CENACOLO  DEI  COGITANTI

PRIMA PAGINA

TUTTI I DOSSIER

CRONOLOGICA

 

Report "Obama"  24-4-2009


Indice degli articoli

Sezione principale: Obama

Si chiamano Francesco e Caterina e non c'è gara, sono loro i più nuovi e i più g... ( da "Stampa, La" del 24-04-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: l'esibizione compulsiva delle piccine di Barack Obama ha fornito nuovi spunti agli strateghi nostrani; i bambini sono l'ultimo must have dello star-system e sono le nuove first-lady in politica, presenze più stabili e infinitamente più seducenti. Soprattutto per loro, ormai, il paparazzo s'apposta o viene convocato.

VESTIREMO ALLA CINESE ( da "Stampa, La" del 24-04-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: attesa che la riforma sanitaria proposta dal presidente Obama possa essere attuata, saranno sempre più numerosi gli americani non più in grado di pagare l'assicurazione sanitaria. E noi europei dovremo tenerci ben stretto l'«ombrello assistenziale» che ci ripara - a un costo molto elevato per le finanze pubbliche - dai costi della nostra salute e che ha già subito parecchie limature.

La rivolta della Maddalena "Traditi un'altra volta" ( da "Stampa, La" del 24-04-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Ambiente alla presenza del presidente americano Obama, non soddisfa per niente il primo cittadino di La Maddalena. E scatena anche altre polemiche tra i consiglieri regionali. Dice Roberto Cappelli dell'Udc: «Possibile che la solidarietà verso l'Abruzzo si possa esprimere soltanto con il trasferimento del G8 a L'Aquila?

Salvate il soldato Khadr da Guantanamo ( da "Stampa, La" del 24-04-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Amministrazione Obama per ottenere la liberazione da Guantanamo di Omar Khadr, un giovane detenuto con cittadinanza canadese che fu catturato nel 2002 quando aveva 15 anni. Quello di Khadr è uno dei casi-simbolo legati al centro di detenzione realizzato dagli Usa nella base navale a Cuba, perchè il giovane, oggi 22enne,

Contro l'Iran, ricordare la Shoah ( da "Stampa, La" del 24-04-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: e Obama rende omaggio alla «saggezza e testimonianza» del Nobel per la pace, facendo capire di condividere quanto ha appena detto. Se nei giorni precedenti la Casa Bianca ha condannato l'arringa anti-israeliana di Ahmadinejad a Ginevra, ora Obama fa un passo in più, facendo propria la memoria dello sterminio che viene negato da Teheran.

Torture Il primo sì fu di Condi ( da "Stampa, La" del 24-04-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Obama teme in ragione dell'aria di rivolta che già si respira a Langley, fra gli agenti della Cia che temono di diventare i capri espiatori dell'inchiesta. Fino a questo momento Obama si è detto determinato ad impedire procedimenti a carico degli agenti mentre è favorevole ad un'inchiesta bipartisan a Capitol Hill capace di mettere in luce le illegalità commesse a livello politico.

auto ( da "Stampa, La" del 24-04-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: concessionari americani dovrebbero incontrare giovedì la task force designata da Obama per la ristrutturazione di Detroit. Gm pensa alla chiusura temporanea della maggior parte delle fabbriche per nove settimane durante l'estate. Toyota Il primato mondiale dopo un anno vacilla Il primato mondiale di Toyota, conquistato l'anno scorso dopo 77 anni di dominio incontrastato di General Motors,

Turchia-Armenia, prove di disgelo ( da "Stampa, La" del 24-04-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: eccidio che la comunità internazionale e la Diaspora armena vorrebbero veder dichiarato «genocidio», anche nel discorso che il presidente Obama pronuncerà negli Usa, e che la Turchia si rifiuta di dichiarare tale, contrapponendo la propria versione dei fatti: non un milione di vittime sterminate metodicamente, ma 300 mila morte per tragiche fatalità e non secondo una strategia precisa.

Troppe First Lady per un presidente ( da "Stampa, La" del 24-04-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: lasciato il posto vacante JOHANNESBURG Magari non entrerà nella storia come Michelle Obama o Carla Bruni, in compenso sceglierla potrebbe essere tutt'altro che una passeggiata: soprattutto perché, per la prima volta nella storia del Sudafrica, la prossima first lady sarà una delle due mogli del tradizionalista Zulu e poligamo convinto Jacob Zuma, leader dell'African National Congress e,

ma la sardegna si ribella al dietrofront "hotel a metà, sprechi da corte dei conti" - pier giorgio pinna ( da "Repubblica, La" del 24-04-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: ambiente voluto da Obama». In serata altra dichiarazione, di tenore ben diverso: «Abbiamo preso atto con grande preoccupazione e forte stupore delle decisioni adottate dal governo. Un fatto improvviso, inopinato». Il governatore vedrà il premier a Roma. Pesantissimi gli industriali del Nord Sardegna, e chiedono che le opere non saranno lasciate a metà.

g8, il trasloco all'esame di washington - vincenzo nigro ( da "Repubblica, La" del 24-04-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Chi segue la sicurezza di Barack Obama, ovvero il Secret Service, aveva già fatto mille ispezioni alla Maddalena, al luogo dove ancorare la nave da crociera "Fantasy" o le altre navi su cui avrebbe potuto far base il presidente. Una nave è un luogo poco difendibile, da cui ci si muove con difficoltà in caso di pericolo, poco adatto al presidente degli Stati Uniti.

populismo selettivo - (segue dalla prima pagina) ( da "Repubblica, La" del 24-04-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Il ben diverso uso delle tecnologie e delle reti sociali da parte di Obama, e non da lui soltanto, dovrebbe indurre a riflessioni meno rozze. Ma delle impervie vie della democrazia elettronica, fuori dal populismo, converrà parlare più distesamente.

"Ora i governi devono spendere molto di più" ( da "Stampa, La" del 24-04-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Il piano Obama è inefficace? «E' un passo nella giusta direzione ma la portata è nettamente inferiore rispetto alle esigenze del Paese, e rischia di avere effetto solo nel 2010. L'economia americana sta operando su volumi di circa 1.500 miliardi di dollari al di sotto della sua capacità reale e dubito che nel 2010 la situazione sarà migliore»

Noa: "La mia musica per la pace tra gli israeliani e i palestinesi" ( da "Stampa, La" del 24-04-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: elezione di Barak Obama. L'artista riassume così il suo contrastato stato d'animo: «L'elezione di Obama è una delle cose più belle cui ho avuto modo di assistere in tutta la mia vita; al contrario, mi pare che la convenzione di Durban dimostri quanto siamo ancora lontani dall'affermazione di un processo di comprensione reciproca,

È Noa la star di primavera a Maison Musique; la cantante e messaggera di pace israeliana è... ( da "Stampa, La" del 24-04-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: elezione di Barak Obama. L'artista riassume così il suo contrastato stato d'animo: «L'elezione di Obama è una delle cose più belle cui ho avuto modo di assistere in tutta la mia vita; al contrario, mi pare che la convenzione di Durban dimostri quanto siamo ancora lontani dall'affermazione di un processo di comprensione reciproca,

"Arazzo", nuove collezioni nelle vetrine del mondo ( da "Stampa, La" del 24-04-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Filippo Uecher è soddisfatto: dopo aver arredato il salotto del presidente Obama ora, con il marchio «Mariaflora», sta aprendo 11 showroom negli Stati Uniti, in Canada, a Londra e a Montecarlo. «Il momento è difficile ma è indispensabile pensare al futuro. Soprattutto in America le cose si stanno muovendo e sicuramente il "made in Italy" piace.

Sassone celebra in rima "La vittoria di Obama" ( da "Stampa, La" del 24-04-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: La vittoria di Obama" Attualità e intimismo nel nuovo volume che debutta a maggio Nel contesto delle celebrazioni della giornata del lavoro, venerdì 1° maggio alle 15, nel salone Rinascita del circolo Arci «Francesco Leone» di corso Prestinari a Vercelli, il senatore Irmo Sassone presenterà il suo recente libro di poesie intitolato «La vittoria di Obama»

"Il pericolo è che il Paese si dissolva" ( da "Stampa, La" del 24-04-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Obama, al pari della precedente guidata da Bush, ha chiesto a Islamabad di non fare accordi con i taleban ma in entrambi i casi il governo pakistano non ha ascoltato. Fare intese con la guerriglia concedendole spazi di territorio è la strategia che in Colombia portò alla fine degli anni Novanta il presidente Andres Pastrana a cedere alla guerriglia delle Farc con il risultato di

nuovi documenti incastrano la rice "ha autorizzato le torture della cia" - alberto flores d'arcais ( da "Repubblica, La" del 24-04-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: giorni di Obama la maggioranza degli americani (63%) è soddisfatta del suo operato, ma l´esplosione delle polemiche dopo la pubblicazione dei memo sulle torture della Cia rischia di creare seri problemi alla Casa Bianca. Le ultime rivelazioni, che vedono coinvolta Condoleezza Rice, lo scontro acceso sul varo di una commissione d´inchiesta che sta spaccando il Partito democratico,

shirin ebadi striglia l'occidente "un errore boicottare ginevra" - francesca caferri ( da "Repubblica, La" del 24-04-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Obama ha offerto un ramoscello d´ulivo agli iraniani: ritiene che questo possa essere un nuovo punto di partenza nelle relazioni fra gli Stati Uniti e Teheran? «Sono convinta che le divergenze fra i nostri Paesi siano risolvibili con il dialogo.

La rivolta della Maddalena "Traditi un'altra volta" ( da "Stampaweb, La" del 24-04-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Ambiente alla presenza del presidente americano Obama, non soddisfa per niente il primo cittadino di La Maddalena. E scatena anche altre polemiche tra i consiglieri regionali. Dice Roberto Cappelli dell?Udc: «Possibile che la solidarietà verso l?Abruzzo si possa esprimere soltanto con il trasferimento del G8 a L?

il lingotto si candida a comandare il secondo colosso mondiale dell'auto - salvatore tropea ( da "Repubblica, La" del 24-04-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: E poiché è improbabile che Barack Obama si sia esposto anche finanziariamente verso le due grandi ammalate dell´auto a stelle-e-strisce per poi approdare a sacrifici occupazionali in America, la Opel tedesca e la Gm Sud America potrebbero essere le predestinate a finire sul mercato.

il fisco in pressing sui ricchi del mondo - enrico franceschini ( da "Repubblica, La" del 24-04-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: anche Barack Obama segnala un´inversione di tendenza e progetti analoghi circolano in vari paesi europei. Sono misure temporanee? O è la sinistra che cambia pelle? Oppure è il capitalismo che ha bisogno di cambiarla? GRAN BRETAGNA. Qui sono circa 300 mila i contribuenti che dichiarano dalle 150 mila sterline (circa 170 mila euro) di reddito annuo in su.

"nelle banche ancora troppi titoli tossici" - elena polidori ( da "Repubblica, La" del 24-04-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: come ha già fatto il presidente Usa Obama. Contemporaneamente, il Fmi raddoppia il tetto per i prestiti ai paesi poveri mentre Robert Zoellick, presidente della Banca Mondiale, impegnato ad alleviare le conseguenze della recessione sul Sud del mondo, annuncia investimenti in infrastrutture per 45 miliardi di dollari in tre anni, il doppio del previsto.

UNA TERRA VERDE PRODUCE MEGLIO ( da "Corriere della Sera" del 24-04-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: gli Stati Uniti di Obama si stanno rapidamente sensibilizzando anche al problema ecologico. E un po' anche la nostra Confindustria (Marcegaglia dixit). Me è proprio vero che il surriscaldamento del nostro pianetino sia opera dell'uomo, che sia colpa nostra? Il sempre più sparuto plotone di scienziati che lo nega pur sempre ammette che le emissioni inquinanti dell'

Berlusconi: G8 all'Aquila Con i risparmi ricostruiremo ( da "Corriere della Sera" del 24-04-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: ha spiegato Berlusconi, andrà comunque «un summit sull'ambiente a settembre collegato al G8: mi ha scritto Obama per chiedermi di ospitarlo in Sardegna. E noi lo faremo ». Messaggio ai Grandi Il presidente del Consiglio: i capi di Stato vedranno quali sono le condizioni delle zone terremotate Paolo Foschi

Sardegna, un miliardo già investito Ma si consola con il summit ambientale ( da "Corriere della Sera" del 24-04-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: summit ambientale LA MADDALENA Ancora ieri notte una luce soffusa filtrava dalle finestre della suite destinata a Barack e Michelle Obama al piano nobile dell'hotel 5 stelle quasi ultimato dove un tempo erano le casematte dell'arsenale della marina militare. I cantieri sono aperti, a non tutti gli operai è arrivato il «contrordine», decine lavorano come se il G8 dovesse ancora farsi.

E il Cavaliere: certe scelte vanno fatte con follia ( da "Corriere della Sera" del 24-04-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Obama adotta un monumento disastrato non sarebbe più un'immagine strappata con un escamotage, com'è accaduto a Londra per il G20. Ma proprio qui sta il rischio maggiore per il Cavaliere, che l'idea di non lasciare soli gli abruzzesi, anzi di offrire loro un'occasione per il rilancio, venga invece percepita come il gesto strumentale di chi mercifica il dolore e lo sfrutta per il consenso.

dell'America Il di Downing Street ( da "Corriere della Sera" del 24-04-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: il vicecapo dello staff della Casa Bianca, Jim Messina, ha detto che Barack Obama non abbia nulla in contrario, in linea di principio, a tenere il G8 di luglio all'Aquila invece che alla Maddalena. Era abbastanza scontato. Chi potrebbe dire di no a un gesto di solidarietà con la città messa in ginocchio dal terremoto?

Hillary difende il diritto all'aborto nei Paesi in via di sviluppo ( da "Corriere della Sera" del 24-04-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Ma Obama ha cambiato strada e, a fine marzo, il dipartimento di Stato ha devoluto 50 milioni di dollari al Fondo dell'Onu per la Popolazione, che finanzia l'aborto nel Terzo Mondo in caso di necessità. Hillary ha sottolineato che la somma servirà anche a una campagna di educazione sessuale.

Torture della Cia, il primo sì venne dalla Rice ( da "Corriere della Sera" del 24-04-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Pressione su Obama Dopo il rilascio del dossier da parte del Senato, altre pressioni su Obama perché agisca contro i responsabili Ex Condoleezza Rice, 54 anni, è stata Segretario di Stato nella seconda Amministrazione Bush (2005-09) (Ap/Gharibari) Paolo Valentino

La lobby chimica contro l'orto di Michelle ( da "Corriere della Sera" del 24-04-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: di Michelle DAL NOSTRO CORRISPONDENTE WASHINGTON Nelle intenzioni di Michelle Obama doveva essere un esempio di abitudini sobrie, gestione parsimoniosa dell'economia familiare e sana nutrizione. Sul modello di Eleanor Roosevelt, che nella Seconda Guerra Mondiale s'inventò lo slogan «zappiamo per la vittoria», la first lady aveva inaugurato il mese scorso l'orto della Casa Bianca.


