CENACOLO DEI COGITANTI |
Debito Usa, Obama
rassicura la Cina ( da "Stampa,
La" del 15-03-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: impegno per ridurre della metà il
deficit entro quattro anni Debito Usa, Obama rassicura la Cina [FIRMA]FRANCESCO
SEMPRINI NEW YORK Sul campo neutro di Horsham, gli Stati Uniti cercano di
chiudere la partita con la Cina rassicurando Pechino dopo le preoccupazioni
avanzate dal premier Wen Jiabao sulla affidabilità del debito americano.
Accorpiamo le aziende in
50 gruppi ( da "Gazzetta
di Modena,La" del 15-03-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: pagare i primi effetti negativi
della globalizzazione - ha spiegato - Le banche in questo processo devono saper
interagire con il mondo ed essere presenti fuori dai confini nazionali per
poter accompagnare gli imprenditori. Nel nostro Paese è più importante il
ritardo competitivo che la crisi, se non ci mettiamo in pari, ci resteremo in
mezzo più a lungo anche quando questa finirà»
Suzzara: incontro sui
saperi ( da "Gazzetta
di Mantova, La" del 15-03-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: educazione del futuro «7 incontri
per 7 saperi» organizzati dall'Istituto «Manzoni» di Suzzara in collaborazione
l'Istituzione «Città di Suzzara» e la Coop consumatori nordest. Sabato 28 marzo
alle ore 10.40, nell'aula magna si parlerà di «Effetti della Globalizzazione»
con il prof. Massimo Soliani, docente del «Manzoni».
Sergio Marini
( da "Stampa, La" del
15-03-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: Crollano uno alla volta i miti
della prima globalizzazione e riassumono centralità i valori veri dell'agire di
ciascuno di noi: la responsabilità, l'affidabilità, l'etica dei comportamenti.
E poi si recupera pienamente la dimensione dell'identità dei territori». \
Nuove misure contro la
crisi non ce ne sono, ma almeno sappiamo che l'epoca della finanza srego...
( da "Stampa, La" del
15-03-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: bisogno di riforme perché una crisi
come questa non accada mai più» riassume al termine del G-20 il ministro del
Tesoro Usa Tim Geithner, e quello che si farà comporta un'ampia autocritica da
parte del suo paese. A Giulio Tremonti pare emblematica la frase che ha trovato
in un documento portato dalla Cina: «Finora si pensava che il miglior modo di
fare regole fosse di farne poche;
Tremonti: Sulla crisi
musica comune Ue-Usa ( da "Arena,
L'" del 15-03-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: il presidente Usa, Barack Obama, ha
tranquillizzato sia la Cina che il mondo intero sul fatto che gli investimenti
finanziari in America sono sicuri: tutti possono avere «assoluta fiducia» nella
solidità dell'economia Usa. Il problema, ha detto Obama, è semmai arrivare al
più presto a una stabilizzazione dei mercati e in punto di vista il prossimo
G20 una responsabilità oggettiva:
Unità sul piano Obamala
vera sfida degli Usa ( da "Secolo
XIX, Il" del 15-03-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: mettendo il governo in posizione
subordinata in politica estera verso quei Paesi (vedi la Cina) che detengono
rilevanti quote del debito pubblico contratto da Washington. Il rischio esiste.
Ma questa posizione sconta un approccio conservatore, proprio nel Paese che ha
fatto della libertà e della possibilità di accesso a un futuro migliore la
propria bandiera.
"pronti a tutto per
rilanciare la crescita" - elena polidori
( da "Repubblica, La"
del 15-03-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: India e Cina, i cosiddetti paesi
Bric, in una loro nota, chiedono di rifinanziare le risorse del Fmi. L´accordo
alla fine si trova: l´aumento dei fondi potrebbe avvenire con supporti
bilaterali e con la revisione delle quote. Il quantum verrà deciso dai capi di
Stato e di governo, il 2 aprile, precisa Alistair Darling,
america e cina il mondo
deve ripartire da due - federico rampini
( da "Repubblica, La"
del 15-03-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: Cina il mondo deve ripartire da due
G2 la copertina Il capo e il vicecapo della Banca mondiale lo hanno affermato
nero su bianco: "Solo Washington e Pechino possono indicare la via
d´uscita da questa crisi" Giornali finanziari, autorevoli riviste,
prestigiosi intellettuali concordano E mentre gli esperti di economia e di
finanza dei due Paesi cercano di imparare gli uni dagli altri,
un supervertice per
salvare il mondo - vittorio zucconi
( da "Repubblica, La"
del 15-03-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: La crisi globale impone il
condominio di Usa e Cina, le due maggiori potenze finanziarie VITTORIO ZUCCONI
SWASHINGTONintomo infallibile dei momenti di paura e di confusione, l´epidemia
di "verticite" che sta colpendo la diplomazia internazionale e
invadendo giornali e teleschermi è la prova dell´impotenza dei governi
nazionali di fronte a problemi ormai troppo più grandi di loro.
Il Papa da martedì in
Africa <Stop a guerre e ingiustizie>
( da "Eco di Bergamo, L'"
del 15-03-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: osservando che rimane perfino «ai
margini della globalizzazione». La scelta di Camerun e Angola diventa in
qualche modo simbolica. Il Camerun è il cuore dell'Africa, dove già Giovanni
Paolo II era andato nel
studenti a scuola
d'emergenza ( da "Messaggero
Veneto, Il" del 15-03-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: Appena compirò 18 anni prenderò la
tessera della Protezione civile». Per Rita De Marchi, dell'Isa
"Galvani" di Cordenons: «Sono al terzo stage con la Protezione e mi
piace tantissimo - è la decana della formazione da Rambo provinciale - e ho la
tessera dei volontari. E' straordinario il clima di collaborazione che si crea,
anche con persone mai conosciute».
Chi guida il fronte
anti-Giulio ( da "Riformista,
Il" del 15-03-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: una proposta per governare
modernità e globalizzazione. Chi pensa che la globalizzazione vada fermata per
superare la crisi sbaglia di grosso». In secondo luogo, Passera è - nella sua
generazione - quella dei nati negli anni Cinquanta, l'unico possibile erede
della tradizione istituzionale e di tenuta del potere dei Cesare Geronzi,
Giovanni Bazoli e Giuseppe Guzzetti,
Aspettando il primo G20 di
Obama ( da "Riformista,
Il" del 15-03-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: le crescenti divergenze tra Usa e
Europa sulle priorità nella crisi e il ruolo del « G2 », cioè il rapporto tra
Cina e Stati Uniti. Nelle dichiarazioni dalle due sponde dell'Atlantico emerge
che gli Usa (e in subordine il Regno Unito) danno priorità alle misure
immediate per uscire dalla crisi, sia stimoli fiscali che sostegno al sistema
finanziario.
Il futuro si deciderà nel
Secondo Mondo ( da "Riformista,
Il" del 15-03-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: e della Cina maoista. Tra questi ce
n'era uno che sta velocemente emergendo come il più brillante politologo della
sua generazione, con una capacità di visione (e un po' di ambizone) sufficiente
a fargli intitolare il suo prossimo libro "How to run the world",
come governare il mondo: si chiama Paragh Khanna,
IN DIVERSE occasioni Papa
Benedetto XVI ha esortato di vivere con "sobriet&#...
( da "Resto del Carlino, Il (Ancona)"
del 15-03-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: egoismo della
globalizzazione". Un ragazzo, liceale, del Fermano ha pensato bene di
seguire le parole del Papa invitando parenti ed amici oggi, alle 16,45 nel
Santuario di Campocavallo di Osimo, l'unica chiesa nelle Marche dove si celebra
regolarmente nell'antico rito latino, alla Santa Messa, in canto gregoriano,
per festeggiare il suo diciottesimo compleanno.
ROMA In settembre ottobre
il problema era la liquidità, un problema finanziario,...
( da "Messaggero, Il"
del 15-03-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: e quelli delle maggiori economie
emergenti, dalla Cina, alla Russia, al Brasile, all'India, al Sudafrica, si
sono riuniti in Inghilterra per mettere a punto interventi che saranno
deliberati dal vertice di Londra del 2 aprile, quando gli stessi venti paesi
saranno rappresentati dai loro capi di Stato e di governo.
Se il ceto medio diventa
populista ( da "Corriere
della Sera" del 15-03-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: la globalizzazione? A chiedere
protezioni a lasciarsi sedurre da messaggi populisti? Un primo test critico si
avrà fra un paio di mesi, con le elezioni per il Parlamento di Strasburgo. Dopo
l'estate ci saranno altri due appuntamenti importanti: le elezioni tedesche e
il nuovo referendum irlandese sul Trattato di Lisbona.
Il dibattito C'è la...
( da "Giornale.it, Il"
del 15-03-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: tanto più in una società
globalizzata come la nostra in cui ormai da tempo il lavoratore
extracomunitario ha assunto una serie di mansioni che i giovani del Bel Paese
non vogliono più svolgere? Il dibattito è più che mai aperto. Quello che è
accaduto un mese e mezzo fa in Inghilterra, la protesta degli operai britannici
di Total contro i colleghi italiani arrivati dalla Sicilia,
No Obama, no party
( da "Stampa, La" del
15-03-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: Cin-cin, e davanti a una flûte di
champagne il maxistimolo appare più digeribile, anche ai deputati e ai senatori
repubblicani, invitati con larghezza dalla Prima Famiglia. Benvenuto, tra gli
altri, anche al giudice della Corte Suprema Samuel Alito, di nomina bushiana e
tra i più attivi presenzialisti.
L'atomica cinese
( da "AprileOnline.info"
del 15-03-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: gli Usa iniettano denaro pubblico
con una sorta di New Deal sulla cui efficacia, e soprattutto sostenibilità, è
lecito avere qualche dubbio; la Cina, e più in generale l'Asia orientale, fa il
possibile per sostenere le esportazioni, e l'Europa punta, in vario modo, sul
mercato interno, con misure di rafforzamento degli ammortizzatori sociali e del
potere d'
L'etica dei prefetti e le
regole di Bretton Woods ( da "Borsa(La
Repubblica.it)" del 15-03-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: nuovo Gruppo fanno parte la Cina,
l'India, il Brasile, il Sudafrica ed altre potenze emergenti. Analogo
allargamento è stato effettuato dal "Financial Stability Forum"
presieduto da Mario Draghi. Il Fondo monetario internazionale si appresta a sua
volta ad accrescere le quote di partecipazione dei paesi emergenti e a far
entrare tra i soci quei paesi che finora ne sono stati esclusi.
Obama: "La Cina può
avere assoluta fiducia nell'economia americana". Appello bipartisan per
dialogo con Hamas ( da "Adnkronos"
del 15-03-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: Obama: "La Cina può avere
assoluta fiducia nell'economia americana". Appello bipartisan per dialogo
con Hamas Il presidente Usa dopo le preoccupazioni espresse dal premier cinese
Wen Jiabao. E dalle pagine del Boston Globe il consigliere economico Paul A.
Obama smentisce contrasti
in G20 e rassicura la Cina ( da "Reuters
Italia" del 15-03-2009)
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Cina Usa
Abstract: Obama ha anche rassicurato la Cina
che aveva espresso preoccupazioni per i propri massicci investimenti in bond
negli Usa. "Non solo il governo cinese ma qualsiasi investitore può avere
assoluta fiducia sullo stato di salute degli investimenti negli Usa", ha
detto.
Il presidente brasiliano
Lula alla Casa Bianca. Confronto in chiave G20
( da "AmericaOggi Online"
del 15-03-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: La Cina sia tranquilla, i suoi
investimenti in America sono sicuri, come lo sono quelli degli investitori
mondiali. Tutti possono avere "assoluta fiducia" nella solidità
dell'economia Usa. Il presidente americano, Barack Obama, ha replicato ieri
così alle perplessità espresse venerdì da Pechino circa la tenuta del sistema
Usa.
Emergenze di Protezione
civile un corso degli architetti ( da "Sicilia,
La" del 15-03-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: sarà tenuto da docenti del Servizio
di Agrigento del Dipartimento Regionale di Protezione Civile ed è finalizzato
all'aggiornamento dei volontari di Protezione Civile dell'Ordine, con
particolare riferimento alla redazione dei piani di protezione civile. Sono
previste anche quattro esercitazioni pratiche». Il Corso sarà presentato dallo
stesso La Mendola ed avrà come docenti l'ing.
Protezione civile, un
modello per l'Italia ( da "Gazzettino,
Il (Vicenza)" del 15-03-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: Parallelamente alla crescita del
Meeting vorrei segnalare come si sia registrata un'analoga crescita del
Servizio di Protezione Civile della Provincia», ha spiegato l'assessore
provinciale alla Protezione Civile Marcello Spigolon. Nel
La Protezione civile non
farà mai le ronde per la Regione ( da "Gazzettino,
Il" del 15-03-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: «La Protezione civile non farà mai
le ronde per la Regione» Il governatore al meeting di Lonigo. «L'emergenza sul
territorio è una cosa, la sicurezza un'altra» Domenica 15 Marzo 2009, Vicenza
«Meglio che la Protezione Civile presidi il territorio, le ronde sono un'altra
cosa».
LA CINA SIA TRANQUILLA, I
SUOI INVESTIMENTI IN AMERICA SONO SICURI, COME LO SONO QUELLI DEGLI INVEST...
( da "Mattino, Il (Nazionale)"
del 15-03-2009)
Argomenti:
Cina Usa
Abstract: La Cina sia tranquilla, i suoi
investimenti in America sono sicuri, come lo sono quelli degli investitori
mondiali. Tutti possono avere «assoluta fiducia» nella solidità dell'economia
Usa. Il presidente americano, Barack Obama, ha replicato così alle perplessità
espresse da Pechino circa la tenuta del sistema Usa.
( da "Stampa, La" del 15-03-2009)
Argomenti: Cina Usa
INCONTRO RISERVATO
AL G20 TRA GEITHNER E IL SUO COLLEGA ASIATICO Washington ribadisce l'impegno per ridurre della metà il deficit entro quattro anni
Debito Usa, Obama rassicura
la Cina [FIRMA]FRANCESCO
SEMPRINI NEW YORK Sul campo neutro di Horsham, gli Stati Uniti cercano di
chiudere la partita con la Cina rassicurando Pechino dopo le preoccupazioni avanzate dal premier
Wen Jiabao sulla affidabilità del debito americano. A scendere in campo
è il segretario al Tesoro, Timothy Geithner che a margine dei lavori del G-20
incontra il collega cinese Xie Xuren, nel corso di un riservatissimo faccia a
faccia organizzato poco prima della conferenza stampa al South Lodge Hotel.
Superato l'imbarazzo iniziale e la diffidenza del ministro cinese, memore delle
accuse di Geithner sulle presunte «manipolazioni dello yuan», i due colleghi
hanno affrontano in un clima di cordialità la questione del debito. «E' stato
un incontro molto positivo», dice il capo del Tesoro che ha garantito sulla
solidità dell'economia americana. «Stati Uniti e Cina
hanno molto in comune», prosegue Geithner, ribadendo che il sistema finanziario
americano rimane «il più sicuro e il più liquido del mondo». Sulla questione è
intervenuto il presidente Barack Obama dicendo che Pechino deve avere «assoluta
fiducia» nell'economia statunitense. «Non solo la Cina,
ma tutti gli investitori possono avere assoluta fiducia nell'economia
americana», dice Obama durante la conferenza stampa congiunta col presidente
del Brasile, Luiz Inacio Lula da Silva. Mentre il portavoce del Tesoro, Heather
Wong, spiega che il presidente Obama sta prendendo tutte le misure necessarie
atte a garantire la sostenibilità fiscale del Paese, compresa la riduzione del
deficit della metà nei prossimi quattro anni. «Il presidente sta affrontando
problemi a lungo ignorati per garantire agli Stati Uniti di diventare più forti
di prima». Sebbene non sia arrivato alcun commento ufficiale da parte cinese,
sembra che Geithner sia riuscito nel suo intento anche grazie al ritrovato
ottimismo dopo la strigliata ricevuta da Obama prima della partenza, che lo ha
ripreso per l'eccessivo negativismo mostrato in patria. Il capo de Tesoro si
dice soddisfatto sul consenso «senza precedenti» raggiunto dai G-20 per
un'azione comune contro la crisi e ribadisce «la necessità di una rapida azione
aggressiva e coordinata, oltre a una cornice comune per cambiare le regole».
