CENACOLO DEI COGITANTI |
"Però si poteva fare
molto di più sul protezionismo"
( da "Stampa, La" del
03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Però si poteva fare molto di più
sul protezionismo" Dotare le istituzioni internazionali di maggiori
risorse è la premessa per affrontare in modo sistemico la crisi. Non ha dubbi
Allen Sinai, guru di Wall Street e fondatore dell'osservatorio Decision
Economy, il cui giudizio sul vertice di Londra è tutto sommato positivo anche se
«sul protezionismo poteva essere fatto di più»
DOLLARI E REGOLE
( da "Stampa, La" del
03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: così da allontanare lo spettro del
protezionismo. Il tutto accompagnato da misure simboliche, ma importanti, di
«moralizzazione» del circuito finanziario (come il veto ai bonus per i
banchieri), e dall'introduzione di un maggior controllo sulle attività degli
hedge funds, alla promessa di intervenire nei confronti dei paradisi fiscali.
Dotare le istituzioni
internazionali di maggiori risorse è la premessa per affrontare in modo s...
( da "Stampa, La" del
03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: il cui giudizio sul vertice di
Londra è tutto sommato positivo anche se «sul protezionismo poteva essere fatto
di più». Il mondo si è unito sotto la bandiera delle istituzioni
internazionali? «Dotare Fondo monetario e Banca mondiale di risorse e strumenti
adeguati garantisce finalmente un approccio sistemico alla lotta contro la
crisi».
Spinta da 1100 miliardi
per rilanciare il mondo ( da "Stampa,
La" del 03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: scendere a patti è perché per loro
il risultato più importante arriva sul piano politico: se è vero che la crisi
finanziaria viene da New York e Londra, il rischio di un loro isolamento è alle
spalle perché il summit vede nascere una coalizione internazionale contro la
recessione. Non a caso Brown dice a più riprese «siamo uniti» e Obama parla di
«passi storici senza precedenti».
La crisi? Sono mancati i
controlli ( da "Trentino"
del 03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: ha presentato il punto di vista dei
banchieri nel suo intervento intitolato "La crisi finanziaria: oggi e in
prospettiva" e non ha aggirato i problemi. «Sono cambiati i mercati
finanziari e la finanza come disciplina è progredita, ma gli strumenti
finanziari per i fondi previdenziali espongono a grandi rischi sociali una
vasta fascia della popolazione.
Caseificio, stabilimento
dimezzato ( da "Trentino"
del 03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: il caseificio registra una grave
crisi finanziaria, gettando un'ombra sulla tanto conclamata efficienza del
sistema cooperativistico trentino. Il piano industriale del caseificio Pinzolo
- Fiavé prevede un esubero di 26 lavoratori su 95 dipendenti e colpisce in
particolare lo stabilimento di Villa con 22 lavoratori su 40 dipendenti».
G20. Slitta la lista nera
dei paradisi fiscali ( da "Rai
News 24" del 03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: misure per affrontare la crisi
finanziaria globale. Per la Bbc tra i punti dell'intesa c'è l'aumento dei
finanziamenti al Fondo monetario internazionale, che passeranno da
conroe ha detto: Se
proprio vogliamo parlare di "immagine" e foto, Berlusca è sulla prima
pagina del Time (mica bruscolini) e pure, udite-udite, di El Mundo.
( da "KataWeb News" del
03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: incontrati per decidere sulle
posizioni comuni da adottare contro la crisi finanziaria, lasciando fuori la
Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo»,
addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro capite. Per il
premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto
deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà,
G20: Medvedev, uscita da
crisi non sara' rapida ( da "Trend-online"
del 03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: ha affermato di ritenere che
l'uscita dalla crisi finanziaria mondiale non sara' rapida.Con tutta probabilita'
-ha osservato - la crisi ''durera' piu' di quanto avessimo pensato''. Il fatto
comunque ''che oggi ci siamo incontrati e abbiamo esaminato questioni concrete,
questo non e' affatto male'', ha aggiunto.
UNA NUOVA SOLUZIONE
EXTRA-FINANZIARIA PER GLI INVESTIMENTI A REDDITO FISSO
( da "Wall Street Italia"
del 03-04-2009)
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Crisi
Abstract: Nel corso dell'attuale crisi
finanziaria, c'è stato un "flight to safety" che ha portato a un
aumento di interesse nei confronti delle obbligazioni sovrane. Il testo
originale del presente annuncio, redatto nella lingua di partenza, è la
versione ufficiale che fa fede.
SCHEDA - CHI HA AVUTO COSA
DAL VERTICE DEL G20? ( da "Wall
Street Italia" del 03-04-2009)
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Crisi
Abstract: una causa che il cancelliere Angela
Merkel aveva perorato anche prima della crisi finanziaria. Il Giappone aveva
detto che la regolamentazione dovrebbe venire dopo il salvataggio dell'economia
globale. Risultato: chiaro impegno del vertice a estendere regolamentazione e
sorveglianza a tutte le istituzioni finanziarie importanti, gli strumenti e i
mercati.
G20: MEDVEDEV, USCITA DA
CRISI NON SARA' RAPIDA ( da "Wall
Street Italia" del 03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: G20: Medvedev, uscita da crisi non
sara' rapida di ANSA Basta con bouns troppo elevati, sottolinea leader Cremlino
-->(ANSA) - MOSCA, 2 APR - Il presidente russo, Dmitri Medvedev, ha
affermato di ritenere che l'uscita dalla crisi finanziaria mondiale non sara'
rapida.
Medvedev: occorre varare
una moneta sovrannazionale ( da "Giornale
di Brescia" del 03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: uscita dalla crisi non sarà rapida.
«L'uscita dalla crisi finanziaria mondiale, con tutta probabilità, durerà più
di quanto avessimo pensato», ha detto Medvedev in una conferenza stampa a
Londra al termine del vertice del G20. Il fatto comunque «che oggi ci siamo
incontrati e abbiamo esaminato questioni concrete, questo non è affatto male»
Fondo da 50mila euro per
le famiglie con figli ( da "Gazzetta
di Reggio" del 03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: sostegno delle famiglie cavriaghesi
colpite dalla crisi economica, con figli fino a sei anni che frequentano i
servizi scolastici comunali o privati. In un momento di recessione e di grave
crisi finanziaria, il Comune ha deciso di intervenire. Il sostegno ha effetto
dal primo gennaio 2009 e si rivolge a tutte quelle famiglie in cui uno o
entrambi i genitori abbiano perso il lavoro,
Malumore o no, ci si
imbelletta ( da "Italia
Oggi (MarketingOggi)" del 03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: In un momento pesantemente
condizionato dalla crisi finanziaria mondiale», dice Fabio Franchina,
presidente Unipro, «i consumi interni tengono e l'export è cresciuto
soprattutto grazie alla diminuzione del costo del petrolio, quindi delle
materie prime, e all'apprezzamento del dollaro». Quali sono i cosmetici
preferiti?
Il marketing che usa il
microscopio ( da "Italia
Oggi (MarketingOggi)" del 03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: perché questa crisi finanziaria,
economica e dei consumi è di ampiezza e severità maggiori di quelle passate, e
tocca anche segmenti di mercato considerati tradizionalmente redditizi (si
pensi alla frenata dei paesi emergenti o alla riduzione del reddito disponibile
dei baby boomers negli Usa, fortemente colpiti dal calo del valore dei titoli
in borsa e del valore degli immobili)
Credito alle piccole medie
imprese: fondo di 78 milioni di Bcc e Federfidi
( da "Giornale di Brescia"
del 03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: accesso al credito delle Pmi
lombarde anche nella grave situazione di crisi finanziaria in corso a livello
internazionale. L'accordo, firmato da Alessandro Azzi - presidente della
Federazione Lombarda delle Banche di Credito Cooperativo - e da Giulio
Sangiorgio - presidente di Federfidi Lombarda - prevede la messa a disposizione
di risorse, da parte della Regione Lombardia,
Affari con l'estero,
Camera di commercio mobilitata ( da "Libertà"
del 03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: la crisi finanziaria dei mercati
internazionali ha toccato, infatti, anche le economie del Golfo. Il dato più
evidente è quello legato all'andamento altalenante del greggio. Fra i settori
produttivi maggiormente in espansione ci sono quello alimentare e quello
agricolo, in seguito alla necessità di assicurare a un numero sempre crescente
di persone l'
Nell'Obama-day l'Europa è
diventata un adolescente politico di Pierluigi Magnaschi
( da "Milano Finanza (MF)"
del 03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Primo, perché si è tenuto nel bel
mezzo di una crisi finanziaria di proporzioni immense che ha assunto una dimensione
veramente planetaria. Secondo, perché coinvolgeva, per la prima volta, giganti
economici come la Cina che sinora sono stati relegati nel sottoscala del potere
economico internazionale.
Brown soddisfatto, per la
prima volta supervisione sugli hadge
( da "Milano Finanza (MF)"
del 03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Intanto già ieri sono arrivate le
prime reazioni dei fondi: «Gli hedge sono la vittima e non la causa
dell'attuale crisi finanziaria e non dovrebbero essere inclusi tra gli istituti
sistemicamente significativi soggetti a supervisione», ha detto Andrew Baker,
ceo di Alternative Investment Management Association, un ente che rappresenta
circa 1.280 fondi in tutto il mondo.
Ecco il piano Ue contro i
fondi-truffa ( da "Milano
Finanza (MF)" del 03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: «La crisi finanziaria», scrivono
gli uffici del commissario al Mercato interno, Charlie McCreevy, «ha messo in
evidenza come i fondi alternativi siano vulnerabili a un ampio spettro di
rischi (...) fino a minacciare la stabilità e l'integrità stessa dell'Unione
Europea».
L'Europa è uscita alla
grande dal summit del G20 a Londra
( da "Italia Oggi" del
03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: in ordine al mix di misure per
riuscire a uscire dalla crisi finanziaria, manifestatosi nel G20, ma poi
composto, non ha nulla di ideologico ma si basa sui divergenti interessi
nazionali che Angela Merkel vuole tutelare senza imbarazzi. Barack Obama e
Angela Merkel sono sicuramente dei leader che vogliono collaborare, questo è il
punto.
Malumore o no, ci si
imbelletta ( da "Italia
Oggi" del 03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: «In un momento pesantemente
condizionato dalla crisi finanziaria mondiale», dice Fabio Franchina,
presidente Unipro, «i consumi interni tengono e l'export è cresciuto
soprattutto grazie alla diminuzione del costo del petrolio, quindi delle
materie prime, e all'apprezzamento del dollaro».Quali sono i cosmetici
preferiti?
Enpapi, gestione con
rendimenti sopra il 7% ( da "Italia
Oggi" del 03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: quale abbiamo voluto agire fin
dallo scorso 2007 e quindi prima che scoppiasse la crisi finanziaria. Una
prudenza che ci ha consentito di riconvertire la quasi totalità del portafoglio
in strumenti legati al mercato monetario. Questa scelta, anche se complessa e
difficile, ci ha consentito di non rimanere coinvolti nei rovesci che hanno
interessato ultimamente i mercati finanziari.
Il marketing che usa il
microscopio ( da "Italia
Oggi" del 03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: perché questa crisi finanziaria,
economica e dei consumi è di ampiezza e severità maggiori di quelle passate, e
tocca anche segmenti di mercato considerati tradizionalmente redditizi (si
pensi alla frenata dei paesi emergenti o alla riduzione del reddito disponibile
dei baby boomers negli Usa, fortemente colpiti dal calo del valore dei titoli
in borsa e del valore degli immobili)
Convegno della Cisl con
l'Mcl oggi a Tls Dibattito sul tema
Argomenti:
Crisi
Abstract: «Di fronte alla crisi finanziaria
nella quale l'uomo è diventato oggetto del sistema economico e dell'ingegneria
finanziaria - spiega Pierluigi Peracchini, segretario Cisl - c'è necessità di
ripensare alla costruzione di un sistema sociale e democraticocon al centro la
persona».
Raccolta in crescita per
Banca Valpolicella ( da "Arena,
L'" del 03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Nonostante la crisi finanziaria
stia interessando l'economia mondiale, Banca della Valpolicella, rimanendo
fedele ai principi che hanno portato alla sua nascita, ha consolidato il
proprio ruolo di banca locale legata al territorio e, con orgoglio, sta
confermando un'immagine di solidità ed affidabilità».
obama: "il mondo è
cambiato supereremo la crisi tutti insieme" - (segue dalla prima pagina)
dalnostro inviato ( da "Repubblica,
La" del 03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: aver innescato la grande crisi
finanziaria. Prima ha festeggiato i risultati di quello che ha definito «un
vertice storico», ha parlato di «passi seri e di un accordo senza precedenti
che sono un punto di svolta per la ripresa economica», poi ha voluto parlare al
mondo rassicurandolo sul futuro: «Le sfide del 21esimo secolo possono essere
risolte solo se lavoriamo tutti insieme»
Per Angela Merkel si
tratta di un compromesso molto positivo, quasi storico, in grado di rende...
( da "Unita, L'" del
03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: in grado di rendere più chiara
l'architettura dei mercati finanziari». Per Gordon Brown, quasi ditirambico, si
sono poste «le fondamenta di un nuovo ordine mondiale». Persino il riluttante
Nicolas Sarkozy esultava: «Sono felice dell'esito di questo vertice. È andato
al di là di quanto potevamo immaginare».
stretta sui manager,
draghi esulta "parte un grande cambiamento"
( da "Repubblica, La"
del 03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: l´organismo anti- crisi voluto dal
G7, cambia volto, nome e acquisisce nuovi poteri. E difatti si allarga a tutti
i paesi del G20, più la Spagna e la Ue e diventa un Financial stability Board,
cioè un "consiglio" sulla stabilità finanziaria con una serie di
nuovi compiti da svolgere e quindi con nuovi poteri.
g20, altri mille miliardi
di aiuti e addio a tutti i paradisi fiscali - enrico franceschini
( da "Repubblica, La"
del 03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: il rifiuto del protezionismo e un
nuovo pacchetto di regole per meglio controllare il sistema finanziario. Ce n´è
per tutti: per l´asse franco-tedesco che pretendeva più regulation e niente
obbligo di nuove iniezioni di denaro pubblico nell´economia mondiale, per
l´asse anglo-americano che preferiva il contrario, per i mercati che pregavano
per un messaggio d´
un no comune al
protezionismo ( da "Repubblica,
La" del 03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Economia Un no comune al
protezionismo Doppio, comune impegno del G20 contro il protezionismo e per
riaprire al più presto i negoziati commerciali Wto. "Minimizzeremo ogni
impatto negativo sul commercio delle nostre politiche fiscali", scrivono i
Grandi, decidendo di stanziare 250 miliardi di dollari per un fondo per il
commercio internazionale.
Contro la crisi 5mila
miliardi Mai più paradisi fiscali
( da "Unita, L'" del
03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: in grado di rendere più chiara
l'architettura dei mercati finanziari». Per Gordon Brown, quasi ditirambico, si
sono poste «le fondamenta di un nuovo ordine mondiale». Persino il riluttante
Nicolas Sarkozy esultava: «Sono felice dell'esito di questo vertice. È andato
al di là di quanto potevamo immaginare».
G20, accordo fra i Grandi
Obama: svolta storica ( da "Corriere
del Veneto" del 03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: nazionali finalizzate a contrastare
gli effetti della crisi finanziaria ed economica. Uno sforzo finanziario, è
scritto nel documento conclusivo del vertice, che dovrebbe portare «a un
aumento della produzione del 4% e all'accelerazione della transizione verso
un'economia verde». Inoltre, la montagna di miliardi messa nero su bianco dai
leader dei 20 Paesi che rappresentano oltre l'
Argomenti:
Crisi
Abstract: Il protezionismo è bandito. Il
totale fa 1.100 o 850 se si escludono i 250 già a disposizione del Fondo
Monetario. Il secondo pilastro viene incontro alle richieste soprattutto di
Parigi, Berlino, Roma, e affronta dunque il capitolo delle regole e della
supervisione.
UNA BUONA PARTENZA
( da "Corriere della Sera"
del 03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: questa somma è destinata a
sostenere il libero commercio e a frenare il protezionismo (peccato che 17 dei
20 partecipanti proprio al protezionismo abbiano fatto ricorso, in un modo o in
un altro). Vengono regolamentati gli hedge funds, introdotti nuovi criteri per
la contabilità bancaria e in generale per l'attività degli istituti di credito,
passate al setaccio le agenzie di rating,
APPUNTAMENTI Dal 02-04 al
08-04 ( da "Sole
24 Ore, Il (Centro Nord)" del
03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: S&O multi family office
organizza il convegno "La crisi finanziaria e la crisi delle imprese"
con Stefano Caselli, docente alla Bocconi e Roberto Tunioli, ad di Datalogic.
Info: 051.6446909 MERCOLEDì8 Bologna Sala Borsa, piazza Nettuno 3, ore 10.
Seminario sul tema "E-democracy 2.0 Istituzioni, cittadini, nuove
reti".
Finanzieremo solo i
progetti meritevoli ( da "Sole
24 Ore, Il (Centro Nord)" del
03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: La grave crisi finanziaria di molti
atenei si intreccia, come ci ha mostrato la mobilitazione di studenti, docenti
e ricercatori, coni pesanti tagli decisi dal governo. La Toscana non è immune
da questa crisi ed è da qui che dobbiamo ripartire se vogliamo dare un futuro
all'Università e alla ricerca nella nostra regione.
Foschi: in campo per
aiutare le pmi ( da "Corriere
del Veneto" del 03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: tavola rotonda si affronteranno le
ragioni della crisi finanziaria in ambito extra nazionale ed interno, «il ruolo
delle banche di fronte alla crisi, - prosegue - le possibili evoluzioni e
soluzioni, le nuove opportunità di ottimizzazione della finanza delle imprese,
l'esperienza degli imprenditori che hanno quotato le loro aziende di
riferimento, l'idea del consiglio nazionale e l'
Il mercato premia i tagli
di Swiss Re ( da "Corriere
della Sera" del 03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: La crisi finanziaria ha colpito
duramente gli investimenti della società, che ha perso 585 milioni di euro nel
2008. Il mercato ha apprezzato gli sforzi di risanamento di Swiss Re (che ieri
ha nominato Agostino Galvagni direttore operativo al posto di Stefan Lippe,
diventato amministratore delegato) premiando il titolo con un incremento del
10,
Vodafone punta alla
tedesca Hansenet ( da "Corriere
della Sera" del 03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Corriere della Sera sezione:
Economia Mercati Finanziari data: 03/04/2009 - pag: 37 Il caso a Londra
Vodafone punta alla tedesca Hansenet (g.fer.) Vodafone, primo operatore
mondiale nella telefonia mobile, è interessata alla tedesca Hansenet, provider
di Internet, controllata da Telecom Italia.
Banco Popolare, il rally
continua ( da "Corriere
della Sera" del 03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Economia Mercati Finanziari data:
03/04/2009 - pag: 37 La Giornata in Borsa di Giacomo Ferrari Banco Popolare, il
rally continua Scambi record Il controvalore dei titoli scambiati ha toccato il
massimo dell'anno, a 3,2 miliardi di euro È stata la giornata della Fiat (il
titolo del Lingotto ha messo a segno il rialzo più consistente della sua
storia)
La Consob e il decreto
Argomenti:
Crisi
Abstract: 04/2009 - pag: 44 INCENTIVI La
Consob e il decreto «protezionista» di SALVATORE BRAGANTINI T utti a Londra a
salvare il mondo: mai più protezionismo! Peccato che i fatti dicano il
contrario, si pensa ai casi propri. Per quanto riguarda noi, il Decreto Legge
incentivi all'esame della Camera è un esempio di protezionismo;
Ford, Crowe, Cage: cachet
ridotti a Hollywood ( da "Corriere
della Sera" del 03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: La più grave crisi finanziaria ed
economica dagli anni Trenta ha ridotto l'affluenza del pubblico nelle sale e le
vendite dei dvd, e le grandi case cinematografiche versano in difficoltà.
Perciò o tagliano la percentuale degli incassi iniziali del film destinata al
protagonista, sinora la forma più comune di pagamento,
Bene Francoforte Ma si
poteva fare di più ( da "Riformista,
Il" del 03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: crisi finanziaria. È apprezzabile,
in ogni caso, l'accordo, che viene presentato, sugli aiuti all'economia, sulla
regolamentazione degli hedge fund, sull'impegno a redigere una lista nera dei
paradisi fiscali, sui trattamenti dei manager e, in modo più ravvicinato
sull'approccio unico alla trattazione dei titoli tossici e alla costruzione
delle fondamenta di una nuova cooperazione
I risultati del G20 Caccia
agli untori, spazio agli emergenti
( da "Riformista, Il"
del 03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: sottrarrebbe risorse per combattere
la crisi dentro i confini nazionali. Il Fondo monetario dovrebbe poi agire in
più stretto coordinamento con la Banca mondiale, per assicurare insieme
stabilità finanziaria e sostegno allo sviluppo. Protezionismo. Il comunicato finale
del G20 rassicura chi temeva che il libero commercio sarebbe scomparso anche
dalle formule di rito.
La crisi è un complotto di
quelli del signoraggio ( da "Riformista,
Il" del 03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: oggi tra i principali imputati
della crisi finanziaria internazionale. «È un banchiere o un cane da slitta?»,
si sgola il comico, «noo, al cane, se gli tiri qualcosa, te la riporta
indietro. Il banchiere col cazzo!». L'elegante premessa servì allora, nei primi
anni Duemila, per sferrare il consueto attacco contro il sistema e sostenere,
senza ironia,
Un successo senza vinti né
vincitori ( da "Sole
24 Ore, Il" del 03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: di resistere al protezionismo
ribadendo l'impegno a concludere il Doha Round, i negoziati per liberalizzare
gli scambi mondiali. Nonostante le diversità di culture e di interessi che
raccoglie al proprio interno, il G-20 è dunque riuscito a lanciare da Londra
un'azione univoca e concreta per far ripartire il motore bloccato dell'economia
mondiale dovunque,
Draghi: saremo più
rigorosi contro i superstipendi ( da "Sole
24 Ore, Il" del 03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: crisi finanziaria. Il punto chiave
è l'allineamento dei compensi nel settore della finanza con i rischi assunti da
banchieri e trader. Inoltre, retribuzioni e bonus dovranno essere legati
all'andamento dei profitti della banca e i bonus verranno ridotti o eliminati
in caso di andamento negativo, per evitare il fenomeno che si è verificato di
recente quando sono stati premiati dirigenti
Stop al mark-to-market per
le banche americane ( da "Sole
24 Ore, Il" del 03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: cioé la valutazione a valori
presunti di mercato, per attività finanziarie che non dispongono di scambi veri
e propri su mercati regolamentati) è stato da subito individuato tra i
possibili colpevoli della crisi finanziaria, con una presunta responsabilità
nell'enfatizzare le perdite (i tecnici dicono per il suo approccio prociclico).
RIFORME E NUMERI
( da "Sole 24 Ore, Il"
del 03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: No al protezionismo I Grandi Venti
hanno riaffermato l'impegno assuntoa Washington: «Non alzeremo nuove barriere
commercialio finanziarie». Confermato anche l'impegno a concludere il Doha
Round, che potrebbe iniettare altri 150 miliardi di dollari nell'economia
mondiale Il Financial Stability Board Il Financial Stability Forum (
Berlusconi: l'America ci
porti fuori dal tunnel ( da "Sole
24 Ore, Il" del 03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: contro i paradisi fiscali e regole
più stringenti per i mercati finanziari e soprattutto senza contrapporsi
all'asse Obama-Brown. A un certo punto, però, nel giro di tavolo finale, in uno
scambio di battute polemiche tra il premier inglese Gordon Brown e il
presidente francese, si sarebbe inserito proprio il premier italiano per
invitare ad atteggiamenti di maggiore responsabilità.
ROMA Un taglio di un
quarto di punto, dall'1,5% all'1,25%. E' questa le deci...
( da "Messaggero, Il"
del 03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Le misure prese per regolarizzare
il sistema finanziario stanno producendo i loro effetti. In questa situazione
«rimane essenziale» che i governi adottino «misure che non distorcono la
competizione, che e che non rallentino i necessari processi di aggiustamento
strutturale». E' l'ennesimo no di Trichet al protezionismo.
Digitale a costo zero per
la ripresa ( da "Sole
24 Ore, Il" del 03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Che partono da un'analisi impietosa
dell'attuale crisi finanziaria, della rarefazione del credito, dei pesanti
segnali, ormai evidenti, di avvitamento in una grave recessione su scala
globale. Ma il messaggio di fondo del rapporto Itu non è (anche se a
chiaroscuri) necessariamente negativo.
Galvagni al vertice di
Swiss Re ( da "Sole
24 Ore, Il" del 03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: azione ha subito il peso degli
effetti della crisi finanziaria, ma ieri il saluto del mercato è stato
abbastanza chiaro. La sfida di tutto rilievo per il management è ora riportare
in carreggiata il gruppo in tempi brevi. E ancora a proposito di cambi al vertice,
c'è da registrare la novità in casa Adecco, gruppo svizzero leader
internazionale nel lavoro ad interim.
e l'ocse pubblica le liste
nere: ci sono anche svizzera e austria
( da "Messaggero Veneto, Il"
del 03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: nazionali finalizzate a contrastare
gli effetti della crisi finanziaria ed economica. Uno sforzo finanziario, è
scritto nel documento conclusivo del vertice, che dovrebbe portare «a un
aumento della produzione del 4% e all'accelerazione della transizione verso
un'economia verde». Inoltre, la montagna di miliardi messa ieri nero su bianco
dai leader dei 20 Paesi che rappresentano oltre l'
Missione impossibile per
il vertice G20 ( da "Manifesto,
Il" del 03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: del governo si abbatte sulle spese
sociali proprio in tempo di crisi. In Lettonia il Fondo ha spinto verso la
riduzione degli stipendi pubblici del 15 per cento. In Ucraina il Fondo ha
imposto una maggiore deregolamentazione del sistema bancario. Nella più grande
crisi finanziaria degli ultimi 80 anni, dovuta alla liberalizzazione selvaggia
dei mercati finanziari e dei capitali,
La vecchiaia della Nato
( da "Manifesto, Il"
del 03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: il ritorno della politica con
l'elezione di Barack Obama e l'urgenza della instabilità finanziaria e della
crisi climatica. Non è roba di una notte, né da fare davanti a candeline. La
guerra in corso in Afghanistan resta al centro delle relazioni internazionali,
perché lascia in bilico la residua credibilità dell'alleanza militare.
Trasfusione in dollari
( da "Manifesto, Il"
del 03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: dal protezionismo. Infine, altri
100 miliardi vengono messi a disposizione delle banche internazionali per lo
sviluppo (50 miliardi, appena, per prestiti ai paesi più poveri). Il G20 ha
puntato anche sul rafforzamento della regolazione e supervisione della finanza,
così come avevano chiesto soprattutto Francia e Germania,
È il momento dei vitigni
bianchi ( da "Sole
24 Ore, Il" del 03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: La crisi finanziaria e dei consumi
influiscono dunque sulle scelte dei viticoltori e, di conseguenza, sul primo
anello della filiera, quello delle barbatelle, che incassa quest'anno una
flessione del 30% a livello mondiale. A reggere per ora è il Nordest, in
crescita rispetto allo scorso anno;
LONDRA - Alla fine
l'accordo c'è stato, con l'ago della bilancia spostato più...
( da "Messaggero, Il"
del 03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: I leader si sono impegnati a rinunciare
al protezionismo e hanno destinato 250 miliardi di dollari in sostegno al
commercio internazionale per aiutare le economie meno sviluppate e più in
difficoltà. Sui paradisi fiscali è stato dato il via libera alla pubblicazione
della lista nera dell'Ocse, che comprende Costa Rica, Malaysia, Uruguay e
Filippine.
PARIGI - Nicolas Sarkozy
aveva minacciato di andarsene se non ci fossero stati risulta...
( da "Messaggero, Il"
del 03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Negli ultimi tre mesi la crisi
finanziaria è diventata crisi economica, e si è abbattuta con particolare
virulenza sui paesi in via di sviluppo, anche quelli in Europa. Questa è una
prima risposta della comunità internazionale. Nello stesso senso va l'accenno
alla riforma delle organizzazioni internazionali per aumentare la presenza dei
paesi emergenti.
Tutti i leaders mondiali
si dichiarano contro il protezionismo. Ma il rischio concreto non è q...
( da "Messaggero, Il"
del 03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Venerdì 03 Aprile 2009 Chiudi Tutti
i leaders mondiali si dichiarano contro il protezionismo. Ma il rischio
concreto non è quello di un ritorno organico ai dazi. Piuttosto i singoli stati
nell'avviare aiuti a imprese nazionali potrebbero danneggiare concorrenti
esteri. Farà scuola la soluzione della crisi Opel, società della Gm che produce
auto in Germania, rimasta senza liquidità.
lo sporting in campo per
il record ( da "Messaggero
Veneto, Il" del 03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Allora c'era un progetto e una
solidità economica importanti: adesso, in prima squadra giocano alcune
giocatrici figlie di quel progetto, con ambizioni vessate dalla crisi
finanziaria. Chissà che il rilancio dello Sporting non possa partire dai
risultati sul campo. Francesco Tonizzo
ROMA I leader hanno voluto
sottolineare la discontinuità tra passato e futuro . Cos...
( da "Messaggero, Il"
del 03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: informazioni tra le autorità
nazionali responsabili della stabilità finanziaria, ma avrà anche un ruolo di
consigliere in materia di standard di politica di regolazione. Il mandato che
su richiesta del G8 Draghi ha assolto da quando è scoppiata la crisi finanziaria
mondiale viene così istituzionalizzato. E viene anche sancito che l'Fsp agirà
in coordinamento con il Fondo Monetario,
G20, accordo fra i Grandi
Obama: svolta storica ( da "Gazzetta
di Parma (abbonati)" del 03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: nazionali finalizzate a contrastare
gli effetti della crisi finanziaria ed economica. Uno sforzo finanziario, è
scritto nel documento conclusivo del vertice, che dovrebbe portare «a un
aumento della produzione del 4% e all'accelerazione della transizione verso
un'economia verde». Inoltre, la montagna di miliardi messa nero su bianco dai
leader dei 20 Paesi che rappresentano oltre l'
Foschi: in campo per
aiutare le pmi ( da "Gazzetta
di Parma (abbonati)" del 03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: tavola rotonda si affronteranno le
ragioni della crisi finanziaria in ambito extra nazionale ed interno, «il ruolo
delle banche di fronte alla crisi, - prosegue - le possibili evoluzioni e soluzioni,
le nuove opportunità di ottimizzazione della finanza delle imprese,
l'esperienza degli imprenditori che hanno quotato le loro aziende di
riferimento, l'idea del consiglio nazionale e l'
i ricercatori che vogliono
comprarsi l'azienda - anna cirillo
( da "Repubblica, La"
del 03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: La multinazionale ha comunicato la
cessazione dell´attività e ha aperto la mobilità per tutto il personale. C´è la
crisi finanziaria globale, il momento è difficile, e ha società ha dichiarato
di non poter più sostenere la struttura alle porte di Milano, sede nell´ex area
Zambon. Quindi si chiude. SEGUE A PAGINA VII
G20, intesa da mille
miliardi di dollari Obama: "E' una svolta per la ripresa"
( da "Giornale.it, Il"
del 03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: è stata una forte volontà di
cooperare per uscire dalla crisi". Quindi tranquillizza: "Non
sforeremo il deficit". Merkel e Sarkozy soddisfatti Londra - Mille
miliardi di dollari a sostegno dell?economia mondiale alle prese con la grave
crisi finanziaria. E' questa la principale decisione presa dai 20 leader più
importanti della terra oggi a Londra.
Stretta agli stipendi dei
banchieri Ora conteranno rischi e risultati
( da "Giornale.it, Il"
del 03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: L'enfasi dedicata dal G20 a questo
argomento è una risposta alla crescente rabbia dell'opinione pubblica contro i
banchieri, ritenuti responsabili della crisi finanziaria per la loro avidità. ©
SOCIETà EUROPEA DI EDIZIONI SPA - Via G. Negri 4 - 20123 Milano
rosengade 39, i predatori
del codice di dio - stefano bigazzi
( da "Repubblica, La"
del 03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: analisi dei mercati finanziari,
rievoca l´ultimo scorcio della seconda guerra mondiale nel romanzo Rosengade
39, fresco di stampa per Mursia. Tra passaggi temporali (la vicenda si apre il
5 giugno 2004, vigilia del 60° dello sbarco in Normandia) e geografici
(Copenhagen, Vilnius, Kalingrad), Di Lorenzo si muove nelle trame esoterico-
L'economia mondiale è in
una recessione severa e i governi devono combattere contro il protezionismo
( da "Stampa, La" del
03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: L'economia mondiale è in una
recessione severa e i governi devono combattere contro il protezionismo
Jean-Claude Trichet
G20, compromesso storico
( da "Secolo XIX, Il"
del 03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: gli effetti della crisi finanziaria
ed economica. Il Fondo monetario vedrà sostanzialmente triplicarsi i suoi fondi
con 500 miliardi di dollari aggiuntivi che si aggiungono ai 250 miliardi
attualmente disponibili. Verranno inoltre emessi Diritti speciali di prelievo,
la valuta-paniere del Fmi, permettendo alla stessa istituzione di Washington di
aumentare le sue risorse proprie.
"dieci anni fa a
seattle avevamo previsto tutto" - anais ginori
( da "Repubblica, La"
del 03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Il G20 - commenta al telefono - ha
finalmente usato parole come "protezionismo" e "regole
finanziarie". E´ finalmente un buon segnale». Cos´è la sua, una rivincita?
«Non è una piacevole vittoria. Avevamo previsto il Big Bang al quale siamo
assistendo. Le proteste di Seattle contro la globalizzazione del Wto erano del
1999.
tassi bce ai minimi
storici, le borse volano - andrea tarquini
( da "Repubblica, La"
del 03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Le possibili prossime misure della
Bce potrebbero spingersi ancora più lontano: fino all´acquisto di obbligazioni
di aziende o enti in difficoltà. Trichet ha poi esortato le Banche d´affari a
una politica di sostegno più attivo all´economia, e i governi europei a
politiche che non distorcano la concorrenza e che respingano ogni pericolosa
tentazione di protezionismo.
rivalutati gli "asset
tossici" colpo di coda di wall street - federico rampini
( da "Repubblica, La"
del 03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: mercati di fatto hanno smesso di
funzionare; l´assenza di fiducia ha fatto scomparire gli investitori per certi
prodotti finanziari; in questo caso le quotazioni di mercato non hanno più
senso e doverle usare è una penalizzazione assurda. Le perdite di bilancio,
secondo questa tesi, sono temporanee perché in futuro gli stessi titoli tossici
potranno ritrovare acquirenti a valori
monta l'onda dello
spionaggio nelle aziende ( da "Repubblica,
La" del 03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: viste le cronache della crisi
finanziaria globale, forse avrebbero dovuto seguire il percorso inverso. Marco
Patucchi [i rischi della svizzera] Nell´opinione corrente le banche Usa sono
l´epicentro della crisi finanziaria mondiale. Ma ben sei paesi della
"core-Europe" sono molto più a rischio bancarotta.
c'è la crisi, il vino
resta nelle cantine ( da "Tirreno,
Il" del 03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: la crisi c'è. Eccome. I fatti
parlano da soli. Negli Stati Uniti il cambio favorevole all'euro e il profondo
rosso finanziario hanno prodotto una drastica riduzione dei consumi. In Gran
Bretagna è il solito refrain, con la sterlina che ha perso peso rispetto alla
divisa valutaria continentale e con le importazioni che hanno rallentato fin
quasi alla moviola.
Onu: in anno G8 Italia
avviata a mancare Obiettivi Millennio
( da "Reuters Italia"
del 03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: di Massimiliano Di Giorgio ROMA
(Reuters) - Nell'anno in cui presiede il G8 e mentre imperversa la crisi
finanziaria globale, l'Italia sembra destinata a mancare gli obiettivi a cui si
era impegnata con le Nazioni Unite per combattere la fame e la povertà. Lo ha
detto oggi a Reuters la responsabile per l'Italia della Campagna del Millennio
dell'Onu.
Il G20 di Obama: un punto
di svolta per fronteggiare la crisi
( da "AmericaOggi Online"
del 03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: FMI e ad altre istituzioni
finanziarie internazionali per aiutare i paesi più in difficoltà a stimolare la
ripresa della crescita economica, rafforzando nello stesso tempo i controlli
sulle attività dei mercati finanziari. "Abbiamo dato la medicina giusta al
paziente malato - ha detto Obama in una conferenza stampa, alla conclusione del
suo primo vertice internazionale -
G20/Gli accordi dei grandi
alla prova dei mercati. Buone intenzioni e bufale
( da "AmericaOggi Online"
del 03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Saranno i mercati finanziari, dopo
la prima fiammata a caldo, a dirci nei prossimi giorni se il G20 londinese sarà
stato in grado di amministrare all'economia l'unica vera ricetta indispensabile
per la ripresa, quella della fiducia. In un'era globalizzata come la nostra,
dove tutto si trasmette attraverso i mezzi di comunicazione istantanei,
Crisi, puntare sulle
imprese: la ricetta di Calabrò ( da "Affari
Italiani (Online)" del 03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: la ricetta anti-crisi di Calbrò
Venerdí 03.04.2009 10:52 Contro la crisi finanziaria, ecco un manifesto per il
nostro futuro: il ritorno all'industria. E' la ricetta contro la recessione
proposta da Antonio Calabrò, direttore Affari istituzionali e Relazioni esterne
del gruppo Pirelli e consigliere d'amministrazione di Pirelli Tyre,
BORSE Giù (MIBTEL -0.67%)
Pioggia di offerte a Telecom per la Hansenet - TAGLI ALLE STAR DI HOLLYWOOD -
SEMPRE PIù SPIE TRA LE AZIENDE - incentivi sulle due ruote: scooter +35% -
( da "Dagospia.com" del
03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: viste le cronache della crisi
finanziaria globale, forse avrebbero dovuto seguire il percorso inverso. 4 - i
rischi della svizzera... Giovanni Pons per "la Repubblica" -
Nell´opinione corrente le banche Usa sono l´epicentro della crisi finanziaria
mondiale. Ma ben sei paesi della "core-Europe" sono molto più a
rischio bancarotta.
L'olio Dante torna
italiano ( da "BlueTG
online" del 03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: 2009 09:40 - La crisi finanziaria
rallenta ma non blocca le operazioni di fusioni e acquisizione, specialmente
quelle con una valenza industriale più che finanziaria. Ad approfittarne in
questo caso è il gruppo beneventano Mataluni, che ha riacquistato per 30
milioni di euro il marchio olio Dante dalla spagnola Sos Cuetara,
Usa, i dubbi del
Dipartimento di Stato sui mercati del S.America
( da "Velino.it, Il"
del 03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: del duro colpo dato dalla crisi
finanziaria internazionale, che ha portato a limitazioni delle importazioni, e
di un sistema giudiziario “imprevedibile”. Il “nuovo” Paraguay di Fernando Lugo
è contraddistinto da un “mercato nero” che divora miliardi di dollari e “
Speciale energia Eolica:
nuovi stanziamenti dal G20 pag.1 ( da "Trend-online"
del 03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Naturalmente la crisi finanziaria
sta influenzando anche il nostro settore come qualsiasi altro. Nello stesso
tempo però le prospettive per l?energia eolica sono molto più ricche. Tutti i
fondamentali evidenziano che l'energia eolica sarà sempre più preferita come la
primaria fonte di energia alternativa nei vari paesi.
Raccolta in crescita per
Banca Valpolicella ( da "Arena.it,
L'" del 03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Nonostante la crisi finanziaria
stia interessando l'economia mondiale, Banca della Valpolicella, rimanendo
fedele ai principi che hanno portato alla sua nascita, ha consolidato il
proprio ruolo di banca locale legata al territorio e, con orgoglio, sta
confermando un'immagine di solidità ed affidabilità».
Dal G20 pochi fatti, molto
ottimismo. Basterà?. ( da "Giornale.it,
Il" del 03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: uno dei pochi ad aver previsto per
tempo la crisi. E' convinto che la crisi potrà essere superata definitivamente
solo se verranno cambiate le regole che hanno permesso la diffusione
dell'anarchia finanziaria, altrimenti la ripresa sarà effimera. Il problema è
che Washington e Londra vogliono continuare come prima.
Addio ai paradisi fiscali,
più fondi contro la crisi ( da "Avvenire"
del 03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Sulla lotta al protezionismo si
riafferma quanto già detto a Washington (ma non messo in pratica) e cioè
l'impegno a «non creare nuovi ostacoli agli investimenti e al commercio». Si
ampliano poi i poteri del Financial Stability Forum, che insieme al Fondo monetario
è stato incaricato di agire come struttura di "allarme",
Che tristezza, la Cnn (e
un certo giornalismo) ( da "Giornale.it,
Il" del 03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: uno dei pochi ad aver previsto per
tempo la crisi. E' convinto che la crisi potrà essere superata definitivamente
solo se verranno cambiate le regole che hanno permesso la diffusione
dell'anarchia finanziaria, altrimenti la ripresa sarà effimera. Il problema è
che Washington e Londra vogliono continuare come prima.
Albo consulenti: i
commercialisti non arretrano ( da "Denaro,
Il" del 03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: finanziario in generale",
risponde Angelo Caccavone, funzionario del Ministero dell'Economia e Finanza-
dipartimento del Tesoro, che spiega come "l'attività di consulente
finanziario sia fondamentale soprattutto in questa fase di crisi perché è
un'attività al servizio dei risparmiatori, in grado di convogliare il risparmio
verso quegli strumenti che possono tradursi in potenziamento
Depuratori e Cig, sos
della concia ( da "Denaro,
Il" del 03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Condividendo però la sorte del
settore manifatturiero italiano, è costretto a fare i conti con gli effetti
della crisi finanziaria che sta falcidiando l'economia mondiale. Lo scenario
solofrano offre infatti lavoro a circa 3 mila addetti, diretti e indiretti
(dato del 2005, da un censimento effettuato da sindacati, Comune di Solofra e
associazione industriali).
Cisl, unione coltivatori:
Via all'assise regionale ( da "Denaro,
Il" del 03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: concetti chiave per superare la
crisi economica". "In un momento così delicato, dove è la pesante
crisi economico-finanziaria a farla da padrone", afferma Scrima, "il
settore agroalimentare può rappresentare l'unica risposta a questa difficile
sfida,ma soprattutto una possibilità di sviluppo sostenibile".
I ritardi degli enti
creano disoccupazione: Urgente un confronto con Anci e Regione
( da "Denaro, Il" del
03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: auspicio è che il miglioramento del
comportamento delle pubbliche autorità contribuirà a contenere il numero dei
fallimenti, riducendo i relativi costi sociali, ed allentare almeno in parte lo
stato di profonda crisi finanziaria che attanaglia l'intero sistema delle
imprese. * presidente della Confapi Campania del 03-04-2009 num.
FMI DAVVERO INTERNAZIONALE
CERCASI ( da "Lavoce.info"
del 03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: 2009 La crisi finanziaria globale
ha creato l'opportunità per riaffermare il ruolo del Fondo monetario
internazionale. A patto però di diventare davvero internazionale e non solo
euro-atlantico come lo giudicano oggi molti paesi emergenti. E' il momento
giusto per stabilire regole eque anche per i debitori.
Stipendi 2008: la
classifica. Colf e insegnanti i meno pagati, giudici al top
( da "Panorama.it" del
03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Crisi finanziaria: le retribuzioni
dei manager nel settore bancario", nella quale cita statistiche
dell'Eurispes e de [3] lavoce.info, ricorda che nel 2007 gli amministratori
delegati e i presidenti del consiglio d'amministrazione delle 24 principali
banche italiane hanno avuto una retribuzione media annua rispettivamente di
circa 2.
La creazione del valore
all'ombra della crisi ( da "FullPress.it"
del 03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: attuale crisi finanziaria nella
main economy agita lo spettro di una recessione globale. La reazione delle
aziende è quella di correre ai ripari per anticipare la tempesta. A volte,
però, le reazioni automatiche non rappresentano la soluzione migliore.
CdC Varese: credito
all'impresa: interventi straordinari
( da "Sestopotere.com"
del 03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Per aiutare le imprese varesine
alle prese con le difficoltà generate dalla crisi finanziaria internazionale,
la Giunta della Camera di Commercio ha varato due iniziative sul fronte del
credito creando così un “pacchetto anticrisi” del valore complessivo di
1.200.000 euro: risorse che si aggiungono agli interventi d?
Consiglio comunale Torino,
ok a Bilancio consuntivo per l'anno 2008
( da "Sestopotere.com"
del 03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Il 2008 è stato un anno che ha
richiesto particolari attenzioni, anno su cui si è abbattuta la crisi
finanziaria internazionale e l?instabilità dei mercati, tuttavia il
proseguimento della politica di riduzione delle spese giudicate non
strategiche, insieme al monitoraggio continuo su esposizione debitoria e
andamento dei costi, ci hanno permesso –
Russia/ Gazprom vuole
Russneft, ma Deripaska chiede troppo.
( da "Virgilio Notizie"
del 03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: sullo sfondo della crisi
finanziaria e piu' o meno da quando il presidente Dmitri Medvedev è salito al
Cremlino. Di fatto si cerca di evitare nuova sconfitta per lo stesso Deripaska
che negli ultimi mesi sta collezionando numerose debacle finanziarie, dal colosso
dei metalli Basel fino alle controllate nel settore immobiliare.
Russia/ Gazprom vuole
Russneft, ma Deripaska chiede troppo
( da "Virgilio Notizie"
del 03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: sullo sfondo della crisi
finanziaria e piu' o meno da quando il presidente Dmitri Medvedev è salito al
Cremlino. Di fatto si cerca di evitare nuova sconfitta per lo stesso Deripaska
che negli ultimi mesi sta collezionando numerose debacle finanziarie, dal
colosso dei metalli basel fino alle controllate nel settore immobiliare.
Decreto incentivi, dai
sindaci arriva un coro di no ( da "Corriere
Adriatico" del 03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: che non risolve i problemi dei
Comuni e dell'intero sistema economico-produttivo del Paese, colpito dalla
crisi finanziaria in atto". Secondo Flavio Tosi, sindaco di Verona il
decreto è "in controtendenza con il Piano Casa, poichè, i Comuni potrebbero
essere i primi ad investire e in modo rapido. La ritengo una decisione
inspiegabile e contraddittoria".
GERMANIA/ VIA LIBERA
BUNDESRAT A LEGGE PER ESPROPRIO BANCHE
( da "Wall Street Italia"
del 03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: travolto dalla crisi finanziaria, è
stato salvato grazie ad aiuti e garanzie per 102 miliardi di euro. Il governo
federale teme che un collasso di Hypo Real Estate possa innescare un processo a
catena pericoloso per l'intero sistema finanziario tedesco. La legge approvata
stamattina consente di ricorrere allo strumento dell'esproprio entro il 30
giugno di quest'
RUSSIA/ GAZPROM VUOLE
RUSSNEFT, MA DERIPASKA CHIEDE TROPPO
( da "Wall Street Italia"
del 03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: sullo sfondo della crisi
finanziaria e piu' o meno da quando il presidente Dmitri Medvedev è salito al
Cremlino. Di fatto si cerca di evitare nuova sconfitta per lo stesso Deripaska
che negli ultimi mesi sta collezionando numerose debacle finanziarie, dal
colosso dei metalli basel fino alle controllate nel settore immobiliare.
RUSSIA/ GAZPROM VUOLE
RUSSNEFT, MA DERIPASKA CHIEDE TROPPO.
( da "Wall Street Italia"
del 03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: sullo sfondo della crisi
finanziaria e piu' o meno da quando il presidente Dmitri Medvedev è salito al
Cremlino. Di fatto si cerca di evitare nuova sconfitta per lo stesso Deripaska
che negli ultimi mesi sta collezionando numerose debacle finanziarie, dal
colosso dei metalli Basel fino alle controllate nel settore immobiliare.
BANCHE. Abi-Università
Parma: nella scelta conta il passaparola
( da "HelpConsumatori"
del 03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: analisi della reputazione delle
banche mostra che la crisi finanziaria non ha inciso sulla fiducia della
clientela retail, mentre ha impattato sugli addetti ai lavori. Per quanto
riguarda la clientela corporate, le banche ritengono che sia meno sensibile a
fenomeni emotivi, è pluribancarizzata ed è in grado di valutare direttamente la
qualità della relazione.
L'INTERVENTO Meno
burocrazia e più risorse per aiutare le imprese a uscire dalla crisi di
Girolamo Astolfi* ( da "Gazzettino,
Il (Rovigo)" del 03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: La grave crisi finanziaria iniziata
lo scorso autunno si è abbattuta sull'economia reale del Paese, spiegano i
vertici, con effetti pesanti, anche nel ricco Veneto, provocando lo stallo
della domanda interna e chiari segnali di recessione. Non si vuol capire che la
crisi è profonda, che interi settori anche nella provincia di Rovigo,
diciamolochiaro ha detto:
Ebbene Babe, sai perchè dobbiamo continuare ad occuparci di loro? Semplice.
( da "KataWeb News" del
03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: incontrati per decidere sulle
posizioni comuni da adottare contro la crisi finanziaria, lasciando fuori la
Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo»,
addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro capite. Per il
premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto
deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà,
Abi, clienti scelgono
banca con passaparola ( da "Borsa(La
Repubblica.it)" del 03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: la crisi finanziaria non ha inciso
sulla fiducia della clientela retail, mentre ha impattato sugli addetti ai
lavori. Per quanto riguarda la clientela corporate, le banche ritengono che sia
meno sensibile a fenomeni emotivi, è pluribancarizzata ed è in grado di
valutare direttamente la qualità della relazione.
Internet/ Per tre milioni
l'indirizzo è: ".eu" ( da "Virgilio
Notizie" del 03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Neanche la crisi finanziaria ha
rallentato la crescita: il numero di nomi di dominio ".eu" è
aumentato del 2% nel corso del primo trimestre 2009, una crescita che lo
consolida al quinto posto tra i domini di primo livello geografico più popolari
a livello mondiale.
GB/ HALIFAX SMORZA
SPERANZE: A MARZO PREZZI IMMOBILI -1,9% MESE
( da "Wall Street Italia"
del 03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: europei che in questa crisi
finanziaria ha accusato anche una pesante correzione al ribasso del settore
immobiliare, dopo anni di forte crescita, fattore che ha accentuato la
debolezza dei suoi mercati e le ricadute sull'economia. Secondo Halifax il 2009
sarà comunque un anno difficile per l'immobiliare Gb, mentre ieri la stessa nationwide
aveva richiamato alla cautela sui suoi dati.
INTERNET/ PER TRE MILIONI
L'INDIRIZZO È: .EU ( da "Wall
Street Italia" del 03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Neanche la crisi finanziaria ha
rallentato la crescita: il numero di nomi di dominio ".eu" è
aumentato del 2% nel corso del primo trimestre 2009, una crescita che lo
consolida al quinto posto tra i domini di primo livello geografico più popolari
a livello mondiale.
BANCHE/ ABI: PER I CLIENTI
CONTANO PIU' I FATTI DELLE PAROLE
( da "Wall Street Italia"
del 03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: la "crisi finanziaria non ha
inciso sulla fiducia della clientela retail, mentre ha impattato sugli addetti
ai lavori". Per quanto riguarda la clientela corporate, le banche
"ritengono che sia meno sensibile a fenomeni emotivi, è pluribancarizzata
ed è in grado di valutare direttamente la qualità della relazione".
Crisi finanziaria, la
Giuntaoggi incontra Rsu e dirigenti
( da "Sicilia, La" del
03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Mussomeli Crisi finanziaria, la
Giunta oggi incontra Rsu e dirigenti Niscemi. Le domande presentate entro il 16
marzo scorso da coloro che hanno interesse ad essere eletti dal consiglio
comunale difensore civico del Comune di Niscemi, sono circa 20, tra cui alcuni
di Palermo e di altre città della Sicilia.
Si tenga conto di piccole
imprese e di acqua ( da "Sicilia,
La" del 03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: risposte alle attese delle imprese
siciliane impegnate a misurarsi con l'attuale crisi finanziaria. Tuttavia,
nonostante la firma della convenzione tra Abi e Irfis, per sbloccare le
procedure per l'accesso alle provvidenze previste dalla legge occorre adesso
che le banche si attivino per stipulare con l'Irfis apposite convenzioni per
consentirne la fruizione da parte delle imprese.
ABI: CLIENTI SCELGONO
BANCHE COL PASSAPAROLA. ( da "Asca"
del 03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Inoltre la crisi finanziaria non
incide sulla fiducia della clientela retail ma impatta sugli addetti ai lavori.
Chi ha un conto corrente da' peso soprattutto all'esperienza diretta e
personale. Niente conta di piu'. Sono questi i primi risultati dell'Indagine
''Le banche e la valorizzazione della reputazione nei confronti della clientela
retail'
Obama offre una visione
del mondo senza armi nucleari ( da "Reuters
Italia" del 03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: a un accordo al G20 di Londra
contro la crisi finanziaria globale e sta cercando un ulteriore consenso dai
leader dei paesi Nato per migliorare la precaria situazione dell'Afghanistan.
Il presidente francese Nicolas Sarkozy ha immediatamente fornito pieno sostegno
al piano di Obama, che prevede di porre un deciso freno alla crescente violenza
provocata da al Qaeda e dai talebani.
Pil, puntare sulle
imprese: la ricetta di Calabrò ( da "Affari
Italiani (Online)" del 03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: la ricetta anti-crisi di Calabrò
Venerdí 03.04.2009 10:52 Contro la crisi finanziaria, ecco un manifesto per il
nostro futuro: il ritorno all'industria. E' la ricetta contro la recessione
proposta da Antonio Calabrò, direttore Affari istituzionali e Relazioni esterne
del gruppo Pirelli e consigliere d'amministrazione di Pirelli Tyre,
Uomini in rivolta
( da "Foglio, Il" del
03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: attuale crisi finanziaria. Le
banche soffrono ma sopravviveranno insieme con l?insostituibilità del sistema
creditizio. E i casseur altermondisti sono ormai un fenomeno violento, sì, ma
inquadrabile nella scenografia di ogni appuntamento fra i così detti grandi
della Terra.
Berlusconi al G20:
questione di show ( da "AprileOnline.info"
del 03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Ci troviamo di fronte alla crisi
finanziaria peggiore dalla seconda guerra mondiale, le nostre economie sono
interconnesse e dobbiamo trovare una soluzione insieme" ecco
l'esternazione del premier italiano che nessun paese al mondo ci invidia:
"Il mio intento è far notare come la crisi sia soprattutto psicologica e
governi e Stati devono assicurare che le banche non falliscano"
Il vertice delle buone
intenzioni ( da "AprileOnline.info"
del 03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: la fuga nel protezionismo e
nell'autarchia che aggravò la crisi (dalla quale i paesi industrializzati
uscirono solo convertendo le loro economie alla produzione bellica, con quello
che poi ne seguì)? I grandi e meno grandi del mondo hanno imparato la lezione
sulla necessità di porre un freno agli "spiriti animali" di un
"capitalismo rapace"
Riformismo e unità
( da "AprileOnline.info"
del 03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: altro regolare i mercati finanziari
è un'operazione necessaria ma non sufficiente, poiché per farlo occorre
(testualmente) "aggiustare le grandi politiche economiche, e per farlo ci
vorrebbero classi dirigenti adeguate nelle grandi aree del mondo". Ed ha
aggiunto, parlando dell'Europa e dei Paesi che la compongono, che "bisogna
ripartire,
conroe ha detto: Il
miglior mediatore possibile...che non sa mettere in croce due parole nè in
inglese nè in francese - LOOOL! Forse lo volevano designare come mediatore dopo
la br ( da "KataWeb
News" del 03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: incontrati per decidere sulle
posizioni comuni da adottare contro la crisi finanziaria, lasciando fuori la
Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo»,
addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro capite. Per il
premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto
deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà,
Rbs: L'ira degli
azionisti, bocciato piano compensi
( da "KataWeb News" del
03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: ha finito per diventare uno dei
simboli della crisi finanziaria, attirandosi la rabbia dell'opinione pubblica.
Durante le manifestazioni contro il G20, i vetri degli uffici dell'istituto
sono stati sfondati dai manifestanti, mentre il mese scorso ignoti avevano
rotto le finestre della residenza di Sir Goodwin e gli avevano distrutto la
macchina.
RBS: L'IRA DEGLI
AZIONISTI, BOCCIATO PIANO COMPENSI
( da "KataWebFinanza"
del 03-04-2009) + 1 altra fonte
Argomenti:
Crisi
Abstract: ha finito per diventare uno dei
simboli della crisi finanziaria, attirandosi la rabbia dell'opinione pubblica.
Durante le manifestazioni contro il G20, i vetri degli uffici dell'istituto
sono stati sfondati dai manifestanti, mentre il mese scorso ignoti avevano
rotto le finestre della residenza di Sir Goodwin e gli avevano distrutto la
macchina.
Addio "dollar
standard" ( da "Trend-online"
del 03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: In tempi di crisi, è ora di battere
(nuova) moneta. Una delle tante conseguenze di questa crisi finanziaria,
probabilmente, sarà l?avvento di un nuovo sistema monetario internazionale, non
più basato sulla centralità esclusiva del dollaro. Fantascienza, quella della
fine del ?
## Russia/ Nuovo risiko
acquisizioni-fusioni tra petrolio e...
( da "Virgilio Notizie"
del 03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: fondo Russneft è solo un aspetto di
un impero che sta crollando lentamente da un anno, sullo sfondo della crisi
finanziaria e piu' o meno da quando il presidente Dmitri Medvedev è salito al
Cremlino. Di fatto anche Medvedev è intervenuto per evitare nuova sconfitta per
lo stesso Deripaska che negli ultimimesi sta collezionando debacle finanziarie,
persino nel settore immobiliare.
BANCHE: PER SCEGLIERE
CONTA IL PASSAPAROLA ( da "Trend-online"
del 03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: analisi della reputazione delle
banche mostra che la crisi finanziaria non ha inciso sulla fiducia della
clientela retail, mentre ha impattato sugli addetti ai lavori. Per quanto
riguarda la clientela corporate, le banche ritengono che sia meno sensibile a
fenomeni emotivi, è pluribancarizzata ed è in grado di valutare direttamente la
qualità della relazione.
## RUSSIA/NUOVO RISIKO
ACQUISIZIONI-FUSIONI TRA PETROLIO E DEBITI
( da "Wall Street Italia"
del 03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: fondo Russneft è solo un aspetto di
un impero che sta crollando lentamente da un anno, sullo sfondo della crisi
finanziaria e piu' o meno da quando il presidente Dmitri Medvedev è salito al
Cremlino. Di fatto anche Medvedev è intervenuto per evitare nuova sconfitta per
lo stesso Deripaska che negli ultimi mesi sta collezionando debacle
finanziarie, persino nel settore immobiliare.
UE/ BORGHEZIO: TROPPI
SOLDI A BARROSO, PIÙ DI OBAMA ( da "Wall
Street Italia" del 03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: specie in un periodo di crisi
finanziaria in cui si dibatte tutta l'Europa, che tale principesco trattamento,
per altro ben superiore a quello di tutti i capi di Stato europei e dello
stesso Presidente Obama, debba essere urgentemente riportato a livelli
accettabili, come pure la sua mega liquidazione".
USA: BANCHE, POLEMICHE
SULLE REGOLE PIU' MORBIDE ( da "Wall
Street Italia" del 03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: questi asset in un mercato in
stallo abbia esacerbato la crisi finanziaria con svalutazioni, crollo di utili,
penalizzazione dei coefficienti patrimoniali e una limitata capacità di
credito. Le autorità hanno dato ancora una volta più credito ai banchieri che a
Main Street. Se la boccata di ossigeno accordata alle banche può sembrare una
decisione deprecabile ma tutto sommato saggia (
ITALIA-RUSSIA/ BERLUSCONI
A MOSCA, RAPPORTI AI MASSIMI STORICI
( da "Wall Street Italia"
del 03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: ha risentito nella seconda metà
dell'anno della generale crisi finanziaria. Ma è significativo che il valore
delle nostre esportazioni (10,5 miliardi di euro) ha fatto segnare un aumento
del 9,3 rispetto all'anno precedente, mentre quelle verso altri mercati europei
hanno fatto registrare il segno negativo".
Regione, i lavori della
commissione di vigilanza ( da "Giornale
di Calabria, Il" del 03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: A fronte di una situazione
nazionale ed internazionale di crisi finanziaria e delle imprese
manifatturiere, abbiamo l?obbligo, almeno per quel che riguarda le iniziative
industriali in Calabria, di coordinare un utile lavoro di raccordo
istituzionale capace di abbreviare significativamente ed efficientare ogni
procedura che attiene il rapporto Regione-Imprese?
Foschi: in campo per
aiutare le pmi ( da "Gazzetta
di Parma Online, La" del 03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: Nella tavola rotonda si
affronteranno le ragioni della crisi finanziaria in ambito extra nazionale ed
interno, «il ruolo delle banche di fronte alla crisi, - prosegue - le possibili
evoluzioni e soluzioni, le nuove opportunità di ottimizzazione della finanza
delle imprese, l?esperienza degli imprenditori che hanno quotato le loro
aziende di riferimento, l?
babelick ha detto: non la
vedo come te,conroe. lo so che sarebbe davvero bello darli una umiliazione
simile e denigrarli agli occhi del mondo...ma dove sarebbero i guadagni?fossi i
( da "KataWeb News" del
03-04-2009)
Argomenti:
Crisi
Abstract: incontrati per decidere sulle
posizioni comuni da adottare contro la crisi finanziaria, lasciando fuori la
Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo»,
addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro capite. Per il
premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto
deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà,
( da "Stampa, La" del
03-04-2009)
Argomenti: Crisi
"Però si poteva fare molto di più sul protezionismo" Dotare le istituzioni internazionali di maggiori risorse è
la premessa per affrontare in modo sistemico la crisi. Non ha dubbi Allen
Sinai, guru di Wall Street e fondatore dell'osservatorio Decision Economy, il
cui giudizio sul vertice di Londra è tutto sommato positivo anche se «sul protezionismo poteva essere fatto di
più». Il mondo si è unito sotto la bandiera delle istituzioni
internazionali? «Dotare Fondo monetario e Banca mondiale di risorse e strumenti
adeguati garantisce finalmente un approccio sistemico alla lotta contro la
crisi». Come dovrebbero essere impiegati questi fondi? «L'uso delle risorse
deve essere valutato caso per caso. Per i Paesi emergenti l'approccio è più
economico, bisogna stimolare l'economia. Per i Paesi sviluppati invece bisogna
operare sul piano finanziario, bonificare il mercato dagli asset pericolosi e
rivitalizzare il sistema del credito. Per i Paesi poveri infine è necessario
usare i fondi a sostegno dei bisogni fondamentali evitando ricadute di
carattere sociale. Solo Fmi e Banca Mondiale hanno la capacità di affrontare
tutte le sfaccettature della crisi in modo corretto». La regolamentazione degli
hedge fund va nella giusta direzione? «Assolutamente sì. Fondi speculativi e
private equity sono divenuti una parte fondamentale del nostro sistema
finanziario e il fatto che siano stati all'ombra della regolamentazione
generale ha contribuito a causare instabilità generale». Come valuta la stretta
sui paradisi fiscali? «E' un passo importante, anche se da un punto di vista giuridico
è complicata e richiede una cooperazione a livello internazionale. È una
crociata che richiede sforzi molto maggiori, ma l'intesa di massima raggiunta a
Londra è un buon inizio». Questo G-
( da "Stampa, La" del
03-04-2009)
Argomenti: Crisi
Vittorio Emanuele
Parsi DOLLARI E REGOLE CONTINUA A PAGINA 35Due erano i rischi principali cui
andava incontro il delicato vertice G20 di ieri a Londra: la clamorosa rottura
tra le posizioni anglo-americane e quelle franco-tedesche, o un accordo di
facciata e al ribasso. Entrambi avrebbero prodotto conseguenze disastrose, con
contraccolpi psicologici tali da distruggere in un giorno la timorosa euforia
delle Borse mondiali di questi tempi, rendendo lo spettro del baratro sempre
più reale. Al di sotto degli interessi immediati e corposi dei protagonisti, e
delle loro legittime preoccupazioni sul minaccioso avanzarsi di un pericoloso
dissesto sociale, quella che è sembrata riemergere, nelle settimane che hanno
condotto al vertice di ieri, è stata l'antica ruggine tra modello anglosassone
e modello renano dell'economia di mercato. Tale tenzone, assai fiorente fino a
tutti i complicati Anni Settanta, sembrava essere andata in soffitta con la
fine del decennio successivo, il crollo del comunismo e il trionfo della new
economy. Non a caso la tenzone si rianima proprio ora che una nuova e assai più
radicale crisi si manifesta con asprezza. Così, alla ricetta proposta da
America e Gran Bretagna, cioè i Paesi che ospitano le due più grandi piazze
finanziarie mondiali, incentrata sulla priorità di rianimare il malato con
massicce iniezioni di liquidità e di credito, Parigi e Berlino replicavano con
l'esigenza di imporre al mercato regole nuove e rigorose, affinché non finisse
col ripercorrere i medesimi errori. Ha prevalso una soluzione di buon senso,
non spettacolare di sicuro, ma allo stesso tempo la sola che potesse inviare un
segnale di cauto ottimismo ai mercati: aumentare la dotazione dell'Fmi e
sostenere il commercio internazionale, così da allontanare
lo spettro del protezionismo. Il tutto accompagnato da misure simboliche, ma importanti, di
«moralizzazione» del circuito finanziario (come il veto ai bonus per i
banchieri), e dall'introduzione di un maggior controllo sulle attività degli
hedge funds, alla promessa di intervenire nei confronti dei paradisi fiscali.
