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Report "Obama"  7-11 maggio 2009


Indice degli articoli

Sezione principale: Obama

Patto Obama-Zardari "Estirperemo Al Qaeda" ( da "Stampa, La" del 07-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Obama-Zardari "Estirperemo Al Qaeda" Vertice a tre: al via la ricostruzione civile e più aiuti MAURIZIO MOLINARI Le truppe Usa passeranno da 30 a 60 mila, ma si prevede un aumento delle perdite CORRISPONDENTE DA NEW YORK L'impegno del Pakistan a «estirpare il cancro dei taleban» è il risultato con cui il presidente Barack Obama ha concluso la prima giornata del summit trilaterale

Si complica il puzzle di Sergio, dai tedeschi un primo sì a Magna ( da "Stampa, La" del 07-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: spera anche nella benedizione di Obama, la seconda dopo quella del matrimonio Chrysler. Con l'investitura di azienda e governo il ceo del Lingotto tornerebbe in Europa più forte di prima per convincere gli scettici che quella di Fiat è l'unica strada percorribile. In questo senso potrebbe essere importante l'aiuto nel negoziato tra Gm e il sindacato Uaw che con il manager italo-

Marchionne al volante di Chrysler ( da "Stampa, La" del 07-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Obama è di far uscire Chrysler dal Chapter 11 entro la scadenza dei 30-60 giorni. Quello di Marchionne, fiducioso del rispetto delle scadenze, è di prendere in mano quanto prima le redini della Nuova Chrysler, più snella e alleggerita del debito della precedente, per portare a compimento l'alleanza col Lingotto e proseguire la campagna di alleanze con Gm Europe e Gm America Latina.

"Il mio Romeo è nero e balla l'hip hop" ( da "Stampa, La" del 07-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Semplicemente Cannito ha pensato che nell'era di Obama un Romeo nero poteva benissimo starci e accentuare così il contrasto fra Capuleti e Montecchi. Ma l'ambientazione è tradizionale, la musica quella di Prokofiev, la coreografia molto classica. Ricorda Nureyev: superata la difficoltà dei passi, bisogna lasciarsi andare al ruolo».

Raid Usa, strage di civili in Afghanistan Obama: "Non deve accadere mai più" ( da "Repubblica.it" del 07-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Così si è espresso Barack Obama al termine dell'incontro alla Casa Bianca con i presidenti afghano Hamid Karzai (che ha commentato quanto accaduto parlando di "un massacro ingiustificato e inaccettabile") e pakistano Asif Ali Zardari. Obama ha confermato l'impegno degli Stati Uniti e ha ribadito la necessità di più truppe e risorse nella regione (

obama: "la mia ricetta contro la crisi" ( da "Repubblica, La" del 07-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: istruzione La Borsa Parla il presidente americano Obama: "La mia ricetta contro la crisi" SEGUE A PAGINA 37 Un´economia sana deve avere un´ampia gamma di lavori, nessun impiego dovrebbe scomparire La grande sfida è nell´istruzione: voglio vedere più lauree in scienza e ingegneria I mercati rimarranno una parte significativa della nostra economia ma non saranno più la metà dell´

raid americani in afghanistan strage di donne e bambini: 100 morti - giampaolo cadalanu ( da "Repubblica, La" del 07-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: argomento discuterà oggi con Barack Obama. Con la Clinton c´era anche il pachistano Asif Ali Zardari: anche Islamabad è impegnata in una campagna militare contro i Taliban: ieri le truppe pachistane hanno ucciso 30 militanti, ma gli scontri nella zona di confine continuano. L´attenzione però resta sulla zona della strage: stando al colonnello Toscani,

"ma io, erede dei bhutto, vi avverto a islamabad il governo è corrotto" - francesca caferri ( da "Repubblica, La" del 07-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: vi avverto a Islamabad il governo è corrotto" Obama deve scegliere fra la democrazia reale e la corruzione. Finché darà soldi a Zardari, i partiti laici non potranno crescere FRANCESCA CAFERRI Dire quello che pensa non l´ha mai spaventata. Lo ha fatto quando sua zia, Benazir Bhutto, era all´apice del potere.

usa, karzai e zardari a rapporto "uniti nella lotta al terrorismo" - alberto flores d'arcais ( da "Repubblica, La" del 07-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Obama ha preso di petto quello che alla Casa Bianca viene chiamato l´«Afpak», insieme all´Iran il grande problema di politica internazionale che turba i sonni del Pentagono e della diplomazia Usa. Un incontro che (almeno a parole) sembra aver soddisfatto tutti: la Casa Bianca, che aveva più volte richiamato i due preziosi alleati ad un maggiore impegno nella lotta contro i Taliban

immagini da un mondo malato di povertà - francesca giuliani ( da "Repubblica, La" del 07-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: come la foto dei coniugi Obama, fianco a fianco durante la campagna elettorale FRANCESCA GIULIANI Si aprono gli occhi su un nuovo tipo di guerra, quest´anno, osservando le immagini del World Press Photo, probabilmente il più importante premio di fotogiornalismo al mondo, giunto alla 52 esima edizione e in mostra da domani al Museo di Roma in Trastevere.

"tibet e nucleare, le mie battaglie di oggi" - massimo pisa ( da "Repubblica, La" del 07-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Parlavamo di amore: è stato alla base della campagna di Obama, l´ha chiamato speranza». Quant´è cambiata l´America dall´evo di Bush? «Enormemente. L´eredità era pesante, non solo per errori di Bush: crisi e deregulation nascono con Clinton. Obama è un uomo intelligente, curioso, che ha eccelso finora in tutto.

felipe pronto a tornare ma senza chiedere scusa - benedetto ferrara ( da "Repubblica, La" del 07-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Sarebbe come incontrare Obama e non fargli una domanda sulla recessione economica. Ma questo Felipe Melo lo sa bene. E anche la società, che gli ha dato una mano a recuperare due delle cinque giornate di squalifica con un ricorso e affidando poi alla creatività individuale autorevoli (e anche meno autorevoli) commenti mediatici.

obama svolta in oriente una stagione di novità ( da "Repubblica, La" del 07-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Pagina XVIII - Genova Il dibattito Palazzo Rosso Obama svolta in Oriente Una stagione di novità Debutta Arte e Aperitivo C´è più gusto nel museo

massacri a gaza, l'onu accusa israele peres: "rapporto fazioso e inaccettabile" - vincenzo nigro ( da "Repubblica, La" del 07-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: amministrazione Obama, che ha suggerito anche ai suoi partner arabi più moderati e influenti (Egitto e Arabia Saudita) di mettere mano anche alla revisione del famoso "piano arabo" del 2002 che nacque su iniziativa saudita. Blair ha detto il piano del Quartetto sarà finalizzato dopo i colloqui che Obama avrà questo mese con i leader politici arabi e israeliani.

marchionne:"sarò ad della chrysler" - salvatore tropea ( da "Repubblica, La" del 07-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Obama aveva concesso un limite di 30 o al massimo 60 giorni in modo da non esporre Chrysler a rischi di deterioramento irreversibile. E puntualmente, meno di una settimana dopo è arrivata la decisione che fissa il 20 maggio come limite entro la quale far pervenire le offerte e il 27 come data per decretare il vincitore.

la carica dei ragazzi che salveranno il mondo - (segue dalla prima pagina) cinzia sasso ( da "Repubblica, La" del 07-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Quelli che negli Usa hanno fatto vincere Obama La carica dei ragazzi che salveranno il mondo Superato lo shock di essere i primi a immaginare una vita peggiore di quella dei genitori Cresciuti in piena globalizzazione sono considerati "la vera grande risorsa del Paese" (SEGUE DALLA PRIMA PAGINA) CINZIA SASSO Alessandro Rosina e Paolo Balduzzi hanno intitolato la ricerca "

- (segue dalla prima pagina) david leonhardt ( da "Repubblica, La" del 07-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: entrambi Premi Nobel e aspri critici della politica economica di Obama)». No, non mi riferivo a loro due... Ma nella sua cerchia di collaboratori più stretti predominano i protetti di Rubin. «Beh, certo, Larry Summers e Tim Geithner ovviamente hanno lavorato al Tesoro quando c´era Rubin. Quello che io cerco sempre è un pragmatismo impietoso quando si parla di politica economica.

berlusconi: "la mia popolarità sale affronto il divorzio con classe" - gianluca luzi ( da "Repubblica, La" del 07-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: bello e anche abbronzato era un complimento per Barack Obama, e lui ha capito». GIANLUCA LUZI ROMA - «Il divorzio è qualcosa di doloroso, sempre. Penso che dovrebbe essere un fatto privato, sul quale nessuno dovrebbe avere il diritto di intervenire». L´offensiva mediatica del Cavaliere non conosce soste né confini.

non essere più schiavi di wall street: è questo il punto chiave della ricetta di obama. che qui racconta speranze. e qualche dubbio - autore1 ( da "Repubblica, La" del 07-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: è questo il punto chiave della ricetta di Obama. Che qui racconta speranze. E qualche dubbio AUTORE1 david leonhardt Signor presidente, come concepisce la finanza nell´economia di domani: dovrà avere un ruolo ridotto? Avrà inevitabilmente un ruolo ridotto? «Innanzitutto penso che dovremmo distinguere tra la finanza che è linfa vitale della nostra economia e la finanza che è un´

Disastro Afghanistan nuova strage di civili ( da "Stampa, La" del 07-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Non decolla la strategia decisa da Obama Disastro Afghanistan nuova strage di civili Raid Usa, massacro di bambini L'Afghanistan si conferma il nodo più infuocato e difficile per l'amministrazione Obama. L'ultima spina è l'ennesima strage di civili. Nei raid aerei statunitensi nella provincia di Farah, nell'Ovest del Paese, hanno perso la vita numerosi civili,

Strage di civili in Afghanistan ( da "Corriere della Sera" del 07-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Choc per Obama, scuse dalla Casa Bianca Nel giorno del vertice con i presidenti pachistano Zardari e afghano Karzai, Casa Bianca sotto choc per una strage di civili in Afghanistan: oltre 100 morti per i raid aerei. ALLE PAGINE 2E3 L. Cremonesi Valentino, Zecchinelli

Strage in Afghanistan, le scuse dell'America ( da "Corriere della Sera" del 07-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: davanti a Barack Obama), Pakistan e Afghanistan, o meglio le loro popolazioni pashtun, stanno vivendo un incubo comune. Ma è la strage afghana compiuta dai soldati Usa a causare più sdegno nel mondo, più imbarazzo a Washington, più problemi politici proprio adesso che Obama vuole raddoppiare entro settembre i suoi uomini nel Paese (fino a 68 mila)

Gli Usa studiano il per sostituire i scomodi ( da "Corriere della Sera" del 07-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: scomodi di GUIDO OLIMPIO WASHINGTON Barack Obama, durante la campagna elettorale, aveva promesso che il focus della sua politica estera sarebbe stato il conflitto afghano-pachistano, l'Af-Pak. Una centralità motivata dalla duplice necessità di garantire un minimo di stabilità in un'area diventata negli ultimi mesi esplosiva e di impedire la preparazione di un nuovo 11 Settembre.

Obama: lo scopo comune è sconfiggere Al Qaeda ( da "Corriere della Sera" del 07-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: 3 Diplomazia La Casa Bianca alza la pressione sugli alleati Obama: lo scopo comune è sconfiggere Al Qaeda Summit con i presidenti afghano e pachistano DAL NOSTRO CORRISPONDENTE WASHINGTON Rischiava di rovinare l'esercizio diplomatico dell'amministrazione Obama, l'errore di un bombardamento che ha ucciso decine di civili afghani.

( da "Corriere della Sera" del 07-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: ombra dei colloqui a Washington tra il presidente Asif Zardari e Barack Obama. Anche ai tempi di Musharraf abbiamo più volte sentito annunci di importanti operazioni militari contro i talebani. Salvo poi scoprire che erano ben poca cosa. Perché con Zardari dovrebbe essere diverso? «La differenza è che oggi l'opinione pubblica pachistana è sinceramente ostile ai talebani.

Berlusconi: sondaggi in salita, ho classe ( da "Corriere della Sera" del 07-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: E su Obama: definirlo abbronzato «è stato un complimento». Poi la risposta su Noemi: «È venuta a trovarmi tre o quattro volte, mi dicono. Io ne ricordo tre. È venuta sempre con sua madre o suo padre, che fa parte del mio partito ». C'è infine un altro elemento che sembra rassicurare il Cavaliere: dopo un incontro ieri tra Gianni Letta ed esponenti di spicco di Oltretevere,

Roxana interrompe il digiuno di protesta Martedì l'appello ( da "Corriere della Sera" del 07-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Il caso di Roxana è visto da molti esperti come la risposta degli ultraconservatori in Iran all'offerta di dialogo di Obama. Reza, iraniano, 68 anni, insegnante e traduttore negli Stati Uniti, lo vede da padre. Ciò che sa è che la figlia è rinchiusa dal 31 gennaio a Evin, dove molti iraniani (inclusi giornalisti) sono stati torturati e uccisi. «Ciò che conta per noi è liberarla».

( da "Corriere della Sera" del 07-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: amministrazione Obama nei confronti della proposta Fiat per Chrysler». Anche lei dà per scontato un consolidamento del settore? «Sì, soprattutto in Europa. Penso che da qui al 2010 vedremo almeno un paio di grandi fusioni. Se andasse in porto l'operazione Fiat-Opel, questo metterebbe una forte pressione su Peugeot e Renault.

Marchionne al vertice della Chrysler ( da "Corriere della Sera" del 07-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: così li aveva definiti Barack Obama) che avevano vanificato l'accordo raggiunto con le grandi banche e con il grosso di chi aveva concesso prestiti a Chrysler. Ascolta i legali del gruppo. E conclude che i creditori non hanno alcuna ragione di opporsi alla vendita. Il piano presentato da Chrysler è «equo», decreta il magistrato.

Bank of America cerca fondi Ma Wall Street sale ancora ( da "Corriere della Sera" del 07-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: ma darà comunque a Obama la possibilità di attuare una promessa fatta ai contribuenti: quella di rimpiazzare i manager delle banche che hanno fatto maggiormente ricorso alle casse federali. Un ulteriore passo quindi verso l'uscita di scena di Ken Lewis: il capo di Bank of America, già in rotta con la Fed (ha accusato il suo capo,

Obama: "Così ripartirà l'America mai più schiavi di Wall Street" ( da "Repubblica.it" del 07-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: entrambi Premi Nobel e aspri critici della politica economica di Obama)". No, non mi riferivo a loro due... Ma nella sua cerchia di collaboratori più stretti predominano i protetti di Rubin. "Beh, certo, Larry Summers e Tim Geithner ovviamente hanno lavorato al Tesoro quando c'era Rubin. Quello che io cerco sempre è un pragmatismo impietoso quando si parla di politica economica.

"Niente proselitismo in Afghanistan" I taleban minacciano il Papa sul Web ( da "Stampaweb, La" del 07-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: arrivo dei 21 mila soldati che, per ordine del presidente Barack Obama, andranno a rafforzare il contingente Usa. La strategia in Afghanistan e Pakistan è stata ieri al centro dei colloqui di Washington tra Obama e i colleghi di Kabul e Islamabad, Hamid Karzai e Asif Ali Zardari. E la questione sarà al centro dell?

Pakistan, raid aerei contro i taleban ( da "Stampaweb, La" del 07-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: indomani del vertice di Washington tra il presidente Usa Barack Obama e i presidenti di Afghanistan e Pakistan, Hamid Karzai e Asif Ali Zardari, l?esercito di Islamabad ha intensificato l?offensiva a Swat e a Buner, nella Provincia della Frontiera del Nord Ovest, per tentare di strappare il controllo di queste aree ai fondamentalisti.

L'Oklahoma minaccia la secessione: spunta la risoluzione sulla sovranità ( da "Stampaweb, La" del 07-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: il presidente degli Stati Uniti Barack Obama potrà vedere arrivare presto sulla sua scrivania una legge che riconoscerà la sovranità allo stato americano e che di fatto dirà a Washington di conformarsi ai poteri federali e di non andare oltre a interferire negli stati. L?ultimo vento di "secessione" soffia questa volta, per l?

Bibbie in pashtu alla base Usa "Siamo cacciatori di anime" ( da "Stampa, La" del 08-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Non si sa quando è successo, ma con i taleban che minacciano il Papa, Karzai a colloquio con Obama, il rogo del Bibbie in persiano e pashtu era il prezzo da pagare, anche in un paese dove i tre quarti degli abitanti, e nove donne su dieci, non sono in grado di leggere, nemmeno il Corano.

Dieci intellettuali illustrano i recenti cambiamenti e raccontano le loro personali visioni del futuro ( da "Stampa, La" del 08-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: mentre Obama promuove le energie pulite, l'Italia torna al nucleare: come affronteremo la crisi energetica e alimentare? Ne parlano Carlo Petrini e il chimico Vincenzo Balzani. Grazie ai progressi della medicina vivremo fino a cent'anni: cosa faremo del nostro tempo?

PROGRAMMA SALE CONVEGNI ORE 12 SALA GIALLA - "Non sperate di liberarvi dei libri" Conversazione d... ( da "Stampa, La" del 08-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Caro Obama, ti è già venuta qualche buona idea? Le lettere dei bambini al presidente degli Stati Uniti. Incontro con Manuela Salvi, a cura di Mondadori e Fiera del Libro ORE 10,30 LABORATORIO SCIENZA. DA 16 ANNI - Playdecide, a cura di ESOF2010- Intorno a un tavolo per comprendere, discutere, decidere sui temi più controversi:

Pioggia di bombe sui taleban ( da "Stampa, La" del 08-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: SWAT Pioggia di bombe sui taleban Obama ha chiamato anche il premier cinese Hu e il ministro degli esteri russo Lavrov Ottanta guerriglieri uccisi nei raid aerei Islamabad: elimineremo tutti gli estremisti [FIRMA]MAURIZIO MOLINARI CORRISPONDENTE DA NEW YORK Il leader pakistano Zardari mantiene la promessa fatta alla Casa Bianca e l'aviazione pakistana martella le basi dei taleban,

Scuola, la Regione decide: "Si insegni più matematica" ( da "Stampa, La" del 08-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Barak Obama, è deciso a puntare molte delle carte della nuova economia «post-bolla» su matematica e ingegneria. Secondo l'Ires, che ha elaborato i dati Ocse, i punti da cui partire sono due. Il primo: dai risultati medi in scienze dell'indagine PISA 2006 emerge come il Piemonte si trovi al di sopra della media OCSE e delle regioni del Sud Italia.

basta fallimenti parola di ministro - timothy geithner ( da "Repubblica, La" del 08-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: intervento Basta fallimenti parola di ministro TIMOTHY GEITHNER I risultati diffusi ieri rappresentano un accertamento senza precedenti sulla posizione delle maggiori banche Usa dal punto di vista del capitale. Si tratta di un risultato di primo piano nell´ambito del programma varato dal presidente Obama. SEGUE A PAGINA 25

Armi e welfare, arrivano i tagli ( da "Stampa, La" del 08-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: FRANCESCO SEMPRINI NEW YORK Barack Obama annuncia tagli sulla finanziaria 2010 per 17 miliardi di dollari mentre la Federal Reserve concede un mese alle banche che non hanno superato gli «stress test» per presentare un piano di rafforzamento. Ridurre la spese «non sarà facile ma necessario», spiega il presidente illustrando i ritocchi.

Oklahoma contro Obama "Meno tasse o addio Usa" ( da "Stampa, La" del 08-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: ISTITUZIONI IN PERICOLO Oklahoma contro Obama "Meno tasse o addio Usa" "Viviamo di petrolio, tutta questa ecologia ci rovina" MAURIZIO MOLINARI Il caso legale può arrivare fino alla Corte Suprema e minare l'Unione federale CORRISPONDENTE DA NEW YORK L'Oklahoma sfida la Casa Bianca rivendicando la propria «sovranità» contro tasse federali considerate «in violazione della Costituzione»

a cosa serve l'opposizione - nadia urbinati ( da "Repubblica, La" del 08-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Negli Stati Uniti, la vittoria di Obama e del Partito democratico è stata accompagnata da un crollo senza precedenti del Partito repubblicano, il quale nonostante la radicalizzazione del linguaggio reazionario di alcuni suoi leader non riesce a riconquistare credibilità presso il suo proprio elettorato;

Il libro segreto che il leader Pd presenterà alla Fiera di Torino ( da "Stampa, La" del 08-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: quel Barack Obama che adesso seduce anche il leader italiano. Il quale ha apprezzato molto soprattutto una cosa, «nel pacchetto di Obama ci sono gli incentivi alla ricerca sulle cellule staminali ed embrionali che riporteranno l'America alla guida della ricerca biomedica, e una buona parte del pacchetto è costituito da incentivi per le nuove tecnologie in campo ambientale»

ma è possibile fare pipì in piazza san luigi? - cesare de seta ( da "Repubblica, La" del 08-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: al governo di Barack Obama. Scelta difficile e imbarazzante che non muta lo stato di fatto: la nostra bella Napoli è l´unica grande città nel nostro Paese a essere considerata un´area metropolitana in cui si adottano misure da zone di guerra. Così stanno le cose e così stando le cose si fa fatica a credere che il problema più importante sia quello di dotare la città di vespasiani,

frattini incontra la clinton gilani: eliminare i terroristi - vincenzo nigro ( da "Repubblica, La" del 08-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: A Washington Barack Obama ha convocato il presidente pachistano Zardari assieme a quello afgano Karzai: a Islamabad è rimasto il primo ministro Gilani, che ieri sera ha fatto un drammatico annuncio in tv. «Ho dato ordine all´esercito di eliminare i militanti e i terroristi per restaurare l´onore e la dignità del nostro Paese e per proteggere il nostro popolo»

sciatti, ipocriti e di sinistra gli usa alla crociata dei jeans - (segue dalla prima pagina) vittorio zucconi ( da "Repubblica, La" del 08-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: a sangue dalla presidenza Obama. Questo residuato della ribellione giovanilista, questa bandiera dei Marlon Brando, dei James Dean, dei rivoluzionari senza una causa che persino Elvis Presley non voleva indossare perché, da uomo del sud, lo vedeva come un simbolo di miseria, oggi veste miliardari come Bill Gates e Steve Jobs e tutti i baroni delle stock options a Silicon Valley,

l'independent ha scoperto quanto ha speso il governo inglese per le cene di gala di presidenti e accompagnatori gordon brown ha stanziato mezzo milione di sterline. tra piatti prel ( da "Repubblica, La" del 08-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: gli ospiti per la serata di gala a Downing street, tra i quali Barack Obama, la first lady Michelle e il premier italiano Silvio Berlusconi, hanno mangiato salmone scozzese, seguito da spalla di agnello del Galles, cucinati per l´occasione da Jamie Oliver, uno dei "celebrity chef" più famosi d´Inghilterra. Niente "caviale e champagne", insomma.

il nuovo ruolo della famiglia agnelli - (segue dalla prima pagina) ( da "Repubblica, La" del 08-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Parte della business community si è scagliata contro il sostegno di Obama a una soluzione considerata addirittura in odore di socialismo. In realtà, si sa che le scelte di Marchionne e l´appoggio della Casa Bianca sono il frutto di un approccio pragmatico ai guai che si sono accumulati su Detroit. Gli operai di Chrysler diventano comproprietari non per conversione al socialismo,

"sostituita l'incertezza con la trasparenza così il credito farà ripartire l'america" - (segue dalla prima pagina) ( da "Repubblica, La" del 08-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Obama ha affrontato i problemi con interventi drastici, finalizzati a risolvere la crisi immobiliare e a rimettere in moto i mercati creditizi, responsabili di circa la metà di tutti i prestiti concessi alle imprese e ai consumatori. L´Amministrazione ha altresì messo a punto un programma per creare un mercato per i legacy loans e i legacy securities (

nessuna insolvenza per le banche usa - arturo zampaglione ( da "Repubblica, La" del 08-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Avviato a febbraio nel quadro dei piani di risanamento di Barack Obama, lo "stress test" - che è il primo del genere nella storia americana - servirà anche a individuare le riforme dei regolamenti bancari, e in particolare della legge Gramm-Leach-Billey del 1999, la cui inadeguatezza è considerata una delle ragioni della tempesta finanziaria globale.

Gli stress test: alle banche Usa servono 75 miliardi ( da "Corriere della Sera" del 08-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Corriere della Sera sezione: Prima Pagina data: 08/05/2009 - pag: 1 Nell'economia GLI ESAMI DI OBAMA Gli stress test: alle banche Usa servono 75 miliardi di GIANCARLO RADICE A PAGINA 35

Papa in Terrasanta, allarme sicurezza ( da "Corriere della Sera" del 08-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: il primo leader mediorientale ricevuto da Obama, ben prima d'israeliani e palestinesi. Problema numero uno, la sicurezza. Qui come in Israele. I Fratelli musulmani si sono già fatti vivi: «Rinuncia al viaggio », «vai a benedire l'occupazione israeliana». I coloni israeliani hanno scatenato le loro radio: «Il crociato», «l'ex giovane nazista».

La guerra sarà più cara che in Iraq ( da "Corriere della Sera" del 08-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: prioritaria per Barack Obama, supererà nel 2010 il costo di quella in Iraq: per il primo conflitto gli Usa spenderanno 65 miliardi di dollari, 61 per il secondo. È quanto emerge dal budget del Pentagono per il prossimo anno fiscale che in Usa inizia in ottobre. Accanto al bilancio generale della Difesa da 533,7 miliardi di dollari,

Nella trincea del Pakistan assediata dai Taliban ( da "Repubblica.it" del 08-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: abbiano convinto i 400 milioni di dollari in aiuti militari promessi in settimana dall'amministrazione Obama. Retrovia di questa sfida e ormai assediata su tre lati dal Talibanistan pachistano, Peshawar è una città depressa e confusa. I poliziotti che devono difenderla da nemici ben equipaggiati comprano di tasca propria perfino le mostrine ("Quelle che ci danno sono ridicole").

In America crociata anti-jeans "Sciatti, ipocriti e di sinistra" ( da "Repubblica.it" del 08-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: a sangue dalla presidenza Obama. Questo residuato della ribellione giovanilista, questa bandiera dei Marlon Brando, dei James Dean, dei rivoluzionari senza una causa che persino Elvis Presley non voleva indossare perché, da uomo del sud, lo vedeva come un simbolo di miseria, oggi veste miliardari come Bill Gates e Steve Jobs e tutti i baroni delle stock options a Silicon Valley,

Inizia il viaggio papale in Terrasanta: "Sì al dialogo con Islam ed ebraismo" ( da "Stampaweb, La" del 08-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Abdullah II ha promesso al presidente americano Barack Obama, nel corso del loro recente incontro a Washington, la redazione di una nuova bozza del piano saudita. Il sovrano poi ha discusso della questione con il presidente dell?Autorità palestinese, Abu Mazen, e anche con il ministro degli esteri siriano, Walid Al Muallim.

Benedetto XVI in Giordania "Serve dialogo tra ebrei e islam" ( da "Repubblica.it" del 08-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: incontro dei leader israeliani e palestinesi con il presidente Usa Barack Obama, Papa Ratzinger ha spiegato che il contributo del suo viaggio al processo di pace agirà su tre livelli: con la preghiera che "apre a Dio e può agire nella storia e può portare alla pace"; con la "formazione delle coscienze" per evitare che siano "ostacolate da interessi particolari";

il 4 giugno dal cairo obama si rivolgerà al mondo arabo la casa bianca: "sarà un discorso importante" ( da "Repubblica, La" del 09-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Esteri Il presidente Usa visiterà l´Egitto Il 4 giugno dal Cairo Obama si rivolgerà al mondo arabo la Casa Bianca: "Sarà un discorso importante" WASHINGTON - Il prossimo 4 giugno, nel corso di una sua visita in Egitto, il presidente americano Barack Obama pronuncerà un discorso sul futuro delle relazioni fra Stati Uniti e mondo arabo.

"noi aspettiamo ancora le scuse per le gravi offese di ratisbona" - alberto stabile ( da "Repubblica, La" del 09-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Con Obama cambierà qualcosa? «Non sono ottimista. In America c´è una lobby pro israeliana molto potente e qui ci sono regimi arabi che non rispettano il popolo arabo. Se i nostri leader facessero la stessa politica della Turchia e dell´Iran avremmo più rispetto nel mondo».

Obama annuncia un discorso agli islamici ( da "Corriere della Sera" del 09-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: A nove mesi da quella promessa, il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha annunciato ieri che quel discorso lo terrà al Cairo il prossimo 4 giugno. «Non vuole essere un discorso ai leader, ma al popolo», ha confermato il portavoce Robert Gibbs, precisando che quello di Obama sarà un «major speech», un discorso importante.

Gli Usa rinnovano le sanzioni alla Siria ( da "Corriere della Sera" del 09-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: a Washington Gli Usa rinnovano le sanzioni alla Siria WASHINGTON Il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha rinnovato ieri le sanzioni contro la Siria, sospettata di sostenere i movimenti estremisti nella regione. Lo ha indicato il portavoce del Dipartimento di Stato, Robert Wood, precisando che non si tratta di nuove misure ma di un rinnovo di quelle già esistenti.

opel, decisione entro il mese berlino: "fiat cambia il piano" - paolo griseri ( da "Repubblica, La" del 09-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: I tempi li detta Obama come nel caso Chrysler, che si sta avviando ad una rapida soluzione dopo che i creditori contrari all´operazione hanno gettato la spugna di fronte al giudice, denunciando di non potere resistere alla «enorme pressione» del governo statunitense.

la carta segreta di marchionne col sudamerica 7 milioni di vetture - salvatore tropea ( da "Repubblica, La" del 09-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Quando mancano ventitre giorni al termine fissato da Barack Obama per la presentazione da parte di Gm del piano dal quale dipende un finanziamento pubblico di 30 miliardi di dollari (di poco più della metà già erogati), l´attenzione dei torinesi che trattano al di là dell´Atlantico è fortemente concentrata sull´obiettivo latino-americano che legano indissolubilmente alla vicenda Opel.

G8 degli studenti: Ieva, lituana, rappresenta l'Italia ( da "Corriere della Sera" del 09-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: economista più ascoltato dal presidente Obama, il procuratore antimafia Piero Grasso e il rettore di Palermo Roberto Lagalla. Con Ieva attentissima e stupita dall'eco di una minuta contromanifestazione: «I giovani che contestano il G8 farebbero bene ad ascoltare, a capire che il nostro futuro non possiamo costruirlo spaccando vetrine».

Usa, le nozze gay arrivano in Parlamento ( da "Corriere della Sera" del 09-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Obama. «È il più grande passo in avanti dei diritti civili del nostro tempo e il presidente non ha ancora detto nulla», nota Steve Clemons, della New American Foundation. In campagna elettorale, preoccupato di non alienarsi il voto cristiano, Obama aveva tentato la quadratura del cerchio, dicendosi favorevole al riconoscimento delle unioni di fatto e contrario a un divieto federale

Reduce dall'Iraq, il Pentagono lo licenzia per omosessualità ( da "Corriere della Sera" del 09-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Da quando Barack Obama è arrivato alla Casa Bianca, i diritti dei gay negli Usa hanno fatto passi da gigante. Solo nelle forze armate l'orgoglio omosessuale resta ancora un tabù. Choi era uscito allo scoperto in marzo, dichiarando in tv la sua omosessualità assieme ad altri 38 diplomati di West Point.

L'idea di Hogan: charity, ma in boutique ( da "Corriere della Sera" del 09-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: vertiginosa da quando Michelle Obama è alla casa bianca perché uno dei suoi stilisti preferiti, il thailandese Panighul Thakoon, è pure il design di Hogan. Così da Charlize Theron a Katie Holmes, Drew Barrymore (a proposito di dive&fashion), Halle Barry, Jennifer Garner, Catherine Heigl, Lindsay Lohan, Naomi Watts, Uma Thurman e poi Madonna e Beyonce tutte pazze per bomber e atletic.

Green Day: il nostro sogno americano è pieno di dubbi e sembra più un incubo ( da "Corriere della Sera" del 09-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Però esiste un filo di speranza nel disco e negli Usa questo filo è Obama, ma purtroppo viviamo in un momento in cui le cose vanno peggio di quando Bush se ne è andato». «Se ci chiedete se siamo una band politica dico no. C'è un sentimento di confusione e disperazione, come se avessimo scritto di una Nuova Depressione, ma c'è sempre dello humour e qualcosa di positivo»,

Washington conferma le sanzioni alla Siria ( da "Stampa, La" del 09-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: STALLO NEL DIALOGO Washington conferma le sanzioni alla Siria DAMASCO Nel nuovo corso delle relazioni internazionali lanciato da Barack Obama, la Siria resta per il momento al palo. L'amministrazione americana ha rinnovato le sanzioni che gravano sulla Siria dal 2005, quando l'assassinio a Beirut del premier libanese Rafik Hariri fecero precipitare i rapporti tra le due nazioni.

"I coreani preparano un altro test atomico" ( da "Stampa, La" del 09-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: amministrazione Obama di un'«immutata ostilità al dialogo» in risposta della quale «la scelta sarà il rafforzamento del nostro arsenale nucleare». «Lo studio delle politiche perseguite da Obama negli ultimi 100 giorni ci portano a dire che la politica ostile dell'America verso di noi non è mutata e dunque ne trarremo le conseguenze»,

MA I FALLIMENTI SONO NECESSARI ( da "Stampa, La" del 10-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Timothy Geithner e l'amministrazione di Obama stanno elaborando un nuovo piano per controllare con maggior intensità alcune istituzioni finanziarie considerate «troppo grandi per fallire». L'esistenza del fallimento rappresenta il più profondo e naturale strumento di selezione di un'economia di mercato.

L'EUROPA SPARITA ( da "Stampa, La" del 10-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: intralciando un rilancio simile a quello di Obama perché troppo severe sui deficit pubblici. Quest'ultima critica non tiene conto d'un fatto: se l'America avesse rispettato regole come le nostre, vigilando sull'indebitamento eccessivo pur di salvaguardare lo Stato sociale, una catastrofe così vasta non l'avrebbe conosciuta.

Usa, superpoteri alla Fed per sorvegliare le banche ( da "Stampa, La" del 10-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Giro di vite di Obama: così si eviteranno altri grandi crac Usa, superpoteri alla Fed per sorvegliare le banche La Federal Reserve è stata incaricata di sorvegliare le banche per scongiurare nuove devastanti crisi del sistema finanziario. La decisione è stata presa dal presidente americano, Barack Obama, e il ministro del Tesoro Timothy Geithner l'

"La fede non deve servire la violenza" ( da "Stampa, La" del 10-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Re Abdullah a Washington ha appena promesso a Obama una nuova bozza del piano saudita, portando in dote la disponibilità di Abu Mazen e della Siria. La decisione di entrare nel difficile scenario del Medio Oriente dalla porta della Giordania, fermandosi per tre giorni dove nel 2000 Giovanni Paolo II restò solo qualche ora, vuole valorizzare la comunità cristiana locale,

Il presidente Usa Il 7 aprile scorso, a Istanbul, al termine del suo primo viaggio presidenziale ... ( da "Stampa, La" del 10-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Il presidente Usa Il 7 aprile scorso, a Istanbul, al termine del suo primo viaggio presidenziale in Europa, Barack Obama ha visitato la Moschea Blu. Accompagnato dal presidente turco Erdogan e dal Gran Mufti è entrato nell'edificio religioso solo dopo essersi tolto le scarpe.

Obama promette: "In Egitto un nuovo passo verso l'Islam" ( da "Stampa, La" del 10-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Obama promette: "In Egitto un nuovo passo verso l'Islam" [FIRMA]MAURIZIO MOLINARI CORRISPONDENTE DA NEW YORK Barack Obama sceglie l'Egitto per compiere un «nuovo passo verso l'Islam» ma dal Cairo i Fratelli musulmani lo accusano di preparare «un inganno per dividere la nazione araba».

Nuova udienza per la giornalista ( da "Stampa, La" del 10-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: ha spiegato che non è chiaro quando sarà pronunciata la sentenza ma si è detto «ottimista» sull'assoluzione della sua assistita, che solo lunedì scorso ha interrotto uno sciopero della fame di protesta contro la condanna. A favore di Roxana si è schierata anche l'Amministrazione Obama che ha definito «infondate» le accuse e ne ha chiesto il rilascio.

ipotesi g8 l'hotel del duce per obama ( da "Repubblica, La" del 10-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Pagina 1 - Prima Pagina CAPORALE E REGGIO ALLE PAGINE 14 E 15 Delegazione Usa in visita all´Aquila la decisione tra una settimana Ipotesi G8 l´hotel del Duce per Obama SEGUE A PAGINA 14

opel, prime aperture tedesche a fiat - paolo griseri ( da "Repubblica, La" del 10-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: per guadagnare tempo oltre la data limite del 31 maggio indicata da Obama per risolvere il caso Gm (di cui Opel è la succursale europea). L´ipotesi prevede l´istituzione di «un amministratore fiduciario che protegga creditori e debitori» e che, con l´aiuto delle banche, «consenta di tutelare la Opel mentre si cerca una soluzione».

Europee, richiamo del Colle: basta liti ( da "Corriere della Sera" del 10-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: festa dell'Europa» di Obama che seleziona personale via internet, della fuga dei cervelli, della meritocrazia che in «questo Paese manca». Risponde il presidente: «In Italia tutti devono essere messi alla pari e fuori dal ciclo infernale delle raccomandazioni, delle clientele, delle implorazioni, di cui ci dobbiamo liberare».

( da "Corriere della Sera" del 10-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Obama ha appena annunciato che farà un importante discorso al mondo islamico dall'Egitto. Perché questa scelta? «La politica di Obama verso il mondo musulmano si fonda su tre grandi centri d'azione: Afghanistan-Pakistan, Golfo Persico e poi conflitto araboisraeliano e Medio Oriente.

Iran, Roxana in tribunale per l'appello>( da "Corriere della Sera" del 10-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: è Obama a Washington. «E' stata accusata di spionaggio subito dopo che Obama offrì agli iraniani un 'nuovo inizio' - dice il filosofo - . Khamenei e Ahmadinejad per ora frenano sul dialogo. Continuano la partita di poker condotta con Bush perché credono di avere ottime carte in mano: Hamas, Hezbollah, gli sciiti in Iraq.

Carte di credito Obama spinge sulla riforma ( da "Corriere della Sera" del 10-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: progetto Carte di credito Obama spinge sulla riforma WASHINGTON La Federal Reserve sarà il gendarme delle più grandi banche e istituzioni finanziarie americane. Li sottoporrà a un controllo quasi quotidiano per evitare il bis dello scorso autunno. Lo ha detto Timothy Geithner, il ministro del Tesoro, sottolineando che banche, hedge fund e assicurazioni hanno bisogno di trasparenza.

respingere gli immigrati? galli tace - massimo vanni ( da "Repubblica, La" del 10-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Vorrei ricordare che Obama ha vinto non offuscando ma sottolineando i valori dei Democratici americani», dice Spini dopo aver trascorso la mattinata al cinema Odeon, dove a ricordare la scomparsa di Andrea Frazzi, uno dei registi del «Don Milani» televisivo, è arrivato anche l´attore Sergio Castellitto.

Muro virtuale e pattuglie indiane Così gli Usa difendono la frontiera ( da "Corriere della Sera" del 10-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Il piano Obama rappresenta un'alternativa parziale al controverso muro fisico ma, di fatto, prosegue il programma ideato dall'Amministrazione Bush per contenere l'immigrazione clandestina. Una risposta resa più urgente dalla minaccia dei narcotrafficanti messicani molto attivi in oltre 200 città statunitensi.

Obama sceglie Margaret, guardiana del ( da "Corriere della Sera" del 10-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Controllerà anche le medicine Obama sceglie Margaret, guardiana del «cibo sicuro» DAL NOSTRO INVIATO NEW YORK Nei primi anni '90 a New York stava tornando la tubercolosi. Quando Margaret Hamburg medico 35enne, nominata «ministro della Salute» della città dopo gli insuccessi dei suoi predecessori presentò il suo piano, molti la presero per matta: internamento forzato delle persone infette,

jackson browne, emozioni folk torna il poeta della west coast - felice liperi ( da "Repubblica, La" del 10-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: è stato ispirato dal trionfo di Barack Obama: probabilmente no, ma è bello pensare che un sognatore pioniere delle mobilitazioni ambientaliste abbia combattuto per questo obiettivo. In fondo la prima grande battaglia di Browne è stata quella di No Nukes, organizzata per contrastare l´energia nucleare: esattamente il primo progetto del nuovo Presidente Usa.

g8, per ospitare barack obama spunta l'ipotesi dell'hotel del duce - giuseppe caporale ( da "Repubblica, La" del 10-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: ospitare Barack Obama spunta l´ipotesi dell´hotel del Duce La decisione fra 7 giorni. Se il leader dormirà a Roma, problema sicurezza nei tunnel dell´A24 GIUSEPPE CAPORALE L´AQUILA - La risposta definitiva si conoscerà solo tra una settimana. Solo allora si saprà se il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, alloggerà effettivamente nella caserma della Guardia di Finanza di Coppito,

tutti i segreti di facebook ( da "Repubblica, La" del 10-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Nella trasmissione Mark Zuckerberg, l´ormai multimiliardario creatore del social network (che ha oltre 200 milioni di iscritti in tutto il mondo), spiegherà la sua filosofia, facendo luce sui complessi meccanismi che regolano il software di Facebook e sul peso politico che ha avuto, ad esempio, nell´elezione di Barack Obama.

Superpoteri alla Fed per evitare altri crac ( da "Stampa, La" del 10-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: accordi e società finanziarie Barack Obama [FIRMA]MAURIZIO MOLINARI CORRISPONDENTE DA NEW YORK Sarà la Federal Reserve il super-poliziotto di Wall Street incaricato di sorvegliare le banche per scongiurare nuove devastanti crisi del sistema finanziario. La decisione è stata presa dal presidente americano, Barack Obama, e il ministro del Tesoro,

"Non copio Obama ma la ripresa economica passa dell'ambiente" ( da "Stampa, La" del 10-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Paolo Ravaioli "Non copio Obama ma la ripresa economica passa dell'ambiente" Tra i principali obiettivi lo sviluppo economico il benessere e la sicurezza sociale [FIRMA]M. ELISA GUALANDRIS VERBANIA Più che un presidente della Provincia, l'hanno definito un «grande sindaco».

Ieri si temeva che i germi si annidassero nel nodo Oggi il Messico si chiede Abbiamo esagerato? ( da "Stampa, La" del 10-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: La Jornada" - anche per non compromettere la visita di Barack Obama a metà aprile. E comunque non era in condizione di affrontare un'emergenza su larga scala, i test sui campioni a rischio vengono mandati ad Atlanta perché non abbiamo laboratori attrezzati per questo». I timori resteranno. Oggi anche qui è la Festa della mamma.

GIOCHI DI PAROLE ( da "Stampa, La" del 11-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Multietnici sono gli Stati Uniti di Barack Obama. Multietnica è e sarà l'Italia dove secondo uno studio di Caritas e Unioncamere nel 2050 gli stranieri potrebbero rappresentare il 20 per cento della popolazione e i figli degli immigrati saranno in maggioranza nelle nostre scuole. Il punto vero non è una battaglia sulle parole - multietnici sì,

immigrati, i vescovi a berlusconi "l'italia multietnica è un valore" - liana milella ( da "Repubblica, La" del 11-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Di questo passo in Italia non faremo entrare neanche Obama». Walter Veltroni evoca la persecuzione degli ebrei perché tutto cominciò col volere «un´unica etnia che veniva definita razza». E il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni ricorda che «prima della Shoah c´era una nave piena di ebrei, la Saint Louis, partita da Amburgo, che nessuno aiutò».

"racconto storie di amore e speranza" - ernesto assante londra ( da "Repubblica, La" del 11-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: era Obama che compirà vent´anni a dicembre, ma ha già venduto quattro milioni di dischi scrivendo canzoni per adolescenti che sembrano ispirate ai diari delle teenager e per questo suonano vere "Racconto storie di amore e speranza" Il suo concerto allo Sheperd´s Bush di Londra davanti ad una folla di adolescenti ERNESTO ASSANTE LONDRA dal nostro inviato La prima diva dell´

"quale mirafiori non rischia la chiusura?" - marco trabucco ( da "Repubblica, La" del 11-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Quello che stanno facendo Obama e Merkel: dare garanzie alle banche sui crediti che la Fiat dovrà chiedere per investire su nuovi prodotti. Fissando date per la loro restituzione: Marchionne ha accettato quelle condizioni per Chrysler ed è disposto a farlo per Opel. Potrebbe servire per rilanciare il settore anche in Italia».

( da "Corriere della Sera" del 11-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: sancito dal recente incontro di Washington con Barack Obama e il presidente afghano Karzai, non ha comunque sgombrato il campo da alcune differenze di vedute tra i partner. In particolare sul dossier dei raid americani. Missioni affidate a velivoli convenzionali in Afghanistan e agli aerei senza pilota in Pakistan.

( da "Corriere della Sera" del 11-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Obama ne è consapevole, e preme sul Pakistan perché aumenti l'intervento militare. Ma l'Europa, protesta Perle, «non fa la sua parte su nessuno dei due fronti», sebbene sia più a rischio dell'America. «Sembrate non capire che questa è la crisi più grave di tutte, che l'arsenale atomico pachistano potrebbe cadere nelle mani dei fondamentalisti islamici con conseguenze spaventose»

Show comico di Obama alla cena con i giornalisti ( da "Corriere della Sera" del 11-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: leader Usa al tradizionale galà della stampa Show comico di Obama alla cena con i giornalisti Il presidente prende in giro amici e nemici. E se stesso DAL NOSTRO CORRISPONDENTE WASHINGTON Non ha risparmiato nessuno. Con ironia caustica, a tratti contundente. Repubblicani e demo-- cratici, Dick Cheney e Joe Biden, collaboratori e avversari, Hillary Clinton, sua moglie Michelle e,

( da "Corriere della Sera" del 11-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Donatella Versace è entusiasta dell'Obama's Dinner. E non senza cognizione di causa: è alla sua quinta cena presidenziale a stelle e strisce: tre con Clinton, una con Bush e ieri, gestione Obama. Abituata, dunque. E pure preparata a situazioni un po' ingessate... «Ma che le cose fossero cambiate l'ho capito appena entrata racconta la stilista,

Mai deridere gli avversari politici ( da "Corriere della Sera" del 11-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: e di ammaestrare il giovane Obama. Lancia minacce sul gas, fa ricatti servendosi dei missili Iskander, effettua manovre militari con Chavez, consegna una centrale nucleare e missili anti-missili all'Iran. Dopo aver valicato con le armi frontiere internazionali di un Paese indipendente grande esordio dopo l'Afghanistan , dopo l'invasione e l'annessione di due province georgiane (

l'auto pulita che non c'è - valerio berruti ( da "Repubblica, La" del 11-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Se al crollo delle Big Three Usa non si fosse unito lo sforzo di Obama per imporre finalmente scelte ecologiche e auto più piccole e pulite lo scenario americano sarebbe stato molto diverso. Per ricominciare ci vogliono scelte coraggiose. Ci vogliono modelli e non parole.

"barack come spock l'alieno di star trek" ( da "Repubblica, La" del 11-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Esteri New York Times "Barack come Spock l´alieno di Star Trek" «Barack Obama come il dottor Spock, il mitico personaggio della serie televisiva Star Trek»: il paragone, con tanto di fotomontaggio, è del New York Times: «Obama è di sangue misto, come il vulcaniano Spock, uomo di due mondi, capace di mediare tra infinite diversità».

in arrivo nuove regole per i soldati gay "potranno dichiarare l'omosessualità" ( da "Repubblica, La" del 11-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Obama potrebbe presto aprire le porte dell´esercito anche agli omosessuali dichiarati. Dopo il caso del tenente Dan Choi, radiato dall´US Army dopo aver esplicitato di essere gay (in violazione della norma clintoniana «Don´t ask-Don´t tell»), la Casa Bianca sta portando avanti una «discussione preliminare» sull´argomento.

la cia difende le tecniche di interrogatorio "almeno si conservi la privazione del sonno" ( da "Repubblica, La" del 11-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: ha cercato di convincere l´amministrazione Obama a conservare almeno questa "tecnica di interrogatorio", non facendola mettere al bando come altre forme di tortura (waterboarding). Secondo la Cia la tecnica appare meno violenta, ma la tesi è smentita da un rapporto di un ispettore della Cia del 2004.

obama, il lato comico della casa bianca show del presidente alla cena di gala - alberto flores d'arcais ( da "Repubblica, La" del 11-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Barack Obama ha aggiunto un altro tassello alla sua fama di brillante oratore, questa volta cimentandosi con successo nei panni (non facili) del comico. Presentato da Wanda Sykes, l´attrice televisiva afro-americana nota per i suoi ruoli comici, Obama - che cenava al tavolo seduto tra Tom Curley (presidente dell´Associated Press)

taylor swift "essere star ai tempi di obama" ( da "Repubblica, La" del 11-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Pagina 29 - R2 ERNESTO ASSANTE Gli spettacoli Taylor Swift "Essere star ai tempi di Obama" SEGUE A PAGINA 42

Fiat, tre settimane di passione ( da "Stampa, La" del 11-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Obama, la parola «bancarotta» ha sempre un impatto negativo nelle decisioni di spesa del 21% degli automobilisti americani, spiega un sondaggio di Cars.com. «Bisogna far capire che Chrysler ha un futuro», avvertono gli esperti di marketing del gruppo con una campagna promozionale che rimbalzerà sul piccolo schermo in prima serata dopo alcuni spot pilota già pubblicati sulle pagine

Europee, monito di Napolitano "No a polemiche e contrapposizioni" ( da "Repubblica.it" del 11-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: alle domande di alcuni studenti che gli hanno chiesto come si fa a far valere in Italia la meritocrazia, come ha fatto Barak Obama che, per comporrre il suo staff, ha chiesto ai giovani di inviare il proprio curriculum via internet. Mentre in Italia, hanno detto i ragazzi, è difficile far valere il merito a fronte di una situazione in cui spesso bisogna conoscere qualcuno.

Iran, Roxana Saberi è libera Gli Usa "paese non ostile" ( da "Repubblica.it" del 11-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: amministrazione di Barak Obama lancia segnali di apertura alla Repubblica islamica e in cui sembra possibile la ripresa del dialogo tra i due Paesi, interrotto dopo la rivoluzione iraniana del 1979. Roxana Saberi, 32 anni, è nata e cresciuta negli Stati Uniti. Ha anche la cittadinanza iraniana perché il padre è un iraniano emigrato negli Usa.

Susan Boyle, voce unica sul web sale la febbre ( da "Repubblica.it" del 11-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: È cinque volte più popolare di Barack Obama", scrivono i tabloid londinesi, facendo il confronto con i 18 milioni di persone che hanno guardato la cerimonia di inaugurazione del primo presidente nero della storia. Chiunque può fare la prova, digitando il suo nome su Google e guardando i tre minuti della sua interpretazione: all'inizio si è tentati di sghignazzare,

Altri 240 migranti riportati in Libia Bossi: le buone idee fanno proseliti ( da "Stampaweb, La" del 11-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: in Italia non faremo entrare neanche Obama...». Mentre per il Pd e l?Udc, la ?linea durà sull?immigrazione viene usata in maniera demagogica per creare consenso. «Penso che chi guida il nostro Paese - attacca il leader centrista Pier Ferdinando Casini - non debba fare demagogie o compiacere la Lega ma risolvere i problemi.

Obama scherza alla cena dei media ( da "Stampaweb, La" del 11-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: ha spiegato Obama, aggiungendo: «Si intitola Come sparare agli amici e interrogare la gente» (allusione all?incidente di caccia che vide protagonista l?ex Vicepresidente e ai metodi poco ortodossi autorizzati dalla precedente Amministrazione). Obama si è poi rivolto direttamente al presidente del Comitato Nazionale dei Repubblicani,

"Usano i cittadini come scudi umani" Il rapporto degli Usa accusa i talebani ( da "Stampaweb, La" del 11-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: imbarazzo del Pentagono per un episodio che, quali che siano le cifre ufficiali, rende più difficili i rapporti diplomatici con il governo afghano e getta un?ombra pesante sulla nuova strategia ?civilè che l?amministrazione Obama ha annunciato di voler avviare con l?avvio della nuova fase della guerra in Afghanistan e Pakistan.

Baby shopping? No grazie ( da "Stampaweb, La" del 11-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Obama: «Se da un lato gli americani hanno il diritto di vivere bene, dall?altro le società che emettono carte di credito hanno l?obbligo di fissare regole giuste e trasparenti». Il presidente aveva incontrato poche ore prima i rappresentanti di tredici istituti del settore, ai quali aveva spiegato di voler risolvere alcuni dei problemi con i quali la gente si trova spesso confrontata,

Iran, liberata Roxana Saberi "Gli Usa non sono un paese ostile" ( da "Repubblica.it" del 11-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: amministrazione di Barak Obama lancia segnali di apertura alla Repubblica islamica e in cui sembra possibile la ripresa del dialogo tra i due Paesi, interrotto dopo la rivoluzione iraniana del 1979. Roxana Saberi, 32 anni, è nata e cresciuta negli Stati Uniti. Ha anche la cittadinanza iraniana perché il padre è un iraniano emigrato negli Usa.


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Patto Obama-Zardari "Estirperemo Al Qaeda" (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 07-05-2009)

Argomenti: Obama

Retroscena ARRIVANO I RINFORZI Alla Casa Bianca incontro con i leader dei due Paesi Patto Obama-Zardari "Estirperemo Al Qaeda" Vertice a tre: al via la ricostruzione civile e più aiuti MAURIZIO MOLINARI Le truppe Usa passeranno da 30 a 60 mila, ma si prevede un aumento delle perdite CORRISPONDENTE DA NEW YORK L'impegno del Pakistan a «estirpare il cancro dei taleban» è il risultato con cui il presidente Barack Obama ha concluso la prima giornata del summit trilaterale con i leader di Kabul e Islamabad, giunti a Washington per promettere all'alleato americano di «lavorare assieme come mai avvenuto finora». Formula e contenuti del vertice sono stati mirati a generare un patto per la sconfitta dei jihadisti e la ricostruzione civile dell'Afpak, la regione che include Pakistan e Afghanistan. Il primo appuntamento è avvenuto nella tarda serata di martedì nell'Hotel Willard, a due passi della Casa Bianca, dove il Segretario di Stato Hillary Clinton e l'inviato Richard Holbrooke hanno incontrato il presidente pakistano Asif Ali Zardari ponendo senza perifrasi la necessità di «azioni energiche» contro i taleban arrivati a 90 km da Islamabad e talmente aggressivi da far temere per la sorte delle armi nucleari. Zardari ha incassato le critiche alla debolezza finora dimostrata, l'ha spiegata con il fatto che «la democrazia nel mio Paese ha solo sette mesi» - quanti ne sono passati dalle elezioni - e ha promesso «piena collaborazione» concordando un dettagliato piano d'azione anti-jihadisti destinato al momento a rimanere top secret. Ieri mattina Zardari ha reso pubblica la promessa fatta a Hillary e Holbrooke nel corso di una riunione trilaterale nella Benjamin Franklin Room del Dipartimento di Stato alla quale ha partecipato anche una delegazione afghana guidata da Hamid Karzai. «Non importa quanto tempo servirà e che cosa dovremo fare, la democrazia pakistana è al fianco dei popoli americano e afghano contro la comune minaccia, il cancro del terrorismo», ha detto Zardari, definendo la «lotta contro Al Qaeda e i taleban» un «pesante fardello che la mia nazione ha sulle spalle». Sono le parole che la Casa Bianca voleva sentire e la cornice del summit trilaterale al Dipartimento di Stato è servita a sottolineare quella che Hillary ha definito «l'inizio di una nuova fase di collaborazione» che coincide con la sigla di un trattato per promuovere gli scambi fra Pakistan e Afghanistan. «Rispetto al 2006 quando Karzai e Musharraf vennero da Bush senza neanche stringersi la mano abbiamo compiuto un importante passo avanti», ha commentato un alto funzionario della Casa Bianca. In tale cornice il Segretario di Stato ha pubblicamente presentato a Karzai le «profonde scuse degli Stati Uniti d'America» per i bombardamenti aerei nella provincia di Farah, raccogliendo in cambio l'impegno a «lavorare più intensamente con il Pakistan per rafforzare la fiducia reciproca». Forte dei risultati ottenuti, Hillary si è quindi recata alla Casa Bianca per consegnare la staffetta del summit al presidente Obama, che ha ricevuto i due colleghi nello Studio Ovale. «La sicurezza delle nostre tre nazioni è legata. Gli Stati Uniti sono impegnati a ottenere la sconfitta di Al Qaeda e dei taleban e il rafforzamento delle democrazie in Afghanistan e Pakistan», ha detto il presidente Usa. Oggi i protagonisti del vertice diventano gli sherpa dei tre Paesi a cui tocca di redigere una «Road Map» per la ricostruzione dell'Afpak che punta molto sugli investimenti nel settore dell'agricoltura per spingere le popolazioni rurali lontano dall'oppio e dai taleban. Hillary ha reso omaggio alla scelta di Zardari di impegnarsi a fondo contro gli estremisti islamici, facendo capire che Washington ha deciso di dargli tempo: «Bisogna tenere a mente che un presidente eletto democraticamente in Pakistan è qualcosa di importante». Intanto a Kabul è arrivato Robert Gates, il ministro della Difesa, incaricato di esaminare i piani dei comandi militari per lanciare l'offensiva estiva contro i taleban lungo il confine pakistano. Avendo a disposizione un numero di soldati che in settembre toccherà 68 mila unità - oltre il doppio di quelle schierate quando Obama fu eletto - si tratterà di operazioni più ampie ed aggressive. Non a caso uno dei dettagli tattici dei quali Gates si sta occupando è la riduzione della «golden hour», del tempo che passa da quando un soldato viene ferito gravemente al momento nel quale viene operato in ospedale, a dimostrazione che sta per iniziare una campagna molto più cruenta, che per aver successo avrà bisogno della cooperazione di Zardari.

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Si complica il puzzle di Sergio, dai tedeschi un primo sì a Magna (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 07-05-2009)

Argomenti: Obama

GLI SVEDESI Retroscena Il Lingotto in pressing su Gm per accentrare una trattativa complicata Si complica il puzzle di Sergio, dai tedeschi un primo sì a Magna Nella partita entra anche il marchio Saab Contatti con Stoccolma GIANLUCA PAOLUCCI TORINO QUOTAZIONE REND. Utlima Prec 12 mesi I sindacati tedeschi alzano le barricate contro Fiat. La «Grosse Koalition» che sostiene l'esecutivo di Angela Merkel è spaccata, con Cdu e Csu che guardano al Lingotto e Spd decisamente contraria. I cinquemila dipendenti dei due impianti Vauxhall in Gran Bretagna sono sul piede di guerra. Ad Anversa, in Belgio, dov'è un altro impianto Opel, si sentono a questo punto vittime sacrificali sull'altare del grande gruppo dell'auto. Per non parlare dell'Italia, dove i sindacati chiedono garanzie, tavoli di confronto e temono per le sorti di Termini Imerese e Pomigliano. La partita della Fiat e di Sergio Marchionne somiglia sempre di più ad un grande rompicapo, un puzzle dove sono tanti i tasselli che dovranno andare a posto. Il primo, entro la fine del mese, è quello di Gm e del piano di ristrutturazione che dovrà presentare entro quella data all'amministrazione Usa. E probabilmente sarà anche il passaggio meno complicato. La prima trasferta americana di Sergio Marchionne nell'era Fiat-Chrysler ha un doppio obiettivo: da una parte rafforzare i contatti sul territorio con l'apparato direzionale e operativo di Auburn Hills, dall'altro cercare una sponda decisiva per proseguire la campagna di alleanze del Lingotto in Europa e nel mondo. Nel mirino di Marchionne ci sono le attività europee di General Motors, Opel in particolare, ma non solo, come puntualizza lui stesso rivelando «l'interesse» per Saab. «Il marchio è troppo piccolo per competere da solo, potremmo unirlo con un altro». Negli Usa inoltre Saab «ha anche una rete di vendita, sarebbe un peccato lasciarsela sfuggire». La casa svedese apre a una trattativa ma precisa che Fiat non compare ancora fra i 10 offerenti - case automilisitche cinesi, fondi d'investimento e gruppi di investitori europei, che avrebbero avviato ieri una due diligence - anche se i vertici del Lingotto avrebbero tenuto già colloqui esplorativi con il governo di Stoccolma. In uno scenario di questo tipo Marchionne punta a incassare l'approvazione dei vertici di Detroit impegnati a loro volta in una lotta contro il tempo per evitare la bancarotta. Ma spera anche nella benedizione di Obama, la seconda dopo quella del matrimonio Chrysler. Con l'investitura di azienda e governo il ceo del Lingotto tornerebbe in Europa più forte di prima per convincere gli scettici che quella di Fiat è l'unica strada percorribile. In questo senso potrebbe essere importante l'aiuto nel negoziato tra Gm e il sindacato Uaw che con il manager italo-canadese ha instaurato un buon rapporto agevolando un'intesa sul modello di Chrysler. Più complicato il rapporto con i sindacati europei. Mentre il governo tedesco si è affrettato a far sapere che il piano del quale ha parlato la Faz e smentito da Fiat, con la previsione di dieci impianti chiusi in Europa, non è quello presentato da Marchionne lunedì, il versante tedesco si va complicando. Il gruppo austro-canadese Magna ha infatti presentato il proprio piano per un investimento nella casa tedesca, incassando il parere favorevole del management e del consiglio dei lavoratori della società. Al tempo stesso, un portavoce della russa Gaz ha confermato l'interesse del gruppo automobilistico per la Opel, spiegando che il magnate Oleg Deripaska - al quale fa capo la Gaz - è stato invitato a partecipare a una cordata di investitori per rilevare la controllata Gm e sta valutando questa possibilità. Una cordata, questa, che sarebbe guidata dalla Magna e vedrebbe anche la partecipazione della banca russa Sberbank.

