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Report "crisi"    3-4-2009


Indice degli articoli

Sezione principale: crisi

"Però si poteva fare molto di più sul protezionismo" ( da "Stampa, La" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Però si poteva fare molto di più sul protezionismo" Dotare le istituzioni internazionali di maggiori risorse è la premessa per affrontare in modo sistemico la crisi. Non ha dubbi Allen Sinai, guru di Wall Street e fondatore dell'osservatorio Decision Economy, il cui giudizio sul vertice di Londra è tutto sommato positivo anche se «sul protezionismo poteva essere fatto di più»

DOLLARI E REGOLE ( da "Stampa, La" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: così da allontanare lo spettro del protezionismo. Il tutto accompagnato da misure simboliche, ma importanti, di «moralizzazione» del circuito finanziario (come il veto ai bonus per i banchieri), e dall'introduzione di un maggior controllo sulle attività degli hedge funds, alla promessa di intervenire nei confronti dei paradisi fiscali.

Dotare le istituzioni internazionali di maggiori risorse è la premessa per affrontare in modo s... ( da "Stampa, La" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: il cui giudizio sul vertice di Londra è tutto sommato positivo anche se «sul protezionismo poteva essere fatto di più». Il mondo si è unito sotto la bandiera delle istituzioni internazionali? «Dotare Fondo monetario e Banca mondiale di risorse e strumenti adeguati garantisce finalmente un approccio sistemico alla lotta contro la crisi».

Spinta da 1100 miliardi per rilanciare il mondo ( da "Stampa, La" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: scendere a patti è perché per loro il risultato più importante arriva sul piano politico: se è vero che la crisi finanziaria viene da New York e Londra, il rischio di un loro isolamento è alle spalle perché il summit vede nascere una coalizione internazionale contro la recessione. Non a caso Brown dice a più riprese «siamo uniti» e Obama parla di «passi storici senza precedenti».

La crisi? Sono mancati i controlli ( da "Trentino" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: ha presentato il punto di vista dei banchieri nel suo intervento intitolato "La crisi finanziaria: oggi e in prospettiva" e non ha aggirato i problemi. «Sono cambiati i mercati finanziari e la finanza come disciplina è progredita, ma gli strumenti finanziari per i fondi previdenziali espongono a grandi rischi sociali una vasta fascia della popolazione.

Caseificio, stabilimento dimezzato ( da "Trentino" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: il caseificio registra una grave crisi finanziaria, gettando un'ombra sulla tanto conclamata efficienza del sistema cooperativistico trentino. Il piano industriale del caseificio Pinzolo - Fiavé prevede un esubero di 26 lavoratori su 95 dipendenti e colpisce in particolare lo stabilimento di Villa con 22 lavoratori su 40 dipendenti».

G20. Slitta la lista nera dei paradisi fiscali ( da "Rai News 24" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: misure per affrontare la crisi finanziaria globale. Per la Bbc tra i punti dell'intesa c'è l'aumento dei finanziamenti al Fondo monetario internazionale, che passeranno da 250 a 750 miliardi di dollari. Inoltre, i leader delle 20 maggiori economie del mondo si sarebbero anche detti d'accordo nel "citare le responsabilità" di quei Paesi che violano le regole sul libero commercio.

conroe ha detto: Se proprio vogliamo parlare di "immagine" e foto, Berlusca è sulla prima pagina del Time (mica bruscolini) e pure, udite-udite, di El Mundo. ( da "KataWeb News" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: incontrati per decidere sulle posizioni comuni da adottare contro la crisi finanziaria, lasciando fuori la Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo», addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro capite. Per il premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà,

G20: Medvedev, uscita da crisi non sara' rapida ( da "Trend-online" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: ha affermato di ritenere che l'uscita dalla crisi finanziaria mondiale non sara' rapida.Con tutta probabilita' -ha osservato - la crisi ''durera' piu' di quanto avessimo pensato''. Il fatto comunque ''che oggi ci siamo incontrati e abbiamo esaminato questioni concrete, questo non e' affatto male'', ha aggiunto.

UNA NUOVA SOLUZIONE EXTRA-FINANZIARIA PER GLI INVESTIMENTI A REDDITO FISSO ( da "Wall Street Italia" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Nel corso dell'attuale crisi finanziaria, c'è stato un "flight to safety" che ha portato a un aumento di interesse nei confronti delle obbligazioni sovrane. Il testo originale del presente annuncio, redatto nella lingua di partenza, è la versione ufficiale che fa fede.

SCHEDA - CHI HA AVUTO COSA DAL VERTICE DEL G20? ( da "Wall Street Italia" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: una causa che il cancelliere Angela Merkel aveva perorato anche prima della crisi finanziaria. Il Giappone aveva detto che la regolamentazione dovrebbe venire dopo il salvataggio dell'economia globale. Risultato: chiaro impegno del vertice a estendere regolamentazione e sorveglianza a tutte le istituzioni finanziarie importanti, gli strumenti e i mercati.

G20: MEDVEDEV, USCITA DA CRISI NON SARA' RAPIDA ( da "Wall Street Italia" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: G20: Medvedev, uscita da crisi non sara' rapida di ANSA Basta con bouns troppo elevati, sottolinea leader Cremlino -->(ANSA) - MOSCA, 2 APR - Il presidente russo, Dmitri Medvedev, ha affermato di ritenere che l'uscita dalla crisi finanziaria mondiale non sara' rapida.

Medvedev: occorre varare una moneta sovrannazionale ( da "Giornale di Brescia" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: uscita dalla crisi non sarà rapida. «L'uscita dalla crisi finanziaria mondiale, con tutta probabilità, durerà più di quanto avessimo pensato», ha detto Medvedev in una conferenza stampa a Londra al termine del vertice del G20. Il fatto comunque «che oggi ci siamo incontrati e abbiamo esaminato questioni concrete, questo non è affatto male»

Fondo da 50mila euro per le famiglie con figli ( da "Gazzetta di Reggio" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: sostegno delle famiglie cavriaghesi colpite dalla crisi economica, con figli fino a sei anni che frequentano i servizi scolastici comunali o privati. In un momento di recessione e di grave crisi finanziaria, il Comune ha deciso di intervenire. Il sostegno ha effetto dal primo gennaio 2009 e si rivolge a tutte quelle famiglie in cui uno o entrambi i genitori abbiano perso il lavoro,

Malumore o no, ci si imbelletta ( da "Italia Oggi (MarketingOggi)" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: In un momento pesantemente condizionato dalla crisi finanziaria mondiale», dice Fabio Franchina, presidente Unipro, «i consumi interni tengono e l'export è cresciuto soprattutto grazie alla diminuzione del costo del petrolio, quindi delle materie prime, e all'apprezzamento del dollaro». Quali sono i cosmetici preferiti?

Il marketing che usa il microscopio ( da "Italia Oggi (MarketingOggi)" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: perché questa crisi finanziaria, economica e dei consumi è di ampiezza e severità maggiori di quelle passate, e tocca anche segmenti di mercato considerati tradizionalmente redditizi (si pensi alla frenata dei paesi emergenti o alla riduzione del reddito disponibile dei baby boomers negli Usa, fortemente colpiti dal calo del valore dei titoli in borsa e del valore degli immobili)

Credito alle piccole medie imprese: fondo di 78 milioni di Bcc e Federfidi ( da "Giornale di Brescia" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: accesso al credito delle Pmi lombarde anche nella grave situazione di crisi finanziaria in corso a livello internazionale. L'accordo, firmato da Alessandro Azzi - presidente della Federazione Lombarda delle Banche di Credito Cooperativo - e da Giulio Sangiorgio - presidente di Federfidi Lombarda - prevede la messa a disposizione di risorse, da parte della Regione Lombardia,

Affari con l'estero, Camera di commercio mobilitata ( da "Libertà" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: la crisi finanziaria dei mercati internazionali ha toccato, infatti, anche le economie del Golfo. Il dato più evidente è quello legato all'andamento altalenante del greggio. Fra i settori produttivi maggiormente in espansione ci sono quello alimentare e quello agricolo, in seguito alla necessità di assicurare a un numero sempre crescente di persone l'

Nell'Obama-day l'Europa è diventata un adolescente politico di Pierluigi Magnaschi ( da "Milano Finanza (MF)" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Primo, perché si è tenuto nel bel mezzo di una crisi finanziaria di proporzioni immense che ha assunto una dimensione veramente planetaria. Secondo, perché coinvolgeva, per la prima volta, giganti economici come la Cina che sinora sono stati relegati nel sottoscala del potere economico internazionale.

Brown soddisfatto, per la prima volta supervisione sugli hadge ( da "Milano Finanza (MF)" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Intanto già ieri sono arrivate le prime reazioni dei fondi: «Gli hedge sono la vittima e non la causa dell'attuale crisi finanziaria e non dovrebbero essere inclusi tra gli istituti sistemicamente significativi soggetti a supervisione», ha detto Andrew Baker, ceo di Alternative Investment Management Association, un ente che rappresenta circa 1.280 fondi in tutto il mondo.

Ecco il piano Ue contro i fondi-truffa ( da "Milano Finanza (MF)" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: «La crisi finanziaria», scrivono gli uffici del commissario al Mercato interno, Charlie McCreevy, «ha messo in evidenza come i fondi alternativi siano vulnerabili a un ampio spettro di rischi (...) fino a minacciare la stabilità e l'integrità stessa dell'Unione Europea».

L'Europa è uscita alla grande dal summit del G20 a Londra ( da "Italia Oggi" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: in ordine al mix di misure per riuscire a uscire dalla crisi finanziaria, manifestatosi nel G20, ma poi composto, non ha nulla di ideologico ma si basa sui divergenti interessi nazionali che Angela Merkel vuole tutelare senza imbarazzi. Barack Obama e Angela Merkel sono sicuramente dei leader che vogliono collaborare, questo è il punto.

Malumore o no, ci si imbelletta ( da "Italia Oggi" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: «In un momento pesantemente condizionato dalla crisi finanziaria mondiale», dice Fabio Franchina, presidente Unipro, «i consumi interni tengono e l'export è cresciuto soprattutto grazie alla diminuzione del costo del petrolio, quindi delle materie prime, e all'apprezzamento del dollaro».Quali sono i cosmetici preferiti?

Enpapi, gestione con rendimenti sopra il 7% ( da "Italia Oggi" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: quale abbiamo voluto agire fin dallo scorso 2007 e quindi prima che scoppiasse la crisi finanziaria. Una prudenza che ci ha consentito di riconvertire la quasi totalità del portafoglio in strumenti legati al mercato monetario. Questa scelta, anche se complessa e difficile, ci ha consentito di non rimanere coinvolti nei rovesci che hanno interessato ultimamente i mercati finanziari.

Il marketing che usa il microscopio ( da "Italia Oggi" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: perché questa crisi finanziaria, economica e dei consumi è di ampiezza e severità maggiori di quelle passate, e tocca anche segmenti di mercato considerati tradizionalmente redditizi (si pensi alla frenata dei paesi emergenti o alla riduzione del reddito disponibile dei baby boomers negli Usa, fortemente colpiti dal calo del valore dei titoli in borsa e del valore degli immobili)

Convegno della Cisl con l'Mcl oggi a Tls Dibattito sul tema ( da "Nazione, La (La Spezia)" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: «Di fronte alla crisi finanziaria nella quale l'uomo è diventato oggetto del sistema economico e dell'ingegneria finanziaria - spiega Pierluigi Peracchini, segretario Cisl - c'è necessità di ripensare alla costruzione di un sistema sociale e democraticocon al centro la persona».

Raccolta in crescita per Banca Valpolicella ( da "Arena, L'" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Nonostante la crisi finanziaria stia interessando l'economia mondiale, Banca della Valpolicella, rimanendo fedele ai principi che hanno portato alla sua nascita, ha consolidato il proprio ruolo di banca locale legata al territorio e, con orgoglio, sta confermando un'immagine di solidità ed affidabilità».

obama: "il mondo è cambiato supereremo la crisi tutti insieme" - (segue dalla prima pagina) dalnostro inviato ( da "Repubblica, La" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: aver innescato la grande crisi finanziaria. Prima ha festeggiato i risultati di quello che ha definito «un vertice storico», ha parlato di «passi seri e di un accordo senza precedenti che sono un punto di svolta per la ripresa economica», poi ha voluto parlare al mondo rassicurandolo sul futuro: «Le sfide del 21esimo secolo possono essere risolte solo se lavoriamo tutti insieme»

Per Angela Merkel si tratta di un compromesso molto positivo, quasi storico, in grado di rende... ( da "Unita, L'" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: in grado di rendere più chiara l'architettura dei mercati finanziari». Per Gordon Brown, quasi ditirambico, si sono poste «le fondamenta di un nuovo ordine mondiale». Persino il riluttante Nicolas Sarkozy esultava: «Sono felice dell'esito di questo vertice. È andato al di là di quanto potevamo immaginare».

stretta sui manager, draghi esulta "parte un grande cambiamento" ( da "Repubblica, La" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: l´organismo anti- crisi voluto dal G7, cambia volto, nome e acquisisce nuovi poteri. E difatti si allarga a tutti i paesi del G20, più la Spagna e la Ue e diventa un Financial stability Board, cioè un "consiglio" sulla stabilità finanziaria con una serie di nuovi compiti da svolgere e quindi con nuovi poteri.

g20, altri mille miliardi di aiuti e addio a tutti i paradisi fiscali - enrico franceschini ( da "Repubblica, La" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: il rifiuto del protezionismo e un nuovo pacchetto di regole per meglio controllare il sistema finanziario. Ce n´è per tutti: per l´asse franco-tedesco che pretendeva più regulation e niente obbligo di nuove iniezioni di denaro pubblico nell´economia mondiale, per l´asse anglo-americano che preferiva il contrario, per i mercati che pregavano per un messaggio d´

un no comune al protezionismo ( da "Repubblica, La" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Economia Un no comune al protezionismo Doppio, comune impegno del G20 contro il protezionismo e per riaprire al più presto i negoziati commerciali Wto. "Minimizzeremo ogni impatto negativo sul commercio delle nostre politiche fiscali", scrivono i Grandi, decidendo di stanziare 250 miliardi di dollari per un fondo per il commercio internazionale.

Contro la crisi 5mila miliardi Mai più paradisi fiscali ( da "Unita, L'" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: in grado di rendere più chiara l'architettura dei mercati finanziari». Per Gordon Brown, quasi ditirambico, si sono poste «le fondamenta di un nuovo ordine mondiale». Persino il riluttante Nicolas Sarkozy esultava: «Sono felice dell'esito di questo vertice. È andato al di là di quanto potevamo immaginare».

G20, accordo fra i Grandi Obama: svolta storica ( da "Corriere del Veneto" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: nazionali finalizzate a contrastare gli effetti della crisi finanziaria ed economica. Uno sforzo finanziario, è scritto nel documento conclusivo del vertice, che dovrebbe portare «a un aumento della produzione del 4% e all'accelerazione della transizione verso un'economia verde». Inoltre, la montagna di miliardi messa nero su bianco dai leader dei 20 Paesi che rappresentano oltre l'

( da "Corriere della Sera" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Il protezionismo è bandito. Il totale fa 1.100 o 850 se si escludono i 250 già a disposizione del Fondo Monetario. Il secondo pilastro viene incontro alle richieste soprattutto di Parigi, Berlino, Roma, e affronta dunque il capitolo delle regole e della supervisione.

UNA BUONA PARTENZA ( da "Corriere della Sera" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: questa somma è destinata a sostenere il libero commercio e a frenare il protezionismo (peccato che 17 dei 20 partecipanti proprio al protezionismo abbiano fatto ricorso, in un modo o in un altro). Vengono regolamentati gli hedge funds, introdotti nuovi criteri per la contabilità bancaria e in generale per l'attività degli istituti di credito, passate al setaccio le agenzie di rating,

APPUNTAMENTI Dal 02-04 al 08-04 ( da "Sole 24 Ore, Il (Centro Nord)" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: S&O multi family office organizza il convegno "La crisi finanziaria e la crisi delle imprese" con Stefano Caselli, docente alla Bocconi e Roberto Tunioli, ad di Datalogic. Info: 051.6446909 MERCOLEDì8 Bologna Sala Borsa, piazza Nettuno 3, ore 10. Seminario sul tema "E-democracy 2.0 Istituzioni, cittadini, nuove reti".

Finanzieremo solo i progetti meritevoli ( da "Sole 24 Ore, Il (Centro Nord)" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La grave crisi finanziaria di molti atenei si intreccia, come ci ha mostrato la mobilitazione di studenti, docenti e ricercatori, coni pesanti tagli decisi dal governo. La Toscana non è immune da questa crisi ed è da qui che dobbiamo ripartire se vogliamo dare un futuro all'Università e alla ricerca nella nostra regione.

Foschi: in campo per aiutare le pmi ( da "Corriere del Veneto" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: tavola rotonda si affronteranno le ragioni della crisi finanziaria in ambito extra nazionale ed interno, «il ruolo delle banche di fronte alla crisi, - prosegue - le possibili evoluzioni e soluzioni, le nuove opportunità di ottimizzazione della finanza delle imprese, l'esperienza degli imprenditori che hanno quotato le loro aziende di riferimento, l'idea del consiglio nazionale e l'

Il mercato premia i tagli di Swiss Re ( da "Corriere della Sera" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La crisi finanziaria ha colpito duramente gli investimenti della società, che ha perso 585 milioni di euro nel 2008. Il mercato ha apprezzato gli sforzi di risanamento di Swiss Re (che ieri ha nominato Agostino Galvagni direttore operativo al posto di Stefan Lippe, diventato amministratore delegato) premiando il titolo con un incremento del 10,

Vodafone punta alla tedesca Hansenet ( da "Corriere della Sera" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 03/04/2009 - pag: 37 Il caso a Londra Vodafone punta alla tedesca Hansenet (g.fer.) Vodafone, primo operatore mondiale nella telefonia mobile, è interessata alla tedesca Hansenet, provider di Internet, controllata da Telecom Italia.

Banco Popolare, il rally continua ( da "Corriere della Sera" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Economia Mercati Finanziari data: 03/04/2009 - pag: 37 La Giornata in Borsa di Giacomo Ferrari Banco Popolare, il rally continua Scambi record Il controvalore dei titoli scambiati ha toccato il massimo dell'anno, a 3,2 miliardi di euro È stata la giornata della Fiat (il titolo del Lingotto ha messo a segno il rialzo più consistente della sua storia)

La Consob e il decreto ( da "Corriere della Sera" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: 04/2009 - pag: 44 INCENTIVI La Consob e il decreto «protezionista» di SALVATORE BRAGANTINI T utti a Londra a salvare il mondo: mai più protezionismo! Peccato che i fatti dicano il contrario, si pensa ai casi propri. Per quanto riguarda noi, il Decreto Legge incentivi all'esame della Camera è un esempio di protezionismo;

Ford, Crowe, Cage: cachet ridotti a Hollywood ( da "Corriere della Sera" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La più grave crisi finanziaria ed economica dagli anni Trenta ha ridotto l'affluenza del pubblico nelle sale e le vendite dei dvd, e le grandi case cinematografiche versano in difficoltà. Perciò o tagliano la percentuale degli incassi iniziali del film destinata al protagonista, sinora la forma più comune di pagamento,

Bene Francoforte Ma si poteva fare di più ( da "Riformista, Il" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: crisi finanziaria. È apprezzabile, in ogni caso, l'accordo, che viene presentato, sugli aiuti all'economia, sulla regolamentazione degli hedge fund, sull'impegno a redigere una lista nera dei paradisi fiscali, sui trattamenti dei manager e, in modo più ravvicinato sull'approccio unico alla trattazione dei titoli tossici e alla costruzione delle fondamenta di una nuova cooperazione

I risultati del G20 Caccia agli untori, spazio agli emergenti ( da "Riformista, Il" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: sottrarrebbe risorse per combattere la crisi dentro i confini nazionali. Il Fondo monetario dovrebbe poi agire in più stretto coordinamento con la Banca mondiale, per assicurare insieme stabilità finanziaria e sostegno allo sviluppo. Protezionismo. Il comunicato finale del G20 rassicura chi temeva che il libero commercio sarebbe scomparso anche dalle formule di rito.

La crisi è un complotto di quelli del signoraggio ( da "Riformista, Il" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: oggi tra i principali imputati della crisi finanziaria internazionale. «È un banchiere o un cane da slitta?», si sgola il comico, «noo, al cane, se gli tiri qualcosa, te la riporta indietro. Il banchiere col cazzo!». L'elegante premessa servì allora, nei primi anni Duemila, per sferrare il consueto attacco contro il sistema e sostenere, senza ironia,

Un successo senza vinti né vincitori ( da "Sole 24 Ore, Il" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: di resistere al protezionismo ribadendo l'impegno a concludere il Doha Round, i negoziati per liberalizzare gli scambi mondiali. Nonostante le diversità di culture e di interessi che raccoglie al proprio interno, il G-20 è dunque riuscito a lanciare da Londra un'azione univoca e concreta per far ripartire il motore bloccato dell'economia mondiale dovunque,

Draghi: saremo più rigorosi contro i superstipendi ( da "Sole 24 Ore, Il" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: crisi finanziaria. Il punto chiave è l'allineamento dei compensi nel settore della finanza con i rischi assunti da banchieri e trader. Inoltre, retribuzioni e bonus dovranno essere legati all'andamento dei profitti della banca e i bonus verranno ridotti o eliminati in caso di andamento negativo, per evitare il fenomeno che si è verificato di recente quando sono stati premiati dirigenti

Stop al mark-to-market per le banche americane ( da "Sole 24 Ore, Il" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: cioé la valutazione a valori presunti di mercato, per attività finanziarie che non dispongono di scambi veri e propri su mercati regolamentati) è stato da subito individuato tra i possibili colpevoli della crisi finanziaria, con una presunta responsabilità nell'enfatizzare le perdite (i tecnici dicono per il suo approccio prociclico).

RIFORME E NUMERI ( da "Sole 24 Ore, Il" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: No al protezionismo I Grandi Venti hanno riaffermato l'impegno assuntoa Washington: «Non alzeremo nuove barriere commercialio finanziarie». Confermato anche l'impegno a concludere il Doha Round, che potrebbe iniettare altri 150 miliardi di dollari nell'economia mondiale Il Financial Stability Board Il Financial Stability Forum (

Berlusconi: l'America ci porti fuori dal tunnel ( da "Sole 24 Ore, Il" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: contro i paradisi fiscali e regole più stringenti per i mercati finanziari e soprattutto senza contrapporsi all'asse Obama-Brown. A un certo punto, però, nel giro di tavolo finale, in uno scambio di battute polemiche tra il premier inglese Gordon Brown e il presidente francese, si sarebbe inserito proprio il premier italiano per invitare ad atteggiamenti di maggiore responsabilità.

ROMA Un taglio di un quarto di punto, dall'1,5% all'1,25%. E' questa le deci... ( da "Messaggero, Il" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Le misure prese per regolarizzare il sistema finanziario stanno producendo i loro effetti. In questa situazione «rimane essenziale» che i governi adottino «misure che non distorcono la competizione, che e che non rallentino i necessari processi di aggiustamento strutturale». E' l'ennesimo no di Trichet al protezionismo.

Digitale a costo zero per la ripresa ( da "Sole 24 Ore, Il" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Che partono da un'analisi impietosa dell'attuale crisi finanziaria, della rarefazione del credito, dei pesanti segnali, ormai evidenti, di avvitamento in una grave recessione su scala globale. Ma il messaggio di fondo del rapporto Itu non è (anche se a chiaroscuri) necessariamente negativo.

Galvagni al vertice di Swiss Re ( da "Sole 24 Ore, Il" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: azione ha subito il peso degli effetti della crisi finanziaria, ma ieri il saluto del mercato è stato abbastanza chiaro. La sfida di tutto rilievo per il management è ora riportare in carreggiata il gruppo in tempi brevi. E ancora a proposito di cambi al vertice, c'è da registrare la novità in casa Adecco, gruppo svizzero leader internazionale nel lavoro ad interim.

e l'ocse pubblica le liste nere: ci sono anche svizzera e austria ( da "Messaggero Veneto, Il" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: nazionali finalizzate a contrastare gli effetti della crisi finanziaria ed economica. Uno sforzo finanziario, è scritto nel documento conclusivo del vertice, che dovrebbe portare «a un aumento della produzione del 4% e all'accelerazione della transizione verso un'economia verde». Inoltre, la montagna di miliardi messa ieri nero su bianco dai leader dei 20 Paesi che rappresentano oltre l'

Missione impossibile per il vertice G20 ( da "Manifesto, Il" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: del governo si abbatte sulle spese sociali proprio in tempo di crisi. In Lettonia il Fondo ha spinto verso la riduzione degli stipendi pubblici del 15 per cento. In Ucraina il Fondo ha imposto una maggiore deregolamentazione del sistema bancario. Nella più grande crisi finanziaria degli ultimi 80 anni, dovuta alla liberalizzazione selvaggia dei mercati finanziari e dei capitali,

La vecchiaia della Nato ( da "Manifesto, Il" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: il ritorno della politica con l'elezione di Barack Obama e l'urgenza della instabilità finanziaria e della crisi climatica. Non è roba di una notte, né da fare davanti a candeline. La guerra in corso in Afghanistan resta al centro delle relazioni internazionali, perché lascia in bilico la residua credibilità dell'alleanza militare.

Trasfusione in dollari ( da "Manifesto, Il" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: dal protezionismo. Infine, altri 100 miliardi vengono messi a disposizione delle banche internazionali per lo sviluppo (50 miliardi, appena, per prestiti ai paesi più poveri). Il G20 ha puntato anche sul rafforzamento della regolazione e supervisione della finanza, così come avevano chiesto soprattutto Francia e Germania,

È il momento dei vitigni bianchi ( da "Sole 24 Ore, Il" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La crisi finanziaria e dei consumi influiscono dunque sulle scelte dei viticoltori e, di conseguenza, sul primo anello della filiera, quello delle barbatelle, che incassa quest'anno una flessione del 30% a livello mondiale. A reggere per ora è il Nordest, in crescita rispetto allo scorso anno;

LONDRA - Alla fine l'accordo c'è stato, con l'ago della bilancia spostato più... ( da "Messaggero, Il" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: I leader si sono impegnati a rinunciare al protezionismo e hanno destinato 250 miliardi di dollari in sostegno al commercio internazionale per aiutare le economie meno sviluppate e più in difficoltà. Sui paradisi fiscali è stato dato il via libera alla pubblicazione della lista nera dell'Ocse, che comprende Costa Rica, Malaysia, Uruguay e Filippine.

PARIGI - Nicolas Sarkozy aveva minacciato di andarsene se non ci fossero stati risulta... ( da "Messaggero, Il" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Negli ultimi tre mesi la crisi finanziaria è diventata crisi economica, e si è abbattuta con particolare virulenza sui paesi in via di sviluppo, anche quelli in Europa. Questa è una prima risposta della comunità internazionale. Nello stesso senso va l'accenno alla riforma delle organizzazioni internazionali per aumentare la presenza dei paesi emergenti.

Tutti i leaders mondiali si dichiarano contro il protezionismo. Ma il rischio concreto non è q... ( da "Messaggero, Il" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Venerdì 03 Aprile 2009 Chiudi Tutti i leaders mondiali si dichiarano contro il protezionismo. Ma il rischio concreto non è quello di un ritorno organico ai dazi. Piuttosto i singoli stati nell'avviare aiuti a imprese nazionali potrebbero danneggiare concorrenti esteri. Farà scuola la soluzione della crisi Opel, società della Gm che produce auto in Germania, rimasta senza liquidità.

lo sporting in campo per il record ( da "Messaggero Veneto, Il" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Allora c'era un progetto e una solidità economica importanti: adesso, in prima squadra giocano alcune giocatrici figlie di quel progetto, con ambizioni vessate dalla crisi finanziaria. Chissà che il rilancio dello Sporting non possa partire dai risultati sul campo. Francesco Tonizzo

ROMA I leader hanno voluto sottolineare la discontinuità tra passato e futuro . Cos... ( da "Messaggero, Il" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: informazioni tra le autorità nazionali responsabili della stabilità finanziaria, ma avrà anche un ruolo di consigliere in materia di standard di politica di regolazione. Il mandato che su richiesta del G8 Draghi ha assolto da quando è scoppiata la crisi finanziaria mondiale viene così istituzionalizzato. E viene anche sancito che l'Fsp agirà in coordinamento con il Fondo Monetario,

G20, accordo fra i Grandi Obama: svolta storica ( da "Gazzetta di Parma (abbonati)" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: nazionali finalizzate a contrastare gli effetti della crisi finanziaria ed economica. Uno sforzo finanziario, è scritto nel documento conclusivo del vertice, che dovrebbe portare «a un aumento della produzione del 4% e all'accelerazione della transizione verso un'economia verde». Inoltre, la montagna di miliardi messa nero su bianco dai leader dei 20 Paesi che rappresentano oltre l'

Foschi: in campo per aiutare le pmi ( da "Gazzetta di Parma (abbonati)" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: tavola rotonda si affronteranno le ragioni della crisi finanziaria in ambito extra nazionale ed interno, «il ruolo delle banche di fronte alla crisi, - prosegue - le possibili evoluzioni e soluzioni, le nuove opportunità di ottimizzazione della finanza delle imprese, l'esperienza degli imprenditori che hanno quotato le loro aziende di riferimento, l'idea del consiglio nazionale e l'

i ricercatori che vogliono comprarsi l'azienda - anna cirillo ( da "Repubblica, La" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La multinazionale ha comunicato la cessazione dell´attività e ha aperto la mobilità per tutto il personale. C´è la crisi finanziaria globale, il momento è difficile, e ha società ha dichiarato di non poter più sostenere la struttura alle porte di Milano, sede nell´ex area Zambon. Quindi si chiude. SEGUE A PAGINA VII

G20, intesa da mille miliardi di dollari Obama: "E' una svolta per la ripresa" ( da "Giornale.it, Il" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: è stata una forte volontà di cooperare per uscire dalla crisi". Quindi tranquillizza: "Non sforeremo il deficit". Merkel e Sarkozy soddisfatti Londra - Mille miliardi di dollari a sostegno dell?economia mondiale alle prese con la grave crisi finanziaria. E' questa la principale decisione presa dai 20 leader più importanti della terra oggi a Londra.

Stretta agli stipendi dei banchieri Ora conteranno rischi e risultati ( da "Giornale.it, Il" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: L'enfasi dedicata dal G20 a questo argomento è una risposta alla crescente rabbia dell'opinione pubblica contro i banchieri, ritenuti responsabili della crisi finanziaria per la loro avidità. © SOCIETà EUROPEA DI EDIZIONI SPA - Via G. Negri 4 - 20123 Milano

rosengade 39, i predatori del codice di dio - stefano bigazzi ( da "Repubblica, La" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: analisi dei mercati finanziari, rievoca l´ultimo scorcio della seconda guerra mondiale nel romanzo Rosengade 39, fresco di stampa per Mursia. Tra passaggi temporali (la vicenda si apre il 5 giugno 2004, vigilia del 60° dello sbarco in Normandia) e geografici (Copenhagen, Vilnius, Kalingrad), Di Lorenzo si muove nelle trame esoterico-

L'economia mondiale è in una recessione severa e i governi devono combattere contro il protezionismo ( da "Stampa, La" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: L'economia mondiale è in una recessione severa e i governi devono combattere contro il protezionismo Jean-Claude Trichet

G20, compromesso storico ( da "Secolo XIX, Il" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: gli effetti della crisi finanziaria ed economica. Il Fondo monetario vedrà sostanzialmente triplicarsi i suoi fondi con 500 miliardi di dollari aggiuntivi che si aggiungono ai 250 miliardi attualmente disponibili. Verranno inoltre emessi Diritti speciali di prelievo, la valuta-paniere del Fmi, permettendo alla stessa istituzione di Washington di aumentare le sue risorse proprie.

"dieci anni fa a seattle avevamo previsto tutto" - anais ginori ( da "Repubblica, La" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Il G20 - commenta al telefono - ha finalmente usato parole come "protezionismo" e "regole finanziarie". E´ finalmente un buon segnale». Cos´è la sua, una rivincita? «Non è una piacevole vittoria. Avevamo previsto il Big Bang al quale siamo assistendo. Le proteste di Seattle contro la globalizzazione del Wto erano del 1999.

tassi bce ai minimi storici, le borse volano - andrea tarquini ( da "Repubblica, La" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Le possibili prossime misure della Bce potrebbero spingersi ancora più lontano: fino all´acquisto di obbligazioni di aziende o enti in difficoltà. Trichet ha poi esortato le Banche d´affari a una politica di sostegno più attivo all´economia, e i governi europei a politiche che non distorcano la concorrenza e che respingano ogni pericolosa tentazione di protezionismo.

rivalutati gli "asset tossici" colpo di coda di wall street - federico rampini ( da "Repubblica, La" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: mercati di fatto hanno smesso di funzionare; l´assenza di fiducia ha fatto scomparire gli investitori per certi prodotti finanziari; in questo caso le quotazioni di mercato non hanno più senso e doverle usare è una penalizzazione assurda. Le perdite di bilancio, secondo questa tesi, sono temporanee perché in futuro gli stessi titoli tossici potranno ritrovare acquirenti a valori

monta l'onda dello spionaggio nelle aziende ( da "Repubblica, La" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: viste le cronache della crisi finanziaria globale, forse avrebbero dovuto seguire il percorso inverso. Marco Patucchi [i rischi della svizzera] Nell´opinione corrente le banche Usa sono l´epicentro della crisi finanziaria mondiale. Ma ben sei paesi della "core-Europe" sono molto più a rischio bancarotta.

c'è la crisi, il vino resta nelle cantine ( da "Tirreno, Il" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: la crisi c'è. Eccome. I fatti parlano da soli. Negli Stati Uniti il cambio favorevole all'euro e il profondo rosso finanziario hanno prodotto una drastica riduzione dei consumi. In Gran Bretagna è il solito refrain, con la sterlina che ha perso peso rispetto alla divisa valutaria continentale e con le importazioni che hanno rallentato fin quasi alla moviola.

Onu: in anno G8 Italia avviata a mancare Obiettivi Millennio ( da "Reuters Italia" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: di Massimiliano Di Giorgio ROMA (Reuters) - Nell'anno in cui presiede il G8 e mentre imperversa la crisi finanziaria globale, l'Italia sembra destinata a mancare gli obiettivi a cui si era impegnata con le Nazioni Unite per combattere la fame e la povertà. Lo ha detto oggi a Reuters la responsabile per l'Italia della Campagna del Millennio dell'Onu.

Il G20 di Obama: un punto di svolta per fronteggiare la crisi ( da "AmericaOggi Online" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: FMI e ad altre istituzioni finanziarie internazionali per aiutare i paesi più in difficoltà a stimolare la ripresa della crescita economica, rafforzando nello stesso tempo i controlli sulle attività dei mercati finanziari. "Abbiamo dato la medicina giusta al paziente malato - ha detto Obama in una conferenza stampa, alla conclusione del suo primo vertice internazionale -

G20/Gli accordi dei grandi alla prova dei mercati. Buone intenzioni e bufale ( da "AmericaOggi Online" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Saranno i mercati finanziari, dopo la prima fiammata a caldo, a dirci nei prossimi giorni se il G20 londinese sarà stato in grado di amministrare all'economia l'unica vera ricetta indispensabile per la ripresa, quella della fiducia. In un'era globalizzata come la nostra, dove tutto si trasmette attraverso i mezzi di comunicazione istantanei,

Crisi, puntare sulle imprese: la ricetta di Calabrò ( da "Affari Italiani (Online)" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: la ricetta anti-crisi di Calbrò Venerdí 03.04.2009 10:52 Contro la crisi finanziaria, ecco un manifesto per il nostro futuro: il ritorno all'industria. E' la ricetta contro la recessione proposta da Antonio Calabrò, direttore Affari istituzionali e Relazioni esterne del gruppo Pirelli e consigliere d'amministrazione di Pirelli Tyre,

BORSE Giù (MIBTEL -0.67%) Pioggia di offerte a Telecom per la Hansenet - TAGLI ALLE STAR DI HOLLYWOOD - SEMPRE PIù SPIE TRA LE AZIENDE - incentivi sulle due ruote: scooter +35% - ( da "Dagospia.com" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: viste le cronache della crisi finanziaria globale, forse avrebbero dovuto seguire il percorso inverso. 4 - i rischi della svizzera... Giovanni Pons per "la Repubblica" - Nell´opinione corrente le banche Usa sono l´epicentro della crisi finanziaria mondiale. Ma ben sei paesi della "core-Europe" sono molto più a rischio bancarotta.

L'olio Dante torna italiano ( da "BlueTG online" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: 2009 09:40 - La crisi finanziaria rallenta ma non blocca le operazioni di fusioni e acquisizione, specialmente quelle con una valenza industriale più che finanziaria. Ad approfittarne in questo caso è il gruppo beneventano Mataluni, che ha riacquistato per 30 milioni di euro il marchio olio Dante dalla spagnola Sos Cuetara,

Usa, i dubbi del Dipartimento di Stato sui mercati del S.America ( da "Velino.it, Il" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: del duro colpo dato dalla crisi finanziaria internazionale, che ha portato a limitazioni delle importazioni, e di un sistema giudiziario “imprevedibile”. Il “nuovo” Paraguay di Fernando Lugo è contraddistinto da un “mercato nero” che divora miliardi di dollari e “

Speciale energia Eolica: nuovi stanziamenti dal G20 pag.1 ( da "Trend-online" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Naturalmente la crisi finanziaria sta influenzando anche il nostro settore come qualsiasi altro. Nello stesso tempo però le prospettive per l?energia eolica sono molto più ricche. Tutti i fondamentali evidenziano che l'energia eolica sarà sempre più preferita come la primaria fonte di energia alternativa nei vari paesi.

Raccolta in crescita per Banca Valpolicella ( da "Arena.it, L'" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Nonostante la crisi finanziaria stia interessando l'economia mondiale, Banca della Valpolicella, rimanendo fedele ai principi che hanno portato alla sua nascita, ha consolidato il proprio ruolo di banca locale legata al territorio e, con orgoglio, sta confermando un'immagine di solidità ed affidabilità».

Dal G20 pochi fatti, molto ottimismo. Basterà?. ( da "Giornale.it, Il" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: uno dei pochi ad aver previsto per tempo la crisi. E' convinto che la crisi potrà essere superata definitivamente solo se verranno cambiate le regole che hanno permesso la diffusione dell'anarchia finanziaria, altrimenti la ripresa sarà effimera. Il problema è che Washington e Londra vogliono continuare come prima.

Addio ai paradisi fiscali, più fondi contro la crisi ( da "Avvenire" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Sulla lotta al protezionismo si riafferma quanto già detto a Washington (ma non messo in pratica) e cioè l'impegno a «non creare nuovi ostacoli agli investimenti e al commercio». Si ampliano poi i poteri del Financial Stability Forum, che insieme al Fondo monetario è stato incaricato di agire come struttura di "allarme",

Che tristezza, la Cnn (e un certo giornalismo) ( da "Giornale.it, Il" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: uno dei pochi ad aver previsto per tempo la crisi. E' convinto che la crisi potrà essere superata definitivamente solo se verranno cambiate le regole che hanno permesso la diffusione dell'anarchia finanziaria, altrimenti la ripresa sarà effimera. Il problema è che Washington e Londra vogliono continuare come prima.

Albo consulenti: i commercialisti non arretrano ( da "Denaro, Il" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: finanziario in generale", risponde Angelo Caccavone, funzionario del Ministero dell'Economia e Finanza- dipartimento del Tesoro, che spiega come "l'attività di consulente finanziario sia fondamentale soprattutto in questa fase di crisi perché è un'attività al servizio dei risparmiatori, in grado di convogliare il risparmio verso quegli strumenti che possono tradursi in potenziamento

Depuratori e Cig, sos della concia ( da "Denaro, Il" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Condividendo però la sorte del settore manifatturiero italiano, è costretto a fare i conti con gli effetti della crisi finanziaria che sta falcidiando l'economia mondiale. Lo scenario solofrano offre infatti lavoro a circa 3 mila addetti, diretti e indiretti (dato del 2005, da un censimento effettuato da sindacati, Comune di Solofra e associazione industriali).

Cisl, unione coltivatori: Via all'assise regionale ( da "Denaro, Il" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: concetti chiave per superare la crisi economica". "In un momento così delicato, dove è la pesante crisi economico-finanziaria a farla da padrone", afferma Scrima, "il settore agroalimentare può rappresentare l'unica risposta a questa difficile sfida,ma soprattutto una possibilità di sviluppo sostenibile".

I ritardi degli enti creano disoccupazione: Urgente un confronto con Anci e Regione ( da "Denaro, Il" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: auspicio è che il miglioramento del comportamento delle pubbliche autorità contribuirà a contenere il numero dei fallimenti, riducendo i relativi costi sociali, ed allentare almeno in parte lo stato di profonda crisi finanziaria che attanaglia l'intero sistema delle imprese. * presidente della Confapi Campania del 03-04-2009 num.

FMI DAVVERO INTERNAZIONALE CERCASI ( da "Lavoce.info" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: 2009 La crisi finanziaria globale ha creato l'opportunità per riaffermare il ruolo del Fondo monetario internazionale. A patto però di diventare davvero internazionale e non solo euro-atlantico come lo giudicano oggi molti paesi emergenti. E' il momento giusto per stabilire regole eque anche per i debitori.

Stipendi 2008: la classifica. Colf e insegnanti i meno pagati, giudici al top ( da "Panorama.it" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Crisi finanziaria: le retribuzioni dei manager nel settore bancario", nella quale cita statistiche dell'Eurispes e de [3] lavoce.info, ricorda che nel 2007 gli amministratori delegati e i presidenti del consiglio d'amministrazione delle 24 principali banche italiane hanno avuto una retribuzione media annua rispettivamente di circa 2.

La creazione del valore all'ombra della crisi ( da "FullPress.it" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: attuale crisi finanziaria nella main economy agita lo spettro di una recessione globale. La reazione delle aziende è quella di correre ai ripari per anticipare la tempesta. A volte, però, le reazioni automatiche non rappresentano la soluzione migliore.

CdC Varese: credito all'impresa: interventi straordinari ( da "Sestopotere.com" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Per aiutare le imprese varesine alle prese con le difficoltà generate dalla crisi finanziaria internazionale, la Giunta della Camera di Commercio ha varato due iniziative sul fronte del credito creando così un “pacchetto anticrisi” del valore complessivo di 1.200.000 euro: risorse che si aggiungono agli interventi d?

Consiglio comunale Torino, ok a Bilancio consuntivo per l'anno 2008 ( da "Sestopotere.com" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Il 2008 è stato un anno che ha richiesto particolari attenzioni, anno su cui si è abbattuta la crisi finanziaria internazionale e l?instabilità dei mercati, tuttavia il proseguimento della politica di riduzione delle spese giudicate non strategiche, insieme al monitoraggio continuo su esposizione debitoria e andamento dei costi, ci hanno permesso –

Russia/ Gazprom vuole Russneft, ma Deripaska chiede troppo. ( da "Virgilio Notizie" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: sullo sfondo della crisi finanziaria e piu' o meno da quando il presidente Dmitri Medvedev è salito al Cremlino. Di fatto si cerca di evitare nuova sconfitta per lo stesso Deripaska che negli ultimi mesi sta collezionando numerose debacle finanziarie, dal colosso dei metalli Basel fino alle controllate nel settore immobiliare.

Russia/ Gazprom vuole Russneft, ma Deripaska chiede troppo ( da "Virgilio Notizie" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: sullo sfondo della crisi finanziaria e piu' o meno da quando il presidente Dmitri Medvedev è salito al Cremlino. Di fatto si cerca di evitare nuova sconfitta per lo stesso Deripaska che negli ultimi mesi sta collezionando numerose debacle finanziarie, dal colosso dei metalli basel fino alle controllate nel settore immobiliare.

Decreto incentivi, dai sindaci arriva un coro di no ( da "Corriere Adriatico" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: che non risolve i problemi dei Comuni e dell'intero sistema economico-produttivo del Paese, colpito dalla crisi finanziaria in atto". Secondo Flavio Tosi, sindaco di Verona il decreto è "in controtendenza con il Piano Casa, poichè, i Comuni potrebbero essere i primi ad investire e in modo rapido. La ritengo una decisione inspiegabile e contraddittoria".

GERMANIA/ VIA LIBERA BUNDESRAT A LEGGE PER ESPROPRIO BANCHE ( da "Wall Street Italia" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: travolto dalla crisi finanziaria, è stato salvato grazie ad aiuti e garanzie per 102 miliardi di euro. Il governo federale teme che un collasso di Hypo Real Estate possa innescare un processo a catena pericoloso per l'intero sistema finanziario tedesco. La legge approvata stamattina consente di ricorrere allo strumento dell'esproprio entro il 30 giugno di quest'

RUSSIA/ GAZPROM VUOLE RUSSNEFT, MA DERIPASKA CHIEDE TROPPO ( da "Wall Street Italia" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: sullo sfondo della crisi finanziaria e piu' o meno da quando il presidente Dmitri Medvedev è salito al Cremlino. Di fatto si cerca di evitare nuova sconfitta per lo stesso Deripaska che negli ultimi mesi sta collezionando numerose debacle finanziarie, dal colosso dei metalli basel fino alle controllate nel settore immobiliare.

RUSSIA/ GAZPROM VUOLE RUSSNEFT, MA DERIPASKA CHIEDE TROPPO. ( da "Wall Street Italia" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: sullo sfondo della crisi finanziaria e piu' o meno da quando il presidente Dmitri Medvedev è salito al Cremlino. Di fatto si cerca di evitare nuova sconfitta per lo stesso Deripaska che negli ultimi mesi sta collezionando numerose debacle finanziarie, dal colosso dei metalli Basel fino alle controllate nel settore immobiliare.

BANCHE. Abi-Università Parma: nella scelta conta il passaparola ( da "HelpConsumatori" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: analisi della reputazione delle banche mostra che la crisi finanziaria non ha inciso sulla fiducia della clientela retail, mentre ha impattato sugli addetti ai lavori. Per quanto riguarda la clientela corporate, le banche ritengono che sia meno sensibile a fenomeni emotivi, è pluribancarizzata ed è in grado di valutare direttamente la qualità della relazione.

L'INTERVENTO Meno burocrazia e più risorse per aiutare le imprese a uscire dalla crisi di Girolamo Astolfi* ( da "Gazzettino, Il (Rovigo)" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La grave crisi finanziaria iniziata lo scorso autunno si è abbattuta sull'economia reale del Paese, spiegano i vertici, con effetti pesanti, anche nel ricco Veneto, provocando lo stallo della domanda interna e chiari segnali di recessione. Non si vuol capire che la crisi è profonda, che interi settori anche nella provincia di Rovigo,

diciamolochiaro ha detto: Ebbene Babe, sai perchè dobbiamo continuare ad occuparci di loro? Semplice. ( da "KataWeb News" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: incontrati per decidere sulle posizioni comuni da adottare contro la crisi finanziaria, lasciando fuori la Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo», addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro capite. Per il premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà,

Abi, clienti scelgono banca con passaparola ( da "Borsa(La Repubblica.it)" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: la crisi finanziaria non ha inciso sulla fiducia della clientela retail, mentre ha impattato sugli addetti ai lavori. Per quanto riguarda la clientela corporate, le banche ritengono che sia meno sensibile a fenomeni emotivi, è pluribancarizzata ed è in grado di valutare direttamente la qualità della relazione.

Internet/ Per tre milioni l'indirizzo è: ".eu" ( da "Virgilio Notizie" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Neanche la crisi finanziaria ha rallentato la crescita: il numero di nomi di dominio ".eu" è aumentato del 2% nel corso del primo trimestre 2009, una crescita che lo consolida al quinto posto tra i domini di primo livello geografico più popolari a livello mondiale.

GB/ HALIFAX SMORZA SPERANZE: A MARZO PREZZI IMMOBILI -1,9% MESE ( da "Wall Street Italia" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: europei che in questa crisi finanziaria ha accusato anche una pesante correzione al ribasso del settore immobiliare, dopo anni di forte crescita, fattore che ha accentuato la debolezza dei suoi mercati e le ricadute sull'economia. Secondo Halifax il 2009 sarà comunque un anno difficile per l'immobiliare Gb, mentre ieri la stessa nationwide aveva richiamato alla cautela sui suoi dati.

INTERNET/ PER TRE MILIONI L'INDIRIZZO È: .EU ( da "Wall Street Italia" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Neanche la crisi finanziaria ha rallentato la crescita: il numero di nomi di dominio ".eu" è aumentato del 2% nel corso del primo trimestre 2009, una crescita che lo consolida al quinto posto tra i domini di primo livello geografico più popolari a livello mondiale.

BANCHE/ ABI: PER I CLIENTI CONTANO PIU' I FATTI DELLE PAROLE ( da "Wall Street Italia" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: la "crisi finanziaria non ha inciso sulla fiducia della clientela retail, mentre ha impattato sugli addetti ai lavori". Per quanto riguarda la clientela corporate, le banche "ritengono che sia meno sensibile a fenomeni emotivi, è pluribancarizzata ed è in grado di valutare direttamente la qualità della relazione".

Crisi finanziaria, la Giuntaoggi incontra Rsu e dirigenti ( da "Sicilia, La" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Mussomeli Crisi finanziaria, la Giunta oggi incontra Rsu e dirigenti Niscemi. Le domande presentate entro il 16 marzo scorso da coloro che hanno interesse ad essere eletti dal consiglio comunale difensore civico del Comune di Niscemi, sono circa 20, tra cui alcuni di Palermo e di altre città della Sicilia.

Si tenga conto di piccole imprese e di acqua ( da "Sicilia, La" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: risposte alle attese delle imprese siciliane impegnate a misurarsi con l'attuale crisi finanziaria. Tuttavia, nonostante la firma della convenzione tra Abi e Irfis, per sbloccare le procedure per l'accesso alle provvidenze previste dalla legge occorre adesso che le banche si attivino per stipulare con l'Irfis apposite convenzioni per consentirne la fruizione da parte delle imprese.

ABI: CLIENTI SCELGONO BANCHE COL PASSAPAROLA. ( da "Asca" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Inoltre la crisi finanziaria non incide sulla fiducia della clientela retail ma impatta sugli addetti ai lavori. Chi ha un conto corrente da' peso soprattutto all'esperienza diretta e personale. Niente conta di piu'. Sono questi i primi risultati dell'Indagine ''Le banche e la valorizzazione della reputazione nei confronti della clientela retail'

Obama offre una visione del mondo senza armi nucleari ( da "Reuters Italia" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: a un accordo al G20 di Londra contro la crisi finanziaria globale e sta cercando un ulteriore consenso dai leader dei paesi Nato per migliorare la precaria situazione dell'Afghanistan. Il presidente francese Nicolas Sarkozy ha immediatamente fornito pieno sostegno al piano di Obama, che prevede di porre un deciso freno alla crescente violenza provocata da al Qaeda e dai talebani.

Pil, puntare sulle imprese: la ricetta di Calabrò ( da "Affari Italiani (Online)" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: la ricetta anti-crisi di Calabrò Venerdí 03.04.2009 10:52 Contro la crisi finanziaria, ecco un manifesto per il nostro futuro: il ritorno all'industria. E' la ricetta contro la recessione proposta da Antonio Calabrò, direttore Affari istituzionali e Relazioni esterne del gruppo Pirelli e consigliere d'amministrazione di Pirelli Tyre,

Uomini in rivolta ( da "Foglio, Il" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: attuale crisi finanziaria. Le banche soffrono ma sopravviveranno insieme con l?insostituibilità del sistema creditizio. E i casseur altermondisti sono ormai un fenomeno violento, sì, ma inquadrabile nella scenografia di ogni appuntamento fra i così detti grandi della Terra.

Berlusconi al G20: questione di show ( da "AprileOnline.info" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Ci troviamo di fronte alla crisi finanziaria peggiore dalla seconda guerra mondiale, le nostre economie sono interconnesse e dobbiamo trovare una soluzione insieme" ecco l'esternazione del premier italiano che nessun paese al mondo ci invidia: "Il mio intento è far notare come la crisi sia soprattutto psicologica e governi e Stati devono assicurare che le banche non falliscano"

Il vertice delle buone intenzioni ( da "AprileOnline.info" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: la fuga nel protezionismo e nell'autarchia che aggravò la crisi (dalla quale i paesi industrializzati uscirono solo convertendo le loro economie alla produzione bellica, con quello che poi ne seguì)? I grandi e meno grandi del mondo hanno imparato la lezione sulla necessità di porre un freno agli "spiriti animali" di un "capitalismo rapace"

Riformismo e unità ( da "AprileOnline.info" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: altro regolare i mercati finanziari è un'operazione necessaria ma non sufficiente, poiché per farlo occorre (testualmente) "aggiustare le grandi politiche economiche, e per farlo ci vorrebbero classi dirigenti adeguate nelle grandi aree del mondo". Ed ha aggiunto, parlando dell'Europa e dei Paesi che la compongono, che "bisogna ripartire,

conroe ha detto: Il miglior mediatore possibile...che non sa mettere in croce due parole nè in inglese nè in francese - LOOOL! Forse lo volevano designare come mediatore dopo la br ( da "KataWeb News" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: incontrati per decidere sulle posizioni comuni da adottare contro la crisi finanziaria, lasciando fuori la Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo», addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro capite. Per il premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà,

Rbs: L'ira degli azionisti, bocciato piano compensi ( da "KataWeb News" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: ha finito per diventare uno dei simboli della crisi finanziaria, attirandosi la rabbia dell'opinione pubblica. Durante le manifestazioni contro il G20, i vetri degli uffici dell'istituto sono stati sfondati dai manifestanti, mentre il mese scorso ignoti avevano rotto le finestre della residenza di Sir Goodwin e gli avevano distrutto la macchina.

RBS: L'IRA DEGLI AZIONISTI, BOCCIATO PIANO COMPENSI ( da "KataWebFinanza" del 03-04-2009) + 1 altra fonte
Argomenti: Crisi

Abstract: ha finito per diventare uno dei simboli della crisi finanziaria, attirandosi la rabbia dell'opinione pubblica. Durante le manifestazioni contro il G20, i vetri degli uffici dell'istituto sono stati sfondati dai manifestanti, mentre il mese scorso ignoti avevano rotto le finestre della residenza di Sir Goodwin e gli avevano distrutto la macchina.

Addio "dollar standard" ( da "Trend-online" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: In tempi di crisi, è ora di battere (nuova) moneta. Una delle tante conseguenze di questa crisi finanziaria, probabilmente, sarà l?avvento di un nuovo sistema monetario internazionale, non più basato sulla centralità esclusiva del dollaro. Fantascienza, quella della fine del ?

## Russia/ Nuovo risiko acquisizioni-fusioni tra petrolio e... ( da "Virgilio Notizie" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: fondo Russneft è solo un aspetto di un impero che sta crollando lentamente da un anno, sullo sfondo della crisi finanziaria e piu' o meno da quando il presidente Dmitri Medvedev è salito al Cremlino. Di fatto anche Medvedev è intervenuto per evitare nuova sconfitta per lo stesso Deripaska che negli ultimimesi sta collezionando debacle finanziarie, persino nel settore immobiliare.

BANCHE: PER SCEGLIERE CONTA IL PASSAPAROLA ( da "Trend-online" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: analisi della reputazione delle banche mostra che la crisi finanziaria non ha inciso sulla fiducia della clientela retail, mentre ha impattato sugli addetti ai lavori. Per quanto riguarda la clientela corporate, le banche ritengono che sia meno sensibile a fenomeni emotivi, è pluribancarizzata ed è in grado di valutare direttamente la qualità della relazione.

## RUSSIA/NUOVO RISIKO ACQUISIZIONI-FUSIONI TRA PETROLIO E DEBITI ( da "Wall Street Italia" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: fondo Russneft è solo un aspetto di un impero che sta crollando lentamente da un anno, sullo sfondo della crisi finanziaria e piu' o meno da quando il presidente Dmitri Medvedev è salito al Cremlino. Di fatto anche Medvedev è intervenuto per evitare nuova sconfitta per lo stesso Deripaska che negli ultimi mesi sta collezionando debacle finanziarie, persino nel settore immobiliare.

UE/ BORGHEZIO: TROPPI SOLDI A BARROSO, PIÙ DI OBAMA ( da "Wall Street Italia" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: specie in un periodo di crisi finanziaria in cui si dibatte tutta l'Europa, che tale principesco trattamento, per altro ben superiore a quello di tutti i capi di Stato europei e dello stesso Presidente Obama, debba essere urgentemente riportato a livelli accettabili, come pure la sua mega liquidazione".

USA: BANCHE, POLEMICHE SULLE REGOLE PIU' MORBIDE ( da "Wall Street Italia" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: questi asset in un mercato in stallo abbia esacerbato la crisi finanziaria con svalutazioni, crollo di utili, penalizzazione dei coefficienti patrimoniali e una limitata capacità di credito. Le autorità hanno dato ancora una volta più credito ai banchieri che a Main Street. Se la boccata di ossigeno accordata alle banche può sembrare una decisione deprecabile ma tutto sommato saggia (

ITALIA-RUSSIA/ BERLUSCONI A MOSCA, RAPPORTI AI MASSIMI STORICI ( da "Wall Street Italia" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: ha risentito nella seconda metà dell'anno della generale crisi finanziaria. Ma è significativo che il valore delle nostre esportazioni (10,5 miliardi di euro) ha fatto segnare un aumento del 9,3 rispetto all'anno precedente, mentre quelle verso altri mercati europei hanno fatto registrare il segno negativo".

Regione, i lavori della commissione di vigilanza ( da "Giornale di Calabria, Il" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: A fronte di una situazione nazionale ed internazionale di crisi finanziaria e delle imprese manifatturiere, abbiamo l?obbligo, almeno per quel che riguarda le iniziative industriali in Calabria, di coordinare un utile lavoro di raccordo istituzionale capace di abbreviare significativamente ed efficientare ogni procedura che attiene il rapporto Regione-Imprese?

Foschi: in campo per aiutare le pmi ( da "Gazzetta di Parma Online, La" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Nella tavola rotonda si affronteranno le ragioni della crisi finanziaria in ambito extra nazionale ed interno, «il ruolo delle banche di fronte alla crisi, - prosegue - le possibili evoluzioni e soluzioni, le nuove opportunità di ottimizzazione della finanza delle imprese, l?esperienza degli imprenditori che hanno quotato le loro aziende di riferimento, l?

babelick ha detto: non la vedo come te,conroe. lo so che sarebbe davvero bello darli una umiliazione simile e denigrarli agli occhi del mondo...ma dove sarebbero i guadagni?fossi i ( da "KataWeb News" del 03-04-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: incontrati per decidere sulle posizioni comuni da adottare contro la crisi finanziaria, lasciando fuori la Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo», addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro capite. Per il premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà,


Articoli

"Però si poteva fare molto di più sul protezionismo" (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

"Però si poteva fare molto di più sul protezionismo" Dotare le istituzioni internazionali di maggiori risorse è la premessa per affrontare in modo sistemico la crisi. Non ha dubbi Allen Sinai, guru di Wall Street e fondatore dell'osservatorio Decision Economy, il cui giudizio sul vertice di Londra è tutto sommato positivo anche se «sul protezionismo poteva essere fatto di più». Il mondo si è unito sotto la bandiera delle istituzioni internazionali? «Dotare Fondo monetario e Banca mondiale di risorse e strumenti adeguati garantisce finalmente un approccio sistemico alla lotta contro la crisi». Come dovrebbero essere impiegati questi fondi? «L'uso delle risorse deve essere valutato caso per caso. Per i Paesi emergenti l'approccio è più economico, bisogna stimolare l'economia. Per i Paesi sviluppati invece bisogna operare sul piano finanziario, bonificare il mercato dagli asset pericolosi e rivitalizzare il sistema del credito. Per i Paesi poveri infine è necessario usare i fondi a sostegno dei bisogni fondamentali evitando ricadute di carattere sociale. Solo Fmi e Banca Mondiale hanno la capacità di affrontare tutte le sfaccettature della crisi in modo corretto». La regolamentazione degli hedge fund va nella giusta direzione? «Assolutamente sì. Fondi speculativi e private equity sono divenuti una parte fondamentale del nostro sistema finanziario e il fatto che siano stati all'ombra della regolamentazione generale ha contribuito a causare instabilità generale». Come valuta la stretta sui paradisi fiscali? «E' un passo importante, anche se da un punto di vista giuridico è complicata e richiede una cooperazione a livello internazionale. È una crociata che richiede sforzi molto maggiori, ma l'intesa di massima raggiunta a Londra è un buon inizio». Questo G-20 ha segnato l'inizio di una nuova era? «Lo definirei l'inizio di un dialogo allargato tra realtà diverse ma accomunate dalla necessità di regole condivise per evitare il ripetersi di terremoti come quello che da Wall Street ha investito tutto il mondo». Chi esce vincitore da questo summit? «Non vedo un vincitore o un perdente, vedo due idee a confronto. Da una parte quella di Barack Obama che spinge per l'adozione di un piano di stimoli da parte di tutti i Paesi, e dall'altra quella franco-tedesca che punta a una maggiore regolamentazione. La vera sfida sarà avviare un confronto tra queste due piattaforme cercando spunti comuni». Il punto debole del summit? «Il nodo del protezionismo. Si poteva fare di più per combatterlo».

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DOLLARI E REGOLE (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

Vittorio Emanuele Parsi DOLLARI E REGOLE CONTINUA A PAGINA 35Due erano i rischi principali cui andava incontro il delicato vertice G20 di ieri a Londra: la clamorosa rottura tra le posizioni anglo-americane e quelle franco-tedesche, o un accordo di facciata e al ribasso. Entrambi avrebbero prodotto conseguenze disastrose, con contraccolpi psicologici tali da distruggere in un giorno la timorosa euforia delle Borse mondiali di questi tempi, rendendo lo spettro del baratro sempre più reale. Al di sotto degli interessi immediati e corposi dei protagonisti, e delle loro legittime preoccupazioni sul minaccioso avanzarsi di un pericoloso dissesto sociale, quella che è sembrata riemergere, nelle settimane che hanno condotto al vertice di ieri, è stata l'antica ruggine tra modello anglosassone e modello renano dell'economia di mercato. Tale tenzone, assai fiorente fino a tutti i complicati Anni Settanta, sembrava essere andata in soffitta con la fine del decennio successivo, il crollo del comunismo e il trionfo della new economy. Non a caso la tenzone si rianima proprio ora che una nuova e assai più radicale crisi si manifesta con asprezza. Così, alla ricetta proposta da America e Gran Bretagna, cioè i Paesi che ospitano le due più grandi piazze finanziarie mondiali, incentrata sulla priorità di rianimare il malato con massicce iniezioni di liquidità e di credito, Parigi e Berlino replicavano con l'esigenza di imporre al mercato regole nuove e rigorose, affinché non finisse col ripercorrere i medesimi errori. Ha prevalso una soluzione di buon senso, non spettacolare di sicuro, ma allo stesso tempo la sola che potesse inviare un segnale di cauto ottimismo ai mercati: aumentare la dotazione dell'Fmi e sostenere il commercio internazionale, così da allontanare lo spettro del protezionismo. Il tutto accompagnato da misure simboliche, ma importanti, di «moralizzazione» del circuito finanziario (come il veto ai bonus per i banchieri), e dall'introduzione di un maggior controllo sulle attività degli hedge funds, alla promessa di intervenire nei confronti dei paradisi fiscali. L'Europa, a partire dalla Germania, si è ritrovata nella rinnovata leadership francese. E questo è un bene. Certo la riunione di Londra non è stata una nuova Bretton Woods, per la quale del resto mancano i presupposti politici. D'altra parte, se è giusto sottolineare che l'assenza di regole adeguate è stata una delle cause determinanti (anche se non la sola) dell'attuale dissesto finanziario, occorre anche ricordare che sarebbe deleterio confondere la terapia di rianimazione del mercato con la necessaria riabilitazione successiva all'eventuale scampato pericolo. Comunque sia, è stato evitato che, all'indomani del vertice, ognuno vada per la sua strada, replicando l'errore capitale che trasformò la gravissima crisi del 1929 nella «Grande Depressione» degli Anni Trenta. Il successo europeo al vertice di Londra, però, non deve farci scordare che queste assise hanno fornito anche qualche indicazione sull'assetto del sistema internazionale che potrebbe profilarsi al tramonto del sempre più imperfetto e claudicante unipolarismo americano, registrando il crescente ruolo della Cina. In tal senso, c'è da esser certi che aumenterà l'attenzione dell'America di Obama verso Pechino: una marcia di avvicinamento da cui potrebbe emergere un nuovo assetto bipolare, assai meno competitivo di quello sovietico-americano. Washington potrebbe cioè essere tentata di scommettere su un accordo preferenziale con Pechino, il cui effetto potrebbe manifestarsi appieno quando i tempi volgeranno nuovamente al bello. Nel delineare la nuova architettura internazionale, anche la Russia gioca le carte che ha, le quali non appaiono così disprezzabili: siano quelle del proprio arsenale nucleare (alla cui riduzione bilaterale Medvedev si è detto disponibile) o quelle della sua posizione di fortissimo dealer di prodotti energetici. Se i passi intrapresi a Londra verranno confermati alla Maddalena e al prossimo G20 di fine anno, l'Europa potrà essere soddisfatta di aver contribuito a rendere più simile a sé la struttura del sistema economico globale. Ma è importante che ciò non le faccia dimenticare come essa rischi di uscire oggettivamente «ridimensionata» da vertici cui partecipano Paesi «terzi» del calibro di India o Brasile. La partita è appena all'inizio. E va oltre la riscrittura delle regole dell'economia globale. In un nuovo ordine mondiale che fosse governato da un sostanziale condominio bipolare sino-americano e, persino nell'ipotesi di un multipolarismo allargato ai nuovi Paesi emergenti e alla Russia di Medvedev, l'Europa dovrà comunque continuare a faticare e a rischiare come ha fatto a Londra, per trovare il posto cui aspira al tavolo della «Bretton Woods prossima futura».

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Dotare le istituzioni internazionali di maggiori risorse è la premessa per affrontare in modo s... (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

Dotare le istituzioni internazionali di maggiori risorse è la premessa per affrontare in modo sistemico la crisi. Non ha dubbi Allen Sinai, guru di Wall Street e fondatore dell'osservatorio Decision Economy, il cui giudizio sul vertice di Londra è tutto sommato positivo anche se «sul protezionismo poteva essere fatto di più». Il mondo si è unito sotto la bandiera delle istituzioni internazionali? «Dotare Fondo monetario e Banca mondiale di risorse e strumenti adeguati garantisce finalmente un approccio sistemico alla lotta contro la crisi». Come dovrebbero essere impiegati questi fondi? «L'uso delle risorse deve essere valutato caso per caso. Per i Paesi emergenti l'approccio è più economico, bisogna stimolare l'economia. Per i Paesi sviluppati invece bisogna operare sul piano finanziario, bonificare il mercato dagli asset pericolosi e rivitalizzare il sistema del credito. Per i Paesi poveri infine è necessario usare i fondi a sostegno dei bisogni fondamentali evitando ricadute di carattere sociale. Solo Fmi e Banca Mondiale hanno la capacità di affrontare tutte le sfaccettature della crisi in modo corretto». La regolamentazione degli hedge fund va nella giusta direzione? «Assolutamente sì. Fondi speculativi e private equity sono divenuti una parte fondamentale del nostro sistema finanziario e il fatto che siano stati all'ombra della regolamentazione generale ha contribuito a causare instabilità generale». Come valuta la stretta sui paradisi fiscali? «E' un passo importante, anche se da un punto di vista giuridico è complicata e richiede una cooperazione a livello internazionale. È una crociata che richiede sforzi molto maggiori, ma l'intesa di massima raggiunta a Londra è un buon inizio». Questo G-20 ha segnato l'inizio di una nuova era? «Lo definirei l'inizio di un dialogo allargato tra realtà diverse ma accomunate dalla necessità di regole condivise per evitare il ripetersi di terremoti come quello che da Wall Street ha investito tutto il mondo». Chi esce vincitore da questo summit? «Non vedo un vincitore o un perdente, vedo due idee a confronto. Da una parte quella di Barack Obama che spinge per l'adozione di un piano di stimoli da parte di tutti i Paesi, e dall'altra quella franco-tedesca che punta a una maggiore regolamentazione. La vera sfida sarà avviare un confronto tra queste due piattaforme cercando spunti comuni». Il punto debole del summit? «Il nodo del protezionismo. Si poteva fare di più per combatterlo».