L'Europa, a partire dalla Germania, si è ritrovata nella rinnovata leadership
francese. E questo è un bene. Certo la riunione di Londra non è stata una nuova
Bretton Woods, per la quale del resto mancano i presupposti politici. D'altra
parte, se è giusto sottolineare che l'assenza di regole adeguate è stata una
delle cause determinanti (anche se non la sola) dell'attuale dissesto
finanziario, occorre anche ricordare che sarebbe deleterio confondere la terapia
di rianimazione del mercato con la necessaria riabilitazione successiva
all'eventuale scampato pericolo. Comunque sia, è stato evitato che,
all'indomani del vertice, ognuno vada per la sua strada, replicando l'errore
capitale che trasformò la gravissima crisi del 1929 nella «Grande Depressione»
degli Anni Trenta. Il successo europeo al vertice di Londra, però, non deve
farci scordare che queste assise hanno fornito anche qualche indicazione
sull'assetto del sistema internazionale che potrebbe profilarsi al tramonto del
sempre più imperfetto e claudicante unipolarismo americano, registrando il
crescente ruolo della Cina. In tal senso, c'è da esser certi che aumenterà
l'attenzione dell'America di Obama verso Pechino: una marcia di avvicinamento
da cui potrebbe emergere un nuovo assetto bipolare, assai meno competitivo di
quello sovietico-americano. Washington potrebbe cioè essere tentata di
scommettere su un accordo preferenziale con Pechino, il cui effetto potrebbe
manifestarsi appieno quando i tempi volgeranno nuovamente al bello. Nel
delineare la nuova architettura internazionale, anche la Russia gioca le carte
che ha, le quali non appaiono così disprezzabili: siano quelle del proprio
arsenale nucleare (alla cui riduzione bilaterale Medvedev si è detto disponibile)
o quelle della sua posizione di fortissimo dealer di prodotti energetici. Se i
passi intrapresi a Londra verranno confermati alla Maddalena e al prossimo G20
di fine anno, l'Europa potrà essere soddisfatta di aver contribuito a rendere
più simile a sé la struttura del sistema economico globale. Ma è importante che
ciò non le faccia dimenticare come essa rischi di uscire oggettivamente
«ridimensionata» da vertici cui partecipano Paesi «terzi» del calibro di India
o Brasile. La partita è appena all'inizio. E va oltre la riscrittura delle
regole dell'economia globale. In un nuovo ordine mondiale che fosse governato
da un sostanziale condominio bipolare sino-americano e, persino nell'ipotesi di
un multipolarismo allargato ai nuovi Paesi emergenti e alla Russia di Medvedev,
l'Europa dovrà comunque continuare a faticare e a rischiare come ha fatto a
Londra, per trovare il posto cui aspira al tavolo della «Bretton Woods prossima
futura».
( da "Stampa, La" del
03-04-2009)
Argomenti: Crisi
Dotare le
istituzioni internazionali di maggiori risorse è la premessa per affrontare in
modo sistemico la crisi. Non ha dubbi Allen Sinai, guru di Wall Street e
fondatore dell'osservatorio Decision Economy, il cui
giudizio sul vertice di Londra è tutto sommato positivo anche se «sul protezionismo poteva essere fatto di
più». Il mondo si è unito sotto la bandiera delle istituzioni internazionali?
«Dotare Fondo monetario e Banca mondiale di risorse e strumenti adeguati
garantisce finalmente un approccio sistemico alla lotta contro la crisi».
Come dovrebbero essere impiegati questi fondi? «L'uso delle risorse deve essere
valutato caso per caso. Per i Paesi emergenti l'approccio è più economico,
bisogna stimolare l'economia. Per i Paesi sviluppati invece bisogna operare sul
piano finanziario, bonificare il mercato dagli asset pericolosi e rivitalizzare
il sistema del credito. Per i Paesi poveri infine è necessario usare i fondi a
sostegno dei bisogni fondamentali evitando ricadute di carattere sociale. Solo
Fmi e Banca Mondiale hanno la capacità di affrontare tutte le sfaccettature
della crisi in modo corretto». La regolamentazione degli hedge fund va nella
giusta direzione? «Assolutamente sì. Fondi speculativi e private equity sono
divenuti una parte fondamentale del nostro sistema finanziario e il fatto che
siano stati all'ombra della regolamentazione generale ha contribuito a causare
instabilità generale». Come valuta la stretta sui paradisi fiscali? «E' un
passo importante, anche se da un punto di vista giuridico è complicata e
richiede una cooperazione a livello internazionale. È una crociata che richiede
sforzi molto maggiori, ma l'intesa di massima raggiunta a Londra è un buon
inizio». Questo G-
( da "Stampa, La" del
03-04-2009)
Argomenti: Crisi
Spinta da 1100
miliardi per rilanciare il mondo [FIRMA]MAURIZIO MOLINARI INVIATO A LONDRA
Rigide regole per la finanza internazionale, hedge funds sotto controllo e
paradisi fiscali obbligati a rientrare nei ranghi e uno stimolo per l'economia
affidato al Fmi: il summit del G20 si conclude con il successo delle posizioni
di Francia e Germania, salutato dal presidente americano Barack Obama come «un
vertice storico per la magnitudine della risposta che abbiamo dato alla crisi», sebbene proprio lui abbia dovuto fare passi
indietro. Obama voleva uno stimolo globale più imponente che non c'è stato e il
suo plauso ai vincitori, la tedesca Angela Merkel e il francese Nicolas
Sarkozy, spiega perché il premier britannico Gordon Brown, anfitrione dei
lavori, parla con soddisfazione del «mondo che si è unito contro la recessione
riconoscendo che la prosperità è indivisibile». L'accordo di Londra è il
risultato di un compromesso che segna un nuovo equilibrio di forze fra le
grandi potenze economiche del Pianeta. Sarkozy parla di «successo oltre le
previsioni» e «fine del modello anglosassone dei mercati
gestiti con leggerezza» perché il testo finale vara il nuovo «Financial
Stability Board» che metterà in atto una sorveglianza rigida su tutti i mercati, le istituzioni e gli strumenti finanziari
esistenti, inclusi gli hedge funds finora riusciti a sfuggire a qualsiasi tipo
di controllo. Merkel parla di «compromesso storico» perché il fronte
anglosassone - e soprattutto Londra - ha ceduto sui paradisi fiscali ovvero i
circa 40 Paesi i cui nomi saranno presto resi noti dall'Ocse e «indicati alla
pubblica vergogna», al pari di quelli che vareranno politiche protezionistiche
capace di ostacolare il libero commercio. Il compromesso è stato possibile
perché Washington e Londra hanno ceduto sul fronte dello «stimolo fiscale
globale» che Obama aveva nelle carte e del quale Brown aveva parlato di fronte
al Congresso riunito in seduta congiunta. Non vi è infatti alcun impegno dei
Venti a varare misure nazionali analoghe a quelle di Usa e Cina mentre c'è
l'incremento di risorse per 1100 miliardi dollari del Fondo monetario
internazionale, che si trasforma nella roccaforte multilaterale degli aiuti ai
Paesi in difficoltà finanziaria. Il Fmi avrà poteri di
intervento nelle economie nazionali senza precedenti così come venderà oro per
sei miliardi di dollari al fine di «mettere risorse a disposizione dei Paesi
poveri» come sottolinea Gordon Brown. Per mascherare il patteggiamento il
premier britannico sottolinea che, a conti fatti, i Venti «entro la fine del
prossimo anno avranno varato stimoli fiscali per 5 mila miliardi di dollari» ma
si tratta di promesse, non di impegni nazionali sottoscritti, e il disappunto
americano viene evidenziato dalla decisione del ministro Timothy Geithner di
cancellare il previsto briefing serale con i giornalisti al seguito. Se gli
anglosassoni hanno accettato di scendere a patti è perché
per loro il risultato più importante arriva sul piano politico: se è vero che
la crisi finanziaria viene
da New York e Londra, il rischio di un loro isolamento è alle spalle perché il
summit vede nascere una coalizione internazionale contro la recessione. Non a
caso Brown dice a più riprese «siamo uniti» e Obama parla di «passi storici
senza precedenti». Per entrambi, come riassume il premier australiano
Kevin Rudd, era importante «raggiungere l'accordo più vasto contro i cowboy dei
mercati finanziari responsabili del collasso
avvenuto». Grazie alla nascita di questa coalizione anti-recessione - che celebrerà
il nuovo summit a fine anno - Obama e Brown potranno fare pulizie nelle
rispettive piazze finanziarie con strumenti
multilaterali che i rispettivi Parlamenti avrebbero difficilmente autorizzato.
«Abbiamo dato la medicina giusta al paziente malato» dice il presidente
americano nella conferenza stampa finale, ammettendo di aver fatto passi
indietro «sulla scrittura nel testo finale di alcune frasi che non posso
rivelare perché quello che abbiamo è un testo oramai comune, di tutti noi». In
questa coalizione Russia e Cina vengono proiettate nel ruolo di protagoniste.
Dmitri Medvedev, capo del Cremlino, preannuncia il «taglio dei bonus troppo
elevati» e promette di «rinunciare al protezionismo»
mentre il cinese Hu Jintao rimette al Fmi la disputa sul futuro del dollaro
come moneta-base. Sono le avvisaglie di una redistribuzione del potere nel
salotto della finanza globale che è appena iniziata.
( da "Trentino" del
03-04-2009)
Argomenti: Crisi
Il vice direttore
generale della Banca d'Italia ieri ha tenuto una conferenza sulla situazione
mondiale alla Facoltà di Economia «La crisi? Sono
mancati i controlli» La lezione di Visco: le politiche monetarie devono
regolare la finanza STEFANO FAIT TRENTO. In tutta Europa banchieri ed
amministratori delegati sono sotto attacco. In Italia e Francia ci sono stati
dei sequestri, in Scozia le proprietà di Fred Goodwin, il banchiere
responsabile del collasso della Royal Bank of Scotland che nonostante ciò ha
ricevuto una buonuscita di quasi 17 milioni di sterline, sono state prese
d'assalto da un gruppo di attivisti denominato "I dirigenti di banca sono
dei criminali". A Londra le proteste bloccano la City. La gente è stufa di
essere ritenuta co-responsabile dell'attuale crisi e
chiamata a pagare per rimediare ai fiaschi di chi non solo non deve mai
rispondere a nessuno dei propri errori, ma riceve anche remunerazioni
sproporzionate. Ieri pomeriggio, nella Sala Conferenze della Facoltà di
Economia, Ignazio Visco, vice direttore generale della Banca d'Italia, ha presentato il punto di vista dei banchieri nel suo intervento
intitolato "La crisi finanziaria: oggi e in prospettiva" e non ha aggirato i problemi. «Sono
cambiati i mercati finanziari e la finanza come disciplina è progredita, ma gli
strumenti finanziari per i fondi previdenziali espongono a grandi rischi
sociali una vasta fascia della popolazione. Mentre da un lato
l'espansione del commercio globale ha impedito che la crescita demografica
fosse accompagnata da un aumento del numero di poveri, è anche vero che per
molti anni si è ritenuto che le politiche monetarie non dovessero occuparsi di
finanza, lasciandola a strumenti di regolamentazione di natura politica che non
sono sempre risultati adeguati». Nel tempo ciò ha portato le famiglie americane
ad indebitarsi, ottenendo prestiti (mutui ipotecari) grazie all'aumento del
valore degli immobili. La maggiore liquidità ha stimolato l'economia che in
ultimo ha beneficiato le famiglie. Ma questo è un modello che funziona solo se
l'economia continua ad espandersi, se le prospettive di guadagni futuri
rimangono alte e se le previsioni non sono troppo inesatte. Quando ciò non
avviene le conseguenze possono essere tragiche, specialmente in un Paese dove
il tasso di risparmio è prossimo allo zero, com'è il caso degli Stati Uniti,
appunto. In quel caso il rapporto debito-consumo si è trasformato in un circolo
vizioso e la redistribuzione dei rischi effettuata dalle banche ha condizionato
l'intera economia e moltiplicato il problema dell'insolvenza. Perché si è
arrivati a questo? «Anche a causa di una sostanziale assenza di trasparenza
nella valutazione degli investimenti». In pratica formule matematiche
ipercomplesse e modelli statistici basati su dati insufficienti o incerti sono
serviti a far passare per remunerativo quel che non lo era e a celare i rischi
di certe operazioni finanziarie, anche in virtù di «una regolamentazione
difettosa o addirittura assente nel caso delle banche d'investimento». «Il
tutto nell'illusione che il valore degli immobili sarebbe cresciuto
permanentemente», anche se Visco stesso, come altri colleghi, aveva segnalato
quest'abbaglio puntando il dito sul «disavanzo e sull'eccesso di domanda Usa,
sulla saturazione dei mercati e sulla riduzione delle risorse energetiche». Ora
«il debito pubblico aumenta per salvare le banche, mentre si lascia che le
imprese falliscano, perché le nostre sono economie fondate sul credito» e non
sul valore della forza-lavoro. E il cerchio si chiude.
( da "Trentino" del
03-04-2009)
Argomenti: Crisi
Villa Lagarina.
Comunità Attiva: solidarietà ai lavoratori che rischiano il licenziamento
«Caseificio, stabilimento dimezzato» VILLA LAGARINA. Solidarietà ai lavoratori
del caseificio Pinzolo - Fiavé e un invito a reintegrare il personale in esubero.
I consiglieri comunali di Comunità Attiva, sono vicini ai lavoratori colpiti
dalla crisi che non ha risparmiato nemmeno lo
stabilimento di Villa Lagarina. Attualmente la dirigenza è procinto di
trasformare la struttura in yogurtificio: «Sono trascorsi meno di dieci anni -
scrivono - da quando l'allora caseificio "Sav" si trasferì da
Roveereto a Villa; solo alcuni mesi dalla ristrutturazione del comparto
lattiero caseario in ambito provinciale, che ha visto lo stabilimento di Villa
Lagarina essere inglobato nel caseificio Pinzolo - Fiavé. Il consiglio comunale
non intende qui entrare nel merito del piano industriale aziendale ma non può
non rilevare che, nonostante il massiccio intervento della Provincia a sostegno
del settore, il caseificio registra una grave crisi finanziaria, gettando un'ombra
sulla tanto conclamata efficienza del sistema cooperativistico trentino. Il
piano industriale del caseificio Pinzolo - Fiavé prevede un esubero di 26
lavoratori su 95 dipendenti e colpisce in particolare lo stabilimento di Villa
con 22 lavoratori su 40 dipendenti». Sollecitato dai consiglieri di
Comunità Attiva, martedì scorso il consiglio comunale di Villa, ha espresso
solidarietà ai lavoratori coinvolti da un possibile licenziamento. (pat)
( da "Rai News 24"
del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi
Londra | 2 aprile
2009 G20. Slitta la lista nera dei paradisi fiscali Strade chiuse nella City
londinese I leader del G20 sarebbero vicini ad un accordo sul documento che
contiene le misure per affrontare la crisi finanziaria globale. Per la Bbc
tra i punti dell'intesa c'è l'aumento dei finanziamenti al Fondo monetario
internazionale, che passeranno da
( da "KataWeb News"
del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi
senza il mattone..
Spagnoli ci avete scocciato: pensate ai vostri guai 28 marzo 2009 alle 14:15 —
Autore: babelick — 37 commenti Gentile ambasciatore Terracciano, complimenti e
sentiti ringraziamenti. Ci ha vendicati. La lettera che ha inviato al
quotidiano El Pais, nella sua veste di capo della rappresentanza italiana
presso il governo spagnolo, non sembra neanche scritta da un diplomatico di
carriera; meglio, è opera di un diplomatico di razza rara, tanto è chiara,
asciutta, ferma, e, lo faccia dire a me, sacrosantamente scocciata. Quel
giornale così faziosamente filo Zapatero, praticamente un organo di partito,
anche di quello Democratico italiano del quale corre in premuroso e regolare
soccorso, la deve smettere di denigrare il governo e il Paese. Non c'entra
niente qui la libertà di stampa; come lei sottolinea, il tentativo di demolire
l'immagine dell'Italia tra gli spagnoli risponde invece a un disegno di servitù
politica che nessun organo di stampa italiano si sognerebbe di progettare,
piaccia o no il governo di José Luis Zapatero, per gli intimi Bambi. Succede
che gli equilibri politici europei siano cambiati, che un asse
Sarkozy-Merkel-Berlusconi minacci il ruolo della Spagna e le sue numerose,
troppe, poltrone, ben sei super incarichi istituzionali europei. Succede che le
cose non vadano più bene per l'economia, crollata miseramente dopo il boom
edilizio e tante rivendicazioni di tronfio primato; che la politica estera sia
un disastro, e il presidente Barack Obama nella nuova versione militare contro
Bin Laden non si sia rivelato l'amico che ingenuamente la sinistra in Europa
aveva immaginato; che il federalismo morda le calcagna a Madrid, visto l'apporto
determinante del partito catalano alla rielezione dei socialisti. Il governo è
nervoso e la butta sugli attacchi ad altri Stati, il Pais pubblica fedele, se
serve, anticipa. Così l'Italia è descritta come dominio di un tiranno nello
stile delle dittature latino americane, Pinochet naturalmente, non Hugo Chavez,
il presidente del Consiglio eletto ha bisogno dello psichiatra, qui si
praticano tortura e politiche razziste. Ha fatto bene, ambasciatore, a dire
basta, anche perché c'è davvero poco, scansato il fango delle calunnie, di cui
vantarsi in casa Zapatero. Al mini-summit europeo del 4 ottobre del 2008 i capi
di Stato di Berlino, Roma, Parigi e Londra, si sono incontrati
per decidere sulle posizioni comuni da adottare contro la crisi finanziaria, lasciando fuori la
Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo»,
addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro capite. Per il
premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto
deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà, il mio
obiettivo è quello di superare la Francia, anche se l'amico Sarkozy non vuole
neanche sentirselo dire». Subito dopo la crisi
internazionale ha svelato il bluff dell'economia spagnola. La recessione ha
gettato anche la Spagna in una crisi profonda:
crescita dell'1,4% nel 2008, e non del 3,5% come annunciato dal governo. Un
dato che riporta il Paese agli stessi risultati del 1993. Il boom economico era
stato gonfiato dagli aiuti europei allo sviluppo, investiti quasi
esclusivamente nell'edilizia, un settore in forte perdita già dai primi mesi
dell'anno, cioè prima della crisi internazionale. La crisi ha messo a nudo le bugie sulla politica di sicurezza e
immigrazione, a lungo mantenute, anche se sulle zattere dei clandestini
l'ordine è sempre stato di sparare. Nei giorni scorsi 200 organizzazioni hanno
presentato alla Procura generale dello Stato una denuncia contro il ministero
dell'Interno, accusando la polizia di «arresti mirati», «retate» e «controlli
d'identità di massa», insomma di eseguire gli ordini per l'arresto di una
«quota» minima mensile di immigrati per ciascun distretto. Gli immigrati sono
saliti da mezzo milione a 5,2 milioni nel 2008, su una popolazione totale per
la Spagna di 46 milioni di persone. Con una disoccupazione giunta ormai al 14%,
il governo ha cambiato ufficialmente politica. La «Ley de Extranjeria»
presentata a dicembre prevede severe misure restrittive: oltre all'aumento da
( da "Trend-online"
del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi
G20: Medvedev,
uscita da crisi non sara' rapida ANSA NEWS, clicca qui
per leggere la rassegna di Ansa , 02.04.2009 22:10 Scopri le migliori azioni
per fare trading questa settimana!! (ANSA) - MOSCA, 2 APR - Il presidente
russo, Dmitri Medvedev, ha affermato di ritenere che
l'uscita dalla crisi finanziaria mondiale non sara' rapida.Con tutta probabilita' -ha osservato -
la crisi ''durera' piu' di
quanto avessimo pensato''. Il fatto comunque ''che oggi ci siamo incontrati e
abbiamo esaminato questioni concrete, questo non e' affatto male'', ha
aggiunto. Medvedev ha anche detto che in un periodo di crisi come quella attuale non si puo' continuare a elargire
bonus elevati a top manager.
( da "Wall Street Italia"
del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi
Una nuova soluzione
extra-finanziaria per gli investimenti a reddito fisso
--> ASSET4 AG, il fornitore leader di informazioni di carattere aziendale,
sociale ed ambientale, ha annunciato oggi il lancio della propria soluzione
Sovereign Supra che consentirà agli investitori di
integrare le informazioni extra-finanziarie nei loro investimenti a reddito fisso al fine
di migliorare la performance e gestire il rischio in questi tempi di
volatilità. ASSET4 utilizza ora la propria comprovata tecnologia ESG per
monitorare e valutare la performance ESG di paesi, autorità locali, aziende private
e pubbliche e sovranazionali: si tratta di informazioni che stanno giocando un
ruolo sempre più importante nella creazione di indici e prodotti obbligazionari
sovrani. Nel corso dell'attuale crisi finanziaria, c'è stato un
"flight to safety" che ha portato a un aumento di interesse nei
confronti delle obbligazioni sovrane. Il testo originale del presente annuncio,
redatto nella lingua di partenza, è la versione ufficiale che fa fede. Le traduzioni sono offerte
unicamente per comodità del lettore e devono rinviare al testo in lingua
originale, che è l'unico giuridicamente valido. ASSET4Jeff Wild, Comunicazioni
aziendaliTel: +41 41 729 30 40jeff.wild@asset4.comwww.asset4.com
( da "Wall Street Italia"
del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi
SCHEDA - Chi ha
avuto cosa dal vertice del G20? -->(Reuters) - Le nazioni del G20 in alcuni
vasi avevano messo sul tavolo priorità contrastanti in vista del vertice di
Londra. Di seguito una sintesi di quello che era stato chiesto e delle risposte
arrivate. STIMOLO FISCALE Chi voleva cosa: Stati Uniti, Gran Bretagna e
Giappone avevano proposto con forza un'azione concertata nel mondo per pompare
più fondi governativi nei pacchetti di stimolo; Francia e Germania preferivano
aspettare per vedere i risultati dei fondi già messi a disposizione. Risultato:
il vertice non ha fissato obblighi per ulteriori misure fiscali, un fatto
accolto con soddisfazione dalla Germania. REGOLAMENTAZIONE DEL MERCATO Chi
voleva cosa: Francia e Germania avevano chiesto a gran voce la sorveglianza
degli hedge fund, una causa che il cancelliere Angela
Merkel aveva perorato anche prima della crisi
finanziaria. Il Giappone aveva detto che la
regolamentazione dovrebbe venire dopo il salvataggio dell'economia globale.
Risultato: chiaro impegno del vertice a estendere regolamentazione e sorveglianza
a tutte le istituzioni finanziarie importanti, gli strumenti e i mercati.
Anche le agenzie di credit rating saranno interessate. FMI Chi voleva cosa:
Australia, Canada e Sud Africa erano tra i Paesi che volevano una forte
crescita nei prestiti del Fmi; Russia, Argentina, Cina, India, Arabia Saudita e
altri chiedevano riforme per concedere alle economie emergenti un maggiore
potere di voto all'interno del Fondo. Risultato: la triplicazione dei fondi
dati in prestito dal Fmi è andata oltre le attese, ma si è detto meno sul
ribilanciamento dell'influenza chiesto dai Paesi in via di sviluppo. COMMERCIO
Chi voleva cosa: Brasile e Gran Bretagna erano su una cifra di 100 miliardi di
dollari in nuove linee di credito per il commercio internazionale. Risultato:
la cifra di 250 miliardi di dollari è andata oltre le attese. PROTEZIONISMO Chi
voleva cosa: Gran Bretagna, Stati Uniti, Corea del Sud, Canada e India avevano
chiesto che il G20 assumesse forti impegni per la liberalizzazione del
commercio. Risultato: il vertice ha "riaffermato" l'impegno dell'anno
scorso a non alzare nuove barriere a investimenti e commercio. In pratica,
molti dei Paesi del G20 hanno adottato misure protezionistiche dal vertice di
Washington di novembre per difendere le imprese nazionali. PARADISI FISCALI Chi
voleva cosa: Francia e Germania avevano chiesto a gran voce di dare un colpo ai
paradisi fiscali. Risultato: il vertice ha accettato di schedare
"giurisdizioni non collaborative" e prendere in considerazione
sanzioni. VALUTA DI RISERVA Chi voleva cosa: Cina e Russia volevano discutere
una nuova valuta di riserva globale in alternativa al dollaro, sulla base degli
Special Drawing Rights del Fmi. Risultato: la questione non è stata discussa,
ma la Russia ha fatto una propria dichiarazione.
( da "Wall Street Italia"
del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi
G20: Medvedev,
uscita da crisi non sara' rapida di ANSA Basta con
bouns troppo elevati, sottolinea leader Cremlino -->(ANSA) - MOSCA, 2 APR -
Il presidente russo, Dmitri Medvedev, ha affermato di ritenere che l'uscita
dalla crisi finanziaria mondiale non sara' rapida.Con
tutta probabilita' -ha osservato - la crisi ''durera'
piu' di quanto avessimo pensato''. Il fatto comunque ''che oggi ci siamo
incontrati e abbiamo esaminato questioni concrete, questo non e' affatto
male'', ha aggiunto. Medvedev ha anche detto che in un periodo di crisi come quella attuale non si puo' continuare a elargire
bonus elevati a top manager.
( da "Giornale di Brescia"
del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi
Edizione: 03/04/2009
testata: Giornale di Brescia sezione:in primo piano Medvedev: occorre varare
una moneta sovrannazionale LONDRAIl presidente russo, Dmitri Medvedev, ha detto
di ritenere che l'uscita dalla crisi non sarà rapida. «L'uscita dalla crisi
finanziaria mondiale, con tutta probabilità, durerà
più di quanto avessimo pensato», ha detto Medvedev in una conferenza stampa a
Londra al termine del vertice del G20. Il fatto comunque «che oggi ci siamo
incontrati e abbiamo esaminato questioni concrete, questo non è affatto male».
Il presidente russo ha poi detto che Mosca non rinuncia all'idea della
creazione di una moneta di riserva sovrannazionale, anche se questo tema non è
stato menzionato apertamente nel documento finale del summit del G20 a Londra.
Parlando in serata alla London School of Economics, Medvedev ha detto che
coloro che controllano la valuta di riserva non sono responsabili degli indici
macroeconomici, mentre al tempo stesso l'esperienza dell'euro si è rivelata
abbastanza positiva. «Da qui la conclusione: è necessario il sostegno a una
moneta regionale forte, senza escludere al tempo stesso la nascita di una
valuta di riserva sovrannazionale separata», ha detto Medvedev in un incontro
con gli studenti. «Noi non abbiamo evocato un capitolo a parte su questo nel
comunicato del G20, ma nel paragrafo 12 su nostra iniziativa è stato fatto un
riferimento per muoversi in questa direzione».
( da "Gazzetta di Reggio"
del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi
Cavriago.
Provvedimento approvato dal consiglio Fondo da 50mila euro per le famiglie con
figli CAVRIAGO. Il consiglio comunale ha approvato, all'unanimità, le modalià
di utilizzo del fondo di 50mila euro stanziato dal Comune a sostegno delle famiglie cavriaghesi colpite dalla crisi economica, con figli fino a sei
anni che frequentano i servizi scolastici comunali o privati. In un momento di
recessione e di grave crisi finanziaria, il Comune ha deciso di intervenire. Il sostegno ha effetto dal
primo gennaio 2009 e si rivolge a tutte quelle famiglie in cui uno o entrambi i
genitori abbiano perso il lavoro, siano in cassa integrazione o abbiano
subìto una riduzione dell'orario di lavoro e il cui Isee (comprensivo della
diminuzione di reddito) sia compreso tra 5.164 e 25mila euro. Possono
richiedere la riduzione o azzeramento delle rette scolastiche i lavoratori dipendenti
con contratti di lavoro a tempo indeterminato o determinato o con contratti di
collaborazione a progetto o coordinata e continuativa. Per richiedere il
contributo, le famiglie devono presentare una richiesta all'Ufficio scuola
dell'azienda speciale «CavriagoInfanzia», a cui deve essere allegata una
certificazione in cui il datore di lavoro dichiara che la ditta nell'anno 2009
è ricorsa alla cassa integrazione, con l'indicazione del periodo e della minore
entrata che deriva al dipendente, di cui devono essere indicati cognome, nome e
codice fiscale. Nel caso di perdita del lavoro dovrà essere presentata la
documentazione che lo attesti e copia delle buste paga del
( da "Italia Oggi (MarketingOggi)"
del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi
ItaliaOggi Numero
079 pag. 19 del 3/4/2009 | Indietro Malumore o no, ci si
imbelletta MARKETING OGGI Di Carlo Russo A Bologna parte il Cosmoprof, la fiera
dedicata alla bellezza con oltre 150 mila visitatori Cosmetici 6 volte al dì (le
donne fino a 25). E viva il rosso fuoco L'ultima frontiera della cosmesi sono
le pietre preziose «trattate» con gli oli essenziali delle piante esotiche, che
diventano creme per la pelle. Si tratta di una delle novità proposte al
Cosmoprof, la fiera della bellezza che si apre oggi a Bologna e andrà avanti
fino al 6 aprile. Una fiera che nella scorsa edizione ha avuto 150.853
visitatori, di cui 39.221 stranieri. E che in un anno come questo festeggia
comunque buoni risultati per il settore, sia con i consumi interni che con l'export.
Dopotutto gli «stili di vita» indicano un utilizzo medio di prodotti cosmetici
sei volte al giorno, un numero che si moltiplica (25 volte) se si tratta di
donne. Inoltre sta prepotentemente tornando di moda il rossetto rosso
sgargiante, un trend considerato un gesto antidepressivo da donne che sentono
la crisi e l'impoverimento. Madrina della cosmetica
«preziosa» di cui si è parlato prima è Chrystelle Lannoy, cosmetologa ma anche
biologa: «ho lavorato sui principi attivi di 17 pietre preziose e semi-preziose»,
spiega, «uniti agli oli di piante esotiche nella purezza dell'acqua biologica
della Nuova Zelanda». Amma Deva è invece un massaggio della linea Holistic
Beauty Thay per le donne in gravidanza. «Il massaggio è stato specificamente
curato pensando al bambino che la mamma ha in grembo», dice la naturopata Giusy
Marcantonio, «quindi rilassa contemporaneamente mamma e feto». Tra gli stand vi
sono poi i costosissimi profumi in bottigliette col tappo d'oro massiccio, le
linee cosmetiche dedicate alle bambine, le creme certificate biologiche, i
nuovi laser per la depilazione. L'Unipro, l'associazione delle imprese
cosmetiche, discuterà in un summit l'andamento del settore, che alla prova dei
risultati si dimostra non bersagliato dalla crisi come
si temeva: il
( da "Italia Oggi (MarketingOggi)"
del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi
ItaliaOggi Numero
079 pag. 21 del 3/4/2009 | Indietro Il marketing che usa
il microscopio MARKETING Di Marco Mazzù e Alceo Rapagna* L'approccio granulare
in azienda per non sprecare gli investimenti. Ecco chi ci ha provato Piccoli
mercati e zone: così si agisce dove ci può essere crescita In passato, le
aziende che riuscivano a superare i periodi di recessione e a sfruttare il
rallentamento economico incrementando la propria quota di mercato adottavano
generalmente una strategia commerciale basata sulla massima focalizzazione
delle risorse. Si trattava di concentrare gli investimenti in pochi e redditizi
macrosegmenti di clientela e in zone geografiche di grandi dimensioni, di
intensificare la comunicazione sui media tradizionali per raggiungere una quota
di visibilità proporzionalmente maggiore della concorrenza, e di rendere più
efficienti le strutture commerciali mediante una drastica riduzione dei costi
di servizio ritenuti non indispensabili (decentrando o automatizzando i servizi
di customer care, per esempio). Oggi, però, tale strategia potrebbe rivelarsi
inefficace perché sono diverse le condizioni al contorno, che rendono molto più
difficile emergere nei propri mercati di riferimento per tre motivi principali.
Anzitutto, perché sono aumentate la complessità e la frammentazione del
business in seguito alla proliferazione delle offerte commerciali: basti
pensare all'esplosione del numero di canali, prodotti e touchpoints di
interazione con i clienti negli ultimi dieci anni. Inoltre, perché sono
diminuite l'efficacia e la credibilità della comunicazione diffusa attraverso i
media tradizionali, con gli spot televisivi o gli annunci pubblicitari sui
giornali, ed è contemporaneamente esploso l'uso di Internet e di mezzi
alternativi come i social networks (175 milioni di clienti attivi solo su
Facebook). Infine, perché questa crisi
finanziaria, economica e dei consumi è di ampiezza e
severità maggiori di quelle passate, e tocca anche segmenti di mercato
considerati tradizionalmente redditizi (si pensi alla frenata dei paesi
emergenti o alla riduzione del reddito disponibile dei baby boomers negli Usa,
fortemente colpiti dal calo del valore dei titoli in borsa e del valore degli
immobili). Per far fronte alle nuove sfide del mercato, riteniamo
pertanto che le aziende oggi debbano adottare un nuovo approccio, che chiamiamo
di marketing «granulare». è un approccio che consente di osservare a un maggior
livello di dettaglio la superficie apparentemente omogenea del dato medio dei
consumi stagnanti e dei margini commerciali in contrazione, per rilevare i
diversi «granuli» da cui è composta e individuare le specifiche «correnti di
crescita». Questo approccio richiede di mettere a fuoco i dettagli, di essere
quindi più «granulari» nell'analisi del comportamento e della redditività dei
diversi segmenti di consumatori, per aumentare l'efficacia e il ritorno sugli
investimenti di tutte le leve del marketing mix: la strategia di categoria e di
brand, l'allocazione della spesa di marketing e la gestione dei canali e della
forza vendita. Strategia di categoria e di brand. In questo ambito, acquisire
una conoscenza «granulare» del consumatore significa comprendere le differenze
dei comportamenti di acquisto nei diversi micromercati geografici all'interno
dello stesso paese. Per fare un esempio, un'azienda produttrice di bevande ha
rilevato una forte variabilità della sensibilità ai prezzi da parte dei
consumatori statunitensi, pari a un fattore 13 tra diverse regioni, a un
fattore 5 tra diverse città e un fattore 3 tra le microzone (corrispondenti ai
codici di avviamento postale) all'interno delle stesse città. Grazie a questa
analisi dettagliata, l'azienda è stata in grado di concentrare gli sforzi di
brand building sui micromercati meno sensibili ai prezzi, destinando le
attività promozionali solo alle zone in cui era necessario sostenere i volumi
di vendita. Una primaria azienda nel settore della produzione automobilistica,
invece, avendo osservato differenze di penetrazione e di tassi di crescita nei
diversi micromercati, ha potuto concentrare le risorse del piano di lancio di
un nuovo modello esclusivamente sulle microzone che garantivano una maggiore
redditività. Allocazione della spesa di marketing. A questo proposito, la
conoscenza «granulare» dell'efficacia dei diversi touchpoints con i consumatori
può aumentare il ritorno sugli investimenti di marketing di oltre il 10-20%,
riducendo la spesa a parità di risultati o aumentando i risultati a parità di
spesa. Una banca retail, per esempio, ha confrontato la performance di tutti i
canali di comunicazione misurata mediante l'indice Reach-Cost-Quality (RCQ),
ossia il costo per raggiungere un singolo consumatore target messo in relazione
alla qualità del messaggio. Sulla base dei dati raccolti con questa accurata
analisi «granulare», l'azienda ha spostato una parte significativa dei propri
investimenti su attività di comunicazione below the line e di digital
marketing, che hanno fatto registrare valori dell'indice RCQ più elevati della
media. Gestione dei canali e della forza vendita. Anche nella scelta delle
strategie di go-to-market, adottare un approccio «granulare» è utile per
adeguare gli assetti e i dimensionamenti della forza vendita alle reali
esigenze e alle peculiarità dei clienti da servire. Così come ha fatto
un'azienda di telecomunicazioni, che dapprima ha suddiviso la propria clientela
in cinque segmenti distinti per bisogni di servizio e per dimensioni (consumer,
micro-business, small-medium business, corporate «transazionali» e corporate
solutions), e poi ha differenziato il modello commerciale per ciascun segmento,
creando al tempo stesso una lean backbone di servizi e attività comuni ad
altissima efficienza di costo (It, amministrazione, customer care, per
esempio). Il marketing «granulare» offre dunque all'azienda gli strumenti per
affrontare questo periodo di rallentamento economico continuando a crescere
anche utilizzando risorse finanziarie ridotte, valutando in profondità le aree
di crescita su cui applicare gli strumenti di marketing e vendita a maggior
redditività e riducendo quindi gli sprechi che naturalmente si accumulano
quando si prendono decisioni guardando al «dato medio». *Partner di McKinsey
& Company
( da "Giornale di Brescia"
del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi
Edizione: 03/04/2009
testata: Giornale di Brescia sezione:economia Credito alle piccole medie
imprese: fondo di 78 milioni di Bcc e Federfidi MILANO La Federazione Lombarda
delle Bcc e Federfidi Lombarda, su iniziativa di Regione Lombardia, del Sistema
Camerale Lombardo e dei Confidi, hanno siglato l'accordo «Confiducia», volto a
promuovere interventi straordinari per favorire l'accesso
al credito delle Pmi lombarde anche nella grave situazione di crisi finanziaria in corso a livello
internazionale. L'accordo, firmato da Alessandro Azzi - presidente della
Federazione Lombarda delle Banche di Credito Cooperativo - e da Giulio
Sangiorgio - presidente di Federfidi Lombarda - prevede la messa a disposizione
di risorse, da parte della Regione Lombardia, del Sistema Camerale
Lombardo e dei Confidi, pari a 78,5 milioni, a supporto di un plafond di
finanziamenti potenziali attivabili dal sistema bancario entro il 31.12.2010
pari a 1.600 milioni. In particolare, l'accordo Bcc-Federfidi è rivolto alle
Pmi di tutti i settori ed è orientato su due tipologie di interventi:
finanziamento chirografario, con durata fino a 60 mesi comprensivo di un
preammortamento massimo 12 mesi, e linee di smobilizzo di crediti commerciali
(castelletti di sconto, anticipi fatture, anticipi import ed export, anticipi
contratti, anche in forma promiscua, con l'esclusione di fidi di cassa) con
finanziamenti della durata di 12 mesi e rinnovabili fino a 24 mesi. Le linee di
intervento e le condizioni economiche applicate saranno concordate con la Banca
sulla base del merito commerciale e creditizio di ogni singolo richiedente. Le
Bcc e il Confidi si impegnano, inoltre, a contenere i tempi di risposta ed
erogazione di ogni singola richiesta rientrante nella convenzione. Ciò che lega
i due soggetti firmatari dell'accordo è dunque una comune e profonda
sensibilità alle tematiche del territorio e del dinamismo industriale delle
piccole imprese. «Con Confiducia - ha dichiarato Azzi - le Bcc vogliono dare un
ulteriore segnale concreto della propria volontà di essere al fianco delle
imprese, in particolare di quelle di piccole e medie dimensioni».
( da "Libertà" del
03-04-2009)
Argomenti: Crisi
Affari con l'estero,
Camera di commercio mobilitata Dagli Emirati alla Cina fino al Vinitaly:
settimana di missioni per le imprese che esportano In prima linea per sostenere
le imprese. È un imperativo all'interno della Camera di commercio del
presidente Giuseppe Parenti. Questa settimana le iniziative si sono concentrate
sulle imprese che operano con l'estero, viene spiegato in una nota dell'ente
camerale. Mercoledì 1 aprile è stata la volta della presentazione del desk che
opera a Dubai, negli Emirati Arabi Uniti, giovedì 2 aprile si sono valutate le
opportunità di partecipazione a una missione in Cina e tra venerdì 3 e sabato 4
aprile le imprese vitivinicole presenti al Vinitaly di Verona incontreranno
buyers esteri espressamente selezionati dal progetto Deliziando. Circa 45 le
imprese coinvolte nelle diverse azioni. «Nella situazione attuale ogni
iniziativa che può aprire nuove opportunità deve essere investigata», ha
commentato Parenti, «il nostro sportello per l'internazionalizzazione opera in
stretto contatto con Unioncamere Emilia Romagna e la Regione proprio per
evitare che ci siano occasioni perse. La risposta che le imprese piacentine
hanno dato agli inviti delle ultime settimane è stata molto significativa e ci induce
a intensificare la nostra attività a supporto degli scambi con l'estero».
Emirati Arabi Uniti Il desk di Dubai è stato istituito dal 2008, si legge nella
nota, per portare assistenza a chi intende operare in questo mercato che offre
delle buone potenzialità, pur mantenendo al suo interno delle difficoltà.
Nonostante l'economia in costante espansione negli ultimi anni, con percentuali
annue di crescita stimate anche intorno al 7% del Pil, l'economia emiratina, e
di Dubai nella fattispecie, ha subito una battuta d'arresto negli ultimi mesi
del 2008. Contrariamente alle previsioni, la crisi finanziaria dei mercati
internazionali ha toccato, infatti, anche le economie del Golfo. Il dato più
evidente è quello legato all'andamento altalenante del greggio. Fra i settori
produttivi maggiormente in espansione ci sono quello alimentare e quello
agricolo, in seguito alla necessità di assicurare a un numero sempre crescente
di persone l'approvvigionamento necessario. Va però detto che l'attività
manifatturiera in senso lato è ancora stimata in percentuali bassissime,
rimanendo gli Emirati, e in particolare Dubai, un eccezionale porto di scambio
e una cerniera strategica fra Oriente e Occidente per la riesportazione di
merci in Asia, nell'area del Golfo e in Nordafrica. Gli Emirati Arabi Uniti si
confermano nel 2007 il principale mercato di sbocco delle esportazioni italiane
in Medio Oriente e Nord Africa. Nella graduatoria delle esportazioni italiane
negli E.A.U. il primo posto è stato ricoperto - secondo tradizione - da
gioielli e articoli di oreficeria, seguiti da macchine ed apparecchi per
l'impiego di energia meccanica, macchine per impieghi speciali, macchine di
impiego generale, tubi, prodotti petroliferi raffinati, aeromobili, mobili,
articoli di abbigliamento in tessuto e accessori, articoli in materie
plastiche, costruzioni navali, prodotti chimici di base, calzature, prodotti
della siderurgia, altri prodotti alimentari. Presente a Piacenza Cesare
Maraglio, il responsabile del desk di Dubai, ha incontrato undici imprese
piacentine appartenenti a settori tra i più interessanti nell'economia del
Paese. Per altre venti realtà è già in programma un nuovo appuntamento, in
occasione della prossima visita in Italia del referente. Nel frattempo è
possibile contattare il desk -attraverso lo sportello della camera di
commercio- per avere liste di imprese, informazioni sul mercato, su normative,
su fiere in programma. Missione in Cina Al secondo appuntamento programmato
hanno risposto quattro imprese che si sono sottoposte a un check up aziendale
finalizzato a verificare se è utile prendere parte ad una missione missione
imprenditoriale in Cina nel periodo 13-20 giugno
( da "Milano Finanza (MF)"
del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi
MF sezione: Primo
Piano data: 03/04/2009 - pag: 2 autore: Nell'Obama-day l'Europa è diventata un
adolescente politico di Pierluigi Magnaschi Il comunicato finale del G20, letto
dal premier inglese Gordon Brown, è andato al di là delle più rosee
aspettative. Ci si attendeva una conclusione scolorita del G20 perché erano
troppo ampie le differenze di valutazione sulle modalità per uscire dalla crisi, esistenti fra i tre grandi blocchi politico-economici
presenti sulla scena mondiale (per semplificare: Usa, Europa e Cina). Il G20
non è stato, né poteva essere, un incontro vicino al caminetto, come, nella
sostanza, fu quello dal quale uscirono, nel luglio del 1944, gli accordi di
Bretton Woods. Tale caminetto assomigliò, allora, in termini di pluralismo,
agli accordi che si potevano stabilire con il gallo Brenno quando pose la sua
spada, al grido di «Guai ai vinti», a garanzia dei pesi alterati che lui
pretendeva usare per misurare le mille libre d'oro che i Romani sconfitti gli
dovevano per riscatto. Il G20 invece era, in partenza, un vertice maledettamente
complicato. Primo, perché si è tenuto nel bel mezzo di una crisi finanziaria di proporzioni immense
che ha assunto una dimensione veramente planetaria. Secondo, perché
coinvolgeva, per la prima volta, giganti economici come la Cina che sinora sono
stati relegati nel sottoscala del potere economico internazionale.
Terzo, perché l'Europa, pur essendo, nel suo complesso, più vicina e solidale
con gli Usa di quanto non lo fosse ai tempi d Chirac e di Schröder, era
comunque determinata a far valere le sue ragioni. C'era quindi da attendersi un
comunicato finale in stile moroteo, basato su impegni vaghi, promesse
differite, auspici per il futuro. Per fortuna, pur nel poco tempo a
disposizione, i partecipanti al G20 sono riusciti a raggiungere un buon
accordo, basato, come del resto ha detto anche lo stesso Brown, sulla
convinzione che «la prosperità è indivisibile». Essa pertanto può essere
ristabilita e mantenuta, solo con un'azione concorde fra vari partner
internazionali che abbiano una pari dignità. In questa intesa hanno giocato un
grande ruolo due protagonisti sostanziali. Uno è stato Barak Obama, il nuovo
presidente degli Usa che ha visibilmente ispirato il taglio politico del
documento finale che è stato sì letto da Brown ma che aveva, appunto, il sapore
dei convincimenti politici di Obama. L'altro protagonista (al di là del gesticolare
di Nicholas Sarkozy, fatto per dire che c'era anche lui) è stato il leader
tedesco Angela Merkel che è riuscita prima a formulare e poi a far passare il
principio che, per aprire i cordoni della borsa pubblica, si dovessero
definire, contestualmente, nuove regole per evitare di ripetere, in un futuro
ravvicinato, altri crack di queste proporzioni. Ovviamente, dietro la Merkel ci
sono stati, ed efficacemente, Sarkozy, Berlusconi e via via gli altri leader
europei, al netto della sola Inghilterra che in queste vicende, da sempre, si
connota come una sorta di taglia-e-incolla degli Stati Uniti. Insomma, in
questa occasione, l'Europa unita ha dimostrato di esistere e di essere in grado
di svolgere un ruolo importante nella gestione dei problemi mondiali. Dopo il
G20, l'Europa non è più un gigante economico e un nano politico ma è diventata
un robusto adolescente politico. Sullo sfondo, ha svolto in sordina un'azione
importante, di stimolo e di stabilizzazione, anche la Cina che si è vista
riconoscere un ruolo più adeguato al suo peso internazionale, in un Fondo
monetario internazionale (Fmi) che sarà sempre meno a stelle e strisce.Ecco
perché, motivatamente, Brown ha potuto dire che «anni fa una riunione del
genere non sarebbe stata possibile» e che «per la prima volta siamo riusciti,
insieme, ad esprimere lo stesso approccio». Pur sulla base di un documento
stringato, Brown, oltre a mettere sul tavolo le cifre notevoli (anche se non
tutte disponibili immediatamente) relative all'impegno internazionale a ri-finanziare
l'economia, ha anche dichiarato guerra ai paradisi fiscali, si è impegnato a
meglio regolamentare gli hedge funds, ha rilanciato il ruolo e le risorse del
Fmi, ha indicato la volontà di istituire collegi di supervisori indipendenti in
grado di monitorare gli effetti del piano di risanamento e si è persino
impegnato a rivedere le norme relative alle retribuzioni e ai bonus dei top
manager, nella convinzione (ovvia da sempre per la massaia di Voghera, ma non
per i mammasantissima di troppe istituzioni finanziarie) che «non si può
premiare il fallimento». E soprattutto, come se stesse leggendo un proclama del
generale Armando Diaz, Brown ha garantito che «le politiche di espansione
verranno continuate finché serviranno».
( da "Milano Finanza (MF)"
del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi
MF sezione: Primo
Piano data: 03/04/2009 - pag: 2 autore: Brown soddisfatto, per la prima volta
supervisione sugli hadge Gli hedge fund saranno sottoposti alla supervisione di
una nuova agenzia internazionale collegata al Fmi. Il primo ministro britannico
Gordon Brown ha mostrato soddisfazione al termine del G-20 di Londra: «Il mondo
si è unito non solo a parole ma con un piano concreto per la ripresa globale»,
ha spiegato. «È un vasto piano di misure che includono per la prima volta il
sistema bancario ombra, hedge fund compresi, dentro la rete di regolamentazione
globale. Ci siamo accordati sulla necessità di standard contabili
internazionali. Fisseremo regole per eliminare i conflitti di interesse delle
agenzie di rating. Abbiamo trovato un accordo per porre fine ai paradisi
fiscali che non concedono informazioni su richiesta». L'entusiasmo
sull'allargamento della regolamentazione agli hedge fund è stato condiviso dal
presidente francese Nicolas Sarkozy. Intanto già ieri sono
arrivate le prime reazioni dei fondi: «Gli hedge sono la vittima e non la causa
dell'attuale crisi finanziaria e non dovrebbero essere inclusi tra gli istituti sistemicamente
significativi soggetti a supervisione», ha detto Andrew Baker, ceo di
Alternative Investment Management Association, un ente che rappresenta circa
1.280 fondi in tutto il mondo. «Siamo d'accordo sul fatto che qualsiasi
entità fornisca servizi bancari dovrebbe essere sottoposta a regolamentazione
simile a quella delle banche, ma la grande maggioranza degli hedge fund non
rientra in questa categoria», ha aggiunto Baker.
( da "Milano Finanza (MF)"
del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi
MF sezione: Primo
Piano data: 03/04/2009 - pag: 2 autore: di Stefania Peveraro e Roberto Sommella
mf-milano finanza rivela il testo della commissione presentato ieri da barroso
al g20 Ecco il piano Ue contro i fondi-truffa Per evitare nuovi casi Madoff, diventa
obbligatoria la banca depositaria. Più trasparenza per hedge e private equity
L'Europa erige un muro contro altri possibili casi Madoff. La Commissione
europea, con un documento ancora riservato, ha recepito le indicazioni del
Parlamento di Strasburgo sulla stretta relativa agli hedge fund e private
equity e la adotterà in via definitiva il prossimo 21 aprile. Secondo quanto
MF-Milano Finanza è in grado di anticipare, essendo venuta in possesso del
testo che lo stesso Josè Barroso ha portato con sé al meeting del G20 a Londra,
saranno tre i punti principali su cui verteranno le nuove norme sui fondi
speculativi, che attualmente ammontano a 2 mila miliardi di euro in Europa.
Maggiore trasparenza sul risk management e sugli investitori, controllo diretto
del gestore del fondo e non più solo del fondo, obbligo della banca
depositaria. Quest'ultimo paletto, introdotto con l'art. 8 della bozza, è
l'elemento più importante se si pensa che il caso Bernie Madoff è scoppiato
proprio a causa di una micidiale catena di Sant'Antonio che non aveva alla base
alcun vincolo sul capitale del fondo, il quale, in base al principio della
banca depositaria, sarà «segregato» e dunque separato dal gestore. La
Commissione, nel documento di 53 pagine per un totale di 46 articoli,
ripercorre le tappe che hanno portato alla decisione di porre un freno
all'attività di questi operatori. «La crisi finanziaria», scrivono gli uffici
del commissario al Mercato interno, Charlie McCreevy, «ha messo in evidenza
come i fondi alternativi siano vulnerabili a un ampio spettro di rischi (...)
fino a minacciare la stabilità e l'integrità stessa dell'Unione Europea».
L'uso smodato della leva finanziaria, secondo la
Commissione, può «minacciare finanche le banche più importanti che potrebbero
trovarsi coinvolte in qualche crack di hedge fund». Urgono dunque misure, così
come ha rilevato il governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, non più
tardi di mercoledì primo aprile. «Come si può continuare a pensare che
l'attuale regolamentazione indiretta, secondo la quale sono gli attori che
investono negli hedge fund a essere controllati, rappresenti un modello
efficace?», si è chiesto anche il presidente della delegazione italiana nel
gruppo del Pse in commissione bilancio al Parlamento Ue, Gianni Pittella. E la
decisione di McCreevy che ha spostato di netto l'attenzione sui manager sembra
avergli dato ragione.A chi si rivolge la direttiva. Per le sgr italiane non
cambia praticamente nulla, perchè sono già soggetti ampiamente vigilati da
Bankitalia con tutta una serie di obblighi autorizzativi e di informativa agli
investitori. Le nuove norme si rivolgono comunque ai gestori di fondi
alternativi, cioè ai gestori di fondi non disciplinati dalla vecchia direttiva
Ue, i quali, dotandosi di un capitale minimo di 125 mila euro, dovranno
richiedere alle rispettive autorità di vigilanza un'autorizzazione alla
gestione di un fondo, se il target di raccolta sarà superiore ai 250 milioni di
euro. Il patrimonio dei fondi dovrà poi essere oggetto di valutazione almeno
una volta l'anno e agli investitori andrà trasmesso un report annuale
sull'attività svolta. Prima dell'investimento andranno fornite le informazioni
sulle strategie di investimento, le condizioni economiche applicate, le
politiche di rimborso, le procedure di risk management adottate, eventuali
trattamenti preferenziali applicati ad alcuni investitori. Limiti alla leva. La
Commissione richiede che un fondo che impieghi la leva finanziaria
su base sistematica al di sopra di una soglia definita debba rendere noto
all'autorità di vigilanza di riferimento del fondo il livello aggregato di
leva, la sua forma e i principali finanziatori. L'art. 17 fissa questi obblighi
per fondi con patrimonio superiore ai 500 milioni di euro, il cui debito superi
l'equity per due dei passati quattro trimestri. Il problema, però, è che questa
norma sembra scritta con riferimento ai soli fondi hedge, mentre risulta del
tutto inadeguata per quelli di private equity che non si indebitano come
singoli fondi. Il debito utilizzato dai fondi di buyout si riversa infatti
tramite fusione dalle newco utilizzate per le acquisizioni, alle
aziende-target. È evidente, quindi, che ci vorranno dei correttivi, se si vorrà
disincentivare l'utilizzo della leva in operazioni di buyout quando il mercato
del credito si riaprirà.Più trasparenza dopo il delisting. La Commissione
impone infine più trasparenza nei confronti degli azionisti e delle altre parti
interessate nel momento in cui un fondo acquisirà una quota superiore al 30%
dei diritti di voto, da solo o in cordata con altri fondi, in società non
quotate con almeno 250 dipendenti e un fatturato superiore ai 50 milioni. Ma se
la società target dell'operazione è quotata e viene tolta dal listino, gli
obblighi di informazione al pubblico andranno mantenuti per i due anni
successivi al delisting.
( da "Italia Oggi"
del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi
ItaliaOggi sezione:
I commenti data: 03/04/2009 - pag: 2 autore: di Pierluigi Magnaschi L'analisi
L'Europa è uscita alla grande dal summit del G20 a Londra Un tempo, l'Europa
unita veniva spinta dal tandem franco-tedesco, alla guida del quale (fino a Chirac)
c'era la Francia che sceglieva il percorso. La Germania spingeva. Anche adesso
l'Europa è guidata dal tandem franco-tedesco. Solo che ora viene
guidato dalla Germania mentre la Francia si trova collocata lontano dal
manubrio. Questo ribaltamento dei ruoli, presente da tempo, è diventato
evidente, agli occhi di tutti, in occasione del vertice del G20 a Londra. Lo
spartito europeo, in questa occasione, lo ha infatti scritto il premier tedesco
Angela Merkel al quale si è poi associato il leader francese Nicholas Sarkozy e
quindi tutti gli altri paesi europei, a partire dall'Italia, con la sola
eccezione dell'Inghilterra (che, da sempre, è, su queste questioni, il
copia-e-incolla delle soluzioni Usa). La scontro (rispettoso) fra gli Stati
Uniti e la Germania (e quindi anche con l'Europa) in ordine
al mix di misure per riuscire a uscire dalla crisi
finanziaria, manifestatosi nel G20, ma poi composto,
non ha nulla di ideologico ma si basa sui divergenti interessi nazionali che
Angela Merkel vuole tutelare senza imbarazzi. Barack Obama e Angela Merkel sono
sicuramente dei leader che vogliono collaborare, questo è il punto. Con
Schröder, invece, le divergenze con gli Usa erano ideologiche e quindi, spesso,
anche prevenute . Obama e la Merkel certo non hanno smesso di sostenere gli
interessi dei loro paesi. Oltrettutto la crisi attuale
non è globale ma mondiale. È cioè una crisi che si è
sì diffusa in tutto il mondo ma che sta anche colpendo i vari paesi in modo
diverso e che quindi deve essere aggredita, certo con delle ricette comuni, ma
anche con degli interventi specifici, nazionali o, nel caso della Ue, di area.
Dal vertice di Londra del G20 è uscita una buona intesa che premia la nuova
leadership di Obama, rende per la prima volta protagonista l'Europa, riconosce
il ruolo internazionale della Cina soprattutto a livello di Fmi. Il nuovo corso
di Obama riconosce, nei fatti, il declino della leadership Usa che può essere
contrastato, solo sostituendo alla politica egemonica degli Usa, una politica
di collaborazione, senza la quale il mondo si impantana nei suoi stessi
dissidi. D'altra parte, senza un'Europa politica solidale e unita, il mondo si
inceppa. Ecco perché il Trattato di Lisbona che le consentirebbe di operare in
base alle regole della maggioranza, e che è bloccato dal voto contrario
dell'Irlanda e dalla non ratifica della Cechia, non può più attendere. Questi
due paesi non possono più, da una parte, bloccare la Ue e, dall'altra,
reclamarne i benefici. Debbono decidersi. E prima lo fanno, meglio è. Per tutti.
( da "Italia Oggi"
del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi
ItaliaOggi sezione:
Marketing Oggi data: 03/04/2009 - pag: 19 autore: di Carlo Russo A Bologna
parte il Cosmoprof, la fiera dedicata alla bellezza con oltre 150 mila
visitatori Malumore o no, ci si imbelletta Cosmetici 6 volte al dì (le donne
fino a 25). E viva il rosso fuoco L'ultima frontiera della cosmesi sono le
pietre preziose «trattate» con gli oli essenziali delle piante esotiche, che
diventano creme per la pelle. Si tratta di una delle novità proposte al
Cosmoprof, la fiera della bellezza che si apre oggi a Bologna e andrà avanti
fino al 6 aprile. Una fiera che nella scorsa edizione ha avuto 150.853
visitatori, di cui 39.221 stranieri. E che in un anno come questo festeggia
comunque buoni risultati per il settore, sia con i consumi interni che con
l'export. Dopotutto gli «stili di vita» indicano un utilizzo medio di prodotti cosmetici
sei volte al giorno, un numero che si moltiplica (25 volte) se si tratta di
donne. Inoltre sta prepotentemente tornando di moda il rossetto rosso
sgargiante, un trend considerato un gesto antidepressivo da donne che sentono
la crisi e l'impoverimento.Madrina della cosmetica
«preziosa» di cui si è parlato prima è Chrystelle Lannoy, cosmetologa ma anche
biologa: «ho lavorato sui principi attivi di 17 pietre preziose e
semi-preziose», spiega, «uniti agli oli di piante esotiche nella purezza
dell'acqua biologica della Nuova Zelanda».Amma Deva è invece un massaggio della
linea Holistic Beauty Thay per le donne in gravidanza. «Il massaggio è stato
specificamente curato pensando al bambino che la mamma ha in grembo», dice la
naturopata Giusy Marcantonio, «quindi rilassa contemporaneamente mamma e
feto».Tra gli stand vi sono poi i costosissimi profumi in bottigliette col
tappo d'oro massiccio, le linee cosmetiche dedicate alle bambine, le creme
certificate biologiche, i nuovi laser per la depilazione.L'Unipro,
l'associazione delle imprese cosmetiche, discuterà in un summit l'andamento del
settore, che alla prova dei risultati si dimostra non bersagliato dalla crisi come si temeva: il
( da "Italia Oggi"
del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi
ItaliaOggi sezione:
Professioni data: 03/04/2009 - pag: 34 autore: Enpapi, gestione con rendimenti
sopra il 7% «La gestione finanziaria e di investimento
nel 2008 da parte dell'Ente nazionale per la previdenza e l'assistenza della
professione infermieristica si è rivelata quanto mai oculata e lungimirante
attenta sia a garantire la redditività del patrimonio e sia a preservare il
capitale investito. Un'azione che ha consentito di ottenere un rendimento
positivo pari al 7,28% superiore di 3,82 punti percentuali rispetto
all'obiettivo imposto dalla legge che è fissato a un +3,46%». A dirlo è il
presidente di Enpapi, Mario Schiavon, commentano i dati riguardanti l'attività
di investimento del 2008. «Quanto ottenuto non solo testimonia la bontà delle
nostre scelte», continua Schiavon, «ma la prudenza con la quale
abbiamo voluto agire fin dallo scorso 2007 e quindi prima che scoppiasse la crisi finanziaria. Una prudenza che ci
ha consentito di riconvertire la quasi totalità del portafoglio in strumenti
legati al mercato monetario. Questa scelta, anche se complessa e difficile, ci
ha consentito di non rimanere coinvolti nei rovesci che hanno interessato ultimamente
i mercati finanziari. Questa impostazione è proseguita anche nel 2008
consentendo a Enpapi di puntare su strumenti finanziari capaci di rivalutare il
nostro patrimonio piuttosto che metterlo in pericolo».
( da "Italia Oggi"
del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi
ItaliaOggi sezione:
Marketing data: 03/04/2009 - pag: 21 autore: di Marco Mazzù e Alceo Rapagna*
L'approccio granulare in azienda per non sprecare gli investimenti. Ecco chi ci
ha provato Il marketing che usa il microscopio Piccoli mercati e zone: così si
agisce dove ci può essere crescita In passato, le aziende che riuscivano a
superare i periodi di recessione e a sfruttare il rallentamento economico
incrementando la propria quota di mercato adottavano generalmente una strategia
commerciale basata sulla massima focalizzazione delle risorse. Si trattava di
concentrare gli investimenti in pochi e redditizi macrosegmenti di clientela e
in zone geografiche di grandi dimensioni, di intensificare la comunicazione sui
media tradizionali per raggiungere una quota di visibilità proporzionalmente
maggiore della concorrenza, e di rendere più efficienti le strutture
commerciali mediante una drastica riduzione dei costi di servizio ritenuti non
indispensabili (decentrando o automatizzando i servizi di customer care, per
esempio). Oggi, però, tale strategia potrebbe rivelarsi inefficace perché sono
diverse le condizioni al contorno, che rendono molto più difficile emergere nei
propri mercati di riferimento per tre motivi principali. Anzitutto, perché sono
aumentate la complessità e la frammentazione del business in seguito alla
proliferazione delle offerte commerciali: basti pensare all'esplosione del
numero di canali, prodotti e touchpoints di interazione con i clienti negli
ultimi dieci anni. Inoltre, perché sono diminuite l'efficacia e la credibilità
della comunicazione diffusa attraverso i media tradizionali, con gli spot
televisivi o gli annunci pubblicitari sui giornali, ed è contemporaneamente
esploso l'uso di Internet e di mezzi alternativi come i social networks (175
milioni di clienti attivi solo su Facebook). Infine, perché
questa crisi finanziaria,
economica e dei consumi è di ampiezza e severità maggiori di quelle passate, e
tocca anche segmenti di mercato considerati tradizionalmente redditizi (si
pensi alla frenata dei paesi emergenti o alla riduzione del reddito disponibile
dei baby boomers negli Usa, fortemente colpiti dal calo del valore dei titoli
in borsa e del valore degli immobili).Per far fronte alle nuove sfide
del mercato, riteniamo pertanto che le aziende oggi debbano adottare un nuovo
approccio, che chiamiamo di marketing «granulare». È un approccio che consente
di osservare a un maggior livello di dettaglio la superficie apparentemente
omogenea del dato medio dei consumi stagnanti e dei margini commerciali in
contrazione, per rilevare i diversi «granuli» da cui è composta e individuare
le specifiche «correnti di crescita». Questo approccio richiede di mettere a
fuoco i dettagli, di essere quindi più «granulari» nell'analisi del
comportamento e della redditività dei diversi segmenti di consumatori, per
aumentare l'efficacia e il ritorno sugli investimenti di tutte le leve del
marketing mix: la strategia di categoria e di brand, l'allocazione della spesa
di marketing e la gestione dei canali e della forza vendita.Strategia di
categoria e di brand. In questo ambito, acquisire una conoscenza «granulare»
del consumatore significa comprendere le differenze dei comportamenti di
acquisto nei diversi micromercati geografici all'interno dello stesso paese.
