CENACOLO
DEI COGITANTI |
Si chiamano Francesco e
Caterina e non c'è gara, sono loro i più nuovi e i più g...
( da "Stampa, La" del
24-04-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: l'esibizione compulsiva delle
piccine di Barack Obama ha fornito nuovi spunti agli strateghi nostrani; i
bambini sono l'ultimo must have dello star-system e sono le nuove first-lady in
politica, presenze più stabili e infinitamente più seducenti. Soprattutto per
loro, ormai, il paparazzo s'apposta o viene convocato.
VESTIREMO ALLA CINESE
( da "Stampa, La" del
24-04-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: attesa che la riforma sanitaria
proposta dal presidente Obama possa essere attuata, saranno sempre più numerosi
gli americani non più in grado di pagare l'assicurazione sanitaria. E noi
europei dovremo tenerci ben stretto l'«ombrello assistenziale» che ci ripara -
a un costo molto elevato per le finanze pubbliche - dai costi della nostra
salute e che ha già subito parecchie limature.
La rivolta della Maddalena
"Traditi un'altra volta"
( da "Stampa, La" del
24-04-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Ambiente alla presenza del
presidente americano Obama, non soddisfa per niente il primo cittadino di La
Maddalena. E scatena anche altre polemiche tra i consiglieri regionali. Dice
Roberto Cappelli dell'Udc: «Possibile che la solidarietà verso l'Abruzzo si
possa esprimere soltanto con il trasferimento del G8 a L'Aquila?
Salvate il soldato Khadr
da Guantanamo ( da "Stampa,
La" del 24-04-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Amministrazione Obama per ottenere
la liberazione da Guantanamo di Omar Khadr, un giovane detenuto con
cittadinanza canadese che fu catturato nel 2002 quando aveva 15 anni. Quello di
Khadr è uno dei casi-simbolo legati al centro di detenzione realizzato dagli
Usa nella base navale a Cuba, perchè il giovane, oggi 22enne,
Contro l'Iran, ricordare
la Shoah ( da "Stampa,
La" del 24-04-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: e Obama rende omaggio alla
«saggezza e testimonianza» del Nobel per la pace, facendo capire di condividere
quanto ha appena detto. Se nei giorni precedenti la Casa Bianca ha condannato
l'arringa anti-israeliana di Ahmadinejad a Ginevra, ora Obama fa un passo in
più, facendo propria la memoria dello sterminio che viene negato da Teheran.
Torture Il primo sì fu di
Condi ( da "Stampa,
La" del 24-04-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Obama teme in ragione dell'aria di
rivolta che già si respira a Langley, fra gli agenti della Cia che temono di
diventare i capri espiatori dell'inchiesta. Fino a questo momento Obama si è
detto determinato ad impedire procedimenti a carico degli agenti mentre è
favorevole ad un'inchiesta bipartisan a Capitol Hill capace di mettere in luce
le illegalità commesse a livello politico.
auto
( da "Stampa, La" del
24-04-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: concessionari americani dovrebbero
incontrare giovedì la task force designata da Obama per la ristrutturazione di
Detroit. Gm pensa alla chiusura temporanea della maggior parte delle fabbriche
per nove settimane durante l'estate. Toyota Il primato mondiale dopo un anno
vacilla Il primato mondiale di Toyota, conquistato l'anno scorso dopo 77 anni
di dominio incontrastato di General Motors,
Turchia-Armenia, prove di
disgelo ( da "Stampa,
La" del 24-04-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: eccidio che la comunità
internazionale e la Diaspora armena vorrebbero veder dichiarato «genocidio»,
anche nel discorso che il presidente Obama pronuncerà negli Usa, e che la
Turchia si rifiuta di dichiarare tale, contrapponendo la propria versione dei
fatti: non un milione di vittime sterminate metodicamente, ma 300 mila morte
per tragiche fatalità e non secondo una strategia precisa.
Troppe First Lady per un
presidente ( da "Stampa,
La" del 24-04-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: lasciato il posto vacante
JOHANNESBURG Magari non entrerà nella storia come Michelle Obama o Carla Bruni,
in compenso sceglierla potrebbe essere tutt'altro che una passeggiata:
soprattutto perché, per la prima volta nella storia del Sudafrica, la prossima first
lady sarà una delle due mogli del tradizionalista Zulu e poligamo convinto
Jacob Zuma, leader dell'African National Congress e,
ma la sardegna si ribella
al dietrofront "hotel a metà, sprechi da corte dei conti" - pier
giorgio pinna ( da "Repubblica,
La" del 24-04-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: ambiente voluto da Obama». In
serata altra dichiarazione, di tenore ben diverso: «Abbiamo preso atto con
grande preoccupazione e forte stupore delle decisioni adottate dal governo. Un
fatto improvviso, inopinato». Il governatore vedrà il premier a Roma.
Pesantissimi gli industriali del Nord Sardegna, e chiedono che le opere non
saranno lasciate a metà.
g8, il trasloco all'esame
di washington - vincenzo nigro ( da "Repubblica,
La" del 24-04-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Chi segue la sicurezza di Barack
Obama, ovvero il Secret Service, aveva già fatto mille ispezioni alla
Maddalena, al luogo dove ancorare la nave da crociera "Fantasy" o le
altre navi su cui avrebbe potuto far base il presidente. Una nave è un luogo
poco difendibile, da cui ci si muove con difficoltà in caso di pericolo, poco
adatto al presidente degli Stati Uniti.
populismo selettivo - (segue
dalla prima pagina) ( da "Repubblica,
La" del 24-04-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Il ben diverso uso delle tecnologie
e delle reti sociali da parte di Obama, e non da lui soltanto, dovrebbe indurre
a riflessioni meno rozze. Ma delle impervie vie della democrazia elettronica,
fuori dal populismo, converrà parlare più distesamente.
"Ora i governi devono
spendere molto di più" ( da "Stampa,
La" del 24-04-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Il piano Obama è inefficace? «E' un
passo nella giusta direzione ma la portata è nettamente inferiore rispetto alle
esigenze del Paese, e rischia di avere effetto solo nel
Noa: "La mia musica
per la pace tra gli israeliani e i palestinesi"
( da "Stampa, La" del
24-04-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: elezione di Barak Obama. L'artista
riassume così il suo contrastato stato d'animo: «L'elezione di Obama è una
delle cose più belle cui ho avuto modo di assistere in tutta la mia vita; al
contrario, mi pare che la convenzione di Durban dimostri quanto siamo ancora
lontani dall'affermazione di un processo di comprensione reciproca,
È Noa la star di primavera
a Maison Musique; la cantante e messaggera di pace israeliana è...
( da "Stampa, La" del
24-04-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: elezione di Barak Obama. L'artista
riassume così il suo contrastato stato d'animo: «L'elezione di Obama è una
delle cose più belle cui ho avuto modo di assistere in tutta la mia vita; al
contrario, mi pare che la convenzione di Durban dimostri quanto siamo ancora
lontani dall'affermazione di un processo di comprensione reciproca,
"Arazzo", nuove
collezioni nelle vetrine del mondo
( da "Stampa, La" del
24-04-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Filippo Uecher è soddisfatto: dopo
aver arredato il salotto del presidente Obama ora, con il marchio «Mariaflora»,
sta aprendo 11 showroom negli Stati Uniti, in Canada, a Londra e a Montecarlo.
«Il momento è difficile ma è indispensabile pensare al futuro. Soprattutto in
America le cose si stanno muovendo e sicuramente il "made in Italy"
piace.
Sassone celebra in rima
"La vittoria di Obama" ( da "Stampa,
La" del 24-04-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: La vittoria di Obama"
Attualità e intimismo nel nuovo volume che debutta a maggio Nel contesto delle
celebrazioni della giornata del lavoro, venerdì 1° maggio alle 15, nel salone
Rinascita del circolo Arci «Francesco Leone» di corso Prestinari a Vercelli, il
senatore Irmo Sassone presenterà il suo recente libro di poesie intitolato «La
vittoria di Obama»
"Il pericolo è che il
Paese si dissolva" ( da "Stampa,
La" del 24-04-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Obama, al pari della precedente
guidata da Bush, ha chiesto a Islamabad di non fare accordi con i taleban ma in
entrambi i casi il governo pakistano non ha ascoltato. Fare intese con la
guerriglia concedendole spazi di territorio è la strategia che in Colombia
portò alla fine degli anni Novanta il presidente Andres Pastrana a cedere alla
guerriglia delle Farc con il risultato di
nuovi documenti incastrano
la rice "ha autorizzato le torture della cia" - alberto flores
d'arcais ( da "Repubblica,
La" del 24-04-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: giorni di Obama la maggioranza
degli americani (63%) è soddisfatta del suo operato, ma l´esplosione delle
polemiche dopo la pubblicazione dei memo sulle torture della Cia rischia di
creare seri problemi alla Casa Bianca. Le ultime rivelazioni, che vedono
coinvolta Condoleezza Rice, lo scontro acceso sul varo di una commissione
d´inchiesta che sta spaccando il Partito democratico,
shirin ebadi striglia
l'occidente "un errore boicottare ginevra" - francesca caferri
( da "Repubblica, La"
del 24-04-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Obama ha offerto un ramoscello
d´ulivo agli iraniani: ritiene che questo possa essere un nuovo punto di
partenza nelle relazioni fra gli Stati Uniti e Teheran? «Sono convinta che le
divergenze fra i nostri Paesi siano risolvibili con il dialogo.
La rivolta della Maddalena
"Traditi un'altra volta"
( da "Stampaweb, La"
del 24-04-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Ambiente alla presenza del
presidente americano Obama, non soddisfa per niente il primo cittadino di La
Maddalena. E scatena anche altre polemiche tra i consiglieri regionali. Dice
Roberto Cappelli dell?Udc: «Possibile che la solidarietà verso l?Abruzzo si
possa esprimere soltanto con il trasferimento del G8 a L?
il lingotto si candida a
comandare il secondo colosso mondiale dell'auto - salvatore tropea
( da "Repubblica, La"
del 24-04-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: E poiché è improbabile che Barack
Obama si sia esposto anche finanziariamente verso le due grandi ammalate
dell´auto a stelle-e-strisce per poi approdare a sacrifici occupazionali in
America, la Opel tedesca e la Gm Sud America potrebbero essere le predestinate
a finire sul mercato.
il fisco in pressing sui
ricchi del mondo - enrico franceschini
( da "Repubblica, La"
del 24-04-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: anche Barack Obama segnala
un´inversione di tendenza e progetti analoghi circolano in vari paesi europei.
Sono misure temporanee? O è la sinistra che cambia pelle? Oppure è il
capitalismo che ha bisogno di cambiarla? GRAN BRETAGNA. Qui sono circa 300 mila
i contribuenti che dichiarano dalle 150 mila sterline (circa 170 mila euro) di
reddito annuo in su.
"nelle banche ancora
troppi titoli tossici" - elena polidori
( da "Repubblica, La"
del 24-04-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: come ha già fatto il presidente Usa
Obama. Contemporaneamente, il Fmi raddoppia il tetto per i prestiti ai paesi
poveri mentre Robert Zoellick, presidente della Banca Mondiale, impegnato ad
alleviare le conseguenze della recessione sul Sud del mondo, annuncia
investimenti in infrastrutture per 45 miliardi di dollari in tre anni, il
doppio del previsto.
UNA TERRA VERDE PRODUCE
MEGLIO ( da "Corriere
della Sera" del 24-04-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: gli Stati Uniti di Obama si stanno
rapidamente sensibilizzando anche al problema ecologico. E un po' anche la
nostra Confindustria (Marcegaglia dixit). Me è proprio vero che il
surriscaldamento del nostro pianetino sia opera dell'uomo, che sia colpa nostra?
Il sempre più sparuto plotone di scienziati che lo nega pur sempre ammette che
le emissioni inquinanti dell'
Berlusconi: G8 all'Aquila
Con i risparmi ricostruiremo ( da "Corriere
della Sera" del 24-04-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: ha spiegato Berlusconi, andrà
comunque «un summit sull'ambiente a settembre collegato al G8: mi ha scritto
Obama per chiedermi di ospitarlo in Sardegna. E noi lo faremo ». Messaggio ai
Grandi Il presidente del Consiglio: i capi di Stato vedranno quali sono le
condizioni delle zone terremotate Paolo Foschi
Sardegna, un miliardo già
investito Ma si consola con il summit ambientale
( da "Corriere della Sera"
del 24-04-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: summit ambientale LA MADDALENA
Ancora ieri notte una luce soffusa filtrava dalle finestre della suite
destinata a Barack e Michelle Obama al piano nobile dell'hotel 5 stelle quasi
ultimato dove un tempo erano le casematte dell'arsenale della marina militare.
I cantieri sono aperti, a non tutti gli operai è arrivato il «contrordine»,
decine lavorano come se il G8 dovesse ancora farsi.
E il Cavaliere: certe
scelte vanno fatte con follia ( da "Corriere
della Sera" del 24-04-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Obama adotta un monumento
disastrato non sarebbe più un'immagine strappata con un escamotage, com'è
accaduto a Londra per il G20. Ma proprio qui sta il rischio maggiore per il
Cavaliere, che l'idea di non lasciare soli gli abruzzesi, anzi di offrire loro
un'occasione per il rilancio, venga invece percepita come il gesto strumentale
di chi mercifica il dolore e lo sfrutta per il consenso.
di Downing Street
Argomenti:
Obama
Abstract: il vicecapo dello staff della Casa
Bianca, Jim Messina, ha detto che Barack Obama non abbia nulla in contrario, in
linea di principio, a tenere il G8 di luglio all'Aquila invece che alla
Maddalena. Era abbastanza scontato. Chi potrebbe dire di no a un gesto di
solidarietà con la città messa in ginocchio dal terremoto?
Hillary difende il diritto
all'aborto nei Paesi in via di sviluppo
( da "Corriere della Sera"
del 24-04-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Ma Obama ha cambiato strada e, a
fine marzo, il dipartimento di Stato ha devoluto 50 milioni di dollari al Fondo
dell'Onu per la Popolazione, che finanzia l'aborto nel Terzo Mondo in caso di
necessità. Hillary ha sottolineato che la somma servirà anche a una campagna di
educazione sessuale.
Torture della Cia, il
primo sì venne dalla Rice ( da "Corriere
della Sera" del 24-04-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Pressione su Obama Dopo il rilascio
del dossier da parte del Senato, altre pressioni su Obama perché agisca contro
i responsabili Ex Condoleezza Rice, 54 anni, è stata Segretario di Stato nella
seconda Amministrazione Bush (2005-09) (Ap/Gharibari) Paolo Valentino
La lobby chimica contro
l'orto
Argomenti:
Obama
Abstract: di Michelle DAL NOSTRO
CORRISPONDENTE WASHINGTON Nelle intenzioni di Michelle Obama doveva essere un
esempio di abitudini sobrie, gestione parsimoniosa dell'economia familiare e
sana nutrizione. Sul modello di Eleanor Roosevelt, che nella Seconda Guerra
Mondiale s'inventò lo slogan «zappiamo per la vittoria», la first lady aveva
inaugurato il mese scorso l'orto della Casa Bianca.
