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Report "Obama"   29 maggio - 2 giugno 2009


Indice degli articoli

Sezione principale: Obama

"Sì, forse ho sbagliato" E Dario ordina lo stop ( da "Stampa, La" del 29-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: La crisi mondiale sta facendo vacillare il primato dell'avere, della ricchezza, dell'apparenza e dunque delle ragazze che si affidano ai tanti "Papi" per scalare; vince invece il modello Obama, lo sfigato sorretto da un afflato religioso che diventa l'uomo più potente del mondo, studiando, dandosi da fare, con accanto una famiglia solida».

Rivelazioni in Gb, la Casa Bianca smentisce ( da "Stampa, La" del 29-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Obama Rivelazioni in Gb, la Casa Bianca smentisce Un soldato Usa mentre stupra una detenuta, un interprete che violenta un prigioniero, abusi sessuali sui prigionieri realizzati con un manganello, filo metallico, un tubo fosforescente. Sarebbero questi i contenuti delle foto che documentano gli abusi sui detenuti da parte dei soldati Usa tra il 2001 e il 2005 ad Abu Ghraib e in altri

Dagli Usa in Vaticano un teologo anti-aborto ( da "Stampa, La" del 29-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Obama ha scelto di farsi rappresentare in Vaticano da Miguel Diaz, professore di teologia e attivista «pro life» accomunato al Papa dall'interesse per il tedesco Karl Rahner. Una decisione definita «eccellente» dalla Santa Sede. Obama ha prestato ascolto all'episcopato americano che gli aveva sconsigliato di sostenere credenti «

Obama a Israele: stop ai coloni ( da "Stampa, La" del 29-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: ACCETTARE LA RICHIESTA USA DI FERMARE GLI INSEDIAMENTI Obama a Israele: stop ai coloni Il presidente Usa appoggia le richieste di Abu Mazen in visita a Washington [FIRMA]MAURIZIO MOLINARI CORRISPONDENTE DA NEW YORK Barack Obama accoglie il presidente palestinese Abu Mazen alla Casa Bianca e chiede a Israele di «porre fine all'espansione degli insediamenti in Cisgiordania» perché «

Chavez ha regalato il suo libro a Obama ( da "Stampa, La" del 29-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: global Chavez ha regalato il suo libro a Obama È bastato che il presidente venezuelano Chavez lo regalasse a Barack Obama, nel corso del loro primo incontro del 19 aprile scorso, perché il libro simbolo dell'anticolonialismo americano, «Le vene aperte ddell'America Latina», pubblicato da Eduardo Galeano nel 1971, tornasse al centro dell'attenzione,

Come farà Obama senza il suo gobbo? ( da "Stampa, La" del 29-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: farà Obama senza il suo gobbo?» Un colpo di vento ha offerto al vice-presidente Joe Biden l'occasione per una battuta ai danni del presidente Barack Obama, criticato per l'uso continuo del gobbo nei suoi discorsi. Una folata di brezza ha fatto cadere a terra uno degli schermi trasparenti usati da Biden per leggere il suo discorso ieri ai cadetti della Air Force Academy in Colorado.

"Poliziotti panzoni", bufera su Brunetta ( da "Stampa, La" del 29-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: La trasparenza sugli stipendi («Un mio leit motiv»), persino gli Usa lo copiano: «Ho notato che Obama si sta battendo su questo stesso tema». Altre provocazioni: «Contro le burocrazie, sposterei a Milano il ministero dell'Economia». Le zecche sui treni? «Se fossi il capo delle Fs, taglierei la testa al direttore generale».

Opel divide Merkel e Obama ( da "Stampa, La" del 29-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Italia va Scajola Opel divide Merkel e Obama Nessuna pressione Fiat ha presentato un progetto di grande spessore Siamo stati sorpresi che la richiesta dei 300 milioni non sia emersa prima Claudio Scajola Peer Steinbrück ALESSANDRO ALVIANI FRANCESCO SEMPRINI Un vertice che doveva essere decisivo e che si è risolto in un clamoroso fallimento.

Quattro milioni di armi vendute ogni anno ( da "Stampa, La" del 29-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Il divieto è scaduto nel 2004 e non è stato rinnovato da Bush. Obama vuole introdurre restrizioni e per questo si è scatenata una corsa all'acquisto. Secondo l'Fbi da novembre oltre sette milioni di persone hanno fatto l'applicazione per ottenere il porto d'armi.

Bimba di tre anni spara al fratellino ( da "Stampa, La" del 29-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Ma negli Usa almeno una famiglia su dieci con bambini ha un'arma da fuoco in casa per di più carica, e il rischio è che la percentuale sia destinata a salire velocemente dopo che il previsto giro di vite sulla vendita da parte del presidente Barack Obama ha provocato una vera e propria corsa all'armamento.

"Magistrati eversivi" Il Cavaliere rompe l'equilibrio col Colle ( da "Stampa, La" del 29-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: A chi telefona Obama se vuole conoscere la posizione? Non ha un numero di telefono». Noi siamo qui apposta, fanno notare educatamente a Praga. Ma il Cavaliere è tornato un panzer. Vorrebbe zittire i commissari Ue «che parlano tutto il giorno e danno fastidio», solo il Presidente Barroso dovrebbe aprire bocca.

Italiani quinti in Europa per la navigazione nel web ( da "Stampa, La" del 29-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: contrastante con le ultime misure annunciate da Obama». Chi cerca di connettersi al servizio di messaggistica istantanea riceve un messaggio di errore. Oltre a Cuba gli altri Paesi penalizzati sono Iran, Corea del Nord, Siria e Sudan. Nel mese di aprile 21,23 milioni di italiani hanno navigato sul Web, trascorrendo in media 19 ore in rete e visitando 1.

obama: israele ha l'obbligo ( da "Repubblica, La" del 29-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Pagina 1 - Prima Pagina DI FERMARE LE COLONIE STABILE E ZAMPAGLIONE A PAGINA 30 Sulla crisi: "America fuori dal baratro" Obama: Israele ha l´obbligo SEGUE A PAGINA 30

ma netanyahu dice no "le colonie non si toccano" - alberto stabile ( da "Repubblica, La" del 29-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: In quell´occasione Obama ha detto a Netanyahu che considera il blocco degli insediamenti come un punto chiave per raggiungere un accordo di pace coi palestinesi. Per inciso, questa questione sarà al centro dell´incontro tra il presidente Obama e il leader palestinese Abu Mazen, previsto in tarda serata, a Washington.

obama: "israele ha l'obbligo di fermare gli insediamenti" - arturo zampaglione ( da "Repubblica, La" del 29-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Esteri Obama: "Israele ha l´obbligo di fermare gli insediamenti" Incontro con Abu Mazen: sì al piano di pace saudita Il presidente Usa in partenza per il Medio Oriente: tappe a Riad e al Cairo ARTURO ZAMPAGLIONE NEW YORK - Barack Obama incontra alla Casa Bianca il presidente palestinese Abu Mazen, e alla fine del vertice scandisce:

e barack sceglie gli ambasciatori per roma è pronto david thorne ( da "Repubblica, La" del 29-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: nello scegliere la nuova leva di ambasciatori per le sedi estere più prestigiose, Barack Obama non ha rotto con le tradizioni del passato, né ha privilegiato nomi famosi, di grido, come ad esempio Caroline Kennedy. Si è orientato invece, come i predecessori, su personaggi che lo hanno aiutato nella vittoria elettorale e che hanno stretti legami con il partito.

brunetta:"dietro le scrivanie troppi poliziotti panzoni" - roberto mania ( da "Repubblica, La" del 29-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: che Obama lo ha copiato nella battaglia sulla trasparenza delle retribuzioni pubbliche. E poi che sposterebbe il ministero delle Finanze a Milano e che il Cnr (il Centro nazionale delle ricerche) si è trasformato in «un baraccone burocratico». Ma è sui «poliziotti panzoni» che è scoppiata la bufera con la rivolta di tutte le associazioni della categoria,

berlusconi: l'esercito nei siti per le centrali nucleari - luisa grion ( da "Repubblica, La" del 29-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: è una presenza autorevole: a chi telefona Obama per sapere com´è va?» si è chiesto. Intervengono «in troppi» a partire «dai Commissari che parlano tutto il giorno e così danno fastidio». In chiusura in tema amato dalla platea: il premier ha promesso interventi «sullo scandalo» dei ritardi nei pagamenti della pubblica amministrazione.

dalla sicilia agli usa il ragazzo prodigio del sax - gino castaldo ( da "Repubblica, La" del 29-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: E a gennaio è stato l´unico italiano al concerto per Barack Obama Chi lo ascolta resta impressionato dall´esuberante fantasia improvvisativa e dalla perfezione del fraseggio. Così è diventato un fenomeno del jazz GINO CASTALDO Da qualche tempo l´Italia riesce a esprimere notevoli bagliori sulla scena internazionale del jazz.

ultimatum, accuse e sgarbi berlino e washington ai ferri corti - andrea tarquini ( da "Repubblica, La" del 29-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: America di Barack Obama, l´amministrazione Usa respinge fermamente le critiche tedesche. Sul futuro della Opel è esploso ormai un durissimo scontro politico tra Berlino e Washington, e quasi minaccia di diventare il più pesante confronto tra le due potenze da quando con Schroeder al governo la Repubblica federale disse no alla guerra contro Saddam Hussein.

"occhio ai colpi di coda dei mercati" ( da "Repubblica, La" del 29-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Per Obama l´economia americana è fuori dal baratro. Qual è la sua percezione del sistema economico e finanziario degli Stati Uniti? «Sicuramente è un fatto positivo che Wall Street abbia ripreso quota e permesso alle banche di raccogliere capitale di rischio sul mercato per rafforzare la propria solidità patrimoniale.

obama: economia fuori dal baratro - sara bennewitz ( da "Repubblica, La" del 29-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Pagina 30 - Economia Obama: economia fuori dal baratro Dati ok su lavoro e ordini. G20 a Pittsburgh. Greggio, ripresa della domanda SARA BENNEWITZ MILANO - Il peggio è passato per l´economia americana. Queste le parole con cui ieri il presidente Usa Barack Obama ha cercato di lanciare messaggi rassicuranti.

TRA USA ( da "Corriere della Sera" del 29-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: palestinese Abu Mazen è arrivato a Washington per incontrare Barack Obama, un botta e risposta privo di eufemismi ha segnalato tutta la complessa difficoltà e le divergenze che ostacolano il rilancio del processo di pace in Medio Oriente. Il presidente Obama, ha detto il segretario di Stato, «vuole vedere il blocco di tutti gli insediamenti nei territori palestinesi, non solo di alcuni,

Obama manda un teologo in Vaticano ( da "Corriere della Sera" del 29-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: che si frapponeva ad un incontro tra il Obama e Benedetto XVI. «Se il presidente Usa chiederà di vedere il Santo Padre, sarà senz'altro ricevuto », fanno sapere Oltretevere. A questo punto è probabile che Obama possa vedere il Papa nei giorni del G8 che si riunirà a L'Aquila dall'8 al 10 luglio: il 13 è previsto che il Papa parta per le vacanze in Val D'Aosta,

Nuovi diplomatici ( da "Corriere della Sera" del 29-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: 17 Le altre nomine Nuovi diplomatici WASHINGTON Nuovi ambasciatori Usa per alcune capitali-chiave: Obama ha infatti nominato Louis Susman, ex vice presidente di Citigroup, a Londra, il consulente sulla sicurezza Charles H. Rivkin a Parigi, l'ex deputato Tim Roemer a New Delhi e l'avvocato della Silicon Valley John V. Roos a Tokyo.

Le foto di Abu Ghraib: spunta anche l'accusa di stupri ( da "Corriere della Sera" del 29-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Iraq ma anche dall'Afghanistan, alla cui divulgazione il presidente Obama oppone il veto. In una si vedono i soldati che abusano di una donna incarcerata. In un'altra, un interprete si accanisce su un detenuto. Stupri e abusi sessuali, fissati e stampati. Nessuno ha distrutto le prove. Forse gli autori confidavano sull'impunità.

Le visioni di Castells e l'automa finanziario ( da "Corriere della Sera" del 29-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: E gli investimenti che il presidente Obama sta orientando in questo senso assicurano l'impulso necessario. Grazie, in primo luogo, al forte appoggio di cui gode fra gli americani. In Europa, invece, lo scenario è diverso spiega visto che le società civili di quasi tutti i paesi hanno una totale sfiducia nelle classi politiche.

Obama: recessione, baratro alle spalle ( da "Corriere della Sera" del 29-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Obama: recessione, baratro alle spalle WASHINGTON L'economia americana «è uscita da baratro », il peggio è passato, «c'è una calma che non esisteva prima» anche se «rimane molto da fare». Lo ha dichiarato Barack Obama a un banchetto a Beverly Hills, dove le star di Hollywood dal regista Steven Spielberg all'attore Antonio Banderas hanno raccolto oltre quattro milioni di dollari per

( da "Corriere della Sera" del 29-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: accadrà ha aggiunto e sta già accadendo grazie agli Stati Uniti e non contro di essi: perché l'amministrazione Obama è il primo tra i governi a volere questa metamorfosi». Quanto all'Europa, la sua chance per Siniscalco potrebbe essere quella di svolgere un ruolo di arbitro tra Usa e Cina, sfruttando il debito in euro come un'alternativa al debito in dollari degli investitori asiatici.>

Ricciotti, archistar noglobal ( da "Corriere della Sera" del 29-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Obama, l'abbia capito: infatti sta impegnando il Paese in grandi lavori edilizi. L'economia edilizia è una economia territoriale, non è virtuale e non ha a che fare con i paradisi fiscali». La poetica di Ricciotti è una sorta di declinazione architettonica di un intervento keynesiano a sostegno dell'occupazione.

Obama ad Israele: stop ai coloni ( da "Stampaweb, La" del 29-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Obama ha vestito i panni del mediatore fra israeliani e palestinesi, sottolineando l?impegno «a lavorare alla soluzione del conflitto senza aspettare la conclusione dei mio mandato». Rivolgendosi a Israele, Obama ha sottolineato a più riprese la necessità di «bloccare la crescita gli insediamenti» rispondendo così a quanto poche ore prima il governo di Gerusalemme aveva affermato

"Cyberterrorismo minaccia reale" Obama annuncia nuove misure ( da "Repubblica.it" del 29-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Barack Obama, nell'annunciare nuove misure per garantire maggiore sicurezza del cyberspazio che, ha precisato, "è reale e reali sono anche i rischi connessi". "Ci affidiamo a internet per pagare le nostre bollette, le nostre tasse, per fare shopping", ha continuato il presidente Usa, affermando che tutte queste interconnessioni "

Obama crea comando per cyberspazio ( da "Stampaweb, La" del 29-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: detto il presidente americano Barack Obama, nell?annunciare la creazione della figura di uno "zar" per la sicurezza digitale alla Casa Bianca. La nuova posizione, il cui responsabile dovrà essere nominato, farà parte dello staff ristretto del presidente e lo "zar" entrerà a far parte sia del Consiglio per la sicurezza nazionale, sia di quello che coordina le iniziative economiche.

"Cyberterrorismo, minaccia reale" Obama annuncia nuove misure ( da "Repubblica.it" del 29-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Barack Obama annunciando nuove misure per garantire maggiore sicurezza nel cyberspazio che, ha precisato, "è reale e reali sono anche i rischi connessi". "Ci affidiamo a internet per pagare le nostre bollette, le nostre tasse, per fare shopping", ha continuato il presidente Usa, affermando che tutte queste interconnessioni "sono una promessa ma anche un pericolo"

Fra Guantanamo e la Luna torna il festival delle serie tv ( da "Repubblica.it" del 29-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: ospite d'onore l'astronauta Buzz Aldrin In programma film sulla prigione americana, sulla Cisgiordania, sull'elezione di Obama Fra Guantanamo e la Luna torna il festival delle serie tv Il direttore artistico Della Casa: "E' lo spettacolo popolare per eccellenza il mondo in cui si raccontano storie e in cui le varie societ

corea, l'america non crede ai test atomici - giampaolo cadalanu ( da "Repubblica, La" del 30-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: amministrazione Obama è stata costretta a seguire con attenzione gli sviluppi nell´area, perché Washington teme che i test nucleari di Pyongyang diano il via a una nuova rincorsa agli armamenti che coinvolgerebbe anche Giappone e Cina. Sullo sfondo delle incertezze legate anche alle condizioni di salute del "caro leader ",

obama lancia la sfida agli hacker - arturo zampaglione ( da "Repubblica, La" del 30-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Obama lancia la sfida agli hacker Uno "zar" per la sicurezza digitale. E il Pentagono si prepara alla cyberguerra Negli ultimi anni la cybercriminalità è costata 8 miliardi di dollari agli americani "D´ora in poi la struttura telematica sarà trattata come un bene strategico nazionale" ARTURO ZAMPAGLIONE NEW YORK - L´America di Barack Obama si prepara a combattere le nuove guerre

germania amara per la fiat magna a un passo dalla opel - andrea tarquini ( da "Repubblica, La" del 30-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: gli inviati dell´amministrazione Obama, e i negoziatori di Gm e Magna, hanno fatto ieri sera tardi un passo decisivo. Il governo tedesco ha infatti dato il primo via libera alla trattativa Gm-Magna per l´acquisto di Opel da parte della seconda. Tramonta il sogno di una soluzione europea per mantenere in vita lo storico marchio tedesco,

"più credito alle imprese e stimolare i consumi" - giorgio lonardi ( da "Repubblica, La" del 30-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Economia Obama flessibile "Più credito alle imprese e stimolare i consumi" Akerlof, premio Nobel: per battere la crisi serve una vera riforma della finanza La Casa Bianca deve essere flessibile: il suo obiettivo è raggiungere la piena occupazione, molte le strade possibili GIORGIO LONARDI DAL NOSTRO INVIATO TRENTO - Capelli bianchi,

Opel, sì di Berlino Gm tratta con Magna ( da "Corriere della Sera" del 30-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: amministrazione americana di Barack Obama volesse fare fallire le riunioni berlinesi per evitare che la Opel finisse in amministrazione fiduciaria, si staccasse così da Gm e sottraesse a quest'ultima asset tecnologia e brevetti che invece sarebbero stati utili nel corso della bancarotta che Gm si appresta a dichiarare, probabilmente il primo giugno.

Obama lancia i cybermilitari ( da "Corriere della Sera" del 30-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: linee aree Obama lancia i cybermilitari Unità speciali, guidate da uno zar, contro gli attacchi informatici DAL NOSTRO CORRISPONDENTE WASHINGTON Ciò che è virtuale è reale. Parafrasando una celebre corrispondenza hegeliana, Barack Obama lancia l'allarme sui rischi che lo spazio cibernetico pone alla sicurezza degli Stati Uniti,

La pausa pranzo del presidente ( da "Corriere della Sera" del 30-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: 2009 - pag: 16 Hamburger La pausa pranzo del presidente Barack Obama ordina un hamburger da Five Guys Burgers & Fries di Washington: non è la prima volta che il presidente esce, con tutta la scorta, a comprare il pranzo in un fast-food. Una voluta rottura (d'immagine) con Bush, che viveva blindato nella Casa Bianca (Ap)

Ferrero: siamo i campioni della ( da "Corriere della Sera" del 30-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: 5 milioni di sostenitori sul social network Facebook dopo il presidente degli Stati Uniti Barack Obama e la Coca Cola), i Kinder, Rocher, Tic Tac. Il colosso dolciario che ha chiuso l'esercizio 2007-08 con un fatturato consolidato di 6.214 milioni di euro, in crescita dell'8,2% rispetto all'anno scorso, conta nel mondo 38 società e 14 stabilimenti.

Nucleare, monito Usa a Pyongyang ( da "Stampaweb, La" del 30-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Obama ha dato la sua disponibilità ad aprire un dialogo anche con le dittature più intransigenti, ma ciò - ha precisato - non vuole dire che gli Stati Uniti sono disposti ad accettare «pressioni e provocazioni». Secondo quanto riporta il New York Times, i militari al seguito di Gates hanno detto che i colloqui di Singapore hanno lo scopo di intensificare le pressioni internazionali

Merkel: per Opel Obama decisivo ( da "Stampa, La" del 31-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: L'azienda tedesca andrà al gruppo Magna Merkel: per Opel Obama decisivo "Trattativa sbloccata da una telefonata" La Opel andrà al gruppo austro-canadese Magna. L'annuncio ufficiale è stato dato dalla Cancelliera tedesca Angela Merkel, che ha spiegato come sia stata risolutiva una telefonata di Obama.

VACUITA' DELLA POLITICA ( da "Stampa, La" del 31-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: E non finisce perché c'è Obama, ma c'è Obama perché finisce». Questo spiega come mai Berlusconi - a seguito della sentenza Mills che lo indica come corruttore di testimoni e della vicenda Noemi in cui appare come boss che esibisce private sregolatezze fino a sfidare il tabù della minorenne - irrita più che mai chi ci guarda da fuori.

03/06/2009 Il presidente americano in Arabia Nel primo giorno del suo viaggio Obama incontrer&... ( da "Stampa, La" del 31-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: 03/06/2009 Il presidente americano in Arabia Nel primo giorno del suo viaggio Obama incontrerà il re Abdullah a Riad.

[FIRMA]MAURIZIO MOLINARI CORRISPONDENTE DA NEW YORK Barack Obama scommette sul discorso del 4 ... ( da "Stampa, La" del 31-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Obama per avere il massimo impatto su un pubblico di un miliardo di musulmani, arabi e non arabi. A tale riguardo il riserbo della Casa Bianca è molto stretto ma poiché Obama, incontrando Abu Mazen, ha detto che «sarebbe inappropriato» non affrontare il conflitto israelo-palestinese, è attorno a come farlo che si sviluppa a Washington il dibattito fra i veterani del Medio Oriente.

04/06/2009 Egitto: il discorso al mondo arabo Obama vedrà il presidente Mubarak e parler&... ( da "Stampa, La" del 31-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: 04/06/2009 Egitto: il discorso al mondo arabo Obama vedrà il presidente Mubarak e parlerà alla Università del Cairo.

Barack media senza favoritismi ( da "Stampa, La" del 31-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Obama è stato chiarissimo su un punto sensibile: «Stop agli insediamenti israeliani in Cisgiordania, ledono la prospettiva dei due Stati». Netanyahu, per ora, non cede.Con Abu Mazen Barack Obama ha ricevuto Abu Mazen giovedì scorso è gli ha dato un appoggio molto più esteso che nella precedente Amministrazione: «Serve continuità geografica fra i territori palestinesi per avere uno

Non diventerà una potenza atomica ( da "Stampa, La" del 31-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Il fatto che il presidente Barack Obama abbia affermato che tende la mano ai tiranni pronti ad aprire il loro pugno non significa che sia un ingenuo». E per rafforzare il messaggio fa sapere che «gli Stati Uniti sono determinati a ottenere severe sanzioni dalle Nazioni Unite» contro la Corea del Nord nell'ambito dei negoziati in corso al Consiglio di Sicurezza con Russia e Cina (

La nuova America sconfiggerà le psicosi di Israele ( da "Stampa, La" del 31-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: coraggiosa riforma introdotta dal presidente Obama nella politica degli Stati Uniti non riguarda né l'Iraq, né le torture di Guantanamo, né Cuba, né l'Unione Europea: riguarda Israele. Per la prima volta un governo americano abbandona la linea seguita sino a ora dai suoi predecessori - compreso il presidente Carter che solo dopo aver lasciato la Casa Bianca cambiò idea su quest'

"Mai più arte rubata all'Italia" ( da "Stampa, La" del 31-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Cosa pensa dell'impegno di Michelle Obama per l'arte in America? «L'arte e la cultura erano stati dimenticati negli ultimi anni dall'amministrazione, diventando un frequente obiettivo per i polemisti di destra. La Casa Bianca di Obama ha un approccio diverso per diverse ragioni.

Il futuro di Opel è russo-canadese ( da "Stampa, La" del 31-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: sua telefonata col presidente degli Stati Uniti Barack Obama. Ora «Opel ha una prospettiva per il futuro». L'inquilino della Casa Bianca ha confermato facendo sapere di vedere l'intesa come «un passo positivo per l'industria dell'auto» in vista del salvataggio di Detroit. In Germania l'aggettivo più usato da socialdemocratici e leader regionali è «sollevato»: «sono molto sollevato»

Nessuno dell'amministrazione mi cerca mai, se ho qualche buona idea chiamo Emanuel ( da "Stampa, La" del 31-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: GLI EX COLLABORATORI PERSI DI VISTA «Nessuno dell'amministrazione mi cerca mai, se ho qualche buona idea chiamo Emanuel» «Una volta ho acceso la tv e ho visto Hillary con Obama ma io non ne sapevo nulla»

Bill chiama, Hillary non risponde ( da "Stampa, La" del 31-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: amministrazione Obama come «eclissato» dal nuovo sistema di potere democratico in auge a Washington. A sottolineare la differenza fra gli anni di Clinton e l'era di Obama è Emanuel: «Allora c'erano più divisioni fra noi, ora il team è più affiatato». Come dire, non c'è una fazione di clintoniani dentro l'amministrazione.

Cofferati: "Dobbiamo ridare forza alla buona politica di sinistra" ( da "Stampa, La" del 31-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: predica ottimismo a gente che ha il più basso salario d'Europa e pensioni che non consentono di arrivare a fine mese. Bisogna battere chi, mentre tutti i governanti, da Barak Obama a Angela Merkel, si sono schierati in prima fila per sconfiggere la crisi, si è preoccupato solo delle proprie reti Tv».

MILIONI DI $ PER LE ELETTRO-CHRYSLER Il piano è stato presentato da Chrysler al Dipartim... ( da "Stampa, La" del 31-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: 448 MILIONI DI $ PER LE ELETTRO-CHRYSLER Il piano è stato presentato da Chrysler al Dipartimento dell'Energia Usa per accelerare sviluppo e produzione di veicoli elettrici nell'ambito della motorizzazione pulita voluta da Obama

Cadere e rialzarsi Emozionanti storie di chi non s'arrende ( da "Stampa, La" del 31-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: due anni la campagna elettorale di Barack Obama. Un viaggio negli Stati Uniti, 36 Paesi, migliaia di incontri e storie. Propone quelle di chi si è trovato a fare i conti con una «caduta»: lutti, fallimenti, insuccessi, perdita del lavoro o delle sicurezze. E si sono rialzati. «Nel temperamento americano c'è una qualità, chiamata resiliency, che abbraccia i concetti di elasticità,

Dopo 17 anni Jay Leno abbandona il suo Show ( da "Stampa, La" del 31-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Ma l'unica vera gaffe al Tonight Show, la fece l'attuale presidente Barack Obama, il 19 marzo scorso quando, parlando delle sue scarse prestazioni al bowling, alluse alle Olimpiadi per i portatori di handicap. Il popolarissimo Leno verrà ora sostituito da un altro comico, Conan O' Brien.\

opel alla magna, patto a tre merkel, obama e putin ( da "Repubblica, La" del 31-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Obama e Putin ROMA - Il governo tedesco ha definitivamente scelto Magna, sostenuta dalla banca russa Sberbank, per salvare Opel. Accordo raggiunto grazie al patto a tre Merkel, Obama, Putin. Tremonti: i governi hanno spintonato. Ma per il presidente Fiat, Luca Cordero di Montezemolo:«l´Italia ne è comunque uscita bene».

bush & clinton a sorpresa i due ex d'accordo su tutto ( da "Repubblica, La" del 31-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: ex inquilino della Casa Bianca non ha espresso critiche a Clinton né a Barack Obama. Clinton invece, parlando di Iraq, ha detto che a suo avviso sarebbe stato meglio far lavorare di più gli ispettori Onu prima di attaccare, e che era doveroso concentrarsi di più sull´Afghanistan. Bush, anche se visibilmente irritato, non ha reagito.

la corea prepara il super-razzo gli usa: "non staremo a guardare" - arturo zampaglione ( da "Repubblica, La" del 31-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: «Obama è pronto al dialogo con i tiranni che rinuncino a ogni ostilità», ha ricordato ieri Gates, che è l´unico ministro di George W. Bush a essere stato confermato nell´incarico dal nuovo presidente. «Obama è fiducioso, ma non ingenuo», ha proseguito: «Non si piegherà alle pressioni o alle provocazioni».

magna conquista opel merkel: "grazie obama" - andrea tarquini ( da "Repubblica, La" del 31-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: abbiamo raggiunto l´intesa su una soluzione ragionevole grazie all´aiuto di Obama con cui ho avuto un colloquio telefonico». L´accordo segna il primato della politica, e la supremazia dei leader delle grandi potenze e della loro strategia industriale: Obama, Merkel, Putin e Medvedev. Ma proprio sul ruolo dei governi è polemica.

marchionne conclude con chrysler con un occhio ai francesi di peugeot - salvatore tropea ( da "Repubblica, La" del 31-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: ma appare evidente che una chiusura rapida e positiva del caso Chrysler è uno spot pubblicitario importante per Barack Obama e può agevolare la decisione per la Gm. Come dire che il ricorso al fallimento pilotato anche per Gm è una strada da seguire. Fiat è interessata a questa decisione perché da essa dipendono il futuro della Saab e quello di Gm Latino America.

una cascina di murazzano palestra aperta sul mondo - carlo petrini ( da "Repubblica, La" del 31-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: si chiama orgogliosamente Obama. Il sistema è rivoluzionario perché non offre solo l´opportunità di imparare e di esprimere la propria creatività lavorando in agricoltura. Se una volta fare il pastore in un luogo simile costringeva a isolarsi dal mondo, ora è un universo di persone in movimento che prova a spingersi fino a qua,

Merkel chiama Obama Opel passa a Magna ( da "Corriere della Sera" del 31-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: sulla Fiat governo distratto Merkel chiama Obama Opel passa a Magna Tremonti: cambiate in corsa le regole Sarà il gruppo austro-canadese Magna a rilevare il controllo di Opel da General Motors. Via libera del governo tedesco. La cancelliera, Angela Merkel: «Accordo ragionevole raggiunto con l'aiuto del presidente Usa Obama».

Opel alla cordata Magna Merkel: intesa con Obama ( da "Corriere della Sera" del 31-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: 31/05/2009 - pag: 2 Opel alla cordata Magna Merkel: intesa con Obama Undicimila esuberi in Europa. Gli Usa: passo positivo DAL NOSTRO CORRISPONDENTE BERLINO Pfui, la Opel Koalition tira un sospiro di sollievo. Il governo tedesco ha evitato per un soffio che il salvataggio della casa automobilistica gli scoppiasse in mano.

Scajola: vigileremo sugli aiuti ( da "Corriere della Sera" del 31-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: accordo Opel-Magna c'è stata una telefonata Merkel- Obama che ha spianato la strada. Non risulta, invece, che ci siano stati passi del governo italiano presso il cancelliere tedesco a sostegno della Fiat. «I contatti col governo di Berlino ci sono stati. Io stesso dice ho incontrato il rappresentante del governo tedesco.

La Cancelliera e la forza opaca della lobby russa ( da "Corriere della Sera" del 31-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: non aveva altra scelta fuor che quella di accettare la decisione garantita dal governo di Berlino, ma il vertice telefonico fra Merkel e Obama, nelle scorse ore, mette implicitamente in evidenza l'assenza del governo italiano. So che gli interventi sono utili quando sono accompagnati da garanzie finanziarie e che l'Italia, in questo momento, non era in grado di offrire alcunché.

( da "Corriere della Sera" del 31-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: telefonata fra la cancelliera Merkel e il presidente Usa Obama. Per il Pd, comunque sia, Berlusconi avrebbe dovuto fare di più. Ed è anche colpa del governo italiano se la Fiat non è riuscita ad aggiudicarsi l'operazione. Denuncia il segretario Dario Franceschini: «Si tratta di un'occasione perduta: altri governi si sono impegnati in modo molto determinato per sostenere le loro imprese,

Obama in Germania, viaggio della memoria ( da "Corriere della Sera" del 31-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: racconta la sua vicenda Obama in Germania, viaggio della memoria Con lo zio che «liberò» Buchenwald visiterà lager e città bombardate dagli Alleati DAL NOSTRO INVIATO CHICAGO Di lui, in campagna elettorale, Barack Obama aveva raccontato che «marciò con Patton e fece parte del primo gruppo di soldati americani che arrivarono ad Auschwitz e liberarono il campo di concentramento »

Barack corregge Sonia: oggi direbbe cose diverse ( da "Corriere della Sera" del 31-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: DAL NOSTRO CORRISPONDENTE WASHINGTON Barack Obama scende in campo a difesa di Sonia Sotomayor, il giudice che ha designato per la Corte Suprema e che, se fosse confermata, diventerebbe la prima ispano-americana a sedere nella massima magistratura degli Stati Uniti. Obama è stato costretto a intervenire, dopo gli attacchi lanciati dai repubblicani conservatori contro la candidata,

I CONTI CON LA STORIA E IL FANTASMA DI BOMBER HARRIS ( da "Corriere della Sera" del 31-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: è diventata il simbolo di questo sentimento postumo di vergogna di cui oggi Obama in qualche modo fa ammenda: un bombardamento inutile, che uccise almeno 36 mila persone e ridusse in macerie fumanti un'area di 15 chilometri quadrati, su una città priva di industrie belliche degne di nota e quasi indifesa in una Germania già invasa e ormai sconfitta.

Maroni e la sicurezza ( da "Corriere della Sera" del 31-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Quindi, il vento nuovo della presidenza Obama soffia anche in questa materia e anche tra gli alleati. La lotta però si estende ai pirati nel Golfo di Aden, visto che gli assalti ai cargo e alle navi passeggeri servono anche, secondo molte evidenze di intelligence, a finanziare Al Qaeda.

Obama e le richieste americane che mettono in crisi la lenta Europa ( da "Corriere della Sera" del 31-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Ed ecco ora Obama, di gran lunga più convincente, ma pur sempre americano. Ci si chiede se gli esponenti incaricati da Obama si rendano davvero conto del perdurante divario tra Europa e Stati Uniti o magari si sono convinti che l'abisso sia soltanto opera di Bush ed è ormai destinato a svanire.

DIETRO LA CRISI DEL PAKISTAN L'OMBRA LUNGA DEL KASHMIR ( da "Corriere della Sera" del 31-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Obama ha offerto aiuti al Pakistan in cambio di un maggiore impegno contro i talebani. Ma più che alla minaccia talebana nei cui riguardi va scontata una certa ambiguità di Islamabad per la sua identitaria purezza islamica, la fragilità del Pakistan è legata anche al contrasto con l'India.

Talent Show, l'ultima svolta tv Ora vince chi riconquista i giovani ( da "Corriere della Sera" del 31-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: tanto per farci capire quelli che hanno votato Obama e non Sarah Palin, quelli che amano il rock (anni '70) e non il country. E per la prima volta American Idol ha catturato un pubblico più trasversale, meno scontato. Proprio per seguire Adam che interpretava brani «intoccabili» come «Satisfaction» dei Rolling Stones.

L'Europa da imitare ( da "Corriere della Sera" del 31-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Corriere della Sera sezione: Salute data: 31/05/2009 - pag: 49 Sanità I modelli «universalistici» del vecchio continente sono ora il vero punto di riferimento L'Europa da imitare Le eccellenze (e i guai) dei principali sistemi sanitari dell'Ue. Ai quali si ispira Obama Servizio alle pagine 50-51

Sanità: la ricetta europea ( da "Corriere della Sera" del 31-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: la ricetta europea Obama guarda all'altra parte dell'Atlantico per riformare il sistema Usa: dall'assistenza gratuita fino a 18 anni verso l'assicurazione per tutti Che si ripeta il successo di Harry e Louise? I due personaggi fittizi che spot dopo spot, in una martellante campagna televisiva, nel 1994 riuscirono a convincere gli americani che un servizio sanitario pubblico non s'

berlusconi teme contraccolpi sul g8 "una barbarie spiare in casa mia" - francesco bei ( da "Repubblica, La" del 31-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: ma è un fatto che ancora non ci sia una data confermata per l´incontro bilaterale con Barack Obama. Per cercare di raddrizzare la situazione, Berlusconi ha chiesto di mobilitare anche le ambasciate e gli istituti di cultura italiani all´estero. L´idea è quella di organizzare incontri con i giornalisti e gli opinion leader dei paesi del G8.

treni, aerei, navi è "low cost" la parola d'ordine - ettore livini ( da "Repubblica, La" del 31-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: austerity non risparmia nessuno: Barak Obama ha tolto i jet privati ai supermanager delle case automobilistiche Usa sull´orlo del crac. Le banche d´affari americane - dove fino a un annetto fa chi prendeva bonus inferiori al milione l´anno era considerato poco più di un pezzente - hanno tagliato tutte le spese di trasferta dei dipendenti.

Berlusconi: "Vedrò Obama il 15 giugno Discuteremo le regole della finanza" ( da "Repubblica.it" del 31-05-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: America Barack Obama il 15 giugno prossimo. "Mi recherò da Obama per discutere sulle nuove regole dell'economia e della finanza mondiale", ha detto il presidente del Consiglio. La visita, in preparazione del vertice G8 dell'8 e 10 luglio all'Aquila, "sarà una delle più importanti degli ultimi anni", ha dichiarato il presidente del Consiglio alla trasmissione "

Wilson, il cantore degli afroamericani ( da "Stampa, La" del 01-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: il cantore degli afroamericani Gli Obama hanno visto a Broadway «Joe Turner's Come and Gone», un dramma di August Wilson sulle conseguenze della schiavitù nel Nord dell'America, opera candidata a sei premi Tony, l'Oscar per il teatro. August Wilson, all'anagrafe Frederick August Kittel, scomparso nel 2005 a sessant'anni, è considerato il più importante drammaturgo afroamericano.

Kansas, ucciso il medico degli aborti ( da "Stampa, La" del 01-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Proprio per questo il presidente Barack Obama ha reagito affermando: «Sono scioccato e indignato per l'assassinio del dottor George Tiller, ucciso mentre era in Chiesa. Indipendentemente dalla profondità delle nostre differenze su un tema come l'aborto non possono essere risolte con odiosi atti di violenza».

Una sera a Broadway per far felice Michelle ( da "Stampa, La" del 01-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: il caso Obama mantiene la promessa fatta prima del voto Una sera a Broadway per far felice Michelle MAURIZIO MOLINARI CORRISPONDENTE DA NEW YORK Barack lo aveva promesso a Michelle durante la campagna elettorale: «Se vincerò ti porterò a teatro a Broadway».

"Il mondo è sesso e violenza" ( da "Stampa, La" del 01-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Starle accanto a Cannes è stato molto eccitante Ho sognato che Obama mi corteggiava La notte che è stato eletto ho pianto di commozione Lui sì è un vero socialista A Morgan piace essere al centro dell'attenzione La nostra storia è finita lui ne parla più di me, ma io ho sofferto l'incredibile Nonno Dario Argento non lo vedrete mai col passeggino nel parco Nonna Daria?

Mutevole (e incantevole) è la donna sopra ogni cosa. Quella che va su e giù a piedi nudi e... ( da "Stampa, La" del 01-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Sarà Obama a salvarlo questo mondo? «Ho sognato che mi corteggiava e mi spediva mazzi di fiori. La notte in cui è stato eletto ho pianto per la commozione. Lui sì, è un vero socialista». Cinque donne su nove in giuria a Cannes. La prevalenza del femminile ha condizionato le scelte?

[FIRMA]GLAUCO MAGGI NEW YORK Aveva benedetto la Fiat nella trattativa per il salvataggio della... ( da "Stampa, La" del 01-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: intervento di Obama, sono state fruttuose. E Merkel e Obama si vedranno questa settimana a quattr'occhi nel corso di una visita del presidente americano in Germania, che era già stata programmata prima degli sviluppi del caso Opel-Gm. Un portavoce della Casa Bianca ha successivamente confermato sia il colloquio, definito «costruttivo»

E per oggi si attende la bancarotta di Gm ( da "Stampa, La" del 01-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: stata divisa a pezzi CORRISPONDENTE DA NEW YORK Barack Obama General Motors va alla bancarotta e il governo ne prende le redini per ristrutturarla. Il ministero del Tesoro americano ha raggiunto l'accordo con la maggioranza dei creditori di Gm, aprendo la strada alla bancarotta del colosso di Detroit ed al più vasto piano di riorganizzazione dell'industria automobilistica nazionale.

Gli azionari dei Paesi emergenti cominciano il 2009 in grande stile Dubbi sulla tenuta ( da "Stampa, La" del 01-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Tesoro sta riversando sui mercati per finanziare lo stimolo ultramiliardario di Obama attizzi una fiammata inflazionistica e faccia decollare i tassi dei mutui e dei prestiti alle imprese, tarpando la ripresa economica e ostacolando l'uscita dalla recessione. Anche se la Fed ha azzerato i tassi del dollaro, il prezzo dei bond pubblici, che va in direzione opposta al loro rendimento,

Gli studenti processano gli economisti ( da "Stampa, La" del 01-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: e ora consiglia Obama: Larry Summers». Entrambi i partiti Usa, repubblicani e democratici, escono male dal cinematografico processo condotto sotto la regia del giornalista Massimo Gaggi, presidente del tribunale. Gli economisti escono assolti da 3 dei 9 capi d'accusa, mitemente condannati per gli altri.

usa-cuba, riparte il dialogo sull'immigrazione ( da "Repubblica, La" del 01-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Osa e gli stesso dirigenti cubani sono recalcitranti all´idea di tornare a far parte di un´organizzazione giudicata come una marionetta degli Stati Uniti. Dal suo arrivo alla Casa Bianca Obama ha avviato una politica di disgelo mettendo in chiaro però che il regime dovrà impegnarsi sulla strada delle riforme democratiche.

kansas, vendetta sul medico degli aborti - arturo zampaglione ( da "Repubblica, La" del 01-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: soprattutto per l´arrivo di Barack Obama alla Casa Bianca ha tolto un punto di riferimento agli anti-abortisti. Tiller era uno dei pochi ginecologi negli Usa disposti a interrompere la gravidanza anche dopo la ventesima settimana, la soglia oltre la quale un feto può vivere autonomamente fuori dal grembo materno.

barack e michelle a broadway: i repubblicani attaccano ( da "Repubblica, La" del 01-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Barack Obama porta la moglie Michelle a Broadway e la gita in aereo e elicottero provoca le polemiche dei repubblicani per i costi pagati dallo Stato. Immediata la replica del presidente: «Ho portato mia moglie a New York perché le avevo promesso in campagna elettorale che saremmo andati a teatro quando sarebbe finito tutto».

esplode la violenza tra hamas e al fatah 6 morti e 22 arresti ( da "Repubblica, La" del 01-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Lo scontro è giunto tre giorni dopo l´aperto sostegno che il presidente dell´Autorità palestinese Abu Mazen ha ottenuto da Obama, sostegno che ha sicuramente aggravato l´ostilità tra il movimento integralista islamico Hamas, al potere a Gaza, e l´organizzazione al Fatah, della quale Abu Mazen è il leader.

bagarre politica sull'intesa opel-magna - andrea tarquini ( da "Repubblica, La" del 01-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: E intanto i media tedeschi sparano a zero sulla scelta: i nuovi azionisti sono Obama e Putin, e il futuro della nuova azienda è in mano ai russi, scrive l´autorevole e prudente Frankfurter Allgemeine. Denunciando che nel frattempo, la politica di borsa larga del governo per Opel ha già convinto centinaia di imprese a bussare ai fondi statali.

obama annuncia oggi il crac gm e chrysler può passare al lingotto - arturo zampaglione ( da "Repubblica, La" del 01-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Berlusconi dal presidente Usa il 15 giugno Obama annuncia oggi il crac Gm e Chrysler può passare al Lingotto ARTURO ZAMPAGLIONE NEW YORK - Per l´auto americana è il giorno della grande svolta. Dopo essere stata per un secolo il simbolo della potenza manifatturiera americana e l´orgoglio della sua classe operaia, la General Motors avvierà oggi le procedure fallimentari,

"latitanti su fiat perché nascondevano foto" ( da "Repubblica, La" del 01-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: di Obama mentre il nostro governo sembrava distratto». Anche Massimo D´Alema ha preso spunto dalla vicenda Opel per un attacco al presidente del Consiglio. «Obama, Merkel e Putin si sono occupati della questione - ha detto D´Alema durante una manifestazione elettorale a Potenza - ma la Fiat ha dovuto fare da sola,

angelina jolie i nomi dei figli tatuati sul braccio ( da "Repubblica, La" del 01-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Repubblica Tv Trovacinema Politica Arte-Mostra Esteri - Foto L´uso privato dei voli di Stato Dibattito con Di Pietro Speciale elezioni I dati, il Superblog e l´Europolitometro Obama e Michelle cena a New York Critiche: "Uno spreco" Angelina Jolie i nomi dei figli tatuati sul braccio Vienna, le donne della Storia che hanno scelto di morire

"su fiat l'ultimo esempio di dilettantismo" - marco trabucco ( da "Repubblica, La" del 01-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: visto Marchionne con il suo maglioncino da Obama, dalla Merkel e dai sindacati tedeschi. Ma non abbiamo mai visto un esponente del governo italiano interloquire in questa vicenda». Gli incentivi alla rottamazione li hanno dati. Non sono già qualcosa? «Scajola ha detto di averli condizionati al fatto che non venisse licenziato nemmeno un lavoratore in Italia: come se fosse quella l´

firenze, doppio ostacolo per il bimbo l'anima rossa e i signori del mattone - alberto statera ( da "Repubblica, La" del 01-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Obama di Firenze? L´alito di Denis, magnifico clone di Adolfo Celi in "Amici miei", soffia nella Firenze massonica e non. Non c´è solo la maledizione di Castello, che già vent´anni fa ad opera di Achille Occhetto costò la testa a un´intera classe dirigente comunista, su cui Ligresti vuole fare un´operazione da un miliardo e Della Valle la Cittadella Viola con lo stadio della Fiorentina.

Berlusconi incontra Obama ( da "Corriere della Sera" del 01-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: bancarotta di General Motors Berlusconi incontra Obama «Nuove regole per la finanza» Silvio Berlusconi e Barack Obama si incontreranno a Washington il 15 giugno. Si parlerà di G8 e di «nuove regole dell'economia e della finanza mondiale». Codice. Si tratta, ha spiegato lo stesso Berlusconi, di un «codice che eviti il ripetersi di una crisi internazionale come quella che stiamo vivendo»

Berlusconi, vertice con Obama: prepariamo il G8 per la finanza ( da "Corriere della Sera" del 01-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: 01/06/2009 - pag: 2 Berlusconi, vertice con Obama: prepariamo il G8 per la finanza Il premier: summit il 15 a Washington, nuove regole per i mercati ROMA È ufficiale: Silvio Berlusconi andrà il 15 giugno a Washington per un vertice col presidente degli Stati Uniti. Il primo tra il capo del governo italiano e Barack Obama.

La Casa Bianca e Gm in bancarotta: senza aiuti pubblici finiva smembrata ( da "Corriere della Sera" del 01-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: il presidente Obama dedicherà un discorso al futuro di General Motors, che di fatto si avvia ad essere temporaneamente nazionalizzata. Ripetendo il copione già seguito nel caso di Chrysler, Obama spiegherà che il passaggio attraverso la bancarotta e l'entrata in campo del governo sono le premesse, necessarie ma provvisorie,

Il Cavaliere studia l'attacco ( da "Corriere della Sera" del 01-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: il primo bilaterale con Barack Obama, spostano l'umore del capo del governo verso contesti in cui si trova più a suo agio. La speranza è quella di tornare semplicemente a fare il presidente del Consiglio. Certo, c'è stato un danno di immagine non indifferente, soprattutto all'estero, ma anche quello si spera possa smorzarsi con il passare del tempo.>

Fatah contro Hamas, sei morti ( da "Corriere della Sera" del 01-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: a dispetto delle voci che giuravano su un canale segreto Obama-Hamas. Il movimento islamico ha ripetuto che in quell'incontro «s'è sostenuta la linea del governo sionista»: nessuna speranza di riconoscere l'ennesimo governo di Salam Fayyad, nominato il 19 maggio, chiusa ogni trattativa sul rilascio dei detenuti di Hamas, dopo i quaranta arresti degli ultimi giorni.

Israele e i contrasti con Obama ( da "Corriere della Sera" del 01-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Katz e non la comunità internazionale, gl'insediamenti più antichi: «Obama non rispetta gl'impegni presi da Bush ha detto il ministro , perché c'è una lettera del 2004 dell'allora presidente Usa a Sharon, in cui s'invitava a tener conto dei coloni che già sono lì. Obama non ha ancora riconosciuto quell'accordo.

( da "Corriere della Sera" del 01-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Allora ha ragione lui, quando si sfoga contro Obama che «vuole far cadere il mio governo»? «La cosa che più preoccupa è che Clinton e George W. Bush avevano comunque Israele nel cuore. Amavano questo Paese e l'idea di sostenerlo in ogni caso. Si vede dalla politica che hanno fatto. Obama, no.>

Ucciso in chiesa il medico degli aborti ( da "Corriere della Sera" del 01-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Obama: «Sconvolto e offeso» Ucciso in chiesa il medico degli aborti George Tiller era da tempo nel mirino del movimento per la vita. Preso il killer WASHINGTON Era scampato a bombe, attentati, processi. Ma alla fine qualcuno è riuscito a fermare per sempre George Tiller, un convinto medico pro-aborto.

Ritmo, sudore e gag Bruce torna in Europa e apre l'estate rock ( da "Corriere della Sera" del 01-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Obama gli ha riacceso la speranza. Lui la canta nel nuovo album e la svolta gli ha anche ispirato una predica recitata prima di «Working on a Dream». «Abbiamo fatto miglia per venire qui con uno scopo: vogliamo rock the house, vogliamo tirare giù tutto.

Usa-Cuba, riprendono i colloqui sull'immigrazione ( da "Corriere della Sera" del 01-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Dal suo arrivo alla Casa Bianca, il presidente Barack Obama ha avviato una politica di disgelo verso Cuba inaugurata con l'abolizione delle restrizioni per i viaggi e delle rimesse di denaro per i cubani che hanno famiglia nell'isola. Nessuna conferma ufficiale della ripresa dei colloqui è giunta tuttavia dall'Avana.

Firenze, doppio ostacolo per il Bimbo l'anima rossa e i signori del mattone ( da "Repubblica.it" del 01-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Obama di Firenze? L'alito di Denis, magnifico clone di Adolfo Celi in "Amici miei", soffia nella Firenze massonica e non. Non c'è solo la maledizione di Castello, che già vent'anni fa ad opera di Achille Occhetto costò la testa a un'intera classe dirigente comunista, su cui Ligresti vuole fare un'operazione da un miliardo e Della Valle la Cittadella Viola con lo stadio della Fiorentina.

Usa, shock per l'omicidio del medico abortista Obama: "Sono sconvolto e indignato" ( da "Repubblica.it" del 01-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: americano Barack Obama si è dichiarato "sconvolto e indignato" per l'assassinio di Tiller. Il medico, ha sottolineato Obama in una breve dichiarazione, è stato ucciso "mentre partecipava ad una funzione religiosa" e "per quanto profonde possano essere le nostre divergenze come americani su questioni difficili quali l'aborto esse non possono essere risolte con efferati atti di violenza"

Asia Argento "Il mondo è sesso e violenza" ( da "Stampaweb, La" del 01-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Sarà Obama a salvarlo questo mondo? «Ho sognato che mi corteggiava e mi spediva mazzi di fiori. La notte in cui è stato eletto ho pianto per la commozione. Lui sì, è un vero socialista». Cinque donne su nove in giuria a Cannes. La prevalenza del femminile ha condizionato le scelte?

Task force auto di Obama ecco chi sono e cosa fanno ( da "Repubblica.it" del 01-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: messa in piedi dal presidente degli Usa che in poco tempo ha rivoluzionato il mondo dell'industria Detorit Task force auto di Obama ecco chi sono e cosa fanno Si sente sempre parlare della task force designata dal presidente Barack Obama per supervisionare la ristrutturazione dell'industria automobilistica americana, dalla Chrysler alla GM. Ma chi sono i componenti di questa squadra?

Europee: schede, nomi, foto ecco il Facebook dei candidati ( da "Repubblica.it" del 01-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: neutro fino all'ossessione, proprio per consentire a qualsiasi candidato di lasciare le proprie informazioni e a ogni elettore di poterle trovare. E' il primo passo europeo verso le elezioni 2.0 nate con la campagna elettorale di Obama, dove il web può giocare un ruolo sicuramente importante. (1 giugno 2009

"La fortuna non esiste" nel libro di Calabresi ( da "Stampa, La" del 02-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: anni di lavoro al seguito della imponente campagna elettorale di Barak Obama, negli Stati Uniti. Alla presentazione seguirà, ore 21, la prima visione del film-documentario «Terra madre» in cui il regista Ermanno Olmi racconta le genti contadine affluite al raduno mondiale di Torino. Alla serata - oranizzata dalla condotta locale - parteciperà il leader di Slow Food, Carlin Petrini.

La Gm fallisce per rinascere grazie allo Stato ( da "Stampa, La" del 02-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: per 30 miliardi Ma Obama precisa: non vogliamo gestirla [FIRMA]MAURIZIO MOLINARI CORRISPONDENTE DA NEW YORK General Motors va in bancarotta e affida la propria rinascita a un piano di ristrutturazione che avrà il governo federale come principale azionista. L'eclissi del colosso mondiale dell'automobile, per 101 anni icona del capitalismo americano,

"Bisogna gestire l'emergenza viaria" ( da "Stampa, La" del 02-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Perché ha preso come modello Obama? «Obama è solo il segnale più forte del cambiamento che sta attraversando il mondo. Nella suo piccolo, «Io Cambio» vuole che Costigliole sia protagonista del cambiamento in atto nel mondo». Lei ha stupito con il suo manifesto «20 anni di minestra riscaldata» e poi ha messo in lista la presidente del consiglio uscente.

Così il telefonino ucciderà la tv ( da "Stampa, La" del 02-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: chi non si adatta è tagliato fuori Obama è arrivato grazie a Internet. In Italia il ricambio è bloccato dal sistema politico "Internet e cellulari: dalla loro integrazione il più potente strumento di connettività" ANNA MASERA La comunicazione e il suo profeta INVIATA A MILANO Manuel Castells, 67 anni, spagnolo trapiantato in California,

Viene dall'Università di Harvard, e si è affermato come consigliere del presidente del sindacato dei metallurgici. Dopo qualche tempo è sbarcato a Wall Street dove ha lavorato con ( da "Stampa, La" del 02-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Tanto lui che Rattner fino a cinque mesi fa non si erano mai occupati di auto dal punto di vista professionale. Secondo chi conosce da vicino Bloom e Rattner il tandem composto da Obama funziona perché mentre Rattner ha un carattere più «riflessivo» Bloom è più duro: «Dice subito quello che pensa».

Via libera del giudice Chrysler al Lingotto ( da "Stampa, La" del 02-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: accordo preliminare tra Detroit e Torino, con la benedizione di Obama, si basava proprio sulla complementarietà fruttuosa della tecnologia di Fiat capace di produrre veicoli più efficienti e della rete commerciale di Chrysler in grado di migliorare l'offerta di autovetture più amiche dell'ambiente sul mercato americano e internazionale.

"Ma il dialogo vero si farà sul clima" ( da "Stampa, La" del 02-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: È per questo che Obama e Hu Jintao hanno concordato di dare vita ad un dialogo strategico nell'economia». Quale messaggio porta Geithner per convincere i cinesi ad avere ancora fiducia nei bond degli Stati Uniti? «La sua missione è spiegare la ricetta dell'amministrazione Obama per risollevare l'economia nazionale.

FRANCESCA PACI ( da "Stampa, La" del 02-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: 11 aprile si presenta allo show «Britain's got talent» Inizia a cantare: le telecamere non la lasciano più, la gente applaude in piedi entusiasta E lei diventa diva in un istante Obama si dichiara suo fan, lei è ospite fissa dei talk show Inizia un maldestro tentativo di cambiare look: sarà la fine CORRISPONDENTE DA LONDRA

La crisi di nervi della star per caso ( da "Stampa, La" del 02-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Demi Moore e il presidente americano Obama si sono virtualmente iscritti all'affollato Boyle fanclub. Molto più di quanto una casalinga di mezza età impegnata nel volontariato parrocchiale potesse mai immaginare. Moltiplicato da Internet, il volto di Susan Boyle è diventato rapidamente un simbolo, la Marianna delle donne invisibili come l'ha definita l'ex editor di Vanity Fair,

fallisce gm. fiat-chrysler, obama ringrazia ( da "Repubblica, La" del 02-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Fiat-Chrysler, Obama ringrazia ROMA - Bancarotta pilotata per il gigante americano General Motors: il 60% della nuova Gm sarà controllato dal Tesoro Usa. Auto, calano ancora le vendite, ma sale la quota del Lingotto. E per l´operazione con la Chrysler Obama ringrazia la Fiat.

in frantumi il mito dell'impresa privata negli usa è l'ora di "government motors" - federico rampini ( da "Repubblica, La" del 02-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Con toni severi Obama annuncia la bancarotta di General Motors, pilotata da un governo che assume responsabilità senza precedenti nella gestione di un colosso industriale. Mentre gli osservatori più disincantati salutano la nascita di "Government Motors", il discorso di Obama riflette la gravità del momento.

bancarotta pilotata per la gm il più grande fallimento industriale - arturo zampaglione ( da "Repubblica, La" del 02-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Obama:"Con Fiat Chrysler più forte" ARTURO ZAMPAGLIONE NEWYORK - Il giudice Arthur Gonzalez ha finalmente avallato l´alleanza Chrysler-Fiat e la General Motors ha iniziato ieri mattina le procedure per un fallimento pilotato che segnerà «la fine della vecchia Gm e la nascita di una nuova Gm»: come ha indicato Barack Obama sancendo questa svolta storica che priva Detroit del titolo

michael moore torna a "motor city" "solo eco-vetture e tasse sulla benzina" ( da "Repubblica, La" del 02-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: energetico del presidente Usa Obama. Lo scrive sul suo sito Internet il regista Michael Moore, che vent´anni fa esordì dietro la macchina da presa con un film, Roger and Me, dedicato proprio alla crisi del gigante dell´automobile dalla sua Flint, in Michigan. Secondo Moore, gli stabilimenti del gruppo dovranno essere riconvertiti in fabbriche capaci di produrre veicoli ecologici,

la nuova politica elettorale degli uomini senza qualità - edmondo berselli ( da "Repubblica, La" del 02-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: di un Obama capace di reinventare una parola semplicissima come change. Ma a quel punto non dipende più dal Candidato: dipende dalle astuzie della Storia, dalle macchine elettorali, dalla creatività sociale. Dipende insomma dal momento in cui il Candidato non è più una funzione della politica ma è la deviazione,

"attacchi al governo, gioco elettorale" - marco trabucco ( da "Repubblica, La" del 02-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Obama, che assiste con i soldi dei contribuenti il fallimento di General Motors, la Merkel, che per Opel deve mettere sul piatto 11 mila lavoratori in mobilità. Provate a trasferire questo scenario in Italia e chiedete a Epifani con che cannone avrebbe sparato sul governo.

fassino sfida scajola a savona nei vicoli birra gratis, paga vendola ( da "Repubblica, La" del 02-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Dal suo sito si può cliccare il sito di Obama. Chissà se c´è anche reciprocità. La candidata in barca - E´ Susy De Martini, lasciata di fatto a navigare in solitaria dal Pdl, non fosse per l´aiuto di Sandro Biasotti e Enrico Musso. Ordini molto dall´alto hanno sentenziato che dovrà essere votata soprattutto Licia Ronzulli, grintosa milanese.

iran, è guerra nel sudest del paese sciiti contro sunniti alla vigilia del voto - vanna vannuccini ( da "Repubblica, La" del 02-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Il primo a proporre i finanziamenti era stato Newt Gingrich quand´era Speaker della Camera negli Anni 90, ma questi sono poi diventati molto più cospicui dopo una decisione presa dal Senato americano durante la presidenza Bush. Gli iraniani si lamentano che Washington è perciò ancora lontana dal "rispetto reciproco" invocato da Obama. SEGUE A PAGINA

la corea del nord prepara il lancio di un nuovo missile ( da "Repubblica, La" del 02-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: quando il presidente Lee Myung-bak sarà alla Casa Bianca da Barack Obama. I timori sono confermati dal segretario alla Difesa Usa, Robert Gates: «Abbiamo osservato alcuni segnali secondo cui essi potrebbero fare qualcosa con un altro missile Taepodong-2, ma a questo punto le loro intenzioni non sono chiare», ha detto ieri.

"manovra internazionale contro di me" i sospetti di silvio su murdoch - claudio tito ( da "Repubblica, La" del 02-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Gli Usa ancora non confermano il summit con Obama CLAUDIO TITO ROMA - Una manovra internazionale. Una macchinazione che fa perno anche all´estero. Nei mass media e persino in alcuni esecutivi. Ed uno dei protagonisti è Rupert Murdoch. Dopo l´attacco del "Times", Silvio Berlusconi si è fatto la convinzione che contro di lui si stia muovendo in prima fila il "tycoon"

Deese, arbitro di Detroit 31 anni e laureando ( da "Corriere della Sera" del 02-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Obama o Clinton? Lui ha scelto Hillary. Consigliere economico. Ha perso. Ma prima di tornarsene a casa ha ricevuto sul Blackberry un messaggio dell'entourage di Obama, che lo cercava per farlo lavorare nella squadra che si sarebbe occupata della crisi dell'auto.

Il vecchio mito travolto da sanità e welfare ( da "Corriere della Sera" del 02-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: come promette il presidente Obama, da azionista riluttante, che affida la gestione ai manager ed è pronto a uscire. Funzionerà? Certo, l'Iri degli anni Trenta fece le stesse promesse. E le public authorities americane, avviate da Roosevelt, sono ancora in piedi. Ma l'interrogativo più serio riguarda le conseguenze che tutte queste operazioni avranno sul finanziatore di Gm:

Il Cairo attende Obama e avverte: ( da "Corriere della Sera" del 02-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Islam Grande interesse per il discorso del presidente al mondo musulmano Il Cairo attende Obama e avverte: «Spetta a Israele fare gesti di pace» Il ministro Gheit: da parte araba in passato molte aperture DAL NOSTRO CORRISPONDENTE GERUSALEMME Con quel nome può dire ciò che vuole. E infatti i giornali egiziani lo titolano per intero: Barack Hussein Obama.

Nancy sgrida Barack: non mi ha invitato ( da "Corriere della Sera" del 02-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: è andato a genio che nella sua prima conferenza stampa Barack Obama abbia ridicolizzato questa sua bizzarra passione per lo spiritismo. E anche se lo scorso novembre ha votato per il repubblicano John McCain, si è offesa per non essere stata invitata da Obama nel Giardino delle Rose in occasione dello storico annuncio sulla liberalizzazione della ricerca sulle cellule staminali.

Medico abortista ucciso, fermato fanatico dell'ultradestra ( da "Corriere della Sera" del 02-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Un intervento dopo le parole di condanna del presidente Obama che ha nel suo team una persona molto vicina a Tiller. Il segretario alla salute Kathleen Sebelius, originaria del Kansas e a favore dell'aborto. Un peccato gravissimo agli occhi dei movimenti pro-vita, alcuni dei quali non hanno stemperato gli attacchi neppure in questi momenti.

Missione Cina Geithner rassicura sui titoli Usa ( da "Corriere della Sera" del 02-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Obama è impegnata a mantenere il dollaro forte e a ridurre il deficit fiscale». Un messaggio che suona come una risposta ai crescenti dubbi cinesi sulla necessità di diversificare gli impieghi generati dal surplus del Paese, tanto che nei mesi scorsi alcuni esponenti del governo di Pechino avevano sostenuto l'opportunità di orientare le riserve della banca nazionale non più solo

Natale, la super banchiera ( da "Corriere della Sera" del 02-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Michelle Obama e Carla Bruni, Marina sceglie a sorpresa l'ultima, la più lontana da sé. «Sono più attratta da lei perché è frivola». In fin dei conti l'esigentissima Marina - che ha organizzato il suo shopping con mira strategica, scegliendo due buone commesse, una da Prada di Montenapoleone, l'altra da Jil Sander e porta sobri tacchi 7,

Il basket spettacolo di Doctor J ( da "Corriere della Sera" del 02-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Nel 2008 Obama è diventato presidente. Cosa è cambiato maggiormente nella società americana in questi 58 anni? «Ci si potrebbe scrivere un libro intero. Di passi avanti se ne sono fatti molti, e non parlo solo da afro-americano. Credo comunque che siano cambiate molte cose nell'atteggiamento delle persone rispetto al governo e allo stato.

Lenny Kravitz chiede all'Amore di rivoluzionare (e governare) il mondo ( da "Corriere della Sera" del 02-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Politicamente è schierato a sinistra: «Mi piace Obama ha raccontato . Dopo l'era Bush, una delle più disastrose della storia, ci vuole un cambiamento». E anche i politici si interessano a lui. Il presidente francese Sarkozy gli ha spedito un'e-mail per complimentarsi per il suo ultimo cd e per chiedergli di produrre il prossimo album di sua moglie,

Xiong torna in piazza vent'anni dopo la strage di Tienanmen ( da "Corriere della Sera" del 02-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: quello che dice Obama: 'Change', cambiamento. Per un mese e mezzo, vent'anni fa, milioni di persone in Cina erano tutte d'accordo nel volere il cambiamento. Occorre volerlo anche adesso». Il suo tono enfatico contrasta con la sobrietà della compagna di proteste Tong Yi, ora avvocatessa americana, che si preoccupa di insistere: «Non c'erano personaggi che da fuori ci manovrassero,

"Manovra internazionale contro di me" I sospetti di Silvio su Murdoch ( da "Repubblica.it" del 02-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Basti pensare che ancora ieri Berlusconi ha confermato l'incontro con il presidente Usa, Barak Obama: "È tutto a posto. Andrò in America". Eppure da Washington ancora non è arrivato la conferma ufficiale. Con ogni probabilità arriverà alla fine di questa settimana. Ma molti temono che il ritardo con cui agisce la Casa Bianca sia un modo per prendere le distanze.

Aereo sparito nell'Atlantico Erano dieci gli italiani a bordo ( da "Repubblica.it" del 02-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: ha assicurato il presidente americano Barack Obama alla tv francese, i-TV. Il leader statunitense ha inoltre espresso solidarietà alle famiglie dei passeggeri. OAS_RICH('Middle'); I soccorritori brasiliani "lavorano con l'ipotesi dell'esistenza di sopravissuti", ha detto ieri sera il presidente Luiz Inacio Lula da Silva.

Aereo sparito nell'Oceano Atlantico Parigi: "Le ricerche proseguiranno" ( da "Stampaweb, La" del 02-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Obama ha assicurato l?impegno pieno della sua aministrazione per far luce suu quanto è accaduto. Un aereo radar e una squadra di ricerca sono stati inviati nell?area dela scomparsa. Dopo che la perlustrazione compiuta durante il giorno da otto aerei brasiliani non aveva dato alcun esito, si è deciso di andare avanti con un Hercules C130 equipaggiato con strumentazioi per cogliere

Così il telefonino ucciderà la tv ( da "Stampaweb, La" del 02-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: A dire il vero negli Usa è arrivato Barack Obama, grazie a Internet… In Italia il ricambio generazionale arranca perché il sistema politico è imbrigliato dai partiti e Internet non ha ancora spodestato del tutto la tivù. Ma la rivolta delle banlieu insegna che la mobilitazione della gente che comunica in rete via cellulare (“


Articoli

"Sì, forse ho sbagliato" E Dario ordina lo stop (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 29-05-2009)

Argomenti: Obama

"Sì, forse ho sbagliato" E Dario ordina lo stop Lui, l'aveva capito subito l'errore, confidandolo agli amici: «Ragazzi, mi sono espresso male e loro ne stanno approfittando». E' il tardo pomeriggio di mercoledì 27 maggio: qualche ora prima, in un comizio sulla costa ligure, Dario Franceschini si era prodotto nella esternazione "italiani, fareste educare i vostri figli a Berlusconi?". Dunque, a Franceschini il dubbio dell'autogol era venuto due giorni fa, sotto il diluvio di critiche pesantissime. Ma ieri mattina il sospetto è diventato certezza: letti i commenti poco lusinghieri dei giornali, il segretario del Pd si è consultato col giro stretto e ha deliberato in via informale: «Su questo tema, per non essere equivocati, glissiamo, finiamola qui», parliamo d'altro. Naturalmente la «conversione» non doveva essere plateale, andava accompagnata con le perifrasi più rotonde possibili, cosa che Franceschini ha fatto, quando si è presentato in conferenza stampa: «Non ho mai parlato dei figli di Berlusconi, né lo farei mai», «ho fatto riferimento a dei valori che un uomo pubblico deve trasmettere con parole e comportamenti». Gli chiedono se creda al giuramento berlusconiano sui rapporti con Noemi e Franceschini si chiude a riccio: «Non penso che agli italiani possa interessare quel che penso io, certamente si sono fatti una loro opinione». E poi, inseguito dai cronisti per tutta la giornata, Franceschini ha insistito ogni volta: «Non dirò mai una parola sulle vicende personali del premier», mentre ha provato ad allargare il campo delle polemiche di giornata, attaccando su par condicio e immigrati. L'aggiustamento di linea, nel corso delle ore, veniva assecondato da quasi tutti i notabili del Pd, al punto che un battitore libero come Mario Adinolfi si poteva concedere la sua provocazione: «Sono solidale con Franceschini per le aggressioni verbali subite dalla destra e amareggiato per il silenzio di tutti i dirigenti del Pd». Certo, qualche segnale di simpatia era arrivato (Enrico Letta, Livia Turco), ma nelle ultime 48 ore quasi tutti i notabili hanno vissuto come un autogol la sortita di Franceschini. A pochi giorni dalle elezioni nessuno può dirlo a voce alta, ma Claudio Caprara, direttore della dalemiana Redtv, nel suo blog è sincero: «Tra Franceschini e Pier Silvio e i suoi fratelli, sto con i rampolli di casa Berlusconi. Si è trattato di una battuta infelice, frutto di una foga eccessiva». Silenzi ufficiali per i politici di professione, anche se qualcuno è arrivato a immaginare - ma lo ha solo bisbigliato - che con quella gaffe ad 11 giorni dalle elezioni, il segretario potrebbe essersi «intestato» una sconfitta alle Europee che, senza incidenti personalizzabili, avrebbe potuto invece condividere con tutti gli altri «caporioni». A cominciare da Walter Veltroni che ieri è tornato a parlare: «Sono ottimista. Ero segretario quando un italiano su tre ci votava e quella era la base per un'ulteriore espansione». Veltroni in realtà si è dimesso a metà febbraio perché, dopo le ripetute sconfitte di Roma, Abruzzo e Sardegna, il Pd era precipitato nel settimanale sondaggio Ipsos al 24%. E comunque anche se Franceschini su Noemi ha frenato, il fronte degli «interventisti» non demorde. Dice Massimo D'Alema: «Io parlo sempre dei problemi reali del Paese, Berlusconi si dedica a tutt'altre attività». Dice Giorgio Tonini: «La crisi mondiale sta facendo vacillare il primato dell'avere, della ricchezza, dell'apparenza e dunque delle ragazze che si affidano ai tanti "Papi" per scalare; vince invece il modello Obama, lo sfigato sorretto da un afflato religioso che diventa l'uomo più potente del mondo, studiando, dandosi da fare, con accanto una famiglia solida».