Articoli

Si chiamano Francesco e Caterina e non c'è gara, sono loro i più nuovi e i più g... (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 24-04-2009)

Argomenti: Obama

Si chiamano Francesco e Caterina e non c'è gara, sono loro i più nuovi e i più giovani candidati d'Italia, anche se non potranno essere eletti al Parlamento europeo (non sono gli unici) perché hanno rispettivamente uno e cinque anni. Per ora, più che svecchiare la politica, danno una bella rinfrescata all'immagine del papà, un ex Dc che sta al Centro da tempo immemorabile, ma nella vita privata ha ben saputo rinnovarsi mettendo su (non è l'unico) una seconda famiglia felice. Francesco e Caterina sono i figli di Pier Ferdinando Casini. Le loro faccette serie fanno cucù dai manifesti elettorali dell'Udc affissi in tutta Italia e, questa settimana pure dalle pagine di un settimanale popolare a larga diffusione. La seconda cosa non stupisce, non più della candidatura di Sgarbi nelle file di un partito che come slogan ha scelto l'invito a smettere di litigare. Il politico in famiglia è da tempo un genere letterario a sé, un classico, una fissa dei direttori come le attrici che si fidanzano con gli immobiliaristi, Afef in barca e Casini - ancora lui - al mare. Non c'è candidato che non abbia posato sul prato di casa, o in salotto su divani candidi, coi suoi cari. Nell'intervista a corredo delle immagini esemplari, si apprende sempre che il leader s'alza di notte per cambiare i pannolini, non vale granché in cucina, ma non si tira indietro quando c'è da caricare la lavapiatti (e infatti Casini cambia e carica); e sempre, al momento del clic, i cani - di casa, sennò a prestito, che è anche meglio - si dispongono in posa plastica (e infatti i cuccioli di labrador aggregati ai Casini-Caltagirone sono quattro e tutti straordinariamente mansueti). Sui manifesti affissi per strada, invece, lo sguardo si sofferma. E capita di rimuginarci su, perché è la prima volta che due bambini così piccoli fanno campagna elettorale, perché i volti dei minori non sono velati e non lo è neppure la finalità dell'operazione, dal momento che è la stessa mamma di Francesco e Caterina a dichiarare a Chi: «E' una bella immagine di modernità e di famiglia». Perché, superata la prima reazione di stupore/disappunto, viene in mente che i candidati hanno sempre usato immagini di famiglie e di ragazzini in campagna elettorale, e allora metterci i propri figli sul manifesto, anziché quelli altrui, può essere persino una scelta responsabile, una cosa per bene. E dunque: vota Pier, Francesco e Caterina; vota il padre coi suoi bambini, visto che sui manifesti Azzurra non compare: la sua è piuttosto una presenza subliminale, di quelle che rafforzano il messaggio, perché il candidato in versione mammo ha quell'aria un po' così, da genitore della domenica, tipica degli uomini in carriera che capita talvolta d'incontrare ai giardinetti dove la moglie gli ha intimato, tra molte raccomandazioni pratiche, di portare i piccoli a sfogare un po' d'energia; tipica, se vogliamo, anche dei tanti divorziati con week-end alternato, che esistono e votano. Pier - lo vedete? - è dei vostri, tende a distrarsi proprio come capita a voi. Sono, quei manifesti, un piccolo capolavoro di modernità. Immagini molto italiane, democristiane e al tempo stesso post-berlusconiane (lo scoop concordato di Silvio e Veronica nonni, la scorsa estate, ha segnato un punto di passaggio nelle strategie di comunicazione politica sdoganando il ricongiungimento familiare a fini sondaggistici, ma ai tempi della discesa in campo del Cavaliere gli amati volti si limitavano a sorridere nelle cornici d'argento piazzate sulla scrivania); immagini che raccontano storie contemporanee e comuni: non solo i papà non più ragazzi alle prese con pupi e cagnolini apprezzeranno, ma anche i molti neo-disoccupati che ora di lavoro fanno i mammi e vanno al parco, sia pure in attesa di svoltare come Cofferati (ah, il sollievo di sfilarsi il marsupio e tornare al lavoro). Che i cari frugoletti giochino una partita sempre più essenziale nella carriera dell'uomo politico, d'altronde, è risaputo: a imitare la celebre foto di John Kennedy alla Casa Bianca, quella in cui John-John gioca sotto la scrivania, ci hanno provato tutti, da D'Alema a Sarkozy; l'esibizione compulsiva delle piccine di Barack Obama ha fornito nuovi spunti agli strateghi nostrani; i bambini sono l'ultimo must have dello star-system e sono le nuove first-lady in politica, presenze più stabili e infinitamente più seducenti. Soprattutto per loro, ormai, il paparazzo s'apposta o viene convocato. Dei figli di secondo letto dei leader italiani sappiamo tutto, la prima uscita in passeggino e la prima cotta, quale costume a carnevale, che copertina per il battesimo, su cosa sono inciampati all'esame di maturità. Di quelli di primo letto, invecchiati nelle foto incorniciate alle spalle di papà, quasi nulla. I tempi erano dunque maturi: a piazzare i bambini (propri) sui manifesti elettorali qualcuno doveva pur pensarci e, spiace per i competitors, ci ha pensato Casini. Tutti gli altri si consolino pensando che prima o poi gli irresistibili monelli crescono e le loro piccole-grandi imprese smettono di fare tenerezza al lettore e all'elettore. Tra l'altro è già successo, più volte, anche in Italia.

Torna all'inizio


VESTIREMO ALLA CINESE (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 24-04-2009)

Argomenti: Obama

Mario Deaglio VESTIREMO ALLA CINESE Dietro le cifre delle previsioni aride e molto imprecise delle previsioni economiche globali per il 2009 si cela, dal lato dell'offerta, un rapidissimo cambiamento del peso e del potere economico dei grandi Paesi e un profondo ridisegno del quadro produttivo del mondo. Dal lato della domanda, si delinea invece un cambiamento di capacità e modelli di spesa, di priorità, di gusti individuali e familiari. Se anche la crisi passerà abbastanza rapidamente, ossia nel giro di 4-6 trimestri - come viene ufficialmente sostenuto, sia pure con una convinzione sempre minore - questi mutamenti della domanda sono destinati a diventare permanenti. Si ripercuoteranno sul modo di consumare di 2-3 miliardi di abitanti di Paesi poveri che diventeranno un po' meno poveri nonostante la crisi, e degli abitanti dei Paesi ricchi che potrebbero diventare un po' meno ricchi. I gusti e le capacità di spesa della famiglia Smith, della famiglia Dupont o della famiglia Bianchi, oggi alle prese con una crescente precarietà di reddito, stanno diventando meno importanti dei gusti e delle capacità di spesa delle (molto più numerose) famiglie Hu, Singh o dos Santos le quali, pur partendo da livelli bassissimi, hanno alle spalle ormai diversi decenni di allargamento di orizzonti e di crescita dei redditi, e un futuro in cui probabilmente tale tendenza sarà destinata a continuare, sia pure a un ritmo un po' inferiore a quello del recente passato. Per conseguenza, mentre il numero dei giovani cinesi, indiani e brasiliani che andranno all'università è destinato ad aumentare, il numero dei giovani americani che si recheranno al college si ridurrà in quanto l'istruzione superiore negli Stati Uniti non è gratuita e molte famiglie, prive delle risorse finanziarie necessarie, non possono più ricorrere all'indebitamento. Contemporaneamente continuerà a crescere il numero di abitanti dei Paesi emergenti che possono permettersi cure mediche avanzate; negli Stati Uniti, in attesa che la riforma sanitaria proposta dal presidente Obama possa essere attuata, saranno sempre più numerosi gli americani non più in grado di pagare l'assicurazione sanitaria. E noi europei dovremo tenerci ben stretto l'«ombrello assistenziale» che ci ripara - a un costo molto elevato per le finanze pubbliche - dai costi della nostra salute e che ha già subito parecchie limature. Se vorranno sopravvivere e prosperare, le imprese, grandi e piccole, che producono i beni di consumo per un mercato mondiale, dovranno adattarsi a questa domanda diversa; e l'innovazione di prodotto proverrà sempre più da direzioni insolite. L'auto meno cara al mondo è stata recentemente presentata da un'impresa indiana e negli Stati Uniti si guarda con un interesse che un tempo sarebbe stato del tutto inusuale alla Cinquecento e ai motori europei a basso consumo di carburante. Nei ristoranti fast food del mondo emergente sono presenti più piatti a base di cereali che hamburger. L'ondata di impopolarità nei confronti delle categorie manageriali potrebbe rapidamente trasferirsi in impopolarità dei consumi vistosi con cui queste categorie spesso si sono identificate in Occidente. Anche se ancora non si intravedono chiaramente le alternative, il tramonto del «modello americano» di consumo potrebbe essere il risultato più duraturo dell'attuale crisi. L'illusione, diffusa soprattutto tra gli operatori finanziari, che la crisi sia un fastidioso intermezzo, destinato a diventare tra breve un ricordo di cui liberarsi rapidamente per riprendere i giochi e i comportamenti di prima è, appunto, un'illusione: quando l'economia mondiale tornerà a una crescita sostenuta e uniforme, non solo la geografica produttiva e la mappa del potere economico mondiale saranno radicalmente diverse ma anche le priorità personali e i parametri del gusto saranno mutati e risentiranno assai più di oggi di una componente asiatica, o talora russa, latino-americana o islamica. Già oggi, come aveva osservato lo storico e politologo americano Samuel Huntington, è solo la nostra miopia che ci fa definire «globali» prodotti che sono più semplicemente «occidentali». È inevitabile quindi che i nuovi prodotti globali vengano configurati in maniera crescente secondo gusti asiatici e per questo sono frequenti i casi di grandi società che lanciano le loro novità sul mercato cinese e localizzano in Cina o in India centri di design, stile e ricerca. Questa mutazione qualitativa indica abbastanza chiaramente la direzione verso la quale deve muoversi l'industria italiana. Uno dei suoi punti di forza è, da sempre, la rapidità con la quale sa adattare i propri prodotti al mutare delle condizioni esterne; quando lo shock petrolifero del 1974-75 mise nelle mani degli «sceicchi» un inusitato potere d'acquisto, i mobilieri della Brianza prepararono velocemente nuovi prodotti di gusto arabeggiante; lo stile dei gioielli italiani già oggi riflette fortemente il gusto di compratori extraeuropei. La maggiore reattività, la capacità di interpretare culture e gusti diversi, la flessibilità produttiva sono le armi migliori con cui le imprese italiane possono combattere la crisi attuale. Non bastano, infatti, i pur necessari sostegni finanziari e gli sgravi fiscali che le imprese chiedono al governo. Una sfida analoga a quella attuale, e cioè trovare prodotti nuovi per un mondo nuovo, fu vinta dall'Italia del dopoguerra che propose al mondo lo scooter, una forma nuova di motorizzazione di massa, le macchine per scrivere portatili, il cioccolato a basso costo, i frigoriferi piccoli che entravano anche nelle case dei poveri e tante altre cose ancora. Per sopravvivere e prosperare, le imprese italiane devono svolgere la medesima funzione storica per il mondo che uscirà dalla crisi attuale. mario.deaglio@unito.it CONTINUA A PAGINA 37

Torna all'inizio


La rivolta della Maddalena "Traditi un'altra volta" (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 24-04-2009)

Argomenti: Obama

La rivolta della Maddalena "Traditi un'altra volta" Protestano sindaci e imprenditori Il neo governatore «Un fatto inopinato» [FIRMA]NICOLA PINNA CAGLIARI Lo sciame sismico delle reazioni parte da La Maddalena, passa per Olbia e arriva fino a Cagliari. La bordata più potente è del vicepresidente della Provincia della Gallura: «La Sardegna sta diventando l'isola delle bufale». Poi a cascata tutti gli altri esponenti politici. «Questo è uno scippo ai sardi», gridano dall'Italia dei valori mentre i vertici cagliaritani del Pd aggiungono: «Una decisione assurda e demagogica». Al coro di proteste per lo spostamento del G8 a L'Aquila si aggiungono subito anche alcuni dei maggiori rappresenti del Pdl sardo: «Una mossa incomprensibile», sottolinea il senatore Pdl, Piergiorgio Massidda. La decisione del Consiglio dei ministri di ieri mattina, in Sardegna, ha suscitato un forte malcontento. L'ira del sindaco della Maddalena, Angelo Comiti: «L'Abruzzo, in questo momento, ha necessità di tanto aiuto e non di certo di un vertice internazionale per complicare la vita agli aquilani. Nella nostra città ci sarà una grande rivolta: non accetteremo che restino incompiuti i progetti di rilancio del nostro territorio. La Maddalena, non lo dimentichiamo, ha dato un contributo enorme al sistema di difesa internazionale, ospitando per trentacinque anni sottomarini americani a propulsione nucleare». Vibrano nel pomeriggio i muri del Consiglio regionale: il governatore Ugo Cappellacci chiama subito Berlusconi e strappa al premier un appuntamento per questa mattina. «Il nostro sentimento di solidarietà nei confronti degli amici abruzzesi è fortissimo, ma abbiamo preso atto con grande preoccupazione e forte stupore delle decisioni adottate dal Governo. Un fatto improvviso, importante e inopinato». E aggiunge: «Il processo di recupero di La Maddalena non può essere fermato, gli investimenti non si devono bloccare e i lavori non possono essere interrotti». La promessa di organizzare a settembre, in Sardegna, il G8 dell'Ambiente alla presenza del presidente americano Obama, non soddisfa per niente il primo cittadino di La Maddalena. E scatena anche altre polemiche tra i consiglieri regionali. Dice Roberto Cappelli dell'Udc: «Possibile che la solidarietà verso l'Abruzzo si possa esprimere soltanto con il trasferimento del G8 a L'Aquila?». Dalla Gallura arriva poi la protesta della Confindustria: «Assurdo bloccare la macchina organizzativa che è in moto da più di un anno».

Torna all'inizio


Salvate il soldato Khadr da Guantanamo (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 24-04-2009)

Argomenti: Obama

La Corte canadese al governo Harper «Salvate il soldato Khadr da Guantanamo» La Corte suprema del Canada ha ordinato al governo canadese di intervenire sull'Amministrazione Obama per ottenere la liberazione da Guantanamo di Omar Khadr, un giovane detenuto con cittadinanza canadese che fu catturato nel 2002 quando aveva 15 anni. Quello di Khadr è uno dei casi-simbolo legati al centro di detenzione realizzato dagli Usa nella base navale a Cuba, perchè il giovane, oggi 22enne, è stato uno dei pochi minorenni a finire nelle celle americane. La decisione della Corte suprema mette sotto pressione il primo ministro Stephen Harper, che finora ha ribadito che il governo non intende intervenire sugli americani a favore di Khadr. Il giovane canadese è accusato di aver ucciso un soldato Usa in Afghanistan nel luglio 2002. È rimasto l'unico detenuto con cittadinanza di un Paese occidentale, tra i circa 240 prigionieri di Guantanamo.

Torna all'inizio


Contro l'Iran, ricordare la Shoah (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 24-04-2009)

Argomenti: Obama

IL PRESIDENTE BARACK OBAMA COMMEMORA L'OLOCAUSTO IN RISPOSTA ALLE FRASI DI AHMADINEJAD Contro l'Iran, ricordare la Shoah Solenne cerimonia in Campidoglio con i sopravvissuti ai lager tedeschi Elie Wiesel: «L'iraniano ha insultato Israele come nessun uomo civile dovrebbe fare» DAL CORRISPONDENTE DA NEW YORK Barack Obama ricorda solennemente l'unicità dello sterminio degli ebrei da parte dei nazisti a 96 ore di distanza dalle polemiche innescate alla Conferenza dell'Onu a Ginevra dagli attacchi al «razzismo di Israele» lanciati dal presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad, che ha spesso negato pubblicamente l'Olocausto. L'evento, dentro il Campidoglio di Capitol Hill, è curato dal cerimoniale della Casa Bianca per assegnargli il massimo risalto simbolico: il presidente è circondato dai sopravvisuti ai lager, da alcuni cittadini polacchi che sfidarono la morte per salvare alcuni ebrei, dai leader del Congresso, dai rappresentanti di Israele e delle comunità ebraiche. Alle sue spalle, i drappi di tutti i reparti delle forze armate americane che liberarono i campi di sterminio, inclusa la 89ª divisione di fanteria nella quale militava un suo prozio. Il primo a prendere la parola è il premio Nobel per la pace Elie Wiesel, sopravvissuto ad Auschwitz, che chiama in causa Ahmadinejad accusandolo di negare lo sterminio e di aver «insultato Israele come nessuna persona civilizzata dovrebbe fare». L'affondo di Wiesel contro Amadinejad è duro: sullo sfondo della memoria dello sterminio evoca il rischio di un secondo Olocausto che potrebbe essere causato in Israele da un'atomica lanciata da Teheran. Quando Wiesel termina, l'aula del Capitol è immersa in un silenzio di raccoglimento per celebrare il «Giorno del Ricordo» e Obama rende omaggio alla «saggezza e testimonianza» del Nobel per la pace, facendo capire di condividere quanto ha appena detto. Se nei giorni precedenti la Casa Bianca ha condannato l'arringa anti-israeliana di Ahmadinejad a Ginevra, ora Obama fa un passo in più, facendo propria la memoria dello sterminio che viene negato da Teheran. Prima parla dell'unicità del massacro di sei milioni di ebrei: «La scienza che poteva guarire venne usata per uccidere, la burocrazia che sostiene la vita moderna venne adoperata per eseguire uccisioni di massa, l'Olocausto fu unico nel suo scopo e nel metodo, venne alimentato dagli stessi odi che hanno causato atrocità nel corso della Storia». Poi ricorda due americani testimoni di quanto avvenne: il prozio «che partecipò alla liberazione del campo di Ohrdruf, parte di Buchenwald» rimanendone segnato al punto che al ritorno in patria «si chiuse in casa per sei mesi» e poi il presidente Dwight Eisenhower. E' descrivendo la scelta che fece Eisenhower, nelle vesti di comandante supremo delle truppe alleate in Europa, subito dopo la liberazione di Buchenwald, che Barack Obama recapita a Mahmud Ahmadinejad il messaggio desiderato: «Eisenhower ordinò ai tedeschi delle città vicine di visitare il campo per vedere ciò che era stato perpetrato in loro nome, ordinò alle truppe americane di visitare il campo per vedere il Male contro il quale avevano combattuto, inviò giornalisti e membri del Congresso a condividere il ruolo di testimoni, ordinò di scattare fotografie e girare film perché comprese il pericolo del silenzio». Insomma, l'America si considera testimone della Shoà e rigetta ogni tipo di negazionismo. \