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Marchionne al volante di Chrysler (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 07-05-2009)

Argomenti: Obama

GIRANDOLA DI INCONTRI DEL MANAGER NEGLI STATI UNITI. NEUTRALIZZATO L'OSTRUZIONISMO DEI CREDITORI DISSIDENTI Passera conferma l'appoggio di Intesa: «Disponibili a seguire quello che fanno» Marchionne al volante di Chrysler [FIRMA]FRANCESCO SEMPRINI NEW YORK Sergio Marchionne guiderà Chrysler. E' lo stesso amministratore delegato del Lingotto ad annunciarlo durante la sua quinta trasferta americana nel giro di un mese. Il teorico dell'asse Torino-Detroit prenderà il posto di ceo di Bob Nardelli portando a compimento l'operazione transatlantica di cui è stato il regista. Giunto in Michigan per incontrare i vertici di Chrysler e lavorare alla definizione dell'alleanza industriale, il manager italo-canadese rompe gli indugi sull'onda delle buone notizie provenienti da New York dove prosegue a ritmo serrato la «bancarotta chirurgica» di Chrysler. Martedì, alle undici di notte, al termine di un'udienza di otto ore, la Corte fallimentare di Manhattan ha dato il via libera alla procedura accelerata di ristrutturazione, accordando il collocamento degli asset di Chrysler attraverso un'asta nella quale Fiat avrà il diritto di precedenza nella presentazione dell'offerta. Entro il 20 maggio potranno pervenire proposte concorrenti, il 26 si deciderà l'assegnazione dei beni e il 27 ci sarà l'udienza finale. Arthur Gonzalez, il giudice che presiede la procedura di «Chapter 11», neutralizza così, per la seconda volta in 48 ore, l'ostruzionismo dei creditori dissidenti (ai quali rifiuta anche la garanzia dell'anonimato) e consente di compiere un altro passo in avanti verso l'alleanza tra le due sponde dell'Atlantico. «La procedure di gara sono appropriate e necessarie», spiega Gonzalez. Una volta conclusa l'asta, la vendita dovrà essere completata entro il 15 giugno, con un'estensione di 30 giorni per le autorizzazioni necessarie. Gli asset di Chrysler, secondo il dossier depositato al Tesoro il 30 aprile, ammontano a 39,3 miliardi di dollari, contro 55,2 miliardi di passività. Solo una parte di beni andrà a Fiat la cui proposta sembra aggirarsi intorno ai due miliardi di dollari. In caso di assegnazione ad altro offerente invece il Lingotto incasserà 35 milioni di dollari a titolo di risarcimento. «E' giusto ed è anche l'unico accordo disponibile» per l'azienda, dice Grenhill & Co, l'advisor finanziario di Chrysler. La società di Auburn Hills cederà i propri asset a una nuova società controllata per il 55% dal fondo Veba per conto del sindacato Uaw, per l'8% dal Tesoro americano, per il 2% dal governo canadese secondo la ripartizione approvata dalla task force della casa Bianca. Fiat entrerà con un 20% che sarà accresciuto sino al 35% in fasi successive. Intanto il Lingotto incassa il sostegno delle banche italiane. «Siamo sempre stati molto vicini alla Fiat che ha fatto grandi cose in questi anni - ha detto ieri l'amministratore delegato di Intesa Sanpaolo, Corrado Passera - «Stanno attuando un progetto che ridisegna il mondo dell'auto, sicuramente sarà un progetto dove tutti sapremo essere più che disponibili a seguire quello che stanno facendo». Per aiutare la ristrutturazione di Chrysler, Washington ha concesso un prestito di 4,5 miliardi di dollari, finanziamento che ha ricevuto lunedì sera il disco verde di Gonzalez. La Casa Bianca si dichiara «soddisfatta» del via libera del tribunale: l'obiettivo dell'amministrazione Obama è di far uscire Chrysler dal Chapter 11 entro la scadenza dei 30-60 giorni. Quello di Marchionne, fiducioso del rispetto delle scadenze, è di prendere in mano quanto prima le redini della Nuova Chrysler, più snella e alleggerita del debito della precedente, per portare a compimento l'alleanza col Lingotto e proseguire la campagna di alleanze con Gm Europe e Gm America Latina.

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"Il mio Romeo è nero e balla l'hip hop" (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 07-05-2009)

Argomenti: Obama

Sarà Giulietta nella sua Palermo "Il mio Romeo è nero e balla l'hip hop" La palermitana Eleonora Abbagnato, acclamata prima ballerina dell'Opéra di Parigi, beniamina del nostro pubblico anche televisivo dopo essere stata ospite a Sanremo, quando invita gli amici a cena nella sua casa di Montmartre prepara pasta con il broccolo «arriminato» (rimescolato, ndr): «Ricetta della nonna siciliana». Nel tempo libero legge: «Sempre e solo Amélie Nothomb». Appena può, corre a mangiare da Angelo, microristorantino in rue Saint Honoré: «Per me, la migliore cucina italiana di Parigi». Si veste in Faubourg Saint Honoré, ma per le occasioni ufficiali soprattutto Dolce & Gabbana. Gira per Parigi alla guida, molto brillante, di una Mini nera. Rivela che i capelli biondi e gli occhi azzurri non sono di origine normanna: «Vengono da mia madre, genovese, e dai bisnonni veneziani». Spesso paparazzata in compagnia dei beautiful people, ammette di avere un nuovo fidanzato: «Italiano. Ma non dico chi è neanche sotto tortura». Paparazzi all'erta: volete che non vada a trovarla a Palermo dove, dal 15 al 21 maggio, sarà protagonista di Romeo e Giulietta nella nuova coreografia di Luciano Cannito al Teatro Massimo? La novità è che qui Romeo è un nero, Rubinald Pronk, del Dutch National Ballet. Un Romeo extracomunitario? «No. Semplicemente Cannito ha pensato che nell'era di Obama un Romeo nero poteva benissimo starci e accentuare così il contrasto fra Capuleti e Montecchi. Ma l'ambientazione è tradizionale, la musica quella di Prokofiev, la coreografia molto classica. Ricorda Nureyev: superata la difficoltà dei passi, bisogna lasciarsi andare al ruolo». Ma c'è anche dell'hip hop, giusto? «Sì, Benvolio è Gugu da Graça, un ballerino che Luciano ha visto danzare per strada e ha voluto assolutamente». In Italia lei è un personaggio mediatico, fra Sanremo, Il treno dei desideri, I sogni son desideri, Domenica in, a Canale 5 con Ficarra e Picone con cui ha anche girato un film. Cosa dicono all'Opéra? «Ho avuto fortuna, mi hanno lasciato la libertà di andare. All'epoca di Nureyev era molto più difficile: Sylvie Guillem dovette abbandonare la compagnia». È per queste «intemperanze» che non la nominano étoile? «L'Opéra mi ha dato tantissimo. Splendidi ruoli da étoile, incontri con i massimi coreografi di oggi. Sono soddisfatta così. In Francia l'ultimo ballerino personaggio mediatico è stato Patrick Dupont. Noi abbiamo Roberto Bolle, in passato la Ferri e la Fracci. Io so che dò fastidio perché ho una carriera altrove. Forse al ministero della Cultura storcono il naso». O non sarà il solito pregiudizio nei confronti di les italiens? Siete in quattro, all'Opéra: lei, Alessio Carbone, Simone Valastro e Francesco Vantaggio. «Sono qui dal '92 e mi piacerebbe tornare più spesso in Italia. Ho chiesto un'aspettativa di tre mesi a settembre. Poi tornerò per La dame aux camélias di Neumeier, uno dei miei ruoli preferiti». Intanto da noi ci sono altri impegni. Il Festival di danza siciliano che, a luglio, coinvolge i teatri antichi siciliani. «Il progetto dei teatri antichi me l'ha proposto l'assessore regionale alla Cultura, Antonello Antinoro. Gli spettacoli si svolgeranno ad Agrigento, Taormina, Solunto e Eraclea». E Bari? «Sono stata a visitare il Petruzzelli, che per complessi motivi politici non è ancora aperto. Un posto splendido dove sono passati tutti i grandi, dove Baryshnikov e la Ferri hanno girato Dancers di Herbert Ross. Mi hanno proposto di occuparmene dalla prossima stagione». Ballerina che legge la Nothomb: cosa c'è di vero nel Dizionario dei nomi propri, dove un'allieva di danza è spinta all'anoressia dalle sue insegnanti? «Nulla, è un'esagerazione. Il problema dell'anoressia fra le ballerine deriva da altri traumi, che precedono la danza. Magari nasce in famiglia. Una ballerina deve nutrirsi in modo corretto per il dispendio enorme di energie che la danza richiede». Anche con i broccoli «arriminati» della nonna? «Certo. E la pasta al forno, gli arancini, le panelle». La caponata? «Sì, ma mia nonna ne fa una versione senza agrodolce». Quanto tempo libero lascia la danza? «Pochissimo. All'Opéra si entra al mattino e si esce alle sette di sera. Se non c'è spettacolo. Altrimenti si arriva a casa a mezzanotte». Altre ballerine in famiglia? «La figlia di mio fratello, piccolina, vorrebbe. Mia madre quando l'ha saputo è stata netta: ne basta una!». All'età di sua nipote lei sapeva già quel che avrebbe fatto da grande. «Se non avessi fatto la ballerina sarei stata una donna di casa. Pulire, seguire i bambini e preparare cena a mio marito. In questo sono profondamente sicula». E se Berlusconi le proponesse una candidatura? «L'unica ballerina impegnata in politica che conosco è la Zacharova. La politica non fa per me».

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Raid Usa, strage di civili in Afghanistan Obama: "Non deve accadere mai più" (sezione: Obama)

( da "Repubblica.it" del 07-05-2009)

Argomenti: Obama

KABUL - Il bilancio non è ancora chiaro. Quello che è certo è che nei raid aerei statunitensi nella provincia di Farah, nell'ovest dell'Afghanistan, hanno perso la vita tantissimi civili. Una cifra esatta non c'è, ma sia la Croce Rossa che la polizia locale, parlano di un centinaio di morti "tra cui molti civili". Una conferma arriva da alcune fonti locali (citate dal britannico The Guardian) che raccontano di camion carichi di cadaveri arrivati a Bala Baluk, capoluogo della provincia. La portavoce della Croce Rossa Jessica Barry riferisce che alcuni componenti dell'organizzazione hanno visto case distrutte e decine di corpi: "C'erano donne e bambini. A quanto pare, stavano cercando riparo nelle case quando sono stati colpiti". Barry ha precisato che tra le vittime ci sono un volontario della Mezzaluna Rossa afgana e 13 componenti della sua famiglia. Il governatore Rohul Amin ha motiovato la morte dei civili con il fatto che i miliziani avevano trovato riparo nelle abitazioni, che sono state bombardate. Sulla vicenda è stata aperta un'indagine congiunta afgano-americana. Una delegazione composta da rappresentanti dell'Onu, dell'esercito statunitense e del ministero dell'Interno di Kabul si è recata nell'area dei raid. Le forze a guida Usa hanno ammesso di essere state coinvolte in combattimenti e incursioni aeree nella zona, iniziati lunedì e proseguiti ieri. E proprio per evitare che si ripetano simili tragedie, gli Stati Uniti collaboreranno con il Pakistan e l'Afghanistan nella lotta al terrorismo, per sconfiggere al Qaeda e i suoi alleati. Così si è espresso Barack Obama al termine dell'incontro alla Casa Bianca con i presidenti afghano Hamid Karzai (che ha commentato quanto accaduto parlando di "un massacro ingiustificato e inaccettabile") e pakistano Asif Ali Zardari. Obama ha confermato l'impegno degli Stati Uniti e ha ribadito la necessità di più truppe e risorse nella regione (si appresta a inviare 21.000 militari di rinforzo in Afghanistan) anche se, ha detto, ci saranno altre violenze e insuccessi. OAS_RICH('Middle'); E il segretario di Stato Hillary Clinton si è scusata per la strage di civili, "esprimiamo un profondo rincrescimento per questa perdita", ha detto. Intervenuta in conferenza stampa insieme a Karzai e Zardari, Clinton ha dichiarato che per riportare la pace nella regione serve un sforzo "di tutto il governo" che vada oltre il solo sostegno militare. (6 maggio 2009

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obama: "la mia ricetta contro la crisi" (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 07-05-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 1 - Prima Pagina Il lavoro L´istruzione La Borsa Parla il presidente americano Obama: "La mia ricetta contro la crisi" SEGUE A PAGINA 37 Un´economia sana deve avere un´ampia gamma di lavori, nessun impiego dovrebbe scomparire La grande sfida è nell´istruzione: voglio vedere più lauree in scienza e ingegneria I mercati rimarranno una parte significativa della nostra economia ma non saranno più la metà dell´economia

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raid americani in afghanistan strage di donne e bambini: 100 morti - giampaolo cadalanu (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 07-05-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 14 - Esteri Raid americani in Afghanistan strage di donne e bambini: 100 morti Bombardato il confine con l´Iran. Kabul: "Inammissibile" La preoccupazione del contingente italiano di stanza a Farah, la provincia del massacro I vertici militari Usa si giustificano Ma Washington esprime il suo "profondo rimorso" GIAMPAOLO CADALANU DAL NOSTRO INVIATO FARAH - Sotto la tenda del 187esimo paracadutisti Folgore a Farah il colonnello Gabriele Toscani De Col indica sulla carta i distretti colorati in rosso: le zone più calde della provincia, sotto amministrazione italiana ma a controllo militare americano. Il livello rosso è quello di massima minaccia nella scala usata dai militari Isaf. Ed è proprio in uno dei distretti rossi che le truppe americane hanno colpito duro lunedì e martedì, nelle stesse ore in cui il comandante italiano illustrava la situazione nella provincia a una delegazione del Parlamento di Roma. Almeno cento civili sono stati uccisi dai raid statunitensi, lamenta Rohul Amin, governatore della provincia, segnalando che la gente dei villaggi ha portato una trentina di corpi direttamente nel suo ufficio, per togliere ogni dubbio sul massacro. Durante la battaglia, dice Amin, i Taliban cercavano di ripararsi fra la popolazione locale. Una conferma è arrivata dalla Croce rossa: «Quando la nostra squadra ha raggiunto i primi villaggi colpiti, ha visto decine di cadaveri, con tante donne e bambini», ha detto Jessica Barry, portavoce del Comitato internazionale. Zona dell´attacco, il distretto di Bala Baluk, considerato zona "rossa". Secondo testimonianze locali raccolte dal Guardian, bambini, donne ed anziani si erano rifugiati in un piccolo centro, il "villaggio di gerani", per sfuggire ai combattimenti tra Taliban e l´esercito nazionale afgano. Ma le case in cui si erano rifugiati sono state spazzate via dalle bombe sganciate dai cacciabombardieri Usa. All´Associated Press l´ex sindaco di Bala Baluk, Mohammad Nieem Qadderdan, ha parlato di "decine di cadaveri": «La gente scavava nelle macerie con le pale e le mani». Secondo Qadderdan, il bilancio «è peggiore di Azizabad», dove in agosto un raid dell´aviazione Usa causò la morte di 90 civili. I vertici militari Usa, come sempre, non confermano le vittime civili. «Siamo intervenuti a difendere le truppe governative afgane», dice il colonnello Greg Julian. Dopo la notizia del massacro, in un primo tempo il portavoce del Dipartimento di Stato ha ripetuto ancora una volta che «le forze Usa e quelle della coalizione internazionale fanno tutto il possibile per evitare perdite civili durante le operazioni contro "insurgents" e terroristi». Poi è intervenuta direttamente Hillary Clinton a correggere la linea esprimendo «profondo rimorso» e promettendo il massimo impegno per evitare in futuro altre perdite di civili. La Clinton era a fianco del presidente afgano Hamid Karzai, il quale ha ordinato un´inchiesta sul massacro, definito «inaccettabile e ingiustificabile», annunciando che dell´argomento discuterà oggi con Barack Obama. Con la Clinton c´era anche il pachistano Asif Ali Zardari: anche Islamabad è impegnata in una campagna militare contro i Taliban: ieri le truppe pachistane hanno ucciso 30 militanti, ma gli scontri nella zona di confine continuano. L´attenzione però resta sulla zona della strage: stando al colonnello Toscani, Bala Baluk non è uno dei due distretti "ceduti" all´inizio dell´anno dal quadrante Ovest (ad amministrazione italiana) e passati sotto completo controllo Usa. Anzi, è proprio zona di maggior impegno del nostro contingente: proprio qui in febbraio gli alpini della Julia avevano aperto un avamposto, base Tobruk, ospitata accanto a un vecchio arsenale dei Taliban. Insomma, Bala Baluk è un distretto dove la responsabilità prevalente è del nostro paese. Ora però la conferma che l´atteggiamento delle truppe Usa non è cambiato, ed è rimasto quello del "pugno di ferro" dell´era Bush, la missione per il contingente italiano nella provincia di Farah diventa più delicata. E la rabbia causata dal massacro americano potrebbe aumentare i pericoli anche per i nostri soldati. Gli unici a guadagnarci saranno i capi Taliban di questa zona: Baz Mohammad, mullah Mustafa, Gholam Yayha Akbari, che controllano un migliaio di miliziani ciascuno e non si fanno scrupoli di farli nascondere in mezzo ai civili.

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"ma io, erede dei bhutto, vi avverto a islamabad il governo è corrotto" - francesca caferri (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 07-05-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 15 - Esteri La scelta Parla Fatima, nipote ribelle di Benazir: "Mio zio porta il Pakistan alla rovina" "Ma io, erede dei Bhutto, vi avverto a Islamabad il governo è corrotto" Obama deve scegliere fra la democrazia reale e la corruzione. Finché darà soldi a Zardari, i partiti laici non potranno crescere FRANCESCA CAFERRI Dire quello che pensa non l´ha mai spaventata. Lo ha fatto quando sua zia, Benazir Bhutto, era all´apice del potere. Torna a farlo oggi che suo zio Asif Ali Zardari, colui che a più riprese ha accusato di corruzione e di coinvolgimento nella morte del padre, è il presidente del Pakistan. Fatima Bhutto, 27 anni, giornalista e scrittrice, secondo le cronache rosa sentimentalmente legata a George Clooney, ma soprattutto nipote di Benazir - è la figlia del fratello Mir Murtaza, misteriosamente ucciso nel 1996, quando la sorella era Primo ministro e lui le contendeva l´eredità politica del Partito popolare fondato da Zulfiqar Ali Bhutto - è da sempre l´anima ribelle della famiglia più potente del Pakistan. Negli ultimi giorni ha attaccato lo zio dalle colonne del Daily Beast, uno dei più famosi giornali on line americani: «è il capo di un governo corrotto, sta portando il paese allo sfacelo. Obama deve smetterla di appoggiarlo e finanziarlo». Signora Bhutto, suo zio è a Washington per chiedere soldi e sostegno nella lotta contro i Taliban. Lei dice che non andrebbero concessi: perché? «Basta guardare cosa ha fatto. Un anno fa i Taliban pachistani quasi non esistevano. Oggi controllano una parte del paese e il governo ha ceduto loro permettendo che in Swat fosse applicata la sharia. Ora i militari promettono di agire: e fino ad ora cosa hanno fatto? Dove sono i milioni di dollari già mandati dagli americani? I Taliban avanzano e il Pakistan, potenza nucleare, fallisce la lotta contro la poliomielite perché non c´è l´energia elettrica sufficiente per conservare i vaccini». Ammetterà che ci sono poche alternative: sua zia Benazir sembrava una speranza, ma è morta e lo scettro è al marito... «Non ci sono alternative perché se gli Stati Uniti continuano a finanziare il Ppp o il partito di Sharif, non potrà mai svilupparsi nessun altro movimento. Come fa un gruppo laico a confrontarsi con un partito che, solo negli ultimi mesi, ha ricevuto 1,5 miliardi di dollari dagli Stati Uniti? Ci sono tanti politici in gamba in Pakistan: gli americani dovrebbero guardare a loro. Obama deve scegliere: appoggiare la democrazia reale o la corruzione». Lei stessa parla da politico: si impegnerà in prima persona? «No. Assolutamente. Il problema del Pakistan è che il potere è controllato sempre dalle stesse famiglie. Se mi candidassi alimenterei il circolo». Però lei ha un potere sconosciuto a molti politici: scrive sui giornali americani, è ascoltata in tutto il mondo. Cosa ha da dire all´amministrazione Obama? «L´America dovrebbe capire che è anche nostro interesse combattere il terrorismo, non solo suo. E che se continua a bombardare il territorio pachistano la gente penserà che questa è la guerra dell´America contro di noi, non la nostra contro il terrorismo. Abbiamo un milione di rifugiati interni, milioni di poveri: direi a Obama che queste sono le questioni che deve affrontare se vuole fermare i Taliban. E che il governo non lo sta facendo. Non ci sono scuole, e le famiglie mandano i bambini nelle madrase. Non ci sono ospedali, e i Taliban hanno medici. Non esiste un sistema giudiziario: e dunque la sharia è meglio di nulla. Possibile che gli Stati Uniti non lo vedano?». Ha mai provato a parlarne al presidente Zardari? «Con lui non parlo. Lo ritengo personalmente coinvolto nella morte di mio padre. E lui lo sa benissimo».

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usa, karzai e zardari a rapporto "uniti nella lotta al terrorismo" - alberto flores d'arcais (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 07-05-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 15 - Esteri Usa, Karzai e Zardari a rapporto "Uniti nella lotta al terrorismo" Hillary Clinton: "Impegno molto promettente" I due presidenti: "Siamo Paesi gemelli, minacciati da un nemico comune" ALBERTO FLORES D´ARCAIS dal nostro inviato NEW YORK - Due incontri bilaterali, poi un vertice a tre con i presidenti di Pakistan e Afghanistan. Nel giorno del raid americano contro i Taliban, Obama ha preso di petto quello che alla Casa Bianca viene chiamato l´«Afpak», insieme all´Iran il grande problema di politica internazionale che turba i sonni del Pentagono e della diplomazia Usa. Un incontro che (almeno a parole) sembra aver soddisfatto tutti: la Casa Bianca, che aveva più volte richiamato i due preziosi alleati ad un maggiore impegno nella lotta contro i Taliban e Al Qaeda, Karzai e Zardari - considerati dall´amministrazione Usa deboli e a volte inaffidabili - perché ottengono la riconferma dal potente alleato. A parole sia Zardari che Karzai sono perfettamente d´accordo per una linea di condotta «comune» con gli Usa, di cui hanno discusso (prima di incontrare Obama) con il Segretario di Stato Hillary Clinton. «Afghanistan, Pakistan e gli Stati Uniti sono tutti vittime del terrorismo, come lo è il mondo intero, il popolo del Pakistan è fermo nel confrontare la minaccia comune dei Taliban e di Al Qaeda insieme a quello afgano e americano», dice Zardari; Karzai gli fa eco («massima collaborazione, siamo come due Paesi gemelli, uniti contro una minaccia comune») assicurando totale collaborazione. Un atteggiamento che Hillary ha definito «molto promettente» e (comparendo a sorpresa durante l´abituale briefing con i giornalisti alla Casa Bianca) «molto significativo». Karzai, forte di una rielezione sicura il prossimo agosto, e Zardari, che si è presentato a Wasghington giocandosi la carta della recente offensiva contro i Taliban, ringraziano. Restano però i timori per una escalation militare non più rinviabile. Obama chiede che alle parole seguano fatti concreti, e ha manifestato ai due presidenti l´insoddisfazione degli Stati Uniti per come stanno andando le cose. Il Pakistan è una potenza atomica e gli Stati Uniti non possono accettare che ci sia anche solo una remota possibilità che l´arma nucleare possa finire nelle mani dei terroristi islamici. A Zardari, Obama chiede dunque un preciso impegno. «Il presidente è profondamente preoccupato per la situazione della sicurezza, questa è la ragione per cui stiamo inviando nuove truppe in Afghanistan, di questo parleremo sia con gli afgani che con i pachistani», ha detto il portavoce della casa Bianca Robert Gibbs, poco prima dell´incontro. Obama intende costruire un´alleanza regionale stabile con tutti e due i Paesi, una strategia che ripercorre in buona parte le tappe compiute dall´amministrazione Bush all´indomani dell´11 settembre. Con la differenza - data la diversa situazione rispetto a otto anni fa - che vuole che gli eserciti dei due Paesi siano a pieno titolo protagonisti della guerra contro i gruppi legati ad Al Qaeda. Fino ad oggi per la Casa Bianca uno dei problemi era proprio rappresentato dai leader dei due Paesi. Sia Karzai che Zardari sono considerati deboli, sono impopolari in patria e (almeno finora) non sono stati in grado di fronteggiare la crescente forza dei Taliban, che stanno conquistando spazio e popolarità sia in Afghanistan che in Pakistan. La settimana scorsa il Dipartimento di Stato aveva messo in guardia i due governi alleati, sostenendo che Al Qaeda continua ad avere «santuari sicuri» nelle cosiddette zone tribali lungo il confine. Anche l´accordo tra il governo di Islamabad e gli integralisti islamici della valle dello Swat non era andato giù alla diplomazia Usa (e al Pentagono) che vedono con preoccupazione la creazione di un avamposto estremista a soli 60 chilometri dalla capitale.

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immagini da un mondo malato di povertà - francesca giuliani (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 07-05-2009)

Argomenti: Obama

Pagina XVII - Roma Immagini da un mondo malato di povertà In mostra al Museo di Roma gli scatti che hanno vinto quest´anno il prestigioso premio di fotogiornalismo: fatti di cronaca, volti, emblemi della crisi economica Ma qualcuno racconta la speranza: come la foto dei coniugi Obama, fianco a fianco durante la campagna elettorale FRANCESCA GIULIANI Si aprono gli occhi su un nuovo tipo di guerra, quest´anno, osservando le immagini del World Press Photo, probabilmente il più importante premio di fotogiornalismo al mondo, giunto alla 52 esima edizione e in mostra da domani al Museo di Roma in Trastevere. La foto dell´anno, scelta fra 96.268 presentate da 5.508 fotografi di 124 nazionalità, coglie l´attimo in cui un poliziotto si fa largo in un quadro di macerie, puntando la pistola contro una porta sbarrata. è teso, terrorizzato mentre entra in una casa lasciata dai proprietari strangolati dal mutuo e poi occupata da senzatetto, che la forza pubblica deve mettere sotto sequestro. L´immagine è resa in un bianco e nero violento, misterioso come il clou di un film d´azione che rappresenta invece la dura realtà dei giorni - era marzo - dell´ultima grande crisi (anche) americana; il suo autore Anthony Suau (1956, già premio Pulitzer) ha realizzato il reportage per Time Magazine a Cleveland, nell´Ohio. è sua l´immagine simbolo del WPP 2009: e non arriva da un angolo di mondo dimenticato, non da un paese esotico o remoto dove si muore di fame. Quest´anno i fotografi World Press documentano un mondo malato di povertà e solitudine, con immagini che arrivano spesso dagli Stati Uniti e spaziano dai volti desolati di chi cerca lavoro nelle strade di New York agli sguardi allucinati di un gruppo di bambini che, sul cammino per la scuola, trovano la giovanissima mamma di un compagno a terra in un lago di sangue, siamo nel Salvador, dove le bande criminali dilagano veramente e dieci persone vengono uccise - in media - ogni giorno. Tra le più feroci, la scena della morte di Thiago de Lima, un ragazzo di 21 anni, esanime in terra a Recife, nel Brasile nord orientale: intorno a lui non c´è cordoglio, non c´è dolore ma un gruppo di persone della sua età che ride, gioca, chiacchiera spensierata (la foto è di Eraldo Peres). L´obiettivo dei reporter è entrato (per essere poi premiato in una delle molte categorie del WPP) nella casa e nella vita di Diana Jarron, madre single con sette figli e in quella di Janet McDonald che alleva da sola tre gemelli di nove anni. Sono storie di vita quotidiana, ritratti nudi di difficoltà e fatiche infinite. Poi i tanti fatti di cronaca. Il terremoto in Cina, la guerra fra Russia e Georgia per la secessione dell´Ossezia, le violenze scoppiate in Kenya, gli attacchi terroristici in India, i migranti di Lampedusa, lo sfruttamento delle giovani donne africane in Francia. E un angolo d´Italia che si chiama Fondo Fucile, vicino a Messina, dove la gente vive in baracche d´amianto dalla fine della guerra: la dignità della povertà, il dramma della rassegnazione nelle foto di Massimo Siracusa. è un mondo sfinito, messo alla prova: a scorrere questo libro di grande giornalismo si scovano però alcuni, pochi scatti che commuovono e accendono la speranza. Come quello in cui Barack Obama e sua moglie sono fianco a fianco nei giorni della campagna elettorale, di fronte agli loro elettori che aspettano e guardano a occhi aperti verso il futuro. World Press Photo, Museo di Roma in Trastevere, piazza Sant´Egidio 1/b dall´8 al 28 maggio. Tutti i giorni 10-20. Info 060608.

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"tibet e nucleare, le mie battaglie di oggi" - massimo pisa (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 07-05-2009)

Argomenti: Obama

Pagina XVII - Milano "Tibet e nucleare, le mie battaglie di oggi" La mia generazione parlava di amore. Come fa oggi Obama, che crede nella speranza Milano? Ricordo un duetto in tv con Ron: io dovevo cantare in italiano, fu un disastro MASSIMO PISA «Alla fine ti devi arrendere al tempo. Tutte le generazioni prima o poi devono farlo. Ma non è un´ammissione di sconfitta: quello che fai ha un significato, i tuoi ideali restano per chi viene dopo». La voce roca, amichevole e rilassata di Jackson Browne non tradisce nostalgie. A 61 anni c´è ancora tempo per battaglie - l´ultima, contro l´uso di Running on empty da parte di John McCain in campagna elettorale, è ancora in tribunale - e cause da difendere: Cuba, il Darfur, l´ambiente, il Tibet, il no al nucleare. E per un disco («li chiamo ancora album, alla vecchia maniera»), Time the conqueror, molto West Coast, molto browniano, politico e privato insieme, che sarà al centro del concerto di stasera (sold out) al Ciak-Fabbrica del Vapore. Il tempo conquistatore. Era quello il significato della sua barba bianca, ora rasata, sulla copertina? «Era una sfida. Nel rock´n´roll tutti vogliono vendere la propria immagine. Con un buon fotografo, il computer e le luci giuste puoi fare miracoli. Io non ne ho più bisogno». Dylan è al numero 1 in Inghilterra, Springsteen è in piena attività, Neil Young e gli Stones sono ancora lì. Dov´è la pozione magica? «Siamo cresciuti con grandi canzoni, ispirati a grandi autori. Leiber e Stoller, Pomus, gli Everly Brothers. Lennon e McCartney sognavano di diventare i nuovi Goffin e King. Abbiamo dato tanto perché siamo capaci di raccontare la nostra storia ma ci sono cantautori di qualità anche oggi. Ben Harper e Steve Earle sono magnifici, ma in quanti conoscono Benji Hughes, Shawn Colvin o Rilo Kiley? In tv non li vedi, in radio comanda il business, non più i deejay». Nostalgia per la libertà, quella della West Coast degli anni Sessanta cantata in Off of Wonderland? «Non solo della West Coast. La libertà era ovunque, in America, in Inghilterra o in Italia. Mi sono chiesto cos´è rimasto di quegli ideali un po´ naif, le cose per cui combattevamo, Bob Kennedy e Martin Luther King. Beh oggi abbiamo Greenpeace e il primo presidente nero. Parlavamo di amore: è stato alla base della campagna di Obama, l´ha chiamato speranza». Quant´è cambiata l´America dall´evo di Bush? «Enormemente. L´eredità era pesante, non solo per errori di Bush: crisi e deregulation nascono con Clinton. Obama è un uomo intelligente, curioso, che ha eccelso finora in tutto. Parla di redistribuzione del reddito alle fasce più deboli, ha ridato una chance a tutti. Con Bush abbiamo avuto guerre, giochi sporchi e dividendi per pochissimi: anche i repubblicani hanno capito quanto è stato distruttivo». Lei è ancora sulla barricata anti-nucleare, trent´anni dopo. «è sempre un pericolo. Le radiazioni provocano il cancro e nessuno sa come smaltire le scorie. Vogliono vendercelo come economico ed efficiente e non lo è: serve solo ai soliti noti per fare profitti. Casa mia funziona a energia solare ed eolica: nel mio piccolo ho dimostrato che si può». Cosa le ricorda Milano? «Un duetto in tv con Ron. Cantavamo The Road, io dovevo interpretare i versi in italiano di Una città per cantare: un disastro. Con le mie vecchie canzoni, ho un buon rapporto. Sono istantanee, capitoli di una storia. E noto con piacere che il mio pubblico sa accogliere anche i miei lavori nuovi: è questo il piacere di suonare dal vivo. Ed è per questo che smetterò solo quando non avrò più niente da dire».

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felipe pronto a tornare ma senza chiedere scusa - benedetto ferrara (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 07-05-2009)

Argomenti: Obama

Pagina X - Firenze Felipe pronto a tornare ma senza chiedere scusa "Sono fatto di carne, Dio mi capirà" Il personaggio "Star fuori è stato difficile, ma mi fa piacere che la squadra sia riuscita a far bene" BENEDETTO FERRARA Non ne vuole parlare. Ma come si fa a far finta di niente? Sarebbe come incontrare Obama e non fargli una domanda sulla recessione economica. Ma questo Felipe Melo lo sa bene. E anche la società, che gli ha dato una mano a recuperare due delle cinque giornate di squalifica con un ricorso e affidando poi alla creatività individuale autorevoli (e anche meno autorevoli) commenti mediatici. E cosa dice adesso il pezzo meglio del centrocampo? Questo ragazzone molto simpatico, molto credente, e anche, diciamolo, molto più fight club che fair play? Eccolo. Felipe, pensa di dover chiedere scusa a qualcuno? «No, perché non ho fatto niente per dovermi scusare. Ma non parlo di quello che è successo». Ma cosa è accaduto esattamente nel tunnel tra lei e Lopez? «Niente. Ci siamo scambiati i numeri di telefono... via, lasciamo stare». E se dovesse essere provocato un´altra volta come si comporterebbe? «Nello stesso modo ma non capiterà più». Lei è molto credente. Almeno con Dio si sarà scusato. «Sulla Bibbia c´è scritto di porgere l´altra guancia. Ma io sono fatto di carne e di sangue e a casa ho tre figli. Io sono un uomo con le sue debolezze e quindi Dio sicuramente ha capito». E i suoi compagni? «Sì, tutti. Loro mi sono stati molto vicini». Com´è stato vedere le partite dalla tribuna? «Difficile. Non è bello soffrire fuori dal campo. Però sono contento del fatto che la Fiorentina ha fatto bene anche senza di me». Sincero? «Sì. Senza Felipe e senza Mutu ha comunque fatto grandi prove, e questo significa che è una grande squadra». Però lei serve. Eccome. Felipe Melo è una delle più belle sorprese di questo campionato. «Diciamo che neanche io mi aspettavo di arrivare in Italia e di riuscire subito a farmi valere. C´è una grande differenza tra la media del calcio spagnolo e quella del calcio italiano. Sono davvero soddisfatto. Qui ho imparato tante cose. E ho conquistato la nazionale». Tra l´altro ha incontrato Dunga poco tempo fa. Cosa vi siete detti? «Abbiamo parlato molto ma non di calcio». E di cosa, allora? «Di Firenze, lui dice che è migliorata. E del ristorante del Poggio Imperiale che lui frequentava in passato e io adesso». Della corsa Champions cosa dice? Firenze sogna il terzo posto? «Noi dobbiamo pensare a vincerle tutte e basta». Lei ha un fratellino calciatore di diciotto anni. «Sì, gioca nel Volta Redonda e ha il mio stesso ruolo». Lo consiglierebbe alla Fiorentina? «Sì, ma per il futuro. Ora ci servono giocatori di grande qualità per la Champions... se riusciamo a prenderla, chiaro».

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obama svolta in oriente una stagione di novità (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 07-05-2009)

Argomenti: Obama

Pagina XVIII - Genova Il dibattito Palazzo Rosso Obama svolta in Oriente Una stagione di novità Debutta Arte e Aperitivo C´è più gusto nel museo

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massacri a gaza, l'onu accusa israele peres: "rapporto fazioso e inaccettabile" - vincenzo nigro (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 07-05-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 16 - Esteri Massacri a Gaza, l´Onu accusa Israele Peres: "Rapporto fazioso e inaccettabile" VINCENZO NIGRO ROMA - All´improvviso in Medio Oriente tutto sembra ripartire a velocità caotica e accelerata, su mille tavoli e più livelli. La notizia più "rumorosa" è quella di Israele che rifiuta con forza il rapporto Onu che condanna la condotta dei suoi soldati durante la guerra di Gaza. «E´ un rapporto scandaloso e fazioso», dice il presidente Shimon Peres del testo di una commissione tecnica Onu. Il "Board of investigation" ha preso in esame 9 casi in cui l´esercito di Israele ha colpito uffici Onu a Gaza, uccidendo spesso personale internazionale o civili. «Israele non chiederà mai scusa per aver difeso le sue donne e i suoi figli», dice Peres, «siamo furiosi, non c´è alcuna menzione di Hamas: se loro non avessero lanciato razzi tutto questo non ci sarebbe stato». La commissione nominata da Ban Ki-moon, con la quale Israele aveva collaborato, ha ritenuto Israele colpevole di 6 dei 9 casi investigati. «Noi abbiamo rispetto per il segretario generale, ma non accettiamo una parola di questo rapporto», ha chiuso Peres. E lo stesso Ban ha accettato di lasciar raffreddare le cose, ricordando che il "board" da lui nominato non è una corte di giustizia, e quindi gli effetti del rapporto saranno nulli, a meno che non monti una campagna internazionale contro Israele. Il rapporto è stato presentato l´altro ieri sera e per il momento la campagna anti-israeliana non è partita: la verità è che quasi tutti i protagonisti in Medio Oriente sono impegnati in un gioco semi-sotterraneo rapido e complicato. Ieri è riemerso dopo mesi di eclisse politica Tony Blair, inviato del Quartetto per il Medio Oriente. Blair ha detto che è in preparazione una «nuova strategia», un piano che dovrebbe essere ufficialmente varato da Usa, Russia, Onu e Ue tra cinque o sei settimane. L´input alla revisione delle carte del Quartetto l´ha dato l´amministrazione Obama, che ha suggerito anche ai suoi partner arabi più moderati e influenti (Egitto e Arabia Saudita) di mettere mano anche alla revisione del famoso "piano arabo" del 2002 che nacque su iniziativa saudita. Blair ha detto il piano del Quartetto sarà finalizzato dopo i colloqui che Obama avrà questo mese con i leader politici arabi e israeliani. Del piano arabo, invece, il quotidiano Al-Quds Al-Arabi scrive invece che i leader arabi moderati stanno rivedendo le loro idee per renderle più accettabili a Israele. Il nuovo piano prevederebbe uno Stato palestinese smilitarizzato con capitale a Gerusalemme est, la Città Vecchia proclamata "zona internazionale" e l´assorbimento nei paesi di residenza dei profughi palestinesi, ad eccezione di una piccola parte che entrerà nel nuovo stato Stato palestinese. Sarebbe di fatto una rinuncia a quel "diritto al ritorno" per i profughi palestinesi costretti a lasciare la loro terra, una rinuncia che di fatto riconoscerebbe il diritto di Israele ad esistere come Stato ebraico nei confini che verranno definiti dagli accordi di pace.

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marchionne:"sarò ad della chrysler" - salvatore tropea (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 07-05-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 26 - Economia Marchionne:"Sarò ad della Chrysler" Il tribunale Usa accelera la vendita degli asset a Fiat. Fusione Porsche-Volkswagen SALVATORE TROPEA TORINO - «Sarò io l´amministratore delegato della Chrysler». Sergio Marchionne annuncia di essere lui il futuro ad della nuova società che nascerà dalle ceneri della più piccola delle big tree dell´auto americana. Lo fa nel giorno in cui il tribunale di New York decide di dare disco verde all´iter accelerato per la vendita, mediante asta, di gran parte degli asset della Chrysler che vede la Fiat come principale acquirente. è questo un passo avanti importante, accolto con soddisfazione dalla Casa Bianca, che fa dire all´ad del Lingotto di essere «fiducioso sull´uscita dal Chapter 11 entro 60 giorni» e che potrà avere una ricaduta sulla partita in corso tra Detroit e Berlino per il futuro della Opel, protagonisti questa volta il Lingotto e la sua ex alleata Gm, a un tavolo attorno al quale si affollano molti pretendenti. Tutto questo accade mentre, sempre dalla Germania, arriva la notizia della fusione tra Porsche e Volkwagen , a conferma che è ancora in atto la grande manovra che sta ridisegnando la mappa dell´industria mondiale dell´auto. Ma cominciamo dall´America, dove ancora si trova Marchionne impegnato a convincere Gm che nel capitolo Opel può e deve starci anche la sua «provincia» sudamericana. Nella sfida contro il tempo per la bancarotta-lampo della Chrysler, Arthur Gonzalez sta confermando la sua fama di giudice imparziale, efficiente e la cui fama di incorruttibile è legata ai processi Enron e WorldCom. Obama aveva concesso un limite di 30 o al massimo 60 giorni in modo da non esporre Chrysler a rischi di deterioramento irreversibile. E puntualmente, meno di una settimana dopo è arrivata la decisione che fissa il 20 maggio come limite entro la quale far pervenire le offerte e il 27 come data per decretare il vincitore. La proposta su cui si è espresso Gonzalez è la cessione da parte di Chrysler di tutti gli asset a una Newco, ovvero una società controllata da Fiat, dal sindacato della Union Auto Worker , dal Tesoro americano e dal governo canadese. Gonzalez ha anche deciso di consentire a Chrysler l´accesso al finanziamento del governo per 4,5 miliardi di dollari a condizione che entro 60 giorni si completi la vendita degli asset. Con ciò si garantisce la continuità produttiva dell´azienda e si accorcia sensibilmente la strada verso la sua uscita dal Chapter 11. Adesso Fiat è più vicina all´obiettivo americano mentre in Germania si allarga la contesa per le «spoglie» della Opel. Sulla scena ci sono sempre la russa Gaz che ha confermato il suo interesse ufficialmente, i sindacati di Ig Metall, che hanno chiesto al governo tedesco una partecipazione, la Magna e non meglio precisati fondi sovrani. Mentre dall´America Marchionne fa sapere di essere «in partita» per la svedese Saab, definendo il marchio «un´opportunità interessante» anche perché dispone di una rete di vendita in Usa che «sarebbe un peccato lasciarsi sfuggire». In questa rivoluzione dell´auto si è inserita ieri la notizia che le famiglie Porsche e Piech, comproprietarie di Porsche, hanno raggiunto un accordo per la fusione con Vw. Ciò vuol dire dieci marchi sotto la stessa bandiera. Un´operazione, questa, che spiega ancor meglio il perché della strategia di Marchionne.

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la carica dei ragazzi che salveranno il mondo - (segue dalla prima pagina) cinzia sasso (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 07-05-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 47 - Cronaca Impegnati, pronti a rischiare, più autonomi: sono i Millennials, i ragazzi diventati maggiorenni in questo secolo I sociologi della Cattolica disegnano la mappa dei nuovi giovani. Quelli che negli Usa hanno fatto vincere Obama La carica dei ragazzi che salveranno il mondo Superato lo shock di essere i primi a immaginare una vita peggiore di quella dei genitori Cresciuti in piena globalizzazione sono considerati "la vera grande risorsa del Paese" (SEGUE DALLA PRIMA PAGINA) CINZIA SASSO Alessandro Rosina e Paolo Balduzzi hanno intitolato la ricerca "Giovani oltre la crisi, la carica dei Millennials" e con questa hanno raccontato i nuovi giovani, quelli che hanno compiuto 18 anni all´alba del nuovo millennio, ribaltando luoghi comuni e accendendo una luce di speranza. Perché la carica dei giovanissimi che hanno un´età compresa tra i 18 e i 27 anni, quelli che sono cresciuti imparando insieme all´alfabeto anche a navigare in Internet e a spedire sms; quelli che il muro di Berlino non l´hanno visto in piedi e sono cresciuti in piena globalizzazione; quelli che sanno da sempre cosa sono la precarietà della famiglia e del lavoro, sono, come dice il sociologo Antonio De Lillo, «la vera, grande risorsa di questo paese». Questi sono i giovani che popolano le piazze e le università italiane. Quelli come Margherita, che alle nove della sera suona il campanello: raccoglie firme per la presentazione della "sua" lista elettorale, Sinistra e Libertà: dopo aver studiato, dato lezioni di ripetizione, prima di andare al pub dove lavora a tarda sera, eccola in versione militante. O quelli come Davide, 23 anni, terzo anno di giurisprudenza, che la mattina davanti all´Università Cattolica distribuisce volantini del Mup, Movimento universitario padano, per la tornata elettorale della facoltà: «Vengo da Genova, qui vivo da solo e non ho la tivù: la mia è una famiglia di sinistra, ma io credo nelle idee della Lega, che bazzica le piazze. Dobbiamo cambiare in meglio questo mondo e io voglio fare la mia parte». Gomito a gomito altri banchetti, altri ragazzi che pensano a studiare, certo, ma anche a preparare un futuro migliore per sé e per gli altri, ognuno secondo le proprie convinzioni. La tendenza, come spesso accade, è stata rilevata per prima negli Stati Uniti: ci sono i Millennials, la loro voglia di cambiare e la loro fiducia che questo sia possibile, dietro l´elezione a presidente di Barak Obama. Questo è stato il punto di svolta, il segno concreto che i bamboccioni evocati da Tommaso Padoa Schioppa erano spariti, che i Neets (i giovani senza lavoro, senza titolo di studio e senza alcuna voglia di avere né l´uno né l´altro) erano sorpassati, che la «generazione boomerang» (l´ultima scoperta dei sociologi: quelli che dopo una parentesi di vita in autonomia rientravano nella casa dei genitori) andava esaurendosi pian piano. L´incrocio di dati Istat, Iard ed Eurostat fornisce una fotografia completamente diversa e seppellisce quella che sarà ricordata come la generazione delle tartarughe. Spiega Rosina: «I trentenni di oggi sono stati i primi a fare i conti con le nuove forme di lavoro flessibile e la scarsità di ammortizzatori sociali e davanti alle difficoltà hanno reagito in modo passivo, ritirandosi, cercando al massimo la salvezza sul piano individuale, rinunciando a combattere come gruppo». Oggi, lo choc di essere i primi a immaginare una vita peggiore di quella dei genitori, è superato. Sono i ragazzi a insegnare ai genitori come usare la tecnologia e questo li rende protagonisti, li fa sentire importanti; sono i giovani ad avere un´idea del mondo più attuale, non legata a blocchi che la storia ha superato; sono loro a parlare le lingue e a non stupirsi della diversità in mezzo alla quale hanno imparato a crescere. Così eccoli tornare a parlare di politica (lo fa, ogni giorno, quasi il 10 per cento dei ragazzi, ma con un aumento del 5 per cento dal 2000 in poi). Eccoli considerare molto importante l´impegno sociale (nei primi anni del nuovo secolo sono cresciuti dal 18 al 25%). Eccoli affermare che «per riuscire nella vita è necessario rischiare» (lo dice il 60% di chi ha tra i 20 e i 24 anni mentre la percentuale scende al 40 per i trentenni). Ed eccoli perfino più numerosi a lasciare la casa familiare: il dato non è alto, ma per la prima volta c´è un´inversione di tendenza, i trentenni continuano a restare dalla mamma, i più giovani che se ne sono andati sono aumentati di quasi il 3 per cento. Ecco, infine, diminuire anche il divario di comportamento tra i due sessi. Il futuro di questi ragazzi, però, non dipende solo da loro. Come dice Marco Leonardi, docente di Economia politica alla Statale: «Questi ragazzi, e il Paese con loro, potranno fare strada solo se gli adulti di oggi sapranno cambiare i meccanismi di selezione, premiare il merito, rovesciare le logiche attuali». Insomma, a guardare avanti con occhi diversi devono imparare soprattutto loro, gli inossidabili vecchi che guidano l´Italia.

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- (segue dalla prima pagina) david leonhardt (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 07-05-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 42 - Economia Gli Stati Uniti batteranno la crisi se riusciranno a mettere un freno alle follie della finanza, a regolare i mercati, a preparare una generazione di lavoratori altamente istruiti e specializzati. Parola del capo della Casa Bianca che qui spiega la sua ricetta per l´economia e ammette: "Non so se tutto quello che facciamo funzionerà, ma restare fermi è impossibile" L´importanza di avere poteri regolatori forti: ma anche le imprese siano responsabili "Tim Geithner e Summers sono in grado di affrontare grandi emergenze economiche" (SEGUE DALLA PRIMA PAGINA) DAVID LEONHARDT unque non ne sentiremo la mancanza? «Ne sentiremo la mancanza nel senso che la conseguenza delle gratifiche milionarie versate a gente di 25 anni era che queste persone poi erano disposte a pagare 100 dollari per una cena con bistecche e il cameriere si portava a casa mance che avrebbero fatto l´invidia di un professore universitario. E dunque alcune delle dinamiche del settore finanziario avranno delle ricadute, specialmente in un posto come Manhattan. Ma in realtà io penso che ci sia sempre stata una percezione di insostenibilità rispetto a quello che è successo a Wall Street negli ultimi 10-15 anni. Wall Street rimarrà una parte significativa e importante della nostra economia, esattamente come lo era negli anni 70 e 80. Semplicemente, non rappresenterà più la metà della nostra economia. E questo significa che un maggior numero di talenti e risorse saranno destinati ad altri settori dell´economia. E io questo lo ritengo salutare. Non vogliamo che ogni singolo laureato con il bernoccolo per la matematica vada a fare il trader di derivati. Vedremo un riequilibrio, ma non credo che perderemo gli enormi vantaggi che derivano dalla trasparenza, dall´apertura e dall´affidabilità dei nostri mercati. Se non altro, un regime di regole più energico contribuirà a ripristinare la fiducia, e saranno ancora tantissimi i capitali esteri desiderosi di venire a parcheggiarsi negli Stati Uniti». Ritiene positivo avere società molto grandi e potenti regolate da regolatori forti, oppure dobbiamo sottoporle a una cura dimagrante, come in passato quando una legge proibiva alle banche commerciali di operare nel settore delle banche d´affari? «I dati indicano che altri Paesi, che non hanno, nei loro mercati finanziari, alcuni dei problemi che abbiamo noi, non prevedono, ad esempio, una separazione tra banche d´affari e banche commerciali. Hanno un modello di "supermercato" fortemente regolamentato». Come il Canada? «Il Canada è un buon esempio. Sono riusciti a gestire molto bene un periodo di grande rischio nei mercati finanziari. Ma questo non significa, per esempio, che una compagnia assicurativa come l´Aig con innestato sopra un hedge fund sia qualcosa di ottimale. Anche con i migliori regolatori, se si comincia a differenziare troppo le funzioni e i prodotti all´interno di una singola azienda, di un singolo istituto, di una conglomerata, in sostanza le cose possono sfuggire di mano. E la gente semplicemente non sa in cosa si sta andando a mettere». Dopo la Grande Depressione, si vide un balzo nei diplomi liceali: anziché appannaggio dell´élite, divennero la norma, il biglietto per accedere alla classe media. Qual è oggi quel biglietto? Serve davvero la laurea universitaria? «Nei i nostri obiettivi, abbiamo incluso almeno un anno di addestramento post-liceale per tutti. Un corso completo di laurea, con quattro anni di studi, sarebbe chieder troppo. Però a tutti serve un addestramento post-liceale nei settori in cui si richiede esperienza tecnica; se no è difficile ottenere un impiego che permetta di vivere. Questo non andrà soltanto a beneficio dei singoli, ma sarà anche cruciale per l´economia. La sfida è anche nell´assicurare che i licei siano all´altezza del compito. Glielo spiego raccontandole di mia nonna. Mia nonna non si è mai laureata. Completò il liceo. Però riuscì a diventare vicepresidente di una banca, e questo in parte perché il liceo le aveva impartito un´istruzione rigorosa al punto da permetterle di comunicare e di analizzare le informazioni molto meglio, francamente, di quando sappiano fare oggi molti giovani universitari in questo Paese. Anzi, meglio dei miei ex-studenti alla Facoltà di Legge dell´Università di Chicago». Signor presidente, io però ho parlato con universitari che si chiedevano se tanto studio servisse davvero. Sono preoccupati che i loro impieghi verranno esportati in Cina. Lei come risponde? «Beh, guardi le statistiche. Il tasso di disoccupazione fra chi ha solo il diploma liceale è almeno tre volte superiore a quello fra i laureati, che hanno più possibilità di trovare un lavoro con un buono stipendio, da classe media. Però, la grande sfida nell´istruzione è assicurare che fin dal quattordicesimo anno di età, si apprendano le materie e le qualità necessari ad essere competitivi e produttivi in un´economia moderna, tecnologica. Voglio vedere in particolare più lauree in matematica e scienza, in ingegneria. L´economia postbubble, "post-bolla", che sto descrivendo si fonda in parte sul riequilibrio tra fabbriche e produzione di servizi. Nel lungo termine, se si osservano i grandi rivali nell´economia globale - Cina, India, Stati Uniti, Brasile, Corea - i Paesi che stanno producendo la forza lavoro più istruita, che agevolano le scienze e la matematica, e sanno tradurre quell´istruzione in applicazioni tecnologiche, saranno notevolmente avvantaggiati nell´economia». Lei ricorda spesso che sua nonna guadagnava più di suo nonno. Il divario fra i salari di uomini e donne esiste ancora, però i compensi economici maschili oggi sono stagnanti, mentre quelli femminili sono in aumento. E molti lavoratori, per esempio della Gm o della Chrysler, sono depressi. Com´è il futuro lavorativo degli uomini? «Ottima domanda, perché se vai nelle fabbriche, trovi uomini con abilità straordinarie e orgogliosi di quel che fanno. Per loro, il tracollo dell´industria è la fine di un modo di vita, non soltanto la perdita di uno stipendio. Un´economia sana deve avere un´ampia varietà di lavori, nessun impiego a mio avviso dovrebbe scomparire. Costituirà magari una percentuale dell´economia inferiore rispetto al passato. Però è chiaro che, per la nuova generazione, dovremmo creare nuovi lavori. Nel pacchetto dedicato al risanamento dell´economia ho sottolineato molte volte l´importanza di una nuova rete elettrica "intelligente" nel Paese, con ramificazioni importanti nel consumo energetico. Ebbene uno degli ostacoli maggiori oggi è la mancanza di elettricisti specializzati per attuare quel progetto. Ecco perciò un campo nel quale il governo può intervenire, aiutando: sollecitando una svolta nell´istruzione in vista delle richieste del futuro, e non soltanto del passato». Lei incoraggerebbe gli uomini a impegnarsi anche in campi tradizionalmente riservati alle donne? Ad esempio gli infermieri sono ben pagati. E servono nuove assunzioni. «Infermieri, insegnanti: sono tutti mestieri dove servono più uomini. Gli uomini in quei settori sono stati sottopagati perché entravano in un campo prevalentemente femminile. Bisogna eliminare il divario nei salari fra i due sessi, e fra i vari settori. Se infermiere e insegnanti cominceranno a guadagnare di più, e se lo stesso accadrà per altre professioni, vedrete più uomini. Ma certo bisognerà abbattere molti stereotipi». Sua moglie, Michelle, ha mai guadagnato più di lei, signor presidente? «Certo, che sì. Però per un breve periodo. Quando ero senatore statale, facevo tre lavori: oltre al Senato, insegnavo ed esercitavo da avvocato. A conti fatti, guadagnavo appena un po´ più di lei. Ma quando ho iniziato la campagna per le elezioni al Senato americano ho dovuto mollare qualche incarico, e allora è stata Michelle a sostenere la famiglia per un paio di anni». Durante la campagna presidenziale lei aveva detto d´aver molto riflettuto sui dibattiti economici abituali nella Casa Bianca di Clinton. Diceva di voler replicare, all´interno della sua squadra, le celebri discussioni fra Robert Rubin e Robert Reich. E bisogna ammettere che fra i suoi consiglieri economici lei ha reclutato soprattutto dei Democratici. «Già, però non ho né Paul Krugman, né Joseph Stieglitz (ndr. entrambi Premi Nobel e aspri critici della politica economica di Obama)». No, non mi riferivo a loro due... Ma nella sua cerchia di collaboratori più stretti predominano i protetti di Rubin. «Beh, certo, Larry Summers e Tim Geithner ovviamente hanno lavorato al Tesoro quando c´era Rubin. Quello che io cerco sempre è un pragmatismo impietoso quando si parla di politica economica. è vero probabilmente che alla luce della crisi finanziaria che è venuta fuori il fatto che sia Geithner che Summers abbiano una certa familiarità con le crisi finanziarie è stato un punto a loro favore, perché avevamo bisogno di persone capaci di partire in quarta. E francamente la lista era abbastanza limitata, perché l´ultimo presidente democratico che abbiamo avuto è stato Bill Clinton: lui è stato sulla scena per otto anni e per gran parte del tempo Bob Rubin è stato il principale artefice della sua politica economica. Perciò è più che normale che tutti quelli che hanno esperienza su quel fronte escano fuori da quella fucina. Secondo lei la recessione è un evento sufficientemente grande da rendere un Paese disponibile a prendere alcune di quelle scelte difficili che dobbiamo prendere in ambiti come la sanità, la tassazione sul lungo periodo – che non coprirà i costi dello Stato – l´energia? Tradizionalmente queste scelte vengono prese in periodi di depressione o di guerra. Siamo a quel livello? «Beh, in parte dipenderà dalla leadership. Perciò dovrò tirar fuori buoni argomenti. Ed è quello che sto cercando di fare da quando sono arrivato, sto cercando di dire che adesso è il momento per prendere decisioni importanti e difficili». Lei è entrato in carica quattro mesi dopo il crollo della Lehman Brothers. Qualcuno a un certo punto potrebbe cominciare a dire: «Ehi, perché le cose non migliorano?». «è una cosa a cui pensiamo. Ancora prima delle elezioni sapevo che sarebbe stato un viaggio molto difficile e che l´economia aveva subito un trauma serio, da cui non si sarebbe ripresa istantaneamente. Però, sia che io resti in carica per un mandato sia che resti in carica per due, i problemi sono talmente importanti e fondamentali che non posso girarci intorno. Quello di cui sono molto fiducioso è che, considerando le scelte difficili che abbiamo di fronte, stiamo prendendo decisioni valide, ragionate. Questo non significa che ogni scelta sarà giusta, che funzionerà proprio come vogliamo noi. Ma io mi sveglio la mattina e vado a letto la sera sentendo che la direzione verso cui stiamo cercando di muovere l´economia è quella giusta, e che le decisioni che prendiamo sono fondate». (Copyright The New York Times - la Repubblica) (Traduzione di Fabio Galimberti)

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berlusconi: "la mia popolarità sale affronto il divorzio con classe" - gianluca luzi (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 07-05-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 8 - Interni Berlusconi: "La mia popolarità sale affronto il divorzio con classe" La battuta: amo le finlandesi maggiorenni. E attacca i media La battuta: amo le finlandesi maggiorenni. E attacca i media «L´ammirazione degli italiani è importante, ho la popolarità e l´ammirazione di tre persone su quattro, il 75%. Non male» «Giovane, bello e anche abbronzato era un complimento per Barack Obama, e lui ha capito». GIANLUCA LUZI ROMA - «Il divorzio è qualcosa di doloroso, sempre. Penso che dovrebbe essere un fatto privato, sul quale nessuno dovrebbe avere il diritto di intervenire». L´offensiva mediatica del Cavaliere non conosce soste né confini. Dopo aver convinto il suo pubblico dal confortevole salotto televisivo di Bruno Vespa (con uno share record del 33,6 per cento e punte del 44), ieri si è autopromosso a France 2, che ha trasmesso l´intervista nel tg delle 20, dicendo che anche una vicenda difficile come lo scontro coniugale non avrebbe intaccato la sua popolarità, anzi: «Gli ultimi sondaggi, al contrario di quello che si può pensare, mostrano ancora un aumento di popolarità per come ho affrontato, direi con una certa classe, questo fatto». In realtà un sondaggio commissionato dallo stesso Berlusconi dopo la vicenda della festa a Casoria e l´accusa della moglie di «frequentare minorenni», dimostra che il calo c´è stato, un meno due per cento nelle intenzioni di voto che alla vigilia delle europee non può non preoccupare chi vuole «battere il record mondiale delle preferenze». Ma Berlusconi ostenta una enorme sicurezza sul fatto che la tempesta coniugale non gli porterà danni, anche dopo le bacchettate dei vescovi che lo vogliono «più sobrio»: «L´ammirazione degli italiani è importante, ho la popolarità e l´ammirazione di tre persone su quattro, il 75 per cento. Non male». E tutto questo - compreso il 46 per cento che accredita al Pdl - senza l´appoggio dei media, fa notare il premier che è proprietario di tre reti tv e ne controlla altre due. Anzi, addirittura Berlusconi nella «prima intervista in francese dopo 10 anni» si lamenta delle sue tv. «La stampa e le televisioni sono sempre contro chi è al potere - dice il premier - e il 90 per cento della stampa e praticamente tutte le televisioni sono contro di me, anche quelle del mio gruppo». E questo succede «non spesso, sempre», perché «i giornalisti vogliono dimostrare che sono indipendenti». Oggi pomeriggio il presidente del consiglio salirà al Quirinale per gli annunciati ritocchi alla squadra di governo: la promozione di tre sottosegretari di cui una, la Brambilla, diventerà ministro del Turismo. Ieri sera ha portato a cena a Villa Madama con gli imprenditori molti ministri e le tre candidate con cui farà campagna elettorale: Lara Comi, Licia Ronzulli e Barbara Matera. Ieri mattina, invece, Berlusconi ha partecipato in Campidoglio alla seduta per Roma Capitale. Fa il simpatico e scherza col fuoco: racconta che una volta in Finlandia (in realtà l´episodio è avvenuto in Islanda) lo portarono a vedere una chiesa di legno del ‘700 «che da noi avrebbero cancellata», ma «io comunque amo i finlandesi e anche le ragazze finlandesi purchè abbiano più di 18 anni...». Nell´intervista a France 2 inevitabile il paragone con Sarkozy, «una personalità fortissima, unica» che «ama i fatti più che le parole». Ma nessuna influenza reciproca, «ognuno ha la sua personalità, le sue storie, le sue esperienze». E Obama «abbronzato»? «Era un complimento e lui l´ha capito. Nella politica è come nella vita normale» quindi «sono amico di tutti quelli che hanno la mia stessa responsabilità nei diversi paesi».