Per fare un esempio, un'azienda produttrice di bevande ha rilevato una forte
variabilità della sensibilità ai prezzi da parte dei consumatori statunitensi,
pari a un fattore 13 tra diverse regioni, a un fattore 5 tra diverse città e un
fattore 3 tra le microzone (corrispondenti ai codici di avviamento postale)
all'interno delle stesse città. Grazie a questa analisi dettagliata, l'azienda
è stata in grado di concentrare gli sforzi di brand building sui micromercati
meno sensibili ai prezzi, destinando le attività promozionali solo alle zone in
cui era necessario sostenere i volumi di vendita. Una primaria azienda nel
settore della produzione automobilistica, invece, avendo osservato differenze
di penetrazione e di tassi di crescita nei diversi micromercati, ha potuto
concentrare le risorse del piano di lancio di un nuovo modello esclusivamente
sulle microzone che garantivano una maggiore redditività.Allocazione della
spesa di marketing. A questo proposito, la conoscenza «granulare»
dell'efficacia dei diversi touchpoints con i consumatori può aumentare il
ritorno sugli investimenti di marketing di oltre il 10-20%, riducendo la spesa
a parità di risultati o aumentando i risultati a parità di spesa. Una banca
retail, per esempio, ha confrontato la performance di tutti i canali di
comunicazione misurata mediante l'indice Reach-Cost-Quality (RCQ), ossia il
costo per raggiungere un singolo consumatore target messo in relazione alla
qualità del messaggio. Sulla base dei dati raccolti con questa accurata analisi
«granulare», l'azienda ha spostato una parte significativa dei propri
investimenti su attività di comunicazione below the line e di digital
marketing, che hanno fatto registrare valori dell'indice RCQ più elevati della
media.Gestione dei canali e della forza vendita. Anche nella scelta delle
strategie di go-to-market, adottare un approccio «granulare» è utile per
adeguare gli assetti e i dimensionamenti della forza vendita alle reali
esigenze e alle peculiarità dei clienti da servire. Così come ha fatto
un'azienda di telecomunicazioni, che dapprima ha suddiviso la propria clientela
in cinque segmenti distinti per bisogni di servizio e per dimensioni (consumer,
micro-business, small-medium business, corporate «transazionali» e corporate
solutions), e poi ha differenziato il modello commerciale per ciascun segmento,
creando al tempo stesso una lean backbone di servizi e attività comuni ad altissima
efficienza di costo (It, amministrazione, customer care, per esempio).Il
marketing «granulare» offre dunque all'azienda gli strumenti per affrontare
questo periodo di rallentamento economico continuando a crescere anche
utilizzando risorse finanziarie ridotte, valutando in profondità le aree di
crescita su cui applicare gli strumenti di marketing e vendita a maggior
redditività e riducendo quindi gli sprechi che naturalmente si accumulano
quando si prendono decisioni guardando al «dato medio».*Partner di McKinsey
& Company
( da "Nazione, La (La Spezia)"
del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi
AGENDA LA SPEZIA
pag. 18 Convegno della Cisl con l'Mcl oggi a Tls Dibattito sul tema «Vita,
lavoro e famiglia» «VITA, lavoro e famiglia» è il convegno della Cisl con
l'Mcl, di oggi alle
( da "Arena, L'" del
03-04-2009)
Argomenti: Crisi
Venerdì 03 Aprile
2009 ECONOMIA Pagina 39 CREDITO COOPERATIVO. L'istituto chiude il 2008 con un
incremento anche della base sociale Raccolta in crescita per Banca Valpolicella
Quella indiretta aumenta del 28% a quota 153 milioni e gli impieghi superano il
+15% (135,5 milioni) Banca della Valpolicella Credito Cooperativo di Marano ha
chiuso il
( da "Repubblica, La"
del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi
Pagina 4 - Esteri
Obama: "Il mondo è cambiato supereremo la crisi
tutti insieme" Il presidente Usa: la nostra leadership al servizio di
tutti Il protagonista Il presidente ha trasformato il finale del G20 in uno
spot contro l´antiamericanismo (SEGUE DALLA PRIMA PAGINA) DALNOSTRO INVIATO
mario calabresi Ha cercato di ribaltare l´immagine del suo Paese, segnata dagli
anni di Bush e dalle colpe di Wall Street di aver innescato
la grande crisi finanziaria.
Prima ha festeggiato i risultati di quello che ha definito «un vertice
storico», ha parlato di «passi seri e di un accordo senza precedenti che sono
un punto di svolta per la ripresa economica», poi ha voluto parlare al mondo
rassicurandolo sul futuro: «Le sfide del 21esimo secolo possono essere risolte
solo se lavoriamo tutti insieme». Il successo personale di Obama si
poteva misurare già prima dell´inizio del suo discorso, quando centinaia di
giornalisti si accalcavano fuori dalla sala stampa per riuscire ad entrare, ma
la svolta c´è stata quando ha voluto che a fare le domande non fossero solo gli
inviati americani e inglesi, ma ha lasciato la parola a chi era arrivato dalla
Cina, dall´Australia o dall´India. E alla fine la gran parte dei 500
giornalisti, molti dei quali non lo avevano mai visto, non hanno resistito e
gli hanno fatto un lungo applauso, cosa che non si è mai vista ad una
conferenza stampa. Obama è uscito vincitore da questo G20, che alla vigilia
sembrava tutto in salita per lui, non solo per essere riuscito a mediare tra
Francia e Cina sulla lista nera dei paradisi fiscali, ma anche per aver
lanciato il messaggio più positivo. «Sono venuto Londra per ascoltare e
imparare, ma anche per offrire una leadership americana: penso di avere
centrato l´obiettivo», ha detto con soddisfazione parlando degli impegni presi
per «un forte coordinamento nella riforma delle regole finanziarie e
nell´impegno per la crescita economica». Ha messo in evidenza i punti che
stavano a cuore agli Stati Uniti e che è riuscito a far approvare, ma subito ha
voluto spiegare ai suoi elettori americani l´importanza della mediazione e del
lavoro comune nel giorno in cui il suo Paese conosce il peggior dato sulla
disoccupazione degli ultimi 26 anni: «Non possiamo agire da soli, perché se le
nostre azioni sono contraddette nel mondo allora non ce la faremo ad uscire
dalla crisi». E per farsi capire ha raccontato il
«drastico declino delle esportazioni americane» attraverso la crisi della Caterpillar, «che un anno fa aveva risultati
straordinari e che oggi per colpa della crisi mondiale
è ridotta molto male». Niente tentazioni protezionistiche, si raccomanda Obama,
ma un lavoro comune per far ripartire il motore dell´economia ed è a questo
punto che presenta il suo manifesto di politica estera: «L´America è un leader,
è la più grande economia del pianeta, la prima potenza militare e ha una grande
influenza sulle idee e la cultura, ma lo fa al meglio se è capace di ascoltare,
se riconosce che il mondo è complicato e che c´è bisogno di collaborare con gli
altri Paesi e se mostra un atteggiamento di umiltà. Dobbiamo ammettere di non
avere sempre la risposta giusta ma possiamo ascoltare e stimolare la giusta
soluzione». E con questo atteggiamento di umiltà ha aggiunto: «è difficile
negare che la crisi sia iniziata negli Stati Uniti, a
Wall Street e in alcune banche in particolare e bisogna ammettere che molte
avevano assunto rischi azzardati ed ingiustificati». Ma ai giornalisti che gli
chiedevano se gli altri leader mondiali glielo avessero rinfacciato ha
risposto: «I miei colleghi hanno avuto un grande tatto: ci sono stati commenti occasionali,
mentre si parlava di altri temi, sul fatto che la crisi
sia iniziata in America ma da parte di tutti c´è stato un atteggiamento
straordinariamente costruttivo». La chiave per risolvere i problemi, secondo
l´Obama al secondo giorno di visita europea è solo quella dell´approccio
multilaterale: «Se una persona dieci anni fa avesse immaginato di vedere seduti
insieme Germania e Francia, Cina, Russia, India e un presidente americano con
il nome Obama, se avesse immaginato ex avversari e anche ex nemici uniti per
mettere a posto l´economia mondiale avrebbero detto che era pazza». Ma non si
poteva fare diversamente: «Tutti parlano degli accordi di Bretton Woods, quando
venne riscritto l´ordine monetario internazionale, ma diciamo la verità: a quei
tempi erano solo in due, Roosevelt e Churchill, a prendere le decisioni seduti
in una stanza davanti a un bicchiere di brandy. Era molto più facile. Il mondo
non è più così, ed è un bene per tutti: l´Europa e il Giappone si sono
ricostruite, l´India e la Cina sono emerse e miliardi di persone sono uscite
dalla povertà e oggi noi desideriamo costruire alleanze, non imporre soluzioni.
Creare consenso e non solo affermare la nostra volontà». E dopo aver annunciato
che l´aiuto alimentare degli Stati Uniti ai Paesi più poveri sarà raddoppiato
ad oltre un miliardo di dollari ha aggiunto: «Il tipo di leadership che abbiamo
bisogno di conoscere ora è quella che dà ai paesi emergenti nuove opportunità e
nuove vite». Un´ora di discorso per dare la carica al mondo, per rivendicare di
aver cambiato l´immagine dell´America: «La nostra reputazione nel mondo era
scesa per colpa di scelte sbagliate dell´Amministrazione precedente, ma la mia
elezione e le prime decisioni che abbiamo preso penso che ci abbiano già
restituito una parte di quel prestigio». La conferenza stampa finisce in modo
talmente trionfale che si sente in dovere di invitare alla cautela e di
paragonare l´economia mondiale ad un paziente malato: «Il vertice G20 ha dato
al paziente la medicina giusta, e adesso il paziente è stato stabilizzato, ma
le ferite devono ancora guarire e dobbiamo vigilare perché non ci siano nuove crisi».
( da "Unita, L'" del
03-04-2009)
Argomenti: Crisi
Per Angela Merkel si
tratta di un «compromesso molto positivo, quasi storico, in
grado di rendere più chiara l'architettura dei mercati
finanziari». Per Gordon Brown, quasi ditirambico, si
sono poste «le fondamenta di un nuovo ordine mondiale». Persino il riluttante
Nicolas Sarkozy esultava: «Sono felice dell'esito di questo vertice. È andato
al di là di quanto potevamo immaginare». Il fronte europeo, soprattutto
franco-tedesco, può reputarsi soddisfatto. Grazie all'atteggiamento cooperativo
di Barack Obama, le nuove regole che dovrebbero impedire le derive della
finanza internazionale hanno visto la luce ieri a Londra. I paradisi fiscali
«non cooperativi» sono indicati con nome e cognome ed eventualmente oggetto di
sanzioni. Gli hedge funds, i fondi speculativi portatori di prodotti tossici,
saranno messi «sotto stretto controllo». Sotto sorveglianza anche le agenzie di
rating, troppo spesso condizionate da conflitti di interesse. Il sistema di
bonus e stock options sarà imbrigliato e collegato ai risultati delle aziende,
non più quindi elargizioni miliardarie a prescindere, in barba a piani di
ristrutturazione e licenziamenti. Un «consiglio per la stabilità finanziaria» vedrà la luce, per diventare in futuro una
sorta di organizzazione mondiale della finanza. Lista nera e lista grigia Dopo
la decisione del G20 di agire contro gli Stati che non collaborano in campo
fiscale, in serata a Parigi l'Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo
sviluppo economico) ha pubblicato due liste di «paradisi fiscali. La prima,
detta «lista nera», comprende Costa Rica, Malaysia, Filippine e Uruguay ed
indica quei Paesi che non si sono mai impegnati a rispettare gli standard
internazionali. Nella seconda, «grigia», sono compresi 38 Stati che, pur
essendosi impegnati a rispettare le regole dell'Ocse, «in sostanza» non le
hanno mai applicate. Nel secondo elenco figurano tra gli altri Austria, Belgio,
Cile, Lussemburgo, Singapore, Svizzera, Monaco e San Marino. Bene le Borse Le
Borse hanno reagito bene ai risultati del vertice: a Parigi il CAC 40 è
schizzato in su del 5,37, il Footsie di Londra del 4,8, il Dax di Francoforte
del 6,7. Il G20 ha peraltro deciso di investire cinquemila miliardi di dollari
nel rilancio dell'economia e della crescita, come chiedeva l'asse anglosassone,
americani e britannici. Le risorse del Fondo monetario internazionale,
presieduto da Dominique Strauss Kahn, saranno triplicate: da
( da "Repubblica, La"
del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi
Pagina 2 - Economia
Il Financial Stability Forum amplia il suo mandato e cambia nome: diventa Fsb
Stretta sui manager, Draghi esulta "Parte un grande cambiamento"
L´organismo e l´Fmi eserciteranno un controllo coordinato per prevenire le crisi DAL NOSTRO INVIATO LONDRA - «E´ un grande, grande
cambiamento». Mario Draghi commenta così le nuove regole per dire basta ai
super compensi dei manager, approvate dal G20. E lo dice «al di là dei
tecnicismi», perché sa benissimo l´effetto che quei maxi assegni hanno creato e
creano sull´opinione pubblica, specie in tempi di recessione. Perciò, d´ora in
avanti dovranno essere limitati e comunque parametrati ai risultati economici
di lungo periodo della banca o società finanziaria che
sia. Il tutto, per evitare che vengano assunti rischi eccessivi. Il governatore
della Banca d´Italia parla con un filo di voce, dopo l´estenuante maratona di
riunioni. E´ visibilmente soddisfatto non solo perché è passato il
"no" ai superbonus, ma anche perché il suo Financial Stability Forum,
l´organismo anti- crisi voluto dal G7, cambia volto, nome e acquisisce nuovi poteri. E
difatti si allarga a tutti i paesi del G20, più la Spagna e la Ue e diventa un
Financial stability Board, cioè un "consiglio" sulla stabilità finanziaria con una serie di nuovi
compiti da svolgere e quindi con nuovi poteri. Il neonato Fsb - questa
la sigla - agirà in coordinamento con il Fondo Monetario svolgendo un ruolo che
il governatore definisce «complementare». L´Fmi farà la sorveglianza sul
sistema economico globale e sull´aiuto ai paesi in difficoltà; Draghi avrà
invece il compito di coordinare e mettere in rete tutte informazioni. Lo scopo
è di costituire un quadro di regole comuni di vigilanza macroprudenziale fra le
diverse autorità nazionali per prevenire le difficoltà delle grandi istituzioni
finanziarie. Insieme i due organi realizzeranno così i cosiddetti Early Warning
Exercise per prevedere in tempo le crisi. Al G20,
Draghi presenta quattro documenti tutti tecnici che contengono le
raccomandazioni e i principi per assicurare una più corretta e trasparente
gestione dei mercati e per eliminare le distorsioni che hanno portato al
contagio tra crisi finanziaria ed economia reale. C´è
la questione dei supercompensi dei manager, ma anche la proposta che le banche
sviluppino dotazioni patrimoniali aggiuntive, nei momenti di fase espansiva dei
mercati, rispetto ai minimi regolamentari, in modo da mitigare gli effetti
negativi del ciclo economico. In quelle pagine, ancora una volta, Draghi
reclama una glasnost delle perdite bancarie dovute ai titoli tossici, perché
solo così la vigilanza può essere efficace. Draghi si attende che i
provvedimenti per restringere le retribuzioni dei managers siano varati entro
l´anno. (e.p.)
( da "Repubblica, La"
del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi
Pagina 2 - Economia
G20, altri mille miliardi di aiuti e addio a tutti i paradisi fiscali L´Fmi
triplica i fondi e vende l´oro per sostenere i Paesi poveri Il vertice Giudizi
tutti positivi dai Grandi. Sarkozy: un esito oltre le aspettative, voltiamo
pagina ENRICO FRANCESCHINI dal nostro corrispondente LONDRA - Solenne e
trepidante, Gordon Brown annuncia il risultato del summit alle quattro in
punto, davanti ai giornalisti e alle tivù di tutto il pianeta: «Questo è il giorno
in cui il mondo si è unito per combattere la recessione globale», dice il primo
ministro britannico. «Per combatterla non a parole, ma con un piano per una
ripresa internazionale e per le riforme, con un chiaro calendario per
applicarlo». Il comunicato finale del G20, riassunto dal «padrone di casa»,
prevede più di un trilione di dollari di stimoli per affrontare la crisi, la
pubblicazione di una «lista nera» dei paradisi fiscali per metter fine al
segreto bancario (pubblicata in serata dall´Ocse), il
rifiuto del protezionismo e
un nuovo pacchetto di regole per meglio controllare il sistema finanziario. Ce
n´è per tutti: per l´asse franco-tedesco che pretendeva più regulation e niente
obbligo di nuove iniezioni di denaro pubblico nell´economia mondiale, per
l´asse anglo-americano che preferiva il contrario, per i mercati che pregavano
per un messaggio d´ottimismo e l´hanno avuto, reagendo ovunque con
un´impennata delle Borse. Ai summit, naturalmente, devono vincere tutti, perché
se non si raggiunge un accordo perdono tutti. Ma le prime dichiarazioni dei
partecipanti sprizzano soddisfazione genuina. «Un esito al di là delle
aspettative, per tutto il dopoguerra il mondo ha vissuto secondo il modello
finanziario anglosassone e oggi abbiamo voltato pagina», giubila il presidente
francese Sarkozy, che voleva andarsene se non avessero esaudito le sue
richieste. «Uno storico compromesso in risposta a una crisi eccezionale», gli
fa eco la cancelliera tedesca Angela Merkel. «We did okay», abbiamo fatto bene,
dice con più stile e misura Barack Obama, parlando anche lui però di «una
svolta storica» per l´economia mondiale. Il diavolo è nei dettagli, e quelli di
questo accordo si prestano a diverse interpretazioni. Il trilione di dollari di
nuovi stimoli alle economie, affidato a Fondo Monetario e Banca Mondiale, si
aggiunge a 5 mila miliardi già stanziati dai singoli Stati; ma le riserve
dell´Fmi vengono triplicate e l´oro venduto per sostenere i paesi poveri. Il
rifiuto del protezionismo è netto, ma sarà meglio
definito al G8 di luglio. La stretta alla «regulation» appare sostanziale, ma i
puntini sulle i saranno oggetto di ulteriori discussioni. Ciononostante, Gordon
Brown, nominato «salvatore del mondo» dal premio Nobel per l´economia Paul
Krugman all´inizio della crisi, ora ha fatto il bis, e può proclamare l´avvento
di un «nuovo ordine mondiale» di cui è stato il caparbio regista. Il vero
trionfatore di questo G20, tuttavia, è Obama: basti dire che centinaia di
giornalisti hanno fatto la coda per partecipare alla sua conferenza stampa, e
alla fine, gettando la maschera dell´imparzialità e del cinismo del mestiere,
l´hanno applaudito fino a spellarsi le mani. Come una star.
( da "Repubblica, La"
del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi
Pagina 3 - Economia Un no comune al protezionismo Doppio, comune impegno del G20 contro il protezionismo e per riaprire al più
presto i negoziati commerciali Wto. "Minimizzeremo ogni impatto negativo
sul commercio delle nostre politiche fiscali", scrivono i Grandi,
decidendo di stanziare 250 miliardi di dollari per un fondo per il commercio
internazionale. Non è chiaro che fine farà la tanto discussa clausola
del "buy american"
( da "Unita, L'" del
03-04-2009)
Argomenti: Crisi
Contro la crisi
5mila miliardi «Mai più paradisi fiscali» GIANNI MARSILLI Per Angela Merkel si
tratta di un «compromesso molto positivo, quasi storico, in
grado di rendere più chiara l'architettura dei mercati
finanziari». Per Gordon Brown, quasi ditirambico, si
sono poste «le fondamenta di un nuovo ordine mondiale». Persino il riluttante
Nicolas Sarkozy esultava: «Sono felice dell'esito di questo vertice. È andato
al di là di quanto potevamo immaginare». Il fronte europeo, soprattutto
franco-tedesco, può reputarsi soddisfatto. Grazie all'atteggiamento cooperativo
di Barack Obama, le nuove regole che dovrebbero impedire le derive della
finanza internazionale hanno visto la luce ieri a Londra. I paradisi fiscali
«non cooperativi» sono indicati con nome e cognome ed eventualmente oggetto di
sanzioni. Gli hedge funds, i fondi speculativi portatori di prodotti tossici,
saranno messi «sotto stretto controllo». Sotto sorveglianza anche le agenzie di
rating, troppo spesso condizionate da conflitti di interesse. Il sistema di
bonus e stock options sarà imbrigliato e collegato ai risultati delle aziende,
non più quindi elargizioni miliardarie a prescindere, in barba a piani di
ristrutturazione e licenziamenti. Un «consiglio per la stabilità finanziaria» vedrà la luce, per diventare in futuro una
sorta di organizzazione mondiale della finanza. Lista nera e lista grigia Dopo
la decisione del G20 di agire contro gli Stati che non collaborano in campo
fiscale, in serata a Parigi l'Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo
sviluppo economico) ha pubblicato due liste di «paradisi fiscali. La prima,
detta «lista nera», comprende Costa Rica, Malaysia, Filippine e Uruguay ed
indica quei Paesi che non si sono mai impegnati a rispettare gli standard
internazionali. Nella seconda, «grigia», sono compresi 38 Stati che, pur
essendosi impegnati a rispettare le regole dell'Ocse, «in sostanza» non le
hanno mai applicate. Nel secondo elenco figurano tra gli altri Austria, Belgio,
Cile, Lussemburgo, Singapore, Svizzera, Monaco e San Marino. Bene le Borse Le
Borse hanno reagito bene ai risultati del vertice: a Parigi il CAC 40 è
schizzato in su del 5,37, il Footsie di Londra del 4,8, il Dax di Francoforte
del 6,7. Il G20 ha peraltro deciso di investire cinquemila miliardi di dollari
nel rilancio dell'economia e della crescita, come chiedeva l'asse anglosassone,
americani e britannici. Le risorse del Fondo monetario internazionale,
presieduto da Dominique Strauss Kahn, saranno triplicate: da
( da "Corriere del Veneto"
del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi
PRIMO PIANO
03-04-2009 LEADER RIUNITI IL PRESIDENTE USA: «VERTICE PRODUTTIVO PER LA
RIPRESA» G20, accordo fra i Grandi Obama: svolta storica Stanziati oltre mille
miliardi di aiuti contro la crisi Sì a nuove regole.
Stilata la lista nera dei paradisi fiscali LONDRA Enrico Tibuzzi II Fondi per
oltre 1000 miliardi di dollari, nuove regole per i mercati finanziari e la fine
dei paradisi fiscali: questi i tre punti cardine del pacchetto di interventi
senza precedenti varato oggi dal vertice del G20 per fare fronte alla crisi, ridare fiducia ai cittadini e rilanciare l'economia
salvando milioni di posti di lavoro. I mille e cento miliardi stanziati dal G20
sono destinati soprattutto al Fondo monetario internazionale e alla Banca
mondiale per aiutare i Paesi in difficoltà e sostenere gli scambi commerciali.
Il G20 ha anche deciso di dare all'Fmi la possibilità di vendere il suo oro per
andare in soccorso dei Paesi più poveri. Questi soldi si vanno ad aggiungere ai
5.000 miliardi di dollari stanziati e ancora da stanziare entro la fine del
2010 dai singoli Paesi del G20 per politiche fiscali nazionali
finalizzate a contrastare gli effetti della crisi
finanziaria ed economica. Uno sforzo finanziario, è
scritto nel documento conclusivo del vertice, che dovrebbe portare «a un
aumento della produzione del 4% e all'accelerazione della transizione verso
un'economia verde». Inoltre, la montagna di miliardi messa nero su bianco dai
leader dei 20 Paesi che rappresentano oltre l'80 per cento del Pil
mondiale dovrebbe rendere più robusta e veloce la ripresa della crescita
economica rispetto al 2% già previsto dall'Fmi per fine 2010. La risposta forte
e chiara alla crisi giunta dal G20 non poteva però
prescindere, come preannunciato alla vigilia del vertice dall'asse
franco-tedesco, dal varo di un robusto insieme di nuove regole destinate ai
mercati finanziari ed essenziale per restituire la fiducia a cittadini. E da
un'azione collettiva e concreta destinata a smantellare i paradisi fiscali. Due
decisioni che, dopo ore di discussioni, scritture e riscritture del documento
finale, sono però arrivate a sancire il successo del vertice. «L'epoca del
segreto bancario è finita», è stato scritto dal G20 nel documento finale. Dove
è stato anche inserito, vincendo la resistenza di diversi Paesi, tra cui la
Cina, un esplicito riferimento alla lista nera dei paradisi fiscali redatta e
resa nota dall'Ocse. Toccherà ora ai ministri delle finanze del G20 mettere a
punto la lista delle sanzioni da applicare contro chi si ostinerà a non
collaborare. L'altro piatto forte del vertice è stato il varo di una serie di
principi che dovranno portare, in tempi stretti, al varo delle misure che
definiranno la nuova architettura del sistema finanziario internazionale. A
partire dalla trasformazione del Financial stability forum (quello presieduto
da Mario Draghi) in un Consiglio per la stabilità finanziaria
che avrà un mandato più ampio e dovrà comprendere tra i suoi membri tutti i
Paesi del G20, la Spagna e la Commissione europea. Ma anche operare contro la
pratica di bonus sproporzionati ai manager delle finanziarie. Per arrivare a
una regolamentazione e una vigilanza estesa a tutte le istituzioni finanziarie,
in primo luogo gli hedge fund. E alla definizione, entro l'anno, di una
armonizzazione dei criteri di valutazione dei requisiti patrimoniali delle
banche. Nonchè a disposizione contro i conflitti di interesse delle agenzie di
rating. «Sono state prese dai leader mondiali decisioni della portata senza
precedenti per far ripartire l'economia», ha detto il presidente americano
Barack Obama che ha definito il summit «storico » e «produttivo». Ha parlato
anche «una svolta decisiva» per il superametno della crisi.
Grandi a raccolta Obama con Medvedev (a destra) e Abdullah. Salvo per uso
personale è vietato qualunque tipo di riproduzione delle notizie senza
autorizzazione.
( da "Corriere della Sera"
del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere della Sera
sezione: Primo Piano data: 03/04/2009 - pag: 2 «Un nuovo ordine mondiale per
uscire insieme dalla crisi» I Grandi: un trilione di dollari e aiuteremo la
ripresa Addio ai paradisi fiscali Gli interventi attraverso il Fondo monetario
Brown: dal vertice l'inizio della fine della crisi DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
LONDRA «Abbiamo serrato le file per combattere la recessione globale». Il
padrone di casa, Gordon Brown, è soddisfatto quando annuncia che il G20 ha
siglato l'accordo e darà ossigeno aggiuntivo all'economia. Hanno vinto tutti:
decisamente di più Stati Uniti, Regno Unito e Cina, decisamente meno l'Europa.
Stimoli alla domanda, poteri di vigilanza e di allerta affidati a un organismo
centrale il Financial Stability Board guidato da Mario Draghi, guinzaglio al
collo degli hedge fund, bonus ai manager proporzionali ai risultati di lungo
periodo, infine tagliola per i paradisi fiscali e del segreto bancario: ecco il
corposo pacchetto di emergenza. Dal summit esce «un nuovo ordine» con un
diverso baricentro delle decisioni politiche: è un multilateralismo nel quale i
Paesi in via di sviluppo affiancano i ricchi ed entrano a pieno titolo nei
meccanismi di governo della crisi. La «sala di comando » si sposterà dalla sua
sede tradizionale, il G8, a questa sede, il G20 che rappresenta l'84% della
ricchezza planetaria e il 64% della popolazione. I tre maggiori protagonisti
della svolta Stati Uniti, Regno Unito, Cina hanno vinto la partita e il
messaggio che lanciano, per bocca di Gordon Brown è chiaro: «La prosperità è un
bene indivisibile di conseguenza l'azione per sostenere il lavoro, le imprese,
le famiglie, la crescita in generale, non può che essere comune». Si era
profilato nelle ultime ore il rischio del fallimento, poi gli umori sono
cambiati. E il punto di equilibrio è un documento che non contiene una ricetta
risolutiva ma che viene definito dal premier britannico «l'inizio della fine
della crisi» e che sarà sottoposto a verifica in una sessione del G20,
convocata entro l'anno. I pilastri fondamentali sui quali si costruisce il
percorso di uscita dalla recessione sono due. Il primo è ciò che Washington e
Londra hanno sempre chiesto: una robusta iniezione di «risorse». Fino ad oggi
globalmente sono stati investiti 5 mila miliardi di dollari, suddivisi fra
interventi a sostegno degli istituti di credito in agonia, interventi di
«quantitative easing » ovvero di creazione di moneta da parte delle banche
centrali, di ammortizzatori sociali (in Europa), di sostegno all'industria.
Adesso nel circuito dell'economia mondiale saranno resi disponibili circa un
trilione di dollari (tecnicamente sono 850 miliardi). E il veicolo principale
che li trasporterà per il «pronto soccorso» agli Stati sull'orlo del collasso
sarà il Fondo Monetario Internazionale la cui dotazione sarà triplicata. Ai 250
di cui già dispone e che dunque vanno sottratti dal conto se ne aggiungono 500.
Cento messi a disposizione dall'Europa, 100 dal Giappone, 40 dalla Cina, il
resto dagli altri Paesi. Di conseguenza, saranno ridisegnati gli equilibri del
Fmi con ruolo crescente di Pechino. Altri 100 miliardi di dollari saranno
incanalati attraverso le Banche di Sviluppo. Infine una borsa carica di 250
miliardi sarà destinata nei prossimi due anni a riattivare i commerci
internazionali. Il protezionismo è bandito. Il totale fa 1.100 o 850 se si escludono i 250 già a
disposizione del Fondo Monetario. Il secondo pilastro viene incontro alle
richieste soprattutto di Parigi, Berlino, Roma, e affronta dunque il capitolo
delle regole e della supervisione. Al Financial Stability Board che si
allargherà ai Paesi del G20, alla Spagna e al rappresentante della Commissione
Europea spetterà il compito di disegnare i principi, di vigilare su tutte le
istituzioni, gli strumenti e i mercati finanziari e
avviare l'azione sulle «giurisdizioni che non collaborano, inclusi i paradisi
fiscali ». Il G20 ha annunciato che la lista nera di questi paradisi sarà
pubblicata dall'Ocse: dalla Svizzera al Lussemburgo, dal Liechtenstein
all'Uruguay, dal Costa Rica alle Filippine, dall'Austria alla Malaysia chi non
si adegua si trova sul banco degli imputati. «Il tempo del segreto bancario è
compiuto», è scritto solennemente nel documento finale del G20. È un segnale
politico forte che provocherà panico fra chi ha giocato a nascondino con
capitali e profitti. Ma il «nuovo ordine» mondiale di cui parlano i vincitori
Obama e Gordon Brown non può che passare da questa «rivoluzione ». È il
presupposto di una stabile credibilità. Protagonisti Il presidente Usa, Barack
Obama, e il premier britannico Gordon Brown (Reuters/Wojazer) Fabio Cavalera
( da "Corriere della Sera"
del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere della Sera
sezione: Prima Pagina data: 03/04/2009 - pag: 1 UNA BUONA PARTENZA di FRANCO
VENTURINI A l G20 non ha vinto nessuno, e così hanno potuto vincere tutti. Il
debuttante Barack Obama, sostenuto dai britannici e dai giapponesi, voleva che
per combattere la crisi fosse varato un poderoso stimolo fiscale. L'ha avuto,
ma sotto mentite spoglie per non urtare la contrarietà degli europei: mille
miliardi di dollari andranno al Fondo monetario e alla Banca mondiale per
spingere la ripresa e soccorrere i Paesi con l'acqua alla gola. Nicolas Sarkozy
e Angela Merkel volevano regole severe per raddrizzare la schiena al sistema
finanziario e, sotto sotto, anche per indicare i colpevoli della recessione. Le
hanno avute, ma affidando all'Ocse la controversa lista nera dei paradisi
fiscali e muovendosi con inedita cautela per non irritare gli Usa gelosi della
loro sovranità, i britannici protettori della City, i cinesi preoccupati per
Hong Kong e Macao. Se si pensa alle polemiche e alle minacce di rottura della
vigilia, il G20 londinese di ieri non evita soltanto un disastroso parallelo
con quello fallito nel 1933. Evita, anche, il compromesso al ribasso che
sembrava essere nelle carte, e che per salvare politicamente i partecipanti
avrebbe lanciato ai mercati un disastroso segnale di impotenza. Dalla capitale
britannica, invece, parte un primo segnale di volontà politica collettiva nella
gestione della crisi dopo tanti, tantissimi esempi di gestione nazionale. Parte
un certificato di idoneità della formula del G20, che d'un colpo ha reso obsoleti
il G7 e il G8 (lo tenga presente l'Italia, che organizza quello di quest'anno)
con la sola ma cruciale presenza della Cina. E partono, anche, provvedimenti
non sempre di applicazione immediata, non sempre impermeabili a una certa dose
di scetticismo, ma sufficienti a creare, come ha detto Gordon Brown, «ossigeno
per la fiducia». Non ci sono soltanto i mille miliardi di dollari e i
meccanismi di pronto soccorso. Una parte di questa somma è
destinata a sostenere il libero commercio e a frenare il protezionismo (peccato che 17 dei 20
partecipanti proprio al protezionismo abbiano fatto ricorso, in un modo o in un altro). Vengono
regolamentati gli hedge funds, introdotti nuovi criteri per la contabilità
bancaria e in generale per l'attività degli istituti di credito, passate al
setaccio le agenzie di rating, riportati nella ragionevolezza compensi e
bonus di chi opera nella finanza, e, soprattutto, viene definito un approccio
globale per «ripulire» le banche dai titoli infetti che hanno in buona parte
originato la crisi. Quest'ultima potrebbe essere la conquista principale del
vertice, se si considera che il forte rallentamento del credito deriva
principalmente proprio dall'insicurezza delle banche sul destino della loro
parte di tossicità. Ma l'impegno è ancora troppo generico, e del resto non
risulta che l'ammontare degli attivi sotto accusa sia stato credibilmente
calcolato. CONTINUA A PAGINA 44
( da "Sole 24 Ore, Il (Centro Nord)"
del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi
Centro-Nord sezione:
CENTRO NORD data: 2009-04-01 - pag: 21 autore: APPUNTAMENTI Dal 02-04 al 08-
( da "Sole 24 Ore, Il (Centro Nord)"
del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi
Centro-Nord sezione:
CENTRO NORD data: 2009-04-01 - pag: 29 autore: Finanzieremo solo i progetti
meritevoli M ai come in questa fase l'Università è tornata al centro del
dibattito pubblico. La grave crisi
finanziaria di molti atenei si intreccia, come ci ha
mostrato la mobilitazione di studenti, docenti e ricercatori, coni pesanti
tagli decisi dal governo. La Toscana non è immune da questa crisi ed è da qui che dobbiamo ripartire
se vogliamo dare un futuro all'Università e alla ricerca nella nostra regione.
Ma la Toscana non ha aspettato l'acuirsi della crisi
per avviare una riflessione su questi temi. Lo dimostra il percorso, partito
oltre un anno fa, sfociato nella proposta di legge "Disposizioni in
materia di ricerca e innovazione" in dirittura d'arrivo in consiglio
regionale. Con questa legge la Regione si propone come regista di un processo
per coinvolgere tutte le componenti del mondo universitario facendole ragionare
in un'ottica di squadra, evitando sovrapposizioni e doppioni, attuando una
gestione razionale e coordinata delle risorse, creando le condizioni per
attrarre investimenti e rilanciare lo sviluppo. Per questo, nel rispetto
dell'autonomia dell'Università e senza pretendere in nessun modo di
condizionarne gli organi di governo, credo sia necessario ed urgente definire
un modello di governance che aiuti a superare la situazione attuale e fornisca
uno strumento adeguato alle sfide di una società della conoscenza la cui
realizzazione è resa più urgente dalla crisi mondiale.
Siamo convinti che solo la massima diffusione e socializzazione dei saperi, in
un percorso di apprendimento che dovrebbe coinvolgere ciascun cittadino per
tutta la vita, possa guidare la Toscana fuori dalle secche della recessione,
indirizzandola verso un nuovo e duraturo sviluppo, fondato su criteri di equità
sociale e sostenibilità ambientale. è questo secondo me il legame virtuoso che
deve essere stretto fra ricerca ed economia, fra università e mondo produttivo,
in contrapposizione al puro calcolo ragionieristico che ha ispirato i tagli del
governo. Detto questo, penso che, a partire dalla nuova legge, si debba
lavorare e in fretta per ridare credibilità e autorevolezza a istituzioni che,
non possiamo nascondercelo, versano in uno stato di estrema difficoltà finanziaria e scontano una gestione che perde di vista,
spesso, una visione di insieme e il legame con la comunità, perpetuando
situazioni di precarietà e privilegio. Il disagio, anche nelle nostre
università di Firenze, Pisa e Siena, è palpabile. Come Regione ci proponiamo, a
fianco di istituzioni localie parti sociali, di pensare a un nuovo modello. E
se la proposta della Fondazione pubblica - che era solo una semplice ipotesi di
lavoro - è stata abbandonata perché non ha trovato consensi, la Regione non può
sottrarsi all'imperativo politico di trovare una soluzione a problemi annosi,
che hanno inciso negativamente sui bilanci come, tanto per citare gli esempi
più eclatanti, il proliferare di corsi di laurea e il moltiplicarsi di sedi e
centri di spesa. Siamo pronti a dare un sostegno all'università, ma non
intendiamo trasformarci in un ente pagatore di attività gestite da altri. Così
come non intendiamo proseguire coni finanziamenti a pioggia: vogliamo vincolare
gli aiuti al raggiungimento di obiettivi di qualità, che premino innovazione e
merito, in sintonia con una visione di sistema ma non avulsi dal territorio.
Per questo, fra le possibili opzioni, c'è anche quella di aprire a Regione e
istituzioni locali i consigli di amministrazione degli atenei. Sappiamo che non
è facile, ma dobbiamo trovare un diverso equilibrio che salvaguardi l'autonomia
e anche il diritto dei toscani ad avere un'offerta formativa di qualità e
atenei meglio amministrati e gestiti. Solo una logica di sistema può far
raggiungere gli obiettivi di una razionalizzazione delle risorse e di una
centralizzazione dei servizi. “ L'impegno Entreremo nei Cda senza far venir
meno l'autonomia dell'accademia Eugenio Baronti ASSESSORE ALLA RICERCA Regione
Toscana
( da "Corriere del Veneto"
del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi
ECONOMIA 03-04-2009
DOTTORI COMMERCIALISTI «SERVE FIDUCIA» Foschi: in campo per aiutare le pmi
Mercoledì si terrà all'Auditorium Paganini una tavola rotonda sul tema Luca
Molinari II «Metteremo in campo tutta la nostra professionalità per instradare
le imprese sulla via dello sviluppo». Andrea Foschi, presidente dell'ordine dei
dottori commercialisti e degli esperti contabili di Parma, sottolinea il valore
di questa professione nel combattere la crisi. E
annuncia l'organizzazione di una tavola rotonda sul tema: «Un mercato di borsa
dedicato alle piccole e medie imprese: opportunità per la ripresa e lo
sviluppo», l'8 aprile all'auditorium Paganini. Una scelta coraggiosa, che va
controcorrente e guarda con fiducia al futuro. «In un momento in cui da ogni
parte si sente parlare di crisi, - afferma - ci sembra
il momento giusto per parlare di ripresa e di sviluppo. Cerchiamo di vedere i
segnali positivi, riacquisire la fiducia e valutare gli strumenti creati per
orientare l'economia e la finanza nel modo corretto, per l'interesse del nostro
Paese». Nella tavola rotonda si affronteranno le ragioni
della crisi finanziaria in
ambito extra nazionale ed interno, «il ruolo delle banche di fronte alla crisi, - prosegue - le possibili
evoluzioni e soluzioni, le nuove opportunità di ottimizzazione della finanza
delle imprese, l'esperienza degli imprenditori che hanno quotato le loro
aziende di riferimento, l'idea del consiglio nazionale e l'esperienza
del dottore commercialista». L'evento dell'8 aprile nasce infatti per promuovere
l'accordo che il consiglio nazionale ha siglato con Borsa italiana «per
sensibilizzare le imprese - precisa - sull'opportunità della quotazione sui
mercati da lei organizzati e gestiti ». Attualmente a Parma sono 840 gli
iscritti all'ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili.
Foschi riprende quindi le tematiche più significative emerse nel recente
congresso nazionale di Torino. «La categoria - rimarca - ha acquisito una buona
percentuale di giovani che vogliono cercare di essere più dinamici nell'ambito
dello sviluppo economico e nei rapporti con istituzioni e mercato. Essere
protagonisti del cambiamento significa accettare la sfida del mercato. La
rinnovata forza ed autorevolezza di una categoria professionale che ha saputo
unire ciò che era diviso, ma soprattutto fondere e non sommare storie e
identità». Presidente Andrea Foschi. Salvo per uso personale è vietato
qualunque tipo di riproduzione delle notizie senza autorizzazione.
( da "Corriere della Sera"
del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere della Sera
sezione: Economia Mercati Finanziari data: 03/04/2009 - pag: 37 Il caso a
Zurigo Il mercato premia i tagli di Swiss Re (g.fer.) L'esigenza di ridurre i
costi ha costretto la compagnia di riassicurazione svizzera Swiss Re a tagliare
mille posti di lavoro, circa il 10% dell'intero organico. La
crisi finanziaria ha
colpito duramente gli investimenti della società, che ha perso 585 milioni di
euro nel 2008. Il mercato ha apprezzato gli sforzi di risanamento di Swiss Re
(che ieri ha nominato Agostino Galvagni direttore operativo al posto di Stefan
Lippe, diventato amministratore delegato) premiando il titolo con un incremento
del 10,63%, a quota 21,44 franchi svizzeri e con 5,6 milioni di titoli
trattati. Stefan Lippe, ad di Swiss Re
( da "Corriere della Sera"
del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere
della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 03/04/2009 - pag: 37 Il
caso a Londra Vodafone punta alla tedesca Hansenet (g.fer.) Vodafone, primo
operatore mondiale nella telefonia mobile, è interessata alla tedesca Hansenet,
provider di Internet, controllata da Telecom Italia. Lo scrive il quotidiano britannico
Daily Telegraph (no comment da parte delle aziende interessate), precisando che
la compagnia telefonica ha già avviato la due diligence, in concorrenza con la
spagnola Telefonica, che a sua volta ha manifestato l'intenzione di rilevare
l'azienda. Il termine per presentare le offerte non vincolanti è il prossimo 24
aprile. Stabile il titolo, che alla Borsa di Londra ha chiuso ieri a 128,8
pence, lo 0,47% in più rispetto alla vigilia. Vittorio Colao, ad della Vodafone
( da "Corriere della Sera"
del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere della Sera
sezione: Economia Mercati Finanziari data: 03/04/2009 -
pag: 37 La Giornata in Borsa di Giacomo Ferrari Banco Popolare, il rally
continua Scambi record Il controvalore dei titoli scambiati ha toccato il
massimo dell'anno, a 3,2 miliardi di euro È stata la giornata della Fiat (il
titolo del Lingotto ha messo a segno il rialzo più consistente della sua
storia) ma anche il resto del listino di Piazza Affari ieri ha fatto
faville. L'effetto G 20 e il taglio dei tassi da parte della Bce (che, pur
inferiore al previsto, porta comunque il costo del denaro ai minimi storici)
hanno riportato la fiducia su tutti i mercati
azionari. E anche la Borsa italiana, con una crescita solo di poco inferiore
alla media europea (+4,76% l'S&P-Mib, +4,35% il Mibtel), ha compiuto un
forte passo avanti. Non solo: ha registrato il livello massimo del 2009 per
quanto riguarda gli scambi, che hanno toccato un controvalore di 3,2 miliardi
di euro (era da ottobre 2008 che Milano non superava quota 3 miliardi).
Insomma, una seduta da incorniciare. Quanto ai maggiori rialzi, limitatamente
ai valori dell'S& P-Mib, oltre a quello di Fiat (+27,12%), che si è portato
dietro, sul Midex, la controllante Exor (+21,38% la versione ordinaria, +16,5%
quella privilegiata), si registra quello del Banco Popolare. Il titolo
dell'istituto di credito veronese ha confermato il rally della vigilia,
chiudendo a 4,23 euro, con un balzo del 12,8%. E, sempre all'interno del
comparto bancario, hanno proseguito la fase positiva sia Ubi Banca (+8,64%) sia
Unicredit (+7,5%), mentre Intesa-Sanpaolo è rimbalzata soltanto del 3,78%. Fra
gli industriali, ha ricominciato a correre Pirelli (+8,02%) e Geox ha fatto un
balzo del 6,82% ritornando sopra quota 5 euro. Significativo, infine, anche il
rimbalzo di Autogrill (+6,57%).
( da "Corriere della Sera"
del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere della Sera
sezione: Opinioni data: 03/04/2009 - pag: 44 INCENTIVI La
Consob e il decreto «protezionista» di SALVATORE BRAGANTINI T utti a Londra a
salvare il mondo: mai più protezionismo! Peccato che i fatti dicano il contrario, si pensa ai casi
propri. Per quanto riguarda noi, il Decreto Legge incentivi all'esame della
Camera è un esempio di protezionismo; speriamo in un tempestivo e operoso ravvedimento al
Senato. Il Decreto raddoppia, per le società quotate, il tetto all'acquisto di
azioni proprie dal 10 attuale al 20%, aumenta dal 3 al 5% le azioni che il
socio di controllo può acquistare ogni anno senza incorrere in obblighi di Opa,
infine consente alla Consob di ridurre la soglia per la segnalazione della
presenza nel capitale delle società, dal 2 all'1%. L'effetto di queste
disposizioni è chiaro: esse facilitano la vita ai soci di controllo e li
difendono da investitori ad essi sgraditi. Siccome non esistono pasti gratis, è
il mercato, o quel poco che ancora ne resta, a pagare il conto. I controllanti
potranno utilizzare i fondi della società per rafforzare la propria posizione,
acquistando tante azioni proprie in più; queste, infatti, non votano, il che
potenzia la loro quota. È difficile però che ciò sia nell' interesse della
società, in un momento di scarsa liquidità come l'attuale. Anche l'innalzamento
(dal 3 al 5% annuo) delle azioni acquistabili da parte del socio che detiene
più del 30% ma meno del 50% del capitale, rende più facile evitare l'Opa
obbligatoria. Questo istituto è già confinato nel ripostiglio, fra i
soprammobili di design superato: per schivare l'Opa non servono più riveriti
consulenti, basta un qualsiasi ragiunatt brianzolo. Si vuole, infine, rendere
ancor più precoce la segnalazione di posizioni assunte dagli investitori: un
comodissimo allarme a favore dei soci di controllo. Eppure la nostra soglia del
2% è già troppo favorevole a questi, dato che altrove prevale quella, assai più
alta, del 5%. Se si deve credere alle indiscrezioni giornalistiche e alle
parole attribuite al presidente del Consiglio, si tratta, addirittura, di
misure concordate con la Consob, l'autorità indipendente cui è affidata la
tutela dei risparmiatori. È però difficile credere a tali affermazioni,
anzitutto per una ragione di metodo. La Consob si è lodevolmente impegnata -
prima di proporre novità di rilievo - ad ampie consultazioni e a una rigorosa
valutazione dell'impatto economico che da esse deriva: si veda la cautela con
cui essa procede nel regolamentare le operazioni con «parti correlate ». Qui
non c'è una valutazione d'impatto; se fosse condotta, darebbe molto
probabilmente risultati negativi, col che veniamo al merito. Già in una
situazione normale misure simili spaventano gli investitori, il che rende più
caro per le imprese l'uso del capitale: a maggior ragione la fase attuale, con
la corsa agli impieghi meno rischiosi, sconsiglia vivamente tali provvedimenti.
Certo il discorso cambierebbe se, invece della riduzione del costo del capitale
per le società, si privilegiasse la protezione dei soci di controllo. Sarebbe
interessante capire quale società potrà essere la vittima destinataria delle
proposte. Che sia una importante, controllata dallo Stato, o da qualche socio
molto caro al governo? Nel panorama spiccano positivamente, per contrasto,
l'aureo silenzio del ministro dell'Economia - forse contrario a queste misure -
e l'invito di Emma Marcegaglia a dar vita, in questa difficile fase, ad una
stagione di aggregazioni fra le imprese. La strada giusta è l'apertura al
nuovo. Di protezione si può morire. È inutile sgolarsi perché la gente investa
in Borsa, per poi prenderla a pesci in faccia! Ma c'è di più. I massicci
interventi pubblici contro la crisi a sostegno di banche e imprese accrescono,
rispetto al passato, il peso dello Stato. Un conto è lo Stato azionista, che
deve esercitare i suoi diritti, tenendo conto di quelli degli altri, azionisti
e stakeholder. Quanto alla regolazione, invece, va assolutamente evitato un
grave rischio: i maggiori poteri che Banca d'Italia, Consob e Antitrust
acquisiranno, non diventino il cavallo di Troia della politica nella
regolazione. Proprio la crisi mostra quali danni causano i regolatori non
indipendenti: il disastro degli Usa è istruttivo! Il potere politico, oggi più
che mai, mal sopporta la separazione dei poteri, i checks and balances della
democrazia liberale. Non vorremmo vedere domani le nomine nelle autorità
indipendenti discusse fra partiti nel salotto privato del presidente del
Consiglio, come quelle per la Rai, dove il proprietario di Mediaset disse che
non avrebbe spostato neanche un pianta: eppure non avranno discusso dei cactus.
La democrazia fiorisce nel bilanciamento dei poteri, e avvizzisce quando
mancano i contrappesi. Dal vulnus dei meccanismi istituzionali, al protezionismo, al nazionalismo economico; si spera che la
crisi finisca prima che la lunga miccia si consumi.
( da "Corriere della Sera"
del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi
Corriere della Sera
sezione: Spettacoli data: 03/04/2009 - pag: 53 Effetto crisi
Diminuzione dei compensi delle star. La Cbs rinuncia a Candice Bergen: chiedeva
troppo Ford, Crowe, Cage: cachet ridotti a Hollywood WASHINGTON La crisi arriva anche a Hollywood e a soffrirne sono le sue
superstar i cui megacompensi invece di aumentare diminuiscono. La più grave crisi finanziaria ed economica dagli anni Trenta ha ridotto l'affluenza del
pubblico nelle sale e le vendite dei dvd, e le grandi case cinematografiche
versano in difficoltà. Perciò o tagliano la percentuale degli incassi iniziali
del film destinata al protagonista, sinora la forma più comune di pagamento,
o gli versano la percentuale concordata al ribasso solo se a incassi ultimati
il film risulta un successo. Se invece è un fiasco, ne va di mezzo anche
l'attore. Lo scrive il Wall street journal, a cui Eric Gold, il manager di Jim
Carrey, ha dichiarato che «sono finiti i giorni in cui le star ottenevano tutto
ciò che volevano». Secondo il giornale, tra i divi che hanno accettato il nuovo
regime ci sono Harrison Ford, Russell Crowe, Nicolas Cage. Ford aspetterà per
essere pagato che la Paramount conti gli incassi del suo nuovo Morning glory.
Crowe farà lo stesso con la Universal per Nottingham, ennesima versione della
saga di Robin Hood. Idem Nicolas Cage con la Walt Disney per L'apprendista
stregone. Le tre major non hanno rivelato al Wall street journal quanto
potrebbero percepire i tre attori, ma Gold ha affermato che diminuire i
megacompensi delle superstar «è uno dei modi per ridurre i costi». Nessuno,
insomma, può più permettersi flop come Meet Dave, con Eddie Murphy (20 milioni
di dollari di cachet): il film è costato alla 20th Century Fox 70 milioni, ma
in America ne ha fatti solo 12 d'incassi. Un caso analogo è quello della
Universal: Duplicity, nonostante Julia Roberts, non sta andando bene al box
office. La diva Julia però è già stata pagata. Peggio è andata invece a Candice
Bergen: la Cbs ha rinunciato a lei, perché chiedeva troppo per il nuovo serial
tv «Big D». Al suo posto è stata scelta Deanna Dunagan, ottima attrice di
Broadway, ma semi-sconosciuta. Ha chiesto (e ottenuto) molto meno. Ennio Caretto
( da "Riformista, Il"
del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi
Bene Francoforte Ma
si poteva fare di più segue dalla prima pagina Per entrambe le riunioni
occorrerà, tuttavia, fare appello al realismo, abbandonando l'analisi dello
iato tra aspettative (eccessive per il G20, essendosi spesso menzionata
l'ipotesi di una nuova Bretton Woods, oggi, tuttavia, non attualizzabile) e provvedimenti
adottati. I risultati del vertice londinese andranno comunque parametrati al
grado di fiducia concreta che riusciranno ad alimentare, innanzitutto
attraverso una vera, completa trasparenza dei fattori della crisi
finanziaria. È apprezzabile, in ogni caso,
l'accordo, che viene presentato, sugli aiuti all'economia, sulla
regolamentazione degli hedge fund, sull'impegno a redigere una lista nera dei
paradisi fiscali, sui trattamenti dei manager e, in modo più ravvicinato
sull'approccio unico alla trattazione dei titoli tossici e alla costruzione
delle fondamenta di una nuova cooperazione internazionale. Il Financial
Stability Forum - che ora diventa Financial Stability Board - ottiene
apprezzamenti favorevoli in materia di proposte sulle retribuzioni dei vertici,
sul rapporto tra patrimonio degli intermediari finanziari, leva e ciclo
dell'economia, sulla formazione delle regole e sul coordinamento
internazionale. A questi risultati - che dovranno essere attentamente
analizzati - ben avrebbe fatto compagnia una più netta decisione della Banca
centrale europea che, portando il tasso ufficiale all'uno per cento, avesse
meglio segnalato come vigilanza e politica monetaria - fin qui efficacemente
governata dall'Istituto di Francoforte - possono e debbono procedere in maniera
coordinata in un'azione anti-recessione, per stimolare la ripresa. Tanto più
che l'immagine della Banca centrale europea di àncora della stabilità e della
fiducia dei cittadini non sarebbe di certo venuta meno con la riduzione di
mezzo punto del costo del denaro. Anzi, una tale decisione, non essendovi alcun
rischio di non ottemperare al mandato istituzionale della Banca centrale
europea per il mantenimento della stabilità dei prezzi dato il livello
dell'inflazione, avrebbe dato il segno della forza tranquilla dell'Istituto
monetario, con un sicuro effetto-annuncio: quell'effetto al quale l'autorevole
"scuola" della Banca d'Italia, promossa da Guido Carli, ha tenuto in
modo particolare fino a quando ha disposto dei poteri di variazione del saggio
di sconto. Sarebbe sbagliato ritenere quello di ieri il classico parto del
topolino - anche perché si agisce su di una ridotta scala di grandezze - ma si
sarebbe potuto fare di più e si sarebbe potuto essere più precisi sulle misure
non convenzionali adottabili dalla Banca centrale europea, preannunciate di
mese in mese e poi puntualmente prorogate come è accaduto anche ieri, con il
rinvio a maggio, seguito dalla generica affermazione che vi potranno essere in
futuro ulteriori riduzioni dei tassi. Ora, comunque, bisognerà vedere quale
conseguenza avrà nel nostro sistema bancario la riduzione deliberata ieri. Le
banche sono chiamate a dare prova di come rispondono agli impulsi della
politica monetaria e di come intendono corrispondere alle esigenze dei cittadini.
Una prova per migliorare immagine e reputazione. Autorità monetarie e Autorità
politiche - banche centrali e grandi della terra - ieri discutevano e
deliberavano a non molta distanza tra di loro. Certamente hanno agito con
impegno. Ma, forse, si può fare ancora di più. Il successivo percorso porta al
G8 di luglio - dove si affronteranno i temi del nuovo ordine monetario - e a
una nuova sessione del G20. Deve diffondersi la consapevolezza della assoluta
straordinarietà della crisi e della necessità di avere
presente una sorta di apologo di Menenio Agrippa universale. Si riesce
nell'azione di contrasto se vince la cooperazione, se ci si sente saldamente
uniti, se l'aspirazione a un nuovo ordine mondiale diventa un impegno concreto,
fatto di passi precisi, responsabilizzanti, prontamente verificabili. Angelo De
Mattia 03/04/2009
( da "Riformista, Il"
del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi
I risultati del G20
Caccia agli untori, spazio agli emergenti COMUNICATO finale. Nasce il Financial
Stabilty Board che rende permanente il coordinamento dei 20. La riforma delle
banche e delle regole contabili è rimandata. Nuovi paletti per paradisi fiscali,
agenzie di rating e fondi speculativi. Il vertice del G20 che si è chiuso ieri
a Londra non fermerà la crisi, ma il comunicato finale
dimostra che alcuni risultati sono stati raggiunti. Governace. La novità più
rilevante potrebbe rivelarsi la scelta di trasformare il Financial Stability
Forum (oggi presieduto dal governatore della Banca d'Italia Mario Draghi) in un
Financial Stability Board. Nel nuovo organismo saranno coinvolti tutti i paesi
del G20, rendendolo il primo foro permanente in cui sono coinvolti a pieno
titolo i grandi Paesi emergenti. Il Board dovrà contribuire a riscrivere le
regole della finanza mondiale. Alcuni altri passaggi del documento, come quello
in cui si dice che «i vertici delle istituzioni finanziarie internazionali
devono essere scelti con un processo aperto, trasparente e meritocratico»,
possono far sperare alle nuove potenze che le tradizionali spartizioni di
poltrone tra Europa e Stati Uniti siano finite, o che almeno lasceranno qualche
casella libera per un cinese o un brasiliano. Soldi. Sulla carta il G20 ha
approvato mille miliardi di interventi per combattere la recessione. In realtà
l'unico intervento concreto è il potenziamento della dotazione del Fondo
monetario internazionale da
( da "Riformista, Il"
del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi
La crisi è un complotto di quelli del signoraggio RICORSI.
Tornano di moda le teorie sul mondo governato dai banchieri e dalle
multinazionali. Accanto all'anticapitalismo tout court, fioriscono le
dietrologie sull'emissione del denaro e i mea culpa dei pentiti della
"corpocrazia americana". di Tonia Mastrobuoni Con un balzo è tra il
pubblico, sventola il microfono e urla «guardiamo le facce, torniamo agli
istinti!». Poi chiede a un ragazzo: «sai chi è quello là?». La telecamera ha
già virato sullo sfondo: con un rombo vengono presentati "i quattro
Cavalieri dell'apocalisse". Beppe Grillo continua a gridare «una volta
c'erano i gangsters, adesso ci sono i banksters» e la telecamera zoomma sul
volto grinzoso di Alan Greenspan. Ex governatore della Federal Reserve, oggi tra i principali imputati della crisi
finanziaria internazionale. «È un banchiere o un
cane da slitta?», si sgola il comico, «noo, al cane, se gli tiri qualcosa, te
la riporta indietro. Il banchiere col cazzo!». L'elegante premessa servì
allora, nei primi anni Duemila, per sferrare il consueto attacco contro il
sistema e sostenere, senza ironia, una delle più famose teorie
complottiste al mondo, l'anti-signoraggio. In questi giorni di proteste
londinesi e di epidemia di sequestri di manager in Francia, insomma di
insurrezione anti-banchieri, i siti internet si stanno riorganizzando. Come si
sta rianimando lo spontaneismo anti capitalista di ogni colore che unisce
improvvisamente anarchici e trotzkisti nel "G20 Meltdown" di Londra,
di solito più propensi a sfondarsi il cranio a vicenda o a coalizzarsi contro i
naziskin. Il padre della battaglia italiana anti-signoraggio, della guerra
contro "Bankitalia Spa" come la chiamano gli adepti, è Giacinto
Auriti. Giurista e grande estimatore di Ezra Pound, coniò una moneta tutta sua,
introdotta per un breve periodo nel suo paesino di provenienza, Guardiagrele, che
gli costò una condanna per «raccolta abusiva del risparmio». Morto nel 2006,
soleva dire che «non sono fascista perché è troppo poco» e che «sono cattolico,
apostolico, romano. Anche se sono abruzzese». Il signoraggio, in senso stretto,
è la differenza tra il costo di emissione e il valore della moneta stessa che
le banche centrali o lo Sstato incassano ogni volta che la emettono. Nel caso
della Banca d'Italia la maggioranza di questi utili viene aggiunto alle riserve
valutarie e il resto viene dato allo Stato. Ma chi crede ad Auriti non si fida.
E pone ossessivamente le stesse domande: perché lo Stato non si stampa da solo
la moneta, perché batte solo le monetine che gli costano più di quanto valgono
e non le banconote, perché accumula debito pubblico che deve a se stesso,
eccetera. Oppure, come si vede in un pomposo video su youtube accompagnato dai
Carmina Burana, «i banchieri internazionali creano il denaro dal nulla e senza
nessuna contropartita, semplicemente stampandolo». Ergo, le tasse «servono quasi
tutte a pagare gli interessi». Inevitabilmente, queste tesi sfociano in una
ricetta sola, espressa da Marco Ferrando, leader del Partito comunista dei
lavoratori, diventato famoso durante il governo Prodi perché il suo pulsante in
Parlamento diventò come il pulsante rosso della valigetta dei presidenti
americani, sempre pronto a far esplodere tutto. A ottobre del 2006 su Canale
Italia, concluse che bisognava procedere alla «statalizzazione e l'unificazione
delle banche, finalmente restituite al controllo dei lavoratori e della
maggioranza della società». Ovviamente le colpe dei banchieri e della finanza
più spericolata nell'attuale crisi internazionale sono
indiscutibili e sono sotto gli occhi di tutti. Ma la politica non sembra
attualmente in grado di scongiurare gli spontaneismi, di governare la rabbia
popolare e di convogliarla verso canali ordinati di sfogo (un ruolo
tradizionalmente assunto, ad esempio, dai sindacati e dai partiti della
sinistra europea). Una tendenza che sta diventando pericolosa. Un esempio
lampante di questo trend - che auspicabilmente provocherà un'aristotelica
catarsi e non tentativi di emulazione - è il film uscito oggi nelle sale
italiane, "Louise-Michel". Film a basso costo, premiato al festival
del cinema indipendente Sundance, racconta la storia di un gruppo di operaie
aggirate dal padrone. Il giorno dopo aver regalato a tutte un grembiulino
nuovo, lui chiude la fabbrica. E loro si auto-organizzano, appunto, e assoldano
un killer per ammazzare il padrone. Uno dei due autori del film, Gustave
Kerverm, era a Roma, ieri. Ai giornalisti ha detto che i sequestri dei manager
in Francia non sono da condannare. Sono sempre esistiti e «dunque non credo che
il film abbia contribuito a determinarli. I lavoratori li avrebbero fatti comunque».
Accanto alle tesi anti-signoraggio che descrivono un mondo reso schiavo dalle
banche, mietono consensi sempre più ampi le teorie sul mondo reso schiavo dalle
multinazionali. Teorie divenute molto popolari con l'avvento della
globalizzazione e i primi, vistosi eccessi della finanza internazionale negli
anni Novanta. E se la Madonna è Naomi Klein, il san Paolo di questa branca
della religione anticapitalista è John Perkins, autore nel 2004 di
"Confessioni di un sicario economico". Un uomo dal «sorriso innocente»
che «ricorda più un vecchio insegnante di yoga che un sicario» secondo il New
York Times. Per 35 anni il suo lavoro è consistito nell'utilizzare «le
organizzazioni della finanza internazionale per creare le condizioni affinché
altri Paesi si sottomettano alla corpocrazia che domina le nostre grandi
aziende, il nostro Governo e le nostre banche», scrive. Andava nei Paesi
poveri, questo pentito della "corpocrazia americana", e concedeva
grandi prestiti. Quando i Governi non erano in grado di restituirli, il
risarcimento era «il controllo dei voti alle Nazioni Unite, l'installazione di
basi militari o l'accesso a preziose risorse come il petrolio o il Canale di
Panama». Il tutto, racconta Perkins, a servizio del «nostro impero globale». Un
libro, commentò La Stampa, che «vuole partire per una riparazione» e per la
realizzazione «di una società più equilibrata e giusta». Ma la vera domanda è
chi governerà questa "riparazione" verso un mondo più giusto.