Plaude alla convergenza sul rafforzamento delle istituzioni internazionali, Fmi
e Banca Mondiale, e all'ampliamento del Financial Stability Forum, «perché
elevarne il ruolo significa dotare l'economia globale, assieme alle istituzioni
di Bretton Woods, di organismi capaci di regolare i mercati finanziari».
Annuncia infine «l'arrivo di una nuova cornice di regole da parte del governo
americano con l'obiettivo di promuovere il cambiamento globale verso standard
più elevati». «Come ha già spiegato il presidente Obama - dice - il governo
federale userà tutti i poteri a sua disposizione per fare in modo che le
principali banche americane tornino a funzionare a pieni regimi erogando
prestiti a famiglie e imprese». Il raddoppio arriva da Washington dove Obama,
smentendo le voci di una spaccatura del G-20 tra Paesi sviluppati e in via di
sviluppo sulle strategie anti-crisi, sottolinea che «il primo e centrale» nodo
del summit dei capi di stato e di governo ad aprile sarà la stesura di «regole
finanziarie comuni». E di questo ha discusso con Lula, primo leader
latino-americano incontrato dall'inizio del mandato, affrontando anche la
questione dei biocombustibili, il nodo del commercio nell'ambito del Wto, e la
cooperazione regionale in vista del vertice panamericano di Trinidad.
( da "Gazzetta di Modena,La" del 15-03-2009)
Argomenti: Cina Usa
Bellei e Unicredit
«Accorpiamo le aziende in 50 gruppi» «Perché non trasformare in 50 gruppi le
170 imprese individuali entro dicembre?» è questa la proposta lanciata dal
vicepresidente di Unicredit Group durante il convegno di ieri mattina a
Confindustria Ceramica. Nel suo intervento, Franco Bellei, modenese, ha
ripercorso la situazione economica dal punto di vista bancario. «Abbiamo
iniziato a pagare i primi effetti negativi della globalizzazione
- ha spiegato - Le banche in questo processo devono saper interagire con il
mondo ed essere presenti fuori dai confini nazionali per poter accompagnare gli
imprenditori. Nel nostro Paese è più importante il ritardo competitivo che la
crisi, se non ci mettiamo in pari, ci resteremo in mezzo più a lungo anche
quando questa finirà». Secondo Bellei sono state le fusioni carta su
carta che hanno permesso al suo gruppo di crescere e fare sinergie. «Sarebbe un
modo, anche per il settore ceramico, per crescere senza buttare fuori denaro
dal sistema - ha rilanciato - bisognerebbe iniziare a ragionare con quali
partner si potrebbero creare sinergie. Chi è che fa resistenza? Noi le fusioni
le abbiamo fatte nonostante i dirigenti». (chiara dini)
( da "Gazzetta di Mantova, La" del 15-03-2009)
Argomenti: Cina Usa
Suzzara: incontro
sui saperi SUZZARA. Prosegue il ciclo di conferenze sui saperi necessari all'educazione del futuro «7 incontri per 7 saperi» organizzati
dall'Istituto «Manzoni» di Suzzara in collaborazione l'Istituzione «Città di
Suzzara» e la Coop consumatori nordest. Sabato 28 marzo alle ore 10.40,
nell'aula magna si parlerà di «Effetti della Globalizzazione» con il prof. Massimo Soliani, docente del «Manzoni».
( da "Stampa, La" del 15-03-2009)
Argomenti: Cina Usa
domande a Sergio
Marini 3Presidente Marini perché un G8 degli agricoltori? «Perché si avverte
forte l'esigenza di ripartire dall'economia reale dopo i danni provocati
dall'ubriacatura finanziaria degli ultimi anni. Il G8 agricolo è un
riconoscimento del ruolo strategico del settore che deve tradursi in regole
nuove che ne riconoscano la specificità anche nel commercio perché il cibo non
è una commodity». Che ruolo può giocare l'Italia? «Siamo il Paese che ha scelto
un modello di sviluppo agricolo fondato sul legame con il territorio e con la
tipicità che ha permesso di conquistare la leadership mondiale nella qualità
alimentare. Questa è la strada da seguire». Come uscirà l'agricoltura da questa
crisi economica mondiale? «Penso che questa crisi, dai connotati inediti,
potrebbe avere per le nostre imprese anche un carattere salutare. Crollano uno alla volta i miti della prima globalizzazione e
riassumono centralità i valori veri dell'agire di ciascuno di noi: la
responsabilità, l'affidabilità, l'etica dei comportamenti. E poi si recupera
pienamente la dimensione dell'identità dei territori». \
( da "Stampa, La" del 15-03-2009)
Argomenti: Cina Usa
Nuove misure contro
la crisi non ce ne sono, ma almeno sappiamo che l'epoca della finanza sregolata
è finita. «C'è un forte consenso sul bisogno di riforme
perché una crisi come questa non accada mai più» riassume al termine del G-20
il ministro del Tesoro Usa
Tim Geithner, e quello che si farà comporta un'ampia autocritica da parte del
suo paese. A Giulio Tremonti pare emblematica la frase che ha trovato in un
documento portato dalla Cina: «Finora si pensava che il miglior modo di fare regole fosse di
farne poche; adesso è l'opposto». I propositi concordati ieri sono
ambiziosi. Saranno sottoposte a vigilanza le agenzie di rating, che
certificavano per ottimi i titoli «tossici»; le banche globalizzate saranno
sottposte a collegi di vigilanza multinazionali, e non potranno più assumere
rischi fuori bilancio; gli hedge funds dovranno registrarsi e fornire
informazioni sui loro investimenti; si metterà un freno agli eccessivi compensi
dei manager della finanza; si prenderanno contromisure a carico dei paesi che
funzionano come «paradisi fiscali» o legali. Con la riunione di ieri di
ministri dell'Economia e banchieri centrali, in un albergo della campagna
inglese, il G-20 si afferma definitivamente come il principale organo di
governo del pianeta. Spiacerà all'Italia, che del G-7/G-8 quest'anno è presidente
di turno, ma è la nuova realtà del mondo. Nel G-20 ci sono Cina,
India, Brasile, Sudafrica, Arabia Saudita, Messico, Turchia; in realtà i
governi rappresentati ieri a contar bene erano 21, più la Commissione europea;
insieme assommano circa l'80% dell'economia mondiale. Lo scopo era di preparare
il vertice dei capi di Stato e di governo, il 2 aprile a Londra. A quella data
si rinvia una decisione urgente, stabilire i nuovi soccorsi ai paesi in
difficoltà, sotto forma di rifinanziamento del Fondo monetario internazionale.
Si parla di andare oltre un raddoppio dei fondi. Ma chi ha più capitali in
cassaforte, la Cina, rifiuta un contributo
straordinario. Frattanto si è concordato di riformare il Fmi, dando più potere
ai paesi emergenti. Finisce la prassi per cui a dirigerlo era sempre un
europeo, e a presiedere la Banca mondiale un americano: ora «selezione aperta
basata sul merito». E dai guai in cui siamo, come usciremo fuori? «Sarà un
processo lungo» ammette il governatore della Banca d'Italia Mario Draghi:
nemmeno per il 2 aprile occorre attendersi «decisioni risolutive». Nella
riunione di ieri, Geithner ha percepito «l'impressione che la velocità di
caduta dell'economa stia rallentando». Lo scenario peggiore, quello della
deflazione (prolungata caduta dei prezzi) «non è l'ipotesi principale che ci ha
fatto il Fondo monetario nel suo rapporto» precisa a sua volta Draghi. La
formula retorica del G-20 è «Siamo pronti a tutte le misure necessarie per
ritornare alla crescita». Senza rimettere in piedi le banche, specie
statunitensi e britanniche, non si andrà da nessuna parte. Parlando in qualità
di presidente del Forum per la stabilità finanziaria (Fsf, nelle parole di
Geithner ora una istituzione chiave, accanto a Fmi, Banca mondiale e Wto)
Draghi ha ipotizzato che la direzione in cui muoversi sia un quadro di garanzie
complessive ai crediti; garanzie pubbliche, a somiglianza del reddito che si
assicura a chi resta disoccupato. Nelle linee guida per risanare la finanza, un
documento di tre pagine pure approvato dal G-20, si concorda tra l'altro che la
ripulitura dai titoli tossici sarà condotta con criteri omogenei fra i vari
paesi, e trasparenti. Ma qui il tassello principale è che cosa decideranno gli Usa. Forse si saprà qualcosa di più in settimana.
( da "Arena, L'" del 15-03-2009)
Argomenti: Cina Usa
Domenica 15 Marzo
2009 NAZIONALE Pagina 2 VERSO IL G20. Clima disteso fra il responsabile di via
XX Settembre e il governatore Draghi: «È partito il cammino che porterà alle
nuove regole mondiali» Tremonti: «Sulla crisi musica comune Ue-Usa» Il ministro dell'Economia: «Necessari gli stimoli, ma
senza dimenticare la sostenibilità dei conti» BARACK OBAMA HORSHAM Alla
riunione del G20 le tensioni sembrano ricomporsi, sia quelle all'estero che
quelle di matrice tutta italiana: tra Europa e Usa c'è
una musica comune anche se il cammino per arrivare a un accordo su nuove misure
e regole è lungo. Sono queste le impressioni sull'incontro preparatorio del
vertice di Londra del 2 aprile che hanno trovato concordi il ministro
dell'Economia Giulio Tremonti e il governatore della Banca d'Italia Mario
Draghi. A Horsham, nel West Sussex, Tremonti e Draghi hanno superato ieri le
tensioni sorte dopo i botta e risposta dei giorni scorsi sulla funzione dei
prefetti nel monitoraggio del credito locale; e non hanno concesso spazio ai
temi nazionali. E nonostante le premesse di tensioni tra Europa e Usa, «la grande armonia» è un tratto che ha caratterizzato
anche le discussione dei 20 Grandi del mondo, ha detto Tremonti: «Con note
diverse, ma c'è una musica comune» tra europei e americani. La posizione
europea è uniforme: «certo sono necessari gli stimoli», ha detto il ministro,
«ma senza perdere come riferimento la sostenibilità di lungo termine».
Importante, secondo Tremonti, anche il fatto che sia «partito il motore di
ricerca verso degli standard di regole e di principi, anche se non si sa quando
questo finirà». «Il lavoro è lungo», gli ha fatto eco Draghi, secondo il quale
tuttavia il prossimo vertice dei capi di Stato e di governo del G20 «non sarà
la fine del percorso». Perchè, a suo parere, i processi internazionali «sono
cose che richiedono tempo, si tratta di cambiare ordinamenti con cui conviviamo
da molto tempo». Il vero problema della congiuntura mondiale, a questo punto,
secondo Tremonti «si chiama export, che in tutto il mondo si è piantato», ha
aggiunto. «E senza export non c'è stimolo che tenga». Draghi ha quindi spiegato
che gran parte delle discussioni si sono incentrate sul problema della fiducia
e sui passi necessari per ripristinarla. Tre le tappe fondamentali indicate dal
governatore: la ricostruzione del sistema bancario, l'adozione di valori certi,
uniformi e coerenti con regole comuni sugli asset tossici e poi l'adozione di
politiche di bilancio per evitare la crescita della disoccupazione, affinchè
questa non si traduca in un calo ulteriore della domanda. Dall'altra parte del
mondo, a Washington, ricevendo il presidente brasiliano Lula da Silvia, il presidente Usa, Barack Obama, ha tranquillizzato sia la Cina che il mondo intero sul fatto che
gli investimenti finanziari in America sono sicuri: tutti possono avere
«assoluta fiducia» nella solidità dell'economia Usa. Il problema, ha detto Obama, è semmai arrivare al più presto a
una stabilizzazione dei mercati e in punto di vista il prossimo G20 una responsabilità
oggettiva: mettere a punto regole comuni per ripristinare la fiducia del
mercati ed evitare che «quanto successo oggi possa ripetersi in futuro». La
crisi economica è di proporzioni tali che il prossimo G20 di aprile sarà il più
importante vertice che il mondo abbia avuto negli ultimi anni. Stati Uniti e
Brasile - hanno precisato i due leader -vogliono convincere i leader mondiali a
convenire su alcune regole finanziarie comuni, affinchè «quanto successo in
questi mesi non si ripeta più in futuro». Lula ha insistito sul fatto che il
Brasile al G20 chiederà una ripresa dei negoziati sulle regole che governano i
commerci del mondo. Obama ha invece insistito sul fatto che «anche gli europei
devono prendere misure per stimolare l'economia».