Torna all'inizio


Torture Il primo sì fu di Condi (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 24-04-2009)

Argomenti: Obama

183 Retroscena CHI SAPEVA LA SCELTA Torture Il primo sì fu di Condi «Trattamenti» per il detenuto MAURIZIO MOLINARI Anche l'ex vicepresidente Cheney fu messo al corrente delle pratiche della Cia Obama vorrebbe limitare l'indagine ai politici lasciando fuori gli agenti Verso un'inchiesta Documenti ufficiali del 2002 mostrano che l'allora consigliera di Bush approvò l'uso del waterboarding Lo scandalo Anche la democratica Nancy Pelosi sarebbe stata informata Lei: «Mi dissero che era solo un progetto» CORRISPONDENTE DA NEW YORK Furono Condoleezza Rice e Dick Cheney ad autorizzare gli agenti della Cia di George Tenet a condurre gli interrogatori dei detenuti di Al Qaeda con «tecniche rafforzate» che adesso l'amministrazione Obama equipara alla tortura, ovvero ad una violazione delle leggi degli Stati Uniti. A svelarlo sono alcuni documenti del ministero della Giustizia, pubblicati online dalla commissione Intelligence del Senato, destinati a rafforzare la voce dei leader democratici del Congresso che vogliono dare inizio ad un'inchiesta pubblica sulla legalità dell'operato della presidenza Bush. I documenti in questione escono dal ministero che dopo l'11 settembre 2001 era guidato da John Ashcroft, fedelissimo di Bush, ed ora è nelle mani di Eric Holder, fedelissimo di Obama. La loro importanza è relativa alla ricostruzione della genesi dell'autorizzazione all'uso del «waterboarding», l'affogamento simulato al quale vennero sottoposti Khalid Sheik Mohammed, ideatore degli attacchi del 2001, e due colonnelli di Osama bin Laden: Abu Zubaida, collaboratore di Khalid Sheik Mohammed, e Abd al-Rahim al-Nashiri, coinvolto nell'attacco alla Uss Cole del 2000. La prima occasione nella quale la Casa Bianca diede luce verde a questa «tecnica rafforzata» risale al 17 luglio 2002 quando Condi Rice, allora consigliere per la sicurezza nazionale del presidente, incontrò il capo della Cia George Tenet suggerendogli di «procedere a condizione dell'assenso del ministero della Giustizia». Era stato un briefing dell'intelligence a spiegare in precedenza, nei dettagli, a Rice che cosa comportava il «waterboarding» che venne poi impiegato su Abu Zubayda per 83 volte riuscendo ad ottenere le informazioni che avrebbero portato alla cattura di Khalid Sheik Mohammed. Un anno dopo, nel 2003, alti funzionari della Cia tornarono a illustrare alla Casa Bianca l'utilità del «waterboarding» durante una riunione alla quale parteciparono, oltre alla Rice, il vicepresidente Dick Cheney, il ministro della Giustizia Ashcroft, il consigliere legale del presidente Alberto Gonzales e il consigliere legale della Rice, John Bellinger. Al termine di quella riunione venne riaffermata la «legalità» delle «tecniche rafforzate» e nei mesi seguenti Khalid Sheik Mohammed vi venne sottoposto per 183 volte, svelando il piano di una seconda ondata di attacchi con aerei-kamikaze, questa volta contro la California. Il «Washington Post» ha indagato su quanto avvenne all'epoca arrivando alla conclusione che il ministro della Difesa, Donald Rumsfeld, e il Segretario di Stato, Colin Powell ne vennero tenuti all'oscuro. A confermarlo è anche John Rockefeller, senatore democratico del West Virginia che siede nella commissione di Intelligence, secondo il quale «i documenti di cui al momento disponiamo attestano che non furono coinvolti nel processo decisionale». L'unico degli interessati a reagire alle accuse al momento è Bellinger, facendo sapere che si tratta di una «ricostruzione incompleta che non riflette cosa avvenne». Ma l'impressione è che ci troviamo solo all'inizio di una battaglia politica e legale dalle conseguenze imprevedibili. Dianne Feinstein, presidente democratica della commissione di Intelligence al Senato, vuole infatti accelerare i tempi per «audizioni pubbliche» alle quali potrebbero essere chiamati a deporre sotto giuramento Cheney, Rice e altri volti di spicco della passata amministrazione ma è un percorso che la Casa Bianca di Obama teme in ragione dell'aria di rivolta che già si respira a Langley, fra gli agenti della Cia che temono di diventare i capri espiatori dell'inchiesta. Fino a questo momento Obama si è detto determinato ad impedire procedimenti a carico degli agenti mentre è favorevole ad un'inchiesta bipartisan a Capitol Hill capace di mettere in luce le illegalità commesse a livello politico. Saranno le prossime settimane a dire che il presidente riuscirà a rimanere in bilico fra queste due direzioni di marcia, di certo deve guardarsi dal rischio di boomerang come nel caso di Nancy Pelosi, la presidente della Camera dei Rappresentanti che secondo il «Washington Post» nel 2002 venne «messa segretamente al corrente delle nuove tecniche». Pelosi assicura che «mi dissero solo che le avrebbero applicate in futuro» ma non basta ad allontanare il dubbio che anche lei fosse a conoscenza dei nuovi metodi di interrogatorio applicati sui detenuti di Al Qaeda.

Torna all'inizio


auto (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 24-04-2009)

Argomenti: Obama

A. auto Le quattro ruote in movimento General Motors Nove settimane di vacanza I rappresentanti dei concessionari americani dovrebbero incontrare giovedì la task force designata da Obama per la ristrutturazione di Detroit. Gm pensa alla chiusura temporanea della maggior parte delle fabbriche per nove settimane durante l'estate. Toyota Il primato mondiale dopo un anno vacilla Il primato mondiale di Toyota, conquistato l'anno scorso dopo 77 anni di dominio incontrastato di General Motors, vacilla: le vendite sono scese del 27%, a 1,767 milioni di veicoli. Porsche Winterkorn vuole far sua Volkswagen Volkswagen punta in futuro a rinsaldare l'alleanza con Porsche, suo principale azionista. Lo ha detto l'amministratore delegato della società, Martin Winterkorn, durante l'assemblea annuale degli azionisti in corso ad Amburgo. Porsche detiene circa il 50,8% di Volkswagen e punta ad arrivare al 75%.

Torna all'inizio


Turchia-Armenia, prove di disgelo (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 24-04-2009)

Argomenti: Obama

PASSO STORICO MEDIATO DALLA SVIZZERA ALLA VIGILIA DELLA COMMEMORAZIONE DEL MASSACRO PERPETRATO DALLE TRUPPE OTTOMANE 1990 Disputa sui confini 1915 Genocidio armeno 1992 Nagorno-Karabakh I nodi irrisolti Quando la storia divide Turchia-Armenia, prove di disgelo L'ira dell'Azerbaigian: nessun accordo senza una soluzione per il Caucaso conteso Gli armeni rivendicano territori turchi Per Ankara ci sono stati solo 300 mila morti L'Armenia occupa la regione dell'Azerbaigian [FIRMA]MARTA OTTAVIANI ANKARA La Turchia e l'Armenia hanno trovato un accordo per un percorso che porti alla normalizzazione dei loro rapporti. Lo ha annunciato il ministero degli Esteri turco nella tarda serata di mercoledì, con un comunicato ufficiale congiunto, a due giorni da oggi, data in cui si commemora il massacro della popolazione armena da parte delle truppe ottomane. Un eccidio che la comunità internazionale e la Diaspora armena vorrebbero veder dichiarato «genocidio», anche nel discorso che il presidente Obama pronuncerà negli Usa, e che la Turchia si rifiuta di dichiarare tale, contrapponendo la propria versione dei fatti: non un milione di vittime sterminate metodicamente, ma 300 mila morte per tragiche fatalità e non secondo una strategia precisa. L'accordo fra i due Paesi, mediato dalla Svizzera, è un passo storico per le loro relazioni. Nel 1993 i turchi decisero di chiudere il confine, anche a causa del conflitto fra Armenia e Azerbaigian per il controllo della regione del Nagorno-Karabakh, in territorio azero, invasa dalle truppe armene e teatro di un sanguinoso conflitto, dove Ankara ha sempre preso le difese di Baku. Nella dichiarazione congiunta turco-armena si legge che «Turchia e Armenia hanno lavorato intensamente per normalizzare le relazioni bilaterali e intendono svilupparle in uno spirito di buon vicinato e mutuo rispetto, per promuovere pace, sicurezza e stabilità in tutta la regione. In questo contesto è stata definita una road-map». Fonti di stampa turca hanno reso noti i contenuti del percorso, che si concentrano su tre punti: apertura e riconoscimento dei confini, soluzione condivisa sui fatti del 1915, accordo sul Nagorno-Karabakh. L'Armenia non intende opporre resistenze sul riconoscimento dei confini turchi, ma trovare un accordo sul massacro del secolo scorso e sul Nagorno potrebbe causare più di un problema. La Arf, la Federazione armena rivoluzionaria, una delle formazioni più nazionaliste, ha espresso parole di apprezzamento per la ripresa del dialogo e promesso che oggi, durante le commemorazioni ufficiali del genocidio a Erevan, non verranno compiuti atti oltraggiosi contro le bandiere turche, a differenza di quanto successo gli anni precedenti. Il dialogo fra i due Paesi è iniziato nel 2007, dopo l'assassinio a Istanbul del giornalista armeno Hrant Dink. La Turchia in questi due anni ha compiuto passi significativi. All'inizio di aprile sono iniziate trasmissioni in lingua armena e l'anno prossimo si apriranno facoltà in armeno nelle università. Anche la società civile ha fatto la sua parte. A ottobre un gruppo di 300 intellettuali, seguito da altri 29 mila esponenti della società civile, ha sottoscritto una petizione in cui chiedeva scusa «ai fratelli armeni» per gli avvenimenti del 1915. Dal punto di vista diplomatico ed economico la normalizzazione delle relazioni serve a tutti: alla Turchia per dimostrare a Bruxelles che si lavora per l'ingresso nell'Ue; agli Usa, che dimostrano di essere un partner affidabile e capace di mediare in conflitti nevralgici come quello caucasico; all'Armenia per uscire dal suo isolamento e venire coinvolta nelle rotte commerciali ed energetiche della regione. A guastare l'idillio potrebbe essere proprio lo storico alleato di Ankara: l'Azerbaigian. Che proprio ieri ha fatto sapere che una normalizzazione è impossibile senza prima una soluzione per il Nagorno-Karabakh, la regione del Caucaso che contende all'Armenia. 1 2 3

Torna all'inizio


Troppe First Lady per un presidente (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 24-04-2009)

Argomenti: Obama

Personaggio Jacob Zuma trionfa alle elezioni ma ha un dilemma Consorti e favorite del leader sudafricano Gertrude Khumalo Nkosazana Dlamini Thobeka Stacey Mabhija 67% LA VITTIMA IL PRECEDENTE Troppe First Lady per un presidente Il nuovo leader sudafricano ha tre mogli e tre fidanzate Vincerà la compagna di una vita o la giovane rampante? MATTEO FAGOTTO LA MOGLIE-COMPAGNA CON CUI CONVIVE DA 50 ANNI LA SECONDA MOGLIE DURÒ DAL 1994 AL 1999 FIDANZATA UFFICIALE, PER CUI HA PAGATO UN TRIBUTO dei voti all'Anc Il suo passato sentimentale è funestato dal suicidio di una delle 4 donne che ha sposato Anche l'attuale capo dello Stato non è riuscito a scegliere e ha lasciato il posto vacante JOHANNESBURG Magari non entrerà nella storia come Michelle Obama o Carla Bruni, in compenso sceglierla potrebbe essere tutt'altro che una passeggiata: soprattutto perché, per la prima volta nella storia del Sudafrica, la prossima first lady sarà una delle due mogli del tradizionalista Zulu e poligamo convinto Jacob Zuma, leader dell'African National Congress e, stando ai risultati delle elezioni di mercoledì scorso, futuro presidente del Paese. La consistente vittoria sugli oppositori della Democratic Alliance e del Congress of the People, festeggiata ieri sera da Zuma con canti e balli per le strade di Johannesburg, rischia di portare qualche turbolenza nell'harem privato del leader sudafricano. Con quattro matrimoni, tre fidanzate «ufficiose», un divorzio, un suicidio e dieci figli alle spalle (più qualche altro illegittimo, numeri da far impallidire Diego Armando Maradona) il prossimo leader della Nazione Arcobaleno si trova di fronte a un grattacapo non da poco. Nonostante la poligamia sia legale in Sudafrica, per il cerimoniale presidenziale c'è spazio per una sola First Lady, che Zuma dovrà scegliere entro l'inizio del prossimo mese tra le due sue compagne ufficiali: da una parte la timida e riservata Gertrude Khumalo, fiamma dell'adolescenza e compaesana con cui Zuma ha festeggiato pochi mesi fa 50 anni di matrimonio, rimasta a fianco del leader politico durante la dura prigionia a Robben Island prima e l'esilio poi; dall'altra la fresca ed esuberante Nompumelelo Ntuli (chiamata affettuosamente MaNtuli), 34 anni e una capacità di reggere la scena che l'ha di fatto trasformata nella favorita per il ruolo di prima donna. Rispettare la tradizione o puntare sulla gioventù? Finora il problema è sempre stato definito dall'Anc una «questione privata», ma entro i primi di maggio, quando il Parlamento investirà ufficialmente Zuma della presidenza, il nodo dovrà essere sciolto. E se parenti e amici di Gertrude reclamano la carica invocando l'anzianità e il passato di lotta e militanza della «coppia», anche MaNtuli ha qualche asso nella manica. Primo fra tutti i due figli (contro gli zero della rivale) dati a Zuma, ma anche il suo impegno nel sociale e il talento nell'organizzare eventi religiosi di massa, oltre a qualche recente sortita nell'agone politico che sa tanto di prove generali per il prossimo futuro. La sensazione è che, nonostante Zuma abbia definito Gertrude «una moglie, un'amica, una sorella e una madre», MaNtuli sia favorita per la giovane età e la propensione ad apparire davanti alle telecamere, attività che la timida e riservata prima moglie non ha mai amato. E, sebbene possa vantare appena un anno di matrimonio con Zuma, il fatto che sia stata MaNtuli ad accompagnare suo marito al voto, concedendosi sorridente a fotografi e cameramen mentre Gertrude rimaneva a casa a pochi chilometri dal seggio, fa pendere ancor più la bilancia a favore della prima. Che, per ora, si schermisce affidando al «volere di Dio» la scelta finale. Sebbene le vicende amorose del neo presidente hanno riempito per anni le pagine di gossip dei giornali, facendo pendant con le cronache dei suoi processi, lo stile Zuma non è molto amato in patria. Stando a un recente sondaggio condotto dalla TNS Market, il 74 per cento della popolazione locale sarebbe contrario alla poligamia, una pratica diffusa solo tra alcune comunità del Paese come gli Zulu e gli Swazi e troppo old fashioned per una società dinamica come quella sudafricana. Che però non disdegna di curiosare nelle vicende sentimentali del leader dell'Anc. Se il divorzio dalla seconda moglie ed ex ministro degli Esteri, Nkosazana Dlamini, è di pubblico dominio, meno conosciuta è la vicenda della mozambicana Kate Mantsho, toltasi la vita nel 2000 con una dose letale di barbiturici dopo aver dato al politico sudafricano cinque figli. In una nota lasciata prima di morire, la Mantsho definì i 24 anni di matrimonio con Zuma «l'esperienza più dolorosa e amara a cui sono andata incontro», punzecchiando poi il marito per la sua propensione a chiedere soldi in prestito (vizio, quest'ultimo, all'origine dei suoi recenti guai con la giustizia) e addirittura vietandogli di presenziare al funerale. Non che il futuro presidente sia il solo ad avere scheletri nell'armadio: lo scorso anno il capo di stato ad interim e attualmente in carica, Kgalema Motlanthe, in crisi con la consorte e inseguito da voci su due presunte amanti e un figlio illegittimo avuto da una di queste, si rifiutò di presentare ufficialmente una First Lady alla nazione, in barba alla ragion di stato. Un precedente da cui Zuma potrebbe magari trarre spunto per non scontentare nessuna delle sue dolci metà.

