CENACOLO  DEI COGITANTI

PRIMA PAGINA

TUTTI I DOSSIER

CRONOLOGICA


Report "Globalizzazione"   15-3-2009


Indice degli articoli

Sezione principale: Globalizzazione

Debito Usa, Obama rassicura la Cina ( da "Stampa, La" del 15-03-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: impegno per ridurre della metà il deficit entro quattro anni Debito Usa, Obama rassicura la Cina [FIRMA]FRANCESCO SEMPRINI NEW YORK Sul campo neutro di Horsham, gli Stati Uniti cercano di chiudere la partita con la Cina rassicurando Pechino dopo le preoccupazioni avanzate dal premier Wen Jiabao sulla affidabilità del debito americano.

Accorpiamo le aziende in 50 gruppi ( da "Gazzetta di Modena,La" del 15-03-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: pagare i primi effetti negativi della globalizzazione - ha spiegato - Le banche in questo processo devono saper interagire con il mondo ed essere presenti fuori dai confini nazionali per poter accompagnare gli imprenditori. Nel nostro Paese è più importante il ritardo competitivo che la crisi, se non ci mettiamo in pari, ci resteremo in mezzo più a lungo anche quando questa finirà»

Suzzara: incontro sui saperi ( da "Gazzetta di Mantova, La" del 15-03-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: educazione del futuro «7 incontri per 7 saperi» organizzati dall'Istituto «Manzoni» di Suzzara in collaborazione l'Istituzione «Città di Suzzara» e la Coop consumatori nordest. Sabato 28 marzo alle ore 10.40, nell'aula magna si parlerà di «Effetti della Globalizzazione» con il prof. Massimo Soliani, docente del «Manzoni».

Sergio Marini ( da "Stampa, La" del 15-03-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Crollano uno alla volta i miti della prima globalizzazione e riassumono centralità i valori veri dell'agire di ciascuno di noi: la responsabilità, l'affidabilità, l'etica dei comportamenti. E poi si recupera pienamente la dimensione dell'identità dei territori». \

Nuove misure contro la crisi non ce ne sono, ma almeno sappiamo che l'epoca della finanza srego... ( da "Stampa, La" del 15-03-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: bisogno di riforme perché una crisi come questa non accada mai più» riassume al termine del G-20 il ministro del Tesoro Usa Tim Geithner, e quello che si farà comporta un'ampia autocritica da parte del suo paese. A Giulio Tremonti pare emblematica la frase che ha trovato in un documento portato dalla Cina: «Finora si pensava che il miglior modo di fare regole fosse di farne poche;

Tremonti: Sulla crisi musica comune Ue-Usa ( da "Arena, L'" del 15-03-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: il presidente Usa, Barack Obama, ha tranquillizzato sia la Cina che il mondo intero sul fatto che gli investimenti finanziari in America sono sicuri: tutti possono avere «assoluta fiducia» nella solidità dell'economia Usa. Il problema, ha detto Obama, è semmai arrivare al più presto a una stabilizzazione dei mercati e in punto di vista il prossimo G20 una responsabilità oggettiva:

Unità sul piano Obamala vera sfida degli Usa ( da "Secolo XIX, Il" del 15-03-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: mettendo il governo in posizione subordinata in politica estera verso quei Paesi (vedi la Cina) che detengono rilevanti quote del debito pubblico contratto da Washington. Il rischio esiste. Ma questa posizione sconta un approccio conservatore, proprio nel Paese che ha fatto della libertà e della possibilità di accesso a un futuro migliore la propria bandiera.

"pronti a tutto per rilanciare la crescita" - elena polidori ( da "Repubblica, La" del 15-03-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: India e Cina, i cosiddetti paesi Bric, in una loro nota, chiedono di rifinanziare le risorse del Fmi. L´accordo alla fine si trova: l´aumento dei fondi potrebbe avvenire con supporti bilaterali e con la revisione delle quote. Il quantum verrà deciso dai capi di Stato e di governo, il 2 aprile, precisa Alistair Darling,

america e cina il mondo deve ripartire da due - federico rampini ( da "Repubblica, La" del 15-03-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Cina il mondo deve ripartire da due G2 la copertina Il capo e il vicecapo della Banca mondiale lo hanno affermato nero su bianco: "Solo Washington e Pechino possono indicare la via d´uscita da questa crisi" Giornali finanziari, autorevoli riviste, prestigiosi intellettuali concordano E mentre gli esperti di economia e di finanza dei due Paesi cercano di imparare gli uni dagli altri,

un supervertice per salvare il mondo - vittorio zucconi ( da "Repubblica, La" del 15-03-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: La crisi globale impone il condominio di Usa e Cina, le due maggiori potenze finanziarie VITTORIO ZUCCONI SWASHINGTONintomo infallibile dei momenti di paura e di confusione, l´epidemia di "verticite" che sta colpendo la diplomazia internazionale e invadendo giornali e teleschermi è la prova dell´impotenza dei governi nazionali di fronte a problemi ormai troppo più grandi di loro.

Il Papa da martedì in Africa <Stop a guerre e ingiustizie> ( da "Eco di Bergamo, L'" del 15-03-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: osservando che rimane perfino «ai margini della globalizzazione». La scelta di Camerun e Angola diventa in qualche modo simbolica. Il Camerun è il cuore dell'Africa, dove già Giovanni Paolo II era andato nel 1995 a consegnare ai vescovi del continente l'Esortazione, quella volta post-sinodale, della prima assemblea speciale per l'Africa.

studenti a scuola d'emergenza ( da "Messaggero Veneto, Il" del 15-03-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Appena compirò 18 anni prenderò la tessera della Protezione civile». Per Rita De Marchi, dell'Isa "Galvani" di Cordenons: «Sono al terzo stage con la Protezione e mi piace tantissimo - è la decana della formazione da Rambo provinciale - e ho la tessera dei volontari. E' straordinario il clima di collaborazione che si crea, anche con persone mai conosciute».

Chi guida il fronte anti-Giulio ( da "Riformista, Il" del 15-03-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: una proposta per governare modernità e globalizzazione. Chi pensa che la globalizzazione vada fermata per superare la crisi sbaglia di grosso». In secondo luogo, Passera è - nella sua generazione - quella dei nati negli anni Cinquanta, l'unico possibile erede della tradizione istituzionale e di tenuta del potere dei Cesare Geronzi, Giovanni Bazoli e Giuseppe Guzzetti,

Aspettando il primo G20 di Obama ( da "Riformista, Il" del 15-03-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: le crescenti divergenze tra Usa e Europa sulle priorità nella crisi e il ruolo del « G2 », cioè il rapporto tra Cina e Stati Uniti. Nelle dichiarazioni dalle due sponde dell'Atlantico emerge che gli Usa (e in subordine il Regno Unito) danno priorità alle misure immediate per uscire dalla crisi, sia stimoli fiscali che sostegno al sistema finanziario.

Il futuro si deciderà nel Secondo Mondo ( da "Riformista, Il" del 15-03-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: e della Cina maoista. Tra questi ce n'era uno che sta velocemente emergendo come il più brillante politologo della sua generazione, con una capacità di visione (e un po' di ambizone) sufficiente a fargli intitolare il suo prossimo libro "How to run the world", come governare il mondo: si chiama Paragh Khanna,

IN DIVERSE occasioni Papa Benedetto XVI ha esortato di vivere con "sobriet&#... ( da "Resto del Carlino, Il (Ancona)" del 15-03-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: egoismo della globalizzazione". Un ragazzo, liceale, del Fermano ha pensato bene di seguire le parole del Papa invitando parenti ed amici oggi, alle 16,45 nel Santuario di Campocavallo di Osimo, l'unica chiesa nelle Marche dove si celebra regolarmente nell'antico rito latino, alla Santa Messa, in canto gregoriano, per festeggiare il suo diciottesimo compleanno.

ROMA In settembre ottobre il problema era la liquidità, un problema finanziario,... ( da "Messaggero, Il" del 15-03-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: e quelli delle maggiori economie emergenti, dalla Cina, alla Russia, al Brasile, all'India, al Sudafrica, si sono riuniti in Inghilterra per mettere a punto interventi che saranno deliberati dal vertice di Londra del 2 aprile, quando gli stessi venti paesi saranno rappresentati dai loro capi di Stato e di governo.

Se il ceto medio diventa populista ( da "Corriere della Sera" del 15-03-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: la globalizzazione? A chiedere protezioni a lasciarsi sedurre da messaggi populisti? Un primo test critico si avrà fra un paio di mesi, con le elezioni per il Parlamento di Strasburgo. Dopo l'estate ci saranno altri due appuntamenti importanti: le elezioni tedesche e il nuovo referendum irlandese sul Trattato di Lisbona.

Il dibattito C'è la... ( da "Giornale.it, Il" del 15-03-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: tanto più in una società globalizzata come la nostra in cui ormai da tempo il lavoratore extracomunitario ha assunto una serie di mansioni che i giovani del Bel Paese non vogliono più svolgere? Il dibattito è più che mai aperto. Quello che è accaduto un mese e mezzo fa in Inghilterra, la protesta degli operai britannici di Total contro i colleghi italiani arrivati dalla Sicilia,

No Obama, no party ( da "Stampa, La" del 15-03-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Cin-cin, e davanti a una flûte di champagne il maxistimolo appare più digeribile, anche ai deputati e ai senatori repubblicani, invitati con larghezza dalla Prima Famiglia. Benvenuto, tra gli altri, anche al giudice della Corte Suprema Samuel Alito, di nomina bushiana e tra i più attivi presenzialisti.

L'atomica cinese ( da "AprileOnline.info" del 15-03-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: gli Usa iniettano denaro pubblico con una sorta di New Deal sulla cui efficacia, e soprattutto sostenibilità, è lecito avere qualche dubbio; la Cina, e più in generale l'Asia orientale, fa il possibile per sostenere le esportazioni, e l'Europa punta, in vario modo, sul mercato interno, con misure di rafforzamento degli ammortizzatori sociali e del potere d'

L'etica dei prefetti e le regole di Bretton Woods ( da "Borsa(La Repubblica.it)" del 15-03-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: nuovo Gruppo fanno parte la Cina, l'India, il Brasile, il Sudafrica ed altre potenze emergenti. Analogo allargamento è stato effettuato dal "Financial Stability Forum" presieduto da Mario Draghi. Il Fondo monetario internazionale si appresta a sua volta ad accrescere le quote di partecipazione dei paesi emergenti e a far entrare tra i soci quei paesi che finora ne sono stati esclusi.

Obama: "La Cina può avere assoluta fiducia nell'economia americana". Appello bipartisan per dialogo con Hamas ( da "Adnkronos" del 15-03-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Obama: "La Cina può avere assoluta fiducia nell'economia americana". Appello bipartisan per dialogo con Hamas Il presidente Usa dopo le preoccupazioni espresse dal premier cinese Wen Jiabao. E dalle pagine del Boston Globe il consigliere economico Paul A.

Obama smentisce contrasti in G20 e rassicura la Cina ( da "Reuters Italia" del 15-03-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Obama ha anche rassicurato la Cina che aveva espresso preoccupazioni per i propri massicci investimenti in bond negli Usa. "Non solo il governo cinese ma qualsiasi investitore può avere assoluta fiducia sullo stato di salute degli investimenti negli Usa", ha detto.

Il presidente brasiliano Lula alla Casa Bianca. Confronto in chiave G20 ( da "AmericaOggi Online" del 15-03-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: La Cina sia tranquilla, i suoi investimenti in America sono sicuri, come lo sono quelli degli investitori mondiali. Tutti possono avere "assoluta fiducia" nella solidità dell'economia Usa. Il presidente americano, Barack Obama, ha replicato ieri così alle perplessità espresse venerdì da Pechino circa la tenuta del sistema Usa.

Emergenze di Protezione civile un corso degli architetti ( da "Sicilia, La" del 15-03-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: sarà tenuto da docenti del Servizio di Agrigento del Dipartimento Regionale di Protezione Civile ed è finalizzato all'aggiornamento dei volontari di Protezione Civile dell'Ordine, con particolare riferimento alla redazione dei piani di protezione civile. Sono previste anche quattro esercitazioni pratiche». Il Corso sarà presentato dallo stesso La Mendola ed avrà come docenti l'ing.

Protezione civile, un modello per l'Italia ( da "Gazzettino, Il (Vicenza)" del 15-03-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: Parallelamente alla crescita del Meeting vorrei segnalare come si sia registrata un'analoga crescita del Servizio di Protezione Civile della Provincia», ha spiegato l'assessore provinciale alla Protezione Civile Marcello Spigolon. Nel 2008, in provincia di Vicenza, sono state effettuate, per emergenze e grandi eventi, 12 attivazioni che hanno coinvolto 78 associazioni e 600 volontari;

La Protezione civile non farà mai le ronde per la Regione ( da "Gazzettino, Il" del 15-03-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: «La Protezione civile non farà mai le ronde per la Regione» Il governatore al meeting di Lonigo. «L'emergenza sul territorio è una cosa, la sicurezza un'altra» Domenica 15 Marzo 2009, Vicenza «Meglio che la Protezione Civile presidi il territorio, le ronde sono un'altra cosa».

LA CINA SIA TRANQUILLA, I SUOI INVESTIMENTI IN AMERICA SONO SICURI, COME LO SONO QUELLI DEGLI INVEST... ( da "Mattino, Il (Nazionale)" del 15-03-2009)
Argomenti: Cina Usa

Abstract: La Cina sia tranquilla, i suoi investimenti in America sono sicuri, come lo sono quelli degli investitori mondiali. Tutti possono avere «assoluta fiducia» nella solidità dell'economia Usa. Il presidente americano, Barack Obama, ha replicato così alle perplessità espresse da Pechino circa la tenuta del sistema Usa.


Articoli

Debito Usa, Obama rassicura la Cina (sezione: Globalizzazione)

( da "Stampa, La" del 15-03-2009)

Argomenti: Cina Usa

INCONTRO RISERVATO AL G20 TRA GEITHNER E IL SUO COLLEGA ASIATICO Washington ribadisce l'impegno per ridurre della metà il deficit entro quattro anni Debito Usa, Obama rassicura la Cina [FIRMA]FRANCESCO SEMPRINI NEW YORK Sul campo neutro di Horsham, gli Stati Uniti cercano di chiudere la partita con la Cina rassicurando Pechino dopo le preoccupazioni avanzate dal premier Wen Jiabao sulla affidabilità del debito americano. A scendere in campo è il segretario al Tesoro, Timothy Geithner che a margine dei lavori del G-20 incontra il collega cinese Xie Xuren, nel corso di un riservatissimo faccia a faccia organizzato poco prima della conferenza stampa al South Lodge Hotel. Superato l'imbarazzo iniziale e la diffidenza del ministro cinese, memore delle accuse di Geithner sulle presunte «manipolazioni dello yuan», i due colleghi hanno affrontano in un clima di cordialità la questione del debito. «E' stato un incontro molto positivo», dice il capo del Tesoro che ha garantito sulla solidità dell'economia americana. «Stati Uniti e Cina hanno molto in comune», prosegue Geithner, ribadendo che il sistema finanziario americano rimane «il più sicuro e il più liquido del mondo». Sulla questione è intervenuto il presidente Barack Obama dicendo che Pechino deve avere «assoluta fiducia» nell'economia statunitense. «Non solo la Cina, ma tutti gli investitori possono avere assoluta fiducia nell'economia americana», dice Obama durante la conferenza stampa congiunta col presidente del Brasile, Luiz Inacio Lula da Silva. Mentre il portavoce del Tesoro, Heather Wong, spiega che il presidente Obama sta prendendo tutte le misure necessarie atte a garantire la sostenibilità fiscale del Paese, compresa la riduzione del deficit della metà nei prossimi quattro anni. «Il presidente sta affrontando problemi a lungo ignorati per garantire agli Stati Uniti di diventare più forti di prima». Sebbene non sia arrivato alcun commento ufficiale da parte cinese, sembra che Geithner sia riuscito nel suo intento anche grazie al ritrovato ottimismo dopo la strigliata ricevuta da Obama prima della partenza, che lo ha ripreso per l'eccessivo negativismo mostrato in patria. Il capo de Tesoro si dice soddisfatto sul consenso «senza precedenti» raggiunto dai G-20 per un'azione comune contro la crisi e ribadisce «la necessità di una rapida azione aggressiva e coordinata, oltre a una cornice comune per cambiare le regole». Plaude alla convergenza sul rafforzamento delle istituzioni internazionali, Fmi e Banca Mondiale, e all'ampliamento del Financial Stability Forum, «perché elevarne il ruolo significa dotare l'economia globale, assieme alle istituzioni di Bretton Woods, di organismi capaci di regolare i mercati finanziari». Annuncia infine «l'arrivo di una nuova cornice di regole da parte del governo americano con l'obiettivo di promuovere il cambiamento globale verso standard più elevati». «Come ha già spiegato il presidente Obama - dice - il governo federale userà tutti i poteri a sua disposizione per fare in modo che le principali banche americane tornino a funzionare a pieni regimi erogando prestiti a famiglie e imprese». Il raddoppio arriva da Washington dove Obama, smentendo le voci di una spaccatura del G-20 tra Paesi sviluppati e in via di sviluppo sulle strategie anti-crisi, sottolinea che «il primo e centrale» nodo del summit dei capi di stato e di governo ad aprile sarà la stesura di «regole finanziarie comuni». E di questo ha discusso con Lula, primo leader latino-americano incontrato dall'inizio del mandato, affrontando anche la questione dei biocombustibili, il nodo del commercio nell'ambito del Wto, e la cooperazione regionale in vista del vertice panamericano di Trinidad.