( da "Secolo XIX, Il" del 15-03-2009)
Argomenti: Cina Usa
Unità sul piano
Obamala vera sfida degli Usa Alessandro Leto È costume
cominciare a chiedere conto del suo operato a un presidente neo eletto dopo i
primi cento giorni, soprattutto negli Usa dove questa
consuetudine è cominciata. Ma approfittando della mia presenza laggiù ho avuto
modo di percepire le passioni che animano certi ambienti, autenticamente
popolari alcuni e legati a una rarefatta e sofisticata enclave istituzionale e
finanziaria gli altri, dopo appena cinquanta giorni. Considerando l'unicità del
momento, mi è sembrato interessante ragionare sulle sensazioni espresse in
àmbiti così diversi sul gradimento di Barack Obama e della sua politica. Il
momento è senza precedenti negli ultimi decenni per difficoltà economiche e
pericoli conseguenti, e senza precedenti è anche la presenza del primo presidente
afroamericano, giunto alla Casa Bianca sull'onda di un sostegno diffuso e
trasversale, costruito proprio sulla promessa di realizzare cambiamenti
radicali nella vita media degli americani. Il loro tipico pragmatismo si
esprime in questa fase iniziale del suo mandato, alimentando due attese
distinte e chiaramente inconciliabili fra loro. Una parte della popolazione,
spaventata e colpita nella propria quotidianità dagli effetti di una crisi da
lungo tempo annunciata, attende con ansia che gli effetti delle politiche di
rilancio varate a sostegno dell'economia, facciano effetto. Mentre un'altra
parte attende con la stessa ansia messianica, ma in senso opposto, che tale
politica fallisca, dimostrando i limiti di un'impostazione che considerano
troppo statalista e pericolosamente sbilanciata sul fronte della spesa
pubblica. Si tratta di una linea di confine netta che appare ancora più marcata
a seconda degli ambienti e delle culture che animano un Paese immenso, culla di
una stratificazione culturale che trova ancora oggi pochi punti in comune e
autenticamente condivisi, e riflette due modi di intendere il futuro degli Usa e quindi, ecco un punto in comune a tutti gli americani
che comunque si considerano leader globali, anche del resto del mondo. Si tratta
di una divisione profonda, di antica data, fra coloro che si ispirano ancora a
un certo darwinismo sociale dando per scontato che nella società ci debba
essere sempre qualcuno che resta indietro destinato a soffrire, e quanti invece
pensano che sia giunto il momento di dar corpo alle utopie che vorrebbero
trasformare la società americana, dotandola di quegli strumenti di sostegno
sociale universali che noi europei per brevità definiamo welfare state,
dall'assistenza sanitaria per tutti, fino a un incremento sostanziale dei
sussidi di disoccupazione. Il confronto è quindi su temi pratici e non c'è
spazio, se non residuo, per altre divergenze magari di natura ideologica, o per
recriminazioni retrò. In tutti però vi è la consapevolezza che il piano Obama, come
lo chiamiamo da noi in Europa, disegni uno scenario inedito per gli Usa, per coloro che lo sostengono assecondando anche eccessi
che trasformano il presidente in un oracolo semi divino, come per coloro che lo
avversano e che, al riparo da orecchie indiscrete, si rifiutano di chiamare per
nome il presidente, riferendosi a lui come «quello là», mascherando un certo
malcelato fastidio per le sue origini. Questa frattura che attraversa il Paese
è davvero acuta perché propone una immediata discontinuità, inedita rispetto
alle politiche poste in essere dagli inquilini della Casa Bianca che vi
risiedevano prima, e perché avviene proprio nel momento in cui si capisce che
il momento di fare i conti, non è procrastinabile e quindi ognuna delle parti
trova conforto rifugiandosi nelle proprie posizioni tradizionali, per altro
amplificate dai network mediatici di supporto. Obama ha promesso che gran parte
dell'enorme iniezione di liquidità verrà destinata all'adozione di nuove
politiche sanitarie per i cittadini e al finanziamento di una conversione
industriale senza precedenti, orientata all'adozione di una green vision,
capace di rendere eco compatibili prodotti e sistemi di produzione made in Usa. Traslando così l'intero impianto concettuale produttivo
del Paese dall'asse portante del taylorismo, applicato ahimè anche nel settore
della finanza, a quello ancora inesplorato della suggestiva visione fornita da
Al Gore e dalla "nuova via" americana allo sviluppo che trova
crescente consenso in molti stati dell'Unione. Ma resta aperta la questione su
chi pagherà l'enorme debito pubblico contratto per sostenere questa politica,
che va ad aggiungersi a quello già altissimo ereditato dalla gestione Bush. Nei
club esclusivi e nei circoli rarefatti dei banchieri è questa la domanda di
fondo, stimando che il nuovo corso indebolirà il sistema economico, perché i
suoi tempi di realizzazione sono troppo lunghi e, ammesso che funzioni,
l'economia rallenterà troppo e troppo a lungo, mettendo il
governo in posizione subordinata in politica estera verso quei Paesi (vedi la Cina) che detengono rilevanti quote del
debito pubblico contratto da Washington. Il rischio esiste. Ma questa posizione
sconta un approccio conservatore, proprio nel Paese che ha fatto della libertà
e della possibilità di accesso a un futuro migliore la propria bandiera.
Per contro, del tutto differente è l'aria di fiducia totale che si respira
negli ambienti più popolari e in quella che un tempo è stata la middle class,
oggi a forte rischio di ridimensionamento. Vi si percepisce la convinzione
ferma che Obama abbia preso la direzione giusta e che per questo debba essere
supportato. Questo atteggiamento è frutto della capacità comunicativa del
presidente, che non affida a terzi il suo rapporto con gli elettori nel timore di
venire isolato dal "sistema". Ha già sperimentato la ben nota
ritrosia che molti influenti ambienti hanno riservato alla sua politica
rivoluzionaria e che si è manifestata platealmente nelle difficoltà incontrate
al Congresso e al Senato quando si è trattato di votare i provvedimenti
legislativi di questo nuovo corso e in molti settori economici. Entrambe queste
forme di contrasto sono state apertamente denunciate dalla Casa Bianca. Quasi
come se lo stesso Obama avesse capito che ha bisogno di informare autonomamente
i cittadini sulle difficoltà che incontra la sua azione riformatrice, per
giustificare eventuali ritardi futuri nella produzione di risultati concreti.
In questo dimostra di conoscere bene i tempi della politica e di essere più
scaltro di quanto molti pensassero. Ma la sfida vera del Paese si gioca sulla
capacità di adottare un nuovo modello di sviluppo e sulla sua accettazione in
tutti i suoi ambienti. L'attuale presidente può piacere o meno, ma è tempo che
gli americani sappiano ritrovare quella proverbiale unità che emerge nei tempi
di crisi, quel coraggio spavaldo che li rende straordinariamente reattivi nei
momenti di difficoltà, perché se lui fallisce in questo tentativo, l'intero
Paese conoscerà una stagione di disordini sociali e di squilibrio economico
senza precedenti negli ultimi cinquant'anni. E questo è chiaro anche solo dopo
i primi cinquanta giorni di governo. 15/03/2009 dalla prima pagina Io da un po'
di tempo mi scopro allegro e fiducioso perché - sarò pazzo - sono invece addivenuto
alla certezza che quello che sembrava essere per il mio Paese un periodo di
transizione si è disvelato come fase ultima degenerativa. Niente si regge più -
così io penso - nulla può più essere sostenuto così com'è, e ogni cosa si sta
disfacendo perché ciò che teneva insieme ogni cosa si è consumato, esaurito.
Per questo non c'è più nulla che mi possa scandalizzare, neppure la più
originale bassezza, perché lì, nella bassezza, e solo lì, tutto si tiene, tutto
trova logica e ragione. Come stupirsi se il basso impero vive nella bassezza?
Ci vive mentre ne sta morendo. Immaginatevi dunque se non ho trovato del tutto
consonante e ovvio, fior di fiore delle quotidiane lordure dell'ultimo impero,
il disfacimento del premio Grinzane Cavour a seguito di procedimento
giudiziario multiplo a carico del suo presidente, signor Giuliano Soria, come
da ampie cronache. Il culturame, per così dire, si disfa e si corrompe come
tutto il resto, e nella decadenza ultima il sistema culturale sopravvive nelle
bassezze allo stesso modo di quello politico ed economico. Perdipiù, a una
considerazione di carattere generale, ho da aggiungerne una particolare e
personale. Ho conosciuto il sistema Grinzane Cavour e il suo profeta e padrone;
ne sono stato toccato nei tempi passati a un pelo dall'infettarmene. È un
sistema che nel suo piccolo - e nella miserabilità che è conforme alla cultura
del Paese - riassume in sé alla perfezione la filosofia dei più grandi e
potenti sistemi. Si regge su tre pilastri: la vanità, la vacuità e lo scrocco.
Niente di originale. Molti i premi a marchio Grinzane spersi in ogni dove si
affaccino amministratori e politici desiderosi di premiare qualcuno e ricevere
in cambio un volume abbastanza spesso di rassegna stampa in cui appaiano nel
loro splendore. La bontà culturale dell'evento è stabilita dalla quantità dei
trafiletti e degli articoli e dal prestigio degli scrittori che si prestano a
una comparsata. Per ottenerli basta farsi amici i redattori letterari che
ricambieranno con generosità di penna. Allora il sistema organizza le gite.
Molte gite culturali in capitali prestigiose e esotiche; gite sontuose, dove
scrittori, giornalisti e amministratori fanno amicizia tra loro e con il
sistema. Che li tratta da principi, a spese dei contribuenti. In cambio di una
vacanza di una settimana basta compensare il sistema con una
"marchettina", sotto forma di una conferenzina, a cui ci siano ad
ascoltare un minimo di tre spettatori. Ne bastano dodici perché si decreti il
successo internazionale e nasca un nuovo astro della cultura italiana
all'estero. Se poi le locali associazioni e istituzioni di rappresentanza
italiana riescono a coartare iscritti e addetti, facendo lavorare a pieno ritmo
il loro indirizzario, e, soprattutto, sanno predisporre un buffet abbastanza avvincente,
allora è il trionfo. Gli scrittori ci vanno perché sono vanitosi e molti di
loro, dico sul serio, non avrebbero i mezzi per andarsene in gita per conto
proprio; i redattori letterari perché adorano fare "marchette" e
adorano soprattutto farsi adulare dagli scrittori che abbisognano delle loro
recensioni come del pane; gli amministratori perché potranno poi dire alle loro
mogli, alle loro segretarie particolari e ai loro colleghi che si sono immersi
nella cultura. So questo perché l'ho visto: ho partecipato a due o tre di
quelle gite parecchi anni fa. Poi ho declinato gli inviti: anche per i miei
gusti tipicamente popolari la cosa mi sembrava un po' troppo sboccata. E poi
perché il presidente mi stava antipatico da morire, antipatia manifestata e generosamente
ricambiata. Il presidente che invece, a quel che si palesava, stava simpatico a
tutti: redattori, scrittori, amministratori e politici di destra, di centro e
di sinistra. Mi chiedo perché stesse antipatico solo a me: non era mica diverso
da quello che oggi schifa a tutti. Ma era organico al sistema generale, andava
bene così com'era. Rendeva la cultura facile facile e assai utile: allo spasso,
alla politica, alla vanità. Sarebbe organico e simpatico anche oggi, se non ci
si fosse messo di mezzo un poveraccio che lo ha denunciato dopo averne subite
di ogni colore. In quelle gite al suo servizio ho conosciuto diverse brave
persone, efficienti, competenti: quelle che per due lire facevano il lavoro di
organizzazione. Non mi sono mai sembrate trattate con civiltà, ma solo un
livello più su di quel poveraccio. Immagino che ora abbiano perso il lavoro, e
questa è l'unica brutta notizia al riguardo del Premio Grinzane Cavour.
maurizio maggiani (per commentare: Spazio Maggiani nel sito www.ilsecoloxix.it)
15/03/2009
( da "Repubblica, La" del 15-03-2009)
Argomenti: Cina Usa
Pagina 4 - Economia
"Pronti a tutto per rilanciare la crescita" Il G20 prepara le nuove
regole: più liquidità e trasparenza, così tornerà la fiducia Il vertice
Tremonti: il nodo è l´export. Più fondi all´Fmi. Nessun testo condiviso sui
Paradisi fiscali ELENA POLIDORI DAL NOSTRO INVIATO HORSHAM - Pronti a tutto per
la crescita. «Mai prima d´ora il mondo s´era mosso così rapidamente per
affrontare una crisi economica», assicura dai microfoni del G20 il ministro Usa, Tim Geithner. E lo stesso concetto risuona nel
comunicato finale del vertice: «Siamo decisi a fare tutto ciò che sarà
necessario» perché l´economia torni a svilupparsi. Ma occorre in primo luogo
restaurare il bene prezioso della fiducia, distrutto dal ciclone dei subprime,
dal collasso delle Borse, dal contagio della crisi sull´economia reale, dalla
paura per il lavoro che sfugge. Per questo, è «necessaria ma non sufficiente»
un´azione in tre mosse. «Tre passi da fare comunque», come spiega Mario Draghi,
presidente del Financial Stability Forum, cui tocca materialmente questo
compito. E dunque, nell´ordine: bisogna ricostruire il sistema bancario, reso
traballante dalla crisi, proteggendo i depositanti e ricapitalizzandolo se
necessario. Occorre dare valori certi, uniformi e coerenti con regole comuni ai
cosiddetti titoli tossici. Bisogna adottare politiche di bilancio capaci di
bloccare la crescita della disoccupazione e quindi un ulteriore calo della
domanda. «Non c´è garanzia di successo», avverte il governatore italiano,
convinto che il prossimo vertice a 20, già convocato a Londra per il 2 aprile,
«non chiude il percorso». «Ma è partito il motore di ricerca per trovare
standard e regole comuni», aggiunge il ministro dell´economia, Giulio Tremonti.
Nella sua analisi «il problema dei problemi è l´export che si è piantato
ovunque». E in tema di crescita, Tremonti pensa che il piano edilizio del
governo «darà un contributo». Superate le divergenze della vigilia, specie
quelle tra Europa e Usa, i 20 paesi più importanti del
mondo, si impegnano ora anche a combattere «ogni forma di protezionismo», ad
aiutare i paesi emergenti e in via di sviluppo, pure coinvolti dalla crisi;
vogliono che il Fondo monetario valuti «le misure adottate finora e quelle
ancora necessarie». Brasile, Russia, India e Cina, i cosiddetti paesi Bric, in una
loro nota, chiedono di rifinanziare le risorse del Fmi. L´accordo alla fine si
trova: l´aumento dei fondi potrebbe avvenire con supporti bilaterali e con la
revisione delle quote. Il quantum verrà deciso dai capi di Stato e di governo,
il 2 aprile, precisa Alistair Darling, Cancelliere dello Scacchiere e
padrone di casa. Sulla questione specifica dei titoli tossici, c´è un allegato
al comunicato. Serve «una piena e trasparente» comunicazione su quanti ce ne
sono nascosti nei bilanci delle banche, si legge. Regole anche per agenzie di
rating e hedge funds, ma nessun testo condiviso sui paradisi fiscali: «Non c´è
posto per loro nel mondo», ha detto il premier Gordon Brown, dopo un incontro
bilaterale con la tedesca Merkel.
( da "Repubblica, La" del 15-03-2009)
Argomenti: Cina Usa
Pagina 30 - Esteri
America e Cina il mondo deve
ripartire da due G2 la copertina Il capo e il vicecapo della Banca mondiale lo
hanno affermato nero su bianco: "Solo Washington e Pechino possono
indicare la via d´uscita da questa crisi" Giornali finanziari, autorevoli
riviste, prestigiosi intellettuali concordano E mentre gli esperti di economia
e di finanza dei due Paesi cercano di imparare gli uni dagli altri, uno
studioso cinese ammonisce: "Dobbiamo impedire che il declino degli Usa avvenga troppo presto" FEDERICO RAMPINI (segue
dalla copertina) Arcaico e inadeguato il G8: non rappresenta le potenze
emergenti. Pletorico e inconcludente il G20: lo si vede dai litigiosi
preparativi del prossimo summit di Londra. I vertici dell´Unione europea?