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Spinta da 1100 miliardi per rilanciare il mondo (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

Spinta da 1100 miliardi per rilanciare il mondo [FIRMA]MAURIZIO MOLINARI INVIATO A LONDRA Rigide regole per la finanza internazionale, hedge funds sotto controllo e paradisi fiscali obbligati a rientrare nei ranghi e uno stimolo per l'economia affidato al Fmi: il summit del G20 si conclude con il successo delle posizioni di Francia e Germania, salutato dal presidente americano Barack Obama come «un vertice storico per la magnitudine della risposta che abbiamo dato alla crisi», sebbene proprio lui abbia dovuto fare passi indietro. Obama voleva uno stimolo globale più imponente che non c'è stato e il suo plauso ai vincitori, la tedesca Angela Merkel e il francese Nicolas Sarkozy, spiega perché il premier britannico Gordon Brown, anfitrione dei lavori, parla con soddisfazione del «mondo che si è unito contro la recessione riconoscendo che la prosperità è indivisibile». L'accordo di Londra è il risultato di un compromesso che segna un nuovo equilibrio di forze fra le grandi potenze economiche del Pianeta. Sarkozy parla di «successo oltre le previsioni» e «fine del modello anglosassone dei mercati gestiti con leggerezza» perché il testo finale vara il nuovo «Financial Stability Board» che metterà in atto una sorveglianza rigida su tutti i mercati, le istituzioni e gli strumenti finanziari esistenti, inclusi gli hedge funds finora riusciti a sfuggire a qualsiasi tipo di controllo. Merkel parla di «compromesso storico» perché il fronte anglosassone - e soprattutto Londra - ha ceduto sui paradisi fiscali ovvero i circa 40 Paesi i cui nomi saranno presto resi noti dall'Ocse e «indicati alla pubblica vergogna», al pari di quelli che vareranno politiche protezionistiche capace di ostacolare il libero commercio. Il compromesso è stato possibile perché Washington e Londra hanno ceduto sul fronte dello «stimolo fiscale globale» che Obama aveva nelle carte e del quale Brown aveva parlato di fronte al Congresso riunito in seduta congiunta. Non vi è infatti alcun impegno dei Venti a varare misure nazionali analoghe a quelle di Usa e Cina mentre c'è l'incremento di risorse per 1100 miliardi dollari del Fondo monetario internazionale, che si trasforma nella roccaforte multilaterale degli aiuti ai Paesi in difficoltà finanziaria. Il Fmi avrà poteri di intervento nelle economie nazionali senza precedenti così come venderà oro per sei miliardi di dollari al fine di «mettere risorse a disposizione dei Paesi poveri» come sottolinea Gordon Brown. Per mascherare il patteggiamento il premier britannico sottolinea che, a conti fatti, i Venti «entro la fine del prossimo anno avranno varato stimoli fiscali per 5 mila miliardi di dollari» ma si tratta di promesse, non di impegni nazionali sottoscritti, e il disappunto americano viene evidenziato dalla decisione del ministro Timothy Geithner di cancellare il previsto briefing serale con i giornalisti al seguito. Se gli anglosassoni hanno accettato di scendere a patti è perché per loro il risultato più importante arriva sul piano politico: se è vero che la crisi finanziaria viene da New York e Londra, il rischio di un loro isolamento è alle spalle perché il summit vede nascere una coalizione internazionale contro la recessione. Non a caso Brown dice a più riprese «siamo uniti» e Obama parla di «passi storici senza precedenti». Per entrambi, come riassume il premier australiano Kevin Rudd, era importante «raggiungere l'accordo più vasto contro i cowboy dei mercati finanziari responsabili del collasso avvenuto». Grazie alla nascita di questa coalizione anti-recessione - che celebrerà il nuovo summit a fine anno - Obama e Brown potranno fare pulizie nelle rispettive piazze finanziarie con strumenti multilaterali che i rispettivi Parlamenti avrebbero difficilmente autorizzato. «Abbiamo dato la medicina giusta al paziente malato» dice il presidente americano nella conferenza stampa finale, ammettendo di aver fatto passi indietro «sulla scrittura nel testo finale di alcune frasi che non posso rivelare perché quello che abbiamo è un testo oramai comune, di tutti noi». In questa coalizione Russia e Cina vengono proiettate nel ruolo di protagoniste. Dmitri Medvedev, capo del Cremlino, preannuncia il «taglio dei bonus troppo elevati» e promette di «rinunciare al protezionismo» mentre il cinese Hu Jintao rimette al Fmi la disputa sul futuro del dollaro come moneta-base. Sono le avvisaglie di una redistribuzione del potere nel salotto della finanza globale che è appena iniziata.

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La crisi? Sono mancati i controlli (sezione: crisi)

( da "Trentino" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

Il vice direttore generale della Banca d'Italia ieri ha tenuto una conferenza sulla situazione mondiale alla Facoltà di Economia «La crisi? Sono mancati i controlli» La lezione di Visco: le politiche monetarie devono regolare la finanza STEFANO FAIT TRENTO. In tutta Europa banchieri ed amministratori delegati sono sotto attacco. In Italia e Francia ci sono stati dei sequestri, in Scozia le proprietà di Fred Goodwin, il banchiere responsabile del collasso della Royal Bank of Scotland che nonostante ciò ha ricevuto una buonuscita di quasi 17 milioni di sterline, sono state prese d'assalto da un gruppo di attivisti denominato "I dirigenti di banca sono dei criminali". A Londra le proteste bloccano la City. La gente è stufa di essere ritenuta co-responsabile dell'attuale crisi e chiamata a pagare per rimediare ai fiaschi di chi non solo non deve mai rispondere a nessuno dei propri errori, ma riceve anche remunerazioni sproporzionate. Ieri pomeriggio, nella Sala Conferenze della Facoltà di Economia, Ignazio Visco, vice direttore generale della Banca d'Italia, ha presentato il punto di vista dei banchieri nel suo intervento intitolato "La crisi finanziaria: oggi e in prospettiva" e non ha aggirato i problemi. «Sono cambiati i mercati finanziari e la finanza come disciplina è progredita, ma gli strumenti finanziari per i fondi previdenziali espongono a grandi rischi sociali una vasta fascia della popolazione. Mentre da un lato l'espansione del commercio globale ha impedito che la crescita demografica fosse accompagnata da un aumento del numero di poveri, è anche vero che per molti anni si è ritenuto che le politiche monetarie non dovessero occuparsi di finanza, lasciandola a strumenti di regolamentazione di natura politica che non sono sempre risultati adeguati». Nel tempo ciò ha portato le famiglie americane ad indebitarsi, ottenendo prestiti (mutui ipotecari) grazie all'aumento del valore degli immobili. La maggiore liquidità ha stimolato l'economia che in ultimo ha beneficiato le famiglie. Ma questo è un modello che funziona solo se l'economia continua ad espandersi, se le prospettive di guadagni futuri rimangono alte e se le previsioni non sono troppo inesatte. Quando ciò non avviene le conseguenze possono essere tragiche, specialmente in un Paese dove il tasso di risparmio è prossimo allo zero, com'è il caso degli Stati Uniti, appunto. In quel caso il rapporto debito-consumo si è trasformato in un circolo vizioso e la redistribuzione dei rischi effettuata dalle banche ha condizionato l'intera economia e moltiplicato il problema dell'insolvenza. Perché si è arrivati a questo? «Anche a causa di una sostanziale assenza di trasparenza nella valutazione degli investimenti». In pratica formule matematiche ipercomplesse e modelli statistici basati su dati insufficienti o incerti sono serviti a far passare per remunerativo quel che non lo era e a celare i rischi di certe operazioni finanziarie, anche in virtù di «una regolamentazione difettosa o addirittura assente nel caso delle banche d'investimento». «Il tutto nell'illusione che il valore degli immobili sarebbe cresciuto permanentemente», anche se Visco stesso, come altri colleghi, aveva segnalato quest'abbaglio puntando il dito sul «disavanzo e sull'eccesso di domanda Usa, sulla saturazione dei mercati e sulla riduzione delle risorse energetiche». Ora «il debito pubblico aumenta per salvare le banche, mentre si lascia che le imprese falliscano, perché le nostre sono economie fondate sul credito» e non sul valore della forza-lavoro. E il cerchio si chiude.

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Caseificio, stabilimento dimezzato (sezione: crisi)

( da "Trentino" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

Villa Lagarina. Comunità Attiva: solidarietà ai lavoratori che rischiano il licenziamento «Caseificio, stabilimento dimezzato» VILLA LAGARINA. Solidarietà ai lavoratori del caseificio Pinzolo - Fiavé e un invito a reintegrare il personale in esubero. I consiglieri comunali di Comunità Attiva, sono vicini ai lavoratori colpiti dalla crisi che non ha risparmiato nemmeno lo stabilimento di Villa Lagarina. Attualmente la dirigenza è procinto di trasformare la struttura in yogurtificio: «Sono trascorsi meno di dieci anni - scrivono - da quando l'allora caseificio "Sav" si trasferì da Roveereto a Villa; solo alcuni mesi dalla ristrutturazione del comparto lattiero caseario in ambito provinciale, che ha visto lo stabilimento di Villa Lagarina essere inglobato nel caseificio Pinzolo - Fiavé. Il consiglio comunale non intende qui entrare nel merito del piano industriale aziendale ma non può non rilevare che, nonostante il massiccio intervento della Provincia a sostegno del settore, il caseificio registra una grave crisi finanziaria, gettando un'ombra sulla tanto conclamata efficienza del sistema cooperativistico trentino. Il piano industriale del caseificio Pinzolo - Fiavé prevede un esubero di 26 lavoratori su 95 dipendenti e colpisce in particolare lo stabilimento di Villa con 22 lavoratori su 40 dipendenti». Sollecitato dai consiglieri di Comunità Attiva, martedì scorso il consiglio comunale di Villa, ha espresso solidarietà ai lavoratori coinvolti da un possibile licenziamento. (pat)

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G20. Slitta la lista nera dei paradisi fiscali (sezione: crisi)

( da "Rai News 24" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

Londra | 2 aprile 2009 G20. Slitta la lista nera dei paradisi fiscali Strade chiuse nella City londinese I leader del G20 sarebbero vicini ad un accordo sul documento che contiene le misure per affrontare la crisi finanziaria globale. Per la Bbc tra i punti dell'intesa c'è l'aumento dei finanziamenti al Fondo monetario internazionale, che passeranno da 250 a 750 miliardi di dollari. Inoltre, i leader delle 20 maggiori economie del mondo si sarebbero anche detti d'accordo nel "citare le responsabilità" di quei Paesi che violano le regole sul libero commercio. La dichiarazione finale Ci sarà una dichiarazione di principio per limitare i super bonus, le stock option, le maxi liquidazioni. Ma sul tema dei paradisi fiscali, uno dei cavalli di battaglia dell'asse Sarkozy-Merkel, il G20 di Londra incontra le previste difficoltà nel raggiungere un'intesa fra i Grandi: la Cina, ad esempio, difende lo status privilegiato di cui godono Macao e Hong Kong, non paragonabili per Pechino a quello di altri centri offshore. E Stati Uniti e Gran Bretagna non paiono dispiacersene troppo. La minaccia di stilare una lista nera dei centri "non cooperativi" è bastata a convincere Austria, Liechtenstein, Lussemburgo e Belgio a fare alcune concessioni sul segreto bancario finora tenacemente difeso, ma a livello di G20 è difficile ipotizzare oggi, nelle conclusioni del G20, siginifcativi passi avanti. Londra minimizza le divergenze "Non credo che ci siano forti divergenze tra Francia e Germania e altri Paesi", ha dichiarato a Sky News il ministro delle Finanze Alistair Darling, dicendosi ottimista sui risultati del summit in corso a Londra. "Inevitabilmente quando si hanno oltre 20 Paesi ci sono delle divergenze, ma la maggior parte di noi è decisa ad appianarle, perché la posta in gioco è troppo alta", ha aggiunto. Chi paga la crisi Un chiaro ed esplicito riferimento al social summit di Roma è stato inserito nel documento finale del G20 su richiesta italiana. Silvio Berlusconi nei giorni scorsi aveva spiegato di voler portare sul tavolo del G20 la proposta di un 'social pact'. "Ci sarà - riferiscono fonti diplomatiche - un richiamo alla dimensione umana della crisi, Berlusconi insiste sulla necessita' di proteggere e sostenere coloro che soffrono la crisi e soprattutto chi perde il posto di lavoro". "Sono qui per ricordare al mondo che il 50% della popolazione mondiale vive con meno di due euro al giorno", ha ricordato oggi nella sala stampa del vertice di Londra il musicista Bob Geldolf, anima dell'indimenticato 'Live aid'. Le difficoltà del summit Al G20 iniziato questa mattina a Londra resistono le divergenze su molti temi e il premier britannico Gordon Brown è stato forse "troppo ambizioso" nel delineare i risultati del vertice. A dirlo, parlando con la Bbc, è il ministro delle Attività produttive Peter Mandelson, secondo cui "i disaccordi persistevano ancora nel corso della notte", in particolare per quel che riguarda l'aumento dei finanziamenti al Fondo monetario internazionale, i paradisi fiscali e le misure a sostegno del commercio. "Il nostro primo ministro è eccessivamente ambizioso su quello che vuole esca da questo summit", ha affermato Mandelson, per il quale si tratta comunque di un atteggiamento "positivo, dal momento che non ha senso che le persone vengano qui solo per ripetere vecchi argomenti, riaffermando vecchi impegni".

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conroe ha detto: Se proprio vogliamo parlare di "immagine" e foto, Berlusca è sulla prima pagina del Time (mica bruscolini) e pure, udite-udite, di El Mundo. (sezione: crisi)

( da "KataWeb News" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

senza il mattone.. Spagnoli ci avete scocciato: pensate ai vostri guai 28 marzo 2009 alle 14:15 — Autore: babelick — 37 commenti Gentile ambasciatore Terracciano, complimenti e sentiti ringraziamenti. Ci ha vendicati. La lettera che ha inviato al quotidiano El Pais, nella sua veste di capo della rappresentanza italiana presso il governo spagnolo, non sembra neanche scritta da un diplomatico di carriera; meglio, è opera di un diplomatico di razza rara, tanto è chiara, asciutta, ferma, e, lo faccia dire a me, sacrosantamente scocciata. Quel giornale così faziosamente filo Zapatero, praticamente un organo di partito, anche di quello Democratico italiano del quale corre in premuroso e regolare soccorso, la deve smettere di denigrare il governo e il Paese. Non c'entra niente qui la libertà di stampa; come lei sottolinea, il tentativo di demolire l'immagine dell'Italia tra gli spagnoli risponde invece a un disegno di servitù politica che nessun organo di stampa italiano si sognerebbe di progettare, piaccia o no il governo di José Luis Zapatero, per gli intimi Bambi. Succede che gli equilibri politici europei siano cambiati, che un asse Sarkozy-Merkel-Berlusconi minacci il ruolo della Spagna e le sue numerose, troppe, poltrone, ben sei super incarichi istituzionali europei. Succede che le cose non vadano più bene per l'economia, crollata miseramente dopo il boom edilizio e tante rivendicazioni di tronfio primato; che la politica estera sia un disastro, e il presidente Barack Obama nella nuova versione militare contro Bin Laden non si sia rivelato l'amico che ingenuamente la sinistra in Europa aveva immaginato; che il federalismo morda le calcagna a Madrid, visto l'apporto determinante del partito catalano alla rielezione dei socialisti. Il governo è nervoso e la butta sugli attacchi ad altri Stati, il Pais pubblica fedele, se serve, anticipa. Così l'Italia è descritta come dominio di un tiranno nello stile delle dittature latino americane, Pinochet naturalmente, non Hugo Chavez, il presidente del Consiglio eletto ha bisogno dello psichiatra, qui si praticano tortura e politiche razziste. Ha fatto bene, ambasciatore, a dire basta, anche perché c'è davvero poco, scansato il fango delle calunnie, di cui vantarsi in casa Zapatero. Al mini-summit europeo del 4 ottobre del 2008 i capi di Stato di Berlino, Roma, Parigi e Londra, si sono incontrati per decidere sulle posizioni comuni da adottare contro la crisi finanziaria, lasciando fuori la Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo», addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro capite. Per il premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà, il mio obiettivo è quello di superare la Francia, anche se l'amico Sarkozy non vuole neanche sentirselo dire». Subito dopo la crisi internazionale ha svelato il bluff dell'economia spagnola. La recessione ha gettato anche la Spagna in una crisi profonda: crescita dell'1,4% nel 2008, e non del 3,5% come annunciato dal governo. Un dato che riporta il Paese agli stessi risultati del 1993. Il boom economico era stato gonfiato dagli aiuti europei allo sviluppo, investiti quasi esclusivamente nell'edilizia, un settore in forte perdita già dai primi mesi dell'anno, cioè prima della crisi internazionale. La crisi ha messo a nudo le bugie sulla politica di sicurezza e immigrazione, a lungo mantenute, anche se sulle zattere dei clandestini l'ordine è sempre stato di sparare. Nei giorni scorsi 200 organizzazioni hanno presentato alla Procura generale dello Stato una denuncia contro il ministero dell'Interno, accusando la polizia di «arresti mirati», «retate» e «controlli d'identità di massa», insomma di eseguire gli ordini per l'arresto di una «quota» minima mensile di immigrati per ciascun distretto. Gli immigrati sono saliti da mezzo milione a 5,2 milioni nel 2008, su una popolazione totale per la Spagna di 46 milioni di persone. Con una disoccupazione giunta ormai al 14%, il governo ha cambiato ufficialmente politica. La «Ley de Extranjeria» presentata a dicembre prevede severe misure restrittive: oltre all'aumento da 40 a 60 giorni del termine massimo per detenere migranti nei Centri di permanenza temporanea, per facilitare identificazioni e rimpatri coatti, il progetto prevede di interrompere i ricongiungimenti familiari. Prevede anche sanzioni fino a 10.000 euro per chi «promuove la permanenza irregolare in Spagna di uno straniero», un'«infrazione grave» perché «lo straniero dipende economicamente da chi compie l'infrazione e questa ne prolunga il soggiorno autorizzato al di là del periodo legalmente previsto». La Comision Espanola de Ayuda al Refugiado (Cear), ha protestato perché così facendo il governo «cerca di farsi complici le persone che alloggiano» gli immigrati, e si appresta a «convertire i cittadini in poliziotti». Ci sarebbe da analizzare anche il ruolo inquietante di un giudice star come Baltazar Garzon, che somigli all'Antonio Di Pietro dei tempi che furono, grande amico di Zapatero e compagno di caccia di altri ministri socialisti, ma anche evasore fiscale conclamato. Garzon negli ultimi anni ha incriminato chiunque, dai dittatori latino americani agli statisti europei, fino a personaggi dell'epoca di Francisco Franco, tutti defunti. Colleziona una gaffe dopo l'altra, eppure imperversa. Pure la battaglia contro la Chiesa cattolica, nella sua forma infantile ed estremista, è la pratica opposta a quella che si converrebbe a un premier laico che governa un Paese dove ci sono cattolici numerosi, un milione e mezzo solo fra i suoi elettori. La gaffe del ritiro dal Kosovo, comunicato in loco dal ministro della Difesa, Carmen Chacon, contro il parere e all'insaputa del collega degli Esteri, Moratinos, e di tutti i governi dell'Unione europea e della Nato, è la chicca di qualche giorno fa. Il presunto amico, il presidente Obama, è infuriato e non ha accettato i goffi tentativi di Madrid di rimediare. Peggio di così!

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G20: Medvedev, uscita da crisi non sara' rapida (sezione: crisi)

( da "Trend-online" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

G20: Medvedev, uscita da crisi non sara' rapida ANSA NEWS, clicca qui per leggere la rassegna di Ansa , 02.04.2009 22:10 Scopri le migliori azioni per fare trading questa settimana!! (ANSA) - MOSCA, 2 APR - Il presidente russo, Dmitri Medvedev, ha affermato di ritenere che l'uscita dalla crisi finanziaria mondiale non sara' rapida.Con tutta probabilita' -ha osservato - la crisi ''durera' piu' di quanto avessimo pensato''. Il fatto comunque ''che oggi ci siamo incontrati e abbiamo esaminato questioni concrete, questo non e' affatto male'', ha aggiunto. Medvedev ha anche detto che in un periodo di crisi come quella attuale non si puo' continuare a elargire bonus elevati a top manager.

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UNA NUOVA SOLUZIONE EXTRA-FINANZIARIA PER GLI INVESTIMENTI A REDDITO FISSO (sezione: crisi)

( da "Wall Street Italia" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

Una nuova soluzione extra-finanziaria per gli investimenti a reddito fisso --> ASSET4 AG, il fornitore leader di informazioni di carattere aziendale, sociale ed ambientale, ha annunciato oggi il lancio della propria soluzione Sovereign Supra™ che consentirà agli investitori di integrare le informazioni extra-finanziarie nei loro investimenti a reddito fisso al fine di migliorare la performance e gestire il rischio in questi tempi di volatilità. ASSET4 utilizza ora la propria comprovata tecnologia ESG per monitorare e valutare la performance ESG di paesi, autorità locali, aziende private e pubbliche e sovranazionali: si tratta di informazioni che stanno giocando un ruolo sempre più importante nella creazione di indici e prodotti obbligazionari sovrani. Nel corso dell'attuale crisi finanziaria, c'è stato un "flight to safety" che ha portato a un aumento di interesse nei confronti delle obbligazioni sovrane. Il testo originale del presente annuncio, redatto nella lingua di partenza, è la versione ufficiale che fa fede. Le traduzioni sono offerte unicamente per comodità del lettore e devono rinviare al testo in lingua originale, che è l'unico giuridicamente valido. ASSET4Jeff Wild, Comunicazioni aziendaliTel: +41 41 729 30 40jeff.wild@asset4.comwww.asset4.com

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SCHEDA - CHI HA AVUTO COSA DAL VERTICE DEL G20? (sezione: crisi)

( da "Wall Street Italia" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

SCHEDA - Chi ha avuto cosa dal vertice del G20? -->(Reuters) - Le nazioni del G20 in alcuni vasi avevano messo sul tavolo priorità contrastanti in vista del vertice di Londra. Di seguito una sintesi di quello che era stato chiesto e delle risposte arrivate. STIMOLO FISCALE Chi voleva cosa: Stati Uniti, Gran Bretagna e Giappone avevano proposto con forza un'azione concertata nel mondo per pompare più fondi governativi nei pacchetti di stimolo; Francia e Germania preferivano aspettare per vedere i risultati dei fondi già messi a disposizione. Risultato: il vertice non ha fissato obblighi per ulteriori misure fiscali, un fatto accolto con soddisfazione dalla Germania. REGOLAMENTAZIONE DEL MERCATO Chi voleva cosa: Francia e Germania avevano chiesto a gran voce la sorveglianza degli hedge fund, una causa che il cancelliere Angela Merkel aveva perorato anche prima della crisi finanziaria. Il Giappone aveva detto che la regolamentazione dovrebbe venire dopo il salvataggio dell'economia globale. Risultato: chiaro impegno del vertice a estendere regolamentazione e sorveglianza a tutte le istituzioni finanziarie importanti, gli strumenti e i mercati. Anche le agenzie di credit rating saranno interessate. FMI Chi voleva cosa: Australia, Canada e Sud Africa erano tra i Paesi che volevano una forte crescita nei prestiti del Fmi; Russia, Argentina, Cina, India, Arabia Saudita e altri chiedevano riforme per concedere alle economie emergenti un maggiore potere di voto all'interno del Fondo. Risultato: la triplicazione dei fondi dati in prestito dal Fmi è andata oltre le attese, ma si è detto meno sul ribilanciamento dell'influenza chiesto dai Paesi in via di sviluppo. COMMERCIO Chi voleva cosa: Brasile e Gran Bretagna erano su una cifra di 100 miliardi di dollari in nuove linee di credito per il commercio internazionale. Risultato: la cifra di 250 miliardi di dollari è andata oltre le attese. PROTEZIONISMO Chi voleva cosa: Gran Bretagna, Stati Uniti, Corea del Sud, Canada e India avevano chiesto che il G20 assumesse forti impegni per la liberalizzazione del commercio. Risultato: il vertice ha "riaffermato" l'impegno dell'anno scorso a non alzare nuove barriere a investimenti e commercio. In pratica, molti dei Paesi del G20 hanno adottato misure protezionistiche dal vertice di Washington di novembre per difendere le imprese nazionali. PARADISI FISCALI Chi voleva cosa: Francia e Germania avevano chiesto a gran voce di dare un colpo ai paradisi fiscali. Risultato: il vertice ha accettato di schedare "giurisdizioni non collaborative" e prendere in considerazione sanzioni. VALUTA DI RISERVA Chi voleva cosa: Cina e Russia volevano discutere una nuova valuta di riserva globale in alternativa al dollaro, sulla base degli Special Drawing Rights del Fmi. Risultato: la questione non è stata discussa, ma la Russia ha fatto una propria dichiarazione.

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G20: MEDVEDEV, USCITA DA CRISI NON SARA' RAPIDA (sezione: crisi)

( da "Wall Street Italia" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

G20: Medvedev, uscita da crisi non sara' rapida di ANSA Basta con bouns troppo elevati, sottolinea leader Cremlino -->(ANSA) - MOSCA, 2 APR - Il presidente russo, Dmitri Medvedev, ha affermato di ritenere che l'uscita dalla crisi finanziaria mondiale non sara' rapida.Con tutta probabilita' -ha osservato - la crisi ''durera' piu' di quanto avessimo pensato''. Il fatto comunque ''che oggi ci siamo incontrati e abbiamo esaminato questioni concrete, questo non e' affatto male'', ha aggiunto. Medvedev ha anche detto che in un periodo di crisi come quella attuale non si puo' continuare a elargire bonus elevati a top manager.

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Medvedev: occorre varare una moneta sovrannazionale (sezione: crisi)

( da "Giornale di Brescia" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

Edizione: 03/04/2009 testata: Giornale di Brescia sezione:in primo piano Medvedev: occorre varare una moneta sovrannazionale LONDRAIl presidente russo, Dmitri Medvedev, ha detto di ritenere che l'uscita dalla crisi non sarà rapida. «L'uscita dalla crisi finanziaria mondiale, con tutta probabilità, durerà più di quanto avessimo pensato», ha detto Medvedev in una conferenza stampa a Londra al termine del vertice del G20. Il fatto comunque «che oggi ci siamo incontrati e abbiamo esaminato questioni concrete, questo non è affatto male». Il presidente russo ha poi detto che Mosca non rinuncia all'idea della creazione di una moneta di riserva sovrannazionale, anche se questo tema non è stato menzionato apertamente nel documento finale del summit del G20 a Londra. Parlando in serata alla London School of Economics, Medvedev ha detto che coloro che controllano la valuta di riserva non sono responsabili degli indici macroeconomici, mentre al tempo stesso l'esperienza dell'euro si è rivelata abbastanza positiva. «Da qui la conclusione: è necessario il sostegno a una moneta regionale forte, senza escludere al tempo stesso la nascita di una valuta di riserva sovrannazionale separata», ha detto Medvedev in un incontro con gli studenti. «Noi non abbiamo evocato un capitolo a parte su questo nel comunicato del G20, ma nel paragrafo 12 su nostra iniziativa è stato fatto un riferimento per muoversi in questa direzione».

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Fondo da 50mila euro per le famiglie con figli (sezione: crisi)

( da "Gazzetta di Reggio" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

Cavriago. Provvedimento approvato dal consiglio Fondo da 50mila euro per le famiglie con figli CAVRIAGO. Il consiglio comunale ha approvato, all'unanimità, le modalià di utilizzo del fondo di 50mila euro stanziato dal Comune a sostegno delle famiglie cavriaghesi colpite dalla crisi economica, con figli fino a sei anni che frequentano i servizi scolastici comunali o privati. In un momento di recessione e di grave crisi finanziaria, il Comune ha deciso di intervenire. Il sostegno ha effetto dal primo gennaio 2009 e si rivolge a tutte quelle famiglie in cui uno o entrambi i genitori abbiano perso il lavoro, siano in cassa integrazione o abbiano subìto una riduzione dell'orario di lavoro e il cui Isee (comprensivo della diminuzione di reddito) sia compreso tra 5.164 e 25mila euro. Possono richiedere la riduzione o azzeramento delle rette scolastiche i lavoratori dipendenti con contratti di lavoro a tempo indeterminato o determinato o con contratti di collaborazione a progetto o coordinata e continuativa. Per richiedere il contributo, le famiglie devono presentare una richiesta all'Ufficio scuola dell'azienda speciale «CavriagoInfanzia», a cui deve essere allegata una certificazione in cui il datore di lavoro dichiara che la ditta nell'anno 2009 è ricorsa alla cassa integrazione, con l'indicazione del periodo e della minore entrata che deriva al dipendente, di cui devono essere indicati cognome, nome e codice fiscale. Nel caso di perdita del lavoro dovrà essere presentata la documentazione che lo attesti e copia delle buste paga del 2009. In pratica un genitore che, a causa della cassa integrazione, vede diminuire il suo reddito Irpef annuale da 25.742 euro a 19.050 e l'Isee da 16.744 euro a 14.229 pagherà, per la retta mensile del nido, 136,20 euro invece di 286,58, con una riduzione del 51,57%. Per quanto riguarda la scuola dell'infanzia, la retta mensile passerebbe in questo caso da 141,84 a 69,43 euro. Dopo l'approvazione in consiglio comunale, l'ufficio scuola di CavriagoInfanzia avviserà tutti i genitori dei bambini da 0 a 6 anni, in modo che possano fare richiesta. «Con questo fondo - ha affermato il sindaco Vincenzo Delmonte - intendiamo dare un aiuto concreto alle famiglie con bambini piccoli, consci dei costi e dei sacrifici che devono affrontare. Inoltre vogliamo creare le condizioni per cui tutti i bambini continuino a frequentare le scuole dell'infanzia e gli asili».

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Malumore o no, ci si imbelletta (sezione: crisi)

( da "Italia Oggi (MarketingOggi)" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

ItaliaOggi Numero 079  pag. 19 del 3/4/2009 | Indietro Malumore o no, ci si imbelletta MARKETING OGGI Di Carlo Russo A Bologna parte il Cosmoprof, la fiera dedicata alla bellezza con oltre 150 mila visitatori Cosmetici 6 volte al dì (le donne fino a 25). E viva il rosso fuoco L'ultima frontiera della cosmesi sono le pietre preziose «trattate» con gli oli essenziali delle piante esotiche, che diventano creme per la pelle. Si tratta di una delle novità proposte al Cosmoprof, la fiera della bellezza che si apre oggi a Bologna e andrà avanti fino al 6 aprile. Una fiera che nella scorsa edizione ha avuto 150.853 visitatori, di cui 39.221 stranieri. E che in un anno come questo festeggia comunque buoni risultati per il settore, sia con i consumi interni che con l'export. Dopotutto gli «stili di vita» indicano un utilizzo medio di prodotti cosmetici sei volte al giorno, un numero che si moltiplica (25 volte) se si tratta di donne. Inoltre sta prepotentemente tornando di moda il rossetto rosso sgargiante, un trend considerato un gesto antidepressivo da donne che sentono la crisi e l'impoverimento. Madrina della cosmetica «preziosa» di cui si è parlato prima è Chrystelle Lannoy, cosmetologa ma anche biologa: «ho lavorato sui principi attivi di 17 pietre preziose e semi-preziose», spiega, «uniti agli oli di piante esotiche nella purezza dell'acqua biologica della Nuova Zelanda». Amma Deva è invece un massaggio della linea Holistic Beauty Thay per le donne in gravidanza. «Il massaggio è stato specificamente curato pensando al bambino che la mamma ha in grembo», dice la naturopata Giusy Marcantonio, «quindi rilassa contemporaneamente mamma e feto». Tra gli stand vi sono poi i costosissimi profumi in bottigliette col tappo d'oro massiccio, le linee cosmetiche dedicate alle bambine, le creme certificate biologiche, i nuovi laser per la depilazione. L'Unipro, l'associazione delle imprese cosmetiche, discuterà in un summit l'andamento del settore, che alla prova dei risultati si dimostra non bersagliato dalla crisi come si temeva: il 2008 ha chiuso con un fatturato di 9.070 milioni di euro e una crescita dello 0,8%. Significativa la ripresa delle esportazioni dopo un anno di stallo (+2,1% con oltre 2.310 milioni di euro). Il fatturato delle industrie italiane è cresciuto dell'1,2%, con un valore di poco superiore agli 8.340 milioni di euro. Crescono gli acquisti di cosmetici in farmacia (+3,8% per quasi 1.390 milioni di euro) e in erboristeria (+3,7% , oltre 310 milioni di euro), si compra un po' meno in profumeria (-1,1% per oltre 2.325 milioni di euro), l'exploit è della grande distribuzione (quasi il 44%) con un valore totale che supera i 3.990 milioni di euro. Infine crescono anche le vendite porta a porta (+6% per oltre 370 milioni di euro) e quelle online per corrispondenza (+2% nel 2008, per 56 milioni di euro). Quindi gli italiani continuano a spendere per la bellezza. «In un momento pesantemente condizionato dalla crisi finanziaria mondiale», dice Fabio Franchina, presidente Unipro, «i consumi interni tengono e l'export è cresciuto soprattutto grazie alla diminuzione del costo del petrolio, quindi delle materie prime, e all'apprezzamento del dollaro». Quali sono i cosmetici preferiti? Anche nel 2008 la famiglia più gettonata è stata quella dei prodotti per il corpo, seguiti dai prodotti per il viso e da quelli per i capelli. Ma marciano spediti anche make-up (+5,3%) e smalti per le unghie (+9,3%). C'è poi la nuova frontiera del beauty & wellness, al quale Cosmoprof riserva quest'anno il nuovo padiglione 14-15, con i suoi 10 mila metri quadrati di superficie espositiva. Sono previsti una serie di incontri, con al centro le case history di maggior successo raccontate direttamente dai protagonisti. Tra essi, l'architetto Carla Baratelli che con il suo Studio Asia si è specializzata nelle spa e quelle di ultima generazione le ha battezzate My Sphere. Per l'acconciatura è previsto un hair show al Teatro Manzoni (5 aprile) con Angelo Seminare & Trevor Sorbie, Mark Hayes per Vidal Sassoon, Jean-Luc Minetti per Alexandre Paris, Tim Hartley e Robert Cromeans. Nel settore profumeria quattro le aree espositive che rispecchiano i ritmi veloci di cambiamento del mercato internazionale: Masterpices, dedicato alle fragranze d'autore, Black Label, che dà spazio a prodotti presenti in corner di department store o in profumerie o concept store che vendono anche abbigliamento o oggettistica, Golden Label, con i marchi di profumeria selettiva italiana e internazionale, e profumeria e cosmetica.

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Il marketing che usa il microscopio (sezione: crisi)

( da "Italia Oggi (MarketingOggi)" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

ItaliaOggi Numero 079  pag. 21 del 3/4/2009 | Indietro Il marketing che usa il microscopio MARKETING Di Marco Mazzù e Alceo Rapagna* L'approccio granulare in azienda per non sprecare gli investimenti. Ecco chi ci ha provato Piccoli mercati e zone: così si agisce dove ci può essere crescita In passato, le aziende che riuscivano a superare i periodi di recessione e a sfruttare il rallentamento economico incrementando la propria quota di mercato adottavano generalmente una strategia commerciale basata sulla massima focalizzazione delle risorse. Si trattava di concentrare gli investimenti in pochi e redditizi macrosegmenti di clientela e in zone geografiche di grandi dimensioni, di intensificare la comunicazione sui media tradizionali per raggiungere una quota di visibilità proporzionalmente maggiore della concorrenza, e di rendere più efficienti le strutture commerciali mediante una drastica riduzione dei costi di servizio ritenuti non indispensabili (decentrando o automatizzando i servizi di customer care, per esempio). Oggi, però, tale strategia potrebbe rivelarsi inefficace perché sono diverse le condizioni al contorno, che rendono molto più difficile emergere nei propri mercati di riferimento per tre motivi principali. Anzitutto, perché sono aumentate la complessità e la frammentazione del business in seguito alla proliferazione delle offerte commerciali: basti pensare all'esplosione del numero di canali, prodotti e touchpoints di interazione con i clienti negli ultimi dieci anni. Inoltre, perché sono diminuite l'efficacia e la credibilità della comunicazione diffusa attraverso i media tradizionali, con gli spot televisivi o gli annunci pubblicitari sui giornali, ed è contemporaneamente esploso l'uso di Internet e di mezzi alternativi come i social networks (175 milioni di clienti attivi solo su Facebook). Infine, perché questa crisi finanziaria, economica e dei consumi è di ampiezza e severità maggiori di quelle passate, e tocca anche segmenti di mercato considerati tradizionalmente redditizi (si pensi alla frenata dei paesi emergenti o alla riduzione del reddito disponibile dei baby boomers negli Usa, fortemente colpiti dal calo del valore dei titoli in borsa e del valore degli immobili). Per far fronte alle nuove sfide del mercato, riteniamo pertanto che le aziende oggi debbano adottare un nuovo approccio, che chiamiamo di marketing «granulare». è un approccio che consente di osservare a un maggior livello di dettaglio la superficie apparentemente omogenea del dato medio dei consumi stagnanti e dei margini commerciali in contrazione, per rilevare i diversi «granuli» da cui è composta e individuare le specifiche «correnti di crescita». Questo approccio richiede di mettere a fuoco i dettagli, di essere quindi più «granulari» nell'analisi del comportamento e della redditività dei diversi segmenti di consumatori, per aumentare l'efficacia e il ritorno sugli investimenti di tutte le leve del marketing mix: la strategia di categoria e di brand, l'allocazione della spesa di marketing e la gestione dei canali e della forza vendita. Strategia di categoria e di brand. In questo ambito, acquisire una conoscenza «granulare» del consumatore significa comprendere le differenze dei comportamenti di acquisto nei diversi micromercati geografici all'interno dello stesso paese. Per fare un esempio, un'azienda produttrice di bevande ha rilevato una forte variabilità della sensibilità ai prezzi da parte dei consumatori statunitensi, pari a un fattore 13 tra diverse regioni, a un fattore 5 tra diverse città e un fattore 3 tra le microzone (corrispondenti ai codici di avviamento postale) all'interno delle stesse città. Grazie a questa analisi dettagliata, l'azienda è stata in grado di concentrare gli sforzi di brand building sui micromercati meno sensibili ai prezzi, destinando le attività promozionali solo alle zone in cui era necessario sostenere i volumi di vendita. Una primaria azienda nel settore della produzione automobilistica, invece, avendo osservato differenze di penetrazione e di tassi di crescita nei diversi micromercati, ha potuto concentrare le risorse del piano di lancio di un nuovo modello esclusivamente sulle microzone che garantivano una maggiore redditività. Allocazione della spesa di marketing. A questo proposito, la conoscenza «granulare» dell'efficacia dei diversi touchpoints con i consumatori può aumentare il ritorno sugli investimenti di marketing di oltre il 10-20%, riducendo la spesa a parità di risultati o aumentando i risultati a parità di spesa. Una banca retail, per esempio, ha confrontato la performance di tutti i canali di comunicazione misurata mediante l'indice Reach-Cost-Quality (RCQ), ossia il costo per raggiungere un singolo consumatore target messo in relazione alla qualità del messaggio. Sulla base dei dati raccolti con questa accurata analisi «granulare», l'azienda ha spostato una parte significativa dei propri investimenti su attività di comunicazione below the line e di digital marketing, che hanno fatto registrare valori dell'indice RCQ più elevati della media. Gestione dei canali e della forza vendita. Anche nella scelta delle strategie di go-to-market, adottare un approccio «granulare» è utile per adeguare gli assetti e i dimensionamenti della forza vendita alle reali esigenze e alle peculiarità dei clienti da servire. Così come ha fatto un'azienda di telecomunicazioni, che dapprima ha suddiviso la propria clientela in cinque segmenti distinti per bisogni di servizio e per dimensioni (consumer, micro-business, small-medium business, corporate «transazionali» e corporate solutions), e poi ha differenziato il modello commerciale per ciascun segmento, creando al tempo stesso una lean backbone di servizi e attività comuni ad altissima efficienza di costo (It, amministrazione, customer care, per esempio). Il marketing «granulare» offre dunque all'azienda gli strumenti per affrontare questo periodo di rallentamento economico continuando a crescere anche utilizzando risorse finanziarie ridotte, valutando in profondità le aree di crescita su cui applicare gli strumenti di marketing e vendita a maggior redditività e riducendo quindi gli sprechi che naturalmente si accumulano quando si prendono decisioni guardando al «dato medio». *Partner di McKinsey & Company

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Credito alle piccole medie imprese: fondo di 78 milioni di Bcc e Federfidi (sezione: crisi)

( da "Giornale di Brescia" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

Edizione: 03/04/2009 testata: Giornale di Brescia sezione:economia Credito alle piccole medie imprese: fondo di 78 milioni di Bcc e Federfidi MILANO La Federazione Lombarda delle Bcc e Federfidi Lombarda, su iniziativa di Regione Lombardia, del Sistema Camerale Lombardo e dei Confidi, hanno siglato l'accordo «Confiducia», volto a promuovere interventi straordinari per favorire l'accesso al credito delle Pmi lombarde anche nella grave situazione di crisi finanziaria in corso a livello internazionale. L'accordo, firmato da Alessandro Azzi - presidente della Federazione Lombarda delle Banche di Credito Cooperativo - e da Giulio Sangiorgio - presidente di Federfidi Lombarda - prevede la messa a disposizione di risorse, da parte della Regione Lombardia, del Sistema Camerale Lombardo e dei Confidi, pari a 78,5 milioni, a supporto di un plafond di finanziamenti potenziali attivabili dal sistema bancario entro il 31.12.2010 pari a 1.600 milioni. In particolare, l'accordo Bcc-Federfidi è rivolto alle Pmi di tutti i settori ed è orientato su due tipologie di interventi: finanziamento chirografario, con durata fino a 60 mesi comprensivo di un preammortamento massimo 12 mesi, e linee di smobilizzo di crediti commerciali (castelletti di sconto, anticipi fatture, anticipi import ed export, anticipi contratti, anche in forma promiscua, con l'esclusione di fidi di cassa) con finanziamenti della durata di 12 mesi e rinnovabili fino a 24 mesi. Le linee di intervento e le condizioni economiche applicate saranno concordate con la Banca sulla base del merito commerciale e creditizio di ogni singolo richiedente. Le Bcc e il Confidi si impegnano, inoltre, a contenere i tempi di risposta ed erogazione di ogni singola richiesta rientrante nella convenzione. Ciò che lega i due soggetti firmatari dell'accordo è dunque una comune e profonda sensibilità alle tematiche del territorio e del dinamismo industriale delle piccole imprese. «Con Confiducia - ha dichiarato Azzi - le Bcc vogliono dare un ulteriore segnale concreto della propria volontà di essere al fianco delle imprese, in particolare di quelle di piccole e medie dimensioni».

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Affari con l'estero, Camera di commercio mobilitata (sezione: crisi)

( da "Libertà" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

Affari con l'estero, Camera di commercio mobilitata Dagli Emirati alla Cina fino al Vinitaly: settimana di missioni per le imprese che esportano In prima linea per sostenere le imprese. È un imperativo all'interno della Camera di commercio del presidente Giuseppe Parenti. Questa settimana le iniziative si sono concentrate sulle imprese che operano con l'estero, viene spiegato in una nota dell'ente camerale. Mercoledì 1 aprile è stata la volta della presentazione del desk che opera a Dubai, negli Emirati Arabi Uniti, giovedì 2 aprile si sono valutate le opportunità di partecipazione a una missione in Cina e tra venerdì 3 e sabato 4 aprile le imprese vitivinicole presenti al Vinitaly di Verona incontreranno buyers esteri espressamente selezionati dal progetto Deliziando. Circa 45 le imprese coinvolte nelle diverse azioni. «Nella situazione attuale ogni iniziativa che può aprire nuove opportunità deve essere investigata», ha commentato Parenti, «il nostro sportello per l'internazionalizzazione opera in stretto contatto con Unioncamere Emilia Romagna e la Regione proprio per evitare che ci siano occasioni perse. La risposta che le imprese piacentine hanno dato agli inviti delle ultime settimane è stata molto significativa e ci induce a intensificare la nostra attività a supporto degli scambi con l'estero». Emirati Arabi Uniti Il desk di Dubai è stato istituito dal 2008, si legge nella nota, per portare assistenza a chi intende operare in questo mercato che offre delle buone potenzialità, pur mantenendo al suo interno delle difficoltà. Nonostante l'economia in costante espansione negli ultimi anni, con percentuali annue di crescita stimate anche intorno al 7% del Pil, l'economia emiratina, e di Dubai nella fattispecie, ha subito una battuta d'arresto negli ultimi mesi del 2008. Contrariamente alle previsioni, la crisi finanziaria dei mercati internazionali ha toccato, infatti, anche le economie del Golfo. Il dato più evidente è quello legato all'andamento altalenante del greggio. Fra i settori produttivi maggiormente in espansione ci sono quello alimentare e quello agricolo, in seguito alla necessità di assicurare a un numero sempre crescente di persone l'approvvigionamento necessario. Va però detto che l'attività manifatturiera in senso lato è ancora stimata in percentuali bassissime, rimanendo gli Emirati, e in particolare Dubai, un eccezionale porto di scambio e una cerniera strategica fra Oriente e Occidente per la riesportazione di merci in Asia, nell'area del Golfo e in Nordafrica. Gli Emirati Arabi Uniti si confermano nel 2007 il principale mercato di sbocco delle esportazioni italiane in Medio Oriente e Nord Africa. Nella graduatoria delle esportazioni italiane negli E.A.U. il primo posto è stato ricoperto - secondo tradizione - da gioielli e articoli di oreficeria, seguiti da macchine ed apparecchi per l'impiego di energia meccanica, macchine per impieghi speciali, macchine di impiego generale, tubi, prodotti petroliferi raffinati, aeromobili, mobili, articoli di abbigliamento in tessuto e accessori, articoli in materie plastiche, costruzioni navali, prodotti chimici di base, calzature, prodotti della siderurgia, altri prodotti alimentari. Presente a Piacenza Cesare Maraglio, il responsabile del desk di Dubai, ha incontrato undici imprese piacentine appartenenti a settori tra i più interessanti nell'economia del Paese. Per altre venti realtà è già in programma un nuovo appuntamento, in occasione della prossima visita in Italia del referente. Nel frattempo è possibile contattare il desk -attraverso lo sportello della camera di commercio- per avere liste di imprese, informazioni sul mercato, su normative, su fiere in programma. Missione in Cina Al secondo appuntamento programmato hanno risposto quattro imprese che si sono sottoposte a un check up aziendale finalizzato a verificare se è utile prendere parte ad una missione missione imprenditoriale in Cina nel periodo 13-20 giugno 2009, a Shanghai e nello Zhejiang. La missione nasce dalla collaborazione tra la Camera di Commercio, la Regione Emilia-Romagna, la Fondazione Italia Cina e Unioncamere Emilia-Romagna. L'obiettivo è la creazione di condizioni favorevoli per l'export delle aziende emiliano-romagnole del settore meccanica allargata (agricola e movimento terra; impiantistica alimentare, packaging, catena del freddo; lavorazione metalli, robotica, sistemi per l'automazione; lavorazione plastica e legno, tecnologie ambientali, macchine per le piastrelle) in una delle realtà economiche tra le più dinamiche dell'intera Asia. Vinitaly La settimana si chiude con il Vinitaly. In occasione di un evento fieristico così noto e frequentato non poteva mancare una opportunità di incontro tra le aziende presenti e un gruppo di 38 buyers provenienti dagli Stati Uniti, dalla Malaysia, e dall'Europa. Si tratta di una nuova iniziativa organizzata nell'ambito del progetto "Deliziando". Tre sessioni di incontri all'interno del Padiglione 1 dell'Emilia-Romagna (due oggi, venerdì e una domani) che coinvolgeranno complessivamente 50 imprese vitivinicole emiliano-romagnole (undici delle quali piacentine). L'iniziativa, rivolta alle imprese presenti con proprio stand alla manifestazione Vinitaly, è organizzata dalla Regione, da Unioncamere Emilia-Romagna in collaborazione con le Camere di commercio, dall'Istituto nazionale per il commercio con l'estero (Ice) di concerto con gli uffici Ice delle sedi estere e dall'Enoteca Emilia-Romagna. Duplici gli obiettivi: promuovere la domanda dei vini regionali di qualità e favorirne l'affermazione commerciale stabile nei mercati esteri. Le aziende piacentine coinvolte sono: Cantine Campana, Torrre Fornello, Zerioli, Fratelli Bonelli, Azienda agricola Manara, Casabella, La Stoppa, Molinelli, Montesissa, Villa Tavernago, Vitivinicola Casanova. 03/04/2009

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Nell'Obama-day l'Europa è diventata un adolescente politico di Pierluigi Magnaschi (sezione: crisi)

( da "Milano Finanza (MF)" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

MF sezione: Primo Piano data: 03/04/2009 - pag: 2 autore: Nell'Obama-day l'Europa è diventata un adolescente politico di Pierluigi Magnaschi Il comunicato finale del G20, letto dal premier inglese Gordon Brown, è andato al di là delle più rosee aspettative. Ci si attendeva una conclusione scolorita del G20 perché erano troppo ampie le differenze di valutazione sulle modalità per uscire dalla crisi, esistenti fra i tre grandi blocchi politico-economici presenti sulla scena mondiale (per semplificare: Usa, Europa e Cina). Il G20 non è stato, né poteva essere, un incontro vicino al caminetto, come, nella sostanza, fu quello dal quale uscirono, nel luglio del 1944, gli accordi di Bretton Woods. Tale caminetto assomigliò, allora, in termini di pluralismo, agli accordi che si potevano stabilire con il gallo Brenno quando pose la sua spada, al grido di «Guai ai vinti», a garanzia dei pesi alterati che lui pretendeva usare per misurare le mille libre d'oro che i Romani sconfitti gli dovevano per riscatto. Il G20 invece era, in partenza, un vertice maledettamente complicato. Primo, perché si è tenuto nel bel mezzo di una crisi finanziaria di proporzioni immense che ha assunto una dimensione veramente planetaria. Secondo, perché coinvolgeva, per la prima volta, giganti economici come la Cina che sinora sono stati relegati nel sottoscala del potere economico internazionale. Terzo, perché l'Europa, pur essendo, nel suo complesso, più vicina e solidale con gli Usa di quanto non lo fosse ai tempi d Chirac e di Schröder, era comunque determinata a far valere le sue ragioni. C'era quindi da attendersi un comunicato finale in stile moroteo, basato su impegni vaghi, promesse differite, auspici per il futuro. Per fortuna, pur nel poco tempo a disposizione, i partecipanti al G20 sono riusciti a raggiungere un buon accordo, basato, come del resto ha detto anche lo stesso Brown, sulla convinzione che «la prosperità è indivisibile». Essa pertanto può essere ristabilita e mantenuta, solo con un'azione concorde fra vari partner internazionali che abbiano una pari dignità. In questa intesa hanno giocato un grande ruolo due protagonisti sostanziali. Uno è stato Barak Obama, il nuovo presidente degli Usa che ha visibilmente ispirato il taglio politico del documento finale che è stato sì letto da Brown ma che aveva, appunto, il sapore dei convincimenti politici di Obama. L'altro protagonista (al di là del gesticolare di Nicholas Sarkozy, fatto per dire che c'era anche lui) è stato il leader tedesco Angela Merkel che è riuscita prima a formulare e poi a far passare il principio che, per aprire i cordoni della borsa pubblica, si dovessero definire, contestualmente, nuove regole per evitare di ripetere, in un futuro ravvicinato, altri crack di queste proporzioni. Ovviamente, dietro la Merkel ci sono stati, ed efficacemente, Sarkozy, Berlusconi e via via gli altri leader europei, al netto della sola Inghilterra che in queste vicende, da sempre, si connota come una sorta di taglia-e-incolla degli Stati Uniti. Insomma, in questa occasione, l'Europa unita ha dimostrato di esistere e di essere in grado di svolgere un ruolo importante nella gestione dei problemi mondiali. Dopo il G20, l'Europa non è più un gigante economico e un nano politico ma è diventata un robusto adolescente politico. Sullo sfondo, ha svolto in sordina un'azione importante, di stimolo e di stabilizzazione, anche la Cina che si è vista riconoscere un ruolo più adeguato al suo peso internazionale, in un Fondo monetario internazionale (Fmi) che sarà sempre meno a stelle e strisce.Ecco perché, motivatamente, Brown ha potuto dire che «anni fa una riunione del genere non sarebbe stata possibile» e che «per la prima volta siamo riusciti, insieme, ad esprimere lo stesso approccio». Pur sulla base di un documento stringato, Brown, oltre a mettere sul tavolo le cifre notevoli (anche se non tutte disponibili immediatamente) relative all'impegno internazionale a ri-finanziare l'economia, ha anche dichiarato guerra ai paradisi fiscali, si è impegnato a meglio regolamentare gli hedge funds, ha rilanciato il ruolo e le risorse del Fmi, ha indicato la volontà di istituire collegi di supervisori indipendenti in grado di monitorare gli effetti del piano di risanamento e si è persino impegnato a rivedere le norme relative alle retribuzioni e ai bonus dei top manager, nella convinzione (ovvia da sempre per la massaia di Voghera, ma non per i mammasantissima di troppe istituzioni finanziarie) che «non si può premiare il fallimento». E soprattutto, come se stesse leggendo un proclama del generale Armando Diaz, Brown ha garantito che «le politiche di espansione verranno continuate finché serviranno».

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Brown soddisfatto, per la prima volta supervisione sugli hadge (sezione: crisi)

( da "Milano Finanza (MF)" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

MF sezione: Primo Piano data: 03/04/2009 - pag: 2 autore: Brown soddisfatto, per la prima volta supervisione sugli hadge Gli hedge fund saranno sottoposti alla supervisione di una nuova agenzia internazionale collegata al Fmi. Il primo ministro britannico Gordon Brown ha mostrato soddisfazione al termine del G-20 di Londra: «Il mondo si è unito non solo a parole ma con un piano concreto per la ripresa globale», ha spiegato. «È un vasto piano di misure che includono per la prima volta il sistema bancario ombra, hedge fund compresi, dentro la rete di regolamentazione globale. Ci siamo accordati sulla necessità di standard contabili internazionali. Fisseremo regole per eliminare i conflitti di interesse delle agenzie di rating. Abbiamo trovato un accordo per porre fine ai paradisi fiscali che non concedono informazioni su richiesta». L'entusiasmo sull'allargamento della regolamentazione agli hedge fund è stato condiviso dal presidente francese Nicolas Sarkozy. Intanto già ieri sono arrivate le prime reazioni dei fondi: «Gli hedge sono la vittima e non la causa dell'attuale crisi finanziaria e non dovrebbero essere inclusi tra gli istituti sistemicamente significativi soggetti a supervisione», ha detto Andrew Baker, ceo di Alternative Investment Management Association, un ente che rappresenta circa 1.280 fondi in tutto il mondo. «Siamo d'accordo sul fatto che qualsiasi entità fornisca servizi bancari dovrebbe essere sottoposta a regolamentazione simile a quella delle banche, ma la grande maggioranza degli hedge fund non rientra in questa categoria», ha aggiunto Baker.

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Ecco il piano Ue contro i fondi-truffa (sezione: crisi)

( da "Milano Finanza (MF)" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

MF sezione: Primo Piano data: 03/04/2009 - pag: 2 autore: di Stefania Peveraro e Roberto Sommella mf-milano finanza rivela il testo della commissione presentato ieri da barroso al g20 Ecco il piano Ue contro i fondi-truffa Per evitare nuovi casi Madoff, diventa obbligatoria la banca depositaria. Più trasparenza per hedge e private equity L'Europa erige un muro contro altri possibili casi Madoff. La Commissione europea, con un documento ancora riservato, ha recepito le indicazioni del Parlamento di Strasburgo sulla stretta relativa agli hedge fund e private equity e la adotterà in via definitiva il prossimo 21 aprile. Secondo quanto MF-Milano Finanza è in grado di anticipare, essendo venuta in possesso del testo che lo stesso Josè Barroso ha portato con sé al meeting del G20 a Londra, saranno tre i punti principali su cui verteranno le nuove norme sui fondi speculativi, che attualmente ammontano a 2 mila miliardi di euro in Europa. Maggiore trasparenza sul risk management e sugli investitori, controllo diretto del gestore del fondo e non più solo del fondo, obbligo della banca depositaria. Quest'ultimo paletto, introdotto con l'art. 8 della bozza, è l'elemento più importante se si pensa che il caso Bernie Madoff è scoppiato proprio a causa di una micidiale catena di Sant'Antonio che non aveva alla base alcun vincolo sul capitale del fondo, il quale, in base al principio della banca depositaria, sarà «segregato» e dunque separato dal gestore. La Commissione, nel documento di 53 pagine per un totale di 46 articoli, ripercorre le tappe che hanno portato alla decisione di porre un freno all'attività di questi operatori. «La crisi finanziaria», scrivono gli uffici del commissario al Mercato interno, Charlie McCreevy, «ha messo in evidenza come i fondi alternativi siano vulnerabili a un ampio spettro di rischi (...) fino a minacciare la stabilità e l'integrità stessa dell'Unione Europea». L'uso smodato della leva finanziaria, secondo la Commissione, può «minacciare finanche le banche più importanti che potrebbero trovarsi coinvolte in qualche crack di hedge fund». Urgono dunque misure, così come ha rilevato il governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, non più tardi di mercoledì primo aprile. «Come si può continuare a pensare che l'attuale regolamentazione indiretta, secondo la quale sono gli attori che investono negli hedge fund a essere controllati, rappresenti un modello efficace?», si è chiesto anche il presidente della delegazione italiana nel gruppo del Pse in commissione bilancio al Parlamento Ue, Gianni Pittella. E la decisione di McCreevy che ha spostato di netto l'attenzione sui manager sembra avergli dato ragione.A chi si rivolge la direttiva. Per le sgr italiane non cambia praticamente nulla, perchè sono già soggetti ampiamente vigilati da Bankitalia con tutta una serie di obblighi autorizzativi e di informativa agli investitori. Le nuove norme si rivolgono comunque ai gestori di fondi alternativi, cioè ai gestori di fondi non disciplinati dalla vecchia direttiva Ue, i quali, dotandosi di un capitale minimo di 125 mila euro, dovranno richiedere alle rispettive autorità di vigilanza un'autorizzazione alla gestione di un fondo, se il target di raccolta sarà superiore ai 250 milioni di euro. Il patrimonio dei fondi dovrà poi essere oggetto di valutazione almeno una volta l'anno e agli investitori andrà trasmesso un report annuale sull'attività svolta. Prima dell'investimento andranno fornite le informazioni sulle strategie di investimento, le condizioni economiche applicate, le politiche di rimborso, le procedure di risk management adottate, eventuali trattamenti preferenziali applicati ad alcuni investitori. Limiti alla leva. La Commissione richiede che un fondo che impieghi la leva finanziaria su base sistematica al di sopra di una soglia definita debba rendere noto all'autorità di vigilanza di riferimento del fondo il livello aggregato di leva, la sua forma e i principali finanziatori. L'art. 17 fissa questi obblighi per fondi con patrimonio superiore ai 500 milioni di euro, il cui debito superi l'equity per due dei passati quattro trimestri. Il problema, però, è che questa norma sembra scritta con riferimento ai soli fondi hedge, mentre risulta del tutto inadeguata per quelli di private equity che non si indebitano come singoli fondi. Il debito utilizzato dai fondi di buyout si riversa infatti tramite fusione dalle newco utilizzate per le acquisizioni, alle aziende-target. È evidente, quindi, che ci vorranno dei correttivi, se si vorrà disincentivare l'utilizzo della leva in operazioni di buyout quando il mercato del credito si riaprirà.Più trasparenza dopo il delisting. La Commissione impone infine più trasparenza nei confronti degli azionisti e delle altre parti interessate nel momento in cui un fondo acquisirà una quota superiore al 30% dei diritti di voto, da solo o in cordata con altri fondi, in società non quotate con almeno 250 dipendenti e un fatturato superiore ai 50 milioni. Ma se la società target dell'operazione è quotata e viene tolta dal listino, gli obblighi di informazione al pubblico andranno mantenuti per i due anni successivi al delisting.

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L'Europa è uscita alla grande dal summit del G20 a Londra (sezione: crisi)

( da "Italia Oggi" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

ItaliaOggi sezione: I commenti data: 03/04/2009 - pag: 2 autore: di Pierluigi Magnaschi L'analisi L'Europa è uscita alla grande dal summit del G20 a Londra Un tempo, l'Europa unita veniva spinta dal tandem franco-tedesco, alla guida del quale (fino a Chirac) c'era la Francia che sceglieva il percorso. La Germania spingeva. Anche adesso l'Europa è  guidata dal tandem franco-tedesco. Solo che ora  viene guidato dalla Germania mentre la Francia si trova collocata lontano dal manubrio. Questo ribaltamento dei ruoli, presente da tempo, è diventato evidente, agli occhi di tutti, in occasione del vertice del G20 a Londra. Lo spartito europeo, in questa occasione, lo ha infatti scritto il premier tedesco Angela Merkel al quale si è poi associato il leader francese Nicholas Sarkozy e quindi tutti gli altri paesi europei, a partire dall'Italia, con la sola eccezione dell'Inghilterra (che, da sempre, è, su queste questioni, il copia-e-incolla delle soluzioni Usa). La scontro (rispettoso) fra gli Stati Uniti e la Germania (e quindi anche con l'Europa) in ordine al mix di misure per riuscire a uscire dalla crisi finanziaria, manifestatosi nel G20, ma poi composto, non ha nulla di ideologico ma si basa sui divergenti interessi nazionali che Angela Merkel vuole tutelare senza imbarazzi. Barack Obama e Angela Merkel sono sicuramente dei leader che vogliono collaborare, questo è il punto. Con Schröder, invece, le divergenze con gli Usa erano ideologiche e quindi, spesso, anche prevenute . Obama e la Merkel certo non hanno smesso di sostenere gli interessi dei loro paesi. Oltrettutto la crisi attuale non è globale ma mondiale. È cioè una crisi che si è sì diffusa in tutto il mondo ma che sta anche colpendo i vari paesi in modo diverso e che quindi deve essere aggredita, certo con delle ricette comuni, ma anche con degli interventi specifici, nazionali o, nel caso della Ue, di area. Dal vertice di Londra del G20 è uscita una buona intesa che premia la nuova leadership di Obama, rende per la prima volta protagonista l'Europa, riconosce il ruolo internazionale della Cina soprattutto a livello di Fmi. Il nuovo corso di Obama riconosce, nei fatti, il declino della leadership Usa che può essere contrastato, solo sostituendo alla politica egemonica degli Usa, una politica di collaborazione, senza la quale il mondo si impantana nei suoi stessi dissidi. D'altra parte, senza un'Europa politica solidale e unita, il mondo si inceppa. Ecco perché il Trattato di Lisbona che le consentirebbe di operare in base alle regole della maggioranza, e che è bloccato dal voto contrario dell'Irlanda e dalla non ratifica della Cechia, non può più attendere. Questi due paesi non possono più, da una parte, bloccare la Ue e, dall'altra, reclamarne i benefici. Debbono decidersi. E prima lo fanno, meglio è. Per tutti.

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Malumore o no, ci si imbelletta (sezione: crisi)

( da "Italia Oggi" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

ItaliaOggi sezione: Marketing Oggi data: 03/04/2009 - pag: 19 autore: di Carlo Russo A Bologna parte il Cosmoprof, la fiera dedicata alla bellezza con oltre 150 mila visitatori Malumore o no, ci si imbelletta Cosmetici 6 volte al dì (le donne fino a 25). E viva il rosso fuoco L'ultima frontiera della cosmesi sono le pietre preziose «trattate» con gli oli essenziali delle piante esotiche, che diventano creme per la pelle. Si tratta di una delle novità proposte al Cosmoprof, la fiera della bellezza che si apre oggi a Bologna e andrà avanti fino al 6 aprile. Una fiera che nella scorsa edizione ha avuto 150.853 visitatori, di cui 39.221 stranieri. E che in un anno come questo festeggia comunque buoni risultati per il settore, sia con i consumi interni che con l'export. Dopotutto gli «stili di vita» indicano un utilizzo medio di prodotti cosmetici sei volte al giorno, un numero che si moltiplica (25 volte) se si tratta di donne. Inoltre sta prepotentemente tornando di moda il rossetto rosso sgargiante, un trend considerato un gesto antidepressivo da donne che sentono la crisi e l'impoverimento.Madrina della cosmetica «preziosa» di cui si è parlato prima è Chrystelle Lannoy, cosmetologa ma anche biologa: «ho lavorato sui principi attivi di 17 pietre preziose e semi-preziose», spiega, «uniti agli oli di piante esotiche nella purezza dell'acqua biologica della Nuova Zelanda».Amma Deva è invece un massaggio della linea Holistic Beauty Thay per le donne in gravidanza. «Il massaggio è stato specificamente curato pensando al bambino che la mamma ha in grembo», dice la naturopata Giusy Marcantonio, «quindi rilassa contemporaneamente mamma e feto».Tra gli stand vi sono poi i costosissimi profumi in bottigliette col tappo d'oro massiccio, le linee cosmetiche dedicate alle bambine, le creme certificate biologiche, i nuovi laser per la depilazione.L'Unipro, l'associazione delle imprese cosmetiche, discuterà in un summit l'andamento del settore, che alla prova dei risultati si dimostra non bersagliato dalla crisi come si temeva: il 2008 ha chiuso con un fatturato di 9.070 milioni di euro e una crescita dello 0,8%. Significativa la ripresa delle esportazioni dopo un anno di stallo (+2,1% con oltre 2.310 milioni di euro). Il fatturato delle industrie italiane è cresciuto dell'1,2%, con un valore di poco superiore agli 8.340 milioni di euro.Crescono gli acquisti di cosmetici in farmacia (+3,8% per quasi 1.390 milioni di euro) e in erboristeria (+3,7% , oltre 310 milioni di euro), si compra un po' meno in profumeria (-1,1% per oltre 2.325 milioni di euro), l'exploit è della grande distribuzione (quasi il 44%) con un valore totale che supera i 3.990 milioni di euro.Infine crescono anche le vendite porta a porta (+6% per oltre 370 milioni di euro) e quelle online per corrispondenza (+2% nel 2008, per 56 milioni di euro).Quindi gli italiani continuano a spendere per la bellezza. «In un momento pesantemente condizionato dalla crisi finanziaria mondiale», dice Fabio Franchina, presidente Unipro, «i consumi interni tengono e l'export è cresciuto soprattutto grazie alla diminuzione del costo del petrolio, quindi delle materie prime, e all'apprezzamento del dollaro».Quali sono i cosmetici preferiti? Anche nel 2008 la famiglia più gettonata è stata quella dei prodotti per il corpo, seguiti dai prodotti per il viso e da quelli per i capelli. Ma marciano spediti anche make-up (+5,3%) e smalti per le unghie (+9,3%).C'è poi la nuova frontiera del beauty & wellness, al quale Cosmoprof riserva quest'anno il nuovo padiglione 14-15, con i suoi 10 mila metri quadrati di superficie espositiva. Sono previsti una serie di incontri, con al centro le case history di maggior successo raccontate direttamente dai protagonisti. Tra essi, l'architetto Carla Baratelli che con il suo Studio Asia si è specializzata nelle spa e quelle di ultima generazione le ha battezzate My Sphere.Per l'acconciatura è previsto un hair show al Teatro Manzoni (5 aprile) con Angelo Seminare & Trevor Sorbie, Mark Hayes per Vidal Sassoon, Jean-Luc Minetti per Alexandre Paris, Tim Hartley e Robert Cromeans. Nel settore profumeria quattro le aree espositive che rispecchiano i ritmi veloci di cambiamento del mercato internazionale: Masterpices, dedicato alle fragranze d'autore, Black Label, che dà spazio a prodotti presenti in corner di department store o in profumerie o concept store che vendono anche abbigliamento o oggettistica, Golden Label, con i marchi di profumeria selettiva italiana e internazionale, e profumeria e cosmetica.

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Enpapi, gestione con rendimenti sopra il 7% (sezione: crisi)

( da "Italia Oggi" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

ItaliaOggi sezione: Professioni data: 03/04/2009 - pag: 34 autore: Enpapi, gestione con rendimenti sopra il 7% «La gestione finanziaria e di investimento nel 2008 da parte dell'Ente nazionale per la previdenza e l'assistenza della professione infermieristica si è rivelata quanto mai oculata e lungimirante attenta sia a garantire la redditività del patrimonio e sia a preservare il capitale investito. Un'azione che ha consentito di ottenere un rendimento positivo pari al 7,28% superiore di 3,82 punti percentuali rispetto all'obiettivo imposto dalla legge che è fissato a un +3,46%». A dirlo è il presidente di Enpapi, Mario Schiavon, commentano i dati riguardanti l'attività di investimento del 2008. «Quanto ottenuto non solo testimonia la bontà delle nostre scelte», continua Schiavon, «ma la prudenza con la quale abbiamo voluto agire fin dallo scorso 2007 e quindi prima che scoppiasse la crisi finanziaria. Una prudenza che ci ha consentito di riconvertire la quasi totalità del portafoglio in strumenti legati al mercato monetario. Questa scelta, anche se complessa e difficile, ci ha consentito di non rimanere coinvolti nei rovesci che hanno interessato ultimamente i mercati finanziari. Questa impostazione è proseguita anche nel 2008 consentendo a Enpapi di puntare su strumenti finanziari capaci di rivalutare il nostro patrimonio piuttosto che metterlo in pericolo».

