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Report "crisi"   18-22 luglio 2009


Indice degli articoli

Sezione principale: crisi

Nelle imprese debiti per 93 miliardi ( da "Corriere delle Alpi" del 18-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: quotate e non sono alle prese con trattative serratissime con le banche per uscire dalla palude prodotta dalla crisi finanziaria. Si parla, considerando le società non finanziarie, di un debito complessivo di oltre 93 miliardi: 35 dei quali legati all'industria, 11 all'edilizia e 44 ai servizi. Safilo. I ben informati dicono che la situazione è ben più pesante di quanto non appaia.

nelle imprese debiti per 93 miliardi ( da "Mattino di Padova, Il" del 18-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: quotate e non sono alle prese con trattative serratissime con le banche per uscire dalla palude prodotta dalla crisi finanziaria. Si parla, considerando le società non finanziarie, di un debito complessivo di oltre 93 miliardi: 35 dei quali legati all'industria, 11 all'edilizia e 44 ai servizi. Safilo. I ben informati dicono che la situazione è ben più pesante di quanto non appaia.

fvg-russia: export 2008 da 580 milioni ( da "Messaggero Veneto, Il" del 18-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Nonostante la crisi finanziaria, che ha investito l'economia mondiale nell'ultimo trimestre dell'anno, l'interscambio italo-russo è aumentato nel 2008 del 11% sul 2007, per un totale di 26,5 miliardi. A questo totale concorrono le nostre esportazioni verso la Russia per 10,4 miliardi (+9,3%) e le nostre importazioni per 16,

tutti i commissari del presidente - emanuele lauria ( da "Repubblica, La" del 18-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: amministrazione nove dei dieci Iacp dell´Isola, così come le due Fiere in crisi finanziaria, quella di Palermo e quella di Messina guidata da Fabio D´Amore, già candidato sindaco della città peloritana avvicinatosi dopo le elezioni all´Mpa. Un po´ come è accaduto ad Angelo Sottile, candidato dell´Udc alle ultime regionali.

Le banche hanno stretto la cinghia ma anche le aziende devono riconvertirsi ( da "Milano Finanza" del 18-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: regolamentazione finanziaria sono stati avviati. Adesso bisogna concentrarsi sullo sviluppo sostenibile. Il focus è sull'economia reale: se gli interventi posti in essere da banche centrali e governi sono stati determinanti per la risoluzione della crisi finanziaria, non è ancora certo se quelli a sostegno della ripresa economica siano sufficienti a garantire una ripresa sostenibile»

Mobius (Templeton): Senza regole sui derivati finiremo nel burrone . Ma le banche frenano ( da "Borsa e Finanza" del 18-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: sarà inevitabile lo scoppio di una nuova crisi finanziaria. «Le pressioni politiche da parte delle banche di investimento e di tutta la comunità finanziaria che fa soldi grazie ai derivati - riuscirà ad impedire un'adeguata prevenzione» «Per questa ragione - continua al telefono da Istanbul - sono pessimista: siamo condannati ad una ricaduta».

I mercati sembrano aver superato l'empasse del dopo rally di primavera. Ma i nodi di fondo non ... ( da "Borsa e Finanza" del 18-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: sarà inevitabile lo scoppio di una nuova crisi finanziaria. «Le pressioni politiche da parte delle banche di investimento e di tutta la comunità finanziaria che fa soldi grazie ai derivati - riuscirà ad impedire un'adeguata prevenzione» «Per questa ragione - continua al telefono da Istanbul - sono pessimista: siamo condannati ad una ricaduta».

"ma caserme e stazione sono un obiettivo prioritario" - eleonora capelli ( da "Repubblica, La" del 18-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: immobilismo è protezionismo di interessi economici - dice Boschi - . è una vecchia questione: se mettiamo a disposizione nuove aree da costruire, il mercato ne risente perché i prezzo calano. Forse il mercato immobiliare ne avrebbe dei contraccolpi, ma l´ambizione di un´amministrazione deve essere quello di disegnare una città diversa»

Gli intermediari si preparano ai rimpatri ( da "Italia Oggi" del 18-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: «La crisi economica e il mutato contesto internazionale spingeranno verso il riposizionamento patrimoniale, finanziario o immobiliare degli asset detenuti all'estero», ha dichiarato Luigi Mennini, responsabile financial planning di Banca Finnat Euramerica.

Giù il valore delle case Meno 10% in due anni ( da "Riformista, Il" del 18-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: prezzo che il mercato paga alla crisi finanziaria innescata dai prodotti derivati che era partita proprio dal settore immobiliare americano. Il prezzo è una discesa dei valori in due anni di circa il 10 per cento. Ancorché forse sin troppo limitata - e comunque quasi impercettibile rispetto ai crolli dei mercati negli Stati Uniti o in Spagna - è una correzione decisamente salutare,

Flessione del 16,5% per le vendite di Renault ( da "Sole 24 Ore, Il" del 18-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: I risultati finanziari del semestre saranno resi noti il prossimo 30 luglio. In un contesto di crisi finanziaria ed economica, si legge nel comunicato diffuso ieri, il gruppo Renault dispone di punti di forza per il secondo semestre: il pieno effetto del rinnovo della gamma con i prodotti faro in Europa come New Mègane,

Prodotti illiquidi: ecco le linee guida ( da "Sole 24 Ore, Il" del 18-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Il tema è emerso con prepotenza nel corso della recente crisi finanziaria, quando molti strumenti finanziari (soprattutto del mercato del debito) non hanno più trovato investitori disposti ad acquistarli, con il risultato che i loro possessori non sono riusciti a disfarsene se non a costo di pesanti perdite.

De Fonseca ai fondi? La banca dice no ( da "Sole 24 Ore, Il" del 18-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: 13 volte che si vedevano prima della crisi finanziaria. Eppure se due anni fa le banche finanziavano qualunque acquisizione da parte dei fondi di private equity a qualunque multiplo, ora si tirano spesso indietro. Gli addetti ai lavori dicono infatti che è sempre più difficile ottenere credito per operazioni di leverage buy-out .

Attacco kamikaze scuote Giacarta ( da "Manifesto, Il" del 18-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: i mercati finanziari indonesiani sono crollati e c'è chi pensa che l'episodio potrebbe cancellare i considerevoli progressi, di stabilità e democrazia, vantati negli ultimi anni dal governo indonesiano, che avevano diffuso negli investitori un clima di maggiore fiducia verso la più grande economia dell'Asia sudorientale.

NEW YORK - Bank of America e Citigroup, giganti del credito simbolo della crisi finanziaria american... ( da "Messaggero, Il" del 18-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: simbolo della crisi finanziaria americana, tornano in utile a confermare, dopo i solidi conti di Goldman Sachs e JPMorgan, che sui mercati finanziari la stabilizzazione dei mercati finanziaria sembra procedere più velocemente del previsto. Bank of America chiude il secondo trimestre con un utile netto di 3,2 miliardi di dollari e un fatturato al netto delle spese per interessi di 33,

Se il cibo, di italiano, ha solo il nome ( da "Corriere della Sera" del 18-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: perché con la crisi e il protezionismo calano le nostre vendite ma aumenta il consumo di prodotti che ci imitano a buon mercato. Indicod e Nomisma, infatti, hanno calcolato che nel mercato statunitense i prodotti italian sounding rendono quelli realmente italiani quasi fuori mercato collocandoli in una fascia di prezzo decisamente più alta appetibile solo per un pubblico di nicchia.

Indonesia, democrazia sotto tiro ( da "EUROPA ON-LINE" del 18-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: dittatore Suharto fu costretto a dimettersi a causa della grave crisi finanziaria asiatica che aveva colpito il paese, l'Indonesia, gradualmente e con contraddizioni, è riuscita in un esperimento in cui nessuno credeva: la democrazia. Storia e geopolitica sembravano congiurare fortemente contro questo esperimento: l'Indonesia era appena uscita da una lunga e sanguinosa dittatura,

Indici ancora su, rimbalza Atlantia ( da "Corriere della Sera" del 18-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Economia Mercati Finanziari data: 18/07/2009 - pag: 37 La Giornata in Borsa di Giacomo Ferrari Indici ancora su, rimbalza Atlantia Piazza Affari chiude una settimana tutta al rialzo, in linea con le altre Borse europee. Nella seduta di ieri è dello 0,26% il miglioramento dell'indice Ftse-Mib, mentre l'Ftse All Share cresce dello 0,

BofA e Citigroup, torna l'utile ( da "Corriere della Sera" del 18-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Economia Mercati Finanziari data: 18/07/2009 - pag: 37 Il caso a New York/2 BofA e Citigroup, torna l'utile Bank of America (BofA) e Citigroup, giganti del credito simbolo della crisi finanziaria americana, tornano in utile. A conferma, dopo i solidi conti di Goldman Sachs e JPMorgan, che sui mercati finanziari la stabilizzazione sembra procedere più velocemente del previsto.

La trimestrale frena General Electric ( da "Corriere della Sera" del 18-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 18/07/2009 - pag: 37 Il caso a New York/1 La trimestrale frena General Electric Una flessione del 6,05%, a 11,65 dollari, con 160 milioni di titoli scambiati rispetto a una media di circa 95 milioni negli ultimi tre mesi.

Prove tecniche di recupero ( da "Sole 24 Ore, Il (Plus)" del 18-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: rally di Borsa ha premiato chi aveva perso di più nel 2008 L a crisi finanziaria che nel 2008 ha colpito le Borse e condizionato tutti gli strumenti di investimento non ha risparmiato le pensioni di scorta. A livello di performance i fondi pensione negoziali hanno registrato un calo medio ponderato del 5,9%, mentre gli aperti hanno chiuso l'annus horribilis con un ribasso dell'8,

Con Credit Suisse si punta su tre listini internazionali ( da "Sole 24 Ore, Il (Plus)" del 18-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: L a crisi finanziaria ha avuto ripercussioni pesanti anche nella confederazione elvetica e gli istituti di credito sono al centro delle polemiche a causa della loro esposizione verso i cosiddetti titoli tossici. Le ripercussioni tra i diversi players non sono stati tutte uguali e Credit Suisse è riuscita a contenere i danni e a migliorare la sua situazione competitiva,

Aureo Sgr si rinnova grazie alla spinta Bcc ( da "Sole 24 Ore, Il (Plus)" del 18-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: non colpite dalla grande crisi finanziaria, hanno mantenuto una forte attenzione al risparmio. Le nostre modifiche vanno in questa direzione. Obiettivo del processo di rinnovamento è focalizzare l'attenzione sulle necessità dei nostri clienti, attenti alla scelte degli investimenti e alla ricerca di prodotti semplici e trasparenti.

Game: Nintendo e Nikkei sviluppano un nuovo software per apprendere l'economia ( da "ITnews.it" del 18-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Questo programma permetterà agli utenti di acquisire informazioni e conoscenza di problemi economici che vanno dalla gestione quotidiana dei soldi alla crisi finanziaria e alle politiche economiche semplicemente guardando i grafici e le immagini e rispondendo a domande. Il titolo è adatto a un'ampia fascia di età che va dai giovani ai più anziani.

I giganti del credito tornano in utile ( da "Sicilia, La" del 18-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: giganti del credito simbolo della crisi finanziaria americana, tornano in utile a confermare, dopo i solidi conti di Goldman Sachs e JPMorgan, che la stabilizzazione dei mercati finanziari sembra procedere più velocemente del previsto. Bank of America chiude il secondo trimestre con un utile netto di 3,2 miliardi di dollari e un fatturato al netto delle spese per interessi di 33,

Volkswagen vuole tutta la Porsche ( da "Stampa, La" del 19-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La crisi finanziaria e la decisione di Bruxelles di non cancellare la Legge VW (che protegge il potere di veto della Bassa Sassonia, secondo azionista di Volkswagen col 20%), hanno però fatto saltare i loro piani. Porsche si è ritrovata bloccata a metà strada e appesantita da oltre 9 miliardi di euro di debiti.

società pubbliche sotto tutela stop ad assunzioni e consulenze - roberto mania ( da "Repubblica, La" del 19-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La crisi finanziaria ha bloccato le privatizzazioni e il governo ha deciso di "riconquistare", almeno per le politiche del personale, le aziende pubbliche. A loro vuole applicare gli stessi vincoli alle assunzioni e ai contratti previsti per il pubblico impiego.

Truffa, bancarotta e aggiotaggio È giustificata la gogna mediatica? ( da "Riformista, Il" del 19-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: focalizzare la propria rabbia per la più grande crisi finanziaria degli ultimi 50 anni», scriveva l'editoriale del WSJ. E questo è stato fatto. Diametralmente opposta è la visione in Italia, sebbene le truffe milionarie non siano mancate negli ultimi anni. La più famosa è certamente quella Parmalat, il maggiore scandalo di bancarotta fraudolenta e aggiotaggio di una società in Europa.

Risanamento, il piano per salvarsi dal crac ( da "Giorno, Il (Milano)" del 19-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La crisi finanziaria in cui versa la società (che ha un'esposizione debitoria superiore ai 3 miliardi di euro con le banche) si sposa con l' accertatamento da parte dei pm Laura Pedio e Roberto Pellicano di inadempimenti in sede penale e civile verso tre soggetti (16 milioni con Italease, 20 milioni con Sadi e 12,

LE OCCASIONI FINORA MANCATE ( da "Corriere della Sera" del 19-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: questioni quali l'illegalità e la crisi finanziaria. Leadership: chi deve guidare il partito, con che criterio fare la scelta, che relazioni tra partito e capo del governo. Partiti che aspirino a governare l'Italia in modo non effimero devono plasmare quelle quattro materie in modo nuovo, chiaro, convincente, che guardi, sì, all'oggi,

Se però questo volesse dire arrivare a dopo l'approvazione definitiva del Trattato (rit... ( da "Messaggero, Il" del 19-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Il secondo tema è la crisi finanziaria e qui, pur tra mille difficoltà, si potrebbero ottenere dei risultati ed anche raccogliere molto consenso. Ecco allora che entra in gioco un fattore molto importante e delicato per il nostro paese. C'è infatti da decidere la presidenza dell'Eurogruppo, cioè la riunione dei ministri finanziari dei 16 paesi della zona euro.

MEGLIO non sottovalutare l'attuale momento dell'Unione Europea: siamo davanti ad un intrico di s... ( da "Messaggero, Il" del 19-07-2009) + 2 altre fonti
Argomenti: Crisi

Abstract: Il secondo tema è la crisi finanziaria e qui, pur tra mille difficoltà, si potrebbero ottenere dei risultati ed anche raccogliere molto consenso. Ecco allora che entra in gioco un fattore molto importante e delicato per il nostro paese. C'è infatti da decidere la presidenza dell'Eurogruppo, cioè la riunione dei ministri finanziari dei 16 paesi della zona euro.

Tremonti vuole il riordino delle Authority ( da "Corriere della Sera" del 19-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: «La crisi finanziaria - scrive Tremonti - ha contribuito ad avviare un dibattito approfondito e non più procrastinabile sulle carenze regolamentari e sul ruolo delle autorità domestiche e sovrannazionali ». Il dibattito, aggiunge, «è di importanza cruciale ».

LE COINCIDENZE TRA L'AQUILA E GLENEAGLES ( da "Manifesto, Il" del 20-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: attuale crisi del capitalismo finanziario e finalmente tornare all'economa reale. Ebbene se questa idea si estendesse agli impegni presi in materia di aiuto allo sviluppo, certamente avremmo uno strumento cogente di primaria importanza per costringere i donatori ad essere adempienti ai loro impegni, pena pagare delle penali come succede in ogni contratto commerciale non rispettato,

Sarebbe importante - mentre la nuova influenza cammina a passo di carica - che il governo parlasse c... ( da "Stampa, La" del 20-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: sugli investimenti e sui mercati finanziari avrebbe potuto essere disastroso, investendo importanti settori come i trasporti, il turismo, il commercio. La crisi, allora, non era all'orizzonte. Oggi i costi diretti e indiretti di una pandemia influenzale, per quanto «mite» e non aggressiva, sarebbero davvero molto salati.

[FIRMA]SANDRA RICCIO TORINO Basta consigli sugli acquisti allo sportello. Più informazion... ( da "Stampa, La" del 20-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: educativa affronta alcuni importanti temi finanziari, come il rapporto rischio-rendimento e la diversificazione del rischio. Ampio spazio viene riservato ai servizi di investimento e alla spiegazione delle caratteristiche dei principali strumenti finanziari diffusi sul mercato come le obbligazioni, le azioni, le quote di fondi e gli strumenti derivati.

100 milioni di euro dall'UE per microfinanziamenti per aiutare i disoccupati ( da "Libertà" del 20-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: "Quest'anno la crisi economica comporterà la perdita di 3,5 milioni di posti di lavoro nell'UE. La crisi finanziaria ha prosciugato il credito per coloro che desiderano avviare o sviluppare la propria impresa" ha affermato Vladimír ?pidla, commissario europeo per l'occupazione e gli affari sociali.

persi 204mila posti, ma la fase più nera deve ancora arrivare ( da "Nuova Sardegna, La" del 20-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: L'impatto della crisi finanziaria è arrivato sull'occupazione e, secondo molti analisti, i prossimi mesi saranno i più difficili per i contraccolpi nella vita concreta dei lavoratori. Gli ultimi dati «certificati» dall'Istat sono di un mese fa e segnano nel primo trimestre 2009 una riduzione di 204.

Gli abiti come le auto ( da "Giorno, Il (Milano)" del 20-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: è il giusto modo per arginare gli effetti della crisi finanziaria sull'economia reale dando impulso al comparto. «In tutto il mondo - precisa il presidente - c'è un grandissimo mercato dell'usato. Coinvolgere il Governo non sarà facile ma è necessario: gli abiti usati possono potenziare l'attività della cooperazione internazionale».

PARLAMENTO EUROPEO: DIBATTITO SUL PROGRAMMA DELLA PRESIDENZA SVEDESE ( da "marketpress.info" del 20-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: la crisi finanziaria, la tutela del posto di lavoro e la lotta alla criminalità, «perché bisogna essere in sintonia con chi ci ha votato per fare bene il nostro lavoro». Noi, ha proseguito, «non siamo né migliori né peggiori dei nostri elettori», ma è importante «essere in sintonia con quello che loro ci chiedono».

Vincitori e vinti della vita allo 0% ( da "Sole 24 Ore, Il" del 20-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Il tasso zero sui mercati finanziari ha fatto però anche una vittima eccellente: i BoT-people, il popolo dei risparmiatori che per proteggere il capitale prediligono strumenti d'investimento ultraffidabili e a brevissimo termine, rinnovati di tre mesi in tre mesi.

( da "Corriere della Sera" del 20-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: maggior contenuto finanziario ora nei riguardi dei bond. «In linea di principio va tutto bene ed era ora sottolinea Messori . Ma l'attuale crisi finanziaria ha di molto complicato le cose. Le banche, anche le italiane, hanno un vincolo di liquidità molto forte aggravato dalla fuga dei risparmiatori verso prodotti come i pronti contro termine e tutte le famiglie dei titoli a breve.

Corporate bond? Occasioni per pochi ( da "Sole 24 Ore, Il" del 20-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: epicentro della crisi finanziaria, alle prese con bilanci scricchiolanti e maxi- svalutazioni, hanno ristretto le valvole del credito. Per la sola Italia, dopo aver toccato un picco di un +14% di erogazioni nel 2007 (rispetto al 2006), la crescita dei prestiti è andata progressivamente calando (+4% a inizi 2009) per poi inaridirsi completamente.

Sale la voglia di controllo sui cambi ( da "Sole 24 Ore, Il" del 20-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Il parallelismo tra questa crisi finanziaria e quella del ' 29 aveva spinto qualche economista a evocare lo spettro delle svalutazioni competitive che, negli anni 30 del Novecento, aggravarono insieme ad altri errori - la recessione. La decisione della Svizzera, che a marzo ha annunciato interventi per evitare il rafforzamento del franco,

I risparmi, l'estate e la crisi: consigli di viaggio in 5 cartoline ( da "Corriere della Sera" del 20-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: i mercati finanziari hanno cominciato a comportarsi a tratti (le giornate nere non mancano) come araldi di una possibile ripresa a partire dal 2010, che comunque nei Paesi industrializzati non sarà a passo di marcia. Ecco allora le cartoline di CorrierEconomia per chi sta partendo e si domanda come lasciare al meglio il suo portafoglio.

V olatili. ( da "Corriere della Sera" del 20-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: I mercati finanziari potrebbero risultare ancora ballerini nei prossimi sei mesi e quindi la quota di azioni nei portafogli bilanciati è più bassa del solito. Il 40% del campione, comunque, è convinto che Wall Street possa salire da qui a Natale più dei mercati dell'euro, dove il ciclo economico è acerbo.

Lo sceicco giramondo al volante di Porsche ( da "Corriere della Sera" del 20-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: uno degli uomini più ricchi del mondo e da qualche anno tra i più attivi sui mercati finanziari. Di recente, in qualità di chief executive della Qatar Investment Authority (Qia) il fondo sovrano dello Stato del Golfo , ha passato parecchio tempo nel Sud della Germania. Obiettivo: portarsi a casa un pezzo di Porsche, forse anche di Volkswagen.

Dove si accendono gli ultimi falò del 2% netto ( da "Corriere della Sera" del 20-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: in attesa di una schiarita sui mercati finanziari. Ma dove cercare? Il Bot trimestrale rende, al netto delle commissioni e delle tasse, lo 0,04% netto. Bisogna, dunque, andare a caccia di un buon conto corrente o di deposito. Su Internet si possono trovare soluzioni per tutti e qualche promozione superstite.

ECONOMIA IN SOFFERENZA ( da "Sole 24 Ore, Il" del 20-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Colpita dalla crisi finanziaria,l'ex tigre celtica ha subito una battuta d'arresto tra le più pesanti nell'eurozona. Rispetto alla caduta del 5,4% nell'ultimo trimestre del 2008, però, nei primi tre mesi del 2009 il Pil è sceso dell'1,5%:un miglioramento che gli economisti sono comunque cauti nel giudicare.

E i bancari stravincono la sfida ( da "Corriere della Sera" del 20-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Il periodo comprende tutte le fasi dei mercati finanziari: anche se non in tutti gli anni (per esempio nel 2008), la linea bilanciata del fondo Sanpaolo ha fatto meglio del Tfr. Il confronto è stato condotto anche in un periodo più breve, dal 1991, e allargato a un'altra cassa integrativa, Previndai (dirigenti industriali), che con un patrimonio di 4,

A Barroso non basta la spinta dei governi ( da "Corriere della Sera" del 20-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: affrontare la crisi finanziaria. Il Ppe e Barroso temono lo slittamento del voto perché, se in ottobre il referendum in Irlanda consentirà l'approvazione del Trattato di Lisbona, in aula diventerebbe necessaria la maggioranza dei 736 eurodeputati (mentre con il Trattato di Nizza in vigore basta la maggioranza dei presenti).

Arte, una stagione a luci rosse ( da "Corriere della Sera" del 20-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La crisi finanziaria e di liquidità è atterrata pesantemente sul mercato dell'arte internazionale. I primi sei mesi del 2009 saranno ricordati a lungo dal management Christie's e Sotheby's che ha dovuto affrontare il declino annunciato di un mercato sovraesposto dagli eccessi delle scorse stagioni.

L'Italia paga ancora il conto di Cirio ( da "Sole 24 Ore, Il" del 20-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Ma dal 2008 la crisi finanziaria ha asciugato i rubinetti delle banche o, quantomeno, ha reso le condizioni dei finanziamenti più onerose. Oggi, quindi, la mancanza di un mercato obbligazionario vero, e accessibile anche ad imprese medie, si inizia a sentire.

Francia ( da "Sole 24 Ore, Il (Del Lunedi)" del 20-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: da parte del conduttore come conseguenza dell'impatto negativo causato dalla crisi finanziaria, né già contiene rimedi in tal senso. Tuttavia, nella prassi, alcuni conduttori riesconoa negoziare riduzioni del canone con i locatori. E spesso tocca al giudice determinare se il nuovo canone rifletta effettivamente il valore di mercato dei locali affittati.

Cambia l'affitto del negozio ( da "Sole 24 Ore, Il (Del Lunedi)" del 20-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: affitto del negozio La crisi è un «grave motivo» valido per l'adeguamento al ribasso Guido A. Inzaghi Francesco Sanna La crisi finanziaria che dall'inizio del 2008 sta affliggendo la maggior parte dei mercati è argomento ormai noto. Il settore che ha risentito, in modo più significativo di altri, di tali effetti negativi, è senz'altro il mercato immobiliare,

E i bancari stravincono la sfida ( da "Corriere Economia" del 20-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Il periodo comprende tutte le fasi dei mercati finanziari: anche se non in tutti gli anni (per esempio nel 2008), la linea bilanciata del fondo Sanpaolo ha fatto meglio del Tfr. Il confronto è stato condotto anche in un periodo più breve, dal 1991, e allargato a un'altra cassa integrativa, Previndai (dirigenti industriali), che con un patrimonio di 4,

Arte, una stagione a luci rosse ( da "Corriere Economia" del 20-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La crisi finanziaria e di liquidità è atterrata pesantemente sul mercato dell'arte internazionale. I primi sei mesi del 2009 saranno ricordati a lungo dal management Christie's e Sotheby's che ha dovuto affrontare il declino annunciato di un mercato sovraesposto dagli eccessi delle scorse stagioni.

Dove si accendono gli ultimi falò del 2% netto ( da "Corriere Economia" del 20-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: in attesa di una schiarita sui mercati finanziari. Ma dove cercare? Il Bot trimestrale rende, al netto delle commissioni e delle tasse, lo 0,04% netto. Bisogna, dunque, andare a caccia di un buon conto corrente o di deposito. Su Internet si possono trovare soluzioni per tutti e qualche promozione superstite.

A Barroso non basta la spinta dei governi ( da "Corriere Economia" del 20-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: affrontare la crisi finanziaria. Il Ppe e Barroso temono lo slittamento del voto perché, se in ottobre il referendum in Irlanda consentirà l'approvazione del Trattato di Lisbona, in aula diventerebbe necessaria la maggioranza dei 736 eurodeputati (mentre con il Trattato di Nizza in vigore basta la maggioranza dei presenti).

I risparmi, l'estate e la crisi: consigli di viaggio in 5 cartoline ( da "Corriere Economia" del 20-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: i mercati finanziari hanno cominciato a comportarsi a tratti (le giornate nere non mancano) come araldi di una possibile ripresa a partire dal 2010, che comunque nei Paesi industrializzati non sarà a passo di marcia. Ecco allora le cartoline di CorrierEconomia per chi sta partendo e si domanda come lasciare al meglio il suo portafoglio.

V olatili. ( da "Corriere Economia" del 20-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: I mercati finanziari potrebbero risultare ancora ballerini nei prossimi sei mesi e quindi la quota di azioni nei portafogli bilanciati è più bassa del solito. Il 40% del campione, comunque, è convinto che Wall Street possa salire da qui a Natale più dei mercati dell'euro, dove il ciclo economico è acerbo.

( da "Corriere Economia" del 20-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: maggior contenuto finanziario ora nei riguardi dei bond. «In linea di principio va tutto bene ed era ora sottolinea Messori . Ma l'attuale crisi finanziaria ha di molto complicato le cose. Le banche, anche le italiane, hanno un vincolo di liquidità molto forte aggravato dalla fuga dei risparmiatori verso prodotti come i pronti contro termine e tutte le famiglie dei titoli a breve.

Lo sceicco giramondo al volante di Porsche ( da "Corriere Economia" del 20-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: uno degli uomini più ricchi del mondo e da qualche anno tra i più attivi sui mercati finanziari. Di recente, in qualità di chief executive della Qatar Investment Authority (Qia) il fondo sovrano dello Stato del Golfo , ha passato parecchio tempo nel Sud della Germania. Obiettivo: portarsi a casa un pezzo di Porsche, forse anche di Volkswagen.

L'Islanda corre in aiuto delle sue tre maggiori banche ( da "Borsa(La Repubblica.it)" del 20-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: dalla crisi finanziaria. Il governo prevede una ricapitalizzazione totale per circa 270 miliardi di corone islandesi (o 2,1 miliardi di dollari), ridotto a circa 200 miliardi. Le banche interessate alla ricapitalizzazione sono la Glitnir, Landsbanki e Kaupthing, tutte crollate nel giro di una settimana lo scorso ottobre a causa di più di 60 miliardi di dollari di fondi stranieri.

L'Islanda corre in aiuto delle sue tre maggiori banche ( da "KataWebFinanza" del 20-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: dalla crisi finanziaria. Il governo prevede una ricapitalizzazione totale per circa 270 miliardi di corone islandesi (o 2,1 miliardi di dollari), ridotto a circa 200 miliardi. Le banche interessate alla ricapitalizzazione sono la Glitnir, Landsbanki e Kaupthing, tutte crollate nel giro di una settimana lo scorso ottobre a causa di pi di 60 miliardi di dollari di fondi stranieri.

20/07/2009 10:53 G8: MUBARAK, IN ITALIA LA MIGLIORE ORGANIZZAZIONE ( da "ITnews.it" del 20-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: del Forum economico e finanziario per il Mediterraneo in corso a Milano. L'incontro bilaterale ha avuto come oggetto i temi economici e la crisi finanziaria anche in vista del prossimo G20 in programma a Pittsburgh. Mubarak ha poi ringraziato Berlusconi per l'organizzazione del G8 a L'Aquila e ha definito l'organizzazione italiana "migliore" rispetto a quella degli altri vertici.

Crisi, Marche: Artigiancassa point nelle sedi di fidimpresa, una risposta per il credito alle pmi ( da "Sestopotere.com" del 20-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: In tempi di crisi finanziaria l?unico modo per evitare ricadute sull?economia reale, è quello di garantire il capitale alle piccole e medie imprese artigiane su cui le Marche fondano il loro sistema produttivo. Bisogna internazionalizzare e patrimonializzare le imprese artigiane perché la ricerca e l?

L'impatto della crisi finanziaria è arrivato sull'occupazione, gli ultimi dati certi... ( da "Mattino, Il (Circondario Sud2)" del 20-07-2009) + 1 altra fonte
Argomenti: Crisi

Abstract: L'impatto della crisi finanziaria è arrivato sull'occupazione, gli ultimi dati certificati dall'Istat sono di un mese fa e segnano nel primo trimestre del 2009 una riduzione di 204 mila posti di lavoro, il primo calo da 14 anni e ben 221 mila persone in più in cerca di un posto di lavoro.

Aids, a rischio la vita dei pazienti . L'allarme di MSF alla vigilia della Quinta Conferenza della Società Internazionale Aids in Sud Africa ( da "SaluteEuropa.it" del 20-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: In Sud Africa il budget del governo per la salute è stato tagliato a causa della crisi finanziaria e pare che sia difficile trovare in breve tempo una soluzione alternativa per i finanziamenti. "Le cliniche attorno a noi dice Eric Goemaere, capo missione di MSF in Sud Africa non accettano i pazienti, perché le forniture antiretrovirali non sono sufficienti.

Il conclavedi Coppito ( da "Sicilia, La" del 20-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: uscita dalla crisi finanziaria: l'individuazione delle risorse, i mezzi per reperirle (come lo scudo fiscale al centro delle polemiche) e la loro ripartizione (con il «partito del sud» che chiede di dare al Mezzogiorno i fondi Fas minacciando votazioni a sorpresa in Parlamento) sono fattori decisivi per evitare un pericoloso «autunno caldo»

Come funziona lo scudo fiscale: pagate e vi sarà aperto ( da "Panorama.it" del 20-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: tutto però travolto dalla crisi finanziaria mondiale. Che ha minato fra gli altri il colosso Ubs. [9] Barack Obama ha chiesto senza mezzi termini la lista dei depositi di cittadini americani; il governo di Berna gli ha rifilato un elenco di 52 mila conti cifrati. La Casa Bianca ha allora minacciato di ritirare alla banca la licenza di operare negli Usa.

Il bar Fondovalle apre nel centro fieristico che ancora non decolla ( da "Stampa, La" del 21-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Fra i motivi utilizzati in passato per giustificare il mancato arrivo di imprese artigianali nel centro, il collaudo della Regione, la crisi finanziaria e anche l'assenza dell'Adsl. Gli spazi a disposizione degli artigiani sono cinque. Nel centro fieristico di Borghetto spmp a disposizione anche una sala multimediale e uno spazio polifunzionale.

LA SITUAZIONE del settore agricolo è stata al centro del confr... ( da "Nazione, La (Livorno)" del 21-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: aspetto rilevante è il sostegno al credito per superare la crisi finanziaria e la conseguente difficoltà d'investimento delle aziende. A questo proposito si è convenuto di avviare una serie di incontri con le istituzioni bancarie per verificare le opportunità di credito per le aziende agricole. Nell'ambito dei finanziamenti regionali e comunitari, l'assessore Pacini ha assicurato l'

Al posto del dollaro una nuova moneta internazionale ( da "Italia Oggi" del 21-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Ma la questione è da tempo sul tappeto e la crisi finanziaria americana e globale ha aggravato la situazione: il dollaro non è più in grado di essere la sola moneta su cui si basano il commercio, le riserve e il sistema dei pagamenti internazionali, soprattutto perché si poggia su un'economia reale che è, da lungo tempo, molto malata.

La vera riforma del fisco passa dall'aliquota unica ( da "Italia Oggi" del 21-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: nonostante la crisi finanziaria mondiale e nonostante il terremoto abruzzese. Premesso che l'affermazione è vera solo in parte, rimane tuttavia dimenticato l'antico impegno di ridurre le aliquote sui redditi a due sole, 33 e 23%. Si potrà opporre che le condizioni generali non consentono d'incidere sulla finanza pubblica.

Infrastrutture, traditi dalla Bce ( da "Italia Oggi" del 21-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: abbiamo cioè assistito al più grande fallimento previsionale della cultura economica occidentale». Espressione quasi apocalittica, che però effettivamente mette in luce stime che non hanno nemmeno sfiorato il trend che poi si è andato materializzando nel corso della crisi finanziaria.

I Tory inglesi vogliono abolire la Consob della City ( da "Milano Finanza (MF)" del 21-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: riferendosi alla crisi finanziaria che ha colpito severamente numerose banche inglesi, «sarebbe bizzarro restare con un sistema di controllo delle banche che ha fallito in modo così spettacolare». In particolare i conservatori mirano a smantellare l'attuale sistema che si regge su tre istituzioni fondamentali (la Banca d'Inghilterra,

La Gp Finanziaria di Gnutti taglia debiti e rosso grazie agli immobili ( da "Milano Finanza (MF)" del 21-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Nonostante la grave crisi finanziaria che ha colpito i mercati e l'economia internazionale, la società dell'ex capofila della «razza padana», oggi presieduta dal figlio Thomas, ha archiviato l'esercizio con una perdita limitata rispetto al profondo rosso del 2007.

GUBBIO LA SIRIO ECOLOGICA torna ad essere appetibile o comunque ... ( da "Nazione, La (Umbria)" del 21-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: nonostante che una profonda crisi finanziaria l'abbia portata da circa un anno alla sospensione dell'attività ed alla messa in cassa integrazione di oltre sessanta maestranze, senza considerare quelle delle sedi periferiche e del robusto indotto. Le speranze si sono riaperte dopo il recente incontro tra il curatore fallimentare Angelo Pieretti e una delegazione composta dall'

Il nord Africa pesa più di India e Cina ( da "Sole 24 Ore, Il" del 21-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: mercati finanziari risulta ancora incompleta e incide quindi negativamente sulle dinamiche di sviluppo, un sostegno concreto alle imprese operanti nel mediterraneo attraverso una partecipazione nel capitale. «Più di un terzo dell'interscambio con i Paesi del Mediterraneo è prodotto dalle Pmi e l'Italia negli ultimi decenni ha svolto un ruolo chiave per facilitare i rapporti con l'

Su CityLife manca all'appello EuroHypo ( da "Sole 24 Ore, Il" del 21-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: subire in casa propria le conseguenze della crisi finanziaria. Entro il 29 luglio si attende una decisione. Il progetto CityLife è tra quelli che dovrebbero cambiare il volto a Milano: assieme a Sesto San Giovanni e Santa Giulia (legati al dissesto di Risanamento), Porta Vittoria (dove si attendono novità dopo l'Opa dei Segre) e i cantieri di Garibaldi-Repubblica di Hines Italia,

Gara Asia-Francia per gestire i porti a sud del Sahara ( da "Sole 24 Ore, Il" del 21-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Nonostante la crisi finanziaria, Bollorè Africa Logistics ha deciso così di mantenere l'investimento da 600 milioni di euro nel porto di Pointe Noire, in Congo Brazzaville, dove si è aggiudicato la gestione dei container. Pointe Noire è il più grande porto ad alto fondale del Golfo di Guinea, una naturale porta di accesso per la regione dell'

I bond della Bei? Un aiuto alle Pmi ( da "Sole 24 Ore, Il" del 21-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: è infatti la risposta che la Bei sta dando alla crisi finanziaria e al credit crunch. Motivo: questi due bond, in un certo senso, servono per "dirottare"l'immensa liquidità che c'è nelle tesorerie delle banche sulle Pmi e su progetti infrastrutturali. «Stiamo facendo da ponte per contribuire a portare la liquidità che c'è nel sistema bancario all'economia reale»,

Guerra dei polli Usa e Cina ora trattano ( da "Sole 24 Ore, Il" del 21-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: PROTEZIONISMO Guerra dei polli Usa e Cina ora trattano Da Washington e Pechino arrivano segnali di distensione sul fronte degli scambi commerciali, e in particolare sulla cosiddetta guerra dei polli. I due paesi infatti, pur rimanendo su posizioni ancora distanti, hanno accettato di trattare la questione all'interno dell'

Il conservatore progressista ( da "EUROPA ON-LINE" del 21-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La crisi finanziaria non ha preso alla sprovvista soltanto la maggioranza. Ragion per cui in questi anni Cameron e Osborne hanno fatto lo slalom, in maniera tutt'altro che persuasiva, tra i santini liberisti dell'era-Thatcher e le suggestioni continentali dell'economia sociale di mercato.

L'Islanda ora ricostruisce le sue banche ( da "Corriere della Sera" del 21-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: ricapitalizzare il suo sistema bancario collassato nella crisi finanziaria. Le sue tre banche principali, Glitnir, Landsbanki e Kaupthing, avevano oltre 60 miliardi di dollari di esposizione nei confronti di banche estere. Ora l'Islanda vuole ristrutturare le banche, stabilizzare la propria moneta e accelerare le procedure per l'ingresso nell'Ue per poter poi adottare al più presto anche l'

( da "Corriere della Sera" del 21-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: di Wall Street non si pentono per la crisi» WASHINGTON Le banche di Wall Street non hanno imparato la «lezione» dopo la crisi finanziaria. Lo ha detto ieri il presidente degli Stati Uniti Barack Obama in un'intervista al programma «The Newshour» della tv americana Pbs : «Nonmi sembra che la gente di Wall Street senta alcun rimorso per tutti quei rischi che decisero di assumersi.

Ipotesi Kuwait, balzo di Continental ( da "Corriere della Sera" del 21-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Economia Mercati Finanziari data: 21/07/2009 - pag: 33 Il caso a Francoforte Ipotesi Kuwait, balzo di Continental (g.fer.) Balzo di Continental (+13,15%) alla Borsa di Francoforte, con una quotazione di 27,44 euro, nuovo massimo dell'anno. Più di un milione, inoltre, le azioni scambiate, pari a oltre quattro volte la media quotidiana degli ultimi tre mesi.

Cit ristruttura il debito e vola in Borsa ( da "Corriere della Sera" del 21-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Economia Mercati Finanziari data: 21/07/2009 - pag: 33 Il caso a New York Cit ristruttura il debito e vola in Borsa (g.fer.) Nel corso della seduta è arrivata a guadagnare fino al 91%, poi Cit Group ha chiuso a quota 1,25 dollari (+78,57%). Particolarmente elevati gli scambi: sono passate di mano 347,8 milioni di azioni.

Nuovo rialzo guidato da Pirelli ( da "Corriere della Sera" del 21-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Economia Mercati Finanziari data: 21/07/2009 - pag: 33 La Giornata in Borsa di Giacomo Ferrari Nuovo rialzo guidato da Pirelli Bancari in evidenza L'indice Ftse-Mib guadagna l'1,21%. In crescita Unicredit. Bene Mondadori Positivi fin dai primi scambi, i listini del Vecchio Continente hanno consolidato il trend rialzista nel pomeriggio,

Sanità, il futuro è a noleggio ( da "Corriere della Sera" del 21-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: il futuro è a noleggio CREMONA La crisi finanziaria non risparmia la sanità italiana e la sanità italiana prende in prestito dal mercato gli strumenti commerciali per non fermare gli investimenti sulle nuove tecnologie, che invece avanzano. Non più acquisti «mordi e fuggi», che danno vantaggi solo al produttore, che vende e poi si eclissa,

. Con Berlusconi parlerà presto ( da "Sicilia, La" del 21-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: e che dà la possibilità di superare la crisi finanziaria, oltre a incentivi per la raccolta differenziata. E' chiaro che gli Ato andranno sotto la diretta gestione dei sindaci». Ma non potete agire per decreto senza passare dall'Ars? «Non abbiamo il potere della decretazione, questo ce l'ha il governo nazionale che ne fa un uso abbondante».

L'Asia corre ma ha paura della Cina ( da "Morningstar IT" del 21-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La situazione potrebbe assomigliare a quella vista durante la crisi finanziaria asiatica del 1998-1999. A rimetterci, anche in termini borsistici, saranno le aziende dei materiali da costruzioni e immobiliari. Tutto questo non significa che le autorità locali smetteranno di mettersi le mani in saccoccia.

GoogleDocs alla riscossa ( da "Punto Informatico" del 21-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Dalla sua parte BigG ha la propulsione innovativa e un modello di business vincente, anche in tempi di crisi finanziaria. Ma il restyling di GoogleDocs, così ravvicinato alla nascita di Azure e unito al tempestivo lancio di Google Squared di qualche settimana fa, potrebbe far pensare che i dirigenti della grande G stiano giocando all'inseguimento.

Usa, Tesoro vara progetto per limitare potere agenzie rating ( da "Reuters Italia" del 21-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: responsabili della crisi finanziaria. Il Tesoro ha inviato al Congresso un progetto di legge di diciotto pagine per impedire alle agenzie di rating di consultarsi con le società che devono valutare. La Securities and Exchange Commission (Sec), in base a queste norme, avrebbe il potere di regolamentare l'industria e le società sarebbero costrette a comunicare quando sono in cerca di rating.

Per la Ue il Trattato di Lisbona è il baco comunitario del millennio ( da "EUROPA ON-LINE" del 22-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: che la crisi finanziaria sta spingendo molti irlandesi a considerare l'Europa come una soluzione e non come un problema. Dunque, salvo sorprese, a ottobre vi potrà essere la ventiquattresima ratifica. Anche la Germania, enro ottobre, dovrebbe aver chiuso la pratica con l'adozione di una legge nazionale che renderà il Trattato compatibile con il diritto interno tedesco,

Neograf attacca "Presidi degli operai peggiorano la crisi" ( da "Stampa, La" del 22-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: CASSA INTEGRAZIONE E LICENZIAMENTI Neograf attacca "Presidi degli operai peggiorano la crisi" [FIRMA]ANDREA GARASSINO MORETTA Prosegue ad oltranza lo sciopero con presidio di fronte ai cancelli della Neograf di Moretta da parte dei 200 dipendenti. L'azienda da diverse settimane è al centro di una crisi finanziaria con lavoratori in cassa integrazione ordinaria.

Troppi 100 mila euro per il torneo di bridge ( da "Stampa, La" del 22-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: conclude Conti - la Regione destina complessivamente risorse economiche di gran lunga inferiori al bilancio del torneo di bridge di Sanremo. Un mondo che spesso è ignorato e oscurato nella sua utilità sociale, nonostante svolga una funzione sociale fondamentale, soprattutto in un periodo di crisi di valori come quello attuale».

Risanamento crolla a Piazza Affari ( da "Stampa, La" del 22-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: I consulenti sono anche alla ricerca di un manager in grado di guidare il gruppo, un «risanatore» per uscire dalla profonda crisi finanziaria che ha colpito Risanamento, da trovare sempre entro la data del 29 luglio. Tra le ipotesi circolate ieri, alle quali non è stato possibile trovare conferma, quella di assegnare le deleghe all'attuale vice presidente Umberto Tracanella.

La B-school studia la ripresa ( da "Italia Oggi" del 22-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: attuale crisi economico-finanziaria. Le idee, gli strumenti finanziari allegri, la scarsa propensione a pensare a lungo termine che hanno portato agli attuali rovesci prima nella finanza e poi nell'economia sarebbero nate proprio tra le aule degli Mba, i Master in business administration, i corsi manageriali post laurea,

Bernanke, così usciremo dal pantano ( da "Milano Finanza (MF)" del 22-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Da quando la crisi finanziaria è iniziata, quasi due anni fa, la Federal Reserve ha ridotto praticamente a zero il tasso d'interesse obiettivo sui prestiti overnight tra le banche (il tasso sui fondi federali). Il bilancio della Fed si è inoltre dilatato tramite l'acquisto di titoli a lungo termine e i programmi di prestiti mirati,

Continuano gli acquisti ( da "Italia Oggi" del 22-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: politica adottate in risposta alla crisi finanziaria e alla recessione possono essere rimosse in maniera dolce e tempestiva, evitando i rischi di un futuro amento dell'inflazione. Siamo convinti», ha proseguito Bernanke, «di avere gli strumenti necessari per alzare i tassi di interesse quando diventerà necessario raggiungere gli obiettivi di massima occupazione e stabilità dei prezzi»

Il mio consulente? È quasi sempre passivo ( da "Finanza e Mercati" del 22-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: 2009 MATTEO MEDIOLA La crisi finanziaria ha avuto un impatto molto rilevante sulle scelte di allocazione della ricchezza finanziaria delle famiglie italiane e ha riportato all'attenzione delle Autorità di vigilanza l'importanza dei servizi di consulenza finanziaria nell'orientare i comportamenti degli investitori non professionali,

Cercasi socialdemocrazia in salsa liberale ( da "Secolo XIX, Il" del 22-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: ben prima della crisi finanziaria e economica, si rivolgeva verso lo Stato chiedendo protezione e governo», che la destra ha capito più lestamente della sinistra. Questa, negli ultimi vent'anni, «ha fatto un lungo cammino nell'assorbire i principi della nuova economia di mercato, il che non sarebbe stato negativo se le dosi non fossero state tali da snaturarne l'

venezia, un'odissea in aeroporto - ettore livini ( da "Repubblica, La" del 22-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: la low cost in forte crisi finanziaria che ieri si è vista congelare dall´Enac anche tutti i suoi collegamenti da Bergamo. Il martedì nero dell´aerolinea controllata dagli ex azionisti di Volare (le famiglie Soddu e Martinelli) e guidata dall´ex ministro dei trasporti Carlo Bernini è iniziato con la cancellazione di due voli dal Marco Polo,

IL BILANCIO ANNUALE 2009 DELL'AUTORITÀ PER LE GARANZIE NELLE COMUNICAZIONI RELAZIONE SULL'ATTIVITÀ SVOLTA E SUI PROGRAMMI DI LAVORO ( da "marketpress.info" del 22-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: nonostante gli effetti recessivi della crisi finanziaria, la dinamica del comparto registra discreti livelli di crescita, generando significativi benefici per gli utenti. In particolare, con un incremento del 4,2%, rispetto al 6% mantenuto per tutto il precedente triennio, il mercato mondiale delle telecomunicazioni vale 997 miliardi di euro.

Il turismo tra guide e listini ( da "Sole 24 Ore, Il" del 22-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Siamo un paese sfiancato da una grave crisi finanziaria,ma il gioco d'azzardo sembra non risentirne. Giuseppe Diotto Torino Polizie e sicurezza Girando per l'Italia si incontrano autovetture con le seguenti scritte: «Polizia municipale», «Polizia comunale», «Polizia locale», «Polizia provinciale», «Polizia di stato», «Polizia penitenziaria»,

EuroMed per arginare la Cina ( da "Sole 24 Ore, Il" del 22-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: protezionismo e costruire un sistema di regole condiviso tra le due sponde del Mediterraneo». «Il nostro prossimo obiettivo è quello di ripartire – ha aggiunto il ministro – cercando in ogni caso di evitare tendenze protezionistiche, attraverso un vero parternariato in cui i protagonisti si riconoscano reciprocamente e creino un sistema di regole comuni e rispettate.

I fondi nella trincea dei bond ( da "Sole 24 Ore, Il" del 22-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: FINANZA E MERCATI data: 2009-07-22 - pag: 39 autore: Indagine Mediobanca. I gestori italiani cercano nelle obbligazioni il riparo dalla tempesta finanziaria I fondi nella trincea dei bond Ma il 2008 è record per perdite (-8,4%) e riscatti netti (65 miliardi) Antonella Olivieri Quando si è toccato il fondo non si può che risalire.

Bernanke cauto sulla ripresa ( da "Sole 24 Ore, Il" del 22-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: interesse più alti e riducendo la stabilità economica e finanziaria». «La Fed, in collaborazione con le grandi banche, ha creato la più grave crisi finanziaria che il mondo abbia mai visto», lo ha però incalzato l'ex candidato repubblicano alle presidenziali Ron Paul, l'autore di un popolare progetto di legge che affiderebbe al Gao, l'ufficio investigativo del Congresso,

I cavalieri dimezzati della finanza ( da "Sole 24 Ore, Il" del 22-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: La devastazione dei mercati finanziari da parte della crisi ha travolto anche queste previsioni. In un nuovo rapporto, appena pubblicato, McKinsey osserva ora che, mentre a fine 2007 i quattro cavalieri della nuova finanza avevano asset per 12.700 miliardi, questa cifra, invece di aumentare, si era ridotta a 12.

Cina e Medio Oriente non rinunciano al lusso ( da "Sole 24 Ore, Il" del 22-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: culla e causa della crisi finanziaria ed economica mondiale, continuano a rivelarsi in calo significativo rispetto agli stessi mesi del 2008. I mercati dell'America Latina, invece, in particolare Messico, Brasile e Argentina, sono in leggera crescita». P e r l'inter o 2009, Branchini con ferma le previsioni fatte da Altagamma nel marzo scorso:

Autogestione contro la crisi ( da "Sole 24 Ore, Il (Sud)" del 22-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: stata la Saem una società cooperativa nata nel 1994 dalla crisi finanziaria del gruppo Rendo, specializzata nel settore delle riparazioni di mezzi d'opera e commerciali. «Bisognava scegliere- dice il presidente Alfio Materia, ex sindacalista se perdere il lavoro o inventarlo. In 12 abbiamo fondato una cooperativa, mantenendo lo stesso nome per essere più riconoscibili nel mercato,

Tokio, il premier si scusa e scioglie il parlamento ( da "Corriere della Sera" del 22-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: economia del Giappone sembra essere la più colpita dalla crisi finanziaria mondiale, la disoccupazione aumenta, i consumi sono bloccati dalla deflazione, ogni consultazione elettorale è una batosta per l'Ldp (come le recenti elezioni amministrative a Tokio). In uno scenario così catastrofico, tornare alle urne sembrerebbe un suicidio politico.

I fondi battono gli esteri Ma i Bot vincono la sfida ( da "Corriere della Sera" del 22-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Nel 2008 la crisi finanziaria mondiale ha pesato ovviamente sulle performance di questi prodotti finanziari ma anche in questo settore l'Italia ha «resistito» di più rispetto ai concorrenti esteri. Lo testimonia l'annuale indagine su fondi e sicav elaborata dall'Ufficio studi Mediobanca.

Fiat verso 8 euro. ( da "Corriere della Sera" del 22-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Economia Mercati Finanziari data: 22/07/2009 - pag: 29 Il caso a Milano Fiat verso 8 euro. «Conti positivi» (g.fer.) Il titolo Fiat è sempre più vicino alla soglia degli 8 euro. Ieri ha chiuso a 7,94, con un progresso del 3,05%. Il nuovo balzo alla vigilia del consiglio di amministrazione per i conti del secondo trimestre e della prima metà dell'

Caterpillar vede la ripresa. Il titolo corre ( da "Corriere della Sera" del 22-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Economia Mercati Finanziari data: 22/07/2009 - pag: 29 Il caso a New York Caterpillar vede la ripresa. Il titolo corre Gli utili della Caterpillar, l'azienda Usa leader mondiale delle macchine movimento terra, salgono più delle attese nel secondo trimestre dell'anno e Wall Street premia il titolo che, dopo aver toccato un massimo di 41,

Piazza Affari, rialzo numero sette ( da "Corriere della Sera" del 22-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Economia Mercati Finanziari data: 22/07/2009 - pag: 29 La Giornata in Borsa di Giacomo Ferrari Piazza Affari, rialzo numero sette Rimbalzo di Tiscali Il possibile interesse di Sawiris per alcuni asset rilancia Tiscali (+7,68%) Con un progresso dell'1,61% dell'Ftse- Mib e dell'1,54% dell'Ftse All Share, Piazza Affari cresce più di tutti in Europa,

Chiese cristiane contro i ( da "Avvenire" del 22-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: in particolare sui cambiamenti climatici e sugli effetti della «grave crisi finanziaria » per rilanciare la speranza cristiana «in situazioni che sembrano invece disperate» . «Affermiamo continua il messaggio che vi è una speranza, mentre perseveriamo nella nostra lotta in favore della verità e della giustizia.

Il 'mattone' in crisi nera: domanda crollata del 20-30% in Emilia-Romagna ( da "RomagnaOggi.it" del 22-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: "La crisi finanziaria e in particolare delle Borse- osserva- ha indotto molti potenziali acquirenti a non disinvestire i loro titoli per acquistare immobili, in attesa di un rialzo delle Borse stesse, che in futuro non troveranno piu' la fiducia, come investimento finanziario, da parte dei cittadini".

PUBBLICITA': NIELSEN GLOBAL,FORTE IMPATTO CRISI,ITALIA-19,1% ( da "Prima Comunicazione" del 22-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Gli effetti della crisi finanziaria globale hanno raggiunto il settore dell'advertising in quest'ultimo trimestre, in particolare in Nord America e in Europa dove quasi tutti i paesi rilevati hanno registrato un andamento negativo - ha osservato il Direttore di Global AdView, Ben van der Werf - La Cina ha segnato un lieve incremento nel trimestre,

Piazza Affari guadagna l'1,54%. Wall Street sempre in altalena ( da "Sicilia, La" del 22-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: importante rassicurare il pubblico e i mercati sul fatto che le misure straordinarie prese in risposta alla crisi finanziaria e alla recessione possono essere ritirate in modo dolce e tempestivo a seconda delle necessità, evitando allo stesso tempo il rischio che tali stimoli possano tradursi in un futuro aumento dell'inflazione». Euro stabile. Seduta ingessata sul cross euro/dollaro.

La chiusura del laboratorio di analisi chiede l'intervento del prefetto ( da "Sicilia, La" del 22-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: Il riferimento ad una buonuscita spettante al suo predecessore (25 mila euro) definita dagli uffici di ragioneria e non da una delibera di giunta, darà adito a forti polemiche con Mario Turturici. «Io non avrei fatto una delibera adesso - ha detto Bono - in una situazione di crisi finanziaria dell'ente». Giuseppe Recca

New York. L'economia migliora ma è ancora troppo fragile per una stretta della politica mo... ( da "Mattino, Il (Nazionale)" del 22-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: finanziari della Camera in occasione della consueta audizione semestrale (oggi andrà in Senato). «In ogni caso riteniamo sia importante rassicurare il pubblico e i mercati sul fatto che le misure adottate in risposta alla crisi finanziaria e alla recessione - afferma - possono essere ritirate in modo fluido e puntuale evitando il rischio che tali stimoli si traducano in inflazione

Nel I trimestre 2009, la spesa pubblicitaria in tv, radio e stampa cala del -7,2% a livello mondiale ( da "PubblicitàItalia.it" del 22-07-2009)
Argomenti: Crisi

Abstract: "Gli effetti della crisi finanziaria globale hanno raggiunto il settore dell'advertising in quest'ultimo trimestre, in particolare in Nord America e in Europa dove quasi tutti i paesi rilevati hanno registrato un andamento negativo - ha osservato il direttore di Global AdView, Ben van der Werf -.


Articoli

Nelle imprese debiti per 93 miliardi (sezione: crisi)

( da "Corriere delle Alpi" del 18-07-2009)

Argomenti: Crisi

Ecco come il Veneto delle aziende quotate in Borsa e non sta cercando di uscire dalle sabbie mobili finanziarie Nelle imprese debiti per 93 miliardi Safilo, Socotherm, Stefanel e Trevisan: futuro in mano agli istituti di credito VENEZIA. Molte erano dei gioielli. Apostoli di quel neo-capitalismo made in Nordest, che faceva cantare vittoria a un modello imprenditoriale che si reinventava attraverso la Borsa e la finanza. Oggi molte di queste aziende rischiano. Imprese quotate e non sono alle prese con trattative serratissime con le banche per uscire dalla palude prodotta dalla crisi finanziaria. Si parla, considerando le società non finanziarie, di un debito complessivo di oltre 93 miliardi: 35 dei quali legati all'industria, 11 all'edilizia e 44 ai servizi. Safilo. I ben informati dicono che la situazione è ben più pesante di quanto non appaia. L'indebitamento netto si aggira sui 650-670 milioni. «Ma se ci aggiungiamo anche i crediti che vanta l'azienda, la posizione lorda raggiunge i 900 milioni - spiega Fabrizio Spagna di Axia -. Ci sono poi da aggiungere circa 105 milioni di debito della finanziaria dei Tabacchi Only 3T e che di fatto, anche se la possibilità è remota, potrebbe essere escusso da Banca Intesa (esposta per circa 80 milioni)». L'istituto ha infatti in pegno per questa linea il 37% di Safilo, di pertinenza dei Tabacchi. «Anche ripianando i debiti c'è un'incognita pesante di natura industriale. Safilo, in 6 mesi, non ha molte chance di ripresa» dice Spagna. E su questo si innestano i rumors sulla trattativa con Marcolin. A muovere i fili ci sarebbero Abete e i Della Valle, che con Safilo potrebbero costruire il terzo pilastro di Tod's. Trevisan Cometal. Al momento l'indebitamento netto della società dovrebbe aggirarsi sui 60-70 milioni, ma con il calo del fatturato e dei margini, questa esposizione preme violentemente. Sta curando la situazione l'advisor Vitale&Associati su incarico della famiglia Garvoglia (Gruppo Campari). «Non ci sono molte vie d'uscita o si ricapitalizza o si vende» dice Spagna. Socotherm. La società è in condizione di grave complessità. «Ma è solida, con un business forte non solo nel settore oil ma anche nel trasporto di acqua. Il marchio anche a livello internazionale è affermato e stimato» dice Spagna. «Negli anni passati gli istituti hanno incentivato il patron Zeno Soave a spingere sull'acceleratore, investendo in acquisizioni». Per uscire dal tunnel dovrebbe esserci un cambiamento negli assetti proprietari. Stefanel. Stefanel ha ridefinito il contratto di finanziamento con un pool di banche creditrici il 25 marzo. Per maggiore chiarezza bisogna attendere settembre con la presentazione del nuovo piano industriale 2010/1012. Le clausole dell'intesa prevedono inoltre l'effettuazione di operazioni straordinarie da realizzare entro il 30 giugno 2010, che portino nuove risorse per 40 milioni. Non quotate. Anche per Burgo l'equilibrio finanziario potrebbe essere compromesso se perdurano le difficoltà legate al settore della carta. L'esposizione con le banche della compagnia, il cui azionista di riferimento è la vicentina famiglia Marchi, è di 1,4 miliardi. L'istituto più esposto è Mediobanca, con 670 milioni, che è pure il secondo azionista con il 22% del capitale. Anche Riello Group sarebbe in trattativa per rivedere i covenant finanziari e scadenze del debito con un gruppo di banche, per un totale di 360 milioni. (Roberta Paolini)

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nelle imprese debiti per 93 miliardi (sezione: crisi)

( da "Mattino di Padova, Il" del 18-07-2009)

Argomenti: Crisi

Ecco come il Veneto delle aziende quotate in Borsa e non sta cercando di uscire dalle sabbie mobili finanziarie Nelle imprese debiti per 93 miliardi Safilo, Socotherm, Stefanel e Trevisan: futuro in mano agli istituti di credito VENEZIA. Molte erano dei gioielli. Apostoli di quel neo-capitalismo made in Nordest, che faceva cantare vittoria a un modello imprenditoriale che si reinventava attraverso la Borsa e la finanza. Oggi molte di queste aziende rischiano. Imprese quotate e non sono alle prese con trattative serratissime con le banche per uscire dalla palude prodotta dalla crisi finanziaria. Si parla, considerando le società non finanziarie, di un debito complessivo di oltre 93 miliardi: 35 dei quali legati all'industria, 11 all'edilizia e 44 ai servizi. Safilo. I ben informati dicono che la situazione è ben più pesante di quanto non appaia. L'indebitamento netto si aggira sui 650-670 milioni. «Ma se ci aggiungiamo anche i crediti che vanta l'azienda, la posizione lorda raggiunge i 900 milioni - spiega Fabrizio Spagna di Axia -. Ci sono poi da aggiungere circa 105 milioni di debito della finanziaria dei Tabacchi Only 3T e che di fatto, anche se la possibilità è remota, potrebbe essere escusso da Banca Intesa (esposta per circa 80 milioni)». L'istituto ha infatti in pegno per questa linea il 37% di Safilo, di pertinenza dei Tabacchi. «Anche ripianando i debiti c'è un'incognita pesante di natura industriale. Safilo, in 6 mesi, non ha molte chance di ripresa» dice Spagna. E su questo si innestano i rumors sulla trattativa con Marcolin. A muovere i fili ci sarebbero Abete e i Della Valle, che con Safilo potrebbero costruire il terzo pilastro di Tod's. Trevisan Cometal. Al momento l'indebitamento netto della società dovrebbe aggirarsi sui 60-70 milioni, ma con il calo del fatturato e dei margini, questa esposizione preme violentemente. Sta curando la situazione l'advisor Vitale&Associati su incarico della famiglia Garvoglia (Gruppo Campari). «Non ci sono molte vie d'uscita o si ricapitalizza o si vende» dice Spagna. Socotherm. La società è in condizione di grave complessità. «Ma è solida, con un business forte non solo nel settore oil ma anche nel trasporto di acqua. Il marchio anche a livello internazionale è affermato e stimato» dice Spagna. «Negli anni passati gli istituti hanno incentivato il patron Zeno Soave a spingere sull'acceleratore, investendo in acquisizioni». Per uscire dal tunnel dovrebbe esserci un cambiamento negli assetti proprietari. Stefanel. Stefanel ha ridefinito il contratto di finanziamento con un pool di banche creditrici il 25 marzo. Per maggiore chiarezza bisogna attendere settembre con la presentazione del nuovo piano industriale 2010/1012. Le clausole dell'intesa prevedono inoltre l'effettuazione di operazioni straordinarie da realizzare entro il 30 giugno 2010, che portino nuove risorse per 40 milioni. Non quotate. Anche per Burgo l'equilibrio finanziario potrebbe essere compromesso se perdurano le difficoltà legate al settore della carta. L'esposizione con le banche della compagnia, il cui azionista di riferimento è la vicentina famiglia Marchi, è di 1,4 miliardi. L'istituto più esposto è Mediobanca, con 670 milioni, che è pure il secondo azionista con il 22% del capitale. Anche Riello Group sarebbe in trattativa per rivedere i covenant finanziari e scadenze del debito con un gruppo di banche, per un totale di 360 milioni. (Roberta Paolini)

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fvg-russia: export 2008 da 580 milioni (sezione: crisi)

( da "Messaggero Veneto, Il" del 18-07-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina 6 - Economia Fvg-Russia: export 2008 da 580 milioni Mittelfest CIVIDALE. Nel 1999 il Friuli Venezia Giulia occupava il settimo posto tra le regioni italiani maggiori esportatrici verso la Russia con una quota di circa 64 milioni di euro. Oggi, quei traffici sono aumentati di 9 volte e il Friuli Vg (sesta regione) esporta più della Toscana. Il punto è stato fatto ieri al Mittelfest, durante dibattito con il direttore dell'Ice - istituto nazionale per il commercio con l'estero di Mosca -, Roberto Pelo, e l'executive director di Unicredit desk Russia, Roberto Lorenzon e i rappresentanti di Finest, Informest, Camera di commercio di Udine con il presidente Da Pozzo. «Il Friuli Venezia Giulia - ha spiegato Pelo - esporta essenzialmente macchine ed apparecchi meccanici (per 292 milioni, +12,3% rispetto al 2007); mobili (165 milioni, +35%); macchine elettriche e apparecchiature elettriche di precisione (45,5 milioni più 45%); metallo e prodotti in metallo (20,8 milioni, +2,5%); legno e prodotti in legno esclusi i mobili (14,8 milioni, +40,2%). In totale un giro d'affari di 580,5 milioni con una crescita rispetto all'anno precedente del 21,54%. Importante è anche il dato dell'Import verso il Friuli Vg dalla Russia a cominciare dal matello (394 milioni, +76,6% rispetto al 2007); prodotti delle miniere e delle cave (54 milioni, +17,5%); prodotti chimici e fibre sintetiche artificiali e prodotti farmaceutici (2,2 milioni, -53,34%). In tutto 453,8 milioni, con una crescita del 61,93%». La Russia - è stato ribadito ieri - si è confermata anche per il 2008 come il piu' importante partner economico-commerciale del nostro Paese al di fuori dell'Unione Europea, ad eccezione degli Stati Uniti. Nonostante la crisi finanziaria, che ha investito l'economia mondiale nell'ultimo trimestre dell'anno, l'interscambio italo-russo è aumentato nel 2008 del 11% sul 2007, per un totale di 26,5 miliardi. A questo totale concorrono le nostre esportazioni verso la Russia per 10,4 miliardi (+9,3%) e le nostre importazioni per 16,08 miliardi (+12,1%), con un saldo negativo per l'Italia di circa 5,5 miliardi.