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Rivelazioni in Gb, la Casa Bianca smentisce (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 29-05-2009)

Argomenti: Obama

Stupri nelle foto bloccate da Obama Rivelazioni in Gb, la Casa Bianca smentisce Un soldato Usa mentre stupra una detenuta, un interprete che violenta un prigioniero, abusi sessuali sui prigionieri realizzati con un manganello, filo metallico, un tubo fosforescente. Sarebbero questi i contenuti delle foto che documentano gli abusi sui detenuti da parte dei soldati Usa tra il 2001 e il 2005 ad Abu Ghraib e in altri sei carceri. Barack Obama non vuole che vengano pubblicate, per lo choc che procurerebbero. Il «Daily Telegraph» ne ha rivelato il contenuto, intervistando il generale Antonio Taguba, che realizzò un'inchiesta sull'accaduto nel carcere iracheno alle porte di Baghdad. L'inchiesta pubblicata da Taguba nel 2004 raccolse accuse che denunciavano abusi sessuali, ma non aveva rivelato l'esistenza di fotografie in grado di documentare le violenze. Il Pentagono e la Casa Bianca hanno immediatamente smentito il giornale inglese. Il portavoce della Casa Bianca Robert Gibbs, rispondendo a una domanda durante il briefing quotidiano, ha detto che «nessuna delle foto» che il presidente Usa ha deciso di non rendere pubbliche contengono le immagini di abusi sessuali.

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Dagli Usa in Vaticano un teologo anti-aborto (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 29-05-2009)

Argomenti: Obama

Dagli Usa in Vaticano un teologo anti-aborto In arrivo dalla Casa Bianca un «collega» teologo per Benedetto XVI. Obama ha scelto di farsi rappresentare in Vaticano da Miguel Diaz, professore di teologia e attivista «pro life» accomunato al Papa dall'interesse per il tedesco Karl Rahner. Una decisione definita «eccellente» dalla Santa Sede. Obama ha prestato ascolto all'episcopato americano che gli aveva sconsigliato di sostenere credenti «pro choice» su aborto, eutanasia e staminali embrionali come Caroline Kennedy, figlia del primo e finora unico inquilino cattolico della Casa Bianca. Come sostituto della «teocon» Mary Ann Glendon, introdotta nei Sacri Palazzi al punto da guidare delegazioni vaticane alle conferenze internazionali e da essere cooptata nelle accademie pontificie, Obama punta su un accademico di scuola rahneriana. La Casa Bianca rischiava di ripete il copione di un anno fa, quando Parigi non trovava un ambasciatore eterosessuale e monogamo da inviare in Vaticano. E, non riuscendo l'Eliseo a insediare un nuovo rappresentante diplomatico presso la Santa Sede, si incappò in una «prima volta» che fece scalpore. Benedetto XVI, infatti, visitò la Francia accompagnato da un semplice segretario di ambasciata, Pierre Clochard. La scelta di Diaz è un passo fondamentale sul terreno delicato del rapporto tra Obama e i cattolici. Il presidente è reduce da un intervento nell'ateneo cattolico di Notre Dame, preceduto da polemiche per le sue posizioni su aborto e ricerca sull'embrione, ma rivelatosi sostanzialmente un successo per la Casa Bianca. Obama adesso ha pescato a sorpresa (il nome non circolava nel totonomine di questi mesi) un professore che si é formato proprio a Notre Dame, e che avrà il compito di tenere i rapporti con la Santa Sede su dossier importanti come il Medio Oriente, la persecuzione dei cristiani in vari paesi del mondo o il rispetto dei diritti umani globali. La nomina dovrà essere confermata dal Congresso, e non è chiaro se il via libera arriverà in tempo per la possibile visita di Obama in Vaticano a margine del G8 di luglio a L'Aquila. Con la designazione di Diaz, Obama sembra aver centrato il bersaglio, dopo che erano emerse perplessità vaticane sulla possibilità che nominasse la figlia di Jfk, o Douglas Kmiec, capofila durante le elezioni dei cattolici pro-Obama. Diaz, 45 anni, sposato e padre di quattro figli, è nato a L'Avana e insegna teologia alla St.John's University in Minnesota. È l'autore di due libri di teologia, uno dei quali dedicato alle prospettiva «ispanica e rahneriana» sull'essere umano.

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Obama a Israele: stop ai coloni (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 29-05-2009)

Argomenti: Obama

IN MATTINATA ISRAELE AVEVA FATTO SAPERE DI NON VOLER ACCETTARE LA RICHIESTA USA DI FERMARE GLI INSEDIAMENTI Obama a Israele: stop ai coloni Il presidente Usa appoggia le richieste di Abu Mazen in visita a Washington [FIRMA]MAURIZIO MOLINARI CORRISPONDENTE DA NEW YORK Barack Obama accoglie il presidente palestinese Abu Mazen alla Casa Bianca e chiede a Israele di «porre fine all'espansione degli insediamenti in Cisgiordania» perché «questo aiuterà il processo di pace». Seduto nello Studio Ovale a fianco di Abu Mazen, Obama ha vestito i panni del mediatore fra israeliani e palestinesi, sottolineando l'impegno «a lavorare alla soluzione del conflitto senza aspettare la conclusione dei mio mandato». Rivolgendosi a Israele, Obama ha sottolineato a più riprese la necessità di «bloccare la crescita gli insediamenti» rispondendo così a quanto poche ore prima il governo di Gerusalemme aveva affermato con il portavoce Mark Regev sul diritto a «proseguire la crescita naturale di queste comunità» in attesa «della conclusione dei negoziati sullo status permanente». Il disaccordo fra Washington e Gerusalemme sugli insediamenti è evidenziato dal fatto che il ministro della Difesa Ehud Barak sta arrivando negli Stati Uniti con un piano per «smantellare gli avamposti illegali» mentre la Casa Bianca chiede il blocco delle costruzioni «anche se dovute all'incremento demografico». Ad Abu Mazen il presidente americano ha invece chiesto di impegnarsi «contro la campagna di odio anti-israeliano che a volte si sviluppa nelle scuole e nelle moschee rendendo più difficile raggiungere la pace», lodando inoltre il suo «forte impegno» per arrivare ad un governo di unità nazionale con Hamas. Il leader dell'Autorità nazionale palestinese da parte sua ha presentato un «piano di pace» che si articola su due proposte. Primo: la creazione di un «supercomitato» alle dipendenze del Quartetto (Usa, Russia, Unione Europea e Onu) per risolvere i contenziosi esistenti fra Israele e Anp sull'applicazione della Road Map del 2003. Secondo: dare vita ad una «connessione» fra il piano di pace saudita del 2002 e la composizione del conflitto israelo-palestinese per arrivare ad una soluzione «regionale» che porti alla nascita dello Stato di Palestina in contemporanea con il riconoscimento di Israele da parte di tutte le nazioni arabe. Quest'ultimo suggerimento di Abu Mazen va nella stessa direzione auspicata dal presidente americano, Barack Obama, convinto che proprio la fine dello stato di guerra con i Paesi arabi possa spingere Israele a maggiori concessioni territoriali nei confronti dei palestinesi. Obama e Abu Mazen hanno discusso anche della questione del ritorno dei profughi palestinesi del 1948 - che ha già fatto fallire i negoziati sullo status finale nel 2000 e nel 2008 - ma il leader palestinese ha assicurato che «non sarà di ostacolo» perché «non vogliamo distruggere Israele». Alla conclusione dello colloquio nello Studio Ovale Obama ha fatto sapere che in occasione dell'imminente viaggio in Egitto sfrutterà il «discorso all'Islam» in programma al Cairo per affrontare anche il conflitto israelo-palestinese in quanto «sarebbe inappropriato farlo in ragione dell'importanza che ha per molti arabi e musulmani». In coincidenza con le tensioni crescenti fra Usa e Israele la Camera dei Rappresentanti ha inviato un chiaro segnale alla Casa Bianca approvando con tre quarti dei voti una risoluzione che chiede all'amministrazione Obama di dimostrarsi «tanto un mediatore credibile quanto un devoto amico di Israele» durante i negoziati, auspicando «determinazione per indurre i palestinesi a porre fine a terrorismo e odio».

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Chavez ha regalato il suo libro a Obama (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 29-05-2009)

Argomenti: Obama

Romanziere, saggista no-global Chavez ha regalato il suo libro a Obama È bastato che il presidente venezuelano Chavez lo regalasse a Barack Obama, nel corso del loro primo incontro del 19 aprile scorso, perché il libro simbolo dell'anticolonialismo americano, «Le vene aperte ddell'America Latina», pubblicato da Eduardo Galeano nel 1971, tornasse al centro dell'attenzione, e in cima alle classifiche di Amazon. Il volume dello scrittore uruguayano, che ripercorre la storia del continente sudamericano dalla scoperta europea di Colombo fino al XX secolo, è stato uno dei capisaldi delle rivendicazioni anti-imperialiste e, più recentemente, del movimento no-global.

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Come farà Obama senza il suo gobbo? (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 29-05-2009)

Argomenti: Obama

La battuta di Biden «Come farà Obama senza il suo gobbo?» Un colpo di vento ha offerto al vice-presidente Joe Biden l'occasione per una battuta ai danni del presidente Barack Obama, criticato per l'uso continuo del gobbo nei suoi discorsi. Una folata di brezza ha fatto cadere a terra uno degli schermi trasparenti usati da Biden per leggere il suo discorso ieri ai cadetti della Air Force Academy in Colorado. Il vice-presidente ha colto la palla al balzo: «Come farò a dire al presidente che il suo gobbo si è rotto? - ha scherzato Biden - Come farà ad andare avanti, adesso?». Se nessuno, infatti, ha mai messo in dubbio le grandi qualità oratorie di Obama, nei palazzi della politica di Washington il presidente è spesso oggetto di critiche e sberleffi per l'uso continuo del gobbo in ogni occasione pubblica.

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"Poliziotti panzoni", bufera su Brunetta (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 29-05-2009)

Argomenti: Obama

MINNITI (PD): «HANNO SOPPORTATO I TAGLI DEL GOVERNO, E INVECE DI RINGRAZIARLI LI SI SBEFFEGGIA». CRITICHE ANCHE DALLA MAGGIORANZA Ancora sugli statali: «Devono vestire sempre in giacca e cravatta, anche il venerdì» "Poliziotti panzoni", bufera su Brunetta «Il burocrate faccia il burocrate, ma gli agenti con manganello e pistola vadano in giro» [FIRMA]MARIA GRAZIA BRUZZONE ROMA Uno scivolone? Forse. Capita a chi, come Renato Brunetta, ama esternare ogni momento. Infatti il ministro si è poi scusato coi poliziotti che, in uno dei suoi impeti pittoreschi, aveva chiamato «panzoni» e «passacarte» per dire della difficoltà a mandarne di più per le strade. Attirandosi un profluvio di critiche. «Non volevo offendere nessuno, chiedo scusa ai bravissimi poliziotti con la pancia. Non dovevo dire panzoni, ma dicendolo tutti mi hanno capito, tranne gli ipocriti», si giustificherà più tardi. E però sorprende il riferimento al corpo, da parte di chi certo «non è bello come le veline», come ha scherzato proprio ieri Berlusconi, quando il ministro si è rifiutato di salire sul palco di Confesercenti con lui. E' andata che Brunetta è stato anche intervistato da Klaus Davi. Si parla di sicurezza, e il ministro, «meno burocrazia e più polizia on the road a contatto col cittadino», dice. E aggiunge: «Certo non è così facile dire dalla scrivania alla strada, non si può mandare in strada il poliziotto panzone che non ha fatto altro che il passacarte, perché se lo mangiano». E si chiede perché il passaporto va fatto in questura, per esempio. Insomma, «il burocrate faccia il burocrate, ma i poliziotti con pistola e manganello vadano in giro, nelle gazzelle, in elicottero». Siap e Anfp, sindacati dei poliziotti, la prendono malissimo. Bollano quelle del ministro come «affermazioni infondate e gravi», «editti populistici di cattivo gusto». Spiegano che i colleghi dietro le scrivanie, «che lui definisce panzoni» non fanno che proseguire il lavoro delle pattuglie in strada, rilasciano decreti di espulsione o permessi di soggiorno, per esempio. E in gran parte sono personale ferito in servizio o parzialmente idoneo per malattie contratte in servizio. Sull'onda sale l'opposizione. Donadi (Idv): «Diciamo piuttosto no a ministri cialtroni. Si vergogni, e tenga chiusa la bocca per almeno cinque minuti». Minniti (Pd): «Hanno sopportato i tagli del governo, e invece di ringraziarli li si sbeffeggia». Storace (La Destra) invoca «una museruola». Ma se la prendono anche moderati come Nucara (Pri) e D'Alia (Udc). Critici sulle battute sull'Antimafia: «La scioglierei. Mi piacerebbe non ci fosse nemmeno lo specifico mafia, una forma di criminalità da perseguire come le altre». E ancora, sugli statali: «Riuscirò a farli lavorare tutta la giornata, è un mio obiettivo. Lavorare fino a tardi. Amo tantissimo tempo pieno e turni». E sul look: «Devono vestire in giacca e cravatta sempre, anche il venerdì. Quando si è in un'azienda pubblica e si ha a che fare col pubblico, si hanno doveri maggiori» (la Fp-Cgil chiede se Brunetta pensi di introdurre una speciale "indennità cravatta"). La trasparenza sugli stipendi («Un mio leit motiv»), persino gli Usa lo copiano: «Ho notato che Obama si sta battendo su questo stesso tema». Altre provocazioni: «Contro le burocrazie, sposterei a Milano il ministero dell'Economia». Le zecche sui treni? «Se fossi il capo delle Fs, taglierei la testa al direttore generale».

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Opel divide Merkel e Obama (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 29-05-2009)

Argomenti: Obama

Si muove anche la Ue I ministri interessati convocati a Bruxelles Per l'Italia va Scajola Opel divide Merkel e Obama Nessuna pressione Fiat ha presentato un progetto di grande spessore Siamo stati sorpresi che la richiesta dei 300 milioni non sia emersa prima Claudio Scajola Peer Steinbrück ALESSANDRO ALVIANI FRANCESCO SEMPRINI Un vertice che doveva essere decisivo e che si è risolto in un clamoroso fallimento. Trecento milioni di euro che General Motors reclama per chiudere la partita Opel e della cui esistenza la casa di Detroit ha avvisato le controparti solo nell'incontro di mercoledì. Un concorrente, Ripplewood, che se ne va lasciando in gara solo Fiat e Magna. La tensione tra Berlino e Washington, risolta con una telefonata al segretario di Stato Usa, Hillary Clinton. L'Unione europea che convoca all'ultimo minuto un vertice sull'auto con la vicenda Opel all'ordine del giorno, per «garantire che nessuna misura sia adottata senza previa informazione e senza coordinamento tra tutti i Paesi coinvolti», irritando anch'essa Berlino - l'incontro è per oggi, per l'Italia dovrebbe partecipare Claudio Scajola -. E, sempre per oggi, un nuovo «vertice decisivo» a Berlino, dal quale però ormai in pochi si aspettano una soluzione. Sono gli ultimi aggiornamenti della saga della casa tedesca, dopo l'incontro di Berlino terminato dopo le quattro del mattino di ieri con un nulla di fatto e una lunga scia di polemiche. L'ad di Fiat Sergio Marchionne, dopo lunghe pause fuori dal palazzo per fumare, ha lasciato la Cancelleria piuttosto irritato per imbarcarsi sull'aereo alla volta di Detroit, dove si è recato nella sede Chrysler nel giorno in cui il Tesoro presenta ai creditori di General Motors un nuovo piano di ristrutturazione del debito ricucendo evitando così una bancarotta traumatica al gruppo di Detroit. Ben più irritato il governo tedesco. «Siamo stati sgradevolmente sorpresi dal fatto che questa nuova richiesta non sia emersa prima delle 20 americane. L'abbiamo trovato relativamente scandaloso», ha detto il ministro delle Finanze tedesco Peer Steinbrück. Irritazione già montata in precedenza, quando i partecipanti hanno scoperto che i funzionari del Tesoro Usa non avevano poteri negoziali. E chiusa con la telefonata ministro degli esteri, Frank-Walter Steinmeier (Spd) alla Clinton, che ha garantito il «maggiore appoggio americano possibile». Il tema di fondo è però che Berlino non è disposta ad accollarsi ulteriori aiuti per Opel: in Germania la lista delle società che aspirano ai soldi pubblici è lunga e si rischia di creare un precedente pericoloso. Anche per questo Steinbrück ha subito accolto con favore la disponibilità mostrata dal fornitore austro-canadese Magna ad anticipare i 300 milioni (in cambio di garanzie pubbliche). Adesso gli occhi tornano a concentrarsi sulla cancelleria a Berlino, dove oggi si riuniranno nuovamente la cancelliera Angela Merkel, vari ministri, a partire da zu Guttenberg e Steinmeier, i governatori dei Länder con stabilimenti Opel, i rappresentanti di Gm, un inviato del ministero delle Finanze statunitense - a Berlino sperano sia stavolta un funzionario di alto livello - e i vertici di Magna e Fiat. Dopo l'esperienza di mercoledì l'inizio del vertice è stato anticipato: dopo gli incontri con gli sherpa, alle 14, alle 16 prenderà il via la parte politica. Sul fronte americano invece il Tesoro avanza una nuova offerta ai creditori di Gm. La formula presentata dalla task force della Casa Bianca prevede in ogni caso il ricorso a una bancarotta veloce. Il Tesoro proporrebbe ai creditori un 10% come nella proposta passata al quale aggiungerebbe l'opzione per acquistare un ulteriore 15%. La nuova Gm, avrà un debito totale consolidato di circa 17 miliardi di dollari. Nel bilancio ci saranno inoltre 9 miliardi di dollari di titoli privilegiati con un dividendo del 9% (2,5 miliardi emesse per il Tesoro e 6,5 miliardi per il Veba). Le azioni ordinarie verranno ripartite fra il Tesoro, al quale andrà il 72,5%, il Veba (17,5%) e i creditori.

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Quattro milioni di armi vendute ogni anno (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 29-05-2009)

Argomenti: Obama

NEGLI USA Quattro milioni di armi vendute ogni anno Secondo i dati del National Opinion Research Center, nel 2006 il 21,6% degli americani possedeva una pistola. Sono quasi 4 milioni le armi da fuco prodotte ogni anno negli Stati Uniti. Solo una quota compresa tra il 60 e il 70% delle vendite avviene attraverso armeria con regolare licenza, mentre la rimanente riguarda il mercato secondario. Negli Stati Uniti il possesso e l'uso di armi da fuoco è previsto dal secondo emendamento della costituzione, ma nel 1994 è stato introdotto il divieto di acquisto di armi d'assalto che include alcuni modelli di fucili semiautomatici. Il divieto è scaduto nel 2004 e non è stato rinnovato da Bush. Obama vuole introdurre restrizioni e per questo si è scatenata una corsa all'acquisto. Secondo l'Fbi da novembre oltre sette milioni di persone hanno fatto l'applicazione per ottenere il porto d'armi.

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Bimba di tre anni spara al fratellino (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 29-05-2009)

Argomenti: Obama

LA MADRE ERA SUL BALCONE A STENDERE IL BUCATO, IL MARITO ERA IN UFFICIO Bimba di tre anni spara al fratellino [FIRMA]FRANCESCO SEMPRINI NEW YORK Prende la pistola del padre e ammazza il fratello più piccolo. Un fatto di sangue come tanti se ne leggono nelle pagine di cronaca nera dei giornali americani, ma questa volta il killer è una bambina di appena tre anni che per imitare i grandi in tv ha sparato al fratello di appena due anni ferendolo a morte. Una tragedia che ripropone il dibattito sulla facilità con la quale negli Stati Uniti si possono acquistare e detenere armi da fuoco, ma che sottolinea anche la scarsa cautela nel custodirle. L'episodio è avvenuto mercoledì intorno alle quattro del pomeriggio a Parkwood Court, un quartiere residenziale della cittadina di Bakersfield, in California. È un pomeriggio come tanti per la famiglia di Ruben Soto III, il bimbo di due anni è in camera a giocare con la sorellina mentre la madre stende il bucato nel cortile e il papà è al lavoro. A un tratto un colpo sordo rimbalza per le stanze della piccola villetta al numero 4200 di Parkwood Court, la madre corre subito dai figli e vede il piccolo Ruben a terra in un lago di sangue mentre la sorella, il cui nome non è stato reso noto, ha ancora in mano la calibro 45 semiautomatica del padre. La bimba, per imitare i grandi della tv, era andata nella stanza dei genitori, si era infilata sotto al letto per prendere l'arma che aveva visto nascondere dal padre alcuni giorni prima. È carica, non serve nemmeno armarla, per lei è solo un gioco: punta sul fratellino e preme il grilletto. Inutile la corsa al Kern Medical Center, Ruben muore poco dopo il ricovero. La dinamica dell'incidente appare da subito chiara agli inquirenti ma le indagini proseguono anche per accertare eventuali responsabilità dei genitori nell'incauta custodia dell'arma. La morte violenta del piccolo Ruben ha lasciato tutti scioccati: «È una cosa assurda, tenere una pistola dentro casa dove i figli la possono trovare, e per di più carica», spiega Bobby Ortiz, un vicino. Per il sergente Greg Terry del distretto di polizia di Bakersfield, il primo a correre sul posto, si tratta di una tragedia: «È fondamentale, se si possiede un'arma, di custodirla in modo tale che i bambini non possano trovarla». Secondo il Center for disease control, in Usa, i minori sino a 14 anni, hanno una probabilità nove volte superiore di morire per incidenti con armi da fuoco rispetto alla media di altri 24 Paesi industrializzati. Nel 2006 almeno 32 bimbi americani di età non superiore ai tre anni sono morti per ferite di pistole o fucili. Nell'ultimo mese e mezzo, un ragazzino di tre anni di Chicago è stato ammazzato con una revolverata al petto sparata da un coetaneo. In Florida un ragazzino è stato colpito allo stomaco da un colpo partito dalla pistola di un teen-ager che la mostrava agli amici pensando fosse scarica. A Milltown, in Indiana, una bimba di due anni si è sparata alla testa con la pistola trovata nella stanza dei genitori. La legge considera un crimine tenere un'arma in casa dove può essere trovata facilmente, se questa causa ferite al corpo o uccida qualcuno. Ma negli Usa almeno una famiglia su dieci con bambini ha un'arma da fuoco in casa per di più carica, e il rischio è che la percentuale sia destinata a salire velocemente dopo che il previsto giro di vite sulla vendita da parte del presidente Barack Obama ha provocato una vera e propria corsa all'armamento.

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"Magistrati eversivi" Il Cavaliere rompe l'equilibrio col Colle (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 29-05-2009)

Argomenti: Obama

PREMIER ALL'ATTACCO "Magistrati eversivi" Il Cavaliere rompe l'equilibrio col Colle LO SCONTRO CON I PM GIUSTIZIA «Ci sono grumi eversivi nella magistratura italiana» L'Anm in rivolta: "Sono insulti inaccettabili" [FIRMA]UGO MAGRI ROMA Il Cavaliere sta massacrando l'immagine del giudice Gandus, un modo per pareggiare il conto. Ogni giorno, un attacco pubblico. E' la vendetta per la sentenza Mills, che condanna il premier come corruttore. Berlusconi non cita nome e cognome, ma si capisce perfettamente con chi ce l'ha quando squalifica come «inaccettabile che chi giudica uno di centrodestra», cioè lui, «vada in piazza a manifestare con i cartelli contro il governo». L'allusione è alle preferenze politiche della Gandus. Ma fosse solo questo. Nei suoi discorsi affaccia sistematicamente un apologo («me lo raccontò una volta mio padre») dove tra il serio e il faceto si stabilisce un parallelo abbastanza greve tra giudici e delinquenti. L'ha ripetuto ieri alla Confesercenti, in platea qualcuno l'ha preso a fischi ma Berlusconi (che dopo la gaffe di Franceschini sui figli sembra in grande spolvero) è stato pronto nel replicare: «A contestarmi siete in 4 o 5, percentualmente irrilevanti». Ecco dunque la battuta anti-Gandus: «Se uno nasce e vuole fare del male alla gente, ha tre possibilità. Fare il delinquente, il magistrato o il dentista. Però oggi i dentisti fanno quella punturina... E siccome non voglio rinunciare al numero tre, che mi piace, al posto dei dentisti ci metto i giornalisti. Diciamo certi giornalisti» (magari quelli che gli hanno aizzato contro la moglie). Non inganni il sorrisetto, Silvio è imbestialito. «Meglio che non parli dei grumi eversivi tra i Pm, altrimenti ne verrebbe fuori una gran discussione... Certa magistratura è sempre intervenuta nei miei confronti prima delle scadenze elettorali, io ho sempre tovato un giudice a Berlino, ma un cittadino che va a processo ha la vita rovinata». Occhio per occhio. Annuncia che le colpe della Gandus ricadranno sull'intera categoria: «Non lascerò la politiica fino a quando non avremo diviso i magistrati dell'accusa da quelli della difesa». Per i pm pianto e stridor di denti: dovranno passare un esame specifico, frequentare corsi di formazione e sottoporsi a controlli «psicologici attitudinali continuativi», perché (è il sottinteso) c'è pieno di matti. La lista delle proteste sempre più vibrate e ripetitive (Tenaglia per il Pd, l'Anm col suo presidente Palamara) si estende stavolta alla Federazione della stampa per la finesse sui giornalisti. Ma Napolitano fa sapere che adesso basta, la misura è colma. Una nota ufficiosa del Colle rammenta l'appuntamento del 9 giugno, quando il Capo dello Stato presiederà il Csm. Terrà un discorso che si preannuncia assai rigido nella difesa degli equilibri costituzionali. Potrà essere la scintilla di uno scontro istituzionale di cui già si captano i segnali, e non soltanto sulla giustizia. Berlusconi punta a sfondare il tetto del 40 per cento nelle urne, e i 5 milioni di preferenze per poi «resettare tutto», come dicono con qualche baldanza dalle sue parti. La puntualizzazione di Bonaiuti («Il premier ha soltanto denunciato una patologia») sul Colle non è giudicata sufficiente a chiudere il caso. Oltre a Napolitano è in allarme pure il primo ministro ceco, che presiede il semestre Ue. Si è sentito chiamare in causa, non proprio simpaticamente, da Berlusconi quando ha denunciato dai commercianti le carenze dell'Europa. «Oggi non riesce ad avere un ruolo da protagonista. A chi telefona Obama se vuole conoscere la posizione? Non ha un numero di telefono». Noi siamo qui apposta, fanno notare educatamente a Praga. Ma il Cavaliere è tornato un panzer. Vorrebbe zittire i commissari Ue «che parlano tutto il giorno e danno fastidio», solo il Presidente Barroso dovrebbe aprire bocca. E poi c'è troppa burocrazia, troppe leggi costose: «Il 70 per cento di quelle che ci impongono oneri vengono dal Parlamento europeo». Pensa alla Russia, Berlusconi, agli accordi che l'Ue dovrebbe stipulare con Mosca sul gas. Ma è il primo a non fidarsene dal momento che insiste per il nucleare, «l'esercito proteggerà i siti». Dobbiamo prendere esempio dalla Francia. La quale «tra l'altro ha sue le centrali posizionate in modo che, se dovesse succedere qualcosa, a pagarne le conseguenze saremmo noi...». Oggi il Cavaliere torna a L'Aquila. Farà tappa all'ospedale, di nuovo agibile al 60 per cento. Promette che entro metà settembre saranno consegnate le case a 3 mila sfollati, a fine novembre in tenda non sarà rimasto nessuno.

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Italiani quinti in Europa per la navigazione nel web (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 29-05-2009)

Argomenti: Obama

NEL MESE DI APRILE Oggi su www.lastampa.it ESCLUSI ANCHE ALTRI QUATTRO PAESI Italiani quinti in Europa per la navigazione nel web Niente Messenger ai cubani Microsoft interrompe il servizio Microsoft ha interrotto il servizio Live Messenger per tutti i suoi utenti a Cuba, una decisione «contrastante con le ultime misure annunciate da Obama». Chi cerca di connettersi al servizio di messaggistica istantanea riceve un messaggio di errore. Oltre a Cuba gli altri Paesi penalizzati sono Iran, Corea del Nord, Siria e Sudan. Nel mese di aprile 21,23 milioni di italiani hanno navigato sul Web, trascorrendo in media 19 ore in rete e visitando 1.790 pagine. I dati emergono da un rapporto di ComScore, che ha preso in esame 17 Paesi europei. Per numero di utenti unici l'Italia si piazza al quinto posto. In prima posizione la Germania, con 40 milioni di internauti. I tedeschi in media hanno navigato per 22 ore e aperto 2.601 pagine Web. Nel Regno Unito gli utenti sono stati 36,82 milioni, con 2.482 pagine visitate e 29 ore di uso. Terzo posto alla Francia, che ha totalizzato 36,35 milioni di utenti, 28 ore di connessione, e 2.791 pagine. Prima dell'Italia anche la Russia, con 31,3 milioni di utenti, 15 ore in rete e 2.228 pagine visitate.

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obama: israele ha l'obbligo (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 29-05-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 1 - Prima Pagina DI FERMARE LE COLONIE STABILE E ZAMPAGLIONE A PAGINA 30 Sulla crisi: "America fuori dal baratro" Obama: Israele ha l´obbligo SEGUE A PAGINA 30

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ma netanyahu dice no "le colonie non si toccano" - alberto stabile (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 29-05-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 16 - Esteri Dopo il rifiuto del premier della formula basata su "due Stati" sostenuta anche dalla Ue Ma Netanyahu dice no "Le colonie non si toccano" Si acutizzano i contrasti, Washington chiede la riapertura dei valichi per Gaza ALBERTO STABILE dal nostro corrispondente GERUSALEMME - La risposta di Netanyahu ad Obama arriva attraverso il suo portavoce Mark Regev ed equivale ad una sfida: «Il destino egli insediamenti sarà deciso nei negoziati di pace tra Israele e i palestinesi. Nel frattempo, in quelle comunità deve essere permessa una vita normale». Il che significa che, nonostante l´appello lanciato da Hillary Clinton, a nome e per conto del presidente, di fermare tutte le attività edilizie negli insediamenti, senza eccezione, Israele continuerà a costruire per consentire quella «crescita naturale», che è stata finora l´abile sotterfugio per proseguire a colonizzare i Territori. Quest´ultima presa di posizione di Netanyahu conferma e, se possibile, acutizza i contrasti tra il premier e il presidente emersi nel loro primo incontro di qualche giorno fa, alla Casa Bianca, e di cui il rifiuto del premier israeliano di fare propria la formula dei «due Stati» come ipotesi di soluzione del conflitto rappresenta la manifestazione più evidente. In quell´occasione Obama ha detto a Netanyahu che considera il blocco degli insediamenti come un punto chiave per raggiungere un accordo di pace coi palestinesi. Per inciso, questa questione sarà al centro dell´incontro tra il presidente Obama e il leader palestinese Abu Mazen, previsto in tarda serata, a Washington. Val la pena di ricordare che Abu Mazen ha respinto le vaghe offerte di riallacciare il dialogo avanzate da Netanyahu, condizionando la ripresa del negoziato allo stop totale delle attività edilizie nelle colonie. Netanyahu, d´accordissimo in questo con il ministro della Difesa Barak, ha risposto ad Obama che non intende stabilire nuovi insediamenti, salvo l´ampliamento di quelli esistenti in ragione della «crescita naturale» della popolazione, offrendosi nel contempo di smantellare 22 avamposti (le cellule di base delle colonie) illegali. Gli stessi 22 avamposti, va aggiunto, che Sharon, prima e Olmert, dopo, avevano promesso a George W. Bush di evacuare. Ma Obama, a quanto pare non s´accontenta. Non soltanto non s´accontenta, il presidente americano, ma vuole di più. Martedì scorso a Londra, una delegazione israeliana ad alto livello, comprendente anche il ministro per i Servizi Segreti e l´Energia Atomica, non che fine diplomatico, Dan Meridor, s´è incontrata con un gruppo di diplomatici americani guidati dall´inviato di Obama per il Medio Oriente, George Mitchell. Mitchell ha respinto l´argomento della «crescita naturale», confermando la richiesta di una sospensione totale negli insediamenti, ma ha aggiunto che Obama s´aspetta che Israele apra i varchi che isolano Gaza per permettere di avviare la ricostruzione nella Striscia devastata da tre settimane di guerra. Netanyahu rilancia, sostenendo che ad ogni mossa israeliana i palestinesi devono rispondere con reciprocità. Se vogliono che Israele evacui gli avamposti, i palestinesi devono combattere il terrorismo. Cosa che, non hanno fatto, aggiunge il premier.

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obama: "israele ha l'obbligo di fermare gli insediamenti" - arturo zampaglione (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 29-05-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 16 - Esteri Obama: "Israele ha l´obbligo di fermare gli insediamenti" Incontro con Abu Mazen: sì al piano di pace saudita Il presidente Usa in partenza per il Medio Oriente: tappe a Riad e al Cairo ARTURO ZAMPAGLIONE NEW YORK - Barack Obama incontra alla Casa Bianca il presidente palestinese Abu Mazen, e alla fine del vertice scandisce: «Israele ha l´obbligo di fermare gli insediamenti ebraici in Cisgiordania. Sono fiducioso che lo Stato ebraico accetterà la soluzione dei due Stati nell´interesse della propria sicurezza». Durato circa due ore, di cui una buona parte a quattr´occhi, il colloquio era un tassello importante della nuova iniziativa diplomatica in Medio Oriente di Obama, che ha chiesto ai palestinesi di «rinunciare a ogni violenza contro gli ebrei». A differenza di George W. Bush, infatti, Obama e il segretario di Stato Hillary Clinton vogliono affrontare di petto, e senza perdere tempo, i nodi della pace tra israeliani e palestinesi. Di qui i colloqui a raffica con i leader della regione e il prossimo viaggio del presidente americano. Obama, che ha già visto alla Casa Bianca il re Abdullah di Giordania, il premier israeliano Benjamin Netanyahu e ieri il presidente palestinese, sarà ospite il 3 giugno a Riad del re saudita Abdullah e all´indomani al Cairo del presidente egiziano Hosni Mubarak. Quello stesso giorno pronuncerà dall´università del Cairo un discorso sui nuovi rapporti degli Stati Uniti con il mondo musulmano. Gli arabi si aspettano che il presidente delinei una strategia per la pace israelo-palestinese, ma è poco probabile - avvertono gli analisti - che Obama voglia farlo in quella occasione. La situazione resta infatti molto fluida e le tensioni tra Washington e Gerusalemme hanno raggiunto un livello mai visto negli anni di Bush. L´incontro Obama-Netanyahu della settimana scorsa è stato l´avvio di una partita di scacchi tra due esponenti politici dalle grandi capacità e dalle opinioni contrapposte. Emerso in quella sede, il duplice divario sul futuro stato palestinese e soprattutto sul blocco degli insediamenti in Cisgiordania si è inasprito nei giorni scorsi. L´altro ieri la Clinton ha riassunto così l´opinione di Obama: «Vuole uno stop agli insediamenti senza alcuna eccezione». Gli israeliani insistono invece in una crescita «naturale» degli insediamenti esistenti, il modo da adeguarli all´aumento demografico. Il tema degli insediamenti è stato anche al centro ieri dei colloqui con Abu Mazen, il quale ha ricordato la pregiudiziale palestinese a non riprendere la trattative di pace fino a quando non sarà stata bloccata l´espansione territoriale di Gerusalemme. In Cisgiordania vivono già quasi mezzo milione di coloni e il rischio, in caso di ulteriori costruzioni, è di trasformare il futuro stato palestinese in un gruviera territoriale. Abu Mazen ha rispolverato anche il vecchio piano di pace saudita che aprirebbe la strada a un riconoscimento di Israele da parte dei Paesi arabi, in cambio della restituzione di molte aree conquistate nel ‘67.

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e barack sceglie gli ambasciatori per roma è pronto david thorne (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 29-05-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 17 - Esteri Già nominato l´inviato presso la Santa Sede: sarà un teologo di origine cubana E Barack sceglie gli ambasciatori per Roma è pronto David Thorne A Londra andrà Susman, ex Citigroup e a Parigi un analista finanziario NEW YORK - Il nuovo ambasciatore americano a Londra sarà Louis Susman, un ex-vicepresidente del gruppo Citi che ha raccolto centinaia di milioni di dollari per il partito democratico. A Parigi andrà un ex analista finanziario e imprenditore, presso il Vaticano un professore ispanico di teologia, a Tokyo un avvocato californiano specializzato nel settore internet. E per la sede di Roma si profila la nomina di David Thorne, 64 anni, vicepresidente di Adviser Investment, ex cognato e amico d´infanzia di John Kerry, che ha un antico legame con l´Italia per averci vissuto da piccolo. Così, nello scegliere la nuova leva di ambasciatori per le sedi estere più prestigiose, Barack Obama non ha rotto con le tradizioni del passato, né ha privilegiato nomi famosi, di grido, come ad esempio Caroline Kennedy. Si è orientato invece, come i predecessori, su personaggi che lo hanno aiutato nella vittoria elettorale e che hanno stretti legami con il partito. David Thorne è uno di questi. Nato a New York il 16 settembre 1944 da una famiglia di antichissime tradizioni, ha seguito i genitori a Roma, dove il padre Landon lavorava come diplomatico (secondo alcune voci era una copertura di un incarico della Cia) e poi come editore del Rome Daily Herald, giornale in inglese pubblicato nella capitale. Negli anni Sessanta Thorne ha studiato all´università Yale e lì è diventato amico intimo di John Kerry, futuro senatore ed ex candidato presidenziale. A Yale John e David giocavano insieme nella squadra di calcio, corteggiarono entrambi Janet Auchincloss, sorellastra di Jacqueline Kennedy, entrarono nella associazione segreta Skulls and Bones (Teschi e ossa) e, dopo la laurea nel 1966, andarono a combattere nel Vietnam. Fu nella villa dei Thorne che Kerry conobbe Julia, la gemella di David, che sposò dopo il ritorno dal Vietnam. Il matrimonio finì in un divorzio: ma nonostante le vicissitudini familiari e la morte di Julia tre anni fa, Thorne e Kerry rimasero sempre molto legati. Da Brookline, vicino a Boston, dove vive con la moglie Rose Geer (dalla quale ha avuto due figli), David Thorne si è occupato per 30 anni di investimenti, attività imprenditoriali e società editoriali. Ha fondato la società finanziaria Adviser, di cui è vicepresidente. Ma non ha mai perso il gusto della politica, finanziando i democratici e diventando il consulente più fidato di Kerry che ne ha caldeggiato la candidatura e che ora, come presidente della commissione Esteri del senato, ha un ruolo chiave nella ratifica degli ambasciatori. Mentre per la nomina di Thorne a Villa Taverna, residenza romana dell´ambasciatore americano, si aspetta una conferma della Casa Bianca, altre dodici nomine importanti sono state annunciate mercoledì notte, tra cui Charles Rivkin per la Francia, John Roos per il Giappone e del teologo progressista Miguel Diaz per la Santa Sede. «Sono sicuro che saranno in grado di rafforzare i nostri legami all´estero in un momento così critico per gli Stati Uniti e per il mondo», ha dichiarato Obama. Prima di assumere l´incarico dovranno però tutti ricevere il gradimento parlamentare: un processo che non avrà tempi brevi. (a.z.)

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brunetta:"dietro le scrivanie troppi poliziotti panzoni" - roberto mania (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 29-05-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 8 - Economia Brunetta:"Dietro le scrivanie troppi poliziotti panzoni" Il ministro: e gli statali lavorino sempre in giacca e cravatta Bufera sulle dichiarazioni del ministro che poi spiega: non volevo offendere ROBERTO MANIA ROMA - Il ministro Renato Brunetta - si sa - non ama il linguaggio felpato del politicamente corretto. Da un anno parla di «fannulloni» a proposito dei dipendenti pubblici poco produttivi. Poi ha definito «guerriglieri» gli universitari dell´Onda che si erano scontrati con le forze dell´ordine. Ieri - e questa è la novità - se l´è presa anche con i poliziotti, quelli che non possono essere mandati "on the road", perché sono «panzoni», non avendo fatto altro che «i passacarte» e che, per questo, finirebbero «mangiati» dai delinquenti. Proprio così ha affermato il ministro che, nella fluviale intervista alla web tv Klauscondicio, ha detto anche altre cose. Per esempio che non gli piace il look "casual" negli uffici pubblici e che vorrebbe vedere i dipendenti in cravatta pure il venerdì oltreché farli lavorare fino a tardi nel pomeriggio; che se fosse il capo delle Fs «taglierebbe la testa al direttore generale» per via delle zecche nelle carrozze ferroviarie; che abolirebbe la Commissione parlamentare anti-mafia («non amo gli anti, preferiscono le regole e far rispettare le regole»); che privatizzerebbe «totalmente» la Rai, che metterebbe on line gli stipendi dei manager, dei consulenti e degli artisti di Viale Mazzini; che Obama lo ha copiato nella battaglia sulla trasparenza delle retribuzioni pubbliche. E poi che sposterebbe il ministero delle Finanze a Milano e che il Cnr (il Centro nazionale delle ricerche) si è trasformato in «un baraccone burocratico». Ma è sui «poliziotti panzoni» che è scoppiata la bufera con la rivolta di tutte le associazioni della categoria, con le critiche dell´opposizione ma anche dalla maggioranza, e che, alla fine, ha condotto il ministro Brunetta a una inevitabile precisazione: «Non c´era nessuna volontà di offendere nessuno. Era solo una constatazione scherzosa per dire che chi, per tanti anni, ha fatto il burocrate dietro la scrivania è difficile che faccia il poliziotto alla Starski e Hutch in strada. Chiedo scusa ai bravi poliziotti con la pancia. Non dovevo dire panzoni, ma dicendolo, tutti mi hanno capito tranne gli ipocriti». E la lista degli "ipocriti", per seguire la tesi di Brunetta, ieri si è fatta davvero lunga. Durissime le prese di posizione dei sindacati dei poliziotti. «La misura è colpa - ha detto il segretario del Siulp, Felice Romano - e dunque aspettiamo le scuse ufficiali del fantasioso ministro della Funzione pubblica. Ma allo stesso tempo attendiamo soprattutto che qualcuno arresti le uscite fuori luogo e fuori gusto di Renato Brunetta». E altre due associazioni sindacali, il Siap e l´Anfp: «Le affermazioni di Brunetta sono editti populisti di cattivo gusto che poco si addicono a un ministro della Repubblica». Il Silp-Cgil ha chiesto un chiarimento da parte dell´esecutivo: «Delle due l´una: o alcuni esponenti di governo, sulla sicurezza, pronunciano parole in libertà, oppure si vuole aprire una questione istituzionale con la polizia». Retorica la domanda di Marco Minniti, responsabile Sicurezza del Pd: «Che paese stiamo diventando? I poliziotti invece di essere ringraziati per lo straordinario lavoro che svolgono in condizioni difficilissime vengono sbeffeggiati da un ministro». E anche sull´anti-mafia, Brunetta è stato subissato di critiche. «Se Falcone fosse vivo - ha detto il senatore pd Giuseppe Lumia - in questo momento inorridirebbe». Infine l´idea della cravatta in ufficio. Il segretario generale della Fp-Cgil, Carlo Podda: «Mi chiedo se il ministro pensi a un´indennità cravatta oppure stia pensando a reintrodurre le divise per i dipendenti pubblici tanto in voga nel Ventennio».

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berlusconi: l'esercito nei siti per le centrali nucleari - luisa grion (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 29-05-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 9 - Economia L´intervento "Siamo pronti a muoverci come per l´emergenza rifiuti". Pagamenti pubblica amministrazione alle imprese, il premier propone i certificati di credito Berlusconi: l´esercito nei siti per le centrali nucleari Allarme usura della Confesercenti: 15mila imprese hanno chiuso perché strozzate. Serve più credito LUISA GRION ROMA - L´Italia avrà il suo nucleare, a costo di ricorrere all´esercito. Lo ha annunciato - fra non poche polemiche - il premier Berlusconi all´assemblea Confesercenti. Se dovesse essere necessario, ha precisato il presidente del Consiglio, i militari saranno mandati a presidiare i siti scelti per costruire le centrali, difendendoli dalle scontate proteste dei locali. «Lo Stato è ritornato a fare lo Stato» e così come è successo con la questione dei rifiuti in Campania «qualora dovessero esserci tensioni useremo ancora l´esercito» ha detto. La questione, per il premier, è di vitale importanza: «Non c´è tempo da perdere: prenderemo decisioni assennate suffragate da organismi democratici, ma una volta che saranno prese, se servirà, useremo ancora l´esercito. Lo faremo in tutte le occasioni necessarie, compresa quella del Frejus». Un metodo che ha scatenato le proteste di ambientalisti e opposizioni. «Nessun leader occidentale minaccerebbe di costruire una centrale usando la forza» ha commentato Realacci, responsabile Pd per l´ambiente. «In un paese serio le decisioni si prendono in Parlamento» ha dichiarato D´Alema «Il governo dica la verità su dove vuole fare le centrali, invece di annunciare presidi: questo è un modo di governare indecente sotto il profilo delle regole democratiche e dell´efficacia di governo». Ma nucleare a parte, alla platea dei commercianti, il premier - viste le imminenti elezioni - ha fornito anche il ritratto di un´Europa che «avrebbe bisogno di un drizzone»: «Oggi la Ue non può svolgere un ruolo da protagonista perché non c´è una presenza autorevole: a chi telefona Obama per sapere com´è va?» si è chiesto. Intervengono «in troppi» a partire «dai Commissari che parlano tutto il giorno e così danno fastidio». In chiusura in tema amato dalla platea: il premier ha promesso interventi «sullo scandalo» dei ritardi nei pagamenti della pubblica amministrazione. «Daremo un certificato di credito da consegnare alla propria banca per farsi pagare e porteremo ad un massimo di 60 giorni il tempo per i pagamenti» ha detto. Parole che il presidente di Confesercenti Marco Venturi non poteva che apprezzare visto che aveva dedicato ampia parte della sua relazione alla lotta agli sprechi e alle difficoltà che i «piccoli» hanno nell´ottenere crediti. Troppo di frequente - ha detto - i negozianti diventano vittime degli usurai: nel 2008 quindicimila aziende hanno chiuso perché «sovraindebitate e spesso strozzate».

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dalla sicilia agli usa il ragazzo prodigio del sax - gino castaldo (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 29-05-2009)

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Pagina XIX - Roma Domani all´Auditorium Dalla Sicilia agli Usa il ragazzo prodigio del sax Aveva appena 13 anni quando Wynton Marsalis rimase stregato dal suo sound. E a gennaio è stato l´unico italiano al concerto per Barack Obama Chi lo ascolta resta impressionato dall´esuberante fantasia improvvisativa e dalla perfezione del fraseggio. Così è diventato un fenomeno del jazz GINO CASTALDO Da qualche tempo l´Italia riesce a esprimere notevoli bagliori sulla scena internazionale del jazz. Da poco Enrico Rava e Stefano Bollani sono volati in America per un tour acclamatissimo. Stefano Di Battista aveva anche lui frequentato i club americani a fianco di grandi personalità americane. Gli esempi non mancano, i riconoscimenti sono diffusi e costanti. Ma ovviamente su tutto, se non altro per evidenti ragioni anagrafiche, spicca l´irresistibile ascesa del sassofonista Francesco Cafiso, siciliano di Vittoria, in provincia di Ragusa, oggi appena diciannovenne e con alle spalle già un palmares da consumato professionista. Cafiso (in concerto domani sera all´Auditorium con Dino Rubino) è il classico enfant prodige. E per certi versi anche un predestinato. Lui stesso racconta che lo zio, alla nascita, gli regalò una spilla a forma di sassofono. Un caso, certo, ma quella spilla gli è rimasta attaccata come un profetico marchio. A sette anni incontra il suo primo maestro, comincia a studiare il sax jazz, e due anni dopo comincia a farsi notare tra i professionisti. Chiunque lo sente si rende immediatamente conto di trovarsi davanti a un fenomeno naturale assolutamente fuori dal comune. Il suo talento è trascinante. Al punto che come nelle migliori fiabe, nel 2002 avviene l´incontro decisivo: a 13 anni, è già in cartellone al festival jazz di Pescara. Quell´anno c´è anche Wynton Marsalis, il trombettista leader del nuovo mainstream afroamericano, praticamente un´istituzione. Seguendo una antica tradizione che vuole i trombettisti jazz sempre in cerca di un alter ego al sassofono, o meglio la sponda per un perfetto dialogo tra i due strumenti, Marsalis ascolta Cafiso e rimane folgorato dall´esuberante fantasia improvvisativa, dalla perfezione del fraseggio, dalla proprietà di linguaggio in una ragazzino che viene dall´estrema provincia siciliana. E decide di scritturarlo seduta stante per il prosieguo del suo tour europeo. La favola, dunque, diventa reale. Il gesto fa rapidamente il giro del mondo. Anche perché un imprimatur che viene dall´America rimane il passaporto per la ribalta internazionale. Cafiso viene invitato come special guest al festival di Sanremo del 2004, rischiando però, visto il contesto, di essere messo "in esposizione" come un fenomeno da baraccone. Ben più impressionante è quello che succede quest´anno: Cafiso ha suonato, unico italiano, alla cerimonia di insediamento di Barack Obama, invitato ancora una volta da Wynton Marsalis. La fiaba, dunque, è appena iniziata.

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ultimatum, accuse e sgarbi berlino e washington ai ferri corti - andrea tarquini (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 29-05-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 11 - Economia Ultimatum, accuse e sgarbi Berlino e Washington ai ferri corti Telefonata di chiarimento tra il ministro degli Esteri Steinmeier e Hillary Clinton ANDREA TARQUINI dal nostro corrispondente BERLINO - La Germania di Angela Merkel pone un ultimatum all´America di Barack Obama, l´amministrazione Usa respinge fermamente le critiche tedesche. Sul futuro della Opel è esploso ormai un durissimo scontro politico tra Berlino e Washington, e quasi minaccia di diventare il più pesante confronto tra le due potenze da quando con Schroeder al governo la Repubblica federale disse no alla guerra contro Saddam Hussein. E nelle stesse ore, il governo tedesco affronta una seria tensione con la Commissione europea: Bruxelles ha convocato i ministri dell´Industria Ue per oggi, ammonisce che la Bundesrepublik non può violare le norme sulla libera concorrenza e che la soluzione deve essere europea, non nazionale. Siamo irritati, fa sapere Berlino. Il dramma di Opel ormai non ha più come fatto centrale la sfida tra Fiat e Magna, è diventato un conflitto diplomatico internazionale. Con la Germania che vuole essere trattata a pari dignità, e respinge le dure condizioni americane. A Berlino collera e irritazione verso il grande alleato d´Oltre Atlantico crescono di ora in ora, e sembrano ricompattare una grande Coalizione spaccata sul futuro dell´antica azienda tedesca, divisa fino a poche ore fa tra i conservatori più disponibili alla Fiat o a un´insolvenza controllata e i socialdemocratici favorevoli a Magna. Le richieste del Tesoro americano, di non rinunciare ai brevetti di Opel né ad altre parti del patrimonio dell´azienda formalmente scorporata da GM, sono giudicate inaccettabili: perché vorrebbero dire che parte del credito-ponte tedesco per Opel finirebbero negli Usa. E non è bastato che il presidente di General Motors, Fritz Henderson, smentisse ieri di aver chiesto 300-350 milioni di euro in più di aiuti tedeschi. Le posizioni sono lontane, il clima resta pessimo. «Diamo tempo agli americani fino alle nostre ore 14 di venerdì (oggi, ndr) per chiarire la loro posizione», ha detto parlando a nome della maggioranza il governatore dell´Assia, Roland Koch. «Finora il loro modo di negoziare non è stato d´aiuto». Il ministro conservatore dell´Economia, Karl Theodor zu Guttenberg, incalza: «Ogni giorno gli Usa cambiano posizione, non sono trasparenti, hanno provato a testarci». Ecco un punto centrale del retroscena: Washington, accusa il governo tedesco, ha inviato al vertice notturno alla Cancelleria un negoziatore di secondo rango, un funzionario del Tesoro senza potere decisionale. «Già questo è un affronto». Per Angela Merkel e il suo governo, che già da mesi denunciano le tendenze protezioniste Usa, lo scontro su Opel è un amaro risveglio: Berlino scopre di quale durezza negoziale Washington sia capace, pur di difendere i suoi interessi. La Germania pone condizioni: vuole sapere dove andranno a finire i soldi dei contribuenti tedeschi, e garanzie di trasparenza dal Tesoro Usa. La dura risposta dell´amministrazione, ieri sera, ha esacerbato gli animi: «Respingiamo fermamente le accuse, siamo rappresentati adeguatamente alle trattative, e i soldi dei contribuenti americani non possono andare a sostenere Opel». Nemmeno la lunga conversazione telefonica tra il ministro degli Esteri e vicecancelliere Frank Walter Steinmeier e la Segretario di Stato Hillary Clinton, ieri, ha creato un disgelo, sebbene Clinton abbia promesso pieno appoggio. L´impressione del vertice tedesco è che la ferma richiesta di Steinmeier, di "trattare da partner", non sia stata ricevuta a Washington. I governatori, divisi fino a ieri tra tifosi di Fiat e di Magna, adesso dicono unanimi: «Così non va, gli Usa devono rispettare i nostri interessi, si può creare un problema serio nei rapporti tra America e Germania». A quattro mesi dalle elezioni, non più il sì o il no a Fiat o a Magna bensì il gravissimo disaccordo con Washington può diventare cavallo di battaglia dei partiti. Come fu l´Iraq per Schroeder.

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"occhio ai colpi di coda dei mercati" (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 29-05-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 30 - Economia Aiuti di Stato Parla l´economista Luigi Zingales dell´Università di Chicago: resta qualche rischio nel settore immobiliare "Occhio ai colpi di coda dei mercati" Il maxi pacchetto di aiuti varato dal governo americano non ha ancora dispiegato tutti i suoi effetti. Il denaro non è nel sistema MILANO - L´economia americana inizia a dare segnali di recupero, il mercato i azionario si è notevolmente ripreso, tuttavia esistono ancora seri rischi di una ricaduta legati soprattutto al settore immobiliare. Questa l´opinione di Luigi Zingales, professore dell´università di Chicago, che da anni insegna negli Stati Uniti. Per Obama l´economia americana è fuori dal baratro. Qual è la sua percezione del sistema economico e finanziario degli Stati Uniti? «Sicuramente è un fatto positivo che Wall Street abbia ripreso quota e permesso alle banche di raccogliere capitale di rischio sul mercato per rafforzare la propria solidità patrimoniale. Tuttavia ritengo che non sono stati risolti i problemi di fondo e che esistano rischi di nuove svalutazioni». E quali sono le zone grigie dei bilanci delle banche americane? «Resta ancora da risolvere il problema del settore immobiliare, per cui è stato fatto ancora troppo poco e c´è il rischio di affrontare perdite ulteriori sia per il comparto residenziale che per quello commerciale. Le banche hanno ancora un´elevata esposizione al settore immobiliare tramite le linee di credito ipotecarie. In stati come la California, il Nevada e la Florida dove il prezzo delle case è crollato di oltre il 50% il valore di questi prestiti è molto al di sotto del valore iscritto a bilancio e probabilmente inferiore alle proiezioni contenute nello stress test. Quinci c´è ancora il rischio di svalutazioni. Lo stesso succede nel settore commerciale in una fase in cui l´America, che negli ultimi anni aveva consumato il 100% del suo reddito, adesso si troverà naturalmente a cercare di risparmiare almeno il 10% delle sue entrate tagliando proprio sui consumi discrezionali e mettendo in crisi il settore della grande distribuzione e della vendita al dettaglio». Quindi lei è scettico sull´effettiva salute del comparto finanziario Usa? «Diciamo che è possibile che siamo fuori dalla crisi, ma che ugualmente esiste il rischio di una ricaduta seria che sarebbe molto dannosa al sistema e minerebbe la fiducia di cui Obama ha goduto finora». Una possibile soluzione potrebbe essere quella di implementare gli aiuti di stato per rilanciare l´economia? «Direi di no, perché il maxi pacchetto di stimoli varato dal governo non ha ancora dispiegato i suoi risultati. C´è stato un effetto psicologico, ma il denaro derivante dagli interventi pubblici non è stato ancora immesso nel sistema». Allora quale secondo lei sarebbe la giusta soluzione per evitare nuove ricadute? «Gli Stati Uniti non devono ripetere l´errore fatto dal Giappone che non avendo introdotto un sistema stringente di accounting per le sue banche, ha fatto sì che il Paese si trascinasse per 10 anni in una stagnazione perché i suoi istituti di credito restavano insolventi. Bisognerebbe invece preparare una legislazione per ristrutturare velocemente ed efficacemente gli istituti che dovessero essere non adeguatamente patrimonializzati, cosa che ancora non è stata fatta». (s.b.)

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obama: economia fuori dal baratro - sara bennewitz (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 29-05-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 30 - Economia Obama: economia fuori dal baratro Dati ok su lavoro e ordini. G20 a Pittsburgh. Greggio, ripresa della domanda SARA BENNEWITZ MILANO - Il peggio è passato per l´economia americana. Queste le parole con cui ieri il presidente Usa Barack Obama ha cercato di lanciare messaggi rassicuranti. Pur non nascondendo le sue preoccupazioni: «L´economia americana è uscita dal baratro – ha detto Obama durante un incontro con le star di Hollywood per la raccolta di fondi – ma non dobbiamo cullarci nell´alloro perché c´è ancora molto lavoro da fare». E anche per dare un segnale di questa ripresa, Obama ha scelto come sede del prossimo G20 Pittsburgh. La città dove hanno sede alcuni colossi Usa dell´industria pesante, sta infatti risorgendo da una crisi profonda e il prossimo 24-25 settembre ospiterà i capi di stato dei 20 maggiori Paesi industrializzati al mondo. E sempre ieri dal fronte macroeconomico sono giunti segnali per certi versi contrastanti, ma che comunque denotano una possibile ripresa. Sotto le attese le vendite di nuove case, cresciute in aprile solo dello 0,3% a 352.000 unità, nonché le scorte di petrolio, crollate oltre le stime a 363,1 milioni di barili. Sorprese positive sono, invece, arrivate dagli ordinativi e dai sussidi. In aprile, la richiesta di beni durevoli negli Usa è salita infatti dell´1,9%, il balzo in avanti più forte da 16 mesi. Ugualmente la scorsa settimana 13 mila persone in meno hanno richiesto i sussidi di disoccupazione, che sono così scesi a quota 623 mila. Crede nella ripresa anche l´Opec. Dal vertice di Vienna dei maggiori paesi petroliferi è emerso che, dopo i pesanti tagli dei mesi scorsi, la produzione resterà invariata. Tuttavia, l´Opec ha anche annunciato di vedere i primi segnali di un incremento della domanda, e si aspetta un aumento dei consumi entro fine anno. Questa notizia, insieme al calo delle scorte Usa, ha fatto rimbalzare il petrolio a New York poco sotto 65 dollari al barile. Nel frattempo, invece, il biglietto verde continua ad essere debole, tanto che ieri l´euro è tornato a 1,39 dollari. Viceversa, i mercati azionari restano nervosi in attesa di conferme positive dai risultati aziendali. Se Gm ha ripreso quota a Wall Street dopo il crollo di mercoledì legato al ricorso alla procedura del chapter 11, ieri anche il gruppo dei componenti auto Visteon ha dichiarato bancarotta. Ugualmente il comparto Usa delle costruzioni ha sofferto per il dato deludente sulle nuove case, e da colossi del largo consumo come Procter & Gamble, sono giunti segnali negativi per il 2009 con un ritorno alla crescita a partire dal 2010. Tutti fattori che hanno portato la Borsa di New York in territorio negativo, e che di conseguenza hanno appesantito la chiusura dei listini europei. La peggiore di tutte è stata Francoforte (meno 1,36%), seguita a ruota da Parigi (meno 0,95%) e infine da Londra (meno 0,6%). A Piazza Affari, il Mibtel (meno 0,53% a 15.917 punti) ha fatto meglio delle cugine d´Europa, mentre l´indice delle maggiori aziende italiane raggruppate nell´S&p/Mib ha perso lo 0,8%.

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TRA USA (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 29-05-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Esteri data: 29/05/2009 - pag: 16 L'analisi TRA USA E ISRAELE ARRIVA IL GELO SUGLI INSEDIAMENTI di PAOLO VALENTINO WASHINGTON Se c'erano ancora dubbi che con l'avvento dell'Amministrazione Obama il tempo degli assegni in bianco a Israele fosse finito, ci ha pensato Hillary Clinton a fugarli. Ma se c'erano ancora dubbi che il nuovo governo israeliano fosse pronto a un brusco faccia a faccia con l'alleato di sempre, Gerusalemme li ha spazzati via. Nel giorno in cui il leader palestinese Abu Mazen è arrivato a Washington per incontrare Barack Obama, un botta e risposta privo di eufemismi ha segnalato tutta la complessa difficoltà e le divergenze che ostacolano il rilancio del processo di pace in Medio Oriente. Il presidente Obama, ha detto il segretario di Stato, «vuole vedere il blocco di tutti gli insediamenti nei territori palestinesi, non solo di alcuni, senza eccezioni». E' opinione della Casa Bianca, così Clinton, che ciò «sia nel migliore interesse» della causa della pace. Questa «è la nostra posizione, questo è quanto abbiamo comunicato molto chiaramente e su questo punto intendiamo spingere». Ma poche ore dopo, il portavoce del governo israeliano, Mark Regev, è stato altrettanto esplicito: «La normalità della vita in quelle comunità deve poter continuare ». Detto altrimenti, «negli insediamenti esistenti, le attività di costruzione continueranno». Messaggio chiaro, per nulla attenuato dal fatto che Regev abbia poi ripetuto la formula di rito, secondo cui la sorte delle comunità ebraiche nei territori verrà decisa dai futuri negoziati. Che sugli insediamenti il governo di Benjamin Netanyahu abbia poca flessibilità, era già apparso evidente durante i colloqui di Washington con Obama, dove il premier israeliano aveva rifiutato di prendere un impegno ufficiale a porvi fine. Di più, nei giorni scorsi, anche la modesta proposta del governo di Gerusalemme, di rimuovere 22 avamposti di coloni, in cambio del permesso americano di ampliare e rafforzare quelli esistenti, si è scontrata con la resistenza di un gruppo di rabbini ortodossi, che hanno invitato i soldati a disobbedire a eventuali ordini di smantellamento. Il leader palestinese Abu Mazen è così arrivato nella capitale americana in una situazione ancora più complicata. Politicamente delegittimato e debole in Palestina, dove controlla solo la Cisgiordania, per Abu Mazen il blocco degli insediamenti israeliani è una priorità indispensabile. A Obama, sul solco già aperto dal re di Giordania Abdallah, il capo del Fatah ha portato il suo appoggio a una versione aggiornata (e più appetibile per Israele) del piano di pace saudita del 2002, che immagina la restituzione di parte dei territori occupati sin dal 1967, in cambio di una normalizzazione collettiva dei rapporti degli Stati arabi con quello ebraico. Il sostegno americano, insieme all'aiuto di Giordania, Arabia Saudita ed Egitto, è l'unica scommessa rimastagli per tornare a giocare un ruolo vero nella partita medioorientale. Alla Casa Bianca Le relazioni complesse tra i due alleati e la visita del palestinese Abu Mazen

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Obama manda un teologo in Vaticano (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 29-05-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Esteri data: 29/05/2009 - pag: 17 Diplomazia Rientrano le tensioni con gli Usa. La Santa Sede apprezza la scelta: «Eccellente» Obama manda un teologo in Vaticano Miguel Diaz nominato ambasciatore. Si prepara l'incontro con il Papa CITTÀ DEL VATICANO Da una settimana, a dimostrazione di quanto fosse delicata la faccenda, era il segreto meglio custodito tra la Casa Bianca e il Vaticano. L'ex ambasciatore Thomas Melady aveva fatto sapere ai colleghi: «Vedrete, sarà una felice sorpresa ». La sorpresa si chiama Miguel H. Diaz, è nato all'Avana 45 anni fa e sarà il nuovo ambasciatore americano presso la Santa Sede: non un diplomatico ma un giovane outsider, un teologo per il Papa teologo, un cattolico non troppo connotato, uno che alla casa Bianca definiscono «chiaramente pro life» sull'aborto e tuttavia ha firmato il documento delle 26 personalità cattoliche a difesa del ministro della Salute Kathleen Sebelius, anche lei cattolica ma per la libertà di scelta. In una parola, «una scelta intelligente di Obama», dicono ai piani alti del Vaticano. «Una scelta eccellente», fa sapere l'arcivescovo Pietro Sambi, nunzio a Washington. Miguel H. Diaz ha già ottenuto l'«agreement», il gradimento formale della Santa Sede, ora attende solo la conferma del Senato Usa. E così la situazione, dopo mesi, si è sbloccata, e con essa «l'unico ostacolo» che si frapponeva ad un incontro tra il Obama e Benedetto XVI. «Se il presidente Usa chiederà di vedere il Santo Padre, sarà senz'altro ricevuto », fanno sapere Oltretevere. A questo punto è probabile che Obama possa vedere il Papa nei giorni del G8 che si riunirà a L'Aquila dall'8 al 10 luglio: il 13 è previsto che il Papa parta per le vacanze in Val D'Aosta, i giorni buoni potrebbero quindi essere prima o dopo il vertice. L'indicazione del nuovo ambasciatore è arrivata dopo mesi di voci su candidati proposti «informalmente» e non graditi Oltretevere. Dagli Usa era trapelato pure il nome di Caroline Kennedy, voce smentita seccamente sia dalla Casa Bianca che dal Vaticano. Molte indiscrezioni, del resto, erano alimentate dallo scontro politico americano. Gli ambienti «teocon» vicini a Bush tendevano ad accreditare l'idea di un conflitto quasi irrimediabile tra Obama e il Papa. Le cose non stavano proprio così. È vero che l'episcopato americano non ha risparmiato critiche alle idee del presidente in tema di bioetica. Ma è anche vero che negli ultimi tempi sono arrivati segnali di distensione. La politica estera è un terreno di incontro tra Usa e Santa Sede: Benedetto XVI, per la pace tra israeliani e palestinesi, ha sostenuto il piano «due popoli, due Stati» caro anche a Obama. Quanto ai temi etici, dieci giorni fa l'Osservatore Romano riconosceva a Obama «la ricerca di un terreno comune » per «affrontare la delicata questione dell'aborto». E questo commentando l'intervento del presidente americano all'università Notre Dame, cerimonia disertata per protesta contro Obama dall'ex ambasciatrice «teocon» Mary Ann Glendon. Curiosamente, il nuovo ambasciatore, già consigliere di Obama in campagna elettorale, si è laureato e ha insegnato proprio nell'ateneo dell'Indiana. È docente di teologia alla St. John's University e al College of Saint Benedict in Minnesota, parla quattro lingue compreso l'italiano («crepi il lupo!», ha risposto ieri agli auguri) e legge il greco, i latino e il tedesco. Sposato con la signora Marian e «padre orgoglioso di quattro bambini», ha una storia affine a Sonia Sotomayor, nuovo giudice della Corte Suprema: figlio di un cameriere e di una centralinista, è il primo in famiglia ad aver fatto l'università ed ora il primo ispanico a rappresentare gli Usa in Vaticano. «Che si sia scelto un teologo dimostra quanto seriamente l'amministrazione tenga alle relazioni col Vaticano», dicono alla Casa Bianca. E lui: «Se il Senato mi confermerà, spero di essere un ponte tra la nostra nazione e la Santa Sede». Presidente Il presidente americano Barack Obama, 47 anni Soddisfatto Papa Benedetto XVI: ha approvato la nomina Gian Guido Vecchi

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Nuovi diplomatici (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 29-05-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Esteri data: 29/05/2009 - pag: 17 Le altre nomine Nuovi diplomatici WASHINGTON Nuovi ambasciatori Usa per alcune capitali-chiave: Obama ha infatti nominato Louis Susman, ex vice presidente di Citigroup, a Londra, il consulente sulla sicurezza Charles H. Rivkin a Parigi, l'ex deputato Tim Roemer a New Delhi e l'avvocato della Silicon Valley John V. Roos a Tokyo.