Torna all'inizio


Accorpiamo le aziende in 50 gruppi (sezione: Globalizzazione)

( da "Gazzetta di Modena,La" del 15-03-2009)

Argomenti: Cina Usa

Bellei e Unicredit «Accorpiamo le aziende in 50 gruppi» «Perché non trasformare in 50 gruppi le 170 imprese individuali entro dicembre?» è questa la proposta lanciata dal vicepresidente di Unicredit Group durante il convegno di ieri mattina a Confindustria Ceramica. Nel suo intervento, Franco Bellei, modenese, ha ripercorso la situazione economica dal punto di vista bancario. «Abbiamo iniziato a pagare i primi effetti negativi della globalizzazione - ha spiegato - Le banche in questo processo devono saper interagire con il mondo ed essere presenti fuori dai confini nazionali per poter accompagnare gli imprenditori. Nel nostro Paese è più importante il ritardo competitivo che la crisi, se non ci mettiamo in pari, ci resteremo in mezzo più a lungo anche quando questa finirà». Secondo Bellei sono state le fusioni carta su carta che hanno permesso al suo gruppo di crescere e fare sinergie. «Sarebbe un modo, anche per il settore ceramico, per crescere senza buttare fuori denaro dal sistema - ha rilanciato - bisognerebbe iniziare a ragionare con quali partner si potrebbero creare sinergie. Chi è che fa resistenza? Noi le fusioni le abbiamo fatte nonostante i dirigenti». (chiara dini)

Torna all'inizio


Suzzara: incontro sui saperi (sezione: Globalizzazione)

( da "Gazzetta di Mantova, La" del 15-03-2009)

Argomenti: Cina Usa

Suzzara: incontro sui saperi SUZZARA. Prosegue il ciclo di conferenze sui saperi necessari all'educazione del futuro «7 incontri per 7 saperi» organizzati dall'Istituto «Manzoni» di Suzzara in collaborazione l'Istituzione «Città di Suzzara» e la Coop consumatori nordest. Sabato 28 marzo alle ore 10.40, nell'aula magna si parlerà di «Effetti della Globalizzazione» con il prof. Massimo Soliani, docente del «Manzoni».

Torna all'inizio


Sergio Marini (sezione: Globalizzazione)

( da "Stampa, La" del 15-03-2009)

Argomenti: Cina Usa

domande a Sergio Marini 3Presidente Marini perché un G8 degli agricoltori? «Perché si avverte forte l'esigenza di ripartire dall'economia reale dopo i danni provocati dall'ubriacatura finanziaria degli ultimi anni. Il G8 agricolo è un riconoscimento del ruolo strategico del settore che deve tradursi in regole nuove che ne riconoscano la specificità anche nel commercio perché il cibo non è una commodity». Che ruolo può giocare l'Italia? «Siamo il Paese che ha scelto un modello di sviluppo agricolo fondato sul legame con il territorio e con la tipicità che ha permesso di conquistare la leadership mondiale nella qualità alimentare. Questa è la strada da seguire». Come uscirà l'agricoltura da questa crisi economica mondiale? «Penso che questa crisi, dai connotati inediti, potrebbe avere per le nostre imprese anche un carattere salutare. Crollano uno alla volta i miti della prima globalizzazione e riassumono centralità i valori veri dell'agire di ciascuno di noi: la responsabilità, l'affidabilità, l'etica dei comportamenti. E poi si recupera pienamente la dimensione dell'identità dei territori». \

Torna all'inizio


Nuove misure contro la crisi non ce ne sono, ma almeno sappiamo che l'epoca della finanza srego... (sezione: Globalizzazione)

( da "Stampa, La" del 15-03-2009)

Argomenti: Cina Usa

Nuove misure contro la crisi non ce ne sono, ma almeno sappiamo che l'epoca della finanza sregolata è finita. «C'è un forte consenso sul bisogno di riforme perché una crisi come questa non accada mai più» riassume al termine del G-20 il ministro del Tesoro Usa Tim Geithner, e quello che si farà comporta un'ampia autocritica da parte del suo paese. A Giulio Tremonti pare emblematica la frase che ha trovato in un documento portato dalla Cina: «Finora si pensava che il miglior modo di fare regole fosse di farne poche; adesso è l'opposto». I propositi concordati ieri sono ambiziosi. Saranno sottoposte a vigilanza le agenzie di rating, che certificavano per ottimi i titoli «tossici»; le banche globalizzate saranno sottposte a collegi di vigilanza multinazionali, e non potranno più assumere rischi fuori bilancio; gli hedge funds dovranno registrarsi e fornire informazioni sui loro investimenti; si metterà un freno agli eccessivi compensi dei manager della finanza; si prenderanno contromisure a carico dei paesi che funzionano come «paradisi fiscali» o legali. Con la riunione di ieri di ministri dell'Economia e banchieri centrali, in un albergo della campagna inglese, il G-20 si afferma definitivamente come il principale organo di governo del pianeta. Spiacerà all'Italia, che del G-7/G-8 quest'anno è presidente di turno, ma è la nuova realtà del mondo. Nel G-20 ci sono Cina, India, Brasile, Sudafrica, Arabia Saudita, Messico, Turchia; in realtà i governi rappresentati ieri a contar bene erano 21, più la Commissione europea; insieme assommano circa l'80% dell'economia mondiale. Lo scopo era di preparare il vertice dei capi di Stato e di governo, il 2 aprile a Londra. A quella data si rinvia una decisione urgente, stabilire i nuovi soccorsi ai paesi in difficoltà, sotto forma di rifinanziamento del Fondo monetario internazionale. Si parla di andare oltre un raddoppio dei fondi. Ma chi ha più capitali in cassaforte, la Cina, rifiuta un contributo straordinario. Frattanto si è concordato di riformare il Fmi, dando più potere ai paesi emergenti. Finisce la prassi per cui a dirigerlo era sempre un europeo, e a presiedere la Banca mondiale un americano: ora «selezione aperta basata sul merito». E dai guai in cui siamo, come usciremo fuori? «Sarà un processo lungo» ammette il governatore della Banca d'Italia Mario Draghi: nemmeno per il 2 aprile occorre attendersi «decisioni risolutive». Nella riunione di ieri, Geithner ha percepito «l'impressione che la velocità di caduta dell'economa stia rallentando». Lo scenario peggiore, quello della deflazione (prolungata caduta dei prezzi) «non è l'ipotesi principale che ci ha fatto il Fondo monetario nel suo rapporto» precisa a sua volta Draghi. La formula retorica del G-20 è «Siamo pronti a tutte le misure necessarie per ritornare alla crescita». Senza rimettere in piedi le banche, specie statunitensi e britanniche, non si andrà da nessuna parte. Parlando in qualità di presidente del Forum per la stabilità finanziaria (Fsf, nelle parole di Geithner ora una istituzione chiave, accanto a Fmi, Banca mondiale e Wto) Draghi ha ipotizzato che la direzione in cui muoversi sia un quadro di garanzie complessive ai crediti; garanzie pubbliche, a somiglianza del reddito che si assicura a chi resta disoccupato. Nelle linee guida per risanare la finanza, un documento di tre pagine pure approvato dal G-20, si concorda tra l'altro che la ripulitura dai titoli tossici sarà condotta con criteri omogenei fra i vari paesi, e trasparenti. Ma qui il tassello principale è che cosa decideranno gli Usa. Forse si saprà qualcosa di più in settimana.

Torna all'inizio


Tremonti: Sulla crisi musica comune Ue-Usa (sezione: Globalizzazione)

( da "Arena, L'" del 15-03-2009)

Argomenti: Cina Usa

Domenica 15 Marzo 2009 NAZIONALE Pagina 2 VERSO IL G20. Clima disteso fra il responsabile di via XX Settembre e il governatore Draghi: «È partito il cammino che porterà alle nuove regole mondiali» Tremonti: «Sulla crisi musica comune Ue-Usa» Il ministro dell'Economia: «Necessari gli stimoli, ma senza dimenticare la sostenibilità dei conti» BARACK OBAMA HORSHAM Alla riunione del G20 le tensioni sembrano ricomporsi, sia quelle all'estero che quelle di matrice tutta italiana: tra Europa e Usa c'è una musica comune anche se il cammino per arrivare a un accordo su nuove misure e regole è lungo. Sono queste le impressioni sull'incontro preparatorio del vertice di Londra del 2 aprile che hanno trovato concordi il ministro dell'Economia Giulio Tremonti e il governatore della Banca d'Italia Mario Draghi. A Horsham, nel West Sussex, Tremonti e Draghi hanno superato ieri le tensioni sorte dopo i botta e risposta dei giorni scorsi sulla funzione dei prefetti nel monitoraggio del credito locale; e non hanno concesso spazio ai temi nazionali. E nonostante le premesse di tensioni tra Europa e Usa, «la grande armonia» è un tratto che ha caratterizzato anche le discussione dei 20 Grandi del mondo, ha detto Tremonti: «Con note diverse, ma c'è una musica comune» tra europei e americani. La posizione europea è uniforme: «certo sono necessari gli stimoli», ha detto il ministro, «ma senza perdere come riferimento la sostenibilità di lungo termine». Importante, secondo Tremonti, anche il fatto che sia «partito il motore di ricerca verso degli standard di regole e di principi, anche se non si sa quando questo finirà». «Il lavoro è lungo», gli ha fatto eco Draghi, secondo il quale tuttavia il prossimo vertice dei capi di Stato e di governo del G20 «non sarà la fine del percorso». Perchè, a suo parere, i processi internazionali «sono cose che richiedono tempo, si tratta di cambiare ordinamenti con cui conviviamo da molto tempo». Il vero problema della congiuntura mondiale, a questo punto, secondo Tremonti «si chiama export, che in tutto il mondo si è piantato», ha aggiunto. «E senza export non c'è stimolo che tenga». Draghi ha quindi spiegato che gran parte delle discussioni si sono incentrate sul problema della fiducia e sui passi necessari per ripristinarla. Tre le tappe fondamentali indicate dal governatore: la ricostruzione del sistema bancario, l'adozione di valori certi, uniformi e coerenti con regole comuni sugli asset tossici e poi l'adozione di politiche di bilancio per evitare la crescita della disoccupazione, affinchè questa non si traduca in un calo ulteriore della domanda. Dall'altra parte del mondo, a Washington, ricevendo il presidente brasiliano Lula da Silvia, il presidente Usa, Barack Obama, ha tranquillizzato sia la Cina che il mondo intero sul fatto che gli investimenti finanziari in America sono sicuri: tutti possono avere «assoluta fiducia» nella solidità dell'economia Usa. Il problema, ha detto Obama, è semmai arrivare al più presto a una stabilizzazione dei mercati e in punto di vista il prossimo G20 una responsabilità oggettiva: mettere a punto regole comuni per ripristinare la fiducia del mercati ed evitare che «quanto successo oggi possa ripetersi in futuro». La crisi economica è di proporzioni tali che il prossimo G20 di aprile sarà il più importante vertice che il mondo abbia avuto negli ultimi anni. Stati Uniti e Brasile - hanno precisato i due leader -vogliono convincere i leader mondiali a convenire su alcune regole finanziarie comuni, affinchè «quanto successo in questi mesi non si ripeta più in futuro». Lula ha insistito sul fatto che il Brasile al G20 chiederà una ripresa dei negoziati sulle regole che governano i commerci del mondo. Obama ha invece insistito sul fatto che «anche gli europei devono prendere misure per stimolare l'economia».  

Torna all'inizio


Unità sul piano Obamala vera sfida degli Usa (sezione: Globalizzazione)

( da "Secolo XIX, Il" del 15-03-2009)