( da "Stampa, La" del
24-04-2009)
Argomenti: Obama
Si chiamano
Francesco e Caterina e non c'è gara, sono loro i più nuovi e i più giovani
candidati d'Italia, anche se non potranno essere eletti al Parlamento europeo
(non sono gli unici) perché hanno rispettivamente uno e cinque anni. Per ora,
più che svecchiare la politica, danno una bella rinfrescata all'immagine del
papà, un ex Dc che sta al Centro da tempo immemorabile, ma nella vita privata
ha ben saputo rinnovarsi mettendo su (non è l'unico) una seconda famiglia
felice. Francesco e Caterina sono i figli di Pier Ferdinando Casini. Le loro
faccette serie fanno cucù dai manifesti elettorali dell'Udc affissi in tutta
Italia e, questa settimana pure dalle pagine di un settimanale popolare a larga
diffusione. La seconda cosa non stupisce, non più della candidatura di Sgarbi
nelle file di un partito che come slogan ha scelto l'invito a smettere di
litigare. Il politico in famiglia è da tempo un genere letterario a sé, un
classico, una fissa dei direttori come le attrici che si fidanzano con gli
immobiliaristi, Afef in barca e Casini - ancora lui - al mare. Non c'è
candidato che non abbia posato sul prato di casa, o in salotto su divani
candidi, coi suoi cari. Nell'intervista a corredo delle immagini esemplari, si
apprende sempre che il leader s'alza di notte per cambiare i pannolini, non
vale granché in cucina, ma non si tira indietro quando c'è da caricare la
lavapiatti (e infatti Casini cambia e carica); e sempre, al momento del clic, i
cani - di casa, sennò a prestito, che è anche meglio - si dispongono in posa
plastica (e infatti i cuccioli di labrador aggregati ai Casini-Caltagirone sono
quattro e tutti straordinariamente mansueti). Sui manifesti affissi per strada,
invece, lo sguardo si sofferma. E capita di rimuginarci su, perché è la prima
volta che due bambini così piccoli fanno campagna elettorale, perché i volti
dei minori non sono velati e non lo è neppure la finalità dell'operazione, dal
momento che è la stessa mamma di Francesco e Caterina a dichiarare a Chi: «E'
una bella immagine di modernità e di famiglia». Perché, superata la prima
reazione di stupore/disappunto, viene in mente che i candidati hanno sempre
usato immagini di famiglie e di ragazzini in campagna elettorale, e allora
metterci i propri figli sul manifesto, anziché quelli altrui, può essere
persino una scelta responsabile, una cosa per bene. E dunque: vota Pier,
Francesco e Caterina; vota il padre coi suoi bambini, visto che sui manifesti
Azzurra non compare: la sua è piuttosto una presenza subliminale, di quelle che
rafforzano il messaggio, perché il candidato in versione mammo ha quell'aria un
po' così, da genitore della domenica, tipica degli uomini in carriera che
capita talvolta d'incontrare ai giardinetti dove la moglie gli ha intimato, tra
molte raccomandazioni pratiche, di portare i piccoli a sfogare un po'
d'energia; tipica, se vogliamo, anche dei tanti divorziati con week-end
alternato, che esistono e votano. Pier - lo vedete? - è dei vostri, tende a
distrarsi proprio come capita a voi. Sono, quei manifesti, un piccolo capolavoro
di modernità. Immagini molto italiane, democristiane e al tempo stesso
post-berlusconiane (lo scoop concordato di Silvio e Veronica nonni, la scorsa
estate, ha segnato un punto di passaggio nelle strategie di comunicazione
politica sdoganando il ricongiungimento familiare a fini sondaggistici, ma ai
tempi della discesa in campo del Cavaliere gli amati volti si limitavano a
sorridere nelle cornici d'argento piazzate sulla scrivania); immagini che
raccontano storie contemporanee e comuni: non solo i papà non più ragazzi alle
prese con pupi e cagnolini apprezzeranno, ma anche i molti neo-disoccupati che
ora di lavoro fanno i mammi e vanno al parco, sia pure in attesa di svoltare
come Cofferati (ah, il sollievo di sfilarsi il marsupio e tornare al lavoro).
Che i cari frugoletti giochino una partita sempre più essenziale nella carriera
dell'uomo politico, d'altronde, è risaputo: a imitare la celebre foto di John
Kennedy alla Casa Bianca, quella in cui John-John gioca sotto la scrivania, ci
hanno provato tutti, da D'Alema a Sarkozy; l'esibizione
compulsiva delle piccine di Barack Obama ha fornito nuovi spunti agli strateghi nostrani; i bambini sono
l'ultimo must have dello star-system e sono le nuove first-lady in politica,
presenze più stabili e infinitamente più seducenti. Soprattutto per loro,
ormai, il paparazzo s'apposta o viene convocato. Dei figli di secondo
letto dei leader italiani sappiamo tutto, la prima uscita in passeggino e la
prima cotta, quale costume a carnevale, che copertina per il battesimo, su cosa
sono inciampati all'esame di maturità. Di quelli di primo letto, invecchiati
nelle foto incorniciate alle spalle di papà, quasi nulla. I tempi erano dunque
maturi: a piazzare i bambini (propri) sui manifesti elettorali qualcuno doveva
pur pensarci e, spiace per i competitors, ci ha pensato Casini. Tutti gli altri
si consolino pensando che prima o poi gli irresistibili monelli crescono e le
loro piccole-grandi imprese smettono di fare tenerezza al lettore e
all'elettore. Tra l'altro è già successo, più volte, anche in Italia.
( da "Stampa, La" del
24-04-2009)
Argomenti: Obama
Mario Deaglio
VESTIREMO ALLA CINESE Dietro le cifre delle previsioni aride e molto imprecise
delle previsioni economiche globali per il 2009 si cela, dal lato dell'offerta,
un rapidissimo cambiamento del peso e del potere economico dei grandi Paesi e
un profondo ridisegno del quadro produttivo del mondo. Dal lato della domanda,
si delinea invece un cambiamento di capacità e modelli di spesa, di priorità,
di gusti individuali e familiari. Se anche la crisi passerà abbastanza
rapidamente, ossia nel giro di 4-6 trimestri - come viene ufficialmente
sostenuto, sia pure con una convinzione sempre minore - questi mutamenti della
domanda sono destinati a diventare permanenti. Si ripercuoteranno sul modo di
consumare di 2-3 miliardi di abitanti di Paesi poveri che diventeranno un po'
meno poveri nonostante la crisi, e degli abitanti dei Paesi ricchi che
potrebbero diventare un po' meno ricchi. I gusti e le capacità di spesa della
famiglia Smith, della famiglia Dupont o della famiglia Bianchi, oggi alle prese
con una crescente precarietà di reddito, stanno diventando meno importanti dei
gusti e delle capacità di spesa delle (molto più numerose) famiglie Hu, Singh o
dos Santos le quali, pur partendo da livelli bassissimi, hanno alle spalle
ormai diversi decenni di allargamento di orizzonti e di crescita dei redditi, e
un futuro in cui probabilmente tale tendenza sarà destinata a continuare, sia
pure a un ritmo un po' inferiore a quello del recente passato. Per conseguenza,
mentre il numero dei giovani cinesi, indiani e brasiliani che andranno
all'università è destinato ad aumentare, il numero dei giovani americani che si
recheranno al college si ridurrà in quanto l'istruzione superiore negli Stati
Uniti non è gratuita e molte famiglie, prive delle risorse finanziarie necessarie,
non possono più ricorrere all'indebitamento. Contemporaneamente continuerà a
crescere il numero di abitanti dei Paesi emergenti che possono permettersi cure
mediche avanzate; negli Stati Uniti, in attesa che la
riforma sanitaria proposta dal presidente Obama possa essere attuata, saranno sempre più numerosi gli americani
non più in grado di pagare l'assicurazione sanitaria. E noi europei dovremo
tenerci ben stretto l'«ombrello assistenziale» che ci ripara - a un costo molto
elevato per le finanze pubbliche - dai costi della nostra salute e che ha già
subito parecchie limature. Se vorranno sopravvivere e prosperare, le
imprese, grandi e piccole, che producono i beni di consumo per un mercato
mondiale, dovranno adattarsi a questa domanda diversa; e l'innovazione di
prodotto proverrà sempre più da direzioni insolite. L'auto meno cara al mondo è
stata recentemente presentata da un'impresa indiana e negli Stati Uniti si
guarda con un interesse che un tempo sarebbe stato del tutto inusuale alla
Cinquecento e ai motori europei a basso consumo di carburante. Nei ristoranti
fast food del mondo emergente sono presenti più piatti a base di cereali che
hamburger. L'ondata di impopolarità nei confronti delle categorie manageriali
potrebbe rapidamente trasferirsi in impopolarità dei consumi vistosi con cui
queste categorie spesso si sono identificate in Occidente. Anche se ancora non
si intravedono chiaramente le alternative, il tramonto del «modello americano»
di consumo potrebbe essere il risultato più duraturo dell'attuale crisi.
L'illusione, diffusa soprattutto tra gli operatori finanziari, che la crisi sia
un fastidioso intermezzo, destinato a diventare tra breve un ricordo di cui
liberarsi rapidamente per riprendere i giochi e i comportamenti di prima è,
appunto, un'illusione: quando l'economia mondiale tornerà a una crescita
sostenuta e uniforme, non solo la geografica produttiva e la mappa del potere
economico mondiale saranno radicalmente diverse ma anche le priorità personali
e i parametri del gusto saranno mutati e risentiranno assai più di oggi di una
componente asiatica, o talora russa, latino-americana o islamica. Già oggi,
come aveva osservato lo storico e politologo americano Samuel Huntington, è
solo la nostra miopia che ci fa definire «globali» prodotti che sono più
semplicemente «occidentali». È inevitabile quindi che i nuovi prodotti globali
vengano configurati in maniera crescente secondo gusti asiatici e per questo
sono frequenti i casi di grandi società che lanciano le loro novità sul mercato
cinese e localizzano in Cina o in India centri di design, stile e ricerca.
Questa mutazione qualitativa indica abbastanza chiaramente la direzione verso
la quale deve muoversi l'industria italiana. Uno dei suoi punti di forza è, da
sempre, la rapidità con la quale sa adattare i propri prodotti al mutare delle
condizioni esterne; quando lo shock petrolifero del 1974-75 mise nelle mani
degli «sceicchi» un inusitato potere d'acquisto, i mobilieri della Brianza
prepararono velocemente nuovi prodotti di gusto arabeggiante; lo stile dei
gioielli italiani già oggi riflette fortemente il gusto di compratori
extraeuropei. La maggiore reattività, la capacità di interpretare culture e
gusti diversi, la flessibilità produttiva sono le armi migliori con cui le
imprese italiane possono combattere la crisi attuale. Non bastano, infatti, i
pur necessari sostegni finanziari e gli sgravi fiscali che le imprese chiedono
al governo. Una sfida analoga a quella attuale, e cioè trovare prodotti nuovi
per un mondo nuovo, fu vinta dall'Italia del dopoguerra che propose al mondo lo
scooter, una forma nuova di motorizzazione di massa, le macchine per scrivere
portatili, il cioccolato a basso costo, i frigoriferi piccoli che entravano
anche nelle case dei poveri e tante altre cose ancora. Per sopravvivere e
prosperare, le imprese italiane devono svolgere la medesima funzione storica
per il mondo che uscirà dalla crisi attuale. mario.deaglio@unito.it CONTINUA A
PAGINA 37
( da "Stampa, La" del
24-04-2009)
Argomenti: Obama
La rivolta della
Maddalena "Traditi un'altra volta" Protestano sindaci e imprenditori
Il neo governatore «Un fatto inopinato» [FIRMA]NICOLA PINNA CAGLIARI Lo sciame
sismico delle reazioni parte da La Maddalena, passa per Olbia e arriva fino a Cagliari.
La bordata più potente è del vicepresidente della Provincia della Gallura: «La
Sardegna sta diventando l'isola delle bufale». Poi a cascata tutti gli altri
esponenti politici. «Questo è uno scippo ai sardi», gridano dall'Italia dei
valori mentre i vertici cagliaritani del Pd aggiungono: «Una decisione assurda
e demagogica». Al coro di proteste per lo spostamento del G8 a L'Aquila si
aggiungono subito anche alcuni dei maggiori rappresenti del Pdl sardo: «Una
mossa incomprensibile», sottolinea il senatore Pdl, Piergiorgio Massidda. La
decisione del Consiglio dei ministri di ieri mattina, in Sardegna, ha suscitato
un forte malcontento. L'ira del sindaco della Maddalena, Angelo Comiti:
«L'Abruzzo, in questo momento, ha necessità di tanto aiuto e non di certo di un
vertice internazionale per complicare la vita agli aquilani. Nella nostra città
ci sarà una grande rivolta: non accetteremo che restino incompiuti i progetti
di rilancio del nostro territorio. La Maddalena, non lo dimentichiamo, ha dato
un contributo enorme al sistema di difesa internazionale, ospitando per
trentacinque anni sottomarini americani a propulsione nucleare». Vibrano nel
pomeriggio i muri del Consiglio regionale: il governatore Ugo Cappellacci
chiama subito Berlusconi e strappa al premier un appuntamento per questa
mattina. «Il nostro sentimento di solidarietà nei confronti degli amici
abruzzesi è fortissimo, ma abbiamo preso atto con grande preoccupazione e forte
stupore delle decisioni adottate dal Governo. Un fatto improvviso, importante e
inopinato». E aggiunge: «Il processo di recupero di La Maddalena non può essere
fermato, gli investimenti non si devono bloccare e i lavori non possono essere
interrotti». La promessa di organizzare a settembre, in Sardegna, il G8 dell'Ambiente alla presenza del presidente americano Obama, non soddisfa per niente il primo
cittadino di La Maddalena. E scatena anche altre polemiche tra i consiglieri
regionali. Dice Roberto Cappelli dell'Udc: «Possibile che la solidarietà verso
l'Abruzzo si possa esprimere soltanto con il trasferimento del G8 a L'Aquila?».
Dalla Gallura arriva poi la protesta della Confindustria: «Assurdo bloccare la
macchina organizzativa che è in moto da più di un anno».
( da "Stampa, La" del
24-04-2009)
Argomenti: Obama
La Corte canadese al
governo Harper «Salvate il soldato Khadr da Guantanamo» La Corte suprema del
Canada ha ordinato al governo canadese di intervenire sull'Amministrazione
Obama per ottenere la
liberazione da Guantanamo di Omar Khadr, un giovane detenuto con cittadinanza
canadese che fu catturato nel 2002 quando aveva 15 anni. Quello di Khadr è uno
dei casi-simbolo legati al centro di detenzione realizzato dagli Usa nella base
navale a Cuba, perchè il giovane, oggi 22enne, è stato uno dei pochi
minorenni a finire nelle celle americane. La decisione della Corte suprema
mette sotto pressione il primo ministro Stephen Harper, che finora ha ribadito
che il governo non intende intervenire sugli americani a favore di Khadr. Il
giovane canadese è accusato di aver ucciso un soldato Usa in Afghanistan nel
luglio 2002. È rimasto l'unico detenuto con cittadinanza di un Paese occidentale,
tra i circa 240 prigionieri di Guantanamo.
( da "Stampa, La" del
24-04-2009)
Argomenti: Obama
IL PRESIDENTE BARACK
OBAMA COMMEMORA L'OLOCAUSTO IN RISPOSTA ALLE FRASI DI AHMADINEJAD Contro
l'Iran, ricordare la Shoah Solenne cerimonia in Campidoglio con i sopravvissuti
ai lager tedeschi Elie Wiesel: «L'iraniano ha insultato Israele come nessun
uomo civile dovrebbe fare» DAL CORRISPONDENTE DA NEW YORK Barack Obama ricorda solennemente l'unicità dello sterminio degli
ebrei da parte dei nazisti a 96 ore di distanza dalle polemiche innescate alla
Conferenza dell'Onu a Ginevra dagli attacchi al «razzismo di Israele» lanciati
dal presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad, che ha spesso negato pubblicamente
l'Olocausto. L'evento, dentro il Campidoglio di Capitol Hill, è curato dal
cerimoniale della Casa Bianca per assegnargli il massimo risalto simbolico: il
presidente è circondato dai sopravvisuti ai lager, da alcuni cittadini polacchi
che sfidarono la morte per salvare alcuni ebrei, dai leader del Congresso, dai
rappresentanti di Israele e delle comunità ebraiche. Alle sue spalle, i drappi
di tutti i reparti delle forze armate americane che liberarono i campi di
sterminio, inclusa la 89ª divisione di fanteria nella quale militava un suo
prozio. Il primo a prendere la parola è il premio Nobel per la pace Elie
Wiesel, sopravvissuto ad Auschwitz, che chiama in causa Ahmadinejad accusandolo
di negare lo sterminio e di aver «insultato Israele come nessuna persona
civilizzata dovrebbe fare». L'affondo di Wiesel contro Amadinejad è duro: sullo
sfondo della memoria dello sterminio evoca il rischio di un secondo Olocausto
che potrebbe essere causato in Israele da un'atomica lanciata da Teheran.