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Il marketing che usa il microscopio (sezione: crisi)

( da "Italia Oggi" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

ItaliaOggi sezione: Marketing data: 03/04/2009 - pag: 21 autore: di Marco Mazzù e Alceo Rapagna* L'approccio granulare in azienda per non sprecare gli investimenti. Ecco chi ci ha provato Il marketing che usa il microscopio Piccoli mercati e zone: così si agisce dove ci può essere crescita In passato, le aziende che riuscivano a superare i periodi di recessione e a sfruttare il rallentamento economico incrementando la propria quota di mercato adottavano generalmente una strategia commerciale basata sulla massima focalizzazione delle risorse. Si trattava di concentrare gli investimenti in pochi e redditizi macrosegmenti di clientela e in zone geografiche di grandi dimensioni, di intensificare la comunicazione sui media tradizionali per raggiungere una quota di visibilità proporzionalmente maggiore della concorrenza, e di rendere più efficienti le strutture commerciali mediante una drastica riduzione dei costi di servizio ritenuti non indispensabili (decentrando o automatizzando i servizi di customer care, per esempio). Oggi, però, tale strategia potrebbe rivelarsi inefficace perché sono diverse le condizioni al contorno, che rendono molto più difficile emergere nei propri mercati di riferimento per tre motivi principali. Anzitutto, perché sono aumentate la complessità e la frammentazione del business in seguito alla proliferazione delle offerte commerciali: basti pensare all'esplosione del numero di canali, prodotti e touchpoints di interazione con i clienti negli ultimi dieci anni. Inoltre, perché sono diminuite l'efficacia e la credibilità della comunicazione diffusa attraverso i media tradizionali, con gli spot televisivi o gli annunci pubblicitari sui giornali, ed è contemporaneamente esploso l'uso di Internet e di mezzi alternativi come i social networks (175 milioni di clienti attivi solo su Facebook). Infine, perché questa crisi finanziaria, economica e dei consumi è di ampiezza e severità maggiori di quelle passate, e tocca anche segmenti di mercato considerati tradizionalmente redditizi (si pensi alla frenata dei paesi emergenti o alla riduzione del reddito disponibile dei baby boomers negli Usa, fortemente colpiti dal calo del valore dei titoli in borsa e del valore degli immobili).Per far fronte alle nuove sfide del mercato, riteniamo pertanto che le aziende oggi debbano adottare un nuovo approccio, che chiamiamo di marketing «granulare». È un approccio che consente di osservare a un maggior livello di dettaglio la superficie apparentemente omogenea del dato medio dei consumi stagnanti e dei margini commerciali in contrazione, per rilevare i diversi «granuli» da cui è composta e individuare le specifiche «correnti di crescita». Questo approccio richiede di mettere a fuoco i dettagli, di essere quindi più «granulari» nell'analisi del comportamento e della redditività dei diversi segmenti di consumatori, per aumentare l'efficacia e il ritorno sugli investimenti di tutte le leve del marketing mix: la strategia di categoria e di brand, l'allocazione della spesa di marketing e la gestione dei canali e della forza vendita.Strategia di categoria e di brand. In questo ambito, acquisire una conoscenza «granulare» del consumatore significa comprendere le differenze dei comportamenti di acquisto nei diversi micromercati geografici all'interno dello stesso paese. Per fare un esempio, un'azienda produttrice di bevande ha rilevato una forte variabilità della sensibilità ai prezzi da parte dei consumatori statunitensi, pari a un fattore 13 tra diverse regioni, a un fattore 5 tra diverse città e un fattore 3 tra le microzone (corrispondenti ai codici di avviamento postale) all'interno delle stesse città. Grazie a questa analisi dettagliata, l'azienda è stata in grado di concentrare gli sforzi di brand building sui micromercati meno sensibili ai prezzi, destinando le attività promozionali solo alle zone in cui era necessario sostenere i volumi di vendita. Una primaria azienda nel settore della produzione automobilistica, invece, avendo osservato differenze di penetrazione e di tassi di crescita nei diversi micromercati, ha potuto concentrare le risorse del piano di lancio di un nuovo modello esclusivamente sulle microzone che garantivano una maggiore redditività.Allocazione della spesa di marketing. A questo proposito, la conoscenza «granulare» dell'efficacia dei diversi touchpoints con i consumatori può aumentare il ritorno sugli investimenti di marketing di oltre il 10-20%, riducendo la spesa a parità di risultati o aumentando i risultati a parità di spesa. Una banca retail, per esempio, ha confrontato la performance di tutti i canali di comunicazione misurata mediante l'indice Reach-Cost-Quality (RCQ), ossia il costo per raggiungere un singolo consumatore target messo in relazione alla qualità del messaggio. Sulla base dei dati raccolti con questa accurata analisi «granulare», l'azienda ha spostato una parte significativa dei propri investimenti su attività di comunicazione below the line e di digital marketing, che hanno fatto registrare valori dell'indice RCQ più elevati della media.Gestione dei canali e della forza vendita. Anche nella scelta delle strategie di go-to-market, adottare un approccio «granulare» è utile per adeguare gli assetti e i dimensionamenti della forza vendita alle reali esigenze e alle peculiarità dei clienti da servire. Così come ha fatto un'azienda di telecomunicazioni, che dapprima ha suddiviso la propria clientela in cinque segmenti distinti per bisogni di servizio e per dimensioni (consumer, micro-business, small-medium business, corporate «transazionali» e corporate solutions), e poi ha differenziato il modello commerciale per ciascun segmento, creando al tempo stesso una lean backbone di servizi e attività comuni ad altissima efficienza di costo (It, amministrazione, customer care, per esempio).Il marketing «granulare» offre dunque all'azienda gli strumenti per affrontare questo periodo di rallentamento economico continuando a crescere anche utilizzando risorse finanziarie ridotte, valutando in profondità le aree di crescita su cui applicare gli strumenti di marketing e vendita a maggior redditività e riducendo quindi gli sprechi che naturalmente si accumulano quando si prendono decisioni guardando al «dato medio».*Partner di McKinsey & Company

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Convegno della Cisl con l'Mcl oggi a Tls Dibattito sul tema (sezione: crisi)

( da "Nazione, La (La Spezia)" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

AGENDA LA SPEZIA pag. 18 Convegno della Cisl con l'Mcl oggi a Tls Dibattito sul tema «Vita, lavoro e famiglia» «VITA, lavoro e famiglia» è il convegno della Cisl con l'Mcl, di oggi alle 17,30 a Tls. «Di fronte alla crisi finanziaria nella quale l'uomo è diventato oggetto del sistema economico e dell'ingegneria finanziaria - spiega Pierluigi Peracchini, segretario Cisl - c'è necessità di ripensare alla costruzione di un sistema sociale e democraticocon al centro la persona». Ne discuteranno, dopo la prolusione del vescovo Francesco Moraglia, Franco Peretti consigliere nazionale Mcl, Egidio Pedrini manager e ex parlamentare e Anna Maria Furlan segretaria nazionale Cisl. Moderatore Pierluigi Peracchini.

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Raccolta in crescita per Banca Valpolicella (sezione: crisi)

( da "Arena, L'" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

Venerdì 03 Aprile 2009 ECONOMIA Pagina 39 CREDITO COOPERATIVO. L'istituto chiude il 2008 con un incremento anche della base sociale Raccolta in crescita per Banca Valpolicella Quella indiretta aumenta del 28% a quota 153 milioni e gli impieghi superano il +15% (135,5 milioni) Banca della Valpolicella Credito Cooperativo di Marano ha chiuso il 2008 in crescita. È quello che emerge dal bilancio 2008, approvato dal consiglio di amministrazione che lo sottoporrà all'assemblea dei soci il 16 maggio prossimo. Il patrimonio ha superato i 13 milioni di euro, l'utile di esercizio ammonta a 1 milione e 54 mila euro. La raccolta diretta è salita a 153 milioni di euro con un incremento del 28% rispetto al 2007; la raccolta indiretta si è attestata a 103,4 milioni di euro; gli impieghi hanno registrato una crescita di oltre il 15% rispetto al 2007, toccando 135,5 milioni di euro. Dato in crescita anche per la compagine sociale ulteriormente rafforzatasi, passando da 977 soci del 2007 a 1.146 nel 2008 con un incremento del 17%. «Si tratta di numeri confortanti», afferma il direttore generale Giovanni Sartori, «che ci consentono di essere ottimisti anche per il prosieguo del 2009, nonostante il periodo non certo positivo che stanno attraversando tutti i settori economici e, di conseguenza, i consumi delle famiglie. Nonostante la crisi finanziaria stia interessando l'economia mondiale, Banca della Valpolicella, rimanendo fedele ai principi che hanno portato alla sua nascita, ha consolidato il proprio ruolo di banca locale legata al territorio e, con orgoglio, sta confermando un'immagine di solidità ed affidabilità». Frutto, prosegue il direttore generale, «di un'attività svolta con serietà, mantenendo come punti di riferimento le esigenze della clientela e lo sviluppo dell'economia reale». Per un'annata particolare: quest'anno Banca della Valpolicella festeggia il 25° anniversario della sua attività. «Si tratta di una tappa fondamentale per il nostro istituto», spiega il presidente Gianmaria Tommasi, «che festeggeremo, assieme a soci e clienti, domenica 4 ottobre. Ma non sarà l'unico appuntamento, stiamo organizzando altri momenti da condividere con chi ha fatto diventare grande la nostra banca». Il presidente ritorna sul risultato 2008, «un risultato positivo che ci permette di affrontare con fiducia il 2009, anno non facile ma sapremo superarlo».  

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obama: "il mondo è cambiato supereremo la crisi tutti insieme" - (segue dalla prima pagina) dalnostro inviato (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina 4 - Esteri Obama: "Il mondo è cambiato supereremo la crisi tutti insieme" Il presidente Usa: la nostra leadership al servizio di tutti Il protagonista Il presidente ha trasformato il finale del G20 in uno spot contro l´antiamericanismo (SEGUE DALLA PRIMA PAGINA) DALNOSTRO INVIATO mario calabresi Ha cercato di ribaltare l´immagine del suo Paese, segnata dagli anni di Bush e dalle colpe di Wall Street di aver innescato la grande crisi finanziaria. Prima ha festeggiato i risultati di quello che ha definito «un vertice storico», ha parlato di «passi seri e di un accordo senza precedenti che sono un punto di svolta per la ripresa economica», poi ha voluto parlare al mondo rassicurandolo sul futuro: «Le sfide del 21esimo secolo possono essere risolte solo se lavoriamo tutti insieme». Il successo personale di Obama si poteva misurare già prima dell´inizio del suo discorso, quando centinaia di giornalisti si accalcavano fuori dalla sala stampa per riuscire ad entrare, ma la svolta c´è stata quando ha voluto che a fare le domande non fossero solo gli inviati americani e inglesi, ma ha lasciato la parola a chi era arrivato dalla Cina, dall´Australia o dall´India. E alla fine la gran parte dei 500 giornalisti, molti dei quali non lo avevano mai visto, non hanno resistito e gli hanno fatto un lungo applauso, cosa che non si è mai vista ad una conferenza stampa. Obama è uscito vincitore da questo G20, che alla vigilia sembrava tutto in salita per lui, non solo per essere riuscito a mediare tra Francia e Cina sulla lista nera dei paradisi fiscali, ma anche per aver lanciato il messaggio più positivo. «Sono venuto Londra per ascoltare e imparare, ma anche per offrire una leadership americana: penso di avere centrato l´obiettivo», ha detto con soddisfazione parlando degli impegni presi per «un forte coordinamento nella riforma delle regole finanziarie e nell´impegno per la crescita economica». Ha messo in evidenza i punti che stavano a cuore agli Stati Uniti e che è riuscito a far approvare, ma subito ha voluto spiegare ai suoi elettori americani l´importanza della mediazione e del lavoro comune nel giorno in cui il suo Paese conosce il peggior dato sulla disoccupazione degli ultimi 26 anni: «Non possiamo agire da soli, perché se le nostre azioni sono contraddette nel mondo allora non ce la faremo ad uscire dalla crisi». E per farsi capire ha raccontato il «drastico declino delle esportazioni americane» attraverso la crisi della Caterpillar, «che un anno fa aveva risultati straordinari e che oggi per colpa della crisi mondiale è ridotta molto male». Niente tentazioni protezionistiche, si raccomanda Obama, ma un lavoro comune per far ripartire il motore dell´economia ed è a questo punto che presenta il suo manifesto di politica estera: «L´America è un leader, è la più grande economia del pianeta, la prima potenza militare e ha una grande influenza sulle idee e la cultura, ma lo fa al meglio se è capace di ascoltare, se riconosce che il mondo è complicato e che c´è bisogno di collaborare con gli altri Paesi e se mostra un atteggiamento di umiltà. Dobbiamo ammettere di non avere sempre la risposta giusta ma possiamo ascoltare e stimolare la giusta soluzione». E con questo atteggiamento di umiltà ha aggiunto: «è difficile negare che la crisi sia iniziata negli Stati Uniti, a Wall Street e in alcune banche in particolare e bisogna ammettere che molte avevano assunto rischi azzardati ed ingiustificati». Ma ai giornalisti che gli chiedevano se gli altri leader mondiali glielo avessero rinfacciato ha risposto: «I miei colleghi hanno avuto un grande tatto: ci sono stati commenti occasionali, mentre si parlava di altri temi, sul fatto che la crisi sia iniziata in America ma da parte di tutti c´è stato un atteggiamento straordinariamente costruttivo». La chiave per risolvere i problemi, secondo l´Obama al secondo giorno di visita europea è solo quella dell´approccio multilaterale: «Se una persona dieci anni fa avesse immaginato di vedere seduti insieme Germania e Francia, Cina, Russia, India e un presidente americano con il nome Obama, se avesse immaginato ex avversari e anche ex nemici uniti per mettere a posto l´economia mondiale avrebbero detto che era pazza». Ma non si poteva fare diversamente: «Tutti parlano degli accordi di Bretton Woods, quando venne riscritto l´ordine monetario internazionale, ma diciamo la verità: a quei tempi erano solo in due, Roosevelt e Churchill, a prendere le decisioni seduti in una stanza davanti a un bicchiere di brandy. Era molto più facile. Il mondo non è più così, ed è un bene per tutti: l´Europa e il Giappone si sono ricostruite, l´India e la Cina sono emerse e miliardi di persone sono uscite dalla povertà e oggi noi desideriamo costruire alleanze, non imporre soluzioni. Creare consenso e non solo affermare la nostra volontà». E dopo aver annunciato che l´aiuto alimentare degli Stati Uniti ai Paesi più poveri sarà raddoppiato ad oltre un miliardo di dollari ha aggiunto: «Il tipo di leadership che abbiamo bisogno di conoscere ora è quella che dà ai paesi emergenti nuove opportunità e nuove vite». Un´ora di discorso per dare la carica al mondo, per rivendicare di aver cambiato l´immagine dell´America: «La nostra reputazione nel mondo era scesa per colpa di scelte sbagliate dell´Amministrazione precedente, ma la mia elezione e le prime decisioni che abbiamo preso penso che ci abbiano già restituito una parte di quel prestigio». La conferenza stampa finisce in modo talmente trionfale che si sente in dovere di invitare alla cautela e di paragonare l´economia mondiale ad un paziente malato: «Il vertice G20 ha dato al paziente la medicina giusta, e adesso il paziente è stato stabilizzato, ma le ferite devono ancora guarire e dobbiamo vigilare perché non ci siano nuove crisi».

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Per Angela Merkel si tratta di un compromesso molto positivo, quasi storico, in grado di rende... (sezione: crisi)

( da "Unita, L'" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

Per Angela Merkel si tratta di un «compromesso molto positivo, quasi storico, in grado di rendere più chiara l'architettura dei mercati finanziari». Per Gordon Brown, quasi ditirambico, si sono poste «le fondamenta di un nuovo ordine mondiale». Persino il riluttante Nicolas Sarkozy esultava: «Sono felice dell'esito di questo vertice. È andato al di là di quanto potevamo immaginare». Il fronte europeo, soprattutto franco-tedesco, può reputarsi soddisfatto. Grazie all'atteggiamento cooperativo di Barack Obama, le nuove regole che dovrebbero impedire le derive della finanza internazionale hanno visto la luce ieri a Londra. I paradisi fiscali «non cooperativi» sono indicati con nome e cognome ed eventualmente oggetto di sanzioni. Gli hedge funds, i fondi speculativi portatori di prodotti tossici, saranno messi «sotto stretto controllo». Sotto sorveglianza anche le agenzie di rating, troppo spesso condizionate da conflitti di interesse. Il sistema di bonus e stock options sarà imbrigliato e collegato ai risultati delle aziende, non più quindi elargizioni miliardarie a prescindere, in barba a piani di ristrutturazione e licenziamenti. Un «consiglio per la stabilità finanziaria» vedrà la luce, per diventare in futuro una sorta di organizzazione mondiale della finanza. Lista nera e lista grigia Dopo la decisione del G20 di agire contro gli Stati che non collaborano in campo fiscale, in serata a Parigi l'Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) ha pubblicato due liste di «paradisi fiscali. La prima, detta «lista nera», comprende Costa Rica, Malaysia, Filippine e Uruguay ed indica quei Paesi che non si sono mai impegnati a rispettare gli standard internazionali. Nella seconda, «grigia», sono compresi 38 Stati che, pur essendosi impegnati a rispettare le regole dell'Ocse, «in sostanza» non le hanno mai applicate. Nel secondo elenco figurano tra gli altri Austria, Belgio, Cile, Lussemburgo, Singapore, Svizzera, Monaco e San Marino. Bene le Borse Le Borse hanno reagito bene ai risultati del vertice: a Parigi il CAC 40 è schizzato in su del 5,37, il Footsie di Londra del 4,8, il Dax di Francoforte del 6,7. Il G20 ha peraltro deciso di investire cinquemila miliardi di dollari nel rilancio dell'economia e della crescita, come chiedeva l'asse anglosassone, americani e britannici. Le risorse del Fondo monetario internazionale, presieduto da Dominique Strauss Kahn, saranno triplicate: da 250 a 750 miliardi di dollari. Altri 250 miliardi saranno consacrati al finanziamento del commercio e degli scambi internazionali. Cento miliardi andranno alle banche per lo sviluppo. Lo stesso Fmi - destinato a diventare il luogo principale di governo dell'economia mondiale - venderà una parte delle sue riserve in oro al fine di aiutare i Paesi più colpiti dalla crisi. La previsione dei leader riuniti a Londra è di un +4 della produzione mondiale entro il 2010, in modo da «salvare o creare milioni di posti di lavoro che altrimenti sarebbero distrutti». Sarkozy ha così riassunto la giornata: «È un fatto senza precedenti: l'asse franco-tedesco ha funzionato bene, Gordon Brown è stato un presidente del G20 perfettamente onesto, il presidente Obama ci ha aiutato a trovare il consenso». Protagonista del vertice è stato in particolare il cinese Hu Jintao, approvando sia le nuove regole di comportamento finanziario sia l'immissione di fondi per il rilancio. La Cina appare sempre più come un attore fondamentale per l'uscita dalla crisi, tanto da relativizzare i G8 ai quali non ha accesso: sta ritrovando vigore nella crescita (+6,3 previsto per il 2009) e nella domanda interna. La prima verifica di quanto messo ieri in cantiere si farà nel prossimo settembre: un altro G20, ai margini dell'Assemblea annuale dell'Onu. L'esordio europeo di Obama è sempre più positivo. Basti il giudizio fornito dal russo Medvedev: «Sa ascoltare e risponde in modo sincero e dettagliato... Su tante questioni la pensiamo allo stesso modo». L'uomo sta indubbiamente mantenendo la promessa di essere molto più «multilateral» del suo predecessore. A Londra ieri potrebbe essersi chiuso il ciclo ultraliberista che inaugurarono Reagan e Thatcher quasi tre decenni fa. Nei prossimi giorni altri dossier da far tremare le vene dei polsi aspettano il presidente americano. Il tour diplomatico Oggi e domani Obama sarà a Strasburgo e a Baden Baden per il consesso dell'Alleanza atlantica, bisognosa di trovare un ruolo e una missione adeguate ai tempi. Dopo una parentesi a Praga per il vertice tra Unione europea e Stati Uniti, andrà in Turchia. Per lui non c'è podio più indicato, oggi, per rivolgere un messaggio al mondo musulmano.

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stretta sui manager, draghi esulta "parte un grande cambiamento" (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina 2 - Economia Il Financial Stability Forum amplia il suo mandato e cambia nome: diventa Fsb Stretta sui manager, Draghi esulta "Parte un grande cambiamento" L´organismo e l´Fmi eserciteranno un controllo coordinato per prevenire le crisi DAL NOSTRO INVIATO LONDRA - «E´ un grande, grande cambiamento». Mario Draghi commenta così le nuove regole per dire basta ai super compensi dei manager, approvate dal G20. E lo dice «al di là dei tecnicismi», perché sa benissimo l´effetto che quei maxi assegni hanno creato e creano sull´opinione pubblica, specie in tempi di recessione. Perciò, d´ora in avanti dovranno essere limitati e comunque parametrati ai risultati economici di lungo periodo della banca o società finanziaria che sia. Il tutto, per evitare che vengano assunti rischi eccessivi. Il governatore della Banca d´Italia parla con un filo di voce, dopo l´estenuante maratona di riunioni. E´ visibilmente soddisfatto non solo perché è passato il "no" ai superbonus, ma anche perché il suo Financial Stability Forum, l´organismo anti- crisi voluto dal G7, cambia volto, nome e acquisisce nuovi poteri. E difatti si allarga a tutti i paesi del G20, più la Spagna e la Ue e diventa un Financial stability Board, cioè un "consiglio" sulla stabilità finanziaria con una serie di nuovi compiti da svolgere e quindi con nuovi poteri. Il neonato Fsb - questa la sigla - agirà in coordinamento con il Fondo Monetario svolgendo un ruolo che il governatore definisce «complementare». L´Fmi farà la sorveglianza sul sistema economico globale e sull´aiuto ai paesi in difficoltà; Draghi avrà invece il compito di coordinare e mettere in rete tutte informazioni. Lo scopo è di costituire un quadro di regole comuni di vigilanza macroprudenziale fra le diverse autorità nazionali per prevenire le difficoltà delle grandi istituzioni finanziarie. Insieme i due organi realizzeranno così i cosiddetti Early Warning Exercise per prevedere in tempo le crisi. Al G20, Draghi presenta quattro documenti tutti tecnici che contengono le raccomandazioni e i principi per assicurare una più corretta e trasparente gestione dei mercati e per eliminare le distorsioni che hanno portato al contagio tra crisi finanziaria ed economia reale. C´è la questione dei supercompensi dei manager, ma anche la proposta che le banche sviluppino dotazioni patrimoniali aggiuntive, nei momenti di fase espansiva dei mercati, rispetto ai minimi regolamentari, in modo da mitigare gli effetti negativi del ciclo economico. In quelle pagine, ancora una volta, Draghi reclama una glasnost delle perdite bancarie dovute ai titoli tossici, perché solo così la vigilanza può essere efficace. Draghi si attende che i provvedimenti per restringere le retribuzioni dei managers siano varati entro l´anno. (e.p.)

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g20, altri mille miliardi di aiuti e addio a tutti i paradisi fiscali - enrico franceschini (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina 2 - Economia G20, altri mille miliardi di aiuti e addio a tutti i paradisi fiscali L´Fmi triplica i fondi e vende l´oro per sostenere i Paesi poveri Il vertice Giudizi tutti positivi dai Grandi. Sarkozy: un esito oltre le aspettative, voltiamo pagina ENRICO FRANCESCHINI dal nostro corrispondente LONDRA - Solenne e trepidante, Gordon Brown annuncia il risultato del summit alle quattro in punto, davanti ai giornalisti e alle tivù di tutto il pianeta: «Questo è il giorno in cui il mondo si è unito per combattere la recessione globale», dice il primo ministro britannico. «Per combatterla non a parole, ma con un piano per una ripresa internazionale e per le riforme, con un chiaro calendario per applicarlo». Il comunicato finale del G20, riassunto dal «padrone di casa», prevede più di un trilione di dollari di stimoli per affrontare la crisi, la pubblicazione di una «lista nera» dei paradisi fiscali per metter fine al segreto bancario (pubblicata in serata dall´Ocse), il rifiuto del protezionismo e un nuovo pacchetto di regole per meglio controllare il sistema finanziario. Ce n´è per tutti: per l´asse franco-tedesco che pretendeva più regulation e niente obbligo di nuove iniezioni di denaro pubblico nell´economia mondiale, per l´asse anglo-americano che preferiva il contrario, per i mercati che pregavano per un messaggio d´ottimismo e l´hanno avuto, reagendo ovunque con un´impennata delle Borse. Ai summit, naturalmente, devono vincere tutti, perché se non si raggiunge un accordo perdono tutti. Ma le prime dichiarazioni dei partecipanti sprizzano soddisfazione genuina. «Un esito al di là delle aspettative, per tutto il dopoguerra il mondo ha vissuto secondo il modello finanziario anglosassone e oggi abbiamo voltato pagina», giubila il presidente francese Sarkozy, che voleva andarsene se non avessero esaudito le sue richieste. «Uno storico compromesso in risposta a una crisi eccezionale», gli fa eco la cancelliera tedesca Angela Merkel. «We did okay», abbiamo fatto bene, dice con più stile e misura Barack Obama, parlando anche lui però di «una svolta storica» per l´economia mondiale. Il diavolo è nei dettagli, e quelli di questo accordo si prestano a diverse interpretazioni. Il trilione di dollari di nuovi stimoli alle economie, affidato a Fondo Monetario e Banca Mondiale, si aggiunge a 5 mila miliardi già stanziati dai singoli Stati; ma le riserve dell´Fmi vengono triplicate e l´oro venduto per sostenere i paesi poveri. Il rifiuto del protezionismo è netto, ma sarà meglio definito al G8 di luglio. La stretta alla «regulation» appare sostanziale, ma i puntini sulle i saranno oggetto di ulteriori discussioni. Ciononostante, Gordon Brown, nominato «salvatore del mondo» dal premio Nobel per l´economia Paul Krugman all´inizio della crisi, ora ha fatto il bis, e può proclamare l´avvento di un «nuovo ordine mondiale» di cui è stato il caparbio regista. Il vero trionfatore di questo G20, tuttavia, è Obama: basti dire che centinaia di giornalisti hanno fatto la coda per partecipare alla sua conferenza stampa, e alla fine, gettando la maschera dell´imparzialità e del cinismo del mestiere, l´hanno applaudito fino a spellarsi le mani. Come una star.

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un no comune al protezionismo (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina 3 - Economia Un no comune al protezionismo Doppio, comune impegno del G20 contro il protezionismo e per riaprire al più presto i negoziati commerciali Wto. "Minimizzeremo ogni impatto negativo sul commercio delle nostre politiche fiscali", scrivono i Grandi, decidendo di stanziare 250 miliardi di dollari per un fondo per il commercio internazionale. Non è chiaro che fine farà la tanto discussa clausola del "buy american"

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Contro la crisi 5mila miliardi Mai più paradisi fiscali (sezione: crisi)

( da "Unita, L'" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

Contro la crisi 5mila miliardi «Mai più paradisi fiscali» GIANNI MARSILLI Per Angela Merkel si tratta di un «compromesso molto positivo, quasi storico, in grado di rendere più chiara l'architettura dei mercati finanziari». Per Gordon Brown, quasi ditirambico, si sono poste «le fondamenta di un nuovo ordine mondiale». Persino il riluttante Nicolas Sarkozy esultava: «Sono felice dell'esito di questo vertice. È andato al di là di quanto potevamo immaginare». Il fronte europeo, soprattutto franco-tedesco, può reputarsi soddisfatto. Grazie all'atteggiamento cooperativo di Barack Obama, le nuove regole che dovrebbero impedire le derive della finanza internazionale hanno visto la luce ieri a Londra. I paradisi fiscali «non cooperativi» sono indicati con nome e cognome ed eventualmente oggetto di sanzioni. Gli hedge funds, i fondi speculativi portatori di prodotti tossici, saranno messi «sotto stretto controllo». Sotto sorveglianza anche le agenzie di rating, troppo spesso condizionate da conflitti di interesse. Il sistema di bonus e stock options sarà imbrigliato e collegato ai risultati delle aziende, non più quindi elargizioni miliardarie a prescindere, in barba a piani di ristrutturazione e licenziamenti. Un «consiglio per la stabilità finanziaria» vedrà la luce, per diventare in futuro una sorta di organizzazione mondiale della finanza. Lista nera e lista grigia Dopo la decisione del G20 di agire contro gli Stati che non collaborano in campo fiscale, in serata a Parigi l'Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) ha pubblicato due liste di «paradisi fiscali. La prima, detta «lista nera», comprende Costa Rica, Malaysia, Filippine e Uruguay ed indica quei Paesi che non si sono mai impegnati a rispettare gli standard internazionali. Nella seconda, «grigia», sono compresi 38 Stati che, pur essendosi impegnati a rispettare le regole dell'Ocse, «in sostanza» non le hanno mai applicate. Nel secondo elenco figurano tra gli altri Austria, Belgio, Cile, Lussemburgo, Singapore, Svizzera, Monaco e San Marino. Bene le Borse Le Borse hanno reagito bene ai risultati del vertice: a Parigi il CAC 40 è schizzato in su del 5,37, il Footsie di Londra del 4,8, il Dax di Francoforte del 6,7. Il G20 ha peraltro deciso di investire cinquemila miliardi di dollari nel rilancio dell'economia e della crescita, come chiedeva l'asse anglosassone, americani e britannici. Le risorse del Fondo monetario internazionale, presieduto da Dominique Strauss Kahn, saranno triplicate: da 250 a 750 miliardi di dollari. Altri 250 miliardi saranno consacrati al finanziamento del commercio e degli scambi internazionali. Cento miliardi andranno alle banche per lo sviluppo. Lo stesso Fmi - destinato a diventare il luogo principale di governo dell'economia mondiale - venderà una parte delle sue riserve in oro al fine di aiutare i Paesi più colpiti dalla crisi. La previsione dei leader riuniti a Londra è di un +4 della produzione mondiale entro il 2010, in modo da «salvare o creare milioni di posti di lavoro che altrimenti sarebbero distrutti». Sarkozy ha così riassunto la giornata: «È un fatto senza precedenti: l'asse franco-tedesco ha funzionato bene, Gordon Brown è stato un presidente del G20 perfettamente onesto, il presidente Obama ci ha aiutato a trovare il consenso». Protagonista del vertice è stato in particolare il cinese Hu Jintao, approvando sia le nuove regole di comportamento finanziario sia l'immissione di fondi per il rilancio. La Cina appare sempre più come un attore fondamentale per l'uscita dalla crisi, tanto da relativizzare i G8 ai quali non ha accesso: sta ritrovando vigore nella crescita (+6,3 previsto per il 2009) e nella domanda interna. La prima verifica di quanto messo ieri in cantiere si farà nel prossimo settembre: un altro G20, ai margini dell'Assemblea annuale dell'Onu. L'esordio europeo di Obama è sempre più positivo. Basti il giudizio fornito dal russo Medvedev: «Sa ascoltare e risponde in modo sincero e dettagliato... Su tante questioni la pensiamo allo stesso modo». L'uomo sta indubbiamente mantenendo la promessa di essere molto più «multilateral» del suo predecessore. A Londra ieri potrebbe essersi chiuso il ciclo ultraliberista che inaugurarono Reagan e Thatcher quasi tre decenni fa. Nei prossimi giorni altri dossier da far tremare le vene dei polsi aspettano il presidente americano. Il tour diplomatico Oggi e domani Obama sarà a Strasburgo e a Baden Baden per il consesso dell'Alleanza atlantica, bisognosa di trovare un ruolo e una missione adeguate ai tempi. Dopo una parentesi a Praga per il vertice tra Unione europea e Stati Uniti, andrà in Turchia. Per lui non c'è podio più indicato, oggi, per rivolgere un messaggio al mondo musulmano. Alla fine i Grandi un accordo l'hanno trovato. Obama è soddisfatto. Sarkozy pure. «Compromesso storico» esulta la cancelliera Merkel. Contro la crisi ci saranno più regole. Ma anche molti aiuti.

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G20, accordo fra i Grandi Obama: svolta storica (sezione: crisi)

( da "Corriere del Veneto" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

PRIMO PIANO 03-04-2009 LEADER RIUNITI IL PRESIDENTE USA: «VERTICE PRODUTTIVO PER LA RIPRESA» G20, accordo fra i Grandi Obama: svolta storica Stanziati oltre mille miliardi di aiuti contro la crisi Sì a nuove regole. Stilata la lista nera dei paradisi fiscali LONDRA Enrico Tibuzzi II Fondi per oltre 1000 miliardi di dollari, nuove regole per i mercati finanziari e la fine dei paradisi fiscali: questi i tre punti cardine del pacchetto di interventi senza precedenti varato oggi dal vertice del G20 per fare fronte alla crisi, ridare fiducia ai cittadini e rilanciare l'economia salvando milioni di posti di lavoro. I mille e cento miliardi stanziati dal G20 sono destinati soprattutto al Fondo monetario internazionale e alla Banca mondiale per aiutare i Paesi in difficoltà e sostenere gli scambi commerciali. Il G20 ha anche deciso di dare all'Fmi la possibilità di vendere il suo oro per andare in soccorso dei Paesi più poveri. Questi soldi si vanno ad aggiungere ai 5.000 miliardi di dollari stanziati e ancora da stanziare entro la fine del 2010 dai singoli Paesi del G20 per politiche fiscali nazionali finalizzate a contrastare gli effetti della crisi finanziaria ed economica. Uno sforzo finanziario, è scritto nel documento conclusivo del vertice, che dovrebbe portare «a un aumento della produzione del 4% e all'accelerazione della transizione verso un'economia verde». Inoltre, la montagna di miliardi messa nero su bianco dai leader dei 20 Paesi che rappresentano oltre l'80 per cento del Pil mondiale dovrebbe rendere più robusta e veloce la ripresa della crescita economica rispetto al 2% già previsto dall'Fmi per fine 2010. La risposta forte e chiara alla crisi giunta dal G20 non poteva però prescindere, come preannunciato alla vigilia del vertice dall'asse franco-tedesco, dal varo di un robusto insieme di nuove regole destinate ai mercati finanziari ed essenziale per restituire la fiducia a cittadini. E da un'azione collettiva e concreta destinata a smantellare i paradisi fiscali. Due decisioni che, dopo ore di discussioni, scritture e riscritture del documento finale, sono però arrivate a sancire il successo del vertice. «L'epoca del segreto bancario è finita», è stato scritto dal G20 nel documento finale. Dove è stato anche inserito, vincendo la resistenza di diversi Paesi, tra cui la Cina, un esplicito riferimento alla lista nera dei paradisi fiscali redatta e resa nota dall'Ocse. Toccherà ora ai ministri delle finanze del G20 mettere a punto la lista delle sanzioni da applicare contro chi si ostinerà a non collaborare. L'altro piatto forte del vertice è stato il varo di una serie di principi che dovranno portare, in tempi stretti, al varo delle misure che definiranno la nuova architettura del sistema finanziario internazionale. A partire dalla trasformazione del Financial stability forum (quello presieduto da Mario Draghi) in un Consiglio per la stabilità finanziaria che avrà un mandato più ampio e dovrà comprendere tra i suoi membri tutti i Paesi del G20, la Spagna e la Commissione europea. Ma anche operare contro la pratica di bonus sproporzionati ai manager delle finanziarie. Per arrivare a una regolamentazione e una vigilanza estesa a tutte le istituzioni finanziarie, in primo luogo gli hedge fund. E alla definizione, entro l'anno, di una armonizzazione dei criteri di valutazione dei requisiti patrimoniali delle banche. Nonchè a disposizione contro i conflitti di interesse delle agenzie di rating. «Sono state prese dai leader mondiali decisioni della portata senza precedenti per far ripartire l'economia», ha detto il presidente americano Barack Obama che ha definito il summit «storico » e «produttivo». Ha parlato anche «una svolta decisiva» per il superametno della crisi. Grandi a raccolta Obama con Medvedev (a destra) e Abdullah. Salvo per uso personale è vietato qualunque tipo di riproduzione delle notizie senza autorizzazione.

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(sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Primo Piano data: 03/04/2009 - pag: 2 «Un nuovo ordine mondiale per uscire insieme dalla crisi» I Grandi: un trilione di dollari e aiuteremo la ripresa Addio ai paradisi fiscali Gli interventi attraverso il Fondo monetario Brown: dal vertice l'inizio della fine della crisi DAL NOSTRO CORRISPONDENTE LONDRA «Abbiamo serrato le file per combattere la recessione globale». Il padrone di casa, Gordon Brown, è soddisfatto quando annuncia che il G20 ha siglato l'accordo e darà ossigeno aggiuntivo all'economia. Hanno vinto tutti: decisamente di più Stati Uniti, Regno Unito e Cina, decisamente meno l'Europa. Stimoli alla domanda, poteri di vigilanza e di allerta affidati a un organismo centrale il Financial Stability Board guidato da Mario Draghi, guinzaglio al collo degli hedge fund, bonus ai manager proporzionali ai risultati di lungo periodo, infine tagliola per i paradisi fiscali e del segreto bancario: ecco il corposo pacchetto di emergenza. Dal summit esce «un nuovo ordine» con un diverso baricentro delle decisioni politiche: è un multilateralismo nel quale i Paesi in via di sviluppo affiancano i ricchi ed entrano a pieno titolo nei meccanismi di governo della crisi. La «sala di comando » si sposterà dalla sua sede tradizionale, il G8, a questa sede, il G20 che rappresenta l'84% della ricchezza planetaria e il 64% della popolazione. I tre maggiori protagonisti della svolta Stati Uniti, Regno Unito, Cina hanno vinto la partita e il messaggio che lanciano, per bocca di Gordon Brown è chiaro: «La prosperità è un bene indivisibile di conseguenza l'azione per sostenere il lavoro, le imprese, le famiglie, la crescita in generale, non può che essere comune». Si era profilato nelle ultime ore il rischio del fallimento, poi gli umori sono cambiati. E il punto di equilibrio è un documento che non contiene una ricetta risolutiva ma che viene definito dal premier britannico «l'inizio della fine della crisi» e che sarà sottoposto a verifica in una sessione del G20, convocata entro l'anno. I pilastri fondamentali sui quali si costruisce il percorso di uscita dalla recessione sono due. Il primo è ciò che Washington e Londra hanno sempre chiesto: una robusta iniezione di «risorse». Fino ad oggi globalmente sono stati investiti 5 mila miliardi di dollari, suddivisi fra interventi a sostegno degli istituti di credito in agonia, interventi di «quantitative easing » ovvero di creazione di moneta da parte delle banche centrali, di ammortizzatori sociali (in Europa), di sostegno all'industria. Adesso nel circuito dell'economia mondiale saranno resi disponibili circa un trilione di dollari (tecnicamente sono 850 miliardi). E il veicolo principale che li trasporterà per il «pronto soccorso» agli Stati sull'orlo del collasso sarà il Fondo Monetario Internazionale la cui dotazione sarà triplicata. Ai 250 di cui già dispone e che dunque vanno sottratti dal conto se ne aggiungono 500. Cento messi a disposizione dall'Europa, 100 dal Giappone, 40 dalla Cina, il resto dagli altri Paesi. Di conseguenza, saranno ridisegnati gli equilibri del Fmi con ruolo crescente di Pechino. Altri 100 miliardi di dollari saranno incanalati attraverso le Banche di Sviluppo. Infine una borsa carica di 250 miliardi sarà destinata nei prossimi due anni a riattivare i commerci internazionali. Il protezionismo è bandito. Il totale fa 1.100 o 850 se si escludono i 250 già a disposizione del Fondo Monetario. Il secondo pilastro viene incontro alle richieste soprattutto di Parigi, Berlino, Roma, e affronta dunque il capitolo delle regole e della supervisione. Al Financial Stability Board che si allargherà ai Paesi del G20, alla Spagna e al rappresentante della Commissione Europea spetterà il compito di disegnare i principi, di vigilare su tutte le istituzioni, gli strumenti e i mercati finanziari e avviare l'azione sulle «giurisdizioni che non collaborano, inclusi i paradisi fiscali ». Il G20 ha annunciato che la lista nera di questi paradisi sarà pubblicata dall'Ocse: dalla Svizzera al Lussemburgo, dal Liechtenstein all'Uruguay, dal Costa Rica alle Filippine, dall'Austria alla Malaysia chi non si adegua si trova sul banco degli imputati. «Il tempo del segreto bancario è compiuto», è scritto solennemente nel documento finale del G20. È un segnale politico forte che provocherà panico fra chi ha giocato a nascondino con capitali e profitti. Ma il «nuovo ordine» mondiale di cui parlano i vincitori Obama e Gordon Brown non può che passare da questa «rivoluzione ». È il presupposto di una stabile credibilità. Protagonisti Il presidente Usa, Barack Obama, e il premier britannico Gordon Brown (Reuters/Wojazer) Fabio Cavalera

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UNA BUONA PARTENZA (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Prima Pagina data: 03/04/2009 - pag: 1 UNA BUONA PARTENZA di FRANCO VENTURINI A l G20 non ha vinto nessuno, e così hanno potuto vincere tutti. Il debuttante Barack Obama, sostenuto dai britannici e dai giapponesi, voleva che per combattere la crisi fosse varato un poderoso stimolo fiscale. L'ha avuto, ma sotto mentite spoglie per non urtare la contrarietà degli europei: mille miliardi di dollari andranno al Fondo monetario e alla Banca mondiale per spingere la ripresa e soccorrere i Paesi con l'acqua alla gola. Nicolas Sarkozy e Angela Merkel volevano regole severe per raddrizzare la schiena al sistema finanziario e, sotto sotto, anche per indicare i colpevoli della recessione. Le hanno avute, ma affidando all'Ocse la controversa lista nera dei paradisi fiscali e muovendosi con inedita cautela per non irritare gli Usa gelosi della loro sovranità, i britannici protettori della City, i cinesi preoccupati per Hong Kong e Macao. Se si pensa alle polemiche e alle minacce di rottura della vigilia, il G20 londinese di ieri non evita soltanto un disastroso parallelo con quello fallito nel 1933. Evita, anche, il compromesso al ribasso che sembrava essere nelle carte, e che per salvare politicamente i partecipanti avrebbe lanciato ai mercati un disastroso segnale di impotenza. Dalla capitale britannica, invece, parte un primo segnale di volontà politica collettiva nella gestione della crisi dopo tanti, tantissimi esempi di gestione nazionale. Parte un certificato di idoneità della formula del G20, che d'un colpo ha reso obsoleti il G7 e il G8 (lo tenga presente l'Italia, che organizza quello di quest'anno) con la sola ma cruciale presenza della Cina. E partono, anche, provvedimenti non sempre di applicazione immediata, non sempre impermeabili a una certa dose di scetticismo, ma sufficienti a creare, come ha detto Gordon Brown, «ossigeno per la fiducia». Non ci sono soltanto i mille miliardi di dollari e i meccanismi di pronto soccorso. Una parte di questa somma è destinata a sostenere il libero commercio e a frenare il protezionismo (peccato che 17 dei 20 partecipanti proprio al protezionismo abbiano fatto ricorso, in un modo o in un altro). Vengono regolamentati gli hedge funds, introdotti nuovi criteri per la contabilità bancaria e in generale per l'attività degli istituti di credito, passate al setaccio le agenzie di rating, riportati nella ragionevolezza compensi e bonus di chi opera nella finanza, e, soprattutto, viene definito un approccio globale per «ripulire» le banche dai titoli infetti che hanno in buona parte originato la crisi. Quest'ultima potrebbe essere la conquista principale del vertice, se si considera che il forte rallentamento del credito deriva principalmente proprio dall'insicurezza delle banche sul destino della loro parte di tossicità. Ma l'impegno è ancora troppo generico, e del resto non risulta che l'ammontare degli attivi sotto accusa sia stato credibilmente calcolato. CONTINUA A PAGINA 44

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APPUNTAMENTI Dal 02-04 al 08-04 (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il (Centro Nord)" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

Centro-Nord sezione: CENTRO NORD data: 2009-04-01 - pag: 21 autore: APPUNTAMENTI Dal 02-04 al 08-04 A CURA DI Monia Savioli EMILIA-ROMAGNA GIOVEDì2 Forlì (Fc) Fiera di Forlì ( foto), via Punta di Ferro, ore 9. Taglio del nastro per la 46esima edizione della mostra internazionale avicola e cunicola "Fieravicola", in IMAGOECONOMICA programma fino al 4 aprile. Info: 0543.793511 VENERDì3 Bologna Aula Prodi, Complesso di San Giovanni in Monte, piazza San Giovanni in Monte, 2, ore 9,15. Convegno sul tema "Tecnologie dell'informazione e della comunicazione nel rapporto di lavoro". Info: www.unibo.it LUNEDì6 Bologna Via Malpertuso 1, ore 18.30. S&O multi family office organizza il convegno "La crisi finanziaria e la crisi delle imprese" con Stefano Caselli, docente alla Bocconi e Roberto Tunioli, ad di Datalogic. Info: 051.6446909 MERCOLEDì8 Bologna Sala Borsa, piazza Nettuno 3, ore 10. Seminario sul tema "E-democracy 2.0 Istituzioni, cittadini, nuove reti". Info: www.ermesambiente.it Parma Camera di commercio ( foto), via Verdi 2, ore 9,30. Seminario su "I crediti documentari, le stand by letter of credit e le garanzie IMAGOECONOMICA bancarie". Info: www.pr.camcom.it TOSCANA GIOVEDì2 Firenze Aula magna dell'Università di Firenze, Piazza S.Marco, ore 14,30. Convegno internazionale di due giornate sul tema "La democrazia partecipativa in Italia e in Europa: esperienze e prospettive". Info: www.unifi.it Firenze Auditorium, piazza dei Giudici 3, ore 15. Convegno "Le energie rinnovabili Regole, procedimenti e finanziamenti tra sostenibilità, sicurezza e competitività". Info: 055.2795265 MARTEDì7 Pisa Stazione Leopolda, piazza Guerrazzi, ore 9. Si apre il 1Ú Meeting delle Politiche giovanili. Info: 050.2212111 MARCHE GIOVEDì2 Macerata Auditorium San Paolo, Piaggia dell'Università, 2, ore 9,30. Si apre "Il Mondo nuovo", 1ÚForum sull'innovazione nell'industria, nella formazione, nella comunicazione. Info: 0733.2581 VENERDì3 Macerata Aula 7, facoltà di Scienze della comunicazione, via Don Minzoni, 2, ore 10. Seminario dal titolo "I media ed i minori: diritti violati. La comunicazione multimediale e le giovani TIPS generazioni". Info: 0733.2581 LUNEDì6 Macerata Facoltà di Scienze politiche, piazza Strambi, 1, aula Abside, ore 17. Corso di eccellenza dedicato a "Il Problema metodologico della storia costituzionale". Info: 0733.2581 UMBRIA GIOVEDì2 Perugia Teatro Pavone, ore 11,30. La lectio magistralis della terza edizione del Festival del Giornalismo è affidata a Sergio Romano che affronterà il tema "Giornalismo, poteri e responsabilità". Il festival prosegue con incontri e seminari fino a domenica5 aprile, giornata in cui è previsto il 1Úconvegno nazionale della stampa studentesca al centro servizi camerali "G. Alessi" a partire dalle 9. Info: www.festivaldelgiornalismo. com SABATO4 Marsciano (PG) Tabacchificio, via Lenin, ore 9. Apre la nuova edizione di "Fiera Verde" dedicata a tradizioni e sapori, in programma fino a domenica5 aprile. Info: 075.8741722

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Finanzieremo solo i progetti meritevoli (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il (Centro Nord)" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

Centro-Nord sezione: CENTRO NORD data: 2009-04-01 - pag: 29 autore: Finanzieremo solo i progetti meritevoli M ai come in questa fase l'Università è tornata al centro del dibattito pubblico. La grave crisi finanziaria di molti atenei si intreccia, come ci ha mostrato la mobilitazione di studenti, docenti e ricercatori, coni pesanti tagli decisi dal governo. La Toscana non è immune da questa crisi ed è da qui che dobbiamo ripartire se vogliamo dare un futuro all'Università e alla ricerca nella nostra regione. Ma la Toscana non ha aspettato l'acuirsi della crisi per avviare una riflessione su questi temi. Lo dimostra il percorso, partito oltre un anno fa, sfociato nella proposta di legge "Disposizioni in materia di ricerca e innovazione" in dirittura d'arrivo in consiglio regionale. Con questa legge la Regione si propone come regista di un processo per coinvolgere tutte le componenti del mondo universitario facendole ragionare in un'ottica di squadra, evitando sovrapposizioni e doppioni, attuando una gestione razionale e coordinata delle risorse, creando le condizioni per attrarre investimenti e rilanciare lo sviluppo. Per questo, nel rispetto dell'autonomia dell'Università e senza pretendere in nessun modo di condizionarne gli organi di governo, credo sia necessario ed urgente definire un modello di governance che aiuti a superare la situazione attuale e fornisca uno strumento adeguato alle sfide di una società della conoscenza la cui realizzazione è resa più urgente dalla crisi mondiale. Siamo convinti che solo la massima diffusione e socializzazione dei saperi, in un percorso di apprendimento che dovrebbe coinvolgere ciascun cittadino per tutta la vita, possa guidare la Toscana fuori dalle secche della recessione, indirizzandola verso un nuovo e duraturo sviluppo, fondato su criteri di equità sociale e sostenibilità ambientale. è questo secondo me il legame virtuoso che deve essere stretto fra ricerca ed economia, fra università e mondo produttivo, in contrapposizione al puro calcolo ragionieristico che ha ispirato i tagli del governo. Detto questo, penso che, a partire dalla nuova legge, si debba lavorare e in fretta per ridare credibilità e autorevolezza a istituzioni che, non possiamo nascondercelo, versano in uno stato di estrema difficoltà finanziaria e scontano una gestione che perde di vista, spesso, una visione di insieme e il legame con la comunità, perpetuando situazioni di precarietà e privilegio. Il disagio, anche nelle nostre università di Firenze, Pisa e Siena, è palpabile. Come Regione ci proponiamo, a fianco di istituzioni localie parti sociali, di pensare a un nuovo modello. E se la proposta della Fondazione pubblica - che era solo una semplice ipotesi di lavoro - è stata abbandonata perché non ha trovato consensi, la Regione non può sottrarsi all'imperativo politico di trovare una soluzione a problemi annosi, che hanno inciso negativamente sui bilanci come, tanto per citare gli esempi più eclatanti, il proliferare di corsi di laurea e il moltiplicarsi di sedi e centri di spesa. Siamo pronti a dare un sostegno all'università, ma non intendiamo trasformarci in un ente pagatore di attività gestite da altri. Così come non intendiamo proseguire coni finanziamenti a pioggia: vogliamo vincolare gli aiuti al raggiungimento di obiettivi di qualità, che premino innovazione e merito, in sintonia con una visione di sistema ma non avulsi dal territorio. Per questo, fra le possibili opzioni, c'è anche quella di aprire a Regione e istituzioni locali i consigli di amministrazione degli atenei. Sappiamo che non è facile, ma dobbiamo trovare un diverso equilibrio che salvaguardi l'autonomia e anche il diritto dei toscani ad avere un'offerta formativa di qualità e atenei meglio amministrati e gestiti. Solo una logica di sistema può far raggiungere gli obiettivi di una razionalizzazione delle risorse e di una centralizzazione dei servizi. “ L'impegno Entreremo nei Cda senza far venir meno l'autonomia dell'accademia Eugenio Baronti ASSESSORE ALLA RICERCA Regione Toscana

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Foschi: in campo per aiutare le pmi (sezione: crisi)

( da "Corriere del Veneto" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

ECONOMIA 03-04-2009 DOTTORI COMMERCIALISTI «SERVE FIDUCIA» Foschi: in campo per aiutare le pmi Mercoledì si terrà all'Auditorium Paganini una tavola rotonda sul tema Luca Molinari II «Metteremo in campo tutta la nostra professionalità per instradare le imprese sulla via dello sviluppo». Andrea Foschi, presidente dell'ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili di Parma, sottolinea il valore di questa professione nel combattere la crisi. E annuncia l'organizzazione di una tavola rotonda sul tema: «Un mercato di borsa dedicato alle piccole e medie imprese: opportunità per la ripresa e lo sviluppo», l'8 aprile all'auditorium Paganini. Una scelta coraggiosa, che va controcorrente e guarda con fiducia al futuro. «In un momento in cui da ogni parte si sente parlare di crisi, - afferma - ci sembra il momento giusto per parlare di ripresa e di sviluppo. Cerchiamo di vedere i segnali positivi, riacquisire la fiducia e valutare gli strumenti creati per orientare l'economia e la finanza nel modo corretto, per l'interesse del nostro Paese». Nella tavola rotonda si affronteranno le ragioni della crisi finanziaria in ambito extra nazionale ed interno, «il ruolo delle banche di fronte alla crisi, - prosegue - le possibili evoluzioni e soluzioni, le nuove opportunità di ottimizzazione della finanza delle imprese, l'esperienza degli imprenditori che hanno quotato le loro aziende di riferimento, l'idea del consiglio nazionale e l'esperienza del dottore commercialista». L'evento dell'8 aprile nasce infatti per promuovere l'accordo che il consiglio nazionale ha siglato con Borsa italiana «per sensibilizzare le imprese - precisa - sull'opportunità della quotazione sui mercati da lei organizzati e gestiti ». Attualmente a Parma sono 840 gli iscritti all'ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili. Foschi riprende quindi le tematiche più significative emerse nel recente congresso nazionale di Torino. «La categoria - rimarca - ha acquisito una buona percentuale di giovani che vogliono cercare di essere più dinamici nell'ambito dello sviluppo economico e nei rapporti con istituzioni e mercato. Essere protagonisti del cambiamento significa accettare la sfida del mercato. La rinnovata forza ed autorevolezza di una categoria professionale che ha saputo unire ciò che era diviso, ma soprattutto fondere e non sommare storie e identità». Presidente Andrea Foschi. Salvo per uso personale è vietato qualunque tipo di riproduzione delle notizie senza autorizzazione.

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Il mercato premia i tagli di Swiss Re (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 03/04/2009 - pag: 37 Il caso a Zurigo Il mercato premia i tagli di Swiss Re (g.fer.) L'esigenza di ridurre i costi ha costretto la compagnia di riassicurazione svizzera Swiss Re a tagliare mille posti di lavoro, circa il 10% dell'intero organico. La crisi finanziaria ha colpito duramente gli investimenti della società, che ha perso 585 milioni di euro nel 2008. Il mercato ha apprezzato gli sforzi di risanamento di Swiss Re (che ieri ha nominato Agostino Galvagni direttore operativo al posto di Stefan Lippe, diventato amministratore delegato) premiando il titolo con un incremento del 10,63%, a quota 21,44 franchi svizzeri e con 5,6 milioni di titoli trattati. Stefan Lippe, ad di Swiss Re

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Vodafone punta alla tedesca Hansenet (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 03/04/2009 - pag: 37 Il caso a Londra Vodafone punta alla tedesca Hansenet (g.fer.) Vodafone, primo operatore mondiale nella telefonia mobile, è interessata alla tedesca Hansenet, provider di Internet, controllata da Telecom Italia. Lo scrive il quotidiano britannico Daily Telegraph (no comment da parte delle aziende interessate), precisando che la compagnia telefonica ha già avviato la due diligence, in concorrenza con la spagnola Telefonica, che a sua volta ha manifestato l'intenzione di rilevare l'azienda. Il termine per presentare le offerte non vincolanti è il prossimo 24 aprile. Stabile il titolo, che alla Borsa di Londra ha chiuso ieri a 128,8 pence, lo 0,47% in più rispetto alla vigilia. Vittorio Colao, ad della Vodafone

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Banco Popolare, il rally continua (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 03/04/2009 - pag: 37 La Giornata in Borsa di Giacomo Ferrari Banco Popolare, il rally continua Scambi record Il controvalore dei titoli scambiati ha toccato il massimo dell'anno, a 3,2 miliardi di euro È stata la giornata della Fiat (il titolo del Lingotto ha messo a segno il rialzo più consistente della sua storia) ma anche il resto del listino di Piazza Affari ieri ha fatto faville. L'effetto G 20 e il taglio dei tassi da parte della Bce (che, pur inferiore al previsto, porta comunque il costo del denaro ai minimi storici) hanno riportato la fiducia su tutti i mercati azionari. E anche la Borsa italiana, con una crescita solo di poco inferiore alla media europea (+4,76% l'S&P-Mib, +4,35% il Mibtel), ha compiuto un forte passo avanti. Non solo: ha registrato il livello massimo del 2009 per quanto riguarda gli scambi, che hanno toccato un controvalore di 3,2 miliardi di euro (era da ottobre 2008 che Milano non superava quota 3 miliardi). Insomma, una seduta da incorniciare. Quanto ai maggiori rialzi, limitatamente ai valori dell'S& P-Mib, oltre a quello di Fiat (+27,12%), che si è portato dietro, sul Midex, la controllante Exor (+21,38% la versione ordinaria, +16,5% quella privilegiata), si registra quello del Banco Popolare. Il titolo dell'istituto di credito veronese ha confermato il rally della vigilia, chiudendo a 4,23 euro, con un balzo del 12,8%. E, sempre all'interno del comparto bancario, hanno proseguito la fase positiva sia Ubi Banca (+8,64%) sia Unicredit (+7,5%), mentre Intesa-Sanpaolo è rimbalzata soltanto del 3,78%. Fra gli industriali, ha ricominciato a correre Pirelli (+8,02%) e Geox ha fatto un balzo del 6,82% ritornando sopra quota 5 euro. Significativo, infine, anche il rimbalzo di Autogrill (+6,57%).

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La Consob e il decreto (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Opinioni data: 03/04/2009 - pag: 44 INCENTIVI La Consob e il decreto «protezionista» di SALVATORE BRAGANTINI T utti a Londra a salvare il mondo: mai più protezionismo! Peccato che i fatti dicano il contrario, si pensa ai casi propri. Per quanto riguarda noi, il Decreto Legge incentivi all'esame della Camera è un esempio di protezionismo; speriamo in un tempestivo e operoso ravvedimento al Senato. Il Decreto raddoppia, per le società quotate, il tetto all'acquisto di azioni proprie dal 10 attuale al 20%, aumenta dal 3 al 5% le azioni che il socio di controllo può acquistare ogni anno senza incorrere in obblighi di Opa, infine consente alla Consob di ridurre la soglia per la segnalazione della presenza nel capitale delle società, dal 2 all'1%. L'effetto di queste disposizioni è chiaro: esse facilitano la vita ai soci di controllo e li difendono da investitori ad essi sgraditi. Siccome non esistono pasti gratis, è il mercato, o quel poco che ancora ne resta, a pagare il conto. I controllanti potranno utilizzare i fondi della società per rafforzare la propria posizione, acquistando tante azioni proprie in più; queste, infatti, non votano, il che potenzia la loro quota. È difficile però che ciò sia nell' interesse della società, in un momento di scarsa liquidità come l'attuale. Anche l'innalzamento (dal 3 al 5% annuo) delle azioni acquistabili da parte del socio che detiene più del 30% ma meno del 50% del capitale, rende più facile evitare l'Opa obbligatoria. Questo istituto è già confinato nel ripostiglio, fra i soprammobili di design superato: per schivare l'Opa non servono più riveriti consulenti, basta un qualsiasi ragiunatt brianzolo. Si vuole, infine, rendere ancor più precoce la segnalazione di posizioni assunte dagli investitori: un comodissimo allarme a favore dei soci di controllo. Eppure la nostra soglia del 2% è già troppo favorevole a questi, dato che altrove prevale quella, assai più alta, del 5%. Se si deve credere alle indiscrezioni giornalistiche e alle parole attribuite al presidente del Consiglio, si tratta, addirittura, di misure concordate con la Consob, l'autorità indipendente cui è affidata la tutela dei risparmiatori. È però difficile credere a tali affermazioni, anzitutto per una ragione di metodo. La Consob si è lodevolmente impegnata - prima di proporre novità di rilievo - ad ampie consultazioni e a una rigorosa valutazione dell'impatto economico che da esse deriva: si veda la cautela con cui essa procede nel regolamentare le operazioni con «parti correlate ». Qui non c'è una valutazione d'impatto; se fosse condotta, darebbe molto probabilmente risultati negativi, col che veniamo al merito. Già in una situazione normale misure simili spaventano gli investitori, il che rende più caro per le imprese l'uso del capitale: a maggior ragione la fase attuale, con la corsa agli impieghi meno rischiosi, sconsiglia vivamente tali provvedimenti. Certo il discorso cambierebbe se, invece della riduzione del costo del capitale per le società, si privilegiasse la protezione dei soci di controllo. Sarebbe interessante capire quale società potrà essere la vittima destinataria delle proposte. Che sia una importante, controllata dallo Stato, o da qualche socio molto caro al governo? Nel panorama spiccano positivamente, per contrasto, l'aureo silenzio del ministro dell'Economia - forse contrario a queste misure - e l'invito di Emma Marcegaglia a dar vita, in questa difficile fase, ad una stagione di aggregazioni fra le imprese. La strada giusta è l'apertura al nuovo. Di protezione si può morire. È inutile sgolarsi perché la gente investa in Borsa, per poi prenderla a pesci in faccia! Ma c'è di più. I massicci interventi pubblici contro la crisi a sostegno di banche e imprese accrescono, rispetto al passato, il peso dello Stato. Un conto è lo Stato azionista, che deve esercitare i suoi diritti, tenendo conto di quelli degli altri, azionisti e stakeholder. Quanto alla regolazione, invece, va assolutamente evitato un grave rischio: i maggiori poteri che Banca d'Italia, Consob e Antitrust acquisiranno, non diventino il cavallo di Troia della politica nella regolazione. Proprio la crisi mostra quali danni causano i regolatori non indipendenti: il disastro degli Usa è istruttivo! Il potere politico, oggi più che mai, mal sopporta la separazione dei poteri, i checks and balances della democrazia liberale. Non vorremmo vedere domani le nomine nelle autorità indipendenti discusse fra partiti nel salotto privato del presidente del Consiglio, come quelle per la Rai, dove il proprietario di Mediaset disse che non avrebbe spostato neanche un pianta: eppure non avranno discusso dei cactus. La democrazia fiorisce nel bilanciamento dei poteri, e avvizzisce quando mancano i contrappesi. Dal vulnus dei meccanismi istituzionali, al protezionismo, al nazionalismo economico; si spera che la crisi finisca prima che la lunga miccia si consumi.