Argomenti: Cina Usa

Unità sul piano Obamala vera sfida degli Usa Alessandro Leto È costume cominciare a chiedere conto del suo operato a un presidente neo eletto dopo i primi cento giorni, soprattutto negli Usa dove questa consuetudine è cominciata. Ma approfittando della mia presenza laggiù ho avuto modo di percepire le passioni che animano certi ambienti, autenticamente popolari alcuni e legati a una rarefatta e sofisticata enclave istituzionale e finanziaria gli altri, dopo appena cinquanta giorni. Considerando l'unicità del momento, mi è sembrato interessante ragionare sulle sensazioni espresse in àmbiti così diversi sul gradimento di Barack Obama e della sua politica. Il momento è senza precedenti negli ultimi decenni per difficoltà economiche e pericoli conseguenti, e senza precedenti è anche la presenza del primo presidente afroamericano, giunto alla Casa Bianca sull'onda di un sostegno diffuso e trasversale, costruito proprio sulla promessa di realizzare cambiamenti radicali nella vita media degli americani. Il loro tipico pragmatismo si esprime in questa fase iniziale del suo mandato, alimentando due attese distinte e chiaramente inconciliabili fra loro. Una parte della popolazione, spaventata e colpita nella propria quotidianità dagli effetti di una crisi da lungo tempo annunciata, attende con ansia che gli effetti delle politiche di rilancio varate a sostegno dell'economia, facciano effetto. Mentre un'altra parte attende con la stessa ansia messianica, ma in senso opposto, che tale politica fallisca, dimostrando i limiti di un'impostazione che considerano troppo statalista e pericolosamente sbilanciata sul fronte della spesa pubblica. Si tratta di una linea di confine netta che appare ancora più marcata a seconda degli ambienti e delle culture che animano un Paese immenso, culla di una stratificazione culturale che trova ancora oggi pochi punti in comune e autenticamente condivisi, e riflette due modi di intendere il futuro degli Usa e quindi, ecco un punto in comune a tutti gli americani che comunque si considerano leader globali, anche del resto del mondo. Si tratta di una divisione profonda, di antica data, fra coloro che si ispirano ancora a un certo darwinismo sociale dando per scontato che nella società ci debba essere sempre qualcuno che resta indietro destinato a soffrire, e quanti invece pensano che sia giunto il momento di dar corpo alle utopie che vorrebbero trasformare la società americana, dotandola di quegli strumenti di sostegno sociale universali che noi europei per brevità definiamo welfare state, dall'assistenza sanitaria per tutti, fino a un incremento sostanziale dei sussidi di disoccupazione. Il confronto è quindi su temi pratici e non c'è spazio, se non residuo, per altre divergenze magari di natura ideologica, o per recriminazioni retrò. In tutti però vi è la consapevolezza che il piano Obama, come lo chiamiamo da noi in Europa, disegni uno scenario inedito per gli Usa, per coloro che lo sostengono assecondando anche eccessi che trasformano il presidente in un oracolo semi divino, come per coloro che lo avversano e che, al riparo da orecchie indiscrete, si rifiutano di chiamare per nome il presidente, riferendosi a lui come «quello là», mascherando un certo malcelato fastidio per le sue origini. Questa frattura che attraversa il Paese è davvero acuta perché propone una immediata discontinuità, inedita rispetto alle politiche poste in essere dagli inquilini della Casa Bianca che vi risiedevano prima, e perché avviene proprio nel momento in cui si capisce che il momento di fare i conti, non è procrastinabile e quindi ognuna delle parti trova conforto rifugiandosi nelle proprie posizioni tradizionali, per altro amplificate dai network mediatici di supporto. Obama ha promesso che gran parte dell'enorme iniezione di liquidità verrà destinata all'adozione di nuove politiche sanitarie per i cittadini e al finanziamento di una conversione industriale senza precedenti, orientata all'adozione di una green vision, capace di rendere eco compatibili prodotti e sistemi di produzione made in Usa. Traslando così l'intero impianto concettuale produttivo del Paese dall'asse portante del taylorismo, applicato ahimè anche nel settore della finanza, a quello ancora inesplorato della suggestiva visione fornita da Al Gore e dalla "nuova via" americana allo sviluppo che trova crescente consenso in molti stati dell'Unione. Ma resta aperta la questione su chi pagherà l'enorme debito pubblico contratto per sostenere questa politica, che va ad aggiungersi a quello già altissimo ereditato dalla gestione Bush. Nei club esclusivi e nei circoli rarefatti dei banchieri è questa la domanda di fondo, stimando che il nuovo corso indebolirà il sistema economico, perché i suoi tempi di realizzazione sono troppo lunghi e, ammesso che funzioni, l'economia rallenterà troppo e troppo a lungo, mettendo il governo in posizione subordinata in politica estera verso quei Paesi (vedi la Cina) che detengono rilevanti quote del debito pubblico contratto da Washington. Il rischio esiste. Ma questa posizione sconta un approccio conservatore, proprio nel Paese che ha fatto della libertà e della possibilità di accesso a un futuro migliore la propria bandiera. Per contro, del tutto differente è l'aria di fiducia totale che si respira negli ambienti più popolari e in quella che un tempo è stata la middle class, oggi a forte rischio di ridimensionamento. Vi si percepisce la convinzione ferma che Obama abbia preso la direzione giusta e che per questo debba essere supportato. Questo atteggiamento è frutto della capacità comunicativa del presidente, che non affida a terzi il suo rapporto con gli elettori nel timore di venire isolato dal "sistema". Ha già sperimentato la ben nota ritrosia che molti influenti ambienti hanno riservato alla sua politica rivoluzionaria e che si è manifestata platealmente nelle difficoltà incontrate al Congresso e al Senato quando si è trattato di votare i provvedimenti legislativi di questo nuovo corso e in molti settori economici. Entrambe queste forme di contrasto sono state apertamente denunciate dalla Casa Bianca. Quasi come se lo stesso Obama avesse capito che ha bisogno di informare autonomamente i cittadini sulle difficoltà che incontra la sua azione riformatrice, per giustificare eventuali ritardi futuri nella produzione di risultati concreti. In questo dimostra di conoscere bene i tempi della politica e di essere più scaltro di quanto molti pensassero. Ma la sfida vera del Paese si gioca sulla capacità di adottare un nuovo modello di sviluppo e sulla sua accettazione in tutti i suoi ambienti. L'attuale presidente può piacere o meno, ma è tempo che gli americani sappiano ritrovare quella proverbiale unità che emerge nei tempi di crisi, quel coraggio spavaldo che li rende straordinariamente reattivi nei momenti di difficoltà, perché se lui fallisce in questo tentativo, l'intero Paese conoscerà una stagione di disordini sociali e di squilibrio economico senza precedenti negli ultimi cinquant'anni. E questo è chiaro anche solo dopo i primi cinquanta giorni di governo. 15/03/2009 dalla prima pagina Io da un po' di tempo mi scopro allegro e fiducioso perché - sarò pazzo - sono invece addivenuto alla certezza che quello che sembrava essere per il mio Paese un periodo di transizione si è disvelato come fase ultima degenerativa. Niente si regge più - così io penso - nulla può più essere sostenuto così com'è, e ogni cosa si sta disfacendo perché ciò che teneva insieme ogni cosa si è consumato, esaurito. Per questo non c'è più nulla che mi possa scandalizzare, neppure la più originale bassezza, perché lì, nella bassezza, e solo lì, tutto si tiene, tutto trova logica e ragione. Come stupirsi se il basso impero vive nella bassezza? Ci vive mentre ne sta morendo. Immaginatevi dunque se non ho trovato del tutto consonante e ovvio, fior di fiore delle quotidiane lordure dell'ultimo impero, il disfacimento del premio Grinzane Cavour a seguito di procedimento giudiziario multiplo a carico del suo presidente, signor Giuliano Soria, come da ampie cronache. Il culturame, per così dire, si disfa e si corrompe come tutto il resto, e nella decadenza ultima il sistema culturale sopravvive nelle bassezze allo stesso modo di quello politico ed economico. Perdipiù, a una considerazione di carattere generale, ho da aggiungerne una particolare e personale. Ho conosciuto il sistema Grinzane Cavour e il suo profeta e padrone; ne sono stato toccato nei tempi passati a un pelo dall'infettarmene. È un sistema che nel suo piccolo - e nella miserabilità che è conforme alla cultura del Paese - riassume in sé alla perfezione la filosofia dei più grandi e potenti sistemi. Si regge su tre pilastri: la vanità, la vacuità e lo scrocco. Niente di originale. Molti i premi a marchio Grinzane spersi in ogni dove si affaccino amministratori e politici desiderosi di premiare qualcuno e ricevere in cambio un volume abbastanza spesso di rassegna stampa in cui appaiano nel loro splendore. La bontà culturale dell'evento è stabilita dalla quantità dei trafiletti e degli articoli e dal prestigio degli scrittori che si prestano a una comparsata. Per ottenerli basta farsi amici i redattori letterari che ricambieranno con generosità di penna. Allora il sistema organizza le gite. Molte gite culturali in capitali prestigiose e esotiche; gite sontuose, dove scrittori, giornalisti e amministratori fanno amicizia tra loro e con il sistema. Che li tratta da principi, a spese dei contribuenti. In cambio di una vacanza di una settimana basta compensare il sistema con una "marchettina", sotto forma di una conferenzina, a cui ci siano ad ascoltare un minimo di tre spettatori. Ne bastano dodici perché si decreti il successo internazionale e nasca un nuovo astro della cultura italiana all'estero. Se poi le locali associazioni e istituzioni di rappresentanza italiana riescono a coartare iscritti e addetti, facendo lavorare a pieno ritmo il loro indirizzario, e, soprattutto, sanno predisporre un buffet abbastanza avvincente, allora è il trionfo. Gli scrittori ci vanno perché sono vanitosi e molti di loro, dico sul serio, non avrebbero i mezzi per andarsene in gita per conto proprio; i redattori letterari perché adorano fare "marchette" e adorano soprattutto farsi adulare dagli scrittori che abbisognano delle loro recensioni come del pane; gli amministratori perché potranno poi dire alle loro mogli, alle loro segretarie particolari e ai loro colleghi che si sono immersi nella cultura. So questo perché l'ho visto: ho partecipato a due o tre di quelle gite parecchi anni fa. Poi ho declinato gli inviti: anche per i miei gusti tipicamente popolari la cosa mi sembrava un po' troppo sboccata. E poi perché il presidente mi stava antipatico da morire, antipatia manifestata e generosamente ricambiata. Il presidente che invece, a quel che si palesava, stava simpatico a tutti: redattori, scrittori, amministratori e politici di destra, di centro e di sinistra. Mi chiedo perché stesse antipatico solo a me: non era mica diverso da quello che oggi schifa a tutti. Ma era organico al sistema generale, andava bene così com'era. Rendeva la cultura facile facile e assai utile: allo spasso, alla politica, alla vanità. Sarebbe organico e simpatico anche oggi, se non ci si fosse messo di mezzo un poveraccio che lo ha denunciato dopo averne subite di ogni colore. In quelle gite al suo servizio ho conosciuto diverse brave persone, efficienti, competenti: quelle che per due lire facevano il lavoro di organizzazione. Non mi sono mai sembrate trattate con civiltà, ma solo un livello più su di quel poveraccio. Immagino che ora abbiano perso il lavoro, e questa è l'unica brutta notizia al riguardo del Premio Grinzane Cavour. maurizio maggiani (per commentare: Spazio Maggiani nel sito www.ilsecoloxix.it) 15/03/2009

Torna all'inizio


"pronti a tutto per rilanciare la crescita" - elena polidori (sezione: Globalizzazione)

( da "Repubblica, La" del 15-03-2009)

Argomenti: Cina Usa

Pagina 4 - Economia "Pronti a tutto per rilanciare la crescita" Il G20 prepara le nuove regole: più liquidità e trasparenza, così tornerà la fiducia Il vertice Tremonti: il nodo è l´export. Più fondi all´Fmi. Nessun testo condiviso sui Paradisi fiscali ELENA POLIDORI DAL NOSTRO INVIATO HORSHAM - Pronti a tutto per la crescita. «Mai prima d´ora il mondo s´era mosso così rapidamente per affrontare una crisi economica», assicura dai microfoni del G20 il ministro Usa, Tim Geithner. E lo stesso concetto risuona nel comunicato finale del vertice: «Siamo decisi a fare tutto ciò che sarà necessario» perché l´economia torni a svilupparsi. Ma occorre in primo luogo restaurare il bene prezioso della fiducia, distrutto dal ciclone dei subprime, dal collasso delle Borse, dal contagio della crisi sull´economia reale, dalla paura per il lavoro che sfugge. Per questo, è «necessaria ma non sufficiente» un´azione in tre mosse. «Tre passi da fare comunque», come spiega Mario Draghi, presidente del Financial Stability Forum, cui tocca materialmente questo compito. E dunque, nell´ordine: bisogna ricostruire il sistema bancario, reso traballante dalla crisi, proteggendo i depositanti e ricapitalizzandolo se necessario. Occorre dare valori certi, uniformi e coerenti con regole comuni ai cosiddetti titoli tossici. Bisogna adottare politiche di bilancio capaci di bloccare la crescita della disoccupazione e quindi un ulteriore calo della domanda. «Non c´è garanzia di successo», avverte il governatore italiano, convinto che il prossimo vertice a 20, già convocato a Londra per il 2 aprile, «non chiude il percorso». «Ma è partito il motore di ricerca per trovare standard e regole comuni», aggiunge il ministro dell´economia, Giulio Tremonti. Nella sua analisi «il problema dei problemi è l´export che si è piantato ovunque». E in tema di crescita, Tremonti pensa che il piano edilizio del governo «darà un contributo». Superate le divergenze della vigilia, specie quelle tra Europa e Usa, i 20 paesi più importanti del mondo, si impegnano ora anche a combattere «ogni forma di protezionismo», ad aiutare i paesi emergenti e in via di sviluppo, pure coinvolti dalla crisi; vogliono che il Fondo monetario valuti «le misure adottate finora e quelle ancora necessarie». Brasile, Russia, India e Cina, i cosiddetti paesi Bric, in una loro nota, chiedono di rifinanziare le risorse del Fmi. L´accordo alla fine si trova: l´aumento dei fondi potrebbe avvenire con supporti bilaterali e con la revisione delle quote. Il quantum verrà deciso dai capi di Stato e di governo, il 2 aprile, precisa Alistair Darling, Cancelliere dello Scacchiere e padrone di casa. Sulla questione specifica dei titoli tossici, c´è un allegato al comunicato. Serve «una piena e trasparente» comunicazione su quanti ce ne sono nascosti nei bilanci delle banche, si legge. Regole anche per agenzie di rating e hedge funds, ma nessun testo condiviso sui paradisi fiscali: «Non c´è posto per loro nel mondo», ha detto il premier Gordon Brown, dopo un incontro bilaterale con la tedesca Merkel.

Torna all'inizio


america e cina il mondo deve ripartire da due - federico rampini (sezione: Globalizzazione)

( da "Repubblica, La" del 15-03-2009)

Argomenti: Cina Usa

Pagina 30 - Esteri America e Cina il mondo deve ripartire da due G2 la copertina Il capo e il vicecapo della Banca mondiale lo hanno affermato nero su bianco: "Solo Washington e Pechino possono indicare la via d´uscita da questa crisi" Giornali finanziari, autorevoli riviste, prestigiosi intellettuali concordano E mentre gli esperti di economia e di finanza dei due Paesi cercano di imparare gli uni dagli altri, uno studioso cinese ammonisce: "Dobbiamo impedire che il declino degli Usa avvenga troppo presto" FEDERICO RAMPINI (segue dalla copertina) Arcaico e inadeguato il G8: non rappresenta le potenze emergenti. Pletorico e inconcludente il G20: lo si vede dai litigiosi preparativi del prossimo summit di Londra. I vertici dell´Unione europea? Inflazionati e impotenti. Mentre urge una risposta globale alla recessione, spunta l´idea di una semplificazione radicale, un direttorio che esprima i veri rapporti di forze del Ventunesimo secolo. «La ripresa dipende dal G2: America e Cina». è la proposta lanciata in un editoriale del Washington Post. Lo firmano l´americano Robert Zoellick e il cinese Yifu Lin, numero uno e numero due della Banca mondiale. Cioè i massimi dirigenti dell´istituzione che fu creata a Bretton Woods nel 1944 da Franklin Roosevelt, sulle macerie della Grande Depressione e della Seconda guerra mondiale, per costruire con gli alleati europei il nuovo ordine mondiale. Oggi si riparte da due, Zoellick e Yifu Lin non hanno dubbi: «Sono stati i due Paesi all´origine dei maggiori squilibri mondiali: troppi consumi e importazioni in America, troppo risparmio e troppo export in Cina. Sono le due nazioni che hanno varato le più grosse manovre antirecessione. Loro possono indicare la via d´uscita da questa crisi. A loro tocca il compito di disegnare l´economia globale del futuro». I dirigenti della Banca mondiale rendono esplicito l´umore dei governi che li hanno nominati. Barack Obama trasuda irritazione verso i governi europei che lesinano mezzi per combattere la depressione. Questa settimana parlando alla Business Roundtable il presidente americano ha citato un solo governo, oltre al suo, che investe per rilanciare la crescita: la Cina. Solo Pechino ha varato una manovra di spesa pubblica di dimensioni paragonabili a quella americana: quasi 500 miliardi di euro. In quanto ai cinesi, loro all´Unione europea non hanno mai veramente creduto. James Cox e FranÇois Godement dello European Council of Foreign Affairs paragonano i rapporti sino-europei a una strana partita a scacchi. Da una parte c´è un giocatore solo, Pechino. Dall´altro lato della scacchiera c´è una squadra caotica che litiga prima di decidere una mossa. Fin dai tempi di Deng Xiaoping i leader comunisti della Repubblica popolare hanno in mente una sola superpotenza con cui misurarsi. Ai loro occhi il G2 è già una realtà. Hillary Clinton al suo viaggio inaugurale da segretario di Stato a Pechino è stata molto discreta sui diritti umani e il Tibet; al presidente Hu Jintao ha portato un solo invito pressante: «Continuate a comprare i nostri buoni del Tesoro». L´allarme di Wen sul debito americano è un modo per far pesare questo aiuto finanziario chiedendo in cambio una rinuncia al protezionismo. Il G2 traspare nel rapporto del Financial Times sui «50 leader decisivi per uscire dalla crisi». Elencati in ordine gerarchico d´importanza, il numero uno è Obama, subito dopo viene il premier cinese Wen Jiabao. In quell´elenco compaiono altri cinesi sconosciuti in Europa ma ben noti a Washington: il vicepremier Wang Qishan, plenipotenziario sulla finanza internazionale, il governatore della banca centrale Zhou Xiaochuan, il presidente del fondo sovrano di Pechino Lou Jiwe. Cruciale è il dibattito che si svolge sulle colonne di Foreign Affairs. L´autorevole rivista americana di politica estera da oltre mezzo secolo ospita le riflessioni strategiche dei think tank consultati dalla Casa Bianca e dal Dipartimento di Stato. Spesso i saggi di Foreign Affairs hanno preannunciato le svolte strategiche di Washington. Nel numero monografico The Great Crash, 2008 il verdetto è affidato a Roger Altman, che fu sottosegretario al Tesoro di Bill Clinton. L´effetto della crisi secondo Altman è di «accelerare lo spostamento del centro di gravità mondiale»; la Cina si troverà «in una posizione di maggiore forza relativa a livello globale, perché è la nazione più dotata di risorse finanziarie». Con un tasso di risparmio cinese che sfiora il 40 per cento del Prodotto interno lordo, 2.000 miliardi di dollari di riserve valutarie, un colossale attivo commerciale col resto del mondo, conti pubblici ancora in equilibrio, per il tecnocrate vicino a Obama non ci sono dubbi: «Pechino sarà in grado di assistere altri Paesi in difficoltà finanziarie mentre noi non possiamo farlo». Altman immagina che scoppi una terza ondata della crisi: la bancarotta sovrana di nazioni che l´America considera importanti per ragioni geopolitiche, come accadde con il collasso del Messico nel 1994. Oggi Washington non avrebbe più i mezzi per salvare nessuno, l´America dovrà chiedere aiuto ai cinesi, gli unici che hanno risorse per rifinanziare il Fondo monetario internazionale. Pechino può diventare l´unico pompiere se c´è bisogno di spegnere nuovi incendi sui mercati globali. La sua conclusione: «Il rapporto America-Cina diventa la nostra più importante relazione bilaterale». è d´accordo lo storico Harold James, studioso della Grande Depressione: «L´azione concertata a livello internazionale è necessaria, ma chi deve prenderne la guida? Come la Gran Bretagna negli anni Trenta, oggi gli Stati Uniti non hanno né la volontà né la forza di agire da stabilizzatore. La Cina, in quanto tesoriera di gran parte del risparmio mondiale, è in una posizione economica più simile all´America degli anni di Roosevelt». Non sfugge all´establishment americano che il G2 è un direttorio rischioso. Rispetto all´asse euroatlantico che guidò la strategia americana per mezzo secolo, con Pechino non c´è sintonia di sistema politico e di valori. All´opzione G2 gli Stati Uniti arrivano in stato di necessità. «Il nostro indebitamento», osserva Paul Kennedy, «rende l´impero americano simile a quello di Filippo II di Spagna o Luigi XIV, sovrani che furono fortemente dipendenti dai finanziatori stranieri». Nelle braccia della Cina gli americani finiscono per trovare un punto d´appoggio, dopo che il crollo delle Borse e del mercato immobiliare ha distrutto oltre 15.000 miliardi di dollari della ricchezza delle famiglie. C´è anche un´attrazione più sottile che la Repubblica popolare comincia a esercitare. è quella espressa in una copertina di Newsweek col titolo Why China Works, «Perché la Cina funziona». Mentre la fiducia nel mercato è ai minimi storici, e Obama riscopre ogni sorta d´intervento pubblico - dalle grandi opere alle nazionalizzazioni bancarie - gli americani provano una curiosità nuova verso il più grosso modello di capitalismo di Stato. «La Cina», è la risposta di Newsweek, «sembra attrezzata per navigare attraverso la più grave recessione degli ultimi settant´anni». L´ironia della sorte non sfugge ai cinesi, che dal 1979 inseguono il modello americano. «I nostri maestri sembrano avere qualche problema», dice il vicepremier Wang Qishan, che coltiva l´understatement confuciano. Gli eredi di Mao Zedong evitano le recriminazioni o i toni di rivincita. è significativo: negli ultimi dieci giorni a Pechino si è riunito il Congresso nazionale del popolo in sessione legislativa; in quel profluvio di discorsi ufficiali non è mai affiorato l´antiamericanismo né l´accusa a Washington di aver precipitato l´economia globale in un baratro. I dirigenti della Repubblica popolare sanno che la prospettiva di un superdirettorio a due per governare la prossima fase della globalizzazione ha un prezzo. La Cina dovrà assumersi responsabilità maggiori, e oneri finanziari proporzionali. Wang Yiwei, esperto di relazioni internazionali all´università Fudan, riassume l´ambivalenza con cui i suoi leader si preparano all´era del G2: «Il nostro problema, nell´immediato, è come impedire che il declino dell´America avvenga troppo presto».