Inflazionati e impotenti. Mentre urge una risposta globale alla recessione,
spunta l´idea di una semplificazione radicale, un direttorio che esprima i veri
rapporti di forze del Ventunesimo secolo. «La ripresa dipende dal G2: America e
Cina». è la proposta lanciata in un editoriale del
Washington Post. Lo firmano l´americano Robert Zoellick e il cinese Yifu Lin,
numero uno e numero due della Banca mondiale. Cioè i massimi dirigenti
dell´istituzione che fu creata a Bretton Woods nel 1944 da Franklin Roosevelt,
sulle macerie della Grande Depressione e della Seconda guerra mondiale, per
costruire con gli alleati europei il nuovo ordine mondiale. Oggi si riparte da
due, Zoellick e Yifu Lin non hanno dubbi: «Sono stati i due Paesi all´origine
dei maggiori squilibri mondiali: troppi consumi e importazioni in America,
troppo risparmio e troppo export in Cina. Sono le due
nazioni che hanno varato le più grosse manovre antirecessione. Loro possono
indicare la via d´uscita da questa crisi. A loro tocca il compito di disegnare
l´economia globale del futuro». I dirigenti della Banca mondiale rendono
esplicito l´umore dei governi che li hanno nominati. Barack Obama trasuda
irritazione verso i governi europei che lesinano mezzi per combattere la
depressione. Questa settimana parlando alla Business Roundtable il presidente
americano ha citato un solo governo, oltre al suo, che investe per rilanciare
la crescita: la Cina. Solo Pechino ha varato una
manovra di spesa pubblica di dimensioni paragonabili a quella americana: quasi
500 miliardi di euro. In quanto ai cinesi, loro all´Unione europea non hanno
mai veramente creduto. James Cox e FranÇois Godement dello European Council of
Foreign Affairs paragonano i rapporti sino-europei a una strana partita a
scacchi. Da una parte c´è un giocatore solo, Pechino. Dall´altro lato della
scacchiera c´è una squadra caotica che litiga prima di decidere una mossa. Fin
dai tempi di Deng Xiaoping i leader comunisti della Repubblica popolare hanno
in mente una sola superpotenza con cui misurarsi. Ai loro occhi il G2 è già una
realtà. Hillary Clinton al suo viaggio inaugurale da segretario di Stato a
Pechino è stata molto discreta sui diritti umani e il Tibet; al presidente Hu
Jintao ha portato un solo invito pressante: «Continuate a comprare i nostri
buoni del Tesoro». L´allarme di Wen sul debito americano è un modo per far
pesare questo aiuto finanziario chiedendo in cambio una rinuncia al protezionismo. Il G2 traspare nel rapporto del Financial
Times sui «50 leader decisivi per uscire dalla crisi». Elencati in ordine
gerarchico d´importanza, il numero uno è Obama, subito dopo viene il premier
cinese Wen Jiabao. In quell´elenco compaiono altri cinesi sconosciuti in Europa
ma ben noti a Washington: il vicepremier Wang Qishan, plenipotenziario sulla
finanza internazionale, il governatore della banca centrale Zhou Xiaochuan, il
presidente del fondo sovrano di Pechino Lou Jiwe. Cruciale è il dibattito che
si svolge sulle colonne di Foreign Affairs. L´autorevole rivista americana di
politica estera da oltre mezzo secolo ospita le riflessioni strategiche dei
think tank consultati dalla Casa Bianca e dal Dipartimento di Stato. Spesso i
saggi di Foreign Affairs hanno preannunciato le svolte strategiche di
Washington. Nel numero monografico The Great Crash, 2008 il verdetto è affidato
a Roger Altman, che fu sottosegretario al Tesoro di Bill Clinton. L´effetto
della crisi secondo Altman è di «accelerare lo spostamento del centro di
gravità mondiale»; la Cina si troverà «in una
posizione di maggiore forza relativa a livello globale, perché è la nazione più
dotata di risorse finanziarie». Con un tasso di risparmio cinese che sfiora il
40 per cento del Prodotto interno lordo, 2.000 miliardi di dollari di riserve
valutarie, un colossale attivo commerciale col resto del mondo, conti pubblici
ancora in equilibrio, per il tecnocrate vicino a Obama non ci sono dubbi:
«Pechino sarà in grado di assistere altri Paesi in difficoltà finanziarie
mentre noi non possiamo farlo». Altman immagina che scoppi una terza ondata
della crisi: la bancarotta sovrana di nazioni che l´America considera
importanti per ragioni geopolitiche, come accadde con il collasso del Messico
nel 1994. Oggi Washington non avrebbe più i mezzi per salvare nessuno,
l´America dovrà chiedere aiuto ai cinesi, gli unici che hanno risorse per
rifinanziare il Fondo monetario internazionale. Pechino può diventare l´unico
pompiere se c´è bisogno di spegnere nuovi incendi sui mercati globali. La sua
conclusione: «Il rapporto America-Cina diventa la
nostra più importante relazione bilaterale». è d´accordo lo storico Harold
James, studioso della Grande Depressione: «L´azione concertata a livello
internazionale è necessaria, ma chi deve prenderne la guida? Come la Gran
Bretagna negli anni Trenta, oggi gli Stati Uniti non hanno né la volontà né la
forza di agire da stabilizzatore. La Cina, in quanto
tesoriera di gran parte del risparmio mondiale, è in una posizione economica
più simile all´America degli anni di Roosevelt». Non sfugge all´establishment
americano che il G2 è un direttorio rischioso. Rispetto all´asse euroatlantico
che guidò la strategia americana per mezzo secolo, con Pechino non c´è sintonia
di sistema politico e di valori. All´opzione G2 gli Stati Uniti arrivano in
stato di necessità. «Il nostro indebitamento», osserva Paul Kennedy, «rende
l´impero americano simile a quello di Filippo II di Spagna o Luigi XIV, sovrani
che furono fortemente dipendenti dai finanziatori stranieri». Nelle braccia
della Cina gli americani finiscono per trovare un
punto d´appoggio, dopo che il crollo delle Borse e del mercato immobiliare ha
distrutto oltre 15.000 miliardi di dollari della ricchezza delle famiglie. C´è
anche un´attrazione più sottile che la Repubblica popolare comincia a
esercitare. è quella espressa in una copertina di Newsweek col titolo Why China
Works, «Perché la Cina funziona». Mentre la fiducia
nel mercato è ai minimi storici, e Obama riscopre ogni sorta d´intervento
pubblico - dalle grandi opere alle nazionalizzazioni bancarie - gli americani
provano una curiosità nuova verso il più grosso modello di capitalismo di
Stato. «La Cina», è la risposta di Newsweek, «sembra
attrezzata per navigare attraverso la più grave recessione degli ultimi
settant´anni». L´ironia della sorte non sfugge ai cinesi, che dal 1979
inseguono il modello americano. «I nostri maestri sembrano avere qualche
problema», dice il vicepremier Wang Qishan, che coltiva l´understatement
confuciano. Gli eredi di Mao Zedong evitano le recriminazioni o i toni di
rivincita. è significativo: negli ultimi dieci giorni a Pechino si è riunito il
Congresso nazionale del popolo in sessione legislativa; in quel profluvio di
discorsi ufficiali non è mai affiorato l´antiamericanismo né l´accusa a
Washington di aver precipitato l´economia globale in un baratro. I dirigenti
della Repubblica popolare sanno che la prospettiva di un superdirettorio a due
per governare la prossima fase della globalizzazione ha un prezzo. La Cina dovrà assumersi responsabilità maggiori, e oneri
finanziari proporzionali. Wang Yiwei, esperto di relazioni internazionali
all´università Fudan, riassume l´ambivalenza con cui i suoi leader si preparano
all´era del G2: «Il nostro problema, nell´immediato, è come impedire che il
declino dell´America avvenga troppo presto».
( da "Repubblica, La" del 15-03-2009)
Argomenti: Cina Usa
Pagina 29 -
Copertina Un supervertice per salvare il mondo Il G8? Inadeguato, non
rappresenta le potenze emergenti Il G20? Pletorico e inconcludente. La crisi globale impone il condominio di Usa e Cina, le due maggiori potenze finanziarie VITTORIO ZUCCONI
SWASHINGTONintomo infallibile dei momenti di paura e di confusione, l´epidemia
di "verticite" che sta colpendo la diplomazia internazionale e
invadendo giornali e teleschermi è la prova dell´impotenza dei governi
nazionali di fronte a problemi ormai troppo più grandi di loro.
Equivalente multinazionale del proverbiale "tavolo" che si invoca
come panacea ai problemi di politica interna, il palcoscenico dei summit,
vertici o sommet come vorrebbero definirli i francesi che ne inventarono
l´edizione moderna nel
( da "Eco di Bergamo, L'" del 15-03-2009)
Argomenti: Cina Usa
Il Papa da martedì
in Africa «Stop a guerre e ingiustizie» --> Dal Camerun all'Angola per sette
giorni, nel pieno della crisi economica Corruzione, ricchezza per pochi, ruolo
della donna, colonizzazione cinese Domenica 15 Marzo 2009 GENERALI, pagina 9
e-mail print Benedetto XVI da martedì in Africa nostro servizio Alberto Bobbio
Città del VaticanoLo aveva annunciato all'inizio di gennaio al Corpo
Diplomatico, accreditato presso la Santa Sede, il viaggio in Africa che
comincia martedì. Benedetto XVI auspicava che i cattolici del continente
vivessero in Vangelo «costruendo la pace e lottando contro la povertà
spirituale e materiale». E poi aveva aggiunto: «Chiedo a coloro che hanno
responsabilità politiche, a livello nazionale e internazionale, di prendere
tutte le misure necessarie per risolvere i conflitti in corso e porre fine alle
ingiustizie che li hanno provocati». Joseph Ratzinger, dunque, arriva nel
continente più povero del mondo nel pieno della crisi economica mondiale. E per
sette giorni si avrà l'impressione che almeno c'è un uomo al mondo disposto a
diventare l'avvocato dell'Africa: Benedetto XVI. Arriva a Yaoundé, capitale del
Camerun, cuore dell'Africa, sede di una prestigiosa università cattolica, dove
è stata elaborata buona parte della teologia dell'uomo africano, intrecciata di
riconciliazione, giustizia e pace. E poi vola a Luanda, capitale dell'Angola,
Paese poverissimo che cresce tuttavia a ritmi vertiginosi, con un prodotto
interno lordo che ha cifre positive a due zeri, ma dove la ricchezza finisce
nelle mani di pochi, e dove sta andando in scena la nuova colonizzazione cinese
del continente. Il Pontefice va soprattutto per consegnare ai vescovi africani
il documento che prepara il prossimo Sinodo speciale per l'Africa che si
svolgerà in Vaticano ad ottobre. Il tema è impegnativo, «La Chiesa in Africa a
servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace», cioè un'analisi
sulla missione integrale della Chiesa africana. Parlerà ai vescovi, ai giovani
e a Luanda dedicherà il pomeriggio di domenica prossima ai movimenti cattolici
che si impegnano nella promozione della donna. È la donna in Africa che soffre
di più, ma è sulle donne che punta la Chiesa cattolica africana. La missione di
Benedetto XVI serve per portare speranza e parlare chiaro, perché l'Africa è il
«continente più bisognoso». Lo aveva detto all'Onu l'anno scorso, osservando che rimane perfino «ai margini della globalizzazione».
La scelta di Camerun e Angola diventa in qualche modo simbolica. Il Camerun è
il cuore dell'Africa, dove già Giovanni Paolo II era andato nel
( da "Messaggero Veneto, Il" del 15-03-2009)
Argomenti: Cina Usa
Prata. Lezioni
innovative sotto la guida degli insegnanti-volontari della Protezione civile
Studenti a scuola d'emergenza PRATA. Alle 9 lezione di telonatura sugli argini
del Meduna e alle 22 lezione simulata di cerca persone sotto le macerie del
campo attrezzato di Prata. La ricreazione può attendere, per i 60 studenti
impegnati nella scuola dell'emergenza con la protezione civile. Sono ragazzi
delle superiori di Pordenone (Iti "Kennedy", "Torricelli"
di Maniago, "Pujati" di Sacile, "Le filandiere" e
"Freschi" di San Vito al Tagliamento, Isa "Galvani" di
Codenons), Udine (Iti "Malignani") e Gorizia (liceo
"Slataper"), in allenamento nel Pordenonese con prove tecniche di
catastrofe. «La settima edizione dello stage va a gonfie vele - ha detto il
docente volontario della Protezione civile Enrico Moro, con Augusto Spadotto e
Adriano Bertini -. I ragazzi ci mettono l'anima e si appassionano alla
formazione sull'emergenza». Corpo a corpo con le prove tecniche di soccorso
alpino (a Barcis e Andreis), palestra di roccia (a Budoia). Poi, prove di
soccorso in acqua (in piscina a Lignano), telonatura degli argini (del fiume
Meduna a Prata e Pasiano), ricerca persone con unità cinofile in notturna. Un
programma di sopravvivenza da 10 e lode, con campo base a Lignano. «E'
un'esperienza bellissima - ha commentato Marzia Medves, liceale di Gorizia -.
La cosa più interessante è fare squadra di anti-inquinamento in acqua: un duro
e sano lavoro». Luca Andrei del "Kennedy" ha messo in pratica la sua
idea di volontariato: «Mi piace aiutare gli altri - ha detto lo studente
pordenonese -. Appena compirò 18 anni prenderò la tessera
della Protezione civile». Per Rita De Marchi, dell'Isa "Galvani" di
Cordenons: «Sono al terzo stage con la Protezione e mi piace tantissimo - è la
decana della formazione da Rambo provinciale - e ho la tessera dei volontari.
E' straordinario il clima di collaborazione che si crea, anche con persone mai
conosciute». I "coach" per sapersela cavare sono i volontari
storici Enrico, Rudy, Gianni, affiancati dal nuovo capo campo Flavio Corazza,
Paolo Toneguzzo, Alice Munatel. Con 20 "guru" della Protezione civile
gruppo del Sil (comuni di Chions, Pavisdomini, Azzano Decimo, Pasiano, Fiume
Veneto), Avis, Sogit, Croce rossa e altre associazioni di volontariato. Con
loro ci sono Roberto Angeli e Luciano Olivotto, della direzione provinciale
lavori pubblici della Regione Friuli, e tanti altri tecnici della sicurezza.
Chiara Benotti
( da "Riformista, Il" del 15-03-2009)
Argomenti: Cina Usa
analisi/1 Scontro
tra borghesi ed élite borghesi Chi guida il fronte anti-Giulio Sfida. Passera
dice a Tremonti che l'intervento dei prefetti è demagogia e che deve smettere
di parlar male delle banche italiane. segue dalla prima pagina Quanto allo
scontro tra il ministro dell'Economia e il governatore della Banca d'Italia
Marcegaglia ha detto: «Non vogliamo vedere i conflitti istituzionali che oggi
vediamo, ma una grande collaborazione tra Banca d'Italia e Governo, tra imprese
e banche perché da questo dipende la sopravvivenza delle imprese». Dietro
questo richiamo alla concordia istituzionale, l'idea della presidente degli
industriali è che l'utilizzo dei prefetti con funzioni di sorveglianza sia una
proposta sostanzialmente inutile, una trovata segnaletica, che non modifica la
sostanza del problema. Siamo a un punto di frizione tra Tremonti e la
Confindustria; e alcuni osservatori hanno notato come il saluto di
felicitazioni per aver scelto di restare alla guida del Sole 24 ore rivolto da
Marcegaglia a Ferruccio de Bortoli (ieri anche lui al convegno confindustriale
di Palermo), sia un incoraggiamento al giornale degli industriali, perché
mantenga una linea di vigilanza sulle decisioni di via XX Settembre. Nel
pomeriggio c'è stata una telefonata con Berlusconi, in cui il presidente del
Consiglio ha rassicurato il capo degli industriali, forse a conferma di quanto
scrivono i giornali negli ultimi tempi: il capo del governo non asseconda tutte
le mosse del suo ministro dell'Economia. Un altro segnale forte di
riorganizzazione del sistema economico finanziario arriva dal consigliere
delegato di Intesa Sanpaolo, Corrado Passera, il quale per il secondo giorno consecutivo
è andato all'attacco di Tremonti. Due cose ha detto: ha insistito sui prefetti,
sostenendo che coinvolgerli nel controllo del credito è una mossa demagogica.
Poi ha osservato che i politici (cioè Tremonti) dovrebbero essere soddisfatti e
orgogliosi delle banche italiane che hanno retto la crisi, e non dovrebbero
andare «in giro a dire che noi non abbiamo avuto emergenze solo perché non
parlavamo inglese». Perché la presa di posizione di Passera è significativa?
Perché è il capo esecutivo della prima banca italiana. Ha sostenuto la linea
della banca per il paese. È la persona che ha consentito a Berlusconi - in
sostanziale assenza di entusiasmo da parte di Tremonti - di chiudere la partita
Alitalia su cui il presidente del Consiglio aveva fatto un investimento
politico. È il portatore di una visione proattiva del banchiere nella società.