Torna all'inizio


ma la sardegna si ribella al dietrofront "hotel a metà, sprechi da corte dei conti" - pier giorgio pinna (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 24-04-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 4 - Interni Cappellacci preoccupato. "Sono stupito, parlerò col premier". Paura per gli investimenti fatti Ma la Sardegna si ribella al dietrofront "Hotel a metà, sprechi da Corte dei conti" Tra gli imprenditori che hanno investito negli hotel di lusso anche la Marcegaglia PIER GIORGIO PINNA CAGLIARI - Rivolta in Sardegna. La decisione di trasferire il G8 provoca dure reazioni. Il timore è che le grandi opere progettate alla Maddalena, senza i finanziamenti residui, non vengano completate. Sarebbe una mazzata forse letale per la riconversione di molte strutture a un uso civile dopo decenni d´impiego per scopi militari nel quadro di strategie in passato legate alla base Usa dei sommergibili nucleari e ai presidi della Marina italiana. Nell´isola si moltiplicano le prese di posizione negative. Dei complessivi 400 milioni destinati all´arcipelago dal 2008 sino a oggi dai governi Prodi e Berlusconi (insieme con la Regione Sardegna e con tanti industriali privati, a cominciare dalle imprese di Emma Marcegaglia) è stata spesa una parte consistente. Ma per portare a termine i lavori occorre poter contare sull´intero pacchetto d´investimenti. Prospettiva ora a rischio. Il sindaco della Maddalena, Angelo Comiti, del Pd: «Ora qualcuno dovrà vedersela con la Corte Conti». Il presidente della giunta regionale, Ugo Cappellacci, del Pdl, subentrato a Renato Soru che molto si era battuto per il G8 alla Maddalena, prima si mostra stupito e poi tende la mano alle popolazioni abruzzesi: «Noi sardi siamo solidali, e in ogni caso Berlusconi mi ha garantito che da noi si terrà il summit sull´ambiente voluto da Obama». In serata altra dichiarazione, di tenore ben diverso: «Abbiamo preso atto con grande preoccupazione e forte stupore delle decisioni adottate dal governo. Un fatto improvviso, inopinato». Il governatore vedrà il premier a Roma. Pesantissimi gli industriali del Nord Sardegna, e chiedono che le opere non saranno lasciate a metà. «Nonostante La Maddalena sia un paradiso naturale che non ha bisogno di attrarre turisti la sua scarsa ricettività residenziale, se non corretta, minaccia di rivelarsi un handicap». Critiche dall´ex ministro della Difesa, il sardo Arturo Parisi. Due le aree dell´arcipelago dove, nonostante le notizie rimbalzate da Roma, si continua a lavorare. La prima zona fa capo all´ex Arsenale militare. Qui si sta costruendo un albergo a 5 stelle da oltre 100 camere e le due suite che avrebbero dovuto ospitare il presidente Usa. Poi, su una superficie di 16mila metri quadri, un palazzo dei convegni, un mediacenter per le conferenze stampa (da riconvertire per servizi turistici), un porto con una trentina di posti. Nell´area dell´ex ospedale militare, sempre alla Maddalena, si realizzano invece un hotel da 110 stanze, le 8 suite presidenziali destinate ai capi di Stato. Mentre nel lungomare antistante si opera per un riassetto complessivo e una modernizzazione degli impianti. Nelle scorse settimane erano saltati i finanziamenti all´inizio riservati al G8 per il raddoppio delle corsie sulla strada Olbia-Sassari e l´ampliamento dell´aeroporto Costa Smeralda, dirottati altrove dal governo. Casi già al centro di contestazioni, dato che non sono state mantenute le promesse fatte in prima persona dallo stesso premier durante la recente campagna per le elezioni regionali.

Torna all'inizio


g8, il trasloco all'esame di washington - vincenzo nigro (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 24-04-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 4 - Interni G8, il trasloco all´esame di Washington Per gli Stati Uniti L´Aquila è più sicura. Sì della Gran Bretagna, cauta la Germania Le reazioni VINCENZO NIGRO ROMA - I primi a reagire ufficialmente sono stati i britannici. Reazione positiva. «Le decisioni sul luogo dove tenere il vertice del G8 spettano al governo italiano», ha scritto in una nota il portavoce di Downing Street Lynn Eccles. «Abbiamo profonda simpatia per il popolo italiano, dopo i tragici eventi all´Aquila la Gran Bretagna è pronta ad aiutare l´Italia in ogni modo possibile. Le decisioni sul luogo dove tenere il vertice del G8 spettano al governo italiano». Poco dopo, da Washington, arriva un segnale favorevole dell´amministrazione americana. Chi segue la sicurezza di Barack Obama, ovvero il Secret Service, aveva già fatto mille ispezioni alla Maddalena, al luogo dove ancorare la nave da crociera "Fantasy" o le altre navi su cui avrebbe potuto far base il presidente. Una nave è un luogo poco difendibile, da cui ci si muove con difficoltà in caso di pericolo, poco adatto al presidente degli Stati Uniti. Il G8 in Abruzzo è una scelta migliore per gli spostamenti di Obama, per la sua sicurezza, anche se tutto è ancora da costruire. «Stiamo valutando, siamo in contatto con i funzionari italiani per capire quali saranno gli sviluppi dell´organizzazione del vertice», spiega in serata un altro funzionario della Casa Bianca. Ma da Siracusa, dove si tiene il G8 dei ministri dell´Ambiente, l´americana Lisa Jackson rivela che «Barack Obama e Berlusconi si sono già sentiti sullo spostamento del vertice: se dovesse essere così, ci vorranno degli aggiustamenti. Tuttavia non abbiamo ancora preso una posizione». Un altro paese chiave, la Germania di Angela Merkel, sembra prepararsi allo spostamento senza grandissimo entusiasmo: un diplomatico tedesco a Roma dice che «per ora il ministero degli Esteri da Berlino non ha reazioni: spetta agli italiani organizzare il vertice». La verità è che da tempo molti diplomatici in Italia avevano capito che mettere in piedi il vertice alla Maddalena sarebbe stato un incubo organizzativo. Per cui il colpo di teatro di Berlusconi di spostare il tutto in Abruzzo in fondo viene accettato con sollievo. «Ma è sempre una sorpresa, uno spostamento non previsto», dice un altro diplomatico, «e alle burocrazie, alle organizzazioni questo tipo di sorprese non piacciono». Ieri pomeriggio naturalmente tutti i siti Internet e le agenzie di stampa straniere hanno scritto dello spostamento deciso da Berlusconi. Per la Reuters «la decisione a sorpresa mette fine a oltre due anni di pianificazione per l´evento sull´assolata e remota isola della Maddalena, e permette a Berlusconi di mantenere l´attenzione sul terremoto e sulla sua risposta grazie alla quale ha rafforzato la sua popolarità». Secondo il New York Times, che ieri pomeriggio riprendeva il servizio dell´agenzia Reuters, «non è chiaro al momento come la città medievale dell´Aquila, adesso coperta di macerie ed edifici crollati, possa sistemare le migliaia di persone attese per il summit». L´edizione elettronica di El Mundo scrive invece che «Nicolas Sarkozy, Barack Obama, Gordon Brown e Angela Merkel vedranno con i propri occhi i danni provocati dal terremoto che il 6 aprile scorso ha scosso il centro-Italia», aggiungendo che l´idea di Silvio Berlusconi «è quella di far sì che gli occhi di mezzo mondo si concentrino sul capoluogo dell´Abruzzo».

Torna all'inizio


populismo selettivo - (segue dalla prima pagina) (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 24-04-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 35 - Commenti POPULISMO SELETTIVO (SEGUE DALLA PRIMA PAGINA) Ed è un rischio reale, come dimostrano in modo eloquente alcuni fatti significativi delle ultime settimane, tra i quali spicca l´alto e severo monito del presidente della Repubblica. Berlusconi non si limita a chiedere una maggiore efficienza dell´azione di governo. Pretende una radicale ridefinizione del ruolo del presidente del Consiglio, con una concentrazione di potere nelle sue mani senza precedenti e senza controlli, alterando, e non riformando, la forma di governo disegnata dalla Costituzione. Consapevoli o no, Berlusconi e i suoi continuano a muoversi secondo un modello messo a punto negli Stati Uniti nel 1994 da un parlamentare repubblicano, Newt Gingrich, che proponeva un "Contratto con l´America" e il passaggio a un "Congresso virtuale" (collegati elettronicamente, i cittadini avrebbero votato le leggi al posto dei parlamentari). Sappiamo che Berlusconi fece proprio il primo suggerimento, firmando in diretta televisiva il non dimenticato "Contratto con gli italiani". Ora si indica una strada per delegittimare il Parlamento, già minacciato d´una riduzione ad una sorta di riunione di famiglia di cinque persone, quanti sono i presidenti dei gruppi parlamentari, che voterebbero al posto dei singoli senatori o deputati. Fallito negli Stati Uniti, il modello Gingrich troverà in Italia la sua terra d´elezione? Cogliamo così il populismo nella sua versione più radicale, che ispira l´azione quotidiana del presidente del Consiglio, che si è da tempo manifestato nell´accorta e totalitaria gestione del sistema della comunicazione e che ora attende il suo compimento finale, con l´accentramento dei poteri nelle mani del primo ministro e un incontro fatale con le tecnologie elettroniche. Di questo modo d´intendere la politica e lo Stato Berlusconi ha dato pubblica testimonianza quando, in apertura del congresso costituente del Popolo della Libertà, ha descritto l´intero costituzionalismo moderno appunto nella chiave, abusiva e inquietante, di una sua radice populista. E l´insofferenza per ogni forma di controllo e per le stesse regole dello Stato di diritto, caratteri tipici del populismo di destra, ritornano ossessivamente nelle più impegnative vicende recenti. Quando Napolitano ha rifiutato di firmare il decreto legge sul caso Englaro, Berlusconi ha minacciato un ricorso al popolo, costituzionalmente improponibile, perché il potere di decretazione fosse attribuito al governo fuori d´ogni controllo. Viviamo, però, in un clima di populismo "selettivo". Quando esalta la voce del popolo, Berlusconi dimentica del tutto che questa voce si levò nel giugno 2006, quando proprio un referendum popolare bocciò la sua proposta di riforma costituzionale. Quel voto, infatti, viene svalutato imputandolo non ai cittadini, ma alla "sinistra", ai "comunisti". Questo perché si vuole cancellarne l´indubbio significato politico nel momento in cui si cerca di imboccare una strada preoccupante come quella allora bloccata. Dopo il referendum, infatti, si sottolineò che, evitato lo stravolgimento, la Costituzione aveva bisogno di una "buona manutenzione": esattamente l´opposto di quel che oggi propone Berlusconi, chiedendo in primo luogo d´essere libero da ogni controllo nell´emanazione dei decreti legge e di spostare sul presidente del Consiglio il potere di sciogliere le Camere. In questo modo, però, non si va verso una forma di governo parlamentare razionalizzata, ma verso un primato assoluto dell´esecutivo, anzi di chi lo presiede, che contrasta con il sistema costituzionale vigente. Dopo aver trasferito la sede del governo a casa propria, ora Berlusconi vuole portare a compimento il suo progetto di privatizzazione delle funzioni di governo trasferendo nello Stato il modello già realizzato per il suo nuovo partito, descritto senza reticenze nell´articolo 15 dello statuto sui poteri del presidente del Pdl: "Ha la rappresentanza politica del partito, e lo rappresenta in tutte le sedi politiche e istituzionali, ne dirige l´ordinato funzionamento e la definizione delle linee politiche e programmatiche, convoca e presiede l´ufficio di presidenza, la direzione e il consiglio nazionale e ne stabilisce l´ordine del giorno. Procede alle nomine degli organi di partito e, d´intesa con l´ufficio di presidenza, decide secondo le modalità previste dallo statuto". Non si poteva trovare una più sincera dichiarazione di autocrazia. Conosco già alcune risposte. Non si vuole alterare la Costituzione, ma soltanto rendere più efficiente l´azione di governo e più fluidi i regolamenti parlamentari. Non lasciamoci ingannare da queste giravolte. Si dice che, reso più rapido l´iter parlamentare delle proposte del governo, verrà ridotto il ricorso ai decreti legge. Che non è una buona risposta, perché si accetta comunque la pretesa del governo di non sottoporre a controlli adeguati le sue iniziative. E perché ai guasti del presidenzialismo strisciante non si risponde con una sua rassegnata accettazione, ma ripensando gli equilibri istituzionali, partendo da una seria rivalutazione della funzione parlamentare che non può essere affidata alle logore acrobazie di uno "statuto" concesso alle opposizioni (si rifletta sugli effetti della recente riforma costituzionale francese, che ha determinato l´assoluta opacità della legislazione chiusa nelle commissioni parlamentari e il sistematico azzeramento degli spazi di iniziativa legislativa "garantiti" all´opposizione). è tempo di contrappesi forti. Si torna così al tema della comunicazione. L´ipotesi del sondaggio permanente dei cittadini dà l´illusione della sovranità e la sostanza della democrazia plebiscitaria. è una ipotesi insieme pericolosa e vecchia, se appena si rivolge lo sguardo ai diversi tentativi di far sì che i cittadini, consultati anche elettronicamente, non siano ridotti a "carne da sondaggio", ma possano essere soggetti attivi e consapevoli. Il ben diverso uso delle tecnologie e delle reti sociali da parte di Obama, e non da lui soltanto, dovrebbe indurre a riflessioni meno rozze. Ma delle impervie vie della democrazia elettronica, fuori dal populismo, converrà parlare più distesamente.

Torna all'inizio


"Ora i governi devono spendere molto di più" (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 24-04-2009)

Argomenti: Obama

IL MONDO DOPO LA CRISI Intervista Robert Reich Gli Usa saranno ancora la prima economia Ma ne usciranno indeboliti Il professore di Berkeley "Ora i governi devono spendere molto di più" Il guru: solo così eviteremo ricadute WASHINGTON I singoli governi dovrebbero aumentare la spesa nel 2009 del 2%, rispetto al 2008 per evitare nuove pesanti ricadute della crisi». E' l'appello di Robert Reich economista, docente a Berkeley, guru del mercato del lavoro e autore di: «The Transformation of Business, Democracy, and Everyday Life». Guardando i dati dell'Fmi la tesi dell'inizio della fine della crisi viene a cedere? «Forse non siamo nemmeno alla fine dell'inizio. Vedo pochissimi segnali che possano sostenere ottimismo. Sarà ancora per 12-18 mesi». Quali sono i punti deboli? «La contrazione della domanda ci tiene prigionieri di un ciclo vizioso nel quale le aziende tagliano posti. La conseguenza è una riduzione delle disponibilità delle famiglie costrette a ridurre le spese per consumi, a posticipare il pagamento delle rate di prestiti e mutui, a chiederne la proroga e il rifinanziamento». Quali saranno le conseguenze sul mercato del lavoro? «Negli Stati Uniti il tasso di disoccupazione salirà oltre il 10% entro la fine del 2009. La sottoccupazione, quella porzione di forza lavoro talmente scoraggiata da non cercare un impiego e chi lavora part-time ma cerca il tempo pieno, aumenterà fino al 18%». Il piano Obama è inefficace? «E' un passo nella giusta direzione ma la portata è nettamente inferiore rispetto alle esigenze del Paese, e rischia di avere effetto solo nel 2010. L'economia americana sta operando su volumi di circa 1.500 miliardi di dollari al di sotto della sua capacità reale e dubito che nel 2010 la situazione sarà migliore». L'occupazione come reagisce? «Il mercato del lavoro americano è molto flessibile e questo è un vantaggio in tempi buoni, ma il rischio è che manchino in tempi difficili gli ammortizzatori sociali. Il risultato è che la gente è in preda all'ansia e non spende. L'assenza di reti di sicurezza anticicliche rende la crisi più dolorosa». E' la conseguenza del Supercapitalismo? «Sì, in parte. Il Supercapitalismo è molto vantaggioso per i consumatori e gli investitori quando le economie sono in espansione. Allo stesso tempo però rende i sistemi molto sensibili a repentini sconvolgimenti, e ne aumenta la vulnerabilità specie dinanzi a bolle speculative». Cosa fare allora? «A mio giudizio le diverse nazioni dovrebbero aumentare la spesa. In questo modo potrebbero salvare decine di milioni di posti nel mondo». Come giudica l'approccio alla crisi da parte delle istituzioni internazionali? «Il passaggio al G-20 è importante perché l'economia globale richiede un'ampia armonizzazione delle politiche e della regolamentazione. In ogni caso le organizzazioni internazionali come Fmi, e Banca mondiale, devono continuare a svolgere un ruolo strategico e di coordinamento. Ma solo lo Stato nazionale può scrivere regole efficaci». Come cambierà l'assetto mondiale dopo la crisi? «Gli Stati Uniti saranno sempre la prima economia, anche sene usciranno umiliati e indeboliti dal terremoto finanziario. La speranza è che il settore finanziario Usa abbia imparato la lezione: non si possono sostenere aumenti dei profitti attraverso un incremento dell'indebitamento. I consumatori americani da parte loro devono imparare a vivere entro le loro possibilità».