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non essere più schiavi di wall street: è questo il punto chiave della ricetta di obama. che qui racconta speranze. e qualche dubbio - autore1 (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 07-05-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 41 - R2 Non essere più schiavi di Wall Street: è questo il punto chiave della ricetta di Obama. Che qui racconta speranze. E qualche dubbio AUTORE1 david leonhardt Signor presidente, come concepisce la finanza nell´economia di domani: dovrà avere un ruolo ridotto? Avrà inevitabilmente un ruolo ridotto? «Innanzitutto penso che dovremmo distinguere tra la finanza che è linfa vitale della nostra economia e la finanza che è un´industria importante dove godiamo di un vantaggio comparato. Se la questione è semplicemente far crescere la nostra economia, dobbiamo avere credito a sufficienza per finanziare le imprese, grandi e piccole, per dare ai consumatori la flessibilità necessaria per fare acquisti a lungo termine come una macchina o una casa. Questo non cambierà. E sarei preoccupato se il nostro mercato del credito si riducesse al punto da non consentire il finanziamento della crescita sul lungo termine. Ciò significa che non dobbiamo soltanto avere un settore bancario sano, ma che dobbiamo cercare di capire che cosa fare con quel settore non bancario che erogava quasi la metà del credito in circolazione nel nostro Paese. E dobbiamo stabilire se riusciremo o no, a seguito di alcune delle misure assunte dalla Fed e dal Tesoro, a ricreare il mercato per i prodotti cartolarizzati. Sono ottimista, penso che alla fine riusciremo a rimettere in moto questa parte del settore finanziario, ma potrebbe volerci del tempo per riconquistare fiducia e sicurezza. Quello che secondo me cambierà, quello che secondo me era un´aberrazione, era una situazione in cui i profitti delle aziende del settore finanziario hanno rappresentato una parte molto consistente della nostra redditività complessiva negli ultimi dieci anni. Questo secondo me cambierà. E in parte sarà dovuto agli effetti della regolamentazione, che impedirà almeno in parte tutta quella leva finanziaria e quell´assunzione di rischi che erano diventati tanto comuni. Per certi aspetti penso sia importante rendersi conto che una parte di quella ricchezza era illusoria fin dal primo momento». SEGUE NELLE PAGINE SUCCESSIVE SEGUE A PAGINA 42

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Disastro Afghanistan nuova strage di civili (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 07-05-2009)

Argomenti: Obama

Non decolla la strategia decisa da Obama Disastro Afghanistan nuova strage di civili Raid Usa, massacro di bambini L'Afghanistan si conferma il nodo più infuocato e difficile per l'amministrazione Obama. L'ultima spina è l'ennesima strage di civili. Nei raid aerei statunitensi nella provincia di Farah, nell'Ovest del Paese, hanno perso la vita numerosi civili, i morti sarebbero più di cento e molti sono bambini e donne. La Croce Rossa dice basta all'orrore e accusa: «C'erano case distrutte e corpi di civili che cercavano riparo dall'attacco». Dopo le accuse Obama promette l'invio di nuovi soldati con l'obiettivo di estirpare Al Qaeda. Stabile A PAG. 8

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Strage di civili in Afghanistan (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 07-05-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Prima Pagina data: 07/05/2009 - pag: 1 Il presidente americano incontra Karzai e il leader pachistano Zardari: fermate i talebani Strage di civili in Afghanistan Raid Usa fa più di cento morti. Choc per Obama, scuse dalla Casa Bianca Nel giorno del vertice con i presidenti pachistano Zardari e afghano Karzai, Casa Bianca sotto choc per una strage di civili in Afghanistan: oltre 100 morti per i raid aerei. ALLE PAGINE 2E3 L. Cremonesi Valentino, Zecchinelli

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Strage in Afghanistan, le scuse dell'America (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 07-05-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Primo Piano data: 07/05/2009 - pag: 2 Strage in Afghanistan, le scuse dell'America La Croce Rossa: oltre 100 morti, tante donne e bambini. La Clinton: «Dispiaciuti» Cento, forse 120 o 150 morti in due villaggi del distretto di Bala Boluk, provincia di Farah, Afghanistan occidentale. Quasi tutti civili, moltissimi donne e bambini, uccisi nella notte di lunedì dalle bombe americane. È la più grave strage di «non combattenti » mai avvenuta nel Paese dall'inizio della campagna anti-talebani lanciata da George W. Bush nel 2001. Più a Est, oltre un confine che i pasthun non hanno mai riconosciuto, nella valle pachistana dello Swat decine di migliaia di persone terrorizzate sono in fuga dalle loro case. A nove giorni dall'inizio della battaglia aperta da Islamabad contro l'enclave talebana mancano (ancora) dati ufficiali sulle vittime civili, ma il governo ammette un esodo immenso: mezzo milione di rifugiati. Per l'Onu arriveranno a un milione. Divisi da profonda ostilità politica a livello di governi (anche se proprio ieri i presidenti Asif Ali Zardari e Hamid Karzai si dichiaravano «fratelli» davanti a Barack Obama), Pakistan e Afghanistan, o meglio le loro popolazioni pashtun, stanno vivendo un incubo comune. Ma è la strage afghana compiuta dai soldati Usa a causare più sdegno nel mondo, più imbarazzo a Washington, più problemi politici proprio adesso che Obama vuole raddoppiare entro settembre i suoi uomini nel Paese (fino a 68 mila). «Abbiamo mandato una nostra squadra martedì pomeriggio: hanno visto decine di cadaveri di donne e bimbi, fosse comuni, case distrutte», ha dichiarato Jessica Barry, della Croce Rossa Internazionale. «Anche uno dei nostri operatori è stato ucciso, con 13 membri della sua famiglia». Altri testimoni confermano. E poi sono arrivate le foto dei villaggi e delle famiglie distrutti. Le accuse del capo provinciale della polizia Ghafar Watandar alle forze talebane di aver usato i civili come «scudi umani» non cambiano molto la situazione. «I talebani avevano conquistato i due villaggi e ucciso tre poliziotti e tre civili 'collaborazionisti'», ha detto, aggiungendo che le forze afghane avevano chiesto l'aiuto degli americani. Lunedì si era combattuto tutto il giorno. Arrivata la notte la gente era rientrata nella case pensando che tutto fosse finito. Invece sono iniziati i bombardamenti Usa. Con un dubbio, avanzato da fonti militari Usa nella notte: che in realtà la strage sia stata causata da granate usate per la prima volta dai talebani per simulare bombe americane. Non sono una novità le morti di civili in Afghanistan: nel 2008 l'Onu ne ha contate 828 causate da forze governative, Usa e Nato. Per le Ong locali sono state più del doppio. E dal 2001 le stime parlano di 4.900/7.750 vittime civili delle forze pro-governo, contro le 2.400/3.950 uccise dai talebani. Episodi gravi ce ne sono stati altri in passato: banchetti di nozze scambiati per assembramenti talebani, scuole colpite. Nell'agosto 2008 l'ennesima strage aveva creato forte tensione tra Kabul e Washington: un raid Usa aveva ucciso 90 civili, mai ammessi dagli americani anche se confermati dall'Onu. Questa volta, invece, Washington non nega e anzi si scusa: «Siamo profondamente, profondamente dispiaciuti», ha dichiarato ieri il segretario di Stato, Hillary Clinton, promettendo un'inchiesta congiunta a quella che aprirà Kabul. E all'alleato Pakistan, invece, un incoraggiamento a continuare sulla strada della guerra aperta ai talebani. «Un buon segnale», ha definito Clinton l'ultima offensiva nello Swat. Anche se per il momento sembra solo l'ennesima emergenza umanitaria. Cecilia Zecchinelli Vittime La sepoltura di alcune delle vittime dei raid aerei americani sulla provincia di Farah (Ap)

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Gli Usa studiano il per sostituire i scomodi (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 07-05-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Primo Piano data: 07/05/2009 - pag: 2 La strategia Gli Usa studiano il «piano B» per sostituire i «soci» scomodi di GUIDO OLIMPIO WASHINGTON Barack Obama, durante la campagna elettorale, aveva promesso che il focus della sua politica estera sarebbe stato il conflitto afghano-pachistano, l'Af-Pak. Una centralità motivata dalla duplice necessità di garantire un minimo di stabilità in un'area diventata negli ultimi mesi esplosiva e di impedire la preparazione di un nuovo 11 Settembre. Ma la Casa Bianca ha risorse limitate e due partner complicati. Il presidente afghano Hamid Karzai e quello pachistano Asif Zardari sono amici difficili, costantemente sotto il tiro di critiche interne ed esterne, che resistono al potere attraverso i compromessi. Una verità svelata all'opinione pubblica da una serie di articoli ispirati da fonti statunitensi. Ricostruzioni minuziose dove si elencano gli errori, la corruzione estesa, la debolezza, il doppio gioco, la scarsa affidabilità dei due alleati, fino a paventare un passaggio dell'arsenale nucleare pachistano nelle mani degli integralisti. A questo punto la domanda per i vertici americani è: vale la pena continuare con questi soci? Un interrogativo seguito da scenari che disegnano un doppio ricambio regionale. Un premier forte al fianco di Karzai. Un ruolo maggiore dei militari a tutela di Zardari (o, persino, l'«affidamento» del potere ai generali). La soluzione non definitiva, sia ben chiaro passa dagli attori locali. I soldati alleati impegnati sul campo non sono sufficienti. Più bombe rischiano solo di portare altre reclute al nemico. Le stragi di civili anche se chiaramente non volute - sono il miglior alleato dei talebani. Pensare di trovare leader più graditi e gradevoli, oltre che difficile, sarebbe una sconfessione dei principi che ispirano la presidenza Obama. Vuole parlare con Ahmadinejad, Castro e Chavez, ma poi si sbarazza di chi non si adegua alle sue linee strategiche. Ha investito tanto per lanciare una nuova immagine dell'America e poi torna a vecchi sistemi. La cura proposta dai «dottori» americani è di non sdradicare il male ma di ridurne gli effetti. Ai pachistani verrà chiesto per la centesima volta di fare sul serio contro gli integralisti, in cambio verranno concessi quegli aiuti militari fino ad oggi lesinati. Crescerà lo scambio di informazioni tra intelligence. Sarà studiato un nuovo piano d'azione antiterrore. Aumenteranno le iniziative a favore delle popolazioni civili. Di nuovo, la strada è tortuosa. Va percorsa a piccoli passi che, a volte, sono faticosi per il gigante americano. Karzai e Zardari devono agire con fermezza senza però apparire docili strumenti nelle mani degli Stati Uniti. Gli americani potranno torcere loro il braccio, ma non troppo forte per non urtare sensibilità e orgoglio. Per questo la scelta di offrire una stampella a due amici zoppicanti è visto, per ora, come il male minore. Ma alla Casa Bianca studieranno anche un piano B in caso la coppia non funzioni. Un'ipotesi che costringerà gli Stati Uniti a cercare nuovi interlocutori e a estendere un impegno diretto che si voleva invece contenere. Presidenti Barack Obama ieri a Washington tra Hamid Karzai (sin.) e Asif Ali Zardari (des.)

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Obama: lo scopo comune è sconfiggere Al Qaeda (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 07-05-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Primo Piano data: 07/05/2009 - pag: 3 Diplomazia La Casa Bianca alza la pressione sugli alleati Obama: lo scopo comune è sconfiggere Al Qaeda Summit con i presidenti afghano e pachistano DAL NOSTRO CORRISPONDENTE WASHINGTON Rischiava di rovinare l'esercizio diplomatico dell'amministrazione Obama, l'errore di un bombardamento che ha ucciso decine di civili afghani. Ma la promessa del presidente degli Stati Uniti di «fare di tutto per evitare vittime civili» ha permesso alla Casa Bianca di rimanere concentrata sull'obiettivo: alzare la pressione su Pakistan e Afghanistan, spiegar loro che il tempo delle furbizie è finito e strappare l'impegno concreto a far sul serio nella lotta a talebani e Al Qaeda, aumentando gli sforzi e coordinandoli con i comandi americani, che tra poco potranno disporre delle nuove truppe, 21 mila soldati, ordinate nella regione da Barack Obama. «La sicurezza dei nostri tre Paesi è legata e sono contento che questi due leader riconoscano la gravità del pericolo che abbiamo di fronte: l'obiettivo comune rimane distruggere, smantellare e sconfiggere la struttura di Al Qaeda», ha detto Obama dopo aver ricevuto il presidente pachistano Asif Ali Zardari e quello afghano, Hamid Karzai. Ma ha anche ricordato che la soluzione non può essere solo militare, che «l'estremismo si vince anche migliorando la vita di afghani e pachistani», rilanciando l'economia e rafforzando la democrazia. Una giornata di diplomazia ad alto profilo, quella di ieri, forse la prima a carattere operativo consumatasi a Washington dall'insediamento della nuova amministrazione. Dove Hillary Clinton ha ben recitato nel ruolo di apripista per Obama. Di buon mattino, accompagnata dall'inviato speciale nella regione, Richard Holbrooke, il segretario di Stato si è presentata all'Hotel Willard per un fuori-programma con Zardari. Hanno parlato per un'ora, durante la quale l'ex first lady ha spiegato punto per punto al presidente pachistano cosa Washington si aspetti da Islamabad contro la minaccia talebana al confine con l'Afghanistan. Una chiarezza che ha sortito il suo effetto: in conferenza stampa Zardari ha assicurato che il suo Paese «sarà all'altezza delle sfide che ha davanti». Più tardi Hillary ha fatto da padrona di casa al dipartimento di Stato, ospitando una sessione di lavoro cui hanno preso parte, con Zardari e Karzai, le tre delegazioni al completo. L'ex first lady li ha presentati come due leader che «guidano i loro Paesi in un momento difficile e capiscono che gli Stati Uniti, l'Afghanistan e il Pakistan fronteggiano un nemico comune». Al termine dell'incontro, preludio ai colloqui del pomeriggio alla Casa Bianca, si è detta «ottimista sulla possibilità che questo processo possa fare la differenza». Riferendosi alla controffensiva lanciata dal Pakistan nella valle di Swat contro i ribelli, ha detto di essere rimasta «impressionata» dall'azione del governo di Islamabad. Zardari e Karzai ce l'hanno messa tutta per tentare di rispondere in modo convincente alle obiezioni e alle richieste che Hillary e il presidente hanno messo nero su bianco in termini piuttosto ultimativi. «Abbiate fiducia in noi», ha detto Karzai, cui Obama guarda con scetticismo, per il rifiuto a combattere la corruzione, il nepotismo, la tendenza a circondarsi di autentici banditi, sempre invocando gli equilibri tribali. Paolo Valentino

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(sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 07-05-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Primo Piano data: 07/05/2009 - pag: 3 L'intervista Lo scrittore Ahmed Rashid sulle chance dell'offensiva lanciata dal governo di Islamabad «Ora la popolazione è contro i talebani» «Questa volta è una cosa seria. In passato governo ed esercito pakistani avevano dichiarato in più occasioni che avrebbero combattuto i talebani. Ma alle parole non erano seguiti i fatti. Ora l'offensiva c'è davvero». Così l'intellettuale pachistano Ahmed Rashid commenta per telefono dalla sua abitazione di Lahore le nuove fasi dell'offensiva militare all'ombra dei colloqui a Washington tra il presidente Asif Zardari e Barack Obama. Anche ai tempi di Musharraf abbiamo più volte sentito annunci di importanti operazioni militari contro i talebani. Salvo poi scoprire che erano ben poca cosa. Perché con Zardari dovrebbe essere diverso? «La differenza è che oggi l'opinione pubblica pachistana è sinceramente ostile ai talebani. In passato non era così. Ma la loro crescente forza militare e la penetrazione verso sud, sino al Punjab, fa paura a tanti. Un conto è avere i talebani alleati nelle zone tribali del nord-ovest che perseguono gli interessi pachistani in Afghanistan, un altro è invece vederli marciare verso Islamabad imponendo la Sharia tra la popolazione. Non si dimentichi che, a eccezione di alcune province settentrionali, il Pakistan resta un Paese con una grande maggioranza laica». Dunque l'opinione pubblica sostiene l'offensiva militare nella vallata di Swat e nelle altre zone occupate dai talebani? «Assolutamente sì. L'esercito non incontra alcuna opposizione tra i suoi ranghi o tra la gente. Il problema semmai è cercare di aiutare al meglio le decine di migliaia di profughi che fuggono le zone di guerra. In passato i governi sono stati spesso indifferenti a questo genere di problemi umanitari». L'amministrazione Usa ha ribadito le sue preoccupazioni sull'eventualità che i talebani e addirittura i loro alleati legati ad Al Qaeda possano impadronirsi dell'arsenale nucleare pakistano. È un timore fondato? «No, non lo credo. L'esercito resta un'organizzazione solida, con una gerarchia ordinata. Non vedo alcuna possibilità che i talebani o i loro alleati possano mettere le mani sulle atomiche ». Però le avanguardie talebane sono penetrate in Punjab, dove si trovano alcune basi atomiche. «È vero. I talebani nelle ultime settimane sono penetrati molto a sud, sino al Punjab e a poco più di un centinaio di chilometri da Islamabad. Sono stati ricacciati. Ma vi mantengono collegamenti forti e il governo dovrà preoccuparsi di reciderli». Come legge i colloqui di Zardari con l'amministrazione americana? «Mi sembrano un'ottima cosa. Speriamo che arrivino presto nuovi aiuti militari e civili dall'America». È dall'11 settembre 2001 che gli Usa pagano miliardi di dollari nella speranza che il Pakistan collabori alla lotta contro il terrorismo e il fondamentalismo islamico. Però non sembra siano serviti a molto. «L'amministrazione Bush dal 2001 ha versato 11 miliardi di dollari, che sono andati per l'80% all'esercito pakistano. Il problema è che non c'è stato un controllo trasparente sull'amministrazione di quei fondi. Una parte avrebbe dovuto essere spesa per finanziare le scuole pubbliche e non lasciare che le madrasse diventassero luoghi di predicazione per il fondamentalismo islamico. Ora spero che l'amministrazione Obama si preoccupi anche di controllare il modo in cui quei soldi vengono spesi e che servano anche a progetti civili». Lorenzo Cremonesi

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Berlusconi: sondaggi in salita, ho classe (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 07-05-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Politica data: 07/05/2009 - pag: 10 Politica e famiglia Il premier ironizza sulle «maggiorenni». A France 2: Noemi? L'ho vista tre volte, sempre con i genitori Berlusconi: sondaggi in salita, ho classe Il capo del governo: il 77% degli italiani mi ammira. Letta, missione in Vaticano ROMA È passato alle battute, come quella pronunciata con fare ilare ieri mattina durante la cerimonia per Roma Capitale in Campidoglio con il sindaco Alemanno: «Amo la Finlandia e le finlandesi, purché siano maggiorenni... », . Significa che Silvio Berlusconi ha tirato un sospiro di sollievo, dopo la settimana orribile che lo ha visto protagonista e impelagato in veline, divorzi, frequentazioni con minorenni, tutte grane da giustificare e accuse da respingere. Non che il pericolo sia scampato definitivamente, se è vero che voci incontrollate darebbero una possibile perdita di consensi calcolabile sulle liste all'1%. Ma quel che è certo è che, dai suoi sondaggi riservati, per ora risulta che il danno subito sia molto, molto contenuto. In realtà, anche se Berlusconi parla di un fantasmagorico 46% toccato dal Pdl, i sondaggi veri saranno fatti tra oggi e domani, quando la vicenda Veronica si sarà sedimentata. Per ora però, non ci sarebbero contraccolpi importanti. La puntata di Porta a Porta di martedì, con un'audience altissima, è stata monitorata minuto per minuto dai sondaggisti del Cavaliere, con un risultato che viene giudicato molto positivo: chi era davanti alla tivù è rimasto incollato fino alla fine, anche quando dal caso Veronica si è passato ad altri temi, dal terremoto alla Fiat alla crisi. Segno che «la gente è interessata alle cose che la riguardano da vicino, il resto non incide sulla propria opinione personale ». Che comunque non è negativa per il premier, se è vero che il 70% di chi ha visto la trasmissione ha espresso «gradimento » per lui, è le percentuali sono molto alte nella fascia delle donne sopra i 55 anni. Tutti dati che hanno rallegrato il Cavaliere, che ieri in un'intervista al tg francese di France 2 ha assicurato che «gli ultimi sondaggi, al contrario di quello che si può pensare, mostrano ancora un aumento di popolarità per come ho affrontato, direi con una certa classe, questo fatto», e il 75% degli italiani (dato del 1Ú maggio) lo «ammirano, il che non è male e gli ultimi di stamattina (ieri, ndr) sono al 77%». E su Obama: definirlo abbronzato «è stato un complimento». Poi la risposta su Noemi: «È venuta a trovarmi tre o quattro volte, mi dicono. Io ne ricordo tre. È venuta sempre con sua madre o suo padre, che fa parte del mio partito ». C'è infine un altro elemento che sembra rassicurare il Cavaliere: dopo un incontro ieri tra Gianni Letta ed esponenti di spicco di Oltretevere, sarebbe stato confermato che il Vaticano non ha intenzione di calcare la mano sulla vicenda divorzio (peraltro di un matrimonio non religioso ma civile). Però, la questione deve finire qui, e le luci vanno abbassate per tornare ad argomenti e attività più consone a un premier. Motivo per cui sembra che al momento la strategia mediatica del contrattacco con l'arma del mezzo televisivo si possa fermare: se verrà confermato dai sondaggi che, come dice Berlusconi, il «messaggio di verità è passato» si potrà tentare di far scendere il silenzio sulla vicenda. Giustificando il black out con le stesse parole del Cavaliere: «Il divorzio è qualcosa di doloroso, sempre. Dovrebbe essere un fatto privato, sul quale nessuno dovrebbe avere il diritto di intervenire» Paola Di Caro

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Roxana interrompe il digiuno di protesta Martedì l'appello (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 07-05-2009)

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Corriere della Sera sezione: Esteri data: 07/05/2009 - pag: 17 Il caso La giovane in carcere in Iran Roxana interrompe il digiuno di protesta Martedì l'appello Dice di provare sollievo, ma la sua voce, al telefono da Teheran, suona pacata, piena di tristezza. «Roxana ha sospeso lo sciopero della fame», dice al Corriere Reza Saberi. Sua figlia, la giornalista irano-americana condannata a 8 anni di carcere per spionaggio in favore degli Stati Uniti, aveva iniziato il 21 aprile a digiunare per protesta. Poi ha smesso di bere: venerdì scorso nell'infermeria dell'ospedale le hanno fatto un'endovena. «Era pericoloso. Avevamo insistito perché mangiasse ». Lunedì, dopo 13 giorni, ha ricominciato a nutrirsi. Il caso di Roxana è visto da molti esperti come la risposta degli ultraconservatori in Iran all'offerta di dialogo di Obama. Reza, iraniano, 68 anni, insegnante e traduttore negli Stati Uniti, lo vede da padre. Ciò che sa è che la figlia è rinchiusa dal 31 gennaio a Evin, dove molti iraniani (inclusi giornalisti) sono stati torturati e uccisi. «Ciò che conta per noi è liberarla». Il processo d'appello si terrà «martedì, pare». A porte chiuse, come il primo. Shirin Ebadi non la difenderà. «Era fuori dal Paese», si limita a dire Reza. Ha visto la figlia lunedì alle 11:30, per 20 minuti, in una stanza per le visite. Due funzionari di guardia. «Indossava il chador nero a fiori bianchi che le hanno dato in prigione. Si è seduta sul divano tra me e mia moglie. Avevamo ordinato del pollo, del pane. Ha accettato alcune cucchiaiate di yogurt. Martedì sera, mi ha chiamato per dire che lunedì aveva cenato e ora sta mangiando regolarmente ». Merito delle tante persone «che stanno digiunando al suo posto». Ha iniziato Reporters sans frontières il 28 aprile. Dal 3 maggio docenti e studenti della sua ex università a Chicago hanno lanciato uno sciopero della fame a catena attraverso il sito FreeRoxana. net. Hanno aderito 340 volontari nel mondo, tra cui 34 italiani. In appello, l'avvocato Khorramshahi crede la sentenza possa essere ridotta o cancellata. Reza si dice ottimista. Viviana Mazza Per la figlia L'immagine della giornalista iraniano-americana Roxana Saberi tra le mani della mamma, la giapponese Akiko (Ap/Hasan Sarbakhshian)

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(sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 07-05-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Economia data: 07/05/2009 - pag: 32 L'industria europea Philippe Houchois, Ubs: dopo il Lingotto tutti sotto pressione «Mossa per la leadership, sulla scia di Torino» MILANO «Dal punto di vista finanziario è ancora presto per capire che tipo di fusione sarà. Dal punto di vista industriale, invece, non vedo una gran logica in questa operazione». Philippe Houchois, responsabile delle analisi sul settore automobilistico della Ubs a Londra, è uno dei massimi osservatori della lunga marcia d'avvicinamento fra Volkswagen e Porsche. Ma anche per lui l'annuncio della fusione è arrivato come una sorpresa. «Non vedevo e non vedo un'assoluta necessità di fondere il business di Porsche con quello di Volkswagen dice . Evidentemente il senso dell'accordo non ha solo una logica industriale». Da Fiat-Opel a Porsche-Vw, in Germania sta andando in scena il primo capitolo di quello che molti preannunciano come il grande consolidamento dell'auto mondiale. Una reazione tempestiva ai rigori della crisi globale? «Non c'è dubbio che il settore stia reagendo con forza alla crisi. Ma quelle di Fiat e Volkswagen sono due storie molto diverse. Il gruppo torinese si sta muovendo con determinazione ed efficacia di fronte alla necessità di crescere di dimensioni senza averne le risorse finanziarie». Pensa che l'offerta per Opel avrà successo? «Direi di sì. Tutte le persone coinvolte nell'operazione finiranno per rendersi conto dei reali fattori in gioco: l'inevitabile calo delle quote di mercato dei singoli gruppi, il bisogno di risorse da investire, l'eccesso di duplicazioni fra modelli d'auto. Oggi si usano troppe risorse finanziarie per produrre veicoli identici». Governo e sindacati tedeschi daranno via libera al progetto Fiat? «Il problema è il sindacato. Credo infatti che i governi, non solo quello tedesco, si stiano rendendo conto della difficoltà della sfida che l'industria dell'auto si trova di fronte e siano alla ricerca di soluzioni sostenibili nel tempo. Questo, del resto, è evidente anche nella posizione espressa dall'amministrazione Obama nei confronti della proposta Fiat per Chrysler». Anche lei dà per scontato un consolidamento del settore? «Sì, soprattutto in Europa. Penso che da qui al 2010 vedremo almeno un paio di grandi fusioni. Se andasse in porto l'operazione Fiat-Opel, questo metterebbe una forte pressione su Peugeot e Renault. Anche Ford a quel punto dovrebbe pensare di rafforzarsi. E così Mercedes e Bmw, sebbene questi due gruppi possano permettersi di prendere altro tempo» Quanto giganti dell'auto rimarranno nel mondo alla fine? «Innanzitutto bisogna distinguere. Negli anni '90 abbiamo assistito a un processo di consolidamento che ha interessato le industrie con attività globali. Oggi siamo di fronte a progetti di fusione su scala continentale. Sono cose molto diverse. E in prospettiva, ci troveremo ad avere una produzione mondiale superiore all'attuale, per effetto della crescita dei gruppi emergenti, soprattutto in Asia. Questo è il vero rischio». Giancarlo Radice

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Marchionne al vertice della Chrysler (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 07-05-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Economia data: 07/05/2009 - pag: 33 Il Lingotto Per liquidare i creditori due miliardi, forniti dal Tesoro americano. Epifani: rischio occupazione in Italia Marchionne al vertice della Chrysler «Sarò amministratore delegato». Sì del tribunale Usa alla bancarotta veloce per le nozze con Fiat MILANO La Casa Bianca aveva promesso tempi rapidi. Lo saranno ancora più del previsto. Arthur Gonzalez, il giudice del Tribunale di New York sulla cui scrivania era arrivato il dossier Chrysler, conferma la velocità sua e della magistratura fallimentare americana. Otto ore di udienza, e poi il verdetto che apre alla Fiat i cancelli di Auburn Hills: la vendita ci sarà, potranno fermarla solo eventuali altre offerte da presentare entro il 20 maggio. Se l'asta andrà deserta (ed è evidente che così sarà), la bancarotta sarà davvero «chirurgica». Durerà, di fatto, solo fino al 27 maggio. Da lì in poi scatteranno le procedure di cessione. Per il 15 giugno andranno completate, se servirà ci sarà un altro mese a disposizione per le necessarie autorizzazioni. Ma Sergio Marchionne e gli uomini del Lingotto, che del resto a Detroit stanno già lavorando, tra venti giorni potranno fare il loro ingresso ufficiale alla guida del gruppo. O meglio: alla guida della new company di cui Marchionne sarà amministratore delegato, come ha confermato ieri lui stesso a Bloomberg che rileverà dal Chapter 11 le attività della «vecchia» Chrysler. Il semaforo verde si accende nella notte italiana. Gonzalez ascolta i rappresentanti dei creditori che la task force del Tesoro non era riuscita a convincere, quel pugno «di speculatori» (così li aveva definiti Barack Obama) che avevano vanificato l'accordo raggiunto con le grandi banche e con il grosso di chi aveva concesso prestiti a Chrysler. Ascolta i legali del gruppo. E conclude che i creditori non hanno alcuna ragione di opporsi alla vendita. Il piano presentato da Chrysler è «equo», decreta il magistrato. Di più: c'è la necessità di «concludere la vendita urgentemente ». Le condizioni saranno quelle stabilite dall'intesa approvata dalla Casa Bianca, che ieri ha commentato «con estrema soddisfazione » il via libera a «una ristrutturazione veloce e ordinata». Dalla società in Chapter 11 la newco (55% al sindacato, 10% ai governi di Usa e Canada, gestione e un 20% iniziale a Fiat, che salirà gradualmente al 35% e ha un'opzione fino al 51%) rileverà gli asset «buoni ». Versamento, destinato a liquidare i creditori: 2 miliardi di dollari (sui 6,9 totali), che arriveranno dal Tesoro come da accordi siglati giovedì scorso. La somma fa parte dello stanziamento di 6,5 miliardi di aiuti pubblici decisi dall'amministrazione Usa (più altri 4 dal governo canadese). Avviato il lavoro su Chrysler, Marchionne prosegue con la task force e con Gm le trattative per rilevare Gm Sudamerica e Europe. Sa, il numero uno Fiat, che intanto proprio l'operazione europea preoccupa anche il sindacato italiano: ieri è stato Guglielmo Epifani a risottolineare i timori per l'occupazione. È un capitolo che sarà affrontato presto. Al preannunciato tavolo governativo, con al centro le sorti di Termini e Pomigliano, il Lingotto è pronto a presentarsi. Ma è chiaro che la posizione dipenderà dall'esito della «campagna Opel». Raffaella Polato L'amministratore delegato della Fiat, Sergio Marchionne

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Bank of America cerca fondi Ma Wall Street sale ancora (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 07-05-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Economia data: 07/05/2009 - pag: 33 Stress test Ricapitalizzazione anche per Citigroup Bank of America cerca fondi Ma Wall Street sale ancora DAL NOSTRO INVIATO NEW YORK Dieci delle 19 banche messe sotto la lente da Tesoro e Federal Reserve hanno bisogno di essere ricapitalizzate. Servono altri 75-80 miliardi di dollari, forse di più. Qualche mese fa una simile anticipazione dei risultati dello stress test che verranno pubblicati solo stasera dal governo Usa, avrebbero ulteriormente depresso i mercati azionari. Ieri, invece, Wall Street ha reagito positivamente alle notizie provenienti dal fronte bancario. Perfino Bank of America, quella che esce nel modo peggiore dall'esame dovrà reperire nuovi capitali per quasi 34 miliardi di dollari in Borsa ha guadagnato addirittura il 15 per cento. Come mai? Perché, dopo mesi di cattive notizie, i mercati si erano preparati a un verdetto molto peggiore: un fabbisogno di 50 o, addirittura 70 miliardi, pari al valore dell'intero capitale del gigante bancario di Charlotte, in North Carolina. Se affronterà i suoi problemi convertendo i finanziamenti a suo tempo ottenuti dal Tesoro in azioni ordinarie, Bank of America non trasferirà la sua quota di controllo allo Stato, ma darà comunque a Obama la possibilità di attuare una promessa fatta ai contribuenti: quella di rimpiazzare i manager delle banche che hanno fatto maggiormente ricorso alle casse federali. Un ulteriore passo quindi verso l'uscita di scena di Ken Lewis: il capo di Bank of America, già in rotta con la Fed (ha accusato il suo capo, Bernanke, di averlo obbligato a rilevare la disastrata Merrill Lynch) e «sfiduciato» la settimana scorsa dai suoi stessi azionisti che, pur confermandolo amministratore delegato, gli hanno tolto la presidenza dell'istituto. Bank of America potrebbe, comunque, tentare di resistere integrando il capitale con i proventi della cessione della partecipazione nella banca cinese CCB (del valore di 8 miliardi) e trovando nuovi finanziatori privati. Quanto agli altri istituti, si sa che tra i «promossi» ci sono Goldman Sachs, JP Morgan Chase, New York Mellon, State Street e American Express: questi istituti hanno capitale a sufficienza anche per affrontare una recessione che potrebbe essere ancora lunga e profonda. Citigroup se la caverà con un'«integrazione » di 10 miliardi di dollari, ma solo perché ha già convertito i capitali ricevuti dal governo in azioni ordinarie. Anche Wells Fargo e US Bancorp, le banche che scalpitano di più per restituire i fondi ricevuti qualche mese fa dal Tesoro e per recuperare, quindi, piena libertà (compresa quella di strapagare i manager), dovranno integrare il loro capitale, ma in misura inferiore al previsto. Un quadro relativamente confortante, visto che fino a qualche settimana fa il sistema creditizio Usa veniva considerato sostanzialmente insolvente, se non fosse che molti giudicano eccessivamente ottimistiche le conclusioni di Tesoro e Fed. Nei giorni scorsi il Wall Street Journal ha pubblicato articoli di economisti progressisti e conservatori da Nouriel Roubini a Glenn Hubbard, a Luigi Zingales che chiedono al governo di usare con le banche «più il bastone che la carota», e avvertono che, sottostimando oggi le debolezze dei bilanci bancari, i problemi riemergeranno inesorabilmente nei prossimi anni. Il Tesoro non cambierà di certo, a tempo scaduto, metodologia e parametri della sua indagine. E tuttavia, davanti al sospetto che le banche vogliano restituire i soldi allo Stato non perché non ne hanno più bisogno o per rispetto del contribuente, ma perché sottovalutano i loro problemi o vogliono avere le mani libere, le autorità monetarie hanno deciso di accettare i rimborsi solo se gli istituti dimostreranno di poter raccogliere altro capitale sul mercato senza avere alle spalle alcuna garanzia pubblica. Massimo Gaggi

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Obama: "Così ripartirà l'America mai più schiavi di Wall Street" (sezione: Obama)

( da "Repubblica.it" del 07-05-2009)

Argomenti: Obama

Signor presidente, come concepisce la finanza nell'economia di domani: dovrà avere un ruolo ridotto? Avrà inevitabilmente un ruolo ridotto? "Innanzitutto penso che dovremmo distinguere tra la finanza che è linfa vitale della nostra economia e la finanza che è un'industria importante dove godiamo di un vantaggio comparato. Se la questione è semplicemente far crescere la nostra economia, dobbiamo avere credito a sufficienza per finanziare le imprese, grandi e piccole, per dare ai consumatori la flessibilità necessaria per fare acquisti a lungo termine come una macchina o una casa. Questo non cambierà. E sarei preoccupato se il nostro mercato del credito si riducesse al punto da non consentire il finanziamento della crescita sul lungo termine. Ciò significa che non dobbiamo soltanto avere un settore bancario sano, ma che dobbiamo cercare di capire che cosa fare con quel settore non bancario che erogava quasi la metà del credito in circolazione nel nostro Paese. E dobbiamo stabilire se riusciremo o no, a seguito di alcune delle misure assunte dalla Fed e dal Tesoro, a ricreare il mercato per i prodotti cartolarizzati. Sono ottimista, penso che alla fine riusciremo a rimettere in moto questa parte del settore finanziario, ma potrebbe volerci del tempo per riconquistare fiducia e sicurezza. "Quello che secondo me cambierà, quello che secondo me era un'aberrazione, era una situazione in cui i profitti delle aziende del settore finanziario hanno rappresentato una parte molto consistente della nostra redditività complessiva negli ultimi dieci anni. Questo secondo me cambierà. E in parte sarà dovuto agli effetti della regolamentazione, che impedirà almeno in parte tutta quella leva finanziaria e quell'assunzione di rischi che erano diventati tanto comuni. Per certi aspetti penso sia importante rendersi conto che una parte di quella ricchezza era illusoria fin dal primo momento". OAS_RICH('Middle'); Dunque non ne sentiremo la mancanza? "Ne sentiremo la mancanza nel senso che la conseguenza delle gratifiche milionarie versate a gente di 25 anni era che queste persone poi erano disposte a pagare 100 dollari per una cena con bistecche e il cameriere si portava a casa mance che avrebbero fatto l'invidia di un professore universitario. E dunque alcune delle dinamiche del settore finanziario avranno delle ricadute, specialmente in un posto come Manhattan. Ma in realtà io penso che ci sia sempre stata una percezione di insostenibilità rispetto a quello che è successo a Wall Street negli ultimi 10-15 anni. Wall Street rimarrà una parte significativa e importante della nostra economia, esattamente come lo era negli anni 70 e 80. Semplicemente, non rappresenterà più la metà della nostra economia. E questo significa che un maggior numero di talenti e risorse saranno destinati ad altri settori dell'economia. E io questo lo ritengo salutare. "Non vogliamo che ogni singolo laureato con il bernoccolo per la matematica vada a fare il trader di derivati. Vedremo un riequilibrio, ma non credo che perderemo gli enormi vantaggi che derivano dalla trasparenza, dall'apertura e dall'affidabilità dei nostri mercati. Se non altro, un regime di regole più energico contribuirà a ripristinare la fiducia, e saranno ancora tantissimi i capitali esteri desiderosi di venire a parcheggiarsi negli Stati Uniti". Ritiene positivo avere società molto grandi e potenti regolate da regolatori forti, oppure dobbiamo sottoporle a una cura dimagrante, come in passato quando una legge proibiva alle banche commerciali di operare nel settore delle banche d'affari? "I dati indicano che altri Paesi, che non hanno, nei loro mercati finanziari, alcuni dei problemi che abbiamo noi, non prevedono, ad esempio, una separazione tra banche d'affari e banche commerciali. Hanno un modello di "supermercato" fortemente regolamentato". Come il Canada? "Il Canada è un buon esempio. Sono riusciti a gestire molto bene un periodo di grande rischio nei mercati finanziari. Ma questo non significa, per esempio, che una compagnia assicurativa come l'Aig con innestato sopra un hedge fund sia qualcosa di ottimale. Anche con i migliori regolatori, se si comincia a differenziare troppo le funzioni e i prodotti all'interno di una singola azienda, di un singolo istituto, di una conglomerata, in sostanza le cose possono sfuggire di mano. E la gente semplicemente non sa in cosa si sta andando a mettere". Dopo la Grande Depressione, si vide un balzo nei diplomi liceali: anziché appannaggio dell'élite, divennero la norma, il biglietto per accedere alla classe media. Qual è oggi quel biglietto? Serve davvero la laurea universitaria? "Nei i nostri obiettivi, abbiamo incluso almeno un anno di addestramento post-liceale per tutti. Un corso completo di laurea, con quattro anni di studi, sarebbe chieder troppo. Però a tutti serve un addestramento post-liceale nei settori in cui si richiede esperienza tecnica; se no è difficile ottenere un impiego che permetta di vivere. Questo non andrà soltanto a beneficio dei singoli, ma sarà anche cruciale per l'economia. La sfida è anche nell'assicurare che i licei siano all'altezza del compito. Glielo spiego raccontandole di mia nonna. Mia nonna non si è mai laureata. Completò il liceo. Però riuscì a diventare vicepresidente di una banca, e questo in parte perché il liceo le aveva impartito un'istruzione rigorosa al punto da permetterle di comunicare e di analizzare le informazioni molto meglio, francamente, di quando sappiano fare oggi molti giovani universitari in questo Paese. Anzi, meglio dei miei ex-studenti alla Facoltà di Legge dell'Università di Chicago". Signor presidente, io però ho parlato con universitari che si chiedevano se tanto studio servisse davvero. Sono preoccupati che i loro impieghi verranno esportati in Cina. Lei come risponde? "Beh, guardi le statistiche. Il tasso di disoccupazione fra chi ha solo il diploma liceale è almeno tre volte superiore a quello fra i laureati, che hanno più possibilità di trovare un lavoro con un buono stipendio, da classe media. Però, la grande sfida nell'istruzione è assicurare che fin dal quattordicesimo anno di età, si apprendano le materie e le qualità necessari ad essere competitivi e produttivi in un'economia moderna, tecnologica. Voglio vedere in particolare più lauree in matematica e scienza, in ingegneria. L'economia postbubble, "post-bolla", che sto descrivendo si fonda in parte sul riequilibrio tra fabbriche e produzione di servizi. Nel lungo termine, se si osservano i grandi rivali nell'economia globale - Cina, India, Stati Uniti, Brasile, Corea - i Paesi che stanno producendo la forza lavoro più istruita, che agevolano le scienze e la matematica, e sanno tradurre quell'istruzione in applicazioni tecnologiche, saranno notevolmente avvantaggiati nell'economia". Lei ricorda spesso che sua nonna guadagnava più di suo nonno. Il divario fra i salari di uomini e donne esiste ancora, però i compensi economici maschili oggi sono stagnanti, mentre quelli femminili sono in aumento. E molti lavoratori, per esempio della Gm o della Chrysler, sono depressi. Com'è il futuro lavorativo degli uomini? "Ottima domanda, perché se vai nelle fabbriche, trovi uomini con abilità straordinarie e orgogliosi di quel che fanno. Per loro, il tracollo dell'industria è la fine di un modo di vita, non soltanto la perdita di uno stipendio. Un'economia sana deve avere un'ampia varietà di lavori, nessun impiego a mio avviso dovrebbe scomparire. Costituirà magari una percentuale dell'economia inferiore rispetto al passato. Però è chiaro che, per la nuova generazione, dovremmo creare nuovi lavori. Nel pacchetto dedicato al risanamento dell'economia ho sottolineato molte volte l'importanza di una nuova rete elettrica "intelligente" nel Paese, con ramificazioni importanti nel consumo energetico. Ebbene uno degli ostacoli maggiori oggi è la mancanza di elettricisti specializzati per attuare quel progetto. Ecco perciò un campo nel quale il governo può intervenire, aiutando: sollecitando una svolta nell'istruzione in vista delle richieste del futuro, e non soltanto del passato". Lei incoraggerebbe gli uomini a impegnarsi anche in campi tradizionalmente riservati alle donne? Ad esempio gli infermieri sono ben pagati. E servono nuove assunzioni. "Infermieri, insegnanti: sono tutti mestieri dove servono più uomini. Gli uomini in quei settori sono stati sottopagati perché entravano in un campo prevalentemente femminile. Bisogna eliminare il divario nei salari fra i due sessi, e fra i vari settori. Se infermiere e insegnanti cominceranno a guadagnare di più, e se lo stesso accadrà per altre professioni, vedrete più uomini. Ma certo bisognerà abbattere molti stereotipi". Sua moglie, Michelle, ha mai guadagnato più di lei, signor presidente? "Certo, che sì. Però per un breve periodo. Quando ero senatore statale, facevo tre lavori: oltre al Senato, insegnavo ed esercitavo da avvocato. A conti fatti, guadagnavo appena un po' più di lei. Ma quando ho iniziato la campagna per le elezioni al Senato americano ho dovuto mollare qualche incarico, e allora è stata Michelle a sostenere la famiglia per un paio di anni". Durante la campagna presidenziale lei aveva detto d'aver molto riflettuto sui dibattiti economici abituali nella Casa Bianca di Clinton. Diceva di voler replicare, all'interno della sua squadra, le celebri discussioni fra Robert Rubin e Robert Reich. E bisogna ammettere che fra i suoi consiglieri economici lei ha reclutato soprattutto dei Democratici. "Già, però non ho né Paul Krugman, né Joseph Stieglitz (ndr. entrambi Premi Nobel e aspri critici della politica economica di Obama)". No, non mi riferivo a loro due... Ma nella sua cerchia di collaboratori più stretti predominano i protetti di Rubin. "Beh, certo, Larry Summers e Tim Geithner ovviamente hanno lavorato al Tesoro quando c'era Rubin. Quello che io cerco sempre è un pragmatismo impietoso quando si parla di politica economica. È vero probabilmente che alla luce della crisi finanziaria che è venuta fuori il fatto che sia Geithner che Summers abbiano una certa familiarità con le crisi finanziarie è stato un punto a loro favore, perché avevamo bisogno di persone capaci di partire in quarta. E francamente la lista era abbastanza limitata, perché l'ultimo presidente democratico che abbiamo avuto è stato Bill Clinton: lui è stato sulla scena per otto anni e per gran parte del tempo Bob Rubin è stato il principale artefice della sua politica economica. Perciò è più che normale che tutti quelli che hanno esperienza su quel fronte escano fuori da quella fucina". Secondo lei la recessione è un evento sufficientemente grande da rendere un Paese disponibile a prendere alcune di quelle scelte difficili che dobbiamo prendere in ambiti come la sanità, la tassazione sul lungo periodo - che non coprirà i costi dello Stato - l'energia? Tradizionalmente queste scelte vengono prese in periodi di depressione o di guerra. Siamo a quel livello? "Beh, in parte dipenderà dalla leadership. Perciò dovrò tirar fuori buoni argomenti. Ed è quello che sto cercando di fare da quando sono arrivato, sto cercando di dire che adesso è il momento per prendere decisioni importanti e difficili". Lei è entrato in carica quattro mesi dopo il crollo della Lehman Brothers. Qualcuno a un certo punto potrebbe cominciare a dire: "Ehi, perché le cose non migliorano?". "È una cosa a cui pensiamo. Ancora prima delle elezioni sapevo che sarebbe stato un viaggio molto difficile e che l'economia aveva subito un trauma serio, da cui non si sarebbe ripresa istantaneamente. Però, sia che io resti in carica per un mandato sia che resti in carica per due, i problemi sono talmente importanti e fondamentali che non posso girarci intorno. Quello di cui sono molto fiducioso è che, considerando le scelte difficili che abbiamo di fronte, stiamo prendendo decisioni valide, ragionate. Questo non significa che ogni scelta sarà giusta, che funzionerà proprio come vogliamo noi. Ma io mi sveglio la mattina e vado a letto la sera sentendo che la direzione verso cui stiamo cercando di muovere l'economia è quella giusta, e che le decisioni che prendiamo sono fondate". (Copyright The New York Times - la Repubblica. Traduzione di Fabio Galimberti) (7 maggio 2009

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"Niente proselitismo in Afghanistan" I taleban minacciano il Papa sul Web (sezione: Obama)

( da "Stampaweb, La" del 07-05-2009)

Argomenti: Obama

ROMA Benedetto XVI impedisca il proselitismo cristiano in Afghanistan o ci saranno gravi conseguenze: i talebani tuonano contro i «crociati», all’indomani della notizia dell’uccisione di oltre cento civili nella provincia afghana occidentale di Farah nel corso dei raid delle forze Usa, e alla vigilia della missione del papa in Giordania e Israele. Le minacce sono affidate ad un comunicato pubblicato su un sito web dei talebani: «L’Emirato islamico in Afghanistan (i talebani, ndr) chiede al papa cristiano Benedetto XVI di impegnarsi per impedire che le sciocche e irresponsabili azioni dei crociati turbino la sensibilità dei ribelli musulmani, oppure dovrà aspettarsi una severa reazione». Il riferimento è alle immagini trasmesse giorni fa da Al Jazira, in cui si vedevano soldati Usa con bibbie tradotte in lingua locale. L’esercito statunitense ha già ribadito che i soldati non possono fare opera di proselitismo, e che i testi sacri sono stati confiscati e distrutti. Intanto, è degenerata in scontri con la polizia una manifestazione inscenata da centinaia di persone stamani a Farah - la cui provincia è posta sotto il controllo dei soldati italiani dell’Isaf (la coalizione a guida Nato) - per protestare contro la strage di civili causata dai raid statunitensi della coalizione Enduring Freedom (la coalizione a guida Usa) lunedì e martedì scorsi. «Alcuni mullah che hanno studiato nelle madrase (scuole coraniche) iraniane hanno incitato alla violenza. I manifestanti hanno allora lanciato pietre su edifici governativi», ha riferito il vicegovernatore di Farah, Mohammad Yunus Rasuli, precisando che, per disperdere la folla, la polizia ha sparato in aria. Secondo fonti mediche, quattro persone sono rimaste ferite negli scontri. Il segretario alla Difesa statunitense, Robert Gates, è da ieri nel Paese asiatico per verificare lo stato dei preparativi in vista dell’arrivo dei 21 mila soldati che, per ordine del presidente Barack Obama, andranno a rafforzare il contingente Usa. La strategia in Afghanistan e Pakistan è stata ieri al centro dei colloqui di Washington tra Obama e i colleghi di Kabul e Islamabad, Hamid Karzai e Asif Ali Zardari. E la questione sarà al centro dell’incontro odierno tra il ministro degli Esteri Franco Frattini, il segretario di Stato Usa, Hillary Clinton, e i ministri degli Esteri afghano e pakistano.

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Pakistan, raid aerei contro i taleban (sezione: Obama)

( da "Stampaweb, La" del 07-05-2009)

Argomenti: Obama

ISLAMABAD Si inaspriscono gli scontri tra le truppe governative e i talebani nella valle di Swat, in Pakistan, mentre migliaia di civili fuggono dalle proprie case. All’indomani del vertice di Washington tra il presidente Usa Barack Obama e i presidenti di Afghanistan e Pakistan, Hamid Karzai e Asif Ali Zardari, l’esercito di Islamabad ha intensificato l’offensiva a Swat e a Buner, nella Provincia della Frontiera del Nord Ovest, per tentare di strappare il controllo di queste aree ai fondamentalisti. Per la prima volta l'esercito sta utilizzando gli aerei per bombardare le basi jihadiste. Intanto i talebani ultimi hanno lanciato un appello al papa Benedetto XVI, in qualità di massima autorità religiosa cristiana, affinché impedisca ai «crociati», ovvero le associazioni cristiane americane, di fare proselitismo in Afghanistan, in seguito alle immagini trasmesse da Al Jazeera nelle quali si vedono soldati statunitensi con Bibbie tradotte in lingua locale. Elicotteri e jet stanno bombardando le postazioni talebane nel distretto di Khwazakhela, riporta il sito web del quotidiano pachistano Dawn, mentre i miliziani talebani hanno stretto d’assedio la stazione di polizia di Matta. Intanto migliaia di civili stanno fuggendo dalla valle di Swat dopo che le autorità hanno revocato momentaneamente il coprifuoco fino alle 18 (ora locale). Resta comunque in vigore la disposizione a Khawazakhela. Il capo dell’amministrazione di Swat, Khusuhal Khan, ha detto che i residenti non erano stati invitati ad andare via, ma le autorità stanno ugualmente aiutando tutti coloro che desiderano lasciare la zona. Secondo quanto riferisce oggi il Washington Post, i responsabili della Provincia della Frontiera del Nord Ovest stimano che alla fine ci saranno almeno mezzo milione di rifugiati, e stanno per questo pensando di aprire sei campi per ospitare gli sfollati nei vicini distretti di Swabi e Mardan. L’accordo di tregua raggiunto lo scorso febbraio tra governo di Islamabad e i talebani a Swat, che ha permesso tra l’altro agli studenti coranici di introdurre nelle zone sotto il loro controllo la legge islamica in cambio di un disarmo mai avvenuto, è sempre più in bilico, e gli stessi residenti non sanno più cosa aspettarsi. «La gente a Swat è arrabbiata e confusa, perchè da un lato il governo combatte i talebani e dall’altro cerca di accordarsi con loro», dice Mohammed Riatullah, responsabile di un’agenzia umanitaria indipendente con sede a Swat. «Ci sono molte persone che non sanno dove andare, e stiamo cercando di offrirgli un rifugio decente, ma dobbiamo fare di più per evitare che finiscano nelle mani dei talebani». L’accordo del governo con i talebani non è piaciuto neanche agli Stati Uniti, che temono in particolare che l’arsenale nucleare pachistano possa finire nelle mani dei terroristi islamici. Secondo il presidente americano Barack Obama la situazione in Pakistan è strettamente collegata con l’andamento della guerra in Afghanistan, e per questo ha deciso di convocare a Washington i leader dei due Paesi vicini, per elaborare insieme a loro la migliore strategia per sconfiggere i talebani.

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L'Oklahoma minaccia la secessione: spunta la risoluzione sulla sovranità (sezione: Obama)

( da "Stampaweb, La" del 07-05-2009)

Argomenti: Obama

Se anche il Senato dell’Oklahoma voterà a favore della proposta, il presidente degli Stati Uniti Barack Obama potrà vedere arrivare presto sulla sua scrivania una legge che riconoscerà la sovranità allo stato americano e che di fatto dirà a Washington di conformarsi ai poteri federali e di non andare oltre a interferire negli stati. L’ultimo vento di "secessione" soffia questa volta, per l’appunto, in Oklahoma. Nonostante il governatore democratico Brad Henry abbia esercitato il diritto di veto su un disegno di legge simile appena 10 giorni fa, la Camera dello stato ha infatti approvato una proposta che ribadisce la sovranità dell’Oklahoma; e che, apparentemente - stando a quanto spiega il sito Newsok.com - non ha bisogno del sì del governatore. Kris Steel, presidente pro tempore della Camera dello stato, è ottimista, e ritiene che la risoluzione "HCR 1028" sarà approvata anche dal Senato dell’Oklahoma. La norma ha lo scopo, ha spiegato il suo autore, il repubblicano Charles Key, di dire al Congresso di «tornare a esercitare i propri ruoli stabiliti dalla Costituzione». La richiesta, rivolta al governo federale, è anche quella di «smettere e desistere» dall’esercitare poteri che vanno al di là di quelli stabiliti dalla Costituzione. Secondo Key le leggi federali violerebbero infatti spesso il decimo emendamento, che afferma che i poteri non espressamente delegati al governo degli Stati Uniti «sono riservati ai rispettivi stati». Un esempio di come il Congresso starebbe travalicando i suoi confini, ha precisato il repubblicano, è rappresentato dagli stessi piani di aiuto a favore dei produttori di auto e delle istituzioni finanziarie. «Stiamo dando tutti questi soldi a entità diverse, inclusi i produttori di auto, e ora stanno anche dicendo: Beh, forse è meglio che vadano in amministrazione controllata», ha precisato Key (e il riferimento qui è alla vicenda Chrysler). «Bene, forse avremmo dovuto permettere a queste aziende di scivolare nella condizione di amministrazione controllata prima di dar loro i soldi» dei contribuenti.

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Bibbie in pashtu alla base Usa "Siamo cacciatori di anime" (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 08-05-2009)

Argomenti: Obama

L'ex primo ministro Ahmedzai insorge «Voglio un'inchiesta È a rischio la stabilità» Bibbie in pashtu alla base Usa "Siamo cacciatori di anime" Gaffe per un video finito su Al Jazeera "Il cappellano incita alle conversioni" [FIRMA]GIORDANO STABILE Il cappellano in divisa parla in uno stanzone con le pareti gialline della base di Bagram, città militare costruita attorno a un vecchio aeroporto sovietico, avamposto cristiano nel mezzo di un Paese musulmano al 99,6%. I fedeli, soldati americani, sono seduti in cerchio, con i gomiti appoggiati sulle ginocchia e il predicatore cerca di scuoterli un po': «Che fanno i ragazzi delle forze speciali? Danno la caccia agli uomini. Noi facciamo lo stesso come cristiani: noi diamo la caccia alle persone, per Gesù. Siamo i cani da caccia del Paradiso, portiamoli nel Regno dei cieli». La scena è ripresa da un operatore, Brian Hughes, un documentarista free lance. L'occhio della telecamera scivola in un angolo, sotto una sedia c'è una pila di libri con la copertina blu. I soldati si prendono per mano, pregano. Poi uno si inginocchiano a raccogliere i libri, alcuni ancora dentro il cellofan. Sono Bibbie, tradotte in dari e pashtu. Il dari è la forma di persiano, elegante e un po' retrò, parlata da quasi metà della popolazione afghana, il pashtu è usato da un altro 35 per cento. Che fanno gli americani, portano Bibbie alla popolazione? Il sospetto è forte, ma stiamo parlando, a 40 chilomteri da Kabul, di proselitismo, incitamento all'apostasia. Reati che in molti Paesi musulmani, in Iran come in Arabia Saudita e in Afghanistan, sono passibili di pena di morte. Ne sa qualcosa il cristiano Abdul Rahman condannato a morte nel 2006, poi salvato da formidabili pressioni internazionali. Nel primo capitolo del regolamento delle truppe Usa, il temutissimo General Order Number One, severo quasi quanto la sharia, un paragrafo proibisce «ogni attività di proselitismo di una religione, fede o pratica». Il cappellano lo sa e chiede: «Pensate che stiamo facendo proselitismo?». Un soldato risponde: «È nel Generale Order Number One». Un sergente ribatte: «Non possiamo fare proselitismo, ma possiamo fare regali». Per quei giri misteriosi nella Rete, il video finisce su Al Jazeera. E la frittata è fatta. L'ex e ancora influente primo ministro Ahmed Shah Ahmedzai chiede «un'inchiesta seria», protesta: «Ne va della sicurezza nazionale. Lo sanno quanto siamo tradizionalisti. C'è scritto nella Costituzione che nessuno può attentare all'Islam in Afghanistan». Deve intervenire il più alto in grado della Forze armate americane, l'ammiraglio Mike Mullen: «Non ho conosco i dettagli, ma posso assicurare che l'Us Army non promuove nessuna religione». Poche ore dopo, il portavoce dell'esercito, maggiore Jennifer Willis, precisa: «Le Bibbie era state inviate a un soldato dalla sua parrocchia di origine, ma non sono distribuite». Poi precisa ancora: «Sono state distrutte». Non si sa quando è successo, ma con i taleban che minacciano il Papa, Karzai a colloquio con Obama, il rogo del Bibbie in persiano e pashtu era il prezzo da pagare, anche in un paese dove i tre quarti degli abitanti, e nove donne su dieci, non sono in grado di leggere, nemmeno il Corano.