Recentemente in una intervista manifesto al Corriere della Sera (4 febbraio
2009), ha illustrato la sua linea aggiornata di uomo d'impresa moderno ai tempi
della crisi, parlando di come si deve imparare dagli errori degli ultimi anni,
di come costruire classi dirigenti più consapevoli e un «capitalismo
responsabile, una proposta per governare modernità e
globalizzazione. Chi pensa che la globalizzazione vada fermata per superare la
crisi sbaglia di grosso». In secondo luogo, Passera è - nella sua generazione -
quella dei nati negli anni Cinquanta, l'unico possibile erede della tradizione
istituzionale e di tenuta del potere dei Cesare Geronzi, Giovanni Bazoli e Giuseppe
Guzzetti, quest'ultimo presidente della fondazione Cariplo e azionista
di riferimento di Intesa, che proprio ieri sollecitato dai giornalisti sulla
questione prefetti, ha risposto: «Mi occupo di no- profit, ma sono solidale con
il mio ad», cioè Passera. Dunque, è il capo di Intesa, in questa fase, a poter
incernierare la difesa nei confronti dell'offensiva tremontiana sul fronte
della Banca d'Italia - a sostegno del governatore - ma anche con una sua
influenza rispetto al futuro del Corriere della Sera, altro oggetto delle
attenzioni tremontiane. Perché è difficile farsi un'idea di quello che sta
accadendo in queste settimane se non si tiene conto di un aspetto: l'obiettivo
del ministro dell'Economia è di incidere sulle classi dirigenti e sulla loro
visione politica. Tremonti pensa che l'élite tecnocratica che - senza assumere
responsabilità politica - ha governato il paese o ne ha condizionato le scelte
tra gli anni 90 e gli anni 2000 vada ridimensionata. Draghi è il simbolo di
quell'élite e questo è il vero terreno della battaglia. Ma ora Tremonti rischia
l'angolo visto che ieri, con l'eccezione di Antonio Di Pietro, dal mondo
politico sono arrivati segni di solidarietà al Governatore da Pierferdinando
Casini, Pierluigi Bersani e Massimo D'Alema. Marco Ferrante 15/03/2009
( da "Riformista, Il" del 15-03-2009)
Argomenti: Cina Usa
commento/4 Bisogna
coinvolgere gli emergenti Aspettando il primo G20 di Obama summit. Ieri i
lavori preparatori, tra due settimane il vertice più atteso, a Londra. Il «G2»
deciderà tutto: Cina e Stati Uniti. di Pier Carlo
Padoan Con il deteriorarsi della crisi crescono le aspettative per i risultati
dei vertici internazionali che dovrebbero darle risposte. C'è molta attesa
sopratutto per il G20 di aprile. Sará il primo a cui partecipa il nuovo
presidente americano, il cui governo ha appena varato, non senza difficoltà, un
imponente piano di stimolo fiscale. Sarà anche il vertice a cui siederanno allo
stesso tavolo i tre protagonisti dell'economia mondiale: Usa,
Europa, Cina. Il vertice potrà veramente dichiarare
vittoria solo se avrà risolto, sul piano politico ancora prima che su quello
economico, il nodo della cooperazione internazionale tra i tre. Le premesse non
sono incoraggianti. Il dibattito, per ora, si concentra su due aspetti: le crescenti divergenze tra Usa e Europa sulle priorità nella crisi e il ruolo del « G2 », cioè
il rapporto tra Cina e
Stati Uniti. Nelle dichiarazioni dalle due sponde dell'Atlantico emerge che gli
Usa (e in subordine il
Regno Unito) danno priorità alle misure immediate per uscire dalla crisi, sia
stimoli fiscali che sostegno al sistema finanziario. Per gli Stati Uniti
la riforma della regolazione finanziaria è importante ma non così urgente (e
comunque sarà affrontata con un'ottica principalmente nazionale). Per l'Europa,
i programmi di stimolo fiscale annunciati sono sufficienti. Occorre dar loro
tempo di produrre effetti e avviare il processo di riforma della regolazione
finanziaria. La soluzione preferibile sarebbe un coordinamento transatlantico.
Un'espansione fiscale coordinata che (come mostrano simulazioni di alcune istituzioni
internazionali) avrebbe un effetto significativamente maggiore di manovre non
coordinate. Una convergenza dei processi di riforma della regolazione in quelli
che rimangono i due principali mercati finanziari favorirebbe una ripresa su
basi più solide e trasparenti del processo di intermediazione finanziaria che
la crisi ha seriamente danneggiato. I due aspetti si rinforzerebbero a vicenda.
Molti osservatori ritengono però che mentre gli Usa
chiedono all'Europa di fare di più in realtà guardano alla Cina.
Anche questo é ragionevole. Il G2 ha rappresentato il rapporto economico
strategico più delicato degli ultimi anni e lo rimane tutt'ora. La principale
controparte del deficit corrente americano é il surplus cinese. In Usa i cinesi inviano merci ma anche capitali. La Cina non può permettersi un'economia americana in recessione
prolungata. Troppo importante è per essa quel mercato ma anche la sostenibilità
del debito pubblico che contribuiscono a finanziare. Gli Stati Uniti hanno
bisogno di una crescita cinese che non perda troppa velocità. La soluzione
ideale sarebbe quindi una maggiore espansione della domanda interna cinese,
sopratutto dei consumi delle famiglie, che compensi almeno in parte il maggiore
risparmio delle famiglie americane che inevitabilmente si accumulerà negli anni
a venire. E sarebbe anche importante che la Cina
continuasse a investire le proprie riserve sul mercato finanziario americano.
Ma la vera soluzione dovrebbe coinvolgere tutti e tre gli attori. Sul piano del
rilancio macroeconomico che, coordinato dai tre poli, avrebbe maggiore impatto
sulla domanda mondiale. Sul piano della ricostruzione dei sistemi finanziari,
che sia pur regolati da autorità nazionali o regionali, dovrebbero convergere
verso un quadro di regole comuni. Sul piano della apertura dei mercati, delle
merci e dei capitali, tutto ciò richiederebbe un accordo sulle misure per
l'emergenza lungo le linee sopra discusse, ma anche una accordo sulla
governance del sistema. Sia gli appelli alla gestione comune dell'emergenza che
la riforma della governance rimarranno però lettera morta se non ci saranno
passi significativi verso un effettiva integrazione della Cina
nella gestione del sistema. La Cina deve avere più
peso nelle istituzioni di cui è gia membro (come il Fmi) e deve essere
coinvolta in quelle di cui non fa parte (Fsm e Ocse). Sta a Europa e Stati
Uniti muoversi in questa direzione. Visto che la crisi peggiora, nessuno si può
permettere che i prossimi vertici siano dei fallimenti. Ciò non farebbe che
diminuire ulteriormente la vera risorsa scarsa del sistema globale: la fiducia.
15/03/2009
( da "Riformista, Il" del 15-03-2009)
Argomenti: Cina Usa
Il futuro si
deciderà nel Secondo Mondo EQUILIBRI. Paragh Khanna, giovane politologo
consulente di Obama. Viaggiare è «l'unico modo» per capire le relazioni
internazionali e il destino Usa. di Stefano Feltri
Oggi in pochi sarebbero in grado di dire dove fnisce il primo mondo e
cominciano il secondo e il terzo. Nel 1952 la situazione era più chiara, quando
il demografo Alfred Sauvy coniò sull'Observateur l'espressione "terzo
mondo": c'era il primo, quello occidentale, il secondo che era composto
dalle propaggini dell'Unione sovietica, quei Paesi che non avevano più nome
perché inglobati nel blocco comunista. Poi il terzo mondo, quello quasi privo
di rilevanza geopolitica, sottosviluppato o, come si sarebbe detto poi, in via
di sviluppo, per evitare la condanna definitiva. Una distinzione che aveva il
pregio della chiarezza e il difetto dell'imprecisione. Già tre anni dopo il
terzo mondo rivendica un'identità diversa, nella conferenza dei paesi non
allineati, che deriva dall'indipendenza e dalla non appartenenza a uno dei due
blocchi, come diceva il leader indiano Jawaharlal Nehru. Nel mezzo secolo
successivo sono stati costruiti muri e poi abbattuti, alcuni stati sono implosi
e moltissimi altri sono nati, il bipolarismo è finito e si è entrati in un
brevissimo «momento unipolare», per dirla con Charles Krauthammer, tra la fine
della guerra fredda e l'undici settembre. Poi le cose sono diventate così
complicate che le vecchie categorie della teoria delle relazioni internazionali
hanno cominciato a non essere più sufficienti. C'è chi attribuisce le
difficoltà di Gorge W. Bush in politica estera alla combinazione tra le
ambizioni dei neoconservatori e approcci vecchi di decenni, eredità della
formazione da Guerra fredda di molte teste pensanti dell'amministrazione, a
partire dall'ex segretario di Stato Condoleeza Rice. Quando Barack Obama ha
scelto la sua squadra di consiglieri di politica internazionale, in una
campagna elettorale che rischiava di perdere con John McCain solo su quel
terreno, ha coinvolto anche giovani scienziati politici che non si sono formati
al tempo dei cremlinologi, della M.A.D. e della Cina maoista. Tra questi ce n'era uno
che sta velocemente emergendo come il più brillante politologo della sua
generazione, con una capacità di visione (e un po' di ambizone) sufficiente a
fargli intitolare il suo prossimo libro "How to run the world", come
governare il mondo: si chiama Paragh Khanna, ha 32 anni, è nato in
India, ha abitato e studiato in Germania, Emirati Arabi e Stati Uniti dove si è
laureato alla Georgetown University, ora lavora a un dottorato di ricerca alla
London School of Economics ma vive dall'altra parte dell'oceano, dove dirige un
progetto di ricerca che si chiama New America Foundation. Ha lavorato nel
gruppo di consulenti di Obama che si occupava di definire per il futuro
presidente le linee guida per il sud est asiatico. «Per scrivere questo libro
ho viaggiato tre anni in oltre 50 Paesi, un'esperienza che ha completamente
cambiato la mia percezione del mondo», spiega Khanna, parlando di "The
Second World", il suo primo, massiccio, saggio che è appena stato tradotto
in italiano da Fazi editore con il titolo "I tre imperi" (2009, 608
pagine). «Il mondo è un libro, chi non ha viaggiato ha letto solo la prima
pagina», diceva Arnold Toynbee, storico britannico e grande viaggiatore a cui
Khanna si ispira. L'ambizione culturale di Khanna è di riconciliare due
concetti che, nel dibattito accademico e nell'agire politico si sono separati,
la geopolitica e la globalizzazione. Da un lato i sostenitori che le relazioni
internazionali sono e saranno sempre determinate dai confini, dal corso dei
fiumi e dalla posizione dei giacimenti di petrolio. Dall'altra i teorici del
mondo piatto, come il giornalista del New York Times Thomas Friedman, che non
vedono più barriere alla libera circolazione. di idee, capitali e prodotti, in
un pianeta diventato piccolissimo grazie alla tecnologia che annulla distanze e
diversità. In mezzo si sta sviluppando la "geopolitica critica", che
considera le "forze simboliche" come il soft power o le culture, uno
strumento ed elemento del potere analogo a quelli più concreti come il
territorio, la dimensione e la popolazione. Khanna è più affine a quest'ultimo
approccio, ed è con queste idee che si è messo in viaggio. Ma dopo tre anni il
giovane professore che prima dei trent'anni aveva già partecipato a sette
vertici di Davos (lavorava per il World Economic Forum che ogni anno vi
organizza un summit della superclass economico finanziaria mondiale), si è convinto
che «le risposte alle grandi domande della politica internazionale possono
essere trovate nel Secondo Mondo, solo nel Secondo mondo». Il quadro è questo:
ci sono solo tre imperi. Il declinante impero americano, la Cina
e l'impero europeo, l'unico in espansione e che sta sperimentando nuove formule
di agire politico e che raccoglie successi geopolitici. Intorno agli imperi ci
sono alcuni Paesi destinati all'irrilevanza geopolitica, quelli che nel medio
periodo non hanno speranza di uscire dal Terzo mondo, e moltissimi Paesi in
bilico tra uno sviluppo possibile e una ricaduta nel sottosviluppo probabile:
il Secondo mondo. «Sono Paesi per i quali è quasi impossibile fare previsioni
su come saranno, per esempio, tra cinque anni. Io mi sono limitato a registrare
che hanno un grande potenziale di cambiamento e da come questo verrà sfruttato
dipenderanno i futuri assetti geopolitici», spiega Khanna al Riformista. Stati
come l'Egitto e l'Ucraina («i due che ho fatto più fatica a capire davvero»),
la Serbia, ma anche l'Uzbekistan e il Cile o la Turchia: sono Paesi che i tre
imperi non possono più ignorare. O li riescono ad attirare nella propria sfera
d'influenza, oppure si trasformeranno in potenti fattori di destabilizzazione.
L'Europa non può convivere con una Turchia sfiduciata riguardo al proprio
ingresso nell'Unione, perché questa sprofonderebbe in un vuoto progettuale cui
solo l'Islam radicale offrirebbe un'alternativa; o la Cina
continua a espandersi rubando territori all'ex impero sovietico oppure finirà vittima
della propria demografia; se gli Stati Uniti non manterranno il controllo di
quello che era il giardino di casa sudamericano, si troveranno isolati e
accerchiati. Khanna ha lavorato sul campo, ha parlato con persone diverse da
quelle con cui discutono di solito i suoi colleghi, che si limitano a discutere
con intellettuali e con altri professori nell'ambito di quella che il giovane
ricercatore definisce «top level research». In nessun altro saggio di politica
internazionale l'autore ammetterebbe, per esempio, di aver capito davvero
l'essenza delle tensioni balcaniche parlando con un ingegnere in una discoteca
underground di Sarajevo. «Non è solo una questione di età, io ho un metodo di
lavoro diverso», racconta Khanna. I suoi colleghi più famosi, come Robert Kagan
o Francis Fukuyama, «si occupano del quadro generale», che in inglese si chiama
«big picture», e Khanna non ha nulla in contrario, ma il rischio è di formulare
poi teorie come quella di Samuel Huntington sullo scontro delle civiltà «non sono
mai state considerate accurate, al massimo coerenti internamente, ma questo non
significa che siano giuste». Viaggiando, Khanna si è reso conto di un fatto che
spesso fugge a gran parte degli americani che, di norma, non frequentano terre
come l'Uzbekistan o il Tagikistan: gli Stati Uniti assomigliano già ai Paesi
del Secondo mondo e la crisi finanziaria sta accelerando un processo già in
corso. Grandi disuguaglianze nei redditi, un atteggiamento predatorio verso
l'ambiente, una politica estera e di difesa insostenibile e sproporzionata
rispetto alle proprie risorse, una valuta sempre più fragile esposta alle
intemperie della finanza internazionale. «Le ricette di Barack Obama sono
giuste, il tentativo di affrontare alcuni dei problemi strutturali degli Stati
Uniti proponendo soluzioni all'europea è apprezzabile, ma non per questo è
detto che funzioni, visto che i problemi non sono mai stati così difficili». La
prima edizione del libro di Khanna è di oltre un anno fa, quando la crisi era
solo agli inizi, oggi le sue inquietudini sono più condivise. Il politologo
britannico Ralf Dahrendorf vede gli stessi pericoli: negli Stati Uniti stanno
aumentando i disoccupati nella classe media, «e questi sono problemi per una
società libera», perché all'improvviso diventano più evidenti disuguaglianze
«che sono più tollerate quando riguardano persone meno integrate nel tessuto
sociale». Il rischio, avverte Dahrendorf, è la svolta autoritaria. Come è
successo spesso nel Secondo Mondo. 15/03/2009
( da "Resto del Carlino, Il (Ancona)" del
15-03-2009)
Argomenti: Cina Usa
ANCONA AGENDA pag.
