CENACOLO
DEI COGITANTI |
"Il governo deve
convocare Fiat per discutere il futuro di Mirafiori"
( da "Stampa, La" del
21-04-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: È veramente strano che Marchionne
veda Obama con una certa frequenza e non incontri mai il governo Berlusconi
che, in questi mesi, è rimasto in assoluto silenzio. Eppure ci sarebbe tanto da
dire e da fare per sostenere un settore come l'auto». Non ha dubbi sul futuro:
«Torino e il Piemonte hanno sicuramente tutti i numeri per diventare il luogo
dove si lavora e progetta un'
"Bene Sarkozy meglio
ascoltare che boicottare" ( da "Stampa,
La" del 21-04-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: altezza della nuova politica del
presidente Obama. Perché gli Usa si sono distinti nel passato nel sostegno
incondizionato a Israele ed era una occasione di non farlo e per segnare una
novità. Ma soprattutto perché anche se la presenza di Obama al vertice del
paese dimostra che ci sono stati progressi basta guardare alla proporzione di
quelli che si trovano in prigione negli Usa,
Quel sax che piace a Obama
( da "Stampa, La" del
21-04-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Quel sax che piace a Obama Valenza.
Al Sociale c'è l'enfant prodige Francesco Cafiso La sua fama è cresciuta dopo
il concerto per il presidente [FIRMA]BRUNELLO VESCOVI VALENZA La vita di
Francesco Cafiso è cambiata per sempre nel
la provocazione di teheran
- lucio caracciolo ( da "Repubblica,
La" del 21-04-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Pagina 1 - Prima Pagina LA
PROVOCAZIONE DI TEHERAN LUCIO CARACCIOLO Obama è nei guai. L´uomo cui aveva
appena teso la mano per ricucire dopo trent´anni i rapporti Usa-Iran, sperando
che lo aiutasse a sganciarsi onorevolmente dall´Iraq e dall´Afghanistan, ha
festeggiato a suo modo il centoventesimo compleanno di Adolf Hitler.
quel bisogno di ottimismo
- luigi spaventa ( da "Repubblica,
La" del 21-04-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Così qualificato il termine, si può
ben condividere l´ottimismo espresso dal ministro Tremonti, e ancor prima dal
governatore Draghi e da responsabili della politica economica
dell´amministrazione Obama, e dopo dal presidente della Confindustria. SEGUE A
PAGINA 25
all'avana che ora spera
"obama cambierà fidel" - l'avana
( da "Repubblica, La"
del 21-04-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Avana che ora spera "Obama
cambierà Fidel" L´AVANA C´è una sorta di diffidente speranza qui a Cuba,
in questi giorni che annunciano l´avvio di una nuova epoca nei rapporti con il
«diavolo» nordamericano. Qualcuno sogna il crollo del muro, dell´embargo che da
quasi cinquant´anni strangola l´economia castrista e la condanna
all´isolamento.
ahmadinejad, comizio
anti-israele l'europa abbandona il vertice onu - vincenzo nigro
( da "Repubblica, La"
del 21-04-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Per la voglia di non seguire troppo
da vicino l´America di Obama nel boicottaggio, la Francia di Sarkozy aveva
deciso di non boicottare la conferenza. Un attimo dopo le parole di
Ahmadinejad, Sarkozy è stato il primo leader mondiale a condannarlo: «Ci vuole
estrema fermezza della Ue, perché a Ginevra è stato fatto un appello all´odio
razziale».
"anche l'iran ha
diritto di parola" il vaticano condanna il discorso ma il nunzio resta in
aula - marco politi ( da "Repubblica,
La" del 21-04-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: hanno già deciso con Obama di
dialogare con l´Iran. Ma la linea vaticana ha ragioni più profonde. Alla
vigilia del viaggio di Benedetto XVI a Gerusalemme la Santa Sede sottolinea che
non si lascia dettare da un governo israeliano con il ministro degli Esteri più
estremista della sua storia se partecipare o no a una conferenza dell´Onu.
allarme banche, borse a
picco eurolandia brucia 133 miliardi - arturo zampaglione
( da "Repubblica, La"
del 21-04-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: come ha ricordato domenica lo
stesso Barack Obama, stanno nascendo nuove preoccupazioni sul sistema bancario
americano. In teoria i conti trimestrali delle banche sono buoni. Favorito dai
bassi tassi di interesse, il boom dei mutui ha aiutato i bilanci. Gli utili
della Wells Fargo, che è la quarta in ordine di grandezza, sono stati di 3
miliardi di dollari: un record.
la provocazione di teheran
- (segue dalla prima pagina) ( da "Repubblica,
La" del 21-04-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Ahmadinejad ha lasciato cadere a
margine del suo comizio una maliziosa apertura a Obama. Assicurando di
"accogliere positivamente" la svolta Usa verso l´Iran, di puntare
solo al nucleare civile e di rifiutare quello militare. In attesa di "fatti
concreti" da parte americana, ha rimandato la palla nel campo avversario.
Ora Obama deve scegliere.
in volo con ufficio e
letto a due piazze anche sarkò avrà il suo air force one - anais ginori
( da "Repubblica, La"
del 21-04-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Barack Obama. L´Airbus 330-200,
acquistato «d´occasione» dalla compagnia Air Caraibes, sostituirà i due attuali
Airbus 319CJ in dotazione da molti anni alla presidenza della Repubblica per le
tratte intercontinentali. I responsabile dell´Etec (l´unità dell´esercito
francese incaricata del trasporto aereo delle personalità di governo)
torture, obama fa pace con
la cia - alberto flores d'arcais ( da "Repubblica,
La" del 21-04-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Pagina 14 - Esteri Torture, Obama
fa pace con la Cia Missione a Langley: "Abbiamo fatto errori ma saremo più
forti rispettando le regole" Nuove polemiche sul waterboarding: contro un
terrorista utilizzato 183 volte, sei al giorno ALBERTO FLORES D´ARCAIS dal nostro
inviato NEW YORK - «La Cia ha il mio pieno sostegno.
stop al regno delle credit
card così gli usa si scoprono europei - vittorio zucconi
( da "Repubblica, La"
del 21-04-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: scoprono europei Arriva la
rivoluzione dei consumi targata Obama Il dossier Dopo anni di costante
rincorsa, nel 2002 l´uso del denaro di plastica in America scavalcò ogni altra
forma di pagamento Nell´ultimo anno il numero di debitori che negli Stati Uniti
non riescono a saldare le rate mensili è cresciuto del 260 per cento VITTORIO
ZUCCONI WASHINGTON - Deve finire il regno dell´
nomi di cani - stefano
bartezzaghi ( da "Repubblica,
La" del 21-04-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: figlie di Barack Obama: si chiama
Bo, come già Carlo, Vittorio e Derek. Immediata la reazione degli autori di
palindromi: «Obama ama Bo». Nel recentissimo Quaderno della Rivista Italiana di
Onomastica, dedicato ai nomi di Roma, fra i molti contributi quello di Paola
Cantoni ci informa sull´onomastica canina (o «cinonomastica»): a Roma ci sono
almeno quattro cani che si chiamano «
arte, economia e persino
la fede: le nostre - marco cattaneo.
( da "Repubblica, La"
del 21-04-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: la ricerca sosteneva, tra le altre
cose, che Barack Obama non riusciva a entusiasmare gli elettori americani�).
Per capire il motivo di tanta ostilità, però, occorre fare un passo indietro.
La risonanza magnetica funzionale offre preziose indicazioni sullo stato di
attività del cervello. Ma non lo misura direttamente.
viaggio nell'isola
caraibica dopo le aperture del presidente usa. tra i giovani che sperano nella
fine dell'embargo e tifano per barack - fabrizio ravelli l'avana
( da "Repubblica, La"
del 21-04-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Ha scritto che Barack Obama è stato
«duro ed evasivo» sull´embargo: «Desidero ricordargli un principio etico di
base per quanto riguarda Cuba: ogni ingiustizia, ogni crimine, non importa in
quale epoca sia successo, non ha scuse; il blocco crudele contro Cuba ha come
prezzo delle vite umane e delle sofferenze».
Non deve accadere più
( da "Corriere della Sera"
del 21-04-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Un pugno chiuso nella mano tesa di
Barack Obama. Una bottiglia molotov in casa di Benjamin Netanyahu e Avigdor
Liebermann. Un segnale di disprezzo per gli sforzi degli uomini del
Dipartimento di Stato che tentano di convincere il governo di Gerusalemme ad
accantonare il sogno (o i preparativi) di un duro colpo agli ayatollah.
E da New York alla Spd
tedesca cresce la voglia di tassare i più ricchi
( da "Corriere della Sera"
del 21-04-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: mentre lo stesso Barack Obama ha in
programma un aumento delle tasse sui redditi più elevati da attuare, però, non
prima del 2011, i singoli Stati dell'Unione stanno già incrementando a raffica
imposte dirette e indirette nel tentativo di far quadrare i conti. Rassegnati a
una lunga «traversata del deserto» dopo la dura sconfitta elettorale del
novembre scorso,
Banche, Wall Street ha
ancora paura ( da "Corriere
della Sera" del 21-04-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: consiglieri di Obama vogliono
convertire in azioni ordinarie i prestiti agli istituti DAL NOSTRO
CORRISPONDENTE WASHINGTON A Wall Street e in Europa torna la paura.
L'impressione di un eccesso di ottimismo sui bilanci delle banche americane e
la notizia che il Tesoro Usa si preparerebbe a entrare in forza nei pacchetti
azionari di alcune di loro hanno prodotto un lunedì di sconforto,
Da Amazon alle librerie
Effetto Chávez per Galeano ( da "Corriere
della Sera" del 21-04-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Dalla casa editrice raccontano che
le vendite si sono mantenute buone negli anni, ma proprio ieri, (effetto
Chávez, ma anche merito di Obama, assicurano) da librerie di tutta Italia sono
arrivate nuove richieste di copie. Alessandra Coppola «Le vene aperte» Da
Chávez a Obama
Zawahiri: per noi
musulmani con Obama non cambia niente
( da "Corriere della Sera"
del 21-04-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: per noi musulmani con Obama non
cambia niente WASHINGTON La politica del dialogo lanciata da Barack Obama
allarma davvero i qaedisti. E loro, preoccupati, invitano i musulmani a tenere
gli occhi aperti su quello che ritengono «un imbroglio». E' di nuovo Ayman Al
Zawahiri, il «commentatore» di Al Qaeda, a richiamare all'ordine con l'ennesimo
audio su Internet.