Quando Wiesel termina, l'aula del Capitol è immersa in un silenzio di
raccoglimento per celebrare il «Giorno del Ricordo» e Obama rende omaggio alla «saggezza e
testimonianza» del Nobel per la pace, facendo capire di condividere quanto ha
appena detto. Se nei giorni precedenti la Casa Bianca ha condannato l'arringa
anti-israeliana di Ahmadinejad a Ginevra, ora Obama fa un passo in più, facendo propria la memoria dello sterminio
che viene negato da Teheran. Prima parla dell'unicità del massacro di sei
milioni di ebrei: «La scienza che poteva guarire venne usata per uccidere, la
burocrazia che sostiene la vita moderna venne adoperata per eseguire uccisioni
di massa, l'Olocausto fu unico nel suo scopo e nel metodo, venne alimentato
dagli stessi odi che hanno causato atrocità nel corso della Storia». Poi
ricorda due americani testimoni di quanto avvenne: il prozio «che partecipò
alla liberazione del campo di Ohrdruf, parte di Buchenwald» rimanendone segnato
al punto che al ritorno in patria «si chiuse in casa per sei mesi» e poi il
presidente Dwight Eisenhower. E' descrivendo la scelta che fece Eisenhower,
nelle vesti di comandante supremo delle truppe alleate in Europa, subito dopo
la liberazione di Buchenwald, che Barack Obama
recapita a Mahmud Ahmadinejad il messaggio desiderato: «Eisenhower ordinò ai
tedeschi delle città vicine di visitare il campo per vedere ciò che era stato
perpetrato in loro nome, ordinò alle truppe americane di visitare il campo per
vedere il Male contro il quale avevano combattuto, inviò giornalisti e membri
del Congresso a condividere il ruolo di testimoni, ordinò di scattare
fotografie e girare film perché comprese il pericolo del silenzio». Insomma,
l'America si considera testimone della Shoà e rigetta ogni tipo di negazionismo.
\
( da "Stampa, La" del
24-04-2009)
Argomenti: Obama
183 Retroscena CHI
SAPEVA LA SCELTA Torture Il primo sì fu di Condi «Trattamenti» per il detenuto
MAURIZIO MOLINARI Anche l'ex vicepresidente Cheney fu messo al corrente delle
pratiche della Cia Obama vorrebbe limitare l'indagine
ai politici lasciando fuori gli agenti Verso un'inchiesta Documenti ufficiali
del 2002 mostrano che l'allora consigliera di Bush approvò l'uso del
waterboarding Lo scandalo Anche la democratica Nancy Pelosi sarebbe stata
informata Lei: «Mi dissero che era solo un progetto» CORRISPONDENTE DA NEW YORK
Furono Condoleezza Rice e Dick Cheney ad autorizzare gli agenti della Cia di
George Tenet a condurre gli interrogatori dei detenuti di Al Qaeda con
«tecniche rafforzate» che adesso l'amministrazione Obama
equipara alla tortura, ovvero ad una violazione delle leggi degli Stati Uniti.
A svelarlo sono alcuni documenti del ministero della Giustizia, pubblicati
online dalla commissione Intelligence del Senato, destinati a rafforzare la
voce dei leader democratici del Congresso che vogliono dare inizio ad
un'inchiesta pubblica sulla legalità dell'operato della presidenza Bush. I
documenti in questione escono dal ministero che dopo l'11 settembre 2001 era
guidato da John Ashcroft, fedelissimo di Bush, ed ora è nelle mani di Eric
Holder, fedelissimo di Obama. La loro importanza è
relativa alla ricostruzione della genesi dell'autorizzazione all'uso del
«waterboarding», l'affogamento simulato al quale vennero sottoposti Khalid
Sheik Mohammed, ideatore degli attacchi del 2001, e due colonnelli di Osama bin
Laden: Abu Zubaida, collaboratore di Khalid Sheik Mohammed, e Abd al-Rahim
al-Nashiri, coinvolto nell'attacco alla Uss Cole del 2000. La prima occasione
nella quale la Casa Bianca diede luce verde a questa «tecnica rafforzata»
risale al 17 luglio 2002 quando Condi Rice, allora consigliere per la sicurezza
nazionale del presidente, incontrò il capo della Cia George Tenet suggerendogli
di «procedere a condizione dell'assenso del ministero della Giustizia». Era
stato un briefing dell'intelligence a spiegare in precedenza, nei dettagli, a
Rice che cosa comportava il «waterboarding» che venne poi impiegato su Abu
Zubayda per 83 volte riuscendo ad ottenere le informazioni che avrebbero
portato alla cattura di Khalid Sheik Mohammed. Un anno dopo, nel 2003, alti
funzionari della Cia tornarono a illustrare alla Casa Bianca l'utilità del
«waterboarding» durante una riunione alla quale parteciparono, oltre alla Rice,
il vicepresidente Dick Cheney, il ministro della Giustizia Ashcroft, il
consigliere legale del presidente Alberto Gonzales e il consigliere legale
della Rice, John Bellinger. Al termine di quella riunione venne riaffermata la
«legalità» delle «tecniche rafforzate» e nei mesi seguenti Khalid Sheik
Mohammed vi venne sottoposto per 183 volte, svelando il piano di una seconda
ondata di attacchi con aerei-kamikaze, questa volta contro la California. Il
«Washington Post» ha indagato su quanto avvenne all'epoca arrivando alla
conclusione che il ministro della Difesa, Donald Rumsfeld, e il Segretario di
Stato, Colin Powell ne vennero tenuti all'oscuro. A confermarlo è anche John
Rockefeller, senatore democratico del West Virginia che siede nella commissione
di Intelligence, secondo il quale «i documenti di cui al momento disponiamo
attestano che non furono coinvolti nel processo decisionale». L'unico degli
interessati a reagire alle accuse al momento è Bellinger, facendo sapere che si
tratta di una «ricostruzione incompleta che non riflette cosa avvenne». Ma
l'impressione è che ci troviamo solo all'inizio di una battaglia politica e
legale dalle conseguenze imprevedibili. Dianne Feinstein, presidente
democratica della commissione di Intelligence al Senato, vuole infatti
accelerare i tempi per «audizioni pubbliche» alle quali potrebbero essere
chiamati a deporre sotto giuramento Cheney, Rice e altri volti di spicco della
passata amministrazione ma è un percorso che la Casa Bianca di Obama teme in ragione dell'aria di
rivolta che già si respira a Langley, fra gli agenti della Cia che temono di
diventare i capri espiatori dell'inchiesta. Fino a questo momento Obama si è detto determinato ad impedire
procedimenti a carico degli agenti mentre è favorevole ad un'inchiesta
bipartisan a Capitol Hill capace di mettere in luce le illegalità commesse a
livello politico. Saranno le prossime settimane a dire che il presidente
riuscirà a rimanere in bilico fra queste due direzioni di marcia, di certo deve
guardarsi dal rischio di boomerang come nel caso di Nancy Pelosi, la presidente
della Camera dei Rappresentanti che secondo il «Washington Post» nel 2002 venne
«messa segretamente al corrente delle nuove tecniche». Pelosi assicura che «mi
dissero solo che le avrebbero applicate in futuro» ma non basta ad allontanare
il dubbio che anche lei fosse a conoscenza dei nuovi metodi di interrogatorio
applicati sui detenuti di Al Qaeda.
( da "Stampa, La" del
24-04-2009)
Argomenti: Obama
A. auto Le quattro
ruote in movimento General Motors Nove settimane di vacanza I rappresentanti
dei concessionari americani dovrebbero incontrare giovedì
la task force designata da Obama per la ristrutturazione di Detroit. Gm pensa alla chiusura
temporanea della maggior parte delle fabbriche per nove settimane durante
l'estate. Toyota Il primato mondiale dopo un anno vacilla Il primato mondiale
di Toyota, conquistato l'anno scorso dopo 77 anni di dominio incontrastato di
General Motors, vacilla: le vendite sono scese del 27%, a 1,767 milioni
di veicoli. Porsche Winterkorn vuole far sua Volkswagen Volkswagen punta in
futuro a rinsaldare l'alleanza con Porsche, suo principale azionista. Lo ha
detto l'amministratore delegato della società, Martin Winterkorn, durante
l'assemblea annuale degli azionisti in corso ad Amburgo. Porsche detiene circa
il 50,8% di Volkswagen e punta ad arrivare al 75%.
( da "Stampa, La" del
24-04-2009)
Argomenti: Obama
PASSO STORICO
MEDIATO DALLA SVIZZERA ALLA VIGILIA DELLA COMMEMORAZIONE DEL MASSACRO
PERPETRATO DALLE TRUPPE OTTOMANE 1990 Disputa sui confini 1915 Genocidio armeno
1992 Nagorno-Karabakh I nodi irrisolti Quando la storia divide Turchia-Armenia,
prove di disgelo L'ira dell'Azerbaigian: nessun accordo senza una soluzione per
il Caucaso conteso Gli armeni rivendicano territori turchi Per Ankara ci sono
stati solo 300 mila morti L'Armenia occupa la regione dell'Azerbaigian [FIRMA]MARTA
OTTAVIANI ANKARA La Turchia e l'Armenia hanno trovato un accordo per un
percorso che porti alla normalizzazione dei loro rapporti. Lo ha annunciato il
ministero degli Esteri turco nella tarda serata di mercoledì, con un comunicato
ufficiale congiunto, a due giorni da oggi, data in cui si commemora il massacro
della popolazione armena da parte delle truppe ottomane. Un eccidio che la comunità internazionale e la Diaspora armena
vorrebbero veder dichiarato «genocidio», anche nel discorso che il presidente Obama pronuncerà negli Usa, e che la
Turchia si rifiuta di dichiarare tale, contrapponendo la propria versione dei
fatti: non un milione di vittime sterminate metodicamente, ma 300 mila morte
per tragiche fatalità e non secondo una strategia precisa. L'accordo fra
i due Paesi, mediato dalla Svizzera, è un passo storico per le loro relazioni.
Nel 1993 i turchi decisero di chiudere il confine, anche a causa del conflitto
fra Armenia e Azerbaigian per il controllo della regione del Nagorno-Karabakh,
in territorio azero, invasa dalle truppe armene e teatro di un sanguinoso
conflitto, dove Ankara ha sempre preso le difese di Baku. Nella dichiarazione
congiunta turco-armena si legge che «Turchia e Armenia hanno lavorato
intensamente per normalizzare le relazioni bilaterali e intendono svilupparle
in uno spirito di buon vicinato e mutuo rispetto, per promuovere pace,
sicurezza e stabilità in tutta la regione. In questo contesto è stata definita
una road-map». Fonti di stampa turca hanno reso noti i contenuti del percorso,
che si concentrano su tre punti: apertura e riconoscimento dei confini,
soluzione condivisa sui fatti del 1915, accordo sul Nagorno-Karabakh. L'Armenia
non intende opporre resistenze sul riconoscimento dei confini turchi, ma
trovare un accordo sul massacro del secolo scorso e sul Nagorno potrebbe
causare più di un problema. La Arf, la Federazione armena rivoluzionaria, una
delle formazioni più nazionaliste, ha espresso parole di apprezzamento per la
ripresa del dialogo e promesso che oggi, durante le commemorazioni ufficiali
del genocidio a Erevan, non verranno compiuti atti oltraggiosi contro le
bandiere turche, a differenza di quanto successo gli anni precedenti. Il
dialogo fra i due Paesi è iniziato nel 2007, dopo l'assassinio a Istanbul del giornalista
armeno Hrant Dink. La Turchia in questi due anni ha compiuto passi
significativi. All'inizio di aprile sono iniziate trasmissioni in lingua armena
e l'anno prossimo si apriranno facoltà in armeno nelle università. Anche la
società civile ha fatto la sua parte. A ottobre un gruppo di 300 intellettuali,
seguito da altri 29 mila esponenti della società civile, ha sottoscritto una
petizione in cui chiedeva scusa «ai fratelli armeni» per gli avvenimenti del
1915. Dal punto di vista diplomatico ed economico la normalizzazione delle
relazioni serve a tutti: alla Turchia per dimostrare a Bruxelles che si lavora
per l'ingresso nell'Ue; agli Usa, che dimostrano di essere un partner
affidabile e capace di mediare in conflitti nevralgici come quello caucasico;
all'Armenia per uscire dal suo isolamento e venire coinvolta nelle rotte
commerciali ed energetiche della regione. A guastare l'idillio potrebbe essere
proprio lo storico alleato di Ankara: l'Azerbaigian. Che proprio ieri ha fatto
sapere che una normalizzazione è impossibile senza prima una soluzione per il
Nagorno-Karabakh, la regione del Caucaso che contende all'Armenia. 1 2 3
( da "Stampa, La" del
24-04-2009)
Argomenti: Obama
Personaggio Jacob
Zuma trionfa alle elezioni ma ha un dilemma Consorti e favorite del leader
sudafricano Gertrude Khumalo Nkosazana Dlamini Thobeka Stacey Mabhija 67% LA
VITTIMA IL PRECEDENTE Troppe First Lady per un presidente Il nuovo leader
sudafricano ha tre mogli e tre fidanzate Vincerà la compagna di una vita o la
giovane rampante? MATTEO FAGOTTO LA MOGLIE-COMPAGNA CON CUI CONVIVE DA 50 ANNI
LA SECONDA MOGLIE DURÒ DAL 1994 AL 1999 FIDANZATA UFFICIALE, PER CUI HA PAGATO
UN TRIBUTO dei voti all'Anc Il suo passato sentimentale è funestato dal
suicidio di una delle 4 donne che ha sposato Anche l'attuale capo dello Stato
non è riuscito a scegliere e ha lasciato il posto vacante
JOHANNESBURG Magari non entrerà nella storia come Michelle Obama o Carla Bruni, in compenso
sceglierla potrebbe essere tutt'altro che una passeggiata: soprattutto perché,
per la prima volta nella storia del Sudafrica, la prossima first lady sarà una
delle due mogli del tradizionalista Zulu e poligamo convinto Jacob Zuma, leader
dell'African National Congress e, stando ai risultati delle elezioni di
mercoledì scorso, futuro presidente del Paese. La consistente vittoria sugli
oppositori della Democratic Alliance e del Congress of the People, festeggiata
ieri sera da Zuma con canti e balli per le strade di Johannesburg, rischia di
portare qualche turbolenza nell'harem privato del leader sudafricano. Con
quattro matrimoni, tre fidanzate «ufficiose», un divorzio, un suicidio e dieci
figli alle spalle (più qualche altro illegittimo, numeri da far impallidire
Diego Armando Maradona) il prossimo leader della Nazione Arcobaleno si trova di
fronte a un grattacapo non da poco. Nonostante la poligamia sia legale in
Sudafrica, per il cerimoniale presidenziale c'è spazio per una sola First Lady,
che Zuma dovrà scegliere entro l'inizio del prossimo mese tra le due sue
compagne ufficiali: da una parte la timida e riservata Gertrude Khumalo, fiamma
dell'adolescenza e compaesana con cui Zuma ha festeggiato pochi mesi fa 50 anni
di matrimonio, rimasta a fianco del leader politico durante la dura prigionia a
Robben Island prima e l'esilio poi; dall'altra la fresca ed esuberante
Nompumelelo Ntuli (chiamata affettuosamente MaNtuli), 34 anni e una capacità di
reggere la scena che l'ha di fatto trasformata nella favorita per il ruolo di
prima donna. Rispettare la tradizione o puntare sulla gioventù? Finora il
problema è sempre stato definito dall'Anc una «questione privata», ma entro i
primi di maggio, quando il Parlamento investirà ufficialmente Zuma della
presidenza, il nodo dovrà essere sciolto. E se parenti e amici di Gertrude
reclamano la carica invocando l'anzianità e il passato di lotta e militanza
della «coppia», anche MaNtuli ha qualche asso nella manica. Primo fra tutti i
due figli (contro gli zero della rivale) dati a Zuma, ma anche il suo impegno
nel sociale e il talento nell'organizzare eventi religiosi di massa, oltre a
qualche recente sortita nell'agone politico che sa tanto di prove generali per
il prossimo futuro. La sensazione è che, nonostante Zuma abbia definito
Gertrude «una moglie, un'amica, una sorella e una madre», MaNtuli sia favorita
per la giovane età e la propensione ad apparire davanti alle telecamere,
attività che la timida e riservata prima moglie non ha mai amato. E, sebbene
possa vantare appena un anno di matrimonio con Zuma, il fatto che sia stata
MaNtuli ad accompagnare suo marito al voto, concedendosi sorridente a fotografi
e cameramen mentre Gertrude rimaneva a casa a pochi chilometri dal seggio, fa
pendere ancor più la bilancia a favore della prima. Che, per ora, si schermisce
affidando al «volere di Dio» la scelta finale. Sebbene le vicende amorose del
neo presidente hanno riempito per anni le pagine di gossip dei giornali, facendo
pendant con le cronache dei suoi processi, lo stile Zuma non è molto amato in
patria. Stando a un recente sondaggio condotto dalla TNS Market, il 74 per
cento della popolazione locale sarebbe contrario alla poligamia, una pratica
diffusa solo tra alcune comunità del Paese come gli Zulu e gli Swazi e troppo
old fashioned per una società dinamica come quella sudafricana. Che però non
disdegna di curiosare nelle vicende sentimentali del leader dell'Anc. Se il
divorzio dalla seconda moglie ed ex ministro degli Esteri, Nkosazana Dlamini, è
di pubblico dominio, meno conosciuta è la vicenda della mozambicana Kate
Mantsho, toltasi la vita nel 2000 con una dose letale di barbiturici dopo aver
dato al politico sudafricano cinque figli. In una nota lasciata prima di morire,
la Mantsho definì i 24 anni di matrimonio con Zuma «l'esperienza più dolorosa e
amara a cui sono andata incontro», punzecchiando poi il marito per la sua
propensione a chiedere soldi in prestito (vizio, quest'ultimo, all'origine dei
suoi recenti guai con la giustizia) e addirittura vietandogli di presenziare al
funerale. Non che il futuro presidente sia il solo ad avere scheletri
nell'armadio: lo scorso anno il capo di stato ad interim e attualmente in
carica, Kgalema Motlanthe, in crisi con la consorte e inseguito da voci su due
presunte amanti e un figlio illegittimo avuto da una di queste, si rifiutò di
presentare ufficialmente una First Lady alla nazione, in barba alla ragion di
stato. Un precedente da cui Zuma potrebbe magari trarre spunto per non
scontentare nessuna delle sue dolci metà.