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Dieci intellettuali illustrano i recenti cambiamenti e raccontano le loro personali visioni del futuro (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 08-05-2009)

Argomenti: Obama

STUDYINPIEMONTE Dieci intellettuali illustrano i recenti cambiamenti e raccontano le loro personali visioni del futuro ANDREA BAIRATI* Tentando una sintesi delle sfide che l'umanità dovrà affrontare nei prossimi anni - dal fabbisogno energetico alla sovrappopolazione, dalla povertà alla digitalizzazione del sapere, dalla conquista di nuovi spazi extra-terrestri all'esaurimento delle risorse naturali, abbiamo immaginato per la Fiera del Libro, una griglia concettuale che prende a prestito dalla fisica cinque parole: massa, energia, spazio, tempo, caos. Parole semplici che veicolano concetti complessi. La velocità dei cambiamenti avvenuti negli ultimi vent'anni a livello tecno-scientifico e sociale ci pone di fronte a un avvenire che può assumere tratti minacciosi ma che offre contemporaneamente enormi opportunità - sia a livello personale che collettivo - per fermarci a riflettere, scegliere una meta e i mezzi per arrivarci. In questa prospettiva abbiamo chiesto a dieci intellettuali di fama internazionale - sociologi, economisti, fisici, filosofi - di raccontare alla Fiera del Libro le loro personali «visioni» del futuro. Il sociologo Hervé Le Bras e Vittorio Emanuele Parsi, studioso di relazioni internazionali, parleranno dell'umanità intesa come massa crescente che pesa sul pianeta; mentre Obama promuove le energie pulite, l'Italia torna al nucleare: come affronteremo la crisi energetica e alimentare? Ne parlano Carlo Petrini e il chimico Vincenzo Balzani. Grazie ai progressi della medicina vivremo fino a cent'anni: cosa faremo del nostro tempo? Rispondono l'economista Fiorella Kostoris e il fisico Gabriele Veneziano, padre della teoria delle stringhe. Sulla terra siamo in troppi: la nuova frontiera è lo spazio. Costruiremo basi sulla luna e su Marte? Le risposte sono di Carlo Ratti, architetto all'Mit di Boston e i racconti dell'astronauta Roberto Vittori che si prepara alla sua terza missione spaziale. E infine, la domanda più complessa: chi governerà il mondo? L'ordine o il caos? Chi darà un senso al nostro futuro? Le grandi corporation, la «big science», le religioni? L'epistemologo Ervin Lazlo e l'informatico Massimo Marchiori concordano sul fatto che, per una volta, l'ardua sentenza non spetta ai posteri ma a noi, alla nostra capacità di scegliere subito un presente che possa garantire un futuro sostenibile a chi verrà dopo. *Assessore all'Università, Ricerca e Innovazione della Regione Piemonte

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PROGRAMMA SALE CONVEGNI ORE 12 SALA GIALLA - "Non sperate di liberarvi dei libri" Conversazione d... (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 08-05-2009)

Argomenti: Obama

PROGRAMMA SALE CONVEGNI ORE 12 SALA GIALLA - "Non sperate di liberarvi dei libri" Conversazione di Umberto Eco e Jean-Claude Carrière, a cura di Fiera del libro e Bompiani-RCS Libri. Coordina: Marco Belpoliti. Green Point. Per accedere è necessario ritirare il biglietto d'ingresso gratuito allo sportello situato all'ingresso del Terzo Padiglione ORE 12 CAFFE' LETTERARIO - Benazir Bhutto. Donne, Islam e potere, a cura dell'Associazione Orient@menti in collaborazione con la Provincia di Torino. Intervengono Francesca Caferri, Elisa Giunchi, Gabriella Quaglia ORE 14 CAFFE' LETTERARIO - Carte false. Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, quindici anni senza verità. A cura di Edizioni Ambiente e Premio Ilaria Alpi. Intervengono Mariangela Gritta Grainer, Alessandro Rocca, Luciano Scalettari, Roberto Scardova. Coordina Manuela Mareso ORE 15 SALA AZZURRA - I venticinque anni dell'Arsenale della Pace. A cura di Fiera del Libro e Sermig. Intervengono Camillo Langone, Ernesto Olivero, Rolando Picchioni, card. Severino Poletto, Marco Testa ORE 15 SALA ROSSA - L'Io difficile. L'anoressia "La ragazza che non voleva crescere", a cura di Cairo editore e Fiera del libro. Intervengono: Isabelle Caro e Tilde Giani Gallino. ORE 15 SALA BLU - "Il libro che mi ha cambiato la vita", a cura di Ponte alle Grazie. Intervengono: Alessandra Casella, Khaled Fouad Allam, Chicca Gagliardo, Ugo Riccarelli. ORE 15 CAFFÈ LETTERARIO - Verso il 2011: Torino e il Piemonte per i 150 anni dell'Unità d'Italia, a cura della Città di Torino. Intervengono Fiorenzo Alfieri, Walter Barberis, Giovanni De Luna, Paolo Verri ORE 15,30 SALA GIALLA - Fede, ragione, verità e amore. La prima antologia teologica in italiano di Papa Benedetto XVI, a cura di Edizioni Lindau e Centro Culturale Piergiorgio Frassati. Intervengono: don Umberto Casale, Vittorio Messori, Renzo Savarino, don Ermis Segatti ORE 16 SALA AZZURRA - Oltre il terrorismo. Incontro con Gilles Kepel, a cura di Fiera del libro e Feltrinelli. Interviene: Khaled Fouad Allam ORE 16 CAFFÈ LETTERARIO - La sparizione. Il caso di Emanuela Orlandi. Presentazione del romanzo di Ugo Barbara, In terra consacrata, a cura di Piemme. Con l'autore intervengono Bruno Gambarotta, Sergio Pent, Rosa Polito ORE 17 SALA AZZURRA - Scrittori dal mondo. Incontro con Yu Hua, a cura della Fiera del libro. Intervengono: Paolo Mauri e Stefania Stafutti ORE 17 SALA GIALLA - Incontri con l'autore. I giovedì di Santa Marta. Mauro Corona intervistato da Alessandra Casella. Presentazione del libro Storia di neve, Mondadori, a cura del Ministero per i Beni e le Attività Culturali. Introduce: Alain Elkann ORE 17 SALA ROSSA - L'Io del recensore. Dove va la critica militante, a cura di Premio della Società del lettori di Lucca e Fiera del libro. Intervengono: Alfonso Berardinelli, Francesca Duranti, Daniela Marcheschi, Lorenzo Mondo, Domenico Scarpa. Coordina: Marco Ciaurro ORE 17 CAFFÈ LETTERARIO - Islam, istruzioni per l'uso. Presentazione del libro di Valentina Colombo, a cura di Mondadori. Interviene Dounia Ettaib ORE 18 SALA GIALLA - Incontro con Claudio Baglioni. In occasione della pubblicazione del suo romanzo Q.P.G.A, a cura di Mondadori. Interviene Marcello Sorgi. Green Point. Per accedere è necessario ritirare il biglietto d'ingresso gratuito allo sportello situato all'ingresso del Terzo Padiglione ORE 18,30 SALA AZZURRA - Suonare con gli altri. La Divan Orchestra di Daniel Barenboim. Incontro con Elena Cheah, a cura di Feltrinelli e Fiera del libro. Interviene: Enzo Restagno ORE 18,30 SALA ROSSA - Perché laico. Lectio magistralis di Stefano Rodotà, a cura di Editori Laterza. Interviene: Vladimiro Polchi ORE 18,30 SALA BLU - Genocidio. Una passione europea. Presentazione del libro di George Bensoussan, a cura di Marsilio e Fondazione Camis de Fonseca. Interviene: Fabio Levi. ORE 18,30. CAFFÈ LETTERARIO - FLOP. Breve e veridica storia del PD. Presentazione del libro di Giuseppe Salvaggiulo, a cura di Aliberti Editore. Con l'autore intervengono Alberto Castelvecchi, Sergio Chiamparino, Pierangelo Sapegno ORE 19 SALA GIALLA - All'appello mancano anche i presenti. Incontro con Flavio Oreglio, a cura di Bompiani-RCS Libri. Interviene Giulio Giorello ORE 19,30 SALA ROSSA - Incontro con Ugo Riccarelli. In occasione dell'uscita del suo nuovo romanzo Comallamore, a cura di Mondadori. Interviene Andrea Bajani. Letture teatrali: Giuseppe Cederna. ORE 20 SALA GIALLA - Sotto un velo di sabbia. Adattamento teatrale di Sandro Tranchina da Il sogno e l'approdo di Giosuè Calaciura e Davide Camarrone, edito da Sellerio. A cura di Ivan Tagliavia per la Regione Sicilia. Con Alessandro Haber e Caterina De Regibus, Musicche di Mario Incudine eseguite da Silvio Natoli, regia di Sandro Tranchina ORE 20 SALA AZZURRA - Musica, parole, storie, ricordi. Incontro con Gino Paoli, a cura della Fiera del libro. Green Point. Per accedere è necessario ritirare il biglietto d'ingresso gratuito allo sportello situato all'ingresso del Terzo Padiglione. Interviene Marinella Venegoni ORE 20 SALA BLU - L'Io fotografico. La geometria e la passione. Il mondo visto da Ferdinando Scianna, a cura di PEN Club Italia e Fiera del Libro. Intervengono Sebastiano Grasso, Anna Gribaudo, Rocco Moliterni ORE 20 CAFFÈ LETTERARIO - L'Io nel graphic novel. Incontro con Alfred & Oliver Ka in occasione della pubblicazione di Perché ho ucciso Pierre. A cura di Tunué, con gli autori interviene Massimiliano Frassi SPAZIO INCONTRI ORE 11 SPAZIO AUTORI A - Chivasso, credere nel libro oggi. Una biblioteca avveniristica, un festival di successo e una nuova realtà editoriale, a cura di Città di Chivasso, Fondazione 900, La Corte Editore. Intervengono: Renato Bianco, Diego Bionda, Paolo Fasolo, Alessandro Germani, Gianni La Corte, Bruno Matola, Serena Sonvilla ORE 11 PIAZZA ITALIA - Di padre in figlia. Presentazione del libro Segni dell'Eldorado di Alberto Bellocchio, a cura di Moretti&Vitali. Con l'autore interviene Violetta Bellocchio. Conduce: Enrico Moretti ORE 12 SPAZIO AUTORI A - Fra di noi il mare. Presentazione del libro di Arianna e Selena Mannella, a cura di Albatros Edizioni. Con le autrici intervengono Lucia de Cristofaro, Silvia Giordanino, Andrea Guasco. Introduce: Vittorio Barazzotto. Coordina: Adriano Fiore ORE 12 SALA AVORIO - Gli autori Carta e Penna si presentano, a cura di Carta e Penna. Coordina: Donatella Garitta ORE 12 PIAZZA ITALIA - La creatività dopo il trauma, l'arte salva la psiche. E la vita!, a cura di Forum Italiano di Europa Donna. Intervengono: Elisabetta Cavallini, Gianluca Ferrara, Laura Morini, Patrizio Pacioni, Sandrina Piras. Introduce: Maria Giovanna Gatti Luini. Coordina: Laura Scaramozzino ORE 13 PIAZZA ITALIA - Dante eretico? Dante Cataro? In occasione della pubblicazione del libro Libertà va cercando di Maria Soresina, a cura di Moretti&Vitali. Con l'autrice interviene Patrizia Gioia. Conduce: Enrico Moretti ORE 13,30 SALA AVORIO - Esoterismo e spiritualità. Presentazione del libro di Giancarlo Barbadoro e Rosalba Nattero a cura di Keltia Editrice. Intervengono gli autori ORE 13,30 SALA ARANCIO - Io non ho paura. A cura di Università degli Studi di Torino e Regione Piemonte. Intervengono Adriana Battaglia e Roberto Trinchero ORE 14 SPAZIO AUTORI A - Poesia e fede. Incontro con Olga Sedakova, a cura delle edizioni Qiqajon ORE 14 INCUBATORE - 11 - Un codice sinestetico dei colori per non vedenti e ipovedenti. Presentazione del libro di Lidia Beduschi, a cura di Negretto editore. Con l'autore interviene Mario Varini ORE 14 PIAZZA ITALIA - Infolib.net, il software per l'editoria, a cura di Alcor Sistemi. Intervengono: Alberto Bertini e Massimo Sisti ORE 14,30. SPAZIO AUTORI B - Piramidi e papere: mysteri d'Egitto, a cura di CICAP. Intervengono: Marcello Garbagnati e Lorenzo Montali ORE 14,30 SALA AVORIO - Comprar casa, a cura del Consiglio Nazionale del Notariato. Intervengono: Roberto Barone, Gian Vittorio Cafagno, Antonio Longo, Roberto Martino, Paolo Piccoli, Donatella Quartuccio. Coordina: Remo Bassetti ORE 15 SPAZIO AUTORI A - Sindone, destinazione Torino. Viaggio al centro del mistero, a cura di Accademia Vis Vitalis. Intervengono: Laura Audi, Katia Bernacci, Francesco Cordero di Pamparato, Renzo Rossotti, Andrea Vico ORE 15 INCUBATORE - Presentazione della collana Gialli di un'ora, a cura di EDB edizioni. Intervengono: Enzo De Bernardis, Albertina Fancetti, Pierluciano Guardigli, Alberto Pellegatta ORE 15 SALA ARANCIO - Il cavallo di Caligola. Presentazione del libro di Pier Angelo Soldini. Intervengono Giorgio Barberi Squarotti, Roberto Cicala, Roberto Carlo Delconte, Alessandra Dellacà ORE 15 PIAZZA ITALIA - Presentazione dei libri. Storie sulla strada della confusione Cioccolato fondente extra Sette e Apnea, a cura di Prospettiva editrice. Intervengono: Danzio Bonavia, Grazia Cioce, Davide Danio, Ivo De Giovannini, Massimo Lerose. Coordina: Andrea Giannasi ORE 15,30 SPAZIO AUTORI B - La Romania incontra l'Italia. Le vie dell'est. La prima collana di letteratura romena contemporanea, a cura di Zonza Editori. Intervengono: Liliana Corobca, Dan Lungu, Daniel Serban Zinelli. Coordina: Maria Teresa Martinengo ORE 16 SPAZIO AUTORI A - Incontro con Katherine Pancol. In occasione della pubblicazione del libro Gli occhi gialli dei coccodrilli, a cura di Baldini Castoldi Dalai. Interviene: Antonella Ottolina ORE 16 SALA AVORIO - Viaggio al maschile tra infertilità e procreazione assistita. In occasione della pubblicazione del libro Volevo diventare papà di Andrea Rosselli, a cura della Casa Editrice Mammeonline. Con l'autore intervengono Donatella Caione e Alessandro Rossi ORE 16 INCUBATORE - Vangelo secondo Carlo. Presentazione del libro di Cristiano Della Bella, a cura di Tespi. Con l'autore interviene Giorgina Tribuiani ORE 16 PIAZZA ITALIA - La veglia di Adrasto. Marco Aurelio e il suo custode, a cura di Edizioni Nemapress. Intervengono: Neria De Giovanni, Maria Teresa Giuffrè, Ubaldo Giuliani Balestrini ORE 16,30 SPAZIO AUTORI B - Librovisioni. Quando la lettura passa attraverso lo schermo. In occasione della pubblicazione del libro di Roberto Arduini, Cecilia Barella e Saverio Simonelli, a cura di Effatà Editrice. Con gli autori intervengono Paolo Taggi e Francesca Vannucchi ORE 16,30 SALA ARANCIO - Un lungo cammino per diventare liberi. La Costituzione italiana. Intervengono Marco Carassi, Fulvio Gambotto, Maria Luisa Vighi Miletto. ORE 17 SPAZIO AUTORI A - Questioni di identità: la letteratura italiana e le altre a cura del Premio letterario internazionale Mondello. Intervengono: Alain Elkann, Fausto Malcovati, Salvatore Silvano Nigro, Marco Santagata, Maria Antonietta Saracino. Coordina Giovanni Puglisi ORE 17 SALA AVORIO - La giovane musicologia italiana nelle Tesi della De Sono, a cura della De Sono Associazione per la Musica in collaborazione con EDT. Intervengono: Saverio Lamacchia, Andrea Malvano, Giorgio Pestelli, Roberto Russi ORE 17 INCUBATORE - Milingo contro tutti. Presentazione del libro di Filippo Anniballi, a cura di Ad est dell'equatore. Con l'autore intervengono Marco «Ducha» Anastasi e Alessandro Tiberi ORE 17 PIAZZA ITALIA - Le parole del buio. Presentazione del libro di MariaGiovanna Luini, a cura di Edizioni Creativa e Forum Italiano di Europa Donna. Con l'autrice interviene Eliana Liotta ORE 17,30 SPAZIO AUTORI B- L'astro narrante. La luna nella letteratura, a cura di Springer. Interviene: Pietro Greco ORE 18 SPAZIO AUTORI A - Luoghi di Paolo - Luoghi dell'Islam. Presentazione della mostra «Sulla Via di Damasco» di Itaca, a cura di Associazione Sant'Anselmo - Progetto culturale CEI, Polo Universitario Carcere di Torino, Centro Frassati, Associazione Presìdi del Libro del Piemonte, Città di Torino. Intervengono: Bernardo Cervellera, Giuseppe Ghiberti, Giorgio Vigna. Introduce: Ermis Segatti ORE 18 SALA AVORIO - Piccole storie nella grande storia. Antonella Sbuelz Carignani, autrice di Greta Vidal (Frassinelli) Paola Presciuttini, autrice de Il ragazzo orchidea (Gaffi) a colloquio, a cura dell'Agenzia letteraria Nabu ORE 18 INCUBATORE - Resurrezione Reincarnazione. Favole consolatorie o realtà? Chiesa Romana Cattolica e Massoneria. Presentazione del libro di Mauro Biglino, a cura di Infinito Records Edizioni. Interviene l'autore ORE 18 SALA ARANCIO - Dove il denaro fa il denaro. Presentazione del libro di Carlo Marsilio a cura del Centro Studi In Novitate di Novi Ligure, Università degli Studi di Genova - Dipartimento di Storia Moderna e Contemporanea. Con l'autore intervengono Roberto Benso e Luca Lo Basso ORE 18 PIAZZA ITALIA - Scrivere Donna. Presentazione dei libri La sbadante, Di donne e di gatti e Il circolo degli dei, a cura di Neos edizioni. Intervengono: Daniela Lovera, Marisa Porello, Silvia Maria Ramasso, Gemma Rota Surra ORE 18,30 SPAZIO AUTORI B - Mussolini e il generale. Presentazione del libro di Giuseppe Novero, a cura di Rubbettino Editore. Con l'autore intervengono Gustavo Mola di Nomaglio e Roberto Sandri Giachino ORE 19 SPAZIO AUTORI A - Cartaditalia, a cura dell'Istituto italiano di cultura di Stoccolma. Intervengono: Roberto Alajmo, Franco Arminio, Andrea Bajani, Guido Davico Bonino, Domenico Scarpa ORE 19 SALA AVORIO - Il trionfo dell'asino. Presentazione del libro di Andrea Ballarini, a cura di Del Vecchio Editore. Con l'autore intervengono Rita Charbonnier e Massimo Maugeri ORE 19 INCUBATORE - Come risanare il pianeta. Presentazione del libro di Maximilien Rouer e Anne Gouyon , a cura di La Lepre Edizioni. Con Anne Gouyon interviene Massimo Serafini ORE 19 PIAZZA ITALIA - Narrare la Storia. Presentazione dei libri Il fiore del lino, Filippo San Martino D'Aglié fra storia e romanzo L'usuraio di Chieri, una storia medievale e Domine non sum dignus, la controversa conversione di Cavour, a cura di Neos edizioni. Intervengono: Giusi Audiberti, Amedeo Pettenati, Silvia Maria Ramasso ORE 19,30 SPAZIO AUTORI B - Nostradamus, storie e mistero, a cura di Acacia Edizioni. Interviene: Renuccio Boscolo ORE 20 SPAZIO AUTORI A - Festival Nazionale Luigi Pirandello 2009, a cura di Linguadoc Communication. Intervengono: Fiorenzo Alfieri, Filippo Fonsatti, Valter Giuliano, Gianni Oliva. Coordina: Giulio Graglia ORE 20 SALA AVORIO - MioTuoSuo. Premiazione della III edizione del concorso letterario fotografico a cura di Cartman Edizioni ORE 20 PIAZZA ITALIA - La (ir)resistibile ascesa al potere di Hitler. Presentazione del libro di Kurt Gossweiler, a cura di Zambon Editore. Intervengono: Ciro Argentino, Adriana Chiaia, Enrico Vigna, Giuseppe Zambon ORE 20,30 SPAZIO AUTORI B - Le canzoni della vita. Viaggio tra storie e musica. In occasione della pubblicazione dei libri Bocca di rosa, Vita spericolata e La canzone del sole, a cura di Editrice Zona. Intervengono: Marzio Angiolani, Giorgio Olmoti, Andrea Podestà, Lisa Tibaldi. Coordina: Silvia Tessitore ORE 21 INCUBATORE - Letture di brani scelti dalle ultime novità del catalogo Zandegù a cura di Zandegù Editore. Intervengono gli autori ORE 21 PIAZZA ITALIA - Dindo Capello. Il mestiere di vincere, a cura di Edizioni Pendragon. Intervengono: Dindo Capello, Carlo Coscia, Stefano Semeraro PAESE OSPITE: L'EGITTO ORE 12 SALA AZZURRA - Belzoni, Drovetti, Vidua: esploratori ed avventurieri italiani alla riscoperta dell'antico Egitto. Intervengono: Roberto Coaloa, Valerio Giacoletto Papas, Giorgio Seita, Marco Zatterin ORE 12 TERRAZZA PIEMONTE - Due momenti straordinari dell'egittologia piemontese, a cura della Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Piemonte. Intervengono: Silvio Curto, Beppe Moiso, Liliana Pittarello, Eleni Vassilika. Coordina: Marco Carminati ORE 15 TERRAZZA PIEMONTE - Il Grande Museo Egizio del Cairo. Conversazione di Mohammed Ghoneim ORE 16 SALA BLU - La cultura della diversità. Conversazione di Saber Asfour ORE 16 TERRAZZA PIEMONTE - Il cinema egiziano e il neorealismo italiano. Intervengono: Ali Abu Shadi, Kamal Ramzi, Gianni Volpi ORE 17 TERRAZZA PIEMONTE - Scrittori egiziani. Esperienze creative. Incontro con Ibrahim Aslan conduce Monica Ruocco ORE 18 TERRAZZA PIEMONTE - Faraoni senza pace. Ricerca scientifica e politica estera nei rapporti tra Italia ed Egitto. Dal periodo postunitario alla grande guerra. Conversazione di Massimo Cultraro a cura del CNR. A seguire: Politica e cultura. Un secolo di rapporti tra Egitto e Italia. Intervengono: Antonio Badini, Wahid Abdel Meguid, Faysal Younis. Conduce: Massimo Cultraro ORE 19,30 TERRAZZA PIEMONTE - L'arte moderna in Egitto: le influenze italiane. Intervengono: Ahmed Abdel Fattah, Martina Corgnati, Mustafa el-Razzaz, Adam Henen, Mohsen Shaalan LINGUA MADRE ORE 12 ARENA PIEMONTE - Concorso letterario nazionale Lingua Madre. Racconti di sapori e profumi. Intervengono: Silvia Ceriani, Sonya Orfalian e gli studenti dell'Università degli Studi di Scienze Gastronomiche di Pollenzo. Letture: Alice Drago. Introduce: Daniela Finocchi ORE 14 ARENA PIEMONTE - Omaggio a Beirut, Capitale Mondiale del Libro Unesco 2009 Hoda Barakat dialoga con Charif Majdalani. Introduce e coordina: Elisabetta Bartuli ORE 15,30 ARENA PIEMONTE - Omaggio a Beirut, Capitale Mondiale del Libro Unesco 2009. Reading poetico di Abbas Beydoun. Interviene: Elisabetta Bartuli ORE 16,30 ARENA PIEMONTE - Dall'Arabia Saudita: Sulaiman Addonia. Introduce e coordina: Sebastiano Triulzi ORE 18 ARENA PIEMONTE - Omaggio a Beirut, Capitale Mondiale del Libro Unesco 2009. Incontro con Rawi Hage. Introduce e coordina: Stefano Montefiori ORE 20 ARENA PIEMONTE - Concerto Veglia per la terra, a cura della Rete Italiana di Cultura Popolare. Con Dorcas Mbemba Ngalula (voce), Paola Bertello (voce), Gerardo Cardinale (flauti), Vincenzo Novelli (chitarra) e l'Ensemble Fawanys BOOKSTOCK ARENA ORE 10,30 ARENA BOOKSTOCK - La strada del cambiamento. Come sono cambiati gli italiani. La crisi economica e la fine del Grande Spettacolo Consumista. Incontro con Luigi Ceccarini e Alberto Salza, coordina Giuseppe Culicchia a cura della Fiera del libro ORE 10,30 SPAZIO BOOK. DA 6 ANNI - Camillo Fusillo, una storia davvero al dente. Per conoscere il goloso mondo della pasta. Incontro con Chiara Patarino, a cura di Carthusia Edizioni ORE 10,30 SPAZIO STOCK. DA 14 ANNI - La strada delle storie. Batte forte il cuore. "Io sono un Andante e non ho un posto dove rifugiarmi. non mi resta che la strada!" Reading e immagini. Incontro con Fabrizio Casa, a cura di Sinnos Editrice e Fiera del libro ORE 10,30 - 22 STUDYINPIEMONTE - Living utopia. Un nuovo mondo è possibile? Medioevo o scenario post atomico?, a cura di Torino Youth Center ORE 11,30 ARENA BOOKSTOCK - La strada della scienza 2009, l'Anno del Cielo. L'Io davanti allo spettacolo dell'universo. Incontro con Leopoldo Benacchio, Umberto Guidoni, Tommaso Maccacaro, Raffaella Margutti, coordina Piero Bianucci, a cura della Fiera del libro ORE 11,30 SPAZIO BOOK. DA 13 ANNI - La strada delle storie. La banda delle quattro strade. Incontro con Mario Schiani, a cura di Salani Editore e Fiera del libro ORE 11,30 SPAZIO STOCK. DA 9 ANNI - Calcio d'inizio in audiolibro. Incontro con Luigi Garlando, a cura di Emons audiolibri ORE 12 - 15 STUDYINPIEMONTE - Grillo Parlante. Sono il Grillo parlante, cantastorie e saggio narratore. Vuoi ascoltarmi? Ti racconterò le professioni del sapere, a cura di Torino Youth Center ORE 12,30 ARENA BOOKSTOCK - La strada del cambiamento. Com'è cambiata l'Italia: Dalla catena di montaggio al call-center. Incontro con Andrea Bajani e Christian Frascella, coordina Mao, a cura della Fiera del libro ORE 12,30 SPAZIO BOOK. DA 10 ANNI - La strada delle storie. La bambina in fondo al mare. Incontro con Silvana Gandolfi, a cura di Salani Editore e Fiera del libro ORE 12,30 SPAZIO STOCK DA 9 ANNI - La strada delle storie Martino su Marte. Incontro con Umberto Guidoni, a cura di Editoriale Scienza e Fiera del libro ORE 13,30 ARENA BOOKSTOCK DA 9 ANNI - La strada delle storie. Sopra la strada, i cieli. Segni, parole, scienza e altro in un percorso d'arte. Incontro con Luca Mercalli, a cura di Artebambini, Servizi didattici-Musei di Nervi e Fiera del libro. Intervengono Maria Flora Giubilei, Simonetta Maione e Mauro Speraggi ORE 13,30 SPAZIO BOOK - Italia in viaggio: viaggi e paesaggi. Presentazione delle staffette di scrittura, a cura di Bimed Exposcuola, Comitato Italia 150 e Comune di Torino - Iter e gli allievi del Liceo Baldessano - Roccati di Carmagnola. Intervengono: Pino Pace e Sabrina Rondinelli ORE 13,30 SPAZIO STOCK - La scienza dalla A alla Z. Esperimenti e giochi, a cura del Festival della Scienza. Intervengono Raffaella Denegri e Andrea Sessarego ORE 14,30 ARENA BOOKSTOCK - Vita di un Magistrato contro la camorra. Incontro con Raffaele Cantone, a cura di Mondadori. Interviene: Giancarlo Caselli ORE 15,30 ARENA BOOKSTOCK - Anteprima Smemoranda 2010. Incontro con Johnny Groove a cura di Gut Edizioni e Bananas. Intervengono Nicola Colonna, Michele Mozzati, Anna Trezzi, Gino Vignali ORE 16 - 19 STUDYINPIEMONTE - Speedbook. 7 minuti per raccontare un libro che ti ha fatto ridere, piangere, sognare, crescere?, a cura di Torino Youth Center ORE 16,30 SPAZIO BOOK - La scienza dalla A alla Z. Esperimenti e giochi, a cura del Festival della Scienza. Intervengono Raffaella Denegri e Andrea Sessarego ORE 17 ARENA BOOKSTOCK - Myles Cyrus. La mia Strada. Presentazione dell'autobiografia della star di Hannah Montana, a cura di Disney libri in collaborazione con la Fiera del libro. Interviene: Francesco Morace. Animazione: Jacopo Sarno. Coordina: Isa Arrigoni ORE 17,30 SPAZIO BOOK - La primavera dei Poeti. Le Printemps des Poètes. Premiazione del concorso scolastico di poesia, a cura de La primavera dei poeti. Intervengono: Eleonora Forno, Mohammed Lamsuni, Laurent Léon, Eleonora Manzin, Massimo Merulla ORE 17,30 SPAZIO STOCK - L'Europa nel bicchiere. Le culture del bere in Italia e in Finlandia, a cura dell'Osservatorio permanente sui giovani e l'alcool. Intervengono: Franca Beccaria, Franco Prina, Sara Rolando, Enrico Tempesta, Christoffer Tigerstedt, Jukka Törrönen. Presentano Amedeo Cottino e Alberto Gedda ORE 18,30 ARENA BOOKSTOCK - Le favole di nonna Irma. Intervista in presa diretta a una ottantacinquenne autrice di favole autobiografiche, a cura di Memoro - Banca della Memoria in collaborazione con la Fiera del libro ORE 18,30 SPAZIO STOCK - La mia vita con Bambi. Incontro con Carla Rovelli e Cristina Rovelli, a cura di Edizioni Cosmopolis ORE 19 ARENA BOOKSTOCK - M2O: Festa di Realbook. In diretta dalla fiera con dj Roberto Molinaro, a cura dell'Assessorato all'Università, Ricerca e Innovazione della Regione Piemonte e Torino Youth Center ORE 20 ARENA BOOKSTOCK - Realbook si racconta: backstage. Roberto Molinaro incontra Nicolai Lilin, a cura di Torino Youth Center ORE 21 ARENA BOOKSTOCK - Cleopatra tra il Po ed il Nilo. Rappresentazione teatrale studentesca, a cura dell'Associazione Italo - Egiziana Cleopatra in collaborazione con l'associazione Seshat International. Intervengono gli alunni della scuola araba il Nilo e del Convitto Umberto I e Amir Younes SPAZIO RAGAZZI - BOOKSTOCK LABORATORI NURSERY LETTERARIA Servizio di babysitting per i bambini da 5 a 12 anni che vogliono seguire le attività di laboratorio senza i loro genitori a cura dell'Arca di Noè dalle ore 16,30 alle 22 ORE 10,30 LABORATORIO AUTORI NATI PER LEGGERE PIEMONTE 3-6 ANNI - Crescere con i libri: mi fai amico? Amici per la pelle, a cura di Laboratori di lettura Pinocchio, Le Masche, Villino Caprifoglio e Atelier Elios ITER in collaborazione con le Biblioteche Civiche Torinesi, i nidi d'infanzia della Città di Torino ORE 10,30 LABORATORIO D'ARTE 3-7 ANNI - Strade blu. A tu per tu con l'infinito. Declinare il blu, il colore dei grandi spazi, per volare alla maniera di Yves Klein, a cura di Anna Pironti e Paola Zanini - Dipartimento Educazione del Castello di Rivoli ORE 10,30 LABORATORIO AUTORI 8-13 ANNI - La strada delle storie. Caro Obama, ti è già venuta qualche buona idea? Le lettere dei bambini al presidente degli Stati Uniti. Incontro con Manuela Salvi, a cura di Mondadori e Fiera del Libro ORE 10,30 LABORATORIO SCIENZA. DA 16 ANNI - Playdecide, a cura di ESOF2010- Intorno a un tavolo per comprendere, discutere, decidere sui temi più controversi: giochiamo a Playdecide! Per orientare la ricerca in Europa. ORE 10,30 LABORATORIO DEL CIELO 9-13 ANNI - Il sole, la nostra stella dagli Egizi a oggi, a cura di Sezione Didattica del Museo Regionale di Scienze Naturali e Staff di Infini.to - Parco Astronomico di Pino Torinese. Il Sole, la nostra stella. Osserviamola in collegamento con i telescopi del planetario di Infini.to e impariamo a conoscerla realizzando semplici strumenti proprio come facevano gli Egizi. ORE 10,30 LABORATORIO SCRITTURA HOLDEN 10-13 ANNI - Lungo la strada, a cura della Scuola Holden. Interviene: Gessica Franco Carlevero. Un cammino come percorso per la comprensione di sé e degli altri. ORE 10,30 LABORATORIO IMMAGINE 6-10 ANNI - Nuove strade da esplorare. Avventure cinematografiche ad altezza di bambino. Incontro con Michele Marangi, a cura di Aiace e Sottodiciotto Filmfestival. Da La guerra dei bottoni a Il palloncino rosso, da Pippi Calzelunghe a Paper Moon, un affascinante percorso per immagini alla scoperta della realtà. ORE 10,30 REDAZIONE 9-12 ANNI - Facciamo un giornale a fumetti! Econews e fumetti per l'ambiente- Incontro con Valentina De Poli, a cura di Topolino. Coordina: Aldo Carrier Ragazzi. La redazione di Topolino, artisti e sceneggiatori conducono un laboratorio creativo per realizzare un vero giornale a fumetti. ORE 11,30 NATI PER LEGGERE PIEMONTE 3-6 ANNI - Crescere con i libri: mi fai amico? Ci vorrebbe un amico, a cura di Laboratori di lettura Pinocchio, Le Masche, Villino Caprifoglio e Atelier Elios ITER in collaborazione con le Biblioteche Civiche Torinesi, i nidi d'infanzia della Città di Torino ORE 11,30 LABORATORIO ILLUSTRAZIONE 6-10 ANNI - La strada delle storie. Il cavaliere che pestò la coda al drago. Incontro con Ilaria Urbinati, a cura di EDT e Fiera del libro ORE 11,30 LABORATORIO AUTORI 8-12 ANNI - Cieli tra arte, storie e natura, a cura dei Servizi Didattici Musei di Nervi. Le opere d'arte e l'osservazione del cielo offrono lo spunto per una creazione collettiva ricca di colori, segni e parole. ORE 12 LABORATORIO D'ARTE 3-7 ANNI - Tetti tutti tatti, a cura di Anna Pironti e Paola Zanini - Dipartimento Educazione del Castello di Rivoli. Giocare con le parole, alla ricerca di nuovi sensi e sonorità. ORE 12 LABORATORIO SCIENZA 8-11 ANNI - Darwin e l'evoluzione a tracce 200° compleanno di Darwin, a cura di Editoriale Scienza. I mini-Darwin ci aiuteranno a capire qualcosa sull'evoluzione e sulle cause dell'estinzione di ieri e... di oggi. ORE 12 LABORATORIO DEL CIELO 9-13 ANNI - Il sole, la nostra stella dagli Egizi ad oggi, a cura di Sezione Didattica del Museo Regionale di Scienze Naturali e Staff di Infini.to - Parco Astronomico di Pino Torinese. Il Sole, la nostra stella. Osserviamola in collegamento con i telescopi del planetario di Infini.to e impariamo a conoscerla realizzando semplici strumenti proprio come facevano gli Egizi. ORE 12 LABORATORIO SCRITTURA HOLDEN 14-18 ANNI - Scrivere di sé, a cura di Scuola Holden. Interviene Gessica Franco Carlevero. La scrittura autobiografica come declinazione e sviluppo del concetto "io e gli altri" ORE 12 LABORATORIO IMMAGINE 11-18 ANNI - Trucchi del cinema muto, a cura del Museo Nazionale del Cinema e Cooperativa Duecentesimi. Riproduzione con la videocamera degli effetti speciali tipici del primo cinema muto, basati su accorgimenti meccanici semplici ma di grande effetto. ORE 12,30 NATI PER LEGGERE PIEMONTE 3-6 ANNI - Crescere con i libri: mi fai amico? Chi trova un amico trova un tesoro, a cura di Laboratori di lettura Pinocchio, Le Masche, Villino Caprifoglio e Atelier Elios ITER in collaborazione con le Biblioteche Civiche Torinesi e i nidi d'infanzia della Città di Torino ORE 12,30 LABORATORIO ILLUSTRAZIONE 7-10 ANNI - La strada delle storie. Sotto il baobab: la strada delle fiabe, dal Senegal a tutto il mondo. Incontro con Sofia Gallo e Petra Probst, a cura di Sinnos Editrice e Fiera del libro ORE 12,30 LABORATORIO AUTORI 10-13 ANNI - Il mio ragazzo è come lo zucchero . Incontro con Manuela Salvi, a cura di Mondadori ORE 13 LABORATORIO SCIENZA 7-10 ANNI - Galileo e i giochi con l'aria 2009, anno Galileiano, a cura di Editoriale Scienza. Esperimenti, giochi, giocattoli con l'aria. Divertirsi con la scienza e scoprire un grande scienziato. ORE 13,30 NATI PER LEGGERE PIEMONTE 3-6 ANNI - Crescere con i libri: mi fai amico? Amici amici, a cura di Laboratori di lettura Pinocchio, Le Masche, Villino Caprifoglio e Atelier Elios ITER in collaborazione con le Biblioteche Civiche Torinesi, i nidi d'infanzia della Città di Torino ORE 13,30 LABORATORIO D'ARTE 8-13 ANNI - Spiegare e piegare strade, a cura di Anna Pironti e Paola Zanini - Dipartimento Educazione del Castello di Rivoli. Le carte geografiche come territori da esplorare. La forma del corpo sperimentata come territorio. ORE 13,30 LABORATORIO DEL CIELO 9-13 ANNI - Il sole, la nostra stella dagli Egizi ad oggi, a cura di Sezione Didattica del Museo Regionale di Scienze Naturali e Staff di Infini.to - Parco Astronomico di Pino Torinese. Il Sole, la nostra stella. Osserviamola in collegamento con i telescopi del planetario di Infini.to e impariamo a conoscerla realizzando semplici strumenti proprio come facevano gli Egizi ORE 13,30 LABORATORIO IMMAGINE 11-18 ANNI - Trucchi del cinema muto, a cura del Museo Nazionale del Cinema e Cooperativa Duecentesimi. Riproduzione con la videocamera degli effetti speciali tipici del primo cinema muto, basati su accorgimenti meccanici semplici ma di grande effetto. ORE 13,30 REDAZIONE 9-12 ANNI - Facciamo un giornale a fumetti! Econews e fumetti per l'ambiente. Incontro con Valentina De Poli, a cura di Topolino. Coordina: Aldo Carrier Ragazzi. Gli artisti e gli sceneggiatori della redazione di Topolino conducono un laboratorio creativo per realizzare un vero giornale a fumetti. ORE 14 LABORATORIO SCRITTURA HOLDEN 10-13 ANNI - Lungo la strada, a cura della Scuola Holden. Interviene: Gessica Franco Carlevero. Un cammino come percorso per la comprensione di sé e degli altri. ORE 14 LABORATORIO SCIENZA 7-10 ANNI - Einstein e i viaggi nello spazio. 2009, International Year of Astronomy, a cura di Editoriale Scienza. Cosa ne sai dello Spazio? Cosa ne sai delle stelle, dei pianeti e soprattutto dei viaggi degli astronauti? ORE 14,30 NATI PER LEGGERE PIEMONTE 3-6 ANNI - Crescere con i libri: mi fai amico? Amici/nemici, a cura di Laboratori di lettura Pinocchio, Le Masche, Villino Caprifoglio e Atelier Elios ITER in collaborazione con le Biblioteche Civiche Torinesi e i nidi d'infanzia della Città di Torino ORE 15 LABORATORIO D'ARTE 8-13 ANNI - Transiti, a cura del Dipartimento Educativo Fondazione Merz ORE 15 LABORATORIO DEL CIELO 9-13 ANNI - Il sole, la nostra stella dagli Egizi ad oggi, a cura di Sezione Didattica del Museo Regionale di Scienze Naturali e Staff di Infini.to - Parco Astronomico di Pino Torinese. Il Sole, la nostra stella. Osserviamola in collegamento con i telescopi del planetario di Infini.to e impariamo a conoscerla realizzando semplici strumenti proprio come facevano gli Egizi ORE 15 LABORATORIO IMMAGINE 11-18 ANNI - Trucchi del cinema muto, a cura de Museo Nazionale del Cinema e Cooperativa Duecentesimi. Riproduzione con la videocamera degli effetti speciali tipici del primo cinema muto, basati su accorgimenti meccanici semplici ma di grande effetto ORE 16 NATI PER LEGGERE PIEMONTE. FINO A 36 MESI CON GENITORI - Storie per coccolare, a cura di SBAM Nord Est - Biblioteca civica di Settimo ORE 16 LABORATORIO SCIENZA. DAI 16 ANNI - Playdecide, a cura di ESOF2010. Intorno a un tavolo per comprendere, discutere, decidere sui temi più controversi: giochiamo a Playdecide! Per orientare la ricerca in Europa ORE 16,30 LABORATORIO D'ARTE. TUTTE LE FASCE DI ETÀ - La città che sale, a cura di Anna Pironti e Paola Zanini - Dipartimento Educazione del Castello di Rivoli. La verticalità come possibilità di sviluppo per la città. A partire dal Futurismo, prima avanguardia storica, la città si apre ad insoliti sviluppi, diventando un tema centrale per la pittura e la letteratura ORE 17,30 - 19,30 NATI PER LEGGERE PIEMONTE 3-8 ANNI - Un libro, tante storie, a cura del Coordinamento Ovest Ticino - Biblioteca civica di Cameri ORE 17,30 E 18,30 LABORATORIO D'ARTE. TUTTE LE FASCE DI ETÀ - On the road, a cura di Anna Pironti e Paola Zanini - Dipartimento Educazione del Castello di Rivoli. Strade da percorrere, sperimentare, immaginare. Arte e letteratura aprono nuove vie tra grafica e poesia PROGRAMMA PROFESSIONALI ORE 10,30 SALA DUBLINO - Il teatro sugli schermi: nuova drammaturgia e diritti dei media. Quale new deal fra teatro, tv, internet, editori?, a cura di Book Film Bridge. Incontro con le compagnie teatrali, gli editori di teatro, i produttori indipendenti. Business. Ingresso riservato a chi esibisce il pass Ibf, Espositori e Stampa ORE 11 SALA ROSSA - Latino e greco, sì o no?, a cura di MIUR - Direzione Generale per gli ordinamenti scolastici, Università di Torino, Accademia della Crusca, Ufficio Scolastico Regionale per il Piemonte. Intervengono: Maurizio Bettini, Luciano Canfora, Maria Silvana Celentano, Francesco de Sanctis, Luciano Favini, Leopoldo Gamberale, Stefano Molina, Diego Poli, Attilio Oliva, Sergio Roda, Francesco Sabatini, Salvatore Claudio Sgroi. Introducono: Mario Dutto e Antonio Lo Bello. Coordina: Ugo Cardinale ORE 13 SALA ROSSA - Nuove chiavi per insegnare il classico. Presentazione del volume curato da Ugo Cardinale, a cura di UTET, MIUR - Direzione Generale per gli ordinamenti scolastici, Università di Torino, Accademia della Crusca, Ufficio Scolastico Regionale per il Piemonte. Intervengono: Anna Cardinaletti, Dario Corno, Maria Teresa Lupidi Sciolla, Nicoletta Marini, Laura Sciolla, Salvatore Claudio Sgroi. Coordina: Diego Poli ORE 13 SALA BLU - Indagine 2008 sulla lettura della Fondazione Fitzcarraldo, a cura della Regione Piemonte. Intervengono: Luisella Carnelli, Maria Giangrande, Donatella Gnetti, Ernesto Ferrero, Daniela Formento, Paolo Messina, Giovanni Peresson, Rolando Picchioni, Gianni Stefanini. Introduce: Daniela Formento. Coordina: Eugenio Pintore ORE 14 SALA ROSSA - L'Accademia della Crusca per l'italiano nel mondo. Dal vocabolario 1612 alla Piazza delle Lingue d'Europa, a cura di Accademia della Crusca, Edizioni Era, MIUR - Direzione Generale per gli ordinamenti scolastici e Ministero per i Beni e le Attività Culturali - Direzione Generale per i beni librari, gli istituti culturali e il diritto d'autore, Ufficio Scolastico Regionale per il Piemonte ORE 14,30 SALA COPENAGHEN - Film on the book. Lo scambio di diritti da libro a film. Focus sul mercato francese, a cura di IBF in collaborazione con BIEF (Bureau international de l'édition française) e ICE - Istituto nazionale per il Commercio Estero. Intervengono: Claire Anouchian (Denoel, FR), Sophie Bertrand (BIEF, FR), Marie Dormann (Albin Michel, FR), Isabelle Fauvel (Initiative Film, FR), Pascale Kramer (LA SCELF, FR), Roland Niedhart (LA SCELF, FR). Business. Ingresso riservato a chi esibisce il pass Ibf, Espositori e Stampa ORE 15 SALA PROFESSIONALI - Didattica della traduzione editoriale, a cura di l'AutoreInvisibile e Fiera del libro. Intervengono: Riccardo Duranti (Università La Sapienza), Lara Fantoni (SETL), Paola Mazzarelli (Master Tutto Europa), Giuliana Schiavi (Master in traduzione editoriale Vicenza), Alessia Ugolotti (Longanesi). Coordina: Ilide Carmignani ORE 16 SALA COPENAGHEN - Film on the book. Lo scambio di diritti da libro a film. Focus sul mercato anglossassone, a cura di IBF in collaborazione con ICE - Istituto nazionale per il Commercio Estero. Intervengono: Julian Friedmann (Blake Friedmann, UK), Richard Green (Creative Artists Agency, USA), Anna Kokourina (Fox International, USA). Business. Ingresso riservato a chi esibisce il pass Ibf, Espositori e Stampa ORE 16,30 SALA PROFESSIONALI - Slowbookshop.org, il primo farm market italiano dell'editoria e I blog e l'industria culturale: modelli a confronto e nuove prospettive, a cura di Transeuropa Edizioni. Intervengono: Franz Krauspenhaar e Giulio Milani ORE 16,30 SALA DUBLINO - Pitch de la Science: dalla ricerca all'edizione e alla produzione, per nuove realizzazioni di contenuti fattuali, a cura di Book Film Bridge. Intervengono: Cinéma au Soleil-Pôle Image Sud, Festival della Scienza di Genova, rappresentanti delle Università di Torino, Genova, Nice-Sophia Antipolis, Marsiglia, produttori audiovisivi, editori. Business. Ingresso riservato a chi esibisce il pass Ibf, Espositori e Stampa ORE 17 SALA BLU - L'Europa non fa più sconti. La legge del libro all'estero. A cura di Instar Libro, Iperborea, Marcos y Marcos, Minimun Fax, Nottetempo e Voland in collaborazione con Goethe Institut di Torino e NLPVF - Foundation for Production and Translation of Dutch Literature. Intervengono Harry Kramer (Olanda), Liana Levi (Francia), André Schiffrin (Usa), Verena Sich (Germania). Coordina Marco Zapparoli ORE 18,30 SPAZIO BOOK - La scuola, bene di tutti, a cura di Fondazione per la Scuola della Compagnia di San Paolo. Intervengono Lorenzo Caselli, Vittorio Campione, Giorgio Chiosso, Isabella Medicina, Annamaria Poggi e Umberto Vairetti SPAZIO RAI ORE 11 PALCO RAI - La scatola dei format. Presentazione del libro di Paolo Taggi. Con l'autore intervengono Paola Barale, Paolo Beldì, Gianpaolo Caprettini, Giuseppe Feyles, Axel Fiacco, Franco Matteucci. Coordina: Francesco Devescovi ORE 13,30 PALCO RAI - I libri, la Rai e i nuovi media. Intervengono: Paolo Aleotti, Francesco Devescovi, Piero Gaffuri, Luciano Minerva, Roberto Reale ORE 14,30 PALCO RADIO - Diretta Radio3 - Il terzo anello musica. Dal vivo con Zina. Conduce: Luca Damiani ORE 15 PALCO RADIO - Diretta Radio3 - Fahreneit. Il mondo del libro e i grandi temi culturali e civili. Musica dal vivo: Zina. Conduce: Marino Sinibaldi ORE 16 PALCO RAI - Il segreto di fata Lina. Presentazione del libro di Alberto Pellai e Barbara Tamborini. Con gli autori intervengono Mussi Bollini, Paola Pozzi, Paola Pasotto. Coordina: Francesco Devescovi ORE 16 CORNER NUOVI MEDIA - Laboratori per bambini. Il libro lo faccio io. Colla forbici e fantasia per creare insieme tanti libri divertenti ORE 18 PALCO RAI - Carosello Story. Presentazione del libro di Laura Ballio e Adriano Zanacchi. Con gli autori intervengono Alessandra Comazzi e Ranieri Polese. Coordina: Francesco Devescovi ORE 18 CORNER NUOVI MEDIA - Blog. Scrittori dalla Fiera alla Rete. Gli autori incontrano i loro lettori sulle pagine del blog letterario PROGRAMMA FUORI FIERA ORE 10 SCUOLA ELEMENTARE BERTA, via Berta 15 - Perù. Incontro con Ana Cecilia Ponce Paredes, in collaborazione con Giralangolo ORE 16,30 BIBLIOTECA SHAHRAZÀD, via Madama Cristina 41 - Presentazione del libro Dalla Mecca a qui di Al - Sadio, in collaborazione con Le Nuove Muse. Introduce Egi Volterrani ORE 17 COOPERATIVA BORGO PO E DECORATORI, via Lanfranchi 28 - Conferenza di Vittorio Marchis. Presentazione dei libri Storie dei fili di seta. Non tutti i bruchi diventano farfalle e Storie di cose semplici in collaborazione con Silvana Editoriale e Springer ORE 17 LIBRERIA PSICHE, via Madama Cristina 70/b - Presentazione del libro Il potere del simbolo Ankh e Uas, conoscenza iniziatica dell'Antico Egitto. Incontro con Giovanni Grasso ORE 17 BIBLIOTECA CIVICA ITALO CALVINO Lungo Dora Agrigento 94 - Incontro con Danilo Mainardi, in collaborazione con Cairo Editore ORE 17,30 OSPEDALE MARTINI, via Tofane 71 - Incontro con Gino Paoli ORE 17,30 LIBRERIA LINEA 451, via Santa Giulia 40/a - Incontro con Ivo Milazzo ORE 17,30 LIBRERIA ZANABONI, corso Vittorio Emanuele II, 41 - Presentazione del libro Fratellanza e solidarietà . Incontro con Marco Novarino ORE 18 TERRAZZE SUL PO, corso Moncalieri 18 - Presentazione del libro Delitto alla Fiera del libro, in collaborazione con Pintore Editore. Intervengono Mario T. Barbero, Angelo Caroli, Claudio Cerasuolo, Patrizia Durante, Pier Massimo Prosio ORE 18 BIBLIOTECA SHAHRAZÀD, via Madama Cristina 41 - Incontro con lo psicoterapeuta Domenico Barillà, a cura del comitato genitori IC Manzoni ORE 18 OSPEDALE GRADENIGO, corso Regina Margherita 10 - Presentazione del volume Conferenze ai Preti della missione. Relazione di Padre Erminio Antonello Ore 18,30 Centre Culturel Français de Turin, via Saluzzo 60 - Incontro con Katherine Pancol, in occasione dell'uscita del libro Gli occhi gialli dei coccodrilli, in collaborazione con Baldini Castoldi Dalai ORE 19 CORTILE DEL MAGLIO BORGO DORA, via Andreis 18/10 - Inaugurazione ufficiale VII Padiglione Premiazione mostra "Io, gli altri" di Mail - art. Con esposizione delle opere al Cortile del Maglio, alla Biblioteca Italo Calvino e all'Istituto Albe Steiner con visita guidata a cura dell'Associazione Cortile del Maglio. Intervengono gli studenti degli Istituti Albe Steiner e Primo Liceo Artistico ORE 21 TERRAZZE SUL PO, corso Moncalieri 18 - Serata Inuit. Mostra fotografica e proiezione dei film Ombre bianche e Il popolo delle foche. Introduce Gabriella Massa ORE 21,30 CORTILE DEL MAGLIO BORGO DORA, via Andreis 18/10 - Mozart / Aqua. Spettacolo del Balletto dell'Esperia. Coreografie di Paolo Mohovich ORE 22 LE FONDUK ART CAFÉ, corso Belgio 18 - Presentazione del libro Un amore supremo di Luca Ragagnin. Letture dell'autore e intermezzi sonori di Luigi Tessarollo, in collaborazione con Instar Libri

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Pioggia di bombe sui taleban (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 08-05-2009)

Argomenti: Obama

PAKISTAN, CONTROFFENSIVA DEL GOVERNO: TRUPPE SPECIALI E CACCIABOMBARDIERI NELLA VALLE DELLO SWAT Pioggia di bombe sui taleban Obama ha chiamato anche il premier cinese Hu e il ministro degli esteri russo Lavrov Ottanta guerriglieri uccisi nei raid aerei Islamabad: elimineremo tutti gli estremisti [FIRMA]MAURIZIO MOLINARI CORRISPONDENTE DA NEW YORK Il leader pakistano Zardari mantiene la promessa fatta alla Casa Bianca e l'aviazione pakistana martella le basi dei taleban, che da parte loro puntano a coinvolgere nel conflitto anche il Papa chiedendogli di «porre fine alle conversioni in Afghanistan». A meno di cinque ore di distanza dalla stretta di mano con Barack Obama nello Studio Ovale, Asif Ali Zardari ha dato luce verde ad un massiccio intervento militare contro le basi dei taleban nel Nord-Ovest del Pakistan. Se è vero che le operazioni nella provincia di Swat erano iniziate già in coincidenza con la partenza di Zardari per Washington, l'esercito pakistano sta ora mettendo in essere i due consigli che da tempo il Pentagono aveva avanzato: l'uso dei aerei per colpire le basi dei taleban e l'invio sul terreno di truppe speciali solitamente schierate lungo i confini con l'India. Adoperare contro i jihadisti alleati di Al Qaeda le teste di cuoio con cui il Pakistan si difende dalle infiltrazioni indiane è la «svolta strategica» che Washington auspicava. Non a caso il ministro della Difesa Robert Gates ha reagito da Kabul assicurando che «le nostre truppe di terra non entreranno in Pakistan», facendo così rientrare una delle minacce non troppo velatamente avanzate dall'inviato Richard Holbrooke nei recenti colloqui con i consiglieri di Zardari. Sarebbero almeno 80 i taleban uccisi dai raid aerei nella Valle di Swat, da dove i jihadisti nelle passate settimane erano penetrati nella provincia di Buner portandosi a poco più di 90 km dalla capitale Islamabad. L'offensiva punta alla «totale eliminazione dei taleban», come dice il premier pakistano Yusuf Raza Gilani. La Casa Bianca ha fatto conoscere in maniera informale l'apprezzamento per la svolta militare di Zardari, riservandosi di monitorare da vicino la situazione nel timore che l'esercito pakistano possa improvvisamente cessare le operazioni, come avvenuto più volte in passato. Come ha chiarito James Jones, consigliere per la sicurezza della Casa Bianca, «la sicurezza dell'America è legata a quella del Pakistan e dell'Afghanistan» e dunque Washington preme affinché l'offensiva di Islamabad si prolunghi, aumentando di intensità, in maniera da fare terra bruciata attorno alle roccaforti dove potrebbe nascondersi la leadership di Al Qaeda e da dove arrivano i rifornimenti ai taleban che combattono contro la Nato. Proprio dall'Afghanistan i mujaheddin jihadisti hanno aperto un nuovo fronte di attacco contro l'Occidente chiamando in causa il Pontefice. «Mandiamo il nostro messaggio alla più importante personalità del mondo cristiano, papa Benedetto XVI» recita il messaggio affidato ad alcuni siti Internet islamici, minacciando: «Se non terminano subito gli atti irresponsabili di proselitismo da parte dei crociati, le rappresaglie nostre e del popolo afghano saranno durissime». Il messaggio fa riferimento a un recente servizio della tv Al Jazeera sulla presenza di Bibbie in pashtun in una base militare Usa, al caso di Abdel Rahman, l'afghano convertito al cristianesimo esule in Italia, e al rapimento di 23 missionari sudcoreani da parte dei taleban nel 2007. Della situazione in Afghanistan e Pakistan ha discusso Barack Obama in una conversazione telefonica con il leader cinese Hu Jintao e durante un incontro alla Casa Bianca con il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov. L'amministrazione Usa punta a un forte coinvolgimento di Mosca e Pechino e guarda alla prospettiva della formazione di un gruppo di contatto allargato del quale faranno parte anche tutti e cinque i membri permanenti del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.

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Scuola, la Regione decide: "Si insegni più matematica" (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 08-05-2009)

Argomenti: Obama

I FINANZIAMENTI il caso L'integrazione delle attività formative Atto di indirizzo per l'autonomia scolastica Pronti 500 mila el'anno Nuovi fondi in arrivo da vari assessorati Scuola, la Regione decide: "Si insegni più matematica" MAURIZIO TROPEANO Matematica. Scienze. Tecnologie. Ma anche i linguaggi adatti per imparare e comunicare questi saperi. La scuola targata Piemonte sarà orientata ad aumentare le competenze di bambini e giovani verso «l'apprendimento scientifico». La prossima settimana la giunta regionale approverà un atto di indirizzo per quel 20% del curriculum personale di ogni alunno deciso a livello locale che servirà per assegnare i fondi per l'integrazione dell'attività formativa. «Il nostro obiettivo - spiega l'assessore Gianna Pentenero - è rafforzare le competenze dei nostri ragazzi a partire dalla scuola dell'obbligo. In qualche modo teniamo conto del fatto che il mondo della produzione si lamenta per la mancanza di un numero sufficiente di giovani con saperi scientifici». Insomma: formule, numeri e anche linguaggi dovrebbero permettere agli studenti del Piemonte di reggere il confronto a livello nazionale e comunitario. Del resto anche negli Stati Uniti il nuovo presidente, Barak Obama, è deciso a puntare molte delle carte della nuova economia «post-bolla» su matematica e ingegneria. Secondo l'Ires, che ha elaborato i dati Ocse, i punti da cui partire sono due. Il primo: dai risultati medi in scienze dell'indagine PISA 2006 emerge come il Piemonte si trovi al di sopra della media OCSE e delle regioni del Sud Italia. Nelo stesso tempo, però è al di sotto di quasi tutte le regioni straniere messe a confronto e delle regioni del Nord Italia, esclusa la Liguria. Insomma, una posizione intermedia. Il secondo pilastro del ragionamento parte da una sorta di «pagella» dell'Ocse che fissa al livello 2 la soglia di competenza minima per ritenere uno studente in grado di affrontare i problemi quotidiani in ambito scientifico. Il Piemonte, nel contesto interregionale internazionale, si trova in buona posizione: gli studenti piemontesi al di sotto del livello 2 sono meno del 20% mentre il 7% è a livello 5. «Sono performance che in Italia risultano inferiori solo a Veneto e Friuli Venezia Giulia ma che lasciano spazi di miglioramento sia verso l'alto che verso il livello minimo di competenza. Ed è qui che vogliamo agire», spiega Pentenero. Nell'atto di indirizzo si terrà anche conto della necessità di introdurre nuove forme di didattica. Ancora l'assessore: «L'interesse e il divertimento nell'apprendere le scienze vengono considerati nell'indagine PISA come fattori che favoriscono l'apprendimento, in quanto possono influenzare l'intensità e la continuità del coinvolgimento degli studenti così come il loro livello di comprensione». E così l'assessorato ha deciso di finalizzare i 500 mila euro l'anno dei fondi di integrazione dell'attività formativa per finanziare i progetti di apprendimento scientifico presentati dalle singole scuole. E i fondi potrebbero aumentare perché la Regione conta di riunire in un unico pacchetto le iniziative formative di carattere scientifico finanziate da vari assessorati. La qualità dei progetti sarà giudicata da una commissione scientifica che coinvolgerà l'Università e il Politecnico di Torino. Per Alberto Conte, preside di matematica, si tratta di «una decisione lungimirante che supera le resistenze di tanti settori del mondo della scuola e che guarda agli interessi economici futuri di questa regione».

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basta fallimenti parola di ministro - timothy geithner (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 08-05-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 1 - Prima Pagina L´intervento Basta fallimenti parola di ministro TIMOTHY GEITHNER I risultati diffusi ieri rappresentano un accertamento senza precedenti sulla posizione delle maggiori banche Usa dal punto di vista del capitale. Si tratta di un risultato di primo piano nell´ambito del programma varato dal presidente Obama. SEGUE A PAGINA 25

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Armi e welfare, arrivano i tagli (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 08-05-2009)

Argomenti: Obama

IL PRESIDENTE AMERICANO ANNUNCIA LA FINANZIARIA PER IL 2010 Armi e welfare, arrivano i tagli [FIRMA]FRANCESCO SEMPRINI NEW YORK Barack Obama annuncia tagli sulla finanziaria 2010 per 17 miliardi di dollari mentre la Federal Reserve concede un mese alle banche che non hanno superato gli «stress test» per presentare un piano di rafforzamento. Ridurre la spese «non sarà facile ma necessario», spiega il presidente illustrando i ritocchi. Revisioni per un valore complessivo dello 0,5% dei 3.400 miliardi stanziati a febbraio. Troppo poco per i repubblicani: «Quasi nulla», avverte il leader dell'opposizione alla Camera, John Boehner, ricordando che quest'anno il deficit supererà 1.500 miliardi spingendo il debito pubblico oltre i 10.700 miliardi, l'80% del Pil. Peter Orszag, responsabile della Casa Bianca per il budget, avverte che si tratta solo di un primo passo. Tuttavia il passaggio in Congresso si annuncia difficile a causa dell'opposizione di delegazioni potenti come quelle di New York, Florida e California. Ognuna di loro rischia di perdere i 400 milioni di dollari per le spese di detenzione degli immigrati clandestini che commettono reati. Ma è dal settore Difesa che arriverà la metà dei risparmi, grazie alla cancellazione di programmi come il caccia F-22 o la nuova flotta di elicotteri presidenziali. «In tempi di crisi gli americani stringono la cinta e si aspettano che l'amministrazione agisca responsabilmente», conclude Obama. Di responsabilità parla anche Ben Bernanke quando chiede alla banche di rivedere «le politiche sui compensi e le prese di rischio». «La crisi ha rivelato serie mancanze», dice riferendosi ai risultati degli «stress test» condotti dalla Fed sul capitale dei 19 principali istituti (tutti aiutati dal governo): ammontano a circa 74,6 miliardi i fondi di cui necessitano. Tra questi ultimi quella messa peggio è Bank of America che deve raccogliere 33,9 miliardi, poi ci sono Wells Fargo (13,7), Citigroup (5,5), Gmac (11,1) e Morgan Stanley (1,8) e una serie di istituti regionali (8,2). Tra i promossi ci sono Goldman Sachs, Bank of New York Mellon, American Express, Capital One, Jp Morgan Chase, State Street e Met Life, BB&T e Us Bancorp. La Fed concede agli istituti in difficoltà sino all'8 giugno per presentare un piano di rafforzamento che dovrà essere completato entro il 9 novembre. Nel frattempo si è dimesso il presidente della Fed di New York, Stephen Friedman sulla scia delle polemiche su un presunto conflitto di interessi: oltre a alla carica nella banca centrale, Friedman ha svolto compiti di rilevanza pubblica in qualità di membro del Cda di Goldman Sachs di cui possedeva anche un consistente pacchetto di azioni.

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Oklahoma contro Obama "Meno tasse o addio Usa" (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 08-05-2009)

Argomenti: Obama

La storia Dopo il Texas un altro Stato del Sud dice no alla Casa Bianca ISTITUZIONI IN PERICOLO Oklahoma contro Obama "Meno tasse o addio Usa" "Viviamo di petrolio, tutta questa ecologia ci rovina" MAURIZIO MOLINARI Il caso legale può arrivare fino alla Corte Suprema e minare l'Unione federale CORRISPONDENTE DA NEW YORK L'Oklahoma sfida la Casa Bianca rivendicando la propria «sovranità» contro tasse federali considerate «in violazione della Costituzione» nonché pesantemente nocive all'economia locale. A lanciare il guanto di sfida verso l'amministrazione Obama è la Camera dei Rappresentanti di Oklahoma City che con 73 voti contro 22 ha approvato una risoluzione che chiede al governo federale ed al Congresso di Washington di «tornare ad agire entro i limiti della Costituzione» e «cessare di agire oltre i propri poteri». Il riferimento è al 10° emendamento della Costituzione secondo il quale «i poteri non delegati al governo spettano agli Stati e al popolo». L'accusa di aver superato tale linea rossa è contenuta nel testo di una lettera indirizzata al presidente Barack Obama da Dana Murphy, Bob Anthony e Jeff Cloud, titolari della «Corporation Commission» dell'Oklahoma, secondo i quali «l'incremento delle tasse energiche proposto nel bilancio avrà effetti disastrosi sugli sforzi del nostro Stato per educare le nuove generazioni, garantire un ambiente pulito e create posti di lavoro» per il semplice motivo che le imposte «vanno a ridurre gli investimenti nei nuovi progetti nei settore del greggio e del gas naturale che garantiscono entrate per lo Stato ed energia per gli Stati Uniti». Il cuore della protesta nasce dalle particolari caratteristiche economiche di uno Stato che è il secondo produttore americano di gas naturale e il quinto di greggio mentre è in fondo alla classifica degli investimenti nell'energia rinnovabile. L'industria del petrolio contribuisce per il 23 per cento al Pil annuale dell'Oklahoma grazie a 750 mila pozzi che producono 178 mila barili al giorno mentre i giacimenti di gas naturale costituiscono il 10 per cento delle scorte dell'intera nazione. Se dunque l'amministrazione Obama tassa le energie non-rinnovabili, la conseguenza per l'Oklahoma è di essere destinato a pagare un prezzo alto, dovendo rinunciare a entrate che mantengono anche gran parte del sistema educativo. Ma non è tutto. A rafforzare il sostegno popolare per il voto della Camera dei Rappresentanti c'è la memoria di quanto avvenne nel 1910-1920 quando l'abbandono di migliaia di pozzi di petrolio e siti estrattivi di gas naturale creò una miriade di siti che hanno provocato problemi di degrado ambientale con conseguenze che si sentono a tutt'oggi. Il timore è che quel disastro economico-ecologico possa ripetersi su scala ancora maggiore e ciò spiega perché il veto opposto dal governatore democratico Brad Henry alla prima versione della legge sull'«attestazione di sovranità» sia stato facilmente rovesciato dal voto dell'aula. «Tutte le norme federali che obbligano il nostro Stato a passare leggi o varare sanzioni sotto il pericolo di penalità civili o criminali devono essere respinte o proibite», affermano i legislatori. Nei prossimi giorni sarà il Senato statale a esprimersi e poiché non dovrebbero esserci difficoltà a raggiungere il quorum dei due terzi, la legge «HJR 1003» sarà recapitata a Washington sulla scrivania di Nancy Pelosi, presidente della Camera, aprendo una fase di crisi istituzionale sull'attribuzione dei poteri federali che potrebbe arrivare di fronte alla Corte Suprema. Già il governatore del Texas Richard Perry, a metà aprile, accusò il governo federale di «violazione del 10° emendamento della Costituzione» a causa delle nuove tasse, unendosi alla protesta fiscale dei «tea parties» ed arrivando a parlare di «secessione». Tanto il Texas che l'Oklahoma alle ultime elezioni hanno votato per il candidato repubblicano John McCain e quanto sta avvenendo conferma che la rivolta fiscale è al momento il terreno sul quale i conservatori si ritrovano per ostacolare l'amministrazione democratica.

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a cosa serve l'opposizione - nadia urbinati (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 08-05-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 47 - Commenti A COSA SERVE L´OPPOSIZIONE NADIA URBINATI C´è un fenomeno che accomuna democrazie di diversi continenti e paesi, con più o meno solide tradizioni costituzionali, con governi di destra e di sinistra: lo sfilacciamento e l´impotenza dell´opposizione. Negli Stati Uniti, la vittoria di Obama e del Partito democratico è stata accompagnata da un crollo senza precedenti del Partito repubblicano, il quale nonostante la radicalizzazione del linguaggio reazionario di alcuni suoi leader non riesce a riconquistare credibilità presso il suo proprio elettorato; e soprattutto è incapace di definire una politica di opposizione che sia seria ed efficace. Si dirà: le sconfitte sono sempre accompagnate da delusione e smarrimento in chi le subisce. Nulla di nuovo sotto il sole. Non é forse vero che dopo la vittoria di Reagan lo stesso destino era toccato al Partito democratico che ha impiegato due decenni per rinascere? Eppure qualcosa di nuovo sembra esserci. In Brasile, per esempio, il presidente Lula è al suo secondo mandato e gode di una larghissima popolarità, tanta quanto quella del nostro presidente del Consiglio, di Sarkozy e di Obama. A differenza degli altri paesi, la sua maggioranza ha una storia di più lunga durata e questo avrebbe dovuto consentire all´opposizione di meglio attrezzarsi al suo ruolo e raffinare linguaggio e strategia. Invece, come notano anche osservatori che condividono la politica del presidente Lula, la prova che danno di sé i partiti di minoranza (tanto di sinistra estrema quanto e soprattutto di destra) è deludente. Eppure un governo che fa buone politiche e ha largo consenso non ha meno bisogno di essere incalzato dall´opposizione di un governo che fa politiche pessime e ha un consenso risicato. In Europa, la situazione non è diversa. In Francia, il Partito socialista non gode di miglior salute del nostro Partito democratico, e l´insoddisfazione dei suoi elettori non è meno accentuata. Pierre Rosanvallon ha avuto modo di commentare di recente le ragioni della crisi della sinistra francese e ha osservato che è fuorviante parlare genericamente di crisi delle ideologie. In realtà, a essere in crisi è solo l´ideologia che esce sconfitta dalle elezioni. L´identificazione delle elezioni con la competizione sportiva, la lettura dell´esito elettorale in termini di vittoria-e-sconfitta, è un segno indicatore per comprendere quella che chiamerei la sindrome dell´inutilità della dialettica politica post-elettorale. Il suffragio, come sappiamo, contiene due diritti: quello di formare una maggioranza (i voti si contano) e quello di essere rappresentati (i voti si traducono in seggi). Il secondo non è meno importante del primo perché il Parlamento, per godere di una legittimità non solo formale, dovrebbe essere in grado di riflettere il maggior numero delle componenti ideali della società, anche quelle che non hanno vinto. Chi ha "perso" le elezioni è assente dall´esecutivo ma non è né può essere assente dal Parlamento. In questo senso è scorretto usare il linguaggio della vittoria e della sconfitta perché suggerisce l´idea - fuorviante e pericolosa - che conta solo chi vince. Nell´ottica della vittoria e della sconfitta, l´opposizione non pare avere altro ruolo che quello di testimoniare i perdenti presso il pubblico dei vincitori. E il perdente in una competizione che registra solo chi vince è certamente inutile o impotente; non conta nulla. Ma questa non è né la logica né la procedura che opera nelle democrazie rappresentative, anche se è vero che i sistemi elettorali maggioritari sono più di quelli proporzionali predisposti a favorire questa mentalità. Ma l´intensità del problema che si manifesta oggi travalica la stessa funzione dei sistemi elettorali e chiama in causa la cultura politica, se si vuole l´ethos, il modo di pensare che si sedimenta nell´opinione pubblica. Le democrazie contemporanee sembrano essere sempre di più governi della maggioranza, non semplicemente sistemi nei quali i partecipanti alle decisioni parlamentari decidono secondo il criterio di maggioranza. L´etica della gara per la vittoria è il segno di uno stravolgimento della partecipazione alla costruzione della politica nazionale, perché è evidente che anche chi non ha conquistato la maggioranza contribuisce a determinare la politica nazionale: lo fa sia perché siede in Parlamento e il suo voto è comunque decisivo anche quando sia solo per registrare l´esito di una votazione, sia perché la sua presenza è comunque attiva, attraverso la voce, la contestazione e la capacità di condizionare una proposta di legge. Il lavoro dell´opposizione ha una grande dignità e il voto a un partito che non vince non è un voto perso. Ma l´ideologia che sembra dominare il campo oggi è quella che vuol far credere che la popolarità dei sondaggi renda l´opposizione inutile, che la maggioranza sola debba governare e che i leader debbano essere come in una permanente campagna elettorale. Un elemento che non può sfuggire in questa politica della celebrità del capo e della sua maggioranza è l´esautoramento delle assemblee legislative. Il Parlamento decade nella misura in cui solo la maggioranza ha voce e visibilità. La funzione dell´opposizione è anche per questa ragione cruciale - la sua sconfitta numerica non si traduce mai in una sconfitta del suo ruolo politico, perché la sua voce e la sua presenza sono la nostra garanzia di libertà democratica. Più di questo: l´opposizione politica è depositaria della nostra certezza che l´alternanza democratica non è un´utopia. Ci si dovrebbe imporre di non ascoltare le sirene dell´ideologia dell´inutilità dei perdenti perché il gioco democratico ci assicura che non c´è la fine della storia.

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Il libro segreto che il leader Pd presenterà alla Fiera di Torino (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 08-05-2009)

Argomenti: Obama

Il libro segreto che il leader Pd presenterà alla Fiera di Torino Non più di due mesi fa Massimo D'Alema rispose così a chi gli faceva pesare il suo status da soldato semplice nel Pd: «Anche producendo idee si fa politica». L'altra settimana in tv da Daria Bignardi ci ha ripensato, da oggi in poi s'impegnerà di più, con grande sollievo dei telespettatori. Intanto pubblica un libro, che è un curioso caso di segretezza editorial-politica. La raccolta di saggi s'intitola Il mondo nuovo. Riflessioni per il Partito democratico, è pubblicata a cura della Fondazione ItalianiEuropei (editore Solaris) e all'ultimo istante, mercoledì pomeriggio, è stata aggiunta al programma alla Fiera del Libro: D'Alema ne parlerà domenica 17 in mattinata, in una saletta. La Fiera quest'anno prevedeva già un'interessante presenza di dirigenti della sinistra sconfitta, variamente invitati a riflettere sul disastro, e le sue lontane radici. Erano in scaletta due conversazioni, una con Bertinotti, Chiamparino e Di Pietro sulla «notte della sinistra», un'altra con Bertinotti e Fassino su com'è cambiato il modo di vivere e raccontare la militanza politica nel Novecento. Ci sarà anche Veltroni. Infine, D'Alema ha deciso di lanciare il suo libro. Chissà perché alla Fondazione ItalianiEuropei, da lui presieduta, mantengono un riserbo cubano, «sa, non possiamo dare nessunissima anticipazione, il presidente ci ha detto così; chi vi ha dato la notizia?». In questi saggi l'autore ha arato il terreno del suo ritorno alla politica attiva. Non proprio linee programmatiche, ma quasi. Su due temi: la crisi economica globale e le riforme in Italia. D'Alema vive da anni la sua attività come quella di uno statista che s'è trovato a dover fare il nobile passo indietro dalla politique politicienne, ma non ha mai abbandonato l'idea di poter esser ancora lui a dettare contenuti e modi di un'agenda che i democrat faticano a riscrivere, dopo le precoci dimissioni di Walter Veltroni. In questo libro si muove in effetti su due piani. Da una parte c'è l'ex premier, l'uomo che visse la sua stagione felice all'epoca dell'interventismo democratico e del conflitto in Kosovo, ma dovette poi arretrare: Il mondo nuovo dà per acquisito quel retroterra, ma centra il suo focus sugli anni della grande crisi economica. Dall'altra c'è l'eterno leader di partito: sostiene D'Alema che «un mondo nuovo sta nascendo da quella crisi, che è la crisi del capitalismo globale selvaggio, una crisi politica e culturale prima che economica». Il paradosso è che la sinistra - che pur potrebbe provare ad approfittarne, la crisi in fondo ha denunciato i limiti di una visione solo finanziaria della globalizzazione - la subisce anziché approfittarne per ridefinirsi, e magari presentare un conto politico-culturale agli avversari. Il risultato è che l'intellettuale di sinistra diventa Giulio Tremonti. Così D'Alema fa la sua proposta: partiamo dalla crisi per individuare l'orizzonte strategico, i valori costitutivi, le ragioni del Partito democratico. «La crisi è la grande occasione anche per attuare riforme coraggiose in Italia». Con un appello che già lascia immaginare il futuro programma politico: aprire una stagione costituente Pdl-Pd. «Resto convinto del fatto che in questi anni è mancata la capacità della classe politica di governare insieme, com'era giusto fare, il lungo processo della transizione italiana. Da questo punto di vista una delle ragioni che hanno concorso ad aggravare la situazione è stata l'estrema conflittualità di un bipolarismo che ha avuto caratteri di rissosità, invece di promuovere insieme un percorso per mettere mano a riforme indispensabili al Paese». Invece, «per parlare alle nuove generazioni, occorre democrazia, eguaglianza, ma anche innovazione». Quella, per dire, dell'uomo più luminoso del «mondo nuovo», quel Barack Obama che adesso seduce anche il leader italiano. Il quale ha apprezzato molto soprattutto una cosa, «nel pacchetto di Obama ci sono gli incentivi alla ricerca sulle cellule staminali ed embrionali che riporteranno l'America alla guida della ricerca biomedica, e una buona parte del pacchetto è costituito da incentivi per le nuove tecnologie in campo ambientale». Riforme condivise e stagione costituente, no al «plebiscitarismo berlusconiano» (ma anche no al semipresidenzialismo, che un tempo gli piaceva), rivoluzione green alla Obama, incentivi alla ricerca: il nuovo D'Alema che vedrete alla Fiera del libro farà quasi da pendant alle discussioni sulla «Notte della sinistra», che impegnerà Fausto Bertinotti con Antonio Di Pietro. O all'amarcord tra Bertinotti e Piero Fassino su come si declinava la militanza nel secolo scorso, il Novecento. Veltroni si tiene invece alla larghissima dalla politica, lo attendono a un dibattito intitolato «L'amore difficile. A filo doppio con le persone fragili», assieme a Clara Sereni e Gloria Buffo. Il suo interesse attuale, raccontano, sono i bambini. A fine aprile, ad Auronzo in Cadore, ha visitato l'ospedale in riva al lago di Misurina. E Tatiana Pais Becher, l'assessore alla Cultura, confida: «L'accoglienza da parte dei bambini è stata davvero bella. Veltroni ha dimostrato grande interesse per questa struttura, anche per via di un libro che sta scrivendo...». Insomma, D'Alema politico, Veltroni sentimentale. Perché il mondo sarà anche nuovo, ma i gemelli diversi della sinistra sono sempre quei due.

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ma è possibile fare pipì in piazza san luigi? - cesare de seta (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 08-05-2009)

Argomenti: Obama

Pagina I - Napoli Il caso Ma è possibile fare pipì in piazza San Luigi? CESARE DE SETA Gli Stati Uniti d´America considerano la salute dei loro cittadini residenti all´estero un valore non negoziabile: essi adottano un protocollo severo e considerano Napoli un´area non sicura per l´inquinamento di acqua, aria e terra. Al protocollo cautelativo degli Usa i nostri amministratori e relativi responsabili hanno sempre risposto che non c´è alcun problema. Ora al cittadino napoletano, che per molti lustri è stato sommerso da ogni genere di inquinamento e continua a esserlo, restano due strade: credere ai propri amministratori o al governo di Barack Obama. Scelta difficile e imbarazzante che non muta lo stato di fatto: la nostra bella Napoli è l´unica grande città nel nostro Paese a essere considerata un´area metropolitana in cui si adottano misure da zone di guerra. Così stanno le cose e così stando le cose si fa fatica a credere che il problema più importante sia quello di dotare la città di vespasiani, dall´imperatore che li collocò nella Roma imperiale. Esigenza importante quella di fare pipì, anche se essa può e deve essere assolta parzialmente dai servizi commerciali sul cui stato il Comune dovrebbe vigilare. Ma i vespasiani servono e vanno accortamente collocati. SEGUE A PAGINA XIII

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frattini incontra la clinton gilani: eliminare i terroristi - vincenzo nigro (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 08-05-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 51 - Esteri Secondo il bilancio Usa nel 2010 i costi della guerra afgana supereranno quelli dell´Iraq Frattini incontra la Clinton Gilani: eliminare i terroristi VINCENZO NIGRO «Sono convinto che ci siano poche possibilità che i taliban ottengano un successo tale da dare loro accesso alle armi nucleari pachistane». è quasi uno scongiuro quello di Robert Gates: da mercoledì il segretario alla Difesa Usa è a Kabul, una lunga visita al fronte della guerra americana contro i taliban (che nel 2010 costerà al contribuente più di quella in Iraq). Ma oggi il fronte più caldo di quella guerra è quello pachistano. E il fatto che il Segretario alla Difesa Usa parli apertamente del pericolo del nucleare ai taliban dà la misura del livello di allarme. Gates dice di essere convinto che i taliban non ce la faranno, ma da settimane la Cia e i servizi segreti europei (innanzitutto britannici e tedeschi) hanno capito che il pericolo invece è assai serio. Ieri il ministro della Difesa americano ha detto di essere soddisfatto per la reazione militare del governo pachistano: l´avanzata degli integralisti verso Islamabad è servita da «allarme, la reazione dell´esercito dimostra che riconosce il pericolo». A Washington Barack Obama ha convocato il presidente pachistano Zardari assieme a quello afgano Karzai: a Islamabad è rimasto il primo ministro Gilani, che ieri sera ha fatto un drammatico annuncio in tv. «Ho dato ordine all´esercito di eliminare i militanti e i terroristi per restaurare l´onore e la dignità del nostro Paese e per proteggere il nostro popolo». I generali pachistani hanno rivelato agli Usa dettagli sul modo in cui controllano le circa 100 testate atomiche nei loro arsenali. Il vero problema è che lo stesso esercito (assieme i servizi segreti) potrebbe essere a rischio di collasso. Askari Rizvi, un analista di difesa pachistano ha prospettato uno scenario da incubo: «Un esercito pachistano in difficoltà che continui a perdere terreno di fronte alle offensive dei taliban, potrebbe essere un esercito pronto a dividersi a favore o contro i taliban. è essenziale che l´esercito non perda il controllo di zone del Paese, in maniera da poter rimanere unito anche nel controllare l´arsenale nucleare». Anche di questo ha parlato a Washington il ministro degli Esteri italiano Frattini, che ha visto Hillary Clinton e i colleghi di Pakistan e Afghanistan. Frattini ha lanciato il suo allarme, chiaro e definitivo: «Se il Pakistan esplode perché lasciato in balia di se stesso, sarà un dramma per tutto il mondo».

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sciatti, ipocriti e di sinistra gli usa alla crociata dei jeans - (segue dalla prima pagina) vittorio zucconi (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 08-05-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 53 - Esteri Washington Post e Wall Street Journal contro il pantalone-simbolo "Ha minato lo spirito nazionale, è una moda che va fermata" Sciatti, ipocriti e di sinistra gli Usa alla crociata dei jeans Negli armadi delle signore americane ce ne sono in media quattordici paia Erano sinonimo di abbigliamento povero: ora vanno bene anche nei locali più snob (SEGUE DALLA PRIMA PAGINA) VITTORIO ZUCCONI Le ubique, insidiose brache di ruvida tela blu con borchie di rame hanno «minato lo spirito nazionale», ha avvertito il Wall Street Journal, subito seguito da un famoso opinionista del Washington Post, e vanno fermate. Umile surrogato della logora "Grande Guerra al Terrore" bushista, il pantalone nato dalla tela francese de Nimes, da cui la parola denim, e tinto con l´indigo - il blue di Genoa, da cui jean, per i marinai - è la nuova al-Qaeda con la lampo e le borchie, l´uniforme transgenerazionale che sgretola l´America e segnala il suo collasso verso «la sciatteria terminale», è tuonato dal Washington Post George Will, uno dei più amabili, ma severi brontoloni della destra. Il «Demon Denim», come lo chiama lui, non è soltanto sciatto e ideologico, ma «ipocrita», come le ricche signore che vanno a far spesa nei supermercati biologici al volante dei loro Suv tracanna benzina. A vita alta o a vita bassa, scoloriti o logorati dal fabbricante per creare la falsa impressione del consumo da fatica, sbracati con il cavallo all´altezza delle ginocchia o tesi come una mano di vernice passata sul sedere, i blue jeans sono il simbolo della resa collettiva della società al banale e all´immaturo. Will rabbrividisce alla vista della famigliacce che circolano indossandolo invariabilmente, padre, madre, figli, come un´«uniforme del nulla». Credendosi politically correct, pacifisti e progressisti se li infilano come lontana eco della "controcultura" sessantottina, ringhiava lo scrittore Daniel Ask sul Wall Street Journal, perché dimenticano che le brache di denim - indossate anche da Garibaldi nelle sue imprese - sono figlie della guerra, della necessità di trovare un calzone pratico per i marinai delle flotte. Che un indumento così umile ed economico (sui 30 dollari in media, poco più di 20 Euro) possa suscitare tanta furia perbenista e culturale, si spiega con il fastidio per la massificazione del costume che turba individualisti, conservatori e snob. E che di massa si tratti - per questi calzoni portati in America da una famiglia di ebrei tedeschi, i Levi Strauss, all´inizio dell´Ottocento e poi divenuti l´indumento standard di contadini, cercatori d´oro e vaccari - lo dicono le cifre delle vendite annuali, vicine ai 15 miliardi di dollari (50 dollari a testa per ogni abitante) e i guardaroba: negli armadi delle donne americane ce ne sono in media 14 paia, ormai accettabili anche nel ristorante più spocchioso. A differenza di quanto accadde a Bing Crosby, che negli anni ‘50 fu respinto da un maitre di Los Angeles perché in jeans. E si vendicò tornandoci con un completo, giacca, gilè e calzoni in tela denim, cucito espressamente per lui dalla Levi´s. I custodi della moralità sartoriale non esitano a definirlo «una pestilenza nazionale» (Will), «un sintomo di infantilismo nostalgico per un passato agrario che si traduce nella corsa a quelle casette di lontano sobborgo oggi avviate verso l´abisso dei mutui non pagati», quasi che siano stati i jeans a provocare il collasso della finanza. Ormai un vizio nazionale, secondo il Wall Street Journal, i jeans andrebbero trattati come le sigarette e tassati a sangue dalla presidenza Obama. Questo residuato della ribellione giovanilista, questa bandiera dei Marlon Brando, dei James Dean, dei rivoluzionari senza una causa che persino Elvis Presley non voleva indossare perché, da uomo del sud, lo vedeva come un simbolo di miseria, oggi veste miliardari come Bill Gates e Steve Jobs e tutti i baroni delle stock options a Silicon Valley, apice definitivo dell´ipocrisia e della immaturità di questi eterni Peter Pan. è assai improbabile che la campagna contro "il terrore in blue jeans" possa incrinare il regno di un indumento che risponde al criterio fondamentale americano della convenience, della praticità, e ricorda ironicamente la vana battaglia combattuta per anni dal Cremlino contro questo simbolo delizioso dell´America. La diabolica braca è ormai entrata anche negli uffici delle banche di Wall Street, dove il "casual Friday", il venerdì casual, è un´istituzione, mentre le madri di famiglia affannate non rinunceranno facilmente a infilare ai figli l´indistruttibile calzone. La campagna dei guerrieri culturali somiglia a tante altre malinconiche battaglie perdute, dalla minigonna al telefonino, dal rock´n roll ai videogame. Se l´America andrà all´inferno, come loro profetizzano, ci andrà in jeans.

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l'independent ha scoperto quanto ha speso il governo inglese per le cene di gala di presidenti e accompagnatori gordon brown ha stanziato mezzo milione di sterline. tra piatti prel (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 08-05-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 55 - Esteri L´Independent ha scoperto quanto ha speso il governo inglese per le cene di gala di presidenti e accompagnatori Gordon Brown ha stanziato mezzo milione di sterline. Tra piatti prelibati e vini di gran marca. A pagare, il contribuente "Pasteggiare mentre milioni di persone hanno perso il lavoro o la casa, non è bello" ENRICO FRANCESCHINI LONDRA dal nostro corrispondente L´avevano presentato come il summit per salvare il mondo investito dalla recessione globale, ma come minimo ha sfamato e dissetato i leader che vi hanno partecipato. Il padrone di casa del vertice del G20, Gordon Brown, non ha badato a spese quando ha dato il benvenuto a Londra lo scorso mese di aprile a presidenti e primi ministri dei più importanti paesi della terra. E non soltanto a presidenti e primi ministri, ma pure alle loro mogli (o mariti), ai loro ministri, consiglieri e portaborse, senza dimenticare le segretarie, le guardie del corpo e gli autisti: un esercito di 200 alti funzionari e 800 persone dello staff, che il governo di Sua Maestà britannico ha invitato a pranzo e a cena per un paio di giorni lungo le rive del Tamigi. Utilizzando i diritti concessi dal Freedom of Information Act, il quotidiano Independent ha chiesto e ottenuto da Downing street il "conto" di questa grande abbuffata per Vip ed è saltata fuori una bella cifra tonda: all´incirca 500 mila sterline, pari a 550 mila euro. A pagarlo, naturalmente, sarà il contribuente britannico, trattandosi di "spese di Stato", ma giornali e mondo politico si domandano se è giusto. Primo, perché non sta bene che un summit convocato per aiutare un mondo impoverito dalla crisi spenda mezzo milione di sterline per il vitto dei convenuti. Secondo, perché Gordon Brown, in caduta libera nei sondaggi, aveva bisogno di un successo internazionale per riguadagnare consensi, e ha dato l´impressione di averlo ottenuto con l´aiuto di un fastoso banchetto. La maggior parte della spesa gastronomica per il G20, in verità, riguarda la giornata in cui è stato necessario sfamare quasi 1000 persone, tra leader e staff, al centro congressi in cui si è svolto il vertice: 435 mila sterline. Per la cena a Downing street riservata ai leader e ai relativi coniugi, più i rinfreschi a Lancaster House e alla Tate Modern, il conto è stato di 66 mila sterline, incluse 6 mila sterline per i vini, che comprendevano vini pregiati, come lo Chateau Pichon Longueville Contesse de Lalalande del 1986 (140 sterline a bottiglia, i Vip se ne sono bevute diciannove), e altri più a buon mercato, come il Domaine de Planterieu 2006 (5 sterline a bottiglia, per un totale di 13 bottiglie). Quanto al menù, gli ospiti per la serata di gala a Downing street, tra i quali Barack Obama, la first lady Michelle e il premier italiano Silvio Berlusconi, hanno mangiato salmone scozzese, seguito da spalla di agnello del Galles, cucinati per l´occasione da Jamie Oliver, uno dei "celebrity chef" più famosi d´Inghilterra. Niente "caviale e champagne", insomma. Ma Norman Baker, un deputato liberal-democratico, tuona lo stesso: «L´immagine dei leader del mondo che pasteggiano con vini di qualità e cibo squisito, mentre milioni di persone sono preoccupate perché hanno perso il lavoro o la casa, non è bella». Non è chiaro se l´abbuffata sia servita a salvare il mondo dalla crisi economica. Non è servita comunque a risollevare le azioni di Gordon Brown, che precipita come e più di prima nei sondaggi. Poteva invitare i leader del G20 a digiunare, e probabilmente per lui il risultato sarebbe stato identico.

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il nuovo ruolo della famiglia agnelli - (segue dalla prima pagina) (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 08-05-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 9 - Economia IL NUOVO RUOLO DELLA FAMIGLIA AGNELLI (SEGUE DALLA PRIMA PAGINA) è il riflesso in economia della vecchia legge di Darwin: non sopravvive chi magari appare il più forte, ma colui che sa meglio adeguarsi ai mutamenti dell´ambiente. Che il «pullover-man», come lo chiamano gli americani, sia stato il più pronto nella reazione alla crisi è un fatto. L´iniziativa su Chrysler ha colto di sorpresa il mercato e ha sparigliato il gioco nel risiko mondiale dell´auto. Finora la Fiat ci aveva abituato a una metabolizzazione lenta delle crisi, sovente affidata solo a diretti o indiretti aiuti di Stato. Non così stavolta, con Marchionne. Pronto è stato pure lo scatto degli eredi Agnelli, che hanno dato al loro manager pieno appoggio. Un sostegno che - se l´operazione avrà successo - comporterà un prezzo non trascurabile. Nel gigante da sei milioni di auto all´anno cui punta Marchionne, quel 30% con cui la famiglia torinese è abituata a fare il bello e il cattivo tempo in Fiat subirà una diluizione molto forte. Dal ruolo di «padroni» si dovrà passare a quello di comprimari, forse neppure di rango maggiore. I passi per raggiungere l´obiettivo sono però ancora tanti. Il capitolo Gm risulta quanto mai aperto per le forti resistenze tedesche sul destino degli stabilimenti Opel. I terreni della sfida sono molti. Il principale riguarda la struttura azionaria. Il capitale della nuova società dovrebbe essere ripartito fra azionisti pubblici (i governi), banche creditrici, lavoratori e azionisti privati quali Fiat e Gm. Negli Usa analogo modello, applicato al caso Chrysler, è già motivo di scandalo. Parte della business community si è scagliata contro il sostegno di Obama a una soluzione considerata addirittura in odore di socialismo. In realtà, si sa che le scelte di Marchionne e l´appoggio della Casa Bianca sono il frutto di un approccio pragmatico ai guai che si sono accumulati su Detroit. Gli operai di Chrysler diventano comproprietari non per conversione al socialismo, ma perché soltanto la trasformazione in azioni dei loro crediti verso l´azienda rende oggi possibile un futuro per la medesima. Oggi negli Usa la novità ha ricevuto un´approvazione a larghissima maggioranza dai lavoratori di Chrysler. Viceversa, proprio in Germania - dove il regime di «mitbestimmung» è storia consolidata del modello renano - i poteri offerti dalla cogestione possono essere declinati, come nel caso Opel, in una logica di pura difesa dell´esistente contro ogni novità. Ciò che negli Usa ha aiutato la soluzione, in Germania si sta rivelando il problema. Resta che le aziende coinvolte agonizzano, né si può contare su capitali privati freschi. Dunque, Marchionne sta facendo di necessità virtù: non si vede alternativa a questo originale modello di kombinat azionario pubblico-privato - industrial-sindacale. Il banco di prova sarà perciò la gestione di un così variopinto spettro di interessi non coincidenti. Che fare, per esempio, della miriade di stabilimenti distribuiti in paesi con regole salariali e normative tanto diverse? Sindacati tedeschi e italiani sono già sul piede di guerra: gli uni contro gli altri. In forme nuove potrebbero così riapparire vecchi problemi. Un buon piano aziendale potrà evitare la cannibalizzazione fra modelli Fiat e Opel, ma la competizione potrebbe riesplodere sulla scelta della fabbrica cui affidare la specifica produzione. Il capitalismo classico, cacciato dalla porta in nome della cogestione, potrebbe prendersi la sua vendetta mettendo i sindacati in competizione fra loro su chi offrirà di lavorare a minor costo. La storia dei conflitti fra capitale e lavoro conosce armistizi, non paci durature.

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"sostituita l'incertezza con la trasparenza così il credito farà ripartire l'america" - (segue dalla prima pagina) (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 08-05-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 25 - Economia I benefici La prospettiva Il ministro del Tesoro Usa, Timothy Geithner, spiega i risultati dello stress test sulle banche "Sostituita l´incertezza con la trasparenza così il credito farà ripartire l´America" "OPERAZIONE TRASPARENZA COSI´ L´AMERICA RIPARTE" I tassi sui mutui sono a un minimo storico e le aziende stanno trovando più facile finanziare i propri investimenti Ci aspettiamo che le banche restituiscano qualcosa di più dei 25 miliardi di dollari inizialmente previsti (SEGUE DALLA PRIMA PAGINA) Il nostro Programma ha l´obiettivo di rimettere in sesto il sistema finanziario, ripristinare il flusso creditizio e mettere la nazione americana sulla via della ripresa economica. Il presidente si è insediato alla Casa Bianca con la prospettiva di dover affrontare una fase di profonda recessione e porre rimedio a un sistema finanziario allo sfascio. Senza un intervento decisivo, saremmo andati incontro alla prospettiva di una recessione più grave e più lunga. Obama ha affrontato i problemi con interventi drastici, finalizzati a risolvere la crisi immobiliare e a rimettere in moto i mercati creditizi, responsabili di circa la metà di tutti i prestiti concessi alle imprese e ai consumatori. L´Amministrazione ha altresì messo a punto un programma per creare un mercato per i legacy loans e i legacy securities (titoli giacenti legati a prestiti e mutui) per aiutare le banche a ripulire i loro bilanci. Questi programmi intendono concorrere a sistemare i canali di prestito non veicolati dalle banche e contribuiranno a correggere il sistema bancario stesso. Abbiamo pertanto convocato i supervisori delle banche per effettuare una valutazione straordinaria delle potenzialità dei nostri 19 istituti bancari più importanti, per effettuare una stima delle potenziali perdite future, e garantire che tali banche abbiano capitali sufficienti per continuare a erogare prestiti anche in una recessione più grave. Il risultato di questo accertamento del capitale disponibile consiste nel contribuire a sostituire la trasparenza all´incertezza. Ciò farà chiarezza sulle risorse di cui dispongono le banche più importanti per assorbire le perdite future. Oltre a ciò, servirà a portare maggiori capitali privati nel sistema finanziario, aumentando la capacità di far fronte a prestiti futuri; consentirà agli investitori di operare chiare distinzioni tra le banche; e infine faciliterà alle banche il compito di mettere insieme capitali privati sufficienti a ripagare i finanziamenti che hanno già ottenuto dal governo. I risultati dello "stress test" indicano che alcune banche dovranno procedere a un aumento di capitale per assicurare più solide risorse e migliorare la loro situazione attuale dal punto di vista del capitale. Queste banche avranno a disposizione varie opzioni nei prossimi sei mesi, comprese una nuova offerta di common equity e la conversione di altre forme di capitale in common equity. Nell´ambito di tale processo, le banche continueranno a ristrutturare e a vendere le loro attività non core business per aumentare il capitale. In realtà abbiamo constatato che alcune banche, spronate dallo "stress test", hanno intrapreso passi significativi nel primo trimestre dell´anno per procedere a un aumento di capitale, vendere asset e rafforzare la loro posizione dal punto di vista del capitale. Col passare del tempo, il nostro sistema finanziario emergerà rafforzato e meno propenso agli eccessi. Le banche avranno inoltre la possibilità di chiedere un aumento di capitale dal governo tramite il Programma di Assistenza per il capitale del Tesoro. Il Tesoro fornirà questo aiuto così che i mercati siano fiduciosi che noi manterremo sufficienti capitali nel sistema finanziario. Nel caso di istituti dei quali il governo federale diventa azionista comune, cercheremo di ottimizzare il valore per i contribuenti e consentire a queste società di attirare capitali privati, riducendo così l´intervento del governo il più rapidamente possibile. Alcune banche saranno in grado di restituire il capitale al governo, a patto di dimostrare di potersi finanziare autonomamente senza le garanzie della Federal Deposit Insurance Corporation. Noi ci aspettiamo anzi che le banche restituiscano qualcosa di più dei 25 miliardi di dollari inizialmente previsti. Ciò renderà disponibili le risorse necessarie a contribuire al sostentamento di banche comunitarie, rimettere in moto i piccoli istituti di prestito e sistemare e far ripartire il mercato dei titoli. Questa crisi è andata preparandosi nel corso di svariati anni e il sistema finanziario ha bisogno di tempi più lunghi per correggersi. Ma il programma del presidente, unitamente alle iniziative della Federal Reserve e della FDIC, sta già ora contribuendo ad abbassare i premi di rischio dei crediti. I tassi di interesse sui mutui sono a un minimo storico, e ciò lascia più soldi nelle tasche dei proprietari di casa e al contempo serve a rallentare il calo dei prezzi degli immobili. Le aziende stanno trovando più facile adesso finanziare i propri investimenti contraendo nuovi debiti. Le spese legate ai prestiti erogati dai governi municipali sono scese in modo considerevole. Sta aumentando l´emissione di titoli sostenuti da prestiti al consumo e per l´acquisto di automobili e i tassi di interesse su questi titoli stanno scendendo. La Federal Reserve riferisce che le condizioni del credito adesso stanno iniziando a migliorare leggermente. Questo è soltanto l´inizio. Il nostro lavoro è lungi dal potersi dire concluso. Non abbiamo raggiunto il fondo della recessione o della crisi finanziaria, ma gli stress test sulle banche dovrebbero accelerare il processo di ristrutturazione del nostro sistema finanziario e creare più solide premesse per la ripresa. * Segretario del Tesoro americano Copyright 2009 The New York Times (Distributed by The New York Times Syndicate) Traduzione di Anna Bissanti

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nessuna insolvenza per le banche usa - arturo zampaglione (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 08-05-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 25 - Economia Nessuna insolvenza per le banche Usa Il Tesoro: ma servono forti aumenti di capitale. Bernanke: più rigore contro i rischi Entro l´inizio di giugno il governo pretende i programmi di azione specifici ARTURO ZAMPAGLIONE NEW YORK - Dopo mesi di attesa snervante, sia per i mercati finanziari che per gli executives degli istituti di credito, il governo americano ha reso noto ieri sera, alla chiusura di Wall Street, i risultati dello "stress test", l´esame sotto sforzo cui ha sottoposto le 19 maggiori banche americane per determinarne lo stato di salute e l´esigenza di nuove iniezioni di capitale. La conclusione: la metà degli istituti - tra cui Bank of America, Citigroup, Wells Fargo, Regions Financial - avranno bisogno di altri fondi (circa 75 miliardi di dollari), ma c´è anche una componente ormai sana, solida, rappresentata da realtà come JPMorganChase e Goldman Sachs. Più in generale il test ha dimostrato che nessuna delle 19 banche è «a rischio solvibilità», secondo quanto ha chiarito poco prima dell´annuncio il presidente della Federal reserve, Ben Bernanke. Il quale ha anche invitato le banche a rivedere la pratiche sui compensi e sulle prese di rischio. Avviato a febbraio nel quadro dei piani di risanamento di Barack Obama, lo "stress test" - che è il primo del genere nella storia americana - servirà anche a individuare le riforme dei regolamenti bancari, e in particolare della legge Gramm-Leach-Billey del 1999, la cui inadeguatezza è considerata una delle ragioni della tempesta finanziaria globale. Gli esperti del Tesoro, della Fed e degli altri organismi di controllo hanno valutato le prospettive delle 19 banche nei prossimi due anni alla luce di due scenari possibili: il primo in linea con le previsioni degli economisti, il secondo molto più pessimista: disoccupazione al 10,3, prezzi della casa giù di un altro 22%. Tra i promossi figurano anche American Express, Bank of New York Mellon, Metlife: non avranno bisogno di altri capitali e, per loro, si apre la prospettiva di una restituzione degli aiuti ricevuti dal governo in autunno, che in quella fase erano serviti a evitare il peggio, ma che ora rappresentano un fardello e frenano i bonus per gli executives. Diversa è la situazione per altri istituti: Bank of America ha bisogno di non meno di 34 miliardi di dollari, Wells Fargo di 15, la Gmac (il braccio finanziario della General motors) di 11,5. Da dove arriveranno questi miliardi freschi? Per il momento si esclude un ulteriore intervento pubblico e quindi aggravi per i contribuenti. Ogni azienda sotto-capitalizzata dovrà invece cercare di raccoglierli sul mercato, di trovare partners privati o di studiare - specie nel caso di banche regionali - la fusione con istituti più robusti. Entro l´inizio di giugno il governo pretende di ricevere dei programmi di azione specifici. Una ipotesi aggiuntiva è quella di trasformare gli aiuti concessi in autunno sotto forma di prestiti convertibili in azioni ordinarie delle banche meno solide. Una strada che Obama è restio a incoraggiare per non sollevare altre critiche sull´eccessivo ruolo pubblico nell´economia americana.

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Gli stress test: alle banche Usa servono 75 miliardi (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 08-05-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Prima Pagina data: 08/05/2009 - pag: 1 Nell'economia GLI ESAMI DI OBAMA Gli stress test: alle banche Usa servono 75 miliardi di GIANCARLO RADICE A PAGINA 35

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Papa in Terrasanta, allarme sicurezza (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 08-05-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Esteri data: 08/05/2009 - pag: 12 Viaggio difficile Critiche dei coloni israeliani. Il primo ministro Netanyahu mobilita 80mila agenti di polizia Papa in Terrasanta, allarme sicurezza Prima tappa in Giordania. Minacce dei Fratelli musulmani: «Rinunci» DAL NOSTRO INVIATO MADABA (Giordania) Niente è pronto e si è pronti a tutto. Sulla via centrale di Madaba, «la città delle fedi che convivono», cristiani e musulmani s'assordano coi trapani, mangiano polvere, guardano gli scalpellini ancora al lavoro e condividono, più che altro, le perplessità: ce la faranno per l'arrivo di Benedetto XVI? Hanno appeso gli striscioni, in un latino un po' approssimativo. Rassettano intorno alla chiesa di San Giorgio, un paio di strade. Cinquanta metri più in là ed è subito spazzatura, case diroccate, animali bradi, ma in fondo che importa? Madaba sarà la sosta più breve, delle 36 previste in otto giorni di pellegrinaggio, e quel che conta è il simbolo: «La coesistenza pacifica fra le religioni dice il nunzio ad Amman, Francis Assisi Chullikat . Qui è evidente. Ed è una testimonianza per tutta la regione». Tre giorni in Giordania, cinque in Israele: nessun Papa s'era mai fermato tanto, sulla via di Gerusalemme. Qui, dove Cristo fu battezzato e chi lo battezzò fu decapitato. Qui, dove atterrò il primo Pontefice mai sceso in Terrasanta, e dove atterriva il terribile al-Zarqawi, il qaedista che decapitava i cristiani. In Giordania c'è una comunità piccolissima di fedeli, il 2% della popolazione, e oggi Benedetto XVI comincerà da loro. E dai luoghi di Mosè. E dalla moschea Al-Hussein Bin Talal. E da Abdullah II, il primo leader mediorientale ricevuto da Obama, ben prima d'israeliani e palestinesi. Problema numero uno, la sicurezza. Qui come in Israele. I Fratelli musulmani si sono già fatti vivi: «Rinuncia al viaggio », «vai a benedire l'occupazione israeliana». I coloni israeliani hanno scatenato le loro radio: «Il crociato», «l'ex giovane nazista». Dalle polemiche sull'Islam a quelle sulla Shoah, dal caso Williamson alle accuse per Gaza, è un Papa che fa trillare mille campanelli d'allarme. Amman ha addestrato due unità speciali che seguiranno ovunque la Papamobile. Il governo Netanyahu ha mobilitato 80mila poliziotti: «Per questa visita dice Dudi Cohen, capo della sicurezza israeliana , ci hanno fatto una richiesta precisa: zero errori ». L'incubo dei giordani è la frontiera irachena, da dov'è facile infiltrarsi tra le migliaia di pellegrini. Quello degl'israeliani, è ciò che accadde con la visita di Sarkozy, un anno fa: tutto sotto controllo, e poi un poliziotto si suicidò a pochi metri dal presidente francese. Sia oggi che lunedì, giorno del trasferimento a Tel Aviv, gli spazi aerei saranno chiusi per un'ora e tutti i segnali radio monitorati. Punti caldi del tour papale: Nazareth, con le minacce dell'imam locale; Betlemme, col braccio di ferro sul percorso vicino al Muro. E perché no, Gerusalemme: un sondaggio dice che, in tutto Israele, il 76% degli ebrei non è affatto disturbato dai cristiani, ma nella città degli ultraortodossi uno su tre vorrebbe che se ne andassero. Prima dei numeri, lo dice la Caritas: «Essere insultati o picchiati, succede. Specie in questi giorni». Attesa Un'arabo-israeliana di Nazareth passa davanti a un poster di Papa Benedetto XVI (Ap/Dan Balilty) Francesco Battistini

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La guerra sarà più cara che in Iraq (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 08-05-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Esteri data: 08/05/2009 - pag: 14 Afghanistan La guerra sarà più cara che in Iraq WASHINGTON Per la prima volta il bilancio del Pentagono per la guerra in Afghanistan, prioritaria per Barack Obama, supererà nel 2010 il costo di quella in Iraq: per il primo conflitto gli Usa spenderanno 65 miliardi di dollari, 61 per il secondo. È quanto emerge dal budget del Pentagono per il prossimo anno fiscale che in Usa inizia in ottobre. Accanto al bilancio generale della Difesa da 533,7 miliardi di dollari, la Casa Bianca ha chiesto al Congresso una spesa supplementare di 130 miliardi di dollari per finanziare le guerre in Iraq e Afghanistan (61 miliardi e 65 rispettivamente). I rimanenti 4 miliardi andranno in spese generali per i due conflitti. Una commissione della Camera ha poi approvato un finanziamento da 96,7 miliardi di dollari per Iraq e Afghanistan e per aiuti militari al Pakistan.

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Nella trincea del Pakistan assediata dai Taliban (sezione: Obama)

( da "Repubblica.it" del 08-05-2009)

Argomenti: Obama

PESHAWAR - Interpellare la Rivoluzione che avanza non è difficile, basta comporre il numero di un cellulare e ascoltare l'inglese fluente di Muslim Khan, portavoce di un'insurrezione che ha portato i Taliban a 100 chilometri dalla capitale. Più complicato è capire se da qui a qualche settimana quel barbuto sessantenne appassionato di decapitazioni sarà prigioniero, cadavere, fuggiasco; o invece celebrerà con i confratelli di al-Qaeda un successo, o perlomeno uno stallo, che li rafforzerebbe nella convinzione di essere vicini al traguardo, la nascita dell'Emirato atomico del Pakistan. Sulla carta nulla giustifica le risate omeriche che Muslim Khan mi offre mentre i suoi seimila Taliban (in realtà un migliaio, i rimanenti sono gangster e giovani reclute) si barricano nel capoluogo e nei villaggi dello Swat, la Val Gardena del Pakistan. Intorno alle loro postazioni la fuga degli abitanti presto farà il vuoto; perso quello scudo, come potranno reggere all'attacco del settimo esercito più poderoso della Terra? Eppure le cose non sono così semplici, altrimenti oggi i Taliban non scorrazzerebbero sul 12% del territorio pachistano. E Muslim Khan non sarebbe così ilare quando mi racconta di generali e ministri a suo dire stipendiati da Washington, servi e ipocriti per i quali sarebbe scoccata l'ora della verità. "Noi vogliamo che questo Paese diventi quello che non è ma voleva essere dalla sua nascita, un sistema islamico", dice. "Ora l'esercito deve decidere se combatte per l'islam o per i nemici dell'islam. Nel secondo caso, non lo lasceremo scappare dallo Swat". OAS_RICH('Middle'); Stando ai quotidiani pachistani, l'esercito ha deciso. Sulle prime pagine ammazza Taliban ad una media di quaranta-cinquanta al giorno dall'inizio della settimana. Però quei cadaveri finora nessuno li ha visti, e gli americani non si fidano. Da tre giorni i loro aerei senza pilota sono per la prima volta nei cieli dello Swat, forse per capire se sul terreno l'esercito faccia davvero quel che racconta ai giornali. Ci sono state scaramucce, ma lo stato maggiore esita a lanciare l'attacco nei centri abitati, per ragioni comprensibili. Combattere dentro Mingora, 600mila abitanti intrappolati in città dalle mine che i Taliban hanno disseminato per le strade, significa provocare stragi di civili, ben più dei 40 rimasti uccisi mercoledì. E un'offensiva quasi imposta da Washington che comportasse la morte di tanti cittadini sarebbe disastrosa per le Forze armate. Inoltre molti quadri militari recalcitrano alla prospettiva di togliere di mezzo i Taliban. Fino a ieri anche i generali rifiutavano di cacciarli a fucilate dallo Swat. E non è detto che li abbiano convinto i 400 milioni di dollari in aiuti militari promessi in settimana dall'amministrazione Obama. Retrovia di questa sfida e ormai assediata su tre lati dal Talibanistan pachistano, Peshawar è una città depressa e confusa. I poliziotti che devono difenderla da nemici ben equipaggiati comprano di tasca propria perfino le mostrine ("Quelle che ci danno sono ridicole"). E anche se nel commissariato dell'università lo negano, i Taliban ormai sono dentro le mura. Una campagna sistematica di lettere minatorie, inviate per posta o affisse sull'uscio di casa, ha preso di mira le docenti universitarie (le donne non devono insegnare), i barbieri (gli uomini non devono radersi), i sarti (le femmine non devono essere femminili), i venditori di cd (i ragazzi non devono farsi stregare da musica e cinema occidentali), i giornalisti (i media non devono criticare i Taliban) e i guaritori, qua e là ammazzati in tutto il Pakistan affinché la loro morte sia d'ammonimento a tutti. Nel campus incontro studentesse inferocite. Odiano i Taliban con una sana intensità. Gira voce, raccontano, che "quella gente schifosa" si prepari a mandare i loro kamikaze all'università, per massacrarvi le ragazze che osano studiare e aspirare ad un lavoro. Non poche, impaurite, ormai disertano i corsi ("Non noi. Noi siamo la rivoluzione, e la rivoluzione non si ferma", mi dice una studentessa del Waziristan, la regione più talibanizzata del Pakistan). I kamikaze per adesso non si dedicano alle ragazze ma al loro bersaglio tradizionale, i poliziotti e i passanti. Martedì un uomo - bomba ha fatto strage di agenti e civili ad un posto di blocco in periferia. I commenti raccolti in quelle ore dalle tv rendevano l'immagine di una società smarrita, in cui pare ormai normale sentir dire che questi attentati li allestisce il governo per spillare soldi agli americani. Sia i giornali sia l'uomo della strada ormai leggono il marasma pachistano nei termini di cospirazioni interne o trame internazionali, insomma congiura di "misteriose forze che controllano la scena restando dietro le quinte" (così un editoriale di The News). Questa percezione ha un fondamento reale: sul confine afgano da tempo si intravede un affollamento di spionaggi, un moltiplicarsi di operazioni segrete. Migliaia di guerrieri pashtun sono sul mercato, ed è lecito domandarsi, per esempio, se a pagare ai Taliban dello Swat stipendi, vitto e munizioni (per un totale, grossomodo, di almeno 200mila euro al mese) bastino le "attività di autofinanziamento" come rapine e sequestri di persona. Ma siamo ben al di là di un ragionevole sospettare quando un editoriale del Frontier Post, il quotidiano in lingua inglese di Peshawar, può scrivere: "L'intelligence indiana agisce su istruzione dei suoi padroni ebrei e italiani, uniti nel progetto di distruggere tanto l'India quanto il Pakistan" (finalmente qualcuno che ci prende sul serio: purtroppo un imbecille). Spettacolari e pericolose, queste frequenti derive paranoiche segnalano la fatica del Pakistan a trovare il senso della propria storia. Fino a ieri una larga maggioranza considerava i Taliban confratelli un po' stralunati cui era giusto accordare indulgenza perché combattevano per l'islam. Oggi perfino il conservatorismo musulmano si è in parte ricreduto, e finalmente il Paese può affrontare le questioni in cui si è smarrito da molto tempo. Il problema è che la società arriva a ridiscutere la propria identità proprio nel mezzo di una crisi che ormai allinea tutti gli elementi di un caos pre-rivoluzionario. Vuote le casse dello Stato. Screditate le istituzioni. Debole il governo. Al collasso lo Stato di diritto, con il 60% dei magistrati che per ammissione dei vertici giudiziari vendono le sentenze. In crescita i nazionalismi etnici. E sottotraccia, un grandioso lavorio di servizi segreti. Al punto in cui è arrivato, il Pakistan può solo rimbalzare o cominciare a sgretolarsi. Nel secondo caso, Muslim Khan ha ottime probabilità di essere nella partita. Interessante personaggio, il portavoce. Proviene dai ranghi della sinistra pachistana, era un seguace del "socialismo islamico". Deluso dal Ppp dei Bhutto, emigrò in Kuwait. Tornato nello Swat si legò ad un barcarolo di fiume noto come mullah Fazlullah. Questo Fazlullah nel 2001 condusse in Afghanistan un migliaio di ragazzi dello Swat, per combattere gli americani. Non spararono un colpo: la metà fu sterminata dall'aviazione, gli altri tornarono indietro. I genitori degli uccisi cercarono a lungo Fazlullah, per ucciderlo. Lo salvò la galera. Quando i pachistani lo scarcerarono, i Taliban dello Swat gli affidarono un programma nella loro emittente. Fazlullah diventò "mullah Radio", il predicatore in modulazione di frequenza; e l'emittente, lo strumento di una strategia del tutto inusuale, una miscela bolscevica di terrore e di consenso cui non è estraneo Muslim Khan. Il consenso arrivò ai Taliban non dalle concioni sull'islam, ma dalla "lotta di classe": la radio prese di petto i proprietari terrieri e li costrinse a scappare dallo Swat. Le loro terre furono distribuite dai Taliban ai contadini che avevano arruolato. Medici considerati arroganti ricevettero "lettere di avvertimento" che li invitavano a comportarsi meglio: obbedirono. Malgrado avessero vietato alle bambine di frequentare la scuola dopo i nove anni, nello Swat i Taliban divennero popolari. "Erano riusciti a infilarsi nel vuoto tra la gente e amministrazioni corrotte", mi dice Rashid Iqbal, direttore del Chand, il quotidiano dello Swat pubblicato a Peshawar. "Se non avessero lanciato quella campagna di omicidi, il loro consenso non sarebbe crollato al 10-15% attuale". A partire dal 2007 i Taliban dello Swat hanno assassinato avversari politici, poliziotti, funzionari pubblici. Gli omicidi erano preannunciati dalla radio: chi non scappava l'indomani veniva ucciso, quasi sempre sgozzato con il coltello. Sovente il cadavere era decapitato ed esposto in un luogo pubblico (l'ultima decapitazione, due giorni fa). La paura istillata da questi metodi è tale che perfino a Peshawar i giornalisti sono reticenti quando chiedo di Muslim Khan. "Un uomo pericolosissimo", si schermisce uno. Un altro mi racconta di un suo collega dello Swat, Moussa, ammazzato di recente perché parlava male dei Taliban. Un terzo ha un tono deferente e intimidito quando chiama Muslim Khan al telefono e gli domanda se intende parlare con il giornalista italiano. Muslim Khan è il tipo di islamista che regala titoli ad effetto alla stampa occidentale. "Nostro fratello Osama". "Colpiremo i governanti del Pakistan nelle loro città". "Le organizzazioni non governative vogliono togliere il velo alle nostre donne, vogliono allontanarci dall'islam". E' schietto. Quando gli contesto la "crudeltà" dei Taliban, conferma: "E' vero, i Taliban sono crudeli" ("Con quelli che lo meritano"). Diventa elusivo solo quando gli domando della Rivoluzione. La Rivoluzione islamica e sociale che appare in controluce, per la prima volta, dietro questo confuso agitarsi di guerrieri. "Deciderà la gente", dice. Eppure gli eventi di questi mesi sembrano rispondere ad un piano predefinito. All'inizio dell'anno l'inazione dell'esercito obbligò il governo regionale a negoziare la pace con una delegazione guidata da Islam Khan. Si arrivò ad un accordo che impegnava i Taliban a deporre le armi, e in cambio affidava a corti islamiche l'amministrazione della giustizia nel Malakand, la regione di cui fa parte lo Swat. I Taliban incassarono la vittoria politica, e vi aggiunsero una vittoria militare: invece di deporre le armi, entrarono in massa nella valle del Buner, avvicinandosi alla capitale. A quel punto le reazioni internazionali costrinsero l'esercito ad intervenire, al fianco della polizia. E adesso? Se le menti politiche che finora hanno guidato con successo i Taliban dello Swat hanno un progetto rivoluzionario, come tutto lascia credere, questo necessariamente prevede un estendersi dell'insurrezione alle piane del Punjab meridionale, lì dove un altro fondamentalismo armato figliato dalla setta Deobandi, la stessa dei Taliban, sta imponendo la sua legge su vasti territori. Sono zone rurali dove qualsiasi estremismo islamico e in armi oggi riuscirebbe a costruire una miscela rivoluzionaria agganciando gli interessi di masse contadine e bissando la "lotta di classe" dello Swat contro l'aristocrazia terriera. Sarà un caso, però nei più recenti raduni di quel fondamentalismo Umme Hassan, la vedova di un predicatore ucciso dall'esercito, va eccitando folle immense ripetendo quel che tanti vogliono sentire, e probabilmente Muslim Khan progetta: "In tre mesi vi porteremo la rivoluzione islamica". (8 maggio 2009

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In America crociata anti-jeans "Sciatti, ipocriti e di sinistra" (sezione: Obama)

( da "Repubblica.it" del 08-05-2009)

Argomenti: Obama

WASHINGTON - Nella Kulturkampf, nella guerra culturale che i conservatori instancabilmente combattono per salvarci l'anima senza esserne richiesti, si alza un nuovo straccio infernale che distruggerà l'Occidente: il blue jeans. Le ubique, insidiose brache di ruvida tela blu con borchie di rame hanno "minato lo spirito nazionale", ha avvertito il Wall Street Journal, subito seguito da un famoso opinionista del Washington Post, e vanno fermate. Umile surrogato della logora "Grande Guerra al Terrore" bushista, il pantalone nato dalla tela francese de Nimes, da cui la parola denim, e tinto con l'indigo - il blue di Genoa, da cui jean, per i marinai - è la nuova al-Qaeda con la lampo e le borchie, l'uniforme transgenerazionale che sgretola l'America e segnala il suo collasso verso "la sciatteria terminale", è tuonato dal Washington Post George Will, uno dei più amabili, ma severi brontoloni della destra. Il "Demon Denim", come lo chiama lui, non è soltanto sciatto e ideologico, ma "ipocrita", come le ricche signore che vanno a far spesa nei supermercati biologici al volante dei loro Suv tracanna benzina. A vita alta o a vita bassa, scoloriti o logorati dal fabbricante per creare la falsa impressione del consumo da fatica, sbracati con il cavallo all'altezza delle ginocchia o tesi come una mano di vernice passata sul sedere, i blue jeans sono il simbolo della resa collettiva della società al banale e all'immaturo. Will rabbrividisce alla vista della famigliacce che circolano indossandolo invariabilmente, padre, madre, figli, come un'"uniforme del nulla". Credendosi politically correct, pacifisti e progressisti se li infilano come lontana eco della "controcultura" sessantottina, ringhiava lo scrittore Daniel Ask sul Wall Street Journal, perché dimenticano che le brache di denim - indossate anche da Garibaldi nelle sue imprese - sono figlie della guerra, della necessità di trovare un calzone pratico per i marinai delle flotte. OAS_RICH('Middle'); Che un indumento così umile ed economico (sui 30 dollari in media, poco più di 20 euro) possa suscitare tanta furia perbenista e culturale, si spiega con il fastidio per la massificazione del costume che turba individualisti, conservatori e snob. E che di massa si tratti - per questi calzoni portati in America da una famiglia di ebrei tedeschi, i Levi Strauss, all'inizio dell'Ottocento e poi divenuti l'indumento standard di contadini, cercatori d'oro e vaccari - lo dicono le cifre delle vendite annuali, vicine ai 15 miliardi di dollari (50 dollari a testa per ogni abitante) e i guardaroba: negli armadi delle donne americane ce ne sono in media 14 paia, ormai accettabili anche nel ristorante più spocchioso. A differenza di quanto accadde a Bing Crosby, che negli anni '50 fu respinto da un maitre di Los Angeles perché in jeans. E si vendicò tornandoci con un completo, giacca, gilè e calzoni in tela denim, cucito espressamente per lui dalla Levi's. I custodi della moralità sartoriale non esitano a definirlo "una pestilenza nazionale" (Will), "un sintomo di infantilismo nostalgico per un passato agrario che si traduce nella corsa a quelle casette di lontano sobborgo oggi avviate verso l'abisso dei mutui non pagati", quasi che siano stati i jeans a provocare il collasso della finanza. Ormai un vizio nazionale, secondo il Wall Street Journal, i jeans andrebbero trattati come le sigarette e tassati a sangue dalla presidenza Obama. Questo residuato della ribellione giovanilista, questa bandiera dei Marlon Brando, dei James Dean, dei rivoluzionari senza una causa che persino Elvis Presley non voleva indossare perché, da uomo del sud, lo vedeva come un simbolo di miseria, oggi veste miliardari come Bill Gates e Steve Jobs e tutti i baroni delle stock options a Silicon Valley, apice definitivo dell'ipocrisia e della immaturità di questi eterni Peter Pan. E' assai improbabile che la campagna contro "il terrore in blue jeans" possa incrinare il regno di un indumento che risponde al criterio fondamentale americano della convenience, della praticità, e ricorda ironicamente la vana battaglia combattuta per anni dal Cremlino contro questo simbolo delizioso dell'America. La diabolica braca è ormai entrata anche negli uffici delle banche di Wall Street, dove il "casual Friday", il venerdì casual, è un'istituzione, mentre le madri di famiglia affannate non rinunceranno facilmente a infilare ai figli l'indistruttibile calzone. La campagna dei guerrieri culturali somiglia a tante altre malinconiche battaglie perdute, dalla minigonna al telefonino, dal rock'n roll ai videogame. Se l'America andrà all'inferno, come loro profetizzano, ci andrà in jeans. (8 maggio 2009

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Inizia il viaggio papale in Terrasanta: "Sì al dialogo con Islam ed ebraismo" (sezione: Obama)

( da "Stampaweb, La" del 08-05-2009)

Argomenti: Obama

AMMAN Accolto con grande cordialità dal Re e dalla sua splendida sposa Rania, il Papa ha manifestato «gioia» nell’iniziare oggi la sua «prima visita in Medio Oriente dall’elezione alla Sede Apostolica» (in Terra Santa era già stato nel 1964 da professore di teologia e poi nel ’92 e nel ’94 da prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede), dicendosi «lieto di posare i piedi sul suolo del Regno Ascemita di Giordania, una terra tanto ricca di storia, patria di così numerose antiche civiltà, e profondamente intrisa di significato religioso per Ebrei, Cristiani e Musulmani». «Spero vivamente - ha scandito - che questa visita e in realtà tutte le iniziative programmate per promuovere buone relazioni tra Cristiani e Musulmani, possano aiutarci a crescere nell’amore verso Dio Onnipotente e Misericordioso, come anche nel fraterno amore vicendevole. Grazie per la vostra accoglienza. Grazie per la vostra cortesia. Che Dio conceda alle Vostre Maestà felicità e lunga vita! Che Egli benedica la Giordania con la prosperità e la pace». Ad Abdullah II, ringraziandolo per «le sue cortesi parole di benvenuto», il Papa ha anche rivolto «particolari congratulazioni in questo anno che segna il decimo anniversario della sua ascesa al trono, estendendo di cuore i migliori auguri a tutti i membri della Famiglia Reale e del Governo, e a tutto il popolo del Regno». «Mi dispongo con gioia - ha concluso - a celebrare la liturgia nella Cattedrale di San Giorgio domani sera e nello Stadio Internazionale e a recarmi sul Monte Nebo, dove Mosè condusse la sua gente per gettare lo sguardo entro la terra che sarebbe diventata la loro casa, e qui morì e fu sepolto, e a Betania al di là del Giordano, dove Giovanni Battista predicò e rese testimonianza a Gesù, che egli stesso battezzò nelle acque del fiume che dà a questa terra il nome: in entrambi questi luoghi santi avrò la gioia di benedire le prime pietre delle chiese che saranno costruite». Come è noto, Abdullah II ha promesso al presidente americano Barack Obama, nel corso del loro recente incontro a Washington, la redazione di una nuova bozza del piano saudita. Il sovrano poi ha discusso della questione con il presidente dell’Autorità palestinese, Abu Mazen, e anche con il ministro degli esteri siriano, Walid Al Muallim. Al centro della trattativa l’ipotesi - sostenuta dalla Casa Bianca - di concedere la cittadinanza ai profughi palestinesi presenti nei diversi Paesi di residenza nella regione oppure di consentire loro di spostarsi nei Territori occupati da Israele nel 1967 e che dovrebbero far parte del futuro Stato autonomo palestinese, al quale arrivare progressivamente con tappe fissate da un calendario entro il quale realizzare la normalizzazione dei rapporti tra arabi e israeliani. Sullo sfondo anche l’ipotesi della proclamazione della città vecchia di Gerusalemme quale «zona internazionale» sotto il controllo delle Nazioni Unite, idea che non dispiacerebbe certo al Vaticano dove non dimenticano che questa stessa proposta fu lanciata da Paolo VI che parlò della città santa delle tre religioni monoteistiche in termini analoghi. «Il governo giordano sta cercando di promuovere la pace in Medio Oriente, specialmente nel conflitto israelo-palestinese», ha commentato il nunzio mons. Francis Assisi Chullikat, che alla Radio Vaticana ha sottolineato: «Anche in questo, la Chiesa in Giordania sta svolgendo un ruolo molto attivo e la coesistenza pacifica, che è molto evidente qui in Giordania, può anche essere un segnale di speranza ed incoraggiamento per tutte le comunità cristiane a livello regionale». E c’è grande attenzione da parte dell’opinione pubblica giordana al viaggio di Benedetto XVI, in occasione del quale il governo ha concesso un giorno di festività in più per i dipendenti pubblici cristiani e nelle scuole, con implicito riconoscimento dell’importanza della comunità araba cattolica. Rilevante anche lo spazio che i principali quotidiani della Giordania danno alla visita di Benedetto XVI, dedicando fin da ieri diversi articoli, con immagini molto belle e sorridenti del Papa, ed inserti che illustrano i diversi luoghi che verranno toccati. «Cristiani e musulmani confidano molto in questa santa visita nella nostra terra; la speranza è che il Pontefice faccia capire alle parti in conflitto, in particolare israeliani e palestinesi, che ha un senso trovare una pace che alla fine consenta loro di condurre la vita normale che meritano», scrive il Jordan Times. In diversi articoli è descritta con enfasi la visita del sito del Battesimo, dove il Papa sarà accompagnato in macchina elettrica tra gli ultimi ritrovamenti archeologici avvenuti sulla riva del Giordano. Ed a quella alla città di Madaba, dove Benedetto XVI benedirà la prima pietra della nuova Università cattolica. Nelle anticipazioni sulla liturgia di domenica nello stadio di Amman, è sottolineato infine che la parola «pace» tornerà a risuonare collegata alla stretta attualità: «Preghiamo specialmente per la pace in Medio Oriente - si legge nella preghiera dei fedeli - Palestina, Iraq e Libano, chiediamo al Signore di diffondere la pace in tutti i cuori così che la giustizia domini tra tutte queste nazioni che desiderano la pace». Il riferimento all’Iraq è di notevole importanza poiché©, come è noto, in Giordania sono presenti decine di migliaia di rifugiati iracheni, attesi anche alla celebrazione, tra i quali anche cristiani e cattolici di rito caldeo. Non è escluso che il Papa possa anche soffermarsi con una delegazione di vescovi iracheni caldei, invitati ad Amman, dalla Nunziatura, per la visita. Dalla preghiera per il Medio Oriente a quella per i cristiani in Terra Santa il passo è breve. Nella messa, nella valle di Josafat a Gerusalemme, la prima all’aperto di un Papa nella città santa, il 12 maggio, la liturgia prevede il ricordo di «tutti i cristiani di Terra Santa, affinchè sappiano superare lo scoraggiamento e le numerose difficoltà di questo mondo» e quello dei «credenti di tutte le religioni perchè, nella sincera ricerca di Dio, lavorino per la pace e per la costruzione di un mondo più giusto e solidale». In questa messa, tra le lingue, sarà utilizzato anche l’ebraico.