Bush mentiva sulla sua
vittoria, e gli elettori l'hanno punito
( da "Stampa, La" del
21-04-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Contiene nuove accuse agli Usa e
ascrive a proprio merito la vittoria di Obama, « il riconoscimento da parte del
popolo americano del fallimento della politica di Bush, la conferma che gli
americani mentivano quando sostenevano di aver vinto sui mujaheddin. Obama ha
sfruttato la sconfitta in Iraq per vincere le elezioni».
Cia in rivolta, arriva
Obama ( da "Stampa,
La" del 21-04-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: arriva Obama [FIRMA]MAURIZIO
MOLINARI CORRISPONDENTE DA NEWYORK La pubblicazione dei memo della Cia causa
scompiglio fra gli 007 e Barack Obama arriva nel quartier generale di Langley
per scongiurare una mezza rivolta nella «war room» che coordina le operazioni
contro Al Qaeda, assicurando gli agenti: «Proteggerò le vostre identità e
attività»
Sprint di Marchionne, vola
negli Usa ( da "Corriere
della Sera" del 21-04-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: visto che su quello del credito la
front line spetta alla task force di Barack Obama (che sul piatto fa pesare le
decine di miliardi di aiuti concessi per i salvataggi finanziari), la corsa cui
il viaggio-lampo di Marchionne cercherà di dare un'accelerata. Rimarrebbe negli
Usa fino alla fine, l'amministratore delegato del Lingotto (presidiato ieri da
Luca Cordero di Montezemolo),
( da "Stampa, La" del
21-04-2009)
Argomenti: Obama
Giovanna Ventura
(Cisl) "Il governo deve convocare Fiat per discutere il futuro di
Mirafiori" Proprio nel giorno del consiglio di amministrazione della Fiat
- dopodomani - la Cisl regionale avvia il decimo congresso e la segretaria
Giovanna Ventura non si fa sfuggire l'occasione: «Non si può andare avanti
così: il governo deve convocare Fiat e sindacato per ragionare sul futuro di
Mirafiori e di tutti gli stabilimenti italiani». Ironizza: «È veramente strano che Marchionne veda Obama con una
certa frequenza e non incontri mai il governo Berlusconi che, in questi mesi, è
rimasto in assoluto silenzio. Eppure ci sarebbe tanto da dire e da fare per
sostenere un settore come l'auto». Non ha dubbi sul futuro: «Torino e il
Piemonte hanno sicuramente tutti i numeri per diventare il luogo dove si lavora
e progetta un'auto nuova, diversa a energia alternativa, ma per fare
questo occorrono risorse e investimenti». Al congresso - si concluderà il 24
con l'intervento del segretario generale, Raffaele Bonanni, di fronte a 350
delegati e 150 invitati - però non sarà solo la Fiat il terreno di confronto.
Ventura pensa - dopo la fase degli accordi separati con governo e Confindustria
sul sistema contrattuale - che sia il momento di avviare una fase di
contrattazione di secondo livello. La gravità della crisi, ovviamente, non
aiuta, ma Ventura crede che sia possibile inventare nuove soluzioni. Racconta
che ci sono già alcuni esempi: «Nel Cuneese in una azienda si è contrattata l'apertura
di un asilo nido pagato da proprietà e ente locale; un esempio di come si possa
aiutare il lavoratore oltre l'aumento salariale». E aggiunge: «Non c'è dubbio
che servirebbe, soprattutto per le donne, allargare il part-time oltre le 20
ore alla settimana cosa che adesso le aziende non vogliono fare, quasi mai si
riesce a andare oltre le 18». E fa un altro esempio: «Perché non immaginare una
contrattazione che allunghi i termini dei congedi parentali». Una sorta di
Welfare che deleghi al secondo livello di contrattazione - in azienda e nel
territorio - le tutele. Ma non si nasconde che quel terreno è minato perché mai
come in questo momento le confederazioni sono state lontane con un conflitto
aperto proprio sul sistema contrattuale che è l'essenza stessa del sindacato.
Dice: «Siamo a Torino e da qui può ripartire tutto; è qui che si decide il
contratto dei metalmeccanici. La piattaforma che nascerà nelle prossime
settimane deve essere unitaria. Sarebbe una occasione per la Fiom e la Cgil; se
le piattaforme saranno separate questa scelta non aiuterà a risolvere i
problemi confederali».\
( da "Stampa, La" del
21-04-2009)
Argomenti: Obama
Intervista/2 Tzvetan
Todorov "Bene Sarkozy meglio ascoltare che boicottare" DOMENICO
QUIRICO CORRISPONDENTE DA PARIGI A Ginevra bisognava andare perché è sempre
meglio ascoltare e discutere che scegliere la sedia vuota; e soprattutto perché
anche a proposito di Israele l'Occidente deve accettare che il suo punto di
vista non sia condiviso da tutti» : Tzvetan Todorov, critico storico e
filosofo, rifiuta con risolutezza il boicottaggio della Conferenza
internazionale sul razzismo. È d'accordo con la scelta della Francia di essere
presente a Ginevra? «Sono d'accordo perché penso che sia sempre meglio essere
presenti che assenti nelle istanze internazionali, si deve ascoltare, discutere
cercare di convincere e semmai condannare quando si vede che il proprio punto
di vista non è riuscito a imporsi. Per me è una regola generale: la discussione
è meglio che il rifiuto e la scelta preliminare di non partecipare». C'è però
il rischio concreto sull'esempio di quanto è accaduto a Durban di un amalgama
pericoloso tra razzismo e antisemitismo... «Alcuni paesi occidentali hanno
scelto il boicottaggio in parte in rapporto al problema di Israele e in parte
per il concetto di "diffamazione delle religioni". Per quanto
riguarda Israele e la posizione verso Israele non penso chi ci troviamo di
fronte a un affare di razzismo. Dunque è una deformazione del significato delle
parole condannare Israele per razzismo. Ma penso anche che si possa condannare
la politica israeliana per altre ragioni. E se si vuole una posizione
internazionale, un dibattito internazionale i paesi occidentali devono prendere
l'abitudine, che non hanno per ora, di vedere che la loro opinione non è
accettata da tutti. E non si tratta solo dei paesi arabi che tradizionalmente sostengono
la causa palestinese nelle istanze internazionali ma che non fanno nulla di
concreto per aiutare i palestinesi. Occorre che gli occidentali capiscano che
il loro punto di vista non è forzatamente il migliore del mondo, non lo è più;
che ascoltino anche un po' quello che gli altri hanno da dire». È in fondo come
sempre un problema di parole: razzismo non ha lo stesso significato in
occidente che nel resto del mondo... «Sì, un problema di parole. Credo che non
si debba puntare il dito contro Israele come un Paese che ha una politica
particolarmente razzista, questo mi pare ingiusto; ma vedo bene le ragioni di
questa condanna che sono semmai legate alla politica dello stato di Israele
verso i paesi vicini di cui l'invasione di Gaza è stato un recente e preciso
esempio. Trovo anche che il fatto che gli Usa non assistano a questo dibattito
non sia all'altezza della nuova politica del presidente Obama. Perché gli Usa si sono distinti nel passato nel sostegno
incondizionato a Israele ed era una occasione di non farlo e per segnare una
novità. Ma soprattutto perché anche se la presenza di Obama al vertice
del paese dimostra che ci sono stati progressi basta guardare alla proporzione
di quelli che si trovano in prigione negli Usa, bianchi e neri, per
capire che ogni pregiudizio razziale non è ancora sparito. Per questo dunque la
loro assenza mi sembra particolarmente spiacevole». Il concetto di diffamazione
delle religioni: c'è da temere la soppressione della universalità dei diritti
in nome di una pretesa rivoluzione multiculturale? «Questa formula è sparita
dal progetto di risoluzione. Per me comunque non esiste una possibilità di
parlare in senso giuridico di diffamazione delle religioni. Si può nella ottica
in cui noi siamo e che mi sembra difendibile, parlare di diffamazione delle
persone. E la religione non è una persona. Altrimenti andremmo verso una
interdizione arbitraria della critica di qualsiasi ideologia e la religione è
una ideologia tra le altre. La Cina un domani potrebbe vietare di criticare la ideologia
comunista o altri paesi quella nazionale. Parlare di diffamazione in questo
senso vuol dire davvero giocare con il significato delle parole. Dunque
difendiamo fermamente il concetto che l'incitazione all'odio verso un gruppo
umano qualsiasi è una offesa e un delitto, che sia un gruppo nazionale o
religioso. Ma non c'è diffamazione di religioni: solo di essere umani».
( da "Stampa, La" del
21-04-2009)
Argomenti: Obama
Quel
sax che piace a Obama Valenza. Al Sociale c'è l'enfant
prodige Francesco Cafiso La sua fama è cresciuta dopo il concerto per il
presidente [FIRMA]BRUNELLO VESCOVI VALENZA La vita di Francesco Cafiso è
cambiata per sempre nel
( da "Repubblica, La"
del 21-04-2009)
Argomenti: Obama
Pagina
1 - Prima Pagina LA PROVOCAZIONE DI TEHERAN LUCIO CARACCIOLO Obama è nei guai.
L´uomo cui aveva appena teso la mano per ricucire dopo trent´anni i rapporti
Usa-Iran, sperando che lo aiutasse a sganciarsi onorevolmente dall´Iraq e
dall´Afghanistan, ha festeggiato a suo modo il centoventesimo compleanno di
Adolf Hitler.