( da "Repubblica, La"
del 24-04-2009)
Argomenti: Obama
Pagina 4 - Interni
Cappellacci preoccupato. "Sono stupito, parlerò col premier". Paura
per gli investimenti fatti Ma la Sardegna si ribella al dietrofront "Hotel
a metà, sprechi da Corte dei conti" Tra gli imprenditori che hanno
investito negli hotel di lusso anche la Marcegaglia PIER GIORGIO PINNA CAGLIARI
- Rivolta in Sardegna. La decisione di trasferire il G8 provoca dure reazioni.
Il timore è che le grandi opere progettate alla Maddalena, senza i
finanziamenti residui, non vengano completate. Sarebbe una mazzata forse letale
per la riconversione di molte strutture a un uso civile dopo decenni d´impiego
per scopi militari nel quadro di strategie in passato legate alla base Usa dei
sommergibili nucleari e ai presidi della Marina italiana. Nell´isola si
moltiplicano le prese di posizione negative. Dei complessivi 400 milioni
destinati all´arcipelago dal 2008 sino a oggi dai governi Prodi e Berlusconi
(insieme con la Regione Sardegna e con tanti industriali privati, a cominciare
dalle imprese di Emma Marcegaglia) è stata spesa una parte consistente. Ma per
portare a termine i lavori occorre poter contare sull´intero pacchetto
d´investimenti. Prospettiva ora a rischio. Il sindaco della Maddalena, Angelo
Comiti, del Pd: «Ora qualcuno dovrà vedersela con la Corte Conti». Il
presidente della giunta regionale, Ugo Cappellacci, del Pdl, subentrato a
Renato Soru che molto si era battuto per il G8 alla Maddalena, prima si mostra
stupito e poi tende la mano alle popolazioni abruzzesi: «Noi sardi siamo
solidali, e in ogni caso Berlusconi mi ha garantito che da noi si terrà il
summit sull´ambiente voluto da Obama». In serata altra dichiarazione, di tenore ben diverso: «Abbiamo
preso atto con grande preoccupazione e forte stupore delle decisioni adottate
dal governo. Un fatto improvviso, inopinato». Il governatore vedrà il premier a
Roma. Pesantissimi gli industriali del Nord Sardegna, e chiedono che le opere
non saranno lasciate a metà. «Nonostante La Maddalena sia un paradiso
naturale che non ha bisogno di attrarre turisti la sua scarsa ricettività
residenziale, se non corretta, minaccia di rivelarsi un handicap». Critiche
dall´ex ministro della Difesa, il sardo Arturo Parisi. Due le aree
dell´arcipelago dove, nonostante le notizie rimbalzate da Roma, si continua a
lavorare. La prima zona fa capo all´ex Arsenale militare. Qui si sta costruendo
un albergo a 5 stelle da oltre 100 camere e le due suite che avrebbero dovuto
ospitare il presidente Usa. Poi, su una superficie di 16mila metri quadri, un
palazzo dei convegni, un mediacenter per le conferenze stampa (da riconvertire
per servizi turistici), un porto con una trentina di posti. Nell´area dell´ex
ospedale militare, sempre alla Maddalena, si realizzano invece un hotel da 110
stanze, le 8 suite presidenziali destinate ai capi di Stato. Mentre nel
lungomare antistante si opera per un riassetto complessivo e una
modernizzazione degli impianti. Nelle scorse settimane erano saltati i
finanziamenti all´inizio riservati al G8 per il raddoppio delle corsie sulla
strada Olbia-Sassari e l´ampliamento dell´aeroporto Costa Smeralda, dirottati
altrove dal governo. Casi già al centro di contestazioni, dato che non sono
state mantenute le promesse fatte in prima persona dallo stesso premier durante
la recente campagna per le elezioni regionali.
( da "Repubblica, La"
del 24-04-2009)
Argomenti: Obama
Pagina 4 - Interni
G8, il trasloco all´esame di Washington Per gli Stati Uniti L´Aquila è più
sicura. Sì della Gran Bretagna, cauta la Germania Le reazioni VINCENZO NIGRO
ROMA - I primi a reagire ufficialmente sono stati i britannici. Reazione
positiva. «Le decisioni sul luogo dove tenere il vertice del G8 spettano al
governo italiano», ha scritto in una nota il portavoce di Downing Street Lynn
Eccles. «Abbiamo profonda simpatia per il popolo italiano, dopo i tragici
eventi all´Aquila la Gran Bretagna è pronta ad aiutare l´Italia in ogni modo
possibile. Le decisioni sul luogo dove tenere il vertice del G8 spettano al
governo italiano». Poco dopo, da Washington, arriva un segnale favorevole
dell´amministrazione americana. Chi segue la sicurezza di
Barack Obama, ovvero il
Secret Service, aveva già fatto mille ispezioni alla Maddalena, al luogo dove
ancorare la nave da crociera "Fantasy" o le altre navi su cui avrebbe
potuto far base il presidente. Una nave è un luogo poco difendibile, da cui ci
si muove con difficoltà in caso di pericolo, poco adatto al presidente degli
Stati Uniti. Il G8 in Abruzzo è una scelta migliore per gli spostamenti
di Obama, per la sua sicurezza, anche se tutto è
ancora da costruire. «Stiamo valutando, siamo in contatto con i funzionari
italiani per capire quali saranno gli sviluppi dell´organizzazione del
vertice», spiega in serata un altro funzionario della Casa Bianca. Ma da
Siracusa, dove si tiene il G8 dei ministri dell´Ambiente, l´americana Lisa
Jackson rivela che «Barack Obama e Berlusconi si sono
già sentiti sullo spostamento del vertice: se dovesse essere così, ci vorranno
degli aggiustamenti. Tuttavia non abbiamo ancora preso una posizione». Un altro
paese chiave, la Germania di Angela Merkel, sembra prepararsi allo spostamento senza
grandissimo entusiasmo: un diplomatico tedesco a Roma dice che «per ora il
ministero degli Esteri da Berlino non ha reazioni: spetta agli italiani
organizzare il vertice». La verità è che da tempo molti diplomatici in Italia
avevano capito che mettere in piedi il vertice alla Maddalena sarebbe stato un
incubo organizzativo. Per cui il colpo di teatro di Berlusconi di spostare il
tutto in Abruzzo in fondo viene accettato con sollievo. «Ma è sempre una
sorpresa, uno spostamento non previsto», dice un altro diplomatico, «e alle
burocrazie, alle organizzazioni questo tipo di sorprese non piacciono». Ieri
pomeriggio naturalmente tutti i siti Internet e le agenzie di stampa straniere
hanno scritto dello spostamento deciso da Berlusconi. Per la Reuters «la decisione
a sorpresa mette fine a oltre due anni di pianificazione per l´evento
sull´assolata e remota isola della Maddalena, e permette a Berlusconi di
mantenere l´attenzione sul terremoto e sulla sua risposta grazie alla quale ha
rafforzato la sua popolarità». Secondo il New York Times, che ieri pomeriggio
riprendeva il servizio dell´agenzia Reuters, «non è chiaro al momento come la
città medievale dell´Aquila, adesso coperta di macerie ed edifici crollati,
possa sistemare le migliaia di persone attese per il summit». L´edizione
elettronica di El Mundo scrive invece che «Nicolas Sarkozy, Barack Obama, Gordon Brown e Angela Merkel vedranno con i propri
occhi i danni provocati dal terremoto che il 6 aprile scorso ha scosso il
centro-Italia», aggiungendo che l´idea di Silvio Berlusconi «è quella di far sì
che gli occhi di mezzo mondo si concentrino sul capoluogo dell´Abruzzo».
( da "Repubblica, La"
del 24-04-2009)
Argomenti: Obama
Pagina 35 - Commenti
POPULISMO SELETTIVO (SEGUE DALLA PRIMA PAGINA) Ed è un rischio reale, come
dimostrano in modo eloquente alcuni fatti significativi delle ultime settimane,
tra i quali spicca l´alto e severo monito del presidente della Repubblica.
Berlusconi non si limita a chiedere una maggiore efficienza dell´azione di
governo. Pretende una radicale ridefinizione del ruolo del presidente del
Consiglio, con una concentrazione di potere nelle sue mani senza precedenti e
senza controlli, alterando, e non riformando, la forma di governo disegnata
dalla Costituzione. Consapevoli o no, Berlusconi e i suoi continuano a muoversi
secondo un modello messo a punto negli Stati Uniti nel 1994 da un parlamentare
repubblicano, Newt Gingrich, che proponeva un "Contratto con
l´America" e il passaggio a un "Congresso virtuale" (collegati
elettronicamente, i cittadini avrebbero votato le leggi al posto dei
parlamentari). Sappiamo che Berlusconi fece proprio il primo suggerimento,
firmando in diretta televisiva il non dimenticato "Contratto con gli
italiani". Ora si indica una strada per delegittimare il Parlamento, già
minacciato d´una riduzione ad una sorta di riunione di famiglia di cinque
persone, quanti sono i presidenti dei gruppi parlamentari, che voterebbero al
posto dei singoli senatori o deputati. Fallito negli Stati Uniti, il modello
Gingrich troverà in Italia la sua terra d´elezione? Cogliamo così il populismo
nella sua versione più radicale, che ispira l´azione quotidiana del presidente
del Consiglio, che si è da tempo manifestato nell´accorta e totalitaria
gestione del sistema della comunicazione e che ora attende il suo compimento
finale, con l´accentramento dei poteri nelle mani del primo ministro e un incontro
fatale con le tecnologie elettroniche. Di questo modo d´intendere la politica e
lo Stato Berlusconi ha dato pubblica testimonianza quando, in apertura del
congresso costituente del Popolo della Libertà, ha descritto l´intero
costituzionalismo moderno appunto nella chiave, abusiva e inquietante, di una
sua radice populista. E l´insofferenza per ogni forma di controllo e per le
stesse regole dello Stato di diritto, caratteri tipici del populismo di destra,
ritornano ossessivamente nelle più impegnative vicende recenti. Quando
Napolitano ha rifiutato di firmare il decreto legge sul caso Englaro,
Berlusconi ha minacciato un ricorso al popolo, costituzionalmente
improponibile, perché il potere di decretazione fosse attribuito al governo
fuori d´ogni controllo. Viviamo, però, in un clima di populismo
"selettivo". Quando esalta la voce del popolo, Berlusconi dimentica
del tutto che questa voce si levò nel giugno 2006, quando proprio un referendum
popolare bocciò la sua proposta di riforma costituzionale. Quel voto, infatti,
viene svalutato imputandolo non ai cittadini, ma alla "sinistra", ai
"comunisti". Questo perché si vuole cancellarne l´indubbio
significato politico nel momento in cui si cerca di imboccare una strada
preoccupante come quella allora bloccata. Dopo il referendum, infatti, si
sottolineò che, evitato lo stravolgimento, la Costituzione aveva bisogno di una
"buona manutenzione": esattamente l´opposto di quel che oggi propone
Berlusconi, chiedendo in primo luogo d´essere libero da ogni controllo nell´emanazione
dei decreti legge e di spostare sul presidente del Consiglio il potere di
sciogliere le Camere. In questo modo, però, non si va verso una forma di
governo parlamentare razionalizzata, ma verso un primato assoluto
dell´esecutivo, anzi di chi lo presiede, che contrasta con il sistema
costituzionale vigente. Dopo aver trasferito la sede del governo a casa
propria, ora Berlusconi vuole portare a compimento il suo progetto di
privatizzazione delle funzioni di governo trasferendo nello Stato il modello
già realizzato per il suo nuovo partito, descritto senza reticenze
nell´articolo 15 dello statuto sui poteri del presidente del Pdl: "Ha la
rappresentanza politica del partito, e lo rappresenta in tutte le sedi
politiche e istituzionali, ne dirige l´ordinato funzionamento e la definizione
delle linee politiche e programmatiche, convoca e presiede l´ufficio di
presidenza, la direzione e il consiglio nazionale e ne stabilisce l´ordine del
giorno. Procede alle nomine degli organi di partito e, d´intesa con l´ufficio
di presidenza, decide secondo le modalità previste dallo statuto". Non si
poteva trovare una più sincera dichiarazione di autocrazia. Conosco già alcune
risposte. Non si vuole alterare la Costituzione, ma soltanto rendere più
efficiente l´azione di governo e più fluidi i regolamenti parlamentari. Non
lasciamoci ingannare da queste giravolte. Si dice che, reso più rapido l´iter
parlamentare delle proposte del governo, verrà ridotto il ricorso ai decreti
legge. Che non è una buona risposta, perché si accetta comunque la pretesa del
governo di non sottoporre a controlli adeguati le sue iniziative. E perché ai
guasti del presidenzialismo strisciante non si risponde con una sua rassegnata
accettazione, ma ripensando gli equilibri istituzionali, partendo da una seria
rivalutazione della funzione parlamentare che non può essere affidata alle
logore acrobazie di uno "statuto" concesso alle opposizioni (si
rifletta sugli effetti della recente riforma costituzionale francese, che ha
determinato l´assoluta opacità della legislazione chiusa nelle commissioni
parlamentari e il sistematico azzeramento degli spazi di iniziativa legislativa
"garantiti" all´opposizione). è tempo di contrappesi forti. Si torna
così al tema della comunicazione. L´ipotesi del sondaggio permanente dei
cittadini dà l´illusione della sovranità e la sostanza della democrazia
plebiscitaria. è una ipotesi insieme pericolosa e vecchia, se appena si rivolge
lo sguardo ai diversi tentativi di far sì che i cittadini, consultati anche
elettronicamente, non siano ridotti a "carne da sondaggio", ma
possano essere soggetti attivi e consapevoli. Il ben
diverso uso delle tecnologie e delle reti sociali da parte di Obama, e non da lui soltanto, dovrebbe
indurre a riflessioni meno rozze. Ma delle impervie vie della democrazia
elettronica, fuori dal populismo, converrà parlare più distesamente.
( da "Stampa, La" del
24-04-2009)
Argomenti: Obama
IL MONDO DOPO LA
CRISI Intervista Robert Reich Gli Usa saranno ancora la prima economia Ma ne
usciranno indeboliti Il professore di Berkeley "Ora i governi devono
spendere molto di più" Il guru: solo così eviteremo ricadute WASHINGTON I
singoli governi dovrebbero aumentare la spesa nel 2009 del 2%, rispetto al 2008
per evitare nuove pesanti ricadute della crisi». E' l'appello di Robert Reich
economista, docente a Berkeley, guru del mercato del lavoro e autore di: «The
Transformation of Business, Democracy, and Everyday Life». Guardando i dati
dell'Fmi la tesi dell'inizio della fine della crisi viene a cedere? «Forse non
siamo nemmeno alla fine dell'inizio. Vedo pochissimi segnali che possano
sostenere ottimismo. Sarà ancora per 12-18 mesi». Quali sono i punti deboli?