Torna all'inizio


un supervertice per salvare il mondo - vittorio zucconi (sezione: Globalizzazione)

( da "Repubblica, La" del 15-03-2009)

Argomenti: Cina Usa

Pagina 29 - Copertina Un supervertice per salvare il mondo Il G8? Inadeguato, non rappresenta le potenze emergenti Il G20? Pletorico e inconcludente. La crisi globale impone il condominio di Usa e Cina, le due maggiori potenze finanziarie VITTORIO ZUCCONI SWASHINGTONintomo infallibile dei momenti di paura e di confusione, l´epidemia di "verticite" che sta colpendo la diplomazia internazionale e invadendo giornali e teleschermi è la prova dell´impotenza dei governi nazionali di fronte a problemi ormai troppo più grandi di loro. Equivalente multinazionale del proverbiale "tavolo" che si invoca come panacea ai problemi di politica interna, il palcoscenico dei summit, vertici o sommet come vorrebbero definirli i francesi che ne inventarono l´edizione moderna nel 1975 a Rambouillet, serve, secondo il principio dell´assuefazione ai farmaci, sempre meno quanto più viene somministrato. La dose aumenta con lo scemare dell´efficacia. Proviamo a rispondere subito, senza pensare e senza toccare il computer, per verificare: dove si è svolto il più solenne e scenografico dei vertici internazionale, il G8 del 2008? (Risposta: Toyako, in Giappone). (segue nelle pagine successive) SEGUE A PAGINA 31

Torna all'inizio


Il Papa da martedì in Africa <Stop a guerre e ingiustizie> (sezione: Globalizzazione)

( da "Eco di Bergamo, L'" del 15-03-2009)

Argomenti: Cina Usa

Il Papa da martedì in Africa «Stop a guerre e ingiustizie» --> Dal Camerun all'Angola per sette giorni, nel pieno della crisi economica Corruzione, ricchezza per pochi, ruolo della donna, colonizzazione cinese Domenica 15 Marzo 2009 GENERALI, pagina 9 e-mail print Benedetto XVI da martedì in Africa nostro servizio Alberto Bobbio Città del VaticanoLo aveva annunciato all'inizio di gennaio al Corpo Diplomatico, accreditato presso la Santa Sede, il viaggio in Africa che comincia martedì. Benedetto XVI auspicava che i cattolici del continente vivessero in Vangelo «costruendo la pace e lottando contro la povertà spirituale e materiale». E poi aveva aggiunto: «Chiedo a coloro che hanno responsabilità politiche, a livello nazionale e internazionale, di prendere tutte le misure necessarie per risolvere i conflitti in corso e porre fine alle ingiustizie che li hanno provocati». Joseph Ratzinger, dunque, arriva nel continente più povero del mondo nel pieno della crisi economica mondiale. E per sette giorni si avrà l'impressione che almeno c'è un uomo al mondo disposto a diventare l'avvocato dell'Africa: Benedetto XVI. Arriva a Yaoundé, capitale del Camerun, cuore dell'Africa, sede di una prestigiosa università cattolica, dove è stata elaborata buona parte della teologia dell'uomo africano, intrecciata di riconciliazione, giustizia e pace. E poi vola a Luanda, capitale dell'Angola, Paese poverissimo che cresce tuttavia a ritmi vertiginosi, con un prodotto interno lordo che ha cifre positive a due zeri, ma dove la ricchezza finisce nelle mani di pochi, e dove sta andando in scena la nuova colonizzazione cinese del continente. Il Pontefice va soprattutto per consegnare ai vescovi africani il documento che prepara il prossimo Sinodo speciale per l'Africa che si svolgerà in Vaticano ad ottobre. Il tema è impegnativo, «La Chiesa in Africa a servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace», cioè un'analisi sulla missione integrale della Chiesa africana. Parlerà ai vescovi, ai giovani e a Luanda dedicherà il pomeriggio di domenica prossima ai movimenti cattolici che si impegnano nella promozione della donna. È la donna in Africa che soffre di più, ma è sulle donne che punta la Chiesa cattolica africana. La missione di Benedetto XVI serve per portare speranza e parlare chiaro, perché l'Africa è il «continente più bisognoso». Lo aveva detto all'Onu l'anno scorso, osservando che rimane perfino «ai margini della globalizzazione». La scelta di Camerun e Angola diventa in qualche modo simbolica. Il Camerun è il cuore dell'Africa, dove già Giovanni Paolo II era andato nel 1995 a consegnare ai vescovi del continente l'Esortazione, quella volta post-sinodale, della prima assemblea speciale per l'Africa. Ma è anche tra i Paesi più corrotti del pianeta e tra quelli dove la rapina delle materie prime, soprattutto legname pregiato, intreccia interessi poco virtuosi delle grandi multinazionali e dei governanti locali. L'Angola esce da una spaventosa guerra civile, durata 27 anni e da un difficile processo di pace. Ma l'Angola è anche il simbolo della nuova colonizzazione cinese del continente africano e di una globalizzazione che arricchisce una parte piccolissima della popolazione e affama sempre di più milioni di persone. Rileva Silvestre Ndoumou, direttore dell'«Effort Camerounais», il giornale della Conferenza episcopale del Camerun: «Cattolici, protestanti e anche musulmani ritengono che il viaggio del Papa porti speranza sia sul piano spirituale, che su quello sociale. In Camerun bisogna stimolare lo spirito evangelico per lavorare per lo sviluppo e per lottare con determinazione contro la corruzione, che provoca miseria e povertà in un Paese potenzialmente ricco». Il vescovo di Maroua, monsignor Stevens, ha chiesto: «Dove sono i quadri cristiani? Sono proprio questi, purtroppo, che si ritrovano nelle appropriazioni illecite dei fondi pubblici e hanno grandi responsabilità nella catena della corruzione». Ecco perché il Papa solleciterà i cattolici a fare i conti per primi con il Vangelo. In Angola la Chiesa ha più volte denunciato le questioni aperte. E non sempre i rapporti con lo Stato sono stati facili. Il presidente Dos Santos è un marxista convertito al turbocapitalismo. Nei mesi scorsi il governo ha chiuso molte stazioni di Radio Ecclesia, la radio nazionale cattolica, che ora può trasmettere solo nella capitale. Ma la Chiesa non sta zitta e si impegna nella riconciliazione nazionale, in un luogo in cui la ricostruzione si chiama colonizzazione e la corruzione prende il nome di sviluppo. 15/03/2009 nascosto-->

Torna all'inizio


studenti a scuola d'emergenza (sezione: Globalizzazione)

( da "Messaggero Veneto, Il" del 15-03-2009)

Argomenti: Cina Usa

Prata. Lezioni innovative sotto la guida degli insegnanti-volontari della Protezione civile Studenti a scuola d'emergenza PRATA. Alle 9 lezione di telonatura sugli argini del Meduna e alle 22 lezione simulata di cerca persone sotto le macerie del campo attrezzato di Prata. La ricreazione può attendere, per i 60 studenti impegnati nella scuola dell'emergenza con la protezione civile. Sono ragazzi delle superiori di Pordenone (Iti "Kennedy", "Torricelli" di Maniago, "Pujati" di Sacile, "Le filandiere" e "Freschi" di San Vito al Tagliamento, Isa "Galvani" di Codenons), Udine (Iti "Malignani") e Gorizia (liceo "Slataper"), in allenamento nel Pordenonese con prove tecniche di catastrofe. «La settima edizione dello stage va a gonfie vele - ha detto il docente volontario della Protezione civile Enrico Moro, con Augusto Spadotto e Adriano Bertini -. I ragazzi ci mettono l'anima e si appassionano alla formazione sull'emergenza». Corpo a corpo con le prove tecniche di soccorso alpino (a Barcis e Andreis), palestra di roccia (a Budoia). Poi, prove di soccorso in acqua (in piscina a Lignano), telonatura degli argini (del fiume Meduna a Prata e Pasiano), ricerca persone con unità cinofile in notturna. Un programma di sopravvivenza da 10 e lode, con campo base a Lignano. «E' un'esperienza bellissima - ha commentato Marzia Medves, liceale di Gorizia -. La cosa più interessante è fare squadra di anti-inquinamento in acqua: un duro e sano lavoro». Luca Andrei del "Kennedy" ha messo in pratica la sua idea di volontariato: «Mi piace aiutare gli altri - ha detto lo studente pordenonese -. Appena compirò 18 anni prenderò la tessera della Protezione civile». Per Rita De Marchi, dell'Isa "Galvani" di Cordenons: «Sono al terzo stage con la Protezione e mi piace tantissimo - è la decana della formazione da Rambo provinciale - e ho la tessera dei volontari. E' straordinario il clima di collaborazione che si crea, anche con persone mai conosciute». I "coach" per sapersela cavare sono i volontari storici Enrico, Rudy, Gianni, affiancati dal nuovo capo campo Flavio Corazza, Paolo Toneguzzo, Alice Munatel. Con 20 "guru" della Protezione civile gruppo del Sil (comuni di Chions, Pavisdomini, Azzano Decimo, Pasiano, Fiume Veneto), Avis, Sogit, Croce rossa e altre associazioni di volontariato. Con loro ci sono Roberto Angeli e Luciano Olivotto, della direzione provinciale lavori pubblici della Regione Friuli, e tanti altri tecnici della sicurezza. Chiara Benotti

Torna all'inizio


Chi guida il fronte anti-Giulio (sezione: Globalizzazione)

( da "Riformista, Il" del 15-03-2009)

Argomenti: Cina Usa

analisi/1 Scontro tra borghesi ed élite borghesi Chi guida il fronte anti-Giulio Sfida. Passera dice a Tremonti che l'intervento dei prefetti è demagogia e che deve smettere di parlar male delle banche italiane. segue dalla prima pagina Quanto allo scontro tra il ministro dell'Economia e il governatore della Banca d'Italia Marcegaglia ha detto: «Non vogliamo vedere i conflitti istituzionali che oggi vediamo, ma una grande collaborazione tra Banca d'Italia e Governo, tra imprese e banche perché da questo dipende la sopravvivenza delle imprese». Dietro questo richiamo alla concordia istituzionale, l'idea della presidente degli industriali è che l'utilizzo dei prefetti con funzioni di sorveglianza sia una proposta sostanzialmente inutile, una trovata segnaletica, che non modifica la sostanza del problema. Siamo a un punto di frizione tra Tremonti e la Confindustria; e alcuni osservatori hanno notato come il saluto di felicitazioni per aver scelto di restare alla guida del Sole 24 ore rivolto da Marcegaglia a Ferruccio de Bortoli (ieri anche lui al convegno confindustriale di Palermo), sia un incoraggiamento al giornale degli industriali, perché mantenga una linea di vigilanza sulle decisioni di via XX Settembre. Nel pomeriggio c'è stata una telefonata con Berlusconi, in cui il presidente del Consiglio ha rassicurato il capo degli industriali, forse a conferma di quanto scrivono i giornali negli ultimi tempi: il capo del governo non asseconda tutte le mosse del suo ministro dell'Economia. Un altro segnale forte di riorganizzazione del sistema economico finanziario arriva dal consigliere delegato di Intesa Sanpaolo, Corrado Passera, il quale per il secondo giorno consecutivo è andato all'attacco di Tremonti. Due cose ha detto: ha insistito sui prefetti, sostenendo che coinvolgerli nel controllo del credito è una mossa demagogica. Poi ha osservato che i politici (cioè Tremonti) dovrebbero essere soddisfatti e orgogliosi delle banche italiane che hanno retto la crisi, e non dovrebbero andare «in giro a dire che noi non abbiamo avuto emergenze solo perché non parlavamo inglese». Perché la presa di posizione di Passera è significativa? Perché è il capo esecutivo della prima banca italiana. Ha sostenuto la linea della banca per il paese. È la persona che ha consentito a Berlusconi - in sostanziale assenza di entusiasmo da parte di Tremonti - di chiudere la partita Alitalia su cui il presidente del Consiglio aveva fatto un investimento politico. È il portatore di una visione proattiva del banchiere nella società. Recentemente in una intervista manifesto al Corriere della Sera (4 febbraio 2009), ha illustrato la sua linea aggiornata di uomo d'impresa moderno ai tempi della crisi, parlando di come si deve imparare dagli errori degli ultimi anni, di come costruire classi dirigenti più consapevoli e un «capitalismo responsabile, una proposta per governare modernità e globalizzazione. Chi pensa che la globalizzazione vada fermata per superare la crisi sbaglia di grosso». In secondo luogo, Passera è - nella sua generazione - quella dei nati negli anni Cinquanta, l'unico possibile erede della tradizione istituzionale e di tenuta del potere dei Cesare Geronzi, Giovanni Bazoli e Giuseppe Guzzetti, quest'ultimo presidente della fondazione Cariplo e azionista di riferimento di Intesa, che proprio ieri sollecitato dai giornalisti sulla questione prefetti, ha risposto: «Mi occupo di no- profit, ma sono solidale con il mio ad», cioè Passera. Dunque, è il capo di Intesa, in questa fase, a poter incernierare la difesa nei confronti dell'offensiva tremontiana sul fronte della Banca d'Italia - a sostegno del governatore - ma anche con una sua influenza rispetto al futuro del Corriere della Sera, altro oggetto delle attenzioni tremontiane. Perché è difficile farsi un'idea di quello che sta accadendo in queste settimane se non si tiene conto di un aspetto: l'obiettivo del ministro dell'Economia è di incidere sulle classi dirigenti e sulla loro visione politica. Tremonti pensa che l'élite tecnocratica che - senza assumere responsabilità politica - ha governato il paese o ne ha condizionato le scelte tra gli anni 90 e gli anni 2000 vada ridimensionata. Draghi è il simbolo di quell'élite e questo è il vero terreno della battaglia. Ma ora Tremonti rischia l'angolo visto che ieri, con l'eccezione di Antonio Di Pietro, dal mondo politico sono arrivati segni di solidarietà al Governatore da Pierferdinando Casini, Pierluigi Bersani e Massimo D'Alema. Marco Ferrante 15/03/2009