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tutti i commissari del presidente - emanuele lauria (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 18-07-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina II - Palermo Tutti i commissari del presidente Metà degli enti regionali senza cda. Raffica di nomine per i fedelissimi Funzionari alla guida di otto Ausl undici consorzi di bonifica e dei quattro parchi Autostrade e aree industriali, le scelte sono arrivate dopo l´azzeramento della giunta EMANUELE LAURIA Dagli ospedali alle autostrade, dalle fiere ai teatri: mezza Sicilia è commissariata. L´Isola che non esce dall´emergenza, segnata da gestioni straordinarie che si trascinano per anni, legata a doppio filo alla volontà di chi, nei palazzi della politica, ha in meno lo scettro delle nomine. Un dato in continua evoluzione: oggi sono settanta le aziende, i consorzi, gli istituti in mano a commissari inviati da Palazzo d´Orleans o dagli assessorati. Circa la metà, appunto, dei principali enti collegati alla Regione. Ma è un crescendo inarrestabile. Una raffica di commissariamenti che, in pieno allarme ambientale, ha colpito negli ultimi giorni gli Ato rifiuti, gravati da un debito che raggiunge il miliardo di euro. Sotto la nuova regia dell´assessore Gaetano Armao, l´agenzia dei rifiuti e delle acque ha inviato propri funzionari in dieci delle 27 società d´ambito siciliane: tre in provincia di Catania, due nel Palermitano, due nel Messinese, una nell´Agrigentino, una nel Siracusano e ad Enna. Altri tre commissari sono pronti a partire: e non finirà lì, c´è da giurarci. Ma è molto più ampio, il ventaglio di nomine straordinarie disposte di recente dalla Regione. Oggi sono commissariate otto delle 29 aziende sanitarie e ospedaliere. Fra queste, il Policlinico di Catania, affidato a un "fedelissimo" di Lombardo, Armando Giacalone, che fu segretario e direttore generale del municipio etneo, oltre che manager di una manciata di società comunali. E la scelta dell´assessorato alla Sanità di far saltare i vertici degli ospedali di Enna e di Messina ha fatto saltare i nervi degli esponenti dell´Udc all´Ars, che un giorno sì e l´altro pure scrivono note di protesta indirizzate a piazza Ziino. Anche perché alla guida dell´Umberto I di Enna è stato nominato il cognato di Lombardo, Francesco Iudica. Polemiche non meno accese ha suscitato la scelta del governatore di sciogliere il cda del consorzio autostrade: silurata dopo un anno la presidentessa Patrizia Valenti, vicina al coordinatore del Pdl Giuseppe Castiglione. Si torna a un commissariamento che aveva già segnato gli otto precedenti anni di vita del consorzio. E, fra gli enti regionali "storici", oggi risultano guidati da un commissario anche l´Ircac (affidato ad Antonino Carullo, lombardiano doc, rimasto al timone dopo la scadenza del mandato di presidente) e l´Ente acquedotti, dove invece dal 2003 è all´opera un liquidatore non troppo amato dal governatore. Si tratta di Marcello Massinelli, avvocato legato all´ex presidente Cuffaro, cui Lombardo sta tentando di ridimensionare le pretese economiche. Massinelli, tabelle alla mano, reclama compensi arretrati per oltre un milione e mezzo di euro. La giunta, sulla base di un parere dell´avvocatura dello Stato, non intende corrispondere più di 200 mila euro. Ma anche enti meno noti sono stati commissariati nelle ultime settimane: dall´istituto incremento ippico affidato a Michele Lonzi, ex responsabile dell´Azienda foreste, all´istituto di giornalismo al vertice del quale, il 26 giugno, è stato nominato Antonino Macaluso. Lo stesso giorno è stato designato, all´Ersu di Messina Giuseppe Privitera. Una conferma che si unisce a quella di Luigi Musacchia nell´analogo ente di Enna: due delle quattro ex opere universitarie sono commissariate. Il record è degli undici consorzi di bonifica che, in attesa di una riforma non ancora attuata, sono tutti sotto la gestione di commissari ad acta. Uno di loro, Girolamo Ganci, è stato nominato al consorzio di Catania due giorni prima delle elezioni europee. Poi gli enti parco: Nebrodi, Etna, Madonie, Alcantara. Fra i posti più ambiti del sottogoverno regionale, tutti guidati da commissari straordinari. Non hanno un regolare consiglio d´amministrazione nove dei dieci Iacp dell´Isola, così come le due Fiere in crisi finanziaria, quella di Palermo e quella di Messina guidata da Fabio D´Amore, già candidato sindaco della città peloritana avvicinatosi dopo le elezioni all´Mpa. Un po´ come è accaduto ad Angelo Sottile, candidato dell´Udc alle ultime regionali. Folgorato dall´Autonomia, a fine giugno Sottile è stato nominato commissario del consorzio Asi messinese. «Nomina illegittima», ha subito tuonato il centrista Pippo Gianni. Troppo tardi: l´ex assessore all´Industria, con l´azzeramento della giunta, era già stato messo alla porta da Lombardo.

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Le banche hanno stretto la cinghia ma anche le aziende devono riconvertirsi (sezione: crisi)

( da "Milano Finanza" del 18-07-2009)

Argomenti: Crisi

Milano Finanza sezione: congiuntura data: 18/07/2009 - pag: 8 autore: Le banche hanno stretto la cinghia ma anche le aziende devono riconvertirsi «Importanti interventi di riforma della regolamentazione finanziaria sono stati avviati. Adesso bisogna concentrarsi sullo sviluppo sostenibile. Il focus è sull'economia reale: se gli interventi posti in essere da banche centrali e governi sono stati determinanti per la risoluzione della crisi finanziaria, non è ancora certo se quelli a sostegno della ripresa economica siano sufficienti a garantire una ripresa sostenibile». Secondo Massimo Ferrari, profondo conoscitore di mercati e istituzioni prima come gestore di patrimoni, poi come responsabile emittenti della Consob e ora come professore di finanza aziendale alla Luiss di Roma, la crisi è arrivata a uno spartiacque decisivo.Domanda. Professor Ferrari, il presidente della Bce Jean-Claude Trichet prevede che nell'Eurozona la ripresa arriverà solo fra un anno e anche l'inflazione resterà temporaneamente in territorio negativo.Risposta. Per quanto è possibile prevedere oggi, la ripresa, quando arriverà nel 2010, sarà debole. È importante e condivisibile la valutazione sull'inflazione. Qualcuno si è di recente preoccupato di una crescita dei prezzi, alimentata dal forte impulso espansivo delle politiche monetarie e ha posto, con troppo anticipo, il problema di come gestirla. Nell'agenda di governi e delle autorità monetarie ci sono ben altre priorità come la gestione dei disavanzi pubblici e il sostegno alla domanda. La dinamica della disoccupazione, a livello globale, ma in particolare in alcuni Paesi occidentali, desta seria preoccupazione ma comunque il punto di minimo, soprattutto in termine di aspettative, è stato superato.D. Da che parte sta nella querelle tra banche e aziende sul credit crunch?R. Gli ultimi dati segnalano una contrazione dell'espansione del credito. Ma il tema fondamentale, ricordando anche la famosa frase di Guido Carli degli anni 70, «il cavallo non beve», è che la domanda di finanziamenti da parte delle imprese è in forte contrazione. Non è un problema di carenza di disponibilità di credito. C'è carenza di domanda e un peggioramento della qualità di credito, anche riconducibile alla struttura finanziaria delle imprese italiane, particolarmente esposta al debito. Concordo con quanti auspicano azioni volte a ridurre il complessivo ricorso al debito, senza ricorrere a scorciatoie pericolose come quella di inflazionare gli attivi, ovvero come quella di deflazionare il debito. A livello micro, tornando alle piccole e medie imprese, è opportuno valutare strumenti e soluzioni utili a favorire una conversione del debito in capitale. D. Però il presidente della Consob ha ricordato alle banche la necessità di porre al centro delle strategie aziendali il cliente. R. Anche Cardia è convinto che il rispetto delle norme non sia più sufficiente a garantire il presidio dei rischi e il rapporto di fiducia tra banca e cliente. Si tratta di un tema centrale che richiede interventi più coraggiosi. Il percorso di consolidamento che il sistema bancario italiano ha compiuto negli ultimi dieci anni ha garantito una tenuta complessiva del sistema di fronte alla più grave crisi dal dopoguerra. Lo stesso impegno e lo stesso coraggio dovranno essere spesi per valorizzare il rapporto fiduciario con il cliente. D. Nella relazione della Consob è anche emersa come concausa della crisi l'inefficacia dei meccanismi di governo societario che ha fatto privilegiare i risultati di breve. Che cosa ne pensa?R. Sono altri i fattori che hanno contribuito in misura più determinante a tale fenomeno. Penso ai meccanismi di remunerazione, alla preminenza di attori con orizzonti di breve periodo come gli hedge fund, ma, più in generale all'attenzione spasmodica alle oscillazioni giornaliere dei titoli. La governance è fondamentale per garantire l'allineamento degli obiettivi del management con quelli degli azionisti. Siamo proprio sicuri che gli azionisti - di controllo, di minoranza, istituzionali e non - siano stati orientati al lungo termine negli ultimi anni? D. Cardia ha rimarcato ancora un volta i problemi del risparmio gestito. I gestori si difendono sottolineando differenze nel regime fiscale a loro sfavore. Per lei che è stato a lungo al vertice di una delle maggiori società di risparmio gestito in Italia sono queste le vere criticità?R. Direi di no. La disparità fiscale è un elemento sottolineato più volte, al quale si sta lavorando da tempo. Tuttavia, se si guarda all'ultimo anno, la quota di patrimonio perso dal risparmio gestito è quasi equivalente all'incremento delle obbligazioni collocate dalle banche, circa 150 miliardi. Significa che i bond, tra mille difetti, hanno risposto alle esigenze della clientela, oltre che a quelle degli emittenti. Insomma, è il modello di business dei gestori italiani deve essere sottoposto a profonda revisione: l'esclusività del rapporto con i collocatori, più che un fattore di forza, rischia di essere un alibi e i prodotti del risparmio gestito delle differenti sgr non sono distinguibili. Anche nel settore del risparmio gestito le banche debbono fare scelte coraggiose sulla strada del consolidamento: l'Italia ha bisogno di un player mondiale. Cristina Finocchi Mahne

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Mobius (Templeton): Senza regole sui derivati finiremo nel burrone . Ma le banche frenano (sezione: crisi)

( da "Borsa e Finanza" del 18-07-2009)

Argomenti: Crisi

ATTUALITÀ Mobius (Templeton): «Senza regole sui derivati finiremo nel burrone». Ma le banche frenano di Redazione - 18-07-2009 I mercati sembrano aver superato l'empasse del dopo rally di primavera. Ma i nodi di fondo non mancano: A ricordarlo è Mark Mobius, il responsabile di Templeton Asset Management, 25 miliardi di assets amministrati dal suo quartier generale di Singapore: se non si riuscirà, dice, a regolare in maniera efficace i derivati e a gestire il fiume di liquidità generato dai vari piani di stimolo economici, sarà inevitabile lo scoppio di una nuova crisi finanziaria. «Le pressioni politiche da parte delle banche di investimento e di tutta la comunità finanziaria che fa soldi grazie ai derivati - riuscirà ad impedire un'adeguata prevenzione» «Per questa ragione - continua al telefono da Istanbul - sono pessimista: siamo condannati ad una ricaduta». Dalla primavera 2007, le perdite delle istituzioni finanziarie in derivati hanno superato i 1.500 miliardi di dollari. I mercati azionari hanno invece perduto circa metà del loro valore di Borsa, lasciando sul terreno 28.700 miliardi di dollari a causa della minor propensione al rischio degli investitori. Intanto, il 13 luglio scorso, il Dipartimento Usa di Giustizia ha reso noto che è stata avviata un'indagine a tappeto sul mercato dei credit default swaps; nel mirino è il Markit Group, ovvero il provider controllato dalle più importanti banche di Wall Street, che gestisce i dati di questo mercato non regolamentato. L'obiettivo delle indagini, da quanto trapela dagli inquirenti, è verificare se le banche azioniste abbiano avuto accesso privilegiato alle informazioni sui prezzi raccolte ed elaborate da Mankit group. Mobius confessa di non avere una ricetta per ottenere un controllo efficace dei derivati a fronte di operazioni in azioni, bonds, materie prime, valute, tassi di interesse ma anche andamenti climatici o diritti ambientali. Un giro d'affari che, secondo la Bri di Basilea ammonta a poco meno di 600 mila miliardi di dollari (592 mila, per l'esattezza). Ovvero l'equivalente di dieci volte l'intero prodotto lordo mondiale. «Di fronte a queste cifre - incalza Mobius - si spiega la resistenza della comunità finanziaria: le banche fanno talmente tanti soldi in questa zona grigia, che garantisce generosi spreads, che non intendono affatto consentire che ci sia più trasparenza». Per questo motivo, è il fosco presagio di Mobius, tempo 5-7 anni la liquidità immessa nel sistema scatenerà una crisi «molto profonda». Lo stesso sottosegretario al Tesoro Tim Geithner ha esortato, la scorsa settimana, il Congresso ad intervenire sul tema derivati con nuove leggi «che rendano difficile evadere i controlli». La strada maestra, ha sottolineato, sta nell'imporre requisiti di capitale più stringenti. È questa, ha aggiunto lo stesso Geithner, la strada che vuol seguire il presidente Barack Obama: più regole per mercati meglio regolamentati e frequentati da operatori sottoposti a controlli più stringenti ed adeguati. In assenza di una corrente riformatrice degna di fiducia, secondo Mobius, stanno prendendo corpo le condizioni per alcune «sensibili» correzioni al ribasso sui mercati: «tra il 15 e il 20 per cento», anche se i mercati emergenti «non sono cari». E tra questi, dice Mobius, un occhio d'attenzione la merita Anglo American Plc, che ha interessi nel platino, diamanti, carbone ed altri metalli. Riproduzione riservata Bloomberg KEVIN HAMLIN

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I mercati sembrano aver superato l'empasse del dopo rally di primavera. Ma i nodi di fondo non ... (sezione: crisi)

( da "Borsa e Finanza" del 18-07-2009)

Argomenti: Crisi

ATTUALITÀ I mercati sembrano aver superato l'empasse del dopo rally di primavera. Ma i nodi di fondo non ... di Redazione - 18-07-2009 I mercati sembrano aver superato l'empasse del dopo rally di primavera. Ma i nodi di fondo non mancano: A ricordarlo è Mark Mobius, il responsabile di Templeton Asset Management, 25 miliardi di assets amministrati dal suo quartier generale di Singapore: se non si riuscirà, dice, a regolare in maniera efficace i derivati e a gestire il fiume di liquidità generato dai vari piani di stimolo economici, sarà inevitabile lo scoppio di una nuova crisi finanziaria. «Le pressioni politiche da parte delle banche di investimento e di tutta la comunità finanziaria che fa soldi grazie ai derivati - riuscirà ad impedire un'adeguata prevenzione» «Per questa ragione - continua al telefono da Istanbul - sono pessimista: siamo condannati ad una ricaduta». Dalla primavera 2007, le perdite delle istituzioni finanziarie in derivati hanno superato i 1.500 miliardi di dollari. I mercati azionari hanno invece perduto circa metà del loro valore di Borsa, lasciando sul terreno 28.700 miliardi di dollari a causa della minor propensione al rischio degli investitori. Intanto, il 13 luglio scorso, il Dipartimento Usa di Giustizia ha reso noto che è stata avviata un'indagine a tappeto sul mercato dei credit default swaps; nel mirino è il Markit Group, ovvero il provider controllato dalle più importanti banche di Wall Street, che gestisce i dati di questo mercato non regolamentato. L'obiettivo delle indagini, da quanto trapela dagli inquirenti, è verificare se le banche azioniste abbiano avuto accesso privilegiato alle informazioni sui prezzi raccolte ed elaborate da Mankit group. Mobius confessa di non avere una ricetta per ottenere un controllo efficace dei derivati a fronte di operazioni in azioni, bonds, materie prime, valute, tassi di interesse ma anche andamenti climatici o diritti ambientali. Un giro d'affari che, secondo la Bri di Basilea ammonta a poco meno di 600 mila miliardi di dollari (592 mila, per l'esattezza). Ovvero l'equivalente di dieci volte l'intero prodotto lordo mondiale. «Di fronte a queste cifre - incalza Mobius - si spiega la resistenza della comunità finanziaria: le banche fanno talmente tanti soldi in questa zona grigia, che garantisce generosi spreads, che non intendono affatto consentire che ci sia più trasparenza». Per questo motivo, è il fosco presagio di Mobius, tempo 5-7 anni la liquidità immessa nel sistema scatenerà una crisi «molto profonda». Lo stesso sottosegretario al Tesoro Tim Geithner ha esortato, la scorsa settimana, il Congresso ad intervenire sul tema derivati con nuove leggi «che rendano difficile evadere i controlli». La strada maestra, ha sottolineato, sta nell'imporre requisiti di capitale più stringenti. È questa, ha aggiunto lo stesso Geithner, la strada che vuol seguire il presidente Barack Obama: più regole per mercati meglio regolamentati e frequentati da operatori sottoposti a controlli più stringenti ed adeguati. In assenza di una corrente riformatrice degna di fiducia, secondo Mobius, stanno prendendo corpo le condizioni per alcune «sensibili» correzioni al ribasso sui mercati: «tra il 15 e il 20 per cento», anche se i mercati emergenti «non sono cari». E tra questi, dice Mobius, un occhio d'attenzione la merita Anglo American Plc, che ha interessi nel platino, diamanti, carbone ed altri metalli. Riproduzione riservata Bloomberg

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"ma caserme e stazione sono un obiettivo prioritario" - eleonora capelli (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 18-07-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina IV - Bologna In primo piano La proposta di Gualtiero Tamburini di Nomisma "per recuperare il ritardo sulle infrastrutture" con le azioni di Hera, Sab e Fiera Il portavoce del sindaco... "Ma caserme e stazione sono un obiettivo prioritario" L´urbanistica "Delbono venda le partecipazioni per il metrò" I costruttori lodano la Giunta "Ora il patto sulle aree per non gonfiare il mercato" Mattioli: il nodo ferroviario ha bisogno di interventi strutturali Boschi: l´immobilismo serve a proteggere gli interessi dei costruttori ELEONORA CAPELLI «La stazione è un obbiettivo prioritario per la città, un tema che deve andare al di là degli interessi parziali di questa o quella categoria. Per farla, la valorizzazione delle aree ferroviarie è necessaria, un´operazione contro la quale i costruttori hanno levato gli scudi nel 1994 e fanno resistenza da 15 anni esatti». Giancarlo Mattioli è stato l´ultimo direttore dell´ufficio "Progetto nodo ferroviario" del Comune di Bologna, che dipendeva direttamente dal sindaco, Walter Vitali. Ultimo perché dopo il 1999 il Comune non ha più avuto questo genere di struttura, ma da allora le condizioni di uno degli scali ferroviari più importanti d´Italia non sono cambiate di molto. Il fatto che il neo assessore all´urbanistica pensi che «se ne parlerà entro il prossimo mandato», non può lasciare indifferente gli addetti ai lavori. «Il nemico numero uno della stazione sono i ritardi - dice Mattioli - è vero che l´ingresso di nuove aree cambierebbe il mercato, ma il nodo bolognese ha bisogno di interventi strutturali». Chi ha studiato la materia e magari ha anche partecipato con un progetto al concorso internazionale per la nuova stazione, come l´architetto Filippo Boschi che faceva parte del team Ingenhoven Arkitekten, lo sa bene. «L´immobilismo è protezionismo di interessi economici - dice Boschi - . è una vecchia questione: se mettiamo a disposizione nuove aree da costruire, il mercato ne risente perché i prezzo calano. Forse il mercato immobiliare ne avrebbe dei contraccolpi, ma l´ambizione di un´amministrazione deve essere quello di disegnare una città diversa». A questo sarebbero servite le aree ex militari, che il nuovo assessore vuole «riqualificare con prudenza». «Con un progetto unitario per quegli spazi, la città si apre a tante prospettive nuove - dice Boschi - . L´idea di un progetto organico è l´esatto contrario di farne un pochino per volta, e comunque la preoccupazione dovrebbe essere quella di avere un buon progetto per quelle aree». Un eventuale calo dei prezzi di aree e case, del resto, non dovrebbe preoccupare nel momento in cui la "fuga dalla città costa al Comune 5 milioni di euro all´anno, come ha di recente quantificato Nomisma. «Si costruisce poco e si vende a prezzi alti, il cittadino compra poco e a molto - sintetizza l´architetto Gabriele Tagliaventi, presidente dell´associazione "A Vision of Europe" - . Ci vorrebbe uno sforzo per creare un sistema dalla dinamica opposta, in cui tutti vincono. La nostra città dovrebbe tornare ad avere mezzo milione di abitanti». Mentre gli architetti, famosi oggi come vere "star", disegnano le città del futuro, i progettisti bolognesi guardano con disillusione la prudenza dell´amministrazione sulla partita dell´urbanistica.

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Gli intermediari si preparano ai rimpatri (sezione: crisi)

( da "Italia Oggi" del 18-07-2009)

Argomenti: Crisi

ItaliaOggi sezione: la manovra data: 18/07/2009 - pag: 30 autore: Gli intermediari si preparano ai rimpatri Una torta da 150 miliardi di euro. È questo il ghiotto boccone che si preparano a gestire le società di private banking e le fiduciarie impegnate nel rimpatrio dei capitali fuggiti all'estero. A partire dal 15 settembre, il nuovo scudo introdotto dal governo permetterà di riportare a casa le attività finanziarie detenute all'estero, previo il pagamento di una sanzione amministrativa del 5%. Una gallina dalle uova d'oro per il sistema bancario del Belpaese, pronto a replicare i successi delle due precedenti amnistie fiscali del 2002 e del 2003 che fecero rientrare in Italia 46 miliardi di euro mentre altri 31,7 miliardi subirono un processo di regolarizzazione oltreconfine. «La crisi economica e il mutato contesto internazionale spingeranno verso il riposizionamento patrimoniale, finanziario o immobiliare degli asset detenuti all'estero», ha dichiarato Luigi Mennini, responsabile financial planning di Banca Finnat Euramerica. «E questo, attraverso il ricorso a veicoli che garantiscono l'anonimato come l'intestazione fiduciaria». Il rientro semplice dei capitali attraverso Finnat non avrà alcun costo a patto che il cliente decida di lasciare la gestione del patrimonio presso la banca, mentre chi utilizzerà lo strumento fiduciario, vedrà applicata la commissioni standard dell'intestazione fiduciaria. Ma qual è l'identikit del soggetto che farà ricorso allo scudo fiscale? «Esistono tre categorie di possibili utilizzatori», ha dichiarato Andrea Ragaini, responsabile divisione private banking del gruppo Carige. «L'imprenditore che ha necessità di finanziare la propria azienda a causa dei problemi patrimoniali e finanziari determinati dalla crisi; chi ha ricevuto fondi all'estero e non ha utilizzato i precedenti due scudi; e chi ha ricevuto eredità dopo il 2003». Secondo Ragaini, l'unica grande differenza di questa amnistia rispetto a quelle passate è data dal calcolo dell'aliquota per cui stavolta si fa riferimento al 50% sugli interessi percepiti nel quinquennio precedente. «Cambia la formula ma non la sostanza», ha concluso Ragaini. «Si tratta solo di una dicitura necessaria per ottenere il placet da parte dell'Unione europea». Dello stesso parere Marco Cascino, amministratore delegato di Cordusio Fiduciaria, del Gruppo Unicredit. «Rispetto al precedente scudo fiscale non vedo grandi differenze al di là dell'aliquota», ha spiegato Cascino. «Stavolta, però, i capitali detenuti nei paesi extra-Ue, compresa quindi la Svizzera, dovranno essere necessariamente rimpatriati e non varrà lo strumento della regolarizzazione come in passato». Ma attenzione ai tempi. «Il periodo temporale di validità dello scudo fiscale è sufficiente per realizzare tutte le attività di rimpatrio necessarie», ha concluso Cascino, «ma sarebbe bene che chi volesse servirsi di questo strumento iniziasse a muoversi per tempo. Esiste infatti la possibilità di trovare in portafoglio asset illiquidi che potrebbero richiedere più tempo per il loro rimpatrio». Se il nuovo non si discosta molto dai vecchi, per quali ragioni un risparmiatore che non ha approfittato delle due precedenti amnistie dovrebbe guardare con interesse al Tremonti-ter? «Oggi è cambiato il contesto internazionale con la stretta dei paesi dell'Ocse al segreto bancario», ha spiegato Sergio Rogani, amministratore delegato di Ubs Fiduciaria. «Oltre a questo, la crisi finanziaria potrebbe aver convinto molti risparmiatori a riavvicinare i patrimoni detenuti all'estero per consentirne un migliore monitoraggio e una gestione più efficace. In momenti di volatilità, la prossimità geografica costituisce un elemento fondamentale consentendo un confronto frequente con il proprio gestore».

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Giù il valore delle case Meno 10% in due anni (sezione: crisi)

( da "Riformista, Il" del 18-07-2009)

Argomenti: Crisi

Giù il valore delle case Meno 10% in due anni Il mercato immobiliare italiano tornerà a crescere non prima del 2011. È quello che afferma il rapporto Nomisma sul settore per il 2009. Nei primi sei mesi di quest'anno i valori sono scesi del 2,5 per cento, e nei sei mesi precedenti dell'un per cento. Gli analisti di Nomisma ritengono probabile che i corsi immobiliari perdano alla fine dell'anno tra il sei e l'otto per cento rispetto allo scorso anno. E qualche altra cosa perderanno il prossimo anno. Questo è il prezzo che il mercato paga alla crisi finanziaria innescata dai prodotti derivati che era partita proprio dal settore immobiliare americano. Il prezzo è una discesa dei valori in due anni di circa il 10 per cento. Ancorché forse sin troppo limitata - e comunque quasi impercettibile rispetto ai crolli dei mercati negli Stati Uniti o in Spagna - è una correzione decisamente salutare, se pensiamo all'esagerato livello dei prezzi delle case negli ultimi anni, che non corrispondeva più a una realistica valutazione delle cose. Anche da noi c'è stata una bolla dei valori, e solo a crisi finita capiremo di che entità. Per il momento sappiamo che la contrazione delle compravendite (del 15 per cento l'anno scorso e di quasi il 19 nel primo trimestre di quest'anno) porterà a una contrazione del fatturato di settore: quest'anno l'immobiliare potrebbe chiudere con un fatturato di 110 miliardi, il 30 per cento in meno rispetto al 2007, anno boom. La conferma della correzione in atto arriva anche da Eurostat, che ha diffuso ieri i dati di maggio sull'edilizia nell'Unione europea. Per l'Italia sono disponibili solo i dati relativi al primo trimestre del 2009, con un calo dell'attività edilizia del 12,3 per cento rispetto ai primi tre mesi del 2008. 18/07/2009

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Flessione del 16,5% per le vendite di Renault (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 18-07-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-07-18 - pag: 31 autore: In linea col mercato Flessione del 16,5% per le vendite di Renault Nel primo semestre dell'anno Renault ha accusato un calo delle sue vendite mondiali del 16,5% a 1,106 milioni di unità a causa della crisi economica, che ha colpito i mercati in cui il gruppo auto francese è presente. La quota di mercato sul piano mondiale è rimasta invariata al 3,75%, considerato che il crollo delle sue vendite è in linea con il calo del mercato mondiale che ha registrato una flessione del 16,5 per cento. Sul mercato europeo, in flessione del 10,6%, le vendite della casa automobilistica francese sono scese del 10,7%. Anche in questo caso la sua quota di mercato è rimasta invariata all'8,4 per cento. Il gruppo francese ha anche indicato ieri di aver chiuso il semestre con un «margine operativo negativo» ma con un «free cash flow nettamente positivo», grazie al piano di economie annunciato a febbraio. I risultati finanziari del semestre saranno resi noti il prossimo 30 luglio. In un contesto di crisi finanziaria ed economica, si legge nel comunicato diffuso ieri, il gruppo Renault dispone di punti di forza per il secondo semestre: il pieno effetto del rinnovo della gamma con i prodotti faro in Europa come New Mègane, New Scènic 7 posti, New Scènic X-mod e Nuova Clio; una gamma Renault eco2 in Europa particolarmente adatta al contesto ambientale e alle nuove misure fiscali. I risultati di Renault sono in linea con quelli annunciati la scorsa settimana da un altro costruttore francese, il gruppo Psa Peugeot Citroen , che ha registrato un calo delle vendite mondiali nei primi sei mesi del 2009 del 14 per cento. Sulla piazza di Parigi, ieri il titolo Renault ha guadagnato l'1,62%,mentre Peugeot ha messo a segno un progresso dell'1,82 per cento. R.Fi. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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Prodotti illiquidi: ecco le linee guida (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 18-07-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-07-18 - pag: 28 autore: Regole. Dagli intermediari alla Consob Prodotti illiquidi: ecco le linee guida Quando uno strumento finanziario può dirsi liquido? Le associazioni degli intermediari italiani (Abi, Assosim e Federcasse) hanno inviato ieri alla Consob le loro linee guida in cui precisano quali caratteristiche azioni, obbligazioni, prodotti strutturati o derivati debbono avere per poter "presumere" un'effettiva liquidabilità da parte di un investitore. Cioè un loro «smobilizzo entro un lasso di tempo ragionevole, a condizioni di prezzo significative», come stabilisce una recente comunicazione della Consob. Il tema è emerso con prepotenza nel corso della recente crisi finanziaria, quando molti strumenti finanziari (soprattutto del mercato del debito) non hanno più trovato investitori disposti ad acquistarli, con il risultato che i loro possessori non sono riusciti a disfarsene se non a costo di pesanti perdite. A tutela dei risparmiatori, la Consob, nel marzo scorso, ha appunto emesso una comunicazione in cui detta regole di comportamento e trasparenza per i prodotti illiquidi facendo presente che non è sufficiente la quotazione formale di un titolo per poterne desumere una effettiva scambiabilità (il riferimento è alla Borsa, soltanto sulla carta, del Lussemburgo). Con le loro linee guida, sulle quali l'authority si dovrà ora esprimere, gli intermediari indicano, per ciascuna piattaforma di negoziazione e famiglie di prodotti, quali elementi vanno tenuti presenti per poterli considerare liquidi ed esonerarli dal rispetto delle nuove regole della Consob. Per i mercati regolamentati ed i sistemi multilaterali di negoziazione un simile connotato è caratterizzato - fa presente il documento – dalla presenza di almeno un market maker o specialista che garantisce in via continuativa proposte di acquisto e vendita o la presenza di più soggetti che intervengono attivamente su quel mercato. Tali condizioni, tuttavia, possono cambiare per tempo e pertanto - aggiungono le linee guida - non si considerano realizzate, per ciascun strumento finanziario, in assenza di contratti giornalieri (o di proposte di specialisti o market maker) per un determinato numero di sedute. O di un volume di scambi mensili che raggiunga almeno una determinata soglia. Nel caso di un internalizzatore sistematico (l'intermediario che su base sistematica esegue gli ordini della clientela) i parametri presi in considerazione sono il «pronto smobilizzo (di norma entro tre giorni lavorativi dalla data dell'ordine del cliente)» e «condizioni di prezzo significative ». A questo riguardo, in particolare, l'intermediario dovrà mantenere gli spread denaro- lettera «in linea con le informazioni pubblicamente disponibili sui mercati regolamentati e le piattaforme multilaterali di negoziazione » sui medesimi titoli. Ancora più impegnative sono le condizioni che un intermediario deve rispettare qualora esegue gli ordini della clientela senza assumere lo status di internalizzatore sistematico. In questo caso viene imposto anche il rispetto di un rigoroso sistema di pricing degli strumenti finanziari ed anche la disponibilità di informazioni pre e post negoziazione. La ratio di questi interventi è chiara. Quella di spingere gli intermediari verso strutture di negoziazione più efficienti e trasparenti. In caso contrario, appunto, scatteranno i vincoli di trasparenza e gli obblighi di condotta previsti dalla Consob per gli "illiquidi". R.Sa. IL PRINCIPIO Le attività per essere liquide devono poter essere «smobilizzate entro un lasso di tempo ragionevole, a un prezzo significativo»

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De Fonseca ai fondi? La banca dice no (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 18-07-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-07-18 - pag: 28 autore: Private equity. A sorpresa Veneto Banca nega il finanziamento per rilevare il gruppo De Fonseca ai fondi? La banca dice no Morya Longo Sembrava quasi cosa fatta. L'intesa c'era, il prezzo era stato pattuito.Anche la lettera d'intenti era stata firmata. Ma l'acquisizione del gruppo piemontese De Fonseca da parte del fondo di private equity Avm – secondo le indiscrezioni raccolte dal Sole-24 Ore –ha subìto uno stop a sorpresa: una delle banche che doveva finanziare parte dell'acquisizione, cioè Veneto Banca , al momento del via libera finale ha infatti deciso di tirarsi indietro. Dall'istituto veneto motivano la decisione in modo strategico: «Preferiamo finanziare gli investimenti delle piccole imprese della nostra zona, piuttosto che un'operazione finanziaria fatta su un gruppo piemontese». Ma il voltafaccia improvviso è stato accolto da compratore e venditore con tanto amaro in bocca (per usare un eufemismo). Una cosa è certa: la vendita di De Fonseca si è quantomeno arenata. Se ne riparlerà a settembre, ammesso che si trovi un'altra banca. E di questi tempi non è cosa scontata. La vicenda di De Fonseca, storica azienda piemontese famosa per le pantofole, è emblematica del clima che si respira oggi nel mondo del private equity. La società attualmente è controllata da Efibanca Palladio Finanziaria, che a sua volta l'aveva rilevata dal fondo IF investimenti. Nonostante i ripetuti passaggi da un fondo all'altro – che spesso zavorrano la società di debito – in questo caso De Fonseca non è stata eccessivamente appesantita. Alla fine di questa nuova acquisizione – ammesso che si concluda – la società dovrebbe infatti avere un debito tre volte superiore al margine operativo lordo: nulla di eccessivo, insomma. Per di più l'acquisizione preparata dal fondo Avm Private Equity doveva avvenire a prezzi ragionevoli: 6 volte il margine operativo lordo, che valorizzerebbe l'intero gruppo sopra i 70 milioni di euro ( enterprise value ). Anche qui: multipli ben lontani dagli eccessi di 12-13 volte che si vedevano prima della crisi finanziaria. Eppure se due anni fa le banche finanziavano qualunque acquisizione da parte dei fondi di private equity a qualunque multiplo, ora si tirano spesso indietro. Gli addetti ai lavori dicono infatti che è sempre più difficile ottenere credito per operazioni di leverage buy-out . Per questo il caso De Fonseca diventa emblematico di un momento storico. Veneto Banca in un primo momento aveva dato il via libera al finanziamento, come tutte le altre banche coinvolte, ma quando il dossier è passato al comitato crediti della holding ha bloccato tutto. Veneto Banca dice che vuole finanziare le imprese venete e non acquisizioni a leva in Piemonte. Dall'altra parte le si contesta l'improvviso voltafaccia che rischia di compromettere l'intera acquisizione di De Fonseca e il fatto che –in fondo –dietro l'operazione finanziaria in realtà c'è un'industria vera. Il dibattito è questo: riguarda De Fonseca, ma – in realtà –tante altre società bersaglio dei fondi di private equity. Riguarda, insomma, il rapporto tra finanza, industria e banche. Cioè il vero nodo irrisolto del mondo post-crisi. m.longo@ilsole24ore.com © RIPRODUZIONE RISERVATA BUY-OUT ARENATO A rilevare il leader delle pantofole doveva essere Avm ma ora l'operazione si è incagliata: a settembre si cercherà un altro istituto

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Attacco kamikaze scuote Giacarta (sezione: crisi)

( da "Manifesto, Il" del 18-07-2009)

Argomenti: Crisi

INDONESIA NEL MIRINO Attacco kamikaze scuote Giacarta Due bombe sono esplose a breve distanza l'una dall'altra nel cuore finanziario della capitale indonesiana. I morti sono di diverse nazionalità, tra i 60 feriti 18 sono stranieri. Ancora nessuna rivendicazione. Nella stanza di uno degli alberghi è stato disinnescato un ordigno e ritrovato materiale esplosivo. L'attacco inaspettato colpisce un paese fiducioso e in piena ripresa economica che sperava di avere indebolito per sempre il terrorismo Colpiti due hotel di lusso, 9 i morti. Il commando pernottava al Fernando Amaral* Fernando Amaral* Marriott hotel di Giacarta, stanza 1808. Da lì è partito il commando di estremisti suicidi che ha seminato terrore e morte nella capitale indonesiana. Ieri Giacarta si è svegliata nel mezzo di un incubo. Due ordigni sono esplosi alle otto del mattino (le tre di notte in Italia) in due alberghi di lusso, nel cuore finanziario della città: il Marriott hotel, già colpito da un'autobomba nel 2003, e il Ritz-Carlton, entrambi frequentati da uomini d'affari di tutto il mondo e considerati tra i più sicuri della capitale. I morti accertati sono nove (incluso un kamikaze) di diverse nazionalità. Un elenco iniziale stilato dalle autorità menzionava anche italiani ma la Farnesina ha poi smentito. I feriti sono oltre 60, fra i quali 18 stranieri: americani, canadesi, britannici, australiani, olandesi, indiani, sudcoreani e norvegesi. Il dipartimento di Stato Usa ha reso noto che 8 dei feriti sono americani. Barack Obama ha condannato fermamente i «rivoltosi», offrendo l'aiuto degli Usa al governo indonesiano. Testimoni oculari hanno riferito che le esplosioni si sono verificate a pochi minuti di distanza, entrambe all'interno degli hotel, a giudicare dal modo in cui sono esplosi i vetri delle finestre e dalla devastazione mostrata dalle immagini. Giunta sul luogo, il ministro indonesiano per la sicurezza, Widodo Adi Sucipto, ha detto che si trattava di «bombe ad alto potenziale esplosivo», in grado di sventrare un edificio. Per aggirare le severissime misure di sicurezza, sembra che gli attentatori si siano registrati come ospiti paganti, operando appunto dalla stanza 1808. Lì si concentrano le indagini e lì si trova la chiave per comprendere, in assenza di rivendicazioni, chi c'è dietro. «Un atto crudele e disumano» ha proclamato il neoeletto presidente indonesiano, Susilo Bambang Yudhoyono, assicurando che i terroristi saranno catturati e notando con disappunto che l'atto terroristico potrebbe avere un impatto negativo sul commercio e il turismo dell'Indonesia. Dopo gli attacchi, i mercati finanziari indonesiani sono crollati e c'è chi pensa che l'episodio potrebbe cancellare i considerevoli progressi, di stabilità e democrazia, vantati negli ultimi anni dal governo indonesiano, che avevano diffuso negli investitori un clima di maggiore fiducia verso la più grande economia dell'Asia sudorientale. Eppure la tornata elettorale che solo dieci giorni fa aveva visto Yudhoyono trionfare con la maggioranza assoluta dei consensi popolari - come d'altronde quella delle elezioni generali di aprile - era stata pacifica e l'ottimismo la faceva da padrone nei palazzi delle istituzioni politiche indonesiane. Il terrorismo, specie quello di matrice islamica, sembrava indebolito e la rete della Jemaah Islamiah (JI), ritenuta responsabile degli attentati di Bali e del Marriott negli anni scorsi, era stata fortemente ridimensionata. Secondo Sydeny Jones, analista dell'International Crisis Group, sebbene alcuni leader della JI, come Noordin Mohammed Top, siano ancora ricercati, il movimento islamista legato ad Al Qaeda non possiede più la forza e l'impatto di qualche anno fa. Alcune cellule di militanti potrebbero ancora essere «dormienti» e dunque pronte ad attivarsi, come afferma un rapporto sulla sicurezza dell'Australian Strategic Policy Institute diffuso ieri, che giudicano possibili nuovi attacchi della JI, ma le indagini e i sospetti per gli attentati di ieri seguono anche altre possibili piste. Lo stesso Yudhoyono non ha esitato a denunciare che gli attacchi rientrano in una «campagna sovversiva per destabilizzare il paese» che, secondo l'intelligence, includerebbe anche piani per assassinare lo stesso capo di stato. Tutto ruota intorno al gruppo che ha usato la stanza 1808, utilizzata come base logistica, dove è stato ritrovato materiale per confezionare esplosivi e un altro ordigno inesploso. Militanti irriducibili ma isolati? Criminali prezzolati a servizio di qualche vecchia lobby che non gradisce il presidente in carica? Apparati deviati delle forze armate pronti al golpe? Molti interrogativi e poche certezze sulle bombe di Giacarta. Nel paese musulmano più popoloso al mondo (240 milioni di abitanti) il governo è stato elogiato negli ultimi anni per la sua capacità di contenere l'islamismo militante, uscito indebolito, fra l'altro, dalle ultime tornate elettorali. Potrebbe essere, dunque, un colpo di coda di gruppi islamici radicali. Ma anche il gesto isolato di fazioni sovversive, nascoste nelle pieghe della quantomai variegata società indonesiana. *Lettera 22 Foto: GLI EFFETTI DELL'ATTACCO AL MARRIOTT HOTEL DI GIACARTA. FOTO PICCOLA: I DIPENDENTI EVACUATI DAGLI ALBERGHI COLPITI /AP

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NEW YORK - Bank of America e Citigroup, giganti del credito simbolo della crisi finanziaria american... (sezione: crisi)

( da "Messaggero, Il" del 18-07-2009)

Argomenti: Crisi

Sabato 18 Luglio 2009 Chiudi NEW YORK - Bank of America e Citigroup, giganti del credito simbolo della crisi finanziaria americana, tornano in utile a confermare, dopo i solidi conti di Goldman Sachs e JPMorgan, che sui mercati finanziari la stabilizzazione dei mercati finanziaria sembra procedere più velocemente del previsto. Bank of America chiude il secondo trimestre con un utile netto di 3,2 miliardi di dollari e un fatturato al netto delle spese per interessi di 33,1 miliardi, al di sotto delle attese degli analisti. Citigroup archivia il trimestre tornando in nero: i profitti netti sono risultati pari a 4,3 miliardi di dollari. Le buone performace di Bank of America e Citigroup nasconde però una realtà più difficile: sui risultati ha inciso in modo determinante la cessione di asset. Per Bofa la vendita della quota nella cinese China Costruction bank (Ccb), per Citigroup la joint venture di Smith Barney con Morgan Stanley: senza queste dismissioni e nonostante i miliardi di dollari di aiuti pubblici ricevuti, le due banche avrebbero registrato perdite consistenti.

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Se il cibo, di italiano, ha solo il nome (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 18-07-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Focus Vuota data: 18/07/2009 - pag: 11 La denuncia All'estero falsi tre prodotti alimentari su quattro. Anche la Francia tra i Paesi più colpiti Nuove versioni In America il San Daniele diventa «Daniele Prosciutto» e il Parmigiano «Parmesan», simile al «Reggianito» argentino Se il cibo, di italiano, ha solo il nome Formaggi, salumi, olio: contraffatti ma con «Italian sounding» Un giro d'affari mondiale che supera i 56 miliardi di euro E sistono pirati e pirati. Ci sono quelli che assaltano le navi e quelli che scaricano dal web abusivamente musica e film. E poi ci sono quelli che si dedicano al cibo. Il fenomeno si chiama agropirateria e consiste nella contraffazione di un prodotto alimentare tramite lo sfruttamento della reputazione, della notorietà e dei marchi. E l'affare rende: sul solo mercato americano l' italian sounding (prodotti che imitano o fanno riferimento a nomi italiani) vale 17,7 miliardi di dollari. Di questi solo 1,5 miliardi vanno a prodotti realmente italiani. E così si scopre (fonte Fedagri su dati Nomisma) che il 97% della pasta venduta in Nord america è un'imitazione di quella italiana, lo stesso succede per il 94% dei prodotti sott'olio e per il 76% delle conserve di pomodoro. L'Accademia italiana della cucina ha dedicato un libro ( dal titolo «Il falso in tavola») al fenomeno che in tutto il mondo muove un giro d'affari pari a 56,2 miliardi di euro. I Paesi più attivi nel produrre imitazioni sono Australia, Nuova Zelanda e Stati Uniti, lì si annidano i più insidiosi pirati alimentari che si camuffano dietro le sigle più strane e fantasiose: si va dal Parma ham (Usa) all'Asiago del Wisconsin (Usa), dal Tinboonzola (Australia) al Parmesao (Brasile) o al Reggianito (Argentina). Come è evidente, ad essere colpiti maggiormente sono formaggi, salumi e olio d'oliva, un settore che ha un fatturato al consumo di 8,8 miliardi di euro, un export di 1,8 miliardi e impiega più di 300 mila persone. «Il danno per il comparto formaggio è davvero elevato conferma Stefano Berni, direttore generale consorzio Grana Padano . Basti pensare al Grana che è il prodotto dop più consumato nel mondo: ne produciamo 1 milione e 100 mila forme da 37 Kg l'una all'anno. Se fossero debellate le imitazioni, l'export raddoppierebbe. Il danno annuale, causato dalla falsificazione, per il Grana Padano si aggira tra i 200 e i 300 milioni di euro. Anche nel cuore dell'Europa esistono formaggi che fanno il verso al nostro nome: il Gradano in Svizzera e il Pardano in Olanda, ma sono marchi registrati e non possiamo farci nulla. Solo con il «Danish Grana» la Corte di giustizia europea qualche anno fa ci ha dato ragione condannando i danesi per imitazione. Però se a livello mondiale ci fosse l'obbligo di indicare in etichetta il Paese d'origine, noi esporteremmo per un valore di circa 1 miliardo di euro. Invece fuori dall'Europa e negli Usa in particolare, è molto difficile difenderci. Anzi, la beffa diventa doppia perché con la crisi e il protezionismo calano le nostre vendite ma aumenta il consumo di prodotti che ci imitano a buon mercato. Indicod e Nomisma, infatti, hanno calcolato che nel mercato statunitense i prodotti italian sounding rendono quelli realmente italiani quasi fuori mercato collocandoli in una fascia di prezzo decisamente più alta appetibile solo per un pubblico di nicchia. Se quello dei formaggi tipici è il settore più colpito, non mancano casi di imitazione tra i prodotti simbolo della dieta mediterranea come il «Pompeian olive oil» che naturalmente non ha nulla a che vedere con gli scavi della città campana perché viene prodotto nel Maryland. Ma gli Usa sfornano anche le linguine «Ronzoni», il risotto «tuscan» o la polenta, mentre invece dalla Cina arrivano i «pomodorini ciliegini di collina » e dall'Australia la salsa bolognese. Non sfugge alla pirateria neanche il vino simbolo del made in Italy: il Chianti che viene «clonato » nella Napa Valley della California. Si tratta dunque di una truffa planetaria che dovrebbe tirare in ballo l'Organizzazione mondiale del commercio per un accordo internazionale, perché in Europa invece è riconosciuta la tutela dei prodotti a denominazione d'origine come Dop (Denominazione di origine protetta) o Igp (Indicazione geografica protetta). «In effetti queste due sigle erano nate proprio come marchio di protezione dei prodotti di certe aree, solo successivamente sono diventate due garanti della qualità spiega Piero Sardo, presidente della Fondazione Slow Food . Grazie a marchi come Dop e Igp, comunque, esiste, soprattutto in Europa, una buona tutela. Molto più difficile ottenerla dove non ci sono accordi bilaterali, in particolare negli Stati Uniti, in Canada e in Australia. L'unico vero sistema risolutivo è la trasparenza e la tracciabilità assoluta, un tema che spesso terrorizza le stesse imprese produttrici. Basti solo pensare al vino: sappiamo dove è stata raccolta l'uva e da chi è stato prodotto ma non sappiamo se ha subito trattamenti, se sono stati aggiunti zuccheri o chiarificanti. E lo stesso discorso vale con il formaggio: il 10 per cento viene prodotto con il latte in polvere. Sarebbe giusto indicarlo in etichetta. Ma questo è un controllo un po' troppo rigido anche per gli interessi di certi sistemi produttivi. Inoltre non bisogna dimenticare che in tutta Europa sono solo sei o sette i Paesi veramente interessati alla protezione dei prodotti tipici, Italia e Francia su tutti». Proprio queste, infatti, sono le due nazioni più colpite dall'agropirateria. Nel nostro Paese si realizza, secondo la Confederazione italiana dell'agricoltura, più del 21 per cento dei prodotti a denominazione d'origine registrati a livello comunitario. A questi vanno sommati gli oltre 400 vini Doc, Docg e Igt e i più di quattromila prodotti tradizionali censiti dalle Regioni. Uno sterminato elenco di prodotti che ogni giorno sono a rischio «falso d'autore». Naturalmente il fenomeno non colpisce soltanto la fiducia dei consumatori sul cibo «made in Italy» ma genera anche rilevanti riflessi negativi sul piano economicosociale: stando ai dati diffusi dall'Alto commissario per la lotta alla contraffazione, all'estero sono falsi tre prodotti alimentari su quattro con le esportazioni dal-- l'Italia che raggiungono il valore di 16,7 miliardi di euro, pari ad appena un terzo del mercato mondiale delle imitazioni dei prodotti alimentari. Secondo l'Ice (Istituto per il commercio estero) e la Camera di commercio di Parma, le prede più preziose per l'agropirateria sono i sughi per pasta (falsi nel 97% dei casi) seguiti da: pomodori in scatola (76%), caffè (51%), pasta (28%), olio d'oliva (11%) e mozzarella (7%). Il tutto per un bottino complessivo che supera i 54 miliardi di euro. Un tesoro che mai nessun pirata dei Caraibi avrebbe immaginato di poter trafugare. Isidoro Trovato Fuori mercato I falsi spingono gli autentici in una fascia di prezzo troppo alta, accessibile solo a un pubblico di nicchia

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Indonesia, democrazia sotto tiro (sezione: crisi)

( da "EUROPA ON-LINE" del 18-07-2009)

Argomenti: Crisi

Articolo Sei in Esteri 18 luglio 2009 Indonesia, democrazia sotto tiro Bombe in due hotel di Jakarta, torna l'incubo terrorismo L' Indonesia nuovamente sotto il fuoco del terrorismo. Per la quinta volta in pochi anni, il paese musulmano più grande, popoloso e importante del mondo è vittima di un duro attacco terroristico: due bombe sono esplose in due hotel internazionali, il Marriott e il Ritz Carlton. Nove i morti, decine e decine, forse cinquanta, i feriti. Lo stesso presidente della repubblica, appena riconfermato nelle recenti elezioni, Susilo Bambang Yudhoyuno, potrebbe essere stato tra gli obiettivi dell'azione. Questa è l'opinione dei servizi segreti indonesiani. Insomma Jakarta e l'Indonesia ancora in conflitto con i radicali islamici. Ma chi sono i miliziani che colpiscono questo paese? Gli occhi di investigatori e specialisti sono tutti puntati sulla Jemaah Islamiyah, un network terroristico ritenuto responsabile di moltissimi atti violenti in tutto il sudest asiatico, in particolare delle bombe che colpirono in due occasioni, 2002 e 2005, l'isola degli déi, Bali. Secondo i servizi di intelligence e il dipartimento di stato americano, JI, come si dice in acronimo, è l'organizzazione più pericolosa della regione. In realtà però, a detta di molti osservatori, questo gruppo è una galassia complessa ritenuta legata, in alcuni suoi rami, ad al Qaeda. Dunque JI, o meglio una sua scheggia ultrà, quella guidata da Noordin M. Top, è in testa alla lista dei sospetti, anche perché gli investigatori hanno trovato resti umani vicino alla zona di esplosione di uno degli ordigni e ciò fa sospettare che si sia trattato di un attentato kamikaze. A dir la verità non c'è solo l'ipotesi di terrorismo islamista estremista: in Indonesia le recenti elezioni presidenziali sono state molto importanti. Susilo Yudhoyomo, presidente uscente e leader e fondatore del Partito democratico indonesiano, ha stravinto con circa il sessanta per cento. Dopo il risultato elettorale ci sono state però dure polemiche da parte di alcuni partiti di opposizione sulle modalità della consultazione. Un'altra ipotesi, minoritaria, è che l'attentato abbia un qualche rapporto con il voto. Anche se non impossibile, questa circostanza è altamente improbabile, come si intende dal Jakarta Post, autorevole giornale indonesiano, che riporta che lo stesso presidente SBY ha ordinato un'inchiesta al riguardo. Il fatto è che l'Indonesia è un paese maledettamente importante, anche per l'amministrazione Obama. Jakarta, insieme a Tokio, Seul e Pechino, fu tra le poche capitali asiatiche visitate da Hillary Clinton, neocapo della diplomazia del presidente Obama, nella prima missione internazionale. Le ragioni di tale interesse sono tante. L'Indonesia è la nazione musulmana più importante e popolosa del mondo. Ha un Islam largamente laico e pluralista (le grandi organizzazioni di massa musulmane del paese e lo stesso consiglio degli ulema hanno prontamente attaccato il terrorismo, come riporta Asianews.it) e ciò dà fastidio a tanti: sia ai seguaci dell'anti-islamismo militante che agli iscritti del terrorismo internazionale. In aggiunta, l'Indonesia è il paese che controlla l'arteria marittima chiave del commercio del rampante Estremo oriente, gli stretti di Malacca, la giugulare dalla quale passa la maggior parte delle forniture di energia e di materie prima dirette in Cina, Giappone, Corea e Taiwan. Che cosa accadrebbe all'inizio della ripresa economica mondiale made in Far East se gli Stretti per una ragione qualsiasi fossero bloccati? Il solo formulare questa domanda fa tremare mercati e compagnie assicurative. L'Indonesia, nazione in cui anche il presidente Obama ha vissuto, è infatti un paese ricchissimo di risorse naturali, energia, biodiversità; un continente di 230 milioni di persone. Questo paese, dove dal 1998 è nata una fiorente democrazia è un crocevia del ventunesimo secolo e centro della cooperazione sino-americana. Infatti, da tempo la Cina coopera economicamente con l'Indonesia e la stessa comunità mercantile indonesiana è in larga parte una borghesia cinese. In più, gli Stati Uniti sono da decenni l'alleato chiave di Jakarta. Quando nel 1998 il presidente-dittatore Suharto fu costretto a dimettersi a causa della grave crisi finanziaria asiatica che aveva colpito il paese, l'Indonesia, gradualmente e con contraddizioni, è riuscita in un esperimento in cui nessuno credeva: la democrazia. Storia e geopolitica sembravano congiurare fortemente contro questo esperimento: l'Indonesia era appena uscita da una lunga e sanguinosa dittatura, quella di Suharto, responsabile fra l'altro del massacro di quasi un milione di persone, e della guerra di aggressione a Timor est. Era afflitta da numerosi conflitti locali, dalle isole Molucche a Sulawesi, che mettevano in pericolo la sua stessa unità. Non erano pochi gli specialisti che profetizzavano la balcanizzazione del subcontinente, proponendo, più o meno esplicitamente, un ritorno al potere dei militari per impedirla. Tutte queste nere profezie sono state clamorosamente smentite e l'Indonesia è riuscita nell'intento di costruire una democrazia pluralista ormai consolidata. Prima l'inizio dei processi elettorali aperti, poi le riforme istituzionali, infine la recente pace della martoriata provincia sumatriana di Aceh. Tutto ciò ha consolidato la democrazia in un periodo reso difficile dal terrorismo islamista estremista. Fattore chiave di questo impressionante sviluppo politico è stato l'Islam indonesiano, arrivato pacificamente in queste isole, portato da mercanti e mistici sufi. Un Islam che si è amalgamato positivamente con gli usi e i costumi locali, il cosiddetto adat', riuscendo a creare una cultura tollerante. Sono state le organizzazioni di massa musulmane e la pubblica opinione secolare delle metropoli ad articolare la lotta per la democrazia; sono state sempre loro a fondare alcuni importanti partiti moderati ed è stato un loro leader, A. Wahid, che, in veste di presidente della repubblica, ha portato avanti alcune riforme istituzionali chiave per il processo democratico. È pertanto facile comprendere perchè l'amministrazione del presidente Obama ritenga così importante l'Indonesia. Allo stesso tempo però questi fattori spiegano perchè l'Indonesia sia un target anche per il terrorismo internazionale. Claudio Landi

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Indici ancora su, rimbalza Atlantia (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 18-07-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 18/07/2009 - pag: 37 La Giornata in Borsa di Giacomo Ferrari Indici ancora su, rimbalza Atlantia Piazza Affari chiude una settimana tutta al rialzo, in linea con le altre Borse europee. Nella seduta di ieri è dello 0,26% il miglioramento dell'indice Ftse-Mib, mentre l'Ftse All Share cresce dello 0,32%, ma tanto basta per confermare la tenuta del mercato, caratterizzato tra l'altro da volumi accettabili data la stagione (poco più di 2 miliardi di euro il controvalore complessivo). Nemmeno l'esplosione del caso Risanamento (titolo sospeso) frena l'ottimismo di fondo degli operatori: le due banche maggiormente coinvolte, vale a dire Intesa Sanpaolo e Banco Popolare, dopo qualche iniziale difficoltà sono terminate sostanzialmente invariate (rispettivamente -0,31% e -0,68%). Quanto alle altre singole variazioni, nell'ambito dei 40 titoli principali non ci sono stati exploit e tanto meno cadute su cui concentrare l'attenzione. A crescere di più è stata Atlantia, che ha recuperato il 2,28% dopo la frenata di giovedì. Prysmian, invece, ha proseguito la corsa, guadagnando il 2,23% e raggiungendo così, a quota 11,44 euro, il nuovo massimo dell'anno. Non c'è alcuna motivazione particolare dietro questi progressi, se non una scommessa sulla chiusura anticipata dell'accordo finanziario con l'olandese Draka annunciato a fine giugno. Bene anche Fondiaria-Sai (+2,05%) mentre rialzi superiori al punto percentuale hanno riguardato Autogrill (+1,25%), Monte Paschi (+1,71%), Fiat (+1,18%), e Terna (+1,26%). Soltanto due, infine, i ribassi che superano l'1%: Campari, scesa dell'1,44% (il titolo aveva toccato la vigilia il massimo annuale) e Mediolanum, in calo dell'1,33%. Scatto di Prysmian Prysmian ai massimi dell'anno: il mercato punta sull'anticipo dell'intesa con Draka

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BofA e Citigroup, torna l'utile (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 18-07-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 18/07/2009 - pag: 37 Il caso a New York/2 BofA e Citigroup, torna l'utile Bank of America (BofA) e Citigroup, giganti del credito simbolo della crisi finanziaria americana, tornano in utile. A conferma, dopo i solidi conti di Goldman Sachs e JPMorgan, che sui mercati finanziari la stabilizzazione sembra procedere più velocemente del previsto. Bank of America chiude il secondo trimestre con un utile netto di 3,2 miliardi di dollari e un fatturato al netto delle spese per interessi di 33,1 miliardi, al di sotto delle attese degli analisti. Citigroup archivia il trimestre tornando in nero, con profitti netti per 4,3 miliardi di dollari. A Wall Street, tuttavia, BofA è scesa ieri del 2,13%, Citi dello 0,33%. Kenneth Lewis ceo di Bank of America

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La trimestrale frena General Electric (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 18-07-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 18/07/2009 - pag: 37 Il caso a New York/1 La trimestrale frena General Electric Una flessione del 6,05%, a 11,65 dollari, con 160 milioni di titoli scambiati rispetto a una media di circa 95 milioni negli ultimi tre mesi. Il titolo General Electric ha subìto ieri a Wall Street l'impatto delle vendite dopo la presentazione dei conti trimestrali. La contrazione dell'utile netto è stata del 47%, a 2,68 miliardi di dollari, a causa del persistere delle difficoltà nella divisione finanziaria, che ha registrato un calo degli utili dell'80%. Il fatturato è calato invece del 17%, a 39,1 miliardi di dollari. Cresciuti, invece, i profitti della divisione energia, mentre quelli di Nbc Universal (cinema e televisione) sono scesi del 41%. Jeff Immelt ceo General Electric

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Prove tecniche di recupero (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il (Plus)" del 18-07-2009)

Argomenti: Crisi

Plus sezione: STORIA COP data: 2009-07-18 - pag: 4 autore: Gestioni. Il peso dei benchmark e delle tipologie di mandato Prove tecniche di recupero Il rally di Borsa ha premiato chi aveva perso di più nel 2008 L a crisi finanziaria che nel 2008 ha colpito le Borse e condizionato tutti gli strumenti di investimento non ha risparmiato le pensioni di scorta. A livello di performance i fondi pensione negoziali hanno registrato un calo medio ponderato del 5,9%, mentre gli aperti hanno chiuso l'annus horribilis con un ribasso dell'8,6%. Un rosso che ha valorizzato il Tfr. Fortunatamente per i quasi tre milioni di aderenti (cinque se si considerano anche i preesistenti e i Pip) i primi mesi del 2009, grazie al rally dei mercati finanziari, hanno consentito di recuperare. Tanto che a giugno i rendimenti medi dei fondi negoziali e degli aperti hanno battuto in modo evidente la rivalutazione del Tfr: +2,8% circa per entrambi contro lo 0,9% della liquidazione. «Una ragione, questa, che spiega anche perché – commenta Monica Basso, responsabile per la clientela istituzionale di Pioneer (leader nel settore con 44 mandati negoziali e circa 6,7 miliardi di asset) – nel valutare i rendimenti dei fondi pensione, proprio per la natura stessa del risparmio previdenziale (ha un orizzonte di investimento medio-lungo), è opportuno considerare le performance realizzate in un arco temporale più lungo. Inoltre, per il mix di gestione che c'è tra i vari operatori il rendimento apportato dal singolo gestore non è così evidente, a meno che questi non abbia la gestione esclusiva di un comparto. Noi, per esempio, se abbiamo chiuso in media i nostri bilanciati prudenti nel 2008 a - 5%, a giugno siamo già a +3%. Un risultato ottenuto perché abbiamo mantenuto, anche controcorrente, una posizione aggressiva sul corporate e sull'azionario, convinti dell'eccessivo deprezzamento degli asset. Va inoltre rimarcato a ogni utile occasione il ruolo del benchmark, che è espressione di volatilità, obiettivo di rendimento e incorpora un orizzonte di investimento specifico». Così a dieci anni dall'avvio concreto della riforma sui fondi pensione (a marzo '99 partiva la gestione finanziaria di Fonchim , nel 2000 era la volta di Cometa e Fondenergia ai quali si sono aggiunti i più dal 2002) se si guarda il rendimento 2003/maggio 2009 i fondi negoziali segnano un 19,7%, gli aperti il 10,7, a fronte del 18,3% del Tfr». «Nel 2008 in termini di rendimenti assoluti abbiamo assistito a una forte dicotomia tra i fondi negoziali e gli aperti – spiega Tommaso Giorgietti, responsabile branch italiana di AllianzGI Europe (9 i mandati nei negoziali). – Se guardiamo le linee miste e/o bilanciate i fondi pensioni aperti per storia sono più esposti all'equity e quindi sono stati più penalizzati. Sul risultato dei Pip e dei fondi aperti incidono i costi, decisamente più elevati rispetto alla struttura dei negoziali, la forma più efficiente anche a livello di governance. E poi ci sono, proprio per la struttura normativa e giuridica del fondo stesso, dei limiti che incidono sul risultato in termini di forma e sostanza: dal limite all'uso della leva, a quello di non poter ricorrere a certe asset class, alle decisioni del comitato, alla fissazione del benchmark. Tutto questo limita la sua discrezionalità e spesso assistiamo all'appiattimento dei risultati anche tra gestori molto diversi. Ma sono anche limiti che consentono ai fondi di non incappare in decisioni che altrove hanno creato problemi ». «Le performance sono sì importanti – conclude Fabrizio Gualco, responsabile del settore in Credit Suisse (in Italia hanno 16 mandati nei negoziali, nel mondo gestiscono mandati per 43 miliardi su un totale di 276 miliardi di asset) – ma devono essere valutate anche in funzione del benchmark deciso dal fondo. Anche se le capacità distintive di un gestore in situazioni complesse come quelle attuali, non si valutano solo con le performance. E' importante essere in grado di dare al fondo un servizio di qualità e a 360°, offrire un contatto tempestivo e diretto con il gestore, assicurare una rapporto efficace con la banca depositaria, dare un supporto ammini-strativo con una reportistica puntuale e essere tempestivi in momenti di crisi. Lucilla Incorvati © RIPRODUZIONE RISERVATA

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Con Credit Suisse si punta su tre listini internazionali (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il (Plus)" del 18-07-2009)

Argomenti: Crisi

Plus sezione: ANALISI data: 2009-07-18 - pag: 28 autore: Obbligazioni strutturate. Index linked Con Credit Suisse si punta su tre listini internazionali Premio a scadenza del 9,2%, ma solo se nessun indice perde più del 30% L a crisi finanziaria ha avuto ripercussioni pesanti anche nella confederazione elvetica e gli istituti di credito sono al centro delle polemiche a causa della loro esposizione verso i cosiddetti titoli tossici. Le ripercussioni tra i diversi players non sono stati tutte uguali e Credit Suisse è riuscita a contenere i danni e a migliorare la sua situazione competitiva, rispetto al gigante Ubs. La crescente fiducia nell'istituto elvetico ha fatto approdare sul mercato un bond proposto da Banco Posta e legato a 3 indici azionari. Il periodo di collocamento è compreso tra il 22 giugno e il 22 agosto 2009 per un importo totale pari a 900 milioni di euro. Il bond in questione (Isin IT0006699505) ha una durata di 6 anni e andrà in scadenza il 28 agosto 2015. Durante la vita corrisponderà una cedola annua fissa pari al 3,75% e al termine, se nessun indice compreso nel basket avrà perso oltre il 30%, pagherà un premio pari al 9,25. Il basket è composto da 3 blasonati indici azionari: il DJ Eurostoxx 50, lo S&P500 e l'Hang Seng, l'indice delle blue chips rappresentativo del mercato di Hong Kong. Come spesso accade per strumenti caratterizzati da questi payoff la diversificazione non aumenta la probabilità di conseguire un rendimento addizionale. Soprattutto l'Hang Seng presenta un legame con gli altri indici (correlazione) non elevata, lasciando aperta la possibilità di conseguire risultati negativi anche in circostanze accettabili. In pratica l'investitore è in balia della performance dell'indice peggiore del basket. Questa tipologia di opzioni generalmente hanno un valore contenuto e infatti nel prospetto dell'emissione viene esposto un valore pari al 4,6% del totale. La parte interessante dell'obbligazione risiede nella parte fissa in quanto grazie ad un recente calo dei rendimenti di mercato e nella riduzione degli spread su Credit Suisse, alle attuali condizioni il prodotto risulta valere circa 100, più di 96,5 presente nel prospetto. L'investitore ha quindi solamente due scenari possibili, uno meno favorevole (3,75% lordo) con una elevata probabilità di conseguimento (71,1%) e uno interessante (5,11% lordo) nel 29% dei casi. Il rendimento atteso dell'obbligazione è pari al 4,14%, in linea a quanto ottenibile investendo nel reddito fisso dello stesso emittente. Lasciando aperta la possibilità del sostanzioso premio a scadenza e di conseguire un rendimento interessante con un rischio addizionale contenuto, costituito da un rendimento leggermente inferiore a quello di mercato.