03/04/2009
( da "Sole 24 Ore, Il"
del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi
Il Sole-24 Ore
sezione: PRIMA data: 2009-04-03 - pag: 1 autore: Un successo senza vinti né
vincitori di Adriana Cerretelli N on è stato un vertice facile. Fino all'ultimo
ha rischiato i tempi supplementari: e ci sarebbero stati se l'americano Barack
Obama non fosse intervenuto a mediare tra gli instancabili litiganti della
giornata, il francese Nicolas Sarkozy e il cinese Hu, divisi sui paradisi
fiscali. Alla fine però l'incontro tra i Magnifici 20, che insieme fanno l'85%
del Pil mondiale, si è concluso in gloria. Oltre ogni previsione. Con un
accordo che triplica le risorse dell'Fmi e mobilita in tutto altri 1.100
miliardi di dollari a sostegno dell'economia mondiale:credito, crescita e
occupazione, commercio e sviluppo dei Paesi più poveri. Con l'impegno a
orchestrare una politica di espansione economica che «alla fine del 2010
toccherà i 5mila miliardi di dollari». Con la fissazione di una serie di
inediti paletti e interventi regolamentari per l'intero settore finanziario,
compresa «la fine dell'era del segreto bancario». Dai paradisi fiscali agli
hedge fund, dalle norme contabili ai requisiti di capitale delle banche, dalle
agenzie di rating alle superremunerazioni dei manager, la musica è destinata a
cambiare. Con la promessa, infine, di resistere al protezionismo ribadendo l'impegno a
concludere il Doha Round, i negoziati per liberalizzare gli scambi mondiali.
Nonostante le diversità di culture e di interessi che raccoglie al proprio
interno, il G-20 è dunque riuscito a lanciare da Londra un'azione univoca e
concreta per far ripartire il motore bloccato dell'economia mondiale dovunque,
provando al tempo stesso a fondare un nuovo ordine finanziario attaccando le
radici della grande crisi per evitare che si ripeta in futuro. Continua u
pagina
( da "Sole 24 Ore, Il"
del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi
Il Sole-24 Ore
sezione: PRIMA data: 2009-04-03 - pag: 1 autore: Draghi: saremo più rigorosi
contro i superstipendi di Alessandro Merli I l presidente del Financial
Sta-bility Forum, il Governatore di Banca d'Italia Mario Draghi, ha annunciato
al G-20 che un «grande cambiamento» interesserà gli stipendi dei banchieri,
dopo gli eccessi degli ultimi anni e le proteste violente in seguito alla crisi finanziaria. Il punto chiave è
l'allineamento dei compensi nel settore della finanza con i rischi assunti da
banchieri e trader. Inoltre, retribuzioni e bonus dovranno essere legati
all'andamento dei profitti della banca e i bonus verranno ridotti o eliminati
in caso di andamento negativo, per evitare il fenomeno che si è verificato di
recente quando sono stati premiati dirigenti di società precipitate in
rosso. Il Forum guidato da Draghi sarà allargato a grandi Paesi emergenti,
Spagna e Commissione Ue, e avrà una struttura rafforzata e poteri di indirizzo
più incisivi. Servizio u pagina
( da "Sole 24 Ore, Il"
del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi
Il Sole-24 Ore
sezione: IN PRIMO PIANO data: 2009-04-03 - pag: 5 autore: Stop al mark-to-market
per le banche americane Mauro Meazza Enzo Rocca Era sotto accusa già dal
settembre scorso, ora sembra davvero diventato il nemico contabile numero uno.
Il mark-tomarket (cioé la valutazione a valori presunti di
mercato, per attività finanziarie che non dispongono di scambi veri e propri su
mercati regolamentati) è stato da subito individuato tra i possibili colpevoli
della crisi finanziaria,
con una presunta responsabilità nell'enfatizzare le perdite (i tecnici dicono
per il suo approccio prociclico). Tanto che l'Emergency Economic
Stabilization Act, ai primi di ottobre, ha dato alla Sec il potere di
sospendere il mark to market. E ieri, è stato il Fasb, il board della
contabilità americana, a deciderne, se non proprio una sospensione, un utilizzo
molto più morbido, intervenendo sul Financial Statement n. 157 (il principio
contabile che regola il fair value e la sua applicazione del mark-to-market).
Approccio morbido I sei mesi che stanno tra il piano anti-crisi
di Bush e la retromarcia dello standard setter americano sono stati segnati da
un lungo travaglio di decisioni, tecniche e politiche,di qua e di là
dell'Atlantico, con prove di convergenza in corso tra i principi contabili
americani ed europei, ma anche con strappi improvvisi. Come potrebbe rivelarsi
anche quest'ultima decisione del Fasb. La decisione presa ieri mattina a
Norwalk, nel Connecticut, consiste essenzialmente nel dare maggiore libertà
alle banche e alle società finanziarie nel valutare quando un mercato è
stressato (distressed) o inattivo e quindi le sue indicazioni diventano meno
vincolanti per valutare un titolo. Nelle bozze delle nuove linee guida,
presentate a metà marzo, lo stesso Fasb specificava che sta a chi redige il
bilancio giudicare (sulla base di fattori come una limitata operatività,
quotazioni non basate su informazioni attuali, prezzi che variano sensibilmente
nel tempo e tra operatori professionali) se un mercato è attivo. E se viene
giudicato non attivo, lo stesso redattore potrà presumere che il prezzo quotato
sia associato a una transazione avvenuta in condizioni di difficoltà, adottando
quindi valori più elevati. Il Board americano aveva presentato, sempre il 17
marzo, un secondo documento, sulla valutazione delle perdite non temporanee. E
ieri ha effettivamente approvato nuovi criteri nell'appostazione delle perdite
durevoli. Sempre nelle bozze si immaginava di rilevare separatamente le perdite
derivanti dal rischio di credito da quelle relative altri fattori di rischio.
Queste ultime dovrebbero essere rilevate nel patrimonio netto se non è
probabile che l'investitore sia costretto a vendere il titolo prima del
recupero del suo costo. La perdita di valore legata al rischio di credito,
invece, verrebbe iscritta in conto economico. Gli effetti Secondo gli analisti,
le modifiche votate ieri potrebbero ridurre la valutazione delle perdite (non
più legate a filo doppio ai listini) e consentire un guadagno netto alle banche
di un 20% o più. Le agenzie riferiscono inoltre che non si è trattato di una
decisione unanime, ed è facile capirne il perché: nell'architettura contabile
americana (e anche in quella europea degli Ias) il riferimento al mercato, vero
o presunto, è la pietra angolare. Legittimare una deroga può essere sicuramente
un sollievo per i conti ma può anche alimentare ulteriori dubbi sulla
credibilità dei rendiconti, annuali e infrannuali. Le modifiche votate ieri
dovrebbero essere utilizzabili dal secondo trimestre, ma ci sono forti
pressioni per un impiego anticipato già dal primo trimestre. Resta soprattutto da
capire come la decisione statunitense potrà influire sul faticoso processo di
avvicinamento tra Iasb e Fasb. Le modifiche europee allo Ias 39, infatti, per
quanto epocali, non mettevano mai la sordina all'impiego del fair value. Come
invece sembra fare il board americano. IL PROVVEDIMENTO Il Fasb, l'organo che
fissa gli standard contabili americani, permetterà agli istituti di decidere se
un mercato è «inattivo» LE CONSEGUENZE Gli intermediari finanziari potranno
evitare le svalutazioni se ritengono che il prezzo di un'attività sia distorto
dalla crisi
( da "Sole 24 Ore, Il"
del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi
Il Sole-24 Ore
sezione: IN PRIMO PIANO data: 2009-04-03 - pag: 3 autore: RIFORME E NUMERI
Sostegno alla ripresa dell'economia e rilancio del commercio globale La
supervisione finanziaria La vigilanza sarà estesa a tuttii veicoli finanziari,
compresi gli hedge fund. Tutti i Paesi del G-20 attueranno i nuovi più rigidi
criteri fissati dall'Fsf sulle retribuzioni dei manager. Tutte le agenzie di
rating dovranno essere registrate e sottopostea sorveglianza, soprattutto per
evitare «inaccettabili conflitti d'interesse» I requisiti di capitale Finché la
ripresa dell'economia non si sarà consolidata, gli standard internazionali
sulla quota minima di capitale resteranno invariati. Una volta garantita la
ripresa, i requisiti patrimoniali minimi dovranno essere aumentati per evitare
che le banche prendano rischi eccessivi Le paghe dei manager Le retribuzioni,
inclusi i bonus, devono riflettere i rischi assunti dai manager ed essere
misurati nel lungo periodo. Le società dovranno fornire informazioni
trasparenti sui bonus e sulle paghe in modo che ci possa essere un maggior
controllo da parte degli azionisti Le misure di rilancio del Pil «Stiamo
sostenendo un'espansione fiscale concertata e senza precedenti, che salverào
creerà milioni di posti di lavoro che sarebbero altrimenti stati distrutti, e
che ammonterà, entro la fine dell'anno prossimo,a cinquemila miliardi di
dollari; aumenterà la produzione del 4% e accelererà la transizione verso
un'economia verde» No al protezionismo I Grandi Venti hanno riaffermato l'impegno assuntoa Washington:
«Non alzeremo nuove barriere commercialio finanziarie». Confermato anche
l'impegno a concludere il Doha Round, che potrebbe iniettare altri 150 miliardi
di dollari nell'economia mondiale Il Financial Stability Board Il Financial Stability
Forum (Fsf) viene rafforzato trasformandosi in Financial Stability Board
(Fsb), che comprende gli attuali membri dell'Fsf,i Paesi del G-20,la Spagna e
la Commissione europea. Il nuovo organismo collaborerà con l'Fmi a un sistema
di allerta preventivo, promuoverà lo scambio di informazioni tra le autorità di
vigilanza, preparerà piani di emergenza per la gestione di crisi finanziarie
transfrontaliere che coinvologno istituti di importanza sistemica
( da "Sole 24 Ore, Il"
del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi
Il Sole-24 Ore
sezione: IN PRIMO PIANO data: 2009-04-03 - pag: 4 autore: Berlusconi: l'America
ci porti fuori dal tunnel La replica di Obama: i problemi si risolvono insieme
Gerardo Pelosi LONDRA. Dal nostro inviato Un Berlusconi che fa da "paciere"
tra Nikolas Sarkozy e Gordon Brown. Che invita scherzosamente il presidente
Barack Obama a «tirarsi su le maniche» per correggere una situazione di crisi
«che è partita dall'America ». Ma, soprattutto, un capo dell'Esecutivo che non
tradisce la sua indole popu-lista e che tra le ansie dei banchieri e le angosce
di chi perde il lavoro continua a schierarsi a difesa di questi ultimi. è il
G-20 del Cavaliere, solo un assaggio di quello che potrà andare in scena in
luglio, alla Maddalena, quando l'Italia dovrà dare corpo a quel "legal
standard" che il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, sta cercando di
far accettare, non senza difficoltà, ai colleghi dei Paesi più
industrializzati. Proprio in vista della responsabilità del G- 8 Berlusconi si
muove con estrema cautela senza parteggiare per il presidente francese, Nicolas
Sarkozy né per il cancelliere Angela Merkel che reclamano maggiori impegni contro i paradisi fiscali e regole più stringenti per i mercati finanziari e soprattutto senza
contrapporsi all'asse Obama-Brown. A un certo punto, però, nel giro di tavolo
finale, in uno scambio di battute polemiche tra il premier inglese Gordon Brown
e il presidente francese, si sarebbe inserito proprio il premier italiano per
invitare ad atteggiamenti di maggiore responsabilità. «Ma anche tu, caro
Obama- avrebbe aggiunto Berlusconi – devi tirarti su le maniche perché questa
crisi è partita proprio da voi e voi avete una responsabilità in questo». Chi
era nella sala dice che, a questo punto, l'intervento del premier italiano è
stato applaudito. Subito dopo è il presidente americano a raccogliere la sfida
e a dirsi «sorpreso » di vedere come Paesi che nel passato si sono fronteggiati
e combattuti aspramente si trovino ora a condividere le stesse scelte
nell'interesse del mondo. «Ed è anche sorprendente aggiunge – che uno con il
nome di Obama sia diventato presidente degli Stati Uniti: e poi è vero come ha
detto il nostro amico italiano che questa crisi è partita dagli Stati Uniti ma
ora dobbiamo risolverla insieme ». Altro applauso. Berlusconi e Obama si
incrociano subito dopo nei corridoi del grande centro Excel scambiandosi il
"cinque". «See you soon» è il saluto di Obama al premier italiano che
rivedrà oggi a Baden Baden e domani a Praga. «Obama- commenta poi il presidente
del Consiglio – ha una grande capacità di rapporti umani e mi ha fatto davvero
un'ottima impressione ». Nel merito del summit Berlusconi e Tremonti appaiono
soddisfatti della grande massa di denaro (1.100 miliardi di dollari) stanziati
«per ridare vento alla ripresa» così come per la pubblicazione da parte
dell'Ocse della lista dei paradisi fiscali. Sulla dimensione sociale, secondo
Berlusconi, è compito dei Governi non lasciare nessuno nella povertà e nella
sofferenza precisando, però, che «non abbiamo potuto condensare il principio in
una norma ad hoc perché Paesi come Cina e India non avrebbero le risorse per
intervenire a differenza dei Paesi occidentali». Sia Berlusconi che Tremonti
tengono comunque a precisare che questo impegno sociale non nasconde nessuna
intenzione di sforare i conti pubblici. Quanto all'Italia, saranno sufficienti
i 9 miliardi di euro per gli ammortizzatori sociali che si vanno ad aggiungere
agli altri 12. Sarà comunque un altro G-
( da "Messaggero, Il"
del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi
Venerdì 03 Aprile
2009 Chiudi di ROSSELLA LAMA ROMA Un taglio di un quarto di punto, dall'1,5%
all'1,25%. E' questa le decisione presa ieri dalla Bce, in una giornata nella
quale le Borse hanno fatto faville. Milano ha guadagnato il 4,35%, Londra il
4,28%. Francoforte e Parigi sono andate ancora meglio con un balzo del 6,07% e
del 5,37%. Ottimismo anche a Wall Street che ha chiuso con il Dow Jones a
+2,79c e il Nasdaq a +3,29.E Dalle parole del presidente Jean-Claude Trichet si
è capito che all'interno del consiglio dei governatori c'era anche chi era
pronto a fare subito di più, invece di aspettare maggio per portare i tassi di
riferimento all'1% tondo. Ma ha prevalso la «moderazione», anche perché l'Eurotower
sta studiando interventi, «non convenzionali», per assicurare che ad imprese e
famiglie abbiano risorse adeguate per uscire dalla crisi. Da quando
nell'autunno scorso il fallimento della Lehman Brothers ha gettato i mercati
nel panico, e i canali interbancari di finanziamento si sono bloccati per la
sfiducia che le banche riponevano verso le loro controparti, la Bce ha preso
una decisione che non ha precedenti nella storia delle banche centrali: offrire
alle banche tutta la liquidità che chiedono per scadenze dai 15 giorni ai 6
mesi. Con la decisione presa ieri sui tassi il costo al quale le banche possono
ottenere risorse illimitate scende all'1,25%. Ma ieri Trichet ha detto che a
maggio potrebbero essere anche prese «misure atipiche». Per far arrivare
risorse all'economia la Bce è sinora passata attraverso le banche, a differenza
della Federal Reserve e della Banca centrale del Giappone che fanno anche
finanziamento diretto all'economia, come l'acquisto di titoli di Stato,
obbligazioni e commercial papers in mano alle imprese. A maggio l'Eurotower
potrebbe aprire all'accesso diretto delle imprese al credito del sistema di
banche centrali. L'armamentario allo studio è vario, Trichet non ha scoperto le
carte, ma ha accreditato la possibilità di operazioni che favoriranno l'accesso
ai fondi a condizioni più favorevoli per famiglie e imprese senza
l'intermediazione del sistema finanziario. Il tasso principale all'1,25% (lo
0,25% in meno) porta a 3 punti complessivi la riduzione del costo del denaro
avviata dalla Bce ad ottobre scorso. «Non escludo che si possa, in maniera
molto misurata, scendere dal livello attuale- ha detto Trichet-. Non abbiamo
deciso a priori che l'1,25% è il punto di arrivo». E' ovvio che anche le
prossime mosse dipenderanno dall'evolvere della situazione. «L'economia
dell'eurozona si è indebolita ulteriormente nei primi mesi dell'anno e ci
aspettiamo che rimanga debole per tutto il 2009, con segnali di miglioramento
graduale nel 2010», ha detto Trichet. «Gli ultimi dati confermano che
l'economia mondiale è in fase di recessione severa». Ma il calo dei prezzi
delle materie prime, e i piani di stimolo dell'economia messi a punto dai vari
paesi cominciano a sostenere i consumi. Le misure prese per
regolarizzare il sistema finanziario stanno producendo i loro effetti. In
questa situazione «rimane essenziale» che i governi adottino «misure che non
distorcono la competizione, che e che non rallentino i necessari processi di
aggiustamento strutturale». E' l'ennesimo no di Trichet al protezionismo.
( da "Sole 24 Ore, Il"
del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi
Il Sole-24 Ore
sezione: COMMENTI E INCHIESTE data: 2009-04-03 - pag: 13 autore: Digitale a
costo zero per la ripresa L'Itu (Onu): «La spinta dalla banda larga mobile
sulle frequenze liberate dalla tv» di Giuseppe Caravita L a galassia digitale,
dai 4 miliardi di utenti di telefonini alla grande internet e tutta l'Ict
(oltreil 6%del Pil mondiale), come affronterà la grande crisi?
Ne resterà schiacciata oppure, all'opposto, potrà attivare persino per sua
forza propria, una delle vere leve antidepressive che oggi servono? Hanno
lavorato in velocità i 21 analisti, di differenti centri di ricerca, insieme
allo staff dell'Itu (International Telecommunications Union), l'agenzia Onu di
Ginevra. Per uno scenario corposo, quello reso pubblico sul suo sito ( Confronting
the Crisis). Oltre 100 pagine e 19 punti chiave. Che
partono da un'analisi impietosa dell'attuale crisi
finanziaria, della rarefazione del credito, dei
pesanti segnali, ormai evidenti, di avvitamento in una grave recessione su
scala globale. Ma il messaggio di fondo del rapporto Itu non è (anche se a
chiaroscuri) necessariamente negativo. «Per molti versi l'industria Ict
– premette Hamadoun Tourè, segretario generale dell'Itu – è oggi un una
condizione migliore rispetto all'esplosione della bolla dot.com del 2001-
( da "Sole 24 Ore, Il"
del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi
Il Sole-24 Ore
sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-04-03 - pag: 41 autore: Assicurazioni. Il
manager italiano avrà la guida operativa della ristrutturazione Galvagni al
vertice di Swiss Re Lino Terlizzi «è un onore, certo, e poi c'è anche
l'orgoglio di essere italiano e di poter dare il mio contributo in un gruppo di
questa importanza ». Si sente un po' di naturale emozione nelle parole di
Agostino Galvagni, 49 anni, il manager che dal primo maggio prossimo sarà chief
operating officer del colosso delle riassicurazioni Swiss Re. Galvagni è da
circa otto anni nel gruppo, dal 2005 è nella direzione generale ed ora diventa
di fatto il braccio destro del chief executive officer, Stefan Lippe. «Posso
dire di aver fatto i gradini all'interno del gruppo,senza dubbio, e questo
ovviamente dà soddisfazione », aggiunge il neo chief operating officer di Swiss
Re. Con la nomina di Galvagni, il gruppo elvetico accelera in pratica la
riorganizzazione del vertice, in una fase non semplice, in cui dovrà tornare
alle cifre nere attraverso una ristrutturazione di cui ieri è stato annunciato
un altro rilevante tassello. Swiss Re infatti ridurrà del 10% il suo organico,
che a livello mondiale è attestato oggi sulle 11.560 unità. Ci sarà quindi il
taglio di circa 1.100 posti di lavoro, attraverso un mix di non rimpiazzo del
turnover, pensionamenti, licenziamenti. Il gruppo punta a risparmiare 400
milioni di franchi entro il 2010. «Swiss Re è un gigante delle riassicurazioni,
la stabilità e la forza finanziaria debbono essere
valori di riferimento», dice Agostino Galvagni al riguardo delle misure
annunciate ieri e di quelle che il gruppo aveva già reso note nelle scorse
settimane. La svoltaè stata la perdita registrata dal gruppo a fine 2008, cioè
864 milioni di franchi, con una contemporanea discesa di un terzo dei mezzi
propri. Conseguenze da un lato del cattivo andamento dei mercati
finanziari ma dall'altro anche di una crescita del grado di rischio in
una parte degli investimenti ef-fettuati dal gruppo. Dopo il rosso di fine anno,
il gruppo ha deciso di procedere in tre direzioni: aumento dei mezzi propri;
riorganizzazione delle attività con la riduzione dei costi e del grado di
rischio; ricambio al vertice. Per quel che riguarda il primo punto, Swiss Re
avrà 3 miliardi di franchi dal finanziere americano Warren Buffett, che già era
presente con una piccola quota di capitale, ed attuerà una ricapitalizzazione
per 2 miliardi di franchi. Per il secondo, ci sono le misure annunciate. Per il
terzo punto, il vertice è quasi interamente cambiato: l'ex Ceo Jacques Aigrain
ha lasciato la carica a Stefan Lippe; il presidente del cda Peter Forstmoser
lascerà il primo maggio il posto al vice Walter Kielholz. E ora c'è, a fianco
di Lippe, Agostino Galvagni. «Le strategie del gruppo sono definite, agisco
all'interno di quelle», dice il manager, con uno stile low profile, ma la sua
nomina fa segnare oggettivamente un altro punto a favore di chi vuole un
ancoraggio al business tradizionale di Swiss Re. Alla Borsa di Zurigo la
miscela della nuova nomina e della ulteriore riduzione dei costi è stata
accolta bene e ieri il titolo di Swiss Re è salito del 10,63%, a 21,44 franchi.
Nei mesi scorsi l'azione ha subito il peso degli effetti
della crisi finanziaria, ma
ieri il saluto del mercato è stato abbastanza chiaro. La sfida di tutto rilievo
per il management è ora riportare in carreggiata il gruppo in tempi brevi. E
ancora a proposito di cambi al vertice, c'è da registrare la novità in casa
Adecco, gruppo svizzero leader internazionale nel lavoro ad interim. Il
belga Patrick De Maeseneire, 52 anni, prenderà il posto del chief executive
officer, il tedesco Dieter Scheiff, 51 anni. Quest'ultimo era da tre anni al
timone di Adecco. Il manager belga aveva già lavorato dal 1998 al 2002 per il
gruppo elvetico, ma era poi diventato ceo di Barry Callebaut, gruppo attivo nel
cioccolato industriale. Sia Adecco che la Barry Callebaut hanno come azionista
di rilievo la famiglia Jacobs. Rolf DÖrig, presidente del cda di Adecco, ha
ringraziato Schieff per il lavoro svolto ma ha spiegato che un ricambio era
necessario. Non ci sono stati contraccolpi per il titolo Adecco, che a Zurigo
ieri ha guadagnato il 4,9 per cento. © RIPRODUZIONE RISERVATA LA
RIORGANIZZAZIONE Il gruppo, nell'ambito del riassetto, ha annunciato che ridurrà
l'organico di 1.100 posti di lavoro pari al 10% del totale
( da "Messaggero Veneto, Il"
del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi
Pagina 2 - Attualità
E l'Ocse pubblica le liste nere: ci sono anche Svizzera e Austria Le strategie
LONDRA. L'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) ha
pubblicato due liste di paradisi fiscali: una delle due è la lista nera in cui
sono inserite Costa Rica, Malaysia, Filippine, Uruguay. Una «lista grigia»
include Lussemburgo, Svizzera, Austria, Belgio, Singapore, Cile e isole Cayman,
Liechtenstein e Principato di Monaco, Paesi che non hanno ancora firmato gli
accordi internazionali. Ieri il G20 ha deciso di agire contro gli Stati non
collaborativi in campo fiscale. Inoltre, fondi per oltre 1.000 miliardi di
dollari, nuove regole per i mercati finanziari e la fine dei paradisi fiscali:
questi i tre punti cardine del pacchetto di interventi senza precedenti varato
ieri dal vertice di Londra per fare fronte alla crisi,
ridare fiducia ai cittadini e rilanciare l'economia salvando milioni di posti
di lavoro. I mille e cento miliardi stanziati dal G20 sono destinati
soprattutto al Fondo monetario internazionale e alla Banca mondiale per aiutare
i Paesi in difficoltà e sostenere gli scambi commerciali. Il G20 ha anche
deciso di dare all'Fmi la possibilità di vendere il suo oro per andare in
soccorso dei Paesi più poveri. Questi soldi si vanno ad aggiungere ai 5.000
miliardi di dollari stanziati e ancora da stanziare entro la fine del 2010 dai
singoli Paesi del G20 per politiche fiscali nazionali
finalizzate a contrastare gli effetti della crisi
finanziaria ed economica. Uno sforzo finanziario, è
scritto nel documento conclusivo del vertice, che dovrebbe portare «a un
aumento della produzione del 4% e all'accelerazione della transizione verso
un'economia verde». Inoltre, la montagna di miliardi messa ieri nero su bianco
dai leader dei 20 Paesi che rappresentano oltre l'80 per cento del Pil
mondiale dovrebbe rendere più robusta e veloce la ripresa della crescita
economica rispetto al 2% già previsto dall'Fmi per fine 2010. Toccherà ora ai
ministri delle finanze del G20 mettere a punto la lista delle sanzioni da
applicare contro chi si ostinerà a non collaborare.
( da "Manifesto, Il" del
03-04-2009)
Argomenti: Crisi
LONDRA Il summit
incapace di riformare le istituzioni finanziarie
Missione impossibile per il vertice G20 LONDRA Una missione impossibile: un
vertice di sette ore, su un testo di nove pagine negoziato in meno di due settimane.
L'idea di un G20 come nuova forma di governance globale e cassa di
compensazione politica della globalizzazione economica sembra inadeguata
rispetto alla sfida del presente, perché le divisioni tra i paesi che contano
in molti casi sono strutturali e richiedono tempo per essere discusse ed
appianate. Ma allo stesso tempo la crisi finanziaria
ed economica che stiamo vivendo è senza dubbio uno spartiacque nelle dinamiche
internazionali e l'esito con luci ed ombre del vertice di Londra lo dimostra.
Il tema della regolamentazione finanziaria, grazie al
pressing franco-tedesco, è rientrato in agenda. Dal vertice, se insufficiente,
esce una lista dei paradisi fiscali. Oltre alla scontata retorica sulla spinta
al commercio internazionale come finta panacea di tutti i mali ed ai ben noti
impegni per lo stimolo all'economia attuati nei singoli paesi - in gran parte
già in corso - il G20 ha mostrato tutta la sua incapacità di riformare le
istituzioni finanziarie internazionali. Ciononostante
ha deciso di dare a queste, ed in particolare al Fondo monetario
internazionale, un assegno in bianco di ben 1.100 miliardi di dollari. Nel
dettaglio le banche multilaterali di sviluppo reperiranno sui mercati 100 miliardi di dollari ed una metà andrà ai paesi
più poveri, in parte a tassi agevolati ed anche, ma non solo, per reti di
salvataggio sociale. Il sostegno delle agenzie di credito alle esportazione -
in Italia la Sace - globalmente aumenterà di 250 miliardi di dollari,
principalmente in forme di assicurazioni contro i rischi. L'Fmi gestirà fino a
750 miliardi di dollari di interventi verso i paesi in crisi,
oltre a 6 miliardi di dollari in prestiti agevolati per i paesi più poveri - in
questo caso anche vendendo una parte delle riserve auree che custodisce. Così
la gran parte della fetta dei soldi per sostenere l'economia mondiale va ancora
una volta al Fondo monetario. Ben 250 miliardi saranno generati tramite i
diritti speciali di prelievo, ossia la "moneta" propria del Fondo
pensata da Keynes nel
( da "Manifesto, Il"
del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi
COMMENTO La
vecchiaia della Nato Francesco Paternò Essere in crisi
d'identità per vent'anni - su sessanta di esistenza - può significare non avere
alcuna prospettiva. È il nodo sui cui la Nato oggi e domani ricorda la sua
nascita il 4 aprile del
( da "Manifesto, Il"
del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi
1.100 dollari nelle
tasche del Fondo monetario internazionale e delle altre istituzioni
finanziarie. Una lista nera dei paradisi fiscali. Le divisioni tra i «grandi»
alla fine trovano un compromesso Trasfusione in dollari Antonio Sciotto INVIATO
A LONDRA INVIATO A LONDRA Un trilione di dollari per sostenere l'economia
globale contro la crisi, nuove regole per il controllo della finanza, la messa
al bando dei paradisi fiscali. Il G20 di Londra, trova un compromesso tra le
divisioni che separano i «grandi» della terra e annuncia un pacchetto
d'interventi che accontenta tutti, almeno apparentemente. «Nasce un nuovo
ordine mondiale», ha detto un po' troppo enfaticamente il premier inglese
Gordon Brown presentando il documento finale. Ma è soprattutto sul rapporto con
le banche, l'eccessiva sregolatezza dei prodotti finanziari, il far west dei
paradisi fiscali, la crisi sembra aver lasciato il segno imponendo al vertice
un accordo che perlomeno offra un po' di risorse e un minimo di regole a
un'economia struttaralmente malata. Dall'interno degli smisurati hangar dei
Docks, dove si teneva il vertice, nulla si sentiva delle proteste e degli
scontri che si sono svolti fuori, soprattutto alla vigilia del summit: giornalisti
e politici sono stati rinchiusi in un enorme cordone di sicurezza, strade
svuotate intorno brulicanti di poliziotti dalla tipica divisa giallo
fosforescente. Si è innanzitutto deciso di aggiungere 1100 miliardi di dollari
(1,1 trilioni) ai 5 mila già stanziati finora dagli stati (sotto forma di
stimolo fiscale) con i loro piani anti-crisi. Questi soldi verranno dati in
gran parte al Fondo monetario internazionale, che acquista 500 miliardi freschi
da sommare ai 250 già a sua disposizione (salendo così a complessivi 750);
inoltre, sono accordati ulteriori diritti di prelievo per 250 miliardi di
dollari. Ancora, vengono stanziati 250 miliardi di dollari per sostenere il
commercio internazionale, tutelando così il «libero mercato» dal protezionismo. Infine, altri 100 miliardi vengono messi a disposizione delle
banche internazionali per lo sviluppo (50 miliardi, appena, per prestiti ai
paesi più poveri). Il G20 ha puntato anche sul rafforzamento della regolazione
e supervisione della finanza, così come avevano chiesto soprattutto Francia e
Germania, minacciando di uscire se non si fossero avuti già a questo
vertice risultati concreti. Si è deciso così di creare il Financial Stability
Board, che avrà il preciso mandato di vigilare - in collegamento con il Fondo
monetario internazionale - sui rischi che potrebbero venire dal mondo della
finanza: includerà i paesi del G20, i membri del Financial Stability Forum
(l'istituto oggi guidato da Mario Draghi), la Spagna e la Commissione europea.
Il documento finale insiste molto sulla «regolazione e la supervisione che
verrà estesa a tutte le istituzioni finanziarie, strumenti e mercati, inclusi
gli hedge funds», strumenti, questi ultimi, finora sottratti a qualsiasi
controllo. Ancora, si estenderà «la supervisione regolatoria e la registrazione
alle agenzie di rating, per prevenire inaccettabili conflitti di interesse».
Sul fronte bonus dei manager - punto caro al presidente francese Nicolas
Sarkozy, anche per le recenti tensioni sociali nel suo paese e gli assalti ai
ricchi - si è deciso che «si appoggeranno e implementeranno i nuovi principi
stabiliti dal Financial stability Forum sulle retribuzioni e i compensi, per
avere un sistema sostenibile e di responsabilità delle imprese». Nel
pomeriggio, il presidente del Forum Draghi, aveva infatti preannunciato «un
grande cambiamento», presentando le nuove linee di remunerazione del Fsf,
sostenendo che occorre allineare gli incentivi ai manager con la redditività a
lungo termine delle società finanziarie. Draghi ha poi spiegato che «sarà
compito delle autorità nazionali stabilire che i comportamenti nelle
retribuzioni siano ispirati ai principi generali del Financial Stability
Forum». Anche il tema dei paradisi fiscali aveva molto diviso: Francia e
Germania volevano la totale messa al bando, mentre paesi come la Cina frenavano
(proteggendo «isole» come Macao e Honk Kong, accusate di poca trasparenza). Si
è deciso letteralmente che «l'era del segreto bancario è finita» e che si
metteranno in campo «sanzioni per i paesi che non rispettano le regole». Non è
stata stilata direttamente la «black list» dei paesi banditi, ma si è rimandato
per il momento a quella stilata dall'Ocse (e che avrebbero dovuto distribuire
ieri sera, subito dopo la conclusione del G20). Sarkozy ha spiegato che
l'accordo «è andato oltre quanto sperato» e si è detto soddisfatto, insistendo
però sull'opportunità di non demordere su questo terreno, già a partire dal
prossimo G20 finanziario. Subito dopo, scendendo nei dettagli, il presidente
francese ha spiegato che in realtà si può dire che esistono «tre liste», una
bianca, una grigia e una nera: «La lista bianca comprende paesi come la Francia
che rispettano le regole del forum globale dell'Ocse. La Svizzera è nella lista
grigia perché ha annunciato un processo che se sarà portato a termine la
porterà nella lista bianca. Nel caso contrario - ha aggiunto - scenderà nella
lista nera». Il G20 si è poi pronunciato esplicitamente contro il protezionismo, la vera bestia nera da tutti temuta: «Il calo
della domanda è esacerbato dalle crescenti pressioni protezionistiche»; così,
«rinvigorire il commercio globale e gli investimenti è essenziale per
rilanciare la crescita». Come già detto, vengono stanziati 250 miliardi di
dollari in due anni a sostegno del commercio mondiale, e inoltre viene
rilanciata l'opportunità di porre le basi - già dal prossimo G8 della Maddalena
- per riprendere e concludere entro l'anno il Doha Round, quel complesso di
riforme che dovrebbe cambiare volto al global trade e che è arenato da tempo. Come
Sarkozy, anche la cancelliera tedesca Angela Merkel ha parlato di un
«compromesso storico». E il presidente Usa Barack Obama, in conclusione, ha
detto che si sono decise «misure coordinate senza precedenti». Tra le «chicche»
folcloristiche del vertice, l'abbraccio fuori protocollo tra Michelle Obama e
la regina Elisabetta, e il «siparietto» di Berlusconi che dopo la foto di rito
urla «Mister Obamaaa», rivolto al presidente Usa, prendendosi i rimbrotti della
stessa regina: «Ma perché urla?».
( da "Sole 24 Ore, Il"
del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi
Il Sole-24 Ore
sezione: VINO E OLIO data: 2009-04-03 - pag: 21 autore: Tendenze. Dopo anni di
crescita dei rossi è il momento dei vitigni bianchi Eleonora Vallin PORDENONE
L'effetto-crisi pesa sul "borsino" dei
vitigni, ma il prossimo sarà di sicuro l'anno del bianco. «Quando ci sono
difficoltà economiche – spiega Eugenio Sartori, direttore dei Vivai Cooperativi
Rauscedo, azienda di Pordenone che copre metà del mercato nazionale e pesa per
il 40% all'export e un fatturato di 55 milioni di euro – la domanda cerca vini
meno costosi e i bianchi sono più appetibili perché più snelli e meno
impegnativi. Senza contare che dopo anni di moda esagerata, ci troviamo di
fronte a una certa stanchezza per i rossi». La crisi finanziaria e dei consumi
influiscono dunque sulle scelte dei viticoltori e, di conseguenza, sul primo
anello della filiera, quello delle barbatelle, che incassa quest'anno una
flessione del 30% a livello mondiale. A reggere per ora è il Nordest, in
crescita rispetto allo scorso anno; la Sicilia resta stabile mentre il
Lazio incassa una flessione del 50% e la Toscana addirittura una flessione del
60% d'investimenti. «A livello europeo la Francia, che di norma vantava 250
milioni di innesti, quest'anno è scesa a 138 milioni – spiega Dionisio Vizzon,
direttore commerciale di Vitis Rauscedo (PN), cooperativa da otto milioni di
fatturato –. In Romania aziende ben strutturate stanno riducendo i vigneti da
cento a sessanta ettari, mentre le cantine nuove hanno azzerato gli
investimenti ». «Vedo difficoltà in Spagna, e in Francia e Italia le imprese si
stanno auto-finanziando ». Quanto al tipo di bacca, l'Est Europa manifesta
ancora un certo equilibrio tra rosso e bianco, mentre nell'Europa continentale
e soprattutto in Italia, la scelta è fortemente virata verso il bianco (62%
contro 38%). In pole position, complice la buona salute delle aziende e
l'estensione della "doc" fino a Trieste e in tutta la provincia di
Venezia, c'è il Prosecco con una piantagione che, stando ai numeri forniti dai
Vivai cooperativi Rauscedo, si attesta sui 2,7 milioni di ettari. A seguire il
Pinot grigio e il Catarratto siciliano, che quest'anno ha scalzato il Nero
D'Avola. In Campania sarà invece l'anno della Falangina. Il Vermentino coprirà
tutta la costa tirrenica, con una buona presenza di Verdicchio e Pecorino.
Mentre tornando al Nord e al Piemonte si berrà soprattutto Arneis. Gli unici
rossi che tengono sono quelli veronesi atti a produrre Amarone, Ripasso e
Valpolicella. Quanto agli altri «vedo – spieva Vizzon – solo segni meno». ©
RIPRODUZIONE RISERVATA
( da "Messaggero, Il"
del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi
Venerdì 03 Aprile
2009 Chiudi di CRISTINA MARCONI LONDRA - Alla fine l'accordo c'è stato, con
l'ago della bilancia spostato più dalla parte dell'Unione europea e delle sue
esigenze di riforma dei mercati finanziari che da
quella di Stati Uniti e Gran Bretagna, persuasi che senza nuovi stimoli
l'economia mondiale non possa ripartire. I leader del G20 hanno deciso di
destinare 1.100 miliardi di dollari in prestiti e garanzie per i paesi in
difficoltà, di colpire con mano pesante i paradisi fiscali e gli hedge funds, e
di creare un'organismo di supervisione, figlio del Financial stability forum di
cui Mario Draghi è presidente, per affrontare i problemi del sistema finanziario globale. «Oggi i più grandi paesi del mondo si
sono messi d'accordo su un piano globale per la ripresa e la riforma
dell'economia», ha commentato il padrone di casa, il premier britannico Gordon
Brown, mentre l'inquilino della Casa Bianca Barack Obama ha parlato di un
«vertice molto produttivo», che rappresenterà una vera «svolta» sul percorso
del rilancio dell'economia. E il francese Nicolas Sarkozy, che nei giorni
passati aveva minacciato di lasciare la sala in caso di «mezzi compromessi», ha
ammesso: «Non avremmo mai pensato di raggiungere un accordo così importante».
Brown ha sottolineato come con i piani già varati i paesi del G20, entro la
fine del 2010, avranno immesso nell'economia mondiale 5.000 miliardi di
dollari. Ora l'appuntamento è in autunno, quando i venti leader si
incontreranno di nuovo per il terzo vertice di questo tipo, che secondo il
premier Silvio Berlusconi si terrà in Giappone e secondo il francese Nicolas
Sarkozy avrà luogo a New York. I 1.100 miliardi di dollari promessi dal vertice
sono stati così suddivisi: 750 miliardi, ossia il triplo di prima, destinati al
Fmi, 250 miliardi per finanziare il commercio e 100 miliardi per le banche per
lo sviluppo multilaterale. Il direttore generale del Fondo monetario, Dominique
Strauss-Kahn, che in precedenza aveva esortato i partecipanti al vertice ad
affrontare con chiarezza il problema degli asset tossici che ostruiscono il
funzionamento del sistema bancario, ha accolto con favore la decisione,
spiegando che l'istituzione ha ora «la potenza di fuoco per fare quello di cui
il mondo ha bisogno». «Per la prima volta abbiamo un approccio comune alla
ripulitura delle banche nel mondo, in modo da ristrutturare il sistema finanziario globale. Abbiamo mantenuto il nostro impegno di
aiutare i più poveri del mondo», ha detto Brown. I leader
si sono impegnati a rinunciare al protezionismo e hanno destinato 250 miliardi di dollari in sostegno al
commercio internazionale per aiutare le economie meno sviluppate e più in
difficoltà. Sui paradisi fiscali è stato dato il via libera alla pubblicazione
della lista nera dell'Ocse, che comprende Costa Rica, Malaysia, Uruguay e
Filippine. «Siamo pronti a far scattare delle sanzioni», si legge nel
comunicato finale. Inoltre sono state stabilite nuove regole per legare i
compensi dei managers ai risultati ottenuti. Un risultato che Mario Draghi ha
definito «molto molto importante», aggiungendo: «Oggi l'Fsf è stato rilanciato
e rifondato come Financial Stability Board e questo perchè il leaders vogliono
segnare una discontinuità tra il presente e il passato».
( da "Messaggero, Il"
del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi
Venerdì 03 Aprile
2009 Chiudi di FRANCESCA PIERANTOZZI PARIGI - «Nicolas Sarkozy aveva minacciato
di andarsene se non ci fossero stati risultati concreti al G20: ha fatto bene a
restare»: l'economista francese Jean-Pisani Ferry, direttore di Bruegel, il più
importante think tank economico europeo, è soddisfatto delle decisioni prese a
Londra. Persino un po' sorpreso. Positivamente. Il direttore del Fondo
Monetario Internazionale Dominique Strauss-Khan ha parlato del «più grande
piano di rilancio coordinato mai deciso». Questo vertice passerà alla storia?
«E' un vertice riuscito. Ha prevalso la cooperazione ed è stata lanciata
un'iniziativa importante per sostenere i paesi in difficoltà». Si fatica però a
trovare misure concrete nuove ad uso dei governi. «Per quanto riguarda la
gestione della crisi, non ci sono nuove misure a
livello nazionale, non ci sono annunci per quanto riguarda il settore bancario.
Da questo punto di vista il risultato finale è deludente, ma ce lo aspettavamo.
Quello che invece è importante è il riconoscimento di un ruolo di verifica e
valutazione delle politiche nazionali alle istituzioni internazionali, Fmi e
Organizzazione mondiale del Commercio. La missione attribuita al Fondo
Monetario è espressa nel comunicato finale in termini molto chiari e forti che
non mi aspettavo. Questo significa che tra tre mesi l'Fmi potrà valutare se gli
Stati avranno effettivamente fatto sforzi, se le politiche sono buone. Tutti
hanno accettato questa sorveglianza: si è avviato un processo di controllo che
è fondamentale». L'annuncio più spettacolare restano proprio i 1100 miliardi di
dollari attributi agli organismi internazionali. «Il fatto nuovo e importante è
che i paesi più ricchi hanno mostrato la volontà di aiutare i paesi in
difficoltà. Negli ultimi tre mesi la crisi finanziaria è diventata crisi economica, e si è abbattuta con
particolare virulenza sui paesi in via di sviluppo, anche quelli in Europa.
Questa è una prima risposta della comunità internazionale. Nello stesso senso
va l'accenno alla riforma delle organizzazioni internazionali per aumentare la
presenza dei paesi emergenti. In particolare per quanto riguarda le
quote nel Fondo Monetario Internazionale». Non a caso Gordon Brown ha parlato
di nuovo ordine mondiale? «Parlare di Nuovo ordine mondiale mi sembra in verità
eccessivo. Si tratta di una riorganizzazione che introduce elementi che non
sono radicalmente nuovi, ma molto utili perché coinvolgono e fanno rientrare in
gioco paesi, soprattutto asiatici, che si sentono o sono ai margini del sistema,
in opposizione a Stati Uniti e Europa». Grande accento è stato posto anche
sulla pubblicazione della lista nera dei paradisi fiscali. «Forse l'accento è
stato troppo forte. Si tratta di un argomento importante, ma non dell'argomento
centrale, che è il sistema bancario nei paesi industrializzati». Nonostante la
foto di gruppo e le dichiarazioni unanimi, non è stata superata la divisione
tra la volontà americana di rilancio monetario e la cautela europea sulla
crescita del debito. «Il momento della verità arriverà questa estate, quando
sapremo se ci sono o meno segni di ripresa. Diciamo che questo vertice ha
sancito una tregua».
( da "Messaggero, Il"
del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi
Venerdì
03 Aprile 2009 Chiudi Tutti i leaders mondiali si dichiarano contro il protezionismo. Ma il rischio
concreto non è quello di un ritorno organico ai dazi. Piuttosto i singoli stati
nell'avviare aiuti a imprese nazionali potrebbero danneggiare concorrenti
esteri. Farà scuola la soluzione della crisi Opel, società della Gm che produce
auto in Germania, rimasta senza liquidità.
( da "Messaggero Veneto, Il"
del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi
Pagina 17 - Udine Lo
sporting in campo per il record Domani, a Lucca, cercherà il dodicesimo
successo consecutivo BASKET In attesa dei play-off per la promozione in A1 che
cominceranno dopo Pasqua le udinesi vogliono chiudere la regular season
lasciando il segno nella storia del club UDINE. Lo Sporting Club dei record
guarda con fiducia ai play-off per la promozione in serie A1 femminile che
inizieranno dopo Pasqua, una volta esaurito anche l'ultimo turno della stagione
regolare, in programma domani. La squadra di Abignente, che chiuderà la prima
fase a Lucca, sul campo della co-capolista del girone Nord, affronterà la
Meccanica Nova Bologna nel primo turno dei play-off al meglio delle tre
partite, con gara1 e l'eventuale gara3 da disputare, col vantaggio del fattore
campo, al palaCarnera. Lo Sporting Club è l'assoluta bestia nera delle
emiliane: Giacomelli e compagne hanno sempre vinto in tutti i confronti con
Bologna negli ultimi due anni. Ce n'è abbastanza, nonostante l'indubbia forza,
esperienza e personalità del quintetto felsineo, per considerare le friulane
favorite d'obbligo per l'avanzamento alle semifinali dei play-off, con incroci
ancora tutti da stabilire perché il primo posto e il secondo, in ballo tra
Cavezzo e la stessa Lucca, e l'ottavo, con Bolzano, Montichiari e Broni a
caccia, saranno definiti solo dopo le partite di domani sera. Alla vigilia
dell'ultimo turno, sono sicure del proprio posto nella griglia dei play-off
solo Udine terza, Reggio Emilia quarta, Marghera quinta e Bologna sesta. In un
momento così negativo per le finanze societarie, con nubi scurissime che
s'addensano all'orizzonte dello Sporting Club, la situazione di classifica e le
prospettive dei play-off paiono come autentici raggi di sole, utili a
rischiarare il cielo sopra la squadra di Abignente. Squadra che sta dimostrando
spessore umano e tempra agonistica fuori dal comune, considerando le
ristrettezze economiche. Domani, a Lucca, contro la squadra della lituana ed ex
udinese Jurga Budryte, lo Sporting avrà la possibilità di centrare il
dodicesimo successo consecutivo: un record assoluto, che riporta ai tempi della
serie B a cavallo tra la fine degli anni Novanta e l'inizio del nuovo
millennio. Allora c'era un progetto e una solidità
economica importanti: adesso, in prima squadra giocano alcune giocatrici figlie
di quel progetto, con ambizioni vessate dalla crisi
finanziaria. Chissà che il rilancio dello Sporting
non possa partire dai risultati sul campo. Francesco Tonizzo
( da "Messaggero, Il"
del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi
Venerdì 03 Aprile
2009 Chiudi ROMA «I leader hanno voluto sottolineare la discontinuità tra
passato e futuro». Così il Financial Stability Forum, sarà allargato a tutti i
paesi del G20 più la Spagna e l'Unione europea, avrà più poteri, e cambierà
nome in Financial Stability Board. Mario Draghi ha illlustrato a Londra le
novità che riguardano l'istituto che presiede, nato per iniziativa del G8, e
ora allargato anche alle nuove potenze economiche mondiali. Il Financial
Stability Board non solo promuoverà il coordinamento e lo scambio di informazioni tra le autorità nazionali responsabili della
stabilità finanziaria, ma
avrà anche un ruolo di consigliere in materia di standard di politica di
regolazione. Il mandato che su richiesta del G8 Draghi ha assolto da quando è
scoppiata la crisi finanziaria mondiale viene così istituzionalizzato. E viene anche sancito
che l'Fsp agirà in coordinamento con il Fondo Monetario, in un ruolo
«complementare». A quest'ultimo spettano infatti la sorveglianza sul sistema
economico globale e l'aiuto ai paesi in difficoltà. Al Board presieduto da
Draghi quello di coordinare e mettere in rete le informazioni con lo scopo di
costituire un quadro di regole comuni di vigilanza macroprudenziale fra le
diverse autorità nazionali per prevenire le difficoltà delle grandi istituzioni
finanziarie. Fmi e Fsb insieme realizzeranno degli Early Warning Exercise per
prevedere le crisi. Ai grandi della Terra Draghi ha
presentato una serie di principi e raccomandazioni per correggere subito quelle
distorsioni che hanno prima bloccato il sistema finanziario e poi trasmesso il
contagio all'economia reale. A vigilare sull'applicazione di questi principi
saranno le diverse autorità nazionali. Ha sollecitato la necessità di un quadro
di regole comuni sulla vigilanza macroprudenziale per le banche di maggiori
dimensioni, quelle che possono generare rischi per l'intero sistema
finanziario. La supervisione di quelli che tecnicamente vengono definiti
"soggetti sistemici" rimane alle autorità nazionali, ma in una più
stretta collaborazione tra autorità di vigilanza e banche centrali nazionali in
modo da potersi preparare per tempo ad affrontare eventuali difficoltà. Tra le
nuove regole anche quelle sulle maxi retribuzioni dei manager delle banche,
sempre più oggetto delle proteste in tutto il mondo. «Saranno un grande, grande
cambiamento», ha detto Draghi, e dovranno essere collegate alla redditività di
lungo termine della banca. Si parte da subito, e Bankitalia ha già emanato le
direttive che le banche dovranno recepire entro il 30 giugno. R.e.f.
( da "Gazzetta di Parma (abbonati)"
del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi
PRIMO PIANO
03-04-2009 LEADER RIUNITI IL PRESIDENTE USA: «VERTICE PRODUTTIVO PER LA
RIPRESA» G20, accordo fra i Grandi Obama: svolta storica Stanziati oltre mille
miliardi di aiuti contro la crisi Sì a nuove regole.
Stilata la lista nera dei paradisi fiscali LONDRA Enrico Tibuzzi II Fondi per
oltre 1000 miliardi di dollari, nuove regole per i mercati finanziari e la fine
dei paradisi fiscali: questi i tre punti cardine del pacchetto di interventi
senza precedenti varato oggi dal vertice del G20 per fare fronte alla crisi, ridare fiducia ai cittadini e rilanciare l'economia
salvando milioni di posti di lavoro. I mille e cento miliardi stanziati dal G20
sono destinati soprattutto al Fondo monetario internazionale e alla Banca
mondiale per aiutare i Paesi in difficoltà e sostenere gli scambi commerciali.
Il G20 ha anche deciso di dare all'Fmi la possibilità di vendere il suo oro per
andare in soccorso dei Paesi più poveri. Questi soldi si vanno ad aggiungere ai
5.000 miliardi di dollari stanziati e ancora da stanziare entro la fine del
2010 dai singoli Paesi del G20 per politiche fiscali nazionali
finalizzate a contrastare gli effetti della crisi
finanziaria ed economica. Uno sforzo finanziario, è
scritto nel documento conclusivo del vertice, che dovrebbe portare «a un
aumento della produzione del 4% e all'accelerazione della transizione verso
un'economia verde». Inoltre, la montagna di miliardi messa nero su bianco dai
leader dei 20 Paesi che rappresentano oltre l'80 per cento del Pil
mondiale dovrebbe rendere più robusta e veloce la ripresa della crescita
economica rispetto al 2% già previsto dall'Fmi per fine 2010. La risposta forte
e chiara alla crisi giunta dal G20 non poteva però
prescindere, come preannunciato alla vigilia del vertice dall'asse
franco-tedesco, dal varo di un robusto insieme di nuove regole destinate ai
mercati finanziari ed essenziale per restituire la fiducia a cittadini. E da
un'azione collettiva e concreta destinata a smantellare i paradisi fiscali. Due
decisioni che, dopo ore di discussioni, scritture e riscritture del documento
finale, sono però arrivate a sancire il successo del vertice. «L'epoca del
segreto bancario è finita», è stato scritto dal G20 nel documento finale. Dove
è stato anche inserito, vincendo la resistenza di diversi Paesi, tra cui la
Cina, un esplicito riferimento alla lista nera dei paradisi fiscali redatta e
resa nota dall'Ocse. Toccherà ora ai ministri delle finanze del G20 mettere a
punto la lista delle sanzioni da applicare contro chi si ostinerà a non
collaborare. L'altro piatto forte del vertice è stato il varo di una serie di
principi che dovranno portare, in tempi stretti, al varo delle misure che
definiranno la nuova architettura del sistema finanziario internazionale. A
partire dalla trasformazione del Financial stability forum (quello presieduto
da Mario Draghi) in un Consiglio per la stabilità finanziaria
che avrà un mandato più ampio e dovrà comprendere tra i suoi membri tutti i
Paesi del G20, la Spagna e la Commissione europea. Ma anche operare contro la
pratica di bonus sproporzionati ai manager delle finanziarie. Per arrivare a
una regolamentazione e una vigilanza estesa a tutte le istituzioni finanziarie,
in primo luogo gli hedge fund. E alla definizione, entro l'anno, di una
armonizzazione dei criteri di valutazione dei requisiti patrimoniali delle
banche. Nonchè a disposizione contro i conflitti di interesse delle agenzie di
rating. «Sono state prese dai leader mondiali decisioni della portata senza
precedenti per far ripartire l'economia», ha detto il presidente americano
Barack Obama che ha definito il summit «storico » e «produttivo». Ha parlato
anche «una svolta decisiva» per il superametno della crisi.
Grandi a raccolta Obama con Medvedev (a destra) e Abdullah.
( da "Gazzetta di Parma (abbonati)"
del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi
ECONOMIA 03-04-2009
DOTTORI COMMERCIALISTI «SERVE FIDUCIA» Foschi: in campo per aiutare le pmi
Mercoledì si terrà all'Auditorium Paganini una tavola rotonda sul tema Luca
Molinari II «Metteremo in campo tutta la nostra professionalità per instradare
le imprese sulla via dello sviluppo». Andrea Foschi, presidente dell'ordine dei
dottori commercialisti e degli esperti contabili di Parma, sottolinea il valore
di questa professione nel combattere la crisi. E
annuncia l'organizzazione di una tavola rotonda sul tema: «Un mercato di borsa
dedicato alle piccole e medie imprese: opportunità per la ripresa e lo
sviluppo», l'8 aprile all'auditorium Paganini. Una scelta coraggiosa, che va
controcorrente e guarda con fiducia al futuro. «In un momento in cui da ogni
parte si sente parlare di crisi, - afferma - ci sembra
il momento giusto per parlare di ripresa e di sviluppo. Cerchiamo di vedere i
segnali positivi, riacquisire la fiducia e valutare gli strumenti creati per
orientare l'economia e la finanza nel modo corretto, per l'interesse del nostro
Paese». Nella tavola rotonda si affronteranno le ragioni
della crisi finanziaria in
ambito extra nazionale ed interno, «il ruolo delle banche di fronte alla crisi, - prosegue - le possibili
evoluzioni e soluzioni, le nuove opportunità di ottimizzazione della finanza
delle imprese, l'esperienza degli imprenditori che hanno quotato le loro
aziende di riferimento, l'idea del consiglio nazionale e l'esperienza
del dottore commercialista». L'evento dell'8 aprile nasce infatti per promuovere
l'accordo che il consiglio nazionale ha siglato con Borsa italiana «per
sensibilizzare le imprese - precisa - sull'opportunità della quotazione sui
mercati da lei organizzati e gestiti ». Attualmente a Parma sono 840 gli
iscritti all'ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili.
Foschi riprende quindi le tematiche più significative emerse nel recente
congresso nazionale di Torino. «La categoria - rimarca - ha acquisito una buona
percentuale di giovani che vogliono cercare di essere più dinamici nell'ambito
dello sviluppo economico e nei rapporti con istituzioni e mercato. Essere
protagonisti del cambiamento significa accettare la sfida del mercato. La
rinnovata forza ed autorevolezza di una categoria professionale che ha saputo
unire ciò che era diviso, ma soprattutto fondere e non sommare storie e
identità». Presidente Andrea Foschi.
( da "Repubblica, La"
del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi
Pagina I - Milano La
storia I ricercatori che vogliono comprarsi l´azienda ANNA CIRILLO L´azienda
chiude? I lavoratori non si arrendono e provano a rilevarla per farla vivere
ancora. Mettendoci soldi propri e cercando finanziamenti sia pubblici che
privati. Cinquantasei ricercatori italiani e una struttura moderna dotata di
attrezzature per la ricerca farmacologica contro il cancro, che finora ha
funzionato a dovere, ottenendo anche successi importanti per aver scoperto
molecole che agiscono come antitumorali. Questa la realtà della Cell
Therapeutics Inc. di Bresso, che fa capo ad una multinazionale americana, la
Cti, casa madre a Seattle. C´è il marchio dei ricercatori di Bresso sul
pixantrone, che ora è in fase sperimentale clinica sull´uomo e sta per essere
registrato e immesso sul mercato americano. O su un inibitore del proteasoma,
già venduto a Chepalon, altra multinazionale Usa. Nuove molecole chimiche per
combattere il linfoma di Hocking e il mieloma multiplo, ideate e sviluppate
qui. Ma il 28 di febbraio è arrivata una doccia gelata per i ricercatori. La multinazionale ha comunicato la cessazione dell´attività e ha
aperto la mobilità per tutto il personale. C´è la crisi
finanziaria globale, il momento è difficile, e ha
società ha dichiarato di non poter più sostenere la struttura alle porte di
Milano, sede nell´ex area Zambon. Quindi si chiude. SEGUE A PAGINA VII
( da "Giornale.it, Il"
del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi
n. 80 del 2009-04-03
pagina 0 G20, intesa da mille miliardi di dollari Obama: "E' una svolta
per la ripresa" di Redazione Intesa sulle nuove regole: maxi pacchetto a
sostegno dell'economia e stimoli fiscali per 5 miliardi. Stop ai paradisi
fiscali. Il presidente americano: "Serie di misure senza precedenti".
Berlusconi: "Cè stata una forte volontà di cooperare per uscire dalla crisi". Quindi tranquillizza: "Non sforeremo il
deficit". Merkel e Sarkozy soddisfatti Londra - Mille miliardi di dollari
a sostegno delleconomia mondiale alle prese con la grave crisi
finanziaria. E' questa la principale decisione presa dai 20 leader più
importanti della terra oggi a Londra. I nuovi fondi, annuncia il premier
britannico Gordon Brown padrone di casa del summit londinese, verranno messi a
disposizione attraverso il Fondo monetario internazionale e altre istituzioni. Illustrando
le conclusioni dei lavori iniziati ieri a Londra, linquilino
di Downing Street precisa che gli aiuti aggiuntivi proverranno per 500 miliardi
dal Fondo e 250 miliardi dai diritti speciali di prelievo sempre Fmi, mentre
gli ultimi 250 miliardi costituiranno
un fondo speciale a sostegno del commercio. Brown: "Il pil mondiale
aumenterà del 4%" I provvedimenti concertati messi a punto dai paesi G20,
sempre secondo Brown, faranno aumentare il prodotto mondiale del 4% entro la
fine dellanno prossimo. "A partire dalla nostra ultima riunione di Washington e nella
cornice del processo allora partito i paesi G20 hanno annunciato e stanno
mettendo a punto il più grande pacchetto di stimolo macroeconomico che il mondo
abbia mai visto" spiega. "Siamo nel pieno di unespansione
fiscale senza precedenti che per la fine dellanno prossimo corrisponderà
a uniniezione di fondi da 5.000 miliardi di dollari nella nostra
economia" aggiunge. Quanto poi al delicato tema della supervisione, il
riferimento del premier inglese
è alla creazione di più collegi internazionali. Stop ai paradisi fiscali I
leader del G20 si sono accordati per "mettere fine ai paradisi
fiscali": lo ha detto il premier britannico Gordon Brown, precisando che
ci saranno sanzioni contro quei paesi che non forniscono le informazioni
richieste. Silvio Berlusconi esprime tutta la sua soddisfazione sullesito
del vertice di Londra. "Cè stata una forte volontà di cooperare per
uscire dalla crisi per prendere delle misure coordinate. Abbiamo
verificato i piani di bilancio", spiega il presidente del Consiglio al
termine del G20. "Abbiamo deciso che tutti gli Stati si impegnino, è stato
varato un piano globale per triplicare le risorse del Fmi", osserva il
premier. "Si tratta di millecento milioni di dollari", conclude
Berlusconi, "serviranno per dare vento alla ripresa". La lista dei
paradisi fiscali che lOcse si è impegnata a redigere su impulso
del G20 è qualcosa di "veramente innovativo" e "positivo"
ha proseguito il premier. Obama: "Svolta per la ripresa" Per il presidente
statunitense Barack Obama quello di oggi è stato "un vertice molto
produttivo", che rappresenta una "svolta per la ripresa della nostra
economia". è quanto ha dichiarato al termine della riunione del G20. "Oggi
abbiamo concluso un vertice molto produttivo e siamo a una svolta per la
ripresa della nostra economia. Il vertice è stato storico per molte ragioni,
per il momento in cui cè stato e per le nostre risposte" ha
aggiunto. Osservando: "Oggi i leader hanno risposto con una serie di misure senza precedenti".
Confermato il no al protezionismo: "Il G20 ha respinto ogni ipotesi di
ritorno a forme protezionistiche che avrebbero solo leffetto
di aggravare la crisi". Il Cavaliere: "Non sforeremo il
deficit" Il governo sta studiando "strumenti addizionali, non
costosi, ma molto efficaci" da aggiungere agli ammortizzatori sociali per
combattere gli effetti della disoccupazione. Lo ha annunciato il ministro dellEconomia,
Giulio Tremonti nel corso della conferenza stampa al termine del G20 a Londra, senza voler entrare nei
dettagli degli interventi. E il premier assicura: "State tranquilli non
abbiamo nessuna intenzione di sforare i parametri previsti dallUnione
Europea sui bilanci. Laltro giorno ho usato un paradosso ho messo sul
piatto il bene dei
cittadini e ho detto che al limite non sarebbe un sacrilegio, ma non abbiamo
intenzione di sforare. Piuttosto c'è lintenzione di destinare
degli investimenti e delle spese già decisi in altre direzione e quindi di
convertili per il benessere dei nostri cittadini". Moderare remunerazioni e bonus Nel documento
che il financial stability forum ha presentato oggi al G20 si definiscono i
principi secondo cui le remunerazioni devono essere adeguate "a tutti i
tipi di rischio, debbono essere simmetriche rispetto ai rischi futuri e inoltre
sensibili allorizzonte temporale dei rischi".
Secondo il report del fsf questi principi si dovranno applicare "a tutte
le istituzioni finanziarie rilevanti anche se questi principi sono critici in
modo particolare per le
società significativamente grandi e importanti da un punto di vista
sistemico". Un completo sviluppo di questa materia, dice il documento,
"dovrebbe procedere il più rapidamente possibile" e un progresso
materiale nello sviluppo di questi principi è atteso a partire dalla tornata
2009 relativa alle remunerazioni e ai bonus. © SOCIETà EUROPEA DI EDIZIONI SPA
- Via G. Negri 4 - 20123 Milano
( da "Giornale.it, Il"
del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi
n. 80 del 2009-04-03
pagina 6 Stretta agli stipendi dei banchieri Ora conteranno rischi e risultati
di Redazione «Non ci saranno più bonus per chi provoca fallimenti bancari, e le
retribuzioni dovranno riflettere i risultati della banca». Con queste parole il
premier britannico Gordon Brown ha sintetizzato le decisioni assunte dal G20
sulla delicata e controversa questione delle retribuzioni e dei premi per i
grandi manager bancari. Il comunicato finale del summit «sostiene i nuovi,
forti principi sugli stipendi e sui compensi che vengono elaborati dal
Financial stability forum». Mario Draghi spiega che i compensi degli executive
bancari dovranno essere correlati ai rischi, e comunque diventano oggetto di
vigilanza. Di fatto, non si pongono limiti quantitativi validi per tutti, ma
viene introdotto il nuovo principio secondo il quale le retribuzioni e i bonus
non potranno essere decisi senza tener conto di rischi e risultati. L'enfasi dedicata dal G20 a questo argomento è una risposta alla
crescente rabbia dell'opinione pubblica contro i banchieri, ritenuti
responsabili della crisi finanziaria per la loro avidità. © SOCIETà EUROPEA DI EDIZIONI SPA - Via G.
Negri 4 - 20123 Milano
( da "Repubblica, La"
del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi
Pagina XVII - Genova
In libreria Rosengade 39, i predatori del codice di Dio STEFANO BIGAZZI Nel suo
gran da fare letterario, tra narrativa, saggi e corsi di scrittura creativa
(oltre a un manifesto dello scrittore emergente) Renato Di Lorenzo, ingegnere elettronico
attivo (anche) nell´analisi dei mercati
finanziari, rievoca l´ultimo scorcio della seconda
guerra mondiale nel romanzo Rosengade 39, fresco di stampa per Mursia. Tra
passaggi temporali (la vicenda si apre il 5 giugno 2004, vigilia del 60° dello sbarco
in Normandia) e geografici (Copenhagen, Vilnius, Kalingrad), Di Lorenzo si
muove nelle trame esoterico-qabbalistiche dei tedeschi, quelle del Nkvd
(Stalin Beria ghepeù e il trotzkista non c´è più, recitava un detto popolare),
in un mondo di spie, profughi, deportati, sopravvissuti, nostalgici, carogne.