Mahmud Ahmadinejad ha rubato la scena alla conferenza Onu di Ginevra con una
tirata contro il "governo razzista" (leggi: Israele) che i vincitori
della seconda guerra mondiale avrebbero imposto alla "Palestina
occupata". Una provocazione mirata, con cui il presidente della Repubblica
Islamica intendeva cogliere almeno tre obiettivi. SEGUE A PAGINA 25
( da "Repubblica, La"
del 21-04-2009)
Argomenti: Obama
Pagina 1 - Prima
Pagina Quel bisogno di ottimismo LUIGI SPAVENTA Intendiamoci su che cosa
significa essere ottimisti, oggi. Significa ritenere che il ritmo di caduta
delle economie domanda, produzione, occupazione
sta rallentando, e
magari che la caduta si sia conclusa: nulla di meno, ma anche nulla di più. Così qualificato il termine, si può ben condividere l´ottimismo
espresso dal ministro Tremonti, e ancor prima dal governatore Draghi e da
responsabili della politica economica dell´amministrazione Obama, e dopo dal presidente della Confindustria. SEGUE A PAGINA 25
( da "Repubblica, La"
del 21-04-2009)
Argomenti: Obama
Pagina 1 - Prima
Pagina All´Avana che ora spera "Obama cambierà Fidel" L´AVANA C´è una sorta di diffidente
speranza qui a Cuba, in questi giorni che annunciano l´avvio di una nuova epoca
nei rapporti con il «diavolo» nordamericano. Qualcuno sogna il crollo del muro,
dell´embargo che da quasi cinquant´anni strangola l´economia castrista e la
condanna all´isolamento. Qualcuno diffida delle reali intenzioni di chi
governa Cuba: «Il bloqueo è sempre stato utilizzato da Fidel Castro come il
parafulmine di ogni responsabilità - dice Yoani Sanchez, la giovane blogger che
è una delle voci più influenti della comunità cubana - Era sempre colpa
dell´embargo, per il crollo dell´economia, le inefficienze, tutto. Se cadesse,
in realtà per il governo sarebbe un colpo molto duro». E ieri Fidel in persona
ha deciso di intervenire, con una delle sue ricorrenti reflexiones, sul giornale
Granma e sul sito cubadebate. Ha scritto che Barack Obama
è stato «duro ed evasivo» sull´embargo che isola Cuba. ALLE PAGINE 27, 28 E 29
CON UN ARTICOLO DI ANDREA TARQUINI
( da "Repubblica, La"
del 21-04-2009)
Argomenti: Obama
Pagina 2 - Esteri
Ahmadinejad, comizio anti-Israele l´Europa abbandona il vertice Onu Ginevra,
caos annunciato alla Conferenza sul razzismo Sarkozy: "A Ginevra è stato
fatto un appello all´odio razziale. La Ue deve essere ferma" VINCENZO
NIGRO DAL NOSTRO INVIATO GINEVRA - Mahmoud Ahmadinejad continua la sua
battaglia di propaganda interna e internazionale. Anzi, di fatto sceglie il
podio delle Nazioni Unite di Ginevra per avviare la campagna elettorale per le
presidenziali di giugno. Come ampiamente previsto, il presidente iraniano ieri
ha immediatamente dirottato la conferenza Onu sul razzismo: contestando Israele
e la sua creazione, relativizzando l´Olocausto, e attaccando l´Occidente che
dopo la II guerra mondiale ha aiutato gli ebrei a fondare il loro stato. Le sue
parole hanno provocato l´uscita concordata di tutti i 23 ambasciatori dei Paesi
Ue che non avevano boicottato la conferenza dal principio, come invece avevano
scelto di fare Germania, Italia, Olanda e Polonia. Ma attenzione, nel momento
stesso in cui veniva contestato dagli ambasciatori e da giovani ebrei con
parrucche e nasi rossi da clown (per dire che questa conferenza è tutta una
pagliacciata), Ahmadinejad riceveva l´applauso di una buona metà della grande
sala del Palais des nations. Decine e decine di diplomatici di Paesi islamici,
africani, latino americani, asiatici; uno schierarsi contro le scelte politiche
di Israele, dell´America e dell´Occidente. I due enormi orologi sospesi nel
salone delle assemblee segnano le 15,05 quando Ahmadinejad inizia a parlare. Il
presidente avrebbe solo 7 minuti di tempo, se ne prende più di 30. Inizia
lento, rinnovando la sua interpretazione politica nei rapporti fra popoli,
stati e diritti. Poi arriva la lezione su Israele e sul suo non-diritto ad
esistere. Testuale: «Dopo la fine della Seconda guerra mondiale gli alleati
sono ricorsi all´aggressione militare per privare della terra un´intera
nazione, sotto il pretesto della sofferenza degli ebrei. Hanno inviato
immigrati dall´Europa, dagli Stati Uniti e dal mondo dell´Olocausto per
stabilire un governo razzista nella Palestina occupata». Poco prima gli studenti
ebrei francesi avevano urlato e protestato contro il «clown», contro «il
razzista che non può combattere il razzismo». Uno gli aveva lanciato contro il
suo naso rosso da pagliaccio prima di essere espulso dalla sicurezza. Pochi
minuti dopo, la triste processione degli ambasciatori Ue che lasciano la sala
segnala invece molte cose: la debolezza e la disunione della Ue, che non ha
saputo decidere una cosa, qualunque, tutta insieme. Ma soprattutto il fatto
che, con l´assenza di Usa, Canada, Nuova Zelanda, Australia, l´Occidente non è
in grado di presenziare, di influenzare una conferenza Onu su un tema decisivo
come il razzismo. Ahmadinejad continua ad essere applaudito quando attacca «gli
stati occidentali per essere rimasti in silenzio di fronte ai crimini commessi
a Gaza», e poi quando sostiene che la crisi economica mondiale è stata
scatenata dall´America. Le reazioni del mondo sono immediate. Il segretario
dell´Onu Ban Ki Moon, che aveva appena incontrato l´iraniano, dice di essere
«profondamente dispiaciuto», soprattutto perché capisce subito che questa
conferenza Durban 2 praticamente è fallita: «Io deploro l´uso di questo podio
da parte del presidente iraniano per accusare, dividere e persino incitare»
allo scontro, dice Ban con parole inusualmente dure per un capo dell´Onu. Per la voglia di non seguire troppo da vicino l´America di Obama nel boicottaggio, la Francia di Sarkozy aveva deciso di non
boicottare la conferenza. Un attimo dopo le parole di Ahmadinejad, Sarkozy è
stato il primo leader mondiale a condannarlo: «Ci vuole estrema fermezza della
Ue, perché a Ginevra è stato fatto un appello all´odio razziale». Da
Berlino, dove incontrava il tedesco Steinmeier, il ministro degli Esteri Franco
Frattini commenta: «Avevamo capito perfettamente che sarebbe finita così».
( da "Repubblica, La"
del 21-04-2009)
Argomenti: Obama
Pagina 3 - Esteri
Alla vigilia del viaggio del Papa la Santa Sede non vuole sembrare troppo filo
israeliana "Anche l´Iran ha diritto di parola" il Vaticano condanna
il discorso ma il Nunzio resta in aula "La bozza combatte ogni forma di antisemitismo,
di islamofobia e di cristianofobia" MARCO POLITI CITTà DEL VATICANO - Non
ha abbandonato la sala il nunzio vaticano, quando i 23 rappresenti europei si
sono alzati dalle loro sedie per non ascoltare le farneticazioni di
Ahmadinejad. Alla Radio vaticana il nunzio mons. Silvano Tomasi commenta sereno
che all´Onu la libertà d´espressione vale per tutti. Certo, soggiunge, il
presidente iraniano ha usato «espressioni estremiste con le quali non si può
essere d´accordo in alcun modo», ma nei dibattiti bisogna saper ascoltare anche
voci radicali non condivise. Chiosa Tomasi: «La natura delle Nazioni Unite è di
essere il forum nel quale tutte le nazioni si esprimono». E´ parlare a nuora
perché suocera intenda. Dove la nuora è la comunità internazionale e la suocera
il governo israeliano. Intanto - fanno notare in Vaticano - gli Stati Uniti,
che pur boicottano la riunione, hanno già deciso con Obama di dialogare con l´Iran. Ma la linea vaticana ha ragioni più
profonde. Alla vigilia del viaggio di Benedetto XVI a Gerusalemme la Santa Sede
sottolinea che non si lascia dettare da un governo israeliano con il ministro
degli Esteri più estremista della sua storia se partecipare o no a una
conferenza dell´Onu. Papa Ratzinger, per il quale la lotta al razzismo è
essenziale nel mondo globalizzato, non intende nemmeno partecipare al gioco
abusato di definire «Hitler» il nemico di turno: ieri Milosevic, poi Saddam,
ora Ahmadinejad. Meno che mai il Vaticano è disposto a fornire coperture a
progetti avventuristici come un bombardamento israeliano delle centrali
nucleari iraniane. Così si spiega perché da un lato il portavoce papale
Lombardi si dissoci nettamente da Ahmadinejad: «Un intervento che non va nella
giusta direzione, poiché anche se non ha negato l´Olocausto o il diritto
all´esistenza di Israele, ha avuto espressioni estremiste e inaccettabili». E
tuttavia definisca «accettabile» la bozza del documento di Ginevra. Perciò,
dice Lombardi, resta auspicabile che la conferenza possa continuare a servire
lo scopo di contrastare razzismo e l´intolleranza. Anzi, secondo il nunzio
Tomasi, «non si capisce bene la ragione delle assenze» di alcuni paesi: «Nella
bozza attuale viene riaffermato che bisogna combattere ogni forma di
antisemitismo, di islamofobia e di cristianofobia. E si fa una menzione
esplicita dell´Olocausto, che non si deve dimenticare».