Torna all'inizio


Aspettando il primo G20 di Obama (sezione: Globalizzazione)

( da "Riformista, Il" del 15-03-2009)

Argomenti: Cina Usa

commento/4 Bisogna coinvolgere gli emergenti Aspettando il primo G20 di Obama summit. Ieri i lavori preparatori, tra due settimane il vertice più atteso, a Londra. Il «G2» deciderà tutto: Cina e Stati Uniti. di Pier Carlo Padoan Con il deteriorarsi della crisi crescono le aspettative per i risultati dei vertici internazionali che dovrebbero darle risposte. C'è molta attesa sopratutto per il G20 di aprile. Sará il primo a cui partecipa il nuovo presidente americano, il cui governo ha appena varato, non senza difficoltà, un imponente piano di stimolo fiscale. Sarà anche il vertice a cui siederanno allo stesso tavolo i tre protagonisti dell'economia mondiale: Usa, Europa, Cina. Il vertice potrà veramente dichiarare vittoria solo se avrà risolto, sul piano politico ancora prima che su quello economico, il nodo della cooperazione internazionale tra i tre. Le premesse non sono incoraggianti. Il dibattito, per ora, si concentra su due aspetti: le crescenti divergenze tra Usa e Europa sulle priorità nella crisi e il ruolo del « G2 », cioè il rapporto tra Cina e Stati Uniti. Nelle dichiarazioni dalle due sponde dell'Atlantico emerge che gli Usa (e in subordine il Regno Unito) danno priorità alle misure immediate per uscire dalla crisi, sia stimoli fiscali che sostegno al sistema finanziario. Per gli Stati Uniti la riforma della regolazione finanziaria è importante ma non così urgente (e comunque sarà affrontata con un'ottica principalmente nazionale). Per l'Europa, i programmi di stimolo fiscale annunciati sono sufficienti. Occorre dar loro tempo di produrre effetti e avviare il processo di riforma della regolazione finanziaria. La soluzione preferibile sarebbe un coordinamento transatlantico. Un'espansione fiscale coordinata che (come mostrano simulazioni di alcune istituzioni internazionali) avrebbe un effetto significativamente maggiore di manovre non coordinate. Una convergenza dei processi di riforma della regolazione in quelli che rimangono i due principali mercati finanziari favorirebbe una ripresa su basi più solide e trasparenti del processo di intermediazione finanziaria che la crisi ha seriamente danneggiato. I due aspetti si rinforzerebbero a vicenda. Molti osservatori ritengono però che mentre gli Usa chiedono all'Europa di fare di più in realtà guardano alla Cina. Anche questo é ragionevole. Il G2 ha rappresentato il rapporto economico strategico più delicato degli ultimi anni e lo rimane tutt'ora. La principale controparte del deficit corrente americano é il surplus cinese. In Usa i cinesi inviano merci ma anche capitali. La Cina non può permettersi un'economia americana in recessione prolungata. Troppo importante è per essa quel mercato ma anche la sostenibilità del debito pubblico che contribuiscono a finanziare. Gli Stati Uniti hanno bisogno di una crescita cinese che non perda troppa velocità. La soluzione ideale sarebbe quindi una maggiore espansione della domanda interna cinese, sopratutto dei consumi delle famiglie, che compensi almeno in parte il maggiore risparmio delle famiglie americane che inevitabilmente si accumulerà negli anni a venire. E sarebbe anche importante che la Cina continuasse a investire le proprie riserve sul mercato finanziario americano. Ma la vera soluzione dovrebbe coinvolgere tutti e tre gli attori. Sul piano del rilancio macroeconomico che, coordinato dai tre poli, avrebbe maggiore impatto sulla domanda mondiale. Sul piano della ricostruzione dei sistemi finanziari, che sia pur regolati da autorità nazionali o regionali, dovrebbero convergere verso un quadro di regole comuni. Sul piano della apertura dei mercati, delle merci e dei capitali, tutto ciò richiederebbe un accordo sulle misure per l'emergenza lungo le linee sopra discusse, ma anche una accordo sulla governance del sistema. Sia gli appelli alla gestione comune dell'emergenza che la riforma della governance rimarranno però lettera morta se non ci saranno passi significativi verso un effettiva integrazione della Cina nella gestione del sistema. La Cina deve avere più peso nelle istituzioni di cui è gia membro (come il Fmi) e deve essere coinvolta in quelle di cui non fa parte (Fsm e Ocse). Sta a Europa e Stati Uniti muoversi in questa direzione. Visto che la crisi peggiora, nessuno si può permettere che i prossimi vertici siano dei fallimenti. Ciò non farebbe che diminuire ulteriormente la vera risorsa scarsa del sistema globale: la fiducia. 15/03/2009

Torna all'inizio


Il futuro si deciderà nel Secondo Mondo (sezione: Globalizzazione)

( da "Riformista, Il" del 15-03-2009)

Argomenti: Cina Usa

Il futuro si deciderà nel Secondo Mondo EQUILIBRI. Paragh Khanna, giovane politologo consulente di Obama. Viaggiare è «l'unico modo» per capire le relazioni internazionali e il destino Usa. di Stefano Feltri Oggi in pochi sarebbero in grado di dire dove fnisce il primo mondo e cominciano il secondo e il terzo. Nel 1952 la situazione era più chiara, quando il demografo Alfred Sauvy coniò sull'Observateur l'espressione "terzo mondo": c'era il primo, quello occidentale, il secondo che era composto dalle propaggini dell'Unione sovietica, quei Paesi che non avevano più nome perché inglobati nel blocco comunista. Poi il terzo mondo, quello quasi privo di rilevanza geopolitica, sottosviluppato o, come si sarebbe detto poi, in via di sviluppo, per evitare la condanna definitiva. Una distinzione che aveva il pregio della chiarezza e il difetto dell'imprecisione. Già tre anni dopo il terzo mondo rivendica un'identità diversa, nella conferenza dei paesi non allineati, che deriva dall'indipendenza e dalla non appartenenza a uno dei due blocchi, come diceva il leader indiano Jawaharlal Nehru. Nel mezzo secolo successivo sono stati costruiti muri e poi abbattuti, alcuni stati sono implosi e moltissimi altri sono nati, il bipolarismo è finito e si è entrati in un brevissimo «momento unipolare», per dirla con Charles Krauthammer, tra la fine della guerra fredda e l'undici settembre. Poi le cose sono diventate così complicate che le vecchie categorie della teoria delle relazioni internazionali hanno cominciato a non essere più sufficienti. C'è chi attribuisce le difficoltà di Gorge W. Bush in politica estera alla combinazione tra le ambizioni dei neoconservatori e approcci vecchi di decenni, eredità della formazione da Guerra fredda di molte teste pensanti dell'amministrazione, a partire dall'ex segretario di Stato Condoleeza Rice. Quando Barack Obama ha scelto la sua squadra di consiglieri di politica internazionale, in una campagna elettorale che rischiava di perdere con John McCain solo su quel terreno, ha coinvolto anche giovani scienziati politici che non si sono formati al tempo dei cremlinologi, della M.A.D. e della Cina maoista. Tra questi ce n'era uno che sta velocemente emergendo come il più brillante politologo della sua generazione, con una capacità di visione (e un po' di ambizone) sufficiente a fargli intitolare il suo prossimo libro "How to run the world", come governare il mondo: si chiama Paragh Khanna, ha 32 anni, è nato in India, ha abitato e studiato in Germania, Emirati Arabi e Stati Uniti dove si è laureato alla Georgetown University, ora lavora a un dottorato di ricerca alla London School of Economics ma vive dall'altra parte dell'oceano, dove dirige un progetto di ricerca che si chiama New America Foundation. Ha lavorato nel gruppo di consulenti di Obama che si occupava di definire per il futuro presidente le linee guida per il sud est asiatico. «Per scrivere questo libro ho viaggiato tre anni in oltre 50 Paesi, un'esperienza che ha completamente cambiato la mia percezione del mondo», spiega Khanna, parlando di "The Second World", il suo primo, massiccio, saggio che è appena stato tradotto in italiano da Fazi editore con il titolo "I tre imperi" (2009, 608 pagine). «Il mondo è un libro, chi non ha viaggiato ha letto solo la prima pagina», diceva Arnold Toynbee, storico britannico e grande viaggiatore a cui Khanna si ispira. L'ambizione culturale di Khanna è di riconciliare due concetti che, nel dibattito accademico e nell'agire politico si sono separati, la geopolitica e la globalizzazione. Da un lato i sostenitori che le relazioni internazionali sono e saranno sempre determinate dai confini, dal corso dei fiumi e dalla posizione dei giacimenti di petrolio. Dall'altra i teorici del mondo piatto, come il giornalista del New York Times Thomas Friedman, che non vedono più barriere alla libera circolazione. di idee, capitali e prodotti, in un pianeta diventato piccolissimo grazie alla tecnologia che annulla distanze e diversità. In mezzo si sta sviluppando la "geopolitica critica", che considera le "forze simboliche" come il soft power o le culture, uno strumento ed elemento del potere analogo a quelli più concreti come il territorio, la dimensione e la popolazione. Khanna è più affine a quest'ultimo approccio, ed è con queste idee che si è messo in viaggio. Ma dopo tre anni il giovane professore che prima dei trent'anni aveva già partecipato a sette vertici di Davos (lavorava per il World Economic Forum che ogni anno vi organizza un summit della superclass economico finanziaria mondiale), si è convinto che «le risposte alle grandi domande della politica internazionale possono essere trovate nel Secondo Mondo, solo nel Secondo mondo». Il quadro è questo: ci sono solo tre imperi. Il declinante impero americano, la Cina e l'impero europeo, l'unico in espansione e che sta sperimentando nuove formule di agire politico e che raccoglie successi geopolitici. Intorno agli imperi ci sono alcuni Paesi destinati all'irrilevanza geopolitica, quelli che nel medio periodo non hanno speranza di uscire dal Terzo mondo, e moltissimi Paesi in bilico tra uno sviluppo possibile e una ricaduta nel sottosviluppo probabile: il Secondo mondo. «Sono Paesi per i quali è quasi impossibile fare previsioni su come saranno, per esempio, tra cinque anni. Io mi sono limitato a registrare che hanno un grande potenziale di cambiamento e da come questo verrà sfruttato dipenderanno i futuri assetti geopolitici», spiega Khanna al Riformista. Stati come l'Egitto e l'Ucraina («i due che ho fatto più fatica a capire davvero»), la Serbia, ma anche l'Uzbekistan e il Cile o la Turchia: sono Paesi che i tre imperi non possono più ignorare. O li riescono ad attirare nella propria sfera d'influenza, oppure si trasformeranno in potenti fattori di destabilizzazione. L'Europa non può convivere con una Turchia sfiduciata riguardo al proprio ingresso nell'Unione, perché questa sprofonderebbe in un vuoto progettuale cui solo l'Islam radicale offrirebbe un'alternativa; o la Cina continua a espandersi rubando territori all'ex impero sovietico oppure finirà vittima della propria demografia; se gli Stati Uniti non manterranno il controllo di quello che era il giardino di casa sudamericano, si troveranno isolati e accerchiati. Khanna ha lavorato sul campo, ha parlato con persone diverse da quelle con cui discutono di solito i suoi colleghi, che si limitano a discutere con intellettuali e con altri professori nell'ambito di quella che il giovane ricercatore definisce «top level research». In nessun altro saggio di politica internazionale l'autore ammetterebbe, per esempio, di aver capito davvero l'essenza delle tensioni balcaniche parlando con un ingegnere in una discoteca underground di Sarajevo. «Non è solo una questione di età, io ho un metodo di lavoro diverso», racconta Khanna. I suoi colleghi più famosi, come Robert Kagan o Francis Fukuyama, «si occupano del quadro generale», che in inglese si chiama «big picture», e Khanna non ha nulla in contrario, ma il rischio è di formulare poi teorie come quella di Samuel Huntington sullo scontro delle civiltà «non sono mai state considerate accurate, al massimo coerenti internamente, ma questo non significa che siano giuste». Viaggiando, Khanna si è reso conto di un fatto che spesso fugge a gran parte degli americani che, di norma, non frequentano terre come l'Uzbekistan o il Tagikistan: gli Stati Uniti assomigliano già ai Paesi del Secondo mondo e la crisi finanziaria sta accelerando un processo già in corso. Grandi disuguaglianze nei redditi, un atteggiamento predatorio verso l'ambiente, una politica estera e di difesa insostenibile e sproporzionata rispetto alle proprie risorse, una valuta sempre più fragile esposta alle intemperie della finanza internazionale. «Le ricette di Barack Obama sono giuste, il tentativo di affrontare alcuni dei problemi strutturali degli Stati Uniti proponendo soluzioni all'europea è apprezzabile, ma non per questo è detto che funzioni, visto che i problemi non sono mai stati così difficili». La prima edizione del libro di Khanna è di oltre un anno fa, quando la crisi era solo agli inizi, oggi le sue inquietudini sono più condivise. Il politologo britannico Ralf Dahrendorf vede gli stessi pericoli: negli Stati Uniti stanno aumentando i disoccupati nella classe media, «e questi sono problemi per una società libera», perché all'improvviso diventano più evidenti disuguaglianze «che sono più tollerate quando riguardano persone meno integrate nel tessuto sociale». Il rischio, avverte Dahrendorf, è la svolta autoritaria. Come è successo spesso nel Secondo Mondo. 15/03/2009

Torna all'inizio


IN DIVERSE occasioni Papa Benedetto XVI ha esortato di vivere con "sobriet&#... (sezione: Globalizzazione)

( da "Resto del Carlino, Il (Ancona)" del 15-03-2009)

Argomenti: Cina Usa

ANCONA AGENDA pag. 8 IN DIVERSE occasioni Papa Benedetto XVI ha esortato di vivere con "sobriet&#... IN DIVERSE occasioni Papa Benedetto XVI ha esortato di vivere con "sobrietà" contro "l'egoismo della globalizzazione". Un ragazzo, liceale, del Fermano ha pensato bene di seguire le parole del Papa invitando parenti ed amici oggi, alle 16,45 nel Santuario di Campocavallo di Osimo, l'unica chiesa nelle Marche dove si celebra regolarmente nell'antico rito latino, alla Santa Messa, in canto gregoriano, per festeggiare il suo diciottesimo compleanno. Questa è la terza volta nelle Marche, sempre da studenti del Fermano, che la festa dei 18 anni viene proposta in modo davvero insolito. I giovani, anche nelle Marche , sono i principali sostenitori del Motu Proprio di Papa Benedetto XVI per questo è stata iniziata la sezione regionale di Juventutem, con sede a Osimo. I giovani di Juventutem solitamente partecipano alle Giornate Mondiali della Gioventù esibendo antiche preghiere latine e, soprattutto, il canto gregoriano.