Una sequenza numerica che porta a Dio, cui arrivare attraverso un normale
appartamentino della capitale danese, in Rosengade 39; una sequenza appetita
capace di rappresentare la soluzione finale (si veda in questo senso, esempio
noto, I predatori dell´Arca perduta: in guerra un aiuto dall´alto, meglio
ancora dall´Altissimo, non guasta mai, come del resto, volendo un paragone più
altro, Omero insegna. E qui non scendono per strada messaggeri o coppieri olimpici,
qui, a darsi da fare, sono gli angeli. In un contesto surreale e soprannaturale
Di Lorenzo dispone personaggi e fatti in uno schema combinatorio dinamico,
accrescendo capitolo dopo capitolo il ritmo narrativo e ottenendo un thriller
storico-politico di sicuro effetto. SEGUE A PAGINA XVII
( da "Stampa, La" del
03-04-2009)
Argomenti: Crisi
L'economia
mondiale è in una recessione severa e i governi devono combattere contro il protezionismo Jean-Claude
Trichet
( da "Secolo XIX, Il"
del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi
G20, compromesso
storico L'Europa ottiene la messa al bando dei paradisi fiscali, gli Usa mille
miliardi di dollari di nuovi aiuti Londra. Un vertice «storico» e produttivo»
secondo il presidente Usa Barack Obama. Risultati «che vanno al di là di quello
che potevamo immaginare» incalza il francese Nicolas Sarkozy. «Storico
compromesso in una crisi straordinaria», suggella il
cancelliere Angela Merkel. Dopo il G20 di ieri l'oceano Atlantico sembra più
stretto. Superate le divergenze della vigilia, ieri i Grandi venti hanno
siglato un accordo che contiene molte delle priorità indicate dall'Europa
soprattutto in tema di regolazione dei mercati e stanzia altri mille miliardi
per aiutare le economie in difficoltà, come desideravano gli Usa. Obama voleva
che quello di Londra fosse un summit contraddistinto da un nuovo approccio, con
gli Usa impegnati «per forgiare il consenso e non per dettare le soluzioni».
Pare aver centrato l'obiettivo. L'ha voluto sottolineare, più volte, anche
scherzando: «Ai tempi di Bretton Woods - quando erano Roosevelt e Churchill a
prendere le decisioni, in una stanza davanti a un bicchiere di brandy - di
certo era molto più facile negoziare. Ma è un bene che il mondo in cui viviamo
noi non sia così». Anche Sarkozy si è riferito a Bretton Woods, per dire che
dal secondo dopoguerra mai c'era stato un cambiamento così significativo
dell'assetto economico mondiale. Il risultato più importante ottenuto
dall'Europa è il giro di vite sulla regolamentazione dei mercati finanziari.
Germania e Francia erano pronti a "rompere" se non avessero ottenuto
risultati concreti. Invece è passata anche la proposta per la creazione di una
lista nera dei Paesi che non accettano le indicazioni dell'Ocse sulla
limitazione del segreto bancario. La lista nera dei paradisi fiscali è stata
resa nota ieri e comprende Costa Rica, Malaysia, Filippine, Uruguay. La lista
grigia comprende i 38 paesi che, secondo l'Ocse, hanno sottoscritto accordi di
rispetto degli standard fiscali ma non li hanno finora «sostanzialmente»
applicati. Tra questi Monaco, Lussemburgo, Svizzera, Austria, Belgio e anche
San Marino. «È l'inizio della fine dei paradisi fiscali», ha annunciato con
enfasi il padrone di casa Gordon Brown. «È un vasto programma di misure - ha
aggiunto poi il primo ministro riferendosi all'accordo complessivo - che
include per la prima volta il sistema bancario ombra, hedge fund compresi,
dentro la rete di regolamentazione globale. Ci siamo accordati sulla necessità
di fissare standard contabili internazionali, fisseremo regole per le agenzie
di rating per eliminare i loro conflitti di interesse». Il Financial Stability
Forum, oggi presieduto da Mario Draghi, diventerà un Consiglio per la stabilità
finanziaria con un mandato più ampio. Per quanto
riguarda il giro di vite su hedge fund e mercati finanziari in generale, il
lavoro iniziato a Londra proseguirà al G8 della Maddalena, secondo quanto
annunciato da un euforico Silvio Berlusconi. L'obiettivo è di chiudere entro un
anno. L'Italia ha voluto aggiungere al documento finale un riferimento alla
«dimensione sociale» della crisi e ha fatto
soprattutto affidamento alla capacità di "traino" delll'economia
americana: «Ho detto a Obama che si deve tirare su le maniche per far uscire il
mondo dalla crisi, visto che la crisi
arriva proprio dall'America». Ieri a Londra non si è parlato solo di
regolamentazione dei mercati, come forse avrebbero voluti gli europei.
Dall'altra parte dell'Oceano si voleva soprattutto "strappare" nuovi
fondi da iniettare nel corpo esangue dell'economia mondiale. Quei soldi ci
sono, e sono pari a mille miliardi di dollari a beneficio del Fondo monetario
internazionale e della Banca mondiale. Si aggiungono ai 5.000 miliardi di
dollari stanziati e ancora da stanziare entro la fine del 2010 dai singoli
Paesi per politiche fiscali nazionali finalizzate a contrastare gli effetti della crisi finanziaria ed economica. Il Fondo monetario vedrà sostanzialmente
triplicarsi i suoi fondi con 500 miliardi di dollari aggiuntivi che si
aggiungono ai 250 miliardi attualmente disponibili. Verranno inoltre emessi
Diritti speciali di prelievo, la valuta-paniere del Fmi, permettendo alla
stessa istituzione di Washington di aumentare le sue risorse proprie. Il
Fmi, inoltre potrà vendere una certa quantità d'oro per aiutare i Paesi più
poveri toccati dalla crisi. Anche se le entrate
derivanti da tali vendite non possono essere quantificate con precisione,
l'insieme delle risorse supplementari a disposizione del Fondo raggiunge i
1.100 miliardi di dollari, secondo la quantificazione contenuta nel comunicato
finale del vertice. Altri 250 miliardi di dollari sono stati destinati dal G20
per finanziare lo sviluppo del commercio e rilanciare gli scambi internazionali
mentre 100 miliardi andranno alle banche multilaterali di sviluppo come la
Banca Asiatica di sviluppo e l'omologa istituzione africana. Il tutto, dice il
documento finale, dovrebbe permettere di «salvare o a creare milioni di posti
di lavoro», con un contributo di crescita «pari al 4%». «Abbiamo stabilizzato
il paziente» chiude Obama, «con la medicina giusta». Tutto bene, dunque? Quasi:
le ferite, «devono ancora guarire», e potrebbero «apparire nuove crisi». Samuele Cafasso cafasso@ilscoloxix.it 03/04/2009
( da "Repubblica, La"
del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi
Pagina 6 - Esteri La
contraddizione L´accusa Noreena Hertz, direttrice della Business School di
Cambridge "Dieci anni fa a Seattle avevamo previsto tutto" è
incredibile che gli stessi Paesi che hanno prodotto il disastro economico si
candidino ora a gestire la crisi Quando chiedevamo controlli sui mercati ci chiamavano estremisti Oggi lo dicono anche Brown
o Sarkozy ANAIS GINORI «A Seattle e Genova, quando chiedevamo maggiore
controllo sui mercati finanziari, venivamo additati
come pericolosi estremisti. Al G20 di Londra Gordon Brown o Nicolas Sarkozy lo
dicono e sembrano affermazioni di semplice buon senso». L´economista inglese
Noreena Hertz, 41 anni, è direttrice della Business School dell´università di
Cambridge. Ha partecipato al movimento no-global sin dalla sua nascita, e ne è
stata una convinta teorica. Qualcuno l´ha battezzata "Naomi Klein
europea" per via del successo dei suoi due libri ("La conquista
silenziosa" e "Un pianeta in debito", pubblicato da Ponte alle
Grazie). «Il G20 - commenta al telefono - ha finalmente
usato parole come "protezionismo" e "regole finanziarie". E´ finalmente un buon segnale». Cos´è la sua, una
rivincita? «Non è una piacevole vittoria. Avevamo previsto il Big Bang al quale
siamo assistendo. Le proteste di Seattle contro la globalizzazione del Wto
erano del 1999. Quelle di Genova del 2001. Nessuno ci ha voluto
ascoltare. Ed eccoci qui con una delle peggiori crisi finanziarie
ed economiche che si ricordino nell´epoca contemporanea». Cos´è successo
durante le proteste alla City, nel quale è morto un uomo? «Ho visto gli scontri
alla tv. Non li considero rappresentativi del movimento di protesta generale.
Per ogni persona che lanciava un sasso contro una vetrina c´erano dieci
fotografi. I media si sono interessate molto meno alle trentacinque mila
persone che hanno manifestato sabato nelle vie di Londra, senza provocare
scontri né incidenti». Le proteste aumenteranno ancora? «Chi scende in strada
oggi non deve più contestare un sistema ormai al collasso. Lo fa per necessità
e per chiedere urgenti rimedi. E´ evidente che ci saranno sempre più segni di
rivolta sociale, non soltanto in Europa. Il tempo stringe. Abbiamo bisogno di
sentire altre parole nuove».
( da "Repubblica, La"
del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi
Pagina 9 - Economia
Tassi Bce ai minimi storici, le Borse volano Taglio all´1,25% e Trichet
annuncia nuove mosse a maggio. Mibtel: più 4,35% I mercati La decisione a
maggioranza. "Ripresa solo nel corso del prossimo anno" ANDREA
TARQUINI dal nostro corrispondente BERLINO - Il taglio dei tassi in Eurolandia
è minore di quanto i mercati speravano, eppure porta il costo del denaro
nell´area della moneta unica al suo minimo storico. E così i mercati, dopo
iniziali, forti reazioni di delusione e scetticismo, hanno festeggiato con un
decollo delle Borse la scelta compiuta ieri dal Consiglio direttivo della Banca
centrale europea (Bce). Il quale, riunitosi alla Eurotower di Francoforte sotto
la direzione del presidente Jean-Claude Trichet, ha tagliato il saggio centrale
di un quarto di punto, all´1,25%. Un altro calo del costo del denaro,
probabilmente analogo, ha fatto capire Trichet, non è affatto da escludere, è
anzi probabile alla prossima seduta, a maggio, e intanto la Bce si prepara a
nuove misure più aggressive sui mercati, fino all´acquisto di obbligazioni di
aziende in difficoltà. Il volo degli indici delle piazze d´affari in tutta
Europa ha salutato sia la decisione della Eurotower - il sesto calo dei tassi
dell´euro dallo scorso ottobre - sia le misure annunciate dal vertice G20 a
Londra per lottare contro la devastante crisi economica-finanziaria
internazionale. Al London stock exchange il rialzo è stato del 4,28%, a
Francoforte di ben il 6,07, a Parigi del 5,37, a Milano il Mibtel ha chiuso con
un più 4,35. E l´euro si è apprezzato sul dollaro, salendo a quota 1,3447, e
sullo yen: 133,69. In volo anche Wall Street (Dow + 2,74%, Nasdaq +3,29). La
crisi economica sarà pesante in tutto il 2009, la ripresa arriverà soltanto nel
corso del
( da "Repubblica, La"
del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi
Pagina 9 - Economia
Rivalutati gli "asset tossici" colpo di coda di Wall Street Banche
Usa, a sorpresa torna la deregulation Di fatto sospesa la norma del "mark
to market", allentate le regole della contabilità I mercati
hanno festeggiato, ma c´è il rischio che monti la sfiducia nel sistema finanziario FEDERICO RAMPINI Non è stato il G20 ieri la vera
causa scatenante del rialzo di Wall Street, bensì un regalo normativo ai
banchieri. Mentre a Londra i leader di Stato assumevano l´impegno a varare
regole più severe sui mercati finanziari, l´America ha
fatto un passo indietro riscoprendo la deregulation a favore della
"finanza creativa". L´Authority che fissa le norme sulla contabilità
ha deciso di allentare i criteri di valutazione dei titoli tossici. Finora
valeva la norma del "mark-to-market": le banche erano tenute ad
assegnare ai titoli che possiedono un valore calcolato in tempo reale in base
alla loro quotazione di mercato. E´ così che i maggiori istituti di credito del
mondo sono stati costretti a rivelare delle voragini nei loro bilanci. Montagne
di titoli-spazzatura, infatti, non trovano acquirenti sul mercato se non a
prezzi che sono una minuscola frazione del loro valore teorico (quello nominale
o di emissione). Di fronte a questa diffidenza dei mercati
e alla latitanza di acquirenti, i banchieri erano obbligati a svalutare i loro
portafogli-titoli, con una spirale di perdite. E´ quella regola contabile che
ha precipitato i fallimenti bancari (come Lehman), le nazionalizzazioni
ufficiali o di fatto (da Aig a Royal Bank of Scotland). Ieri è scattato il
contrordine. Il Financial Accounting Standards Board (Fasb), Authority che
determina i requisiti della contabilità societaria, ha varato una sorta di
indulgenza plenaria. Il "mark-to-market" è di fatto sospeso. Le
banche possono usare un criterio molto più flessibile. Sono autorizzate ad
attribuire ai loro titoli un "fair value", un valore equo che possono
determinare a loro giudizio. Di colpo i titoli tossici possono essere
rivalutati d´incanto, se solo le banche che li detengono decidono che il loro valore
reale è superiore a quello di mercato. Pazienza se non ci sono acquirenti a cui
venderli; quei titoli spazzatura possono diventare ben più pregiati se questa è
l´opinione di chi redige i bilanci. Di conseguenza si allenta sulle aziende di
credito la pressione per rivelare le perdite legate al deprezzamento di quei
titoli. Non stupisce l´euforia di Wall Street, dove i titoli delle banche hanno
trascinato il listino al rialzo. L´indice Dow Jones ha ormai recuperato oltre
il 20% rispetto ai minimi di marzo. Perfino il dato sui senza lavoro (in
aumento a 669.000 i disoccupati mensili) è stato ignorato dai mercati di fronte al cambio di regole per la contabilità
bancaria. La svolta annunciata ieri dal Fasb non era inattesa. Da mesi i
banchieri si battono per ottenere questa deregulation contabile. Suscitando
ulteriore indignazione tra i contribuenti americani, si è scoperto che le
stesse banche semi-nazionalizzate, dopo aver ricevuto centinaia di miliardi di
aiuti hanno aumentato le loro spese di lobbying per far pressione sul Congresso
e sull´Amministrazione Obama. I banchieri spiegano così la loro richiesta:
nella crisi attuale alcuni mercati
di fatto hanno smesso di funzionare; l´assenza di fiducia ha fatto scomparire
gli investitori per certi prodotti finanziari; in questo caso le quotazioni di mercato non hanno più senso e
doverle usare è una penalizzazione assurda. Le perdite di bilancio, secondo
questa tesi, sono temporanee perché in futuro gli stessi titoli tossici
potranno ritrovare acquirenti a valori più ragionevoli. Oppure le banche
potranno tenersi i titoli fino alla scadenza, e non sempre i debitori che sono
all´origine di quei titoli si riveleranno insolventi. Costringere le banche a
deprezzare pesantemente quei titoli non fa che alimentare la spirale della
sfiducia. Questi argomenti hanno fatto breccia nelle autorità e i banchieri
l´hanno spuntata. Ma adesso il rischio si sposta nuovamente altrove: dalla
parte dei risparmiatori che non sanno più se possono fidarsi dei bilanci
bancari. All´origine di questa crisi ci fu proprio la mancanza di trasparenza,
che il Fasb ora legittima nuovamente. Quando le banche di tutto il mondo fecero
incetta di titoli-spezzatino legati ai mutui subprime, quei titoli avevano
l´etichetta della "tripla A" generosamente rilasciata dalle agenzie
di rating. Tutte in conflitto d´interessi, perché pagate dagli emittenti dei
titoli. La decisione del Fasb rischia di riprodurre gli stessi problemi:
mancanza di trasparenza, e conflitto d´interessi visto che saranno gli stessi banchieri
ad attribuire un prezzo ai titoli che hanno in casa.
( da "Repubblica, La"
del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi
Pagina 29 - Economia
Global market Monta l´onda dello spionaggio nelle aziende L´Opec potrà
accontentarsi di un barile di petrolio fra 40 e 50 dollari nel 2009 alla luce
della forte crisi economica: questo sarà l´anno più
difficile Sembrerebbe un´ultima moda. Ma c´è da giurare che, in realtà, non ci
sia nulla di nuovo. Ultima in ordine di tempo è stata Airbus Germania che ha
ammesso di aver fatto spiare i propri dipendenti nell´ambito di un´iniziativa
anticorruzione. Il giorno precedente, in Francia, due alti responsabili del
colosso Edf erano stati messi sotto inchiesta dai magistrati per presunto
spionaggio informativo ai danni di Greenpeace. E appena 24 ore prima, infine,
si era dimesso l´ad delle ferrovie tedesche (Deutsche Bahn), Helmut Mehdorn:
l´azienda ha ammesso di aver spiato per anni oltre il 70% dei dipendenti.
Dimostrazioni di sfiducia dei manager nei confronti delle forze lavoro che, viste le cronache della crisi
finanziaria globale, forse avrebbero dovuto seguire
il percorso inverso. Marco Patucchi [i rischi della svizzera] Nell´opinione
corrente le banche Usa sono l´epicentro della crisi
finanziaria mondiale. Ma ben sei paesi della
"core-Europe" sono molto più a rischio bancarotta. Svizzera,
Austria, Belgio, Olanda, Irlanda e Svezia hanno in silenzio accumulato asset
bancari pari a oltre quattro volte il loro Pil. La Svizzera, per esempio, ha un
tasso di vulnerabilità allarmante. Secondo dati attendibili a fronte di un Pil
di 427 miliardi di dollari la Confederazione ha accumulato 189 miliardi di
debito pubblico e ben 3.400 miliardi di asset bancari. La sola Ubs ne detiene
2.035 miliardi con una leva che è ancora superiore a 50, il Credit Suisse ne ha
per 1.200 miliardi (leva 46) e Swiss Re per altri 260 miliardi (leva 25). Come
può un governo garantire, in caso di necessità, una massa di attivi così
spropositata rispetto alla ricchezza del paese? Giovanni Pons
( da "Tirreno, Il"
del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi
dal nostro inviato
Antonio Valentini C'è la crisi, il vino resta nelle
cantine Il mercato rallenta anche per colpa della troppa produzione Problemi
dal crollo di dollaro e sterlina, ma negli Usa i rossi italiani sono sempre più
status-symbol VERONA. Negare la crisi è uno dei modi
per esorcizzarla. Così capita, nei padiglioni affollati del 43º Vinitaly, di
sentir dire che «non so gli altri, ma a me va che è una bellezza». Eppure i
miasmi della recessione si sentono, si leggono sui visi dei produttori, si
respirano nei corridoi tra uno stand e l'altro, aleggiano su una fiera che fino
a qualche anno fa simboleggiava l'ottimismo che animava la volontà di tutti,
con le banche che finanziavano, i vinaioli che investivano e i proprietari
terrieri che facevano affari d'oro. I miasmi hanno azzerato la voglia di
sognare un avvenire tutto da bere. Hanno fatto piazza pulita di neologismi
onirici e conformisti tipo "Eldorado del vino", hanno abbassato la
cresta a chi pensava che bastava imbottigliare un rosso made in Tuscany per arricchirsi,
hanno rallentato la corsa alle cantine griffate. Insomma, al di là delle
dichiarazioni di facciata, a dispetto di chi dice che tanto lui in America non
vende e quindi la recessione non lo riguarda, la crisi c'è. Eccome. I fatti parlano da
soli. Negli Stati Uniti il cambio favorevole all'euro e il profondo rosso
finanziario hanno prodotto una drastica riduzione dei consumi. In Gran Bretagna
è il solito refrain, con la sterlina che ha perso peso rispetto alla divisa
valutaria continentale e con le importazioni che hanno rallentato fin quasi
alla moviola. Nel Nord Europa, dove il vino si vende soprattutto nei
supermercati ed è quindi un prodotto destinato alle fasce medie, i rossi del
nuovo mondo hanno da tempo conquistato posizioni di privilegio, grazie al mix
tra qualità accettabile e prezzi abbordabili. Il mercato della Russia non
decolla, tranne che per le grandi etichette, capaci di affascinare gli
oligarchi nati sulla scia della perestroika. In India accade altrettanto e il
Giappone scricchiola. Le uniche note liete arrivano dalla Cina, dove pure la
Toscana nel
( da "Reuters Italia"
del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi
di
Massimiliano Di Giorgio ROMA (Reuters) - Nell'anno in cui presiede il G8 e
mentre imperversa la crisi finanziaria globale, l'Italia sembra destinata
a mancare gli obiettivi a cui si era impegnata con le Nazioni Unite per
combattere la fame e la povertà. Lo ha detto oggi a Reuters la responsabile per
l'Italia della Campagna del Millennio dell'Onu. Entro il 2010 Roma dovrebbe
destinare lo 0,51% del Pil per aiuti allo sviluppo, e lo 0,7% entro il 2015. Ma
nel 2008, secondo i dati diffusi dall'Organizzazione per la cooperazione e lo
sviluppo economico, il contributo italiano è stato solo dello 0,20%. E nel
2009, per Marta Guglielmetti, rischia di essere più basso. "Nel 2008 c'è
stato un incremento rispetto al 2007. Ma quella percentuale, il 20%, che è la
più bassa tra i paesi europei, è già di fatto annullata dalla Finanziaria 2009,
che ha destinato alla cooperazione allo sviluppo, nell'ambito della legge 149,
circa 300 milioni di euro rispetto ai circa 700 di un anno prima". Il
ministro degli Esteri Franco Frattini non ha voluto commentare le osservazioni
della Campagna. L'Italia quest'anno ha la presidenza del G8, composto dai paesi
più industrializzati del mondo e dalla Russia. Ma la sua posizione rischia di
non essere "credibile", dice la rappresentante dell'Onu: "Con
questi numeri rischia di non aver alcun ruolo di leadership". Non è la
prima volta che l'Onu "richiama" l'Italia sul rispetto degli
Obiettivi, fissati nel settembre 2000, e che comprendono, tra gli altri, il
dimezzamento della povertà, l'istruzione primaria per tutti i bambini, la
parità tra i sessi e la riduzione della mortalità infantile. Nell'ottobre
scorso, la fondatrice della Campagna del Millennio, Eveline Herfenks, chiese
all'Italia di aumentare almeno l'efficienza degli aiuti, visto che secondo
l'Onu su ogni euro stanziato da Roma solo 21 centesimi sono realmente messi a
disposizione dei paesi beneficiari. Continua...
( da "AmericaOggi Online"
del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi
Il G20 di Obama: un
punto di svolta per fronteggiare la crisi 03-04-2009 LONDRA. "Abbiamo
imparato le lezioni della Storia". Il presidente americano Barack Obama ha
definito ieri "un punto di svolta" le decisioni prese a Londra dai
leader del G20 per fronteggiare la crisi economica mondiale. Decisioni che
comprendono lo stanziamento di oltre mille miliardi di dollari all'FMI e ad altre istituzioni finanziarie internazionali per aiutare i paesi più in difficoltà a
stimolare la ripresa della crescita economica, rafforzando nello stesso tempo i
controlli sulle attività dei mercati finanziari. "Abbiamo dato la medicina giusta al paziente malato - ha
detto Obama in una conferenza stampa, alla conclusione del suo primo vertice
internazionale -. Abbiamo stabilizzato il paziente. Ma le ferite restano
e nuove crisi potrebbero manifestarsi". Obama ha ammesso che l'America non
ha ottenuto tutto ciò che desiderava e che ha dovuto accettare anche soluzioni
di compromesso. Ma il presidente americano ha inquadrato queste concessioni
nella sua concezione della politica americana: "Dobbiamo imparare ad
essere anche umili - ha detto -. Dobbiamo imparare a forgiare un consenso,
anziché cercare di imporre le nostre condizioni. Dobbiamo ammettere di non
avere sempre la risposta giusta. Sono venuto qui a Londra per ascoltare ed
imparare. E fornire la leadership americana, che deve essere basata
sull'esempio e sulla capacità di saper ascoltare quello che gli altri
esprimono". E'un atteggiamento, ha lasciato intendere Obama, che è
perfettamente in linea con la sua filosofia politica, come lo è con il suo
intento dichiarato di ripristinare il prestigio americano nel mondo. Il
presidente Usa ha ammesso che la situazione non è ideale: la responsabilità per
l'inizio della crisi viene attribuita all'America, rea di avere contagiato con
il "virus" il resto del mondo. Obama ha ammesso che durante le
discussioni del vertice altri leaders (ma non ha fatto nomi) hanno sottolineato
in diverse occasioni che la crisi "é iniziata in America" oppure che
"é iniziata a Wall Street". Una responsabilità, dovuta alla mancanza
di meccanismi di controllo adeguati, che l'inquilino della Casa Bianca non ha
negato. Anche il suo alleato più forte, il premier britannico Gordon Brown,
padrone di casa e grande burattinaio del vertice, ha parlato di nuovo ordine
economico mondiale. Un ordine dove l'egemonia americana è minacciata da
numerosi fattori. Come è minacciato lo stesso modello di mercato libero di cui
l'America era sempre stata paladina resistendo a quelle regolamentazioni che
Francia e Germania, dopo una dura battaglia, sono riuscite ad imporre invece
nel documento finale, soprattutto per quanto riguarda la guerra ai paradisi
fiscali ed il controllo dei fondi speculativi. Obama ha definito "senza
precedenti" le misure approvate dal G20. Le concessioni fatte hanno
consentito di chiudere il summit con quella dimostrazione di unità e di
consenso che il presidente Usa giudicava indispensabile per far scattare la
ripresa economica, restituendo come prima mossa fiducia ai mercati,
agli investitori e alla pubblica opinione. Il documento finale "riflette
la gamma delle nostre priorità" con una azione "forte e
coordinata" per stimolare la crescita ed una azione "altrettanto
coordinata" sulle regole. "Nella vita e in economia non ci sono
garanzie - ha detto Obama -. Le misure che abbiamo adottato erano necessarie
per evitare di scivolare nella depressione. Resta da vedere se saranno
sufficienti". "L'America non può agire da sola - ha detto Obama
durante la conferenza stampa -. La sua efficacia sarebbe ridotta a metà e
ancora a meno". Alla domanda se il G20 di Londra possa essere considerato
una nuova Bretton Woods, per le sue implicazioni future, Obama ha risposto che
sono finiti i tempi quando due leader "sorseggiando brandy in una
stanza" potevano imporre le loro regole al resto del mondo. Adesso la
realtà globale è molto più complessa, con l'emergere di nuovi paesi, come Cina e
India, che rappresentano miliardi di persone. La immensa popolarità di Obama,
in questo suo primo viaggio europeo da presidente, resta immutata. Alla fine
della conferenza stampa, il presidente americano è stato salutato da un
caloroso applauso dalla platea dei media internazionali. Un evento veramente
insolito ad un vertice di questo tipo.
( da "AmericaOggi Online"
del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi
G20/Gli accordi dei
grandi alla prova dei mercati. Buone intenzioni e
bufale Di Emilio Manuelli 03-04-2009 Se il vertice di Londra passerà alla
storia come quello della rinascita, di una nuova era basata sulle regole e su
una nuova etica per la finanza mondiale lo sapremo al più presto. Saranno i mercati finanziari, dopo la prima fiammata a caldo, a dirci nei prossimi giorni se
il G20 londinese sarà stato in grado di amministrare all'economia l'unica vera
ricetta indispensabile per la ripresa, quella della fiducia. In un'era
globalizzata come la nostra, dove tutto si trasmette attraverso i mezzi di
comunicazione istantanei, dove l'andamento delle Borse è fortemente
concatenato ricevendo comunque il là da Wall street, sarà comunque la finanza a
decretare la fine della crisi, o almeno lo stop al progressivo avvitamento.
Nata con il definitivo seppellimento di un metodo di operare, quello dei mutui
subprime, parabola estrema di una finanza autoreferenziale, la crisi dovrà
evolvere verso la nascita di un modello che troverà proprio nel rispetto delle
regole la sua stessa essenza. Da Londra arriva questo messaggio, un po'
contraddittorio quanto agli orientamenti espressi, ma comunque chiaro quanto
agli indirizzi politici concordati. Gli annunci sono un minestrone di buone
intenzioni, ben riassunti dallo slogan di Gordon Brown che parla di un nuovo
ordine mondiale. Ecco allora il pacchetto di interventi finanziari
per rafforzare le munizioni del Fondo monetario internazionale, chiamato ad una
difficile opera di rilancio del commercio mondiale, ecco anche un mix di misure
dal sano sapore demagogico, come il freno alle retribuzioni dei manager ed il
controllo sui paradisi fiscali. L'affollamento attorno al tavolo londinese ha
portato all'accoglimento delle tesi più incentrate sul sostegno dell'economia
reale, basate per ora sulle parole e le buone intenzioni. Non casualmente si
sono volute associare alle misure di controllo della finanza quelle che fanno
riferimento agli interventi necessari per il rilancio delle economie familiari:
aiuti per i redditi più bassi, più case, sostegno delle piccole imprese.
D'altra parte le pressioni sul G20 erano fortissime: non solo quelle della
piazza che pur hanno prodotto un morto e proteste preoccupanti per l'ordine
pubblico, ma anche quelle delle rispettive opinioni pubbliche stanche di
assistere ad una politica fatta solo di annunci e di pochissimi fatti. In
questo senso le decisioni di Londra sembrano un azzeccato mix per placare, per
il momento, le aspettative dei cittadini. Per questo si può certamente dire che
a convincerci maggiormente sono gli stanziamenti a favore delle istituzioni finanziarie che dovranno appoggiare nel concreto le
politiche commerciali e di investimento, a partire dalle somme ingenti
deliberate per il Fondo monetario. Di contro appare chiaramente una bufala
stratosferica la cifra di 5 mila miliardi di dollari per il sostegno delle
economie da qui a fine 2010 strombazzata da Gordon Brown. Altro non è infatti
che la sommatoria di tutte quelle misure che i governi nazionali hanno messo in
cantiere, per la maggior parte ancora lontane dal partire. C'è da augurarsi a
questo punto che sotto la spinta di un'opinione pubblica ormai passata dallo
stato di preoccupazione a quello della rabbia e della paura questi piani di
investimento siano effettivamente avviati a realizzazione. Troppe sono infatti
le aspettative di ripresa che lo scenografico summit di Londra ha generato e
che saranno presto oggetto di verifica al G8 di luglio in Italia e al G20 di
fine anno in Giappone. Appare ormai chiaro che la strada di una fattiva
collaborazione fra i Paesi più forti rappresentati a Londra è l'unica
percorribile, irreversibile. Si tratta, considerata l'attuale debolissima congiuntura,
di un'alleanza economicamente disastrata: un gruppo di governi quanto mai
differenti a livello sociale e politico, ma che ha un unico obiettivo da
percorrere, senza inutili differenziazioni ideologiche, che è quello di salvare
il mondo dal tracollo finale.
( da "Affari Italiani (Online)"
del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi
Economia Anteprima/
Puntare sulla manifattura: la ricetta anti-crisi di Calbrò Venerdí 03.04.2009 10:52
Contro la crisi finanziaria,
ecco un manifesto per il nostro futuro: il ritorno all'industria. E' la ricetta
contro la recessione proposta da Antonio Calabrò, direttore Affari
istituzionali e Relazioni esterne del gruppo Pirelli e consigliere
d'amministrazione di Pirelli Tyre, nel suo ultimo libro Orgoglio
industriale, in uscita in questi giorni. Il giornalista non ha dubbi:
l'industria medio e medio-grande sarà protagonista del "quarto
capitalismo" e l'Italia ha un esercito di 4.600 imprese all'avanguardia
sul piano dell'innovazione, in grado di conquistare la leadership su tutti i
mercati internazionali. Abbiamo, infatti, pensato per anni che il nostro Paese
avrebbe progressivamente abbandonato la produzione industriale per diventare
un'economia di servizi, spiega Calabrò. E ci siamo sentiti dire che le
manifatture sarebbero state destinate alla chiusura e che un po' alla volta
questo Paese sarebbe diventato un Paese dove l'economia dei "beni
immateriali" sarebbe stata la fonte principale di ogni ricchezza. Poi è
arrivata la crisi della finanza e improvvisamente ci
stiamo rendendo conto che non è così. Anzi, è proprio l'industria che ci
salverà. Il libro racconta con semplicità e chiarezza che l'Italia rimane
insomma un grande Paese industriale, il secondo d'Europa dopo la Germania. E ci
regala un viaggio capillare alla scoperta della parte più vitale
dell'imprenditoria italiana, mettendo in luce dati, fatti e personaggi, e
spiegando come considerare con occhi nuovi un settore della nostra economia che
tanto spesso è stato sottovalutato. Da Torino all'Emilia Romagna, è sufficiente
attraversare il Nord Italia per rendersi conto di quanto sia capillare e vivo il
tessuto di imprese la cui missione è produrre e vendere in tutto il mondo
prodotti reali, fisici, materiali e non semplici pezzi di carta. Certo negli
ultimi trent'anni l'industria è molto cambiata, ma non ha mai smesso di
produrre ed esportare beni, apprezzati in ogni angolo del Pianeta. Orgoglio
industriale Antonio Calabrò Mondadori pp.192 17,00 euro tags: orgoglio
industriale antonio calabrò crisi pmi
( da "Dagospia.com"
del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi
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articolo --> BORSE Giù (MIBTEL -0.67%) Pioggia di offerte a
Telecom per la Hansenet - TAGLI ALLE STAR DI HOLLYWOOD - SEMPRE PIù SPIE TRA LE
AZIENDE - incentivi sulle due ruote: scooter +35% - IN USA LA CRISI COLPISCE I
FUNERALI - GERMANIA:
CHE FARE DI OPEL?
1 - Borsa, l'Europa parte male. Milano,
realizzi su Fiat... Da "ilsole24ore.com" - Le borse europee aprono
tutte in territorio negativo, dopo la seduta ampiamente positiva della vigilia
e dopo la chiusura prudente di Tokyo. Parigi cede lo 0,85%, Francoforte lo 0,90%, Madrid lo 0,72%. A
Milano il Mibtel arretra dello 0,67% e l'S&PMib dell'1,03%. Sul listino
principale si segnalano i realizzi sui titoli che nella precedente seduta erano
andati particolarmente bene. A partire da Fiat (-3,41%) che ieri ha fatto
segnare un rialzo mai visto prima (+27%), sulla scia dei buoni dati sulle
immatricolazioni in Italia e in Germania. Ma soprattutto, come alcuni operatori
hanno confidato al Sole24ore.com, perché gli addetti ai lavori sono convinti di
una positiva conclusione dell'accordo con Chrysler. Magari con l'ingresso di
altri big del settore, come ipotizzatio nei giorni scorsi dal Financial Times.
Sul resto del listino arretrano i bancari. Unicredit cede il 2,47%, Intesa
Sanpaolo il 2,35% Ubi Banca il 2,37%, mentre il Banco Popolare cede lo 0,71%
Miuccia Prada 2 - Prada: verso rimodulazione debito?... (ANSA) - Prada potrebbe
rinegoziare con le banche il proprio debito di 1,2 mld per liberare cassa e
aprire nuovi punti vendita o fare acquisizioni. Con vendite poco variate nel
2008 e una possibile erosione dei margini, il gruppo starebbe cercando di
adottare una strategia di attacco per superare la crisi.
Obiettivo del gruppo, controllato dall'ad Patrizio Bertelli e dalla moglie
Miuccia Prada, e' poter cogliere eventuali occasioni sul mercato in una
situazione congiunturale difficile. 3 - Monta l´onda dello spionaggio nelle
aziende... Marco Patucchi per "la Repubblica" - Sembrerebbe un´ultima
moda. Ma c´è da giurare che, in realtà, non ci sia nulla di nuovo. Ultima in
ordine di tempo è stata Airbus Germania che ha ammesso di aver fatto spiare i
propri dipendenti nell´ambito di un´iniziativa anticorruzione. Il giorno
precedente, in Francia, due alti responsabili del colosso Edf erano stati messi
sotto inchiesta dai magistrati per presunto spionaggio informativo ai danni di
Greenpeace. E appena 24 ore prima, infine, si era dimesso l´ad delle ferrovie
tedesche (Deutsche Bahn), Helmut Mehdorn: l´azienda ha ammesso di aver spiato
per anni oltre il 70% dei dipendenti. Dimostrazioni di sfiducia dei manager nei
confronti delle forze lavoro che, viste le cronache della crisi finanziaria globale, forse
avrebbero dovuto seguire il percorso inverso. 4 - i rischi della svizzera...
Giovanni Pons per "la Repubblica" - Nell´opinione corrente le banche
Usa sono l´epicentro della crisi finanziaria mondiale. Ma ben sei paesi della "core-Europe" sono
molto più a rischio bancarotta. Svizzera, Austria, Belgio, Olanda,
Irlanda e Svezia hanno in silenzio accumulato asset bancari pari a oltre
quattro volte il loro Pil. La Svizzera, per esempio, ha un tasso di
vulnerabilità allarmante. Secondo dati attendibili a fronte di un Pil di 427
miliardi di dollari la Confederazione ha accumulato 189 miliardi di debito
pubblico e ben 3.400 miliardi di asset bancari. Patrizio Bertelli La sola Ubs
ne detiene 2.035 miliardi con una leva che è ancora superiore a 50, il Credit
Suisse ne ha per 1.200 miliardi (leva 46) e Swiss Re per altri 260 miliardi
(leva 25). Come può un governo garantire, in caso di necessità, una massa di
attivi così spropositata rispetto alla ricchezza del paese? 5 - Effetto
incentivi sulle due ruote scooter +35%... Da "la Repubblica" - Dopo
le auto, anche le due ruote fanno registrare un´inversione di tendenza nelle
vendite. A marzo, si segnala un +7,8% rispetto allo stesso periodo del 2008.
Confindustria Ancma, associazione del ciclo e motociclo, precisa che il
comparto scooter è quello in reale accelerazione con un +35,5%. Invece le moto
sono in calo, anche se meno accentuato rispetto al primo bimestre (-14,8%). In
sofferenza i 50 di cilindrata: -21,1%, in assenza di incentivi. 6 - Pioggia di
offerte a Telecom Italia per la Hansenet... Da "la Repubblica" - La
spagnola Telefonica e Vodafone puntano ad Hansenet, controllata tedesca di
Telecom Italia. L´agenzia Bloomberg e il quotidiano Daily Telegraph parlano di
offerte preliminari e non vincolanti. Hansenet rientra nel piano di dismissioni
da 3 miliardi annunciato da Telecom Italia. Il prezzo? Fino a 1,1 miliardi.
Hansenet ha 2,3 milioni di clienti. Con il suo acquisto, Vodafone può attaccare
Deutsche Telekom, e Telefonica crescere nella banda larga. 7 - Problemi di
cassa per funerali Usa... Da "Il Sole 24 Ore" - Che la recessione
danneggi la qualità della vita è lapalissiano, ma che arrivi a infastidire pure
la "vita eterna" è disdicevole. Eppure negli Stati Uniti succede
anche questo. Certo, si "riposa in pace" pure lì ma, secondo
un'inchiesta della Cnn, all'«ombra de' cipressi e dentro l'urne»gli americani
ci stanno sempre più stretti. Per la necessità di risparmiare anche sulle spese
funerarie hanno inizialmente provato ad eliminare limousines (275-375 dollari)
e altre celebrazioni di lusso. Franco Bernabè Poi - l'argomento è un po'
delicato hanno fatto fuori pure la cassa: per il National vital statistics
department, nel 2006 solo il 34% dei funerali finiva con una cremazione, mentre
ora quella scelta riguarda il 40% dei cari estinti, con una previsione di
crescita fino al 60%. Perché? Perché un funerale tradizionale da Hollomon-Brown
funeral home costa almeno 8.500 dollari, con la cremazione ne bastano 3mila.
(R.Fi.) 8 - Stelle di Hollywood più vicine alla terra... Da "Il Sole 24
Ore" - Le star di Hollywood sono le ultime vittime della recessione.
Finiti sono i tempi dei cachet multimilionari: gli studios costretti a tagliare
i costi hanno deciso di pagarle di meno. Julia Roberts, Tom Hanks e Will Smith
non possono certo piangere miseria, i loro compensi continuano a viaggiare sui
15-20 milioni di dollari a film. Ma le major non sono più disposte a concedere
ad attori e registi una porzione degli incassi lordi, una prassi che assicurava
compensi strepitosi anche quando il film era un fiasco al botteghino. La
Paramount ha appena siglato accordi più ravveduti con due mega-star, Harrison
Ford e Steve Carrell, offrendo una quota degli incassi al netto dei costi di
produzione e distribuzione. Gli altri colossi di Hollywood stanno seguendo
l'esempio: con le vendite di dvd in picchiata e i finanziamenti di Wall Street
esauriti, l'industria del cinema deve tirare la cinghia, star incluse. (D.Ro.)
Gabriele Galateri 9 - Il conflitto pubblico sul salvataggio Opel... Da "Il
Sole 24 Ore" - Deve lo Stato tedesco entrare nel capitale di Opel? La
questione sta lacerando l'establishment politico. I socialdemocratici sono
convinti che debba acquistare una quota per salvare i posti di lavoro ed
evitare il tracollo. I democristiani sono contrari: preferiscono mettere a
disposizione garanzie pubbliche. Christian Wulff, ministro presidente della
Bassa Sassonia, si è detto contrario all'ingresso dello Stato in Opel. Opinione
a dir poco sorprendente, se è vero che in questi anni Wulff ha strenuamente
difeso la Legge Volkswagen, che permette alla mano pubblica di controllare il
20% della casa di Wolfsburg. C'è chi ipotizza che il premier si sia
semplicemente allineato sulla tesi del suo partito, la Cdu. E chi invece più
maliziosamente crede che dietro alla presa di posizione del premier regionale
ci sia il timore di assistere a un rafforzamento di Opel; grande concorrente
della Volkswagen. (B.R.) 10 - Il duty free Ssp soffre, Autogrill festeggia...
Da "Il Sole 24 Ore" - Chi ieri fosse andato a spulciare report o
bilanci di Autogrill per spiegarsi come mai la società di ristorazione e
concessioni della famiglia Benetton sia salita del 6,5%, non avrebbe trovato
risposta. Perché il motivo del rialzo (che ha portato a +20%il saldo
dell'ultimo mese di Borsa) è che Ssp, il principale concorrente di Autogrill e
big mondiale delle concessioni di aeroporti e stazioni, è in grave tensione finanziaria e secondo glianalisti di Oddo sta molto peggio
dell'azienda italiana. Julia Roberts Nel 2005 il mercato ci era rimasto un po'
male quando Autogrill si era lasciata sfuggire il colpaccio su Ssp, messa in
vendita da Compass e comprata da Macquaire e EQT. I fondi però avevano
strapagato Ssp (11 volte il Mol): oggi la prudenza dell'ad Gianmario Tondato si
è rivelata azzeccata e la Borsa plaude. In fondo, «mors tua, vita mea» è un
motto sempre valido negli affari. (S.Fi.) [03-04-2009] Tom HanksWill Smith -
Copyright Pizzi
( da "BlueTG online"
del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi
L'olio Dante torna
italiano 03-04-2009 09:40 - La crisi
finanziaria rallenta ma non blocca le operazioni di
fusioni e acquisizione, specialmente quelle con una valenza industriale più che
finanziaria. Ad
approfittarne in questo caso è il gruppo beneventano Mataluni, che ha
riacquistato per 30 milioni di euro il marchio olio Dante dalla spagnola Sos
Cuetara, come riferisce stamane il quotidiano Mf. Mataluni è attivo sul
mercato con marchi quali Topazio, Oio e Gico, oltre che tramite produzione per
conto terzi che copre 187 diversi marchi mondiali e si è avvalso
dell'assistenza di tre banche (UniCredit, Intesa Sanpaolo e Bpl-Bnp Paribas )
per finanziare l'operazione, che vede il trasferimento dal gruppo spagnolo a
quello italiano anche di altri undici marchi tra cui Minerva e Lupi. (l.s.)
( da "Velino.it, Il"
del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi
Il Velino presenta,
in esclusiva per gli abbonati, le notizie via via che vengono inserite. EST -
Usa, i dubbi del Dipartimento di Stato sui mercati del S.America Roma, 3 apr
(Velino/Velino Latam) - “Incertezza normativa in alcuni settori chiave delleconomia”,
“persistenza di fenomeni di corruzione pubblica e privata”, “mancanza di finanziamenti a lunga
scadenza”. Sono alcune delle problematiche nel mercato finanziario argentino
secondo la “Guida commerciale 2009 per le imprese statunitensi”, unanalisi
messa a disposizione delle aziende americane dal Dipartimento di Stato Usa. Nelle 110
pagine del dossier si evidenzia il profondo legame tra i due paesi dal punto di
vista economico - gli Stati Uniti sono il terzo partner commerciale argentino
dopo Brasile e Cina -, e lapertura di Buenos Aires agli investimenti stranieri. Allo stesso modo
però il documento segnala come lattrattiva rappresentata dal
mercato argentino sia ridotta dalle incertezze relative alle conseguenze del
rallentamento delleconomia del paese latinoamericano e ai possibili
interventi statali sul
fronte fiscale e normativo. Il Dipartimento di Stato americano sottolinea poi
la preoccupazione relativa ai tentativi di controllare i prezzi dei
combustibili sul mercato domestico messo in atto dal governo, che “danno
priorità alla domanda del mercato locale a prezzi inferiori a quelli
internazionali, creando disincentivi per le imprese intenzionate a investire
nella ricerca di petrolio e gas”. La conseguenza, secondo il documento, può
essere la presenza di “investimenti sufficienti” che può determinare “unofferta
di energia incapace di sostenere la crescita della domanda”. Le parole più dure
nei confronti del paese latinoamericano arrivano però sul fronte della
corruzione dei funzionari pubblici e della frode nelle relazioni commerciali
private, definite “un
problema serio” anche secondo gli indicatori della Banca mondiale e che
determinano “molte lamentele da parte degli imprenditori statunitensi”. Secondo
lanalisi del Dipartimento di Stato, inoltre, “un funzionamento
inefficace del sistema giudiziario limita gli effetti degli sforzi” fatti nella lotta alla
corruzione. Il dossier contesta anche la politica della Banca centrale che,
negli ultimi anni, “ha mantenuto un cambio competitivo e tassi di interesse
negativi”, “contribuendo ad alzare il livello di inflazione”. Proprio su questultimo
aspetto il documento evidenzia anche i dubbi e le polemiche relative ai dati
forniti dallIstituto nazionale di Statistica (Indec) oggetto di “un forte
dibattito sui media in merito ai tassi dinflazione”. La pubblicazione dedicata allArgentina
segue di poche settimane quelle relative a Cile, Paraguay ed Ecuador e,
soprattutto per quanto riguarda gli ultimi due le preoccupazioni di Washington
sono ancora più evidenti. LEcuador viene definito un paese in cui “fare affari può essere difficile”, a
causa di un fortissimo problema di corruzione, del duro colpo dato dalla crisi finanziaria internazionale, che ha portato a
limitazioni delle importazioni, e di un sistema giudiziario “imprevedibile”. Il
“nuovo” Paraguay di Fernando Lugo è contraddistinto da un “mercato nero” che
divora miliardi di dollari e “una corruzione che coinvolge settore pubblico e
settore privato”, mentre nelle grandi imprese nazionali delle telecomunicazioni
e dellenergia “vige il clientelismo”. Completamente differente lo
scenario in Cile, definita “una delle nazioni più stabili e prospere della
regione” nonostante la
crisi finanziaria internazionale. Secondo il dossier
del Dipartimento di Stato si tratta del “paese latinoamericano più
competitivo”, grazie anche a “una democrazia sviluppata”, “un alto prodotto
interno pro capite” e “una stampa libera”, oltre che “una delle economie più
aperte del mondo” con oltre sessanta partner internazionali. (Matteo
Tagliapietra) 3 apr 2009 10:53
( da "Trend-online"
del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi
Speciale energia
Eolica: nuovi stanziamenti dal G20 PRIMO PIANO, clicca qui per leggere la
rassegna di Paolo Crociato www.strategyinvestor.com, 03.04.2009 08:34 Scopri le
migliori azioni per fare trading questa settimana!! riteniamo che anche
quest'anno non farà eccezione. "Una forte politica di supporto per
l'energia eolica continuerà a guidare in avanti la crescita nei nostri tre
principali mercati: Cina, Europa e Stati Uniti" ha dichiarato il
segretario generale del Global Wind Energy Council che ha aggiunto: I
governi di tutto il mondo stanno trasformando l'attuale crisi in
un'opportunità, ponendo l'energia eolica al centro della loro politica
economica di stimoli e di ripresa. Questo creerà molte migliaia di nuovi posti
di lavoro migliorando la sicurezza energetica e aiutando la crisi
climatica globale." La Cina: il paese dove puntare per le maggiori
crescite nell'energia eolica Negli ultimi anni in particolare, due mercati
hanno continuato a sovraperformare rispetto alle più ottimistiche previsioni:
gli Stati Uniti e la Cina. Nel corso del prossimo anno e forse in quello
seguente gli sviluppi negli Stati Uniti potrebbero rallentare a causa della crisi economica, prima che il pacchetto di stimoli
governativi abbia un maggiore impatto positivo sul mercato. Nello stesso tempo
però la Cina continuerà a crescere ad un ritmo mozzafiato, segnando un
sostanziale aumento delle installazioni di pale eoliche per ognuno dei prossimi
anni a venire. A queste ottimistiche dichiarazioni, Arthouros Zevos, il
presidente del convegno, ha aggiunto: "Naturalmente la crisi
finanziaria sta influenzando anche il nostro settore come qualsiasi
altro. Nello stesso tempo però le prospettive per lenergia
eolica sono molto più
ricche. Tutti i fondamentali evidenziano che l'energia eolica sarà sempre più
preferita come la primaria fonte di energia alternativa nei vari paesi.
L'eolico è pulito, facile da sviluppare, potenzialmente in grado di creare
molti posti di lavoro, virtualmente non usa acqua ed è economicamente
competitivo." L'Europa segue pagina >>
( da "Arena.it, L'"
del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi
Raccolta in crescita
per Banca Valpolicella CREDITO COOPERATIVO. L'istituto chiude il 2008 con un
incremento anche della base sociale Quella indiretta aumenta del 28% a quota
153 milioni e gli impieghi superano il +15% (135,5 milioni) 03/04/2009 rss
e-mail print Gianmaria Tommasi, presidente di Banca della Valpolicella Banca
della Valpolicella Credito Cooperativo di Marano ha chiuso il 2008 in crescita.
È quello che emerge dal bilancio 2008, approvato dal consiglio di
amministrazione che lo sottoporrà all'assemblea dei soci il 16 maggio prossimo.
Il patrimonio ha superato i 13 milioni di euro, l'utile di esercizio ammonta a
1 milione e 54 mila euro. La raccolta diretta è salita a 153 milioni di euro
con un incremento del 28% rispetto al 2007; la raccolta indiretta si è
attestata a 103,4 milioni di euro; gli impieghi hanno registrato una crescita
di oltre il 15% rispetto al 2007, toccando 135,5 milioni di euro. Dato in
crescita anche per la compagine sociale ulteriormente rafforzatasi, passando da
977 soci del 2007 a 1.146 nel 2008 con un incremento del 17%. «Si tratta di
numeri confortanti», afferma il direttore generale Giovanni Sartori, «che ci
consentono di essere ottimisti anche per il prosieguo del 2009, nonostante il
periodo non certo positivo che stanno attraversando tutti i settori economici
e, di conseguenza, i consumi delle famiglie. Nonostante la crisi finanziaria stia interessando
l'economia mondiale, Banca della Valpolicella, rimanendo fedele ai principi che
hanno portato alla sua nascita, ha consolidato il proprio ruolo di banca locale
legata al territorio e, con orgoglio, sta confermando un'immagine di solidità
ed affidabilità». Frutto, prosegue il direttore generale, «di
un'attività svolta con serietà, mantenendo come punti di riferimento le
esigenze della clientela e lo sviluppo dell'economia reale». Per un'annata
particolare: quest'anno Banca della Valpolicella festeggia il 25° anniversario
della sua attività. «Si tratta di una tappa fondamentale per il nostro
istituto», spiega il presidente Gianmaria Tommasi, «che festeggeremo, assieme a
soci e clienti, domenica 4 ottobre. Ma non sarà l'unico appuntamento, stiamo
organizzando altri momenti da condividere con chi ha fatto diventare grande la
nostra banca». Il presidente ritorna sul risultato 2008, «un risultato positivo
che ci permette di affrontare con fiducia il 2009, anno non facile ma sapremo
superarlo». Massimo Ugolini Massimo Ugolini
( da "Giornale.it, Il"
del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi
La Merkel ha parlato
di un compromesso storico, Obama ieri era raggiante; tutti i leader hanno
salutato con enfasi i risultati del G20. Ed è normale che sia così: tentano di
infondere fiducia e speranza, nel tentativo, perlomeno, di sbloccare i consumi.
E le Borse hanno risposto. Tuttavia analizzando i contenuti ci si accorge che,
come previsto, il G20 ha portato poche novità. L'unica è l'aumento dei fondi a
disposizione del Fmi: erano previsti 500 miliardi, saranno 750. per il resto: -
hanno annunciato che intendono regolamentare gli hedge funds e le agenzie di
rating. Bene, ma le norme devono essere ancora stabilite e il dibattito rischia
di essere lungo. - secondo Brown "non ci saranno più i bonus per i manager
che fanno fallire le società". Era ora, ma più che altro è un auspicio
condiviso, perchè ogni Paese, com'è ovvio, deciderà autonomamente se e come
realizzarlo. - hanno dichiarato di aver posto le fondamenta per "ripulire
i bilanci delle banche dagli asset tossici", ma anche questa è una dichiarazione
d'intenti. In realtà, i Paesi continuano a procedere in ordine sparso e un
codice comune appare ancora lontano. L'economista Giorgio Barba Navaretti (
vedi l' intervista uscita sul Giornale) rileva due punti innovativi: l'impegno
a far ripartire il commercio mondiale e l'ammissione che la crescita non potrà
più dipendere solo dagli Usa, ma da quello che definisce "un traino
globale", in cui i Paesi come Cina, India, Brasile avranno un ruolo sempre
più importante. Ma questo avrà effetto nel lungo periodo: a breve è improbabile
che queste economia possano generare una domanda interna molto forte.
Complessivamente il G20 è stato insoddisfacente su due punti: - il pacchetto da
1100 miliardi non serve a rilanciare l'economia mondiale - il problema più
urgente, quello di una riforma strutturale del sistema finanziario mondiale è
irrisolto. Intanto proprio ieri gli Stati Uniti hanno allentato il
mark-to-market ovvero la norma che obbligava le banche a valutare ogni giorno
il prezzo di mercato dei prodotti finanziari e siccome molti di questi non
hanno acquirenti le banche erano costrette a iscrivere a bilancio perdite
colossali. Ora invece potranno diluirle nel tempo, nella speranza che in futuro
i prodotti tossici valgano più di zero. Insomma , cambiano i parametri anzichè
affrontare le cause del male. L'impressione è che il G20 si servito soprattutto
a spargere tanta cipria sulla crisi mondiale, nel
tentativo di cambiare la psicologia catastrofista dei mercati, infondendo
ottimismo, avvalorando l'impressione che la situazione sia sotto controllo. Il
tentativo in sè è comprensibile, ma basterà per risollevare l'economia globale?
Scritto in spin, era obama, banche, capitalismo, crisi,
società, economia, gli usa e il mondo, germania, globalizzazione, europa,
francia Commenti ( 2 ) » (1 voti, il voto medio è: 5 su un massimo di 5)
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Invia questo articolo a un amico 02Apr 09 Che tristezza, la Cnn (e un certo
giornalismo). Ieri pomeriggio decine di migliaia di persone hanno preso
d'assalto la City, spaccando vetrine delle banche, accerchiando la Banca
d'Inghilterra; ci sono stati tafferugli, feriti e un morto. Ieri pomeriggio mi
sono sintonizzato sulla Cnn: da sempre in questi frangenti è la più rapida e la
più completa; ma ieri sembrava stesse su un altro pianeta. Mentre la protesta
esplodeva, la Cnn ci ha parlato di Obama dalla regina, del menu preparato dallo
chef dei vip, dei preparativi della cena del G20, ha mostrato fino alla nausea
le immagini di Obama sorridente con Medvedev e il presidente cinese Hu Jintao.
E i disordini? Un collegamento di un paio di minuti, come si trattasse di un
fatto marginale. Le possibilità sono due: o la Cnn ha commesso un grave errore
giornalistico oppure ha volutamente minimizzato i disordini di Londra.
Propoendo per la seconda ipotesi e vi spiego perchè: da quando negli Usa è
esplosa la protesta contro i bonus dei manager Aig, l'establishment finanziario
e politico teme che le proteste, per ora isolate, possano estendersi; dunque il
messaggio che gli spin doctor trasmettono ai media è di essere cauti, di non
infiammare gli animi, di minimizzare. E la Cnn si è adeguata, come se fosse una
tv di regime. Da notare che nessun media europeo ha fatto altrettanto, sebbene
molti governi siano assai preoccupati e abbiano inviato messaggi analoghi:
tutti i mezzi d'informazione, di destra e di sinistra, hanno dato spazio alle
proteste, giudicandole, giustamente, una notizia importante. Che tristezza, la
Cnn e, purtroppo, non è l'unico episodio negativo che riguarda la stampa
americana che negli ultimi anni ha assecondato senza critiche la guerra in
Irak, ha censurato inchieste su Madoff (è successo al Wall Street Journal), e
per oltre un decennio non ha analizzato, nè denunciato gli abusi e le storture
della casta finanziaria di Wall Street, di cui, anzi,
era diventata il megafono. E questi non sono che alcuni esempi. La stampa
europea (e quella italiana) ha molti difetti, ma per anni abbiamo considerato
quella americana come un modello da imitare. Ora non più. Il livellamento, è
verso il basso e non è una buona notizia per il giornalismo occidentale.
Scritto in manipolazione, era obama, spin, crisi,
comunicazione, società, europa, gli usa e il mondo, notizie nascoste,
democrazia, globalizzazione, giornalismo Commenti ( 35 ) » (2 voti, il voto
medio è: 5 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed
RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 31Mar 09 G20,
tanto rumore per poco. E l'America non fa più paura. Dunque, ci siamo. Obama
arriva oggi a Londra e domani vedrà i leader dei venti principali Paesi
industrializzati; ma questo vertice, ritenuto da tutti fondamentale, si
concluderà con ogni probabilità con pochi risultati concreti, che non è
difficile prevedere: un impegno generico a una nuova regolamentazione degli
hedge funds, misure contro i paradisi fiscali, nuovi fondi al Fmi. Le riforme
strutturali resteranno nel cassetto e lo strapotere della finanza sull'economia
reale non verrà rimesso in discussione: questo espone il mondo a nuovi choc.
Una delle novità più importanti riguarda il rapporto tra l'America e l'Europa.
Come ho scritto in un pezzo sul Giornale, l"'Europa ha deciso di non
seguire l'America sulla via del rilancio economico, perlomeno non secondo le
modalità statunitensi. Obama, in circa due mesi, ha approvato misure, che,
inclusi i salvataggi delle banche e delle industria in difficoltà, toccheranno
l'astronomica cifra di 4500 miliardi di dollari, pari quasi al 30% del Pil. E
per settimane l'amministrazione Obama, con il martellante sostegno della
stampa, ha tentato di convincere l'Unione europea ad uniformarsi agli Usa. Ma
la cancelliera tedesca Merkel, spalleggiata da Sarkozy, ha tenuto duro e ha
vinto". I consiglieri della Casa Bianca hanno annunciato che "Obama
non insisterà con i leader dei venti Paesi più importanti del pianeta sulla
necessità di varare la prima, grande, coordinata manovra mondiale. La bozza
della risoluzione, trapelata su un giornale tedesco, esprimerà un auspicio
generico, senza alcun vincolo. Come dire: ognuno faccia da sé". L'Europa
ritiene più importante salvaguardare la solidità dei conti pubblici e limitare
i rischi di un'iperinflazione, l'America, invece, la cui economia è basta al
75% sui consumi, deve far ripartire ad ogni costo l'economia. Il viaggio
confermerà la straordinaria popolarità di Obama, ma sarà inconcludente anche su
altri dossier, soprattutto sull'Afghanistan: fino a poche settimane fa
Washington pretendeva dagli europei l'invio di nuove truppe al fianco dei
marines, ma nella Ue questa eventualità è talmente impopolare da indurre i
governi a respingere le pressioni americance. E l'America è così debole da
abbozzare: al vertice della Nato la questione delle nuove truppe a Kabul
passerà sotto traccia. La mia impressione è che politicamente il viaggio di
Obama rischia di essere ricordato come il primo di un'America a cui il mondo
non riconosce più lo status di superpotenza. Perchè dire no aall'America oggi
si può, e non basta un presidente mediatico a ridare prestigio e credibiltà a un
Paese a cui il mondo, all'unanimità, rinfaccia la responsabilità della crisi. Scritto in era obama, banche, capitalismo, crisi, economia, europa, gli usa e il mondo, germania,
democrazia, globalizzazione, francia Commenti ( 46 ) » (5 voti, il voto medio è:
4.8 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS
Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 28Mar 09 Nasce il
Pdl, ma saprà darsi un'identità? Nasce il Pdl, bene. E non è difficile
prevedere che sarà vincente, perchè Berlusconi è la figura di riferimento da
oltre 15 anni e alla maggioranza degli italiani è assai gradira e perchè i
partiti conservatori, in Italia, ma non solo, affrontano la crisi
meglio di una sinistra moderata che, avendo fatto proprio il dogma liberista
(ricordate il libro di Giavazzi e Alesina?), ora appare meno credibile di un
centrodestra, dove nel corso degli anni non sono mancate le critiche allo
stapotere della finanza e alla deriva morale della società ( vedi Tremonti,
Bossi, certi esponenti di An). Tuttavia il Pdl corre lo stesso rischio del Pd,
che è fallito perchè non è riuscito a darsi una nuova identità ovvero non ha
saputo creare una sintesi innovativa tra i cattolici sociali e i post
comunisti. Al Pd, come già osservato su questo blog, manca il senso di
appartenenza. La domanda che mi pongo è la seguente: il popolo di Forza Italia
e, soprattutto, il popolo di An, che è più piccolo ma più coeso, saprà
riconoscersi nel Pdl? Ovvero: il nuovo partito sarà sentito come proprio dai
militanti? Avrà una coerenza ideologica, programmatica, sociale? Se la risposta
sarà negativa, non è difficile prevedere un aumento dei consensi a Lega e Udc,
che hanno già un profilo consolidato e sono facilmente riconoscibili dagli
elettori. Il successo del nuovo partito nel medio e lungo periodo si gioca
sull'identità. Che dovrà essere forte, autentica, condivisa. O sbaglio? Scritto
in politica, pdl, partito democratico, democrazia, Italia Commenti ( 70 ) » (4
voti, il voto medio è: 4.5 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello
Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico
25Mar 09 Ma il mercato distorce la realtà? Soros dice di sì. Di questi tempi
abbiamo parlato molto di economia e mi spiace dover restare in tema, ma sono
rimasto colpito da questa affermazione di George Soros, l'ex speculatore che
affossò la lira e la sterlina negli anni Novanta e che ora è diventato un guru
economico-filosofico-filantropico. Con i mercati ha guadagnato miliardi e i
fondi Hedge da lui creati continuano a guadagnarne molti (pare). Eppure ieri
durante un incontro con il minostro del Tesoro Usa Geithner ha pronunciato
questa frase che ha scioccato l'America: "L'idea che i mercati
(finanziari) siano in grado di correggersi da soli si è dimostrata falsa. I
mercati, anzichè rispecchiare la realtà sottostante, la distorgono
sempre". La mia prima reazione è stata di stizza: ma come, proprio lui fa
queste considerazioni? Il personaggio non è certo coerente.. ma, pensandoci
bene, forse non ha tutti i torti. Mi spiego: io sono da sempre un liberale e
penso che l'economia di mercato abbia consentito di portare sulla via del
benessere intere nazioni. Ma ho l'impressione - anzi, la certezza - che i
mercati finanziari oggi non siano il risultato del normale incrocio tra domanda
e offerta. E questo a causa dei derivati e dei prodotti di ingegneria finanziaria. Qualcuno sa dirmi l'utilità di questi
strumenti? Nati a fin di bene ovvero per permettere agli operatori e agli
industriali di cautelarsi contro rischi di cambio o sbalzi nelle quotazioni,
sono diventati dei mostri che con l'effetto leva consentono profitti o perdite
inimmaginabili. Ma servono all'economia reale? Consentono una miglior
valutazione delle società quotate? La risposta a queste domande è no: non
servono a nulla se non a una certa finanza. E l'effetto leva è così vertiginoso
da distorgere molte valutazioni, accentuando spasmodicamente i movimenti al
rialzo o al ribasso di borse, valute, materie prime, obbligazioni. Ricordate il
petrolio? Su su fino a 150 dollari, poi già sotto i 40, il dollaro che passa da
1,25 a 1,45 in dieci giorni e poi torna a 1,25. Tutto questo è innaturale e
superfluo. E allora perchè non limitarli o addirittura abolirli,
progressivamente? I trader, certi banchieri, gli speculatori hanno già fatto
abbastanza danni. Che la festa finisca e che il mercato torni ad essere il
mercato, in un'ottica autenticamente liberale. Domanda: Che Soros abbia
ragione? Scritto in capitalismo, crisi, banche,
manipolazione, globalizzazione, economia, notizie nascoste Commenti ( 91 ) » (6
voti, il voto medio è: 4.33 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello
Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico
24Mar 09 Il piano Geithner? Un'altra beffa. I mercati finanziari hanno reagito
con entusiasmo al piano del ministro del Tesoro americano Geithner e non è
difficile capire perchè: non fa altro che prorogare lo strapotere della casta finanziaria di Wall Street. Come hanno evidenziato alcuni
commentatori (segnalo al riguardo l'ottimo fondo di Luigi Zingales sul Sole
24Ore), la manovra messa a punto dall'Amministrazione Obama si risolve in uno
straordinario regalo alle banche che hanno provocato il dissesto finanziario,
in un incentivo agli hedge funds che potranno indebitarsi a spese del
contribuente, e persino in un premio alle agenzie di rating che per valutare i
nuovi fondi di asset tossici intascheranno un miliardo di dollari. Sul Giornale
di oggi do voce anche a un'illustre economista, Alice Rivlin, ex membro del
board della Federal Reserve, che sebbene con qualche perplessità difende il
piano. Tuttavia resto molto scettico, per queste quattro ragioni: 1) Il piano
ignora le cause strutturali del dissesto. Anche se avesse successo, non
impedirebbe alle banche di ripetere gli stessi errori del passato. infatti,
secondo voci accreditate, gli istituti bancari non hanno ancora rinunciato alle
operazioni di ingegneria finanziaria, insomma
continuano a trastullarsi con derivati, cartolarizzazioni, eccetera. 2) Il
fondo dovrebbe essere alimentato con mille miliardi di dollari, ma l'ammontare
dei debiti tossici è di gran lunga superiore a questa pur ingente cifra.
Verosimilmente, non sarà sufficiente per risanare completamente i bilanci delle
banche. 3) La Cina è sempre più diffidente nei confronti degli Stati Uniti e
sempre meno disposta a indebitarsi in dollari. Ieri, d'accordo con la Russia,
ha lanciato l'idea di una moneta globale al posto della valuta statunitense.
L'ipotesi appartiene a un futuro lontano. Ma il solo fatto che venga presa in
considerazione è indicativa delle intenzioni di Pechino. 4) L'economia
americana si basa per il 75% sui consumi e le misure varate dal governo faranno
esplodere prima il deficit e poi il debito pubblico, che potrebbe arrivare in
appena due anni all'80% del Pil. E ci vorranno molti anni per riconvertirla
all'industria. Le sue debolezze sono strutturali. L'ottimismo di molti
operatori è davvero giustificato? Scritto in banche, capitalismo, crisi, era obama, economia, cina, globalizzazione, gli usa e
il mondo Commenti ( 63 ) » (3 voti, il voto medio è: 5 su un massimo di 5)
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Invia questo articolo a un amico 21Mar 09 Non chiedete a Obama di essere spontaneo
Ma Obama è davvero un grande comunicatore? Ne dubito. O meglio, dipende dalle
circostanze. Come spiego in un articolo pubblicato oggi sul Giornale, il
presidente degli Stati Uniti è soprattutto un grande interprete, ma solo di
discorsi scritti, spesso da altri. Sa leggere, sa recitare bene. Ma è
terrorizzato quando deve parlare a braccio. Infatti, ha sempre appresso il
teleprompter (vedi foto) ovvero il "gobbo elettronico", anche quando
deve intervenire in pubblico solo per pochi secondi. Non sa improvvisare, non
sa essere spontaneo. Io dico: non paragonatelo a Roosevelet, nè a Kennedy, nè a
Reagan. Quella era un'altra categoria. Obama senza il suo spin doctor David
Axelrod è perso. Scritto in spin, comunicazione, era obama, presidenziali usa,
gli usa e il mondo, giornalismo Commenti ( 72 ) » (4 voti, il voto medio è:
4.75 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS
Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 19Mar 09 Proteste
alla Sapienza e degli islamici, la legge vale per tutti? Ieri altri tafferugli
alla Sapienza. Gli studenti volevano improvvisare un corteo non autorizzato e
la polizia lo ha impedito; da qui gli scontri. A mio giudizio la polizia ha
ragione; mi chiedo però perchè lo stesso criterio non sia stato usato in
occasione delle proteste degli estremisti islamici di gennaio, durante le
quali, per ben 4 volte i manifestanti hanno deviato dal percorso autorizzato
per andare a pregare di fronte al Duomo e al Colosseo. In quell'occasione, a
Milano come a Roma, le forze dell'ordine hanno lasciato fare. E purtroppo credo
che lo stesso accadrebbe se gli islamici tentassero un'altra prova di forza;
perchè è relativamente semplice contrastare qualche centinaio di studenti su di
giri, ma è troppo rischioso far rispettare la legge se a violarla è una
minoranza musulmana ormai molto numerosa composta da centinaia di migliaia di
persone, che potrebbero provocare sommosse di piazza. E se osservo quel che
accade all'estero non trovi motivi di conforto: a Parigi la polizia non ha più
il controllo di alcuni quartieri di periferia e gli agenti hanno paura di
uscire dai commissariati, mentre in America Sean Penn ha fatto tagliare i
passaggi che lo riguardano in un film che denuncia le difficoltà di
integrazione di certe minoranze, tra cui quella islamica, mostrando scene
forti, come quella di una ragazza iraniana uccisa in nome dell' «onore» da un
familiare che ne rimproverava la condotta di vita non conforme alle tradizioni
e ai dettami della religione. Le proteste dell'associazione degli iraniani è
stata così veemente da indurre l'attore, famoso per il suo impegno civile, a
una clamorosa retromarcia. E la situazione rischia di peggiorare ulteriormente.
Che fare? Bisogna arrivare al punto di limitare drasticamente l'immigrazione
musulmana privilegiando quella di minoranze, come i filippini, che si integrano
facilmente? Scritto in notizie nascoste, società, Italia, gli usa e il mondo,
francia, immigrazione, islam Commenti ( 181 ) » (6 voti, il voto medio è: 5 su
un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli
Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 17Mar 09 Il rally delle
Borse è un'illusione, l'America nasconde i guai Negli ultimi sette giorni le
Borse sono partite al rialzo e c'è già chi sostiene che il peggio è passato.
Non riesco ad essere così ottimista; anzi, ho l'impressione che in realtà,
proprio in questi giorni ,stiamo vivendo un passaggio delicatissimo della crisi. Il rally è stato innescato da Citigroup che ha
annunciato profitti per i primi due mesi e gli operatori hanno iniziato a
credere che il settore bancario sia sulla via del risanamento. Ma è davvero
così? Che fine hanno fatto i debiti colossali accumulati dagli istituti? Si
sono volatilizzati con un colpo di bacchetta magica? Ovvio che no. E infatti
qualcuno ha rilevato che Citigroup ha annunciato gli utili ma si è rifiutata di
rilevare l'incidenza dei debiti. Ma l'annuncio di una settimana fa è servito
per innescare un'operazione colossale per propagare fiducia. Il movimento di
Borsa è stato ampliato da una raffica di annunci rassicuranti da altre banche,
e, soprattutto, da uno spin iperottimistico da parte di Obama, del ministro del
Tesoro Geithner del presidente della Fed Bernanke, secondo cui "il peggio
è passato". Che i governi tendano a sollevare gli spiriti è normale, ma
questa euforia è sospetta. E infatti serve a nascondere un problema ben più
grande. Altro che ripresa, in queste ore l'America è in bilico come mai prima
d'ora. La vera notizia non è Citigroup, ma la dichiarazione del primo ministro
cinese che pubblicamente ha espresso dubbi sulla solidità dei Buoni del Tesoro
americani. E Obama nel week-end ha moltiplicato gli interventi per rassicurare
il mondo "che gli Usa sono la nazione più sicura al mondo per gli
investimenti". Ieri sono usciti i dati, ripresi dall'economista Roubini,
sugli acquisti di Treasury ed è emersa un'altra verità scomoda. In gennaio gli
stranieri hanno venduto Buoni del Tesoro a lunga scadenza per 18 miliardi
(mentre in dicembre ne avevano acquistati per 22 miliairdi), preferendo le
scadenze brevi. In genere hanno ridotto gli acquisti di obbligazioni americane,
sia pubbliche che private, con, complessivamente, un saldo negativo per 148
miliardi di dollari. La Cina è inquieta e il mercato manda segnali negativi: il
mondo inizia a perdere fiducia in un'America il cui deficit sta esplodendo? E'
l'incubo che agita le notti di Obama. Altro che euforia, il suo è spin da
disperazione. E il mondo trattiene il fiato. AGGIORNAMENTO: Sono a Parigi, dove
ho intervistato Jacques Attali, uno dei pochi ad aver
previsto per tempo la crisi.
E' convinto che la crisi
potrà essere superata definitivamente solo se verranno cambiate le regole che
hanno permesso la diffusione dell'anarchia finanziaria, altrimenti la ripresa sarà effimera. Il problema è che
Washington e Londra vogliono continuare come prima. Attali è persuaso
che l'Europa sia meglio attrezzata e potrebbe addirittura emergere come la
nuova superpotenza. Potere leggere l'intervista qui Scritto in spin, banche,
capitalismo, crisi, era obama, società, cina, notizie
nascoste, globalizzazione, economia, gli usa e il mondo Commenti ( 45 ) » (4
voti, il voto medio è: 5 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello
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14Mar 09 La crisi provocherà una nuova ondata di
immigrati? Ma la crisi che impatto avrà sui flussi
migratori? In Italia se n'è parlato poco, ma sulla stampa straniera sono stati
pubblicati diversi reportage, da quali risultava che molti immigrati stavano
abbandondando i Paesi ricchi (soprattutto negli Usa e in quelli del Golfo) per
tornare a casa. Il motivo? Ovvio: la mancanza di lavoro. Anche in Italia è
accaduto un fenomeno analogo, sebbene in misura molto minore e limitatamente ad
alcune comunità, come quella brasiliana. Ma ora il quadro potrebbe cambiare. Se
la crisi finanziaria nei Paesi dell'Europa dell'est
peggiorerà ulteriormente, provocando un forte aumento della disoccupazione,
molti rumeni, bulgari, albanesi, slovacchi, eccetera potrebbero essere indotti,
dalla disperazione, a tentare l'avventura a ovest, magari al solo scopo di
vivere di espedienti. L'incognita principale, tuttavia, riguarda l'Africa.
L'altro giorno il segretario del Fmi, Dominique Strauss-Kahn, ha lanciato
l'allarme per gli effetti catastrofici della recessione sul Continente nero.
«C'è in pratica la certezza -ha detto il capo dell'Fmi -che molti milioni di
persone sprofonderanno sempre più nella miseria: se non si interviene con un
forte piano d'emergenza ci sono forti rischi di guerre civili, se non di guerre
estese». E dunque di una nuova ondata migratoria verso l'Europa. Secondo
Strauss-Kahn tocca ai Paesi ricchi mettere mano al portafoglio. «Se la comunità
internazionale ha trovato centinaia di miliardi di dollari per affrontare la crisi globale, non è ammissibile che non possa trovare
qualche centinaio di milioni, meno di quanto ha investito per salvare singole
aziende private, per i Paesi più poveri». E' davvero questo il modo appropriato
per aiutare l'Africa a superare la crisi? Inoltre:
siamo pronti a reggere, in piena crisi economica, una
nuova ondata migratoria dall'Europa dell'Est e dall'Africa? Temo che un evento
del genere provocherebbe tensioni sociali enormi, un razzismo diffuso e una
guerra tra poveri nelle nostre città. Che foschi presagi.. sbaglio? Scritto in
società, crisi, globalizzazione, democrazia, Italia,
notizie nascoste, immigrazione Commenti ( 88 ) » (8 voti, il voto medio è: 4.38
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siano messi sulla strada giusta. Credo che si siano fatti... Harlequin: roberto
- ho posto un link di ricerca su Google, per fare questa affermazione con un
minimo di correttezza... redesio: ma si!!! come non averlo capito prima la
colpa è tutta di quei farabutti dell'Uruguay&Filippin... roberto: Harlequin
Scrive: April 2nd, 2009 at 8:30 am Gentilissimo Dr. Foa, dovrebbe conoscere uno
dei soprannomi con... roberto: Umberto Cisotti Scrive: April 2nd, 2009 at 10:10
pm No ROBERTO, la frase giusta sarebbe stata " panem et... Ultime news
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giornalismo). G20, tanto rumore per poco. E l'America non fa più paura. Nasce
il Pdl, ma saprà darsi un'identità? Ma il mercato distorce la realtà? Soros
dice di sì. Il piano Geithner? Un'altra beffa. Non chiedete a Obama di essere
spontaneo Proteste alla Sapienza e degli islamici, la legge vale per tutti? Il
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( da "Avvenire" del
03-04-2009)
Argomenti: Crisi
ECONOMIA 03-04-2009
Addio ai paradisi fiscali, più fondi contro la crisi Il compromesso dei Grandi
su regole e stimoli. Mille miliardi in più al Fondo monetario DI ELENA MOLINARI
L a Francia ottiene il giro di vite sui paradisi fiscali, sui quali aveva puntato
i piedi. Il Fondo Monetario vede triplicate le risorse a sua disposizione per
salvare i Paesi messi in ginocchio dalla crisi. E Usa e Gran Bretagna portano a
casa la conferma di uno stimolo fiscale da 5mila miliardi di dollari entro la
fine del 2010 a sostegno della ripresa dell'economia mondiale. Ma non la
promessa di ulteriori iniezioni dirette di capitale nelle economie più in
difficoltà. Il G20 iniziato all'insegna della tensione si è chiuso con un
accordo di compromesso che non scontenta nessuno e contiene qualche sostanziale
passo avanti. Per Barack Obama, che pure non ha ottenuto l'aumento sostanziale
di stimoli fiscali che sperava, il giudizio del suo primo vertice economico
internazionale è del tutto positivo: ha parlato infatti di «misure senza
precedenti» che segnano un «punto di svolta per la crisi economica». Poi si è
auto-assegnato parte del merito della buona riuscita del summit, facendo dire a
un membro del suo staff che «si deve al presidente Usa la mediazione fra
Francia e Cina sui paradisi fiscali». «Ero giunto al G20 di Londra per
ascoltare, imparare e fornire leadership americana: penso di avere centrato
l'obiettivo», ha ag- giunto il presidente americano. Quindi ha lodato il
«coordinamento storico, inimmaginabile 10 o 20 anni fa» che ha unito «Paesi
molto diversi come Stati Uniti, Russia e Cina». Il comunicato finale
dell'incontro è altrettanto trionfale: «Le azioni che abbiamo intrapreso
costituiranno il più grande stimolo fiscale e monetario e il programma di
supporto del sistema finanziario di più vasta portata
dei tempi recenti. Abbiamo fissato un ulteriore aumento di mille miliardi di
dollari per le risorse all'economia mondiale, attraverso le nostre istituzioni finanziarie e il commercio internazionale. Stiamo sostenendo
un'espansione fiscale concertata e senza precedenti che salverà o creerà
milioni di posti di lavoro, e che ammonterà, entro la fine dell'anno prossimo,
a 5mila miliardi di dollari». Se la somma di 5mila miliardi appare enorme,
occorre precisare che comprendono sia i nuovi stanziamenti che quelli già
avviati dai vari Paesi. Per quanto riguarda la nuova regolamentazione dei mercati finanziari, chiesta da Francia e Germania, invece, i
dettagli vanno ancora definiti. Per ora il G20 ha disposto «l'estensione, la
sorveglianza e la regolamentazione a tutte le più importanti istituzioni finanziarie, gli strumenti e i mercati
finanziari ». La novità, come ha fatto notare con soddisfazione il
premier britannico Gordon Brown, è che la regolamentazione si estende per la
prima volta anche agli hedge fund. Anche le agenzie di rating, accusate di aver
sottovalutato negli ultimi anni il rischio legato al debito delle istituzioni
da loro analizzate, verranno sottoposte a supervisione. Riguardo ai paradisi
fiscali, il documento parla per la prima volta di sanzioni e rinvia alla lista
nera dell'Ocse lo spinoso problema di stabilire chi è in regola e chi non lo è.
Misure che, per Brown costituiscono l'avvio di un «nuovo ordine mondiale». «Per
la prima volta ha detto il primo ministro britannico il mondo si è unito con un
piano concreto per la ripresa globale. Ci siamo accordati sulla necessità di
fissare standard contabili internazionali, regole per le agenzie di rating per
eliminare i loro conflitti di interesse e per porre fine ai paradisi fiscali
che non concedono informazioni su richiesta ». Al Fondo monetario
internazionale sono state triplicate le risorse per aiutare i Paesi più colpiti
dalla crisi, portandole a 750 miliardi di dollari. Altri 250 miliardi verranno
assicurati sotto forma di garanzie agli esportatori e agli importatori per
aiutare il commercio internazionale. Inoltre, viene stanziata una cifra
compresa tra 100 e 250 miliardi di dollari di prestiti aggiuntivi, che saranno
assicurati dagli organismi di sviluppo multilaterale. Il Fmi da parte sua ha
accettato di vendere le sue riserve in oro per aiutare i Paesi più poveri. Sulla lotta al protezionismo si riafferma quanto già detto a Washington (ma non messo in
pratica) e cioè l'impegno a «non creare nuovi ostacoli agli investimenti e al
commercio». Si ampliano poi i poteri del Financial Stability Forum, che insieme
al Fondo monetario è stato incaricato di agire come struttura di
"allarme", in grado di prevenire le crisi. Sostegni
all'economia per 5mila miliardi totali Aiuti ai Paesi poveri, 50 miliardi
dall'Fmi Una dimostrante con un cartello nei pressi della sede dell'incontro
del G20 a Londra (Reuters)
( da "Giornale.it, Il"
del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi
La Merkel ha parlato
di un compromesso storico, Obama ieri era raggiante; tutti i leader hanno
salutato con enfasi i risultati del G20. Ed è normale che sia così: tentano di
infondere fiducia e speranza, nel tentativo, perlomeno, di sbloccare i consumi.
E le Borse hanno risposto. Tuttavia analizzando i contenuti ci si accorge che,
come previsto, il G20 ha portato poche novità. L'unica è l'aumento dei fondi a
disposizione del Fmi: erano previsti 500 miliardi, saranno 750. per il resto: -
hanno annunciato che intendono regolamentare gli hedge funds e le agenzie di
rating. Bene, ma le norme devono essere ancora stabilite e il dibattito rischia
di essere lungo. - secondo Brown "non ci saranno più i bonus per i manager
che fanno fallire le società". Era ora, ma più che altro è un auspicio
condiviso, perchè ogni Paese, com'è ovvio, deciderà autonomamente se e come
realizzarlo. - hanno dichiarato di aver posto le fondamenta per "ripulire
i bilanci delle banche dagli asset tossici", ma anche questa è una
dichiarazione d'intenti. In realtà, i Paesi continuano a procedere in ordine
sparso e un codice comune appare ancora lontano. L'economista Giorgio Barba
Navaretti ( vedi l' intervista uscita sul Giornale) rileva due punti
innovativi: l'impegno a far ripartire il commercio mondiale e l'ammissione che
la crescita non potrà più dipendere solo dagli Usa, ma da quello che definisce
"un traino globale", in cui i Paesi come Cina, India, Brasile avranno
un ruolo sempre più importante. Ma questo avrà effetto nel lungo periodo: a
breve è improbabile che queste economia possano generare una domanda interna
molto forte. Complessivamente il G20 è stato insoddisfacente su due punti: - il
pacchetto da 1100 miliardi non serve a rilanciare l'economia mondiale - il
problema più urgente, quello di una riforma strutturale del sistema finanziario
mondiale è irrisolto. Intanto proprio ieri gli Stati Uniti hanno allentato il
mark-to-market ovvero la norma che obbligava le banche a valutare ogni giorno
il prezzo di mercato dei prodotti finanziari e siccome molti di questi non
hanno acquirenti le banche erano costrette a iscrivere a bilancio perdite
colossali. Ora invece potranno diluirle nel tempo, nella speranza che in futuro
i prodotti tossici valgano più di zero. Insomma , cambiano i parametri anzichè
affrontare le cause del male. L'impressione è che il G20 si servito soprattutto
a spargere tanta cipria sulla crisi mondiale, nel
tentativo di cambiare la psicologia catastrofista dei mercati, infondendo
ottimismo, avvalorando l'impressione che la situazione sia sotto controllo. Il
tentativo in sè è comprensibile, ma basterà per risollevare l'economia globale?
Scritto in spin, era obama, banche, capitalismo, crisi,
società, economia, gli usa e il mondo, germania, globalizzazione, europa,
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Invia questo articolo a un amico 02Apr 09 Che tristezza, la Cnn (e un certo
giornalismo). Ieri pomeriggio decine di migliaia di persone hanno preso
d'assalto la City, spaccando vetrine delle banche, accerchiando la Banca
d'Inghilterra; ci sono stati tafferugli, feriti e un morto. Ieri pomeriggio mi
sono sintonizzato sulla Cnn: da sempre in questi frangenti è la più rapida e la
più completa; ma ieri sembrava stesse su un altro pianeta. Mentre la protesta
esplodeva, la Cnn ci ha parlato di Obama dalla regina, del menu preparato dallo
chef dei vip, dei preparativi della cena del G20, ha mostrato fino alla nausea
le immagini di Obama sorridente con Medvedev e il presidente cinese Hu Jintao.
E i disordini? Un collegamento di un paio di minuti, come si trattasse di un
fatto marginale. Le possibilità sono due: o la Cnn ha commesso un grave errore
giornalistico oppure ha volutamente minimizzato i disordini di Londra.
Propoendo per la seconda ipotesi e vi spiego perchè: da quando negli Usa è
esplosa la protesta contro i bonus dei manager Aig, l'establishment finanziario
e politico teme che le proteste, per ora isolate, possano estendersi; dunque il
messaggio che gli spin doctor trasmettono ai media è di essere cauti, di non
infiammare gli animi, di minimizzare. E la Cnn si è adeguata, come se fosse una
tv di regime. Da notare che nessun media europeo ha fatto altrettanto, sebbene
molti governi siano assai preoccupati e abbiano inviato messaggi analoghi:
tutti i mezzi d'informazione, di destra e di sinistra, hanno dato spazio alle
proteste, giudicandole, giustamente, una notizia importante. Che tristezza, la
Cnn e, purtroppo, non è l'unico episodio negativo che riguarda la stampa
americana che negli ultimi anni ha assecondato senza critiche la guerra in
Irak, ha censurato inchieste su Madoff (è successo al Wall Street Journal), e
per oltre un decennio non ha analizzato, nè denunciato gli abusi e le storture
della casta finanziaria di Wall Street, di cui, anzi,
era diventata il megafono. E questi non sono che alcuni esempi. La stampa
europea (e quella italiana) ha molti difetti, ma per anni abbiamo considerato
quella americana come un modello da imitare. Ora non più. Il livellamento, è
verso il basso e non è una buona notizia per il giornalismo occidentale.
Scritto in manipolazione, era obama, spin, crisi,
comunicazione, società, europa, gli usa e il mondo, notizie nascoste,
democrazia, globalizzazione, giornalismo Commenti ( 35 ) » (2 voti, il voto
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RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 31Mar 09 G20,
tanto rumore per poco. E l'America non fa più paura. Dunque, ci siamo. Obama
arriva oggi a Londra e domani vedrà i leader dei venti principali Paesi
industrializzati; ma questo vertice, ritenuto da tutti fondamentale, si
concluderà con ogni probabilità con pochi risultati concreti, che non è
difficile prevedere: un impegno generico a una nuova regolamentazione degli
hedge funds, misure contro i paradisi fiscali, nuovi fondi al Fmi. Le riforme
strutturali resteranno nel cassetto e lo strapotere della finanza sull'economia
reale non verrà rimesso in discussione: questo espone il mondo a nuovi choc.
Una delle novità più importanti riguarda il rapporto tra l'America e l'Europa.
Come ho scritto in un pezzo sul Giornale, l"'Europa ha deciso di non
seguire l'America sulla via del rilancio economico, perlomeno non secondo le
modalità statunitensi. Obama, in circa due mesi, ha approvato misure, che,
inclusi i salvataggi delle banche e delle industria in difficoltà, toccheranno
l'astronomica cifra di 4500 miliardi di dollari, pari quasi al 30% del Pil. E
per settimane l'amministrazione Obama, con il martellante sostegno della
stampa, ha tentato di convincere l'Unione europea ad uniformarsi agli Usa. Ma
la cancelliera tedesca Merkel, spalleggiata da Sarkozy, ha tenuto duro e ha
vinto". I consiglieri della Casa Bianca hanno annunciato che "Obama
non insisterà con i leader dei venti Paesi più importanti del pianeta sulla
necessità di varare la prima, grande, coordinata manovra mondiale. La bozza
della risoluzione, trapelata su un giornale tedesco, esprimerà un auspicio
generico, senza alcun vincolo. Come dire: ognuno faccia da sé". L'Europa
ritiene più importante salvaguardare la solidità dei conti pubblici e limitare
i rischi di un'iperinflazione, l'America, invece, la cui economia è basta al
75% sui consumi, deve far ripartire ad ogni costo l'economia. Il viaggio
confermerà la straordinaria popolarità di Obama, ma sarà inconcludente anche su
altri dossier, soprattutto sull'Afghanistan: fino a poche settimane fa
Washington pretendeva dagli europei l'invio di nuove truppe al fianco dei
marines, ma nella Ue questa eventualità è talmente impopolare da indurre i
governi a respingere le pressioni americance. E l'America è così debole da abbozzare:
al vertice della Nato la questione delle nuove truppe a Kabul passerà sotto
traccia. La mia impressione è che politicamente il viaggio di Obama rischia di
essere ricordato come il primo di un'America a cui il mondo non riconosce più
lo status di superpotenza. Perchè dire no aall'America oggi si può, e non basta
un presidente mediatico a ridare prestigio e credibiltà a un Paese a cui il
mondo, all'unanimità, rinfaccia la responsabilità della crisi.
Scritto in era obama, banche, capitalismo, crisi,
economia, europa, gli usa e il mondo, germania, democrazia, globalizzazione,
francia Commenti ( 46 ) » (5 voti, il voto medio è: 4.8 su un massimo di 5)
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Invia questo articolo a un amico 28Mar 09 Nasce il Pdl, ma saprà darsi
un'identità? Nasce il Pdl, bene. E non è difficile prevedere che sarà vincente,
perchè Berlusconi è la figura di riferimento da oltre 15 anni e alla
maggioranza degli italiani è assai gradira e perchè i partiti conservatori, in
Italia, ma non solo, affrontano la crisi meglio di una
sinistra moderata che, avendo fatto proprio il dogma liberista (ricordate il
libro di Giavazzi e Alesina?), ora appare meno credibile di un centrodestra,
dove nel corso degli anni non sono mancate le critiche allo stapotere della
finanza e alla deriva morale della società ( vedi Tremonti, Bossi, certi
esponenti di An). Tuttavia il Pdl corre lo stesso rischio del Pd, che è fallito
perchè non è riuscito a darsi una nuova identità ovvero non ha saputo creare
una sintesi innovativa tra i cattolici sociali e i post comunisti. Al Pd, come
già osservato su questo blog, manca il senso di appartenenza. La domanda che mi
pongo è la seguente: il popolo di Forza Italia e, soprattutto, il popolo di An,
che è più piccolo ma più coeso, saprà riconoscersi nel Pdl? Ovvero: il nuovo
partito sarà sentito come proprio dai militanti? Avrà una coerenza ideologica,
programmatica, sociale? Se la risposta sarà negativa, non è difficile prevedere
un aumento dei consensi a Lega e Udc, che hanno già un profilo consolidato e
sono facilmente riconoscibili dagli elettori. Il successo del nuovo partito nel
medio e lungo periodo si gioca sull'identità. Che dovrà essere forte,
autentica, condivisa. O sbaglio? Scritto in politica, pdl, partito democratico,
democrazia, Italia Commenti ( 70 ) » (4 voti, il voto medio è: 4.5 su un
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la realtà? Soros dice di sì. Di questi tempi abbiamo parlato molto di economia
e mi spiace dover restare in tema, ma sono rimasto colpito da questa
affermazione di George Soros, l'ex speculatore che affossò la lira e la
sterlina negli anni Novanta e che ora è diventato un guru
economico-filosofico-filantropico. Con i mercati ha guadagnato miliardi e i
fondi Hedge da lui creati continuano a guadagnarne molti (pare). Eppure ieri
durante un incontro con il minostro del Tesoro Usa Geithner ha pronunciato questa
frase che ha scioccato l'America: "L'idea che i mercati (finanziari) siano
in grado di correggersi da soli si è dimostrata falsa. I mercati, anzichè
rispecchiare la realtà sottostante, la distorgono sempre". La mia prima
reazione è stata di stizza: ma come, proprio lui fa queste considerazioni? Il
personaggio non è certo coerente.. ma, pensandoci bene, forse non ha tutti i
torti. Mi spiego: io sono da sempre un liberale e penso che l'economia di
mercato abbia consentito di portare sulla via del benessere intere nazioni. Ma
ho l'impressione - anzi, la certezza - che i mercati finanziari oggi non siano
il risultato del normale incrocio tra domanda e offerta. E questo a causa dei
derivati e dei prodotti di ingegneria finanziaria.
Qualcuno sa dirmi l'utilità di questi strumenti? Nati a fin di bene ovvero per
permettere agli operatori e agli industriali di cautelarsi contro rischi di
cambio o sbalzi nelle quotazioni, sono diventati dei mostri che con l'effetto
leva consentono profitti o perdite inimmaginabili. Ma servono all'economia
reale? Consentono una miglior valutazione delle società quotate? La risposta a
queste domande è no: non servono a nulla se non a una certa finanza. E
l'effetto leva è così vertiginoso da distorgere molte valutazioni, accentuando
spasmodicamente i movimenti al rialzo o al ribasso di borse, valute, materie
prime, obbligazioni. Ricordate il petrolio? Su su fino a 150 dollari, poi già
sotto i 40, il dollaro che passa da 1,25 a 1,45 in dieci giorni e poi torna a
1,25. Tutto questo è innaturale e superfluo. E allora perchè non limitarli o
addirittura abolirli, progressivamente? I trader, certi banchieri, gli
speculatori hanno già fatto abbastanza danni. Che la festa finisca e che il
mercato torni ad essere il mercato, in un'ottica autenticamente liberale.
Domanda: Che Soros abbia ragione? Scritto in capitalismo, crisi,
banche, manipolazione, globalizzazione, economia, notizie nascoste Commenti (
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di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo
articolo a un amico 24Mar 09 Il piano Geithner? Un'altra beffa. I mercati
finanziari hanno reagito con entusiasmo al piano del ministro del Tesoro
americano Geithner e non è difficile capire perchè: non fa altro che prorogare
lo strapotere della casta finanziaria di Wall Street.
Come hanno evidenziato alcuni commentatori (segnalo al riguardo l'ottimo fondo
di Luigi Zingales sul Sole 24Ore), la manovra messa a punto
dall'Amministrazione Obama si risolve in uno straordinario regalo alle banche
che hanno provocato il dissesto finanziario, in un incentivo agli hedge funds
che potranno indebitarsi a spese del contribuente, e persino in un premio alle
agenzie di rating che per valutare i nuovi fondi di asset tossici intascheranno
un miliardo di dollari. Sul Giornale di oggi do voce anche a un'illustre
economista, Alice Rivlin, ex membro del board della Federal Reserve, che
sebbene con qualche perplessità difende il piano. Tuttavia resto molto
scettico, per queste quattro ragioni: 1) Il piano ignora le cause strutturali
del dissesto. Anche se avesse successo, non impedirebbe alle banche di ripetere
gli stessi errori del passato. infatti, secondo voci accreditate, gli istituti
bancari non hanno ancora rinunciato alle operazioni di ingegneria finanziaria, insomma continuano a trastullarsi con derivati,
cartolarizzazioni, eccetera. 2) Il fondo dovrebbe essere alimentato con mille
miliardi di dollari, ma l'ammontare dei debiti tossici è di gran lunga
superiore a questa pur ingente cifra. Verosimilmente, non sarà sufficiente per
risanare completamente i bilanci delle banche. 3) La Cina è sempre più
diffidente nei confronti degli Stati Uniti e sempre meno disposta a indebitarsi
in dollari. Ieri, d'accordo con la Russia, ha lanciato l'idea di una moneta
globale al posto della valuta statunitense. L'ipotesi appartiene a un futuro
lontano. Ma il solo fatto che venga presa in considerazione è indicativa delle
intenzioni di Pechino. 4) L'economia americana si basa per il 75% sui consumi e
le misure varate dal governo faranno esplodere prima il deficit e poi il debito
pubblico, che potrebbe arrivare in appena due anni all'80% del Pil. E ci
vorranno molti anni per riconvertirla all'industria. Le sue debolezze sono
strutturali. L'ottimismo di molti operatori è davvero giustificato? Scritto in
banche, capitalismo, crisi, era obama, economia, cina,
globalizzazione, gli usa e il mondo Commenti ( 63 ) » (3 voti, il voto medio è:
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Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 21Mar 09 Non
chiedete a Obama di essere spontaneo Ma Obama è davvero un grande comunicatore?
Ne dubito. O meglio, dipende dalle circostanze. Come spiego in un articolo
pubblicato oggi sul Giornale, il presidente degli Stati Uniti è soprattutto un
grande interprete, ma solo di discorsi scritti, spesso da altri. Sa leggere, sa
recitare bene. Ma è terrorizzato quando deve parlare a braccio. Infatti, ha
sempre appresso il teleprompter (vedi foto) ovvero il "gobbo
elettronico", anche quando deve intervenire in pubblico solo per pochi
secondi. Non sa improvvisare, non sa essere spontaneo. Io dico: non
paragonatelo a Roosevelet, nè a Kennedy, nè a Reagan. Quella era un'altra categoria.
Obama senza il suo spin doctor David Axelrod è perso. Scritto in spin,
comunicazione, era obama, presidenziali usa, gli usa e il mondo, giornalismo
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questo articolo a un amico 19Mar 09 Proteste alla Sapienza e degli islamici, la
legge vale per tutti? Ieri altri tafferugli alla Sapienza. Gli studenti
volevano improvvisare un corteo non autorizzato e la polizia lo ha impedito; da
qui gli scontri. A mio giudizio la polizia ha ragione; mi chiedo però perchè lo
stesso criterio non sia stato usato in occasione delle proteste degli
estremisti islamici di gennaio, durante le quali, per ben 4 volte i
manifestanti hanno deviato dal percorso autorizzato per andare a pregare di
fronte al Duomo e al Colosseo. In quell'occasione, a Milano come a Roma, le
forze dell'ordine hanno lasciato fare. E purtroppo credo che lo stesso
accadrebbe se gli islamici tentassero un'altra prova di forza; perchè è
relativamente semplice contrastare qualche centinaio di studenti su di giri, ma
è troppo rischioso far rispettare la legge se a violarla è una minoranza
musulmana ormai molto numerosa composta da centinaia di migliaia di persone, che
potrebbero provocare sommosse di piazza. E se osservo quel che accade
all'estero non trovi motivi di conforto: a Parigi la polizia non ha più il
controllo di alcuni quartieri di periferia e gli agenti hanno paura di uscire
dai commissariati, mentre in America Sean Penn ha fatto tagliare i passaggi che
lo riguardano in un film che denuncia le difficoltà di integrazione di certe
minoranze, tra cui quella islamica, mostrando scene forti, come quella di una
ragazza iraniana uccisa in nome dell' «onore» da un familiare che ne
rimproverava la condotta di vita non conforme alle tradizioni e ai dettami
della religione. Le proteste dell'associazione degli iraniani è stata così
veemente da indurre l'attore, famoso per il suo impegno civile, a una clamorosa
retromarcia. E la situazione rischia di peggiorare ulteriormente. Che fare?
Bisogna arrivare al punto di limitare drasticamente l'immigrazione musulmana
privilegiando quella di minoranze, come i filippini, che si integrano
facilmente? Scritto in notizie nascoste, società, Italia, gli usa e il mondo,
francia, immigrazione, islam Commenti ( 181 ) » (6 voti, il voto medio è: 5 su
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Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 17Mar 09 Il rally delle
Borse è un'illusione, l'America nasconde i guai Negli ultimi sette giorni le
Borse sono partite al rialzo e c'è già chi sostiene che il peggio è passato.
Non riesco ad essere così ottimista; anzi, ho l'impressione che in realtà,
proprio in questi giorni ,stiamo vivendo un passaggio delicatissimo della crisi. Il rally è stato innescato da Citigroup che ha
annunciato profitti per i primi due mesi e gli operatori hanno iniziato a
credere che il settore bancario sia sulla via del risanamento. Ma è davvero
così? Che fine hanno fatto i debiti colossali accumulati dagli istituti? Si
sono volatilizzati con un colpo di bacchetta magica? Ovvio che no. E infatti
qualcuno ha rilevato che Citigroup ha annunciato gli utili ma si è rifiutata di
rilevare l'incidenza dei debiti. Ma l'annuncio di una settimana fa è servito
per innescare un'operazione colossale per propagare fiducia. Il movimento di
Borsa è stato ampliato da una raffica di annunci rassicuranti da altre banche,
e, soprattutto, da uno spin iperottimistico da parte di Obama, del ministro del
Tesoro Geithner del presidente della Fed Bernanke, secondo cui "il peggio
è passato". Che i governi tendano a sollevare gli spiriti è normale, ma
questa euforia è sospetta. E infatti serve a nascondere un problema ben più
grande. Altro che ripresa, in queste ore l'America è in bilico come mai prima
d'ora. La vera notizia non è Citigroup, ma la dichiarazione del primo ministro
cinese che pubblicamente ha espresso dubbi sulla solidità dei Buoni del Tesoro
americani. E Obama nel week-end ha moltiplicato gli interventi per rassicurare
il mondo "che gli Usa sono la nazione più sicura al mondo per gli
investimenti". Ieri sono usciti i dati, ripresi dall'economista Roubini,
sugli acquisti di Treasury ed è emersa un'altra verità scomoda. In gennaio gli
stranieri hanno venduto Buoni del Tesoro a lunga scadenza per 18 miliardi
(mentre in dicembre ne avevano acquistati per 22 miliairdi), preferendo le
scadenze brevi. In genere hanno ridotto gli acquisti di obbligazioni americane,
sia pubbliche che private, con, complessivamente, un saldo negativo per 148
miliardi di dollari. La Cina è inquieta e il mercato manda segnali negativi: il
mondo inizia a perdere fiducia in un'America il cui deficit sta esplodendo? E'
l'incubo che agita le notti di Obama. Altro che euforia, il suo è spin da
disperazione. E il mondo trattiene il fiato. AGGIORNAMENTO: Sono a Parigi, dove
ho intervistato Jacques Attali, uno dei pochi ad aver
previsto per tempo la crisi.
E' convinto che la crisi potrà
essere superata definitivamente solo se verranno cambiate le regole che hanno
permesso la diffusione dell'anarchia finanziaria, altrimenti la ripresa sarà effimera. Il problema è che
Washington e Londra vogliono continuare come prima. Attali è persuaso
che l'Europa sia meglio attrezzata e potrebbe addirittura emergere come la
nuova superpotenza. Potere leggere l'intervista qui Scritto in spin, banche,
capitalismo, crisi, era obama, società, cina, notizie
nascoste, globalizzazione, economia, gli usa e il mondo Commenti ( 45 ) » (4
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14Mar 09 La crisi provocherà una nuova ondata di
immigrati? Ma la crisi che impatto avrà sui flussi
migratori? In Italia se n'è parlato poco, ma sulla stampa straniera sono stati
pubblicati diversi reportage, da quali risultava che molti immigrati stavano
abbandondando i Paesi ricchi (soprattutto negli Usa e in quelli del Golfo) per
tornare a casa. Il motivo? Ovvio: la mancanza di lavoro. Anche in Italia è
accaduto un fenomeno analogo, sebbene in misura molto minore e limitatamente ad
alcune comunità, come quella brasiliana. Ma ora il quadro potrebbe cambiare. Se
la crisi finanziaria nei Paesi dell'Europa dell'est
peggiorerà ulteriormente, provocando un forte aumento della disoccupazione,
molti rumeni, bulgari, albanesi, slovacchi, eccetera potrebbero essere indotti,
dalla disperazione, a tentare l'avventura a ovest, magari al solo scopo di
vivere di espedienti. L'incognita principale, tuttavia, riguarda l'Africa.
L'altro giorno il segretario del Fmi, Dominique Strauss-Kahn, ha lanciato
l'allarme per gli effetti catastrofici della recessione sul Continente nero.
«C'è in pratica la certezza -ha detto il capo dell'Fmi -che molti milioni di
persone sprofonderanno sempre più nella miseria: se non si interviene con un
forte piano d'emergenza ci sono forti rischi di guerre civili, se non di guerre
estese». E dunque di una nuova ondata migratoria verso l'Europa. Secondo
Strauss-Kahn tocca ai Paesi ricchi mettere mano al portafoglio. «Se la comunità
internazionale ha trovato centinaia di miliardi di dollari per affrontare la crisi globale, non è ammissibile che non possa trovare
qualche centinaio di milioni, meno di quanto ha investito per salvare singole
aziende private, per i Paesi più poveri». E' davvero questo il modo appropriato
per aiutare l'Africa a superare la crisi? Inoltre:
siamo pronti a reggere, in piena crisi economica, una nuova
ondata migratoria dall'Europa dell'Est e dall'Africa? Temo che un evento del
genere provocherebbe tensioni sociali enormi, un razzismo diffuso e una guerra
tra poveri nelle nostre città. Che foschi presagi.. sbaglio? Scritto in
società, crisi, globalizzazione, democrazia, Italia,
notizie nascoste, immigrazione Commenti ( 88 ) » (8 voti, il voto medio è: 4.38
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Risiedo a Milano e giro il mondo. Tutti gli articoli di Marcello Foa su
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la vicenda Alitalia la mano della lobby europea - 4 Emails Una vita
meritocratica... - 4 Emails Abbiamo vinto l'Expo. E ora come la mettiamo con
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Attenti, Londra tollera la Shaaria... - 3 Emails Usa, la tragica ripicca di un
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fa riflettere - 3 Emails In una lettera il ritratto dell'Italia di oggi - 2
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Ultime discussioni Franco Parpaiola: Salve. Personalmente credo invece che si
siano messi sulla strada giusta. Credo che si siano fatti... Harlequin: roberto
- ho posto un link di ricerca su Google, per fare questa affermazione con un
minimo di correttezza... redesio: ma si!!! come non averlo capito prima la
colpa è tutta di quei farabutti dell'Uruguay&Filippin... roberto: Harlequin
Scrive: April 2nd, 2009 at 8:30 am Gentilissimo Dr. Foa, dovrebbe conoscere uno
dei soprannomi con... roberto: Umberto Cisotti Scrive: April 2nd, 2009 at 10:10
pm No ROBERTO, la frase giusta sarebbe stata " panem et... Ultime news
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Orientalia4All Haramlik: E per smettere di fumare, una bella Cristoterapia Il
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votati Ancora su Vasco Rossi e la droga - 54 Votes Una vita meritocratica... -
34 Votes I mutui subprime, la frode della Casta delle banche - 24 Votes
Petrolio, libero mercato o libera speculazione? - 20 Votes E la sicurezza? Ai
politici non interessa più - 18 Votes Quando i Tg "aiutano" la
camorra... - 18 Votes Ma Beppe Grillo è il modello della nuova Italia? - 17
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Usa, truccata la vittoria di Hillary? - 15 Votes Immigrazione: e se avesse
ragione Maroni? - 15 Votes Recent Posts Dal G20 pochi fatti, molto ottimismo.
Basterà? Che tristezza, la Cnn (e un certo giornalismo). G20, tanto rumore per
poco. E l'America non fa più paura. Nasce il Pdl, ma saprà darsi un'identità?
Ma il mercato distorce la realtà? Soros dice di sì. Il piano Geithner? Un'altra
beffa. Non chiedete a Obama di essere spontaneo Proteste alla Sapienza e degli
islamici, la legge vale per tutti? Il rally delle Borse è un'illusione,
l'America nasconde i guai La crisi provocherà una
nuova ondata di immigrati? Pagine Biografia Pannello di controllo Login Entries
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( da "Denaro, Il" del
03-04-2009)
Argomenti: Crisi
Campania finanza
Albo consulenti: i commercialisti non arretrano I commercialisti non arretrano
e rilanciano l'introduzione automatica dei propri iscritti nell'Albo dei
Consulenti Finanziari, previsto con l'entrata in vigore dalla direttiva Europea
Mifid. Se ne è discusso ieri in un dibattito all'Ordine dei dottori
commercialisti di Napoli. Con la direttiva Mifid si viene a delineare una nuova
figura: il consulente finanziario indipendente, appunto, che nel suo profilo professionale
dovrà avere una serie di requisiti rispondenti a competenze che i dottori
commercialisti già posseggono. Nonostante ciò, nel nostro Paese, si è stabilito
che questi debbano comunque sostenere un ulteriore esame di valutazione. Un
criterio contestato dai professionisti che hanno avviato un contenzioso sul
quale si è pronunciato ieri il Tar Lazio rinviando a ottobre la discussione nel
merito. Achille Coppola, presidente dell'Ordine di Napoli, però, non ci sta e
non vuole attendere. "Non siamo in un agone, e non ci sono vinti e
vincitori", spiega, "si tratta di capire se questa norma fa realmente
gli interessi di un settore delicatissimo che vive anche una forte emergenza
occupazionale". eleonora tedesco La direttiva Mifid sotto la lente dei
commercialisti. Le opportunità e i possibili scenari legati alla definitiva
entrata in vigore della direttiva europea sono stati, infatti, al centro del
confronto "Mifid e novità regolamentari sulla consulenza in materia
d'investimenti: ruoli, operatività e prospettive professionali",
organizzata ieri dall'Ordine dei Commercialisti di Napoli insieme
all'associazione Impegno Civile- Patto delle professioni per la tutela dei
consumatori. Il dibattito è stato moderato da Alfonso Ruffo, direttore del
Denaro. La direttiva Mifid (Markets in Financial Instruments Directive) è una
nuova disciplina dei mercati, servizi e strumenti finanziari mirata a
rafforzare la tutela del risparmiatore, a creare un mercato più integrato,
efficace, competitivo e combattere i conflitti d'interesse nei Paesi
dell'Unione Europea. Approvata nel 2004, ancor prima che esplodesse la crisi finanziaria mondiale, è entrata ufficialmente in
vigore a partire dal 2007. Tra le novità più rivoluzionarie c'è sicuramente la
definizione di una nuova figura professionale, quella del consulente
finanziario indipendente, che, diversamente dal promotore finanziario, offre il
proprio apporto professionale in autonomia, ricevendo un compenso dal proprio
cliente e non agendo come collocatore di prodotti finanziari. Una figura che
dovrebbe anche tutelare con efficacia gli investitori, facendo crescere la
fiducia nei risparmiatori. Nel nostro Paese, tuttavia l'introduzione definitiva
di queste misure ha subito una serie di proroghe e rappresenta una materia
ancora in via di definizione. L'attuazione della Direttiva Mifid è avvenuta con
il Decreto Legislativo 164 del 2007 che, in materia di consulenza, introduce,
nel Testo Unico Finanza (decreto 58 del '98), l'articolo 18 bis che disciplina,
appunto la figura professionale del consulente, cioè delle persone fisiche che
esercitano questa attività. In base a questo articolo, il ministero ha emanato
il 24 dicembre 2008, il Decreto ministeriale 206, che definisce un regolamento
per la disciplina dei requisiti di professionalità, onorabilità e indipendenza.
Una disciplina non ancora operativa, però, perché mancano una serie di
provvedimenti attuativi, in particolare il regolamento della Consob sulle
regole di condotta dei Consulenti e la costituzione dell'organismo che dovrà tenere
l'Albo di questi nuovi professionisti. Proprio su questo punto i nodi diventano
più stringenti. Innanzitutto il Senato ha approvato l'introduzione
dell'articolo 18 ter che apre le consulenze anche alle srl, creando la
necessità di una sezione speciale di questo Albo. Non solo, in base
all'articolo 2, comma 3, si stabilisce che solo alcune categorie avranno
accesso diretto al registro, escludendo da questo automatismo i dottori
commercialisti. Una questione, questa, che ha tenuto banco durante i lavori del
convegno. "Per competenze acquisite, per titolo di studio e competenze, la
figura più adatta ad accedere direttamente all'Albo è proprio quella dei
commercialisti", sottolinea Emmanuela Saggese, segretario generale
dell'associazione Impegno Civile."Non vogliamo fare una battaglia ad altri
professionisti, ma non vogliamo essere discriminati rispetto ad altre categorie
come i promotori finanziari con mandato biennale e i dipendenti bancari",
conclude. Commenti positivi alla direttiva arrivano dall'avvocato Luca
Zitiello. "La direttiva individua nella consulenza in materia
d'investimento e nella gestione patrimoniale due servizi analoghi e importanti,
cui attribuisce valori e tutele particolari nel senso che - sostiene Zitiello -
questi servizi possono essere prestati solo in regime di adeguatezza, solo cioè
qualora si acquisiscano dal risparmiatore informazioni importanti, (esperienza
e conoscenza dei mercati e degli strumenti finanziari, gli obiettivi
d'investimento, la situazione finanziaria, la
propensione al rischio). "Il legislatore europeo - aggiunge - ha compreso
che questi servizi condizionano sia l'allocazione del risparmio che le scelte
d'investimento, e quindi possono essere svolte solo in maniera che sia su
misura per il cliente". In competo accordo anche William Mattei,
dell'Ufficio Studi Sim Consulenza, che sottolinea il valore dell'introduzione
di elementi quali la "personalizzazione e della necessità di adeguatezza
al profilo del cliente". Non basta, dunque, raccomandare semplicemente
buoni prodotti, questi devono essere adatti al cliente. Ma quali scenari
potrebbero prospettarsi con queste novità? "Lo sviluppo e il potenziamento
del mercato finanziario in generale", risponde Angelo
Caccavone, funzionario del Ministero dell'Economia e Finanza- dipartimento del
Tesoro, che spiega come "l'attività di consulente finanziario sia
fondamentale soprattutto in questa fase di crisi perché è un'attività al servizio dei risparmiatori, in grado di
convogliare il risparmio verso quegli strumenti che possono tradursi in
potenziamento dell'intero settore finanziario". Di questa strategia
come risposta alla crisi parla anche Daniela Imparato
che sostiene come "Napoli, territorio abituato alle crisi,
sia il luogo migliore per formare questa nuova categoria professionale".
del 03-04-2009 num.
( da "Denaro, Il" del
03-04-2009)
Argomenti: Crisi
Campania dal
distretto di solofra Depuratori e Cig, sos della concia La prossima settimana
il Comitato di distretto: Contributi diretti alle aziende Le istituzioni irpine
scendono in campo per il rilancio della concia. Si riunirà la prossima
settimana, in via informale, il Comitato di distretto che punta al recupero del
polo solofrano, dove attualmente si contano oltre 500 cassintegrati. Intanto, i
sindaci del comprensorio, con il testa il primo cittadino di Solofra, Antonio
Guarino, non demordono dall'intento di perseguire tutte le strade possibili per
il riscatto di settori tradizionali del Made in Irpinia. Con l'appello
istituzionale si chiede in particolare alla Regione di concedere contributi
diretti alle aziende per alleviare le spese di depurazione e di elargire
ulteriori provvidenze per i lavoratori in cassaintegrazione. Altra strada da
perseguire, l'emendamento approvato in Senato dalla Commissione Finanza, che
mette in campo circa 10 milioni di euro per i settori abbigliamento e
calzaturiero. antonietta miceli Battere tutte le direzioni possibili per dare
ossigeno alle aziende del polo conciario irpino. Il primo cittadino di Solofra,
Antonio Guarino, insieme ai sindaci del distretto della pelle, non intende
tralasciare alcun canale utile ai fini di un sostegno concreto alle aziende del
settore. "L'emendamento approvato in Senato, che destina 10 milioni di
euro al settore abbigliamento e calzaturiero, spiega Guarino sicuramente non è
la risoluzione, ma è già una direzione da seguire". A questo, vanno aggiunti
gli aiuti regionali: "Da un lato, continua la fascia tricolore occorrono
da parte della Regione interventi che possano alleviare le spese che le aziende
devono sostenere per la depurazione. Dall'altro, è necessario fare scattare a
favore degli operai provvidenze che vadano ad aggiungersi agli emolumenti della
cassintegrazione". Fondamentale per il rilancio è anche il ruolo che sta
assumendo il Comitato di Distretto Solofra 1, una sorta di anello di
congiunzione fra le istituzioni ed il mondo dell'imprenditoria e delle
organizzazioni sindacali. La prossima settimana, presso la sede di Palazzo
Orsini, ci sarà proprio una riunione informale tra i componenti di detto
organismo, nato per favorire gli opifici del polo conciario, facendo sì che
vengano messi in campo validi strumenti capaci di incentivare la crescita
futura. Nel corso della riunione si discuterà anche dell'esame dei
finanziamenti vincolati ai fondi Por programmazione economica 2007 2013.
FONDI?POR All'unisono il sindaco Guarino e l' assessore comunale allo Sviluppo,
Antonio De Vita, sottolineano: "Negli anni abbiamo assistito ad un
progressivo slittamento delle concerie verso le economie del sud del mondo. Non
possiamo permettere che questo accada nel caso dell'economia solofrana. E' quindi
necessario cogliere le opportunità di finanziamento offerte dalla
programmazione Por 2007 2013. E' necessario guardare alla ricerca, allo
sviluppo, all'introduzione di nuove competenze e figure professionali al fine
di unire il prodotto pelle a standard qualitativi sempre più elevati". Per
aumentare la propria competitività, il distretto sta facendo ricorso anche
all'introduzione di nuove soluzioni organizzative e ad innovazioni nei processi
produttivi anche in ottica ambientale. Dunque, il polo conciario rappresenta
con ogni probabilità una delle realtà economiche più dinamiche del Sud Italia
(è il terzo polo conciario italiano specializzato nella concia di pelli
destinate a calzature e abbigliamento). I?GRANDI?MARCHI La clientela è
rappresentata da grandi marchi della moda nazionale e da imprese straniere. Condividendo però la sorte del settore manifatturiero italiano, è
costretto a fare i conti con gli effetti della crisi
finanziaria che sta falcidiando l'economia mondiale.
Lo scenario solofrano offre infatti lavoro a circa 3 mila addetti, diretti e
indiretti (dato del 2005, da un censimento effettuato da sindacati, Comune di
Solofra e associazione industriali). Attualmente, nel distretto si
contano oltre 500 cassintegrati (tra ordinari e straordinari). Proprio di
recente è stata prorogata, fino al trentuno dicembre prossimo, la cassa
integrazione straordinaria per i circa duecento operai della storica conceria
Albatros, fallita nel maggio 2008 (a garantire il prolungamento degli
ammortizzatori sociali è stato il curatore fallimentare, Antonio Savino).
Rispetto ai comparti presenti, quello che regge con maggiore forza alla crisi è quello delle calzature in pelle. del 03-04-2009 num.
( da "Denaro, Il" del
03-04-2009)
Argomenti: Crisi
Avellino sindacato
Cisl, unione coltivatori: Via all'assise regionale Si tiene domani presso
l'Hotel Aeclanum, al Passo di Mirabella, il VII congresso regionale della
Unione generale coltivatori - Cisl Campania per eleggere il nuovo presidente in
sostituzione dell'uscente Davide Lauro. Il dibattito congressuale ha inizio
alle 9 e vede la partecipazione dei delegati eletti nei diversi congressi territoriali.
Tra gli ospiti, il presidente nazionale Ugc Cisl Franco Verrascina, il
segretario generale Cisl Campania Pietro Cerrito e il segretario generale CISL
Avellino Mario Melchionna. Le conclusioni saranno a cura del presidente
nazionale Verrascina. Seguono le operazioni di voto per la elezione degli
organi rappresentativi e del presidente regionale Ugc Cisl Campania. Possibile
candidato alla presidenza regionale Nicola Scrima, Presidente Ugc Cisl
Avellino. L'argomento del settimo congresso regionale è: "Tracciabilità e
redditività, concetti chiave per superare la crisi economica". "In un
momento così delicato, dove è la pesante crisi economico-finanziaria a farla da padrone", afferma Scrima, "il settore
agroalimentare può rappresentare l'unica risposta a questa difficile sfida,ma
soprattutto una possibilità di sviluppo sostenibile". La Cisl
sottolinea che non si può ignorare che in tutti gli ambiti produttivi il
marchio made in Italy riscuote indubbi e unanimi riconoscimenti positivi a
livello internazionale e avverte: "Oggi l'economia reale, non è esente
dalle conseguenze della devastante crisi finanziaria"
. "Occorre realizzare", afferma Scrima, "iniziative concrete e
funzionali al territorio, concrete in termini di progettazione, strategie,
ambiti d'azione e operatività. "Nulla è più concreto dell'impresa e
dell'attività agricola o agroalimentare", aggiunge il presidente Ugc Cisl
di Avellino, "uniche possibilità di sviluppo che , lontano dalla fragilità
delle tendenze di borsa , svolgono funzioni assolutamente concrete e
tangibili". E' innegabile comunque che anche in questo particolare campo
ci siano oscillazioni di mercato e rischi, dal momento che l'attività si svolge
nella maggior parte dei casi all'aperto ed è quindi soggetta ai fattori
climatici. La Cisl sostiene la multifunzionalità dell'agricoltura che deve
incontrare le istanze sociali in campo ambientale, di cura del territorio, di
integrazione economica e sociale a livello locale, turistico, in altri termini
a favore della qualità della vita. La Cisl sollecita un intervento pubblico ad
hoc e non più legato alle sole voci di bilancio delle istituzioni competenti.
Fil.Lab. del 03-04-2009 num.
( da "Denaro, Il" del
03-04-2009)
Argomenti: Crisi
Commenti imprese e
pubblica amministrazione I ritardi degli enti creano disoccupazione: Urgente un
confronto con Anci e Regione Maurizio Genito* L'Unione europea corre ai ripari
sulla questione dei ritardi nei pagamenti ai fornitori da parte degli Stati
comunitari e prepara sanzioni per il mancato rispetto del termine massimo
previsto in 30 giorni. L'obiettivo? Rimediare ad una delle pratiche più dannose
per le imprese ed in particolare per le Pmi, gravemente danneggiate dalle
lentezze della burocrazia. Sarà varata probabilmente mercoledì prossimo la
proposta avanzata dalla Commissione europea, relativa alla fissazione di un
termine massimo di trenta giorni, entro il quale la Pubblica Amministrazione
dovrà provvedere a saldare i propri crediti con le imprese. Il mancato rispetto
di questi tempi attribuirà al creditore un indennizzo pari al 5 per cento
dell'ammontare in questione, permettendo di recuperare i costi interni
sostenuti dalle imprese per il ritardo nel pagamento e costituendo un valido
deterrente per il debitore. Non è la prima volta che l'Ue si sofferma su questo
spinoso problema. Già nel 2000, infatti, la Commissione era intervenuta
emanando una direttiva (2000/35/CE), con la quale non solo si denunciava il
fenomeno dei ritardi nei pagamenti, ma si invitava gli Stati membri ad adottare
delle soluzioni che riducessero nettamente i tempi di attesa da parte delle
imprese. Un invito a quanto sembra caduto nel vuoto. Sebbene la direttiva sia
stata, infatti, recepita da tutti gli Stati membri (in Italia nel 2002 con il
Decreto Legislativo 9 ottobre 2002, n.231), i famigerati trenta giorni dalla
fornitura al saldo sono rimasti lettera morta. Particolarmente critica la
situazione in Italia, dove le imprese devono attendere in media 5 mesi prima di
ricevere i pagamenti, con picchi di 12 in alcuni settori, come
l'infrastruttura, l'edilizia e la sanità, e, in determinate aree geografiche,
come Lazio e Campania, dove il termine si allunga addirittura a 700 giorni.
Alla luce di questa situazione, divenuta insostenibile, propongo di aprire un
tavolo di confronto con gli esponenti locali dell'Anci (Associazione Nazionale
Comuni Italiani), dell'Unione delle Province, della Regione Campania e
rappresentanti delle imprese al fine di contrastare un fenomeno che, non solo
rallenta lo sviluppo del sistema economico e determina perdite annue pari a
circa un miliardo di euro su base nazionale, ma incide anche sui livelli
occupazionali con circa 450 mila posti di lavoro in meno ogni anno nell'ambito
dell'Unione Europea. L'iniziativa della Confapi si associa a quella presa
alcune settimane fa dalle Camere di commercio presenti su tutto il territorio
nazionale, le quali hanno deciso di comune accordo di contenere entro 30 giorni
il tempo massimo per il pagamento delle fatture ai fornitori di beni e servizi.
Un atto questo dalla forte valenza simbolica con il quale Unioncamere vuole
evidenziare una delle emergenze più gravi segnalate dal mondo imprenditoriale e
tentare, contemporaneamente, di fornire delle soluzioni concrete. L'auspicio è che il miglioramento del comportamento delle pubbliche
autorità contribuirà a contenere il numero dei fallimenti, riducendo i relativi
costi sociali, ed allentare almeno in parte lo stato di profonda crisi finanziaria che attanaglia
l'intero sistema delle imprese. * presidente della Confapi Campania del
03-04-2009 num.
( da "Lavoce.info"
del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi
>FMI DAVVERO
INTERNAZIONALE CERCASI di Devesh Kapur e Arvind Subramanian 03.04.2009 La crisi finanziaria globale ha creato l'opportunità per riaffermare il ruolo del
Fondo monetario internazionale. A patto però di diventare davvero
internazionale e non solo euro-atlantico come lo giudicano oggi molti paesi
emergenti. E' il momento giusto per stabilire regole eque anche per i debitori.
Ma serve prima di tutto una riforma della governance, che ridimensioni il ruolo
e i privilegi dell'Europa, rispecchi l'attuale dimensione e influenza delle
economie ed elimini i diritti di veto. Altrimenti, i paesi asiatici potrebbero
decidere di fare da soli. Laumento delle risorse del Fondo
monetario internazionale è probabilmente lunico tema su cui il G20 ha
trovato un accordo. E
nel prepararsi a distribuire questo denaro a potenziali richiedenti, la
settimana scorsa lFmi ha annunciato la volontà di rendere
laccesso ai prestiti più semplice, meno caro e soggetto a minori vincoli.
Ma ben pochi paesi prendono in prestito il denaro dellFmi perché esiste un
problema fondamentale: sono in molti a pensare che il Fondo monetario
internazionale non sia davvero internazionale. Le economie
emergenti dellAmerica Latina, ma soprattutto dellAsia, lo vedono
come unistituzione Atlantico-centrica, anzi a dominio europeo: un Fondo monetario
euro-atlantico. E sono poco propensi a richiedere prestiti al Fondo perché lo
considerano incline a usare due pesi e due misure con i paesi membri: mai
più hanno giurato dopo lesperienza della crisi
finanziaria asiatica di fine anni Novanta e non hanno più cambiato idea.
DUE PESI E DUE MISURE Sono critiche giustificate? Prendiamo il recente piano
per la Lettonia. Il paese ha un deficit delle partite correnti del 24 per cento
del prodotto interno lordo, tuttavia una svalutazione della moneta non è stata
chiesta. Un immacolato aggiustamento probabilmente corretto e
giustificato dallammontare del debito in valuta straniera e non
assicurato contro il rischio cambio della Lettonia, ma altre economie emergenti extraeuropee, che hanno
ben impresse nella memoria le vicende della crisi finanziaria
asiatica, hanno iniziato a chiedersi: Se ci fossimo rivolte
al Fondo in circostanze simili, avremmo ricevuto lo stesso trattamento?.
Giustificata o no, la percezione
dei due pesi e due misure ha già prodotto alcune conseguenze.
Nella crisi economica attuale, diversi paesi emergenti (Brasile,
Messico, Corea e Singapore) hanno avuto bisogno di interventi di emergenza per
il sostegno della liquidità, ma si sono rivolti alla Federal Reserve, non al
Fondo monetario. Al contrario, nei paesi europei emergenti, una simile
riluttanza a chiedere prestiti al Fondo non cè stata.