( da "Repubblica, La"
del 21-04-2009)
Argomenti: Obama
Pagina 7 - Economia
Pesano i conti di Bank of America e le nuove ipotesi di nazionalizzazioni negli
Stati Uniti Allarme banche, Borse a picco Eurolandia brucia 133 miliardi Per
Wall Street è stata la seduta peggiore da inizio marzo: il Dow Jones ha perso il
3,5% ARTURO ZAMPAGLIONE NEW YORK - Dopo settimane di rialzi euforici e di
"barlumi di speranza", i conti trimestrali della Bank of America e i
timori di una nazionalizzazione strisciante del sistema bancario negli Stati
Uniti hanno portato ieri a una brusca inversione tendenza a Wall Street e a un
contagio di tutte le piazze mondiali. E´ stata la peggiore seduta dall´inizio
del mese scorso: una "zampata dell´Orso". L´indice S&P delle 500
maggiori aziende americane, che aveva recuperato il 28,5% dai minimi del 9
marzo, ha perso circa il 4%, il Dow Jones il 3,5. Londra ha chiuso con una
perdita del 2,49%, Parigi del 3,96, Francoforte del 4,07 e Milano del 3,88. Nel
complesso le Borse europee hanno bruciato 133 miliardi di euro. Da tempo gli
analisti avvertivano che una correzione di rotta era inevitabile. E ricordavano
un dato storico: ogni volta che dal 1900 Wall Street è cresciuta più del 20% in
due mesi, in quello successivo ha perso il 7%. Ma al di là di questo aspetto
tecnico e di una economia «ancora sotto stress», come ha
ricordato domenica lo stesso Barack Obama, stanno
nascendo nuove preoccupazioni sul sistema bancario americano. In teoria i conti
trimestrali delle banche sono buoni. Favorito dai bassi tassi di interesse, il
boom dei mutui ha aiutato i bilanci. Gli utili della Wells Fargo, che è la
quarta in ordine di grandezza, sono stati di 3 miliardi di dollari: un record.
Meglio delle previsioni anche i guadagni della Goldman Sachs, della JPMorgan
Chase, di Citigroup. Persino la Bank of America guidata da Ken Lewis ha
annunciato ieri un utile di 4,2 miliardi tra gennaio e marzo. Perché allora la
"punizione" delle borse, che ieri si sono accanite sui titoli del
settore finanziario, facendo perdere il 20% all´istituto di Lewis? La risposta
è nelle pieghe dei conti e nelle intenzioni del governo. Dietro all´utile di
Bank of America si nascondono alcune operazioni una tantum, come la vendita del
pacchetto di azioni della China construction bank (1,9 miliardi), i positivi
risultati della Merrill Lynch (che Lewis ha rilevato nell´autunno scorso) e
soprattutto una massa di 25,7 miliardi di titoli spazzatura, cresciuti del 41%
dalla fine del 2008. Come dire: le condizioni di salute dell´istituto di Lewis,
che ha già ricevuto 45 miliardi di aiuti pubblici, sono tutt´altro che solide.
Questo spiega le nuove richieste di dimissioni del chief executive e le
inquietudini sui risultati dello "stress test", l´esame sotto sforzo
condotto dalla Federal reserve sui 19 maggiori istituti di credito. Il test, nelle
intenzioni della Casa Bianca di Obama, deve servire a
giudicare la solidità delle banche di fronte ad altri eventuali traumi
finanziari e a valutare le loro esigenze aggiuntive di capitale. Le pagelle
saranno pubblicate il 4 maggio. Il rischio? Che la conferma di situazioni molto
fragili a Citigroup, Bank of America o in altri istituti, provochi una crisi di
fiducia e contraccolpi in Borsa. Il governo cerca quindi di prepararsi
all´appuntamento con una serie di interventi per sostenere i casi più
difficili. Tra questi l´ipotesi, anticipata ieri dal New York Times, di
convertire in azioni ordinarie, attraverso un aumento del capitale, i prestiti
pubblici concessi alle banche in difficoltà. Una manovra del genere avrebbe
molti vantaggi: innanzitutto permetterebbe alle banche di contabilizzare in
modo diverso quei soldi e il governo non sarebbe costretto a chiedere altri
fondi al Congresso. In compenso lo Stato diventerebbe l´azionista di
riferimento di molti istituti e al tempo stesso verrebbe diluito il valore e il
potere delle azioni oggi in mano dei privati. Per questo in America c´è chi
torna a gridare alla nazionalizzazione.
( da "Repubblica, La"
del 21-04-2009)
Argomenti: Obama
Pagina 25 - Commenti
LA PROVOCAZIONE DI TEHERAN (SEGUE DALLA PRIMA PAGINA) Primo, sfruttare
l´"effetto Gaza", l´indignazione della piazza islamica (e non solo)
per il comportamento delle truppe israeliane durante la recente campagna
militare, che ha portato la popolarità dello Stato ebraico nel mondo ai minimi
di sempre. Secondo, volgere il summit delle Nazioni Unite in spot gratuito ad
uso domestico per la sua rielezione alla presidenza dell´Iran, nel voto di
giugno. Terzo, chiarire agli americani e agli europei che nella partita del
nucleare iraniano è lui a guidare le danze, giacché sono loro a trovarsi in
stato di necessità. Per conseguenza, sarà lui a dettare il tono e a creare
l´atmosfera del negoziato, se mai decollerà. Ahmadinejad ha ottenuto ciò che
desiderava. Il consenso di buona parte dei delegati, che hanno applaudito la
sua invettiva contro «gli Stati occidentali rimasti in silenzio di fronte ai
crimini di Israele a Gaza». La divisione del campo occidentale, visto che
inizialmente solo la classica famiglia anglosassone in versione ridotta (Stati
Uniti, Australia, Canada, Nuova Zelanda) più quattro Stati europei (Olanda,
Italia, Polonia e Germania) ha seguito Israele nel boicottaggio di "Durban
2", assemblea prevedibilmente indirizzata sulle orme antisemite di
"Durban 1". Sicché diversi delegati occidentali erano in aula quando
il presidente iraniano è salito sul palco, con il preciso intento di
costringerli a un poco glorioso abbandono alla prima salva contro Israele. Ma
alla maggioranza degli europei questo non pare ancora sufficiente per
tornarsene a casa. Non che Ahmadinejad abbia detto alcunché nuovo. Come la
pensi sull´Olocausto e sull´"entità sionista" è stranoto. Gli occidentali
e tutti coloro che non condividono le sue tesi, a cominciare ovviamente dagli
israeliani, avevano avuto tutto il tempo per concordare una risposta comune,
all´altezza della sfida. Boicottando in massa la conferenza - con tanti saluti
all´Onu, che consapevolmente si prestava a scatenare la grancassa
anti-israeliana e anti-occidentale - o accettando tutti insieme il
contraddittorio. Né l´uno né l´altro. Il leader iraniano li ha divisi e
infilzati a fil di spada, uno per uno. E a margine, ha contribuito all´ennesimo
round fra mondo ebraico e Vaticano, con la Santa Sede sotto accusa per non
essersi sottratta alla "conferenza dell´odio", cui continua a
partecipare: il nunzio non ha neanche abbandonato la sala quando il leader
iraniano ha iniziato ad attaccare Israele. Con studiata perfidia - esibendo
sangue freddo e notevole abilità politica - Ahmadinejad ha
lasciato cadere a margine del suo comizio una maliziosa apertura a Obama. Assicurando di "accogliere positivamente" la svolta
Usa verso l´Iran, di puntare solo al nucleare civile e di rifiutare quello
militare. In attesa di "fatti concreti" da parte americana, ha
rimandato la palla nel campo avversario. Ora Obama deve
scegliere. O persiste a cercare il dialogo, malgrado tutto, per
districare il suo paese dall´imbroglio mediorientale in cui l´ha ficcato Bush,
ciò che è impossibile senza un´intesa con l´Iran. O smentisce se stesso,
dimostrando di non avere una rotta, per evitare una gravissima crisi con
Israele. Con la sua provocazione, Ahmadinejad ha messo Obama
con le spalle al muro. E noi europei con lui, per quel poco che contiamo.
Soprattutto, rischia di portare in superficie il profondo dissidio fra Usa e
Israele su come trattare l´Iran, finora tenuto in sordina in nome della
profonda, intima amicizia fra i due popoli e i due Stati. Per Netanyahu e
Lieberman le avances della Casa Bianca al regime dei pasdaran sono anatema. I
militari israeliani sono pronti a colpire obiettivi iraniani, se Teheran si
avvicinerà irrevocabilmente alla soglia della bomba atomica. Molti fra loro
pensano l´abbia già fatto. Pare che il Mossad consideri la politica
mediorientale di Obama un pericolo per la sicurezza di
Israele e lo abbia fatto sapere al governo. Gerusalemme, se necessario, farà da
sola. Mirando al cuore del programma iraniano, sempre che di cuori non ve ne
siano troppi per la sola aviazione israeliana. Ma in caso di attacco israeliano
ai siti nucleari persiani, il dilemma di Obama non
sarà più tra vellicare Ahmadinejad o rassicurare Netanyahu. Sarà tra assistere
all´incendio del Medio Oriente o intervenire al fianco di Israele per
difenderlo dalle rappresaglie iraniane e islamiste. Dichiarando guerra al paese
cui ha appena offerto un clamoroso segno di pace.
( da "Repubblica, La"
del 21-04-2009)
Argomenti: Obama
Pagina 14 - Esteri
Il nuovo Airbus 330-200 sostituirà la vecchia flotta in dotazione all´Eliseo.