Torna all'inizio


Noa: "La mia musica per la pace tra gli israeliani e i palestinesi" (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 24-04-2009)

Argomenti: Obama

MAISON MUSIQUE IL CONCERTO OGGI ALLE 22 Noa: "La mia musica per la pace tra gli israeliani e i palestinesi" Nello show ci sono i brani del cd «Genes And Jeans» di stampo yemenita È Noa la star di primavera a Maison Musique; la cantante e messaggera di pace israeliana è di scena stasera alle 22 sul palco di Rivoli, accompagnata da un quartetto di musicisti connazionali; lo show prende spunto dalla pubblicazione del cd «Genes And Jeans». Raccolta di canzoni riprese dalla tradizione yemenita che dal vivo sono affidate alle virtù strumentali di Gil Dor, Gil Zohar e Gadi Seri, nonché alla splendida voce della cantante già apprezzata in concerto da Papa Giovanni Paolo II. Il ritorno a Rivoli di Noa coincide con un momento di tensione internazionale dovuto alla conferenza «Durban 2» in Svizzera; ma è anche il primo in Piemonte dopo l'elezione di Barak Obama. L'artista riassume così il suo contrastato stato d'animo: «L'elezione di Obama è una delle cose più belle cui ho avuto modo di assistere in tutta la mia vita; al contrario, mi pare che la convenzione di Durban dimostri quanto siamo ancora lontani dall'affermazione di un processo di comprensione reciproca, proponendo schemi che lasciano spazio all'odio e all'antisemitismo. Però non dobbiamo scoraggiarci, bisogna incoraggiare le posizioni moderate e percorrere la strada del dialogo». A partire dal prossimo mese a Mosca, dove Noa rappresenterà Israele alla manifestazione canora «Eurovision Song Contest». Canterà in quell'occasione il brano «There Must Be Another Way» con la sua collega araba Mira Awad: «Sono molto fiera di quel brano. È scritto in tre lingue, ebraico, arabo e inglese; c'è un verso che dice "quando piango per entrambe noi il mio dolore non ha nome", e poi il ritornello è esplicito, ci deve essere un altro modo di affrontare la questione israelo-palestinese». La canzone fa parte del disco «Genes And Jeans», direttamente ispirato alla ricca tradizione yemenita: «Una musica unica al mondo sotto il profilo del ritmo e della melodia, che spesso accompagnava testi di poeti di straordinaria sensibilità e profondità. Con il mio partner artistico Gil Dor abbiamo attualizzato il contesto, inserendo la lingua inglese e storie legate alla vita odierna. Lo Yemen è noto per le voci, l'uso di uno strumento chiamato "pach" e lo stile di danza; tutti elementi che confluiscono nel mio show». Dove si intrecciano a strumenti e soluzioni moderne: «Rinnovarsi è un obbligo, anche l'organo di Bach era considerato rivoluzionario ai suoi tempi. Alla stessa maniera, io non ho problemi a rapportarmi con l'elettronica; è il software che conta, non l'hardware. E il software sono le persone». Info: via Rosta 23, ingresso 30 euro, tel. 011 - 537636.\

Torna all'inizio


È Noa la star di primavera a Maison Musique; la cantante e messaggera di pace israeliana è... (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 24-04-2009)

Argomenti: Obama

È Noa la star di primavera a Maison Musique; la cantante e messaggera di pace israeliana è di scena stasera alle 22 sul palco di Rivoli, accompagnata da un quartetto di musicisti connazionali; lo show prende spunto dalla pubblicazione del cd «Genes And Jeans». Raccolta di canzoni riprese dalla tradizione yemenita che dal vivo sono affidate alle virtù strumentali di Gil Dor, Gil Zohar e Gadi Seri, nonché alla splendida voce della cantante già apprezzata in concerto da Papa Giovanni Paolo II. Il ritorno a Rivoli di Noa coincide con un momento di tensione internazionale dovuto alla conferenza «Durban 2» in Svizzera; ma è anche il primo in Piemonte dopo l'elezione di Barak Obama. L'artista riassume così il suo contrastato stato d'animo: «L'elezione di Obama è una delle cose più belle cui ho avuto modo di assistere in tutta la mia vita; al contrario, mi pare che la convenzione di Durban dimostri quanto siamo ancora lontani dall'affermazione di un processo di comprensione reciproca, proponendo schemi che lasciano spazio all'odio e all'antisemitismo. Però non dobbiamo scoraggiarci, bisogna incoraggiare le posizioni moderate e percorrere la strada del dialogo». A partire dal prossimo mese a Mosca, dove Noa rappresenterà Israele alla manifestazione canora «Eurovision Song Contest». Canterà in quell'occasione il brano «There Must Be Another Way» con la sua collega araba Mira Awad: «Sono molto fiera di quel brano. È scritto in tre lingue, ebraico, arabo e inglese; c'è un verso che dice "quando piango per entrambe noi il mio dolore non ha nome", e poi il ritornello è esplicito, ci deve essere un altro modo di affrontare la questione israelo-palestinese». La canzone fa parte del disco «Genes And Jeans», direttamente ispirato alla ricca tradizione yemenita: «Una musica unica al mondo sotto il profilo del ritmo e della melodia, che spesso accompagnava testi di poeti di straordinaria sensibilità e profondità. Con il mio partner artistico Gil Dor abbiamo attualizzato il contesto, inserendo la lingua inglese e storie legate alla vita odierna. Lo Yemen è noto per le voci, l'uso di uno strumento chiamato "pach" e lo stile di danza; tutti elementi che confluiscono nel mio show». Dove si intrecciano a strumenti e soluzioni moderne: «Rinnovarsi è un obbligo, anche l'organo di Bach era considerato rivoluzionario ai suoi tempi. Alla stessa maniera, io non ho problemi a rapportarmi con l'elettronica; è il software che conta, non l'hardware. E il software sono le persone». Info: via Rosta 23, ingresso 30 euro, tel. 011 - 537636.\

Torna all'inizio


"Arazzo", nuove collezioni nelle vetrine del mondo (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 24-04-2009)

Argomenti: Obama

SHOWROOM. DAGLI USA A SINGAPORE "Arazzo", nuove collezioni nelle vetrine del mondo «Erano 6 mesi che trattavamo, ci sono voluti alcuni viaggi all'estero ma poi ci siamo riusciti». Filippo Uecher è soddisfatto: dopo aver arredato il salotto del presidente Obama ora, con il marchio «Mariaflora», sta aprendo 11 showroom negli Stati Uniti, in Canada, a Londra e a Montecarlo. «Il momento è difficile ma è indispensabile pensare al futuro. Soprattutto in America le cose si stanno muovendo e sicuramente il "made in Italy" piace. Proprio ieri mattina abbiamo avuto la conferma per altri due punti vendita a Singapore e in Malesia». Arazzo, a Vigliano, è una piccola azienda, che conta 12 dipendenti e una quarantina di «esterni» che lavorano in conto terzi. Fa parte del gruppo Para-Tempotest, leader nella produzione di tessuti per esterni in tutto il mondo, ideali per il giardino, la nautica, la spiaggia, il bordo piscina, e altrettanto perfetti per l'arredamento d'interni, dal soggiorno alla camera da letto. «Siamo leader anche grazie a questo prodotto particolare - prosegue Uecher - Del resto il fatto di garantire un tessuto per 8 anni, nella tenuta del colore anche se esposto al sole e alla pioggia e al contempo offrire stoffe morbide come quelle in fibre naturali, in velluto, ciniglia, raso e jacquard, è un'importante passo avanti, frutto di un'attenta ricerca e di una forte volontà di innovazione». Summit Furniture sarà il partner di Mariaflora a Los Angeles, San Francisco, Londra, Chelsea Harbour e Montecarlo mentre Jeffrey Michaels sarà la location in Florida (a Miami). Con Design & Retail sarà presente in Missoury (a Kansas City) e con Terris Draheim a Seattle in Oregon. Infine per Toronto, Montreal, Vancouver e New Jersey Arazzo si appoggerà a Primavera. In via di definizione altri Showroom a Phoenix, Arizona, a Dallas Texas e a New York.

Torna all'inizio


Sassone celebra in rima "La vittoria di Obama" (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 24-04-2009)

Argomenti: Obama

Poesie. Sassone celebra in rima "La vittoria di Obama" Attualità e intimismo nel nuovo volume che debutta a maggio Nel contesto delle celebrazioni della giornata del lavoro, venerdì 1° maggio alle 15, nel salone Rinascita del circolo Arci «Francesco Leone» di corso Prestinari a Vercelli, il senatore Irmo Sassone presenterà il suo recente libro di poesie intitolato «La vittoria di Obama» a cura di Renza Agnelli per le edizioni Universum. Si tratta di una raccolta di venti brani di poesia civile che si riferiscono a tematiche sociali e politiche sia nazionali che internazionali, senza trascurare l'attualità, come appunto ricorda il titolo. Si va dall'affermazione della pace contro tutte le guerre, all'attuale crisi finanziaria, dalla difesa dello stato sociale alla conservazione dell'ambiente per poi tornare ad un clima più intimistico e personale con le liriche che chiudono il volumetto. Sassone, classe 1927, nativo di Quinto, partito dalla terra di risaia, è stato dirigente politico e sindacale e infine senatore dal 1976 al 1983. Numerosissimi i suoi scritti sia di poesie che in forma di saggio, sempre comunque permeati dal suo immancabile impegno sociale. Nella breve presentazione l'autore commenta: «L'intento, con la prossima raccolta, è di superare le trecento pagine di poesia civile, per ricordare sogni giovanili e necessità che andrebbero soddisfatte realizzate nel presente e nel futuro». A seguire, Franco Migliaccio, docente all'Istituto Belle Arti di Brescia, illustrerà la mostra allestita per l'occasione. Verranno esposte le «copertine d'autore» dei 25 volumi de «La Storia della Società italiana».

Torna all'inizio


"Il pericolo è che il Paese si dissolva" (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 24-04-2009)

Argomenti: Obama

LA MINACCIA Intervista Robert Kaplan "Washington rischia di ritrovarsi come alleato uno Stato fallito" «Gli islamisti avanzano con piccoli blitz, poi ottengono dal governo le zone conquistate» "Il pericolo è che il Paese si dissolva" MAURIZIO MOLINARI Giornalista e stratega CORRISPONDENTE DA NEW YORK Il Pakistan sta diventando uno Stato fallito». Robert Kaplan, stratega militare del «Center for New American Security» di Washington e autore di «Imperial Grunts» è uno dei maggiori conoscitori della regione afghano-pakistana, dove si reca spesso in visita alle truppe americane che vi operano, e vede nella cattura della provincia di Buner da parte dei taleban i sintomi della possibile caduta del governo di Ali Zardari che sta dando ripetuti segnali di estrema debolezza. Perché i taleban sono riusciti a prendere il distretto di Buner? «Il motivo è un combinato fra la debolezza delle forze governative e gli errori che sono stati commessi dal presidente Ali Zardari». Quali errori? «Siglare accordi di tregua con i taleban consentendogli di prendere il controllo della provincia di Swat ha permesso loro di usare il territorio come una base per prendere il Buner. Fare passi indietro di fronte ai taleban significa consentirgli di rafforzarsi. Il governo precedente fece lo stesso errore patteggiando la tregua con i gruppi taleban in Waziristan. Il risultato è stato, allora come adesso, premiare le ambizioni dei taleban». Che disegno strategico hanno i taleban pakistani? «Conquistare, passo dopo passo, il controllo di diverse aree di territorio per creare uno Stato islamico dentro i confini pakistani e dimostrare che il governo non è sovrano, non rappresenta la nazione». Lanceranno un attacco contro la capitale? «Il Buner non è molto lontano da Islamabad ma i taleban non hanno la forza militare per condurre una simile operazione. Non cercheranno un assalto che non possono vincere, continueranno a rosicchiare terreno al governo grazie al fatto che le loro cellule, aggressive e ben armate, sono più efficaci delle truppe, poco motivate». Che cosa accomuna i taleban pakistani? «L'ideologia. Vogliono creare uno Stato islamico». C'è una regia comune con i taleban afghani? «Non siamo in grado di dirlo ma c'è un'alleanza sul territorio dovuta al fatto che le regioni di operazioni confinano, oltre alla condivisione del progetto di Stato islamico». Washington può impedire lo sgretolamento del Pakistan? «L'amministrazione Obama, al pari della precedente guidata da Bush, ha chiesto a Islamabad di non fare accordi con i taleban ma in entrambi i casi il governo pakistano non ha ascoltato. Fare intese con la guerriglia concedendole spazi di territorio è la strategia che in Colombia portò alla fine degli anni Novanta il presidente Andres Pastrana a cedere alla guerriglia delle Farc con il risultato di indebolire lo Stato». Perché Zardari ripete l'errore compiuto da Pastrana? «Per il motivo che è un leader debole. La popolarità del presidente è all'8 per cento mentre il leader dell'opposizione Sharif è all'85. Zardari è prigioniero della sua debolezza». Sarà l'esercito guidato dal generale Pervez Kayani a prendere l'iniziativa sul terreno? «Credo di sì». Ci sarà un golpe? «Lo scenario è di un colpo di Stato non violento, morbido. Se è vero che l'esercito è parte integrante della debolezza dello Stato resta l'unico a poter evitare la disgregazione del Pakistan». Molti si chiedono dove sia finito A. Q. Kahn, il padre della bomba pakistana da qualche tempo non più agli arresti domiciliari. Lei che idea si è fatto? «È scomparso nel nulla. E la cosa non promette bene visto che fu lui a creare il network clandestino di armamenti nucleari del quale si sono giovati Paesi come Iran e Corea del Nord». In Iraq le truppe della coalizione hanno catturato Al Baghdadi, il locale leader di Al Qaeda. Quale saranno le conseguenze? «La coalizione gli stava dando la caccia perché negli ultimi tempi abbiamo assistito ad una ripresa degli attacchi suicidi da parte dei gruppi legati ad Al Qaeda a Baghdad e in tutto il paese. Saranno le prossime settimane a dirci se la cattura avrà effetto».

