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Report "Obama"  29-4-2009


Indice degli articoli

Sezione principale: Obama

Obama, l'arma segreta è un ex repubblicano ( da "Stampa, La" del 29-04-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: PRESIDENTE A CAPITOL HILL Obama, l'arma segreta è un ex repubblicano Con 60 seggi possibili la maggioranza è in grado di superare ogni ostruzionismo [FIRMA]FRANCESCO SEMPRINI WASHINGTON Cambio di campo per il senatore della Pennsylvania, Arlen Specter il veterano repubblicano che ieri ha annunciato il passaggio nelle fila democratica portando il partito alla soglia della maggioranza «

GABRIELE BECCARIA Anno 2012, la svolta è cominciata. In California la società Sapph... ( da "Stampa, La" del 29-04-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Prima ancora che Barack Obama entrasse alla Casa Bianca e proponesse la «new energy economy», le ricerche alimentavano centinaia di laboratori dalla California al Massachusetts. Ed è boom di progetti già in via di realizzazione. E fa parte del gioco se qualche annuncio suona enfatico.

Se Michelle Obama potesse venire a Masino tra domani e domenica, potrebbe trovare tutto il necessari... ( da "Stampa, La" del 29-04-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Michelle Obama (indicata come egoista ed elitaria) farebbe invece verdure solo per sé e per la sua famiglia. Ma Michelle Obama non è una produttrice di verdura, è la moglie del Presidente degli Usa e produce, bontà sua, qualcosa che a Lei e alla famiglia piace ed alla quale evidentemente era abituata.

Il virus va avanti "Non è pandemia" ( da "Stampa, La" del 29-04-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: E neppure uno stato di particolare allarme, come ha detto il presidente Obama lunedì malgrado sia stato il suo ministero della sicurezza a dichiarare lo stato d'emergenza sanitaria domenica scorsa. Dopo la Florida, anche l'Indiana è entrato martedì nella lista degli Stati americani con almeno un caso diagnosticato.

febbre suina, l'america ha paura ( da "Repubblica, La" del 29-04-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Pagina 1 - Prima Pagina Obama chiede al Congresso 1,5 miliardi per combattere l´infezione. L´Oms: misure urgenti anti-pandemia. Nuovi malati in Europa Febbre suina, l´America ha paura Centinaia di contagiati, due morti sospette in California. In Italia nessun caso

chrysler, intesa con le banche le nozze con fiat a un passo - paolo griseri ( da "Repubblica, La" del 29-04-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Un´ipotesi che Marchionne aveva fatto sapere di non gradire particolarmente ma che non impedirebbe comunque l´alleanza. In caso di esito positivo della trattativa, l´annuncio dovrebbe essere dato giovedì da Barak Obama nel corso di una conferenza stampa alla Casa Bianca.

febbre suina, la paura contagia gli usa l'oms: pandemia ancora evitabile - pietro del re ( da "Repubblica, La" del 29-04-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: pandemia ancora evitabile Obama chiede 1,5 miliardi. Berlusconi: qui nessun pericolo L´emergenza Allarme California: "Ci aspettiamo casi mortali". Fazio: "Il virus arriverà anche da noi" PIETRO DEL RE ROMA - è possibile, anzi probabile, che dopo aver attraversato l´Atlantico ed esser sbarcato in Scozia e Spagna il virus della febbre suina dilaghi anche da noi.

E il sindacato va a Wall Street per salvare impianti e pensioni ( da "Corriere della Sera" del 29-04-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: uomo della speranza non solo per Obama, che l'ha già «incoronato», ma per tutti quelli che scommettono su un recupero dell'industria manifatturiera. Non avrà vita facile, e non solo per la difficoltà di ridare slancio a un'industria a corto di modelli innovativi e costretta ad operare in un mercato difficilissimo, nel quale perdono anche i migliori,

Ultimo sì alle nozze Fiat-Chrysler ( da "Corriere della Sera" del 29-04-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Potrebbe essere lo stesso Barack Obama, che oggi celebrerà i primi cento giorni della sua presidenza, a dare l'annuncio. Certo, come ha ricordato l'amministratore delegato di Chrysler, Bob Nardelli, l'uscita definitiva di Daimler (che ha rinunciato alla propria partecipazione, pari al 19,9%) ha favorito la svolta.

Il contropiede del Lingotto che ridisegna l'auto mondiale ( da "Corriere della Sera" del 29-04-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: quel titolo di «protagonista di uno straordinario rilancio» firmato da Barack Obama in mondovisione. Lui risponderebbe che non è arroganza né presunzione. È sopravvivenza. «Non abbiamo scelta». La crisi morde, azzanna tutti. Sul pianeta le auto che si possono produrre sono il 30% in più di quante se ne possano vendere.

Il Gran Rifiuto a Obama dell'ambasciatrice cattolica ( da "Corriere della Sera" del 29-04-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Indiana Il Gran Rifiuto a Obama dell'ambasciatrice cattolica Non dividerà il palco con lui all'università: «È pro aborto» DAL NOSTRO CORRISPONDENTE WASHINGTON «Magna est veritas et prevalebit», la verità è grande e prevarrà, è scritto sulla Laetare Medal, il prestigioso riconoscimento che dal 1883 l'Università di Notre Dame, nell'Indiana,

La fa breccia nell'America ( da "Corriere della Sera" del 29-04-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: è stato probabilmente Barack Obama nel suo discorso inaugurale, il 20 gennaio scorso: «La nostra eredità composita è una forza e non una debolezza. Siamo una nazione di cristiani e musulmani, ebrei, hindu e non credenti». Nessun presidente lo aveva mai fatto. Non credenti, una definizione forte per la nazione che sulla sua moneta nazionale ha scritto «

Il repubblicano Specter passa con i democratici ( da "Corriere della Sera" del 29-04-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Grazie al «transfuga», Barack Obama potrebbe presto contare su una maggioranza a prova di bomba raggiungendo la soglia dei 60 voti (su 100), necessaria per bloccare i tentativi di ostruzionismo parlamentare (il filibustering) della minoranza repubblicana. Finora i democratici potevano contare su 58 senatori.

Air Force One a New York: Barack ordina un'inchiesta ( da "Corriere della Sera" del 29-04-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: inchiesta WASHINGTON Barack Obama ha ordinato un'inchiesta sul volo a bassa quota del Boeing 747 della flotta presidenziale (foto) che lunedì ha ridestato tra i newyorchesi il terrore dell'11 settembre. Il volo era stato autorizzato dall'ufficio militare della Casa Bianca per realizzare un servizio fotografico all'Air Force One sullo sfondo della Statua della Libertà.

Obama, notti in caserma per il G8 ( da "Corriere della Sera" del 29-04-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Obama, notti in caserma per il G8 ROMA Alla fine Barack Obama potrebbe anche dormire nella caserma della Guardia di Finanza a Coppito. L'appartamento è stato individuato, trasformarlo in una suite presidenziale non appare impossibile. Ed è su questa ipotesi che adesso si lavora, soprattutto dopo le condizioni poste dallo staff della Casa Bianca in vista del G8 che si svolgerà a L'

Trema Calpers, mito dei fondi Usa ( da "Corriere della Sera" del 29-04-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: ora alla Casa Bianca come capo della «task force» automobilistica di Obama, Quadrangle ha fin qui riempito le cronache dello scandalo per la visibilità del suo fondatore e perché amministra anche il patrimonio personale e i fondi filantropici del sindaco di New York, Bloomberg. Fino a ieri, quando lo scandalo si è esteso ad altre parti degli Stati Uniti.

Una lettera a Obama ( da "Corriere della Sera" del 29-04-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: 19 CONCORSO Una lettera a Obama T orna il Festival delle Lettere. La quinta edizione del concorso ha come tema «Lettera a uno straniero». Ognuno è libero di immaginare il destinatario che preferisce, da Obama all'extracomunitario della porta accanto. Le lettere in duplice copia (una scritta a mano, l'altra dattiloscritta) vanno inviate entro il 15 maggio all'

Parla facile (ma poco) ( da "Corriere della Sera" del 29-04-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Promotrice di queste conversazioni (la prossima sarà su stampa e tv) è la coordinatrice dei Democrats abroad Kass Thomas Corbelli, ideatrice del club « Michelle Obama appreciation circle» che si prepara a a festeggiare la moglie di Barack quando verrà a Roma per il G8. Kass T. Corbelli Nanni Moretti

Ronde Padane, Obama a lezione da Borghezio ( da "Stampa, La" del 29-04-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Ronde Padane, Obama a lezione da Borghezio Vuole vedere la mia arma, mr. Kidwell? Eccola qui" esclama Francesco Picciotto con un inconfondibile accento siciliano. E dalla tasca dei pantaloni estrae un fischietto nero. Settant'anni, due by-pass, Picciotto è a Torino dal 1959.

usa, per obama maggioranza blindata - marco contini ( da "Repubblica, La" del 29-04-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: per Obama maggioranza blindata Regalo per i primi 100 giorni: cambia casacca un senatore repubblicano MARCO CONTINI Il regalo per i 100 giorni della presidenza Obama è una maggioranza blindata al Senato, in grado di evitare ogni ostruzionismo. A sorpresa, infatti, il senatore anziano della Pennsylvania, il repubblicano Arlen Specter,

lo strano caso della primavera impazzita "così andiamo verso un clima tropicale" - antonio cianciullo ( da "Repubblica, La" del 29-04-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: gli Stati Unti di Obama e la Cina preoccupata dai disastri climatici che la stanno colpendo. «Me lo auguro, ma le resistenze restano forti. è arrivato il momento di spingere con decisione sul pedale del cambiamento: alcune conseguenze del riscaldamento globale sono ormai inevitabili, ma altri danni possono essere evitati».

Chrysler, ok all'intesa fra creditori e Tesoro ( da "Stampa, La" del 29-04-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: STATI UNITI Casa Bianca L'amministrazione Obama si è detta «soddisfatta» dell'accordo banchieri-governo [FIRMA]FRANCESCO SEMPRINI WASHINGTON Il governo americano e le banche trovano l'intesa sulla ristrutturazione del debito di Chrysler e fanno un altro passo avanti verso l'allenza con Fiat il cui esito sarà noto non prima di domani sera.