Ma è polemica sui costi del restyling In volo con ufficio e letto a due piazze
anche Sarkò avrà il suo Air Force One La consegna dovrebbe avvenire il prossimo
anno I posti a sedere saranno solo 60 ANAIS GINORI DAL NOSTRO INVIATO PARIGI - La
sala riunioni di dodici posti, l´ufficio con segretaria, la grande stanza
matrimoniale con bagno. è il nuovo "Air Sarkozy", il grande Airbus
330-200 che l´Eliseo ha acquistato e che dovrebbe essere consegnato l´anno
prossimo. Il giornale economico Les Echos ha rivelato il cantiere che sta
mettendo in sicurezza e arredando al gusto del presidente il nuovo aereo che
presto permetterà al presidente francese di rivaleggiare nei suoi viaggi con il
mitico Air Force One del presidente Usa, Barack Obama. L´Airbus 330-200, acquistato «d´occasione» dalla compagnia Air
Caraibes, sostituirà i due attuali Airbus 319CJ in dotazione da molti anni alla
presidenza della Repubblica per le tratte intercontinentali. I responsabile
dell´Etec (l´unità dell´esercito francese incaricata del trasporto aereo delle
personalità di governo) da tempo chiedevano di rinnovare i velivoli,
ormai vecchi e malandati. Alla fine di marzo, uno degli aerei presidenziali in
partenza da Parigi per Kinshasa aveva avuto un guasto tecnico. Sarkozy si era
«molto innervosito» per l´incidente - hanno raccontato alcuni testimoni - ed
era stato costretto ad aspettare per ore sulla pista di Villacoublay,
l´aeroporto dal quale è abituato a muoversi. Il nuovo Airbus 330-220 comprato
dall´Eliseo è stato completamente trasformato. Attualmente ha 324 poltrone per
i passeggeri, ne rimarranno soltanto 60. Il cantiere riguarderà anche le misure
di sicurezza militari aggiuntive (che ovviamente non vengono rivelate), e
l´organizzazione di uno spazio interno di lavoro e di «relax» per il
presidente. Il nuovo velivolo permetterà anche di aumentare l´autonomia di volo
dei viaggi ufficiali (attualmente
( da "Repubblica, La"
del 21-04-2009)
Argomenti: Obama
Pagina
14 - Esteri Torture, Obama fa pace con la
Cia Missione a Langley: "Abbiamo fatto errori ma saremo più forti
rispettando le regole" Nuove polemiche sul waterboarding: contro un
terrorista utilizzato 183 volte, sei al giorno ALBERTO FLORES D´ARCAIS dal
nostro inviato NEW YORK - «La Cia ha il mio pieno sostegno. Non fatevi scoraggiare dal fatto
che l´America ha potuto conoscere gli errori che sono stati fatti nel passato».
Di fronte alle crescenti polemiche seguite alla pubblicazione dei quattro
"memo" segreti della Cia, Barack Obama ha
scelto la via più diretta: quella di parlare direttamente agli agenti
dell´Intelligence. Così ieri alle 14,30 la limousine presidenziale ha varcato i
cancelli di Langley, quartier generale dell´agenzia di spionaggio. Una visita
inusuale, nel corso della quale prima ha incontrato il direttore Leon Panetta e
il suo vice Stephen Kappes, poi ha avuto un meeting con i funzionari di rango
elevato, e infine con gli agenti. Con un breve discorso sull´importanza
«fondamentale» della missione della Cia. A Langley la pubblicazione dei
memorandum sull´uso delle «tecniche brutali» negli interrogatori, non era
piaciuta. Anche Leon Panetta, un liberal che Obama ha
voluto a capo della Cia, aveva espresso le sue perplessità. Alla Casa Bianca lo
scontro tra falchi e colombe in merito alla questione era durato a lungo, quasi
un mese, e - a decisione presa - le critiche non erano mancate (da destra come
da sinistra) con l´aggravante dei malumori nel mondo dell´Intelligence.
Sintetizzati da Michael Hayden, ultimo capo della Cia di Bush: «Ci saranno
nuove rivelazioni, nuove commissioni, nuove indagini, contro un´agenzia che è
in guerra e in prima linea nel difendere l´America». Una tesi che Obama ha negato. Accolto da un grande e caloroso applauso
dal personale della Cia, il presidente ha spiegato il perché della
pubblicazione («la natura segreta delle informazioni era stata già
compromessa»), ha confermato agli agenti l´immunità per gli atti del passato, e
promesso che «i giorni migliori della Cia devono ancora arrivare». Ha ricordato
come in passato «ho combattuto per proteggere la sicurezza delle informazioni
segrete e così farò in futuro». Ha esortato a non scoraggiarsi dal fatto che
«abbiamo commesso errori», perche è così che «si impara, e la nostra
disponibilità a fare queste ammissioni dovrebbe renderci tutti più orgogliosi
nella consapevolezza di essere dal lato giusto della Storia». Quanto alle
tecniche di tortura usate durante l´amministrazione Bush, non ci sarà più
spazio: «Gli Stati Uniti sono più forti quando possono esercitare la potenza
dei loro valori, compreso il rispetto della legge». Anche quando ci si trova di
fronte nemici come i terroristi di Al Qaeda «che non rispettano alcuna regola».
Non si era mai visto un presidente costretto a correre al quartier general dell´Intelligence
(in genere sono i loro capi che vanno alla Casa Bianca) ma Obama,
che maneggia con cura anche i gesti simbolici, ha capito che era il momento di
intervenire in prima persona. Non per fare ammenda sulla pubblicazione dei
memorandum, ma per rassicurare gli agenti che eliminate le storture dell´era
Bush la guerra al terrorismo continuerà come prima: «L´America apprezza i
vostri sacrifici anche se il vostro coraggio è conosciuto da pochi e non potete
avere, per motivi di segretezza, pubblici apprezzamenti». Il giorno
dell´omaggio alla Cia era iniziato con nuove polemiche sul waterboarding, dopo
che il New York Times aveva riferito quante volte questa tecnica di tortura -
che Obama ha vietato con un ordine esecutivo - è stata
usata nei confronti dei più pericolosi comandanti di Al Qaeda catturati dagli
americani. Abu Zubaydah venne sottoposto all´annegamento simulato 83 volte. Nel
marzo 2003 per fare parlare Khalid Shaikh Mohammed, l´ex numero tre di Al Qaeda
considerato il «cervello» dell´attacco alle Torri Gemelle, i waterboarding
furono addirittura 183: una media di sei al giorno.
( da "Repubblica, La"
del 21-04-2009)
Argomenti: Obama
Pagina 9 - Economia
Stop al regno delle credit card così gli Usa si scoprono
europei Arriva la rivoluzione dei consumi targata Obama Il dossier
Dopo anni di costante rincorsa, nel 2002 l´uso del denaro di plastica in
America scavalcò ogni altra forma di pagamento Nell´ultimo anno il numero di
debitori che negli Stati Uniti non riescono a saldare le rate mensili è
cresciuto del 260 per cento VITTORIO ZUCCONI WASHINGTON - Deve finire il regno dell´oro
di plastica, del tesserino di
( da "Repubblica, La"
del 21-04-2009)
Argomenti: Obama
Pagina 36 - Cultura
NOMI DI CANI lapsus STEFANO BARTEZZAGHI Pasquetta. La scaletta del TgUno diurno
dava come seconda la notizia, «appena arrivata in redazione» del rinvenimento
di una cagnetta, illesa fra le macerie dell´Aquila: si chiama Pasqualina, perché
è nata proprio a Pasqua, sei anni fa. Nella stessa giornata si è anche risolta
la suspense sul nuovo cane delle figlie di Barack Obama: si chiama Bo, come già Carlo, Vittorio e Derek. Immediata la
reazione degli autori di palindromi: «Obama ama Bo». Nel
recentissimo Quaderno della Rivista Italiana di Onomastica, dedicato ai nomi di
Roma, fra i molti contributi quello di Paola Cantoni ci informa sull´onomastica
canina (o «cinonomastica»): a Roma ci sono almeno quattro cani che si chiamano
«Totti». «Potevo chiedersi come si chiama il vostro cane», cantava De
Andrè: «Il mio è un po´ di tempo che si chiama Libero».
( da "Repubblica, La"
del 21-04-2009)
Argomenti: Obama
Pagina 36 - Cultura
Arte, economia e persino la fede: Le nostre C´è chi ha sostenuto che con le
scansioni cerebrali si possano leggere le scelte di voto MARCO CATTANEO.
Proprio nel momento del loro massimo splendore, gli studi sul cervello
attraversano una fase turbolenta. E per di più � chi l´avrebbe mai detto �
per colpa del loro strumento più prezioso: le moderne tecniche di
visualizzazione dell´attività cerebrale, a cominciare dalla risonanza magnetica
funzionale (fMRI, per gli addetti ai lavori). Che minaccia di polverizzare,
ammesso che non l´abbia già fatto, il vasto territorio delle neuroscienze in
una miriade di discipline dai nomi più o meno esotici, in cui il prefisso neuro
- si giustappone a rami vecchi e maturi della conoscenza: dalla neuroeconomia
alla neuroestetica, dalla neuroetica alla neuroteologia. Su queste nuove (o
seminuove) discipline è uscita almeno una dozzina di libri solo negli ultimi
dodici mesi, senza contare convegni, congressi e nuove società scientifiche. è
una nomenclatura che esercita un´attrazione fatale sul grande pubblico, ma che
sta scatenando un aspro scontro in seno alla comunità scientifica. Perché
lascia intendere, senza andare troppo per il sottile, che le funzioni superiori
del cervello possano essere inscatolate in moduli rigidamente separati: qui
l´area del senso estetico, lì quella delle decisioni economiche; un po´ più in
là il modulo di Dio, ovvero i centri cerebrali della spiritualità, accanto a
quelli della morale. E spedisce in soffitta la mente per concentrarsi sulle
"azioni" � vere o presunte � del cervello, certificate da belle
immagini in bianco e nero con vistose macchie colorate che raffigurano, o
almeno così si lascia intendere, le aree attive quando svolgiamo un determinato
compito. Così lo studio dei complessi rapporti tra mente e cervello, da sempre
poggiato su precari equilibri, sembra quasi essere travolto da una nuova
frenologia, l´idea pericolosa elaborata da Franz Joseph Gall sul finire del
Settecento, che pretendeva di identificare le funzioni mentali con precise aree
cerebrali e, peggio, di stabilire quali fossero le funzioni più sviluppate di
un individuo osservando la conformazione esterna della scatola cranica.