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Benedetto XVI in Giordania "Serve dialogo tra ebrei e islam" (sezione: Obama)

( da "Repubblica.it" del 08-05-2009)

Argomenti: Obama

ROMA - Papa Benedetto XVI ha raggiunto Amman, in Giordania, prima tappa del suo difficilissimo viaggio in Terra Santa. "Sono qui per portare avanti il dialogo tra ebrei e islamici nonostante i malintesi inevitabili quando per duemila anni si è stati separati. Esprimo un profondo rispetto per la comunità musulmana", sicuro che "la pace in Medio Oriente può essere raggiunta se si assumono posizioni realmente ragionevoli". "Cristiani restate in Medio Oriente". In volo verso Amman, rispondendo ad una domanda sull'estinzione della presenza cristiana in Medio Oriente, il Papa ha chiesto "ai cristiani della Terrasanta e del Medio Oriente a restare nelle loro terre". "Con aiuti concreti, scuole e ospedali - ha aggiunto il Papa - spero possano trovare il coraggio, l'umiltà e la pazienza per restare in questi Paesi ed offrire il loro contributo per il futuro di pace di questi Paesi". La strategia del Vaticano per la pace. Alla vigilia dell'incontro dei leader israeliani e palestinesi con il presidente Usa Barack Obama, Papa Ratzinger ha spiegato che il contributo del suo viaggio al processo di pace agirà su tre livelli: con la preghiera che "apre a Dio e può agire nella storia e può portare alla pace"; con la "formazione delle coscienze" per evitare che siano "ostacolate da interessi particolari"; con la "ragione: non essendo parte politica più facilmente possiamo aiutare a vedere i criteri veri e ciò che serve realmente alla pace". Ad accogliere il Pontefice ad Amman, il re Abdallah II Bin al-Hussein con la consorte, la regina Rania, ed un gruppo di fedeli che sventolava bandierinie giallo-bianche con i colori del Vaticano. OAS_RICH('Middle'); Il terzo Pontefice in Terra Santa. E' il terzo pontefice a visitare i luoghi di Gesù dopo Paolo VI nel 1964 e Giovanni Paolo II nel 2000. In passato, Ratzinger - prima dell'elezione pontificia - era già stato nella terra di Cristo 4 volte. Ma sarà la prima volta che ripercorrerà quegli stessi posti come successore dell'ebreo San Pietro e l'attesa è grande. L'Osservatore Romano, il giornale della Santa Sede, non a caso, nell'edizione odierna titola in prima pagina "Un pellegrinaggio nel rispetto dei diritti di ogni popolo", con chiaro riferimento a israeliani e palestinesi. Lunedì il Santo Padre si trasferirà in Israele e mercoledì trascorrerà la giornata a Betlemme, nella Cisgiordania palestinese. Minacce da taliban e oltranzisti ebraici. Ieri i taliban avevano invitato il Papa ad impedire il proselitismo religioso in Afghanistan minacciando "gravi conseguenze" in caso contrario. Nel comunicato gli estremisti islamici esortavano i musulmani afghani a "resistere" ai tentativi di conversione, dopo le immagini trasmesse da Al Jazeera, in cui si vedevano soldati Usa con bibbie tradotte in lingua locale. Dal versante oltranzista ebraico, pesanti e violenti insulti contro Benedetto XVI sono stati lanciati dall'emittente radiofonica Israel national radio dei coloni israeliani. Nel servizio si afferma, tra l'altro, che Ratzinger, "l'ex giovane nazista", viene in Israele da "crociato" per chiedere agli ebrei "di svendere parte della Terra Santa alla sua Chiesa". (8 maggio 2009

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il 4 giugno dal cairo obama si rivolgerà al mondo arabo la casa bianca: "sarà un discorso importante" (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 09-05-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 13 - Esteri Il presidente Usa visiterà l´Egitto Il 4 giugno dal Cairo Obama si rivolgerà al mondo arabo la Casa Bianca: "Sarà un discorso importante" WASHINGTON - Il prossimo 4 giugno, nel corso di una sua visita in Egitto, il presidente americano Barack Obama pronuncerà un discorso sul futuro delle relazioni fra Stati Uniti e mondo arabo. Il discorso verrà tenuto al Cairo. La notizia è stata diffusa ieri dalla Casa Bianca e il portavoce di Obama, Robert Gibbs, ha voluto sottolineare che si tratterà di «un discorso importante». Sarà, aggiungono alla Casa Bianca, la prima volta che un presidente degli Stati Uniti si rivolgerà al mondo musulmano parlando da un paese islamico.

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"noi aspettiamo ancora le scuse per le gravi offese di ratisbona" - alberto stabile (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 09-05-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 13 - Esteri La ferita di Gaza Parla Hamza Manosur, il leader del Fronte di azione islamica, partito integralista del Parlamento giordano "Noi aspettiamo ancora le scuse per le gravi offese di Ratisbona" Gaza è il simbolo delle ingiustizie inflitte al nostro popolo. Da lì doveva iniziare il suo viaggio ALBERTO STABILE DAL NOSTRO INVIATO AMMAN - «Il papa non è il benvenuto e non lo incontreremo. Se Benedetto XVI avesse voluto percorrere la strada di Gesù, avrebbe dovuto cominciare questo viaggio da Gaza». Ad esprimersi con toni così aspri è una delle personalità dominanti dell´Islam militante in Giordania. Sheik Hamza Mansour è il capo del Fronte di azione islamica, il braccio politico dei potenti Fratelli musulmani, che da vent´anni è rappresentato nel parlamento del regno hashemita. Nella sua casa di Sahab, un rettangolino di verde sfavillante nella polverosa periferia di Amman, il capo del Fronte islamico fa, tuttavia, precedere le sue bordate da una premessa accattivante. «Mi creda, tra noi e i cristiani non c´è alcun problema. Noi rispettiamo la religione di Cristo e il loro capo che è nostro ospite, ma il papa, in Germania, nel 2006, ha detto cose molte brutte su Maometto, ed è stato terribile per i musulmani». Chiedete le scuse per quanto detto all´università di Ratisbona? «Esattamente. Ma non basta che chieda perdono. Da tempo, in Palestina vengono commessi crimini contro i palestinesi e gli arabi, inclusi gli stessi arabi-cristiani. E´ lì a Gaza l´esempio delle ingiuste sofferenze inflitte al nostro popolo. Da lì, Benedetto XVI doveva cominciare il suo viaggio. Non l´ha fatto. Che chieda almeno ad Israele di fermare l´aggressione contro i palestinesi, cristiani e musulmani che siano». Ma il papa è venuto in pace, per rafforzare il dialogo. «Noi accettiamo il dialogo, ma il dialogo ha bisogno di una giusta atmosfera e per creare questa atmosfera occorre che il papa si scusi». E se non lo farà? «Noi trattiamo con i leader e i governi in base al loro comportamento nei nostri riguardi. Le faccio un esempio. Una volta venne qui il presidente Clinton e 17 parlamentari del Fronte islamico si rifiutarono di stringergli la mano per quello che aveva fatto in Palestina e in Iraq. Qualche giorno dopo venne il presidente francese Mitterrand, che ebbe un atteggiamento del tutto diverso verso la Palestina e l´Iraq, e fu accolto molto calorosamente». Ma perché il papa non dovrebbe favorire la pace fra israeliani e palestinesi? «Perché il suo atteggiamento è sbilanciato a favore degli israeliani». Molti, in Europa e negli Usa pensano che qui vi sia sostegno a favore dell´islamismo radicale e persino verso Al Qaeda. «Non c´entra la coesistenza tra ebrei e musulmani, il punto è l´occupazione della Palestina e dell´Iraq. Per questo noi sosteniamo la resistenza in Palestina e in Iraq». Con Obama cambierà qualcosa? «Non sono ottimista. In America c´è una lobby pro israeliana molto potente e qui ci sono regimi arabi che non rispettano il popolo arabo. Se i nostri leader facessero la stessa politica della Turchia e dell´Iran avremmo più rispetto nel mondo». Sta dicendo che la vostra speranza è Ahmadinejad? «La nostra speranza è in Dio e in noi stessi. Vorrei avere il diritto di ritornare nel mio villaggio, vicino ad Haifa, dove sono nato e da dove sono dovuto fuggire 60 anni fa per far posto ad immigrati russi ed etiopi». Gli Imam delle moschee giordane diranno le stesse cose nelle preghiere di questi giorni? «Questi sono sentimenti molto diffusi in Giordania, ma un Imam che dicesse queste cose, l´indomani non potrebbe più fare l´Imam».

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Obama annuncia un discorso agli islamici (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 09-05-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Primo Piano data: 09/05/2009 - pag: 2 Il 4 giugno al Cairo Obama annuncia un discorso agli islamici WASHINGTON Lo aveva promesso da Amman, in Giordania, il 22 luglio scorso, in piena campagna elettorale: se sarò eletto, nei primi mesi della mia presidenza verrò in un Paese arabo per parlare al mondo musulmano. A nove mesi da quella promessa, il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha annunciato ieri che quel discorso lo terrà al Cairo il prossimo 4 giugno. «Non vuole essere un discorso ai leader, ma al popolo», ha confermato il portavoce Robert Gibbs, precisando che quello di Obama sarà un «major speech», un discorso importante.

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Gli Usa rinnovano le sanzioni alla Siria (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 09-05-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Primo Piano data: 09/05/2009 - pag: 3 «Inquietudine» a Washington Gli Usa rinnovano le sanzioni alla Siria WASHINGTON Il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha rinnovato ieri le sanzioni contro la Siria, sospettata di sostenere i movimenti estremisti nella regione. Lo ha indicato il portavoce del Dipartimento di Stato, Robert Wood, precisando che non si tratta di nuove misure ma di un rinnovo di quelle già esistenti. «Continuiamo ad avere forti inquietudini per l'atteggiamento della Siria e nei confronti delle sue azioni ha detto Wood . Ma desideriamo incoraggiare Damasco a svolgere un ruolo positivo in Medio Oriente».

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opel, decisione entro il mese berlino: "fiat cambia il piano" - paolo griseri (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 09-05-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 6 - Economia Opel, decisione entro il mese Berlino: "Fiat cambia il piano" Ok del tribunale a Chrysler. Epifani, pressing sul governo Cgil, Cisl e Uil incontreranno i loro colleghi tedeschi. A Bruxelles nuova protesta nella filiale del Lingotto: "sequestrate" 200 auto PAOLO GRISERI TORINO - Sarà il borgomastro di Magonza a mandare in fumo il disegno di Sergio Marchionne? Il bilancio della giornata di incontri di ieri è incerto: ai timori tedeschi si sono sommati quelli del segretario della Cgil, Guglielmo Epifani. L´ad del Lingotto ha visitato le autorità locali dei land dove sorgono i principali stabilimenti della Opel incontrando disponibilità al dialogo ma anche dubbi e timori. Al punto che, garantisce il ministro dell´Economia di Berlino, zu Guttenberg, «Torino sta modificando il piano in corso d´opera». Ciò che non evita al governatore della Renania, il socialdemocratico Kurt Beck, di dirsi «molto preoccupato» aggiungendo che «dopo l´incontro con Marchionne i nostri dubbi sono aumentati». Più cauto il suo collega dell´Assia, il democristiano Roland Koch, che ha consigliato Marchionne a «presentare con urgenza la sua offerta» per poter consentire «una valutazione equa in tempi brevi». I timori tedeschi sono quelli di una ristrutturazione che porti alla chiusura di alcuni stabilimenti: «Se arrivasse a tanto - dice il borgomastro di Kaiserlautern, uno dei siti a rischio - in quest´area, già economicamente debole, sarebbe un disastro». Così Marchionne prosegue nella sua spola e continua a limare le proposte anche se, ammette, «bisogna fare presto». I tempi li detta Obama come nel caso Chrysler, che si sta avviando ad una rapida soluzione dopo che i creditori contrari all´operazione hanno gettato la spugna di fronte al giudice, denunciando di non potere resistere alla «enorme pressione» del governo statunitense. Per Gm invece il presidente Usa ha fissato al 31 maggio il termine ultimo per risolvere la crisi, di cui il futuro di Opel è una subordinata. Marchionne smentisce anche le indiscrezioni degli ultimi giorni: «Di piani ne spuntano a bizzeffe ma noi continuiamo a lavorare». Come dire che non si tratta tanto di piani strutturati quanto di ipotesi di lavoro. Ipotesi che preoccupano non solo la Germania ma anche l´Italia. Proprio la visita del manager Fiat nei land tedeschi fa risaltare quello che Renata Polverini dell´Ugl definisce «il ritardo con cui in Italia si affronta la questione». Ma l´allarme più forte e preoccupato viene direttamente dal segretario generale della Cgil, Guglielmo Epifani che invita «il governo a passare dagli annunci ai fatti convocato la Fiat e le parti sociali a un tavolo in cui l´azienda di Torino illustri i suoi piani». Perché se è vero che «bisogna fare in fretta», è altrettanto vero che i sindacati italiani non accettano la logica del ministro Claudio Scajola: «Ci riuniremo quando sarà conclusa la trattativa della Fiat». Come dire, quando i giochi saranno fatti: «Allora sarà troppo tardi», osserva Epifani. Il leader della Fiom, Gianni Rinaldini, ha ricordato che «per fare chiarezza il 16 maggio i metalmeccanici scenderanno in piazza». In attesa dei chiarimenti, i sindacati italiani e tedeschi hanno deciso di incontrarsi il 13 maggio prossimo a Francoforte. I lavoratori della Germania continuano ad avere simpatia per l´offerta Magna rilanciata ieri come «un progetto euro-russo da cinque milioni di auto». A Bruxelles è intanto ripresa la protesta dei dipendenti del concessionario che nelle settimane scorse avevano «sequestrato» due manager. Questa volta il loro obiettivo sono state direttamente le auto: «Le abbiamo prese in ostaggio - hanno spiegato - per protestare contro il licenziamento di 24 di noi».

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la carta segreta di marchionne col sudamerica 7 milioni di vetture - salvatore tropea (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 09-05-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 7 - Economia Il Lingotto spinge su Gm: con le quote di mercato nei paesi latinoamericani verrebbe sbaragliata Volkswagen La carta segreta di Marchionne col Sudamerica 7 milioni di vetture Il Tesoro Usa è interessato a un accordo tra le case per risolvere la crisi occupazionale SALVATORE TROPEA TORINO - La Fiat mira al bersaglio grosso del 38 per cento del mercato dell´auto sudamericano con al secondo posto l´avversario diretto, cioè la Volkswagen, attorno al 16. Questa sfida ambiziosa, secondo quanto riferiscono i negoziatori, è la vera posta in gioco nella partita Gm-Opel in atto da Washington a Detroit e da Torino a Berlino. Oggi le possibilità di successo del Lingotto sono del 50 per cento. Tra meno di una settimana questa percentuale potrebbe risultare modificata con la Fiat più vicina a un traguardo che influenzerebbe le manovre europee per la Opel. Quando mancano ventitre giorni al termine fissato da Barack Obama per la presentazione da parte di Gm del piano dal quale dipende un finanziamento pubblico di 30 miliardi di dollari (di poco più della metà già erogati), l´attenzione dei torinesi che trattano al di là dell´Atlantico è fortemente concentrata sull´obiettivo latino-americano che legano indissolubilmente alla vicenda Opel. A loro parere si tratta delle due facce della stessa medaglia, con la differenza che ciò che sta nel Mercosur e dintorni rappresenta la «polpa» mentre la provincia europea è al momento un «valore negativo». Il problema di Fiat è quello di convincere i vertici di Detroit, Kent Kresa e Frizt Henderson, presidente e ad di Gm, oltre che l´amministrazione Obama, del fatto che si tratta di due situazioni diverse che però si compensano e per questo sono da ritenersi tra loro legate. Nel caso della Chrysler le controparti erano i sindacati e le banche, al tavolo per Gm Sud America i protagonisti sono le due aziende, anche se il Tesoro Usa ha interesse a trovare una soluzione che, salvando la parte americana della Gm, risolva la questione sociale della difesa dei posti di lavoro e crei le premesse per la restituzione del finanziamento. A quanto si sa in questi giorni le autorità di Washington si stanno occupando degli aspetti interni al loro paese lasciando a Fiat e Gm il capitolo sudamericano ed europeo. La Opel per loro è una parte importante di un problema più grande riconducibile al progetto di Obama di assicurarsi la sopravvivenza di un grande produttore americano di automobili. Proprio per questo non si può escludere che da parte loro si guardi all´Europa per capire anche come finirà quello che promette di trasformarsi in uno scontro tra Italia e Germania con l´arbitraggio dell´Unione Europea. Il ritiro dalla scena giudiziaria, avvenuto ieri, dei creditori che avevano innescato il Chapter 11 per la Chrysler, è un segnale positivo ma non basta ancora ad accelerare il cammino della Gm. L´interesse per il Sud America, secondo alcuni, potrebbe anche tradursi nella necessità del Lingotto di mettere mano al portafoglio. Per il momento al tavolo dei negoziati nessuno ne ha parlato e questo a Torino viene interpretato come il segnale che nelle intenzioni della casa madre di Detroit prevale al momento l´interesse di trovare una soluzione per la provincia debole tedesca. Col passare dei giorni le cose potrebbero cambiare, fermo restando il fatto che Fiat ci tiene a conquistare i mercati latino-americani forse più di quanto non pensi di annettersi la Opel che già oggi è fonte di non pochi problemi. La ragione sta nei numeri. Stando ai dati di fine 2008, nel Brasile che da solo vale il 50 per cento del mercato automobilistico latino-americano con 2 milioni 228 mila vetture vendute più 500 mila veicoli commerciali, la Fiat dispone di una quota del 24,6 per cento, mentre la Gm è al 20,5 e la Volkswagen al 21,9. Nel resto dell´America Latina, per dire un mercato nel quale si vendono oltre 2 milioni di vetture, in testa c´è la Gm con una quota del 21 per cento, mentre la Volkswagen è al 10 e la Fiat al 3 per cento. A conti fatti, in caso di alleanza Fiat e Gm nel Cono Sud potrebbero controllare una quota del 38 per cento. Sono queste le cifre che fanno salire a 7,2 milioni di vetture il peso che avrebbe il nuovo colosso dell´auto, ovvero la società che dopo lo spin-off del Lingotto andrebbe in Borsa. Un player mondiale secondo soltanto a Toyota.

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G8 degli studenti: Ieva, lituana, rappresenta l'Italia (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 09-05-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Politica data: 09/05/2009 - pag: 13 Palermo G8 degli studenti: Ieva, lituana, rappresenta l'Italia DAL NOSTRO INVIATO PALERMO Il primo G8 degli studenti per l'Italia è davvero internazionale visto che a rappresentare il nostro Paese è una straniera, Ieva Dudaite (foto), 18 anni, lituana di Kaunas. Bionda e allegra, eccola seduta al tavolo presidenziale a forma di cavallo, fra le margherite gialle e il tricolore davanti al cartello col suo nome, in fila fra le bandierine di tutto il mondo. Come sia finita lì da «italiana» fra il cinese che rappresenta la Cina, il francese che arriva da Parigi e lo spagnolo di Saragoza forse non l'ha capito nemmeno lei: «Beh, studio in Italia e poi ormai questa terra la sento un po' mia». Fiera del suo italiano poco accidentato, fidando nell'uso dell'inglese come lingua di lavoro, Ieva sorride del paradosso: «In fondo posso pronunciare il mio nome all'italiana, Eva. Come mi chiamano al Collegio del mondo unito dell'Adriatico, a Duino, vicino a Trieste, la mia seconda patria». Appunto, seconda, come forse ignorava ieri il presidente della «Storia Patria», Gianni Puglisi, il rettore dello Iulm di Milano, padrone di casa a Palermo di questa austera roccaforte della memoria nazionale dove hanno parlato Jeremy Rifkin, l'economista più ascoltato dal presidente Obama, il procuratore antimafia Piero Grasso e il rettore di Palermo Roberto Lagalla. Con Ieva attentissima e stupita dall'eco di una minuta contromanifestazione: «I giovani che contestano il G8 farebbero bene ad ascoltare, a capire che il nostro futuro non possiamo costruirlo spaccando vetrine». F. C.

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Usa, le nozze gay arrivano in Parlamento (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 09-05-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Esteri data: 09/05/2009 - pag: 19 Rivoluzione Massachusetts, Vermont, Connecticut, Iowa e Maine hanno approvato i matrimoni tra coppie dello stesso sesso Usa, le nozze gay arrivano in Parlamento Il sì del distretto di Columbia porta il confronto al Congresso. La Casa Bianca tace DAL NOSTRO CORRISPONDENTE WASHINGTON Una nuova Rivoluzione Americana parte dal New England, mette piede nelle piane del Mid- West e ritrova echi potenti fino alla West Coast californiana. Con la firma del governatore del Maine, John Baldacci, sono saliti a 5 gli Stati Usa che hanno legalizzato i matrimoni gay. E potrebbero diventare 6 già lunedì, se anche il governatore del New Hampshire darà il suo viatico alla legge appena approvata dal Congresso locale. Cinque anni dopo il Massachusetts, ancora una volta battistrada dell'Unione come lo fu nella rivolta anti-inglese e nella battaglia contro la schiavitù, in un solo mese il Vermont, il Connecticut e perfino l'Iowa, cuore rurale del Paese profondo, hanno legalizzato il matrimonio di coppie omosessuali. Le Hawaii lo riconoscono da tempo, senza però rilasciare in proprio licenze matrimoniali. Lo fa anche lo Stato di New York, dove il governatore David Patterson ha presentato in aprile una legge per la legalizzazione vera e propria. Il New Jersey dovrebbe seguire a ruota. Parlare di un'onda irresistibile non è esagerato. Il vento dell'Est ha infatti riaperto il dibattito anche in California, dove un referendum costituzionale in novembre aveva rovesciato la decisione favorevole della locale Corte Suprema e reintrodotto il divieto. Entro qualche settimana, i giudici dovranno pronunciarsi sulla costituzionalità dell' azione referendaria e potrebbero restituire legalità alle nozze tra omosessuali. E da ultimo, martedì, il Distretto di Columbia, quello della capitale Washington, ha votato per il riconoscimento dei matrimoni gay celebrati in altri Stati. La decisione offre l'inattesa opportunità di un confronto politico a livello federale, visto che tutte le leggi del Distretto devono essere approvate dal Congresso. Ma la rivoluzione in corso contrasta con lo strano silenzio della nuova Amministrazione, che fin qui ha evitato ogni commento, nonostante gay e lesbiche siano stati fra i più entusiastici sostenitori della candidatura di Barack Obama. «È il più grande passo in avanti dei diritti civili del nostro tempo e il presidente non ha ancora detto nulla», nota Steve Clemons, della New American Foundation. In campagna elettorale, preoccupato di non alienarsi il voto cristiano, Obama aveva tentato la quadratura del cerchio, dicendosi favorevole al riconoscimento delle unioni di fatto e contrario a un divieto federale sui matrimoni gay. Ma aveva evitato di pronunciarsi a favore di questi ultimi, sostenendo che erano materia per gli Stati. Il portavoce della Casa Bianca, Robert Gibbs, ha detto che la posizione del presidente «non è cambiata». E questo ha provocato i commenti negativi dei commentatori liberal, che accusano Obama di ipocrisia e di «non voler spendere capitale politico sulla sua stessa retorica ». «È tempo ha scritto il premio Pulitzer Eugene Robinson sul Washington Post che un presidente popolare e progressista si pronunci su un fondamentale tema di diritti umani e civili: qual è la differenza concreta tra la sua posizione e l'affermazione pura e semplice, che i matrimoni gay vadano riconosciuti in tutti i 50 Stati?». Una risposta possibile è che Obama abbia davanti i sondaggi e non voglia in alcun modo provocare una nazione ancora divisa. Il cambio di stagione è in corso, la nuova rivoluzione in atto, ma il 54% degli adulti americani si dice tuttora convinto che le nozze fra omosessuali non debbano essere riconosciute. Paolo Valentino Unione legale Un matrimonio omosessuale a Des Moines, in Iowa (Ap/Charlie Neibergall)

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Reduce dall'Iraq, il Pentagono lo licenzia per omosessualità (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 09-05-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Esteri data: 09/05/2009 - pag: 19 Forze armate Usa Il Reduce dall'Iraq, il Pentagono lo licenzia per omosessualità NEW YORK Diplomato a West Point, la Harvard dell'America in divisa. Ufficiale della Guardia Nazionale, dove si è distinto come uno dei pochi in grado di parlare fluentemente l'arabo. Reduce da un lungo turno di dispiegamento in Iraq. Ma al rientro in patria, il tenente Dan Choi non ha ricevuto la meritata promozione: è stato invece radiato dall'Esercito, dove i militari apertamente omosessuali non hanno ancora diritto di cittadinanza. Da quando Barack Obama è arrivato alla Casa Bianca, i diritti dei gay negli Usa hanno fatto passi da gigante. Solo nelle forze armate l'orgoglio omosessuale resta ancora un tabù. Choi era uscito allo scoperto in marzo, dichiarando in tv la sua omosessualità assieme ad altri 38 diplomati di West Point. Due giorni fa, ha ricevuto l'avviso che veniva messo alla porta.

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L'idea di Hogan: charity, ma in boutique (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 09-05-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Cronache data: 09/05/2009 - pag: 25 Beneficenza L'idea di Hogan: charity, ma in boutique MILANO Oggi a Dusseldorf, mercoledì a Londra, giovedì a Milano, in via Montenapoleone. A Parigi un paio di settimane fa. Charity in boutique è la nuova forma di moda&beneficenza, nel caso Hogan e Best Buddies, un'organizzazione no profit che si occupa di garantire una vita migliore alle persone affette da disturbi mentali. L'iniziativa ha una griffe e un personaggio, quel Anthony Kennedy Shriver, penultima generazione della grande famiglia americana. È stato e sarà lui ad fare gli onori di casa: a Parigi ha stretto la mano ad oltre 200 invitati, attori e attrici (da Astrid Munoz a Dolores Chaplin, Christian Vadim, Elisa Tovati) e gente comune, clienti che acquistando hanno comunque donato anche qualcosa a qualcuno. Dall'altra parte Hogan, legato a un mondo americano per certi versi nuovo alla griffe più italiana di tutte fra quelle del Gruppo Tod's. È che il marchio è in grande ascesa in tutti gli States come ad Hollywood dove fra l'altro vive Anthony Shriver, che è fratello della moglie del governatore della California Arnold Schwarzenegger. Legami che vanno oltre: dall'amicizia tra Manuele della Valle e Kennedy-Shriver, a uno stile di vita d'ispirazione comunque molto «easy» e allo stesso tempo ancorato alle tradizione di fattura italiana. E poi un boom di notorietà del marchio (anno di nascita 1986) con impennata vertiginosa da quando Michelle Obama è alla casa bianca perché uno dei suoi stilisti preferiti, il thailandese Panighul Thakoon, è pure il design di Hogan. Così da Charlize Theron a Katie Holmes, Drew Barrymore (a proposito di dive&fashion), Halle Barry, Jennifer Garner, Catherine Heigl, Lindsay Lohan, Naomi Watts, Uma Thurman e poi Madonna e Beyonce tutte pazze per bomber e atletic. Pa. Po. Madonna con Anorak di Hogan Julianne Moore con la Trend bag

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Green Day: il nostro sogno americano è pieno di dubbi e sembra più un incubo (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 09-05-2009)

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Corriere della Sera sezione: Spettacoli data: 09/05/2009 - pag: 47 21st Century Breakdown La band punk-pop a Berlino per il lancio mondiale Green Day: il nostro sogno americano è pieno di dubbi e sembra più un incubo DAL NOSTRO INVIATO BERLINO Gli ex ragazzini del punk-pop che cantavano di sesso e frustrazioni adolescenziali sono definitivamente cresciuti. E ora fanno la morale al sogno americano. Dopo «American Idiot», 12 milioni di copie vendute criticando l'America dell'era Bush, i Green Day tornano con un'altra opera rock, «21st Century Breakdown». L'ottavo album della band californiana (esce venerdì, dal vivo li sentiremo il 10 novembre a Milano, l'11 a Bologna e il 12 a Torino) è un atto di accusa alle macerie sociali di oggi fra per citare i testi «libertà di obbedire » e «guerra di classe». Un racconto diviso in tre parti sullo sfondo della storia di due personaggi, Gloria e Christian. «Lei ama le cose in cui crede. Lui tende all'autodistruzione. E si muovono in questo mondo di crisi e confusione di massa», racconta il cantante Billie Joe Armstrong. Testi cupi, impregnati di pessimismo, pistole e sangue. «Mi sono venuti in modo naturale, forse dovrei andare dallo psichiatra », ride Billie Joe. Rilancia il bassista Mike Dirnt: «Ogni settimana si legge di una crisi: la guerra, un disastro naturale. Però esiste un filo di speranza nel disco e negli Usa questo filo è Obama, ma purtroppo viviamo in un momento in cui le cose vanno peggio di quando Bush se ne è andato». «Se ci chiedete se siamo una band politica dico no. C'è un sentimento di confusione e disperazione, come se avessimo scritto di una Nuova Depressione, ma c'è sempre dello humour e qualcosa di positivo», precisa il cantante. La musica è quel punk con tante melodie e tanta velocità che li ha resi star: «Se non ascolti i testi puoi pensare che siano canzoni felici», aggiunge il batterista Tré Cool che per far vedere quanto crede nel nuovo lavoro si è tatuato sull'avambraccio le bombe a mano e i ferri di cavallo di una delle tre parti dell'album. Nella canzone che dà il titolo al disco si parla di sogno americano. Ma esiste ancora? «Per come lo mostrano oggi in tv è più un american reality. Tutti sono scontenti e sognano di diventare ricchi di colpo invece di cercare di migliorare», analizza il cantante. Lo stesso brano cita «Working Class Hero» di Lennon: «Lui diceva che bisognava essere eroi della classe operaia, io mi chiedo se si possa ancora esserlo». Un paio di ballad risentono dello stile dei Fab Four. «I Beatles sono parte della tradizione del rock. Lennon è un'icona, pure Paul lo è ma non è morto. e melodicamente nessuno è meglio di lui». Il singolo in radio ora è «Know Your Enemy», ovvero conosci il tuo nemico. «Il nostro nemico siamo noi stessi: dobbiamo rafforzarci per non essere compiacenti», dice Billie Joe citando Cicerone senza saperlo («Hai detto Churchill? No? Non lo conosco»). «American Idiot» è diventato un musical che debutterà a settembre a Berkeley, in California: «E' sorprendente, non è una cosa tipo Cats. C'è tensione, sesso sul palco, un suicidio ». Anche «21st Century Breakdown » ha le caratteristiche per essere messo in scena. Chi vorreste nei ruoli di protagonisti? «Jessica Alba e Hugh Jackman ». Andrea Laffranchi Trio Da sinistra, Mike Dirnt (basso e voce secondaria), Billie Joe Armstrong (chitarra e voce) e Tré Cool (batteria): sono i Green Day

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Washington conferma le sanzioni alla Siria (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 09-05-2009)

Argomenti: Obama

STALLO NEL DIALOGO Washington conferma le sanzioni alla Siria DAMASCO Nel nuovo corso delle relazioni internazionali lanciato da Barack Obama, la Siria resta per il momento al palo. L'amministrazione americana ha rinnovato le sanzioni che gravano sulla Siria dal 2005, quando l'assassinio a Beirut del premier libanese Rafik Hariri fecero precipitare i rapporti tra le due nazioni. Ieri il portavoce del Dipartimento di Stato, Robert Wood ha annunciato, all'indomani della visita di due emissari statunitensi a Damasco (la seconda nel giro di pochi due mesi), che le misure contro il Paese guidato da Bashar Assad erano state confermate. «Il presidente Barack Obama ha ritenuto che fosse necessario agire in tal modo - ha detto il portavoce -. Questo evidenzia il fatto che continuiamo ad avere forti inquietudini nei riguardi dell'atteggiamento della Siria e nei confronti delle sue azioni». Il portavoce Usa ha poi citato in modo esplicito «il sostegno ai gruppi terroristi». «Desideriamo incoraggiare la Siria a svolgere un ruolo positivo in Medio Oriente», ha aggiunto. Nello stesso tempo ha confermato la volontà degli Stati Uniti di «avviare un dialogo» con Damasco. Ma la prossima mossa, secondo Wood, tocca alla Siria. Anche se gli Stati Uniti della nuova amministrazione hanno mostrato a più riprese la volontà di migliorare le relazioni con la Siria - un regime annoverato per anni tra gli «Stati-canaglia» - il rinnovo delle sanzioni mostra che Washington non è ancora pronto per un drastico cambio di rotta. La motivazione addotta dall'amministrazione Obama, è il sospetto che Damasco continui a sostenere i movimenti estremisti nella regione (l'Hezbollah libanese in testa). Anche da Israele non arriva nessun segno di distensione. Ieri il primo ministro, Benyamin Netayahu, in dichiarazioni rilasciate ad alcune testate israeliane in lingua russa e riprese dai media online, ha dichiarato che Gerusalemme non ha alcuna intenzione di restituire le alture del Golan alla Siria. «Rimanere sul Golan ci assicura un vantaggio strategico chiave in caso di conflitto militare con la Siria», ha precisato il premier, avvertendo di essere deciso a non cedere su questo punto, come su ogni punto ritenuto «critico per la sicurezza nazionale», anche di fronte al nuovo presidente americano, Barack Obama. \

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"I coreani preparano un altro test atomico" (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 09-05-2009)

Argomenti: Obama

Retroscena Provocazione del regime di Pyongyang "I coreani preparano un altro test atomico" Allarme al Pentagono: attività sospette al sito di Kilju MAURIZIO MOLINARI CORRISPONDENTE DA NEW YORK Washington teme che la Corea del Nord possa condurre un secondo test nucleare, ammonisce Pyongyang a «non commettere questo errore» e si consulta con Seul, Tokyo, Pechino e Mosca sulle possibili conseguenze. A dare l'allarme sui preparativi in atto a Pyongyang è stata l'intelligence sudcoreana rilevando la presenza di un'«accelerazione di attività» nel sito nucleare di Kilju, nel Nord-Est della Corea del Nord dove nel 2006 avvenne il primo test nucleare che colse il mondo di sorpresa. La scorsa settimana fonti ufficiali della Corea del Nord avevano minacciato per la prima volta di ripetere test nucleari e lanci di missili intercontinentali «in risposta alle critiche americane per il lancio di missili lo scorso 5 aprile» e ora, a conferma della scelta di alzare i toni, il ministro degli Esteri di Pyongyang accusa l'amministrazione Obama di un'«immutata ostilità al dialogo» in risposta della quale «la scelta sarà il rafforzamento del nostro arsenale nucleare». «Lo studio delle politiche perseguite da Obama negli ultimi 100 giorni ci portano a dire che la politica ostile dell'America verso di noi non è mutata e dunque ne trarremo le conseguenze», aggiunge il portavoce del regime di Pyongyang. Si tratta di minacce che la Casa Bianca prende molto sul serio: il presidente Barack Obama ne ha parlato al telefono con il collega cinese Hu Jintao e di persona nello Studio Ovale con il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov. Forte delle convergenze registrate, l'inviato Usa per la Corea del Nord, Stephen Bosworth, è arrivato a Seul da dove ha lanciato un monito a Kim Jong Il: «Se la Corea del Nord deciderà di realizzare un secondo test nucleare dovremo occuparci delle conseguenze, perché ve ne saranno in quanto interpreteremmo questa decisione come un atto ostile». Nel tentativo di tendere la mano verso la Corea del Nord Bosworth ha detto che «l'offerta di Barack Obama di dialogo resta valida ed è nel loro interesse accettarla». Nei giorni scorsi l'inviato Usa aveva fatto tappa a Pechino per studiare il tentativo di rilanciare i negoziati multilaterali con Pyongyang ma secondo Paik Hak-soon, analista di punta del Sejong Institute sudcoreano, Kim Jong Il in questo momento «punta ad ottenere colloqui diretti ad alto livello con gli Stati Uniti» e non è più dunque interessato alla formula del dialogo a sei che coinvolge anche Russia, Cina, Giappone e Corea del Sud. «Pyongyang minaccia il secondo test nucleare perché punta a un summit con Obama per ridisegnare l'intera partita nucleare e dunque non ha alcun interesse a parlare con Bosworth», aggiunge l'analista, ricordando che «i nordcoreani sanno che durante la campagna presidenziale Obama si disse pronto a incontrare Kim Jong Il» e ora vogliono metterlo alla prova. Dopo la tappa a Seul, l'inviato Usa partirà alla volta di Mosca prima di tornare a Washington per fare rapporto al Segretario di Stato Hillary Clinton, ma i tempi della diplomazia potrebbero cambiare se le attività nei siti nucleari nordcoreani dovessero continuare ad accelerare. I satelliti spia lavorano a pieno regime per prevenire possibili sorprese. Nel 2006 il Pentagono osservò il primo test arrivando alla conclusione che non fu un completo successo e negli ambienti militari a Washington si ritiene che Pyongyang abbia bisogno di una nuova esplosione per verificare le correzioni apportate.

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MA I FALLIMENTI SONO NECESSARI (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 10-05-2009)

Argomenti: Obama

Pietro Garibaldi MA I FALLIMENTI SONO NECESSARI CONTINUA A PAGINA 8Le banche americane sono riuscite ad attirare 11 miliardi di dollari dal settore privato, in modo da rispondere alle richieste del Tesoro americano. Nelle stesse ore la Casa Bianca ha annunciato un ulteriore e in parte sorprendente piano di intervento nel settore finanziario. Timothy Geithner e l'amministrazione di Obama stanno elaborando un nuovo piano per controllare con maggior intensità alcune istituzioni finanziarie considerate «troppo grandi per fallire». L'esistenza del fallimento rappresenta il più profondo e naturale strumento di selezione di un'economia di mercato. L'uscita dal mercato delle imprese non in grado di operare, in modo da lasciare spazio e opportunità ad altri e più efficienti operatori, è forse la più alta e nobile immagine del meccanismo della «distruzione creatrice» della concorrenza e del mercato. Nei mercati finanziari i fallimenti sono molto rari e terribilmente complicati. Il fallimento di un grande operatore finanziario può infatti generare fallimenti a catena, in modo da portare al collasso l'intero sistema finanziario. Questi rischi sistemici sono sempre stati riconosciuti dalla teoria economica bancaria e dall'attività di supervisione delle banche centrali di tutto il mondo. Tuttavia, l'intensità della crisi finanziaria attuale ha mostrato che il sistema finanziario nordamericano aveva finito per assumere una quantità di rischi in larga misura sottostimati. Alcuni di questi rischi sono stati presi proprio dagli operatori più grandi del settore, come testimoniano le ingenti perdite e i salvataggi del Tesoro nei confronti di Citigroup, il più grande gruppo bancario statunitense che prima della crisi era arrivato a gestire delle attività per circa il 20 per cento del prodotto interno lordo (Pil) americano. Sapendo di essere comunque salvati e di poter evitare il fallimento, dicono i collaboratori di Timothy Geithner, questi giganti finanziari hanno finito per assumere rischi eccessivi che hanno portato alle immense perdite dei mesi passati. Le discussioni di questi giorni cercano di affrontare il problema del «too big to fail» in modo pragmatico, secondo la miglior tradizione americana. Dal momento che alcuni operatori sono effettivamente troppo grandi per poter fallire, d'ora in avanti dovranno essere controllati con maggior intensità. I problemi sul tappeto sono però ancora molti. Si deve decidere a chi spetterà il compito di controllare i giganti della finanza e come tale controllo dovrà nei fatti avvenire. Dobbiamo tutti augurarci che il controllo straordinario sugli operatori più grandi del mercato, se effettivamente sarà approvato dal Congresso, spetti alla Federal Reserve, la Banca centrale americana. Se l'autorità in grado di controllare i più grandi operatori fosse invece il Tesoro, finiremmo per avere un ulteriore e pericoloso intervento dello Stato, e quindi della politica, nel controllo delle banche. Come tale controllo debba nei fatti avvenire è un problema molto più complicato. Una possibilità sarebbe quella di definire esplicitamente un livello di capitalizzazione o di attività al di sopra del quale non si può crescere. Sarebbe come evitare per legge che si creino operatori troppi grandi. Una seconda possibilità, apparentemente meno draconiana, sarebbe stabilire un regime di supervisione permanente e più invasivo per gli operatori al di sopra di una certa dimensione. Entrambe le possibilità sono comunque difficili da rendere operative. Stabilire una dimensione massima per un operatore finanziario rischia di essere un vincolo facilmente eludibile, per esempio, attraverso un'apparente e fittizia divisione della mega istituzione in due istituzioni più piccole. Inoltre, non possiamo dimenticare che nei mercati finanziari vi sono importanti economie di scala, come testimoniato dal processo di consolidamento degli ultimi anni. Anche l'idea di una supervisione permanente è difficile da rendere operativa. In particolare, occorrerebbe evitare un'eccessiva presenza della politica americana nel governo delle banche, anche se la Federal Reserve è un'istituzione autorevole e rigorosa nella scelta dei propri funzionari. Vedremo dalle scelte del Tesoro e della Casa Bianca quale dei due modelli emergerà. I depositi delle famiglie americane saranno comunque assicurati, come già oggi avviene. Tuttavia, affinché i mercati finanziari possano in futuro operare in modo razionale ed efficiente, il fallimento dovrà tornare ad essere accettato come un fatto fisiologico. pietro.garibaldi@unito.it

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L'EUROPA SPARITA (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 10-05-2009)

Argomenti: Obama

Barbara Spinelli L'EUROPA SPARITA Delle molte questioni su cui voteremo a giugno ce n'è una, continuamente citata, di cui non si parla praticamente mai: l'Europa e il suo Parlamento. Al massimo si dice che le urne non vanno disertate, che certi candidati sono incompetenti. Ma cosa significhi il voto che avverrà in 27 Paesi dell'Unione, cosa sia l'Europa in questo momento di crisi e mutazione: nulla se ne sa e quel che regna è silenzio o nascondimento, escamotage. L'italiano sa qualcosa sulle amministrative, qualcosa sul referendum, ma dell'Europa visto che non se ne parla non sa che idea farsene. Per il singolo resta una realtà un po' astratta, che non gli appartiene veramente. Se l'affluenza sarà bassa sentiremo dire che l'Unione «è lontana dai cittadini», di nuovo. Invece l'Europa ci è enormemente vicina, è la metà almeno della nostra esistenza. Già da decenni ha trasformato la nostra cittadinanza, che non è più una soltanto. Ogni italiano è al contempo cittadino europeo, e se ancora non pensa europeo già vive come tale. Abbiamo una sola moneta, son cadute le frontiere interne all'Unione, e anche il diritto è comune in tante cose: più della metà delle decisioni che determinano la nostra vita quotidiana non sono prese nello spazio nazionale, ma in quello europeo. Lo studioso Ulrich Beck scrive: «Nelle società etichettate come "nazionali" non c'è più un solo angolo libero dall'Europa» (Lo sguardo cosmopolita, Carocci 2005). Di fatto siamo già cittadini con varie identità, non per ideologia ma perché ci muoviamo in una doppia o tripla realtà (nazionale e cosmopolitica-europea). Viviamo europeo schivando il pensare europeo, tuttavia. Di questa grande menzogna (che Beck chiama nazionalismo metodologico) sono responsabili le classi dirigenti di ogni Paese membro. La realtà che viviamo la eludono non solo i governi ma sindacati, imprenditori, intellettuali, giornalisti. Tutti costoro distinguono l'interesse nazionale dall'europeo, come se l'Europa non fosse, oggi, il luogo dove viene massimizzato sia l'interesse vero delle nazioni, sia quello del singolo cittadino che ha bisogno d'esser tutelato in ambedue le sfere pubbliche. Che in ambedue i casi ha bisogno di interlocutori forti, dunque di avere anche in Europa un governo funzionante: imputabile, censurabile come in patria. Le sfere pubbliche cui apparteniamo sono ormai multiple: comunali, nazionali, europee, mondiali. Si può ignorarlo - proprio in questi giorni il governo l'ha ignorato, respingendo 227 migranti in mare senza dar loro la possibilità (prescritta dalla Convenzione di Ginevra) di chiedere asilo, ma l'ignoranza è scusa debole e spesso pretestuosa. La menzogna nazionalista non cade dal cielo: nasce accampando ragioni poco nobili che pretendono d'esser realistiche pur non essendolo affatto. Qui è l'escamotage, la realtà fatta sparire cambiando le carte in tavola: il trucco serve a fingere una sovranità nazionale assoluta, a nascondere il fatto che essa è parzialmente delegata ormai a una nuova res publica, parallela alla nazione. La menzogna sabota il pensare europeo ma non sventa la costante, cocciuta ribellione della realtà. I cittadini lo sanno: le situazioni cambiano a seconda dei Paesi, e gli Stati-nazione mantengono ampia egemonia legislativa in settori chiave. Ma gran parte della legislazione nazionale è oggi di origine europea (consumatori, ambiente, mercato interno ecc). L'Europa non è un organo internazionale che alcuni utopisticamente vorrebbero federale, dotato di costituzione. I più grandi studiosi sostengono che è un'istituzione da tempo costituzionalizzata, visto che soggetti del suo ordinamento non sono solo gli Stati (come nei trattati inter-nazionali) ma anche i cittadini. E i cittadini lo sono molto concretamente: a partire dai primi Anni 60, il diritto europeo ha il primato sulla legislazione nazionale e si applica immediatamente. L'Unione è incompiuta, non ha gli attributi basilari del costituzionalismo, ma questo non le vieta d'essere fin d'ora costituzionalizzata, sostiene il giurista Joseph Weiler (La Costituzione dell'Europa, Mulino 2003). Certo l'Unione è gracile, spesso afona: abbarbicati al diritto di veto, gli Stati le impediscono di governare. Certo il suo Parlamento dovrebbe avere più poteri, nonostante ne abbia già parecchi (l'accettazione o rifiuto della Commissione, ad esempio). Alcuni dubitano che sappia fronteggiare l'odierna crisi economica, il che è giusto, e aggiungono che le regole di Maastricht son datate, intralciando un rilancio simile a quello di Obama perché troppo severe sui deficit pubblici. Quest'ultima critica non tiene conto d'un fatto: se l'America avesse rispettato regole come le nostre, vigilando sull'indebitamento eccessivo pur di salvaguardare lo Stato sociale, una catastrofe così vasta non l'avrebbe conosciuta. L'europeizzazione del nostro quotidiano è un'evidenza, che intacca profondamente gli Stati-nazione e le loro sovranità presunte. Ma anche la menzogna intacca, la crisi ne ha dato la prova: limitandosi al coordinamento, i ministri dell'Unione hanno evitato azioni comuni che avrebbero salvaguardato assai meglio gli interessi nazionali e delle persone. Non hanno pensato europeo. Il coordinamento è fra Stati, non è un agire comune, e quel che Jean Monnet disse nel '40 vale tuttora: «Il coordinamento è un metodo che favorisce la discussione, ma non sfocia in decisione. È espressione del potere nazionale, non creerà mai l'unità». La menzogna nazionalista delle élite è questa, secondo Beck: «Esse deplorano la burocrazia europea senza volto, ovvero il congedo dalla democrazia, e quindi partono dall'assunto totalmente irreale secondo cui ci sarebbe un ritorno all'idillio nazional-statale». Un ritorno irrealistico, anche se travestito da Realpolitik. Prendiamo Andrea Ronchi, ministro delle politiche europee: ogni volta che parla, è per dire che «ci sono eurocrati» rovinosi per l'Europa. È falso: rovinosi sono gli Stati-nazione. Numerosissime decisioni eurocratiche lamentate dai governi son prese da loro stessi, nei Consigli dei ministri. Ronchi non dice il vero, con l'aggravante che forse neppure lo sa. L'immaginario nazionale resta ficcato nelle menti perfino quando la realtà lo smentisce: «Diventa uno spettro sentimentale, un'abitudine retorica in cui gli impauriti e i confusi cercano un rifugio e un futuro» (Lo sguardo cosmopolita, p. 225). La svolta non può che venire dal cittadino, se comincia a ragionare cosmopoliticamente. Se vota partiti e uomini che vogliono più Unione, non meno. Il disastro climatico è tema essenziale in Italia, perché ha confermato quanto la destra sia allergica all'Europa. Lo dimostra la mozione sul clima che il Senato ha approvato il 18 marzo, criticata da Marzio Galeotto sul sito La Voce e da Mario Tozzi su La Stampa. Una mozione che il ministro Prestigiacomo definisce legittima anche se non vincolante, ma che pur sempre chiede al governo di non accettare gli ideologici piani dell'Unione (emissioni gas serra ridotte del 20 per cento, utilizzazione di energie alternative pari al 20 per cento del fabbisogno, riduzione del 20 per cento della richiesta di energia entro il 2020). Oggi il pensare europeo è debole ovunque, soprattutto a destra ma anche a sinistra. Non stupisce, perché il salto è impervio. Si tratta nientemeno di consentire a una seconda conquista della laicità, nella storia d'Europa. Prima venne la separazione della politica dalla religione. Adesso s'impone l'atto laico numero 2: la separazione fra Stato e nazione. Senza demolire lo Stato, ma facendo combaciare la nazione con le sue sfere pubbliche molteplici. Sarà un atto non meno decisivo della caduta del Muro, e anche qui varrà quel che Gorbaciov disse al cieco regime comunista tedesco, nell'ottobre '89: «Chi arriva in ritardo, la vita lo punirà».

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Usa, superpoteri alla Fed per sorvegliare le banche (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 10-05-2009)

Argomenti: Obama

Giro di vite di Obama: così si eviteranno altri grandi crac Usa, superpoteri alla Fed per sorvegliare le banche La Federal Reserve è stata incaricata di sorvegliare le banche per scongiurare nuove devastanti crisi del sistema finanziario. La decisione è stata presa dal presidente americano, Barack Obama, e il ministro del Tesoro Timothy Geithner l'ha anticipata al Consiglio nazionale dell'economia durante una riunione nella Roosevelt Room della Casa Bianca. Grassia e Molinari ALLE PAG. 8 E 9

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"La fede non deve servire la violenza" (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 10-05-2009)

Argomenti: Obama

"La fede non deve servire la violenza" [FIRMA]GIACOMO GALEAZZI INVIATO AD AMMAN Altolà alla manipolazione ideologica della fede. «La religione si snatura ed è corrotta quando serve la violenza», ammonisce Benedetto XVI ad Amman appena dopo aver proclamato al Memoriale di Mosè «l'inseparabile vincolo che unisce la Chiesa al popolo ebreo». Nella seconda giornata del viaggio in Terra Santa, il Papa ha visitato la moschea Hussein accompagnato dal principe Ghazi, discendente diretto di Maometto, che a sorpresa e tra proteste integraliste lo ha dispensato dal togliersi le scarpe. Nel luogo sacro per i musulmani, coperto da spesse stuoie, il Papa «ha avuto un momento di meditazione ma non ha pregato», puntualizza il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi. Nel 2001, a Damasco, nella prima visita di un Pontefice in una moschea, Giovanni Paolo II, come segno di rispetto, si tolse i mocassini per infilare fodere bianche ai piedi e lo stesso fece Benedetto XVI ad Istanbul nel 2006. E' «la manipolazione ideologica della religione per scopi politici il catalizzatore reale delle tensioni e delle divisioni e anche delle violenze nella società», denuncia Joseph Ratzinger davanti ai capi religiosi musulmani, al corpo diplomatico e ai rettori delle università giordane. Il nunzio apostolico, l'arcivescovo Francis Assisi Chullikat assicura che la Chiesa in Giordania sta svolgendo un ruolo molto attivo e la coesistenza pacifica, è evidente qui, può essere «un segnale di incoraggiamento» nella questione israelo-palestinese. Re Abdullah a Washington ha appena promesso a Obama una nuova bozza del piano saudita, portando in dote la disponibilità di Abu Mazen e della Siria. La decisione di entrare nel difficile scenario del Medio Oriente dalla porta della Giordania, fermandosi per tre giorni dove nel 2000 Giovanni Paolo II restò solo qualche ora, vuole valorizzare la comunità cristiana locale, premiare il re Abdullah per essere garante della libertà religiosa e appoggiare il tentativo giordano di mediare tra palestinesi e israeliani. Ieri il Papa ha teso la mano all'ebraismo. Tra cristiani ed ebrei deve nascere «il desiderio di superare ogni ostacolo che si frappone alla riconciliazione». Il messaggio ai «fratelli maggiori», lanciato dal monte Nebo che schiude la porta della Terra Santa, assume un ulteriore significato per le recenti incomprensioni. Intanto la Caritas e il Patriarcato di Gerusalemme protestano per gli ostacoli israeliani alla partecipazione dei cristiani alla tappa palestinese. L'incidente diplomatico più temuto dalla missione pontificia guidata dal segretario di Stato, Bertone, è una stretta di mano tra Joseph Ratzinger ed esponenti di Hamas della Cisgiordania. Dove è nato Gesù le incognite del viaggio-rompicapo sono simboleggiate dal convento delle suore missionarie del Cuore immacolato: malgrado le condanne della comunità internazionale, è tagliato in due dalla «barriera difensiva» israeliana, alta 9 metri e lunga 670 chilometri tra passaggi ai raggi X, gabbie metalliche, controlli di permessi e passaporti. Il sindaco di Betlemme è un cristiano, per tradizione, eletto con i voti di Hamas grazie ad un accordo del 2005. Mercoledì, per entrarci, il Pontefice passerà nella doppia porta d'acciaio nel Muro usata dall'esercito. «Altro che porta d'onore», evidenziano al Patriarcato, infastidito dal palco ad Haida fatto rimovere dagli israeliani per non mostrare al mondo il Papa con alla spalle quel muro ritenuto dall'Anp la «prova più scandalosa» della segregazione. «La Santa Sede ha ceduto perché altrimenti il governo Netanyahu avrebbe bloccato i cristiani a Gaza», scuotono la testa gli organizzatori. Mentre in Israele vengono completati i preparativi in vista dell'arrivo di Benedetto XVI, le autorità e i media indicano nel suo discorso nel Museo dell'Olocausto, Yad Vashem il momento più delicato del viaggio. «Ci aspettiamo che il Papa faccia riferimento alla Shoah e alla sua memoria, nel presente e nel futuro», afferma il direttore Avner Shalev, secondo cui, però, «non è possibile dimenticare la sua prima giovinezza nella Germania nazista».

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Il presidente Usa Il 7 aprile scorso, a Istanbul, al termine del suo primo viaggio presidenziale ... (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 10-05-2009)

Argomenti: Obama

Il presidente Usa Il 7 aprile scorso, a Istanbul, al termine del suo primo viaggio presidenziale in Europa, Barack Obama ha visitato la Moschea Blu. Accompagnato dal presidente turco Erdogan e dal Gran Mufti è entrato nell'edificio religioso solo dopo essersi tolto le scarpe.

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Obama promette: "In Egitto un nuovo passo verso l'Islam" (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 10-05-2009)

Argomenti: Obama

Obama promette: "In Egitto un nuovo passo verso l'Islam" [FIRMA]MAURIZIO MOLINARI CORRISPONDENTE DA NEW YORK Barack Obama sceglie l'Egitto per compiere un «nuovo passo verso l'Islam» ma dal Cairo i Fratelli musulmani lo accusano di preparare «un inganno per dividere la nazione araba». Il 4 giugno il presidente americano inizierà con un «discorso all'Islam» il viaggio che lo porterà nell'ex lager di Buchenwald, a Dresda e sulle spiagge della Normandia in un percorso studiato per sottolineare i valori che più ha a cuore in coincidenza con il 65° anniversario dello sbarco alleato che diede inizio alla liberazione dell'Europa dal nazifascismo. Aver inserito il «braccio teso verso l'Islam» in questo itinerario significa per Obama voler ribadire che «una delle sue missioni da presidente è il dialogo con i musulmani» come suggerisce il portavoce Robert Gibbs ricordando quanto disse nel giorno dell'insediamento, l'intervista ad Al Arabiya e il recente discorso ad Ankara sull'America «non in guerra con l'Islam». Lo staff del presidente aveva presentato due opzioni per la sede del discorso, Marocco o Egitto, e a prevalere è stata la seconda perché «è un Paese percepito come il cuore del mondo arabo» spiega Gibbs. Fra gli analisti di Medio Oriente a Washington c'è la convinzione che il presidente andrà ben oltre le espressioni di riconciliazione politica. «Obama ha creato una combinazione di curiosità ed eccitazione in tutto il Medio Oriente - spiega Jon Alterman, direttore degli studi mediorientali del Centro di studi strategici e internazionali - perché incarna il cambiamento in una regione dove molti ne sono terribilmente assetati, per questo mi aspetto un discorso più personale, su di sé, la sua storia, la sua famiglia». Gibbs avvalora tali attese quando preannuncia: «Quanto il presidente dirà in Egitto non sarà destinato ai leader e ai governanti ma a molte, molte, persone comuni nel mondo arabo e musulmano». E' un approccio che serve anche per prendere le distanza dal presidente egiziano Hosni Mubarak, accusato di sistematica repressione delle libertà. «Avremo modo di parlare di diritti umani nel corso del viaggio», assicura la Casa Bianca. Per ragioni di sicurezza il luogo dove parlerà Obama non è stato rivelato anche se, secondo indiscrezioni rimbalzate dal Cairo, potrebbe essere l'Università di Al-Azhar, considerata uno dei cuori pulsanti dell'Islam. Ma l'Egitto è anche una roccaforte dei fondamentalisti. E' qui che sono nati Ayman Al-Zawahiri, ideologo di Al Qaeda e vice di Osama bin Laden, e Mohammed Atta, l'ex poliziotto del Cairo che guidò il commando di kamikaze che attaccò l'America l'11 settembre 2001 causando tremila vittime. E dalla galassia dei fondamentalisti sono arrivate le prime critiche al viaggio quando Mohamed Habib, vice leader dei Fratelli Musulmani, ha parlato di «inganno». «Le aperture degli Stati Uniti a Siria e Iran, le visite in Arabia Saudita e Egitto e anche il discorso che farà Obama servono solo per promuovere l'agenda pro-Israele della superpotenza - ha accusato - l'America sta cercando di dividere questi Paesi per usarli singolarmente per servire l'agenda e gli interessi nazionali al fine di promuovere, proteggere e garantire la superiorità dell'entità sionista». Poiché i Fratelli Musulmani sono il principale partito di opposizione in Egitto, controllando un quinto dei seggi in Parlamento, le frasi di Habib preannunciano manifestazioni e proteste, lasciando intendere che Obama non troverà un giardino di rose. «Le affermazioni dell'amministrazione sono rosee ma la politica si basa non su parole ma su fatti, aspetteremo prima di fidarci», ha concluso Habib, parlando a nome di una forza politica che molto ha contribuito al radicamento dell'ideologia panislamica. Secondo un recente sondaggio Gallup solo il 13% degli egiziani approvano l'operato del governo americano.