Nardelli Per il boss di Chrysler l'uscita di Daimler dal capitale è un nuovo importante passo avanti ( da "Stampa, La" del 29-04-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: amministrazione del presidente Obama si dice «soddisfatta», l'accordo fra le banche creditrici e il governo rappresenta un «passo importante» verso l'intesa secondo il portavoce della Casa Bianca, Robert Gibbs, che però avverte «c'é ancora della strada da fare». Per divenire formale il patto richiede il via libera di tutti i creditori,


Articoli

Obama, l'arma segreta è un ex repubblicano (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 29-04-2009)

Argomenti: Obama

NUMERI IMBATTIBILI PER IL PARTITO DEL PRESIDENTE A CAPITOL HILL Obama, l'arma segreta è un ex repubblicano Con 60 seggi possibili la maggioranza è in grado di superare ogni ostruzionismo [FIRMA]FRANCESCO SEMPRINI WASHINGTON Cambio di campo per il senatore della Pennsylvania, Arlen Specter il veterano repubblicano che ieri ha annunciato il passaggio nelle fila democratica portando il partito alla soglia della maggioranza «anti-ostruzionista» del 60 per cento. La decisione annunciata in una nota diffusa sui siti Internet, non era però completamente inaspettata. Nell'ultimo periodo infatti i contrasti col partito erano divenuti sempre più netti per il senatore, specie dopo il suo sostegno al piano di stimoli economici da 787 miliardi di dollari voluto dal presidente Barack Obama. In realtà col passaggio all'altra sponda del Potomac, il fiume che attraversa la capitale Washington D.C., Specter cerca nuovi consensi per essere confermato nel ramo più alto di Capitol Hill in vista delle votazioni del 2010. «Ora trovo la mia politica molto più in linea con i democratici che con i repubblicani», spiega il senatore raccontando che lo scorso anno ben 200 mila elettori in Pennsylvania sono passati al partito di Obama a causa della deriva verso l'estrema destra del Grand Old Party iniziata nei primi anni Ottanta e culminata con il doppio mandato di George W. Bush. «Quando ho sostenuto il pacchetto di stimoli, sapevo che sarei andato incontro a critiche feroci, ma ero consapevole che si trattava dell'unico modo per attenuare i rischi di avere una recessione ancor peggiore di quella che stiamo vivendo». Alle parole il senatore fa seguire i fatti e ancor prima dell'annuncio ufficiale nel tardo pomeriggio, prende già posto tra i seggi democratici durante la riunione mattutina della sottocommissione del Senato che vigila sull'emergenza della febbre suina. Nessuna menzione della sua scelta: «Scusate non posso stare a lungo ma è un giorno complicato per me». Il presidente Obama chiama Specter quasi immediatamente dicendo che il partito democratico «è contento di averti tra le sue fila». Immediata la replica degli ex colleghi, che tacciano il senatore di opportunismo: «Bisogna essere onesti, se n'è andato perché sapeva che con noi avrebbe perso le elezioni a causa del suo sostegno a una serie di provvedimenti chiaramente improntati alle politiche dell'estrema sinistra». Specter, 79 anni e cinque mandati alle spalle, apparteneva a quel manipolo di moderati arroccati tra gli scranni repubblicani del Congresso mentre il resto del Gop marciava verso destra. Col cambio di campo di Specter i democratici raggiungono quota 59 seggi in senato portando il partito a un passo dalla maggioranza blindata dei sessanta, quella che permetterebbe di vanificare le procedure di ostruzionismo da parte dell'opposizione. L'ago della bilancia è il Minnesota dove è in corso un nuovo conteggio delle schede per le elezioni del Senato che si sono svolte mesi fa. Il democratico Al Franken ha un certo vantaggio sul rivale Norm Coleman, candidato uscente dopo sei anni tra gli scranni della Camera alta. Sino a ieri la situazione in Senato vedeva i democratici in vantaggio 58 a 41, compresi i due indipendenti Bernard Sanders, socialista del Vermont, e Joe Lieberman del Connecticut. Entrambi tuttavia sono sempre schierati al fianco dei democratici nelle consultazioni in aula e per questo vengono inclusi nella maggioranza. Con Specter gli equilibri mutano a 59 contro 40, permettendo, in caso di vittoria di Al Franken, di raggiungere il super-quorum di sessanta.

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GABRIELE BECCARIA Anno 2012, la svolta è cominciata. In California la società Sapph... (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 29-04-2009)

Argomenti: Obama

GABRIELE BECCARIA Anno 2012, la svolta è cominciata. In California la società Sapphire Energy apre i primi distributori per il biodiesel di nuova generazione, prodotto da alghe americane. Ci sono molti futuri possibili, come gli universi multipli della Teoria delle Stringhe. Uno di questi scenari fa sorridere gli americani e incavolare gli sceicchi. Prevede un mondo in cui il petrolio, che gronda dollari e sangue, non serva più. E' stato sostituito dai carburanti bio di ultima generazione. Invece di mais o soia (troppo preziosi e inefficienti), serre e alambicchi automatizzati sfruttano le capacità chimiche dei batteri e di altri microrganismi come gli archaea (oltre alle alghe), sintetizzando l'indispensabile pieno con cui far correre auto ecologicamente corrette. In un solo colpo i problemi energetici e i drammi geostrategici sono stati risolti. A molti non sembrerà vero, ma l'America, sempre nel mirino degli ecologisti arrabbiati e un po' strabici, sta pilotando - proprio in questo momento - una svolta che segnerà il XXI secolo. Prima ancora che Barack Obama entrasse alla Casa Bianca e proponesse la «new energy economy», le ricerche alimentavano centinaia di laboratori dalla California al Massachusetts. Ed è boom di progetti già in via di realizzazione. E fa parte del gioco se qualche annuncio suona enfatico. Succede sempre agli albori di un business. Ciò che conta è che la via è giusta e che gli Usa sono all'avanguardia. Sapphire è una tra molte start-up. Un'altra si chiama Synthetic Genomics ed è altrettanto interessante, perché figlia di un personaggio che guarda lontano. Dopo aver decifrato il Genoma umano, Craig Venter si è convinto che la bio-benzina cambierà il mondo. Grazie al know-how genetico studia come manipolare alcuni microbi, che diventano così capaci di produrre in tempi brevi grandi quantità di sostanze grasse, da cui estrarre biocarburanti di qualità. Intanto altri ricercatori - come quelli della Arizona State University - provano a sfruttare uno dei processi più straordinari della natura: la fotosintesi. I loro batteri usano il Sole per rilasciare gli oli che, trattati, diventeranno biofuel. E le emissioni? Quelle stesse «zuppe verdi» cresceranno succhiando i gas serra dall'atmosfera. Così - giurano gli emuli di Venter - il conto sarà in pareggio perfetto.

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Se Michelle Obama potesse venire a Masino tra domani e domenica, potrebbe trovare tutto il necessari... (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 29-04-2009)

Argomenti: Obama

Se Michelle Obama potesse venire a Masino tra domani e domenica, potrebbe trovare tutto il necessario per far diventare il suo orto un vero gioiello: un orto vario, pieno, biologico (e italiano!) Il «suo» nuovo e sbandierato orto, semplicemente zappato, coltivato e seminato ai bordi di sofisticati ed eleganti «loans» (i prati all'inglese della Casa Bianca), non è per nulla banale: con le sue future imperfezioni, con i suoi futuri colori allegri e bizzarri, con i suoi futuri successi ed insuccessi, sarà certamente pieno di vita, fragrante e allegro. Quasi l'opposto dalle ben differenti, sterili (e spesso vuote di significato), rassegne di pratini tosati, azalee potate, rododendri manicurati del giardino presidenziale: un vecchio inno al perbenismo estetico e al «politically correct», al liftato (e alla noia!). In certi momenti, Vico ce lo ricorda da più di 200 anni, il veloce ritmo dei tempi deve trovare la maniera di riflettere e tornare indietro. Così negli orti con un forte senso della realtà e con la dovuta umiltà si stanno abbandonando i veleni ed i loro trattamenti per approdare tra orti puliti, liberi e biologici. Saranno sicuramente meno produttivi e meno perfetti. Ma sani. La lobby delle aziende chimiche (del vasto settore dell'agricoltura), di fronte agli orti puliti e felici della Casa Bianca, colpiti dalla troppo bio-coscienza di Michelle, sono andati al contrattacco: evidentemente la moda «ecologica» e plateale della presidentessa può portare loro grande danno. Un orto chiacchieratissimo, fotografatissimo (e soprattutto esente di trattamenti), è una pessima pubblicità per i produttori di pesticidi. La difesa è stata netta: un solo produttore produrrebbe (con il metodo tradizionale fatto di irrorazioni a base di polverine e liquidini velenosi) verdure per 124 famiglie americane. A detta di «lobby», Michelle Obama (indicata come egoista ed elitaria) farebbe invece verdure solo per sé e per la sua famiglia. Ma Michelle Obama non è una produttrice di verdura, è la moglie del Presidente degli Usa e produce, bontà sua, qualcosa che a Lei e alla famiglia piace ed alla quale evidentemente era abituata. Credendoci e potendolo fare non somministra loro verdure «avvelenate». Tutto lì.