Possibile conclusione: solo i paesi emergenti dellEuropa chiedono
prestiti al Fondo perché lFmi
è unistituzione europea. La maggior parte degli altri paesi non lo fanno.
È un peccato perché la
crisi ha creato unopportunità reale per
riaffermare il ruolo del Fondo. Lorigine, limpatto e le conseguenze
della crisi sono tutte di dimensione globale, sottolineando così
la necessità di rafforzare la cooperazione. La crisi ha
però creato unopportunità anche in un altro senso, più
sottile. il Fondo monetario è sempre stato afflitto da una asimmetria tra i
creditori, che avevano più potere e più voce in capitolo, e i debitori, che questi poteri non li
avevano. Le identità (e i pregiudizi) degli uni e degli altri non cambiavano
mai, dando luogo a posizioni cristallizzate e spesso inconciliabili. La crisi globale ha messo in crisi quelle
identità. Alcuni debitori del passato oggi siedono su montagne di riserve in
valuta straniera. E ancor più importante, i creditori sono diventato debitori.
Se oggi lIslanda, lUngheria, la Lettonia e Singapore hanno bisogno
di interventi per sostenere
la liquidità e se perfino lIrlanda e la Grecia sono
pericolosamente vicini a quella soglia, la conclusione che la maggior parte dei
paesi può trarne è che praticamente tutti potrebbero trovarsi in futuro nella
condizione di mendicante finanziario. MORALE DELLA STORIA Se è così, i paesi saranno meno propensi
a concepire regole che riflettono il potere dei creditori, anzi è più probabile
che escogitino regole eque per i debitori. Il filosofo John Rawls ha mostrato
che una società nella quale gli individui sono dietro un velo
di ignoranza circa la loro vera identità ha più probabilità di stabile
regole giuste. La crisi ha creato proprio questo utile velo di ignoranza.
Trasformare la crisi in una opportunità richiede però
alcuni passi fondamentali. I paesi industriali, in particolare quelli europei,
devono accettare di ridisegnare dalle fondamenta la struttura di governance
dellFmi. Per comprenderne la necessità, basta considerare una sola
anomalia: se dopo i recenti problemi, in Belgio si fosse arrivati a una divisione tra Vallonia e
Fiandre, ciascuna delle due regioni, che ha più o meno le dimensioni di una
periferia o di uno slum di Mumbai o San Paolo, avrebbe avuto diritto a una
rappresentanza nel Fondo non molto diversa da quella dellIndia
o del Brasile.
La cessione volontaria di potere è certamente rara nella storia. Ma i paesi in
via di sviluppo hanno lopportunità di riparare lo squilibrio nella
governance proprio perché lEuropa ha bisogno dellFmi per aiutare le
flagellate economie alle sue frontiere orientali. Come dovrebbero giocare le loro carte?
Dovrebbero rifiutare la proposta di aumentare le risorse, se non è accompagnata
da una seria riforma (e non un rattoppo) della governance dellFmi.
La riforma dovrebbe mettere fine alloccupazione europea della poltrona di direttore
operativo, con il prossimo capo del Fondo monetario selezionato per merito, e
dovrebbe anche cambiare il sistema delle quote e dei seggi in modo da
riflettere lattuale dimensione e influenza delle economie. Se ne dovrebbe andare anche il potere di veto di
cui oggi godono Stati Uniti ed Europa. Se la strategia dei paesi emergenti non
riesce a convincere lEuropa a spogliarsi delle ultime vestigia
imperiali che il suo predominio nellFmi rappresenta, allora questi paesi
devono votare
con i piedi: la triste verità è che probabilmente solo la credibile
minaccia di una alternativa, come un Fondo monetario asiatico, può costringere
quello che è oggi il Fondo monetario euro-atlantico a diventare un vero Fondo
monetario internazionale.
Il testo originale in inglese su Forbes
( da "Panorama.it"
del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi
- Economia -
http://blog.panorama.it/economia - Stipendi 2008: la classifica. Colf e
insegnanti i meno pagati, giudici al top Posted By redazione On 1/4/2009 @
16:35 In Headlines, NotiziaHome | 1 Comment Sono i lavoratori delle pulizie i
meno pagati in Italia, seguiti da quelli dell'agricoltura e dagli impiegati
nelle scuole private: a fare la mappa delle retribuzioni in Italia è l'[1]
Istat che per il 2008 calcola che siano sempre i magistrati i lavoratori con la
busta paga più pesante (oltre 110.000 euro medi all'anno) seguiti dai
giornalisti (46.508 euro l'anno) mentre l'area nel complesso meglio pagata
resta quella del credito e assicurazioni con 36.427 euro l'anno. La rilevazione
è stata fatta sulla base delle retribuzioni contrattuali di cassa e non quelle
di fatto. Quindi l'indagine non considera gli straordinari, i premi e gli
integrativi aziendali. Sono ben pagati anche a causa dei rischi in cui
incorrono gli elicotteristi (56.387 euro la retribuzione media) e i lavoratori
del trasporto aereo (33.001 euro in media) anche se all'interno di questa
fascia c'é una differenza consistente tra i piloti e gli altri lavoratori del
settore. La cenerentola del lavoro resta la donna delle pulizie con 15.877 euro
lordi all'anno, seguita a breve distanza dagli insegnanti della scuola privata
(17.993 euro all'anno). Nell'istruzione privata è meglio trovare comunque
impiego nelle scuole religiose (19.539 euro) mentre in quelle laiche lo
stipendio si ferma a quota 15.951 euro all'anno. Nell'istruzione pubblica gli
stipendi medi ammontano a 26.779 euro all'anno. Nell'industria in senso stretto
(esclusa l'edilizia) la retribuzione annua media nel 2008 è stata pari a 21.353
euro (20.095 euro gli operai, 24.688 gli impiegati) ma con differenze
significative all'interno del comparto. La media per gli addetti all'estrazione
dei minerali energetici è stata di 34.387 euro mentre per il tessile
abbigliamento la busta paga media si è fermata a 18.770 euro. I metalmeccanici
hanno guadagnato in media attraverso i contratti 21.007 euro mentre i
lavoratori del settore energia elettrica, gas e acqua hanno portato a casa un
minimo di 28.518 euro. Nei servizi la busta paga contrattuale è stata pari nel
2008 a 22.759 euro (19.954 gli operai, 25.037 gli impiegati) con salari più
bassi per il commercio (20.635 euro nel 2008) rispetto ai trasporti e le
comunicazioni (24.377) e il credito e assicurazioni (36.427). Nei trasporti i
meno pagati sono i lavoratori del trasporto merci su strada (21.536) e gli
operai nei trasporti marittimi (17.729 euro). Nella pubblica amministrazione la
busta paga media è stata pari nel 2008 a 26.034 euro con un picco per le forze
dell'ordine di 32.174 euro. La media delle retribuzioni contrattuali di cassa
per il totale dell'economia è stata pari a 22.746 euro. Ma accanto a questa
classifica, ecco uscire uno studio del [2] centro studi Uilca, dal quale si
evince che un impiegato di banca in Italia percepisce in media uno stipendio 80
volte inferiore a quello degli amministratori delegati e 25 volte più basso di
quello dei presidenti degli stessi istituti di credito. La ricerca "Crisi finanziaria: le retribuzioni dei manager nel settore bancario", nella
quale cita statistiche dell'Eurispes e de [3] lavoce.info, ricorda che nel 2007
gli amministratori delegati e i presidenti del consiglio d'amministrazione
delle 24 principali banche italiane hanno avuto una retribuzione media annua
rispettivamente di circa 2.258.000 e 754.000 euro. Con uno stipendio
medio nel settore bancario di 28.000 euro annui lordi, spiega la Uilca, si
rileva come il rapporto medio delle due tipologie di manager sia
rispettivamente di 25 volte e 80 volte lo stipendio di un impiegato rispetto al
ruolo di presidente e di Ceo. Se poi si prendono in considerazione solo i più
importanti gruppi bancari italiani, il rapporto manager/lavoratori cambia e non
di poco. La media è di 42 volte lo stipendio medio di un impiegato nel rapporto
con il presidente e di 125 volte con l'ad. Questo dimostra, spiega il
sindacato, come le remunerazioni per i manager negli istituti più grandi sia in
media più elevata rispetto a chi dirige un istituto di credito di dimensioni
minori. Il VIDEO servizio:
( da "FullPress.it"
del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi
Le soluzioni 3Com
consentono di pianificare per il futuro per ottenere un vantaggio sulla
concorrenza. Pubblicato il: 03/04/2009 --> Milano
La diffusione dellattuale crisi finanziaria nella main
economy agita lo spettro di una recessione globale. La reazione delle aziende è
quella di correre ai ripari per anticipare la tempesta. A volte, però, le
reazioni automatiche non rappresentano la soluzione migliore. Le aziende che hanno risposto alle
precedenti recessioni con un taglio degli investimenti e una riduzione del
personale, si sono ritrovate a non essere più in grado di rispondere alla
ripresa economica. 3Com, società leader a livello mondiale nella fornitura di
soluzioni di networking, è convinta che soltanto le imprese più coraggiose
potranno trarre vantaggio da una fase di stasi congiunturale che permetta loro
di investire, riattrezzare e riorganizzare per emergere più forti in un futuro.
Ad ottobre, Gartner - società di ricerca e analisi nel settore Ict - ha
asserito che, nonostante la riduzione nella crescita globale dei consumi, una
recessione nella spesa IT è improbabile, ribadendo che il settore è rimasto
fondamentalmente forte. Si potrebbe sostenere che ritardare gli
investimenti in IT e
networking fino a una ripresa sia la mossa più logica in questa fase di
incertezza, ma le imprese potrebbero e dovrebbero
vedere questo periodo come unopportunità afferma Edoardo
Accenti, Sales Manager 3Com Italia. Etichette: 3Com, network, rete, switch Segnala questa notizia:
STAMPA
( da "Sestopotere.com"
del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi
CdC Varese: credito
allimpresa: interventi straordinari (3/4/2009 11:54) | (Sesto
Potere) - Varese - 3 aprile 2009 - In un momento di problemi acuti, servono
interventi straordinari. Per aiutare le imprese varesine alle prese con le
difficoltà generate dalla
crisi finanziaria internazionale, la Giunta della
Camera di Commercio ha varato due iniziative sul fronte del credito creando
così un “pacchetto anticrisi” del valore complessivo
di 1.200.000 euro: risorse che si aggiungono agli interventi dordinaria
amministrazione, il
cui valore viene quindi raddoppiato, e ai 4 milioni di euro già stanziati dallente
camerale nellambito del progetto “Confiducia” promosso da Regione e
Unioncamere Lombardia con il contributo della Provincia di Varese. Entrando
nelle decisioni
deliberate dalla Giunta di piazza Monte Grappa nella sua seduta di giovedì 2
aprile 2009, il primo elemento del “pacchetto anticrisi”
è relativo allulteriore rafforzamento - con 800.000 euro
- delle risorse destinate ai Confidi provinciali per facilitare laccesso
al credito delle imprese: “Innalzando la quota delle nostre risorse destinate
ai Confidi – sottolinea il presidente Bruno Amoroso – arriveremo nel corso del
2009 a incrementare in misura considerevole il loro fondo a garanzia dei
rischi. Questo
intervento straordinario da solo permetterà alle imprese varesine di generare,
grazie alleffetto moltiplicatorio delle garanzie, investimenti per oltre
20 milioni di euro. Un circuito virtuoso innescato attraverso i 13 Confidi
provinciali che hanno
i requisiti per ottenere i contributi della Camera di Commercio”. Il secondo
elemento del “pacchetto anticrisi” varato dalla Giunta
è, invece, il bando per il consolidamento del debito aziendale, con una
dotazione di 400.000 euro. Da mercoledì 8 aprile le piccole e medie imprese
varesine avranno la possibilità di presentare domanda “…per “consolidare” le
proprie posizioni debitorie nei confronti delle banche – commenta il segretario
generale Mauro Temperelli – portandole dal breve al medio-lungo termine, beneficiando
di tassi di favore e con un intervento della Camera di Commercio che garantirà
alle imprese varesine laccesso a un contributo diretto fino a
6.000 euro”. Anche in questo caso, per lavvio della pratica, le imprese
possono rivolgersi ai Consorzi fidi operanti in provincia.
( da "Sestopotere.com"
del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi
Consiglio comunale
Torino, ok a Bilancio consuntivo per l'anno 2008 (3/4/2009 13:09) | (Sesto
Potere) - Torino - 3 aprile 2009 - Si è chiuso con un avanzo di amministrazione
di 21 milioni e 382mila euro il Bilancio consuntivo per l'anno 2008. Il
documento finanziario è stato approvato questa mattina dalla Giunta e nelle
prossime settimane passerà all'esame del Consiglio comunale per la discussione
e il sì definitivo. Le entrate correnti del Rendiconto assommano a 1337 milioni
di euro, dei quali circa 486 derivanti da trasferimenti da Stato, Regione ed
altri enti. Da entrate extratributarie provengono 428 milioni di euro (di cui
210 da proventi di servizi pubblici e beni comunali e 22 milioni da utili delle
aziende di proprietà), mentre l'entità della entrate tributarie è pari a 416
milioni di euro, dei quali 155 derivanti dall'Ici, 24 milioni provengono dalla
compartecipazione al gettito Irpef, 62 milioni dall'addizionale comunale Irpef,
150 dalla Tarsu e 18 milioni di euro sono stati introitati grazie al recupero
dell'evasione sui tributi comunali. Nellambito delle spese
correnti, i costi per il personale ammontano a 452 milioni di euro, quelli per
beni e servizi a 239, le spese per interessi su mutui e per il rimborso quote
dei capitali sono pari a 242 milioni, mentre 273 sono stati i milioni di euro destinati ai
trasferimenti alle aziende di proprietà del Comune per i servizi prestati. Nel
2008 gli investimenti in opere pubbliche che, per lAmministrazione
comunale torinese, hanno toccato la cifra di 301 milioni di euro. “Il 2008 è stato un anno che
ha richiesto particolari attenzioni, anno su cui si è abbattuta la crisi finanziaria internazionale e linstabilità
dei mercati, tuttavia il proseguimento della politica di riduzione delle spese
giudicate non strategiche, insieme al monitoraggio continuo su esposizione debitoria e andamento
dei costi, ci hanno permesso – sottolinea lassessore al Bilancio,
Gianguido Passoni - di chiudere lesercizio finanziario relativo
allanno 2008 in avanzo pur a fronte di incertezze di sistema e di legislazione, senza
incrementare le entrate e pressione fiscale. I numeri del Rendiconto approvato
oggi dalla Giunta comunale – aggiunge il responsabile della politica finanziaria di Palazzo civico – attestano il rigore con cui
viene gestito il bilancio del Comune di Torino".
( da "Virgilio Notizie"
del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi
Mosca, 3 apr.
(Apcom-Nuova Europa) - Sono a un pericoloso punto morto i negoziati per la
vendita della compagnia petrolifera Russneft alla controllata di Gazprom,
Gazprom Neft, dopo che l'attuale proprietario, il miliardario Oleg Deripaska,
ha stimato la società per 8 miliardi di dollari. Il tutto nonostante il debito
di 5,6 miliardi che pesa sull'azienda, già vittima di una tempesta giuridica
che ne aveva decapitato il vertice. Gazprom Neft aveva sperato di acquisire
Russneft coprendo semplicemente il debito, che include 4,3 miliardi di dollari
dovuti a Sberbank. La prima banca di Russia ha tutte le azioni di Russneft in
garanzia, e vuole che la società sia venduta. Basic Element - controllata da
Deripaska - aveva incaricato a marzo Troika Dialog e Gazprombank di avviare
negoziati con Sberbank per ristrutturare il debito di Russneft. Solo per
l'acquisto di Russneft il magnate aveva speso 4,1 miliardi. Al tempo stesso il
100% delle azioni della società petrolifera - l'ottava tra le major russe - è
stata data in pegno. BasEl in realtà non possiede ancora ufficialmente
Russneft. Il precedente proprietario, Mikhail Gutseriev, due anni fa era caduto
in disgrazia per una divergenza di vedute con le autorità. Nella primavera del
2007, aveva depositato tentato di recuperare le azioni della società, ma
l'estate dello stesso anno Gutseriev era riparato a Londra, e il contratto per
la vendita di Russneft era passato a Deripaska. Deripaska, secondo il
quotidiano russo Vedomosti, potrebbe anche decidersi a vendere. E Gazprom Neft,
sarebbe gia' in prima fila. Intanto il totale dei debiti di Deripaska va ben
oltre 30 miliardi di dollari, di cui 25 con le banche. In ogni caso, BasEl non
ha ancora ottenuto l'autorizzazione del Servizio federale antimonopolio per
l'acquisto della compagnia. E in fondo Russneft è solo un aspetto di un impero
che stacrollando lentamente da poco meno di un anno, sullo
sfondo della crisi finanziaria e piu' o meno da quando il presidente Dmitri Medvedev è salito
al Cremlino. Di fatto si cerca di evitare nuova sconfitta per lo stesso
Deripaska che negli ultimi mesi sta collezionando numerose debacle finanziarie,
dal colosso dei metalli Basel fino alle controllate nel settore immobiliare.
( da "Virgilio Notizie"
del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi
Mosca, 3 apr.
(Apcom-Nuova Europa) - Sono a un pericoloso punto morto i negoziati per la vendita
della compagnia petrolifera Russneft alla controllata di Gazprom, Gazprom Neft,
dopo che l'attuale proprietario, il miliardario Oleg Deripaska ha stimato la
società per 8 miliardi di dollari. Il tutto nonostante il debito di 5,6
miliardi che pesa sull'azienda, già vittima di una tempesta giuridica che ne
aveva decapitato il vertice. Gazprom Neft aveva sperato di acquisire Russneft
coprendo semplicemente il debito, che include 4,3 miliardi di dollari dovuti a
Sberbank. La prima banca di Russia ha tutte le azioni di Russneft in garanzia,
e vuole che la società sia venduta. Basic Element aveva incaricato a marzo
Troika Dialog e Gazprombank di avviare negoziati con Sberbank per ristrutturare
il debito di Russneft. Solo per l'acquisto di Russneft, il magnate aveva speso
4,1 miliardi. Al tempo stesso il 100% delle azioni della società petrolifera -
l'ottava tra le major russe - è stata data in pegno. BasEl in realtà non
possiede ancora ufficialmente Russneft. Il precedente proprietario, Mikhail
Gutseriev, due anni fa era caduto in disgrazia per una divergenza di vedute con
le autorità. Nella primavera del 2007, aveva depositato tentato di recuperare
le azioni della società, ma l'estate dello stesso anno Gutseriev era riparato a
Londra, e il contratto per la vendita di Russneft era passato a Deripaska.
Deripaska, secondo il quotidiano russo Vedomosti, potrebbe anche decidersi a
vendere. E Gazprom Neft, sarebbe gia' in prima fila. Intanto il totale dei
debiti di Deripaska va ben oltre 30 miliardi di dollari, di cui 25 con le
banche. In ogni caso, BasEl non ha ancora ottenuto l'autorizzazione del
Servizio federale antimonopolio per l'acquisto della compagnia. E in fondo
Russneft è solo un aspetto di un impero che sta crollando lentamente da
pocomeno di un anno, sullo sfondo della crisi finanziaria e piu' o meno da
quando il presidente Dmitri Medvedev è salito al Cremlino. Di fatto si cerca di
evitare nuova sconfitta per lo stesso Deripaska che negli ultimi mesi sta
collezionando numerose debacle finanziarie, dal colosso dei metalli basel fino
alle controllate nel settore immobiliare.
( da "Corriere Adriatico"
del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi
In Liguria i primi
cittadini con tanto di fascia tricolore hanno protestato scendendo in piazza
Decreto incentivi, dai sindaci arriva un coro di no Roma Il maxi emendamento al
decreto legge incentivi appena approvato alla Camera (il voto finale è previsto
per lunedì) solleva un coro di no tra i sindaci e gli amministratori locali che
vedono dissolversi la possibilità di far entrare contante nelle casse comunali,
già provate dai tagli subiti. L'Anci, l'associazione nazionale dei Comuni, che ha
ripetutamente chiesto al governo di lasciare fuori dal Patto di stabilità gli
investimenti infrastrutturali e di potere usare gli avanzi di amministrazione,
è arrivata ad interrompere i rapporti istituzionale e una settimana fa ha
dichiarato di sostenere i Comuni che non rispetteranno il patto per il 2009.
Ieri in Liguria i primi cittadini - di destra e di sinistra - con tanto di
fascia tricolore, guidati dal sindaco di Genova e presidente dell'Anci Liguria,
Marta Vincenzi, hanno protestano scendendo in piazza. "I Comuni - ha
dichiarato Vincenzi - risentono dell'incertezza sul rimborso dell'Ici che
impedisce di fare bilanci credibili, ma anche dei tagli al sociale e della
rigidità con cui viene applicato il Patto di stabilità, che impedisce di spendere
risorse disponibili". Il sindaco di Andora, Floris, presidente della
commissione Finanza di Anci Liguria ha ribadito la necessità di sbloccare il
patto di stabilità. "I Comuni virtuosi, che rappresentano l'80%, hanno
nelle loro casse 18 miliardi di euro che non possono essere spesi". I
contenuti del decreto incentivi rischiano, secondo il componente del direttivo
dell'Anci e sindaco di Varese, Attilio Fontana, di provocare una spaccatura tra
Stato e Comuni. La conseguenza più immediata che riguarderà i Comuni sarà
"che un numero impressionante di comuni sforerà il patto di
stabilità." Per Renato Locchi, sindaco di Perugia e membro del Consiglio
nazionale dell'Anci il decreto è uno "spot" che
non risolve i problemi dei Comuni e dell'intero sistema economico-produttivo
del Paese, colpito dalla crisi finanziaria in atto". Secondo Flavio Tosi, sindaco di Verona il decreto
è "in controtendenza con il Piano Casa, poichè, i Comuni potrebbero essere
i primi ad investire e in modo rapido. La ritengo una decisione inspiegabile e
contraddittoria".
( da "Wall Street Italia"
del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi
Germania/ Via libera
Bundesrat a legge per esproprio banche di Apcom Dopo Bundestag anche camera
alta vota a favore -->Berlino, 3 apr. (Apcom) - Il Bundesrat (la camera alta
del parlamento tedesco) ha dato oggi il via libera alla legge che consente la
nazionalizzazione e l'esproprio degli azionisti delle banche in crisi. La norma, che era stata già approvata due settimane
fa dal Bundestag (la camera bassa), è scritta su misura per consentire a
Berlino di rilevare il controllo di Hypo Real Estate. L'istituto di credito
immobiliare, travolto dalla crisi
finanziaria, è stato salvato grazie ad aiuti e
garanzie per 102 miliardi di euro. Il governo federale teme che un collasso di
Hypo Real Estate possa innescare un processo a catena pericoloso per l'intero
sistema finanziario tedesco. La legge approvata stamattina consente di
ricorrere allo strumento dell'esproprio entro il 30 giugno di quest'anno
e soltanto come "ultima ratio", cioè se non esistono alternative. Il
ministro delle Finanze tedesco, Peer Steinbrueck, ha già annunciato nei giorni
scorsi di voler convocare a breve un'assemblea generale degli azionisti di Hypo
Real Estate, per assicurare allo Stato il controllo della banca, nell'ambito di
un aumento di capitale. Se tale strada dovesse fallire, Berlino sceglierà
l'esproprio. Nel fine settimana il governo tedesco ha già rilevato l'8,7% della
banca.
( da "Wall Street Italia"
del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi
Russia/ Gazprom
vuole Russneft, ma Deripaska chiede troppo di Apcom Nonostante il debito di 5,6
miliardi che pesa sull'azienda -->Mosca, 3 apr. (Apcom-Nuova Europa) - Sono
a un pericoloso punto morto i negoziati per la vendita della compagnia
petrolifera Russneft alla controllata di Gazprom, Gazprom Neft, dopo che
l'attuale proprietario, il miliardario Oleg Deripaska ha stimato la società per
8 miliardi di dollari. Il tutto nonostante il debito di 5,6 miliardi che pesa
sull'azienda, già vittima di una tempesta giuridica che ne aveva decapitato il
vertice. Gazprom Neft aveva sperato di acquisire Russneft coprendo
semplicemente il debito, che include 4,3 miliardi di dollari dovuti a Sberbank.
La prima banca di Russia ha tutte le azioni di Russneft in garanzia, e vuole
che la società sia venduta. Basic Element aveva incaricato a marzo Troika
Dialog e Gazprombank di avviare negoziati con Sberbank per ristrutturare il
debito di Russneft. Solo per l'acquisto di Russneft, il magnate aveva speso 4,1
miliardi. Al tempo stesso il 100% delle azioni della società petrolifera -
l'ottava tra le major russe - è stata data in pegno. BasEl in realtà non
possiede ancora ufficialmente Russneft. Il precedente proprietario, Mikhail Gutseriev,
due anni fa era caduto in disgrazia per una divergenza di vedute con le
autorità. Nella primavera del 2007, aveva depositato tentato di recuperare le
azioni della società, ma l'estate dello stesso anno Gutseriev era riparato a
Londra, e il contratto per la vendita di Russneft era passato a Deripaska.
Deripaska, secondo il quotidiano russo Vedomosti, potrebbe anche decidersi a
vendere. E Gazprom Neft, sarebbe gia' in prima fila. Intanto il totale dei
debiti di Deripaska va ben oltre 30 miliardi di dollari, di cui 25 con le
banche. In ogni caso, BasEl non ha ancora ottenuto l'autorizzazione del
Servizio federale antimonopolio per l'acquisto della compagnia. E in fondo
Russneft è solo un aspetto di un impero che sta crollando lentamente da poco
meno di un anno, sullo sfondo della crisi finanziaria e piu' o meno da
quando il presidente Dmitri Medvedev è salito al Cremlino. Di fatto si cerca di
evitare nuova sconfitta per lo stesso Deripaska che negli ultimi mesi sta
collezionando numerose debacle finanziarie, dal colosso dei metalli basel fino
alle controllate nel settore immobiliare.
( da "Wall Street Italia"
del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi
Russia/ Gazprom
vuole Russneft, ma Deripaska chiede troppo di Apcom Nonostante il debito di 5,6
miliardi che pesa sull'azienda -->Mosca, 3 apr. (Apcom-Nuova Europa) - Sono
a un pericoloso punto morto i negoziati per la vendita della compagnia
petrolifera Russneft alla controllata di Gazprom, Gazprom Neft, dopo che
l'attuale proprietario, il miliardario Oleg Deripaska, ha stimato la società
per 8 miliardi di dollari. Il tutto nonostante il debito di 5,6 miliardi che
pesa sull'azienda, già vittima di una tempesta giuridica che ne aveva
decapitato il vertice. Gazprom Neft aveva sperato di acquisire Russneft
coprendo semplicemente il debito, che include 4,3 miliardi di dollari dovuti a
Sberbank. La prima banca di Russia ha tutte le azioni di Russneft in garanzia,
e vuole che la società sia venduta. Basic Element - controllata da Deripaska -
aveva incaricato a marzo Troika Dialog e Gazprombank di avviare negoziati con
Sberbank per ristrutturare il debito di Russneft. Solo per l'acquisto di
Russneft il magnate aveva speso 4,1 miliardi. Al tempo stesso il 100% delle
azioni della società petrolifera - l'ottava tra le major russe - è stata data
in pegno. BasEl in realtà non possiede ancora ufficialmente Russneft. Il
precedente proprietario, Mikhail Gutseriev, due anni fa era caduto in disgrazia
per una divergenza di vedute con le autorità. Nella primavera del 2007, aveva
depositato tentato di recuperare le azioni della società, ma l'estate dello
stesso anno Gutseriev era riparato a Londra, e il contratto per la vendita di
Russneft era passato a Deripaska. Deripaska, secondo il quotidiano russo
Vedomosti, potrebbe anche decidersi a vendere. E Gazprom Neft, sarebbe gia' in
prima fila. Intanto il totale dei debiti di Deripaska va ben oltre 30 miliardi
di dollari, di cui 25 con le banche. In ogni caso, BasEl non ha ancora ottenuto
l'autorizzazione del Servizio federale antimonopolio per l'acquisto della
compagnia. E in fondo Russneft è solo un aspetto di un impero che sta crollando
lentamente da poco meno di un anno, sullo sfondo della crisi finanziaria e piu' o meno da
quando il presidente Dmitri Medvedev è salito al Cremlino. Di fatto si cerca di
evitare nuova sconfitta per lo stesso Deripaska che negli ultimi mesi sta collezionando
numerose debacle finanziarie, dal colosso dei metalli Basel fino alle
controllate nel settore immobiliare.
( da "HelpConsumatori"
del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi
News BANCHE.
Abi-Università Parma: nella scelta conta il passaparola 03/04/2009 - 15:13 Chi
ha un conto corrente dà peso soprattutto all'esperienza diretta e personale.
Per chi invece non ha ancora un rapporto con la banca fa premio il passaparola,
l'immagine e le notizie riportate dalla stampa e dalla tv. Sono i primi
risultati dell'Indagine "Le banche e la valorizzazione della reputazione
nei confronti della clientela retail", che l'ABI sta mettendo a punto con
l'Università di Parma. I fatti più delle parole sono i fattori che determinano
la reputazione delle banche: mantenere le promesse, correttezza, rispetto dei
patti. Ciò che genera fiducia nei clienti sono i comportamenti dell'azienda,
mentre i fattori esterni agiscono come filtro o come rumore per questo la
clientela è più influenzata dall'esperienza maturata, seguita dalla trasparenza
e chiarezza delle condizioni contrattuali e dall'immagine aziendale. Insomma,
nulla conta di più dell'esperienza diretta per chi ha un conto corrente. Sulla
clientela potenziale invece impatta soprattutto il passaparola, l'immagine
aziendale e le notizie riportate dalla stampa e dalla tv. L'analisi della reputazione delle banche mostra che la crisi finanziaria non ha inciso sulla
fiducia della clientela retail, mentre ha impattato sugli addetti ai lavori.
Per quanto riguarda la clientela corporate, le banche ritengono che sia meno
sensibile a fenomeni emotivi, è pluribancarizzata ed è in grado di valutare
direttamente la qualità della relazione. 2009 - redattore: VC
( da "Gazzettino, Il (Rovigo)"
del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi
L'INTERVENTO Meno
burocrazia e più risorse per aiutare le imprese a uscire dalla crisi di Girolamo Astolfi* Venerdì 3 Aprile 2009,
L'artigianato reagisce alla crisi, ma da Governo,
Parlamento, Regioni e Comuni ci aspettiamo meno tasse, meno burocrazia e più
risorse. Gli imprenditori artigiani polesani, con le loro imprese e le loro
famiglie stanno reagendo con coraggio e con forza alla crisi
economica e sociale che sconquassa, nell'economia globale, l'Italia. Vogliono
resistere puntando sulla qualità e sulla innovazione, per essere pronti ai
primi segnali di ripresa del mercato. Per fare ciò non basta la buona volontà
ci vogliono misure più incisive, in grado di rilanciare i consumi ed innalzare
il livello dei servizi, ponendo al centro la piccola e media impresa diffusa
sul territorio. La grave crisi
finanziaria iniziata lo scorso autunno si è
abbattuta sull'economia reale del Paese, spiegano i vertici, con effetti pesanti,
anche nel ricco Veneto, provocando lo stallo della domanda interna e chiari
segnali di recessione. Non si vuol capire che la crisi è profonda, che interi settori anche nella provincia di Rovigo,
sono interessati da profonda crisi come l'edilizia, i
trasporti, e anche il metalmeccanico con calo degli ordini dal 40 al 60 e 80%.
Come afferma la dirigenza di Confartigianato Imprese Rovigo, dal Governo si
avanza una manovra di contrasto alla crisi, incompleta
con poche e inadeguate risorse economiche per favorire l'offerta e stimolare la
domanda privata e pubblica, e una frammentazione degli interventi senza che si
possa intravedere un disegno organico. In buona sostanza siamo alla politica
utile ai soliti big e con l'artigianato lasciato a bocca asciutta. E parliamo
di oltre 3 milioni di piccole e piccolissime imprese. In buona sostanza stiamo
parlando del 97% dall'intero sistema industriale italiano. Per tutte queste Pmi
non c'è mai niente, tranne incensarle dicendo che sono la spina dorsale del
Paese. Il Governo deve prendere atto che serve un intervento vero per tutto il
sistema Paese. Non bastano interventi spot come la rottamazione e, soprattutto,
si deve fare in fretta. Per uscire da questa situazione Confartigianato indica
nella rivisitazione degli studi di settore; le risorse e quindi irrobustire e
rendere subito operativo il fondo di garanzia per le Pmi; togliere dal calcolo
dell'Irap gli interessi pagati alle banche e il costo del lavoro. *Presidente
Confartigianato
( da "KataWeb News"
del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi
senza il mattone..
Spagnoli ci avete scocciato: pensate ai vostri guai 28 marzo 2009 alle 14:15 —
Autore: babelick — 39 commenti Gentile ambasciatore Terracciano, complimenti e
sentiti ringraziamenti. Ci ha vendicati. La lettera che ha inviato al quotidiano
El Pais, nella sua veste di capo della rappresentanza italiana presso il
governo spagnolo, non sembra neanche scritta da un diplomatico di carriera;
meglio, è opera di un diplomatico di razza rara, tanto è chiara, asciutta,
ferma, e, lo faccia dire a me, sacrosantamente scocciata. Quel giornale così
faziosamente filo Zapatero, praticamente un organo di partito, anche di quello
Democratico italiano del quale corre in premuroso e regolare soccorso, la deve
smettere di denigrare il governo e il Paese. Non c'entra niente qui la libertà
di stampa; come lei sottolinea, il tentativo di demolire l'immagine dell'Italia
tra gli spagnoli risponde invece a un disegno di servitù politica che nessun
organo di stampa italiano si sognerebbe di progettare, piaccia o no il governo
di José Luis Zapatero, per gli intimi Bambi. Succede che gli equilibri politici
europei siano cambiati, che un asse Sarkozy-Merkel-Berlusconi minacci il ruolo
della Spagna e le sue numerose, troppe, poltrone, ben sei super incarichi
istituzionali europei. Succede che le cose non vadano più bene per l'economia,
crollata miseramente dopo il boom edilizio e tante rivendicazioni di tronfio
primato; che la politica estera sia un disastro, e il presidente Barack Obama
nella nuova versione militare contro Bin Laden non si sia rivelato l'amico che
ingenuamente la sinistra in Europa aveva immaginato; che il federalismo morda
le calcagna a Madrid, visto l'apporto determinante del partito catalano alla
rielezione dei socialisti. Il governo è nervoso e la butta sugli attacchi ad
altri Stati, il Pais pubblica fedele, se serve, anticipa. Così l'Italia è
descritta come dominio di un tiranno nello stile delle dittature latino
americane, Pinochet naturalmente, non Hugo Chavez, il presidente del Consiglio
eletto ha bisogno dello psichiatra, qui si praticano tortura e politiche
razziste. Ha fatto bene, ambasciatore, a dire basta, anche perché c'è davvero
poco, scansato il fango delle calunnie, di cui vantarsi in casa Zapatero. Al
mini-summit europeo del 4 ottobre del 2008 i capi di Stato di Berlino, Roma,
Parigi e Londra, si sono incontrati per decidere sulle
posizioni comuni da adottare contro la crisi
finanziaria, lasciando fuori la Spagna, che pure
Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo», addirittura il Paese
sopra la media europea per reddito pro capite. Per il premier spagnolo fino a
pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto deprimere molto il primo
ministro Berlusconi» e «in realtà, il mio obiettivo è quello di superare
la Francia, anche se l'amico Sarkozy non vuole neanche sentirselo dire». Subito
dopo la crisi internazionale ha svelato il bluff
dell'economia spagnola. La recessione ha gettato anche la Spagna in una crisi profonda: crescita dell'1,4% nel 2008, e non del 3,5%
come annunciato dal governo. Un dato che riporta il Paese agli stessi risultati
del 1993. Il boom economico era stato gonfiato dagli aiuti europei allo
sviluppo, investiti quasi esclusivamente nell'edilizia, un settore in forte
perdita già dai primi mesi dell'anno, cioè prima della crisi
internazionale. La crisi ha messo a nudo le bugie
sulla politica di sicurezza e immigrazione, a lungo mantenute, anche se sulle
zattere dei clandestini l'ordine è sempre stato di sparare. Nei giorni scorsi
200 organizzazioni hanno presentato alla Procura generale dello Stato una
denuncia contro il ministero dell'Interno, accusando la polizia di «arresti
mirati», «retate» e «controlli d'identità di massa», insomma di eseguire gli
ordini per l'arresto di una «quota» minima mensile di immigrati per ciascun
distretto. Gli immigrati sono saliti da mezzo milione a 5,2 milioni nel 2008,
su una popolazione totale per la Spagna di 46 milioni di persone. Con una
disoccupazione giunta ormai al 14%, il governo ha cambiato ufficialmente
politica. La «Ley de Extranjeria» presentata a dicembre prevede severe misure
restrittive: oltre all'aumento da 40 a 60 giorni del termine massimo per
detenere migranti nei Centri di permanenza temporanea, per facilitare
identificazioni e rimpatri coatti, il progetto prevede di interrompere i
ricongiungimenti familiari. Prevede anche sanzioni fino a 10.000 euro per chi
«promuove la permanenza irregolare in Spagna di uno straniero», un'«infrazione
grave» perché «lo straniero dipende economicamente da chi compie l'infrazione e
questa ne prolunga il soggiorno autorizzato al di là del periodo legalmente
previsto». La Comision Espanola de Ayuda al Refugiado (Cear), ha protestato
perché così facendo il governo «cerca di farsi complici le persone che
alloggiano» gli immigrati, e si appresta a «convertire i cittadini in
poliziotti». Ci sarebbe da analizzare anche il ruolo inquietante di un giudice
star come Baltazar Garzon, che somigli all'Antonio Di Pietro dei tempi che
furono, grande amico di Zapatero e compagno di caccia di altri ministri
socialisti, ma anche evasore fiscale conclamato. Garzon negli ultimi anni ha
incriminato chiunque, dai dittatori latino americani agli statisti europei,
fino a personaggi dell'epoca di Francisco Franco, tutti defunti. Colleziona una
gaffe dopo l'altra, eppure imperversa. Pure la battaglia contro la Chiesa
cattolica, nella sua forma infantile ed estremista, è la pratica opposta a
quella che si converrebbe a un premier laico che governa un Paese dove ci sono
cattolici numerosi, un milione e mezzo solo fra i suoi elettori. La gaffe del
ritiro dal Kosovo, comunicato in loco dal ministro della Difesa, Carmen Chacon,
contro il parere e all'insaputa del collega degli Esteri, Moratinos, e di tutti
i governi dell'Unione europea e della Nato, è la chicca di qualche giorno fa.
Il presunto amico, il presidente Obama, è infuriato e non ha accettato i goffi
tentativi di Madrid di rimediare. Peggio di così!
( da "Borsa(La Repubblica.it)"
del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi
Abi, clienti
scelgono banca con passaparola (Teleborsa) - Roma, 3 apr - Il passaparola
sembra avere successo anche per la scelta del proprio istituto di credito. Lo
spiega una indagine dell'Abi, secondo cui contano stampa e tv ma soprattutto il
passaparola. In particolare, i fattori che determinano la reputazione sono
relazionali (mantenere le promesse, correttezza, rispetto dei patti) e altri
più legati a caratteristiche dell'offerta (professionalità, qualità dei
prodotti, solidità della banca, affidabilità, rapporto qualità/prezzo) oltre a
circostanze esterne come esposizione ai media, passaparola e informazioni di
stampa. Ciò che genera fiducia nei clienti sono i comportamenti dell'azienda,
mentre i fattori esterni agiscono come filtro o come rumore. Secondo l'Abi, la crisi finanziaria non ha inciso sulla fiducia della clientela retail, mentre ha
impattato sugli addetti ai lavori. Per quanto riguarda la clientela corporate,
le banche ritengono che sia meno sensibile a fenomeni emotivi, è
pluribancarizzata ed è in grado di valutare direttamente la qualità della
relazione. La percezione della reputazione come un asset e non solo come
un rischio porta con se che si tratti di una variabile che può incidere
positivamente sui risultati aziendali, creando valore. Le priorità strategiche
da perseguire sono prima di tutto la soddisfazione della clientela, la
reputazione aziendale e lo sviluppo sostenibile. Subito dopo viene la
redditività aziendale e ciò non perché si tratti di un obiettivo di secondo
piano. In realtà si riconosce all'attenzione al cliente e alla reputazione
della banca una priorità proprio per perseguire la redditività. Cresce nelle
banche la convinzione che la creazione di valore per gli azionisti vada
coordinata con il modo in cui perseguire questo risultato. 03/04/2009 - 15:34
( da "Virgilio Notizie"
del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi
Bruxelles, 3 apr.
(Apcom) - A tre anni dal suo lancio il dominio internet ".eu"
conferma il suo successo iniziate. Oggi più di tre milioni di nomi di dominio
hanno questa desinenza. Neanche la crisi finanziaria ha rallentato la
crescita: il numero di nomi di dominio ".eu" è aumentato del 2% nel
corso del primo trimestre 2009, una crescita che lo consolida al quinto posto
tra i domini di primo livello geografico più popolari a livello mondiale.
Per sentirsi, e mostrarsi "europei" privati e piccole imprese,
multinazionali e Ong, gruppi di riflessione hanno adottato il dominio
".eu" per contrassegnare la loro presenza sul web. All'inizio del
mese scorso la Svezia, che da luglio avrà la presidenza di turno del Consiglio
europeo, ha compiuto un gesto simbolico diventando il primo Stato membro
dell'Ue ad adottare il dominio ".eu" per il sito ufficiale della
presidenza dell'Unione europea: www.se2009.eu. "Si tratta di un segnale
incoraggiante che, spero, sarà seguito da numerose altre presidenze in
futuro", ha dichiarato Viviane Reding, commissaria responsabile della
Società dell'informazione e dei media. Il dominio ".eu" ha
consolidato la propria posizione tra i dieci più grandi domini di primo livello
del mondo, assieme a ".com", ".net" e ".org". Il
numero di registrazioni di nomi di dominio ".eu" da suo lancio il 7
aprile 2006 è aumentato fino a raggiungere i tre milioni all'inizio di
quest'anno. Nel marzo 2009 i nomi di dominio ".eu" registrati hanno
sfiorato i 3.050.000. La maggior parte dei nomi di dominio ".eu" è stata
registrata nei paesi dell'Ue che contano il maggior numero di abitanti e
presentano i più forti tassi di diffusione di internet in rapporto alla
popolazione. La Germania è sempre in testa, con il 30%, seguita da Paesi Bassi
(14%), Regno Unito (12%), Francia (8%) e Polonia (6%). Il calcolo in
rapportoalla popolazione vede invece in testa Cipro, con 66,1 domini
".eu" ogni mille abitanti, seguita dal Lussemburgo con il 54,9/1.000
e dall'Olanda con il 24.7/1.000. Poi si scende, si scende ancora e con il
2,7/1.000 troviamo Lituania, Finlandia e Italia, dietro ci sono Grecia, Spagna,
Bulgaria, Portogallo e Romania, che chiude la lista con uno 0,9/1.000.
( da "Wall Street Italia"
del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi
Gb/ Halifax smorza
speranze: a marzo prezzi immobili -1,9% mese di Apcom Ieri l'indagine di
halifax aveva alimentato ipotesi di ripresa -->Londra, 3 apr. (Ap) - Si
smorzano le già caute speranze di una stabilizzazione del mercato immobiliare
della Gran Bretagna, dopo che secondo l'indagine condotta da Halifax, primo
erogatore di mutui del Regno, a marzo i prezzi hanno segnato una nuova flessione.
Meno 1,9 per cento rispetto al mese precedente, mentre nel paragone con marzo
del 2008 risultano calati del 17,9 per cento. Ieri un altro istituto privato
del settore, Nationwide, aveva invece riferito che in base alla sua indagine a
marzo i prezzi avevano registrato un recupero dello 0,9 per cento dal mese
precedente. Tuttavia anche Halifax vede qualche spiraglio. "Gli ultimi
dati mostrano che a febbraio il numero di mutui per l'acquisto di casa
approvati è stato il più elevato dal maggio del 2008", afferma
l'economista Martin Ellis. L'incidenza del prezzo medio degli immobili rispetto
ai redditi medi disponibili è scesa ai minimi da inizio 2003. Intanto, dopo i
ripetuti tagli dei tassi di interesse della Banca d'Inghilterra, allo 0,5 per
cento, la maggior parte degli istituti di credito prevede un alleviamento sulle
condizioni per l'erogazione di prestiti nel secondo trimestre. La Gran Bretagna
è uno dei paesi europei che in questa crisi finanziaria ha accusato anche una
pesante correzione al ribasso del settore immobiliare, dopo anni di forte
crescita, fattore che ha accentuato la debolezza dei suoi mercati e le ricadute
sull'economia. Secondo Halifax il 2009 sarà comunque un anno difficile per
l'immobiliare Gb, mentre ieri la stessa nationwide aveva richiamato alla
cautela sui suoi dati. Nel frattempo la società di intermediazioni
Knight Frank ha riferito che nell'ultimo trimestre del 2008 il valore dei
terreni edificabili è crollato del 15 per cento rispetto al periodo precedente
e del 50 per cento su base annua. In Gran Bretagna, oltre all'agenzia di
statistica, diversi istituti privati forniscono dati sul comparto immobiliare.
( da "Wall Street Italia"
del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi
Internet/ Per tre
milioni l'indirizzo è: ".eu" di Apcom A tre anni dalla nascita. In
testa ciprioti, italiani tra ultimi -->Bruxelles, 3 apr. (Apcom) - A tre
anni dal suo lancio il dominio internet ".eu" conferma il suo
successo iniziate. Oggi più di tre milioni di nomi di dominio hanno questa
desinenza. Neanche la crisi
finanziaria ha rallentato la crescita: il numero di
nomi di dominio ".eu" è aumentato del 2% nel corso del primo trimestre
2009, una crescita che lo consolida al quinto posto tra i domini di primo
livello geografico più popolari a livello mondiale. Per sentirsi, e
mostrarsi "europei" privati e piccole imprese, multinazionali e Ong,
gruppi di riflessione hanno adottato il dominio ".eu" per
contrassegnare la loro presenza sul web. All'inizio del mese scorso la Svezia,
che da luglio avrà la presidenza di turno del Consiglio europeo, ha compiuto un
gesto simbolico diventando il primo Stato membro dell'Ue ad adottare il dominio
".eu" per il sito ufficiale della presidenza dell'Unione europea:
www.se2009.eu. "Si tratta di un segnale incoraggiante che, spero, sarà
seguito da numerose altre presidenze in futuro", ha dichiarato Viviane
Reding, commissaria responsabile della Società dell'informazione e dei media.
Il dominio ".eu" ha consolidato la propria posizione tra i dieci più
grandi domini di primo livello del mondo, assieme a ".com",
".net" e ".org". Il numero di registrazioni di nomi di
dominio ".eu" da suo lancio il 7 aprile 2006 è aumentato fino a
raggiungere i tre milioni all'inizio di quest'anno. Nel marzo 2009 i nomi di
dominio ".eu" registrati hanno sfiorato i 3.050.000. La maggior parte
dei nomi di dominio ".eu" è stata registrata nei paesi dell'Ue che
contano il maggior numero di abitanti e presentano i più forti tassi di
diffusione di internet in rapporto alla popolazione. La Germania è sempre in
testa, con il 30%, seguita da Paesi Bassi (14%), Regno Unito (12%), Francia
(8%) e Polonia (6%). Il calcolo in rapporto alla popolazione vede invece in
testa Cipro, con 66,1 domini ".eu" ogni mille abitanti, seguita dal
Lussemburgo con il 54,9/1.000 e dall'Olanda con il 24.7/1.000. Poi si scende,
si scende ancora e con il 2,7/1.000 troviamo Lituania, Finlandia e Italia,
dietro ci sono Grecia, Spagna, Bulgaria, Portogallo e Romania, che chiude la
lista con uno 0,9/1.000.
( da "Wall Street Italia"
del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi
Banche/ Abi: Per i
clienti contano piu' i fatti delle parole di Apcom Per scegliere istituto
invece pesano passaparola, stampa e Tv -->Roma, 3 apr. (Apcom) - Per i
clienti delle banche quello che conta di più sono i fatti e chi ha un conto
corrente dà peso soprattutto all'esperienza diretta e personale. Per chi invece
non ha un rapporto con la banca fa premio il passaparola, ma subito dopo
l'immagine e le notizie riportate dalla stampa e dalla tv. Sono questi i primi
risultati dell'Indagine 'Le banche e la valorizzazione della reputazione nei
confronti della clientela retail', che l'Abi sta mettendo a punto con
l'Università di Parma. In particolare, i fattori che determinano la reputazione
sono "relazionali (mantenere le promesse, correttezza, rispetto dei patti)
e altri più legati a caratteristiche dell'offerta (professionalità, qualità dei
prodotti, solidità della banca, affidabilità, rapporto qualità/prezzo) oltre a
circostanze esterne come esposizione ai media, passaparola e informazioni di
stampa. Ciò che genera fiducia nei clienti, prosegue l'Abi, "sono i
comportamenti dell'azienda, mentre i fattori esterni agiscono come filtro o
come rumore". Secondo l'Abi, la "crisi finanziaria non ha inciso sulla fiducia
della clientela retail, mentre ha impattato sugli addetti ai lavori". Per
quanto riguarda la clientela corporate, le banche "ritengono che sia meno
sensibile a fenomeni emotivi, è pluribancarizzata ed è in grado di valutare
direttamente la qualità della relazione". "La percezione della
reputazione come un asset e non solo come un rischio porta con se che si tratti
di una variabile che può incidere positivamente sui risultati aziendali,
creando valore", si legge nella nota dell'Abi. Di qui la "consapevolezza"
che i contratti vanno costruiti sulle esigenze della clientela e che le
condizioni di prezzo vanno calibrate sul valore creato e percepito dai clienti.
In questa nuova prospettiva, sostiene l'indagine dell'Abi, le "priorità
strategiche da perseguire sono prima di tutto la soddisfazione della clientela,
la reputazione aziendale e lo sviluppo sostenibile. Subito dopo viene la
redditività aziendale e ciò non perché si tratti di un obiettivo di secondo
piano. In realtà si riconosce all'attenzione al cliente e alla reputazione
della banca una priorità proprio per perseguire la redditività. Cresce nelle
banche la convinzione che la creazione di valore per gli azionisti vada
coordinata con il modo in cui perseguire questo risultato".
( da "Sicilia, La"
del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi
Mussomeli
Crisi finanziaria, la Giunta oggi incontra Rsu e dirigenti Niscemi.
Le domande presentate entro il 16 marzo scorso da coloro che hanno interesse ad
essere eletti dal consiglio comunale difensore civico del Comune di Niscemi,
sono circa 20, tra cui alcuni di Palermo e di altre città della Sicilia. «Il punto "elezione del
difensore civico", sarà inserito nella prossima seduta del consiglio
comunale, che sarà convocato dopo la chiusura della sessione in corso», afferma
il vice presidente del consiglio Aldo Allia. La scelta cadrà su un aspirante
all'incarico tra quelli che hanno presentato istanza. Sono state stabilite
linee guida per l'elezione? «No - risponde Allia - io non voterò alcun
candidato proposto all'ultima ora. Prima di andare in aula per votare devono
essere riuniti i componenti della coalizione per stabilire i criteri condivisi
e poi votare. L'elezione del difensore civico è un atto importante che ha
riflessi sulla vita amministrativa e va fatto con ponderatezza». Allia,
inoltre, dice: «Io sono stato fino a che la Dc di Rotondi era un partito
autonomo commissario provinciale di Caltanissetta e nel centro destra.
Scomparsa la Dc per le Autonomie, essendo confluita nel Pdl, non mi sento di
aderire al neo partito del Pdl». A quale partito aderirà? «Il mio gruppo, per ora,
non aderirà a nessun partito. Continueremo a sostenere il sindaco Di Martino e
il suo programma. Per fare una sana politica per la città non bisogna per forza
essere intruppato in un partito, ma stare in mezzo alla gente». Giuseppe
Vaccaro
( da "Sicilia, La"
del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi
Si tenga conto di
piccole imprese e di acqua Il Presidente di Confindustria, Alvaro Di Stefano,
esprime apprezzamento per l'impegno dell'assessore regionale all'Industria,
Pippo Gianni, che con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale delle direttive
sul consolidamento delle passività onerose sta cercando di dare risposte alle attese delle imprese siciliane impegnate a
misurarsi con l'attuale crisi finanziaria. Tuttavia, nonostante la firma della convenzione tra Abi e
Irfis, per sbloccare le procedure per l'accesso alle provvidenze previste dalla
legge occorre adesso che le banche si attivino per stipulare con l'Irfis
apposite convenzioni per consentirne la fruizione da parte delle imprese.
Pertanto, è indispensabile e improcrastinabile che gli istituiti di credito
velocizzino la firma di tali convenzioni per non rischiare di vanificare gli
sforzi messi in atto dall'assessorato all'Industria. Le imprese non possono più
aspettare e le banche dovrebbero rispettare gli impegni presi in sede di Abi
con Confindustria.
( da "Asca" del
03-04-2009)
Argomenti: Crisi
ABI: CLIENTI
SCELGONO BANCHE COL PASSAPAROLA (ASCA) - Roma, 3 apr - Anche per la scelta
della banche vince il 'passaparola'. Lo spiega una indagine dell'Abi, secondo
cui ''contano stampa e tv ma soprattutto il passaparola. Niente conta piu'
dell'esperienza diretta per chi ha un conto. Inoltre la crisi finanziaria non incide sulla
fiducia della clientela retail ma impatta sugli addetti ai lavori. Chi ha un
conto corrente da' peso soprattutto all'esperienza diretta e personale. Niente
conta di piu'. Sono questi i primi risultati dell'Indagine ''Le banche e la
valorizzazione della reputazione nei confronti della clientela retail'',
che l'ABI sta mettendo a punto con l'Universita' di Parma. Ma quali sono i
fattori che determinano la reputazione? Anche qui contano i fatti piu' delle
parole. Pesano molto fattori relazionali - mantenere le promesse, correttezza,
rispetto dei patti - e altri piu' legati a caratteristiche dell'offerta -
professionalita', qualita' dei prodotti, solidita' della banca, affidabilita',
rapporto qualita'/prezzo - oltre a circostanze esterne come l'esposizione ai
media, passaparola e informazioni di stampa. Cio' che genera fiducia nei
clienti sono i comportamenti dell'azienda, mentre i fattori esterni agiscono
come filtro o come rumore. ram/sam/rob
( da "Reuters Italia"
del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi
di Caren Bohan e
Matt Spetalnick STRASBURGO (Reuters) - Il presidente degli Stati Uniti Barack
Obama ha detto oggi di voler puntare a un mondo senza armi nucleari, dopo
essere arrivato a Strasburgo per il vertice Nato ed aver incassato l'appoggio
della Francia sulle nuove strategie Usa per l'Afghanistan. Obama, osannato come
un eroe dalla folla, ha anche teso una mano alla Russia, dicendo che è
importante per la Nato collaborare con Mosca per scongiurare tensioni nei
rapporti diplomatici. La Nato celebra questo fine settimana i suoi 60 anni e
sebbene la minaccia costituita dal blocco sovietico sia superata da tempo,
Obama ha detto che il pericolo di una catastrofe nucleare è sempre presente.
"Nonostante la fine della Guerra Fredda, la diffusione di armi nucleari o
il furto di materiale nucleare possono condurre allo sterminio di una qualsiasi
città sul pianeta", ha detto il presidente Usa in un incontro tenuto nel
municipio della città di Strasburgo. "Questo weekend, a Praga, presenterò
un'agenda che abbia come obiettivo ultimo un mondo senza armi nucleari",
ha detto Obama riferendosi al summit Europa-Stati Uniti in programma in
Repubblica Ceca domenica. Obama ha contribuito ad arrivare a
un accordo al G20 di Londra contro la crisi
finanziaria globale e sta cercando un ulteriore
consenso dai leader dei paesi Nato per migliorare la precaria situazione
dell'Afghanistan. Il presidente francese Nicolas Sarkozy ha immediatamente
fornito pieno sostegno al piano di Obama, che prevede di porre un deciso freno
alla crescente violenza provocata da al Qaeda e dai talebani. "Non
ho bisogno di convincere la Francia della gravità della situazione afghana
perché la Francia sa benissimo che un'al Qaeda libera di operare in determinati
paesi, da cui lanciare eventuali attacchi, costituisce una minaccia non solo
per gli Usa ma anche per l'Europa", ha dichiarato Obama. Continua...
( da "Affari Italiani (Online)"
del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi
Economia Anteprima/
Puntare sulla manifattura: la ricetta anti-crisi di Calabrò Venerdí 03.04.2009
10:52 Contro la crisi finanziaria, ecco un manifesto per il nostro futuro: il ritorno
all'industria. E' la ricetta contro la recessione proposta da Antonio Calabrò,
direttore Affari istituzionali e Relazioni esterne del gruppo Pirelli e
consigliere d'amministrazione di Pirelli Tyre, nel suo ultimo libro
Orgoglio industriale, in uscita in questi giorni. Il giornalista non ha dubbi:
l'industria medio e medio-grande sarà protagonista del "quarto
capitalismo" e l'Italia ha un esercito di 4.600 imprese all'avanguardia
sul piano dell'innovazione, in grado di conquistare la leadership su tutti i
mercati internazionali. Abbiamo, infatti, pensato per anni che il nostro Paese
avrebbe progressivamente abbandonato la produzione industriale per diventare
un'economia di servizi, spiega Calabrò. E ci siamo sentiti dire che le
manifatture sarebbero state destinate alla chiusura e che un po' alla volta
questo Paese sarebbe diventato un Paese dove l'economia dei "beni
immateriali" sarebbe stata la fonte principale di ogni ricchezza. Poi è
arrivata la crisi della finanza e improvvisamente ci
stiamo rendendo conto che non è così. Anzi, è proprio l'industria che ci
salverà. Il libro racconta con semplicità e chiarezza che l'Italia rimane
insomma un grande Paese industriale, il secondo d'Europa dopo la Germania. E ci
regala un viaggio capillare alla scoperta della parte più vitale
dell'imprenditoria italiana, mettendo in luce dati, fatti e personaggi, e
spiegando come considerare con occhi nuovi un settore della nostra economia che
tanto spesso è stato sottovalutato. Da Torino all'Emilia Romagna, è sufficiente
attraversare il Nord Italia per rendersi conto di quanto sia capillare e vivo
il tessuto di imprese la cui missione è produrre e vendere in tutto il mondo
prodotti reali, fisici, materiali e non semplici pezzi di carta. Certo negli
ultimi trent'anni l'industria è molto cambiata, ma non ha mai smesso di
produrre ed esportare beni, apprezzati in ogni angolo del Pianeta. Orgoglio
industriale Antonio Calabrò Mondadori pp.192 17,00 euro tags: orgoglio
industriale antonio calabrò crisi pmi
( da "Foglio, Il" del
03-04-2009)
Argomenti: Crisi
3 aprile 2009 Uomini
in rivolta La sinistra nazionale tutto sommato fa bene a manifestare con la
Cgil Non sono certo le vetrine infrante degli istituti bancari occidentali a
rivelarci il profilo delle vittime di questa drÔle de guerre stradaiola
incistatasi nella coda dellattuale crisi
finanziaria. Le banche soffrono ma sopravviveranno insieme con linsostituibilità
del sistema creditizio. E i casseur altermondisti sono ormai un fenomeno
violento, sì, ma
inquadrabile nella scenografia di ogni appuntamento fra i così detti grandi
della Terra. Come il G20 trascorso e il G8 in arrivo. Gli spaccavetrine
rappresentano la felicità dei gruppi assicurativi, danno lavoro a poliziotti e
avvocati. Altra cosa è il mondo del lavoro precario (non soltanto giovanile)
che sta pagando e pagherà in prospettiva il costo sociale più elevato nella
ristrutturazione in corso del capitale finanziario e dimpresa.
A parte rare circostanze, come in Campania, i disoccupati italiani conservano un atteggiamento
cauto e non sintravede nellimmediato alcuna
emergenza di ordine pubblico. Tuttavia dalla fine dellestate le cose
potrebbero peggiorare e contorcersi malamente. Il problema comincia a
riguardarci da vicino ed è ben presente nel discorso di propaganda con il quale la Cgil e
molte autorevoli anime del Partito democratico, da Franceschini a DAlema,
oggi sfilano in piazza a Roma per una protesta generica dalla coloritura più
preventiva che costruttiva. Non è detto che quella dei manifestanti piddini sia una cattiva idea, a
patto che il tentativo di non abbandonare a se stessa la Cgil si accompagni
alla volontà di oltrepassare lirresolutezza massimalista di
Epifani e alla responsabilità di dare un corpo “istituzionale” a una protesta generalizzata che
potrebbe altrimenti scaricarsi per altre vie. Le vie della rivolta, che sono il
succedaneo cieco di ogni grave esasperazione nel mercato del lavoro, con in
più, nel caso presente, lassenza aggravante di qualsiasi
rivendicazione morale
derivata da un progetto politico. LItalia di questi mesi è
particolarmente esposta al paradosso di avere una maggioranza smisurata nella
quale vengono presidiati anche contenuti e sfere dinfluenza pertinenti
allopposizione, dai temi economici a quelli bioetici. La minoranza intanto insegue col fiato
grosso le pulsioni autarchiche della Cgil e sbanda perfino nella definizione e
collocazione di se stessa. Invece proprio adesso cè
bisogno di unarea progressista nazionale riconoscibile, alternativa al berlusconismo e che sfidi il
centrodestra sulla tenuta dello stato sociale e delle politiche per il lavoro.
Prima che il lavoro perda la testa. Leggi Circo Massimo per leader minimi
( da "AprileOnline.info"
del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi
Berlusconi al G20:
questione di show Raffaele Deidda, 03 aprile 2009, 13:12 Riso amaro Tra le
gaffe pubbliche del Cavaliere c'è quella che gli è valsa il rimprovero della
Regina Elisabetta durante la foto ufficiale dei convenuti al summit, che però è
stata surclassata dall'ultima boutade in risposta alla dichiarazioe di Obama
sulla crisi Renato Soru, intervenendo da consigliere
regionale dell'opposizione nel dibattito in Consiglio regionale sulle
dichiarazioni programmatiche del presidente della Giunta Ugo Cappellacci, dopo
aver ancora criticato l'assidua presenza del premier Berlusconi in una campagna
elettorale nella quale sono state violate le regole della democrazia, ha detto:
"Mi sembra di assistere ad un reality show, ad un immenso Truman show,
nella quale il protagonista e' convinto di fare quello che vuole, ma poi si
accorge che e' legato a dei fili che tira un personaggio da dietro le quinte".
Il riferimento di Soru è al film The Truman Show diretto da Peter Weir e
interpretato da Jim Carrey, che racconta una storia in cui il concetto di
reality show è portato agli estremi, con la televisione che invade la sfera
intima delle persone, rendendo sempre più labile il confine che divide la
finzione televisiva dalla realtà umana. Il personaggio "da dietro le
quinte" che tira i fili è ovviamente Silvio Berlusconi, a sua volta
protagonista di un altro reality show, di dimensioni planetarie che farebbe la
gioia di David Letterman e dei suoi sketch "assurdisti", che non
hanno assolutamente alcun senso, ma sono presi molto seriamente dalle persone
coinvolte. Quale migliore sketch assurdista della più recente performance
comica del Presidente del Consiglio italiano durante il G20 potrebbe esserci
per Letterman? Tutti i capi di stato e di governo dei paesi partecipanti all'
assemblea mondiale sono riuniti per la foto di gruppo. In mezzo a loro è seduta
la Regina Elisabetta, capo di stato del paese ospitante, la Gran Bretagna.