Torna all'inizio


nuovi documenti incastrano la rice "ha autorizzato le torture della cia" - alberto flores d'arcais (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 24-04-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 16 - Esteri Nuovi documenti incastrano la Rice "Ha autorizzato le torture della Cia" Pelosi: "Ora una commissione verità". McCain: "è caccia alle streghe" ALBERTO FLORES D´ARCAIS dal nostro inviato new york - I sondaggi dicono che alla vigilia dei primi cento giorni di Obama la maggioranza degli americani (63%) è soddisfatta del suo operato, ma l´esplosione delle polemiche dopo la pubblicazione dei memo sulle torture della Cia rischia di creare seri problemi alla Casa Bianca. Le ultime rivelazioni, che vedono coinvolta Condoleezza Rice, lo scontro acceso sul varo di una commissione d´inchiesta che sta spaccando il Partito democratico, gli attacchi della destra (ricompattata per l´occasione) stanno travolgendo lo spirito bipartisan, che nelle intenzioni di Obama, doveva essere un punto centrale della sua politica. Il documento diffuso da Jay Rockefeller (presidente della commissione Intelligence del Senato) mercoledì sera offre ai liberal nuovi motivi per chiedere un´indagine del Congresso sull´uso del waterboarding (la tecnica di annegamento simulato) e degli «interrogatori brutali» approvati dalla Casa Bianca di Bush nella guerra ai terroristi di Al Qaeda. La prima ad approvare (sia pure verbalmente) l´uso del waterboarding fu nel luglio 2002 Condoleezza Rice, allora Consigliere per la Sicurezza Nazionale. La data non è secondaria, perché dimostra che «Condi» ebbe in questa decisione un ruolo molto più importante di quello da lei ammesso l´autunno scorso, quando sostenne di aver partecipato a riunioni in cui le richieste della Cia vennero solo discusse e in cui si chiese al ministro della Giustizia di dare una valutazione legale. Risposta (positiva) che, secondo il primo memo Top Secret della Cia, arrivò solo il 1 agosto 2002. Nella primavera del 2003 l´Intelligence americana chiese alla Casa Bianca di prorogare il programma di interrogatori e nel luglio dello stesso anno il National Security Council si incontrò per discuterne. Al meeting erano presenti il vicepresidente Dick Cheney, Condoleezza Rice, il ministro della Giustizia John Ashcroft e il legale della Casa Bianca (e futuro ministro di Giustizia) Alberto Gonzales. In quel meeting ad alto livello venne ribadito che il programma di «interrogatori brutali» era legale e rifletteva la politica dell´amministrazione Bush. Nel documento di Jay Rockefeller viene sottolineato come fossero assenti due membri-chiave del governo Bush, il Segretario di Stato Colin Powell e il capo del Pentagono Donald Rumsfeld: «Non vennero coinvolti nella decisione nonostante riguardasse la politica estera e quella militare degli Stati Uniti». Nonostante la cauta apertura dei giorni scorsi Obama resta contrario alla commissione d´inchiesta. Dando il via libera alla pubblicazione dei quattro memo e garantendo allo stesso tempo l´immunità agli agenti della Cia, aveva sperato di chiudere la vicenda, senza un coinvolgimento diretto degli uomini della passata amministrazione. Il timore della Casa Bianca era quello di spaccare l´America, di dividere il Partito democratico e di affrontare un´opposizione repubblicana che su questa vicenda ha deciso di affilare le armi. Tre cose che si sono immediatamente avverate. Lo speaker democratico al Congresso Nancy Pelosi (che pure aveva dato parere favorevole quando venne informata delle «tecniche brutali» dalla Casa Bianca di Bush) ha affiancato il senatore Russ Feingold nella richiesta di una «commissione verità» che abbia il potere di indagare sulle responsabilità della passata amministrazione ed ha chiesto che la Casa Bianca non assicuri l´immunità salvo alcuni casi «che vanno valutati volta per volta». Di diverso avviso è il leader democratico al Senato Harry Reid, e d´accordo con lui è anche una pattuglia di «blue dog», i deputati democratici che sulla guerra al terrorismo sono stati diverse volte d´accordo con Bush. Contro la Casa Bianca sparano a zero i repubblicani. Dopo le accuse di Cheney («Pubblicare i memo Cia aiuta i nemici dell´America») e dopo che Karl Rove ha detto che Obama vuole arrivare ad un «processo show», ieri é intervenuto John McCain, l´ex candidato alla Casa Bianca: «E´ partita la caccia alle streghe». Toccherà al ministro della Giustizia Eric Holder provare a togliere le castagne dal fuoco. Sarà lui a decidere (ovviamente in accordo con Obama) se varare o meno una commissione d´inchiesta. Per ora le sue dichiarazioni sono ambigue. «Il ministero seguirà le prove ovunque ci portino, perché nessuno è al di sopra della legge». Ma anche «non permetteremo la criminalizzazione di politiche differenti per quanto riguarda gli interrogatori Cia».

Torna all'inizio


shirin ebadi striglia l'occidente "un errore boicottare ginevra" - francesca caferri (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 24-04-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 17 - Esteri Aiutare la pace Shirin Ebadi striglia l´Occidente "Un errore boicottare Ginevra" Non condivido le idee di Ahmadinejad: invece di sperare che Israele sparisca, speriamo che nasca uno Stato palestinese FRANCESCA CAFERRI Shirin Ebadi ha assistito alle polemiche sulla conferenza Onu sul razzismo lontano da casa: dall´Europa prima e dagli Stati Uniti - dove si trova ora - poi, la premio Nobel per la pace ha visto i Paesi occidentali e l´Unione europea spaccarsi sulla questione iraniana. Signora Ebadi, cosa pensa della divisione dei Paesi europei alla conferenza di Ginevra? «Secondo me avrebbero fatto meglio a partecipare. In questo modo avrebbero potuto presentare il loro modo di pensare. Se si vuole avere ragione occorre difendere il proprio punto di vista». Dunque crede che la comunità internazionale dovrebbe proseguire sulla via del dialogo con Teheran anche di fronte alle posizioni estremiste di Ahmadinejad? «Io sono sempre contro qualunque forma di scontro. La guerra non risolve nulla, aggiunge altri problemi a quelli che ci sono già, come ci insegna l´esperienza in Iraq e in Afghanistan. Se si è contrari alla guerra, l´unica altra scelta possibile resta il dialogo. Ma perché sia serio, occorre definire con attenzione quali sono le questioni sul tavolo. Credo inoltre che si debba procedere su tre livelli: il dialogo tra capi di Stato e di governo, quello tra i parlamenti e quello, importantissimo, tra le società civili». Le tv hanno mostrato una folla festante al rientro di Ahmadinejad da Ginevra: pensa che gli iraniani condividano le opinioni del loro leader su Israele? «Io stessa come iraniana sono contro questo modo di esprimersi. Credo che invece di sperare che Israele sparisca, dovremmo sperare che nasca uno stato palestinese indipendente al più presto. Questo mi pare questo un contributo reale alla pace in Medio Oriente: non auspicare la scomparsa di Israele». Obama ha offerto un ramoscello d´ulivo agli iraniani: ritiene che questo possa essere un nuovo punto di partenza nelle relazioni fra gli Stati Uniti e Teheran? «Sono convinta che le divergenze fra i nostri Paesi siano risolvibili con il dialogo. Negli Stati Uniti vivono due milioni di iraniani: basterebbe prendere cinque fra parenti e amici di ciascuna di queste persone per avere un buon numero di iraniani che vogliono il dialogo. E che se lo aspettano in tempi ragionevoli. A queste persone vanno poi aggiunti molti altri iraniani, che hanno nei confronti degli Stati Uniti un´attitudine positiva». Crede che ci saranno novità in questo campo prima delle elezioni presidenziali di giugno in Iran? «In base alla Costituzione iraniana, il presidente della Repubblica non ha una grande autonomia. Qualunque sia il risultato delle elezioni non credo che cambierà molto la situazione attuale e le scelte politiche dell´Iran». L´ultima domanda riguarda la giornalista americana Roxana Saberi. Lei ha assunto la sua difesa: su che basi la porterà avanti? «La nostra Costituzione stabilisce che i processi debbano essere tenuti in presenza di una giuria: quello di Roxana è stato fatto a porte chiuse. Inoltre, aveva diritto a un avvocato sin dal momento dell´arresto: e non le è stato concesso. Per tutti questi motivi, la sentenza è secondo me priva di valore».

Torna all'inizio


La rivolta della Maddalena "Traditi un'altra volta" (sezione: Obama)

( da "Stampaweb, La" del 24-04-2009)

Argomenti: Obama

CAGLIARI Lo sciame sismico delle reazioni parte da La Maddalena, passa per Olbia e arriva fino a Cagliari. La bordata più potente è del vicepresidente della Provincia della Gallura: «La Sardegna sta diventando l’isola delle bufale». Poi a cascata tutti gli altri esponenti politici. «Questo è uno scippo ai sardi», gridano dall’Italia dei valori mentre i vertici cagliaritani del Pd aggiungono: «Una decisione assurda e demagogica». Al coro di proteste per lo spostamento del G8 a L’Aquila si aggiungono subito anche alcuni dei maggiori rappresenti del Pdl sardo: «Una mossa incomprensibile», sottolinea il senatore Pdl, Piergiorgio Massidda. La decisione del Consiglio dei ministri di ieri mattina, in Sardegna, ha suscitato un forte malcontento. L’ira del sindaco della Maddalena, Angelo Comiti: «L’Abruzzo, in questo momento, ha necessità di tanto aiuto e non di certo di un vertice internazionale per complicare la vita agli aquilani. Nella nostra città ci sarà una grande rivolta: non accetteremo che restino incompiuti i progetti di rilancio del nostro territorio. La Maddalena, non lo dimentichiamo, ha dato un contributo enorme al sistema di difesa internazionale, ospitando per trentacinque anni sottomarini americani a propulsione nucleare». Vibrano nel pomeriggio i muri del Consiglio regionale: il governatore Ugo Cappellacci chiama subito Berlusconi e strappa al premier un appuntamento per questa mattina. «Il nostro sentimento di solidarietà nei confronti degli amici abruzzesi è fortissimo, ma abbiamo preso atto con grande preoccupazione e forte stupore delle decisioni adottate dal Governo. Un fatto improvviso, importante e inopinato». E aggiunge: «Il processo di recupero di La Maddalena non può essere fermato, gli investimenti non si devono bloccare e i lavori non possono essere interrotti». La promessa di organizzare a settembre, in Sardegna, il G8 dell’Ambiente alla presenza del presidente americano Obama, non soddisfa per niente il primo cittadino di La Maddalena. E scatena anche altre polemiche tra i consiglieri regionali. Dice Roberto Cappelli dell’Udc: «Possibile che la solidarietà verso l’Abruzzo si possa esprimere soltanto con il trasferimento del G8 a L’Aquila?». Dalla Gallura arriva poi la protesta della Confindustria: «Assurdo bloccare la macchina organizzativa che è in moto da più di un anno».

Torna all'inizio


il lingotto si candida a comandare il secondo colosso mondiale dell'auto - salvatore tropea (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 24-04-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 9 - Economia Il Lingotto si candida a comandare il secondo colosso mondiale dell´auto Veto dei sindacati in Germania, colloqui col governo tedesco Tra Fiat, Chrysler, Opel e Gm Sudamerica, un gruppo da 7,2 milioni di vetture SALVATORE TROPEA TORINO - L´Economist lo ha definito «un pokerista» che «ama essere cacciatore e non preda». E da cacciatore, lui, Sergio Marchionne, dopo avere rilanciato Fiat nel mondo, sta cercando di portare a casa il bottino più grosso mai tentato da un manager del settore: annettersi la Chrysler e poi andare all´attacco della Opel e di un altro pezzo consistente della Gm. Se farà centro il Lingotto prima della prossima estate potrebbe trovarsi al comando di un gruppo italo-tedesco-americano da 7,2 milioni di vetture all´anno (Fiat-Chrysler-Opel-Gm Sudamerica), secondo nel mondo soltanto alla Toyota. La battuta di caccia, per stare nella metafora del settimanale britannico, si svolge tra l´Europa e gli Stati Uniti, in un quadrilatero compreso tra Torino, Washington, Detroit e Berlino. L´ad della Fiat, che ieri ha avuto ampio mandato dal cda, di tornare in America con il compito di «vedere tutto quello che si può fare per concludere il negoziato con Chrysler e senza spendere un euro», continua a ripetere che «la priorità è chiudere l´accordo con Chrysler». «Siamo concentrati su Chrysler, prima dobbiamo gestire questa fase. Se ci sarà altro dovrà essere coerente con questa operazione». Chi e che cosa potrebbe essere questo «altro» cui si riferisce Marchionne senza fare nomi? La sua risposta è che «il gruppo è aperto al dialogo con diverse società del settore automotive». Ma col passare dei giorni questa apertura a trecentosessanta gradi si è andata restringendo e i riflettori della stampa internazionale sono ora puntati sulla Opel. Un´alleanza di Fiat con Opel è comunque subordinata al successo dei colloqui in corso con Chrysler. Ciò vuol dire che non si tratta di una scelta alternativa ma aggiuntiva a quella della casa di Detroit. E a questo proposito, secondo il WSJ, che cita fonti vicine al dossier, l´ad della Fiat la settimana scorsa avrebbe incontrato il ministro tedesco dell´economia, Karl-Theodor Guttenberg da settimane impegnato a trovare un acquirente per la controllata tedesca della Gm. Nella partita dunque è entrata anche la Germania. Il settimanale tedesco Der Spiegel, ha riferito di una lettera di intenti per l´operazione Fiat-Opel che però al Lingotto è stata definita «notizia priva di fondamento». Lo Spiegel, come il quotidiano tedesco Rheinische Post, scrive anche di un consorzio di cui farebbe parte il gruppo austro-canadese Magna Steyr. Sulla strada di Fiat ci sarebbe però l´opposizione del consiglio di fabbrica della Opel il cui presidente Klaus Franz teme «una forte riduzione di organici», dei sindacati socialdemocratici e anche di molti esperti. Uno dei quali Helmut Becker, ha commentato «Oddio!". La gamma dei modelli delle due case è così simile che grossi risparmi sarebbero possibili solo con la massiccia chiusura di impianti». A favore è invece il management della casa madre Gm. Di Magna Styer e Fiat in corsa per Opel ha scritto anche il New York Times riferendo il parere del governatore dell´Assia dove Opel ha il quartier generale, Roland Koch, favorevole all´accordo e per il quale «a differenza di quanto sinora è stato detto ci sono parecchi investitori interessati». Nonostante i silenzio del Lingotto la Opel resta sullo sfondo, ma se ne parlerà dopo il 30 aprile. Su questo i vertici Fiat non hanno dubbi. Il conquista di Opel è comunque una mossa importante sullo scacchiere di Marchionne, collegata com´è, alla crisi Gm. Se infatti, come concordano molti analisti - e a differenza di quanto potrà accadere per la Chrysler- la Gm imboccherà la strada del fallimento pilotato, in fase di ristrutturazione si porrà il problema di «snellire» il colosso dell´auto. E poiché è improbabile che Barack Obama si sia esposto anche finanziariamente verso le due grandi ammalate dell´auto a stelle-e-strisce per poi approdare a sacrifici occupazionali in America, la Opel tedesca e la Gm Sud America potrebbero essere le predestinate a finire sul mercato. Ma la Fiat può pensare di bissare il modello di alleanza con Chrysler, conquistando un pezzo importante di Gm a costo zero? Qualcuno ha provato a dare una risposta a questo interrogativo ipotizzando una possibile cessione da parte di Fiat di Iveco o Cnh. «Sono asset molto preziosi per il gruppo, abbiamo lavorato duramente per portarli a questo livello e sarebbe quindi stupido disfarsene» ha detto però ieri Marchionne agli analisti. Quindi un passo per volta: solo quando si capirà a quali condizioni è stato chiuso il negoziato con Chrysler si potrà valutare meglio la partita Opel.

Torna all'inizio


il fisco in pressing sui ricchi del mondo - enrico franceschini (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 24-04-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 29 - Economia Il fisco in pressing sui ricchi del mondo In Gran Bretagna l´aliquota più alta. In Francia e Germania governi divisi ENRICO FRANCESCHINI dal nostro corrispondente LONDRA - «Il ritorno della guerra di classe», titola in prima pagina il Daily Telegraph, sopra una vignetta che ritrae il primo ministro Gordon Brown nei panni di un redivivo Vladimir Lenin. Il quotidiano filoconservatore esagera, ma anche il più imparziale Financial Times concorda che le misure presentate questa settimana dal ministro del Tesoro Alastair Darling, illustrando il nuovo budget, equivalgono a un´abiura del credo predicato per oltre un decennio dal New Labour di Blair e Brown. Alleggeriremo il peso fiscale, non saremo più il vecchio partito laburista del «tassa e spendi», promisero i due leader nel ‘97, e il loro guru Peter Mandelson annunciò: «Non ho nulla in contrario al fatto che qualcuno diventi schifosamente ricco». Ma ora è proprio con i ricchi che se la prende il governo Brown, alzando le tasse dal 40 al 50% per chi guadagna oltre 150 mila sterline l´anno. Non è l´unico a cambiare rotta: anche Barack Obama segnala un´inversione di tendenza e progetti analoghi circolano in vari paesi europei. Sono misure temporanee? O è la sinistra che cambia pelle? Oppure è il capitalismo che ha bisogno di cambiarla? GRAN BRETAGNA. Qui sono circa 300 mila i contribuenti che dichiarano dalle 150 mila sterline (circa 170 mila euro) di reddito annuo in su. L´obiettivo del governo è riempire le casse dello stato per far fronte a un deficit di 700 miliardi di sterline, accumulato a forza di aiuti per combattere la crisi economica. Il risultato è che la Gran Bretagna ha ora non solo il debito pubblico ma pure l´aliquota fiscale più alti d´Europa. La previsione, confermata dai sondaggi, è che alle elezioni dell´anno prossimo i conservatori torneranno al potere. STATI UNITI. Negli Usa, dall´epoca di Reagan, l´aliquota più alta è al 33% e tale per il momento resterà. Ma Obama ha presentato un piano per tagliare le detrazioni fiscali a chi ha un reddito superiore ai 250 mila dollari l´anno ed usare gli introiti così ricavati per finanziare il sistema sanitario pubblico. E´ un intervento minimo, ma costituisce un primo passo verso quella «riforma del capitalismo» che secondo il presidente è oggi necessaria. GERMANIA. Il partito socialdemocratico (che fa parte del governo di unità nazionale guidato dai conservatori di Angela Merkel che però è contraria) propone un aumento dell´aliquota massima dal 45 al 47 per cento per redditi superiori a 125 mila euro (single) o a 250 mila (coppie), mentre l´aliquota più bassa scenderebbe dal 14 al 10. FRANCIA. Una parte della maggioranza, con il no del governo, è favorevole a una tassa «una tantum» per i redditi oltre i 300 mila euro. ITALIA. Il Partito democratico propone di aumentare per un anno l´aliquota massima dal 43 al 45% per redditi oltre i 120 mila euro.