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Il virus va avanti "Non è pandemia" (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 29-04-2009)

Argomenti: Obama

Il virus va avanti "Non è pandemia" [FIRMA]GLAUCO MAGGI NEW YORK Negli Usa ci sono due casi di probabili morti per influenza suina, che attendono conferma dal Cdc, il Centro federale per il controllo delle malattie. E' invece ufficiale che il numero degli infettati, almeno fino a martedì, è salito a 64 e che il governo ha chiesto 1,5 miliardi di dollari per interventi urgenti per combattere il contagio. Sui due primi casi di morti americani pende la risposta definitiva dei test: è stato il magistrato della Contea di Los Angeles a ordinarli, su due maschi adulti di 33 e 45 anni che sono deceduti nei giorni scorsi e per i quali ci sono forti sospetti di un legame della loro malattia con l'influenza dei maiali. La California è il secondo stato per numero di pazienti individuati. Viene dopo New York, dove i casi si sono allargati dagli studenti del liceo reduci da un viaggio in Messico ad altre scuole: il numero potrebbe salire a oltre cento, temono le autorità. Richard Besser, direttore nazionale del Cdc, ha detto di aspettarsi che in tutto il Paese, aldilà dei casi californiani in sospeso, ci saranno sicuramente nei prossimi giorni dei morti per influenza suina, e ha ricordato peraltro che ogni anno si verificano almeno 36.000 morti per influenza negli Stati Uniti. I casi confermati di malati ricoverati negli ospedali Usa perché in gravi condizione sono cinque, tre in California e due in Texas. La paura del contagio ha anche raggiunto le giostre di Disneyland, ad Orlando. Il primo caso ufficiale emerso in Florida, secondo la tv locale Wftw-9, è quello di un turista proveniente dal Messico, che ha passato il week-end nel parco di divertimenti prima di cadere malato e andare in ospedale. Sono stati i medici dell'Adventist Health System, complesso di cliniche nell'area di Orlando, ad anticipare la diagnosi, ma sarà il Dipartimento di Sanità dello Stato a ufficializzarla una volta completati i test. La presenza di una persona infetta in un luogo frequentato da migliaia di famiglie con bambini potrebbe aver allargato il rischio di contagio in modo esponenziale in Florida. La linea ufficiale delle autorità americane è di far sapere che la situazione è sotto controllo, e che l'ovvio senso di preoccupazione generale non deve generare panico. E neppure uno stato di particolare allarme, come ha detto il presidente Obama lunedì malgrado sia stato il suo ministero della sicurezza a dichiarare lo stato d'emergenza sanitaria domenica scorsa. Dopo la Florida, anche l'Indiana è entrato martedì nella lista degli Stati americani con almeno un caso diagnosticato. E' una persona giovane ma adulta che abita nella parte settentrionale dello Stato, ha detto Elizabeth Hart del dipartimento della Sanità dell'Indiana, aggiungendo che la persona non è malata seriamente. In Michigan si attende l'esito dell'esame su una persona di 34 anni, malata di influenza, per iscrivere pure questo Stato nell'elenco di quelli contaminati. In Sud Dakota, invece, due persone sospettate di aver contratto il virus sono state dichiarate non infette. Fino ai due casi californiani ancora da chiarire, tutti i decessi nel continente americano erano stati fino a ieri registrati in Messico, dove il numero delle vittime ha raggiunto le 149 unità all'ultima stima. Il Paese è paralizzato e le misure d'emergenza sono sempre più restrittive. La valuta locale, il peso, ha perso il 5,1% lunedì sulle altre principali monete, e ieri non ha recuperato. La Borsa è caduta del 3,3%, e il cumulo dei drammi che grava sulla nazione, dalla guerra dei clan della droga che ha fatto centinaia di vittime al recentissimo terremoto e alla influenza suina dai danni sociali ed economici rilevanti anche se non ancora stimabili, potrebbe convincere il governo messicano a bussare al Fondo Monetario per avere fondi dalla linea di credito per 47 miliardi di dollari, accordata il 17 aprile al Paese latino.

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febbre suina, l'america ha paura (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 29-04-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 1 - Prima Pagina Obama chiede al Congresso 1,5 miliardi per combattere l´infezione. L´Oms: misure urgenti anti-pandemia. Nuovi malati in Europa Febbre suina, l´America ha paura Centinaia di contagiati, due morti sospette in California. In Italia nessun caso

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chrysler, intesa con le banche le nozze con fiat a un passo - paolo griseri (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 29-04-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 12 - Economia Chrysler, intesa con le banche le nozze con Fiat a un passo A Torino il 35% della casa americana, il 55% ai sindacati PAOLO GRISERI TORINO - L´accordo è a portata di mano. Trovata l´intesa con i sindacati statunitensi e canadesi, sembra fatta anche con le banche, «lo scoglio più duro», come aveva detto nei giorni scorsi Sergio Marchionne. Le indiscrezioni dicono che il Tesoro Usa avrebbe concesso alle banche creditrici altri due miliardi di dollari, meno di un terzo dei 6,9 miliardi che vantavano con Chrysler. I banchieri avrebbero ottenuto anche una quota di quel 10 per cento di azioni che il governo Usa manterrà nella casa automobilistica. Se così fosse, le banche (un gruppo di 45 tra istituti e fondi nel quale spiccano Goldman Sachs, Morgan Stanley, Citigroup e JpMorgan) avrebbero ottenuto molto meno del 40 per cento di azioni che avevano chiesto nei giorni scorsi ma porterebbero in cassa più denaro fresco di quanto era stato offerto loro all´inizio (1,5 miliardi). Secondo le indiscrezioni, la Fiat otterrebbe il 35 per cento della casa di Detroit mentre il 55 per cento andrebbe ai fondi del sindacato Uaw con cui l´accordo era già stato raggiunto nei giorni scorsi. A favorire il patto con le banche, secondo l´ad di Chrysler, Bob Nardelli, sarebbe stata l´intesa, raggiunta ieri mattina, per l´uscita definitiva di Daimler dall´azionariato. I tedeschi avevano stretto negli anni scorsi un´alleanza con gli americani che non aveva portato a risultati soddisfacenti. Nel 2008 Daimler aveva già ceduto la quota di controllo al fondo Cerberus ma rimaneva ancora titolare di un pacchetto del 19,9 per cento. Ieri il gruppo tedesco ha ceduto la quota rinunciando anche ai crediti che vantava verso Detroit e impegnandosi a versare 200 milioni di dollari nel fondo pensioni dei dipendenti. Tutte notizie che sembrano spingere verso una conclusione positiva della trattativa tra Fiat e Chrysler. Il portavoce della Casa Bianca Robert Gibbs ha riconosciuto ieri che «gli sviluppi degli ultimi giorni hanno rappresentato un importante passo avanti per assicurare un´alleanza che funzioni con Fiat». Ma lo stesso Gibbs è stato molto prudente sull´esito finale e non ha voluto escludere la possibilità di una bancarotta pilotata: «Siamo molto soddisfatti ma ci sono ancora cose da definire nelle trattative per cui non mi sento di fare previsioni sull´esito finale». Tra gli aspetti definiti nella serata di ieri c´è anche la decisione di far confluire la finanziaria Chrysler financial in Gmac, la società controllata al 51 per cento dal fondo Cerberus e al 49 per cento da General Motors. I negoziati di queste ultime ore prima della chiusura delle trattative fissata per domani, riguarderanno probabilmente la governance della nuova Chrysler. Quali saranno i rapporti tra i due maggiori azionisti, i fondi del sindacato e la Fiat, a chi toccherà decidere le strategie per far uscire la più piccola delle tre case di Detroit dalla crisi. Sarà anche necessario decidere se fare ricorso all´amministrazione controllata prevista dal «chapter 11» della legge fallimentare americana. Un´ipotesi che Marchionne aveva fatto sapere di non gradire particolarmente ma che non impedirebbe comunque l´alleanza. In caso di esito positivo della trattativa, l´annuncio dovrebbe essere dato giovedì da Barak Obama nel corso di una conferenza stampa alla Casa Bianca.

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febbre suina, la paura contagia gli usa l'oms: pandemia ancora evitabile - pietro del re (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 29-04-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 6 - Cronaca Febbre suina, la paura contagia gli Usa l´Oms: pandemia ancora evitabile Obama chiede 1,5 miliardi. Berlusconi: qui nessun pericolo L´emergenza Allarme California: "Ci aspettiamo casi mortali". Fazio: "Il virus arriverà anche da noi" PIETRO DEL RE ROMA - è possibile, anzi probabile, che dopo aver attraversato l´Atlantico ed esser sbarcato in Scozia e Spagna il virus della febbre suina dilaghi anche da noi. Ma l´Italia è pronta ad affrontare una possibile epidemia. Mentre l´allarme cresce negli Stati Uniti, dove per contrastare l´espandersi del contagio il presidente Barack Obama ha deciso che chiederà al Congresso uno stanziamento di 1,5 miliardi di dollari, il governo italiano butta acqua sul fuoco sui rischi che corre il nostro paese. Per il sottosegretario alla Salute, Ferruccio Fazio, «la situazione è sotto controllo». Dall´aula del Senato, il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, fa sapere che «non dobbiamo sottovalutare il problema né creare allarmismi, anche perché le scorte di antivirali sono sufficienti per affrontare un´eventuale pandemia». Il ministro rende anche noto che in nessuno degli 11 casi sospetti i test di laboratorio hanno accertato di sindrome influenzale da virus messicano. In serata, tuttavia, quattro ragazzi appena rientrati dalla California sono stati ricoverati a Sant´Angelo Lodigiano con sintomi sospetti. Oggi, il responso delle analisi. Da Varsavia, dove partecipa al vertice bilaterale italo-polacco, anche il premier Berlusconi si dice ottimista: «Ad oggi non è pervenuta alcuna segnalazione: non c´è nessun pericolo». Mentre il ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali, Luca Zaia, consiglia ai consumatori di «fare grandi scorte di carne suina italiana dato che la troveranno a prezzi di saldo». Diversa la situazione negli Stati Uniti. Secondo il commissario alla salute di New York, Thomas Frieden, «molte centinaia» di studenti potrebbero aver contratto il virus. In California, dove ieri il governatore Arnold Schwarzenegger ha dichiarato lo stato di emergenza, sono state registrate le prime due morti sospette. Richard Besser, capo del Centro per la prevenzione e il controllo delle malattie (Cdc) di Atlanta, aveva appena detto di aspettarsi che l´influenza suina determini «casi mortali tra gli esseri umani anche negli Usa». Intanto, l´Organizzazione mondiale della sanità (Oms) fornisce dati meno eclatanti sul contagio: solo 79 malati e 7 decessi contro i 1.300 e 152 forniti dal Messico. «Una pandemia non è ancora inevitabile, ma tutti i governi devono prepararsi al peggio, specie nelle nazioni più povere», ha detto un suo portavoce. Insomma, il virus avrebbe fatto meno morti di quanto si pensasse, ma all´indomani dell´innalzamento del livello di allerta da 3 a 4 l´emergenza resta alta. L´Oms ha ventilato l´ipotesi che la conferma finale di casi negli Stati Uniti giustificherebbe l´innalzamento al livello 5, in quanto ciò dimostrerebbe che la febbre suina si trasmette in modo autonomo al di fuori dal Messico. Nel mondo la mappa dei contagi continua ad estendersi, sia pure più lentamente del previsto. Nuovi casi sono stati confermati in Europa, Medio Oriente e Oceania. Segnalazioni di possibili contagi arrivano anche da alcune nazioni asiatiche, prima tra tutte la Cina, ancora segnata dal ricordo della Sars, dove le autorità indagano su alcuni casi dubbi. Nel frattempo, Hong Kong ha imposto restrizioni a persone provenienti dai paesi dove si è manifestato il virus e mette in quarantena chiunque sbarchi con più di 38 di febbre. Cuba, invece, ha sospeso per le prossime 48 ore tutti i voli da e per il Messico. L´Oms e la Commissione Ue non hanno raccomandato restrizioni sui viaggi né la chiusura delle frontiere, ormai insufficienti a frenare il contagio. Ma da ieri la Farnesina sconsiglia i viaggi "non strettamente necessari" in tutto il territorio del Messico, e non solo negli stati più colpiti. Secondo le autorità sanitarie, il virus della febbre suina «non ha mostrato per ora alcuna resistenza ai due farmaci utilizzati per trattarlo», cioè l´Oseltamivir e lo Zanamivir. C´è stata però la trasmissione da uomo a uomo. Non è chiaro invece quale sarà il decorso dell´epidemia. Tutto dipenderà dalla furia con cui il virus riuscirà a trasmettersi.

