CENACOLO
DEI COGITANTI |
Obama: Guantanamo un
errore ( da "Stampa,
La" del 22-05-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: difficile trovare soluzioni Obama:
Guantanamo un errore "Ha indebolito la sicurezza nazionale, è un disastro
che ho ereditato" Barack Obama continua a considerare Al Qaeda una
minaccia grave per gli Usa ma mantiene le promesse della campagna elettorale e
prosegue la crociata anti Guantanamo: «E' stato un errore che ha indebolito la
sicurezza nazionale,
VENERDI' 22 Ictus oggi
CENTRO CONGRESSI MOLINETTE INCONTRA, CORSO BRAMANTE 88/90, ORE 9-1...
( da "Stampa, La" del
22-05-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Obama UNIONE CULTURALE FRANCO
ANTONICELLI, VIA BATTISTI 4/B, ORE 21 "Gli Usa di Obama: una vera svolta?",
la discussione prende spunto dal recente volume di Stefano Rizzo, "La
svolta americana. Cronache dalla fine del bushismo". Intervengono Stefano
Rizzo, Giovanni Borgognone, Francesco Tuccari Presenta Manfredo Montagnana.
LIBRI Amicizia La
scrittrice Margherita Oggero presenta (ore 18) il suo nuovo romanzo Il...
( da "Stampa, La" del
22-05-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: America di Obama Stefano Rizzo,
Giovanni Borgognone e Francesco Tuccari discutono (ore 21) sul tema «Gli Usa di
Obama: una vera svolta?» prendendo spunto dal recente volume di Rizzo «La
svolta americana. Cronache dalla fine del bushismo». Unione Culturale, via
Cesare Battisti 4/b Innamorati dell'arte La psicoanalista Graziella Magherini
tiene (
"Combattere il
terrorismo nella legalità" ( da "Stampa,
La" del 22-05-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Obama ribatte: «La nostra maggiore
forza è nei valori, grazie ai quali costruiamo alleanze e che sul campo di
battaglia spingono nostri nemici ad abbandonare i loro eserciti arrendendosi a
noi». Obama è consapevole che «Al Qaeda pianifica attacchi terroristici contro
di noi» e fra «dieci anni» questa guerra potrebbe ancora essere in corso ma la
decisione è di «
obama: al qaeda prepara
piani per attaccarci - washington
( da "Repubblica, La"
del 22-05-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: volevano colpire la sinagoga Obama:
Al Qaeda prepara piani per attaccarci WASHINGTON Nella battaglia feroce fra
emozioni, realtà, ideologia e politica, combattuta sotto l´ala della violenza
che torna a battere sopra New York con l´arresto di quattro aspiranti
terroristi, il futuro e il passato, Barack Obama e Dick Cheney si sono
riaffrontati nel cuore simbolico della «
obama non torna indietro
"guantanamo va chiuso" - arturo zampaglione
( da "Repubblica, La"
del 22-05-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Esteri Obama non torna indietro
"Guantanamo va chiuso" La Casa Bianca: "Al Qaeda prepara nuovi
attacchi" Previsto un piano in cinque punti per trasferire i detenuti in
prigioni di massima sicurezza ARTURO ZAMPAGLIONE NEW YORK - Di fronte agli
attacchi concentrici di una pattuglia di liberals e dei falchi aizzati da Dick
Cheney,
sulle torture cheney sfida
il presidente tra le due americhe è "scontro di civiltà" - (segue
dalla prima pagina) vittorio zucconi
( da "Repubblica, La"
del 22-05-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: annuncio di Bloomberg ha dato al
duello fra il futuro promesso da Obama e il passato difeso da Cheney un sapore
di attualità inatteso. Obama e lo zombie dell´amministrazione Bush hanno
parlato a pochi minuti, e a poche centinaia di metri di distanza uno
dall´altro. Il presidente nella sede degli Archivi Nazionali, dove è depositato
il testo originale della Costituzione,
quattro islamici
statunitensi arrestati dall'fbi a new york "volevano colpire la
sinagoga" ( da "Repubblica,
La" del 22-05-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: prospettiva potrebbe rappresentare
un nuovo incubo per Barack Obama. Il capobanda James Cromitie si fa chiamare
anche Abdul Rahman, ma è al 100 per cento americano come due degli altri
complici. Vivevano tutti a Newburg, una tranquilla cittadina sui bordi del fiume
Hudson. Il gruppo non aveva legami con Al Qaeda, anche se sognava di unirsi al
movimento terroristico pachistano Jaish-
marylin, la politica della
trasparenza "la mia campagna in diretta web-tv" - raffaele niri
( da "Repubblica, La"
del 22-05-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: a quella del presidente americano
Obama, l´unico che ha parlato chiaro a tutti». Ma Obama non è una bella ragazza
alta, con lunghi capelli neri e profondi occhi chiari, non va in giro su tacchi
a spillo, non è pieno di curve. E non si chiama Marylin. Qui la Fusco sbuffa.
«Non credo che, se una persona ha un aspetto gradevole, debba essere processata
per questo.
Le tecniche speciali di
interrogatorio si sono dimostrate molto utili per il Paese
( da "Stampa, La" del 22-05-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: per seguire sino alla fine la
diretta di Obama. «Il presidente ha annunciato la chiusura di Guantanamo, ma
non ha un piano alternativo, pensa solo di trasferire pericolosi terroristi sul
territorio americano a spese dei contribuenti». «L'amministrazione Obama -
sferza Cheney - ha scoperto che è facile ricevere applausi in Europa chiudendo
Guantanamo,
la tentazione degli usa: -
vittorio zucconi ( da "Repubblica,
La" del 22-05-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Vote Obama". Ripetuta come un
mantra nei giorni elettorali del febbraio 2008 la bomba del neo protezionismo
sganciata dal candidato Barack Obama contro Hillary "la
Globalizzatrice" Clinton ebbe l´effetto desiderato negli stati del nord deindustrializzati
e in quelli del sud, già devastati dalla morte dell´industria tessile
americana.
fiat separa l'auto, una
newco in borsa opel, laender e gm preferiscono magna - paolo griseri
( da "Repubblica, La"
del 22-05-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: amministrazione Obama a Washington
dove Gm sembra aver raggiunto un accordo con i sindacati per la riduzione dei
costi e Chrysler ha annunciato che entreranno nel board della nuova società
Sergio Marchionne e Alfredo Altavilla. Così nei prossimi giorni voleranno
oltreoceano sia il ministro dell´Economia tedesco sia l´ad del Lingotto.
se la borsa tradisce il
mercato - federico rampini ( da "Repubblica,
La" del 22-05-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Obama. I rapporti di forze sul
mercato del lavoro sono tutti a favore dei capi-azienda; ma nella società
civile e nel sistema delle istituzioni la situazione è assai diversa. Spoglio
di ogni giustificazione etica, nudo nel suo egoismo brutale, accusato di una
immensa distruzione di benessere, il supermanager è come un pirata somalo che
ai suoi villaggi non distribuisce più nemmeno
"buy american",
il protezionismo resta uno slogan - vittorio zucconi
( da "Repubblica, La"
del 22-05-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: del candidato Obama divenuto il
presidente Obama è venuta dalla sua stessa bocca, quando, nel suo esordio
internazionale per incontrare il premier canadese Stephen Harper, invitò,
proprio lui, il primo partner commerciale degli Usa «a guardarsi dai segnali di
protezionismo», garantendo che gli Stati Uniti «sarebbero rimasti la forza
trainante nella globalizzazione del commercio»
l'intervista stiglitz:
fine del dominio delle banche - eugenio occorsio
( da "Repubblica, La"
del 22-05-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: amministrazione Obama, accusata di
stare dalla parte di Wall Street anziché della Main Street, del cittadino
insomma? «Qualche giorno fa sono stato invitato a cena dal presidente insieme a
Paul Krugman. Non posso rivelare i dettagli di quello che ci siamo detti, ma la
sostanza è che Obama ci ha rassicurato che sta lavorando per salvare la gente,
Obama su Guantánamo: va
chiuso, ci indebolisce ( da "Corriere
della Sera" del 22-05-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Al Qaeda vuole colpirci Obama su
Guantánamo: va chiuso, ci indebolisce Barack Obama è deciso a chiudere il
carcere cubano di Guantánamo, liquidando il «pasticcio legale ingiusto e
improvvisato» commesso dall'amministrazione Bush che indebolisce gli Stati
Uniti. E vuole trasferire alcuni dei terroristi detenuti negli Usa.