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Aureo Sgr si rinnova grazie alla spinta Bcc (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il (Plus)" del 18-07-2009)

Argomenti: Crisi

Plus sezione: ATTUALITA data: 2009-07-18 - pag: 12 autore: Risparmio gestito. Chi cresce anche in tempo di crisi Aureo Sgr si rinnova grazie alla spinta Bcc Da inizio anno i flussi freschi sono positivi per 25 milioni D a qualche settimana i clienti delle Banche di Credito Cooperativo che vogliono investire in fondi comuni hanno a disposizione nuovi strumenti. Aureo Gestioni, la Sgr di casa, ha rinnovato la sua gamma con l'obiettivo di mettere a disposizione delle Bcc strumenti sempre più in grado di rispondere alle caratteristiche della clientela in termini di profilo rischio/rendimento, in particolare all'indomani degli eventi macro-economici dell'ultimo anno. Presente in 2.613 comuni dove spesso rappresenta l'unica realtà bancaria, il sistema delle Bcc nel 2008 ha dimostrato più tenuta rispetto ai grandi istituti di credito. A marzo la raccolta diretta di sistema era di 138 miliardi di euro (+10,9% annuo) mentre gli impieghi avevano superato i 118 miliardi di euro (+9,6% annuo) e il patrimonio è di 17,3 miliardi di euro (+9,6%). Il catalogo Aureo Gestioni (complessivamente la Sgr ha un patrimonio di 4 miliardi, in crescita dall' inizio del 2009) presenta oggi un maggior numero di strumenti flessibili (otto), ha aperto la propria gamma alle gestioni multistrategy e multimanagement, che offrono andamenti decorrelati dai mercati finanziari (quattro fondi di fondi multi-manager, otto linee di gestioni patrimoniali) e un fondo pensione aperto multicomparto. «La nostra Sgr eredita lo stesso sistema valoriale delle Bcc. Queste – spiega Giuseppe Malinverni, direttore generale di Aureo Gestioni – non colpite dalla grande crisi finanziaria, hanno mantenuto una forte attenzione al risparmio. Le nostre modifiche vanno in questa direzione. Obiettivo del processo di rinnovamento è focalizzare l'attenzione sulle necessità dei nostri clienti, attenti alla scelte degli investimenti e alla ricerca di prodotti semplici e trasparenti. Oggi disponiamo di una gamma di fondi che si mantiene completa nelle opportunità di investimento, mantenendo il focus sulla rivalutazione degli investimenti, ma minimizzando le oscillazioni dovute alla volatilità ». La società da inizio anno ha messo a segno una raccolta molto positiva (a fine giugno superava i 25 milioni di euro, quasi l'1% dell'attuali masse), attività che mostra un dinamismo particolarmente forte soprattutto se confrontato con il resto del sistema dove i riscatti continuano a essere pesanti. L.I. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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Game: Nintendo e Nikkei sviluppano un nuovo software per apprendere l'economia (sezione: crisi)

( da "ITnews.it" del 18-07-2009)

Argomenti: Crisi

Roma, 18 lug. (Ign) - Nintendo e Nikkei hanno sviluppato insieme un programma in esclusiva per Nintendo DS, la console di gioco portatile di Nintendo. Il software, dal titolo "Nihon Keizai Shimbunsha Kanshu: Shiranai Mama de ha Son wo Suru ' Mono ya Okane no Shikumi' DS" ("Se non lo conosci ti può danneggiare: Come gestire il denaro' creato sotto la supervisione di Nikkei Inc."), propone contenuti sull'economia. Il lancio è previsto per il 27 agosto 2009, al momento solo in Giappone. Questo programma permetterà agli utenti di acquisire informazioni e conoscenza di problemi economici che vanno dalla gestione quotidiana dei soldi alla crisi finanziaria e alle politiche economiche semplicemente guardando i grafici e le immagini e rispondendo a domande. Il titolo è adatto a un'ampia fascia di età che va dai giovani ai più anziani.

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I giganti del credito tornano in utile (sezione: crisi)

( da "Sicilia, La" del 18-07-2009)

Argomenti: Crisi

USA: bilanci positivi per Bank of america e citigroup I giganti del credito tornano in utile New York. Bank of America e Citigroup, giganti del credito simbolo della crisi finanziaria americana, tornano in utile a confermare, dopo i solidi conti di Goldman Sachs e JPMorgan, che la stabilizzazione dei mercati finanziari sembra procedere più velocemente del previsto. Bank of America chiude il secondo trimestre con un utile netto di 3,2 miliardi di dollari e un fatturato al netto delle spese per interessi di 33,1 miliardi, al di sotto delle attese degli analisti. Citigroup archivia il trimestre tornando in nero: i profitti netti sono risultati pari a 4,3 miliardi di dollari. Le buone performace di Bank of America e Citigroup nascondono però una realtà più difficile: sui risultati ha inciso in modo determinante la cessione di asset. Per Bofa la vendita della quota nella cinese China Costruction bank (Ccb), per Citigroup la joint venture di Smith Barney con Morgan Stanley: senza queste dismissioni e nonostante i miliardi di dollari di aiuti pubblici ricevuti, le due banche avrebbero registrato perdite consistenti. Escludendo la plusvalenza di 6,7 miliardi di dollari dovuta alla cessione parziale della sua divisione di brokeraggio, Citigroup nel trimestre registra una perdita operativa di 27 centesimi per azione. I risultati di Goldman e JPMorgan, invece, non lasciano adito a dubbi sulla solidità dei due istituti, i leader del mercato. Risultati in calo, invece, per General Electric, che registra una contrazione dell'utile netto del 47% a causa del persistere delle difficoltà nella divisione finanziaria. Nello svelare i propri conti sia Bofa sia Citigroup hanno messo in guardia sul fatto che, date le condizioni dell'economia, la strada per uscire definitivamente dalla crisi è piena di ostacoli. Legati, in particolare, alle potenziali perdite sui finanziamenti concessi ai consumatori americani. «La nostra sfida più significativa ora resta il credito al consumo» spiega l'amministratore delegato di Citigroup, Vikram Pandit. E Kenneth Lewis, ad di Bank of America, avverte che la debolezza dell'economia e le difficoltà del settore creditizio peseranno sui conti anche del prossimo anno. R. E.

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Volkswagen vuole tutta la Porsche (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 19-07-2009)

Argomenti: Crisi

IL SOGNO DEL MARCHIO DI LUSSO S'È CAPOVOLTO. SARÀ IL GRUPPO DI WOLFSBURG AD ACQUISTARE I RIVALI DI STOCCARDA Indistruttibile Ferdinand Piëch ha vinto la battaglia contro il collega Wendelin Wiedeking Volkswagen vuole tutta la Porsche All'Emirato del Qatar dovrebbe andare una quota di capitale tra il 14,9 e il 19,9% Land Rover lancia il telefonino 4x4 Resiste a temperature estreme (da -20 a +100 gradi), può essere immerso senza problemi in acqua e non teme le cadute: è il telefonino ultra-resistente lanciato da Land Rover, che lo ha definito il primo cellulare indistruttibile al mondo. Già approvato per uso militare, il telefonino, battezzato S1 è in vendita in Gran Bretagna da questa settimana. Protetto da un involucro di gomma, look tradizionale, l'S1 resiste a umidità, polvere, urti, sale e calore. «È il primo telefonino nel mondo ad essere resistente come un fuoristrada Land Rover - ha sottolineato un portavoce di Tesco -. Crediamo che farà risparmiare alla gente molto denaro», Secondo quanto riferisce il Daily Mail, ogni anno nel Paese vengono spesi 181 milioni di euro per sostituire i telefonini rotti. È dotato di telecamera con flash resistente all'acqua, Gps, torcia, radio Fm e internet.[FIRMA]ALESSANDRO ALVIANI BERLINO La partita a scacchi tra Porsche e Volkswagen si avvicina a una conclusione ben diversa da quella che i vertici di Stoccarda avevano in mente quando lanciarono, quattro anni fa, la scalata ai cugini di Wolfsburg. L'ultima mossa spetta infatti non a Porsche, bensì a Volkswagen. E sarà probabilmente uno scacco matto: VW vuole il controllo completo di Porsche, rivela il settimanale Der Spiegel. Il piano dovrebbe essere realizzato in due fasi: Volkswagen dovrebbe rilevare dapprima il 49,9% e in un secondo momento il resto. Altro che fusione alla pari, insomma: Porsche si avvia a essere risucchiata nel più grande gruppo automobilistico europeo, diventando il decimo marchio accanto a nomi come Audi o Seat. Un trionfo per Ferdinand Piëch, il potente co-proprietario di Porsche e capo dei controllori di Volkswagen, che riuscirebbe a imporre la sua soluzione preferita; un disastro per il numero uno della società di Stoccarda, Wendelin Wiedeking, che sarebbe costretto a fare le valigie, seguito probabilmente dal direttore finanziario Holger Härter. Da giorni, ormai, si rincorrono le indiscrezioni sulle possibili dimissioni di Wiedeking (e sulla sua buonuscita: oltre 100 milioni) e già circola - prontamente smentito - il nome di un probabile successore (il direttore della produzione Michael Macht). Poco importa, oggi, che sia stato Wiedeking a risollevare Porsche da una grave crisi negli anni Novanta e a trasformarla in un'azienda tra le più redditizie al mondo; quello che conta, ora, è che la fallita idea di scalare Volkswagen porti la firma di Wiedeking e Härter. Indifferenti ai rapporti di forza sfavorevoli a Stoccarda (VW è quindici volte più grande di Porsche) i due hanno incamerato a poco a poco il 51% del gruppo di Wolfsburg, più un pacchetto di opzioni su un ulteriore 20%. La crisi finanziaria e la decisione di Bruxelles di non cancellare la Legge VW (che protegge il potere di veto della Bassa Sassonia, secondo azionista di Volkswagen col 20%), hanno però fatto saltare i loro piani. Porsche si è ritrovata bloccata a metà strada e appesantita da oltre 9 miliardi di euro di debiti. La vendita completa a VW, scrive ora lo Spiegel, porterebbe nelle casse delle famiglie Porsche e Piëch - finora azioniste uniche - qualcosa come 8 miliardi. I debiti sarebbero insomma quasi del tutto estinti. In cambio i Porsche e i Piëch controllerebbero il 50% della nuova società VW-Porsche, alla Bassa Sassonia resterebbe il 20%, mentre il Qatar - l'Emirato su cui si concentravano le speranze di Wiedeking di evitare una contro-acquisizione da parte di VW - dovrebbe disporre di una quota tra il 14,9 e il 19,9%. Secondo lo Spiegel le famiglie Porsche e Piëch sono già d'accordo per dare il via libera alla vendita di Porsche a VW giovedì, quando si riuniranno sia il consiglio di sorveglianza di Porsche che quello di Volkswagen. In quella sede, scrive Focus, Piëch vuole inoltre cacciare il suo rivale Wiedeking dall'influente comitato direttivo del consiglio di sorveglianza di VW. Nella guerra di nervi tra Stoccarda e Wolfsburg, fatta di intrighi, attacchi frontali e indiscrezioni velenose, non sorprende che il piano non piaccia a tutti. Il consiglio di fabbrica di Porsche e il sindacato IG Metall sono pronti a protestare a difesa di Wiedeking e dell'autonomia della società: secondo Focus i lavoratori vogliono occupare gli impianti di Zuffenhausen e Weissach, bloccare la produzione e avviare forse uno sciopero a oltranza. Gli operai che fermano i macchinari: un finale inaspettato per il simbolo del lusso a quattro ruote.

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società pubbliche sotto tutela stop ad assunzioni e consulenze - roberto mania (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 19-07-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina 4 - Economia Un articolo del decreto anticrisi le equipara ai ministeri. L´allarme della Cgil Società pubbliche sotto tutela stop ad assunzioni e consulenze Dalla Rai alle Ferrovie, dall´Anas alle Poste, ecco la nuova stretta del governo ROBERTO MANIA ROMA - Pubblico è bello. La crisi finanziaria ha bloccato le privatizzazioni e il governo ha deciso di "riconquistare", almeno per le politiche del personale, le aziende pubbliche. A loro vuole applicare gli stessi vincoli alle assunzioni e ai contratti previsti per il pubblico impiego. Poste, Ferrovie, Anas, ma anche la Rai, come i ministeri o le Asl. Un passo indietro, per un verso, ma un passo avanti, dall´altro, in direzione di un neo dirigismo che già è emerso con gli interventi sulle tariffe elettriche e su quelle autostradali. La strategia del governo, ma soprattutto del titolare dell´Economia, Giulio Tremonti, è scritta - nero su bianco - all´articolo 19 del decreto in discussione alla Camera. Si legge: «Le disposizioni che stabiliscono, a carico delle amministrazioni, divieti o limitazioni alle assunzioni di personale si applicano anche alle società a partecipazione pubblica totale o di controllo». Ora, esclusi esplicitamente i grandi gruppi quotati in Borsa, Eni e Enel, e la holding industriale Finmeccanica, si capisce che ad essere interessate dovrebbero essere appunto quelle società che pur avendo una gestione privatistica sono sostanzialmente pubbliche. Perché le controlla lo Stato, con il top management scelto dal governo quasi sempre nella logica dello spoils system. Appunto le Poste, le Ferrovie, la Rai e l´Anas. A loro vanno aggiunte - il decreto lo dice, pur essendo la relazione tecnica piuttosto avare di dettagli - le municipalizzate come le società del trasporto pubblico locale. «Questa - ha detto il segretario confederale della Cgil Fulvio Fammoni - è una vera e propria rilegificazione surrettizia di tutte le materie relative al personale, ma è anche un intervento sbagliato sull´autonomia delle imprese. Il governo dica con chiarezza qual è il suo obiettivo». Così la politica dei cosiddetti "tagli orizzontali", perseguita da Tremonti, estende la sua sfera di influenza. Se il decreto passerà senza modifiche (a scanso di equivoci il deputato del Pdl, Remigio Ceroni, ha presentato «d´accordo con il governo» un emendamento che ricalca la stessa norma) il blocco delle assunzioni, già fissato per le amministrazioni pubbliche, si applicherà anche alle aziende partecipate. Stesso discorso per il controllo del turn over, cioè il ricambio del personale, stabilito al 10 per cento. Ciò vuol dire che ogni 100 dipendenti che usciranno, ne potranno entrare 10. E, a questo punto, potrebbe essere problematico il rispetto del piano di graduale assorbimento dei precari (quasi 15 mila) nelle Poste concordato dall´azienda con i sindacati, come pure il normale e delicato turn over dei macchinisti delle Ferrovie. Sia le Poste sia le Ferrovie pare si siano fatte sentire nelle commissioni parlamentari. Preoccupazioni ci sarebbero anche a Viale Mazzini. Aziende che dovrebbero adeguare non solo le politiche contrattuali a quelle del pubblico impiego (dove per il biennio 2008-2009 gli incrementi sono stati all´interno del 3,2 per cento) ma anche quelle delle consulenze: per ciascuno budget limitato al 30 per cento di quello del 2004.

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Truffa, bancarotta e aggiotaggio È giustificata la gogna mediatica? (sezione: crisi)

( da "Riformista, Il" del 19-07-2009)

Argomenti: Crisi

Truffa, bancarotta e aggiotaggio È giustificata la gogna mediatica? Lex. Dopo la condanna di Madoff, è cambiata anche la vita di sua moglie. In Italia non è così (tranne che per Coppola). di Fabrizio Goria Sono passate solo poche settimane dalla sentenza record con cui Bernard Madoff, fautore di una truffa da 65 miliardi di dollari, è stato condannato a 150 anni di carcere. Ma la gogna mediatica non è finita per lui e i suoi familiari. Una condizione, però, difficilmente immaginabile in Italia. Per molti osservatori il mondo è mutato dallo scorso 12 dicembre, giorno in cui Bernie Madoff si è consegnato alle autorità: passerà il resto della sua vita nella prigione di Butler, North Carolina, a oltre otto ore di auto da New York. Il suo legale, Ira Sorkin, aveva chiesto la possibilità che Madoff, 71 anni, fosse dislocato nel penitenziario di Otisville, a due ore da Manhattan, ma il giudice che ha scritto la sua sentenza ha rifiutato ogni «sconto di pena, che deve riflettere il volere supremo del popolo». La vita è cambiata anche per Ruth, la moglie di Madoff, costretta dagli agenti di polizia ad abbandonare l'attico da 7,5 milioni di dollari in cui viveva perché di proprietà del marito. Non è tutto. È stato fatto un inventario degli oggetti presenti nell'appartamento che, indipendentemente dalla proprietà, ora sono diventati utili come merce da mettere all'asta il cui ricavato servirà a risarcire i quasi 16 mila truffati. Per Ruth, oltre alla vergogna mediatica e al sospetto di connivenza col marito, è arrivato anche il rifiuto da parte delle agenzie immobiliari statunitensi di cercarle una nuova abitazione. Così, la signora Madoff si è dovuta accontentare di un minuscolo bilocale di 40 metri quadrati. La sentenza che ha portato i 150 anni di carcere all'ex presidente del Nasdaq è però il frutto di una ricerca di una capro espiatorio, come ha ricordato il Wall Street Journal dopo l'ultima udienza. «La gente voleva una pena esemplare, voleva giustizia, voleva anche trovare una valvola di sfogo su cui focalizzare la propria rabbia per la più grande crisi finanziaria degli ultimi 50 anni», scriveva l'editoriale del WSJ. E questo è stato fatto. Diametralmente opposta è la visione in Italia, sebbene le truffe milionarie non siano mancate negli ultimi anni. La più famosa è certamente quella Parmalat, il maggiore scandalo di bancarotta fraudolenta e aggiotaggio di una società in Europa. Oltre 14 miliardi di euro mancanti dai libri contabili e Calisto Tanzi, ex presidente del colosso italiano, è diventato il principale emblema della connivenza negativa fra impresa e politica. Sebbene furono numerosi i comitati di consumatori registrati come parte civile nel processo che scaturì dal crack, l'esposizione di Tanzi fu minore rispetto a quella che l'opinione pubblica e la collettività ha riservato a Madoff. Anche in sede processuale le differenze sono molte. In primis la tempistica: poco più di sei mesi per scrivere la sentenza di condanna al newyorkese, oltre 7 anni per Tanzi. L'ex patron di Parmalat ha superato il primo grado di giudizio lo scorso 18 dicembre 2008, con una pena di dieci anni. Il giurista Carlo Federico Grosso, dalle colonne della Stampa, ha ricordato che questo è «un risultato deludente. Tanto più deludente - ha continuato - se si considera che, dati i tempi dei giudizi di appello e di cassazione, è ragionevole pensare che i delitti contestati risulteranno in ogni caso prescritti prima della sentenza definitiva». Ma l'altra grande differenza è che in Italia esiste la cosiddetta legge Gozzini: regala 3 mesi di sconto ogni anno di condanna. Ignazio Carabini, sul Sole24Ore dello scorso 2 luglio, ha calcolato che con la normativa vigente nel nostro paese Madoff avrebbe scontato circa 8 anni di reclusione. Ma l'esempio di giustizia all'italiana in merito ai reati societari e bancari è quello di Giampiero Fiorani, ex patron di Banca Popolare Italiana (Bpi), già Popolare di Lodi e ora Banco Popolare. Il suo arresto è avvenuto nel dicembre 2005, per poi tornare in libertà sei mesi e, infine, nell'estate del 2007 Fiorani è stato reclutato dall'agente d'immagine Lele Mora. Anche il proprietario di Cirio Sergio Cragnotti - a seguito della bancarotta del gruppo che guida - è entrato in carcere nel febbraio 2004 per poi uscirne dopo pochi mesi: ancora oggi è in attesa di un giudizio definitivo, nonostante un crack da 1,1 miliardi di euro e 12 mila investitori truffati. L'eccezione sembra essere quella di Danilo Coppola, finanziere romano coinvolto nel gruppo dei "furbetti del quartierino" (coloro che con Stefano Ricucci tentarono la scalata a Bnl, Rcs e Antonveneta nel 2005). Coppola, rinchiuso dal primo marzo 2007 nel carcere di Regina Coeli, è stato condannato il 9 febbraio di quest'anno a 6 anni di reclusione. Anche la rivista Fortune si è chiesta se la gogna mediatica intorno a Madoff sia giustificata, invocando «il dolore provocato, la sofferenza, l'improvvisa povertà e l'estremo tradimento» come motivi per accettare l'idea che il finanziere meriti il massimo della pena possibile. 19/07/2009

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Risanamento, il piano per salvarsi dal crac (sezione: crisi)

( da "Giorno, Il (Milano)" del 19-07-2009)

Argomenti: Crisi

CRONACA MILANO pag. 14 Risanamento, il piano per salvarsi dal crac Nuova liquidità e cessione delle Falck di Sesto SESTO SAN GIOVANNI FIDUCIA ma anche tempi strettissimi. Sono ore di grande lavoro quelle che precedono il consiglio d'amministrazione di Risanamento che si terrà domani: c'è da mettere a punto un piano di salvataggio convincente che possa evitare alla holding che fa capo a Luigi Zunino il fallimento. Piano su cui sta lavorando Banca Leonardo, advisor della società, e che sarà sottoposto domani all'esame dei consiglieri. L'obiettivo è arrivare con le carte in regola all'udienza fissata per il 29 luglio al Tribunale di Milano per esaminare l'istanza di fallimento richiesta direttamente dalla Procura del capoluogo. «L'interesse di tutti si dice in ambito finanziario è di evitare soluzioni traumatiche come il fallimento». INDISCREZIONI di questi giorni vedono Banca Leonardo muoversi con l'appoggio dei principali creditori di Risanamento, ovvero gli istituti di credito Intesa Sanpaolo, Unicredit, Banco Popolare e Bpm. Il piano di salvataggio prevede una nuova iniezione di liquidità si parla di una cifra oscillante tra i 50 e i 110 milioni di euro per superare lo stato di «manifesta insolvenza» segnalato dalla Procura. Inoltre resta più che mai in piedi l'operazione di conferimento dell'area ex Falck di Sesto San Giovanni a un fondo gestito da Castello Sgr con l'attribuzione di quote alle banche creditrici in cambio della cancellazione di parte del debito. Una soluzione quest'ultima che farebbe tirare un sospiro di sollievo sul futuro dell'enorme area dismessa, sulla quale è prevista la costruzione della «nuova» Sesto. Intanto, così da evitare scossoni borsistici, le azioni di Risanamento, sospese da giovedì (giorno in cui alla società è stata notificata l'istanza di fallimento) domani resteranno escluse dalle contrattazioni. L'OPERAZIONE di salvataggio resta comunque delicata. La crisi finanziaria in cui versa la società (che ha un'esposizione debitoria superiore ai 3 miliardi di euro con le banche) si sposa con l' accertatamento da parte dei pm Laura Pedio e Roberto Pellicano di inadempimenti in sede penale e civile verso tre soggetti (16 milioni con Italease, 20 milioni con Sadi e 12,5 milioni con Ipi). Un insieme di circostanze tale da aver fatto decidere alla Procura di chiedere direttamente il fallimento della holding. Non solo, nel regsitro degli indagati sono finiti lo stesso Zunino e altri due manager con le ipotesi di bancarotta e aggiotaggio (ma nessuna conferma né smentita è arrivata sul fatto che anche il numero uno del fondo Equinox Salvatore Mancuso, «amministratore di fatto» di Risanamento rientri tra gli indagati). ALLA SOCIETÀ non resta che affidarsi alla bontà del piano di salvataggio. Anche perché gli stessi pm hanno indicato proprio nelle banche i soggetti che contribuiscono a mantenere in vita una Risanamento ormai fallita pur di rientrare dei crediti. Questa partita per Zunino rischia di essere la più difficile.

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LE OCCASIONI FINORA MANCATE (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 19-07-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Prima Pagina data: 19/07/2009 - pag: 1 PDL, PD E LE PROVE DA SUPERARE LE OCCASIONI FINORA MANCATE di TOMMASO PADOA-SCHIOPPA N ella nostra storia nazionale il 2009 vede la vera fondazione di due grandi partiti animati da una stessa e concorrente ambizione: governare l'Italia nei decenni a venire. Solo il tempo dirà se sono inizi fecondi o occasioni mancate, ma è adesso che l'importanza del fatto deve essere colta, dal politico di professione come da ogni cittadino responsabile. I partiti storici, cui i due neonati del 2009 subentrano, erano segnati da circostanze ormai scomparse da tempo: dominio di grandi ideologie, suffragio ristretto, ascesa del proletariato, italiani largamente analfabeti, senza scarpe ai piedi né acqua corrente in casa, emigranti a milioni. Alcuni (il liberale, il repubblicano) avevano fatto il Risorgimento; uno (il socialista) le lotte sociali; uno, la riconciliazione dei cattolici con lo stato unitario; due (il fascista, il comunista) erano figli malati della democrazia, fautori tenaci di regimi totalitari, divenuti membri legittimi della famiglia democratica solo dopo decenni perduti, non prima del 1945 e del 1989, grazie all'opera educatrice dell'Unione europea. Il contesto storico è nuovo, i mali dell'Italia antichi: occorrono forze nuove per affrontarli. Guai a fare dell'anagrafe una discriminante, novità e giovane età sono cose diverse: Giovanni XXIII divenne Papa alla soglia degli 80 anni e il doge veneziano che conquistò Costantinopoli aveva superato i 90. E tuttavia colpisce che, diversamente da quelli di oggi, i fondatori di ieri i Turati, i Gramsci, gli Sturzo, i Mussolini ponessero fondamenta all'alba e non al tramonto della loro esperienza politica. L'osservazione, si badi, dice di più dell'accidia dei giovani che della pervicacia dei vecchi. Occasioni mancate o inizi fecondi? A sinistra, fu di certo occasione mancata l'avvio del Pd nel 2007, quando invece di applicarsi alla costruzione del nuovo partito la sua guida abbatté il governo Prodi, disciolse la coalizione vincitrice del 2006 e restituì il potere all'opposizione. A destra, tarda la costruzione di un partito vero, di cui il capo del governo diventi il prodotto piuttosto che il produttore. Fa difetto a entrambi la chiarezza su punti fondamentali come il finanziamento, l'accesso, le regole interne. L'opera da svolgere è enorme. Essa abbraccia quattro materie, bisognose di analisi distinte, ma ugualmente indispensabili a una formazione politica duratura. Ideologia: non ritratti di padri e nonni alle pareti, bensì principi resistenti al mutare delle circostanze, per istituzioni, democrazia, giustizia, laicità, economia, socialità, Europa, relazioni col mondo. Organizzazione: tesseramento, militanza, democrazia interna, finanziamenti. Linea politica: alleanze, programma, proposte per affrontare, oggi e nella prossima legislatura, questioni quali l'illegalità e la crisi finanziaria. Leadership: chi deve guidare il partito, con che criterio fare la scelta, che relazioni tra partito e capo del governo. Partiti che aspirino a governare l'Italia in modo non effimero devono plasmare quelle quattro materie in modo nuovo, chiaro, convincente, che guardi, sì, all'oggi, ma ancor più al dopodomani. Seppero farlo i migliori tra i partiti di ieri. Solo questo aspetta una generazione nuova di italiani nati e cresciuti nella repubblica o in essa giunti da paesi e culture diverse, spesso ostili alla politica e ai partiti, educati nell'epoca della scuola e della televisione di massa, assetati di legalità e di riconoscimento del merito.

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Se però questo volesse dire arrivare a dopo l'approvazione definitiva del Trattato (rit... (sezione: crisi)

( da "Messaggero, Il" del 19-07-2009)

Argomenti: Crisi

Domenica 19 Luglio 2009 Chiudi di PAOLO POMBENI Se però questo volesse dire arrivare a dopo l'approvazione definitiva del Trattato (ritardo improbabile, ma non escluso) vorrebbe dire votare con le nuove norme: non più la semplice maggioranza dei presenti in Aula al momento del voto, ma la maggioranza assoluta di tutti i 763 membri. Sarebbe una novità che renderebbe molto difficile il governo dell'assemblea da parte dei due partiti maggiori (Ppe e partito socialista e democratico) e darebbe un ruolo anche alle forze minori: cioè meno forza al diktat pro Barroso dei governi, che hanno un asse preferenziale coi grandi partiti, a favore di una impostazione più dinamica della Commissione. Potrà sembrare che tutto questo sia un gioco chiuso fra un gruppo di professionisti della politica europea e che abbia poche ricadute sulla vita della gente. Non è proprio così, non solo per le ragioni di sempre (c'è bisogno di Europa se vogliamo avere la dimensione sufficiente per contare nel mondo e per affrontare la crisi attuale), ma anche per una nuova più sottile ragione legata alla sentenza della Corte Costituzionale tedesca. In buona sostanza in questa pronuncia, ampia e tecnicamente complessa, si fissa un principio: se si vuole davvero far fare alla UE il salto di qualità di una maggiore integrazione, bisognerà passare per una consultazione diretta della popolazione (referendum), perché la UE ha un deficit di democrazia che non può essere colmato solo dalla elezione popolare e diretta del suo parlamento. Il principio è vincolante per la Germania, ma il giudizio pesa su tutti. Significa che il problema del coinvolgimento delle opinioni pubbliche deve essere affrontato, cosa che finora si è fatta solo con un po' di propaganda e nemmeno fatta bene. L'Europa più vicina ai cittadini, l'incremento della partecipazione, la ricezione delle problematiche europee come sale della vita pubblica di tutti i paesi, non sono più temi per cui ci si possa accontentare di un po' di retorica federalista o cose simili. Non sappiamo quanto la presidenza svedese di turno sia consapevole di questo specifico problema, ma certo la scelta dei suoi due temi forti indicherebbe qualche sensibilità in questa direzione. Il primo tema è quello dei cambiamenti climatici: fa audience ed è popolare, ma il suo tallone d'Achille è che è molto difficile tradurlo in vere decisioni soddisfacenti. Il secondo tema è la crisi finanziaria e qui, pur tra mille difficoltà, si potrebbero ottenere dei risultati ed anche raccogliere molto consenso. Ecco allora che entra in gioco un fattore molto importante e delicato per il nostro paese. C'è infatti da decidere la presidenza dell'Eurogruppo, cioè la riunione dei ministri finanziari dei 16 paesi della zona euro. È un club importante, che può influenzare molto non solo la politica della UE, ma la stessa politica internazionale, vista la debolezza del dollaro e la buona tenuta dell'euro. Per questa carica, finora detenuta dal lussemburghese Junker, si parla del nostro Tremonti e questa volta le possibilità di successo sono alte. Tremonti si è mosso bene nel governo della crisi ed ha avuto una presenza intellettuale vivace nell'analisi di quel che accadeva, il che non è esattamente frequente nei ministri economici. Anche al recente G8 ha consolidato la sua posizione nei rapporti internazionali. Per l'Italia la partita è decisiva. L'Unione europea nel 2010 si troverà per forza ad un bivio: o riuscirà ad entrare negli schemi del Trattato di Lisbona, oppure si ridimensionerà ad un livello di ritorno più o meno al livello di un'area di mercato comune. In entrambi i casi sarà una cosa nuova e questo scatenerà un confronto acceso fra i 27 ed una ridislocazione dei pesi e delle influenze. Per la nostra storia e per le nostre prospettive future l'Italia non può entrare in questa nuova fase in posizione di debolezza e per questo deve costruire, per tempo e con pazienza, una rinnovata autorevolezza come sistema nazionale.

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MEGLIO non sottovalutare l'attuale momento dell'Unione Europea: siamo davanti ad un intrico di s... (sezione: crisi)

( da "Messaggero, Il" del 19-07-2009)
Pubblicato anche in: (Messaggero, Il (Metropolitana)) (Messaggero, Il (Ostia))

Argomenti: Crisi

Domenica 19 Luglio 2009 Chiudi di PAOLO POMBENI MEGLIO non sottovalutare l'attuale momento dell'Unione Europea: siamo davanti ad un intrico di scadenze che potranno avere ricadute anche molte importanti. Nei giorni scorsi si è avuto l'avvio ufficiale della nuova legislatura del Parlamento di Strasburgo e non si è trattato di un evento di routine. Vediamo di fare un po' di chiarezza su qualche punto. Prima questione: è stata fissata la data per il secondo referendum irlandese di ratifica del trattato di Lisbona. Si voterà il 2 ottobre e sembra ci siano buone possibilità per la vittoria dei sì, il che vuol dire una altrettanto buona possibilità che per fine anno si abbia la ratifica complessiva, mancando solo la firma dei presidenti (euroscettici) della Polonia e della Repubblica Ceca, i cui parlamenti però hanno già ratificato. Se ci sarà il sì irlandese difficile che possano dilazionare ancora. Però se entra in vigore il trattato di Lisbona cambiano un bel po' di cose. Non solo si apre davvero, come abbiamo più volte ricordato su queste colonne, la partita per il presidente stabile. Gli inglesi hanno fatto una mossa per Blair, ma non sembra una candidatura con molte chance. Pare invece che ci sia una più consistente manovra a favore di Felipe Gonzalez, per cui si schiererebbe anche Sarkozy. A fianco si dovrà scegliere l'Alto Commissario per la politica estera e qui le carte sono più coperte. Si è parlato anche di una candidatura del ministro Frattini, ma senza che si possa capire se è un nome buttato lì o una cosa seria. Per l'Italia il gioco è delicato. Nella distribuzione dei ruoli al Parlamento europeo non ci è andata molto bene. Per la presidenza hanno prevalso i giochi franco-tedeschi: l'ex premier polacco, membro del Ppe, per la prima metà della legislatura (un omaggio all'Est, ma anche un uomo molto cauto ed incline alla moderazione ad ogni costo), per passare poi ad un socialista, con ogni probabilità il tedesco Martin Schultz (certamente più. vivace). Nelle presidenze di commissione il duo ha fatto la parte del leone ed a noi è toccata solo l'agricoltura con De Castro. Il Parlamento però ha mostrato subito una volontà di protagonismo, sia pure ad un livello che sfugge alla opinione diffusa. Si è rifiutato di riconfermare Barroso alla presidenza della Commissione come chiedevano i governi rimandando la cosa a dopo l'estate. Se però questo volesse dire arrivare a dopo l'approvazione definitiva del Trattato (ritardo improbabile, ma non escluso) vorrebbe dire votare con le nuove norme: non più la semplice maggioranza dei presenti in Aula al momento del voto, ma la maggioranza assoluta di tutti i 763 membri. Sarebbe una novità che renderebbe molto difficile il governo dell'assemblea da parte dei due partiti maggiori (Ppe e partito socialista e democratico) e darebbe un ruolo anche alle forze minori: cioè meno forza al diktat pro Barroso dei governi, che hanno un asse preferenziale coi grandi partiti, a favore di una impostazione più dinamica della Commissione. Potrà sembrare che tutto questo sia un gioco chiuso fra un gruppo di professionisti della politica europea e che abbia poche ricadute sulla vita della gente. Non è proprio così, non solo per le ragioni di sempre (c'è bisogno di Europa se vogliamo avere la dimensione sufficiente per contare nel mondo e per affrontare la crisi attuale), ma anche per una nuova più sottile ragione legata alla sentenza della Corte Costituzionale tedesca. In buona sostanza in questa pronuncia, ampia e tecnicamente complessa, si fissa un principio: se si vuole davvero far fare alla UE il salto di qualità di una maggiore integrazione, bisognerà passare per una consultazione diretta della popolazione (referendum), perché la UE ha un deficit di democrazia che non può essere colmato solo dalla elezione popolare e diretta del suo parlamento. Il principio è vincolante per la Germania, ma il giudizio pesa su tutti. Significa che il problema del coinvolgimento delle opinioni pubbliche deve essere affrontato, cosa che finora si è fatta solo con un po' di propaganda e nemmeno fatta bene. L'Europa più vicina ai cittadini, l'incremento della partecipazione, la ricezione delle problematiche europee come sale della vita pubblica di tutti i paesi, non sono più temi per cui ci si possa accontentare di un po' di retorica federalista o cose simili. Non sappiamo quanto la presidenza svedese di turno sia consapevole di questo specifico problema, ma certo la scelta dei suoi due temi forti indicherebbe qualche sensibilità in questa direzione. Il primo tema è quello dei cambiamenti climatici: fa audience ed è popolare, ma il suo tallone d'Achille è che è molto difficile tradurlo in vere decisioni soddisfacenti. Il secondo tema è la crisi finanziaria e qui, pur tra mille difficoltà, si potrebbero ottenere dei risultati ed anche raccogliere molto consenso. Ecco allora che entra in gioco un fattore molto importante e delicato per il nostro paese. C'è infatti da decidere la presidenza dell'Eurogruppo, cioè la riunione dei ministri finanziari dei 16 paesi della zona euro. È un club importante, che può influenzare molto non solo la politica della UE, ma la stessa politica internazionale, vista la debolezza del dollaro e la buona tenuta dell'euro. Per questa carica, finora detenuta dal lussemburghese Junker, si parla del nostro Tremonti e questa volta le possibilità di successo sono alte. Tremonti si è mosso bene nel governo della crisi ed ha avuto una presenza intellettuale vivace nell'analisi di quel che accadeva, il che non è esattamente frequente nei ministri economici. Anche al recente G8 ha consolidato la sua posizione nei rapporti internazionali. Per l'Italia la partita è decisiva. L'Unione europea nel 2010 si troverà per forza ad un bivio: o riuscirà ad entrare negli schemi del Trattato di Lisbona, oppure si ridimensionerà ad un livello di ritorno più o meno al livello di un'area di mercato comune. In entrambi i casi sarà una cosa nuova e questo scatenerà un confronto acceso fra i 27 ed una ridislocazione dei pesi e delle influenze. Per la nostra storia e per le nostre prospettive future l'Italia non può entrare in questa nuova fase in posizione di debolezza e per questo deve costruire, per tempo e con pazienza, una rinnovata autorevolezza come sistema nazionale.

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Tremonti vuole il riordino delle Authority (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 19-07-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Economia data: 19/07/2009 - pag: 29 Il documento La nota del ministro alla relazione della Consob: «Vigilanza, maggiore coordinamento nell'Ue» Tremonti vuole il riordino delle Authority «In Italia più numerose che nel resto d'Europa». Riflessione «non rinviabile» MILANO Giulio Tremonti apre alla riforma delle Authority e invita il Parlamento a riflettere «sull'attuale assetto istituzionale italiano che, rispetto agli altri Paesi membri dell'Unione europea, si caratterizza per un numero elevato di autorità indipendenti, tra cui sono ripartite le funzioni regolamentari e di vigilanza». Nelle dodici pagine di note che accompagnano la relazione del presidente della Consob, Lamberto Cardia, trasmessa alle Commissioni finanza di Camera e Senato, il ministro dell'Economia auspica lo «stretto coordinamento» della Vigilanza tra Paesi e la creazione «di un sistema europeo di supervisori nazionali». Il ministro mette poi in rilievo la ridondanza del sistema italiano, raccogliendo indirettamente la proposta, rilanciata da Cardia all'incontro annuale con il mercato, di ridurre il numero delle autorità, ponendo termine tra l'altro alle «anomalie» rappresentate da Isvap e Covip. Nel progetto di riordino si sono cimentati nel tempo, senza successo, diversi governi. Per ultimo ci ha provato l'esecutivo di Romano Prodi. Ma il disegno di legge scritto da Giulio Napolitano, figlio del presidente della Repubblica, è finito anch'esso in un cassetto, come i dieci o dodici che l'hanno preceduto. A vincere resistenze e interessi consolidati potrebbe provarci ora il ministro dell'Economia. «La crisi finanziaria - scrive Tremonti - ha contribuito ad avviare un dibattito approfondito e non più procrastinabile sulle carenze regolamentari e sul ruolo delle autorità domestiche e sovrannazionali ». Il dibattito, aggiunge, «è di importanza cruciale ». Il ministro definisce «irrealistico » un sistema basato sulla «frammentazione» tra autorità nazionali rispetto a «intermediari sempre più internazionali e mercati sempre più integrati». «Vanno dunque salutate con favore le recenti iniziative comunitarie » che mirano a «meccanismi centralizzati di condivisione e analisi delle informazioni macroprudenziali » e alla creazione «di un sistema europeo di supervisori nazionali». Il quadro complessivo deve indurre a riflettere «sull'assetto istituzionale italiano ». E anche qui «la cooperazione gioca un ruolo centrale per la pronta rilevazione» di anomalie e «l'adozione di interventi efficaci in chiave preventiva», scrive ancora Tremonti ricordando il contributo dato in questa direzione dalla Legge sul Risparmio e dal Comitato per la Salvaguardia della Stabilità finanziaria. Nelle «osservazioni», dalle quali emerge il sostanziale apprezzamento per il lavoro di Cardia, il ministro lamenta tuttavia «i tempi lunghi, in alcuni casi eccessivi » sull'applicazione di procedimenti normativi come le direttiva Transparency, Parti correlate e Opa; teme l'uso eccessivo e «manipolativo» delle vendite allo scoperto; si dichiara disponibile a ripensare alle sanzioni che, dopo essere state quintuplicate con la riforma sul Risparmio, si rivelano «adeguate nei loro massimi ma eccessive riguardo ai minimi ». Paola Pica

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LE COINCIDENZE TRA L'AQUILA E GLENEAGLES (sezione: crisi)

( da "Manifesto, Il" del 20-07-2009)

Argomenti: Crisi

INTERVENTO/STORIA LE COINCIDENZE TRA L'AQUILA E GLENEAGLES Raffaele K Salinari* Raffaele K Salinari* Una serie di interessanti coincidenze legano i due G8 dell'Aquila e di Gleneagles e, anche se i dizionari ci dicono che l'origine di questo nome inglese non ha nulla a che fare con il termine eagle (aquila), ma è una corruzione del lemma eaglais (chiesa in gaelico) nel significato di cappella forse riferito ad un'antica chiesetta dedicata a San Mungo, a noi interessa la consonanza per così dire politica tra i due toponimi, poiché essi restano luoghi nei quali si manifesta comunque la simbolica presenza dell'aquila, come a sottolineare il rapporto tra l'alto volare delle promesse - ma non degli impegni - e la figura di questo uccello un tempo tanto nobile e potente quanto oggi fragile ed in via di estinzione, proprio come la formula politica dei «vertici». Ma al di là di questo nomen omen, resta il fatto che durante il vertice inglese furono fatte le stesse identiche promesse in materia di sostegno agli obiettivi del millennio, che ora sono transitate all'Aquila con l'ipocrita riproposizione dei miliardi già annunciati in quel tempo e mai spesi. E allora come fare ad incalzare i grandi donatori su questo punto utilizzando strumenti nuovi e soprattutto che impediscano loro di ripetere, in un prossimo vertice la stessa storiella senza che le solite Ong o il Segretario generale dell'Onu, magari supportato da qualche cantante rock debbano accusarli di inadempienza? La possibilità esiste e deriva proprio dalle proposte che il Ministro del Tesoro italiano ha presentato ai suoi colleghi delle economie più sviluppate. Parliamo dei global legal standard che, nelle intenzioni di Tremonti, dovrebbero essere le regole per uscire dall'attuale crisi del capitalismo finanziario e finalmente tornare all'economa reale. Ebbene se questa idea si estendesse agli impegni presi in materia di aiuto allo sviluppo, certamente avremmo uno strumento cogente di primaria importanza per costringere i donatori ad essere adempienti ai loro impegni, pena pagare delle penali come succede in ogni contratto commerciale non rispettato, cosa che già avviene, ad esempio, in sede Wto. E visto che si torna a parlare proprio di questa famigerata sede per completare il Doha round, cioè il development round come fu all'epoca chiamata questa ronda di negoziati per la liberalizzazione del commercio, perché i donatori non includono l'obbligo legale di rispettare gli Obiettivi di sviluppo del Millennio tra gli scopi dei nuovi negoziati? Una proposta di coerenza dunque che dovrebbe partire dall'Assemblea generale dell'Onu, quella stessa che decise all'unanimità che entro il 2015 la morte per fame sarebbe stata eradicata, e che oggi potrebbe riprendere il ruolo che gli spetta proprio attraverso l'evidente coincidenza tra gli Obiettivi di sviluppo del Millennio e le soluzioni più di buon senso per uscire dalla crisi finanziaria globale. Lo sviluppo delle aree più povere del pianeta rappresenta, infatti, un investimento sociale ed economico non solo tra i più necessari, ma anche tra i più innovativi. Si potrebbero invertire gli schemi produttivi passando, ad esempio, dall'agricoltura intensiva e centralizzata delle multinazionali dell'agrobusiness a quella decentrata delle piccole comunità contadine, oppure immaginare la riconversione tecnologica di interi continenti dotati di potenzialità energetiche alternative in prospettiva superiori a quelle dei combustibili fossili, come ha evidenziato lo stesso Obama nella sua riscoperta dell'Africa. Questi impegni permetterebbero di concretizzare quello slogan, «people first», che non può essere inteso come il salvare dalla crisi solo una parte del sistema-mondo, ma il complesso delle sue popolazioni, e proprio a partire da quelle a maggior rischio di scomparire con il loro stesso ecosistema. Se è vero che l'Africa appartiene al mondo, come ha detto il Presidente mulatto degli Usa, è vero anche il contrario. In altre parole considerare come un enorme serbatoio di domanda aggregata il complesso degli Obiettivi di sviluppo del Millennio, in special modo quelli che riguardano le parti più povere del globo, e farne dei veri e propri impegni legali su scala globale, fornirebbe molte di quelle risposte che oggi mancano per uscire dalla crisi con un sistema produttivo sostenibile, equo e ridistributivo, mentre la volontà politica di dotarlo di una base legale di portata globale trasformerebbe le promesse sicuramente mancate in impegni certamente onorati, consentendone la consistenza e la costanza. *Presidente Terre des Hommes

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Sarebbe importante - mentre la nuova influenza cammina a passo di carica - che il governo parlasse c... (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 20-07-2009)

Argomenti: Crisi

Sarebbe importante - mentre la nuova influenza cammina a passo di carica - che il governo parlasse con una sola voce e che dietro le dichiarazioni di vari ministri «competenti» - come si dice - si intravedesse un piano di comunicazione efficace e non improvvisato, in grado di diffondere, da una parte, la fiducia nella risposta delle istituzioni all'emergenza; dall'altra, di evitare i danni della disinformazione. Da questo punto di vista, non si può dire davvero che sia incoraggiante l'esordio nella strategia comunicativa, con l'ipotesi del rinvio dell'anno scolastico avanzata dal viceministro alla Salute, Ferruccio Fazio, subito corretta dal ministro della Pubblica Istruzione Mariastella Gelmini, seguita da un supplemento di dichiarazioni del ministro Renato Brunetta. Certo, è ancora il momento della prova degli strumenti dell'orchestra e i suoni dissonanti vanno messi in conto. Ma non c'è tempo da perdere. Noi (italiani) speriamo sempre che ce la caviamo, ma non possiamo illuderci che l'influenza, «la malattia del vento», come era chiamata nel passato in Asia, a causa della sua rapidissima propagazione, risparmi il Belpaese. In tempo di pandemia influenzale le strategie comunicative assumono un'importanza cruciale. Non per niente i «piani di preparazione», messi a punto nei Paesi occidentali per fronteggiare l'aviaria, comprendevano un sofisticato progetto di comunicazione nel quale erano previsti, oltre a un costante collegamento tra le autorità sanitarie locali e nazionali e le altre principali parti in causa, il riferimento alle fonti d'informazione più affidabili, agli strumenti e alle strategie di comunicazione per aiutare le scuole e le università a sviluppare e/o migliorare i piani per prepararsi a rispondere a una pandemia, nonché i sistemi per garantire che la lingua, la cultura o il livello d'istruzione tagliassero fuori gruppi di popolazione. C'è da dire che i piani preparati sotto la spada di Damocle del temibile virus H5N1 risentivano del clima di paura creato dai tassi di mortalità, non paragonabili a quelli, fortunatamente molto contenuti, dovuti al virus H1N1, pari allo 0,5 per cento, stando alle cifre ufficiali. Una situazione che ha influito a contenere paura e ansia. Un po' come avvenne con l'Asiatica, nel 1957. Nonostante la diffusione planetaria e la mortalità, più elevata di una normale influenza, i giornali del tempo non suonarono la grancassa e si concentrarono sull'aneddotica: il possibile slittamento del campionato inglese di calcio e delle finali di Miss Mondo, la mancata partecipazione - causa influenza - del «campionissimo» Fausto Coppi al giro ciclistico della Lombardia e il malessere di Ingrid Bergman, pallida e sbattuta - al suo arrivo in Italia con Roberto Rossellini, anch'egli provato dalla sindrome influenzale. Oggi, data anche la possibilità che il virus diventi più «cattivo» - e considerata la velocità di diffusione, senza precedenti o quasi nella storia delle pandemie, e in attesa dei vaccini - è urgente mettere a punto un piano di misure di salute pubblica (chiusura delle scuole, isolamento eccetera) che, naturalmente, dovranno tener conto dell'evoluzione del virus in queste settimane, dell'età dei gruppi di popolazione «attaccati», dei modi di trasmissione e così via. Scuole e asili rappresentano - si sa - un problema cruciale, sul quale si sono esercitati in questi anni ricercatori ed esperti di salute pubblica, costruendo pure dei modelli matematici. Quella di chiudere le scuole pubbliche è una misura di controllo classica, adottata anche in Italia durante la «Spagnola». Tuttavia, tenere i bambini a casa durante una pandemia influenzale è un intervento problematico: i genitori che lavorano, infatti, dovrebbero assentarsi dai propri posti di lavoro, mettendo a rischio (in alcuni settori nevralgici, comunicazioni, assistenza sanitaria, trasporti eccetera) il sistema di risposta all'emergenza sanitaria. Quando suonò il campanello d'allarme dell'H5N1, alcuni studi sui possibili effetti di una devastante pandemia - come quella del 1918 - valutarono che, a breve termine, l'impatto sull'economia globale, sugli investimenti e sui mercati finanziari avrebbe potuto essere disastroso, investendo importanti settori come i trasporti, il turismo, il commercio. La crisi, allora, non era all'orizzonte. Oggi i costi diretti e indiretti di una pandemia influenzale, per quanto «mite» e non aggressiva, sarebbero davvero molto salati.

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[FIRMA]SANDRA RICCIO TORINO Basta consigli sugli acquisti allo sportello. Più informazion... (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 20-07-2009)

Argomenti: Crisi

[FIRMA]SANDRA RICCIO TORINO Basta consigli sugli acquisti allo sportello. Più informazione e porte aperte alla «vigilanza» delle associazioni a tutela dei consumatori. Sembra andare in questa direzione la nuova iniziativa lanciata la scorsa settimana da PattiChiari, il consorzio Abi di banche italiane nato nel 2003 con la missione di offrire ai cittadini strumenti per capire i prodotti finanziari e scegliere quelli più adatti alle proprie esigenze. A distanza di nove mesi dall'imbarazzante «incidente» sui titoli Lehman Brothers, PattiChiari riparte con il progetto battezzato «Investimenti informati» (sul sito www.pattichiari.it). Si tratta di un database online completamente gratuito che permette di meglio conoscere le caratteristiche finanziarie di circa 2.000 obbligazioni circolanti in Italia. «L'obiettivo è quello di ridurre le asimmetrie informative tra domanda e offerta, aumentando così l'efficienza dei mercati finanziari», spiega il presidente di PattiChiari, Filippo Cavazzuti. «In pratica i risparmiatori potranno arrivare informati in banca e fare scelte più consapevoli». In più i contenuti e le linee guida del nuovo servizio sono stati condivisi con le tredici Associazioni dei Consumatori che partecipano alla «governance» di PattiChiari. Come funziona il nuovo servizio? «Investimenti informati» è suddiviso in due aree principali: una sezione «Info-educativa» e una sezione «Ricerca titoli». La sezione Info-educativa affronta alcuni importanti temi finanziari, come il rapporto rischio-rendimento e la diversificazione del rischio. Ampio spazio viene riservato ai servizi di investimento e alla spiegazione delle caratteristiche dei principali strumenti finanziari diffusi sul mercato come le obbligazioni, le azioni, le quote di fondi e gli strumenti derivati. Altro tema di interesse sono le domande di base che ciascun risparmiatore dovrebbe porsi prima di effettuare un investimento, al fine di scegliere in modo consapevole. In più la sezione è corredata di un ricco glossario, che spiega in modo chiaro e semplice alcuni termini tecnici, e presenta tra i vari contenuti diversi test di apprendimento per consentire all'utente di mettere alla prova le conoscenze acquisite ed eventualmente essere indirizzato verso l'approfondimento di temi specifici. Completato il percorso info-educativo, l'utente può accedere ad un'area di ricerca, ovvero la sezione «Ricerca titoli» e consultare informazioni anagrafiche e di rischio su una base dati di circa 2.000 titoli obbligazionari circolanti in Italia aventi tutti i differenti livelli di rischio (da Aaa a D) ma non «strutturati», denominati in euro, emessi nei paesi sviluppati e quotati su mercati ufficiali. Per la misurazione del rischio di mercato, ossia del rischio di forti oscillazioni del prezzo del titolo nel tempo, gli indicatori prescelti sono il VaR e la Duration. Tali indicatori si basano su metodologie molto diverse tra loro che sul sito sono illustrate all'utente attraverso una spiegazione di facile comprensione ed accessibilità. Saranno aggiornati su base giornaliera. «Ciò che il risparmiatore deve sempre avere presente è che nel mondo della finanza il rischio è sempre in agguato. Educazione e informazione sono utili per affrontare meglio questo tipo di aspetto», dice Cavazzuti che mette in evidenza la gratuità del nuovo servizio: «un abbattimento totale dei costi di informazione che i clienti dovrebbero sostenere se questo servizio non esistesse».

