CENACOLO DEI COGITANTI |
Documento d’interesse Inserito
il 31-1-2009
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Il Corriere della
Sera 30 gennaio 2009
Corte dei conti
E i controllori del governo finirono
sotto controllo.
Per il ddl dell’esecutivo, solo 4 eletti nel
«Csm» dei giudici contabili: persa la maggioranza.
Di Gian Antonio Stella
«Mi ricorderò di te alle prossime elezioni! » sibila il solito prepotente
al bravo sceriffo in ogni film di cowboy. Così era il Far West. Anche nella legge
italiana, però, sta per essere infilato un tarlo simile. Che rischia di
divorare l’autonomia della Corte dei conti fino al punto che il governo (il
controllato) si sceglierà di fatto il controllore, cioè chi deve esaminare come
sono spesi i soldi pubblici. Il tarlo, come tutti gli insetti che si
rispettino, non è facile da scovare. Proprio come il dirottamento ad «amici» di
un mucchio di soldi per lavori stradali marchigiani venne infilato anni fa in
un decreto sulle «arance invendute in Sicilia», anche questo tarlo è stato
nascosto dove poteva passare inosservato.
Nel disegno di legge 847 noto come «Brunetta»: «Delega al governo
finalizzata all’ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico». L’ideale, nella
scia della popolarità del ministro in guerra coi fannulloni, per collocare un
boccone che, come tutti i bocconi avvelenati, è inodore e insapore. È
l’articolo 9, dedicato al Consiglio di Presidenza della Corte dei conti. Il
Csm, diciamo così, dei giudici contabili. Che costituzionalmente consente anche
a questa magistratura, come a quella ordinaria e a quella amministrativa, di
decidere da sé della propria vita, al riparo da interferenze politiche. Un
principio ovvio e sacrosanto: chi comanda non può volta per volta scegliersi il
controllore. Dice dunque quell’articolo, inserito da Carlo Vizzini (che come
presidente della commissione Affari costituzionali del Senato ha di fatto agito
per il governo), che quel Consiglio di Presidenza, composto oggi da 13
magistrati contabili (i vertici della Corte dei conti più dieci eletti dai
circa 450 colleghi) più due esperti nominati dalla Camera e due dal Senato
(totale: 17) non va più bene.
D’ora in avanti dovranno essere 11, con un taglio dei giudici eletti da
Cosa vuol dire? Moltissimo: il capo di gabinetto di un ministro cumula
insieme lo stipendio nuovo (senza più il tetto di 289 mila euro inserito da
Prodi e abolito da Berlusconi) con quello vecchio di magistrato «parcheggiato»
altrove. E un solo «arbitrato» (quella specie di giustizia parallela, più
veloce, su alcuni contratti pubblici) può regalare a un giudice guadagni di
centinaia di migliaia di euro. Il che significa che il nuovo presidente,
dicendo solo «tu sì, tu no», può cambiare letteralmente la vita dei suoi
«dipendenti». Diventando il Dominus assoluto. Senza più il minimo controllo,
scusate il bisticcio, dell’organo di autocontrollo, ormai esonerato. Poteri
pieni. Totali. Un progetto pericoloso, attacca l’opposizione. Il controllo,
denuncia Felice Casson, «verrebbe a essere asservito e subordinato ai governi
centrali e locali ».
Il coordinamento dei magistrati ordinari, amministrativi e contabili, in
una lettera mandata ieri a Napolitano, denuncia «un gravissimo vulnus ai quei
fondamentali principi costituzionali che sono stati alla base della istituzione
stessa degli organi di autogoverno». E l’Associazione nazionale dei magistrati
contabili è arrivata a ipotizzare all’unanimità l’espulsione dello stesso
presidente, Tullio Lazzaro. C’è chi dirà: allarmi esagerati. E giurerà che si
tratta di «ritocchi» organizzativi che renderanno «efficiente» un organo che
costa cinque volte più dello spagnolo Tribunal de cuentas. Che non limiteranno
affatto le denunce sulla malagestione dei pubblici denari come gli sprechi
della sanità in Sicilia, le troppe consulenze «conferite intuitu personae »
(cioè a capriccio), i soldi buttati dalle regioni, dalle municipalizzate, dai
comuni o perfino dalla Croce Rossa.
Sarà. Ma nel progetto c’è scritto proprio così: il presidente della Corte
dei conti diventa «organo di governo dell’istituto» e il Consiglio
di presidenza viene degradato a «organo di amministrazione del personale». Nero
su bianco. E lo sapete quando è stato inserito, il «ritocco» che stravolgerebbe
senza passaggi costituzionali l’autogoverno dei giudici contabili? Poco dopo
che il procuratore generale aveva denunciato il surreale tentativo di
introdurre nell’accordo sulla nuova Alitalia un codicillo che prevedeva
«l’esonero preventivo e generalizzato» per i nuovi soci «da responsabilità
astrattamente esteso fino a coprire eventuali comportamenti dolosi, con effetti
retroattivi». Cioè l’assoluzione concordata prima ancora che fosse commesso
l’eventuale peccato. Pensa un po’ che coincidenza...
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