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Ford, Crowe, Cage: cachet ridotti a Hollywood (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Spettacoli data: 03/04/2009 - pag: 53 Effetto crisi Diminuzione dei compensi delle star. La Cbs rinuncia a Candice Bergen: chiedeva troppo Ford, Crowe, Cage: cachet ridotti a Hollywood WASHINGTON La crisi arriva anche a Hollywood e a soffrirne sono le sue superstar i cui megacompensi invece di aumentare diminuiscono. La più grave crisi finanziaria ed economica dagli anni Trenta ha ridotto l'affluenza del pubblico nelle sale e le vendite dei dvd, e le grandi case cinematografiche versano in difficoltà. Perciò o tagliano la percentuale degli incassi iniziali del film destinata al protagonista, sinora la forma più comune di pagamento, o gli versano la percentuale concordata al ribasso solo se a incassi ultimati il film risulta un successo. Se invece è un fiasco, ne va di mezzo anche l'attore. Lo scrive il Wall street journal, a cui Eric Gold, il manager di Jim Carrey, ha dichiarato che «sono finiti i giorni in cui le star ottenevano tutto ciò che volevano». Secondo il giornale, tra i divi che hanno accettato il nuovo regime ci sono Harrison Ford, Russell Crowe, Nicolas Cage. Ford aspetterà per essere pagato che la Paramount conti gli incassi del suo nuovo Morning glory. Crowe farà lo stesso con la Universal per Nottingham, ennesima versione della saga di Robin Hood. Idem Nicolas Cage con la Walt Disney per L'apprendista stregone. Le tre major non hanno rivelato al Wall street journal quanto potrebbero percepire i tre attori, ma Gold ha affermato che diminuire i megacompensi delle superstar «è uno dei modi per ridurre i costi». Nessuno, insomma, può più permettersi flop come Meet Dave, con Eddie Murphy (20 milioni di dollari di cachet): il film è costato alla 20th Century Fox 70 milioni, ma in America ne ha fatti solo 12 d'incassi. Un caso analogo è quello della Universal: Duplicity, nonostante Julia Roberts, non sta andando bene al box office. La diva Julia però è già stata pagata. Peggio è andata invece a Candice Bergen: la Cbs ha rinunciato a lei, perché chiedeva troppo per il nuovo serial tv «Big D». Al suo posto è stata scelta Deanna Dunagan, ottima attrice di Broadway, ma semi-sconosciuta. Ha chiesto (e ottenuto) molto meno. Ennio Caretto

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Bene Francoforte Ma si poteva fare di più (sezione: crisi)

( da "Riformista, Il" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

Bene Francoforte Ma si poteva fare di più segue dalla prima pagina Per entrambe le riunioni occorrerà, tuttavia, fare appello al realismo, abbandonando l'analisi dello iato tra aspettative (eccessive per il G20, essendosi spesso menzionata l'ipotesi di una nuova Bretton Woods, oggi, tuttavia, non attualizzabile) e provvedimenti adottati. I risultati del vertice londinese andranno comunque parametrati al grado di fiducia concreta che riusciranno ad alimentare, innanzitutto attraverso una vera, completa trasparenza dei fattori della crisi finanziaria. È apprezzabile, in ogni caso, l'accordo, che viene presentato, sugli aiuti all'economia, sulla regolamentazione degli hedge fund, sull'impegno a redigere una lista nera dei paradisi fiscali, sui trattamenti dei manager e, in modo più ravvicinato sull'approccio unico alla trattazione dei titoli tossici e alla costruzione delle fondamenta di una nuova cooperazione internazionale. Il Financial Stability Forum - che ora diventa Financial Stability Board - ottiene apprezzamenti favorevoli in materia di proposte sulle retribuzioni dei vertici, sul rapporto tra patrimonio degli intermediari finanziari, leva e ciclo dell'economia, sulla formazione delle regole e sul coordinamento internazionale. A questi risultati - che dovranno essere attentamente analizzati - ben avrebbe fatto compagnia una più netta decisione della Banca centrale europea che, portando il tasso ufficiale all'uno per cento, avesse meglio segnalato come vigilanza e politica monetaria - fin qui efficacemente governata dall'Istituto di Francoforte - possono e debbono procedere in maniera coordinata in un'azione anti-recessione, per stimolare la ripresa. Tanto più che l'immagine della Banca centrale europea di àncora della stabilità e della fiducia dei cittadini non sarebbe di certo venuta meno con la riduzione di mezzo punto del costo del denaro. Anzi, una tale decisione, non essendovi alcun rischio di non ottemperare al mandato istituzionale della Banca centrale europea per il mantenimento della stabilità dei prezzi dato il livello dell'inflazione, avrebbe dato il segno della forza tranquilla dell'Istituto monetario, con un sicuro effetto-annuncio: quell'effetto al quale l'autorevole "scuola" della Banca d'Italia, promossa da Guido Carli, ha tenuto in modo particolare fino a quando ha disposto dei poteri di variazione del saggio di sconto. Sarebbe sbagliato ritenere quello di ieri il classico parto del topolino - anche perché si agisce su di una ridotta scala di grandezze - ma si sarebbe potuto fare di più e si sarebbe potuto essere più precisi sulle misure non convenzionali adottabili dalla Banca centrale europea, preannunciate di mese in mese e poi puntualmente prorogate come è accaduto anche ieri, con il rinvio a maggio, seguito dalla generica affermazione che vi potranno essere in futuro ulteriori riduzioni dei tassi. Ora, comunque, bisognerà vedere quale conseguenza avrà nel nostro sistema bancario la riduzione deliberata ieri. Le banche sono chiamate a dare prova di come rispondono agli impulsi della politica monetaria e di come intendono corrispondere alle esigenze dei cittadini. Una prova per migliorare immagine e reputazione. Autorità monetarie e Autorità politiche - banche centrali e grandi della terra - ieri discutevano e deliberavano a non molta distanza tra di loro. Certamente hanno agito con impegno. Ma, forse, si può fare ancora di più. Il successivo percorso porta al G8 di luglio - dove si affronteranno i temi del nuovo ordine monetario - e a una nuova sessione del G20. Deve diffondersi la consapevolezza della assoluta straordinarietà della crisi e della necessità di avere presente una sorta di apologo di Menenio Agrippa universale. Si riesce nell'azione di contrasto se vince la cooperazione, se ci si sente saldamente uniti, se l'aspirazione a un nuovo ordine mondiale diventa un impegno concreto, fatto di passi precisi, responsabilizzanti, prontamente verificabili. Angelo De Mattia 03/04/2009

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I risultati del G20 Caccia agli untori, spazio agli emergenti (sezione: crisi)

( da "Riformista, Il" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

I risultati del G20 Caccia agli untori, spazio agli emergenti COMUNICATO finale. Nasce il Financial Stabilty Board che rende permanente il coordinamento dei 20. La riforma delle banche e delle regole contabili è rimandata. Nuovi paletti per paradisi fiscali, agenzie di rating e fondi speculativi. Il vertice del G20 che si è chiuso ieri a Londra non fermerà la crisi, ma il comunicato finale dimostra che alcuni risultati sono stati raggiunti. Governace. La novità più rilevante potrebbe rivelarsi la scelta di trasformare il Financial Stability Forum (oggi presieduto dal governatore della Banca d'Italia Mario Draghi) in un Financial Stability Board. Nel nuovo organismo saranno coinvolti tutti i paesi del G20, rendendolo il primo foro permanente in cui sono coinvolti a pieno titolo i grandi Paesi emergenti. Il Board dovrà contribuire a riscrivere le regole della finanza mondiale. Alcuni altri passaggi del documento, come quello in cui si dice che «i vertici delle istituzioni finanziarie internazionali devono essere scelti con un processo aperto, trasparente e meritocratico», possono far sperare alle nuove potenze che le tradizionali spartizioni di poltrone tra Europa e Stati Uniti siano finite, o che almeno lasceranno qualche casella libera per un cinese o un brasiliano. Soldi. Sulla carta il G20 ha approvato mille miliardi di interventi per combattere la recessione. In realtà l'unico intervento concreto è il potenziamento della dotazione del Fondo monetario internazionale da 250 a 750 miliardi. Ma anche questi sono soldi di carta, perché prima di essere davvero a disposizione del Fmi ci deve essere l'iter legislativo nei Paesi membri per approvare la spesa. Si tratta di un pareggio diplomatico tra Stati Uniti e asse francotedesco: Washington dimostra che ha ottenuto soldi dagli europei, Parigi e Berlino riescono a posticipare e rendere più aleatorio un intervento che, nella loro ottica, sottrarrebbe risorse per combattere la crisi dentro i confini nazionali. Il Fondo monetario dovrebbe poi agire in più stretto coordinamento con la Banca mondiale, per assicurare insieme stabilità finanziaria e sostegno allo sviluppo. Protezionismo. Il comunicato finale del G20 rassicura chi temeva che il libero commercio sarebbe scomparso anche dalle formule di rito. I 20 si impegnano a evitare anche il protezionismo finanziario (già in atto, visto che molti aiuti pubblici per esempio alle banche sono vincolati all'erogazione di credito alle imprese locali). E resiste perfino un riferimento esplicito all'auspicata conclusione imminente dei negoziati di Doha, nell'organizzazione mondiale del commercio (Wto) che in realtà sono completamente paralizzati da nove mesi. Untori.Lo avevano promesso a Washington in novembre e lo hanno confermato ieri: i 20 hanno deciso di colpire hedge funds, paradisi fiscali e agenzie di rating che nella crisi si sono dimostrate troppo lente nell'adeguare i propri giudizi al peggioramento della condizione finanziaria di banche e imprese. Le agenzie dovranno registrarsi in un elenco che implicherà una supervisione esterna, stesso destino per i fondi hedge più grandi. «L'era del segreto bancario è finita», si legge nel comunicato: basandosi su una lista stilata dall'Ocse i Paesi prenderanno provvedimenti - e sanzioni - contro quegli Stati che con le loro «giurisdizioni che non cooperano» mettono in pericolo le finanze pubbliche degli altri. C'è anche un paragrafo dedicato agli stipendi dei manager: i principi elaborati dal Financial Stability Forum dovranno riguardare «schemi di retribuzione sostenibili». Nessuno di questi bersagli è direttamente collegato alle cause della crisi finanziaria, ma per molti Paesi del G20 era politicamente indispensabile dimostrare di colpire i soggetti che stanno attirando tanta rabbia popolare. Soprattutto per Obama, reduce dallo scandalo sui bonus pagati dalle società nazionalizzate, e per Nicolas Sarkozy. Banche. La riforma di quella parte di sistema finanziario che ha originato il disastro, invece, è rimandata a tempi migliori. Le azioni per assicurarsi che le banche abbiano un capitale sufficiente ad affrontare gli imprevisti sono state posticipate «a quando il recupero sarà stato assicurato». Al cambiamento dei principi contabili c'è solo un vago riferimento, anche se si dice che qualcosa deve essere fatto «urgentemente». Un altro passaggio del documento, però, sembra indicare che ci potrebbe essere un consenso sul superamento di Basilea 2, l'insieme di regole che prevede di ponderare in base al rischio titoli e crediti nei bilanci delle banche e che ha dimostrato di alimentare eccessi sia nei momenti positivi che in quelli negativi. Si legge infatti che la nuova architettura finanziaria dovrà «ammorbidire invece che amplificare il ciclo economico e finanziario». S.F. 03/04/2009

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La crisi è un complotto di quelli del signoraggio (sezione: crisi)

( da "Riformista, Il" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

La crisi è un complotto di quelli del signoraggio RICORSI. Tornano di moda le teorie sul mondo governato dai banchieri e dalle multinazionali. Accanto all'anticapitalismo tout court, fioriscono le dietrologie sull'emissione del denaro e i mea culpa dei pentiti della "corpocrazia americana". di Tonia Mastrobuoni Con un balzo è tra il pubblico, sventola il microfono e urla «guardiamo le facce, torniamo agli istinti!». Poi chiede a un ragazzo: «sai chi è quello là?». La telecamera ha già virato sullo sfondo: con un rombo vengono presentati "i quattro Cavalieri dell'apocalisse". Beppe Grillo continua a gridare «una volta c'erano i gangsters, adesso ci sono i banksters» e la telecamera zoomma sul volto grinzoso di Alan Greenspan. Ex governatore della Federal Reserve, oggi tra i principali imputati della crisi finanziaria internazionale. «È un banchiere o un cane da slitta?», si sgola il comico, «noo, al cane, se gli tiri qualcosa, te la riporta indietro. Il banchiere col cazzo!». L'elegante premessa servì allora, nei primi anni Duemila, per sferrare il consueto attacco contro il sistema e sostenere, senza ironia, una delle più famose teorie complottiste al mondo, l'anti-signoraggio. In questi giorni di proteste londinesi e di epidemia di sequestri di manager in Francia, insomma di insurrezione anti-banchieri, i siti internet si stanno riorganizzando. Come si sta rianimando lo spontaneismo anti capitalista di ogni colore che unisce improvvisamente anarchici e trotzkisti nel "G20 Meltdown" di Londra, di solito più propensi a sfondarsi il cranio a vicenda o a coalizzarsi contro i naziskin. Il padre della battaglia italiana anti-signoraggio, della guerra contro "Bankitalia Spa" come la chiamano gli adepti, è Giacinto Auriti. Giurista e grande estimatore di Ezra Pound, coniò una moneta tutta sua, introdotta per un breve periodo nel suo paesino di provenienza, Guardiagrele, che gli costò una condanna per «raccolta abusiva del risparmio». Morto nel 2006, soleva dire che «non sono fascista perché è troppo poco» e che «sono cattolico, apostolico, romano. Anche se sono abruzzese». Il signoraggio, in senso stretto, è la differenza tra il costo di emissione e il valore della moneta stessa che le banche centrali o lo Sstato incassano ogni volta che la emettono. Nel caso della Banca d'Italia la maggioranza di questi utili viene aggiunto alle riserve valutarie e il resto viene dato allo Stato. Ma chi crede ad Auriti non si fida. E pone ossessivamente le stesse domande: perché lo Stato non si stampa da solo la moneta, perché batte solo le monetine che gli costano più di quanto valgono e non le banconote, perché accumula debito pubblico che deve a se stesso, eccetera. Oppure, come si vede in un pomposo video su youtube accompagnato dai Carmina Burana, «i banchieri internazionali creano il denaro dal nulla e senza nessuna contropartita, semplicemente stampandolo». Ergo, le tasse «servono quasi tutte a pagare gli interessi». Inevitabilmente, queste tesi sfociano in una ricetta sola, espressa da Marco Ferrando, leader del Partito comunista dei lavoratori, diventato famoso durante il governo Prodi perché il suo pulsante in Parlamento diventò come il pulsante rosso della valigetta dei presidenti americani, sempre pronto a far esplodere tutto. A ottobre del 2006 su Canale Italia, concluse che bisognava procedere alla «statalizzazione e l'unificazione delle banche, finalmente restituite al controllo dei lavoratori e della maggioranza della società». Ovviamente le colpe dei banchieri e della finanza più spericolata nell'attuale crisi internazionale sono indiscutibili e sono sotto gli occhi di tutti. Ma la politica non sembra attualmente in grado di scongiurare gli spontaneismi, di governare la rabbia popolare e di convogliarla verso canali ordinati di sfogo (un ruolo tradizionalmente assunto, ad esempio, dai sindacati e dai partiti della sinistra europea). Una tendenza che sta diventando pericolosa. Un esempio lampante di questo trend - che auspicabilmente provocherà un'aristotelica catarsi e non tentativi di emulazione - è il film uscito oggi nelle sale italiane, "Louise-Michel". Film a basso costo, premiato al festival del cinema indipendente Sundance, racconta la storia di un gruppo di operaie aggirate dal padrone. Il giorno dopo aver regalato a tutte un grembiulino nuovo, lui chiude la fabbrica. E loro si auto-organizzano, appunto, e assoldano un killer per ammazzare il padrone. Uno dei due autori del film, Gustave Kerverm, era a Roma, ieri. Ai giornalisti ha detto che i sequestri dei manager in Francia non sono da condannare. Sono sempre esistiti e «dunque non credo che il film abbia contribuito a determinarli. I lavoratori li avrebbero fatti comunque». Accanto alle tesi anti-signoraggio che descrivono un mondo reso schiavo dalle banche, mietono consensi sempre più ampi le teorie sul mondo reso schiavo dalle multinazionali. Teorie divenute molto popolari con l'avvento della globalizzazione e i primi, vistosi eccessi della finanza internazionale negli anni Novanta. E se la Madonna è Naomi Klein, il san Paolo di questa branca della religione anticapitalista è John Perkins, autore nel 2004 di "Confessioni di un sicario economico". Un uomo dal «sorriso innocente» che «ricorda più un vecchio insegnante di yoga che un sicario» secondo il New York Times. Per 35 anni il suo lavoro è consistito nell'utilizzare «le organizzazioni della finanza internazionale per creare le condizioni affinché altri Paesi si sottomettano alla corpocrazia che domina le nostre grandi aziende, il nostro Governo e le nostre banche», scrive. Andava nei Paesi poveri, questo pentito della "corpocrazia americana", e concedeva grandi prestiti. Quando i Governi non erano in grado di restituirli, il risarcimento era «il controllo dei voti alle Nazioni Unite, l'installazione di basi militari o l'accesso a preziose risorse come il petrolio o il Canale di Panama». Il tutto, racconta Perkins, a servizio del «nostro impero globale». Un libro, commentò La Stampa, che «vuole partire per una riparazione» e per la realizzazione «di una società più equilibrata e giusta». Ma la vera domanda è chi governerà questa "riparazione" verso un mondo più giusto. 03/04/2009

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Un successo senza vinti né vincitori (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: PRIMA data: 2009-04-03 - pag: 1 autore: Un successo senza vinti né vincitori di Adriana Cerretelli N on è stato un vertice facile. Fino all'ultimo ha rischiato i tempi supplementari: e ci sarebbero stati se l'americano Barack Obama non fosse intervenuto a mediare tra gli instancabili litiganti della giornata, il francese Nicolas Sarkozy e il cinese Hu, divisi sui paradisi fiscali. Alla fine però l'incontro tra i Magnifici 20, che insieme fanno l'85% del Pil mondiale, si è concluso in gloria. Oltre ogni previsione. Con un accordo che triplica le risorse dell'Fmi e mobilita in tutto altri 1.100 miliardi di dollari a sostegno dell'economia mondiale:credito, crescita e occupazione, commercio e sviluppo dei Paesi più poveri. Con l'impegno a orchestrare una politica di espansione economica che «alla fine del 2010 toccherà i 5mila miliardi di dollari». Con la fissazione di una serie di inediti paletti e interventi regolamentari per l'intero settore finanziario, compresa «la fine dell'era del segreto bancario». Dai paradisi fiscali agli hedge fund, dalle norme contabili ai requisiti di capitale delle banche, dalle agenzie di rating alle superremunerazioni dei manager, la musica è destinata a cambiare. Con la promessa, infine, di resistere al protezionismo ribadendo l'impegno a concludere il Doha Round, i negoziati per liberalizzare gli scambi mondiali. Nonostante le diversità di culture e di interessi che raccoglie al proprio interno, il G-20 è dunque riuscito a lanciare da Londra un'azione univoca e concreta per far ripartire il motore bloccato dell'economia mondiale dovunque, provando al tempo stesso a fondare un nuovo ordine finanziario attaccando le radici della grande crisi per evitare che si ripeta in futuro. Continua u pagina 12 l'articolo prosegue in altra pagina

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Draghi: saremo più rigorosi contro i superstipendi (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 03-04-2009)

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Il Sole-24 Ore sezione: PRIMA data: 2009-04-03 - pag: 1 autore: Draghi: saremo più rigorosi contro i superstipendi di Alessandro Merli I l presidente del Financial Sta-bility Forum, il Governatore di Banca d'Italia Mario Draghi, ha annunciato al G-20 che un «grande cambiamento» interesserà gli stipendi dei banchieri, dopo gli eccessi degli ultimi anni e le proteste violente in seguito alla crisi finanziaria. Il punto chiave è l'allineamento dei compensi nel settore della finanza con i rischi assunti da banchieri e trader. Inoltre, retribuzioni e bonus dovranno essere legati all'andamento dei profitti della banca e i bonus verranno ridotti o eliminati in caso di andamento negativo, per evitare il fenomeno che si è verificato di recente quando sono stati premiati dirigenti di società precipitate in rosso. Il Forum guidato da Draghi sarà allargato a grandi Paesi emergenti, Spagna e Commissione Ue, e avrà una struttura rafforzata e poteri di indirizzo più incisivi. Servizio u pagina 2 l'articolo prosegue in altra pagina

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Stop al mark-to-market per le banche americane (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: IN PRIMO PIANO data: 2009-04-03 - pag: 5 autore: Stop al mark-to-market per le banche americane Mauro Meazza Enzo Rocca Era sotto accusa già dal settembre scorso, ora sembra davvero diventato il nemico contabile numero uno. Il mark-tomarket (cioé la valutazione a valori presunti di mercato, per attività finanziarie che non dispongono di scambi veri e propri su mercati regolamentati) è stato da subito individuato tra i possibili colpevoli della crisi finanziaria, con una presunta responsabilità nell'enfatizzare le perdite (i tecnici dicono per il suo approccio prociclico). Tanto che l'Emergency Economic Stabilization Act, ai primi di ottobre, ha dato alla Sec il potere di sospendere il mark to market. E ieri, è stato il Fasb, il board della contabilità americana, a deciderne, se non proprio una sospensione, un utilizzo molto più morbido, intervenendo sul Financial Statement n. 157 (il principio contabile che regola il fair value e la sua applicazione del mark-to-market). Approccio morbido I sei mesi che stanno tra il piano anti-crisi di Bush e la retromarcia dello standard setter americano sono stati segnati da un lungo travaglio di decisioni, tecniche e politiche,di qua e di là dell'Atlantico, con prove di convergenza in corso tra i principi contabili americani ed europei, ma anche con strappi improvvisi. Come potrebbe rivelarsi anche quest'ultima decisione del Fasb. La decisione presa ieri mattina a Norwalk, nel Connecticut, consiste essenzialmente nel dare maggiore libertà alle banche e alle società finanziarie nel valutare quando un mercato è stressato (distressed) o inattivo e quindi le sue indicazioni diventano meno vincolanti per valutare un titolo. Nelle bozze delle nuove linee guida, presentate a metà marzo, lo stesso Fasb specificava che sta a chi redige il bilancio giudicare (sulla base di fattori come una limitata operatività, quotazioni non basate su informazioni attuali, prezzi che variano sensibilmente nel tempo e tra operatori professionali) se un mercato è attivo. E se viene giudicato non attivo, lo stesso redattore potrà presumere che il prezzo quotato sia associato a una transazione avvenuta in condizioni di difficoltà, adottando quindi valori più elevati. Il Board americano aveva presentato, sempre il 17 marzo, un secondo documento, sulla valutazione delle perdite non temporanee. E ieri ha effettivamente approvato nuovi criteri nell'appostazione delle perdite durevoli. Sempre nelle bozze si immaginava di rilevare separatamente le perdite derivanti dal rischio di credito da quelle relative altri fattori di rischio. Queste ultime dovrebbero essere rilevate nel patrimonio netto se non è probabile che l'investitore sia costretto a vendere il titolo prima del recupero del suo costo. La perdita di valore legata al rischio di credito, invece, verrebbe iscritta in conto economico. Gli effetti Secondo gli analisti, le modifiche votate ieri potrebbero ridurre la valutazione delle perdite (non più legate a filo doppio ai listini) e consentire un guadagno netto alle banche di un 20% o più. Le agenzie riferiscono inoltre che non si è trattato di una decisione unanime, ed è facile capirne il perché: nell'architettura contabile americana (e anche in quella europea degli Ias) il riferimento al mercato, vero o presunto, è la pietra angolare. Legittimare una deroga può essere sicuramente un sollievo per i conti ma può anche alimentare ulteriori dubbi sulla credibilità dei rendiconti, annuali e infrannuali. Le modifiche votate ieri dovrebbero essere utilizzabili dal secondo trimestre, ma ci sono forti pressioni per un impiego anticipato già dal primo trimestre. Resta soprattutto da capire come la decisione statunitense potrà influire sul faticoso processo di avvicinamento tra Iasb e Fasb. Le modifiche europee allo Ias 39, infatti, per quanto epocali, non mettevano mai la sordina all'impiego del fair value. Come invece sembra fare il board americano. IL PROVVEDIMENTO Il Fasb, l'organo che fissa gli standard contabili americani, permetterà agli istituti di decidere se un mercato è «inattivo» LE CONSEGUENZE Gli intermediari finanziari potranno evitare le svalutazioni se ritengono che il prezzo di un'attività sia distorto dalla crisi

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RIFORME E NUMERI (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: IN PRIMO PIANO data: 2009-04-03 - pag: 3 autore: RIFORME E NUMERI Sostegno alla ripresa dell'economia e rilancio del commercio globale La supervisione finanziaria La vigilanza sarà estesa a tuttii veicoli finanziari, compresi gli hedge fund. Tutti i Paesi del G-20 attueranno i nuovi più rigidi criteri fissati dall'Fsf sulle retribuzioni dei manager. Tutte le agenzie di rating dovranno essere registrate e sottopostea sorveglianza, soprattutto per evitare «inaccettabili conflitti d'interesse» I requisiti di capitale Finché la ripresa dell'economia non si sarà consolidata, gli standard internazionali sulla quota minima di capitale resteranno invariati. Una volta garantita la ripresa, i requisiti patrimoniali minimi dovranno essere aumentati per evitare che le banche prendano rischi eccessivi Le paghe dei manager Le retribuzioni, inclusi i bonus, devono riflettere i rischi assunti dai manager ed essere misurati nel lungo periodo. Le società dovranno fornire informazioni trasparenti sui bonus e sulle paghe in modo che ci possa essere un maggior controllo da parte degli azionisti Le misure di rilancio del Pil «Stiamo sostenendo un'espansione fiscale concertata e senza precedenti, che salverào creerà milioni di posti di lavoro che sarebbero altrimenti stati distrutti, e che ammonterà, entro la fine dell'anno prossimo,a cinquemila miliardi di dollari; aumenterà la produzione del 4% e accelererà la transizione verso un'economia verde» No al protezionismo I Grandi Venti hanno riaffermato l'impegno assuntoa Washington: «Non alzeremo nuove barriere commercialio finanziarie». Confermato anche l'impegno a concludere il Doha Round, che potrebbe iniettare altri 150 miliardi di dollari nell'economia mondiale Il Financial Stability Board Il Financial Stability Forum (Fsf) viene rafforzato trasformandosi in Financial Stability Board (Fsb), che comprende gli attuali membri dell'Fsf,i Paesi del G-20,la Spagna e la Commissione europea. Il nuovo organismo collaborerà con l'Fmi a un sistema di allerta preventivo, promuoverà lo scambio di informazioni tra le autorità di vigilanza, preparerà piani di emergenza per la gestione di crisi finanziarie transfrontaliere che coinvologno istituti di importanza sistemica

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Berlusconi: l'America ci porti fuori dal tunnel (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: IN PRIMO PIANO data: 2009-04-03 - pag: 4 autore: Berlusconi: l'America ci porti fuori dal tunnel La replica di Obama: i problemi si risolvono insieme Gerardo Pelosi LONDRA. Dal nostro inviato Un Berlusconi che fa da "paciere" tra Nikolas Sarkozy e Gordon Brown. Che invita scherzosamente il presidente Barack Obama a «tirarsi su le maniche» per correggere una situazione di crisi «che è partita dall'America ». Ma, soprattutto, un capo dell'Esecutivo che non tradisce la sua indole popu-lista e che tra le ansie dei banchieri e le angosce di chi perde il lavoro continua a schierarsi a difesa di questi ultimi. è il G-20 del Cavaliere, solo un assaggio di quello che potrà andare in scena in luglio, alla Maddalena, quando l'Italia dovrà dare corpo a quel "legal standard" che il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, sta cercando di far accettare, non senza difficoltà, ai colleghi dei Paesi più industrializzati. Proprio in vista della responsabilità del G- 8 Berlusconi si muove con estrema cautela senza parteggiare per il presidente francese, Nicolas Sarkozy né per il cancelliere Angela Merkel che reclamano maggiori impegni contro i paradisi fiscali e regole più stringenti per i mercati finanziari e soprattutto senza contrapporsi all'asse Obama-Brown. A un certo punto, però, nel giro di tavolo finale, in uno scambio di battute polemiche tra il premier inglese Gordon Brown e il presidente francese, si sarebbe inserito proprio il premier italiano per invitare ad atteggiamenti di maggiore responsabilità. «Ma anche tu, caro Obama- avrebbe aggiunto Berlusconi – devi tirarti su le maniche perché questa crisi è partita proprio da voi e voi avete una responsabilità in questo». Chi era nella sala dice che, a questo punto, l'intervento del premier italiano è stato applaudito. Subito dopo è il presidente americano a raccogliere la sfida e a dirsi «sorpreso » di vedere come Paesi che nel passato si sono fronteggiati e combattuti aspramente si trovino ora a condividere le stesse scelte nell'interesse del mondo. «Ed è anche sorprendente aggiunge – che uno con il nome di Obama sia diventato presidente degli Stati Uniti: e poi è vero come ha detto il nostro amico italiano che questa crisi è partita dagli Stati Uniti ma ora dobbiamo risolverla insieme ». Altro applauso. Berlusconi e Obama si incrociano subito dopo nei corridoi del grande centro Excel scambiandosi il "cinque". «See you soon» è il saluto di Obama al premier italiano che rivedrà oggi a Baden Baden e domani a Praga. «Obama- commenta poi il presidente del Consiglio – ha una grande capacità di rapporti umani e mi ha fatto davvero un'ottima impressione ». Nel merito del summit Berlusconi e Tremonti appaiono soddisfatti della grande massa di denaro (1.100 miliardi di dollari) stanziati «per ridare vento alla ripresa» così come per la pubblicazione da parte dell'Ocse della lista dei paradisi fiscali. Sulla dimensione sociale, secondo Berlusconi, è compito dei Governi non lasciare nessuno nella povertà e nella sofferenza precisando, però, che «non abbiamo potuto condensare il principio in una norma ad hoc perché Paesi come Cina e India non avrebbero le risorse per intervenire a differenza dei Paesi occidentali». Sia Berlusconi che Tremonti tengono comunque a precisare che questo impegno sociale non nasconde nessuna intenzione di sforare i conti pubblici. Quanto all'Italia, saranno sufficienti i 9 miliardi di euro per gli ammortizzatori sociali che si vanno ad aggiungere agli altri 12. Sarà comunque un altro G-20 in Giappone, a settembre, a monitorare la situazione e decidere eventuali correttivi. Nel frattempo toccherà al G-8 indicare la strada per ridare fiducia ai mercati. «Ed è già cominciato sostiene Berlusconi – il lavoro sulla regolamentazione finanziaria che troverà compimento al G-8 della Maddalena». gerardo.pelosi@ilsole24ore.com © RIPRODUZIONE RISERVATA BILANCIO POSITIVO Italia soddisfatta per il volume di denaro stanziato «per ridare vento alla ripresa» e per la lista dei paradisi fiscali Personaggi. Il premier italiano Silvio Berlusconi al centro tra il presidente americano Barack Obama e quello russo Dmitrij Medvedev ieri a Londra AFP

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ROMA Un taglio di un quarto di punto, dall'1,5% all'1,25%. E' questa le deci... (sezione: crisi)

( da "Messaggero, Il" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

Venerdì 03 Aprile 2009 Chiudi di ROSSELLA LAMA ROMA Un taglio di un quarto di punto, dall'1,5% all'1,25%. E' questa le decisione presa ieri dalla Bce, in una giornata nella quale le Borse hanno fatto faville. Milano ha guadagnato il 4,35%, Londra il 4,28%. Francoforte e Parigi sono andate ancora meglio con un balzo del 6,07% e del 5,37%. Ottimismo anche a Wall Street che ha chiuso con il Dow Jones a +2,79c e il Nasdaq a +3,29.E Dalle parole del presidente Jean-Claude Trichet si è capito che all'interno del consiglio dei governatori c'era anche chi era pronto a fare subito di più, invece di aspettare maggio per portare i tassi di riferimento all'1% tondo. Ma ha prevalso la «moderazione», anche perché l'Eurotower sta studiando interventi, «non convenzionali», per assicurare che ad imprese e famiglie abbiano risorse adeguate per uscire dalla crisi. Da quando nell'autunno scorso il fallimento della Lehman Brothers ha gettato i mercati nel panico, e i canali interbancari di finanziamento si sono bloccati per la sfiducia che le banche riponevano verso le loro controparti, la Bce ha preso una decisione che non ha precedenti nella storia delle banche centrali: offrire alle banche tutta la liquidità che chiedono per scadenze dai 15 giorni ai 6 mesi. Con la decisione presa ieri sui tassi il costo al quale le banche possono ottenere risorse illimitate scende all'1,25%. Ma ieri Trichet ha detto che a maggio potrebbero essere anche prese «misure atipiche». Per far arrivare risorse all'economia la Bce è sinora passata attraverso le banche, a differenza della Federal Reserve e della Banca centrale del Giappone che fanno anche finanziamento diretto all'economia, come l'acquisto di titoli di Stato, obbligazioni e commercial papers in mano alle imprese. A maggio l'Eurotower potrebbe aprire all'accesso diretto delle imprese al credito del sistema di banche centrali. L'armamentario allo studio è vario, Trichet non ha scoperto le carte, ma ha accreditato la possibilità di operazioni che favoriranno l'accesso ai fondi a condizioni più favorevoli per famiglie e imprese senza l'intermediazione del sistema finanziario. Il tasso principale all'1,25% (lo 0,25% in meno) porta a 3 punti complessivi la riduzione del costo del denaro avviata dalla Bce ad ottobre scorso. «Non escludo che si possa, in maniera molto misurata, scendere dal livello attuale- ha detto Trichet-. Non abbiamo deciso a priori che l'1,25% è il punto di arrivo». E' ovvio che anche le prossime mosse dipenderanno dall'evolvere della situazione. «L'economia dell'eurozona si è indebolita ulteriormente nei primi mesi dell'anno e ci aspettiamo che rimanga debole per tutto il 2009, con segnali di miglioramento graduale nel 2010», ha detto Trichet. «Gli ultimi dati confermano che l'economia mondiale è in fase di recessione severa». Ma il calo dei prezzi delle materie prime, e i piani di stimolo dell'economia messi a punto dai vari paesi cominciano a sostenere i consumi. Le misure prese per regolarizzare il sistema finanziario stanno producendo i loro effetti. In questa situazione «rimane essenziale» che i governi adottino «misure che non distorcono la competizione, che e che non rallentino i necessari processi di aggiustamento strutturale». E' l'ennesimo no di Trichet al protezionismo.

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Digitale a costo zero per la ripresa (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: COMMENTI E INCHIESTE data: 2009-04-03 - pag: 13 autore: Digitale a costo zero per la ripresa L'Itu (Onu): «La spinta dalla banda larga mobile sulle frequenze liberate dalla tv» di Giuseppe Caravita L a galassia digitale, dai 4 miliardi di utenti di telefonini alla grande internet e tutta l'Ict (oltreil 6%del Pil mondiale), come affronterà la grande crisi? Ne resterà schiacciata oppure, all'opposto, potrà attivare persino per sua forza propria, una delle vere leve antidepressive che oggi servono? Hanno lavorato in velocità i 21 analisti, di differenti centri di ricerca, insieme allo staff dell'Itu (International Telecommunications Union), l'agenzia Onu di Ginevra. Per uno scenario corposo, quello reso pubblico sul suo sito ( Confronting the Crisis). Oltre 100 pagine e 19 punti chiave. Che partono da un'analisi impietosa dell'attuale crisi finanziaria, della rarefazione del credito, dei pesanti segnali, ormai evidenti, di avvitamento in una grave recessione su scala globale. Ma il messaggio di fondo del rapporto Itu non è (anche se a chiaroscuri) necessariamente negativo. «Per molti versi l'industria Ict – premette Hamadoun Tourè, segretario generale dell'Itu – è oggi un una condizione migliore rispetto all'esplosione della bolla dot.com del 2001-2002. In molti Paesi l'internet è l'ossatura strutturale per gli stili di vita, le comunicazioni, il commercio internazionale e i processi di lavoro moderni. Gli operatori hanno già eliminato l'eccesso di capacità seguito alla bolla dot.com e attualmente godono di fatturati stabili da clienti consolidati. I loro servizi sono in trazione da domanda, e applicazioni innovative vengono introdotte e guadagnano il favore del mercato». Tutto bene? No. Le reti di nuova generazione a larga e larghissima banda, siano esse fisse o wireless, hanno bisogno d'ingenti capitali oggi mancanti. Gli investimenti rischiano di deragliare, l'intera filiera Ict di rallentare o persino bloccarsi, e soprattutto nei Paesi dell'area Ocse rischia di generarsi una rarefazione progressiva degli introiti (per esempio con il passaggio, da parte di molti nuovi disoccupati, da abbonamenti fissi alle più economiche carte prepagate). Lo scenario dell'Itu ne trae alcune conseguenze. Primo: fino a quanto il settore bancario non sarà stato ricapitalizzato la pressione sarà sui Governi, per il finanziamento delle nuove reti. E qui il caso italiano (un miliardo di euro annunciati lo scorso settembre per la rete di nuova generazione italiana) e greco (2 miliardi per connettere in fibra due milioni di case), nonché i progetti Usa del piano di stimolo di Obama, vengono portati a esempio. Allo stesso tempo, il venture capital diverrà restrittivo, specie sulle startup più fantasiose, senza un solido modello di business a breve termine. La crisi aprirà però nuove opportunità per innovazioni tecnologiche distruttive. Un esempio è il successo (che continua) dei netbook a bassissimo prezzo. E poi, con ogni probabilità, degli smartphone a misura dei Paesi emergenti. Il punto chiave del rapporto Itu verte però sugli operatori mobili. I meglio posizionati, anche per risorse e redditività proprie, per reggere la tempesta, data la loro maggiore flessibilità negli investimenti, e il trend (dovuto alla crisi) di sostituzione di telefonia fissa con mobile. E, soprattutto, la domanda ancora insoddisfatta ( persino in Paesi emergenti come India e Cina) per servizi internet e reti mobili a banda larga, meno costose da diffondere di quelle fisse. Un'allocazione rapida di nuove frequenze pregiate ( quali quelle risparmiate dal passaggio alla Tv digitale) potrebbe quindi indurre un circolo virtuoso. I servizi Ict in generale e mobili in particolare ne ricaverebbero una spinta a investire in nuove tecnologie e soprattutto ad aprire uno spazio, fino a dimensioni globali, per nuovi servizi di broadband mobile redditizi. Ad oggi, infatti, nell'intero spazio Ict questa appare l'unica grande opportunità positiva. Tutta la filiera sta soffrendo. Dalla base dei semiconduttori in contrazione al 20-30%, ai pc a -12% nel 2009 (previsione Gartner), alla spesa per It rimandata nelle aziende (specie per rinnovi software, come i gestionali Sap). Agli apparati di Tlc, anch'essi fermi. Unici punti di luce (un po' deboli) segnalati nel rapporto Itu appaiono i contratti pluriennali di outsourcing e soprattutto la domanda di servizi mobili nei Paesi emergenti (India, Cina, America Latina e Africa) in cui lo spazio di domanda è ancora consistente, e persino anelastico al reddito. Su 4,1 miliardi di utenti di cellulari (cresciuti da un miliardo nel 2002) il 23% di loro oggi usa il telefonino per accedere a internet, e il grosso è concentrato in quelle regioni. Non solo: Informa stima in circa 30 milioni le connessioni broadband mobile (modem e chiavette) nel mondo. In molti Paesi europei questo mercato solo un anno fa era zero. Altrettanto vale per i netbook, i piccoli portatili da 2-300 euro passati da vendite zero nel 2007 a 40 milioni previsti in questo pur difficile 2009. E poi l'uso crescente di linux, e di dispositivi a costo zero (persino smartphone finanziati dai servizi). Due sfide per i gestori poi emergono nello studio Itu: tariffe flat e condivisione delle reti. Flat significa che la domanda, in particolare di internet a larga banda mobile, sarà fortemente stimolata da formule a pagamento fisso, e quanto più possibile a traffico illimitato. E condivisione significa che, sotto il peso della crisi, la tendenza a condividere le infrastrutture di rete si farà sempre più forte, dai costosissimi condotti per le nuove reti in fibra ottica fino alle torri cellullari avanzate usate da più gestori, ai contratti di traffico dei bit del concorrente sulla propria rete. Qui si inseriranno, secondo l'Itu, molte forme di "regolatory holidays": finanziamenti pubblici alle nuove reti contro ( almeno temporanei) alti livelli di condivisione. Resta da vedere se convenga, oggi, puntare sulla rete fissa oppure mobile. © RIPRODUZIONE RISERVATA INTERNET E DINTORNI Il segretario Tourè: «L'industria è in una situazione migliore rispetto alla bolla del 2001-2002 La rete ha contribuito a cambiare stili di vita e lavoro»

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Galvagni al vertice di Swiss Re (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-04-03 - pag: 41 autore: Assicurazioni. Il manager italiano avrà la guida operativa della ristrutturazione Galvagni al vertice di Swiss Re Lino Terlizzi «è un onore, certo, e poi c'è anche l'orgoglio di essere italiano e di poter dare il mio contributo in un gruppo di questa importanza ». Si sente un po' di naturale emozione nelle parole di Agostino Galvagni, 49 anni, il manager che dal primo maggio prossimo sarà chief operating officer del colosso delle riassicurazioni Swiss Re. Galvagni è da circa otto anni nel gruppo, dal 2005 è nella direzione generale ed ora diventa di fatto il braccio destro del chief executive officer, Stefan Lippe. «Posso dire di aver fatto i gradini all'interno del gruppo,senza dubbio, e questo ovviamente dà soddisfazione », aggiunge il neo chief operating officer di Swiss Re. Con la nomina di Galvagni, il gruppo elvetico accelera in pratica la riorganizzazione del vertice, in una fase non semplice, in cui dovrà tornare alle cifre nere attraverso una ristrutturazione di cui ieri è stato annunciato un altro rilevante tassello. Swiss Re infatti ridurrà del 10% il suo organico, che a livello mondiale è attestato oggi sulle 11.560 unità. Ci sarà quindi il taglio di circa 1.100 posti di lavoro, attraverso un mix di non rimpiazzo del turnover, pensionamenti, licenziamenti. Il gruppo punta a risparmiare 400 milioni di franchi entro il 2010. «Swiss Re è un gigante delle riassicurazioni, la stabilità e la forza finanziaria debbono essere valori di riferimento», dice Agostino Galvagni al riguardo delle misure annunciate ieri e di quelle che il gruppo aveva già reso note nelle scorse settimane. La svoltaè stata la perdita registrata dal gruppo a fine 2008, cioè 864 milioni di franchi, con una contemporanea discesa di un terzo dei mezzi propri. Conseguenze da un lato del cattivo andamento dei mercati finanziari ma dall'altro anche di una crescita del grado di rischio in una parte degli investimenti ef-fettuati dal gruppo. Dopo il rosso di fine anno, il gruppo ha deciso di procedere in tre direzioni: aumento dei mezzi propri; riorganizzazione delle attività con la riduzione dei costi e del grado di rischio; ricambio al vertice. Per quel che riguarda il primo punto, Swiss Re avrà 3 miliardi di franchi dal finanziere americano Warren Buffett, che già era presente con una piccola quota di capitale, ed attuerà una ricapitalizzazione per 2 miliardi di franchi. Per il secondo, ci sono le misure annunciate. Per il terzo punto, il vertice è quasi interamente cambiato: l'ex Ceo Jacques Aigrain ha lasciato la carica a Stefan Lippe; il presidente del cda Peter Forstmoser lascerà il primo maggio il posto al vice Walter Kielholz. E ora c'è, a fianco di Lippe, Agostino Galvagni. «Le strategie del gruppo sono definite, agisco all'interno di quelle», dice il manager, con uno stile low profile, ma la sua nomina fa segnare oggettivamente un altro punto a favore di chi vuole un ancoraggio al business tradizionale di Swiss Re. Alla Borsa di Zurigo la miscela della nuova nomina e della ulteriore riduzione dei costi è stata accolta bene e ieri il titolo di Swiss Re è salito del 10,63%, a 21,44 franchi. Nei mesi scorsi l'azione ha subito il peso degli effetti della crisi finanziaria, ma ieri il saluto del mercato è stato abbastanza chiaro. La sfida di tutto rilievo per il management è ora riportare in carreggiata il gruppo in tempi brevi. E ancora a proposito di cambi al vertice, c'è da registrare la novità in casa Adecco, gruppo svizzero leader internazionale nel lavoro ad interim. Il belga Patrick De Maeseneire, 52 anni, prenderà il posto del chief executive officer, il tedesco Dieter Scheiff, 51 anni. Quest'ultimo era da tre anni al timone di Adecco. Il manager belga aveva già lavorato dal 1998 al 2002 per il gruppo elvetico, ma era poi diventato ceo di Barry Callebaut, gruppo attivo nel cioccolato industriale. Sia Adecco che la Barry Callebaut hanno come azionista di rilievo la famiglia Jacobs. Rolf DÖrig, presidente del cda di Adecco, ha ringraziato Schieff per il lavoro svolto ma ha spiegato che un ricambio era necessario. Non ci sono stati contraccolpi per il titolo Adecco, che a Zurigo ieri ha guadagnato il 4,9 per cento. © RIPRODUZIONE RISERVATA LA RIORGANIZZAZIONE Il gruppo, nell'ambito del riassetto, ha annunciato che ridurrà l'organico di 1.100 posti di lavoro pari al 10% del totale

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e l'ocse pubblica le liste nere: ci sono anche svizzera e austria (sezione: crisi)

( da "Messaggero Veneto, Il" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina 2 - Attualità E l'Ocse pubblica le liste nere: ci sono anche Svizzera e Austria Le strategie LONDRA. L'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) ha pubblicato due liste di paradisi fiscali: una delle due è la lista nera in cui sono inserite Costa Rica, Malaysia, Filippine, Uruguay. Una «lista grigia» include Lussemburgo, Svizzera, Austria, Belgio, Singapore, Cile e isole Cayman, Liechtenstein e Principato di Monaco, Paesi che non hanno ancora firmato gli accordi internazionali. Ieri il G20 ha deciso di agire contro gli Stati non collaborativi in campo fiscale. Inoltre, fondi per oltre 1.000 miliardi di dollari, nuove regole per i mercati finanziari e la fine dei paradisi fiscali: questi i tre punti cardine del pacchetto di interventi senza precedenti varato ieri dal vertice di Londra per fare fronte alla crisi, ridare fiducia ai cittadini e rilanciare l'economia salvando milioni di posti di lavoro. I mille e cento miliardi stanziati dal G20 sono destinati soprattutto al Fondo monetario internazionale e alla Banca mondiale per aiutare i Paesi in difficoltà e sostenere gli scambi commerciali. Il G20 ha anche deciso di dare all'Fmi la possibilità di vendere il suo oro per andare in soccorso dei Paesi più poveri. Questi soldi si vanno ad aggiungere ai 5.000 miliardi di dollari stanziati e ancora da stanziare entro la fine del 2010 dai singoli Paesi del G20 per politiche fiscali nazionali finalizzate a contrastare gli effetti della crisi finanziaria ed economica. Uno sforzo finanziario, è scritto nel documento conclusivo del vertice, che dovrebbe portare «a un aumento della produzione del 4% e all'accelerazione della transizione verso un'economia verde». Inoltre, la montagna di miliardi messa ieri nero su bianco dai leader dei 20 Paesi che rappresentano oltre l'80 per cento del Pil mondiale dovrebbe rendere più robusta e veloce la ripresa della crescita economica rispetto al 2% già previsto dall'Fmi per fine 2010. Toccherà ora ai ministri delle finanze del G20 mettere a punto la lista delle sanzioni da applicare contro chi si ostinerà a non collaborare.

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Missione impossibile per il vertice G20 (sezione: crisi)

( da "Manifesto, Il" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

LONDRA Il summit incapace di riformare le istituzioni finanziarie Missione impossibile per il vertice G20 LONDRA Una missione impossibile: un vertice di sette ore, su un testo di nove pagine negoziato in meno di due settimane. L'idea di un G20 come nuova forma di governance globale e cassa di compensazione politica della globalizzazione economica sembra inadeguata rispetto alla sfida del presente, perché le divisioni tra i paesi che contano in molti casi sono strutturali e richiedono tempo per essere discusse ed appianate. Ma allo stesso tempo la crisi finanziaria ed economica che stiamo vivendo è senza dubbio uno spartiacque nelle dinamiche internazionali e l'esito con luci ed ombre del vertice di Londra lo dimostra. Il tema della regolamentazione finanziaria, grazie al pressing franco-tedesco, è rientrato in agenda. Dal vertice, se insufficiente, esce una lista dei paradisi fiscali. Oltre alla scontata retorica sulla spinta al commercio internazionale come finta panacea di tutti i mali ed ai ben noti impegni per lo stimolo all'economia attuati nei singoli paesi - in gran parte già in corso - il G20 ha mostrato tutta la sua incapacità di riformare le istituzioni finanziarie internazionali. Ciononostante ha deciso di dare a queste, ed in particolare al Fondo monetario internazionale, un assegno in bianco di ben 1.100 miliardi di dollari. Nel dettaglio le banche multilaterali di sviluppo reperiranno sui mercati 100 miliardi di dollari ed una metà andrà ai paesi più poveri, in parte a tassi agevolati ed anche, ma non solo, per reti di salvataggio sociale. Il sostegno delle agenzie di credito alle esportazione - in Italia la Sace - globalmente aumenterà di 250 miliardi di dollari, principalmente in forme di assicurazioni contro i rischi. L'Fmi gestirà fino a 750 miliardi di dollari di interventi verso i paesi in crisi, oltre a 6 miliardi di dollari in prestiti agevolati per i paesi più poveri - in questo caso anche vendendo una parte delle riserve auree che custodisce. Così la gran parte della fetta dei soldi per sostenere l'economia mondiale va ancora una volta al Fondo monetario. Ben 250 miliardi saranno generati tramite i diritti speciali di prelievo, ossia la "moneta" propria del Fondo pensata da Keynes nel 1944. In pratica ogni paese ha diritto, se ne ha necessità, a prelevare dal fondo comune, e se usa la sua quota altri paesi lo pagano con le proprie riserve reali, subentrando però nel possesso dei diritti di prelievo. Una strategia per far liberare alla Cina alcune delle sue riserve, senza andare a cambiare le regole di funzionamento del Fondo. Di contro i rimanenti potenziali 500 miliardi corrisponderebbero a promesse per soldi reali. Ma ad oggi gli impegni di Giappone, Unione europea e Cina ammontano a solo 240. E non aumenteranno facilmente. Il G20 si complimenta apertamente con il Messico per aver deciso di usufruire della nuova Flexible Credit Facility per prevenire che i paesi vadano in crisi. Qualcosa che in passato nessuno dei paesi in via di sviluppo utilizzava per la paura che i mercati internazionali si spaventassero, temendo una crisi imminente fino a ritirare gli investimenti, così di fatto da sortire l'effetto contrario a quello sperato. Ci vorrà del tempo per ratificare questi impegni finanziari. Allo stesso tempo va detto che rispetto ai potenziali bisogni dei paesi in via di sviluppo che rischiano di andare in default le stime sono addirittura prudenziali - sulla lista di chi rischia vi sono anche Corea del Sud e Sud Africa. In più si aggiunga che se alcuni paesi emergenti verseranno dei propri contributi, li condizioneranno alla richiesta di ottenere più potere nel consiglio decisionale del Fondo e la partita potrebbe ingarbugliarsi non poco, come già successo negli ultimi anni. Per i paesi che non sono nel G20 la realtà sarà ancora più amara, e lo sanno bene l'Ungheria, la Lettonia e l'Ucraina che hanno preso i prestiti dell'Fmi negli ultimi mesi. Per loro, a differenza di quello che ha sostenuto enfaticamente in sala stampa Gordon Brown, il consenso di Washington non è finito. L'Ungheria è tenuta a rispettare un obiettivo di deficit del 2,5 per cento, e così la scure del governo si abbatte sulle spese sociali proprio in tempo di crisi. In Lettonia il Fondo ha spinto verso la riduzione degli stipendi pubblici del 15 per cento. In Ucraina il Fondo ha imposto una maggiore deregolamentazione del sistema bancario. Nella più grande crisi finanziaria degli ultimi 80 anni, dovuta alla liberalizzazione selvaggia dei mercati finanziari e dei capitali, ai banchieri di Washington non manca proprio il senso di humour.

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La vecchiaia della Nato (sezione: crisi)

( da "Manifesto, Il" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

COMMENTO La vecchiaia della Nato Francesco Paternò Essere in crisi d'identità per vent'anni - su sessanta di esistenza - può significare non avere alcuna prospettiva. È il nodo sui cui la Nato oggi e domani ricorda la sua nascita il 4 aprile del 1949 a Washington, baluardo dell'occidente contro l'Urss. Nel 1989 finisce la guerra fredda, ma l'Alleanza Atlantica prova a reinventarsi, cercando un nuovo nemico e cambiando natura. Da allora a oggi sono accadute molte cose, ma il paradosso è che la crisi d'identità viene evocata a ogni cambio di stagione, benché nel frattempo direttamente o indirettamente la Nato abbia partecipato a quattro guerre: Golfo 1, Jugoslavia, Afghanistan, Golfo 2. CONTINUA|PAGINA11 E si presenti a questo anniversario con un'unica certezza ben sintetizzata dalla battuta di un suo anonimo alto funzionario riferita dall'Economist: «Le operazioni militari sono diventate la nostra ragion d'essere. Intervengo, dunque sono». Fino a quando? Sullo scenario mondiale ci sono almeno due fattori che potrebbero influenzare fortemente questa «ragion d'essere»: il ritorno della politica con l'elezione di Barack Obama e l'urgenza della instabilità finanziaria e della crisi climatica. Non è roba di una notte, né da fare davanti a candeline. La guerra in corso in Afghanistan resta al centro delle relazioni internazionali, perché lascia in bilico la residua credibilità dell'alleanza militare. Lo stesso Obama ci investe più uomini e mezzi, perché se la Nato perdesse in Afghanistan, probabilmente non si parlerebbe più di crisi d'identità ma di esistenzialità. Il documento finale che verrà approvato domani dai 28 membri della Nato (erano 16 sessanta anni fa) denominato Declaration of Alliance Security conterrà tracce di un nuovo concetto strategico, ma non il suo compimento, fra l'imprevedibilità della guerra afghana e il nervosismo dei paesi alleati dell'est europeo, che vorrebbero una struttura più vicino ai loro (presunti) bisogni. Negli anni Novanta, la Nato riparte intorno al concetto strategico dell'out of area, attraverso cui passano tutte le missioni internazionali. Nella prima guerra del Golfo del 1991, l'«alleanza dei volenterosi» schierata contro l'Iraq non è un'operazione Nato ma i suoi membri combattono con procedure, strutture e logistica che hanno già in casa. Nel 1999, bombardando la Serbia di Slobodan Milosevic, la missione «fuori area» è ormai una realtà collaudata e ufficiale, con un seguito di peaceenforcing e poi di peacekeeping sotto le insegne Nato nella ex Jugoslavia che arriva ai nostri giorni. Nel 2001, dopo l'abbattimento delle Torri Gemelle, l'amministrazione Bush invoca per la prima volta dal 1949 l'articolo 5 del Patto Atlantico, che prevede il mutuo soccorso tra alleati in caso di minaccia a uno dei membri. L'Afghanistan e poi ancora l'Iraq sono sostanzialmente - sotto forme diverse - operazioni Nato out of area. Questa attività, dettata agli alleati da un'amministrazione americana pesantemente unilaterale nelle relazioni internazionali, indebolisce l'ingresso nella Nato dei paesi dell'ex Patto di Varsavia, che puntano sull'Alleanza guardando più concretamente ai benefici di entrare un giorno nell'Unione europea. E' questo l'altro problema del sessantennio. I baltici più di tutti si sentono indifesi di fronte alla Russia e chiedono un bilanciamento diverso, traducibile in una struttura militare di «solidarietà» più agile che possa garantire i confini casalinghi. Un punto, forse, merce di scambio con la nuova linea dell'amministrazione americana, che non ritiene più essenziale lo «scudo» e anzi fa del riavvicinamento con la Russia una nuova stella polare. Politique d'abord, Obama ha chiuso l'era Bush. Il suo approccio alla Nato come all'Onu è ispirato da un multilateralismo che non risolve i rischi, ma li riconduce almeno a una prova di dialogo. Da esercitare anche con paesi come l'Iran. Una linea esplicita fin dal 2007, quando in una riunione del Chicago Council on Global Affairs, l'allora senatore affermava che «è stata l'America ad aver costruito in buona parte un sistema di istitituzioni internazionali che ci hanno fatto attraversare la Guerra Fredda. Invece di limitare la nostra potenza, queste istituzioni ci hanno esaltato». Ma la Nato è in bilico non solo per l'Afghanistan. Questa guerra assorbe 2 miliardi di dollari all'anno per «sviluppare la sicurezza» e altri 42 per le operazioni militari. Tutto ciò mentre la crisi finanziaria avanza e svuota l'Alleanza quale centro del dialogo strategico fra Stati Uniti ed Europa. L'Asia sarà sempre più il primo interlocutore degli Stati Uniti. E l'emergenza climatica, in cima all'agenda americana e cinese, è troppo out of area perché la Nato possa trovarvi un senso. O un'altra identità.

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Trasfusione in dollari (sezione: crisi)

( da "Manifesto, Il" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

1.100 dollari nelle tasche del Fondo monetario internazionale e delle altre istituzioni finanziarie. Una lista nera dei paradisi fiscali. Le divisioni tra i «grandi» alla fine trovano un compromesso Trasfusione in dollari Antonio Sciotto INVIATO A LONDRA INVIATO A LONDRA Un trilione di dollari per sostenere l'economia globale contro la crisi, nuove regole per il controllo della finanza, la messa al bando dei paradisi fiscali. Il G20 di Londra, trova un compromesso tra le divisioni che separano i «grandi» della terra e annuncia un pacchetto d'interventi che accontenta tutti, almeno apparentemente. «Nasce un nuovo ordine mondiale», ha detto un po' troppo enfaticamente il premier inglese Gordon Brown presentando il documento finale. Ma è soprattutto sul rapporto con le banche, l'eccessiva sregolatezza dei prodotti finanziari, il far west dei paradisi fiscali, la crisi sembra aver lasciato il segno imponendo al vertice un accordo che perlomeno offra un po' di risorse e un minimo di regole a un'economia struttaralmente malata. Dall'interno degli smisurati hangar dei Docks, dove si teneva il vertice, nulla si sentiva delle proteste e degli scontri che si sono svolti fuori, soprattutto alla vigilia del summit: giornalisti e politici sono stati rinchiusi in un enorme cordone di sicurezza, strade svuotate intorno brulicanti di poliziotti dalla tipica divisa giallo fosforescente. Si è innanzitutto deciso di aggiungere 1100 miliardi di dollari (1,1 trilioni) ai 5 mila già stanziati finora dagli stati (sotto forma di stimolo fiscale) con i loro piani anti-crisi. Questi soldi verranno dati in gran parte al Fondo monetario internazionale, che acquista 500 miliardi freschi da sommare ai 250 già a sua disposizione (salendo così a complessivi 750); inoltre, sono accordati ulteriori diritti di prelievo per 250 miliardi di dollari. Ancora, vengono stanziati 250 miliardi di dollari per sostenere il commercio internazionale, tutelando così il «libero mercato» dal protezionismo. Infine, altri 100 miliardi vengono messi a disposizione delle banche internazionali per lo sviluppo (50 miliardi, appena, per prestiti ai paesi più poveri). Il G20 ha puntato anche sul rafforzamento della regolazione e supervisione della finanza, così come avevano chiesto soprattutto Francia e Germania, minacciando di uscire se non si fossero avuti già a questo vertice risultati concreti. Si è deciso così di creare il Financial Stability Board, che avrà il preciso mandato di vigilare - in collegamento con il Fondo monetario internazionale - sui rischi che potrebbero venire dal mondo della finanza: includerà i paesi del G20, i membri del Financial Stability Forum (l'istituto oggi guidato da Mario Draghi), la Spagna e la Commissione europea. Il documento finale insiste molto sulla «regolazione e la supervisione che verrà estesa a tutte le istituzioni finanziarie, strumenti e mercati, inclusi gli hedge funds», strumenti, questi ultimi, finora sottratti a qualsiasi controllo. Ancora, si estenderà «la supervisione regolatoria e la registrazione alle agenzie di rating, per prevenire inaccettabili conflitti di interesse». Sul fronte bonus dei manager - punto caro al presidente francese Nicolas Sarkozy, anche per le recenti tensioni sociali nel suo paese e gli assalti ai ricchi - si è deciso che «si appoggeranno e implementeranno i nuovi principi stabiliti dal Financial stability Forum sulle retribuzioni e i compensi, per avere un sistema sostenibile e di responsabilità delle imprese». Nel pomeriggio, il presidente del Forum Draghi, aveva infatti preannunciato «un grande cambiamento», presentando le nuove linee di remunerazione del Fsf, sostenendo che occorre allineare gli incentivi ai manager con la redditività a lungo termine delle società finanziarie. Draghi ha poi spiegato che «sarà compito delle autorità nazionali stabilire che i comportamenti nelle retribuzioni siano ispirati ai principi generali del Financial Stability Forum». Anche il tema dei paradisi fiscali aveva molto diviso: Francia e Germania volevano la totale messa al bando, mentre paesi come la Cina frenavano (proteggendo «isole» come Macao e Honk Kong, accusate di poca trasparenza). Si è deciso letteralmente che «l'era del segreto bancario è finita» e che si metteranno in campo «sanzioni per i paesi che non rispettano le regole». Non è stata stilata direttamente la «black list» dei paesi banditi, ma si è rimandato per il momento a quella stilata dall'Ocse (e che avrebbero dovuto distribuire ieri sera, subito dopo la conclusione del G20). Sarkozy ha spiegato che l'accordo «è andato oltre quanto sperato» e si è detto soddisfatto, insistendo però sull'opportunità di non demordere su questo terreno, già a partire dal prossimo G20 finanziario. Subito dopo, scendendo nei dettagli, il presidente francese ha spiegato che in realtà si può dire che esistono «tre liste», una bianca, una grigia e una nera: «La lista bianca comprende paesi come la Francia che rispettano le regole del forum globale dell'Ocse. La Svizzera è nella lista grigia perché ha annunciato un processo che se sarà portato a termine la porterà nella lista bianca. Nel caso contrario - ha aggiunto - scenderà nella lista nera». Il G20 si è poi pronunciato esplicitamente contro il protezionismo, la vera bestia nera da tutti temuta: «Il calo della domanda è esacerbato dalle crescenti pressioni protezionistiche»; così, «rinvigorire il commercio globale e gli investimenti è essenziale per rilanciare la crescita». Come già detto, vengono stanziati 250 miliardi di dollari in due anni a sostegno del commercio mondiale, e inoltre viene rilanciata l'opportunità di porre le basi - già dal prossimo G8 della Maddalena - per riprendere e concludere entro l'anno il Doha Round, quel complesso di riforme che dovrebbe cambiare volto al global trade e che è arenato da tempo. Come Sarkozy, anche la cancelliera tedesca Angela Merkel ha parlato di un «compromesso storico». E il presidente Usa Barack Obama, in conclusione, ha detto che si sono decise «misure coordinate senza precedenti». Tra le «chicche» folcloristiche del vertice, l'abbraccio fuori protocollo tra Michelle Obama e la regina Elisabetta, e il «siparietto» di Berlusconi che dopo la foto di rito urla «Mister Obamaaa», rivolto al presidente Usa, prendendosi i rimbrotti della stessa regina: «Ma perché urla?».

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È il momento dei vitigni bianchi (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: VINO E OLIO data: 2009-04-03 - pag: 21 autore: Tendenze. Dopo anni di crescita dei rossi è il momento dei vitigni bianchi Eleonora Vallin PORDENONE L'effetto-crisi pesa sul "borsino" dei vitigni, ma il prossimo sarà di sicuro l'anno del bianco. «Quando ci sono difficoltà economiche – spiega Eugenio Sartori, direttore dei Vivai Cooperativi Rauscedo, azienda di Pordenone che copre metà del mercato nazionale e pesa per il 40% all'export e un fatturato di 55 milioni di euro – la domanda cerca vini meno costosi e i bianchi sono più appetibili perché più snelli e meno impegnativi. Senza contare che dopo anni di moda esagerata, ci troviamo di fronte a una certa stanchezza per i rossi». La crisi finanziaria e dei consumi influiscono dunque sulle scelte dei viticoltori e, di conseguenza, sul primo anello della filiera, quello delle barbatelle, che incassa quest'anno una flessione del 30% a livello mondiale. A reggere per ora è il Nordest, in crescita rispetto allo scorso anno; la Sicilia resta stabile mentre il Lazio incassa una flessione del 50% e la Toscana addirittura una flessione del 60% d'investimenti. «A livello europeo la Francia, che di norma vantava 250 milioni di innesti, quest'anno è scesa a 138 milioni – spiega Dionisio Vizzon, direttore commerciale di Vitis Rauscedo (PN), cooperativa da otto milioni di fatturato –. In Romania aziende ben strutturate stanno riducendo i vigneti da cento a sessanta ettari, mentre le cantine nuove hanno azzerato gli investimenti ». «Vedo difficoltà in Spagna, e in Francia e Italia le imprese si stanno auto-finanziando ». Quanto al tipo di bacca, l'Est Europa manifesta ancora un certo equilibrio tra rosso e bianco, mentre nell'Europa continentale e soprattutto in Italia, la scelta è fortemente virata verso il bianco (62% contro 38%). In pole position, complice la buona salute delle aziende e l'estensione della "doc" fino a Trieste e in tutta la provincia di Venezia, c'è il Prosecco con una piantagione che, stando ai numeri forniti dai Vivai cooperativi Rauscedo, si attesta sui 2,7 milioni di ettari. A seguire il Pinot grigio e il Catarratto siciliano, che quest'anno ha scalzato il Nero D'Avola. In Campania sarà invece l'anno della Falangina. Il Vermentino coprirà tutta la costa tirrenica, con una buona presenza di Verdicchio e Pecorino. Mentre tornando al Nord e al Piemonte si berrà soprattutto Arneis. Gli unici rossi che tengono sono quelli veronesi atti a produrre Amarone, Ripasso e Valpolicella. Quanto agli altri «vedo – spieva Vizzon – solo segni meno». © RIPRODUZIONE RISERVATA

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LONDRA - Alla fine l'accordo c'è stato, con l'ago della bilancia spostato più... (sezione: crisi)

( da "Messaggero, Il" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

Venerdì 03 Aprile 2009 Chiudi di CRISTINA MARCONI LONDRA - Alla fine l'accordo c'è stato, con l'ago della bilancia spostato più dalla parte dell'Unione europea e delle sue esigenze di riforma dei mercati finanziari che da quella di Stati Uniti e Gran Bretagna, persuasi che senza nuovi stimoli l'economia mondiale non possa ripartire. I leader del G20 hanno deciso di destinare 1.100 miliardi di dollari in prestiti e garanzie per i paesi in difficoltà, di colpire con mano pesante i paradisi fiscali e gli hedge funds, e di creare un'organismo di supervisione, figlio del Financial stability forum di cui Mario Draghi è presidente, per affrontare i problemi del sistema finanziario globale. «Oggi i più grandi paesi del mondo si sono messi d'accordo su un piano globale per la ripresa e la riforma dell'economia», ha commentato il padrone di casa, il premier britannico Gordon Brown, mentre l'inquilino della Casa Bianca Barack Obama ha parlato di un «vertice molto produttivo», che rappresenterà una vera «svolta» sul percorso del rilancio dell'economia. E il francese Nicolas Sarkozy, che nei giorni passati aveva minacciato di lasciare la sala in caso di «mezzi compromessi», ha ammesso: «Non avremmo mai pensato di raggiungere un accordo così importante». Brown ha sottolineato come con i piani già varati i paesi del G20, entro la fine del 2010, avranno immesso nell'economia mondiale 5.000 miliardi di dollari. Ora l'appuntamento è in autunno, quando i venti leader si incontreranno di nuovo per il terzo vertice di questo tipo, che secondo il premier Silvio Berlusconi si terrà in Giappone e secondo il francese Nicolas Sarkozy avrà luogo a New York. I 1.100 miliardi di dollari promessi dal vertice sono stati così suddivisi: 750 miliardi, ossia il triplo di prima, destinati al Fmi, 250 miliardi per finanziare il commercio e 100 miliardi per le banche per lo sviluppo multilaterale. Il direttore generale del Fondo monetario, Dominique Strauss-Kahn, che in precedenza aveva esortato i partecipanti al vertice ad affrontare con chiarezza il problema degli asset tossici che ostruiscono il funzionamento del sistema bancario, ha accolto con favore la decisione, spiegando che l'istituzione ha ora «la potenza di fuoco per fare quello di cui il mondo ha bisogno». «Per la prima volta abbiamo un approccio comune alla ripulitura delle banche nel mondo, in modo da ristrutturare il sistema finanziario globale. Abbiamo mantenuto il nostro impegno di aiutare i più poveri del mondo», ha detto Brown. I leader si sono impegnati a rinunciare al protezionismo e hanno destinato 250 miliardi di dollari in sostegno al commercio internazionale per aiutare le economie meno sviluppate e più in difficoltà. Sui paradisi fiscali è stato dato il via libera alla pubblicazione della lista nera dell'Ocse, che comprende Costa Rica, Malaysia, Uruguay e Filippine. «Siamo pronti a far scattare delle sanzioni», si legge nel comunicato finale. Inoltre sono state stabilite nuove regole per legare i compensi dei managers ai risultati ottenuti. Un risultato che Mario Draghi ha definito «molto molto importante», aggiungendo: «Oggi l'Fsf è stato rilanciato e rifondato come Financial Stability Board e questo perchè il leaders vogliono segnare una discontinuità tra il presente e il passato».

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PARIGI - Nicolas Sarkozy aveva minacciato di andarsene se non ci fossero stati risulta... (sezione: crisi)

( da "Messaggero, Il" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

Venerdì 03 Aprile 2009 Chiudi di FRANCESCA PIERANTOZZI PARIGI - «Nicolas Sarkozy aveva minacciato di andarsene se non ci fossero stati risultati concreti al G20: ha fatto bene a restare»: l'economista francese Jean-Pisani Ferry, direttore di Bruegel, il più importante think tank economico europeo, è soddisfatto delle decisioni prese a Londra. Persino un po' sorpreso. Positivamente. Il direttore del Fondo Monetario Internazionale Dominique Strauss-Khan ha parlato del «più grande piano di rilancio coordinato mai deciso». Questo vertice passerà alla storia? «E' un vertice riuscito. Ha prevalso la cooperazione ed è stata lanciata un'iniziativa importante per sostenere i paesi in difficoltà». Si fatica però a trovare misure concrete nuove ad uso dei governi. «Per quanto riguarda la gestione della crisi, non ci sono nuove misure a livello nazionale, non ci sono annunci per quanto riguarda il settore bancario. Da questo punto di vista il risultato finale è deludente, ma ce lo aspettavamo. Quello che invece è importante è il riconoscimento di un ruolo di verifica e valutazione delle politiche nazionali alle istituzioni internazionali, Fmi e Organizzazione mondiale del Commercio. La missione attribuita al Fondo Monetario è espressa nel comunicato finale in termini molto chiari e forti che non mi aspettavo. Questo significa che tra tre mesi l'Fmi potrà valutare se gli Stati avranno effettivamente fatto sforzi, se le politiche sono buone. Tutti hanno accettato questa sorveglianza: si è avviato un processo di controllo che è fondamentale». L'annuncio più spettacolare restano proprio i 1100 miliardi di dollari attributi agli organismi internazionali. «Il fatto nuovo e importante è che i paesi più ricchi hanno mostrato la volontà di aiutare i paesi in difficoltà. Negli ultimi tre mesi la crisi finanziaria è diventata crisi economica, e si è abbattuta con particolare virulenza sui paesi in via di sviluppo, anche quelli in Europa. Questa è una prima risposta della comunità internazionale. Nello stesso senso va l'accenno alla riforma delle organizzazioni internazionali per aumentare la presenza dei paesi emergenti. In particolare per quanto riguarda le quote nel Fondo Monetario Internazionale». Non a caso Gordon Brown ha parlato di nuovo ordine mondiale? «Parlare di Nuovo ordine mondiale mi sembra in verità eccessivo. Si tratta di una riorganizzazione che introduce elementi che non sono radicalmente nuovi, ma molto utili perché coinvolgono e fanno rientrare in gioco paesi, soprattutto asiatici, che si sentono o sono ai margini del sistema, in opposizione a Stati Uniti e Europa». Grande accento è stato posto anche sulla pubblicazione della lista nera dei paradisi fiscali. «Forse l'accento è stato troppo forte. Si tratta di un argomento importante, ma non dell'argomento centrale, che è il sistema bancario nei paesi industrializzati». Nonostante la foto di gruppo e le dichiarazioni unanimi, non è stata superata la divisione tra la volontà americana di rilancio monetario e la cautela europea sulla crescita del debito. «Il momento della verità arriverà questa estate, quando sapremo se ci sono o meno segni di ripresa. Diciamo che questo vertice ha sancito una tregua».

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Tutti i leaders mondiali si dichiarano contro il protezionismo. Ma il rischio concreto non è q... (sezione: crisi)

( da "Messaggero, Il" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

Venerdì 03 Aprile 2009 Chiudi Tutti i leaders mondiali si dichiarano contro il protezionismo. Ma il rischio concreto non è quello di un ritorno organico ai dazi. Piuttosto i singoli stati nell'avviare aiuti a imprese nazionali potrebbero danneggiare concorrenti esteri. Farà scuola la soluzione della crisi Opel, società della Gm che produce auto in Germania, rimasta senza liquidità.

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lo sporting in campo per il record (sezione: crisi)

( da "Messaggero Veneto, Il" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina 17 - Udine Lo sporting in campo per il record Domani, a Lucca, cercherà il dodicesimo successo consecutivo BASKET In attesa dei play-off per la promozione in A1 che cominceranno dopo Pasqua le udinesi vogliono chiudere la regular season lasciando il segno nella storia del club UDINE. Lo Sporting Club dei record guarda con fiducia ai play-off per la promozione in serie A1 femminile che inizieranno dopo Pasqua, una volta esaurito anche l'ultimo turno della stagione regolare, in programma domani. La squadra di Abignente, che chiuderà la prima fase a Lucca, sul campo della co-capolista del girone Nord, affronterà la Meccanica Nova Bologna nel primo turno dei play-off al meglio delle tre partite, con gara1 e l'eventuale gara3 da disputare, col vantaggio del fattore campo, al palaCarnera. Lo Sporting Club è l'assoluta bestia nera delle emiliane: Giacomelli e compagne hanno sempre vinto in tutti i confronti con Bologna negli ultimi due anni. Ce n'è abbastanza, nonostante l'indubbia forza, esperienza e personalità del quintetto felsineo, per considerare le friulane favorite d'obbligo per l'avanzamento alle semifinali dei play-off, con incroci ancora tutti da stabilire perché il primo posto e il secondo, in ballo tra Cavezzo e la stessa Lucca, e l'ottavo, con Bolzano, Montichiari e Broni a caccia, saranno definiti solo dopo le partite di domani sera. Alla vigilia dell'ultimo turno, sono sicure del proprio posto nella griglia dei play-off solo Udine terza, Reggio Emilia quarta, Marghera quinta e Bologna sesta. In un momento così negativo per le finanze societarie, con nubi scurissime che s'addensano all'orizzonte dello Sporting Club, la situazione di classifica e le prospettive dei play-off paiono come autentici raggi di sole, utili a rischiarare il cielo sopra la squadra di Abignente. Squadra che sta dimostrando spessore umano e tempra agonistica fuori dal comune, considerando le ristrettezze economiche. Domani, a Lucca, contro la squadra della lituana ed ex udinese Jurga Budryte, lo Sporting avrà la possibilità di centrare il dodicesimo successo consecutivo: un record assoluto, che riporta ai tempi della serie B a cavallo tra la fine degli anni Novanta e l'inizio del nuovo millennio. Allora c'era un progetto e una solidità economica importanti: adesso, in prima squadra giocano alcune giocatrici figlie di quel progetto, con ambizioni vessate dalla crisi finanziaria. Chissà che il rilancio dello Sporting non possa partire dai risultati sul campo. Francesco Tonizzo

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ROMA I leader hanno voluto sottolineare la discontinuità tra passato e futuro . Cos... (sezione: crisi)

( da "Messaggero, Il" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

Venerdì 03 Aprile 2009 Chiudi ROMA «I leader hanno voluto sottolineare la discontinuità tra passato e futuro». Così il Financial Stability Forum, sarà allargato a tutti i paesi del G20 più la Spagna e l'Unione europea, avrà più poteri, e cambierà nome in Financial Stability Board. Mario Draghi ha illlustrato a Londra le novità che riguardano l'istituto che presiede, nato per iniziativa del G8, e ora allargato anche alle nuove potenze economiche mondiali. Il Financial Stability Board non solo promuoverà il coordinamento e lo scambio di informazioni tra le autorità nazionali responsabili della stabilità finanziaria, ma avrà anche un ruolo di consigliere in materia di standard di politica di regolazione. Il mandato che su richiesta del G8 Draghi ha assolto da quando è scoppiata la crisi finanziaria mondiale viene così istituzionalizzato. E viene anche sancito che l'Fsp agirà in coordinamento con il Fondo Monetario, in un ruolo «complementare». A quest'ultimo spettano infatti la sorveglianza sul sistema economico globale e l'aiuto ai paesi in difficoltà. Al Board presieduto da Draghi quello di coordinare e mettere in rete le informazioni con lo scopo di costituire un quadro di regole comuni di vigilanza macroprudenziale fra le diverse autorità nazionali per prevenire le difficoltà delle grandi istituzioni finanziarie. Fmi e Fsb insieme realizzeranno degli Early Warning Exercise per prevedere le crisi. Ai grandi della Terra Draghi ha presentato una serie di principi e raccomandazioni per correggere subito quelle distorsioni che hanno prima bloccato il sistema finanziario e poi trasmesso il contagio all'economia reale. A vigilare sull'applicazione di questi principi saranno le diverse autorità nazionali. Ha sollecitato la necessità di un quadro di regole comuni sulla vigilanza macroprudenziale per le banche di maggiori dimensioni, quelle che possono generare rischi per l'intero sistema finanziario. La supervisione di quelli che tecnicamente vengono definiti "soggetti sistemici" rimane alle autorità nazionali, ma in una più stretta collaborazione tra autorità di vigilanza e banche centrali nazionali in modo da potersi preparare per tempo ad affrontare eventuali difficoltà. Tra le nuove regole anche quelle sulle maxi retribuzioni dei manager delle banche, sempre più oggetto delle proteste in tutto il mondo. «Saranno un grande, grande cambiamento», ha detto Draghi, e dovranno essere collegate alla redditività di lungo termine della banca. Si parte da subito, e Bankitalia ha già emanato le direttive che le banche dovranno recepire entro il 30 giugno. R.e.f.