Torna all'inizio


"nelle banche ancora troppi titoli tossici" - elena polidori (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 24-04-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 30 - Economia "Nelle banche ancora troppi titoli tossici" Strauss-Khan: senza pulizia dei bilanci niente ripresa. Almunia: segnali positivi per la Ue La Banca Mondiale aumenterà gli investimenti in infrastrutture a 45 miliardi ELENA POLIDORI DAL NOSTRO INVIATO WASHINGTON - Dominique Strauss-Kahn chiede alle banche americane e europee di «completare la pulizia dei bilanci» e conferma che, se questo avverrà, la ripresa economica inizierà «dal primo semestre del 2010 e verrà dagli Usa». Il responsabile del Fmi ci tiene a sottolineare che l´eliminazione totale dei titoli «tossici»dal sistema finanziario, all´origine dell´avvelenamento dei mercati di mezzo mondo, è «indispensabile», ed è anche un pre-requisito per l´attesa svolta: «Senza pulizia non ci sarà nessuna ripresa. Chiedo perciò ai governi maggiori sforzi in questa direzione. Non sottovaluto le difficoltà ma il fatto che sia difficile non significa che non sia necessario». E tuttavia, dal suo osservatorio, per la prima volta Strass-Kahn comincia a intravedere «alcune informazioni che mostrano un miglioramento della situazione economica». Ma «sono solo alcune», precisa. «La crisi non è finita». Come lui, anche i ministri del G7 e quelli del G20, che si riuniscono oggi presso il Tesoro americano in due appuntamenti distinti, cercano una luce in fondo al tunnel. Conferma il commissario Ue, Joaquin Almunia: «Da alcuni indicatori arrivano segnali positivi per la Ue». Convinti che questa crisi è sì finanziaria ed economica, ma si basa anche su aspettative di «ordine psicologico», in queste ore gli sherpa diplomatici stanno appunto lavorando per poter mandare all´opinione pubblica un «barlume di speranza», come ha già fatto il presidente Usa Obama. Contemporaneamente, il Fmi raddoppia il tetto per i prestiti ai paesi poveri mentre Robert Zoellick, presidente della Banca Mondiale, impegnato ad alleviare le conseguenze della recessione sul Sud del mondo, annuncia investimenti in infrastrutture per 45 miliardi di dollari in tre anni, il doppio del previsto. L´istituto triplicherà anche il sostegno all´agricoltura (da 4 a 12 miliardi di dollari). In difesa dell´Africa scende in campo pure la rockstar Bob Geldof, direttamente in sala stampa. I Grandi del mondo cercano di combattere una recessione «durissima» che è ancora in corso: abbiamo «lunghi mesi di tensione davanti a noi», pronostica Strauss Kahn mentre reclama il risanamento del sistema finanziario. «Molto è stato fatto ma non abbastanza. Servono ulteriori sforzi», insiste. Proprio al Fmi, d´intesa con il Financial Stability Board guidato dal governatore italiano Mario Draghi, toccherà il compito di mettere insieme l´armamentario tecnico per far scattare i cosiddetti «early warning», i campanelli per avvertire delle nuove, possibili crisi finanziarie. Il primo esperimento-pilota è atteso per ottobre a Istanbul, dove si terrà la prossima assemblea annuale Fmi. Durante una conferenza stampa Strauss Kahn mostra anche una serie di grafici. In uno di questi si vedono le tensioni sui mercati sopportate dai paesi con un alto debito e tra questi c´è l´Italia. Ma le fonti ufficiali presenti a Washington assicurano che non c´è nessun rischio-paese perché i mercati sanno bene che quando c´è una recessione per forza di cose le finanze pubbliche ne risentono: «Non ci sono aspetti devianti».

Torna all'inizio


UNA TERRA VERDE PRODUCE MEGLIO (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 24-04-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Prima Pagina data: 24/04/2009 - pag: 1 ECOLOGIA & ECONOMIA UNA TERRA VERDE PRODUCE MEGLIO di GIOVANNI SARTORI L a Terra come sta? Di recente abbiamo avuto tanti terribili dispiaceri dal terremoto all'Aquila alla depressione economica globale che lo stato di salute del nostro pianetino (che diventa tanto più piccolo quanto più i suoi abitanti diventano numerosi) è stato quasi dimenticato. Il 22 aprile è stata celebrata, nel mondo, la «giornata della Terra». Da noi questa celebrazione è passata quasi inosservata. L'importante notizia resta che, dopo le sciagurate presidenze Bush, gli Stati Uniti di Obama si stanno rapidamente sensibilizzando anche al problema ecologico. E un po' anche la nostra Confindustria (Marcegaglia dixit). Me è proprio vero che il surriscaldamento del nostro pianetino sia opera dell'uomo, che sia colpa nostra? Il sempre più sparuto plotone di scienziati che lo nega pur sempre ammette che le emissioni inquinanti dell'uomo contribuiscono, nell'ordine di almeno un 25%, all'effetto serra e quindi alla alterazione del clima. Anche se così fosse (e per i più così non è) in ogni caso non vedo perché non ci si debba impegnare a oltranza nel combattere la catastrofe climatica che ci minaccia. Ciò premesso, il problema non è solo il clima. E' anche che manca, e mancherà sempre più, l'acqua potabile, o comunque l'acqua per l'agricoltura. Dal che consegue che nelle zone povere e sovrappopolate mancherà il cibo, e quindi che in Africa, India e anche in Cina incombe la minaccia di terribili carestie. Non basta. Un ulteriore problema è che per sopravvivere in tanti, in troppi, abbiamo sempre più bisogno di energia, mentre le nostre riserve di energia (a cominciare dal petrolio) sono in via di esaurimento; e non ci sarà, temo, vento o sole che bastino per soddisfare la fame di energia dei sette miliardi di esseri umani ai quali presto arriveremo, per non parlare dei nove miliardi stimati da infauste previsioni. Tutti i suddetti problemi non esisterebbero se fossimo ancora i tre miliardi di quando io nascevo. Il che equivale a dire che la popolazione della Terra non deve crescere ma diminuire. Elementare, mi sembra. Ma per la Chiesa l'argomento è tabù. E anche il grosso degli economisti ha sinora puntato su uno «sviluppismo » (arricchismo?) infinito, come se noi vivessimo in uno spazio illimitato provvisto di risorse inesauribili. Il guaio è che da gran tempo gli economisti leggono solo se stessi e che si sono chiusi anche loro nella propria nicchia specialistica. Così come i giuristi evadono dai problemi della realtà dichiarandoli extra-giuridici, alla stessa stregua gli economisti eliminano i problemi che non sanno o non vogliono affrontare sotto la voce externalities, di effetti esterni che non li riguardano. Vedi caso, tra queste externalities c'è l'inquinamento dell'atmosfera e dell'acqua, la deforestazione selvaggia che desertifica il suolo e, insomma, tutti i problemi posti dal tracollo ecologico. Eppure è di tutta evidenza che il danno ambientale già prodotto è enorme e che comporterà costi enormi di riparazione e di ripristino. Ammesso che non sia già troppo tardi. Dio non voglia. E' vero che al momento l'emissione dei gas inquinanti sta calando; ma è perché siamo in una recessione che chiude industrie. E un male che ne scaccia un altro non è la soluzione del problema. Per questo rispetto la soluzione è di capire che l'avvenire dello sviluppo industriale è la sua riconversione in un'economia «verde» di risparmio energetico.

Torna all'inizio


Berlusconi: G8 all'Aquila Con i risparmi ricostruiremo (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 24-04-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Primo Piano data: 24/04/2009 - pag: 2 Berlusconi: G8 all'Aquila Con i risparmi ricostruiremo «No alla Maddalena, qui più sobrio». Epifani apprezza la scelta «I no global non avranno il coraggio di venire a fare casino». Decisione top secret anche per molti ministri DA UNO DEI NOSTRI INVIATI L'AQUILA «Faremo qui, proprio in questa caserma, il G8. Lo spostiamo dalla Maddalena a L'Aquila. I 220 milioni che risparmiamo, li investiamo nella ricostruzione. E i no global non avranno il coraggio di venire a fare casino qui fra i terremotati. Capite? Risparmiamo soldi e siamo più sicuri»: Silvio Berlusconi si è rivolto con queste parole ieri mattina alla squadra di governo convocata nella scuola ispettori della Guardia di finanza a Coppito, alle porte del capoluogo abruzzese, per il Consiglio dei ministri straordinario sul terremoto. Da Londra e Washington sono arrivati i primi informali «sì» allo spostamento della sede e ci sarebbero già stati contatti fra Palazzo Chigi e l'amministrazione Usa. Una mossa a sorpresa, quella del premier. Poco prima dell'inizio della riunione, nemmeno il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, sapeva nulla dell'imminente annuncio, anticipato dall'agenzia Adnkronos. «Il G8 in Abruzzo? Non mi risulta», ha detto La Russa entrando nella caserma. E secondo quanto emerso anche gli altri ministri, a parte Roberto Maroni e Giulio Tremonti, erano all'oscuro. La proposta del Cavaliere è stata poi approvata all'unanimità, raccogliendo reazioni entusiastiche del centrodestra e critiche dalla sinistra radicale, ma anche qualche timida apertura dal Pd. L'iniziativa è stata commentata favorevolmente dal leader della Cgil: «È un segnale di attenzione per le popolazioni colpite», ha dichiarato Guglielmo Epifani. Prudente invece la Confindustria: «Dobbiamo capire meglio», ha detto la presidente Emma Marcegaglia. L'idea era balenata in mente a Guido Bertolaso subito dopo la scossa che ha sconvolto L'Aquila. E Berlusconi si è messo al lavoro assieme a Tremonti, Maroni e Letta per capire se era possibile. Ieri ha rotto gli indugi. «Tutti i capi di Stato vedranno quali sono le condizioni delle zone terremotate ha poi spiegato il premier in conferenza stampa . La Maddalena è un posto bellissimo, anche troppo bello, adesso, con la crisi economica e il terremoto, meglio una scelta sobria come l'Aquila. La scelta della Maddalena non era nemmeno nostra, ma l'avevamo ereditata dal precedente governo. La Maddalena avrà tante altre occasioni di valorizzazione, qui dobbiamo invece dare un segnale di speranza ». E ancora: «In questa caserma ci sono le condizioni per ospitare in sicurezza tutte le delegazioni». Fra l'altro, ci sarebbe anche la possibilità di organizzare almeno una parte degli eventi al Grand Hotel di Campo Imperatore, sul massiccio del Gran Sasso, dove fu rinchiuso per una decina di giorni nel 1943 Benito Mussolini, prima di essere liberato da un commando tedesco. E lì per i no global sarebbe davvero dura arrivare. Alla Maddalena, ha spiegato Berlusconi, andrà comunque «un summit sull'ambiente a settembre collegato al G8: mi ha scritto Obama per chiedermi di ospitarlo in Sardegna. E noi lo faremo ». Messaggio ai Grandi Il presidente del Consiglio: i capi di Stato vedranno quali sono le condizioni delle zone terremotate Paolo Foschi

Torna all'inizio


Sardegna, un miliardo già investito Ma si consola con il summit ambientale (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 24-04-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Primo Piano data: 24/04/2009 - pag: 2 Cappellacci oggi dal premier: siamo preoccupati Sardegna, un miliardo già investito Ma si consola con il summit ambientale LA MADDALENA Ancora ieri notte una luce soffusa filtrava dalle finestre della suite destinata a Barack e Michelle Obama al piano nobile dell'hotel 5 stelle quasi ultimato dove un tempo erano le casematte dell'arsenale della marina militare. I cantieri sono aperti, a non tutti gli operai è arrivato il «contrordine», decine lavorano come se il G8 dovesse ancora farsi. Fatica sprecata? Quanti denari già spesi andranno perduti? Martedì dopo Pasqua Berlusconi ha compiuto una visita segreta ai cantieri, con Gianni Letta e Guido Bertolaso: e alla Maddalena sono convinti, è quel giorno che ha deciso. «Follia si sfoga il sindaco Angelo Comiti , il G8 non è una festa fra compagni di scuola». Poi di fronte al «premio di consolazione» summit per l'ambiente in autunno va al sodo: «Le opere siano comunque realizzate». Investimenti in forse. Un anno fa c'era 1 miliardo di euro, una parte rilevante conferita dalle Regione Sardegna (epoca Soru): più di 300 per il complesso dell'arsenale (hotel 5 stelle, il centro congressi affacciato sul mare e il media center, dati in gestione per 30 anni al gruppo Marcegaglia che ha investito una quarantina di milioni), per l'ospedale militare trasformato in albergo di lusso e per rifare porto e passeggiata a mare. Gli alberghi sono quasi finiti, sul porto ancora nessun cantiere. E dei 100 milioni per infrastrutture e costi di funzionamento? Si spenderà ben poco: «risparmiati» quelli per il noleggio della nave di crociera «Fantasia», 1650 cabine pronte ad accogliere capi di stato (costo top secret). Proteste del Pd: «Berlusconi non ci ha mai creduto, aveva già cercato di spostarlo a Napoli». E il governatore Cappellacci, che nel pomeriggio si era detto «orgoglioso di dare il nostro contributo per l'Abruzzo», in serata ha cambiato toni: «Abbiamo preso atto con grande preoccupazione e forte stupore delle decisioni adottate dal governo. Un fatto improvviso, importante e inopinato». Oggi vedrà il premier a Roma. Alberto Pinna