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100 milioni di euro dall'UE per microfinanziamenti per aiutare i disoccupati (sezione: crisi)

( da "Libertà" del 20-07-2009)

Argomenti: Crisi

100 milioni di euro dall'UE per microfinanziamenti per aiutare i disoccupati Cento milioni di euro, che presto potrebbero diventare 500, per fornire crediti, inferiori ai 25.000 euro ciascuno, alle piccole imprese e alle persone che hanno perso il lavoro e intendono avviare in proprio una piccola impresa. Lo strumento appena adottato dalla Commissione europea fa parte delle misure prese per combattere la disoccupazione e ha una dotazione iniziale di 100 milioni di euro che potrebbero lievitare a più di 500 con l'intervento della Banca europea per gli investimenti (BEI). Il nuovo strumento di microfinanziamento intende spianare la via per chi, colpito dalla contrazione del credito tradizionale, quello bancario, in corso, incontra difficoltà a reperire i fondi per avviare una propria impresa. I lavoratori che hanno perso il posto di lavoro o quelli che sono a rischio di disoccupazione e intendono creare una propria impresa troveranno un accesso agevolato ai finanziamenti e beneficeranno di misure di sostegno addizionali quali orientamento o formazione. Le persone in situazione svantaggiata, compresi i giovani, che intendono avviare o sviluppare ulteriormente la propria impresa fruiranno di garanzie ulteriori e di assistenza nella preparazione di un piano di attività. "Quest'anno la crisi economica comporterà la perdita di 3,5 milioni di posti di lavoro nell'UE. La crisi finanziaria ha prosciugato il credito per coloro che desiderano avviare o sviluppare la propria impresa" ha affermato Vladimír Špidla, commissario europeo per l'occupazione e gli affari sociali. "Vogliamo offrire l'opportunità di un nuovo inizio ai disoccupati agevolando l'accesso al credito affinché possano creare o sviluppare nuove imprese e desideriamo anche aiutare le piccole imprese a svilupparsi ulteriormente a dispetto della crisi". Le autorità europee si aspettano di fornire 45 000 prestiti in otto anni a tassi d'interesse agevolati grazie all'intervento del Fondo sociale europeo. Nell'UE per microcredito si intendono prestiti di valore inferiore a 25 000 euro. Le imprese coinvolte sono quelle che danno lavoro a meno di 10 persone, cioè il 91% del totale delle imprese europee e le persone disoccupate o inattive che intendono diventare lavoratori autonomi ma non hanno accesso ai tradizionali servizi bancari. Il 99% delle nuove imprese create in Europa sono microimprese o piccole imprese e un terzo di esse è creato da disoccupati. Lo strumento diventerà operativo nel 2010. 20/07/2009

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persi 204mila posti, ma la fase più nera deve ancora arrivare (sezione: crisi)

( da "Nuova Sardegna, La" del 20-07-2009)

Argomenti: Crisi

La scheda. I dati dell'Istat Persi 204mila posti, ma la fase più nera deve ancora arrivare ROMA. L'impatto della crisi finanziaria è arrivato sull'occupazione e, secondo molti analisti, i prossimi mesi saranno i più difficili per i contraccolpi nella vita concreta dei lavoratori. Gli ultimi dati «certificati» dall'Istat sono di un mese fa e segnano nel primo trimestre 2009 una riduzione di 204.000 posti di lavoro, il primo calo da 14 anni in qua, e ben 221.000 persone in più in cerca di lavoro. Tanto che, a fine marzo, in Itala il tasso di disoccupazione è salito al 7,9%. La riduzione dell'8,08% a giugno del ricorso alla cassa integrazione ordinaria è un primo segnale positivo. Ma a far capire che nei prossimi mesi le difficoltà potrebbero aumentare sono le stime contenute nel Dpef varato la scorsa settimana dal governo. Nel 2008 il tasso di disoccupazione si è fermato al 6,7%, e il vecchio Dpef indicava per quest'anno un'ulteriore riduzione al 5,7%. Il nuovo Dpef, invece, prevede che l'anno si chiuderà con una disoccupazione all'8,8%, nel 2010 non ci saranno miglioramenti (8,9%). Il calo del 2011 porterà il tasso di disoccupazione all'8,5% e poi all'8,1% nel 2012. L'occupazione si ridurrebbe del 2,7%. I dati non vengono indicati in valori assoluti ma basta fare il confronto con il -0,9% del primo trimestre dell'anno, che ha visto un calo di 204 mila posti, per comprendere l'impatto.

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Gli abiti come le auto (sezione: crisi)

( da "Giorno, Il (Milano)" del 20-07-2009)

Argomenti: Crisi

CRONACHE pag. 15 Gli abiti come le auto «Serve la rottamazione» Proposta-provocazione di Sistema Moda Italia di ELEONORA MANTICA BUSTO ARSIZIO (Varese) LA GONNA è diventata troppo corta, la camicia ha i polsini rovinati, la giacca è troppo stretta? Non buttate via nulla. Il vecchio guardaroba potrebbe diventare un affare. Arriva dal bustocco Michele Tronconi, presidente di «Sistema Moda Italia», federazione che riunisce gli industriali della moda, una singolare proposta contro la crisi del settore tessile-abbigliamento: «rottamare» gli abiti usati, proprio come avviene con automobili, motorini o frigoriferi. Il meccanismo è semplice. In pratica i cittadini avrebbero uno sconto sull'acquisto di un nuovo abito portando in negozio quello usato. DI FRONTE a dati fortemente negativi - il comparto tessile-abbigliamento ha avuto nel Nord Italia un calo produttivo tra il 20 e 30% e una perdita tra 15 e 17mila addetti - il presidente Tronconi lancia l'iniziativa come incentivo per aiutare il settore a ripartire. «È una proposta - dice - finalizzata a sostenere i consumi e la capacità competitiva dell'industria del tessile e della moda. Con la rottamazione degli abiti usati tutta la filiera ne gioverebbe. Non solo le vendite godrebbero di una ripresa, ma anche il settore meccano-tessile si troverebbe, ad esempio, a produrre più macchinari perché il lavoro aumenterebbe». «Il Governo - continua Tronconi - ha sostenuto l'industria automobilistica con la rottamazione e la Fiat ha guadagnato. Il meccanismo funzionerebbe anche con il tessile. Servirebbero anche la defiscalizzazione degli acquisti di abiti per bambini e un sostegno alla riduzione dei costi energetici». L'idea per il presidente di «Sistema Moda Italia» è il giusto modo per arginare gli effetti della crisi finanziaria sull'economia reale dando impulso al comparto. «In tutto il mondo - precisa il presidente - c'è un grandissimo mercato dell'usato. Coinvolgere il Governo non sarà facile ma è necessario: gli abiti usati possono potenziare l'attività della cooperazione internazionale». LA PROPOSTA, per il bustocco Tronconi, porterebbe una boccata d'ossigeno a un settore che attraversa un momento particolarmente difficile, con aziende costrette a rivedere il proprio organico di fronte a bilanci che non quadrano più o a ricorrere alla cassa integrazione. Una situazione delle più buie anche nel Varesotto che conta oltre 2.200 imprese nel settore con più di 20mila dipendenti. «C'è bisogno di trovare soluzioni con la massima urgenza - conclude - non dobbiamo cedere ma lavorare sempre di più muovendoci insieme. La parola d'ordine è fare sistema». Image: 20090720/foto/2111.jpg

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PARLAMENTO EUROPEO: DIBATTITO SUL PROGRAMMA DELLA PRESIDENZA SVEDESE (sezione: crisi)

( da "marketpress.info" del 20-07-2009)

Argomenti: Crisi

Lunedì 20 Luglio 2009 PARLAMENTO EUROPEO: DIBATTITO SUL PROGRAMMA DELLA PRESIDENZA SVEDESE Strasburgo, 20 luglio 2009 - Il Primo ministro svedese ha illustrato, il 15 luglio, all´Aula il programma dei prossimi sei mesi di Presidenza dell´Ue. Alcuni deputati hanno colto l´occasione per parlare della candidatura di José Manuel Barroso a Presidente della Commissione. Dichiarazione della Presidenza in carica - Una graduale transizione verso il Trattato di Lisbona, la crisi economica e la crescente crisi climatica - «la maggiore delle nostre sfide nel lungo periodo» - sono state le principali questioni trattate dal Primo ministro svedese Fredrik Reinfeldt, facendo anche riferimento al Programma di Stoccolma sulla giustizia e gli affari interni. «Il prossimo summit di Copenhagen», ha affermato, «dovrà essere usato per coinvolgere i paesi in via di sviluppo nella lotta contro il riscaldamento globale». Ha poi aggiunto che questi ultimi «avrebbero bisogno di investimenti e trasferimenti tecnologici dai paesi più ricchi», ma è anche di cruciale importanza chiedere impegni chiari da parte delle nazioni non europee. A suo parere, inoltre, «la responsabilità di pochi deve diventare la responsabilità di tutti». Riguardo alla questione economica, il Primo ministro ha sostenuto che «un´azione coordinata a livello europeo è il migliore strumento a nostra disposizione», affermando che «l´Europa ha già dimostrato la sua leadership, ma nell´autunno dovranno essere discusse ulteriori misure». Ha quindi elencato tre principali aree di azione. In primo luogo, «è necessario ristabilire la fiducia nei mercati finanziari anche attraverso un rafforzamento del sistema di sorveglianza». Inoltre, «dobbiamo liberarci dal peso della crescita del debito pubblico attraverso una exit strategy coordinata e un graduale ritorno alle regole del Patto di Stabilità». Occorre anche «assicurare alle politiche europee una dimensione sociale che sia solidamente fondata sulle finanze pubbliche e sulla maggiore inclusione delle persone nel mercato del lavoro». Infine, sono anche importanti la revisione della strategia di Lisbona e la resistenza al protezionismo. Il Programma di Stoccolma sulla giustizia e sugli affari interni sarà un asse portante della Presidenza svedese. Questo, ha affermato il primo ministro, «cercherà di affrontare il problema del crimine internazionale, salvaguardando allo stesso tempo la libertà di movimento attraverso i confini». Introdurrà inoltre un sistema comune di asilo e di reinsediamento. La Presidenza svedese, infine, «andrà avanti nel promuovere il processo di allargamento, cercando di agire come un "broker onesto" sulla base degli impegni assunti dall´Ue». Dichiarazione della Commissione - José Manuel Barroso ha ricordato i punti chiave che dovranno essere trattati nei prossimi sei mesi, vale a dire la ripresa economica nell´Ue e un efficace accordo a Copenaghen per quanto riguarda i cambiamenti climatici. A suo parere l´Unione europea dovrebbe dare la priorità alle misure per ricostituire i posti di lavoro dando il suo contributo, sebbene le politiche in materia siano di competenza nazionale. Ad esempio, la Commissione proporrà di semplificare le procedure dei Fondi strutturali ritirando la necessità per gli Stati membri di cofinanziare il Fondo Sociale europeo nel 2009 e nel 2010. Saranno inoltre stornate delle risorse per consentire di finanziare il microcredito a favore dell´occupazione e dell´inclusione sociale. Le proposte avanzate per la supervisione del mercato finanziario, a suo parere, dovrebbero inoltre permettere all´Ue di guidare la riforma dei mercati finanziari globali. Allo stesso tempo, ha aggiunto, vi è la necessità di inventare nuove fonti per la crescita, utilizzare appieno il mercato unico e resistere al protezionismo. Per il Presidente dell´Esecutivo, a soli 145 dalla conferenza di Copenaghen gli obiettivi vincolanti sui cambiamenti climatici e sull´energia sono impegni che devono trovare riscontro anche altrove. Ha quindi sottolineato la necessità di aiutare i paesi in via di sviluppo trasferendo loro la necessaria tecnologia. Interventi in nome dei gruppi - Per Joseph Daul (Ppe, Fr), di fronte alle sfide economica e climatica, occorre andare «più velocemente e più lontano per uscire dalla crisi, facendo funzionare appieno il nostro modello di economia sociale di mercato». Ha inoltre aggiunto che la Presidenza svedese sarà giudicata per come affronterà questi due temi. A suo parere, inoltre, è necessario accelerare il processo, per esempio migliorando l´innovazione e la formazione e sostenendo le piccole imprese. Per quanto riguarda i cambiamenti climatici, ha affermato che «l´Europa ha dato prova che, se lo vuole, può fare la differenza» e Stati Uniti, India e Cina ora devono fare lo stesso. Infine, ha apprezzato il sostegno di Schulz, leader del gruppo S&d, alla conferma di Barroso quale Presidente della Commissione europea. Martin Schulz (S&d, De) ha sottolineato la necessità di un´immediata soluzione alla crisi del mercato del lavoro, in quanto la sicurezza del posto di lavoro è fondamentale per la stabilità della società. Per quanto riguarda la nomina del Presidente della Commissione europea, ha ribadito la necessità di chiarezza della base giuridica. Se si procederà alla nomina di Barroso con il trattato di Nizza mentre il resto della Commissione sarà nominato dopo la ratifica del trattato di Lisbona, ha detto, sarebbe comportarsi come nella «storia di Pippi Calzelunghe», facendo quello che si vuole. Al contrario, ha suggerito, dovremmo sentire quello che Barroso intende fare nei prossimi cinque anni in merito ai cambiamenti climatici, all´economia e ai servizi pubblici, per poi prendere una decisione. Guy Verhofstadt (Alde/adle, Be) si è detto d´accordo con l´enfasi posta dalla Presidenza sulla ratifica del trattato di Lisbona, sul vertice di Copenhagen e sul Programma di Stoccolma, ma ha rilevato che la lotta contro la crisi economica dovrebbe avere la precedenza. Ha quindi affermato che la Svezia è nella migliore posizione per combattere la crisi economica, vista la sua esperienza nel dover affrontare le difficoltà negli anni ´90. Ha poi esortato il Consiglio e la Commissione a prendere l´iniziativa di proporre un unico piano di ripresa europeo al posto di 27 piani nazionali esistenti, alcuni dei quali contenenti misure protezionistiche. Rebecca Harms (Verdi/ale, De) ha sottolineato che il suo gruppo vorrebbe che tutta la Commissione e tutti i più alti incarichi europei siano attribuiti sulla base del trattato di Lisbona. Ha poi criticato l´inazione di fronte alla crisi economica e il fatto che le banche abbiano ricevuto fondi. Ha anche esortato il nuovo Parlamento a pensare a uno sviluppo economico sostenibile, affinché gli obiettivi economici e ambientali siano in sintonia. Timothy Kamininki (Ecr, Pl) ha affermato che il suo gruppo condivide la posizione della Presidenza su molti temi, in particolare sulla lotta alla crisi economica e guarda con interesse alla politica di vicinato e ai futuri ampliamenti. Si è detto tuttavia in disaccordo sulla ratifica del trattato di Lisbona. Lothar Bisky (Gue/ngl, De) ha sottolineato la necessità di maggiore trasparenza nell´affrontare la crisi economica, il che significa anche parlare del fallimento della politica attuale che è la principale causa della crisi. Ha poi appoggiato l´intenzione della Presidenza di armonizzare ulteriormente le norme sull´asilo, sottolineando però che «alle molto sorvegliate frontiere esterne, specie nel Mediterraneo, migliaia di persone muoiono nella ricerca di un rifugio dalla povertà, dalla guerra e dai disastri naturali». Francesco Speroni (Efd, It) ha apprezzato il fatto che la Presidenza svedese abbia sottolineato temi che interessano i cittadini, vale a dire l´ambiente e il clima, la crisi finanziaria, la tutela del posto di lavoro e la lotta alla criminalità, «perché bisogna essere in sintonia con chi ci ha votato per fare bene il nostro lavoro». Noi, ha proseguito, «non siamo né migliori né peggiori dei nostri elettori», ma è importante «essere in sintonia con quello che loro ci chiedono». «Poi, naturalmente, dalle proposte bisogna passare ai fatti concreti e qui ci misureremo soprattutto nel processo di codecisione, in quanto saremo noi Parlamento e voi Consiglio a stabilire quelle norme che regoleranno la vita, gli affari e gli interessi dei nostri elettori e penso che questo sia il compito fondamentale di noi legislatori», ha detto. Per il deputato, «dobbiamo superare la crisi di sfiducia che indubbiamente esiste». In proposito, ha rilevato che la scarsa partecipazione alle elezioni di questo Parlamento «ne è un sintomo». «Il suo paese confina con la Norvegia, io abito vicino alla Svizzera, sono fuori dall´Unione europea, però vivono bene ugualmente, hanno gli stessi problemi, ma non è che stiano peggio di noi e lì bisogna vedere e dimostrare che vale la pena che ci sia l´Unione europea». Ha quindi concluso sostenendo che «con il contributo di tutti possiamo far vedere che l´Europa non deve essere sopportata, ma deve essere un´opportunità per chi ci vive e per chi ne è cittadino». . <<BACK

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Vincitori e vinti della vita allo 0% (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 20-07-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: IN PRIMO PIANO data: 2009-07-19 - pag: 2 autore: Vincitori e vinti della vita allo 0% Crollano le rate a tasso variabile su mutui e prestiti ma calano anche i rendimenti dei BoT u Continua da pagina 1 L o zero, in gergo " zero bound ", viene considerato la bestia nera dei banchieri centrali. è comprensibile. Le banche centrali utilizzano soprattutto la leva dei tassi a breve termine, cioè con scadenze overnight, settimanali o mensili,per domare le spinte inflazionistiche e anche per dare ossigeno al credito e dunque all'economia. Le aspettative del mercato su tagli futuri dei saggi guida possono essere addirittura più benefiche dei tagli stessi. Così, quando un banchiere centrale tocca il fondo, quando arriva al tasso 0% o giù di lì, il mercato teme che si trovi a corto di munizioni. L'artiglieria pesante, in effetti, è pressoché fuori uso ma esistono altre tipologie d'intervento come l'allentamento quantitativo o quantitative easing (acquisto di titoli sul mercato), che Fed e BoE hanno già messo in atto per importi consistenti e che la Banca centrale europea sta timidamente sperimentando. In Eurolandia, al tasso zero si è arrivati per altre vie. La Bce sta mantenendo all'1% il tasso di rifinanziamento principale, il saggio guida che con l'arrivo dell'euro ha sostituito il tasso di sconto della Banca d'Italia ai tempi della lira. Da mesi il mercato si interroga sulle prossime mosse di Francoforte, se cioè la Bce sarà disposta ad avvicinarsi allo 0% per migliorare le condizioni dell'offerta di credito nel caso di persistente recessione. La Banca centrale, che ha solo poco più di un decennio di vita ed è relativamente giovane come l'euro, ha fatto intendere di voler evitare quanto possibile il confronto con questa bestia nera. E ha agito diversamente: con un'iniezione di liquidità epocale,da oltre 440 miliardi, lo scorso giugno ha finanziato il sistema al tasso dell'1% a dodici mesi. Questa massa di liquidità stenta a trasformarsi in linfa vitale per l'economia e ritrovandosi più che altro parcheggiata su depositi overnight, sta schiacciando su livelli estremamente bassi un po' tutti itassi a breve termine,compreso l'Euribor, il tasso interbancario al quale sono agganciate le rate dei mutui. La politica dello 0% ha dunque avuto una prima classe di beneficiari a largo raggio: i sottoscrittori di mutui per la casa a tasso variabile stanno assistendo al continuo calo delle rate anche se dallo scorso maggio i tassi ufficiali Bce sono ingessati all'1 per cento. La fluttuazione al ribasso delle rate è dello stesso stampo dell'impennata registrata quando la crisi del credito bancario e della liquidità dopo il crack della Lehman Brothers fece schizzare l'Euribor (che è un tasso di mercato e dunque esposto all'incontro della domanda e dell'offerta) a un tasso molto più elevato di quello della Bce: i sottoscrittori di prestiti a tasso variabile hanno sofferto prima ma ora stanno raccogliendo i primi frutti dei tassi overnight attorno a quota zero per cento. Il premio a rischio (spread) sui nuovi mutui e nuovi prestiti al consumo, tuttavia, adesso è più elevato rispetto al periodo pre-crisi: questo fenomeno è comprensibile, perché in tempi di recessione aumenta tra le altre cose anche la disoccupazione, lievitano i ritardi nei pagamenti delle rate su mutui e prestiti e le insolvenze dei debitori. Le banche, in automatico, si proteggono alzando gli spread. Il tasso zero sui mercati finanziari ha fatto però anche una vittima eccellente: i BoT-people, il popolo dei risparmiatori che per proteggere il capitale prediligono strumenti d'investimento ultraffidabili e a brevissimo termine, rinnovati di tre mesi in tre mesi. Il calo dei saggi guidae dei tassi del mercato monetario e interbancario hanno fatto crollare, era inevitabile, i rendimenti dei titoli di Stato a tre, sei e dodici mesi. Per l'investitore privato,si è trattato di un vero e proprio salasso: al netto delle commissioni totali e della ritenuta alla fonte del 12,50%, il rendimento netto delle aste più recenti dei Buoni ordinari del Tesoro ha oscillato tra lo 0,47% e lo 0,04 per cento. La prima fuga dai BoT è avvenuta ai tempi dell'ingresso dell'Italia nell'Unione monetaria europea: abituati all'inflazione a due cifre e a tassi nominali altissimi (e tassi reali spesso inesistenti), i BoT-people si sono trovati male nel gestire rendimenti contenuti in un contesto di inflazione attorno al 2-3 per cento. La crisi subprime del 2007 e poi il panico sul mercato provocato dalla bancarotta della Lehman brothers nel settembre 2008 hanno riportato in auge i BoT: i risparmiatori sono tornati al loro vecchio idolo, rinunciando al rendimento. Quando però il BoT è crollato allo "zero virgola", è stato nuovamente abbandonato dal portafoglio retail. Così nell'era del tasso zero,che auspicabilmente durerà poco o meno di quella giapponese, il risparmiatore deve imparare due lezioni fondamentali, una volta per tutte: 1) non si guarda al rendimento nominale, alle sole cedole, ma al rendimento reale al netto dell'inflazione e se l'inflazione non c'è allora il tasso reale può essere interessante; 2) per sfuggire dal tasso zero e aumentare il rendimento bisogna far salire il rischio nel portafoglio, allungando le durate (esponendosi a un maggior rischio di inflazione o di insolvenza del debitore) oppure prestando il proprio denaro a debitori meno affidabili (che pagano più caro il costo del finanziamento). Isabella Bufacchi isabella.bufacchi@ilsole24ore.com © RIPRODUZIONE RISERVATA POLITICA MONETARIA La Banca centrale europea si blocca sulla soglia dell'1% ma con un'operazione da 442 miliardi fa crollare l'«overnight» e l'Euribor FOTOGRAMMA ANSA FOTOGRAMMA IL PENDOLO DEI CONSUMI Il commercio cerca di allettare consumatori con finanziamenti a tasso zero (foto in alto). Di certo gli italiani vanno a caccia di capi griffati a prezzi ribassati (accanto l'immagine di un outlet) senza rinunciare ai week-end fuori porta (foto a sinistra)

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(sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 20-07-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Economia data: 20/07/2009 - pag: 6 Il commento Messori (Assogestioni) «Il conflitto di interessi è allo sportello» U n'iniziativa nel segno della trasparenza che, per Marcello Messori, economista prima d'essere presidente di Assogestioni, è da considerarsi in maniera «assolutamente positiva». Fare chiarezza sull'universo delle obbligazioni bancarie, come richiesto esplicitamente dal presidente della Consob, Lamberto Cardia, lunedì 13 luglio all'assemblea di Milano, è per gli gnomi dei fondi italiani una vittoria inseguita da tempo. «Sono anni sottolinea Messori che Assogestioni mette in evidenza l'effetto sostituzione tra i fondi di diritto italiano e le obbligazioni bancarie. Dal duemila, per evidente convenienza del sistema creditizio si è registrato un aumento delle sottoscrizioni delle obbligazioni bancarie e un parallelo aumento dei riscatti dal mondo del risparmio gestito». Messori mette a fuoco il conflitto di interesse: «i due tipi di prodotti transitano sullo stesso canale distributivo, ovvero la banca. Che si trova di fronte da un lato a un fondo che chiede assistenza al cliente e offre un ricavo spalmato nel tempo, e dall'altro a un prodotto semplice o strutturato che in ogni caso offre alla banca un maggior ricavo ( upfront ) e per di più immediato ». Il conflitto è qui. Finora i gruppi bancari hanno avuto aggio anche da una regolamentazione asimmetrica che ha visto maggiore severità da parte degli organismi regolatori nei confronti dei prodotti del risparmio gestito. Ora Consob e Isvap dichiarano di voler ridurre l'asimmetria. Prima c'è stata una mossa nei confronti dei prodotti illiquidi in primis le polizze unit e index , ovvero quelle a maggior contenuto finanziario ora nei riguardi dei bond. «In linea di principio va tutto bene ed era ora sottolinea Messori . Ma l'attuale crisi finanziaria ha di molto complicato le cose. Le banche, anche le italiane, hanno un vincolo di liquidità molto forte aggravato dalla fuga dei risparmiatori verso prodotti come i pronti contro termine e tutte le famiglie dei titoli a breve. Queste condizioni hanno fatto sì che nel 2008 il deflusso netto da tutto il risparmio gestito in Italia sia ammontato a 196 miliardi di euro. Una cifra imponente, dirottata dal sistema bancario verso allocazioni più convenienti per se stesso». Conflitti di interesse, vincoli di liquidità e poi, quando Messori torna a infilare la giacca dell'economista e non del rappresentante di categoria spunta anche uno squilibrio strutturale: «perché la crisi ha evidenziato come le banche italiane abbiano impieghi di molto superiori ai depositi. Una dinamica accelerata dal duemila a oggi. Perché se il delta tra impieghi e depositi è aumentato in tutte le banche europee, in quelle italiane è letteralmente esploso. I depositi non bastavano più a finanziare gli attivi e le banche sono ricorse ai bond fatti in casa». Oggi però la situazione è nuovamente mutata. La Bce sta inondando i mercati di liquidità. Gli istituti di credito possono finanziarsi all'1 per cento di interesse alla Banca centrale europea e questo può segnare l'inizio del tramonto dei bond bancari che peraltro riconoscono al sottoscrittore interessi minimi. «Questo è accaduto perché spiega Messori si dava un valore alla garanzia sul capitale investito che veniva integralmente restituito a scadenza. Ma se il risparmiatore aveva bisogno di riscattare il proprio investimento prima dello scadere ecco che scopriva l'illiquidità del titolo: solo la banca emittente lo ricomprava, ma a prezzi di realizzo. Oggi con il costo del denaro all'1 per cento il sistema bancario ha una grande occasione: prima o poi la Bce tornerà ad assorbire liquidità e per le banche si ripresenterà il vincolo della liquidità. Se però avranno saputo in questi mesi traghettare i risparmiatori verso posizioni a medio-lungo termine tipiche del risparmio gestito e con un più elevato grado di trasparenza rispetto ai bond bancari, ecco che, anche il risparmiatore italiano sarà uscito vincitore da questa durissima sfida di mercato ». Un'occasione, assicura Messori, del tutto rara. S. RIG. Quel tipo di bond dà alle banche maggiori ricavi con meno fatica Fotogramma Assogestioni Marcello Messori

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Corporate bond? Occasioni per pochi (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 20-07-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: IN PRIMO PIANO data: 2009-07-19 - pag: 5 autore: Corporate bond? Occasioni per pochi Solo le grandi aziende stanno beneficiando della forte domanda di titoli obbligazionari Simone Filippetti Dai rubinetti delle banche gli euro (o i dollari) escono col contagocce. E da mesi ormai. Sul mercato obbligazionario, invece, i rubinetti sono aperti al massimo: secondo i calcoli di Societé Générale nei primi sei mesi del 2009 le imprese del Vecchio continente hanno lanciato 187,7 miliardi di euro di bond, battendo già i volumi di emissione di tutti gli anni interi del passato (tranne il 2001). Anche in Italia il trend è lo stesso: i grandi gruppi industriali si sono già indebitati sul mercato per 12,5 miliardi di euro, tanto che per fine anno Fitch stima che si ritorni ai 20 miliardi totali raggiunti nel 2004. Insomma: da un lato si secca il credito bancario, dall'altro straripa il mercato obbligazionario. Se gli istituti di credito sono soffocati da miliardi di asset tossici (ma piace di più la definizione politically correct "illiquidi") e faticano a erogare prestiti, i piccoli risparmiatori e gli investitori istituzionali stanno quindi dimostrando che la liquidità non è un bene così scarso. Ma stanno anche dimostrando che, soprattutto in Italia, non è un bene per tutti: al mercato obbligazionario possono accedere infatti solo i grandi gruppi (Eni, Finmeccanica ed Edison sono stati gli ultimi), ma per quelli di medie dimensioni le porte sono chiuse. Se i big hanno alternative al credito bancario col contagocce, i piccoli no. Questo è il vero problema. Meno credito più bond Già sul finire 2008, di pari passo con l'esplosione della crisi, erano più che evidenti i segnali di un restringimento del credito. A fine dicembre in Europa i finanziamenti risultavano in rialzo solo del 6% sul 2007, quasi la metà di meno rispetto a sei mesi prima. A dicembre dell'anno scorso risultavano crollati, a livello globale, i prestiti a leva, quelli che hanno gonfiato a dismisura la bolla speculativa causando il collasso del sistema finanziario, mentre i prestiti "normali" erano rimasti stabili. Banca d'Italia ha censito 1.600 miliardi di euro di impieghi in tutto il 2008 nel nostro Paese (un po' più del 2007). Ma tutto è decisamente peggiorato e il credit crunch è esploso a inizio 2009: le banche, epicentro della crisi finanziaria, alle prese con bilanci scricchiolanti e maxi- svalutazioni, hanno ristretto le valvole del credito. Per la sola Italia, dopo aver toccato un picco di un +14% di erogazioni nel 2007 (rispetto al 2006), la crescita dei prestiti è andata progressivamente calando (+4% a inizi 2009) per poi inaridirsi completamente. Così a maggio, per la prima volta, il dato è stato negativo: -0,9% dei prestiti anno su anno, certificato dalla banca centrale. è la dimostrazione ufficiale del razionamento del credito. Mentre le banche, in tutto il mondo, hanno stretto i cordoni, allo stesso tempo sono esplose le emissioni (non solo di bond ma anche di titoli convertibili e di azioni): a fine giugno sul mercato europeo sono state collocate obbligazioni societarie "sicure" ( investment grade ) per 187,7 miliardi di euro. Per i corporate bond il 2009 è già un anno record dal 1995, da quando cioè Datalogic tiene l'archivio dei dati. In Italia – come già accennato – le emissioni in soli sei mesi sono già balzate a quota 12,5 miliardi di euro, più del doppio dell'anno scorso e già livello superiore a tutto il 2006. Sono dunque i bond la soluzione per il finanziamento per le imprese? Venuto meno il canale bancario, le aziende hanno scoperto una miniera inaspettata di liquidità nei bond. «A livello globale il fenomeno sembra confermare proprio questa nuova dinamica – nota il direttore finanziario di una grande multinazionale italiana quotata –. è ormai evidente che le imprese ricorrano ai bond come alternativa alle banche ». Con una controindicazione, però: il deterioramento di tutta l'economia ha portato anche a un generale abbassamento dei rating delle aziende, impoverite da meno ricavi e meno utili. Chi vuole denaro emettendo debito sul mercato deve pagare un margine sui tassi interbancari più alto perché il rischio implicito di default è salito a livello generale. I cosiddetti "spread" (cioè i premi da offrire sopra i tassi interbancari per remunerare i rischi agli investitori) sono infatti saliti notevolmente. D'altro canto,però,sono scesi i tassi interbancari per cui – alla fine – il rendimento effettivo delle obbligazioni non è così elevato. Ci sono però casi di rendimenti molto alti. Per esempio quelli di Wind, che ha chiuso un bond ai primi di luglio: la compagnia telefonica, avendo un rating di "B+" (un livello da junk bond), ha dovuto pagare al mercato un tasso d'interesse del 12%. Italia, pochi attori Nella Penisola in metà anno il controvalore è già da guinness. Eppure gli emittenti, intesi come numero di società, sono molto pochi: sette aziende, di cui due pubbliche. L'Eni ha colto al volo l'"attimo" di mercato e ha vissuto l'euforia collettiva delle privatizzazioni di fine anni 90 con famiglie e piccoli risparmiatori in corsa per aggiudicarsi le tranche collocate sul mercato. è probabile che la compagnia petrolifera faccia da apripista ad altri bond retail. Nei giorni scorsi sono poi scese in campo anche Finmeccanica (con un private placement), e il gruppo Edison. Entrambe hanno raccolto una domanda fortissima dagli investitori. Ma si tratta sempre di colossi industriali ( spesso con azionista pubblico): Eni, Finmeccanica, Edison e gli altri emittenti del 2009 sono tutti grossi gruppi, con elevato rating e con l'abitudine a frequentare i mercati obbligazionari. Per le aziende di dimensioni minori, però, non è così facile. Anzi: spesso non è neppure possibile. Chi prova ad emettere un bond (come Wind) paga tassi d'interesse elevati. Tante altre aziende medio-grandi – dopo i casi Cirio e Parmalat – non hanno più accesso al mercato. E le piccole hanno dimensioni troppo contenute per poterlo fare. Per di più il costo del finanziamento attraverso i bond è spesso più alto rispetto al credito bancario. Nonostante la stretta sulla liquidità, insomma, il credito bancario rimane ancora più economico delle obbligazioni: è il parere di molti imprenditori dell'Ftse-Mib che, dietro anonimato, hanno rivelato la loro opinione. Anche per un'azienda solida e sana, il ricorso ai bond rimane tuttora meno conveniente del credito bancario: è questa la frase tipica degli imprenditori interpellati dal «Sole-24 Ore». «Il bond convertibile emesso da Bulgari – nota l'analista di una banca d'affari - paga una cedola del 5,35%, molto più costoso di un prestito bancario». è vero che oggi farsi dare soldi da una banca è molto più difficile, ma (si veda anche altro articolo in pagina), a meno che non si tratti di aziende solide con rating alti quindi in grado di poter pagare un basso interesse, molti non vedono di buon occhio l'idea di doversi sottoporsi ai raggi x delle agenzie internazionali. © RIPRODUZIONE RISERVATA IN EUROPA Quest'anno, nei primi sei mesi, le imprese hanno complessivamente realizzato operazioni per 187,7 miliardi di euro IN ITALIA I gruppi maggiori hanno già lanciato obbligazioni per 12,5 miliardi di euro: per Fitch l'importo salirà a 20 miliardi a fine anno

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Sale la voglia di controllo sui cambi (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 20-07-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: IN PRIMO PIANO data: 2009-07-19 - pag: 6 autore: LENTE D'INGRANDIMENTO Si moltiplicano gli interventi delle banche centrali Sale la voglia di controllo sui cambi di Riccardo Sorrentino L a Svizzera sta facendo le cose con calma. Ma gli altri? La Gran Bretagna, la Svezia, il Canada? L'attenzione degli investitori torna a rivolgersi agli interventi statali sul mercato dei cambi. Con un misto di sollievo e di preoccupazione. I segnali sono piuttosto chiari. La banca centrale di Sidney ha recentemente rivelato che a maggio ha venduto 4,1 miliardi di dollari australiani, allo scopo di evitare bruschi movimenti del cambio e ricostruire le sue riserve, ottenendo come risultato una flessione della valuta. La Riksbank di Stoccolma ha fatto incetta di moneta straniera come protezione contro un'eventuale crisi dei paesi baltici ( Estonia, Lettonia, Lituania), allo scopo di evitare quindi un crollo della corona, e ha apertamente discusso di interventi. La Banca del Canada ha espresso preoccupazioni sulla forza del suo dollaro verso quello americano e ha lasciato intravvedere acquisti di valuta Usa. La Nuova Zelanda ha giudicato «non utile» la forza del cambio, una preoccupazione condivisa dalla Banca d'Inghilterra anche se emersa solo dai verbali delle sue riunioni. La Banca nazionale svizzera intanto, sta realizzando con un successo imprevisto le sue operazioni sul mercato per evitare il rafforzamento del franco. L'elenco rivela orientamenti molto diversi, a volte di segno opposto. è indubbio però che le banche centrali guardino con un'attenzione nuova al mercato valutario, ai pericoli che presenta e alle opportunità che può offrire. Da questa situazione, il team di David Bloom della Hsbc prevede che sui cambi si stia aprendo una nuova fase: quella del dirty float , della fluttuazione "sporca", cioè segnata qua e là da un intervento statale esterno al mercato e motivata politicamente. Lo scenario prevede un panorama molto diverso da quello temuto solo qualche mese fa. Il parallelismo tra questa crisi finanziaria e quella del ' 29 aveva spinto qualche economista a evocare lo spettro delle svalutazioni competitive che, negli anni 30 del Novecento, aggravarono insieme ad altri errori - la recessione. La decisione della Svizzera, che a marzo ha annunciato interventi per evitare il rafforzamento del franco, era suonato come il "via" della triste gara a chi deprezzava di più il cambio per sostenere le esportazioni. Anche se era apparso subito chiaro che le politiche monetarie non convenzionali, il quantitative easing , avrebbero raggiunto lo stesso effetto senza tanti clamori. è proprio questa strategia, che prevede la "creazione" di moneta in quantità molto elevate, a fare ora la differenza. Soprattutto nei confronti degli anni Trenta. Il quantitative easing della Federal reserve sembra infatti dirompente, sul mercato valutario: ha creato una pressione al ribasso sul dollaro che, nelle scorse settimane, ha minacciato la ripresa del mondo intero: avrebbe potuto scatenare, spiega la Hsbc, «una reazione a catena che avrebbe fatto partire una nuova fase della crisi». Fatta eccezione per il particolare caso svedese, le banche centrali sembrano quindi pronte a seguire il sentiero aperto dalla Svizzera, forse persino in modo coordinato. Non vogliono quindi svalutare la loro moneta; ma solo evitarne l'eccessivo apprezzamento. L'effetto complessivo,a differenza di quanto accadde nel secolo scorso, sembra possa quindi essere almeno in parte benigno. Il risultato sarà quello di ridurre la volatilità, e quindi il disordine, sul mercato. «La prossima fase - spiegano gli analisti della Hsbc- sarà quella della paura e del controllo: la paura degli interventi e dei loro effetti, e il possibile controllo di un'eccessiva volatilità dei cambi». riccardo.sorrentino@ilsole24ore.com © RIPRODUZIONE RISERVATA FLUTTUAZIONE SPORCA Nella maggior parte dei casi si cerca di evitare rialzi delle monete ed eccesso di volatilità senza arrivare ai deprezzamenti competitivi

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I risparmi, l'estate e la crisi: consigli di viaggio in 5 cartoline (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 20-07-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Economia data: 20/07/2009 - pag: 20 Trend Tassi fermi e listini inchiodati dalle difficoltà dell'economia: i numeri dell'incertezza e le speranze da coltivare I risparmi, l'estate e la crisi: consigli di viaggio in 5 cartoline Dal cash alle azioni tranquille, dal reddito fisso alla prevenzione variabile, fino alla Borsa più aggressiva: ecco qualche idea di manutenzione del portafoglio prima di partire DI GIUDITTA MARVELLI C artoline per le vacanze. Saluti dai titoli di Stato brevi e dalla liquidità schiacciati ai minimi storici. Sogni di free climbing per la Borsa, che, per il momento, ha archiviato il rally di marzo e non ha una precisa direzione. La terza estate all'ombra della crisi sta entrando nel vivo con poche certezze e molte speranze. I primi sette mesi dei mercati azionari si avviano a finire con performance asfittiche o leggermente negative in Occidente (-1% per Piazza Affari, +3,5% per quelle mondia-- li), accompagnate da una realistica previsione di utili in discesa ancora per quest'anno (-25/30% sia negli Stati Uniti che in Europa). Due velocità Sul fronte dei Paesi Emergenti, invece, si parla già di ripresa. E utili e listini strappano verso l'alto, con crescite che vanno dal 50% di Buenos Aires al 74% di Shanghai. Uno scenario composito, dove si cominciano a intravedere vincitori e perdenti: i titoli ciclici più solidi, quelli che possono anticipare la ripresa, sembrano già avere un destino diverso dai difensivi. Il Nasdaq, la Borsa dell'hi tech, da gennaio ad oggi è salita del 22%. Anche se non ci sono garanzie, quindi, i mercati finanziari hanno cominciato a comportarsi a tratti (le giornate nere non mancano) come araldi di una possibile ripresa a partire dal 2010, che comunque nei Paesi industrializzati non sarà a passo di marcia. Ecco allora le cartoline di CorrierEconomia per chi sta partendo e si domanda come lasciare al meglio il suo portafoglio. Sul fronte della liquidità e delle obbligazioni il gioco dei tassi è sempre al ribasso. Attenzione, però: l'inflazione ormai annullata (0,5% ultimo dato) potrebbe tornare ad essere un fuoco. Nessuno sa, infatti, che effetto potrebbe avere una ripresa anche piccola sul mare di incentivi e stimoli economici con cui i governi hanno inondato il mondo. I primi tre saluti sono quindi per gli appassionati di liquidità con le indicazioni degli ultimi parcheggi al 2% netto e per chi si sente sicuro solo con Btp e titoli obbligazionari in generale. Vaccinazioni Il tasso fisso è ancora la carta migliore, anche se per spuntare più del 2,8% bisogna allungarsi oltre cinque anni. Vero è che con il costo della vita congelato i rendimenti non sono poi così bassi, ma la dinamica futura dell'inflazione è molto imprevedibile. E non va sottovalutata.

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V olatili. (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 20-07-2009)

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Corriere della Sera sezione: Economia data: 20/07/2009 - pag: 20 Il «sentiment» V olatili. I gestori italiani interpellati da Morningstar nel consueto sondaggio mensile non hanno ancora abbandonato del tutto i loro timori. I mercati finanziari potrebbero risultare ancora ballerini nei prossimi sei mesi e quindi la quota di azioni nei portafogli bilanciati è più bassa del solito. Il 40% del campione, comunque, è convinto che Wall Street possa salire da qui a Natale più dei mercati dell'euro, dove il ciclo economico è acerbo.

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Lo sceicco giramondo al volante di Porsche (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 20-07-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Economia data: 20/07/2009 - pag: 12 La partita dell'auto/1 Offerta per una quota della casa tedesca Lo sceicco giramondo al volante di Porsche Gli investimenti di Hamad, dal Qatar alla Germania DAL NOSTRO CORRISPONDENTE DA BERLINO DANILO TAINO P are che l'Emiro del Qatar una volta abbia detto: «Io guido questo Paese. Ma lui lo possiede». Lui è suo cugino, lo sceicco Hamad bin Jassim Jabr Al Thani, uno degli uomini più ricchi del mondo e da qualche anno tra i più attivi sui mercati finanziari. Di recente, in qualità di chief executive della Qatar Investment Authority (Qia) il fondo sovrano dello Stato del Golfo , ha passato parecchio tempo nel Sud della Germania. Obiettivo: portarsi a casa un pezzo di Porsche, forse anche di Volkswagen. Sogno tedesco Intervenire cioè come salvatore finanziario di uno dei pezzi più pregiati dell'industria mondiale almeno agli occhi degli arabi ricchi che però è indebitata e soprattutto è al centro di uno scontro tra le famiglie che la controllano, i Porsche e i Piëch. Già questa settimana forse sapremo se riuscirà. Ci terrebbe. Per il suo Paese di 250 mila abitanti, ma anche per se stesso. Dopo l'Emiro che nel 1995 aiutò ad andare al potere con un colpo di palazzo contro il padre di quest'ultimo il numero uno della Qia è certamente l'uomo più potente del Qatar. Del Paese che vuole riformare, assieme al cugino, ma che è ancora incerto in fatto di separazione dei poteri è infatti anche primo ministro e ministro degli Esteri: controlla insomma due leve fondamentali, quella politica e quella economica. Metà del suo tempo lo passa a Doha, dove tra l'altro personalmente possiede parecchie attività, per esempio la Qatar Airlines, e proprietà immobiliari, compreso il famoso hotel Four Seasons. Per il resto è in viaggio in cerca di affari. A Londra, spesso, nella sua casa di Hyde Park, che si favoleggia essere la residenza più costosa della città dopo Buckingham Palace. Da lì, per esempio, nel 2008 ha guidato l'operazione di acquisto del dieci per cento di Barclays Bank: il 7,38% a nome della Qia, il 2,84% a nome della Challenger, società che controlla personalmente; con un'opzione a salire al 12,5%. Ma anche nell'Europa continentale è molto interessato alle imprese tedesche e negli Stati Uniti dove è spesso ospite dei think-tank più influenti che si occupano di politica internazionale. Le ambizioni dello sceicco Hamad (suo cugino l'Emiro si chiama Hamad bin Khalifa Al Thani) sono notevoli, anche se non sempre lineari. Nel maggio 2008, per esempio, ha raggiunto un grande successo diplomatico quando ha bloccato una probabile ripresa dei conflitti armati interni al Libano. Qualche anno fa è diventato famoso quando ha sostenuto la tv araba al-Jazeera, che ha sede a Doha. Ha molti amici in Israele ma, come ministro degli Esteri, finanzia anche l'ufficio locale di Hamas. Durante la guerra americana in Iraq, era molto critico di George Bush ma, mentre si opponeva nei discorsi ufficiali, gli aerei americani decollavano dalla base nel Sud del Paese, la più grande della zona. Posizioni un po' schizofreniche, forse, ma che finora lo hanno aiutato a ritagliarsi un ruolo molto maggiore di quanto il suo piccolo Stato lascerebbe immaginare. Il futuro In parallelo agli obiettivi di politica internazionale, lo sceicco, d'accordo con l'Emiro, ha anche una strategia finanziaria. Si tratta di pensare alle generazioni future del Paese e di diversificare l'economia. La quasi totalità della ricchezza del Qatar, infatti, deriva dal petrolio e, soprattutto, dal metano: una «monocoltura » che finora ha impedito lo sviluppo di industrie alternative, se si esclude il turismo negli ultimi anni. Lo sceicco Hamad, dunque, si è dato il compito di investire una parte delle entrate energetiche - pare 20 miliardi di dollari l'anno nei tempi buoni di barile caro - per garantire un reddito futuro: in imprese internazionali solide e anche in pezzi di terra in Pakistan e in Africa (Kenia, tra mille controversie). Ma ha anche l'obiettivo di accedere alla tecnologia che nel Paese non c'è per diversificare l'economia e costruire qualcosa in più di un pozzo nel cuore del Golfo Persico. L'investimento in Porsche che pare gli sia stato consigliato dalla seconda delle tre mogli dell'Emiro, Musa, ministro dell'Educazione sarebbe da questo punto di vista perfetto. Di grande prestigio dopo il colpo di Barclays, probabilmente in futuro redditizio e in un gruppo dalle competenze tecnologiche eccezionali. L'amato sigaro Avana è pronto per celebrare. Agence France Presse Blitz Lo sceicco Hamad bin Jassim Jabr Al Thani Il cugino dell'Emiro, che gestisce il fondo sovrano, vive per metà dell'anno a Doha

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Dove si accendono gli ultimi falò del 2% netto (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 20-07-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Economia data: 20/07/2009 - pag: 20 Liquidità Dove si accendono gli ultimi falò del 2% netto V aligie pronte. E il risparmio? I tassi appiattiti verso il basso, stretti in una banda tra lo zero e il tre percento, non sono incoraggianti. In compenso, però, è ai minimi storici anche il costo della vita (0,5% a giugno, in Italia) e quindi diventa raggiungibile l'obiettivo minimo di ogni risparmiatore, difendere il capitale dall' inflazione, in attesa di una schiarita sui mercati finanziari. Ma dove cercare? Il Bot trimestrale rende, al netto delle commissioni e delle tasse, lo 0,04% netto. Bisogna, dunque, andare a caccia di un buon conto corrente o di deposito. Su Internet si possono trovare soluzioni per tutti e qualche promozione superstite. Ci sono i conti senza spese, con soldi sempre disponibili, che offrono dallo 0,55% netto di Fineco- Bank, al 2,17% di Banca Ifis. Mediolanum, sul conto Freedom, su importi superiori a 12.000 euro, riserva il 3% netto. In compenso, il tasso del Conto Santander Consumer per i nuovi clienti scende dal 2,75% al 2,50% lordo (1,83% netto) dal 20 luglio. La stessa riduzione, per i vecchi clienti, è prevista a partire dal prossimo 27 agosto. In pratica, una somma di 10 mila euro, su un conto online, in tre mesi, può fruttare da 10,80 euro con Fineco Bank che inizia a remunerare da duemila Banca! (pagati in anticipo) e 58,70 con Rendimax. Oppure, si può approfittare delle offerte speciali che, per un periodo limitato, regalano rendimenti più generosi del consueto. Ing Direct, a chi apre entro il prossimo 31 agosto il Conto Arancio, assicura per sei mesi un netto del 2,55%. Medesime le condizioni riservate da Conto Websella (con il limite massimo di 20.000 euro) e dal Conto su Ibl (Ibl Banca). In pratica 10 mila euro depositati su questi conti in un trimestre lievitano a 10.063 euro, ad eccezione di Ibl Banca che non remunera i primi 5.000. In questi giorni è entrata in promozione anche Webank che, ai nuovi clienti di Conto@me entro fine agosto promette, fino al 31 dicembre un netto di 1,825% (2,5% lordo) su giacenze massime di 30 mila euro. Oltre tale soglia e scaduto il periodo promozionale, verrà applicato il tasso ordinario dello 0,90% lordo (0,66% netto). La promozione copre anche i bolli statali (34,2 euro). PATRIZIA PULIAFITO

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ECONOMIA IN SOFFERENZA (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 20-07-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: IN PRIMO PIANO data: 2009-07-19 - pag: 6 autore: ECONOMIA IN SOFFERENZA «Tigre celtica» addio Dopo anni in cui ha esibito il tasso di crescita più alto in Europa,l'Irlanda ha cominciatoa frenare. Colpita dalla crisi finanziaria,l'ex tigre celtica ha subito una battuta d'arresto tra le più pesanti nell'eurozona. Rispetto alla caduta del 5,4% nell'ultimo trimestre del 2008, però, nei primi tre mesi del 2009 il Pil è sceso dell'1,5%:un miglioramento che gli economisti sono comunque cauti nel giudicare. In confronto al 2008, nel primo trimestre di quest'anno il Pil ha perso l'8,5%,facendo comunque meglio di quanto previsto dagli analisti, che si aspettavano invece una caduta del 9,1 per cento.Secondo l'Ocse, nel 2009 la performance economica dell'Irlanda sarà la peggiore tra quelle dei paesi industrializzati, con una contrazione del Pil del 9,8% Una vita tra i cristalli Tom Hogan, maestro incisore, dopo 43 anni di lavoro ha lasciato la Waterford Crystal, uno dei gioielli dell'industria d'Irlanda. L'ultimo bicchiere Hogan ( nella foto di fronte all'azienda irlandese) lo ha inciso il 4 luglio 2008, in un periodo in cui il dollaro calava e l'euro cresceva. «Ho lasciato con un buon accordo: 160mila euro fra liquidazione e incentivi, 1.600 euro al mese di pensione integrativa». Le rate della liquidazione, però, sono state pagate regolarmente solo per quattro mesi. In seguito hanno cominciato a rallentare, finoa fermarsi quando, il 30 giugno 2009, Waterford è fallita. «Ho scoperto nelle scorse settimane- spiega Hogan- di aver perso un terzo di quanto avevo concordato»

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E i bancari stravincono la sfida (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 20-07-2009)

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Corriere della Sera sezione: Economia data: 20/07/2009 - pag: 24 L'analisi storica E i bancari stravincono la sfida I n venticinque anni di storia il Tfr viene nettamente battuto dalla previdenza integrativa. Dal 1983 (anno di nascita del Trattamento di fine rapporto) 10.000 lire (5,16 euro) accantonate sotto forma di liquidazione oggi sarebbero divenute 32.690 (16,88 euro), in leggero vantaggio rispetto alle 29.190 (15,08 euro) rappresentate dall'inflazione. Se fossero state versate in uno dei primi fondi pensione sarebbero cresciute di 8 volte: 82.320 lire (equivalenti a 42,51 euro). «In questo periodo il Tfr ha mantenuto il potere d'acquisto sostiene Sergio Corbello, presidente di Assoprevidenza, che ha realizzato le elaborazioni grazie al meccanismo di rivalutazione, l'1,5% più il 75% dell'inflazione: in pratica, se quest'ultima è inferiore al 6%, la liquidazione esce vincente. Viene però nettamente battuta da un fondo pensione, come quello del Sanpaolo di Torino, esistente nel 1983». Il periodo comprende tutte le fasi dei mercati finanziari: anche se non in tutti gli anni (per esempio nel 2008), la linea bilanciata del fondo Sanpaolo ha fatto meglio del Tfr. Il confronto è stato condotto anche in un periodo più breve, dal 1991, e allargato a un'altra cassa integrativa, Previndai (dirigenti industriali), che con un patrimonio di 4,4 miliardi di euro è una delle maggiori del nostro paese. «Anche in questo caso i fondi risultano vincenti spiega Corbello . Diecimila lire investite nel 1991 sarebbero divenute 24.830 in quello del Sanpaolo e 39.330 in Previndai, contro 19.150 del Tfr e un'inflazione di 16.720. Sono due vecchi fondi, soggetti a regole particolari rispetto a quelli costituiti dopo il 1993: quello del Sanpaolo investe anche sul mercato immobiliare mentre Previndai utilizza cinque gestioni assicurative tradizionali, due impieghi non consentiti in quelli di nuova istituzione». E proprio queste ultime hanno fatto la differenza, con risultati costantemente superiori al Tfr. «Garantiscono un rendimento minimo del 2,5% dice Franco Di Giovambattista, direttore generale di Previndai ma la performance effettiva è sempre stata superiore: nel 2008 si è attestata al 4,6%. E in più prevedono il consolidamento dei risultati, grazie a cui i rendimenti acquisiti vengono definitivamente riconosciuti al sottoscrittore». Risultati positivi anche per le altre due linee di Previndai. R. E. B. Esperto Sergio Corbello è alla guida di Assoprevidenza

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A Barroso non basta la spinta dei governi (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 20-07-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Economia data: 20/07/2009 - pag: 11 Offshore a cura di Ivo Caizzi icaizzi@corriere.it A Barroso non basta la spinta dei governi Il rinnovo del presidente della Commissione continua a trovare oppositori nell'Europarlamento I l pasticciato tentativo dei governi di far rieleggere al più presto il portoghese Josè Manuel Barroso alla presidenza della Commissione europea di Bruxelles per un secondo mandato sta diventando un simbolo della crisi di valori e del decadimento dell'Unione europea. Un netto rifiuto dei socialdemocratici Asde, dei liberaldemocratici Alde e dei Verdi ha convinto l'Europarlamento a respingere l'invito a votare nella sessione inaugurale della nuova legislatura, la settimana scorsa a Strasburgo, la designazione di Barroso, che è un esponente del partito popolare europeo (Ppe). Nella città alsaziana si è complicata anche la possibilità di arrivare all'approvazione parlamentare subito dopo le ferie. Il presidente del gruppo del Ppe, il francese Joseph Daul, ha esortato gli altri leader politici a votare Barroso nella sessione di settembre. Ma il numero uno dei socialdemocratici, il tedesco Martin Schulz, ha fatto sapere che il candidato portoghese prima deve presentare un programma per il prossimo mandato compatibile con le aspettative dell'Europarlamento. Sullo stessa linea si è espresso il leader dei liberaldemocratici, ilbelga Guy Verhofstadt. IVerdi sono contrari a priori e ricordano le carenze, gli errori e l'assenza di strategie dell'attuale Commissione europea perfino nell'affrontare la crisi finanziaria. Il Ppe e Barroso temono lo slittamento del voto perché, se in ottobre il referendum in Irlanda consentirà l'approvazione del Trattato di Lisbona, in aula diventerebbe necessaria la maggioranza dei 736 eurodeputati (mentre con il Trattato di Nizza in vigore basta la maggioranza dei presenti). In più dietro l'opposizione a Barroso si stanno sviluppando esigenze tattiche collegate alla lottizzazione di europoltrone in corso nel rinnovo dell'Europarlamento e in vista degli avvicendamenti nella Commissione (in autunno) o della possibile nomina di un presidente e un responsabile degli Esteri stabili dei governi Ue (se verrà ratifico il Trattato di Lisbona). Ma, al di là dei mercanteggiamenti, emerge chiaramente che i vari Nicolas Sarkozy, Angela Merkel, Silvio Berlusconi e Gordon Brown hanno sottovalutato lo scontento per il primo mandato di Barroso e l'importanza di verificare preventivamente il suo programma (verrà elaborato durante l'estate). I capi di governo dell'Ue sembrano interessati solo a liberarsi al più presto di questa nomina europea accontentandosi della completa disponibilità del presidente della Commissione a moderare la sua indipendenza istituzionale nei confronti delle capitali. Se ne ricava così la sensazione di un impegno per l'Europa al ribasso, che rischia di aggravare una decadenza dei valori fondamentali dell'Ue già prolungata e pericolosa. E che potrebbe costare cara allo stesso Barroso qualora, dopo la conferma a Bruxelles, il suo progressivo logoramento politico fosse accompagnato e accentuato dall'opposizione di significativi settori dell'Europarlamento. In bilico José Barroso presidente della Commissione Epa

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Arte, una stagione a luci rosse (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 20-07-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Economia data: 20/07/2009 - pag: 26 Aste Forte calo del business, ma l'Italia si è difesa meglio degli altri Arte, una stagione a luci rosse Giù soprattutto i contemporanei e i moderni. Tengono meglio gli Old Master e l'Ottocento DI PAOLO MANAZZA U n semestre in rosso. Anzi in profondo rosso. La crisi finanziaria e di liquidità è atterrata pesantemente sul mercato dell'arte internazionale. I primi sei mesi del 2009 saranno ricordati a lungo dal management Christie's e Sotheby's che ha dovuto affrontare il declino annunciato di un mercato sovraesposto dagli eccessi delle scorse stagioni. Un anno vissuto pericolosamente, con un occhio già rivolto all'autunno. I dati globali Le cifre ufficiali di Christie's non sono ancora pervenute. Quelle di Sotheby's raccontano di 992 milioni di dollari raccolti da gennaio a giugno di quest'anno. Contro 2,937 miliardi di dollari del primo semestre 2008. Circa due miliardi in meno. Una perdita di fatturato del 65%. Campione nel declino il mercato statunitense che ha venduto per 387,5 milioni di dollari contro 1,354 miliardi della scorsa stagione. Al secondo posto le aste inglesi con 353,3 milioni di dollari contro 1,093 miliardi del primo semestre 2008. Anche l'Asia ha chiuso con il segno meno: 94,5 milioni rispetto a 239. Meglio di tutti l'Europa che ha perso solo il 37% con 157,5 milioni incassati rispetto ai 249,8 del 2008. Panorama italiano Il mercato italiano è in linea con questo orizzonte. Christie's è andata peggio di tutti raccogliendo 9,4 milioni di euro contro i 18,8 del semestre scorso (meno 50%). Sotheby's Italia ha venduto per 16,8 milioni di euro rispetto ai 21,9 (meno 23%) dell'anno scorso. Finarte 14,7 milioni di euro contro i 22,3 (meno 34%) del 2008. Meeting Art è la migliore con 11,9 milioni contro i 13,2 del 2008 (meno 10%). La media del fatturato di queste quattro case d'asta italiane è scesa del 29%. Un calo meno vistoso rispetto ai mercati inglesi o statunitensi, ma anche al totale europeo di Sotheby's. Tutto ciò perché il nostro sistema è da molti anni ancorato a collezionisti più sensibili alla classicità, piuttosto che a spese iperboliche per artisti e opere modaiole. Per una volta possiamo dire che la cultura ci ha permesso se non proprio la salvezza, quanto meno la navigazione a vista nella tempesta. Ma ora che accadrà in autunno? La politica adottata dalle case d'asta italiane punta su due aspetti. Il primo è quello della sempre più forte selezione qualitativa. Sotheby's quest'anno ha offerto nel primo semestre italiano 724 opere con la media di aggiudicato del 71,82% a un prezzo di 32.337 euro. Il secondo aspetto, sul quale punta molto Finarte, consiste nel riconsiderare al ribasso le riserve d'asta. Mentre negli anni scorsi tutti speravano di vendere a cifre iperboliche opere acquistate negli anni Novanta, ora non è più così. Meglio presentare un quadro con una stima bassa. Sarà il mercato a sancirne l'appetibilità reale con una aumento della riserva o l'assenza di offerte. A giugno da Finarte un Lucio Fontana («Concetto Spaziale, Teatrino» del '64) stimato 220-280 mila euro è arrivato a quasi 400 mila. Mentre a Londra una scultura sempre di Fontana del '59-'60 stimata 1,3-1,9 milioni di sterline è rimasta invenduta. Da Sotheby's a Milano diverse opere di Mario Schifano (degli anni '60-'70) hanno tenuto molto bene il massimo della stima. Mentre da Christie's, a maggio nell' asta di Old Master a Milano, un grande olio del pittore settecentesco piacentino Panini, stimato 100-150 mila euro, è stato venduto a 391.400. Le prospettive Insomma la parola finalmente torna nelle mani del mercato. E' questo un aspetto da non sottovalutare per le aste autunnali. Per dirla tutta, forse sta per arrivare il momento di investire. Ma con un accuratissima selezione. La pittura antica sta raccogliendo nuovi proseliti. Ma bisogna puntare su opere di alto livello e di ottima conservazione. Anche il comparto dei dipinti e delle sculture dell'Ottocento è interessante. I prezzi sono irrisori rispetto alla media della qualità offerta. Nell'arte moderna i grandi maestri, italiani o internazionali, sconteranno una probabile ulteriore discesa nei valori. Mentre per la contemporanea sembra che lentamente risuoni ovunque un solo motivo: il ritorno alla sperimentazione. Con la pittura in testa alle classifiche di gradimento. Insomma la tempesta non è ancora passata del tutto. Ma, come in natura, una volta terminata tornerà il sole. Con l'aria più fresca e pulita. Rassegna «Concetto spaziale, Attese» di Lucio Fontana e una «Natura morta» di Giorgio Morandi

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L'Italia paga ancora il conto di Cirio (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 20-07-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: IN PRIMO PIANO data: 2009-07-19 - pag: 5 autore: Dopo i default degli «spaghetti bond» il mercato non digerisce più le emissioni di medie aziende L'Italia paga ancora il conto di Cirio Morya Longo Il sogno di creare in Italia un mercato obbligazionario, come nel resto del mondo, sembrava quasi realizzato nel 2002. Quell'anno le imprese italiane lanciarono 26 bond: non solo le grandi aziende, ma anche quelle medie. Eppure quello che allora sembrava un mercato nascente in grado di dare alle imprese una nuova fonte di finanziamento alternativa al canale bancario, altro non era che un mercato sostanzialmente finto: i bond delle medie aziende non avevano quasi mai un rating, avevano rendimenti troppo bassi e venivano venduti solo ai piccoli risparmiatori. Per questo oggi quel mercato non esiste più. è stato spazzato via dai default di Cirio, Giacomelli e Parmalat. Oggi a emettere obbligazioni, in Italia, sono solo le imprese grandi con stazza internazionale: nel 2009 solo sette gruppi sono scesi in campo, raccogliendo 12,5 miliardi di euro. Ma le imprese di dimensioni medie non sono tra questi sei gruppi. Morale: proprio ora che il credito bancario si fa più selettivo, per colpa della crisi economica globale, il sistema imprenditoriale italiano si trova ad affrontare la turbolenza con un canale di finanziamento in meno rispetto alla concorrenza estera. Insomma: le medie imprese pagano oggi gli errori (di tanti) commessi ieri. Per capire la situazione attuale bisogna necessariamente tornare indietro nel tempo. Al "peccato originale". Tra il 1999 e il 2002 in Italia –secondo icalcoli di Fitch – furono lanciati 86 prestiti obbligazionari. Oltre ai big, in quegli anni si facevano avanti anche tante società medie: nomi noti del made in Italy come Versace, Giochi Preziosi, Cirio, Giacomelli e Barilla, e nomi meno noti ma altrettanto rappresentanti dell'Italia come Italtractor, Fantuzzi, La Veggia e Finmek. Obbligazioni piccole, solitamente da 100 o 150 milioni di euro. A quel tempo tutti salutavano con favore queste emissioni,perché –si diceva – aprivano anche alle imprese medie l'accesso a una fonte fondamentale di finanziamento e perché emancipavano le Pmi dalle banche. Il problema è che quei minibond non avevano mai un rating, perché gli imprenditori raramente si volevano sottoporre al vaglio delle agenzie di valutazione. Non solo: quando lo facevano, rimanevano delusi del voto e chiedevano di non pubblicarlo (possono farlo). Tanti nascondevano quindi dietro un dito le fragilità finanziarie delle loro aziende. Restando nell'equivoco della mancanza del rating, e facendo leva su marchi molto noti al grande pubblico, tante imprese hanno quindi emesso obbligazioni offrendo tassi d'interesse troppo bassi rispetto ai rischi effettivi. «Il Sole-24 Ore» ha confrontato tanti di quei bond con l'indice high yield europeo (misurato da JP Morgan) del periodo 1999-2002: i titoli italiani rendevano mediamente 3 o 4 punti percentuali in meno dei titoli "spazzatura" europei. Ovvio che a comprare obbligazioni così non ci fosse nessun investitore istituzionale, ma solo piccoli risparmiatori che riconoscevano i marchi noti (chi non ha mai usato la passata Cirio?) ma avevano pochi strumenti per valutare i rischi. è altrettanto ovvio che non potesse durare. E infatti non è durata. Tra il 2003 e il 3004 sono iniziati i default: prima Cirio, poi quello clamoroso di Parmalat (che di rating ne aveva due ma pubblicava solo il migliore) e poi Giacomelli, Finmek e altri. Da allora praticamente nessun'altra media impresa ha più emesso un bond. E negli ultimi tre anni non è stato più assegnato neanche un rating pubblico. Le imprese hanno ignorato il mercato obbligazionario, anche perché in Italia c'è sempre stata abbondanza di credito bancario molto flessibile e a bassissimo costo. Morale: il mercato obbligazionario è rimasto appannaggio dei big come Eni, Enel, Edison o Telecom, ma è morto per tutte le altre imprese. Ancora oggi è così. Anche un recente report di Fitch, firmato da Francesca Fraulo ed Elisabetta Zorzi, esprime lo stesso concetto: a fronte di un aumento dei volumi delle emissioni (Fitch stima che si possa arrivare in Italia a 20 miliardi di euro entro fine anno, cioè il secondo maggior volume della storia), il numero di emittenti è rimasto basso. Ma dal 2008 la crisi finanziaria ha asciugato i rubinetti delle banche o, quantomeno, ha reso le condizioni dei finanziamenti più onerose. Oggi, quindi, la mancanza di un mercato obbligazionario vero, e accessibile anche ad imprese medie, si inizia a sentire. Tante aziende aggirano i problemi con i finanziamenti Bei. Altre ricorrendo al factoring. Altre boccheggiano. Ma in tanti resta il rimpianto di un'occasione perduta. m.longo@ilsole24ore.com © RIPRODUZIONE RISERVATA PRIMA DEI CRACK Nel 2002 le imprese hanno offerto 26 bond: sul mercato c'erano titoli non solo di grandi società ma anche di medie dimensioni DOPO I CRACK I fallimenti di Parmalat, Giacomelli e di altre quotate hanno lasciato spazio ai big: per le Pmi resta soltanto il canale bancario

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Francia (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il (Del Lunedi)" del 20-07-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore del lunedì sezione: EDILIZIA, AMBIENTE E SICUREZZA data: 2009-07-20 - pag: 32 autore: Oltre confine Le norme in vigore in alcuni paesi europei Francia La legge francese sulle locazioni a uso diverso dall'abitativo non ha subito modifiche per consentire il recesso anticipato dal contratto– o una riduzione del canone –da parte del conduttore come conseguenza dell'impatto negativo causato dalla crisi finanziaria, né già contiene rimedi in tal senso. Tuttavia, nella prassi, alcuni conduttori riesconoa negoziare riduzioni del canone con i locatori. E spesso tocca al giudice determinare se il nuovo canone rifletta effettivamente il valore di mercato dei locali affittati. Germania La materia delle locazioni non abitative è disciplinata dal Codice civile tedesco: generalmente si tratta di 5- 10 anni, oltre a possibili rinnovi a canone fisso. La locazione non può in tale periodo essere terminata se non per eventi o diritti di risoluzione straordinari, espressamente concordati tra le parti, o per violazione dell'obbligo della forma scritta nella stipulazione del contratto.E né il termine di durata né l'importo del canone possono essere modificati unilateralmente: neanche in presenza della crisi finanziaria. Regno Unito I contratti di locazione a uso commerciale sono liberamente negoziabili tra le parti: dal 2007 trova applicazione il cosiddetto Codice delle locazioni commerciali (Code of Leasing Business Premises), che ha colmato il vuoto legislativo nel settore. Le previsioni del Codice sono di applicazione volontaria e mirano al raggiungimento di una maggiore parità contrattuale tra locatore e conduttore tramite l'attribuzione, in favore di quest'ultimo, di un maggiore potere negoziale nella definizione delle condizioni contrattuali. Spagna Le locazioni a uso non abitativo, stipulate dopo il1Úgennaio1995, sonoregolatedalCodicecivile spagnolo e dalla legge sulle locazioni urbane 29/1994. La legislazione spagnola non contiene disposizioni che consentano al conduttore di recedere anticipatamente dal contratto di locazione né di rinegoziare il canone. Tuttavia, a causa della crisi immobiliare, oggi gli importi pattuiti in contratto a titolo di canone, sono spesso di fatto rinegoziati: i locatori preferiscono ridurre il canone piuttosto che avere locali sfitti.