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E il sindacato va a Wall Street per salvare impianti e pensioni (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 29-04-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Primo Piano data: 29/04/2009 - pag: 2 Visto da Detroit Soluzioni parallele: il controllo di Gm allo Stato, l'ex cenerentola Usa ai lavoratori e al socio italiano E il sindacato va a Wall Street per salvare impianti e pensioni DAL NOSTRO INVIATO NEW YORK «Motown» o «Ghost town»? Città dell'auto o degli spettri? Si chiedono, angosciati, i giornali di Detroit mentre si accavallano le notizie di accordi e piani di ristrutturazione per il salvataggio di General Motors e Chrysler. Gm di fatto nazionalizzata, controllata all'89% dai sindacati e dal governo federale. Chrysler per il 55% nelle mani dei sindacati, ma con la gestione affidata al partner industriale, Fiat, con una quota che salirà dal 20% iniziale al 35. Per le certezze bisogna aspettare ancora 24 o 48 ore: alla Chrysler l'accordo coi sindacati è fatto, le grandi banche titolari della maggioranza dei debiti (6,9 miliardi), hanno raggiunto l'intesa col Tesoro. Ma basta che uno degli altri 45 creditori minori rifiuti l'offerta del governo (2 miliardi cash) per rendere inevitabile una bancarotta «pilotata». C'è poi l'ultimo scoglio, i concessionari: molti dovranno chiudere, ma, per ora, resistono. Anche questo può portare alla bancarotta. Ormai, però, lo scenario generale è definito: la Ford tenta di farcela con le sue forze e rimane sul mercato da protagonista indipendente. GM, mutilata e nazionalizzata, che perde marchi e moltissimi stabilimenti. Nella migliore delle ipotesi, l'ex primo costruttore del mondo diventerà una società con soli quattro marchi (Chevrolet, Cadillac, Buick e Gmc) e una produzione di 2,6 milioni di veicoli l'anno. Infine Chrysler: dissanguata, era la cenerentola dell'industria americana, ma sembra uscire dal processo di ristrutturazione con meno «handicap» della General Motors: quattro marchi come i «cugini» di Detroit (Chrysler, Jeep, Dodge e Plymouth), più quelli che arriveranno coi prodotti Fiat e la forza di un partner industriale e tecnologico italiano, che nel caso Gm non c'è. Anche chi non ha risparmiato, nei mesi scorsi, le battute ironiche sul «soccorso italiano », oggi riconosce che Fiat è l'unica speranza, l'unico elemento di dinamismo nel deprimente panorama automobilistico americano. Sergio Marchionne, l'«italiano del Canada» che ha studiato a Windsor, città affacciata sul lago Michigan proprio di fronte a Detroit, diventa l'uomo della speranza non solo per Obama, che l'ha già «incoronato», ma per tutti quelli che scommettono su un recupero dell'industria manifatturiera. Non avrà vita facile, e non solo per la difficoltà di ridare slancio a un'industria a corto di modelli innovativi e costretta ad operare in un mercato difficilissimo, nel quale perdono anche i migliori, come Toyota. L'amministratore delegato della Fiat è chiamato a un esperimento senza precedenti: la gestione di un'azienda in condominio con un sindacato che è socio di maggioranza, non una semplice presenza nel consiglio di sorveglianza, come nel modello tedesco. Marchionne, che in gioventù fu un ammiratore del «turnaround» realizzato da Lee Iacocca in una Chrysler che anche allora rischiava di sparire, oggi deve realizzare un'impresa analoga ma senza poter usare come fece il «condottiero» italo-americano i meccanismi classici del capitalismo anglosassone. Il manager ha davanti a sé le pagine bianche di un quaderno nel quale deve provare a scrivere un nuovo capitolo della storia della democrazia economica. Una sfida assai stimolante, ma tra le più difficili da immaginare, anche perché i contorni non sono ben definiti: non è chiaro, ad esempio, in che modo il Tesoro proteggerà i 10 miliardi di denaro pubblico che sta investendo, se il capitale di Chrysler, come pare, verrà essenzialmente diviso tra sindacati e Fiat. Tutto da studiare anche il ruolo di un sindacato per la prima volta obbligato a comportarsi da imprenditore. Essendo in maggioranza non potrà nascondersi: dovrà perseguire la massimizzazione del profitto perché solo così l'azienda varrà abbastanza da compensare l'abbattimento degli altri fondi previdenziali e sanitari non più finanziati da Chrysler. Pensioni e qualità dell'assistenza medica del personale dipenderanno, insomma, dal successo della Chrysler «italiana». Massimo Gaggi L'esperimento Per il manager italo-canadese un inedito esperimento di gestione aziendale

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Ultimo sì alle nozze Fiat-Chrysler (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 29-04-2009)

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Corriere della Sera sezione: Primo Piano data: 29/04/2009 - pag: 2 Ultimo sì alle nozze Fiat-Chrysler Via libera delle banche. Il 55% andrebbe ai dipendenti. La mossa su Opel MILANO L'alleanza tra Fiat e Chrysler è ormai a un passo dalla firma. Dopo il sì del sindacato americano al taglio del costo del lavoro, ieri è arrivata una prima intesa con le quattro principali banche creditrici. JP Morgan, Citigroup, Goldman Sachs e Morgan Stanley avrebbero accettato di svalutare i propri crediti, con un taglio drastico da 6,9 miliardi di dollari (a tanto ammontano complessivamente) a circa 2 miliardi, in cambio di una partecipazione azionaria. Nulla di ufficiale: da qui l'uso del condizionale. Ma per i media americani è tutto fatto. «Il Tesoro Usa e i creditori di Chrysler hanno raggiunto l'accordo », ha annunciato ieri per primo il sito del Washington Post. Identica la posizione del New York Times, mentre sia il Wall Street Journal sia l'emittente televisiva Cnbc mostrano maggiore cautela. Potrebbe essere lo stesso Barack Obama, che oggi celebrerà i primi cento giorni della sua presidenza, a dare l'annuncio. Certo, come ha ricordato l'amministratore delegato di Chrysler, Bob Nardelli, l'uscita definitiva di Daimler (che ha rinunciato alla propria partecipazione, pari al 19,9%) ha favorito la svolta. Non è ancora chiaro, tuttavia, il meccanismo dell'operazione. Se cioè sarà evitata la bancarotta (soluzione preferita anche da Sergio Marchionne, l'amministratore delegato di Fiat che in queste ore si trova negli Usa per seguire da vicino l'evolversi degli eventi) oppure se si ricorrerà a una strada intermedia, con la nascita di una nuova Chrysler priva di debiti accanto alla vecchia destinata alla liquidazione. Un po' come è stato fatto con Alitalia. Nel primo caso il fondo Cerberus, che detiene la maggioranza azionaria, dovrebbe azzerare la propria quota, così come ha fatto Daimler. In ogni caso per Fiat non dovrebbe cambiare nulla. Entrambe le soluzioni, infatti, prevedono come esito finale una situazione di partenza a grandi linee già definita: il 55% del capitale andrebbe alla Uaw (United Auto Workers), il sindacato dei metalmeccanici Usa, mentre la Fiat avrebbe il 35% in cambio di tecnologie e know-how (un apporto quantificato tra gli 8 e i 10 miliardi di dollari). Il restante 10% sarebbe suddiviso tra il governo Usa e gli altri creditori. Naturalmente l'assetto azionario è importante, ma non è tutto. Servirà nell'immediato a sbloccare i nuovi finanziamenti pubblici. E poi a rilanciare l'attività industriale. È su questo fronte che Fiat giocherà Usa e Canada. Giacomo Ferrari

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Il contropiede del Lingotto che ridisegna l'auto mondiale (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 29-04-2009)

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Corriere della Sera sezione: Primo Piano data: 29/04/2009 - pag: 3 Visto da Torino Il piano dell'amministratore delegato del gruppo, in quattro mesi il negoziato Italia-Usa Il contropiede del Lingotto che ridisegna l'auto mondiale DAL NOSTRO INVIATO TORINO Se ne stavano tutti sotto choc, paralizzati a incassare i colpi di una crisi che ha spedito in rosso persino l'invincibile Toyota. E non è che botte e ferite abbiano risparmiato il Lingotto. Ma è lì, in quel momento, mentre l'emorragia si mangiava il 30, il 40, a volte il 50% dei mercati, che Sergio Marchionne ha sparigliato e spiazzato. Comunque vada, è dal matrimonio Fiat-Chrysler che parte la rivoluzione dell'auto mondiale. Ed è un'azienda italiana, sempre snobbata, fino all'altro ieri data per fallita, oggi temuta (gli altolà tedeschi anche questo nascondono), ad anticipare i giochi. Con la benedizione del presidente degli Stati Uniti. Certo, la firma dell'asse Torino- Detroit ancora ufficialmente non c'è. E quando arriverà, perché ormai su questo pochi nutrono dubbi, non sarà la fine del lavoro: sarà l'inizio. Che si aggiunga o no, poi, pure Opel o il terzo tassello che il Lingotto ha in ogni caso in mente. Nessuno dice nemmeno che la scommessa di costruire, partendo da un'azienda solo quattro anni fa considerata spacciata e in fondo guardata con sospetto pure qui, nel Paese oggi orgoglioso, il secondo colosso mondiale dell'automobile sia una 'puntata' a basso rischio. Tutt'altro. Quella del «mostro», come raccontano Marchionne chiami, in privato, il gruppo immaginato per vincere nel mondo dopo la grande crisi, è una sfida epocale. Non ci sono garanzie. E il primo a saperlo è lui. Si chiedeva l'ultimo, elogiativo Economist che cosa spinga il big boss Fiat a giocarsi la reputazione con cui ha conquistato persino la Casa Bianca, quel titolo di «protagonista di uno straordinario rilancio» firmato da Barack Obama in mondovisione. Lui risponderebbe che non è arroganza né presunzione. È sopravvivenza. «Non abbiamo scelta». La crisi morde, azzanna tutti. Sul pianeta le auto che si possono produrre sono il 30% in più di quante se ne possano vendere. Quando gli attori della partita se ne sono accorti, però, era già troppo tardi. Già c'erano feriti, ovunque, già si profilava qualche morto. Fine che la Fiat non vuole fare. Ma dalla quale, 'piccola' com'è oggi, non è sicuramente al riparo. Riuscirà a portarcela, Marchionne? Se «l'indipendenza non è più sostenibile», la fusione di due, forse tre aziende lo è? Funzionerà, se sin qui i 'merger' sono quasi tutti falliti? Nessuno, nemmeno lui, può rispondere adesso. Lui però, a differenza degli altri, ci prova. Non si è solo mosso per primo. Osa. Rischia, anche, certo. Ma è così che ha già spiazzato i concorrenti. Sotto Natale, quando ha cominciato a mettere a punto «l'idea Chrysler», tutti i gruppi automobilistici pensavano soltanto a come tamponare le ferite che il mercato avrebbe continuato a infliggere. La Fiat faceva quello. Ma, probabilmente unica, guardava e muoveva anche oltre. Per Torino la supercrisi che stava traumatizzando chiunque era il male da una parte, la possibile, straordinaria opportunità dall'altra. Il Lingotto da solo più di tanto non avrebbe potuto fare, tutto quello che poteva dare, per vincere e non semplicemente sopravvivere, l'aveva in fondo già dato. Aveva però anche una carta, da tirar fuori per giocare sulla scacchiera globale da cacciatore e non più da preda: le sue macchine piccole, i suoi motori a bassi consumi e basso inquinamento, nel mondo che si scopre poco a poco più 'verde' sono il top della tecnologia. Tutta made in Italy, a dimostrazione che non siamo solo splendidi abiti e fantastico design. Ed è quella, a finire oggi sulle prime pagine dei giornali del mondo, non la moda, o la mafia, o i rifiuti. Quello che una volta chiamavamo «orgoglio torinese» diventa, e forse è una novità, «orgoglio italiano ». Poi potrà andar bene oppure no. Ma il fatto che la preda diventata cacciatore faccia intanto paura oltre confine qualcosa, dopotutto, vorrà dire. Raffaella Polato John Elkann

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Il Gran Rifiuto a Obama dell'ambasciatrice cattolica (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 29-04-2009)

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Corriere della Sera sezione: Esteri data: 29/04/2009 - pag: 17 Il caso Mary Ann Glendon respinge la medaglia dell'ateneo religioso dell'Indiana Il Gran Rifiuto a Obama dell'ambasciatrice cattolica Non dividerà il palco con lui all'università: «È pro aborto» DAL NOSTRO CORRISPONDENTE WASHINGTON «Magna est veritas et prevalebit», la verità è grande e prevarrà, è scritto sulla Laetare Medal, il prestigioso riconoscimento che dal 1883 l'Università di Notre Dame, nell'Indiana, consegna a un intellettuale cattolico di genio, che «abbia promosso gli ideali della Chiesa e arricchito il patrimonio dell'umanità». Ed è probabilmente in omaggio a questo motto che la prescelta di quest'anno, Mary Ann Glendon, ex ambasciatrice degli Stati Uniti in Vaticano e uno dei più autorevoli intellettuali cattolici americani, abbia clamorosamente rifiutato l'onorificenza, con un gesto che equivale a uno schiaffo morale a Barack Obama. Glendon ha infatti inteso protestare contro la scelta dell'ateneo, tempio dell'accademia secondo i principi di Santa Romana Chiesa, di accogliere il presidente come oratore principale alla chiusura dell'anno accademico, concedendogli anche una laurea honoris causa. La giurista, che insegna alla Harvard Law School, la stessa dove si laureò Obama, avrebbe dovuto apparire il prossimo 17 maggio al suo fianco durante la cerimonia di consegna delle lauree, per ricevere il premio. Ma in una lettera aperta al reverendo John Jenkins, rettore di Notre Dame, Glendon ha spiegato che la decisione di onorare un presidente favorevole all'aborto, che nei suoi primi cento giorni ha anche agito per facilitare la ricerca sulle cellule staminali, viola il divieto di «onorare persone, le cui azioni siano in conflitto con i principi morali della Chiesa», stabilito nel 2004 dai vescovi americani per le istituzioni cattoliche. «Non capisco il perché un'università cattolica debba ignorare una richiesta così ragionevole, che non interferisce con il suo diritto a confrontarsi in un serio dibattito con chi meglio crede». Glendon si è anche detta infastidita dalla strumentalizzazione che Notre Dame ha fatto della sua presenza, di fronte all'ondata di critiche sollevata nel mondo cattolico dall' invito a Obama: «E' sembrato che il mio discorso dovesse servire a riequilibrare in qualche modo l'avvenimento. Ma una cerimonia di laurea non è il posto adatto, né un breve discorso di accettazione il giusto mezzo, per affrontare i problemi molto seri sollevati dalla decisione di onorare un oppositore incallito delle posizioni della Chiesa su temi che coinvolgono fondamentali principi di giustizia». Il Gran Rifiuto di Mary Ann Glendon fa fare un salto di qualità alla polemica, già virulenta, innescata dall'invito a Barack Obama. Più di 40 vescovi cattolici e centinaia di migliaia di fedeli hanno firmato petizioni on-line, minacciato dimostrazioni di piazza, espresso la loro indignazione. Di «scandalo imbarazzante e vergognoso» ha parlato l'arcivescovo di New Orleans, Alfred C. Hughes. Secondo il reverendo Kenneth Himes, che guida il Dipartimento di Teologia al Boston College, la protesta ha una base di onestà, quella di «cattolici in buona fede, i quali pensano che Notre Dame abbia gettato via l'identità cattolica, in nome della caccia alla celebrità che ossessiona le università americane». Però, osserva Himes, «qui c'è anche il gioco politico di chi ha ridotto il cattolicesimo all' aborto e ha lanciato una crociata che mette al bando tutto ciò che assomiglia anche da lontano a una conversazione aperta». Mentre il rettore Jenkins di dice «deluso» dal voltafaccia di Glendon, la Casa Bianca cerca di mantenersi fuori dalla disputa. Il presidente, ha detto il portavoce della Casa Bianca, Robert Gibbs, non vede l'ora di tenere il suo discorso in Indiana. Dopotutto, deve pensare Obama, forte del gradimento di 7 americani su 10, Notre Dame val bene qualche critica. Paolo Valentino Vaticano Benedetto XVI riceve in Vaticano Mary Ann Glendon, all'epoca (la foto è del 29 febbraio 2008) ambasciatrice degli Usa presso la Santa Sede. La Glendon, professoressa ad Harvard ed esponente di punta del mondo intellettuale cattolico Usa, ha rifiutato un premio all'Università di Notre Dame, Indiana, per la scelta dell'ateneo di conferire una laurea ad honorem a Obama (Ap Photo / L'Osservatore Romano)

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La fa breccia nell'America (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 29-04-2009)

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Corriere della Sera sezione: Esteri data: 29/04/2009 - pag: 17 In crescita Dal 1990 al 2008 i non credenti sono passati dall'8 al 15%. E si moltiplicano iniziative, libri e gruppi di pressione dei «senza fede» La «lobby atea» fa breccia nell'America DAL NOSTRO CORRISPONDENTE WASHINGTON In soli 6 anni, la Secular Student Alliance, un network di studenti atei, ha messo piede in ben 146 campus universitari. Nel 2003 era presente solo in una quarantina. Dopo lunga rivalità e tanti battibecchi ideologici, 10 organizzazioni nazionali di atei, umanisti e liberi pensatori hanno dato vita insieme alla Secular Coalition of America, con l'obiettivo di avere a Washington un gruppo di pressione, in grado di far lobby per la separazione tra Stato e Chiesa. Mentre Fred Edwords, vecchio leader del movimento ateo, è finalmente riuscito a creare la sua United Coalition of Reason, fondata al momento su 20 gruppi locali, ma con ragionevoli ambizioni di espandersi. L'America scopre di avere i suoi atei. Non che non lo sapesse. Ma ora li vede uscire dall'ombra, organizzarsi, far sentire la loro voce, avanzare sul sentiero del coming out, tipico di tante minoranze del crogiolo americano. A dare il segnale che fosse giunta l'ora di venire allo scoperto, è stato probabilmente Barack Obama nel suo discorso inaugurale, il 20 gennaio scorso: «La nostra eredità composita è una forza e non una debolezza. Siamo una nazione di cristiani e musulmani, ebrei, hindu e non credenti». Nessun presidente lo aveva mai fatto. Non credenti, una definizione forte per la nazione che sulla sua moneta nazionale ha scritto «In God We Trust». Ma nondimeno, una realtà crescente. Dall'8% del 1990, la popolazione dei cosiddetti «nones» negli Stati Uniti è aumentata fino al 15% del 2008. Non che tutti i non-credenti siano necessariamente atei militanti o agnostici, ma sicuramente sono un vasto bacino di pesca potenziale del nascente movimento ateista. Quando alcuni mesi fa Herb Silvermann, professore di matematica al College of Charleston, in South Carolina, aveva fondato la Secular Humanists of the Lowcountry, pensava piuttosto a un club per pochi intimi. «Non credete in Dio? Non siete soli», diceva il cartello, che annunciava le riunioni del gruppo a un indirizzo privato. Ma quando più di cento persone si sono presentate a uno degli incontri recenti, Silvermann e i suoi fedelissimi hanno dovuto affittare una sala. Oggi la Secular Humanists ha 150 aderenti. Non cosa da poco, in uno Stato celebre per essere la sede della Bob Jones University (il più oltranzista dei college cristiani) e per avere un Congresso che un anno fa approvò una targa automobilistica cristiana con tanto di croce e scritta «I believe». «Ma la cosa più importante è essere usciti dall'armadio», dice Silvermann al New York Times, spiegando che la strategia degli atei è simile a quella del movimento per i diritti dei gay, che esplose quando scelse di venir fuori. I sondaggi sembrano dargli ragione: secondo l'American Religious Identification Survey, gli americani che si definiscono «senza religione» sono l'unico gruppo demografico in crescita nell'ultimo ventennio negli Usa. Una grossa spinta a riconoscersi e organizzarsi, l'ha data lo sdegno per l'abbraccio incondizionato dell' Amministrazione Bush all'estrema destra religiosa. Iniziative locali, libri sull'ateismo improvvisamente diventati dei best-seller e donazioni per milioni di dollari hanno dato coraggio e fiducia a una minoranza, ancora di recente considerata nel migliore dei casi una concentrazione di eccentrici, nel peggiore una pericolosa banda di senza Dio. Uno dei gruppi più attivi alla University of South Carolina è quello dei «Pastafarian» della cosiddetta Church of the Flying Spaghetti Monster. Fra le loro attività preferite nel campus, quella di dare ai passanti «abbracci gratis dai vostri amici e vicini atei». P. Val. Militante Un membro dell'associazione Atei americani

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Il repubblicano Specter passa con i democratici (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 29-04-2009)

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Corriere della Sera sezione: Esteri data: 29/04/2009 - pag: 17 Senato, vicina quota 60 Il repubblicano Specter passa con i democratici WASHINGTON Arlen Specter (nella foto con la moglie Joan), senatore repubblicano della Pennsylvania dal 1980, ha annunciato ieri che passerà con i democratici. Grazie al «transfuga», Barack Obama potrebbe presto contare su una maggioranza a prova di bomba raggiungendo la soglia dei 60 voti (su 100), necessaria per bloccare i tentativi di ostruzionismo parlamentare (il filibustering) della minoranza repubblicana. Finora i democratici potevano contare su 58 senatori. Specter è il 59esimo, il 60esimo dovrebbe essere il democratico Al Franken non appena finirà la sua battaglia legale contro il repubblicano Norm Coleman nella contestatissima elezione del Minnesota: i giudici finora gli hanno dato ragione e la Corte Suprema dovrebbe esaminare il caso in giugno. Specter, 79 anni, di origine russa e religione ebraica, ha spiegato che la sua è stata una «decisione sofferta» ma necessaria perché «il partito repubblicano si è spostato sempre di più a destra». È stato uno dei tre repubblicani che in febbraio avevano aiutato Obama a far approvare in Senato il piano di stimolo dell'economia da 787 miliardi di dollari.

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Air Force One a New York: Barack ordina un'inchiesta (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 29-04-2009)

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Corriere della Sera sezione: Esteri data: 29/04/2009 - pag: 17 Paura per un nuovo 11 settembre Air Force One a New York: Barack ordina un'inchiesta WASHINGTON Barack Obama ha ordinato un'inchiesta sul volo a bassa quota del Boeing 747 della flotta presidenziale (foto) che lunedì ha ridestato tra i newyorchesi il terrore dell'11 settembre. Il volo era stato autorizzato dall'ufficio militare della Casa Bianca per realizzare un servizio fotografico all'Air Force One sullo sfondo della Statua della Libertà. L'evento, non annunciato, ha fatto infuriare il presidente Usa e il sindaco Bloomberg. L'ufficio militare della Casa Bianca si è scusato per l'incidente. E ieri Obama ha garantito: «un errore» che «non si ripeterà».

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Obama, notti in caserma per il G8 (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 29-04-2009)

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Corriere della Sera sezione: Cronache data: 29/04/2009 - pag: 20 I preparativi Segreto di Stato per l'edificio della Finanza Obama, notti in caserma per il G8 ROMA Alla fine Barack Obama potrebbe anche dormire nella caserma della Guardia di Finanza a Coppito. L'appartamento è stato individuato, trasformarlo in una suite presidenziale non appare impossibile. Ed è su questa ipotesi che adesso si lavora, soprattutto dopo le condizioni poste dallo staff della Casa Bianca in vista del G8 che si svolgerà a L'Aquila dall'8 al 10 luglio. Dopo aver manifestato contrarietà agli spostamenti in elicottero, come del resto avviene solitamente, gli addetti alla sicurezza avrebbero espresso dubbi pure sull'opportunità di far viaggiare il corteo sull'autostrada che collega Roma al capoluogo abruzzese, preoccupati da tunnel e viadotti che segnano gli oltre cento chilometri di distanza tra le due città. Timori condivisi dai responsabili dei servizi di sicurezza degli altri Stati. Preferibile dunque che i Grandi alloggino all'interno della caserma, sia pur in locali che dovranno essere ristrutturati in tempi record. Un periodo di appena tre mesi che invece non sarebbe stato sufficiente per terminare le opere progettate in Sardegna. Secondo le indiscrezioni tra i motivi che avrebbero convinto Silvio Berlusconi a dare l'immediato via libera al trasferimento della sede del vertice c'è stato anche il timore che molti lavori avviati a La Maddalena non si sarebbero conclusi entro le scadenze fissate. L'idea di focalizzare l'attenzione del mondo sulla regione terremotata avrebbe fatto il resto e vinto le resistenze di chi riteneva azzardato far ripartire daccapo la macchina organizzativa. Mancano un centinaio di giorni all'inizio del vertice e i piani per l'accoglienza dei capi di Stato e delle delegazioni devono essere messi tutti a punto. Entro la fine della settimana la presidenza del Consiglio firmerà il decreto che sottopone la cittadella della Finanza 'Vincenzo Giudice' al segreto di Stato, in modo da poter dare il via libera ai dispositivi per la blindatura delle aree. Questa mattina al Viminale è stato invece convocato il Comitato nazionale con i capi delle forze dell'ordine e quelli dei servizi segreti che dovranno analizzare il livello di rischio anche per quanto riguarda l'ordine pubblico. La decisione di spostare il summit da La Maddalena all'Aquila certamente contribuisce a disinnescare le proteste dei gruppi antagonisti che avevano già in mente una mobilitazione in Sardegna. Gli analisti ritengono difficile che decidano di organizzare un corteo in Abruzzo, dove saranno ancora migliaia le persone nelle tendopoli. Quindi si concentreranno tutti a Roma, dove era già stato annunciata una manifestazione e dove potrebbero confluire anche gruppi di estrema sinistra che arrivano dall'estero. È presto per ipotizzare quanti potrebbero essere i partecipanti, ma l'incontro di oggi servirà per individuare tutti i settori dove intervenire per garantire la sicurezza dei partecipanti e il funzionamento delle misure di ordine pubblico. F. Sar.

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Trema Calpers, mito dei fondi Usa (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 29-04-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Economia data: 29/04/2009 - pag: 25 L'inchiesta Gli investimenti sospetti e le accuse di Andrew Cuomo Trema Calpers, mito dei fondi Usa DAL NOSTRO INVIATO NEW YORK Altri guai per il malandato capitalismo anglosassone: dopo il disastro dei mutui subprime, il crollo del sistema creditizio, il fallimento dei meccanismi di controllo della finanza, arriva il sospetto che anche il meccanismo in base al quale Calpers e gli altri grandi fondi pensione americani selezionano i loro investimenti sia marcio. Sia, cioè, basato più sulle «mazzette» pagate da oscuri intermediari che sul lavoro di analisti imparziali che selezionano gli impieghi migliori per lo sterminato patrimonio di questi fondi. In California è partita un'indagine a tappeto: è in gioco la credibilità di istituti che, complessivamente, sono di gran lunga i maggiori investitori istituzionali del mondo con un portafoglio di 2-3 mila miliardi di dollari di asset. Lo scandalo fin qui sembrava confinato a New York dove il superprocuratore Andrew Cuomo indaga da tempo sulla gestione del sistema pensionistico dello Stato. La scoperta dei comportamenti fraudolenti non è un fatto recente: già due anni fa il «Comptroller» Alan Hevesi, l'autorità statale responsabile per la supervisione della contabilità pubblica e la tenuta del sistema previdenziale, fu costretto a dimettersi per l'emergere di una serie di irregolarità. Il suo successore, Thomas DiNapoli, ha cercato di rendere il sistema più trasparente, ma non deve aver fatto abbastanza per stroncare il traffico di pagamenti occulti coi quali alcuni mediatori ben introdotti convincevano i responsabili dei fondi pensione a mettere i soldi dei dipendenti statali in un'azienda piuttosto che in un'altra. DiNapoli ha moralizzato ma con prudenza, forse perché dietro i finanziamenti degli intermediari non c'è solo l'arricchimento privato di alcuni funzionari statali, ma anche un sistema di finanziamento occulto della politica. Fenomeni che Cuomo ha portato ora alla luce incriminando il «placement agent» (mediatore) Hank Morris per aver versato ai gestore del gigantesco fondo pensioni statale di New York (122 miliardi di dollari di patrimonio) ben 30 milioni di dollari di compensi non denunciati. Fin qui la stampa si è appassionata soprattutto al ruolo del gruppo finanziario Quadrangle, in affari con Morris e ben «ammanigliato» coi politici di New York. Creata e presieduta fino a poche settimane fa dal finanziere Steve Rattner, ora alla Casa Bianca come capo della «task force» automobilistica di Obama, Quadrangle ha fin qui riempito le cronache dello scandalo per la visibilità del suo fondatore e perché amministra anche il patrimonio personale e i fondi filantropici del sindaco di New York, Bloomberg. Fino a ieri, quando lo scandalo si è esteso ad altre parti degli Stati Uniti. Prima il «contagio» degli investimenti «pilotati» è arrivato in New Mexico, dove il governatore Bill Richardson ha aperto un'inchiesta. Poi è toccato alla California, che ha cominciato a indagare sui suoi fondi pensione, i più cospicui del mondo: Calpers, il fondo previdenziale dei dipendenti pubblici, che amministra «asset» per ben 176 miliardi di dollari, Lacers (dipendenti di Los Angeles) e Calsters (insegnanti della California). A far finire nella tempesta anche i fondi della West Coast è stata un'inchiesta di ProPublica, un team di giornalisti investigativi finanziati da un fondo filantropico e coordinati da un ex direttore (ora in pensione) del Wall Street Journal che fanno inchieste sui temi «caldi» e le offrono gratuitamente a giornali e tv. ProPublica ha scoperto che le «mazzette » di Morris erano arrivate anche in California dove i «placement agents», ora messi al bando a New York, possono operare senza restrizioni. L'ultima tegola è arrivata dalla Sec, la Consob americana, che ha chiesto a Sean Harrigan e Elliot Broidy, due membri del board del fondo dei pompieri e dei poliziotti, di fornire documenti relativi a una serie di investimenti da loro sostenuti negli ultimi quattro anni. Una richiesta che ha creato in California un clima da «allarme rosso », anche perché Harrigan è un ex presidente del Calpers. Massimo Gaggi Il procuratore Andrew Cuomo

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Una lettera a Obama (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 29-04-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Tempo Libero data: 29/04/2009 - pag: 19 CONCORSO Una lettera a Obama T orna il Festival delle Lettere. La quinta edizione del concorso ha come tema «Lettera a uno straniero». Ognuno è libero di immaginare il destinatario che preferisce, da Obama all'extracomunitario della porta accanto. Le lettere in duplice copia (una scritta a mano, l'altra dattiloscritta) vanno inviate entro il 15 maggio all'associazione culturale 365 Gradi (casella postale 105, 20063 Cernusco sul Naviglio). I vincitori saranno scelti da una giuria presieduta da Rosellina Archinto. Le premiazioni si tengono in autunno. (s. col.)

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Parla facile (ma poco) (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 29-04-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Cronaca di Roma data: 29/04/2009 - pag: 6 Fatti gli Affari Esteri di MAURIZIO CAPRARA Parla facile (ma poco) «No, il dibattito no!» implorava uno dei personaggi dopo la proiezione di un film in una scena di Io sono un autarchico, lungometraggio di Nanni Moretti del 1976. Il problema è quando il dibattito, fuori dai cineforum, va fatto ed è giusto che ci sia. Quante volte un confronto tra idee, benché necessario, può essere reso insopportabile, stucchevole da uno o più interventi di partecipanti noiosi, egocentrici, incuranti del grado di interesse degli ascoltatori? Cose che capitano sul posto di lavoro, nella riunione di scuola, nell'assemblea di condominio. Nel ciclo di incontri inaugurato di recente dai democratici americani di Roma intitolato Speak easy (parla facile, dal nome dei bar clandestini con alcolici in epoca proibizionista), gli organizzatori hanno inviato via e-mail agli invitati una sorta di codice. «Chiediamo a tutti di essere brevi, di attenersi all'argomento da discutere, di respingere la tentazione degli aneddoti personali», è una delle raccomandazioni. Promotrice di queste conversazioni (la prossima sarà su stampa e tv) è la coordinatrice dei Democrats abroad Kass Thomas Corbelli, ideatrice del club « Michelle Obama appreciation circle» che si prepara a a festeggiare la moglie di Barack quando verrà a Roma per il G8. Kass T. Corbelli Nanni Moretti

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Ronde Padane, Obama a lezione da Borghezio (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 29-04-2009)

Argomenti: Obama

Ronde Padane, Obama a lezione da Borghezio Vuole vedere la mia arma, mr. Kidwell? Eccola qui" esclama Francesco Picciotto con un inconfondibile accento siciliano. E dalla tasca dei pantaloni estrae un fischietto nero. Settant'anni, due by-pass, Picciotto è a Torino dal 1959. "Sono ultrasuoni - spiega - Quando siamo in giro per una ronda e ci accorgiamo che c'è qualcosa che non va soffiamo con tutto il fiato che abbiamo in gola. I proprietari dei nostri cani lupo, vedendoli in agitazione, li fanno scendere in strada. Ma è un'invenzione recente. Quando ho cominciato a pattugliare il quartiere, vent'anni fa, ero un Don Chisciotte solitario". Sede della Lega Nord di largo Saluzzo, nel cuore di San Salvario. E' proprio qui che qualche giorno fa due funzionari della nuova diplomazia Usa targata Barack Obama hanno iniziato il loro giro nell'Italia della "sicurezza fai da te". Già, persino Washington vuole guardare in faccia il popolo delle ronde. Gli americani mi hanno chiesto un incontro e sono stato ben lieto di accontentarli - racconta l'europarlamentare Mario Borghezio, che dei rondisti piemontesi è il grande organizzatore -. Prima ci siamo bevuti un Bicerin con il nostro consulente tecnico, l'avvocato Claudio Maria Polidori, che ha spiegato ai nostri ospiti il quadro giuridico del nuovo decreto anti-stupri. Poi, dalla teoria, hanno voluto guardare da vicino anche la pratica". E così Peter Brownfeld e Michael Kidwell, "political officer" dell'ambasciata americana di Roma e console per gli affari politici del Consolato Usa di Milano, si sono seduti fra i manifesti elettorali e le foto di Bossi per ascoltare il punto di vista dei rondisti torinesi. "Perché siamo qui? Negli Usa non esiste nulla di simile - spiega Kidwell -. Per noi è importante conoscere da vicino quello che accade in Italia, nelle comunità e nei quartieri. Oggi la sicurezza è un tema di centrale importanza e, per capire le cose, non basta certo con i rappresentanti istituzionali". Con Francesco Picciotto, per raccontare la Torino delle ronde, c'erano Roberto Zenga, capogruppo della Lega a Porta Palazzo, Alexadro Gorum, italiano di origini rumene, executive manager della società di sicurezza privata Condor, Roberto Periolo, ex ambulante di Porta Palazzo in prima linea contro lo spaccio fra le bancarelle del mercato e Benito "Luigi" Sinatora, 70 anni, un passato da saragattiano e un presente da discepolo del senatùr. Ognuno ha spiegato il suo punto di vista, poi Zenga ha offerto agli americani una rapida sintesi: "La gente è stufa dell'illegalità diffusa, della prostituzione e dello spaccio. Se non interveniamo noi, qualcuno è pronto a passare oltre". Borghezio rincara: "Il rischio è arrivare alle banlieu francesi. C'è una saldatura fra sinistra estrema e clandestini. Cercano di intimidirci con minacce e gli attacchi personali". I leghisti, poi, galvanizzati dagli ultimi provvedimenti dell'amministrazione Usa su immigrazione e protezionismo, si sono spinti oltre: "Guardiamo a Barack con interesse, è un uomo che sta dalla parte del popolo, come la Lega" azzarda Luigi Sinatora. E Borghezio promette: "Il 4 luglio appenderemo una gigantesca bandiera a stelle e strisce fuori dalla sezione". CONTINUA A PAGINA 67

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usa, per obama maggioranza blindata - marco contini (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 29-04-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 22 - Esteri Usa, per Obama maggioranza blindata Regalo per i primi 100 giorni: cambia casacca un senatore repubblicano MARCO CONTINI Il regalo per i 100 giorni della presidenza Obama è una maggioranza blindata al Senato, in grado di evitare ogni ostruzionismo. A sorpresa, infatti, il senatore anziano della Pennsylvania, il repubblicano Arlen Specter, ha annunciato ieri il cambio di casacca e l´adesione al Partito Democratico. Mossa subito salutata dal destinatario del regalo, il presidente, con una telefonata al miele: «Hai il mio pieno supporto, sono lieto di averti con noi». Con il "tradimento" di Specter e con l´ex comico Al Franken che tre mesi dopo le elezioni sembra finalmente essersi liberato delle contestazioni del suo avversario, Norm Coleman, che a colpi di battaglie legali gli ha fin qui impedito di prender posto come senatore del Minnesota, il gruppo democratico raggiungerà ora quota 60. Un numero magico, fortemente voluto ma soltanto sfiorato il 4 novembre, che consentirà di evitare l´odiato filibustering, quella particolare forma di "pirateria" che consente alle opposizioni di bloccare i lavori del Senato facendo ricorso a ogni sorta di diavoleria procedurale. Per i Repubblicani, che appena due mesi fa usarono il loro potere per mitigare l´interventismo economico di Obama, è una Caporetto: l´ultima volta che persero la capacità di fare ostruzione, infatti, fu nel 1976. Specter, un repubblicano "di sinistra" che su ambiente, immigrazione e aborto era entrato più volte in rotta di collisione con il Grand Old Party, ha spiegato che «la mia filosofia politica è ormai più in sintonia coi Democratici che con i Repubblicani». Un´affermazione appena mitigata dall´avvertenza che, in aula, la decisione di votare compatto con i suoi nuovi compagni «non sarà automatica». Il presidente, intanto, prepara i festeggiamenti per i suoi primi 100 giorni. Oggi terrà una conferenza stampa in diretta su tutti i network (esclusa la Fox, che ha deciso di defilarsi). E ieri il guru della propaganda obamiana, David Plouffe, ha inviato milioni di email per ricordare - con tanto di mappa interattiva che per ciascuno dei 50 Stati indica il numero di posti di lavoro salvati e di beneficiari dei tagli fiscali - i successi della nuova Casa Bianca.

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lo strano caso della primavera impazzita "così andiamo verso un clima tropicale" - antonio cianciullo (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 29-04-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 15 - Cronaca Parla Pascal Acot, ricercatore presso il "Centre National de la Récherche Scientifique" e storico dell´ecologia Lo strano caso della primavera impazzita "Così andiamo verso un clima tropicale" ANTONIO CIANCIULLO ROMA - Aspettiamo l´avanzata del deserto e il prosciugamento dei ghiacciai, ma intanto questa primavera eternamente bagnata viene maledetta da chi vorrebbe prendersi una giornata al mare o almeno in campagna. Osservato attraverso il filtro della cronaca quotidiana, il cambiamento climatico appare più che mai imprevedibile e caotico. Fino a che punto una pioggia così ossessiva rientra nei pronostici? «Bisogna fare una premessa: l´andamento di una stagione, o anche di un gruppo di stagioni, non ci dice nulla sulle tendenze climatiche di fondo che si possono misurare solo su un periodo piuttosto lungo», risponde Pascal Acot, ricercatore presso il Centre National de la Recherche Scientifique e storico dell´ecologia. «Detto questo, in Europa occidentale stiamo registrando una situazione sorprendente, con inverni bizzarri e dolci e una piovosità notevole». Più caldo, tanta acqua: somiglia sempre più a un clima tropicale. «Secondo le previsioni ci sono aree del pianeta che tenderanno a tropicalizzarsi e altre che diventeranno sempre più aride, ma non è facile stabilire la linea di confine. Siamo ancora in una fase d´incertezza climatica. Ci vorrà qualche anno, due, tre, forse dieci, perché il quadro del mutamento si delinei con più chiarezza e il riscaldamento globale si manifesti in maniera netta». Cosa ci aspetta? «Niente di buono anche perché ci siamo ostinati a rinviare i correttivi che gli scienziati avevano suggerito da tempo e che ruotano tutti attorno al drastico taglio delle emissioni di gas serra». Abbiamo fatto poco. «Pochissimo. Negli ultimi dieci anni le emissioni che modificano il clima sono cresciute del 35 per cento e gli impianti inquinanti si sono moltiplicati in maniera allarmante. Faccio solo un esempio: nel 2007 la Cina ha aperto una nuova centrale a carbone a settimana». Ma anche le fonti rinnovabili hanno avuto un bel rilancio. «Questo è vero, in Germania le pale eoliche sono diventate una presenza estremamente diffusa e il beneficio in termini energetici e ambientali è netto. Certo non altrettanto si può dire in Francia e in Italia». Questo potrebbe essere l´anno della svolta: al summit di Copenaghen potrebbe nascere l´alleanza tra l´Europa, gli Stati Unti di Obama e la Cina preoccupata dai disastri climatici che la stanno colpendo. «Me lo auguro, ma le resistenze restano forti. è arrivato il momento di spingere con decisione sul pedale del cambiamento: alcune conseguenze del riscaldamento globale sono ormai inevitabili, ma altri danni possono essere evitati». Per esempio? «Per esempio le vittime da ondate di calore. Costruendo le città in modo più intelligente, cioè con case bioclimatiche che non hanno bisogno di condizionatori e con un uso accorto del verde, si potranno salvare molte vite. Basta pensare al prezzo terribile che è stato pagato nell´estate del 2003, la prima in cui abbiamo sperimentato la ferocia di un modello climatico che potrebbe diventare abituale».

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Chrysler, ok all'intesa fra creditori e Tesoro (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 29-04-2009)

Argomenti: Obama

AUTOMOBILI Chrysler, ok all'intesa fra creditori e Tesoro Le banche e gli istituti creditori insieme al governo avranno una quota del 10 per cento ASSE ITALIA-STATI UNITI Casa Bianca L'amministrazione Obama si è detta «soddisfatta» dell'accordo banchieri-governo [FIRMA]FRANCESCO SEMPRINI WASHINGTON Il governo americano e le banche trovano l'intesa sulla ristrutturazione del debito di Chrysler e fanno un altro passo avanti verso l'allenza con Fiat il cui esito sarà noto non prima di domani sera. Il braccio di ferro tra Tesoro e creditori ha portato a una bozza d'accordo nella notte di lunedì, durante un round di consultazioni che Sergio Marchionne ha seguito da presso. L'amministratore delegato di Fiat è giunto a Washington per il rush finale di consultazioni in vista della scadenza del 30 aprile, termine ultimo entro cui Chrysler deve presentare alla task force di Steven Rattner, il piano di riordino e l'allenza col Lingotto. Secondo fonti vicine alla trattativa le quattro grandi banche creditrici, ovvero Jp Morgan, Citigroup, Goldman Sachs e Morgan Stanley, hanno acconsentito a tagliare il debito da 6,9 a 2 miliardi di dollari. Si tratta di una svalutazione del 70% dell'esposizione ben lontana dalle richieste delle banche. In cambio i creditori potrebbero non ricevere azioni, o tuttalpiù una quota molto bassa del capitale, Chrysler, confermano fonti di mercato: «Per questo è una concessione molto significativa». L'amministrazione del presidente Obama si dice «soddisfatta», l'accordo fra le banche creditrici e il governo rappresenta un «passo importante» verso l'intesa secondo il portavoce della Casa Bianca, Robert Gibbs, che però avverte «c'é ancora della strada da fare». Per divenire formale il patto richiede il via libera di tutti i creditori, un gruppo che fra banche, hedge fund e gestori conta 45 membri. «Scommetto che non tutti appoggeranno l'intesa», dice un'altra fonte di mercato secondo cui in caso di bocciatura l'amministrazione di Barack Obama potrebbe essere costretta a chiedere l'avvio di un «bancarotta chirurgica». Quel che è certo è che si tratterà di una decisione dell'ultimo minuto visto che le trattative per mettere a punto l'alleanza tra l'azienda di Auburn Hills e il Lingotto proseguiranno sino a giovedì, come conferma il vicepresidente del gruppo torinese, John Elkann. Non è detto inoltre che un eventuale accordo tra Tesoro e istituti di credito non garantisce la soluzione del riordino fuori dalle aule del tribunale. L'ipotesi della «soft bankruptcy» ovvero una bancarotta pilotata di Chrysler col ricorso al Chapter 11, non comprometterebbe comunque la nascita dell'asse Detroit-Torino. Sull'ipotesi ha aperto anche Elkann: «il Chapter 11 è un termime che può avere molte varianti, bisognerà vedere quali sono». In vista del referendum è stata presentata dal sindacato americano nel corso di una riunione agli iscritti di uno stabilimento di Sterling Heights, in Michigan un sommario contenente le specifiche in caso di accordo. Uaw entrerebbe in Chrysler con una quota di capitale del 55%, Fiat col 35%, mentre il 10% residuo andrebbe a governo e banche ma non è chiaro in che forma e con quale ripartizione. L'intesa prevede inoltre il versamento di 4,59 miliardi da parte nell'azienda nel fondo pensioni Veba gestito dal sindacato. Il Uaw dovrebbe anche ottenere una rappresentanza nel Cda della casa automobilistica. Saranno inoltre creati 4 mila nuovi posti destinati ai lavoratori aderenti al sindacato e la produzione negli stabilimenti americani di almeno un'auto piccola targata Fiat. Un certo ottimismo è stato espresso anche dal ceo di Chrysler, Bob Nardelli secondo cui l'uscita definitiva di Daimler dall'azionariato è un altro passo verso la nascita dell'asse Detroit-Torino. Intanto, il Wsj scrive che la riorganizzazione di Chrysler dovrebbe prevedere anche l'unione della sua divisione finanziaria in Gmac.

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Nardelli Per il boss di Chrysler l'uscita di Daimler dal capitale è un nuovo importante passo avanti (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 29-04-2009)

Argomenti: Obama

Nardelli Per il boss di Chrysler «l'uscita di Daimler dal capitale è un nuovo importante passo avanti» Occupazione Il patto prevede la creazione di 4 mila posti di lavoro per gli iscritti al sindacato Citycar In programma anche la costruzione negli Usa di una «piccola» targata Torino [FIRMA]FRANCESCO SEMPRINI WASHINGTON Il governo americano e le banche trovano l'intesa sulla ristrutturazione del debito di Chrysler e fanno un altro passo avanti verso l'allenza con Fiat il cui esito sarà noto non prima di domani sera. Il braccio di ferro tra Tesoro e creditori ha portato a una bozza d'accordo nella notte di lunedì, durante un round di consultazioni che Sergio Marchionne ha seguito da presso. L'amministratore delegato di Fiat è giunto a Washington per il rush finale di consultazioni in vista della scadenza del 30 aprile, termine ultimo entro cui Chrysler deve presentare alla task force di Steven Rattner, il piano di riordino e l'allenza col Lingotto. Secondo fonti vicine alla trattativa le quattro grandi banche creditrici, ovvero Jp Morgan, Citigroup, Goldman Sachs e Morgan Stanley, hanno acconsentito a tagliare il debito da 6,9 a 2 miliardi di dollari. Si tratta di una svalutazione del 70% dell'esposizione ben lontana dalle richieste delle banche. In cambio i creditori potrebbero non ricevere azioni, o tuttalpiù una quota molto bassa del capitale, Chrysler, confermano fonti di mercato: «Per questo è una concessione molto significativa». L'amministrazione del presidente Obama si dice «soddisfatta», l'accordo fra le banche creditrici e il governo rappresenta un «passo importante» verso l'intesa secondo il portavoce della Casa Bianca, Robert Gibbs, che però avverte «c'é ancora della strada da fare». Per divenire formale il patto richiede il via libera di tutti i creditori, un gruppo che fra banche, hedge fund e gestori conta 45 membri. «Scommetto che non tutti appoggeranno l'intesa», dice un'altra fonte di mercato secondo cui in caso di bocciatura l'amministrazione di Barack Obama potrebbe essere costretta a chiedere l'avvio di un «bancarotta chirurgica». Quel che è certo è che si tratterà di una decisione dell'ultimo minuto visto che le trattative per mettere a punto l'alleanza tra l'azienda di Auburn Hills e il Lingotto proseguiranno sino a giovedì, come conferma il vicepresidente del gruppo torinese, John Elkann. Non è detto inoltre che un eventuale accordo tra Tesoro e istituti di credito non garantisce la soluzione del riordino fuori dalle aule del tribunale. L'ipotesi della «soft bankruptcy» ovvero una bancarotta pilotata di Chrysler col ricorso al Chapter 11, non comprometterebbe comunque la nascita dell'asse Detroit-Torino. Sull'ipotesi ha aperto anche Elkann: «il Chapter 11 è un termime che può avere molte varianti, bisognerà vedere quali sono». In vista del referendum è stata presentata dal sindacato americano nel corso di una riunione agli iscritti di uno stabilimento di Sterling Heights, in Michigan un sommario contenente le specifiche in caso di accordo. Uaw entrerebbe in Chrysler con una quota di capitale del 55%, Fiat col 35%, mentre il 10% residuo andrebbe a governo e banche ma non è chiaro in che forma e con quale ripartizione. L'intesa prevede inoltre il versamento di 4,59 miliardi da parte nell'azienda nel fondo pensioni Veba gestito dal sindacato. Il Uaw dovrebbe anche ottenere una rappresentanza nel Cda della casa automobilistica. Saranno inoltre creati 4 mila nuovi posti destinati ai lavoratori aderenti al sindacato e la produzione negli stabilimenti americani di almeno un'auto piccola targata Fiat. Un certo ottimismo è stato espresso anche dal ceo di Chrysler, Bob Nardelli secondo cui l'uscita definitiva di Daimler dall'azionariato è un altro passo verso la nascita dell'asse Detroit-Torino. Intanto, il Wsj scrive che la riorganizzazione di Chrysler dovrebbe prevedere anche l'unione della sua divisione finanziaria in Gmac.

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