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Le foto di Abu Ghraib: spunta anche l'accusa di stupri (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 29-05-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Esteri data: 29/05/2009 - pag: 17 Torture Un giornale inglese svela il contenuto di alcune immagini censurate. La Casa Bianca smentisce: «L'articolo è totalmente sbagliato» Le foto di Abu Ghraib: spunta anche l'accusa di stupri DAL NOSTRO CORRISPONDENTE LONDRA Il generale Antonio Taguba giura che le fotografie sulle violenze commesse dai militari americani ai danni dei detenuti di Abu Ghraib in Iraq sono «qualcosa di orrendo». Complessivamente duemila immagini, non solo dall'Iraq ma anche dall'Afghanistan, alla cui divulgazione il presidente Obama oppone il veto. In una si vedono i soldati che abusano di una donna incarcerata. In un'altra, un interprete si accanisce su un detenuto. Stupri e abusi sessuali, fissati e stampati. Nessuno ha distrutto le prove. Forse gli autori confidavano sull'impunità. Ora sono dentro a un dossier la cui pubblicazione è diventata una delicata questione di politica interna ed estera. Può Washington dare il via libera? È il quotidiano inglese Daily Telegraph a parlare con l'alto ufficiale statunitense che ha condotto le indagini e ha visionato quel materiale. «La sola descrizione è terribile ». Ma la Casa Bianca, ieri sera, ha smentito. «Nessuna delle foto» che il presidente Usa ha deciso di non rendere pubbliche contiene le immagini di abusi sessuali, ha detto il portavoce Gibbs. «Si tratta di un articolo dal contenuto errato che offre una descrizione falsa delle immagini in questione». Antonio Taguba ha svolto la sua inchiesta nel 2004 e ha firmato un rapporto conclusivo. È andato in pensione ma non ha di certo dimenticato e non ha alcuna intenzione di coprire o di negare ciò che ha visto e accertato. «Queste fotografie mostrano violenze, torture e ogni tipo di indecenza », spiega il generale al Daily Telegraph. Documentano almeno 400 casi di violenze compiute sia ad Abu Ghraib sia nel teatro di guerra afghano. Episodi disgustosi avvenuti fra il 2001 e il 2005. Hanno parlato le vittime, hanno confermato i testimoni, infine sono saltate fuori le immagini. Il generale Antonio Taguba non si nasconde. «I responsabili sono stati identificati e nei loro confronti abbiamo adottato tutte le più appropriate azioni». In talune riprese, ricorda, si vedono militari che strappano le vesti alle prigioniere e ai prigionieri, le sequenze proseguono con la rappresentazione di atti raccapriccianti durante i quali vengono usati tubi, fili, manganelli di acciaio. Prepotenze esercitate in violazione dei più elementari diritti, nel disprezzo della persona umana. È giusto che il presidente Obama intenda censurare la divulgazione del dossier con le duemila fotografie? «Non sono affatto sicuro di quale possa essere lo scopo della pubblicazione dice il generale Antonio Taguba forse c'è una ragione legale ma le conseguenze sono quelle di mettere in pericolo sia le nostre truppe delle quali abbiamo un grande bisogno sia le truppe britanniche che stanno cercando di costruire una rete di sicurezza in Afghanistan ». All'inizio Obama aveva promesso di rimuovere i veti. Una decina di giorni fa, spinto dall'azione di persuasione compiuta dagli alti vertici mi-- litari, è ritornato sui suoi passi. «Se rendiamo pubbliche quelle foto la vita dei soldati è a rischio». Qualcuno aveva provato a sostenere che in realtà le immagini fossero simili a quelle già note e apparse cinque anni fa. In esse si vedevano cani tirati e aizzati contro prigionieri ammassati in piramidi umane. Questo è, invece, un nuovo capitolo. Ancora più imbarazzate, grave, inaccettabile. Le parole del generale Il quotidiano riporta le parole del generale Usa che indagò sugli abusi: «La sola descrizione è terribile» Abusi Una foto delle violenze commesse dai militari Usa verso i detenuti di Abu Ghraib (Ap) Fabio Cavalera

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Le visioni di Castells e l'automa finanziario (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 29-05-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Economia data: 29/05/2009 - pag: 34 Fondazione Corsera Le visioni di Castells e l'automa finanziario MILANO Ci salveranno la politica e l'innovazione tecnologica. O meglio: salveranno l'America, non l'Europa. Ridotto all'osso è questo lo stretto sentiero d'uscita dalla crisi individuato da Manuel Castells, uno dei più influenti pensatori mondiali, sociologo (ed economista) che si divide fra la nativa Spagna (L'Università di Barcellona) e la California (prima docente a Berkeley e ora alla University of Southern California), autore di una ventina di opere fra cui la celebre trilogia «The information age». Castells ne ha parlato ieri al convegno «Dalla follia finanziaria alla politica della speranza», organizzato dalla Fondazione Corriere della Sera. La sua analisi su cosa è successo dalle Reaganomics a oggi non si discosta ovviamente da quella di molti colleghi: il dilagare di un mostro finanziario senza controlli, globalizzato, tutto concentrato nel moltiplicare il denaro inventando strumenti sempre più sofisticati, basati su formule matematiche tarate su una realtà immaginaria e replicati all'infinito fino a eludere ogni pretesa di trasparenza e di verifica contabile. Tutto questo in un'economia globale fortemente squilibrata: da un lato gli accumulatori di capitali (Cina in primo luogo) dall'altro consumatori di capitali (Gli Usa). «Abbiamo creato un gigantesco robot globale privo di cervello», ha sintetizzato Castells. E oggi che quel castello è crollato ne misuriamo le conseguenze. Ma quello che più interessa al sociologo è osservare come dalla perdita di reddito e posti di lavoro, stiano proliferando negli Usa nuovi comportamenti sociali, dagli orti urbani i cui prodotti vengono venduti via internet fino al baratto elettronico. L'innovazione tecnologica può portare l'economia a forme di sviluppo ambientale e sociale più sostenibili. E gli investimenti che il presidente Obama sta orientando in questo senso assicurano l'impulso necessario. Grazie, in primo luogo, al forte appoggio di cui gode fra gli americani. In Europa, invece, lo scenario è diverso spiega visto che le società civili di quasi tutti i paesi hanno una totale sfiducia nelle classi politiche. M.Castells G.Ra.

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Obama: recessione, baratro alle spalle (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 29-05-2009)

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Corriere della Sera sezione: Economia data: 29/05/2009 - pag: 34 Il G20 a Pittsburgh Obama: recessione, baratro alle spalle WASHINGTON L'economia americana «è uscita da baratro », il peggio è passato, «c'è una calma che non esisteva prima» anche se «rimane molto da fare». Lo ha dichiarato Barack Obama a un banchetto a Beverly Hills, dove le star di Hollywood dal regista Steven Spielberg all'attore Antonio Banderas hanno raccolto oltre quattro milioni di dollari per i democratici. Il presidente, che più tardi alla base militare Nellis presso Las Vegas ha attribuito i progressi ai finanziamenti dello Stato di 780 miliardi di dollari, ha fatto eco al ministro del tesoro Timothy Geithner. L'altro ieri, a Roxbury nel Massachusetts, Geithner aveva affermato che «l'economia dà segni iniziali di ripresa, la fiducia aumenta e la finanza incomincia a guarire », pur ammonendo a sua volta che «le difficoltà da superare sono ancora gravi». L'ottimistico messaggio di Obama, contestato da Nouriel Roubini, la Cassandra degli economisti americani, secondo cui l'anno prossimo l'economia crescerà soltanto dell' 1-2%, è stato ribadito dal portavoce della Casa bianca Robert Gibbs. Il portavoce ha riferito che il presidente ha organizzato la nuova conferenza del G20, a cui si deve l'85% del prodotto lordo mondiale, il 24 e 25 settembre prossimo a Pittsburgh in Pennsylvania, in concomitanza con l'Assemblea generale dell'Onu. Obama, che ha benevolmente rimproverato ai media di avere ignorato che ieri erano 100 giorni dal varo del suo piano, intende sollecitare il G20 a seguire il suo esempio. Alla base Nellis, il presidente ha sostenuto che i finanziamenti statali hanno già salvato o generato 150 mila posti di lavoro. Con le loro rassicurazioni, Obama e Geithner hanno forse anche cercato di prevenire reazioni negative in borsa alla bancarotta della Gm. Lo conferma la scelta di Pittsburgh come sede del G20. Circa vent'anni fa la città, l'antica capitale dell'acciaio e delle altre industrie pesanti, era nella stessa situazione disastrata di Detroit, la capitale dell'auto, oggi. Ma, ha ricordato Gibbs, con investimenti intelligenti Pittsburgh si risollevò, diventando uno dei poli americani dello hi-tech e della medicina, un'evoluzione che anche Detroit potrebbe compiere. Stando a Gibbs, c'è speranza: ad aprile, le ordinazioni dei beni durevoli sono salite dell'1,9 per cento, il massimo degli ultimi 18 mesi, e a maggio è salita la fiducia dei consumatori. La cena a Beverly Hills «Adesso c'è una calma che non esisteva prima, ma ancora resta molto lavoro da fare» Schiarite Usa ottimisti. Ieri il ministro del Tesoro Tim Geithner (a sinistra) e Barack Obama (a destra) hanno sottolineato i segnali positivi. Ennio Caretto

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(sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 29-05-2009)

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Corriere della Sera sezione: Economia data: 29/05/2009 - pag: 37 Le Conversazioni La serata conclusiva di «Economia e Società aperta» «Con un'America debole mercati globali senza leader» I timori di Panebianco. Siniscalco: ora meno squilibri MILANO Ma «dopo» come saremo, migliori o peggiori? Il mondo e il futuro come ce li possiamo immaginare? Il capitalismo non finirà nel 2009, ma la fine ufficiale dei sogni del denaro facile e della vita «a debito» ha incrinato un modello, quello americano, con un impatto che si prevede assai rilevante sulla politica e le economie del pianeta. Di questo si è discusso ieri sera al quarto e ultimo appuntamento de «Le Conversazioni» di «Economia e Società aperta» organizzate dalla Bocconi e dal Corriere della Sera. A confronto Angelo Panebianco, politologo e professore all'Università di Bologna e Domenico Siniscalco, vice chairman europeo di Morgan Stanley ed ex ministro del Tesoro, moderati da Aldo Cazzullo e introdotti da Severino Salvemini. A concludere la serata sul tema «Dopo la tempesta: istruzioni per sopravvivere», il direttore del Corriere, Ferruccio de Bortoli e il rettore della Bocconi, Guido Tabellini. «Dopo la crisi il mondo sarà sensibilmente diverso» ha detto subito Panebianco per il quale «assisteremo probabilmente all'indebolimento del ruolo degli Stati Uniti come garante dei sistemi di libero scambio». Le prime conseguenze potrebbero essere «la riduzione della globalizzazione e la frenata dei processi di democratizzazione». Tutte e due le grandi fasi di globalizzazione, ha spiegato il politologo, sono state sostenute da un «egemone liberale», come lo sono stati la Gran Bretagna tra il 1870 e il 1914 e gli Stati Uniti dopo il 1945. «Se non c'è una superpotenza con quelle caratteristiche ha argomentato il processo può interrompersi». Dissente, almeno in parte, Siniscalco: «A me gli Stati Uniti appaiono ancora fortissimi ». Dalla crisi, ha aggiunto, «potrebbe uscire, con lentezza, un mondo più equilibrato, con più industria e meno finanza, più Stato e meno mercato, con meno squilibri commerciali, più risparmio negli Usa e più consumo in Asia, con le banche più regolate, con minori disuguaglianze. Probabilmente con una crescita potenziale molto più lenta che nel decennio passato. Ma questo accadrà ha aggiunto e sta già accadendo grazie agli Stati Uniti e non contro di essi: perché l'amministrazione >Obama è il primo tra i governi a volere questa metamorfosi». Quanto all'Europa, la sua chance per Siniscalco potrebbe essere quella di svolgere un ruolo di arbitro tra Usa e Cina, sfruttando il debito in euro come un'alternativa al debito in dollari degli investitori asiatici. Panebianco, invece, teme l'impatto delle condizioni politiche globali «meno amichevoli» per l'economia aperta. Trovandosi a fronteggiare una minor crescita, ha detto, «l'Europa avrà davvero bisogno di scelte innovative». Sul filo rosso che ha legato tutte «Le Conversazioni » la dicotomia tra Stato e mercato Panebianco ha ricordato tra le altre cose come «la politica ritorni al centro della scena quando c'è un problema di sicurezza» e come l'Europa «resti più un consumatore che un produttore di sicurezza». «Le Conversazioni sono state indubbiamente utili, ma molte sono ancora le domande che restano», ha detto poi in conclusione de Bortoli. «C'è stata negli Stati Uniti una riflessione profonda nella classe dirigente? È cambiata la cultura delle banche d'affari o delle agenzie di rating? Secondo me no, non è cambiato quasi nulla», ha detto il direttore del Corriere, augurandosi che, in Italia, qualcosa cambi «nei comportamenti» e possano affermarsi i principi di «equità, concorrenza e merito». Tabellini ha ringraziato gli studenti per la grande partecipazione, ricordando come «Le Conversazioni» si siano svolte «cercando, come sempre, di ancorare le opinioni ai fatti. La crisi ci ha insegnato che uno dei compiti dell'Università è insegnare valori e l'importanza di opporsi al relativismo morale ». L'incontro conclusivo di Economia e Società aperta Paola Pica

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Ricciotti, archistar noglobal (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 29-05-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Terza Pagina data: 29/05/2009 - pag: 45 L'incontro Il progettista del Palazzo del Cinema di Venezia. «Questa esterofilia è razzismo al contrario» Ricciotti, archistar noglobal «Fate lavorare gli italiani» L'accusa: stop all'imperialismo Usa, tuteliamo il territorio di PIERLUIGI PANZA S guardo fiero e seduttivo, lunghi capelli, talvolta un sigaro che gli pende tra le labbra: Rudy Ricciotti sembra ed è un Che Guevara dell'architettura. Nato ad Algeri, residente a Bandol, un piccolo paese a tre ore di Tgv da Parigi, disdegna, un po' come il filosofo Michel Onfray, il palcoscenico della capitale. Perché è certo e ha cercato di dimostrarlo con architetture come lo Stadio del Rock a Vitrolles, la filarmonica di Potsdam e il Museo di Marsiglia che oggi si possa «fare cultura partendo dai luoghi che non riflettono l'imperialismo internazionale come Parigi, Londra, New York». Progettista, con il gruppo italiano 5+1, del nuovo Palazzo del Cinema di Venezia sulla cui costruzione sono sorte incomprensioni con l'impresa costruttrice e la direzione dei lavori Ricciotti è un antiglobal dell'architettura: «Basta con l'imperialismo Usa e con la globalità politicamente corretta! Bisogna far capire che noi abbiamo ancora dei corpi, che il corpo pulsa, che la bellezza è ancora viva intorno a noi, soprattutto in Italia, e va tutelata». La critica di Ricciotti investe la globalizzazione ma anche quella sinistra che non ha saputo difendere i suoi valori fondativi: «La globalizzazione non ha un vero progetto intellettuale. Oggi dobbiamo ritornare ai valori della contestualità, dobbiamo ascoltare i luoghi, ascoltare abitanti e memorie». E questo soprattutto in Italia. «Sono sorpreso racconta Ricciotti che in Italia stiano lavorando quasi esclusivamente architetti stranieri. Sembra che a Milano, la città di Gio Ponti, nessuno sia più in grado di costruire in cemento armato. È assurdo, è un razzismo al contrario! Consegnare l'Italia a una estetica internazionale è una forma di 'sottosviluppo' intellettuale: forse a Times Square un progetto di Frank Gehry può trasmettere senso di energia, e in Germania un edificio hi-tech senso di tecnologia; ma in Italia ci vogliono grattacieli che parlino dell'uomo, come quello di Ponti. Se oggi si rifiuta un vero dibattito sull'identità urbana, però, è anche colpa del tardo-marxismo contemporaneo, che pensa di associarsi frettolosamente alla globalizzazione». In una visione colta e da socialismoutopista erede di William Morris, Ricciotti ritiene che il globalismo non sia di aiuto all'integrazione tra i popoli e al superamento della crisi economica. «Non ci si deve aspettare troppo dall'architettura in favore dell'integrazione e della crisi, ma penso che, a differenza dell'economia virtuale, l'architettura possa sviluppare vero lavoro offrendo un'opportunità alla coesione sociale. Penso che il presidente degli Stati Uniti, Obama, l'abbia capito: infatti sta impegnando il Paese in grandi lavori edilizi. L'economia edilizia è una economia territoriale, non è virtuale e non ha a che fare con i paradisi fiscali». La poetica di Ricciotti è una sorta di declinazione architettonica di un intervento keynesiano a sostegno dell'occupazione. Il risultato sono costruzioni basate su soluzioni a basso contenuto tecnologico, dove il piacere estetico si fonde con la necessità di manifestare un impegno morale. «Ho presentato al sindaco di Lille, Martin Aubry, che ha sconfitto Ségolène Royal e ha conquistato la guida del Partito socialista, un progetto di 40.000 m². Questo progetto è di mattoni, perché così può generare una quantità notevole di ore di lavoro, anziché diminuirle come si farebbe utilizzando ferro, vetro e nuove strutture. Io punto sulla tecnologia locale e facendo questo ho salvato una fonderia in Francia. Dobbiamo tutelare i distretti produttivi». La passione per la poesia l'ha portato a fondare una casa editrice dal nome... molto italiano: «La mia casa editrice si chiama Aldante, perché amo Dante Alighieri. Ci perdo circa 90.000 euro all'anno. Credo che la poesia sia l'ultima espressione dalla quale trasudi carne, ossa e sangue. Pubblico autori come Charles Pennequin, un ex carabiniere che un giorno decise di cambiare vita e oggi è autore di azioni chiamate 'Action Poétique' o Bernard Heidrix, che a 80 anni fa performance». Il nuovo Palazzo del Cinema di Venezia al Lido è al centro di una controversia per il taglio di alcuni alberi: «La costruzione è partita ma io non ne so più niente. Per me è fuori controllo, l'impresa procede in autonomia: io non sapevo del taglio degli alberi, li avrei tenuti! È un progetto sofisticato e andrebbe seguito dai progettisti. È la prima volta dopo gli anni Trenta che si costruisce dell'architettura moderna al lido e non bisogna avere cedimenti sul versante commerciale. Venezia e l'Italia sono i luoghi dove la bellezza va difesa ». Anche attraverso l'architettura moderna che sta nascendo, come il Palazzo del Cinema o il nuovo museo di Punta della Dogana di Tadao Ando, che sarà inaugurato il 3 giugno in occasione della Biennale. «Noi abbiamo ancorato il progetto su valori territoriali e sul rispetto: l'80% degli spazi si sviluppano sottoterra e l'esterno crea un luogo metafisico e misterioso. Io sono nemico di una astratta modernità, tutto va calato nel luogo e nelle identità». E questo vale anche per l'arte contemporanea, afferma, servendo un involontario assist al Padiglione Italia della Biennale: «Penso che l'arte italiana ed europea contemporanea non abbiano nulla da invidiare a quella americana. A me piace l'arte povera, un movimento italiano. Ma anche l'arte concettuale non è per niente un'arte americana, bensì italiana! Il primo artista concettuale è stato Manzoni». Gli Stati Uniti, ovviamente, «sono venuti al seguito». A sinistra: il progetto per il Palazzo del Cinema di Venezia, al centro di una controversia per il taglio di alcuni alberi. Sotto: l'architetto francese Rudy Ricciotti (foto Jeanson)

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Obama ad Israele: stop ai coloni (sezione: Obama)

( da "Stampaweb, La" del 29-05-2009)

Argomenti: Obama

NEW YORK Barack Obama accoglie il presidente palestinese Abu Mazen alla Casa Bianca e chiede a Israele di «porre fine all’espansione degli insediamenti in Cisgiordania» perché «questo aiuterà il processo di pace». Seduto nello Studio Ovale a fianco di Abu Mazen, Obama ha vestito i panni del mediatore fra israeliani e palestinesi, sottolineando l’impegno «a lavorare alla soluzione del conflitto senza aspettare la conclusione dei mio mandato». Rivolgendosi a Israele, Obama ha sottolineato a più riprese la necessità di «bloccare la crescita gli insediamenti» rispondendo così a quanto poche ore prima il governo di Gerusalemme aveva affermato con il portavoce Mark Regev sul diritto a «proseguire la crescita naturale di queste comunità» in attesa «della conclusione dei negoziati sullo status permanente». Il disaccordo fra Washington e Gerusalemme sugli insediamenti è evidenziato dal fatto che il ministro della Difesa Ehud Barak sta arrivando negli Stati Uniti con un piano per «smantellare gli avamposti illegali» mentre la Casa Bianca chiede il blocco delle costruzioni «anche se dovute all’incremento demografico». Ad Abu Mazen il presidente americano ha invece chiesto di impegnarsi «contro la campagna di odio anti-israeliano che a volte si sviluppa nelle scuole e nelle moschee rendendo più difficile raggiungere la pace», lodando inoltre il suo «forte impegno» per arrivare ad un governo di unità nazionale con Hamas. Il leader dell’Autorità nazionale palestinese da parte sua ha presentato un «piano di pace» che si articola su due proposte. Primo: la creazione di un «supercomitato» alle dipendenze del Quartetto (Usa, Russia, Unione Europea e Onu) per risolvere i contenziosi esistenti fra Israele e Anp sull’applicazione della Road Map del 2003. Secondo: dare vita ad una «connessione» fra il piano di pace saudita del 2002 e la composizione del conflitto israelo-palestinese per arrivare ad una soluzione «regionale» che porti alla nascita dello Stato di Palestina in contemporanea con il riconoscimento di Israele da parte di tutte le nazioni arabe. Quest’ultimo suggerimento di Abu Mazen va nella stessa direzione auspicata dal presidente americano, Barack Obama, convinto che proprio la fine dello stato di guerra con i Paesi arabi possa spingere Israele a maggiori concessioni territoriali nei confronti dei palestinesi. Obama e Abu Mazen hanno discusso anche della questione del ritorno dei profughi palestinesi del 1948 - che ha già fatto fallire i negoziati sullo status finale nel 2000 e nel 2008 - ma il leader palestinese ha assicurato che «non sarà di ostacolo» perché «non vogliamo distruggere Israele». Alla conclusione dello colloquio nello Studio Ovale Obama ha fatto sapere che in occasione dell’imminente viaggio in Egitto sfrutterà il «discorso all’Islam» in programma al Cairo per affrontare anche il conflitto israelo-palestinese in quanto «sarebbe inappropriato farlo in ragione dell’importanza che ha per molti arabi e musulmani». In coincidenza con le tensioni crescenti fra Usa e Israele la Camera dei Rappresentanti ha inviato un chiaro segnale alla Casa Bianca approvando con tre quarti dei voti una risoluzione che chiede all’amministrazione Obama di dimostrarsi «tanto un mediatore credibile quanto un devoto amico di Israele» durante i negoziati, auspicando «determinazione per indurre i palestinesi a porre fine a terrorismo e odio».

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"Cyberterrorismo minaccia reale" Obama annuncia nuove misure (sezione: Obama)

( da "Repubblica.it" del 29-05-2009)

Argomenti: Obama

WASHINGTON - Gli attacchi terroristici sulle reti digitali sono "una delle minacce più serie alla sicurezza nazionale americana". E' quanto ha detto il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, nell'annunciare nuove misure per garantire maggiore sicurezza del cyberspazio che, ha precisato, "è reale e reali sono anche i rischi connessi". "Ci affidiamo a internet per pagare le nostre bollette, le nostre tasse, per fare shopping", ha continuato il presidente Usa, affermando che tutte queste interconnessioni "sono una promessa ma anche un pericolo" e che "milioni di americani sono stati vittime di furti di identità". "I nostri network militari e di sicurezza sono costantemente sotto attacco", ha aggiunto Obama. "D'ora in poi queste reti saranno trattate come asset strategici nazionali e protetti come tali", ha sottolineato il presidente, creando l'ufficio dello "zar" per la sicurezza cibernetica. (29 maggio 2009

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Obama crea comando per cyberspazio (sezione: Obama)

( da "Stampaweb, La" del 29-05-2009)

Argomenti: Obama

WASHINGTON Il cyberspazio è vulnerabile e «milioni di americani sono rimasti vittime» del crimine digitale e di furti d’identità: lo ha detto il presidente americano Barack Obama, nell’annunciare la creazione della figura di uno "zar" per la sicurezza digitale alla Casa Bianca. La nuova posizione, il cui responsabile dovrà essere nominato, farà parte dello staff ristretto del presidente e lo "zar" entrerà a far parte sia del Consiglio per la sicurezza nazionale, sia di quello che coordina le iniziative economiche. Il presidente ha garantito che i nuovi passi sul fronte della sicurezza online non prevedono alcuna intrusione nella privacy o violazione della libertà delle imprese. Obama, nel corso di un discorso alla Casa Bianca dedicato alla sicurezza del cyberspazio, ha rivelato tra l’altro che durante la campagna elettorale il suo sito è stato ripetutamente violato dagli hacker. Le minacce alle infrastrutture per l’informazione e la comunicazione, ha detto Obama, pongono una delle maggiori sfide alla sicurezza nazionale ed economica del paese nel XXI secolo. «Il cyberspazio è una realtà dalla quale dipendiamo ogni giorno, e i rischi che lo accompagnano sono altrettanto reali», ha detto il presidente americano.

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"Cyberterrorismo, minaccia reale" Obama annuncia nuove misure (sezione: Obama)

( da "Repubblica.it" del 29-05-2009)

Argomenti: Obama

WASHINGTON - Gli attacchi terroristici sulle reti digitali sono "una delle minacce più serie alla sicurezza nazionale americana". E' quanto ha detto il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama annunciando nuove misure per garantire maggiore sicurezza nel cyberspazio che, ha precisato, "è reale e reali sono anche i rischi connessi". "Ci affidiamo a internet per pagare le nostre bollette, le nostre tasse, per fare shopping", ha continuato il presidente Usa, affermando che tutte queste interconnessioni "sono una promessa ma anche un pericolo" e che "milioni di americani sono stati vittime di furti di identità". "I nostri network militari e di sicurezza sono costantemente sotto attacco - ha aggiunto Obama - d'ora in poi queste reti saranno trattate come asset strategici nazionali e protette come tali". Il presidente ha annunciato la creazione, alla Casa Bianca, di un ufficio che rimanda sia al Consiglio di sicurezza nazionale che al Consiglio nazionale di economia, per il coordinamento dell'opera di rafforzamento delle difese dei sistemi informatici usati dall'Amministrazione e dalle Borse, oltre che dalle banche per gestire le loro. Proprio oggi il New York Times aveva anticipato la notizia della creazione di un nuovo comando, al Pentagono, con il compito di coordinare operazioni informatiche sia di difesa che offensive. "Si tratta della sfida più seria economica e si sicurezza che deve affrontare la nazione", ha dichiarato Obama. Il New York Times ha riferito poi della lotta in corso fra dipartimento della Difesa e Consiglio di sicurezza nazionale per aggiudicarsi il primato su questo nuovo fronte, per il quale saranno spesi miliardi di dollari. OAS_RICH('Middle'); (29 maggio 2009

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Fra Guantanamo e la Luna torna il festival delle serie tv (sezione: Obama)

( da "Repubblica.it" del 29-05-2009)

Argomenti: Obama

Spettacoli&Cultura Arte Gallerie fotografiche Persone Musica Live Guarda con me Weekin--> Casa Sudoku Speciali Festival di Sanremo Calendari 2009 Festival di Roma Festival di Venezia--> Cinema Recensioni--> DVD Libri Il blog dei libri Novità--> Archivio Libri Il mio libro Passaparola Kw libri: schede e classifiche SPETTACOLI & CULTURA Dal 6 all'11 luglio il Roma Fiction Festival, ospite d'onore l'astronauta Buzz Aldrin In programma film sulla prigione americana, sulla Cisgiordania, sull'elezione di Obama Fra Guantanamo e la Luna torna il festival delle serie tv Il direttore artistico Della Casa: "E' lo spettacolo popolare per eccellenza il mondo in cui si raccontano storie e in cui le varie societ

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corea, l'america non crede ai test atomici - giampaolo cadalanu (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 30-05-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 18 - Esteri Corea, l´America non crede ai test atomici Il Pentagono: "Nessuna prova". Ma Pyongyang lancia un nuovo missile Dopo gli ordigni, Seul adesso teme provocazioni navali nella stagione della pesca GIAMPAOLO CADALANU La Corea del nord si agita, minaccia, lancia missili: ma sarà un rischio vero per il mondo? Se lo sono chiesti apertamente gli Stati Uniti e persino gli spaventati sudcoreani dopo il lancio, ieri, dell´ennesimo ordigno a corto raggio, il sesto da lunedì. Ma ormai quelli che Pyongyang chiama test e che buona parte del mondo vede come provocazioni, rischiano di rivelarsi più come tentativi grossolani di attirare l´attenzione che come concrete minacce per la pace. Gli osservatori militari sembrano poco impressionati: i "test" sono consistiti in prove quasi inoffensive, con missili di gittata limitata a 130 chilometri, dunque in grado di far impallidire solo Seul. Una nuova prova con missili più grandi dovrebbe essere in preparazione, secondo quello che gli analisti americani ricostruiscono dalle immagini raccolte dai satelliti spia, ma non è detto che il test vada a buon fine. Persino l´esperimento nucleare viene messo in discussione dagli esperti del Pentagono. La strategia nordcoreana di far la voce grossa trova applicazione persino nei confronti delle Nazioni Unite: di fronte alla possibilità che la comunità internazionale applichi al regime nuove sanzioni, Pyongyang ha rilanciato ieri annunciando la decisione di cancellare l´armistizio. Insomma, se l´Onu si azzarda a sanzionare gli esperimenti missilistici con misure punitive, la Corea del Nord potrebbe concretamente riprendere la guerra degli anni Cinquanta. I toni sono quelli eterni delle dittature: «Il mondo vedrà presto come il nostro Paese resiste all´oppressione e al dispotismo del Consiglio di sicurezza dell´Onu e difende la sua dignità e la sua indipendenza», dice una nota del ministero degli Esteri. Gli Stati Uniti, alleati di Seul, la prendono con tranquillità: Robert Gates, ministro della Difesa, ha detto che non c´è bisogno di aumentare il contingente militare Usa al 38esimo parallelo, anche perché le immagini riprese dallo spazio non lasciano pensare a preoccupanti movimenti di truppe verso il confine. «Se Pyongyang dovesse fare qualcosa di avventato e provocatorio, gli Usa hanno le forze per affrontarlo», ha detto Gates. L´amministrazione Obama è stata costretta a seguire con attenzione gli sviluppi nell´area, perché Washington teme che i test nucleari di Pyongyang diano il via a una nuova rincorsa agli armamenti che coinvolgerebbe anche Giappone e Cina. Sullo sfondo delle incertezze legate anche alle condizioni di salute del "caro leader ", Kim Jong-il, che secondo indiscrezioni e fonti diplomatiche potrebbe essere stato colpito da un ictus, resta sempre la possibilità di nuove provocazioni navali: Pyongyang contesta il confine marittimo e già in passato scaramucce armate fra le due Marine erano avvenute proprio nel mese di giugno, il più produttivo per la pesca dei granchi.

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obama lancia la sfida agli hacker - arturo zampaglione (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 30-05-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 19 - Esteri Obama lancia la sfida agli hacker Uno "zar" per la sicurezza digitale. E il Pentagono si prepara alla cyberguerra Negli ultimi anni la cybercriminalità è costata 8 miliardi di dollari agli americani "D´ora in poi la struttura telematica sarà trattata come un bene strategico nazionale" ARTURO ZAMPAGLIONE NEW YORK - L´America di Barack Obama si prepara a combattere le nuove guerre futuristiche del cyberspazio: da un lato difendendo dagli attacchi di hacker, spie o terroristi i computer del governo e la rete elettrica, i network finanziari e altre infrastrutture nazionali; dall´altro attrezzando il Pentagono per offensive informatiche, come quella che l´anno scorso mandò in tilt i computer della Georgia in coincidenza con l´invasione militare russa. «Si è detto che la rivoluzione nelle comunicazioni e nell´informatica ha creato un mondo virtuale, ma da questo cyberspazio dipendono ormai le nostre attività quotidiane e la nostra sicurezza», ha osservato ieri Obama. «E´ dunque un mondo reale, così come lo sono i pericoli ad esso connesso». Di qui la scelta del presidente di istituire la figura di uno "zar" per la cybersicurezza: in pratica di un coordinatore degli sforzi governativi, sul modello degli altri "zar" nominati per l´auto, le frontiere o la droga. Obama si appresta anche a firmare un ordine segreto che istituirà presso il Pentagono un comando speciale per il cyberspazio con il compito di guidare le operazioni difensive e soprattutto offensive della più grande potenza militare della storia. L´apertura dl nuovo "fronte" è stata annunciata ieri in una cerimonia alla Casa Bianca cui hanno partecipato i massimi esponenti del governo. «Finora non abbiamo investito abbastanza nella sicurezza della nostra infrastruttura digitale», ha ammesso Obama. «Ma lo status quo non è più accettabile perché si tratta della sfida economica e militare più seria che abbiamo di fronte». Ricordando l´importanza assunta dal cyberspazio, il presidente ha elencato una serie di dati da brivido su infrazioni e reati. Negli ultimi due anni la cybercriminalità è costata 8 miliardi di dollari agli americani. Il numero annuale di cyberattacchi è passato da 4095 nel 2005 a 72.065 nel 2008. L´anno scorso in appena mezz´ora dei ladri informatici hanno incassato milioni di dollari da 130 bancomat sparsi in 49 città americane. Obama ha anche fatto una confessione: durante la campagna presidenziale gli hacker sono persino riusciti a entrare nei computer della sua organizzazione elettorale. Di solito i responsabili di queste azioni sono giovani hacker, spie industriali o ingegneri assoldati dalla criminalità organizzata. Ma c´è il rischio che sempre più terroristi e servizi di intelligence utilizzino il cyberspazio per i loro fini. Obama ha citato l´interesse manifestato da Al Qaeda e la crescente presenza nel web degli 007 russi e cinesi. I terroristi del web potrebbero cercare di bloccare i sistemi di controllo aereo, di neutralizzare le comunicazioni finanziarie o di irrompere nei computer del governo. Insomma, di mettere in ginocchio il paese. A febbraio Obama aveva dato l´incarico a una commissione ad hoc, guidata da Melissa Hathaway del consiglio per la sicurezza nazionale, di studiare il problema e proporre soluzioni in tempi record. I risultati sono contenuti in un documento di 40 pagine reso noto ieri. «D´ora in poi - ha detto ieri il presidente, avallandone le conclusioni - l´infrastruttura digitale americana, cioè i network e i computer da cui dipende la nostra vita quotidiana, sarà trattata come un bene strategico nazionale. Proteggerla diventerà una priorità». La nuova azione del governo si articolerà in cinque punti, tra cui una campagna per l´educazione di massa, e sarà affidata allo "zar" della Casa Bianca per la cybersicurezza. E´ una figura ancora senza volto: Obama intende scegliere personalmente una persona che abbia le conoscenze tecniche necessarie, ma anche l´autorevolezza per coordinare l´azione di vari ministeri, in primo luogo della sicurezza nazionale e dell´economia. Nella nuova struttura sarà data molta importanza al rispetto della privacy e della non-ingerenza nelle comunicazioni personali e societarie. Lo "zar" non avrà invece competenze in campo militare, che saranno invece delegate al cybercomando di prossima istituzione al Pentagono destinato a eliminare le sovrapposizioni tra le varie armi, a guidare la ricerca sulle «armi informatiche» e ad elaborare le nuove strategie.

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germania amara per la fiat magna a un passo dalla opel - andrea tarquini (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 30-05-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 2 - Economia Germania amara per la Fiat Magna a un passo dalla Opel La trattativa Ok di Gm al gruppo austro-canadese. Governo riunito Sì di Bruxelles al salvataggio, purché condiviso dagli Stati dell´Unione ANDREA TARQUINI dal nostro corrispondente BERLINO - Gli austrocanadesi di Magna e i loro alleati russi di Sberbank e di Gaz stanno vincendo, la Fiat sembra gettare la spugna. Le ultime febbrili consultazioni alla Cancelleria tra i leader politici tedeschi ansiosi di arrivare alla salvezza di Opel prima delle elezioni d´autunno, gli inviati dell´amministrazione Obama, e i negoziatori di Gm e Magna, hanno fatto ieri sera tardi un passo decisivo. Il governo tedesco ha infatti dato il primo via libera alla trattativa Gm-Magna per l´acquisto di Opel da parte della seconda. Tramonta il sogno di una soluzione europea per mantenere in vita lo storico marchio tedesco, e nelle prossime ore realtà e rapporti di forza nel mondo dell´auto saranno irriconoscibili. E nella Germania in campagna elettorale la disponibilità all´offerta Fiat segnalata dalla Cancelliera Angela Merkel e dal ministro dell´Economia Karl-Theodor zu Guttenberg sembra piegata dal fronte anti-Fiat. Guidato dalla Spd del vicecancelliere e ministro degli Esteri, Frank Walter Steinmeier e dal governatore dell´Assia Roland Koch, che per Frau Merkel resta il rivale più pericoloso nel partito, la CduCsu. Koch, secondo cui «Torino non può dare i necessari chiarimenti». La svolta era stata annunciata nel pomeriggio, quando Gm e Magna hanno rivelato di aver raggiunto un accordo di massima. Magna accetterebbe di assumersi i costi supplementari del salvataggio di Opel, quei 300 milioni di euro chiesti da Gm e indirettamente dall´amministrazione Usa in aggiunta al credito-ponte tedesco di un miliardo e mezzo, a cui Berlino non vuole aggiungere un centesimo. Resta da definire il contenzioso politico America-Germania: l´amministrazione Obama non ha chiarito se insiste per l´accesso alla tecnologia Opel. Il giorno più lungo è cominciato nel mattino quando Fiat ha detto che non avrebbe partecipato all´incontro di oggi alla Cancelleria. Sembra una soap opera brasiliana, ha detto Marchionne. Restiamo interessati, ma non intendiamo correre rischi irragionevoli e non necessari. «Fiat non è fuori gioco, se ritorna al tavolo, ma al momento Magna è l´unico potenziale investitore con cui si sta trattando», hanno replicato i portavoce tedeschi. Il ministro del Lavoro, il socialdemocratico Olaf Scholz, era ancora più esplicito: «Magna è in pole position». L´accordo Gm-Magna, con l´approvazione degli esperti tecnici tedeschi, e il primo ok del potere politico, ha passato lo scoglio decisivo. Intanto l´Unione europea ha preso tempo: ha detto sì a ogni salvataggio, ma solo a condizione che non sia una soluzione nazionale, ma concordata tra gli Stati Ue e con la Commissione. Si negozia a oltranza. Un´insolvenza controllata di Opel non è ancora esclusa dalla signora Merkel, zu Guttenberg non è sicuro che la soluzione arrivi tra poche ore. Ma spinge per un´intesa finale Steinmeier, con alle spalle Spd e sindacati: «Stiamo lavorando con ogni energia per questo scopo, abbiamo bisogno di un risultato solido, resto fiducioso». E ha avuto un colloquio telefonico con il capo di Magna, Frank Stronach.

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"più credito alle imprese e stimolare i consumi" - giorgio lonardi (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 30-05-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 25 - Economia Obama flessibile "Più credito alle imprese e stimolare i consumi" Akerlof, premio Nobel: per battere la crisi serve una vera riforma della finanza La Casa Bianca deve essere flessibile: il suo obiettivo è raggiungere la piena occupazione, molte le strade possibili GIORGIO LONARDI DAL NOSTRO INVIATO TRENTO - Capelli bianchi, aria gentile, George Akerlof, premio Nobel per l´economia nel 2001, autore di «Animal Spirit» appena tradotto in italiano, molto ascoltato dalla nuova amministrazione americana è un uomo prudente. E anche qui a Trento, in occasione dell´apertura del quarto Festival dell´Economia, Akerlof non tradisce la sua cautela. E così quando gli chiediamo se condivide l´ottimismo manifestato giovedì da Barak Obama («il peggio è passato, l´economia Usa è uscita dal baratro») fa un grande sorriso e allarga le braccia: «Dobbiamo aspettare e avere pazienza». Allora non siamo ancora fuori dal tunnel? La situazione è sempre fuori controllo? «Non ho detto questo. Dico solo che è troppo presto per dare una risposta definitiva. Certo, possiamo essere vicini ad una svolta positiva. E qualche segnale incoraggiante non manca. Tuttavia non possiamo ancora escludere delle sorprese spiacevoli. Quindi bisogna aspettare senza perdere il nostro ottimismo». Secondo lei, dove si annidano i pericoli per l´economia mondiale? «Non c´è dubbio che il mondo della finanza è il maggiore indiziato. Per troppo tempo abbiamo avuto un tipo di finanza pericolosa. La parte principale della crisi riguarda i titoli finanziari complessi. E ancora non c´è stata una riforma profonda del settore». Lei si riferisce ai derivati? «Certo, tutta la normativa che riguarda i derivati va profondamente cambiata e riformata». E se li abolissimo questi derivati? «Questo mi sembra eccessivo. Però occorre una riforma profonda». Professor Akerlof: lei condivide la strategia economica adottata da Barak Obama per superare la crisi? «La strategia della Casa Bianca non è in questione. Anzi non è questo il problema: l´importante è la flessibilità di questa strategia». Che cosa vuol dire? «Il governo può adottare una strategia A e vedere se funziona». E se invece i risultati di questa strategia fossero deludenti? «Niente paura: se il metodo A non funziona basta puntare su B. E se B non è sufficiente passare a C. E così via. L´importante non è la strategia; l´importante è un´altra cosa: tenere bene a mente gli obiettivi da raggiungere». Quali sono secondo lei gli scopi che deve proporsi l´amministrazione americana per accelerare l´uscita dalla crisi? «Abbiamo davanti a noi due target strettamente legati fra loro. Da una parte si tratta di raggiungere il traguardo della piena occupazione mentre dall´altra occorre garantire l´accesso al credito. Entrambi questi obiettivi vanno perseguiti con determinazione». Cosa ne pensa della situazione in cui si dibatte l´economia europea? «Penso che anche in Europa come negli Stati Uniti occorra perseguire i due obiettivi della piena occupazione e della piena accessibilità al credito». E per l´immediato, di cosa avrebbe bisogno il vecchio continente? «Con una domanda carente e una economia europea che va piuttosto male, si può pensare non solo a politiche di natura fiscale, ma anche a politiche di natura monetaria». Facciamo l´esempio dell´industria italiana. Ad esempio di quella metalmeccanica concentrata nel Nord del Paese. Ebbene, queste imprese si dibattano nella crisi, sono costrette a licenziare e hanno difficoltà nell´accesso al credito. Che fare? «Mi sembra un buon esempio. Ecco, anche in questo caso sono necessari degli stimoli fiscali di cui le imprese possano beneficiare. Tuttavia non c´è dubbio che questo non basta, non è sufficiente». E allora? «Occorre puntare sull´accesso al credito in favore di queste aziende. Quindi da una parte ci vuole più credito. Ma dall´altra è anche necessaria anche una manovra in grado di stimolare la domanda».

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Opel, sì di Berlino Gm tratta con Magna (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 30-05-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Primo Piano data: 30/05/2009 - pag: 2 Opel, sì di Berlino Gm tratta con Magna Rilancio di 300 milioni della cordata austro-canadese DAL NOSTRO CORRISPONDENTE BERLINO La cordata russocanadese guidata da Magna è sulla strada per mettere le mani su Opel. La Fiat ha fatto un passo indietro polemico dovuto soprattutto alla gestione della vicenda da parte del governo tedesco e della General Motors e così si è aperta la strada al pool concorrente, formato da Magna, e dalle russe Sberbank e Gaz, per arrivare alla fase di discussioni esclusive, approvata da Berlino, che lo mette nelle condizioni di trattare l'acquisto della casa tedesca. Ieri notte, prime indiscrezioni dicevano che un accordo raggiunto nel pomeriggio da Magna e Gm era stato accettato come base di partenza dai ministri di Angela Merkel. Se così sarà, le previsioni della vigilia, e anche dell'antivigilia, saranno rispettate: i politici della Germania scelgono il partner che hanno sempre voluto e l'americana Gm quello che le crea meno problemi. Anche ieri, a Berlino, la giornata è stata frenetica. Nella notte tra giovedì e venerdì, Magna interfaccia pubblico della cordata russocanadese ha iniziato a discutere con Gm, in un albergo, il passaggio finale dell'operazione. Si trattava di mettere sul tavolo 300 milioni che coprissero un buco nei conti Opel che era stato rivelato solo nella notte di giovedì e aveva inacidito più che mai i rapporti tra il governo di Berlino, che vuole assicurare finanziamenti a Opel, e quello di Washington, che sta organizzando la bancarotta della Gm. Magna pare li ha messi sul tavolo, i 300 milioni. Al momento non si sa quali garanzie abbia avuto in cambio: Sergio Marchionne si era rifiutato di farlo sin da giovedì e ieri l'ha fatto sapere ad alta voce. Certo, la decisione di Magna è stata il momento finale di una tensione di 24 ore tra Germania e Stati Uniti. Da quello che risulta al Corriere, i ministri federali e i capi dei quattro Länder tedeschi in cui Opel ha fabbriche a un certo punto giovedì mattina hanno avuto l'impressione che l'amministrazione americana di Barack Obama volesse fare fallire le riunioni berlinesi per evitare che la Opel finisse in amministrazione fiduciaria, si staccasse così da Gm e sottraesse a quest'ultima asset tecnologia e brevetti che invece sarebbero stati utili nel corso della bancarotta che Gm si appresta a dichiarare, probabilmente il primo giugno. Hanno così prodotto una vera e propria offensiva diretta a Washington: non potevano permettersi che il negoziato fallisse, sarebbe stata una catastrofe politica per i due alleati di governo, Unione Cdu-Csu e Spd, a quattro mesi dalle elezioni federali tedesche. Il ministro degli Esteri Frank-Walter Steinmeier ha avuto una telefonata con la segretario di Stato Hillary Clinton per farle capire che in gioco c'erano, più ancora che la Opel, tensioni tra i due governi. A quel che risulta al Corriere, anche la cancelliera Merkel ha fatto arrivare messaggi forti alla Casa Bianca. Evidentemente, le pressioni politiche hanno avuto la meglio sui calcoli finanziari fatti da Gm e dalla task-force del Tesoro Usa che la assiste nelle procedure di salvataggio. Se tutto si concluderà secondo il piano Berlino-Magna, la Opel potrà entrare in amministrazione fiduciaria, separarsi così dalla casa madre Gm e non subire le conseguenze della bancarotta di quest'ultima. Fatto questo passo, il governo tedesco emetterà, o fornirà le garanzie per, un prestitoponte da 1,5 miliardi a Opel per permetterle di essere operativa fino a quando le trattative con un nuovo investitore in prima fila Magna-Sberbank- Gaz non avranno avuto successo. D. Ta.

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Obama lancia i cybermilitari (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 30-05-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Esteri data: 30/05/2009 - pag: 16 Guerre virtuali Al via un piano miliardario per proteggere governo, borse, linee aree Obama lancia i cybermilitari Unità speciali, guidate da uno zar, contro gli attacchi informatici DAL NOSTRO CORRISPONDENTE WASHINGTON Ciò che è virtuale è reale. Parafrasando una celebre corrispondenza hegeliana, Barack Obama lancia l'allarme sui rischi che lo spazio cibernetico pone alla sicurezza degli Stati Uniti, annunciando una delle iniziative più ambiziose e futuristiche della sua presidenza: la creazione di un nuovo ufficio alla Casa Bianca, sotto la guida di uno «cyber zar», incaricato di coordinare uno sforzo miliardario dell'Amministrazione, per proteggere da attacchi di pirateria i sistemi computerizzati del governo, delle Borse, delle banche, del traffico aereo e in ultima analisi di tutte le reti che rendono possibile la vita quotidiana degli americani. Contemporaneamente, il Pentagono progetta la creazione di un nuovo comando militare per il cyberspace e sta già addestrando le forze armate americane a combattere guerre digitali, sia offensive che difensive. «Chi descrive il mondo computerizzato come realtà virtuale commette un errore», ha detto ieri Obama, spiegando che in verità «è il mondo dal quale dipendiamo ogni singolo giorno, un modo reale come reali sono i rischi che comporta». La grande ironia dell'era informatica, ha aggiunto il presidente, «è che le stesse tecnologie che ci consentono di creare e costruire, consentono ad altri di sabotare e distruggere». Ondate di pirati informatici «navigano alla ricerca di informazioni importanti», in quello che equivale a una moderna forma di terrorismo, ha ricordato il capo della Casa Bianca, descrivendo il fenomeno come un'inedita «arma di distruzione di massa». Di fronte a questa nuova minaccia, ha ammesso Obama, «è chiaro che non siamo così preparati come dovremmo essere, come governo e come Paese». In proposito, il presidente ha citato la propria esperienza personale, ricordando che nel 2008 i computer della sua campagna elettorale subirono un pesante attacco degli hackers, i quali riuscirono a scaricare documenti di strategia, piani di viaggio e altri dati sensibili. Nel 2007, secondo il Pentagono, ci sono stati 44 mila episodi di intrusione dolosa da parte di servizi segreti, eserciti stranieri e pirati individuali. Uno dei Paesi sospettati di finanziare più attivamente la pirateria cibernetica è la Cina. Minaccia strategia a parte, c'è anche un rilevante aspetto economico: giusta un'indagine statistica rivelata da Obama, i crimini cibernetici sono costati agli Usa 8 miliardi di dollari negli ultimi due anni La nuova struttura in seno alla Casa Bianca dipenderà sia dal Consiglio per la Sicurezza nazionale che da quello, appena creato, per l'Economia. Il suo capo, che verrà designato nei prossimi giorni, risponderà direttamente al presidente e avrà pieno accesso all'Ufficio Ovale. Quanto al nuovo comando militare, Obama firmerà nelle prossime settimane una serie di ordini segreti. Secondo il New York Times, c'è stata nei mesi scorsi una disputa interna all'Amministrazione, se dovesse essere il Pentagono, ovvero la potente e supersegreta National Security Agency, l'intelligence militare, a guidare la creazione e l'organizzazione della nuova struttura. La soluzione prevalsa avrebbe preferito il ministero della Difesa, ma integrando nel comando anche elementi della Nsa. Paolo Valentino

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La pausa pranzo del presidente (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 30-05-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Esteri data: 30/05/2009 - pag: 16 Hamburger La pausa pranzo del presidente Barack Obama ordina un hamburger da Five Guys Burgers & Fries di Washington: non è la prima volta che il presidente esce, con tutta la scorta, a comprare il pranzo in un fast-food. Una voluta rottura (d'immagine) con Bush, che viveva blindato nella Casa Bianca (Ap)

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Ferrero: siamo i campioni della (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 30-05-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Economia data: 30/05/2009 - pag: 33 Made in Italy Il premio del Reputation Institute di New York. Ricavi 2008 a 6,2 miliardi Ferrero: siamo i campioni della «old economy» Pietro e Giovanni: il segreto? Puntare sul lungo periodo MILANO Il giorno dell'orgoglio. Per Ferrero ma anche per il made in Italy. E nel ritirare il primo premio come azienda con la migliore reputazione al mondo, ad Amsterdam davanti al gotha dell'industria mondiale, Giovanni Ferrero sottolinea proprio questo aspetto. «Siamo fieri di essere un campione della 'old economy' costruita sui valori di una volta e capace di restituire risultati sul lungo periodo costruendo una solida reputazione». Nonostante lo tsunami finanziario, il mondo del business riscuote ancora un certo rispetto secondo l'indagine annuale del Reputation Institute. Ed è una soddisfazione per il gruppo di Alba in un anno balzare dal quarto posto sul podio, relegando dietro di sé giganti come Ikea e Johnson & Johnson. I due fratelli, Giovanni e Pietro, alla guida dell'azienda di famiglia, insieme sul palco ringraziano il padre Michele «la persona che più merita di ricevere questo premio» e i dipendenti (oltre 21.600). «I nostri successi sono legati a chiari e precisi principi operativi condivisi dai dipendenti Ferrero in tutto il mondo» dice Pietro. Basandosi sulla percezione delle società nei loro Paesi d'origine, l'istituto di ricerca (che ha sedi a Copenhagen e New York) ha chiesto al pubblico (con 70 mila interviste in 32 Paesi) di classificare 1.300 aziende. Tra i fattori presi in considerazione: fiducia, rispetto e ammirazione per il marchio, innovazione e performance dell'azienda, responsabilità sociale. Un riconoscimento che per il gruppo piemontese ha un «valore particolare » proprio perché «il giudizio è stato assegnato dai consumatori», fan in tutto il mondo di prodotti come la Nutella (al terzo posto con 2,5 milioni di sostenitori sul social network Facebook dopo il presidente degli Stati Uniti Barack Obama e la Coca Cola), i Kinder, Rocher, Tic Tac. Il colosso dolciario che ha chiuso l'esercizio 2007-08 con un fatturato consolidato di 6.214 milioni di euro, in crescita dell'8,2% rispetto all'anno scorso, conta nel mondo 38 società e 14 stabilimenti. Ma a pesare sulla bilancia del riconoscimento oltre alle performance dell'azienda che dal laboratorio di pasticceria dei primi anni '40 ha conquistato il mondo, anche gli aspetti più sommersi di «responsabilità sociale». A partire dall'attenzione per l'ambiente, con la società Energhe, nata due anni fa con l'obiettivo di realizzare impianti di cogenerazione per gli stabilimenti (l'impianto di Alba rivende l'energia eccedente), passando per la «missione etico-sociale» per il miglioramento delle condizioni di vita in alcuni Paesi del Terzo Mondo. Per finire con il progetto Kinder Sport che promuove l'attività sportiva dei giovani e la Fondazione che sostiene i pensionati. Antonia Jacchia Famiglia e industria Il presidente Michele Ferrero con i figli

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Nucleare, monito Usa a Pyongyang (sezione: Obama)

( da "Stampaweb, La" del 30-05-2009)

Argomenti: Obama

WASHINGTON Nonostante gli avvertimenti da parte della comunità internazionale, la Corea del Nord starebbe preparando un nuovo test missilistico, lanciando stavolta un ordigno balistico di gittata intercontinentale. A indicarlo sono le immagini trasmesse dai satelliti spia, che confermano quanto già annunciato ieri dal Pentagono. Pyongyang sta mettendo a punto il Taepodong-2 Avanzato, ancora in fase di sviluppo, che costituisce il fiore all’occhiello dell’arsenale missilistico nordcoreano: con una gittata massima di ottomila chilometri, sarebbe in grado di raggiungere la Costa Occidentale degli Stati Uniti e l’Europa Orientale. I nordcoreani starebbero preparandosi a trasportare il nuovo missile a lungo raggio da una fabbrica nei pressi della capitale fino al poligono di Musudan-ni: i preparativi per il lancio dovrebbero durare due settimane e il test potrebbe avvenire attorno al 16 giugno, data nella quale i presidenti di Stati Uniti e Corea del Sud si incontreranno a Washington. Dall’inizio di aprile si è nuovamente acuita la tensione con il regime comunista nordcoreano. Prima il presunto lancio di un satellite, che avrebbe coperto in realtà il lancio di un missile a lungo raggio. Poi, a metà aprile, la decisione di Pyongyang di interrompere il negoziato sul nucleare con i cinque Paesi coinvolti (Usa, Russia, Cina, Giappone e Corea del Sud), a seguito delle critiche delle Nazioni Unite per il lancio del satellite. Il 25 maggio la Corea del Nord ha effettuato quindi il suo secondo test nucleare, dopo il primo dell’ottobre del 2006, seguito nei giorni successivi dal lancio di diversi missili a corto raggio. Infine il 27 maggio il regime nordcoreano ha annunciato di non essere più vincolato all’armistizio che nel luglio del 1953 pose fine alle ostilità con i vicini del Sud. Le due Coree sono formalmente ancora in guerra, poichè non hanno mai siglato un trattato di pace dopo il conflitto del 1950-53. La comunità internazionale ha condannato le nuove provocazioni nordcoreane. Anche Russia e Cina, tradizionali alleati di Pyongyang, si sono fatti sentire questa volta. E dopo gli avvertimenti dei giorni scorsi, oggi il segretario alla Difesa degli Stati Uniti, Robert Gates, ha detto chiaramente che Washington reagirà rapidamente se la Corea del Nord minaccerà gli Stati Uniti o i suoi alleati nella regione. «Gli Stati Uniti non rimarranno inerti se la Corea del Nord raggiungerà la capacità di minacciare la distruzione di qualsiasi obiettivo in Asia», ha detto il capo del Pentagono, che ha parlato a Singapore nel corso di una conferenza sulla sicurezza. Gates ha ricordato che il presidente Obama ha dato la sua disponibilità ad aprire un dialogo anche con le dittature più intransigenti, ma ciò - ha precisato - non vuole dire che gli Stati Uniti sono disposti ad accettare «pressioni e provocazioni». Secondo quanto riporta il New York Times, i militari al seguito di Gates hanno detto che i colloqui di Singapore hanno lo scopo di intensificare le pressioni internazionali sul regime nordcoreano, oltre a garantire gli alleati nella regione, in particolare il Giappone e la Corea del Sud, che gli Usa sono pronti a difenderli in caso di pericolo. I militari hanno anche detto che gli Stati Uniti hanno solo limitate informazioni su ciò che sta avvenendo all’interno della Corea del Nord, ma si sospetta che il leader nordcoreano Kim Jong Il stia manovrando per favorire suo figlio Kim Jong-un nella successione al potere.

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Merkel: per Opel Obama decisivo (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 31-05-2009)

Argomenti: Obama

L'azienda tedesca andrà al gruppo Magna Merkel: per Opel Obama decisivo "Trattativa sbloccata da una telefonata" La Opel andrà al gruppo austro-canadese Magna. L'annuncio ufficiale è stato dato dalla Cancelliera tedesca Angela Merkel, che ha spiegato come sia stata risolutiva una telefonata di Obama. Il governo americano ha preferito una soluzione che favorisce finanziariamente Gm. Il presidente della Fiat, Luca Montezemolo, ha commentato: non c'è stata una guerra tra Paesi, adesso si guarda avanti. Alviani, Cornero e Verna ALLE PAGINE 2 E 3

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VACUITA' DELLA POLITICA (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 31-05-2009)

Argomenti: Obama

Barbara Spinelli VACUITA' DELLA POLITICA Non è la prima volta che il presidente del Consiglio s'indigna per il trattamento che gli riservano i magistrati che lo processano, o i giornalisti che indagano sulla spregiudicatezza con cui mescola condotte private e pubbliche. S'indigna a tal punto che le due figure - il magistrato, il giornalista - sono equiparate a quella del delinquente: è avvenuto giovedì all'assemblea della Confesercenti. Le tre categorie sono assimilate a loro volta all'opposizione politica. Le accuse che vengono loro rivolte sono essenzialmente due. Primo, l'offesa al popolo sovrano, al consenso che esso ha dato alle urne e che imperturbato rinnova nei sondaggi. Secondo, la natura pretestuosa di tali attacchi antidemocratici: il primato dato alla forma sulla sostanza, ai problemi finti degli italiani su quelli veri, allo show sulla realtà, al gossip sulla politica del leader. L'accusa va presa sul serio, perché il premier ha costruito il proprio carisma sulla maestria dello show e non ha concorrenti in materia. In particolare sa abbandonarlo, se serve, e presentare l'avversario come vero manipolatore della società dello spettacolo. Come ha scritto Carlo Galli, «il suo vero potere è sul linguaggio e sull'immaginario»: qui è l'egemonia che dagli Anni 80 esercita sul senso comune degli italiani, e che l'opposizione non ha imparato a scalfire (la Repubblica 25 maggio). Ma qualcosa si va scheggiando, in questo perfetto potere d'influenza, come accade agli apprendisti stregoni che non dominano più interamente i golem fabbricati. Il gossip, lo show, il privato che fagocita il pubblico, i problemi veri semplificati fino a divenire non-problemi, dunque falsi problemi: questi i golem, e tutti provengono dalle officine del berlusconismo. Sono la stoffa della sua ascesa, gli ingredienti della sua egemonia culturale in Italia. Quel che succede oggi è una nemesi: il problema finto divora quello vero, show e gossip colpiscono chi li ha messi sul trono. All'estero la condanna è dura. Non da oggi, certo: l'Economist lo giudicò «inadatto a governare» il 28 aprile 2001, sono passati anni e Berlusconi resta forte. Ma lo sguardo esterno stavolta s'accanisce, perché finzioni e non-verità si accumulano. Il fatto è che nel frattempo il mondo è cambiato, attorno a lui. Berlusconi è figlio di un'epoca di vacuità della politica: il mercato la scavalcava impunemente, ignorando ogni regola; l'imprenditore-speculatore sembrava più lungimirante e realista del politico di professione. Il liberalismo dogmatico regnò per decenni, e Berlusconi fu una sua escrescenza. Ma questo mondo giace oggi davanti a noi, squassato dalla crisi divampata nel 2008. La regola e la norma tornano a essere importanti, il realismo dei boss della finanza è screditato, la domanda di politica cresce. È quel che Fini presagisce: senza dirlo si esercita in toni presidenziali, conscio del prestigio miracolosamente sopravvissuto del Colle. La crisi del 2007-2008 è sfociata in America nella sconfitta di Bush, ma quel che Pierluigi Bersani ha detto in una recente conferenza è verosimile: «Il capitalismo non finisce, ma finisce una fase ad impronta liberista della globalizzazione. E non finisce perché c'è Obama, ma c'è Obama perché finisce». Questo spiega come mai Berlusconi - a seguito della sentenza Mills che lo indica come corruttore di testimoni e della vicenda Noemi in cui appare come boss che esibisce private sregolatezze fino a sfidare il tabù della minorenne - irrita più che mai chi ci guarda da fuori. Un'irritazione che si accentua di fronte ai troppi nascondimenti della verità: nel caso Mills la verità di sentenze che non sono tutte di assoluzione ma anche di prescrizione o assenza di prove; nel caso Noemi la verità di incontri poco chiari. Non dimentichiamolo: quando si incolpano le bolle, finanziarie o politiche, è di menzogne e sortilegi che si parla. Quel che finisce, attorno a noi, è la negligenza dell'imperio della legge, della rule of law. Non tramonta solo il dogma del mercato onnisciente ma la figura del sovrano-boss, eletto per stare sopra le leggi, i magistrati, le costituzioni, le istituzioni. La fusione tra il suo interesse-piacere privato e il suo agire pubblico diventa un male non più minore ma maggiore, perché nelle democrazie c'è sete di regole e istituzioni, dopo lo sfascio, e non di favole ottimiste ma di realtà e verità. C'è bisogno di gesti fattivi e antiburocratici come la presenza in Abruzzo o a Napoli sui rifiuti, ma c'è anche bisogno di cose che durino più di una legislatura e non siano bolle. È utile osservare l'America, oggi: l'immenso sforzo pedagogico che sta compiendo Obama, per convincere i cittadini che il breve termine è letale, che la Costituzione e le norme devono durare più dei politici. Deve poter durare il sistema di checks and balances innanzitutto: l'equilibrio tra poteri egualmente forti e indipendenti. Il presidente americano sta riconquistando l'egemonia della parola, con linguaggio semplice e vera passione pedagogica. Il suo discorso su Guantanamo e terrorismo, il 21 maggio, lo conferma: «Nel nostro sistema di pesi e contrappesi, ci deve essere sempre qualcuno che controlli il controllore. \ Tratterò sempre il Congresso e la giustizia come rami del governo di eguale rango». Berlusconi va oggi controcorrente: all'estero non ha altra sponda se non quella di Putin, figura tipica di politico-boss. Tuttavia la società italiana gli crede ancora, e questo consenso varrà la pena studiarlo, con la stessa umile immedesimazione mostrata da Obama. Varrà la pena studiare perché gli italiani somigliano tanto ai russi, come se anch'essi avessero alle spalle regimi disastrosi. Perché tanta sfiducia verso le regole, lo Stato, la res publica. Non esiste una congenita debolezza morale degli italiani, e dunque occorre capire come mai la politica è così profondamente sprezzata, il conflitto così radicalmente temuto. La tesi esposta più di vent'anni fa dallo studioso Carlo Marletti è tuttora valida: è vero che da noi esiste un «eccesso di pluralismo e complessità che le istituzioni legali non semplificano» adeguatamente. E che al loro posto si sono installate auto-organizzazioni informali, claniche o familiste, che non sono arcaiche ma si sono adattate alla modernità meglio di altre. Marletti spiega come lo sviluppo industriale si sia mescolato alla criminalità organizzata e come si siano creati, in assenza di uno Stato che semplifichi la complessità, meccanismi di semplificazione sostitutivi, solidaristico-clientelari, «di tipo nero o sommerso» (Marletti, Media e politica, Franco Angeli, 1984). Berlusconi prometteva questa fuga nella semplificazione deviante, meno ingarbugliata che ai tempi della Dc. Secondo il filosofo Václav Belohradsky, essa è basata sul prevalere dei fini personali o corporativi sui mezzi che sono le norme prescritte a chi vuol realizzare tali fini. Tra i due elementi è saltata ogni coerenza ed è il motivo per cui l'Italia vive nell'anomia sociale, come fosse fuori-legge. In Italia accade questo: le mete del singolo sono tutto, le norme nulla. La legalità vale per gli altri (i clandestini), non per noi, scrive Carlo Galli. Per noi le leggi sono d'impedimento: quelle italiane e anche quelle dell'Unione Europea, come ha ripetuto Berlusconi alla Confesercenti. L'opposizione potrebbe ripartire da qui: dalle norme pericolosamente sprezzate, dall'Europa che il governo finge di poter aggirare senza rischi, dalla sovranità nazionale che esso finge di possedere, a cominciare dal clima. La commistione privato-pubblico ha condotto a tutto questo, non è solo la storia di un padre, di una moglie mortificata, dei loro figli. I più preveggenti dicono: dopo la crisi il mondo non sarà più eguale. Berlusconi promette di conservarlo: anche questo è bolla, ed è spinta rivoluzionaria che si sta esaurendo.

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03/06/2009 Il presidente americano in Arabia Nel primo giorno del suo viaggio Obama incontrer&... (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 31-05-2009)

Argomenti: Obama

03/06/2009 Il presidente americano in Arabia Nel primo giorno del suo viaggio Obama incontrerà il re Abdullah a Riad.

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[FIRMA]MAURIZIO MOLINARI CORRISPONDENTE DA NEW YORK Barack Obama scommette sul discorso del 4 ... (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 31-05-2009)

Argomenti: Obama

[FIRMA]MAURIZIO MOLINARI CORRISPONDENTE DA NEW YORK Barack Obama scommette sul discorso del 4 giugno in Egitto per innescare una nuova dinamica in Medio Oriente, puntando a favorire i candidati riformisti in Libano e Iran, dove si voterà pochi giorni dopo. La coincidenza fra la tappa del Presidente americano al Cairo e le elezioni a Beirut, il 7 giugno, e a Teheran, il 12 giugno con un eventuale ballottaggio il 19, è stata studiata dalla Casa Bianca al fine di innescare quello che fonti diplomatiche a Washington descrivono come uno «tsunami di cambiamento». «Il discorso del Cairo sarà un momento di svolta nell'approccio degli Stati Uniti al Medio Oriente - osserva Scott Carpenter, analista di affari musulmani del Washington Institute - e potrà avere ripercussioni immediate in Libano e Iran perché in entrambi i Paesi i rapporti con l'America sono al centro degli scontri elettorali». A Beirut è stato il vicepresidente Joe Biden, durante la recente visita, a far sapere che «gli aiuti americani sono condizionati all'esito del voto», paventando il rischio di una riduzione delle forniture economiche e militari se a prevalere dovessero essere gli Hezbollah, sostenuti da Iran e Siria, contro le forze moderate dell'Alleanza 14 maggio. In Iran il duello vede il presidente uscente Mahmud Amadinejad contestato dagli sfidanti Hossein Mousavi e Mehdi Karroubi per le «posizioni controproducenti» prese sul programma nucleare, sulla distruzione di Israele e sulla negazione dell'Olocausto. «La gara fra Ahmadinejad e Mousavi è molto stretta - osserva Farided Farhi, analista di affari iraniani del Council on Foreign Relations - e a fare la differenza potrebbe essere l'opinione degli iraniani nei confronti degli Stati Uniti perché per la prima volta la politica estera è un fattore importante» e forse non a caso Ahmadinejad ha accusato gli Stati Uniti di aver ordinato l'attentato contro una moschea nel Beluchistan. Ad avvalorare l'ipotesi che il discorso del Cairo possa fare la differenza nell'orientamento delle piazze musulmane è un sondaggio Ipsos condotto in sei Paesi arabi secondo il quale la popolarità di Obama è insolitamente alta trattandosi di un presidente americano: in Giordania è al 58 per cento, in Arabia Saudita al 53, negli Emirati Arabi al 52, in Kuwait al 47, in Libano al 43 e in Egitto al 35. L'interrogativo dunque è quale carta giocherà Obama per avere il massimo impatto su un pubblico di un miliardo di musulmani, arabi e non arabi. A tale riguardo il riserbo della Casa Bianca è molto stretto ma poiché Obama, incontrando Abu Mazen, ha detto che «sarebbe inappropriato» non affrontare il conflitto israelo-palestinese, è attorno a come farlo che si sviluppa a Washington il dibattito fra i veterani del Medio Oriente. «Obama deve dire con chiarezza che le richieste palestinesi di giustizia e indipendenza sono legittime e coincidono con gli interessi americani», dice Steven Cook, del Council on Foreign Relations. «È la Palestina il test della politica estera Usa» concorda Daoud Kuttab, docente all'ateneo di Princeton. «Ma essere sinceri significa dire anche che gli Stati arabi hanno sfruttato il conflitto con Israele e i palestinesi per non affrontare i loro gravi problemi interni», sottolinea David Makovsky, del Washington Institute, mentre secondo Martyn Indyk della Brookings Institution per fare la differenza «Obama dovrà essere convincente nell'assicurare il proprio impegno per la soluzione dei due Stati». «Un discorso di belle frasi senza strategia servirà a ben poco», conclude Aaron David Miller del centro Woodrow Wilson, secondo il quale Obama disegnerà «due percorsi di azione diplomatica» al fine di ottenere «da Israele il blocco degli insediamenti in Cisgiordania» e «dagli Stati arabi la normalizzazione dei rapporti con Israele». E a ben vedere sono proprio questi i temi dei quali Obama ha discusso nello Studio Ovale ricevendo il re giordano Abdallah, il premier israeliano Benjamin Netanyahu e il presidente palestinese Abu Mazen. Al Cairo c'è però anche chi si aspetta di più. È il caso di Ayman Nour, fondatore del partito di opposizione El Ghad e imprigionato a più riprese dal presidente Hosni Mubarak: «Obama può influenzare il futuro se dirà che dobbiamo lasciare ai nostri figli democrazia, giustizia e pace al posto delle attuali oppressione, ingiustizia e sofferenza».

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04/06/2009 Egitto: il discorso al mondo arabo Obama vedrà il presidente Mubarak e parler&... (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 31-05-2009)

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04/06/2009 Egitto: il discorso al mondo arabo Obama vedrà il presidente Mubarak e parlerà alla Università del Cairo.

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Barack media senza favoritismi (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 31-05-2009)

Argomenti: Obama

Summit cruciali Barack media senza favoritismi Con Netanyahu L'incontro tra il Presidente americano e il premier israeliano alla Casa Bianca. Obama è stato chiarissimo su un punto sensibile: «Stop agli insediamenti israeliani in Cisgiordania, ledono la prospettiva dei due Stati». Netanyahu, per ora, non cede.Con Abu Mazen Barack Obama ha ricevuto Abu Mazen giovedì scorso è gli ha dato un appoggio molto più esteso che nella precedente Amministrazione: «Serve continuità geografica fra i territori palestinesi per avere uno Stato indipendente».

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Non diventerà una potenza atomica (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 31-05-2009)

Argomenti: Obama

Gates lancia un monito a Pyongyang «Non diventerà una potenza atomica» Il ministro della Difesa statunitense, Robert Gates, sbarca a Singapore per partecipare al summit sulla sicurezza in Asia e lancia un monito alla Corea del Nord: «Non consentiremo che possa diventare una potenza nucleare minacciando i Paesi vicini e anche gli Stati Uniti». È la prima volta che l'Amministrazione Usa cambia tono nei confronti di Pyongyang, facendo intendere che la possibilità di raggiungere lo status di potenza atomica è fuori discussione. Gates lo spiega così: «Il fatto che il presidente Barack Obama abbia affermato che tende la mano ai tiranni pronti ad aprire il loro pugno non significa che sia un ingenuo». E per rafforzare il messaggio fa sapere che «gli Stati Uniti sono determinati a ottenere severe sanzioni dalle Nazioni Unite» contro la Corea del Nord nell'ambito dei negoziati in corso al Consiglio di Sicurezza con Russia e Cina (che sembrano propense a inasprire le loro pressioni su Pyongyang) per arrivare al varo di una risoluzione di condanna dei recenti test nucleari e missilistici. Ai monito di Gates la Corea del Nord ha risposto paventando la possibilità del lancio di nuovi vettori a lungo raggio e aumentando le attività nei paraggi di un sito nucleare. Riguardo all'ipotesi di un lancio di missile intercontinentale, fonti militari a Washington hanno fatto sapere che il Pentagono si prepara a «intercettarlo e abbatterlo», se dovesse diventare pericoloso «per i Paesi vicini», insieme alla Corea del Sud e al Giappone. L'ultimo test di un missile intercontinentale nordcoreano risale ad aprile, quando i tecnici di Pyongyang dimostrarono di essere riusciti ad allungarne la gittata rispetto ai fallimenti precedenti.