( da "Messaggero, Il" del 15-03-2009)
Argomenti: Cina Usa
Domenica 15 Marzo
2009 Chiudi di ROSSELLA LAMA ROMA «In settembre ottobre il problema era la
liquidità, un problema finanziario, oggi il problema dei problemi è l'export,
che si è piantato in tutti il mondo. Oggi i dati del commercio internazionale
sono come dopo l'11 settembre, quando tutto si fermò». Al termine del vertice
del G20 finanziario che si è tenuto ieri in Gran Bretagna, il ministro Giulio
Tremonti fotografa questa allarmante situazione. La crisi finanziaria
dell'estate scorsa ha dato l'innesco ad una crisi economica che sta colpendo
trasversalmente il mondo intero. E che crea emergenze occupazionali come non se
ne conoscevano negli ultimi anni. I ministri economici dei sette paesi
industrializzati, e quelli delle maggiori economie
emergenti, dalla Cina, alla
Russia, al Brasile, all'India, al Sudafrica, si sono riuniti in Inghilterra per
mettere a punto interventi che saranno deliberati dal vertice di Londra del 2
aprile, quando gli stessi venti paesi saranno rappresentati dai loro capi di
Stato e di governo. E' un tavolo ampio quello del G20, intorno al quale
siedono Stati che complessivamente rappresentano il 90% del prodotto mondiale.
Nel comunicato diramato al termine del vertice, riassumendo i problemi sul
tavolo e le strategie di risposta, i partecipanti sottolineano che il G20 «ha
compiuto azioni decise, coordinate, ampie per rilanciare la domanda e
l'occupazione, e siamo preparati a prendere qualunque misura necessaria fino a
quando non ripartirà la crescita». Secondo il governatore di Bankitalia, Mario
Draghi, che ha affiancato il ministro nella conferenza stampa con i
giornalisti, gran parte delle discussioni si sono incentrate su come
ricostruire la fiducia. E' un percorso che passa attraverso tre tappe
fondamentali:«come ricostruire il sistema bancario, l'adozione di valori certi
degli asset tossici nelle varie giurisdizioni, e infine cosa fare per evitare
che la disoccupazione cresca ancora». «La nostra priorità- afferma il G20- è di
affrontare le incertezze circa il valore degli asset tossici presenti nei
bilanci delle banche, che stanno riducendo molto la capacità degli istituti di
concedere credito». L'obiettivo è arrivare a definire «regole comuni» per
gestire il problema. Intanto alle banche è rivolta la sollecitazione ad una
«piena e trasparente» comunicazione sull'ammontare di questi titoli, anche in
vista della possibilità che i governi se ne facciano carico, assumendone il
rischio, ovviamente ad un «prezzo giusto». Da mesi ormai il Financial Stability
Forum presieduto da Draghi, l'Fmi, e i vari vertici internazionali che si
susseguono numerosissimi, e a geometrie variabili, pongono la necessità di
definire regole comuni per le finanza e i controlli. Nella riunione è emerso un
«ampio consenso per arrivare ad una cornice comune», ha detto il ministro del
Tesoro Usa Timothy Geithner. Tremonti ha parlato di
«grande armonia tra Europa e Usa», «con note diverse
c'è una musica comune». «Il motore di ricerca verso standard di regole e
principi è partito», ha insistito il ministro italiano, «è importante che sia
cominciato, anche se non si sa quando questo finirà». Il percorso è lungo, lo
ha confermato anche Draghi: «si tratta di cambiare ordinamenti con i quali
conviviamo da molto tempo». Brasile, Russia, India e Cina
hanno lanciato l'allarme contro «la minaccia sempre più reale di
protezionismo», che va evitato sotto tutte le forme «per non rifare gli stessi
errori della Grande Depressione degli anni '30». E nel comunicato finale i
venti paesi partecipanti al vertice si sono impegnati «a combattere ogni forma
di protezionismo».
( da "Corriere della Sera" del 15-03-2009)
Argomenti: Cina Usa
Corriere della Sera
- NAZIONALE - sezione: Opinioni - data: 2009-03-15 num: - pag: 32 autore: di
MAURIZIO FERRERA categoria: REDAZIONALE LA CRISI E I SISTEMI POLITICI EUROPEI
Se il ceto medio diventa populista C on il peggioramento della situazione economica,
l'attenzione dei governi e dei mezzi di informazione è oggi concentrata sulle
categorie più deboli, su quanti rischiano di non avere risorse sufficienti per
tirare avanti. Ma quale impatto avrà la crisi sulla classe media? è una domanda
che vale la pena di porsi per almeno due motivi. Innanzitutto questo strato
sociale si trovava in condizioni di forte «disagio» già prima del 2008 (e non
solo in Italia): redditi stagnanti, opportunità in calo e bisogni crescenti. Il
secondo motivo è che una (probabile) accentuazione di questo disagio per
effetto della recessione rischierebbe di avere conseguenze politiche
preoccupanti. Un ceto medio frustrato e impaurito può mettere in discussione
non solo gli equilibri interni dei vari paesi ma anche l'intero processo di
apertura e integrazione internazionale che ha caratterizzato l'ultimo
ventennio. Insieme agli imprenditori, i colletti bianchi (dirigenti, quadri,
impiegati) e i lavoratori autonomi hanno fornito nel tempo una preziosa base di
sostegno alle dinamiche di globalizzazione e di unificazione europea. Non si è
trattato forse di un sostegno entusiasta e appassionato, ma possiamo senz'altro
parlare di una «benevola accettazione»: i dati Eurobarometro segnalano che il
favore nei confronti dell'apertura è sempre stato significativamente più
elevato fra queste categorie piuttosto che fra i lavoratori manuali o i
pensionati. Non sono disponibili rilevazioni aggiornate che consentano di
capire se gli umori del ceto medio stiano cambiando. Ma il rischio c'è e non va
sottovalutato. In molti Paesi i pacchetti anti-crisi hanno incluso qualche
provvedimento a carattere universale, orientato alla generalità dei
consumatori: pensiamo agli sgravi fiscali per l'acquisto di auto. Ma il grosso
delle misure è andato a sostenere i redditi bassi, mentre ai ceti medi sarà
chiesto di pagare il conto sotto forma di nuove tasse o di tagli selettivi alle
prestazioni sociali. In qualche Paese il conto è già arrivato: il governo
irlandese ha appena aumentato le imposte e ridotto le retribuzioni dei
dipendenti statali per coprire le uscite del welfare e il crescente deficit
pubblico. Le strade di Dublino si sono riempite di insegnanti, infermieri e
poliziotti e la popolarità del governo in carica è scesa sotto il 10%. La
«Tigre Celtica», il Paese che forse più di ogni altro ha visto crescere la
prosperità del ceto medio grazie all'integrazione europea alla globalizzazione,
si sta rapidamente trasformando in una «società a clessidra»: assottigliata nel
mezzo, con pochi privilegiati in alto e un'ampia massa di nouveaux pauvres in
basso. Molte imprese si sono trasferite verso Paesi dove il lavoro (anche
quello specializzato) costa meno. Di conseguenza la «base imponibile» nazionale
si sta pericolosamente contraendo, con effetti negativi per tutti i gruppi
occupazionali: operai e dirigenti, segretarie e liberi professionisti.
L'Irlanda è forse un caso a sé, ma il malessere crescente delle classi medie è
ormai ben visibile anche nei grandi Paesi Ue. In Gran Bretagna gli esperti
hanno coniato il termine coping classes per indicare, appunto, la situazione di
stress in cui si è venuta a trovare la media e piccola borghesia, costretta a
destreggiarsi fra redditi fissi o calanti, spese vive in crescita (tasse
comprese) e banche con rubinetti chiusi. In Germania la quota di famiglie con
reddito medio è diminuita di dieci punti percentuali dal 2000 ad oggi e secondo
alcuni esperti potrebbe scendere sotto il fatidico 50% sulla scia della
recessione. Saremmo ancora lontani dalla sindrome della «clessidra», ma certo
la distribuzione dei redditi assumerebbe una forma ben diversa dagli anni d'oro
del Modell Deutschland, quando due terzi dei tedeschi facevano parte del
Mittelstand, della massa che sta «in mezzo». In Italia è ormai da anni che si
parla di vulnerabilità e disagio. Il nostro ceto medio è più variegato che in
altri paesi ed è per ora difficile fare valutazioni precise sull'effetto della
crisi. E' ragionevole tuttavia ipotizzare che si tratterà di un effetto
moltiplicatore, soprattutto sul lavoro autonomo: il calo dei consumi ha già
provocato la chiusura di più di quarantamila esercizi commerciali. Colpite nel
loro tenore di vita e nelle loro aspirazioni di mobilità ascendente, le classi
medie si apprestano a diventare fonte di nuova instabilità per i sistemi
politici europei? Cominceranno anch'esse a levare gli scudi contro l'apertura,
l'integrazione sovranazionale, la globalizzazione? A
chiedere protezioni a lasciarsi sedurre da messaggi populisti? Un primo test
critico si avrà fra un paio di mesi, con le elezioni per il Parlamento di
Strasburgo. Dopo l'estate ci saranno altri due appuntamenti importanti: le
elezioni tedesche e il nuovo referendum irlandese sul Trattato di Lisbona.
Se il ceto medio decidesse di tradire la causa dell'apertura, la politica europea
entrerà in una fase di acute tensioni e turbolenze, forse più temibili della
recessione economica che ora tanto ci preoccupa.
( da "Giornale.it, Il" del 15-03-2009)
Argomenti: Cina Usa
n. 64 del 2009-03-15
pagina 11 Il dibattito C?è la crisi, bisogna assumere solamente gli italiani?
di Redazione La svolta della Lega che propone agevolazioni alle imprese perché privilegino
i giovani di casa nostra fa discutere Ma all?estero i provvedimenti del
Carroccio sono già realtà. Il caso Sicilia, dove l?Ipercoop vuole soltanto
residenti. Favorevole/Geminello Alvi Contrario Nicola Porro Neo-protezionismo sì, neo-protezionismo
no. è giusto, in un momento qual è quello attuale, che lo Stato «blindi» i
posti di lavoro cercando di riservarli agli italiani, o si tratta di un
provvedimento anacronistico e inattuabile, tanto più in una
società globalizzata come la nostra in cui ormai da tempo il lavoratore
extracomunitario ha assunto una serie di mansioni che i giovani del Bel Paese
non vogliono più svolgere? Il dibattito è più che mai aperto. Quello che è
accaduto un mese e mezzo fa in Inghilterra, la protesta degli operai britannici
di Total contro i colleghi italiani arrivati dalla Sicilia, insegna. A
proporre di «assumere italiano» per incentivare la produzione nazionale è la
Lega Nord, che sta preparando una serie di emendamenti al Decreto Incentivi. Ma
quello della Lega non è un protezionismo tout court.
Anzi, i modelli cui il Carroccio si sta ispirando, tutto sono meno che di
centrodestra: a «comprare americano» esorta il neo presidente degli Stati Uniti
Barack Obama; e il capo del governo spagnolo Josè Luis Zapatero dà incentivi
agli immigrati che riprendono la via di casa e tornano in patria. Esattamente
il contrario di quello che accade attualmente nei Paesi dell?Est Europa, dove
gli imprenditori italiani che, stretti dalla crisi attuale, preferirebbero
abbandonare gli stabilimenti delocalizzati, stanno incontrando non poche
difficoltà e ostacoli di carattere burocratico. Insomma, il problema è
complesso. E la dimostrazione del fatto che il neo-protezionismo
vada oltre le collocazioni di carattere politico o geografico viene da una
notizia che arriva non dal Nord ma dal Sud. Anzi, dal Sud più profondo visto
che siamo in Sicilia. Nell?Isola la Ipercoop cerca 20 giovani da assumere. E
come requisito pone una condizione: che siano residenti in Sicilia. La notizia
- pubblicata da La Padania - ha fatto scalpore: perché avviene in una regione
del Sud, che come trait d?union con la Lega Nord ha solo la vocazione
fortemente autonomistica che è insita nel suo dna; e perché a metterla in
pratica è un?azienda tradizionalmente «rossa», legata a doppio filo a quel
mondo delle cooperative che da sempre è vicino alla sinistra. Insomma, onde
evitare una guerra tra poveri, si preferisce chi già sta nella regione. Cosa
prevedono gli emendamenti della Lega? Soprattutto degli incentivi affinché le imprese
trovino vantaggioso produrre italiano e assumere giovani del nostro Paese. E
così in cantiere ci sono aiuti pubblici alle aziende purché non scelgano la via
della delocalizzazione, agevolazioni nel caso in cui assumano personale
italiano, e incentivi ai disoccupati extracomunitari che scelgano di tornare in
patria. Favorevole Bossi fa come Obama, la scelta è inevitabile di Geminello
Alvi Contrario Proposta folle dannosa per le piccole imprese di Nicola Porro ©
SOCIETà EUROPEA DI EDIZIONI SPA - Via G. Negri 4 - 20123 Milano
( da "Stampa, La" del 15-03-2009)
Argomenti: Cina Usa
La storia Teatri,
ristoranti e aperitivi alla Casa Bianca No Obama, no party GLAUCO MAGGI NEW
YORK Sloggiato l'orso del Texas, Washington abbraccia gli Obamas, animali da
party non nel senso del «partito democratico», ma proprio del party con il
salmone e le olive. Cin-cin, e davanti a una flûte di
champagne il maxistimolo appare più digeribile, anche ai deputati e ai senatori
repubblicani, invitati con larghezza dalla Prima Famiglia. Benvenuto, tra gli
altri, anche al giudice della Corte Suprema Samuel Alito, di nomina bushiana e
tra i più attivi presenzialisti. Barack è un seduttore naturale, diverso
dai piacioni smaccati e stucchevoli nel tentativo di conquistare sempre il
largo pubblico. Lui ha fatto quella parte quando serviva, per battere la
Clinton e John McCain, ma adesso ha cambiato registro. Ne ha dato dimostrazione
clamorosa quando, prima ancora di giurare, ha partecipato a una cena privata di
influenti pensatori conservatori a Chevy Chase, nel Maryland, a casa di George
Will: c'erano Charles Krauthammer, William Kristol, Larry Kudlow, David Brooks,
Rich Lowry, Peggy Noonan e Michael Barone di «U.S. News and World Report», che
lo ha poi descritto come «una persona attraente, se conosciuta da vicino. E'
più difficile odiare qualcuno quando ci sei stato a stretto contatto e lui
mostra caratteristiche piacevoli». Le relazioni che contano, almeno per i primi
tre anni del mandato, sono quelle del Palazzo, e a quelle Obama si dedica: di
giorno duellando con il Congresso, di notte tessendo le tele dei contatti nei
ristoranti alla moda, negli inviti privé e, al mercoledì sera, alla Casa
Bianca. Ogni settimana il presidente vi accoglie amici di potere, soprattutto
liberal, ma sempre ricordandosi di invitare anche parlamentari dell'opposizione
e personalità della Camera di Commercio Usa, che
raccoglie le associazioni degli imprenditori preoccupati per la svolta
pro-sindacati del governo. «Obama è astuto nell'approfittare del capitale
politico e del favore personale di cui gode oggi - ammette Brian Jones, che è
stato il direttore delle comunicazioni per il Comitato Nazionale Repubblicano
sotto Bush -. Penso che sia furbo nel rivolgersi ad avversari che non saranno
magari mai suoi alleati, ma forse così lo capiranno un po' meglio». «Un membro
del Congresso non dirà mai «voterò la sua legge di riforma sanitaria se avrò un
invito a cena», ma è pur sempre un essere umano, e «queste gratificazioni
aiutano a sviluppare relazioni leali», aggiunge David Fuller Holt, ex
assistente di Bush per gli affari legislativi. Ad aver raccolto le prove di
questo palpabile cambiamento di clima è un informato insider di Washington di
simpatie conservatrici, Ronald Kessler, scrittore, ex giornalista del «Wall
Street Journal» e del «Washington Post», ora alla rivista «News-Max». Un onesto
«onore al nemico», dunque, di avversari che riconoscono le qualità sociali di
Obama e il suo uso della mondanità come arma di convinzione di quelli che
contano, contrapposti all'autolesionismo di Bush nel non saper gestire le
relazioni pubbliche. Appena entrato in carica, il texano rigidamente astemio
invitò Ted Kennedy e altri parlamentari alla Casa Bianca per vedere un film una
volta al mese, e una sera si avventurò a un party della mitica padrona del
«Washington Post», Katharine Graham. Ma l'esposizione alla socialità durò poco,
sostituita dal regime trappista che prevedeva la luce spenta prima delle dieci,
le levatacce per la palestra e gli inviti privatissimi ai vecchi amici
d'infanzia. Bush spiegò poi alla moglie che non gli piaceva andare nei
ristoranti dove aveva gli occhi della gente puntati su di lui mentre mangiava.