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Nuova udienza per la giornalista (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 10-05-2009)

Argomenti: Obama

Iran, caso Saberi Nuova udienza per la giornalista È stata fissata per questa mattina l'udienza d'appello di Roxana Saberi, la giornalista irano-americana di 32 anni che il Tribunale di Teheran ha condannato a otto anni di carcere per spionaggio. Il suo avvocato, Abdolsamad Khoramshahi, ha spiegato che non è chiaro quando sarà pronunciata la sentenza ma si è detto «ottimista» sull'assoluzione della sua assistita, che solo lunedì scorso ha interrotto uno sciopero della fame di protesta contro la condanna. A favore di Roxana si è schierata anche l'Amministrazione Obama che ha definito «infondate» le accuse e ne ha chiesto il rilascio.

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ipotesi g8 l'hotel del duce per obama (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 10-05-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 1 - Prima Pagina CAPORALE E REGGIO ALLE PAGINE 14 E 15 Delegazione Usa in visita all´Aquila la decisione tra una settimana Ipotesi G8 l´hotel del Duce per Obama SEGUE A PAGINA 14

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opel, prime aperture tedesche a fiat - paolo griseri (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 10-05-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 22 - Economia Opel, prime aperture tedesche a Fiat Marchionne:"Li convincerò sul nostro piano". Berlusconi:"Il rapporto tra i governi aiuta" PAOLO GRISERI TORINO - Forse non ci sono alternative al Lingotto. Dopo il fuoco di sbarramento delle prime settimane, in Germania comincia a incrinarsi il fronte anti-Fiat. «Meglio Fiat che niente», titola il bavarese Suddetuske Zeitung, che con le sue 440 mila copie è il più diffuso tra i quotidiani nazionali tedeschi. «Finora non esiste alcuna alternativa seria a un investitore come il Lingotto», scrive il quotidiano che, nonostante la sua linea di sinistra, critica il governatore della Renania e gli altri esponenti socialdemocratici perché «sarebbe ingenuo credere che qualunque sia l´investitore che alla fine la spunterà, non verranno chiuse fabbriche né ridotti gli organici». «La trattativa continua e alla fine credo che riusciremo a convincerli che l´alleanza è la soluzione giusta per loro e per noi», dice Marchionne avvertendo che i tempi per trovare una soluzione non sono infiniti. Per ora, comunque in Germania domina la campagna elettorale. Così il ministro dell´economia, zu Gutenberg, dedica il fine settimana a un viaggio negli Emirati e in Arabia Saudi alla ricerca di potenziali investitori «anche per la vicenda Opel», come annuncia alle agenzie il suo portavoce. Lo stesso ministro sta anche studiando «una soluzione ponte» per guadagnare tempo oltre la data limite del 31 maggio indicata da Obama per risolvere il caso Gm (di cui Opel è la succursale europea). L´ipotesi prevede l´istituzione di «un amministratore fiduciario che protegga creditori e debitori» e che, con l´aiuto delle banche, «consenta di tutelare la Opel mentre si cerca una soluzione». Gutenberg ha aggiunto in serata che «sarebbe disonesto e provocherebbe ulteriore insicurezza tra i lavoratori far credere che alla Opel tutto possa rimanere così com´è». Dunque, anche secondo il ministro tedesco, i tagli sono inevitabili. Le preoccupazioni tedesche sono speculari a quelle dei sindacati italiani. Negli ultimi giorni il Lingotto ha smentito seccamente le ipotesi di una futura chiusura di Mirafiori ma le prospettive di altri stabilimenti come Pomigliano e Termini sembra assai meno certe. Anche se Marchionne ha fatto sapere di non prevedere chiusure di fabbriche pur ammettendo di trovarsi di fronte «a scelte difficili» sul piano di ristrutturazione. I sindacati italiani sono tornati anche ieri a chiedere un intervento del governo che convochi le parti prima della chiusura delle trattative per mettere dei vincoli alle scelte della Fiat, così come, del resto, stanno facendo Washington e Berlino. Ma l´unica risposta è stata, per ora, quella del presidente del Consiglio che ha fatto sapere di essere ottimista sul raggiungimento di un accordo tra Torino e Opel e ha aggiunto che il suo esecutivo sta sostenendo le trattative perché «la simpatia tra i due governi in questi casi è molto importante».

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Europee, richiamo del Colle: basta liti (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 10-05-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Primo Piano data: 10/05/2009 - pag: 2 La campagna Europee, richiamo del Colle: basta liti ROMA «I giovani non solo devono andare a votare, ma devono dire a tutti di farlo, e chiedere ai politici di dire chiaramente cos'hanno in mente per l'Europa e per l'Italia in Europa. Il mio augurio è che non sia una campagna elettorale immiserita dalle polemiche interne». Piazza del Campidoglio, tardo pomeriggio: il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, risponde così alle domande di quattro ragazzi. Laura, Francesco, Marcella e Sara gli chiedono di fronte a una piazza gremita di persone per la «festa dell'Europa» di Obama che seleziona personale via internet, della fuga dei cervelli, della meritocrazia che in «questo Paese manca». Risponde il presidente: «In Italia tutti devono essere messi alla pari e fuori dal ciclo infernale delle raccomandazioni, delle clientele, delle implorazioni, di cui ci dobbiamo liberare». Sulla fuga dei cervelli: «L'Europa è anche un'opportunità per formarsi, pensate all'Erasmus. Il tema della formazione è fondamentale: non si arrivi alla conclusione che studiare non serve a niente». Tra gli altri, dal palco, interviene anche il ministro per le Politiche europee, Andrea Ronchi ( foto): «Fa tristezza vedere spesso gli europei essere chiamati a votare e non andare alle urne per l'Europa: perché l'Europa non si è fatta capire e non è stata vicina, anche con le sue classi politiche, ai cittadini. Io stesso non ho risparmiato critiche a questa Europa, perché certe volte non mi piace». Alessandro Capponi

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(sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 10-05-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Primo Piano data: 10/05/2009 - pag: 9 L'intervista Lo studioso francese del mondo arabo: «Ricucito l'incidente di Ratisbona» «Ora il dialogo può ripartire Gli estremisti sono nell'angolo» Gilles Kepel: «Con >Obama gli jihadisti hanno perso terreno» Chiusa a Ratisbona, la porta si è riaperta ad Amman. Con questo obiettivo il viaggio di Benedetto XVI in Terrasanta è iniziato dalla Giordania, a questo scopo nelle parole del Papa l'accento è andato al ruolo spirituale del-- l'Islam come religione: la missione «urgente » del Vaticano, secondo Gilles Kepel, è «riavviare quel dialogo con il mondo musulmano che si era interrotto, identificare i possibili interlocutori. Riaprire la porta». Professore all'Institut d'études politiques di Parigi, tra i massimi studiosi occidentali di mondo arabo, Gilles Kepel segue in questi giorni i passi del Papa in Terrasanta, e al tempo stesso lo fa da anni , registra scosse e assestamenti tra gli islamici, con particolare attenzione ai fondamentalisti. Perché definisce questa missione «urgente»? «Credo che Benedetto XVI abbia dovuto affrontare una duplice sfida. Due malintesi: dal lato musulmano e da quello ebraico. L'equivoco con gli islamici si è cristallizzato intorno al discorso di Ratisbona, mentre con gli ebrei è sorto dal tentativo di far tornare nell'alveo cattolico i lefebvriani, tentativo seguito dalle affermazioni negazioniste di monsignor Williamson. Per la Curia è urgente non apparire ostaggio di questi due malintesi, perché minano il magistero universale della Chiesa, che rischiava d'indebolirsi soprattutto a confronto con il pontificato di Giovanni Paolo II». Che differenza vede tra il Papa di Ratisbona e quello di Amman? E perché ripartire proprio dalla Giordania? «In Germania, nel 2006, aveva parlato prima che come Pontefice, come cardinale Ratzinger, e col suo discorso, citando l'imperatore bizantino Manuele II Paleologo che criticava il profeta Maometto, aveva suscitato reazioni violente nel mondo islamico. Dopo Ratisbona, i teologi musulmani che gli hanno risposto per tentare di riaprire il confronto sono stati giordani, vicini alla casa reale hashimita. Per questo il Papa ha scelto la Giordania, consolidando Abdallah II nel suo ruolo di interlocutore del mondo musulmano». Quali sono state tra gli islamici le reazioni alla visita di Ratzinger? «Nell'ambiente salafita radicale, anche giordano, la visita è stata bersaglio di forti attacchi, soprattutto online, dal sito di colui che è al momento il principale ideologo jihadista, Abu Mohammed Al Maqdissi, dove vengono criminalizzati i musulmani che si sono mostrati pronti ad accogliere il Papa. Per gli estremisti, la visita di Benedetto XVI è stata un'occasione per tentare di mobilitare di nuovo il mondo musulmano contro l'Occidente». Con quali risultati? C'è stata una ripresa del fondamentalismo, o gli appelli alla jihad, come lei ha spesso sostenuto, sono ormai sempre più confinati nel mondo virtuale di Internet? «Nei gruppi musulmani più moderati come lo statunitense Cair (Consiglio per le relazioni americano-islamiche, ndr) le parole del Papa ad Amman sono state ben accolte. Oggi il radicalismo jihadista ispirato da Bin Laden (a cui Al Maqdissi è intellettualmente molto vicino) non ha più la stessa forza d'azione. Perché era focalizzato sul contrasto alla politica di George Bush e alla sua guerra al terrore, e adesso fa fatica ad adattarsi al nuovo discorso statunitense di apertura all'Islam portato avanti da Barack Obama, un presidente che ricorda regolarmente come suo padre fosse di religione musulmana. In Giordania poi certo la venuta del Papa è stata anche usata dall'opposizione jihadista per attaccare e screditare i dirigenti che hanno accolto il Pontefice, in chiave di politica interna ». Obama ha appena annunciato che farà un importante discorso al mondo islamico dall'Egitto. Perché questa scelta? «La politica di Obama verso il mondo musulmano si fonda su tre grandi centri d'azione: Afghanistan-Pakistan, Golfo Persico e poi conflitto araboisraeliano e Medio Oriente. Qui, i dirigenti arabi moderati come gli egiziani fanno fatica a difendere le proprie posizioni di fronte alla popolazione dopo l'attacco di Israele a Gaza, davanti al quale sono stati impotenti. Parlare al mondo islamico dall'Egitto significa sostenere il ruolo del Cairo come mediatore nel conflitto arabo-israeliano ». Nel suo ultimo libro, «Oltre il terrore e il martirio» (Feltrinelli), affida all'Europa un nuova centralità, come intermediaria tra due «blocchi». In che modo? «Mi sembra che oggi il fatto che ci siano milioni di musulmani in Europa possa essere un fattore di progresso: se questi cittadini prendono parte alla civilizzazione europea possono rappresentare un modello per quelli rimasti a Sud e a Est del Mediterraneo, e contribuire così a ridurre la tensione tra il blocco cristiano e il blocco musulmano, da una parte e dall'altra, gettando ponti umani tra le sponde». Alessandra Coppola

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Iran, Roxana in tribunale per l'appello (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 10-05-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Esteri data: 10/05/2009 - pag: 16 Il caso Oggi giudizio di secondo grado per la giornalista condannata a 8 anni per spionaggio in favore degli Usa Iran, Roxana in tribunale per l'appello Alle elezioni del 12 giugno due sfidanti «riformisti» contro Ahmadinejad Dopo 99 giorni nella prigione di Evin, 13 dei quali in sciopero della fame (sospeso lunedì), Roxana Saberi dovrebbe apparire oggi alle 9 del mattino davanti alla Sezione 17 della Corte d'appello di Teheran. La Corte riesaminerà la condanna della giornalista irano-americana a 8 anni di carcere per spionaggio in favore degli Stati Uniti. Americana in chador (nero a fiori bianchi, la sua divisa da prigioniera), col suo lavoro Roxana cercava di promuovere i rapporti tra i due mondi cui appartiene, gli Stati Uniti e l'Iran. Ma è stata usata proprio da chi è contrario alla ripresa del dialogo tra i due paesi, nemici da 30 anni. L'avvocato Khorramshahi punta su un documento di 15 pagine per difenderla: è ottimista. Pubblico e stampa non saranno ammessi in aula (ma vi potrebbero essere rappresentanti dell'Ordine degli avvocati). Le associazioni per la libertà di stampa chiedono un processo trasparente. Digiunano per solidarietà 380 volontari di tutto il mondo. Il caso, tuttavia, è politico, dicono gli esperti. Roxana è una pedina di una partita politica legata all'elezione di Obama negli Stati Uniti e alle prossime elezioni iraniane del 12 giugno. Era in Iran dal 2003. Le sue credenziali di giornalista erano scadute nel 2006, ma è stata arrestata solo adesso. «Bisogna chiedersi: 'Chi ne trae beneficio?' », dice al telefono da Toronto Ramin Jahanbegloo, 47 anni, filosofo iraniano con cittadinanza canadese che come Roxana fu arrestato, accusato di spionaggio e rinchiuso a Evin nel 2006. Era un importante attivista in Iran benché non schierato politicamente («essere filosofo vuol dire essere dissidente »). Dopo oltre quattro mesi di interrogatori, in isolamento, senza avvocato, fu liberato dopo un appello di 400 intellettuali e dell'Ue. E' convinto che accadrà lo stesso a Roxana, come lui un «obiettivo facile». «Le autorità usarono il mio arresto per fare pressione sulla società civile, porre fine ai contatti tra iraniani e mondo esterno. Allora c'era la Rice che parlava di rivoluzione di velluto». Ora c'è Obama a Washington. «E' stata accusata di spionaggio subito dopo che Obama offrì agli iraniani un 'nuovo inizio' - dice il filosofo - . Khamenei e Ahmadinejad per ora frenano sul dialogo. Continuano la partita di poker condotta con Bush perché credono di avere ottime carte in mano: Hamas, Hezbollah, gli sciiti in Iraq. E anche col caso Saberi i conservatori si mettono in posizione di forza. Ha portato a un passo indietro nei progressi diplomatici. Ma alla fine verrà rilasciata. L'importante è che Obama non ceda ai falchi di Washington che gli chiedono di chiudere il dialogo». Il 12 giugno i due sfidanti «riformisti » contro Ahmadinejad alle presidenziali il religioso Karroubi e l'ex premier (poi artista) Mousavi, registratisi ieri promettono il «cambiamento »: apertura agli Usa e lotta a disoccupazione e inflazione. Nonostante la gestione disastrosa, Ahmadinejad «può vincere, se lo appoggia Khamenei», dice Jahanbegloo. Ma Mousavi potrebbe rivelarsi l'Obama iraniano. O per lo meno hanno tre cose in comune. «E' un centrista: attira sia riformisti che conservatori ». Potrebbe vincere puntando sull'economia. «Da premier, durante la guerra Iran-Iraq, nonostante le sanzioni, riuscì ad andare avanti per anni: le sue promesse sono credibili ». Inoltre: «Vincerà se saprà mobilitare i giovani: 25 milioni di elettori. La loro assenza alle urne nel 2005 decise la vittoria di Ahmadinejad». Protesta Lo sciopero della fame per Roxana di «Reporters sans frontières». Un'altra campagna è partita su FreeRoxana.net (Ap) Viviana Mazza

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Carte di credito Obama spinge sulla riforma (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 10-05-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Economia data: 10/05/2009 - pag: 27 Il progetto Carte di credito Obama spinge sulla riforma WASHINGTON La Federal Reserve sarà il gendarme delle più grandi banche e istituzioni finanziarie americane. Li sottoporrà a un controllo quasi quotidiano per evitare il bis dello scorso autunno. Lo ha detto Timothy Geithner, il ministro del Tesoro, sottolineando che banche, hedge fund e assicurazioni hanno bisogno di trasparenza. A giugno, il presidente Barack Obama presenterà un progetto di legge al Congresso. Si era anche pensato di affidarsi a uno speciale consiglio che includesse la Sec ma, ha ammonito Geithner, «le Commissioni non prendono mai decisioni». Il ministro ha annunciato l'iniziativa sulla scia della chiusura di un'altra banca (la trentatreesima quest'anno, 25 nel 2008): la Westsound di Brementon nello stato di Washington, con un capitale modesto, 350 milioni di dollari. La Federal deposit insurance corporation, l'agenzia che garantisce i depositi, ha spostato i conti correnti su un'altra banca locale. Nel discorso radiofonico del sabato, Obama ha preso una seconda importante misura. Ha chiesto al Congresso di approvare subito una legge in difesa dei titolari di carte di credito: «Gli americani sanno di non poter vivere al di sopra dei propri mezzi e di dover pagare i debiti, ma hanno il diritto di non essere taglieggiati da improvvisi rialzi dei tassi, gravi penalità e tariffe occulte». Soltanto in penali, sono 15 miliardi di dollari l'anno. Ennio Caretto

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respingere gli immigrati? galli tace - massimo vanni (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 10-05-2009)

Argomenti: Obama

Pagina V - Firenze Respingere gli immigrati? Galli tace Renzi e Spini lo giudicano una violazione dei diritti umani MASSIMO VANNI Immigrati, l´ennesimo barcone di clandestini rispedito in Libia dal ministro Maroni solleva le proteste della Chiesa e spacca il Pd ma a Firenze getta un ponte tra centrosinistra e sinistra. Mentre il candidato del Pdl Giovanni Galli preferisce non pronunciarsi, ricordando di aver sempre detto che, in tema di immigrati, l´accoglienza deve essere coniugata con la legalità. «E´ sorprendente che il centrodestra, che si definisce il partito dei cattolici, faccia finta di ascoltare la Chiesa solo quando gli fa comodo», attacca invece il candidato del centrosinistra Matteo Renzi. «La penso come monsignor Marchetto, segretario del Pontificio consiglio per i migranti, ma soprattutto come le convenzioni umanitarie e gli accordi internazionali - insiste Renzi - per bloccare il traffico di carne umana si deve intervenire alla fonte, contro il racket, non contro duecento disperati che si avventurano in mare alla ricerca di un futuro migliore». E il responsabile esteri del Pd Piero Fassino che invece pensa che il caso degli immigrati respinti «non è uno scandalo»? «Tra il rispetto che si deve a Fassino e quello che si deve alle convenzioni internazionali scelgo quest´ultimo», taglia corto il candidato del centrosinistra. «C´è un rispetto che si deve alla Costituzione e alla Carta dei diritti fondamentali dell´uomo», sostiene anche Valdo Spini, il candidato «socialista», come tiene a dire, sostenuto da Rifondazione, Verdi, Comunisti e Sinistra per la Costituzione. «L´aver respinto il barcone dei clandestini senza aver esaminato l´eventuale diritto d´asilo è un gesto che viola la Carta dei diritti dell´uomo», insiste Spini. E´ necessario ed urgente, secondo lui che «l´Italia si dia un codice di comportamento coerente con la Carta dei diritti dell´uomo». E il fatto che la Chiesa «abbia sentito il bisogno di intervenire» protestando contro la decisione del governo Berlusconi, «condannata dall´agenzia dei rifugiati Onu», la dice lunga: «E´ una posizione giusta». Che dire poi di Fassino e delle nuove discussioni interne al Pd? «C´è un tema sul quale il Partito democratico non si divide? Vorrei ricordare che Obama ha vinto non offuscando ma sottolineando i valori dei Democratici americani», dice Spini dopo aver trascorso la mattinata al cinema Odeon, dove a ricordare la scomparsa di Andrea Frazzi, uno dei registi del «Don Milani» televisivo, è arrivato anche l´attore Sergio Castellitto. Mario Razzanelli, il candidato sindaco della lista civica «Firenze C´è» non è in disaccordo: «Le persone che arrivano in queste condizioni per prima cosa vanno aiutate, tutto il resto viene dopo». Ma aggiunge polemico: «Il fatto che la crisi economica abbia portato i nostri anziani residenti a ridurre i consumi alimentari fa vergogna a chi ha governato la città negli ultimi anni». SEGUE A PAGINA V

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Muro virtuale e pattuglie indiane Così gli Usa difendono la frontiera (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 10-05-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Esteri data: 10/05/2009 - pag: 19 Il reportage A Rancho Anapra, dove Apache e Navajos aiutano la polizia. E una barriera invisibile sfida i trafficanti di uomini Muro virtuale e pattuglie indiane Così gli Usa difendono la frontiera La nuova Amministrazione nel solco delle scelte di Bush DAL NOSTRO INVIATO RANCHO ANAPRA (Confine Stati Uniti-Messico) Lo chiamano il codice della sabbia. Chi lo conosce può leggere le tracce sul terreno, dirti quante persone sono passate in un viottolo di sabbia, se portavano degli zaini, se tra loro c'erano dei minori. Un codice che passa di padre in figlio. Un sapere che Apache e Navajos hanno offerto alla Border Patrol, la polizia chiamata a vegliare sul difficile confine con il Messico. I «nativi» devono essere più bravi dei «coyoteros», i trafficanti di uomini maestri di trucchi originali quanto antichi. Per non lasciare impronte, avvolgono le scarpe con panni morbidi. Oppure calzano dei sandali ai quali sono stati incollati dei tasselli in legno a forma di zoccolo. Occhi ingenui potrebbero pensare che si tratti di una capra. Ma quelli dei Navajos non si fanno ingannare e le informazioni raccolte sono preziose per i team di reazione rapida. Il compito della polizia in questa zona di frontiera che lega Texas, New Mexico e Messico è arduo. La città di El Paso si tocca letteralmente con la messicana Ciudad Juárez. Dal versante americano vedi dentro le casette dal-- l'altra parte, puoi seguire il lavoro di un meccanico, la gente che affolla una panetteria, la vecchia che lancia il mangime ai polli. Siamo davvero a un tiro di sasso. Se non fosse per l'alta barriera solida, impossibile da tagliare basterebbero meno di 20 secondi per attraversare il Rio Grande che qui è secco , e infilarsi negli Stati Uniti. Su alcune abitazioni i coyoteros hanno eretto delle torrette per spiare con i binocoli il confine. Li abbiamo visti a Rancho Anapra, a est di Ciudad Juárez. Aspettano «l'attimo fuggente». Un piccolo buco per spingere i loro «clienti» verso il Nord. In questo settore gli americani, oltre alla recinzione, hanno impiantato alti piloni con videocamere, riflettori e sensori. Sistemi che si integrano con il lavoro degli agenti e che in altre parti saranno resi ancora più sofisticati. Venerdì il governo statunitense ha annunciato che verrà ripresa la costruzione del muro virtuale. Il controllo dovrebbe così passare a un network di torri, dotate di apparati da ricognizione elettronica, che trasmettono i dati a una serie di stazioni della Border Patrol. Un apparato che in passato ha lamentato guai tecnici che però sembrano superati. Il programma prevede l'installazione in una striscia di 28 miglia a sud di Tucson, Arizona. Se funzionerà verrà esteso lungo tutto il confine entro il 2014 con un costo di 6,7 miliardi di dollari. Il piano Obama rappresenta un'alternativa parziale al controverso muro fisico ma, di fatto, prosegue il programma ideato dall'Amministrazione Bush per contenere l'immigrazione clandestina. Una risposta resa più urgente dalla minaccia dei narcotrafficanti messicani molto attivi in oltre 200 città statunitensi. La Border Patrol apprezza la tecnologia, però quando si parla con loro si capisce quanto siano importanti la presenza degli agenti in punti critici come Rancho Anapra e la recinzione vera. Alta, solida, impossibile da tagliare. Le statistiche raccontano di 30.312 clandestini fermati nel 2008 nel settore di El Paso mentre nei primi tre mesi del 2009 gli arresti sono scesi a 7.777. Un calo drastico legato alla presenza della barriera che costringe i coyoteros a spostarsi a ovest. Oppure a provare con i tunnel nell'area di Nogales, in Arizona. Ma c'è anche un altro motivo: la crisi economica negli Stati Uniti. Non c'è lavoro per i gringos figuriamoci per i messicani. E allora perché rischiare adesso, meglio aspettare tempi migliori e studiare come violare il muro. Guido Olimpio

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Obama sceglie Margaret, guardiana del (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 10-05-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Esteri data: 10/05/2009 - pag: 19 Consumatori I repubblicani appoggiano la nomina alla guida della Food and Drug Administration. Controllerà anche le medicine Obama sceglie Margaret, guardiana del «cibo sicuro» DAL NOSTRO INVIATO NEW YORK Nei primi anni '90 a New York stava tornando la tubercolosi. Quando Margaret Hamburg medico 35enne, nominata «ministro della Salute» della città dopo gli insuccessi dei suoi predecessori presentò il suo piano, molti la presero per matta: internamento forzato delle persone infette, soprattutto drogati, «homeless» e malati di mente, e costruzione di un apposito ospedale in un'isola della baia. Invece Margaret, detta Peggy, faceva sul serio. Aveva capito che, con una malattia che richiedeva una terapia molto prolungata, il problema erano i pazienti che non prendevano le loro pillole con regolarità: non solo rendevano difficile contrastare il ritorno della Tbc, ma le cure a singhiozzo favorivano una mutazione dei batteri che «imparavano» a resistere ai farmaci. Con calma e fermezza la Hamburg convinse autorità e cittadini che New York era seduta su una bomba a orologeria e che l'internamento forzato dei malati, in queste circostanze, non rappresentava una violazione dei diritti civili. Il programma partì, sulla Rikers Island sorse in appena 90 giorni un ospedale prefabbricato dove, in un anno, vennero curate 125 mila persone. I casi di Tbc calarono dell' 86%: Peggy vinse la sua battaglia. «Credevo che scherzasse anche quando venne a propormi un programma di scambio di aghi tra drogati per combattere la diffusione dell'Aids» ricorda oggi David Dinkins, il sindaco nero di New York che la nominò «Commissioner». «Invece diceva sul serio e quel programma funzionò magnificamente ». E' a questa donna coraggiosa ed energica che Barack Obama ha deciso di affidare il difficilissimo compito di ridare lustro e capacità operative all'Fda, l'agenzia federale incaricata di proteggere i cittadini americani verificando che sul mercato arrivino farmaci efficaci, cosmetici e coloranti non nocivi, cibi sani. Da anni la Food and Drug Administration è un relitto nella tempesta: con la moltiplicazione dei medicinali e l'enorme aumento del volume dei cibi importati, l'Agenzia federale avrebbe dovuto essere rafforzata. Invece George Bush ha applicato anche qui, come in finanza, la sua filosofia della «deregulation». Abbandonata a sé stessa, affidata a manager mediocri, l'Fda che ha l'incarico di controllare cibi e medicinali per un valore di mille miliardi di dollari, un quarto di tutto quello che gli americani spendono in un anno è inciampata in una serie di scandali per sospette collusioni con l'industria farmaceutica ed è stata testimone impotente di numerose contaminazioni che hanno messo a repentaglio la salute dei cittadini: dalla salmonella nei pomodori e nei peperoncini messicani, alle siringhe per nulla sterili prodotte in North Carolina, gli americani, un tempo i consumatori meglio protetti al mondo, hanno scoperto di essere abbandonati a sé stessi. Un paio di mesi fa la contaminazione della salmonella è stata scoperta anche tra i grandi produttori di noccioline, alimentobase, ad esempio, delle merendine per i ragazzi. Obama, furioso per questa situazione da terzo mondo, ha deciso di dare nuovi poteri all'agenzia e di affidarla a questa 53enne figlia di due famosi medici la madre è afroamericana, il padre ebreo che è nel frattempo diventata anche un'esperta di bioterrorismo. Dopo aver rifiutato nel '93 l'incarico di coordinatrice della lotta all'Aids offertole da Bill Clinton (era incinta, scelse la maternità), negli ultimi anni di quella presidenza democratica andò a occuparsi proprio di minacce batteriologiche da viceministro della Sanità. Dopo l'attacco dell'11 settembre ha lavorato per un'agenzia che studia il modo di fronteggiare eventuali attentati con materiale radioattivo e che si è occupata anche del caso antrace. Alla Fda sarà subito alle prese con l'emergenza suina e lo sviluppo del nuovo vaccino, ma chiederà anche leggi per rendere più stringenti i controlli sulla produzione di cibi e per favorire l'importazione di farmaci a basso costo dall'estero, come ha spiegato lei stessa alla commissione del Senato che sta esaminando la sua candidatura. La ratifica della nomina, attesa entro maggio, è scontata, visto che anche diversi parlamentari repubblicani si sono detti conquistati dal suo pragmatismo e dal curriculum. Piace anche il suo parlar chiaro che, pure, a volte tocca corde sensibili di una parte dell'opinione pubblica e può scontentare i parlamentari che devono votarla. A chi, qualche tempo fa, le chiedeva cosa pensasse dell'astinenza come chiave per ridurre infezioni e gravidanze indesiderate, ha dato una risposta netta: «Preferisco le soluzioni basate sulla scienza a quelle che si affidano alla buona volontà». Esame passato L'audizione di Margaret Hamburg davanti alla Commissione Salute del Senato (Ap/Evan Vucci) Massimo Gaggi

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jackson browne, emozioni folk torna il poeta della west coast - felice liperi (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 10-05-2009)

Argomenti: Obama

Pagina XIX - Roma Parco della Musica Jackson Browne, emozioni folk torna il poeta della West Coast Cantore dell´ambiente e del romanticismo, evidenti in ballate come "No Nukes", "Running on empty" e "Take it easy" FELICE LIPERI Torna il folk-rock sensibile e romantico di Jackson Browne, stasera in concerto all´Auditorium Parco della Musica. Chissà se il titolo del nuovo album - Time the conqueror - è stato ispirato dal trionfo di Barack Obama: probabilmente no, ma è bello pensare che un sognatore pioniere delle mobilitazioni ambientaliste abbia combattuto per questo obiettivo. In fondo la prima grande battaglia di Browne è stata quella di No Nukes, organizzata per contrastare l´energia nucleare: esattamente il primo progetto del nuovo Presidente Usa. Ecco perché il suo ritorno all´Auditorium Parco della Musica è emozionante: Browne ha cercato di ispirare, con le sue canzoni, sogni di un mondo diverso, più sensibile e libero. Messaggio che il folk-singer ha proposto attraverso un romanticismo tipicamente West Coast, dove i sentimenti profondi di una generazione combattiva si intrecciavano con la sua desolante fragilità emotiva. Come interpretare altrimenti ballate quali Running on empty, The pretender o Take it easy, se non come vivide istantanee di momenti in cui tutto sembra perduto e dove invece si scopre che è possibile riprendere la strada. Con Jackson Browne sul palco: Kevin McCormick, basso, Mark Goldenberg chitarra, Mauricio Lewak batteria e Jeff Young tastiere.

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g8, per ospitare barack obama spunta l'ipotesi dell'hotel del duce - giuseppe caporale (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 10-05-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 15 - Cronaca L´Aquila, sopralluogo della delegazione Usa nella caserma del vertice. Berlusconi: tutto ok G8, per ospitare Barack Obama spunta l´ipotesi dell´hotel del Duce La decisione fra 7 giorni. Se il leader dormirà a Roma, problema sicurezza nei tunnel dell´A24 GIUSEPPE CAPORALE L´AQUILA - La risposta definitiva si conoscerà solo tra una settimana. Solo allora si saprà se il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, alloggerà effettivamente nella caserma della Guardia di Finanza di Coppito, in occasione del G8 di luglio. Un soggiorno al quale il governo italiano tiene particolarmente, come ha spiegato il capo della protezione civile, Guido Bertolaso, ad Elisabeth Dibble, capo missione della delegazione dell´Ambasciata americana, che ieri ha visitato la struttura assieme ad una nutrita delegazione. «Lo ritengo importante sia per la solidarietà nei confronti della popolazione colpita, ma anche per una questione di sobrietà per il momento di crisi internazionale», avrebbe detto Bertolaso durante il giro nella cittadella militare. E la stessa Dibble, al termine della visita, ha tenuto ad evidenziare che la caserma di Coppito è «molto sicura» e «ben organizzata», confermando così il parere positivo sul cambio di programma voluto dal governo italiano con il trasferito del vertice internazionale dalla Maddalena a L´Aquila. Ma con una precisazione: «Per il soggiorno del presidente Obama ci riserviamo di decidere entro una settimana». E ieri, da Palazzo Chigi, il premier Silvio Berlusconi ha evidenziato l´esito positivo della visita americana: «Hanno trovato gli impianti soddisfacenti». Eppure i problemi ci sono, e sono emersi durante una riunione riservata che si è tenuta - al termine del sopralluogo - al secondo piano del palazzo di comando della caserma. Una riunione tra la delegazione statunitense, il capo della protezione Civile Guido Bertolaso e il prefetto dell´Aquila Franco Gabrielli. Questione centrale proprio l´alloggio del presidente degli Stati Uniti, Barack Obama. Bertolaso avrebbe chiesto di ridurre drasticamente la delegazione, almeno rispetto a quanto previsto per la Maddalena. Proprio per problemi legati alla logistica. «Questa caserma è una fortezza e non occorre il dispiegamento di forze che invece era necessario alla Maddalena», avrebbe spiegato Bertolaso alla Dibble. Si tratterebbe dunque, di ridurre anche l´apparato di sicurezza statunitense. Un aspetto non di poco conto. Poi, sono state anche valutate alcune alternative, come il soggiorno di Obama a Villa Taverna, residenza privata dell´ambasciatore americano a Roma. Un´ipotesi quest´ultima, però, densa di incognite, soprattutto per il tragitto Roma-L´Aquila valutato difficoltoso in termini di sicurezza presidenziale sia in autostrada (troppe gallerie), sia in elicottero. Ulteriore alternativa potrebbe essere l´alloggio a Pescara, in uno dei grandi alberghi della costa. La Dibble al termine dell´incontro ha annunciato che riferirà a Washington quanto documentato durante la visita, ed ha chiesto una settimana di tempo. La delegazione prima di ripartire ha visitato anche i presidi sanitari della zona (tra cui l´ospedale da campo San Salvatore) e l´eliporto di Preturo. Ma un´altra indiscrezione emerge al termine della giornata trascorsa dalla delegazione americana L´Aquila: una nuova ipotesi da valutare per l´alloggio presidenziale potrebbe essere l´hotel Campo Imperatore (storicamente famoso per essere stata la prigione di Mussolini nel periodo tra il 26 luglio e il 12 settembre 1943). «I contatti ci sono», confermano dall´albergo «e non solo con la delegazione americana, ma anche con quella russa e giapponese». E proprio ieri, una squadra di tecnici della Protezione Civile e dei Vigili del Fuoco ha visionato la struttura. Stanza del Duce compresa.

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tutti i segreti di facebook (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 10-05-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 43 - Spettacoli Terza puntata su La 7, alle 21,30, per "La Gaia Scienza" con Tozzi e il Trio Medusa Tutti i segreti di Facebook Volete scoprire tutti i segreti di Facebook. L´occasione viene offerta questa sera alle 21.30 da La7 che manderà in onda la terza puntata de "La Gaia Scienza", l´interessantissimo format condotto da Mario Tozzi, geologo e Primo Ricercatore del Cnr, e dal sempre vivacissimo Trio Medusa. La trasmissione, sempre rigorosa quanto dissacrante, metterà al centro della puntata proprio Facebook e punterà l´accento sulle questioni che riguardano soprattutto la privacy e la libertà d´espressione. Facebook continua a crescere a vista d´occhio, è diventato un complesso sistema di relazioni, promozioni, informazioni e commenti, ma la linea di condotta dell´azienda è spesso messa sotto accusa dagli stessi utenti. Nella trasmissione Mark Zuckerberg, l´ormai multimiliardario creatore del social network (che ha oltre 200 milioni di iscritti in tutto il mondo), spiegherà la sua filosofia, facendo luce sui complessi meccanismi che regolano il software di Facebook e sul peso politico che ha avuto, ad esempio, nell´elezione di Barack Obama.

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Superpoteri alla Fed per evitare altri crac (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 10-05-2009)

Argomenti: Obama

Superpoteri alla Fed per evitare altri crac La Consob americana e il Congresso pronti a dare battaglia per non essere esautorati Il tracollo dei mercati finanziari ha mostrato la necessità di creare un unico regolatore indipendente che sorvegli su pagamenti, accordi e società finanziarie Barack Obama [FIRMA]MAURIZIO MOLINARI CORRISPONDENTE DA NEW YORK Sarà la Federal Reserve il super-poliziotto di Wall Street incaricato di sorvegliare le banche per scongiurare nuove devastanti crisi del sistema finanziario. La decisione è stata presa dal presidente americano, Barack Obama, e il ministro del Tesoro, Timothy Geithner, l'ha anticipata al Consiglio nazionale dell'economia durante una riunione nella Roosevelt Room della Casa Bianca durata un'ora. Sarà proprio Geithner a mettere nero su bianco la proposta legislativa alla quale il presidente della commissione Finanze della Camera, il democratico Barney Frank, ha già dato informalmente un parere positivo, facendo capire che la prima approvazione potrebbe arrivare entro il 4 luglio - l'Independence Day - per poi far concludere il lavoro ai colleghi del Senato. L'iniziativa nasce dalla scelta di Obama di creare «un unico regolatore indipendente con la responsabilità di sorvegliare su pagamenti, accordi e società finanziarie», senza escludere però l'ipotesi di creare anche un nuovo «consiglio per la regolamentazione» che potrebbe agire in raccordo con la Fed. L'idea di affidare alla Banca centrale il ruolo di super-poliziotto venne per la prima volta espressa nella scorsa estate da Henry Paulson, ministro del Tesoro di Bush, e ora Geithner punta a realizzarla con una legge che - secondo le indiscrezioni - assegnerà al regolatore l'autorità di raccogliere informazioni e analizzare i metodi di gestione delle banche, delle società di investimento, delle compagnie di assicurazione, degli hedge fund e di ogni altra aziende «sufficientemente importante da causare rischi sistemici per l'economia nazionale». I recenti «stress test» condotti dalla Fed sulle 19 banche destinatarie di aiuti pubblici hanno convinto Geithner sulla possibilità che lo staff di specialisti di Bernanke possa svolgere un simile lavoro di sorveglianza e accertamento permanenti. Per gli Stati Uniti si tratta di una svolta. Finora la Fed ha regolato solo le banche commerciali, mentre le banche di investimento sfuggivano al suo controllo stabilendo propri codici, e gli hedge fund non avevano neanche quelli. Fu proprio in ragione di tali limitazioni che Bernanke nel 2008 si trovò a negoziare di persona il salvataggio di Bear Stearn con Jp Morgan Chase in una cornice di forte instabilità - e alto rischio per l'intero sistema - che Obama e Geithner non vogliono più si possa ripetere. Assegnare i super-poteri alla Federal Reserve comporta una riduzione del ruolo del Congresso, che dopo la tempesta finanziaria del 2002 coincisa con il crollo di Enron varò la legge Sarbanes-Oxley dimostratasi incapace di prevenire il terremoto innescato dalla crisi dei subprime del settore immobiliare. «L'unico regolatore al quale ci possiamo affidare è chi, in ultima istanza, garantisce i crediti ovvero la Federal Reserve» spiega Alain Blinder, docente di economia a Princeton ed ex vice presidente della Fed, sottolineando come un aspetto chiave dei nuovi compiti sarà vegliare sulla «liquidità delle banche». Ciò non toglie che Geithner nelle prossime settimane è atteso da una delicata trattativa per stabile un possibile equilibrio fra i nuovi poteri della Federal Reserve e il «consiglio dei regolatori per scongiurare rischi sistemici» invocato a più riprese da Mary Shapiro, presidente della Sec (la Consob d'America), e Sheila Bair, presidente della Federal deposit insurance corporation. La Sec, alla quale finora hanno risposto le banche di investimento, punta a difendere il proprio ruolo e, secondo alcune fonti a Washington, potrebbe finire per esercitare «un ruolo di sorveglianza sugli hedge fund» consentendo agli Stati Uniti di mantenere gli impegni assunti al summit londinese del G20. Christopher Dodd, presidente della commissione Finanze del Senato, suggerisce di «evitare di accentrare tutto il potere in un'unica istituzione». «Gli stress test che abbiamo condotto sono stati rigorosi e siamo pronti ad assumere un ruolo molto energico come regolatori dell'intero sistema» ha assicurato Bernanke intervenendo giovedì al Congresso.

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"Non copio Obama ma la ripresa economica passa dell'ambiente" (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 10-05-2009)

Argomenti: Obama

Paolo Ravaioli "Non copio Obama ma la ripresa economica passa dell'ambiente" Tra i principali obiettivi lo sviluppo economico il benessere e la sicurezza sociale [FIRMA]M. ELISA GUALANDRIS VERBANIA Più che un presidente della Provincia, l'hanno definito un «grande sindaco». Un complimento per Paolo Ravaioli: «Con una territorio di 160 mila abitanti, mi sembra giusto che un presidente conosca tutti i paesi e le loro necessità. In questi anni ho girato molto e coltivato un rapporto profondo». Tra le cose che lo rendono maggiormente fiero c'è la convinzione di aver contribuito a «costruire» la Provincia, aiutando le tre realtà (Verbano, Cusio e Ossola) a sentirsi più vicine: «A cominciare dalla proposta di unificare gli ospedali, con il mantenimento dei tre presidi per rispettare la volontà della gente», spiega Ravaioli. Pur essendo ossolano «doc», dice di non aver trascurato Cusio e Ossola: «Non ho fatto preferenze. Credo che l'unità della provincia si sia concretizzata nel Piano territoriale integrato, che grazie a un unico progetto ha permesso di raggiungere un importante risultato». Nato a Premosello, geometra e libero professionista a Domodossola, Ravaioli ha iniziato a dedicarsi alla pubblica amministrazione nel 1975 come assessore di Villadossola, dove vive, e poi in Comunità montana. Entrato nel 1997 nella giunta provinciale di Giuseppe Ravasio, dopo la morte del presidente gli è subentrato fino alle elezioni. Nel 2004 sono stati gli elettori ad affidargli la massima carica provinciale, ma non ha mai abbandonato le sue passioni: musica classica e storia medievale, oltre a caccia e a pesca. Ora è pronto a rimettersi in gioco. Due i concetti chiave del suo programma: lo sviluppo economico e il benessere e la sicurezza sociale. Indica i punti di forza del Vco come la via per uscire dalla crisi con «la Provincia eco-sostenibile». "Non per scimmiottare Obama - scherza - ma sono convinto che l'ambiente sia una risorsa fondamentale per la qualità della vita, per il rilancio dell'economia e per lo sviluppo del turismo». Nel programma perciò energie rinnovabili, la politica dei rifiuti, il turismo e la logistica sono i motori, da abbinare al sostegno alle famiglie. A sostenerlo in una battaglia «per cui mi sento ben attrezzato» ci sono anche due liste civiche. La prima conta su nomi noti di professionisti, imprenditori, operai «ben radicati sul territorio» con due personaggi famosi: Andrea «Zuzzurro» Brambilla e Bepi De Marzi: «Hanno scelto il Vco per i loro momenti di relax. E' nato un legame con il territorio che ora li spinge a mettersi concretamente a disposizione». L'altra lista è invece formata dai giovani della «Generazione Vco». E «A tu per tu» è lo slogan della campagna elettorale: «Sottolinea il rapporto diretto costruito con il territorio, a cui aggiungo un'altra formula: "Noi siamo per il futuro"». Ravaioli conclude rivelando l'obiettivo più ambizioso: «Il Vco deve tornare a essere "un pezzo di Mediterraneo tra le Alpi"».

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Ieri si temeva che i germi si annidassero nel nodo Oggi il Messico si chiede Abbiamo esagerato? (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 10-05-2009)

Argomenti: Obama

Ieri si temeva che i germi si annidassero nel nodo Oggi il Messico si chiede «Abbiamo esagerato?» [FIRMA]EMILIANO GUANELLA CITTA' DEL MESSICO «E se avessimo esagerato?». È un dubbio che rimbalza un po' ovunque a Città del Messico, ventidue milioni di abitanti costretti a starsene chiusi in casa per settimane per paura del contagio della nuova influenza e che oggi escono per strada con più dubbi che certezze. I morti registrati nell'ultimo bollettino sono 48, quasi tutti nella capitale, ma il virus si è dimostrato meno letale e trasmettibile di quanto non si pensasse. Meglio così ma adesso si fanno i conti con le conseguenze economiche. I «tapabocas», le mascherine per evitare il contagio, iniziano lentamente a scomparire, ricompaiono le cravatte, proibite perché nel nodo possono nascondersi i germi, si riaprono bar, ristoranti, cinema. All'Iner, l'Istituto per le infezioni respiratorie, non c'è più la ressa dei primi giorni della crisi, quando a migliaia venivano a farsi controllare al primo colpo di tosse o alla prima linea di febbre. Ranfiro Martinez, idraulico di 54 anni, aspetta il turno per visitare il figlio Vicente, sotto osservazione da cinque giorni come caso sospetto di Influenza A/H1N1. «Mi hanno detto che sta meglio, che uscirà presto. Tutta questa faccenda non mi convince, parlano di epidemia ma nessuno conosce i morti, cosa facevano, perché si sono contagiati. Se il virus fosse stato così grave si sarebbe propagato nel giro di una settimana: non ha visto come si sta sui treni delle metropolitane nelle ore di punta?». Passata la grande paura si parla ora di «epidemia economica». Le prime stime parlano di un «Effetto Influenza» che nel 2009 inciderà sull'uno per cento del Pil, già in picchiata per la recessione mondiale e il calo delle rimesse mandate dagli emigranti. Un milione di posti lavoro andranno bruciati soprattutto nel settore turistico. Il governo preparerà campagne di promozione in Europa e negli Stati Uniti ma la stagione estiva alle porte, tra Cancun, Acapulco e la Bassa California, è già compromessa. Le polemiche sulla crisi infiammano la campagna elettorale per le parlamentari di luglio. All'esecutivo si imputa soprattutto di aver nascosto i primi casi dell'epidemia registrati a La Gloria, una piccola comunità rurale nello Stato di Veracruz, dove c'è l'allevamento di suini della «Granjas Carrol», la filiale messicana dell'americana Smithfield, più volte multata in patria per danni all'ambiente. Animali allevati con una strategia industriale e i cui escrementi vengono scaricati in un'enorme lago-cloaca che confina con terreni agricoli e spesso straripa nei campi di patate, mais, fagioli. A gennaio i contadini hanno cominciato a soffrire di disturbi respiratori, da lì è venuto il Caso Zero ma le autorità hanno ignorato l'allarme. «Il governo ha sigillato l'informazione - spiega Luis Hernandez, de "La Jornada" - anche per non compromettere la visita di Barack Obama a metà aprile. E comunque non era in condizione di affrontare un'emergenza su larga scala, i test sui campioni a rischio vengono mandati ad Atlanta perché non abbiamo laboratori attrezzati per questo». I timori resteranno. Oggi anche qui è la Festa della mamma. I ristoranti prevedono meno della metà dei clienti: la gente deve finire le scorte accumulate nel frigorifero durante i giorni difficili dell'auto-quarantena.

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GIOCHI DI PAROLE (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 11-05-2009)

Argomenti: Obama

Cesare Martinetti GIOCHI DI PAROLE Ricominciamo daccapo e partiamo dalle parole. Che significa multietnicità? Risponde il vocabolario della lingua italiana Devoto-Oli: «Il riconoscimento e la valorizzazione di differenti componenti etniche all'interno di una comunità». E che cos'è un'etnia? «Un aggruppamento umano fondato sulla forte affinità di caratteri fisico-somatici, culturali, linguistici, ecc.». Dunque, alla lettera, affermare che non si vuole un'Italia multietnica, come ha detto Silvio Berlusconi, significa non voler riconoscere né valorizzare le differenti etnie. È un programma politico. E difatti la Lega applaude. Ma l'Italia è già davvero una società multietnica come ha detto ieri il segretario della Conferenza episcopale italiana in polemica con il capo del governo? Lo dicono, banalmente, i numeri degli stranieri presenti: grosso modo quattro milioni di regolari più un milione di clandestini. I più numerosi sono i romeni, oltre seicentomila persone. In una città come Torino, per esempio, appartiene a loro la maggior parte delle nuove imprese che si iscrivono alla Camera di Commercio. Interi settori del mercato dei servizi sono coperti da romeni: colf, badanti, infermiere, muratori, lattonieri, traslocatori ecc. Questa comunità, in altre parole, è ormai indispensabile al funzionamento della società italiana. Benché provenienti da un paese appartenente all'Unione europea anche i romeni sono un'«etnia». Dire che l'Italia non sarà multietnica significa che i romeni (e tutti gli altri) non saranno riconosciuti come una componente della nostra società? Tra meno di un mese si voterà per il Parlamento europeo e i romeni (ma anche polacchi, bulgari, slovacchi, sloveni...) potranno votare in Italia esattamente come capita agli italiani che sono residenti in Francia, o in Germania, o in Gran Bretagna. A proposito di elezioni europee, proprio ieri il ministro degli Esteri inglese David Miliband, laburista, alla prima uscita in campagna all'Irish Centre di Hammersmith, non ha avuto esitazione a chiedere il voto per il Labour ai «milioni di stranieri residenti nella multietnica Gran Bretagna contro la minaccia fascista rappresentata dal British National Party». Ha detto proprio così, «fascista», per definire gli estremisti di destra che giocano sui sentimenti antistranieri e che in elezioni a sistema proporzionale rischiamo di mandare qualche deputato a Strasburgo. E Miliband non è un pericoloso estremista di sinistra ma un quarantenne blairiano che se la giocherà nella prossima battaglia per la leadership. In Francia Nicolas Sarkozy ha cominciato a costruire la sua conquista dell'Eliseo da ministro dell'Interno nel 2002, all'indomani di quelle elezioni presidenziali segnate dallo choc del 21 aprile, quando fu il fascista Le Pen e non il socialista Jospin a guadagnare il ballottaggio con Chirac cavalcando le paure e gli slogan anti-immigrati. Sarkozy ha cominciato subito il confronto con Le Pen, ma l'ha combattuto, non si è alleato. Con una politica «musclé», dura, spigolosa, dai toni talvolta sgradevoli (i teppisti di banlieue chiamati «racaille», la promessa di ripulire i quartieri con il «karcher», la pompa degli spazzini) ma mai ha pensato di mettere in dubbio il carattere multietnico di una società che ha il dieci per cento di musulmani. Anzi ha creato le istituzioni per il dialogo con i «barbuti» nel paese che ha vissuto per anni la favola della sua nazionale di calcio black-blanc-beur, nera-bianca-araba. Allora: multietniche sono la Francia e la Gran Bretagna, più di noi e prima di noi grazie al loro passato coloniale e di potenze globali ante-globalizzazione. Multietnici sono gli Stati Uniti di Barack Obama. Multietnica è e sarà l'Italia dove secondo uno studio di Caritas e Unioncamere nel 2050 gli stranieri potrebbero rappresentare il 20 per cento della popolazione e i figli degli immigrati saranno in maggioranza nelle nostre scuole. Il punto vero non è una battaglia sulle parole - multietnici sì, multietnici no - ma è come governare questo processo. Con le vetture differenziate per soli milanesi nel metrò? Con i proclami che non arrestano la pressione biblica che dal cuore dell'Africa si riversa sulle sponde del Mediterraneo? Tutti sappiamo quanto sia difficile la convivenza, quanto sia giustificabile nei quartieri popolari il senso di ingiustizia che si prova si fronte all'impunità delle bande «etniche» che rivaleggiano con quelle italiane per la conquista dei territori dove lo Stato arretra. Non succede solo in Italia. In Francia il ministero dell'Interno ha censito una cinquantina di quartieri di banlieue che si ammettono «perdu», perduti, per la République. Noi abbiamo zone di mafia e di camorra che non sono mai nemmeno stati conquistate. Ma bisogna sapere che bisognerà attrezzarsi a gestire una società multietnica e non a giocare con le parole per banali ragioni elettorali.

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immigrati, i vescovi a berlusconi "l'italia multietnica è un valore" - liana milella (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 11-05-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 2 - Interni Immigrati, i vescovi a Berlusconi "L´Italia multietnica è un valore" "Ma stop al disordine". Bossi: il premier segue le nostre idee Calderoli: evviva, Silvio si è "pontidizzato", gli consegneremo la nostra tessera LIANA MILELLA ROMA - Passano 48 ore e la Chiesa, con la Cei, è di nuovo agli antipodi di Berlusconi e del suo governo sull´immigrazione. Se il premier, sposando la linea Maroni sui respingimenti dei barconi in Libia, teorizza che non vuole un Italia «multietnica» perché così non la vuole la destra, ecco che il segretario generale della Conferenza dei vescovi monsignor Mariano Crociata afferma che il nostro paese «è già multiculturale», è «un dato di fatto», è «un valore». Semmai il problema è come si convive, «il modo in cui le culture e le presenze si rapportano», perché «non si cresce insieme in un´accozzaglia disordinata e sregolata». Maroni, di fronte all´entusiasmo dei supporters agli Stati generali della Lega a Vicenza, contesta le prese di posizione cristiane («Mi entrano da un orecchio e mi escono dall´altro critiche e accuse mosse da qualche rappresentante dell´Onu, che non è l´Onu, o di organizzazioni cattoliche, che non sono il Vaticano»), ma è un fatto che, con una pluralità di espressioni, la Chiesa pigli le distanze dalla svolta sull´immigrazione. Svolta che manda in visibilio il Carroccio soprattutto dopo il pieno appoggio di Berlusconi. «Come sempre, la nostra linea fa proseliti» dice il leader Umberto Bossi. E Roberto Calderoli vorrebbe dare al Cavaliere «la tessera della Lega perché veramente si è "pontidizzato"». Maroni non gliela darebbe, ma dichiara di «essere contento che faccia proprie le nostre idee perché è un contributo a realizzarle». Come per il ddl sicurezza, su cui domani sarà posta la fiducia per votarla mercoledì e giovedì e che, per il premier, è voluto «da tutta la maggioranza». L´opposizione attacca duramente Maroni. Pier Ferdinando Casini: «Dire no a un´Italia multietnica significa chiudere le fabbriche, non avere badanti per gli anziani, delineare una società che non esiste». Accusa Antonio Di Pietro: «Di questo passo in Italia non faremo entrare neanche Obama». Walter Veltroni evoca la persecuzione degli ebrei perché tutto cominciò col volere «un´unica etnia che veniva definita razza». E il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni ricorda che «prima della Shoah c´era una nave piena di ebrei, la Saint Louis, partita da Amburgo, che nessuno aiutò». Livia Turco teme «l´apartheid». Paolo Ferrero vede «il cinismo della speculazione elettorale». In compenso Ignazio La Russa si rallegra: «Una volta eravamo in pochi a difendere l´identità italiana, ora con le parole del premier siamo in maggioranza». Maroni ribadisce è «la linea della fermezza» e annuncia che «i respingimenti in Libia proseguiranno finché gli sbarchi non cesseranno». è convinto che «chiudendo l´emorragia dalla Libia si può dire che la piaga dell´immigrazione clandestina può dirsi risolta». Il segretario del Pd parla di operazione «orrenda e disgustosa»? Bossi di rimando: «La sinistra respingeva i gommoni dall´Albania, ora attacca Maroni forse perché i suoi risultati erano scarsi». Il sottosegretario all´Interno Alfredo Mantovano accusa il Pd di «inconcludenza» perché «il nostro governo applica accordi sottoscritti dal centro sinistra» e cita l´ex ministro Giuliano Amato quando, il 29 dicembre 2007, firmò l´intesa con la Libia e dichiarò che «così sarà possibile contrastare con maggiore efficacia questi traffici e sgominare le bande criminali che li gestiscono».

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"racconto storie di amore e speranza" - ernesto assante londra (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 11-05-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 42 - Spettacoli E´ la prima diva dell´era Obama che compirà vent´anni a dicembre, ma ha già venduto quattro milioni di dischi scrivendo canzoni per adolescenti che sembrano ispirate ai diari delle teenager e per questo suonano vere "Racconto storie di amore e speranza" Il suo concerto allo Sheperd´s Bush di Londra davanti ad una folla di adolescenti ERNESTO ASSANTE LONDRA dal nostro inviato La prima diva dell´era di Obama ha solo diciannove anni ed ha battuto qualsiasi record di vendita nel 2008. E´ lei l´artista che ha venduto di più negli Usa, oltre quattro milioni di album. Ed è lei la prima da dieci anni in qua, ad essere rimasta al primo posto della classifica per undici settimane. E´ bionda, alta, magrissima, ha una voce perfettamente in bilico tra l´adolescenza e la maturità, ed una grazia particolare, che la rende straordinariamente simile a milioni di altre teenager nel mondo pur senza confonderla. Si chiama Taylor Swift ed è il personaggio più amato dalle ragazzine in questo momento. Non Rihanna, con le sue vicende drammatiche con il fidanzato Chris Brown, non Britney Spears, sempre più scandalosa e terribilmente stonata, non la "vecchia" Madonna, destinata a piacere più alle mamme che alle figlie, niente Christina Aguilera o Beyoncè o Shakira. Lei le ha superate tutte, ha venduto più dischi e commosso più cuori. Cantando canzoni semplici e pop, vestendo in maniera sobria, con gonne spesso sotto al ginocchio, raccontando storie che lei stessa scrive e che parlano di amori, principi, fidanzati, amiche, storie che sembrano rubate ai diari scolastici e proprio per questo suonano vere e vissute. Canzoni per adolescenti che stanno crescendo e che alla vita chiedono amore e speranza. «So raccontare bene solo le cose che ho visto o vissuto», sottolinea lei, «non riuscirei a scrivere cose diverse. Scrivere canzoni è un modo fantastico per raccontare me stessa agli altri». E gli "altri" che in queste canzoni amano riconoscersi sono adolescenti come lei, ragazze soprattutto, che vivono le loro vite normali e nella normalità della giovane Taylor si rispecchiano. A Londra, dov´è arrivata per esibirsi dal vivo allo Sheperd´s Bush, la accoglie una folla di teenager urlanti, e lei risponde con altrettanto calore, proponendo uno show di incredibile semplicità, senza luci colorate e lustrini, senza ballerini o abiti di scena, senza nient´altro che canzoni e musica. In teoria la sua dovrebbe essere musica country, è quello l´universo in cui è cresciuta e al quale ancora fa riferimento: «Io mi sento ancora una cantautrice di Nashville, il posto dove ho cominciato la mia avventura, amo Dolly Parton, Patsy Cline, ma anche la modernità delle Dixie Chicks. Ho cercato la mia strada e l´ho trovata, ho lavorato un sacco e mi piace che la mia musica sia mia. Questo vuol dire che ascolto tante cose diverse e che queste entrano naturalmente nella mia musica». Lo si sente soprattutto dal vivo, quando canta, ad esempio, "What goes around" di Justin Timberlake, o quando le sue canzoni diventano più dance o rock. «Ma è sempre country», dice lei, «il country non è monolitico, non ci sono solo quelli che parlando di fattorie e matrimoni, ci sono quelli come me o Keith Urban che parlano di vita e di amore, molti che propongono un crossover tra pop e country. Il mio idolo è Shania Twain, lei ha cambiato le regole, ha rovesciato il mondo del country». Di country dal vivo c´è solo qualche eco, un violino, un banjo. Per il resto è pop, canzoni scritte con grandissima cura (il New York Times definisce la Swift come una delle migliori songwriter di oggi), che hanno il pregio di essere vere, non raccontano storie per adolescenti ma storie di adolescenti. "Taylor non mente", dice un cartello che una ragazzina tiene alto tra il pubblico, e forse è davvero così. Lo è perché a guardarla in scena la giovanissima Swift è straordinariamente goffa, non sa muoversi, non fa un solo passo di danza che abbia senso, prova ogni tanto a fare qualche gesto da diva, ma le viene male. E´ l´esatto opposto di tutti i cantanti adolescenti e adolescenziali degli ultimi dieci anni, tutti bravissimi a ballare, a muoversi, a fingere emozioni, a vestirsi e truccarsi, a far finta di essere sani. Lei, invece, è sana, spilungona e bella quanto basta per non sembrare di plastica, incapace a ballare ma capace di scrivere canzoni che hanno ritornelli memorizzabili e storie divertenti, come quella (che le ragazze adorano) in cui racconta che ha bruciato la foto del fidanzato che ha tradito il suo amore. E´ la prima diva di un America nuova, che pensa alla solidarietà, all´affetto, alla vita, che guarda avanti con indicibile speranza. «La crisi che stiamo attraversando è difficile», dice dal palco, «ma non dobbiamo farci abbattere, sappiamo che possiamo cambiare. Dobbiamo cambiare». Urla «Yes, we can» e il pubblico urla con lei. E in Fearless ("Senza paura"), l´album che l´ha portata al successo, canta di speranza e di futuro a una generazione di giovanissime che vuole avere speranza e futuro: «Penso sempre al futuro», ci dice, «analizzo tutto, leggo moltissimo. E penso a come sarò nei prossimi dieci anni. Non ho paura, sono fortunata a non essere stata una star bambina, ho avuto successo a diciassette anni, potevo preoccuparmi solo di cose rilevanti. Le mie storie cambiano con me, con la vita, con la crescita, con le esperienze. Spero di riuscire a continuare così».