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La nuova America sconfiggerà le psicosi di Israele (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 31-05-2009)

Argomenti: Obama

La nuova America sconfiggerà le psicosi di Israele La linea della fermezza mobiliterà i moderati La più considerevole e coraggiosa riforma introdotta dal presidente Obama nella politica degli Stati Uniti non riguarda né l'Iraq, né le torture di Guantanamo, né Cuba, né l'Unione Europea: riguarda Israele. Per la prima volta un governo americano abbandona la linea seguita sino a ora dai suoi predecessori - compreso il presidente Carter che solo dopo aver lasciato la Casa Bianca cambiò idea su quest'orientamento - di schierarsi sistematicamente a fianco d'Israele. Una condotta, questa, che sino a ora ha costituito il maggiore ostacolo per raggiungere un accordo di pace capace di disinnescare quella polveriera che può incendiare in qualsiasi momento il Medio Oriente e consentire un avvicinamento e una collaborazione tra i Paesi arabi e il mondo occidentale. Appena al potere, la nuova amministrazione, prima per bocca della segretaria di Stato Hillary Clinton, poi attraverso il vicepresidente Joe Biden, infine per intervento dello stesso Obama, ha ricordato a Israele l'impegno assunto con l'accordo di Annapolis del 2007 che stabilisce la creazione di due Stati - uno israeliano, l'altro palestinese - come elemento fondamentale per la pace e l'obbligo di evitare nuovi insediamenti di coloni in Cisgiordania. Il nuovo governo israeliano, presieduto da Benjamin Netanyahu, non accetta l'idea della creazione d'uno Stato palestinese e, con una pretesa che in pratica chiude le porte a qualsiasi nuovo negoziato, esige ora, come condizione per riprendere il dialogo, che i palestinesi riconoscano a Israele la condizione di «Stato ebraico». Il recente incontro a Washington tra Obama e Netanyahu ha mostrato al mondo, per la prima volta nella storia, una radicale divergenza di vedute tra i due Paesi e, per questo, è stato sommariamente considerato un clamoroso fallimento. Io non sono così pessimista. Gli Usa sono l'unico Paese che goda di credibilità nell'opinione pubblica di Israele e sia in grado di esercitare un'influenza sulla sua classe dirigente visto che entrambe, per motivi che sarebbe troppo lungo spiegare, soffrono, nei confronti di tutti gli altri Stati - in particolare quelli dell'Europa occidentale - d'una vera paranoia che li porta a vedere nemici ovunque. Questa psicosi spiega, del resto, l'accelerazione del processo di radicalizzazione estremista di Israele, reso evidente dai risultati delle ultime elezioni che hanno portato al potere, con l'ultranazionalista del Likud Netanyahu, un fanatico razzista e xenofobo come il ministro degli Esteri Avigdor Lieberman. L'alleanza con gli Stati Uniti è necessaria per Israele: in termini economici, certo - visto che riceve aiuti per circa tre miliardi di dollari all'anno - ma soprattutto in termini politici considerando la sua posizione geografica di Paese accerchiato da avversari, alcuni dei quali, come l'Iran, ne reclamano a gran voce la cancellazione. Se gli Stati Uniti continuano a esigere con fermezza che Israele rispetti i propri impegni, smetta di costruire insediamenti di coloni in Cisgiordania e intavoli negoziati che consentano la creazione d'uno Stato palestinese, daranno una scossa alla sonnolenta e demoralizzata comunità progressista di Israele. Le difficoltà sono davvero enormi e, certo, non solo a causa degli estremisti del governo israeliano che, con una provocatoria dimostrazione di forza, hanno annunciato la creazione d'un nuovo insediamento di coloni in Cisgiordania - Maskiot, sulle rive del Giordano - proprio durante i colloqui tra Obama e Netanyahu, ma anche a causa dei palestinesi la cui divisione, tra i fanatici terroristi di Hamas e i moderati di Al Fatah, nonostante gli sforzi di Egitto e Giordania, sembra aggravarsi invece che diminuire. Tra le grandi difficoltà ancora da risolvere, la più grave è rappresentata dall'Iran. La minaccia di sterminare Israele pronunciata dall'apocalittico Ahmadinejad non può essere considerata solo la sparata provocatoria di un demagogo, soprattutto se si considera che il governo iraniano ha appena sperimentato, con successo, il Sayil 2, un missile capace di colpire un bersaglio a duemila chilometri di distanza: una gittata sufficiente per colpire Israele. Anche se mancano conferme ufficiali, ci sono registrate voci secondo cui, negli ultimi mesi, gli Stati Uniti hanno impedito per due volte al governo israeliano di bombardare le installazioni atomiche iraniane: un'azione militare che, nelle considerazioni di Netanyahu, potrebbe ritardare di parecchi anni la fabbricazione della bomba atomica da parte del regime degli ayatollah, ma che potrebbe causare un conflitto armato dalle conseguenze incalcolabili in tutto il Medio Oriente. Nella sua recente visita alla Casa Bianca, Netanyahu ha chiesto con insistenza che l'Iran fosse messo in cima alla lista delle priorità e il negoziato con i palestinesi assoggettato alla fine della minaccia iraniana. Obama pensa che l'inizio di negoziati seri e correttamente impostati tra Israele e Palestina creerebbe immediatamente un clima in grado di disinnescare la smania di violenze degli integralisti di Teheran. Se Hamas rifiuta il dialogo, Israele negozi con l'Autorità Palestinese che, in fin dei conti, è legittima. Se i palestinesi si renderanno conto che questo negoziato incomincerà a dare frutti, di sicuro l'appoggeranno e Hamas perderà, a poco a poco, il consenso guadagnato negli ultimi tempi grazie alla delusione vissuta dai palestinesi di fronte all'inefficienza e alla corruzione di Al Fatah. Allo stesso modo, se questo dialogo mostrerà di poter giungere in porto, di sicuro in Israele le forze estremistiche si indeboliranno e i settori che credono nella moderazione e nella pace torneranno, come un tempo, a essere protagonisti. Non esiste altra strada per realizzare questa «quadratura del cerchio» in cui i fanatici di entrambe le parti hanno trasformato il conflitto palestino-israeliano.Copyright El País

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"Mai più arte rubata all'Italia" (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 31-05-2009)

Argomenti: Obama

Capolavori contesi "Mai più arte rubata all'Italia" Il direttore del Metropolitan: "Basta contenziosi, abbiamo nuovi metodi di verifica" Il progetto «Vogliamo esporre alcuni vostri capolavori, in particolare le sculture, presto annunceremo l'evento» La Casa Bianca «Confidiamo nella famiglia Obama: Michelle ha detto che la cultura fa crescere meglio i nostri figli» Sto lavorando per esporre i più grandi capolavori italiani». Thomas Campbell, il britannico di 46 anni divenuto in settembre direttore del Metropolitan Museum di New York, ci riceve nell'ufficio immerso dentro Central Park, per parlare dei progetti che ha in mente. Partiamo da quello appena terminato. Cosa distingue il nuovo «Palazzo di cristallo» con l'esposizione dell'arte americana? «Il Metropolitan ha la più grande collezione di arte coloniale americana e abbiamo voluto rinnovarne l'esposizione attraverso 20 stanze periodiche, dai puritani al XX secolo. I visitatori le attraversano lungo un percorso interpretativo dove accedono alle informazioni con i touch-screen computer. E' un museo nel museo». Come si integra il museo tradizionale con le nuove tecnologie? «L'avvento di Internet non cambia il fatto che andare fisicamente in un museo continua a essere l'unica maniera per avere un rapporto diretto con grandi opere d'arte o prodotti di altre culture. L'unicità del Metropolitan Museum è che si può arrivare a pochi centimetri di distanza da artefatti unici, da quelli cinesi ai medioevali. Sotto questo aspetto il patrimonio del Metropolitan non scade, è insostituibile. Internet e i nuovi media cambiano il modo in cui la gente pensa e opera, e dunque ci offrono la possibilità di entrare in contatto con i visitatori prima del loro arrivo così come nel periodo successivo alla venuta. C'è poi il ruolo che i nuovi media possono svolgere quando i visitatori sono qui, proprio come avviene nell'"American Wing", dando più informazioni, audio e video, sui singoli oggetti rispetto alle tradizionali diciture scritte. I nuovi media ci consentono di mantenere l'aspetto tradizionale delle gallerie garantendo discretamente un volume di informazioni notevole. Consentendo a ognuno di scegliere l'approfondimento che preferisce. Abbiamo più opzioni nel dialogo con i visitatori». Con il suo predecessore, Philippe de Montebello, il Metropolitan Museum è stato al centro di un contenzioso con l'Italia sugli oggetti d'arte trafugati. Come è ora la situazione? «Il problema nasce dal fatto che il modo nel quale si collezionava arte 30, 40 o 50 anni fa era molto diverso da ciò che oggi è considerato legittimo. Il Metropolitan ha acquistato un certo numero di oggetti che sono stati illegalmente esportati. Il mio predecessore aprì un dialogo con l'Italia su questo, il risultato fu la restituzione di alcuni oggetti importanti e la possibilità di prenderli in prestito per esporli. Questo accordo è la base per andare ora oltre il controllo di quanto avvenuto in passato, per lavorare assieme per il grande pubblico internazionale». Ci può assicurare che il capitolo dell'arte trafugata è chiuso? «Certo, abbiamo adottato nuovi metodi di verifica per gli oggetti che acquistiamo. Non abbiamo intenzione di acquistare oggetti la cui origine è destinata a distrarre risorse dal nostro lavoro». Che progetti avete in cantiere per rilanciare la collaborazione con l'Italia? «L'arte italiana e gli artisti italiani hanno un ruolo centrale nella storia d'Europa. Mi piacerebbe ospitare al Metropolitan alcuni dei più grandi capolavori italiani, penso soprattutto alle sculture. Stiamo discutendo alcuni progetti di grande valore con le autorità italiane». Perché puntare ad esporre i capolavori italiani? «Per due motivi. Primo: la nostra missione è essere enciclopedici e dunque dobbiamo portare all'attenzione del nostro pubblico quanto di più importante esiste nell'arte. Secondo: il Metropolitan, assieme al British Museum, all'Hermitage e al Louvre, abbraccia ogni cultura che si è espressa durante cinquemila anni di storia, abbiamo un pubblico molto sofisticato e riceviamo 4,5 milioni di visitatori l'anno, sommiamo dunque tutte le caratteristiche per esporre i capolavori d'Italia». Ci vuole dire a quali pensa? «No, ma stiamo lavorando per annunciarlo al più presto». Il Metropolitan è spesso criticato per non dare sufficiente spazio all'arte contemporanea. Che cosa risponde? «E' errato. Il Metropolitan colleziona arte contemporanea sin dalla fondazione e la espone con grande successo di pubblico, come è stato fatto anche con la recente mostra di Morandi realizzata assieme a Renato Miracco, direttore dell'Istituto di Cultura italiano a New York. Ma vedere l'arte contemporanea da noi è diverso da quanto avviene in musei dedicati solo a questo tipo di arte: qui è inquadrata in un contesto storico. Morandi lo si vede a poca distanza dai maestri olandesi, così da poter fare paragoni, arricchendosi». Cosa pensa dell'impegno di Michelle Obama per l'arte in America? «L'arte e la cultura erano stati dimenticati negli ultimi anni dall'amministrazione, diventando un frequente obiettivo per i polemisti di destra. La Casa Bianca di Obama ha un approccio diverso per diverse ragioni. Da un lato per l'impatto economico della cultura: il Metropolitan è la prima attrazione turistica di New York, crea lavoro e muove la crescita. Così come avviene per altri musei altrove. E dall'altro gli Obama vedono nella cultura non un passatempo elitario ma un modo per conoscere il passato, l'identità nostra e degli altri. Michelle incarna questo approccio. Quando è venuta a inaugurare l'"American Wing" ha parlato da madre dicendo, durante una riunione con una ventina di leader delle istituzioni culturali cittadine, che la cultura serve per far crescere meglio i nostri figli, le nuove generazioni».La Venere di Morgantina La Venere di Morgantina è una statua proveniente dall'omonimo sito archeologico siciliano, in provincia di Enna. E' al Paul Getty Museum di Malibu, in California. Dopo un lungo contenzioso tra l'Italia e gli Stati Uniti, dovrebbe essere restituita nel 2010. Il cratere di Eufronio Il cratere di Eufronio è un vaso del 515 a.C. Conservato dal 1972 nel Metropolitan Museum di New York, era stato acquisito illecitamente da un mercante italiano. In seguito a un accordo del 2006, è definitivamente tornato in Italia nel gennaio del 2008.

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Il futuro di Opel è russo-canadese (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 31-05-2009)

Argomenti: Obama

Il futuro di Opel è russo-canadese [FIRMA]ALESSANDRO ALVIANI BERLINO Apprezzamenti per il salvataggio di Opel. Sospetti per il ruolo della Russia nel consorzio guidato da Magna. E incertezza sul futuro dei posti di lavoro. L'accordo che chiude la partita Opel, raggiunto venerdì notte a Berlino, ha suscitato reazioni contrastanti in Germania, anche se per ora le voci positive prevalgono, specie tra politici e sindacati. Con una stonatura di rilievo: ieri mattina il ministro tedesco dell'Economia, Karl-Theodor zu Guttenberg, ha dato sfogo alla sua insoddisfazione. «Fino all'ultimo non ho potuto approvare il piano di Magna, preferivo un'insolvenza controllata», ha ammesso il ministro. Fino a che punto il giovane barone abbia faticato ad accettare la proposta degli austro-canadesi lo dimostrano alcune voci che giravano ieri a Berlino, secondo cui nelle lunghe trattative zu Guttenberg avrebbe minacciato di dimettersi. Pur difendendo il ministro dagli attacchi dei socialdemocratici, la cancelliera Angela Merkel si è mostrata soddisfatta. A suo giudizio, «i rischi di un'alternativa erano politicamente insostenibili», ha spiegato Merkel. La quale ha colto l'occasione per riallacciare i rapporti con Washington, dopo le critiche all'amministrazione Usa arrivate nei giorni scorsi da Berlino. «Le trattative sono state un test per le relazioni transatlantiche», ha detto. Un test «riuscito», anche grazie a una sua telefonata col presidente degli Stati Uniti Barack Obama. Ora «Opel ha una prospettiva per il futuro». L'inquilino della Casa Bianca ha confermato facendo sapere di vedere l'intesa come «un passo positivo per l'industria dell'auto» in vista del salvataggio di Detroit. In Germania l'aggettivo più usato da socialdemocratici e leader regionali è «sollevato»: «sono molto sollevato» (Roland Koch, governatore dell'Assia, il Land che ospita il quartier generale di Opel); «sono sollevato dalla svolta raggiunta» (Jürgen Rüttgers, governatore del Nordreno-Vestfalia, uno dei quattro Länder con stabilimenti del marchio tedesco); «sono molto, molto sollevato» (Frank-Walter Steinmeier, ministro degli Esteri socialdemocratico con ambizioni alla cancelleria). Del resto lo spettro di un fallimento delle trattative e di uno scivolamento di Opel nell'insolvenza insieme alla casa-madre General Motors appariva tutt'altro che improbabile. Pur temendo tagli ai posti di lavoro, i sindacati - fin dall'inizio contrari a Fiat - danno il loro appoggio: l'acquisizione da parte di Magna «è un risultato molto positivo, che io stesso ho desiderato», ha detto il responsabile del consiglio di fabbrica di Opel, Klaus Franz, alla Welt am Sonntag. La stampa tedesca, però, frena. Sia perché non sono ancora chiari i dettagli dell'intesa e, per dirla con la Welt, «Opel rischia di diventare un pozzo senza fondo». Sia perché il peso di Mosca nella vicenda resta poco chiaro - dopo tutto nella nuova Opel Magna avrà il 20%, mentre la banca russa a controllo statale Sberbank il 35% - e convince poco la promessa di «inondare» il mercato russo. «È strano che nelle discussioni sul risanamento di Opel non si sia parlato affatto della personalità più importante: il premier russo Vladimir Putin», commenta la Süddeutsche Zeitung. «Il proprietario di Magna Frank Stronach, celebrato come il salvatore di Opel, non è altro che uno junior partner di Putin». Critica anche Die Zeit. «Tanto Magna quanto il governo federale corrono un grosso rischio». Da una parte «il nuovo investitore è meno solido di quanto appaia», dall'altra «l'esecutivo crea un precedente e anche altre aziende chiederanno aiuti». Sulla stessa linea l'Handelsblatt: «non c'è motivo di lasciarsi andare all'euforia. Nessuno deve illudersi: per il momento Opel è salva, ma la partita dovrebbe andare avanti: qualcuno si ricorda ancora della società di costruzioni Holzmann, prima salvata e poi insolvente?».

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Nessuno dell'amministrazione mi cerca mai, se ho qualche buona idea chiamo Emanuel (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 31-05-2009)

Argomenti: Obama

GLI EX COLLABORATORI PERSI DI VISTA «Nessuno dell'amministrazione mi cerca mai, se ho qualche buona idea chiamo Emanuel» «Una volta ho acceso la tv e ho visto Hillary con Obama ma io non ne sapevo nulla»

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Bill chiama, Hillary non risponde (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 31-05-2009)

Argomenti: Obama

Personaggio Clinton dalla Casa Bianca alla pensione Alti e bassi Sul palco con Bush: gli ex rivali d'accordo su tutto Bill chiama, Hillary non risponde La malinconica seconda vita dell'ex presidente democratico che quando è in viaggio compra regali per la moglie, ma spesso resta solo MAURIZIO MOLINARI CORRISPONDENTE DA NEW YORK Gira negozi di souvenir nel Terzo Mondo cercando regali color turchese per la moglie, legge libri in solitudine nell'ufficio di Harlem sommerso fra i cimeli della sua presidenza, chiama solo di rado i molti ex collaboratori che lavorano alla Casa Bianca, crede nelle battaglie per il clima e contro l'Aids, e serba un gran rancore nei confronti di un ex amico e alleato: Ted Kennedy. Questo è il Bill Clinton che il magazine domenicale del «New York Times» descrive nella sua «maturità», una nuova fase di vita iniziata con l'insediamento alla Casa Bianca di Barack Obama, a scapito della moglie Hillary sconfitta nelle lunghe primarie democratiche dello scorso anno. Di quella battaglia l'ex presidente ricorda le «trecento città e trecento comunità di americani visitate», a prezzo di qualche acciacco fisico, e vive ancora con malessere le accuse di razzismo rivoltegli dalla campagna di Obama ma ciò che più non ha digerito è il «tradimento» di Ted e Caroline, fratello e figlia di John Fitzgerald, che voltarono le spalle alla moglie dimenticando quanto lui aveva fatto per la loro famiglia negli anni precedenti. La riappacificazione con Obama c'è stata ma resta superficiale: Clinton ammette di «aver parlato con lui solo una volta dopo l'insediamento e non ricordo bene di cosa» mentre con gli ex collaboratori Larry Summers e Rahm Emanuel - oggi alla Casa Bianca con i gradi di consigliere economico e capo di gabinetto - ha solamente sporadiche telefonate. Loro non lo cercano. «Quando ho qualche idea che ritengo buona glielo faccio sapere» si limita a dire Bill, descritto da un anonimo alto funzionario dell'amministrazione Obama come «eclissato» dal nuovo sistema di potere democratico in auge a Washington. A sottolineare la differenza fra gli anni di Clinton e l'era di Obama è Emanuel: «Allora c'erano più divisioni fra noi, ora il team è più affiatato». Come dire, non c'è una fazione di clintoniani dentro l'amministrazione. Da qui la curiosità sui rapporti fra Bill e Hillary, alla quale l'ex presidente risponde lamentandosi del fatto che «da quanto è diventata Segretario di Stato a mia moglie hanno cambiato tutti i telefoni» al punto che a volte si rivela molto difficile l'impresa di raggiungerla, anche solo per fare due chiacchiere. E ancora: «Una volta ho acceso la tv, l'ho vista dietro al presidente e poi ho saputo che è andata a Dallas, ma non so bene per fare cosa». Ciò che rimane all'ex presidente è comprarle regali quando gira il mondo, dal Perù alla Nigeria, per fare conferenze, e riscuotere assegni milionari, a nome della sua Fondazione: cerca spesso oggetti di color turchese «perché a lei piace molto» e li accumula aspettando il momento nel quale potrà darglieli nella casa di Chappaqua, poco fuori New York, che acquistarono nel 1999 quando lei decise di candidarsi a senatore. In realtà lei ci va assai di rado, Bill passa molte serate da solo immerso in letture fra i cimeli del passato - in uno scenario analogo a quello dell'ufficio di Manhattan - e ironia della sorte vuole che fra i pochi a fargli compagnia c'è uno dei suoi più feroci avversari del passato. Si tratta di Christopher Ruddy, il giornalista investigativo autore del libro sulla «Strana morte di Vincent Foster» che ebbe negli anni Novanta un ruolo di punta nel diffondere le teorie cospirative contro Bill e Hillary. Oggi Ruddy ha cambiato idea, ammette che «Clinton è meno liberal di quanto pensavo» e loda il suo impegno militare nei Balcani e economico per promuovere il libero commercio. Ma sono storie del passato. Riguardo all'oggi le attività di Bill Clinton sono ristrette dai lacci che l'amministrazione Obama ha imposto alla Fondazione ed anche quando vola per il mondo sugli aerei privati di lusso - come quello dell'amico finanziatore Frank Giustra - sa che ciò che dirà e farà conterà assai poco. Ciò non toglie che i vip del pianeta continuino a inseguirlo: come il premier russo Vladimir Putin a Davos, che si è chiuso per ore dentro una stanza con lui. Pur alle prese con una difficile stagione della maturità, Clinton ritiene comunque di avere «delle buone idee» da promuovere a cominciare da quelle su due battaglie: per la difesa del clima e contro l'Aids. E non manca di ripeterle quando ne ha l'occasione, a qualche convegno o tavola rotonda, durante una lezione universitaria o negli incontri tra ex potenti. Riguardo invece il recente incarico di inviato Onu per Haiti non sembra eccitarlo più di tanto. Forse teme di essere d'ingombro a Hillary. Il giuramento Bill Clinton giura da 42esimo presidente degli Stati Uniti il 20 gennaio 1993. Nato a Hope, Arkansas, il 19 agosto 1946, governatore del suo Stato a 36 anni, è stato uno dei più giovani presidenti della storia americana.Il sexgate Nel 1998, la relazione con la stagista alla Casa Bianca Monica Lewinsky quasi gli costa l'impeachment. Lo scandalo va avanti per un anno e mezzo e mette una seria ipoteca sul suo secondo mandato.Il ritorno Da pensionato Bill accompagna l'ascesa politica della moglie Hillary: nel 2001 viene eletta senatrice di New York; nel 2008 sfida Obama alle primarie democratiche e viene poi nominata segretario di Stato.D'accordo su tutto o quasi. Insieme sul palco di un centro congressi di Toronto, in Canada, gli ex presidenti degli Stati Uniti George W. Bush e Bill Clinton hanno un po' sorpreso le centinaia di spettatori che, sborsando fino ad oltre duemila dollari, si aspettavano un duello in piena regola. Bill ha fatto un sentito mea culpa sul Ruanda, accusandosi di essere stato incapace di bloccare il genocidio nel 1994, e riconoscendo di non avere nessuna attenuante. «È uno dei due o tre rimpianti della mia presidenza», ha detto Clinton. Bush ha difeso il suo predecessore, convinto che ci sarebbe voluto troppo tempo per mobilitare le truppe e che sarebbe comunque stato troppo tardi.

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Cofferati: "Dobbiamo ridare forza alla buona politica di sinistra" (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 31-05-2009)

Argomenti: Obama

COMIZIO. L'EX SINDACALISTA AD AOSTA Cofferati: "Dobbiamo ridare forza alla buona politica di sinistra" «Ridare forza a una idea di sinistra, a un progetto riformista, alla buona politica. Ridare dignità e visibilità al lavoro, dare più forza all'Europa». Sono i concetti espressi ieri pomeriggio in piazza Narbonne ad Aosta da Sergio Cofferati, già segretario generale della Cgil e attuale sindaco di Bologna, capolista per il Pd alle prossime Europee nella circoscrizione Nord Ovest. Cofferati ha parlato dopo una breve introduzione di Raimondo Donzel, segretario regionale del Pd e anch'egli candidato del Pd. Donzel ha messo l'accento «su una crisi che tocca, e in modo pesante, anche la Valle d'Aosta, una crisi che l'Europa può aiutarci a superare e che ha tra i problemi prioritari la questione della montagna». Sergio Cofferati, politico che non dimentica le origini da sindacalista, ha messo al centro del suo intervento il mondo del lavoro, ma non ha dimenticato l'Europa. «L'Europa è un'entità - ha detto - cui la destra non crede, che ignora, che sopporta con fastidio, che ritiene dannosa e che invece ha aiutato molto l'Italia. La destra non ci crede, al punto che candida Berlusconi e alcuni suoi ministri che nel Parlamento europeo non metteranno mai piede. I candidati del Pd ci saranno, con la loro faccia, sempre, per recuperare la credibilità perduta grazie a un governo di centro destra, per poter discutere con pari dignità, per fare gli interessi del Paese in un quadro europeo». Per il capolista del Pd «dobbiamo battere chi, di fronte a una crisi nera e globale, nega l'evidenza dei fatti, predica ottimismo a gente che ha il più basso salario d'Europa e pensioni che non consentono di arrivare a fine mese. Bisogna battere chi, mentre tutti i governanti, da Barak Obama a Angela Merkel, si sono schierati in prima fila per sconfiggere la crisi, si è preoccupato solo delle proprie reti Tv».

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MILIONI DI $ PER LE ELETTRO-CHRYSLER Il piano è stato presentato da Chrysler al Dipartim... (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 31-05-2009)

Argomenti: Obama

448 MILIONI DI $ PER LE ELETTRO-CHRYSLER Il piano è stato presentato da Chrysler al Dipartimento dell'Energia Usa per accelerare sviluppo e produzione di veicoli elettrici nell'ambito della motorizzazione pulita voluta da Obama

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Cadere e rialzarsi Emozionanti storie di chi non s'arrende (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 31-05-2009)

Argomenti: Obama

PRESENTAZIONE. GIOVEDÌ A FOSSANO Cadere e rialzarsi Emozionanti storie di chi non s'arrende «Il medico se n'era già andato da tempo, in casa c'era solo la madre e la nonna della bambina. Aprì la nonna Rosa, si conoscevano da sempre perché abitavano nello stesso palazzo, in corso Vinzaglio, da quando lei si era trasferita da Montà d'Alba \ Marietta giaceva a letto. Era scivolata in casa mentre era incinta di sei mesi e mezzo e aveva avuto un'emorragia. Il medico era riuscito a bloccare il sangue, ma non aveva potuto evitare il parto spontaneo. Aveva dovuto registrare la perdita di una bambina». Parte dal Piemonte, dalla casa in Torino, dalle origini roerine, il lavoro da cronista-scrittore che racconta di uomini e donne «che hanno avuto il coraggio di rialzarsi». L'autore è Mario Calabresi, che prima di essere chiamato a dirigere La Stampa, ha seguito per due anni la campagna elettorale di Barack Obama. Un viaggio negli Stati Uniti, 36 Paesi, migliaia di incontri e storie. Propone quelle di chi si è trovato a fare i conti con una «caduta»: lutti, fallimenti, insuccessi, perdita del lavoro o delle sicurezze. E si sono rialzati. «Nel temperamento americano c'è una qualità, chiamata resiliency, che abbraccia i concetti di elasticità, di rimbalzo, di risorsa e di buon umore», sintetizza Paul Claudel. Il primo racconto di chi non si dà per vinto, di chi offre o pretende una seconda opportunità, ha per involontaria protagonista sua nonna (morta pochi giorni fa); «Nata due volte». Già perché in quella casa in corso Vinzaglio dove c'è quel fagotto con una bimba morta è arrivato un altro medico. «Il dottor Buscaglino, con un certo imbarazzo, chiese dove fosse stata messa la neonata \ "Disgraziati, ma questa bambina è mica morta, è viva". \ Era il 5 gennaio 1915, martedì. Maria Tessa, mia nonna, cominciò quel giorno, tra le braccia di un fascinoso medico dal pizzetto rosso, un'avventura che l'avrebbe portata a vedere l'elezione di Barack Obama». Mario Calabresi presenterà «La fortuna non esiste» giovedì alle 18 al castello degli Acaja a Fossano. Organizza la condotta Slow Food: partecipa Carlin Petrini, che in serata presenterà il film su Terra Madre.

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Dopo 17 anni Jay Leno abbandona il suo Show (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 31-05-2009)

Argomenti: Obama

Dopo 17 anni Jay Leno abbandona il suo Show NEW YORK Finisce dopo 17 anni e la bellezza di 3.700 puntate, l'avventura felice del comico Jay Leno alla conduzione del Tonight Show della Nbc. Salutando, Leno ha tenuto a ringraziare i collaboratori tutti e soprattutto i suoi ispiratori, cioè chi, come il cantante Michael Jackson, con le sue gaffe ha contribuito a trasformare lo show notturno della Nbc in uno degli spettacoli televisivi più popolari, superando spesso lo storico Letterman Show della concorrenza. Dunque ringraziamenti a due presidenti Usa, George W. Bush e il suo predecessore Bill Clinton. Del primo Leno amava raccogliere l'antologia di gaffe pronunciate durante i suoi discorsi. Ma l'unica vera gaffe al Tonight Show, la fece l'attuale presidente Barack Obama, il 19 marzo scorso quando, parlando delle sue scarse prestazioni al bowling, alluse alle Olimpiadi per i portatori di handicap. Il popolarissimo Leno verrà ora sostituito da un altro comico, Conan O' Brien.\

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opel alla magna, patto a tre merkel, obama e putin (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 31-05-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 1 - Prima Pagina Opel alla Magna, patto a tre Merkel, Obama e Putin ROMA - Il governo tedesco ha definitivamente scelto Magna, sostenuta dalla banca russa Sberbank, per salvare Opel. Accordo raggiunto grazie al patto a tre Merkel, Obama, Putin. Tremonti: i governi hanno spintonato. Ma per il presidente Fiat, Luca Cordero di Montezemolo:«l´Italia ne è comunque uscita bene». IEZZI, TARQUINIE TROPEA ALLE PAGINE 2 E 3

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bush & clinton a sorpresa i due ex d'accordo su tutto (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 31-05-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 14 - Esteri Bush & Clinton a sorpresa i due ex d´accordo su tutto NEW YORK - George W. Bush e Bill Clinton oggi sono d´accordo su tutto, o quasi. Insieme sul palco di un centro congressi di Toronto, in Canada, i due ex presidenti degli Stati Uniti hanno sorpreso le centinaia di spettatori che, sborsando fino ad oltre duemila dollari, si aspettavano un duello, anche aspro. Bill ha fatto un sentito mea culpa sul Ruanda, ammettendo di essere stato incapace di bloccare il genocidio nel 1994, e riconoscendo di non avere nessuna attenuante. «è uno dei due o tre rimpianti della mia presidenza», ha detto Clinton. Bush ha difeso il suo predecessore, convinto che ci sarebbe voluto troppo tempo per mobilitare le truppe e che sarebbe stato troppo tardi. L´ex inquilino della Casa Bianca non ha espresso critiche a Clinton né a Barack Obama. Clinton invece, parlando di Iraq, ha detto che a suo avviso sarebbe stato meglio far lavorare di più gli ispettori Onu prima di attaccare, e che era doveroso concentrarsi di più sull´Afghanistan. Bush, anche se visibilmente irritato, non ha reagito. Fra i pochi dissensi, quello sulla permanenza alla Casa Bianca: Clinton ha segnalato il grande vuoto che accompagna il ritorno a casa. «Improvvisamente, più nessuno suona la canzone Hail to the Chief», l´inno presidenziale. Opposta la percezione di Bush, che si sente «finalmente libero».

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la corea prepara il super-razzo gli usa: "non staremo a guardare" - arturo zampaglione (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 31-05-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 14 - Esteri La Corea prepara il super-razzo Gli Usa: "Non staremo a guardare" Caccia americani schierati a Okinawa. Pronta risoluzione Onu Per la prima volta anche Russia e Cina sarebbero disposti ad accettare una risposta molto dura ARTURO ZAMPAGLIONE NEW YORK - Gli Stati Uniti non accetteranno che la Corea del Nord diventi una potenza nucleare. Lo ha detto ieri a Singapore, durante la conferenza per la sicurezza in Asia, il ministro americano della difesa Robert Gates, che ha usato toni ancor più fermi e minacciosi di quelli con cui Barack Obama, all´inizio della settimana, aveva denunciato il secondo esperimento nucleare di Pyongyang dopo quello dell´ottobre 2006. «Non resteremo immobili ad aspettare che la Corea del Nord acquisisca i mezzi per poter distruggere qualsiasi obiettivo nella regione», ha osservato Gates. «E considereremo il trasferimento del suo arsenale nucleare a paesi esteri o a terroristi come un atto ostile». Il capo del Pentagono non ha parlato dei possibili scenari militari, ma è chiaro che i suoi generali abbiano già pronti piani di emergenza per bombardamenti chirurgici e azioni offensive. Per il momento, però, dopo aver messo in allerta i 28mila soldati americani di stanza in Corea del Sud, per il rischio di provocazioni o incidenti lungo il 48mo parallelo da parte delle truppe del Nord, e preparato a Okinawa gli F-22 Raptor, Washington persegue la strada diplomatica. L´obiettivo: isolare ulterioremente il regime di Kim Jong-il e punirlo della violazione degli accordi dell´Onu con un rafforzamento delle sanzioni, nella speranza che si ravveda. «Obama è pronto al dialogo con i tiranni che rinuncino a ogni ostilità», ha ricordato ieri Gates, che è l´unico ministro di George W. Bush a essere stato confermato nell´incarico dal nuovo presidente. «Obama è fiducioso, ma non ingenuo», ha proseguito: «Non si piegherà alle pressioni o alle provocazioni». In coordinamento con il Giappone, Susan Rice, l´ambasciatore americano al Palazzo di vetro, ha fatto circolare tra i membri del consiglio una bozza di risoluzione che appare molto dura. E questa volta, a differenza del passato, Russia e Cina sembrano più propense ad assecondare gli sforzi internazionali, rendendosi forse conto che le dinamiche in moto a Pyongyang sono imprevedibili, perché rispondono a logiche interne, di regime, e quindi sono potenzialmente molto pericolose. L´ipotesi più accreditata è che l´escalation sia legata al tentativo di Kim Jong-il di rafforzare il suo potere, specie tra i militari, e di imporre il figlio più piccolo come suo successore. Dopo il test nucleare, che aveva una potenza paragonabile alla bomba di Nagasaki, la Corea del nord ha moltiplicato negli ultimi giorni il lancio di missili di corta gittata e ha dichiarato di non considerarsi più vincolata all´armistizio che mise fine alla guerra del 1950-53. Ieri, inoltre, citando fonti dell´intelligence americana, il giornale sudcoreano Don-A Llbo ha rivelato che i militari di Kim Jong-il hanno cominciato a spostare su vagoni ferroviari un missile balistico intercontinentale dal centro di ricerca della difesa di Saneum, vicino alla capitale Pyongyang, verso una rampa di lancio sulla costa orientale. Il rischio? Che la Corea del Nord voglia rispondere alle condanne dell´Onu alzando il livello dello scontro.

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magna conquista opel merkel: "grazie obama" - andrea tarquini (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 31-05-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 2 - Economia Magna conquista Opel Merkel: "Grazie Obama" Tremonti: governi in campo, hanno spintonato Intesa Berlino-Mosca-Washington Il ministro: Berlusconi avrebbe potuto fare molto ANDREA TARQUINI dal nostro corrispondente BERLINO - Opel è salva grazie a Magna, esultano i siti dei grandi media tedeschi, dalla popolare Bild al liberal Der Tagesspiegel. Soddisfatto anche il governo tedesco. Ma sul ruolo dei poteri politici esplode una polemica con l´Italia: il ministro dell´Economia, Giulio Tremonti, afferma al Tg1 che i governi di Berlino e Mosca sono intervenuti e hanno cambiato le regole del gioco in corsa. Che ormai la partita fosse politica, lo ha confermato ieri la stessa cancelliera Angela Merkel: «E´ un test riuscito delle relazioni con l´America, abbiamo raggiunto l´intesa su una soluzione ragionevole grazie all´aiuto di Obama con cui ho avuto un colloquio telefonico». L´accordo segna il primato della politica, e la supremazia dei leader delle grandi potenze e della loro strategia industriale: Obama, Merkel, Putin e Medvedev. Ma proprio sul ruolo dei governi è polemica. «L´industria italiana», ha detto Tremonti, «è andata in Germania convinta di giocare con regole di mercato, ha informato il governo ma non ha chiesto nulla. Sono scesi in campo i governi tedesco e russo, e mentre si giocava a calcio, si sono messi a giocare a rugby, hanno preso la palla con le mani, hanno spintonato. Ormai i governi si occupano di tutto, non so se sia giusto o sbagliato, ma sto che sta cambiando tutto. Sono convinto che Berlusconi con la sua influenza avrebbe potuto fare molto». L´accordo Opel-Magna è dunque fatto, restano pochi dettagli. Il vertice tedesco ora affronta le elezioni più tranquillo. I sindacati approvano. Ed esulta l´altro vincitore, l´élite di Mosca, che con il colosso finanziario Sberbank e la vecchia fabbrica d´auto Gaz alleate di Magna sbarca nel cuore dell´industria europea: un salto di qualità per la «partnership strategica» russo-tedesca. Il nuovo pacchetto è già pronto, così come l´accordo in tre punti tra Opel e Magna. La svolta finale è stata annunciata nella notte da un esausto ma sorridente Peer Steinbrueck, il ministro delle Finanze della Spd. A Magna andrà il 20% di Opel, Gm e Sberbank otterranno ciascuna il 35%, il restante 10 spetterà ai dipendenti. L´accordo poggia su tre punti; il memorandum d´intesa Gm-Magna, un accordo sulla produzione e i futuri livelli occupazionali e la sorte degli stabilimenti, il prestito-ponte di 1,5 miliardi di euro concesso dal governo tedesco. Soluzione per Berlino molto più a buon mercato, dicono qui, rispetto ai vari miliardi di garanzia pubblica che Fiat aveva richiesto. Una soluzione in forse fino all´ultimo, e che ha fatto rischiare una crisi di governo: il ministro dell´Economia, Karl tehodor zu Guttemberg, fino all´ultimo preferiva l´insolvenza controllata, ha minacciato di dimettersi, poi ha dovuto piegarsi. Magna s´impegna a mantenere aperti tutti gli stabilimenti e a conservare il maggior numero possibile di posti di lavoro. Ma il 10 per cento degli impieghi in Germania, cioè circa 2500-2600 persone, sono di troppo. In tutto il Vecchio continente, l´ex Gm Europa dovrà fare i conti con circa 11mila esuberi.

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marchionne conclude con chrysler con un occhio ai francesi di peugeot - salvatore tropea (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 31-05-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 3 - Economia Marchionne conclude con Chrysler con un occhio ai francesi di Peugeot E dopo la casa tedesca, si allontana anche Gm Sudamerica Entro mercoledì il giudice Gonzalez decide se girare a Torino gli asset dell´azienda Usa Per raggiungere i 6 milioni di vetture prodotte si guarda all´Europa, a realtà più affini e vicine SALVATORE TROPEA TORINO - Ancor prima del verdetto del governo tedesco sulla vicenda Opel, il Lingotto ha provveduto ad aggiustare il tiro e a concentrare le sue attenzioni su un futuro che, per le prossime settimane e forse mesi, sarà tutto americano. Sergio Marchionne non è neppure rientrato dagli Stati Uniti, scegliendo di restare su piazza ad aspettare la conclusione dell´udienza per il passaggio degli asset della Chrysler alla nuova società di cui Fiat possiede il 20%. C´è ancora chi non esclude un ripensamento della Germania, tanto più che per la firma del passaggio di Opel a Magna saranno necessarie ancora alcune settimane. Ma per il Lingotto è questa un´ipotesi remota. A Torino insomma hanno archiviato la Opel. Quel problema, fanno sapere, per noi non esiste più. Ma in questo weekend, che chiude una partita europea e sposta la scena Oltreoceano, si comincia a cogliere un cambio di strategia della Fiat: ancora non scritto, ma già in atto nei comportamenti. C´è una nuova rotta che parte dall´America per avere, sia pure in tempi non brevissimi, una ricaduta sull´Europa. Questo non vuol dire che sarà messo in atto quel «Piano B» che per Marchionne e Montezemolo «è una pura semplificazione giornalistica»; ma significa procedere senza perdere di vista l´esigenza industriale che era alla base dell´offerta per Opel. Si tratta soltanto, dicono a Torino, di farlo diversamente. Come? Intanto mettendo a frutto l´accordo americano per Chrysler. Domani, o comunque entro mercoledì, a New York il giudice Arthur Gonzalez chiuderà l´udienza avviata il 27 maggio per gli asset di Chrysler: le ultime resistenze sono quelle di un gruppo di concessionari e di un Fondo Pensioni dell´Indiana. Non si tratta di ostacoli insormontabili. E comunque la Fiat ha interesse a chiudere, anche per mettersi al lavoro subito sulla nuova Chrysler, quella presieduta da Robert Kidder con Marchionne come amministratore delegato (nel cda siedono anche Luigi Noto, ex presidente di Exxon, e Alfredo Altavilla, braccio destro dell´ad del Lingotto e gran negoziatore sul versante Usa). Per Marchionne è importante che Chrysler imbocchi subito la strada del risanamento, anche perché ulteriori rinvii potrebbero determinare un deterioramento degli asset, rendendo ancor più difficile tutta l´operazione. Sempre in America, è assai probabile che la decisione della Casa Bianca per le sorti future di Gm segua quelle giudiziarie della Chrysler. Tra le due cose non esiste un collegamento, ma appare evidente che una chiusura rapida e positiva del caso Chrysler è uno spot pubblicitario importante per Barack Obama e può agevolare la decisione per la Gm. Come dire che il ricorso al fallimento pilotato anche per Gm è una strada da seguire. Fiat è interessata a questa decisione perché da essa dipendono il futuro della Saab e quello di Gm Latino America. I torinesi ancora figurano tra i pretendenti della casa svedese in amministrazione controllata con la garanzia del governo locale; con loro ci sono il costruttore di auto sportive Koeningsegg e al miliardario americano Ira Rennert. Resta però da vedere quale potrebbe essere oggi l´interesse della Fiat per Saab fuori da un accordo comprensivo di Opel. Maggiori le attrattive della provincia sudamericana Gm che, però, a questo punto Detroit non sembra disposta a mollare, perché funziona bene e fa cassa. Anche per questo il Lingotto ha scelto di concentrarsi su Chrysler, pensando di raggiungere diversamente la massa critica dei 6 milioni di vetture all´anno. Su questo, c´è qualche variante rispetto al passato. Nel senso che tra le due opzioni, quella europea e quella asiatica, Fiat sembra orientata di più sulla prima: l´Europa si presta di più alla ricerca di quelle sinergie di scala che diventerebbero difficili a distanza. Quanto ai nomi, dopo la «rottura» con la Germania, restano i cugini d´Oltralpe, ovvero la Peugeot.

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una cascina di murazzano palestra aperta sul mondo - carlo petrini (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 31-05-2009)

Argomenti: Obama

Pagina XVII - Torino Tutto merito di Mario Gala, capofila di una nuova generazione di allevatori Una cascina di Murazzano palestra aperta sul mondo In cambio del lavoro ottengono vitto e alloggio e imparano a lavorare la terra Contatti attraverso "Face book": in borgata Bruni sono passati apprendisti da mezza Europa CARLO PETRINI In questo posto isolato e magnifico Mario ha scelto di fare il pastore, non per costrizione ereditaria, ma per avere il privilegio di vivere in un posto «nel bello», in mezzo alle colline. A praticare l´allevamento da queste parti sono rimasti in pochi. Eppure, Mario non è uno degli ultimi pastori di Langa. è il primo di una nuova generazione di allevatori che con fantasia e intelligenza sono capaci di coniugare un bel mestiere, che spesso costringe alla solitudine, con l´esigenza umana della socialità. Il padre, operaio nella Torino dell´auto, non aveva mai smesso del tutto di cimentarsi con qualche attività in campagna e questa straordinaria passione per il lavoro della terra è stato il più bel lascito al figlio. A Murazzano, Mario è arrivato per caso cercando una casa provvista di un piccolo appezzamento. Dopo aver lavorato come giardiniere per conto di altri e poi come boscaiolo, ha voluto provare a ritagliarsi un piccolo spazio per sé. Ha scelto un luogo e un´attività in cui magari avrebbe perso qualcosa in fatto di reddito, ma dove avrebbe potuto guadagnare in felicità. In un´ottica di personalissima «decrescita felice» ha giustamente pensato che sarebbe stata buona cosa poter godere di quanto avrebbe saputo produrre per sé stesso e per gli ospiti del suo agriturismo. Alla luce di questi ragionamenti è nato il Finocchio Verde, un posto vero, dove quasi tutto è fatto in loco, non solo tome, insaccati, pane, frutta e verdura. Anche le acciughe salate sono opera del padrone di casa. Ogni anno, in giugno, scende a Imperia di persona a comprare il pesce da un amico pescatore e insieme lo lavorano appena sbarcato dal peschereccio. Nel resto dell´anno Mario porta al pascolo capre e pecore di Langa, prepara le tome, cura l´orto e gli alberi da frutta. A fare tutto ciò però non è solo, perché la sua non è unicamente la storia di un bravo casaro. Per Mario essere contadino e pastore significa avere il privilegio di praticare il mestiere più bello del mondo. Tuttavia, questo lavoro, pur con tutti i premi e i riconoscimenti raccolti negli anni per la qualità delle sue tome, non gli avrebbe dato tante soddisfazioni se non avesse trovato un sistema per condividere con persone provenienti dai più lontani angoli del pianeta lo stile di vita che ha scelto per sé. In modo graduale ha costruito la sua attività in modo da aprirla al mondo. Da due anni Mario e Isa, la sua compagna, hanno iniziato ad accogliere al «Finocchio Verde» giovani volontari che danno loro una mano in cambio di vitto e alloggio. La formula magica per far uscire dall´isolamento la pastorizia e chi la pratica è racchiusa nella parola Wwoof, acronimo inglese che sta per "Opportunità nelle fattorie biologiche intorno al mondo". «Il wwoof è un´associazione fondata su una sorta di baratto - spiega Mario con l´entusiasmo di chi, del baratto, è un sostenitore convinto - e le aziende agricole che aderiscono a questa rete, nella logica di un reciproco scambio, si fanno aiutare nel lavoro quotidiano da chi ha voglia di ritornare alla campagna e imparare a fare agricoltura biologica». In poco tempo l´indirizzo di posta elettronica del «Finocchio Verde» si è riempito di richieste di ospitalità e oggi esiste anche un profilo dell´azienda su facebook. Per cui, arrivando a pranzo è normale condividere la mensa con persone di paesi diversi. In questi giorni ad esempio c´è una coppia di americani di Milwaukee, Matthew and Jenny, ospiti per qualche mese. Sono molto decisi a imparare, per poi tornare in patria e mettere in piedi qualcosa di simile. In Borgata Bruni sono passati apprendisti agricoltori di mezza Europa, Australia, Nuova Zelanda, Canada, Corea, Sud Africa e soprattutto tanti ragazzi degli Stati Uniti. Traccia di tanta frequentazione nordamericana è rimasta nel nome del nerissimo gatto di casa che, in memoria di appassionate discussioni autunnali sull´esito delle elezioni presidenziali, si chiama orgogliosamente Obama. Il sistema è rivoluzionario perché non offre solo l´opportunità di imparare e di esprimere la propria creatività lavorando in agricoltura. Se una volta fare il pastore in un luogo simile costringeva a isolarsi dal mondo, ora è un universo di persone in movimento che prova a spingersi fino a qua, tanto che Mario ha un sogno. «I have a dream - declama fingendo un marcato accento italoamericano - ripopolare Borgata Bruni e l´Alta Langa di gente giovane che, nel sangue, porta amore per il mio mestiere».

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Merkel chiama Obama Opel passa a Magna (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 31-05-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Prima Pagina data: 31/05/2009 - pag: 1 Franceschini: sulla Fiat governo distratto Merkel chiama Obama Opel passa a Magna Tremonti: cambiate in corsa le regole Sarà il gruppo austro-canadese Magna a rilevare il controllo di Opel da General Motors. Via libera del governo tedesco. La cancelliera, Angela Merkel: «Accordo ragionevole raggiunto con l'aiuto del presidente Usa Obama». Montezemolo: «Abbiamo fatto tutto il possibile». Il ministro Scajola: «Occasione mancata ». E Tremonti: «Cambiate in corsa le regole del gioco. La nostra industria ha giocato con i criteri di mercato, loro a rugby. Spintonando ». Franceschini: «Governo distratto». ALLE PAGINE 2E3 De Rosa, Marro Taino, Zuccolini

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Opel alla cordata Magna Merkel: intesa con Obama (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 31-05-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Primo Piano data: 31/05/2009 - pag: 2 Opel alla cordata Magna Merkel: intesa con Obama Undicimila esuberi in Europa. Gli Usa: passo positivo DAL NOSTRO CORRISPONDENTE BERLINO Pfui, la Opel Koalition tira un sospiro di sollievo. Il governo tedesco ha evitato per un soffio che il salvataggio della casa automobilistica gli scoppiasse in mano. Solo all'ultima ora gli americani di General Motors e del dipartimento del Tesoro hanno accettato di proteggere Opel dalla bancarotta Gm e di aprire la strada della vendita alla cordata Magna-Sberbank. E solo dopo un confronto durissimo tra Berlino e Washington che ha confermato ieri lei stessa ha visto Angela Merkel telefonare a Barack Obama, conversazione che «chiaramente ha influenzato i negoziati»: era diventata una questione che metteva in gioco le relazioni tra i due Paesi. Ieri, la Grosse Koalition che governa la Germania ha dunque provato a festeggiare. Non è detto che Opel sia salva ma le elezioni, forse, sì: se le trattative fossero fallite, dopo che tutti i membri più importanti dell'Unione Cdu-Csu e della Spd ci avevano messo la faccia, sarebbe stato un disastro elettorale in vista del confronto alle urne del 27 settembre. Si è trattato, ha commentato la cancelliera, «di un test per la relazione transatlantica» che è stato «superato ». Come si inserisca nella relazione transatlantica il fatto che Opel si avvii a essere pesantemente influenzata da una banca russa di Stato, Sberbank, che ne acquisterà il 35%, e da un produttore russo di auto, la Gaz dell'oligarca Oleg Deripaska, che ne dovrebbe essere il partner industriale, Frau Merkel non lo ha detto. Governo sollevato. E da Washington anche il giudicio di Obama è di «un passo positivo». Ma in Germania lo scontro che si è protratto per tutta la vicenda Opel ha lasciato ferite profonde. Venerdì, il ministro dell'Economia Karl-Theodor zu Guttenberg ha minacciato, con il «pieno supporto» della sua Csu bavarese, di dimettersi perché alla soluzione Magna-Sberbank avrebbe preferito una «liquidazione gestita» di Opel, cioè salvarne solo le parti efficienti e magari venderle separatamente. A suo avviso, l'accordo trovato con il gruppo russo-canadese è troppo rischioso per il contribuente tedesco Berlino fornirà alla nuova Opel almeno sei miliardi di euro in garanzie mentre non comporta alcun rischio economico per i compratori. Alla fine non si è dimesso ma ha rimesso alla signora Merkel la guida delle prossime trattative per Opel. Insomma, tensioni alte anche tra Cdu e Csu. Per parte loro, i socialdemocratici, che hanno sempre appoggiato la soluzione Magna-Sberbank, ora cantano vittoria su Guttenberg. Il capo della Spd in Assia, Thorsten Schäfer-Gümbel, ha ironizzato che «il barone nero di Baviera ha giocato pericolosamente con il fuoco» dell'insolvenza. Resta il fatto che, con la sua posizione ribadita ancora ieri, Guttenberg dà voce a una parte consistente dell'opinione pubblica che non ritiene giusto salvare Opel con denaro pubblico, per ragioni elettorali, a scapito di altre migliaia di imprese in crisi. «La politica dovrebbe aiutare la gente, non le imprese », ha commentato ieri il quotidiano di centrosinistra «Süddeutsche Zeitung»: una della valanga di critiche arrivate al governo per la soluzione trovata. Ora, Magna procederà alla due diligence della Opel e, ha detto il suo capo Frank Stronach, prevede di firmare l'acquisto in cinque settimane. Sul futuro, Frau Merkel pensa che Opel avrà «parecchie difficoltà da superare», compresi 11 mila esuberi in Europa. Ottimista, rispetto all'opinione di altri. Frank Schwope, esperto di auto della banca NordLB ritiene che Magna, Sberbank e Gaz «le proveranno tutte, falliranno e Opel sarà insolvente tra due o tre anni». Incondizionatamente felice, invece, German Greif, amministratore delegato della Sberbank molto legato a Vladimir Putin: «Per me questa è un'ottima opportunità per la Russia di ottenere uno dei più avanzati produttori di auto europei per un prezzo così basso»: quest'ultima è la relazione trans-baltica e ha anch'essa passato il suo test. Danilo Taino Il presidente Usa Barack Obama

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Scajola: vigileremo sugli aiuti (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 31-05-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Primo Piano data: 31/05/2009 - pag: 2 Il ministro dello Sviluppo Scajola: vigileremo sugli aiuti ROMA Alla fine, il governo tedesco ha scelto il gruppo austro-russo-canadese Magna per salvare l'Opel, lasciando fuori la Fiat. Una sconfitta per il sistema Paese? «Non direi risponde il ministro dello Sviluppo, Claudio Scajola . Anzi, anche nella riunione di venerdì a Bruxelles diversi partecipanti hanno riconosciuto la validità del piano industriale della Fiat. L'impressione è che nelle scelte finali di General Motors e poi del governo tedesco abbiano prevalso altre valutazioni, come gli impegni finanziari di breve termine dell'acquirente, la promessa della salvaguardia dell'occupazione tedesca e magari anche la volontà di non disturbare Volkswagen con il rafforzamento di Fiat. È un'occasione mancata per tutta l'industria europea. Ma, come ha detto Marchionne, la vita continua. E penso che ci saranno altre occasioni per Fiat». Resta però la sensazione che il governo italiano non abbia sostenuto a sufficienza la Fiat mentre dietro Magna c'era addirittura Vladimir Putin. «Il governo italiano ribatte Scajola non ha mai fatto mancare il proprio appoggio a Fiat, ma senza cedere a tentazioni stataliste e protezionistiche, che sarebbero molto pericolose e che non vorrei si affacciassero in altri Paesi». E il sospetto nasce forse anche dalla constatazione che prima dell'accordo Opel-Magna c'è stata una telefonata Merkel- Obama che ha spianato la strada. Non risulta, invece, che ci siano stati passi del governo italiano presso il cancelliere tedesco a sostegno della Fiat. «I contatti col governo di Berlino ci sono stati. Io stesso dice ho incontrato il rappresentante del governo tedesco. Ma si fa fatica a capire che nella vicenda Opel i governi americano e tedesco sono parte in causa anche dal punto di vista aziendale: gli Stati Uniti hanno finanziato GM a piene mani e il governo tedesco si prepara a dare a Opel un finanziamento-ponte di 1,5 miliardi». Una iniziativa sulla quale Scajola nutre qualche dubbio. «Nella riunione di venerdì a Bruxelles, a cui era presente anche il commissario alla concorrenza Neelie Kroes, abbiamo sottolineato che il sostegno finanziario tedesco dovrà rispettare rigorosamente le regole contro gli aiuti di Stato e non dovrà alterare la concorrenza a scapito degli altri produttori europei. Vigileremo attentamente su questo punto». Il ministro respinge quindi al mittente le critiche del leader del Pd, Dario Franceschini, che parla di «occasione persa» e «governo distratto». «Ci dica in concreto che cosa avremmo potuto fare di più». Il governo incontrerà la Fiat la prossima settimana e secondo alcuni avrebbe dovuto farlo prima. «I contatti con i vertici Fiat sono continui dice Scajola . Ho parlato con Marchionne anche venerdì mattina. L'incontro con Fiat, sindacati e Regioni avrà come scopo capire le prospettive industriali in Italia e dunque era inutile farlo prima che la vicenda Opel si fosse chiarita». Adesso si è chiarita e il cancelliere Angela Merkel ha detto: «Abbiamo fatto in modo che i dipendenti mantenessero il loro posto di lavoro e abbiamo salvaguardato gli impianti in Germania ». Del resto, il sindacato ha un grande ruolo nel modello renano. Fattori che sono stati sottovalutati? «No. Resto convinto che il piano Fiat fosse il più serio dal punto di vista industriale e fosse in grado di garantire la sostenibilità di lungo periodo alla Opel». Ora l'attenzione torna sul futuro degli stabilimenti italiani, a partire da quelli di Termini Imerese e Pomigliano d'Arco. «Posso solo ribadire dice Scajola che all'atto della decisione sugli incentivi all'acquisto di auto ecologiche abbiamo chiesto e ottenuto da Fiat l'impegno a mantenere gli stabilimenti e i posti di lavoro in Italia, impegno che finora è stato mantenuto». Enrico Marro Claudio Scajola

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La Cancelliera e la forza opaca della lobby russa (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 31-05-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Primo Piano data: 31/05/2009 - pag: 2 Accordi La Cancelliera e la forza opaca della lobby russa SEGUE DALLA PRIMA I due Paesi si sono ferocemente combattuti, ma la storia della presenza tedesca nella economia russa e degli accordi più o meno segreti conclusi dai due Paesi è più lunga di quella delle loro battaglie. Comincia con la prima industrializzazione russa, fra l'800 e il '900, e continua con il Trattato di Rapallo (1922), con la collaborazione militare ed economica del decennio successivo, con il trattato di amicizia e il protocollo segreto del 1939, con la impetuosa ripresa dei rapporti economici dopo la fine della Seconda guerra mondiale. La lobby, anche in questo caso, ha vinto la sua partita. Ma potrebbe avere dimenticato che le partecipazioni azionarie russe, in questo momento, sono spesso opache e poco rassicuranti. L'affare Opel si presta a qualche riflessione sulla politica italiana. Il presidente degli Stati Uniti, in questa faccenda, non aveva altra scelta fuor che quella di accettare la decisione garantita dal governo di Berlino, ma il vertice telefonico fra Merkel e Obama, nelle scorse ore, mette implicitamente in evidenza l'assenza del governo italiano. So che gli interventi sono utili quando sono accompagnati da garanzie finanziarie e che l'Italia, in questo momento, non era in grado di offrire alcunché. Ma il confronto tra la serietà delle trattative di Berlino e la litigiosa frivolezza della politica italiana, soprattutto nelle ultime settimane, non è edificante. Sergio Romano

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(sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 31-05-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Primo Piano data: 31/05/2009 - pag: 3 Roma-Berlino Franceschini: l'esecutivo è stato distratto «I governi hanno cambiato le regole del gioco in corsa» Tremonti: a noi nessuna richiesta, Berlusconi poteva fare molto ROMA La dichiarazione di Giulio Tremonti sulla vicenda Opel-Fiat arriva a tarda sera, intervistato dal Tg 1, dopo una giornata di polemiche: «L'industria italiana è andata in Germania convinta di giocare con regole di mercato. Ha informato il governo ma non ha chiesto niente. Sono convinto che Berlusconi con la sua influenza avrebbe potuto fare molto». Si chiede il ministro dell'Economia: «Che cosa avrebbe significato fare di più? Fare più debito pubblico e aumentare le tasse per chi ha di meno? No grazie». Anche perché, spiega, «prima della crisi i governi stavano fuori dai giochi mentre adesso si occupano di tutto: invece del calcio si sono messi a giocare a rugby, hanno spintonato». In altre parole, la Fiat ha presentato il suo piano industriale pensando di combattere solo su quel piano e invece sulla vicenda è entrata a gamba tesa la politica. Basta pensare alla telefonata fra la cancelliera Merkel e il presidente Usa Obama. Per il Pd, comunque sia, Berlusconi avrebbe dovuto fare di più. Ed è anche colpa del governo italiano se la Fiat non è riuscita ad aggiudicarsi l'operazione. Denuncia il segretario Dario Franceschini: «Si tratta di un'occasione perduta: altri governi si sono impegnati in modo molto determinato per sostenere le loro imprese, dalle nostre parti invece c'è stata un po' di distrazione». Alludendo alle altre questioni più mondane a cui ha dovuto pensare Berlusconi in questi giorni. Sulla stessa linea Massimo D'Alema: «Il presidente del Consiglio è alla prese con il garante della privacy, quindi non può occuparsi dell'industria dell'automobile. Purtroppo sulla trattativa Opel paghiamo il prezzo all'assenza di una guida politica autorevole e credibile del Paese». E il collega di partito, nonché candidato alla segreteria, Pierluigi Bersani, ne approfitta per sottolineare i rischi per tutto il sistema di produzione: «È ora di darsi una mossa. Perché stiamo parlando non solo di Fiat, ma di 2.700 aziende di componentistica e 200 mila lavoratori del settore, quindi di una fetta centrale del nostro sistema produttivo: mentre noi assistiamo passivamente, gli altri Paesi intervengono con misure che possono anche creare degli squilibri di mercato a danno dell'Italia». La maggioranza ha una lettura opposta della vicenda. Il ministro per la Semplificazione Roberto Calderoli se la prende con Franceschini («ha perso un'occasione per tacere») ricordando che «senza l'intervento del governo, con il decreto anticrisi e, in particolare, quello degli incentivi per il settore auto, la Fiat non avrebbe potuto certamente acquisire Chrysler né tanto meno concorrere alla scalata di Opel». E il leader della Lega Umberto Bossi giustifica la Fiat: «Cosa vuoi fare, è un' azienda privata. Comunque finalmente la Fiat, dopo l'accordo con gli americani, ha i soldi per allargarsi in Europa». Maurizio Gasparri attacca violentemente D'Alema: «È un lacché del passato, che ha imparato l'economia sui libri di Stalin, un trombone trombato: pensi alle sue sconfitte». Mentre altri esponenti del Pdl criticano la scelta che ha fatto prevalere Magna e sottolineano la coincidenza con l'appuntamento elettorale tedesco. Secondo il ministro per le Politiche Comunitarie, Andrea Ronchi, «la decisione di Berlino non va nell'interesse del settore automobilistico europeo». «Ormai attacca il capogruppo alla Camera Fabrizio Cicchitto la linea adottata dal Pd in questa campagna elettorale è cavalcare i gossip e insultare Berlusconi. In realtà la partita Opel-Fiat è stata largamente condizionata dalle vicende politiche tedesche e dai rapporti che la Germania ha con la Russia». Roberto Zuccolini Rugby Il ministro: invece che a calcio si sono messi a giocare a rugby, hanno spintonato

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Obama in Germania, viaggio della memoria (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 31-05-2009)

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Corriere della Sera sezione: Esteri data: 31/05/2009 - pag: 15 La missione Il veterano Charles Payne, reso celebre dal nipote durante la campagna elettorale, racconta la sua vicenda Obama in Germania, viaggio della memoria Con lo zio che «liberò» Buchenwald visiterà lager e città bombardate dagli Alleati DAL NOSTRO INVIATO CHICAGO Di lui, in campagna elettorale, Barack Obama aveva raccontato che «marciò con Patton e fece parte del primo gruppo di soldati americani che arrivarono ad Auschwitz e liberarono il campo di concentramento ». Una gaffe innocente, probabilmente generata dai racconti della nonna, Madelyn Dunham. Il campo non era Auschwitz, dove fra l'altro i primi ad arrivare furono i sovietici del maresciallo Zukov. Ma in un campo di sterminio nazista Charles Payne arrivò davvero, con l'Ottantanovesima Divisione di Fanteria della US Army. Era Buchenwald, sulla collina che sovrasta Weimar, in Turingia. La data: aprile del 1945. Il ricordo di allora è ancora vivido nella sua memoria: «Vidi una folla di persone emaciate, coperte di stracci, così scarnificate che non capivo come potessero stare in piedi. Avevano in mano tazze di metallo e sbattevano il cucchiaio per fare rumore: chiedevano cibo ». E poi «vidi le tettoie, dov'erano pile di corpi accatastati ». Charles Payne ha oggi 84 anni e gran parte della sua seconda vita l'ha trascorsa a Chicago. A dargli notorietà è stata l'ascesa alla Casa Bianca di Barack Obama, il nipote meticcio, figlio di Ann Dunham, la figlia di sua sorella Madelyn. Non è ancora certo, ma è probabile, che Payne accompagnerà il presidente la prossima settimana nella visita a Buchenwald, tappa cruciale del viaggio che porterà Obama in Arabia Saudita, Egitto e Germania, per concludersi sulle spiagge della Normandia nel 65mo anniversario del D-day. Una sosta calibrata al millimetro, quella nella Repubblica Federale, dove Obama farà sosta a Buchenwald e a Dresda, rendendo omaggio alle vittime dei tedeschi, ma anche ricordando le vittime tedesche. Il pellegrinaggio nel luogo dove 50 mila ebrei vennero trucidati dai nazisti, sotto lo sguardo di una popolazione che viveva a due passi e non mosse un dito, si accompagnerà alla visita nella città d'arte, distrutta dal più feroce e forse inutile bombardamento alleato, che in una sola notte del febbraio 1945 fece decine di migliaia di vittime civili. Non solo, perché dopo la Riunificazione e la fine della Ddr comunista, sia Dresda sia Weimar sono diventate simbolo della rinascita dell'Est. Come ha detto Thomas Steg, portavoce del governo tedesco, «Obama visiterà luoghi storici legati a tutti gli aspetti della Seconda Guerra Mondiale, distruzione e ricostruzione, sterminio e fine della civiltà ». Riservato e schivo, Charles Payne ha preferito parlarci al telefono. Ricordando la gaffe del nipote su Auschwitz, ci ha detto che dopo anni di silenzio fu la prima volta in cui ha parlato con Obama dei suoi ricordi di guerra e dell'esperienza di Buchenwald. Ma è convinto che l'errore non fosse voluto e fosse stato frutto dei racconti di Madelyn: «Raccontava bene le storie, ma era inaffidabile sui dettagli, ha sicuramente fatto confusione sui nomi». Un'altra cosa però aveva detto Obama: «Quando tornò dalla guerra, mio zio era talmente in stato di shock, solo e pieno di memorie dolorose, che andò al piano di sopra e non uscì per sei mesi ». Payne ammette che «la guerra fu un'esperienza molto difficile e traumatica». Per anni ha come rimosso molti di quei ricordi: «Ho cercato di non pensarci troppo ». Ma prima l'outing fatto dal nipote e poi la notizia della visita a Buchenwald hanno infranto la quieta esistenza di Payne, che si era trasferito a Chicago nel 1960, dopo essersi laureato in ingegneria all'Università del Kansas. Per buona parte della sua carriera, prima di andare in pensione nel 1995, ha avuto un incarico scientifico alla Chicago University, la stessa dove Obama ha insegnato diritto costituzionale. E ora insieme in Germania? «Se Barack mi invitasse con lui a Buchenwald penso che ci andrei, sono ancora abbastanza in forma, anche se non ho più tanta energia». Paolo Valentino Insieme Charles Payne, 84 anni, ingegnere, nella sua casa a Chicago (dove ha lavorato all'Università): nella foto in cornice, è con la sorella e il nipote. Nel '45 Payne fu tra i soldati americani che entrarono a Buchenwald (sotto). A giugno Obama sarà in Germania: oltre al lager visiterà Weimar e Dresda, bombardate dagli Alleati nel '45 Attesa La vetrina di una pasticceria di Weimar rende omaggio a Obama. In alto a destra, una T-shirt accosta il presidente Usa a Goethe (Ap) La gaffe Il futuro presidente, in un comizio elettorale, ricordando il fratello della nonna si era confuso e aveva detto: «Fece parte del primo gruppo di soldati Usa che entrò ad Auschwitz»

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Barack corregge Sonia: oggi direbbe cose diverse (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 31-05-2009)

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Corriere della Sera sezione: Esteri data: 31/05/2009 - pag: 15 Corte Suprema Il presidente si schiera con la Sotomayor dopo le accuse di «razzismo al contrario» Barack corregge Sonia: oggi direbbe cose diverse DAL NOSTRO CORRISPONDENTE WASHINGTON Barack Obama scende in campo a difesa di Sonia Sotomayor, il giudice che ha designato per la Corte Suprema e che, se fosse confermata, diventerebbe la prima ispano-americana a sedere nella massima magistratura degli Stati Uniti. Obama è stato costretto a intervenire, dopo gli attacchi lanciati dai repubblicani conservatori contro la candidata, per alcune sue dichiarazioni del 2001, quando fra le altre cose Sotomayor aveva detto che «un magistrato donna di origine latina raggiungerebbe sicuramente conclusioni migliori di uno maschio e bianco ». Una frase, che le è valsa l'accusa di essere «razzista al contrario». «Sono sicuro che oggi si esprimerebbe in modo diverso », ha detto il presidente in un'intervista alla Nbc, con un tono apparso piuttosto difensivo. Ma nel suo discorso settimanale al Paese, diffuso per radio e via Internet, Obama è tornato all'offensiva: «Ci sono naturalmente quelli, a Washington, che cercano di tracciare le vecchie linee di divisione e fare i soliti giochetti politici, usando alcuni commenti fuor di contesto per dare un'immagine distorta del giudice Sotomayor. Ho fiducia che costoro falliranno, perché i suoi 17 anni di esperienza nelle Corti, centinaia di sentenze che ogni americano può leggere da sé, parlano chiaro e più forte di ogni attacco ». Ricordando la vicenda personale di Sotomayor, «un viaggio iniziato nelle case popolari del Bronx e scandito da duro lavoro, fiera intelligenza e fiducia che in America ogni cosa sia possibile », Obama ha detto che la nomina è «troppo importante, per rimanere impigliata nel calcolo politico e negli equilibrismi ». E ha invitato repubblicani e democratici a cominciare il processo di conferma «senza ritardi». La Casa Bianca vorrebbe che tutto si concludesse prima dell'inizio della pausa estiva, il 4 agosto, in modo che Sotomayor possa prendere il posto nel collegio dei nove all'inizio del nuovo periodo, in ottobre. Anche se i democratici hanno i numeri per bloccare ogni ostruzionismo, la resistenza conservatrice si annuncia molto determinata. Nel mirino, oltre la frase incriminata, è l'«attivismo giudiziario» del magistrato, che secondo la destra sarebbe incline a far politica con le sentenze. Un altro problema potrebbe venire da sinistra, dove i gruppi favorevoli all'aborto non sono del tutto sicuri che Sotomayor, cattolica e mai esplicita sul tema, sia una ferma sostenitrice del diritto alla libertà di scelta della donne, garantito con una storica sentenza della Corte Suprema del 1973. P. Val. Nomina Il giudice della Corte Suprema Usa Sonia Sotomayor con la madre Celina (Ap)

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I CONTI CON LA STORIA E IL FANTASMA DI BOMBER HARRIS (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 31-05-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Esteri data: 31/05/2009 - pag: 15 Il dibattito I CONTI CON LA STORIA E IL FANTASMA DI BOMBER HARRIS di PAOLO RASTELLI Fu l'unico grande comandante britannico a non essere insignito del titolo di pari del regno subito dopo la Seconda Guerra Mondiale. Ai suoi uomini, che avevano combattuto ed erano morti nei cieli della Germania, fu negata una «campaign medal», l'onorificenza che nelle forze armate di Sua Maestà viene concessa a chi partecipa a un'impresa bellica. Dietro questi sgarbi nei confronti di Arthur «Bomber» Harris, capo del Comando Bombardieri della Raf, e dei suoi aviatori c'era la sensazione, che si faceva lentamente strada nell'opinione pubblica, che la distruzione sistematica delle città tedesche e l'uccisione indiscriminata di donne e bambini con il bombardamento a tappeto non fosse poi un'impresa di cui andare davvero fieri, proprio secondo i principi in nome dei quali gli alleati occidentali avevano combattuto. Dresda, devastata tra il 13 e il 15 febbraio 1945 da aerei inglesi e americani, è diventata il simbolo di questo sentimento postumo di vergogna di cui oggi Obama in qualche modo fa ammenda: un bombardamento inutile, che uccise almeno 36 mila persone e ridusse in macerie fumanti un'area di 15 chilometri quadrati, su una città priva di industrie belliche degne di nota e quasi indifesa in una Germania già invasa e ormai sconfitta. Ancora oggi c'è chi parla di crimini di guerra a proposito delle incursioni sulle città tedesche. E' vero? Lo storico Max Hastings, che al Bomber Command ha dedicato un'attenta analisi ed è tutt'altro che tenero con i «baroni dei bombardieri», scrive parole condivisibili: con tutti i suoi eccessi, il bombardamento strategico «fu un'operazione militare che cessò non appena Hitler smise di combattere»; quasi tutti i massacri nazisti, definiti poi crimini di guerra, furono perpetrati ai danni di persone indifese, «assassinate per ragioni ideologiche, senza alcuno scopo militare». Una differenza che resta importante anche in epoca di revisionismi. Dresda 1945: le macerie della Frauenkirche

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Maroni e la sicurezza (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 31-05-2009)

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Corriere della Sera sezione: Cronache data: 31/05/2009 - pag: 19 Provvedimento Decisione in vista del G8 in Abruzzo Maroni e la sicurezza «Sospesi per un mese gli accordi di Schengen» Il ministro: stop alla libera circolazione ROMA Tra il 18 giugno e il 15 luglio, in vista del G8 dell'Aquila e subito dopo, saranno sospesi gli accordi di Schengen (sulla libera circolazione dei cittadini) con il ripristino dei controlli alle frontiere dei Paesi europei. È la più immediata misura di sicurezza emersa al termine dei due giorni di lavori dei ministri Giustizia-Interno, sotto la presidenza dei ministri Maroni e Alfano. La guerra al terrorismo rimane «una delle più gravi minacce alla sicurezza internazionale », essa verrà però programmaticamente condotta «nel rispetto dei diritti fondamentali dell'uomo e lo Stato di diritto». Quindi, il vento nuovo della presidenza Obama soffia anche in questa materia e anche tra gli alleati. La lotta però si estende ai pirati nel Golfo di Aden, visto che gli assalti ai cargo e alle navi passeggeri servono anche, secondo molte evidenze di intelligence, a finanziare Al Qaeda. Per questo «è urgente» individuare a livello internazionale lo strumento giuridico per assicurare i pirati alla giustizia, rafforzando il potere giudiziario nei paesi africani, stringendo accordi tra i paesi che arrestano i pirati e quelli che sono in grado di processarli, ma che spesso mancano di giurisdizione nei loro confronti. Il ministro dell'Interno francese Michèle Alliot-Marie ha sottolineato che «l'Occidente ha bisogno di avere strumenti legali per perseguire gli strateghi della pirateria che spesso sono potenti uomini d'affari internazionali ». Alla riunione era presente l'Attorney general americano, Eric Holder, che negli incontri bilaterali, ha rinnovato la richiesta ai Paesi europei di accogliere alcuni dei 240 detenuti di Guantanamo. Gli Usa vorrebbero trasferire in Europa almeno 50 detenuti, di cui «due-tre» in Italia. «Io penso ha dichiarato il ministro dell'Interno Maroni che i Paesi Schengen debbano accogliere solo quelli che hanno titolo giuridico per essere detenuti in carcere, altrimenti queste persone sbarcano a Fiumicino o a Malpensa e poi possono girare liberamente. Ciò non è accettabile perché accresce il nostro rischio terrorismo ». In Italia, ha spiegato il responsabile del Viminale, «la minaccia jihadista è infatti costante, come dimostra la chiusura nei giorni scorsi di due siti che facevano apologia della violenza come strumento per affermare la religione islamica ». In base a quanto emerso nel summit, il terrorismo di matrice islamica sembra essere in grado di utilizzare strumenti molto antichi (come la pirateria) e ultramoderni (come internet e addirittura il cybercrime, la cui nuova frontiera è costituita dai «furti di identità»). M. Antonietta Calabrò Il ministro Roberto Maroni

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Obama e le richieste americane che mettono in crisi la lenta Europa (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 31-05-2009)

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Corriere della Sera sezione: Opinioni data: 31/05/2009 - pag: 12 USA E UE, RAPPORTI CHE CAMBIANO Obama e le richieste americane che mettono in crisi la lenta Europa di ROBERT KAGAN I l presidente francese Nicolas Sarkozy ha posto la questione essenziale qualche settimana fa, quando ha domandato: «L'Europa vuole la pace oppure vuole solo essere lasciata in pace?». Si potrebbe rispondere alla stessa maniera di Groucho Marx, quando gli fu chiesto se fosse un uomo o un topo: «Metti un pezzo di formaggio sul pavimento e lo scoprirai». Ovviamente gli europei vogliono essere lasciati in pace. Hanno subito tanti sconvolgimenti nel corso del Ventesimo secolo da bastare per un millennio. Appena sotto pelle, tutta l'Europa conserva profonde cicatrici. Quanto c'è da stupirsi, pertanto, se nel loro mondo autosufficiente gli europei ambiscono alla stabilità e alla prevedibilità, a un po' di pace e tranquillità? Non desiderano nuovi focolai di agitazione. L'innovazione più rivoluzionaria nella storia della geopolitica, l'Unione Europea, è stata paradossalmente resa possibile non da un desiderio di rivoluzione, bensì da un profondo conservatorismo; dalla paura mortale degli sconquassi che possono originarsi dalle ambizioni incontrollate, sia nazionali che individuali. Il popolo tedesco, per cui e da cui l'Unione Europea è stata consacrata, vuol soggiacere a precise restrizioni. I vincoli economici della Ue, che oggi creano una barriera alla spesa in deficit di keynesiana memoria, sono stati introdotti dai tedeschi, per cui lo spettro dell'inflazione, e non della depressione, rappresenta l'incubo peggiore. Tedeschi e francesi preferiscono gli assegni assistenziali alla spesa pubblica per stimolare l'economia, perché rientrano nel sistema passivo di reti di sicurezza sociale a cui i cittadini si sono così agevolmente ancorati. La distruzione creativa che contraddistingue le economie politiche business-oriented di tradizione anglo-americana è troppo violenta e instabile, troppo brutale e imprevedibile. Meglio sottoporre a regole più stringenti i protagonisti del capitalismo internazionale, la cui inventiva può produrre effetti devastanti. Meglio essere meno ricchi, piuttosto che meno sicuri. Nell'arena degli affari esteri, si è assistito a brevi sprazzi di ambizione globale da parte dell'Europa. Alla fine degli anni 90, Tony Blair e Jacques Chirac si coalizzarono per promuovere un esercito europeo più muscolare ed efficace. Qualche anno dopo, il grande esperto e stratega Robert Cooper prefigurò l'allargamento della Ue quale inedito contributo dell'Europa postmoderna alla sicurezza globale, l'«impero liberale e volontario» che avrebbe esteso la sfera della pace, del liberalismo e della sicurezza alla Turchia, ai Balcani, all'Ucraina e a quello che gli europei un tempo chiamavano il «nuovo vicinato» del continente. Ma l'Europa ha largamente rinunciato a queste ambizioni passeggere. L'esercito della Ue resta una prospettiva remota quanto lo era un decennio fa. L'allargamento a Est, nel 2004, ha innescato un effetto simile all'indigestione e viene biasimato da gran parte degli europei occidentali. La paura della Russia agisce da freno inibitore nel dibattito sull'ammissione dell'Ucraina, per non parlare della Georgia. E la paura dell'islamizzazione ha bruciato ogni speranza di annessione della Turchia. L'unico interrogativo che oggi pende sull'allargamento è se si tratti di un progetto defunto o come sperano gli ottimisti caduto soltanto in un coma trentennale. Gli americani sono artefici di grandi scompigli. Gli europei li considerano allo stesso modo in cui gli antichi greci giudicavano gli ateniesi, come «nati per non aver tranquillità loro stessi e per non concederla agli altri» (Tucidide, «La guerra del Peloponneso», Bur 1985, p. 171, Hist. I, 70, 9, ndt). Come fa notare lo studioso Stephen Sestanovich, sia le amministrazioni democratiche che repubblicane nel corso degli ultimi 50 anni hanno favorito strategie trasformative «di vasta portata, finanche rischiose», si trattasse del confronto con l'Urss, dell'unificazione della Germania, dei Balcani o delle crisi economiche globali, e hanno abiurato i più sicuri approcci incrementali preferiti dagli europei. Eppure, l'Europa è stata spesso trascinata fuori dalla sua comfort zone da quel giocatore d'azzardo nato che è la superpotenza americana. Gli europei adorano Obama, ma i leader del Vecchio Continente vivono in stato d'agitazione sin dal giorno della sua vittoria. George W. Bush ha reso agli europei un enorme favore, fornendo loro il miglior pretesto per l'inazione nella storia dei rapporti transatlantici. Ed ecco ora Obama, di gran lunga più convincente, ma pur sempre americano. Ci si chiede se gli esponenti incaricati da Obama si rendano davvero conto del perdurante divario tra Europa e Stati Uniti o magari si sono convinti che l'abisso sia soltanto opera di Bush ed è ormai destinato a svanire. Il punto è se l'amministrazione Obama, come alcuni precedenti governi Usa, potrà indurre l'Europa a fare quel che gli americani reputano sia necessario. O magari, sull'altare del mutuo rispetto, accetterà tacitamente che la maggioranza degli europei non è disposta ad aumentare la spesa per la difesa o per gli stimoli all'economia, imporre più aspre sanzioni all'Iran o tener testa alle numerose richieste della Russia. Invece di sfidarli a fare di più, l'amministrazione potrebbe andare onorevolmente avanti senza di loro: segnando l'avvento dell'unilateralismo morbido delle basse aspettative. traduzione di Enrico Del Sero © New York Times Syndicate DORIANO SOLINAS La contraddizione Gli europei adorano Barack, ma i leader del Vecchio Continente rimpiangono Bush

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DIETRO LA CRISI DEL PAKISTAN L'OMBRA LUNGA DEL KASHMIR (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 31-05-2009)

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Corriere della Sera sezione: Lettere al Corriere data: 31/05/2009 - pag: 37 Risponde Sergio Romano DIETRO LA CRISI DEL PAKISTAN L'OMBRA LUNGA DEL KASHMIR Il presidente Usa ha ricevuto insieme i presidenti afghano e pachistano a conferma dello stretto legame tra le due crisi. Obama ha offerto aiuti al Pakistan in cambio di un maggiore impegno contro i talebani. Ma più che alla minaccia talebana nei cui riguardi va scontata una certa ambiguità di Islamabad per la sua identitaria purezza islamica, la fragilità del Pakistan è legata anche al contrasto con l'India. Sui ghiacciai del Siachen, forse il più alto campo di battaglia mai esistito, si scontrano due schieramenti che ingoiano risorse umane e finanziarie e contribuiscono a indebolire la già traballante situazione pachistana. Non potrà esserci stabilità nella regione se il Pakistan non si libererà dell'ossessione indiana. La diplomazia internazionale dovrebbe coinvolgere maggiormente l'India nelle iniziative di stabilizzazione agendo anche su New Delhi. Il fatto che il problema del Kashmir sia rimasto irrisolto per decenni non è una buona ragione per non tentare l'esplorazione di nuove alternative. Francesco Mezzalama Roma Caro Mezzalama, L a nascita di due Stati India e Pakistan sull'immenso territorio che era stato sino al 1947 la perla della corona britannica, fu un evento traumatico. Dopo la proclamazione dell'indipendenza, i musulmani e gli hindu fuggirono in opposte direzioni verso le province prevalentemente abitate dai loro fratelli in religione. Ma gli uni e gli altri dovettero passare, durante l'esodo, sotto le forche caudine di popolazioni ostili, e lasciarono dietro di sé una lunga scia di sangue. Bene o male, questa duplice pulizia etnica ebbe l'effetto di creare una frontiera riconosciuta da entrambi. Ma nello Stato del Kashmir, fra la catena himalaiana e il Karakoram, le cose andarono diversamente. La popolazione era prevalentemente musulmana, ma il maharajah era hindu e preferì aderire all'India piuttosto che al Pakistan. Era l'ottobre del 1947. Da allora la storia del Kashmir è stata una interminabile sequenza di guerre, incidenti di frontiera, attacchi terroristici, reciproche accuse, reciproche minacce. E negli intervalli fra una guerra e l'altra i due eserciti si sorvegliano a distanza dalle postazioni avanzate di quello che lei ha giustamente definito il più alto campo di battaglia del mondo. Per ciascuno dei due Paesi il problema del Kashmir è geopolitico, ma per il Pakistan è anche e soprattutto identitario. Lo Stato è un collage di gruppi etnici che parlano lingue diverse e, nel caso dei pashtun, hanno maggiori legami con i loro fratelli al di là della frontiera afghana di quanti ne abbiano con i ceti urbanizzati di Islamabad e di Karachi. Per tenere insieme questa accozzaglia di popoli diversi e privi di una storia comune, i gruppi dirigenti della repubblica hanno fatto del-- l'Islam il simbolo e il cemento dell'unità nazionale. L'esercito, in particolare, è laico e kemalista, ma ha cercato di usare la carta religiosa per unificare uno spazio politico che non è mai divenuto compiutamente uno Stato. Ma questa scelta ha avuto due effetti complementari: ha reso ancora più acuta la controversia sul Kashmir, dove una popolazione musulmana è soggetta a un governo hindu, e ha spinto il Pakistan ad adottare verso i talebani dell'Afghanistan un atteggiamento ambiguo. In queste ultime settimane, anche quando combattevano l'islamismo radicale nelle valli dello Swat, i generali pakistani erano convinti che il loro vero nemico fosse sulle vette del Kashmir.

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Talent Show, l'ultima svolta tv Ora vince chi riconquista i giovani (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 31-05-2009)

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Corriere della Sera sezione: Spettacoli data: 31/05/2009 - pag: 39 Tendenze Dopo «talk» e «reality» la televisione punta sulle gare artistiche, però a certe condizioni Talent Show, l'ultima svolta tv Ora vince chi riconquista i giovani Adam Lambert di «American Idol» perde la finale ma è una star di ALDO GRASSO Com'è imprevedibile la tv! Fino a poco tempo fa cercava con affanno gente comune, sconosciuti senz'arte né parte, campioni dell'anonimato e adesso invece cerca solo talenti, possibilmente naturali. Il 21 maggio scorso, American Idol, il talent show più famoso del mondo, ha incoronato vincitore dell'8.a edizione Kris Allen, e ha raccolto 100 milioni di voti e altri 24 di audience. Ma la cosa strana e che tutti davano per superfavorito Adam Lambert, la cui voce era stata considerata la migliore di sempre tra i concorrenti e aveva impressionato giudici e spettatori con brani impegnativi come «Bohemian Rapsody» dei Queen o «Ring of Fire» di Johnny Cash. Cos'è successo? E, soprattutto, cosa ci insegna questo nuovo corso della tv? È successo che ha vinto la tv generalista. Allen è un tipo normale, il classico «average joe» (bravo ragazzo), dotato di capacità canore ma privo di personalità. Il 23enne studente dell'Arkansas è un ragazzo timido, rimasto per tutta la stagione lontano dai riflettori e dalle copertine delle riviste: «Dici sul serio? No, davvero?», ha reagito Allen al presentatore Ryan Seacrest che gli comunicava l'esito della finale. In precedenza era riuscito a catturare l'attenzione e i voti del pubblico soltanto in semifinale con «Man in the Mirror» di Michael Jackson. Adam, 27enne di San Diego, è invece il primo personaggio di American Idol che ha appassionato spettatori che normalmente non seguono lo show, persone che di norma vanno ai concerti dei Led Zeppelin, di Bruce Springsteen; tanto per farci capire quelli che hanno votato Obama e non Sarah Palin, quelli che amano il rock (anni '70) e non il country. E per la prima volta American Idol ha catturato un pubblico più trasversale, meno scontato. Proprio per seguire Adam che interpretava brani «intoccabili» come «Satisfaction» dei Rolling Stones. Ma Adam è il vincitore dell'altra tv, quella che si vede su YouTube (anche se, dopo un exploit iniziale, molti brani sono stati rimossi per intervento delle majors). I Queen gli avrebbero offerto di partecipare a un loro concerto. Il pubblico più tradizionale ha dunque votato il personaggio più tradizionale (soprattutto l'Arkansas, per spirito di appartenenza, ha riversato una valanga di voti), mentre il pubblico più giovane e innovativo, quello di YouTube, orfano di Mtv che ormai si dedica solo ai reality, ha consacrato il giovane di talento. Negli ultimi 30 anni la tv generalista ha «inventato» tre grandi generi: il talk show, il reality, il talent show: intimamente legati tra loro, sia pure con caratteristiche differenti. Il talk è servito soprattutto per dare voce a chi aveva difficoltà ad apparire in tv e a traghettare la famosa «gente» da un ruolo passivo a uno Fame ( Saranno famosi, 1980), storia di alcuni studenti della High School of Performing Art di New York che, a sua volta, ha dato origine alla omonima serie tv (1982), la vera matrice di tutti i format del genere: American Idol, Pop Idol, The X Factor, Popostars, Operación Triunfo, Amici , X Factor, Ti lascio una canzone, ecc. Di recente, lo show Britain's Got Talent ha lanciato il fenomeno di Susan Boyle, la «bruttina stagionata » dall'ugola d'oro (vedi sotto). La figura del «soccombente» ci aiuta a capire meglio la differenza tra talent show americano e italiano. Adam, nelle considerazioni dei critici, è un personaggio legato alla teatralità di Broadway, «free-spirited californian », dotato cioè di un talento creativo e musicale difficile da gestire per l'industria televisiva, difficile da portare (se proprio vogliamo fare un esempio italiano) al Festival di Sanremo. In Italia, per ragioni economiche, il talent diventa una sorta di lungo reality, con serate interminabili, liti continue, giudici che rubano spazio ai concorrenti. Per non parlare di Amici di Maria De Filippi (la prima però che ha intuito le potenzialità del genere) che si configura come un'istituzione retta da una strana pedagogia volta alla cattiva creanza (perché lamentarsi se poi i vincitori vengono considerati trash canoro?). Il talent italiano crea ascolto ma non scrittura. Le puntate di American Idol sono molto più tecniche: canzoni dal vivo, partecipazione di star e commenti degli esperti: la verbosità del talk è rigorosamente bandita. Il «dietro le quinte » è spostato su altri canali come E-Entertainment o abbandonato all'attenzione maniacale dei siti web. I vincitori, di solito, non cantano e non ballano una sola estate. I fan del Boss Il 27enne di San Diego ha appassionato spettatori che normalmente non seguono lo show, i fan dei Led Zeppelin o di Bruce Springsteen Record su YouTube Lui è stato subito il più cliccato su YouTube e persino i Queen gli avrebbero già offerto di partecipare a uno dei loro prossimi concerti

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L'Europa da imitare (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 31-05-2009)

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Corriere della Sera sezione: Salute data: 31/05/2009 - pag: 49 Sanità I modelli «universalistici» del vecchio continente sono ora il vero punto di riferimento L'Europa da imitare Le eccellenze (e i guai) dei principali sistemi sanitari dell'Ue. Ai quali si ispira Obama Servizio alle pagine 50-51

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Sanità: la ricetta europea (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 31-05-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Salute data: 31/05/2009 - pag: 50 Sanità: la ricetta europea Obama guarda all'altra parte dell'Atlantico per riformare il sistema Usa: dall'assistenza gratuita fino a 18 anni verso l'assicurazione per tutti Che si ripeta il successo di Harry e Louise? I due personaggi fittizi che spot dopo spot, in una martellante campagna televisiva, nel 1994 riuscirono a convincere gli americani che un servizio sanitario pubblico non s'aveva da fare. Quell'insuccesso contribuì al declino di Bill Clinton e di sua moglie Hillary, ideatrice e focosa sostenitrice della riforma. Ora che Barack Obama sembra avere imboccato in modo risoluto la stessa strada, o una molto simile, gli oppositori (le assicurazioni e i grandi ospedali privati) hanno lanciato nuovamente una controffensiva dal piccolo schermo con spot che ridicolizzano i sistemi sanitari inglese e canadese (entrambi pubblici, a costo zero per il cittadino) puntando sulle liste di attese interminabili, i farmaci biologici dati con il contagocce e altre delizie. Ma il deficit del mercato-sanità americano è arrivato ad un tale livello di implosione, complice la crisi, da rendere inevitabile un qualche piano di «salute garantita», cosa non riuscita, peraltro, né a Franklin Roosevelt nel 1935 né a Harry Truman nel '45. In assenza di interventi correttivi, la spesa sanitaria pro-capite Usa raggiungerà tra dieci anni i 13.000 dollari, il doppio di quella attuale che è già due volte la media dei paesi europei più ricchi, Germania e Francia. Col paradosso del «buco nero» di 46 milioni di persone inermi di fronte alle malattie, senza assistenza sanitaria. D'altro canto molti ospedali privati sono in difficoltà per il calo dei clienti, soprattutto in California. Se è vero che negli ultimi mesi un milione e mezzo di americani è rimasto senza lavoro, quindi senza polizza sanitaria, i margini di profitto di ospedali come il famoso Cedars- Sinai medical Center di Los Angeles rischiano di azzerarsi: il paziente facoltoso è diventato merce rara. E le previsioni per il prossimo futuro non sono incoraggianti. Barack Obama ha dalla sua una situazione che impone un cambiamento epocale ma anche un piano di riforma sanitario prudente e elaborato, che guardando all'Europa (la rivista Time ha appena dedicato alle eccellenze dei sistemi sanitari europei un lungo articolo), mira a creare un modello pubblico che si insinui nelle maglie di quello privato fino a diventare competitivo e convincente. Quali sono i passi fondamentali della «ricetta» Obama? Li sintetizza Gavino Maciocco, docente di politica internazionale presso il dipartimento di sanità pubblica dell'università di Firenze, autore di Politica, Salute e sistemi sanitari (Il Pensiero Scientifico editore): «Il primo passo è l'estensione a tutti fino ai 18 anni dell'assistenza sanitaria gratuita (l'assicurazione deve essere coperta dai genitori, e in caso di loro impossibilità a farlo, dallo Stato) finora riservata ad alcune categorie di poveri, il Medicaid, e agli anziani, il Medicare, programmi nati entrambi nel 1965. Progetto che si mangerà buona parte dei 634 miliardi di dollari già stanziati spiega Maciocco . Ma il piatto forte è un nuovo programma pubblico, il New National Health plan, una sorta di polizza di Stato, più vantaggiosa di quella offerta dalle assicurazioni che non attua discriminazione o sovraprezzi per diabetici, obesi, sieropositivi e quant'altro. La polizza è rivolta, ovviamente, a chi non ha copertura sanitaria dalle imprese e non può accedere a Medicaid » . Un meccanismo che se decolla, dovrebbe creare un progressivo consenso intorno ad una idea del tutto nuova per gli Stati Uniti: che chiunque abbia diritto ad essere curato, indipendentemente dal fatto che paghi e «possa» farlo. E lo strapotere delle assicurazioni? «Nel programma di Obama risponde l'esperto fiorentino c'è anche l'istituzione di un organismo, il New National Insurance Exchance, che avrà il compito di stabilire parametri di qualità, efficienza ed equità cui le compagnie devono aderire: le condizioni di salute non devono diventare una discriminante ». Che sia la volta buona? I grandi cambiamenti sociali hanno prodotto spesso nuove politiche nel campo della salute: è il caso del servizio sanitario nazionale voluto da Otto von Bismarck un secolo fa dopo l'unificazione della Germania e di quello nato in una Gran Bretagna ridotta allo stremo dalla seconda guerra mondiale. La tempesta che attraversa oggi gli Stati Uniti può, sul fronte dell'assistenza sanitaria, trasformarsi in una grande opportunità. Franca Porciani fporciani@corriere.it Barack Obama Corbis Foto:

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berlusconi teme contraccolpi sul g8 "una barbarie spiare in casa mia" - francesco bei (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 31-05-2009)

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Pagina 9 - Interni Berlusconi teme contraccolpi sul G8 "Una barbarie spiare in casa mia" Per raddrizzare la situazione il premier mobilita ambasciate e istituti di cultura Nell´entourage parlano di una operazione raffinata che si serve dei giornali FRANCESCO BEI ROMA - «C´è un attacco concentrico basato sul nulla, sono schizzi di fango che non mi toccano». Chiuso l´intera giornata a palazzo Grazioli (la presenza di gruppi anti G8 intorno a piazza Venezia ha sconsigliato passeggiate nel centro), Silvio Berlusconi ha passato molto tempo al telefono - oltre all´ormai quotidiano briefing con l´avvocato Niccolò Ghedini - a ragionare sull´ultimo episodio della saga, quello delle centinaia di fotografie scattate a Porto Rotondo da Antonello Zappadu. Cosa contengano quegli scatti pare sia noto da almeno un mese a palazzo Chigi. E certo, anche se l´allarme è sempre ai massimi livelli, gli uomini di Berlusconi sono convinti che nessuna fotografia ritragga Noemi Letizia. Questo non vuole dire che le altre "pose" siano ritenute politicamente meno imbarazzanti. Ce ne sarebbe una con delle ragazze sotto la doccia (da sole, in uno degli appartamenti messi a disposizione nella grande tenuta di Punta Lada), molte altre che riguarderebbero il primo ministro ceco Mirek Topolanek, ripreso in mutande e senza, sempre dentro casa. «è una barbarie, si sono messi a spiare fin dentro casa mia mentre avevo ospiti internazionali, capite? Una cosa criminale. Se qualcuno pubblicasse quelle foto - ripete Berlusconi in queste ore - sarebbe una vergogna inaudita, oltre che un reato». Ovviamente si valutano con crescente preoccupazione anche i risvolti internazionali della vicenda. L´attenzione con cui la stampa straniera sta dando risalto al caso Berlusconi costituisce un dossier a parte, su cui sia il ministro Franco Frattini, sia Gianni Letta, sia Paolo Bonaiuti sono mobilitati. Nessuno si nasconde il rischio di arrivare in questo clima al G8 di luglio, con possibili ripercussioni nei rapporti con i leader internazionali. Finora nessuno ne ha chiesto conto al Cavaliere - che, anzi, ieri ha avuto una lunga telefonata con Sarkozy proprio sui temi del G8 - , ma è un fatto che ancora non ci sia una data confermata per l´incontro bilaterale con Barack Obama. Per cercare di raddrizzare la situazione, Berlusconi ha chiesto di mobilitare anche le ambasciate e gli istituti di cultura italiani all´estero. L´idea è quella di organizzare incontri con i giornalisti e gli opinion leader dei paesi del G8. Formalmente per promuovere l´immagine del Belpaese all´estero, ma inevitabilmente anche per controbattere con cartoline positive alla «campagna mediatica» sulle minorenni. «Una campagna assurda e autolesionista che lorda l´immagine dell´Italia all´estero», secondo le parole del premier. Ma c´è anche dell´altro. Perché nell´entourage di Berlusconi qualcuno inizia a intravedere i contorni di qualcosa di oscuro. Uno tipo prudente come Paolo Bonaiuti, sottosegretario alla presidenza del Consiglio e portavoce del Cavaliere, definisce ad esempio l´intera vicenda «molto strana». E non è più soltanto il ministro Gianfranco Rotondi, che è convinto sia in corso «un´operazione raffinata, una speculazione che non parte dai giornali ma se ne serve come strumenti per colpire politicamente». Rotondi, sibillino, non aggiunge di più. Altri invece fanno notare che nel 1994, quando a Berlusconi arrivò il primo avviso di garanzia in piena conferenza Onu a Napoli - primo anello di una catena che portò il governo alle dimissioni - la Casa Bianca era retta da un´amministrazione democratica. Proprio come ora.

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treni, aerei, navi è "low cost" la parola d'ordine - ettore livini (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 31-05-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 30 - Cultura Treni, aerei, navi è "low cost" la parola d´ordine Crisi a bordo l´attualità La recessione economica colpisce sia le famiglie che le imprese e sta trasformando radicalmente il modo di viaggiare. Nei cieli, le compagnie low cost hanno più passeggeri di quelle storiche di bandiera. Nelle ferrovie è in arrivo una "classe Ikea", il pullman conosce un nuovo boom e persino le crociere diventano spartane ETTORE LIVINI R isorgono i treni e i pullman. Ryanair, regina delle low cost, supera per numero di passeggeri persino la gloriosa Lufthansa. British Airways elimina (causa crisi) la sua esclusiva First Class. Nell´era dei subprime e dei Pil che si muovono come i gamberi, all´indietro, il mondo ha riscoperto il viaggio in seconda classe. L´austerity non risparmia nessuno: Barak Obama ha tolto i jet privati ai supermanager delle case automobilistiche Usa sull´orlo del crac. Le banche d´affari americane - dove fino a un annetto fa chi prendeva bonus inferiori al milione l´anno era considerato poco più di un pezzente - hanno tagliato tutte le spese di trasferta dei dipendenti. E anche i turisti fai-da-te tirano i cordoni della borsa, abbassando le pretese. Come testimonia il drastico taglio (-14 per cento secondo Federalberghi) alla spesa per il ponte del 2 giugno. I cieli mondiali sono lo specchio più fedele di questo ribaltone nell´universo della mobilità e delle vacanze. A inizio 2008 il modello vincente era quello a cinque stelle: aerei sempre più grandi e lussuosi, doccia a bordo (copyright Emirates), champagne a fiumi, poltroncine che si trasformavano in pochi secondi in comode e riservatissime suite d´alta quota. A disposizione di un mondo in cui i nuovi ricchi dei Paesi emergenti e i superbanchieri (o per meglio dire le loro aziende) erano disposti a pagare senza batter ciglio prezzi quindici volte superiori a quelli dell´economica per togliersi questi sfizi. Poi, in pochi mesi, tutto è cambiato. Le Borse sono andate ko. Le prenotazioni di biglietti di prima e business sono crollate del 40 per cento. E le compagnie aeree hanno riportato indietro di un decennio il loro orologio evolutivo. Oggi quasi tutti i big hanno aumentato i posti in classe economica "rubandoli" alla parte più nobile dei loro voli. E persino politici e autorità - in Italia il buon esempio arriva dal governatore di Banca d´Italia Mario Draghi - viaggiano, quando possono, a bordo di compagnie low-cost. I maggiori beneficiari di questa rinascita del «viaggio in seconda» sono però le cenerentole del mondo dei trasporti: il treno e il pullman. Il declassamento dei viaggiatori d´affari, ad esempio, è uno dei motivi del grande successo della Frecciarossa. Diverse aziende italiane in questi mesi hanno obbligato i loro dipendenti in viaggio sulla Milano-Roma ad utilizzare il servizio dell´alta velocità - più economico della navetta Alitalia - che in pochi mesi ha sottratto all´aereo quasi il 50 per cento del mercato. Le rotaie hanno portato via tanti viaggiatori anche alle auto: molte tratte di servizi pendolari - rigorosamente in seconda - hanno registrato negli ultimi mesi aumenti di traffico del 50 per cento. Fiutato il momento d´oro per loro (e quello nero per le tasche degli italiani), le Fs hanno deciso di entrare a piedi uniti anche nel low-cost, lanciando sconti del 30-60 per cento sui convogli nelle ore meno frequentate della giornata. Nell´era dei viaggi dell´essenzialità, insomma, il servizio cinque stelle paga poco. Se ne sono accorti persino due profeti del lusso made in Italy come Luca Cordero di Montezemolo e Diego Della Valle: tra un paio d´anni lanceranno la sfida alle Fs sull´alta velocità. E il loro cavallo di battaglia, assieme a qualche convoglio più esclusivo, sarà il cosiddetto «treno Ikea»: vagoni essenziali, spartani, ma con tutte le comodità di base. E a prezzo molto più abbordabile. Dalle rotaie alla strada, il risultato non cambia: la crisi ha riportato d´attualità un mezzo che sembrava in via d´estinzione: il pullman. Certo i tempi sono cambiati, su quasi tutti i mezzi sono previsti aria condizionata e servizi a bordo. Mentre i prezzi sulle linee low-cost - se ne trovano a decine su Internet - sono crollati: Milano-Roma 10 euro, Roma-Siena 5 euro. Costi competitivi con qualsiasi altro mezzo di trasporto. Basta cliccare e prenotare con un po´ d´anticipo. L´utilizzo sapiente del web è il segreto di Pulcinella per chi vuol ridurre al minimo le spese di viaggio in questo clima d´austerity. In un mondo in cui l´offerta (di posti in aereo ma anche di pacchetti-vacanza) supera di gran lunga la domanda, arriva inevitabilmente il momento delle offerte a prezzo di saldo. Così tante compagnie aeree (per esempio Meridiana) e diversi tour operator hanno deciso di mettere in vendita all´asta con un po´ d´anticipo i loro prodotti. Si paga un minimo di iscrizione -pochissimi euro - e poi ci si lancia nel complicato gioco dei rilanci. Che sono tutti al ribasso. C´è persino chi è riuscito a volare a New York, andata e ritorno, pagando solo 1,4 euro. Nemmeno il mondo dorato delle crociere sfugge al vento gelido della crisi. Come è successo in cielo, anche sul mare sono arrivate le navi low-cost. A lanciarle (si chiamano Easycruises) sono gli inventori della Easyjet. Cabine più essenziali. Spazi ridotti. Ma servizio di bordo quasi all´altezza delle cinque stelle. Una seconda classe galleggiante a prezzi molto più bassi dei concorrenti. Attenzione invece a non cadere nello specchietto per le allodole delle navi cargo. In apparenza si tratta di una soluzione pratica ed economica: ci si imbarca su una portacontainer, sistemati nelle poche cabine per passeggeri, e si naviga con l´equipaggio. Niente fronzoli, il viaggio è più lungo, come sui piroscafi del secolo scorso. L´atmosfera un po´ bohémienne e il tuffo nel passato sono però lussi che costano: un passaggio transatlantico su uno di questi giganti dei mari costa il triplo dello stesso viaggio in aereo.

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Berlusconi: "Vedrò Obama il 15 giugno Discuteremo le regole della finanza" (sezione: Obama)

( da "Repubblica.it" del 31-05-2009)

Argomenti: Obama

ROMA - Silvio Berlusconi ha annunciato che incontrerà il presidente degli Stati Uniti d'America Barack Obama il 15 giugno prossimo. "Mi recherò da Obama per discutere sulle nuove regole dell'economia e della finanza mondiale", ha detto il presidente del Consiglio. La visita, in preparazione del vertice G8 dell'8 e 10 luglio all'Aquila, "sarà una delle più importanti degli ultimi anni", ha dichiarato il presidente del Consiglio alla trasmissione "Telecamere". Per questo - ha aggiunto Berlusconi - il governo sta lavorando per prepararlo bene. Sul tavolo del G8, ha detto il premier, ci saranno molti temi, tra cui il clima, la non proliferazione, il Medio Oriente. "Direi che sarà G8 intenso", ha concluso. (31 maggio 2009

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Wilson, il cantore degli afroamericani (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 01-06-2009)

Argomenti: Obama

L'autore prefertito Wilson, il cantore degli afroamericani Gli Obama hanno visto a Broadway «Joe Turner's Come and Gone», un dramma di August Wilson sulle conseguenze della schiavitù nel Nord dell'America, opera candidata a sei premi Tony, l'Oscar per il teatro. August Wilson, all'anagrafe Frederick August Kittel, scomparso nel 2005 a sessant'anni, è considerato il più importante drammaturgo afroamericano. È stato anche scrittore e sceneggiatore e ha vinto due volte il Premio Pulitzer: nel 1985, per il dramma «Fences», e nel 1990, per «The Piano Lesson». «Joe Turner's Come and Gone» fa parte della saga sulla storia della comunità afroamericana a Pittsburgh nel Novecento ed è stato per la prima volta rappresentato nel 1984.

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Kansas, ucciso il medico degli aborti (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 01-06-2009)

Argomenti: Obama

IL CHIRURGO PRATICAVA INTERRUZIONI OLTRE LA VENTESIMA SETTIMANA. CATTURATO SUBITO IL KILLER Kansas, ucciso il medico degli aborti DAL CORRISPONDENTE A NEW YORK Freddato a colpi di pistola sull'entrata di una chiesa di Wichita, in Kansas. Così è stato ucciso George Tiller, il medico di 67 anni, divenuto il simbolo negli Stati Uniti della versione più estrema del diritto di aborto: quello che viene praticato negli ultimi mesi della gestazione quando il feto è oramai quasi un essere vivente. Tiller viveva a Wichita, la cittadina del Kansas da molti conosciuta con l'ombelico geografico dell'America, dove guidava la clinica «Women Health Care Services» specializzata in aborti condotti «fino al periodo della gravidanza quando esiste il feto». La scelta di aver praticato e difeso pubblicamente questa declinazione estrema del diritto di interrompere la gravidanza - vietata in molti Stati - lo ha trasformato nell'obiettivo delle campagne dei gruppi anti-abortisti, a cominciare da «Operation Rescue» di Troy Newman che in più occasione ha tentato di far chiudere la «clinica della morte». Tre anni fa il popolare conduttore conservatore della tv Fox, Bill O'Reilly, accusò Tiller di «praticare aborti per combattere la depressione della madre» ma il medico ha sempre respinto ogni accusa e lo scorso 27 marzo era stato dichiarato «innocente» al termine di un processo intentato contro di lui a causa di un'interruzione della gravidanza praticata nel 2003. Proprio questa sentenza aveva spinto George Tiller a parlare di «allargamento della clinica» e di possibili campagne per esportare anche in altri Stati Usa le proprie tecniche abortiste ma tutto ciò ha avuto fine alle 10.03 di ieri mattina, di fronte all'entrata della Chiesa Luterana Riformata di Wichita quando un uomo di 51 anni in maglietta bianca e pantaloni neri gli si è avvicinato sparandogli molti colpi a distanza ravvicinata prima di darsi alla fuga a bordo di una Ford Taurus blu con targa del Kansas. La caccia all'uomo è scattata pochi minuti dopo, anche con l'uso di elicotteri, e il killer è stato catturato a oltre 250 km di distanza, mentre cercava rifugio nei sobborghi di Kansas City. Tom Soltz, vice capo della polizia di Wichita, non ha voluto svelarne il nome ma ha detto che «tutti gli indizi portano a dire che ha agito da solo». Gli inquirenti locali hanno comunque chiesto all'Fbi di mandare degli investigatori per appurare il possibile coinvolgimento di gruppi di estremisti antiabortisti. Tiller fu già ferito nel 1993, con proiettili che colpirono entrambe le braccia, e la sua clinica fu oggetto di un grave attentato dinamitardo nel 1985. Fra i primi a smentire ogni coinvolgimento è stata «Operation Rescue, condannando l'assassinio. Al momento dell'omicidio Tiller stava svolgendo mansioni di usciere volontario della Chiesa, all'interno della quale si trovava la moglie Jeanne, che fa parte del coro. La morte violenta del dottore è destinata a riproporre le spaccature sull'aborto che segnano la società americana. Proprio per questo il presidente Barack Obama ha reagito affermando: «Sono scioccato e indignato per l'assassinio del dottor George Tiller, ucciso mentre era in Chiesa. Indipendentemente dalla profondità delle nostre differenze su un tema come l'aborto non possono essere risolte con odiosi atti di violenza». Due settimane fa Obama, parlando all'Università di Notre Dame, in Indiana, aveva auspicato un «confronto fra opinioni diverse» sul tema dell'aborto.\

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Una sera a Broadway per far felice Michelle (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 01-06-2009)

Argomenti: Obama

il caso Obama mantiene la promessa fatta prima del voto Una sera a Broadway per far felice Michelle MAURIZIO MOLINARI CORRISPONDENTE DA NEW YORK Barack lo aveva promesso a Michelle durante la campagna elettorale: «Se vincerò ti porterò a teatro a Broadway». Sabato sera, 130 giorni dopo l'insediamento, ha mantenuto la parola data. E Manhattan ha accolto la coppia presidenziale con la discrezione per la privacy che riserva alle star di Hollywood. Lui in completo nero e camicia bianca senza cravatta, lei in abito lungo sbracciata e con scarpe aperte, sono arrivati a bordo di un Gulfstream sulla pista dell'aeroporto Kennedy dopo aver sorvolato i grattacieli di Downtown sulla baia dell'Hudson all'ora del tramonto. Saliti a bordo della limousine blindata presidenziale, hanno raggiunto Manhattan in elicottero, scendendo lungo la Sesta Avenue fino al numero 75 di Washington Place, nel West Village, dove il ristorante vegetariano «casual elegant» Blue Hill gli aveva riservato un tavolo per due. Gli altri avventori sapevano che avrebbero avuto un vip in sala a causa dei metal detector posti all'entrata e del divieto di scattare foto - senza contare gli uomini dei servizi segreti schierati attorno per diversi isolati ai cui inquilini era stato richiesto di tenere le finestre chiuse -, ma quando Michelle e Barack sono entrati tutti hanno continuato a mangiare, come se niente fosse. Occhiate, sguardi e molta curiosità, ma nessuna intrusione nella privacy della prima coppia d'America perché, come dice Richard Korchak che era anche lui a cena con la moglie Susan, «se loro avevano la loro cena a due, anche noi avevamo la nostra». Obama ha iniziato con due Martini dry per poi dedicarsi con Michelle al «testing menu» del «paradiso del Greenmarket» - come il magazine New York descrive i piatti a base di verdure organiche - e seduti vicino a loro c'erano una madre e figlia di 8 anni, di nome Cloe. È stato Obama a rompere il ghiaccio con la piccola chiedendole «se ti piace vivere in questa città», ma per il resto non vi sono state interazioni con gli altri clienti del ristorante durante una cena durata due ore. Al termine, però, quando Barack e Michelle si sono alzati per andare via sono stati salutati da uno spontaneo applauso scrosciante. Al quale lui ha risposto con un amichevole «Hey, guys!» per poi tornare nella limousine denominata «The Beast» che lo ha portato al Belasco Theatre di Broadway, sulla 44ª Strada, per assistere a «Joe Turner's Come and Gone»: il lavoro di August Wilson ambientato fra gli afroamericani che all'inizio del Novecento lasciarono il Sud agricolo per il Nord industriale. Era questo spettacolo che Barack aveva promesso a Michelle di andare a vedere assieme «prima della fine delle rappresentazioni». L'interesse della First Lady per «Joe Turner's Come and Gone» si spiega forse con il fatto che la famiglia del padre, Frasier Robinson, fu proprio una di quelle che parteciparono alla «Grande Migrazione» lasciandosi alle spalle le memorie della schiavitù nelle Caroline per scommettere l'avvenire sullo sviluppo di Chicago, la metropoli industriale del Mid-West. Michelle non ha mai fatto mistero di essere molto legata al padre, il cui inserimento a Chicago fu molto sofferto, ed è forse a lui che ha pensato assistendo alla performance sulla storia della famiglia Holly. Ma Ernie Hudson, che recita la parte di Seth Holly, nega che il cast sia stato più motivato del solito: «Recitiamo ogni spettacolo sempre con la stessa motivazione perché tutti gli spettatori sono uguali». L'attrice LaTanya Richardson Jackson però ammette che «dentro, tutti noi, ci siamo un po' emozionati». Finito lo spettacolo, gli Obama sono tornati verso il Kennedy risalendo la Quinta Strada affollata di turisti, assai più propensi dei newyorchesi a sbracciarsi con le macchine fotografiche lungo i marciapiedi. Anche perché diversi tassisti hanno fermato le vetture e sono scesi per vedere la super-limo. Quando il Gulfstream è ripartito alla volta di Washington si è comunque lasciato dietro qualche polemica. Il comitato nazionale repubblicano infatti si è affrettato a mettere in contrasto «l'imprecisata cifra spesa per andare a teatro in aereo a carico dei contribuenti» con «il triste spettacolo che sta per iniziare per migliaia di americani a causa della bancarotta di Gm».

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"Il mondo è sesso e violenza" (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 01-06-2009)

Argomenti: Obama

Intervista Asia Argento "Ma da regista voglio parlare d'altro Ora sono una mamma militante" Isabelle Huppert è una donna d'intelligenza sopraffina. Starle accanto a Cannes è stato molto eccitante Ho sognato che Obama mi corteggiava La notte che è stato eletto ho pianto di commozione Lui sì è un vero socialista A Morgan piace essere al centro dell'attenzione La nostra storia è finita lui ne parla più di me, ma io ho sofferto l'incredibile Nonno Dario Argento non lo vedrete mai col passeggino nel parco Nonna Daria? Senza di lei sarei perduta "Il mondo è sesso e violenza" GIANCARLO DOTTO ROMA

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Mutevole (e incantevole) è la donna sopra ogni cosa. Quella che va su e giù a piedi nudi e... (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 01-06-2009)

Argomenti: Obama

Mutevole (e incantevole) è la donna sopra ogni cosa. Quella che va su e giù a piedi nudi e abiti casual nell'acquitrino del terrazzo di casa è la stessa, giuro, che solo pochi giorni fa posava in tacchi alti e lungo Armani sul tappeto rosso della Croisette. La stessa che si orienta esperta tra le pappine e i pannolini di Nicola che, se potesse, canterebbe a gola piena «Mamma son tanto felice», come Luciano Tajoli, ma ha solo sette mesi e i primi dentini che spuntano e soffrono, anche perché non capiscono la crudeltà del non ritrovarsi più di colpo a mordere la tetta della felicità. Mamma Asia ha finito di allattare. «Al citofono suoni Civetta. Michele Civetta, mio marito». Lo dice, «mio marito», con il piacere di dirlo. Incontrare Asia è come indossare un occhiale prismatico. La scomponi in decine di frammenti, ma alla fine è sempre lei. Una ragazza samurai con i suoi codici d'onore e i suoi atti di fede. Reduce da Cannes, a 34 anni, la sua passione militante è oggi la maternità. Ha chiuso per sempre i conti con certo passato selvaggio e caricaturale, l'immagine più marcita che marcia della bad girl che infilava le dita in tutte le marmellate proibite del mondo, appena in tempo, prima di diventare la dark lady e tutto il catalogo dello scandalo da manuale. Per la prima volta, Asia sta bene nella sua pelle. Al punto di farsi scorticare i tatuaggi in cui più non si riconosce. Il laser fa male. La carne che brucia puzza. La felicità è anche questa. Devo chiamarla signora Civetta? «Oh sì, mi piace molto». Ha fatto un fioretto, come le brave bambine: non svelo i segreti della giuria di Cannes. «C'era questa tradizione del giorno dopo, tra gli italiani in giuria: incontravano i giornalisti e giù a spifferare tutto, pettegolezzi e retroscena. Ho voluto spezzare questo impudicizia dell'italiano spione. Parlerò solo dei film che abbiamo premiato». Magari si potrebbe svelare di criteri estetici e non di quanto vi siete presi per i capelli. «Conta il risultato. Il resto è indecenza. Sarebbe come sbirciare mamma e papà che copulano. Ti basti l'esito, il figlio che mettono al mondo. Quello che succede prima deve restare un segreto». E se gli altri otto della giuria spifferano? «Sono affari loro. I più intelligenti faranno come me». Si è insinuato di una giuria litigiosa, al limite della rissa. «Falso. Non sempre c'e stata unanimità, ma sempre ci siamo confrontati pacificamente, dentro discussioni istruttive e appassionate. Si parlava e poi si votava. Voto segreto, nel secchiello per il ghiaccio. Dopo di che, vinca il migliore...». Ha vinto il migliore? Isabelle Huppert ha manifestato tutto il suo entusiasmo per «Il nastro bianco», la Palma d'Oro. «Un capolavoro. Il film di Haneke racconta senza compiacimenti l'origine della violenza in un contesto riconoscibile. Va a stanarla con il suo sguardo d'autore, là dove è più dissimulata». Fischiato e spernacchiato Lars Von Trier. «Un film considerato misogino, in realtà più compreso dalle donne che dagli uomini. Il tema della violenza ha dominato quest'anno. Violenza e sesso. Una violenza efferata, gratuita e un sesso disgustoso, senza nessuna concessione romantica. Cannes è come sempre lo specchio di dove va il mondo». Dove va il mondo? «Non lo so, io vivo nella mia area protetta, con le persone che amo. So solo che, tornando da Cannes, ho imparato la lezione: come regista non voglio mai più girare scene di violenza e sesso. Se questo è il mondo, bisogna proporre altro». Sarà Obama a salvarlo questo mondo? «Ho sognato che mi corteggiava e mi spediva mazzi di fiori. La notte in cui è stato eletto ho pianto per la commozione. Lui sì, è un vero socialista». Cinque donne su nove in giuria a Cannes. La prevalenza del femminile ha condizionato le scelte? «Posso dirle solo che noi donne abbiamo capito e premiato la splendida interpretazione di Charlotte Gainsbourg». Isabelle Huppert presidente. «Di questa splendida esperienza a Cannes la cosa più eccitante era lo starle vicino. Una donna per niente fredda come la dipingono, un'intelligenza sopraffina. Anni fa le scrissi una lettera di stima e amore. Con grande pudore, al momento del saluto, mi ha ringraziato per quella lettera». Adeguata nel ruolo? «Isabelle è una cinefila. Il suo è uno sguardo affilato. Vedeva cose che nemmeno i registi vedevano. Abbiamo votato alla fine i film meno amati dalla critica. La sera della premiazione di Brillante Mendoza, il regista filippino, dalla sala accanto arrivavano le bordate di fischi della critica. Buon segno, abbiamo pensato, vuol dire che siamo nel giusto». Quello di «Inglorious Bastards», il Tarantino migliore? «Non l'abbiamo premiato e non posso dire altro. Però, abbiamo premiato Christopher Waltz. Grande interpretazione». Non sarà stato felice Brad Pitt. «Non lo trovo né bello né bravo». La maternità è oggi al centro della sua vita. «Mi occupo giorno e notte dei miei figli. Nicola me lo sono portato anche a Cannes. E' bellissimo, che Dio lo benedica. Anna ha sette anni ed è dolcissima, che Dio la benedica. La maternità è una svolta, ti fa uscire fuori di te. Amare solo se stessi è tristissimo». «Che dio lo benedica». Non lo sentivo da anni. «Lo dicono le nonne: bisogna dire "Dio lo benedica" ogni volta che si dice di un figlio che è bello e bravo». La seconda maternità ha chiuso il cerchio del continente Asia, ex ragazza incontinente? «Mi ha completata l'unione con mio marito. Una persona con cui il dialogo è continuo. Che mi ha portato fuori dalle voci della mia testa». Fa strano sentirla dire «mio marito». «Pensavo non potesse riguardarmi questa espressione e invece c'è, è reale. Talmente reale che mi piace sentirmela dire». Nel frattempo Morgan è diventato una star televisiva. Asia dice spesso che la televisione è il demonio. Lo dice ancora? «Lui, si vede, è molto felice di essere lì e io sono felice per lui. A lui piace giudicare, piace essere al centro dell'attenzione e la musica è il suo sacro recinto». Una di quelle storie che non finiscono mai anche quando finiscono. «E' finita. Lui ne parla più di me, ma anch'io ho sofferto l'incredibile. Nel frattempo, ho capito tre, quattro cose fondamentali». Ce ne dica una. «Che devo preservarmi, perché sono una creatura fragile e qualunque cosa può ferirmi. Prima tendevo a testare i miei limiti. Oggi li ho capiti, non m'interessa più sfidarli». Quando si è sentita davvero in pericolo? «Qualche anno fa. Avevo esagerato con il lavoro e la solitudine. Quella era la ragazza del sottoscala, solitaria ma studiosa, sempre alla ricerca e con tanto rumore in testa. Oggi voglio la luce e le persone care attorno. La storia della ragazza maledetta era una camicia stretta, non ne uscivo fuori. Ne ho dette, all'epoca, di spiritose cazzate». A 14 anni era sdraiata sul lettino dell'analista, quando le sue coetanee si sdraiavano su quello dell'estetista. «Ero curiosa di sapere chi fossi. Sentivo che c'era qualcosa che non funzionava in me». L'ha visto il suo amico Abel Ferrara da Chiambretti, felicemente sbronzo? «Piero è simpatico, mi piace, è intelligente». La domanda era su Abel. «Pensavo fosse un maestro, non lo era. Non è rimasto niente. Ne ho avuto tanti di maestri cattivi. Ho santificato persone che non mi hanno dato ma anzi tolto. Detto questo, il suo cinema resta unico, geniale». Si diverte da qualche tempo in radio. «Su Lifegate. E' il mio hobby, la mia scappatoia. Parto da un tema, le streghe, Gesù, i sintetizzatori, la musica elettronica degli anni anni 50, e lo sviluppo in parole e musica. Ci perdo un sacco di tempo a cercare brani rarissimi che do in pasto al mondo. E' il mio vizio onanistico». «Ingannevole il cuore sopra ogni cosa», il suo film da regista ma anche il suo smacco. La beffa di J.T.Leroy, il falso scrittore. «Fossi stata meno ebete, l'avrei capito dal titolo che c'era il trucco. Mi vergogno un po' di esserci caduta. Mi appassionava la storia di quel bambino della sua innocenza rubata. Alla fine, ho tirato un sospiro di sollievo. E' stato un trauma, mi ha segnato molto, ma mi ha insegnato a non fidarmi più di nessuno». Il cinema italiano non la cerca. «Ho polemizzato anche duramente quando avevo ambizioni d'attrice. Ora non le ho più». Qualcosa di rimarchevole da segnalare? «Mi ha entusiasmato "Gomorra", il più bel film italiano degli ultimi dieci anni. Non è andato agli Oscar? E' la conferma che vale. Negli ultimi venticinque anni non c'è un film di qualità che abbia vinto l'Oscar». Nonno Dario e nonna Daria? «Mio padre vive per il suo lavoro, ma è presente, si occupa di noi. Certo non lo vedrete mai da nonno col passeggino al parco. Mia madre mi ha insegnato come si dialoga con i bambini. E' lei il mio migliore amico, il mio punto fermo. Senza di lei sarei perduta». La sua giornata tipo? «Sveglia alle sette, vesto Anna per scuola, preparo il brodo per Nicola e lavoro un paio d'ore. Sto scrivendo la sceneggiatura di un romanzo giapponese, "Il fucile da caccia", che sarà la mia prossima regia. Poi la pappa di mezzogiorno. A seguire, il pisolino. Un'oretta abbracciata al bimbo. Poi i compiti con Anna, la merenda, il bagnino, la ginnastica. Cucino per tutti e poi a nanna. Io e Michele ci vediamo un film meraviglioso, dieci minuti, il tempo di sprofondare. Nicola di questi tempi si sveglia spesso la notte». Commovente. «Una signora del palazzo mi ha detto ieri: ma cara Asia non ce l'ha qualche valvola di sfogo? Ma chi la vuole la valvola di sfogo. Io sto benissimo così».

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[FIRMA]GLAUCO MAGGI NEW YORK Aveva benedetto la Fiat nella trattativa per il salvataggio della... (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 01-06-2009)

Argomenti: Obama

[FIRMA]GLAUCO MAGGI NEW YORK Aveva benedetto la Fiat nella trattativa per il salvataggio della Chrysler, e ora Obama ha fatto lo stesso con la Opel, dando il suo benestare all'uscita dell'azienda tedesca dall'orbita della General Motors, di cui è stata una controllata europea fin dal 1929. L'operazione che ha portato la Opel a essere acquistata dalla canadese Magna con i soldi di una finanziaria russa ha avuto il sigillo di una telefonata, venerdì scorso, tra il presidente americano e il primo ministro di Berlino Angela Merkel. «A causa della complessa struttura del binomio Gm-Opel, le trattative sono state un vero test per le relazioni transatlantiche - ha detto la Merkel -. E il test è riuscito. Ho parlato con il presidente americano prima del round finale di negoziazioni e ci siamo trovati d'accordo sulla necessità di trovare una buona soluzione ad una situazione tanto complicata. La nostra conversazione ha chiaramente influenzato i colloqui in senso positivo». Le sei ore di discussione notturna negli uffici della cancelleria di Berlino, grazie all'intervento di Obama, sono state fruttuose. E Merkel e Obama si vedranno questa settimana a quattr'occhi nel corso di una visita del presidente americano in Germania, che era già stata programmata prima degli sviluppi del caso Opel-Gm. Un portavoce della Casa Bianca ha successivamente confermato sia il colloquio, definito «costruttivo», sia il suo esito: «Un passo importante per l'industria automobilistica», ha detto. La task force di Obama, incaricata di supervisionare la ristrutturazione del settore dell'auto, continuerà a partecipare agli incontri che il governo tedesco terrà nei prossimi giorni con i nuovi partner fino al raggiungimento di un'intesa definitiva. Un punto fondamentale che sarebbe già stato raggiunto tra le parti (i due governi, Gm, Magna e le banche che finanzieranno l'acquisto della società) è la garanzia che Opel sarà tenuta fuori dal fallimento della General Motors che sta per essere avviato in America. L'amministrazione Obama ha tenuto a precisare anche che l'accordo tra Magna e General Motors «non comporterà alcun nuovo impegno finanziario per le casse americane» in aggiunta a ciò che è già stato stanziato nei mesi scorsi per Gm (19,4 miliardi) e alla cinquantina di miliardi necessari per gestire il ricorso al Chapter 11, la norma che regola le bancarotte. Secondo la cancelliera l'intervento del governo tedesco nella vicenda è stato obbligato dalla «grande malagestione» alla General Motors, che ha causato problemi finanziari anche alla controllata tedesca del gruppo. Il matrimonio Obama-Merkel è stato preceduto da momenti di tensione nelle settimane scorse: il ministro tedesco dell'economia Karl-Theodor zu Guttenberg aveva criticato la composizione della delegazione americana alle negoziazioni e c'era poi stato un «malinteso», di cui l'amministratore delegato della Gm nominato da Obama, Fritz Henderson, si è poi assunto la responsabilità, su 300 milioni di dollari in più che sarebbero stati richiesti dalla casa americana oltre agli 1,5 miliardi concordati in un primo tempo. L'equivoco era sorto quando Gm aveva chiesto 450 milioni di dollari di anticipo, mentre Berlino riteneva che ne bastassero 100: una volta chiarito che non c'era però alcun sovrapprezzo, i colloqui sono ripresi fino alla telefonata tra i due leader.

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E per oggi si attende la bancarotta di Gm (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 01-06-2009)

Argomenti: Obama

Retroscena La Casa Bianca presenta il suo piano di ristrutturazione E per oggi si attende la bancarotta di Gm MAURIZIO MOLINARI Avrei preferito starne completamente fuori ma l'alternativa era la liquidazione o una bancarotta in cui la società sarebbe stata divisa a pezzi CORRISPONDENTE DA NEW YORK Barack Obama General Motors va alla bancarotta e il governo ne prende le redini per ristrutturarla. Il ministero del Tesoro americano ha raggiunto l'accordo con la maggioranza dei creditori di Gm, aprendo la strada alla bancarotta del colosso di Detroit ed al più vasto piano di riorganizzazione dell'industria automobilistica nazionale. L'intesa è stata resa possibile dal fatto che oltre il 50 per cento dei creditori ha accettato, con una votazione nella notte di sabato, lo scambio fra un debito complessivo di circa 27 miliardi di dollari e azioni pari al 10 per cento - che potrà diventare il 25 - della proprietà della nuova Gm che uscirà dalla procedura di "Chapter 11". L'accettazione del compromesso da parte dei creditori è il tassello che mancava alla task force auto della Casa Bianca per riunificare la procedura del "Chapter 11", che inizierà oggi allo scadere del tempo fissato dall'amministrazione per varare il piano di ristrutturazione. Segue infatti l'accordo raggiunto fra General Motors e organizzazioni sindacali e anche il compromesso per il salvataggio del marchio tedesco Opel, consentendo alla task force guidata da Steve Rattner di accompagnare Gm oltre la soglia dell'amministrazione controllata sapendo già come poterne uscire. Il ministero del Tesoro infatti si è impegnato a versare un totale di 60 miliardi di dollari in cambio del 72,5 per cento delle azioni della nuova compagnia e questo significa che il valore di Gm raggiungerà 69 miliardi di dollari. L'equilibrio fra governo federale, creditori e sindacati assicura a Gm di vedere la luce in fondo al tunnel del "Chapter 11! prima ancora di entrarvi. «Affrontare la bancarotta in questa maniera è qualcosa di molto positivo per l'industria dell'auto - commenta Len Blum, direttore della società di investimenti Westwood Capital di New York - perché consentirà a Gm di affermarsi in tempi stretti come un ragionevole concorrente» sul mercato automobilistico del Nordamerica dove debuttò nel lontano 1908. E' proprio sulla base di tali premesse che la Casa Bianca annuncerà oggi formalmente il piano di ristrutturazione di Gm - e anche di Chrysler - al fine di rassicurare i contribuenti sulla capacità del governo di ricostruire in fretta il settore dell'auto, tutelando i miliardi di denaro pubblico versati negli ultimi mesi come anche centinaia di migliaia di posti di lavoro. Le indiscrezioni trapelate sul "piano di rilancio" parlano di oltre 30 miliardi di prestiti federali che serviranno a Gm di continuare ad operare durante il periodo della bancarotta sotto amministrazione controllata in aggiunta ai 20 miliardi già versati. Gm non dovrà restituire questo denaro perché il governo li trasformerà nella quota azionaria di controllo della società mentre il sindacato dei dipendenti "Uaw" avrà il 17,5 per cento delle azioni. Indiscrezioni trapelate da Washington lasciando intendere che la decisione di Casa Bianca e Gm di procedere verso il "Chapter 11" è stata favorita dai progressi finora compiuto da Chrysler nella gestione della bancarotta, al punto da far ipotizzare che possa uscirne in meno di trenta giorni. La situazione di Gm è tuttavia più complessa perché deve affrontare le cause intentate da centinaia di concessionari obbligati alla chiusura nonché il negoziato con Delphi Corporation, l'azienda che per molti anni ha fornito le parti di ricambi delle vetture. Ma, anche se il piano della task force dovesse funzionare, l'interrogativo centrale che pesa sulle prospettive di rilancio di Gm ha a che vedere con la ripresa della domanda dei consumatori: da gennaio gli acquisti di nuovi veicoli in America sono diminuiti ad un tasso annuale del 40 per cento scendendo a 9,5 milioni di vetture e se questa tendenza dovesse continuare per la nuova azienda tutto diventerebbe più difficile perché la parità di bilancio è prevista in un mercato che raggiunge la quota minima di 10 milioni di veicoli. Basti pensare che anche Toyota, principale rivale di Gm in Nordamerica, sta perdendo denaro nell'attuale situazione.

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Gli azionari dei Paesi emergenti cominciano il 2009 in grande stile Dubbi sulla tenuta (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 01-06-2009)

Argomenti: Obama

Gli azionari dei Paesi emergenti cominciano il 2009 in grande stile Dubbi sulla tenuta [FIRMA]GLAUCO MAGGI NEW YORK Due categorie di fondi, alle estremità della scala del rischio, simboleggiano a fine maggio le due tendenze più marcate che stanno maturando sulle Borse nell'attuale scenario economico globale di recessione lunga (dura da un anno e mezzo). Si tratta delle famiglie dei fondi azionari specializzati nei Paesi Emergenti, che vivono un momento molto positivo, e dei fondi governativi a medio-lungo termine in dollari Usa, che viceversa sono in rosso nel corso del 2009. Obbligazionari governativi Usa in dollari. La categoria registra per ora un risultato molto buono su un anno, pari al +15,24%, ma è viceversa sotto del 2,47% dal primo gennaio e del 6,18% da sei mesi fa. Il debito degli Stati Uniti ha ancora il massimo rating, pur dopo le voci su un futuro possibile declassamento (e giovedì l'agenzia Moody's ha confermato la tripla A per Washington): gli investitori interni e internazionali, però, sono atterriti dalle dimensioni del debito pubblico Usa e temono che il diluvio di bond che il Tesoro sta riversando sui mercati per finanziare lo stimolo ultramiliardario di Obama attizzi una fiammata inflazionistica e faccia decollare i tassi dei mutui e dei prestiti alle imprese, tarpando la ripresa economica e ostacolando l'uscita dalla recessione. Anche se la Fed ha azzerato i tassi del dollaro, il prezzo dei bond pubblici, che va in direzione opposta al loro rendimento, negli ultimi giorni è così crollato, colpendo per l'appunto i portafogli obbligazionari in dollari. Fino a quando le prospettive di alta inflazione non rientreranno, e se il pubblico (governo cinese in testa) volterà le spalle ai bond federali, il loro prezzo continuerà a scendere, e con esso la performance dei fondi che hanno questi titoli. E sulla performance dei fondi in euro incide anche la ragione di cambio: nelle ultime settimane il dollaro si è indebolito verso l'euro. Azionari Paesi Emergenti. Il trend di questa famiglia di fondi è ribaltato rispetto a un anno fa: sui 12 mesi si registra una perdita media del 25,83%, mentre da sei mesi c'è un incremento speculare del 24,97%, che sale al 25,50% dal primo gennaio. In misura inferiore, ma sulla stessa lunghezza d'onda, si può notare pure la tendenza degli azionari dell'area del Pacifico, che (Giappone a parte) contano varie economie asiatiche in sovrapposizione con quelle raggruppate negli emergenti: perdono in media il 23,9% sui 12 mesi, ma guadagnano il 9,84% da inizio gennaio e l'11,28% su sei mesi. John Praveen, stratega per gli investimenti globali della finanziaria Prudential, in un rapporto di fine maggio ha scritto che le aree sovrappesate nel suo portafoglio azionario sono quelle dei mercati emergenti e la borsa di Londra, mentre l'Eurozona e il Giappone sono sottopesate e Wall Street è stata degradata da sovrappeso a "neutrale". Anche la Schroders, secondo l'analisi del suo capo azionario per i Paesi Emergenti, Allan Conway, giudica questo settore preferibile a tutti gli altri, sia pure in un contesto di recessione ancora molto pesante. Conway non crede che l'ottimismo degli investitori, che ha provocato il rally dei prezzi dai minimi di inizio marzo su tutte le borse, sia giustificato: anzi, lo definisce infondato e chiama i recuperi un «rally da mercato Orso». Ma sui Paese Emergenti il giudizio è diverso: «Negli anni recenti le economie in via di sviluppo hanno corso in media a un tasso più alto del 4%-5% rispetto al mondo sviluppato - ha scritto - e ci si può aspettare che ciò continui per il prevedibile futuro».

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Gli studenti processano gli economisti (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 01-06-2009)

Argomenti: Obama

AL FESTIVAL DELL'ECONOMIA DI TRENTO UNA GIURIA DI UNIVERSITARI METTE ALL'INDICE I COLPEVOLI DELLA CRISI FINANZIARIA Gli studenti processano gli economisti [FIRMA]STEFANO LEPRI INVIATO A TRENTO Chi sono i colpevoli della crisi finanziaria? Per gli economisti la condanna emessa è stata piuttosto blanda; per chi doveva vigilare sui mercati, e per i politici, è in arrivo un verdetto severo; oggi si giudicheranno i banchieri, e c'è da prevedere il massimo della pena. La giuria popolare di questo processo all'americana ha dovuto districarsi tra molte raffinate versioni dello scaricabarile escogitate dagli avvocati difensori; opportunamente, si tratta di 30 giovani studenti di economia scelti tra i migliori. La sorpresa dell'udienza di ieri l'ha portata un testimone che aveva previsto il fattaccio, e non era stato ascoltato. Lo ha convocato l'economista Luigi Spaventa, pubblico ministero di turno al «Tribunale della crisi», spettacolo centrale del Festival dell'Economia trentino. Il teste è William White, un canadese ora in pensione che era capo economista della Banca dei regolamenti internazionali a Basilea. White, al corrente di tutti i dati più delicati, aveva lanciato l'allarme - insieme con il suo vice, l'italiano Claudio Borio - nei rapporti Bri 2006 e 2007. Ora rivendica il suo primato senza accusare nessuno: «Erano inadeguate le regole sul capitale delle banche. Erano insufficienti, specie negli Stati Uniti, le istituzioni di vigilanza, anche perché guardavano alla stabilità di ogni singola banca senza occuparsi di che cosa sarebbe accaduto in caso di difficoltà per tutto il sistema. E poi c'era la psicologia, che negli anni di vacche grasse rende difficile prevedere tempi peggiori». Perché taceva il Fondo monetario, la più importante istituzione finanziaria internazionale? Anche lì qualcuno si era accorto del pericolo, come l'allora capo ufficio studi, l'indiano Raghuram Rajan. «Degli squilibri già parlavamo nel 2003 - insiste l'avvocato difensore del Fondo monetario internazionale, Piercarlo Padoan (che nel Fmi rappresentava l'Italia) - ma potevamo solo proporre, mentre erano i governi a disporre». Specie gli Stati Uniti, che non avevano mai aperto la propria finanza alle ispezioni del Fondo monetario. «Negli Stati Uniti erano più di sessanta le autorità di controllo, e con poteri limitati - depone un altro teste, il direttore per la ricerca economica della Banca d'Italia, Salvatore Rossi - insomma come mettere molti vigili urbani a regolare lo stesso incrocio, per di più imponendogli di multare solo le utilitarie. A vigilare sulle banche di investimento era solo l'americana Sec, l'equivalente della nostra Consob: sono bravi, ma il loro mestiere è un altro». Chi c'è al vertice di tutto questo? Chi ne tirava le fila? Il pubblico ministero Spaventa - brillante e conciso dall'alto dei suoi 75 anni benissimo portati - pronuncia un nome: Alan Greenspan. «Con lui alla guida della Federal Reserve non abbiamo bisogno di fare lobbying» aveva dichiarato a suo tempo il capo dell'Isda, la lobby dei derivati finanziari. L'avvocato difensore degli enti di vigilanza, Andrea Prat della London School of Economics, si rimette alla clemenza della Corte: «Che potevano fare, poveretti? Quasi tutti gli dicevano che andava bene così. Compreso un economista famoso, che ha lavorato con Clinton, poi ha guadagnato 5 milioni di dollari con uno hedge fund, e ora consiglia Obama: Larry Summers». Entrambi i partiti Usa, repubblicani e democratici, escono male dal cinematografico processo condotto sotto la regia del giornalista Massimo Gaggi, presidente del tribunale. Gli economisti escono assolti da 3 dei 9 capi d'accusa, mitemente condannati per gli altri. Darà la colpa ai politici anche Luigi Zingales, il professore di Chicago che oggi avrà l'arduo compito di difendere i banchieri: «È stata la politica a offrirgli gli incentivi a sbagliare; ad esempio con una regolamentazione sbagliata dei mutui, che serviva a promettere la casa a tutti».

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usa-cuba, riparte il dialogo sull'immigrazione (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 01-06-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 14 - Esteri La diplomazia Usa-Cuba, riparte il dialogo sull´immigrazione NEW YORK - Via libera da Cuba per la ripresa dei negoziati sull´immigrazione dall´isola verso gli Stati Uniti. I colloqui su «una migrazione ordinata e in condizioni di sicurezza» dei cubani erano stati avviati sotto l´amministrazione Reagan, ma erano stati sospesi da Bush nel 2004. Gli Stati Uniti avevano offerto a Cuba di riavviare il dialogo una decina di giorni fa. L´intesa sui colloqui precede di poco il vertice dell´Osa previsto domani a Tegucigalpa, in Honduras, in cui la maggioranza dei Paesi membri dovrebbe revocare una clausola vecchia di 47 anni usata per espellere Cuba in nome della sua alleanza con i Paesi del blocco comunista. Gli Stati Uniti non desiderano il rientro di Cuba nell´Osa e gli stesso dirigenti cubani sono recalcitranti all´idea di tornare a far parte di un´organizzazione giudicata come una marionetta degli Stati Uniti. Dal suo arrivo alla Casa Bianca Obama ha avviato una politica di disgelo mettendo in chiaro però che il regime dovrà impegnarsi sulla strada delle riforme democratiche.

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kansas, vendetta sul medico degli aborti - arturo zampaglione (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 01-06-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 14 - Esteri Kansas, vendetta sul medico degli aborti George Tiller ucciso mentre entrava in chiesa. Nel ´93 era stato ferito da un attivista "Pro- life" Il movimento per la vita ha preso le distanze dal killer. Ma divampa la polemica ARTURO ZAMPAGLIONE NEW YORK - Era il nemico numero uno degli anti-abortisti americani, che per oltre vent´anni lo avevano additato come un criminale, avevano protestato di fronte alla clinica del Kansas dove praticava le interruzioni tardive di gravidanza e avevano più volte cercato di farlo fuori. Ieri qualcuno c´è riuscito: George Tiller, un medico di 67 anni, è stato colpito e ucciso dal piombo di una pistola mentre entrava in una chiesa luterana riformata di Wichita, nel Kansas. La polizia della città sta cercando una Ford azzurra del 1993 che si è allontanata rapidamente dopo la sparatoria nell´atrio della chiesa. Al volante c´era un uomo bianco sulla cinquantina. E´ stato lui l´omicida? E´ stato lui, in nome del diritto alla vita o di un modo distorto di intendere la religione, a macchiarsi di un reato per cui nel Kansas è prevista la pena di morte? Il movimento anti-abortista ha cercato subito di prendere le distanze dall´assassino. «Il fine non può giustificare la violenza», ha detto un esponente di Priests for life (Preti per la vita). Ma non è bastato a placare il dolore e la rabbia del fronte opposto, quello abortista, che considera la morte di Tiller come la conseguenza inevitabile di una campagna di odio condotta senza tregua, con metodi illegali e spesso anche con la connivenza di esponenti della chiesa cattolica. Di sicuro l´omicidio del medico colora di sangue un dibattito che nelle ultime settimane si è fatto più intenso e più duro, soprattutto per l´arrivo di Barack Obama alla Casa Bianca ha tolto un punto di riferimento agli anti-abortisti. Tiller era uno dei pochi ginecologi negli Usa disposti a interrompere la gravidanza anche dopo la ventesima settimana, la soglia oltre la quale un feto può vivere autonomamente fuori dal grembo materno. Per questo era diventato il bersaglio prediletto degli abortisti. Nel 1986 una bomba venne fatta esplodere sul tetto del suo ambulatorio. Cinque anni dopo, duemila militanti erano stati arrestati durante un assedio, durato l´intera estate, alla sua clinica di Wichita, che è anche famosa perché permette di svolgere cerimonie funebri per i feti abortiti. Nell´agosto 1993 Tiller era stato ferito a pistolettate ad entrambe le braccia da un attivista "Pro-life", cioè del movimento per il diritto alla vita: in quei giorni le proteste degli anti-abortisti erano così violente che i medici che praticavano l´interruzione di gravidanza giravano con i giubbotti anti-proiettile. E nella stessa settimana dell´attentato, George Pattterson, un altro medico abortista, era stato ucciso a Mobile in Alabama. Nel marzo dello stesso anno un destino analogo era toccato al loro collega David Gunn, assassinato a pistolettate davanti alla sua clinica di Pensacola in Florida. A dispetto di attacchi, ferimenti e intimidazioni, Tiller aveva continuato sempre a fare il suo lavoro. Nel Kansas la legge autorizza gli aborti tardivi solo se due medici indipendenti certificano che la procedura serve a salvare la vita della donna o prevenire «danni sostanziali e irreversibili» a una importante «funzione fisica». Tiller era stato accusato di aver comprato questi pareri, ma il tribunale lo aveva scagionato.

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barack e michelle a broadway: i repubblicani attaccano (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 01-06-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 14 - Esteri Barack e Michelle a Broadway: i Repubblicani attaccano NEW YORK - Barack Obama porta la moglie Michelle a Broadway e la gita in aereo e elicottero provoca le polemiche dei repubblicani per i costi pagati dallo Stato. Immediata la replica del presidente: «Ho portato mia moglie a New York perché le avevo promesso in campagna elettorale che saremmo andati a teatro quando sarebbe finito tutto».

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esplode la violenza tra hamas e al fatah 6 morti e 22 arresti (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 01-06-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 14 - Esteri Esplode la violenza tra Hamas e al Fatah 6 morti e 22 arresti GERUSALEMME - è riesplosa ieri la violenza tra Hamas e al Fatah con sei palestinesi (due miliziani islamici, tre poliziotti dell´Autorità nazionale palestinese e un civile) uccisi in uno scontro a fuoco a Qalqilya, nel nord della Cisgiordania. Lo scontro è giunto tre giorni dopo l´aperto sostegno che il presidente dell´Autorità palestinese Abu Mazen ha ottenuto da Obama, sostegno che ha sicuramente aggravato l´ostilità tra il movimento integralista islamico Hamas, al potere a Gaza, e l´organizzazione al Fatah, della quale Abu Mazen è il leader.

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bagarre politica sull'intesa opel-magna - andrea tarquini (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 01-06-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 12 - Economia Bagarre politica sull´intesa Opel-Magna La stampa tedesca: azienda in mano ai russi. Fiat, Scajola convoca i sindacati Il Pd: il premier ha girato la testa dall´altra parte. Vertice con le parti sociali il 9 o 10 giugno ANDREA TARQUINI dal nostro corrispondente BERLINO - Fatto l´accordo, riesplodono le polemiche: la scelta della soluzione Magna per Opel, con cui il governo di grande coalizione di Angela Merkel spera di affrontare meglio le elezioni di settembre, crea nuove tensioni nella maggioranza stessa e polemiche con i politici italiani di ogni colore. E intanto i media tedeschi sparano a zero sulla scelta: i nuovi azionisti sono Obama e Putin, e il futuro della nuova azienda è in mano ai russi, scrive l´autorevole e prudente Frankfurter Allgemeine. Denunciando che nel frattempo, la politica di borsa larga del governo per Opel ha già convinto centinaia di imprese a bussare ai fondi statali. La Germania rischia una voragine di nuove spese mentre i conti pubblici crollano in un profondo rosso da record storico. Anche in Italia è bagarre sul caso Opel. Maggioranza e opposizione si dividono. Il ministro delle Attività produttive, Claudio Scajola, che per il 9 o 10 giugno ha convocato i sindacati italiani per parlare della situazione in Fiat, ha affermato che il piano del Lingotto era da un punto di vista industriale il migliore, ma la Germania ha fatto una scelta finanziaria e non industriale. Per Altero Matteoli, il governo tedesco «ha messo i piedi nel piatto» e «Tremonti ha ragione nel sottolineare il ruolo dei poteri politici». Il titolare dell´Interno, Maroni, sostiene che Berlino ha fatto una scelta «sbagliata ma la rispetto». L´opposizione accusa Berlusconi: per Dario Franceschini, leader del Pd, Merkel, Putin e Obama si sono impegnati ognuno per difendere le proprie industrie, Berlusconi invece «ha girato la testa dall´altra parte». L´umore tra Italia e Germania resta segnato dal no a Fiat. Ma il sì a Magna e soprattutto ai russi suscita crescenti perplessità e timori nella Repubblica federale. Il futuro decisionale sull´azienda tedesca, secondo molti osservatori, cade in parte in mano alla Russia. Non sono Sberbank e la fabbrica d´auto russa Gaz a salvare Opel- si dice - al contrario è Opel, rilevata «a un prezzo da occasione speciale» (come ha detto il patron di Sberbank, il potentissimo amico di Putin, German Gref, sabato sera alla tv pubblica tedesca) a salvare Gaz dalla chiusura. E resta dubbio se veramente (quando il mercato dell´auto russo riprenderà) ci sarà spazio per Opel a fronte della concorrenza francese, sudcoreana e giapponese. E i problemi non sono finiti perché altre millecento aziende hanno già chiesto aiuti pubblici. Un caso fra tanti: Arcandor, il gigante della distribuzione e dei tour operator, ha bisogno di liquidità entro metà giugno, pena il fallimento. Ci vuole un´iniezione di liquidità entro metà giugno o 50mila posti di lavoro sono minacciati. In totale, secondo la Frankfurter, le richieste di crediti ammontano ad almeno 4,7 miliardi di euro, quelli di garanzie a oltre 7 miliardi. La Csu bavarese critica la borsa larga di Frau Merkel e dei socialdemocratici, gli esperti economici avvertono: quest´anno e il 2010 saranno tempi dell´orrore per le finanze pubbliche tedesche. Molte, anzi troppe, sentenzia la conservatrice Welt am Sonntag, sono le questioni che restano aperte dopo la vittoria di Magna.

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obama annuncia oggi il crac gm e chrysler può passare al lingotto - arturo zampaglione (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 01-06-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 12 - Economia Discorso alla nazione. Intesa con i creditori, al Tesoro il 72%. Berlusconi dal presidente Usa il 15 giugno Obama annuncia oggi il crac Gm e Chrysler può passare al Lingotto ARTURO ZAMPAGLIONE NEW YORK - Per l´auto americana è il giorno della grande svolta. Dopo essere stata per un secolo il simbolo della potenza manifatturiera americana e l´orgoglio della sua classe operaia, la General Motors avvierà oggi le procedure fallimentari, nonostante un accordo raggiunto in extremis con la maggioranza degli obbligazionisti. E passerà agli annali come il maggiore fallimento industriale nella storia del capitalismo americano. Sempre oggi il giudice di Manhattan Arthur Gonzalez si pronuncerà - quasi certamente avallandola - sulla vendita degli asset buoni della Chrysler a una nuova società gestita dalla Fiat di Sergio Marchionne. E in coincidenza con i due appuntamenti Barack Obama parlerà alla nazione alle 17.30 ora italiana per tranquillizzare gli americani sui contraccolpi economici di queste decisioni e sull´ingresso massiccio del Tesoro nel capitale dei due gruppi, che in pratica equivarrà a una nazionalizzazione. «Non abbiamo intenzione di guidare a lungo le industrie dell´auto né di sostituirci al settore privato», ha detto il presidente la settimana scorsa in una intervista. Ed è probabile che oggi ripeta questa posizione, spiegando come l´intervento pubblico fosse indispensabile per evitare effetti catastrofici e salvare una componente essenziale dell´economia. Fino agli anni Ottanta la Gm controllava il 40% del mercato dell´auto americano: una quota che si è andata restringendo a favore delle case asiatiche (adesso è del 19%). Anche i bilanci del colosso di Detroit sono andati sempre peggio, per colpa di scelte manageriali sbagliate e poi della recessione. Risultato, la Gm non ha altra strada che quella del fallimento e di una drastica cura dimagrante: la vendita di marchi famosi come la Hummer, la chiusura di 19 fabbriche, il licenziamento di altri 20mila dipendenti. La speranza della Casa Bianca è che l´iter sia rapido come quello della Chrysler (si parla del primo agosto). Ad accelerarlo sarà l´accordo dell´ultimo minuto sul futuro della nuova Gm. Il capitale sarà distribuito tra il governo (che avrà il 72,5% e dovrà versare un´altra trentina di miliardi per la ristrutturazione), i sindacati che otterranno il 17,5% delle azioni (con la possibilità di salire al 20%) e i bondholders. Dopo l´opposizione iniziale, questi ultimi si sono convinti ad accettare il 10% in cambio di 27 miliardi di dollari in obbligazioni, con la possibilità di salire al 25%. Sempre ieri il premier Berlusconi ha annunciato che incontrerà Obama in Usa il prossimo 15 giugno per parlare di G8 e nuove regole dell´economia.

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"latitanti su fiat perché nascondevano foto" (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 01-06-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 2 - Interni L´accusa di D´Alema. E Franceschini: il governo è assente sulla crisi "Latitanti su Fiat perché nascondevano foto" ROMA - Un governo distratto, che gira la testa altrove davanti alla crisi. Dario Franceschini, in una serie di comizi "vecchio stile" in Toscana, è tornato ad attaccare il governo per la sua assenza di risposte: «Dovunque trovo energia positiva, quella degli italiani che hanno voglia di uscire dalla crisi - ha affermato il segretario del Pd - , donne e uomini che non si vedono in tv, che mi raccontano le loro difficoltà e che al governo chiedono di non girare la testa dall´altra parte, cosa purtroppo esattamente successa nei mesi scorsi». «Mentre governi di altri paesi si sono concentrati nell´affrontare l´emergenza della crisi - ha aggiunto Franceschini - da noi c´è stato un atteggiamento diverso come se il messaggio fosse stato di arrangiarsi, di cavarsela da soli in attesa che la crisi in qualche modo finisse da sé». Il leader del Pd ha citato come esempio tangibile di «assenza» del premier la vicenda Fiat- Opel: «Abbiamo visto che i governi degli altri paesi si sono impegnati per trovare una soluzione vantaggiosa per le proprie nazioni, mentre il nostro non c´era». «I capi di governo degli altri paesi - ha insistito - si sono impegnati 24 ore su 24. Abbiamo visto l´interessamento evidente di Angela Merkel, di Obama mentre il nostro governo sembrava distratto». Anche Massimo D´Alema ha preso spunto dalla vicenda Opel per un attacco al presidente del Consiglio. «Obama, Merkel e Putin si sono occupati della questione - ha detto D´Alema durante una manifestazione elettorale a Potenza - ma la Fiat ha dovuto fare da sola, con le sue forze, mentre in questi giorni si decide il destino di un settore a livello mondiale. Berlusconi era talmente occupato a nascondere le foto delle sue festicciole».

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angelina jolie i nomi dei figli tatuati sul braccio (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 01-06-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 21 - R2 ITALIA AL VOTO: LE VOSTRE FOTO DEI MANIFESTI ELETTORALI INTERATTIVITA´ Repubblica Tv Trovacinema Politica Arte-Mostra Esteri - Foto L´uso privato dei voli di Stato Dibattito con Di Pietro Speciale elezioni I dati, il Superblog e l´Europolitometro Obama e Michelle cena a New York Critiche: "Uno spreco" Angelina Jolie i nomi dei figli tatuati sul braccio Vienna, le donne della Storia che hanno scelto di morire

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"su fiat l'ultimo esempio di dilettantismo" - marco trabucco (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 01-06-2009)

Argomenti: Obama

Pagina V - Torino "Su Fiat l´ultimo esempio di dilettantismo" Vietti (Udc) e il caso Piemonte: questo governo non ha cultura industriale "Scajola ha battuto un colpo su Opel a babbo morto e non so se sia stato più inutile o più ridicolo" MARCO TRABUCCO Onorevole Vietti questo governo è amico o nemico della Fiat e del Piemonte? Ha ragione il Pd a considerare la nostra regione "figlia di un dio minore"? «Oggi ho sentito che il ministro Scajola ha battuto un colpo sull´esito della trattativa Fiat-Opel: lo ha fatto a babbo morto e non so se sia stato più inutile o più ridicolo. Dice che il piano Fiat era il migliore: allora forse conveniva darsi una mossa prima. Abbiamo visto Marchionne con il suo maglioncino da Obama, dalla Merkel e dai sindacati tedeschi. Ma non abbiamo mai visto un esponente del governo italiano interloquire in questa vicenda». Gli incentivi alla rottamazione li hanno dati. Non sono già qualcosa? «Scajola ha detto di averli condizionati al fatto che non venisse licenziato nemmeno un lavoratore in Italia: come se fosse quella l´unica questione di una ristrutturazione davvero globale del mondo dell´auto. Per non parlare della Lega che si è vantata di aver proposto un emendamento perché poi Fiat non delocalizzasse produzioni. Se lo avesse fatto poi, come pensava di multarli? Puri spot». Lei, che ha anche lavorato in un governo con Berlusconi e Tremonti è d´accordo con il fatto che penalizzano Torino e il Piemonte? «In parte, ma non esagererei con il vittimismo. Che Berlusconi non abbia mai mostrato un grande interesse per questa regione lo si è visto anche nella scelta della compagine dell´ultimo governo. O dall´attenzione a grandi opere come Tav e Terzo Valico, dove non ho ancora capito se il governo abbia messo un euro. Così come per il retroporto di Genova ad Alessandria o al polo della logistica a Novara. Mi sembra però che sul disinteresse per questo territorio prevalga un altro problema». Quale? «La mancanza di una cultura politica che riguarda tutto il Paese: vedi Malpensa, e l´Alitalia che penalizzano la Lombardia dove gran parte delle amministrazioni sono di centrodestra. La questione dei fondi Fas per la Sicilia e più in generale i soldi per le infrastrutture, promessi, ma che non ci sono. Berlusconi dice che la crisi non c´è, Tremonti che c´è, ma che bisogna lasciar passare la nottata. Così il governo italiano non ha messo che qualche miliardo dove gli altri ne hanno investiti centinaia. è il difetto di cultura di governo che rende difficile concepire una politica industriale, del credito e delle infrastrutture di lungo periodo. Gli spot costano meno e rendono di più, in termini immediati». E la Lega, il partito che dovrebbe difendere gli interessi del Piemonte e del Nord dov´è? «Alla Lega basta fare l´elenco della spesa: Malpensa e Alitalia appunto, ma anche i 500 milioni a Roma (esentata dal patto di stabilità), i 150 a Catania, Reggio Calabria che diventa città metropolitana: tutti provvedimenti che loro hanno votato. Come i tagli alle scuole di montagna: hanno approvato il decreto Gelmini senza battere ciglio. Poi in questi giorni vanno in giro per le valli di Lanzo a dire che saranno loro a ridargliele. Fanno il partito di lotta e di governo, votano le leggi e poi dicono che sono colpa di Roma».

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firenze, doppio ostacolo per il bimbo l'anima rossa e i signori del mattone - alberto statera (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 01-06-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 9 - Interni Firenze, doppio ostacolo per il Bimbo l´anima rossa e i signori del mattone Renzi favorito contro Galli. Spini incognita a sinistra Il reportage L´ex vicesegretario del Psi: primarie decise dai voti venuti dalla destra. Il candidato del Pd: balle, a me non mi ha scelto ‘papi´ ALBERTO STATERA FIRENZE - «Ah, ecco l´ultima spina!» esclamava alzando gli occhi al cielo Giorgio La Pira, il sindaco santo di Firenze, quando incontrava Valdo Spini giovanetto insieme al padre Giorgio, grande storico protestante. Passato mezzo secolo, la piccola spina valdese è tornata fastidiosamente a infilarsi sotto il tallone di Matteo Renzi, poco più che trentenne cattolico rampante, ex boy scout di Rignano sull´Arno e adoratore del mito lapiriano. Tra pochi giorni il giovane presidente uscente della Provincia dovrebbe essere eletto sindaco della non più proprio rossa Firenze al primo turno contro l´ex calciatore della Fiorentina e del Milan, il pidiellino Giovanni Galli, esangue e tarda scelta berlusconiana. Se non ci fosse l´intralcio pungente di Valdo. Parlamentare da una vita, antico vicesegretario socialista, ministro col governo Ciampi, a sessant´anni più che suonati, Spini, attorniato da una nobile corte che espone un Rosselli e una Frescobaldi, ha deciso di dimostrare che ci può essere «un Partito democratico all´americana e non alla vaticana, come quello incarnato da un democristiano di ultima generazione». Così, dopo lo psicodramma delle primarie fiorentine, quell´orrendo «mischiume» nel quale non lo vollero, che vide tutti contro tutti in una faida maledetta dall´affare speculativo di Salvatore Ligresti sull´area di Castello, si è candidato con l´appoggio di sette liste, compresi i verdi, i repubblicani della Sbarbati e Rifondazione. Accreditato almeno al 10% minaccia così di rovinare la festa dell´elezione al primo turno al candidato nomato "bimbo". Da cui il calembour che va alla grande tra i vecchi del Pci fiorentino: «Prima i comunisti mangiavano i bambini, ora sono i bambini che mangiano i comunisti». «A me non mi ha scelto Papi, ma le primarie!», grida Renzi, belloccio sì, pur se lievemente pingue a differenza di Noemi, al Circolo Vie Nuove, cuore rosso e accaldato di Firenze, dopo essersi paragonato nientemeno che a Farinata degli Uberti. E Massimo D´Alema, trattenendo il celebre sorrisino di scherno sotto il baffo, è venuto a dargli il suo assist: «Matteo è come un ciclista che pedala un´ora davanti al gruppo, l´unico interrogativo non è se vince, ma se batte o no tutti i record». E pensare che soltanto qualche settimana fa il boy scout lapiriano diceva che Massimo sì l´aveva chiamato dopo le primarie, ma che lui aveva il telefonino distante e non era proprio riuscito a rispondergli. Lo stesso trattamento riservato a Walter Veltroni e, poi, a Dario Franceschini, che il candidato democrat di lingua sciolta ha bollato come "il vicedisastro". Onore comunque di D´Alema a Valdo Spini: «E´ un vecchio compagno, troveremo il modo di lavorare insieme. La ricchezza del partito sono le diverse radici, per cui al vecchio compagno dico: serriamo le fila». Per carità, non sia mai detto: «Vietato strumentalizzare le parole di Massimo su Valdo», minaccia il segretario del Pd Giacomo Billi. E anche quelle dalemiane sul sindaco uscente Leonardo Domenici che «merita sostegno alle europee», in vista di «un partito ritrovato che dopo le elezioni sarà più solido». Chimera dalemiana preelettorale il partito più solido e unito, mentre la guerriglia intestina divampa qui quasi in bocca alle urne. Lapo Pistelli, candidato cattolico sconfitto alle primarie fiorentine, ma responsabile Esteri del Pd, non firma armistizi rispetto al guanto lanciato: «Per concorrere a una posizione di responsabilità occorrono sia amore per la funzione per la quale ci si candida, sia empatia con gli elettori ai quali si chiede una delega a rappresentarli: entrambe precondizioni che non vedo realizzate in Leonardo Domenici». E Sergio Staino, candidato alle europee di Sinistra e libertà: «Pistelli ha ragione». Smaliziati i commenti a D´Alema nella platea rossa nel forno del Circolo Vie Nuove: «L´è sempre il migliore Max. Il capo l´è lui. Tu vuoi vedè che il 7 giugno fa il su´ partito?!». Domenici non c´è in questi giorni a Firenze, colpito un po´ dalla sindrome Cofferati, la disaffezione della città che lo esaltò. Si vede poco, impegnato com´è nella campagna elettorale per Strasburgo. Ha un po´ metabolizzato le amarezze di uno che si sente vilipeso, nonostante sia quello che «più a lungo ha governato Firenze dalla fine del Settecento», come garantisce. E con buoni risultati. Primi fra tutti il nuovo palazzo di giustizia e la linea 1 del tram. Sfiorato ma non toccato dallo scandalo Castello - l´area su cui al posto di una «cacata» di giardino, come egli stesso la chiamò, si voleva realizzare lo stadio della Fiorentina all´insaputa dei fiorentini - che ha coinvolto il suo vice Graziano Cioni, l´anima cittadina naif, si è sentito incompreso da un «partito romanizzato che ha dato l´idea di voler tagliare i rami fronzuti su cui era seduto». Lo confessa: «Ho sofferto con Walter. Io ho ancora la visione ottocentesca di un partito pesante, strutturato, con gli iscritti, con le sezioni, che non rinunci al suo ruolo di direzione politica, non un partito liquido, ectoplasmatico». Quanto a Renzi gli aveva «consigliato» di non candidarsi in una città nella quale per essere eletti servono 105 mila voti. Su 37 mila votanti alle primarie, il bimbo ne ha presi 16 mila. Ce la farà a diventare sindaco, ma a che prezzo? «Posto che la piazza di Firenze è piazza della Signoria, cioè una piazza laica e non religiosa, Matteo è bravo e disinvolto. E sono certo che per le primarie non ha fatto accordi con poteri e poterini». Ma poi? Che cosa non dice Domenici? Il fatto è che di quei 16 mila voti alle primarie la leggenda metropolitana vuole che più di 3 mila siano venuti da destra, dalle truppe cammellate di Denis Verdini, cui pare che Renzi sindaco stia benissimo e che proprio per questo ha scelto un avversario debole come Galli, nonostante potesse disporre di un nome migliore come quello di Gabriele Toccafondi. Il leader della destra locale, per di più coordinatore nazionale del Pdl, king maker del sindaco del Pd. Possibile? «Certo», conferma pro domo sua Valdo Spini, che avverte: «Non mettete il Pd nelle mani di Matteo Renzi, sarebbe un grave indebolimento delle prospettive future di tutto il partito». Ma come? Non era il piccolo Obama di Firenze? L´alito di Denis, magnifico clone di Adolfo Celi in "Amici miei", soffia nella Firenze massonica e non. Non c´è solo la maledizione di Castello, che già vent´anni fa ad opera di Achille Occhetto costò la testa a un´intera classe dirigente comunista, su cui Ligresti vuole fare un´operazione da un miliardo e Della Valle la Cittadella Viola con lo stadio della Fiorentina. Ci sono le cooperative e soprattutto la BTP, acronimo che designa Baldassini, Tognotti e Pontello, i regnanti immobiliari della città. La loro banca è il Credito cooperativo, di cui è presidente e signore Verdini. Accusato anni fa di aver violentato una sua avvenente correntista, fu assolto dall´accusa di violenza sessuale, ma rinviato a giudizio per rivelazione di segreto bancario, violazione della privacy e diffamazione, perché rivelò notizie sull´esposizione della signora, di suo marito e dei loro amici. Poi c´è la Fingen ("fashion, retail e real estate") dei fratelli Corrado e Marcello Fratini, soci della cordata berlusconiana dell´Alitalia, che detiene oltre 600 mila metri quadri, tra cui quelli di Sesto Fiorentino, che potrebbero essere l´alternativa a Castello per lo stadio e la Cittadella viola. Ne è presidente Jacopo Mazzei, cugino di Lorenzo Bini Smaghi della Banca centrale europea, ma soprattutto figlio di Lapo Mazzei, straordinario produttore di Chianti e grande capo dell´Opus Dei. Ex democristiani ed ex comunisti, massoni e legionari di Cristo. In fondo che differenza fa? La città è scossa dalla prospettiva delle linee 2 e 3 della tramvia, che liscia i monumenti, e dall´esercito di quasi mille vigili urbani, vecchio feudo di Graziano Cioni, lo sceriffo che tanti guai ha procurato a Domenici e al Pd fiorentino, i quali impazzano con cascate di multe. Ma la partita vera, forse meno evidente ai fiorentini, è quella urbanistica: «Firenze ha toccato il fondo - garantisce l´urbanista Vezio De Lucia - si è omologata al peggio nazionale: la rendita fondiaria comanda sul futuro della città». E comanderà sempre di più se il bimbo che non è stato scelto da Papi non glielo impedirà.

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Berlusconi incontra Obama (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 01-06-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Prima Pagina data: 01/06/2009 - pag: 1 Vertice a Washington il 15 giugno. Oggi la bancarotta di General Motors Berlusconi incontra Obama «Nuove regole per la finanza» Silvio Berlusconi e Barack Obama si incontreranno a Washington il 15 giugno. Si parlerà di G8 e di «nuove regole dell'economia e della finanza mondiale». Codice. Si tratta, ha spiegato lo stesso Berlusconi, di un «codice che eviti il ripetersi di una crisi internazionale come quella che stiamo vivendo». ALLE PAGINE 2 e 3 Marro, Pica, Valentino

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Berlusconi, vertice con Obama: prepariamo il G8 per la finanza (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 01-06-2009)

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Corriere della Sera sezione: Primo Piano data: 01/06/2009 - pag: 2 Berlusconi, vertice con Obama: prepariamo il G8 per la finanza Il premier: summit il 15 a Washington, nuove regole per i mercati ROMA È ufficiale: Silvio Berlusconi andrà il 15 giugno a Washington per un vertice col presidente degli Stati Uniti. Il primo tra il capo del governo italiano e Barack Obama. Al centro del colloquio ci sarà il G8, del quale l'Italia ha quest'anno la presidenza, e «le nuove regole dell'economia e della finanza mondiale», ha spiegato lo stesso Berlusconi a Rai-telecamere. La riunione dei grandi della Terra che si terrà a L'Aquila dall'8 al 10 luglio, ha aggiunto, sarà una delle «più importanti degli ultimi anni ». Obiettivo del presidente del Consiglio è condividere con Obama la proposta italiana di un Global legal standard, cioè di un «codice», come lo ha definito lo stesso Berlusconi, di regole per il mercato che eviti il ripetersi di una crisi internazionale come quella che stiamo vivendo. Crisi che, secondo il premier, almeno in Italia, «non si sta aggravando». Anzi, «c'è qualche segnale di ripresa». Occorre però, ha ribadito Berlusconi, «fiducia, coraggio e ottimismo, perché il fattore psicologico è fondamentale ». E in questo senso il presidente ha assicurato che la riforma delle pensioni «non è attualmente all'ordine del giorno» mentre ha annunciato che «il sistema delle banche ha messo a disposizione un miliardo e 400 milioni per mutui per gli operatori del turismo ». Ma torniamo al vertice con Obama. L'Italia, su iniziativa del ministro dell'Economia, ha promosso fin dallo scorso ottobre la discussione internazionale sul tema del Global legal standard, convinta che, come ha spiegato più volte lo stesso Giulio Tremonti, occorra dare «una risposta alla domanda di regole per l'economia » e voltare pagina rispetto a una esasperata deregulation. Da questo punto di vista la missione americana del presidente del Consiglio è centrale, perché proprio dagli Stati Uniti si è sviluppato quel processo di deregolamentazione dei mercati che ha poi portato, secondo l'analisi prevalente, alla peggiore crisi finanziaria internazionale dalla fine della seconda guerra mondiale. Obama è certamente fra i critici della deregulation, e il vertice del 15 giugno, negli auspici del premier italiano, potrebbe essere l'occasione per allargare in maniera decisiva il consenso intorno alla proposta di un nuovo codice. A Washington Berlusconi arriverà con alle spalle anche i risultati del G8 dei ministri finanziari che si svolgerà a Lecce il 12 e 13 giugno e dove il progetto delle nuove regole potrebbe fare passi in avanti. Una commissione di giuristi ed economisti italiani, tra i quali Guido Rossi, Giulio Napolitano, Gustavo Visentini, Enrico Letta, sta lavorando da qualche mese attorno a un documento di principi in 12 punti, dalla lotta alla corruzione e all'evasione (no ai paradisi fiscali) alla corporate governance (limiti alle retribuzioni dei manager) alla trasparenza. Il tutto in stretta collaborazione con il segretario generale dell'Ocse, Angel Gurria. Un lavoro molto simile lo sta facendo il governo tedesco, che punta a una «Carta globale» di regole mentre la Francia si muove su posizioni distanti. Tremonti punta anche a far passare la sua proposta di detax per l'Africa (un meccanismo fiscale che destina ai Paesi in via di sviluppo una percentuale di gettito) alla quale sta lavorando col premier inglese Gordon Brown e col presidente della Banca mondiale, Robert Zoellick. Il vertice tra Obama e Berlusconi potrebbe essere anche l'occasione per esaminare altri dossier caldi, tra i quali il Medioriente e l'Iran. Senza escludere la chiusura delle prigioni di Guantanamo decisa dal presidente americano, visto che l'amministrazione Usa chiede all'Italia di accogliere alcuni detenuti. Enrico Marro Non solo finanza Al G8 non si discuterà soltanto di finanza. Giulio Tremonti (sopra) lavora anche alla «detax per l'Africa», misure fiscali per destinare ai paesi in via di sviluppo una quota del gettito

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La Casa Bianca e Gm in bancarotta: senza aiuti pubblici finiva smembrata (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 01-06-2009)

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Corriere della Sera sezione: Primo Piano data: 01/06/2009 - pag: 3 La crisi e l'industria Il presidente americano annuncia in giornata la svolta di Detroit La Casa Bianca e Gm in bancarotta: senza aiuti pubblici finiva smembrata Marchionne già negli Usa: oggi il Lingotto entra nella Chrysler DAL NOSTRO CORRISPONDENTE WASHINGTON Il processo di distruzione creativa della General Motors ha fatto ieri un altro passo in avanti. Più della metà degli obbligazionisti creditori dell'azienda di Detroit ha deciso di condonare i propri titoli, in cambio del 10% del capitale azionario della nuova GM che verrà fuori dalla ristrutturazione. Cade così un altro ostacolo alla riorganizzazione del gigante automobilistico, che oggi adirà formalmente la procedura di bancarotta, chiedendo l'amministrazione controllata prevista dal cosiddetto Chapter 11, con la quasi certezza però di poterne uscire rapidamente, dopo un'efficace cura di risanamento e dismissioni. Anche se non c'è stata alcuna conferma sulla procedura fallimentare, lo scenario di oggi è già tutto predisposto, per un atto che segnerà la chiusura di una pagina di storia economica americana, aprendone un'altra piena di incertezze e caratterizzata dal pieno coinvolgimento del governo in una delle aziende simbolo degli Stati Uniti. Questa mattina a New York, l'Amministratore delegato della GM, Fritz Henderson, terrà una conferenza stampa, quella in cui annuncerà di voler portare i libri contabili in tribunale. Contemporaneamente alla Casa Bianca, il presidente Obama dedicherà un discorso al futuro di General Motors, che di fatto si avvia ad essere temporaneamente nazionalizzata. Ripetendo il copione già seguito nel caso di Chrysler, Obama spiegherà che il passaggio attraverso la bancarotta e l'entrata in campo del governo sono le premesse, necessarie ma provvisorie, di «un nuovo inizio» per GM e l'industria automobilistica americana. «Avrei preferito starne completamente fuori. Ma l'alternativa ha spiegato il presidente americano in un'intervista alla Nbc era la liquidazione o una bancarotta in cui una società molto importante per la nostra economia sarebbe stata divisa in pezzi». Secondo indiscrezioni riportate dal «Wall Street Journal» sarà Al Koch, consulente della AlixPartners, a reggere il timone della GM nella fase di commissariamento. I termini dell'accordo raggiunto tra Detroit e Washington prevedono che in cambio di aiuti federali per 50 miliardi di dollari, al Tesoro vada il 72,5% delle azioni ordinarie della società, con un 17,5% che sarà invece sottoscritto dai sindacati e il restante 10%, appunto, dagli obbligazionisti che hanno accettato di rinunciare ai loro titoli di credito. Non è chiaro però, se il Tesoro riterrà sufficiente questo livello d'impegno dei possessori di bond creditizi: in base alla dichiarazione di ieri, sottoscritta dal 54% degli obbligazionisti, GM sarebbe infatti in grado di tagliare solo 14,6 dei 27 miliardi di dollari del suo debito complessivo. Il Tesoro aveva chiesto che il 90% dei possessori di bond si dicesse d'accordo allo scambio. Il processo di ristrutturazione di GM potrebbe essere facilitato anche dalla vendita del marchio Hummer, i famosi fuoristrada «mangiabenzina», pensati per l'esercito e diventati veicoli di culto, prima di scadere a simbolo dello spreco anti-ecologico: secondo il «Wall Street Journal», il gruppo sarebbe vicino all'accordo con un acquirente. Un annuncio potrebbe venire già oggi e si parla di una cifra intorno ai 200 milioni di dollari. Giornata decisiva oggi anche per Chrysler: il tribunale fallimentare di New York dovrebbe pronunciarsi sull'intesa con Fiat, che ancora si scontra con l'opposizione di un gruppo di fondi pensione dell'Indiana. Ma non sembra, questo, un ostacolo insormontabile. In caso di segnale verde del Tribunale, Sergio Marchionne, già negli USA, è pronto a chiudere quanto prima la partita di Detroit. Paolo Valentino Sergio Marchionne

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Il Cavaliere studia l'attacco (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 01-06-2009)

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Corriere della Sera sezione: Primo Piano data: 01/06/2009 - pag: 5 Retroscena «Dopo gli ultimi fatti cambierò il ddl intercettazioni» Il Cavaliere studia l'attacco «Non ci sarà un nuovo '94» DAL NOSTRO INVIATO BARI Nel suo staff dicono che il peggio è passato. Ne sono convinti. Per giorni hanno visto un capo giù di morale, chiuso in se stesso, turbato dalla pubblicazione continua di indiscrezioni sulla sua vita privata, dalla rottura con la moglie, dal dovere di difendersi. Dicono che il punto di svolta sia stato l'intervento a sua difesa dei figli, soprattutto dei più piccoli. La solitudine del Cavaliere si è interrotta lì. E forse anche i timori e i sospetti, probabilmente ingigantiti da un clima di generale confusione, che dietro la vicenda iniziata con una festa a Casoria, per celebrare il compleanno di una diciottenne, vi fosse una sorta di complotto politico. Per alcuni giorni Berlusconi di quel complotto ha parlato, in pubblico e in privato. Alcuni suoi ministri hanno rilasciato interviste ai giornali. Le voci interne allo staff hanno creato anche il mito di una «talpa», poco riservata sugli spostamenti privati del capo del governo. Alle inchieste dei quotidiani sono state abbinate meno conosciute inchieste «interne». Nelle ultime ore quest'atmosfera si è diradata. Ieri sera a Bari, a margine della conferenza stampa, il premier appariva molto più rilassato nell'escludere conseguenze politiche del caso Noemi: «Un avviso di garanzia contro di me, e per cosa? Ma suvvia, finiamola, non ci sarà nessun altro '94». Risollevato, fiducioso nel risultato elettorale, senza i fantasmi che lo hanno perseguitato nelle ultime settimane. Il colloquio con Sarkozy di due giorni fa, l'imminente visita a Washington, >il primo bilaterale con Barack Obama, spostano l'umore del capo del governo verso contesti in cui si trova più a suo agio. La speranza è quella di tornare semplicemente a fare il presidente del Consiglio. Certo, c'è stato un danno di immagine non indifferente, soprattutto all'estero, ma anche quello si spera possa smorzarsi con il passare del tempo. Citano persino la Yourcenar a Palazzo Chigi, «il tempo è un ottimo scultore diceva la scrittrice francese, con noi sarà galantuomo». Nessuno può dire se veramente sarà così, Berlusconi però ne è convinto. «Escludo categoricamente elezioni anticipate, io non ci ho mai pensato », ha aggiunto ancora ieri sera. Il tono non era più quello dei giorni scorsi, quello della provocazione diretta a chi lo attacca, dai magistrati ai giornali. Tre giorni fa la risposta era del tipo «io tanto ho le spalle larghe, più attaccano più mi fanno un favore». Il sillogismo è sempre lì, ma nelle parole del Cavaliere è venuta meno la rabbia: non c'è più bisogno dello sfogo, della replica alle minacce che percepisce. Il binario ora è anche in quell'avverbio, «categoricamente» detto in modo sussurrato: è scomparsa in apparenza la paura, l'incapacità di prevedere i risvolti della vicenda Noemi. Se il caso è veramente chiuso lo diranno le prossime settimane, nei progetti di Berlusconi però affiorano per la prima volta le conseguenze programmatiche: «Penso di modificare il ddl sulle intercettazioni, proprio alla luce di quello che è successo», aggiunge prima di lasciare Bari. Mentre nel suo staff, con sollievo, si commenta ancora l'intervista della Santanchè: «Che almeno da sette anni vi fosse con la moglie un patto reciproco di libertà lo sapevano tutti...». M. Gal.

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Fatah contro Hamas, sei morti (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 01-06-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Esteri data: 01/06/2009 - pag: 14 Lotta intestina A rischio le prove di dialogo tra le organizzazioni palestinesi Fatah contro Hamas, sei morti «Il caos di Gaza non si ripeterà» Raid per arrestare un capo integralista in Cisgiordania DAL NOSTRO INVIATO KALKILYA (Cisgiordania) Le scatole cinesi dei caricatori sono sparse sulle scale, nella casa. Ci giocano già i bambini, bravo chi raccoglie più bossoli. In una delle due stanze, il letto è rovesciato come la vita che ci stava sopra, quella di Mohammad Samman, 34 anni, il capo Hamas delle Brigate Qassam per la Cisgiordania del nord: resta l'impronta d'una mano insanguinata che striscia giù, verso il battiscopa. Gl'israeliani ricercavano Samman da sei anni: a Kalkilya è dal 2005 che comanda Hamas e lo sapevano tutti, sindaco in testa, che lui viveva qui. Lo sapevano anche i 25 poliziotti palestinesi che di domenica mattina, presto, hanno sfondato la porta per arrestarlo. La versione ufficiale dice che Samman e il suo vice, Mohammad Yassin, hanno risposto con un fuoco furioso: tre poliziotti ammazzati, due feriti gravi. Di sicuro, c'è che sono arrivati i rinforzi con le granate e che la sparatoria è durata fino alle 10 del mattino. Fino all'uccisione dei due uomini di Hamas e d'un poveraccio, colpito per sbaglio. Fatah contro Hamas. Il coprifuoco imposto non copre il senso di queste pareti bucherellate. E' dalla primavera di Gaza, 2007, che non si sparavano addosso con tanta violenza. E' la pietra tombale, se qualcuno ci credeva ancora, sulle prove d'unità palestinese: lo dice Fawzi Barhum, numero due del movimento islamico nella Striscia, la parola fine ai cinque incontri del Cairo da febbraio a oggi, un inutile avantiindietro per un'introvabile linea comune; lo conferma un portavoce di Abu Mazen, Nabil Rudeineh, quando ricorda che «in Cisgiordania c'è una sola autorità, una sola legge, una sola pistola: non possiamo tollerare il caos d'una Gaza-bis». Un sondaggio di qualche giorno fa sostiene che il 58% dei palestinesi vorrebbe un accordo fra le due fazioni, ma il 51 lo vede lontano e il 27 non lo vede affatto. Questa seconda sparatoria in pochi giorni è qualcosa di più d'una scaramuccia, con Hamas che annuncia vendetta contro i poliziotti «istruiti in Giordania dagli americani », che hanno «ucciso i due martiri a sangue freddo, solo perché si sono rifiutati d'arrendersi ». La vera, ultima goccia è stato il viaggio di Abu Mazen a Washington. Un riconoscimento politico, nonostante i dubbi del Washington Post sul vecchio leader («si può ancora puntare su di lui?»), a dispetto delle voci che giuravano su un canale segreto Obama-Hamas. Il movimento islamico ha ripetuto che in quell'incontro «s'è sostenuta la linea del governo sionista»: nessuna speranza di riconoscere l'ennesimo governo di Salam Fayyad, nominato il 19 maggio, chiusa ogni trattativa sul rilascio dei detenuti di Hamas, dopo i quaranta arresti degli ultimi giorni. Alla polizia palestinese è arrivato in dotazione dagl'israeliani lo «skunk», la puzzola, un gas che emana un tanfo pazzesco e ha effetti più potenti dei normali lacrimogeni. A Kalkilya, nel pomeriggio, si spara un po' per le vie strette. Le prefiche urlano per cadaveri che non ci sono più. I poliziotti vogliono evitare funerali pubblici, se li portano via. Li seppelliscono di notte. Di nascosto. F. Bat. Le divisioni Falliti i tentativi di ritrovare l'unità palestinese. I fondamentalisti annunciano vendetta

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Israele e i contrasti con Obama (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 01-06-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Esteri data: 01/06/2009 - pag: 15 Rotture Lo scontro sul ritiro dagli insediamenti diventa sempre più duro Israele e i contrasti con Obama «Le colonie non si toccano» La minaccia resta Teheran: 5 giorni di esercitazione DAL NOSTRO CORRISPONDENTE GERUSALEMME Un paio di settimane fa, in centro, tre muratori lavoravano a un muretto di Gerusalemme. Attaccavano una lapide: «George W. Bush Plaza. In honor of the 43rd Us President, loyal partner to the State of Israel». Non c'era nessuno a tagliare il nastro, a fare discorsi. Calce, cazzuola e via. Perché l'amico Bush è ormai preistoria. E oggi Israele ha ben altra pietra nel cuore: Obama. Pietra pesante, ha fatto capire il ministro dei Trasporti di Netanyahu, Israel Katz, all'uscita del consiglio domenicale: «Voglio dire in modo molto chiaro che il governo israeliano non accetterà in nessun modo che la colonizzazione legale sia congelata in Giudea e Samaria». Dove per Giudea e Samaria s'intende la Cisgiordania. E dove per «legali» intende, Katz e non la comunità internazionale, gl'insediamenti più antichi: «Obama non rispetta gl'impegni presi da Bush ha detto il ministro , perché c'è una lettera del 2004 dell'allora presidente Usa a Sharon, in cui s'invitava a tener conto dei coloni che già sono lì. Obama non ha ancora riconosciuto quell'accordo. E questo suscita inquietudine». S'erano tanto amati: «L'altro giorno Netanyahu è sbottato - scrive Ben Caspit, notista di Ma'ariv : 'Che cosa diavolo vuole da me la Casa Bianca? Che il mio governo cada?'. Ma deve solo prendersela con se stesso: il dilettantismo con cui ha trattato la nuova amministrazione Usa gli sta esplodendo in faccia». Il grande freddo fra Israele e Stati Uniti dura da un paio di mesi. Dai dispetti Obama-Netanyahu sul quando incontrarsi («vengo i primi di maggio», «spiacente, c'è prima il re di Giordania: dopo?», «non posso io, va bene il 15?», «non sono in città...») e dalla reciproca presa d'atto, il 18 maggio, che l'incontro era solo per scontrarsi. Un tema su tutti: il ritiro dagli insediamenti, 200 villaggi nei Territori costruiti dal 1967 a oggi, quasi 500mila persone (se si considera anche Gerusalemme Est) che in base alla Roadmap devono andarsene. Dopo Obama, anche Hillary Clinton è stata durissima: nessuna eccezione. Netanyahu non ha detto un totale no, e infatti è pronto per l'esercito l'ordine di smantellamento di 22 avamposti, ma sa che i rabbini estremisti già invitano i soldati a disobbedire e intanto chiede tempo, che si tenga conto della «naturale crescita» di questi posti: «Non posso impedire alla gente che ci abita di fare figli». I suoi ministri più estremi già strappano: Obama è «irragionevole», dice il rabbino Daniel Hershkowitz, si comporta come «il Faraone che ributtò nel Nilo il popolo di Mosé». Obama in realtà, sostiene il Sunday Times, s'è dato due anni per arrivare alla soluzione dei due Stati. Perché sa che «passa per Gerusalemme la via che porta a Teheran», anche se qualche suo consigliere lo considera un illuso. E che è con Teheran, non coi palestinesi, che Israele si gioca la vera partita. Da ieri e fino a giovedì, tanto per ricordarlo, il Paese è impegnato nella più grande esercitazione d'allarme dalla sua fondazione. Domani suoneranno le sirene di 250 città, la gente dovrà simulare la fuga nei rifugi, il soccorso ai feriti, la messa in sicurezza delle fabbriche. Il governo si riunirà nel bunker antiatomico. L'aviazione sarà nella massima allerta. Tutti, come se l'Iran attaccasse. Tutti meno noi: nessuno ci ha spiegato che fare. «Beh, lei è straniero», ha spiegato un poliziotto. Giusto, che c'entriamo? F. Bat. Il ministro «Non accetteremo che la colonizzazione legale sia congelata» Allarme Suoneranno le sirene di 250 città, la gente dovrà simulare la fuga nei rifugi

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(sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 01-06-2009)

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Corriere della Sera sezione: Esteri data: 01/06/2009 - pag: 15 L'intervista Lo storico Morris: il leader americano al Cairo dosi le parole «Netanyahu deve decidere: l'amico Usa o il governo» DAL NOSTRO CORRISPONDENTE GERUSALEMME Era dai tempi di James Baker che non si sentiva questo gelo tra Israele e gli Stati Uniti... «Povero Netanyahu: mi sembra fra l'incudine e il martello...». Tre popoli e una terra. Benny Morris, 61 anni, è cresciuto a New York e conosce bene la triangolazione arabiamericani-israeliani. Caposcuola dei Nuovi storici, s'aspettava questo capitolo: «Obama chiede di congelare le colonie. Ma anche se Bibi lo volesse, e comunque sono dieci anni che non lo vuole, non potrebbe mai farlo. Il suo governo si scioglierebbe, sarebbe costretto a chiedere il sostegno di Tzipi Livni, che rivendicherebbe il diritto di fare la premier. È in una situazione molto difficile: o perde la maggioranza, o perde l'amico americano». >Allora ha ragione lui, quando si sfoga contro Obama che «vuole far cadere il mio governo»? «La cosa che più preoccupa è che Clinton e George W. Bush avevano comunque Israele nel cuore. Amavano questo Paese e l'idea di sostenerlo in ogni caso. Si vede dalla politica che hanno fatto. Obama, no. Non ha nessun legame culturale con Israele. E nessuna remora a costruire una politica anti-israeliana». Giovedì, si capirà qualcosa dal discorso che farà al Cairo? «Quel che conta, non è che cosa dirà al Cairo, ma quel che ha fatto finora. È interessato a far pace con l'Islam, anche sulle spalle d'Israele. Fin dove può arrivare? È questione di momentum e di tono. Obama è al limite e deve stare molto attento: se momento e tono saranno sbagliati, se Israele si sentirà alle strette, la credibilità degli Usa e anche l'amicizia potrebbero rompersi. E allora, addio abbandono degli insediamenti e tutto il resto». Quale resto? «L'Iran. Il nocciolo della questione. Molto più importante della questione palestinese. Obama non ha scelta: o usa altre sanzioni, o attacca militarmente oppure può chiedere che lo faccia Israele. Questo però ha un prezzo. E allora dovrà tornare qui e dire se appoggia la soluzione dei due Stati o dirà 'due Stati, due popoli'. C'è differenza: nel primo caso, i palestinesi non sarebbero costretti a riconoscere Israele; nel secondo, vorrebbe dire che sposa la filosofia di Bill Clinton, più favorevole agli israeliani». Abu Mazen sembra sfruttare bene il nuovo amico americano... «Obama ha capito che tra Fatah e Hamas non s'arriverà mai a un accordo. Ha scelto Fatah, ha interrotto ogni dialogo con Hamas, l'ha reso di nuovo invisibile. È un grave errore. È rischioso puntare su Abu Mazen: i morti di queste ore servono solo a dimostrare a Washington che Fatah vuole combattere il terrorismo. E il bello è che Obama ci crede». Arrivano giorni decisivi: il voto iraniano, quello libanese... «Una rielezione di Ahmadinejad sarebbe un problema. In realtà, chiunque venga eletto a Teheran non cambia la sostanza. Cambia solo il tono. Loro vogliono il nucleare ed è il leader religioso a decidere: qualunque presidente continuerà su quella via. Obama ha detto che il dialogo con l'Iran resta aperto per tutto il 2009. I giochi cominciano dopo ». E se domenica a Beirut vince Hezbollah? «Ci sono due possibilità. O diventano più aggressivi. Oppure, se sono intelligenti, e io credo che lo siano, fanno attenzione a non mostrarsi estremisti. Nasrallah è uno stratega raffinato, non cercherà lo scontro a breve. L'unico problema è la sua falange armata: ha un conto aperto con Israele, non si sa come si possa comportare. Né quanto lui la controlli». A proposito di controllo: ma come fa Israele, con un ministro degli Esteri che viene tenuto fuori da tutti gl'incontri decisivi? «Il vero problema di Lieberman non è la politica: è la polizia. Se la magistratura proverà le sue frodi, dovrà dimettersi da ministro. Non sarà una gran perdita: è solo il portavoce d'una certa destra. La politica estera la fa Netanyahu». Francesco Battistini \\ Il bivio Barack Obama chiede di congelare le colonie. Ma se Bibi lo facesse, il governo si scioglierebbe \\ Il prezzo Gli Usa sono interessati a far pace con l'Islam, anche sulle spalle d'Israele. Fin dove possono arrivare? «Nuovi storici» Benny Morris, nato nel 1948 ad Haifa, insegna all'Università Ben Gurion di Beer Sheva, in Israele. È tra i massimi esponenti del movimento dei Nuovi storici post-sionisti

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Ucciso in chiesa il medico degli aborti (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 01-06-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Cronache data: 01/06/2009 - pag: 23 Stati Uniti Era fra i pochi a praticare l'interruzione di gravidanza dopo la ventesima settimana. Obama: «Sconvolto e offeso» Ucciso in chiesa il medico degli aborti George Tiller era da tempo nel mirino del movimento per la vita. Preso il killer WASHINGTON Era scampato a bombe, attentati, processi. Ma alla fine qualcuno è riuscito a fermare per sempre George Tiller, un convinto medico pro-aborto. Il killer lo ha sorpreso in un luogo di preghiera, la chiesa luterana di Wichita, Kansas, dove si recava ogni domenica perché era uno dei sacrestani (la moglie cantava nel coro). La polizia ha rivelato che Tiller sarebbe stato aggredito nella lobby del tempio da un uomo bianco sulla cinquantina che ha sparato diversi colpi di pistola e poi è fuggito. I testimoni hanno riferito di aver visto una vecchia «Taurus» allontanarsi a grande velocità subito dopo l'agguato. È scattata una grande caccia all'uomo e in serata il presunto killer è stato fermato. Il medico, 67 anni, era al centro di aspre polemiche per la sua decisione di praticare l'aborto anche dopo la ventesima settimana di gravidanza, la soglia oltre la quale il feto può sopravvivere fuori dal grembo materno. Interventi che Tiller aveva iniziato ad eseguire dagli anni Settanta attirandosi critiche feroci e minacce. In qualche modo era un bersaglio vivente ed i gruppi contrari all'interruzione della maternità avevano scatenato nei suoi confronti una mobilitazione serrata. Con dimostrazioni e minacce. Nel 1986 qualcuno aveva fatto esplodere una bomba sul tetto del suo ambulatorio. Sette anni dopo, un attivista pro-life lo aveva ferito sparandogli alle braccia. Attacchi alternati a iniziative giudiziarie. L'ultima in marzo, quando il medico era stato assolto dall'accusa di aver praticato aborti illegali nel 2003. Un verdetto che aveva fornito altri pretesti per contestare la scelta di Tiller. Il ricorso alla violenza contro gli abortisti non è un fatto raro negli Usa. Già in passato, estremisti hanno deciso di trasformare la protesta in terrorismo. Togliendo la vita in nome della vita. Diversi ginecologi sono stati assassinati e alcune cliniche distrutte da attentati dinamitardi. In alcuni episodi venne anche coinvolto Eric Rudolph, il responsabile dell'attentato alle Olimpiadi di Atlanta del 1996 (un morto). Estremista dell'ultradestra aveva scatenato la sua guerra personale contro ebrei, gay e medici. Con l'elezione di Barack Obama, favorevole all'aborto ieri il presidente Usa si è detto «sconvolto e offeso» per il delitto il movimento ha serrato le fila organizzando in gennaio un raduno di massa nel cuore di Washington, con migliaia di seguaci che portavano croci, striscioni e poster con immagini di feti. Un clima che ha suscitato timori anche nei servizi di sicurezza, che non hanno escluso possibili violenze. Atti che sono confinati in ambienti minoritari, fatti di gruppi minuscoli che tuttavia trovano sponda ed echi in alcune aree conservatrici degli Stati Uniti. Ieri, non appena si è diffusa la notizia dell'agguato, i responsabili di «Operation Rescue », una delle associazioni più impegnate contro il ginecologo tanto da ribattezzarlo «Tiller il killer», hanno denunciato «l'atto codardo» di chi crede di un essere «un vigilante » ed hanno invitato i propri seguaci a raccogliersi in preghiera. Un tono diverso da quello usato in questi mesi. Una vera demonizzazione del medico dove si sono distinti anche alcuni commentatori. Tra tutti il celebre Bill O'Reilly, «Fox news», che lo presentava come «l'assassino dei bambini», «il barbaro», «la disgrazia». Guido Olimpio La vittima George Tiller, 67 anni, medico Accanto, il corpo dell'uomo viene portato fuori dalla chiesa

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Ritmo, sudore e gag Bruce torna in Europa e apre l'estate rock (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 01-06-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Spettacoli data: 01/06/2009 - pag: 31 Il tour Springsteen dà il via alla tournée dall'Olanda Ritmo, sudore e gag Bruce torna in Europa e apre l'estate rock Presto Lynyrd, U2, Eagles e Madonna DAL NOSTRO INVIATO LANDGRAAF (Olanda) Bruce l'intrattenitore. Chiamarlo Boss è ormai riduttivo. Dire che il più grande rocker del mondo non basta più. Ora Springsteen va oltre la musica, il rock e il sudore. Che ci sono, lui è uno che non si risparmia mai: il suo «one two three four» che sprona la E Street Band risuona come un grido di battaglia; ma ora sul palco Bruce regala anche gag, spettacolo e sorrisi come mai ha fatto in passato. Springsteen ha scelto il Pinkpop Festival, istituzione giunta alla sua edizione numero 40, per il debutto europeo del tour di «Working on a Dream » che lo porterà anche in Italia: il 19 luglio all'Olimpico di Roma, il 21 a Torino e il 23 a Udine. E l'estate rock è pronta ad esplodere. Si parte con i vecchietti Lynyrd Skynyrd (mercoledì a Milano) e Eagles (13 giugno, Milano), per poi accogliere le mega star da stadio come Depeche Mode (16 giugno Roma, 18 Milano), U2 (7 e 8 luglio a Milano), Madonna (14 luglio a Milano, 16 a Udine), qualche chicca indie rock come Editors (24 giugno a Ferrara) e Franz Ferdinand e Killers (14 luglio a Roma, i secondi da soli anche l'8 giugno a Verona), prima di chiudere con le star inglesi Oasis (30 agosto a Milano) e Coldplay (31 a Udine). C'è qualcosa di fresco in questo spettacolo del Boss. E non è solo la presenza alla batteria di Jay Weinberg, figlio di Max rimasto negli Usa perché bloccato dagli impegni tv con Conan O'Brien: 19 anni e nessun timore reverenziale. È proprio Springsteen a essere diverso. In due ore e mezza di show infila una serie di siparietti irresistibili. Sin dall'inizio, quando dopo l'apertura trascinante di «Badlands» si lancia in «Out in the Street» e giocherella con un cappellino rosa, il colore simbolo del festival che spunta ovunque fra i 60 mila della platea (c'è anche un ragazzo con tonaca rosa e corona d'alloro). Il momento più divertente arriva e metà serata. Bruce raccoglie dalle prime file le richieste delle canzoni. Lo faceva anche nello scorso tour, ma questa volta non si limita a un brano. Ne esaudisce tre: «From Small Things (Big Things One Day Come)», «Trapped» e «I'm on Fire». Il cartello che chiede la prima è appiccicato a un pupazzo a forma di renna con cui Springsteen inscena una piccola e comica lotta, buttandosi e rotolandosi sul palco. Sembra uno scherzo anche Brandon Flowers dei Killers che duetta su «Thunder Road»: inconsistente (come il resto della band che aveva suonato prima), non si prende fischi perché il pubblico del Boss è generoso. Aveva già rubato risate poco prima, alla fine di «Johnny 99», con 20 secondi di silenzio e sguardi da Sopranos assieme a Little Steven. E che dire dell'idea di mollare il microfono a una ragazzina di 10-11 anni (eh sì, tante famiglie e tanta sicurezza anche sottopalco) e incitarla a cantare «più forte» «Waiting on a Sunny Day». Si avvicina il finale dello show e dopo una travolgente «Born to Run» il Boss minaccia più volte di andarsene guardando un immaginario orologio e fingendo di togliersi la chitarra dalle spalle. «Adesso ve ne dovete andare a casa», rincara la dose poco dopo e si lancia in «Glory Days». Ultima canzone e ultima gag (già vista in passato). Quella della ragazza trascinata per ballare «Dancing in the Dark», come nel video in cui c'era un'allora sconosciuta Courtney Cox. Chissà se la nuova verve arriva a Springsteen anche dalla nuova strada intrapresa dalla «sua» America. Obama gli ha riacceso la speranza. Lui la canta nel nuovo album e la svolta gli ha anche ispirato una predica recitata prima di «Working on a Dream». «Abbiamo fatto miglia per venire qui con uno scopo: vogliamo rock the house, vogliamo tirare giù tutto. E poi costruire una nuova casa di gioia e speranza». Il nuovo album, 24esimo nella carriera dell'artista americano, è quasi trascurato. Oltre alla title track c'è solo «Outlaw Pete». Forse perché in un festival bisogna essere più ecumenici, più da greatest hits (a proposito, ne è appena uscito uno), o forse perché meno ispirato musicalmente. Solo le prossime date lo chiariranno. La nuova versione della E Street Band funziona a meraviglia per quanto si possa intuire in una serata in cui il vento si porta via il suono e a volte sembra di stare fuori dallo stadio. Non c'è la moglie Patti (che, gossip a parte, diserta sempre più spesso l'Europa per stare con i figli), è il secondo tour senza lo scomparso Danny Federici, non c'è Weinberg padre. Ma gli innesti più recenti e due coristi black (splendida la coloritura gospel che danno «Tenth Avenue Freeze-out») sono ben amalgamati. Sempre più imprescindibile Lofgren: ricama assieme al Boss il finale di «The Ghost of Tom Joad» resa ancora più drammatica da violini e fisarmonica), fa spettacolo tenendo spesso la chitarra in orizzontale come fosse una lap. Quando si suona, sia chiaro, questi non scherzano. Andrea Laffranchi Con il pupazzo A un certo punto del concerto il Boss si è messo a scherzare con il pupazzo di una renna Tre appuntamenti Bruce Springsteen (60 anni il prossimo 23 settembre) durante uno dei concerti del nuovo tour. Con i fan italiani ha tre appuntamenti: il 19 luglio all'Olimpico di Roma, il 21 a Torino e il 23 a Udine. Sono rimasti invece molto delusi questa volta i suoi fan milanesi

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Usa-Cuba, riprendono i colloqui sull'immigrazione (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 01-06-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Esteri data: 01/06/2009 - pag: 17 Disgelo Usa-Cuba, riprendono i colloqui sull'immigrazione WASHINGTON Il Dipartimento di Stato Usa annuncia che Cuba ha accettato di riaprire colloqui diretti con gli Stati Uniti sull'immigrazione. Secondo quanto dichiarato da una fonte americana protetta dall'anonimato, un alto responsabile cubano a Washington ha trasmesso alle autorità Usa documenti in cui si afferma che Cuba è d'accordo sulla ripresa del dialogo e anche sulla possibilità di tenere discussioni sull'invio diretto di posta. I colloqui su «una migrazione ordinata e in condizioni di sicurezza» di cubani verso gli Stati Uniti erano stati avviati sotto l'Amministrazione di Ronald Reagan e si erano tenuti per l'ultima volta nel 2003, ma furono sospesi unilateralmente dagli Stati Uniti nel 2004. Dal suo arrivo alla Casa Bianca, il presidente Barack Obama ha avviato una politica di disgelo verso Cuba inaugurata con l'abolizione delle restrizioni per i viaggi e delle rimesse di denaro per i cubani che hanno famiglia nell'isola. Nessuna conferma ufficiale della ripresa dei colloqui è giunta tuttavia dall'Avana. Esperti cubani contattati dall'Ansa hanno comunque dichiarato che, se i colloqui interrotti cinque anni fa dall'Amministrazione Bush dovessero riprendere, questo rappresenterebbe «un primo passo reale in direzione di un dialogo». Martedì scorso l'ex capo della delegazione cubana nei colloqui del periodo 1994-2003 e attuale presidente del Parlamento dell'isola caraibica, Ricardo Alarcón, aveva dichiarato che una proposta Usa per una ripresa dei contatti con Cuba sarebbe stata «esaminata con il massimo interesse». Pioggia sull'Avana Un uomo passa davanti a graffiti che rappresentano la bandiera cubana e inneggiano alla Revolución nella capitale cubana (Reuters)

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Firenze, doppio ostacolo per il Bimbo l'anima rossa e i signori del mattone (sezione: Obama)

( da "Repubblica.it" del 01-06-2009)

Argomenti: Obama

IL REPORTAGE/ Matteo Renzi favorito contro Galli FIRENZE - "Ah, ecco l'ultima spina!" esclamava alzando gli occhi al cielo Giorgio La Pira, il sindaco santo di Firenze, quando incontrava Valdo Spini giovanetto insieme al padre Giorgio, grande storico protestante. Passato mezzo secolo, la piccola spina valdese è tornata fastidiosamente a infilarsi sotto il tallone di Matteo Renzi, poco più che trentenne cattolico rampante, ex boy scout di Rignano sull'Arno e adoratore del mito lapiriano. Tra pochi giorni il giovane presidente uscente della Provincia dovrebbe essere eletto sindaco della non più proprio rossa Firenze al primo turno contro l'ex calciatore della Fiorentina e del Milan, il pidiellino Giovanni Galli, esangue e tarda scelta berlusconiana. Se non ci fosse l'intralcio pungente di Valdo. Parlamentare da una vita, antico vicesegretario socialista, ministro col governo Ciampi, a sessant'anni più che suonati, Spini, attorniato da una nobile corte che espone un Rosselli e una Frescobaldi, ha deciso di dimostrare che ci può essere "un Partito democratico all'americana e non alla vaticana, come quello incarnato da un democristiano di ultima generazione". Così, dopo lo psicodramma delle primarie fiorentine, quell'orrendo "mischiume" nel quale non lo vollero, che vide tutti contro tutti in una faida maledetta dall'affare speculativo di Salvatore Ligresti sull'area di Castello, si è candidato con l'appoggio di sette liste, compresi i verdi, i repubblicani della Sbarbati e Rifondazione. Accreditato almeno al 10% minaccia così di rovinare la festa dell'elezione al primo turno al candidato nomato "bimbo". Da cui il calembour che va alla grande tra i vecchi del Pci fiorentino: "Prima i comunisti mangiavano i bambini, ora sono i bambini che mangiano i comunisti". OAS_RICH('Middle'); "A me non mi ha scelto Papi, ma le primarie!", grida Renzi, belloccio sì, pur se lievemente pingue a differenza di Noemi, al Circolo Vie Nuove, cuore rosso e accaldato di Firenze, dopo essersi paragonato nientemeno che a Farinata degli Uberti. E Massimo D'Alema, trattenendo il celebre sorrisino di scherno sotto il baffo, è venuto a dargli il suo assist: "Matteo è come un ciclista che pedala un'ora davanti al gruppo, l'unico interrogativo non è se vince, ma se batte o no tutti i record". E pensare che soltanto qualche settimana fa il boy scout lapiriano diceva che Massimo sì l'aveva chiamato dopo le primarie, ma che lui aveva il telefonino distante e non era proprio riuscito a rispondergli. Lo stesso trattamento riservato a Walter Veltroni e, poi, a Dario Franceschini, che il candidato democrat di lingua sciolta ha bollato come "il vicedisastro". Onore comunque di D'Alema a Valdo Spini: "E' un vecchio compagno, troveremo il modo di lavorare insieme. La ricchezza del partito sono le diverse radici, per cui al vecchio compagno dico: serriamo le fila". Per carità, non sia mai detto: "Vietato strumentalizzare le parole di Massimo su Valdo", minaccia il segretario del Pd Giacomo Billi. E anche quelle dalemiane sul sindaco uscente Leonardo Domenici che "merita sostegno alle europee", in vista di "un partito ritrovato che dopo le elezioni sarà più solido". Chimera dalemiana preelettorale il partito più solido e unito, mentre la guerriglia intestina divampa qui quasi in bocca alle urne. Lapo Pistelli, candidato cattolico sconfitto alle primarie fiorentine, ma responsabile Esteri del Pd, non firma armistizi rispetto al guanto lanciato: "Per concorrere a una posizione di responsabilità occorrono sia amore per la funzione per la quale ci si candida, sia empatia con gli elettori ai quali si chiede una delega a rappresentarli: entrambe precondizioni che non vedo realizzate in Leonardo Domenici". E Sergio Staino, candidato alle europee di Sinistra e libertà: "Pistelli ha ragione". Smaliziati i commenti a D'Alema nella platea rossa nel forno del Circolo Vie Nuove: "L'è sempre il migliore Max. Il capo l'è lui. Tu vuoi vedè che il 7 giugno fa il sù partito?!". Domenici non c'è in questi giorni a Firenze, colpito un po' dalla sindrome Cofferati, la disaffezione della città che lo esaltò. Si vede poco, impegnato com'è nella campagna elettorale per Strasburgo. Ha un po' metabolizzato le amarezze di uno che si sente vilipeso, nonostante sia quello che "più a lungo ha governato Firenze dalla fine del Settecento", come garantisce. E con buoni risultati. Primi fra tutti il nuovo palazzo di giustizia e la linea 1 del tram. Sfiorato ma non toccato dallo scandalo Castello - l'area su cui al posto di una "cacata" di giardino, come egli stesso la chiamò, si voleva realizzare lo stadio della Fiorentina all'insaputa dei fiorentini - che ha coinvolto il suo vice Graziano Cioni, l'anima cittadina naif, si è sentito incompreso da un "partito romanizzato che ha dato l'idea di voler tagliare i rami fronzuti su cui era seduto". Lo confessa: "Ho sofferto con Walter. Io ho ancora la visione ottocentesca di un partito pesante, strutturato, con gli iscritti, con le sezioni, che non rinunci al suo ruolo di direzione politica, non un partito liquido, ectoplasmatico". Quanto a Renzi gli aveva "consigliato" di non candidarsi in una città nella quale per essere eletti servono 105 mila voti. Su 37 mila votanti alle primarie, il bimbo ne ha presi 16 mila. Ce la farà a diventare sindaco, ma a che prezzo? "Posto che la piazza di Firenze è piazza della Signoria, cioè una piazza laica e non religiosa, Matteo è bravo e disinvolto. E sono certo che per le primarie non ha fatto accordi con poteri e poterini". Ma poi? Che cosa non dice Domenici? Il fatto è che di quei 16 mila voti alle primarie la leggenda metropolitana vuole che più di 3 mila siano venuti da destra, dalle truppe cammellate di Denis Verdini, cui pare che Renzi sindaco stia benissimo e che proprio per questo ha scelto un avversario debole come Galli, nonostante potesse disporre di un nome migliore come quello di Gabriele Toccafondi. Il leader della destra locale, per di più coordinatore nazionale del Pdl, king maker del sindaco del Pd. Possibile? "Certo", conferma pro domo sua Valdo Spini, che avverte: "Non mettete il Pd nelle mani di Matteo Renzi, sarebbe un grave indebolimento delle prospettive future di tutto il partito". Ma come? Non era il piccolo Obama di Firenze? L'alito di Denis, magnifico clone di Adolfo Celi in "Amici miei", soffia nella Firenze massonica e non. Non c'è solo la maledizione di Castello, che già vent'anni fa ad opera di Achille Occhetto costò la testa a un'intera classe dirigente comunista, su cui Ligresti vuole fare un'operazione da un miliardo e Della Valle la Cittadella Viola con lo stadio della Fiorentina. Ci sono le cooperative e soprattutto la BTP, acronimo che designa Baldassini, Tognotti e Pontello, i regnanti immobiliari della città. La loro banca è il Credito cooperativo, di cui è presidente e signore Verdini. Accusato anni fa di aver violentato una sua avvenente correntista, fu assolto dall'accusa di violenza sessuale, ma rinviato a giudizio per rivelazione di segreto bancario, violazione della privacy e diffamazione, perché rivelò notizie sull'esposizione della signora, di suo marito e dei loro amici. Poi c'è la Fingen ("fashion, retail e real estate") dei fratelli Corrado e Marcello Fratini, soci della cordata berlusconiana dell'Alitalia, che detiene oltre 600 mila metri quadri, tra cui quelli di Sesto Fiorentino, che potrebbero essere l'alternativa a Castello per lo stadio e la Cittadella viola. Ne è presidente Jacopo Mazzei, cugino di Lorenzo Bini Smaghi della Banca centrale europea, ma soprattutto figlio di Lapo Mazzei, straordinario produttore di Chianti e grande capo dell'Opus Dei. Ex democristiani ed ex comunisti, massoni e legionari di Cristo. In fondo che differenza fa? La città è scossa dalla prospettiva delle linee 2 e 3 della tramvia, che liscia i monumenti, e dall'esercito di quasi mille vigili urbani, vecchio feudo di Graziano Cioni, lo sceriffo che tanti guai ha procurato a Domenici e al Pd fiorentino, i quali impazzano con cascate di multe. Ma la partita vera, forse meno evidente ai fiorentini, è quella urbanistica: "Firenze ha toccato il fondo - garantisce l'urbanista Vezio De Lucia - si è omologata al peggio nazionale: la rendita fondiaria comanda sul futuro della città". E comanderà sempre di più se il bimbo che non è stato scelto da Papi non glielo impedirà. (1 giugno 2009

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Usa, shock per l'omicidio del medico abortista Obama: "Sono sconvolto e indignato" (sezione: Obama)

( da "Repubblica.it" del 01-06-2009)

Argomenti: Obama

WICHITA (Kansas, Usa) - Un uomo di 51 anni il cui nome non è stato reso pubblico, è stato arrestato dopo due ore di caccia all'uomo, con l'accusa di aver assassinato George Tiller, il medico del Kansas diventato il bersaglio nazionale nelle polemiche sul diritto delle donne di interrompere la gravidanza. Secondo la polizia il suo è stato un gesto isolato. Tiller è stato raggiunto da colpi d'arma da fuoco di fronte alla chiesa luterana che frequentava abitualmente. Il presidente americano Barack Obama si è dichiarato "sconvolto e indignato" per l'assassinio di Tiller. Il medico, ha sottolineato Obama in una breve dichiarazione, è stato ucciso "mentre partecipava ad una funzione religiosa" e "per quanto profonde possano essere le nostre divergenze come americani su questioni difficili quali l'aborto esse non possono essere risolte con efferati atti di violenza". Il medico aveva 67 anni ed era uno dei pochi ginecologi negli Usa che ancora praticavano l'aborto dopo la ventesima settimana di gravidanza: è stato ucciso a Wichita mentre consegnava ai fedeli i bollettini parrocchiali della George Reformation Lutheran Church, la chiesa di cui era uno dei sacrestani e dove la moglie cantava nel coro. La polizia ha fatto subito scattare la caccia a un uomo di razza bianca di circa 50 anni che avrebbe sparato colpi di pistola nell'atrio dell'edificio religioso. Il sospetto, scappato al volante di una Taurus azzurra, è stato arrestato nei pressi di Kansas City a 290 chilometri di distanza. OAS_RICH('Middle'); Tiller, nella cui clinica vengono offerti funerali per i feti abortiti, era stato per decenni al centro di attacchi anche violenti da parte dei militanti per la vita. Nel 1986 una bomba venne fatta esplodere sul tetto del suo ambulatorio. Cinque anni dopo, duemila militanti erano stati arrestati durante un assedio che era durato l'intera estate. Nell'agosto 1993 il medico era stato ferito a pistolettate ad entrambe le braccia da un attivista 'pro-life': erano i giorni in cui il movimento anti-aborto si era fatto violento e i medici che praticavano l'interruzione di gravidanza si erano abituati a girare con i giubbotti anti-proiettile. Nella stessa settimana dell'attentato a Tiller, George Patterson, un altro medico degli aborti era stato ucciso a Mobile in Alabama. Nel marzo dello stesso anno un destino analogo era toccato al loro collega David Gunn, assassinato a colpi di pistola davanti alla sua clinica di Pensacola in Florida. Tiller era uno dei pochi ginecologi negli Usa che praticassero l'interruzione di gravidanza dopo la ventesima settimana di gestazione. In marzo il medico era stato assolto dall'accusa di aver praticato nel 2003 aborti tardivi con una procedura illegale. In Kansas la legge autorizza gli aborti tardivi solo se due medici indipendenti certificano che la procedura sarebbe servita a salvare la vita della donna o prevenire "danni sostanziali e irreversibili" a una importante "funzione corporea". Tiller era stato accusato di aver comprato questi pareri. Il verdetto non aveva fatto cessare le polemiche: per il reverendo Patrick Mahoney, direttore della Christian Defense Coalition, se la giuria avesse accolto le accuse, Tiller "sarebbe stato messo nell'impossibilità di operare". Oggi il portavoce di un'altra organizzazione militante anti-aborto, Priests for Life, ha condannato l'assassinio: "Quale che siano stati i motivi, la violenza non deve essere mai ammessa". Ben più feroce la reazione di Randall Terry, fondatore ma non più affiliato al gruppo militante Operation Rescue: "Tiller era un assassino di massa. Mi spiace solo che non abbia avuto il tempo di pentirsi". (1 giugno 2009

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Asia Argento "Il mondo è sesso e violenza" (sezione: Obama)

( da "Stampaweb, La" del 01-06-2009)

Argomenti: Obama

ROMA Mutevole (e incantevole) è la donna sopra ogni cosa. Quella che va su e giù a piedi nudi e abiti casual nell'acquitrino del terrazzo di casa è la stessa, giuro, che solo pochi giorni fa posava in tacchi alti e lungo Armani sul tappeto rosso della Croisette. La stessa che si orienta esperta tra le pappine e i pannolini di Nicola che, se potesse, canterebbe a gola piena «Mamma son tanto felice», come Luciano Tajoli, ma ha solo sette mesi e i primi dentini che spuntano e soffrono, anche perché non capiscono la crudeltà del non ritrovarsi più di colpo a mordere la tetta della felicità. Mamma Asia ha finito di allattare. «Al citofono suoni Civetta. Michele Civetta, mio marito». Lo dice, «mio marito», con il piacere di dirlo. Incontrare Asia è come indossare un occhiale prismatico. La scomponi in decine di frammenti, ma alla fine è sempre lei. Una ragazza samurai con i suoi codici d'onore e i suoi atti di fede. Reduce da Cannes, a 34 anni, la sua passione militante è oggi la maternità. Ha chiuso per sempre i conti con certo passato selvaggio e caricaturale, l'immagine più marcita che marcia della bad girl che infilava le dita in tutte le marmellate proibite del mondo, appena in tempo, prima di diventare la dark lady e tutto il catalogo dello scandalo da manuale. Per la prima volta, Asia sta bene nella sua pelle. Al punto di farsi scorticare i tatuaggi in cui più non si riconosce. Il laser fa male. La carne che brucia puzza. La felicità è anche questa. Devo chiamarla signora Civetta? «Oh sì, mi piace molto». Ha fatto un fioretto, come le brave bambine: non svelo i segreti della giuria di Cannes. «C’era questa tradizione del giorno dopo, tra gli italiani in giuria: incontravano i giornalisti e giù a spifferare tutto, pettegolezzi e retroscena. Ho voluto spezzare questo impudicizia dell’italiano spione. Parlerò solo dei film che abbiamo premiato». Magari si potrebbe svelare di criteri estetici e non di quanto vi siete presi per i capelli. «Conta il risultato. Il resto è indecenza. Sarebbe come sbirciare mamma e papà che copulano. Ti basti l’esito, il figlio che mettono al mondo. Quello che succede prima deve restare un segreto». E se gli altri otto della giuria spifferano? «Sono affari loro. I più intelligenti faranno come me». Si è insinuato di una giuria litigiosa, al limite della rissa. «Falso. Non sempre c’e stata unanimità, ma sempre ci siamo confrontati pacificamente, dentro discussioni istruttive e appassionate. Si parlava e poi si votava. Voto segreto, nel secchiello per il ghiaccio. Dopo di che, vinca il migliore...». Ha vinto il migliore? Isabelle Huppert ha manifestato tutto il suo entusiasmo per «Il nastro bianco», la Palma d'Oro. «Un capolavoro. Il film di Haneke racconta senza compiacimenti l'origine della violenza in un contesto riconoscibile. Va a stanarla con il suo sguardo d'autore, là dove è più dissimulata». Fischiato e spernacchiato Lars Von Trier. «Un film considerato misogino, in realtà più compreso dalle donne che dagli uomini. Il tema della violenza ha dominato quest'anno. Violenza e sesso. Una violenza efferata, gratuita e un sesso disgustoso, senza nessuna concessione romantica. Cannes è come sempre lo specchio di dove va il mondo». Dove va il mondo? «Non lo so, io vivo nella mia area protetta, con le persone che amo. So solo che, tornando da Cannes, ho imparato la lezione: come regista non voglio mai più girare scene di violenza e sesso. Se questo è il mondo, bisogna proporre altro». Sarà Obama a salvarlo questo mondo? «Ho sognato che mi corteggiava e mi spediva mazzi di fiori. La notte in cui è stato eletto ho pianto per la commozione. Lui sì, è un vero socialista». Cinque donne su nove in giuria a Cannes. La prevalenza del femminile ha condizionato le scelte? «Posso dirle solo che noi donne abbiamo capito e premiato la splendida interpretazione di Charlotte Gainsbourg». Isabelle Huppert presidente. «Di questa splendida esperienza a Cannes la cosa più eccitante era lo starle vicino. Una donna per niente fredda come la dipingono, un’intelligenza sopraffina. Anni fa le scrissi una lettera di stima e amore. Con grande pudore, al momento del saluto, mi ha ringraziato per quella lettera». Adeguata nel ruolo? «Isabelle è una cinefila. Il suo è uno sguardo affilato. Vedeva cose che nemmeno i registi vedevano. Abbiamo votato alla fine i film meno amati dalla critica. La sera della premiazione di Brillante Mendoza, il regista filippino, dalla sala accanto arrivavano le bordate di fischi della critica. Buon segno, abbiamo pensato, vuol dire che siamo nel giusto». Quello di «Inglorious Bastards», il Tarantino migliore? «Non l’abbiamo premiato e non posso dire altro. Però, abbiamo premiato Christopher Waltz. Grande interpretazione». Non sarà stato felice Brad Pitt. «Non lo trovo né bello né bravo». La maternità è oggi al centro della sua vita. «Mi occupo giorno e notte dei miei figli. Nicola me lo sono portato anche a Cannes. E’ bellissimo, che Dio lo benedica. Anna ha sette anni ed è dolcissima, che Dio la benedica. La maternità è una svolta, ti fa uscire fuori di te. Amare solo se stessi è tristissimo». «Che dio lo benedica». Non lo sentivo da anni. «Lo dicono le nonne: bisogna dire "Dio lo benedica" ogni volta che si dice di un figlio che è bello e bravo». La seconda maternità ha chiuso il cerchio del continente Asia, ex ragazza incontinente? «Mi ha completata l’unione con mio marito. Una persona con cui il dialogo è continuo. Che mi ha portato fuori dalle voci della mia testa». Fa strano sentirla dire «mio marito». «Pensavo non potesse riguardarmi questa espressione e invece c’è, è reale. Talmente reale che mi piace sentirmela dire». Nel frattempo Morgan è diventato una star televisiva. Asia dice spesso che la televisione è il demonio. Lo dice ancora? «Lui, si vede, è molto felice di essere lì e io sono felice per lui. A lui piace giudicare, piace essere al centro dell'attenzione e la musica è il suo sacro recinto». Una di quelle storie che non finiscono mai anche quando finiscono. «E’ finita. Lui ne parla più di me, ma anch’io ho sofferto l’incredibile. Nel frattempo, ho capito tre, quattro cose fondamentali». Ce ne dica una. «Che devo preservarmi, perché sono una creatura fragile e qualunque cosa può ferirmi. Prima tendevo a testare i miei limiti. Oggi li ho capiti, non m'interessa più sfidarli». Quando si è sentita davvero in pericolo? «Qualche anno fa. Avevo esagerato con il lavoro e la solitudine. Quella era la ragazza del sottoscala, solitaria ma studiosa, sempre alla ricerca e con tanto rumore in testa. Oggi voglio la luce e le persone care attorno. La storia della ragazza maledetta era una camicia stretta, non ne uscivo fuori. Ne ho dette, all'epoca, di spiritose cazzate». A 14 anni era sdraiata sul lettino dell’analista, quando le sue coetanee si sdraiavano su quello dell’estetista. «Ero curiosa di sapere chi fossi. Sentivo che c'era qualcosa che non funzionava in me». L’ha visto il suo amico Abel Ferrara da Chiambretti, felicemente sbronzo? «Piero è simpatico, mi piace, è intelligente». La domanda era su Abel. «Pensavo fosse un maestro, non lo era. Non è rimasto niente. Ne ho avuto tanti di maestri cattivi. Ho santificato persone che non mi hanno dato ma anzi tolto. Detto questo, il suo cinema resta unico, geniale». Si diverte da qualche tempo in radio. «Su Lifegate. E’ il mio hobby, la mia scappatoia. Parto da un tema, le streghe, Gesù, i sintetizzatori, la musica elettronica degli anni anni 50, e lo sviluppo in parole e musica. Ci perdo un sacco di tempo a cercare brani rarissimi che do in pasto al mondo. E’ il mio vizio onanistico». «Ingannevole il cuore sopra ogni cosa», il suo film da regista ma anche il suo smacco. La beffa di J.T.Leroy, il falso scrittore. «Fossi stata meno ebete, l’avrei capito dal titolo che c’era il trucco. Mi vergogno un po’ di esserci caduta. Mi appassionava la storia di quel bambino della sua innocenza rubata. Alla fine, ho tirato un sospiro di sollievo. E’ stato un trauma, mi ha segnato molto, ma mi ha insegnato a non fidarmi più di nessuno». Il cinema italiano non la cerca. «Ho polemizzato anche duramente quando avevo ambizioni d’attrice. Ora non le ho più». Qualcosa di rimarchevole da segnalare? «Mi ha entusiasmato "Gomorra", il più bel film italiano degli ultimi dieci anni. Non è andato agli Oscar? E’ la conferma che vale. Negli ultimi venticinque anni non c’è un film di qualità che abbia vinto l’Oscar». Nonno Dario e nonna Daria? «Mio padre vive per il suo lavoro, ma è presente, si occupa di noi. Certo non lo vedrete mai da nonno col passeggino al parco. Mia madre mi ha insegnato come si dialoga con i bambini. E' lei il mio migliore amico, il mio punto fermo. Senza di lei sarei perduta». La sua giornata tipo? «Sveglia alle sette, vesto Anna per scuola, preparo il brodo per Nicola e lavoro un paio d’ore. Sto scrivendo la sceneggiatura di un romanzo giapponese, "Il fucile da caccia", che sarà la mia prossima regia. Poi la pappa di mezzogiorno. A seguire, il pisolino. Un’oretta abbracciata al bimbo. Poi i compiti con Anna, la merenda, il bagnino, la ginnastica. Cucino per tutti e poi a nanna. Io e Michele ci vediamo un film meraviglioso, dieci minuti, il tempo di sprofondare. Nicola di questi tempi si sveglia spesso la notte». Commovente. «Una signora del palazzo mi ha detto ieri: ma cara Asia non ce l’ha qualche valvola di sfogo? Ma chi la vuole la valvola di sfogo. Io sto benissimo così».

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Task force auto di Obama ecco chi sono e cosa fanno (sezione: Obama)

( da "Repubblica.it" del 01-06-2009)

Argomenti: Obama

MotoriFotoArchivio per meseArchivio per marca LISTINI PREZZI Auto nuoveAuto usateMoto nuoveMoto usate SERVIZI Distributori Gpl - metanoAuto da incentiviIncentivi: lo schemaCommenta tutte le autoEtilometroDatabase veicoli rubatiGuida sicura onlineCrash TestAnnunciLettereAltri serviziRC auto RSS SUPERCAR ABBANDONATE FOTONOTIZIE --> MOTORI Da Rattner a Bloom: tutti i nomi della squadra messa in piedi dal presidente degli Usa che in poco tempo ha rivoluzionato il mondo dell'industria Detorit Task force auto di Obama ecco chi sono e cosa fanno Si sente sempre parlare della task force designata dal presidente Barack Obama per supervisionare la ristrutturazione dell'industria automobilistica americana, dalla Chrysler alla GM. Ma chi sono i componenti di questa squadra? Ecco i quattro personaggi chiave della task-force: STEVEN RATTNER Ex reporter del New York Times, il 56/enne Rattner

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Europee: schede, nomi, foto ecco il Facebook dei candidati (sezione: Obama)

( da "Repubblica.it" del 01-06-2009)

Argomenti: Obama

ROMA - Un sito per raccontare chi sono, che facce hanno, che percorso personale e politico hanno fatto, gli oltre 11mila candidati alle elezioni europee. Anzi, più di un sito, perché www.micandidate.eu si propone come il "Facebook" dei candidati al parlamento continentale, il luogo dove ogni elettore di ogni paese europeo può trovare i propri candidati e, in alcuni casi, interagire con loro. L'idea di base del sito è venuta a tre amici che, nel 2007, pensavando che fosse davvero difficile riuscire a conoscere chi fossero i candidati alle elezioni e che i sistemi tradizionali fossero complicati e lenti, soprattutto non c'era un unico luogo in cui entrare e poter comparare i diversi candidati. Se capita di vedere un candidato in tv che dice delle cose interessanti, ma poi non si ricorda esattamente il nome, qual è il luogo dove si può andare per ritrovarlo. "Non c'era un solo sito imparziale, non partigiano, che offrisse tutte le informazioni", e così i tre amici decisero di far nascere MiCandidate. Il primo tentativo fu fatto con le elezioni generali irlandesi, poi iniziò il lavoro per le elezioni europee. Nel sito ci sono tutti i candidati di tutti i paesi, undicimila in tutto, con foto, biografie, e dettagli della maggior parte di essi. Ed ognuno di loro, se vuole, può attivare tutte le funzioni di "community" legate alla sua pagina, compresa quella delle donazioni per la sua campagna elettorale. Il sito è semplice da consultare, con una serie di menù a discesa che rendono facile la navigazione, ed è scritto in tutte le lingue, italiano compreso. OAS_RICH('Middle'); Il quadro che ne esce è ricco e completo, privo di qualsiasi forma di commento, neutro fino all'ossessione, proprio per consentire a qualsiasi candidato di lasciare le proprie informazioni e a ogni elettore di poterle trovare. E' il primo passo europeo verso le elezioni 2.0 nate con la campagna elettorale di Obama, dove il web può giocare un ruolo sicuramente importante. (1 giugno 2009

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"La fortuna non esiste" nel libro di Calabresi (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 02-06-2009)

Argomenti: Obama

"La fortuna non esiste" nel libro di Calabresi Mario Calabresi sarà per la prima volta da direttore de La Stampa in provincia di Cuneo, giovedì. L'appuntamento è a Fossano, alle 18, nella sala del Castello degli Acaja. Il giornalista-scrittore presenterà il suo ultimo libro «La fortuna non esiste», storie di gente che ha avuto la forza di rialzarsi, registrate in due anni di lavoro al seguito della imponente campagna elettorale di Barak Obama, negli Stati Uniti. Alla presentazione seguirà, ore 21, la prima visione del film-documentario «Terra madre» in cui il regista Ermanno Olmi racconta le genti contadine affluite al raduno mondiale di Torino. Alla serata - oranizzata dalla condotta locale - parteciperà il leader di Slow Food, Carlin Petrini. «Solo la sensibilità di Ermanno Olmi - afferma Petrini - poteva interpretare l'alto valore etico e morale di questa straordinaria assise che è Terra Madre. Una rete planetaria fatta di uomini, pensieri, lavoro e culture presente in 153 Paesi del mondo, che va seminando e coltivando le giuste idee di difesa della biodiversità, rispetto dell'ambiente e dignità del cibo, per un futuro di pace e di armonia con la Natura». Il film su Terra Madre è nato dall'osservazione dei partecipanti al Forum, dal «pedinamento» di alcuni di essi nei loro Paesi d'origine e intreccia storie e suggestioni autoriali, confermando le premesse da cui era sorto, essere un film politico e preveggente. \

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La Gm fallisce per rinascere grazie allo Stato (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 02-06-2009)

Argomenti: Obama

La Gm fallisce per rinascere grazie allo Stato Il governo entra con il 60% per 30 miliardi Ma Obama precisa: non vogliamo gestirla [FIRMA]MAURIZIO MOLINARI CORRISPONDENTE DA NEW YORK General Motors va in bancarotta e affida la propria rinascita a un piano di ristrutturazione che avrà il governo federale come principale azionista. L'eclissi del colosso mondiale dell'automobile, per 101 anni icona del capitalismo americano, si è consumata ieri mattina quando gli avvocati hanno consegnato i libri contabili al giudice Robert Gerber del tribunale di Manhattan mentre, in diretta tv, il presidente Barack Obama parlava dal Gran Foyer della Casa Bianca, dicendo: «Finisce l'era della vecchia General Motors e inizia quella della nuova General Motors». La vecchia Gm muore sotto il peso di 172,8 miliardi di debiti a fronte di 83,2 miliardi di patrimonio, al termine di 60 giorni che hanno visto il presidente Fritz Henderson lavorare assieme alla task force auto della Casa Bianca per porre le basi di un passaggio attraverso la procedura del Chapter 11 - la bancarotta sotto amministrazione controllata - tesa a garantire il rilancio in tempi brevi. I tasselli della nuova Gm sono gli accordi con i sindacati Uaw e con i creditori per un nuovo assetto societario nel quale il governo federale avrà il 60% delle azioni, versando 30,1 miliardi in aggiunta ai 20 già elargiti. «Non vogliamo gestire General Motors» ha assicurato Obama, definendo il governo un «azionista restio» intenzionato a non intralciare «le decisioni su modelli da creare e fabbriche da aprire o chiudere». Resta il fatto che Gm accede al Chapter 11 puntando a rinascere come azienda a forte capitale pubblico: non a caso nella blogosfera è stata subito rinominata «Governaments Motors». Anche i governi di Canada e Ontario entreranno nel capitale, versando 9,5 miliardi. La valanga di soldi pubblici serve a garantire la stabilità di centinaia di migliaia di posti di lavoro scongiurando l'incubo di un'impennata della disoccupazione nel momento in cui l'economia nazionale mostra cenni di ripresa. Ciò non toglie che «i momenti difficili non sono finiti», come ha detto Obama riferendosi alle 12 fabbriche su 20 che hanno iniziato subito a chiudere i battenti in più Stati americani accompagnando l'identica sorte del 40% degli oltre 6000 concessionari. Il Dow Jones ha preso atto del tramonto di Gm depennando le sue azioni «blue chip» dall'indice di Wall Street del quale erano state protagoniste sin dal 1925. Obama si è comunque detto convinto che Gm possa farcela a «rinascere più forte e competitiva» grazie a una ristrutturazione che prevede un punto di pareggio in un mercato con 10 milioni di vetture vendute annualmente - rispetto ai 16 milioni precedenti - e nuove fabbriche per costruire una generazione di auto che consumeranno meno carburante. La fiducia di Obama viene anche da quanto sta avvenendo su fronte Chrysler dove «adottando una serie di misure dolorose si è proceduto velocemente attraverso un efficiente processo di bancarotta», che «dopo appena 31 giorni» mette la casa automobilistica nella condizione di «completare l'alleanza con Fiat» diventando «nuova e più forte». Il successo del patto Fiat-Chrysler per Obama significa che «decine di migliaia di posti di lavoro che sarebbero andati perduti in caso di liquidazione ora sono stati salvati», smentendo così «quei tanti esperti secondo i quali Chrysler una volta entrata in bancarotta non si sarebbe potuta salvare». La realtà invece è che in maggio Chrysler ha venduto più auto rispetto ad aprile creando un precedente di buon auspicio per Gm sebbene «si tratti di un'azienda molto più grande e si una situazione assai più difficile». In ultima istanza il presidente ha fiducia nei consumatori americani e li spinge a «comprare auto Gm» per sostenere un processo di cambiamento «destinato a garantire a una nuova generazione di cittadini di coronare il sogno di competere nel mondo dell'auto e vivere in un mondo più pulito». «Vediamo di fronte a noi il cammino verso il futuro» assicura Ray Young, direttore finanziario di Gm, parlando di «opportunità unica e grande responsabilità» per risollevare l'azienda che venne fondata il 27 settembre 1908 a Flint, in Michigan, da William Durant per produrre le Buick, conquistò il mercato dell'auto ed è ora precipitata nella terza bancarotta più grande della storia degli Stati Uniti.

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"Bisogna gestire l'emergenza viaria" (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 02-06-2009)

Argomenti: Obama

Paese delle libertà LA POLITICA Costigliole Io Cambio IL PASSATO Lista Borriero VETERANO Giovanni Borriero "Bisogna gestire l'emergenza viaria" «Siamo i soli ad avere l'appoggio ufficiale di un partito del governo» La sfida. L'amministrazione Solaro non si ripresenta: in lizza per la fascia un consigliere uscente e due novità L'«ombra» del caso Soria. Dopo lo scandalo ora si cerca di recuperare l'edificio della contessa di Castiglione Enrico Cavallero "Noi, come Obama per il rinnovamento" «Vediamo ambigue relazioni tra maggioranza e opposizione» Guido Icardi "Per il castello ci vuole la ricetta delle 3 A" Da anni in amministrazione «Subito riparare le strade danneggiate dal maltempo» Dopo 10 anni di amministrazione Solaro, Costigliole volta pagina. Come giudica l'operato della giunta uscente? «Quando un sindaco viene riconfermato per due mandati é una persona valida. Per quanto riguarda l'operato si sono privilegiate grandi opere a discapito di interventi forse meno appariscenti anche se sicuramente più utili come le tematiche sociali». Nei primi 100 giorni quale sarà la priorità assoluta? «Sarò garante del rapporti dei cittadini con il Comune, rendendoli partecipi delle decisioni, gestiremo l'emergenza viaria, la sicurezza sul territorio, la riorganizzazione della macchina comunale, il coinvolgimento della popolazione nel progetto Unesco». Dopo il caso Soria qual'è la sua ricetta per rilanciare il castello? «Vogliamo restituire il parco ed il suo castello ai costigliolesi utilizzandolo come sede dell'iniziativa promossa dal Comune e Provincia di Asti "Sud Piemonte - Capitale mondiale del Vino" ricollegandoci anche alla ricorrenza delle celebrazioni dei 150 anni dell'Unità d'Italia». Avete il simbolo della Lega ma non del Pdl. Come colloca politicamente la sua lista civica? «Nessuna lista a Costigliole ha il simbolo del Pdl. Al contrario noi siamo i soli ad essere appoggiati ufficialmente da una componente dell'attuale maggioranza di governo, la Lega. Ci riconosciamo nei valori morali, democratici, cristiani del centro destra». Come Presidente del Consorzio Costigliole lei si è impegnato nella promozione del territorio anche con i consigli di Angelo Soria. E adesso? «Il Consorzio Costigliole si è sempre interfacciato con le istituzioni per lo sviluppo delle sue attività. Continueremo a dialogare con gli enti ed i loro funzionari, indipendentemente dalle loro generalità». Lei è vigile della comunità collinare di cui fa parte Costigliole. Come concilierebbe la sua posizione sia nel caso di vittoria che di sconfitta? «In caso di vittoria continuerò il periodo di aspettativa non retribuita, mantenendo così l'impegno di essere sindaco a tempo pieno. In caso di sconfitta, visti gli atteggiamenti precedenti dei miei avversari, non credo che potrò continuare a svolgere la mia funzione sul territorio costigliolese».Dopo 10 anni di amministrazione Solaro, Costigliole volta pagina. Come giudica la giunta uscente? «Continuiamo a vedere parte della maggioranza e della minoranza uscenti ambiguamente relazionate, limitando nella pratica, l'efficacia dell'azione politica del Sindaco Solaro, a cui i costigliolesi devono comunque riconoscenza per la determinazione e l'onestà intellettuale». Nei primi 100 giorni quale sarà la priorità assoluta? «Rispondere con efficacia ad una serie di esigenze improrogabili tra cui sviluppo del piano per la manutenzione delle strade ed interventi d'urgenza per la piena funzionalità della viabilità; istituzione dello Sportello del Cittadino; pubblicazione di tutti i documenti dell'amministrazione pubblica; codice etico degli appalti e delle assunzioni pubbliche; campagna di promozione turistico/culturale con canali internazionali». Dopo il caso Soria qual'è la sua ricetta per rilanciare il castello? «Abbiamo le idee molto chiare: un centro culturale polivalente che funzioni da punto nevralgico della vita sociale e culturale di Costigliole. Creeremo tra le altre cose: biblioteca e ludoteca, un museo dedicato alla figura della Contessa di Castiglione e un'Enoteca del Territorio. Il tutto sostenuto da una fondazione a capitale misto pubblico/privato». Prima lo zio d'America poi il Road Show. Perché ha preso come modello Obama? «Obama è solo il segnale più forte del cambiamento che sta attraversando il mondo. Nella suo piccolo, «Io Cambio» vuole che Costigliole sia protagonista del cambiamento in atto nel mondo». Lei ha stupito con il suo manifesto «20 anni di minestra riscaldata» e poi ha messo in lista la presidente del consiglio uscente. «La minestra riscaldata era una critica rivolta ad un certo modo di fare politica e non alle singole persone. Il nostro concetto di Comunità (stare insieme per il bene comune) richiama ad un senso di responsabilità, pienamente condiviso da una figura altamente rappresentativa come quella di Bruna Poggio». Costigliole è il suo obiettivo o punta più in alto? «Il mio operato ha un solo obiettivo: Costigliole Eccellenza nel Mondo. Qualunque altro progetto è fuorviante». Dopo 10 anni di amministrazione Solaro Costigliole volta pagina. Come giudica l'operato della giunta uscente? «Non amo dare giudizi sull'operato altrui, ma riconosco che la Giunta uscente ha lavorato molto anche se alcuni obbiettivi non sono stati pienamente raggiunti. Mi riferisco ai temi, peraltro impegnativi, della riqualificazione e fruibilità del castello e parco; della realizzazione di un buon piano parcheggi nel capoluogo; la regimazione delle acque piovane». Nei primi 100 giorni quale sarà la priorità assoluta? «Completare il ripristino delle numerose strade comunali danneggiate dal maltempo e dalle frane. Attuare i primi interventi da noi programmati per la semplificazione amministrativa dei servizi comunali». Dopo il caso Soria qual'è la sua ricetta per rilanciare il castello? «La ricetta "delle 3 A": Aprire immediatamente ai visitatori le parti agibili, per valorizzarle con iniziative sociali, culturali ed enogastronomiche; Attivare ogni risorsa finanziaria esterna per completare i lavori di recupero del castello senza gravare sul bilancio comunale; Accogliere operatori privati disponibili ad attuare, con il pubblico, il nuovo progetto di rilancio». Quali sono state le battaglie più incisive portate avanti tra i banchi della minoranza? «Molte. Mi piace ricordarne una in particolare: avere fortemente lavorato per impedire la realizzazione del parcheggio interrato nel parco del castello. Nella sua squadra ci sono candidati di estrazioni e esperienze diverse. Come mai questa scelta? «La scelta dei componenti della squadra è avvenuta in base alle loro caratteristiche umane e professionali. Sono convinto che il buon senso, lo spirito di servizio e l'affidabilità siano caratteristiche che nulla hanno a che vedere con l'appartenenza politica». Lei è un veterano della politica. Non si è ancora stancato? «La storia ci insegna come i veterani siano stati spesso determinanti per risollevare le sorti della Patria in pericolo. I veterani non si stancano mai , tanto più se hanno, come nel mio caso, a cuore il proprio paese e poche "campagne" alle spalle: assessore comunale dal '90 al '94, vice Presidente della Provincia dal '95 al '99».

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Così il telefonino ucciderà la tv (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 02-06-2009)

Argomenti: Obama

IL «QUARTO MONDO» POTENZA DELLA RETE intervista Manuel Castells Così il telefonino ucciderà la tv Le tecnologie dell'informazione sono un'arma pericolosa: chi non si adatta è tagliato fuori Obama è arrivato grazie a Internet. In Italia il ricambio è bloccato dal sistema politico "Internet e cellulari: dalla loro integrazione il più potente strumento di connettività" ANNA MASERA La comunicazione e il suo profeta INVIATA A MILANO Manuel Castells, 67 anni, spagnolo trapiantato in California, tondo e sorridente, a parte la chioma ribelle e bianca è ben lontano dal «physique du rôle» che ci si aspetta da uno definito dal Wall Street Journal già una dozzina d'anni fa quando scrisse la sua trilogia The Information Age come il Karl Marx dell'era post-industriale. Eppure è uno dei maggiori studiosi mondiali della società dell'informazione che da oltre vent'anni si interessa dell'impatto di Internet sulla società globalizzata. Lo abbiamo intervistato in occasione della sua visita all'Università di Milano Bicocca, dove la settimana scorsa è venuto a parlare di mobilità, cambiamenti sociali e comunicazione nell'era digitale per un convegno sulla formazione a distanza. Internet all'inizio sembrava fonte di ricchezza e di libertà infinita, oggi per molti è causa di disoccupazione, flop economici, cyber-crimini, censura. Tecno-élite vs neo-luddisti. «Lo sviluppo sociale dipende oggi dalla capacità di stabilire un'interazione sinergica tra innovazioni tecnologiche e valori umani, nell'ambito di un nuovo modello che sia sostenibile per la società e per l'ambiente. La difficoltà è convenire sulle scelte politiche e sulle strategie da adottare per realizzarli, c'è un conflitto tra diversi interessi e valori. Manca un'interpretazione universale dei processi di trasformazione». Ce la dia lei, l'interpretazione. «Dalla fine del XX secolo il capitalismo ha vinto nel mondo, ma si tratta di un tipo nuovo che si avvale delle nuove tecnologie dell'informazione e della comunicazione che sono alla radice delle nuove fonti di produttività, delle nuove forme di organizzazione e della formazione di un'economia globale». Lei ha detto: siamo nell'era della confusione informata. che cosa significa? «La comunicazione è il processo fondamentale dell'attività umana, così la connettività ubiqua e permanente diventa un fattore di trasformazione sociale. Nella società sempre connessa in rete nascono nuove figure lavorative, si plasmano nuove strutture familiari, si inventano relazioni e linguaggi. I confini del mondo si espandono, con l'accesso a popoli che finora ne erano esclusi. Ma il ruolo delle tecnologie dell'informazione nel promuovere lo sviluppo è un'arma a doppio taglio: da un lato permette di modernizzarsi rapidamente e diventare competitivi, dall'altro il ritardo di chi non riesce ad adattarsi al nuovo sistema tecnologico tende ad accumularsi. Sta prendendo forma un "quarto mondo", caratterizzato dall'esclusione sociale. Senza alfabetizzazione, c'è solo confusione informata». Quale percorso per uscire dalla crisi? «E' fatto di collaborazione nella società civile, di banche del tempo fra le persone che riscoprono il baratto per sostenersi, di intendere la globalizzazione come tante comunità locali in rete. Internet per tutto questo è ormai indispensabile». In Mobile Communication e trasformazione sociale, lei parla di mediamorfosi resa possibile dal telefonino. Cioè? «Un tempo si parlava di eccesso di comunicazione o di informazioni per colpa di Internet: oggi la gente ne sente il bisogno, si impazzisce se non si può accedere sempre e ovunque all'email. Piuttosto si rinuncia volentieri alla televisione, e questo potrebbe essere il vero inizio della fine per il vostro Silvio Berlusconi. Il più potente e versatile strumento di connettività è diventato il telefonino: vi convergono i diversi media, dall'accesso a Internet ai video alla musica alla messaggistica. La comunicazione senza fili è la tecnologia con la più rapida diffusione nella storia: nel 1991 gli abbonati ai primi telefonini erano 16 milioni, oggi sono 3,8 miliardi (contro 1,4 miliardi di linee fisse), il 60 per cento dela popolazione del pianeta è connesso "wireless". Con un riflesso immenso sulla società». Per esempio, si ridurrà il divario digitale fra chi è connesso e chi no? «In Africa il 30% del budget della gente è allocato alle comunicazioni senza fili, usano le bici per ricaricare le batterie. Nell'era dell'industrializzazione si diceva che senza elettricità non si mangiava. Oggi non si mangia senza Internet». Eppure la Rete è sotto assedio dappertutto: bersaglio di censura, divieti, tentativi di controllarne i contenuti e bloccarne lo scambio di informazioni, a costo di cambiare le leggi o farne ad hoc. «Non è necessario mettere a punto leggi restrittive per limitare la libertà online, basta applicare quelle esistenti. Siamo in una fase di transizione, chi detiene il potere ha paura di questa tecnologia di libera comunicazione. Che non risolve i problemi, semmai li amplifica: i governi temono di perdere il controllo, le aziende temono la libera concorrenza, i politici temono di perdere il seggio. Sono tutti nel panico, si sentono spodestati dai giovani internettiani meglio informati e rapidi a reagire grazie all'accesso ubiquo, forti della solidarietà fra pari in rete». Già: l'informazione è potere. Però intanto al potere la generazione di Internet deve ancora arrivarci. «A dire il vero negli Usa è arrivato Barack Obama, grazie a Internet. In Italia il ricambio generazionale arranca perché il sistema politico è imbrigliato dai partiti e Internet non ha ancora spodestato del tutto la tivù. Ma la rivolta delle banlieu insegna che la mobilitazione della gente che comunica in rete via cellulare ("flash mobs") funziona. E i politici sanno che qualsiasi cittadino con un videofonino può distruggerli, basta beccarli in fallo e caricare il video su YouTube». www.lastampa.it/masera

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Viene dall'Università di Harvard, e si è affermato come consigliere del presidente del sindacato dei metallurgici. Dopo qualche tempo è sbarcato a Wall Street dove ha lavorato con (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 02-06-2009)

Argomenti: Obama

Ron Bloom Viene dall'Università di Harvard, e si è affermato come consigliere del presidente del sindacato dei metallurgici. Dopo qualche tempo è sbarcato a Wall Street dove ha lavorato con la banca Lazard. Tanto lui che Rattner fino a cinque mesi fa non si erano mai occupati di auto dal punto di vista professionale. Secondo chi conosce da vicino Bloom e Rattner il tandem composto da Obama funziona perché mentre Rattner ha un carattere più «riflessivo» Bloom è più duro: «Dice subito quello che pensa».

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Via libera del giudice Chrysler al Lingotto (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 02-06-2009)

Argomenti: Obama

Via libera del giudice Chrysler al Lingotto [FIRMA]GLAUCO MAGGI NEW YORK È il giorno della Fiat che conquista la Chrysler. Nel «mondo che va avanti» del commento dell'amministratore delegato di Fiat Sergio Marchionne al caso Gm-Opel, lunedì primo giugno ha registrato l'approvazione alla vendita delle attività di Chrysler Llc alla nuova società creata con la casa italiana da parte della Corte per la bancarotta del distretto meridionale di New York. Il giudice Arthur Gonzalez ha respinto la richiesta di alcuni creditori e concessionari di Chrysler di bloccare la cessione dell'azienda di Detroit alla Fiat, affermando nelle 47 pagine della sua sentenza rilasciata nella notte tra domenica e lunedì che l'azienda torinese è l'unica alternativa fattibile alla liquidazione immediata. Il tribunale ha accolto in pieno l'argomento portato da Chrysler: il valore del patto con Fiat superano quello di una liquidazione, notando che le sinergie fra il produttore americano e quello italiano possono rendere il valore dell'alleanza superiore alla somma delle parti. L'accordo preliminare tra Detroit e Torino, con la benedizione di Obama, si basava proprio sulla complementarietà fruttuosa della tecnologia di Fiat capace di produrre veicoli più efficienti e della rete commerciale di Chrysler in grado di migliorare l'offerta di autovetture più amiche dell'ambiente sul mercato americano e internazionale. «L'alleanza con Fiat consente a Chrysler Group l'accesso ad entusiasmanti prodotti complementari rispetto all'attuale portafoglio Chrysler, ad una cooperazione tecnologica e ad una più forte distribuzione globale», ha affermato in un comunicato ufficiale la Chrysler. «Il lavoro con Fiat è già in corso per lo sviluppo di una nuova generazione di vetture di elevata qualità ecocompatibili ed efficienti nei consumi». Gonzazalez ha anche stabilito che i maggiori creditori di Chrysler non hanno violato i loro doveri fiduciari accettando le condizioni, pur dure, dell'accordo. I concessionari a rischio di essere abbandonati da Chrysler e un gruppo di fondi pensione dell'Indiana erano gli ostacoli maggiori all'uscita dalla bancarotta di Chrysler e hanno causato una maratona di tre giorni di udienze non stop in tribunale. La sentenza è una vittoria del governo Usa, che controlla la ristrutturazione di Chrysler. La nuova azienda - che si chiamerà Chrysler Group LLC - sarà trasferita ai nuovi padroni: i governi Usa (8%) e del Canada (2%); un fondo fiduciario che copre i costi sanitari dei pensionati Chrysler (55%); e Fiat (20%). Una parte delle proprietà di Chrysler rimarranno in bancarotta per qualche tempo. La Fiat parte con il 20% della nuova azienda ma potrà aumentare la sua quota al 35% se soddisfa certe condizioni, come iniziare la produzione di nuovi motori negli Usa e introdurre un'auto che sappia viaggiare per almeno 40 miglia con un gallone di benzina. Fiat avrà anche l'opzione di arrivare al 51% se Chrysler ripaga i miliardi di dollari ricevuti in prestito dal Tesoro americano. Cerberus Capital Management, il fondo di private-equity che aveva comprato Chrysler per 7,4 miliardi di dollari nel 2007, vedrà azzerata la sua partecipazione. Nel nuovo consiglio di amministrazione il presidente sarà C. Robert Kidder, ex presidente di Borden Chemical Inc. e di Duracell International Inc., ed ex direttore di Morgan Stanley: è stato nominato dal Tesoro Usa. Il ceo di Fiat Sergio Marchionne dovrebbe diventare ceo di Chrysler; e sarà uno dei tre consiglieri scelti da Fiat per il nuovo consiglio di nove membri di Chrysler. Soddisfazione per l'esito dell'operazione Chrysler-Fiat è stata espressa da Obama con un comunicato: «La decisione del giudice che ha approvato la transazione spiana la via alla nuova Chrysler per uscire con successo dalla bancarotta come una nuova, più forte, più competitiva compagnia per il futuro. Solo un mese fa, la esistenza stessa di questa grande società americana era in dubbio. Ora, come risultato del forte impegno del governo Usa e dei duri sacrifici di tutte le parti coinvolte, Chrysler ha una nuova prospettiva di vita e decine di migliaia di posti di lavoro americani saranno salvati».

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"Ma il dialogo vero si farà sul clima" (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 02-06-2009)

Argomenti: Obama

Intervista Joseph Stiglitz L'economista: questo dibattito è una prova di intesa MAURIZIO MOLINARI "Ma il dialogo vero si farà sul clima" CORRISPONDENTE DA NEW YORK Geithner vuole convincere i cinesi a credere ancora nei nostri titoli di Stato ma il vero nodo con Pechino sono i nuovi accordi internazionali sulla difesa del clima». Così il premio Nobel per l'economia Joseph Stiglitz legge il viaggio del titolare del Tesoro a Pechino. Che cosa porta Geither in Cina? «I cinesi sono titolari di quasi un quarto del debito americano. La nostra economia ha bisogno di una Cina che continui a detenere, e ad acquistare, i nostri titoli di Stato. Sono un partner del quale non possiamo fare a meno. È per questo che Obama e Hu Jintao hanno concordato di dare vita ad un dialogo strategico nell'economia». Quale messaggio porta Geithner per convincere i cinesi ad avere ancora fiducia nei bond degli Stati Uniti? «La sua missione è spiegare la ricetta dell'amministrazione Obama per risollevare l'economia nazionale. La validità delle misure adottate fino a questo momento, i piani per l'immediato futuro, le prospettive di crescita: dunque la solidità dell'investimento che i cinesi continuano a fare su di noi. L'intenzione di Geithner è di fornire le informazioni necessarie per consolidare la fiducia di Pechino nella stabilità dell'economia americana». Quali sono i rischi? «Hanno a che vedere con l'altro tema-chiave del viaggio». Di cosa si tratta? «Delle misure contro l'inquinamento per la difesa del Pianeta in vista della conferenza di Copenhagen che avrà luogo a dicembre sotto l'egida delle Nazioni Unite». Qual è il nodo da sciogliere? «Stati Uniti e Cina hanno posizioni differenti. L'amministrazione Obama promuove un approccio globale all'energia ed al clima che punta ad ottenere drastiche diminuzioni delle emissioni nocive nell'atmosferma per migliorare la salute del Pianeta mentre la Cina risponde, non senza averne le ragioni, che i precedenti accordi internazionali sottoscritti assegnano ai Paesi industrializzati la responsabilità di tagliare più degli altri le emissioni nocive immesse nell'atmosfera negli ultimi anni. Il negoziato è sulla quantità di emissioni da ridurre e Pechino appare restia ad assumersi grandi impegni». Un compromesso è possibile? «Su questo sta lavorando Geithner, ma le difficoltà sono molte. L'economia cinese è strutturalmente diversa da quella Usa. Seppur protagonisti di una poderosa fase di crescita, i cinesi rimangono una nazione in via di sviluppo: i loro progressi sono frutto di industrie di tipo tradizionale. Mentre negli Stati Uniti, come in altri Paesi dell'Occidente, l'applicazione di nuove tecnologie per la protezione dell'ambiente è largamente diffusa in Cina è vero il contrario e Pechino teme che, adattandosi agli standard occidentali, potrebbe non essere in grado di mantenere gli attuali ritmi di crescita, innescando ricadute negative a pioggia, dalle conseguenze imprevedibili». Si rischia il corto circuito? «Credo che i motivi di convergenza economica fra Usa e Cina in questo momento siano maggiori delle differenze. La Cina ha interesse nella stabilità economica americana così come gli Stati Uniti considerano Pechino un partner strategico per la crescita globale. Ciò che distingue il presidente Obama è una visione globale dei problemi del Pianeta: da qui la sua volontà di moltiplicare gli sforzi per avere a bordo la Cina nella sfida per salvare il Pianeta e ridurre la dipendenza collettiva dai carburanti tradizionali». E sul fronte del commercio? «Esistono forti attriti, soprattutto sulle regole dell'Organizzazione mondiale del commercio, ma non credo che pregiucheranno l'esito della visita. Anche se Geithner solleverà la questione».

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FRANCESCA PACI (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 02-06-2009)

Argomenti: Obama

Nuovi miti FRANCESCA PACI Casalinga di 47 anni abita in un villaggio scozzese L'11 aprile si presenta allo show «Britain's got talent» Inizia a cantare: le telecamere non la lasciano più, la gente applaude in piedi entusiasta E lei diventa diva in un istante Obama si dichiara suo fan, lei è ospite fissa dei talk show Inizia un maldestro tentativo di cambiare look: sarà la fine CORRISPONDENTE DA LONDRA

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La crisi di nervi della star per caso (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 02-06-2009)

Argomenti: Obama

La crisi di nervi della star per caso Susan Boyle era una casalinga con un sogno: cantare in un musical. Un reality l'ha resa famosa, ma in finale è crollata. Una persona normale può reggere il successo improvviso? L'andirivieni di businessmen e facoltosi sceicchi sauditi che sfila davanti all'impassibile usciere in livrea del Crowne Plaza Hotel di Westminster è quello di un giorno qualsiasi. Se non fosse per una giovane cameriera che chiede come sta Susan Boyle, perché «la notte scorsa sembrava perduta», non resta traccia della star del Britain's got talent che sabato sera ha tenuto con il fiato sospeso 19 milioni di telespettatori, tra cui il premier Gordon Brown, prima d'essere sconfitta dagli street dancers Diversity. Una meteora passata dai servizi fotografici ambientati in questi sontuosi saloni vittoriani alla Priry Clinic dove domenica è stata ricoverata per un crollo nervoso. La favola finisce qui. Allo scoccare della mezzanotte la carrozza è tornata zucca negando l'happy end al sogno della casalinga scozzese dalla voce dolce di Cenerentola e la goffaggine affatto attraente delle sorellastre. «Susan ha fegato, ci vuole coraggio per decidere di partecipare a una trasmissione così» raccontano gli amici di Blackburn, il villaggio scozzese in cui la donna ha trascorso tutti i suoi 47 anni. Bruttina, sovrappeso, vergine per sua stessa ammissione, decisamente fuori moda con quell'abito dorato a forma di sacco e le calze nere pesanti, si è materializzata all'improvviso l'11 aprile scorso sul palcoscenico del talent show Britain's got talent, un'aliena proveniente da un mondo fermo a mezzo secolo fa. Poi ha cominciato a cantare I Dreamed a Dream, un'aria del melodramma I Miserabili, e le telecamere non l'hanno mollata più, diva in un istante come il protagonista del film The Millionaire. «Il successo della Boyle è stato immediato, la sua disfatta è il più grande rovesciamento della storia dei reality», osserva Rupert Adams, portavoce della William Hill, uno dei maggiori bookmaker anglosassoni. In sette settimane e mezzo di gloria la sua interpretazione ritrasmessa da YouTube ha superato i 300 milioni di contatti, Oprah Winfrey e Larry King l'hanno voluta nei loro talk show, Demi Moore e il presidente americano Obama si sono virtualmente iscritti all'affollato Boyle fanclub. Molto più di quanto una casalinga di mezza età impegnata nel volontariato parrocchiale potesse mai immaginare. Moltiplicato da Internet, il volto di Susan Boyle è diventato rapidamente un simbolo, la Marianna delle donne invisibili come l'ha definita l'ex editor di Vanity Fair, Tina Brown, paragonandola all'Hillary Clinton degli inizi. Solo che Susan non è Hillary e quando il pubblico l'ha lasciata sola davanti allo specchio è andata in frantumi. «È una situazione tragica, una donna innocente che ama solo cantare trascinata nel gioco del successo», dice l'ex insegnante di canto Fred O'Neil, amico storico che conosce la debolezza di Susan, nata dopo un parto difficile con un ritardo nell'apprendimento. Da un paio di settimane gli psicologi del talent show denunciavano qualcosa di strano nel comportamento della neostar. Non era solo il maldestro tentativo di cambiare look, acquistare orecchini scintillanti, sorridere con insicurezza mascherata da seduttività alle telecamere spietate. John Boyle racconta gli ultimi giorni della sorella come una sfida corpo a corpo contro la propria fragilità: «Forse avrebbe dovuto cantare un'altra canzone». Invece si è presentata sul palcoscenico come la prima volta, intonando con voce magica il suo desiderio, I Dreamed a Dream. E con naturalezza artificiale ha sollevato l'abito laminato per inchinarsi al pubblico mostrando la calza velata a prova della metamorfosi avvenuta attraverso la tv. «Stava per crollare, sorrideva come chi non controlla più le proprie azioni» nota Jo Hemmings, psicologo del Grande Fratello. Il resto è cronaca. Susan che applaude i vincitori col volto tirato, tradita forse, come ipotizza il giurato Piers Morgan, dalla sovraesposizione mediatica. Susan in reggiseno che corre fuori dal camerino inseguita dai truccatori urlando «Odio questo show». Susan che torna in albergo con l'aria perduta e ne esce accompagnata da medici e poliziotti. «La sua vita è cambiata», ammette il fratello Gerry davanti alla Priry Clinic. C'è il contratto da 9,2 milioni di euro appena firmato con la Sony Bmg, le registrazioni con l'Orchestra sinfonica nazionale Ceca, l'ipotesi d'un'autobiografia da 500 mila sterline. Ma come Jade Goody, star del Grande Fratello morta di cancro due mesi fa dopo aver venduto i diritti degli ultimi istanti di vita, Susan deve aver pensato che la tv potesse affrancarla. Sognava un sogno, di quelli che al risveglio non ci sono più. www.lastampa.it/paci

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fallisce gm. fiat-chrysler, obama ringrazia (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 02-06-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 1 - Prima Pagina Bancarotta pilotata per il gigante Usa: il 60% allo Stato. Auto, giù le vendite, sale la quota del Lingotto Fallisce Gm. Fiat-Chrysler, Obama ringrazia ROMA - Bancarotta pilotata per il gigante americano General Motors: il 60% della nuova Gm sarà controllato dal Tesoro Usa. Auto, calano ancora le vendite, ma sale la quota del Lingotto. E per l´operazione con la Chrysler Obama ringrazia la Fiat. GRISERI, RAMPINI E ZAMPAGLIONE ALLE PAGINE 6 E 7

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in frantumi il mito dell'impresa privata negli usa è l'ora di "government motors" - federico rampini (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 02-06-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 6 - Economia In frantumi il mito dell´impresa privata negli Usa è l´ora di "Government motors" La bancarotta della big dell´auto apre un grande vuoto, e nessuno sa se potrà essere riempito "Ciò che è bene per Gm è bene per l´America", si diceva a Detroit Oggi non è più così La Casa Bianca promette di non interferire nelle decisioni di tipo manageriale FEDERICO RAMPINI «Un parto doloroso». Con toni severi Obama annuncia la bancarotta di General Motors, pilotata da un governo che assume responsabilità senza precedenti nella gestione di un colosso industriale. Mentre gli osservatori più disincantati salutano la nascita di "Government Motors", il discorso di Obama riflette la gravità del momento. Dà il senso di un pezzo di storia del capitalismo che si chiude, senza che vi siano certezze sul modello che verrà. General Motors stava per compiere 101 anni. Ha 54 anni in più del presidente che ora ne eredita il cadavere ingombrante. Obama tenterà di trapiantare i suoi organi ancora sani - se ce ne sono - in un organismo da inventare. Gm fu un esempio di management illuminato ai tempi di Alfred Sloan, studiata e imitata dagli industriali del mondo intero. S´identificò con la cultura dell´automobile che è stata non solo consumismo ma stile di vita, libertà individuale, emancipazione dei giovani, conquista dei grandi spazi nell´American way of life. Fu qualcosa di ancora più importante: un motore di consenso sociale. Contribuì a creare la vasta middle class americana, quel ceto medio unificato che includeva gli "uomini in flanella grigia" del management e i colletti blu addomesticati da alti salari, generosi privilegi sanitari e previdenziali. Grazie a lei l´America coesa dagli anni 50 poteva evitarsi gli spasmi della lotta di classe, con un Welfare aziendalista e poche diseguaglianze sociali. Vi fu un´epoca in cui Detroit era una Silicon Valley, una patria di ingegneri di talento che sfornavano innovazioni destinate a influenzare il mondo. Il suo mitico presidente Charles Wilson mezzo secolo fa coniò una massima che sembrava indiscutibile - «quel che è buono per la Gm è buono per l´America». Oggi l´azienda che ha perso tutti i primati non arriva prima neppure nella corsa alla bancarotta, superata sul traguardo dalla Chrysler. Ma la Gm è troppo grossa per una soluzione alla Chrysler. Per ora non c´è un acquirente in vista, né americano né straniero, neppure per una "New Gm" in cui vengano scorporate dal giudice fallimentare le attività meno decotte. Per ora Obama deve restare azionista al 60%, dopo aver speso già 60 miliardi di dollari di risorse del contribuente. Un altro 12% di azionariato è nelle mani del governo vicino, il Canada, risucchiato per forza nell´operazione per le tante fabbriche presenti sul suo territorio. I detentori di obbligazioni saranno costretti a incassare perdite pesanti, con la conversione dei loro bond in azioni ad alto rischio di evaporazione. I dipendenti subiranno un salasso micidiale: altri 21.000 licenziamenti, da 12 a 20 stabilimenti chiusi. Se non sarà un Frankenstein intento a barcollare per qualche anno verso la dissoluzione finale, la New Gm dovrebbe assomigliare a una mini-Toyota: con auto più piccole, più efficienti, più verdi. E´ la missione assegnata da Obama, che entra sul terreno di una politica industriale attiva. Non faremo del micro-management, non interferiremo nella gestione quotidiana, promette il presidente. Vuole rassicurare chi non crede alle virtù dello Stato-azionista: dal Giappone alla Francia, gli americani sono convinti che i dirigismi pubblici abbiano collezionato più disastri che successi. Ma la logica delle cose spinge inesorabilmente l´America verso esperimenti di Stato-imprenditore. Il mito dell´infallibilità del mercato si è fracassato. Difficile fare peggio del privato. E comunque quando l´azionista pubblico controlla oltre il 70% del capitale di un´azienda, se rinunciasse a esercitare i propri diritti-doveri sarebbe colpevole di alto tradimento. Questo vale anche per la discutibile scelta del governo tedesco sulla Opel. Si può obiettare che la preferenza della Merkel per Magna è dettata dall´illusione di limitare i tagli di capacità, socialmente dolorosi. Ma lo Stato tedesco ci mette tanto del suo. Nessuno può negargli il diritto di sbagliare coi propri soldi. Marchionne e tutti i top manager del suo settore, devono rassegnarsi al fatto che l´industria automobilistica sarà più che mai un settore ad alta intensità di interferenze politiche. Nessun chief executive oggi può considerarsi autonomo dai contribuenti. Il fatto che la bancarotta di Gm fosse una morte annunciata, non toglie al senso di solennità, all´atmosfera di sgomento di fronte a un grande vuoto. Nessuno sa davvero se quel vuoto sarà mai riempito. Nelle crisi cicliche precedenti erano chiare le identità dei vincitori - i giapponesi, i sudcoreani. Oggi vincitori non ce ne sono, malgrado i toni trionfalistici che hanno accompagnato i primi passi dell´offensiva Fiat su Chrysler e Opel. All´orizzonte c´è stagnazione, e un assestamento su modelli di consumo più frugale. Solo Cina e India hanno vasti mercati di prima motorizzazione capaci di una prolungata crescita, e insieme costi di produzione competitivi. L´Unione europea ha il 10% della popolazione mondiale ma il 30% della capacità di produzione automobilistica. E´ un divario destinato a chiudersi. Negli Stati Uniti la Gm fu a lungo il più grande datore di lavoro nazionale. Da tempo l´ha sostituita in quel ruolo Wal-Mart: un colosso della grande distribuzione. Quanta vocazione manifatturiera possa restare in Occidente, è un interrogativo a cui questa crisi deve ancora fornire una risposta.

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bancarotta pilotata per la gm il più grande fallimento industriale - arturo zampaglione (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 02-06-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 6 - Economia Bancarotta pilotata per la Gm il più grande fallimento industriale Il 60% allo Stato. Obama:"Con Fiat Chrysler più forte" ARTURO ZAMPAGLIONE NEWYORK - Il giudice Arthur Gonzalez ha finalmente avallato l´alleanza Chrysler-Fiat e la General Motors ha iniziato ieri mattina le procedure per un fallimento pilotato che segnerà «la fine della vecchia Gm e la nascita di una nuova Gm»: come ha indicato Barack Obama sancendo questa svolta storica che priva Detroit del titolo di capitale mondiale dell´auto. Fondata più di un secolo fa, la Gm è sempre stata il cuore dell´industria manifatturiera americana contribuendo a diffondere negli States la cultura dell´auto. Fino agli anni 80, le Cadillac, le Chevrolet e gli altri modelli del colosso controllavano ancora il 40% mercato d´oltreatlantico. Ma negli ultimi anni l´intreccio di errori manageriali e di altissimi costi del lavoro ha portato a una crisi gravissima, acuita per giunti dalla recessione. Così non solo la Gm ma anche la Chrysler, che si è trovata in condizioni simili, hanno bussato alle porte del governo. «Il collasso di queste società avrebbe avuto conseguenze devastanti per moltissimi americani e per l´intera economia nazionale», ha ricordato ieri Obama, che ha voluto tranquillizzare il Paese (proprio ieri la Gm è stata depennata dall´indice Dow Jones e sostituita dalla Cisco) e soprattutto spiegare le ragioni per cui il governo ha semi-nazionalizzato la Gm e avrà una consistente partecipazione nella nuova Chrysler. «Siamo degli azionisti riluttanti», ha detto il presidente rispondendo alle accuse dei repubblicani di ingerenza indebita nel settore privato. «Se lo abbiamo fatto è perché la crisi finanziaria ha paralizzato il mercato dei capitali e solo un intervento del governo avrebbe permesso la sopravvivenza delle due aziende». Finora la strategia di Obama e del suo team dell´auto guidato da Steven Rattner si è dimostrata vincente. La Casa Bianca ha imposto a entrambe la strada di un fallimento rapido e chirurgico, dalle cui ceneri far emergere società più snelle, non indebitate, focalizzate sul rilancio attraverso modelli innovativi. Per la Chrysler si è concluso ieri il primo round con il nullaosta del giudice Gonzalez alla cessione degli asset buoni a una "New Chrysler" affidata alla gestione di Sergio Marchionne. Il perfezionamento dell´operazione sarà completato tra pochi giorni, ma già ieri Obama ha parlato di «scenari promettenti» legati all´alleanza con la Fiat. Il presidente si è anche rallegrato per la speditezza dell´iter fallimentare - appena 31 giorni - che ora dovrebbe servire da modello per la Gm, anche se le dimensioni del colosso sono tali che nessuno, tanto meno il chief executive Fritz Henderson, pensa che la nuova Gm possa nascere prima di 60 - 90 giorni. Secondo il piano delineato da Henderson e dal team dell´auto, la "New Gm" vedrà il Tesoro americano con il 60% del capitale (legato anche ad altri 30,1 miliardi di aiuti, in aggiunta ai 20 già versati); il governo canadese e quello dell´Ontario avranno il 12%; il sindacato dell´auto Uaw avrà il 17,5 ma rinuncerà ai crediti del suo fondo assistenziale; e i "bondholder", i proprietari di obbligazioni, avranno inizialmente il 10. A dispetto della partecipazione massiccia dello stato, Obama ha assicurato che l´azienda sarà guidata da manager privati senza interferenze. La nuova Gm non avrà le ambizioni di una volta: il business plan si basa su un mercato dell´auto ridotto. E prevede il licenziamento di altri 21mila dipendenti, la chiusura di 11 fabbriche e la riduzione di 1100 concessionari. «Prospettive dolorose», ha ammesso Obama, promettendo di fare di tutto per alleviare i contraccolpi sulle comunità più colpite.

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michael moore torna a "motor city" "solo eco-vetture e tasse sulla benzina" (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 02-06-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 6 - Economia L´articolo Michael Moore torna a "Motor City" "Solo eco-vetture e tasse sulla benzina" ROMA - La bancarotta di General Motors deve essere l´occasione per realizzare il programma di rinnovamento energetico del presidente Usa Obama. Lo scrive sul suo sito Internet il regista Michael Moore, che vent´anni fa esordì dietro la macchina da presa con un film, Roger and Me, dedicato proprio alla crisi del gigante dell´automobile dalla sua Flint, in Michigan. Secondo Moore, gli stabilimenti del gruppo dovranno essere riconvertiti in fabbriche capaci di produrre veicoli ecologici, mentre per convincere gli americani a cambiare stile di vita, il regista propone una tassa sulla benzina di due dollari al gallone.

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la nuova politica elettorale degli uomini senza qualità - edmondo berselli (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 02-06-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 36 - Cultura Immagine Regole Nell´era televisiva, deve imporre un´immagine, un tratto differenziale. L´ultimo uomo politico che si è candidato a sintesi anche visibile di un programma è stato Tony Blair Si può conquistare la nomination per Strasburgo con venti minuti di discorso fiammeggiante, oppure attraverso gli strumenti della nuova politica, cioè le primarie La nuova politica elettorale degli uomini senza qualità Il processo di selezione dei rappresentanti ha subito una mutazione radicale. E mai come quest´anno è stato alto il numero di chi si presenta alle elezioni EDMONDO BERSELLI Il Candidato oggi è una figura imprendibile. Fino a qualche settimana fa, imboccando i vialoni di accesso a Bologna si scorgevano i cartelloni con i volti di Delbono, Cazzola e Guazzaloca, i tre principali competitor per Palazzo d´Accursio. Sembravano facce sconnesse da partiti e movimenti, figure autonominate, simboli celibi della postpolitica, in cui una personalità dovrebbe supplire a una cultura. Adesso qualche elemento di giudizio in più è venuto fuori, affiliazioni, alleanze, filiere: ma i candidati, non solo quelli bolognesi, rappresentano in modo simbolico e reale la grande trasformazione secolarizzante, laica, "weberiana" della politica. A lungo il conflitto politico in Italia è stato uno scontro bruciante di culture: si pensi alla stagione che va dal 18 aprile 1948 alla battaglia del 1976, con i "due vincitori" designati da Aldo Moro, la Dc e il Pci, potenzialmente i pilastri di un futuro bipartitismo "meno imperfetto". In quell´arco di tempo la scelta dei candidati costituiva il culmine di un processo di formazione lunghissimo. Sul versante cattolico implicava la mobilitazione del movimento di Azione cattolica e delle sue articolazioni universitarie, ma senza trascurare la proliferante realtà delle parrocchie, dell´associazionismo professionale, della Coldiretti, della Cisl, delle Acli, del corporativismo "bianco", e infine della struttura correntizia, territoriale e clientelare democristiana. A sua volta, il processo di formazione nel Pci costituiva un servizio al partito attraverso il quale le singole capacità politico-organizzative venivano lentamente affinate, mentre venivano verificati anche una serie di parametri (affidabilità ideologica, compostezza stilistica, razionalità delle scelte immediate, freddezza temperamentale), a cui la scuola interna delle Frattocchie conferiva il sigillo dell´ufficialità, e il gusto del partecipare a un processo di crescita che riuniva anche in modo emotivo le giovani élite del Pci. In confronto, i processi di selezione del personale politico nel Psi e nei partiti laici minori rappresentavano alchimie caotiche, frutto di itinerari largamente casuali. Gruppi di potere locale interagivano e confliggevano nello spontaneismo socialista, così come nel Pri o nel Pli si incrociavano cattedre universitarie e cda bancari. Fuori dall´arco costituzionale, nell´Msi, circolavano autoimmagini di orgoglio e di esclusione, che si rafforzavano a vicenda, quasi sempre senza sbocchi. Adesso non c´è regola. Ci si può conquistare la nomination per Strasburgo con venti minuti di discorso fiammeggiante, com´è riuscito a Debora Serracchiani all´assemblea del Pd; ma in linea generale oggi il Candidato riesce a ottimizzare il proprio itinerario attraverso gli strumenti della nuova politica. Vale a dire da un lato le primarie, che rappresentano una formidabile chance di rovesciamento delle strategie ufficiali (vedi il fiorentino Matteo Renzi, tipico esemplare "trasversale" della nuova specie ultracompetitiva), e dall´altro la cessione esplicita di competenze specifiche sul piano amministrativo e organizzativo. Vale a dire che il Candidato moderno, anche nelle realtà locali minori, non si propone generalmente per un ruolo di rappresentanza politica: figurarsi, con quel che conta un consiglio comunale, praticamente nulla rispetto alle deleghe del sindaco e della giunta; ma individua invece aree di interesse politico-economico a cui è vocato, e offre senza mediazioni alla classe politica locale una professionalità per gestirle. Rimane all´esterno di questo circuito, e proiettato invece verso l´ascesi mediatica, tutto il processo che conduce alla candidatura in quanto espressione di successo comunicativo. Lilli Gruber, Michele Santoro, adesso David Sassoli. Protagonisti del divismo televisivo che trasformano in distillato politico il proprio glamour catodico. E sul lato del centrodestra, a parte le veline, il culto del corpo prestato alla politica: il look di Mara Carfagna e Michela Brambilla esibito come asset pubblico rivendicabile integralmente, perché anche la bellezza è una conquista politica (e proprio per questo non vanno trascurati, ad esempio, i sottolineatissimi vezzi di coloritura maschile offerti dal puntiglio estetico del ministro Roberto Maroni; oppure il calcolo tricologico di Massimo Cacciari; l´understatement torinese di Sergio Chiamparino). Per vari aspetti il Candidato, nell´era televisiva, è un freak della politica. Deve imporre un´immagine, uno sgarbismo, un tratto differenziale. Ed è probabilmente per questo che fa saltare le possibilità di sintesi fra un progetto e la sua personificazione nell´individuo. Dopo i grandi candidati ideologici, come Ronald Reagan e Margaret Thatcher, l´ultimo uomo politico che si è candidato a sintesi anche visibile di un programma è stato Tony Blair, perfetto interprete anche estetico e generazionale del "New" Labour. Mentre nell´alternarsi odierno delle competizioni elettorali sembra prevalere "l´uomo senza qualità", il professionista fungibile, il "tecnico dell´universale" con propensioni mediatiche. Sempre in attesa del leader weberiano, naturalmente, carico di carisma, di un Obama capace di reinventare una parola semplicissima come change. Ma a quel punto non dipende più dal Candidato: dipende dalle astuzie della Storia, dalle macchine elettorali, dalla creatività sociale. Dipende insomma dal momento in cui il Candidato non è più una funzione della politica ma è la deviazione, l´istante in cui è la politica a diventare funzione del Candidato.