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G20, accordo fra i Grandi Obama: svolta storica (sezione: crisi)

( da "Gazzetta di Parma (abbonati)" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

PRIMO PIANO 03-04-2009 LEADER RIUNITI IL PRESIDENTE USA: «VERTICE PRODUTTIVO PER LA RIPRESA» G20, accordo fra i Grandi Obama: svolta storica Stanziati oltre mille miliardi di aiuti contro la crisi Sì a nuove regole. Stilata la lista nera dei paradisi fiscali LONDRA Enrico Tibuzzi II Fondi per oltre 1000 miliardi di dollari, nuove regole per i mercati finanziari e la fine dei paradisi fiscali: questi i tre punti cardine del pacchetto di interventi senza precedenti varato oggi dal vertice del G20 per fare fronte alla crisi, ridare fiducia ai cittadini e rilanciare l'economia salvando milioni di posti di lavoro. I mille e cento miliardi stanziati dal G20 sono destinati soprattutto al Fondo monetario internazionale e alla Banca mondiale per aiutare i Paesi in difficoltà e sostenere gli scambi commerciali. Il G20 ha anche deciso di dare all'Fmi la possibilità di vendere il suo oro per andare in soccorso dei Paesi più poveri. Questi soldi si vanno ad aggiungere ai 5.000 miliardi di dollari stanziati e ancora da stanziare entro la fine del 2010 dai singoli Paesi del G20 per politiche fiscali nazionali finalizzate a contrastare gli effetti della crisi finanziaria ed economica. Uno sforzo finanziario, è scritto nel documento conclusivo del vertice, che dovrebbe portare «a un aumento della produzione del 4% e all'accelerazione della transizione verso un'economia verde». Inoltre, la montagna di miliardi messa nero su bianco dai leader dei 20 Paesi che rappresentano oltre l'80 per cento del Pil mondiale dovrebbe rendere più robusta e veloce la ripresa della crescita economica rispetto al 2% già previsto dall'Fmi per fine 2010. La risposta forte e chiara alla crisi giunta dal G20 non poteva però prescindere, come preannunciato alla vigilia del vertice dall'asse franco-tedesco, dal varo di un robusto insieme di nuove regole destinate ai mercati finanziari ed essenziale per restituire la fiducia a cittadini. E da un'azione collettiva e concreta destinata a smantellare i paradisi fiscali. Due decisioni che, dopo ore di discussioni, scritture e riscritture del documento finale, sono però arrivate a sancire il successo del vertice. «L'epoca del segreto bancario è finita», è stato scritto dal G20 nel documento finale. Dove è stato anche inserito, vincendo la resistenza di diversi Paesi, tra cui la Cina, un esplicito riferimento alla lista nera dei paradisi fiscali redatta e resa nota dall'Ocse. Toccherà ora ai ministri delle finanze del G20 mettere a punto la lista delle sanzioni da applicare contro chi si ostinerà a non collaborare. L'altro piatto forte del vertice è stato il varo di una serie di principi che dovranno portare, in tempi stretti, al varo delle misure che definiranno la nuova architettura del sistema finanziario internazionale. A partire dalla trasformazione del Financial stability forum (quello presieduto da Mario Draghi) in un Consiglio per la stabilità finanziaria che avrà un mandato più ampio e dovrà comprendere tra i suoi membri tutti i Paesi del G20, la Spagna e la Commissione europea. Ma anche operare contro la pratica di bonus sproporzionati ai manager delle finanziarie. Per arrivare a una regolamentazione e una vigilanza estesa a tutte le istituzioni finanziarie, in primo luogo gli hedge fund. E alla definizione, entro l'anno, di una armonizzazione dei criteri di valutazione dei requisiti patrimoniali delle banche. Nonchè a disposizione contro i conflitti di interesse delle agenzie di rating. «Sono state prese dai leader mondiali decisioni della portata senza precedenti per far ripartire l'economia», ha detto il presidente americano Barack Obama che ha definito il summit «storico » e «produttivo». Ha parlato anche «una svolta decisiva» per il superametno della crisi. Grandi a raccolta Obama con Medvedev (a destra) e Abdullah.

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Foschi: in campo per aiutare le pmi (sezione: crisi)

( da "Gazzetta di Parma (abbonati)" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

ECONOMIA 03-04-2009 DOTTORI COMMERCIALISTI «SERVE FIDUCIA» Foschi: in campo per aiutare le pmi Mercoledì si terrà all'Auditorium Paganini una tavola rotonda sul tema Luca Molinari II «Metteremo in campo tutta la nostra professionalità per instradare le imprese sulla via dello sviluppo». Andrea Foschi, presidente dell'ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili di Parma, sottolinea il valore di questa professione nel combattere la crisi. E annuncia l'organizzazione di una tavola rotonda sul tema: «Un mercato di borsa dedicato alle piccole e medie imprese: opportunità per la ripresa e lo sviluppo», l'8 aprile all'auditorium Paganini. Una scelta coraggiosa, che va controcorrente e guarda con fiducia al futuro. «In un momento in cui da ogni parte si sente parlare di crisi, - afferma - ci sembra il momento giusto per parlare di ripresa e di sviluppo. Cerchiamo di vedere i segnali positivi, riacquisire la fiducia e valutare gli strumenti creati per orientare l'economia e la finanza nel modo corretto, per l'interesse del nostro Paese». Nella tavola rotonda si affronteranno le ragioni della crisi finanziaria in ambito extra nazionale ed interno, «il ruolo delle banche di fronte alla crisi, - prosegue - le possibili evoluzioni e soluzioni, le nuove opportunità di ottimizzazione della finanza delle imprese, l'esperienza degli imprenditori che hanno quotato le loro aziende di riferimento, l'idea del consiglio nazionale e l'esperienza del dottore commercialista». L'evento dell'8 aprile nasce infatti per promuovere l'accordo che il consiglio nazionale ha siglato con Borsa italiana «per sensibilizzare le imprese - precisa - sull'opportunità della quotazione sui mercati da lei organizzati e gestiti ». Attualmente a Parma sono 840 gli iscritti all'ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili. Foschi riprende quindi le tematiche più significative emerse nel recente congresso nazionale di Torino. «La categoria - rimarca - ha acquisito una buona percentuale di giovani che vogliono cercare di essere più dinamici nell'ambito dello sviluppo economico e nei rapporti con istituzioni e mercato. Essere protagonisti del cambiamento significa accettare la sfida del mercato. La rinnovata forza ed autorevolezza di una categoria professionale che ha saputo unire ciò che era diviso, ma soprattutto fondere e non sommare storie e identità». Presidente Andrea Foschi.

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i ricercatori che vogliono comprarsi l'azienda - anna cirillo (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina I - Milano La storia I ricercatori che vogliono comprarsi l´azienda ANNA CIRILLO L´azienda chiude? I lavoratori non si arrendono e provano a rilevarla per farla vivere ancora. Mettendoci soldi propri e cercando finanziamenti sia pubblici che privati. Cinquantasei ricercatori italiani e una struttura moderna dotata di attrezzature per la ricerca farmacologica contro il cancro, che finora ha funzionato a dovere, ottenendo anche successi importanti per aver scoperto molecole che agiscono come antitumorali. Questa la realtà della Cell Therapeutics Inc. di Bresso, che fa capo ad una multinazionale americana, la Cti, casa madre a Seattle. C´è il marchio dei ricercatori di Bresso sul pixantrone, che ora è in fase sperimentale clinica sull´uomo e sta per essere registrato e immesso sul mercato americano. O su un inibitore del proteasoma, già venduto a Chepalon, altra multinazionale Usa. Nuove molecole chimiche per combattere il linfoma di Hocking e il mieloma multiplo, ideate e sviluppate qui. Ma il 28 di febbraio è arrivata una doccia gelata per i ricercatori. La multinazionale ha comunicato la cessazione dell´attività e ha aperto la mobilità per tutto il personale. C´è la crisi finanziaria globale, il momento è difficile, e ha società ha dichiarato di non poter più sostenere la struttura alle porte di Milano, sede nell´ex area Zambon. Quindi si chiude. SEGUE A PAGINA VII

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G20, intesa da mille miliardi di dollari Obama: "E' una svolta per la ripresa" (sezione: crisi)

( da "Giornale.it, Il" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

n. 80 del 2009-04-03 pagina 0 G20, intesa da mille miliardi di dollari Obama: "E' una svolta per la ripresa" di Redazione Intesa sulle nuove regole: maxi pacchetto a sostegno dell'economia e stimoli fiscali per 5 miliardi. Stop ai paradisi fiscali. Il presidente americano: "Serie di misure senza precedenti". Berlusconi: "C’è stata una forte volontà di cooperare per uscire dalla crisi". Quindi tranquillizza: "Non sforeremo il deficit". Merkel e Sarkozy soddisfatti Londra - Mille miliardi di dollari a sostegno dell’economia mondiale alle prese con la grave crisi finanziaria. E' questa la principale decisione presa dai 20 leader più importanti della terra oggi a Londra. I nuovi fondi, annuncia il premier britannico Gordon Brown padrone di casa del summit londinese, verranno messi a disposizione attraverso il Fondo monetario internazionale e altre istituzioni. Illustrando le conclusioni dei lavori iniziati ieri a Londra, l’inquilino di Downing Street precisa che gli aiuti aggiuntivi proverranno per 500 miliardi dal Fondo e 250 miliardi dai diritti speciali di prelievo sempre Fmi, mentre gli ultimi 250 miliardi costituiranno un fondo speciale a sostegno del commercio. Brown: "Il pil mondiale aumenterà del 4%" I provvedimenti concertati messi a punto dai paesi G20, sempre secondo Brown, faranno aumentare il prodotto mondiale del 4% entro la fine dell’anno prossimo. "A partire dalla nostra ultima riunione di Washington e nella cornice del processo allora partito i paesi G20 hanno annunciato e stanno mettendo a punto il più grande pacchetto di stimolo macroeconomico che il mondo abbia mai visto" spiega. "Siamo nel pieno di un’espansione fiscale senza precedenti che per la fine dell’anno prossimo corrisponderà a un’iniezione di fondi da 5.000 miliardi di dollari nella nostra economia" aggiunge. Quanto poi al delicato tema della supervisione, il riferimento del premier inglese è alla creazione di più collegi internazionali. Stop ai paradisi fiscali I leader del G20 si sono accordati per "mettere fine ai paradisi fiscali": lo ha detto il premier britannico Gordon Brown, precisando che ci saranno sanzioni contro quei paesi che non forniscono le informazioni richieste. Silvio Berlusconi esprime tutta la sua soddisfazione sull’esito del vertice di Londra. "C’è stata una forte volontà di cooperare per uscire dalla crisi per prendere delle misure coordinate. Abbiamo verificato i piani di bilancio", spiega il presidente del Consiglio al termine del G20. "Abbiamo deciso che tutti gli Stati si impegnino, è stato varato un piano globale per triplicare le risorse del Fmi", osserva il premier. "Si tratta di millecento milioni di dollari", conclude Berlusconi, "serviranno per dare vento alla ripresa". La lista dei paradisi fiscali che l’Ocse si è impegnata a redigere su impulso del G20 è qualcosa di "veramente innovativo" e "positivo" ha proseguito il premier. Obama: "Svolta per la ripresa" Per il presidente statunitense Barack Obama quello di oggi è stato "un vertice molto produttivo", che rappresenta una "svolta per la ripresa della nostra economia". è quanto ha dichiarato al termine della riunione del G20. "Oggi abbiamo concluso un vertice molto produttivo e siamo a una svolta per la ripresa della nostra economia. Il vertice è stato storico per molte ragioni, per il momento in cui c’è stato e per le nostre risposte" ha aggiunto. Osservando: "Oggi i leader hanno risposto con una serie di misure senza precedenti". Confermato il no al protezionismo: "Il G20 ha respinto ogni ipotesi di ritorno a forme protezionistiche che avrebbero solo l’effetto di aggravare la crisi". Il Cavaliere: "Non sforeremo il deficit" Il governo sta studiando "strumenti addizionali, non costosi, ma molto efficaci" da aggiungere agli ammortizzatori sociali per combattere gli effetti della disoccupazione. Lo ha annunciato il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti nel corso della conferenza stampa al termine del G20 a Londra, senza voler entrare nei dettagli degli interventi. E il premier assicura: "State tranquilli non abbiamo nessuna intenzione di sforare i parametri previsti dall’Unione Europea sui bilanci. L’altro giorno ho usato un paradosso ho messo sul piatto il bene dei cittadini e ho detto che al limite non sarebbe un sacrilegio, ma non abbiamo intenzione di sforare. Piuttosto c'è l’intenzione di destinare degli investimenti e delle spese già decisi in altre direzione e quindi di convertili per il benessere dei nostri cittadini". Moderare remunerazioni e bonus Nel documento che il financial stability forum ha presentato oggi al G20 si definiscono i principi secondo cui le remunerazioni devono essere adeguate "a tutti i tipi di rischio, debbono essere simmetriche rispetto ai rischi futuri e inoltre sensibili all’orizzonte temporale dei rischi". Secondo il report del fsf questi principi si dovranno applicare "a tutte le istituzioni finanziarie rilevanti anche se questi principi sono critici in modo particolare per le società significativamente grandi e importanti da un punto di vista sistemico". Un completo sviluppo di questa materia, dice il documento, "dovrebbe procedere il più rapidamente possibile" e un progresso materiale nello sviluppo di questi principi è atteso a partire dalla tornata 2009 relativa alle remunerazioni e ai bonus. © SOCIETà EUROPEA DI EDIZIONI SPA - Via G. Negri 4 - 20123 Milano

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Stretta agli stipendi dei banchieri Ora conteranno rischi e risultati (sezione: crisi)

( da "Giornale.it, Il" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

n. 80 del 2009-04-03 pagina 6 Stretta agli stipendi dei banchieri Ora conteranno rischi e risultati di Redazione «Non ci saranno più bonus per chi provoca fallimenti bancari, e le retribuzioni dovranno riflettere i risultati della banca». Con queste parole il premier britannico Gordon Brown ha sintetizzato le decisioni assunte dal G20 sulla delicata e controversa questione delle retribuzioni e dei premi per i grandi manager bancari. Il comunicato finale del summit «sostiene i nuovi, forti principi sugli stipendi e sui compensi che vengono elaborati dal Financial stability forum». Mario Draghi spiega che i compensi degli executive bancari dovranno essere correlati ai rischi, e comunque diventano oggetto di vigilanza. Di fatto, non si pongono limiti quantitativi validi per tutti, ma viene introdotto il nuovo principio secondo il quale le retribuzioni e i bonus non potranno essere decisi senza tener conto di rischi e risultati. L'enfasi dedicata dal G20 a questo argomento è una risposta alla crescente rabbia dell'opinione pubblica contro i banchieri, ritenuti responsabili della crisi finanziaria per la loro avidità. © SOCIETà EUROPEA DI EDIZIONI SPA - Via G. Negri 4 - 20123 Milano

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rosengade 39, i predatori del codice di dio - stefano bigazzi (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina XVII - Genova In libreria Rosengade 39, i predatori del codice di Dio STEFANO BIGAZZI Nel suo gran da fare letterario, tra narrativa, saggi e corsi di scrittura creativa (oltre a un manifesto dello scrittore emergente) Renato Di Lorenzo, ingegnere elettronico attivo (anche) nell´analisi dei mercati finanziari, rievoca l´ultimo scorcio della seconda guerra mondiale nel romanzo Rosengade 39, fresco di stampa per Mursia. Tra passaggi temporali (la vicenda si apre il 5 giugno 2004, vigilia del 60° dello sbarco in Normandia) e geografici (Copenhagen, Vilnius, Kalingrad), Di Lorenzo si muove nelle trame esoterico-qabbalistiche dei tedeschi, quelle del Nkvd (Stalin Beria ghepeù e il trotzkista non c´è più, recitava un detto popolare), in un mondo di spie, profughi, deportati, sopravvissuti, nostalgici, carogne. Una sequenza numerica che porta a Dio, cui arrivare attraverso un normale appartamentino della capitale danese, in Rosengade 39; una sequenza appetita capace di rappresentare la soluzione finale (si veda in questo senso, esempio noto, I predatori dell´Arca perduta: in guerra un aiuto dall´alto, meglio ancora dall´Altissimo, non guasta mai, come del resto, volendo un paragone più altro, Omero insegna. E qui non scendono per strada messaggeri o coppieri olimpici, qui, a darsi da fare, sono gli angeli. In un contesto surreale e soprannaturale Di Lorenzo dispone personaggi e fatti in uno schema combinatorio dinamico, accrescendo capitolo dopo capitolo il ritmo narrativo e ottenendo un thriller storico-politico di sicuro effetto. SEGUE A PAGINA XVII

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L'economia mondiale è in una recessione severa e i governi devono combattere contro il protezionismo (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

L'economia mondiale è in una recessione severa e i governi devono combattere contro il protezionismo Jean-Claude Trichet

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G20, compromesso storico (sezione: crisi)

( da "Secolo XIX, Il" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

G20, compromesso storico L'Europa ottiene la messa al bando dei paradisi fiscali, gli Usa mille miliardi di dollari di nuovi aiuti Londra. Un vertice «storico» e produttivo» secondo il presidente Usa Barack Obama. Risultati «che vanno al di là di quello che potevamo immaginare» incalza il francese Nicolas Sarkozy. «Storico compromesso in una crisi straordinaria», suggella il cancelliere Angela Merkel. Dopo il G20 di ieri l'oceano Atlantico sembra più stretto. Superate le divergenze della vigilia, ieri i Grandi venti hanno siglato un accordo che contiene molte delle priorità indicate dall'Europa soprattutto in tema di regolazione dei mercati e stanzia altri mille miliardi per aiutare le economie in difficoltà, come desideravano gli Usa. Obama voleva che quello di Londra fosse un summit contraddistinto da un nuovo approccio, con gli Usa impegnati «per forgiare il consenso e non per dettare le soluzioni». Pare aver centrato l'obiettivo. L'ha voluto sottolineare, più volte, anche scherzando: «Ai tempi di Bretton Woods - quando erano Roosevelt e Churchill a prendere le decisioni, in una stanza davanti a un bicchiere di brandy - di certo era molto più facile negoziare. Ma è un bene che il mondo in cui viviamo noi non sia così». Anche Sarkozy si è riferito a Bretton Woods, per dire che dal secondo dopoguerra mai c'era stato un cambiamento così significativo dell'assetto economico mondiale. Il risultato più importante ottenuto dall'Europa è il giro di vite sulla regolamentazione dei mercati finanziari. Germania e Francia erano pronti a "rompere" se non avessero ottenuto risultati concreti. Invece è passata anche la proposta per la creazione di una lista nera dei Paesi che non accettano le indicazioni dell'Ocse sulla limitazione del segreto bancario. La lista nera dei paradisi fiscali è stata resa nota ieri e comprende Costa Rica, Malaysia, Filippine, Uruguay. La lista grigia comprende i 38 paesi che, secondo l'Ocse, hanno sottoscritto accordi di rispetto degli standard fiscali ma non li hanno finora «sostanzialmente» applicati. Tra questi Monaco, Lussemburgo, Svizzera, Austria, Belgio e anche San Marino. «È l'inizio della fine dei paradisi fiscali», ha annunciato con enfasi il padrone di casa Gordon Brown. «È un vasto programma di misure - ha aggiunto poi il primo ministro riferendosi all'accordo complessivo - che include per la prima volta il sistema bancario ombra, hedge fund compresi, dentro la rete di regolamentazione globale. Ci siamo accordati sulla necessità di fissare standard contabili internazionali, fisseremo regole per le agenzie di rating per eliminare i loro conflitti di interesse». Il Financial Stability Forum, oggi presieduto da Mario Draghi, diventerà un Consiglio per la stabilità finanziaria con un mandato più ampio. Per quanto riguarda il giro di vite su hedge fund e mercati finanziari in generale, il lavoro iniziato a Londra proseguirà al G8 della Maddalena, secondo quanto annunciato da un euforico Silvio Berlusconi. L'obiettivo è di chiudere entro un anno. L'Italia ha voluto aggiungere al documento finale un riferimento alla «dimensione sociale» della crisi e ha fatto soprattutto affidamento alla capacità di "traino" delll'economia americana: «Ho detto a Obama che si deve tirare su le maniche per far uscire il mondo dalla crisi, visto che la crisi arriva proprio dall'America». Ieri a Londra non si è parlato solo di regolamentazione dei mercati, come forse avrebbero voluti gli europei. Dall'altra parte dell'Oceano si voleva soprattutto "strappare" nuovi fondi da iniettare nel corpo esangue dell'economia mondiale. Quei soldi ci sono, e sono pari a mille miliardi di dollari a beneficio del Fondo monetario internazionale e della Banca mondiale. Si aggiungono ai 5.000 miliardi di dollari stanziati e ancora da stanziare entro la fine del 2010 dai singoli Paesi per politiche fiscali nazionali finalizzate a contrastare gli effetti della crisi finanziaria ed economica. Il Fondo monetario vedrà sostanzialmente triplicarsi i suoi fondi con 500 miliardi di dollari aggiuntivi che si aggiungono ai 250 miliardi attualmente disponibili. Verranno inoltre emessi Diritti speciali di prelievo, la valuta-paniere del Fmi, permettendo alla stessa istituzione di Washington di aumentare le sue risorse proprie. Il Fmi, inoltre potrà vendere una certa quantità d'oro per aiutare i Paesi più poveri toccati dalla crisi. Anche se le entrate derivanti da tali vendite non possono essere quantificate con precisione, l'insieme delle risorse supplementari a disposizione del Fondo raggiunge i 1.100 miliardi di dollari, secondo la quantificazione contenuta nel comunicato finale del vertice. Altri 250 miliardi di dollari sono stati destinati dal G20 per finanziare lo sviluppo del commercio e rilanciare gli scambi internazionali mentre 100 miliardi andranno alle banche multilaterali di sviluppo come la Banca Asiatica di sviluppo e l'omologa istituzione africana. Il tutto, dice il documento finale, dovrebbe permettere di «salvare o a creare milioni di posti di lavoro», con un contributo di crescita «pari al 4%». «Abbiamo stabilizzato il paziente» chiude Obama, «con la medicina giusta». Tutto bene, dunque? Quasi: le ferite, «devono ancora guarire», e potrebbero «apparire nuove crisi». Samuele Cafasso cafasso@ilscoloxix.it 03/04/2009

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"dieci anni fa a seattle avevamo previsto tutto" - anais ginori (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina 6 - Esteri La contraddizione L´accusa Noreena Hertz, direttrice della Business School di Cambridge "Dieci anni fa a Seattle avevamo previsto tutto" è incredibile che gli stessi Paesi che hanno prodotto il disastro economico si candidino ora a gestire la crisi Quando chiedevamo controlli sui mercati ci chiamavano estremisti Oggi lo dicono anche Brown o Sarkozy ANAIS GINORI «A Seattle e Genova, quando chiedevamo maggiore controllo sui mercati finanziari, venivamo additati come pericolosi estremisti. Al G20 di Londra Gordon Brown o Nicolas Sarkozy lo dicono e sembrano affermazioni di semplice buon senso». L´economista inglese Noreena Hertz, 41 anni, è direttrice della Business School dell´università di Cambridge. Ha partecipato al movimento no-global sin dalla sua nascita, e ne è stata una convinta teorica. Qualcuno l´ha battezzata "Naomi Klein europea" per via del successo dei suoi due libri ("La conquista silenziosa" e "Un pianeta in debito", pubblicato da Ponte alle Grazie). «Il G20 - commenta al telefono - ha finalmente usato parole come "protezionismo" e "regole finanziarie". E´ finalmente un buon segnale». Cos´è la sua, una rivincita? «Non è una piacevole vittoria. Avevamo previsto il Big Bang al quale siamo assistendo. Le proteste di Seattle contro la globalizzazione del Wto erano del 1999. Quelle di Genova del 2001. Nessuno ci ha voluto ascoltare. Ed eccoci qui con una delle peggiori crisi finanziarie ed economiche che si ricordino nell´epoca contemporanea». Cos´è successo durante le proteste alla City, nel quale è morto un uomo? «Ho visto gli scontri alla tv. Non li considero rappresentativi del movimento di protesta generale. Per ogni persona che lanciava un sasso contro una vetrina c´erano dieci fotografi. I media si sono interessate molto meno alle trentacinque mila persone che hanno manifestato sabato nelle vie di Londra, senza provocare scontri né incidenti». Le proteste aumenteranno ancora? «Chi scende in strada oggi non deve più contestare un sistema ormai al collasso. Lo fa per necessità e per chiedere urgenti rimedi. E´ evidente che ci saranno sempre più segni di rivolta sociale, non soltanto in Europa. Il tempo stringe. Abbiamo bisogno di sentire altre parole nuove».

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tassi bce ai minimi storici, le borse volano - andrea tarquini (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina 9 - Economia Tassi Bce ai minimi storici, le Borse volano Taglio all´1,25% e Trichet annuncia nuove mosse a maggio. Mibtel: più 4,35% I mercati La decisione a maggioranza. "Ripresa solo nel corso del prossimo anno" ANDREA TARQUINI dal nostro corrispondente BERLINO - Il taglio dei tassi in Eurolandia è minore di quanto i mercati speravano, eppure porta il costo del denaro nell´area della moneta unica al suo minimo storico. E così i mercati, dopo iniziali, forti reazioni di delusione e scetticismo, hanno festeggiato con un decollo delle Borse la scelta compiuta ieri dal Consiglio direttivo della Banca centrale europea (Bce). Il quale, riunitosi alla Eurotower di Francoforte sotto la direzione del presidente Jean-Claude Trichet, ha tagliato il saggio centrale di un quarto di punto, all´1,25%. Un altro calo del costo del denaro, probabilmente analogo, ha fatto capire Trichet, non è affatto da escludere, è anzi probabile alla prossima seduta, a maggio, e intanto la Bce si prepara a nuove misure più aggressive sui mercati, fino all´acquisto di obbligazioni di aziende in difficoltà. Il volo degli indici delle piazze d´affari in tutta Europa ha salutato sia la decisione della Eurotower - il sesto calo dei tassi dell´euro dallo scorso ottobre - sia le misure annunciate dal vertice G20 a Londra per lottare contro la devastante crisi economica-finanziaria internazionale. Al London stock exchange il rialzo è stato del 4,28%, a Francoforte di ben il 6,07, a Parigi del 5,37, a Milano il Mibtel ha chiuso con un più 4,35. E l´euro si è apprezzato sul dollaro, salendo a quota 1,3447, e sullo yen: 133,69. In volo anche Wall Street (Dow + 2,74%, Nasdaq +3,29). La crisi economica sarà pesante in tutto il 2009, la ripresa arriverà soltanto nel corso del 2010, ha ammonito Jean-Claude Trichet nella sua conferenza stampa dopo il vertice Bce. Poi ha spiegato le motivazioni della scelta. «Abbiamo deciso a maggioranza, i governatori sono stati d´accordo sulla misura del taglio dei tassi a un quarto di punto», ha detto. Eppure, va detto che maggioranza non vuol dire unanimità: molti osservatori bene informati a Francoforte parlano di duri contrasti tra chi voleva che il calo del costo del denaro si limitasse a solo un quarto di punto per non privarsi di ulteriori margini di manovra in futuro, e chi avrebbe preferito un taglio più deciso. «Non posso escludere che in un prossimo futuro prenderemo altre decisioni analoghe, in modo altrettanto misurato», ha sottolineato Trichet. «Non abbiamo deciso a priori che il tasso all´1,25% sia il minimo o il punto d´arrivo, e faremo prossimamente quello che ci parrà più opportuno al momento giusto». Il segnale è chiaro: un nuovo taglio il mese prossimo, che porti il saggio centrale Bce all´1%, sembra probabile. «La seduta di maggio del board Bce sarà interessante», commenta Aurelio Maccaro di Unicredit. E non è tutto: Trichet ha insistito sull´imminente decisione della Eurotower di varare nuove misure non convenzionali, di lanciare al momento giusto interventi di tipo diverso a sostegno dei mercati, dell´economia e dei consumatori. Le possibili prossime misure della Bce potrebbero spingersi ancora più lontano: fino all´acquisto di obbligazioni di aziende o enti in difficoltà. Trichet ha poi esortato le Banche d´affari a una politica di sostegno più attivo all´economia, e i governi europei a politiche che non distorcano la concorrenza e che respingano ogni pericolosa tentazione di protezionismo.

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rivalutati gli "asset tossici" colpo di coda di wall street - federico rampini (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina 9 - Economia Rivalutati gli "asset tossici" colpo di coda di Wall Street Banche Usa, a sorpresa torna la deregulation Di fatto sospesa la norma del "mark to market", allentate le regole della contabilità I mercati hanno festeggiato, ma c´è il rischio che monti la sfiducia nel sistema finanziario FEDERICO RAMPINI Non è stato il G20 ieri la vera causa scatenante del rialzo di Wall Street, bensì un regalo normativo ai banchieri. Mentre a Londra i leader di Stato assumevano l´impegno a varare regole più severe sui mercati finanziari, l´America ha fatto un passo indietro riscoprendo la deregulation a favore della "finanza creativa". L´Authority che fissa le norme sulla contabilità ha deciso di allentare i criteri di valutazione dei titoli tossici. Finora valeva la norma del "mark-to-market": le banche erano tenute ad assegnare ai titoli che possiedono un valore calcolato in tempo reale in base alla loro quotazione di mercato. E´ così che i maggiori istituti di credito del mondo sono stati costretti a rivelare delle voragini nei loro bilanci. Montagne di titoli-spazzatura, infatti, non trovano acquirenti sul mercato se non a prezzi che sono una minuscola frazione del loro valore teorico (quello nominale o di emissione). Di fronte a questa diffidenza dei mercati e alla latitanza di acquirenti, i banchieri erano obbligati a svalutare i loro portafogli-titoli, con una spirale di perdite. E´ quella regola contabile che ha precipitato i fallimenti bancari (come Lehman), le nazionalizzazioni ufficiali o di fatto (da Aig a Royal Bank of Scotland). Ieri è scattato il contrordine. Il Financial Accounting Standards Board (Fasb), Authority che determina i requisiti della contabilità societaria, ha varato una sorta di indulgenza plenaria. Il "mark-to-market" è di fatto sospeso. Le banche possono usare un criterio molto più flessibile. Sono autorizzate ad attribuire ai loro titoli un "fair value", un valore equo che possono determinare a loro giudizio. Di colpo i titoli tossici possono essere rivalutati d´incanto, se solo le banche che li detengono decidono che il loro valore reale è superiore a quello di mercato. Pazienza se non ci sono acquirenti a cui venderli; quei titoli spazzatura possono diventare ben più pregiati se questa è l´opinione di chi redige i bilanci. Di conseguenza si allenta sulle aziende di credito la pressione per rivelare le perdite legate al deprezzamento di quei titoli. Non stupisce l´euforia di Wall Street, dove i titoli delle banche hanno trascinato il listino al rialzo. L´indice Dow Jones ha ormai recuperato oltre il 20% rispetto ai minimi di marzo. Perfino il dato sui senza lavoro (in aumento a 669.000 i disoccupati mensili) è stato ignorato dai mercati di fronte al cambio di regole per la contabilità bancaria. La svolta annunciata ieri dal Fasb non era inattesa. Da mesi i banchieri si battono per ottenere questa deregulation contabile. Suscitando ulteriore indignazione tra i contribuenti americani, si è scoperto che le stesse banche semi-nazionalizzate, dopo aver ricevuto centinaia di miliardi di aiuti hanno aumentato le loro spese di lobbying per far pressione sul Congresso e sull´Amministrazione Obama. I banchieri spiegano così la loro richiesta: nella crisi attuale alcuni mercati di fatto hanno smesso di funzionare; l´assenza di fiducia ha fatto scomparire gli investitori per certi prodotti finanziari; in questo caso le quotazioni di mercato non hanno più senso e doverle usare è una penalizzazione assurda. Le perdite di bilancio, secondo questa tesi, sono temporanee perché in futuro gli stessi titoli tossici potranno ritrovare acquirenti a valori più ragionevoli. Oppure le banche potranno tenersi i titoli fino alla scadenza, e non sempre i debitori che sono all´origine di quei titoli si riveleranno insolventi. Costringere le banche a deprezzare pesantemente quei titoli non fa che alimentare la spirale della sfiducia. Questi argomenti hanno fatto breccia nelle autorità e i banchieri l´hanno spuntata. Ma adesso il rischio si sposta nuovamente altrove: dalla parte dei risparmiatori che non sanno più se possono fidarsi dei bilanci bancari. All´origine di questa crisi ci fu proprio la mancanza di trasparenza, che il Fasb ora legittima nuovamente. Quando le banche di tutto il mondo fecero incetta di titoli-spezzatino legati ai mutui subprime, quei titoli avevano l´etichetta della "tripla A" generosamente rilasciata dalle agenzie di rating. Tutte in conflitto d´interessi, perché pagate dagli emittenti dei titoli. La decisione del Fasb rischia di riprodurre gli stessi problemi: mancanza di trasparenza, e conflitto d´interessi visto che saranno gli stessi banchieri ad attribuire un prezzo ai titoli che hanno in casa.

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monta l'onda dello spionaggio nelle aziende (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina 29 - Economia Global market Monta l´onda dello spionaggio nelle aziende L´Opec potrà accontentarsi di un barile di petrolio fra 40 e 50 dollari nel 2009 alla luce della forte crisi economica: questo sarà l´anno più difficile Sembrerebbe un´ultima moda. Ma c´è da giurare che, in realtà, non ci sia nulla di nuovo. Ultima in ordine di tempo è stata Airbus Germania che ha ammesso di aver fatto spiare i propri dipendenti nell´ambito di un´iniziativa anticorruzione. Il giorno precedente, in Francia, due alti responsabili del colosso Edf erano stati messi sotto inchiesta dai magistrati per presunto spionaggio informativo ai danni di Greenpeace. E appena 24 ore prima, infine, si era dimesso l´ad delle ferrovie tedesche (Deutsche Bahn), Helmut Mehdorn: l´azienda ha ammesso di aver spiato per anni oltre il 70% dei dipendenti. Dimostrazioni di sfiducia dei manager nei confronti delle forze lavoro che, viste le cronache della crisi finanziaria globale, forse avrebbero dovuto seguire il percorso inverso. Marco Patucchi [i rischi della svizzera] Nell´opinione corrente le banche Usa sono l´epicentro della crisi finanziaria mondiale. Ma ben sei paesi della "core-Europe" sono molto più a rischio bancarotta. Svizzera, Austria, Belgio, Olanda, Irlanda e Svezia hanno in silenzio accumulato asset bancari pari a oltre quattro volte il loro Pil. La Svizzera, per esempio, ha un tasso di vulnerabilità allarmante. Secondo dati attendibili a fronte di un Pil di 427 miliardi di dollari la Confederazione ha accumulato 189 miliardi di debito pubblico e ben 3.400 miliardi di asset bancari. La sola Ubs ne detiene 2.035 miliardi con una leva che è ancora superiore a 50, il Credit Suisse ne ha per 1.200 miliardi (leva 46) e Swiss Re per altri 260 miliardi (leva 25). Come può un governo garantire, in caso di necessità, una massa di attivi così spropositata rispetto alla ricchezza del paese? Giovanni Pons

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c'è la crisi, il vino resta nelle cantine (sezione: crisi)

( da "Tirreno, Il" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

dal nostro inviato Antonio Valentini C'è la crisi, il vino resta nelle cantine Il mercato rallenta anche per colpa della troppa produzione Problemi dal crollo di dollaro e sterlina, ma negli Usa i rossi italiani sono sempre più status-symbol VERONA. Negare la crisi è uno dei modi per esorcizzarla. Così capita, nei padiglioni affollati del 43º Vinitaly, di sentir dire che «non so gli altri, ma a me va che è una bellezza». Eppure i miasmi della recessione si sentono, si leggono sui visi dei produttori, si respirano nei corridoi tra uno stand e l'altro, aleggiano su una fiera che fino a qualche anno fa simboleggiava l'ottimismo che animava la volontà di tutti, con le banche che finanziavano, i vinaioli che investivano e i proprietari terrieri che facevano affari d'oro. I miasmi hanno azzerato la voglia di sognare un avvenire tutto da bere. Hanno fatto piazza pulita di neologismi onirici e conformisti tipo "Eldorado del vino", hanno abbassato la cresta a chi pensava che bastava imbottigliare un rosso made in Tuscany per arricchirsi, hanno rallentato la corsa alle cantine griffate. Insomma, al di là delle dichiarazioni di facciata, a dispetto di chi dice che tanto lui in America non vende e quindi la recessione non lo riguarda, la crisi c'è. Eccome. I fatti parlano da soli. Negli Stati Uniti il cambio favorevole all'euro e il profondo rosso finanziario hanno prodotto una drastica riduzione dei consumi. In Gran Bretagna è il solito refrain, con la sterlina che ha perso peso rispetto alla divisa valutaria continentale e con le importazioni che hanno rallentato fin quasi alla moviola. Nel Nord Europa, dove il vino si vende soprattutto nei supermercati ed è quindi un prodotto destinato alle fasce medie, i rossi del nuovo mondo hanno da tempo conquistato posizioni di privilegio, grazie al mix tra qualità accettabile e prezzi abbordabili. Il mercato della Russia non decolla, tranne che per le grandi etichette, capaci di affascinare gli oligarchi nati sulla scia della perestroika. In India accade altrettanto e il Giappone scricchiola. Le uniche note liete arrivano dalla Cina, dove pure la Toscana nel 2008 ha registrato un 24% di esportazioni in più. Per non parlare del dilagare di una cultura salutista che non va tanto per il sottile, mettendo il vino sullo stesso piano dei superalcolici, il Chianti al pari dei cocktail da sballo etilico, e che fa intravedere un paio di bicchieri di rosso come un demonio da esorcizzare: le leggi europee sono intransigenti, draconiane, e se il controllo dell'alcoltest va male, sono guai. Martini realista. Tutti sentono i rumors della crisi, tranne chi ha la pretesa di fare il Pierino. Claudio Martini, presidente della giunta regionale, tiene invece i piedi piantati per terra. E con il suo realismo contraddice gli ottimisti e gli scettici: «Si vende meno vino che in passato, non c'è dubbio. E' il momento di migliorare ulteriormente la qualità». Ricetta scontata eppure, se vogliamo, innovativa. Se i consumi si sono ridotti e si sono fatti selettivi, la sfida sui mercati si gioca sull'affidabilità del prodotto. Certo, le vicende del Brunello di Montalcino che Brunello vero non era, capaci di scuotere l'edizione 2008 del Vinitaly, avranno pesato sull'immagine enologica della Toscana, contribuendo in qualche modo a determinare la contrazione dell'export (-3,4%) registrata durante il 2008. «Le ragioni di questo calo vanno approfondite - aggiunge il governatore -. Certo, la vicenda del Brunello ha pesato, nel senso che può essere stata una concausa. Però le tendenze vanno verificate sul periodo lungo, di per sé un anno non è significativo». E allora, perché la Toscana si è risvegliata bruscamente, dovendo rivedere le proprie ambizioni di essere un "Eldorado del vino", visto che le performance nell'export sono peggiori rispetto alle principali regioni e al dato nazionale (+1,7%)? Perché le analisi di mercato fatte a priori, in tempo di crisi si sono fatte meno affidabili di sempre. «E' qualcosa in più rispetto a una semplice ondata recessiva, siamo di fronte a un drastico cambiamento del modo di vendere e consumare il vino - dice Michele Satta, che ha contribuito a fare il nome di Bolgheri -. I produttori sono finanziariamente più fragili, gli investimenti vanno sostenuti col reddito delle attività e i più piccoli soffrono. Ma sono loro ad avere le maggiori chance di resistenza, poiché possono lavorare a corto raggio. Non è detto che per sopravvivere io debba vendere vino in Oriente, può essere sufficiente la Toscana. I grandi, quelli per cui non ha senso mettere in commercio 50mila bottiglie, rischiano di saltare". Troppa produzione. Ma il mondo del vino soffre anche di un disagio ulteriore, che in Toscana si percepisce più che altrove, viste la storia, le tradizioni e la cultura. L'avvento dei grandi gruppi finanziari, sorretti dal sistema bancario, ha portato a una crisi di sovraproduzione. Ne risentono, a dimostrazione che in questo momento quasi nessuno si salva, i più piccoli, quelli che hanno saputo rinnovare il passato e proiettare in alto l'immagine enologica del Granducato. E se i grandi possono produrre vino come fosse un accessorio, un fiore all'occhiello per veicolare meglio l'attività principale, il "core business", tanto da riuscire a vendere bottiglie a 3 euro, i piccoli si trovano a fare i conti con questa concorrenza-Golia, sapendo già di partire battuti. «Guardi, io faccio più fatica a smaltire i vini che costano dieci euro che quelli più cari - spiega Ginevra Venerosi Pesciolini, presidente dell'associazione Grandi Cru della Toscana e titolare della Tenuta di Ghizzano -. La recessione è andata a incidere sulle classi medio basse, chi ha clienti da tanti anni deve tenerseli, non può mollarli. E se i mercati esteri hanno rallentato, quello italiano non va certo meglio: la crisi finanziaria è andata a sovrapporsi coi cambi favorevoli all'estero e il mercato del turismo è andato in tilt». Aspettando il 2010. Insomma tutti, ma proprio tutti, aspettano che quest'anno se ne vada, sperando che gli incubi si stemperino in brutti sogni. Dagli Stati Uniti, neanche a dirlo, spira una brezzolina ottimistica: il mercato a stelle e strisce si prepara, nel 2012, a essere la piazza enologica più grande del mondo, superando la Francia per quantità di volumi trattati. Gli yankee considerano il vino italiano "food friendly", capace di abbinarsi a pietanze di diverse tradizioni. Le donne hanno preso a consumarlo con frequenza accelerata, ma gli uomini sono disposti a spendere di più. Il motivo? Un buon rosso, specie se italiano, fa status symbol, aiuta a fare colpo su qualcuno. E si sa, quando l'edonismo si riaffaccia è segno che la crisi, prima o poi, passerà.

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Onu: in anno G8 Italia avviata a mancare Obiettivi Millennio (sezione: crisi)

( da "Reuters Italia" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

di Massimiliano Di Giorgio ROMA (Reuters) - Nell'anno in cui presiede il G8 e mentre imperversa la crisi finanziaria globale, l'Italia sembra destinata a mancare gli obiettivi a cui si era impegnata con le Nazioni Unite per combattere la fame e la povertà. Lo ha detto oggi a Reuters la responsabile per l'Italia della Campagna del Millennio dell'Onu. Entro il 2010 Roma dovrebbe destinare lo 0,51% del Pil per aiuti allo sviluppo, e lo 0,7% entro il 2015. Ma nel 2008, secondo i dati diffusi dall'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, il contributo italiano è stato solo dello 0,20%. E nel 2009, per Marta Guglielmetti, rischia di essere più basso. "Nel 2008 c'è stato un incremento rispetto al 2007. Ma quella percentuale, il 20%, che è la più bassa tra i paesi europei, è già di fatto annullata dalla Finanziaria 2009, che ha destinato alla cooperazione allo sviluppo, nell'ambito della legge 149, circa 300 milioni di euro rispetto ai circa 700 di un anno prima". Il ministro degli Esteri Franco Frattini non ha voluto commentare le osservazioni della Campagna. L'Italia quest'anno ha la presidenza del G8, composto dai paesi più industrializzati del mondo e dalla Russia. Ma la sua posizione rischia di non essere "credibile", dice la rappresentante dell'Onu: "Con questi numeri rischia di non aver alcun ruolo di leadership". Non è la prima volta che l'Onu "richiama" l'Italia sul rispetto degli Obiettivi, fissati nel settembre 2000, e che comprendono, tra gli altri, il dimezzamento della povertà, l'istruzione primaria per tutti i bambini, la parità tra i sessi e la riduzione della mortalità infantile. Nell'ottobre scorso, la fondatrice della Campagna del Millennio, Eveline Herfenks, chiese all'Italia di aumentare almeno l'efficienza degli aiuti, visto che secondo l'Onu su ogni euro stanziato da Roma solo 21 centesimi sono realmente messi a disposizione dei paesi beneficiari. Continua...

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Il G20 di Obama: un punto di svolta per fronteggiare la crisi (sezione: crisi)

( da "AmericaOggi Online" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

Il G20 di Obama: un punto di svolta per fronteggiare la crisi 03-04-2009 LONDRA. "Abbiamo imparato le lezioni della Storia". Il presidente americano Barack Obama ha definito ieri "un punto di svolta" le decisioni prese a Londra dai leader del G20 per fronteggiare la crisi economica mondiale. Decisioni che comprendono lo stanziamento di oltre mille miliardi di dollari all'FMI e ad altre istituzioni finanziarie internazionali per aiutare i paesi più in difficoltà a stimolare la ripresa della crescita economica, rafforzando nello stesso tempo i controlli sulle attività dei mercati finanziari. "Abbiamo dato la medicina giusta al paziente malato - ha detto Obama in una conferenza stampa, alla conclusione del suo primo vertice internazionale -. Abbiamo stabilizzato il paziente. Ma le ferite restano e nuove crisi potrebbero manifestarsi". Obama ha ammesso che l'America non ha ottenuto tutto ciò che desiderava e che ha dovuto accettare anche soluzioni di compromesso. Ma il presidente americano ha inquadrato queste concessioni nella sua concezione della politica americana: "Dobbiamo imparare ad essere anche umili - ha detto -. Dobbiamo imparare a forgiare un consenso, anziché cercare di imporre le nostre condizioni. Dobbiamo ammettere di non avere sempre la risposta giusta. Sono venuto qui a Londra per ascoltare ed imparare. E fornire la leadership americana, che deve essere basata sull'esempio e sulla capacità di saper ascoltare quello che gli altri esprimono". E'un atteggiamento, ha lasciato intendere Obama, che è perfettamente in linea con la sua filosofia politica, come lo è con il suo intento dichiarato di ripristinare il prestigio americano nel mondo. Il presidente Usa ha ammesso che la situazione non è ideale: la responsabilità per l'inizio della crisi viene attribuita all'America, rea di avere contagiato con il "virus" il resto del mondo. Obama ha ammesso che durante le discussioni del vertice altri leaders (ma non ha fatto nomi) hanno sottolineato in diverse occasioni che la crisi "é iniziata in America" oppure che "é iniziata a Wall Street". Una responsabilità, dovuta alla mancanza di meccanismi di controllo adeguati, che l'inquilino della Casa Bianca non ha negato. Anche il suo alleato più forte, il premier britannico Gordon Brown, padrone di casa e grande burattinaio del vertice, ha parlato di nuovo ordine economico mondiale. Un ordine dove l'egemonia americana è minacciata da numerosi fattori. Come è minacciato lo stesso modello di mercato libero di cui l'America era sempre stata paladina resistendo a quelle regolamentazioni che Francia e Germania, dopo una dura battaglia, sono riuscite ad imporre invece nel documento finale, soprattutto per quanto riguarda la guerra ai paradisi fiscali ed il controllo dei fondi speculativi. Obama ha definito "senza precedenti" le misure approvate dal G20. Le concessioni fatte hanno consentito di chiudere il summit con quella dimostrazione di unità e di consenso che il presidente Usa giudicava indispensabile per far scattare la ripresa economica, restituendo come prima mossa fiducia ai mercati, agli investitori e alla pubblica opinione. Il documento finale "riflette la gamma delle nostre priorità" con una azione "forte e coordinata" per stimolare la crescita ed una azione "altrettanto coordinata" sulle regole. "Nella vita e in economia non ci sono garanzie - ha detto Obama -. Le misure che abbiamo adottato erano necessarie per evitare di scivolare nella depressione. Resta da vedere se saranno sufficienti". "L'America non può agire da sola - ha detto Obama durante la conferenza stampa -. La sua efficacia sarebbe ridotta a metà e ancora a meno". Alla domanda se il G20 di Londra possa essere considerato una nuova Bretton Woods, per le sue implicazioni future, Obama ha risposto che sono finiti i tempi quando due leader "sorseggiando brandy in una stanza" potevano imporre le loro regole al resto del mondo. Adesso la realtà globale è molto più complessa, con l'emergere di nuovi paesi, come Cina e India, che rappresentano miliardi di persone. La immensa popolarità di Obama, in questo suo primo viaggio europeo da presidente, resta immutata. Alla fine della conferenza stampa, il presidente americano è stato salutato da un caloroso applauso dalla platea dei media internazionali. Un evento veramente insolito ad un vertice di questo tipo.

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G20/Gli accordi dei grandi alla prova dei mercati. Buone intenzioni e bufale (sezione: crisi)

( da "AmericaOggi Online" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

G20/Gli accordi dei grandi alla prova dei mercati. Buone intenzioni e bufale Di Emilio Manuelli 03-04-2009 Se il vertice di Londra passerà alla storia come quello della rinascita, di una nuova era basata sulle regole e su una nuova etica per la finanza mondiale lo sapremo al più presto. Saranno i mercati finanziari, dopo la prima fiammata a caldo, a dirci nei prossimi giorni se il G20 londinese sarà stato in grado di amministrare all'economia l'unica vera ricetta indispensabile per la ripresa, quella della fiducia. In un'era globalizzata come la nostra, dove tutto si trasmette attraverso i mezzi di comunicazione istantanei, dove l'andamento delle Borse è fortemente concatenato ricevendo comunque il là da Wall street, sarà comunque la finanza a decretare la fine della crisi, o almeno lo stop al progressivo avvitamento. Nata con il definitivo seppellimento di un metodo di operare, quello dei mutui subprime, parabola estrema di una finanza autoreferenziale, la crisi dovrà evolvere verso la nascita di un modello che troverà proprio nel rispetto delle regole la sua stessa essenza. Da Londra arriva questo messaggio, un po' contraddittorio quanto agli orientamenti espressi, ma comunque chiaro quanto agli indirizzi politici concordati. Gli annunci sono un minestrone di buone intenzioni, ben riassunti dallo slogan di Gordon Brown che parla di un nuovo ordine mondiale. Ecco allora il pacchetto di interventi finanziari per rafforzare le munizioni del Fondo monetario internazionale, chiamato ad una difficile opera di rilancio del commercio mondiale, ecco anche un mix di misure dal sano sapore demagogico, come il freno alle retribuzioni dei manager ed il controllo sui paradisi fiscali. L'affollamento attorno al tavolo londinese ha portato all'accoglimento delle tesi più incentrate sul sostegno dell'economia reale, basate per ora sulle parole e le buone intenzioni. Non casualmente si sono volute associare alle misure di controllo della finanza quelle che fanno riferimento agli interventi necessari per il rilancio delle economie familiari: aiuti per i redditi più bassi, più case, sostegno delle piccole imprese. D'altra parte le pressioni sul G20 erano fortissime: non solo quelle della piazza che pur hanno prodotto un morto e proteste preoccupanti per l'ordine pubblico, ma anche quelle delle rispettive opinioni pubbliche stanche di assistere ad una politica fatta solo di annunci e di pochissimi fatti. In questo senso le decisioni di Londra sembrano un azzeccato mix per placare, per il momento, le aspettative dei cittadini. Per questo si può certamente dire che a convincerci maggiormente sono gli stanziamenti a favore delle istituzioni finanziarie che dovranno appoggiare nel concreto le politiche commerciali e di investimento, a partire dalle somme ingenti deliberate per il Fondo monetario. Di contro appare chiaramente una bufala stratosferica la cifra di 5 mila miliardi di dollari per il sostegno delle economie da qui a fine 2010 strombazzata da Gordon Brown. Altro non è infatti che la sommatoria di tutte quelle misure che i governi nazionali hanno messo in cantiere, per la maggior parte ancora lontane dal partire. C'è da augurarsi a questo punto che sotto la spinta di un'opinione pubblica ormai passata dallo stato di preoccupazione a quello della rabbia e della paura questi piani di investimento siano effettivamente avviati a realizzazione. Troppe sono infatti le aspettative di ripresa che lo scenografico summit di Londra ha generato e che saranno presto oggetto di verifica al G8 di luglio in Italia e al G20 di fine anno in Giappone. Appare ormai chiaro che la strada di una fattiva collaborazione fra i Paesi più forti rappresentati a Londra è l'unica percorribile, irreversibile. Si tratta, considerata l'attuale debolissima congiuntura, di un'alleanza economicamente disastrata: un gruppo di governi quanto mai differenti a livello sociale e politico, ma che ha un unico obiettivo da percorrere, senza inutili differenziazioni ideologiche, che è quello di salvare il mondo dal tracollo finale.

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Crisi, puntare sulle imprese: la ricetta di Calabrò (sezione: crisi)

( da "Affari Italiani (Online)" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

Economia Anteprima/ Puntare sulla manifattura: la ricetta anti-crisi di Calbrò Venerdí 03.04.2009 10:52 Contro la crisi finanziaria, ecco un manifesto per il nostro futuro: il ritorno all'industria. E' la ricetta contro la recessione proposta da Antonio Calabrò, direttore Affari istituzionali e Relazioni esterne del gruppo Pirelli e consigliere d'amministrazione di Pirelli Tyre, nel suo ultimo libro Orgoglio industriale, in uscita in questi giorni. Il giornalista non ha dubbi: l'industria medio e medio-grande sarà protagonista del "quarto capitalismo" e l'Italia ha un esercito di 4.600 imprese all'avanguardia sul piano dell'innovazione, in grado di conquistare la leadership su tutti i mercati internazionali. Abbiamo, infatti, pensato per anni che il nostro Paese avrebbe progressivamente abbandonato la produzione industriale per diventare un'economia di servizi, spiega Calabrò. E ci siamo sentiti dire che le manifatture sarebbero state destinate alla chiusura e che un po' alla volta questo Paese sarebbe diventato un Paese dove l'economia dei "beni immateriali" sarebbe stata la fonte principale di ogni ricchezza. Poi è arrivata la crisi della finanza e improvvisamente ci stiamo rendendo conto che non è così. Anzi, è proprio l'industria che ci salverà. Il libro racconta con semplicità e chiarezza che l'Italia rimane insomma un grande Paese industriale, il secondo d'Europa dopo la Germania. E ci regala un viaggio capillare alla scoperta della parte più vitale dell'imprenditoria italiana, mettendo in luce dati, fatti e personaggi, e spiegando come considerare con occhi nuovi un settore della nostra economia che tanto spesso è stato sottovalutato. Da Torino all'Emilia Romagna, è sufficiente attraversare il Nord Italia per rendersi conto di quanto sia capillare e vivo il tessuto di imprese la cui missione è produrre e vendere in tutto il mondo prodotti reali, fisici, materiali e non semplici pezzi di carta. Certo negli ultimi trent'anni l'industria è molto cambiata, ma non ha mai smesso di produrre ed esportare beni, apprezzati in ogni angolo del Pianeta. Orgoglio industriale Antonio Calabrò Mondadori pp.192 17,00 euro tags: orgoglio industriale antonio calabrò crisi pmi

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BORSE Giù (MIBTEL -0.67%) Pioggia di offerte a Telecom per la Hansenet - TAGLI ALLE STAR DI HOLLYWOOD - SEMPRE PIù SPIE TRA LE AZIENDE - incentivi sulle due ruote: scooter +35% - (sezione: crisi)

( da "Dagospia.com" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

HomePage | Segnala articolo --> BORSE Giù (MIBTEL -0.67%) – Pioggia di offerte a Telecom per la Hansenet - TAGLI ALLE STAR DI HOLLYWOOD - SEMPRE PIù SPIE TRA LE AZIENDE - incentivi sulle due ruote: scooter +35% - IN USA LA CRISI COLPISCE I FUNERALI - GERMANIA: CHE FARE DI OPEL?… 1 - Borsa, l'Europa parte male. Milano, realizzi su Fiat... Da "ilsole24ore.com" - Le borse europee aprono tutte in territorio negativo, dopo la seduta ampiamente positiva della vigilia e dopo la chiusura prudente di Tokyo. Parigi cede lo 0,85%, Francoforte lo 0,90%, Madrid lo 0,72%. A Milano il Mibtel arretra dello 0,67% e l'S&PMib dell'1,03%. Sul listino principale si segnalano i realizzi sui titoli che nella precedente seduta erano andati particolarmente bene. A partire da Fiat (-3,41%) che ieri ha fatto segnare un rialzo mai visto prima (+27%), sulla scia dei buoni dati sulle immatricolazioni in Italia e in Germania. Ma soprattutto, come alcuni operatori hanno confidato al Sole24ore.com, perché gli addetti ai lavori sono convinti di una positiva conclusione dell'accordo con Chrysler. Magari con l'ingresso di altri big del settore, come ipotizzatio nei giorni scorsi dal Financial Times. Sul resto del listino arretrano i bancari. Unicredit cede il 2,47%, Intesa Sanpaolo il 2,35% Ubi Banca il 2,37%, mentre il Banco Popolare cede lo 0,71% Miuccia Prada 2 - Prada: verso rimodulazione debito?... (ANSA) - Prada potrebbe rinegoziare con le banche il proprio debito di 1,2 mld per liberare cassa e aprire nuovi punti vendita o fare acquisizioni. Con vendite poco variate nel 2008 e una possibile erosione dei margini, il gruppo starebbe cercando di adottare una strategia di attacco per superare la crisi. Obiettivo del gruppo, controllato dall'ad Patrizio Bertelli e dalla moglie Miuccia Prada, e' poter cogliere eventuali occasioni sul mercato in una situazione congiunturale difficile. 3 - Monta l´onda dello spionaggio nelle aziende... Marco Patucchi per "la Repubblica" - Sembrerebbe un´ultima moda. Ma c´è da giurare che, in realtà, non ci sia nulla di nuovo. Ultima in ordine di tempo è stata Airbus Germania che ha ammesso di aver fatto spiare i propri dipendenti nell´ambito di un´iniziativa anticorruzione. Il giorno precedente, in Francia, due alti responsabili del colosso Edf erano stati messi sotto inchiesta dai magistrati per presunto spionaggio informativo ai danni di Greenpeace. E appena 24 ore prima, infine, si era dimesso l´ad delle ferrovie tedesche (Deutsche Bahn), Helmut Mehdorn: l´azienda ha ammesso di aver spiato per anni oltre il 70% dei dipendenti. Dimostrazioni di sfiducia dei manager nei confronti delle forze lavoro che, viste le cronache della crisi finanziaria globale, forse avrebbero dovuto seguire il percorso inverso. 4 - i rischi della svizzera... Giovanni Pons per "la Repubblica" - Nell´opinione corrente le banche Usa sono l´epicentro della crisi finanziaria mondiale. Ma ben sei paesi della "core-Europe" sono molto più a rischio bancarotta. Svizzera, Austria, Belgio, Olanda, Irlanda e Svezia hanno in silenzio accumulato asset bancari pari a oltre quattro volte il loro Pil. La Svizzera, per esempio, ha un tasso di vulnerabilità allarmante. Secondo dati attendibili a fronte di un Pil di 427 miliardi di dollari la Confederazione ha accumulato 189 miliardi di debito pubblico e ben 3.400 miliardi di asset bancari. Patrizio Bertelli La sola Ubs ne detiene 2.035 miliardi con una leva che è ancora superiore a 50, il Credit Suisse ne ha per 1.200 miliardi (leva 46) e Swiss Re per altri 260 miliardi (leva 25). Come può un governo garantire, in caso di necessità, una massa di attivi così spropositata rispetto alla ricchezza del paese? 5 - Effetto incentivi sulle due ruote scooter +35%... Da "la Repubblica" - Dopo le auto, anche le due ruote fanno registrare un´inversione di tendenza nelle vendite. A marzo, si segnala un +7,8% rispetto allo stesso periodo del 2008. Confindustria Ancma, associazione del ciclo e motociclo, precisa che il comparto scooter è quello in reale accelerazione con un +35,5%. Invece le moto sono in calo, anche se meno accentuato rispetto al primo bimestre (-14,8%). In sofferenza i 50 di cilindrata: -21,1%, in assenza di incentivi. 6 - Pioggia di offerte a Telecom Italia per la Hansenet... Da "la Repubblica" - La spagnola Telefonica e Vodafone puntano ad Hansenet, controllata tedesca di Telecom Italia. L´agenzia Bloomberg e il quotidiano Daily Telegraph parlano di offerte preliminari e non vincolanti. Hansenet rientra nel piano di dismissioni da 3 miliardi annunciato da Telecom Italia. Il prezzo? Fino a 1,1 miliardi. Hansenet ha 2,3 milioni di clienti. Con il suo acquisto, Vodafone può attaccare Deutsche Telekom, e Telefonica crescere nella banda larga. 7 - Problemi di cassa per funerali Usa... Da "Il Sole 24 Ore" - Che la recessione danneggi la qualità della vita è lapalissiano, ma che arrivi a infastidire pure la "vita eterna" è disdicevole. Eppure negli Stati Uniti succede anche questo. Certo, si "riposa in pace" pure lì ma, secondo un'inchiesta della Cnn, all'«ombra de' cipressi e dentro l'urne»gli americani ci stanno sempre più stretti. Per la necessità di risparmiare anche sulle spese funerarie hanno inizialmente provato ad eliminare limousines (275-375 dollari) e altre celebrazioni di lusso. Franco Bernabè Poi - l'argomento è un po' delicato hanno fatto fuori pure la cassa: per il National vital statistics department, nel 2006 solo il 34% dei funerali finiva con una cremazione, mentre ora quella scelta riguarda il 40% dei cari estinti, con una previsione di crescita fino al 60%. Perché? Perché un funerale tradizionale da Hollomon-Brown funeral home costa almeno 8.500 dollari, con la cremazione ne bastano 3mila. (R.Fi.) 8 - Stelle di Hollywood più vicine alla terra... Da "Il Sole 24 Ore" - Le star di Hollywood sono le ultime vittime della recessione. Finiti sono i tempi dei cachet multimilionari: gli studios costretti a tagliare i costi hanno deciso di pagarle di meno. Julia Roberts, Tom Hanks e Will Smith non possono certo piangere miseria, i loro compensi continuano a viaggiare sui 15-20 milioni di dollari a film. Ma le major non sono più disposte a concedere ad attori e registi una porzione degli incassi lordi, una prassi che assicurava compensi strepitosi anche quando il film era un fiasco al botteghino. La Paramount ha appena siglato accordi più ravveduti con due mega-star, Harrison Ford e Steve Carrell, offrendo una quota degli incassi al netto dei costi di produzione e distribuzione. Gli altri colossi di Hollywood stanno seguendo l'esempio: con le vendite di dvd in picchiata e i finanziamenti di Wall Street esauriti, l'industria del cinema deve tirare la cinghia, star incluse. (D.Ro.) Gabriele Galateri 9 - Il conflitto pubblico sul salvataggio Opel... Da "Il Sole 24 Ore" - Deve lo Stato tedesco entrare nel capitale di Opel? La questione sta lacerando l'establishment politico. I socialdemocratici sono convinti che debba acquistare una quota per salvare i posti di lavoro ed evitare il tracollo. I democristiani sono contrari: preferiscono mettere a disposizione garanzie pubbliche. Christian Wulff, ministro presidente della Bassa Sassonia, si è detto contrario all'ingresso dello Stato in Opel. Opinione a dir poco sorprendente, se è vero che in questi anni Wulff ha strenuamente difeso la Legge Volkswagen, che permette alla mano pubblica di controllare il 20% della casa di Wolfsburg. C'è chi ipotizza che il premier si sia semplicemente allineato sulla tesi del suo partito, la Cdu. E chi invece più maliziosamente crede che dietro alla presa di posizione del premier regionale ci sia il timore di assistere a un rafforzamento di Opel; grande concorrente della Volkswagen. (B.R.) 10 - Il duty free Ssp soffre, Autogrill festeggia... Da "Il Sole 24 Ore" - Chi ieri fosse andato a spulciare report o bilanci di Autogrill per spiegarsi come mai la società di ristorazione e concessioni della famiglia Benetton sia salita del 6,5%, non avrebbe trovato risposta. Perché il motivo del rialzo (che ha portato a +20%il saldo dell'ultimo mese di Borsa) è che Ssp, il principale concorrente di Autogrill e big mondiale delle concessioni di aeroporti e stazioni, è in grave tensione finanziaria e secondo glianalisti di Oddo sta molto peggio dell'azienda italiana. Julia Roberts Nel 2005 il mercato ci era rimasto un po' male quando Autogrill si era lasciata sfuggire il colpaccio su Ssp, messa in vendita da Compass e comprata da Macquaire e EQT. I fondi però avevano strapagato Ssp (11 volte il Mol): oggi la prudenza dell'ad Gianmario Tondato si è rivelata azzeccata e la Borsa plaude. In fondo, «mors tua, vita mea» è un motto sempre valido negli affari. (S.Fi.) [03-04-2009] Tom HanksWill Smith - Copyright Pizzi

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L'olio Dante torna italiano (sezione: crisi)

( da "BlueTG online" del 03-04-2009)

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L'olio Dante torna italiano 03-04-2009 09:40 - La crisi finanziaria rallenta ma non blocca le operazioni di fusioni e acquisizione, specialmente quelle con una valenza industriale più che finanziaria. Ad approfittarne in questo caso è il gruppo beneventano Mataluni, che ha riacquistato per 30 milioni di euro il marchio olio Dante dalla spagnola Sos Cuetara, come riferisce stamane il quotidiano Mf. Mataluni è attivo sul mercato con marchi quali Topazio, Oio e Gico, oltre che tramite produzione per conto terzi che copre 187 diversi marchi mondiali e si è avvalso dell'assistenza di tre banche (UniCredit, Intesa Sanpaolo e Bpl-Bnp Paribas ) per finanziare l'operazione, che vede il trasferimento dal gruppo spagnolo a quello italiano anche di altri undici marchi tra cui Minerva e Lupi. (l.s.)