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"quale mirafiori non rischia la chiusura?" - marco trabucco (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 11-05-2009)

Argomenti: Obama

Pagina II - Torino La settimana "Quale Mirafiori non rischia la chiusura?" Airaudo e i dubbi del sindacato: per scioglierli serve che il governo si muova Il leader Fiom: "Bisogna capire a cosa si riferiscono le garanzie dell´ad: agli Enti centrali, alle Carrozzerie o alle Meccaniche?" MARCO TRABUCCO «Il governo convochi la Fiat prima che si concludano le trattative con Opel: altrimenti si rischia di arrivare a cose fatte, quando il destino degli stabilimenti e dei lavoratori sarà già stato deciso. Altrove». è qualcosa di più di un appello quello che Giorgio Airaudo, segretario provinciale della Fiom, lancia alla vigilia di una settimana importante: da oggi infatti a Mirafiori ripartono le assemblee in vista della manifestazione nazionale dei lavoratori del gruppo Fiat e dell´indotto auto che si svolgerà a Torino, sabato 16 maggio. «L´incontro tra governo, sindacati e Fiat è indispensabile, per conoscere quali impegni Marchionne intende prendere per gli stabilimenti italiani e anche verso le aziende della componentistica. Non abbiamo nessun problema a discutere con una grande Fiat che si internazionalizza ma vogliamo garanzie sui prodotti e sull´occupazione. Quello che ci preoccupa - aggiunte Airaudo - è che la crisi dell´auto in tutto il mondo è gestita politicamente dai governi, qui invece la politica è la grande assente. Scajola lancia l´allarme, poi però non convoca la Fiat». Forse perché il governo non vuole più dare aiuti a un´azienda privata che ne ha già avuti molti? «è un ragionamento che sento spesso in questi giorni, ma se aveva una sua logica in passato oggi è sbagliato: perché significa solo aiutare la Fiat ad andare altrove. E l´Italia può fare a meno di un settore come quello dell´automotive che dà lavoro a 800 mila persone. Lo chiedo al governo, ma anche a Confindustria, l´altro grande assente in questo momento». Airaudo infatti si dice tutt´altro che rassicurato dalla parole di Marchionne a garanzia di Mirafiori: «Quando dice che non rischia la chiusura a quale Mirafiori si riferisce? A quella degli enti centrali perché diventerà il centro di progettazione delle auto di tutto il gruppo? Alle Carrozzerie dove lavorano 5 mila persone e dove a parte la Mito vengono prodotte auto destinate a lasciare via la produzione? O infine alle Meccaniche dove si produce il cambio di 500 e Panda: un settore dove in questo momento si lavora moltissimo, ma c´è tensione anche perché quel cambio ha vent´anni. Per quanto potrà ancora andare avanti? E dopo cosa accadrà?». Per la Fiom infatti il problema non è più se e quale stabilimento italiano possa essere a rischio chiusura: «In un gruppo come quello che si sta prospettando da 6 milioni di auto l´anno se non di più, che ruolo può avere l´Italia dove l´anno scorso Fiat ne ha prodotte 640 mila? Il dieci per cento della produzione non basta per mantenere un ruolo importante. Per questo non bisogna solo chiedere la salvaguardia di stabilimenti e posti di lavoro ma anche investimenti in nuovi motori e modelli ecologici, qui, nel nostro Paese». E cosa è disposto a dare in cambio il sindacato? «Ecco - conclude Airaudo - questa è la domanda che tutti ci fanno, oggi, dandoci l´esempio dei sindacati americani. Ma gli operai italiani hanno livelli di stipendio più bassi dei loro colleghi degli States e tedeschi. In più hanno già fatto grandi sacrifici negli anni scorsi e continuano a farli oggi, con la cassa integrazione. è grazie a loro, non solo grazie a Marchionne, che il miracolo Fiat è stato possibile». E cosa potrebbe fare lo Stato? «Quello che stanno facendo Obama e Merkel: dare garanzie alle banche sui crediti che la Fiat dovrà chiedere per investire su nuovi prodotti. Fissando date per la loro restituzione: Marchionne ha accettato quelle condizioni per Chrysler ed è disposto a farlo per Opel. Potrebbe servire per rilanciare il settore anche in Italia».

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(sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 11-05-2009)

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Corriere della Sera sezione: Primo Piano data: 11/05/2009 - pag: 8 «Minacciata l'esistenza del Pakistan» Allarme del generale Usa Petraeus di fronte all'avanzata estremista WASHINGTON Qualcosa si muove sul fronte orientale. O almeno questo è ciò che pensa il generale David Petraeus, responsabile del comando che segue le operazioni nello scacchiere afghano-pachistano. La sfida dei talebani nel suo giudizio ha «galvanizzato » l'esercito del Pakistan e lo ha spinto a reagire nei confronti di una «minaccia esistenziale». Le prossime settimane, ha aggiunto, saranno decisive per capire se la risposta di Islamabad ha avuto successo. Poi, stemperando i timori emersi negli Usa nei giorni scorsi, il generale ha affermato di avere fiducia nel sistema che protegge l'arsenale nucleare del Pakistan: «Ci fidiamo delle misure di sicurezza e delle procedure». Alle parole di Petraeus ha fatto eco il presidente pachistano Ali Zardari. In un'intervista alla Nbc ha rassicurato che «lo Stato non collasserà» ma ha riconosciuto che il suo Paese sta combattendo «la guerra per la propria esistenza». Quindi ha ricordato che il problema delle formazioni integraliste non è nato oggi essendo un'eredità della guerra contro i sovietici. La crescita del movimento mujaheddin negli anni 80, ha osservato, «è un cancro creato da noi tutti, Pakistan e America». Una chiara allusione al finanziamento da parte delle intelligence dei due Paesi (e dell'Arabia Saudita) verso gli insorti che si battevano per liberare l'Afghanistan dall'Armata Rossa. Il nuovo impegno nella lotta all'estremismo, sancito dal recente incontro di Washington con Barack Obama e il presidente afghano Karzai, non ha comunque sgombrato il campo da alcune differenze di vedute tra i partner. In particolare sul dossier dei raid americani. Missioni affidate a velivoli convenzionali in Afghanistan e agli aerei senza pilota in Pakistan. Il Pentagono, ha avvertito il consigliere per la sicurezza nazionale James Jones, non fermerà gli attacchi, anche se cercherà di evitare che si ripetano errori nella designazione dei bersagli: «Raddoppieremo i nostri sforzi per impedire che degli innocenti siano uccisi». Un problema serio, per le ripercussioni politiche e sociali, confermato dalla strage costata la vita pochi giorni fa a decine di civili in Afghanistan. Per Jones «legare le mani ai nostri comandanti sarebbe una cosa imprudente». Su questo aspetto è parso più prudente Petraeus. Infatti, ha riconosciuto che «le nostre tattiche non devono compromettere gli obiettivi strategici». Ossia bisogna evitare di alienarsi il consenso della popolazione solo per neutralizzare questo o quel capo terrorista. Per diversi responsabili militari i raid si sono rivelati un'arma efficace, specie contro le formazioni qaediste. Grazie alle incursioni dei droni sono stati eliminati numerosi dirigenti e altri sono stati costretti a nascondersi. Un bilancio positivo riconosciuto dallo stesso Petraeus, il quale ritiene che «Al Qaeda mantiene delle enclavi e dei rifugi, ma non ha più basi operative in Afghanistan». La spada è adesso nelle mani dei talebani che usano le zone tribali del Pakistan come retrovia. Una regione dove hanno trovato ospitalità molti qaedisti. Forse tra i fuggiaschi c'è anche Bin Laden. Ma, come ha ammesso Jones, nessuno sa se Osama sia «vivo e morto». Guido Olimpio

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(sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 11-05-2009)

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Corriere della Sera sezione: Primo Piano data: 11/05/2009 - pag: 8 L'intervista Richard Perle, ex stratega di Bush: «Il governo di Islamabad è a rischio» «Anche l'Europa deve scendere in campo» WASHINGTON Per Richard Perle la guerra contro i talebani «si vince o si perde in Pakistan prima che in Afghanistan». La soluzione della crisi, afferma l'ex sottosegretario alla Difesa di George W. Bush, «non è tanto nelle nostre mani quanto in quelle del governo pachistano ». L'amministrazione Obama ne è consapevole, e preme sul Pakistan perché aumenti l'intervento militare. Ma l'Europa, protesta Perle, «non fa la sua parte su nessuno dei due fronti», sebbene sia più a rischio dell'America. «Sembrate non capire che questa è la crisi più grave di tutte, che l'arsenale atomico pachistano potrebbe cadere nelle mani dei fondamentalisti islamici con conseguenze spaventose». Qual è il rischio maggiore? «Che i talebani possano destabilizzare il Pakistan come stanno destabilizzando l'Afghanistan. Il governo e le forze armate pachistane non sono in grado di controllarli, o non vogliono. I talebani sono padroni delle zone di frontiera, ma anche di zone vicine a Islamabad. E contro di essi l'America può solo usare i droni ( gli aerei senza pilota, ndr), non può combatterli sul terreno come in Afghanistan». Teme che i talebani prendano il potere in Pakistan? «I talebani sono una parte dell'estremismo islamico. Se non loro, gruppi affini possono rovesciare il governo. Il Pakistan ha armi atomiche. Se i fondamentalisti se ne impadronissero, l'India si sentirebbe minacciata e non resterebbe a guardare. Come escludere una guerra terribile, forse atomica?». Che cosa si può fare? «Bisogna persuadere il Pakistan a combattere i talebani in casa propria, sarebbe il preludio alla loro sconfitta anche in Afghanistan. Ma per questo bisogna dare a Islamabad massicci aiuti economici e militari. E in questo l'Europa non appoggia abbastanza gli Stati Uniti». Ennio Caretto Difesa Richard Perle, 67 anni, vice ministro alla Difesa sotto Reagan, dal 2001 al 2003 è stato consigliere di Bush>Torna all'inizio


Show comico di Obama alla cena con i giornalisti (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 11-05-2009)

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Corriere della Sera sezione: Esteri data: 11/05/2009 - pag: 17 Casa Bianca Debutto del leader Usa al tradizionale galà della stampa Show comico di Obama alla cena con i giornalisti Il presidente prende in giro amici e nemici. E se stesso DAL NOSTRO CORRISPONDENTE WASHINGTON Non ha risparmiato nessuno. Con ironia caustica, a tratti contundente. Repubblicani e demo-- cratici, Dick Cheney e Joe Biden, collaboratori e avversari, Hillary Clinton, sua moglie Michelle e, come vuole il rito, neppure se stesso. E come si dice in America, he brought down the house, ha buttato giù il teatro a forza di applausi. Barack Obama ha fatto il suo debutto, sabato sera, alla cena annuale della White House Correspondents' Association, l'associazione dei giornalisti che coprono la presidenza, l'appuntamento probabilmente più mondano e conteso della capitale americana. Un galà da 2.500 persone, dove per tradizione il presidente mescola il serio alla celia e tutti i grandi media fanno a gara per avere ai loro tavoli il meglio di Hollywood, che questa volta non si è fatta pregare due volte, rapita dal fascino di Obama: c'erano fra gli altri Robert De Niro e George Lucas, Demi Moore col giovane compagno Ashton Kutcher, Glenn Close e Ben Affleck, Sting e Steven Spielberg, Forest Whitaker e Donatella Versace, Tom Cruise e Katie Holmes. «Credo che i miei prossimi cento giorni saranno così pieni di successo, che li completerò in 72 giorni e al settantatreesimo mi riposerò», ha esordito fra le risate Obama, che ha appena girato la boa fissata da Roosevelt. Una delle battute migliori l'ha dedicata a Hillary: «Siamo stati rivali, ma oggi non potremmo essere più vicini: appena è tornata dal Messico, mi ha subito abbracciato suggerendomi di andarci », ha detto il presidente, riferendosi al rischio di contagio del virus H1N1. Evocando la nota tendenza alla scurrilità del capo del suo staff, Obama ha spiegato che «il motherday, la festa della mamma è una festa difficile per Rahm Emanuel, che dopo la parola mother non è abituato a usare day ». In effetti l'epiteto preferito da Emanuel è motherfucker, bastardo. L'assenza di Dick Cheney alla cena dei corrispondenti? «È occupato a scrivere le sue memorie ha sibilato Obama dal titolo provvisorio 'Come sparare agli amici e interrogare le persone'». Durante una battuta di caccia, l'ex vicepresidente infatti sparò accidentalmente, ferendo un conoscente scambiato per una preda. E quanto alle interrogazioni, Cheney ancora oggi difende l'uso del waterboarding contro i presunti terroristi islamici. Neppure Michelle, vera star della serata in fucsia e a braccia scoperte, è sfuggita ai lazzi del marito: «Sta cercando di rimarginare le divisioni della nazione, compreso the right to bare arms », che può significare sia il diritto alle braccia nude, ma anche il diritto a portare armi, sancito dal secondo emendamento della Costituzione, uno dei temi più controversi della vita pubblica americana. Obama ha anche rovesciato, probabilmente senza pensarci, la celebre e sfortunata battuta di Silvio Berlusconi sulla sua abbronzatura. Parlando del leader repubblicano al Congresso, John Boehner, patito della lampada, il presidente ha detto: «Abbiamo molto in comune: anche lui è una persona di colore, ma quello suo non mi sembra naturale». Verso la fine del suo discorso, Obama ha poi scelto note più serie, dedicando alcune riflessioni all'industria dei media, alle prese con una crisi sistemica, dove la recessione economica e la rivoluzione tecnologica innescata dalla rete si combinano con effetti micidiali: «Molti giornalisti ha detto il presidente hanno perso il lavoro negli ultimi mesi e molte testate lottano per rispondere ai cambiamenti in atto. Non tutto sarà a lieto fine, ma sappiamo anche che il successo dei media è essenziale al successo della nostra democrazia ». E ha chiuso citando Thomas Jefferson: «Tra un governo senza giornali e giornali senza un governo, io preferirò sempre la seconda opzione». Paolo Valentino Esilarante Obama alla cena dei corrispondenti alla Casa Bianca appare scatenato e divertito (Reuters)

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(sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 11-05-2009)

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Corriere della Sera sezione: Esteri data: 11/05/2009 - pag: 17 Colloquio Visto da Donatella Versace «La mia serata con Barack Meglio di Bush» Matte, matte risate. E nessuno che abbia messo mano al BlackBerry. Non come lo scorso anno: tutto sbadigli e scambio di email. Donatella Versace è entusiasta dell'Obama's Dinner. E non senza cognizione di causa: è alla sua quinta cena presidenziale a stelle e strisce: tre con Clinton, una con Bush e ieri, gestione Obama. Abituata, dunque. E pure preparata a situazioni un po' ingessate... «Ma che le cose fossero cambiate l'ho capito appena entrata racconta la stilista, che proprio in questi giorni si appresta a esordire come cronista per il più potente blog d'America, l'Huffington Post . Mai visto tanti giovani. Venticinquenni, trentenni: ne sono rimasta felicemente sconvolta. C'era un atteggiamento più cordiale e rilassato. Ci siamo divertiti e abbiamo riso sino alle lacrime. Il presidente è stato incredibile e ironico e magico». «L'anno scorso per carità anche Bush ha fatto delle battute... Ma dopo pochi minuti tutti si sono attaccati ai loro BlackBerry e hanno cominciato a mandare email e sms, tipico degli americani annoiati e maleducati, anche». Cellulari sui tavoli, allora: «E a nessuno è venuto in mente di accenderne uno. Tutti rapiti da lui. Questo è un presidente che si fa ascoltare ». Chiacchiere? «Tante e senza schermi. Io mi sono ritrovata a parlare con il ministro del Tesoro Timothy Geithner e con il capo dello staff Rahm Emanuel, del più e del meno, della crisi e degli entusiasmi per il nuovo corso. Entrambi con la giacca gettata sulla spalla, molto cool. Avrebbero potuto anche tendere una mano e via. Come fanno tanti ministri... E invece mai un atteggiamento stiff, ingessato». E gli Obama? «Prima della cena c'è stato un piccolo cocktail per pochi. E' arrivato con Michelle, hanno dato il benvenuto ad ognuno. C'erano Sting e sua moglie Trudy; Katie Holmes e Tom Cruise, Demi Moore e Ashton Kutcher, Steve Spielberg... Tutti pazzi per lui. Il presidente è stato molto cordiale, senza smancerie. Forte, positivo. E Michelle fantastica, mi ha conquistata. Molto meglio dal vivo. Alta, altissima». Cosa vi siete dette? «Le ho fatto i complimenti per il suo lungo vestito fucsia e per il suo trucco, perfetto. Lei ha riso e ha ricambiato, chiedendomi dell'abito che indossavo e dei ricami che le sono piaciuti molto». E mister president? «L'unico in cravatta e senza papillon, ho trovato anche questo segno del clima disteso, per nulla impettito. Stretta di mano solida e sicura. Tutto un 'welcome' e un 'I love', ecco questo gli ho sentito dire spesso. Molto cordiale. Moderno penso sia la parola giusta, anche per la sua capacità di catalizzare, sì». La cena? «Svelta perché poi tutti ci siamo messi a gironzolare fra i tavoli». Menù? «L'unica cosa che mi ha ricordato la gestione Bush, non un granché. Antipasto di salumi italiani, filetto e pesce spada, mousse di cioccolato e chardonnay californiano». Piatto del buon ricordo? «Nel finale, tutti come bambini a caccia dei bigliettini 'White House dinner'». Paola Pollo

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Mai deridere gli avversari politici (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 11-05-2009)

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Corriere della Sera sezione: Opinioni data: 11/05/2009 - pag: 26 L'EUROPA LA RUSSIA E LA GEORGIA Mai deridere gli avversari politici di ANDRÉ GLUCKSMANN P er essere di una generazione che ha molto ammirato Picasso, che ha letto Freud, ascoltato Lacan e Foucault, ho tendenza a stare in guardia quando le etichette «folle » e «follia sono incollate ad atti o a individui condannati un po' alla svelta. Spesso è proclamato irrazionale un comportamento di cui non si vuole o non si riesce a cogliere la logica. Se il nemico è folle, ci possiamo permettere di tutto per bloccare la sua «rabbia »; se l'amico è folle, possiamo per principio di precauzione abbandonarlo. Se il mondo è folle, dormiamo pure tranquilli per evitare di aumentare il suo delirio. Oggi, la politica si serve e abusa di simili procedimenti retorici: insinuare o gridare che i nostri dirigenti «sragionano» diventa l'argomento ozioso per eccellenza. Certo, la derisione e la caricatura hanno in sé qualcosa di positivo e non devono mai essere oggetto di divieti legali. Tuttavia, quando occupano tutto il terreno, si trasformano in censura universale e il sogghigno si erge a suprema autorità. La psichiatrizzazione dell'avversario - di cui l'antisarkozysmo emerito offre in patria un esempio sensazionale - ha rapidamente l'effetto di una palla di neve, assume proporzioni via via più importanti: il numero 1 è «agitato», i suoi ministri «farneticano » su vestiti, soldi o sesso e poco dopo la reazione imprevista è che l'opposizione si auto-distrugge, vittima di una messa in ridicolo generale. Commentatori, frequentatori di salotti e di osterie si danno alla pazza gioia, il dibattito politico sprofonda a livello zero del pensiero. Nell'Italia di Berlusconi, nell'Inghilterra di Brown, persino nella Germania della Merkel, governanti e oppositori sono trattati come zimbelli. Sulla scena internazionale, una deriva analoga, molto tradizionale, camuffa appena i disegni contorti di strategie perfettamente coerenti. E a volte i loro scopi criminali, come testimonia la disaffezione che subisce il Presidente georgiano Mikhail Saakashvili. Mosca scandisce il suo messaggio nei mass media e nelle cancellerie democratiche: il vostro cantore della libertà di ieri, oggi merita una terapia psichiatrica. La Russia pretende di sostituire i propri soldati con «infermieri» (Ragozin dixit). L'impeto di collera di Medvedev, che ha osato il paragone Saakashvili=Hitler, ha sbalordito; non è un argomento, ma quando l'amabile Putin parla di «impiccare per i coglioni» il Presidente georgiano democraticamente eletto, perché non ci si chiede ad alta voce dove sia il pazzo: a Tbilisi o al Cremlino? La giovane Repubblica indipendente del Caucaso non è una democrazia ideale, si sottolinea con sospetta insistenza da quando essa ha perso guai ai deboli e ai vinti! il 20 per cento del proprio territorio (internazionalmente riconosciuto), che di fatto il suo imperiale vicino si è annesso. Ciò non toglie che, fra tutti i Paesi dell'ex Unione Sovietica, la Georgia sia fra i pochi ad offrirsi elezioni oneste (controllate dall'Ocse) e a tirare il collo alla corruzione generalizzata, inguaribile eredità del comunismo reale (il suo sforzo è acclamato dalla Banca Mondiale e da Transparency International). Poiché i quattro milioni di georgiani, in grande maggioranza, si sono ripromessi di non tornare nel girone della Santa Russia, il Presidente «Misha», che si schiera con loro, ha certamente perso la testa. Solo un «malato mentale » può immaginare che un piccolo popolo voglia scegliere i propri amici e vivere libero all'ombra di un impero trentacinque volte più popolato; un impero che crede ancora d'essere la seconda potenza mondiale e calpesta come fossero carta straccia gli accordi di cessate il fuoco firmati con Sarkozy, allora Presidente dell'Europa. Bisogna stare attenti a non ridurre la questione a una lite di egocentrismi fra leader moscoviti e georgiani; piuttosto, dobbiamo scorgervi una strategia tipicamente russa per uscire dalla crisi. Alla fine della Seconda Guerra mondiale, Stalin governava un Paese esangue e devastato, ma lungi dall'implorare aiuto e di fingersi diverso da quello che era, tirò fuori gli artigli e assoggettò mezza Europa. Putin non è Stalin, ma ne coltiva qualche riflesso. Indebolito dalla crisi mondiale, con le rendite in petrodollari che si prosciugano, avrebbe potuto moderare i suoi bollenti spiriti. Invece no, insiste, si dice capace di rieducare la vecchia Europa e di ammaestrare il giovane Obama. Lancia minacce sul gas, fa ricatti servendosi dei missili Iskander, effettua manovre militari con Chavez, consegna una centrale nucleare e missili anti-missili all'Iran. Dopo aver valicato con le armi frontiere internazionali di un Paese indipendente grande esordio dopo l'Afghanistan , dopo l'invasione e l'annessione di due province georgiane («un guanto gettato apertamente in faccia al leader globale del mondo», cioè l'America), i padroni del Cremlino, in barba a impotenti osservatori europei, schierano truppe, carri armati e missili. Eppure, sono loro a sentirsi provocati quando la Nato conferma manovre militari previste da 2 anni. La Russia predilige gli uomini forti, Putin si addestrò radendo al suolo la Cecenia. Medvedev deve forse dimostrare la propria virilità, tentando di riconquistare il Caucaso? Il «liberale» di questa coppia conta sui sentimenti ameni che l'Occidente gli manifesta per assestare il colpo finale al «laureato di Harvard» (cioè l'uomo degli americani), abbastanza annebbiato da tentare di includere il proprio Paese fra le democrazie. E' la favola del vaso di terra contro il vaso di ferro, di una lotta impari. Chiediamo informazioni a Bukowski e a Gluzman, autori del «Manuale dell'internato psichiatrico in Urss», che assaporarono i trattamenti molto speciali negli asili psichiatrici del Kgb. Ecco il riassunto della loro «follia»: resistenza «paranoica» agli organi onnipotenti dello Stato e sogni «schizofrenici» di libertà. Ancora oggi, è «folle» chi resiste. Non dimentichiamo in quale scuola furono formati Putin e la maggior parte di coloro che lo circondano. Quella «pazza» di Anna Politovskaïa, la mia amica assassinata, mi aveva prevenuto: «Non perdoneranno mai l'affronto della Rivoluzione delle Rose». E' così che il culto della derisione equivale, in un regime democratico, al permesso di assopirsi e, in un regime autoritario, al permesso di uccidere. traduzione di Daniela Maggioni

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l'auto pulita che non c'è - valerio berruti (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 11-05-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 36 - Automotori L´AUTO PULITA CHE NON C´è L´AUTO PULITA CHE NON C´è VALERIO BERRUTI Travolti dai grandi scenari mondiali dell´auto, dalle nuove alleanze, dai maxi gruppi che nascono e si disfano con estrema facilità meglio non perdere di vista la vera essenza di tutto questo: i modelli. E dunque non farsi prendere in giro da certi luoghi comuni. Dagli Usa alla Cina si parla, infatti, con grande disinvoltura, di ecologia, di abbattimento della CO2, di macchine elettriche, di batterie rivoluzionarie ma poi quante sono davvero le auto che fanno parte di questo club progressista e "politicamente corretto"? Meglio tenere ben presente qualche numero. Nel 2008 sono state prodotte oltre 55 milioni di automobili. Il maggior costruttore del pianeta, la Toyota, ha messo sul mercato poco più di 429 mila vetture ibride (quelle col doppio motore, elettrico e a benzina). Dietro, ma con un discreto distacco, c´è la Honda. E dietro ancora c´è poco o forse nulla. Insomma, una goccia nel mare di petrolio che ancora spinge restanti 54 milioni di automobili che ogni anno si materializzano nelle nostre città. Ma allora quelle auto elettriche che vediamo continuamente protagoniste in ogni salone internazionale? Non sono loro il vero futuro dell´auto? Piccole, grandi, supercar, ormai ne spunta una per ogni esigenza. Certo che ci sono ma almeno per il momento si tratta di oggetti da esposizione, prototipi da far provare sotto stretto controllo e in apposite aree. La produzione è praticamente zero. La verità è che allo stato dell´arte l´auto pulita, quella a emissioni zero, è ferma allo stato di progetto. Un grandissimo progetto ma purtroppo tutto ancora da realizzare. Ci vorrà del tempo e soprattutto un grande sforzo politico. Ci vorranno leggi sempre più ferree per il contenimento dei consumi e delle emissioni altrimenti sarà difficile fare grandi passi in avanti. Se al crollo delle Big Three Usa non si fosse unito lo sforzo di Obama per imporre finalmente scelte ecologiche e auto più piccole e pulite lo scenario americano sarebbe stato molto diverso. Per ricominciare ci vogliono scelte coraggiose. Ci vogliono modelli e non parole.

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"barack come spock l'alieno di star trek" (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 11-05-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 17 - Esteri New York Times "Barack come Spock l´alieno di Star Trek" «Barack Obama come il dottor Spock, il mitico personaggio della serie televisiva Star Trek»: il paragone, con tanto di fotomontaggio, è del New York Times: «Obama è di sangue misto, come il vulcaniano Spock, uomo di due mondi, capace di mediare tra infinite diversità».

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in arrivo nuove regole per i soldati gay "potranno dichiarare l'omosessualità" (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 11-05-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 17 - Esteri In arrivo nuove regole per i soldati gay "Potranno dichiarare l´omosessualità" WASHINGTON - Obama potrebbe presto aprire le porte dell´esercito anche agli omosessuali dichiarati. Dopo il caso del tenente Dan Choi, radiato dall´US Army dopo aver esplicitato di essere gay (in violazione della norma clintoniana «Don´t ask-Don´t tell»), la Casa Bianca sta portando avanti una «discussione preliminare» sull´argomento. Ma il consigliere per la Sicurezza nazionale, James Jones, ha spiegato di non sapere se le regole saranno effettivamente cambiate. Le norme attuali non permettono all´esercito di informarsi sulle preferenze sessuali dei soldati ma vieta anche ai militare di renderle note.

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la cia difende le tecniche di interrogatorio "almeno si conservi la privazione del sonno" (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 11-05-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 17 - Esteri La Cia difende le tecniche di interrogatorio "Almeno si conservi la privazione del sonno" WASHINGTON - «Mi volete dire che di fronte a nessun tipo di minaccia voi deciderete di non usare la privazione del sonno con un detenuto?» Così l´ex direttore della Cia, Michael Hayden, ha cercato di convincere l´amministrazione Obama a conservare almeno questa "tecnica di interrogatorio", non facendola mettere al bando come altre forme di tortura (waterboarding). Secondo la Cia la tecnica appare meno violenta, ma la tesi è smentita da un rapporto di un ispettore della Cia del 2004. «Ai detenuti - è scritto - non veniva concesso di mangiare, nè di andare al bagno. E se crollavano esausti le catene impedivano loro di cadere».

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obama, il lato comico della casa bianca show del presidente alla cena di gala - alberto flores d'arcais (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 11-05-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 17 - Esteri Obama, il lato comico della Casa Bianca show del Presidente alla cena di gala Battute e frecciate per tutti da Bush a Biden. E anche per se stesso "Benvenuti al decimo giorno di anniversario dei miei primi cento giorni" ALBERTO FLORES D´ARCAIS dal nostro inviato NEW YORK - Ha preso in giro tutti, amici, avversari e se stesso, anche se le battute migliori l´ha riservate a Hillary Clinton e Dick Cheney: la rivale diventata stretta alleata e l´unico nemico di peso della Casa Bianca di oggi. Alla "prima" cena annuale con i corrispondenti accreditati alla Casa Bianca - tradizionale occasione (costo d´ingresso 200 dollari, ricavato in beneficenza) di ironie e sfottÓ - Barack Obama ha aggiunto un altro tassello alla sua fama di brillante oratore, questa volta cimentandosi con successo nei panni (non facili) del comico. Presentato da Wanda Sykes, l´attrice televisiva afro-americana nota per i suoi ruoli comici, Obama - che cenava al tavolo seduto tra Tom Curley (presidente dell´Associated Press) e la reporter (Ap) Jennifer Loven - è salito sul palco iniziando con l´autoironia. «Good evening», ha detto tirando fuori il foglio del discorso e fermandosi mentre di fronte a lui si aprivano platealmente due "teleprompt", il "gobbo elettronico" il cui uso frequente gli è stato rimproverato. «Good evening», ha ripetuto con un finto impaccio. «Non avrei voluto essere qui questa sera, lo confesso, ma dovevo farlo, è uno dei tanti problemi che ho ereditato da George Bush». Ha scherzato sulle difficoltà nelle nomine governative («nessun presidente nella storia ha mai nominato tre segretari al Commercio così velocemente») e poi via con le battute. Per Hillary, con un richiamo all´influenza suina: «Oggi non potrebbe essermi più vicina; in effetti non appena tornata dal Messico mi ha abbracciato stretto e mi ha detto che dovevo andare anche io al più presto». Per Cheney: «Non è presente perché impegnato a scrivere la sua autobiografia, si intitola come sparare agli amici e interrogare la gente», ha ridacchiato alludendo all´incidente di caccia che vide protagonista l´ex vice di Bush e agli interrogatori "brutali" autorizzati dalla precedente amministrazione. Ha chiesto al leader del partito repubblicano (in grave crisi) Michael Steele, afro-americano anche lui e presente alla cena, di alzarsi e si è scusato con lui, «te lo dico per l´ultima volta non posso procedere a un piano di salvataggio finanziario» del "Grand Old Party": «temo che Rush Limbaugh (il più ascoltato guru radiofonico della destra, ndr) non possa essere considerato un titolo tossico, mi dispiace». Ha elogiato la sua amministrazione per «aver portato avanti facce nuove e giovani, come Arlen Specter», il senatore della Pennsylvania (79 anni) che ha lasciato il Gop passando ai democratici. Proseguendo la pantomima con il "gobbo" ha continuato a parlare a braccio («cercherÓ di improvvisare sempre di più») non perdendo l´occasione per una battuta sul vicepresidente Joe Biden, famoso per le sue gaffe: «nei prossimi cento giorni mi libererò del suggeritore. Joe Biden, invece, se ne dovrà appropriare». Cento giorni su cui ha ironizzato più volte: «benvenuti al decimo giorno di anniversario dei miei primi cento giorni»; «nei prossimi cento giorni perderÓ la calma»; «i prossimi cento giorni li farò in settantadue, il 73esimo mi riposerÓ». "Black Tie" per gli uomini, donne in lungo. Il «White House Correspondent´s Association Dinner» è uno dei galà più ambiti di Washington e oltre ai giornalisti non mancavano vip di Hollywood (Steven Spielberg, George Lucas, Nathalie Portman, Owen Wilson, Demi Moore. Tom Cruise), rock star come Bon Jovi e Sting, l´ex mago della Federal Reserve Alan Greenspan, politici bipartisan, con un posto d´onore per Colin Powell al tavolo del ministro del Tesoro Tim Geithner. Una che era stata invitata ma ha preferito declinare è stata Susan Boyle, la donna di 47 anni divenuta famosa in tutto il mondo dopo il suo debutto a uno show britannico in cerca di nuovi talenti: «Sono rimasta scioccata dall´invito, mi sarei emozionata troppo, meglio restare con il gatto», ha detto al News of the World. Alla fine Obama ha chiuso in modo più serio. Ha ringraziato i giornalisti per il loro lavoro («un governo senza giornali, un governo senza dei media duri ed intraprendenti in tutti i sensi non è un´opzione per gli Stati Uniti d´America»), ha parlato dei «tempi difficili per molti di voi, tempi di rinnovamento tecnologico, di cambiamento. Ma ci tengo a dire che il vostro servizio è essenziale per la tenuta della democrazia».

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taylor swift "essere star ai tempi di obama" (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 11-05-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 29 - R2 ERNESTO ASSANTE Gli spettacoli Taylor Swift "Essere star ai tempi di Obama" SEGUE A PAGINA 42

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Fiat, tre settimane di passione (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 11-05-2009)

Argomenti: Obama

RAFFICA DI INCONTRI FRA STATI UNITI E GERMANIA PER MARCHIONNE: DEVE CONVINCERE POLITICI E PARTI SOCIALI Fiat, tre settimane di passione [FIRMA]FRANCESCO SEMPRINI NEW YORK «Stiamo costruendo una nuova azienda dell'auto». Approda oggi sulle televisioni americane la nuova campagna pubblicitaria di Chrysler, mentre sul fronte General Motors mancano meno di tre settimane alla scadenza per la presentazione del piano di riordino dal quale dipendono le sorti di Fiat in Europa e America Latina. «Come vendere in tempi di bancarotta?». E' questo l'interrogativo che i vertici di Auburn Hills si sono posti per realizzare la prima campagna pubblicitaria dell'era Fiat, la più difficile e con la posta in palio più alta. Nonostante l'alleanza con il Lingotto e le garanzie dell'amministrazione Obama, la parola «bancarotta» ha sempre un impatto negativo nelle decisioni di spesa del 21% degli automobilisti americani, spiega un sondaggio di Cars.com. «Bisogna far capire che Chrysler ha un futuro», avvertono gli esperti di marketing del gruppo con una campagna promozionale che rimbalzerà sul piccolo schermo in prima serata dopo alcuni spot pilota già pubblicati sulle pagine dei principali quotidiani Usa. I protagonisti sono le vetture del futuro, modelli ibridi, auto verdi, e la Jeep Grand Cherokee 2011, vetture che saranno negli autosaloni solo il prossimo anno. «C'è bisogno di un messaggio forte, la gente deve comprendere che questo è un nuovo inizio", spiega Leo-Arthur Kelmenson, l'architetto di uno degli spot pubblicitari, quello che ha come protagonista Lee Iacocca, l'artefice del grande salvataggio del 1979. «E' un'icona per l'industria dell'auto americana e trasmette un senso di fiducia», spiega l'azienda che però evita richiami nostalgici: «nessuna vecchia Jeep o Dodge d'epoca, la campagna si focalizza sul futuro». Il primo spot di 30 secondi si intitola appunto «Un avvenire brillante» e racconta il «working progress» dell'azienda, ovvero la ristrutturazione e l'alleanza con Fiat. Il secondo ha il titolo di «Open road» e si focalizza su prodotti e obiettivi. Per Jim Press, vicepresidente di Chrysler, è il momento di agire: «Dal 1 maggio c'è stato un aumento delle visite nei nostri rivenditori, gli automobilisti dicono di voler far parte del nuovo progetto». Il valore dell'investimento non è noto ma la società ha ottenuto uno sconto del 2% dai media in cambio delle garanzie governative. E sempre dal governo arrivano rassicurazioni sul futuro di Gmac, la finanziaria controllata da Cerberus che accusa un ammanco di capitali di 11,1 miliardi di dollari secondo gli stress test condotti dalla Fed. Tim Geithner, ha assicurato il massimo sostegno: «La società ha bisogno di liquidità, noi siamo pronti a fornirgliela», dice il segretario al Tesoro che potrebbe accordare un ulteriore prestito di 7,5 miliardi di dollari, anche perché nel futuro di Gmac c'è il matrimonio con Chrysler Finance e l'ingresso nella Nuova Chrysler come finanziaria del gruppo. Nel frattempo prosegue la procedura di Chapter 11 «con la tipica velocità americana», spiega Sergio Marchionne, che tuttavia è ottimista anche su Opel. Per il braccio europeo di Gm però è tutto «da finalizzare e definire» e una delle sfide resta l'accordo con le parti sociali. Sono previste consultazioni la prossima settimana, ma per vedere una soluzione si rischia di dover attendere la fine del mese, ovvero la settimana successiva a quella dell'elezione del presidente della Repubblica tedesco, in calendario il 23 maggio. La partita si gioca anche a Detroit dove per Gm in lotta contro il tempo per la scadenza del 1 giugno «la bancarotta sembra quasi inevitabile», dicono gli esperti secondo cui la società potrebbe essere costretta a rivedere le proprie strategie globali a vantaggio di Fiat. Nel mirino del Lingotto ci sono oltre ad Opel la controllata svedese Saab e le attività latino-americane del gruppo americano, considerate assai promettenti. Prende quindi forma la campagna su più fronti dell'amministratore delegato Marchionne, destinata in caso di successo a trasformare il Lingotto nel secondo produttore al mondo di auto dopo Toyota.

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Europee, monito di Napolitano "No a polemiche e contrapposizioni" (sezione: Obama)

( da "Repubblica.it" del 11-05-2009)

Argomenti: Obama

ROMA - Un monito affinché la campagne elettorale per le Europee "non sia immiserita dalle polemiche e dalle contrapposizioni politiche interne". E' quello lanciato dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che a Roma, al Campidoglio, ha incontrato un gruppo di studenti in occasione della celebrazione della Giornata dell'Europa. Il capo dello Stato ha parlato anche di occupazione, invocando la fine del "ciclo infernale di clientele e raccomandazioni". "Giovani, andate a votare". "I giovani come voi - ha detto il capo dello Stato agli studenti presenti all'incontro - se hanno 18 anni innanzitutto devono andare a votare, e devono invitare a votare. E devono chiedere a tutti i candidati di dire cosa hanno in mente di fare in Europa e per l'Italia in Europa - ha aggiunto - perché questa campagna non sia immeserita da polemiche e da contrapposizioni politiche interne". "Lavoro, interrompere il ciclo infernale delle raccomandazioni". In Italia, ha aggiunto il presidente della Repubblica, "tutti devono essere messi alla pari e fuori dal ciclo infernale delle raccomandazioni, delle clientele, delle implorazioni, di cui ci dobbiamo liberare". Una risposta, questa, alle domande di alcuni studenti che gli hanno chiesto come si fa a far valere in Italia la meritocrazia, come ha fatto Barak Obama che, per comporrre il suo staff, ha chiesto ai giovani di inviare il proprio curriculum via internet. Mentre in Italia, hanno detto i ragazzi, è difficile far valere il merito a fronte di una situazione in cui spesso bisogna conoscere qualcuno. OAS_RICH('Middle'); "Il mondo offre più opportunità". Il presidente Napolitano ha definito "un po' forte" l'espressione "emergenza sociale", usata dai ragazzi per definire la situazione dell'occupazione in Italia. "Dipingete la situazione con tinte un po' troppo fosche - ha replicato - è vero che tanti giovani italiani vanno fuori per trovare lavoro, ma non è più come una volta. Il mondo, anche grazie all'Europa, offre più opportunità. E si va anche all'estero a trovare lavoro. Ma non bisogna esser costretti a farlo". "Studiare e prepararsi è fondamentale". Ci sono giovani, ha proseguito il presidente, "che vanno a lavorare all'estero e tornano più qualificati, e hanno maggiori possibilità di inserirsi. La situazione è grave per quelli che hanno una buona qualificazione e non trovano lavoro o lo trovano solo per brevi periodi con contratti che, nella situazione di crisi economica, non vengono rinnovati. Non è vero che non serve a niente studiare e prepararsi. E', e resta, la base essenziale. Più ci saranno in Europa politiche comuni - ha concluso Napolitano - più ci saranno possibilità di collocazione per i giovani italiani". (9 maggio 2009

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Iran, Roxana Saberi è libera Gli Usa "paese non ostile" (sezione: Obama)

( da "Repubblica.it" del 11-05-2009)

Argomenti: Obama

TEHERAN - E' stata scarcerata Roxana Saberi, la giornalista iraniano-americana accusata dalle autorità di Teheran di spionaggio in favore degli Stati Uniti. In primo grado era stata condannata a otto anni di detenzione. In appello la pena è stata ridotta a due anni con sospensione condizionale per cinque anni. E poche ore dopo la sentenza la reporter è tornata in libertà. La sentenza d'appello sarebbe motivata dalla considerazione che gli Stati Uniti vengono considerati un paese "non ostile". Abdolsamad Khoramshahi, uno dei legali di Saberi, ha spiegato che in primo grado la sua cliente era stata condannata per "cooperazione con uno Stato ostile", in base all'articolo 408 del codice penale. "Il verdetto di prima istanza - ha detto oggi Salahe Nibakht, l'altro avvocato della giornalista - è stato annullato con l'argomentazione che gli Stati Uniti non sono uno Stato ostile all'Iran". Quei due anni con la condizionale mantenuti in appello sono il minimo della pena per chi viene riconosciuto colpevole di aver "raccolto documenti segreti". Saberi, arrestata a Teheran il 31 gennaio inizialmente con l'accusa di detenzione di alcolici, era stata condannata a otto anni di reclusione il 13 aprile scorso. La sentenza aveva suscitato sdegno in tutto il mondo e in queste settimane si sono moltiplicati gli appelli per la liberazione della reporter. Il 21 aprile Saberi aveva iniziato lo sciopero della fame sostenendo che la sua condanna era fondata su una falsa confessione estortale dagli inquirenti con la promessa, non mantenuta, di una rapida liberazione. La giornalista aveva digiunato per due settimane. OAS_RICH('Middle'); Le pressioni internazionali hanno evidentemente avuto un peso nella sentenza d'appello. Pochi giorni dopo la condanna di primo grado, il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad e il responsabile del sistema giudiziario, l'ayatollah Mahmoud Hacemi Shahroudi, avevano chiesto al tribunale rivoluzionario di prestare il massimo dell'attenzione al processo d'appello. E i giudici l'hanno fatto. Basti pensare che il giudizio di secondo grado è durato più di tre ore mentre il primo si era concluso in meno di 60 minuti. La vicenda di Saberi è caduta in una fase in cui l'amministrazione di Barak Obama lancia segnali di apertura alla Repubblica islamica e in cui sembra possibile la ripresa del dialogo tra i due Paesi, interrotto dopo la rivoluzione iraniana del 1979. Roxana Saberi, 32 anni, è nata e cresciuta negli Stati Uniti. Ha anche la cittadinanza iraniana perché il padre è un iraniano emigrato negli Usa. Da Teheran ha collaborato con diversi mezzi di informazione stranieri fino al 2006, quando le autorità le ritirarono il tesserino di giornalista. Dopo oltre tre mesi di prigione, Saberi torna ora in libertà: rimane da vedere se potrà o vorrà rimanere in Iran. (11 maggio 2009

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Susan Boyle, voce unica sul web sale la febbre (sezione: Obama)

( da "Repubblica.it" del 11-05-2009)

Argomenti: Obama

LONDRA - È nata una stella. Ma somiglia, è lei la prima ad ammetterlo, "a un garage". Non è giovane: ha 47 anni e ne dimostra dieci di più. Non è magra: "Sono grassottella e mi vado bene così", dice. E certamente non è bella: confessa di non avere mai avuto un boyfriend, né mai baciato un uomo. Eppure Susan Boyle ha più fan di ogni altro personaggio al mondo: in appena una settimana oltre 100 milioni di persone hanno guardato su YouTube e su altri siti il video di lei che canta I dreamed a dream, il brano dal musical Les miserables, durante "Britain got talent", un reality show britannico simile all'appena concluso "X-Factor" italiano. Nubile, bruttina e imbranata, Susan suscitava risolini di scherno tra giurati e spettatori quando è salita sul palcoscenico, ma appena ha cominciato a cantare è accaduto un miracolo, la sua voce ha conquistato tutti e in breve tempo è diventata un fenomeno su Internet, polverizzando ogni record precedente: nessun video era mai stato visto da tanta gente in così poco tempo. "È cinque volte più popolare di Barack Obama", scrivono i tabloid londinesi, facendo il confronto con i 18 milioni di persone che hanno guardato la cerimonia di inaugurazione del primo presidente nero della storia. Chiunque può fare la prova, digitando il suo nome su Google e guardando i tre minuti della sua interpretazione: all'inizio si è tentati di sghignazzare, alla fine è impossibile non avere le lacrime agli occhi. "È una parabola del nostro tempo", scrive il quotidiano Guardian, ma cosa vuol dire? Qualcuno afferma che si tratta semplicemente di una voce straordinaria. Altri sostengono che è la vecchia favola del brutto anattrocolo, della rana trasformata in principe (o principessa), ovvero che sarebbe il contrasto tra il suo aspetto e la sua voce ad attirare su Susan una curiosità morbosa. "È come l'orco Shrek del cartone animato", ironizza Rosie O'Donnell, una cattiva dei talk-show radiofonici americani. OAS_RICH('Middle'); Tutti però riconoscono che quello che è accaduto è la riprova del sempre più grande potere di Internet. "Nella nostra era ognuno ha diritto a quindici minuti di celebrità", sentenziava Andy Warhol negli anni Ottanta, ma oggi tre minuti di celebrità, grazie alla grancassa del web, e della tv planetaria di YouTube possono rapidamente fare di un nessuno l'uomo o la donna più famosa del pianeta. E lei, che viveva sola, col suo gatto, una collezione di vecchi lp e il sogno di diventare una cantante, come reagisce ai 100 milioni di fan, a 60 interviste in una settimana, agli inviti al Larry King e all'Oprah Winfrey Show negli Usa, al contratto proposto da una casa discografica, all'offerta di un produttore di film porno pronto a darle 800 mila euro perché "perda la verginità" davanti a una cinepresa? "Sono felice come sono, anche se quando ho guardato il video della mia canzone ho pensato che somiglio a un garage e mi sono sentita mortificata", dice dalla sua casetta di Blackburn. "Ma non credevo di riuscire a commuovere così tanta gente, e a rivedermi mi sono commossa anch'io. Da giovane i coetanei mi prendevano in giro, e i loro commenti bruciavano, ma ora sono tutti gentili. Ridevano di me, ma ride bene chi ride ultimo, no? Ho sempre amato cantare ma non avevo mai avuto l'opportunità di farlo in pubblico. L'importante, nella vita, è non arrendersi. Fare un passo alla volta, sperando che prima o poi arrivi l'occasione". (22 aprile 2009

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Altri 240 migranti riportati in Libia Bossi: le buone idee fanno proseliti (sezione: Obama)

( da "Stampaweb, La" del 11-05-2009)

Argomenti: Obama

TORINO La Lega incassa soddisfatta il sostegno del premier alla "linea-Maroni" sull’immigrazione. E chiede e ottiene rassicurazioni dal premier anche sul ddl sicurezza sul quale martedì verrà posta la fiducia. «È voluto da tutta la maggioranza», dice Berlusconi a proposito del provvedimento. Ma dall’opposizione e dal mondo cattolico continuano a piovere critiche sulla linea del governo su questi temi. Ieri Berlusconi aveva attaccato il concetto di «società multietnica» della sinistra. «Non è la nostra idea», aveva detto. «La nostra linea fa proseliti», è il commento in proposito del leader del Carroccio, Umberto Bossi, agli Stati Generali del suo partito. Una rivendicazione che fa anche il ministro della Difesa Ignazio La Russa, capolista del Pdl nella circoscrizione Nord-Ovest. «La tesi di difendere l’identità italiana - sottolinea il coordinatore del Pdl - una volta eravamo in pochi a difenderla, ora con le parole del presidente del Consiglio siamo la maggioranza». L’opposizione, però, è sulle barricate e va all’attacco della «deriva razzista» della quale accusa il governo. E anche dalla Cei arriva una nuova pesante stoccata sulla questione con il segretario generale, monsignor Mariano Crociata, che dice al premier che l’Italia multiculturale «è un valore» ed esiste «già di fatto». Mentre non manca anche nel centrodestra qualche voce critica, come quella del deputato azzurro Giuliano Cazzola che sottolinea che «l’Italia è già un Paese multietnico» o dell’ex An Fabio Granata, che rivendica l’Italia «a chi la ama» senza preclusioni etniche. «Di questo passo - ironizza il leader dell’Idv, Antonio Di Pietro - in Italia non faremo entrare neanche Obama...». Mentre per il Pd e l’Udc, la ’linea durà sull’immigrazione viene usata in maniera demagogica per creare consenso. «Penso che chi guida il nostro Paese - attacca il leader centrista Pier Ferdinando Casini - non debba fare demagogie o compiacere la Lega ma risolvere i problemi. Dire no a una società multietnica significa ottenere un risultato: chiudere le nostre fabbriche, non avere collaborazione per i nostri anziani, delineare una società che non esiste». «Questa cosa dei respingimenti dei clandestini - attacca Franceschini - viene usata dal governo per far scomparire dalle pagine dei giornali altre vicende, per far spostare i riflettori dalle vicende personali di Berlusconi e dalle vicende politiche del governo, a costo di farla pagare a qualche neonato. E io trovo orrendo che si usino i drammi delle persone per cavalcare un argomento popolare». È, insiste il leader democratico, «un modo abbastanza disgustoso di fare campagna elettorale». Il Carroccio non manca di replicare. «La sinistra - dice Bossi - che respingeva i gommoni per l’Albania adesso attacca Maroni forse perchè i suoi risultati erano scarsi». Mentre il sottosegretario all’Interno Alfredo Mantovano sottolinea che che il governo sta applicando «accordi siglati dalla sinistra». Insomma, alla vigilia della discussione in Aula del ddl sicurezza, il clima è rovente. «Non vogliamo e non ci saranno scherzi», fa sapere il titolare del Viminale Roberto Maroni. Parole che sembrano confermate dal premier che, a scanso di equivoci, puntualizza che il pacchetto sicurezza «è voluto da tutta la maggioranza».

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Obama scherza alla cena dei media (sezione: Obama)

( da "Stampaweb, La" del 11-05-2009)

Argomenti: Obama

WASHINGTON L’ex Vicepresidente Dick Cheney Cheney, il partito Repubblicano e la sua stessa Amministrazione: per 98mila dollari (in beneficenza) Barack Obama ne ha per tutti, complice la cena annuale dell’Associazione dei Corrispondenti della Casa Bianca. Cheney - per i critici «Darth Fener», sebbene George W. Bush non avesse l’aria dell’Imperatore - non ha potuto assistere all’evento «perché impegnato a scrivere la sua autobiografia», ha spiegato Obama, aggiungendo: «Si intitola Come sparare agli amici e interrogare la gente» (allusione all’incidente di caccia che vide protagonista l’ex Vicepresidente e ai metodi poco ortodossi autorizzati dalla precedente Amministrazione). Obama si è poi rivolto direttamente al presidente del Comitato Nazionale dei Repubblicani, Michael Steele - che era presente - scusandosi per non poter procedere a un salvataggio finanziario del partito: «Temo che Rush Limbaugh (showman radiofonico ultraconservatore, ndr) non conti come attivo in difficoltà». Il Presidente non ha certo sorvolato sulle sue difficoltà e i suoi errori: «Nessun residente nella storia ha mai nominato tre Segretari al Commercio in un tempo così breve (le prime due scelte sono state costrette a rinunciare, ndr)», ha scherzato, mentre ha elogiato la sua Amministrazione per «aver portato avanti facce nuove e giovani, come Arlen Specter» - il 79enne senatore della Pennsylvania che il mese scorso ha lasciato i Repubblicani per unirsi ai Democratici. Quanto all’ex rivale nelle primarie e Segretario di Stato Hillary Clinton, oggi «non potrebbe essermi più vicina», ha concluso Obama: «In effetti non appena tornata dal Messico (dove continua l’epidemia causata dal virus A/H1N1, ndr) mi ha abbracciato stretto». Il Presidente ha infine ringraziato - questa volta seriamente - i giornalisti per il servizio di vigilanza esercitato dai media sull’azione del governo: «Un governo senza giornali, un governo senza dei forti e attivi mezzi di comunicazione di ogni genere non è una possibilità per gli Stati Uniti d’America». Alla cena di beneficenza - il biglietto di ingresso costava 200 dollari - hanno partecipato numerosi vip, tra cui i cantanti Sting e Jon Bon Jovi, le attrici Natalie Portman ed Eva Longoria e il produttore Steven Spielberg: il ricavato verrà utilizzato per combattere la fame nel mondo e finanziare delle borse di studio in giornalismo. «Cosa farò nei miei prossimi cento giorni? Sto seriamente considerando di perdere la calma...»: questa una delle tante battute che il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha fatto ieri sera nel corso della tradizionale cena della Casa Bianca con i corrispondenti. Insieme alla moglie Michelle, Obama ha ringraziato la stampa per la funzione «fondamentale» che esercita per la tenuta della democrazia.

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"Usano i cittadini come scudi umani" Il rapporto degli Usa accusa i talebani (sezione: Obama)

( da "Stampaweb, La" del 11-05-2009)

Argomenti: Obama

ROMA L’inchiesta congiunta delle forze Usa e del governo afghano ha appurato che «un certo numero di civili» sono morti nei combattimenti e nei raid aerei del 4 e 5 maggio nella provincia di Farah, nell’ovest dell’Afghanistan. Mentre le autorità afghane hanno parlato di 147 morti complessivamente nei due villaggi di Ganj Abad e di Gerani, nessuna cifra ufficiale è stata fornita dal Pentagono. Ma nel comunicato in cui si annunciano i risultati dell’indagine si sottolinea che i talebani hanno usato i civili come «scudi umani», costringendoli a restare nelle case da cui partivano i loro attacchi. «La commissione di indagine congiunta conferma che un certo numero di civili è rimasto ucciso nel corso dei combattimenti, ma non può indicare con sicurezza quanti di loro fossero i talebani e quanti i non combattenti, perchè sono stati tutti seppelliti», si legge nella nota. Gli investigatori hanno visitato tre aree in cui sono state seppellite sette persone e due fosse comuni in cui è stata data sepoltura a un numero indeterminato di persone», viene spiegato. Le conclusioni dell’inchiesta, destinate a suscitare nuove polemiche, arrivano dopo che il presidente Hamid Karzai aveva parlato di 125-130 vittime civili dei raid Usa sul distretto di Bala Buluk e aveva chiesto la fine degli attacchi aerei sul Paese, definiti «inaccettabili». L’inchiesta delle forze Usa e delle forze di sicurezza nazionali afghane ha anche ricostruito gli attacchi talebani che precedettero i raid aerei e il loro uso dei civili come scudi umani. In particolare è stato appurato che «un gran numero di combattenti talebani, alcuni dei quali stranieri, giunsero a Ganj Abad e Grani, due villaggi del distretto di Bala Buluk, dove chiesero denaro agli abitanti e attaccarono le stazioni di polizia, uccidendo alcuni agenti». Alla richiesta di aiuto del governo provinciale, le forze afghane e della coalizione hanno risposto con un’operazione militare in cui, dopo ore di combattimento, è stato sollecitato un intervento aereo. Tuttavia a Washington è evidente l’imbarazzo del Pentagono per un episodio che, quali che siano le cifre ufficiali, rende più difficili i rapporti diplomatici con il governo afghano e getta un’ombra pesante sulla nuova strategia ’civilè che l’amministrazione Obama ha annunciato di voler avviare con l’avvio della nuova fase della guerra in Afghanistan e Pakistan.

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Baby shopping? No grazie (sezione: Obama)

( da "Stampaweb, La" del 11-05-2009)

Argomenti: Obama

NEW YORK Il Congresso americano dichiara guerra ai minorenni irresponsabili e, per tutelare i genitori dalle condizioni capestro sottoscritte dai figli, vieta la concessione delle carte di credito a chi non ha compiuto la maggiore età. «La gente oggi non sa a cosa va incontro indebitandosi, in particolare i giovani», spiega il senatore democratico Dick Durbin, promotore dell’iniziativa. «Ho dovuto pagare un sacco di soldi e annullare subito la carta di mio figlio, altrimenti lo avrebbero denunciato e sarei finita sul lastrico», racconta Ann Bolster, che si è vista recapitare un estratto conto da migliaia di dollari pendenti da oltre un anno sulla carta di credito del suo Bob, studente universitario fuori sede. Il fenomeno ha assunto connotati pericolosi, sia per l’uso spregiudicato che si fa in America del credito rinnovabile, trasferibile cioè da un mese all’altro senza particolare limiti ma a costi elevatissimi, sia per l’applicazione di interessi maggiorati per la crisi finanziaria e l’erosione del mercato dei prestiti. Ma sono anche la scarsa attenzione dei giovani nel sottoscrivere le polizze e le loro abitudini di spesa ad aver imposto un rapido intervento del Congresso. Il provvedimento è stato approvato dai deputati con 375 voti favorevoli e 70 contrari, e la prossima settimana sbarcherà in Senato. Soddisfatto Barack Obama: «Se da un lato gli americani hanno il diritto di vivere bene, dall’altro le società che emettono carte di credito hanno l’obbligo di fissare regole giuste e trasparenti». Il presidente aveva incontrato poche ore prima i rappresentanti di tredici istituti del settore, ai quali aveva spiegato di voler risolvere alcuni dei problemi con i quali la gente si trova spesso confrontata, come le impennate degli interessi, le commissioni fantasma e le condizioni-capestro per chi, come i giovani, non può offrire solide garanzie. Il provvedimento approvato alla Camera non prevede il divieto assoluto di emettere le carte in favore dei minori di 18 anni, ma ne regola la procedura in maniera più chiara e severa, stabilendo una serie di casi in cui l’erogazione viene rifiutata. Una misura, ad esempio, fissa a 45 giorni il preavviso minimo con cui le società devono comunicare ai clienti l’aumento dei tassi. Tra i democratici c’era chi sperava in azioni più dure: all’inizio di aprile la commissione bancaria del Senato aveva approvato un provvedimento simile proposto da Christopher Dodd, che prevedeva limiti severi alla concessione di carte ai minori di 21 anni. La proposta è stata poi accantonata per il rischio di una paralisi in Senato a causa dell’ostruzionismo dei repubblicani che, quasi tutti contrari alla legge, accusano ancora una volta i democratici e l’Amministrazione Obama di esercitare pericolose ingerenze nell’economia «come dimostrano gli aiuti alle banche e ai produttori di auto». Il problema però esiste e gli analisti temono un collasso del settore, com’è avvenuto per il credito immobiliare. Buona parte dei 950 miliardi di dollari di esposizione delle carte è considerata «tossica», spiega Moody’s Investors Service, secondo cui i crediti inesigibili sono saliti all’8,82 per cento a febbraio, segnando il massimo degli ultimi 20 anni. In passato era frequente il ricorso alla protezione della bancarotta personale, istituto del diritto americano che oggi è stato ridimensionato. La situazione è «insostenibile», dice Obama, perché dalle microdimensioni dell’economia domestica si possono generare ricadute macroeconomiche. Per questo nelle prossime settimane il governo lavorerà col Congresso per una riforma generale e valuterà la proposta avanzata da Durbin, assieme ai senatori Chuck Schumer e Ted Kennedy, di creare una commissione che vigili sulle carte e sull’uso che i consumatori ne fanno, a cominciare dai più giovani. I genitori possono tirare un sospiro di sollievo.

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Iran, liberata Roxana Saberi "Gli Usa non sono un paese ostile" (sezione: Obama)

( da "Repubblica.it" del 11-05-2009)

Argomenti: Obama

TEHERAN - E' stata scarcerata Roxana Saberi, la giornalista iraniano-americana accusata dalle autorità di Teheran di spionaggio in favore degli Stati Uniti. In primo grado era stata condannata a otto anni di detenzione. In appello la pena è stata ridotta a due anni con sospensione condizionale per cinque anni. E poche ore dopo la sentenza la reporter è tornata in libertà. La sentenza d'appello sarebbe motivata dalla considerazione che gli Stati Uniti vengono considerati un paese "non ostile". Dopo il rilascio la giovane giornalista ha detto di "stare bene", e di voler rientrare negli Stati Uniti al più presto. Il sollievo degli Usa. Molto positiva la reazione del segretario di Stato Hillary Clinton, che era intervenuta con decisione in difesa della Saberi, chiedendone la liberazione immediata. "Siamo molto rincuorati" dalla notizia della scarcerazione, ha detto la Clinton, aggiungendo però che gli Usa mantengono il punto dell'eliminazione di tutti i capi d'accusa a carico della donna. Le accuse. Abdolsamad Khoramshahi, uno dei legali di Saberi, ha spiegato che in primo grado la sua cliente era stata condannata per "cooperazione con uno Stato ostile", in base all'articolo 408 del codice penale. "Il verdetto di prima istanza - ha detto oggi Salahe Nibakht, l'altro avvocato della giornalista - è stato annullato con l'argomentazione che gli Stati Uniti non sono uno Stato ostile all'Iran". Quei due anni con la condizionale mantenuti in appello sono il minimo della pena per chi viene riconosciuto colpevole di aver "raccolto documenti segreti". OAS_RICH('Middle'); Saberi, arrestata a Teheran il 31 gennaio inizialmente con l'accusa di detenzione di alcolici, era stata condannata a otto anni di reclusione il 13 aprile scorso. La sentenza aveva suscitato sdegno in tutto il mondo e in queste settimane si sono moltiplicati gli appelli per la liberazione della reporter. Il 21 aprile Saberi aveva iniziato lo sciopero della fame sostenendo che la sua condanna era fondata su una falsa confessione estortale dagli inquirenti con la promessa, non mantenuta, di una rapida liberazione. La giornalista aveva digiunato per due settimane. La campagna. Le pressioni internazionali hanno evidentemente avuto un peso nella sentenza d'appello. Pochi giorni dopo la condanna di primo grado, il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad e il responsabile del sistema giudiziario, l'ayatollah Mahmoud Hacemi Shahroudi, avevano chiesto al tribunale rivoluzionario di prestare il massimo dell'attenzione al processo d'appello. E i giudici l'hanno fatto. Basti pensare che il giudizio di secondo grado è durato più di tre ore mentre il primo si era concluso in meno di 60 minuti. La vicenda di Saberi è caduta in una fase in cui l'amministrazione di Barak Obama lancia segnali di apertura alla Repubblica islamica e in cui sembra possibile la ripresa del dialogo tra i due Paesi, interrotto dopo la rivoluzione iraniana del 1979. Roxana Saberi, 32 anni, è nata e cresciuta negli Stati Uniti. Ha anche la cittadinanza iraniana perché il padre è un iraniano emigrato negli Usa. Da Teheran ha collaborato con diversi mezzi di informazione stranieri fino al 2006, quando le autorità le ritirarono il tesserino di giornalista. Dopo oltre tre mesi di prigione, Saberi torna ora in libertà: rimane da vedere se potrà o vorrà rimanere in Iran. (11 maggio 2009

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