Pensava, cioè, che quanto più un´area era sviluppata, tanto più era efficiente
la funzione a cui assolveva. Certo, gli studi sulla mente non stanno tornando
all´antico con tanta leggerezza, tuttavia è questo il pericolo adombrato in
Neuro-mania. Il cervello non spiega chi siamo, un pamphlet da poco pubblicato
da "il Mulino" e i cui autori, Carlo Legrenzi e Paolo Umiltà, sono
rispettivamente professore di psicologia cognitiva all´Università di Venezia e
professore di neuropsicologia all´Università di Padova. Ma in verità lo scontro
sulle neuro-discipline � e soprattutto sulla capacità delle scansioni
cerebrali di "leggere" la mente � era già esploso verso la fine del
2007 negli Stati Uniti, quando il "New York Times" pubblicava un
articolo dal titolo This is your brain on politics. Vi si descriveva un esperimento
condotto da Marco Ia-coboni e colleghi, dell´Università della California a Los
Angeles, su un campione di venti elettori statunitensi incerti nella scelta di
voto alle primarie per le presidenziali dello scorso anno. La ricerca sosteneva
di poter individuare le preferenze degli elettori, grazie alla scansione del
cervello con la fMRI, osservando le aree cerebrali che più si attivavano alla
vista delle immagini dei candidati. Nel giro di ventiquattr´ore il quotidiano
fu investito dalle proteste di altri eminenti studiosi, che contestavano con
veemenza l´idea che si potesse determinare la preferenza di voto di qualcuno da
una "macchia di attivazione" di questa o di quell´altra area
cerebrale. (A posteriori va riconosciuta ai critici qualche ragione: la ricerca sosteneva, tra le altre cose, che Barack Obama non riusciva a entusiasmare gli elettori americani�). Per
capire il motivo di tanta ostilità, però, occorre fare un passo indietro. La
risonanza magnetica funzionale offre preziose indicazioni sullo stato di
attività del cervello. Ma non lo misura direttamente. Misura invece le
variazioni del flusso sanguigno: quanto più il flusso è intenso, tanto più una
certa area è attiva. Però queste variazioni hanno un ritardo di circa cinque
secondi rispetto all´elaborazione del pensiero. E, peggio che andar di notte,
il cervello è soggetto a un´incessante attività spontanea che non sappiamo
spiegare. In realtà, le immagini in bianco e nero del cervello con qualche
chiazza colorata che immancabilmente corredano gli studi di "neuroqualcosa"
rappresentano solo minime differenze di attività in un magma di scariche
neuronali cui la scienza non è in grado, almeno oggi, di dare
un´interpretazione univoca. Sollevato da autorità mondiali del calibro di Chris
Frith, Patricia Churchland, Elizabeth Phelps e Russell Poldrack, e raccolto dal
libro di Legrenzi e Umiltà, il dibattito sulla reale portata delle scansioni
cerebrali e sull´interazione mente-cervello coinvolge inevitabilmente uno dei
più controversi concetti della filosofia della mente: il libero arbitrio.
Perché, alle estreme conseguenze, accettare che la scarica di una manciata di
neuroni � tra i cento miliardi di cellule nervose del nostro cervello � sia
responsabile di ogni nostra decisione significa forse anche limitare drasticamente
la possibilità di scegliere, se il cervello, o meglio una sua minuscola
porzione, lo ha già fatto al posto nostro. E questo è un prezzo che nemmeno il
più convinto dei deterministi sarebbe disposto a pagare.
( da "Repubblica, La"
del 21-04-2009)
Argomenti: Obama
Pagina 27 - R2
Viaggio nell´isola caraibica dopo le aperture del presidente Usa. Tra i giovani
che sperano nella fine dell´embargo e tifano per Barack FABRIZIO RAVELLI
L´AVANA dal nostro inviato C´è una sorta di diffidente speranza qui a Cuba, in
questi giorni che annunciano l´avvio di una nuova epoca nei rapporti con il
«diavolo» nordamericano. Qualcuno sogna il crollo del muro, dell´embargo che da
quasi cinquant´anni strangola l´economia castrista e la condanna
all´isolamento. Qualcuno diffida delle reali intenzioni di chi governa Cuba:
«Il bloqueo è sempre stato utilizzato da Fidel Castro come il parafulmine di
ogni responsabilità - dice Yoani Sanchez, la giovane blogger che è una delle
voci più influenti della comunità cubana - Era sempre colpa dell´embargo, per
il crollo dell´economia, le inefficienze, tutto. Se cadesse, in realtà per il
governo sarebbe un colpo molto duro». E ieri Fidel in persona ha deciso di
intervenire, con una delle sue ricorrenti reflexiones, sul giornale Granma e sul
sito Cubadebate. Ha scritto che Barack Obama è stato «duro ed evasivo» sull´embargo: «Desidero ricordargli un
principio etico di base per quanto riguarda Cuba: ogni ingiustizia, ogni
crimine, non importa in quale epoca sia successo, non ha scuse; il blocco
crudele contro Cuba ha come prezzo delle vite umane e delle sofferenze».
Che è un modo per chiedere la revoca del bloqueo senza addentrarsi troppo in
previsioni o proposte, restando aggrappati alla tradizionale propaganda dei
murales. Molto meno di quanto lasci sperare l´apertura dichiarata da Raul
Castro a discutere con gli Usa di tutto, compresi i fin qui innominati «diritti
umani». La reflexion resta molto al di sotto delle aspettative, perché a Cuba -
aggiunge la Sanchez - «stiamo tutti aspettando, e ora la palla è nelle mani del
governo». SEGUE NELLE PAGINE SUCCESSIVE SEGUE A PAGINA 28
( da "Corriere della Sera"
del 21-04-2009)
Argomenti: Obama
Corriere della Sera
sezione: Primo Piano data: 21/04/2009 - pag: 2 I veleni di Teheran Non deve
accadere più SEGUE DALLA PRIMA Una sfida che merita una risposta ancora più
determinata di quella (rivelatasi giusta) del boicottaggio preventivo di Durban
II. La folle invettiva anti-ebraica dell'ingegnere guidato in cielo dall'Imam
Nascosto è arrivata proprio mentre l'amministrazione americana pensa ad un
nuovo percorso negoziale per disinnescare il dossier del nucleare di Teheran e
tenta di riavviare, tra molte difficoltà, il processo di pace
israelo-palestinese. Un pugno chiuso nella mano tesa di
Barack Obama. Una bottiglia molotov in casa di Benjamin Netanyahu e Avigdor
Liebermann. Un segnale di disprezzo per gli sforzi degli uomini del Dipartimento
di Stato che tentano di convincere il governo di Gerusalemme ad accantonare il
sogno (o i preparativi) di un duro colpo agli ayatollah. Il discorso
sbagliato, insomma, al momento sbagliato. Ma non è solo l'armamentario
negazionista a indignare, nella retorica tossica di Ahmadinejad. Parlare della
nascita di Israele come di «un'operazione di invio di immigrati dall'Europa e
dagli Stati Uniti per stabilire un governo totalmente razzista nella Palestina
occupata» è certamente una pesante infamia in un mondo che non ha ancora perso
e non vuole perdere la memoria. Ma il veleno che viene da Teheran è anche un
veleno religioso, come dimostra l'altra parte del discorso di Ginevra, quella
terzomondista-integralista: accolta, purtroppo, da temibili applausi in una
platea già mobilitata sul tema dell'«islamofobia». A parlare ieri non era il
presidente di un Paese, ma l'uomo che aveva concluso la sua lettera a George
Bush del maggio 2006 con questa frase: «Che ci piaccia o no, il mondo gravita
verso la fede in Dio e nella giustizia, e il Volere di Dio prevarrà sopra ad
ogni altra cosa». La teocrazia di Teheran è, da tempo, la principale minaccia
alla pace del mondo, come sanno, per esempio, i palestinesi vittime
dell'avventurismo oltranzista di Hamas. «L'Iran non è una democrazia, come è
vero che non si servono bistecche in un ristorante vegetariano e che non si
gira in bikini in un campo di nudisti», ha scritto Thomas Friedman. Questo non
vuol dire che non si debba negoziare il negoziabile. Ma si tratta anche di pensare,
nel Consiglio di Sicurezza e nell'Assemblea generale dell'Onu, a delle misure
in grado di evitare che quanto è accaduto ieri non accada mai più. Paolo Lepri
( da "Corriere della Sera"
del 21-04-2009)
Argomenti: Obama
Corriere della Sera
sezione: Primo Piano data: 21/04/2009 - pag: 6 Le imposte negli States e in
Europa E da New York alla Spd tedesca cresce la voglia di tassare i più ricchi
DAL NOSTRO INVIATO NEW YORK «Attento Paterson: se alzi le tasse sui ricchi, ce
ne andremo tutti a Palm Beach, in Florida, dove non si paga alcuna imposta
locale sul reddito». La proposta del governatore di New York di aumentare (dal
9 al 12,62%) la tassa statale (da sommare a quella federale che ha oggi
un'aliquota massima del 35%) sul reddito di chi guadagna più di 300 mila
dollari l'anno ha fatto infuriare il miliardario Donald Trump, ma ha anche
spaventato il Parlamento dello Stato, che ha preso tempo. Di alternative, però,
se ne vedono poche. Per far quadrare i conti del bilancio di New York, le
soluzioni possibili sono tutte «indigeste»: un aumento sostanziale delle
tariffe di metrò e bus, una sovrattassa sulle corse dei taxi o un incremento
delle imposte immobiliari, che sono già molto elevate, col rischio di deprimere
ancor di più il mercato della casa. Una «tassa sui milionari», ha pensato il
governatore Paterson, è la soluzione meno impopolare. Del resto, mentre lo stesso Barack Obama ha in
programma un aumento delle tasse sui redditi più elevati da attuare, però, non
prima del 2011, i singoli Stati dell'Unione stanno già incrementando a raffica
imposte dirette e indirette nel tentativo di far quadrare i conti. Rassegnati a
una lunga «traversata del deserto» dopo la dura sconfitta elettorale del
novembre scorso, i repubblicani si fregano le mani: attaccano la Casa
Bianca e sperano di essere riportati a galla da una nuova rivolta fiscale dei
cittadini analoga a quella che, tre decenni fa, gonfiò le vele della campagna
presidenziale dell'ex governatore della California, Ronald Reagan. Solo che,
stavolta, il suo successore Arnold Schwarzenegger anche lui ex attore,
repubblicano ed eletto grazie a una piattaforma antitasse è stato appena
soprannominato dagli stessi cittadini che l'hanno votato l'«esattore capo» per
il gran numero di tributi che «Terminator» ha deciso di aumentare. Del resto
sono decine ormai i governatori democratici e repubblicani che hanno
ricominciato a «mungere» i contribuenti: negli Usa come in Europa, il tabù
delle tasse, argomento assolutamente «intoccabile » fino a due anni fa, si è
improvvisamente sbriciolato. Con la ricchezza che cala e gli Stati che spendono
di più per contrastare la recessione e risanare le banche, l'aumento del
prelievo sui ricchi appare non solo a Obama, ma anche
ai socialdemocratici tedeschi, al leader dei democratici italiani Dario
Franceschini, ai laburisti inglesi e persino a qualche neogollista francese (il
partito di Sarkozy) come l'intervento di contenimento del deficit fiscale con
minori controindicazioni. Chi lo propone sa che questo tipo di prelievo ha un
sapore populista, ma pensa che proprio questo possa essere utile a ridurre il
malessere di milioni di contribuenti, irritati dall'espansione degli interventi
statali. Aumentando le tasse non si finisce, però, per scoraggiare la
necessaria ripresa dell'attività economica? È quello che sembra pensare il
governo italiano che, infatti, ha escluso l'«una tantum» proposta da
Franceschini, la «Bossi tax» e anche un intervento fiscale aggiuntivo per
finanziare la ricostruzione delle zone colpite dal terremoto. Ma nemmeno questo
effetto di freno sull'economia viene più dato per scontato: mentre l'economista
reaganiano Arthur Laffer prevede sventura (ha pubblicato di recente «The End of
Prosperity», un libro nel quale descrive come l'aumento del prelievo fiscale
segnerà la fine di un'era di prosperità durata circa mezzo secolo), Benjamin
Harris, studioso della Brookings Institution, sostiene che i ricchi potrebbero
continuare a lavorare alacremente, senza tirare i remi in barca, anche in
presenza di una tassazione più elevata. E cita, a questo proposito, l'ultimo
incremento del prelievo fiscale: quello deciso da Bill Clinton nel 1993. Allora
l'aumento delle aliquote per chi guadagnava oltre 250 mila dollari l'anno (lo
stesso intervento proposto oggi da Obama) fu seguito
non da una battuta d'arresto, ma da una crescita spettacolare dell'economia.