«Beh, forse non avresti dovuto correre per la presidenza», gli ribatté Laura, a
sua volta non certo accesa di furore mondano. Più in fretta ancora della
cancellazione del divieto di Bush di finanziare con soldi pubblici la ricerca
sulle staminali, Obama ha dunque abolito il coprifuoco. Affidata la regia degli
inviti e delle feste a Desirée Rogers, 46 anni, amica di Chicago, maga delle
pubbliche relazioni e da anni tra le cinquanta donne afro-americane più potenti
d'America, il presidente, la moglie Michelle e lo staff hanno già visitato una
serie di locali della capitale di passata e di nuova fama: ha cenato fuori più
lui in otto settimane che Bush in otto anni, è il gossip di Washington. Fra i
nomi «in», cioè approvati dal circolo obamiano, ci sono Cork, un bar sulla 14ª
Strada N.W. con una lista di 50 vini degustabili a bicchiere, e Hook,
ristorante di Georgetown tra i migliori «eco-friendly», secondo la rivista «Bon
Appétit». Al The Palm, locale bipartisan fondato 37 anni fa, hanno cenato tutti
i presidenti di questi 37 anni, eccetto Bush. Barack ha già la sua caricatura
sul muro e la First Lady vi ha pranzato addirittura giorni prima
dell'inaugurazione. La bisteccheria Bobby Van's Steakhouse, il ristorante
Equinox a downtown e il Ben's Chili Bowl sulla U Street sono stati gli ultimi
locali dove è stato visto il presidente. Nella galleria dei party storici è
invece archiviato quello offerto da Obama al rivale battuto John McCain la
notte prima del giuramento. Palcoscenico: il Cafè Milano. Il cui proprietario,
Franco Nuschese, ha confidato a Kessler che la sola differenza che lui nota tra
repubblicani e democratici non è che cosa mangiano, ma quando. Gli obamiani
arrivano più tardi, restano nel locale più a lungo e sono più informali. La
notte è loro, adesso. E anche il giorno.
( da "AprileOnline.info" del 15-03-2009)
Argomenti: Cina Usa
L'atomica cinese
Nane Cantatore, 15 marzo 2009, 10:36 Crisi La Cina
esprime preoccupazione sulla sicurezza dei suoi enormi investimenti in bond
americani, mentre gli Stati Uniti aumentano il debito per rispondere alla
crisi. Il significato di una mossa che può incidere sugli equilibri
internazionali più di una guerra Per avere un'idea della portata della
dichiarazione del premier cinese Wen Jiabao, che venerdì ha espresso una forte
preoccupazione per la solidità degli investimenti della Repubblica popolare in
bond americani, è sufficiente notare la tempestività della risposta americana,
con l'addetto stampa della Casa Bianca Robert Gibbs che si è precipitato a
replicare, con una sicumera forse eccessiva, che "nel mondo non esistono
investimenti più sicuri rispetto agli Stati Uniti". Al di là degli
annunci, è sicuro che gli Usa hanno un disperato
bisogno di denaro, visto che il pacchetto di stimolo all'economia appena varato
da Obama costa 787 miliardi di dollari, e che si prevede che il deficit
pubblico americano raggiungerà quest'anno i 1.500 miliardi: per arginare questi
buchi, sarà necessario emettere una quantità record di buoni del Tesoro, per un
totale di nuovi debiti che potrà raggiungere i 2.000 miliardi. Nel corso del
( da "Borsa(La Repubblica.it)" del 15-03-2009)
Argomenti: Cina Usa
L'etica dei prefetti
e le regole di Bretton Woods SI riunisce il Gruppo dei 20 per esaminare
l'andamento della crisi mondiale e per decidere della nuova
"governance" economica e delle regole che dovranno presiedere il suo
funzionamento. Non aspettiamoci conclusioni capaci di incidere concretamente
sulla recessione in atto e sul rischio di una depressione che aleggia
sull'economia reale come (se non peggio) quella che infuriò negli Usa e in Europa all'inizio degli anni Trenta del secolo
scorso. Ci saranno energiche discussioni di principio ma nessuna indicazione
operativa: è ancora presto, non esistono istituzioni in grado di guidare il
mondo verso il futuro e neppure di immaginarlo, il futuro. Sarà la crisi a
determinarlo. La volontà dei politici, delle banche, delle multinazionali,
delle imprese, delle masse lavoratrici e consumatrici è così frammentata e
dispersa da non sprigionare alcuna spinta e alcun indirizzo. Si parla con
ragione di terre incognite e questa è, tra le tante oscillanti tra pessimismo e
ottimismo, la definizione più paurosa. Significa che non esiste alcuna bussola
e alcuna mappa; i naviganti procedono alla cieca senza sapere dove sono diretti
e perché. Ma prima di affrontare un tema così suggestivo e arduo converrà fare
il punto su alcune perduranti stranezze della situazione italiana. Ne parliamo
e le segnaliamo da molte settimane ma esse continuano a costellare il nostro
cielo economico senza essere rimosse ed anzi ogni giorno altre se ne aggiungono
a complicare ulteriormente il quadro d'insieme. La più rilevante è il contrasto
che oppone il ministro del Tesoro al governatore della Banca d'Italia. Il
nostro è il solo paese in cui una così preoccupante contrapposizione si stia
verificando. In una fase di tempesta per l'economia e la finanza, assistere ad
un conflitto così inusuale tra le due maggiori autorità monetarie nazionali non
è affatto rassicurante. Le banche e le imprese sono infatti in allarme e così
pure le istituzioni di garanzia, a cominciare dal Capo dello Stato. L'attacco
parte dal ministro del Tesoro che ha tra i suoi obiettivi primari quello di
erodere poteri e competenze alla Banca centrale all'insegna dello slogan del
primato della politica. La crisi crea emergenze; queste richiedono interventi
rapidi ed eccezionali. Quale migliore occasione per smantellare un'istituzione
di garanzia, una magistratura economica che non trae il suo fondamento dal voto
popolare e proprio per questo opera al di sopra delle parti e delle
"lobbies" avendo di mira gli interessi generali del paese? Il
ministro del Tesoro si è costruito al tempo stesso un'ideologia e una forza politica.
Il primato della politica è l'ideologia, lo smantellamento delle istituzioni di
garanzia è l'obiettivo, la forza politica proviene dalle condizioni di
emergenza, in parte reali ed in parte create artificialmente affinché gli
obiettivi desiderati si realizzino rapidamente. Questi obiettivi sono stati fin
qui condivisi dal premier e da una maggioranza parlamentare ossequiente ad ogni
richiesta e ad ogni spoliazione. Sembra ora che il premier cominci a nutrire
qualche dubbio sui segreti pensieri e le coperte finalità del suo ministro del
Tesoro, ma ormai la traccia è segnata ed è assai difficile cambiare percorso.
Resistono nei modi più acconci a ciascuno di loro il presidente della
Repubblica, il presidente della Camera, alcune banche e alcune imprese, l'opposizione
politica con ritrovata incisività, alcune Regioni, le organizzazioni sindacali
sia pure in ordine sparso. Resiste con sobria fermezza la Banca d'Italia.
L'opinione pubblica assiste, per ora distratta e passiva, ad uno scontro che
dovrebbe invece coinvolgerla in prima fila poiché è degli interessi di tutti i
cittadini che si discute ed è di essi che ci si appropria usandoli
pretestuosamente a vantaggio delle proprie tesi e contro le tesi degli
avversari. Ma esiste ancora un'opinione pubblica? Oppure è già stata triturata
e ridotta a poltiglia, folla occasionale animata da notizie che le televisioni
registrano ed eccitano sostituendole poi con altre emozioni con la stessa
facilità con la quale si cambia una veste e una maschera? L'ultima trovata di
questo disdicevole spettacolo consiste nel controllo politico del credito
affidato ai prefetti dal ministro del Tesoro. Saranno aperti appositi
"osservatori del credito" presso venti prefetture corrispondenti alle
province più importanti del paese. Dovranno ottenere dalle banche tutte le
informazioni, aggregate e disaggregate, che decideranno di chiedere. Potranno
anche ricevere sollecitazioni e denunce da parte di aziende e persone
interessate a erogazioni creditizie. Confronteranno questi dati con quelli degli
anni precedenti e segnaleranno al Tesoro situazioni di disagio, di difetto, di
cattivo funzionamento del credito in un settore, in un luogo, in un istituto.
La Banca d'Italia ha reagito ponendo alcuni punti fermi. Anzitutto ha ricordato
che l'erogazione del credito per settori geografici e per comparti produttivi
viene seguito e pubblicamente diffuso dal Bollettino mensile della Banca stessa
e anche tramite Internet. I prefetti come qualunque cittadino possono quindi
prenderne visione. Altrimenti possono ricorrere alle filiali regionali della
Banca d'Italia che per compito di istituto elaborano e raccolgono quelle
medesime informazioni. Non possono invece, i prefetti, rivolgersi direttamente
agli istituti di credito e tanto meno accedere a singole operazioni tutelate
dal segreto d'ufficio e note soltanto alla Centrale dei rischi della Banca
d'Italia. Ogni passo ulteriore comporterebbe una violazione del segreto
bancario e incorrerebbe in una palese incostituzionalità. Intanto però il
nostro ministro del Tesoro persevera ed ha introdotto la norma sugli
"osservatori" prefettizi nel decreto sulle emergenze economiche. La
questione è grave in punto di fatto e in punto di diritto. Rappresenta infatti
un'interferenza macroscopica nel delicatissimo terreno della vigilanza
bancaria. In centocinquant'anni di storia dello Stato italiano la
politicizzazione del credito è stata più volte tentata ma non è mai avvenuta,
neppure durante il Ventennio fascista quando l'emergenza della crisi portò al
fallimento dell'intero sistema bancario e industriale, alla nascita dell'Iri e
alla proprietà pubblica delle grandi banche. Neppure allora la vigilanza sul
credito fu affidata ai prefetti o ad altri organi che non fossero la Banca
d'Italia. In tempi diversi dagli attuali un tentativo di tale anomalia sarebbe
stato sepolto da una reazione generale dell'opinione pubblica, dei giornali e
di tutte le istituzioni di garanzia. Questo ci dà la misura dei mutamenti
antropologici avvenuti, ma accresce il nostro dovere di protesta, di critica e
di denuncia contro una strategia che mira a governare a colpi di decreti e a
smantellare qualunque dissenso in nome di una semplificazione di natura
dittatoria che è ormai impossibile ignorare e sottovalutare. Il G20 aprirà la
discussione sugli assetti futuri dell'economia e della finanza mondiale e sulle
regole necessarie al loro funzionamento. Di fatto con questa riunione vengono
derubricati ad organi di consultazione regionale i vari G7 e G8. Del nuovo Gruppo fanno parte la Cina, l'India, il Brasile, il Sudafrica ed altre potenze emergenti.
Analogo allargamento è stato effettuato dal "Financial Stability
Forum" presieduto da Mario Draghi. Il Fondo monetario internazionale si
appresta a sua volta ad accrescere le quote di partecipazione dei paesi
emergenti e a far entrare tra i soci quei paesi che finora ne sono stati
esclusi. Si tratta insomma d'un adeguamento indispensabile alla nuova
realtà economica mondiale. Diminuirà il peso degli Usa
in questi organismi, diminuirà anche il peso dell'Europa. Insomma dell'Occidente
nel suo complesso, di fronte all'emergere di paesi che stanno uscendo da un
lungo sonno e da una lunga indigenza e rappresentano complessivamente quasi la
metà della popolazione mondiale. Segnalo un'incongruenza molto significativa.
In nessuno di questi consessi internazionali l'Unione europea ha una
rappresentanza propria, come del resto non ce l'ha neppure nel Consiglio di
sicurezza dell'Onu. Soltanto la Banca centrale europea è ammessa alle riunioni
del Fondo monetario ma soltanto con il ruolo di osservatrice. Quando Ciampi,
allora ministro del Tesoro, volle che il rappresentante della Bce prendesse la
parola sulle comunicazioni del presidente del Fondo, non mancarono le proteste
da parte di alcuni paesi dell'Unione europea. Questa situazione è aberrante.
Cinquecento milioni di europei, un'area che è ancora tra le più ricche del
mondo, i cui flussi sono i più elevati nel commercio internazionale e la cui
moneta unica è la seconda dopo il dollaro nel sistema dei pagamenti mondiali,
un'area che ormai coincide con uno dei cinque continenti del pianeta, non ha
alcuna rappresentanza nelle massime istituzioni economiche. Questa assenza non
può più essere protratta oltre e sarà inutile discutere di una nuova Bretton
Woods senza che una lacuna così macroscopica non sia preliminarmente colmata.
Quello che per ora è trapelato dai vari "think tank" radunati per
l'occasione a Washington, a Londra, a Parigi, a Francoforte ed anche negli
uffici del Tesoro a Roma in via XX Settembre, riguardano questioni interessanti
ma marginali, come la messa fuori legge dei "paradisi fiscali", un
censimento accurato dei titoli tossici e dei "derivati" in genere, il
riassorbimento di tali titoli che attualmente costituiscono una massa di
dimensioni fuori dall'ordinario. Oppure la declinazione in tutte le lingue di
principi etici che dovrebbero essere posti a fondamento dell'agire economico.