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Cambia l'affitto del negozio (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il (Del Lunedi)" del 20-07-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore del lunedì sezione: EDILIZIA, AMBIENTE E SICUREZZA data: 2009-07-20 - pag: 32 autore: Locazioni commerciali. I canoni in vigore sono oggetto di nuovi accordi tra proprietari e inquilini Cambia l'affitto del negozio La crisi è un «grave motivo» valido per l'adeguamento al ribasso Guido A. Inzaghi Francesco Sanna La crisi finanziaria che dall'inizio del 2008 sta affliggendo la maggior parte dei mercati è argomento ormai noto. Il settore che ha risentito, in modo più significativo di altri, di tali effetti negativi, è senz'altro il mercato immobiliare, non solo relativamente alla stasi degli investimenti da parte dei grandi fondi ma anche in relazione al mercato delle locazioni commerciali, se è vero che, dati alla mano, 2 contratti di locazione su 3, a Milano e Roma, sono oggi oggetto di rinegoziazione. L'attuale crisi, infatti, causa spesso l'impossibilità – o quanto meno difficoltà – di continuare a corrispondere le rate del canone originariamente pattuito, quando le attività esercite nei locali condotti in locazione permettevano una tranquilla sostenibilità del canone. Domanda ricorrente è allora quella riguardante le tutele apprestate dalla legislazione italiana a supporto delle richieste dei conduttori. La materia delle locazioni a uso diverso dall'abitativo ( le locazioni commercia-li), è disciplinata –oltre che dalle disposizioni del Codice civile (articoli 1571 e seguenti) dalla legge n. 392 del 27 luglio 1978. La legge 392/78 prevede il diritto del conduttore, indipendentemente dalle previsioni contrattuali, di recedere in qualsiasi momento dal contratto nell'ipotesi in cui ricorrano «gravi motivi » (articolo 27, ultimo comma) – posto che sia comunque rispettato un preavviso di 6 mesi. Termine generico, quello dei gravi motivi, suscettibile di includere – in linea teorica – un numero considerevole di casi. La Corte ha affermato in più di un'occasione,che i gravi motivi che consentono il recesso del conduttore, indipendentemente dalle previsioni contrattuali, devono essere determinati da fatti estranei alla volontà del conduttore, imprevedibili e sopravvenuti alla costituzione del rapporto, tali da rendergli oltremodo gravosa la sua prosecuzione. In relazione alle locazioni commerciali, è stato stabilito, può integrare grave motivo, che legittima il recesso del conduttore, un andamento della congiuntura economica sopravvenuto e oggettivamente imprevedibile che lo obblighi ad ampliare o ridurre la struttura imprenditoriale in misura tale da rendergli particolarmente gravosa la persistenza del rapporto locativo. Nel momento attuale è agevole intendere che la norma in esame possa spesso prestarsi da efficace "sponda" per i conduttori, che, con la minaccia dell'esercizio del recesso,chiedono la rinegoziazione dei canoni. Al riguardo va precisato che l'apprezzamento circa l'imprevedibilità del fatto che rende particolarmente gravosa la prosecuzione del rapporto locativo costituisce valutazione rimessa al giudice di merito e che pertanto spetterà al singolo conduttore riuscire a fornire la prova che la propria impossibilità di continuare a corrispondere il canone originario sia effettivamente determinata da un andamento sfavorevole del mercato e non da proprie inefficienze o cattiva gestione. A fronte di tale congiuntura potenzialmente favorevole ai conduttori è opportuno registrare come il legislatore si sia invece mosso in direzione opposta relativamente al tema della rivalutazione annuale dei canoni, segnando un punto a favore dei locatori. Stiamo parlando della novità di cui all'articolo 41-duodecies della legge di conversione del Dl 207/2008, che integra l'articolo 32 della legge 392/78 e rubricato «Aggiornamento del canone». A seguito di tale riforma, l'articolo 32 della legge 392/78 prevede ora che «le parti possono convenire che il canone di locazione sia aggiornato annualmente su richiesta del locatore per eventuali variazioni del potere di acquisto della lira ( ora euro). Le variazioni in aumento del canone per i contratti stipulati per una durata non superiore a quella di cui all'articolo 27 non possono essere superiori al 75% di quelle accertate dall'Istat dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e di impiegati. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche ai contratti di locazione stagionale e a quelli in corso al momento dell'entrata in vigore del limite di aggiornamento di cui al comma 2 del presente articolo ». La norma dispone che, a partire dall'entrata in vigore del nuovo disposto normativo, il limite massimo di rivalutazione dei canoni del 75% delle variazioni accertate dall'Istat dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati si applica con riferimento esclusivo a quei contratti la cui durata minima non ecceda quella prevista dall'articolo 27 della legge 392/78, ovverosia sei o nove anni a seconda della destinazione d'uso dell'immobile. Viene sancito quindi il diritto del locatore di richiedere l'aggiornamento in misura anche superiore al 75% delle variazioni accertate dall'Istat – fino al 100% – per tutte le locazioni commerciali di durata superiore ai minimi legali. © RIPRODUZIONE RISERVATA DAL GIUDICESpetta al singolo conduttore fornire la prova della propria impossibilità a pagare quanto stabilito dal contratto

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E i bancari stravincono la sfida (sezione: crisi)

( da "Corriere Economia" del 20-07-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere Economia sezione: Economia data: 20/07/2009 - pag: 24 L'analisi storica E i bancari stravincono la sfida I n venticinque anni di storia il Tfr viene nettamente battuto dalla previdenza integrativa. Dal 1983 (anno di nascita del Trattamento di fine rapporto) 10.000 lire (5,16 euro) accantonate sotto forma di liquidazione oggi sarebbero divenute 32.690 (16,88 euro), in leggero vantaggio rispetto alle 29.190 (15,08 euro) rappresentate dall'inflazione. Se fossero state versate in uno dei primi fondi pensione sarebbero cresciute di 8 volte: 82.320 lire (equivalenti a 42,51 euro). «In questo periodo il Tfr ha mantenuto il potere d'acquisto sostiene Sergio Corbello, presidente di Assoprevidenza, che ha realizzato le elaborazioni grazie al meccanismo di rivalutazione, l'1,5% più il 75% dell'inflazione: in pratica, se quest'ultima è inferiore al 6%, la liquidazione esce vincente. Viene però nettamente battuta da un fondo pensione, come quello del Sanpaolo di Torino, esistente nel 1983». Il periodo comprende tutte le fasi dei mercati finanziari: anche se non in tutti gli anni (per esempio nel 2008), la linea bilanciata del fondo Sanpaolo ha fatto meglio del Tfr. Il confronto è stato condotto anche in un periodo più breve, dal 1991, e allargato a un'altra cassa integrativa, Previndai (dirigenti industriali), che con un patrimonio di 4,4 miliardi di euro è una delle maggiori del nostro paese. «Anche in questo caso i fondi risultano vincenti spiega Corbello . Diecimila lire investite nel 1991 sarebbero divenute 24.830 in quello del Sanpaolo e 39.330 in Previndai, contro 19.150 del Tfr e un'inflazione di 16.720. Sono due vecchi fondi, soggetti a regole particolari rispetto a quelli costituiti dopo il 1993: quello del Sanpaolo investe anche sul mercato immobiliare mentre Previndai utilizza cinque gestioni assicurative tradizionali, due impieghi non consentiti in quelli di nuova istituzione». E proprio queste ultime hanno fatto la differenza, con risultati costantemente superiori al Tfr. «Garantiscono un rendimento minimo del 2,5% dice Franco Di Giovambattista, direttore generale di Previndai ma la performance effettiva è sempre stata superiore: nel 2008 si è attestata al 4,6%. E in più prevedono il consolidamento dei risultati, grazie a cui i rendimenti acquisiti vengono definitivamente riconosciuti al sottoscrittore». Risultati positivi anche per le altre due linee di Previndai. R.E.B. Esperto Sergio Corbello è alla guida di Assoprevidenza

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Arte, una stagione a luci rosse (sezione: crisi)

( da "Corriere Economia" del 20-07-2009)

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Corriere Economia sezione: Economia data: 20/07/2009 - pag: 26 Aste Forte calo del business, ma l'Italia si è difesa meglio degli altri Arte, una stagione a luci rosse Giù soprattutto i contemporanei e i moderni. Tengono meglio gli Old Master e l'Ottocento DI PAOLO MANAZZA U n semestre in rosso. Anzi in profondo rosso. La crisi finanziaria e di liquidità è atterrata pesantemente sul mercato dell'arte internazionale. I primi sei mesi del 2009 saranno ricordati a lungo dal management Christie's e Sotheby's che ha dovuto affrontare il declino annunciato di un mercato sovraesposto dagli eccessi delle scorse stagioni. Un anno vissuto pericolosamente, con un occhio già rivolto all'autunno. I dati globali Le cifre ufficiali di Christie's non sono ancora pervenute. Quelle di Sotheby's raccontano di 992 milioni di dollari raccolti da gennaio a giugno di quest'anno. Contro 2,937 miliardi di dollari del primo semestre 2008. Circa due miliardi in meno. Una perdita di fatturato del 65%. Campione nel declino il mercato statunitense che ha venduto per 387,5 milioni di dollari contro 1,354 miliardi della scorsa stagione. Al secondo posto le aste inglesi con 353,3 milioni di dollari contro 1,093 miliardi del primo semestre 2008. Anche l'Asia ha chiuso con il segno meno: 94,5 milioni rispetto a 239. Meglio di tutti l'Europa che ha perso solo il 37% con 157,5 milioni incassati rispetto ai 249,8 del 2008. Panorama italiano Il mercato italiano è in linea con questo orizzonte. Christie's è andata peggio di tutti raccogliendo 9,4 milioni di euro contro i 18,8 del semestre scorso (meno 50%). Sotheby's Italia ha venduto per 16,8 milioni di euro rispetto ai 21,9 (meno 23%) dell'anno scorso. Finarte 14,7 milioni di euro contro i 22,3 (meno 34%) del 2008. Meeting Art è la migliore con 11,9 milioni contro i 13,2 del 2008 (meno 10%). La media del fatturato di queste quattro case d'asta italiane è scesa del 29%. Un calo meno vistoso rispetto ai mercati inglesi o statunitensi, ma anche al totale europeo di Sotheby's. Tutto ciò perché il nostro sistema è da molti anni ancorato a collezionisti più sensibili alla classicità, piuttosto che a spese iperboliche per artisti e opere modaiole. Per una volta possiamo dire che la cultura ci ha permesso se non proprio la salvezza, quanto meno la navigazione a vista nella tempesta. Ma ora che accadrà in autunno? La politica adottata dalle case d'asta italiane punta su due aspetti. Il primo è quello della sempre più forte selezione qualitativa. Sotheby's quest'anno ha offerto nel primo semestre italiano 724 opere con la media di aggiudicato del 71,82% a un prezzo di 32.337 euro. Il secondo aspetto, sul quale punta molto Finarte, consiste nel riconsiderare al ribasso le riserve d'asta. Mentre negli anni scorsi tutti speravano di vendere a cifre iperboliche opere acquistate negli anni Novanta, ora non è più così. Meglio presentare un quadro con una stima bassa. Sarà il mercato a sancirne l'appetibilità reale con una aumento della riserva o l'assenza di offerte. A giugno da Finarte un Lucio Fontana («Concetto Spaziale, Teatrino» del '64) stimato 220-280 mila euro è arrivato a quasi 400 mila. Mentre a Londra una scultura sempre di Fontana del '59-'60 stimata 1,3-1,9 milioni di sterline è rimasta invenduta. Da Sotheby's a Milano diverse opere di Mario Schifano (degli anni '60-'70) hanno tenuto molto bene il massimo della stima. Mentre da Christie's, a maggio nell' asta di Old Master a Milano, un grande olio del pittore settecentesco piacentino Panini, stimato 100-150 mila euro, è stato venduto a 391.400. Le prospettive Insomma la parola finalmente torna nelle mani del mercato. E' questo un aspetto da non sottovalutare per le aste autunnali. Per dirla tutta, forse sta per arrivare il momento di investire. Ma con un accuratissima selezione. La pittura antica sta raccogliendo nuovi proseliti. Ma bisogna puntare su opere di alto livello e di ottima conservazione. Anche il comparto dei dipinti e delle sculture dell'Ottocento è interessante. I prezzi sono irrisori rispetto alla media della qualità offerta. Nell'arte moderna i grandi maestri, italiani o internazionali, sconteranno una probabile ulteriore discesa nei valori. Mentre per la contemporanea sembra che lentamente risuoni ovunque un solo motivo: il ritorno alla sperimentazione. Con la pittura in testa alle classifiche di gradimento. Insomma la tempesta non è ancora passata del tutto. Ma, come in natura, una volta terminata tornerà il sole. Con l'aria più fresca e pulita. Rassegna «Concetto spaziale, Attese» di Lucio Fontana e una «Natura morta» di Giorgio Morandi

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Dove si accendono gli ultimi falò del 2% netto (sezione: crisi)

( da "Corriere Economia" del 20-07-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere Economia sezione: Economia data: 20/07/2009 - pag: 20 Liquidità Dove si accendono gli ultimi falò del 2% netto V aligie pronte. E il risparmio? I tassi appiattiti verso il basso, stretti in una banda tra lo zero e il tre percento, non sono incoraggianti. In compenso, però, è ai minimi storici anche il costo della vita (0,5% a giugno, in Italia) e quindi diventa raggiungibile l'obiettivo minimo di ogni risparmiatore, difendere il capitale dall' inflazione, in attesa di una schiarita sui mercati finanziari. Ma dove cercare? Il Bot trimestrale rende, al netto delle commissioni e delle tasse, lo 0,04% netto. Bisogna, dunque, andare a caccia di un buon conto corrente o di deposito. Su Internet si possono trovare soluzioni per tutti e qualche promozione superstite. Ci sono i conti senza spese, con soldi sempre disponibili, che offrono dallo 0,55% netto di Fineco- Bank, al 2,17% di Banca Ifis. Mediolanum, sul conto Freedom, su importi superiori a 12.000 euro, riserva il 3% netto. In compenso, il tasso del Conto Santander Consumer per i nuovi clienti scende dal 2,75% al 2,50% lordo (1,83% netto) dal 20 luglio. La stessa riduzione, per i vecchi clienti, è prevista a partire dal prossimo 27 agosto. In pratica, una somma di 10 mila euro, su un conto online, in tre mesi, può fruttare da 10,80 euro con Fineco Bank che inizia a remunerare da duemila Banca! (pagati in anticipo) e 58,70 con Rendimax. Oppure, si può approfittare delle offerte speciali che, per un periodo limitato, regalano rendimenti più generosi del consueto. Ing Direct, a chi apre entro il prossimo 31 agosto il Conto Arancio, assicura per sei mesi un netto del 2,55%. Medesime le condizioni riservate da Conto Websella (con il limite massimo di 20.000 euro) e dal Conto su Ibl (Ibl Banca). In pratica 10 mila euro depositati su questi conti in un trimestre lievitano a 10.063 euro, ad eccezione di Ibl Banca che non remunera i primi 5.000. In questi giorni è entrata in promozione anche Webank che, ai nuovi clienti di Conto@me entro fine agosto promette, fino al 31 dicembre un netto di 1,825% (2,5% lordo) su giacenze massime di 30 mila euro. Oltre tale soglia e scaduto il periodo promozionale, verrà applicato il tasso ordinario dello 0,90% lordo (0,66% netto). La promozione copre anche i bolli statali (34,2 euro). PATRIZIA PULIAFITO

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A Barroso non basta la spinta dei governi (sezione: crisi)

( da "Corriere Economia" del 20-07-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere Economia sezione: Economia data: 20/07/2009 - pag: 11 Offshore a cura di Ivo Caizzi icaizzi@corriere.it A Barroso non basta la spinta dei governi Il rinnovo del presidente della Commissione continua a trovare oppositori nell'Europarlamento I l pasticciato tentativo dei governi di far rieleggere al più presto il portoghese Josè Manuel Barroso alla presidenza della Commissione europea di Bruxelles per un secondo mandato sta diventando un simbolo della crisi di valori e del decadimento dell'Unione europea. Un netto rifiuto dei socialdemocratici Asde, dei liberaldemocratici Alde e dei Verdi ha convinto l'Europarlamento a respingere l'invito a votare nella sessione inaugurale della nuova legislatura, la settimana scorsa a Strasburgo, la designazione di Barroso, che è un esponente del partito popolare europeo (Ppe). Nella città alsaziana si è complicata anche la possibilità di arrivare all'approvazione parlamentare subito dopo le ferie. Il presidente del gruppo del Ppe, il francese Joseph Daul, ha esortato gli altri leader politici a votare Barroso nella sessione di settembre. Ma il numero uno dei socialdemocratici, il tedesco Martin Schulz, ha fatto sapere che il candidato portoghese prima deve presentare un programma per il prossimo mandato compatibile con le aspettative dell'Europarlamento. Sullo stessa linea si è espresso il leader dei liberaldemocratici, il belga Guy Verhofstadt. I Verdi sono contrari a priori e ricordano le carenze, gli errori e l'assenza di strategie dell'attuale Commissione europea perfino nell'affrontare la crisi finanziaria. Il Ppe e Barroso temono lo slittamento del voto perché, se in ottobre il referendum in Irlanda consentirà l'approvazione del Trattato di Lisbona, in aula diventerebbe necessaria la maggioranza dei 736 eurodeputati (mentre con il Trattato di Nizza in vigore basta la maggioranza dei presenti). In più dietro l'opposizione a Barroso si stanno sviluppando esigenze tattiche collegate alla lottizzazione di europoltrone in corso nel rinnovo dell'Europarlamento e in vista degli avvicendamenti nella Commissione (in autunno) o della possibile nomina di un presidente e un responsabile degli Esteri stabili dei governi Ue (se verrà ratifico il Trattato di Lisbona). Ma, al di là dei mercanteggiamenti, emerge chiaramente che i vari Nicolas Sarkozy, Angela Merkel, Silvio Berlusconi e Gordon Brown hanno sottovalutato lo scontento per il primo mandato di Barroso e l'importanza di verificare preventivamente il suo programma (verrà elaborato durante l'estate). I capi di governo dell'Ue sembrano interessati solo a liberarsi al più presto di questa nomina europea accontentandosi della completa disponibilità del presidente della Commissione a moderare la sua indipendenza istituzionale nei confronti delle capitali. Se ne ricava così la sensazione di un impegno per l'Europa al ribasso, che rischia di aggravare una decadenza dei valori fondamentali dell'Ue già prolungata e pericolosa. E che potrebbe costare cara allo stesso Barroso qualora, dopo la conferma a Bruxelles, il suo progressivo logoramento politico fosse accompagnato e accentuato dall'opposizione di significativi settori dell'Europarlamento. In bilico José Barroso presidente della Commissione Epa

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I risparmi, l'estate e la crisi: consigli di viaggio in 5 cartoline (sezione: crisi)

( da "Corriere Economia" del 20-07-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere Economia sezione: Economia data: 20/07/2009 - pag: 20 Trend Tassi fermi e listini inchiodati dalle difficoltà dell'economia: i numeri dell'incertezza e le speranze da coltivare I risparmi, l'estate e la crisi: consigli di viaggio in 5 cartoline Dal cash alle azioni tranquille, dal reddito fisso alla prevenzione variabile, fino alla Borsa più aggressiva: ecco qualche idea di manutenzione del portafoglio prima di partire DI GIUDITTA MARVELLI C artoline per le vacanze. Saluti dai titoli di Stato brevi e dalla liquidità schiacciati ai minimi storici. Sogni di free climbing per la Borsa, che, per il momento, ha archiviato il rally di marzo e non ha una precisa direzione. La terza estate all'ombra della crisi sta entrando nel vivo con poche certezze e molte speranze. I primi sette mesi dei mercati azionari si avviano a finire con performance asfittiche o leggermente negative in Occidente (-1% per Piazza Affari, +3,5% per quelle mondia-- li), accompagnate da una realistica previsione di utili in discesa ancora per quest'anno (-25/30% sia negli Stati Uniti che in Europa). Due velocità Sul fronte dei Paesi Emergenti, invece, si parla già di ripresa. E utili e listini strappano verso l'alto, con crescite che vanno dal 50% di Buenos Aires al 74% di Shanghai. Uno scenario composito, dove si cominciano a intravedere vincitori e perdenti: i titoli ciclici più solidi, quelli che possono anticipare la ripresa, sembrano già avere un destino diverso dai difensivi. Il Nasdaq, la Borsa dell'hi tech, da gennaio ad oggi è salita del 22%. Anche se non ci sono garanzie, quindi, i mercati finanziari hanno cominciato a comportarsi a tratti (le giornate nere non mancano) come araldi di una possibile ripresa a partire dal 2010, che comunque nei Paesi industrializzati non sarà a passo di marcia. Ecco allora le cartoline di CorrierEconomia per chi sta partendo e si domanda come lasciare al meglio il suo portafoglio. Sul fronte della liquidità e delle obbligazioni il gioco dei tassi è sempre al ribasso. Attenzione, però: l'inflazione ormai annullata (0,5% ultimo dato) potrebbe tornare ad essere un fuoco. Nessuno sa, infatti, che effetto potrebbe avere una ripresa anche piccola sul mare di incentivi e stimoli economici con cui i governi hanno inondato il mondo. I primi tre saluti sono quindi per gli appassionati di liquidità con le indicazioni degli ultimi parcheggi al 2% netto e per chi si sente sicuro solo con Btp e titoli obbligazionari in generale. Vaccinazioni Il tasso fisso è ancora la carta migliore, anche se per spuntare più del 2,8% bisogna allungarsi oltre cinque anni. Vero è che con il costo della vita congelato i rendimenti non sono poi così bassi, ma la dinamica futura dell'inflazione è molto imprevedibile. E non va sottovalutata.

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V olatili. (sezione: crisi)

( da "Corriere Economia" del 20-07-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere Economia sezione: Economia data: 20/07/2009 - pag: 20 Il «sentiment» I gestori italiani V olatili. interpellati da Morningstar nel consueto sondaggio mensile non hanno ancora abbandonato del tutto i loro timori. I mercati finanziari potrebbero risultare ancora ballerini nei prossimi sei mesi e quindi la quota di azioni nei portafogli bilanciati è più bassa del solito. Il 40% del campione, comunque, è convinto che Wall Street possa salire da qui a Natale più dei mercati dell'euro, dove il ciclo economico è acerbo.

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(sezione: crisi)

( da "Corriere Economia" del 20-07-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere Economia sezione: Economia data: 20/07/2009 - pag: 6 Il commento Messori (Assogestioni) «Il conflitto di interessi è allo sportello» U n'iniziativa nel segno della trasparenza che, per Marcello Messori, economista prima d'essere presidente di Assogestioni, è da considerarsi in maniera «assolutamente positiva». Fare chiarezza sull'universo delle obbligazioni bancarie, come richiesto esplicitamente dal presidente della Consob, Lamberto Cardia, lunedì 13 luglio all'assemblea di Milano, è per gli gnomi dei fondi italiani una vittoria inseguita da tempo. «Sono anni sottolinea Messori che Assogestioni mette in evidenza l'effetto sostituzione tra i fondi di diritto italiano e le obbligazioni bancarie. Dal duemila, per evidente convenienza del sistema creditizio si è registrato un aumento delle sottoscrizioni delle obbligazioni bancarie e un parallelo aumento dei riscatti dal mondo del risparmio gestito». Messori mette a fuoco il conflitto di interesse: «i due tipi di prodotti transitano sullo stesso canale distributivo, ovvero la banca. Che si trova di fronte da un lato a un fondo che chiede assistenza al cliente e offre un ricavo spalmato nel tempo, e dall'altro a un prodotto semplice o strutturato che in ogni caso offre alla banca un maggior ricavo ( upfront ) e per di più immediato ». Il conflitto è qui. Finora i gruppi bancari hanno avuto aggio anche da una regolamentazione asimmetrica che ha visto maggiore severità da parte degli organismi regolatori nei confronti dei prodotti del risparmio gestito. Ora Consob e Isvap dichiarano di voler ridurre l'asimmetria. Prima c'è stata una mossa nei confronti dei prodotti illiquidi in primis le polizze unit e index , ovvero quelle a maggior contenuto finanziario ora nei riguardi dei bond. «In linea di principio va tutto bene ed era ora sottolinea Messori . Ma l'attuale crisi finanziaria ha di molto complicato le cose. Le banche, anche le italiane, hanno un vincolo di liquidità molto forte aggravato dalla fuga dei risparmiatori verso prodotti come i pronti contro termine e tutte le famiglie dei titoli a breve. Queste condizioni hanno fatto sì che nel 2008 il deflusso netto da tutto il risparmio gestito in Italia sia ammontato a 196 miliardi di euro. Una cifra imponente, dirottata dal sistema bancario verso allocazioni più convenienti per se stesso». Conflitti di interesse, vincoli di liquidità e poi, quando Messori torna a infilare la giacca dell'economista e non del rappresentante di categoria spunta anche uno squilibrio strutturale: «perché la crisi ha evidenziato come le banche italiane abbiano impieghi di molto superiori ai depositi. Una dinamica accelerata dal duemila a oggi. Perché se il delta tra impieghi e depositi è aumentato in tutte le banche europee, in quelle italiane è letteralmente esploso. I depositi non bastavano più a finanziare gli attivi e le banche sono ricorse ai bond fatti in casa». Oggi però la situazione è nuovamente mutata. La Bce sta inondando i mercati di liquidità. Gli istituti di credito possono finanziarsi all'1 per cento di interesse alla Banca centrale europea e questo può segnare l'inizio del tramonto dei bond bancari che peraltro riconoscono al sottoscrittore interessi minimi. «Questo è accaduto perché spiega Messori si dava un valore alla garanzia sul capitale investito che veniva integralmente restituito a scadenza. Ma se il risparmiatore aveva bisogno di riscattare il proprio investimento prima dello scadere ecco che scopriva l'illiquidità del titolo: solo la banca emittente lo ricomprava, ma a prezzi di realizzo. Oggi con il costo del denaro all'1 per cento il sistema bancario ha una grande occasione: prima o poi la Bce tornerà ad assorbire liquidità e per le banche si ripresenterà il vincolo della liquidità. Se però avranno saputo in questi mesi traghettare i risparmiatori verso posizioni a medio-lungo termine tipiche del risparmio gestito e con un più elevato grado di trasparenza rispetto ai bond bancari, ecco che, anche il risparmiatore italiano sarà uscito vincitore da questa durissima sfida di mercato ». Un'occasione, assicura Messori, del tutto rara. S. RIG. Quel tipo di bond dà alle banche maggiori ricavi con meno fatica Assogestioni Marcello Messori Fotogramma

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Lo sceicco giramondo al volante di Porsche (sezione: crisi)

( da "Corriere Economia" del 20-07-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere Economia sezione: Economia data: 20/07/2009 - pag: 12 La partita dell'auto/1 Offerta per una quota della casa tedesca Lo sceicco giramondo al volante di Porsche Gli investimenti di Hamad, dal Qatar alla Germania DAL NOSTRO CORRISPONDENTE DA BERLINO DANILO TAINO P are che l'Emiro del Qatar una volta abbia detto: «Io guido questo Paese. Ma lui lo possiede». Lui è suo cugino, lo sceicco Hamad bin Jassim Jabr Al Thani, uno degli uomini più ricchi del mondo e da qualche anno tra i più attivi sui mercati finanziari. Di recente, in qualità di chief executive della Qatar Investment Authority (Qia) il fondo sovrano dello Stato del Golfo , ha passato parecchio tempo nel Sud della Germania. Obiettivo: portarsi a casa un pezzo di Porsche, forse anche di Volkswagen. Sogno tedesco Intervenire cioè come salvatore finanziario di uno dei pezzi più pregiati dell'industria mondiale almeno agli occhi degli arabi ricchi che però è indebitata e soprattutto è al centro di uno scontro tra le famiglie che la controllano, i Porsche e i Piëch. Già questa settimana forse sapremo se riuscirà. Ci terrebbe. Per il suo Paese di 250 mila abitanti, ma anche per se stesso. Dopo l'Emiro che nel 1995 aiutò ad andare al potere con un colpo di palazzo contro il padre di quest'ultimo il numero uno della Qia è certamente l'uomo più potente del Qatar. Del Paese che vuole riformare, assieme al cugino, ma che è ancora incerto in fatto di separazione dei poteri è infatti anche primo ministro e ministro degli Esteri: controlla insomma due leve fondamentali, quella politica e quella economica. Metà del suo tempo lo passa a Doha, dove tra l'altro personalmente possiede parecchie attività, per esempio la Qatar Airlines, e proprietà immobiliari, compreso il famoso hotel Four Seasons. Per il resto è in viaggio in cerca di affari. A Londra, spesso, nella sua casa di Hyde Park, che si favoleggia essere la residenza più costosa della città dopo Buckingham Palace. Da lì, per esempio, nel 2008 ha guidato l'operazione di acquisto del dieci per cento di Barclays Bank: il 7,38% a nome della Qia, il 2,84% a nome della Challenger, società che controlla personalmente; con un'opzione a salire al 12,5%. Ma anche nell'Europa continentale è molto interessato alle imprese tedesche e negli Stati Uniti dove è spesso ospite dei think-tank più influenti che si occupano di politica internazionale. Le ambizioni dello sceicco Hamad (suo cugino l'Emiro si chiama Hamad bin Khalifa Al Thani) sono notevoli, anche se non sempre lineari. Nel maggio 2008, per esempio, ha raggiunto un grande successo diplomatico quando ha bloccato una probabile ripresa dei conflitti armati interni al Libano. Qualche anno fa è diventato famoso quando ha sostenuto la tv araba al-Jazeera, che ha sede a Doha. Ha molti amici in Israele ma, come ministro degli Esteri, finanzia anche l'ufficio locale di Hamas. Durante la guerra americana in Iraq, era molto critico di George Bush ma, mentre si opponeva nei discorsi ufficiali, gli aerei americani decollavano dalla base nel Sud del Paese, la più grande della zona. Posizioni un po' schizofreniche, forse, ma che finora lo hanno aiutato a ritagliarsi un ruolo molto maggiore di quanto il suo piccolo Stato lascerebbe immaginare. Il futuro In parallelo agli obiettivi di politica internazionale, lo sceicco, d'accordo con l'Emiro, ha anche una strategia finanziaria. Si tratta di pensare alle generazioni future del Paese e di diversificare l'economia. La quasi totalità della ricchezza del Qatar, infatti, deriva dal petrolio e, soprattutto, dal metano: una «monocoltura » che finora ha impedito lo sviluppo di industrie alternative, se si esclude il turismo negli ultimi anni. Lo sceicco Hamad, dunque, si è dato il compito di investire una parte delle entrate energetiche - pare 20 miliardi di dollari l'anno nei tempi buoni di barile caro - per garantire un reddito futuro: in imprese internazionali solide e anche in pezzi di terra in Pakistan e in Africa (Kenia, tra mille controversie). Ma ha anche l'obiettivo di accedere alla tecnologia che nel Paese non c'è per diversificare l'economia e costruire qualcosa in più di un pozzo nel cuore del Golfo Persico. L'investimento in Porsche che pare gli sia stato consigliato dalla seconda delle tre mogli dell'Emiro, Musa, ministro dell'Educazione sarebbe da questo punto di vista perfetto. Di grande prestigio dopo il colpo di Barclays, probabilmente in futuro redditizio e in un gruppo dalle competenze tecnologiche eccezionali. L'amato sigaro Avana è pronto per celebrare. Il cugino dell'Emiro, che gestisce il fondo sovrano, vive per metà dell'anno a Doha Blitz Lo sceicco Hamad bin Jassim Jabr Al Thani Agence France Presse

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L'Islanda corre in aiuto delle sue tre maggiori banche (sezione: crisi)

( da "Borsa(La Repubblica.it)" del 20-07-2009)

Argomenti: Crisi

L'Islanda corre in aiuto delle sue tre maggiori banche (Teleborsa) - Roma, 20 lug - L'Islanda ha annunciato di aver fatto un notevole passo avanti nel salvataggio delle tre maggiori banche del paese, colpite dalla crisi finanziaria. Il governo prevede una ricapitalizzazione totale per circa 270 miliardi di corone islandesi (o 2,1 miliardi di dollari), ridotto a circa 200 miliardi. Le banche interessate alla ricapitalizzazione sono la Glitnir, Landsbanki e Kaupthing, tutte crollate nel giro di una settimana lo scorso ottobre a causa di più di 60 miliardi di dollari di fondi stranieri. La ristrutturazione del settore bancario, il rimborso dei creditori, nonché la stabilizzazione della moneta, sono viste come misure necessarie per rilanciare l'economia del Paese schiacciata da una profonda recessione, oltre che utili per placare i finanziatori stranieri. 20/07/2009 - 11:04

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L'Islanda corre in aiuto delle sue tre maggiori banche (sezione: crisi)

( da "KataWebFinanza" del 20-07-2009)

Argomenti: Crisi

L'Islanda corre in aiuto delle sue tre maggiori banche (Teleborsa) - Roma, 20 lug - L'Islanda ha annunciato di aver fatto un notevole passo avanti nel salvataggio delle tre maggiori banche del paese, colpite dalla crisi finanziaria. Il governo prevede una ricapitalizzazione totale per circa 270 miliardi di corone islandesi (o 2,1 miliardi di dollari), ridotto a circa 200 miliardi. Le banche interessate alla ricapitalizzazione sono la Glitnir, Landsbanki e Kaupthing, tutte crollate nel giro di una settimana lo scorso ottobre a causa di pi di 60 miliardi di dollari di fondi stranieri. La ristrutturazione del settore bancario, il rimborso dei creditori, nonch la stabilizzazione della moneta, sono viste come misure necessarie per rilanciare l'economia del Paese schiacciata da una profonda recessione, oltre che utili per placare i finanziatori stranieri. 20/07/2009 - 11:04

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20/07/2009 10:53 G8: MUBARAK, IN ITALIA LA MIGLIORE ORGANIZZAZIONE (sezione: crisi)

( da "ITnews.it" del 20-07-2009)

Argomenti: Crisi

Milano, 20 lug. - (Adnkronos) - Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ha incontrato il presidente dell'Egitto Hosni Mubarak per una decina di minuti prima dell'inizio del Forum economico e finanziario per il Mediterraneo in corso a Milano. L'incontro bilaterale ha avuto come oggetto i temi economici e la crisi finanziaria anche in vista del prossimo G20 in programma a Pittsburgh. Mubarak ha poi ringraziato Berlusconi per l'organizzazione del G8 a L'Aquila e ha definito l'organizzazione italiana "migliore" rispetto a quella degli altri vertici.

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Crisi, Marche: Artigiancassa point nelle sedi di fidimpresa, una risposta per il credito alle pmi (sezione: crisi)

( da "Sestopotere.com" del 20-07-2009)

Argomenti: Crisi

Crisi, Marche: Artigiancassa point nelle sedi di fidimpresa, una risposta per il credito alle pmi (20/7/2009 10:30) | (Sesto Potere) - Ancona - 20 luglio 2009 - Sottoscritta una convenzione con il Confidi Cna che prevede anche finanziamenti agevolati, nuovi prodotti e servizi bancari per gli artigiani. Gli artigiani marchigiani sono quelli che, grazie ai finanziamenti agevolati Artigiancassa, da gennaio a settembre 2008, hanno creato il maggior numero di posti di lavoro tra le regioni italiane: 860 assunzioni frutto di 1.654 operazioni finanziate con 106 milioni di euro che hanno consentito di realizzare investimenti per 131,4 milioni di euro. Finanziamenti agevolati, nuovi prodotti e servizi bancari per gli artigiani ed i piccoli imprenditori. E’ quanto prevede la convenzione sottoscritta ieri tra Artigiancassa e Fidimpresa Marche, il Confidi regionale della Cna. Inoltre l’apertura di “Artigiancassa point” nella sede regionale e nelle sedi provinciali di Fidimpresa. Alla tradizionale attività di gestione dei fondi pubblici agevolati, Artigiancassa affiancherà operazioni di leasing immobiliare e mobiliare, carte di credito, conti correnti con firma digitale. Ulteriori punti di forza della convenzione sono rappresentati dall’informatizzazione, in sinergia con la Banca Nazionale del Lavoro (Bnl), delle procedure dei finanziamenti, e dalla realizzazione di una piattaforma web che renda più semplice e veloce il lavori degli operatori degli “Artigiancassa Point” e l’erogazione dei finanziamenti. Si tratta di procedure innovative, con Fidimpresa che presenterà ad Artigiancassa le richieste di finanziamenti tramite un portale dedicato, che fornirà in tempo reale, un primo esito della domanda, riservandosi, se necessario, altri accertamenti. Gli artigiani marchigiani sono quelli che, grazie ai finanziamenti agevolati Artigiancassa, da gennaio a settembre 2008, hanno creato il maggior numero di posti di lavoro tra le regioni italiane: 860 assunzioni frutto di 1.654 operazioni finanziate con 106 milioni di euro che hanno consentito di realizzare investimenti per 131,4 milioni di euro. Complessivamente le 52.499 imprese artigiane marchigiane, nei primi nove mesi del 2008, secondo il rapporto Artigiancassa, hanno ottenuto dal sistema bancario 3.260 milioni di euro, pari all’8,3 per cento del totale dei 39.183 milioni di finanziamenti al sistema economico regionale nel suo complesso. “L’obiettivo della convenzione” hanno spiegato il presidente di Fidimpresa Marche Giuliano Drudi e Sandro Tufano direttore Artigiancassa “è quello di rilanciare ulteriormente il credito all’artigianato. In tempi di crisi finanziaria l’unico modo per evitare ricadute sull’economia reale, è quello di garantire il capitale alle piccole e medie imprese artigiane su cui le Marche fondano il loro sistema produttivo. Bisogna internazionalizzare e patrimonializzare le imprese artigiane perché la ricerca e l’innovazione si fanno con il capitale. Noi siamo pronti ad aiutarle.” Artigiancassa si candida, anche attraverso questa operazione con Fidimpresa, a diventare, sul territorio, la banca di riferimento degli artigiani. Non è certo un caso se, ferma restando la partecipazione di maggioranza di Bnl, gruppo Bnp Paribas, con il 73,9 per cento, il restante 26,1 per cento delle azioni è detenuto dalla Cna congiuntamente alle altre associazioni artigiane “In una fase di profonda trasformazione del sistema bancario, che spesso ha visto i centri decisionali degli istituti di credito allontanarsi dalle esigenze dei piccoli imprenditori” hanno sottolineato Tufano e Drudi “è importante che Artigiancassa, con questa convenzione, riaffermi una rinnovata attenzione all’artigianato e alle piccole imprese marchigiane”.

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L'impatto della crisi finanziaria è arrivato sull'occupazione, gli ultimi dati certi... (sezione: crisi)

( da "Mattino, Il (Circondario Sud2)" del 20-07-2009)
Pubblicato anche in: (Mattino, Il (Nazionale))

Argomenti: Crisi

L'impatto della crisi finanziaria è arrivato sull'occupazione, gli ultimi dati certificati dall'Istat sono di un mese fa e segnano nel primo trimestre del 2009 una riduzione di 204 mila posti di lavoro, il primo calo da 14 anni e ben 221 mila persone in più in cerca di un posto di lavoro. In Italia il tasso di disoccupazione è salito al 7,9%.

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Aids, a rischio la vita dei pazienti . L'allarme di MSF alla vigilia della Quinta Conferenza della Società Internazionale Aids in Sud Africa (sezione: crisi)

( da "SaluteEuropa.it" del 20-07-2009)

Argomenti: Crisi

20/07/2009 Aids, a rischio la vita dei pazienti . L'allarme di MSF alla vigilia della Quinta Conferenza della Società Internazionale Aids in Sud Africa In occasione della Quinta Conferenza della Società Internazionale Aids a Città del Capo in Sud Africa, Medici Senza Frontiere (MSF) ritiene che debba finire l'inerzia dei governi nazionali, dei paesi donatori e dei loro partner, che devono adottare misure urgenti e concrete. E' a rischio la vita dei malati di HIV-AIDS, a causa dell'interruzione nella fornitura di farmaci antiretrovirali (ARV) e di altre medicine essenziali in almeno sei paesi africani. Alcuni problemi nei finanziamenti e nella gestione dei rifornimenti hanno causato ritardi, interruzioni o rischio di sospensioni delle forniture di farmaci salva-vita. Le conseguenze dell'interruzione dei finanziamenti e delle riforniture sono potenzialmente catastrofiche: se l'avvio del trattamento anti-Aids su nuovi pazienti fosse sospeso o ritardato, sarebbero a rischio le vite di molti di coloro che hanno un urgente bisogno di farmaci. In Sud Africa il budget del governo per la salute è stato tagliato a causa della crisi finanziaria e pare che sia difficile trovare in breve tempo una soluzione alternativa per i finanziamenti. "Le cliniche attorno a noi dice Eric Goemaere, capo missione di MSF in Sud Africa non accettano i pazienti, perché le forniture antiretrovirali non sono sufficienti. Le liste d'attesa si allungano ogni giorno di più, il rischio è che i pazienti muoiano ancora prima di cominciare una terapia antiretrovirale. E' inconcepibile che un programma antiretrovirale ben avviato possa essere vanificato nel giro di un paio di settimane. MSF non potrà colmare il vuoto che si è creato, ma la questione è anche se davvero dovremmo farlo, visti gli impegni internazionali sottoscritti dai governi". In Malawi, i ritardi nei finanziamenti del "Fondo Globale per Aids, tubercolosi e malaria" hanno già causato pesanti riduzioni delle forniture di antiretrovirali. Il risultato è che in numerose strutture sanitarie gli stock di farmaci antiretrovirali sono ormai molto scarsi. Per evitare ulteriori tagli, il Ministero della Salute, con l'aiuto di MSF e di altre ong, sta attualmente distribuendo antiretrovirali in diversi distretti. MSF ha dovuto comprare anche altri stock di scorta, per garantire una fornitura stabile ai pazienti seguiti nei diversi progetti. Per ora MSF può ancora cominciare il trattamento con i nuovi pazienti, ma c'è un rischio reale che a breve ciò non possa più essere possibile. Anche le equipe di MSF in Uganda, Repubblica Democratica del Congo, Zimbabwe e Guinea stanno esaurendo gli stock e registrano interruzioni nelle forniture. Le riduzioni sono il risultato di tagli nei finanziamenti e dei ritardi da parte dei governi donatori che non adempiono ai propri impegni. Le maggiori istituzioni per il finanziamento come il "Fondo Globale per Aids, tubercolosi e malaria" e il PEPFAR ("Emergency Plan for AIDS Relief" della Presidenza USA), presentano dei limiti di budget o delle incertezze nell'elargizione dei fondi. La gestione delle forniture e degli approvvigionamenti a livello dei singoli paesi completa il problema, dal momento che ogni ritardo nei fondi pone in pericolo tutta la catena del rifornimento. "MSF è estremamente preoccupata per l'assenza di un'azione efficace da parte dei governi, dei loro partner e dei donatori internazionali nel garantire la stabilità dei finanziamenti e delle forniture degli antiretrovirali e di altri farmaci per il trattamento - dice Meinie Nicolai, direttore delle operazioni di MSF. - Stanno giocando con il fuoco: senza antiretrovirali non c'è trattamento anti-Aids. I governi e i paesi donatori devono dare una risposta urgente e concreta".

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Il conclavedi Coppito (sezione: crisi)

( da "Sicilia, La" del 20-07-2009)

Argomenti: Crisi

Il conclave di Coppito Archiviato il G8, superato - sia pure con i dubbi e le osservazioni del capo dello Stato - lo scoglio del «pacchetto sicurezza», governo e maggioranza si avviano ad affrontare i pochi giorni di attività politico-parlamentare che precedono la pausa estiva. In realtà le vacanze del premier e dei ministri inizieranno più tardi del solito, perchè è prevista già ai primi di agosto una riunione a Coppito per delineare la «fase due» dell'Esecutivo. I nodi da sciogliere sono di due tipi: quelli squisitamente politici (la possibilità di «agganciare» l'Udc per le regionali 2010, la nascita del partito o della «lobby del sud» e le eventuali ripercussioni sul rapporto fra Pdl e Lega, il probabile mini-rimpasto) e quelli programmatici (il completamento del federalismo fiscale con i decreti attuativi, la riforma costituzionale per introdurre il Senato delle regioni, la ricostruzione in Abruzzo, la riforma della giustizia, la disciplina delle intercettazioni). Per Bossi, il «conclave di Coppito» (come qualcuno l'ha chiamato) non sarà una «verifica», ma solo un'occasione per «lanciare nuove idee», però altri pensano a qualcosa di più. Ad esempio alla nomina di un vicepremier come Letta, che aiuti Berlusconi a gestire meglio certi equilibri nel governo, per esempio «arginando» un Tremonti il quale - potendo allargare o stringere i cordoni della borsa a seconda delle esigenze di bilancio e delle priorità - sta diventando sempre più potente: un vero «superministro». In vista del «vertice», la fitta agenda parlamentare dei prossimi giorni può offrire a politici e osservatori qualche indicazione importante. La Camera è chiamata ad approvare il decreto anti-crisi, contenente anche le norme su colf e badanti: Casini ha offerto al premier il «sì» dell'Udc, ma in cambio vuole che il dibattito parlamentare non sia soffocato dalla «blindatura» dell'ennesimo ricorso al voto di fiducia. La risposta di Berlusconi può cambiare i rapporti fra la maggioranza e i neodc: se il premier accetta l'offerta c'è il rischio che passi qualche emendamento «a sorpresa», ma accontentare Casini vuol dire porre le basi per provare ad «agganciare» i centristi per le regionali dell'anno prossimo. I voti dell'Udc sono decisivi in almeno quattro regioni. Un accordo per il 2010 potrebbe rendere possibile (come fu per l'intesa Fi-Lega nel 2000, che riportò Bossi nella Cdl) quel che oggi sembra improbabile: un eventuale ritorno di Casini nel centrodestra, verso la fine della legislatura. Porre la fiducia sui provvedimenti economici, invece, potrebbe indurre l'Udc ad avvicinarsi al Pd, soprattutto se fosse Bersani (che è il leader più adatto per favorire un «accordo tattico» alle regionali con Casini) a vincere le primarie di ottobre. Questa settimana, inoltre, va in Aula al Senato il Dpef, che completa il disegno di politica economica del governo. L'Esecutivo si gioca tutto su una rapida e possibilmente «morbida» uscita dalla crisi finanziaria: l'individuazione delle risorse, i mezzi per reperirle (come lo scudo fiscale al centro delle polemiche) e la loro ripartizione (con il «partito del sud» che chiede di dare al Mezzogiorno i fondi Fas minacciando votazioni a sorpresa in Parlamento) sono fattori decisivi per evitare un pericoloso «autunno caldo».

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Come funziona lo scudo fiscale: pagate e vi sarà aperto (sezione: crisi)

( da "Panorama.it" del 20-07-2009)

Argomenti: Crisi

- Italia - http://blog.panorama.it/italia - Come funziona lo scudo fiscale: pagate e vi sarà aperto Posted By Renzo Rosati On 17/7/2009 @ 18:55 In Headlines | No Comments La preda: 600 miliardi di euro fuggiti all'estero, in Svizzera e in altri paradisi offshore. L'obiettivo: riportarne a casa almeno 100. Lo scopo: ricavarne 5 miliardi cash offrendo ai fortunati proprietari uno scudo contro ogni grana fiscale e amministrativa passata, presente e futura. Altre parti in causa: le banche, ancora sotto botta per la crisi che ha falcidiato depositi e gestioni e che ora attendono come una manna questo flusso di denaro. Ma anche Silvio Berlusconi, che su parte di quei miliardi ha messo gli occhi per destinarli alla ricostruzione dell'Abruzzo, una scommessa che non può perdere. In mezzo al ring [1] Giulio Tremonti, ministro dell'Economia, ideatore dal 2001 al 2003 dei primi due scudi che fecero rimpatriare o regolarizzare 77,7 miliardi, con un introito per le casse pubbliche di 2,1 miliardi. [2] Ecco [3] come funziona lo scudo ter. Tassa sui rendimenti. La formula scelta prevede di fatto un'aliquota doppia rispetto al passato: il 5 per cento. Ci si arriva attraverso una tassa del 50 per cento annuo sui rendimenti ottenuti dai capitali all'estero nei 5 anni precedenti il rimpatrio o la regolarizzazione: rendimenti fissati convenzionalmente al 2 per cento annuo. L'imposta si applica "sulle attività finanziarie e patrimoniali detenute almeno fino al 31 dicembre 2008 e rimpatriate ovvero regolarizzate a partire dal 15 ottobre 2009 e fino al 15 aprile 20103. Un paio di calcoli. Che significa? A differenza del 2001-2003, quando una tassa del 2,5 per cento venne applicata direttamente sui capitali offshore, stavolta l'imposta è sui redditi prodotti da quei capitali. Rendite, però, inchiodate al 2 per cento l'anno, con tassa del 50. In altre parole: per fare rientrare dalla Svizzera 100 milioni che convenzionalmente hanno fruttato 10 milioni in 5 anni, si pagano 5 milioni. Se rientrassero 100 miliardi dai vari paradisi, l'obiettivo di incassare 5 miliardi sarebbe raggiunto. Ma non si poteva tassare direttamente il capitale? Tremonti (anche se il testo è frutto di un emendamento) ha preferito seguire la via di altri paesi europei, come la Gran Bretagna, che per i loro scudi prevedono un'aliquota sugli interessi. Interessi, almeno per l'Italia, "sintetici". Perché fino al 2007 quei capitali hanno probabilmente reso assai di più (la media Fideuram per i fondi monetari e obbligazionari italiani è stata nel 2003-2007 del 9 per cento), però nel 2008 la musica è drasticamente cambiata: su 66 mila fondi europei, gli azionari hanno perso il 42 per cento, gli obbligazionari il 5, i bilanciati il 20. Per evitare calcoli complicatissimi o furbesche autocertificazioni al ribasso si è deciso per il 2 per cento fisso. Non solo, stavolta i capitali devono rientrare fisicamente. Tranne quelli posseduti in paesi dell'Ue, o aderenti allo Spazio economico europeo (Islanda, Liechtenstein e Norvegia), che, pagata la tassa, possono restare là dove sono. La fretta di Berlusconi. Il presidente del Consiglio aveva in realtà puntato su un'altra soluzione: doppia aliquota, più bassa per chi investisse i soldi rimpatriati in titoli di stato, più alta per tutti gli altri. È il 20 marzo, al termine del [4] Consiglio europeo, che Berlusconi parla per la prima volta di scudo: "Ma solo per i singoli che investissero nelle proprie aziende in Italia o sottoscrivessero emissioni particolari di titoli pubblici". La pratica diviene urgente dopo il [5] terremoto del 6 aprile, con la promessa di dare a ognuno un tetto entro novembre, la ricostruzione. A Palazzo Chigi servono 3 miliardi "blindati"; e per un po' è circolata una prima bozza di scudo, in 10 cartelle, che prevedeva proprio la doppia aliquota e "un'emissione speciale della Cassa depositi e prestiti". Tremonti sulle spine. Quasi fosse un vangelo apocrifo, Tremonti ha sconfessato immediatamente quel documento. Anche perché conteneva una sanatoria per capitali frutto di reati che andavano dal falso in bilancio alla bancarotta fraudolenta. Il condono, per la verità, si sarebbe limitato agli aspetti tributari e contributivi, mentre lo scudo sarebbe stato inapplicabile nel caso di indagini della magistratura. Ma tanto era bastato a far montare le polemiche. Alla bocciatura preventiva ha comunque provveduto [6] Laszlo Kovacs, commissario europeo per la Fiscalità, che ha visto nell'aliquota preferenziale per i titoli di stato italiani una forma di concorrenza sleale. Paradisi perduti. Il ministro è stato a lungo sotto pressione, ma sapeva anche di agire in una situazione molto più favorevole rispetto al passato. S[7] tati Uniti, Europa e Giappone stanno mettendo la Svizzera con le spalle al muro perché allenti il suo segreto bancario. E altri paesi predispongono scudi per fare rientrare i capitali. Il governo di Berna ha firmato già dal 2003 con la Ue la [8] Saving tax directive, cioè l'applicazione sui capitali di cittadini comunitari di un'aliquota che salirà fino al 35 per cento nel 2011; la tassa viene girata ai paesi di provenienza, detratto il 25 per cento che trattiene il fisco svizzero. Una prima manifestazione di buona volontà, e un minore appeal per gli evasori; tutto però travolto dalla crisi finanziaria mondiale. Che ha minato fra gli altri il colosso Ubs. [9] Barack Obama ha chiesto senza mezzi termini la lista dei depositi di cittadini americani; il governo di Berna gli ha rifilato un elenco di 52 mila conti cifrati. La Casa Bianca ha allora minacciato di ritirare alla banca la licenza di operare negli Usa. Nel frattempo [10] Ocse e Unione Europea hanno stretto la vite sui paradisi fiscali. Tremonti si è trovato così la strada spianata. A fine giugno ha introdotto due prime misure: l'inversione dell'onere della prova per chi tiene soldi oltreconfine (chi non dimostra a che cosa servono è considerato evasore) e, per le imprese, la tassazione secondo criteri italiani degli utili prodotti offshore. Qui i risultati dei precedenti scudi fiscali nei principali paesi Pressing delle banche. Tutte prevedono il successo dell'operazione. Osserva [11] Luca Caramaschi, responsabile private wealth management della Deutsche Bank: "L'Italia può fare rientrare 100-120 miliardi, e il nostro istituto ne attende almeno 23. Ma quali strade prenderanno una volta in Italia? "Un terzo andrà in attività finanziarie, compresa la borsa, dove ora si può acquistare a prezzi molto favorevoli. Un terzo servirà a ricapitalizzare aziende di famiglia a corto di credito. Un terzo sul mercato immobiliare: certo non per comprare blocchi di uffici, ma piuttosto ville e appartamenti di prestigio messi in vendita da ricchi proprietari impauriti dalla crisi economica. Qui al Nord ce ne sono molti". Dunque secondo Caramaschi si potranno rivitalizzare due settori in crisi: "Le aziende e gli immobili". Come accadde con il primo scudo: il 40 per cento dei capitali si riversò sulle case, contribuendo non poco al boom dei prezzi. Un po' diverse le previsioni di Luigi Mannini, responsabile financial planning della [12] Banca Finnat, tradizionalmente vicina alle ricche famiglie romane: "La mentalità di chi tiene soldi all'estero è conservativa: preservare il capitale. Quindi studieremo gestioni e trust sul modello di quanto trovavano offshore. Essenziale sarà fornire a questi clienti gestori dedicati e strumenti personalizzati". Su un punto Mannini è d'accordo con Caramaschi: "Molte imprese sono sottocapitalizzate, questa è l'occasione per dotarle di soldi freschi". Alessandro Dragonetti, partner e capo dell'area finanza dello studio Bernoni e associati, consulente di imprese e privati, ritiene essenziale la semplicità dello scudo: "Deve essere "one shot", semplice da attuare e da pagare. Solo questo impedirà ai capitali rientrati di espatriare di nuovo, come è accaduto durante il governo Prodi. Perché è vero che la Svizzera è in crisi, e qui c'è la necessità di ricapitalizzare qualche azienda. Però ci sarà sempre qualche altro paradiso pronto a farsi avanti. La finanza è fatta così. I ricchi pure". LE CIFRE Stime dei capitali e beni italiani di privati nei paradisi fiscali: 600 miliardi di euro. Sono depositati in: Svizzera 65% Lussemburgo 12% Principato di Monaco 6% Liechtenstein 2% San Marino 1,5% Austria 1,5% Gran Bretagna 1,0% altri paesi 11% (Isole Cayman, Bermuda, Bahamas, Panama, Singapore, Costa Rica.) Qui la radiografia dei due precedenti provvedimenti in Italia, dove si sono registrati gli introiti più alti LEGGI ANCHE: [13] Paradisi fiscali, secondo l'Ocse

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Il bar Fondovalle apre nel centro fieristico che ancora non decolla (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 21-07-2009)

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BORGHETTO.LA PRIMA ATTIVITA' OSPITATA Il bar Fondovalle apre nel centro fieristico che ancora non decolla È la prima attività del centro fieristico di Borghetto Borbera, realizzato negli anni scorsi alla periferia del paese, vicino alle nuove scuole elementari: è il bar ristorante Fondovalle, aperto dai gestori di un'attività dello stesso genere in Alta Val Borbera. Il centro (spesa di oltre 2 milioni di euro, di cui più di 1 milione e 200 mila di fondi europei), da tempo è al centro di polemiche poiché non è ancora riuscito diventare quel polo commerciale e artigianale voluto dagli amministratori comunali di Borghetto e dalle imprese che lo hanno costruito, Reale, Carino Impianti e Motta Costruzioni, guidate dall'imprenditore Antonio Grasso di Vignole, che è anche gestore della struttura. L'apertura ufficiale del centro fieristico era stata annunciata più volte in passato ma solo da alcune settimane si è insediato il bar ristorante. Da tempo si parla di altre attività in arrivo. «So di alcune trattative - dice il sindaco di Borghetto, Enrico Bussalino - ma non sono previste aperture a breve». Fra i motivi utilizzati in passato per giustificare il mancato arrivo di imprese artigianali nel centro, il collaudo della Regione, la crisi finanziaria e anche l'assenza dell'Adsl. Gli spazi a disposizione degli artigiani sono cinque. Nel centro fieristico di Borghetto spmp a disposizione anche una sala multimediale e uno spazio polifunzionale.