«La contrazione della domanda ci tiene prigionieri di un ciclo vizioso nel
quale le aziende tagliano posti. La conseguenza è una riduzione delle
disponibilità delle famiglie costrette a ridurre le spese per consumi, a posticipare
il pagamento delle rate di prestiti e mutui, a chiederne la proroga e il
rifinanziamento». Quali saranno le conseguenze sul mercato del lavoro? «Negli
Stati Uniti il tasso di disoccupazione salirà oltre il 10% entro la fine del
2009. La sottoccupazione, quella porzione di forza lavoro talmente scoraggiata
da non cercare un impiego e chi lavora part-time ma cerca il tempo pieno,
aumenterà fino al 18%». Il piano Obama è inefficace? «E' un passo nella giusta direzione ma la portata
è nettamente inferiore rispetto alle esigenze del Paese, e rischia di avere
effetto solo nel
( da "Stampa, La" del
24-04-2009)
Argomenti: Obama
MAISON MUSIQUE IL
CONCERTO OGGI ALLE 22 Noa: "La mia musica per la pace tra gli israeliani e
i palestinesi" Nello show ci sono i brani del cd «Genes And Jeans» di
stampo yemenita È Noa la star di primavera a Maison Musique; la cantante e
messaggera di pace israeliana è di scena stasera alle 22 sul palco di Rivoli,
accompagnata da un quartetto di musicisti connazionali; lo show prende spunto
dalla pubblicazione del cd «Genes And Jeans». Raccolta di canzoni riprese dalla
tradizione yemenita che dal vivo sono affidate alle virtù strumentali di Gil
Dor, Gil Zohar e Gadi Seri, nonché alla splendida voce della cantante già apprezzata
in concerto da Papa Giovanni Paolo II. Il ritorno a Rivoli di Noa coincide con
un momento di tensione internazionale dovuto alla conferenza «Durban 2» in
Svizzera; ma è anche il primo in Piemonte dopo l'elezione
di Barak Obama. L'artista
riassume così il suo contrastato stato d'animo: «L'elezione di Obama è una delle cose più belle cui ho
avuto modo di assistere in tutta la mia vita; al contrario, mi pare che la
convenzione di Durban dimostri quanto siamo ancora lontani dall'affermazione di
un processo di comprensione reciproca, proponendo schemi che lasciano
spazio all'odio e all'antisemitismo. Però non dobbiamo scoraggiarci, bisogna
incoraggiare le posizioni moderate e percorrere la strada del dialogo». A
partire dal prossimo mese a Mosca, dove Noa rappresenterà Israele alla
manifestazione canora «Eurovision Song Contest». Canterà in quell'occasione il
brano «There Must Be Another Way» con la sua collega araba Mira Awad: «Sono
molto fiera di quel brano. È scritto in tre lingue, ebraico, arabo e inglese;
c'è un verso che dice "quando piango per entrambe noi il mio dolore non ha
nome", e poi il ritornello è esplicito, ci deve essere un altro modo di
affrontare la questione israelo-palestinese». La canzone fa parte del disco
«Genes And Jeans», direttamente ispirato alla ricca tradizione yemenita: «Una
musica unica al mondo sotto il profilo del ritmo e della melodia, che spesso
accompagnava testi di poeti di straordinaria sensibilità e profondità. Con il
mio partner artistico Gil Dor abbiamo attualizzato il contesto, inserendo la
lingua inglese e storie legate alla vita odierna. Lo Yemen è noto per le voci,
l'uso di uno strumento chiamato "pach" e lo stile di danza; tutti
elementi che confluiscono nel mio show». Dove si intrecciano a strumenti e
soluzioni moderne: «Rinnovarsi è un obbligo, anche l'organo di Bach era
considerato rivoluzionario ai suoi tempi. Alla stessa maniera, io non ho
problemi a rapportarmi con l'elettronica; è il software che conta, non
l'hardware. E il software sono le persone». Info: via Rosta 23, ingresso 30
euro, tel. 011 - 537636.\
( da "Stampa, La" del
24-04-2009)
Argomenti: Obama
È Noa la star di
primavera a Maison Musique; la cantante e messaggera di pace israeliana è di
scena stasera alle 22 sul palco di Rivoli, accompagnata da un quartetto di
musicisti connazionali; lo show prende spunto dalla pubblicazione del cd «Genes
And Jeans». Raccolta di canzoni riprese dalla tradizione yemenita che dal vivo
sono affidate alle virtù strumentali di Gil Dor, Gil Zohar e Gadi Seri, nonché
alla splendida voce della cantante già apprezzata in concerto da Papa Giovanni
Paolo II. Il ritorno a Rivoli di Noa coincide con un momento di tensione
internazionale dovuto alla conferenza «Durban 2» in Svizzera; ma è anche il
primo in Piemonte dopo l'elezione di Barak Obama. L'artista riassume così il suo
contrastato stato d'animo: «L'elezione di Obama è una delle cose più belle cui ho avuto modo di assistere in
tutta la mia vita; al contrario, mi pare che la convenzione di Durban dimostri
quanto siamo ancora lontani dall'affermazione di un processo di comprensione
reciproca, proponendo schemi che lasciano spazio all'odio e
all'antisemitismo. Però non dobbiamo scoraggiarci, bisogna incoraggiare le
posizioni moderate e percorrere la strada del dialogo». A partire dal prossimo
mese a Mosca, dove Noa rappresenterà Israele alla manifestazione canora
«Eurovision Song Contest». Canterà in quell'occasione il brano «There Must Be
Another Way» con la sua collega araba Mira Awad: «Sono molto fiera di quel
brano. È scritto in tre lingue, ebraico, arabo e inglese; c'è un verso che dice
"quando piango per entrambe noi il mio dolore non ha nome", e poi il
ritornello è esplicito, ci deve essere un altro modo di affrontare la questione
israelo-palestinese». La canzone fa parte del disco «Genes And Jeans»,
direttamente ispirato alla ricca tradizione yemenita: «Una musica unica al
mondo sotto il profilo del ritmo e della melodia, che spesso accompagnava testi
di poeti di straordinaria sensibilità e profondità. Con il mio partner
artistico Gil Dor abbiamo attualizzato il contesto, inserendo la lingua inglese
e storie legate alla vita odierna. Lo Yemen è noto per le voci, l'uso di uno
strumento chiamato "pach" e lo stile di danza; tutti elementi che
confluiscono nel mio show». Dove si intrecciano a strumenti e soluzioni
moderne: «Rinnovarsi è un obbligo, anche l'organo di Bach era considerato
rivoluzionario ai suoi tempi. Alla stessa maniera, io non ho problemi a
rapportarmi con l'elettronica; è il software che conta, non l'hardware. E il
software sono le persone». Info: via Rosta 23, ingresso 30 euro, tel. 011 -
537636.\
( da "Stampa, La" del
24-04-2009)
Argomenti: Obama
SHOWROOM. DAGLI USA
A SINGAPORE "Arazzo", nuove collezioni nelle vetrine del mondo «Erano
6 mesi che trattavamo, ci sono voluti alcuni viaggi all'estero ma poi ci siamo
riusciti». Filippo Uecher è soddisfatto: dopo aver arredato
il salotto del presidente Obama ora, con il marchio «Mariaflora», sta aprendo 11 showroom negli
Stati Uniti, in Canada, a Londra e a Montecarlo. «Il momento è difficile ma è
indispensabile pensare al futuro. Soprattutto in America le cose si stanno
muovendo e sicuramente il "made in Italy" piace. Proprio ieri
mattina abbiamo avuto la conferma per altri due punti vendita a Singapore e in
Malesia». Arazzo, a Vigliano, è una piccola azienda, che conta 12 dipendenti e
una quarantina di «esterni» che lavorano in conto terzi. Fa parte del gruppo
Para-Tempotest, leader nella produzione di tessuti per esterni in tutto il
mondo, ideali per il giardino, la nautica, la spiaggia, il bordo piscina, e
altrettanto perfetti per l'arredamento d'interni, dal soggiorno alla camera da
letto. «Siamo leader anche grazie a questo prodotto particolare - prosegue
Uecher - Del resto il fatto di garantire un tessuto per 8 anni, nella tenuta
del colore anche se esposto al sole e alla pioggia e al contempo offrire stoffe
morbide come quelle in fibre naturali, in velluto, ciniglia, raso e jacquard, è
un'importante passo avanti, frutto di un'attenta ricerca e di una forte volontà
di innovazione». Summit Furniture sarà il partner di Mariaflora a Los Angeles,
San Francisco, Londra, Chelsea Harbour e Montecarlo mentre Jeffrey Michaels
sarà la location in Florida (a Miami). Con Design & Retail sarà presente in
Missoury (a Kansas City) e con Terris Draheim a Seattle in Oregon. Infine per
Toronto, Montreal, Vancouver e New Jersey Arazzo si appoggerà a Primavera. In
via di definizione altri Showroom a Phoenix, Arizona, a Dallas Texas e a New
York.
( da "Stampa, La" del
24-04-2009)
Argomenti: Obama
Poesie. Sassone
celebra in rima "La vittoria di Obama" Attualità e intimismo nel
nuovo volume che debutta a maggio Nel contesto delle celebrazioni della
giornata del lavoro, venerdì 1° maggio alle 15, nel salone Rinascita del
circolo Arci «Francesco Leone» di corso Prestinari a Vercelli, il senatore Irmo
Sassone presenterà il suo recente libro di poesie intitolato «La vittoria di Obama» a cura di Renza Agnelli
per le edizioni Universum. Si tratta di una raccolta di venti brani di poesia
civile che si riferiscono a tematiche sociali e politiche sia nazionali che
internazionali, senza trascurare l'attualità, come appunto ricorda il titolo.
Si va dall'affermazione della pace contro tutte le guerre, all'attuale crisi
finanziaria, dalla difesa dello stato sociale alla conservazione dell'ambiente
per poi tornare ad un clima più intimistico e personale con le liriche che
chiudono il volumetto. Sassone, classe 1927, nativo di Quinto, partito dalla
terra di risaia, è stato dirigente politico e sindacale e infine senatore dal
1976 al 1983. Numerosissimi i suoi scritti sia di poesie che in forma di
saggio, sempre comunque permeati dal suo immancabile impegno sociale. Nella
breve presentazione l'autore commenta: «L'intento, con la prossima raccolta, è
di superare le trecento pagine di poesia civile, per ricordare sogni giovanili
e necessità che andrebbero soddisfatte realizzate nel presente e nel futuro». A
seguire, Franco Migliaccio, docente all'Istituto Belle Arti di Brescia,
illustrerà la mostra allestita per l'occasione. Verranno esposte le «copertine
d'autore» dei 25 volumi de «La Storia della Società italiana».
( da "Stampa, La" del
24-04-2009)
Argomenti: Obama
LA MINACCIA
Intervista Robert Kaplan "Washington rischia di ritrovarsi come alleato
uno Stato fallito" «Gli islamisti avanzano con piccoli blitz, poi
ottengono dal governo le zone conquistate» "Il pericolo è che il Paese si
dissolva" MAURIZIO MOLINARI Giornalista e stratega CORRISPONDENTE DA NEW
YORK Il Pakistan sta diventando uno Stato fallito». Robert Kaplan, stratega
militare del «Center for New American Security» di Washington e autore di
«Imperial Grunts» è uno dei maggiori conoscitori della regione
afghano-pakistana, dove si reca spesso in visita alle truppe americane che vi
operano, e vede nella cattura della provincia di Buner da parte dei taleban i
sintomi della possibile caduta del governo di Ali Zardari che sta dando
ripetuti segnali di estrema debolezza. Perché i taleban sono riusciti a
prendere il distretto di Buner? «Il motivo è un combinato fra la debolezza
delle forze governative e gli errori che sono stati commessi dal presidente Ali
Zardari». Quali errori? «Siglare accordi di tregua con i taleban consentendogli
di prendere il controllo della provincia di Swat ha permesso loro di usare il
territorio come una base per prendere il Buner. Fare passi indietro di fronte
ai taleban significa consentirgli di rafforzarsi. Il governo precedente fece lo
stesso errore patteggiando la tregua con i gruppi taleban in Waziristan. Il
risultato è stato, allora come adesso, premiare le ambizioni dei taleban». Che
disegno strategico hanno i taleban pakistani? «Conquistare, passo dopo passo,
il controllo di diverse aree di territorio per creare uno Stato islamico dentro
i confini pakistani e dimostrare che il governo non è sovrano, non rappresenta
la nazione». Lanceranno un attacco contro la capitale? «Il Buner non è molto
lontano da Islamabad ma i taleban non hanno la forza militare per condurre una
simile operazione. Non cercheranno un assalto che non possono vincere,
continueranno a rosicchiare terreno al governo grazie al fatto che le loro
cellule, aggressive e ben armate, sono più efficaci delle truppe, poco
motivate». Che cosa accomuna i taleban pakistani? «L'ideologia. Vogliono creare
uno Stato islamico». C'è una regia comune con i taleban afghani? «Non siamo in
grado di dirlo ma c'è un'alleanza sul territorio dovuta al fatto che le regioni
di operazioni confinano, oltre alla condivisione del progetto di Stato
islamico». Washington può impedire lo sgretolamento del Pakistan?
«L'amministrazione Obama, al pari
della precedente guidata da Bush, ha chiesto a Islamabad di non fare accordi
con i taleban ma in entrambi i casi il governo pakistano non ha ascoltato. Fare
intese con la guerriglia concedendole spazi di territorio è la strategia che in
Colombia portò alla fine degli anni Novanta il presidente Andres Pastrana a
cedere alla guerriglia delle Farc con il risultato di indebolire lo
Stato». Perché Zardari ripete l'errore compiuto da Pastrana? «Per il motivo che
è un leader debole. La popolarità del presidente è all'8 per cento mentre il
leader dell'opposizione Sharif è all'85. Zardari è prigioniero della sua
debolezza». Sarà l'esercito guidato dal generale Pervez Kayani a prendere
l'iniziativa sul terreno? «Credo di sì». Ci sarà un golpe? «Lo scenario è di un
colpo di Stato non violento, morbido. Se è vero che l'esercito è parte
integrante della debolezza dello Stato resta l'unico a poter evitare la
disgregazione del Pakistan». Molti si chiedono dove sia finito A. Q. Kahn, il
padre della bomba pakistana da qualche tempo non più agli arresti domiciliari.
Lei che idea si è fatto? «È scomparso nel nulla. E la cosa non promette bene
visto che fu lui a creare il network clandestino di armamenti nucleari del
quale si sono giovati Paesi come Iran e Corea del Nord». In Iraq le truppe
della coalizione hanno catturato Al Baghdadi, il locale leader di Al Qaeda.
Quale saranno le conseguenze? «La coalizione gli stava dando la caccia perché
negli ultimi tempi abbiamo assistito ad una ripresa degli attacchi suicidi da
parte dei gruppi legati ad Al Qaeda a Baghdad e in tutto il paese. Saranno le
prossime settimane a dirci se la cattura avrà effetto».
( da "Repubblica, La"
del 24-04-2009)
Argomenti: Obama
Pagina 16 - Esteri
Nuovi documenti incastrano la Rice "Ha autorizzato le torture della
Cia" Pelosi: "Ora una commissione verità". McCain: "è
caccia alle streghe" ALBERTO FLORES D´ARCAIS dal nostro inviato new york -
I sondaggi dicono che alla vigilia dei primi cento giorni
di Obama la maggioranza
degli americani (63%) è soddisfatta del suo operato, ma l´esplosione delle
polemiche dopo la pubblicazione dei memo sulle torture della Cia rischia di
creare seri problemi alla Casa Bianca. Le ultime rivelazioni, che vedono
coinvolta Condoleezza Rice, lo scontro acceso sul varo di una commissione
d´inchiesta che sta spaccando il Partito democratico, gli attacchi della
destra (ricompattata per l´occasione) stanno travolgendo lo spirito bipartisan,
che nelle intenzioni di Obama, doveva essere un punto
centrale della sua politica. Il documento diffuso da Jay Rockefeller
(presidente della commissione Intelligence del Senato) mercoledì sera offre ai
liberal nuovi motivi per chiedere un´indagine del Congresso sull´uso del
waterboarding (la tecnica di annegamento simulato) e degli «interrogatori
brutali» approvati dalla Casa Bianca di Bush nella guerra ai terroristi di Al
Qaeda. La prima ad approvare (sia pure verbalmente) l´uso del waterboarding fu
nel luglio 2002 Condoleezza Rice, allora Consigliere per la Sicurezza
Nazionale. La data non è secondaria, perché dimostra che «Condi» ebbe in questa
decisione un ruolo molto più importante di quello da lei ammesso l´autunno
scorso, quando sostenne di aver partecipato a riunioni in cui le richieste
della Cia vennero solo discusse e in cui si chiese al ministro della Giustizia
di dare una valutazione legale. Risposta (positiva) che, secondo il primo memo
Top Secret della Cia, arrivò solo il 1 agosto 2002. Nella primavera del 2003
l´Intelligence americana chiese alla Casa Bianca di prorogare il programma di
interrogatori e nel luglio dello stesso anno il National Security Council si
incontrò per discuterne. Al meeting erano presenti il vicepresidente Dick
Cheney, Condoleezza Rice, il ministro della Giustizia John Ashcroft e il legale
della Casa Bianca (e futuro ministro di Giustizia) Alberto Gonzales. In quel
meeting ad alto livello venne ribadito che il programma di «interrogatori
brutali» era legale e rifletteva la politica dell´amministrazione Bush. Nel
documento di Jay Rockefeller viene sottolineato come fossero assenti due
membri-chiave del governo Bush, il Segretario di Stato Colin Powell e il capo
del Pentagono Donald Rumsfeld: «Non vennero coinvolti nella decisione
nonostante riguardasse la politica estera e quella militare degli Stati Uniti».
Nonostante la cauta apertura dei giorni scorsi Obama
resta contrario alla commissione d´inchiesta. Dando il via libera alla
pubblicazione dei quattro memo e garantendo allo stesso tempo l´immunità agli
agenti della Cia, aveva sperato di chiudere la vicenda, senza un coinvolgimento
diretto degli uomini della passata amministrazione. Il timore della Casa Bianca
era quello di spaccare l´America, di dividere il Partito democratico e di
affrontare un´opposizione repubblicana che su questa vicenda ha deciso di
affilare le armi. Tre cose che si sono immediatamente avverate. Lo speaker
democratico al Congresso Nancy Pelosi (che pure aveva dato parere favorevole
quando venne informata delle «tecniche brutali» dalla Casa Bianca di Bush) ha
affiancato il senatore Russ Feingold nella richiesta di una «commissione
verità» che abbia il potere di indagare sulle responsabilità della passata
amministrazione ed ha chiesto che la Casa Bianca non assicuri l´immunità salvo
alcuni casi «che vanno valutati volta per volta». Di diverso avviso è il leader
democratico al Senato Harry Reid, e d´accordo con lui è anche una pattuglia di
«blue dog», i deputati democratici che sulla guerra al terrorismo sono stati
diverse volte d´accordo con Bush. Contro la Casa Bianca sparano a zero i
repubblicani. Dopo le accuse di Cheney («Pubblicare i memo Cia aiuta i nemici
dell´America») e dopo che Karl Rove ha detto che Obama
vuole arrivare ad un «processo show», ieri é intervenuto John McCain, l´ex
candidato alla Casa Bianca: «E´ partita la caccia alle streghe». Toccherà al
ministro della Giustizia Eric Holder provare a togliere le castagne dal fuoco.
Sarà lui a decidere (ovviamente in accordo con Obama)
se varare o meno una commissione d´inchiesta. Per ora le sue dichiarazioni sono
ambigue. «Il ministero seguirà le prove ovunque ci portino, perché nessuno è al
di sopra della legge». Ma anche «non permetteremo la criminalizzazione di
politiche differenti per quanto riguarda gli interrogatori Cia».
( da "Repubblica, La"
del 24-04-2009)
Argomenti: Obama
Pagina 17 - Esteri
Aiutare la pace Shirin Ebadi striglia l´Occidente "Un errore boicottare
Ginevra" Non condivido le idee di Ahmadinejad: invece di sperare che
Israele sparisca, speriamo che nasca uno Stato palestinese FRANCESCA CAFERRI
Shirin Ebadi ha assistito alle polemiche sulla conferenza Onu sul razzismo
lontano da casa: dall´Europa prima e dagli Stati Uniti - dove si trova ora -
poi, la premio Nobel per la pace ha visto i Paesi occidentali e l´Unione
europea spaccarsi sulla questione iraniana. Signora Ebadi, cosa pensa della
divisione dei Paesi europei alla conferenza di Ginevra? «Secondo me avrebbero
fatto meglio a partecipare. In questo modo avrebbero potuto presentare il loro
modo di pensare. Se si vuole avere ragione occorre difendere il proprio punto
di vista». Dunque crede che la comunità internazionale dovrebbe proseguire
sulla via del dialogo con Teheran anche di fronte alle posizioni estremiste di
Ahmadinejad? «Io sono sempre contro qualunque forma di scontro. La guerra non
risolve nulla, aggiunge altri problemi a quelli che ci sono già, come ci
insegna l´esperienza in Iraq e in Afghanistan. Se si è contrari alla guerra,
l´unica altra scelta possibile resta il dialogo. Ma perché sia serio, occorre
definire con attenzione quali sono le questioni sul tavolo. Credo inoltre che
si debba procedere su tre livelli: il dialogo tra capi di Stato e di governo,
quello tra i parlamenti e quello, importantissimo, tra le società civili». Le
tv hanno mostrato una folla festante al rientro di Ahmadinejad da Ginevra:
pensa che gli iraniani condividano le opinioni del loro leader su Israele? «Io
stessa come iraniana sono contro questo modo di esprimersi. Credo che invece di
sperare che Israele sparisca, dovremmo sperare che nasca uno stato palestinese
indipendente al più presto. Questo mi pare questo un contributo reale alla pace
in Medio Oriente: non auspicare la scomparsa di Israele». Obama ha offerto un ramoscello d´ulivo agli iraniani: ritiene che
questo possa essere un nuovo punto di partenza nelle relazioni fra gli Stati
Uniti e Teheran? «Sono convinta che le divergenze fra i nostri Paesi siano
risolvibili con il dialogo. Negli Stati Uniti vivono due milioni di
iraniani: basterebbe prendere cinque fra parenti e amici di ciascuna di queste
persone per avere un buon numero di iraniani che vogliono il dialogo. E che se
lo aspettano in tempi ragionevoli. A queste persone vanno poi aggiunti molti
altri iraniani, che hanno nei confronti degli Stati Uniti un´attitudine
positiva». Crede che ci saranno novità in questo campo prima delle elezioni
presidenziali di giugno in Iran? «In base alla Costituzione iraniana, il
presidente della Repubblica non ha una grande autonomia. Qualunque sia il
risultato delle elezioni non credo che cambierà molto la situazione attuale e
le scelte politiche dell´Iran». L´ultima domanda riguarda la giornalista
americana Roxana Saberi. Lei ha assunto la sua difesa: su che basi la porterà
avanti? «La nostra Costituzione stabilisce che i processi debbano essere tenuti
in presenza di una giuria: quello di Roxana è stato fatto a porte chiuse.
Inoltre, aveva diritto a un avvocato sin dal momento dell´arresto: e non le è
stato concesso. Per tutti questi motivi, la sentenza è secondo me priva di
valore».
( da "Stampaweb, La"
del 24-04-2009)
Argomenti: Obama
CAGLIARI Lo sciame
sismico delle reazioni parte da La Maddalena, passa per Olbia e arriva fino a
Cagliari. La bordata più potente è del vicepresidente della Provincia della
Gallura: «La Sardegna sta diventando lisola delle bufale».
Poi a cascata tutti gli altri esponenti politici. «Questo è uno scippo ai
sardi», gridano dallItalia dei valori mentre i vertici cagliaritani del Pd aggiungono:
«Una decisione assurda e demagogica». Al coro di proteste per lo spostamento
del G8 a LAquila si aggiungono subito anche alcuni dei maggiori
rappresenti del Pdl sardo: «Una mossa incomprensibile», sottolinea il senatore Pdl, Piergiorgio Massidda. La
decisione del Consiglio dei ministri di ieri mattina, in Sardegna, ha suscitato
un forte malcontento. Lira del sindaco della Maddalena, Angelo
Comiti: «LAbruzzo, in questo momento, ha necessità di tanto aiuto e non
di certo di un vertice
internazionale per complicare la vita agli aquilani. Nella nostra città ci sarà
una grande rivolta: non accetteremo che restino incompiuti i progetti di
rilancio del nostro territorio. La Maddalena, non lo dimentichiamo, ha dato un
contributo enorme al sistema di difesa internazionale, ospitando per
trentacinque anni sottomarini americani a propulsione nucleare». Vibrano nel
pomeriggio i muri del Consiglio regionale: il governatore Ugo Cappellacci
chiama subito Berlusconi e strappa al premier un appuntamento per questa
mattina. «Il nostro sentimento di solidarietà nei confronti degli amici
abruzzesi è fortissimo, ma abbiamo preso atto con grande preoccupazione e forte
stupore delle decisioni adottate dal Governo. Un fatto improvviso, importante e
inopinato». E aggiunge: «Il processo di recupero di La Maddalena non può essere
fermato, gli investimenti non si devono bloccare e i lavori non possono essere
interrotti». La promessa di organizzare a settembre, in Sardegna, il G8 dellAmbiente
alla presenza del
presidente americano Obama, non soddisfa per niente il
primo cittadino di La Maddalena. E scatena anche altre polemiche tra i
consiglieri regionali. Dice Roberto Cappelli dellUdc: «Possibile
che la solidarietà verso lAbruzzo si possa esprimere soltanto con il trasferimento del
G8 a LAquila?». Dalla Gallura arriva poi la protesta della
Confindustria: «Assurdo bloccare la macchina organizzativa che è in moto da più
di un anno».
( da "Repubblica, La"
del 24-04-2009)
Argomenti: Obama
Pagina 9 - Economia
Il Lingotto si candida a comandare il secondo colosso mondiale dell´auto Veto
dei sindacati in Germania, colloqui col governo tedesco Tra Fiat, Chrysler,
Opel e Gm Sudamerica, un gruppo da 7,2 milioni di vetture SALVATORE TROPEA
TORINO - L´Economist lo ha definito «un pokerista» che «ama essere cacciatore e
non preda». E da cacciatore, lui, Sergio Marchionne, dopo avere rilanciato Fiat
nel mondo, sta cercando di portare a casa il bottino più grosso mai tentato da
un manager del settore: annettersi la Chrysler e poi andare all´attacco della
Opel e di un altro pezzo consistente della Gm. Se farà centro il Lingotto prima
della prossima estate potrebbe trovarsi al comando di un gruppo
italo-tedesco-americano da 7,2 milioni di vetture all´anno
(Fiat-Chrysler-Opel-Gm Sudamerica), secondo nel mondo soltanto alla Toyota. La
battuta di caccia, per stare nella metafora del settimanale britannico, si
svolge tra l´Europa e gli Stati Uniti, in un quadrilatero compreso tra Torino,
Washington, Detroit e Berlino. L´ad della Fiat, che ieri ha avuto ampio mandato
dal cda, di tornare in America con il compito di «vedere tutto quello che si
può fare per concludere il negoziato con Chrysler e senza spendere un euro»,
continua a ripetere che «la priorità è chiudere l´accordo con Chrysler». «Siamo
concentrati su Chrysler, prima dobbiamo gestire questa fase. Se ci sarà altro
dovrà essere coerente con questa operazione». Chi e che cosa potrebbe essere
questo «altro» cui si riferisce Marchionne senza fare nomi? La sua risposta è
che «il gruppo è aperto al dialogo con diverse società del settore automotive».
Ma col passare dei giorni questa apertura a trecentosessanta gradi si è andata
restringendo e i riflettori della stampa internazionale sono ora puntati sulla
Opel. Un´alleanza di Fiat con Opel è comunque subordinata al successo dei
colloqui in corso con Chrysler. Ciò vuol dire che non si tratta di una scelta
alternativa ma aggiuntiva a quella della casa di Detroit. E a questo proposito,
secondo il WSJ, che cita fonti vicine al dossier, l´ad della Fiat la settimana
scorsa avrebbe incontrato il ministro tedesco dell´economia, Karl-Theodor
Guttenberg da settimane impegnato a trovare un acquirente per la controllata
tedesca della Gm. Nella partita dunque è entrata anche la Germania. Il
settimanale tedesco Der Spiegel, ha riferito di una lettera di intenti per
l´operazione Fiat-Opel che però al Lingotto è stata definita «notizia priva di
fondamento». Lo Spiegel, come il quotidiano tedesco Rheinische Post, scrive
anche di un consorzio di cui farebbe parte il gruppo austro-canadese Magna
Steyr. Sulla strada di Fiat ci sarebbe però l´opposizione del consiglio di
fabbrica della Opel il cui presidente Klaus Franz teme «una forte riduzione di
organici», dei sindacati socialdemocratici e anche di molti esperti. Uno dei
quali Helmut Becker, ha commentato «Oddio!". La gamma dei modelli delle
due case è così simile che grossi risparmi sarebbero possibili solo con la
massiccia chiusura di impianti». A favore è invece il management della casa
madre Gm. Di Magna Styer e Fiat in corsa per Opel ha scritto anche il New York Times
riferendo il parere del governatore dell´Assia dove Opel ha il quartier
generale, Roland Koch, favorevole all´accordo e per il quale «a differenza di
quanto sinora è stato detto ci sono parecchi investitori interessati».
Nonostante i silenzio del Lingotto la Opel resta sullo sfondo, ma se ne parlerà
dopo il 30 aprile. Su questo i vertici Fiat non hanno dubbi. Il conquista di
Opel è comunque una mossa importante sullo scacchiere di Marchionne, collegata
com´è, alla crisi Gm. Se infatti, come concordano molti analisti - e a
differenza di quanto potrà accadere per la Chrysler- la Gm imboccherà la strada
del fallimento pilotato, in fase di ristrutturazione si porrà il problema di
«snellire» il colosso dell´auto. E poiché è improbabile che
Barack Obama si sia esposto
anche finanziariamente verso le due grandi ammalate dell´auto a
stelle-e-strisce per poi approdare a sacrifici occupazionali in America, la
Opel tedesca e la Gm Sud America potrebbero essere le predestinate a finire sul
mercato. Ma la Fiat può pensare di bissare il modello di alleanza con
Chrysler, conquistando un pezzo importante di Gm a costo zero? Qualcuno ha
provato a dare una risposta a questo interrogativo ipotizzando una possibile
cessione da parte di Fiat di Iveco o Cnh. «Sono asset molto preziosi per il
gruppo, abbiamo lavorato duramente per portarli a questo livello e sarebbe
quindi stupido disfarsene» ha detto però ieri Marchionne agli analisti. Quindi
un passo per volta: solo quando si capirà a quali condizioni è stato chiuso il negoziato
con Chrysler si potrà valutare meglio la partita Opel.
( da "Repubblica, La"
del 24-04-2009)
Argomenti: Obama
Pagina 29 - Economia
Il fisco in pressing sui ricchi del mondo In Gran Bretagna l´aliquota più alta.
In Francia e Germania governi divisi ENRICO FRANCESCHINI dal nostro
corrispondente LONDRA - «Il ritorno della guerra di classe», titola in prima
pagina il Daily Telegraph, sopra una vignetta che ritrae il primo ministro
Gordon Brown nei panni di un redivivo Vladimir Lenin. Il quotidiano
filoconservatore esagera, ma anche il più imparziale Financial Times concorda
che le misure presentate questa settimana dal ministro del Tesoro Alastair
Darling, illustrando il nuovo budget, equivalgono a un´abiura del credo
predicato per oltre un decennio dal New Labour di Blair e Brown. Alleggeriremo
il peso fiscale, non saremo più il vecchio partito laburista del «tassa e
spendi», promisero i due leader nel 97, e il loro guru
Peter Mandelson annunciò: «Non ho nulla in contrario al fatto che qualcuno
diventi schifosamente ricco». Ma ora è proprio con i ricchi che se la prende il
governo Brown, alzando le tasse dal 40 al 50% per chi guadagna oltre 150 mila sterline l´anno. Non
è l´unico a cambiare rotta: anche Barack Obama segnala un´inversione di tendenza
e progetti analoghi circolano in vari paesi europei. Sono misure temporanee? O
è la sinistra che cambia pelle? Oppure è il capitalismo che ha bisogno di
cambiarla? GRAN BRETAGNA. Qui sono circa 300 mila i contribuenti che dichiarano
dalle 150 mila sterline (circa 170 mila euro) di reddito annuo in su.
L´obiettivo del governo è riempire le casse dello stato per far fronte a un
deficit di 700 miliardi di sterline, accumulato a forza di aiuti per combattere
la crisi economica. Il risultato è che la Gran Bretagna ha ora non solo il
debito pubblico ma pure l´aliquota fiscale più alti d´Europa. La previsione,
confermata dai sondaggi, è che alle elezioni dell´anno prossimo i conservatori
torneranno al potere. STATI UNITI. Negli Usa, dall´epoca di Reagan, l´aliquota
più alta è al 33% e tale per il momento resterà. Ma Obama
ha presentato un piano per tagliare le detrazioni fiscali a chi ha un reddito
superiore ai 250 mila dollari l´anno ed usare gli introiti così ricavati per
finanziare il sistema sanitario pubblico. E´ un intervento minimo, ma
costituisce un primo passo verso quella «riforma del capitalismo» che secondo
il presidente è oggi necessaria. GERMANIA. Il partito socialdemocratico (che fa
parte del governo di unità nazionale guidato dai conservatori di Angela Merkel
che però è contraria) propone un aumento dell´aliquota massima dal 45 al 47 per
cento per redditi superiori a 125 mila euro (single) o a 250 mila (coppie),
mentre l´aliquota più bassa scenderebbe dal 14 al 10. FRANCIA. Una parte della
maggioranza, con il no del governo, è favorevole a una tassa «una tantum» per i
redditi oltre i 300 mila euro. ITALIA. Il Partito democratico propone di
aumentare per un anno l´aliquota massima dal 43 al 45% per redditi oltre i 120
mila euro.
( da "Repubblica, La"
del 24-04-2009)
Argomenti: Obama
Pagina 30 - Economia
"Nelle banche ancora troppi titoli tossici" Strauss-Khan: senza
pulizia dei bilanci niente ripresa. Almunia: segnali positivi per la Ue La
Banca Mondiale aumenterà gli investimenti in infrastrutture a 45 miliardi ELENA
POLIDORI DAL NOSTRO INVIATO WASHINGTON - Dominique Strauss-Kahn chiede alle
banche americane e europee di «completare la pulizia dei bilanci» e conferma
che, se questo avverrà, la ripresa economica inizierà «dal primo semestre del
2010 e verrà dagli Usa». Il responsabile del Fmi ci tiene a sottolineare che
l´eliminazione totale dei titoli «tossici»dal sistema finanziario, all´origine
dell´avvelenamento dei mercati di mezzo mondo, è «indispensabile», ed è anche
un pre-requisito per l´attesa svolta: «Senza pulizia non ci sarà nessuna
ripresa. Chiedo perciò ai governi maggiori sforzi in questa direzione. Non
sottovaluto le difficoltà ma il fatto che sia difficile non significa che non
sia necessario». E tuttavia, dal suo osservatorio, per la prima volta
Strass-Kahn comincia a intravedere «alcune informazioni che mostrano un
miglioramento della situazione economica». Ma «sono solo alcune», precisa. «La
crisi non è finita». Come lui, anche i ministri del G7 e quelli del G20, che si
riuniscono oggi presso il Tesoro americano in due appuntamenti distinti,
cercano una luce in fondo al tunnel. Conferma il commissario Ue, Joaquin
Almunia: «Da alcuni indicatori arrivano segnali positivi per la Ue». Convinti
che questa crisi è sì finanziaria ed economica, ma si basa anche su aspettative
di «ordine psicologico», in queste ore gli sherpa diplomatici stanno appunto
lavorando per poter mandare all´opinione pubblica un «barlume di speranza», come ha già fatto il presidente Usa Obama. Contemporaneamente, il Fmi raddoppia il tetto per i prestiti ai
paesi poveri mentre Robert Zoellick, presidente della Banca Mondiale, impegnato
ad alleviare le conseguenze della recessione sul Sud del mondo, annuncia
investimenti in infrastrutture per 45 miliardi di dollari in tre anni, il
doppio del previsto. L´istituto triplicherà anche il sostegno
all´agricoltura (da
( da "Corriere della Sera"
del 24-04-2009)
Argomenti: Obama
Corriere della Sera
sezione: Prima Pagina data: 24/04/2009 - pag: 1 ECOLOGIA & ECONOMIA UNA
TERRA VERDE PRODUCE MEGLIO di GIOVANNI SARTORI L a Terra come sta? Di recente
abbiamo avuto tanti terribili dispiaceri dal terremoto all'Aquila alla
depressione economica globale che lo stato di salute del nostro pianetino (che
diventa tanto più piccolo quanto più i suoi abitanti diventano numerosi) è
stato quasi dimenticato. Il 22 aprile è stata celebrata, nel mondo, la
«giornata della Terra». Da noi questa celebrazione è passata quasi inosservata.
L'importante notizia resta che, dopo le sciagurate presidenze Bush, gli Stati Uniti di Obama si stanno rapidamente sensibilizzando anche al problema
ecologico. E un po' anche la nostra Confindustria (Marcegaglia dixit). Me è
proprio vero che il surriscaldamento del nostro pianetino sia opera dell'uomo,
che sia colpa nostra? Il sempre più sparuto plotone di scienziati che lo nega
pur sempre ammette che le emissioni inquinanti dell'uomo contribuiscono,
nell'ordine di almeno un 25%, all'effetto serra e quindi alla alterazione del
clima. Anche se così fosse (e per i più così non è) in ogni caso non vedo
perché non ci si debba impegnare a oltranza nel combattere la catastrofe
climatica che ci minaccia. Ciò premesso, il problema non è solo il clima. E'
anche che manca, e mancherà sempre più, l'acqua potabile, o comunque l'acqua
per l'agricoltura. Dal che consegue che nelle zone povere e sovrappopolate
mancherà il cibo, e quindi che in Africa, India e anche in Cina incombe la minaccia
di terribili carestie. Non basta. Un ulteriore problema è che per sopravvivere
in tanti, in troppi, abbiamo sempre più bisogno di energia, mentre le nostre
riserve di energia (a cominciare dal petrolio) sono in via di esaurimento; e
non ci sarà, temo, vento o sole che bastino per soddisfare la fame di energia
dei sette miliardi di esseri umani ai quali presto arriveremo, per non parlare
dei nove miliardi stimati da infauste previsioni. Tutti i suddetti problemi non
esisterebbero se fossimo ancora i tre miliardi di quando io nascevo. Il che
equivale a dire che la popolazione della Terra non deve crescere ma diminuire.
Elementare, mi sembra. Ma per la Chiesa l'argomento è tabù. E anche il grosso
degli economisti ha sinora puntato su uno «sviluppismo » (arricchismo?)
infinito, come se noi vivessimo in uno spazio illimitato provvisto di risorse
inesauribili. Il guaio è che da gran tempo gli economisti leggono solo se
stessi e che si sono chiusi anche loro nella propria nicchia specialistica.
Così come i giuristi evadono dai problemi della realtà dichiarandoli
extra-giuridici, alla stessa stregua gli economisti eliminano i problemi che
non sanno o non vogliono affrontare sotto la voce externalities, di effetti
esterni che non li riguardano. Vedi caso, tra queste externalities c'è
l'inquinamento dell'atmosfera e dell'acqua, la deforestazione selvaggia che
desertifica il suolo e, insomma, tutti i problemi posti dal tracollo ecologico.
Eppure è di tutta evidenza che il danno ambientale già prodotto è enorme e che comporterà
costi enormi di riparazione e di ripristino. Ammesso che non sia già troppo
tardi. Dio non voglia. E' vero che al momento l'emissione dei gas inquinanti
sta calando; ma è perché siamo in una recessione che chiude industrie. E un
male che ne scaccia un altro non è la soluzione del problema. Per questo
rispetto la soluzione è di capire che l'avvenire dello sviluppo industriale è
la sua riconversione in un'economia «verde» di risparmio energetico.
( da "Corriere della Sera"
del 24-04-2009)
Argomenti: Obama
Corriere della Sera
sezione: Primo Piano data: 24/04/2009 - pag: 2 Berlusconi: G8 all'Aquila Con i
risparmi ricostruiremo «No alla Maddalena, qui più sobrio». Epifani apprezza la
scelta «I no global non avranno il coraggio di venire a fare casino». Decisione
top secret anche per molti ministri DA UNO DEI NOSTRI INVIATI L'AQUILA «Faremo
qui, proprio in questa caserma, il G8. Lo spostiamo dalla Maddalena a L'Aquila.
I 220 milioni che risparmiamo, li investiamo nella ricostruzione. E i no global
non avranno il coraggio di venire a fare casino qui fra i terremotati. Capite?
Risparmiamo soldi e siamo più sicuri»: Silvio Berlusconi si è rivolto con
queste parole ieri mattina alla squadra di governo convocata nella scuola
ispettori della Guardia di finanza a Coppito, alle porte del capoluogo
abruzzese, per il Consiglio dei ministri straordinario sul terremoto. Da Londra
e Washington sono arrivati i primi informali «sì» allo spostamento della sede e
ci sarebbero già stati contatti fra Palazzo Chigi e l'amministrazione Usa. Una
mossa a sorpresa, quella del premier. Poco prima dell'inizio della riunione,
nemmeno il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, sapeva nulla dell'imminente
annuncio, anticipato dall'agenzia Adnkronos. «Il G8 in Abruzzo? Non mi
risulta», ha detto La Russa entrando nella caserma. E secondo quanto emerso
anche gli altri ministri, a parte Roberto Maroni e Giulio Tremonti, erano
all'oscuro. La proposta del Cavaliere è stata poi approvata all'unanimità,
raccogliendo reazioni entusiastiche del centrodestra e critiche dalla sinistra
radicale, ma anche qualche timida apertura dal Pd. L'iniziativa è stata commentata
favorevolmente dal leader della Cgil: «È un segnale di attenzione per le
popolazioni colpite», ha dichiarato Guglielmo Epifani. Prudente invece la
Confindustria: «Dobbiamo capire meglio», ha detto la presidente Emma
Marcegaglia. L'idea era balenata in mente a Guido Bertolaso subito dopo la
scossa che ha sconvolto L'Aquila. E Berlusconi si è messo al lavoro assieme a
Tremonti, Maroni e Letta per capire se era possibile. Ieri ha rotto gli indugi.
«Tutti i capi di Stato vedranno quali sono le condizioni delle zone terremotate
ha poi spiegato il premier in conferenza stampa . La Maddalena è un posto
bellissimo, anche troppo bello, adesso, con la crisi economica e il terremoto,
meglio una scelta sobria come l'Aquila. La scelta della Maddalena non era nemmeno
nostra, ma l'avevamo ereditata dal precedente governo. La Maddalena avrà tante
altre occasioni di valorizzazione, qui dobbiamo invece dare un segnale di
speranza ». E ancora: «In questa caserma ci sono le condizioni per ospitare in
sicurezza tutte le delegazioni». Fra l'altro, ci sarebbe anche la possibilità
di organizzare almeno una parte degli eventi al Grand Hotel di Campo
Imperatore, sul massiccio del Gran Sasso, dove fu rinchiuso per una decina di
giorni nel 1943 Benito Mussolini, prima di essere liberato da un commando
tedesco. E lì per i no global sarebbe davvero dura arrivare. Alla Maddalena, ha spiegato Berlusconi, andrà comunque «un summit sull'ambiente a
settembre collegato al G8: mi ha scritto Obama per chiedermi di ospitarlo in Sardegna. E noi lo faremo ».
Messaggio ai Grandi Il presidente del Consiglio: i capi di Stato vedranno quali
sono le condizioni delle zone terremotate Paolo Foschi
( da "Corriere della Sera"
del 24-04-2009)
Argomenti: Obama
Corriere della Sera
sezione: Primo Piano data: 24/04/2009 - pag: 2 Cappellacci oggi dal premier:
siamo preoccupati Sardegna, un miliardo già investito Ma si consola con il summit ambientale LA MADDALENA Ancora ieri notte una luce soffusa
filtrava dalle finestre della suite destinata a Barack e Michelle Obama al piano nobile dell'hotel 5
stelle quasi ultimato dove un tempo erano le casematte dell'arsenale della
marina militare. I cantieri sono aperti, a non tutti gli operai è arrivato il
«contrordine», decine lavorano come se il G8 dovesse ancora farsi.
Fatica sprecata? Quanti denari già spesi andranno perduti? Martedì dopo Pasqua
Berlusconi ha compiuto una visita segreta ai cantieri, con Gianni Letta e Guido
Bertolaso: e alla Maddalena sono convinti, è quel giorno che ha deciso. «Follia
si sfoga il sindaco Angelo Comiti , il G8 non è una festa fra compagni di
scuola». Poi di fronte al «premio di consolazione» summit per l'ambiente in
autunno va al sodo: «Le opere siano comunque realizzate». Investimenti in forse.
Un anno fa c'era 1 miliardo di euro, una parte rilevante conferita dalle
Regione Sardegna (epoca Soru): più di 300 per il complesso dell'arsenale (hotel
5 stelle, il centro congressi affacciato sul mare e il media center, dati in
gestione per 30 anni al gruppo Marcegaglia che ha investito una quarantina di
milioni), per l'ospedale militare trasformato in albergo di lusso e per rifare
porto e passeggiata a mare. Gli alberghi sono quasi finiti, sul porto ancora
nessun cantiere. E dei 100 milioni per infrastrutture e costi di funzionamento?
Si spenderà ben poco: «risparmiati» quelli per il noleggio della nave di
crociera «Fantasia», 1650 cabine pronte ad accogliere capi di stato (costo top
secret). Proteste del Pd: «Berlusconi non ci ha mai creduto, aveva già cercato
di spostarlo a Napoli». E il governatore Cappellacci, che nel pomeriggio si era
detto «orgoglioso di dare il nostro contributo per l'Abruzzo», in serata ha
cambiato toni: «Abbiamo preso atto con grande preoccupazione e forte stupore
delle decisioni adottate dal governo. Un fatto improvviso, importante e
inopinato». Oggi vedrà il premier a Roma. Alberto Pinna
( da "Corriere della Sera"
del 24-04-2009)
Argomenti: Obama
Corriere della Sera
sezione: Primo Piano data: 24/04/2009 - pag: 3 Il retroscena Il ministro
dell'Economia Tremonti tra i più accesi sostenitori dell'idea E il Cavaliere:
certe scelte vanno fatte con follia SEGUE DALLA PRIMA «E bravo Silvio», esulta
Giorgia Meloni, la più movimentista tra i ministri: «Buttali in mezzo alle
tende 'sti potenti, invece di farli stare sopra i panfili». In tempi di crisi
«'sti potenti» hanno bisogno del consenso popolare, e il Berlusconi no global è
lì che li porta, in mezzo al popolo. Niente panorami incantevoli ma dramma,
sudore e macerie, così il premier ieri ha giustificato il suo azzardo: «Spesso
le scelte più ragionevoli non sono quelle che nascono dalla ragione ma quelle
che vengono prese con visionaria follia». Una «follia» sponsorizzata da Giulio
Tremonti, il maggior sostenitore di un'idea che per metà è frutto dell'istinto
mediatico del Cavaliere e per l'altra metà è dettata dalla penuria di soldi e
dalla necessità di concentrare gli uomini sul campo. Intanto il capo della
Protezione civile Guido Bertolaso faticava a sdoppiarsi tra l'Aquila e la
Maddalena, eppoi il titolare dell'Economia costretto al miracolo quotidiano dei
pani e dei pesci con il bilancio dello Stato aveva fatto presente al premier
che da qualche parte bisognava pur tagliare per sostenere la ricostruzione
dell'Abruzzo. Perciò, quando lunedì è stato informato del progetto di
trasferire il G8 tra i terremotati, insieme a Gianni Letta ne è rimasto
affascinato: «Facciamo vedere un'Italia che si risolleva», ha detto il
Cavaliere. «Facciamo anche che si risparmia», ha commentato Tremonti. Un tifo
sfegatato. Ma i rischi a cui si espone Berlusconi dopo l'annuncio sono pari
all'impatto che la notizia ha immediatamente avuto in Italia e all'estero. Già
Di Pietro lo accusa di voler trasformare quella terra ferita in una
«passerella», e un passo dietro lui anche il Pd aspetta di capire. Perché se
solo qualcosa andasse storto, il Cavaliere pagherebbe con gli interessi questa
«follia». Sebbene sullo spostamento del vertice stia raccogliendo i consensi di
tutte le cancellerie mondiali, dovrà certificare agli ospiti quella sicurezza
che Maroni ieri assicurava. Poi dovrà evitare che i lavori per il vertice
intralcino quelli della ricostruzione, in modo da non provocare malumore tra i
senza tetto. E nel frattempo dovrà spiegare ai sardi perché sono stati
«espropriati» dell'evento. Nel gioco al rilancio il premier non ha eguali, se
superasse anche questa prova sbancherebbe. Così forza la mano, spiazzando
persino gran parte dei suoi ministri, ignari ieri mattina di quanto andava
architettando. E poco importa se c'è chi persino nel centrodestra mugugna
sottovoce e teme un capitombolo: per Berlusconi una foto tra le rovine mentre Obama adotta un monumento disastrato non
sarebbe più un'immagine strappata con un escamotage, com'è accaduto a Londra
per il G20. Ma proprio qui sta il rischio maggiore per il Cavaliere, che l'idea
di non lasciare soli gli abruzzesi, anzi di offrire loro un'occasione per il
rilancio, venga invece percepita come il gesto strumentale di chi mercifica il
dolore e lo sfrutta per il consenso. C'è nell'opinione pubblica questo
sospetto, alimentato dalla corsa dei maggiori leader politici italiani verso
Onna per il 25 aprile. Un'operazione troppo plateale, per quanto sincera. Il
pericolo di rigetto dunque esiste, tocca a Berlusconi evitarlo. Di questo
rischio è avvertito, sarebbe lui a pagarne le maggiori conseguenze. Sarebbe
peggio di non riuscire a controllare i no global. Francesco Verderami
( da "Corriere della Sera"
del 24-04-2009)
Argomenti: Obama
Corriere della Sera
sezione: Primo Piano data: 24/04/2009 - pag: 3 Le reazioni Via libera anche da
Parigi e Mosca «Disponibilità» dell'America Il «sì» di Downing Street Ma si
lavora a ridefinire il «piano sicurezza» Ogni spostamento del presidente degli Usa
comporta preparazioni lunghissime e meticolose DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
WASHINGTON La prima reazione americana è stata positiva. Al telefono con
l'ambasciatore Gianni Castellaneta, il vicecapo dello staff
della Casa Bianca, Jim Messina, ha detto che Barack Obama non abbia nulla in contrario, in linea di principio, a tenere il
G8 di luglio all'Aquila invece che alla Maddalena. Era abbastanza scontato. Chi
potrebbe dire di no a un gesto di solidarietà con la città messa in ginocchio
dal terremoto? Ma è nella struttura, negli stanze schermate del secret
service, negli uffici del National Security Council all'Old Executive Building,
il palazzaccio ottocentesco che sta accanto alla dimora presidenziale, dove
l'annuncio a sorpresa di Silvio Berlusconi ha provocato sussulti e
preoccupazione, angosce da incubo organizzativo, visioni apocalittiche di
irrisolvibili rompicapo della sicurezza. E soprattutto un certo disappunto, per
la quasi sicura prospettiva di dover gettare a mare mesi e mesi di lavoro, per
ricominciare tutto daccapo. «Siamo in contatto costante con gli amici del
governo italiano, per capire lo sviluppo degli avvenimenti e del nuovo piano. È
successo tutto così in fretta. Dobbiamo vedere quali siano i loro piani, come
intendano affrontare tutte le questioni logistiche e di sicurezza, legate al
cambio di località. Non è che non ci sia abbastanza tempo, ma ce n'è poco e
dobbiamo essere sicuri che basterà», ci dice in via confidenziale un
funzionario dell'Amministrazione. Parlando a Siracusa, in margine al G8 per
l'Ambiente ospitato da Stefania Prestigiacomo, la responsabile dell'agenzia per
l'Ambiente, Lisa Jackson, ha detto che «non è ancora deciso, ma se ci sarà un
cambiamento di sede bisognerà fare degli aggiustamenti ». I problemi per la
Casa Bianca sono immensi. Ogni spostamento del presidente comporta preparazioni
lunghissime e meticolose, scorte di agenti e funzionari mandati in avanscoperta
e visite segrete dei luoghi. Coinvolge centinaia di persone e mezzi ingenti.
Quello della Maddalena poi, il primo G8 interamente navale, aveva superato
tutti gli altri in termini di difficoltà. Per questo, prima di esprimere ogni
opinione sulla praticabilità dell'Aquila, la «struttura» si esprime con
cautela: anche se sa che in ultima analisi sono i politici a prendere la
decisione, vuole vederci chiaro prima di dire al presidente che la cosa si può
fare. Una consolazione: la prospettiva che probabilmente sarà Roma il
campo-base, quello dove risiederanno le delegazioni e i media. Dalle altre
capitali del G8, i primi rimbalzi sono sostanzialmente positivi. I più rapidi
sembrano essere gli inglesi: «Noi abbiamo profonda simpatia per il popolo
italiano dopo i tragici avvenimenti all'Aquila. E siamo pronti ad aiutare in
ogni modo l'Italia. Le decisioni sul luogo dove tenere il vertice spettano al
governo italiano», ha detto Lynn Eccles, portavoce di Downing Street.
Disponibilità di massima è stata espressa anche a Parigi, e Mosca. Berlino
risponderà oggi. Paolo Valentino
( da "Corriere della Sera"
del 24-04-2009)
Argomenti: Obama
Corriere della Sera
sezione: Esteri data: 24/04/2009 - pag: 13 La battaglia iniziata da first lady
Hillary difende il diritto all'aborto nei Paesi in via di sviluppo WASHINGTON
In un appassionato intervento davanti alla Commissione Esteri della Camera, Hillary
Clinton ha difeso il diritto della donna all'aborto, confermando che per la
prima volta dopo 7 anni gli Stati Uniti finanzieranno con 50 milioni di dollari
il controllo delle nascite ovunque nei Paesi in via di sviluppo. «Credo
fermamente di poter rivendicare questo diritto della donna», ha dichiarato.
«Credo anche fermamente che chi è d'accordo con me possa esercitarlo. Il
controllo delle nascite è importante per la salute della donna. La donna deve
avere accesso all'aborto, che io reputo debba essere sicuro, legale e raro». La
segretaria di Stato ha ribadito con veemenza la sua posizione, rispondendo alle
aspre domande di due deputati repubblicani. Il primo, Chris Smith, la ha
accusata di «sovvertire la politica americana di difesa della vita in Africa e
America Latina». Il secondo, Jeff Fortenberry, le ha rimproverato di
«costringere i contribuenti a pagare per l'aborto in violazione dei più alti
valori degli Stati Uniti». L'interruzione della maternità, ha reagito Hillary,
fa parte della salute riproduttiva. E ha aggiunto: «Tra di noi c'è una
fondamentale differenza di valutazione del problema. In alcuni Paesi africani
ho visto bambine di 12-13 anni che restano incinte. E in alcuni Paesi asiatici
ho notato che il rifiuto delle autorità di controllare le nascite costringe le
donne a una vita di oppressione e sofferenza». Il nostro governo, ha concluso
la ex first lady, intende prevenire questi drammi. Sotto Bush, l'America aveva
finanziato solo programmi di astinenza sessuale, come era già avvenuto sotto
Reagan, un altro presidente repubblicano. Ma Obama ha cambiato strada e, a fine
marzo, il dipartimento di Stato ha devoluto 50 milioni di dollari al Fondo
dell'Onu per la Popolazione, che finanzia l'aborto nel Terzo Mondo in caso di
necessità. Hillary ha sottolineato che la somma servirà anche a una campagna di
educazione sessuale. La ex first lady aveva già combattuto la stessa
battaglia negli Anni Novanta, durante la presidenza del marito. Segretario di
Stato Usa Hillary Clinton (Afp) Ennio Caretto
( da "Corriere della Sera"
del 24-04-2009)
Argomenti: Obama
Corriere della Sera
sezione: Esteri data: 24/04/2009 - pag: 13 Rivelazioni Nuovi documenti sul
ruolo dell'amministrazione Bush Torture della Cia, il primo sì venne dalla Rice
L'ex segretario di Stato rischia un processo Autorizzò il waterboarding nel
2002, prima dei pareri dei giuristi. Solo un anno dopo i servizi informarono
Powell e Rumsfeld DAL NOSTRO CORRISPONDENTE WASHINGTON Fu l'allora consigliere
di George Bush per la Sicurezza nazionale, Condoleezza Rice, già nel luglio del
2002, prima ancora cioè che il Dipartimento della Giustizia fornisse la sua
copertura legale, a dare alla Cia il segnale verde all'uso del waterboarding,
la tecnica che simula l'annegamento, negli interrogatori dei presunti
terroristi di al Qaeda. A rivelarlo è un documento del Senate Inteligence
Committee, la commissione senatoriale per i servizi, che per la prima volta
fornisce un quadro dettagliato e inquietante sul coinvolgimento dei maggiori
protagonisti dell'Amministrazione Bush nel concepimento, l'approvazione e la
messa in pratica del piano sull'uso di procedure d'interrogazione, che
sconfinavano nella tortura. Il nuovo «colpo di teatro» complica ulteriormente
la vita all'Amministrazione Obama e soprattutto al
Dipartimento della Giustizia, già sotto pressione e lacerati dal rovello
politico e legale, se portare o meno in tribunale i funzionari autori dei
pareri giuridici, che diedero la giustificazione a metodi illegali. Sulla base
delle nuove rivelazioni, ogni decisione rischia infatti di coinvolgere anche i
livelli più alti della Casa Bianca di George Bush. Secondo il rapporto, che cita
gli archivi della Cia, la prima richiesta dell'agenzia di poter usare il
waterboarding sul terrorista Abu Zubaydah, venne fatta nel maggio 2002, durante
una riunione cui presero parte Rice, l'allora ministro della Giustizia John
Ashcroft e il consigliere legale del presidente, Alberto Gonzalez, che poi gli
sarebbe succeduto. Meno di due mesi dopo, il 13 luglio, Condoleezza incontrò
personalmente il capo della Cia, George Tenet, dandogli l'ok verbale. L'avallo
del Dipartimento di Giustizia arrivò solo il 1Ú agosto, in due pareri top
secret. Come si è saputo la scorsa settimana dai memorandum della Cia, resi
pubblici dalla Casa Bianca, quello stesso mese Zubaydah, che secondo i servizi
era a conoscenza di «informazioni decisive su imminenti pericoli», fu sottoposto
a waterboarding per ben 83 volte. In seguito, si apprende dal documento del
Senato, chiunque fra gli esperti giuridici provasse a sollevare obiezioni
sull'uso di tecniche che violavano la legge ordinaria e la Costituzione, si
ritrovò ignorato ed emarginato. Messo da parte fu anche chi mise in dubbio
efficacia e affidabilità delle informazioni, ottenute col waterboarding. Un
anno dopo, nel luglio 2003, la Cia diede un'informativa completa sull'uso delle
«tecniche avanzate», durante un incontro al quale, oltre a Rice, Ashcroft e
Gonzalez, prese parte anche il vice-presidente Dick Cheney. «Fu una discussione
specifica e dettagliata e ciò dimostra il ruolo avuto dai più alti membri
dell'Amministrazione Bush», ha detto il senatore democratico della West
Virginia ed ex presidente dell'Intelligence Committee, John Rockfeller, che ha
spinto per la pubblicazione del rapporto. La conclusione di Rice e compagni fu
che «il programma fosse legale e rispecchiasse la politica dell'Amministrazione
». Il waterboarding venne usato fino a tutto il 2005. Particolare interessante,
stando al rapporto del Senato, il segretario di Stato Colin Powell e il
ministro della Difesa Donald Rumsfeld sarebbero venuti a conoscenza di tutto
solo nel settembre 2003: se è plausibile quella del primo, l'esclusione del
secondo, considerato con Cheney ispiratore e gestore della linea dura, suona
vera sorpresa. Nell'autunno scorso, davanti al Senato, la Rice aveva ammesso di
aver partecipato a riunioni dove la richiesta della Cia di usare il
waterboarding era stata discussa, spiegando di non ricordarne i particolari. Ma
aveva taciuto sul suo ruolo diretto nell'adozione del programma. Le rivelazioni
sulle torture e la polemica che hanno scatenato, mettono in croce Barack Obama, che avrebbe invece voluto gettarsi alle spalle
l'eredità di Bush, rovesciandone le politiche ma evitando processi al passato.
Al centro di un fuoco incrociato da destra e da sinistra, accusato di minare la
sicurezza nazionale ovvero di non voler fare giustizia, il presidente rischia
ora di essere distratto dai temi più urgenti come l'economia e la sanità. Pressione su Obama Dopo il rilascio del dossier da parte del Senato, altre
pressioni su Obama perché
agisca contro i responsabili Ex Condoleezza Rice, 54 anni, è stata Segretario
di Stato nella seconda Amministrazione Bush (2005-09) (Ap/Gharibari) Paolo
Valentino
( da "Corriere della Sera"
del 24-04-2009)
Argomenti: Obama
Corriere della Sera
sezione: Esteri data: 24/04/2009 - pag: 13 Il caso I produttori di pesticidi
all'attacco: «Un lusso per pochi». Ma in 100 mila difendono la first lady La
lobby chimica contro l'orto «bio» di Michelle DAL NOSTRO
CORRISPONDENTE WASHINGTON Nelle intenzioni di Michelle Obama doveva essere un esempio di
abitudini sobrie, gestione parsimoniosa dell'economia familiare e sana
nutrizione. Sul modello di Eleanor Roosevelt, che nella Seconda Guerra Mondiale
s'inventò lo slogan «zappiamo per la vittoria», la first lady aveva inaugurato
il mese scorso l'orto della Casa Bianca. Un antidoto, rigorosamente
biologico, alla crisi economica: frutta e ortaggi fai da te, spesa meno cara,
alimentazione corretta. Felice alla prospettiva di poter offrire ai suoi ospiti
l'arugula (translitterazione americana della rughetta) del South Lawn, la
signora Obama non aveva fatto i conti con la lobby
agro-alimentare. Che invece è insorta, a difesa della cosiddetta agricoltura
convenzionale, quella che usa pesticidi e fertilizzanti per assicurare alla
maggioranza della popolazione degli Stati Uniti «un'offerta alimentare sicura e
a prezzi accessibili ». Tant'è. In una lettera aperta alla first-lady, la
Mid-America CropLife Association (Maca) che rappresenta le aziende chimiche del
comparto verde, l'ha invitata ad abbandonare la pregiudiziale «biologica» e
considerare l'uso di «prodotti per la protezione delle colture». L'appello
evita di usare parole come «pesticidi» e «fertilizzanti », ma sottolinea il
ruolo dei contadini nel prevenire l'erosione del suolo e i livelli di
produzione di massa consentiti dalle nuove tecnologie, che in un solo ettaro
possono far spuntare 40 tonnellate di fragole o 200 mila cespi di lattuga.
«Oggi scrive la Maca un agricoltore medio produce cibo sufficiente a sfamare
144 americani, che hanno una vita media superiore a quella dei loro antenati.
Viviamo in un modo diverso da quello dei nostri nonni. Gli americani devono
conciliare il lavoro con le cure dei figli e degli anziani. La maggioranza
delle persone non ha il tempo per occuparsi di un orto, certamente non di un
orto capace di soddisfare tutto il bisogno alimentare di una famiglia». Ma il
tono diplomatico e rispettoso della lettera nasconde vera e propria rabbia. «L'
orto è una grande idea, ma quella di farlo biologico ci fa rabbrividire», ci ha
detto Bonnie McCarvell, direttore esecutivo della Maca. La critica a Michelle
riecheggia gli attacchi, che circolarono in campagna elettorale contro un certo
elitismo degli Obama, consumatori di rucola e di cibi
sani, cultori dello chardonnay, dunque considerati fuori sintonia con l'America
profonda, che consuma fast-food e beve birra. Michelle però non è sola nella
difesa dell'orto, simbolo della crociata per cambiare gli usi alimentari di un
Paese, dove l'obesità, soprattutto giovanile, è in preoccupante aumento. Più di
100 mila persone hanno infatti già firmato una petizione di sostegno alla
first-lady, in cui chiedono alla Maca di smettere la loro «propaganda sui
pesticidi». Atto d'accusa «Un agricoltore medio produce cibo per 144 americani.
La first lady pensa alla propria famiglia» P. Val.