Quelli erano, però, tempi di straordinario sviluppo della Internet economy.
Oggi, invece, l'economia ha il piombo nelle ali: è anche per questo che, pur
avendo lasciato uscire il genio delle tasse dalla lampada, sulle due sponde
dell'Atlantico per ora l'imposta sui ricchi è più argomento di dibattito che di
decisioni immediatamente operative. In Germania serve ai socialdemocratici
della Spd, che hanno fin qui governato con la Merkel, a mettere il cancelliere
in difficoltà in vista delle elezioni politiche del prossimo settembre. E lo
stesso Obama, che in altri campi ha bruciato le tappe,
sulle tasse mostra di volersi muovere con gradualità. Anche perché il Congresso
è tutt'altro che entusiasta della manovra sulle aliquote ed è addirittura
ostile a una riduzione delle detrazioni oggi generosamente concesse ai ricchi
che destinano parte del loro reddito a iniziative di beneficenza. Fiscalità Il
presidente Usa Barack Obama vuole alzare le aliquote
sui redditi più alti Massimo Gaggi
( da "Corriere della Sera"
del 21-04-2009)
Argomenti: Obama
Corriere della Sera
sezione: Primo Piano data: 21/04/2009 - pag: 6 Banche, Wall Street ha ancora
paura I conti di Bank of America affondano le Borse. Il caso del blog con i
risultati degli stress test Il «New York Times»: i consiglieri
di Obama vogliono convertire in azioni ordinarie i prestiti agli istituti
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE WASHINGTON A Wall Street e in Europa torna la paura.
L'impressione di un eccesso di ottimismo sui bilanci delle banche americane e
la notizia che il Tesoro Usa si preparerebbe a entrare in forza nei pacchetti
azionari di alcune di loro hanno prodotto un lunedì di sconforto, che ha
visto i principali indici in forte ribasso, con il Dow Jones sotto del 3,56% le
piazze europee ancora più depresse (Milano -4,21%, Francoforte -4,07%), capaci
di bruciare ben 133 miliardi di euro in una sola giornata. A creare ulteriore
confusione, ha contribuito l'annuncio di un blog, il Turner Radio Network,
secondo cui i primi risultati dello stress test, la verifica dello stato di
salute delle 19 principali banche condotta dal Tesoro, darebbero 16 di queste
come tecnicamente insolvibili. Non era vero, come ha subito spiegato il
ministero in una robusta smentita. Ma l'equivoco del nome, che ha fatto
erroneamente collegare il blog all'ex patron della Cnn Ted Turner, ha per
qualche ora amplificato l'andamento negativo del mercato. Il blog sarebbe collegato
alla galassia razzista della supremazia bianca. Ma il vero paradosso è che le
preoccupazioni più grandi siano state innescate dal rapporto trimestrale di
Bank of America, che ha segnalato profitti superiori alle aspettative. Allo
stesso tempo, però, l'istituto ha messo da parte 13,4 miliardi di dollari per
coprire eventuali perdite del debito in crescita. Un segnale preciso, per gli
investitori, che la brusca impennata nei guadagni possa in realtà nascondere
problemi più grandi con i titoli tossici. Oltre a Bank of America, scivolata
del 16%, la corsa a vendere ha coinvolto anche Citigroup (-19,4%) e JpMorgan,
sotto del 4.5%. Il resto lo ha fatto lo scoop del New York Times, secondo il
quale lo staff economico del presidente Obama progetta
di convertire quanto prima in azioni ordinarie i prestiti alle 19 banche
principali, concessi sui fondi del piano di salvataggio da 700 miliardi di
dollari. La mossa consentirebbe al governo di evitare una nuova richiesta di
fondi al Congresso, risparmiandogli una battaglia politica rischiosa e
dall'esito incerto, poiché una semplice manovra contabile accrescerebbe la
dotazione di capitale degli istituti, dando loro più grandi margini di manovra.
Ma il rovescio della medaglia sarebbe di esporre nuovamente la Casa Bianca
all'accusa d'imporre una nazionalizzazione di fatto, con il Tesoro probabile
azionista di riferimento delle maggiori banche americane. Tanto più che ciò
comporterebbe scelte controverse sui diritti di voto nei board e anche maggiori
rischi per il contribuente. Il problema su come proseguire l'operazione di
salvataggio e riportare a regime il sistema bancario si pone perché secondo le
stime governative la dotazione del fondo è scesa quasi al livello di guardia:
come ha spiegato il New York Times, una volta onorati gli impegni di prestito
già presi, rimarranno circa 135 miliardi di dollari dai 700 iniziali. E' certo
però che le banche ne avranno bisogno di più per assorbire le perdite,
derivanti dai titoli immobiliari speculativi che le hanno trascinate sull'orlo
del fallimento. Nelle previsioni di bilancio, l'indicazione è che potrebbero
essere necessari addirittura altri 750 miliardi, per ripulire definitivamente
il mercato. Inoltre Obama ha proposto che gli Stati
Uniti eroghino 100 miliardi di dollari addizionali al Fmi. I prossimi esborsi
del Tesoro Usa verranno una volta conosciuti gli esiti dello stress test, che
servirà a stabilire quali banche siano in grado di reggersi da sole e quali
avranno ancora bisogno di nuovi sostegni pubblici. Paolo Valentino
( da "Corriere della Sera"
del 21-04-2009)
Argomenti: Obama
Corriere della Sera
sezione: Esteri data: 21/04/2009 - pag: 16 Boom di vendite Da Amazon alle
librerie Effetto Chávez per Galeano In fuga dal Cile di Pinochet, tra le foto
di famiglia e le manciate di terra del giardino, Isabel Allende infilò in
valigia due volumi: «Una vecchia edizione delle Odi di Pablo Neruda e il libro
con la copertina gialla, Le vene aperte dell'America Latina », del giornalista
uruguayano Eduardo Galeano. Da allora, è cambiata cento volte la rilegatura, è
stata aggiunto un capitolo (nel '78) e quindi una prefazione (a firma della
Allende, scrittrice e nipote di Salvador), ma nella sostanza è lo stesso testo
che sabato al Vertice delle Americhe di Trinidad e Tobago è passato dalle mani
del presidente venezuelano Hugo Chávez a quelle dello statunitense Barack Obama, in regalo. Potere mediatico del líder bolivariano,
che già aveva fatto con successo da «testimonial» a Egemonia o sopravvivenza di
Noam Chomsky, esibito durante un discorso all'Assemblea Onu: da due giorni il
volume di Galeano è in cima alle classifiche dei più venduti online da Amazon.
Il secondo nell'elenco dei bestseller in inglese (fino a sabato era alla
734esima posizione), da ieri il primo nella graduatoria dei testi in spagnolo.
E anche nelle librerie italiane (dove ha venduto 50 mila copie in poco più di
dieci anni) promette di avere una nuova stagione di popolarità. Saggio, ma
anche «romanzo di pirati », come lo definì lo stesso Galeano: le mani sul Sud
del Continente, dalla «Conquista » alla fine degli anni Sessanta, premessa ai
saccheggi più recenti. Così spiega il primo capitolo: «L'America Latina è la
regione delle vene aperte. Dalla scoperta ai nostri giorni, tutto si è
trasformato sempre in capitale europeo o, più tardi, nordamericano».