Argomenti: Obama
Abstract: Dovrà tassare anche i ceti medi e persino per Barack Obama non sarà facile. L'America va verso un sistema più europeo, con i relativi vantaggi e svantaggi». Dunque l'Europa non potrà più contare sul traino della domanda americana e dovrà crescere con le proprie forze? «Potrà esportare molto di più nei mercati emergenti, che continueranno a crescere in fretta.
Abstract: 16 Il discorso Il presidente ha difeso la svolta etica nella lotta al terrore: «I nostri valori più forti dell'odio» Obama chiude il «disastro» Guantánamo E Cheney lo attacca: «Così rende l'America più vulnerabile» DAL NOSTRO CORRISPONDENTE WASHINGTON Barack Obama e Dick Cheney. Un duello a distanza. Due visioni del mondo contrapposte sulla lotta al terrorismo.
Abstract: RUMORE LA MOVIDA E LA TORTURA DEL SONNO di MAURIZIO CAPRARA B arack Obama, rivolgendosi agli americani, ha definito «scuro e doloroso capitolo della nostra storia» quello delle torture riservate dalla Cia a terroristi e sospetti tali negli anni di George W. Bush. Tra le tecniche che il presidente degli Stati Uniti si è impegnato a eliminare rientra la sleep deprivation,
(
da "Stampa, La"
del 22-05-2009)
Argomenti: Obama
La replica dell'ex vice di Bush, Cheney: facile ricevere applausi, >difficile
trovare soluzioni Obama: Guantanamo un errore "Ha indebolito la
sicurezza nazionale, è un disastro che ho ereditato" Barack Obama continua a considerare Al Qaeda
una minaccia grave per gli Usa ma mantiene le promesse della campagna
elettorale e prosegue la crociata anti Guantanamo: «E' stato un errore che ha
indebolito la sicurezza nazionale,
un disastro che ho ereditato dalla politica di Bush». Cheney, ex vice del
predecessore di Obama, lo critica: «Facile ricevere applausi con i
proclami, difficile trovare soluzioni». Molinari e Semprini ALLE PAG. 8 E 9
( da "Stampa, La" del 22-05-2009)
Argomenti: Obama
VENERDI' 22
Ictus oggi CENTRO CONGRESSI MOLINETTE INCONTRA, CORSO BRAMANTE 88/90, ORE 9-18
Convegno "Festeggiamo i 60 anni della Reumatologia dell'Aou San Giovanni
Battista - Molinette di Torino. Traguardi e progetti", organizzato dal
dottor Enrico Fusaro. Farmacista di reparto CENTRO CONGRESSI DEL LINGOTTO, VIA
NIZZA 280, ORE 9-18 Convegno nazionale "Il farmacista di reparto tra
aspettative e competenze, modelli e risultati", organizzato dalla Farmacia
ospedaliera dell'ospedale Molinette di Torino. I forti INGEGNERIA
DELL'AUTOVEICOLO, LINGOTTO, VIA NIZZA 230, ORE 9 Seminario internazionale
"La virtù dei Forti", incentrato sulle metodologie e le strategie da
adottare per la valorizzazione dei forti militari storici. Escatologia CENTRO
STUDI LUIGI PAREYSON, VIA PO 18, ORE 9,30 Convegno "Le cose ultime.
Momenti e forme dell'escatologia": il tema dell'escatologia verrà
affrontato così come emerge dalle esperienze religiose che sono alla base della
nostra cultura, l'ebraismo biblico e quello ellenistico, il cristianesimo
nascente e la cultura religiosa tardo-antica. Interverranno esperti come Paolo
De Benedetti, Paolo Sacchi, Claudio Gianotto e Aldo Magris. Info 011/6702747 o
www.pareyson.unito.it. Mediazione PIAZZA CARLINA, ORE 14,30-17,30 La Camera di
commercio di Torino propone il "Tram della mediazione": una vettura
del 1932, che attraverserà il centro storico e su cui gli interessati potranno
salire gratuitamente per ricevere informazioni sui servizi di mediazione. Il
tram e partirà ogni ora e mezza. Info conciliazione.consumatori@to.ca
( da "Stampa, La" del 22-05-2009)
Argomenti: Obama
LIBRI Amicizia
La scrittrice Margherita Oggero presenta (ore 18) il suo nuovo romanzo «Il
compito di un gatto di strada», una divertente favola sulle amicizie
impossibili ma più vere del vero. Con l'autrice intervengono Mia Peluso e
Giovanni Tesio. Circolo dei Lettori via Bogino 9 Martini on the books Alle 18,
presentazione del romanzo «Morire è un attimo. L'indagine del maggiore Morosini
nell'Eritrea italiana» di Giorgio Ballario. Segue aperitivo. Chieri, Biblioteca
civica, via Vittorio Emanuele II 1 SPETTACOLI Elogio alla follia Va in scena
(ore 21) «Un giorno felice» di e con Michele Abbondanza e Antonella Bertone,
spettacolo sul rapporto di coppia. Info: Tangram Teatro, tel. 011/338698.
Teatro Gobetti, via Rossini 8 Narrazione Alle 20,30 spettacolo di narrazione
dal titolo «Storie di amore e di fuoco», scritto e interpretato da Silvia
Iannazzo. Teatro Araldo via Chiomonte 3/A Fox Summer Festival Si ride alle
21,30 con il cabarettista Manuel Negro nello show «Tempi moderni». Gratuito.
Volpiano, via Brandizzo 137 Grissini Stefano Chiodaroli sale sul palco alle
22,30 con il suo spettacolo «Sono rimasti solo i grissini». Ingresso 13 euro;
11 i ridotti. Cab 41, via Fratelli Carle 41 MUSICA Artisti francesi Il
concerto, questa sera alle 21, è dedicato ai compositori francesi Ravel e
Debussy. I giovani interpreti sono allievi delle Scuole di Pianoforte di Luigi
Dominici e Mariaclara Monetti e della Scuola di Musica da Camera di Carlo
Bertola. Ingresso libero. Conservatorio «Giuseppe Verdi», piazza Bodoni Tastar de
corda Il Tanguedia Duo, composto da Barbara Tartari al flauto e da Claudio
Farinone alla chitarra, esegue (ore 21) musiche di Piazzolla, Towner, Riley e
Gismonti. Gratuito. Avigliana, Chiesa di S. Pietro Musica barocca Si ascoltano
(ore 21) le sinfonie di William Boyce eseguite dall'orchestra dei Musici di
Santa Pelagia. Ingresso a 5 euro. Moncalieri, Castello Reale, piazza Baden
Baden 4 INCONTRI L'America di Obama Stefano
Rizzo, Giovanni Borgognone e Francesco Tuccari discutono (ore 21) sul tema «Gli
Usa di Obama: una vera svolta?» prendendo spunto dal recente volume di Rizzo
«La svolta americana. Cronache dalla fine del bushismo». Unione Culturale, via
Cesare Battisti 4/b Innamorati dell'arte La psicoanalista Graziella Magherini
tiene (ore 20,45) una conferenza dal titolo «Mi sono innamorato di una
statua. Il perturbante nell'arte». Gam, corso Galileo Ferraris 30 Psicologia
del piacere Il ciclo di incontri psicologico-esperienziali di introduzione al
Tantra s'inaugura domani con una giornata (ore 10-18) sul tema «Le quattro
chiavi del piacere». Organizza l'associazione ScienzAttiva. Info: tel.
347/3878228. Complesso «Il Fortino», strada del Fortino 20 Conoscere il Marocco
Incontro (ore 16,30) su «Le seconde generazioni a Torino» seguito dallo
spettacolo di danza delle scuole Mazzarello e Vidari e recite di poesie del
Maghreb. Al termine, «Integrazione e seconde generazioni»: i giovani immigrati
del Servizio Civile Volontario raccontano, con parole e immagini, la loro
esperienza. Cascina Roccafranca, via Rubino 45 Conoscere la natura Conferenza
(ore 17,30) su «La biodiversità del mare: una risorsa in pericolo?» con Camillo
Vellano docente all'Università di Torino. Liceo Salesiano Valsalice, viale
Thovez 37 CONVEGNI Gerusalemme Il tema di questa seconda edizione del convegno
(oggi, ore 17,30 e domani 9-13 ), è suggerito dalla voce del Qohelet: «un tempo
per la guerra, un tempo per la pace». Intervengono, tra gli altri: Elena
Loewenthal, Khaled Fouad Allam, Ugo Perone, don Ermis Segatti e mons. Elias
Chacour, Vescovo di Galilea. Prenotazioni: 348/4207084;
pdp@terrasantapiemonte.org. L'ingresso è libero. Fondazione Crt, via XX
Settembre 31 Cesare Lombroso A cento anni dalla morte del padre
dell'Antropologia criminale, l'Accademia di Medicina organizza un convegno (ore
9-17,30) in omaggio ad uno dei suoi più celebri esponenti, dal titolo «Lombroso
a Torino, un secolo dopo». Ingresso libero. Centro Incontri Regione Piemonte,
corso Stati Uniti 23 La virtù dei forti La Fondazione dell'Ordine degli
Architetti di Torino organizza un seminario aperto al pubblico di confronto
internazionale sulle metodologie e le strategie da adottare per la
valorizzazione dei forti militari storici. I lavori si aprono alle 9,30.
Lingotto, Aula Magna della Facoltà di Ingegneria dell'Autoveicolo, via Nizza
230 Legionella Aprono alle 9 (e chiudono alle 16,30) i lavori del convegno
internazionale «Legionellosi conoscere per prevenire». Partecipano alcuni dei
maggiori esperti italiani ed europei, le conclusioni su obblighi e
responsabilità giuridiche, saranno tratte dal Pm Raffaele Guariniello.
Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, via Modane
( da "Stampa, La" del 22-05-2009)
Argomenti: Obama
"Combattere
il terrorismo nella legalità" Il Presidente difende la chiusura del
carcere "Nessun detenuto pericoloso sarà liberato" [FIRMA]MAURIZIO
MOLINARI CORRISPONDENTE DA NEW YORK I più pericolosi terroristi detenuti nella
base di Guantanamo saranno processati da tribunali federali e trasferiti in
penitenziari di massima sicurezza: con questo annuncio il presidente Barack Obama illustra la ricetta per «combattere il terrorismo
rispettando lo Stato di Diritto», rispondendo agli attacchi ricevuti tanto dai
liberal che dai conservatori. Parlando dalla sede degli archivi Nazionali di
Washington con di fronte una copia della Costituzione «che ho studiato da
alunno, insegnato da docente e sulla quale ho giurato», Obama
spiega nei dettagli le scelte per riportare la lotta al terrorismo «nella
legalità» ponendo fine «alla grande confusione» ereditata da Bush. «La prima
scelta che ho fatto è stata di mettere al bando la tortura», esordisce,
difendendo la decisione di rendere pubblici i memorandum sulle «tecniche di
interrogatorio rafforzate» come il «waterboarding» - l'affogamento simulato -
«contrarie ai nostri valori». Rivolgendosi ai forti malumori che aleggiano in
proposito nella comunità dell'intelligence, Obama ribatte: «La
nostra maggiore forza è nei valori, grazie ai quali costruiamo alleanze e che
sul campo di battaglia spingono nostri nemici ad abbandonare i loro eserciti
arrendendosi a noi». Obama è consapevole che «Al Qaeda pianifica attacchi terroristici
contro di noi» e fra «dieci anni» questa guerra potrebbe ancora essere in corso
ma la decisione è di «combattere nel rispetto dello Stato di Diritto»
perché è questo che «ci farà prevalere». È in tale cornice che il presidente
affronta il nodo più difficile: la sorte dei rimanenti 241 detenuti nel carcere
di Guantanamo sull'isola di Cuba. «Ho deciso di chiudere Guantanamo e di
rivedere i casi dei prigionieri», sottolinea Obama,
spiegando di averli divisi in cinque categorie. Nella prima rientrano «coloro
che hanno violato le leggi criminali», ovvero i super-terroristi che hanno
partecipato a complotti per compiere attentati. Si tratta di personaggi come
Khalid Sheik Mohammed ed Abu Zubayda: ideatori e complici degli attacchi
dell'11 settembre 2001. Costoro «saranno giudicati da tribunali federali e
detenuti in penitenziari di massima sicurezza dai quali non è mai fuggito
nessuno», promette Obama, rispondendo alle obiezioni
del Senato a maggioranza democratica che 24 ore prima gli ha negato i fondi per
il trasferimento dei detenuti negli Stati Uniti. «Ramzy Yussef, colpevole
dell'attacco alle Torri del 1993 e Zacarias Moussaoui, presunto 20° kamikaze
dell'11 settembre sono stati processati e sono detenuti in America, lo faremo
anche con altri», sottolinea il Presidente e per dimostrare che fa sul serio dà
subito ordine di portare da Guantanamo a New York Ahmad Gahilani, il terrorista
islamico accusato degli attentati alle ambasciate Usa in Africa Orientale
nell'agosto 1998. Gli altri detenuti saranno divisi fra chi verrà processato da
tribunali militari «perché ha violato le leggi di guerra», chi sarà rilasciato,
la cinquantina che «saranno consegnati ad altri Paesi» e i «casi più difficili
da risolvere» ovvero «coloro che non possono essere perseguiti ma pongono una
chiara minaccia alla nazione». Sono questi ultimi a porre i problemi più ardui.
Obama ammette di non avere ancora la soluzione ma
promette: «Non saranno rilasciati». Nell'ultima parte del discorso il
presidente manda una raffica di messaggi: fa sapere a Nancy Pelosi che resta
contrario a «commissioni indipendenti» sull'operato di Bush, chiede ai
repubblicani di non fare «giochi politici che conosco» e manda a dire ai
militanti liberal che «mettere il segreto sulle foto degli abusi è servito a
proteggere i soldati al fronte».
( da "Repubblica, La" del 22-05-2009)
Argomenti: Obama
Pagina 1 -
Prima Pagina Barack: chiudo Guantanamo, ci ha reso meno sicuri. A New York
arrestati 4 islamici, volevano colpire la sinagoga Obama: Al Qaeda prepara piani per attaccarci WASHINGTON Nella
battaglia feroce fra emozioni, realtà, ideologia e politica, combattuta sotto
l´ala della violenza che torna a battere sopra New York con l´arresto di
quattro aspiranti terroristi, il futuro e il passato, Barack Obama e Dick Cheney si sono riaffrontati nel cuore simbolico della «guerra
al terrore». SEGUE A P
( da "Repubblica, La" del 22-05-2009)
Argomenti: Obama
Pagina 12 - Esteri Obama non torna indietro "Guantanamo va chiuso" La Casa
Bianca: "Al Qaeda prepara nuovi attacchi" Previsto un piano in cinque
punti per trasferire i detenuti in prigioni di massima sicurezza ARTURO
ZAMPAGLIONE NEW YORK - Di fronte agli attacchi concentrici di una pattuglia di
liberals e dei falchi aizzati da Dick Cheney, Barack Obama
ha reagito ieri alla sfida più insidiosa dei quattro mesi della sua presidenza
- quella su Guantanamo e l´approccio ai terroristi - respingendo la «politica
della paura» dell´era Bush e ribadendo che la nuova strategia della Casa Bianca
è basata su quei «valori morali» che rafforzano l´America. «Proprio per questo
chiuderemo il carcere di Guantanamo», ha insistito il presidente, parlando per
50 minuti nel palazzo degli Archivi: un luogo pieno di simbolismi perché vi è
custodita la copia originale della Costituzione. I destini di Guantanamo sono
al centro di un aspro scontro. All´indomani del suo insediamento Obama ne aveva decretato la chiusura entro un anno, ma
l´altro ieri il Senato ha bloccato a stragrande maggioranza (90 voti contro
appena 9) gli 80 milioni di dollari chiesti dal governo per finanziare
l´operazione, di fatto sospendendola. I repubblicani hanno voluto così
riaffermare il loro sostegno alla linea seguita per otto anni da George W. Bush
e che ora vede in Cheney il più acceso difensore (l´ex vicepresidente ha
parlato ieri subito dopo Obama, accusandolo - in una
sorta di duello a distanza - di indebolire la sicurezza nazionale). Ma anche la
maggioranza democratica si è schierata mercoledì contro la Casa Bianca,
criticando l´assenza di un piano per i 240 detenuti ancora a Guantanamo. Agli
uni e agli altri ha risposto ieri Obama con la stessa
tempestività e passione dimostrata in ogni frangente della campagna elettorale.
«Guantanamo - ha detto - ha creato più terroristi di quanti ne abbia mai ospitati
perché è diventata una bandiera dei nostri nemici». Il presidente non ha
sottovalutato i pericoli di altri attacchi terroristici «che Al Qaeda sta
attivamente pianificando» e che «per lungo tempo incomberanno sull´America». Ha
anche ricordato che un certo numero di ex detenuti di Guantanamo liberati ai
tempi di Bush sono tornati ad attività eversive (1 su 7, secondo un rapporto
del Pentagono). Di qui la promessa che non saranno più rilasciati personaggi
potenzialmente pericolosi: semmai finiranno nei super-carceri americani «da cui
nessun terrorista è mai riuscito a fuggire». Obama ha
poi cercato di delineare un piano per collocare altrove i detenuti di
Guantanamo, dividendoli in cinque categorie: 1) Chi ha violato le leggi
americane sarà processato dai tribunali negli Stati Uniti: come Ahmed Ghailani
che finirà alla sbarra a Manhattan per gli attentati del 1998. 2) Chi ha
infranto le convenzioni di guerra sarà affidato ai tribunali speciali militari,
sia pure con garanzie diverse da quelle dei tempi di Bush (non saranno ammesse
confessioni ottenute con il waterboarding e altre «torture», che Obama ha messo al bando e che ieri Cheney ha invece difeso
strenuamente). 3) Coloro - sono già 21 - per i quali i giudici americani hanno
già ordinato il rilascio e per i quali la Casa Bianca non ha alternative; 4)
Altri 50 detenuti pronti a essere trasferiti in altri paesi; 5) Quanti non
possono essere processati, ma che continuano a rappresentare un pericolo non
fosse altro perché restano fedeli a Bin Laden e dichiarano di voler uccidere
gli americani. «Devo essere onesto - ha ammesso Obama
- quest´ultimo gruppo rappresenta il problema più serio». Il presidente si è
impegnato a trovare una soluzione che garantisca al tempo stesso un quadro di
legalità e la difesa della sicurezza: l´ipotesi che si fa strada è un sistema
di detenzione preventiva.
( da "Repubblica, La" del 22-05-2009)
Argomenti: Obama
Pagina 13 -
Esteri Sulle torture Cheney sfida il presidente tra le due Americhe è
"scontro di civiltà" L´ex vice di Bush ha parlato dal tempio dei
neo-con agitando lo spettro della paura (SEGUE DALLA PRIMA P
( da "Repubblica, La" del 22-05-2009)
Argomenti: Obama
Pagina 13 -
Esteri I federali grazie a un agente infiltrato li controllavano da un anno
Quattro islamici statunitensi arrestati dall´Fbi a New York "Volevano
colpire la sinagoga" I terroristi, tutti nati negli Usa, avevano anche
progettato un attentato contro un aeroporto militare NEW YORK - I quattro
uomini hanno prima parcheggiato due vetture piene di esplosivo al plastico C-4
(pensavano proprio che si trattasse di quello) di fronte al Riverdale Temple e al
Riverdale jewish center, due sinagoghe nel Bronx. E si accingevano ad andare
verso la base della Guardia nazionale dell´aeroporto di Stewart, a
( da "Repubblica, La" del 22-05-2009)
Argomenti: Obama
Pagina IX -
Genova La candidata dell´Italia dei Valori: "Non sono come la Carfagna, mi
faccio spiare per convincere la gente a votare" Marylin, la politica della
trasparenza "La mia campagna in diretta web-tv" RAFFAELE NIRI
Partiamo dalla somiglianza con Mara Carfagna. «Me lo dicono tutti, ma c´è una
differenza». Berlusconi? «I calendari. Può cercarli ovunque, ma miei calendari
non ne troverà. Non ci sono». Molti, tra i maschietti che la seguono minuto per
minuto on line, penseranno "peccato". «Non è un problema mio. Io
mantengo quello che ho promesso. Ho detto che sarei stata disponibile, dal
mattino alla sera, a farmi seguire da quattro web cam. Ci sono dieci persone
che si stanno dando il turno per realizzare un vero e proprio reality». E la
notte? «No, la notte no. La notte dormo». La notizia: per 744 ore tutti gli
elettori potranno seguire "TheRealPoliticsLive", il programma in
diretta WebTV che ospita Marylin Fusco, nata a Finale Ligure il 17 aprile 1973,
laureata in Giurisprudenza, candidata per Italia dei Valori alle prossime
elezioni europee: è la prima esperienza del genere in Europa, ispirata, spiega
la Fusco, «a quella del presidente americano Obama, l´unico che ha parlato chiaro a tutti». Ma Obama non è una bella ragazza alta, con lunghi capelli neri e profondi
occhi chiari, non va in giro su tacchi a spillo, non è pieno di curve. E non si
chiama Marylin. Qui la Fusco sbuffa. «Non credo che, se una persona ha un
aspetto gradevole, debba essere processata per questo. Mi metto in
discussione, punto sulla trasparenza. Non sulle trasparenze». Concretamente?
«Non sempre è chiaro dove e soprattutto come e con chi si facciano le campagne
elettorali, io ho voluto dare un segnale nuovo. Penso che sia importante che a
seguire l´esempio dei Democratici di Obama siano, in
Europa, soprattutto le donne». Nel 2006 lei ha dichiarato 3.636 euro. Come fa a
mantenersi questo reality, tutta Marylin minuto per minuto. «Intanto negli anni
successivi ho guadagnato di più. Poi questo giocattolo costa meno di diecimila
euro, tutto compreso. Giro con un vecchio portatile, costo duecento euro, e una
chiavetta Usb, costo 30 euro. In qualsiasi luogo sia - adesso sono a Bergamo -
mi collego». I primi dati cosa dicono? «Nell´arco di dieci giorni, ventiduemila
visualizzazioni. Il mio primo scopo è portare la gente a votare: gli elettori,
soprattutto nel centrosinistra, sono stufi marci. E così non vanno a votare e
favoriscono gli altri». Fusco, lei viene dalla Margherita, poi il Pd - con cui
è diventata consigliera comunale, stravotata - infine ha seguito il suo
mentore, l´onorevole Giovanni Palladini, in Italia dei Valori. Cosa non andava
nei partiti tradizionali? «La politica dei monolitici partiti del
centrosinistra e del centrodestra, risultato di una fusione a freddo effettuata
dai capi bastone, è oggi troppo lontana dalla gente. Per questo ho scelto
l´esempio di Obama: volevo conoscere i miei elettori e
permettere a tutti i cittadini di partecipare alla campagna elettorale e
mettersi in giorno. O ancora, più semplicemente, toccare con mano la proposta
politica e l´azione dell´Italia dei Valori». Il segretario regionale del Pd,
Mario Tullo, ha dichiarato ieri che, nella realtà, l´unico partito che può
piazzare un ligure in Europa è il suo: Balzani o Bonanini. «Mi sembra un discorso
molto presuntuoso. E poi io non ne faccio una questione personale. Spero che
l´Italia dei Valori vada molto bene e che nella circoscrizione Nord-Ovest si
riesca a raggiungere l´obiettivo. Io penso di andare a Strasburgo per garantire
la trasparenza nei finanziamenti e nella assegnazione dei nuovi fondi europei.
Ma se poi ce la farà qualcun altro non mi pare un problema di vita o di morte».
( da "Stampa, La" del 22-05-2009)
Argomenti: Obama
«Le tecniche
speciali di interrogatorio si sono dimostrate molto utili per il Paese»
[FIRMA]FRANCESCO SEMPRINI NEW YORK Difende il ricorso agli interrogatori
rafforzati, si oppone alla chiusura di Guantanamo e si erge a difensore
dell'intelligence per cavalcare la spaccatura tra Cia e Casa Bianca sulla
pubblicazione dei memo. Dick Cheney è l'altro volto del duello a distanza su
terrorismo e sicurezza che vede contrapposti vecchia e nuova amministrazione.
L'ex vicepresidente ribatte a stretto giro di posta alle dichiarazioni di
Barack Obama sul rispetto dello Stato di diritto spiegando
che le tecniche di interrogatorio rafforzato, tanto criticate dai democratici,
hanno permesso di ottenere informazioni specifiche per prevenire nuovi attacchi
e combattere i nemici degli Stati Uniti. «È un dato di fatto che solo i
detenuti più pericolosi sono stati sottoposti a quelle procedure», spiega
Cheney nel suo discorso di 36 minuti ad alta intensità pronunciato dagli
scranni dall'American Enterprise Institute, osservatorio politico e roccaforte
conservatrice. Secondo l'ex vicepresidente le scelte di George W. Bush in
materia di Sicurezza nazionale, alle quali ha dato un contributo fondamentale
nell'inasprire il trattamento dei presunti terroristi, hanno fatto in modo che
gli «attacchi dell'11 settembre non fossero solo il preludio di qualcosa di
peggiore». «Abbiamo subito l'attentato terroristico più devastante della
storia, e per sette anni e mezzo abbiamo impedito che non accadesse di nuovo.
Penso che questo non sia un fatto da criticare o disprezzare, e ancor meno da
criminalizzare». Cheney critica duramente Obama e il
ministro della Giustizia, Eric Holder, per aver voluto pubblicare i memorandum
dell'intelligence dove erano contenute le direttive sulle tecniche rafforzate,
come il waterboarding o la privazione del sonno, senza però «aver divulgato i
verbali degli interrogatori», ovvero le «rivelazioni cruciali» ottenute dai
presunti affiliati di Al Qaeda che tanto preziose si sono rivelate
nell'impedire agli estremisti islamici di colpire nuovamente sul suolo
continentale americano. Per questo il falco neocon spiega che «quegli
interrogatori non sono torture e rendere pubblici i memo che li descrivono ha
aiutato i terroristi». Poi l'ex vicepresidente prende le difese
dell'intelligence: «Non a caso - osserva - il capo della Cia, Leon Panetta, si era
opposto», sottolineando così la spaccatura tra i vertici dei servizi e lo
stesso Obama costretto all'inizio del mese a
precipitarsi al quartier generale di Langley per rassicurare gli agenti
coinvolti sul fatto che nessun provvedimento sarebbe stato preso nei loro
confronti. «Criminalizzare le decisioni politiche della precedente
amministrazione» è la cosa peggiore che un governo possa fare, ribatte Cheney
che prende di mira anche Nancy Pelosi, tra le più indignate sugli interrogatori
rafforzati ma in realtà «informata dei fatti sin dal 2002». Infine arriva
l'affondo sulla chiusura di Guantanamo, il passaggio più duro del discorso che
l'ex numero due di Bush ha iniziato intenzionalmente in ritardo, per seguire sino alla fine la diretta di Obama. «Il presidente ha annunciato la chiusura di Guantanamo, ma non
ha un piano alternativo, pensa solo di trasferire pericolosi terroristi sul
territorio americano a spese dei contribuenti». «L'amministrazione Obama - sferza Cheney - ha scoperto che è facile ricevere applausi in
Europa chiudendo Guantanamo, ma è ben più complicato trovare una saggia
soluzione alternativa che aiuti sia la Giustizia che la Sicurezza nazionale».
Scatta l'applauso della platea galvanizzata dalle parole dell'uomo di punto dei
neocon, a cui segue l'affondo finale: «La scelta del presidente non solo è
stata presa senza un opportuno dibattito e programmi adeguati», ma conferma che
«il suo approccio alla Sicurezza nazionale viene percepito dai terroristi come
un segno di debolezza». Ancora applausi per Cheney, il pubblico dell'Aei lo
consacra l'anti-Obama, l'unico in grado di dar filo da
torcere al presidente in un momento in cui l'opposizione repubblicana vive
ancora nel limbo post-elettorale e soltanto l'ammutinamento democratico in Senato
ha bloccato i piani dell'amministrazione su una chiusura rapida di Guantanamo.
( da "Repubblica, La" del 22-05-2009)
Argomenti: Obama
Pagina 29 -
Cronaca effetti Rischio neoprotezionismo La tentazione degli Usa: VITTORIO
ZUCCONI La promessa era entusiasmante e terrorizzante, lanciata da migliaia di
spot e cartelloni: "Buy American. Vote Obama". Ripetuta come un mantra nei giorni elettorali del
febbraio 2008 la bomba del neo protezionismo sganciata dal candidato Barack Obama contro Hillary "la Globalizzatrice" Clinton ebbe
l´effetto desiderato negli stati del nord deindustrializzati e in quelli del
sud, già devastati dalla morte dell´industria tessile americana.
L´America comperò Obama e il resto del mondo, dalla
Cina all´Europa, dall´India al Canada, che sull´immenso deficit commerciale
degli Stati Uniti prosperano - 700 miliardi di dollari all´anno in media dal
2000 - rabbrividì di orrore e di paura. Il motore internazionale del "free
trade" stava per innestare la marcia indietro e ripetere l´errore
catastrofico commesso nel 1930 con la legge che trasformò un crac di Borsa
nella reazione a catena di autarchie e rappresaglie che condusse diritti alla
Seconda guerra mondiale. (segue a pagina 32)
( da "Repubblica, La" del 22-05-2009)
Argomenti: Obama
Pagina 10 -
Economia Fiat separa l´auto, una newco in Borsa Opel, laender e Gm preferiscono
Magna Montezemolo: degli stabilimenti italiani discuteremo a bocce ferme PAOLO
GRISERI TORINO - Tre giorni per convincere il governo tedesco che l´offerta del
Lingotto è la migliore. E per rispondere alle indiscrezioni della stampa
germanica secondo le quali esisterebbe un non meglio precisato «documento
segreto» che circolerebbe tra i manager Gm (non si capisce se a Detroit o in
Germania) che avrebbero dato i voti alle tre proposte relegando la Fiat
all´ultimo posto e preferendo su tutte le profferte degli austro-canadesi di
Magna. Sergio Marchionne deve riuscire nell´impresa di risalire la china degli
indici di gradimento prima di lunedì quando, promette il ministro dell´Economia
di Berlino zu Guttenberg, l´esecutivo presenterà alla cancelleria «la prima
valutazione» delle offerte presentate per Opel. Ma, nonostante le notizie in
arrivo dalla Germania, a Torino si ostenta ottimismo. Tanto che ieri sera è
stato annunciato il nome delle tre banche incaricate di curare lo «spin off»
del settore auto dalla Fiat e la creazione della newco che dovrebbe nascere dal
matrimonio tra Torino e Opel. Il compito verrà affidato a Unicredit, Intesa-San
Paolo e Goldman Sachs. I tre istituti dovranno anche collocare le azioni del
nuovo gruppo «sulle principali borse europee». La Fiat, insomma, si porta
avanti con il lavoro nonostante il fatto che la strada sia tutt´altro che in discesa.
Oggi il governo tedesco si riunisce con i governatori dei laender per un primo
esame delle proposte. E anche in questo caso, secondo le indiscrezioni della
stampa tedesca, i governatori preferirebbero trattare con Magna. Poi ci saranno
due giorni di riunioni per giungere lunedì al verdetto di primo grado sulle
offerte. Verdetto importante ma non decisivo perché l´ultima parola spetta ai
vertici Gm, a Detroit, e all´amministrazione Obama a Washington dove Gm sembra aver raggiunto un accordo con i sindacati
per la riduzione dei costi e Chrysler ha annunciato che entreranno nel board
della nuova società Sergio Marchionne e Alfredo Altavilla. Così nei prossimi
giorni voleranno oltreoceano sia il ministro dell´Economia tedesco sia l´ad del
Lingotto. Quest´ultimo deve superare soprattutto il timore dei tagli,
forte in Germania come in Italia. Anche se le prime indiscrezioni fanno capire
che la riduzione di organico proposta per Opel è sostanzialmente identica nei
tre dossier. Anche in Italia le preoccupazioni aumentano. Soprattutto dopo che
il presidente di Fiat, Luca di Montezemolo, non ha negato che si intenda
giungere alla chiusura di stabilimenti: «Sull´argomento - ha detto ieri
entrando all´assemblea annuale di Confindustria - bisogna vedere che cosa succederà.
Bisogna discutere a bocce ferme». Risposta che non fuga i timori anche se
difficilmente Marchionne potrebbe chiudere le fabbriche in Italia dopo aver
salvato tutti gli stabilimenti tedeschi. Della questione, comunque, il governo
italiano non ha minimamente discusso nella riunione di ieri. Contrariamente a
quanto aveva dichiarato mercoledì il ministro Sacconi, il tema Fiat non è stato
per nulla sfiorato nella riunione di palazzo Chigi. Il ministro ha però
annunciato che «l´incontro con azienda e sindacati avverrà la prossima
settimana» aggiungendo che «in questo momento tutto è aperto» e che «ci sono le
condizioni per evitare la chiusura degli stabilimenti italiani». I sindacati
promettono a loro volta battaglia: «Non faremo sconti a nessuno», annuncia il
segretario della Cgil, Guglielmo Epifani. Per il leader della Uil, Luigi
Angeletti, «non si vede perché si debbano sacrificare gli stabilimenti italiani
se ad essere in crisi è la Opel». Dal palco dell´assemblea di Confindustria
Emma Marcegaglia ha assicurato che gli imprenditori italiani «fanno il tifo
perché Fiat riesca nel progetto».
( da "Repubblica, La" del 22-05-2009)
Argomenti: Obama
Pagina 30 -
Cronaca INCONTRI 1.LECAUSE Se la Borsa tradisce il mercato leguidedirepubblica
festivaleconomia Si è consumata una rottura tra la società e le élite al
comando delle aziende Molti dirigenti si sono limitati a spostare denaro in
modo astuto e praticamente distruttivo FEDERICO RAMPINI (segue dalla prima
dell´inserto) S i è stravolto così tutto il sistema di incentivi e deterrenti
che è l´abc dell´economia di mercato. Il principio di responsabilità è stato
cancellato per molti anni. La selezione operata dalla concorrenza è stata
falsata. La capacità del mercato di allocare le risorse in modo efficiente,
punendo le aziende decotte e premiando quelle sane, è stata azzerata dalla
promessa implicita che il governo salverà quelli che sono "troppo grossi
per fallire". Tutta la storia degli ultimi anni riporta d´attualità
l´antica battuta dell´economista John Kenneth Galbraith: «In America l´unico
socialismo che è sempre stato ammesso è il socialismo in favore dei ricchi».
Mentre s´impoveriva il Welfare State ingrassava il Corporate Welfare: la
protezione riservata al Big Business. Il tracollo finale di quel sistema ha
costretto l´America del XXI secolo a chiedersi se davvero il
"socialismo" debba rimanere una rete di sicurezza limitata ai
banchieri. Oggi una rottura si è consumata tra la società occidentale e l´élite
al comando delle sue grandi aziende. Un divorzio di culture, di sensibilità, di
valori. Lo scollamento ha raggiunto livelli insostenibili, minaccia la legittimità
dei ceti dirigenti, costringe il sistema delle imprese a una rivoluzione
interna. Siamo a una svolta, i manager che non lo capiscono andranno incontro a
brutte sorprese, le imprese che non si decidono a cambiare strada corrono
rischi seri. Il crollo dei miti fa particolarmente impressione negli Stati
Uniti, dove l´esaltazione del capo-azienda Superman era entrata a far parte
della cultura nazionalpopolare. Dal prestigio all´infamia la caduta è rovinosa.
«Molti dei massimi dirigenti aziendali - scrive Michael Hiltzik sul Los Angeles
Times - non hanno mai aggiunto valore alla nostra economia. Si sono limitati a
spostare denaro in modo innovativo, astuto, e fondamentalmente distruttivo. I
top manager sono stati strapagati sia che avessero successo sia che fossero
degli incapaci. Un cambiamento epocale sta avvenendo nella società americana.
Per decenni avevamo ammirato questa élite, li abbiamo considerati come una
razza di vincitori che si erano guadagnati il loro posto attraverso il talento
e il duro lavoro, nella competizione economica darwiniana. Quella visione è
stata spazzata via, sostituita dall´amarezza e dal disprezzo verso i
superprivilegiati del management». Certi top manager possono far finta di
niente. Possono anche tentare una fuga in avanti, inasprendo il carattere
"dittatoriale" dell´organizzazione gerarchica sottoposta al loro
comando. Qualcuno lo sta già facendo. In una recessione, quando il lavoro
scarseggia, il capitalismo può permettersi di fare la faccia feroce: chi vuole
lavoro accetti le condizioni dettate dai capi. Ma è una tattica pericolosa. Non
tiene conto che l´accumulo di risentimento verso la superstruttura dirigenziale
può sfociare in reazioni incontrollabili: vedi il sintomo dei "sequestri
di manager" in Francia. E quand´anche la forza dei sindacati sia azzoppata
dagli effetti della recessione, c´è il rischio che si coalizzi contro il Big
Business capitalistico un fronte ben più ampio di ostilità: dai consumatori ai
governi riformisti come l´amministrazione Obama. I rapporti
di forze sul mercato del lavoro sono tutti a favore dei capi-azienda; ma nella
società civile e nel sistema delle istituzioni la situazione è assai diversa.
Spoglio di ogni giustificazione etica, nudo nel suo egoismo brutale, accusato
di una immensa distruzione di benessere, il supermanager è come un pirata
somalo che ai suoi villaggi non distribuisce più nemmeno le briciole del
suo bottino di rapina. Finito il delirio di onnipotenza, deve riprendere la
faticosa tessitura di un consenso vero, meritato.
( da "Repubblica, La" del 22-05-2009)
Argomenti: Obama
Pagina 32 -
Cronaca 2.GLIEFFETTI "Buy american", il protezionismo resta uno
slogan festivaleconomia leguidedirepubblica L´ordine di "comprare
americano" si è ammorbidito nel consiglio di preferire il made in Usa
VITTORIO ZUCCONI (segue dalla prima dell´inserto) Un anno e mezzo più tardi, la
promessa appare per quello che probabilmente era sempre stata, un efficace
slogan elettorale che non ha resistito al confronto con la realtà di governare.
A ennesima riconferma del famoso assioma di Kennedy, secondo il quale «il mondo
appare molto diverso quando è visto attraverso le finestre dello Studio Ovale»,
l´ordine di "comperare americano" è divenuto il suggerimento di
preferire il "made in America" nei contratti pubblici e un
annacquatissimo meccanismo di incentivi fiscali, come lo ha riassunto
l´"Economist", inserito nel pacco di finanziamenti federali, più per
non imbestialire i sindacati, che tanto si erano spesi per Obama,
che per cacciare veramente fuori d´America il "prodotto straniero".
Non ci sono nuovi "Smoot Haley Tariff Act" all´orizzonte dei lavori
parlamentari, come quella legge protezionistica che invano Henry Ford tentò di
convincere il presidente Hoover a bloccare e che il capo della banca d´affari
J.P. Morgan implorò di vietare, «buttandomi in ginocchio, per impedire una
simile asineria». Non si leggono editoriali o manifesti che invochino tariffe o
altre forme di protezionismo non tariffario e se il volume delle importazioni
scende da mesi, è effetto della anoressia del consumatore, ancora in pieno svolgimento.
E la "conversione" del candidato Obama divenuto il presidente Obama è venuta
dalla sua stessa bocca, quando, nel suo esordio internazionale per incontrare
il premier canadese Stephen Harper, invitò, proprio lui, il primo partner
commerciale degli Usa «a guardarsi dai segnali di protezionismo», garantendo
che gli Stati Uniti «sarebbero rimasti la forza trainante nella globalizzazione
del commercio». Quella del protezionismo esplicito è rimasta una
tentazione senza il peccato. E più ancora delle reazioni spesso isteriche e
ideologiche dell´Europa, hanno pesato le minacce (forse il bluff) del governo
cinese di scaricare il dollaro come moneta di riserva e di smettere la
scorpacciata di carta che ha riempito le casse della Repubblica Popolare con oltre
mille miliardi di Bot americani e la scoperta che non tutte le industrie
americane sognano il "buy american". Mentre le superstiti aziende di
siderurgia, come la US Steel e la Nucor, si inginocchiano per chiedere tariffe,
la giacca del presidente è tirata da colossi come la Caterpillar, prima
produtttrice al mondo di macchinari per il movimento terra, che ha ricordato a Obama come il 60 per cento del proprio lavoro venga dai
mercati non americani e dunque sarebbe lei a ridursi in ginocchio se le nazioni
clienti rispondessero con rappresaglie. «Non possiamo permetterci una guerra
commerciale in questo momento» disse giudizioso durante una visita allo
stabilimento della Caterpillar, a Peoria, Illinois. Gli articoli più violenti
inseriti da deputati e senatori del Mid West per farsi belli con gli elettori
nel "pacco" da 789 miliardi di dollari, sono stati sostituiti con
indicazioni che obbligano soltanto a utilizzare materiali e mezzi «che non
contraddicano gli impegni internazionali degli Stati Uniti», un modo per dire
agli altri che anche loro devono rispettarli, ma senza obblighi di "buy
american". E se la tentazione protezionistica riaffiorasse, nel caso il
venticello di ottimismo alzatosi in primavera dovesse rivelarsi effimero, la
sua manifestazione più evidente sarà nella collaudata tecnica della
"svalutazione competitiva", lasciando che il dollaro, oscillante
sull´orlo del precipizio, scenda ancora. Ma se questa dovesse essere la strada
scelta per fare un po´ di protezionismo senza dichiararlo, sarebbe comunque una
via breve, di fronte al vero pericolo che incombe sul futuro dell´economia
americana, l´inflazione generata dallo tsunami di liquidità, oggi rovesciato
dai rubinetti spannati della Fed. Per ora, il segnale che l´Obama
presidente ha appeso alla bottega Usa, sostituendo quello innalzato durante la
campagna dal candidato Obama è, come ha detto lui
stesso: "Open for business". L´ipermercato America è aperto.
( da "Repubblica, La" del 22-05-2009)
Argomenti: Obama
Pagina 35 -
Cronaca l´intervista Stiglitz: «Fine del dominio delle banche» EUGENIO OCCORSIO
Cosa può insegnarci questa crisi? Ci sono alcune cose ovvie, come accendere
meno crediti. E poi c´è un insegnamento per tutti: non fidarsi dei banchieri».
Joseph Stiglitz, docente di macroeconomics alla Columbia di New York, si è
fatto una solida fama di economista "di sinistra": «Il dissesto della
finanza, dovuto all´assoluta mancanza di regole e controlli - dice - ha potuto
avere conseguenze così devastanti perché si è innestato in una base sociale
caratterizzata da diseguaglianze profondissime e ingiuste che alla fine hanno
compresso la domanda. E su tutto c´era la dominazione assoluta dell´alta
finanza». Nato a Gary in Indiana nel
( da "Corriere della Sera" del
22-05-2009)
Argomenti: Obama
Corriere della
Sera sezione: Prima Pagina data: 22/05/2009 - pag: 1 Il presidente e la
sicurezza: Al Qaeda vuole colpirci Obama su Guantánamo: va chiuso, ci indebolisce Barack Obama è deciso a chiudere il carcere cubano di Guantánamo, liquidando
il «pasticcio legale ingiusto e improvvisato» commesso dall'amministrazione
Bush che indebolisce gli Stati Uniti. E vuole trasferire alcuni dei terroristi
detenuti negli Usa. Ma il presidente garantisce anche che il suo governo
non rilascerà alcun prigioniero considerato ad alto rischio, né spedendolo
all'estero, né tantomeno lasciandolo libero sul territorio nazionale. «Siamo in
guerra con Al Qaeda e i suoi affiliati ha detto e bisogna aggiornare le nostre
istituzioni per far fronte a questo pericolo». Ma questo dev'essere fatto
rispettando il diritto, e le procedure. ALLE P
(
da "Corriere della Sera"
del 22-05-2009)
Argomenti: Obama
Corriere della Sera sezione: Primo Piano data: 22/05/2009 - pag: 9 Kenneth Rogoff Parla l'economista di Harvard invitato al G30 di Roma: «L'onere del debito ci obbligherà a crescere poco» «Cambiano i modelli, l'America diventa europea» MILANO Il paradosso è di quelli che incoraggiano gli americani a dispensare lezioni all'Europa. Gli Stati Uniti sono l'epicentro del sisma finanziario, ma le economie di Italia e Germania sono crollate rispettivamente il doppio e il triplo di più. E Wall Street è rimbalzata forte dopo gli «stress test» alle banche, mentre nell'area euro gli esami agli istituti sono una vaga ipotesi. Ma Kenneth Rogoff, il docente di Harvard ed ex capoeconomista del Fondo monetario invitato alla Banca d'Italia per il G30, evita la trappola dell'orgoglio. L'America, dice, deve espiare. Eppure i dati sul prodotto interno lordo segnalano che gli europei se la passano peggio degli americani. Possibile? «Non credo ci siano dubbi che le diverse politiche di bilancio e delle banche centrali abbiano impatti diversi. Washington ha scelto una linea iper aggressiva di stimolo di spesa pubblica, taglio dei tassi e creazione di moneta. Se poi si contano le centinaia, forse, di miliardi dati alle banche anche tramite sussidi opachi, si capiscono le differenze ». È stato giusto fare di tutto pur di ammortizzare gli effetti immediati delle recessione? «Non necessariamente. Il debito pubblico americano è sulla via del raddoppio entro il 2013 o 2014. E sarà costoso, molto costoso: non devo spiegarlo agli italiani. Alla fine, il debito pubblico Usa non sarà molto distante dal vostro. I numeri della ripresa di breve termine arriveranno a un costo enorme di lungo periodo». Ma per ora lei una ripresa la vede? «Sembra che gli Stati Uniti avranno un rimbalzo, ma alla lunga la crescita sarà molto bassa a causa delle tasse che si imporranno per finanziare i salvataggi di questi anni». Lei ha detto che un paio d'anni di inflazione un po' alta, diciamo al 6%, servono a alleviare un po' il peso dei debiti. «È così. Dubito che il sistema politico sia in grado di trovare una soluzione all'onere del debito e che la Fed abbia una strategia di uscita dai tassi zero. In più, ci sarà da pagare per i nuovi programmi sociali. A quel punto l'inflazione sarà una tentazione, anche perché non credo che gli americani accetteranno di pagare imposte elevate». Ma la nuova amministrazione vuole tassare di più i ricchi. «Non basterà. Dovrà tassare anche i ceti medi e persino per Barack Obama non sarà facile. L'America va verso un sistema più europeo, con i relativi vantaggi e svantaggi». Dunque l'Europa non potrà più contare sul traino della domanda americana e dovrà crescere con le proprie forze? «Potrà esportare molto di più nei mercati emergenti, che continueranno a crescere in fretta. Il loro sganciamento dal ciclo dell'Occidente ci sarà, con gli Usa che cresceranno poco e l'Europa che continuerà al suo normale ritmo europeo». Gli «stress test» delle banche Usa hanno convinto i mercati. Deve farli anche Eurolandia? «La trasparenza è una grande idea. Ciò detto, l'esercizio svolto in America ha un grande elemento di pura comunicazione: le banche non sono a posto come ci hanno detto, malgrado il denaro facile preso a tassi zero dalla Fed e prestato a caro prezzo a famiglie e imprese ». Kenneth Rogoff Federico Fubini>Torna all'inizio
( da "Corriere della Sera"
del 22-05-2009)
Argomenti: Obama
Corriere della Sera sezione: Esteri data: 22/05/2009 -
pag: 16 Il discorso Il presidente ha difeso la svolta etica
nella lotta al terrore: «I nostri valori più forti dell'odio» Obama chiude il «disastro» Guantánamo E Cheney lo attacca: «Così rende
l'America più vulnerabile» DAL NOSTRO CORRISPONDENTE WASHINGTON Barack Obama e Dick Cheney. Un duello a distanza. Due visioni del mondo
contrapposte sulla lotta al terrorismo. Uno storico confronto tra il
presente e il passato dell'America, tra la visione di voler garantire la
sicurezza nazionale nel pieno rispetto delle libertà personali e un'idea che la
vuole Moloch ferrigno e onnivoro. Mai forse come ieri, l'opinione pubblica
americana e mondiale ha potuto toccare con mano la differenza tra la vecchia e
la nuova Amministrazione. L'America di Obama non
rinuncia a conciliare la sua sicurezza con i suoi valori. A dispetto della
frenata richiesta dal Congresso, il nuovo presidente è deciso a chiudere la
prigione cubana di Guantánamo, liquidando il «pasticcio legale ingiusto e
improvvisato» commesso dalla precedente Amministrazione. E vuole trasferire
alcuni dei terroristi detenuti sul territorio degli Stati Uniti, convinto che
ciò sia coerente con gli ideali del Paese e fattibile senza metterne a
repentaglio la sicurezza. Ma Obama garantisce anche
che il suo governo non rilascerà alcun prigioniero considerato ad alto rischio
per gli Stati Uniti, né spedendolo all'estero, né tantomeno lasciandolo libero
sul territorio nazionale. Sempre molto attento ai simbolismi, il capo della
Casa Bianca ha scelto gli Archivi Nazionali per pronunciare un discorso
appassionato e solenne. Parlando di fronte agli originali della Costituzione e
degli altri documenti fondanti della democrazia americana, Obama
non ha concesso nulla sul piano dei principi, ma si è mostrato flessibile,
promettendo di lavorare con deputati e senatori a un sistema giusto e sicuro,
per risolvere il «più difficile problema» creato dalla chiusura di Guantánamo:
che fare con i prigionieri che non possono essere perseguiti nelle corti civili
o militari, ma pongono ancora un chiaro pericolo per il popolo americano.
«Dovremo definire criteri chiari, difendibili e legali per chi ricada in questa
categoria». A pochi minuti dall'intervento presidenziale, nel tempio
conservatore dell'American Enterprise Institute, Dick Cheney ha parlato da vero
capo dell'opposizione. Come fa da settimane, l'ex vice-presidente ha ancora
accusato il nuovo governo democratico di aver reso l'America più vulnerabile.
Cheney ha difeso vigorosamente tutto l'arsenale anti-terrorismo creato
dall'Amministrazione Bush, dalle prigioni speciali alle carcerazioni senza
fine, all'uso di tecniche d'interrogatorio come il waterboarding, ormai
universalmente riconosciute come tortura, sostenendo che «hanno contribuito a
salvare centinaia di migliaia di potenziali vittime innocenti». Sarebbe «stolto
e irresponsabile », secondo l'ex vice-presidente, abbandonare questi metodi per
il futuro. La cosa più straordinaria dell'indiretto faccia a faccia di ieri è
che i duellanti fossero perfettamente coscienti di parlarsi a distanza. Nessun
alto esponente di un'Amministrazione uscita di scena ha mai criticato in modo
così diretto un presidente in carica. E nessun presidente ha mai risposto così
direttamente agli attacchi. «Laddove i terroristi offrono soltanto
l'ingiustizia del disordine e della distruzione, l'America deve dimostrare che
i nostri valori e le nostre istituzioni sono più forti di un'ideologia
dell'odio», ha detto Obama, che pure ha concesso al
suo predecessore il beneficio delle buone intenzioni. Dopo l'11 settembre, di
fronte a un pericolo incerto, l'Amministrazione Bush ha preso «decisioni
affrettate e dettate dalla paura, pur motivata dal sincero desiderio di
proteggere il popolo americano». In altre parole, non «ha saputo usare i nostri
valori come bussola» e i suoi metodi hanno finito per «ingrossare le file dei
terroristi islamici». Obama ha riconosciuto che «siamo
in guerra con Al Qaeda e i suoi affiliati» e che «bisogna aggiornare le nostre
istituzioni per far fronte a questo pericolo ». Ma questo dev'essere fatto
rispettando il diritto, le procedure, i pesi e contrappesi, il principio di
responsabilità. L'impegno Obama lavorerà con il
Congresso per «definire criteri chiari e legali» Paolo Valentino
( da "Corriere della Sera"
del 22-05-2009)
Argomenti: Obama
Corriere della Sera sezione: PRIMA P