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Usa, i dubbi del Dipartimento di Stato sui mercati del S.America (sezione: crisi)

( da "Velino.it, Il" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

Il Velino presenta, in esclusiva per gli abbonati, le notizie via via che vengono inserite. EST - Usa, i dubbi del Dipartimento di Stato sui mercati del S.America Roma, 3 apr (Velino/Velino Latam) - “Incertezza normativa in alcuni settori chiave dell’economia”, “persistenza di fenomeni di corruzione pubblica e privata”, “mancanza di finanziamenti a lunga scadenza”. Sono alcune delle problematiche nel mercato finanziario argentino secondo la “Guida commerciale 2009 per le imprese statunitensi”, un’analisi messa a disposizione delle aziende americane dal Dipartimento di Stato Usa. Nelle 110 pagine del dossier si evidenzia il profondo legame tra i due paesi dal punto di vista economico - gli Stati Uniti sono il terzo partner commerciale argentino dopo Brasile e Cina -, e l’apertura di Buenos Aires agli investimenti stranieri. Allo stesso modo però il documento segnala come l’attrattiva rappresentata dal mercato argentino sia ridotta dalle incertezze relative alle conseguenze del rallentamento dell’economia del paese latinoamericano e ai possibili interventi statali sul fronte fiscale e normativo. Il Dipartimento di Stato americano sottolinea poi la preoccupazione relativa ai tentativi di controllare i prezzi dei combustibili sul mercato domestico messo in atto dal governo, che “danno priorità alla domanda del mercato locale a prezzi inferiori a quelli internazionali, creando disincentivi per le imprese intenzionate a investire nella ricerca di petrolio e gas”. La conseguenza, secondo il documento, può essere la presenza di “investimenti sufficienti” che può determinare “un’offerta di energia incapace di sostenere la crescita della domanda”. Le parole più dure nei confronti del paese latinoamericano arrivano però sul fronte della corruzione dei funzionari pubblici e della frode nelle relazioni commerciali private, definite “un problema serio” anche secondo gli indicatori della Banca mondiale e che determinano “molte lamentele da parte degli imprenditori statunitensi”. Secondo l’analisi del Dipartimento di Stato, inoltre, “un funzionamento inefficace del sistema giudiziario limita gli effetti degli sforzi” fatti nella lotta alla corruzione. Il dossier contesta anche la politica della Banca centrale che, negli ultimi anni, “ha mantenuto un cambio competitivo e tassi di interesse negativi”, “contribuendo ad alzare il livello di inflazione”. Proprio su quest’ultimo aspetto il documento evidenzia anche i dubbi e le polemiche relative ai dati forniti dall’Istituto nazionale di Statistica (Indec) oggetto di “un forte dibattito sui media in merito ai tassi d’inflazione”. La pubblicazione dedicata all’Argentina segue di poche settimane quelle relative a Cile, Paraguay ed Ecuador e, soprattutto per quanto riguarda gli ultimi due le preoccupazioni di Washington sono ancora più evidenti. L’Ecuador viene definito un paese in cui “fare affari può essere difficile”, a causa di un fortissimo problema di corruzione, del duro colpo dato dalla crisi finanziaria internazionale, che ha portato a limitazioni delle importazioni, e di un sistema giudiziario “imprevedibile”. Il “nuovo” Paraguay di Fernando Lugo è contraddistinto da un “mercato nero” che divora miliardi di dollari e “una corruzione che coinvolge settore pubblico e settore privato”, mentre nelle grandi imprese nazionali delle telecomunicazioni e dell’energia “vige il clientelismo”. Completamente differente lo scenario in Cile, definita “una delle nazioni più stabili e prospere della regione” nonostante la crisi finanziaria internazionale. Secondo il dossier del Dipartimento di Stato si tratta del “paese latinoamericano più competitivo”, grazie anche a “una democrazia sviluppata”, “un alto prodotto interno pro capite” e “una stampa libera”, oltre che “una delle economie più aperte del mondo” con oltre sessanta partner internazionali. (Matteo Tagliapietra) 3 apr 2009 10:53

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Speciale energia Eolica: nuovi stanziamenti dal G20 pag.1 (sezione: crisi)

( da "Trend-online" del 03-04-2009)

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Speciale energia Eolica: nuovi stanziamenti dal G20 PRIMO PIANO, clicca qui per leggere la rassegna di Paolo Crociato www.strategyinvestor.com, 03.04.2009 08:34 Scopri le migliori azioni per fare trading questa settimana!! riteniamo che anche quest'anno non farà eccezione. "Una forte politica di supporto per l'energia eolica continuerà a guidare in avanti la crescita nei nostri tre principali mercati: Cina, Europa e Stati Uniti" ha dichiarato il segretario generale del Global Wind Energy Council che ha aggiunto: “I governi di tutto il mondo stanno trasformando l'attuale crisi in un'opportunità, ponendo l'energia eolica al centro della loro politica economica di stimoli e di ripresa. Questo creerà molte migliaia di nuovi posti di lavoro migliorando la sicurezza energetica e aiutando la crisi climatica globale." La Cina: il paese dove puntare per le maggiori crescite nell'energia eolica Negli ultimi anni in particolare, due mercati hanno continuato a sovraperformare rispetto alle più ottimistiche previsioni: gli Stati Uniti e la Cina. Nel corso del prossimo anno e forse in quello seguente gli sviluppi negli Stati Uniti potrebbero rallentare a causa della crisi economica, prima che il pacchetto di stimoli governativi abbia un maggiore impatto positivo sul mercato. Nello stesso tempo però la Cina continuerà a crescere ad un ritmo mozzafiato, segnando un sostanziale aumento delle installazioni di pale eoliche per ognuno dei prossimi anni a venire. A queste ottimistiche dichiarazioni, Arthouros Zevos, il presidente del convegno, ha aggiunto: "Naturalmente la crisi finanziaria sta influenzando anche il nostro settore come qualsiasi altro. Nello stesso tempo però le prospettive per l’energia eolica sono molto più ricche. Tutti i fondamentali evidenziano che l'energia eolica sarà sempre più preferita come la primaria fonte di energia alternativa nei vari paesi. L'eolico è pulito, facile da sviluppare, potenzialmente in grado di creare molti posti di lavoro, virtualmente non usa acqua ed è economicamente competitivo." L'Europa segue pagina >>

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Raccolta in crescita per Banca Valpolicella (sezione: crisi)

( da "Arena.it, L'" del 03-04-2009)

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Raccolta in crescita per Banca Valpolicella CREDITO COOPERATIVO. L'istituto chiude il 2008 con un incremento anche della base sociale Quella indiretta aumenta del 28% a quota 153 milioni e gli impieghi superano il +15% (135,5 milioni) 03/04/2009 rss e-mail print Gianmaria Tommasi, presidente di Banca della Valpolicella Banca della Valpolicella Credito Cooperativo di Marano ha chiuso il 2008 in crescita. È quello che emerge dal bilancio 2008, approvato dal consiglio di amministrazione che lo sottoporrà all'assemblea dei soci il 16 maggio prossimo. Il patrimonio ha superato i 13 milioni di euro, l'utile di esercizio ammonta a 1 milione e 54 mila euro. La raccolta diretta è salita a 153 milioni di euro con un incremento del 28% rispetto al 2007; la raccolta indiretta si è attestata a 103,4 milioni di euro; gli impieghi hanno registrato una crescita di oltre il 15% rispetto al 2007, toccando 135,5 milioni di euro. Dato in crescita anche per la compagine sociale ulteriormente rafforzatasi, passando da 977 soci del 2007 a 1.146 nel 2008 con un incremento del 17%. «Si tratta di numeri confortanti», afferma il direttore generale Giovanni Sartori, «che ci consentono di essere ottimisti anche per il prosieguo del 2009, nonostante il periodo non certo positivo che stanno attraversando tutti i settori economici e, di conseguenza, i consumi delle famiglie. Nonostante la crisi finanziaria stia interessando l'economia mondiale, Banca della Valpolicella, rimanendo fedele ai principi che hanno portato alla sua nascita, ha consolidato il proprio ruolo di banca locale legata al territorio e, con orgoglio, sta confermando un'immagine di solidità ed affidabilità». Frutto, prosegue il direttore generale, «di un'attività svolta con serietà, mantenendo come punti di riferimento le esigenze della clientela e lo sviluppo dell'economia reale». Per un'annata particolare: quest'anno Banca della Valpolicella festeggia il 25° anniversario della sua attività. «Si tratta di una tappa fondamentale per il nostro istituto», spiega il presidente Gianmaria Tommasi, «che festeggeremo, assieme a soci e clienti, domenica 4 ottobre. Ma non sarà l'unico appuntamento, stiamo organizzando altri momenti da condividere con chi ha fatto diventare grande la nostra banca». Il presidente ritorna sul risultato 2008, «un risultato positivo che ci permette di affrontare con fiducia il 2009, anno non facile ma sapremo superarlo». Massimo Ugolini Massimo Ugolini

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Dal G20 pochi fatti, molto ottimismo. Basterà?. (sezione: crisi)

( da "Giornale.it, Il" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

La Merkel ha parlato di un compromesso storico, Obama ieri era raggiante; tutti i leader hanno salutato con enfasi i risultati del G20. Ed è normale che sia così: tentano di infondere fiducia e speranza, nel tentativo, perlomeno, di sbloccare i consumi. E le Borse hanno risposto. Tuttavia analizzando i contenuti ci si accorge che, come previsto, il G20 ha portato poche novità. L'unica è l'aumento dei fondi a disposizione del Fmi: erano previsti 500 miliardi, saranno 750. per il resto: - hanno annunciato che intendono regolamentare gli hedge funds e le agenzie di rating. Bene, ma le norme devono essere ancora stabilite e il dibattito rischia di essere lungo. - secondo Brown "non ci saranno più i bonus per i manager che fanno fallire le società". Era ora, ma più che altro è un auspicio condiviso, perchè ogni Paese, com'è ovvio, deciderà autonomamente se e come realizzarlo. - hanno dichiarato di aver posto le fondamenta per "ripulire i bilanci delle banche dagli asset tossici", ma anche questa è una dichiarazione d'intenti. In realtà, i Paesi continuano a procedere in ordine sparso e un codice comune appare ancora lontano. L'economista Giorgio Barba Navaretti ( vedi l' intervista uscita sul Giornale) rileva due punti innovativi: l'impegno a far ripartire il commercio mondiale e l'ammissione che la crescita non potrà più dipendere solo dagli Usa, ma da quello che definisce "un traino globale", in cui i Paesi come Cina, India, Brasile avranno un ruolo sempre più importante. Ma questo avrà effetto nel lungo periodo: a breve è improbabile che queste economia possano generare una domanda interna molto forte. Complessivamente il G20 è stato insoddisfacente su due punti: - il pacchetto da 1100 miliardi non serve a rilanciare l'economia mondiale - il problema più urgente, quello di una riforma strutturale del sistema finanziario mondiale è irrisolto. Intanto proprio ieri gli Stati Uniti hanno allentato il mark-to-market ovvero la norma che obbligava le banche a valutare ogni giorno il prezzo di mercato dei prodotti finanziari e siccome molti di questi non hanno acquirenti le banche erano costrette a iscrivere a bilancio perdite colossali. Ora invece potranno diluirle nel tempo, nella speranza che in futuro i prodotti tossici valgano più di zero. Insomma , cambiano i parametri anzichè affrontare le cause del male. L'impressione è che il G20 si servito soprattutto a spargere tanta cipria sulla crisi mondiale, nel tentativo di cambiare la psicologia catastrofista dei mercati, infondendo ottimismo, avvalorando l'impressione che la situazione sia sotto controllo. Il tentativo in sè è comprensibile, ma basterà per risollevare l'economia globale? Scritto in spin, era obama, banche, capitalismo, crisi, società, economia, gli usa e il mondo, germania, globalizzazione, europa, francia Commenti ( 2 ) » (1 voti, il voto medio è: 5 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 02Apr 09 Che tristezza, la Cnn (e un certo giornalismo). Ieri pomeriggio decine di migliaia di persone hanno preso d'assalto la City, spaccando vetrine delle banche, accerchiando la Banca d'Inghilterra; ci sono stati tafferugli, feriti e un morto. Ieri pomeriggio mi sono sintonizzato sulla Cnn: da sempre in questi frangenti è la più rapida e la più completa; ma ieri sembrava stesse su un altro pianeta. Mentre la protesta esplodeva, la Cnn ci ha parlato di Obama dalla regina, del menu preparato dallo chef dei vip, dei preparativi della cena del G20, ha mostrato fino alla nausea le immagini di Obama sorridente con Medvedev e il presidente cinese Hu Jintao. E i disordini? Un collegamento di un paio di minuti, come si trattasse di un fatto marginale. Le possibilità sono due: o la Cnn ha commesso un grave errore giornalistico oppure ha volutamente minimizzato i disordini di Londra. Propoendo per la seconda ipotesi e vi spiego perchè: da quando negli Usa è esplosa la protesta contro i bonus dei manager Aig, l'establishment finanziario e politico teme che le proteste, per ora isolate, possano estendersi; dunque il messaggio che gli spin doctor trasmettono ai media è di essere cauti, di non infiammare gli animi, di minimizzare. E la Cnn si è adeguata, come se fosse una tv di regime. Da notare che nessun media europeo ha fatto altrettanto, sebbene molti governi siano assai preoccupati e abbiano inviato messaggi analoghi: tutti i mezzi d'informazione, di destra e di sinistra, hanno dato spazio alle proteste, giudicandole, giustamente, una notizia importante. Che tristezza, la Cnn e, purtroppo, non è l'unico episodio negativo che riguarda la stampa americana che negli ultimi anni ha assecondato senza critiche la guerra in Irak, ha censurato inchieste su Madoff (è successo al Wall Street Journal), e per oltre un decennio non ha analizzato, nè denunciato gli abusi e le storture della casta finanziaria di Wall Street, di cui, anzi, era diventata il megafono. E questi non sono che alcuni esempi. La stampa europea (e quella italiana) ha molti difetti, ma per anni abbiamo considerato quella americana come un modello da imitare. Ora non più. Il livellamento, è verso il basso e non è una buona notizia per il giornalismo occidentale. Scritto in manipolazione, era obama, spin, crisi, comunicazione, società, europa, gli usa e il mondo, notizie nascoste, democrazia, globalizzazione, giornalismo Commenti ( 35 ) » (2 voti, il voto medio è: 5 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 31Mar 09 G20, tanto rumore per poco. E l'America non fa più paura. Dunque, ci siamo. Obama arriva oggi a Londra e domani vedrà i leader dei venti principali Paesi industrializzati; ma questo vertice, ritenuto da tutti fondamentale, si concluderà con ogni probabilità con pochi risultati concreti, che non è difficile prevedere: un impegno generico a una nuova regolamentazione degli hedge funds, misure contro i paradisi fiscali, nuovi fondi al Fmi. Le riforme strutturali resteranno nel cassetto e lo strapotere della finanza sull'economia reale non verrà rimesso in discussione: questo espone il mondo a nuovi choc. Una delle novità più importanti riguarda il rapporto tra l'America e l'Europa. Come ho scritto in un pezzo sul Giornale, l"'Europa ha deciso di non seguire l'America sulla via del rilancio economico, perlomeno non secondo le modalità statunitensi. Obama, in circa due mesi, ha approvato misure, che, inclusi i salvataggi delle banche e delle industria in difficoltà, toccheranno l'astronomica cifra di 4500 miliardi di dollari, pari quasi al 30% del Pil. E per settimane l'amministrazione Obama, con il martellante sostegno della stampa, ha tentato di convincere l'Unione europea ad uniformarsi agli Usa. Ma la cancelliera tedesca Merkel, spalleggiata da Sarkozy, ha tenuto duro e ha vinto". I consiglieri della Casa Bianca hanno annunciato che "Obama non insisterà con i leader dei venti Paesi più importanti del pianeta sulla necessità di varare la prima, grande, coordinata manovra mondiale. La bozza della risoluzione, trapelata su un giornale tedesco, esprimerà un auspicio generico, senza alcun vincolo. Come dire: ognuno faccia da sé". L'Europa ritiene più importante salvaguardare la solidità dei conti pubblici e limitare i rischi di un'iperinflazione, l'America, invece, la cui economia è basta al 75% sui consumi, deve far ripartire ad ogni costo l'economia. Il viaggio confermerà la straordinaria popolarità di Obama, ma sarà inconcludente anche su altri dossier, soprattutto sull'Afghanistan: fino a poche settimane fa Washington pretendeva dagli europei l'invio di nuove truppe al fianco dei marines, ma nella Ue questa eventualità è talmente impopolare da indurre i governi a respingere le pressioni americance. E l'America è così debole da abbozzare: al vertice della Nato la questione delle nuove truppe a Kabul passerà sotto traccia. La mia impressione è che politicamente il viaggio di Obama rischia di essere ricordato come il primo di un'America a cui il mondo non riconosce più lo status di superpotenza. Perchè dire no aall'America oggi si può, e non basta un presidente mediatico a ridare prestigio e credibiltà a un Paese a cui il mondo, all'unanimità, rinfaccia la responsabilità della crisi. Scritto in era obama, banche, capitalismo, crisi, economia, europa, gli usa e il mondo, germania, democrazia, globalizzazione, francia Commenti ( 46 ) » (5 voti, il voto medio è: 4.8 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 28Mar 09 Nasce il Pdl, ma saprà darsi un'identità? Nasce il Pdl, bene. E non è difficile prevedere che sarà vincente, perchè Berlusconi è la figura di riferimento da oltre 15 anni e alla maggioranza degli italiani è assai gradira e perchè i partiti conservatori, in Italia, ma non solo, affrontano la crisi meglio di una sinistra moderata che, avendo fatto proprio il dogma liberista (ricordate il libro di Giavazzi e Alesina?), ora appare meno credibile di un centrodestra, dove nel corso degli anni non sono mancate le critiche allo stapotere della finanza e alla deriva morale della società ( vedi Tremonti, Bossi, certi esponenti di An). Tuttavia il Pdl corre lo stesso rischio del Pd, che è fallito perchè non è riuscito a darsi una nuova identità ovvero non ha saputo creare una sintesi innovativa tra i cattolici sociali e i post comunisti. Al Pd, come già osservato su questo blog, manca il senso di appartenenza. La domanda che mi pongo è la seguente: il popolo di Forza Italia e, soprattutto, il popolo di An, che è più piccolo ma più coeso, saprà riconoscersi nel Pdl? Ovvero: il nuovo partito sarà sentito come proprio dai militanti? Avrà una coerenza ideologica, programmatica, sociale? Se la risposta sarà negativa, non è difficile prevedere un aumento dei consensi a Lega e Udc, che hanno già un profilo consolidato e sono facilmente riconoscibili dagli elettori. Il successo del nuovo partito nel medio e lungo periodo si gioca sull'identità. Che dovrà essere forte, autentica, condivisa. O sbaglio? Scritto in politica, pdl, partito democratico, democrazia, Italia Commenti ( 70 ) » (4 voti, il voto medio è: 4.5 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 25Mar 09 Ma il mercato distorce la realtà? Soros dice di sì. Di questi tempi abbiamo parlato molto di economia e mi spiace dover restare in tema, ma sono rimasto colpito da questa affermazione di George Soros, l'ex speculatore che affossò la lira e la sterlina negli anni Novanta e che ora è diventato un guru economico-filosofico-filantropico. Con i mercati ha guadagnato miliardi e i fondi Hedge da lui creati continuano a guadagnarne molti (pare). Eppure ieri durante un incontro con il minostro del Tesoro Usa Geithner ha pronunciato questa frase che ha scioccato l'America: "L'idea che i mercati (finanziari) siano in grado di correggersi da soli si è dimostrata falsa. I mercati, anzichè rispecchiare la realtà sottostante, la distorgono sempre". La mia prima reazione è stata di stizza: ma come, proprio lui fa queste considerazioni? Il personaggio non è certo coerente.. ma, pensandoci bene, forse non ha tutti i torti. Mi spiego: io sono da sempre un liberale e penso che l'economia di mercato abbia consentito di portare sulla via del benessere intere nazioni. Ma ho l'impressione - anzi, la certezza - che i mercati finanziari oggi non siano il risultato del normale incrocio tra domanda e offerta. E questo a causa dei derivati e dei prodotti di ingegneria finanziaria. Qualcuno sa dirmi l'utilità di questi strumenti? Nati a fin di bene ovvero per permettere agli operatori e agli industriali di cautelarsi contro rischi di cambio o sbalzi nelle quotazioni, sono diventati dei mostri che con l'effetto leva consentono profitti o perdite inimmaginabili. Ma servono all'economia reale? Consentono una miglior valutazione delle società quotate? La risposta a queste domande è no: non servono a nulla se non a una certa finanza. E l'effetto leva è così vertiginoso da distorgere molte valutazioni, accentuando spasmodicamente i movimenti al rialzo o al ribasso di borse, valute, materie prime, obbligazioni. Ricordate il petrolio? Su su fino a 150 dollari, poi già sotto i 40, il dollaro che passa da 1,25 a 1,45 in dieci giorni e poi torna a 1,25. Tutto questo è innaturale e superfluo. E allora perchè non limitarli o addirittura abolirli, progressivamente? I trader, certi banchieri, gli speculatori hanno già fatto abbastanza danni. Che la festa finisca e che il mercato torni ad essere il mercato, in un'ottica autenticamente liberale. Domanda: Che Soros abbia ragione? Scritto in capitalismo, crisi, banche, manipolazione, globalizzazione, economia, notizie nascoste Commenti ( 91 ) » (6 voti, il voto medio è: 4.33 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 24Mar 09 Il piano Geithner? Un'altra beffa. I mercati finanziari hanno reagito con entusiasmo al piano del ministro del Tesoro americano Geithner e non è difficile capire perchè: non fa altro che prorogare lo strapotere della casta finanziaria di Wall Street. Come hanno evidenziato alcuni commentatori (segnalo al riguardo l'ottimo fondo di Luigi Zingales sul Sole 24Ore), la manovra messa a punto dall'Amministrazione Obama si risolve in uno straordinario regalo alle banche che hanno provocato il dissesto finanziario, in un incentivo agli hedge funds che potranno indebitarsi a spese del contribuente, e persino in un premio alle agenzie di rating che per valutare i nuovi fondi di asset tossici intascheranno un miliardo di dollari. Sul Giornale di oggi do voce anche a un'illustre economista, Alice Rivlin, ex membro del board della Federal Reserve, che sebbene con qualche perplessità difende il piano. Tuttavia resto molto scettico, per queste quattro ragioni: 1) Il piano ignora le cause strutturali del dissesto. Anche se avesse successo, non impedirebbe alle banche di ripetere gli stessi errori del passato. infatti, secondo voci accreditate, gli istituti bancari non hanno ancora rinunciato alle operazioni di ingegneria finanziaria, insomma continuano a trastullarsi con derivati, cartolarizzazioni, eccetera. 2) Il fondo dovrebbe essere alimentato con mille miliardi di dollari, ma l'ammontare dei debiti tossici è di gran lunga superiore a questa pur ingente cifra. Verosimilmente, non sarà sufficiente per risanare completamente i bilanci delle banche. 3) La Cina è sempre più diffidente nei confronti degli Stati Uniti e sempre meno disposta a indebitarsi in dollari. Ieri, d'accordo con la Russia, ha lanciato l'idea di una moneta globale al posto della valuta statunitense. L'ipotesi appartiene a un futuro lontano. Ma il solo fatto che venga presa in considerazione è indicativa delle intenzioni di Pechino. 4) L'economia americana si basa per il 75% sui consumi e le misure varate dal governo faranno esplodere prima il deficit e poi il debito pubblico, che potrebbe arrivare in appena due anni all'80% del Pil. E ci vorranno molti anni per riconvertirla all'industria. Le sue debolezze sono strutturali. L'ottimismo di molti operatori è davvero giustificato? Scritto in banche, capitalismo, crisi, era obama, economia, cina, globalizzazione, gli usa e il mondo Commenti ( 63 ) » (3 voti, il voto medio è: 5 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 21Mar 09 Non chiedete a Obama di essere spontaneo Ma Obama è davvero un grande comunicatore? Ne dubito. O meglio, dipende dalle circostanze. Come spiego in un articolo pubblicato oggi sul Giornale, il presidente degli Stati Uniti è soprattutto un grande interprete, ma solo di discorsi scritti, spesso da altri. Sa leggere, sa recitare bene. Ma è terrorizzato quando deve parlare a braccio. Infatti, ha sempre appresso il teleprompter (vedi foto) ovvero il "gobbo elettronico", anche quando deve intervenire in pubblico solo per pochi secondi. Non sa improvvisare, non sa essere spontaneo. Io dico: non paragonatelo a Roosevelet, nè a Kennedy, nè a Reagan. Quella era un'altra categoria. Obama senza il suo spin doctor David Axelrod è perso. Scritto in spin, comunicazione, era obama, presidenziali usa, gli usa e il mondo, giornalismo Commenti ( 72 ) » (4 voti, il voto medio è: 4.75 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 19Mar 09 Proteste alla Sapienza e degli islamici, la legge vale per tutti? Ieri altri tafferugli alla Sapienza. Gli studenti volevano improvvisare un corteo non autorizzato e la polizia lo ha impedito; da qui gli scontri. A mio giudizio la polizia ha ragione; mi chiedo però perchè lo stesso criterio non sia stato usato in occasione delle proteste degli estremisti islamici di gennaio, durante le quali, per ben 4 volte i manifestanti hanno deviato dal percorso autorizzato per andare a pregare di fronte al Duomo e al Colosseo. In quell'occasione, a Milano come a Roma, le forze dell'ordine hanno lasciato fare. E purtroppo credo che lo stesso accadrebbe se gli islamici tentassero un'altra prova di forza; perchè è relativamente semplice contrastare qualche centinaio di studenti su di giri, ma è troppo rischioso far rispettare la legge se a violarla è una minoranza musulmana ormai molto numerosa composta da centinaia di migliaia di persone, che potrebbero provocare sommosse di piazza. E se osservo quel che accade all'estero non trovi motivi di conforto: a Parigi la polizia non ha più il controllo di alcuni quartieri di periferia e gli agenti hanno paura di uscire dai commissariati, mentre in America Sean Penn ha fatto tagliare i passaggi che lo riguardano in un film che denuncia le difficoltà di integrazione di certe minoranze, tra cui quella islamica, mostrando scene forti, come quella di una ragazza iraniana uccisa in nome dell' «onore» da un familiare che ne rimproverava la condotta di vita non conforme alle tradizioni e ai dettami della religione. Le proteste dell'associazione degli iraniani è stata così veemente da indurre l'attore, famoso per il suo impegno civile, a una clamorosa retromarcia. E la situazione rischia di peggiorare ulteriormente. Che fare? Bisogna arrivare al punto di limitare drasticamente l'immigrazione musulmana privilegiando quella di minoranze, come i filippini, che si integrano facilmente? Scritto in notizie nascoste, società, Italia, gli usa e il mondo, francia, immigrazione, islam Commenti ( 181 ) » (6 voti, il voto medio è: 5 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 17Mar 09 Il rally delle Borse è un'illusione, l'America nasconde i guai Negli ultimi sette giorni le Borse sono partite al rialzo e c'è già chi sostiene che il peggio è passato. Non riesco ad essere così ottimista; anzi, ho l'impressione che in realtà, proprio in questi giorni ,stiamo vivendo un passaggio delicatissimo della crisi. Il rally è stato innescato da Citigroup che ha annunciato profitti per i primi due mesi e gli operatori hanno iniziato a credere che il settore bancario sia sulla via del risanamento. Ma è davvero così? Che fine hanno fatto i debiti colossali accumulati dagli istituti? Si sono volatilizzati con un colpo di bacchetta magica? Ovvio che no. E infatti qualcuno ha rilevato che Citigroup ha annunciato gli utili ma si è rifiutata di rilevare l'incidenza dei debiti. Ma l'annuncio di una settimana fa è servito per innescare un'operazione colossale per propagare fiducia. Il movimento di Borsa è stato ampliato da una raffica di annunci rassicuranti da altre banche, e, soprattutto, da uno spin iperottimistico da parte di Obama, del ministro del Tesoro Geithner del presidente della Fed Bernanke, secondo cui "il peggio è passato". Che i governi tendano a sollevare gli spiriti è normale, ma questa euforia è sospetta. E infatti serve a nascondere un problema ben più grande. Altro che ripresa, in queste ore l'America è in bilico come mai prima d'ora. La vera notizia non è Citigroup, ma la dichiarazione del primo ministro cinese che pubblicamente ha espresso dubbi sulla solidità dei Buoni del Tesoro americani. E Obama nel week-end ha moltiplicato gli interventi per rassicurare il mondo "che gli Usa sono la nazione più sicura al mondo per gli investimenti". Ieri sono usciti i dati, ripresi dall'economista Roubini, sugli acquisti di Treasury ed è emersa un'altra verità scomoda. In gennaio gli stranieri hanno venduto Buoni del Tesoro a lunga scadenza per 18 miliardi (mentre in dicembre ne avevano acquistati per 22 miliairdi), preferendo le scadenze brevi. In genere hanno ridotto gli acquisti di obbligazioni americane, sia pubbliche che private, con, complessivamente, un saldo negativo per 148 miliardi di dollari. La Cina è inquieta e il mercato manda segnali negativi: il mondo inizia a perdere fiducia in un'America il cui deficit sta esplodendo? E' l'incubo che agita le notti di Obama. Altro che euforia, il suo è spin da disperazione. E il mondo trattiene il fiato. AGGIORNAMENTO: Sono a Parigi, dove ho intervistato Jacques Attali, uno dei pochi ad aver previsto per tempo la crisi. E' convinto che la crisi potrà essere superata definitivamente solo se verranno cambiate le regole che hanno permesso la diffusione dell'anarchia finanziaria, altrimenti la ripresa sarà effimera. Il problema è che Washington e Londra vogliono continuare come prima. Attali è persuaso che l'Europa sia meglio attrezzata e potrebbe addirittura emergere come la nuova superpotenza. Potere leggere l'intervista qui Scritto in spin, banche, capitalismo, crisi, era obama, società, cina, notizie nascoste, globalizzazione, economia, gli usa e il mondo Commenti ( 45 ) » (4 voti, il voto medio è: 5 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 14Mar 09 La crisi provocherà una nuova ondata di immigrati? Ma la crisi che impatto avrà sui flussi migratori? In Italia se n'è parlato poco, ma sulla stampa straniera sono stati pubblicati diversi reportage, da quali risultava che molti immigrati stavano abbandondando i Paesi ricchi (soprattutto negli Usa e in quelli del Golfo) per tornare a casa. Il motivo? Ovvio: la mancanza di lavoro. Anche in Italia è accaduto un fenomeno analogo, sebbene in misura molto minore e limitatamente ad alcune comunità, come quella brasiliana. Ma ora il quadro potrebbe cambiare. Se la crisi finanziaria nei Paesi dell'Europa dell'est peggiorerà ulteriormente, provocando un forte aumento della disoccupazione, molti rumeni, bulgari, albanesi, slovacchi, eccetera potrebbero essere indotti, dalla disperazione, a tentare l'avventura a ovest, magari al solo scopo di vivere di espedienti. L'incognita principale, tuttavia, riguarda l'Africa. L'altro giorno il segretario del Fmi, Dominique Strauss-Kahn, ha lanciato l'allarme per gli effetti catastrofici della recessione sul Continente nero. «C'è in pratica la certezza -ha detto il capo dell'Fmi -che molti milioni di persone sprofonderanno sempre più nella miseria: se non si interviene con un forte piano d'emergenza ci sono forti rischi di guerre civili, se non di guerre estese». E dunque di una nuova ondata migratoria verso l'Europa. Secondo Strauss-Kahn tocca ai Paesi ricchi mettere mano al portafoglio. «Se la comunità internazionale ha trovato centinaia di miliardi di dollari per affrontare la crisi globale, non è ammissibile che non possa trovare qualche centinaio di milioni, meno di quanto ha investito per salvare singole aziende private, per i Paesi più poveri». E' davvero questo il modo appropriato per aiutare l'Africa a superare la crisi? Inoltre: siamo pronti a reggere, in piena crisi economica, una nuova ondata migratoria dall'Europa dell'Est e dall'Africa? Temo che un evento del genere provocherebbe tensioni sociali enormi, un razzismo diffuso e una guerra tra poveri nelle nostre città. Che foschi presagi.. sbaglio? Scritto in società, crisi, globalizzazione, democrazia, Italia, notizie nascoste, immigrazione Commenti ( 88 ) » (8 voti, il voto medio è: 4.38 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico Post precedenti Chi sono Sono inviato speciale di politica internazionale. Sposato, ho tre figli. Risiedo a Milano e giro il mondo. Tutti gli articoli di Marcello Foa su ilGiornale.it contatti Categorie banche (10) blog (1) capitalismo (10) cina (19) comunicazione (2) crisi (12) democrazia (62) economia (32) era obama (17) europa (13) francia (24) germania (5) giornalismo (51) giustizia (2) gli usa e il mondo (64) globalizzazione (46) immigrazione (40) islam (20) israele (2) Italia (151) manipolazione (6) medio oriente (13) notizie nascoste (47) partito democratico (2) pdl (1) politica (1) presidenziali usa (23) progressisti (3) russia (14) sicurezza (1) sindacati (1) società (24) spin (7) svizzera (5) turchia (12) Varie (17) I più inviati Dietro la vicenda Alitalia la mano della lobby europea - 4 Emails Una vita meritocratica... - 4 Emails Abbiamo vinto l'Expo. 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Harlequin: roberto - ho posto un link di ricerca su Google, per fare questa affermazione con un minimo di correttezza... redesio: ma si!!! come non averlo capito prima la colpa è tutta di quei farabutti dell'Uruguay&Filippin... roberto: Harlequin Scrive: April 2nd, 2009 at 8:30 am Gentilissimo Dr. Foa, dovrebbe conoscere uno dei soprannomi con... roberto: Umberto Cisotti Scrive: April 2nd, 2009 at 10:10 pm No ROBERTO, la frase giusta sarebbe stata " panem et... 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Addio ai paradisi fiscali, più fondi contro la crisi (sezione: crisi)

( da "Avvenire" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

ECONOMIA 03-04-2009 Addio ai paradisi fiscali, più fondi contro la crisi Il compromesso dei Grandi su regole e stimoli. Mille miliardi in più al Fondo monetario DI ELENA MOLINARI L a Francia ottiene il giro di vite sui paradisi fiscali, sui quali aveva puntato i piedi. Il Fondo Monetario vede triplicate le risorse a sua disposizione per salvare i Paesi messi in ginocchio dalla crisi. E Usa e Gran Bretagna portano a casa la conferma di uno stimolo fiscale da 5mila miliardi di dollari entro la fine del 2010 a sostegno della ripresa dell'economia mondiale. Ma non la promessa di ulteriori iniezioni dirette di capitale nelle economie più in difficoltà. Il G20 iniziato all'insegna della tensione si è chiuso con un accordo di compromesso che non scontenta nessuno e contiene qualche sostanziale passo avanti. Per Barack Obama, che pure non ha ottenuto l'aumento sostanziale di stimoli fiscali che sperava, il giudizio del suo primo vertice economico internazionale è del tutto positivo: ha parlato infatti di «misure senza precedenti» che segnano un «punto di svolta per la crisi economica». Poi si è auto-assegnato parte del merito della buona riuscita del summit, facendo dire a un membro del suo staff che «si deve al presidente Usa la mediazione fra Francia e Cina sui paradisi fiscali». «Ero giunto al G20 di Londra per ascoltare, imparare e fornire leadership americana: penso di avere centrato l'obiettivo», ha ag- giunto il presidente americano. Quindi ha lodato il «coordinamento storico, inimmaginabile 10 o 20 anni fa» che ha unito «Paesi molto diversi come Stati Uniti, Russia e Cina». Il comunicato finale dell'incontro è altrettanto trionfale: «Le azioni che abbiamo intrapreso costituiranno il più grande stimolo fiscale e monetario e il programma di supporto del sistema finanziario di più vasta portata dei tempi recenti. Abbiamo fissato un ulteriore aumento di mille miliardi di dollari per le risorse all'economia mondiale, attraverso le nostre istituzioni finanziarie e il commercio internazionale. Stiamo sostenendo un'espansione fiscale concertata e senza precedenti che salverà o creerà milioni di posti di lavoro, e che ammonterà, entro la fine dell'anno prossimo, a 5mila miliardi di dollari». Se la somma di 5mila miliardi appare enorme, occorre precisare che comprendono sia i nuovi stanziamenti che quelli già avviati dai vari Paesi. Per quanto riguarda la nuova regolamentazione dei mercati finanziari, chiesta da Francia e Germania, invece, i dettagli vanno ancora definiti. Per ora il G20 ha disposto «l'estensione, la sorveglianza e la regolamentazione a tutte le più importanti istituzioni finanziarie, gli strumenti e i mercati finanziari ». La novità, come ha fatto notare con soddisfazione il premier britannico Gordon Brown, è che la regolamentazione si estende per la prima volta anche agli hedge fund. Anche le agenzie di rating, accusate di aver sottovalutato negli ultimi anni il rischio legato al debito delle istituzioni da loro analizzate, verranno sottoposte a supervisione. Riguardo ai paradisi fiscali, il documento parla per la prima volta di sanzioni e rinvia alla lista nera dell'Ocse lo spinoso problema di stabilire chi è in regola e chi non lo è. Misure che, per Brown costituiscono l'avvio di un «nuovo ordine mondiale». «Per la prima volta ha detto il primo ministro britannico il mondo si è unito con un piano concreto per la ripresa globale. Ci siamo accordati sulla necessità di fissare standard contabili internazionali, regole per le agenzie di rating per eliminare i loro conflitti di interesse e per porre fine ai paradisi fiscali che non concedono informazioni su richiesta ». Al Fondo monetario internazionale sono state triplicate le risorse per aiutare i Paesi più colpiti dalla crisi, portandole a 750 miliardi di dollari. Altri 250 miliardi verranno assicurati sotto forma di garanzie agli esportatori e agli importatori per aiutare il commercio internazionale. Inoltre, viene stanziata una cifra compresa tra 100 e 250 miliardi di dollari di prestiti aggiuntivi, che saranno assicurati dagli organismi di sviluppo multilaterale. Il Fmi da parte sua ha accettato di vendere le sue riserve in oro per aiutare i Paesi più poveri. Sulla lotta al protezionismo si riafferma quanto già detto a Washington (ma non messo in pratica) e cioè l'impegno a «non creare nuovi ostacoli agli investimenti e al commercio». Si ampliano poi i poteri del Financial Stability Forum, che insieme al Fondo monetario è stato incaricato di agire come struttura di "allarme", in grado di prevenire le crisi. Sostegni all'economia per 5mila miliardi totali Aiuti ai Paesi poveri, 50 miliardi dall'Fmi Una dimostrante con un cartello nei pressi della sede dell'incontro del G20 a Londra (Reuters)

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Che tristezza, la Cnn (e un certo giornalismo) (sezione: crisi)

( da "Giornale.it, Il" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

La Merkel ha parlato di un compromesso storico, Obama ieri era raggiante; tutti i leader hanno salutato con enfasi i risultati del G20. Ed è normale che sia così: tentano di infondere fiducia e speranza, nel tentativo, perlomeno, di sbloccare i consumi. E le Borse hanno risposto. Tuttavia analizzando i contenuti ci si accorge che, come previsto, il G20 ha portato poche novità. L'unica è l'aumento dei fondi a disposizione del Fmi: erano previsti 500 miliardi, saranno 750. per il resto: - hanno annunciato che intendono regolamentare gli hedge funds e le agenzie di rating. Bene, ma le norme devono essere ancora stabilite e il dibattito rischia di essere lungo. - secondo Brown "non ci saranno più i bonus per i manager che fanno fallire le società". Era ora, ma più che altro è un auspicio condiviso, perchè ogni Paese, com'è ovvio, deciderà autonomamente se e come realizzarlo. - hanno dichiarato di aver posto le fondamenta per "ripulire i bilanci delle banche dagli asset tossici", ma anche questa è una dichiarazione d'intenti. In realtà, i Paesi continuano a procedere in ordine sparso e un codice comune appare ancora lontano. L'economista Giorgio Barba Navaretti ( vedi l' intervista uscita sul Giornale) rileva due punti innovativi: l'impegno a far ripartire il commercio mondiale e l'ammissione che la crescita non potrà più dipendere solo dagli Usa, ma da quello che definisce "un traino globale", in cui i Paesi come Cina, India, Brasile avranno un ruolo sempre più importante. Ma questo avrà effetto nel lungo periodo: a breve è improbabile che queste economia possano generare una domanda interna molto forte. Complessivamente il G20 è stato insoddisfacente su due punti: - il pacchetto da 1100 miliardi non serve a rilanciare l'economia mondiale - il problema più urgente, quello di una riforma strutturale del sistema finanziario mondiale è irrisolto. Intanto proprio ieri gli Stati Uniti hanno allentato il mark-to-market ovvero la norma che obbligava le banche a valutare ogni giorno il prezzo di mercato dei prodotti finanziari e siccome molti di questi non hanno acquirenti le banche erano costrette a iscrivere a bilancio perdite colossali. Ora invece potranno diluirle nel tempo, nella speranza che in futuro i prodotti tossici valgano più di zero. Insomma , cambiano i parametri anzichè affrontare le cause del male. L'impressione è che il G20 si servito soprattutto a spargere tanta cipria sulla crisi mondiale, nel tentativo di cambiare la psicologia catastrofista dei mercati, infondendo ottimismo, avvalorando l'impressione che la situazione sia sotto controllo. Il tentativo in sè è comprensibile, ma basterà per risollevare l'economia globale? Scritto in spin, era obama, banche, capitalismo, crisi, società, economia, gli usa e il mondo, germania, globalizzazione, europa, francia Commenti ( 2 ) » (1 voti, il voto medio è: 5 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 02Apr 09 Che tristezza, la Cnn (e un certo giornalismo). Ieri pomeriggio decine di migliaia di persone hanno preso d'assalto la City, spaccando vetrine delle banche, accerchiando la Banca d'Inghilterra; ci sono stati tafferugli, feriti e un morto. Ieri pomeriggio mi sono sintonizzato sulla Cnn: da sempre in questi frangenti è la più rapida e la più completa; ma ieri sembrava stesse su un altro pianeta. Mentre la protesta esplodeva, la Cnn ci ha parlato di Obama dalla regina, del menu preparato dallo chef dei vip, dei preparativi della cena del G20, ha mostrato fino alla nausea le immagini di Obama sorridente con Medvedev e il presidente cinese Hu Jintao. E i disordini? Un collegamento di un paio di minuti, come si trattasse di un fatto marginale. Le possibilità sono due: o la Cnn ha commesso un grave errore giornalistico oppure ha volutamente minimizzato i disordini di Londra. Propoendo per la seconda ipotesi e vi spiego perchè: da quando negli Usa è esplosa la protesta contro i bonus dei manager Aig, l'establishment finanziario e politico teme che le proteste, per ora isolate, possano estendersi; dunque il messaggio che gli spin doctor trasmettono ai media è di essere cauti, di non infiammare gli animi, di minimizzare. E la Cnn si è adeguata, come se fosse una tv di regime. Da notare che nessun media europeo ha fatto altrettanto, sebbene molti governi siano assai preoccupati e abbiano inviato messaggi analoghi: tutti i mezzi d'informazione, di destra e di sinistra, hanno dato spazio alle proteste, giudicandole, giustamente, una notizia importante. Che tristezza, la Cnn e, purtroppo, non è l'unico episodio negativo che riguarda la stampa americana che negli ultimi anni ha assecondato senza critiche la guerra in Irak, ha censurato inchieste su Madoff (è successo al Wall Street Journal), e per oltre un decennio non ha analizzato, nè denunciato gli abusi e le storture della casta finanziaria di Wall Street, di cui, anzi, era diventata il megafono. E questi non sono che alcuni esempi. La stampa europea (e quella italiana) ha molti difetti, ma per anni abbiamo considerato quella americana come un modello da imitare. Ora non più. Il livellamento, è verso il basso e non è una buona notizia per il giornalismo occidentale. Scritto in manipolazione, era obama, spin, crisi, comunicazione, società, europa, gli usa e il mondo, notizie nascoste, democrazia, globalizzazione, giornalismo Commenti ( 35 ) » (2 voti, il voto medio è: 5 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 31Mar 09 G20, tanto rumore per poco. E l'America non fa più paura. Dunque, ci siamo. Obama arriva oggi a Londra e domani vedrà i leader dei venti principali Paesi industrializzati; ma questo vertice, ritenuto da tutti fondamentale, si concluderà con ogni probabilità con pochi risultati concreti, che non è difficile prevedere: un impegno generico a una nuova regolamentazione degli hedge funds, misure contro i paradisi fiscali, nuovi fondi al Fmi. Le riforme strutturali resteranno nel cassetto e lo strapotere della finanza sull'economia reale non verrà rimesso in discussione: questo espone il mondo a nuovi choc. Una delle novità più importanti riguarda il rapporto tra l'America e l'Europa. Come ho scritto in un pezzo sul Giornale, l"'Europa ha deciso di non seguire l'America sulla via del rilancio economico, perlomeno non secondo le modalità statunitensi. Obama, in circa due mesi, ha approvato misure, che, inclusi i salvataggi delle banche e delle industria in difficoltà, toccheranno l'astronomica cifra di 4500 miliardi di dollari, pari quasi al 30% del Pil. E per settimane l'amministrazione Obama, con il martellante sostegno della stampa, ha tentato di convincere l'Unione europea ad uniformarsi agli Usa. Ma la cancelliera tedesca Merkel, spalleggiata da Sarkozy, ha tenuto duro e ha vinto". I consiglieri della Casa Bianca hanno annunciato che "Obama non insisterà con i leader dei venti Paesi più importanti del pianeta sulla necessità di varare la prima, grande, coordinata manovra mondiale. La bozza della risoluzione, trapelata su un giornale tedesco, esprimerà un auspicio generico, senza alcun vincolo. Come dire: ognuno faccia da sé". L'Europa ritiene più importante salvaguardare la solidità dei conti pubblici e limitare i rischi di un'iperinflazione, l'America, invece, la cui economia è basta al 75% sui consumi, deve far ripartire ad ogni costo l'economia. Il viaggio confermerà la straordinaria popolarità di Obama, ma sarà inconcludente anche su altri dossier, soprattutto sull'Afghanistan: fino a poche settimane fa Washington pretendeva dagli europei l'invio di nuove truppe al fianco dei marines, ma nella Ue questa eventualità è talmente impopolare da indurre i governi a respingere le pressioni americance. E l'America è così debole da abbozzare: al vertice della Nato la questione delle nuove truppe a Kabul passerà sotto traccia. La mia impressione è che politicamente il viaggio di Obama rischia di essere ricordato come il primo di un'America a cui il mondo non riconosce più lo status di superpotenza. Perchè dire no aall'America oggi si può, e non basta un presidente mediatico a ridare prestigio e credibiltà a un Paese a cui il mondo, all'unanimità, rinfaccia la responsabilità della crisi. Scritto in era obama, banche, capitalismo, crisi, economia, europa, gli usa e il mondo, germania, democrazia, globalizzazione, francia Commenti ( 46 ) » (5 voti, il voto medio è: 4.8 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 28Mar 09 Nasce il Pdl, ma saprà darsi un'identità? Nasce il Pdl, bene. E non è difficile prevedere che sarà vincente, perchè Berlusconi è la figura di riferimento da oltre 15 anni e alla maggioranza degli italiani è assai gradira e perchè i partiti conservatori, in Italia, ma non solo, affrontano la crisi meglio di una sinistra moderata che, avendo fatto proprio il dogma liberista (ricordate il libro di Giavazzi e Alesina?), ora appare meno credibile di un centrodestra, dove nel corso degli anni non sono mancate le critiche allo stapotere della finanza e alla deriva morale della società ( vedi Tremonti, Bossi, certi esponenti di An). Tuttavia il Pdl corre lo stesso rischio del Pd, che è fallito perchè non è riuscito a darsi una nuova identità ovvero non ha saputo creare una sintesi innovativa tra i cattolici sociali e i post comunisti. Al Pd, come già osservato su questo blog, manca il senso di appartenenza. La domanda che mi pongo è la seguente: il popolo di Forza Italia e, soprattutto, il popolo di An, che è più piccolo ma più coeso, saprà riconoscersi nel Pdl? Ovvero: il nuovo partito sarà sentito come proprio dai militanti? Avrà una coerenza ideologica, programmatica, sociale? Se la risposta sarà negativa, non è difficile prevedere un aumento dei consensi a Lega e Udc, che hanno già un profilo consolidato e sono facilmente riconoscibili dagli elettori. Il successo del nuovo partito nel medio e lungo periodo si gioca sull'identità. Che dovrà essere forte, autentica, condivisa. O sbaglio? Scritto in politica, pdl, partito democratico, democrazia, Italia Commenti ( 70 ) » (4 voti, il voto medio è: 4.5 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 25Mar 09 Ma il mercato distorce la realtà? Soros dice di sì. Di questi tempi abbiamo parlato molto di economia e mi spiace dover restare in tema, ma sono rimasto colpito da questa affermazione di George Soros, l'ex speculatore che affossò la lira e la sterlina negli anni Novanta e che ora è diventato un guru economico-filosofico-filantropico. Con i mercati ha guadagnato miliardi e i fondi Hedge da lui creati continuano a guadagnarne molti (pare). Eppure ieri durante un incontro con il minostro del Tesoro Usa Geithner ha pronunciato questa frase che ha scioccato l'America: "L'idea che i mercati (finanziari) siano in grado di correggersi da soli si è dimostrata falsa. I mercati, anzichè rispecchiare la realtà sottostante, la distorgono sempre". La mia prima reazione è stata di stizza: ma come, proprio lui fa queste considerazioni? Il personaggio non è certo coerente.. ma, pensandoci bene, forse non ha tutti i torti. Mi spiego: io sono da sempre un liberale e penso che l'economia di mercato abbia consentito di portare sulla via del benessere intere nazioni. Ma ho l'impressione - anzi, la certezza - che i mercati finanziari oggi non siano il risultato del normale incrocio tra domanda e offerta. E questo a causa dei derivati e dei prodotti di ingegneria finanziaria. Qualcuno sa dirmi l'utilità di questi strumenti? Nati a fin di bene ovvero per permettere agli operatori e agli industriali di cautelarsi contro rischi di cambio o sbalzi nelle quotazioni, sono diventati dei mostri che con l'effetto leva consentono profitti o perdite inimmaginabili. Ma servono all'economia reale? Consentono una miglior valutazione delle società quotate? La risposta a queste domande è no: non servono a nulla se non a una certa finanza. E l'effetto leva è così vertiginoso da distorgere molte valutazioni, accentuando spasmodicamente i movimenti al rialzo o al ribasso di borse, valute, materie prime, obbligazioni. Ricordate il petrolio? Su su fino a 150 dollari, poi già sotto i 40, il dollaro che passa da 1,25 a 1,45 in dieci giorni e poi torna a 1,25. Tutto questo è innaturale e superfluo. E allora perchè non limitarli o addirittura abolirli, progressivamente? I trader, certi banchieri, gli speculatori hanno già fatto abbastanza danni. Che la festa finisca e che il mercato torni ad essere il mercato, in un'ottica autenticamente liberale. Domanda: Che Soros abbia ragione? Scritto in capitalismo, crisi, banche, manipolazione, globalizzazione, economia, notizie nascoste Commenti ( 91 ) » (6 voti, il voto medio è: 4.33 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 24Mar 09 Il piano Geithner? Un'altra beffa. I mercati finanziari hanno reagito con entusiasmo al piano del ministro del Tesoro americano Geithner e non è difficile capire perchè: non fa altro che prorogare lo strapotere della casta finanziaria di Wall Street. Come hanno evidenziato alcuni commentatori (segnalo al riguardo l'ottimo fondo di Luigi Zingales sul Sole 24Ore), la manovra messa a punto dall'Amministrazione Obama si risolve in uno straordinario regalo alle banche che hanno provocato il dissesto finanziario, in un incentivo agli hedge funds che potranno indebitarsi a spese del contribuente, e persino in un premio alle agenzie di rating che per valutare i nuovi fondi di asset tossici intascheranno un miliardo di dollari. Sul Giornale di oggi do voce anche a un'illustre economista, Alice Rivlin, ex membro del board della Federal Reserve, che sebbene con qualche perplessità difende il piano. Tuttavia resto molto scettico, per queste quattro ragioni: 1) Il piano ignora le cause strutturali del dissesto. Anche se avesse successo, non impedirebbe alle banche di ripetere gli stessi errori del passato. infatti, secondo voci accreditate, gli istituti bancari non hanno ancora rinunciato alle operazioni di ingegneria finanziaria, insomma continuano a trastullarsi con derivati, cartolarizzazioni, eccetera. 2) Il fondo dovrebbe essere alimentato con mille miliardi di dollari, ma l'ammontare dei debiti tossici è di gran lunga superiore a questa pur ingente cifra. Verosimilmente, non sarà sufficiente per risanare completamente i bilanci delle banche. 3) La Cina è sempre più diffidente nei confronti degli Stati Uniti e sempre meno disposta a indebitarsi in dollari. Ieri, d'accordo con la Russia, ha lanciato l'idea di una moneta globale al posto della valuta statunitense. L'ipotesi appartiene a un futuro lontano. Ma il solo fatto che venga presa in considerazione è indicativa delle intenzioni di Pechino. 4) L'economia americana si basa per il 75% sui consumi e le misure varate dal governo faranno esplodere prima il deficit e poi il debito pubblico, che potrebbe arrivare in appena due anni all'80% del Pil. E ci vorranno molti anni per riconvertirla all'industria. Le sue debolezze sono strutturali. L'ottimismo di molti operatori è davvero giustificato? Scritto in banche, capitalismo, crisi, era obama, economia, cina, globalizzazione, gli usa e il mondo Commenti ( 63 ) » (3 voti, il voto medio è: 5 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 21Mar 09 Non chiedete a Obama di essere spontaneo Ma Obama è davvero un grande comunicatore? Ne dubito. O meglio, dipende dalle circostanze. Come spiego in un articolo pubblicato oggi sul Giornale, il presidente degli Stati Uniti è soprattutto un grande interprete, ma solo di discorsi scritti, spesso da altri. Sa leggere, sa recitare bene. Ma è terrorizzato quando deve parlare a braccio. Infatti, ha sempre appresso il teleprompter (vedi foto) ovvero il "gobbo elettronico", anche quando deve intervenire in pubblico solo per pochi secondi. Non sa improvvisare, non sa essere spontaneo. Io dico: non paragonatelo a Roosevelet, nè a Kennedy, nè a Reagan. Quella era un'altra categoria. Obama senza il suo spin doctor David Axelrod è perso. Scritto in spin, comunicazione, era obama, presidenziali usa, gli usa e il mondo, giornalismo Commenti ( 72 ) » (4 voti, il voto medio è: 4.75 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 19Mar 09 Proteste alla Sapienza e degli islamici, la legge vale per tutti? Ieri altri tafferugli alla Sapienza. Gli studenti volevano improvvisare un corteo non autorizzato e la polizia lo ha impedito; da qui gli scontri. A mio giudizio la polizia ha ragione; mi chiedo però perchè lo stesso criterio non sia stato usato in occasione delle proteste degli estremisti islamici di gennaio, durante le quali, per ben 4 volte i manifestanti hanno deviato dal percorso autorizzato per andare a pregare di fronte al Duomo e al Colosseo. In quell'occasione, a Milano come a Roma, le forze dell'ordine hanno lasciato fare. E purtroppo credo che lo stesso accadrebbe se gli islamici tentassero un'altra prova di forza; perchè è relativamente semplice contrastare qualche centinaio di studenti su di giri, ma è troppo rischioso far rispettare la legge se a violarla è una minoranza musulmana ormai molto numerosa composta da centinaia di migliaia di persone, che potrebbero provocare sommosse di piazza. E se osservo quel che accade all'estero non trovi motivi di conforto: a Parigi la polizia non ha più il controllo di alcuni quartieri di periferia e gli agenti hanno paura di uscire dai commissariati, mentre in America Sean Penn ha fatto tagliare i passaggi che lo riguardano in un film che denuncia le difficoltà di integrazione di certe minoranze, tra cui quella islamica, mostrando scene forti, come quella di una ragazza iraniana uccisa in nome dell' «onore» da un familiare che ne rimproverava la condotta di vita non conforme alle tradizioni e ai dettami della religione. Le proteste dell'associazione degli iraniani è stata così veemente da indurre l'attore, famoso per il suo impegno civile, a una clamorosa retromarcia. E la situazione rischia di peggiorare ulteriormente. Che fare? Bisogna arrivare al punto di limitare drasticamente l'immigrazione musulmana privilegiando quella di minoranze, come i filippini, che si integrano facilmente? Scritto in notizie nascoste, società, Italia, gli usa e il mondo, francia, immigrazione, islam Commenti ( 181 ) » (6 voti, il voto medio è: 5 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 17Mar 09 Il rally delle Borse è un'illusione, l'America nasconde i guai Negli ultimi sette giorni le Borse sono partite al rialzo e c'è già chi sostiene che il peggio è passato. Non riesco ad essere così ottimista; anzi, ho l'impressione che in realtà, proprio in questi giorni ,stiamo vivendo un passaggio delicatissimo della crisi. Il rally è stato innescato da Citigroup che ha annunciato profitti per i primi due mesi e gli operatori hanno iniziato a credere che il settore bancario sia sulla via del risanamento. Ma è davvero così? Che fine hanno fatto i debiti colossali accumulati dagli istituti? Si sono volatilizzati con un colpo di bacchetta magica? Ovvio che no. E infatti qualcuno ha rilevato che Citigroup ha annunciato gli utili ma si è rifiutata di rilevare l'incidenza dei debiti. Ma l'annuncio di una settimana fa è servito per innescare un'operazione colossale per propagare fiducia. Il movimento di Borsa è stato ampliato da una raffica di annunci rassicuranti da altre banche, e, soprattutto, da uno spin iperottimistico da parte di Obama, del ministro del Tesoro Geithner del presidente della Fed Bernanke, secondo cui "il peggio è passato". Che i governi tendano a sollevare gli spiriti è normale, ma questa euforia è sospetta. E infatti serve a nascondere un problema ben più grande. Altro che ripresa, in queste ore l'America è in bilico come mai prima d'ora. La vera notizia non è Citigroup, ma la dichiarazione del primo ministro cinese che pubblicamente ha espresso dubbi sulla solidità dei Buoni del Tesoro americani. E Obama nel week-end ha moltiplicato gli interventi per rassicurare il mondo "che gli Usa sono la nazione più sicura al mondo per gli investimenti". Ieri sono usciti i dati, ripresi dall'economista Roubini, sugli acquisti di Treasury ed è emersa un'altra verità scomoda. In gennaio gli stranieri hanno venduto Buoni del Tesoro a lunga scadenza per 18 miliardi (mentre in dicembre ne avevano acquistati per 22 miliairdi), preferendo le scadenze brevi. In genere hanno ridotto gli acquisti di obbligazioni americane, sia pubbliche che private, con, complessivamente, un saldo negativo per 148 miliardi di dollari. La Cina è inquieta e il mercato manda segnali negativi: il mondo inizia a perdere fiducia in un'America il cui deficit sta esplodendo? E' l'incubo che agita le notti di Obama. Altro che euforia, il suo è spin da disperazione. E il mondo trattiene il fiato. AGGIORNAMENTO: Sono a Parigi, dove ho intervistato Jacques Attali, uno dei pochi ad aver previsto per tempo la crisi. E' convinto che la crisi potrà essere superata definitivamente solo se verranno cambiate le regole che hanno permesso la diffusione dell'anarchia finanziaria, altrimenti la ripresa sarà effimera. Il problema è che Washington e Londra vogliono continuare come prima. Attali è persuaso che l'Europa sia meglio attrezzata e potrebbe addirittura emergere come la nuova superpotenza. Potere leggere l'intervista qui Scritto in spin, banche, capitalismo, crisi, era obama, società, cina, notizie nascoste, globalizzazione, economia, gli usa e il mondo Commenti ( 45 ) » (4 voti, il voto medio è: 5 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico 14Mar 09 La crisi provocherà una nuova ondata di immigrati? Ma la crisi che impatto avrà sui flussi migratori? In Italia se n'è parlato poco, ma sulla stampa straniera sono stati pubblicati diversi reportage, da quali risultava che molti immigrati stavano abbandondando i Paesi ricchi (soprattutto negli Usa e in quelli del Golfo) per tornare a casa. Il motivo? Ovvio: la mancanza di lavoro. Anche in Italia è accaduto un fenomeno analogo, sebbene in misura molto minore e limitatamente ad alcune comunità, come quella brasiliana. Ma ora il quadro potrebbe cambiare. Se la crisi finanziaria nei Paesi dell'Europa dell'est peggiorerà ulteriormente, provocando un forte aumento della disoccupazione, molti rumeni, bulgari, albanesi, slovacchi, eccetera potrebbero essere indotti, dalla disperazione, a tentare l'avventura a ovest, magari al solo scopo di vivere di espedienti. L'incognita principale, tuttavia, riguarda l'Africa. L'altro giorno il segretario del Fmi, Dominique Strauss-Kahn, ha lanciato l'allarme per gli effetti catastrofici della recessione sul Continente nero. «C'è in pratica la certezza -ha detto il capo dell'Fmi -che molti milioni di persone sprofonderanno sempre più nella miseria: se non si interviene con un forte piano d'emergenza ci sono forti rischi di guerre civili, se non di guerre estese». E dunque di una nuova ondata migratoria verso l'Europa. Secondo Strauss-Kahn tocca ai Paesi ricchi mettere mano al portafoglio. «Se la comunità internazionale ha trovato centinaia di miliardi di dollari per affrontare la crisi globale, non è ammissibile che non possa trovare qualche centinaio di milioni, meno di quanto ha investito per salvare singole aziende private, per i Paesi più poveri». E' davvero questo il modo appropriato per aiutare l'Africa a superare la crisi? Inoltre: siamo pronti a reggere, in piena crisi economica, una nuova ondata migratoria dall'Europa dell'Est e dall'Africa? Temo che un evento del genere provocherebbe tensioni sociali enormi, un razzismo diffuso e una guerra tra poveri nelle nostre città. Che foschi presagi.. sbaglio? Scritto in società, crisi, globalizzazione, democrazia, Italia, notizie nascoste, immigrazione Commenti ( 88 ) » (8 voti, il voto medio è: 4.38 su un massimo di 5) Loading ... Il Blog di Marcello Foa © 2009 Feed RSS Articoli Feed RSS Commenti Invia questo articolo a un amico Post precedenti Chi sono Sono inviato speciale di politica internazionale. Sposato, ho tre figli. Risiedo a Milano e giro il mondo. Tutti gli articoli di Marcello Foa su ilGiornale.it contatti Categorie banche (10) blog (1) capitalismo (10) cina (19) comunicazione (2) crisi (12) democrazia (62) economia (32) era obama (17) europa (13) francia (24) germania (5) giornalismo (51) giustizia (2) gli usa e il mondo (64) globalizzazione (46) immigrazione (40) islam (20) israele (2) Italia (151) manipolazione (6) medio oriente (13) notizie nascoste (47) partito democratico (2) pdl (1) politica (1) presidenziali usa (23) progressisti (3) russia (14) sicurezza (1) sindacati (1) società (24) spin (7) svizzera (5) turchia (12) Varie (17) I più inviati Dietro la vicenda Alitalia la mano della lobby europea - 4 Emails Una vita meritocratica... - 4 Emails Abbiamo vinto l'Expo. 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Harlequin: roberto - ho posto un link di ricerca su Google, per fare questa affermazione con un minimo di correttezza... redesio: ma si!!! come non averlo capito prima la colpa è tutta di quei farabutti dell'Uruguay&Filippin... roberto: Harlequin Scrive: April 2nd, 2009 at 8:30 am Gentilissimo Dr. Foa, dovrebbe conoscere uno dei soprannomi con... roberto: Umberto Cisotti Scrive: April 2nd, 2009 at 10:10 pm No ROBERTO, la frase giusta sarebbe stata " panem et... 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Albo consulenti: i commercialisti non arretrano (sezione: crisi)

( da "Denaro, Il" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

Campania finanza Albo consulenti: i commercialisti non arretrano I commercialisti non arretrano e rilanciano l'introduzione automatica dei propri iscritti nell'Albo dei Consulenti Finanziari, previsto con l'entrata in vigore dalla direttiva Europea Mifid. Se ne è discusso ieri in un dibattito all'Ordine dei dottori commercialisti di Napoli. Con la direttiva Mifid si viene a delineare una nuova figura: il consulente finanziario indipendente, appunto, che nel suo profilo professionale dovrà avere una serie di requisiti rispondenti a competenze che i dottori commercialisti già posseggono. Nonostante ciò, nel nostro Paese, si è stabilito che questi debbano comunque sostenere un ulteriore esame di valutazione. Un criterio contestato dai professionisti che hanno avviato un contenzioso sul quale si è pronunciato ieri il Tar Lazio rinviando a ottobre la discussione nel merito. Achille Coppola, presidente dell'Ordine di Napoli, però, non ci sta e non vuole attendere. "Non siamo in un agone, e non ci sono vinti e vincitori", spiega, "si tratta di capire se questa norma fa realmente gli interessi di un settore delicatissimo che vive anche una forte emergenza occupazionale". eleonora tedesco La direttiva Mifid sotto la lente dei commercialisti. Le opportunità e i possibili scenari legati alla definitiva entrata in vigore della direttiva europea sono stati, infatti, al centro del confronto "Mifid e novità regolamentari sulla consulenza in materia d'investimenti: ruoli, operatività e prospettive professionali", organizzata ieri dall'Ordine dei Commercialisti di Napoli insieme all'associazione Impegno Civile- Patto delle professioni per la tutela dei consumatori. Il dibattito è stato moderato da Alfonso Ruffo, direttore del Denaro. La direttiva Mifid (Markets in Financial Instruments Directive) è una nuova disciplina dei mercati, servizi e strumenti finanziari mirata a rafforzare la tutela del risparmiatore, a creare un mercato più integrato, efficace, competitivo e combattere i conflitti d'interesse nei Paesi dell'Unione Europea. Approvata nel 2004, ancor prima che esplodesse la crisi finanziaria mondiale, è entrata ufficialmente in vigore a partire dal 2007. Tra le novità più rivoluzionarie c'è sicuramente la definizione di una nuova figura professionale, quella del consulente finanziario indipendente, che, diversamente dal promotore finanziario, offre il proprio apporto professionale in autonomia, ricevendo un compenso dal proprio cliente e non agendo come collocatore di prodotti finanziari. Una figura che dovrebbe anche tutelare con efficacia gli investitori, facendo crescere la fiducia nei risparmiatori. Nel nostro Paese, tuttavia l'introduzione definitiva di queste misure ha subito una serie di proroghe e rappresenta una materia ancora in via di definizione. L'attuazione della Direttiva Mifid è avvenuta con il Decreto Legislativo 164 del 2007 che, in materia di consulenza, introduce, nel Testo Unico Finanza (decreto 58 del '98), l'articolo 18 bis che disciplina, appunto la figura professionale del consulente, cioè delle persone fisiche che esercitano questa attività. In base a questo articolo, il ministero ha emanato il 24 dicembre 2008, il Decreto ministeriale 206, che definisce un regolamento per la disciplina dei requisiti di professionalità, onorabilità e indipendenza. Una disciplina non ancora operativa, però, perché mancano una serie di provvedimenti attuativi, in particolare il regolamento della Consob sulle regole di condotta dei Consulenti e la costituzione dell'organismo che dovrà tenere l'Albo di questi nuovi professionisti. Proprio su questo punto i nodi diventano più stringenti. Innanzitutto il Senato ha approvato l'introduzione dell'articolo 18 ter che apre le consulenze anche alle srl, creando la necessità di una sezione speciale di questo Albo. Non solo, in base all'articolo 2, comma 3, si stabilisce che solo alcune categorie avranno accesso diretto al registro, escludendo da questo automatismo i dottori commercialisti. Una questione, questa, che ha tenuto banco durante i lavori del convegno. "Per competenze acquisite, per titolo di studio e competenze, la figura più adatta ad accedere direttamente all'Albo è proprio quella dei commercialisti", sottolinea Emmanuela Saggese, segretario generale dell'associazione Impegno Civile."Non vogliamo fare una battaglia ad altri professionisti, ma non vogliamo essere discriminati rispetto ad altre categorie come i promotori finanziari con mandato biennale e i dipendenti bancari", conclude. Commenti positivi alla direttiva arrivano dall'avvocato Luca Zitiello. "La direttiva individua nella consulenza in materia d'investimento e nella gestione patrimoniale due servizi analoghi e importanti, cui attribuisce valori e tutele particolari nel senso che - sostiene Zitiello - questi servizi possono essere prestati solo in regime di adeguatezza, solo cioè qualora si acquisiscano dal risparmiatore informazioni importanti, (esperienza e conoscenza dei mercati e degli strumenti finanziari, gli obiettivi d'investimento, la situazione finanziaria, la propensione al rischio). "Il legislatore europeo - aggiunge - ha compreso che questi servizi condizionano sia l'allocazione del risparmio che le scelte d'investimento, e quindi possono essere svolte solo in maniera che sia su misura per il cliente". In competo accordo anche William Mattei, dell'Ufficio Studi Sim Consulenza, che sottolinea il valore dell'introduzione di elementi quali la "personalizzazione e della necessità di adeguatezza al profilo del cliente". Non basta, dunque, raccomandare semplicemente buoni prodotti, questi devono essere adatti al cliente. Ma quali scenari potrebbero prospettarsi con queste novità? "Lo sviluppo e il potenziamento del mercato finanziario in generale", risponde Angelo Caccavone, funzionario del Ministero dell'Economia e Finanza- dipartimento del Tesoro, che spiega come "l'attività di consulente finanziario sia fondamentale soprattutto in questa fase di crisi perché è un'attività al servizio dei risparmiatori, in grado di convogliare il risparmio verso quegli strumenti che possono tradursi in potenziamento dell'intero settore finanziario". Di questa strategia come risposta alla crisi parla anche Daniela Imparato che sostiene come "Napoli, territorio abituato alle crisi, sia il luogo migliore per formare questa nuova categoria professionale". del 03-04-2009 num.

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Depuratori e Cig, sos della concia (sezione: crisi)

( da "Denaro, Il" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

Campania dal distretto di solofra Depuratori e Cig, sos della concia La prossima settimana il Comitato di distretto: Contributi diretti alle aziende Le istituzioni irpine scendono in campo per il rilancio della concia. Si riunirà la prossima settimana, in via informale, il Comitato di distretto che punta al recupero del polo solofrano, dove attualmente si contano oltre 500 cassintegrati. Intanto, i sindaci del comprensorio, con il testa il primo cittadino di Solofra, Antonio Guarino, non demordono dall'intento di perseguire tutte le strade possibili per il riscatto di settori tradizionali del Made in Irpinia. Con l'appello istituzionale si chiede in particolare alla Regione di concedere contributi diretti alle aziende per alleviare le spese di depurazione e di elargire ulteriori provvidenze per i lavoratori in cassaintegrazione. Altra strada da perseguire, l'emendamento approvato in Senato dalla Commissione Finanza, che mette in campo circa 10 milioni di euro per i settori abbigliamento e calzaturiero. antonietta miceli Battere tutte le direzioni possibili per dare ossigeno alle aziende del polo conciario irpino. Il primo cittadino di Solofra, Antonio Guarino, insieme ai sindaci del distretto della pelle, non intende tralasciare alcun canale utile ai fini di un sostegno concreto alle aziende del settore. "L'emendamento approvato in Senato, che destina 10 milioni di euro al settore abbigliamento e calzaturiero, spiega Guarino sicuramente non è la risoluzione, ma è già una direzione da seguire". A questo, vanno aggiunti gli aiuti regionali: "Da un lato, continua la fascia tricolore occorrono da parte della Regione interventi che possano alleviare le spese che le aziende devono sostenere per la depurazione. Dall'altro, è necessario fare scattare a favore degli operai provvidenze che vadano ad aggiungersi agli emolumenti della cassintegrazione". Fondamentale per il rilancio è anche il ruolo che sta assumendo il Comitato di Distretto Solofra 1, una sorta di anello di congiunzione fra le istituzioni ed il mondo dell'imprenditoria e delle organizzazioni sindacali. La prossima settimana, presso la sede di Palazzo Orsini, ci sarà proprio una riunione informale tra i componenti di detto organismo, nato per favorire gli opifici del polo conciario, facendo sì che vengano messi in campo validi strumenti capaci di incentivare la crescita futura. Nel corso della riunione si discuterà anche dell'esame dei finanziamenti vincolati ai fondi Por programmazione economica 2007 2013. FONDI?POR All'unisono il sindaco Guarino e l' assessore comunale allo Sviluppo, Antonio De Vita, sottolineano: "Negli anni abbiamo assistito ad un progressivo slittamento delle concerie verso le economie del sud del mondo. Non possiamo permettere che questo accada nel caso dell'economia solofrana. E' quindi necessario cogliere le opportunità di finanziamento offerte dalla programmazione Por 2007 2013. E' necessario guardare alla ricerca, allo sviluppo, all'introduzione di nuove competenze e figure professionali al fine di unire il prodotto pelle a standard qualitativi sempre più elevati". Per aumentare la propria competitività, il distretto sta facendo ricorso anche all'introduzione di nuove soluzioni organizzative e ad innovazioni nei processi produttivi anche in ottica ambientale. Dunque, il polo conciario rappresenta con ogni probabilità una delle realtà economiche più dinamiche del Sud Italia (è il terzo polo conciario italiano specializzato nella concia di pelli destinate a calzature e abbigliamento). I?GRANDI?MARCHI La clientela è rappresentata da grandi marchi della moda nazionale e da imprese straniere. Condividendo però la sorte del settore manifatturiero italiano, è costretto a fare i conti con gli effetti della crisi finanziaria che sta falcidiando l'economia mondiale. Lo scenario solofrano offre infatti lavoro a circa 3 mila addetti, diretti e indiretti (dato del 2005, da un censimento effettuato da sindacati, Comune di Solofra e associazione industriali). Attualmente, nel distretto si contano oltre 500 cassintegrati (tra ordinari e straordinari). Proprio di recente è stata prorogata, fino al trentuno dicembre prossimo, la cassa integrazione straordinaria per i circa duecento operai della storica conceria Albatros, fallita nel maggio 2008 (a garantire il prolungamento degli ammortizzatori sociali è stato il curatore fallimentare, Antonio Savino). Rispetto ai comparti presenti, quello che regge con maggiore forza alla crisi è quello delle calzature in pelle. del 03-04-2009 num.