Torna all'inizio


ROMA In settembre ottobre il problema era la liquidità, un problema finanziario,... (sezione: Globalizzazione)

( da "Messaggero, Il" del 15-03-2009)

Argomenti: Cina Usa

Domenica 15 Marzo 2009 Chiudi di ROSSELLA LAMA ROMA «In settembre ottobre il problema era la liquidità, un problema finanziario, oggi il problema dei problemi è l'export, che si è piantato in tutti il mondo. Oggi i dati del commercio internazionale sono come dopo l'11 settembre, quando tutto si fermò». Al termine del vertice del G20 finanziario che si è tenuto ieri in Gran Bretagna, il ministro Giulio Tremonti fotografa questa allarmante situazione. La crisi finanziaria dell'estate scorsa ha dato l'innesco ad una crisi economica che sta colpendo trasversalmente il mondo intero. E che crea emergenze occupazionali come non se ne conoscevano negli ultimi anni. I ministri economici dei sette paesi industrializzati, e quelli delle maggiori economie emergenti, dalla Cina, alla Russia, al Brasile, all'India, al Sudafrica, si sono riuniti in Inghilterra per mettere a punto interventi che saranno deliberati dal vertice di Londra del 2 aprile, quando gli stessi venti paesi saranno rappresentati dai loro capi di Stato e di governo. E' un tavolo ampio quello del G20, intorno al quale siedono Stati che complessivamente rappresentano il 90% del prodotto mondiale. Nel comunicato diramato al termine del vertice, riassumendo i problemi sul tavolo e le strategie di risposta, i partecipanti sottolineano che il G20 «ha compiuto azioni decise, coordinate, ampie per rilanciare la domanda e l'occupazione, e siamo preparati a prendere qualunque misura necessaria fino a quando non ripartirà la crescita». Secondo il governatore di Bankitalia, Mario Draghi, che ha affiancato il ministro nella conferenza stampa con i giornalisti, gran parte delle discussioni si sono incentrate su come ricostruire la fiducia. E' un percorso che passa attraverso tre tappe fondamentali:«come ricostruire il sistema bancario, l'adozione di valori certi degli asset tossici nelle varie giurisdizioni, e infine cosa fare per evitare che la disoccupazione cresca ancora». «La nostra priorità- afferma il G20- è di affrontare le incertezze circa il valore degli asset tossici presenti nei bilanci delle banche, che stanno riducendo molto la capacità degli istituti di concedere credito». L'obiettivo è arrivare a definire «regole comuni» per gestire il problema. Intanto alle banche è rivolta la sollecitazione ad una «piena e trasparente» comunicazione sull'ammontare di questi titoli, anche in vista della possibilità che i governi se ne facciano carico, assumendone il rischio, ovviamente ad un «prezzo giusto». Da mesi ormai il Financial Stability Forum presieduto da Draghi, l'Fmi, e i vari vertici internazionali che si susseguono numerosissimi, e a geometrie variabili, pongono la necessità di definire regole comuni per le finanza e i controlli. Nella riunione è emerso un «ampio consenso per arrivare ad una cornice comune», ha detto il ministro del Tesoro Usa Timothy Geithner. Tremonti ha parlato di «grande armonia tra Europa e Usa», «con note diverse c'è una musica comune». «Il motore di ricerca verso standard di regole e principi è partito», ha insistito il ministro italiano, «è importante che sia cominciato, anche se non si sa quando questo finirà». Il percorso è lungo, lo ha confermato anche Draghi: «si tratta di cambiare ordinamenti con i quali conviviamo da molto tempo». Brasile, Russia, India e Cina hanno lanciato l'allarme contro «la minaccia sempre più reale di protezionismo», che va evitato sotto tutte le forme «per non rifare gli stessi errori della Grande Depressione degli anni '30». E nel comunicato finale i venti paesi partecipanti al vertice si sono impegnati «a combattere ogni forma di protezionismo».

Torna all'inizio


Se il ceto medio diventa populista (sezione: Globalizzazione)

( da "Corriere della Sera" del 15-03-2009)

Argomenti: Cina Usa

Corriere della Sera - NAZIONALE - sezione: Opinioni - data: 2009-03-15 num: - pag: 32 autore: di MAURIZIO FERRERA categoria: REDAZIONALE LA CRISI E I SISTEMI POLITICI EUROPEI Se il ceto medio diventa populista C on il peggioramento della situazione economica, l'attenzione dei governi e dei mezzi di informazione è oggi concentrata sulle categorie più deboli, su quanti rischiano di non avere risorse sufficienti per tirare avanti. Ma quale impatto avrà la crisi sulla classe media? è una domanda che vale la pena di porsi per almeno due motivi. Innanzitutto questo strato sociale si trovava in condizioni di forte «disagio» già prima del 2008 (e non solo in Italia): redditi stagnanti, opportunità in calo e bisogni crescenti. Il secondo motivo è che una (probabile) accentuazione di questo disagio per effetto della recessione rischierebbe di avere conseguenze politiche preoccupanti. Un ceto medio frustrato e impaurito può mettere in discussione non solo gli equilibri interni dei vari paesi ma anche l'intero processo di apertura e integrazione internazionale che ha caratterizzato l'ultimo ventennio. Insieme agli imprenditori, i colletti bianchi (dirigenti, quadri, impiegati) e i lavoratori autonomi hanno fornito nel tempo una preziosa base di sostegno alle dinamiche di globalizzazione e di unificazione europea. Non si è trattato forse di un sostegno entusiasta e appassionato, ma possiamo senz'altro parlare di una «benevola accettazione»: i dati Eurobarometro segnalano che il favore nei confronti dell'apertura è sempre stato significativamente più elevato fra queste categorie piuttosto che fra i lavoratori manuali o i pensionati. Non sono disponibili rilevazioni aggiornate che consentano di capire se gli umori del ceto medio stiano cambiando. Ma il rischio c'è e non va sottovalutato. In molti Paesi i pacchetti anti-crisi hanno incluso qualche provvedimento a carattere universale, orientato alla generalità dei consumatori: pensiamo agli sgravi fiscali per l'acquisto di auto. Ma il grosso delle misure è andato a sostenere i redditi bassi, mentre ai ceti medi sarà chiesto di pagare il conto sotto forma di nuove tasse o di tagli selettivi alle prestazioni sociali. In qualche Paese il conto è già arrivato: il governo irlandese ha appena aumentato le imposte e ridotto le retribuzioni dei dipendenti statali per coprire le uscite del welfare e il crescente deficit pubblico. Le strade di Dublino si sono riempite di insegnanti, infermieri e poliziotti e la popolarità del governo in carica è scesa sotto il 10%. La «Tigre Celtica», il Paese che forse più di ogni altro ha visto crescere la prosperità del ceto medio grazie all'integrazione europea alla globalizzazione, si sta rapidamente trasformando in una «società a clessidra»: assottigliata nel mezzo, con pochi privilegiati in alto e un'ampia massa di nouveaux pauvres in basso. Molte imprese si sono trasferite verso Paesi dove il lavoro (anche quello specializzato) costa meno. Di conseguenza la «base imponibile» nazionale si sta pericolosamente contraendo, con effetti negativi per tutti i gruppi occupazionali: operai e dirigenti, segretarie e liberi professionisti. L'Irlanda è forse un caso a sé, ma il malessere crescente delle classi medie è ormai ben visibile anche nei grandi Paesi Ue. In Gran Bretagna gli esperti hanno coniato il termine coping classes per indicare, appunto, la situazione di stress in cui si è venuta a trovare la media e piccola borghesia, costretta a destreggiarsi fra redditi fissi o calanti, spese vive in crescita (tasse comprese) e banche con rubinetti chiusi. In Germania la quota di famiglie con reddito medio è diminuita di dieci punti percentuali dal 2000 ad oggi e secondo alcuni esperti potrebbe scendere sotto il fatidico 50% sulla scia della recessione. Saremmo ancora lontani dalla sindrome della «clessidra», ma certo la distribuzione dei redditi assumerebbe una forma ben diversa dagli anni d'oro del Modell Deutschland, quando due terzi dei tedeschi facevano parte del Mittelstand, della massa che sta «in mezzo». In Italia è ormai da anni che si parla di vulnerabilità e disagio. Il nostro ceto medio è più variegato che in altri paesi ed è per ora difficile fare valutazioni precise sull'effetto della crisi. E' ragionevole tuttavia ipotizzare che si tratterà di un effetto moltiplicatore, soprattutto sul lavoro autonomo: il calo dei consumi ha già provocato la chiusura di più di quarantamila esercizi commerciali. Colpite nel loro tenore di vita e nelle loro aspirazioni di mobilità ascendente, le classi medie si apprestano a diventare fonte di nuova instabilità per i sistemi politici europei? Cominceranno anch'esse a levare gli scudi contro l'apertura, l'integrazione sovranazionale, la globalizzazione? A chiedere protezioni a lasciarsi sedurre da messaggi populisti? Un primo test critico si avrà fra un paio di mesi, con le elezioni per il Parlamento di Strasburgo. Dopo l'estate ci saranno altri due appuntamenti importanti: le elezioni tedesche e il nuovo referendum irlandese sul Trattato di Lisbona. Se il ceto medio decidesse di tradire la causa dell'apertura, la politica europea entrerà in una fase di acute tensioni e turbolenze, forse più temibili della recessione economica che ora tanto ci preoccupa.

Torna all'inizio


Il dibattito C'è la... (sezione: Globalizzazione)

( da "Giornale.it, Il" del 15-03-2009)

Argomenti: Cina Usa

n. 64 del 2009-03-15 pagina 11 Il dibattito C?è la crisi, bisogna assumere solamente gli italiani? di Redazione La svolta della Lega che propone agevolazioni alle imprese perché privilegino i giovani di casa nostra fa discutere Ma all?estero i provvedimenti del Carroccio sono già realtà. Il caso Sicilia, dove l?Ipercoop vuole soltanto residenti. Favorevole/Geminello Alvi Contrario Nicola Porro Neo-protezionismo sì, neo-protezionismo no. è giusto, in un momento qual è quello attuale, che lo Stato «blindi» i posti di lavoro cercando di riservarli agli italiani, o si tratta di un provvedimento anacronistico e inattuabile, tanto più in una società globalizzata come la nostra in cui ormai da tempo il lavoratore extracomunitario ha assunto una serie di mansioni che i giovani del Bel Paese non vogliono più svolgere? Il dibattito è più che mai aperto. Quello che è accaduto un mese e mezzo fa in Inghilterra, la protesta degli operai britannici di Total contro i colleghi italiani arrivati dalla Sicilia, insegna. A proporre di «assumere italiano» per incentivare la produzione nazionale è la Lega Nord, che sta preparando una serie di emendamenti al Decreto Incentivi. Ma quello della Lega non è un protezionismo tout court. Anzi, i modelli cui il Carroccio si sta ispirando, tutto sono meno che di centrodestra: a «comprare americano» esorta il neo presidente degli Stati Uniti Barack Obama; e il capo del governo spagnolo Josè Luis Zapatero dà incentivi agli immigrati che riprendono la via di casa e tornano in patria. Esattamente il contrario di quello che accade attualmente nei Paesi dell?Est Europa, dove gli imprenditori italiani che, stretti dalla crisi attuale, preferirebbero abbandonare gli stabilimenti delocalizzati, stanno incontrando non poche difficoltà e ostacoli di carattere burocratico. Insomma, il problema è complesso. E la dimostrazione del fatto che il neo-protezionismo vada oltre le collocazioni di carattere politico o geografico viene da una notizia che arriva non dal Nord ma dal Sud. Anzi, dal Sud più profondo visto che siamo in Sicilia. Nell?Isola la Ipercoop cerca 20 giovani da assumere. E come requisito pone una condizione: che siano residenti in Sicilia. La notizia - pubblicata da La Padania - ha fatto scalpore: perché avviene in una regione del Sud, che come trait d?union con la Lega Nord ha solo la vocazione fortemente autonomistica che è insita nel suo dna; e perché a metterla in pratica è un?azienda tradizionalmente «rossa», legata a doppio filo a quel mondo delle cooperative che da sempre è vicino alla sinistra. Insomma, onde evitare una guerra tra poveri, si preferisce chi già sta nella regione. Cosa prevedono gli emendamenti della Lega? Soprattutto degli incentivi affinché le imprese trovino vantaggioso produrre italiano e assumere giovani del nostro Paese. E così in cantiere ci sono aiuti pubblici alle aziende purché non scelgano la via della delocalizzazione, agevolazioni nel caso in cui assumano personale italiano, e incentivi ai disoccupati extracomunitari che scelgano di tornare in patria. Favorevole Bossi fa come Obama, la scelta è inevitabile di Geminello Alvi Contrario Proposta folle dannosa per le piccole imprese di Nicola Porro © SOCIETà EUROPEA DI EDIZIONI SPA - Via G. Negri 4 - 20123 Milano

Torna all'inizio


No Obama, no party (sezione: Globalizzazione)

( da "Stampa, La" del 15-03-2009)

Argomenti: Cina Usa

La storia Teatri, ristoranti e aperitivi alla Casa Bianca No Obama, no party GLAUCO MAGGI NEW YORK Sloggiato l'orso del Texas, Washington abbraccia gli Obamas, animali da party non nel senso del «partito democratico», ma proprio del party con il salmone e le olive. Cin-cin, e davanti a una flûte di champagne il maxistimolo appare più digeribile, anche ai deputati e ai senatori repubblicani, invitati con larghezza dalla Prima Famiglia. Benvenuto, tra gli altri, anche al giudice della Corte Suprema Samuel Alito, di nomina bushiana e tra i più attivi presenzialisti. Barack è un seduttore naturale, diverso dai piacioni smaccati e stucchevoli nel tentativo di conquistare sempre il largo pubblico. Lui ha fatto quella parte quando serviva, per battere la Clinton e John McCain, ma adesso ha cambiato registro. Ne ha dato dimostrazione clamorosa quando, prima ancora di giurare, ha partecipato a una cena privata di influenti pensatori conservatori a Chevy Chase, nel Maryland, a casa di George Will: c'erano Charles Krauthammer, William Kristol, Larry Kudlow, David Brooks, Rich Lowry, Peggy Noonan e Michael Barone di «U.S. News and World Report», che lo ha poi descritto come «una persona attraente, se conosciuta da vicino. E' più difficile odiare qualcuno quando ci sei stato a stretto contatto e lui mostra caratteristiche piacevoli». Le relazioni che contano, almeno per i primi tre anni del mandato, sono quelle del Palazzo, e a quelle Obama si dedica: di giorno duellando con il Congresso, di notte tessendo le tele dei contatti nei ristoranti alla moda, negli inviti privé e, al mercoledì sera, alla Casa Bianca. Ogni settimana il presidente vi accoglie amici di potere, soprattutto liberal, ma sempre ricordandosi di invitare anche parlamentari dell'opposizione e personalità della Camera di Commercio Usa, che raccoglie le associazioni degli imprenditori preoccupati per la svolta pro-sindacati del governo. «Obama è astuto nell'approfittare del capitale politico e del favore personale di cui gode oggi - ammette Brian Jones, che è stato il direttore delle comunicazioni per il Comitato Nazionale Repubblicano sotto Bush -. Penso che sia furbo nel rivolgersi ad avversari che non saranno magari mai suoi alleati, ma forse così lo capiranno un po' meglio». «Un membro del Congresso non dirà mai «voterò la sua legge di riforma sanitaria se avrò un invito a cena», ma è pur sempre un essere umano, e «queste gratificazioni aiutano a sviluppare relazioni leali», aggiunge David Fuller Holt, ex assistente di Bush per gli affari legislativi. Ad aver raccolto le prove di questo palpabile cambiamento di clima è un informato insider di Washington di simpatie conservatrici, Ronald Kessler, scrittore, ex giornalista del «Wall Street Journal» e del «Washington Post», ora alla rivista «News-Max». Un onesto «onore al nemico», dunque, di avversari che riconoscono le qualità sociali di Obama e il suo uso della mondanità come arma di convinzione di quelli che contano, contrapposti all'autolesionismo di Bush nel non saper gestire le relazioni pubbliche. Appena entrato in carica, il texano rigidamente astemio invitò Ted Kennedy e altri parlamentari alla Casa Bianca per vedere un film una volta al mese, e una sera si avventurò a un party della mitica padrona del «Washington Post», Katharine Graham. Ma l'esposizione alla socialità durò poco, sostituita dal regime trappista che prevedeva la luce spenta prima delle dieci, le levatacce per la palestra e gli inviti privatissimi ai vecchi amici d'infanzia. Bush spiegò poi alla moglie che non gli piaceva andare nei ristoranti dove aveva gli occhi della gente puntati su di lui mentre mangiava. «Beh, forse non avresti dovuto correre per la presidenza», gli ribatté Laura, a sua volta non certo accesa di furore mondano. Più in fretta ancora della cancellazione del divieto di Bush di finanziare con soldi pubblici la ricerca sulle staminali, Obama ha dunque abolito il coprifuoco. Affidata la regia degli inviti e delle feste a Desirée Rogers, 46 anni, amica di Chicago, maga delle pubbliche relazioni e da anni tra le cinquanta donne afro-americane più potenti d'America, il presidente, la moglie Michelle e lo staff hanno già visitato una serie di locali della capitale di passata e di nuova fama: ha cenato fuori più lui in otto settimane che Bush in otto anni, è il gossip di Washington. Fra i nomi «in», cioè approvati dal circolo obamiano, ci sono Cork, un bar sulla 14ª Strada N.W. con una lista di 50 vini degustabili a bicchiere, e Hook, ristorante di Georgetown tra i migliori «eco-friendly», secondo la rivista «Bon Appétit». Al The Palm, locale bipartisan fondato 37 anni fa, hanno cenato tutti i presidenti di questi 37 anni, eccetto Bush. Barack ha già la sua caricatura sul muro e la First Lady vi ha pranzato addirittura giorni prima dell'inaugurazione. La bisteccheria Bobby Van's Steakhouse, il ristorante Equinox a downtown e il Ben's Chili Bowl sulla U Street sono stati gli ultimi locali dove è stato visto il presidente. Nella galleria dei party storici è invece archiviato quello offerto da Obama al rivale battuto John McCain la notte prima del giuramento. Palcoscenico: il Cafè Milano. Il cui proprietario, Franco Nuschese, ha confidato a Kessler che la sola differenza che lui nota tra repubblicani e democratici non è che cosa mangiano, ma quando. Gli obamiani arrivano più tardi, restano nel locale più a lungo e sono più informali. La notte è loro, adesso. E anche il giorno.