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LA SITUAZIONE del settore agricolo è stata al centro del confr... (sezione: crisi)

( da "Nazione, La (Livorno)" del 21-07-2009)

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CRONACA LIVORNO pag. 5 LA SITUAZIONE del settore agricolo è stata al centro del confr... LA SITUAZIONE del settore agricolo è stata al centro del confronto del Tavolo Verde che si è riunito oggi, a Palazzo Granducale. All'incontro, convocato dall' assessore all'agricoltura, Paolo Pacini, hanno partecipato i rappresentanti delle associazioni di categoria del settore agricolo: Cia, Coldiretti, Unione agricoltori. L'economia agricola locale, oltre a risentire della crisi mondiale, è aggravata anche dalle conseguenze negative che gli eventi atmosferici hanno avuto sulle produzioni agricole, nonché dal drastico calo dei prezzi dei prodotti sul mercato. Monitorare la situazione sarà, dunque, uno degli impegni principali del Tavolo Verde che l'assessore Pacini si è impegnato a riunire almeno una volta al mese, per garantire continuità e tempestività di intervento. Dal confronto fra le parti è emersa, in particolare, la necessità di intervenire su alcuni aspetti. In primo luogo l'importanza di "fare squadra" per coordinare azioni mirate, soprattutto, alla riduzione della filiera produttiva e alla commercializzazione dei prodotti, cercando di avvicinare il consumatore al mondo agricolo. Ribadita anche la necessità di coordinare le politiche di promozione dei prodotti vitivinicoli e agroalimentari del territorio. Saranno, quindi, confermati i protocolli sottoscritti dalla Provincia con la Camera di Commercio ed altri soggetti, per favorire la presenza delle aziende ad importanti eventi nazionali ed internazionali del settore. Altro aspetto rilevante è il sostegno al credito per superare la crisi finanziaria e la conseguente difficoltà d'investimento delle aziende. A questo proposito si è convenuto di avviare una serie di incontri con le istituzioni bancarie per verificare le opportunità di credito per le aziende agricole. Nell'ambito dei finanziamenti regionali e comunitari, l'assessore Pacini ha assicurato l'impegno della Provincia per lo snellimento delle metodologie e delle procedure burocratiche dei bandi di accesso ai fondi.

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Al posto del dollaro una nuova moneta internazionale (sezione: crisi)

( da "Italia Oggi" del 21-07-2009)

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ItaliaOggi sezione: Primo Piano data: 21/07/2009 - pag: 4 autore: Mario Lettieri, sottosegretario all'Economia nel governo Prodi Paolo Raimondi, economista la proposta dei paesi del g14 Al posto del dollaro una nuova moneta internazionale In sordina, il summit dell'Aquila ha celebrato un cambiamento storico nei rapporti internazionali, cioè la fine dell'era di Rambouillet. Nel novembre 1975 in questa località vicino a Parigi, i capi di governo dei paesi industrializzati, Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Germania (Occidentale), Giappone e Italia, si erano riuniti per creare un «direttorio» sulle questioni economiche globali, naturalmente sotto il controllo americano. Dopo il Canada anche la Russia entrò a farvi parte nel 1998. Sotto l'egida dell'Hap (Heiligendamm Aquila Process, in cui si indicano per nome le due città dove i summit del G8 hanno affrontato questa tematica) è stato stilato il primo documento ufficiale congiunto G8/G5. Quest'ultimo, come noto, rappresenta le quattro nazioni del Bric (Brasile, Russia, India, Cina) più il Sud Africa. L'Hap ha istituzionalizzato il formato G8/G5 come governance economica e politica mondiale anche attraverso la creazione di uno Steering Committee. Il documento parla di «una partnership genuina» tra il G8 e il G5 e di «parità di ruolo nel contesto di un rafforzato multilateralismo». Pochissimo è stato detto nelle dichiarazioni ufficiali sui contenuti del dibattito informale che si è svolto nel capoluogo abruzzese, ma dietro le quinte c'è stata una discussione molto intensa circa la creazione di un nuovo sistema monetario internazionale multi polare con una partecipazione diversificata di altre monete, oltre al dollaro.Infatti, ritornati a casa propria, i capi di stato e i rappresentanti delle delegazioni presenti al G8 hanno cominciato a esprimere apertamente alcune loro preoccupazioni e proposte sulla crisi globale.In una dichiarazione ufficiale del ministero degli Esteri di Pechino si sottolinea che la Cina ha chiesto: «il mantenimento della stabilità dei tassi di cambio delle principali monete di riserva e la promozione di un più diversificato e razionale sistema monetario internazionale». Da notare l'uso del plurale per le monete.Il Ministro degli Esteri indiano, Shiv Shankar Menon, ha ribadito che, se una nuova moneta mondiale è un progetto di lungo termine, i paesi emergenti intendono usare «le proprie monete per regolare i commerci fatti tra di loro». E ha aggiunto che questa è anche la posizione del presidente del Brasile, Lula. Da parte loro i russi da tempo vanno ripetendo di voler trasformare il rublo in una moneta di riserva e dei commerci internazionali e di cercare un sistema alternativo a quello basato soltanto sul dollaro. All'Aquila in una conferenza stampa di cui non si è avuto quasi nessuna notizia sulla stampa, il presidente Dmitri Medvedev ha simbolicamente presentato il conio di una nuova moneta mondiale con inscritto «unità nella diversità».Molto importante è stato l'intervento del presidente francese Nicolas Sarkozy al suo rientro a Parigi: «francamente», ha detto, «60 anni dopo il sistema di Bretton Woods ci dobbiamo chiedere se non sia arrivato il momento che, a un mondo politico multi polare, non corrisponda anche un sistema economico e monetario multi polare. Non possiamo limitarci soltanto a una moneta». Dal canto suo, il cancelliere tedesco Angela Merkel in una intervista al Frankfurter Allgemeine Zeitung ha sottolineato che «il futuro ruolo del dollaro non è stato discusso ufficialmente all'Aquila, ma che lo spazio del dollaro dovrebbe essere affiancato da altri spazi con monete differenti».Naturalmente i rappresentanti americani negano che qualcuno abbia messo in discussione il ruolo del dollaro come moneta di riserva mondiale, mentre il primo ministro britannico Gordon Brown ha aggiunto che simili discussioni possono solamente «destabilizzare gli accordi esistenti».Ma la questione è da tempo sul tappeto e la crisi finanziaria americana e globale ha aggravato la situazione: il dollaro non è più in grado di essere la sola moneta su cui si basano il commercio, le riserve e il sistema dei pagamenti internazionali, soprattutto perché si poggia su un'economia reale che è, da lungo tempo, molto malata. Fino ad oggi l'Italia ha evitato di dichiararsi apertamente sull'argomento. Noi pensiamo che il tempo dell'attesa sia scaduto e, prima del G-20 di Pittsburgh, il nostro governo debba chiaramente pronunciarsi e rafforzare la posizione europea e un'alleanza allargata per il nuovo sistema monetario multi polare. Non sarebbe certamente un atto contro gli Usa. Al contrario, sarebbe un intervento utile anche al presidente Obama, che è in difficoltà nel confrontare il sistema bancario americano in crisi ma restio a qualsiasi vera riforma del sistema.

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La vera riforma del fisco passa dall'aliquota unica (sezione: crisi)

( da "Italia Oggi" del 21-07-2009)

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ItaliaOggi sezione: I commenti data: 21/07/2009 - pag: 2 autore: di Marco Bertoncini IL PUNTO La vera riforma del fisco passa dall'aliquota unica Ricorrentemente, Silvio Berlusconi mena vanto di non aver incrementato le tasse, nonostante la crisi finanziaria mondiale e nonostante il terremoto abruzzese. Premesso che l'affermazione è vera solo in parte, rimane tuttavia dimenticato l'antico impegno di ridurre le aliquote sui redditi a due sole, 33 e 23%. Si potrà opporre che le condizioni generali non consentono d'incidere sulla finanza pubblica. Invece, se si volessero incrementare le entrate, una strada sarebbe proprio quella di ridurre, e drasticamente, e tutto d'un colpo, il carico impositivo statale, fino all'ipotesi dell'aliquota unica, soluzione tanto radicale quanto foriera di ottimi sviluppi. Le solite vestali della Costituzione protestano inorridite che si tratterebbe di una disposizione incostituzionale: viceversa, il feticcio della progressività sarebbe tutelabile tramite deduzioni e detrazioni. L'evasione prospera quando il rischio vale la violazione di legge, quando cioè il fisco è così oppressivo da indurre a cercare qualsiasi scappatoia. La moderazione del fisco, invece, può persuadere a non correre rischi. Conseguentemente, a una secca diminuzione del carico tributario corrisponderebbe, addirittura in breve volgere di tempo, un aumento delle entrate pubbliche mercé il rientro dall'evasione. È quel che, ripetutamente, avvenne negli Stati Uniti, da Kennedy a Reagan, come non si stanca di ripetere, inascoltato, Antonio Martino, uno dei pochi coerenti sostenitori dell'aliquota unica (e della diminuzione del peso tributario in generale). È quel che è capitato in Albania, con un'aliquota del 25% calata addirittura al 10%, con susseguente incremento di entrate del 20% (lo riferisce Bruno Vespa, dopo un incontro col primo ministro albanese Berisha). Dell'antica promessa elettorale, risalente al contratto con gl'italiani del 2001, Berlusconi sembra aver perso memoria. Indubbiamente, quando tentò, durante il suo secondo governo, di tener fede alla parola, gli alleati (An e Udc) gli resero la vita impossibile: i tassatori, come gli stolti, abbondano pure nel centro-destra. E se oggi Berlusconi s'inchina supinamente ad Obama asserendo che la nuova amministrazione americana non ha commesso alcun errore dall'entrata in funzione in poi, vuol dire che il nuovo socialismo statalistico americano non desta in lui la ripulsa che sarebbe logico attendersi. Tuttavia, un pensierino occorrerebbe pur farlo, soprattutto se inserito in una generale revisione dell'impianto fiscale, continuamente mobile, angustamente oppressivo, incapace di scovare gli evasori, formalistico, e quindi in sé incivile. La semplificazione e la riduzione del peso tributario sarebbe due facce di un'autentica, incisiva riforma. Manca, però, il coraggio.

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Infrastrutture, traditi dalla Bce (sezione: crisi)

( da "Italia Oggi" del 21-07-2009)

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ItaliaOggi sezione: Primo Piano data: 21/07/2009 - pag: 3 autore: di Mauro Romano Secondo il ministro si è trattato del più grande fallimento della cultura economica occidentale Infrastrutture, traditi dalla Bce Matteoli, si paga l'errore di previsione di 6 punti percentuali Non è la prima volta che un esponente del governo attacca gli istituti internazionali e le loro previsioni economiche. Sul punto sarebbe sin troppo semplice ricordare la querelle che in questi mesi ha opposto il ministro dell'economia, Giulio Tremonti, alla Banca d'Italia o all'Istat. Certo è che l'attacco sferrato dal ministro delle infrastrutture, Altero Matteoli, contro Ocse, Fondo monetario internazionale e Banca centrale europea, se possibile, ha un'intensità ancora maggiore. Basta leggere l'allegato infrastrutture al Documento di programmazione economico-finanziaria fatto arrivare in parlamento qualche giorno fa. Nel documento, naturalmente, il ministro ha tracciato lo stato dell'arte sulle opere infrastrutturali, sia quelle già messe in cantiere, sia quelle programmate e da attivare. Ma se qualche ritardo c'è stato negli anni passati, ha in sostanza accusato Matteoli, una bella fetta di responsabilità è proprio da ascrivere agli istituti internazionali. Il motivo? Semplice: quello delle grandi opere è un settore «che più di altri subisce i vantaggi e gli svantaggi di una crescita o di un blocco del Pil». Di più, «è un comparto talmente dipendente dalla validità delle previsioni da entrare in crisi quando queste non producono i fenomeni evolutivi preannunciati». Ora, ricorda il ministro nella premessa al documento, si dà il caso che lo scorso anno, durante la redazione dell'allegato, «i riferimenti economici più accreditati, quelli cioè del Fondo monetario internazionale, dell'Ocse, della Banca centrale europea, fornivano per il 2009 un contenimento della crescita del Pil sia dell'Unione europea sia del nostro paese. Un contenimento che vedeva l'Ue attestarsi intorno al 2-2,4% e l'Italia intorno all'1-1,2%». Peccato che, secondo le ultimissime previsioni, il Pil sia quasi ovunque preceduto dal segno meno. In Italia, addirittura, è fissato dallo stesso Dpef al -5,2%. Insomma, conclude Matteoli in toni piuttosto aspri, «l'errore previsionale per il nostro paese è stato di 6 punti percentuali; abbiamo cioè assistito al più grande fallimento previsionale della cultura economica occidentale». Espressione quasi apocalittica, che però effettivamente mette in luce stime che non hanno nemmeno sfiorato il trend che poi si è andato materializzando nel corso della crisi finanziaria.

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I Tory inglesi vogliono abolire la Consob della City (sezione: crisi)

( da "Milano Finanza (MF)" del 21-07-2009)

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MF sezione: Primo Piano data: 21/07/2009 - pag: 2 autore: di Luciano Mondellini In caso di vittoria alle prossime elezioni, i Conservatori abolirebbero la Fsa e accentrerebbero i poteri in capo alla Bank of England I Tory inglesi vogliono abolire la Consob della City Sarebbe una vera e propria rivoluzione nel mondo dei mercati finanziari nonché un cambiamento di notevole portata all'interno del sistema istituzionale britannico. Per ironia della politica, poi, ad attuare tale mutamento sarebbe il partito che più di ogni altro fa della tradizione il suo punto di riferimento, ovvero il partito conservatore britannico. I Tory, guidati dal leader David Cameron, hanno infatti annunciato ieri che, nel caso, peraltro assai probabile, in cui dovessero vincere le prossime elezioni, metterebbero tra i primi punti in agenda l'abolizione della Financial Services Authority (Fsa), ovvero l'autorità di controllo sui servizi finanziari, con l'obiettivo di accentrare tutti i poteri in capo alla Banca di Inghilterra. E siccome la piazza londinese ha un'importanza centrale per i vari mercati europei, l'eventuale decisione del nuovo governo dovrebbe avere un'impatto che va ben oltre i confini dei territori di Sua Maestà. Secondo i Tory, infatti, la Gran Bretagna ha bisogno di un'autorità di controllo forte. «Visto ciò che è accaduto», ha spiegato il ministro ombra dell'Economia, George Osborne, riferendosi alla crisi finanziaria che ha colpito severamente numerose banche inglesi, «sarebbe bizzarro restare con un sistema di controllo delle banche che ha fallito in modo così spettacolare». In particolare i conservatori mirano a smantellare l'attuale sistema che si regge su tre istituzioni fondamentali (la Banca d'Inghilterra, la Fsa e il ministero del Tesoro), abolire l'attuale autorità di controllo e trasferirne i poteri alla Banca d'Inghilterra. Secondo la proposta dei Tory la banca centrale dovrebbe inoltre regolare le strutture di salario dei banker della City oltreché vigilare sul rischio che i vari istituti di credito dello Square Mile si assumono per evitare altri tracolli. Il piano di Osborne, che rappresenta anche un attacco politico personale a Gordon Brown visto che l'attuale sistema era stata ideato proprio dall'attuale primo ministro nel 1997, prevede inoltre la creazione di un'agenzia per la protezione dei consumatori (Consumer protection agency) incaricata di regolare tutti quegli aspetti legati alla finanza personale, tematiche la cui competenza è ora suddivisa tra la Fsa e l'Office of fair trading. La stessa banca centrale, inoltre, dovrebbe creare un nuovo comitato di politica finanziaria, che lavorerà a stretto contatto col comitato di politica monetaria. Il problema, secondo gli esperti, è che se è vero che questa proposta dei Tory potrà anche far guadagnare qualche voto al partito di David Cameron, è sicuramente stata annunciata in maniera intempestiva. Gli osservatori della City, infatti, spiegano che la proposta Tory rischia di indebolire da subito la capacità della Fsa di regolare i mercati finanziari, proprio in un momento particolarmente complesso e di difficile gestione come quello attuale. Le riforme invocate dei Tory non si fermano tuttavia alla Fsa. Tra le altre proposte nel pacchetto c'è anche la richiesta di un aumento delle riserve da parte delle banche e la creazione di un nuovo ministero con il compito specifico di far valere le istanze dell'economia britannica in sede comunitaria. L'obiettivo è di evitare che le decisioni prese a Bruxelles dalla Commissione Europea non ostacolino le esigenze di sviluppo della City e dei suoi operatori

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La Gp Finanziaria di Gnutti taglia debiti e rosso grazie agli immobili (sezione: crisi)

( da "Milano Finanza (MF)" del 21-07-2009)

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MF sezione: Mercati Globali data: 21/07/2009 - pag: 9 autore: La Gp Finanziaria di Gnutti taglia debiti e rosso grazie agli immobili Chiusa con successo l'operazione Fingruppo, che ha comportato il passaggio del controllo di Hopa alla cordata Mittel-Equinox, la Gp Finanziaria, cassaforte di Emilio Gnutti e della sua famiglia, ha intrapreso con successo un'azione di risanamento dei conti i cui effetti hanno cominciato a manifestarsi già nel corso del 2008. Nonostante la grave crisi finanziaria che ha colpito i mercati e l'economia internazionale, la società dell'ex capofila della «razza padana», oggi presieduta dal figlio Thomas, ha archiviato l'esercizio con una perdita limitata rispetto al profondo rosso del 2007. Dal bilancio 2008 della Gp Finanziaria (depositato al registro delle imprese e consultato attraverso la banca dati MF Honywem) emerge la perdita si è ridotta a soli 13 milioni, un decimo rispetto ai -130 milioni del 2007. E' pur vero che allora la società della famiglia Gnutti era stata obbligata a svalutare pesantemente sia le partecipazioni in Fingruppo e in Hopa, a causa del crollo del titolo Telecom Italia e della successiva escussione del pegno da parte di Royal Bank of Scotland, ma è altrettanto vero che l'opera di risanamento dei conti, che ha comportato anche la cessione della holding di Corso Zanardelli a Mittel e Equinox, sta cominciando a dare frutti. Almeno dal punto di vista patrimoniale. Se infatti lo scorso anno l'assemblea di Gp Finanziaria era stata chiamata ad abbattere il capitale, portandolo da 50 a 5 milioni per coprire le perdite legate alla vicenda Telecom, nel 2008, grazie anche alla possibilità di rivalutare il patrimonio immobiliare concessa dal decreto anti-crisi dello scorso autunno, è stato possibile per la società della famiglia Gnutti iscrivere tra le immobilizzazione materiali un valore di 43,3 milioni rispetto ai 22,7 milioni del 2007. Questo nonostante nel corso dell'anno la finanziaria abbia ceduto sul mercato parte degli immobili in portafoglio, realizzando plusvalenze che hanno impattato positivamente sul conto economico per 24,4 milioni, compensando le svalutazioni per 16,9 milioni sulle partecipazioni detenute dalla società in Mps e Banco Popolare. Allo stesso tempo, come sottolineato anche dal collegio sindacale, grazie agli accordi raggiunti con le principali banche creditrici la posizione finanziaria netta della cassaforte dei Gnutti è migliorata passando da -156 milioni a -100 milioni. L'obiettivo degli amministratori è ridurre ulteriormente il debito attraverso la valorizzazione degli immobili ancora in portafoglio. Nel frattempo Gnutti e famiglia procederanno a «monitorare i propri investimenti in attività finanziarie e industriali in un contesto di elevata volatilità che potrà rappresentare un'opportunità di sviluppo». Andrea Di Biase

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GUBBIO LA SIRIO ECOLOGICA torna ad essere appetibile o comunque ... (sezione: crisi)

( da "Nazione, La (Umbria)" del 21-07-2009)

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GUBBIO / GUALDO / NOCERA pag. 12 GUBBIO LA SIRIO ECOLOGICA torna ad essere appetibile o comunque ... GUBBIO LA SIRIO ECOLOGICA torna ad essere appetibile o comunque meritevole di un approccio che consenta di operare valutazioni ed approfondimenti nella convinzione che possieda ancora al suo interno, potenzialità tali da meritare investimenti per tentarne la ripresa ed il rilancio produttivo, nonostante che una profonda crisi finanziaria l'abbia portata da circa un anno alla sospensione dell'attività ed alla messa in cassa integrazione di oltre sessanta maestranze, senza considerare quelle delle sedi periferiche e del robusto indotto. Le speranze si sono riaperte dopo il recente incontro tra il curatore fallimentare Angelo Pieretti e una delegazione composta dall'assessore regionale Mario Giovannetti, dal sindaco di Gubbio Orfeo Goracci, da rappresentanti di Sviluppumbria. Al termine del colloquio, considerato subito da tutti positivo, Pieretti, aveva dato la sua piena adesione ad esaminare eventuali «dichiarazioni di disponibilità» da parte di soggetti interessati a verificare la situazione per impegnarsi nel tentare di ridare fiato all'azienda. La prospettiva, una volta resa di pubblico dominio, è stata presa al volo, secondo indiscrezioni, da quelle realtà da anni attive nel settore della raccolta e smaltimento dei rifiuti speciali ed ospedalieri come gli imprenditori Paoletti, Trentavizi e la società Team ambiente. Da oggi e nel giro dei prossimi giorni verranno ascoltati da Sviluppumbria delegato a riallacciare quei contatti interrotti nel momento in cui era prevalsa la pista «Rifiutili srl» e dell'affitto del ramo di azienda, anche se non condivisa da maestranze e sindacati, prima di essere vanificata dalla pronuncia di fallimento della Sirio Ecologica da parte del Tribunale. Giampiero Bedini

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Il nord Africa pesa più di India e Cina (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 21-07-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: PRIMO PIANO data: 2009-07-21 - pag: 7 autore: Sono circa un migliaio le società del bacino partecipate dalle aziende italiane Il nord Africa pesa più di India e Cina Franco Vergnano MILANO Sono quasi un migliaio le società dell'area del Mediterraneo partecipate da aziende italiane; inoltre il nord Africa pesa in termini di interscambio più di Cina e India messe assieme. L'amministratore delegato di Intesa Sanpaolo, Corrado Passera, dopo aver ricordato di aver speso 1,2 miliardi di euro per acquisire la Bank of Alexandria del Cairo, racconta con alcuni numeri il fatto che «oggi parliamo di qualcosa che è già importante ». I molti relatori intervenuti ieri alla sezione sulle Pmi nella prima giornata del Forum economico e finanziario per il Mediterraneo, sono stati prodighi di cifre che illustrano il peso della nostra presenza nell'area. Dove ci sono anche strumenti finanziari ad hoc dedicati alle aziende di minori dimensioni come il fondo di private equity con una dotazione finanziaria di 58 milioni di euro, chiamato Euromed e promosso dalla Camera di commercio/ Promos, gestito da Finlombarda e partecipato dalla stessa Cdc milanese, dalla Regione Lombardia, dalla banca europea degli investimenti (Bei) e da altre banche: lo scopo è appunto quello di fornire, in un'area dove l'evoluzione dei mercati finanziari risulta ancora incompleta e incide quindi negativamente sulle dinamiche di sviluppo, un sostegno concreto alle imprese operanti nel mediterraneo attraverso una partecipazione nel capitale. «Più di un terzo dell'interscambio con i Paesi del Mediterraneo è prodotto dalle Pmi e l'Italia negli ultimi decenni ha svolto un ruolo chiave per facilitare i rapporti con l'area. Non possiamo quindi permetterci di perdere un'occasione come quella della crisi per intensificare questi rapporti», ha detto ieri il presidente di Assolombarda, Alberto Meomartini. Aprendo i lavori del pomeriggio, il vicepresidente della Camera di commercio di Milano, Diana Bracco, aveva in precedenza sottolineato come «il contesto territoriale milanese sia sempre di più il vero crocevia economico e finanziario euromediterraneo essendo storicamente apertissimo agli stimoli che la globalizzazione offre ». Nei primi tre mesi del 2009, ha spiegato la Bracco, a fronte di un crollo generalizzato delle nostre esportazioni, Paesi come Egitto, Marocco, Libia, Libano, Siria, Emirati Arabi, Arabia Saudita, hanno registrato incrementi importanti. Non per niente le Pmi che agiscono nel bacino del Mediterraneo non esportano solo prodotti ma anche competenze e sono capaci di implementare know how di sistema nella sanità e nell'educazione. La Bracco ha sottolineato il ruolo delle Pmi italiane dicendo che «effettivamente hanno segnato un aumento dell'export con i Paesi del Mediterraneo di cui siamo il quarto partner per valore degli scambi e il presidente Berlusconi ha alzato l'asticella invitandoci ad accettare la sfida del miglioramento continuo in modo da scalare il terzo posto». Anche in termini di presenza diretta, cioè come investimenti diretti (Ide), il nostro Paese sta lavorando con impegno. Il primo investitore della sponda sud del Mediterraneo, in termini di imprese italiane partecipate, è Israele, seguito da Libia e Turchia. Il paese guidato da Gheddafi si conferma, ad ogni modo, partner privilegiato per la Lombardia e Milano. La nazione, infatti, si posiziona al primo posto per addetti e fatturato, oltre che per numero di imprese. Seguono, a lunga distanza, Turchia e Israele. I numeri della presenza italiana all'estero raccontano un totale di 913 imprese della sponda sud a partecipazione italiana, cui fanno capo 69.591 addetti e un fatturato che ammonta a 12,2 miliardi di euro. © RIPRODUZIONE RISERVATA MERCATO IN ESPANSIONE In piena controtendenza rispetto all'andamento generale dell'export, crescono le vendite verso Libia, Marocco, Libano e Siria

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Su CityLife manca all'appello EuroHypo (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 21-07-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-07-21 - pag: 33 autore: 000 Su CityLife manca all'appello EuroHypo P iccoli o grandi nodi da sciogliere sui progetti immobiliari in corso a Milano,in vista dell'Expo del 2015.Problematica risolvibile è su CityLife, riqualificazione del quartiere della Fiera dove promotori sono Generali Properties, Allianz Italia, Fonsai e Lamaro Appalti. Tema del contendere resta il rifinanziamento di 1,44 miliardi con le banche dove capofila è EuroHypo seguita da UniCredit, Intesa Sanpaolo, Calyon, Bipiemme e Mediobanca. Ma mentre le banche italiane hanno già dato il via libera, resta incertezza sul gruppo tedesco che ha dovuto subire in casa propria le conseguenze della crisi finanziaria. Entro il 29 luglio si attende una decisione. Il progetto CityLife è tra quelli che dovrebbero cambiare il volto a Milano: assieme a Sesto San Giovanni e Santa Giulia (legati al dissesto di Risanamento), Porta Vittoria (dove si attendono novità dopo l'Opa dei Segre) e i cantieri di Garibaldi-Repubblica di Hines Italia, dove i residenti hanno vinto il ricorso su una variante che divideva le aree verdi. (C.Fe.)

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Gara Asia-Francia per gestire i porti a sud del Sahara (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 21-07-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: MONDO E MERCATI data: 2009-07-21 - pag: 21 autore: Focus. Aumenta la competizione sui terminal container Gara Asia-Francia per gestire i porti a sud del Sahara Da Dp World e cinesi sfida all'impero Bolloré Alfredo Sessa Se un uomo con il fiuto per gli affari come Vincent Bolloré insiste sull'Africa, un motivo ci sarà. Da esperto navigatore del business,l'industriale e finanziere francese ha scelto di arrivare dal mare. Con la sua società, Bolloré Africa Logistics, ha preso il controllo di alcuni dei più importanti terminal container dell'Africa subsahariana. E non nasconde le sue ambizioni su altri hub, rivali permettendo. Perché non sono in pochi ad aver capito che la gestione dei porti è la chiave che apre tutti i business in Africa. Inevitabile in un'area dove gli scali marittimi, spesso unica via di accesso per paesi che hanno grandi flussi di import-export, sono i veri elementi che condizionano lo sviluppo. Nonostante la crisi finanziaria, Bollorè Africa Logistics ha deciso così di mantenere l'investimento da 600 milioni di euro nel porto di Pointe Noire, in Congo Brazzaville, dove si è aggiudicato la gestione dei container. Pointe Noire è il più grande porto ad alto fondale del Golfo di Guinea, una naturale porta di accesso per la regione dell'Africa centrale e per il bacino del Congo, la zona più ricca di materie prime. Ce n'è abbastanza per giustificare scorribande di uomini in arrivo anche da terre più lontane dell'Europa. Tanto per cominciare, aumenta il traffico marittimo Asia- Africa occidentale. Maersk Line, una delle regine delle rotte commerciali, ha recentemente rafforzato il servizio diretto dalla Cina verso i porti di Lomé, Cotonou e Pointe Noire, imitata da altri operatori. Ma è la gestione dei terminal container la posta in gioco in grado di scatenare duelli e ambizioni sfrenate. Come quella che vede il gruppo Bolloré e la spagnola Pregosa (ma con al vertice un altro francese, Jacques Dupuydauby) spararsi bordate di carte bollate e ricorsi in tribunale per il controllo del terminal container del porto di Lomé. Nella sua strategia panafricana, Bolloré Africa Logistics, che in associazione con Apm Terminals lavora ad Abidjan (Costa d'Avorio), Douala (Camerun) e Tema (Ghana), non nasconde l'ambizione di assumere il controllo anche dei terminal di Cotonou (Benin), Mombasa (Kenya) e Dar es Salaam (Tanzania). Ma la vita non sarà facile per il gruppo europeo, che in Africa gestisce anche la logistica della società di telecomunicazioni cinese Huawei. La guerra sulle concessioni portuali in Africa sarà lunga e piena di colpi di scena. Il terminal container di Dakar, in Senegal, è stato strappato al gruppo francese da Dp World, il grande operatore portuale di Dubai. E sempre Dp World ha inaugurato a inizio anno il terminal container di Doraleh, il più grande e moderno dell'Est Africa. Il porto di Doraleh, che può gestire 1,2 milioni di teu (il volume standard dei container) all'anno, aiuterà a migliorare la connessione di tutta l'area Comesa, il mercato comune dell'Africa orientale e meridionale, con il Mar Rosso e il resto del mondo. Queste operazioni, unite al rafforzamento delle rotte commerciali Africa- Asia, lasciano ipotizzare ad alcuni osservatori un nuovo ordine, caratterizzato dall'accelerazione degli scambi tra Asia e Africa a svantaggio degli scambi con l'Europa. Neanche la crisi economica internazionale ha fermato la corsa alla gestione dei terminal. Anzi, l'Africa si sta rivelando un affare per chi sceglie di investire nella logistica, anche tra gli italiani. E c'è chi decide di costruire un porto privato per sostenere l'attività. Come il gruppo Cremonini, che investirà complessivamente 25 milioni di euro per realizzarea Matadi, nella Repubblica democratica del Congo, un porto fluviale completo di magazzini frigoriferi. «Grazie alla nostra rete logistica abbiamo raddoppiato i volumi. La crisi provoca una riduzione dei prezzi, non dei volumi, per cui i porti sono fondamentali. è comprensibile che si stia sviluppando una competizione internazionale per gestirli» dice Luigi Scordamaglia, ad di Inalca Jbs (Gruppo Cremonini). E intanto l'affare dei porti diventa sempre più un affare SudSud. L'arrivo degli asiatici lascia prevedere una concorrenza ancora più forte per ottenere le concessioni. I cinesi sono sbarcati nel congestionatissimo porto di Dar es Salaam con Hutchison Port Holding, che fa capo al miliardario Li Ka Shing. Anche la statale China Harbour Engineering lascia l'impronta in Africa, e punta alla costruzione di un nuovo porto ad alto fondale a Grand Batanga, in Camerun. I cinesi sono poi molto attenti (e più bravi) a creare le infrastrutture stradali che collegano città e miniere ai porti. Infinec'èil vento del Maghreb che soffia fino al Golfo di Guinea. Il nuovissimo porto marocchino di Tanger Med (Tmsa), che ha da poco avviato i lavori per il raddoppio di capacità, è stato chiamato a cooperare nella gestione di Bata e Malabo, in Guinea equatoriale. La battaglia per i porti del Continente nero è in pieno svolgimento. E l'Africa ha tutto l'interesse a scatenare la concorrenza. Per dotarsi di una logistica che la proietti nel futuro. alfredo.sessa@ilsole24ore.com © RIPRODUZIONE RISERVATA PIù ROTTE PER IL FAR EAST Buoni volumi e risultati per chi punta sulla logistica In Congo Cremonini investe in uno scalo privato Tanger Med sbarca in Guinea

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I bond della Bei? Un aiuto alle Pmi (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 21-07-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-07-21 - pag: 33 autore: Reddito fisso. Al via un'emissione a tasso variabile per finanziare l'economia reale I bond della Bei? Un aiuto alle Pmi Morya Longo A inizio luglio aveva lanciato un bond da un miliardo di euro con scadenza nel 2015. Ieri la Banca europea degli investimenti ha emesso un bond identico, ma con scadenza due anni dopo. Entrambi sono a tasso variabile: fatto raro, dato che la Bei faceva solo operazioni a tasso fisso da almeno cinque anni. Queste sembrano due notizie da addetti ai lavori, ma non è così: dietro c'è infatti la risposta che la Bei sta dando alla crisi finanziaria e al credit crunch. Motivo: questi due bond, in un certo senso, servono per "dirottare"l'immensa liquidità che c'è nelle tesorerie delle banche sulle Pmi e su progetti infrastrutturali. «Stiamo facendo da ponte per contribuire a portare la liquidità che c'è nel sistema bancario all'economia reale», afferma infatti Aldo Romani, consigliere di direzione Bei. Cosa c'entrano queste due obbligazioni con le Pmi? Presto detto. La Bei è un'istituzione nata nel 1958 insieme alla Comunità economica europea. Oggi finanzia progetti infrastrutturali, progetti delle piccole e medie imprese (attraverso le banche) e così via.L'Italia, tra l'altro,è tra i maggiori beneficiari di questi finanziamenti. Nel 2008 la Bei ha finanziato per esempio la terza corsia dell'autostrada tra Rimini e Porto Sant'Elpidio, l'inceneritore di Torino e infrastrutture urbane a Firenze. Ebbene: per fare tutto questo, la Bei emette obbligazioni. Anche le due a tasso variabile di questi giorni. E qui si arriva al punto. Proprio la scelta del tasso variabile – fatta insieme ai lead manager Banca Akros (Popolare di Milano), Calyon e Dz Bank –serve da un lato per soddisfare un interesse crescente e dall'altro per andare a raccogliere una domanda tipica di questo segmento obbligazionario: quella delle tesorerie delle banche. E in effetti la scommessa è stata vinta: i due bond hanno registrato ordini d'acquisto ben superiori alle attese. Per il primo si sperava in 300-500 milioni di euro ed è arrivata una domanda superiore al miliardo di euro. Per il secondo, quello di ieri, la domanda è stata altrettanto forte a fronte di un rendimento di 27 punti base sull'Euribor. A comprare sono stati tanti investitori, ma soprattutto le tesorerie delle banche. Proprio quelle inondate di liquidità dalla Bce. Proprio quelle che ancora faticano a finanziare l'economia reale.Morale:le banche, comprando questi bond, hanno prestato soldi alla Bei che a sua volta li presterà all'economia reale. Magari finanziando progetti insieme alle stesse banche. Sarà un po' ridondante, ma funziona: il cerchio è chiuso. E mentre la Bei pensa già a future emissioni a tasso variabile (potrebbe spingersi alla scadenza decennale), Banca Intesa ha chiuso una cartolarizzazione su mutui per 5,9 miliardi di euro. E, come ormai di consueto negli ultimi mesi, l'intera maxi-emissione è stata comprata dalla stessa Banca Intesa, che potrà usare questi titoli per finanziarsi presso la Banca centrale europea. Sempre ieri è scesa in campo anche General Electric , con un bond quinquennale da 2 miliardi curato anche da banche italiane: Banco Santander, Ing, Uni Credit e anche Banca Imi. © RIPRODUZIONE RISERVATA MAXI-CARTOLARIZZAZIONE Intesa Sanpaolo lancia una nuova securitization da 5,9 miliardi sui mutui e ricompra tutti i titoli emessi Obiettivo: usarli con la Bce

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Guerra dei polli Usa e Cina ora trattano (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 21-07-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: MONDO E MERCATI data: 2009-07-21 - pag: 23 autore: WTO & PROTEZIONISMO Guerra dei polli Usa e Cina ora trattano Da Washington e Pechino arrivano segnali di distensione sul fronte degli scambi commerciali, e in particolare sulla cosiddetta guerra dei polli. I due paesi infatti, pur rimanendo su posizioni ancora distanti, hanno accettato di trattare la questione all'interno dell'Organizzazione mondiale per il commercio (Wto), e non attraverso misure di stampo protezionistico. Ieril'ultima mossa: gli Stati Uniti hanno bloccato la creazione di una commissione giudicante presso la Wto, che avrebbe dovuto valutare il bando americano all'importazione di pollame cinese in nome della sicurezza alimentare. Un bando che la Repubblica popolare rivendica come illegale perché in contrasto con le regole fissate dalla stessa Wto. La Cina, però, non attuerà misure drastiche, preferendo chiedere un nuovo incontro all'interno dell'organizzazione multilaterale. I produttori americani di pollame, dal canto loro, stanno dalla parte della Cina, per paura che Pechino decida di bloccare gli scambi con quello che per loro rappresenta il maggiore mercato d'esportazione, per un valore di 700 milioni di dollari l'anno.

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Il conservatore progressista (sezione: crisi)

( da "EUROPA ON-LINE" del 21-07-2009)

Argomenti: Crisi

Articolo Sei in Esteri 21 luglio 2009 Il conservatore progressista Fosse una sinfonia come è quel gioco? David Cameron sarebbe l'Incompiuta di Schubert. E non perché, intendiamoci, non sarà il leader dei conservatori britannici ad entrare di qui a massimo un anno al numero 10 di Downing Street. Salvo miracoli del Lord Protettore laburista, il superministro Peter Mandelson, saranno infatti gli odiati tories a vincere le prossime elezioni, mettendo così fine al ciclo più entusiasmante del movimento progressista europeo (anche se lo stesso Cameron, a più riprese, ha ribadito come la sua sfida sia quella di puntare a «fini progressisti attraverso mezzi conservatori»). Potrebbe darsi, insomma, che il prossimo premier inglese sia la prosecuzione di Tony Blair non di Gordon Brown con altri mezzi, ma che tocchi a lui, al quarantaduenne Dave, non ci piove, tanto più nel paese dei bookies. Decontaminare il brand Eppure, l'ineluttabilità del cambio di stagione politica oltremanica stenta a trasformarsi in una marcia trionfale, nella attesa messianica di un "change", come è avvenuto in America per Barack Obama e, prima ancora, da quelle parti con Blair nel '97. «Non si può certo dire che Cameron abbia ancora catturato l'immaginazione del pubblico», commenta Stephen Glover in un ritratto uscito in questi giorni su Standpoint. E sì che doti da leader il giovane Dave ne ha mostrate, eccome. Sebbene stremati dalla terza sconfitta elettorale di seguito, non era affatto scontato quattro anni fa che i conservatori si affidassero a una timida promessa come Cameron. O meglio, ai Cameroons, ad una squadra di modernizzatori, tutti intorno a trent'anni o giù di lì, guidati dalla certezza che fosse finalmente arrivato il loro momento. Come George Osborne, il cerebrale Steve Hilton, Michael Gove o il fiammeggiante Boris Johnson, oggi popolare sindaco di Londra. Obiettivo numero uno pienamente riuscito la "decontaminazione" del brand tory, dopo anni di sconfitte e una pessima fama di partito corrotto e altezzoso, lontano dalla sensibilità della "Middle England", decisiva nelle urne. Ancora oggi la fulminante ascesa di Cameron alla guida dei conservatori resta, dal punto di vista tecnico, una campagna politica da manuale, seconda solo alla corsa di Obama (esemplare il suo discorso al congresso di Blackpool: via il leggio, camminando sul palco, abbraccio finale con Samantha, perfetto). Di quella primavera conservatrice, a guardare all'indietro, restano alcune scelte di fondo azzeccate occupare il centro, puntare sulla sensibilità ambientale, svecchiare la classe dirigente del partito, la conversione dei nipotini di Margaret Thatcher alla responsabilità sociale e qualche sbavatura mediatica che, come spesso capita, si è appiccicata a Dave, come le foto cogli husky sul ghiacciaio o l'abbraccio ai bulletti, quelli colla felpa col cappuccio. Mostrando una inattesa capacità di manovra, Cameron è sopravvissuto per quattro anni a una macchina politica, quella dei tories, che divorava leader come fish and chips. Grazie a un solido accordo con il suo predecessore William Hague e alla sponda di "bestioni" come Ken Clarke e Oliver Letwin, Dave non ha dovuto temere la fronda del partito, il bradisismo che logora qualsiasi leadership. Il ricambio c'è stato, ma soft, niente terra bruciata. Oltre l'eredità di Maggie Le grane, però, ci sono, e non sono piccole. Prima fra tutte, quella dell'identità dei conservatori, del loro profilo e dell'offerta elettorale. Sull'economia, ad esempio, da che parte stanno? La crisi finanziaria non ha preso alla sprovvista soltanto la maggioranza. Ragion per cui in questi anni Cameron e Osborne hanno fatto lo slalom, in maniera tutt'altro che persuasiva, tra i santini liberisti dell'era-Thatcher e le suggestioni continentali dell'economia sociale di mercato. Nell'ufficio di Dave, ad esempio, le foto con Obama e Nelson Mandela convivono con quelle assieme ad Angela Merkel o Arnold Schwarzenegger. Il duello con l'eredità della zia Maggie non è stato, insomma, mai portato fino in fondo, solo accennato, più per posizionarsi come il "nuovo" che per sancirne il definitivo superamento. Così, anche idee e guru si sono avvicendati con una certa disinvoltura e voracità di consumo, senza che sedimentasse, insomma, qualcosa di realmente condiviso e del tutto convincente: il nudge, la spintarella obamiana di Richard Thaler e Cass Sunstein, il radicalismo red del teologo Phillip Blond, l'ambientalismo posh di Zac Goldsmith. Anche sull'Europa, la linea tenuta dal partito è tutt'altro che rassicurante: usciti dal mainstream popolare, come aveva promesso Cameron, si annuncia un ispessimento del tradizionale euroscetticismo tory, col nuovo gruppo a Strasburgo. Guidato da un polacco, dopo un pasticcio sulle poltrone, il Cre (Conservatori e Riformisti Europei) viene quotidianamente bombardato dai media britannici che non si capacitano di una simile deriva minoritaria. L'ombra di Boris Di fronte alla frana del Labour, che continua ad affidarsi ad ambiziose policies per cercare di svoltare l'angolo è il caso del maxi-documento Building Britain's Future, scritto da Liam Byrne, annusato da Ed Balls e benedetto da Mandelson per tentare l'ultima carica non è che gli elettori abbiano finora poi premiato i conservatori. Come hanno dimostrato le ultime europee si dirà, consultazioni quasi esotiche nella scettica Inghilterra solo il tracollo laburista ha impedito che l'attenzione dei media si concentrasse sulla deludente perfomance dei tories, i cui maggiori successi, in questi anni di opposizione, sono venuti da una manciata di suppletive. Casi tutt'altro che isolati, letti dalla stampa come l'indice di un cambiamento profondo nel cuore dell'elettorato così è stato, ad esempio, nell'ex-feudo Labour di Crewe o a Glasgow East, e la storia si ripeterà, molto probabilmente, tra breve a Norwich North, dove i conservatori schierano una ventisettenne, Chloe Smith che, tuttavia, finora ha stentato a manifestarsi in maniera clamorosa. C'è stata l'anno scorso la conquista di Londra, certo, che ha sancito la fine dell'era di Ken Livingstone e la nuova stagione di Johnson. Eppure, anche in quel caso, le vivaci personalità dei contendenti hanno fatto velo alle ambizioni di Cameron di mettere la sua bombetta sulla vittoria sotto il Big Ben. Il successo londinese, alla fine, è stato tutto per Boris che, come ricordano i malevoli, è il politico conservatore più votato in Gran Bretagna, con buona pace del suo ex-compagno di studi a Eton. Non consola il diffuso discredito che la politica sconta da quando è scoppiata la velenosa polemica sui rimborsi dei parlamentari. La rabbia e lo sberleffo nei confronti della Casta, senza distinzioni di sorta dal momento che sono stati coinvolti tutti i partiti, non accenna ad attenuarsi. E sebbene sia innegabile da parte di Cameron una gestione più accorta almeno dal punto di vista mediatico di uno scandalo che potenzialmente potrebbe ancora portarsi via tutta Westminster, al quartier generale dei conservatori stanno tutti colle antenne drittissime, altro che vittoria in pugno. Si mormora che il leader scatti come una molla, al minimo accenno di rilassamento della squadra di fedelissimi che lo circonda. Sebbene abbia mostrato una invidiabile dose della britannica virtù della "resilience", l'ostinazione a sopportare ogni rovescio pur di non turbare quelle sane abitudini che rendono degna la vita di là della Manica, David tiene in maniera quasi maniacale al Progetto sì, lo chiamano così, proprio come i blairiani una dozzina di anni fa. Ed è attento e sospettoso nei confronti di qualsiasi caduta di tensione, anche minima, che possa metterlo a rischio. La West Wing di Dave Uno dei segreti meglio custoditi dall'entourage di Cameron è, ad esempio, il lavoro discreto che svolge da mesi ormai l'Implementation Team, una struttura riservata e snella, sul modello della transizione che prepara la Casa Bianca negli States, guidata da Francis Maude e dal brillante Nick Boles (che, in materia, si è fatto le ossa preparando la squadra di Johnson a Londra). I curricula per Downing Street e i dossier ai quali mettere mano dal primo giorno, una volta varcata la porta del Numero 10, vengono vagliati e discussi perché tutto all'ora X sia pronto. Le rare indiscrezioni al riguardo parlano addirittura di un progetto di ricreare, una volta al governo, un ambiente di lavoro unico al 12 di Downing Street per i team di Cameron e Osborne, facendo simbolicamente cadere il muro impenetrabile che per anni ha diviso le truppe di Blair da quelle di Brown. I rapporti tra i dioscuri conservatori sono di tutt'altro segno: già oggi lavorano fianco a fianco, a due porte di distanza, a Norman Shaw South, la versione britannica della West Wing, il centro nevralgico di "Camerot". Accanto al leader la cerchia più stretta, i "satrapi", nella sferzante definizione dell'Economist: veterani come Ed Llewellyn e Kate Fall (staff), Liz Sugg (eventi) e Gabby Bertin (stampa); cervelli politici come Hilton, lo stratega appena rientrato da un sabbatico, si fa per dire, in California, James O'Shaugnessy (ricerca) e l'influente Andy Coulson, il comunicatore arruolato dal temutissimo News of the World, che sta passando un brutto quarto d'ora, dopo le rivelazioni del Guardian sulle intercettazioni indebite del gruppo Murdoch; la macchina, infine, con Andrew Feldman, il presidente del partito Eric Pickles e Stephen Gilbert (territorio). Terminale dentro il partito è il cosiddetto "Pod", la War Room dove ci si riunisce e si prendono le decisioni di peso: due riunioni fisse, la prima alle 9.15, la seconda alle 16. Il governo ombra? Periferico nella geometria del potere dei Cameroons. Dove, invece, contano come ironizza qualcuno a mezza bocca «i secchioni, i professionisti e le carine». Una battaglia, intanto, i conservatori l'hanno già vinta: quella sulla rete. Nell'era del New Labour erano i think-tank a dare il senso di un cambio di stagione imminente, fatto di idee come quelle che si discutevano a Demos o all'IPPR, dove si fece le ossa David Miliband; oggi sono blog come ConservativeHome o Guido Fawkes e Iain Dale i sensori di una rivoluzione azzurra in marcia, anche se ancora silenziosa. I tentativi laburisti di mettersi al passo dei tories su Internet sono stati finora catastrofici, se si fa eccezione di alcuni vecchi volponi come Alastair Campbell e John Prescott, coi loro siti di battaglia. Doveva essere un blitzkrieg, si è trasformata in una guerra di posizione, quella di Cameron. La vincerà, al netto dell'imponderabile (e di Mandelson). Per fare che, però, ancora non si sa. Filippo Sensi

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L'Islanda ora ricostruisce le sue banche (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 21-07-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Primo Piano data: 21/07/2009 - pag: 9 Dopo il crollo L'Islanda ora ricostruisce le sue banche L'Islanda ieri ha annunciato un piano da 1,5 miliardi di dollari per ricapitalizzare il suo sistema bancario collassato nella crisi finanziaria. Le sue tre banche principali, Glitnir, Landsbanki e Kaupthing, avevano oltre 60 miliardi di dollari di esposizione nei confronti di banche estere. Ora l'Islanda vuole ristrutturare le banche, stabilizzare la propria moneta e accelerare le procedure per l'ingresso nell'Ue per poter poi adottare al più presto anche l'euro.

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(sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 21-07-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Esteri data: 21/07/2009 - pag: 14 Il presidente degli Stati Uniti «Le banche di Wall Street non si pentono per la crisi» WASHINGTON Le banche di Wall Street non hanno imparato la «lezione» dopo la crisi finanziaria. Lo ha detto ieri il presidente degli Stati Uniti Barack Obama in un'intervista al programma «The Newshour» della tv americana Pbs : «Nonmi sembra che la gente di Wall Street senta alcun rimorso per tutti quei rischi che decisero di assumersi. Non si ha l'impressione che ci sia stato un cambiamento nella loro cultura e nel comportamento dopo quello che è accaduto», ha detto Obama. «Ed è per questo - ha aggiunto - che le proposte di riforma delle regole finanziarie che abbiamo avanzato sono così importanti». Obama ha presentato un piano di riforma del modo in cui il governo Usa vigila sui mercati finanziari: tra le proposte, maggiori poteri di supervisione alla Federal Reserve e all'esecutivo su aspetti prima non regolamentati.

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Ipotesi Kuwait, balzo di Continental (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 21-07-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 21/07/2009 - pag: 33 Il caso a Francoforte Ipotesi Kuwait, balzo di Continental (g.fer.) Balzo di Continental (+13,15%) alla Borsa di Francoforte, con una quotazione di 27,44 euro, nuovo massimo dell'anno. Più di un milione, inoltre, le azioni scambiate, pari a oltre quattro volte la media quotidiana degli ultimi tre mesi. A determinare l'improvviso exploit del titolo sono state le indiscrezioni di stampa secondo le quali la Kuwait Investment Authority sarebbe interessata ad entrare con una quota nel capitale della società tedesca produttrice di pneumatici. Nel secondo trimestre 2009 la società ha mantenuto un risultato operativo positivo nonostante il drastico calo del fatturato. Karl T. Neumann presidente Continental

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Cit ristruttura il debito e vola in Borsa (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 21-07-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 21/07/2009 - pag: 33 Il caso a New York Cit ristruttura il debito e vola in Borsa (g.fer.) Nel corso della seduta è arrivata a guadagnare fino al 91%, poi Cit Group ha chiuso a quota 1,25 dollari (+78,57%). Particolarmente elevati gli scambi: sono passate di mano 347,8 milioni di azioni. A scatenare gli acquisti è stato l'accordo raggiunto nella notte tra domenica e lunedì con un gruppo di obbligazionisti per rinnovare, nel tentativo di evitare la bancarotta, un finanziamento da 3 miliardi di dollari. Il mercato ha apprezzato il fatto che il salvataggio della società, maggiore operatore indipendente di credito commerciale negli Usa, non comporti interventi da parte dello Stato. Jeffrey Peek ceo del gruppo Cit

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Nuovo rialzo guidato da Pirelli (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 21-07-2009)

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Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 21/07/2009 - pag: 33 La Giornata in Borsa di Giacomo Ferrari Nuovo rialzo guidato da Pirelli Bancari in evidenza L'indice Ftse-Mib guadagna l'1,21%. In crescita Unicredit. Bene Mondadori Positivi fin dai primi scambi, i listini del Vecchio Continente hanno consolidato il trend rialzista nel pomeriggio, dopo l'apertura di Wall Street. L'ipotesi di un salvataggio di Cit, il gruppo Usa dei servizi finanziari (che nella notte di domenica ha definito un accordo sul debito con gli obbligazionisti), è all'origine del nuovo balzo in avanti, il sesto consecutivo. A correre di più è stata Parigi, con il Cac 40 in crescita dell'1,63%, mentre a Milano l'Ftse- Mib dei 40 titoli principali è salito dell'1,21% e l'Ftse All Share dell'1,25%. Decisamente bassi i volumi trattati, per un controvalore di circa 1,5 miliardi di euro. Nell'ambito dei valori principali Pirelli ha messo a segno la migliore performance della giornata (+5,49% la quotazione di riferimento). Il titolo della società milanese ha risentito positivamente del balzo della concorrente tedesca Continental, che ha presentato conti trimestrali particolarmente positivi. Nel comparto bancario, tutto in progresso, spicca invece Unicredit , con una variazione positiva del 2,59%. Superiori ai due punti percentuali, inoltre, i miglioramenti di Mediaset e Mondadori , pari rispettivamente al 2,37% e al 2,11%. Numerosi anche i rialzi di oltre un punto percentuale, in linea con gli indici. Pochi e di scarsa rilevanza quantitativa, infine, i segni negativi fra i 40 titoli dell'Ftse-Mib, mentre fra quelli minori va sottolineata la brusca inversione di tendenza di Italease che, dopo gli exploit della scorsa settimana, ieri ha lasciato sul terreno il 15,22%.

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Sanità, il futuro è a noleggio (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 21-07-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Lombardia data: 21/07/2009 - pag: 7 Cremona Piccola spesa mensile per un neuronavigatore Sanità, il futuro è a noleggio CREMONA La crisi finanziaria non risparmia la sanità italiana e la sanità italiana prende in prestito dal mercato gli strumenti commerciali per non fermare gli investimenti sulle nuove tecnologie, che invece avanzano. Non più acquisti «mordi e fuggi», che danno vantaggi solo al produttore, che vende e poi si eclissa, ma acquisti a rate, in termini di affitto o leasing, con maxirata finale (come per le automobili). Una sorta di partnership tra pubblico e privato che crea una sinergia tra le parti. L'idea, già sperimentata in diversi settori merceologici e nella sanità privata, è sbarcata a Cremona per intuizione del direttore generale degli Istituti Ospitalieri, professor Piergiorgio Spaggiari. «Anche in provincia dobbiamo dare tutte le opportunità di cura ai nostri malati spiega Spaggiari ma come dotare l'ospedale di tecnologie d'avanguardia senza dover fare i conti con il bilancio? Da un lato i primari premono per avere strumenti sempre più nuovi e se non ci approvvigioniamo rischiamo di perdere gli assistiti del territorio, che emigrano altrove. Così, dopo aver valutato il settore che poteva meglio rispondere a queste esigenze, è venuto fuori anche l'accordo, che permette al nostro ospedale, con una piccola spesa mensile, di avere un Neuronavigatore, per guidare la mano del chirurgo negli interventi di chirurgia mininvasiva vertebrale e cerebrale. Questo significa che per interventi alle vertebre o al cervello i percorsi del bisturi per arrivare alla zona da operare saranno più precisi, la degenza sarà più corta e il paziente sarà più contento. Minori degenze e inserimento precoce del paziente alla vita lavorativa sono vantaggi non misurabili in termini monetari, ma a lungo tempo, il beneficio sarà sociale, cioè per tutti. Se fra due anni uscirà una macchina nuova, l'azienda ci sostituirà l'apparecchio con un nuovo contratto. La macchina, quindi, non sarà mai nostra, ma avremo sempre a disposizione la più nuova e un tecnico sempre in sala operatoria». Anche le aziende fornitrici, in questo caso Medtronic, azienda leader nei dispositivi medici di alto impatto tecnologico (pacemaker, defibrillatori e stimolatori neurologici) guardano con favore all'ingresso dei nuovi prodotti finanziari in sanità, perché consentono di mantenere rapporti di lunga durata con gli ospedali. Una sorta di fidelizzazione del cliente, come si fa nei supermercati. Edoardo Stucchi

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. Con Berlusconi parlerà presto (sezione: crisi)

( da "Sicilia, La" del 21-07-2009)

Argomenti: Crisi

«Ato da 29 a 9, i sindaci a gestire». Con Berlusconi parlerà presto Tony Zermo Raffaele Lombardo esce da una riunione di Giunta. E' sereno, almeno apparentemente (vi siete accorti che raramente appare arrabbiato?): «E' stata una riunione breve, ma intensa in cui si è lavorato bene». Di cosa avete discusso? «Abbiamo offerto all'Assemblea un disegno di legge di un solo articolo per affrontare il problema dei rifiuti. Questo per fare presto, mentre la legge nel suo complesso sta marciando in Commissione. Un articolo in cui si passa da 27 Ato a 9, più uno per le isole minori, e che dà la possibilità di superare la crisi finanziaria, oltre a incentivi per la raccolta differenziata. E' chiaro che gli Ato andranno sotto la diretta gestione dei sindaci». Ma non potete agire per decreto senza passare dall'Ars? «Non abbiamo il potere della decretazione, questo ce l'ha il governo nazionale che ne fa un uso abbondante». A che punto è la pratica dei termovalorizzatori? «Stiamo trattando con i vincitori della prima gara annullata e sperabilmente troveremo presto un accordo soddisfacente». Ma lei quanti ne vuole fare? I soliti quattro? «Vedremo, aspetto proposte, poi decideremo. Certo non riesco a concepire che camion di spazzatura partano da Barcellona Pozzo di Gotto per arrivare a Paternò. Non mi piace l'immagine di una Sicilia percorsa da camion di immondizie. Bisognerà valutare approfonditamente la questione e se sarà meglio farne di più, li faremo cercando i sistemi più avanzati e più sicuri». Berlusconi ha detto: se quello di Acerra funziona prendetelo a modello senza perdere tempo a cercare altri sistemi». «Può essere un consiglio condivisibile». Rigassificatori? «Quello di Porto Empedocle ha ottenuto tutte le concessioni possibili e immaginabili, i lavori possono partire. Quello di Priolo presenta aspetti più delicati». Perché non decidete il Piano casa che darebbe un grosso sfogo all'edilizia? «Non possiamo cementificare, bisogna stare attenti per non stravolgere gli assetti urbanistici di una Sicilia che ha avuto larghe sacche di abusivismo edilizio. Lo so che darebbe lavoro, ma ci sono limiti che non si possono superare». A che punto sono le trattative con il gruppo cinese di Hainan? «Proseguono bene, ho costituito la task force che deve approfondire la questione. So che loro continuano ad essere molto interessati». Però da quel che s'è capito da una recente intervista con il viceministro Urso i cinesi sono un po' «freddini» sull'ipotesi di costruire un nuovo aeroporto nella piana di Enna. «Può anche darsi che puntino sugli aeroporti che già ci sono, cioè il sistema aeroportuale della Sicilia orientale Fontanarossa-Comiso». Ma è incredibile come lo scalo di Comiso, bell'e pronto, non si possa aprire perché c'è da pagare il servizio dei controllori di volo, cioè dell'Enav. Eppure si parla solo di qualcosa come un milione di euro. «Noi siamo pronti a fare la nostra parte perché l'aeroporto di Comiso è troppo importante per quell'area della Sicilia. Se il governo trattasse l'aeroporto siciliano come quello di Ronchi dei Legionari il problema non si porrebbe. Ma siamo sempre al solito discorso. Poi dicono che non si deve nemmeno parlare del partito del Sud, e lo dicono persino parlamentari siciliani che quanto meno potrebbero esimersi». Non vorremmo parlare di sogni, di strategie mondiali, ma molti esperti sostengono che la Sicilia è sulla linea dello sviluppo del Pianeta. Come ci stiamo attrezzando, anche tenuto conto del grosso mercato che si apre in Libia dove l'Italia ha una posizione di privilegio e di coordinamento? «Ho segnalato a Berlusconi l'elenco delle imprese siciliane che vorrebbero andare a lavorare in Libia. Sono parecchie e ben attrezzate, spero che nei colloqui che ci sono stati al G8 dell'Aquila ne abbiano tenuto il debito conto». Lei da quanto tempo non vede il presidente del Consiglio? «Ormai da parecchio, c'è stato il vertice in Abruzzo, è carico di impegni, ma conto di incontrarlo al più presto, appena lui ed io abbiamo qualche spiraglio. Ci sono tante cose di cui discutere». Ad esempio il Fas, che forse costituiscono il nocciolo duro del problema? «Ad esempio i Fas, vediamo cosa farà questa settimana il Cipe. E vediamo quando daranno 1,3 miliardi al Ponte sullo Stretto che Tremonti ha voluto infilare nel maxidecreto anticrisi. Da quando hanno inventato la questione settentrionale, come se il Nord avesse bisogno di essere aiutato, non si riesce a parlare dei problemi del Mezzogiorno, per cui non ci hanno ancora dato i 4 miliardi del Fas e hanno lasciato anche il Ponte in stand by. E poi vogliono sostenere che il partito del Sud è un parto di fantasia, mentre rappresenta un momento di ribellione di tutto il Mezzogiorno». Il ministro Rotondi ha detto: «Sarà Milano a rilanciare il Sud, perché Milano è stanca di tirarsi dietro mezza Italia in ritardo di sviluppo». «Staremo a vedere. Al momento non mi pare che si stia andando oltre le parole. I fatti ci dicono cose diverse».