Appena conclusa l'operazione fotografia tutti i capi di stato applaudono e
abbandonano silenziosamente la loro postazione fotografica. All'improvviso si
sente una voce, inconfondibile per gli italiani, che chiama scompostamente il Presidente
degli Stati Uniti: "Mr Obamaaa!!, I'm Mr.Berlusconi". La regina
Elisabetta si gira stupita verso Obama e sembra dire: "What is
this?"o, secondo alcuni: "Ma cos'ha da gridare tanto?"scuotendo
poi le mani in segno di disapprovazione. Per la regina Elisabetta, ma anche per
il resto del mondo, chi si rende protagonista di questi atti è semplicemente un
" ill-mannered, a boor": un maleducato, un cafone. Ma che ci vogliamo
fare? Noi italiani siamo fatti così, ci piace farci rumorosamente riconoscere
all'estero e chi meglio può rappresentarci se non il nostro Presidente del
Consiglio? Eppure nessun capo di stato straniero dovrebbe più stupirsi delle
simpatiche goliardate di Berlusconi, le cui ostriche contengono molte perle,
fra le quali: il "kapò" dato all'eurodeputato socialista tedesco
Martin Schulz, delle corna al vertice dei ministri europei, del gesto della
mitragliata contro la giornalista russa, dei bambini cinesi bolliti,
dell'affermazione sull'inferiorità della cultura islamica, del cucù fatto alla
Merkel, dei desaparecidos argentini, della gaffe nei confronti di Barack Obama
definito "giovane, bello e abbronzato", diligentemente ignorando che
l'aggettivo "tanned" viene usato in senso dispregiativo nei confronti
delle persone di colore. Non bastasse il siparietto da mercato del pesce
offerto dal nostro premier che richiama l'attenzione su di sé urlando il nome
del presidente degli Stati Uniti (Obama non ha ancora formalmente incontrato il
presidente del Consiglio italiano, mentre ha avuto colloqui con quasi tutti gli
altri capi di stato del mondo e anche nell'agenda degli incontri bilaterali a
margine del G20 non è previsto quello con Berlusconi, mentre sono previsti
colloqui con il presidente russo Dimitri Medvedev, con il presidente cinese Hu
Jintao, col primo ministro indiano Manmohan Singh e con il presidente della
Corea del Sud, Lee Myung-Bak, poi con la cancelliera tedesca Angela Merkel e il
presidente francese Nicolas Sarkozy), il premier più amato e più votato dagli
italiani ha regalato al mondo intero una chicca che David Letterman
ascriverebbe certamente fra le migliori mai captate dal suo show. A fronte
della dichiarazione di Obama: "Ci troviamo di fronte
alla crisi finanziaria peggiore
dalla seconda guerra mondiale, le nostre economie sono interconnesse e dobbiamo
trovare una soluzione insieme" ecco l'esternazione del premier italiano
che nessun paese al mondo ci invidia: "Il mio intento è far notare come la
crisi sia soprattutto
psicologica e governi e Stati devono assicurare che le banche non
falliscano". Ma che ci vogliamo fare? Noi italiani siamo fatti
così, ci piace farci riconoscere anche all'estero e chi meglio può
rappresentarci se non il nostro Presidente del Consiglio? Se così non fosse
come si spiegherebbe il consenso imbarazzante di cui gode in patria Silvio
Berlusconi?
( da "AprileOnline.info"
del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi
Il vertice delle
buone intenzioni Stefano Rizzo, 03 aprile 2009, 17:40 Il punto internazionale
Quale ordine internazionale si può cogliere da quello che è (o non è) successo
al G20 di Londra, quale prevedibile rapporto di forza si delinea tra i
principali attori internazionali, stati ricchi, poveri, industrializzati,
emergenti; come si configureranno gli equilibri planetari per il prossimo
futuro? Insomma, chi ha vinto e chi ha perso al G20 londinese? I sorrisi e le
dichiarazioni soddisfatte si sono sprecati alla fine del G20 di Londra. Il
primo ministro inglese Gordon Brown ha parlato di un grande successo, per i
risultati ottenuti e perché "oggi è il giorno in cui il mondo intero si è
riunito per combattere contro la recessione globale". Barack Obama, alla
sua prima uscita sulla scena internazionale, ha confermato: il vertice ha
rappresentato una "svolta" e "il paziente è stato stabilizzato,
anche se non è ancora guarito stiamo usando una buona medicina". Il
presidente francese Nicholas Sarkozy e la cancelliera tedesca Angela Merkel,
che alla vigilia del vertice avevano rumorosamente chiesto precisi interventi
contro la speculazione finanziaria internazionale, si
sono dichiarati soddisfatti degli impegni presi. E così i paesi emergenti in
via di forte sviluppo economico - Cina, India, Brasile, Sud Africa - che dalla
ripresa economica di Europa e America si aspettano il rilancio delle proprie
esportazioni. Gli altri 180 circa paesi del pianeta, per lo più poveri e
poverissimi, non rappresentati a questa riunione dei 20 più ricchi, hanno
ricevuto la promessa che gli imponenti nuovi fondi messi a disposizione del
Fondo monetario internazionale (tre volte la sua dotazione ordinaria) saranno
usati per evitare il loro tracollo. Subito dopo la chiusura del vertice i mercati finanziari hanno mostrato di apprezzare facendo
impennare le borse di tutto il mondo. Quindi tutto bene? La crisi mondiale è
stata evitata? Questa volta non si ripeterà - come avvenne nella grande
depressione di ottanta anni fa - la fuga nel protezionismo e nell'autarchia che
aggravò la crisi (dalla quale i paesi industrializzati uscirono solo
convertendo le loro economie alla produzione bellica, con quello che poi ne
seguì)? I grandi e meno grandi del mondo hanno imparato la lezione sulla
necessità di porre un freno agli "spiriti animali" di un
"capitalismo rapace" che hanno provocato l'attuale catastrofe finanziaria, trascinando con sé l'economia reale? No. Non
tutto bene. Le decisioni prese sono positive e il lungo documento finale
contiene impegni che, per quanto vaghi negli strumenti di attuazione, vanno
nella direzione giusta. Anche i toni e il linguaggio sono nuovi e apprezzabili:
per la prima volta non si parla soltanto di aride cifre e di PIL, ma di posti
di lavoro, di qualità della vita, di energie pulite, dell'imperativo morale di
combattere la povertà. Certamente i mille e passa miliardi di dollari che Stati
Uniti, Europa, Giappone, Cina si sono impegnati a versare in varie forme al FMI
perché li metta a disposizione dei paesi maggiormente colpiti, sono un fatto
positivo, anche se non saranno sufficienti ad impedire altri collassi
economici. I provvedimenti presi per moralizzare i mercati
finanziari, per limitare i compensi dei banchieri e vietare i paradisi
fiscali qualche effetto positivo l'avranno, anche se l'annunciata nuova Agenzia
per la stabilità finanziaria non avrà poteri di
intervento all'interno dei singoli stati (come Francia e Germania avevano
chiesto, ma Stati Uniti e Cina hanno respinto). Si potrà solo fare ricorso ad
una sorta di "dissuasione morale" da parte della comunità
internazionale (l'OCSE in particolare), "svergognando" e mettendo
all'indice gli operatori irresponsabili e i paesi che li ospitano. Non sarà
probabilmente sufficiente: difficilmente si riusciranno a controllare gli
immensi flussi di denaro legati al commercio delle armi e della droga e alla
corruzione, che continueranno ad avere bisogno di luoghi "protetti"
dove piazzare i propri investimenti; ma è già qualcosa rispetto al far west
dell'ultimo quarto di secolo. La questione di fondo però, per valutare i
risultati del vertice di Londra, non è se il bicchiere sia mezzo pieno o mezzo
vuoto, se si sia fatto abbastanza o troppo poco. La questione di fondo è quale
ordine internazionale si può cogliere da quello che è (o non è) successo, quale
prevedibile rapporto di forza si delinea tra i principali attori
internazionali, stati ricchi, poveri, industrializzati, emergenti; come si
configureranno gli equilibri planetari per il prossimo futuro. Da questo punto
di vista ci sono due sicuri vincitori e due sicuri perdenti. Gli Stati Uniti
portano a casa un buon risultato. L'abilità di Obama e la sua franchezza
nell'ammettere le responsabilità del suo paese gli hanno consentito di stornare
le critiche che giustamente erano puntate contro i banchieri americani (e i
governi che li hanno sostenuti). Con le sue franche denunce dell'irresponsabilità
finanziaria è riuscito a fare in modo che la nuova
agenzia di controllo (che è ancora da creare) non avesse poteri al di là dei
confini nazionali. Non ha convinto gli europei a spendere di più per evitare
l'ulteriore indebolimento del dollaro, ma è riuscito a bloccare la proposta
cinese di creare una nuova moneta di riserva alternativa al dollaro che avrebbe
messo a serio rischio la sua stabilità. Grazie agli immensi investimenti
previsti in settori strategici si prepara a rilanciare l'economia americana e a
farla uscire dalla crisi in una posizione di maggiore forza sulla scena
mondiale. L'Europa perde, ma vincono Francia e Germania. Perde l'Europa senza
una voce comune (il presidente della Commissione José Barroso ha avuto un ruolo
praticamente inesistente) e senza una comune strategia economica di
investimenti e di rilancio. Vincono la Francia e la Germania che incassano il
successo politico-diplomatico del loro ritrovato consenso (anche al di là delle
simpatie - scarse - tra i due rispettivi leader, a dimostrazione di quanto
negli affari internazionali conti la sostanza degli interessi e non invece la
politica della "simpatia" e delle pacche sulle spalle praticata da
alcuni). Con le rispettive popolazioni relativamente al sicuro grazie ad un
generoso ed efficiente sistema di protezioni sociali, le due principali
economie europee preparano il rilancio della produzione con una aggressiva e
concertata espansione sui mercati emergenti di Cina,
Russia, Medioriente. L'asse franco-tedesco farà da locomotiva, gli altri
seguiranno, se ci riusciranno, ad una certa distanza. Aumenterà il divario tra
paesi europei ricchi e paesi poveri dell'Est. Aumenterà la disunione
dell'Unione. Vincono Cina, India e gli altri paesi produttori che riforniscono
l'Occidente di beni di consumo a basso prezzo e che potranno disporre di
crediti aggiuntivi del FMI per 250 miliardi di dollari. La crescita delle loro
economie ha rallentato, ma non si è fermata. Investiranno la liquidità in
eccesso per sviluppare i rispettivi mercati interni e
cresceranno ancora. Il loro peso economico, politico, diplomatico è destinato
ad aumentare rispetto all'Occidente. Prima o poi il dollaro cesserà di essere
la moneta mondiale di riferimento e non è detto che a sostituirlo sarà l'euro.
Per quanto grave, l'attuale crisi è solo l'avvisaglia di un ben più grave
scontro economico Oriente-Occidente che potrebbe verificarsi tra un decennio.
Da ultimo, perde il resto del mondo, che rappresenta solo il dieci per cento
dell'economia del pianeta, ma contiene un terzo della sua popolazione. A tutti
i suoi abitanti il vertice ha riservato buone parole e la promessa che non
verranno lasciati sprofondare nella povertà. Il Fondo monetario distribuirà un
po' di soldi -- sei miliardi delle sue riserve auree -- e sentiremo di nuovo
(l'abbiamo già sentita a Londra) la retorica dello sviluppo sostenibile, della
lotta all'AIDS e degli obbiettivi del Millennio. Ma nel breve e medio periodo
poco cambierà per loro.
( da "AprileOnline.info"
del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi
Riformismo e unità
Franco Bianco, 03 aprile 2009, 17:25 Politica e cultura La prima presentazione
pubblica del libro di A.Gianni "Goodbye liberismo", alla presenza di
Bersani, Bertinotti e Cisnetto (oltre naturalmente all'autore) è stata
l'occasione per tastare vicinanze e diversità tra esponenti della sinistra
italiana. Il tutto non senza sorprese e aperture dal grande significato
politico Folla da grandi occasioni, quella convenuta il 2 Aprile alla
presentazione del recentissimo libro di Alfonso Gianni, edito da Ponte alle
Grazie (358 pagine, 16,50 euro), intitolato "Goodbye liberismo", del
quale si è già data qualche anticipazione, pochi giorni fa, su questo giornale:
la saletta della libreria, pur non grandissima, era gremita. Merito,
certamente, del tema che il volume affronta e della reputazione intellettuale -
al di là delle condivisioni politiche, che possono esistere oppure no - della
quale il suo autore giustamente gode; ma sicuramente dovuto anche agli oratori
invitati a presentarlo: Fausto Bertinotti (che con Gianni è stato co-autore di
parecchi libri, a partire da "Le due sinistre" dell'ormai lontano
'97); Pierluigi Bersani (che nel Governo Prodi 2006-2008 è stato ministro per
lo Sviluppo Economico, e lì ha avuto Gianni come sottosegretario); ed Enrico
Cisnetto (meno noto dei due precedenti al grande pubblico, ma giornalista
economico di vaglia, premiato anche per la sua attività di divulgazione economica;
studioso dei processi di cambiamento del capitalismo italiano e internazionale;
docente di Finanza alla Scuola di Giornalismo dell'Università Luiss ed autore
del volume di grande successo "Il gioco dell'Opa"). In particolare,
credo esercitasse un forte richiamo la presenza contemporanea di Bertinotti e
Bersani, per le implicazioni - in questi tempi così incerti, specialmente in
relazione agli assetti politici italiani - alle quali può far pensare e per le
prefigurazioni che può evocare, soprattutto a coloro che sono sempre a caccia
di dietrologie o di significati impliciti, e comunque per l'interesse oggettivo
che presenta un evento che porta ad un confronto diretto, su temi di grande
rilevanza per il presente e per il futuro, di due persone come loro, che ben
rappresentano le due anime classiche della sinistra che per brevità sono
classificate, rispettivamente, "radicale" e "riformista".
Prima di descrivere, in larga massima, gli interventi degli oratori e di
dedicarvi qualche fugace riflessione, vorrei togliermi un peso e fare una
considerazione, che potrei definire metodologica e che credo potrebbe essere
confermata da chiunque abbia qualche consuetudine con presentazioni di volumi a
qualunque tema dedicati. Succede, infatti, molto spesso - quasi sempre, direi -
che coloro che sono invitati a presentare un libro finiscono poi con
l'esprimere il loro pensiero sul tema del libro, scambiando quindi la
presentazione di un testo per la partecipazione ad un convegno a tema. Io penso
che invece, in quelle occasioni, i presentatori dovrebbero non tanto dire la
loro sull'argomento del libro, ma esprimere un giudizio su come il libro ha
affrontato l'argomento, mettere l'accento sui motivi di concordia o di
difformità dalle tesi dell'Autore, giudicare la qualità e la congruità delle
fonti richiamate, dare il loro parere sugli scenari che il libro eventualmente
prefigura e sulle riflessioni che suscita, e così via: in definitiva, essi
dovrebbero mettersi in qualche modo al servizio, pur criticamente inteso, dell'Autore
e della sua fatica, piuttosto che approfittare della ribalta offerta
dall'occasione per rappresentare la loro personale idea sul tema che il libro
affronta. Sarebbe questa, io credo, una manifestazione di "bon ton"
intellettuale (e non solo). Devo dire che anche l'occasione di ieri, benché
tutti gli oratori abbiano fatto qualche (lodevole) sforzo per raccordarsi al
motivo della loro presenza, non è stata sostanzialmente diversa dalla
consuetudine che ho esposto e di cui, io penso, un autore avrebbe qualche
motivo di dolersi. Ha aperto gli interventi Pierluigi Bersani, definendo il
volume di Gianni "un excursus sul liberismo che permette molte
riflessioni". Le sue, dette in breve, sono state le seguenti: che il ciclo
economico alla cui fine stiamo assistendo, che secondo lui ha avuto inizio alla
fine degli anni settanta (parere coincidente con quello di Gianni, come con
quello di altri autori: Ruffolo per tutti), vede anche delle responsabilità che
dovrebbero - e questo troppo spesso manca, secondo lui - suscitare
indignazione, perché esso non è piovuto dal cielo: la distribuzione iniqua
delle ricchezze prodotte non è avvenuta da sola, ma è opera di una classe
dirigente (Bersani si riferiva, come è giusto, allo scenario mondiale). Ed
anche Paesi e società politiche dalle quali ci si sarebbe aspettato un
comportamento diverso - segnatamente la Cina - sono stati al gioco: quel Paese,
infatti, ha accettato di buon grado di svolgere il ruolo che tornava comodo
soprattutto agli USA: "produrre tutto, consumare nulla e prestare i soldi
incassati agli Stati Uniti stessi"; esercitando inoltre effetti di
"dumping sociale" che hanno avuto effetti micidiali soprattutto
sull'Europa, poiché i costi bassi delle merci cinesi erano in primo luogo
dovuti allo scarso rispetto dei diritti del lavoro (e dell'ambiente,
aggiungerei). Uno dei passaggi a mio parere più interessanti dell'intervento di
Bersani si è avuto quando egli ha affermato che da un lato - come scrive Gianni
nel suo libro - non ci può essere il riformismo in un Paese solo, e che dall'altro regolare i mercati finanziari è un'operazione necessaria ma non sufficiente, poiché per farlo
occorre (testualmente) "aggiustare le grandi politiche economiche, e per
farlo ci vorrebbero classi dirigenti adeguate nelle grandi aree del
mondo". Ed ha aggiunto, parlando dell'Europa e dei Paesi che la
compongono, che "bisogna ripartire, ma non si può fare da
soli"; ed ha anche indicato una strada precisa: la riduzione delle
disuguaglianze, che oltre a rispondere a ragioni di equità genera anche un
grande effetto economico. E' ben evidente, credo, il grande significato
politico - per qualche verso perfino sorprendente, per qualcuno - che tali
affermazioni possono rappresentare quando calate nella realtà italiana, potendo
esse prefigurare (sto facendo fantapolitica?) modificazioni di "assetto politico"
non marginali. Credo di poter dire che sarà questo uno dei temi principali
della stagione politica che seguirà all'ubriacatura elettorale che finirà in
Giugno. E' poi intervenuto Enrico Cisnetto, che ha sottolineato la sua
appartenenza "azionista" e la sua ascendenza politico-culturale ad
Ugo La Malfa. Egli ha affermato che la crisi spazza via quel "pensiero
unico" che attribuiva al mercato la capacità di fare tutto da solo. Ma
Cisnetto assume una datazione diversa, per la globalizzazione: secondo lui essa
ha avuto inizio con l'89 della caduta del Muro. Mi sembra chiaro che non si
tratti di una disputa cronologica, ma che tale differenza di interpretazione
trovi il suo fondamento in un'analisi politica propria del filone culturale al
quale Cisnetto - persona certamente brillante ed ottimo conoscitore dei fatti e
delle ricadute politico-economiche - legittimamente appartiene. Egli ha
previsto, su questo essendo d'accordo con gli altri oratori, l'approdo non
lontano ad un nuovo ordine monetario. Ma la differenza decisiva fra un
"liberal di sinistra" come Cisnetto e gli altri che sedevano a quel
tavolo è il giudizio di fondo sulla globalizzazione ed i suoi effetti: egli
riconosce le disuguaglianze da essa generate, ma valorizza l'effetto assoluto
di miglioramento delle condizioni di vita che ha comportato - per esempio in
Cina - per grandi masse (centinaia di milioni) di persone (è un po', mi sembra,
il discorso introdotto da Kennedy e ripreso dai fautori della globalizzazione,
della "alta marea che solleva tutte le barche", che anche un liberal
come Stiglitz, vorrei ricordare a Cisnetto, ha più volte contestato, dicendo
che quella marea ha invece distrutto, con i suoi effetti, le barche più piccole
e fragili: non è questo che è successo?). Alfonso Gianni, nel suo intervento
conclusivo, ha manifestato la sua distanza dalle valutazioni di Cisnetto: pur
non sottovalutando il miglioramento delle condizioni di vita di grandi masse
cinesi - egli ha detto con cognizione di causa, essendo stato più volte in Cina
durante il suo sottosegretariato - non si può e non si deve dimenticare che
questo effetto positivo, verificatosi soprattutto per le popolazioni costiere
della Cina, è stato assolutamente ininfluente sulle condizioni delle
popolazioni interne, che continuano a vivere in stato di grande povertà. Anche
in questo, io penso, si manifestano le differenze politiche: nelle cose a cui
si guarda, nel fatto che si faccia prevalere la soddisfazione per il bicchiere
mezzo pieno o il rammarico per quello mezzo vuoto. La sinistra, io credo, deve
sempre puntare a riempire il bicchiere, senza mai accontentarsi e senza
smettere mai di tenere sguardo ed agire volti a tale fine. Bertinotti ha
anch'egli esordito con l'esplicito apprezzamento del libro di Gianni,
aggiungendo che il suo maggior cruccio sta nel fatto che non esistono luoghi in
cui si possa riunirsi per studiare e riflettere insieme, poiché questo genera
una dispersione di energie e competenze che potrebbero essere messe a buon
frutto: "i luoghi della ricerca, a sinistra, si sono desertificati",
ha egli affermato con rammarico, ed assumendosi anche la propria parte di
responsabilità per non aver saputo porre rimedio a questo. Egli ha poi fatto un
intervento, abbastanza lungo, nel quale ha ripresentato le tesi - peraltro
molto vicine a quelle di Alfonso Gianni, il che non sorprende in due persone
che hanno avuto per lunghi anni un intenso sodalizio, intellettuale oltre che
politico in senso stretto, mai dismesso anche se forse un po' allentato, per
necessità oggettive, negli ultimi tempi - che ha espresso in più occasioni
negli ultimi tempi (ricordo le sue "15 tesi per la sinistra", nonché
- oltre ad alcuni interessanti scambi con Rossana Rossanda - i suoi vari
interventi su "Alternative per il socialismo", la rivista che dirige,
ed in particolare quello sull'ultimo numero 8, intitolato "La costituente
di una nuova sinistra, dopo la fine della controriforma"). Ma un punto mi
interessa soprattutto evidenziare, un'affermazione fatta da Bertinotti in
risposta ad una domanda di Myrta Merlino: egli ha testualmente affermato che
"la radicalità non basta, deve stare insieme all'unità". Affermazione
di non poco conto; essa mi ha richiamato alla mente un precedente di poche
settimane fa, quando, in occasione della presentazione del bel pamphlet di Aldo
Carra "Ho perso la sinistra" (di cui è stato scritto su questo
giornale) ebbe a richiamare la proposta di Giorgio Amendola, dell'Ottobre del
'64, di un "partito unico della sinistra", dicendo di essa
(testualmente: e ricordo che tale affermazione fu intelligentemente colta e
sottolineata da Aldo Garzia, che conduceva il convegno), che "forse a
quell'epoca la proposta non era giusta, ma oggi chissà......". C'è da
chiedersi se tali insistenze e ripetizioni non abbiano un senso politico, al di
là di quello che hanno sul piano storico e culturale; e se il fatto che esse
siano espresse in coincidenza con affermazioni come quelle - richiamate più
sopra - di un politico come Bersani sia casuale o se invece possa essere
suscettibile di qualche lettura e di qualche proiezione nella realtà politica
che viviamo. Alfonso Gianni ha fatto un intervento conclusivo abbastanza lungo
ed articolato - quasi un 12° Capitolo del suo libro, o quanto meno una corposa
Appendice. Fra le molte possibili, due sole cose, per brevità, voglio mettere
in evidenza. La prima è che Gianni ha richiamato fortemente il ruolo che può
avere il "riformismo" (parola non proprio ricorrente nel lessico
della "sinistra alternativa", né da essa generalmente molto
apprezzata), ricordando anche di avere posto in esergo al 1° Capitolo del libro
(e la gerarchia della collocazione probabilmente non è casuale, ritengo) un
brano tratto da un intenso articolo, del 1982, di Federico Caffè, intitolato
"La solitudine del riformista" (chi volesse leggerlo per intero lo
troverà nella raccolta di articoli di Caffè pubblicata da "il
manifesto" nel 2007, con il titolo "Scritti quotidiani"). Questa
focalizzazione del ruolo del "riformismo" - che può essere
"rivoluzionario", come Gianni ha detto - fatta da una persona come
lui non può non fare riflettere. In secondo luogo, l'Autore ha ricordato il
grande compito che sta di fronte alla sinistra (mondiale, e quindi anche
europea ed italiana), che deve essere capace di elaborare una proposta politica
all'altezza dei tempi, per concepire ed esprimere la quale non bastano più i
giganti sulle cui spalle ci siamo appoggiati finora: essi continuano ad essere
utili, ma da soli non sono sufficienti. Dobbiamo rimanere, ha detto Gianni,
sulle loro spalle, ma non avendo lo sguardo rivolto all'indietro, come nel
dipinto del 1920 "Angelus novus" del pittore tedesco Paul Klee, bensì
guardando in avanti. Parole, anche queste, non prive di significato. Sarà
interessante vedere se tutti questi "indizi" (se sono realmente tali,
e non invece fortuite coincidenze, anche se è difficile crederlo)
dimostreranno, nel prossimo futuro, di avere un fondamento più concreto e di
poter condurre ad un qualche approdo. Intanto, vale la pena di leggere il testo
di Gianni e dedicarvi molta attenzione, per le molte aperture che esso contiene
e per le molte rfilessioni che può indurre. Un bel libro: rigoroso, utile, ben
scritto.
( da "KataWeb News"
del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi
senza il mattone..
Spagnoli ci avete scocciato: pensate ai vostri guai 28 marzo 2009 alle 14:15 —
Autore: babelick — 42 commenti Gentile ambasciatore Terracciano, complimenti e
sentiti ringraziamenti. Ci ha vendicati. La lettera che ha inviato al
quotidiano El Pais, nella sua veste di capo della rappresentanza italiana
presso il governo spagnolo, non sembra neanche scritta da un diplomatico di
carriera; meglio, è opera di un diplomatico di razza rara, tanto è chiara,
asciutta, ferma, e, lo faccia dire a me, sacrosantamente scocciata. Quel
giornale così faziosamente filo Zapatero, praticamente un organo di partito,
anche di quello Democratico italiano del quale corre in premuroso e regolare
soccorso, la deve smettere di denigrare il governo e il Paese. Non c'entra
niente qui la libertà di stampa; come lei sottolinea, il tentativo di demolire
l'immagine dell'Italia tra gli spagnoli risponde invece a un disegno di servitù
politica che nessun organo di stampa italiano si sognerebbe di progettare,
piaccia o no il governo di José Luis Zapatero, per gli intimi Bambi. Succede
che gli equilibri politici europei siano cambiati, che un asse
Sarkozy-Merkel-Berlusconi minacci il ruolo della Spagna e le sue numerose,
troppe, poltrone, ben sei super incarichi istituzionali europei. Succede che le
cose non vadano più bene per l'economia, crollata miseramente dopo il boom
edilizio e tante rivendicazioni di tronfio primato; che la politica estera sia
un disastro, e il presidente Barack Obama nella nuova versione militare contro
Bin Laden non si sia rivelato l'amico che ingenuamente la sinistra in Europa
aveva immaginato; che il federalismo morda le calcagna a Madrid, visto
l'apporto determinante del partito catalano alla rielezione dei socialisti. Il
governo è nervoso e la butta sugli attacchi ad altri Stati, il Pais pubblica fedele,
se serve, anticipa. Così l'Italia è descritta come dominio di un tiranno nello
stile delle dittature latino americane, Pinochet naturalmente, non Hugo Chavez,
il presidente del Consiglio eletto ha bisogno dello psichiatra, qui si
praticano tortura e politiche razziste. Ha fatto bene, ambasciatore, a dire
basta, anche perché c'è davvero poco, scansato il fango delle calunnie, di cui
vantarsi in casa Zapatero. Al mini-summit europeo del 4 ottobre del 2008 i capi
di Stato di Berlino, Roma, Parigi e Londra, si sono incontrati
per decidere sulle posizioni comuni da adottare contro la crisi finanziaria, lasciando fuori la
Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo»,
addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro capite. Per il
premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto
deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà, il mio
obiettivo è quello di superare la Francia, anche se l'amico Sarkozy non vuole
neanche sentirselo dire». Subito dopo la crisi
internazionale ha svelato il bluff dell'economia spagnola. La recessione ha
gettato anche la Spagna in una crisi profonda:
crescita dell'1,4% nel 2008, e non del 3,5% come annunciato dal governo. Un
dato che riporta il Paese agli stessi risultati del 1993. Il boom economico era
stato gonfiato dagli aiuti europei allo sviluppo, investiti quasi
esclusivamente nell'edilizia, un settore in forte perdita già dai primi mesi
dell'anno, cioè prima della crisi internazionale. La crisi ha messo a nudo le bugie sulla politica di sicurezza e
immigrazione, a lungo mantenute, anche se sulle zattere dei clandestini
l'ordine è sempre stato di sparare. Nei giorni scorsi 200 organizzazioni hanno
presentato alla Procura generale dello Stato una denuncia contro il ministero
dell'Interno, accusando la polizia di «arresti mirati», «retate» e «controlli
d'identità di massa», insomma di eseguire gli ordini per l'arresto di una
«quota» minima mensile di immigrati per ciascun distretto. Gli immigrati sono
saliti da mezzo milione a 5,2 milioni nel 2008, su una popolazione totale per
la Spagna di 46 milioni di persone. Con una disoccupazione giunta ormai al 14%,
il governo ha cambiato ufficialmente politica. La «Ley de Extranjeria»
presentata a dicembre prevede severe misure restrittive: oltre all'aumento da
40 a 60 giorni del termine massimo per detenere migranti nei Centri di
permanenza temporanea, per facilitare identificazioni e rimpatri coatti, il
progetto prevede di interrompere i ricongiungimenti familiari. Prevede anche
sanzioni fino a 10.000 euro per chi «promuove la permanenza irregolare in
Spagna di uno straniero», un'«infrazione grave» perché «lo straniero dipende
economicamente da chi compie l'infrazione e questa ne prolunga il soggiorno
autorizzato al di là del periodo legalmente previsto». La Comision Espanola de
Ayuda al Refugiado (Cear), ha protestato perché così facendo il governo «cerca
di farsi complici le persone che alloggiano» gli immigrati, e si appresta a
«convertire i cittadini in poliziotti». Ci sarebbe da analizzare anche il ruolo
inquietante di un giudice star come Baltazar Garzon, che somigli all'Antonio Di
Pietro dei tempi che furono, grande amico di Zapatero e compagno di caccia di
altri ministri socialisti, ma anche evasore fiscale conclamato. Garzon negli
ultimi anni ha incriminato chiunque, dai dittatori latino americani agli
statisti europei, fino a personaggi dell'epoca di Francisco Franco, tutti
defunti. Colleziona una gaffe dopo l'altra, eppure imperversa. Pure la battaglia
contro la Chiesa cattolica, nella sua forma infantile ed estremista, è la
pratica opposta a quella che si converrebbe a un premier laico che governa un
Paese dove ci sono cattolici numerosi, un milione e mezzo solo fra i suoi
elettori. La gaffe del ritiro dal Kosovo, comunicato in loco dal ministro della
Difesa, Carmen Chacon, contro il parere e all'insaputa del collega degli
Esteri, Moratinos, e di tutti i governi dell'Unione europea e della Nato, è la
chicca di qualche giorno fa. Il presunto amico, il presidente Obama, è
infuriato e non ha accettato i goffi tentativi di Madrid di rimediare. Peggio
di così!
( da "KataWeb News"
del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi
Rbs: L'ira degli
azionisti, bocciato piano compensi 3 aprile 2009 alle 17:45 — Fonte:
repubblica.it — 0 commenti L'assemblea degli azionisti di Royal Bank of
Scotland ha bocciato il programma di remunerazioni dei dirigenti della banca,
salvata dal fallimento grazie all'intervento dello stato, che ne è ora il
principale azionista. Il voto non è vincolante, ma è una chiara espressione
della rabbia per la pensione da un milione di dollari all'anno concessa all'ex ad
di Rbs, Sir Fred Goodwin, sotto la cui gestione la banca britannica si lanciò
nelle operazioni sui derivati che l'hanno portata al collasso. Nel discorso
all'assemblea degli azionisti, il presidente di Rbs, Philip Hampton, ha chiesto
che sia messa fine alla "pubblica fustigazione" per gli errori
commessi dalla società in passato. Hampton ha però criticato l'acquisizione
dell'olandese Abn Amro decisa da Goodwin ("l'affare sbagliato al prezzo
sbagliato") e ha sottolineato che "alcune pratiche che erano accettabili
ai tempi del boom non possono esserlo ora, se mai lo sono state",
riferendosi alla sponsorizzazione di un team di Formula Uno e l'ordine, poi
cancellato, di un jet aziendale. Rbs, un pò come Aig, ha
finito per diventare uno dei simboli della crisi finanziaria, attirandosi la rabbia dell'opinione pubblica. Durante le
manifestazioni contro il G20, i vetri degli uffici dell'istituto sono stati
sfondati dai manifestanti, mentre il mese scorso ignoti avevano rotto le
finestre della residenza di Sir Goodwin e gli avevano distrutto la macchina.
AGI
( da "KataWebFinanza"
del 03-04-2009)
Pubblicato anche in: (Borsa(La
Repubblica.it))
Argomenti: Crisi
RBS: L'IRA DEGLI
AZIONISTI, BOCCIATO PIANO COMPENSI (AGI) - Londra, 3 apr. - L'assemblea degli
azionisti di Royal Bank of Scotland ha bocciato il programma di remunerazioni
dei dirigenti della banca, salvata dal fallimento grazie all'intervento dello
stato, che ne e' ora il principale azionista. Il voto non e' vincolante, ma e'
una chiara espressione della rabbia per la pensione da un milione di dollari
all'anno concessa all'ex ad di Rbs, Sir Fred Goodwin, sotto la cui gestione la
banca britannica si lancio' nelle operazioni sui derivati che l'hanno portata
al collasso. Nel discorso all'assemblea degli azionisti, il presidente di Rbs,
Philip Hampton, ha chiesto che sia messa fine alla "pubblica fustigazione"
per gli errori commessi dalla societa' in passato. Hampton ha pero' criticato
l'acquisizione dell'olandese Abn Amro decisa da Goodwin ("l'affare
sbagliato al prezzo sbagliato") e ha sottolineato che "alcune
pratiche che erano accettabili ai tempi del boom non possono esserlo ora, se
mai lo sono state", riferendosi alla sponsorizzazione di un team di
Formula Uno e l'ordine, poi cancellato, di un jet aziendale. Rbs, un po' come
Aig, ha finito per diventare uno dei simboli della crisi finanziaria, attirandosi la rabbia
dell'opinione pubblica. Durante le manifestazioni contro il G20, i vetri degli
uffici dell'istituto sono stati sfondati dai manifestanti, mentre il mese
scorso ignoti avevano rotto le finestre della residenza di Sir Goodwin e gli
avevano distrutto la macchina. 03/04/2009 - 17:42
( da "Trend-online"
del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi
Addio dollar
standard PRIMO PIANO, clicca qui per leggere la rassegna di Enrico
Cisnetto , 03.04.2009 17:04 Scopri le migliori azioni per fare trading questa
settimana!! In tempi di
crisi, è ora di battere (nuova) moneta. Una delle
tante conseguenze di questa crisi finanziaria,
probabilmente, sarà lavvento di un nuovo sistema monetario
internazionale, non più basato sulla centralità esclusiva del dollaro.
Fantascienza, quella della fine del dollar standard? Mica tanto. Da una
parte, il 28 dicembre scorso, gli Stati del Golfo (Arabia Saudita, Emirati,
Kuwait, Qatar, Oman e Bahrein) hanno deciso di rompere gli indugi e, con una
decisione storica, hanno fissato per linizio del 2010 lentrata in vigore di una valuta unica,
la moneta del Golfo appunto. Dallaltra, recentemente,
Cina, Giappone e Corea del Sud hanno ribadito il progetto (ventilato già nel 2006) di dar vita ad un euro
con gli occhi a mandorla. E nella vecchia Europa, la Gran Bretagna da qualche mese ha dato
segnali di apertura complice la crisi del suo sistema
economico, basato per il 30% sui servizi finanziari
a unipotetica entrata nelleuro. Ancora: la Russia, scossa dalla
flessione dei prezzi di energia e materie prime e dalle insostenibili spese di riarmo, tenta
disperatamente di salvare il rublo dalla forza di attrazione delleuro
(ad ovest) e dal cinese yuan (ad est). Ma è proprio dalla Cina che è arrivata
la novità più rivoluzionaria degli ultimi tempi: quella, avanzata dal governatore della Banca
centrale di Pechino, di abbandonare il dollar standard
per passare ad una grande divisa mondiale da far nascere sotto legida del
Fondo Monetario. Abbandonare, cioè, la supremazia del biglietto verde,
inventata sessantanni fa a Bretton Woods. Idea balzana? Non tanto: e non
(solo) perché la crisi nata negli Usa abbia messo in
ginocchio il dollaro. Semmai, è il biglietto verde che non può più gestire la crisi. Primo, a livello simbolico, perché gli Stati Uniti
non sono più capaci, geopoliticamente, segue pagina >>
( da "Virgilio Notizie"
del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi
Mosca, 3 apr.
(Apcom-Nuova Europa) - Sullo sfondo della crisi un
nuovo risiko di acquisizioni e fusioni, in una Russia che cerca di uscire dalla
recessione con tutte le sue forze. Anche Gazprom è sulle barricate, in pole
position per acquistare la compagnia petrolifera Russneft, ulteriore pezzo in
caduta dall'impero del magnate Oleg Deripaska, sommerso dai debiti. E proprio
il gruppo BasEl, dell'ex uomo più ricco del Paese, cerca di spuntarla con il
creditore Alfa Bank, l'unico tra gli istituti finanziari ad aver fretta di
riscuotere i suoi soldi dall'oligarca in pessime acque. Tra frecciate e accuse
che appaiono come scene di lotta di classe sulla Rubliovka, il sobborgo chic di
Mosca dove oligarchi e miliardari continuano a vivere. Mentre l'Aquila Bicipite
ha accusato il colpo della crisi molto più di altri
Paesi. Le stime sul Pil parlano di un risultato peggiore rispetto al già grave
-7% previsto per il primo trimestre 2009. Ma, secondo quanto dichiarato da
Medvedev in ambito G20, anche la reattività di Mosca non è stata da meno. In
termini relativi - secondo il presidente russo - le dimensioni del programma
anti-crisi della Russia - tenendo conto della
ricapitalizzazione delle banche - sono state tra le più grandi al mondo, pari
al 12% del Prodotto interno lordo. Ora però molto è legato all'andamento dei
prezzi del petrolio e alla capacità della Russia di attirare investimenti, per
compiere quella diversificazione che non si è mai realizzata in pieno. Le cifre
di oggi della Banca Centrale parlano di fuga di capitali per 38 miliardi di
dollari nel primo trimestre dell'anno in corso. Mentre il mondo delle compagnie
energetiche russe sta subendo un difficile riassetto. Sono a un pericoloso
punto morto i negoziati per la vendita della compagnia petrolifera Russneft
alla controllata di Gazprom, Gazprom Neft, dopo che l'attuale proprietario, il
miliardario Deripaska appunto, ha stimato la società per 8 miliardi di dollari.
Il tutto nonostante il debito di 5,6 miliardi che pesa sull'azienda, già
vittima di una tempesta giuridica che ne aveva decapitato il vertice. Gazprom
Neft aveva sperato di acquisire Russneft coprendo semplicemente il debito, che
include 4,3 miliardi di dollari dovuti a Sberbank. La prima banca di Russia ha
tutte le azioni di Russneft in garanzia, e vuole che la società sia venduta.
Basic Element - controllata da Deripaska - aveva incaricato a marzo Troika
Dialog e Gazprombank di avviare negoziati con Sberbank per ristrutturare il
debito di Russneft. Solo per il suo acquisto il magnate spese 4,1 miliardi. Al
tempo stesso il 100% delle azioni della società petrolifera - l'ottava tra le
major russe - è stata data in pegno. BasEl in realtà non possiede ancora
ufficialmente Russneft. Il precedente proprietario, Mikhail Gutseriev, due anni
fa era caduto in disgrazia per una divergenza di vedute con le autorità. Nella
primavera del 2007, aveva tentato di recuperare le azioni della società, ma
l'estate dello stesso anno Gutseriev era riparato a Londra, e il contratto per
la vendita di Russneft era passato a Deripaska. Deripaska, secondo il
quotidiano russo Vedomosti, potrebbe anche decidersi a vendere. E Gazprom Neft,
sarebbe gia' in prima fila. Intanto il totale dei debiti di Deripaska va ben
oltre 30 miliardi di dollari, di cui 25 con le banche. In ogni caso, BasEl non
ha ancora ottenuto l'autorizzazione del Servizio federale antimonopolio per
l'acquisto della compagnia. E in fondo Russneft è solo un
aspetto di un impero che sta crollando lentamente da un anno, sullo sfondo
della crisi finanziaria e
piu' o meno da quando il presidente Dmitri Medvedev è salito al Cremlino. Di
fatto anche Medvedev è intervenuto per evitare nuova sconfitta per lo stesso
Deripaska che negli ultimimesi sta collezionando debacle finanziarie, persino
nel settore immobiliare. Un altro vero tema 'caldo' per Gazprom è invece
l'opzione d'acquisto su asset un tempo appartenuti alla major petrolifera Yukos
e rilevati da Eni e Enel nel 2007. In particolare Gazprom può acquistare il 20%
di GazpromNeft, entro aprile. Nonchè il 51% di Severenergia, per un totale di
5,5 miliardi di dollari. Un affare colossale, che la crisi
aveva corredato di voci di un possibile passo indietro del colosso dell'oro
blu. Ma che l'imminente visita a Mosca del presidente del Consiglio Silvio
Berlusconi potrebbe risolvere brillantemente. (segue)
( da "Trend-online"
del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi
BANCHE: PER
SCEGLIERE CONTA IL PASSAPAROLA NOTIZIE, clicca qui per leggere la rassegna di
Pierpaolo Molinengo , 03.04.2009 17:18 Scopri le migliori azioni per fare
trading questa settimana!! Chi ha un conto corrente dà peso soprattutto allesperienza
diretta e personale. Niente conta di più. Per chi invece non ha ancora un rapporto con la
banca fa premio il passaparola, ma subito dopo limmagine e le
notizie riportate dalla stampa e dalla tv. Sono i primi risultati
dellIndagine Le banche e la valorizzazione della reputazione nei
confronti della
clientela retail, che lABI sta mettendo a punto con
lUniversità di Parma. Ma quali sono i fattori che determinano la
reputazione? Anche qui contano i fatti più delle parole. Pesano molto fattori
relazionali mantenere le promesse, correttezza, rispetto dei patti
e altri più legati a caratteristiche dellofferta professionalità,
qualità dei prodotti, solidità della banca, affidabilità, rapporto
qualità/prezzo oltre a circostanze esterne come esposizione ai media, passaparola e informazioni
di stampa. Ciò che genera fiducia nei clienti sono i comportamenti dellazienda,
mentre i fattori esterni agiscono come filtro o come rumore. Coerente con
questa percezione, la clientela è più influenzata dallesperienza
maturata, seguita dalla trasparenza e chiarezza delle condizioni contrattuali e dallimmagine
aziendale. Insomma, nulla conta di più dellesperienza diretta per chi ha
un conto corrente. Sulla clientela potenziale invece impatta soprattutto il
passaparola, limmagine aziendale e le notizie riportate dalla stampa e dalla tv. Lanalisi della
reputazione delle banche mostra che la crisi finanziaria non ha inciso
sulla fiducia della clientela retail, mentre ha impattato sugli addetti ai
lavori. Per quanto riguarda la clientela corporate, le banche ritengono che sia
meno sensibile a fenomeni emotivi, è pluribancarizzata ed è in grado di
valutare direttamente la qualità della relazione. La percezione della reputazione
come un asset e non solo come un rischio segue pagina >>
( da "Wall Street Italia"
del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi
## Russia/Nuovo
risiko acquisizioni-fusioni tra petrolio e debiti di Apcom Scene di lotta di
classe sulla Rubliovka, il sobborgo dei magnati -->Mosca, 3 apr.
(Apcom-Nuova Europa) - Sullo sfondo della crisi un
nuovo risiko di acquisizioni e fusioni, in una Russia che cerca di uscire dalla
recessione con tutte le sue forze. Anche Gazprom è sulle barricate, in pole
position per acquistare la compagnia petrolifera Russneft, ulteriore pezzo in
caduta dall'impero del magnate Oleg Deripaska, sommerso dai debiti. E proprio
il gruppo BasEl, dell'ex uomo più ricco del Paese, cerca di spuntarla con il
creditore Alfa Bank, l'unico tra gli istituti finanziari ad aver fretta di
riscuotere i suoi soldi dall'oligarca in pessime acque. Tra frecciate e accuse
che appaiono come scene di lotta di classe sulla Rubliovka, il sobborgo chic di
Mosca dove oligarchi e miliardari continuano a vivere. Mentre l'Aquila Bicipite
ha accusato il colpo della crisi molto più di altri
Paesi. Le stime sul Pil parlano di un risultato peggiore rispetto al già grave
-7% previsto per il primo trimestre 2009. Ma, secondo quanto dichiarato da
Medvedev in ambito G20, anche la reattività di Mosca non è stata da meno. In
termini relativi - secondo il presidente russo - le dimensioni del programma
anti-crisi della Russia - tenendo conto della
ricapitalizzazione delle banche - sono state tra le più grandi al mondo, pari
al 12% del Prodotto interno lordo. Ora però molto è legato all'andamento dei
prezzi del petrolio e alla capacità della Russia di attirare investimenti, per
compiere quella diversificazione che non si è mai realizzata in pieno. Le cifre
di oggi della Banca Centrale parlano di fuga di capitali per 38 miliardi di
dollari nel primo trimestre dell'anno in corso. Mentre il mondo delle compagnie
energetiche russe sta subendo un difficile riassetto. Sono a un pericoloso
punto morto i negoziati per la vendita della compagnia petrolifera Russneft
alla controllata di Gazprom, Gazprom Neft, dopo che l'attuale proprietario, il
miliardario Deripaska appunto, ha stimato la società per 8 miliardi di dollari.
Il tutto nonostante il debito di 5,6 miliardi che pesa sull'azienda, già
vittima di una tempesta giuridica che ne aveva decapitato il vertice. Gazprom
Neft aveva sperato di acquisire Russneft coprendo semplicemente il debito, che
include 4,3 miliardi di dollari dovuti a Sberbank. La prima banca di Russia ha
tutte le azioni di Russneft in garanzia, e vuole che la società sia venduta.
Basic Element - controllata da Deripaska - aveva incaricato a marzo Troika Dialog
e Gazprombank di avviare negoziati con Sberbank per ristrutturare il debito di
Russneft. Solo per il suo acquisto il magnate spese 4,1 miliardi. Al tempo
stesso il 100% delle azioni della società petrolifera - l'ottava tra le major
russe - è stata data in pegno. BasEl in realtà non possiede ancora
ufficialmente Russneft. Il precedente proprietario, Mikhail Gutseriev, due anni
fa era caduto in disgrazia per una divergenza di vedute con le autorità. Nella
primavera del 2007, aveva tentato di recuperare le azioni della società, ma
l'estate dello stesso anno Gutseriev era riparato a Londra, e il contratto per
la vendita di Russneft era passato a Deripaska. Deripaska, secondo il
quotidiano russo Vedomosti, potrebbe anche decidersi a vendere. E Gazprom Neft,
sarebbe gia' in prima fila. Intanto il totale dei debiti di Deripaska va ben
oltre 30 miliardi di dollari, di cui 25 con le banche. In ogni caso, BasEl non
ha ancora ottenuto l'autorizzazione del Servizio federale antimonopolio per
l'acquisto della compagnia. E in fondo Russneft è solo un
aspetto di un impero che sta crollando lentamente da un anno, sullo sfondo
della crisi finanziaria e
piu' o meno da quando il presidente Dmitri Medvedev è salito al Cremlino. Di
fatto anche Medvedev è intervenuto per evitare nuova sconfitta per lo stesso
Deripaska che negli ultimi mesi sta collezionando debacle finanziarie, persino
nel settore immobiliare. Un altro vero tema 'caldo' per Gazprom è invece
l'opzione d'acquisto su asset un tempo appartenuti alla major petrolifera Yukos
e rilevati da Eni e Enel nel 2007. In particolare Gazprom può acquistare il 20%
di GazpromNeft, entro aprile. Nonchè il 51% di Severenergia, per un totale di
5,5 miliardi di dollari. Un affare colossale, che la crisi
aveva corredato di voci di un possibile passo indietro del colosso dell'oro
blu. Ma che l'imminente visita a Mosca del presidente del Consiglio Silvio
Berlusconi potrebbe risolvere brillantemente. (segue)
( da "Wall Street Italia"
del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi
Ue/ Borghezio:
Troppi soldi a Barroso, più di Obama di Apcom "riportare stipendio e
liquidazione a livelli accettabili" -->Bruxelles, 3 apr. (Apcom) -
"Il Presidente della Commissione Barroso percepisce uno stipendio annuo di
300mila euro, cui vanno aggiunti 50mila euro per spese di residenza e di
rappresentanza; inoltre, la Commissione gli riconoscerà a fine mandato una mega
indennità di 190mila euro annui, per ben 3 anni". Lo afferma in una nota
l'eurodeputato della Lega Mario Borghezio. In una interrogazione rivolta alla
Commissione europea Borghezio domanda dunque "se non si ritenga, specie in un periodo di crisi
finanziaria in cui si dibatte tutta l'Europa, che
tale principesco trattamento, per altro ben superiore a quello di tutti i capi
di Stato europei e dello stesso Presidente Obama, debba essere urgentemente
riportato a livelli accettabili, come pure la sua mega liquidazione".
( da "Wall Street Italia"
del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi
USA: BANCHE,
POLEMICHE SULLE REGOLE PIU' MORBIDE di WSI - Il Sole 24 Ore Fa discutere la
decisione della Fasb (il board della contabilita' Usa), di varare nuove regole
relative all'applicazione del 'mark-to-market', ovvero la valutazione a valori
presunti di mercato per gli asset i cui scambi su mercati si sono prosciugati.
-->Fa discutere la decisione della Fasb (Financial Accounting Standards
Board), il board della contabilità americana, di varare nuove regole, più
morbide, relative all'applicazione del mark-to-market, ovvero la valutazione a
valori presunti di mercato per attività finanziarie i cui scambi su mercati
regolamentati si siano di fatto prosciugati. Insomma, la nuova strada imboccata
negli Stati Uniti ha come obiettivo la garanzia per le banche di valutare con
maggiore libertà gli asset tossici. Ma per i critici questo è il sistema più
sicuro per invitare i banchieri a insabbiare le perdite. Secondo quanto
dichiarato dalla stessa Fasb, per la stragrande parte delle società Usa i
cambiamenti normativi (intervenuti sul Financial Statement 157, principio
contabile che regola il fair value e l'applicazione del mark-to-market)
dovrebbero essere efficaci a partire dal secondo trimestre - ma in qualche caso
potrebbero iniziare ad essere applicate già per il primo trimestre. Viene così
ampliato il margine nella valutazione degli attivi e delle perdite, fornendo
una potenziale spinta ai bilanci. Positiva la reazione dei titoli bancari
(giovedì in rally - ben oltre le ragioni dell'ottimismo di facciata emerso
dalle conclusioni del G-20 a Londra -, oggi in tenuta), anche se per alcuni
operatori il cambiamento è stato varato con notevole ritardo, dopo che lo shock
finanziario ha prosciugato il mercato delle collateralized debt obligations e
di tutte le obbligazioni con sottostanti mutui. Frittata fatta, quindi, anche
se qualche beneficio dovrebbe arrivare: tra gli operatori c'è chi calcola un
possibile rialzo degli utili del 20%, altri smorzano gli entusiasmi e parlano
di «un penny o due». A favore dei cambiamenti c'è chi sostiene che aver forzato
le banche a svalutare a prezzi di saldo questi asset in un
mercato in stallo abbia esacerbato la crisi
finanziaria con svalutazioni, crollo di utili,
penalizzazione dei coefficienti patrimoniali e una limitata capacità di
credito. Le autorità hanno dato ancora una volta più credito ai banchieri che a
Main Street. Se la boccata di ossigeno accordata alle banche può sembrare una
decisione deprecabile ma tutto sommato saggia (un male minore, di questi
tempi: potrebbero esserci meno alibi sul stretta del credito), resta da vedere
come una gestione più lassista dei bilanci possa riportare la fiducia sui
mercati e tra gli investitori. E con che bilanci "reali" ci si
sveglierà dopo che sarà finito il lungo incubo della recessione.
( da "Wall Street Italia"
del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi
Italia-Russia/
Berlusconi a Mosca, rapporti ai massimi storici di Apcom Lunedì-martedì ricco
programma con incontri con Putin e Medvedev -->Mosca, 3 apr. (Apcom-Nuova
Europa) - Nel segno di "rapporti economici ai massimi storici" inizia
lunedì a Mosca la visita del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi,
culmine politico della super-missione imprenditoriale sotto l'egida di
Confindustria, Ice e Abi. Il capo di governo si tratterrà nella capitale russa
fino a martedì - ufficializza oggi il Cremlino - quando incontrerà il
Presidente della Federazione Russa Dmitri Medvedev. Già dal giorno prima però
con Vladimir Putin, collega premier e 'amico' di lunga data, inizia un fitto
programma che si concluderà, pare, all'aeroporto Vnukovo-2: Berlusconi e Putin
ai comandi del Superjet-100, il velivolo regionale sviluppato da Alenia
Areonautica (Finmeccanica) e la russa Sukhoi. Con un'immagine da ricordare,
dopo lo scatto al G20 che ha appena immortalato un Berlusconi sorridente,
mentre abbraccia il leader del Cremlino Medvedev e il capo della casa Bianca Barack
Obama, a suggello della volontà di mediazione per il disgelo tra Mosca e
Washington. La missione è chiaramente focalizzata su temi economici. In tale
ambito la collaborazione tra Italia e Federazione Russa "ha raggiunto i
massimi storici", ma "può migliorare ulteriormente", ha detto il
presidente del Consiglio in un'intervista a Ria Novosti, rilasciata prima del
viaggio. "Sarà 'la più grande missione di sistema' mai organizzata
dall'Italia, inserita però in una lunga tradizione di missioni imprenditoriali
italiane in Russia. Iniziativa organizzata da Confindustria, "alla quale
partecipano 800 soggetti economici tra imprese, associazioni di categoria,
consorzi ed enti italiani". A dimostrazione non che vi "sono
particolari problemi da risolvere. Ma che la collaborazione economica tra
Italia e Federazione Russa, che ha raggiunto i massimi storici, puo' migliorare
ulteriormente". Per Berlusconi la missione rappresenta un "messaggio
assolutamente positivo. Basti pensare - ha fatto notare - che l'interscambio
commerciale in valore assoluto è passato nel 2008 da 23,9 a 26,5 miliardi di
euro, con un aumento dell'11 per cento rispetto al 2007. Il ritmo della
crescita, ovviamente, ha risentito nella seconda metà
dell'anno della generale crisi finanziaria. Ma è significativo che il valore delle nostre esportazioni
(10,5 miliardi di euro) ha fatto segnare un aumento del 9,3 rispetto all'anno
precedente, mentre quelle verso altri mercati europei hanno fatto registrare il
segno negativo". Ovviamente l'energia non può passare in secondo
piano. Non a caso ieri il numero uno di Eni, Paolo Scaroni è volato a Mosca per
incontrare nel quartier generale di Gazprom il suo omologo Aleksei Miller. Si è
parlato di "progressi" compiuti nel progetto South Stream e dei rapporti
tra Mosca e Kiev per il passaggio delle forniture. Ma un vero tema 'caldo' per
il colosso dell'oro blu è l'opzione d'acquisto su asset un tempo appartenuti
alla major petrolifera Yukos e rilevati da Eni e Enel nel 2007. In particolare
Gazprom può acquistare il 20% di GazpromNeft, entro aprile. Nonchè il 51% di
Severenergia, per un totale di 5,5 miliardi di dollari. Un affare colossale,
che la crisi aveva corredato di voci di un possibile
passo indietro dell'Aquila Bicipite. Ma che la visita di Berlusconi potrebbe
risolvere brillantemente. Circa il 70 per cento delle nostre importazioni dalla
Russia è costituito da gas e petrolio, sottolineava il premier a Ria.
"L'aspetto interessante della missione è che sarà estesa a realtà
economiche lontane da Mosca e ad altre regioni, tra cui San Pietroburgo,
Ekaterinburg, Krasnodar e Novosibirsk. In conclusione, la Russia e' per
l'Italia un partner strategico imprescindibile, politicamente ed
economicamente. La nostra è un'amicizia a tutto campo". In particolare si
prevedono - secondo fonti di Apcom - intese per la cooperazione nel settore
delle comunicazioni tra i Ministeri italiano dello Sviluppo Economico e russo
delle Comunicazioni, dell'efficienza energetica e delle fonti rinnovabili tra
Sviluppo Economico e ministero russo dell'Energia, più una serie di accordi tra
gruppi ed imprese strategiche. Tra i player a siglare Finmeccanica, Eni,
Transneft, Rosneft, Strojtransgaz, Inter RAO EES, Zarubezhneft, Enipower,
Rostekhnologii, Ferrovie Russe; è previsto inoltre un accordo tra 'Unione Russa
Imprenditori ed Industriali' e Confindustria. E tra Vneshekonombank e SACE due
ulteriori intese: la prima per linee di credito concesse da banche straniere
alla Vneshekonombank; la seconda per la realizzazione di uno schema di finanziamento
per la vendita del Superjet 100 sul mercato internazionale. (segue)
( da "Giornale di Calabria, Il"
del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi
Regione, i lavori
della commissione di vigilanza REGGIO CALABRIA. La Commissione consiliare
Speciale di Vigilanza, presieduta dal consigliere Franco Morelli, si è riunita
ieri avviando i propri lavori con laudizione dei vertici della Fondazione Field,
rispettivamente, il presidente dott. Mario Muzzì, e il direttore generale,
dott.sa Anna Maria Cardamone. Il presidente Morelli, in avvio di seduta, ha
posto alcuni quesiti ai rappresentanti della Field, in particolare sui progetti
in atto proposti dalla Fondazione che, comè noto, opera nel
settore dellemersione del lavoro nero ed irregolare e nella elaborazione
di progetti di fuoriuscita dal precariato. La Commissione speciale di
Vigilanza, presieduta dal consigliere Franco Morelli, ha aggiornato le audizioni programmate con i
rappresentanti dei Consorzi per lo Sviluppo Industriale di Crotone e Vibo
Valentia a causa di problemi legati alla mobilità stradale. Scontiamo
purtroppo - ha detto il presidente Morelli a chiusura di seduta - tutta la carenza
infrastrutturale di cui soffre la Calabria, aggravata dal maltempo e dalleccessivo
carico autostradale dovuto ai lavori di ammodernamento in corso. Con
laccordo dei colleghi commissari - ha proseguito Morelli - abbiamo quindi
deciso di
riprogrammare la seduta e le audizioni con i Consorzi di Crotone e Vibo
Valentia per fare il punto sullo stato delle iniziative in corso che fanno
capo, per responsabilità istituzionale, a questi due enti subregionali. A
fronte di una situazione nazionale ed internazionale di crisi
finanziaria e delle imprese manifatturiere, abbiamo lobbligo,
almeno per quel che riguarda le iniziative industriali in Calabria, di
coordinare un utile lavoro di raccordo istituzionale capace di abbreviare
significativamente ed
efficientare ogni procedura che attiene il rapporto Regione-Imprese.
(23-03-09)
( da "Gazzetta di Parma Online, La"
del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi
Foschi: in campo per
aiutare le pmi Luca Molinari «Metteremo in campo tutta la nostra
professionalità per instradare le imprese sulla via dello sviluppo». Andrea
Foschi, presidente dellordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili di Parma,
sottolinea il valore di questa professione nel combattere la crisi.
E annuncia lorganizzazione di una tavola rotonda sul tema: «Un mercato di
borsa dedicato alle piccole e medie imprese: opportunità per la ripresa e lo sviluppo», l8
aprile allauditorium Paganini. Una scelta coraggiosa, che va
controcorrente e guarda con fiducia al futuro. «In un momento in cui da ogni
parte si sente parlare di
crisi, - afferma - ci sembra il momento giusto per
parlare di ripresa e di sviluppo. Cerchiamo di vedere i segnali positivi,
riacquisire la fiducia e valutare gli strumenti creati per orientare leconomia
e la finanza nel modo corretto, per linteresse del nostro Paese». Nella
tavola rotonda si affronteranno le ragioni della crisi finanziaria in
ambito extra nazionale ed interno, «il ruolo delle banche di fronte alla crisi, - prosegue - le possibili evoluzioni e soluzioni, le
nuove opportunità di ottimizzazione della finanza delle imprese, lesperienza
degli imprenditori che hanno quotato le loro aziende di riferimento, lidea del
consiglio nazionale e lesperienza del dottore commercialista».
Levento dell'8 aprile nasce infatti per promuovere laccordo che il
consiglio nazionale ha siglato con Borsa italiana «per sensibilizzare le imprese - precisa -
sull'opportunità della quotazione sui mercati da lei organizzati e gestiti».
Attualmente a Parma sono 840 gli iscritti allordine dei
dottori commercialisti e degli esperti contabili. Foschi riprende quindi le
tematiche più significative
emerse nel recente congresso nazionale di Torino. «La categoria - rimarca - ha
acquisito una buona percentuale di giovani che vogliono cercare di essere più
dinamici nellambito dello sviluppo economico e nei
rapporti con istituzioni e mercato. Essere protagonisti del cambiamento significa accettare la
sfida del mercato. La rinnovata forza ed autorevolezza di una categoria
professionale che ha saputo unire ciò che era diviso, ma soprattutto fondere e
non sommare storie e identità».
( da "KataWeb News"
del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi
senza il mattone..
Spagnoli ci avete scocciato: pensate ai vostri guai 28 marzo 2009 alle 14:15 —
Autore: babelick — 43 commenti Gentile ambasciatore Terracciano, complimenti e
sentiti ringraziamenti. Ci ha vendicati. La lettera che ha inviato al
quotidiano El Pais, nella sua veste di capo della rappresentanza italiana
presso il governo spagnolo, non sembra neanche scritta da un diplomatico di
carriera; meglio, è opera di un diplomatico di razza rara, tanto è chiara,
asciutta, ferma, e, lo faccia dire a me, sacrosantamente scocciata. Quel
giornale così faziosamente filo Zapatero, praticamente un organo di partito,
anche di quello Democratico italiano del quale corre in premuroso e regolare
soccorso, la deve smettere di denigrare il governo e il Paese. Non c'entra
niente qui la libertà di stampa; come lei sottolinea, il tentativo di demolire
l'immagine dell'Italia tra gli spagnoli risponde invece a un disegno di servitù
politica che nessun organo di stampa italiano si sognerebbe di progettare,
piaccia o no il governo di José Luis Zapatero, per gli intimi Bambi. Succede
che gli equilibri politici europei siano cambiati, che un asse
Sarkozy-Merkel-Berlusconi minacci il ruolo della Spagna e le sue numerose,
troppe, poltrone, ben sei super incarichi istituzionali europei. Succede che le
cose non vadano più bene per l'economia, crollata miseramente dopo il boom
edilizio e tante rivendicazioni di tronfio primato; che la politica estera sia
un disastro, e il presidente Barack Obama nella nuova versione militare contro
Bin Laden non si sia rivelato l'amico che ingenuamente la sinistra in Europa
aveva immaginato; che il federalismo morda le calcagna a Madrid, visto
l'apporto determinante del partito catalano alla rielezione dei socialisti. Il
governo è nervoso e la butta sugli attacchi ad altri Stati, il Pais pubblica
fedele, se serve, anticipa. Così l'Italia è descritta come dominio di un
tiranno nello stile delle dittature latino americane, Pinochet naturalmente,
non Hugo Chavez, il presidente del Consiglio eletto ha bisogno dello
psichiatra, qui si praticano tortura e politiche razziste. Ha fatto bene,
ambasciatore, a dire basta, anche perché c'è davvero poco, scansato il fango
delle calunnie, di cui vantarsi in casa Zapatero. Al mini-summit europeo del 4
ottobre del 2008 i capi di Stato di Berlino, Roma, Parigi e Londra, si sono incontrati per decidere sulle posizioni comuni da adottare contro
la crisi finanziaria,
lasciando fuori la Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più
solida del mondo», addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro
capite. Per il premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia
ha fatto deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà, il
mio obiettivo è quello di superare la Francia, anche se l'amico Sarkozy non
vuole neanche sentirselo dire». Subito dopo la crisi
internazionale ha svelato il bluff dell'economia spagnola. La recessione ha
gettato anche la Spagna in una crisi profonda:
crescita dell'1,4% nel 2008, e non del 3,5% come annunciato dal governo. Un
dato che riporta il Paese agli stessi risultati del 1993. Il boom economico era
stato gonfiato dagli aiuti europei allo sviluppo, investiti quasi
esclusivamente nell'edilizia, un settore in forte perdita già dai primi mesi
dell'anno, cioè prima della crisi internazionale. La crisi ha messo a nudo le bugie sulla politica di sicurezza e
immigrazione, a lungo mantenute, anche se sulle zattere dei clandestini
l'ordine è sempre stato di sparare. Nei giorni scorsi 200 organizzazioni hanno
presentato alla Procura generale dello Stato una denuncia contro il ministero
dell'Interno, accusando la polizia di «arresti mirati», «retate» e «controlli
d'identità di massa», insomma di eseguire gli ordini per l'arresto di una
«quota» minima mensile di immigrati per ciascun distretto. Gli immigrati sono
saliti da mezzo milione a 5,2 milioni nel 2008, su una popolazione totale per
la Spagna di 46 milioni di persone. Con una disoccupazione giunta ormai al 14%,
il governo ha cambiato ufficialmente politica. La «Ley de Extranjeria»
presentata a dicembre prevede severe misure restrittive: oltre all'aumento da