Torna all'inizio


L'atomica cinese (sezione: Globalizzazione)

( da "AprileOnline.info" del 15-03-2009)

Argomenti: Cina Usa

L'atomica cinese Nane Cantatore, 15 marzo 2009, 10:36 Crisi La Cina esprime preoccupazione sulla sicurezza dei suoi enormi investimenti in bond americani, mentre gli Stati Uniti aumentano il debito per rispondere alla crisi. Il significato di una mossa che può incidere sugli equilibri internazionali più di una guerra Per avere un'idea della portata della dichiarazione del premier cinese Wen Jiabao, che venerdì ha espresso una forte preoccupazione per la solidità degli investimenti della Repubblica popolare in bond americani, è sufficiente notare la tempestività della risposta americana, con l'addetto stampa della Casa Bianca Robert Gibbs che si è precipitato a replicare, con una sicumera forse eccessiva, che "nel mondo non esistono investimenti più sicuri rispetto agli Stati Uniti". Al di là degli annunci, è sicuro che gli Usa hanno un disperato bisogno di denaro, visto che il pacchetto di stimolo all'economia appena varato da Obama costa 787 miliardi di dollari, e che si prevede che il deficit pubblico americano raggiungerà quest'anno i 1.500 miliardi: per arginare questi buchi, sarà necessario emettere una quantità record di buoni del Tesoro, per un totale di nuovi debiti che potrà raggiungere i 2.000 miliardi. Nel corso del 2008, l'importo dei bond americani sottoscritti dalla banca centrale cinese è cresciuto del 46 per cento, raggiungendo i 700 miliardi di dollari e portando il totale di titoli americani nelle riserve valutarie di Pechino oltre i 2.000 miliardi. La Cina ha comprato tutti questi bond per una ragione molto semplice: dato l'enorme avanzo commerciale nei confronti degli Stati Uniti, lo yuan avrebbe corso il rischio di rivalutarsi troppo rispetto al dollaro, con una pesante perdita della capacità di esportare a basso costo su scala globale. In questo modo, il valore del dollaro è stato sostenuto artificialmente da un acquisto massiccio di titoli sul debito, che per questo si sono potuti tenere a un tasso relativamente basso, innescando un ciclo di progressivo indebitamento americano e di controllo della moneta cinese. Oggi, la crisi finanziaria americana rende molto difficile il mantenimento di questo equilibrio artificiale, anche perché l'amministrazione Obama non nasconde alcune velleità protezionistiche, che potrebbero andare tanto a detrimento dei cinesi quanto dell'Europa. Al tempo stesso, la crisi colpisce duramente la Cina, con un calo dell'export del 25,7 per cento a febbraio, e la risposta cinese continua a puntare sui mercati esteri, con l'azzeramento delle tasse sulle esportazioni e un incremento del sostegno finanziario alle imprese esportatrici. Tutto questo, a dispetto delle pressioni internazionali perché la Cina rafforzi il suo mercato interno, evitando di incrementare la concorrenza al ribasso; d'altra parte, per potenziare la domanda interna i cinesi dovrebbero avviare una politica di sviluppo di grande respiro nelle immense aree arretrate del Paese, con un triplice rischio. In primo luogo, si tratterebbe di un'azione di lungo periodo, che non è facile sostenere in una prospettiva di calo dell'export, poi va considerato che un incremento della ricchezza interna ridurrebbe la disponibilità di manodopera a bassissimo costo, il che metterebbe ulteriormente a rischio la competitività cinese sui mercati internazionali, e infine una popolazione meno affamata rischierebbe anche di essere più difficile da controllare, mettendo a repentaglio l'autocrazia del capitalismo di Stato. Sembra che vi siano, allora, tre diverse linee di condotta rispetto alla crisi, che rispondono alle diverse condizioni delle aree economicamente più avanzate: gli Usa iniettano denaro pubblico con una sorta di New Deal sulla cui efficacia, e soprattutto sostenibilità, è lecito avere qualche dubbio; la Cina, e più in generale l'Asia orientale, fa il possibile per sostenere le esportazioni, e l'Europa punta, in vario modo, sul mercato interno, con misure di rafforzamento degli ammortizzatori sociali e del potere d'acquisto, pur mantenendo il più possibile l'equilibrio dei conti e un certo rigore monetario. è chiaro, comunque, che Europa e Cina sono alleate contro i tentativi americani di chiudere i propri spazi commerciali, ed è altrettanto chiaro che, in questo momento, i cinesi hanno in mano l'arma più forte: gli americani non possono rinunciare a indebitarsi ancora, e sanno di non poterlo fare senza l'accordo di Pechino. Per questo, le dichiarazioni di Wen Jiabao possono essere lette come un "amichevole consiglio" alla nuova amministrazione americana: non sognatevi di complicarci la vita sulle esportazioni, altrimenti vi facciamo saltare ogni residua credibilità finanziaria, liberandoci dei bond in nostro possesso o, semplicemente, non comprandone altri. Si tratta di una vera e propria atomica economica, che ha un ulteriore pregio: è stato sufficiente che il premier cinese alzasse il sopracciglio perché gli interessi sui bond americani salissero, a tutto vantaggio dei loro possessori, cinesi in primis.

Torna all'inizio


L'etica dei prefetti e le regole di Bretton Woods (sezione: Globalizzazione)

( da "Borsa(La Repubblica.it)" del 15-03-2009)

Argomenti: Cina Usa

L'etica dei prefetti e le regole di Bretton Woods SI riunisce il Gruppo dei 20 per esaminare l'andamento della crisi mondiale e per decidere della nuova "governance" economica e delle regole che dovranno presiedere il suo funzionamento. Non aspettiamoci conclusioni capaci di incidere concretamente sulla recessione in atto e sul rischio di una depressione che aleggia sull'economia reale come (se non peggio) quella che infuriò negli Usa e in Europa all'inizio degli anni Trenta del secolo scorso. Ci saranno energiche discussioni di principio ma nessuna indicazione operativa: è ancora presto, non esistono istituzioni in grado di guidare il mondo verso il futuro e neppure di immaginarlo, il futuro. Sarà la crisi a determinarlo. La volontà dei politici, delle banche, delle multinazionali, delle imprese, delle masse lavoratrici e consumatrici è così frammentata e dispersa da non sprigionare alcuna spinta e alcun indirizzo. Si parla con ragione di terre incognite e questa è, tra le tante oscillanti tra pessimismo e ottimismo, la definizione più paurosa. Significa che non esiste alcuna bussola e alcuna mappa; i naviganti procedono alla cieca senza sapere dove sono diretti e perché. Ma prima di affrontare un tema così suggestivo e arduo converrà fare il punto su alcune perduranti stranezze della situazione italiana. Ne parliamo e le segnaliamo da molte settimane ma esse continuano a costellare il nostro cielo economico senza essere rimosse ed anzi ogni giorno altre se ne aggiungono a complicare ulteriormente il quadro d'insieme. La più rilevante è il contrasto che oppone il ministro del Tesoro al governatore della Banca d'Italia. Il nostro è il solo paese in cui una così preoccupante contrapposizione si stia verificando. In una fase di tempesta per l'economia e la finanza, assistere ad un conflitto così inusuale tra le due maggiori autorità monetarie nazionali non è affatto rassicurante. Le banche e le imprese sono infatti in allarme e così pure le istituzioni di garanzia, a cominciare dal Capo dello Stato. L'attacco parte dal ministro del Tesoro che ha tra i suoi obiettivi primari quello di erodere poteri e competenze alla Banca centrale all'insegna dello slogan del primato della politica. La crisi crea emergenze; queste richiedono interventi rapidi ed eccezionali. Quale migliore occasione per smantellare un'istituzione di garanzia, una magistratura economica che non trae il suo fondamento dal voto popolare e proprio per questo opera al di sopra delle parti e delle "lobbies" avendo di mira gli interessi generali del paese? Il ministro del Tesoro si è costruito al tempo stesso un'ideologia e una forza politica. Il primato della politica è l'ideologia, lo smantellamento delle istituzioni di garanzia è l'obiettivo, la forza politica proviene dalle condizioni di emergenza, in parte reali ed in parte create artificialmente affinché gli obiettivi desiderati si realizzino rapidamente. Questi obiettivi sono stati fin qui condivisi dal premier e da una maggioranza parlamentare ossequiente ad ogni richiesta e ad ogni spoliazione. Sembra ora che il premier cominci a nutrire qualche dubbio sui segreti pensieri e le coperte finalità del suo ministro del Tesoro, ma ormai la traccia è segnata ed è assai difficile cambiare percorso. Resistono nei modi più acconci a ciascuno di loro il presidente della Repubblica, il presidente della Camera, alcune banche e alcune imprese, l'opposizione politica con ritrovata incisività, alcune Regioni, le organizzazioni sindacali sia pure in ordine sparso. Resiste con sobria fermezza la Banca d'Italia. L'opinione pubblica assiste, per ora distratta e passiva, ad uno scontro che dovrebbe invece coinvolgerla in prima fila poiché è degli interessi di tutti i cittadini che si discute ed è di essi che ci si appropria usandoli pretestuosamente a vantaggio delle proprie tesi e contro le tesi degli avversari. Ma esiste ancora un'opinione pubblica? Oppure è già stata triturata e ridotta a poltiglia, folla occasionale animata da notizie che le televisioni registrano ed eccitano sostituendole poi con altre emozioni con la stessa facilità con la quale si cambia una veste e una maschera? L'ultima trovata di questo disdicevole spettacolo consiste nel controllo politico del credito affidato ai prefetti dal ministro del Tesoro. Saranno aperti appositi "osservatori del credito" presso venti prefetture corrispondenti alle province più importanti del paese. Dovranno ottenere dalle banche tutte le informazioni, aggregate e disaggregate, che decideranno di chiedere. Potranno anche ricevere sollecitazioni e denunce da parte di aziende e persone interessate a erogazioni creditizie. Confronteranno questi dati con quelli degli anni precedenti e segnaleranno al Tesoro situazioni di disagio, di difetto, di cattivo funzionamento del credito in un settore, in un luogo, in un istituto. La Banca d'Italia ha reagito ponendo alcuni punti fermi. Anzitutto ha ricordato che l'erogazione del credito per settori geografici e per comparti produttivi viene seguito e pubblicamente diffuso dal Bollettino mensile della Banca stessa e anche tramite Internet. I prefetti come qualunque cittadino possono quindi prenderne visione. Altrimenti possono ricorrere alle filiali regionali della Banca d'Italia che per compito di istituto elaborano e raccolgono quelle medesime informazioni. Non possono invece, i prefetti, rivolgersi direttamente agli istituti di credito e tanto meno accedere a singole operazioni tutelate dal segreto d'ufficio e note soltanto alla Centrale dei rischi della Banca d'Italia. Ogni passo ulteriore comporterebbe una violazione del segreto bancario e incorrerebbe in una palese incostituzionalità. Intanto però il nostro ministro del Tesoro persevera ed ha introdotto la norma sugli "osservatori" prefettizi nel decreto sulle emergenze economiche. La questione è grave in punto di fatto e in punto di diritto. Rappresenta infatti un'interferenza macroscopica nel delicatissimo terreno della vigilanza bancaria. In centocinquant'anni di storia dello Stato italiano la politicizzazione del credito è stata più volte tentata ma non è mai avvenuta, neppure durante il Ventennio fascista quando l'emergenza della crisi portò al fallimento dell'intero sistema bancario e industriale, alla nascita dell'Iri e alla proprietà pubblica delle grandi banche. Neppure allora la vigilanza sul credito fu affidata ai prefetti o ad altri organi che non fossero la Banca d'Italia. In tempi diversi dagli attuali un tentativo di tale anomalia sarebbe stato sepolto da una reazione generale dell'opinione pubblica, dei giornali e di tutte le istituzioni di garanzia. Questo ci dà la misura dei mutamenti antropologici avvenuti, ma accresce il nostro dovere di protesta, di critica e di denuncia contro una strategia che mira a governare a colpi di decreti e a smantellare qualunque dissenso in nome di una semplificazione di natura dittatoria che è ormai impossibile ignorare e sottovalutare. Il G20 aprirà la discussione sugli assetti futuri dell'economia e della finanza mondiale e sulle regole necessarie al loro funzionamento. Di fatto con questa riunione vengono derubricati ad organi di consultazione regionale i vari G7 e G8. Del nuovo Gruppo fanno parte la Cina, l'India, il Brasile, il Sudafrica ed altre potenze emergenti. Analogo allargamento è stato effettuato dal "Financial Stability Forum" presieduto da Mario Draghi. Il Fondo monetario internazionale si appresta a sua volta ad accrescere le quote di partecipazione dei paesi emergenti e a far entrare tra i soci quei paesi che finora ne sono stati esclusi. Si tratta insomma d'un adeguamento indispensabile alla nuova realtà economica mondiale. Diminuirà il peso degli Usa in questi organismi, diminuirà anche il peso dell'Europa. Insomma dell'Occidente nel suo complesso, di fronte all'emergere di paesi che stanno uscendo da un lungo sonno e da una lunga indigenza e rappresentano complessivamente quasi la metà della popolazione mondiale. Segnalo un'incongruenza molto significativa. In nessuno di questi consessi internazionali l'Unione europea ha una rappresentanza propria, come del resto non ce l'ha neppure nel Consiglio di sicurezza dell'Onu. Soltanto la Banca centrale europea è ammessa alle riunioni del Fondo monetario ma soltanto con il ruolo di osservatrice. Quando Ciampi, allora ministro del Tesoro, volle che il rappresentante della Bce prendesse la parola sulle comunicazioni del presidente del Fondo, non mancarono le proteste da parte di alcuni paesi dell'Unione europea. Questa situazione è aberrante. Cinquecento milioni di europei, un'area che è ancora tra le più ricche del mondo, i cui flussi sono i più elevati nel commercio internazionale e la cui moneta unica è la seconda dopo il dollaro nel sistema dei pagamenti mondiali, un'area che ormai coincide con uno dei cinque continenti del pianeta, non ha alcuna rappresentanza nelle massime istituzioni economiche. Questa assenza non può più essere protratta oltre e sarà inutile discutere di una nuova Bretton Woods senza che una lacuna così macroscopica non sia preliminarmente colmata. Quello che per ora è trapelato dai vari "think tank" radunati per l'occasione a Washington, a Londra, a Parigi, a Francoforte ed anche negli uffici del Tesoro a Roma in via XX Settembre, riguardano questioni interessanti ma marginali, come la messa fuori legge dei "paradisi fiscali", un censimento accurato dei titoli tossici e dei "derivati" in genere, il riassorbimento di tali titoli che attualmente costituiscono una massa di dimensioni fuori dall'ordinario. Oppure la declinazione in tutte le lingue di principi etici che dovrebbero essere posti a fondamento dell'agire economico. Come dire che bisogna creare un uomo nuovo capace di guidare le nuove istituzioni e farne rispettare le regole. Chi ha fede pensa che il Creatore stia in qualche parte del cosmo e che senza il suo intervento è inutile pretendere di creare in sua supplenza. Chi non ha fede si affida all'evoluzione della natura. Affidare un mutamento antropologico di queste dimensioni all'etica dei ministri del Tesoro e dei banchieri centrali è una barzelletta che non fa nemmeno ridere. Si sente anche parlare di un nuovo assetto monetario e si tira in ballo il "Bancor", moneta di riferimento al centro di una sorta di clearing multilaterale, immaginata da Keynes negli anni Trenta del secolo scorso, che oggi ad ottant'anni di distanza e nelle condizioni attuali non sarebbe neppure pensabile. Ma è esatto dire che il centro del problema passa per la moneta internazionale, le due funzioni distinte che essa può svolgere, quella di moneta di pagamento e quella di riserva del valore. Infine il sistema dei rapporti di cambio tra le varie monete circolanti nelle diverse aree del pianeta. Il tema d'una nuova Bretton Woods è quello dell'ordine monetario. Chi evade quell'argomento non ha alcuna idea seria da proporre, come lo shakespeariano Mercuzio che "parlava di nulla". Il secondo tema strettamente connesso a quello di un nuovo ordine monetario riguarda la distribuzione del reddito tra paesi ricchi e paesi poveri e, all'interno di ciascuno di essi tra ceti abbienti e ceti miserabili. è evidente che il problema della distribuzione riguarda, condiziona ed è a sua volta condizionato dall'ordine monetario e dal sistema dei cambi tra le diverse monete. Ho letto in questi giorni un bel libro di Tommaso Padoa-Schioppa che sta per uscire nelle librerie e che affronta queste questioni. Vi si possono trovare spunti importanti e profondi che possono giovare alla comprensione ed anche all'azione politica. Il dilemma per risolvere l'assetto delle monete e dei rapporti di cambio è anche se affidare la guida del sistema che nascerà ad un organo politico o ad istituzioni monetarie. Un democratico non avrebbe dubbi: ci vuole un governo politico mondiale. Un realista sa però che l'idea di un impero mondiale è futuribile all'infinito. Ne deriva che solo istituzioni monetarie molto forti possono per ora assumersi il compito basando le loro decisioni su automatismi che costringano gli interessi particolari dentro un quadro di equilibri e di competitività. C'è molto da studiare e da lavorare. Queste cose non si fanno per decreto legge. 15/03/2009 - 09:15