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Cisl, unione coltivatori: Via all'assise regionale (sezione: crisi)

( da "Denaro, Il" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

Avellino sindacato Cisl, unione coltivatori: Via all'assise regionale Si tiene domani presso l'Hotel Aeclanum, al Passo di Mirabella, il VII congresso regionale della Unione generale coltivatori - Cisl Campania per eleggere il nuovo presidente in sostituzione dell'uscente Davide Lauro. Il dibattito congressuale ha inizio alle 9 e vede la partecipazione dei delegati eletti nei diversi congressi territoriali. Tra gli ospiti, il presidente nazionale Ugc Cisl Franco Verrascina, il segretario generale Cisl Campania Pietro Cerrito e il segretario generale CISL Avellino Mario Melchionna. Le conclusioni saranno a cura del presidente nazionale Verrascina. Seguono le operazioni di voto per la elezione degli organi rappresentativi e del presidente regionale Ugc Cisl Campania. Possibile candidato alla presidenza regionale Nicola Scrima, Presidente Ugc Cisl Avellino. L'argomento del settimo congresso regionale è: "Tracciabilità e redditività, concetti chiave per superare la crisi economica". "In un momento così delicato, dove è la pesante crisi economico-finanziaria a farla da padrone", afferma Scrima, "il settore agroalimentare può rappresentare l'unica risposta a questa difficile sfida,ma soprattutto una possibilità di sviluppo sostenibile". La Cisl sottolinea che non si può ignorare che in tutti gli ambiti produttivi il marchio made in Italy riscuote indubbi e unanimi riconoscimenti positivi a livello internazionale e avverte: "Oggi l'economia reale, non è esente dalle conseguenze della devastante crisi finanziaria" . "Occorre realizzare", afferma Scrima, "iniziative concrete e funzionali al territorio, concrete in termini di progettazione, strategie, ambiti d'azione e operatività. "Nulla è più concreto dell'impresa e dell'attività agricola o agroalimentare", aggiunge il presidente Ugc Cisl di Avellino, "uniche possibilità di sviluppo che , lontano dalla fragilità delle tendenze di borsa , svolgono funzioni assolutamente concrete e tangibili". E' innegabile comunque che anche in questo particolare campo ci siano oscillazioni di mercato e rischi, dal momento che l'attività si svolge nella maggior parte dei casi all'aperto ed è quindi soggetta ai fattori climatici. La Cisl sostiene la multifunzionalità dell'agricoltura che deve incontrare le istanze sociali in campo ambientale, di cura del territorio, di integrazione economica e sociale a livello locale, turistico, in altri termini a favore della qualità della vita. La Cisl sollecita un intervento pubblico ad hoc e non più legato alle sole voci di bilancio delle istituzioni competenti. Fil.Lab. del 03-04-2009 num.

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I ritardi degli enti creano disoccupazione: Urgente un confronto con Anci e Regione (sezione: crisi)

( da "Denaro, Il" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

Commenti imprese e pubblica amministrazione I ritardi degli enti creano disoccupazione: Urgente un confronto con Anci e Regione Maurizio Genito* L'Unione europea corre ai ripari sulla questione dei ritardi nei pagamenti ai fornitori da parte degli Stati comunitari e prepara sanzioni per il mancato rispetto del termine massimo previsto in 30 giorni. L'obiettivo? Rimediare ad una delle pratiche più dannose per le imprese ed in particolare per le Pmi, gravemente danneggiate dalle lentezze della burocrazia. Sarà varata probabilmente mercoledì prossimo la proposta avanzata dalla Commissione europea, relativa alla fissazione di un termine massimo di trenta giorni, entro il quale la Pubblica Amministrazione dovrà provvedere a saldare i propri crediti con le imprese. Il mancato rispetto di questi tempi attribuirà al creditore un indennizzo pari al 5 per cento dell'ammontare in questione, permettendo di recuperare i costi interni sostenuti dalle imprese per il ritardo nel pagamento e costituendo un valido deterrente per il debitore. Non è la prima volta che l'Ue si sofferma su questo spinoso problema. Già nel 2000, infatti, la Commissione era intervenuta emanando una direttiva (2000/35/CE), con la quale non solo si denunciava il fenomeno dei ritardi nei pagamenti, ma si invitava gli Stati membri ad adottare delle soluzioni che riducessero nettamente i tempi di attesa da parte delle imprese. Un invito a quanto sembra caduto nel vuoto. Sebbene la direttiva sia stata, infatti, recepita da tutti gli Stati membri (in Italia nel 2002 con il Decreto Legislativo 9 ottobre 2002, n.231), i famigerati trenta giorni dalla fornitura al saldo sono rimasti lettera morta. Particolarmente critica la situazione in Italia, dove le imprese devono attendere in media 5 mesi prima di ricevere i pagamenti, con picchi di 12 in alcuni settori, come l'infrastruttura, l'edilizia e la sanità, e, in determinate aree geografiche, come Lazio e Campania, dove il termine si allunga addirittura a 700 giorni. Alla luce di questa situazione, divenuta insostenibile, propongo di aprire un tavolo di confronto con gli esponenti locali dell'Anci (Associazione Nazionale Comuni Italiani), dell'Unione delle Province, della Regione Campania e rappresentanti delle imprese al fine di contrastare un fenomeno che, non solo rallenta lo sviluppo del sistema economico e determina perdite annue pari a circa un miliardo di euro su base nazionale, ma incide anche sui livelli occupazionali con circa 450 mila posti di lavoro in meno ogni anno nell'ambito dell'Unione Europea. L'iniziativa della Confapi si associa a quella presa alcune settimane fa dalle Camere di commercio presenti su tutto il territorio nazionale, le quali hanno deciso di comune accordo di contenere entro 30 giorni il tempo massimo per il pagamento delle fatture ai fornitori di beni e servizi. Un atto questo dalla forte valenza simbolica con il quale Unioncamere vuole evidenziare una delle emergenze più gravi segnalate dal mondo imprenditoriale e tentare, contemporaneamente, di fornire delle soluzioni concrete. L'auspicio è che il miglioramento del comportamento delle pubbliche autorità contribuirà a contenere il numero dei fallimenti, riducendo i relativi costi sociali, ed allentare almeno in parte lo stato di profonda crisi finanziaria che attanaglia l'intero sistema delle imprese. * presidente della Confapi Campania del 03-04-2009 num.

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FMI DAVVERO INTERNAZIONALE CERCASI (sezione: crisi)

( da "Lavoce.info" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

>FMI DAVVERO INTERNAZIONALE CERCASI di Devesh Kapur e Arvind Subramanian 03.04.2009 La crisi finanziaria globale ha creato l'opportunità per riaffermare il ruolo del Fondo monetario internazionale. A patto però di diventare davvero internazionale e non solo euro-atlantico come lo giudicano oggi molti paesi emergenti. E' il momento giusto per stabilire regole eque anche per i debitori. Ma serve prima di tutto una riforma della governance, che ridimensioni il ruolo e i privilegi dell'Europa, rispecchi l'attuale dimensione e influenza delle economie ed elimini i diritti di veto. Altrimenti, i paesi asiatici potrebbero decidere di fare da soli. L’aumento delle risorse del Fondo monetario internazionale è probabilmente l’unico tema su cui il G20 ha trovato un accordo. E nel prepararsi a distribuire questo denaro a potenziali richiedenti, la settimana scorsa l’Fmi ha annunciato la volontà di rendere l’accesso ai prestiti più semplice, meno caro e soggetto a minori vincoli. Ma ben pochi paesi prendono in prestito il denaro dell’Fmi perché esiste un problema fondamentale: sono in molti a pensare che il Fondo monetario internazionale non sia davvero “internazionale”. Le economie emergenti dell’America Latina, ma soprattutto dell’Asia, lo vedono come un’istituzione Atlantico-centrica, anzi a dominio europeo: un Fondo monetario euro-atlantico. E sono poco propensi a richiedere prestiti al Fondo perché lo considerano incline a usare due pesi e due misure con i paesi membri: “mai più” hanno giurato dopo l’esperienza della crisi finanziaria asiatica di fine anni Novanta e non hanno più cambiato idea. DUE PESI E DUE MISURE Sono critiche giustificate? Prendiamo il recente piano per la Lettonia. Il paese ha un deficit delle partite correnti del 24 per cento del prodotto interno lordo, tuttavia una svalutazione della moneta non è stata chiesta. Un “immacolato aggiustamento” probabilmente corretto e giustificato dall’ammontare del debito in valuta straniera e non assicurato contro il rischio cambio della Lettonia, ma altre economie emergenti extraeuropee, che hanno ben impresse nella memoria le vicende della crisi finanziaria asiatica, hanno iniziato a chiedersi: “Se ci fossimo rivolte al Fondo in circostanze simili, avremmo ricevuto lo stesso trattamento?”. Giustificata o no, la percezione dei “due pesi e due misure” ha già prodotto alcune conseguenze. Nella crisi economica attuale, diversi paesi emergenti (Brasile, Messico, Corea e Singapore) hanno avuto bisogno di interventi di emergenza per il sostegno della liquidità, ma si sono rivolti alla Federal Reserve, non al Fondo monetario. Al contrario, nei paesi europei emergenti, una simile riluttanza a chiedere prestiti al Fondo non c’è stata. Possibile conclusione: solo i paesi emergenti dell’Europa chiedono prestiti al Fondo perché l’Fmi è un’istituzione europea. La maggior parte degli altri paesi non lo fanno. È un peccato perché la crisi ha creato un’opportunità reale per riaffermare il ruolo del Fondo. L’origine, l’impatto e le conseguenze della crisi sono tutte di dimensione globale, sottolineando così la necessità di rafforzare la cooperazione. La crisi ha però creato un’opportunità anche in un altro senso, più sottile. il Fondo monetario è sempre stato afflitto da una asimmetria tra i creditori, che avevano più potere e più voce in capitolo, e i debitori, che questi poteri non li avevano. Le identità (e i pregiudizi) degli uni e degli altri non cambiavano mai, dando luogo a posizioni cristallizzate e spesso inconciliabili. La crisi globale ha messo in crisi quelle identità. Alcuni debitori del passato oggi siedono su montagne di riserve in valuta straniera. E ancor più importante, i creditori sono diventato debitori. Se oggi l’Islanda, l’Ungheria, la Lettonia e Singapore hanno bisogno di interventi per sostenere la liquidità e se perfino l’Irlanda e la Grecia sono pericolosamente vicini a quella soglia, la conclusione che la maggior parte dei paesi può trarne è che praticamente tutti potrebbero trovarsi in futuro nella condizione di mendicante finanziario. MORALE DELLA STORIA Se è così, i paesi saranno meno propensi a concepire regole che riflettono il potere dei creditori, anzi è più probabile che escogitino regole eque per i debitori. Il filosofo John Rawls ha mostrato che una società nella quale gli individui sono dietro un “velo di ignoranza” circa la loro vera identità ha più probabilità di stabile regole giuste. La crisi ha creato proprio questo utile velo di ignoranza. Trasformare la crisi in una opportunità richiede però alcuni passi fondamentali. I paesi industriali, in particolare quelli europei, devono accettare di ridisegnare dalle fondamenta la struttura di governance dell’Fmi. Per comprenderne la necessità, basta considerare una sola anomalia: se dopo i recenti problemi, in Belgio si fosse arrivati a una divisione tra Vallonia e Fiandre, ciascuna delle due regioni, che ha più o meno le dimensioni di una periferia o di uno slum di Mumbai o San Paolo, avrebbe avuto diritto a una rappresentanza nel Fondo non molto diversa da quella dell’India o del Brasile.  La cessione volontaria di potere è certamente rara nella storia. Ma i paesi in via di sviluppo hanno l’opportunità di riparare lo squilibrio nella governance proprio perché l’Europa ha bisogno dell’Fmi per aiutare le flagellate economie alle sue frontiere orientali. Come dovrebbero giocare le loro carte? Dovrebbero rifiutare la proposta di aumentare le risorse, se non è accompagnata da una seria riforma (e non un rattoppo) della governance dell’Fmi. La riforma dovrebbe mettere fine all’occupazione europea della poltrona di direttore operativo, con il prossimo capo del Fondo monetario selezionato per merito, e dovrebbe anche cambiare il sistema delle quote e dei seggi in modo da riflettere l’attuale dimensione e influenza delle economie. Se ne dovrebbe andare anche il potere di veto di cui oggi godono Stati Uniti ed Europa. Se la strategia dei paesi emergenti non riesce a convincere l’Europa a spogliarsi delle ultime vestigia imperiali che il suo predominio nell’Fmi rappresenta, allora questi paesi devono “votare con i piedi”: la triste verità è che probabilmente solo la credibile minaccia di una alternativa, come un Fondo monetario asiatico, può costringere quello che è oggi il Fondo monetario euro-atlantico a diventare un vero Fondo monetario internazionale. Il testo originale in inglese su Forbes

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Stipendi 2008: la classifica. Colf e insegnanti i meno pagati, giudici al top (sezione: crisi)

( da "Panorama.it" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

- Economia - http://blog.panorama.it/economia - Stipendi 2008: la classifica. Colf e insegnanti i meno pagati, giudici al top Posted By redazione On 1/4/2009 @ 16:35 In Headlines, NotiziaHome | 1 Comment Sono i lavoratori delle pulizie i meno pagati in Italia, seguiti da quelli dell'agricoltura e dagli impiegati nelle scuole private: a fare la mappa delle retribuzioni in Italia è l'[1] Istat che per il 2008 calcola che siano sempre i magistrati i lavoratori con la busta paga più pesante (oltre 110.000 euro medi all'anno) seguiti dai giornalisti (46.508 euro l'anno) mentre l'area nel complesso meglio pagata resta quella del credito e assicurazioni con 36.427 euro l'anno. La rilevazione è stata fatta sulla base delle retribuzioni contrattuali di cassa e non quelle di fatto. Quindi l'indagine non considera gli straordinari, i premi e gli integrativi aziendali. Sono ben pagati anche a causa dei rischi in cui incorrono gli elicotteristi (56.387 euro la retribuzione media) e i lavoratori del trasporto aereo (33.001 euro in media) anche se all'interno di questa fascia c'é una differenza consistente tra i piloti e gli altri lavoratori del settore. La cenerentola del lavoro resta la donna delle pulizie con 15.877 euro lordi all'anno, seguita a breve distanza dagli insegnanti della scuola privata (17.993 euro all'anno). Nell'istruzione privata è meglio trovare comunque impiego nelle scuole religiose (19.539 euro) mentre in quelle laiche lo stipendio si ferma a quota 15.951 euro all'anno. Nell'istruzione pubblica gli stipendi medi ammontano a 26.779 euro all'anno. Nell'industria in senso stretto (esclusa l'edilizia) la retribuzione annua media nel 2008 è stata pari a 21.353 euro (20.095 euro gli operai, 24.688 gli impiegati) ma con differenze significative all'interno del comparto. La media per gli addetti all'estrazione dei minerali energetici è stata di 34.387 euro mentre per il tessile abbigliamento la busta paga media si è fermata a 18.770 euro. I metalmeccanici hanno guadagnato in media attraverso i contratti 21.007 euro mentre i lavoratori del settore energia elettrica, gas e acqua hanno portato a casa un minimo di 28.518 euro. Nei servizi la busta paga contrattuale è stata pari nel 2008 a 22.759 euro (19.954 gli operai, 25.037 gli impiegati) con salari più bassi per il commercio (20.635 euro nel 2008) rispetto ai trasporti e le comunicazioni (24.377) e il credito e assicurazioni (36.427). Nei trasporti i meno pagati sono i lavoratori del trasporto merci su strada (21.536) e gli operai nei trasporti marittimi (17.729 euro). Nella pubblica amministrazione la busta paga media è stata pari nel 2008 a 26.034 euro con un picco per le forze dell'ordine di 32.174 euro. La media delle retribuzioni contrattuali di cassa per il totale dell'economia è stata pari a 22.746 euro. Ma accanto a questa classifica, ecco uscire uno studio del [2] centro studi Uilca, dal quale si evince che un impiegato di banca in Italia percepisce in media uno stipendio 80 volte inferiore a quello degli amministratori delegati e 25 volte più basso di quello dei presidenti degli stessi istituti di credito. La ricerca "Crisi finanziaria: le retribuzioni dei manager nel settore bancario", nella quale cita statistiche dell'Eurispes e de [3] lavoce.info, ricorda che nel 2007 gli amministratori delegati e i presidenti del consiglio d'amministrazione delle 24 principali banche italiane hanno avuto una retribuzione media annua rispettivamente di circa 2.258.000 e 754.000 euro. Con uno stipendio medio nel settore bancario di 28.000 euro annui lordi, spiega la Uilca, si rileva come il rapporto medio delle due tipologie di manager sia rispettivamente di 25 volte e 80 volte lo stipendio di un impiegato rispetto al ruolo di presidente e di Ceo. Se poi si prendono in considerazione solo i più importanti gruppi bancari italiani, il rapporto manager/lavoratori cambia e non di poco. La media è di 42 volte lo stipendio medio di un impiegato nel rapporto con il presidente e di 125 volte con l'ad. Questo dimostra, spiega il sindacato, come le remunerazioni per i manager negli istituti più grandi sia in media più elevata rispetto a chi dirige un istituto di credito di dimensioni minori. Il VIDEO servizio:

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La creazione del valore all'ombra della crisi (sezione: crisi)

( da "FullPress.it" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

Le soluzioni 3Com consentono di pianificare per il futuro per ottenere un vantaggio sulla concorrenza. Pubblicato il: 03/04/2009 --> Milano – La diffusione dell’attuale crisi finanziaria nella main economy agita lo spettro di una recessione globale. La reazione delle aziende è quella di correre ai ripari per anticipare la tempesta. A volte, però, le reazioni automatiche non rappresentano la soluzione migliore. Le aziende che hanno risposto alle precedenti recessioni con un taglio degli investimenti e una riduzione del personale, si sono ritrovate a non essere più in grado di rispondere alla ripresa economica. 3Com, società leader a livello mondiale nella fornitura di soluzioni di networking, è convinta che soltanto le imprese più coraggiose potranno trarre vantaggio da una fase di stasi congiunturale che permetta loro di investire, riattrezzare e riorganizzare per emergere più forti in un futuro. Ad ottobre, Gartner - società di ricerca e analisi nel settore Ict - ha asserito che, nonostante la riduzione nella crescita globale dei consumi, una recessione nella spesa IT è improbabile, ribadendo che il settore è rimasto fondamentalmente forte. “Si potrebbe sostenere che ritardare gli investimenti in IT e networking fino a una ripresa sia la mossa più logica in questa fase di incertezza, ma le imprese potrebbero – e dovrebbero – vedere questo periodo come un’opportunità” – afferma Edoardo Accenti, Sales Manager 3Com Italia. Etichette: 3Com, network, rete, switch Segnala questa notizia: STAMPA

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CdC Varese: credito all'impresa: interventi straordinari (sezione: crisi)

( da "Sestopotere.com" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

CdC Varese: credito all’impresa: interventi straordinari (3/4/2009 11:54) | (Sesto Potere) - Varese - 3 aprile 2009 - In un momento di problemi acuti, servono interventi straordinari. Per aiutare le imprese varesine alle prese con le difficoltà generate dalla crisi finanziaria internazionale, la Giunta della Camera di Commercio ha varato due iniziative sul fronte del credito creando così un “pacchetto anticrisi” del valore complessivo di 1.200.000 euro: risorse che si aggiungono agli interventi d’ordinaria amministrazione, il cui valore viene quindi raddoppiato, e ai 4 milioni di euro già stanziati dall’ente camerale nell’ambito del progetto “Confiducia” promosso da Regione e Unioncamere Lombardia con il contributo della Provincia di Varese. Entrando nelle decisioni deliberate dalla Giunta di piazza Monte Grappa nella sua seduta di giovedì 2 aprile 2009, il primo elemento del “pacchetto anticrisi” è relativo all’ulteriore rafforzamento - con 800.000 euro - delle risorse destinate ai Confidi provinciali per facilitare l’accesso al credito delle imprese: “Innalzando la quota delle nostre risorse destinate ai Confidi – sottolinea il presidente Bruno Amoroso – arriveremo nel corso del 2009 a incrementare in misura considerevole il loro fondo a garanzia dei rischi. Questo intervento straordinario da solo permetterà alle imprese varesine di generare, grazie all’effetto moltiplicatorio delle garanzie, investimenti per oltre 20 milioni di euro. Un circuito virtuoso innescato attraverso i 13 Confidi provinciali che hanno i requisiti per ottenere i contributi della Camera di Commercio”. Il secondo elemento del “pacchetto anticrisi” varato dalla Giunta è, invece, il bando per il consolidamento del debito aziendale, con una dotazione di 400.000 euro. Da mercoledì 8 aprile le piccole e medie imprese varesine avranno la possibilità di presentare domanda “…per “consolidare” le proprie posizioni debitorie nei confronti delle banche – commenta il segretario generale Mauro Temperelli – portandole dal breve al medio-lungo termine, beneficiando di tassi di favore e con un intervento della Camera di Commercio che garantirà alle imprese varesine l’accesso a un contributo diretto fino a 6.000 euro”. Anche in questo caso, per l’avvio della pratica, le imprese possono rivolgersi ai Consorzi fidi operanti in provincia.

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Consiglio comunale Torino, ok a Bilancio consuntivo per l'anno 2008 (sezione: crisi)

( da "Sestopotere.com" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

Consiglio comunale Torino, ok a Bilancio consuntivo per l'anno 2008 (3/4/2009 13:09) | (Sesto Potere) - Torino - 3 aprile 2009 - Si è chiuso con un avanzo di amministrazione di 21 milioni e 382mila euro il Bilancio consuntivo per l'anno 2008. Il documento finanziario è stato approvato questa mattina dalla Giunta e nelle prossime settimane passerà all'esame del Consiglio comunale per la discussione e il sì definitivo. Le entrate correnti del Rendiconto assommano a 1337 milioni di euro, dei quali circa 486 derivanti da trasferimenti da Stato, Regione ed altri enti. Da entrate extratributarie provengono 428 milioni di euro (di cui 210 da proventi di servizi pubblici e beni comunali e 22 milioni da utili delle aziende di proprietà), mentre l'entità della entrate tributarie è pari a 416 milioni di euro, dei quali 155 derivanti dall'Ici, 24 milioni provengono dalla compartecipazione al gettito Irpef, 62 milioni dall'addizionale comunale Irpef, 150 dalla Tarsu e 18 milioni di euro sono stati introitati grazie al recupero dell'evasione sui tributi comunali. Nell’ambito delle spese correnti, i costi per il personale ammontano a 452 milioni di euro, quelli per beni e servizi a 239, le spese per interessi su mutui e per il rimborso quote dei capitali sono pari a 242 milioni, mentre 273 sono stati i milioni di euro destinati ai trasferimenti alle aziende di proprietà del Comune per i servizi prestati. Nel 2008 gli investimenti in opere pubbliche che, per l’Amministrazione comunale torinese, hanno toccato la cifra di 301 milioni di euro. “Il 2008 è stato un anno che ha richiesto particolari attenzioni, anno su cui si è abbattuta la crisi finanziaria internazionale e l’instabilità dei mercati, tuttavia il proseguimento della politica di riduzione delle spese giudicate non strategiche, insieme al monitoraggio continuo su esposizione debitoria e andamento dei costi, ci hanno permesso – sottolinea l’assessore al Bilancio, Gianguido Passoni - di chiudere l’esercizio finanziario relativo all’anno 2008 in avanzo pur a fronte di incertezze di sistema e di legislazione, senza incrementare le entrate e pressione fiscale. I numeri del Rendiconto approvato oggi dalla Giunta comunale – aggiunge il responsabile della politica finanziaria di Palazzo civico – attestano il rigore con cui viene gestito il bilancio del Comune di Torino".

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Russia/ Gazprom vuole Russneft, ma Deripaska chiede troppo. (sezione: crisi)

( da "Virgilio Notizie" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

Mosca, 3 apr. (Apcom-Nuova Europa) - Sono a un pericoloso punto morto i negoziati per la vendita della compagnia petrolifera Russneft alla controllata di Gazprom, Gazprom Neft, dopo che l'attuale proprietario, il miliardario Oleg Deripaska, ha stimato la società per 8 miliardi di dollari. Il tutto nonostante il debito di 5,6 miliardi che pesa sull'azienda, già vittima di una tempesta giuridica che ne aveva decapitato il vertice. Gazprom Neft aveva sperato di acquisire Russneft coprendo semplicemente il debito, che include 4,3 miliardi di dollari dovuti a Sberbank. La prima banca di Russia ha tutte le azioni di Russneft in garanzia, e vuole che la società sia venduta. Basic Element - controllata da Deripaska - aveva incaricato a marzo Troika Dialog e Gazprombank di avviare negoziati con Sberbank per ristrutturare il debito di Russneft. Solo per l'acquisto di Russneft il magnate aveva speso 4,1 miliardi. Al tempo stesso il 100% delle azioni della società petrolifera - l'ottava tra le major russe - è stata data in pegno. BasEl in realtà non possiede ancora ufficialmente Russneft. Il precedente proprietario, Mikhail Gutseriev, due anni fa era caduto in disgrazia per una divergenza di vedute con le autorità. Nella primavera del 2007, aveva depositato tentato di recuperare le azioni della società, ma l'estate dello stesso anno Gutseriev era riparato a Londra, e il contratto per la vendita di Russneft era passato a Deripaska. Deripaska, secondo il quotidiano russo Vedomosti, potrebbe anche decidersi a vendere. E Gazprom Neft, sarebbe gia' in prima fila. Intanto il totale dei debiti di Deripaska va ben oltre 30 miliardi di dollari, di cui 25 con le banche. In ogni caso, BasEl non ha ancora ottenuto l'autorizzazione del Servizio federale antimonopolio per l'acquisto della compagnia. E in fondo Russneft è solo un aspetto di un impero che stacrollando lentamente da poco meno di un anno, sullo sfondo della crisi finanziaria e piu' o meno da quando il presidente Dmitri Medvedev è salito al Cremlino. Di fatto si cerca di evitare nuova sconfitta per lo stesso Deripaska che negli ultimi mesi sta collezionando numerose debacle finanziarie, dal colosso dei metalli Basel fino alle controllate nel settore immobiliare.

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Russia/ Gazprom vuole Russneft, ma Deripaska chiede troppo (sezione: crisi)

( da "Virgilio Notizie" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

Mosca, 3 apr. (Apcom-Nuova Europa) - Sono a un pericoloso punto morto i negoziati per la vendita della compagnia petrolifera Russneft alla controllata di Gazprom, Gazprom Neft, dopo che l'attuale proprietario, il miliardario Oleg Deripaska ha stimato la società per 8 miliardi di dollari. Il tutto nonostante il debito di 5,6 miliardi che pesa sull'azienda, già vittima di una tempesta giuridica che ne aveva decapitato il vertice. Gazprom Neft aveva sperato di acquisire Russneft coprendo semplicemente il debito, che include 4,3 miliardi di dollari dovuti a Sberbank. La prima banca di Russia ha tutte le azioni di Russneft in garanzia, e vuole che la società sia venduta. Basic Element aveva incaricato a marzo Troika Dialog e Gazprombank di avviare negoziati con Sberbank per ristrutturare il debito di Russneft. Solo per l'acquisto di Russneft, il magnate aveva speso 4,1 miliardi. Al tempo stesso il 100% delle azioni della società petrolifera - l'ottava tra le major russe - è stata data in pegno. BasEl in realtà non possiede ancora ufficialmente Russneft. Il precedente proprietario, Mikhail Gutseriev, due anni fa era caduto in disgrazia per una divergenza di vedute con le autorità. Nella primavera del 2007, aveva depositato tentato di recuperare le azioni della società, ma l'estate dello stesso anno Gutseriev era riparato a Londra, e il contratto per la vendita di Russneft era passato a Deripaska. Deripaska, secondo il quotidiano russo Vedomosti, potrebbe anche decidersi a vendere. E Gazprom Neft, sarebbe gia' in prima fila. Intanto il totale dei debiti di Deripaska va ben oltre 30 miliardi di dollari, di cui 25 con le banche. In ogni caso, BasEl non ha ancora ottenuto l'autorizzazione del Servizio federale antimonopolio per l'acquisto della compagnia. E in fondo Russneft è solo un aspetto di un impero che sta crollando lentamente da pocomeno di un anno, sullo sfondo della crisi finanziaria e piu' o meno da quando il presidente Dmitri Medvedev è salito al Cremlino. Di fatto si cerca di evitare nuova sconfitta per lo stesso Deripaska che negli ultimi mesi sta collezionando numerose debacle finanziarie, dal colosso dei metalli basel fino alle controllate nel settore immobiliare.

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Decreto incentivi, dai sindaci arriva un coro di no (sezione: crisi)

( da "Corriere Adriatico" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

In Liguria i primi cittadini con tanto di fascia tricolore hanno protestato scendendo in piazza Decreto incentivi, dai sindaci arriva un coro di no Roma Il maxi emendamento al decreto legge incentivi appena approvato alla Camera (il voto finale è previsto per lunedì) solleva un coro di no tra i sindaci e gli amministratori locali che vedono dissolversi la possibilità di far entrare contante nelle casse comunali, già provate dai tagli subiti. L'Anci, l'associazione nazionale dei Comuni, che ha ripetutamente chiesto al governo di lasciare fuori dal Patto di stabilità gli investimenti infrastrutturali e di potere usare gli avanzi di amministrazione, è arrivata ad interrompere i rapporti istituzionale e una settimana fa ha dichiarato di sostenere i Comuni che non rispetteranno il patto per il 2009. Ieri in Liguria i primi cittadini - di destra e di sinistra - con tanto di fascia tricolore, guidati dal sindaco di Genova e presidente dell'Anci Liguria, Marta Vincenzi, hanno protestano scendendo in piazza. "I Comuni - ha dichiarato Vincenzi - risentono dell'incertezza sul rimborso dell'Ici che impedisce di fare bilanci credibili, ma anche dei tagli al sociale e della rigidità con cui viene applicato il Patto di stabilità, che impedisce di spendere risorse disponibili". Il sindaco di Andora, Floris, presidente della commissione Finanza di Anci Liguria ha ribadito la necessità di sbloccare il patto di stabilità. "I Comuni virtuosi, che rappresentano l'80%, hanno nelle loro casse 18 miliardi di euro che non possono essere spesi". I contenuti del decreto incentivi rischiano, secondo il componente del direttivo dell'Anci e sindaco di Varese, Attilio Fontana, di provocare una spaccatura tra Stato e Comuni. La conseguenza più immediata che riguarderà i Comuni sarà "che un numero impressionante di comuni sforerà il patto di stabilità." Per Renato Locchi, sindaco di Perugia e membro del Consiglio nazionale dell'Anci il decreto è uno "spot" che non risolve i problemi dei Comuni e dell'intero sistema economico-produttivo del Paese, colpito dalla crisi finanziaria in atto". Secondo Flavio Tosi, sindaco di Verona il decreto è "in controtendenza con il Piano Casa, poichè, i Comuni potrebbero essere i primi ad investire e in modo rapido. La ritengo una decisione inspiegabile e contraddittoria".

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GERMANIA/ VIA LIBERA BUNDESRAT A LEGGE PER ESPROPRIO BANCHE (sezione: crisi)

( da "Wall Street Italia" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

Germania/ Via libera Bundesrat a legge per esproprio banche di Apcom Dopo Bundestag anche camera alta vota a favore -->Berlino, 3 apr. (Apcom) - Il Bundesrat (la camera alta del parlamento tedesco) ha dato oggi il via libera alla legge che consente la nazionalizzazione e l'esproprio degli azionisti delle banche in crisi. La norma, che era stata già approvata due settimane fa dal Bundestag (la camera bassa), è scritta su misura per consentire a Berlino di rilevare il controllo di Hypo Real Estate. L'istituto di credito immobiliare, travolto dalla crisi finanziaria, è stato salvato grazie ad aiuti e garanzie per 102 miliardi di euro. Il governo federale teme che un collasso di Hypo Real Estate possa innescare un processo a catena pericoloso per l'intero sistema finanziario tedesco. La legge approvata stamattina consente di ricorrere allo strumento dell'esproprio entro il 30 giugno di quest'anno e soltanto come "ultima ratio", cioè se non esistono alternative. Il ministro delle Finanze tedesco, Peer Steinbrueck, ha già annunciato nei giorni scorsi di voler convocare a breve un'assemblea generale degli azionisti di Hypo Real Estate, per assicurare allo Stato il controllo della banca, nell'ambito di un aumento di capitale. Se tale strada dovesse fallire, Berlino sceglierà l'esproprio. Nel fine settimana il governo tedesco ha già rilevato l'8,7% della banca.

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RUSSIA/ GAZPROM VUOLE RUSSNEFT, MA DERIPASKA CHIEDE TROPPO (sezione: crisi)

( da "Wall Street Italia" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

Russia/ Gazprom vuole Russneft, ma Deripaska chiede troppo di Apcom Nonostante il debito di 5,6 miliardi che pesa sull'azienda -->Mosca, 3 apr. (Apcom-Nuova Europa) - Sono a un pericoloso punto morto i negoziati per la vendita della compagnia petrolifera Russneft alla controllata di Gazprom, Gazprom Neft, dopo che l'attuale proprietario, il miliardario Oleg Deripaska ha stimato la società per 8 miliardi di dollari. Il tutto nonostante il debito di 5,6 miliardi che pesa sull'azienda, già vittima di una tempesta giuridica che ne aveva decapitato il vertice. Gazprom Neft aveva sperato di acquisire Russneft coprendo semplicemente il debito, che include 4,3 miliardi di dollari dovuti a Sberbank. La prima banca di Russia ha tutte le azioni di Russneft in garanzia, e vuole che la società sia venduta. Basic Element aveva incaricato a marzo Troika Dialog e Gazprombank di avviare negoziati con Sberbank per ristrutturare il debito di Russneft. Solo per l'acquisto di Russneft, il magnate aveva speso 4,1 miliardi. Al tempo stesso il 100% delle azioni della società petrolifera - l'ottava tra le major russe - è stata data in pegno. BasEl in realtà non possiede ancora ufficialmente Russneft. Il precedente proprietario, Mikhail Gutseriev, due anni fa era caduto in disgrazia per una divergenza di vedute con le autorità. Nella primavera del 2007, aveva depositato tentato di recuperare le azioni della società, ma l'estate dello stesso anno Gutseriev era riparato a Londra, e il contratto per la vendita di Russneft era passato a Deripaska. Deripaska, secondo il quotidiano russo Vedomosti, potrebbe anche decidersi a vendere. E Gazprom Neft, sarebbe gia' in prima fila. Intanto il totale dei debiti di Deripaska va ben oltre 30 miliardi di dollari, di cui 25 con le banche. In ogni caso, BasEl non ha ancora ottenuto l'autorizzazione del Servizio federale antimonopolio per l'acquisto della compagnia. E in fondo Russneft è solo un aspetto di un impero che sta crollando lentamente da poco meno di un anno, sullo sfondo della crisi finanziaria e piu' o meno da quando il presidente Dmitri Medvedev è salito al Cremlino. Di fatto si cerca di evitare nuova sconfitta per lo stesso Deripaska che negli ultimi mesi sta collezionando numerose debacle finanziarie, dal colosso dei metalli basel fino alle controllate nel settore immobiliare.

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RUSSIA/ GAZPROM VUOLE RUSSNEFT, MA DERIPASKA CHIEDE TROPPO. (sezione: crisi)

( da "Wall Street Italia" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

Russia/ Gazprom vuole Russneft, ma Deripaska chiede troppo di Apcom Nonostante il debito di 5,6 miliardi che pesa sull'azienda -->Mosca, 3 apr. (Apcom-Nuova Europa) - Sono a un pericoloso punto morto i negoziati per la vendita della compagnia petrolifera Russneft alla controllata di Gazprom, Gazprom Neft, dopo che l'attuale proprietario, il miliardario Oleg Deripaska, ha stimato la società per 8 miliardi di dollari. Il tutto nonostante il debito di 5,6 miliardi che pesa sull'azienda, già vittima di una tempesta giuridica che ne aveva decapitato il vertice. Gazprom Neft aveva sperato di acquisire Russneft coprendo semplicemente il debito, che include 4,3 miliardi di dollari dovuti a Sberbank. La prima banca di Russia ha tutte le azioni di Russneft in garanzia, e vuole che la società sia venduta. Basic Element - controllata da Deripaska - aveva incaricato a marzo Troika Dialog e Gazprombank di avviare negoziati con Sberbank per ristrutturare il debito di Russneft. Solo per l'acquisto di Russneft il magnate aveva speso 4,1 miliardi. Al tempo stesso il 100% delle azioni della società petrolifera - l'ottava tra le major russe - è stata data in pegno. BasEl in realtà non possiede ancora ufficialmente Russneft. Il precedente proprietario, Mikhail Gutseriev, due anni fa era caduto in disgrazia per una divergenza di vedute con le autorità. Nella primavera del 2007, aveva depositato tentato di recuperare le azioni della società, ma l'estate dello stesso anno Gutseriev era riparato a Londra, e il contratto per la vendita di Russneft era passato a Deripaska. Deripaska, secondo il quotidiano russo Vedomosti, potrebbe anche decidersi a vendere. E Gazprom Neft, sarebbe gia' in prima fila. Intanto il totale dei debiti di Deripaska va ben oltre 30 miliardi di dollari, di cui 25 con le banche. In ogni caso, BasEl non ha ancora ottenuto l'autorizzazione del Servizio federale antimonopolio per l'acquisto della compagnia. E in fondo Russneft è solo un aspetto di un impero che sta crollando lentamente da poco meno di un anno, sullo sfondo della crisi finanziaria e piu' o meno da quando il presidente Dmitri Medvedev è salito al Cremlino. Di fatto si cerca di evitare nuova sconfitta per lo stesso Deripaska che negli ultimi mesi sta collezionando numerose debacle finanziarie, dal colosso dei metalli Basel fino alle controllate nel settore immobiliare.

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BANCHE. Abi-Università Parma: nella scelta conta il passaparola (sezione: crisi)

( da "HelpConsumatori" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

News BANCHE. Abi-Università Parma: nella scelta conta il passaparola 03/04/2009 - 15:13 Chi ha un conto corrente dà peso soprattutto all'esperienza diretta e personale. Per chi invece non ha ancora un rapporto con la banca fa premio il passaparola, l'immagine e le notizie riportate dalla stampa e dalla tv. Sono i primi risultati dell'Indagine "Le banche e la valorizzazione della reputazione nei confronti della clientela retail", che l'ABI sta mettendo a punto con l'Università di Parma. I fatti più delle parole sono i fattori che determinano la reputazione delle banche: mantenere le promesse, correttezza, rispetto dei patti. Ciò che genera fiducia nei clienti sono i comportamenti dell'azienda, mentre i fattori esterni agiscono come filtro o come rumore per questo la clientela è più influenzata dall'esperienza maturata, seguita dalla trasparenza e chiarezza delle condizioni contrattuali e dall'immagine aziendale. Insomma, nulla conta di più dell'esperienza diretta per chi ha un conto corrente. Sulla clientela potenziale invece impatta soprattutto il passaparola, l'immagine aziendale e le notizie riportate dalla stampa e dalla tv. L'analisi della reputazione delle banche mostra che la crisi finanziaria non ha inciso sulla fiducia della clientela retail, mentre ha impattato sugli addetti ai lavori. Per quanto riguarda la clientela corporate, le banche ritengono che sia meno sensibile a fenomeni emotivi, è pluribancarizzata ed è in grado di valutare direttamente la qualità della relazione. 2009 - redattore: VC

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L'INTERVENTO Meno burocrazia e più risorse per aiutare le imprese a uscire dalla crisi di Girolamo Astolfi* (sezione: crisi)

( da "Gazzettino, Il (Rovigo)" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

L'INTERVENTO Meno burocrazia e più risorse per aiutare le imprese a uscire dalla crisi di Girolamo Astolfi* Venerdì 3 Aprile 2009, L'artigianato reagisce alla crisi, ma da Governo, Parlamento, Regioni e Comuni ci aspettiamo meno tasse, meno burocrazia e più risorse. Gli imprenditori artigiani polesani, con le loro imprese e le loro famiglie stanno reagendo con coraggio e con forza alla crisi economica e sociale che sconquassa, nell'economia glo­bale, l'Italia. Vogliono resistere puntando sulla qualità e sulla innovazione, per essere pronti ai primi segnali di ripresa del mercato. Per fare ciò non basta la buona volontà ci vogliono misure più incisive, in grado di rilanciare i consumi ed innalzare il livello dei servizi, ponendo al centro la piccola e media impresa diffusa sul territorio. La grave crisi finanziaria iniziata lo scorso autunno si è abbattuta sull'economia reale del Paese, spiegano i vertici, con effetti pesanti, anche nel ricco Veneto, provocando lo stallo della domanda interna e chiari segnali di recessione. Non si vuol capire che la crisi è profonda, che interi settori anche nella provincia di Rovigo, sono interessati da profonda crisi come l'edilizia, i trasporti, e anche il metalmeccanico con calo degli ordini dal 40 al 60 e 80%. Come afferma la dirigenza di Confartigianato Imprese Rovigo, dal Governo si avanza una manovra di contrasto alla crisi, incompleta con poche e inadeguate risorse economiche per favorire l'offerta e stimolare la domanda privata e pubblica, e una frammentazione degli interventi senza che si possa intravedere un disegno organico. In buona sostanza siamo alla politica utile ai soliti big e con l'artigianato lasciato a bocca asciutta. E parliamo di oltre 3 milioni di piccole e piccolissime imprese. In buona sostanza stiamo parlando del 97% dall'intero sistema industriale italiano. Per tutte queste Pmi non c'è mai niente, tranne incensarle dicendo che sono la spina dorsale del Paese. Il Governo deve prendere atto che serve un intervento vero per tutto il sistema Paese. Non bastano interventi spot come la rottamazione e, soprattutto, si deve fare in fretta. Per uscire da questa situazione Confartigianato indica nella rivisitazione degli studi di settore; le risorse e quindi irrobustire e rendere subito operativo il fondo di garanzia per le Pmi; togliere dal calcolo dell'Irap gli interessi pagati alle banche e il costo del lavoro. *Presidente Confartigianato

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diciamolochiaro ha detto: Ebbene Babe, sai perchè dobbiamo continuare ad occuparci di loro? Semplice. (sezione: crisi)

( da "KataWeb News" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

senza il mattone.. Spagnoli ci avete scocciato: pensate ai vostri guai 28 marzo 2009 alle 14:15 — Autore: babelick — 39 commenti Gentile ambasciatore Terracciano, complimenti e sentiti ringraziamenti. Ci ha vendicati. La lettera che ha inviato al quotidiano El Pais, nella sua veste di capo della rappresentanza italiana presso il governo spagnolo, non sembra neanche scritta da un diplomatico di carriera; meglio, è opera di un diplomatico di razza rara, tanto è chiara, asciutta, ferma, e, lo faccia dire a me, sacrosantamente scocciata. Quel giornale così faziosamente filo Zapatero, praticamente un organo di partito, anche di quello Democratico italiano del quale corre in premuroso e regolare soccorso, la deve smettere di denigrare il governo e il Paese. Non c'entra niente qui la libertà di stampa; come lei sottolinea, il tentativo di demolire l'immagine dell'Italia tra gli spagnoli risponde invece a un disegno di servitù politica che nessun organo di stampa italiano si sognerebbe di progettare, piaccia o no il governo di José Luis Zapatero, per gli intimi Bambi. Succede che gli equilibri politici europei siano cambiati, che un asse Sarkozy-Merkel-Berlusconi minacci il ruolo della Spagna e le sue numerose, troppe, poltrone, ben sei super incarichi istituzionali europei. Succede che le cose non vadano più bene per l'economia, crollata miseramente dopo il boom edilizio e tante rivendicazioni di tronfio primato; che la politica estera sia un disastro, e il presidente Barack Obama nella nuova versione militare contro Bin Laden non si sia rivelato l'amico che ingenuamente la sinistra in Europa aveva immaginato; che il federalismo morda le calcagna a Madrid, visto l'apporto determinante del partito catalano alla rielezione dei socialisti. Il governo è nervoso e la butta sugli attacchi ad altri Stati, il Pais pubblica fedele, se serve, anticipa. Così l'Italia è descritta come dominio di un tiranno nello stile delle dittature latino americane, Pinochet naturalmente, non Hugo Chavez, il presidente del Consiglio eletto ha bisogno dello psichiatra, qui si praticano tortura e politiche razziste. Ha fatto bene, ambasciatore, a dire basta, anche perché c'è davvero poco, scansato il fango delle calunnie, di cui vantarsi in casa Zapatero. Al mini-summit europeo del 4 ottobre del 2008 i capi di Stato di Berlino, Roma, Parigi e Londra, si sono incontrati per decidere sulle posizioni comuni da adottare contro la crisi finanziaria, lasciando fuori la Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo», addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro capite. Per il premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà, il mio obiettivo è quello di superare la Francia, anche se l'amico Sarkozy non vuole neanche sentirselo dire». Subito dopo la crisi internazionale ha svelato il bluff dell'economia spagnola. La recessione ha gettato anche la Spagna in una crisi profonda: crescita dell'1,4% nel 2008, e non del 3,5% come annunciato dal governo. Un dato che riporta il Paese agli stessi risultati del 1993. Il boom economico era stato gonfiato dagli aiuti europei allo sviluppo, investiti quasi esclusivamente nell'edilizia, un settore in forte perdita già dai primi mesi dell'anno, cioè prima della crisi internazionale. La crisi ha messo a nudo le bugie sulla politica di sicurezza e immigrazione, a lungo mantenute, anche se sulle zattere dei clandestini l'ordine è sempre stato di sparare. Nei giorni scorsi 200 organizzazioni hanno presentato alla Procura generale dello Stato una denuncia contro il ministero dell'Interno, accusando la polizia di «arresti mirati», «retate» e «controlli d'identità di massa», insomma di eseguire gli ordini per l'arresto di una «quota» minima mensile di immigrati per ciascun distretto. Gli immigrati sono saliti da mezzo milione a 5,2 milioni nel 2008, su una popolazione totale per la Spagna di 46 milioni di persone. Con una disoccupazione giunta ormai al 14%, il governo ha cambiato ufficialmente politica. La «Ley de Extranjeria» presentata a dicembre prevede severe misure restrittive: oltre all'aumento da 40 a 60 giorni del termine massimo per detenere migranti nei Centri di permanenza temporanea, per facilitare identificazioni e rimpatri coatti, il progetto prevede di interrompere i ricongiungimenti familiari. Prevede anche sanzioni fino a 10.000 euro per chi «promuove la permanenza irregolare in Spagna di uno straniero», un'«infrazione grave» perché «lo straniero dipende economicamente da chi compie l'infrazione e questa ne prolunga il soggiorno autorizzato al di là del periodo legalmente previsto». La Comision Espanola de Ayuda al Refugiado (Cear), ha protestato perché così facendo il governo «cerca di farsi complici le persone che alloggiano» gli immigrati, e si appresta a «convertire i cittadini in poliziotti». Ci sarebbe da analizzare anche il ruolo inquietante di un giudice star come Baltazar Garzon, che somigli all'Antonio Di Pietro dei tempi che furono, grande amico di Zapatero e compagno di caccia di altri ministri socialisti, ma anche evasore fiscale conclamato. Garzon negli ultimi anni ha incriminato chiunque, dai dittatori latino americani agli statisti europei, fino a personaggi dell'epoca di Francisco Franco, tutti defunti. Colleziona una gaffe dopo l'altra, eppure imperversa. Pure la battaglia contro la Chiesa cattolica, nella sua forma infantile ed estremista, è la pratica opposta a quella che si converrebbe a un premier laico che governa un Paese dove ci sono cattolici numerosi, un milione e mezzo solo fra i suoi elettori. La gaffe del ritiro dal Kosovo, comunicato in loco dal ministro della Difesa, Carmen Chacon, contro il parere e all'insaputa del collega degli Esteri, Moratinos, e di tutti i governi dell'Unione europea e della Nato, è la chicca di qualche giorno fa. Il presunto amico, il presidente Obama, è infuriato e non ha accettato i goffi tentativi di Madrid di rimediare. Peggio di così!

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Abi, clienti scelgono banca con passaparola (sezione: crisi)

( da "Borsa(La Repubblica.it)" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

Abi, clienti scelgono banca con passaparola (Teleborsa) - Roma, 3 apr - Il passaparola sembra avere successo anche per la scelta del proprio istituto di credito. Lo spiega una indagine dell'Abi, secondo cui contano stampa e tv ma soprattutto il passaparola. In particolare, i fattori che determinano la reputazione sono relazionali (mantenere le promesse, correttezza, rispetto dei patti) e altri più legati a caratteristiche dell'offerta (professionalità, qualità dei prodotti, solidità della banca, affidabilità, rapporto qualità/prezzo) oltre a circostanze esterne come esposizione ai media, passaparola e informazioni di stampa. Ciò che genera fiducia nei clienti sono i comportamenti dell'azienda, mentre i fattori esterni agiscono come filtro o come rumore. Secondo l'Abi, la crisi finanziaria non ha inciso sulla fiducia della clientela retail, mentre ha impattato sugli addetti ai lavori. Per quanto riguarda la clientela corporate, le banche ritengono che sia meno sensibile a fenomeni emotivi, è pluribancarizzata ed è in grado di valutare direttamente la qualità della relazione. La percezione della reputazione come un asset e non solo come un rischio porta con se che si tratti di una variabile che può incidere positivamente sui risultati aziendali, creando valore. Le priorità strategiche da perseguire sono prima di tutto la soddisfazione della clientela, la reputazione aziendale e lo sviluppo sostenibile. Subito dopo viene la redditività aziendale e ciò non perché si tratti di un obiettivo di secondo piano. In realtà si riconosce all'attenzione al cliente e alla reputazione della banca una priorità proprio per perseguire la redditività. Cresce nelle banche la convinzione che la creazione di valore per gli azionisti vada coordinata con il modo in cui perseguire questo risultato. 03/04/2009 - 15:34

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Internet/ Per tre milioni l'indirizzo è: ".eu" (sezione: crisi)

( da "Virgilio Notizie" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

Bruxelles, 3 apr. (Apcom) - A tre anni dal suo lancio il dominio internet ".eu" conferma il suo successo iniziate. Oggi più di tre milioni di nomi di dominio hanno questa desinenza. Neanche la crisi finanziaria ha rallentato la crescita: il numero di nomi di dominio ".eu" è aumentato del 2% nel corso del primo trimestre 2009, una crescita che lo consolida al quinto posto tra i domini di primo livello geografico più popolari a livello mondiale. Per sentirsi, e mostrarsi "europei" privati e piccole imprese, multinazionali e Ong, gruppi di riflessione hanno adottato il dominio ".eu" per contrassegnare la loro presenza sul web. All'inizio del mese scorso la Svezia, che da luglio avrà la presidenza di turno del Consiglio europeo, ha compiuto un gesto simbolico diventando il primo Stato membro dell'Ue ad adottare il dominio ".eu" per il sito ufficiale della presidenza dell'Unione europea: www.se2009.eu. "Si tratta di un segnale incoraggiante che, spero, sarà seguito da numerose altre presidenze in futuro", ha dichiarato Viviane Reding, commissaria responsabile della Società dell'informazione e dei media. Il dominio ".eu" ha consolidato la propria posizione tra i dieci più grandi domini di primo livello del mondo, assieme a ".com", ".net" e ".org". Il numero di registrazioni di nomi di dominio ".eu" da suo lancio il 7 aprile 2006 è aumentato fino a raggiungere i tre milioni all'inizio di quest'anno. Nel marzo 2009 i nomi di dominio ".eu" registrati hanno sfiorato i 3.050.000. La maggior parte dei nomi di dominio ".eu" è stata registrata nei paesi dell'Ue che contano il maggior numero di abitanti e presentano i più forti tassi di diffusione di internet in rapporto alla popolazione. La Germania è sempre in testa, con il 30%, seguita da Paesi Bassi (14%), Regno Unito (12%), Francia (8%) e Polonia (6%). Il calcolo in rapportoalla popolazione vede invece in testa Cipro, con 66,1 domini ".eu" ogni mille abitanti, seguita dal Lussemburgo con il 54,9/1.000 e dall'Olanda con il 24.7/1.000. Poi si scende, si scende ancora e con il 2,7/1.000 troviamo Lituania, Finlandia e Italia, dietro ci sono Grecia, Spagna, Bulgaria, Portogallo e Romania, che chiude la lista con uno 0,9/1.000.

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GB/ HALIFAX SMORZA SPERANZE: A MARZO PREZZI IMMOBILI -1,9% MESE (sezione: crisi)

( da "Wall Street Italia" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

Gb/ Halifax smorza speranze: a marzo prezzi immobili -1,9% mese di Apcom Ieri l'indagine di halifax aveva alimentato ipotesi di ripresa -->Londra, 3 apr. (Ap) - Si smorzano le già caute speranze di una stabilizzazione del mercato immobiliare della Gran Bretagna, dopo che secondo l'indagine condotta da Halifax, primo erogatore di mutui del Regno, a marzo i prezzi hanno segnato una nuova flessione. Meno 1,9 per cento rispetto al mese precedente, mentre nel paragone con marzo del 2008 risultano calati del 17,9 per cento. Ieri un altro istituto privato del settore, Nationwide, aveva invece riferito che in base alla sua indagine a marzo i prezzi avevano registrato un recupero dello 0,9 per cento dal mese precedente. Tuttavia anche Halifax vede qualche spiraglio. "Gli ultimi dati mostrano che a febbraio il numero di mutui per l'acquisto di casa approvati è stato il più elevato dal maggio del 2008", afferma l'economista Martin Ellis. L'incidenza del prezzo medio degli immobili rispetto ai redditi medi disponibili è scesa ai minimi da inizio 2003. Intanto, dopo i ripetuti tagli dei tassi di interesse della Banca d'Inghilterra, allo 0,5 per cento, la maggior parte degli istituti di credito prevede un alleviamento sulle condizioni per l'erogazione di prestiti nel secondo trimestre. La Gran Bretagna è uno dei paesi europei che in questa crisi finanziaria ha accusato anche una pesante correzione al ribasso del settore immobiliare, dopo anni di forte crescita, fattore che ha accentuato la debolezza dei suoi mercati e le ricadute sull'economia. Secondo Halifax il 2009 sarà comunque un anno difficile per l'immobiliare Gb, mentre ieri la stessa nationwide aveva richiamato alla cautela sui suoi dati. Nel frattempo la società di intermediazioni Knight Frank ha riferito che nell'ultimo trimestre del 2008 il valore dei terreni edificabili è crollato del 15 per cento rispetto al periodo precedente e del 50 per cento su base annua. In Gran Bretagna, oltre all'agenzia di statistica, diversi istituti privati forniscono dati sul comparto immobiliare.

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INTERNET/ PER TRE MILIONI L'INDIRIZZO È: .EU (sezione: crisi)

( da "Wall Street Italia" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

Internet/ Per tre milioni l'indirizzo è: ".eu" di Apcom A tre anni dalla nascita. In testa ciprioti, italiani tra ultimi -->Bruxelles, 3 apr. (Apcom) - A tre anni dal suo lancio il dominio internet ".eu" conferma il suo successo iniziate. Oggi più di tre milioni di nomi di dominio hanno questa desinenza. Neanche la crisi finanziaria ha rallentato la crescita: il numero di nomi di dominio ".eu" è aumentato del 2% nel corso del primo trimestre 2009, una crescita che lo consolida al quinto posto tra i domini di primo livello geografico più popolari a livello mondiale. Per sentirsi, e mostrarsi "europei" privati e piccole imprese, multinazionali e Ong, gruppi di riflessione hanno adottato il dominio ".eu" per contrassegnare la loro presenza sul web. All'inizio del mese scorso la Svezia, che da luglio avrà la presidenza di turno del Consiglio europeo, ha compiuto un gesto simbolico diventando il primo Stato membro dell'Ue ad adottare il dominio ".eu" per il sito ufficiale della presidenza dell'Unione europea: www.se2009.eu. "Si tratta di un segnale incoraggiante che, spero, sarà seguito da numerose altre presidenze in futuro", ha dichiarato Viviane Reding, commissaria responsabile della Società dell'informazione e dei media. Il dominio ".eu" ha consolidato la propria posizione tra i dieci più grandi domini di primo livello del mondo, assieme a ".com", ".net" e ".org". Il numero di registrazioni di nomi di dominio ".eu" da suo lancio il 7 aprile 2006 è aumentato fino a raggiungere i tre milioni all'inizio di quest'anno. Nel marzo 2009 i nomi di dominio ".eu" registrati hanno sfiorato i 3.050.000. La maggior parte dei nomi di dominio ".eu" è stata registrata nei paesi dell'Ue che contano il maggior numero di abitanti e presentano i più forti tassi di diffusione di internet in rapporto alla popolazione. La Germania è sempre in testa, con il 30%, seguita da Paesi Bassi (14%), Regno Unito (12%), Francia (8%) e Polonia (6%). Il calcolo in rapporto alla popolazione vede invece in testa Cipro, con 66,1 domini ".eu" ogni mille abitanti, seguita dal Lussemburgo con il 54,9/1.000 e dall'Olanda con il 24.7/1.000. Poi si scende, si scende ancora e con il 2,7/1.000 troviamo Lituania, Finlandia e Italia, dietro ci sono Grecia, Spagna, Bulgaria, Portogallo e Romania, che chiude la lista con uno 0,9/1.000.

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BANCHE/ ABI: PER I CLIENTI CONTANO PIU' I FATTI DELLE PAROLE (sezione: crisi)

( da "Wall Street Italia" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

Banche/ Abi: Per i clienti contano piu' i fatti delle parole di Apcom Per scegliere istituto invece pesano passaparola, stampa e Tv -->Roma, 3 apr. (Apcom) - Per i clienti delle banche quello che conta di più sono i fatti e chi ha un conto corrente dà peso soprattutto all'esperienza diretta e personale. Per chi invece non ha un rapporto con la banca fa premio il passaparola, ma subito dopo l'immagine e le notizie riportate dalla stampa e dalla tv. Sono questi i primi risultati dell'Indagine 'Le banche e la valorizzazione della reputazione nei confronti della clientela retail', che l'Abi sta mettendo a punto con l'Università di Parma. In particolare, i fattori che determinano la reputazione sono "relazionali (mantenere le promesse, correttezza, rispetto dei patti) e altri più legati a caratteristiche dell'offerta (professionalità, qualità dei prodotti, solidità della banca, affidabilità, rapporto qualità/prezzo) oltre a circostanze esterne come esposizione ai media, passaparola e informazioni di stampa. Ciò che genera fiducia nei clienti, prosegue l'Abi, "sono i comportamenti dell'azienda, mentre i fattori esterni agiscono come filtro o come rumore". Secondo l'Abi, la "crisi finanziaria non ha inciso sulla fiducia della clientela retail, mentre ha impattato sugli addetti ai lavori". Per quanto riguarda la clientela corporate, le banche "ritengono che sia meno sensibile a fenomeni emotivi, è pluribancarizzata ed è in grado di valutare direttamente la qualità della relazione". "La percezione della reputazione come un asset e non solo come un rischio porta con se che si tratti di una variabile che può incidere positivamente sui risultati aziendali, creando valore", si legge nella nota dell'Abi. Di qui la "consapevolezza" che i contratti vanno costruiti sulle esigenze della clientela e che le condizioni di prezzo vanno calibrate sul valore creato e percepito dai clienti. In questa nuova prospettiva, sostiene l'indagine dell'Abi, le "priorità strategiche da perseguire sono prima di tutto la soddisfazione della clientela, la reputazione aziendale e lo sviluppo sostenibile. Subito dopo viene la redditività aziendale e ciò non perché si tratti di un obiettivo di secondo piano. In realtà si riconosce all'attenzione al cliente e alla reputazione della banca una priorità proprio per perseguire la redditività. Cresce nelle banche la convinzione che la creazione di valore per gli azionisti vada coordinata con il modo in cui perseguire questo risultato".

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Crisi finanziaria, la Giuntaoggi incontra Rsu e dirigenti (sezione: crisi)

( da "Sicilia, La" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

Mussomeli Crisi finanziaria, la Giunta oggi incontra Rsu e dirigenti Niscemi. Le domande presentate entro il 16 marzo scorso da coloro che hanno interesse ad essere eletti dal consiglio comunale difensore civico del Comune di Niscemi, sono circa 20, tra cui alcuni di Palermo e di altre città della Sicilia. «Il punto "elezione del difensore civico", sarà inserito nella prossima seduta del consiglio comunale, che sarà convocato dopo la chiusura della sessione in corso», afferma il vice presidente del consiglio Aldo Allia. La scelta cadrà su un aspirante all'incarico tra quelli che hanno presentato istanza. Sono state stabilite linee guida per l'elezione? «No - risponde Allia - io non voterò alcun candidato proposto all'ultima ora. Prima di andare in aula per votare devono essere riuniti i componenti della coalizione per stabilire i criteri condivisi e poi votare. L'elezione del difensore civico è un atto importante che ha riflessi sulla vita amministrativa e va fatto con ponderatezza». Allia, inoltre, dice: «Io sono stato fino a che la Dc di Rotondi era un partito autonomo commissario provinciale di Caltanissetta e nel centro destra. Scomparsa la Dc per le Autonomie, essendo confluita nel Pdl, non mi sento di aderire al neo partito del Pdl». A quale partito aderirà? «Il mio gruppo, per ora, non aderirà a nessun partito. Continueremo a sostenere il sindaco Di Martino e il suo programma. Per fare una sana politica per la città non bisogna per forza essere intruppato in un partito, ma stare in mezzo alla gente». Giuseppe Vaccaro

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Si tenga conto di piccole imprese e di acqua (sezione: crisi)

( da "Sicilia, La" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

Si tenga conto di piccole imprese e di acqua Il Presidente di Confindustria, Alvaro Di Stefano, esprime apprezzamento per l'impegno dell'assessore regionale all'Industria, Pippo Gianni, che con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale delle direttive sul consolidamento delle passività onerose sta cercando di dare risposte alle attese delle imprese siciliane impegnate a misurarsi con l'attuale crisi finanziaria. Tuttavia, nonostante la firma della convenzione tra Abi e Irfis, per sbloccare le procedure per l'accesso alle provvidenze previste dalla legge occorre adesso che le banche si attivino per stipulare con l'Irfis apposite convenzioni per consentirne la fruizione da parte delle imprese. Pertanto, è indispensabile e improcrastinabile che gli istituiti di credito velocizzino la firma di tali convenzioni per non rischiare di vanificare gli sforzi messi in atto dall'assessorato all'Industria. Le imprese non possono più aspettare e le banche dovrebbero rispettare gli impegni presi in sede di Abi con Confindustria.

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ABI: CLIENTI SCELGONO BANCHE COL PASSAPAROLA. (sezione: crisi)

( da "Asca" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

ABI: CLIENTI SCELGONO BANCHE COL PASSAPAROLA (ASCA) - Roma, 3 apr - Anche per la scelta della banche vince il 'passaparola'. Lo spiega una indagine dell'Abi, secondo cui ''contano stampa e tv ma soprattutto il passaparola. Niente conta piu' dell'esperienza diretta per chi ha un conto. Inoltre la crisi finanziaria non incide sulla fiducia della clientela retail ma impatta sugli addetti ai lavori. Chi ha un conto corrente da' peso soprattutto all'esperienza diretta e personale. Niente conta di piu'. Sono questi i primi risultati dell'Indagine ''Le banche e la valorizzazione della reputazione nei confronti della clientela retail'', che l'ABI sta mettendo a punto con l'Universita' di Parma. Ma quali sono i fattori che determinano la reputazione? Anche qui contano i fatti piu' delle parole. Pesano molto fattori relazionali - mantenere le promesse, correttezza, rispetto dei patti - e altri piu' legati a caratteristiche dell'offerta - professionalita', qualita' dei prodotti, solidita' della banca, affidabilita', rapporto qualita'/prezzo - oltre a circostanze esterne come l'esposizione ai media, passaparola e informazioni di stampa. Cio' che genera fiducia nei clienti sono i comportamenti dell'azienda, mentre i fattori esterni agiscono come filtro o come rumore. ram/sam/rob

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Obama offre una visione del mondo senza armi nucleari (sezione: crisi)

( da "Reuters Italia" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

di Caren Bohan e Matt Spetalnick STRASBURGO (Reuters) - Il presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha detto oggi di voler puntare a un mondo senza armi nucleari, dopo essere arrivato a Strasburgo per il vertice Nato ed aver incassato l'appoggio della Francia sulle nuove strategie Usa per l'Afghanistan. Obama, osannato come un eroe dalla folla, ha anche teso una mano alla Russia, dicendo che è importante per la Nato collaborare con Mosca per scongiurare tensioni nei rapporti diplomatici. La Nato celebra questo fine settimana i suoi 60 anni e sebbene la minaccia costituita dal blocco sovietico sia superata da tempo, Obama ha detto che il pericolo di una catastrofe nucleare è sempre presente. "Nonostante la fine della Guerra Fredda, la diffusione di armi nucleari o il furto di materiale nucleare possono condurre allo sterminio di una qualsiasi città sul pianeta", ha detto il presidente Usa in un incontro tenuto nel municipio della città di Strasburgo. "Questo weekend, a Praga, presenterò un'agenda che abbia come obiettivo ultimo un mondo senza armi nucleari", ha detto Obama riferendosi al summit Europa-Stati Uniti in programma in Repubblica Ceca domenica. Obama ha contribuito ad arrivare a un accordo al G20 di Londra contro la crisi finanziaria globale e sta cercando un ulteriore consenso dai leader dei paesi Nato per migliorare la precaria situazione dell'Afghanistan. Il presidente francese Nicolas Sarkozy ha immediatamente fornito pieno sostegno al piano di Obama, che prevede di porre un deciso freno alla crescente violenza provocata da al Qaeda e dai talebani. "Non ho bisogno di convincere la Francia della gravità della situazione afghana perché la Francia sa benissimo che un'al Qaeda libera di operare in determinati paesi, da cui lanciare eventuali attacchi, costituisce una minaccia non solo per gli Usa ma anche per l'Europa", ha dichiarato Obama. Continua...

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Pil, puntare sulle imprese: la ricetta di Calabrò (sezione: crisi)

( da "Affari Italiani (Online)" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

Economia Anteprima/ Puntare sulla manifattura: la ricetta anti-crisi di Calabrò Venerdí 03.04.2009 10:52 Contro la crisi finanziaria, ecco un manifesto per il nostro futuro: il ritorno all'industria. E' la ricetta contro la recessione proposta da Antonio Calabrò, direttore Affari istituzionali e Relazioni esterne del gruppo Pirelli e consigliere d'amministrazione di Pirelli Tyre, nel suo ultimo libro Orgoglio industriale, in uscita in questi giorni. Il giornalista non ha dubbi: l'industria medio e medio-grande sarà protagonista del "quarto capitalismo" e l'Italia ha un esercito di 4.600 imprese all'avanguardia sul piano dell'innovazione, in grado di conquistare la leadership su tutti i mercati internazionali. Abbiamo, infatti, pensato per anni che il nostro Paese avrebbe progressivamente abbandonato la produzione industriale per diventare un'economia di servizi, spiega Calabrò. E ci siamo sentiti dire che le manifatture sarebbero state destinate alla chiusura e che un po' alla volta questo Paese sarebbe diventato un Paese dove l'economia dei "beni immateriali" sarebbe stata la fonte principale di ogni ricchezza. Poi è arrivata la crisi della finanza e improvvisamente ci stiamo rendendo conto che non è così. Anzi, è proprio l'industria che ci salverà. Il libro racconta con semplicità e chiarezza che l'Italia rimane insomma un grande Paese industriale, il secondo d'Europa dopo la Germania. E ci regala un viaggio capillare alla scoperta della parte più vitale dell'imprenditoria italiana, mettendo in luce dati, fatti e personaggi, e spiegando come considerare con occhi nuovi un settore della nostra economia che tanto spesso è stato sottovalutato. Da Torino all'Emilia Romagna, è sufficiente attraversare il Nord Italia per rendersi conto di quanto sia capillare e vivo il tessuto di imprese la cui missione è produrre e vendere in tutto il mondo prodotti reali, fisici, materiali e non semplici pezzi di carta. Certo negli ultimi trent'anni l'industria è molto cambiata, ma non ha mai smesso di produrre ed esportare beni, apprezzati in ogni angolo del Pianeta. Orgoglio industriale Antonio Calabrò Mondadori pp.192 17,00 euro tags: orgoglio industriale antonio calabrò crisi pmi

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Uomini in rivolta (sezione: crisi)

( da "Foglio, Il" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

3 aprile 2009 Uomini in rivolta La sinistra nazionale tutto sommato fa bene a manifestare con la Cgil Non sono certo le vetrine infrante degli istituti bancari occidentali a rivelarci il profilo delle vittime di questa drÔle de guerre stradaiola incistatasi nella coda dell’attuale crisi finanziaria. Le banche soffrono ma sopravviveranno insieme con l’insostituibilità del sistema creditizio. E i casseur altermondisti sono ormai un fenomeno violento, sì, ma inquadrabile nella scenografia di ogni appuntamento fra i così detti grandi della Terra. Come il G20 trascorso e il G8 in arrivo. Gli spaccavetrine rappresentano la felicità dei gruppi assicurativi, danno lavoro a poliziotti e avvocati. Altra cosa è il mondo del lavoro precario (non soltanto giovanile) che sta pagando e pagherà in prospettiva il costo sociale più elevato nella ristrutturazione in corso del capitale finanziario e d’impresa. A parte rare circostanze, come in Campania, i disoccupati italiani conservano un atteggiamento cauto e non s’intravede nell’immediato alcuna emergenza di ordine pubblico. Tuttavia dalla fine dell’estate le cose potrebbero peggiorare e contorcersi malamente. Il problema comincia a riguardarci da vicino ed è ben presente nel discorso di propaganda con il quale la Cgil e molte autorevoli anime del Partito democratico, da Franceschini a D’Alema, oggi sfilano in piazza a Roma per una protesta generica dalla coloritura più preventiva che costruttiva. Non è detto che quella dei manifestanti piddini sia una cattiva idea, a patto che il tentativo di non abbandonare a se stessa la Cgil si accompagni alla volontà di oltrepassare l’irresolutezza massimalista di Epifani e alla responsabilità di dare un corpo “istituzionale” a una protesta generalizzata che potrebbe altrimenti scaricarsi per altre vie. Le vie della rivolta, che sono il succedaneo cieco di ogni grave esasperazione nel mercato del lavoro, con in più, nel caso presente, l’assenza aggravante di qualsiasi rivendicazione morale derivata da un progetto politico. L’Italia di questi mesi è particolarmente esposta al paradosso di avere una maggioranza smisurata nella quale vengono presidiati anche contenuti e sfere d’influenza pertinenti all’opposizione, dai temi economici a quelli bioetici. La minoranza intanto insegue col fiato grosso le pulsioni autarchiche della Cgil e sbanda perfino nella definizione e collocazione di se stessa. Invece proprio adesso c’è bisogno di un’area progressista nazionale riconoscibile, alternativa al berlusconismo e che sfidi il centrodestra sulla tenuta dello stato sociale e delle politiche per il lavoro. Prima che il lavoro perda la testa. Leggi Circo Massimo per leader minimi

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Berlusconi al G20: questione di show (sezione: crisi)

( da "AprileOnline.info" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

Berlusconi al G20: questione di show Raffaele Deidda, 03 aprile 2009, 13:12 Riso amaro Tra le gaffe pubbliche del Cavaliere c'è quella che gli è valsa il rimprovero della Regina Elisabetta durante la foto ufficiale dei convenuti al summit, che però è stata surclassata dall'ultima boutade in risposta alla dichiarazioe di Obama sulla crisi Renato Soru, intervenendo da consigliere regionale dell'opposizione nel dibattito in Consiglio regionale sulle dichiarazioni programmatiche del presidente della Giunta Ugo Cappellacci, dopo aver ancora criticato l'assidua presenza del premier Berlusconi in una campagna elettorale nella quale sono state violate le regole della democrazia, ha detto: "Mi sembra di assistere ad un reality show, ad un immenso Truman show, nella quale il protagonista e' convinto di fare quello che vuole, ma poi si accorge che e' legato a dei fili che tira un personaggio da dietro le quinte". Il riferimento di Soru è al film The Truman Show diretto da Peter Weir e interpretato da Jim Carrey, che racconta una storia in cui il concetto di reality show è portato agli estremi, con la televisione che invade la sfera intima delle persone, rendendo sempre più labile il confine che divide la finzione televisiva dalla realtà umana. Il personaggio "da dietro le quinte" che tira i fili è ovviamente Silvio Berlusconi, a sua volta protagonista di un altro reality show, di dimensioni planetarie che farebbe la gioia di David Letterman e dei suoi sketch "assurdisti", che non hanno assolutamente alcun senso, ma sono presi molto seriamente dalle persone coinvolte. Quale migliore sketch assurdista della più recente performance comica del Presidente del Consiglio italiano durante il G20 potrebbe esserci per Letterman? Tutti i capi di stato e di governo dei paesi partecipanti all' assemblea mondiale sono riuniti per la foto di gruppo. In mezzo a loro è seduta la Regina Elisabetta, capo di stato del paese ospitante, la Gran Bretagna. Appena conclusa l'operazione fotografia tutti i capi di stato applaudono e abbandonano silenziosamente la loro postazione fotografica. All'improvviso si sente una voce, inconfondibile per gli italiani, che chiama scompostamente il Presidente degli Stati Uniti: "Mr Obamaaa!!, I'm Mr.Berlusconi". La regina Elisabetta si gira stupita verso Obama e sembra dire: "What is this?"o, secondo alcuni: "Ma cos'ha da gridare tanto?"scuotendo poi le mani in segno di disapprovazione. Per la regina Elisabetta, ma anche per il resto del mondo, chi si rende protagonista di questi atti è semplicemente un " ill-mannered, a boor": un maleducato, un cafone. Ma che ci vogliamo fare? Noi italiani siamo fatti così, ci piace farci rumorosamente riconoscere all'estero e chi meglio può rappresentarci se non il nostro Presidente del Consiglio? Eppure nessun capo di stato straniero dovrebbe più stupirsi delle simpatiche goliardate di Berlusconi, le cui ostriche contengono molte perle, fra le quali: il "kapò" dato all'eurodeputato socialista tedesco Martin Schulz, delle corna al vertice dei ministri europei, del gesto della mitragliata contro la giornalista russa, dei bambini cinesi bolliti, dell'affermazione sull'inferiorità della cultura islamica, del cucù fatto alla Merkel, dei desaparecidos argentini, della gaffe nei confronti di Barack Obama definito "giovane, bello e abbronzato", diligentemente ignorando che l'aggettivo "tanned" viene usato in senso dispregiativo nei confronti delle persone di colore. Non bastasse il siparietto da mercato del pesce offerto dal nostro premier che richiama l'attenzione su di sé urlando il nome del presidente degli Stati Uniti (Obama non ha ancora formalmente incontrato il presidente del Consiglio italiano, mentre ha avuto colloqui con quasi tutti gli altri capi di stato del mondo e anche nell'agenda degli incontri bilaterali a margine del G20 non è previsto quello con Berlusconi, mentre sono previsti colloqui con il presidente russo Dimitri Medvedev, con il presidente cinese Hu Jintao, col primo ministro indiano Manmohan Singh e con il presidente della Corea del Sud, Lee Myung-Bak, poi con la cancelliera tedesca Angela Merkel e il presidente francese Nicolas Sarkozy), il premier più amato e più votato dagli italiani ha regalato al mondo intero una chicca che David Letterman ascriverebbe certamente fra le migliori mai captate dal suo show. A fronte della dichiarazione di Obama: "Ci troviamo di fronte alla crisi finanziaria peggiore dalla seconda guerra mondiale, le nostre economie sono interconnesse e dobbiamo trovare una soluzione insieme" ecco l'esternazione del premier italiano che nessun paese al mondo ci invidia: "Il mio intento è far notare come la crisi sia soprattutto psicologica e governi e Stati devono assicurare che le banche non falliscano". Ma che ci vogliamo fare? Noi italiani siamo fatti così, ci piace farci riconoscere anche all'estero e chi meglio può rappresentarci se non il nostro Presidente del Consiglio? Se così non fosse come si spiegherebbe il consenso imbarazzante di cui gode in patria Silvio Berlusconi?

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Il vertice delle buone intenzioni (sezione: crisi)

( da "AprileOnline.info" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

Il vertice delle buone intenzioni Stefano Rizzo, 03 aprile 2009, 17:40 Il punto internazionale Quale ordine internazionale si può cogliere da quello che è (o non è) successo al G20 di Londra, quale prevedibile rapporto di forza si delinea tra i principali attori internazionali, stati ricchi, poveri, industrializzati, emergenti; come si configureranno gli equilibri planetari per il prossimo futuro? Insomma, chi ha vinto e chi ha perso al G20 londinese? I sorrisi e le dichiarazioni soddisfatte si sono sprecati alla fine del G20 di Londra. Il primo ministro inglese Gordon Brown ha parlato di un grande successo, per i risultati ottenuti e perché "oggi è il giorno in cui il mondo intero si è riunito per combattere contro la recessione globale". Barack Obama, alla sua prima uscita sulla scena internazionale, ha confermato: il vertice ha rappresentato una "svolta" e "il paziente è stato stabilizzato, anche se non è ancora guarito stiamo usando una buona medicina". Il presidente francese Nicholas Sarkozy e la cancelliera tedesca Angela Merkel, che alla vigilia del vertice avevano rumorosamente chiesto precisi interventi contro la speculazione finanziaria internazionale, si sono dichiarati soddisfatti degli impegni presi. E così i paesi emergenti in via di forte sviluppo economico - Cina, India, Brasile, Sud Africa - che dalla ripresa economica di Europa e America si aspettano il rilancio delle proprie esportazioni. Gli altri 180 circa paesi del pianeta, per lo più poveri e poverissimi, non rappresentati a questa riunione dei 20 più ricchi, hanno ricevuto la promessa che gli imponenti nuovi fondi messi a disposizione del Fondo monetario internazionale (tre volte la sua dotazione ordinaria) saranno usati per evitare il loro tracollo. Subito dopo la chiusura del vertice i mercati finanziari hanno mostrato di apprezzare facendo impennare le borse di tutto il mondo. Quindi tutto bene? La crisi mondiale è stata evitata? Questa volta non si ripeterà - come avvenne nella grande depressione di ottanta anni fa - la fuga nel protezionismo e nell'autarchia che aggravò la crisi (dalla quale i paesi industrializzati uscirono solo convertendo le loro economie alla produzione bellica, con quello che poi ne seguì)? I grandi e meno grandi del mondo hanno imparato la lezione sulla necessità di porre un freno agli "spiriti animali" di un "capitalismo rapace" che hanno provocato l'attuale catastrofe finanziaria, trascinando con sé l'economia reale? No. Non tutto bene. Le decisioni prese sono positive e il lungo documento finale contiene impegni che, per quanto vaghi negli strumenti di attuazione, vanno nella direzione giusta. Anche i toni e il linguaggio sono nuovi e apprezzabili: per la prima volta non si parla soltanto di aride cifre e di PIL, ma di posti di lavoro, di qualità della vita, di energie pulite, dell'imperativo morale di combattere la povertà. Certamente i mille e passa miliardi di dollari che Stati Uniti, Europa, Giappone, Cina si sono impegnati a versare in varie forme al FMI perché li metta a disposizione dei paesi maggiormente colpiti, sono un fatto positivo, anche se non saranno sufficienti ad impedire altri collassi economici. I provvedimenti presi per moralizzare i mercati finanziari, per limitare i compensi dei banchieri e vietare i paradisi fiscali qualche effetto positivo l'avranno, anche se l'annunciata nuova Agenzia per la stabilità finanziaria non avrà poteri di intervento all'interno dei singoli stati (come Francia e Germania avevano chiesto, ma Stati Uniti e Cina hanno respinto). Si potrà solo fare ricorso ad una sorta di "dissuasione morale" da parte della comunità internazionale (l'OCSE in particolare), "svergognando" e mettendo all'indice gli operatori irresponsabili e i paesi che li ospitano. Non sarà probabilmente sufficiente: difficilmente si riusciranno a controllare gli immensi flussi di denaro legati al commercio delle armi e della droga e alla corruzione, che continueranno ad avere bisogno di luoghi "protetti" dove piazzare i propri investimenti; ma è già qualcosa rispetto al far west dell'ultimo quarto di secolo. La questione di fondo però, per valutare i risultati del vertice di Londra, non è se il bicchiere sia mezzo pieno o mezzo vuoto, se si sia fatto abbastanza o troppo poco. La questione di fondo è quale ordine internazionale si può cogliere da quello che è (o non è) successo, quale prevedibile rapporto di forza si delinea tra i principali attori internazionali, stati ricchi, poveri, industrializzati, emergenti; come si configureranno gli equilibri planetari per il prossimo futuro. Da questo punto di vista ci sono due sicuri vincitori e due sicuri perdenti. Gli Stati Uniti portano a casa un buon risultato. L'abilità di Obama e la sua franchezza nell'ammettere le responsabilità del suo paese gli hanno consentito di stornare le critiche che giustamente erano puntate contro i banchieri americani (e i governi che li hanno sostenuti). Con le sue franche denunce dell'irresponsabilità finanziaria è riuscito a fare in modo che la nuova agenzia di controllo (che è ancora da creare) non avesse poteri al di là dei confini nazionali. Non ha convinto gli europei a spendere di più per evitare l'ulteriore indebolimento del dollaro, ma è riuscito a bloccare la proposta cinese di creare una nuova moneta di riserva alternativa al dollaro che avrebbe messo a serio rischio la sua stabilità. Grazie agli immensi investimenti previsti in settori strategici si prepara a rilanciare l'economia americana e a farla uscire dalla crisi in una posizione di maggiore forza sulla scena mondiale. L'Europa perde, ma vincono Francia e Germania. Perde l'Europa senza una voce comune (il presidente della Commissione José Barroso ha avuto un ruolo praticamente inesistente) e senza una comune strategia economica di investimenti e di rilancio. Vincono la Francia e la Germania che incassano il successo politico-diplomatico del loro ritrovato consenso (anche al di là delle simpatie - scarse - tra i due rispettivi leader, a dimostrazione di quanto negli affari internazionali conti la sostanza degli interessi e non invece la politica della "simpatia" e delle pacche sulle spalle praticata da alcuni). Con le rispettive popolazioni relativamente al sicuro grazie ad un generoso ed efficiente sistema di protezioni sociali, le due principali economie europee preparano il rilancio della produzione con una aggressiva e concertata espansione sui mercati emergenti di Cina, Russia, Medioriente. L'asse franco-tedesco farà da locomotiva, gli altri seguiranno, se ci riusciranno, ad una certa distanza. Aumenterà il divario tra paesi europei ricchi e paesi poveri dell'Est. Aumenterà la disunione dell'Unione. Vincono Cina, India e gli altri paesi produttori che riforniscono l'Occidente di beni di consumo a basso prezzo e che potranno disporre di crediti aggiuntivi del FMI per 250 miliardi di dollari. La crescita delle loro economie ha rallentato, ma non si è fermata. Investiranno la liquidità in eccesso per sviluppare i rispettivi mercati interni e cresceranno ancora. Il loro peso economico, politico, diplomatico è destinato ad aumentare rispetto all'Occidente. Prima o poi il dollaro cesserà di essere la moneta mondiale di riferimento e non è detto che a sostituirlo sarà l'euro. Per quanto grave, l'attuale crisi è solo l'avvisaglia di un ben più grave scontro economico Oriente-Occidente che potrebbe verificarsi tra un decennio. Da ultimo, perde il resto del mondo, che rappresenta solo il dieci per cento dell'economia del pianeta, ma contiene un terzo della sua popolazione. A tutti i suoi abitanti il vertice ha riservato buone parole e la promessa che non verranno lasciati sprofondare nella povertà. Il Fondo monetario distribuirà un po' di soldi -- sei miliardi delle sue riserve auree -- e sentiremo di nuovo (l'abbiamo già sentita a Londra) la retorica dello sviluppo sostenibile, della lotta all'AIDS e degli obbiettivi del Millennio. Ma nel breve e medio periodo poco cambierà per loro.

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Riformismo e unità (sezione: crisi)

( da "AprileOnline.info" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

Riformismo e unità Franco Bianco, 03 aprile 2009, 17:25 Politica e cultura La prima presentazione pubblica del libro di A.Gianni "Goodbye liberismo", alla presenza di Bersani, Bertinotti e Cisnetto (oltre naturalmente all'autore) è stata l'occasione per tastare vicinanze e diversità tra esponenti della sinistra italiana. Il tutto non senza sorprese e aperture dal grande significato politico Folla da grandi occasioni, quella convenuta il 2 Aprile alla presentazione del recentissimo libro di Alfonso Gianni, edito da Ponte alle Grazie (358 pagine, 16,50 euro), intitolato "Goodbye liberismo", del quale si è già data qualche anticipazione, pochi giorni fa, su questo giornale: la saletta della libreria, pur non grandissima, era gremita. Merito, certamente, del tema che il volume affronta e della reputazione intellettuale - al di là delle condivisioni politiche, che possono esistere oppure no - della quale il suo autore giustamente gode; ma sicuramente dovuto anche agli oratori invitati a presentarlo: Fausto Bertinotti (che con Gianni è stato co-autore di parecchi libri, a partire da "Le due sinistre" dell'ormai lontano '97); Pierluigi Bersani (che nel Governo Prodi 2006-2008 è stato ministro per lo Sviluppo Economico, e lì ha avuto Gianni come sottosegretario); ed Enrico Cisnetto (meno noto dei due precedenti al grande pubblico, ma giornalista economico di vaglia, premiato anche per la sua attività di divulgazione economica; studioso dei processi di cambiamento del capitalismo italiano e internazionale; docente di Finanza alla Scuola di Giornalismo dell'Università Luiss ed autore del volume di grande successo "Il gioco dell'Opa"). In particolare, credo esercitasse un forte richiamo la presenza contemporanea di Bertinotti e Bersani, per le implicazioni - in questi tempi così incerti, specialmente in relazione agli assetti politici italiani - alle quali può far pensare e per le prefigurazioni che può evocare, soprattutto a coloro che sono sempre a caccia di dietrologie o di significati impliciti, e comunque per l'interesse oggettivo che presenta un evento che porta ad un confronto diretto, su temi di grande rilevanza per il presente e per il futuro, di due persone come loro, che ben rappresentano le due anime classiche della sinistra che per brevità sono classificate, rispettivamente, "radicale" e "riformista". Prima di descrivere, in larga massima, gli interventi degli oratori e di dedicarvi qualche fugace riflessione, vorrei togliermi un peso e fare una considerazione, che potrei definire metodologica e che credo potrebbe essere confermata da chiunque abbia qualche consuetudine con presentazioni di volumi a qualunque tema dedicati. Succede, infatti, molto spesso - quasi sempre, direi - che coloro che sono invitati a presentare un libro finiscono poi con l'esprimere il loro pensiero sul tema del libro, scambiando quindi la presentazione di un testo per la partecipazione ad un convegno a tema. Io penso che invece, in quelle occasioni, i presentatori dovrebbero non tanto dire la loro sull'argomento del libro, ma esprimere un giudizio su come il libro ha affrontato l'argomento, mettere l'accento sui motivi di concordia o di difformità dalle tesi dell'Autore, giudicare la qualità e la congruità delle fonti richiamate, dare il loro parere sugli scenari che il libro eventualmente prefigura e sulle riflessioni che suscita, e così via: in definitiva, essi dovrebbero mettersi in qualche modo al servizio, pur criticamente inteso, dell'Autore e della sua fatica, piuttosto che approfittare della ribalta offerta dall'occasione per rappresentare la loro personale idea sul tema che il libro affronta. Sarebbe questa, io credo, una manifestazione di "bon ton" intellettuale (e non solo). Devo dire che anche l'occasione di ieri, benché tutti gli oratori abbiano fatto qualche (lodevole) sforzo per raccordarsi al motivo della loro presenza, non è stata sostanzialmente diversa dalla consuetudine che ho esposto e di cui, io penso, un autore avrebbe qualche motivo di dolersi. Ha aperto gli interventi Pierluigi Bersani, definendo il volume di Gianni "un excursus sul liberismo che permette molte riflessioni". Le sue, dette in breve, sono state le seguenti: che il ciclo economico alla cui fine stiamo assistendo, che secondo lui ha avuto inizio alla fine degli anni settanta (parere coincidente con quello di Gianni, come con quello di altri autori: Ruffolo per tutti), vede anche delle responsabilità che dovrebbero - e questo troppo spesso manca, secondo lui - suscitare indignazione, perché esso non è piovuto dal cielo: la distribuzione iniqua delle ricchezze prodotte non è avvenuta da sola, ma è opera di una classe dirigente (Bersani si riferiva, come è giusto, allo scenario mondiale). Ed anche Paesi e società politiche dalle quali ci si sarebbe aspettato un comportamento diverso - segnatamente la Cina - sono stati al gioco: quel Paese, infatti, ha accettato di buon grado di svolgere il ruolo che tornava comodo soprattutto agli USA: "produrre tutto, consumare nulla e prestare i soldi incassati agli Stati Uniti stessi"; esercitando inoltre effetti di "dumping sociale" che hanno avuto effetti micidiali soprattutto sull'Europa, poiché i costi bassi delle merci cinesi erano in primo luogo dovuti allo scarso rispetto dei diritti del lavoro (e dell'ambiente, aggiungerei). Uno dei passaggi a mio parere più interessanti dell'intervento di Bersani si è avuto quando egli ha affermato che da un lato - come scrive Gianni nel suo libro - non ci può essere il riformismo in un Paese solo, e che dall'altro regolare i mercati finanziari è un'operazione necessaria ma non sufficiente, poiché per farlo occorre (testualmente) "aggiustare le grandi politiche economiche, e per farlo ci vorrebbero classi dirigenti adeguate nelle grandi aree del mondo". Ed ha aggiunto, parlando dell'Europa e dei Paesi che la compongono, che "bisogna ripartire, ma non si può fare da soli"; ed ha anche indicato una strada precisa: la riduzione delle disuguaglianze, che oltre a rispondere a ragioni di equità genera anche un grande effetto economico. E' ben evidente, credo, il grande significato politico - per qualche verso perfino sorprendente, per qualcuno - che tali affermazioni possono rappresentare quando calate nella realtà italiana, potendo esse prefigurare (sto facendo fantapolitica?) modificazioni di "assetto politico" non marginali. Credo di poter dire che sarà questo uno dei temi principali della stagione politica che seguirà all'ubriacatura elettorale che finirà in Giugno. E' poi intervenuto Enrico Cisnetto, che ha sottolineato la sua appartenenza "azionista" e la sua ascendenza politico-culturale ad Ugo La Malfa. Egli ha affermato che la crisi spazza via quel "pensiero unico" che attribuiva al mercato la capacità di fare tutto da solo. Ma Cisnetto assume una datazione diversa, per la globalizzazione: secondo lui essa ha avuto inizio con l'89 della caduta del Muro. Mi sembra chiaro che non si tratti di una disputa cronologica, ma che tale differenza di interpretazione trovi il suo fondamento in un'analisi politica propria del filone culturale al quale Cisnetto - persona certamente brillante ed ottimo conoscitore dei fatti e delle ricadute politico-economiche - legittimamente appartiene. Egli ha previsto, su questo essendo d'accordo con gli altri oratori, l'approdo non lontano ad un nuovo ordine monetario. Ma la differenza decisiva fra un "liberal di sinistra" come Cisnetto e gli altri che sedevano a quel tavolo è il giudizio di fondo sulla globalizzazione ed i suoi effetti: egli riconosce le disuguaglianze da essa generate, ma valorizza l'effetto assoluto di miglioramento delle condizioni di vita che ha comportato - per esempio in Cina - per grandi masse (centinaia di milioni) di persone (è un po', mi sembra, il discorso introdotto da Kennedy e ripreso dai fautori della globalizzazione, della "alta marea che solleva tutte le barche", che anche un liberal come Stiglitz, vorrei ricordare a Cisnetto, ha più volte contestato, dicendo che quella marea ha invece distrutto, con i suoi effetti, le barche più piccole e fragili: non è questo che è successo?). Alfonso Gianni, nel suo intervento conclusivo, ha manifestato la sua distanza dalle valutazioni di Cisnetto: pur non sottovalutando il miglioramento delle condizioni di vita di grandi masse cinesi - egli ha detto con cognizione di causa, essendo stato più volte in Cina durante il suo sottosegretariato - non si può e non si deve dimenticare che questo effetto positivo, verificatosi soprattutto per le popolazioni costiere della Cina, è stato assolutamente ininfluente sulle condizioni delle popolazioni interne, che continuano a vivere in stato di grande povertà. Anche in questo, io penso, si manifestano le differenze politiche: nelle cose a cui si guarda, nel fatto che si faccia prevalere la soddisfazione per il bicchiere mezzo pieno o il rammarico per quello mezzo vuoto. La sinistra, io credo, deve sempre puntare a riempire il bicchiere, senza mai accontentarsi e senza smettere mai di tenere sguardo ed agire volti a tale fine. Bertinotti ha anch'egli esordito con l'esplicito apprezzamento del libro di Gianni, aggiungendo che il suo maggior cruccio sta nel fatto che non esistono luoghi in cui si possa riunirsi per studiare e riflettere insieme, poiché questo genera una dispersione di energie e competenze che potrebbero essere messe a buon frutto: "i luoghi della ricerca, a sinistra, si sono desertificati", ha egli affermato con rammarico, ed assumendosi anche la propria parte di responsabilità per non aver saputo porre rimedio a questo. Egli ha poi fatto un intervento, abbastanza lungo, nel quale ha ripresentato le tesi - peraltro molto vicine a quelle di Alfonso Gianni, il che non sorprende in due persone che hanno avuto per lunghi anni un intenso sodalizio, intellettuale oltre che politico in senso stretto, mai dismesso anche se forse un po' allentato, per necessità oggettive, negli ultimi tempi - che ha espresso in più occasioni negli ultimi tempi (ricordo le sue "15 tesi per la sinistra", nonché - oltre ad alcuni interessanti scambi con Rossana Rossanda - i suoi vari interventi su "Alternative per il socialismo", la rivista che dirige, ed in particolare quello sull'ultimo numero 8, intitolato "La costituente di una nuova sinistra, dopo la fine della controriforma"). Ma un punto mi interessa soprattutto evidenziare, un'affermazione fatta da Bertinotti in risposta ad una domanda di Myrta Merlino: egli ha testualmente affermato che "la radicalità non basta, deve stare insieme all'unità". Affermazione di non poco conto; essa mi ha richiamato alla mente un precedente di poche settimane fa, quando, in occasione della presentazione del bel pamphlet di Aldo Carra "Ho perso la sinistra" (di cui è stato scritto su questo giornale) ebbe a richiamare la proposta di Giorgio Amendola, dell'Ottobre del '64, di un "partito unico della sinistra", dicendo di essa (testualmente: e ricordo che tale affermazione fu intelligentemente colta e sottolineata da Aldo Garzia, che conduceva il convegno), che "forse a quell'epoca la proposta non era giusta, ma oggi chissà......". C'è da chiedersi se tali insistenze e ripetizioni non abbiano un senso politico, al di là di quello che hanno sul piano storico e culturale; e se il fatto che esse siano espresse in coincidenza con affermazioni come quelle - richiamate più sopra - di un politico come Bersani sia casuale o se invece possa essere suscettibile di qualche lettura e di qualche proiezione nella realtà politica che viviamo. Alfonso Gianni ha fatto un intervento conclusivo abbastanza lungo ed articolato - quasi un 12° Capitolo del suo libro, o quanto meno una corposa Appendice. Fra le molte possibili, due sole cose, per brevità, voglio mettere in evidenza. La prima è che Gianni ha richiamato fortemente il ruolo che può avere il "riformismo" (parola non proprio ricorrente nel lessico della "sinistra alternativa", né da essa generalmente molto apprezzata), ricordando anche di avere posto in esergo al 1° Capitolo del libro (e la gerarchia della collocazione probabilmente non è casuale, ritengo) un brano tratto da un intenso articolo, del 1982, di Federico Caffè, intitolato "La solitudine del riformista" (chi volesse leggerlo per intero lo troverà nella raccolta di articoli di Caffè pubblicata da "il manifesto" nel 2007, con il titolo "Scritti quotidiani"). Questa focalizzazione del ruolo del "riformismo" - che può essere "rivoluzionario", come Gianni ha detto - fatta da una persona come lui non può non fare riflettere. In secondo luogo, l'Autore ha ricordato il grande compito che sta di fronte alla sinistra (mondiale, e quindi anche europea ed italiana), che deve essere capace di elaborare una proposta politica all'altezza dei tempi, per concepire ed esprimere la quale non bastano più i giganti sulle cui spalle ci siamo appoggiati finora: essi continuano ad essere utili, ma da soli non sono sufficienti. Dobbiamo rimanere, ha detto Gianni, sulle loro spalle, ma non avendo lo sguardo rivolto all'indietro, come nel dipinto del 1920 "Angelus novus" del pittore tedesco Paul Klee, bensì guardando in avanti. Parole, anche queste, non prive di significato. Sarà interessante vedere se tutti questi "indizi" (se sono realmente tali, e non invece fortuite coincidenze, anche se è difficile crederlo) dimostreranno, nel prossimo futuro, di avere un fondamento più concreto e di poter condurre ad un qualche approdo. Intanto, vale la pena di leggere il testo di Gianni e dedicarvi molta attenzione, per le molte aperture che esso contiene e per le molte rfilessioni che può indurre. Un bel libro: rigoroso, utile, ben scritto.

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conroe ha detto: Il miglior mediatore possibile...che non sa mettere in croce due parole nè in inglese nè in francese - LOOOL! Forse lo volevano designare come mediatore dopo la br (sezione: crisi)

( da "KataWeb News" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

senza il mattone.. Spagnoli ci avete scocciato: pensate ai vostri guai 28 marzo 2009 alle 14:15 — Autore: babelick — 42 commenti Gentile ambasciatore Terracciano, complimenti e sentiti ringraziamenti. Ci ha vendicati. La lettera che ha inviato al quotidiano El Pais, nella sua veste di capo della rappresentanza italiana presso il governo spagnolo, non sembra neanche scritta da un diplomatico di carriera; meglio, è opera di un diplomatico di razza rara, tanto è chiara, asciutta, ferma, e, lo faccia dire a me, sacrosantamente scocciata. Quel giornale così faziosamente filo Zapatero, praticamente un organo di partito, anche di quello Democratico italiano del quale corre in premuroso e regolare soccorso, la deve smettere di denigrare il governo e il Paese. Non c'entra niente qui la libertà di stampa; come lei sottolinea, il tentativo di demolire l'immagine dell'Italia tra gli spagnoli risponde invece a un disegno di servitù politica che nessun organo di stampa italiano si sognerebbe di progettare, piaccia o no il governo di José Luis Zapatero, per gli intimi Bambi. Succede che gli equilibri politici europei siano cambiati, che un asse Sarkozy-Merkel-Berlusconi minacci il ruolo della Spagna e le sue numerose, troppe, poltrone, ben sei super incarichi istituzionali europei. Succede che le cose non vadano più bene per l'economia, crollata miseramente dopo il boom edilizio e tante rivendicazioni di tronfio primato; che la politica estera sia un disastro, e il presidente Barack Obama nella nuova versione militare contro Bin Laden non si sia rivelato l'amico che ingenuamente la sinistra in Europa aveva immaginato; che il federalismo morda le calcagna a Madrid, visto l'apporto determinante del partito catalano alla rielezione dei socialisti. Il governo è nervoso e la butta sugli attacchi ad altri Stati, il Pais pubblica fedele, se serve, anticipa. Così l'Italia è descritta come dominio di un tiranno nello stile delle dittature latino americane, Pinochet naturalmente, non Hugo Chavez, il presidente del Consiglio eletto ha bisogno dello psichiatra, qui si praticano tortura e politiche razziste. Ha fatto bene, ambasciatore, a dire basta, anche perché c'è davvero poco, scansato il fango delle calunnie, di cui vantarsi in casa Zapatero. Al mini-summit europeo del 4 ottobre del 2008 i capi di Stato di Berlino, Roma, Parigi e Londra, si sono incontrati per decidere sulle posizioni comuni da adottare contro la crisi finanziaria, lasciando fuori la Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo», addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro capite. Per il premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà, il mio obiettivo è quello di superare la Francia, anche se l'amico Sarkozy non vuole neanche sentirselo dire». Subito dopo la crisi internazionale ha svelato il bluff dell'economia spagnola. La recessione ha gettato anche la Spagna in una crisi profonda: crescita dell'1,4% nel 2008, e non del 3,5% come annunciato dal governo. Un dato che riporta il Paese agli stessi risultati del 1993. Il boom economico era stato gonfiato dagli aiuti europei allo sviluppo, investiti quasi esclusivamente nell'edilizia, un settore in forte perdita già dai primi mesi dell'anno, cioè prima della crisi internazionale. La crisi ha messo a nudo le bugie sulla politica di sicurezza e immigrazione, a lungo mantenute, anche se sulle zattere dei clandestini l'ordine è sempre stato di sparare. Nei giorni scorsi 200 organizzazioni hanno presentato alla Procura generale dello Stato una denuncia contro il ministero dell'Interno, accusando la polizia di «arresti mirati», «retate» e «controlli d'identità di massa», insomma di eseguire gli ordini per l'arresto di una «quota» minima mensile di immigrati per ciascun distretto. Gli immigrati sono saliti da mezzo milione a 5,2 milioni nel 2008, su una popolazione totale per la Spagna di 46 milioni di persone. Con una disoccupazione giunta ormai al 14%, il governo ha cambiato ufficialmente politica. La «Ley de Extranjeria» presentata a dicembre prevede severe misure restrittive: oltre all'aumento da 40 a 60 giorni del termine massimo per detenere migranti nei Centri di permanenza temporanea, per facilitare identificazioni e rimpatri coatti, il progetto prevede di interrompere i ricongiungimenti familiari. Prevede anche sanzioni fino a 10.000 euro per chi «promuove la permanenza irregolare in Spagna di uno straniero», un'«infrazione grave» perché «lo straniero dipende economicamente da chi compie l'infrazione e questa ne prolunga il soggiorno autorizzato al di là del periodo legalmente previsto». La Comision Espanola de Ayuda al Refugiado (Cear), ha protestato perché così facendo il governo «cerca di farsi complici le persone che alloggiano» gli immigrati, e si appresta a «convertire i cittadini in poliziotti». Ci sarebbe da analizzare anche il ruolo inquietante di un giudice star come Baltazar Garzon, che somigli all'Antonio Di Pietro dei tempi che furono, grande amico di Zapatero e compagno di caccia di altri ministri socialisti, ma anche evasore fiscale conclamato. Garzon negli ultimi anni ha incriminato chiunque, dai dittatori latino americani agli statisti europei, fino a personaggi dell'epoca di Francisco Franco, tutti defunti. Colleziona una gaffe dopo l'altra, eppure imperversa. Pure la battaglia contro la Chiesa cattolica, nella sua forma infantile ed estremista, è la pratica opposta a quella che si converrebbe a un premier laico che governa un Paese dove ci sono cattolici numerosi, un milione e mezzo solo fra i suoi elettori. La gaffe del ritiro dal Kosovo, comunicato in loco dal ministro della Difesa, Carmen Chacon, contro il parere e all'insaputa del collega degli Esteri, Moratinos, e di tutti i governi dell'Unione europea e della Nato, è la chicca di qualche giorno fa. Il presunto amico, il presidente Obama, è infuriato e non ha accettato i goffi tentativi di Madrid di rimediare. Peggio di così!

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Rbs: L'ira degli azionisti, bocciato piano compensi (sezione: crisi)

( da "KataWeb News" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

Rbs: L'ira degli azionisti, bocciato piano compensi 3 aprile 2009 alle 17:45 — Fonte: repubblica.it — 0 commenti L'assemblea degli azionisti di Royal Bank of Scotland ha bocciato il programma di remunerazioni dei dirigenti della banca, salvata dal fallimento grazie all'intervento dello stato, che ne è ora il principale azionista. Il voto non è vincolante, ma è una chiara espressione della rabbia per la pensione da un milione di dollari all'anno concessa all'ex ad di Rbs, Sir Fred Goodwin, sotto la cui gestione la banca britannica si lanciò nelle operazioni sui derivati che l'hanno portata al collasso. Nel discorso all'assemblea degli azionisti, il presidente di Rbs, Philip Hampton, ha chiesto che sia messa fine alla "pubblica fustigazione" per gli errori commessi dalla società in passato. Hampton ha però criticato l'acquisizione dell'olandese Abn Amro decisa da Goodwin ("l'affare sbagliato al prezzo sbagliato") e ha sottolineato che "alcune pratiche che erano accettabili ai tempi del boom non possono esserlo ora, se mai lo sono state", riferendosi alla sponsorizzazione di un team di Formula Uno e l'ordine, poi cancellato, di un jet aziendale. Rbs, un pò come Aig, ha finito per diventare uno dei simboli della crisi finanziaria, attirandosi la rabbia dell'opinione pubblica. Durante le manifestazioni contro il G20, i vetri degli uffici dell'istituto sono stati sfondati dai manifestanti, mentre il mese scorso ignoti avevano rotto le finestre della residenza di Sir Goodwin e gli avevano distrutto la macchina. AGI

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RBS: L'IRA DEGLI AZIONISTI, BOCCIATO PIANO COMPENSI (sezione: crisi)

( da "KataWebFinanza" del 03-04-2009)
Pubblicato anche in: (Borsa(La Repubblica.it))

Argomenti: Crisi

RBS: L'IRA DEGLI AZIONISTI, BOCCIATO PIANO COMPENSI (AGI) - Londra, 3 apr. - L'assemblea degli azionisti di Royal Bank of Scotland ha bocciato il programma di remunerazioni dei dirigenti della banca, salvata dal fallimento grazie all'intervento dello stato, che ne e' ora il principale azionista. Il voto non e' vincolante, ma e' una chiara espressione della rabbia per la pensione da un milione di dollari all'anno concessa all'ex ad di Rbs, Sir Fred Goodwin, sotto la cui gestione la banca britannica si lancio' nelle operazioni sui derivati che l'hanno portata al collasso. Nel discorso all'assemblea degli azionisti, il presidente di Rbs, Philip Hampton, ha chiesto che sia messa fine alla "pubblica fustigazione" per gli errori commessi dalla societa' in passato. Hampton ha pero' criticato l'acquisizione dell'olandese Abn Amro decisa da Goodwin ("l'affare sbagliato al prezzo sbagliato") e ha sottolineato che "alcune pratiche che erano accettabili ai tempi del boom non possono esserlo ora, se mai lo sono state", riferendosi alla sponsorizzazione di un team di Formula Uno e l'ordine, poi cancellato, di un jet aziendale. Rbs, un po' come Aig, ha finito per diventare uno dei simboli della crisi finanziaria, attirandosi la rabbia dell'opinione pubblica. Durante le manifestazioni contro il G20, i vetri degli uffici dell'istituto sono stati sfondati dai manifestanti, mentre il mese scorso ignoti avevano rotto le finestre della residenza di Sir Goodwin e gli avevano distrutto la macchina. 03/04/2009 - 17:42

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Addio "dollar standard" (sezione: crisi)

( da "Trend-online" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

Addio “dollar standard” PRIMO PIANO, clicca qui per leggere la rassegna di Enrico Cisnetto , 03.04.2009 17:04 Scopri le migliori azioni per fare trading questa settimana!! In tempi di crisi, è ora di battere (nuova) moneta. Una delle tante conseguenze di questa crisi finanziaria, probabilmente, sarà l’avvento di un nuovo sistema monetario internazionale, non più basato sulla centralità esclusiva del dollaro. Fantascienza, quella della fine del “dollar standard”? Mica tanto. Da una parte, il 28 dicembre scorso, gli Stati del Golfo (Arabia Saudita, Emirati, Kuwait, Qatar, Oman e Bahrein) hanno deciso di rompere gli indugi e, con una decisione storica, hanno fissato per l’inizio del 2010 l’entrata in vigore di una valuta unica, la moneta del Golfo appunto. Dall’altra, recentemente, Cina, Giappone e Corea del Sud hanno ribadito il progetto (ventilato già nel 2006) di dar vita ad un “euro” con gli occhi a mandorla. E nella vecchia Europa, la Gran Bretagna da qualche mese ha dato segnali di apertura – complice la crisi del suo sistema economico, basato per il 30% sui servizi finanziari – a un’ipotetica entrata nell’euro. Ancora: la Russia, scossa dalla flessione dei prezzi di energia e materie prime e dalle insostenibili spese di riarmo, tenta disperatamente di salvare il rublo dalla forza di attrazione dell’euro (ad ovest) e dal cinese yuan (ad est). Ma è proprio dalla Cina che è arrivata la novità più rivoluzionaria degli ultimi tempi: quella, avanzata dal governatore della Banca centrale di Pechino, di abbandonare il “dollar standard” per passare ad una grande divisa mondiale da far nascere sotto l’egida del Fondo Monetario. Abbandonare, cioè, la supremazia del biglietto verde, “inventata” sessant’anni fa a Bretton Woods. Idea balzana? Non tanto: e non (solo) perché la crisi nata negli Usa abbia messo in ginocchio il dollaro. Semmai, è il biglietto verde che non può più gestire la crisi. Primo, a livello simbolico, perché gli Stati Uniti non sono più capaci, geopoliticamente, segue pagina >>

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## Russia/ Nuovo risiko acquisizioni-fusioni tra petrolio e... (sezione: crisi)

( da "Virgilio Notizie" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

Mosca, 3 apr. (Apcom-Nuova Europa) - Sullo sfondo della crisi un nuovo risiko di acquisizioni e fusioni, in una Russia che cerca di uscire dalla recessione con tutte le sue forze. Anche Gazprom è sulle barricate, in pole position per acquistare la compagnia petrolifera Russneft, ulteriore pezzo in caduta dall'impero del magnate Oleg Deripaska, sommerso dai debiti. E proprio il gruppo BasEl, dell'ex uomo più ricco del Paese, cerca di spuntarla con il creditore Alfa Bank, l'unico tra gli istituti finanziari ad aver fretta di riscuotere i suoi soldi dall'oligarca in pessime acque. Tra frecciate e accuse che appaiono come scene di lotta di classe sulla Rubliovka, il sobborgo chic di Mosca dove oligarchi e miliardari continuano a vivere. Mentre l'Aquila Bicipite ha accusato il colpo della crisi molto più di altri Paesi. Le stime sul Pil parlano di un risultato peggiore rispetto al già grave -7% previsto per il primo trimestre 2009. Ma, secondo quanto dichiarato da Medvedev in ambito G20, anche la reattività di Mosca non è stata da meno. In termini relativi - secondo il presidente russo - le dimensioni del programma anti-crisi della Russia - tenendo conto della ricapitalizzazione delle banche - sono state tra le più grandi al mondo, pari al 12% del Prodotto interno lordo. Ora però molto è legato all'andamento dei prezzi del petrolio e alla capacità della Russia di attirare investimenti, per compiere quella diversificazione che non si è mai realizzata in pieno. Le cifre di oggi della Banca Centrale parlano di fuga di capitali per 38 miliardi di dollari nel primo trimestre dell'anno in corso. Mentre il mondo delle compagnie energetiche russe sta subendo un difficile riassetto. Sono a un pericoloso punto morto i negoziati per la vendita della compagnia petrolifera Russneft alla controllata di Gazprom, Gazprom Neft, dopo che l'attuale proprietario, il miliardario Deripaska appunto, ha stimato la società per 8 miliardi di dollari. Il tutto nonostante il debito di 5,6 miliardi che pesa sull'azienda, già vittima di una tempesta giuridica che ne aveva decapitato il vertice. Gazprom Neft aveva sperato di acquisire Russneft coprendo semplicemente il debito, che include 4,3 miliardi di dollari dovuti a Sberbank. La prima banca di Russia ha tutte le azioni di Russneft in garanzia, e vuole che la società sia venduta. Basic Element - controllata da Deripaska - aveva incaricato a marzo Troika Dialog e Gazprombank di avviare negoziati con Sberbank per ristrutturare il debito di Russneft. Solo per il suo acquisto il magnate spese 4,1 miliardi. Al tempo stesso il 100% delle azioni della società petrolifera - l'ottava tra le major russe - è stata data in pegno. BasEl in realtà non possiede ancora ufficialmente Russneft. Il precedente proprietario, Mikhail Gutseriev, due anni fa era caduto in disgrazia per una divergenza di vedute con le autorità. Nella primavera del 2007, aveva tentato di recuperare le azioni della società, ma l'estate dello stesso anno Gutseriev era riparato a Londra, e il contratto per la vendita di Russneft era passato a Deripaska. Deripaska, secondo il quotidiano russo Vedomosti, potrebbe anche decidersi a vendere. E Gazprom Neft, sarebbe gia' in prima fila. Intanto il totale dei debiti di Deripaska va ben oltre 30 miliardi di dollari, di cui 25 con le banche. In ogni caso, BasEl non ha ancora ottenuto l'autorizzazione del Servizio federale antimonopolio per l'acquisto della compagnia. E in fondo Russneft è solo un aspetto di un impero che sta crollando lentamente da un anno, sullo sfondo della crisi finanziaria e piu' o meno da quando il presidente Dmitri Medvedev è salito al Cremlino. Di fatto anche Medvedev è intervenuto per evitare nuova sconfitta per lo stesso Deripaska che negli ultimimesi sta collezionando debacle finanziarie, persino nel settore immobiliare. Un altro vero tema 'caldo' per Gazprom è invece l'opzione d'acquisto su asset un tempo appartenuti alla major petrolifera Yukos e rilevati da Eni e Enel nel 2007. In particolare Gazprom può acquistare il 20% di GazpromNeft, entro aprile. Nonchè il 51% di Severenergia, per un totale di 5,5 miliardi di dollari. Un affare colossale, che la crisi aveva corredato di voci di un possibile passo indietro del colosso dell'oro blu. Ma che l'imminente visita a Mosca del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi potrebbe risolvere brillantemente. (segue)

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BANCHE: PER SCEGLIERE CONTA IL PASSAPAROLA (sezione: crisi)

( da "Trend-online" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

BANCHE: PER SCEGLIERE CONTA IL PASSAPAROLA NOTIZIE, clicca qui per leggere la rassegna di Pierpaolo Molinengo , 03.04.2009 17:18 Scopri le migliori azioni per fare trading questa settimana!! Chi ha un conto corrente dà peso soprattutto all’esperienza diretta e personale. Niente conta di più. Per chi invece non ha ancora un rapporto con la banca fa premio il passaparola, ma subito dopo l’immagine e le notizie riportate dalla stampa e dalla tv. Sono i primi risultati dell’Indagine “Le banche e la valorizzazione della reputazione nei confronti della clientela retail”, che l’ABI sta mettendo a punto con l’Università di Parma. Ma quali sono i fattori che determinano la reputazione? Anche qui contano i fatti più delle parole. Pesano molto fattori relazionali – mantenere le promesse, correttezza, rispetto dei patti – e altri più legati a caratteristiche dell’offerta – professionalità, qualità dei prodotti, solidità della banca, affidabilità, rapporto qualità/prezzo – oltre a circostanze esterne come esposizione ai media, passaparola e informazioni di stampa. Ciò che genera fiducia nei clienti sono i comportamenti dell’azienda, mentre i fattori esterni agiscono come filtro o come rumore. Coerente con questa percezione, la clientela è più influenzata dall’esperienza maturata, seguita dalla trasparenza e chiarezza delle condizioni contrattuali e dall’immagine aziendale. Insomma, nulla conta di più dell’esperienza diretta per chi ha un conto corrente. Sulla clientela potenziale invece impatta soprattutto il passaparola, l’immagine aziendale e le notizie riportate dalla stampa e dalla tv. Lanalisi della reputazione delle banche mostra che la crisi finanziaria non ha inciso sulla fiducia della clientela retail, mentre ha impattato sugli addetti ai lavori. Per quanto riguarda la clientela corporate, le banche ritengono che sia meno sensibile a fenomeni emotivi, è pluribancarizzata ed è in grado di valutare direttamente la qualità della relazione. La percezione della reputazione come un asset e non solo come un rischio segue pagina >>

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## RUSSIA/NUOVO RISIKO ACQUISIZIONI-FUSIONI TRA PETROLIO E DEBITI (sezione: crisi)

( da "Wall Street Italia" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

## Russia/Nuovo risiko acquisizioni-fusioni tra petrolio e debiti di Apcom Scene di lotta di classe sulla Rubliovka, il sobborgo dei magnati -->Mosca, 3 apr. (Apcom-Nuova Europa) - Sullo sfondo della crisi un nuovo risiko di acquisizioni e fusioni, in una Russia che cerca di uscire dalla recessione con tutte le sue forze. Anche Gazprom è sulle barricate, in pole position per acquistare la compagnia petrolifera Russneft, ulteriore pezzo in caduta dall'impero del magnate Oleg Deripaska, sommerso dai debiti. E proprio il gruppo BasEl, dell'ex uomo più ricco del Paese, cerca di spuntarla con il creditore Alfa Bank, l'unico tra gli istituti finanziari ad aver fretta di riscuotere i suoi soldi dall'oligarca in pessime acque. Tra frecciate e accuse che appaiono come scene di lotta di classe sulla Rubliovka, il sobborgo chic di Mosca dove oligarchi e miliardari continuano a vivere. Mentre l'Aquila Bicipite ha accusato il colpo della crisi molto più di altri Paesi. Le stime sul Pil parlano di un risultato peggiore rispetto al già grave -7% previsto per il primo trimestre 2009. Ma, secondo quanto dichiarato da Medvedev in ambito G20, anche la reattività di Mosca non è stata da meno. In termini relativi - secondo il presidente russo - le dimensioni del programma anti-crisi della Russia - tenendo conto della ricapitalizzazione delle banche - sono state tra le più grandi al mondo, pari al 12% del Prodotto interno lordo. Ora però molto è legato all'andamento dei prezzi del petrolio e alla capacità della Russia di attirare investimenti, per compiere quella diversificazione che non si è mai realizzata in pieno. Le cifre di oggi della Banca Centrale parlano di fuga di capitali per 38 miliardi di dollari nel primo trimestre dell'anno in corso. Mentre il mondo delle compagnie energetiche russe sta subendo un difficile riassetto. Sono a un pericoloso punto morto i negoziati per la vendita della compagnia petrolifera Russneft alla controllata di Gazprom, Gazprom Neft, dopo che l'attuale proprietario, il miliardario Deripaska appunto, ha stimato la società per 8 miliardi di dollari. Il tutto nonostante il debito di 5,6 miliardi che pesa sull'azienda, già vittima di una tempesta giuridica che ne aveva decapitato il vertice. Gazprom Neft aveva sperato di acquisire Russneft coprendo semplicemente il debito, che include 4,3 miliardi di dollari dovuti a Sberbank. La prima banca di Russia ha tutte le azioni di Russneft in garanzia, e vuole che la società sia venduta. Basic Element - controllata da Deripaska - aveva incaricato a marzo Troika Dialog e Gazprombank di avviare negoziati con Sberbank per ristrutturare il debito di Russneft. Solo per il suo acquisto il magnate spese 4,1 miliardi. Al tempo stesso il 100% delle azioni della società petrolifera - l'ottava tra le major russe - è stata data in pegno. BasEl in realtà non possiede ancora ufficialmente Russneft. Il precedente proprietario, Mikhail Gutseriev, due anni fa era caduto in disgrazia per una divergenza di vedute con le autorità. Nella primavera del 2007, aveva tentato di recuperare le azioni della società, ma l'estate dello stesso anno Gutseriev era riparato a Londra, e il contratto per la vendita di Russneft era passato a Deripaska. Deripaska, secondo il quotidiano russo Vedomosti, potrebbe anche decidersi a vendere. E Gazprom Neft, sarebbe gia' in prima fila. Intanto il totale dei debiti di Deripaska va ben oltre 30 miliardi di dollari, di cui 25 con le banche. In ogni caso, BasEl non ha ancora ottenuto l'autorizzazione del Servizio federale antimonopolio per l'acquisto della compagnia. E in fondo Russneft è solo un aspetto di un impero che sta crollando lentamente da un anno, sullo sfondo della crisi finanziaria e piu' o meno da quando il presidente Dmitri Medvedev è salito al Cremlino. Di fatto anche Medvedev è intervenuto per evitare nuova sconfitta per lo stesso Deripaska che negli ultimi mesi sta collezionando debacle finanziarie, persino nel settore immobiliare. Un altro vero tema 'caldo' per Gazprom è invece l'opzione d'acquisto su asset un tempo appartenuti alla major petrolifera Yukos e rilevati da Eni e Enel nel 2007. In particolare Gazprom può acquistare il 20% di GazpromNeft, entro aprile. Nonchè il 51% di Severenergia, per un totale di 5,5 miliardi di dollari. Un affare colossale, che la crisi aveva corredato di voci di un possibile passo indietro del colosso dell'oro blu. Ma che l'imminente visita a Mosca del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi potrebbe risolvere brillantemente. (segue)

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UE/ BORGHEZIO: TROPPI SOLDI A BARROSO, PIÙ DI OBAMA (sezione: crisi)

( da "Wall Street Italia" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

Ue/ Borghezio: Troppi soldi a Barroso, più di Obama di Apcom "riportare stipendio e liquidazione a livelli accettabili" -->Bruxelles, 3 apr. (Apcom) - "Il Presidente della Commissione Barroso percepisce uno stipendio annuo di 300mila euro, cui vanno aggiunti 50mila euro per spese di residenza e di rappresentanza; inoltre, la Commissione gli riconoscerà a fine mandato una mega indennità di 190mila euro annui, per ben 3 anni". Lo afferma in una nota l'eurodeputato della Lega Mario Borghezio. In una interrogazione rivolta alla Commissione europea Borghezio domanda dunque "se non si ritenga, specie in un periodo di crisi finanziaria in cui si dibatte tutta l'Europa, che tale principesco trattamento, per altro ben superiore a quello di tutti i capi di Stato europei e dello stesso Presidente Obama, debba essere urgentemente riportato a livelli accettabili, come pure la sua mega liquidazione".

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USA: BANCHE, POLEMICHE SULLE REGOLE PIU' MORBIDE (sezione: crisi)

( da "Wall Street Italia" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

USA: BANCHE, POLEMICHE SULLE REGOLE PIU' MORBIDE di WSI - Il Sole 24 Ore Fa discutere la decisione della Fasb (il board della contabilita' Usa), di varare nuove regole relative all'applicazione del 'mark-to-market', ovvero la valutazione a valori presunti di mercato per gli asset i cui scambi su mercati si sono prosciugati. -->Fa discutere la decisione della Fasb (Financial Accounting Standards Board), il board della contabilità americana, di varare nuove regole, più morbide, relative all'applicazione del mark-to-market, ovvero la valutazione a valori presunti di mercato per attività finanziarie i cui scambi su mercati regolamentati si siano di fatto prosciugati. Insomma, la nuova strada imboccata negli Stati Uniti ha come obiettivo la garanzia per le banche di valutare con maggiore libertà gli asset tossici. Ma per i critici questo è il sistema più sicuro per invitare i banchieri a insabbiare le perdite. Secondo quanto dichiarato dalla stessa Fasb, per la stragrande parte delle società Usa i cambiamenti normativi (intervenuti sul Financial Statement 157, principio contabile che regola il fair value e l'applicazione del mark-to-market) dovrebbero essere efficaci a partire dal secondo trimestre - ma in qualche caso potrebbero iniziare ad essere applicate già per il primo trimestre. Viene così ampliato il margine nella valutazione degli attivi e delle perdite, fornendo una potenziale spinta ai bilanci. Positiva la reazione dei titoli bancari (giovedì in rally - ben oltre le ragioni dell'ottimismo di facciata emerso dalle conclusioni del G-20 a Londra -, oggi in tenuta), anche se per alcuni operatori il cambiamento è stato varato con notevole ritardo, dopo che lo shock finanziario ha prosciugato il mercato delle collateralized debt obligations e di tutte le obbligazioni con sottostanti mutui. Frittata fatta, quindi, anche se qualche beneficio dovrebbe arrivare: tra gli operatori c'è chi calcola un possibile rialzo degli utili del 20%, altri smorzano gli entusiasmi e parlano di «un penny o due». A favore dei cambiamenti c'è chi sostiene che aver forzato le banche a svalutare a prezzi di saldo questi asset in un mercato in stallo abbia esacerbato la crisi finanziaria con svalutazioni, crollo di utili, penalizzazione dei coefficienti patrimoniali e una limitata capacità di credito. Le autorità hanno dato ancora una volta più credito ai banchieri che a Main Street. Se la boccata di ossigeno accordata alle banche può sembrare una decisione deprecabile ma tutto sommato saggia (un male minore, di questi tempi: potrebbero esserci meno alibi sul stretta del credito), resta da vedere come una gestione più lassista dei bilanci possa riportare la fiducia sui mercati e tra gli investitori. E con che bilanci "reali" ci si sveglierà dopo che sarà finito il lungo incubo della recessione.

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ITALIA-RUSSIA/ BERLUSCONI A MOSCA, RAPPORTI AI MASSIMI STORICI (sezione: crisi)

( da "Wall Street Italia" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

Italia-Russia/ Berlusconi a Mosca, rapporti ai massimi storici di Apcom Lunedì-martedì ricco programma con incontri con Putin e Medvedev -->Mosca, 3 apr. (Apcom-Nuova Europa) - Nel segno di "rapporti economici ai massimi storici" inizia lunedì a Mosca la visita del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, culmine politico della super-missione imprenditoriale sotto l'egida di Confindustria, Ice e Abi. Il capo di governo si tratterrà nella capitale russa fino a martedì - ufficializza oggi il Cremlino - quando incontrerà il Presidente della Federazione Russa Dmitri Medvedev. Già dal giorno prima però con Vladimir Putin, collega premier e 'amico' di lunga data, inizia un fitto programma che si concluderà, pare, all'aeroporto Vnukovo-2: Berlusconi e Putin ai comandi del Superjet-100, il velivolo regionale sviluppato da Alenia Areonautica (Finmeccanica) e la russa Sukhoi. Con un'immagine da ricordare, dopo lo scatto al G20 che ha appena immortalato un Berlusconi sorridente, mentre abbraccia il leader del Cremlino Medvedev e il capo della casa Bianca Barack Obama, a suggello della volontà di mediazione per il disgelo tra Mosca e Washington. La missione è chiaramente focalizzata su temi economici. In tale ambito la collaborazione tra Italia e Federazione Russa "ha raggiunto i massimi storici", ma "può migliorare ulteriormente", ha detto il presidente del Consiglio in un'intervista a Ria Novosti, rilasciata prima del viaggio. "Sarà 'la più grande missione di sistema' mai organizzata dall'Italia, inserita però in una lunga tradizione di missioni imprenditoriali italiane in Russia. Iniziativa organizzata da Confindustria, "alla quale partecipano 800 soggetti economici tra imprese, associazioni di categoria, consorzi ed enti italiani". A dimostrazione non che vi "sono particolari problemi da risolvere. Ma che la collaborazione economica tra Italia e Federazione Russa, che ha raggiunto i massimi storici, puo' migliorare ulteriormente". Per Berlusconi la missione rappresenta un "messaggio assolutamente positivo. Basti pensare - ha fatto notare - che l'interscambio commerciale in valore assoluto è passato nel 2008 da 23,9 a 26,5 miliardi di euro, con un aumento dell'11 per cento rispetto al 2007. Il ritmo della crescita, ovviamente, ha risentito nella seconda metà dell'anno della generale crisi finanziaria. Ma è significativo che il valore delle nostre esportazioni (10,5 miliardi di euro) ha fatto segnare un aumento del 9,3 rispetto all'anno precedente, mentre quelle verso altri mercati europei hanno fatto registrare il segno negativo". Ovviamente l'energia non può passare in secondo piano. Non a caso ieri il numero uno di Eni, Paolo Scaroni è volato a Mosca per incontrare nel quartier generale di Gazprom il suo omologo Aleksei Miller. Si è parlato di "progressi" compiuti nel progetto South Stream e dei rapporti tra Mosca e Kiev per il passaggio delle forniture. Ma un vero tema 'caldo' per il colosso dell'oro blu è l'opzione d'acquisto su asset un tempo appartenuti alla major petrolifera Yukos e rilevati da Eni e Enel nel 2007. In particolare Gazprom può acquistare il 20% di GazpromNeft, entro aprile. Nonchè il 51% di Severenergia, per un totale di 5,5 miliardi di dollari. Un affare colossale, che la crisi aveva corredato di voci di un possibile passo indietro dell'Aquila Bicipite. Ma che la visita di Berlusconi potrebbe risolvere brillantemente. Circa il 70 per cento delle nostre importazioni dalla Russia è costituito da gas e petrolio, sottolineava il premier a Ria. "L'aspetto interessante della missione è che sarà estesa a realtà economiche lontane da Mosca e ad altre regioni, tra cui San Pietroburgo, Ekaterinburg, Krasnodar e Novosibirsk. In conclusione, la Russia e' per l'Italia un partner strategico imprescindibile, politicamente ed economicamente. La nostra è un'amicizia a tutto campo". In particolare si prevedono - secondo fonti di Apcom - intese per la cooperazione nel settore delle comunicazioni tra i Ministeri italiano dello Sviluppo Economico e russo delle Comunicazioni, dell'efficienza energetica e delle fonti rinnovabili tra Sviluppo Economico e ministero russo dell'Energia, più una serie di accordi tra gruppi ed imprese strategiche. Tra i player a siglare Finmeccanica, Eni, Transneft, Rosneft, Strojtransgaz, Inter RAO EES, Zarubezhneft, Enipower, Rostekhnologii, Ferrovie Russe; è previsto inoltre un accordo tra 'Unione Russa Imprenditori ed Industriali' e Confindustria. E tra Vneshekonombank e SACE due ulteriori intese: la prima per linee di credito concesse da banche straniere alla Vneshekonombank; la seconda per la realizzazione di uno schema di finanziamento per la vendita del Superjet 100 sul mercato internazionale. (segue)

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Regione, i lavori della commissione di vigilanza (sezione: crisi)

( da "Giornale di Calabria, Il" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

Regione, i lavori della commissione di vigilanza REGGIO CALABRIA. La Commissione consiliare Speciale di Vigilanza, presieduta dal consigliere Franco Morelli, si è riunita ieri avviando i propri lavori con l’audizione dei vertici della Fondazione Field, rispettivamente, il presidente dott. Mario Muzzì, e il direttore generale, dott.sa Anna Maria Cardamone. Il presidente Morelli, in avvio di seduta, ha posto alcuni quesiti ai rappresentanti della Field, in particolare sui progetti in atto proposti dalla Fondazione che, com’è noto, opera nel settore dell’emersione del lavoro nero ed irregolare e nella elaborazione di progetti di fuoriuscita dal precariato. La Commissione speciale di Vigilanza, presieduta dal consigliere Franco Morelli, ha aggiornato le audizioni programmate con i rappresentanti dei Consorzi per lo Sviluppo Industriale di Crotone e Vibo Valentia a causa di problemi legati alla mobilità stradale. “Scontiamo purtroppo - ha detto il presidente Morelli a chiusura di seduta - tutta la carenza infrastrutturale di cui soffre la Calabria, aggravata dal maltempo e dall’eccessivo carico autostradale dovuto ai lavori di ammodernamento in corso. Con l’accordo dei colleghi commissari - ha proseguito Morelli - abbiamo quindi deciso di riprogrammare la seduta e le audizioni con i Consorzi di Crotone e Vibo Valentia per fare il punto sullo stato delle iniziative in corso che fanno capo, per responsabilità istituzionale, a questi due enti subregionali. A fronte di una situazione nazionale ed internazionale di crisi finanziaria e delle imprese manifatturiere, abbiamo l’obbligo, almeno per quel che riguarda le iniziative industriali in Calabria, di coordinare un utile lavoro di raccordo istituzionale capace di abbreviare significativamente ed efficientare ogni procedura che attiene il rapporto Regione-Imprese”. (23-03-09)

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Foschi: in campo per aiutare le pmi (sezione: crisi)

( da "Gazzetta di Parma Online, La" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

Foschi: in campo per aiutare le pmi Luca Molinari «Metteremo in campo tutta la nostra professionalità per instradare le imprese sulla via dello sviluppo». Andrea Foschi, presidente dell’ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili di Parma, sottolinea il valore di questa professione nel combattere la crisi. E annuncia l’organizzazione di una tavola rotonda sul tema: «Un mercato di borsa dedicato alle piccole e medie imprese: opportunità per la ripresa e lo sviluppo», l’8 aprile all’auditorium Paganini. Una scelta coraggiosa, che va controcorrente e guarda con fiducia al futuro. «In un momento in cui da ogni parte si sente parlare di crisi, - afferma - ci sembra il momento giusto per parlare di ripresa e di sviluppo. Cerchiamo di vedere i segnali positivi, riacquisire la fiducia e valutare gli strumenti creati per orientare l’economia e la finanza nel modo corretto, per l’interesse del nostro Paese». Nella tavola rotonda si affronteranno le ragioni della crisi finanziaria in ambito extra nazionale ed interno, «il ruolo delle banche di fronte alla crisi, - prosegue - le possibili evoluzioni e soluzioni, le nuove opportunità di ottimizzazione della finanza delle imprese, l’esperienza degli imprenditori che hanno quotato le loro aziende di riferimento, l’idea del consiglio nazionale e l’esperienza del dottore commercialista». L’evento dell'8 aprile nasce infatti per promuovere l’accordo che il consiglio nazionale ha siglato con Borsa italiana «per sensibilizzare le imprese - precisa - sull'opportunità della quotazione sui mercati da lei organizzati e gestiti». Attualmente a Parma sono 840 gli iscritti all’ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili. Foschi riprende quindi le tematiche più significative emerse nel recente congresso nazionale di Torino. «La categoria - rimarca - ha acquisito una buona percentuale di giovani che vogliono cercare di essere più dinamici nell’ambito dello sviluppo economico e nei rapporti con istituzioni e mercato. Essere protagonisti del cambiamento significa accettare la sfida del mercato. La rinnovata forza ed autorevolezza di una categoria professionale che ha saputo unire ciò che era diviso, ma soprattutto fondere e non sommare storie e identità».

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babelick ha detto: non la vedo come te,conroe. lo so che sarebbe davvero bello darli una umiliazione simile e denigrarli agli occhi del mondo...ma dove sarebbero i guadagni?fossi i (sezione: crisi)

( da "KataWeb News" del 03-04-2009)

Argomenti: Crisi

senza il mattone.. Spagnoli ci avete scocciato: pensate ai vostri guai 28 marzo 2009 alle 14:15 — Autore: babelick — 43 commenti Gentile ambasciatore Terracciano, complimenti e sentiti ringraziamenti. Ci ha vendicati. La lettera che ha inviato al quotidiano El Pais, nella sua veste di capo della rappresentanza italiana presso il governo spagnolo, non sembra neanche scritta da un diplomatico di carriera; meglio, è opera di un diplomatico di razza rara, tanto è chiara, asciutta, ferma, e, lo faccia dire a me, sacrosantamente scocciata. Quel giornale così faziosamente filo Zapatero, praticamente un organo di partito, anche di quello Democratico italiano del quale corre in premuroso e regolare soccorso, la deve smettere di denigrare il governo e il Paese. Non c'entra niente qui la libertà di stampa; come lei sottolinea, il tentativo di demolire l'immagine dell'Italia tra gli spagnoli risponde invece a un disegno di servitù politica che nessun organo di stampa italiano si sognerebbe di progettare, piaccia o no il governo di José Luis Zapatero, per gli intimi Bambi. Succede che gli equilibri politici europei siano cambiati, che un asse Sarkozy-Merkel-Berlusconi minacci il ruolo della Spagna e le sue numerose, troppe, poltrone, ben sei super incarichi istituzionali europei. Succede che le cose non vadano più bene per l'economia, crollata miseramente dopo il boom edilizio e tante rivendicazioni di tronfio primato; che la politica estera sia un disastro, e il presidente Barack Obama nella nuova versione militare contro Bin Laden non si sia rivelato l'amico che ingenuamente la sinistra in Europa aveva immaginato; che il federalismo morda le calcagna a Madrid, visto l'apporto determinante del partito catalano alla rielezione dei socialisti. Il governo è nervoso e la butta sugli attacchi ad altri Stati, il Pais pubblica fedele, se serve, anticipa. Così l'Italia è descritta come dominio di un tiranno nello stile delle dittature latino americane, Pinochet naturalmente, non Hugo Chavez, il presidente del Consiglio eletto ha bisogno dello psichiatra, qui si praticano tortura e politiche razziste. Ha fatto bene, ambasciatore, a dire basta, anche perché c'è davvero poco, scansato il fango delle calunnie, di cui vantarsi in casa Zapatero. Al mini-summit europeo del 4 ottobre del 2008 i capi di Stato di Berlino, Roma, Parigi e Londra, si sono incontrati per decidere sulle posizioni comuni da adottare contro la crisi finanziaria, lasciando fuori la Spagna, che pure Zapatero aveva definito «l'economia più solida del mondo», addirittura il Paese sopra la media europea per reddito pro capite. Per il premier spagnolo fino a pochi mesi fa «il sorpasso dell'Italia ha fatto deprimere molto il primo ministro Berlusconi» e «in realtà, il mio obiettivo è quello di superare la Francia, anche se l'amico Sarkozy non vuole neanche sentirselo dire». Subito dopo la crisi internazionale ha svelato il bluff dell'economia spagnola. La recessione ha gettato anche la Spagna in una crisi profonda: crescita dell'1,4% nel 2008, e non del 3,5% come annunciato dal governo. Un dato che riporta il Paese agli stessi risultati del 1993. Il boom economico era stato gonfiato dagli aiuti europei allo sviluppo, investiti quasi esclusivamente nell'edilizia, un settore in forte perdita già dai primi mesi dell'anno, cioè prima della crisi internazionale. La crisi ha messo a nudo le bugie sulla politica di sicurezza e immigrazione, a lungo mantenute, anche se sulle zattere dei clandestini l'ordine è sempre stato di sparare. Nei giorni scorsi 200 organizzazioni hanno presentato alla Procura generale dello Stato una denuncia contro il ministero dell'Interno, accusando la polizia di «arresti mirati», «retate» e «controlli d'identità di massa», insomma di eseguire gli ordini per l'arresto di una «quota» minima mensile di immigrati per ciascun distretto. Gli immigrati sono saliti da mezzo milione a 5,2 milioni nel 2008, su una popolazione totale per la Spagna di 46 milioni di persone. Con una disoccupazione giunta ormai al 14%, il governo ha cambiato ufficialmente politica. La «Ley de Extranjeria» presentata a dicembre prevede severe misure restrittive: oltre all'aumento da 40 a 60 giorni del termine massimo per detenere migranti nei Centri di permanenza temporanea, per facilitare identificazioni e rimpatri coatti, il progetto prevede di interrompere i ricongiungimenti familiari. Prevede anche sanzioni fino a 10.000 euro per chi «promuove la permanenza irregolare in Spagna di uno straniero», un'«infrazione grave» perché «lo straniero dipende economicamente da chi compie l'infrazione e questa ne prolunga il soggiorno autorizzato al di là del periodo legalmente previsto». La Comision Espanola de Ayuda al Refugiado (Cear), ha protestato perché così facendo il governo «cerca di farsi complici le persone che alloggiano» gli immigrati, e si appresta a «convertire i cittadini in poliziotti». Ci sarebbe da analizzare anche il ruolo inquietante di un giudice star come Baltazar Garzon, che somigli all'Antonio Di Pietro dei tempi che furono, grande amico di Zapatero e compagno di caccia di altri ministri socialisti, ma anche evasore fiscale conclamato. Garzon negli ultimi anni ha incriminato chiunque, dai dittatori latino americani agli statisti europei, fino a personaggi dell'epoca di Francisco Franco, tutti defunti. Colleziona una gaffe dopo l'altra, eppure imperversa. Pure la battaglia contro la Chiesa cattolica, nella sua forma infantile ed estremista, è la pratica opposta a quella che si converrebbe a un premier laico che governa un Paese dove ci sono cattolici numerosi, un milione e mezzo solo fra i suoi elettori. La gaffe del ritiro dal Kosovo, comunicato in loco dal ministro della Difesa, Carmen Chacon, contro il parere e all'insaputa del collega degli Esteri, Moratinos, e di tutti i governi dell'Unione europea e della Nato, è la chicca di qualche giorno fa. Il presunto amico, il presidente Obama, è infuriato e non ha accettato i goffi tentativi di Madrid di rimediare. Peggio di così!

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