Espressione della retorica del vittimismo, per i detrattori; pietra miliare
della storia dello sfruttamento del Sud, per la sinistra mondiale. Scritto
«nelle ultime 70 notti del 1970», pubblicato nel '71, quindi bandito insieme al
suo autore dalle dittature sudamericane, il testo di Galeano arrivò in Italia
in una prima versione nel '76, edito da Einaudi con il titolo Il saccheggio
dell'America Latina. Un successo anche da noi, «libro di iniziazione» per una
generazione di giornalisti, spiega Italo Moretti, storico inviato Rai ed ex direttore
del Tg3. Poi, un po' di polvere. È Gianni Minà a recuperarlo per inaugurare nel
'97 la collana «Continente Desaparecido » di Sperling&Kupfer (finora 14
edizioni). Dalla casa editrice raccontano che le vendite si
sono mantenute buone negli anni, ma proprio ieri, (effetto Chávez, ma anche
merito di Obama, assicurano) da librerie di tutta Italia sono arrivate nuove
richieste di copie. Alessandra Coppola «Le vene aperte» Da Chávez a Obama
( da "Corriere della Sera"
del 21-04-2009)
Argomenti: Obama
Corriere della Sera
sezione: Esteri data: 21/04/2009 - pag: 16 Nuovo audio del vice di Bin Laden
Zawahiri: per noi musulmani con Obama non cambia
niente WASHINGTON La politica del dialogo lanciata da Barack Obama allarma davvero i qaedisti. E loro, preoccupati, invitano i
musulmani a tenere gli occhi aperti su quello che ritengono «un imbroglio». E'
di nuovo Ayman Al Zawahiri, il «commentatore» di Al Qaeda, a richiamare
all'ordine con l'ennesimo audio su Internet. L'estremista egiziano,
ripetendo precedenti interventi sul tema, avverte: «Con Obama
non è cambiato nulla, l'America continua a uccidere i musulmani». E, dopo aver
essersi preso il merito della sconfitta di Bush, spazia su tutti fronti della
Jihad. A cominciare dallo scacchiere asiatico. Gli americani e i pachistani «si
illudono», aggiunge, se pensano di venire a patti con i militanti delle aree
tribali. A suo giudizio i negoziati saranno resi vani dall'azione degli
estremisti: «Non è finita e non finirà». Per Al Zawahiri non darà frutti
neppure l'aumento di truppe americane in Afghanistan: «E' come aggiungere
benzina ad un fuoco che sta già ardendo». Ossia provocherà una reazione ancora
più forte. Poi il richiamo ai palestinesi, altra fissazione dei qaedisti alla
disperata ricerca di consensi. «Non cedete alle pressioni esorta l'egiziano .
Non riconoscete Israele. Se c'è una situazione difficile in un posto (la
Palestina, ndr) ve sono altri dove è più facile. I nostri nemici, i crociati e
gli ebrei, sono sparsi ovunque». Parole che costituiscono un invito a colpire
oltre l'orizzonte palestinese. Infine l'Iran. Al Zawahiri ammonisce l'amministrazione
statunitense a non puntare sul dialogo con Teheran per pacificare Afghanistan e
Iraq: «Più coopererete con l'Iran e più odio riceverete da parte dei
musulmani». E' evidente come il monologo dell'estremista egiziano tradisca un
crescente nervosismo. Da mesi, ormai, i terroristi battono su due tasti: «non
cambia nulla» e «non fatevi ingannare». Come era stato ampiamente previsto,
l'arrivo di Obama alla Casa Bianca ha sparigliato le
carte e le sue iniziative in Medio Oriente, in America Latina hanno messo in
difficoltà la propaganda qaedista. I seguaci di Bin Laden hanno percepito la
reazione favorevole delle piazze e dei leader all'approccio americano. E anche
se siamo ai primi timidi contatti non è certo nata una love story tra i nemici
percepiscono il nuovo clima come una minaccia. Non sarebbe una sorpresa se i
qaedisti provassero a turbarlo con uno dei loro attacchi, sempre che ne abbiano
la forza e le possibilità. Montaggio La copertina del montaggio di immagini che
accompagna l'ultimo audio di Zawahiri Guido Olimpio
( da "Stampa, La" del
21-04-2009)
Argomenti: Obama
AL-ZAWAHIRI A SEI
ANNI DALL'INVASIONE DELL'IRAQ «Bush mentiva sulla sua vittoria, e gli elettori
l'hanno punito» Obama non cambia l'immagine degli Usa
agli occhi dei musulmani. È sempre l'America che ruba le loro ricchezze e
occupa le loro terre ,,Un nuovo video del numero due di Al Qaeda, Ayman
al-Zawahir (nella foto), rivolto al pubblico arabo e non sottotitolato in
inglese, è stato diffuso su Internet. Contiene nuove accuse
agli Usa e ascrive a proprio merito la vittoria di Obama, « il
riconoscimento da parte del popolo americano del fallimento della politica di
Bush, la conferma che gli americani mentivano quando sostenevano di aver vinto
sui mujaheddin. Obama ha sfruttato la sconfitta in Iraq per vincere le elezioni».
''
( da "Stampa, La" del
21-04-2009)
Argomenti: Obama
GLI AGENTI
PROTESTANO PER LA PUBBLICAZIONE DEI MEMO SULLE TECNICHE DI TORTURA Il generale
Hayden «Si è messa in difficoltà un'Agenzia in guerra per difendere i
cittadini» Chi negli interrogatori adoperò i sistemi ora vietati teme
un'indagine federale Cia in rivolta, arriva Obama [FIRMA]MAURIZIO MOLINARI CORRISPONDENTE DA NEWYORK La
pubblicazione dei memo della Cia causa scompiglio fra gli 007 e Barack Obama arriva nel quartier generale di Langley per scongiurare una
mezza rivolta nella «war room» che coordina le operazioni contro Al Qaeda,
assicurando gli agenti: «Proteggerò le vostre identità e attività». La
scelta di rendere note le tecniche di interrogatorio dei detenuti di Al Qaeda
era stata a lungo dibattuta nell'amministrazione sin dall'indomani dell'insediamento
del nuovo presidente e quando la Casa Bianca ha dato luce verde sono stati
numerosi gli agenti che hanno fatto conoscere il proprio disappunto al nuovo
capo della Cia, Leon Panetta. Poiché gli 007 per definizione non rilasciano
dichiarazioni per conoscere i contenuti delle loro rimostranze bisogna leggere
il ben informato blog di Jim Geraghty sul sito conservatore National Review
Online, dove le riassume in due punti. Primo: la possibilità che un qualsiasi
procuratore distrettuale inizi un'indagine contro gli agenti che applicarono le
tecniche di interrogatorio equiparate alla tortura dall'amministrazione Obama. Secondo: l'eventualità che il Congresso possa varare
una legge per istituire una «Commissione verità», sul modello di quella che
operò in Sud Africa dopo l'apartheid, destinata a far trapelare le identità
degli agenti in questione. Le assicurazioni finora date da Obama
a Panetta sulla decisione di «non perseguire i responsabili perché quando
eseguirono queste tecniche erano nella legalità» non hanno rassicurato gli
agenti che si sentono ora in condizione di rischio fino al punto da far sapere
proprio a Panetta di auspicare un impegno di Obama a
garantirgli il perdono qualora la giustizia iniziasse a perseguirli per «atti
di tortura». Il fatto che la commissione Intelligence del Senato abbia iniziato
un'inchiesta a porte chiuse sull'operato della Cia negli anni di George W. Bush
ha rafforzato tali preoccupazioni. A dar voce alla rabbia che cova nei corridoi
di Langley è Michael Hayden, il generale che ha guidato la Cia negli ultimi
anni dell'amministrazione Bush, secondo il quale «le rivelazioni fatte sono
solo le prime, ve ne saranno altro, vi saranno commissioni di inchiesta e vi
saranno indagini» con il risultato di «mettere in difficoltà un'Agenzia che si
trova a condurre una guerra, in prima linea, per difendere la sicurezza dei
cittadini americani». Il generale Hayden ha guidato in prima personale tali
operazioni «di guerra» fino a pochi mesi fa e affida ai teleschermi di Fox
un'aperta condanna per le scelte di Obama: «Credo che
far conoscere ai nostri nemici quali sono i nostri limiti e rinunciare alle
tecniche di interrogatorio rende assai più difficile agli agenti della Cia
difendere la nazione, in molteplici circostanze». Prima di Hayden era stato
l'ex vicepresidente Dick Cheney, due settimane fa, a sfruttare un'intervista
alla Cnn per difendere la «legalità» dell'interrogatorio con il «waterboarding»
- l'annegamento simulato - accusando Obama di «aver
reso meno sicura l'America» rinunciando ad applicarlo. E ora Hayden ribadisce
la tesi di Cheney sostenendo fra l'altro che «queste tecniche hanno davvero
funzionato rendendo l'America più sicura e scongiurando nuovi attacchi
terroristici». E' per rispondere a tali obiezioni e proteste, come per
disinnescare lo scontento fra gli agenti della sezione «operazioni
clandestine», che Obama sceglie di arrivare a Langley,
in Virginia, incontra una cinquantina di agenti speciali a porte chiuse e poi
parla ai dipendenti per rassicurarli. «Mi rendo conto che gli ultimi giorni
sono stati difficili» dice, assicurando che «proteggerò la vostra identità e le
vostre attività con la stessa determinazione con cui voi proteggete l'America».
E poi ribadisce i motivi della declassificazione dei memo: «C'è chi può pensare
che rispettare la Costituzione significa combattere contro Al Qaeda con una
mano legata dietro la schiena, oppure essere ingenui, ma ciò che rende speciale
l'America è la forza dei nostri valori e l'importanza di difenderli anche
quando è più difficile farlo, è per questo che prevarremo contro i terroristi».
( da "Corriere della Sera"
del 21-04-2009)
Argomenti: Obama
Corriere della Sera
sezione: Economia data: 21/04/2009 - pag: