferimenti, ma l´aspettativa più alta del "discorso all´Islam" riguarda ancora una volta la questione della pace in Medio Oriente. E´ in questa chiave che si spiega la prima tappa (peraltro aggiunta solo negli ultimi giorni) del viaggio del presidente Usa, quella di Riad. Con re Abdullah Obama è pronto a discutere di un "piano saudita" su cui la Casa Bianca ha espresso diverse riserve ma che è stato definito dallo stesso Obama «un segnale incoraggiante». Insieme all´Egitto l´Arabia Saudita è il paese decisivo per spostare l´asse dei paesi arabi cosiddetti "moderati"; basterebbe anche solo un segnale simbolico da parte saudita per dare una spinta positiva a quel processo di pace che negli ultimi incontri di Washington (Obama-Netanyahu e Obama-Abu Mazen) ha mostrato tutti i suoi limiti. Per questo il "discorso all´Islam" avrà orecchi particolarmente attenti anche a Gerusalemme, dove alcune dichiarazioni di Obama non sono state prese troppo bene. Perché il presidente Usa parlando "da amico onesto" ha chiesto che Israele cambi rotta rapidamente sul tema degli insediamenti in Cisgiordania, il nervo scoperto della soluzione "Due Stati". «Essere onesti è parte dell´essere buoni amici, ci sono stati momenti nei quali non siamo stati onesti come avremmo dovuto. L´attuale situazione nella regione è profondamente negativa, non solo per gli interessi di Israele ma anche per quelli degli Stati Uniti».

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d-day, carlo al posto di elisabetta dopo la gaffe di sarkozy (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 03-06-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 3 - Esteri D-Day, Carlo al posto di Elisabetta dopo la gaffe di Sarkozy LONDRA - Carlo d´Inghilterra parteciperà insieme al premier Gordon Brown alle celebrazioni per il 65esimo del D-Day in Normandia, dove è atteso anche il presidente Usa. Secondo il Daily Telegraph sarebbe stato l´intervento di Obama a far scattare l´invito per Carlo, dopo che tra Londra e Parigi si era creato imbarazzo per il mancato invito dell´Eliseo ai reali. Una gaffe che aveva molto indisposto la Regina Elisabetta.

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fiat, si riapre il fronte europeo e gm vende hummer ai cinesi - paolo griseri (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 03-06-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 10 - Economia Fiat, si riapre il fronte europeo e Gm vende Hummer ai cinesi Wsj: "Il Lingotto guarda alla Psa e alla Bmw" Più difficile la trattativa per acquistare gli stabilimenti in Sud America PAOLO GRISERI TORINO - Un Marchionne si aggira per l´Europa alla ricerca del partner che faccia dimenticare la sconfitta di Berlino. Diversi osservatori italiani e stranieri (ieri il Wall Street Journal) prevedono che sarà ancora nel vecchio continente che Fiat cercherà l´alleato mancante per arrivare ai 6 milioni di auto prodotte. I pezzi dell´ex impero Gm vengono infatti distribuiti senza che il Lingotto speri molto sulla riuscita di un eventuale acquisto. Torino è ufficialmente in gara per la svedese Saab ma è chiaro che la casa interessava soprattutto se avesse fatto parte di un più ampio pacchetto comprendente anche le attività del Sudamerica. Detroit non sembra però intenzionata a cedere a buon prezzo le attività in Brasile e Argentina, che considera la parte più appetibile del suo parco stabilimenti. Ieri un marchio simbolo di Gm, quello di Hummer, i supersuv che imitano i blindati dell´esercito, è andato ai cinesi di Sichuan Tengzhong. Non sarà facile continuare a vendere i mastodonti della strada, dai consumi molto alti, in tempi di crisi. Certo è un segno dei tempo che finisca a Pechino la proprietà di una delle griffe automobilistiche più tipiche dell´era Bush. Tornare in Europa sembra dunque un imperativo per la Fiat. «Bmw e Peugeot - scrive il Wsj - sono già state contattate in passato da Torino e gli analisti sostengono che potrebbe riavviare quei colloqui». Anche se, avverte il quotidiano, «il Lingotto rischia di trovare in Francia gli stessi problemi incontrati in Germania perché Parigi ha già fatto sapere che qualunque produttore riceva aiuti di stato non deve chiudere stabilimenti». Certo l´alleanza con Psa consentirebbe di creare un gruppo da quasi 7 milioni di auto vendute centrando l´obiettivo della soglia di sopravvivenza di 6 milioni indicata da Marchionne. Per il momento comunque il principale problema di Torino è quello di avviare l´integrazione tra Fiat e Chrysler. Ieri il tribunale fallimentare di New York ha dato il formale via libera alla vendita delle attività di Chrysler a Fiat. Il giudice ha concesso ai fondi dell´Indiana che non hanno accettato la proposta di accordo con i creditori la possibilità di ricorrere alla Corte d´Appello, accorciando così l´iter giudiziario. L´amministrazione Obama vuole chiudere in fretta la bancarotta pilotata perché oggi Chrysler perde circa 100 milioni di dollari al giorno. Che cosa potrà essere l´auto americana del futuro lo si è capito ieri quando per celebrare la festa della Repubblica, il console d´Italia a New York, Francesco Talò è arrivato alla sede di Cipriani a Wall Street a bordo di una Fiat 500 bianca. Se il mercato delle utilitarie prenderà piede negli Usa, sarà, nella prima fase, in mano a Chrysler. Un accordo tra Gm e i nuovi partner della Magna impedisce infatti ad Opel di vendere auto in Usa e in Cina. Ieri il titolo del Lingotto è salito in borsa dell´1,28 per cento dopo i risultati del mercato auto di maggio, positivi per Torino. Sul versante dei conti, il presidente di Intesa San Paolo, Enrico Salza, ha precisato che «finora la Fiat non ha utilizzato il miliardo di euro di crediti» concessi nei mesi scorsi dalla banca.

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obama e la guerra tra ricchi e poveri - piero ottone (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 03-06-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 30 - Commenti OBAMA E LA GUERRA TRA RICCHI E POVERI La contrapposizione è tra Occidente e Terzo mondo che aspira al nostro tenore di vita PIERO OTTONE Ha ragione Jean Daniel quando afferma (nell´articolo pubblicato tempo fa su queste colonne) che la teoria di Samuel Huntington sullo scontro delle civiltà indirizzò l´America di George Bush su una strada pericolosa: quella delle crociate, delle guerre di religione. Ma la teoria di Huntington, oltre che politicamente nociva, è anche concettualmente sbagliata. Per una ragione molto semplice: uno scontro di civiltà presuppone l´esistenza di due o più civiltà, vive e bellicose. Nel mondo contemporaneo è invece viva e vegeta, seppur decadente, una civiltà sola: quella dell´Occidente, rappresentata dall´America del Nord e dall´Europa nord-occidentale, quella che va dalla Scandinavia alla Spagna. (Ci siamo anche noi, un po´ periferici…) Le altre civiltà sono morte, sono spente. E´ vero: altri popoli, altri continenti hanno dato vita nel corso dei secoli e dei millenni a civiltà grandiose, sublimi come la nostra, dalla cinese alla musulmana: ma quelle sono ormai estinte (un giorno anche la nostra si spegnerà). Sopravvivono solo le tracce delle opere che esse crearono, dalle piramidi al Taj Mahal. Per capire quel che succede nel mondo contemporaneo, per capire le tensioni e gli antagonismi che infieriscono intorno a noi, mi sembra credibile un´altra interpretazione: è in corso lo scontro fra ricchi e poveri. Col termine dei ricchi definiamo gli occidentali: la cui ricchezza è il frutto delle invenzioni, della tecnica, del sistema economico, dello spirito imprenditoriale, delle iniziative e della weltanschauung, insomma della civiltà occidentale, che è la nostra. Di fronte all´Occidente c´è quella parte dell´umanità che definiamo, sommariamente, il Terzo Mondo. Semplificando, dunque, ricchi e poveri. Che questa sia la vera contrapposizione è dimostrato dalla politica che i popoli del Terzo Mondo hanno seguito negli ultimi decenni. Vediamo il caso della Cina. In un primo tempo è sembrato che i cinesi, nel segno del comunismo, volessero convertire l´umanità all´ideologia di Marx: tutti comunisti, come loro. E guerra a chi comunista non era. Ma ecco che, a un certo momento, i cinesi hanno cambiato idea. Invece di convertire l´umanità a Marx, hanno deciso di seguire un´altra strada: imitare l´Occidente, adottare la nostra tecnica e il nostro modo di vita, nella speranza (e sono sulla strada buona) di imitare la nostra way of life, di raggiungere il nostro tenore di vita. E il comunismo come merce di esportazione se lo sono dimenticato. Questo dimostra che la loro non era una guerra ideologica: era l´inseguimento dei popoli ricchi, prima per una certa strada, comunismo contro capitalismo, poi per una strada diversa, l´imitazione. Sono convinto che lo stesso discorso valga per l´Islam. Certi popoli di fede musulmana, talebani in testa, hanno deciso di combattere l´Occidente nel nome di Maometto. Per convertirci alla loro fede? Non credo: a loro importa poco se andiamo nelle cattedrali a pregare il nostro Dio, invece che nelle moschee a pregare Allah. Altri popoli musulmani, per esempio la Turchia, hanno deciso di inseguire e di imitare gli occidentali: di occidentalizzarsi, come i cinesi, come gli indiani. L´obiettivo è pur sempre lo stesso: raggiungere il nostro tenore di vita, la nostra way of life. E´ possibile ed è augurabile che tutti i popoli islamici seguano l´esempio della Turchia: la globalità sarà allora completa, la pace universale sarà assicurata. Barack Obama, a quanto sembra, lo ha capito. Gloria a lui, e a chi la pensa come lui.

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addio alle "piccole madri" cancellate dalle copie cinesi - leonardo coen mosca (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 03-06-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 37 - Cronaca Crolla il mercato russo di queste bamboline vecchie di un secolo Souvenir contraffatti con i volti di Putin e anche di Berlusconi Addio alle "piccole madri" cancellate dalle copie cinesi I trentamila artigiani che le fabbricano con lacche e disegni di pregio hanno chiesto aiuto al governo Il primo modello, composto da otto pezzi, lo dipinse l´artista Sergej Maliutin e fece furore all´Expò di Parigi nel 1900 LEONARDO COEN MOSCA dal nostro corrispondente Povera matrioska, simbolo della Russia più popolare e contadina, le bamboline di legno una dentro l´altra, come una grande e generosa madre che protegge i figli sotto le innumerevoli gonne, emblema di fertilità: non la compra più nessuno, ormai; gli scaffali delle botteghe di via Arbat, nel cuore vecchio di Mosca, sono zeppe di bellissimi esemplari senza padrone, e nemmeno i forti sconti riescono a sfoltire le vetrine. La crisi ha scacciato i turisti, le vendite sono crollate del 90 per cento, i 30mila artigiani del settore (in verità molti di più, perché nelle zone di produzione ogni famiglia è coinvolta) sono disperati. Aofis, la fabbrica più famosa di Sergiev Possad, vera matrioska city, ha chiesto provvedimenti urgenti, «rischiamo di chiudere per sempre», ha denunciato il direttore Aleksandr Kurennoj, «e di lasciare il mercato in mano agli imitatori cinesi». Come sempre, l´appello all´orgoglio nazionale funziona e il governo si è mobilitato, in nome di un sapiente artigianato che è sinonimo di Russia autentica. Per fabbricare una matrioska come si deve occorre innanzitutto usare buon legno secco di tiglio, resistente e leggero; poi, occorre un bravo tornitore. Mastro Vasiliy Zvezdochkin lo era: viveva a Mosca, alla fine dell´Ottocento, e lavorava presso la Bottega Officina «Educazione infantile» quando nel 1898 realizzò una bambolina vuota all´interno che «ospitava» altre bamboline sempre più piccine, a loro volta vuote: ogni pezzo era composto di due parti, che si avvitavano e si inserivano via via sino all´ultimo, chiamato «seme». Il primo modello di matrioska lo dipinse un famoso illustratore di libri per l´infanzia, il pittore Sergej Maliutin che era un grande esperto di folklore russo e che rappresentò la bambola come una donnina rubizza e dal volto largo, sorridente, che indossava il vestito tradizionale. Era composta di otto pezzi: la più grande, raffigurava idealmente una madre; gli altri, i figli. L´ultimo era un neonato. Due anni dopo, la bambolina venne esposta all´Expo Internazionale di Parigi e fece furore. Nacque così il mito della matrioska, della «mammina». La faccia buona della Russia zarista. L´antica bottega dell´Educazione Infantile è diventata il museo della matrioska, presso il centro federale del Folklore. Putin ha dato via libera al ministro del Commercio e dell´Industria, Viktor Khristenko il quale, citato dal quotidiano Izvestija, ha promesso che sarà utilizzato «il sistema del goszakaz». Alla lettera significa «ordinazione statale». Imporre alle strutture pubbliche l´acquisto di matrioske per quel miliardo di rubli l´anno. Insomma, una boccata di ossigeno, ma non certo una soluzione: perché è probabile che questi soldi andranno a finire nelle tasche dei più grandi produttori, come Aofis o Khokhlomskaja Rospis, considerata la leader del mercato. Quest´anno ha dovuto dimezzare la produzione (sui 100mila pezzi l´anno). E cancellare del tutto un altro business, quello dei souvenirs in corteccia di betulla. Eppure, i collezionisti sparsi in giro per il mondo sono decine di migliaia, con tanto di fan club e pubblicazioni specializzate. Ma l´insidia peggiore, il vero nemico dei piccoli artigiani, sono le porcherie in commercio a poco prezzo, le matrioske dozzinali che riproducono le facce di Putin, Medvedev, Lenin, Stalin, persino Obama e - udite udite - Berlusconi, passando per cantanti e attori, atleti e astronauti. Prodotti scadenti, contraffazioni. A cominciare dal pessimo smalto: nemmeno lontanissimi parenti di quelli laccati con metodi gelosamente custoditi e trasmessi di padre in figlio dagli artigiani dei villaggi russi che attorniano Mosca e le grandi città della Russia centrale. Ogni località ha un suo stile, utilizza sfumature diverse e «figure» particolari, ogni artigiano firma la sua opera e la cataloga. Sergiev Possad, città cresciuta attorno al monastero della Trinità e di San Sergio, non solo è il Vaticano ortodosso: è il Vaticano delle matrioske, i suoi artigiani si distinguono per l´uso ispirato di colori molto intensi e celestiali, per le forme un po´ opulente delle bambole. Semeiovo, invece, è il paradiso laico del rosso e del giallo e delle guarnizioni in paglia: nel 1970 fu lì che un gruppo di artisti costruì la matrioska con più pezzi, ben 72. Era alta un metro e aveva un diametro di 50 centimetri. Fu venduta per 3mila rubli (allora lo stipendio medio era di 120 rubli). Quanto al numero dei pezzi, le matrioske più vendute sono quelle che ne hanno dieci; curiosamente, prima della Rivoluzione Bolscevica, si usava produrre matrioske in numero pari di pezzi. Sotto Lenin e Stalin, si passò ai numeri dispari, per un motivo apparentemente inspiegabile. Forse, solo per sovvertire le regole.

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e mingardi punta su "obama da bàn" (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 03-06-2009)

Argomenti: Obama

Pagina IV - Bologna Il cantautore, in lista con il Pd, domani sera in piazza eseguirà il brano dopo il comizio di Franceschini E Mingardi punta su "Obama da bàn" Dal palco della manifestazione di chiusura della campagna elettorale del Pd, domani sera alle 21, le canzoni di Andrea Mingardi per analizzare la situazione politica internazionale con l´aiuto del dialetto. Un esempio per tutti la "ballata" dedicata al Presidente degli Stati Uniti, che fa rima con l´intercalare più bolognese che ci sia, "Ban mo da bàn?" Da leggere tutto d´un fiato: "Obama da bàn, sèt ca´ sàn cuntànt? Quando ti penso tutto acquista un senso / Obama da bàn, t´è megga un parènt italiàn? Un oriundo ed Cesena, un bisnòn ed Messìna? / Ven què e fa vàdder a tòtt i nùster ignurànt Chi´s gòzzen i baiùk, chiìs tòlen pra´l cul tòtt quànt / Con la scusa dlà democrazì, i scòrren d´alternanza ma i van mai vì / Obama da bàn, mo socc´mel stè rasàn / Me e te, andàn vì dall´Afghanistan, lassàn pèrder l´Iran / Obama da bàn, dà un och al Nasdaq, fa la pes in Iraq / Contròla al petròli e tòtt chi lèder dal banc / Se tu mi dici Yes we can, we can ànc a me / se mi dici I have a dream, a dream ànca me / se mi dici Peace and love a fag la pes con mi mujer! Obama da bàn, vuoi dire che non sci possci fare meglio? Dài regalami un sogno anche da sveglio / (Obama da bàn)mo´ sèt che tu muièr l´è na´ gran gnòca? / Mo socc´mell bàn, set ca´ sàn cuntànt? Quando ti pènscio tutto acquista un sciènscio / però cal Bin Laden lè / me n´an so què a Bulaggna lu lè al ven mègga / as vàdd chi han dett: "Sta atènti Bin, parchè a forza ed Scirio, Rita, multe e tott cal pugnàtt lè / Col telecameri at ciàpen ed sicùr! [...] Beh, adès Bush xa fel? Picchia i parenti? Dà di cazùt in bòcca a sò fiòla? Sevizia i gatti? [...] Oh, complimenti per l´acòrdo Fiat Chrisler / La Fiat dà la Duna alla Chrisler e la Chrisler le restituìse ad una a Duna. "Se tu mi dici Yes we can, we can ànca me. Se mi dici I have a dream/ a´ dream ànca me/ se ci liberi da Berlusconi"

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trovati i rottami nell'oceano ma è mistero sul volo air france - giampiero martinotti (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 03-06-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 8 - Esteri Trovati i rottami nell´Oceano ma è mistero sul volo Air France Il Ministro della Difesa: "Bomba? Non si può escludere" Rottami e pezzi di lamiera avvistati a più di 650 km dall´isola brasiliana di Noronha GIAMPIERO MARTINOTTI dal nostro corrispondente PARIGI - Qualche rottame, alcuni piccoli pezzi di lamiera, un sedile: un aereo brasiliano ha individuato i primi resti dell´Airbus precipitato nell´Atlantico lunedì prima dell´alba. La zona in cui il velivolo si è inabissato è stata individuata a più di 650 chilometri dall´isola brasiliana di Fernando de Noronha. Mistero fittissimo, invece, sulle cause dell´incidente, anche se l´ipotesi principale resta quello di un dramma provocato, almeno in parte, dalle condizioni meteorologiche. Il ministro della Difesa, Hervé Morin, ha evocato l´ipotesi terroristica, senza tuttavia avvalorarla: «Non possiamo escludere l´atto terrorista, poiché si tratta della minaccia principale per l´insieme delle democrazie occidentali. Ma oggi non abbiamo alcun elemento che consenta di corroborare l´idea che questa sia la causa dell´incidente». Gli esperti dell´antiterrorismo stanno esaminando la lista dei passeggeri che si trovavano a bordo del volo Af 447, ma si tratta della prassi normale in questi casi. L´ipotesi di un dirottamento è stata invece scartata senza mezzi termini. L´eventualità di un incidente è sostenuta da diversi elementi. Uno, per esempio, è stato rivelato ieri sul sito del settimanale Le Point: nel messaggio automatico inviato dall´Airbus A330 ci sarebbe una segnalazione importante: le sonde dell´aereo erano ghiacciate, segno evidente di guasti elettrici. A questo si sarebbe aggiunta una depressurizzazione della cabina. Si avanza insomma a tentoni e i dati forniti dalle autorità brasiliane possono fornire un aiuto. Un aereo militare dotato di radar sofisticati ha individuato i primi rottami: un sedile, un recipiente, un salvagente arancione, oltre ad alcune tracce di carburante. La zona corrisponde a quella segnalata da un pilota della compagnia brasiliana Tam, che la notte del dramma guidava un aereo diretto verso Rio: ha detto di aver visto sulla superficie dell´oceano qualcosa che assomigliava a lingue di fuoco. La posizione dei pochi relitti finora individuati fornisce inoltre un altro elemento importante: l´apparecchio avrebbe effettuato una virata, come per voler tornare verso l´isola di Fernando de Noronha. Ma perché i piloti non avrebbero lanciato l´Sos? I loro colleghi francesi hanno una risposta: in situazioni critiche, la prima reazione è quella di tentare di salvare il velivolo, non di chiedere un soccorso esterno che non può arrivare. Per molti aspetti, l´incidente ricorda quello del 1996, quando un Boeing della Twa precipitò nell´Atlantico: dopo una lunga e difficile inchiesta, si arrivò alla conclusione di un incidente tecnico. Tre mercantili che si trovavano nella zona (due olandesi e un francese) sono stati dirottati dalle autorità militari e invitati a perlustrare lo specchio d´acqua dove è precipitato l´Airbus. Anche se ritrovare le scatole nere sembra difficile (emettono per 30 giorni, ma potrebbero trovarsi a 3 mila metri di profondità), anche qualche pezzo della carlinga potrebbe aiutare gli investigatori a individuare le cause della tragedia. E Barack Obama, in un´intervista a Canal plus, ha assicurato l´aiuto americano per fare piena luce. Intanto, le famiglie delle vittime, ospitate in un albergo, continuano ad essere seguite dagli psicologi. Molti continuano a non voler credere alla realtà, sperano ancora che si possano trovare dei sopravvissuti: «Ditemi che c´è ancora una speranza», ha detto una donna prostrata. Per loro, oggi sarà organizzata una cerimonia funebre nella cattedrale di Notre-Dame. Sarà presente anche Nicolas Sarkozy per testimoniare il lutto di un paese ancora sotto choc.

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l'ultimo mondo parallelo c'è obama nel reality game - ernesto assante (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 03-06-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 38 - Cronaca Dopo cinque anni, domani arriva la nuova versione del gioco degli avatar che ha già venduto 110 milioni di copie Celebre come Harry Potter, tradotto in 26 lingue, permette di creare 700 milioni di personaggi nella città virtuale L´ultimo mondo parallelo c´è Obama nel reality game In The Sims 3 è possibile creare un proprio alter ego, somigliante anche nel fisico ERNESTO ASSANTE I numeri parlano chiaro: il gioco è distribuito in 60 Paesi e dal 2000 ad oggi ha venduto 110 milioni di copie, diventando il videogioco per Pc più venduto della storia. è stato tradotto in 26 lingue, ci sono ben 66 milioni tra siti, pagine web e community dedicate ai due episodi già usciti e all´attesissimo "numero 3" della serie. Si tratta di The Sims, giunto alla sua terza versione, il primo "reality game" della storia dei videogiochi, un vero fenomeno, anche perché è stato il primo videogioco a portare davanti agli schermi dei computer il pubblico femminile (il 60% del pubblico di The Sims è composto di ragazze), che milioni di appassionati videogiocatori stanno aspettando da oltre 5 anni e che giovedì arriverà nei negozi di tutto il mondo. The Sims è un "simulatore di vita", che consente ai giocatori di gestire in tutto e per tutto l´esistenza di una famiglia virtuale. Ma se nella versione numero 2 era possibile creare la propria famiglia virtuale e i programmatori avevano inserito una sorta di eredità genetica tra genitori e figli, con The Sims 3 la simulazione della vita reale è ancora più realistica. Dalla dimensione "domestica" dove si svolgeva la maggior parte della vita degli "avatar", ovvero dei personaggi sintetici creati dai giocatori, si passa infatti a quella di una intera città, Sunset Valley, all´interno della quale i personaggi possono muoversi e interagire. La grande novità è quella della personalizzazione dei personaggi, che oltre ad essere graficamente più realistici, possono arrivare a diventare dei perfetti alter ego dei giocatori con una personalità unica. Il sistema infatti consente di creare più di 700 milioni di Sims, uno diverso dall´altro per tratti somatici, caratteristiche psicologiche e caratteriali, fino a replicare anche personaggi famosi, come si vede nei trailer del gioco, dove compare il presidente degli Stati Uniti Barack Obama, o Susan Boyle la cantante rivelazione di Britain´s Got Talent. Nella vita virtuale i Sims, gli abitanti della città gestita dal giocatore, possono sposarsi e fare figli, cambiare lavoro e frequentare l´università, scegliere una carriera nel mondo dello spettacolo o perdere tempo partecipando a feste e parties, possono utilizzare innumerevoli varianti di arredamento, di abbigliamento e di accessori che è possibile scaricare dalla rete, creare ex novo o acquistare all´interno del The Sims 3 Store o all´interno di boutique virtuali realizzate dagli stessi appassionati. Los Angeles in questi giorni, in occasione della fiera mondiale dei videogames, è letteralmente tappezzata di manifesti di The Sims3, a New York alcune facciate di grattacieli sono state coperte da simili affissioni e anche in Italia, domani pomeriggio (alle 3 e 33), ci sarà un evento di lancio del gioco, al Mondadori MultiCenter, in Piazza del Duomo a Milano, per i fan che hanno da mesi prenotato la loro copia, con la partecipazione dei Bastard Sons of Dioniso, la band rivelazione dell´ultima edizione di X–Factor che si esibirà dal vivo.

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LA DOPPIA OCCASIONE (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 03-06-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Prima Pagina data: 03/06/2009 - pag: 1 RUOLO DELL'ITALIA, G8 E CASO OPEL LA DOPPIA OCCASIONE di MARIO MONTI I l governo è stato criticato per non avere sostenuto efficacemente il tentativo di Fiat di acquisire Opel. Il governo tedesco e General Motors, appoggiata dal governo americano, le hanno preferito un consorzio canadese- russo. Sergio Romano ha notato che «il vertice telefonico fra Merkel e Obama mette implicitamente in evidenza l'assenza del governo italiano». Non so se al governo debba rimproverarsi qualcosa di specifico. Ma questo insuccesso deve indurre a ripensare due orientamenti seguiti dai governi Berlusconi fin dal 2001. Il primo è la tendenza a privilegiare i rapporti diretti con Stati Uniti e Russia, rispetto al rafforzamento della Ue. Sono rapporti che si nutrono di simpatia personale tra i leader, presentata in Italia come prova di intese politiche profonde, e si ispirano ad una docile subordinazione. Le relazioni con la Russia di Putin ad esempio sulla Georgia e soprattutto con l'America di Bush ne hanno offerto frequenti testimonianze. Un solido asse con gli Stati Uniti è fondamentale per l'Italia. Ma i governi di cui parliamo si sono distinti per non avere mai contraddetto le impostazioni unilaterali dell'amministrazione Bush. Queste hanno ritardato l'avvio di una governance della globalizzazione e hanno contribuito alla crisi, ad esempio con il rifiuto di Washington di sottoporsi alle verifiche del Fmi sulla stabilità finanziaria. Il governo italiano, che a volte sostiene di avere capito prima di altri la crisi in arrivo, certo non ha mai fatto sforzi per convincere l'«amico» della Casa Bianca a rendere le politiche pubbliche meno succubi del mercato e ad accettare un loro coordinamento. E' quasi una nemesi che tocchi ora al governo italiano guidare il G8 verso un legal global standard. Speriamo che l'Italia riesca a far recuperare al governo della globalizzazione un po' del tempo perduto anche per l'acquiescenza del governo italiano a un presidente americano di cui voleva il favore, mentre la Ue e altri governi erano meno remissivi. Del resto, il caso Fiat mostra che le scorciatoie italiane verso Washington e Mosca non sono paganti. Obama, Merkel e Putin leader peraltro non legati da grandi simpatie reciproche non sembrano avere prestato particolare attenzione ai desideri italiani. Il secondo orientamento da ripensare riguarda l'evoluzione della Ue. Il governo italiano osserva spesso, con una punta di soddisfazione, che la politica sta riprendendo spazi rispetto al mercato e alle regole europee e che il ruolo delle decisioni intergovernative è in crescita rispetto a quello delle decisioni comunitarie. Queste due tendenze sono innegabili. Ma l'Italia, Paese grande ma non sempre forte, dovrebbe preoccuparsene e adoperarsi per il rilancio dell'integrazione. Qualche anno fa, prima che si indebolisse l'impianto comunitario, Enel riuscì ad acquisire Endesa malgrado la fiera opposizione della Spagna e le mire del gruppo tedesco E.on. Oltre all'abilità di Enel, è stata decisiva l'azione della Commissione e della Corte di Giustizia. Oggi, Fiat e governo italiano dovranno vigilare, con strumenti legali se necessario, affinché la stessa imparzialità venga applicata pur in un contesto comunitario indebolito al controllo degli aiuti concessi dal governo tedesco a chi ha rilevato Opel.

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Obama e la democrazia: incoraggiare, non imporre (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 03-06-2009)

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Corriere della Sera sezione: Primo Piano data: 03/06/2009 - pag: 2 Obama e la democrazia: incoraggiare, non imporre La nuova dottrina Usa sarà annunciata al Cairo WASHINGTON Barack Obama cerca un nuovo inizio con i Paesi musulmani. Una politica che eviti quelli che lui definisce «i malintesi», aiuti a diffondere i principi di democrazia, con gli Stati Uniti a fare da modello ma senza «imporre i propri valori». Una correzione sensibile rispetto alla dottrina Bush senza però offrire «scuse» per quanto avvenuto in passato. Concetti espressi ai microfoni della Bcc alla vigilia della missione che lo vedrà oggi al Cairo e in Arabia Saudita, quindi in Europa. Un viaggio importante che ha spinto l'ideologo qaedista Ayman Al Zawahiri a uscire dal «buco». Con un intervento su Internet il terrorista ha accusato il presidente di aver già lanciato «messaggi di sangue» con i recenti attacchi contro i militanti a Swat (Pakistan) ed esortato i connazionali ad agire contro «il criminale». La litania di Al Zawahiri, oltre a rendere più nervosi gli agenti del Secret Service, rivela il timore degli estremisti per le iniziative di Obama, ribadite ieri alla Bbc. «Credo che sia pericoloso quando gli Stati Uniti o un qualsiasi altro Paese affermano di poter imporre i propri valori a Stati che hanno storia e cultura diversi», ha dichiarato aggiungendo però che Washington continuerà a incoraggiare il mondo arabo ad abbracciare i principi di democrazia e libertà d'espressione. E in questa spinta gli americani devono diventare un simbolo. Ecco perché, ha sottolineato, la «chiusura di Guantanamo è tanto difficile quanto importante». Parole che vorrebbero tranquillizzare quanti temono le intromissioni statunitensi: Obama, nell'intervista, si è sottratto al giudizio sui metodi anti-democratici del presidente egiziano Mubarak, ma ha riconosciuto il suo impegno in sostegno della pace. Strettamente legato a questo approccio è la gestione del dossier palestinese. Per questo Obama ha rilanciato la soluzione dei «due Stati», in quanto è nell'interesse di tutti, Israele compreso. «Vogliamo rimettere il negoziato sui binari», ha detto. Quando gli è stato chiesto una sua valutazione del no di Gerusalemme al congelamento delle colonie, il presidente ha invitato alla «pazienza» nel cercare una soluzione diplomatica. La medesima tattica che la Casa Bianca vuole usare con l'Iran. Partendo dai segnali. Quest'anno, per la festa nazionale americana del 4 luglio, le ambasciate sono state autorizzate ad invitare diplomatici iraniani. Un piccolo gesto ribattezzato dai media «la politica dell'hot dog». Poi la sostanza. «Credo che l'Iran abbia legittime preoccupazioni in campo energetico e legittime aspirazioni ha osservato Obama . Dall'altro lato però è interesse della comunità internazionale perché metta da parte le sue ambizioni per l'arma nucleare». Di nuovo, la risposta è un negoziato, «duro e diretto» che possa portare, senza fissare «calendari artificiali», a risultati entro «la fine dell'anno». Guido Olimpio \\ La soluzione dei due Stati è nell'interesse di tutti, Israele compreso. Vogliamo rimettere il negoziato sui binari \\ Credo che l'Iran abbia legittime preoccupazioni in campo energetico e legittime aspirazioni

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Dai valori dell'era Bush alla leadership morale (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 03-06-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Primo Piano data: 03/06/2009 - pag: 2 Il commento Dai valori «esportati» dell'era Bush alla leadership morale di PAOLO LEPRI No, contrariamente a quanto scrive sull'Independent il sempre più arrabbiato Robert Fisk, non sentiremo Barack Obama cantare al Cairo il «solito vecchio ritornello degli uomini di Bush». Già nell'intervista del presidente americano alla Bbc, che ha anticipato il discorso di domani, si sono udite invece parole nuove. In primo luogo la convinzione che il compito degli Stati Uniti sia quello di incoraggiare nel mondo islamico «principi universali» come quelli della democrazia e dei diritti umani. Ma senza imporli, perseguendoli con la forza che viene dal rappresentare, finalmente, «un modello» per il mondo. Si pensi tra le altre cose, alla chiusura della prigione di Guantánamo, alla condanna di abusi e violenze commesse con l'alibi che il fine giustifichi i mezzi. Questa era una delle grandi scommesse fatte dopo la vittoria nelle presidenziali. Lo avevano indicato da tempo gli esperti della Freedom House e del Carnegie Endowment for International Peace. «La sfida per la squadra di Obama scriveva Jennifer Windows è di trovare concetti che mettano in grado l'amministrazione di distinguersi da quella precedente senza abbassare il livello del sostegno alla democrazia e ai diritti civili e politici». Le priorità sono cambiate, la discontinuità è avvenuta: Barack Obama non crede che realizzare un «regime change» voglia dire costruire automaticamente la democrazia e non pensa che l'impegno per promuovere la libertà sia tutt'uno con la lotta al terrorismo internazionale (da portare avanti, comunque, senza cadute di tensione). Ma questa inversione di rotta ha rafforzato, non indebolito, la capacità di promuovere la democrazia e il dialogo. E non tutti i valori del passato sono da seppellire. Thomas Friedman ha scritto che «mai negli ultimi cinquanta anni l'America è stata ritenuta tanto importante dal mondo». Ma le dimensioni di questo fenomeno sarebbero meno rilevanti se la presidenza Obama fosse solo rottura e non anche la capacità di coniugare l'innovazione con la ricerca del consenso. Non è un caso, quindi, che non ci saranno scuse al mondo arabo per la politica di Bush. Forse sarebbe stato un gesto di debolezza. Il modello Oggi la forza degli Usa deriva dal rappresentare «un modello» per il mondo

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Nuova strategia (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 03-06-2009)

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Corriere della Sera sezione: Primo Piano data: 03/06/2009 - pag: 2 Casa Bianca Nuova strategia Presidenti Obama davanti a un ritratto di George Washington 2 PrimoPiano Mercoledì 3 Giugno 2009 Corriere della Sera #

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(sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 03-06-2009)

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Corriere della Sera sezione: Primo Piano data: 03/06/2009 - pag: 3 L'intervista L'ex consigliere per la Sicurezza nazionale «Ma l'apertura agli arabi non deve spaventare Israele» Il clintoniano Berger: «Saremo fari, non più poliziotti» DAL NOSTRO CORRISPONDENTE NEW YORK «Dall'intervista alla Bbc si intuisce che quello di Barack Obama in Medio Oriente sarà un viaggio di portata storica che segna una svolta radicale rispetto alla politica estera del predecessore George W. Bush». Parla il 63enne Sandy Berger, ex consigliere per la Sicurezza nazionale di Bill Clinton, oggi copresidente della ditta di consulenza internazionale Stonebridge. «Obama sta facendo uno sforzo vigoroso per tendere la mano al mondo islamico spiega Berger . Non era mai successo. Abbiamo alienato milioni di persone in Medio Oriente con la guerra in Iraq che adesso per fortuna sta finendo, offrendoci di voltare pagina. Riavvieremo il processo di pace tra Israele e i palestinesi ed incoraggeremo l'Iran a porre fine al nucleare, con la diplomazia». Secondo alcuni critici, in America come in Europa, la politica obamiana non si discosta nella sostanza da quella di Bush. «Si sbagliano. >Bush ha iniziato una guerra che Obama è deciso a concludere. Bush ha ignorato il processo di pace in Medio Oriente fino all'ultimo, quando ormai era troppo tardi per fare qualcosa, mentre Obama l'ha posto sin dall'inizio come sua priorità. E al contrario di Bush, Obama sostiene il dialogo con l'Iran». Qual è l'elemento più importante nell'intervista alla Bbc? «Offrire l'America come modello, rifiutando il principio dell'imposizione dei valori americani. Obama ha buttato alle ortiche l'esportazione della democrazia e i famigerati cambi di regime di Bush. Oggi l'America vuole essere un faro, non un poliziotto». Riuscirà a convincere il mondo arabo che l'America è cambiata? «Non sarà facile ma penso che ci riuscirà. La storica elezione del primo presidente afro-americano ha già inviato un potente messaggio al resto del mondo. E Obama ha indicato senza mezzi termini di non essere un arrogante predicatore. Lui vuole dialogare in maniera rispettosa, ascoltando il suo interlocutore. Un cambiamento che tutti hanno notato ed apprezzato». Quali sono i pericoli di questo storico viaggio? «Il discorso al Cairo è delicato perché è rivolto a diverse platee. Quella araba e musulmana, particolarmente sensibile dopo otto anni di scontri con l'amministrazione Bush. Gli ebrei d'Israele, preoccupati dopo i suoi recenti disaccordi col premier Netanyahu. Il pubblico a casa, ansioso di voltare pagina». Israele deve temere l'indebolimento della storica amicizia? «Assolutamente no. Abbiamo un rapporto strategico e di amicizia fortissimo con lo Stato ebraico e nulla di ciò che Obama ha detto in questi giorni lo mette a rischio. Obama pensa che sia nell'interesse d'Israele perseguire la pace. Per questo parla in maniera onesta e diretta col suo grande alleato sulla necessità di creare uno Stato Palestinese. Ponendo fine agli insediamenti che mettono a rischio questo Stato». Cosa riuscirà a portare a casa Obama da questo viaggio? «Una rinnovata amicizia con i leader e la piazza del mondo arabo, sauditi, egiziani e giordani che alla fine aiuterà soprattutto Israele. Perché questi Paesi sono pronti a risolvere gli antichi conflitti e aspettano solo che Israele faccia un passo nella loro direzione». Alessandra Farkas Sandy Berger Dopo l'Iraq \\ Mano tesa agli islamici, allontanati dalla guerra in Iraq Sotto tiro Soldati americani del primo battaglione prendono posizione davanti alla base Restrepo, nella provincia afghana di Kunar, sorpresi nel sonno (uno in boxer rosa) dal fuoco talebano (Ap)

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Angela la pragmatica ordina (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 03-06-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Esteri data: 03/06/2009 - pag: 15 Germania La cancelliera non vuole alienarsi i voti della minoranza turca Angela la pragmatica ordina «Basta criticare la Turchia» La Merkel cambia tattica in vista delle elezioni È sempre stata convinta che non c'è posto per la Turchia in Europa. Stava sul palco con Sarkozy, quando lui dichiarava: «Non possono entrare nel-- l'Ue: il loro Paese si trova in Asia minore» (Parigi, 31 gennaio 2008). E nel 2005, ancora prima di venire eletta cancelliera, Angela Merkel scrisse una lettera ai tedeschi: «Siamo fermamente convinti che l'ingresso della Turchia sarebbe un'enorme tassa, economica e sociale, per l'Europa». Non ha cambiato idea. Ma intanto Angela Merkel ha fatto sparire il tema dalla campagna elettorale. Così, mentre la minaccia turca viene sventolata da Parigi a Varsavia in vista delle elezioni europee di domenica, lei ha ordinato a tutti di tacere. Facciano pure gli altri come credono. E infatti, in Francia è uno sport nazionale parlar male dei turchi. Gli orfani di Haider in Austria gridano «Turkei? Nein». Gli ultranazionalisti bulgari di Attack imbastiscono una campagna razzista contro il Bosforo e il regista anti-Islam Geert Wilders, quello del film Fitna, vuol entrare nell'Europarlamento sputando parole di fuoco contro Istanbul. La Merkel, invece, ha un problema urgente: più che vincere le europee, deve vincere in settembre le elezioni nazionali. E il voto della minoranza turca tedesca conta. «Le elezioni europee non sono mai centrate sull'Europa dice il politologo Markus Ferber al Financial Times . Chi dice altrimenti si autoillude». Non si illude invece la Merkel. I turchi in Germania superano i due milioni, 600mila di loro, in gran parte figli dei Gastarbeiter, gli immigrati che hanno raggiunto la Germania dagli anni Sessanta, hanno diritto di voto. Una minoranza per definizione emarginata, che però negli ultimi anni ha avuto un suo rinascimento: il primo regista premiato con l'Orso d'Oro a Berlino (Fatih Akin, con La sposa turca), il primo calciatore in nazionale (Mehmet Scholl), il primo politico alla guida di un partito nazionale (Ozdemir Cem, dei verdi, «Yes we Cem», o anche l'«Obama tedesco»). Solo, i turchi non votano conservatore: il 55% resta fedele ai socialdemo-- cratici, il 23% segue i verdi di Cem, i due partiti garanti dell'integrazione. Il 10% sceglie i cristianodemocratici. Eppure, calcola la Merkel, la base turca è religiosa e conservatrice, più vicina alle posizione della Cdu che a quelle della sinistra. Andare a pescare questi voti, con una campagna mirata, sarebbe possibile. Non solo. A settembre, la battaglia si vincerà con un pugno di voti. Non quella, chiaramente, per la cancelleria: la Merkel nei pronostici ha già strabattuto Steinmeier. Piuttosto, quello che veramente preme alla cancelliera è raggiungere contando sui voti dei liberali la soglia del 50 per cento. E dire addio ai socialdemocratici e alla grande coalizione. Lucida e pragmatica. Con il sorriso sulla labbra e spietata. Il giornale Le Monde, pochi giorni fa, l'ha descritta così: «In un film di Frank Capra, la vedremmo bene nel ruolo di Marta, una delle due vecchiette di Arsenico e vecchi merletti che benevolmente accumulano i cadaveri di signori in pensione ». Merkel, di cadaveri ne ha fatti passare tanti, iniziando da quello del mentore Kohl. Del suo pragmatismo, nella vicenda Opel, s'è accorta tutta la stampa economica mondiale. A casa, la Frankfurter Allgemeine, l'ha spiegato così: «L'Opel riceverà gli aiuti statali, perché Merkel l'ha deciso. L'astro nascente zu Guttenberg (ministro dell'Economia, ndr) ha perso la battaglia per un futuro sostenibile dell'Opel. Ma tanto i conti saranno presentati dopo» (le elezioni, ndr). Il metodo Merkel, sempre secondo Le Monde: pazienza, capacità di creare consenso, l'arte del calcolo politico. Ma sarebbe un errore, e una terribile scorrettezza, pensare che manchi di principi. Anzi, nella difesa dei diritti umani (difendendo i tibetani contro la Cina, ad esempio) ha mostrato quella tenace intransigenza che è propria di certi intellettuali polacchi o cechi come Havel. Gente dell'Est, come lei. E, va ricordato, sempre per coerenza è entrata in politica solo dopo la caduta del Muro. Prima studiava fisica, e come un fisico tuttora ragiona e parla. Di recente ha anche ammesso che i servizi segreti della Stasi la volevano arruolare. Se l'è cavata rispondendo: «Ma io sono una chiacchierona». Risposta furba, pragmatica, e in un certo senso... orientata al risultato. In fondo, da allora, nel metodo ha sempre mostrato una geometrica coerenza. Mara Gergolet 690.000 Gli elettori turchi in Germania: i turchi sono il 2,4% degli 82 milioni di cittadini tedeschi (a destra nella foto Emblema la cancelliera della Repubblica federale Angela Merkel; a sinistra una passeggiata a Berlino, Afp) «Concreta» La stampa loda il suo istinto politico: «È come una vecchia zia: vede sfilare i cadaveri degli altri» Verso settembre L'obiettivo non sono le elezioni europee di domenica, ma quelle parlamentari in autunno

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Cheney più a sinistra dei liberal: (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 03-06-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Esteri data: 03/06/2009 - pag: 15 Matrimoni e politica Il numero due di Bush propone che siano i singoli Stati a legiferare. Obama favorevole solo alle unioni civili Cheney più a sinistra dei liberal: «Nozze gay» L'ex vice presidente ha una figlia omosessuale: «In famiglia siamo abituati» DAL NOSTRO CORRISPONDENTE NEW YORK Dick Cheney molto più a sinistra di Barack Obama sul tema dei diritti gay? A dirlo è la «blogosfera » che ha reagito con stupore alla recente scesa in campo dell'ex vicepresidente americano a favore dei matrimoni tra persone dello stesso sesso. «Sono favorevole alle nozze gay purché la questione venga decisa Stato per Stato», ha dichiarato Cheney intervenendo al National Press Club di Washington, spiegando che «le persone dovrebbero essere libere di entrare in qualsiasi tipo di unione o di contratto esse desiderino. Perché la libertà deve essere per tutti». Il più odiato e vituperato dinosauro della destra Usa si ritrova, insomma, eroe per un giorno della comunità gay americana. E di blogger liberal come Arianna Huffington secondo cui «il confronto politico in America non contrappone più destra e sinistra, ma giusto e sbagliato». Eppure il motivo che ha spinto Cheney a rompere con l'ortodossia repubblicana è più personale ed opportunistico che non ideale. «Come molti di voi sanno una delle mie figlie è gay e la mia famiglia vive con questa realtà da tanto tempo», ha spiegato Cheney al NPC. L'ultimogenita Mary, nata nel marzo 1969, è una lesbica dichiarata che vive con la sua compagna Heather Poe e con il loro figlio Samuel, partorito dalla stessa Mary nel 2007. Le due non hanno mai potuto sposarsi perché risiedono in Virginia dove persino le unioni civili e le adozioni gay sono vietate. Dick Cheney è, a tutti gli effetti, un «nonno illegale». Un ostacolo cui la liberalizzazione delle nozze gay nel suo Stato potrebbe ovviare. Ciò non significa però che l'ex numero due della Casa Bianca sia a favore dei matrimoni gay sempre e comunque. «Sono contrario ad una legge federale per disciplinare la materia ha precisato Cheney Storicamente i matrimoni sono sempre stati regolati a livello statale e penso che dovrebbe continuare ad essere così». Pur con i dovuti distinguo, il suo endorsement lo pone a sinistra del presidente Obama, favorevole alle unioni civili tra persone dello stesso sesso ma contrario ai matrimoni gay. Un'ironica contraddizione che non è sfuggita alla penna tagliente dei blogger. «Mentre Cheney faceva il paladino dell'uguaglianza matrimoniale, l'amministrazione Obama vietava l'ingresso a sessanta canadesi sieropositivi», tuona Andrew Sullivan, influente editorialista conservatore e gay. «E per darci un contentino ha rincarato la dose il presidente ha fatto un piccolo gesto su Stonewall». Sullivan si riferisce alla decisione di proclamare giugno negli Stati Uniti il mese per i diritti degli omosessuali, annunciata ieri da Barack Obama in un documento ufficiale della Casa Bianca. La scelta di giugno è legata al fatto che in questo mese, trenta anni fa, la polizia prese d'assalto un celebre bar gay di New York, lo Stonewall Inn di Christopher Street, provocando una rivolta, scontri e arresti nelle strade del Greenwich Village, dando vita al movimento gay in America. L'iniziativa di Obama non è però nuova. «Già dieci anni fa aveva fatto lo stesso il suo predecessore democratico Bill Clinton», ha commentato acido Sullivan. Alessandra Farkas Famiglia moderna L'allora vicepresidente americano Dick Cheney, insieme alla moglie Lynne, presenta il 23 maggio 2007 il sesto nipote , Samuel David, i cui genitori sono due donne: Mary Cheney e la sua compagna Heather Poe, insieme nella foto a destra (Afp e Ap) Dick il conservatore «Le persone dovrebbero essere libere di scegliere l'unione che desiderano. La libertà vale per tutti»

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Unesco, le inaccettabili scuse del candidato nemico di Israele (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 03-06-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Opinioni data: 03/06/2009 - pag: 10 CONTRO LA NOMINA DI FAROUK HOSNY Unesco, le inaccettabili scuse del candidato nemico di Israele di BERNARD-HENRI LÉVY I l signor Farouk Hosny aggrava la propria situazione. Candidato egiziano alla direzione generale dell'Unesco e sostenuto, in questa impresa, da Lega araba, Unione africana e Conferenza islamica mondiale, ha risposto, su Le Monde del 27 maggio, alla rievocazione, da parte di Claude Lanzmann, di Elie Wiesel e del sottoscritto, del florilegio di dichiarazioni anti-israeliane o anti-semite che costellano la sua lunga carriera politica. Nell'articolo, evidentemente, non nega nessuna di tali dichiarazioni. Non nega, e a ragione, la sua ignobile denuncia, sul quotidiano egiziano Ruz Al-Yusuf, della «infiltrazione degli ebrei nei mass media internazionali» e della loro diabolica abilità a «diffondere» le loro «menzogne». Non nega di aver risposto, l'anno scorso, a un deputato che gli rimproverava di aver lasciato che libri israeliani entrassero nella Biblioteca d'Alessandria resuscitata e che vi propagassero il loro veleno: «Bruciamo questi libri; magari li brucerò io stesso davanti a voi». Da vent'anni ministro della Cultura del primo Paese arabo che possa onorarsi di aver stretto, ai tempi di Anwar al-Sadat, relazioni quasi normali con lo Stato ebraico, Farouk Hosny non cerca nemmeno di minimizzare l'accanimento con cui si dedica ad arrestare questa normalizzazione, a impedirla, a sabotarla. Si accontenta, dice, di «rimpiangere» quelle terribili parole. E «rimpiangerle», per lui, significa concretamente tre mosse. Primo, chiedere pietosamente che si «tenga conto delle circostanze» e «si situino nel loro contesto» i suoi appelli all'odio e all'autodafé. Secondo, precisare che le sue proclamazioni incendiarie le ha lanciate «senza intenzione né premeditazione». Terzo, riferire tali proclami al legittimo sdegno di un uomo «di coscienza» messo di fronte all'insostenibile spettacolo delle «sofferenze subite» da un popolo palestinese «privato della propria terra e dei propri diritti» che talvolta si lascia andare a parole un po' «dure». Abbiamo letto attentamente. I palestinesi soffrono, quindi ci si propone di bruciare i libri scritti in lingua ebraica. I palestinesi rivendicano, a ragione, una terra e dei diritti, quindi si blocca l'apertura, al Cairo, di un museo della cultura ebraica. I palestinesi vogliono uno Stato e ne hanno diritto, quindi, come non bastasse raccomandare il sabotaggio dell'unica iniziativa di pace che abbia avuto successo e che, se facesse scuola, si concluderebbe con la creazione di questo Stato, si invita, alla televisione egiziana e altrove, il negazionista della Shoah Roger Garaudy. Che il Signor Netanyahu, in nome di chissà quale oscuro calcolo di Realpolitik, si accontenti di tale ragionamento, è affar suo. A me invece sembra un ragionamento appena degno di un piccolo vandalo di periferia che, interpellato per aver riempito di graffiti i muri di una sinagoga o di un centro comunitario ebraico, risponde allo stesso modo: «Dovete scusarmi... non è colpa mia, è colpa del conflitto israelo-palestinese che mi ha fatto saltare i nervi...». Questo ragionamento mi sembra poco compatibile con la moderazione e la saggezza, requisiti fondamentali per un candidato alla direzione di un organismo che, sebbene non sempre abbia brillato per la fedeltà ai propri ideali fondatori, continua tuttavia a dedicarsi alla diversità delle culture, al dialogo fra di esse, allo sviluppo dello spirito di tolleranza, alla pace. Scusandosi, il signor Farouk Hosny si dà la zappa sui piedi. «Assumendosi la reponsabilità» (l'espressione è sua) della «profonda emozione» che gli detta, fin dall'inizio, il suo piccolo accesso di collera annuale, si discredita ancora di più. La sua retorica mediocre non è degna né della patria di Nagib Mahfuz né, certo, di un mondo che deve scongiurare, ora più che mai, lo spettro dello scontro delle civiltà e delle culture. Gli europei cominciano a capirlo (come il Parlamento tedesco che, la settimana scorsa, quasi all'unanimità, ha espresso la propria indignazione). Alcuni intellettuali arabi cominciano a preoccuparsi degli effetti deleteri di questa vicenda (come Abdelwahab Al-Effendi che ha appena pubblicato, sul quotidiano Al-Quds Al-Arabi, un roboante «Non eleggete Farouk Hosny alla direzione dell'Unesco»). Facciamo appello a Barak Obama (che arriva al Cairo domani mattina), a Nicolas Sarkozy (la sede dell'Unesco è a Parigi), agli altri (l'eminente dignità della carica deve far sì che questa controversia preoccupi l'intera comunità internazionale) affinché, prima di ottobre, data della vittoria annunciata del signor Farouk Hosny, si impedisca la sua nomina. traduzione di Daniela Maggioni CHIARA DATTOLA

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Guantanamo, pr (sezione: Obama)

( da "Repubblica.it" del 03-06-2009)

Argomenti: Obama

WASHINGTON - Un detenuto yemenita è stato trovato morto nella sua cella nel carcere di Guantanamo a Cuba. Le autorità del campo di prigionia americano ritengono che si sia suicidato. Si chiamava Mohammad Ahmad Abdallah Salih, aveva 31 anni e si trovava a Guantanamo dal febbraio 2002. Ancora poco chiare le cause della morte. L'uomo, noto anche come al Hanashi, non si è impiccato, ha spiegato il maggiore Diana Haynie, portavoce di Guantanamo, senza fornire però altri dettagli sulle circostanze del decesso. La portavoce ha specificato che al Hanashi non era nel gruppo di detenuti destinati ad essere rilasciati. La Naval criminal investigative service ha aperto un'inchiesta che comprenderà l'autopsia sul corpo del prigioniero. Un consulente culturale assisterà il medico legale per garantire che la procedura avvenga "nel modo appropriato alla cultura e alla religione" del deceduto. Quello di oggi, però, non è un caso isolato. Cifre alla mano si tratta del quinto suicidio avvenuto, secondo i dati del Pentagono, a Guantanamo dalla sua creazione nel 2002: due sauditi e uno yemenita si sono impiccati con le lenzuola nel 2006 e un altro saudita si è ucciso nel 2007. A questi vanno aggiunti le decine di tentativi di suicidio sventati. Secondo Amnesty International nei giorni scorsi un altro yemenita ha tentato di tagliarsi le vene. Il gruppo degli yemeniti è il più numeroso tra i circa 240 detenuti rimasti a Guantanamo e che secondo il piano di Barack Obama dovrebbero essere trasferiti in altre prigioni, rimpatriati o trasferiti in paesi terzi per permettere la chiusura del campo entro il prossimo gennaio. Nelle scorse settimane i familiari dei circa 80 prigionieri hanno condotto una manifestazione di fronte la sede del governo di Sana'a chiedendo un maggiore impegno per il rimpatrio dei prigionieri. OAS_RICH('Middle'); L'ambasciata yemenita a Washington ha inviato un suo diplomatico a Guantanamo. Il suo portavoce, Mohammed Albasha, ha sottolineato come il suicidio di al Hanashi dimostri quanto sia urgente chiudere il campo e ha ribadito la disponibilità del suo governo a lavorare con la Casa Bianca per arrivare a questo obiettivo. Maroni: "No all'arrivo di detenuti in Italia". "Sono contrario ad accettare in Italia detenuti provenienti da Guantanamo''. Il ministro Roberto Maroni ribadisce la sua contrarietà all'ipotesi che il nostro Paese prenda in consegna due prigionieri di Guantanamo. Si tratterebbe di due tunisini: Riadh Nasri e Moez Fezzani, indagati nel 2007 dalla procura di Milano perché accusati di essere stati i punti di riferimento all'estero di una cellula italiana legata al gruppo salafita. ''A meno che non possiamo detenerli in carcere preferisco che non vengano accettati - ha spiegato Maroni- Ovviamente sarà una decisione che dovrà prendere il governo ma non credo che prendersi tre o quattro presunti terroristi aumenti la sicurezza dei cittadini''. (3 giugno 2009

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"Fermiamo lo scontro di civiltà questo dirò a tutti i musulmani" (sezione: Obama)

( da "Repubblica.it" del 03-06-2009)

Argomenti: Obama

Presidente Obama, partiamo dal discorso che farà al Cairo giovedì. Molti musulmani, di fatto, si aspettano le scuse per gli errori commessi durante gli anni dell'Amministrazione Bush e per quelle che reputano essere le violazioni commesse dagli Stati Uniti. E' così? "No, quello che intendiamo fare è aprire un dialogo. Ci sono stati sicuramente grossi malintesi ed errori di comprensione sull'Occidente da parte del mondo musulmano, e ce ne sono stati di altrettanto grossi nei confronti del mondo musulmano da parte nostra. Nessun discorso può risolvere i problemi reali che esistono, ma credo che questa possa essere un'occasione ideale per far sì che entrambe le parti abbiano l'opportunità di ascoltarsi. E che entrambi potremo imparare dalla controparte qualcosa di più sulla sua cultura". Lei parla di entrambe le parti. Cosa la induce a credere che i musulmani siano disposti ad ascoltarla, e a cambiare atteggiamento nei confronti degli Stati Uniti? "Faccio un piccolo esempio. La popolazione musulmana negli Stati Uniti è più numerosa di quella presente in molti Stati a maggioranza musulmana. C'è un contesto nel quale le cose possono essere aiutate a migliorare. Alcuni musulmani sono esponenti politici locali, altri membri del Congresso, abbiamo perfino un presidente che ha parenti musulmani. Quindi l'idea che l'America sia distaccata, lontana, e che lo scontro di civiltà sia inevitabile, è sbagliata". Il suo discorso sarà pronunciato al Cairo. Secondo Amnesty International in Egitto ci sono migliaia di prigionieri politici. Come affronterà questo tema scottante? OAS_RICH('Middle'); "La questione dei diritti umani esiste in tutto il Medio Oriente, credo che nessuno possa metterlo in dubbio. Il messaggio che io spero di far arrivare è che democrazia, la legalità e il rispetto della legge, della libertà di parola, della libertà di religione non sono semplicemente principi dell'Occidente, ma sono principi universali, che loro possono abbracciare, che possono essere difesi ovunque, affermati ovunque come parte di ogni identità nazionale. Il pericolo c'è quando gli Stati Uniti o chiunque altro pensa che si possano imporre questi valori ad altri Paesi con culture e storie completamente diverse, mentre il nostro compito è quello di incoraggiare e promuovere questi valori". Molti si aspettano di conoscere qualcosa di incoraggiante per ciò che concerne il conflitto israelo-palestinese. Lei ha detto chiaramente che vuole che gli insediamenti dei coloni israeliani siano congelati. Ma gli israeliani non intendono farlo. Come si esce da questa situazione? "Ho parlato col primo ministro Netanyahu, ma penso che non abbiamo ancora visto gesti di potenziale collaborazione da parte di altri stati arabi e dei palestinesi che possano aiutare e dare garanzie al governo israeliano... Ho affrontato con lui alcune delle preoccupazioni di Israele. Io sono convinto che se si seguirà la road map che è stata delineata, se Israele rispetterà gli obblighi fissati che le competono e sono previsti, in primis evitando i nuovi insediamenti, e se i palestinesi faranno fronte ai loro obblighi, soprattutto in tema di sicurezza, e se tutti gli Stati arabi circostanti saranno disposti a collaborare con il Quartetto a incoraggiare lo sviluppo economico e quello politico, allora potremo fare dei progressi concreti. Di sicuro nelle prossime ore lavoreremo con grande pazienza sul fronte diplomatico. La diplomazia comporta tempi lunghi, lenti, ma sicuramente proficui. Non si possono mai avere risultati immediati". Questo significa che ci sarà molto da lavorare ancora per arrivare alla pace. "Nessuno pensa che questo possa essere un risultato semplice da conseguire. Ma l'importante è ripartire con seri negoziati. Faremo tutto quello che è possibile per riuscirci. Perché una cosa deve essere chiara: non è soltanto nell'interesse dei palestinesi avere uno stato palestinese tutto loro, ma lo è anche per il popolo israeliano che ha interesse a stabilizzare la sicurezza. Ed è importante e nell'interesse degli Stati Uniti arrivare a una soluzione di due Stati che vivono vicini in pace e in sicurezza". Israele invece è riuscita a convincerla sul fatto che bisogna arrivare a risultati per fermare il progetto nucleare iraniano entro questo anno. "Vorrei correggerla su un piccolo dettaglio non indifferente: Israele non ha affatto bisogno di convincermi di una cosa del genere. Credo che sia venuto il momento per il mondo di sentire tutto l'interesse legato al fatto che Teheran si convinca che deve accantonare il suo progetto di dotarsi della bomba atomica e di armi nucleari. Ma il modo migliore per farlo è con incessanti e duri negoziati. Noi abbiamo una scaletta di marcia precisa, non vogliamo fissare scadenze precise, ma entro quest'anno di sicuro vogliamo che sia possibile valutare e capire definitivamente se l'Iran ha le idee chiare ed è seria per ciò che concerne la rinuncia al suo programma nucleare. Theran ha diritto al nucleare pacifico, ha tutto il potenziale che le serve per essere un Paese molto potente, molto prospero e ricco. Ha molte più possibilità senza l'arma atomica, che potrebbe innescare una corsa agli armamenti nella regione e una proliferazione nucleare pericolosa. Credo che per il momento la cosa importante sia dare il via a un processo rigoroso di negoziati bilaterali che possa portare all'abbandono definitivo del programma nucleare". (Copyright Bbc News. Traduzione di Anna Bissanti) (3 giugno 2009

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Sims III, mondo parallelo c'è Obama nel reality game (sezione: Obama)

( da "Repubblica.it" del 03-06-2009)

Argomenti: Obama

I numeri parlano chiaro: il gioco è distribuito in 60 Paesi e dal 2000 ad oggi ha venduto 110 milioni di copie, diventando il videogioco per Pc più venduto della storia. E' stato tradotto in 26 lingue, ci sono ben 66 milioni tra siti, pagine web e community dedicate ai due episodi già usciti e all'attesissimo "numero 3" della serie. Si tratta di The Sims, giunto alla sua terza versione, il primo "reality game" della storia dei videogiochi, un vero fenomeno, anche perché è stato il primo videogioco a portare davanti agli schermi dei computer il pubblico femminile (il 60% del pubblico di The Sims è composto di ragazze), che milioni di appassionati videogiocatori stanno aspettando da oltre 5 anni e che giovedì arriverà nei negozi di tutto il mondo. The Sims è un "simulatore di vita", che consente ai giocatori di gestire in tutto e per tutto l'esistenza di una famiglia virtuale. Ma se nella versione numero 2 era possibile creare la propria famiglia virtuale e i programmatori avevano inserito una sorta di eredità genetica tra genitori e figli, con The Sims 3 la simulazione della vita reale è ancora più realistica. Dalla dimensione "domestica" dove si svolgeva la maggior parte della vita degli "avatar", ovvero dei personaggi sintetici creati dai giocatori, si passa infatti a quella di una intera città, Sunset Valley, all'interno della quale i personaggi possono muoversi e interagire. La grande novità è quella della personalizzazione dei personaggi, che oltre ad essere graficamente più realistici, possono arrivare a diventare dei perfetti alter ego dei giocatori con una personalità unica. Il sistema infatti consente di creare più di 700 milioni di Sims, uno diverso dall'altro per tratti somatici, caratteristiche psicologiche e caratteriali, fino a replicare anche personaggi famosi, come si vede nei trailer del gioco, dove compare il presidente degli Stati Uniti Barack Obama, o Susan Boyle la cantante rivelazione di Britain's Got Talent. OAS_RICH('Middle'); Nella vita virtuale i Sims, gli abitanti della città gestita dal giocatore, possono sposarsi e fare figli, cambiare lavoro e frequentare l'università, scegliere una carriera nel mondo dello spettacolo o perdere tempo partecipando a feste e parties, possono utilizzare innumerevoli varianti di arredamento, di abbigliamento e di accessori che è possibile scaricare dalla rete, creare ex novo o acquistare all'interno del The Sims 3 Store o all'interno di boutique virtuali realizzate dagli stessi appassionati. Los Angeles in questi giorni, in occasione della fiera mondiale dei videogames, è letteralmente tappezzata di manifesti di The Sims3, a New York alcune facciate di grattacieli sono state coperte da simili affissioni e anche in Italia, domani pomeriggio (alle 3 e 33), ci sarà un evento di lancio del gioco, al Mondadori MultiCenter, in Piazza del Duomo a Milano, per i fan che hanno da mesi prenotato la loro copia, con la partecipazione dei Bastard Sons of Dioniso, la band rivelazione dell'ultima edizione di X - Factor che si esibirà dal vivo. (3 giugno 2009

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