Torna all'inizio


Obama: "La Cina può avere assoluta fiducia nell'economia americana". Appello bipartisan per dialogo con Hamas (sezione: Globalizzazione)

( da "Adnkronos" del 15-03-2009)

Argomenti: Cina Usa

Obama: "La Cina può avere assoluta fiducia nell'economia americana". Appello bipartisan per dialogo con Hamas Il presidente Usa dopo le preoccupazioni espresse dal premier cinese Wen Jiabao. E dalle pagine del Boston Globe il consigliere economico Paul A. Volcker e nove ex alti funzionari statunitensi, premono per verificare se il gruppo islamico possa essere persuaso ad abbandonare le armi e ad entrare a far parte di un pacifico governo palestinese commenta 0 vota 0 tutte le notizie di ESTERI ultimo aggiornamento: 15 marzo, ore 10:20

Torna all'inizio


Obama smentisce contrasti in G20 e rassicura la Cina (sezione: Globalizzazione)

( da "Reuters Italia" del 15-03-2009)

Argomenti: Cina Usa

WASHINGTON (Reuters) - Il presidente americano Barack Obama ha smentito ieri che ci sia stata frattura tra le 20 principali economie mondiali su come debba essere affrontata la crisi finanziaria globale e ha rassicurato la Cina sul fatto che i suoi investimenti negli Stati Uniti non sono in pericolo. Le parole di Obama sono giunte dopo un incontro con il presidente brasiliano Luiz Inacio Lula da Silva, che ha toccato anche diversi aspetti delle relazioni in America Latina. "Non so da dove sia uscita questa idea che ci siano divergenze che emergono al G20", ha detto Obama, riferendosi a notizie riguardo dissensi tra Europa e Stati Uniti. "Non ci sono fazioni", ha detto ai giornalisti nella Stanza Ovale. Washington ha insistito sulla spesa pubblica per fronteggiare la crisi, mentre paesi come la Francia hanno posto maggior enfasi su regole di mercato più rigide. Definendole "polemiche sterili", Obama ha detto di essere anche lui a favore di una necessaria riforma delle norme finanziarie. Obama ha anche rassicurato la Cina che aveva espresso preoccupazioni per i propri massicci investimenti in bond negli Usa. "Non solo il governo cinese ma qualsiasi investitore può avere assoluta fiducia sullo stato di salute degli investimenti negli Usa", ha detto.

Torna all'inizio


Il presidente brasiliano Lula alla Casa Bianca. Confronto in chiave G20 (sezione: Globalizzazione)

( da "AmericaOggi Online" del 15-03-2009)

Argomenti: Cina Usa

Il presidente brasiliano Lula alla Casa Bianca. Confronto in chiave G20 Di Luciano Clerico 15-03-2009 WASHINGTON. La Cina sia tranquilla, i suoi investimenti in America sono sicuri, come lo sono quelli degli investitori mondiali. Tutti possono avere "assoluta fiducia" nella solidità dell'economia Usa. Il presidente americano, Barack Obama, ha replicato ieri così alle perplessità espresse venerdì da Pechino circa la tenuta del sistema Usa. Nell'accogliere alla Casa Bianca il presidente del Brasile, Luiz Inacio Lula da Silva, Obama ha rassicurato tanto la Cina quanto tutti gli investitori del mondo che l'economia americana, per quanto attraversata da venti di crisi, resta "la più dinamica al mondo". Il vero problema, semmai, è arrivare al più presto ad una stabilizzazione dei mercati e da questo punto di vista il prossimo G20 una responsabilità oggettiva: mettere a punto regole comuni per ripristinare la fiducia del mercati ed evitare che "quanto successo oggi possa ripetersi in futuro". "Penso che non solo il governo cinese, ma ogni investitore possa avere assoluta fiducia nella solidità degli investimenti negli Stati Uniti" ha detto Obama nella conferenza stampa congiunta tenuta con Lula nello Studio Ovale. È con questo spirito che Obama ha accolto oggi alla Casa Bianca il presidente Lula, per un colloquio di quasi due ore, al termine del quale i due presidenti hanno mostrato una pressoché totale unità di intenti. La crisi economica è di proporzioni tali che il prossimo G20 di aprile sarà il più importante vertice che il mondo abbia avuto negli ultimi anni. Stati Uniti e Brasile - hanno precisato i due leader - lo affronteranno con un approccio e un intento comune: convincere i leader mondiali, dall'Europa alla Cina, dall'India al Sudamerica, a convenire su alcune regole finanziarie comuni affinché "quanto successo in questi mesi non si ripeta più in futuro". Lula ha insistito sul fatto che il Brasile al G20 chiederà una ripresa dei negoziati sul "Doha Round", cioé sulle regole che governano i commerci del mondo. Obama ha invece insistito sul fatto che "anche gli europei devono prendere alcune misure per stimolare l'economia". Ma entrambi, Obama e Lula, si sono detti d'accordo su un punto: per ridare stabilità ai mercati e ripristinare fiducia nei consumatori, i governi del mondo hanno la responsabilità di accordarsi "su alcune misure di coordinamento". Gli Stati Uniti - ha detto Obama - considerano questo tema "prioritario e centrale" per il prossimo G20: "Dobbiamo mettere a punto regole comuni. - ha affermato il presidente Usa - e nessuno sostiene in modo più vigoroso di me la necessità di una riforma dei sistemi finanziari". Lula ha espresso a sua volta la stessa posizione. Brasile e Usa sono pronti non solo a iniziative comuni su ambiente e energia, ma anche ad affrontare uniti il prossimo G20. "Siamo sinceramente convinti - ha concluso il presidente brasiliano - che le decisioni del prossimo G20 possono risolvere le crisi economiche in corso".

Torna all'inizio


Emergenze di Protezione civile un corso degli architetti (sezione: Globalizzazione)

( da "Sicilia, La" del 15-03-2009)

Argomenti: Cina Usa

Emergenze di Protezione civile un corso degli architetti Un corso base per la pianificazione dell'emergenza di Protezione Civile é stato organizzato dall'Ordine degli architetti agrigentino e prenderà il via domani, 16 marzo, alle ore 15, presso la sala conferenze dello stesso Ordine. «Il Corso - spiega il presidente Rino La Mendola - sarà tenuto da docenti del Servizio di Agrigento del Dipartimento Regionale di Protezione Civile ed è finalizzato all'aggiornamento dei volontari di Protezione Civile dell'Ordine, con particolare riferimento alla redazione dei piani di protezione civile. Sono previste anche quattro esercitazioni pratiche». Il Corso sarà presentato dallo stesso La Mendola ed avrà come docenti l'ing. Maurizio Cimino, dirigente del servizio agrigentino della Protezione Civile regionale, l'ing. Giuseppe Di Miceli, dirigente della Unità Operativa di Base XXI dello stesso Servizio. «Destinatari del Corso - aggiunge il presidente degli architetti - sono gli iscritti al Dipartimento per il volontariato di protezione civile dell'Ordine (massimo 70 partecipanti, per ragioni logistiche) e gli iscritti allo stesso Ordine che intendano aderire al suddetto Dipartimento. Hanno diritto di precedenza i volontari che hanno partecipato al progetto Hyperion; a seguire, con riserva di posto, potranno partecipare i rimanenti iscritti al Dipartimento e quindi gli architetti che intendano iscriversi a tale dipartimento. Gli interessati potranno iscriversi seguendo le apposite note informative sul sito dell'Ordine www.ag.archiworld.it). La durata del corso é di 60 ore con conclusione lunedì 8 giugno 2009). S.F.

Torna all'inizio


Protezione civile, un modello per l'Italia (sezione: Globalizzazione)

( da "Gazzettino, Il (Vicenza)" del 15-03-2009)

Argomenti: Cina Usa

Protezione civile, un modello per l'Italia Sedicimila volontari con reparti cinofili, subacquei, radioamatori, sanitari, a cavallo, antincendio e calamità naturali. Anche nel Vicentino il servizio è cresciuto Domenica 15 Marzo 2009, Un po' tutti si aspettavano un'inaugurazione solenne, ma anche festosa, del 10° meeting che ha caratterizzato la tre giorni di celebrazioni (dal 13 marzo ad oggi) dei volontari della Protezione Civile. Ed infatti così è stato, in una Lonigo gremita dalle divise e dalle bandiere del dipartimento e delle forze di pubblica sicurezza. Il battesimo ufficiale, al Parco Ippodromo della cittadina vicentina, è avvenuto ieri, alla presenza del presidente della Regione Veneto Giancarlo Galan e dell'assessore Regionale alla Protezione Civile Elena Donazzan. Le più di 3000 persone presenti, hanno accolto i rappresentanti della Regione in un clima di festa. «Sono orgoglioso di festeggiare con voi 10 anni di attività regionale e 25 anni di impegno nazionale», ha sottolineato Galan, «il servizio di protezione civile è un servizio nazionale e mi auguro che il Veneto continui ad essere modello di eccellenza per le altre regioni». Parole condivise anche dall'assessore. «La nostra Regione è la prima in Italia per numero di volontari e di associazioni», ha aggiunto Donazzan, «questo è il luogo d'incontro operativo di un patrimonio inestimabile che opera per intervenire nelle emergenze e per questo abbiamo deciso di potenziare un sistema che ha un così alto senso di responsabilità». L'evento ha fatto incontrare i vari gruppi regionali - composti da più di 16mila volontari - che lavorano nel Veneto, tra cinofili, subacquei, radioamatori, reparti sanitari, reparti a cavallo, reparti per interventi antincendio boschivo e generici per calamità naturali, esondazioni e terremoti. Numerosi gli appuntamenti, a cominciare dalle olimpiadi delle Protezione Civile, con le gare tra le diverse specialità dei vari settori, e dalle esercitazioni pubbliche (proprio oggi verrà simulato un incidente stradale con sospetta contaminazione ambientale). E al meeting c'è stato anche lo spazio per un primo bilancio a livello provinciale. «Parallelamente alla crescita del Meeting vorrei segnalare come si sia registrata un'analoga crescita del Servizio di Protezione Civile della Provincia», ha spiegato l'assessore provinciale alla Protezione Civile Marcello Spigolon. Nel 2008, in provincia di Vicenza, sono state effettuate, per emergenze e grandi eventi, 12 attivazioni che hanno coinvolto 78 associazioni e 600 volontari; 2 esercitazioni con il coinvolgimento di 15 organizzazioni e 140 volontari; 8 corsi base per volontari di protezione civile, ciascuno della durata di 48 ore che hanno coinvolto, in 24 fine-settimana, più di 240 volontari per un totale di oltre 11.500 ore di formazione. In occasione del decennale sono poi state introdotte alcune novità per quanto riguarda il sistema veneto della protezione civile. In primo luogo il nuovo Centro Funzionale Decentrato, una struttura-tecnico scientifica di supporto alla gestione organizzativa e funzionale del sistema di allertamento del Veneto. E poi l'introduzione della tessera identificativa elettronica per i volontari della regione. La prima "card" ieri è stata consegnata a Galan da Agostino Miozzo, braccio destro del Capo Dipartimento Guido Bertolaso, assente per motivi personali. Il presidente della Regione Veneto ha a sua volta consegnato una targa omaggio al sindaco di Lonigo, ironizzando sul monumento equestre presente nella piazza principale del paese: «Ti do la targa se mi prometti di spostare quel cavallo, che sembra un "musso", dalla piazza». «Lo farò con la ristrutturazione che abbiamo in progetto», ha risposto il primo cittadino leoniceno Silvano Marchetto. «Lo porteremo al parco ippodromo appena possibile». Infine, Galan, a margine del meeting, ha chiarito il concetto sull'uso della protezione civile in funzione di ronda: «Va bene che presidi il territorio ma non certo che diventi la ronda ufficiale della Regione». Pietro Rossi

Torna all'inizio


La Protezione civile non farà mai le ronde per la Regione (sezione: Globalizzazione)

( da "Gazzettino, Il" del 15-03-2009)

Argomenti: Cina Usa

«La Protezione civile non farà mai le ronde per la Regione» Il governatore al meeting di Lonigo. «L'emergenza sul territorio è una cosa, la sicurezza un'altra» Domenica 15 Marzo 2009, Vicenza «Meglio che la Protezione Civile presidi il territorio, le ronde sono un'altra cosa». È lo stesso governatore del Veneto, Giancarlo Galan, a fugare ogni dubbio sul fatto di allargare le funzioni dei volontari del dipartimento per le emergenze al pattugliamento notturno delle strade. Il dibattito sulla questione, già chiarito, qualche settimana fa, dalla Protezione Civile nazionale che ha definito le ronde "estranee al nostro ruolo ed alle competenze", è tornato in questi giorni a livello veneto. L'occasione si è presentata durante i tre giorni del meeting regionale della Protezione Civile (nella foto, la sfilata) che si conclude oggi a Lonigo, in provincia di Vicenza. «Nei casi di pubbliche emergenze e di disagi è fondamentale la presenza della Protezione Civile nel territorio», ha spiegato ieri Galan a margine dell'inaugurazione dell'evento, «ma di certo i volontari della Protezione non possono diventare la ronda ufficiale della Regione Veneto». Piuttosto, la presenza degli uomini impegnati a cercare di risolvere gli allarmi di qualsiasi tipo, può servire come deterrente in certe circostanze che potrebbero rivelarsi critiche anche sotto il profilo della sicurezza. «In questo senso», ha sottolineato l'assessore Regionale alla sicurezza Massimo Giorgetti, «la Protezione Civile non vuol dire solo emergenza ma anche prevenzione, e il grado di formazione dei suoi volontari è sicuramente il modello in positivo di quello che dovrebbero essere le ronde». L'alto grado di preparazione dei 16mila volontari di tutto il Veneto, che a Lonigo hanno celebrato il loro decennale, è stato sottolineato anche dall'assessore regionale alla Protezione Civile Elena Donazzan. «In 10 anni la Protezione Civile è cresciuta non solo in termini numerici ma anche dal punto di vista della formazione, per cui abbiamo deciso di potenziare un sistema che ha un così alto senso di responsabilità». Le novità, per il dipartimento Veneto, non riguardano solo l'incremento dei finanziamenti. L'assessore Donazzan ha infatti anche annunciato la messa in funzione del nuovo Centro Funzionale Decentrato, una struttura-tecnico scientifica di supporto al sistema di gestione emergenze del Veneto. Da oggi, inoltre, tutti gli uomini della Protezione Civile del Veneto avranno a disposizione una tessera identificativa elettronica. E al meeting la prima "card" è stata consegnata proprio a Giancarlo Galan. Pietro Rossi

Torna all'inizio


LA CINA SIA TRANQUILLA, I SUOI INVESTIMENTI IN AMERICA SONO SICURI, COME LO SONO QUELLI DEGLI INVEST... (sezione: Globalizzazione)

( da "Mattino, Il (Nazionale)" del 15-03-2009)

Argomenti: Cina Usa

La Cina sia tranquilla, i suoi investimenti in America sono sicuri, come lo sono quelli degli investitori mondiali. Tutti possono avere «assoluta fiducia» nella solidità dell'economia Usa. Il presidente americano, Barack Obama, ha replicato così alle perplessità espresse da Pechino circa la tenuta del sistema Usa. Nell'accogliere alla Casa Bianca il presidente del Brasile, Luiz Inacio Lula da Silva, Obama ha rassicurato tanto la Cina quanto tutti gli investitori del mondo che l'economia americana, per quanto attraversata da venti di crisi, resta «la più dinamica al mondo». Il vero problema, semmai, è arrivare al più presto a una stabilizzazione dei mercati e da questo punto di vista il prossimo G20 una responsabilità oggettiva: mettere a punto regole comuni per ripristinare la fiducia del mercati ed evitare che «quanto successo oggi possa ripetersi in futuro». «Penso che non solo il governo cinese, ma ogni investitore possa avere assoluta fiducia nella solidità degli investimenti negli Stati Uniti» ha detto Obama nella conferenza stampa congiunta tenuta con Lula nello Studio Ovale.

Torna all'inizio