Torna all'inizio


E il Cavaliere: certe scelte vanno fatte con follia (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 24-04-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Primo Piano data: 24/04/2009 - pag: 3 Il retroscena Il ministro dell'Economia Tremonti tra i più accesi sostenitori dell'idea E il Cavaliere: certe scelte vanno fatte con follia SEGUE DALLA PRIMA «E bravo Silvio», esulta Giorgia Meloni, la più movimentista tra i ministri: «Buttali in mezzo alle tende 'sti potenti, invece di farli stare sopra i panfili». In tempi di crisi «'sti potenti» hanno bisogno del consenso popolare, e il Berlusconi no global è lì che li porta, in mezzo al popolo. Niente panorami incantevoli ma dramma, sudore e macerie, così il premier ieri ha giustificato il suo azzardo: «Spesso le scelte più ragionevoli non sono quelle che nascono dalla ragione ma quelle che vengono prese con visionaria follia». Una «follia» sponsorizzata da Giulio Tremonti, il maggior sostenitore di un'idea che per metà è frutto dell'istinto mediatico del Cavaliere e per l'altra metà è dettata dalla penuria di soldi e dalla necessità di concentrare gli uomini sul campo. Intanto il capo della Protezione civile Guido Bertolaso faticava a sdoppiarsi tra l'Aquila e la Maddalena, eppoi il titolare dell'Economia costretto al miracolo quotidiano dei pani e dei pesci con il bilancio dello Stato aveva fatto presente al premier che da qualche parte bisognava pur tagliare per sostenere la ricostruzione dell'Abruzzo. Perciò, quando lunedì è stato informato del progetto di trasferire il G8 tra i terremotati, insieme a Gianni Letta ne è rimasto affascinato: «Facciamo vedere un'Italia che si risolleva», ha detto il Cavaliere. «Facciamo anche che si risparmia», ha commentato Tremonti. Un tifo sfegatato. Ma i rischi a cui si espone Berlusconi dopo l'annuncio sono pari all'impatto che la notizia ha immediatamente avuto in Italia e all'estero. Già Di Pietro lo accusa di voler trasformare quella terra ferita in una «passerella», e un passo dietro lui anche il Pd aspetta di capire. Perché se solo qualcosa andasse storto, il Cavaliere pagherebbe con gli interessi questa «follia». Sebbene sullo spostamento del vertice stia raccogliendo i consensi di tutte le cancellerie mondiali, dovrà certificare agli ospiti quella sicurezza che Maroni ieri assicurava. Poi dovrà evitare che i lavori per il vertice intralcino quelli della ricostruzione, in modo da non provocare malumore tra i senza tetto. E nel frattempo dovrà spiegare ai sardi perché sono stati «espropriati» dell'evento. Nel gioco al rilancio il premier non ha eguali, se superasse anche questa prova sbancherebbe. Così forza la mano, spiazzando persino gran parte dei suoi ministri, ignari ieri mattina di quanto andava architettando. E poco importa se c'è chi persino nel centrodestra mugugna sottovoce e teme un capitombolo: per Berlusconi una foto tra le rovine mentre Obama adotta un monumento disastrato non sarebbe più un'immagine strappata con un escamotage, com'è accaduto a Londra per il G20. Ma proprio qui sta il rischio maggiore per il Cavaliere, che l'idea di non lasciare soli gli abruzzesi, anzi di offrire loro un'occasione per il rilancio, venga invece percepita come il gesto strumentale di chi mercifica il dolore e lo sfrutta per il consenso. C'è nell'opinione pubblica questo sospetto, alimentato dalla corsa dei maggiori leader politici italiani verso Onna per il 25 aprile. Un'operazione troppo plateale, per quanto sincera. Il pericolo di rigetto dunque esiste, tocca a Berlusconi evitarlo. Di questo rischio è avvertito, sarebbe lui a pagarne le maggiori conseguenze. Sarebbe peggio di non riuscire a controllare i no global. Francesco Verderami

Torna all'inizio


dell'America Il di Downing Street (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 24-04-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Primo Piano data: 24/04/2009 - pag: 3 Le reazioni Via libera anche da Parigi e Mosca «Disponibilità» dell'America Il «sì» di Downing Street Ma si lavora a ridefinire il «piano sicurezza» Ogni spostamento del presidente degli Usa comporta preparazioni lunghissime e meticolose DAL NOSTRO CORRISPONDENTE WASHINGTON La prima reazione americana è stata positiva. Al telefono con l'ambasciatore Gianni Castellaneta, il vicecapo dello staff della Casa Bianca, Jim Messina, ha detto che Barack Obama non abbia nulla in contrario, in linea di principio, a tenere il G8 di luglio all'Aquila invece che alla Maddalena. Era abbastanza scontato. Chi potrebbe dire di no a un gesto di solidarietà con la città messa in ginocchio dal terremoto? Ma è nella struttura, negli stanze schermate del secret service, negli uffici del National Security Council all'Old Executive Building, il palazzaccio ottocentesco che sta accanto alla dimora presidenziale, dove l'annuncio a sorpresa di Silvio Berlusconi ha provocato sussulti e preoccupazione, angosce da incubo organizzativo, visioni apocalittiche di irrisolvibili rompicapo della sicurezza. E soprattutto un certo disappunto, per la quasi sicura prospettiva di dover gettare a mare mesi e mesi di lavoro, per ricominciare tutto daccapo. «Siamo in contatto costante con gli amici del governo italiano, per capire lo sviluppo degli avvenimenti e del nuovo piano. È successo tutto così in fretta. Dobbiamo vedere quali siano i loro piani, come intendano affrontare tutte le questioni logistiche e di sicurezza, legate al cambio di località. Non è che non ci sia abbastanza tempo, ma ce n'è poco e dobbiamo essere sicuri che basterà», ci dice in via confidenziale un funzionario dell'Amministrazione. Parlando a Siracusa, in margine al G8 per l'Ambiente ospitato da Stefania Prestigiacomo, la responsabile dell'agenzia per l'Ambiente, Lisa Jackson, ha detto che «non è ancora deciso, ma se ci sarà un cambiamento di sede bisognerà fare degli aggiustamenti ». I problemi per la Casa Bianca sono immensi. Ogni spostamento del presidente comporta preparazioni lunghissime e meticolose, scorte di agenti e funzionari mandati in avanscoperta e visite segrete dei luoghi. Coinvolge centinaia di persone e mezzi ingenti. Quello della Maddalena poi, il primo G8 interamente navale, aveva superato tutti gli altri in termini di difficoltà. Per questo, prima di esprimere ogni opinione sulla praticabilità dell'Aquila, la «struttura» si esprime con cautela: anche se sa che in ultima analisi sono i politici a prendere la decisione, vuole vederci chiaro prima di dire al presidente che la cosa si può fare. Una consolazione: la prospettiva che probabilmente sarà Roma il campo-base, quello dove risiederanno le delegazioni e i media. Dalle altre capitali del G8, i primi rimbalzi sono sostanzialmente positivi. I più rapidi sembrano essere gli inglesi: «Noi abbiamo profonda simpatia per il popolo italiano dopo i tragici avvenimenti all'Aquila. E siamo pronti ad aiutare in ogni modo l'Italia. Le decisioni sul luogo dove tenere il vertice spettano al governo italiano», ha detto Lynn Eccles, portavoce di Downing Street. Disponibilità di massima è stata espressa anche a Parigi, e Mosca. Berlino risponderà oggi. Paolo Valentino

Torna all'inizio


Hillary difende il diritto all'aborto nei Paesi in via di sviluppo (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 24-04-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Esteri data: 24/04/2009 - pag: 13 La battaglia iniziata da first lady Hillary difende il diritto all'aborto nei Paesi in via di sviluppo WASHINGTON In un appassionato intervento davanti alla Commissione Esteri della Camera, Hillary Clinton ha difeso il diritto della donna all'aborto, confermando che per la prima volta dopo 7 anni gli Stati Uniti finanzieranno con 50 milioni di dollari il controllo delle nascite ovunque nei Paesi in via di sviluppo. «Credo fermamente di poter rivendicare questo diritto della donna», ha dichiarato. «Credo anche fermamente che chi è d'accordo con me possa esercitarlo. Il controllo delle nascite è importante per la salute della donna. La donna deve avere accesso all'aborto, che io reputo debba essere sicuro, legale e raro». La segretaria di Stato ha ribadito con veemenza la sua posizione, rispondendo alle aspre domande di due deputati repubblicani. Il primo, Chris Smith, la ha accusata di «sovvertire la politica americana di difesa della vita in Africa e America Latina». Il secondo, Jeff Fortenberry, le ha rimproverato di «costringere i contribuenti a pagare per l'aborto in violazione dei più alti valori degli Stati Uniti». L'interruzione della maternità, ha reagito Hillary, fa parte della salute riproduttiva. E ha aggiunto: «Tra di noi c'è una fondamentale differenza di valutazione del problema. In alcuni Paesi africani ho visto bambine di 12-13 anni che restano incinte. E in alcuni Paesi asiatici ho notato che il rifiuto delle autorità di controllare le nascite costringe le donne a una vita di oppressione e sofferenza». Il nostro governo, ha concluso la ex first lady, intende prevenire questi drammi. Sotto Bush, l'America aveva finanziato solo programmi di astinenza sessuale, come era già avvenuto sotto Reagan, un altro presidente repubblicano. Ma Obama ha cambiato strada e, a fine marzo, il dipartimento di Stato ha devoluto 50 milioni di dollari al Fondo dell'Onu per la Popolazione, che finanzia l'aborto nel Terzo Mondo in caso di necessità. Hillary ha sottolineato che la somma servirà anche a una campagna di educazione sessuale. La ex first lady aveva già combattuto la stessa battaglia negli Anni Novanta, durante la presidenza del marito. Segretario di Stato Usa Hillary Clinton (Afp) Ennio Caretto

Torna all'inizio


Torture della Cia, il primo sì venne dalla Rice (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 24-04-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Esteri data: 24/04/2009 - pag: 13 Rivelazioni Nuovi documenti sul ruolo dell'amministrazione Bush Torture della Cia, il primo sì venne dalla Rice L'ex segretario di Stato rischia un processo Autorizzò il waterboarding nel 2002, prima dei pareri dei giuristi. Solo un anno dopo i servizi informarono Powell e Rumsfeld DAL NOSTRO CORRISPONDENTE WASHINGTON Fu l'allora consigliere di George Bush per la Sicurezza nazionale, Condoleezza Rice, già nel luglio del 2002, prima ancora cioè che il Dipartimento della Giustizia fornisse la sua copertura legale, a dare alla Cia il segnale verde all'uso del waterboarding, la tecnica che simula l'annegamento, negli interrogatori dei presunti terroristi di al Qaeda. A rivelarlo è un documento del Senate Inteligence Committee, la commissione senatoriale per i servizi, che per la prima volta fornisce un quadro dettagliato e inquietante sul coinvolgimento dei maggiori protagonisti dell'Amministrazione Bush nel concepimento, l'approvazione e la messa in pratica del piano sull'uso di procedure d'interrogazione, che sconfinavano nella tortura. Il nuovo «colpo di teatro» complica ulteriormente la vita all'Amministrazione Obama e soprattutto al Dipartimento della Giustizia, già sotto pressione e lacerati dal rovello politico e legale, se portare o meno in tribunale i funzionari autori dei pareri giuridici, che diedero la giustificazione a metodi illegali. Sulla base delle nuove rivelazioni, ogni decisione rischia infatti di coinvolgere anche i livelli più alti della Casa Bianca di George Bush. Secondo il rapporto, che cita gli archivi della Cia, la prima richiesta dell'agenzia di poter usare il waterboarding sul terrorista Abu Zubaydah, venne fatta nel maggio 2002, durante una riunione cui presero parte Rice, l'allora ministro della Giustizia John Ashcroft e il consigliere legale del presidente, Alberto Gonzalez, che poi gli sarebbe succeduto. Meno di due mesi dopo, il 13 luglio, Condoleezza incontrò personalmente il capo della Cia, George Tenet, dandogli l'ok verbale. L'avallo del Dipartimento di Giustizia arrivò solo il 1Ú agosto, in due pareri top secret. Come si è saputo la scorsa settimana dai memorandum della Cia, resi pubblici dalla Casa Bianca, quello stesso mese Zubaydah, che secondo i servizi era a conoscenza di «informazioni decisive su imminenti pericoli», fu sottoposto a waterboarding per ben 83 volte. In seguito, si apprende dal documento del Senato, chiunque fra gli esperti giuridici provasse a sollevare obiezioni sull'uso di tecniche che violavano la legge ordinaria e la Costituzione, si ritrovò ignorato ed emarginato. Messo da parte fu anche chi mise in dubbio efficacia e affidabilità delle informazioni, ottenute col waterboarding. Un anno dopo, nel luglio 2003, la Cia diede un'informativa completa sull'uso delle «tecniche avanzate», durante un incontro al quale, oltre a Rice, Ashcroft e Gonzalez, prese parte anche il vice-presidente Dick Cheney. «Fu una discussione specifica e dettagliata e ciò dimostra il ruolo avuto dai più alti membri dell'Amministrazione Bush», ha detto il senatore democratico della West Virginia ed ex presidente dell'Intelligence Committee, John Rockfeller, che ha spinto per la pubblicazione del rapporto. La conclusione di Rice e compagni fu che «il programma fosse legale e rispecchiasse la politica dell'Amministrazione ». Il waterboarding venne usato fino a tutto il 2005. Particolare interessante, stando al rapporto del Senato, il segretario di Stato Colin Powell e il ministro della Difesa Donald Rumsfeld sarebbero venuti a conoscenza di tutto solo nel settembre 2003: se è plausibile quella del primo, l'esclusione del secondo, considerato con Cheney ispiratore e gestore della linea dura, suona vera sorpresa. Nell'autunno scorso, davanti al Senato, la Rice aveva ammesso di aver partecipato a riunioni dove la richiesta della Cia di usare il waterboarding era stata discussa, spiegando di non ricordarne i particolari. Ma aveva taciuto sul suo ruolo diretto nell'adozione del programma. Le rivelazioni sulle torture e la polemica che hanno scatenato, mettono in croce Barack Obama, che avrebbe invece voluto gettarsi alle spalle l'eredità di Bush, rovesciandone le politiche ma evitando processi al passato. Al centro di un fuoco incrociato da destra e da sinistra, accusato di minare la sicurezza nazionale ovvero di non voler fare giustizia, il presidente rischia ora di essere distratto dai temi più urgenti come l'economia e la sanità. Pressione su Obama Dopo il rilascio del dossier da parte del Senato, altre pressioni su Obama perché agisca contro i responsabili Ex Condoleezza Rice, 54 anni, è stata Segretario di Stato nella seconda Amministrazione Bush (2005-09) (Ap/Gharibari) Paolo Valentino

Torna all'inizio


La lobby chimica contro l'orto di Michelle (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 24-04-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Esteri data: 24/04/2009 - pag: 13 Il caso I produttori di pesticidi all'attacco: «Un lusso per pochi». Ma in 100 mila difendono la first lady La lobby chimica contro l'orto «bio» di Michelle DAL NOSTRO CORRISPONDENTE WASHINGTON Nelle intenzioni di Michelle Obama doveva essere un esempio di abitudini sobrie, gestione parsimoniosa dell'economia familiare e sana nutrizione. Sul modello di Eleanor Roosevelt, che nella Seconda Guerra Mondiale s'inventò lo slogan «zappiamo per la vittoria», la first lady aveva inaugurato il mese scorso l'orto della Casa Bianca. Un antidoto, rigorosamente biologico, alla crisi economica: frutta e ortaggi fai da te, spesa meno cara, alimentazione corretta. Felice alla prospettiva di poter offrire ai suoi ospiti l'arugula (translitterazione americana della rughetta) del South Lawn, la signora Obama non aveva fatto i conti con la lobby agro-alimentare. Che invece è insorta, a difesa della cosiddetta agricoltura convenzionale, quella che usa pesticidi e fertilizzanti per assicurare alla maggioranza della popolazione degli Stati Uniti «un'offerta alimentare sicura e a prezzi accessibili ». Tant'è. In una lettera aperta alla first-lady, la Mid-America CropLife Association (Maca) che rappresenta le aziende chimiche del comparto verde, l'ha invitata ad abbandonare la pregiudiziale «biologica» e considerare l'uso di «prodotti per la protezione delle colture». L'appello evita di usare parole come «pesticidi» e «fertilizzanti », ma sottolinea il ruolo dei contadini nel prevenire l'erosione del suolo e i livelli di produzione di massa consentiti dalle nuove tecnologie, che in un solo ettaro possono far spuntare 40 tonnellate di fragole o 200 mila cespi di lattuga. «Oggi scrive la Maca un agricoltore medio produce cibo sufficiente a sfamare 144 americani, che hanno una vita media superiore a quella dei loro antenati. Viviamo in un modo diverso da quello dei nostri nonni. Gli americani devono conciliare il lavoro con le cure dei figli e degli anziani. La maggioranza delle persone non ha il tempo per occuparsi di un orto, certamente non di un orto capace di soddisfare tutto il bisogno alimentare di una famiglia». Ma il tono diplomatico e rispettoso della lettera nasconde vera e propria rabbia. «L' orto è una grande idea, ma quella di farlo biologico ci fa rabbrividire», ci ha detto Bonnie McCarvell, direttore esecutivo della Maca. La critica a Michelle riecheggia gli attacchi, che circolarono in campagna elettorale contro un certo elitismo degli Obama, consumatori di rucola e di cibi sani, cultori dello chardonnay, dunque considerati fuori sintonia con l'America profonda, che consuma fast-food e beve birra. Michelle però non è sola nella difesa dell'orto, simbolo della crociata per cambiare gli usi alimentari di un Paese, dove l'obesità, soprattutto giovanile, è in preoccupante aumento. Più di 100 mila persone hanno infatti già firmato una petizione di sostegno alla first-lady, in cui chiedono alla Maca di smettere la loro «propaganda sui pesticidi». Atto d'accusa «Un agricoltore medio produce cibo per 144 americani. La first lady pensa alla propria famiglia» P. Val.

Torna all'inizio