Come dire che bisogna creare un uomo nuovo capace di guidare le nuove
istituzioni e farne rispettare le regole. Chi ha fede pensa che il Creatore
stia in qualche parte del cosmo e che senza il suo intervento è inutile
pretendere di creare in sua supplenza. Chi non ha fede si affida all'evoluzione
della natura. Affidare un mutamento antropologico di queste dimensioni
all'etica dei ministri del Tesoro e dei banchieri centrali è una barzelletta
che non fa nemmeno ridere. Si sente anche parlare di un nuovo assetto monetario
e si tira in ballo il "Bancor", moneta di riferimento al centro di
una sorta di clearing multilaterale, immaginata da Keynes negli anni Trenta del
secolo scorso, che oggi ad ottant'anni di distanza e nelle condizioni attuali
non sarebbe neppure pensabile. Ma è esatto dire che il centro del problema
passa per la moneta internazionale, le due funzioni distinte che essa può svolgere,
quella di moneta di pagamento e quella di riserva del valore. Infine il sistema
dei rapporti di cambio tra le varie monete circolanti nelle diverse aree del
pianeta. Il tema d'una nuova Bretton Woods è quello dell'ordine monetario. Chi
evade quell'argomento non ha alcuna idea seria da proporre, come lo
shakespeariano Mercuzio che "parlava di nulla". Il secondo tema
strettamente connesso a quello di un nuovo ordine monetario riguarda la
distribuzione del reddito tra paesi ricchi e paesi poveri e, all'interno di
ciascuno di essi tra ceti abbienti e ceti miserabili. è evidente che il
problema della distribuzione riguarda, condiziona ed è a sua volta condizionato
dall'ordine monetario e dal sistema dei cambi tra le diverse monete. Ho letto
in questi giorni un bel libro di Tommaso Padoa-Schioppa che sta per uscire
nelle librerie e che affronta queste questioni. Vi si possono trovare spunti
importanti e profondi che possono giovare alla comprensione ed anche all'azione
politica. Il dilemma per risolvere l'assetto delle monete e dei rapporti di
cambio è anche se affidare la guida del sistema che nascerà ad un organo
politico o ad istituzioni monetarie. Un democratico non avrebbe dubbi: ci vuole
un governo politico mondiale. Un realista sa però che l'idea di un impero
mondiale è futuribile all'infinito. Ne deriva che solo istituzioni monetarie
molto forti possono per ora assumersi il compito basando le loro decisioni su
automatismi che costringano gli interessi particolari dentro un quadro di
equilibri e di competitività. C'è molto da studiare e da lavorare. Queste cose
non si fanno per decreto legge. 15/03/2009 - 09:15
( da "Adnkronos" del 15-03-2009)
Argomenti: Cina Usa
Obama:
"La Cina può avere assoluta fiducia
nell'economia americana". Appello bipartisan per dialogo con Hamas Il
presidente Usa dopo le preoccupazioni espresse
dal premier cinese Wen Jiabao. E dalle pagine del Boston Globe il consigliere
economico Paul A.
Volcker e nove ex alti funzionari statunitensi, premono per verificare se il
gruppo islamico possa essere persuaso ad abbandonare le armi e ad entrare a far
parte di un pacifico governo palestinese commenta 0 vota 0 tutte le notizie di
ESTERI ultimo aggiornamento: 15 marzo, ore 10:20
( da "Reuters Italia" del 15-03-2009)
Argomenti: Cina Usa
WASHINGTON (Reuters)
- Il presidente americano Barack Obama ha smentito ieri che ci sia stata
frattura tra le 20 principali economie mondiali su come debba essere affrontata
la crisi finanziaria globale e ha rassicurato la Cina
sul fatto che i suoi investimenti negli Stati Uniti non sono in pericolo. Le
parole di Obama sono giunte dopo un incontro con il presidente brasiliano Luiz
Inacio Lula da Silva, che ha toccato anche diversi aspetti delle relazioni in
America Latina. "Non so da dove sia uscita questa idea che ci siano
divergenze che emergono al G20", ha detto Obama, riferendosi a notizie
riguardo dissensi tra Europa e Stati Uniti. "Non ci sono fazioni", ha
detto ai giornalisti nella Stanza Ovale. Washington ha insistito sulla spesa
pubblica per fronteggiare la crisi, mentre paesi come la Francia hanno posto
maggior enfasi su regole di mercato più rigide. Definendole "polemiche
sterili", Obama ha detto di essere anche lui a favore di una necessaria
riforma delle norme finanziarie. Obama ha anche rassicurato
la Cina che aveva espresso
preoccupazioni per i propri massicci investimenti in bond negli Usa. "Non solo il governo cinese ma
qualsiasi investitore può avere assoluta fiducia sullo stato di salute degli
investimenti negli Usa",
ha detto.
( da "AmericaOggi Online" del 15-03-2009)
Argomenti: Cina Usa
Il presidente
brasiliano Lula alla Casa Bianca. Confronto in chiave G20 Di Luciano Clerico
15-03-2009 WASHINGTON. La Cina sia tranquilla, i suoi investimenti in America sono sicuri, come
lo sono quelli degli investitori mondiali. Tutti possono avere "assoluta
fiducia" nella solidità dell'economia Usa. Il presidente americano, Barack Obama, ha replicato ieri così
alle perplessità espresse venerdì da Pechino circa la tenuta del sistema Usa. Nell'accogliere alla Casa
Bianca il presidente del Brasile, Luiz Inacio Lula da Silva, Obama ha
rassicurato tanto la Cina quanto tutti gli investitori
del mondo che l'economia americana, per quanto attraversata da venti di crisi,
resta "la più dinamica al mondo". Il vero problema, semmai, è
arrivare al più presto ad una stabilizzazione dei mercati e da questo punto di
vista il prossimo G20 una responsabilità oggettiva: mettere a punto regole
comuni per ripristinare la fiducia del mercati ed evitare che "quanto
successo oggi possa ripetersi in futuro". "Penso che non solo il governo
cinese, ma ogni investitore possa avere assoluta fiducia nella solidità degli
investimenti negli Stati Uniti" ha detto Obama nella conferenza stampa
congiunta tenuta con Lula nello Studio Ovale. È con questo spirito che Obama ha
accolto oggi alla Casa Bianca il presidente Lula, per un colloquio di quasi due
ore, al termine del quale i due presidenti hanno mostrato una pressoché totale
unità di intenti. La crisi economica è di proporzioni tali che il prossimo G20
di aprile sarà il più importante vertice che il mondo abbia avuto negli ultimi
anni. Stati Uniti e Brasile - hanno precisato i due leader - lo affronteranno
con un approccio e un intento comune: convincere i leader mondiali, dall'Europa
alla Cina, dall'India al Sudamerica, a convenire su
alcune regole finanziarie comuni affinché "quanto successo in questi mesi
non si ripeta più in futuro". Lula ha insistito sul fatto che il Brasile
al G20 chiederà una ripresa dei negoziati sul "Doha Round", cioé
sulle regole che governano i commerci del mondo. Obama ha invece insistito sul
fatto che "anche gli europei devono prendere alcune misure per stimolare
l'economia". Ma entrambi, Obama e Lula, si sono detti d'accordo su un
punto: per ridare stabilità ai mercati e ripristinare fiducia nei consumatori,
i governi del mondo hanno la responsabilità di accordarsi "su alcune
misure di coordinamento". Gli Stati Uniti - ha detto Obama - considerano
questo tema "prioritario e centrale" per il prossimo G20:
"Dobbiamo mettere a punto regole comuni. - ha affermato il presidente Usa - e nessuno sostiene in modo più vigoroso di me la
necessità di una riforma dei sistemi finanziari". Lula ha espresso a sua
volta la stessa posizione. Brasile e Usa sono pronti
non solo a iniziative comuni su ambiente e energia, ma anche ad affrontare
uniti il prossimo G20. "Siamo sinceramente convinti - ha concluso il
presidente brasiliano - che le decisioni del prossimo G20 possono risolvere le
crisi economiche in corso".
( da "Sicilia, La" del 15-03-2009)
Argomenti: Cina Usa
Emergenze di
Protezione civile un corso degli architetti Un corso base per la pianificazione
dell'emergenza di Protezione Civile é stato organizzato dall'Ordine degli
architetti agrigentino e prenderà il via domani, 16 marzo, alle ore 15, presso
la sala conferenze dello stesso Ordine. «Il Corso - spiega il presidente Rino
La Mendola - sarà tenuto da docenti del Servizio di
Agrigento del Dipartimento Regionale di Protezione Civile ed è finalizzato
all'aggiornamento dei volontari di Protezione Civile dell'Ordine, con
particolare riferimento alla redazione dei piani di protezione civile. Sono
previste anche quattro esercitazioni pratiche». Il Corso sarà presentato dallo
stesso La Mendola ed avrà come docenti l'ing. Maurizio Cimino, dirigente
del servizio agrigentino della Protezione Civile regionale, l'ing. Giuseppe Di
Miceli, dirigente della Unità Operativa di Base XXI dello stesso Servizio.
«Destinatari del Corso - aggiunge il presidente degli architetti - sono gli
iscritti al Dipartimento per il volontariato di protezione civile dell'Ordine
(massimo 70 partecipanti, per ragioni logistiche) e gli iscritti allo stesso
Ordine che intendano aderire al suddetto Dipartimento. Hanno diritto di
precedenza i volontari che hanno partecipato al progetto Hyperion; a seguire,
con riserva di posto, potranno partecipare i rimanenti iscritti al Dipartimento
e quindi gli architetti che intendano iscriversi a tale dipartimento. Gli
interessati potranno iscriversi seguendo le apposite note informative sul sito
dell'Ordine www.ag.archiworld.it). La durata del corso é di 60 ore con
conclusione lunedì 8 giugno 2009). S.F.
( da "Gazzettino, Il (Vicenza)" del 15-03-2009)
Argomenti: Cina Usa
Protezione civile,
un modello per l'Italia Sedicimila volontari con reparti cinofili, subacquei,
radioamatori, sanitari, a cavallo, antincendio e calamità naturali. Anche nel
Vicentino il servizio è cresciuto Domenica 15 Marzo 2009, Un po' tutti si
aspettavano un'inaugurazione solenne, ma anche festosa, del 10° meeting che ha
caratterizzato la tre giorni di celebrazioni (dal 13 marzo ad oggi) dei
volontari della Protezione Civile. Ed infatti così è stato, in una Lonigo
gremita dalle divise e dalle bandiere del dipartimento e delle forze di
pubblica sicurezza. Il battesimo ufficiale, al Parco Ippodromo della cittadina
vicentina, è avvenuto ieri, alla presenza del presidente della Regione Veneto Giancarlo
Galan e dell'assessore Regionale alla Protezione Civile Elena Donazzan. Le più
di 3000 persone presenti, hanno accolto i rappresentanti della Regione in un
clima di festa. «Sono orgoglioso di festeggiare con voi 10 anni di attività
regionale e 25 anni di impegno nazionale», ha sottolineato Galan, «il servizio
di protezione civile è un servizio nazionale e mi auguro che il Veneto continui
ad essere modello di eccellenza per le altre regioni». Parole condivise anche
dall'assessore. «La nostra Regione è la prima in Italia per numero di volontari
e di associazioni», ha aggiunto Donazzan, «questo è il luogo d'incontro
operativo di un patrimonio inestimabile che opera per intervenire nelle
emergenze e per questo abbiamo deciso di potenziare un sistema che ha un così
alto senso di responsabilità». L'evento ha fatto incontrare i vari gruppi
regionali - composti da più di 16mila volontari - che lavorano nel Veneto, tra
cinofili, subacquei, radioamatori, reparti sanitari, reparti a cavallo, reparti
per interventi antincendio boschivo e generici per calamità naturali,
esondazioni e terremoti. Numerosi gli appuntamenti, a cominciare dalle
olimpiadi delle Protezione Civile, con le gare tra le diverse specialità dei
vari settori, e dalle esercitazioni pubbliche (proprio oggi verrà simulato un
incidente stradale con sospetta contaminazione ambientale). E al meeting c'è
stato anche lo spazio per un primo bilancio a livello provinciale. «Parallelamente alla crescita del Meeting vorrei segnalare come si
sia registrata un'analoga crescita del Servizio di Protezione Civile della
Provincia», ha spiegato l'assessore provinciale alla Protezione Civile Marcello
Spigolon. Nel
( da "Gazzettino, Il" del 15-03-2009)
Argomenti: Cina Usa
«La
Protezione civile non farà mai le ronde per la Regione» Il governatore al
meeting di Lonigo. «L'emergenza sul territorio è una cosa, la sicurezza
un'altra» Domenica 15 Marzo 2009, Vicenza «Meglio che la Protezione Civile
presidi il territorio, le ronde sono un'altra cosa». È lo stesso governatore del
Veneto, Giancarlo Galan, a fugare ogni dubbio sul fatto di allargare le
funzioni dei volontari del dipartimento per le emergenze al pattugliamento
notturno delle strade. Il dibattito sulla questione, già chiarito, qualche settimana
fa, dalla Protezione Civile nazionale che ha definito le ronde "estranee
al nostro ruolo ed alle competenze", è tornato in questi giorni a livello
veneto. L'occasione si è presentata durante i tre giorni del meeting regionale
della Protezione Civile (nella foto, la sfilata) che si conclude oggi a Lonigo,
in provincia di Vicenza. «Nei casi di pubbliche emergenze e di disagi è
fondamentale la presenza della Protezione Civile nel territorio», ha spiegato
ieri Galan a margine dell'inaugurazione dell'evento, «ma di certo i volontari
della Protezione non possono diventare la ronda ufficiale della Regione
Veneto». Piuttosto, la presenza degli uomini impegnati a cercare di risolvere
gli allarmi di qualsiasi tipo, può servire come deterrente in certe circostanze
che potrebbero rivelarsi critiche anche sotto il profilo della sicurezza. «In
questo senso», ha sottolineato l'assessore Regionale alla sicurezza Massimo
Giorgetti, «la Protezione Civile non vuol dire solo emergenza ma anche
prevenzione, e il grado di formazione dei suoi volontari è sicuramente il
modello in positivo di quello che dovrebbero essere le ronde». L'alto grado di
preparazione dei 16mila volontari di tutto il Veneto, che a Lonigo hanno
celebrato il loro decennale, è stato sottolineato anche dall'assessore
regionale alla Protezione Civile Elena Donazzan. «In 10 anni la Protezione
Civile è cresciuta non solo in termini numerici ma anche dal punto di vista
della formazione, per cui abbiamo deciso di potenziare un sistema che ha un
così alto senso di responsabilità». Le novità, per il dipartimento Veneto, non
riguardano solo l'incremento dei finanziamenti. L'assessore Donazzan ha infatti
anche annunciato la messa in funzione del nuovo Centro Funzionale Decentrato,
una struttura-tecnico scientifica di supporto al sistema di gestione emergenze
del Veneto. Da oggi, inoltre, tutti gli uomini della Protezione Civile del
Veneto avranno a disposizione una tessera identificativa elettronica. E al
meeting la prima "card" è stata consegnata proprio a Giancarlo Galan.
Pietro Rossi
( da "Mattino, Il (Nazionale)" del 15-03-2009)
Argomenti: Cina Usa
La
Cina sia
tranquilla, i suoi investimenti in America sono sicuri, come lo sono quelli
degli investitori mondiali. Tutti possono avere «assoluta fiducia» nella
solidità dell'economia Usa. Il presidente americano, Barack Obama,
ha replicato così alle perplessità espresse da Pechino circa la tenuta del
sistema Usa. Nell'accogliere alla Casa Bianca
il presidente del Brasile, Luiz Inacio Lula da Silva, Obama ha rassicurato
tanto la Cina quanto tutti gli investitori del mondo che
l'economia americana, per quanto attraversata da venti di crisi, resta «la più
dinamica al mondo». Il vero problema, semmai, è arrivare al più presto a una
stabilizzazione dei mercati e da questo punto di vista il prossimo G20 una
responsabilità oggettiva: mettere a punto regole comuni per ripristinare la
fiducia del mercati ed evitare che «quanto successo oggi possa ripetersi in
futuro». «Penso che non solo il governo cinese, ma ogni investitore possa avere
assoluta fiducia nella solidità degli investimenti negli Stati Uniti» ha detto
Obama nella conferenza stampa congiunta tenuta con Lula nello Studio Ovale.