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L'Asia corre ma ha paura della Cina (sezione: crisi)

( da "Morningstar IT" del 21-07-2009)

Argomenti: Crisi

L'Asia continua a puntare sulla ripresa. L'indice Msci della regione (Giappone escluso) nell'ultimo mese (fino al 21 luglio e calcolato in euro) ha guadagnato il 7,3%. Gli analisti sono concordi nel dire che quando inizierà il vero recupero dell'economia, i primi a registrarlo saranno proprio i Paesi di quella zona. A far ben sperare è anche il buon andamento degli utili negli Stati Uniti. Il mercato americano è il principale approdo per le merci che arrivano dall'Oriente e una sua ripresa farebbe felici le società che lavorano nell'export. Resta però l'incognita della Cina. "La crescita del Paese potrebbe rallentare di colpo", spiega una nota di Morningstar. "Gli investimenti del Governo potrebbero calare del 10% nei prossimi 12 mesi". Colpa, fanno notare gli operatori, dell'eccesso di spesa che si è registrato fino ad oggi. Pechino nel periodo da gennaio a maggio di quest'anno ha investito il 33% in più rispetto agli stessi mesi del 2008. Il rischio che il Paese vuole evitare è quello di un'esplosione dell'inflazione che una corsa troppo veloce dell'economia porterebbe inevitabilmente con sé. Per questo, l'approvazione di nuovi progetti legati alle infrastrutture ha subito un forte ridimensionamento rispetto al quarto trimestre dell'anno scorso. La situazione potrebbe assomigliare a quella vista durante la crisi finanziaria asiatica del 1998-1999. A rimetterci, anche in termini borsistici, saranno le aziende dei materiali da costruzioni e immobiliari. Tutto questo non significa che le autorità locali smetteranno di mettersi le mani in saccoccia. "Gli investimenti verranno dirottati sul welfare e sui consumi dei cinesi, con probabili benefici per le società che lavorano in questi due comparti", continua la nota. "Un comparto che potrebbe salire, a quel punto, sarebbe quello dei beni tecnologici che dovrebbero registrare una forte crescita in tutta l'Asia. Non si ferma, intanto la corsa delle debuttanti L'ultima a preparare le carte per la quotazione è stata China State Construction Engineering che con l'arrivo sul listino conta di raccogliere l'equivalente di 5,1 miliardi di euro. Se l'operazione andasse a buon fine si tratterebbe della maggiore Ipo nel Paese da marzo del 2008.

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GoogleDocs alla riscossa (sezione: crisi)

( da "Punto Informatico" del 21-07-2009)

Argomenti: Crisi

Roma - Il ritmo è sempre più serrato: Microsoft presenta Office 2010, suite di programmi per videoscrittura che strizza l'occhio al cloud computing, e Google prontamente risponde programmando il lifting a GoogleDocs. Il tutto in meno di una settimana. Nuove feature fanno capolino all'interno dei Docs mentre altre cedono il posto perché ormai obsolete: è il caso dell'elenco shared with, destinato in breve tempo a sparire per essere poi reintrodotto all'interno del menù search options, che è l'elemento su cui il lifting inciderà maggiormente. Anche questa volta Google sembra agire in conseguenza di quanto fatto da Microsoft, come nel caso dell'uscita prematura di Google Squared, avvenuta poco dopo quella di Bing, motore di ricerca made in Redmond sorto dalla ceneri di Live Search. Dalla sua parte BigG ha la propulsione innovativa e un modello di business vincente, anche in tempi di crisi finanziaria. Ma il restyling di GoogleDocs, così ravvicinato alla nascita di Azure e unito al tempestivo lancio di Google Squared di qualche settimana fa, potrebbe far pensare che i dirigenti della grande G stiano giocando all'inseguimento. (G.P.)

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Usa, Tesoro vara progetto per limitare potere agenzie rating (sezione: crisi)

( da "Reuters Italia" del 21-07-2009)

Argomenti: Crisi

WASHINGTON (Reuters) - Il Tesoro Usa ha detto di augurarsi che le nuove norme su trasparenza e conflitti d'interesse limitino il potere delle agenzie di rating, considerate fra i responsabili della crisi finanziaria. Il Tesoro ha inviato al Congresso un progetto di legge di diciotto pagine per impedire alle agenzie di rating di consultarsi con le società che devono valutare. La Securities and Exchange Commission (Sec), in base a queste norme, avrebbe il potere di regolamentare l'industria e le società sarebbero costrette a comunicare quando sono in cerca di rating. "Negli ultimi anni, gli investitori hanno mostrato grande fiducia nelle agenzie di rating, ma queste spesso non sono riuscite ad illustrare accuratamente il rischio legato ai prodotti analizzati", si legge in una nota del Tesoro.

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Per la Ue il Trattato di Lisbona è il baco comunitario del millennio (sezione: crisi)

( da "EUROPA ON-LINE" del 22-07-2009)

Argomenti: Crisi

Articolo Sei in Esteri 22 luglio 2009 Per la Ue il Trattato di Lisbona è il baco comunitario del millennio Ricordate il baco del millennio, lo spettro dell'inceppamento globale dei meccanismi della rete, previsto per il 31 dicembre del 1999, che tenne tutti con il fiato sospeso? Qualcosa di simile è accaduto, su scala "regionale", in Europa. Non a cavallo del millennio, ma il primo maggio del 2004, giorno dell'allargamento dell'Unione europea verso Est, con il passaggio della vecchia Unione a 15 alla nuova a 25 (ora a 27, con il successivo ingresso di Romania e Bulgaria, arrivato il primo gennaio del 2007). Lo shock del 2004 è stato superato, ora che l'Est è più o meno riuscito ad amalgamarsi con l'Ovest. Ma la questione dell'inceppamento, tuttavia, a livello di meccanismi resta in agguato e in questi mesi è tornata ancora una volta d'attualità. Tutta colpa del Trattato di Nizza, che concepito per durare pochi mesi, il tempo cioè di gestire la transizione verso la nuova Europa allargata, non permetteva (e non permette) al club comunitario di agire con efficacia, rapidità e trasparenza. Prima del fatidico allargamento, in altre parole, si sarebbe dovuto riformare il Trattato di Nizza con un nuovo testo, in grado di riformare in modo permanente istituzioni e processi decisionali. Questo proposito, come si sa, è fallito con la bocciatura franco-olandese del Trattato costituzionale, affondato per via referendaria. Da quella crisi istituzionale l'Europa non si è ancora ripresa. Il Trattato di Lisbona, versione decaffeinata della Costituzione, di cui mantiene un buon numero di innovazioni, non è ancora entrato in vigore e il vecchio Trattato di Nizza, come un'auto da rottamare, è ancora in piedi e sta guidando l'Europa a piccoli passi e a bassa velocità. Il Trattato di Lisbona permetterà di passare, in molte materie, dal voto unanime a quello a maggioranza. Permetterà cioè ai 27 di decidere e di non essere bloccati dai veti di un solo paese. Darà nuovi poteri al Parlamento europeo, che avrà l'ultima parola e non più la penultima in molti settori, come l'immigrazione o le spese agricole. Introdurrà l'iniziativa popolare e i cittadini, raccogliendo un milione di firme, potranno chiedere alla Commissione di proporre nuove direttive. Darà ai parlamenti nazionali la possibilità di ricevere, verificare ed eventualmente bloccare nuove proposte di direttive, in modo da garantire che l'Europa non invada territori di competenza nazionale. Rafforzerà l'azione esterna dell'Ue, le politiche di immigrazione, la cooperazione giudiziaria e di polizia, la gestione dell'Eurozona. Darà protezione giuridica ai diritti fondamentali dei cittadini europei e introdurrà clausole di mutuo soccorso tra paesi membri in caso di attacco militare o terroristico, di cataclisma naturale o crisi energetica. Dunque, a dispetto delle molte critiche ricevute, soprattutto se paragonato alla defunta Costituzione europea, il Trattato di Lisbona potrà indubbiamente permettere un salto qualitativo all'Ue. In molti campi. A patto, ovviamente, che possa entrare in vigore. E torniamo così al baco del millennio e alla fobia da inceppamento. Perché il nuovo Trattato potrà entrare in vigore soltanto quando tutti i 27 l'avranno ratificato. Questa macchinosa auto-riforma rischia però di incagliarsi di nuovo. A tutt'oggi, 23 paesi hanno già ratificato la carta, compresa l'Italia e comprese anche la Francia e l'Olanda, tutti per via parlamentare. Tra i quattro paesi ancora mancanti spicca l'Irlanda, dove il Trattato è stato bocciato in un referendum l'anno scorso. Il governo di Dublino ripeterà la consultazione il 2 ottobre e i sondaggi segnalano un forte vantaggio per il sì, dato sono state fornite agli irlandesi delle clausole di "rassicurazione" su neutralità militare, diritto di famiglia e fiscalità, tematiche non saranno intaccate dal Trattato. La campagna per il sì, poi, si è rafforzata, mentre dal canto suo lo schieramento euroscettico che aveva trionfato l'anno scorso, guidato dalla formazione Libertas, è ora allo sbando. Senza contare, inoltre, che la crisi finanziaria sta spingendo molti irlandesi a considerare l'Europa come una soluzione e non come un problema. Dunque, salvo sorprese, a ottobre vi potrà essere la ventiquattresima ratifica. Anche la Germania, enro ottobre, dovrebbe aver chiuso la pratica con l'adozione di una legge nazionale che renderà il Trattato compatibile con il diritto interno tedesco, come richiesto dalla Corte costituzionale di Karlsruhe, qualche tempo fa. Mancherebbero a quel punto solo le firme dei presidenti euroscettici polacco e ceco. E mentre il polacco Kaczynski ha ceduto, dichiarando di attendere semplicemente il voto irlandese prima di firmare il decreto di ratifica («per rispetto verso gli irlandesi»), il vero ostacolo viene da Praga, dove Vaclav Klaus si rifiuta ancora di firmare una ratifica già votata a maggioranza dal Parlamento. Klaus ha recentemente affermato di voler essere l'ultimo a firmare, adducendo vari pretesti. Il suo obbiettivo malcelato, secondo molti osservatori, è invece un altro: fare "melina" per perdere tempo, fino a quando l'alleato in chiave Ue David Cameron non si sarà installato a Downing Street al posto di Gordon Brown. Lo stesso Cameron, infatti, minaccia a giorni alterni che, sebbene la ratifica britannica sia già stata acquisita, potrebbe fare retromarcia e indire un referendum, se e quando diventerà primo ministro. Insomma, il baco del millennio si è insinuato sull'asse Londra-Praga-Varsavia. I Tories di David Cameron e le formazioni euroscettiche di Klaus e Kaczynski hanno anche costituito un nuovo gruppo espressamente "anti- Lisbona" a Strasburgo e possono dunque dare battaglia su due fronti: quello parlamentare (dove sono però in minoranza, rispetto all'arco europeista) e quello dei governi, dove, pur essendo minoritari anche qui, sono comunque indispensabili, secondo le attuali regole del gioco. A ottobre, dopo il referendum irlandese e alla vigilia delle nuove nomine istituzionali europee, la partita si giocherà a carte scoperte e si capirà se le attuali resistenze anti-Lisbona nascondono in realtà biechi opportunismi di politica interna o magari un semplice obbiettivo negoziale: quello di ottenere poltrone più pesanti a Bruxelles, nel pacchetto che si deciderà, appunto, in autunno. Massimo Italo

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Neograf attacca "Presidi degli operai peggiorano la crisi" (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 22-07-2009)

Argomenti: Crisi

SALUZZO. CASSA INTEGRAZIONE E LICENZIAMENTI Neograf attacca "Presidi degli operai peggiorano la crisi" [FIRMA]ANDREA GARASSINO MORETTA Prosegue ad oltranza lo sciopero con presidio di fronte ai cancelli della Neograf di Moretta da parte dei 200 dipendenti. L'azienda da diverse settimane è al centro di una crisi finanziaria con lavoratori in cassa integrazione ordinaria. Ad inizio luglio la maggioranza del pacchetto azionario è passato dal fondatore Piero Calandri alla finanziaria lombarda Ifill. Nei giorni scorsi la ditta ha anche spedito sei licenziamenti individuali ad altrettanti lavoratori. «La prima condizione per riaprire il dialogo e interrompere questa lotta è il ritiro immediato dei "tagli" al personale», afferma Ugo Brunetto, Cisl. I lavoratori si ritrovano in quello che definiscono «presidio pacifico» davanti all'ingresso della ditta da venerdì alle 6. Il giorno prima erano arrivati i telegrammi con la comunicazione dei licenziamenti. L'altro ieri la dirigenza ha diramato un comunicato (Calandri non è raggiungibile al telefono) in cui afferma che le azioni di lotta messe in atto dagli operai «compromettono pesantemente la già grave situazione aziendale. La direzione e i lavoratori non possono accedere all'azienda e non sono in grado di proseguire nello studio del futuro piano di risanamento. Siamo disponibili all'incontro di giovedì (domani, ndr) solo se il tipo di lotta messo in atto dai dipendenti cessa immediatamente». Secca la replica delle segreterie provinciali dei sindacati: «La lotta messa in atto non ha potuto compromettere alcunché. La situazione di oggi è unicamente imputabile alla proprietà. Alla direzione e ai lavoratori non è impedito di accedere allo stabilimento. E' bene che la dirigenza non cerchi scusi, per il vero un po' patetiche. Non è compito dei lavoratori lo studio del piano industriale. Se così fosse saremmo all'autogestione, forse con risultati migliori». Gli operai in presidio non credono che domani si terrà l'incontro. «Non si sono già presentati a due riunioni in Provincia - dicono - e ne hanno rinviati molti con i sindacati». «Ribadiamo le nostre tre richieste - conclude Brunetto -: chiarezza sulla situazione illustrandoci ciò che chiediamo dal 10 maggio, cioè il piano industriale e di rilancio; il ritiro dei licenziamenti e l'attivazione ammortizzatori sociali; l'apertura di confronto».

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Troppi 100 mila euro per il torneo di bridge (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 22-07-2009)

Argomenti: Crisi

CONSIGLIERE REGIONALE CONTESTA LO STANZIAMENTO «Troppi 100 mila euro per il torneo di bridge» Sotto accusa i centomila euro che la Regione ha stanziato per il torneo europeo di bridge che si è svolto, a giugno, al Palafiori di Sanremo. E' il consigliere regionale Giacomo Conti (Prc) a criticare il finanziamento per una manifestazione sostenuta dal Comune di Sanremo, che ha pure dato un notevole appoggio all'organizzazione. Secondo Conti, che ha chiesto spiegazioni alla giunta, «il finanziamento al bridge stride con la scarsa attenzione che normalmente viene dedicata al mondo dell'associazionismo sportivo ligure, che è in profonda sofferenza, con tante società sportive che rischiano di chiudere o hanno rinunciato a fare attività». Il consigliere ricorda che l'evento era «a libera iscrizione, e hanno partecipato a proprie spese complessivamente 1.756 appassionati di gioco delle carte, versando alla European Bridge League una quota media di iscrizione di 220 euro». Aggiunge: «Gli organizzatori hanno chiesto al Comune di Sanremo la disponibilità di una sede e di una serie di servizi, quantificati in 75 mila euro e di un contributo per l'organizzazione di 125 mila euro, per un totale complessivo di 200 mila euro. Su richiesta del Comune, la Regione ha inserito il torneo nel calendario degli eventi di particolare rilievo, concedendo un contributo di euro 100 mila euro». «All'associazionismo sportivo - conclude Conti - la Regione destina complessivamente risorse economiche di gran lunga inferiori al bilancio del torneo di bridge di Sanremo. Un mondo che spesso è ignorato e oscurato nella sua utilità sociale, nonostante svolga una funzione sociale fondamentale, soprattutto in un periodo di crisi di valori come quello attuale».\

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Risanamento crolla a Piazza Affari (sezione: crisi)

( da "Stampa, La" del 22-07-2009)

Argomenti: Crisi

LA SOCIETÀ FIDUCIOSA DI SCONGIURARE IL FALLIMENTO. I TIMORI SUL BOND DEL GRUPPO Risanamento crolla a Piazza Affari [FIRMA]GIANLUCA PAOLUCCI Due le ipotesi - prestito convertendo o conversione del debito in azioni tramite un aumento di capitale - sulle quali stanno lavorando creditori e consulenti di Risanamento per scongiurare il crac del gruppo. Ipotesi sulle quali le trattative sono ancora in alto mare, ammette una delle parti coinvolte, mentre il titolo crolla a Piazza Affari. Riammessa dopo tre giorni di sospensione dalle contrattazioni, la società immobiliare controllata da Luigi Zunino ha chiuso la seduta con un calo del 30,08% a 0,25 euro. Nella giornata di ieri sono proseguiti i contatti tra le banche maggiormente esposte per cercare una soluzione che consenta di presentarsi in tribunale, il 29 luglio, con un piano che possa essere ritenuto credibile. Le ipotesi avanzate da Leonardo & Co. sono due: un prestito da convertire successivamente in azioni, il cosidetto convertendo, sottoscritto dalle banche creditrici, in modo da assicurare da subito nuova finanza e garantirsi successivamente una quota di capitale che estrometterebbe Luigi Zunino solo in un secondo tempo. Oppure un aumento di capitale sottoscritto anche dagli stessi creditori tramite la conversione di debiti in azioni, che assicurerebbe da subito un nuovo assetto proprietario per Risanamento. Gli istituti maggiormente esposti verso la società sono Intesa Sanpaolo con circa 600 milioni di euro, Banco Popolare con circa 300 milioni (201 di leasing con Italease) e Unicredit con poco meno di 300 milioni. I consulenti sono anche alla ricerca di un manager in grado di guidare il gruppo, un «risanatore» per uscire dalla profonda crisi finanziaria che ha colpito Risanamento, da trovare sempre entro la data del 29 luglio. Tra le ipotesi circolate ieri, alle quali non è stato possibile trovare conferma, quella di assegnare le deleghe all'attuale vice presidente Umberto Tracanella. Meno gradito, anche se ancora attivamente impegnato sul dossier, il finanziere Salvatore Mancuso, definito dalla procura «amministratore di fatto» della società. Il legame tra Zunino e Mancuso risale almeno al maggio del 2007, quando la Zunino Investment International, società al di fuori del perimetro di Risanamento, si è impegnata - insieme ad un folto parterre di investitori - fino a 7,5 milioni di euro nel fondo Equinox Two promosso proprio da Mancuso. Pochi giorni prima, Risanamento emetteva il bond convertibile da 220 milioni di euro con scadenza 2014. Per l'emissione, curata da Jp Morgan e Caboto (gruppo Intesa Sanpaolo), erano circolati timori circa la sua esigibilità in presenza della richiesta di fallimento. Risanamento ha emesso ieri un comunicato, su richiesta della Consob per chiarire che «gli obbligazionisti hanno diritto di richiedere il rimborso anticipato del prestito stesso qualora, tra l'altro, sia iniziato un procedimento di fallimento nei confronti dell'emittente e sempre che questo non sia rinunciato, respinto o estinto entro sessanta giorni dall'inizio». Ovvero, considerando la richiesta di fallimento come «inizio del procedimento», la società ha sessanta giorni per ottenere una pronuncia del tribunale che respinge la richiesta. Secondo lo stesso regolamento, consultato da La Stampa, anche la richiesta di rimborso anticipato da parte di altri creditori fa scattare il default dell'obbligazione con conseguente richiesta di rimborso del bond. Al momento, esistono almeno tre prestiti a rischio ma nessuno degli interessati ha ancora fatto passi formali per il rimborso. Il ritorno in Borsa di Risanamento dopo l'addio di Zunino è stato all'insegna delle vendite. Il titolo è riuscito a scambiare solo per pochi minuti, bruciando circa 30 milioni di capitalizzazione (ora ridotta a 69 milioni) e con transazioni pari al 2,8% del capitale.

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La B-school studia la ripresa (sezione: crisi)

( da "Italia Oggi" del 22-07-2009)

Argomenti: Crisi

ItaliaOggi sezione: Varie data: 22/07/2009 - pag: 29 autore: di Damiano Fedeli La crisi finanziaria ha messo in difficoltà il loro modello. Come reagiscono le prime al mondo? La B-school studia la ripresa A confronto le ricette di quattro università straniere Qualcuno le ha accusate, soprattutto negli Usa, di essere addirittura responsabili dell'attuale crisi economico-finanziaria. Le idee, gli strumenti finanziari allegri, la scarsa propensione a pensare a lungo termine che hanno portato agli attuali rovesci prima nella finanza e poi nell'economia sarebbero nate proprio tra le aule degli Mba, i Master in business administration, i corsi manageriali post laurea, fiori all'occhiello delle migliori business school (o b-school). Responsabili o no, le scuole di alta formazione manageriale corrono ai ripari. Da un lato devono affrontare un numero crescente di allievi: nei periodi di recessione è normale un aumento delle persone che scelgono di buttarsi sulla formazione per riqualificarsi e ritornare in pista quando l'economia sarà migliore. D'altra parte gli studenti chiedono sempre più assistenza finanziaria e borse per sostenere gli onerosi corsi (negli Usa si va dai 27ai 45 mila euro annui, in Europa dai 21 ai 67 mila). L'altra questione è quella occupazionale, con i diplomati Mba che escono quest'anno che si trovano davanti non poche incognite. Ma quali strumenti anti crisi stanno mettendo in atto le b-school al top nel mondo? E quali scenari prevedono per i propri studenti? Ecco la risposta di quattro fra le migliori, due statunitensi, due europee. Per scoprire che, con la crisi, «Etica» è diventata la nuova parola d'ordine nella formazione dei nuovi manager. E che la finanza non è più l'unico sbocco per chi ha in tasca un Mba. Qui accanto una tabella con la «classifica delle classifiche» elaborata da Patrimoni-Milano Finanza con i corsi migliori in base ai ranking internazionali di testate quali The Economist, Financial Times, Business Week, Forbes.Chicago Booth School of Business, Usa«La classe che si laureerà nel 2009 dovrà affrontare la peggiore situazione occupazionale che abbia mai visto da quando sono diventato preside, nel 2001». Parola di Edward Snyder, dean, preside, appunto, della Chicago Booth School of Business, la migliore al mondo come appare confrontando i principali ranking internazionali. «A un paio di mesi dalla laurea, il 70% degli allievi ha già un lavoro e se la caverà bene. Ma ci sono due nuovi fenomeni; il primo è che avranno sempre meno tempo per mettersi alla prova. Il secondo è che il mercato è più a rischio. Per esempio, 29 diplomati della classe 2008 lavoravano per Lehman Brothers. Avevano appena cominciato quando hanno perso il lavoro. Così hanno dovuto ricercare in altre istituzioni finanziarie. A dire il vero, in questi ultimi anni abbiamo mandato meno studenti a lavorare nella finanza rispetto ad altre business schools americane di alto livello. I nostri laureati vanno a finire in molti settori differenziati. Molti programmano di mettersi in proprio, per esempio. Qui non ci piace pensare al management come a un gruppo di smanettoni che hanno cominciato la loro attività tutti soli nel garage, contrariamente ad altre scuole. Pensiamo che i grandi affari si basano su una buona strategia, solide fondamenta finanziarie e buona capacità di leadership. Molti capi di imprese sono usciti dalla nostra scuola e il loro successo deriva in primo luogo dalla loro conoscenza del business». Sul fronte iscrizioni ai corsi Mba, secondo Snyder «per il programma full-time qui a Chicago le iscrizioni vanno bene, se guardiamo agli studenti americani. Calano quelli dall'estero, in particolare da India e Corea. Ci sono diverse ragioni: gli studenti stranieri hanno più difficoltà a trovare finanziamenti dalle banche. E c'è una seria preoccupazione per quello che succederà dopo: avranno la possibilità di stare negli Usa e trovare un buon posto? Per esempio, una delle questioni riguarda quei settori che hanno ricevuto enormi sovvenzioni dal governo. Alcune di queste sono contro l'impiego di lavoratori stranieri. Questo punto, che non è stato ancora del tutto chiarito, ha fatto nascere una certa agitazione qui. Un'ulteriore spiegazione al calo degli stranieri è il fatto che ci sono anche sempre più programmi ottimi in altre parti del mondo, in Francia per esempio».Arnold Longboy, direttore delle risorse umane alla sede londinese della Booth School, sostiene che «quando c'è molta incertezza sul mercato e ci sono situazioni che non sono mai state affrontate prima, è essenziale che i manager sappiano disporre di un apparato di competenze sperimentato e basato sui fondamentali. Sebbene questo non dia una risposta pronta, permette al manager di affrontare il problema e arrivare a una soluzione che funzioni».Tuck School of Business Dartmouth College, Hanover, New Hampshire, Usa«Singoli e famiglie hanno meno soldi e cercheranno più incentivi e borse di studio». Il risultato, secondo Paul Danos, preside della Tuck School of Business (per la rivista Forbes la migliore degli Usa), sarà che «tutto questo metterà sotto pressione le università che, per far fronte alla riduzione delle rendite, si affidano all'incremento delle tasse di iscrizione o ai contributi statali». Ma in un momento come questo, investire in formazione è la scelta giusta? «L'investimento in istruzione è sempre la scelta giusta per una società e per i singoli. Un paese può prosperare a lungo termine solo se la sua popolazione innalza la produttività, e l'istruzione è l'unico modo per assicurare questo aumento. La necessità di migliorare continuamente la formazione delle persone è ancor più forte in un mondo in cui il progresso tecnologico e scientifico dominerà sempre di più tutte le economie. Chi rimane indietro nell'istruzione non sarà in grado di competere in un mondo dove la competizione può arrivarti da ogni angolo del globo».Christie St-John, è il senior associate director of admissions, si occupa cioè del processo di selezione dei futuri allievi. “Attualmente pensiamo che questo sia un buon momento: i segnali puntano a una risalita dell'economia, e molti career office sono diventati più creativi nel porsi alle imprese. Il nostro Mba, in particolare, sta lanciando diversi nuovi seminari dove professori e studenti esplorano e discutono vari aspetti dell'attuale clima economico, con considerazioni etiche, e sviluppando la capacità di differenziare. Ci aspettiamo che i nostri studenti che si laureeranno nel 2011 o nel 2012 siano estremamente versatili in molte situazioni cui non si sarebbe mai pensato negli anni del boom. Visto il caos nei mercati finanziari, meno studenti andranno nel ramo finanza. I nostri allievi mostrano molto interesse nella consulenza strategica, nel management sanitario, tecnologia, impresa, progetti governativi e non profit».Per la scelta di un'università o di una b-school, spiega il dean della Tuck, «mi chiederei innanzitutto: voglio stare in una grande città o in una piccola, frequentare un programma enorme con migliaia di studenti o una comunità più piccola, con programmi più mirati? Restringerei la ricerca a dieci corsi. Non basate la scelta solo sui ranking: non dicono molto sul tipo di comunità in cui uno si troverà o sulla specializzazione delle scuole. Guardate i siti, scrivete per avere informazioni, entrate in contatto con gli attuali studenti o con gli ex alunni dal vostro paese. Sono la migliore fonte di informazioni».Cass Business School City University, Londra, UkLa Cass Business School della City University di Londra è una delle b-school più affermate in Europa. Ma qual è la differenza fra l'approccio che si può avere qui e quello che si trova in una scuola simile negli Usa? Steven Haberman, vicepreside e professore di Scienze attuariali, spiega: «Nella maggior parte delle business schools americane, l'Mba full-time dura due anni, ha un'enfasi più teorica ed è mirato a un gruppo di studenti più giovane, molti dei quali si sono appena laureati con un titolo di Bachelors. In Europa abbiamo una differente offerta accademica: il programma Masters, ad esempio, è una scelta che va molto fra i laureati che vogliano qualcosa in più quando si troveranno a cercare il primo lavoro dopo la laurea. Da noi, l'Mba full-time dura un anno e ha un peso più pratico rispetto allo stesso programma negli Usa. L'Mba europeo è pensato per persone che hanno più esperienza lavorativa alle spalle e che cercano di fare un salto di carriera».Aggiunge Stefan Szymanski, preside associato e direttore del programma Mba: «Durante i periodi di recessione, solitamente si assiste a un aumento degli investimenti in formazione. E anche in questa crisi stiamo vedendo un incremento delle iscrizioni a tutti i nostri programmi Mba. Gli investimenti sul “capitale umano” non vanno quasi mai dispersi. È un investimento che ti cambia: dopo un corso, non sei più la stessa persona di prima. Questo spaventa alcuni, ma in effetti dovrebbe essere molto liberatorio...».Per Szymanski, le caratteristiche che un giovane dovrebbe ricercare in un'università o in una b-school sono: «Il luogo (dove vuoi studiare?); la qualità dell'insegnamento (c'è un programma ben strutturato insegnato da buoni docenti?); la reputazione (potrai usare quel nome nella tua futura carriera?). Per quanto riguarda le competenze, invece, direi: capacità di analisi (puoi comprendere un problema e identificarne la soluzione?); le “soft skills”, ovvero: sei in grado di costruire una squadra e far lavorare le persone con te su un piano condiviso?».Sulle difficoltà ad affacciarsi sul mondo del lavoro, Lindsay Bortoluzzi, direttrice del settore Carriere post laurea alla Cass, sostiene che «le compagnie stanno adottando una tattica più cauta, cosicché gli studenti hanno un periodo d'attesa più lungo quando vanno a cercare un lavoro. Anche la didattica, ovviamente, risente dell'attuale scenario: “Sì, c'è stata una verifica interna sull'insegnamento dell'etica nei nostri programmi”, sottolinea la Bortoluzzi. “Abbiamo messo su una Task force Etica fatta di docenti senior, rappresentanti degli studenti e consulenti esterni. Questo per verificare gli attuali metodi di insegnamento. Fra i nuovi corsi, c'è poi ad esempio quello in Scenario planning per sviluppare negli studenti la capacità di gestire cambiamenti imprevedibili”».Essec Business School,Parigi (Francia)-SingaporeIl calo è stato drammatico: «Meno 30% di offerte di lavoro dall'inizio di dicembre fino a febbraio. Anche se a marzo si è assistito a un nuovo aumento». Séverine Jauffret è direttore delle relazioni Studenti/imprese alla francese Essec Business School, con campus a Parigi e Singapore. «Le banche hanno ridotto il reclutamento nel 2009. Le fusioni in questo settore porteranno ulteriori riduzioni di personale». Tutto sommato, però, «gli studenti sono consapevoli della situazione economica, specialmente nell'industria bancaria, che ha assorbito il 25% circa della classe dell'anno scorso. Quindi c'è da aspettarsi che quest'anno vedremo molto pochi City bankers in Inghilterra. Senz'altro ci saranno molti più laureati della Essec nei dipartimenti finanziari delle industrie. Meno consulenti e più business unit development, addetti alla pianificazione strategica. Ma ci saranno anche più auditors finanziari... C'è da dire che i nostri laureati non hanno problemi a costruirsi due differenti progetti professionali per aprirsi più porte. E possono anche contare ampiamente sul network degli alunni, gli ex allievi».Sulle competenze che le imprese cercano adesso nei candidati all'assunzione, Jauffret non ha dubbi: servono le soft skills, ovvero «una personalità stabile, cosa che fa la differenza fra i candidati, la capacità di adattarsi a un nuovo ambiente, la creatività, le capacità interpersonali e l'apertura mentale. Tutte queste sono le caratteristiche chiave, altamente valutate dai recruiters. Un forte background economico e un buon colloquio sull'impatto della crisi sono altri requisiti di successo».Ma quanto si è allungato il processo del placement, con la recessione? «La maggior parte dei nostri studenti si laurea in luglio. Stimiamo che ci vorranno circa quattro mesi in media per trovare un lavoro (l'anno scorso si era sul mese e mezzo/due). Nel 2008 avevamo 194 recruiters nel campus, quest'anno ne abbiamo 184. Essec è un nome che richiama molto e le compagnie continuano a reclutare giovani di talento: gli servono per il loro sviluppo futuro. Qualche impresa è venuta a febbraio senza offerte immediate di posizioni permanenti, ma con possibilità di apprendistato e stage per gli studenti: decideranno se assumere fra luglio e settembre».

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Bernanke, così usciremo dal pantano (sezione: crisi)

( da "Milano Finanza (MF)" del 22-07-2009)

Argomenti: Crisi

MF sezione: Primo Piano data: 22/07/2009 - pag: 2 autore: «La nostra strategia di uscita sul piano monetario è pronta, non cercate di interferire ecco il testo integrale dell'intervento del capo della federal reserve al congresso Bernanke, così usciremo dal pantano Il banchiere centrale disegna la exit strategy: il peggio è passato anche se la congiuntura non consiglia ancora una stretta della politica monetaria. Abbiamo un duplice obiettivo, prezzi stabili e minima disoccupazione La gravità della recessione globale ha richiesto una politica monetaria molto accomodante. Da quando la crisi finanziaria è iniziata, quasi due anni fa, la Federal Reserve ha ridotto praticamente a zero il tasso d'interesse obiettivo sui prestiti overnight tra le banche (il tasso sui fondi federali). Il bilancio della Fed si è inoltre dilatato tramite l'acquisto di titoli a lungo termine e i programmi di prestiti mirati, varati con l'obiettivo di riattivare i flussi di credito.Tali interventi non solo hanno attutito l'impatto della crisi finanziaria, ma anche migliorato il funzionamento di fondamentali mercati come quelli dei prestiti interbancari, dei titoli di credito, del credito al consumo e alle piccole imprese, nonché il mercato dei mutui casa.In linea con quanto sostengono i miei colleghi, anch'io penso che politiche accomodanti saranno giustificate nel lungo periodo. Ma quando la ripresa dell'economia inizierà a farsi sentire, la politica monetaria dovrà stringere i freni per evitare che, più in là, l'inflazione rialzi la testa. Il Federal open market committee, l'organo che stabilisce la politica monetaria negli Usa, ha dedicato molto tempo allo studio dei problemi relativi alla exit strategy. Siamo persuasi di disporre degli strumenti necessari a eliminare, in modo sia tempestivo che graduale, la politica accomodante, quando sarà il momento.La exit strategy è collegata strettamente alla gestione del bilancio della Fed. Quando essa concede prestiti o acquista titoli, fondi affluiscono nei conti di riserva delle banche presso la Fed stessa e altri istituti di deposito. Il saldo di tali riserve oggi è circa 800 miliardi di dollari, cifra molto superiore al normale. Date le condizioni attuali, le banche hanno teso a detenere riserve presso la Fed, come elementi di contrappeso.La progressiva ripresa dell'economia, tuttavia, dovrebbe offrire alle banche maggiori opportunità di prestare sulla base delle proprie riserve. Ciò farebbe crescere più rapidamente l'offerta di moneta in senso ampio (M1 o M2) insieme alla concessione di credito: fattori capaci di generare pressioni inflazionistiche senza l'adozione di politiche di riequilibrio. Quando sarà il momento di una stretta, si dovranno rimuovere queste enormi riserve o quanto meno eliminarne gli effetti potenzialmente pericolosi per l'economia.In certa misura, le riserve detenute dalle banche presso la Fed si ridurranno automaticamente poiché le migliorate condizioni finanziarie porteranno all'utilizzo più limitato dei nostri strumenti di finanziamento a breve e infine al loro esaurimento. Il credito a breve, concesso dalla Fed alle banche e al mercato, a metà luglio era già sceso a meno di 600 miliardi dai 1.500 miliardi di fine 2008. È inoltre possibile che, a seguito della scadenza o del riscatto anticipato dei titoli in possesso della Fed, nel futuro immediato le riserve si riducano al ritmo di 100-200 miliardi di dollari l'anno. Tuttavia, è probabile che le riserve si mantengano a livelli piuttosto alti per diversi anni, a meno che non siano adottate misure aggiuntive.Anche se il nostro bilancio resterà sovradimensionato per qualche tempo, disponiamo di due strumenti di ampio respiro per operare una stretta monetaria: il pagamento degli interessi sul saldo delle riserve e le diverse misure utilizzabili per ridurre le stesse. Tali approcci potrebbero essere adottati singolarmente, ma per renderli efficaci è probabile che useremo una combinazione di entrambi.Lo scorso autunno il Congresso ci ha autorizzato a pagare gli interessi sui depositi detenuti dalle banche presso la Fed. Attualmente riconosciamo alle banche un tasso dello 0,25%. Quando sarà il momento di stringere i freni, potremmo aumentare il tasso sui saldi di riserva aumentando parallelamente il tasso obiettivo sui fondi federali.Le banche di solito non prestano a tassi inferiori a quello ottenibile, senza rischi, presso la Fed. Inoltre, dovrebbero competere per prendere a prestito sui mercati privati a tassi inferiori a quello praticato sulle riserve, poiché così facendo possono guadagnare uno spread senza alcun rischio.Pertanto, il tasso di interesse corrisposto dalla Fed tende a fissare un limite inferiore ai tassi di mercato a breve termine, ivi compreso il tasso obiettivo della nostra politica, cioè quello sui fondi federali. L'incremento del tasso pagato sulle riserve inoltre scoraggia una crescita eccessiva dei volumi monetari o creditizi, poiché le banche non prestano a tassi inferiori a quello realizzabile con la Fed.Una lunga esperienza internazionale sembra indicare che il livello degli interessi sulle riserve consente di gestire efficacemente i tassi di mercato a breve. La Bce, ad esempio, consente alle banche di collocare le riserve in eccesso su un conto fruttifero. Anche quando le operazioni condotte da quella banca centrale in materia di liquidità ne hanno incrementato notevolmente il bilancio, il tasso interbancario overnight si è mantenuto sullo stesso livello del tasso praticato sui depositi oppure a un livello superiore. Anche Bank of Japan e Bank of Canada hanno utilizzato la propria facoltà di corrispondere interessi sulle riserve per fissare un limite inferiore ai tassi di mercato a breve termine. Nonostante queste esperienze, il tasso dei fondi federali è sceso leggermente sotto a quello pagato dalla Fed, specie nei mesi di ottobre e novembre 2008, quando la Fed ha per la prima volta ha corrisposto interessi sulle riserve. Un simile andamento ha riflesso in parte fattori passeggeri, come la poca dimestichezza delle banche con il nuovo sistema.Tale andamento, tuttavia, sembra dovuto al fatto che alcuni grandi prestatori sul mercato dei fondi federali, in particolare imprese come Fannie Mae e Freddie Mac, non possono incassare interessi sulle riserve depositate presso la Fed, e sono quindi incentivate a prestare a tassi inferiori a quelli corrisposti dalla Fed alle banche.In condizioni più normali, il desiderio delle banche di impegnarsi nel semplice arbitraggio, illustrato qui sopra, tenderà a contenere il divario tra il tasso dei fondi federali e quello che la Fed corrisponde sulle riserve. Se tale divario dovesse persistere, si può affrontare il problema integrando gli interessi sulle riserve con alcune azioni miranti a ridurle e a riassorbire l'eccesso di liquidità (il secondo strumento utilizzato in una restrizione monetaria). A questo scopo, ci sono quattro opzioni. La prima prevede che la Fed riduca le riserve delle banche e la liquidità in eccesso presso altri istituti, con operazioni pronti termine attive su ampia scala verso gli operatori del mercato finanziario, ivi comprese banche, imprese statali e altri. Queste operazioni comportano la vendita, da parte della Fed, di titoli in portafoglio, con patto di riacquisto in un secondo momento a un prezzo lievemente più alto. La seconda prevede che il Tesoro venda titoli e depositi i relativi proventi presso la Fed. Quando gli acquirenti pagano il prezzo dei titoli, il conto del Tesoro presso la Fed aumenta mentre i saldi di riserva diminuiscono. Il Tesoro ha condotto operazioni simili dall'autunno scorso, nell'ambito del programma di finanziamento integrativo (Supplementary financing program). E tuttavia, per quanto tali operazioni siano utili, per proteggere l'indipendenza della politica monetaria dobbiamo assicurarci di poter raggiungere gli obiettivi che ci poniamo senza fare affidamento sul Tesoro. La terza prevede che la Fed, utilizzando l'autorizzazione concessa dal Congresso a pagare interessi sui saldi attivi delle banche presso di essa, offra loro depositi a termine, uno strumento analogo ai certificati di deposito che esse offrono alla clientela. I fondi bancari conservati in depositi a termine presso la Fed non sono disponibili per il mercato dei fondi federali. Come quarta opzione la Fed può, se necessario, ridurre le riserve vendendo sul mercato parte dei titoli a lungo posseduti.Ognuna di queste politiche contribuirebbe ad innalzare i tassi d'interesse a breve e contenere la crescita monetaria e creditizia. Nel complesso, la Federal Reserve dispone di numerosi strumenti efficaci per operare una stretta monetaria, quando le prospettive dell'economia lo richiedono. Tuttavia, come abbiamo detto sia io che i miei colleghi, le condizioni economiche non sono tali da giustificare, per molto tempo a venire, alcuna stretta della politica monetaria. Sarà nostra premura calibrare i tempi e i ritmi di eventuali strette future, utilizzando la combinazione ottimale degli strumenti atti a favorire il conseguimento del nostro duplice obiettivo, vale a dire massimo livello occupazione e stabilità dei prezzi.

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Continuano gli acquisti (sezione: crisi)

( da "Italia Oggi" del 22-07-2009)

Argomenti: Crisi

ItaliaOggi sezione: Mercati e Finanza data: 22/07/2009 - pag: 49 autore: Ftse All share +1,54%. Bernanke al Congresso: timori per l'occupazione Continuano gli acquisti Piazze europee tutte positive. Deboli in Usa Settima chiusura positiva consecutiva per le piazze Ue, ieri assai ben impostate. Gli operatori sembrano ottimisti, anche se a New York, le parole del governatore della Fed, Ben Bernanke, davanti al Congresso, hanno raffreddato molti entusiasmi, a tal punto che i listini, partiti positivi, hanno poi ripiegato. Il governatore ha affermato che, «alla luce del sostanziale crollo dell'economia e delle limitate pressioni inflative, la politica monetaria della Fed rimane focalizzata sul traino del recupero economico. Il Fomc reputa che una politica monetaria altamente accomodante è appropriata per un lungo periodo. Tuttavia, crediamo anche che sia importante assicurare il pubblico e i mercati che le misure straordinarie di politica adottate in risposta alla crisi finanziaria e alla recessione possono essere rimosse in maniera dolce e tempestiva, evitando i rischi di un futuro amento dell'inflazione. Siamo convinti», ha proseguito Bernanke, «di avere gli strumenti necessari per alzare i tassi di interesse quando diventerà necessario raggiungere gli obiettivi di massima occupazione e stabilità dei prezzi». Bernanke ha quindi sottolineato come «il ritmo del rallentamento economico sembra sia diminuito in maniera significativa con la domanda finale e la produzione che hanno mostrato i primi segnali di stabilizzazione. Il mercato del lavoro, tuttavia, ha continuato a indebolirsi. Le condizioni finanziarie rimangono stressate e molte famiglie e società hanno difficoltà a ottenere credito. Ciononostante, negli scorsi mesi si sono visti miglioramenti notevoli. L'estrema avversione al rischio dello scorso autunno è diminuita e i gli investitori sono tornati sul mercato del credito privato». Il presidente della Fed ha quindi ribadito che «mantenere la fiducia del pubblico e dei mercati finanziari richiede al legislatore di cominciare a pianificare la ricostruzione del bilancio fiscale». Bernanke, infine, ha posto l'accento sulla necessità delle riforme dei sistemi di supervisione e regolamentazione de mercati, sia per gli Usa sia a livello globale. A piazza Affari il Ftse Mib ha chiuso a +1,61%, il Ftse All share a +1,54%, il Ftse Mid cap a +1,04%, il Ftse Star a +0,82%. Bene anche il Cac 40 (+0,97%), il Dax (+1,27%) e il Ftse 100 (+0,84%). A Wall Street, come detto, dopo una partenza decisamente positiva, i listini hanno perso terreno: a metà seduta, il Dow Jones segnava +0,03%, l'S&P 500 -0,44%, il Nasdaq Composite -0,56%. A Milano si sono visti acquisti sul comparto assicurativo: Alleanza +3,44%, Unipol +3,19%, Fonsai +3,18% e Generali +3,67% a 15,54 euro). Contrastati i bancari. Molto bene Intesa Sanpaolo (+2,45%) e Unicredit (+1,37%). In nero anche Banca Mps (+0,167%). In rosso invece Banco popolare (-0,96%), Popolare Milano (-0,24%) e Ubi banca (-1,37%). Tra gli industriali, in evidenza Finmeccanica (+3,35%), Fiat (+3,05%), Pirelli & c. (+0,18%) e Ansaldo Sts (+0,53%). Tra le altre blue chip, in evidenza Autogrill (+5,45%). Sul fronte dei cambi, l'euro ha terminato la sua corsa in calo a 1,4182 dollari, dopo aver toccato un massimo da sei settimane di 1,4277 dollari. Euro-yen a 132,42 e dollaro-yen a 93,44. Infine il petrolio, con il Wti che a New York, a metà seduta, era valutato 65,80 dollari al barile e ha poi chiuso a 64,72; il Brent a Londra è stata invece quotato 67,19 dollari al barile.

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Il mio consulente? È quasi sempre passivo (sezione: crisi)

( da "Finanza e Mercati" del 22-07-2009)

Argomenti: Crisi

Il mio consulente? È quasi sempre «passivo» da Finanza&Mercati del 22-07-2009 MATTEO MEDIOLA La crisi finanziaria ha avuto un impatto molto rilevante sulle scelte di allocazione della ricchezza finanziaria delle famiglie italiane e ha riportato all'attenzione delle Autorità di vigilanza l'importanza dei servizi di consulenza finanziaria nell'orientare i comportamenti degli investitori non professionali, soprattutto nelle fasi di maggiore incertezza che caratterizzano l'andamento dei mercati. I servizi di consulenza possono contribuire a correggere alcuni errori tipici degli investitori retail (eccessiva concentrazione della ricchezza sui depositi, scarsa diversificazione del portafoglio per rischio di mercato e di emittente, trading eccessivo) generando un impatto positivo sull'integrità, sullo sviluppo e sull'efficienza del mercato dei capitali. «Le scelte di portafogli degli investitori retail e il ruolo dei servizi di consulenza finanziaria» è l'ultimo Quaderno Consob redatto da Monica Gentile e Giovanni Siciliano. L'analisi dimostra che, tuttavia, i servizi di consulenza sono relativamente poco diffusi fra le famiglie italiane: quasi i due terzi delle famiglie dichiara di avere un consulente finanziario ma è possibile stimare che solo il 20% circa delle famiglie riceva effettivamente servizi di consulenza. Gran parte delle famiglie, dunque, pur avendo un consulente finanziario di riferimento, non ha di fatto alcun rapporto significativo con tale soggetto (situazione definita come «consulenza passiva»). Inoltre, il 60% circa delle famiglie che ha un'esposizione al mercato finanziario - nel senso che possiede prodotti o strumenti finanziari rischiosi, quali azioni, obbligazioni, prodotti del risparmio gestito, polizze a contenuto finanziario e fondi pensione - non riceve servizi di consulenza. La maggioranza delle famiglie gestisce dunque l'esposizione al mercato finanziario senza alcun supporto di natura consulenziale da parte degli intermediari. È dunque importante analizzare i fattori che spiegano la domanda di servizi di consulenza da parte delle famiglie e l'impatto dell'offerta di tali servizi sulle scelte di portafoglio. Il lavoro mostra che la diffusione dei servizi di consulenza dipende non solo da alcune componenti che caratterizzano il profilo socio-economico delle famiglie, ma anche dalla percezione della presenza e dell'intensità di conflitti di interessi e dal giudizio sul livello qualitativo dei servizi. In particolare, a parità di altre condizioni, le famiglie con una maggiore ricchezza finanziaria (ultimo quartile della distribuzione) hanno una probabilità di ricevere servizi di consulenza di 20 punti percentuali più elevata rispetto alle altre famiglie, mentre la probabilità di ricevere servizi di consulenza si riduce di 10 punti percentuali per le famiglie più avverse al rischio. Le famiglie che ritengono che il consulente sia in conflitto di interessi, oppure hanno la percezione di una qualità dei servizi non elevata, hanno invece una forte probabilità di interrompere i legami con il consulente e di passare a una situazione di «consulenza passiva». Il Quaderno mostra poi che l'offerta di servizi di consulenza ha un impatto molto rilevante sulle scelte di portafoglio delle famiglie. A parità di altri fattori, le famiglie che ricevono servizi di consulenza hanno una probabilità di oltre 20 punti percentuali più elevata di detenere prodotti o strumenti finanziari rischiosi, probabilità che sale ulteriormente quando vi è la percezione di un forte legame fiduciario (assenza di conflitti di interessi) e di una elevata qualità del servizio. Questo effetto è dovuto quasi interamente a una maggiore probabilità di detenere prodotti del risparmio gestito e polizze a contenuto finanziario. Il lavoro mostra, infine, che, a parità di altri fattori, le famiglie che ricevono servizi di consulenza investono circa il 9% in più della loro ricchezza finanziaria in prodotti del risparmio gestito e in polizze a contenuto finanziario e circa il 4% più in azioni e obbligazioni. Complessivamente, le evidenze documentate nel Quaderno Consob indicano che le famiglie che ricevono servizi di consulenza hanno un portafoglio più diversificato e meno concentrato sui depositi e titoli di Stato e che la consulenza favorisce la diffusione del risparmio gestito.

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Cercasi socialdemocrazia in salsa liberale (sezione: crisi)

( da "Secolo XIX, Il" del 22-07-2009)

Argomenti: Crisi

Cercasi socialdemocrazia in salsa liberale Giorgio Pagano Le elezioni europee hanno espresso il primo grande voto dopo il crollo economico-finanziario d'autunno. La destra, al governo o all'opposizione, è uscita vincente, nonostante rappresentasse il neoliberismo, cioè l'ideologia della sregolatezza responsabile del marasma. La sinistra socialdemocratica, e in Italia il Pd, sono usciti invece sconfitti. Come è potuto accadere? Una prima risposta è che la destra neoliberista è diventata keynesiana e ha fatto dimenticare il suo passato facendo proprie le ricette della socialdemocrazia e lasciandola così a mani vuote. È una verità, anche se parziale: la destra non è diventata keynesiana, pretende solo che sia lo Stato a pagare i conti della crisi per poi ritirarsi dalla scena. È una destra pragmatica e spregiudicata, che non ha esitato a scoprire l'anti-mercatismo pur di traversare il torrente in piena, salvo tornare appena possibile allo status quo ante. La seconda risposta guarda all'incapacità della socialdemocrazia di proporsi come un'alternativa credibile. Il suo silenzio politico e culturale di fronte al crollo dell'autunno del 2008 è stato assordante. È quindi comprensibile che si possa parlare, come fa lo storico Giuseppe Berta, di «Eclisse della socialdemocrazia» (questo il titolo del suo saggio). L'analisi di Berta è condivisibile: la socialdemocrazia, in tutti questi anni, non è stata affatto antagonista del neoliberismo, ne ha solo praticato una versione debole. L'autore analizza in particolare New Labour e Spd e così conclude: «Nell'epoca della globalizzazione la socialdemocrazia al governo ha aderito quasi plasticamente ai caratteri del capitalismo contemporaneo, abbandonando la pretesa di trasformarli». La questione consiste nell'adattare la società al sistema economico, giudicato immodificabile. Non rimane altro da fare che puntare tutto sullo sviluppo della conoscenza, la sola via per vincere l'insicurezza e la precarietà dei lavoratori. Ma in realtà, nota Berta, «le distanze tra i gruppi avvantaggiati e svantaggiati della società non si sono affatto accorciate», anzi. Così come sono aumentate negli Stati Uniti durante la presidenza di Bill Clinton. Senza ricercare le condizioni dell'eguaglianza, ha riconosciuto lo stesso Anthony Giddens, il teorico della "terza via" blairista, una politica di sinistra non può reggere. C'è poi un'altra causa di fondo della crisi della socialdemocrazia, su cui Berta non si sofferma: alla globalizzazione essa non ha contrapposto quel rafforzamento del potere politico internazionale che avrebbe potuto nascere da una più forte integrazione europea. Lo ha detto bene Daniel Cohn-Bendit, il leader vittorioso dei Verdi francesi, cioè di un partito sovranazionale: «Una forza politica moderna deve avere oggi dimensioni europee. E la crisi della socialdemocrazia la si risolverà solo formulando, contro le alternative nazionali, alternative europee». Riguardo alle soluzioni, per Berta è utile ripercorrere la "Teoria generale" di John Maynard Keynes: «Con uno sguardo vergine, ci si accorge che la sua ereditàè tutt'altro che estinta o muta dinanzi alle trasformazioni contemporanee». L'ipotesi è«coniugare lo spirito di libertà con una rinnovata spinta a comprimere il ventaglio delle disuguaglianze sociali»: non si può«tornare indietro alla socialdemocrazia di un tempo», ma nemmeno «far cadere le istanze redistributrici e di giustizia sociale» e «trascurare ogni intervento di correzione al mondo globalizzato», come vuole quella cultura blairista secondo cui «È meglio che la politica si arrenda o addirittura si consegni all'economia e alla sua forza di cambiamento». Insomma, è l'ora di un nuovo «liberalismo sociale». Analisi e tesi in parte simili si ritrovano nel saggio dell'economista Salvatore Biasco "Per una sinistra pensante", che si sofferma sul Pd. Il nuovo partito, scrive, «tende a collocarsi in un versante liberale», come dimostra l'esordio di Walter Veltroni al Lingotto; e «vagamente liberale è quel poco che si può discernere dallo scarso alimento di idee in un'azione quotidiana poco lineare». Ma ciòè avvenuto «in controtendenza con una domanda diffusa che, ben prima della crisi finanziaria e economica, si rivolgeva verso lo Stato chiedendo protezione e governo», che la destra ha capito più lestamente della sinistra. Questa, negli ultimi vent'anni, «ha fatto un lungo cammino nell'assorbire i principi della nuova economia di mercato, il che non sarebbe stato negativo se le dosi non fossero state tali da snaturarne l'identità e offuscarne l'autonomia». È utile, sostiene Biasco, scorporare dalla cultura liberale il paradigma culturale individualistico e tornare alla visione solidaristica, comunitaria, cooperativa della società, che è stata tradizionalmente propria della sinistra: perché«la società rimane non riducibile agli individui che la costituiscono, soprattutto in un mondo che richiede uno Stato attivo e capace di scelte affidate a un criterio di bene pubblico, che trascende i singoli». La dottrina liberale va assunta «dentro una cultura politica che deve rimanere di tipo socialdemocratico più che viceversa». Quest'ultima «non può avere i cardini classisti tradizionali», ma non deve rinunciare alla «convinzione che la tenuta del tessuto sociale non può essere affidata al mercato, bensì alla capacità della politica di elaborare l'economia e la società». La proposta è quindi quella di una socialdemocrazia rinnovata, che distingue le molte soluzioni liberali condivisibili dalla cultura liberale come orizzonte di riferimento. Come ha scritto Massimo L. Salvadori, il 1989 ha segnato l'inizio del post-comunismo, mentre il tempo presente indica che siamo anche al post-socialismo otto-novecentesco. Ma «il mondo delle disuguaglianze è più che mai vivo, e perciò resta da sciogliere il nodo se un socialismo rinnovato sia in grado di restare un soggetto capace di condurre in prima persona la lotta ideale e pratica contro di esse oppure se invece il post-socialismo otto-novecentesco significhi post-socialismo senza aggettivi». L'importante, ora, è la riflessione di merito: quali regole (mondiali) per impedire un ritorno al turbocapitalismo, come ricostruire una rete di protezione sociale per i più deboli, come ristrutturare il welfare, quale rilancio del ruolo dei sindacati. Come debba chiamarsi tutto questo, se socialdemocrazia o no, si vedrà alla fine. Il congresso del Pd dovrebbe mettere al centro questi temi: non c'è egemonia politica senza egemonia culturale. Senza cultura politica e identità un partito resta in preda a un eclettismo di suggestioni e a un pragmatismo incerto, incapace di proporre un progetto coerente di cambiamento del Paese. Giorgio Pagano, già sindaco della Spezia, si occupa di cooperazione internazionale nell'Anci (Associazione nazionale comuni italiani) e di politiche urbane nella Recs (Rete città strategiche). 22/07/2009

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venezia, un'odissea in aeroporto - ettore livini (sezione: crisi)

( da "Repubblica, La" del 22-07-2009)

Argomenti: Crisi

Pagina 14 - Cronaca Venezia, un´odissea in aeroporto Myair in crisi: 172 passeggeri bloccati per 24 ore. L´Enac: rischia la licenza Lasciate a terra anche 69 persone dirette a Palermo. Bloccati tutti i voli da Bergamo ETTORE LIVINI MILANO - Odissea all´aeroporto di Venezia per i passeggeri della Myair, la low cost in forte crisi finanziaria che ieri si è vista congelare dall´Enac anche tutti i suoi collegamenti da Bergamo. Il martedì nero dell´aerolinea controllata dagli ex azionisti di Volare (le famiglie Soddu e Martinelli) e guidata dall´ex ministro dei trasporti Carlo Bernini è iniziato con la cancellazione di due voli dal Marco Polo, il Venezia-Casablanca e il Venezia-Palermo, con un totale di 240 persone lasciate a terra per ore. Nel pomeriggio poi l´Authority guidata da Vito Riggio, su richiesta dello scalo di Orio al Serio, ha bloccato tutti i voli in partenza dallo scalo bergamasco per un problema di mancati pagamenti. Non solo: l´Enac ha fissato per oggi pomeriggio un ultimatum al vettore veneto. E se non saranno rispettati gli impegni chiesti dall´ente di controllo dei cieli italiani, Myair rischia di vedersi ritirare la licenza provvisoria (valida fino al 31 ottobre 2009) con cui vola oggi, proprio alla vigilia della stagione estiva. L´odissea del Venezia-Casablanca è iniziata l´altro ieri alle 18: 172 cittadini marocchini, tra loro anche una quarantina di bambini e donne incinta, bloccati in aeroporto in attesa di un volo mai partito per tornare a casa. Per molti di loro questo viaggio era l´unica occasione di rivedere parenti e amici dopo mesi di lavoro in Italia. «Era la nostra vacanza, l´abbiamo pagata con il lavoro di tutto l´anno – raccontava il giovane calciatore Mohamed Zahoud – non abbiamo visto nessuno della compagnia, solo la polizia che non poteva fare niente». Hanno minacciato scioperi della fame, protestato – mentre le dipendenti dell´aeroporto cercavano almeno di fornire i pannolini – poi si sono dovuti arrendere. Quando hanno capito che non c´era speranza che il volo partisse, hanno tutti lasciato l´aeroporto. Nelle stesse ore, altre 69 persone vivevano nello stesso posto la stessa esperienza: Myair ha lasciato a terra anche un gruppo di italiani che ieri alle 11,40 doveva partire per Palermo. La compagnia, reduce da un periodo contrassegnato da diversi disservizi, ha spiegato ieri che le cancellazioni da Venezia sono state causate da avarie tecniche degli aerei. In serata però ha ammesso che i diversi problemi operativi delle ultime settimane «dipendono da alcune difficoltà finanziarie che la compagnia sta superando». Il consiglio d´amministrazione avrebbe già messo in cantiere un aumento di capitale, ma i tempi sarebbero incompatibili con l´ultimatum dell´Enac. A giugno il saldo negativo del passeggeri ha segnato un pesante -7,1%: se non si arriverà a una soluzione in tempi brevi la compagnia veneta rischia di essere la prima vittima italiana della crisi del trasporto aereo.

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IL BILANCIO ANNUALE 2009 DELL'AUTORITÀ PER LE GARANZIE NELLE COMUNICAZIONI RELAZIONE SULL'ATTIVITÀ SVOLTA E SUI PROGRAMMI DI LAVORO (sezione: crisi)

( da "marketpress.info" del 22-07-2009)

Argomenti: Crisi

Mercoledì 22 Luglio 2009 IL BILANCIO ANNUALE 2009 DELL´AUTORITÀ PER LE GARANZIE NELLE COMUNICAZIONI RELAZIONE SULL´ATTIVITÀ SVOLTA E SUI PROGRAMMI DI LAVORO Roma, 22 luglio 2009 - Il Presidente dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (Agcom), Corrado Calabrò, ha presentato, il 7 luglio scorso, presso la Sala della Lupa di Montecitorio la “Relazione annuale 2009 sull’attività svolta e sui programmi di lavoro”. La relazione contiene, fra l´altro, dati e rendiconti relativi allo sviluppo tecnologico, alle risorse, ai redditi e ai capitali, alla diffusione potenziale ed effettiva, agli ascolti e alle letture rilevate, alla pluralità delle opinioni presenti nel sistema informativo, alle partecipazioni incrociate tra radio, televisione, stampa quotidiana, stampa periodica e altri mezzi di comunicazione. Tra i temi affrontati: Il quadro internazionale - Il mercato mondiale dei servizi di telecomunicazioni manifesta un significativo dinamismo. Nel 2008, nonostante gli effetti recessivi della crisi finanziaria, la dinamica del comparto registra discreti livelli di crescita, generando significativi benefici per gli utenti. In particolare, con un incremento del 4,2%, rispetto al 6% mantenuto per tutto il precedente triennio, il mercato mondiale delle telecomunicazioni vale 997 miliardi di euro. A tale evoluzione positiva concorrono ancora una volta i servizi di telefonia mobile (+8%), grazie alla componente dati, ma, nel corso dell’ultimo anno, i servizi Internet e dati da rete fissa eguagliano questa performance (oltre l’8% di tasso di crescita annuale); nei servizi tradizionali, invece, la rete fissa mostra ancora una contrazione dei ricavi più accentuata che in passato (-5%). L’evoluzione del settore audiovisivo è sempre più caratterizzata da due elementi che ne stanno determinando, da alcuni anni, la dinamica competitiva: l’affermazione di una pluralità di piattaforme trasmissive, spesso in concorrenza tra loro, e la predisposizione di diverse tipologie e modalità nell’offerta di contenuti al pubblico. Ad oggi, nel mondo, l’etere mantiene la sua natura di piattaforma predominante nella distribuzione di servizi radiotelevisivi: circa 1,1 miliardi di famiglie (il 43% delle famiglie dotate di apparecchio Tv) sono raggiunte tramite la diffusione terrestre, mentre il cavo (38%) e il satellite (17%) seguono con una penetrazione significativa e crescente. Le trasmissioni tramite protocollo Ip rappresentano, invece, ancora una quota marginale (2%). In questo quadro, la digitalizzazione delle reti sta trasformando il settore, spingendo all’affermazione di nuove reti, operatori, contenuti e servizi. Nel mondo, un terzo delle famiglie dotate di apparecchi televisivi fruisce già di servizi televisivi digitali indipendentemente dalle piattaforme trasmissive adottate, ossia satellite, digitale terrestre, cavo e Dsl. Gli Stati Uniti, il Giappone e l’Europa coprono complessivamente più di due terzi di questo mercato. In questo quadro, la digitalizzazione delle reti sta trasformando il settore, spingendo all’affermazione di nuove reti, operatori, contenuti e servizi. Nel mondo, un terzo delle famiglie dotate di apparecchi televisivi fruisce già di servizi televisivi digitali indipendentemente dalle piattaforme trasmissive adottate, ossia satellite, digitale terrestre, cavo e Dsl. Gli Stati Uniti, il Giappone e l’Europa coprono complessivamente più di due terzi di questo mercato. La Tv digitale si diffonde con un tasso di crescita che, nel 2008, ha toccato il 25%19, sebbene con modalità differenti tra le varie aree geografiche. In Italia – Il settore televisivo vive un momento di radicali cambiamenti. Il passaggio al digitale è in corso e sostanzialmente funziona. Con decreto del Ministero dello sviluppo economico del 10 settembre 2008, n. 33827 è stato definito il calendario per lo switch off della Tv analogica in favore di quella digitale. Il termine finale per il passaggio è previsto per il 31 dicembre 2012. Il settore radiofonico si conferma un mezzo che gode di grande appeal presso i cittadini (con un tasso di penetrazione del 73% della popolazione superiore agli 11 anni) ed è caratterizzato da un assetto assai concorrenziale ed altamente innovativo, in grado di sfruttare al meglio le potenzialità offerte dallo sviluppo multimediale convergente. La nuova disponibilità di risorse frequenziali consente il concreto sviluppo della radio digitale. L’editoria risente, più degli altri mezzi, del contesto di crisi finanziaria che ha interessato il mercato della pubblicità. I ricavi complessivi delle imprese mostrano una sensibile contrazione che investe sia l’editoria quotidiana che quella periodica: una contrazione imputabile alla riduzione della spesa pubblicitaria e ai cali delle vendite di giornali e prodotti collaterali. L´autorità per le garanzie nelle comunicazioni sta monitorando con particolare attenzione la destinazione alla stampa del 60% delle spese per attività di comunicazione istituzionale da parte delle Amministrazioni pubbliche, a cominciare dai Ministeri, per invertire una tendenza che desta preoccupazione. L’andamento dell’editoria elettronica, che tuttavia rappresenta appena il 3,9% delle entrate complessive, evidenzia invece una crescita del 20%. Tale valore sembra testimoniare l’importanza degli investimenti finalizzati ad accelerare, in tutte le aree di business del settore in esame, la crescita dei ricavi derivanti dall’uso dell’informazione in formato elettronico, in modalità sia on net che off net. . <<BACK

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Il turismo tra guide e listini (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 22-07-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: COMMENTI E INCHIESTE data: 2009-07-22 - pag: 12 autore: Il turismo tra guide e listini Il secondo quotidiano del Giappone,l'Asahi Shimbun, 5 milioni di copie vendute al giorno, ha fatto il proprio dovere informando i lettori in merito alle trappole per turisti che si possono trovare a Roma: il conto da 700 euro che è stato portato a due giapponesi ha provocato indignazione. Così il flusso turistico dal Giappone si è arrestato. Per colpa di un ristoratore privo di scrupoli ci va di mezzo un settore composto da operatori turistici seri che lavorano correttamentee senza cercare il guadagno facile. Ora servono punizioni esemplari. Il comune di Roma deve esigere un risarcimento per il danno da immagine provocato. Masahiro Tochibuki Kobe La Spagna da decenni dà moltissima importanza al turismo e ha uno "strumento" che si chiama Libro de reclamaziones. Ogni albergo, ristorante e taxi è fornito di questo libro con pagine numerate e timbrate dal ministero; i libri sono controllati da personale ministeriale per vedere se ci sono lamentele da parte della clientela. Possono arrivare sanzioni molto importanti. Il caso dei turisti giapponesi di Roma poteva essere risolto subito con una richiesta del libro (se ci fosse). Lettera firmata e-mail N on ho letto il testo originale dell'articolo sull'Asahi Shimbun, ma mi resta qualche dubbio sul fatto che episodi circoscritti, che esprimono certamente un atteggiamento demenziale e autolesionistico, possano essere presentati come la norma. Resta il fatto che poche mele marce rischiano di corrodere l'immagine del paese sugli operatori e sui turisti stranieri, che andrebbero motivati a scoprire l'Italia: magari, non solo Roma e le grandi città d'arte, ma l'intero, strabiliante patrimonio diffuso in tutto il paese; magari, non solo i ristoranti più noti ai turisti, ma le migliaia di locali onesti che tramandano e aggiornano il gusto del mangiar bene all'italiana. " Turismo", ormai, significa poco: chi viaggia lo fa per scopi e interessi diversissimi. Ma per quante tipologie di turisti ci siano,non c'è interesse o passione che l'Italia non possa soddisfare. Bisogna farlo sapere. E garantire standard medi di qualità e prezzo che rendano l'Italia di nuovo attraente presso chi, al momento di decidere, esamina prima delle guide d'arte ( che ci rendono imbattibili) i listini prezzi ( nei quali siamo meno concorrenziali). • Gioco di stato Quando c'è di mezzo il gioco d'azzardo tutto è lecito anche l'illecito.L'emendamento salva slot (98 miliardi di euro di contestazioni da parte del Fisco) ne è la prova lampante, e come se non bastasse 1 slot su 4 è manomessa, e1 su 10 risulta sconosciuta al Fisco. Dal 2004 al 2008 la percentuale di soldi giocati è aumentata del 508 per cento. Inquietante! Siamo un paese sfiancato da una grave crisi finanziaria,ma il gioco d'azzardo sembra non risentirne. Giuseppe Diotto Torino Polizie e sicurezza Girando per l'Italia si incontrano autovetture con le seguenti scritte: «Polizia municipale», «Polizia comunale», «Polizia locale», «Polizia provinciale», «Polizia di stato», «Polizia penitenziaria», «Guardia di finanza», «Carabinieri», «Polizia forestale», statale e regionali.Poi l'Esercito italiano e le Guardie giurate private. Ora si aggiungono anche le “ronde”.Oltre alla confusione,chi può negare che, almeno lessicalmente, non siamo in uno stato di polizia? Claudio Carlisi Udine Bers e Bei A pagina 7 di ieri un titolo annunciava «La Moratti chiama la Bers» (Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo): in realtà si tratta della Bei, Banca europea per gli investimenti. Ce ne scusiamo con gli interessati e i lettori.

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EuroMed per arginare la Cina (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 22-07-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: ECONOMIA E IMPRESE data: 2009-07-22 - pag: 20 autore: Il forum di Milano. Il ministro Frattini auspica un parternariato del Mediterraneo per frenare Pechino EuroMed per arginare la Cina La Lombardia promuove università e fiera per i paesi del Magreb Vittorio Da Rold MILANO «Un Europa più integrata con l'area della sponda sud del Mediterraneo è la risposta alla crescente invadenza della Cina nella regione». è un Franco Frattini a tutto tondo quello che chiamato a concludere i lavori della due giorni del Forum Economico e Finanziario per il Mediterraneo, trae le fila della due giorni di lavori e approfitta per delineare le linee strategiche della nostra diplomazia nell'area. Il ministro degli Esteri, riprende il concetto caro a Bruno Ermolli, presidente di Promos e padrone di casa, secondo cui «la competizione globale non è più fra Paesi ma tra aree e l'area del Mediterraneo è una di queste», per chiarire che un Europa più integrata con i paesi del sud del Mediterraneo potrà meglio rispondere alle sfide che Cina, India e da ultimo il Brasile stanno portando in Africa. Il responsabile della Farnesina non nasconde le difficoltà presenti alla vasta platea di uomini d'affari ( c'è Naguib Sawiris,presidente di Orascom Telecom Egitto; Fouad Makhzoumi della Future Pipes Industries degli Emirati Arabi Uniti e Pier Francesco Guarguaglini presidente e Ceo di Finmeccanica) e politici provenienti da 35 paesi dell'area: «La crisi di Gaza ha provocato la paralisi dell'Unione per il Mediterraneo e non c'è ancora accordo sulle co-presidenze in sede Ue», ma la vera sfida «è evitare la trappola del protezionismo e costruire un sistema di regole condiviso tra le due sponde del Mediterraneo». «Il nostro prossimo obiettivo è quello di ripartire – ha aggiunto il ministro – cercando in ogni caso di evitare tendenze protezionistiche, attraverso un vero parternariato in cui i protagonisti si riconoscano reciprocamente e creino un sistema di regole comuni e rispettate. Questo è l'unico modo per avere un mercato Euromed ». Chiaro il riferimento alla ripresa dei negoziati e alla sua conclusione del Doha Round entro il 2010 deciso al vertice del G-8 all'Aquila. Frattini non ha escluso i "macigni" politici sul tracciato di integrazione economica: «è necessario avere due Stati e due popoli (Israele e Palestina) perché i giovani devono potersi impegnare per il loro futuro e per la crescita economica del loro paese, senza dovere pensare da una parte ai missili e dall'altra ad un muro». «è necessario risolvere il problema di Cipro ( di cui ricorre il 35esimo anniversario dell'invasione turca) e ribadire che la Turchia ha un futuro europeo». «Con la nuova amministrazione americana – ha concluso Frattini– ci troviamo in una situazione in cui Ue e Usa parlano con una voce sola, bisogna cogliere questo momento magico». Parole di speranza riprese da Roberto Formigoni, presidente della Regione Lombardia, che ha lanciato due proposte:un'universitÁ euro- mediterranea con scambio di studenti, docenti e ricercatori e una Fiera euro-mediterranea che coinvolga la principali manifestazioni espositive dei paesieuropei e nordafrica da tenersi l'anno prossimo nello stesso periodo del Forum. La macchina si è messa in movimento. © RIPRODUZIONE RISERVATA Esteri. Il ministro Franco Frattini INFOPHOTO

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I fondi nella trincea dei bond (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 22-07-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: FINANZA E MERCATI data: 2009-07-22 - pag: 39 autore: Indagine Mediobanca. I gestori italiani cercano nelle obbligazioni il riparo dalla tempesta finanziaria I fondi nella trincea dei bond Ma il 2008 è record per perdite (-8,4%) e riscatti netti (65 miliardi) Antonella Olivieri Quando si è toccato il fondo non si può che risalire. Nell'annus horribilis dei mercati finanziari, che si è tradotto in lacrime e sangue per i fondi comuni di tutto il mondo, gli italiani hanno sofferto meno degli altri. In termini relativi, si intende, perché in valore assoluto le cifre sono comunque da profondo rosso. Nel 2008,secondo l'indagine curata dall'ufficio studi di Mediobanca, i gestori hanno sacrificato sull'altare della crisi 1.200 miliardi di euro in Europa e ben 3mila miliardi di dollari negli Usa. I fondi italiani se la sono cavata con perdite per 24 miliardi, che rappresentano il 7,6% del patrimonio di inizio anno, molto meno rispetto al 20% dei fondi europei e al 25% dei fondi Usa. L'arrocco sul reddito fisso La spiegazione è nella composizione del portafoglio, conservativa perché sbilanciata verso le obbligazioni quella dei fondi italiani, più esposta sul mercato azionario quella degli altri. Nel mondo solo i fondi brasiliani, col 10% del patrimonio investito in Borsa, hanno meno azioni dei fondi italiani, che hanno un'esposizione inferiore al 12%. La media dei fondi europei è del 29%, quella dei fondi Usa raggiunge il 40%. I fondi della Penisola hanno reagito alla tempesta arroccandosi sui lidi, relativamente più tranquilli, del reddito fisso. Nel 2008 hanno infatti liquidato azioni per 7 miliardi (in termini di vendite nette), anche a costo di realizzare minusvalenze per 9 miliardi: del resto, a fine anno, hanno dovuto svalutare il residuo portafoglio azionario per altri 10,2 miliardi. La fetta di patrimonio investita in Borsa si è così quasi dimezzata, dal 22,7% del 2007 all'11,8% del 2008. E parallelamente la quota investita in bond è salita nel complesso al 63,6%, e addirittura al 75,2% (+6,2 punti in più) per i soli fondi comuni aperti. Performance negative Prudenza d'obbligo,ma il risultato della gestione è stato comunque il peggiore nella storia dei fondi italiani: -8,4% il rendimento netto dell'anno. Certo, è andata peggio ai fondi azionari, che hanno ceduto il 38,5%: una perdita che si colloca a metà tra la performance negativa delle Borse mondiali che, misurata dall'indice Morgan Stanley, è stata del 37,3%, e quella di Piazza Affari che,secondo l'indice Mediobanca total return, è stata del 41%. Perdite a due cifre anche per i fondi speculativi (-19,3%), i fondi di fondi non collegati (-16,3%), i fondi pensione aperti (-14%) e i fondi bilanciati (-12,1%). Riscatti a valanga In termini relativi, dunque, i fondi italiani si sono difesi. Ma ciò nonè bastato ad arginare i riscatti che, al netto delle sottoscrizioni, sono balzati al record di 65 miliardi. Tra perdite e riscatti lo scorso anno il patrimonio è dimagrito di 90 miliardi. Dal '99, anno top con 444 miliardi, il patrimonio si è quasi dimezzato a 225 miliardi. I soli fondi azionari nello stesso periodo si sono prosciugati dell' 85%. Ma nel solo 2008 i fondi speculativi hanno visto scendere il proprio patrimonio del 46,5%, sia per i riscatti che per le perdite. Anche i fondi di fondi si sono ristretti: -47,6% il patrimonio, vale a dire -14,9 miliardi, di cui 12 rappresentati dai riscatti. è davanti ai lussemburghesi però che si è spalancato il baratro: 500 miliardi di cui 420 miliardi per perdite nette che sono pari al 20,5% delle masse gestite di inizio 2008 ( 40% se si considerano solo i fondi azionari) e che vanificano tutti i guadagni dell'ultimo decennio. L'eccezione fondi pensione Unica eccezione i fondi pensione che hanno aumentato le masse gestite del 18%, con 4,4 miliardi di raccolta netta, in parte vanificata da perdite per 1,5 miliardi. Fiducia meritata? Il calcolo del rendimento direbbe di no. Cento euro messi sul piatto nel 2000 sarebbero diventati nel 2008 88,3 per i fondi pensione aperti e 113,7 per i fondi negoziali, ma lasciati nel Tfr, al netto di imposte, sarebbero aumentati a 124,4. Il caso britannico Particolare, nel marasma genera-le, il caso dei fondi Uk, che per la prima volta in mezzo secolo hanno chiuso con la raccolta in rosso. Ma i riscatti record, 6 miliardi di sterline, sono arrivati dagli investitori istituzionali, perché sul retail la raccolta netta è stata ancora positiva per 3,9 miliardi. In questo caso il bilancio a cinque anni dimostra che i fondi britannici sono stati gli unici a creare valore con un rendimento cumulato dal 2004 al 2008 del 30%, che si confronta con il + 19% dei titoli di Stato europei. Sotto la linea del Piave ci sono invece francesi, lussemburghesi e statunitensi che nel quinquennio hanno reso il 10%, i tedeschi con l'8% e gli italiani col 7%. E questo nonostante i fondi Uk siano esposti per ben il 62% agli umori delle Borse, che lo scorso anno hanno ceduto ( in termini di ritorno totale) il 30,6% Londra, dal 41% al 43% le piazze continentali, il 38% Wall Street. © RIPRODUZIONE RISERVATA I RENDIMENTI A MEDIO Nell'arco di cinque anni solo i prodotti britannici battono i titoli di Stato con un +30% In coda i fondi tricolore con una performance del 7%

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Bernanke cauto sulla ripresa (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 22-07-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: IN PRIMO PIANO data: 2009-07-22 - pag: 7 autore: Bernanke cauto sulla ripresa «L'exit strategy è già pronta, ma è presto per usarla - Tassi bassi a lungo» Marco Valsania NEW YORK Ben Bernanke è convinto che la Federal Reserve sia sulla strada giusta per vincere la crociata contro la crisi. Quella per riportare, con tassi di interesse che rimarranno vicini allo zero, l'economia alla crescita senza rilanciare l'inflazione. Per restituire stabilità al sistema finanziario, grazie a interventi di risanamento delle banche e a proposte della Casa Bianca di affidare alla stessa Fed un nuovo ruolo di grande poliziotto del rischio. All'appuntamento con la testimonianza semestrale al Congresso sullo stato dell'economia e della politica monetaria, il governatore ieri ha risposto alle critiche rivolte alla Banca centrale, difendendo la sua autonomia da ipotesi di rendere più severi i controlli parlamentari. «La percezione di una perdita di indipendenza in politica monetaria potrebbe sollevare paure inflazionistiche - ha detto - portando a tassi d'interesse più alti e riducendo la stabilità economica e finanziaria». «La Fed, in collaborazione con le grandi banche, ha creato la più grave crisi finanziaria che il mondo abbia mai visto», lo ha però incalzato l'ex candidato repubblicano alle presidenziali Ron Paul, l'autore di un popolare progetto di legge che affiderebbe al Gao, l'ufficio investigativo del Congresso, il compito di passare al setaccio le operazioni delle Fed. Bernanke ha risposto chiedendo per la Fed più poteri di quanti ipotizzati dall'amministrazione di Barack Obama. Ha definito un prossimo incarico di verifica dei rischi sistemici come un «modesto riorientamento » e ha chiesto che alla Fed non vengano sottratti compiti di protezione dei consumatori. Obama ha invece suggerito la nascita di un nuovo organismo di difesa dei consumatori nell'ambito di una vasta riforma della regolamentazione sui mercati. Per il governatore della Fed l'economia si sta stabilizzando, ma fallimenti immobiliari e disoccupazione sono destinati ad aumentare ancora, raggiungendo un picco nei prossimi mesi e mettendo a rischio la ripresa. Per questo serve cautela e la Banca centrale manterrà il costo del denaro a livelli «eccezionalmente bassi» finché servirà, perché «davanti alla debolezza dell'economia e alle limitate pressioni inflazionistiche, la politica monetaria rimane impegnata a stimolare la ripresa ». Il governatore ha assicurato che saprà quando cambiare rotta: «Le straordinarie misure prese in riposta alla crisi finanziaria e alla recessione possono essere ritirate senza scosse e con tempismo, evitando future spinte inflazionistiche ». Oltre a manovre dirette sui tassi, Bernanke ha citato molteplici strumenti a disposizione per una graduale exit strategy dalle politiche d'emergenza: dagli interessi pagati sui fondi che le banche depositano presso la Fed alla compravendita di asset e titoli per assorbire eccessiva liquidità sul mercato. Ma per tutto questoè ancora presto. La polemica sugli interventi di salvataggio dell'alta finanza ha trovato ieri nuovo vigore: i deputati hanno accusato il governo di aver gestito i piani alla stregua del truffatore Bernie Madoff, senza trasparenza. Neil Barofsky,l'ispettore generale del Tarp, il fondo di soccorso bancario, ha calcolato che il costo totale del sostegno pubblico all'alta finanza potrebbe superare i 23mila miliardi, cifra che il Tesoro ha definito «esagerata». © RIPRODUZIONE RISERVATA LA PROMESSA «A tempo debito, gli interventi eccezionali per sostenere il sistema produttivo e finanziario saranno ritirati evitando tensioni sui prezzi»

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I cavalieri dimezzati della finanza (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 22-07-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: COMMENTI E INCHIESTE data: 2009-07-22 - pag: 12 autore: MERCATI E MERCANTI ... I cavalieri dimezzati della finanza di Alessandro Merli a notizia che le riserve ufficiali della Cina hanno superato i 2mila miliardi di dollari è l'ennesima L indicazione di un progressivo spostamento del baricentro della finanza mondiale verso est. Le banche centrali asiatiche, assieme ai fondi sovrani dello stesso continente, e i paesi produttori di petrolio sono due dei power brokers , le nuove potenze della finanza mondiale identificate due anni fa dal McKinsey Global Institute. Gli altri due sono hedge fund e società di private equity. Alla vigilia dello scoppio della grande crisi, il quartetto deteneva attività per 8.400 miliardi di dollari, più del triplo che nel 2000. Nell'euforia dell'epoca, McKinsey riteneva che potesse raggiungere entro il 2012 quota 15.200 miliardi, o addi-rittura, nella migliore delle ipotesi, 20.700. La devastazione dei mercati finanziari da parte della crisi ha travolto anche queste previsioni. In un nuovo rapporto, appena pubblicato, McKinsey osserva ora che, mentre a fine 2007 i quattro cavalieri della nuova finanza avevano asset per 12.700 miliardi, questa cifra, invece di aumentare, si era ridotta a 12.100 a fine 2008, con le perdite più pesanti accusate dagli hedge fund. Anche le proiezioni, ora al 2013, sono state drasticamente ridimensionate, almeno per quanto riguarda hedge fund e private equity, che, secondo il più recente studio McKinsey, si ritroveranno fra quattro anni più o meno con le dimensioni attuali. In questo caso forse,l'estrapolazione pecca di pessimismo, come quella di due anni fa grondava ottimismo e risente dei recenti rovesci di queste due categorie: la ripresa, almeno degli hedge fund, da inizio anno mostra che il trend potrebbe cambiare di nuovo. Certo è che fondi hedge e private equity devono ora fare i conti con la fine del denaro facile e limitare l'uso della leva finanziaria: il loro impatto sui mercati sarà quindi minore che in passato. Diverso il discorso per capitali asiatici (banche centrali e fondi sovrani) e petrodollari: McKinsey ritiene che i primi balzeranno a 7.500 miliardi di dollari nel 2013 e i secondi a 8.900 miliardi. Anche qui però le incognite sono molte. Ad alimentare le casse dell'Asia sono stati colossali surplus commerciali, a rischio con il crollo degli scambi internazionali, mentre anche la volontà di abbandonare progressivamente il dollaro come moneta di riserva potrebbe pesare sulle finanze cinesi e asiatiche in genere. Mentre il prezzo del petrolio resta difficilmente prevedibile a così lunga scadenza e dipendente soprattutto dal vigore di una ripresa mondiale quanto mai incerta. Fra un paio d'anni, insomma, i quattro power brokers di McKinsey potrebbero un'altra volta presentare un quadro assai diverso da quello che dipingono le tendenze di oggi. Intanto, a chi di volta in volta elegge i fondi sovrani o gli hedge fund o le "locuste" del private equity come la bestia nera di turno, è bene ricordare che il peso complessivo dei quattro power brokers sui mercati è un quinto degli investitori istituzionali tradizionali. © RIPRODUZIONE RISERVATA www.ilsole24ore.com/economia Online «Mercati e mercanti» di Alessandro Merli Marco Onado © RIPRODUZIONE RISERVATA

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Cina e Medio Oriente non rinunciano al lusso (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il" del 22-07-2009)

Argomenti: Crisi

Il Sole-24 Ore sezione: STILE E TENDENZE data: 2009-07-22 - pag: 22 autore: Consumi Cina e Medio Oriente non rinunciano al lusso Altagamma: in giugno cresce anche l'America Latina Giulia Crivelli «S iamo tutti, nessuno escluso, nel mezzo di un uragano. Ma non dobbiamo farci schiacciare dal pessimismo, perché nel secondo semestre dell'anno dovremmo vedere i primi segnali di ripresa. O, perlomeno, di un calo meno pesante». Le parole di Armando Branchini, segretario generale della Fondazione Altagamma, vogliono essere più di una dichiarazione d'intenti: «Ho passato gli ultimi mesi a studiare le più importanti crisi economiche degli ultimi 40 anni. All'uscita di ogni tunnel, il settore del lusso è sempre il primo a ripartire e torna a crescere a ritmi superiori a quelli dell'anno precedente la crisi. Quando arriverà, l'accelerazione riguarderà tutte le aziende che, nel mondo, operano nell'alto di gamma e per il nostro Paese potrà essere un importante volano: l'Italia copre il 30%del mercato globale del lusso». Lungi da Branchini, però, pensare che, archiviata la crisi, tutto tornerà come prima: «I consumatori saranno più consapevoli: all'attenzione per la qualità aggiungeranno quella per la sostenibilità sociale e ambientale di ogni prodotto, anche e forse soprattutto se di lusso. Le aziende invece saranno rafforzate perché questi mesi difficili hanno spinto tutti a riflettere e a migliorare ogni processo aziendale. Ma ricordiamo una cosa: la stragrande maggioranza delle aziende italiane dell'alto di gamma, al 30 giugno 2008, prima che la tempesta finanziaria si abbattesse sui mercati mondiali, aveva bilanci in ordine e strategie impeccabili. Per resistere bastano piccoli aggiustamenti, nessuno deve stravolgere il proprio modello di business». «Si conferma il fatto che le aziende che negli ultimi anni hanno seguito un modello di espansione sano, mantenendo i conti a posto e crescendo con realismo e su solide basi finanziarie – aggiunge Leonardo Ferragamo, presidente della Fondazione Altagamma – sono quelle che si sono ritrovate con gli strumenti più adatti ad affrontare questa difficile fase». I dati più recenti sull'andamento dei consumi di lusso emergono dall'ultima indagine congiunturale della Fondazione Altagamma, che confronta il periodo maggio- giungo 2009 con lo stesso bimestre del 2008: i settori dei beni di lusso (moda, design, gioielleria e alimentare) hanno avuto un calo che si colloca tra "leggero" e "significativo", come somma di un maggio piuttosto negativo e un giugno in miglioramento. Per quanto riguarda i mercati, l'Italia ha registrato un calo rispetto al 2008 e l'Europa occidentale ha reagito allo stesso modo. I mercati della Grande Cina (Repubblica popolare cinese, Hong Kong, Macao, Taiwan) sono invece tuttora in crescita, mentre il Giappone ha mostrato nel bimestre un ulteriore frenata rispetto a un 2008 che era stato già calante (per il quarto anno consecutivo) rispetto all'anno precedente. «Anche il Medio Oriente registra una leggera crescita – sottolinea Branchini – mentre gli Stati Uniti, culla e causa della crisi finanziaria ed economica mondiale, continuano a rivelarsi in calo significativo rispetto agli stessi mesi del 2008. I mercati dell'America Latina, invece, in particolare Messico, Brasile e Argentina, sono in leggera crescita». P e r l'inter o 2009, Branchini con ferma le previsioni fatte da Altagamma nel marzo scorso:l'ebitda delle aziende del lusso calerà del 20%. A soffrire di più saranno i consumi di orologi e gioielli (-12,3%) e l'abbigliamento (- 8,7%). Conterranno le perdite borse e scarpe (- 6,2%) e profumi e cosmetici (-4,8%). Il calo complessivo delle vendite potrebbe essere a una cifra sola. Che si riduce ulteriormente a «qualche punto percentuale» per l'alimentare, come sottolinea Andrea Illy, vicepresidente della Fondazione: «La diminuzione dei consumi alimentari d'alta gamma riguarda per lo più prodotti da regalo o ostentativi, ma la propensione per la qualità, il prestigio e la reputazione resta invariata». © RIPRODUZIONE RISERVATA A Parigi. Un momento della sfilata di alta moda della maison Dior, che si è tenuta nella capitale francese all'inizio di luglio, attirando buyer da tutto il mondo

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Autogestione contro la crisi (sezione: crisi)

( da "Sole 24 Ore, Il (Sud)" del 22-07-2009)

Argomenti: Crisi

Sud sezione: SICILIA data: 2009-07-22 - pag: 10 autore: STORIE D'IMPRESA Elmec, Saem e Sat Nel catanese da operai a proprietari Autogestione contro la crisi PALERMO Laura Galesi Una volta erano sindacalisti e operai specializzati, oggi sono presidenti e membri del Cda delle aziende per le quali lavoravano. La provincia più ingegnosa è quella etnea, dove la Saem di Catania, la Elmec Power (Piano Tavola) e la nuova Sat rappresentano un modo diverso per uscire dalla crisi. Tre aziende simbolo considerato che non è semplice riuscire ad avere un quadro completo di tutte le iniziative di questo genere avviate in Sicilia. «è molto complicato – dice Maurizio Bernava segretario regionale Cisl Sicilia, il sindacato che in passato ha fatto della partecipazione diretta dei lavoratori un punto programmatico importante – riuscire a fare un quadro delle aziende autogestite dai lavoratori, ma è un fenomeno in aumento ». A fare scuola è stata la Saem una società cooperativa nata nel 1994 dalla crisi finanziaria del gruppo Rendo, specializzata nel settore delle riparazioni di mezzi d'opera e commerciali. «Bisognava scegliere- dice il presidente Alfio Materia, ex sindacalista se perdere il lavoro o inventarlo. In 12 abbiamo fondato una cooperativa, mantenendo lo stesso nome per essere più riconoscibili nel mercato, oggi abbiamo 45 dipendenti a tempo indeterminato e fatturiamo circa un milione. Abbiamo investito tutti i soldi della mobilità e formato giovani che, oggi, fanno parte della società come lavoratori e membri della cooperativa». La storia della Elmec Power è invece legata al tracollo finanziario del suo ex presidente, Giovanni Maglia e dei suoi soci. Nel 2006 Cgil, Cisl e Uil hanno consegnato un dossier ai carabinieri di Paternò per fare luce sulle operazioni finanziarie di un'azienda che «cambiava periodicamente nome e si ricollegava allo stesso proprietario ». «Abbiamo denunciato- afferma Tuccio Cutugno segretario Fiom Cgil Catania- che l'alienazione dell'immobile serviva a nascondere i passaggi e i ten-tativi di truffare lo Stato. Crediamo che l'autogestione oggi rappresenti un modo per superare la crisi dell'industria che sta riportando la Sicilia indietro di vent'anni. L'autogestione è una risorsa e una soluzione ed ecco perché abbiamo aiutato i lavoratori a mettersi insieme». La Elmec Power, che in passato produceva quadri elettrici per la media tensione, è nata dopo due anni di presidio degli ex dipendenti per salvaguardare macchinari nuovi e all'avanguardia. Una costituzione che ha trovato l'appoggio di uno dei vecchi soci estromesso Gaetano Anastasi. I circa 60 lavoratori sono riusciti ad acquisire la società dal curatore fallimentare per circa 600mila euro, rilevando macchinari e semilavorati che sono stati sottostimati per il fine sociale che consentiva a mantenere i posti di lavoro. Attualmente la produzione non è ancora partita, si aspettano finanziamenti regionali che stentano ad arrivare. L'ultima nata è la Sat Energia, dove l'acronimo è stato convertito da "Siciliana Automazione e Tranciatura" a "Siciliana Alta Tecnologia e Energia". «Abbiamo mantenuto l'acronimo e cambiato il significato – racconta Valeria Di Martino, neopresidente della società cooperativa ed ex dipendente responsabile per l'assicurazione, controllo e certificazione diqualità – da un lato per continuare con la produzione di frames (strisce metalliche di rame con tranciature meccaniche di grande precisione)e la progettazione e produzione di stampe. La novità è quella di investire nell'energia alternativa ». La sorte della Sat è stata legata a quella della StMicroelectronics che ha prima chiuso lo stabilimento in Marocco dove Sat era il primo fornitore e trasferito gli impianti in Cina e ha poi ridotto le commesse anche a Catania. Dei 165 licenziati in 100 hanno co-stituito la cooperativa con un capitale simbolico individuale di 75 euro. © RIPRODUZIONE RISERVATA Dipendente e azionista. Valeria Di Martino, neo-presidente Sat

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Tokio, il premier si scusa e scioglie il parlamento (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 22-07-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Esteri data: 22/07/2009 - pag: 16 Giappone Indietro nei sondaggi, il suo partito, l'Ldp, potrebbe perdere il potere dopo 53 anni di «regno» Tokio, il premier si scusa e scioglie il parlamento Al voto il 30 agosto, i democratici all'opposizione favoriti sui liberali al governo DAL NOSTRO INVIATO SHANGHAI Un mea culpa e l'incitamento alla battaglia. Il samurai (cattolico) della politica giapponese è malconcio ma non sconfitto. «Le mie mancanze hanno eroso la fiducia del pubblico e io mi sento responsabile per questo», ha detto ieri il premier Taro Aso, 68 anni, annunciando di aver dissolto la Camera Bassa della Dieta e programmato le elezioni per il 30 agosto. Tuttavia, il messaggio ai capicorrente del partito Liberaldemocratico, al potere dal 1955 con un'unica interruzione (10 mesi nel 1993), non è stato di resa: «Mi scuso profondamente per non aver fatto raggiungere al partito gli obiettivi prefissati», ha detto ancora, avvertendo però che «non posso completare il mio mandato da primo ministro e presidente dell'Ldp senza prima vedere concreti segnali di ripresa economica». Mormorii, qualche applauso e molte dita incrociate. Taro Aso ha deciso di giocarsi tutto il suo residuo prestigio. Nipote di Shigeru Yoshida, un primo ministro passato alla storia per il suo autoritarismo, genero di Zenko Suzuki, altro capo di governo giapponese, imparentato con la famiglia dell'imperatore, Aso è certo un uomo di apparato e di potere. Ciononostante, in meno di un anno come premier, la sua prima esperienza alla guida dell'esecutivo è stata un susseguirsi di gaffe, brutte figure e zero risultati: l'economia del Giappone sembra essere la più colpita dalla crisi finanziaria mondiale, la disoccupazione aumenta, i consumi sono bloccati dalla deflazione, ogni consultazione elettorale è una batosta per l'Ldp (come le recenti elezioni amministrative a Tokio). In uno scenario così catastrofico, tornare alle urne sembrerebbe un suicidio politico. Il Partito democratico, all'opposizione, le chiede a gran voce da mesi. Eppure: «Il Partito liberal democratico è l'unico ribadisce Aso in grado di guidare responsabilmente il Paese». Di diverso avviso Yukio Hatoyama, il leader del Pd, convinto che il Giappone si trovi alla vigilia di un cambio epocale. «Non è soltanto arrivato il momento di calare il sipario sull'Ldp ha spiegato Hatoyama . Dobbiamo affrontare queste elezioni con la consapevolezza della nostra storica missione ». Certo i sondaggi sembrano parlare con una sola voce. Il Mainichi Shinbun, per esempio, ha pubblicato dati che farebbero impallidire qualunque capo del governo. Il 56% degli intervistati, infatti, ha assicurato di voler votare per il cambiamento, mentre soltanto il 23% pensa di confermare la fiducia a Taro Aso. Per l' Asahi Shinbun , il divario è 49 a 22. Il premier ha deciso comunque di battersi: è nello spirito del samurai. Mea culpa «Le mie mancanze hanno eroso la fiducia del pubblico, mi sento responsabile per questo» P. Sa.

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I fondi battono gli esteri Ma i Bot vincono la sfida (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 22-07-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Economia data: 22/07/2009 - pag: 26 Il risparmio I titoli di Stato in testa nella classifica dei migliori rendimenti anche sul lungo periodo I fondi battono gli esteri Ma i Bot vincono la sfida Indagine Mediobanca: dagli obbligazionari l'1,5% in meno MILANO Per una volta i nostri fondi comuni d'investimento hanno ottenuto risultati migliori degli altri. Nel 2008 la crisi finanziaria mondiale ha pesato ovviamente sulle performance di questi prodotti finanziari ma anche in questo settore l'Italia ha «resistito» di più rispetto ai concorrenti esteri. Lo testimonia l'annuale indagine su fondi e sicav elaborata dall'Ufficio studi Mediobanca. Che, in compenso, torna a ripetere: i gestori perdono la sfida con i Bot. Non solo quest'anno, fatto evidente dati i rendimenti negativi dei fondi, ma dal '99 con i Bot in media ogni anno si è guadagnato 2,5 punti in più. E la «sconfitta » vale anche per il solo comparto degli obbligazionari, che da tre anni perde sui buoni del Tesoro e nel 2008 ha reso l'1,5% in meno. Anno orribile per la finanza internazionale e domestica, il 2008 lo è stato anche per i fondi: il patrimonio di questa industria del risparmio è diminuito nel mondo del 23%, con performance in rosso per 1.200 miliardi in Europa e per 3 mila miliardi di dollari negli Usa. L'Italia non fa differenza: i riscatti hanno superato le nuove sottoscrizioni per 65,4 miliardi, deflusso che si ripete del resto (e questo sì a differenza rispetto ad altri paesi) dal 2000 con la sola eccezione del 2003. Ciò significa che il patrimonio a fine 2008 risulta dimezzato rispetto al 1999 e per i soli fondi azionari il calo è dell'85%. In dieci anni quindi l'industria italiana dei fondi comuni è calata in termini di incidenza sul Pil dal 41,9% al 13,6% ed è scivolata in decima posizione nel contesto internazionale. Tra l'altro il deflusso di risparmio è proseguito nel primo semestre 2009 con 13 miliardi di riscatti netti, pur in presenza di un lieve recupero reddituale. Però, proprio nell'orribile 2008 i nostri fondi comuni si sono «comportati» meglio degli altri: l'insieme del settore ha perso il 7,6% (7,2% considerando le medie mensili). Quindi meno di quelli inglesi, che hanno accumulato un rosso del 22%, dei fondi francesi (-12%), tedeschi (-17%), europei in generale (-20%) e americani (-25%). Un caso a parte è poi rappresentato dai fondi lussemburghesi (che sono in genere emanazione di altri paesi, fra i quali l'Italia) e che l'anno scorso hanno perso il 22% La ragione della tenuta però non va attribuita a ipotetici «superpoteri» dei nostri money manager, bensì nel tradizionale peso maggiore dei prodotti obbligazionari e nell'orientamento consolidato a limitare l'investimento in azioni: in Italia è investito in Borsa il 12% del patrimonio dei fondi contro il 30% di quelli europei e il 40% di quelli Usa. Approccio prudenziale che paga, come si vede, in periodi di crisi come l'attuale ma che è tutto da verificare su archi temporali più lunghi: l'Ufficio studi Mediobanca rileva che l'unico sistema di fondi che sia riuscito a creare ricchezza negli ultimi 5 anni è stato quello inglese, i cui impieghi in azioni raggiungono il 60% del patrimonio. D'altra parte è anche quello che viene distribuito per solo il 4% dal canale bancario, quota che nel nostro Paese è pari al 56% e in Spagna al 65%. In «compenso» però i nostri gestori hanno aumentato un indice che è già tradizionalmente più elevato rispetto alle altre industrie dei fondi: la rotazione del portafoglio. È avvenuta in media ogni sei mesi e mezzo, dato che scende a 5 mesi per le sole azioni, contro una media americana poco al di sotto dei due anni. E pari al doppio rispetto ai prodotti americani restano i costi di gestione, rimasti costanti per l'aggregato dei fondi all'1,2%. Sergio Bocconi

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Fiat verso 8 euro. (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 22-07-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 22/07/2009 - pag: 29 Il caso a Milano Fiat verso 8 euro. «Conti positivi» (g.fer.) Il titolo Fiat è sempre più vicino alla soglia degli 8 euro. Ieri ha chiuso a 7,94, con un progresso del 3,05%. Il nuovo balzo alla vigilia del consiglio di amministrazione per i conti del secondo trimestre e della prima metà dell'anno. Secondo le stime di mercato, il risultato della gestione ordinaria nel trimestre è previsto in calo da 1,13 miliardi a 220 milioni. Sarebbero in contrazione anche i ricavi, a 14 miliardi, contro i quasi 17 dello stesso periodo di un anno fa. Numeri che testimoniano la tenuta nella crisi. Il presidente Luca Montezemolo ieri si è detto «estremamente contento» dei risultati attesi per oggi. Sergio Marchionne ad gruppo Fiat

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Caterpillar vede la ripresa. Il titolo corre (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 22-07-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 22/07/2009 - pag: 29 Il caso a New York Caterpillar vede la ripresa. Il titolo corre Gli utili della Caterpillar, l'azienda Usa leader mondiale delle macchine movimento terra, salgono più delle attese nel secondo trimestre dell'anno e Wall Street premia il titolo che, dopo aver toccato un massimo di 41,45 dollari, chiude a 39,46 dollari, con un progresso del 7,67%. L'utile netto scende a 371 milioni di dollari, contro gli 1,11 miliardi di dollari di un anno fa e il fatturato arretra del 41% a 7,98 miliardi di dollari, ma gli analisti si aspettavano risultati peggiori. «C'è ancora molta incertezza spiega l'amministratore delegato Jim Owens ma ci sono anche segnali che ci fanno prevedere una ripresa». Jim Owens ceo di Caterpillar

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Piazza Affari, rialzo numero sette (sezione: crisi)

( da "Corriere della Sera" del 22-07-2009)

Argomenti: Crisi

Corriere della Sera sezione: Economia Mercati Finanziari data: 22/07/2009 - pag: 29 La Giornata in Borsa di Giacomo Ferrari Piazza Affari, rialzo numero sette Rimbalzo di Tiscali Il possibile interesse di Sawiris per alcuni asset rilancia Tiscali (+7,68%) Con un progresso dell'1,61% dell'Ftse- Mib e dell'1,54% dell'Ftse All Share, Piazza Affari cresce più di tutti in Europa, archiviando il settimo rialzo consecutivo. Segnali di risveglio anche per il controvalore degli scambi, ritornato a circa 2 miliardi di euro. Il balzo più evidente nell'abito dei 40 titoli principali lo ha fatto Autogrill (+5,45%), grazie a uno studio che rileva segnali di miglioramento del traffico aereo a giugno (la società possiede molti punti vendita negli aeroporti). A livello di comparti, invece, è quello assicurativo il più gettonato. Generali , per esempio, ha messo a segno un progresso del 3,67%. Seguono Alleanza (+3,44%), Unipol (+3,19%) e Fondiaria- Sai (+3,18%). Non altrettanto univoco l'andamento dei bancari: se, infatti, Intesa Sanpaolo ha accelerato il passo rispetto alla vigilia, guadagnando il 2,73%, Unicredit ha limitato la crescita all'1,37%, mentre Ubi Banca e Banca Mediolanum sono terminate entrambe in calo (-1,37% e -1,2% rispettivamente). Ritornando ai segni positivi, bene i petroliferi, con Saipem (+3,41%) in particolare evidenza. Da parte sua Cir è salita del 3,62% toccando il nuovo massimo dell'anno e Finmeccanica ha superato la soglia dei 10 euro, con un progresso del 3,35%. Alla vigilia del consiglio di amministrazione sui conti semestrali, è proseguita poi la marcia al rialzo di Fiat (+3,05%). Qualche forte variazione, infine, fra i titoli minori. Tiscali , per esempio, è rimbalzata del 7,68% dopo che Naguib Sawiris non ha escluso un suo possibile interessamento per alcuni asset della società.

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Chiese cristiane contro i (sezione: crisi)

( da "Avvenire" del 22-07-2009)

Argomenti: Crisi

CHIESA 22-07-2009 Chiese cristiane contro i «nuovi muri» il tema Immigrazione e tutela dei diritti umani al centro del messaggio finale dell'Assemblea della Kek che si è chiusa ieri a Lione DA L IONE « I n quanto cristiani, osiamo sperare » . È il messaggio finale rivolto al Vecchio Continente dai delegati e le delegate (ortodossi, protestanti, anglicani e veterocattolici), riuniti a Lione per la XIII assemblea generale della Conferenza delle Chiese europee (Kek) che si è conclusa ieri a Lione, in Francia. «La speranza recita il messaggio approvato lunedì sera ci dà la gioia, la pace, il coraggio, l'audacia e la libertà. Ci libera dalla paura, apre i nostri cuori e rafforza la nostra testimonianza del Signore risorto. Noi cristiani siamo chiamati ad un'unica speranza in Cristo, fonte di amore, di perdono e di riconciliazione» . Nel ribadire il compito della testimonianza affidato ai cristiani europei, il testo non nasconde però le preoccupazioni che percorrono le Chiese. «Mentre ci impegniamo con passione per un'Europa unita e riconciliata, che aspettiamo impazienti sottolineano infatti i partecipanti all'assise deploriamo il fatto che si stiano alzando nuovi muri di separazione tra nazioni, culture e religioni. Vediamo apparire nuove divisioni, tra cittadini permanenti e migranti, tra ricchi e poveri, tra attivi e disoccupati, tra chi vede i propri diritti rispettati e chi li vede lesi» . Il messaggio, come riferisce il Sir, si sofferma anche sul tema ambientale, in particolare sui cambiamenti climatici e sugli effetti della «grave crisi finanziaria » per rilanciare la speranza cristiana «in situazioni che sembrano invece disperate» . «Affermiamo continua il messaggio che vi è una speranza, mentre perseveriamo nella nostra lotta in favore della verità e della giustizia. Vi è speranza quando resistiamo ad ogni forma di violenza e di razzismo, quando difendiamo la dignità di ogni persona. Vi è speranza quando insistiamo sull'imperativo di una solidarietà disinteressata tra individui e tra popoli, quando lottiamo per il rispetto sincero della creazione» . Ma questa speranza continua l'assemblea della Kek non può fondarsi su dichiarazioni vuote ma si alimenta «attraverso atti concreti e fede viva» . Perché «le Chiese devono lavorare a favore della giustizia e dire la verità ai potenti. Questo significa abbattere i muri tra persone, culture e religioni, per imparare a distinguere l'immagine di Dio nel volto dell'altro. Questo significa rispettare, e non solamente tollerare, gli altri esseri umani. Sopra ogni cosa, però, questo significa trovare nuovi modi per esprimere la nostra solidarietà con i poveri, a noi lontani e vicini» .

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Il 'mattone' in crisi nera: domanda crollata del 20-30% in Emilia-Romagna (sezione: crisi)

( da "RomagnaOggi.it" del 22-07-2009)

Argomenti: Crisi

22 luglio 2009 - 10.24 (Ultima Modifica: 22 luglio 2009) La crisi economica ha avuto un impatto dirompente nel settore immobiliare. La domanda di case in Emilia-Romagna, infatti, nel 2008 e' calata del 20-30% e le compravendite di sono ridotte del 15-20%. Di conseguenza anche i prezzi vanno giu', mediamente del 7-8% con punte del 10-15% per gli immobili usati, le cui valutazioni erano ormai fuori dalla media di mercato. A fare il punto e' Luciano Passuti, presidente regionale degli agenti immobiliari professionali aderenti alla Fiaip. "La crisi finanziaria e in particolare delle Borse- osserva- ha indotto molti potenziali acquirenti a non disinvestire i loro titoli per acquistare immobili, in attesa di un rialzo delle Borse stesse, che in futuro non troveranno piu' la fiducia, come investimento finanziario, da parte dei cittadini". In ogni caso, l'associazione registra i primi flebili segnali di ripresa della domanda "soprattutto grazie alle giovani coppie che intendono crearsi una famiglia". Complice il basso costo del denaro. L'ulteriore riduzione dei tassi di interesse per i prestiti, nota la Fiaip, sta convincendo alcuni, sebbene limitati, acquirenti a ritornare all'acquisto, magari accendendo un mutuo a tasso fisso e non variabile. "Sono particolarmente ricercati immobili di piccola e media superficie in zone provviste di buona viabilita', parcheggi, verde e servizi sociali- spiega Passuti- la qualita' della vita e la sicurezza sono le altre caratteristiche particolarmente richieste ed elementi di forte convincimento ad investire". E le periferie, sostengono gli agenti, battono i centri storici. In questa fase "l'acquisto e' spesso rivolto verso la periferie e i Comuni della provincia- emerge dall'indagine della Fiaip- dove i cittadini trovano piu' tranquillita' e meno inquinamento acustico e ambientale. Sono in riduzione gli acquisti nei centri storici, soprattutto nelle citta' dove e' limitato l'accesso e sono scarsi i parcheggi, ad esempio Bologna". Quanto alle prospettive per il futuro, "sono legate all'andamento dell'economia e alla soluzione della attuale crisi", allarga le braccia Passuti. "Se sara' fermato il proliferare della chiusura di aziende e l'utilizzo della cassa integrazione, e i cittadini avranno certezza del posto di lavoro- conclude- si potra' sperare in una reale ripresa del mercato immobiliare, che comunque non vedra' in tempi brevi il boom degli anni passati".

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PUBBLICITA': NIELSEN GLOBAL,FORTE IMPATTO CRISI,ITALIA-19,1% (sezione: crisi)

( da "Prima Comunicazione" del 22-07-2009)

Argomenti: Crisi

- Prima Comunicazione - http://www.primaonline.it - PUBBLICITA': NIELSEN GLOBAL,FORTE IMPATTO CRISI,ITALIA-19,1% Prima Comunicazione, 22/07/2009 PUBBLICITA': NIELSEN GLOBAL,FORTE IMPATTO CRISI,ITALIA-19,1% NEL MONDO -7,2% PRIMI TRE MESI 2009 PER TV, STAMPA E RADIO (ANSA) - ROMA, 22 LUG - Nel mondo, la spesa pubblicitaria in televisione, stampa e radio ha registrato un calo del -7,2% nei primi tre mesi del 2009 rispetto allo stesso periodo del 2008. Il rapporto Global AdView Pulse rivela che la crisi economica internazionale sta avendo un pesante impatto sul settore pubblicitario. I paesi europei subiscono il colpo più duro, in particolare la Spagna (-28,2%), l'Irlanda (-21,2%), l'Italia (-19,1%) e la Gran Bretagna (-14,7%). Nel Nord America, gli Stati Uniti hanno perso il -12,7%. La diminuzione degli investimenti pubblicitari complessivi è stata frenata dall'area Asia Pacifico che ha registrato un calo del -2,3%. L'Indonesia registra un'importante crescita a seguito delle elezioni con un +19,1%, mentre la Cina ha mantenuto il trend positivo anche se ad un livello inferiore (+2,5%). "Gli effetti della crisi finanziaria globale hanno raggiunto il settore dell'advertising in quest'ultimo trimestre, in particolare in Nord America e in Europa dove quasi tutti i paesi rilevati hanno registrato un andamento negativo - ha osservato il Direttore di Global AdView, Ben van der Werf - La Cina ha segnato un lieve incremento nel trimestre, il +2,5% a fronte del +17,1% registrato nel quarto trimestre del 20083. Il report di Nielsen mostra che l'advertising sui periodici registra il risultato peggiore, con un -17,4%, i quotidiani hanno avuto una perdita di -9,1%, mentre le diminuzioni di televisione e radio sono state più contenute, rispettivamente -4,7% e -2,5%. L'analisi a livello geografico mostra che la stampa subisce il colpo più forte dalla crisi, calando ovunque, ma in particolare in Nord America dove nell'ultimo anno gli investimenti sui periodici sono diminuiti del -22,2% e quelli sui quotidiani del -15,6%. Mentre la spesa pubblicitaria in televisione è scesa sia in Europa (-8,6%) che nel Nord America (-9,3%), la perdita complessiva è stata bilanciata da un lieve incremento nell'Asia Pacifico (+1,0%). La radio ha registrato una diminuzione in Nord America (-8,2%) ma è rimasta stabile in Europa (-0,1%) e lievemente in crescita nell'Asia Pacifico (+1,4%). Riguardo ai settori, solo due sono riusciti ad evitare la flessione nel trimestre: distribuzione (+6,0%) e largo consumo (+0,2%). Automobili, finanza, abbigliamento e accessori, invece, segnano le maggiori perdite, rispettivamente del -19,9 %, -16,7 % e -15,7%.

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Piazza Affari guadagna l'1,54%. Wall Street sempre in altalena (sezione: crisi)

( da "Sicilia, La" del 22-07-2009)

Argomenti: Crisi

Piazza Affari guadagna l'1,54%. Wall Street sempre in altalena Rino Lodato Le Borse europee hanno segnato ieri nuovi massimi dal novembre del 2008. Ora sono sette le sedute consecutive chiuse con il segno più. Si tratta della serie positiva più lunga dall'agosto del 2007. Le Borse del Vecchio Continente hanno approfittato dell'avvio di Wall Street, decisamente positiva anche grazie al salvataggio di Cit Group. A sostenere i listini sono stati soprattutto i buoni risultati di Caterpillar e Coca Cola annunciati nel pre-Borsa che hanno riacceso la fiducia nella ripresa economica. Segnali positivi sono arrivati anche dall'indice Fed di Chicago sull'attività nazionale che a giugno è migliorato a -1,8 da -2,3 di maggio, toccando i massimi da ottobre 2008. C'era attesa anche per l'audizione semestrale alla Camera del presidente della Fed, Ben Bernanke. La Fed intende mantenere «accomodante» la propria politica monetaria «per un periodo esteso», ha detto Bernanke, aggiungendo che il tasso di rallentamento dell'economia è «rallentato significativamente», ma i mercati finanziari restano sotto pressione. «Importanti rischi al ribasso» gravano sui consumi e sulle spese delle famiglie ha affermato il presidente della Fed, evidenziando che il mercato del lavoro resta fragile e la disoccupazione toccherà il suo picco alla fine dell'anno. Osservando i recenti miglioramenti sull'economia e sui mercati, Bernanke ha sottolineato che la Fed manterrà i tassi vicino allo zero per un «periodo prolungato». Nonostante questo, Bernanke illustra alcune delle modalità a disposizione della Fed per irrigidire la propria politica monetaria così da evitare un potenziale balzo dell'inflazione. «Alla luce delle attuali condizioni economiche e delle limitate pressioni inflazionistiche, la politica monetaria resta focalizzata sul sostegno alla ripresa economica», spiega Bernanke. «Comunque crediamo che sia importante rassicurare il pubblico e i mercati sul fatto che le misure straordinarie prese in risposta alla crisi finanziaria e alla recessione possono essere ritirate in modo dolce e tempestivo a seconda delle necessità, evitando allo stesso tempo il rischio che tali stimoli possano tradursi in un futuro aumento dell'inflazione». Euro stabile. Seduta ingessata sul cross euro/dollaro. La moneta unica ha chiuso senza scosse a 1,4225 dollari (1,4214 l'altro ieri e 1,4223 ieri Bce) con oscillazioni limitate tra 1,4180 e 1,4277. Forte lo yen, a 132,98 per un euro (134,33 e 134,1) e 93,51 per un dollaro (94,55). Euro a 1,5157 franchi svizzeri (1,5203 e 1,5186) e 0,8644 sterline (0,8626 e 0,8653). Dollaro debole anche contro franco, a 1,0664 sfr (1,0701) e sterlina, a 1,6442 per un pound. Le Borse. Proseguono i rialzi nel Vecchio Continente. Amsterdam ha chiuso a +0,45%, Bruxelles (+0,28%), Francoforte (+1,27%), Londra (+0,85%), Parigi (+0,98%), Zurigo (+0,15%). Controtendenza Madrid (-0,20%). Nella mattinata a Tokyo l'indice Nikkei aveva chiuso in rialzo del 2,73%. Piazza Affari. Chiusura con il segno più a Milano dove l'indice Ftse Italia All-Share ha fatto segnare nel finale un +1,54% a quota 20.518 punti, mentre l'Ftse Mib ha guadagnato l'1,61% a 19.830 punti. In recupero anche l'Ftse Star che ha messo a segno un rimbalzo dello 0,82% a quota 10.027 punti. Milano è stata la migliore tra le principali piazze continentali innanzi tutto per la forte incidenza del settore assicurativo sul Ftse Mib, ma anche per la performance di petroliferi e titoli legati alle materie prime (+3,4% Saipem, +1,6% Tenaris, +1,16% Eni). Nel settore finanziario, infatti, ben si sono comportate Unipol (+3,2%) e FonSai (+3,18%), ma anche Intesa Sanpaolo (+2,73%) e UniCredit (+1,37%) sostenuta dal giudizio di Exane Bnp Paribas che ha alzato la raccomandazione a «neutral» da «underperform». Vivace Cir (+3,62%) trainata dal balzo delle controllate Sogefi (+10,3%) e L'Eespresso (+5,36%). Finmeccanica risale oltre quota 10 euro (+3,25%). Fiat ha guadagnato il 3,05% avvicinandosi agli 8 euro.

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La chiusura del laboratorio di analisi chiede l'intervento del prefetto (sezione: crisi)

( da "Sicilia, La" del 22-07-2009)

Argomenti: Crisi

Sanità La chiusura del laboratorio di analisi «Menfi Vive» chiede l'intervento del prefetto Era il primo vero confronto politico dopo le elezioni, ci si attendeva un dibattito acceso ed articolato. Invece, la seduta del consiglio comunale dedicata alle valutazioni politiche sulla giunta nominata dal sindaco Vito Bono, si è caratterizzata per un confronto quasi da par condicio, con il sindaco che ha esposto la sua relazione, i consiglieri che hanno fatto le loro valutazioni (quelli della minoranza sono stati naturalmente critici, ma non eccessivamente) e la chiusura del dibattito, senza la prevista replica del primo cittadino che pure è prevista dal regolamento consiliare in atto. Niente dibattito, in sostanza, pur con qualche intervento sopra le righe prima del sindaco e poi dell'opposizione, che non ha però provocato accese polemiche. La sorpresa della mancata replica di Vito Bono è stata tale da indurre i gruppi di minoranza a diffondere nella giornata successiva alla seduta consiliare una nota stampa nella quale ribadiscono il loro giudizio critico sulla composizione dell'esecutivo e sulle scelte fin qui operate dal primo cittadino. «Le perplessità sulla tenuta della maggioranza restano inalterate - dicono i rappresentanti del Pdl e delle altre liste civiche che stanno all'opposizione - anche le questioni programmatiche hanno fatto emergere una non condivisibile superficialità dell'amministrazione comunale. erano fuori luogo le dichiarazioni del sindaco nel corso della seduta inaugurale sui mutui non accesi e sulla situazione finanziaria. del comune». Quelli del centrodestra hanno spiegato che mutui sui capannoni e sul parcheggio di via Catusi non sono stati accesi, pur essendo stati regolarmente inseriti in bilancio e richiesti alla cassa depositi e prestiti, in quanto in virtù di una direttiva da parte della Corte dei conti allo stesso istituto di credito, tutti i mutui che non erano stati deliberati dal consiglio direttivo entro la fine dell'esercizio finanziario di riferimento avrebbero dovuto essere riproposti nell'anno successivo dopo l'adozione del bilancio di previsione. Il consiglio comunale prima del dibattito politico aveva dato il via libera al piano particolareggiato di contrada Isabella. E' stato poi definito scarno il bilancio del sindaco sulla composizione della giunta e sulle prime cose fatte. Bono ha parlato dell'individuazione dell'area per un canile, l'impegno per l'acqua pubblica e la bonifica di alcune zone della città. Il riferimento ad una buonuscita spettante al suo predecessore (25 mila euro) definita dagli uffici di ragioneria e non da una delibera di giunta, darà adito a forti polemiche con Mario Turturici. «Io non avrei fatto una delibera adesso - ha detto Bono - in una situazione di crisi finanziaria dell'ente». Giuseppe Recca

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New York. L'economia migliora ma è ancora troppo fragile per una stretta della politica mo... (sezione: crisi)

( da "Mattino, Il (Nazionale)" del 22-07-2009)

Argomenti: Crisi

New York. L'economia migliora ma è ancora troppo fragile per una stretta della politica monetaria: Ben Bernanke, presidente della Fed, lascia intravedere che i tassi di interesse si manterranno vicini allo zero per un «periodo prolungato». Ma delinea anche le misure che la banca centrale può adottare per inasprire, se necessario, la propria politica e ritirare gli strumenti messi in campo contro la crisi. Sottolineando la necessità e l'importanza di un impegno sul fronte dei conti pubblici, Bernanke ritiene sia ancora presto per dire se c'è bisogno o meno di un nuovo piano di stimolo fiscale: «Alcuni effetti positivi» l'attuale piano dell'Amministrazione li ha avuti, afferma sospendendo in ogni caso il proprio giudizio sull'iniziativa in atto. «Alla luce di un'economia sostanzialmente debole e di limitate pressioni inflazionistiche, la politica monetaria resta focalizzata a sostenere la ripresa economica», spiega Bernanke alla Commissione servizi finanziari della Camera in occasione della consueta audizione semestrale (oggi andrà in Senato). «In ogni caso riteniamo sia importante rassicurare il pubblico e i mercati sul fatto che le misure adottate in risposta alla crisi finanziaria e alla recessione - afferma - possono essere ritirate in modo fluido e puntuale evitando il rischio che tali stimoli si traducano in inflazione in futuro». Prima di qualunque exit strategy, quindi, è necessario - dice chiaramente Bernanke - attendere che l'economia abbia agganciato la ripresa, per la quale è indispensabile «dimostrare un forte impegno per la stabilità dei conti pubblici. Se non lo faremo rischiamo di non avere nè stabilità finanziaria nè una durevole crescita economica». Per il 2009 e il 2010 - ammette il presidente della Fed - sul fronte del deficit c'è poco da fare : «Il Congresso deve mettere a punto un progetto per un graduale ridimensionamento del deficit a livelli sostenibili che, a mio avviso, sono fra il 2% e il 3% del pil». Il tasso di contrazione dell'economia americana «è rallentato significativamente» anche se i mercati finanziari restano «sotto stress», aggiunge Bernanke, ribadendo l'invito alle banche ad aprire i rubinetti del credito, e aiutare i consumatori a rinegoziare i prestiti accesi, soprattutto nel settore del commercial real estate.

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Nel I trimestre 2009, la spesa pubblicitaria in tv, radio e stampa cala del -7,2% a livello mondiale (sezione: crisi)

( da "PubblicitàItalia.it" del 22-07-2009)

Argomenti: Crisi

22/07/2009 Nel I trimestre 2009, la spesa pubblicitaria in tv, radio e stampa cala del -7,2% a livello mondiale Il rapporto Global AdView Pulse rivela che la crisi economica internazionale sta avendo un pesante impatto sul settore pubblicitario. La spesa pubblicitaria in televisione, stampa e radio ha registrato un calo del-7,2% nei primi tre mesi del 2009, rispetto allo stesso periodo del 2008. Tra gli altri, i Paesi europei subiscono il colpo più duro, in particolare la Spagna (-28,2%), l'Irlanda (-21,2%), l'Italia (-19,1%) e la Gran Bretagna (-14,7%). Nel Nord America, gli Stati Uniti hanno perso il 12,7%. La diminuzione degli investimenti pubblicitari complessivi è stata frenata dall'area Asia Pacifico che ha registrato un calo del 2,3%. L'Indonesia registra, invece, un'importante crescita a seguito delle elezioni con un +19,1%, mentre la Cina ha mantenuto il trend positivo anche se a un livello inferiore (ovvero +2,5%). "Gli effetti della crisi finanziaria globale hanno raggiunto il settore dell'advertising in quest'ultimo trimestre, in particolare in Nord America e in Europa dove quasi tutti i paesi rilevati hanno registrato un andamento negativo - ha osservato il direttore di Global AdView, Ben van der Werf -. La Cina ha segnato un lieve incremento nel trimestre, il +2,5% a fronte del +17,1% registrato nel quarto trimestre del 2008". Il report di Nielsen mostra che l'advertising sui periodici registra il risultato peggiore rispetto all'andamento degli altri media, con un -17,4%; i quotidiani hanno avuto una perdita del 9,1%, mentre le diminuzioni di televisione e radio sono state più contenute, rispettivamente -4,7% e -2,5%. L'analisi a livello geografico mostra che la stampa subisce il colpo più forte sferrato dalla crisi, calando ovunque, ma in particolare in Nord America dove nell'ultimo anno gli investimenti sui periodici sono diminuiti del 22,2% e quelli sui quotidiani del 15,6%. Mentre la spesa pubblicitaria in televisione è scesa sia in Europa (-8,6%) che nel Nord America (-9,3%), la perdita complessiva è stata bilanciata da un lieve incremento nell'Asia Pacifico (+1,0%). La radio ha registrato una diminuzione in Nord America (-8,2%), mentre è rimasta stabile in Europa (-0,1%) ed è lievemente in crescita nell'Asia Pacifico (+1,4%). Guardando all'andamento dei settori, solo due sono riusciti a evitare la flessione nel trimestre: si tratta di distribuzione (+6,0%) e largo consumo (+0,2%). Automobili, finanza, abbigliamento e accessori, invece, segnano le maggiori perdite, rispettivamente -19,9 %, -16,7 % e -15,7%.

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