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"attacchi al governo, gioco elettorale" - marco trabucco (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 02-06-2009)

Argomenti: Obama

Pagina V - Torino Opere in ritardo I soldi La trattativa Vietti, Udc Morgando, Pd "Attacchi al governo, gioco elettorale" Napoli: su Fiat-Opel non doveva intervenire. Al Piemonte un mare di soldi Il Pd dovrebbe sapere meglio di chiunque altro le ragioni di tanta lentezza: la lunga nebbia ideologica dei vertici La Regione ha ricevuto tutte le attenzioni del caso. La metro non è piovuta dal cielo e per la Tav si farà anche di più A Vietti deve essere sfuggito che i governi che si sono mossi attivamente sono quelli di parte venditrice MARCO TRABUCCO Onorevole Napoli, Morgando del Pd e Vietti dell´Udc accusano il governo di essere stato assente nella vicenda Fiat. E di trascurare il Piemonte. Cosa replica, lei che è vicepogruppo Pdl alla Camera? «Comprendo e rispetto le esigenze dell´opposizione di far sentire la propria voce. Ma aprire bocca solo per dargli aria, come fa Vietti, non mi sembra una gran trovata. Parliamo della vicenda Opel: a Vietti deve essere sfuggito che i governi che si sono mossi attivamente sono quelli di parte venditrice. Obama, che assiste con i soldi dei contribuenti il fallimento di General Motors, la Merkel, che per Opel deve mettere sul piatto 11 mila lavoratori in mobilità. Provate a trasferire questo scenario in Italia e chiedete a Epifani con che cannone avrebbe sparato sul governo. E non basta». Cosa c´è da aggiungere? «Il bello è che il governo tedesco ha poi deciso di varare un prestito-ponte di 300 milioni. Qualcuno ricorda che cosa successe in Italia quando Berlusconi varò lo stesso prestito ponte per Alitalia? Le opposizioni fecero ferro e fuoco contro il governo. Che su Alitalia, in quanto soggetto venditore, fu attivissimo come si conviene a chi vende. Sa dirmi Vietti o chi per lui se sa che il governo canadese o austriaco, visto che Magna è una finanziaria austro-canadese, si siano mossi per l´Opel? Forse lo ha fatto il governo russo visto che Magna è partecipata per il 30 per cento dalla banca russa Srebank. Ma Putin ha un vantaggio sugli altri: ha un consigliere d´affari che si chiama Gerard Schroeder». Morgando e Vietti però accusano il governo e la Lega di privilegiare il Sud Italia rispetto al Nord, vedi i casi di Roma e Catania. Non è così? «Vietti deve mettersi d´accordo con sé stesso: critica il governo perché avrebbe stornato i fondi Fas dal Mezzogiorno, e critica la Lega perché avrebbe votato fondi aggiuntivi per evitare il fallimento dei Comuni di Catania e Roma. Ecco, si decida: o il governo ha tolto troppo oppure ha concesso troppo. Tutte e due le cose insieme non reggono». Nega anche che il Piemonte sia penalizzato da questo governo? «Il Piemonte ha ricevuto tutte le attenzioni del caso. La metro non è piovuta dal cielo, lo sanno il sindaco Chiamparino e la presidente Bresso: essa è stata possibile perché il governo Berlusconi ha messo oltre 5 miliardi di euro per le Olimpiadi. E la timida ripresa del Piemonte ha avuto un volano proprio dalle grandi opere dei giochi invernali. Ancora più incisivo sarà il contributo che verrà dalla Torino-Lione». Però i soldi del governo per la Tav non ci sono ancora. Come mai? «è vero, l´Italia è arrivata tardi e tardi sono state iscritte in bilancio le risorse necessarie per realizzare l´opera. Ma Mercedes Bresso e Vietti sanno dire perché ci sono tanti ritardi sulla Tav? In particolare la presidente della Regione e il suo partito, il Pd, dovrebbero sapere meglio di chiunque altro le ragioni di tanto ritardo che è dovuto solo ed esclusivamente alla nebbia ideologica che fino all´altro ieri ha ottenebrato una parte della classe dirigente di questa Regione. Il governo, faccio notare, ha trasferito al sistema delle Regioni 17 miliardi di euro aggiuntivi per le infrastrutture. Soldi contanti».

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fassino sfida scajola a savona nei vicoli birra gratis, paga vendola (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 02-06-2009)

Argomenti: Obama

Pagina III - Genova Ultimi appuntamenti con i big, prima dell´appuntamento del fine settimana. E Susy De Martini va in barca Fassino sfida Scajola a Savona nei vicoli birra gratis, paga Vendola Duello serrato per le provinciali del ponente, Dopo il via libera del Tar, per il Pdl scende in campo anche il ministro La sciarpa del Genoa che spunta, in zona Cesarini, a sostituire l´elegante pashmina. La conferenza stampa virtuale con giornalisti virtuali e candidata virtuale. La promessa di una birra per tutti (ma solo la prima, che la seconda ve la pagate). E il comizio conclusivo in largo Pertini "perché ha sempre portato bene". Alla fine una campagna elettorale senza comizi in centro (unica eccezione, finora: l´applauditissimo Nichi Vendola a Matteotti per "Sinistra e libertà") e senza sbotti di fantasia, regala qualche (minimo) sussulto. E un nuovo comizio, del Pd. Il ritorno di Fassino - Piero Fassino, ultimo segretario Ds, e ora uno dei leader del Pd, chiuderà domani, mercoledì, la campagna elettorale con una tour faticoso da levante a ponente della Liguria. Al mattino è alle 10 e 30 a Sarzana, poi si sposta a Spezia dove, a mezzogiorno, va a fare un salto al mercato del pesce scortato da Franco Bonanini, candidato dalla Cinque Terre. Alle 15 è a Lavagna, poi a Genova, per il classico comizio di campagne elettorali d´altri tempi, alle 17 e 30 in largo Pertini. "Porta bene" dicono al Pd e in questi tempi difficili anche la scaramanzia ha la sua parte. Con lui sul palco i tre candidati Cofferati, Bonanini, Balzani. Fassino dopo si sposta a ponente con chiusura a Savona alle 21. Lo scamiciato Bonanini - Non c´è stato verso, modo e maniera di convincerlo: in tutta la campagna elettorale, Franco Bonanini ha continuato a vestirsi da descamisado, senza giacca e cravatta. "Votano me, non come mi vesto", ha risposto a chi gli suggeriva un cambio di look. Non gli interessano neppure i sondaggi, in compenso ha usato il suo sito e Facebook per contattare altri elettori. Le sue "veline" sono i contadini e i vignaioli delle Cinque Terre, età media sopra i 70, che per il loro "Faraone", così lo chiamano, si sono scatenati. La sciarpa di Francesca - La sua "capa", la sampdoriana Marta Vincenzi, ha scosso la testa. E non è stata l´unica: quei tremila "santini" con Francesca Balzani avvolta in uno sciarpone rossoblu hanno sorpreso tutti. Che bisogno aveva la "nuova, autentica, democratica" candidata - conosciuta come serio e preparato tecnico - di scivolare su un gesto così nazional-popolare? "E´ una foto beneaugurante: una squadra della città è andata in Europa, chissà che non possa andarci anch´ìo" sdrammatizza la diretta interessata. Una birra di sinistra - Venerdì sera, in piazza San Donato, "Sinistra e libertà" - la lista di Vendola e Fabio Mussi - dà appuntamento alla "movida". Una birra gratis per chiunque passi (e per chiunque voti), ma la seconda si paga (e i soldi finiscono in sottoscrizione): tra gli altri saranno presenti la capolista Monica Frassoni e la candidata genovese Monica Gambaro (è un fisico-sanitario all´ospedale Galliera). Il compagno Ugo - Di cognome fa Intini. E´ stato sottosegretario agli Esteri con Prodi, ex deputato ligure, è soprattutto un socialista da sempre e per sempre che, rispetto agli altri "compagni", quelli comunisti, ha sempre avuto idee un tantino. diverse. Ma adesso il suo Ps sta con gli ex Rifondaroli e ex Ds in "Sinistra e Libertà" e lui che ama tutte e due, la libertà e la sinistra, risponde obbedisco. E si presenta a Genova domani per partecipare all´ultima fase di campagna elettorale. Virtualmente, Marylin - La candidata più coccolata dalla stampa ha chiuso la campagna con una conferenza stampa virtuale: lei sempre in video, i giornalisti che potevano far domande via computer. Dal suo sito si può cliccare il sito di Obama. Chissà se c´è anche reciprocità. La candidata in barca - E´ Susy De Martini, lasciata di fatto a navigare in solitaria dal Pdl, non fosse per l´aiuto di Sandro Biasotti e Enrico Musso. Ordini molto dall´alto hanno sentenziato che dovrà essere votata soprattutto Licia Ronzulli, grintosa milanese. E allora Susy De Martini, dopo la passeggiata elettorale alle spalle del ministro Claudio Scajola, l´altro giorno a Sanremo, ha pensato "mi arrangio da sola". Così da ieri ha portato il suo point elettorale in barca, una barca a vela, perché spiega «Genova vive sul mare e tutti se lo dimenticano». Lei no, vuole il ritorno di Costa Crociere, ha già risposto (pare sia l´unica) all´appello via lettera di Luigi Merlo, il presidente dell´Autorità portuale a tutti i candidati, chiuderà la sua campagna tra terra e mare. Del resto, confida, lei conta soprattutto su i suoi amici. Scajola vs Fassino - Ma anche Susy l´indomita sarà a Savona, domani, mercoledì, per la chiusura ufficiale con il ministro Claudio Scajola. Chiusura doppia, per le provinciali proprio di Savona e per le Europee presenti parlamentari e candidati. Il Pdl ha dato appuntamento alle 21 al Teatro Chiabrera. A quella stessa ora, sempre a Savona, parlerà Piero Fassino, per il Pd. Resta da vedere chi vincerà il duello delle presenze. E dei supporter. (raffaele niri e wanda valli)

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iran, è guerra nel sudest del paese sciiti contro sunniti alla vigilia del voto - vanna vannuccini (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 02-06-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 12 - Esteri La città al confine con l´Afghanistan sconvolta da attentati in serie, l´ultimo dei quali ieri ha fatto cinque morti Iran, è guerra nel Sudest del Paese sciiti contro sunniti alla vigilia del voto La preoccupazione di Khamenei: "Il nemico vuole minare l´unità del nostro paese" VANNA VANNUCCINI TEHERAN - Zahedan, la città a maggioranza sunnita ai confini col Pakistan, è da anni off limits per visitatori e giornalisti. La regione ha un lungo confine desertico con l´Afghanistan e con il Pakistan e già anni fa sembrava una zona di guerra dove tra rocce e pietrisco si vedevano solo presidii militari. La popolazione si lamentava di non poter più nemmeno celebrare le feste di matrimonio, che sono la sola occasione memorabile nella vita di un baluchi. Il Sistan-Balucistan è il luogo di passaggio della droga che viene dall´Afghanistan, la popolazione sunnita è guardata da sempre con sospetto dal potere centrale che teme per la stabilità dell´unità statale dell´Iran e per questo non fa nulla per migliorare la situazione economica di queste province di confine. Ma in questi giorni, alla vigilia di elezioni che hanno risvegliato l´interesse degli iraniani di nuovo convinti dopo diversi anni che il loro voto possa cambiare qualcosa del loro futuro, Zahedan è diventata la polveriera dell´Iran. Non passa giorno senza che ci sia un attentato. L´ultimo, ieri, ha fatto cinque vittime negli uffici della banca Mehr nel centro della città. Se negli anni passati gli attentati terroristici - generalmente rivendicati dal gruppo separatista sunnita Jundullah (i soldati di Dio) - miravano a caserme militari o a acquartieramenti dei pasdaran, in questi giorni ad essere colpita è soprattutto la popolazione civile. Un attentato giovedì scorso alla moschea sciita Amir al-Momenin aveva provocato la morte di 25 persone. Come d´abitudine, le autorità erano intervenute pesantemente e avevano impiccato in piazza tre sospetti terroristi. Dopo l´impiccagione dei tre nella città è stato un susseguirsi di scontri tra sciiti e sunniti, che si sono calmati solo dopo pesanti interventi delle forze dell´ordine. La guida della preghiera del venerdì sunnita di Zahedan, Molavi Abdol Hamid, ha detto al quotidiano Etemad che gli incidenti erano scoppiati dopo che lui stesso era stato insultato e una sua guardia del corpo picchiata, mentre si recava alla moschea sciita colpita per pregare per le vittime. «Il nemico cerca di provocare il caos, minare l´unità del paese e mettere sciiti contro sunniti» ha accusato il Leader supremo Khamenei, facendo appello alla nazione perché «sia rafforzata l´unità». Le prime accuse dopo l´attentato erano state dirette agli Stati Uniti. Questi da anni finanziano le minoranze etniche in Iran nei loro tentativi di "cambiare il regime" teocratico. Il primo a proporre i finanziamenti era stato Newt Gingrich quand´era Speaker della Camera negli Anni 90, ma questi sono poi diventati molto più cospicui dopo una decisione presa dal Senato americano durante la presidenza Bush. Gli iraniani si lamentano che Washington è perciò ancora lontana dal "rispetto reciproco" invocato da Obama. SEGUE A PAGINA 5

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la corea del nord prepara il lancio di un nuovo missile (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 02-06-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 13 - Esteri è stato "visto" dai satelliti Usa La Corea del Nord prepara il lancio di un nuovo missile SEUL - è allarme a Seul per un nuovo, possibile, test nucleare da parte della Corea del Nord. La notizia che il più potente missile nordcoreano, una testata intercontinentale multistadio, capace di raggiungere Alaska e Hawaii, è stato spostato nella base di Dongchang-ri, un importante centro militare ai confini con la Cina, fa temere ai media di Seul che Pyongyang potrebbe preparare un lancio balistico a lunga gittata. Fonti sudcoreane citate dai giornali locali ipotizzano che il nuovo lancio potrebbe avvenire in poche settimane, se non il 16 giugno, quando il presidente Lee Myung-bak sarà alla Casa Bianca da Barack Obama. I timori sono confermati dal segretario alla Difesa Usa, Robert Gates: «Abbiamo osservato alcuni segnali secondo cui essi potrebbero fare qualcosa con un altro missile Taepodong-2, ma a questo punto le loro intenzioni non sono chiare», ha detto ieri. I movimenti del missile sono stati intercettati dai satelliti spia americani: trasportato via treno, è arrivato a Dongchang-ri - il sito sulla costa occidentale della Corea del Nord a 60 chilometri dal confine con la Cina – sabato. La base dista meno di 100 chilometri dall´impianto nucleare di Yongbyon ed è più grande di quella di Musudan-ri, da cui è stato lanciato un missile nei giorni scorsi. Pyongyang ha denunciato l´attività dei satelliti americani, parlando di «200 casi di spionaggio aereo a maggio», con «un aumento di 30 casi rispetto allo stesso mese del 2008».

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"manovra internazionale contro di me" i sospetti di silvio su murdoch - claudio tito (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 02-06-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 10 - Interni Il Cavaliere ricorda il patto con Veronica: "è stata lei a romperlo. E mi secca passare per quello tradito" "Manovra internazionale contro di me" i sospetti di Silvio su Murdoch Timori per i danni di immagine. Gli Usa ancora non confermano il summit con Obama CLAUDIO TITO ROMA - Una manovra internazionale. Una macchinazione che fa perno anche all´estero. Nei mass media e persino in alcuni esecutivi. Ed uno dei protagonisti è Rupert Murdoch. Dopo l´attacco del "Times", Silvio Berlusconi si è fatto la convinzione che contro di lui si stia muovendo in prima fila il "tycoon" australiano. I rapporti con il gruppo "Sky", del resto, si sono incrinati da tempo. L´amicizia si è trasformata in concorrenza. E dopo che l´ultima Finanziaria ha decretato l´aumento dell´iva al 20% per la tv satellitare, tutto è precipitato. La guerra della Rai al "parabolone" non è mai stata così intensa. In gioco c´è perfino l´uscita della tv pubblica e di Mediaset dalla piattaforma del satellite. E lo stesso presidente del consiglio non fa niente per smentire la tensione. «Anche Murdoch fa parte del complotto? Non fatemi parlare di Murdoch. è meglio se lasciamo stare», dice uscendo dal Quirinale dove ha partecipato alla celebrazione del 2 giugno. Insomma, non fa niente per negare. Le osservazioni della stampa internazionale stanno insomma provocando più di una preoccupazione a Palazzo Chigi. Un nervosismo celato solo nelle dichiarazioni pubbliche. «Io sono contento - dice -. Mi rivolgo alle persone che quando mi incontrano per strada mi salutano e mi stringono la mano. Del resto, non mi interessa». Eppure, negli ultimi giorni lo stesso capo del governo ne ha discusso con il ministro degli Esteri, Franco Frattini. Nessuno a Via del Plebiscito nasconde la paura che le ultime vicende abbiano intaccato l´immagine del presidente del consiglio all´estero. Basti pensare che ancora ieri Berlusconi ha confermato l´incontro con il presidente Usa, Barak Obama: «è tutto a posto. Andrò in America». Eppure da Washington ancora non è arrivato la conferma ufficiale. Con ogni probabilità arriverà alla fine di questa settimana. Ma molti temono che il ritardo con cui agisce la Casa Bianca sia un modo per prendere le distanze. Un sospetto confermato nei giorni scorsi dai rappresentanti della diplomazia italiana negli States che hanno spiegato al governo italiano di non aver riscontrato entusiasmo nello staff di Obama. Per il momento, però, l´obiettivo primario del Cavaliere sono le elezioni europee. Le polemiche degli ultimi giorni hanno messo a rischio l´obiettivo del 40% per il Pdl. Il "Noemigate" e il divorzio da Veronica hanno avuto un qualche effetto sui sondaggi. Lo stesso Berlusconi ha ammesso che il suo indice di popolarità ha avuto una flessione del 2%. Dopo l´ultima offensiva di "Libero" contro la signora Lario, però, Berlusconi è sicuro di poter nuovamente invertire il trend e recuperare quanto ha perso nell´ultimo mese. «Certo - si è confidato con i suoi rivelando una certa irritazione - mi secca che ora mi diano del cornuto». Ma sul resto non ha nulla da recriminare. «è passato un giorno - ha fatto notare ad alcuni parlamentari del Pdl che lo hanno chiamato per esprimergli solidarietà - e la signora non ha smentito. Quindi cosa devo pensare?». Dal punto di vista della comunicazione, dunque, l´uomo di Palazzo Chigi ritiene di poter cambiare i rapporti di forza. «C´era un patto con Veronica - ha ricordato - ed è stato lei a romperlo. Un patto sulla nostra vita privata. è stata lei a modificare gli accordi con l´intervista a Repubblica. A questo punto mi sono tolto un peso».

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Deese, arbitro di Detroit 31 anni e laureando (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 02-06-2009)

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Corriere della Sera sezione: Primo Piano data: 02/06/2009 - pag: 6 Il personaggio I primi passi già con Bill Clinton Deese, arbitro di Detroit 31 anni e laureando Non ha ancora trovato il tempo di laurearsi. E fino a pochi mesi fa non aveva neanche mai messo piede in una fabbrica d'automobili. Eppure è proprio lui, un 31enne con la faccia da studente perbene e la barba che gli cresce rada come a un adolescente, l'uomo che sta smantellando un'icona nazionale come General Motors, che ha convinto Barack Obama a scegliere Fiat per il rilancio di Chrysler e che, in definitiva, sta riscrivendo le regole del capitalismo industriale americano. Storia bizzarra, quella di Brian Deese. Molto americana. Figlio di un docente di scienze politiche al Boston College (il padre) e di un ingegnere specializzato in fonti energetiche rinnovabili (la madre), Brian ha avuto il primo contatto con l'establishment di Washington quando è andato nella capitale per lavorare nella cooperazione internazionale. Primo contratto: Nancy Birdsall, fondatrice del Center for Global Development. Poi lo ha chiamato Gene Sperling, all'epoca esponente dello staff economico del presidente Bill Clinton. Li ha subito conquistati con la sua intelligenza e capacità d'analisi. Con il risultato che, quando ha deciso di riprendere gli studi di giurisprudenza alla Yale University, è stato inondato dalle email di amici che lo invitavano a unirsi allo staff elettorale di un candidato democratico. Obama o Clinton? Lui ha scelto Hillary. Consigliere economico. Ha perso. Ma prima di tornarsene a casa ha ricevuto sul Blackberry un messaggio dell'entourage di Obama, che lo cercava per farlo lavorare nella squadra che si sarebbe occupata della crisi dell'auto. Si è trasferito a Chicago, per poi rimettersi in moto verso Washington. Niente aereo, però: non facevano salire a bordo il suo amatissimo cane. Così ha preso la macchina. E la notte l'ha passata, dormendo sui sedili, nel parcheggio della fabbrica General Motors di Lordstown, Ohio, quello dove fin dagli Anni 60 si produ- Brian Deese dello staff anticrisi dell'auto

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Il vecchio mito travolto da sanità e welfare (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 02-06-2009)

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Corriere della Sera sezione: Primo Piano data: 02/06/2009 - pag: 7 La svolta Il vecchio mito travolto da sanità e welfare SEGUE DALLA PRIMA Si ripete dunque lo schema adottato per Chrysler, ma con una variante non trascurabile: all'orizzonte non si intravede nessuna Fiat. Forse il disastro di Gm, troppo a lungo tenuto nascosto, è talmente grande che nessun costruttore ha interesse a farsi coinvolgere o forse anche perché la maggiore delle big three di Detroit è un tale simbolo dell'America che l'America cerca di salvarlo con le proprie forze. Il crac era nell'aria da tempo. Da tre anni, nonostante lo scorporo della Gmac, la banca interna che curava le vendite rateali fonte di utili illusori con i quali il management compensava la debolezza industriale, il gruppo aveva un patrimonio netto negativo. A fine 2008, traducendo tutto in euro, era negativo per 61 miliardi, mentre quello della Toyota era positivo per 85 e quello della Fiat per 11. Per completezza dell'informazione diremo che le uniche altre case con patrimonio netto negativo erano la Chrysler (meno 2,2) e la Ford (meno 11,5). Fallimenti di questa grandezza hanno sempre molte cause. Ma nel caso di Gm e Chrysler la causa principale sembra essere il peso delle prestazioni sanitarie e previdenziali che l'azienda fin dagli anni Settanta si era impegnata ad assicurare ai dipendenti in attività e in pensione: duemila dollari di sovrapprezzo per ogni vettura, un handicap mortale nella competizione con la Toyota, insediata in Alabama e in altri Stati del Sud dove, di fatto, le unions erano fuori gioco. Il welfare aziendale ha offerto a lungo la soluzione più generosa dell'equazione privatistica americana: la salute e la pensione considerate quali occasioni di business, da impostare attraverso contratti individuali o collettivi, e non, come avviene in Europa, quali diritti della persona che lo Stato si impegna a garantire, magari anche appaltandone l'esecuzione a soggetti privati ma comunque finanziandosi con prelievi sui redditi. Nel momento in cui l'oligopolio perfetto di Detroit è stato rotto dalla concorrenza deregolata dei territori, il welfare aziendale si è rivelato una palla al piede. Con un sistema sanitario nazionale, forse, la concorrenza sarebbe stata fatta in un altro modo. Ora l'America, che aveva scelto di favorire i capitalisti, i manager e i consumatori mettendo nell'angolo i lavoratori, si domanda che cosa fare. Guarda al welfare europeo, pensa di tassare i ricchi, entra nel capitale delle imprese ma, come promette il presidente Obama, da azionista riluttante, che affida la gestione ai manager ed è pronto a uscire. Funzionerà? Certo, l'Iri degli anni Trenta fece le stesse promesse. E le public authorities americane, avviate da Roosevelt, sono ancora in piedi. Ma l'interrogativo più serio riguarda le conseguenze che tutte queste operazioni avranno sul finanziatore di Gm: sul rating che gli concedono non le agenzie ma gli investitori. Chi sottoscrivere i Buoni del Tesoro americani? La Cina, in buona parte. E sarà contenta la Cina, potenza automobilistica nascente, che i suoi soldi servano a tenere in vita i concorrenti? Quella stessa Cina che comincia a preferire i diritti speciali di prelievo al dollaro? Massimo Mucchetti Patrimonio negativo A fine 2008 il patrimonio netto era negativo per 61 miliardi, mentre quello della Toyota era positivo per 85 e quello della Fiat per 11 Modello europeo L'America ora guarda al welfare europeo per le garanzie sulla previdenza E entra nelle imprese come «azionista riluttante»

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Il Cairo attende Obama e avverte: (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 02-06-2009)

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Corriere della Sera sezione: Esteri data: 02/06/2009 - pag: 17 L'America e l'Islam Grande interesse per il discorso del presidente al mondo musulmano Il Cairo attende Obama e avverte: «Spetta a Israele fare gesti di pace» Il ministro Gheit: da parte araba in passato molte aperture DAL NOSTRO CORRISPONDENTE GERUSALEMME Con quel nome può dire ciò che vuole. E infatti i giornali egiziani lo titolano per intero: Barack Hussein Obama. Il primo presidente americano «di bell'aspetto e di buone maniere », questo significa Hussein. L'unico che abbia vissuto un po' d'infanzia musulmana. Il primo che abbia scelto l'aula magna dell'Università Al Ahzar, la più grande scuola islamica del mondo, per parlare al mondo arabo. Il solo a inchinarsi davanti ai Gran muftì dell'Egitto sunnita, Muhammad Tantawi e Ali Gomaa, e dopo avere reso omaggio ai custodi sauditi della Mecca, e con un discorso che raggiunga le madrasse dal Marocco all'Indonesia. «Questo dice Ahmed Aboul Gheit, ministro degli Esteri di Mubarak è il posto migliore che potesse scegliere: da qualsiasi altra parte, qualunque cosa abbia deciso d'annunciarci giovedì, avrebbe la metà dell'effetto». Otto ore cairote. Già, ma per dire che? «Desidero usare questa occasione ha anticipato Obama per presentare un messaggio su come gli Stati Uniti possono migliorare le loro relazioni con il mondo musulmano». A scanso d'equivoci, Gheit chiarisce cosa non vuol sentire: la settimana scorsa, il ministro egiziano è stato invitato a Washington da Hillary Clinton, c'erano loro due e i capi delle sicurezze nazionali, e lì è stato sondato su un eventuale refresh della pace araba con Israele. «Io ho risposto che, dopo Oslo, alcuni Paesi arabi diedero a Israele la possibilità d'aprire uffici nelle loro capitali confida Gheit a un giornale saudita . Però adesso questi Paesi vogliono vedere da Israele gesti concreti, prima d'aprirsi a nuove iniziative ». Messaggio chiarissimo: non esiste «un mondo arabo», esistono molti governi con vedute diverse, e comunque non si può chiedere loro il riconoscimento d'Israele «quando c'è un ministro israeliano non lo cita, ma si riferisce ad Avigdor Lieberman che un giorno si alza e dice: il numero degli arabi in questo Paese è salito troppo, dobbiamo ridurre il loro peso demografico per mantenere l'identità ebraica, quindi gli arabi israeliani se ne devono andare via, in Palestina o fuori da Israele». Altro che Iran. Altro che gli allarmi da Gerusalemme, coi servizi israeliani che avvertono: «Entro l'anno, Teheran avrà l'atomica». La posizione araba è chiara e l'ha già spiegata Mubarak: il nodo è sempre la questione palestinese. Per il governo del Cairo, che ha pessimi rapporti con gli ayatollah, il dossier nucleare è un tema secondario. E anche la fatwa lanciata in queste ore da Ali Gomaa, contro chi fabbrica armi di distruzione di massa che «mettono in pericolo la vita di musulmani e non musulmani», ci si premura di non considerarla uno schiaffo agli ayatollah: casomai un altolà a Israele. Che un segno di distensione, peraltro, l'ha lanciato: togliendo il veto alla candidatura Unesco di Faruq Hosni, il ministro della Cultura egiziano pronto a «bruciare» nella Biblioteca di Alessandria i libri scritti in ebraico. Mai così blindati, al Cairo. Trentamila poliziotti, tremila uomini dei servizi. Gli elicotteri della Marina che seguiranno Obama passo passo. Un sondaggio Gallup dice che questo presidente ha un credito enorme fra gli arabi: il 25% di simpatie in Egitto (Bush aveva il 6), il 29 in Arabia (contro il 12), il 37 in Tunisia (14), il 15% in Siria (4, il predecessore). Sarà più Barack o più Hussein? «Le attese e i dubbi riassume Al Ahram, il giornale più diffuso sono tanto grandi quanto esagerati». Francesco Battistini Attesa Un commerciante del Cairo espone una targa di «Obama, nuovo Tutankhamon del mondo» (Reuters/Amr Abdallah Dalsh) \\ «Non si può chiedere di riconoscere Israele, quando c'è un ministro israeliano che si alza e dice: il numero degli arabi in questo Paese è salito troppo, se ne devono andare» (Aboul Gheit)

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Nancy sgrida Barack: non mi ha invitato (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 02-06-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Esteri data: 02/06/2009 - pag: 17 Il personaggio La moglie di Reagan: «La notte mi appare Ronald e gli parlo» Nancy sgrida Barack: non mi ha invitato DAL NOSTRO CORRISPONDENTE NEW YORK Cinque anni dopo la morte di Ronald Reagan l'anniversario ricorre il prossimo 5 giugno - Nancy Reagan parla ancora con il marito defunto. Lo ha rivelato la stessa ex first lady in una rara intervista concessa a Vanity Fair dalla sua villa di Bel Air, in California. «Suona strano, ma lo vedo: se mi sveglio di notte e penso che Ronnie sia lì, comincio a parlare con lui e a scorgerlo. Un giorno ci ricongiungeremo nell'aldilà». All'ex first lady, accusata per anni di aver organizzato sedute spiritiche alla Casa Bianca, non è andato a genio che nella sua prima conferenza stampa Barack Obama abbia ridicolizzato questa sua bizzarra passione per lo spiritismo. E anche se lo scorso novembre ha votato per il repubblicano John McCain, si è offesa per non essere stata invitata da Obama nel Giardino delle Rose in occasione dello storico annuncio sulla liberalizzazione della ricerca sulle cellule staminali. «Peccato per lui dice sarebbe stata una mossa politica molto astuta». Più lineare il rapporto con Michelle Obama che dopo l'insediamento la chiamò per chiederle consigli. «L'ho incoraggiata ad aprire la Casa Bianca alle cene di Stato rivela Nancy intrattenere alla Casa Bianca è la cosa più facile del mondo. Non ci vuole nulla». E infatti i Reagan fecero da padroni di casa a ben 56 banchetti di stato in otto anni, contro i solo sei di George W. Bush e della moglie Laura. Con Barbara Bush, com'è noto, correva pessimo sangue. «Nancy escludeva deliberatamente George Sr. e Barbara dalle esclusive cene che organizzava alla Casa Bianca per vip quali il Principe Ranieri di Monaco e il Principe Carlo d'Inghilterra», scrive Vanity Fair. Ma secondo l'entourage californiana di Nancy sarebbe stata Barbara Bush, «una aristocratica Wasp dell'East Coast con la puzza sotto al naso» a snobbare i Reagan che considerava nouveauxriches. Eppure nessun altra first lady, tranne Hillary Clinton, fu altrettanto potente. «Nancy era il direttore personale di ogni singola operazione politica del marito», spiega a Vanity Fair Stuart Spencer, per anni consulente di Reagan. Quando nell'87 l'allora vicepresidente Bush Sr. decise di far fuori il Capo di Gabinetto Donald Regan andò dritto da lei. «Ronnie odiava anche solo il pensiero di licenziare qualcuno spiega Nancy ma appena gli dissi che Regan mi rendeva la vita impossibile e mi aveva sbattuto il telefono in faccia non esitò a mandarlo via». E se tra i tanti nemici annovera anche Al Haig («non mi è mai piaciuto») non se la sente di criticare Richard Nixon. «Non l'ho conosciuto abbastanza per dire se mi piacesse o no. Era un uomo strano e mi è dispiaciuto come è andata a finire. Ronnie lo riteneva un esperto di affari esteri e ne cercava i consigli». Che dire di quanti, come il premio Nobel Paul Krugman, imputano l'attuale recessione alla Reaganomics? «Non so nulla di economia replica però sono certa che Ronnie non abbia piantato neppure un seme cattivo». Alessandra Farkas La coppia Ronald Reagan, morto nel 2004 a 93 anni, presidente Usa dal 1981 al 1989. Arrivò alla politica dopo un trascorso da attore a Hollywood. Anche la moglie Nancy, 88 anni il prossimo 6 giugno (a destra), recitava Cellule staminali «Sarebbe stata una mossa astuta avermi al fianco il giorno dell'annuncio sulle cellule staminali»

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Medico abortista ucciso, fermato fanatico dell'ultradestra (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 02-06-2009)

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Corriere della Sera sezione: Cronache data: 02/06/2009 - pag: 21 Stati Uniti L'uomo sospettato dell'uccisione di George Tiller è legato al movimento Freeman. Aveva l'occorrente per fabbricare una bomba Medico abortista ucciso, fermato fanatico dell'ultradestra WASHINGTON Scott Roeder è un anti-tutto. Non riconosce la legge federale. Sospetta che nelle banconote da 5 dollari ci sia un filo magnetico che permette «allo stato di controllare i cittadini». Ritiene che uccidere chi pratica gli aborti sia un gesto moralmente giustificabile. Quasi che fosse un ordine di Dio. Per questo ha assassinato, domenica mattina, in una chiesa luterana di Wichita, Kansas, il ginecologo George Tiller, un medico abortista al centro di polemiche furibonde. Dopo il delitto, Roeder, 51 anni, è fuggito sulla sua Ford Taurus ma è stato intercettato dalla polizia. Sulla vettura spiccavano due adesivi. Il primo una rosa rossa, simbolo degli antiabortisti. Il secondo un pesce stilizzato con la scritta Jesus. Un rapido controllo ha permesso agli agenti di capire che era lui l'uomo che cercavano. Nei loro archivi c'è molto su Roeder. A cominciare dall'arresto, nel 1996. Una pattuglia lo ferma perché va in giro con una targa della vettura non regolare. Al posto dei numeri ha fatto scrivere: «Proprietà privata sovrana. Immunità dichiarata dalla legge». Nel baule trovano quanto basta per costruire una bomba. Roeder è legata al movimento Freeman, estremisti che non riconoscono l'autorità, sono contrari a leggi e tasse. Inoltre, all'epoca, aveva rapporti con la «Kansas Unorganized Citizen Militia», altra formazione dell'ultradestra. Oggi uno dei leader minimizza: «Era un bravo ragazzo, solo che era ossessionato dalla questione dell'aborto». Un soggetto tabù per Roeder che per fermare i medici era pronto a tutto. Una volta si è presentato all'ambulatorio del dottor Robert Crist ed ha chiesto di incontrarlo. Quando il medico è uscito per parlargli, Roeder lo ha fissato per una quarantina di secondi e poi ha detto: «Bene, ora ho visto il tuo volto». E se ne è andato. Un riconoscimento diretto che ha lasciato nel terrore Crist. Il presunto killer, in questi anni, ha continuato a frequentare le ali più dure del movimento anti-abortista. Si nutriva, in particolare, della propaganda di «Prayer and Action News» sempre in prima linea nella campagna di mobilitazione e inviava email incendiarie all'associazione Operation Rescue, altro gruppo che ha contribuito a far crescere l'intolleranza. Nei suoi messaggi l'assassino ha paragonato Tiller al medico nazista Mengele sostenendo che doveva essere fermato. «Aveva problemi mentali», ha spiegato il fratello cercando giustificazioni. «Era contro il mondo» ha ribadito l'ex moglie. Una relazione finita con un divorzio e la fine dei rapporti tra Roeder e il figlio ventenne. Un solitario dal carattere difficile ma che non rappresenta un caso isolato. Le autorità hanno, infatti, adottato misure di sicurezza supplementari per proteggere altri potenziali bersagli. Un intervento dopo le parole di condanna del presidente Obama che ha nel suo team una persona molto vicina a Tiller. Il segretario alla salute Kathleen Sebelius, originaria del Kansas e a favore dell'aborto. Un peccato gravissimo agli occhi dei movimenti pro-vita, alcuni dei quali non hanno stemperato gli attacchi neppure in questi momenti. Per loro Tiller «resta un killer di bambini». Guido Olimpio I messaggi Il presunto killer inviava messaggi in cui paragonava Tiller al medico nazista Mengele sostenendo che doveva essere fermato Il memorial Fiori in ricordo di Tiller

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Missione Cina Geithner rassicura sui titoli Usa (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 02-06-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Economia data: 02/06/2009 - pag: 27 Il viaggio Missione Cina Geithner rassicura sui titoli Usa MILANO Le accuse di manipolare il cambio yuan-dollaro sembrano un ricordo lontano. Nel suo primo giorno di visita in Cina, il segretario Usa al Tesoro, Timothy Geithner, ha tenuto ieri soprattutto a rassicurare Pechino sulla solidità della valuta americana: «Gli investimenti cinesi sono al sicuro ha sottolineato parlando all'università della capitale . Gli Stati Uniti rappresentano il maggiore mercato mondiale dei capitali e l'amministrazione Obama è impegnata a mantenere il dollaro forte e a ridurre il deficit fiscale». Un messaggio che suona come una risposta ai crescenti dubbi cinesi sulla necessità di diversificare gli impieghi generati dal surplus del Paese, tanto che nei mesi scorsi alcuni esponenti del governo di Pechino avevano sostenuto l'opportunità di orientare le riserve della banca nazionale non più solo verso il dollaro ma verso un paniere di valute analogo a quello dei diritti di prelievo dell'Fmi, che comprende anche euro, yen e sterline. Un'ipotesi insostenibile per gli Usa: secondo Washington, la Cina detiene infatti buoni del Tesoro Usa per 768 miliardi di dollari. Secondo altre fonti, gli investimenti cinesi sarebbero addirittura superiori a 1500 miliardi di dollari. Di certo, l'invito di Geithner a «lavorare insieme» per riportare fiducia nell'economia mondiale è stato accolto con favore. «Cina e Usa stanno mostrando una forte volontà di intensificare i loro rapporti», ha confermato il vice premier Wang Qishan. G.R. A PECHINO Il segretario al Tesoro degli Stati Uniti, Timothy Geithner, in missione in Cina

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Natale, la super banchiera (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 02-06-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Economia data: 02/06/2009 - pag: 29 Il personaggio La nuova Chief financial officer di Unicredit: preferisco parlare di valorizzazione di talenti Natale, la super banchiera «Dico no alle quote rosa» «Mi attrae più Carla Bruni di Hillary Clinton, per la sua frivolezza» MILANO A sentir parlare Marina Natale, la nuova signora della banca italiana, si ha la sensazione di entrare in un mondo diverso e lontano anni luce da quello che ogni giorno ci assale, dove la meritocrazia non è una chimera, la competenza è valore sovrano, lo studio non scatena allergie, le scorciatoie non sono ammesse. Parole desuete che invece sono l'architrave su cui con tenace naturalezza Marina, 47 anni da Saronno, una laurea in economia alla Cattolica, ha costruito gradino dopo gradino il suo successo di donna fino ad arrivare a essere celebrata Cfo (la nomina è del 28 aprile) di Unicredit. Nel gruppo da 21 anni, era stata lei a curare la fusione con Capitalia, per dirne una fra le tante. Mamma di Matteo, liceale sedicenne con piccola crestina di gel «ma non patologica», niente trucco (perché non saprebbe «da che parte cominciare ») su un volto sempre abbronzato frutto di lampada regolare il sabato mattina, Marina l'anti-velina per eccellenza ha puntati su di sé gli occhi di molte donne speranzose che dall'alto del suo nuovo fortunato incarico esterni a favore della categoria; che si esprima su quel divario che ancora c'è fra il numero, rilevante, di donne che lavorano, e quello, molto esiguo, di donne che arrivano al top: è il famoso soffitto di cristallo che nonostante tutto, nell'anno di grazia 2009, persiste e ancora non si riesce a infrangere. Ma Marina, per quanto ben conscia del problema, non diventa per questo condiscendente: «Il soffitto non va toccato se non si hanno le capacità. Sono contro le quote rosa, e poi per il business il sesso non è rilevante. Preferisco parlare di valorizzazione dei talenti». E in politica? Qualcuna sostiene per paradosso che ci sarà parità quando una donna scema occuperà un posto di responsabilità, come già talvolta avviene con gli uomini. «Per quanto riguarda la politica non mi esprimo, ma io spero che mai in posti di responsabilità ci siano degli incapaci, siano essi uomini o donne». Unica concessione che è disposta a fare è che per arrivare non basta essere brave, competenti e lavoratrici, ci vuole fortuna: «Certo, se non c'è quella il resto non vale, e io riconosco di essere stata davvero fortunata a trovare colleghi che in tutti i modi mi hanno valorizzato, anche presentandomi in modo tale che i personaggi al top che ho incontrato in questi anni non mi hanno mai sottovalutato o scambiato per l'assistente del capo». Ma la prima fortuna è stata quella di aver potuto sempre contare su un pronto soccorso familiare di alta gamma che le ha fatto vivere la maternità e la carriera «senza angoscia». Una qualificata rete di aiuti imperniata sulla scelta di vivere a Uboldo, paese di meno di mille anime a due passi da Saronno e a mezz'ora da Milano, dove vive in una casa di famiglia risistemata, con il figlio, la baby sitter Cecilia sempre la stessa, sempre di Saronno, e il marito Mauro compagno di liceo e di università: «Io studiavo come una secchiona tutto l'anno e prendevo 30 e lode racconta Marina lui si impegnava gli ultimi due giorni e prendeva 28 e poi diceva: "È perché sono più intelligente"». «O forse dice lei era solo più bravo a parlare di cose che non sapeva». Prima della classe? «Purtroppo sì». Oggi Mauro, che è stato capo della ricerca in Mediobanca è private banker: «Lui è più flessibile e si diverte con mio figlio. Loro mangiano sempre insieme, io no, arrivo molto tardi magari per il dopo cena, ma torno sempre a Uboldo, voglio fare la doccia a casa mia» e così, anche nel periodo più duro delle privatizzazioni, Capitalia in testa, è sempre tornata a Uboldo, magari alle 5,30 di mattina per ripartire prima delle 7 alla guida della sua Audi Q7. Non per questo delega l'educazione di Matteo. Discussione emblematica del loro modello familiare: Marina è capace di dibattere mezz'ora con il figlio per farlo tornare casa un quarto d'ora prima. Commento del marito: «Mezz'oretta persa per guadagnare forse un quarto d'ora». Improduttivo? «No, le regole servono» insiste lei. Cosa consiglia alle altre, magari brave, ma che sono inciampate in contesti meno felici? «Io penso che bisogna aiutare le persone che lo meritano, e quindi anche noi donne rientriamo nel ragionamento, andiamo valorizzate nella misura in cui ce lo meritiamo». Oggi però, gli stessi capi uomini riconoscono non solo che sono troppo poche le donne al vertice, ma che sarebbe meglio per la salute delle imprese averne di più, tanto che Unicredit, insieme a Microsoft a Vodafone e tanti altri, ha lanciato ValoreD, per avviare nelle aziende una nuova era. Lei pensa che servirà per tutto ciò un network femminile, una versione riveduta e corretta del Branco rosa: insomma meno rivalità e più solidarietà fra donne? «Mai fatto branco, con uomini o con donne» non demorde Marina. Amiche? «Sì, due: un'amica, Anna, e un amico, Matteo, dai tempi del liceo ». Fra tre diversissime proposte per l'immaginario femminile contemporaneo, Hillary Clinton, Michelle Obama e Carla Bruni, Marina sceglie a sorpresa l'ultima, la più lontana da sé. «Sono più attratta da lei perché è frivola». In fin dei conti l'esigentissima Marina - che ha organizzato il suo shopping con mira strategica, scegliendo due buone commesse, una da Prada di Montenapoleone, l'altra da Jil Sander e porta sobri tacchi 7, ma quest'anno vuol concedersi qualche plateau - rimpiange poco: «Vorrei saper essere leggera, non prendere sempre le cose sul serio». Ma per quello bisogna esserci nati, averlo nel Dna. Maria Luisa Agnese La carriera Nel gruppo da 21 anni: «Sono stata fortunata, non mi hanno mai scambiata per l'assistente del capo»

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Il basket spettacolo di Doctor J (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 02-06-2009)

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Corriere della Sera sezione: Sport data: 02/06/2009 - pag: 42 L'intervista È stata la stella degli anni 70 e 80. E Michael Jordan ammise: senza Julius non sarei mai esistito Il basket spettacolo di Doctor J «La ricetta? Segnare meno punti» Erving: «Il mio erede è Paul: non pensa a schiacciare, ma alla squadra» Julius Erving, come dobbiamo chiamarla? Mr. Erving, Julius o Doctor J? «Scelga lei. La maggior parte della gente mi chiama mr. Erving. Ma i fan mi chiamano ancora Doctor J. In famiglia naturalmente mi chiamano Julius... Allora Doctor J, senza dubbio. Da dove viene il suo soprannome? «Risale ai tempi dell'adolescenza. Prima era semplicemente Doctor, o Doc. Doctor J è nato con la mia carriera professionistica, intorno ai 21 anni. Doc, invece, mi ci chiamavano già a 13 anni». Di chi è il copyright? «Di un amico. Io lo chiamavo ''il Professo-- re'', e lui per risposta mi chiamava ''il Dottore''. E come è diventato di dominio pubblico? «Mah... mi pare che durante una partita, giocavo davvero bene quel giorno, un commentatore tv di fronte a me abbia detto: non ho più parole per definirlo. Mi sono girato e gli ho suggerito: call me the Doctor, chiamami il Dottore». E Doctor è rimasto. «A quanto pare». La sua carriera è decollata nell'Aba. Ci sono giocatori che sono uomini-simbolo di una squadra, lei è stato l'unico a essere l'uomosimbolo della lega. Com'erano i tempi dell'Aba? «Be', erano davvero bei tempi. Ho avuto la fortuna di giocare in giro per il mondo come ambasciatore della pallacanestro». Poi il passaggio alla Nba. È stato difficile? «Ma no, non direi. Credo che altri fattori, nella transizione, siano stati difficoltosi. Giocare a basket era la parte più semplice; la parte difficile era costituita da elementi di politica e strategia. A Filadelfia mi chiesero di giocare ''un po' meno bene'', tra virgolette, di essere meno spettacolare e di segnare meno per mettermi al servizio della squadra». Che cosa ricorda delle partite contro avversari come Magic Johnson, Bird, Jabbar? «Che dire... i duelli erano spettacolari, così come lo era anche la rivalità tra alcuni di noi. Con i Philadelphia 76ers forse avremmo potuto fare di più, ma siamo pur sempre arrivati alla finale 4 volte in 7 anni». Ci sono differenze tra i giocatori della sua generazione e quelli di oggi? «I giocatori di oggi sono più grossi e più forti, sono allenati meglio, così come sono migliori le attrezzature, l'abbigliamento, le scarpe, le condizioni in cui vanno in trasferta, il trattamento finanziario. È il progresso ». E dal punto di vista tecnico? «Be', credo che sapessimo usare al meglio i fondamentali. Oggi il desiderio di distinguersi in campo ha un po' sacrificato quei fondamentali, ma a conti fatti i risultati ci sono, e il basket continua a essere entusiasmante ». Tra i giocatori di oggi, chi la emoziona? «Chris Paul. È il più divertente. Il classico giocatore che vorresti avesse sempre il pallone tra le mani. E anche se Kobe e LeBron possono essere più dominanti, credo che Paul sia eccezionale nel valorizzare qualsiasi compagno in campo, si trattasse anche del dodicesimo ». Quando ha scelto per la prima volta il basket? «Non sono stato io a scegliere il basket, ma il basket a scegliere me...». Come è successo? «Vede, avevo molti amici che erano molto bravi, sicuramente più bravi di me, e parlavano spesso di diventare i migliori. Tutti lo vogliono, in realtà, ma sono in pochi a riuscirci. E così i talent scout ti chiamano, ti mettono alla prova, e sta a te provare di essere all'altezza». Quando si è ritirato, ha detto che non avrebbe mai potuto accettare di diventare una riserva. Per quanti anni avrebbe potuto ancora giocare ai massimi livelli? «Penso un paio. Però quando si parla di longevità di una carriera sportiva, 16 anni sono davvero tanti. Se poi diventano 17, 18... 19 o addirittura 20, vuol dire che ti stai aggrappando a qualcosa, invece di andare avanti». È stata dura lasciare? «Quando è ora è ora. Può essere anche un momento difficile, dal punto di vista emotivo, ma mi sentivo pronto». Ripensandoci, quali sono i momenti più eccitanti della sua carriera? «Molti, in realtà. I primi periodi, quando imparavo a muovermi. La mia prima partita. L'inizio di ogni stagione, i miei 16 All Star Game, essere nominato per 3 volte Mvp. Il tabellone che segna 0-0 a inizio partita. L'ingresso nella Hall of Fame». Ha mai sentito parlare di «tomahawk »?... «Come no...». Ce lo descrive? «Veniva chiamata così la mia schiacciata, quando staccavo dalla linea del tiro libero e arrivavo altissimo sopra canestro... In realtà io giocavo sempre con un occhio ai possibili varchi, a quella che definivo ''la luce''. Magari si trattava di uno spazio tra due difensori, oppure di superare un difensore particolarmente grosso. Certo, poi mi piaceva completare l'azione col tomahawk. Anche se, confesso, io non lo chiamavo così...». E come lo chiamava? «In nessun modo. Ma ai tifosi piaceva questo nome...». Il suo modo di giocare era sempre spontaneo o in qualche modo era pianificato? «Assolutamente spontaneo. Non ho mai iniziato una partita pensando ''farò questo, e poi quest'altro'', eccetera. Preferivo sempre attenermi ai fondamentali del gioco e poi improvvisare». Sia sincero. Chi era il giocatore più spettacolare? Doctor J o Michael Jordan? «Forse lui... anzi, sicuramente lui, anche se posso dire che non ne avevo paura. Credo che Michael abbia imparato molto da me, e che lo abbia poi sviluppato. Vederlo giocare mi piaceva moltissimo, ed eravamo amici. Comunque il compito di ogni nuova generazione è di superare quella precedente. Se i giovani non vanno oltre quello che i ''vecchi'' hanno raggiunto, allora vuol dire che il sistema non sta funzionando». Jordan ha dichiarato: «Senza Doctor J non sarebbe mai esistito MJ». «Lo ringrazio per questo». Lei, invece, ha dichiarato: «Devo sempre tenere a mente che sono qui perché possiedo un talento, che per certi aspetti è unico». «Confermo, e mi sono sempre impegnato per cercare di svilupparlo. Per me è stato importante continuare a sfidare me stesso, ma allo stesso tempo ricordare che il basket è un gioco di squadra. Non mi sono mai messo davanti alla squadra. Forse se lo avessi fatto sarei riuscito a emergere ancora di più, ma non sarei durato quanto sono durato». Cosa significa diventare una star? «Significa ricevere un dono e una maledizione allo stesso tempo». Si spieghi. «Be', essere sempre esposto al pubblico ha sicuramente delle ripercussioni sulla tua vita, ma questo non deve accadere 365 giorni l'anno. Ci sono momenti in cui devi semplicemente essere te stesso. La maledizione è proprio quando non riesci a vivere una vita normale, quando la gente di cui ti circondi non riesce più a vederti come amico, fratello, vicino di casa, ma come un'istituzione, una banca, una star...». Come ci si sente a essere ancora così amati dai fan? «È una sensazione bellissima. Sono davvero onorato di questo. Non mi illudo che possa continuare per sempre, ma è già molto che sia durato così tanto. Se anche dovesse finire domani, mi riterrei comunque molto fortunato». Lei è nato nel '50. Nel 2008 Obama è diventato presidente. Cosa è cambiato maggiormente nella società americana in questi 58 anni? «Ci si potrebbe scrivere un libro intero. Di passi avanti se ne sono fatti molti, e non parlo solo da afro-americano. Credo comunque che siano cambiate molte cose nell'atteggiamento delle persone rispetto al governo e allo stato. Oggi tutti parlano di regolamentazione dell'economia, di intervento dello stato per risolvere i problemi della gente, mentre solo 10 anni fa l'idea che lo stato si intromettesse nella vita e nelle finanze dei cittadini sembrava quasi un'eresia. Credo che Barack Obama dovrà affrontare una sfida senza precedenti, per risolvere i problemi di oggi, anche perché non esistono soluzioni sbrigative per la situazione odierna. Scelga tre parole per descrivere Julius. «...mmm... Vediamo: Alto, scuro...» ...manca la terza... (risata) «...bello?». Roberto De Ponti \\ Credo che Jordan abbia imparato molto da me e che lo abbia poi sviluppato \\ Chris Paul è eccezionale nel valorizzare qualsiasi compagno in campo Obama dovrà affrontare una sfida senza precedenti per risolvere i problemi Eleganza Julius Erving in un disegno di Allison Smith: la caricatura fa parte di una serie di magliette di Adidas sulle leggende Nba \\ Potenza La famosa schiacciata «Tomahawk» di Julius Erving (Corbis/ Bettmann) \\ I giocatori di oggi sono più grossi e più forti, meglio allenati, con più soldi e con attrezzature migliori. Noi avevamo più tecnica

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Lenny Kravitz chiede all'Amore di rivoluzionare (e governare) il mondo (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 02-06-2009)

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Corriere della Sera sezione: Tempo Libero data: 02/06/2009 - pag: 11 Palalottomatica Il cantante afroamericano a Roma dopo sette anni per «Let Love Rule 20(09)» Lenny Kravitz chiede all'Amore di rivoluzionare (e governare) il mondo «Quando ho iniziato il mio obiettivo era di poter riascoltare quello che avevo scritto e cantato e di apprezzarlo ancora 20 anni dopo». Ha mantenuto la parola Lenny Kravitz che ritorna in concerto con «Let Love Rule 20(09)», domani a Torino e venerdì al Palalottomatica. A Roma, il suo unico live risale al 2002, all'interno di un festival. Ad aprire il concerto saranno i francesi Les Chevals, collettivo composto da nove elementi. Il nuovo tour prende il nome dal suo primo album: più di 2 milioni di copie vendute, è anche stato ripubblicato in una speciale «Let Love Rule 20th Anniversary Edition» con l'aggiunta di 6 bonus track e un extra cd live. Il disco, ricco di influenze funky e soul, tuttavia spiccatamente rock, fin dal primo singolo «Mr Cab Driver» annunciava la nascita di una star. «In tutta la mia carriera, fin dal primo disco, l'amore è stato uno dei temi centrali della mia poetica, che sia amore personale, sociale, di una coppia o di una comunità. Oggi continuano a esserci guerre ovunque e non c'è la benché minima comprensione tra persone e Paesi: credo sia tempo di cominciare una pacifica rivoluzione nel nome dell'amore». Durante il concerto spazio soprattutto alle sue canzoni più famose: «Are You Gonna Go My Way?», «Again», «Fly away», ma compariranno anche del suo ultimo album, «It's Time For A Love Revolution» (del 2008), con canzoni polemiche come «Back In Vietnam», in cui Kravitz, cinque anni dopo «We Want Peace», singolo gratuito offerto su internet per protestare contro l'invasione americana in Iraq, paragona l'esperienza in Medio Oriente a quella nel Sud-Est asiatico alla fine degli anni Sessanta: «L'America ci è ricaduta, ha fatto lo stesso errore». Afroamericano di origini ebraiche, figlio di Roxie Roker attrice famosa negli anni Ottanta anche in Italia per il telefilm «I Jefferson» il quarantacinquenne Lenny ha inciso otto album, venduto 34 milioni di dischi e vinto 4 Grammy. Ed è anche attore: all'ultimo festival di Cannes è comparso sulla Croisette con Mariah Carey per la presentazione del film «Precious» di Lee Daniels. Ma il suo nome è spesso comparso nelle pagine rosa per le inquietudini sentimentali: una ex-moglie (Lisa Bonet) e una lunga lista di amanti celebri (Nicole Kidman, Madonna, Vanessa Paradis, fra le tante). Recentemente però ha annunciato di non aver rapporti sessuali da più di tre anni e che la sua priorità è l'educazione della figlia Zoe. È talmente famoso da essere finito disegnato in una puntata del cartone animato «I Simpson». Da sempre sensibile alle campagne sociali (ha anche contribuito attivamente per il Darfur), Kravitz, deve il suo nome (Leonard) a uno zio paterno ucciso a Yongpyong nel 1951 durante la guerra di Corea. Politicamente è schierato a sinistra: «Mi piace Obama ha raccontato . Dopo l'era Bush, una delle più disastrose della storia, ci vuole un cambiamento». E anche i politici si interessano a lui. Il presidente francese Sarkozy gli ha spedito un'e-mail per complimentarsi per il suo ultimo cd e per chiedergli di produrre il prossimo album di sua moglie, la first lady di Francia, Carla Bruni-Sarkozy. Sandra Cesarale Palalottomatica ore 21, venerdì 5 Lenny Kravitz in vent'anni di carriera ha venduto oltre otto milioni di dischi I successi In scaletta «Are You Gonna Go My Way?», «Again», «Fly Away» e brani dall'album «It's Time For A Love Revolution»

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Xiong torna in piazza vent'anni dopo la strage di Tienanmen (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 02-06-2009)

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Corriere della Sera sezione: Esteri data: 02/06/2009 - pag: 18 La storia Dalla prigione alla fuga negli Stati Uniti Xiong torna in piazza vent'anni dopo la strage di Tienanmen A Hong Kong uno dei ricercati dell'89 DAL NOSTRO INVIATO HONG KONG Ci sono viaggi lunghi. Dalla Cina alla Cina, in 17 anni. Dalla Tienanmen all'Iraq, con parecchie cose in mezzo. Xiong Yan è un ragazzo dal torace spesso che sorride molto. Sabato scorso è atterrato a Hong Kong dopo 28 ore di viaggio dall'Alabama e le guardie di frontiera all'aeroporto lo hanno lasciato passare. Passaporto americano, ma non era scontato che le cose andassero bene. Perché vent'anni fa Xiong era in piazza Tienanmen. E non uno fra i tanti della massa di studenti e operai che nella notte fra il 3 e il 4 giugno 1989 vennero spazzati via dai carri armati di Deng Xiaoping: era uno dei leader, incluso nella lista dei 21 maggiori dissidenti indicati dal regime. Xiong, che oggi ha 45 anni, venne catturato su un treno dopo la fine della rivolta, chiuso in un campo di lavoro («laogai ») per quasi due anni. La rete di solidarietà che attraverso Hong Kong, allora colonia britannica, aiutava gli attivisti giunse fino a lui. Nel 1992 una barca lo portò a Hong Kong. E dopo Hong Kong, l'America: prima tappa Los Angeles. Xiong Yan è tornato. Da cittadino statunitense. Domenica era sul palco della manifestazione in ricordo della strage del 4 giugno, ha camminato con le 8 mila persone che hanno attraversato le strade di Hong Kong, l'unica ditta della Cina che può permettersi di commemorare l'eccidio della Tienanmen, in virtù del suo speciale sistema semidemocratico garantito da Pechino. «Credo che ci sia speranza, qui. L'intera società ha speranza, la Cina ha speranza», ha proclamato, prima di riservare un pensiero ai suoi antichi compagni di lotta: «Penso che anche Wang Dan e Feng Congde, come tanti cinesi riparati all'estero, vorrebbero tornare a casa». Loro non possono farlo, sono esuli. Lui ce l'ha fatta, anche se Hong Kong è una Cina un po' diversa, una Cina con qualcosa di più: la libertà. Nel 1989 Xiong era già laureato in legge alla Peking University. Quando a metà aprile cominciò a scaldarsi la piazza, con gli studenti che chiedevano più diritti e meno corruzione, si unì a loro. Il 18 maggio era tra i ragazzi che incontrarono il premier Li Peng. Le telecamere mostrarono il capo dell'esecutivo in giacca da gerarca e intorno i leader studenteschi, l'irriverente Wuer Kaixi, gli altri sfiancati dalla stanchezza e dallo sciopero della fame: con loro c'era Xiong. Era entrato nel Gruppo per il Dialogo, circostanza che lo rese riconoscibile alla leadership comunista quando fu il momento della resa dei conti. Dopo la fuga via Hong Kong, l'ex capo della protesta si rimise a studiare. Letteratura inglese, diritto penale, religione. Nel '94 si è arruolato nell'esercito e ci è rimasto due anni. Poi ancora studi, stavolta teologia a Boston. E' diventato cappellano protestante e, di nuovo con la divisa, nell'aprile 2004 è stato spedito lontano, in Iraq. La morte dei compagni l'aveva già sperimentata a Pechino, «sul ponte di Muxidi un ragazzo accanto a me venne centrato in pieno petto, vidi a terra almeno una trentina di corpi». Oggi Xiong Yan ha due figli e una vivacità survoltata. A una tavola rotonda sui fatti di vent'anni fa parla con un'enfasi degna di un sermone, cita il nuovo inquilino della Casa Bianca: «Di fronte alla Cina di oggi viene da ripetere quello che dice Obama: 'Change', cambiamento. Per un mese e mezzo, vent'anni fa, milioni di persone in Cina erano tutte d'accordo nel volere il cambiamento. Occorre volerlo anche adesso». Il suo tono enfatico contrasta con la sobrietà della compagna di proteste Tong Yi, ora avvocatessa americana, che si preoccupa di insistere: «Non c'erano personaggi che da fuori ci manovrassero, come disse la propaganda di regime, nessuna 'mano nera'». Xiong Yan loda Hong Kong «che ha deciso di tenere viva la memoria del 4 giugno 1989». Parla, s'infervora, sorride. E' la sua predica, e Hong Kong è l'unico pezzo di Cina che la può ascoltare. Marco Del Corona Di nuovo in strada Xiong Yan, uno dei 21 studenti «most wanted» per le proteste di Piazza Tienanmen 20 anni fa, domenica ha partecipato a Hong Kong all'unica manifestazione in memoria della strage autorizzata da Pechino (Ap)

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"Manovra internazionale contro di me" I sospetti di Silvio su Murdoch (sezione: Obama)

( da "Repubblica.it" del 02-06-2009)

Argomenti: Obama

ROMA - Una manovra internazionale. Una macchinazione che fa perno anche all'estero. Nei mass media e persino in alcuni esecutivi. Ed uno dei protagonisti è Rupert Murdoch. Dopo l'attacco del "Times", Silvio Berlusconi si è fatto la convinzione che contro di lui si stia muovendo in prima fila il "tycoon" australiano. I rapporti con il gruppo "Sky", del resto, si sono incrinati da tempo. L'amicizia si è trasformata in concorrenza. E dopo che l'ultima Finanziaria ha decretato l'aumento dell'iva al 20% per la tv satellitare, tutto è precipitato. La guerra della Rai al "parabolone" non è mai stata così intensa. In gioco c'è perfino l'uscita della tv pubblica e di Mediaset dalla piattaforma del satellite. E lo stesso presidente del consiglio non fa niente per smentire la tensione. "Anche Murdoch fa parte del complotto? Non fatemi parlare di Murdoch. È meglio se lasciamo stare", dice uscendo dal Quirinale dove ha partecipato alla celebrazione del 2 giugno. Insomma, non fa niente per negare. Le osservazioni della stampa internazionale stanno insomma provocando più di una preoccupazione a Palazzo Chigi. Un nervosismo celato solo nelle dichiarazioni pubbliche. "Io sono contento - dice -. Mi rivolgo alle persone che quando mi incontrano per strada mi salutano e mi stringono la mano. Del resto, non mi interessa". Eppure, negli ultimi giorni lo stesso capo del governo ne ha discusso con il ministro degli Esteri, Franco Frattini. Nessuno a Via del Plebiscito nasconde la paura che le ultime vicende abbiano intaccato l'immagine del presidente del consiglio all'estero. OAS_RICH('Middle'); Basti pensare che ancora ieri Berlusconi ha confermato l'incontro con il presidente Usa, Barak Obama: "È tutto a posto. Andrò in America". Eppure da Washington ancora non è arrivato la conferma ufficiale. Con ogni probabilità arriverà alla fine di questa settimana. Ma molti temono che il ritardo con cui agisce la Casa Bianca sia un modo per prendere le distanze. Un sospetto confermato nei giorni scorsi dai rappresentanti della diplomazia italiana negli States che hanno spiegato al governo italiano di non aver riscontrato entusiasmo nello staff di Obama. Per il momento, però, l'obiettivo primario del Cavaliere sono le elezioni europee. Le polemiche degli ultimi giorni hanno messo a rischio l'obiettivo del 40% per il Pdl. Il "Noemigate" e il divorzio da Veronica hanno avuto un qualche effetto sui sondaggi. Lo stesso Berlusconi ha ammesso che il suo indice di popolarità ha avuto una flessione del 2%. Dopo l'ultima offensiva di "Libero" contro la signora Lario, però, Berlusconi è sicuro di poter nuovamente invertire il trend e recuperare quanto ha perso nell'ultimo mese. "Certo - si è confidato con i suoi rivelando una certa irritazione - mi secca che ora mi diano del cornuto". Ma sul resto non ha nulla da recriminare. "È passato un giorno - ha fatto notare ad alcuni parlamentari del Pdl che lo hanno chiamato per esprimergli solidarietà - e la signora non ha smentito. Quindi cosa devo pensare?". Dal punto di vista della comunicazione, dunque, l'uomo di Palazzo Chigi ritiene di poter cambiare i rapporti di forza. "C'era un patto con Veronica - ha ricordato - ed è stato lei a romperlo. Un patto sulla nostra vita privata. È stata lei a modificare gli accordi con l'intervista a Repubblica. A questo punto mi sono tolto un peso". (2 giugno 2009

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Aereo sparito nell'Atlantico Erano dieci gli italiani a bordo (sezione: Obama)

( da "Repubblica.it" del 02-06-2009)

Argomenti: Obama

ROMA - Sono andate avanti per tutta la notte e continuano tuttora senza sosta le ricerche dell'Airbus dell'Air France disperso nell'Atlantico con 228 persone a bordo. Tra i passeggeri dieci gli italiani, dei quali tre sono altoatesini tra i 25 ed i 34 anni: Georg Martiner, Alexander Paulitsch e Georg Lercher; altri tre sono trentini tra i 58 ed i 66 anni: Rino Zandonai, Luigi Zortea e Giovanni Lenzi; oltre ad una donna bolognese di 55 anni: Claudia Degli Esposti. Gli altri tre dispersi italiani, i cui nomi sono stati pubblicati stamane dai giornali locali, sono veneti. Secondo quanto riporta il quotidiano La Nuova Venezia, si tratterebbe della responsabile di origine brasiliana di un'associazione internazionale per la difesa dei diritti delle donne straniere, di suo marito, un maresciallo in pensione, entrambi residenti al Lido di Venezia, Enzo Canaletti e Angela Cristina de Oliveira. Con loro il veronese Agostino Cordioli di 73 anni, che si trovava in Brasile per lavoro. Finora non è giunta alcuna comunicazione ufficiale, affermano però le Prefetture del Veneto, e nessuna conferma dalla Farnesina. Gli Stati Uniti offriranno tutto ''l'aiuto necessario'' per determinare le cause di quel che puo' essere accaduto all'Airbus A330 dell'Air France scomparso ieri dai radar durante il volo Rio de Janeiro-Parigi, ha assicurato il presidente americano Barack Obama alla tv francese, i-TV. Il leader statunitense ha inoltre espresso solidarietà alle famiglie dei passeggeri. OAS_RICH('Middle'); I soccorritori brasiliani "lavorano con l'ipotesi dell'esistenza di sopravissuti", ha detto ieri sera il presidente Luiz Inacio Lula da Silva. L'aereo era in volo da Rio de Janeiro a Parigi. E mentre continuano le ricerche per individuare l'aereo, alcuni piloti di un volo sulla rotta Parigi-Brasile della compagnia aerea brasiliana Tam hanno riferito di aver visto delle "luci arancioni" sull'Atlantico una quarantina di minuti dopo l'ultimo contatto radio stabilito dall'Airbus dell'Air France scomparso ieri sull'Oceano. Lo ha reso noto alla stampa il vicepresidente brasiliano, Josè Alencar, dopo aver incontrato all'aeroporto internazionale di Rio de Janeiro alcuni dei familiari dei passeggeri a bordo dell'aereo sparito, affermano i siti online brasiliani. Nel precisare che "si tratta di una notizia molto imprecisa", Alencar ha detto che i piloti del volo Tam, che faceva la stessa rotta ma in direzione contraria dell'Airbus, "hanno in effetti detto di aver visto qualcosa che si incendiava in un'area dell'Atlantico". Sulla questione è poi intervenuto il vicecapo del Centro di comunicazioni dell'aeronautica brasiliana, Jorge Amaral, il quale ha confermato che i piloti della Tam hanno visto dei "punti arancioni" sull'Oceano: "Al loro arrivo in Brasile, dopo aver saputo quanto era successo con l'Airbus, i piloti hanno in effetti ricordato di aver visto dei piccoli focolai d'incendio sul mare". Amaral ha infine sottolineato che i lavori di ricerca del relitto dell'Airbus proseguiranno tutta la notte in un'area delimitata con una superficie pari a circa 120 chilometri quadrati. (2 giugno 2009

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Aereo sparito nell'Oceano Atlantico Parigi: "Le ricerche proseguiranno" (sezione: Obama)

( da "Stampaweb, La" del 02-06-2009)

Argomenti: Obama

PARIGI Le squadre di ricerca pasasano al setaccio interi quadranti dell’Atlantico alla ricerca dei resti dell’Airbus della Air France scomparso ieri con 228 persone a bordo. Due aerei della forza brasiliana dotati con visori all’infrarosso hanno sorvolato l’Oceano fino quasi a metà strada dall’Africa, ma senza esito. Le indagini sulla terraferma, intanto, si concentrano su una setie di messagi di errore inviati dall’aereo dopo che era finito in una violenta turblenza. L’ultimo segnale dall’aereo, un allarme automatico riguardante diverse avarie negli impinati eletruicei e alla pressurizzazione, è stato ricevuto quando il velivolo si trovava a 1.100 chilometri al largo delle coste del Brasile. Il presidente francese Nicolas Sarkozy ha già detto ai familiari delle vittime di prepararsi al peggio perche «le possibilità di trovare superstiti della peggiore catastrofe mai vissuta da Air France sono esigue». Da Washington il presidente Barack Obama ha assicurato l’impegno pieno della sua aministrazione per far luce suu quanto è accaduto. Un aereo radar e una squadra di ricerca sono stati inviati nell’area dela scomparsa. Dopo che la perlustrazione compiuta durante il giorno da otto aerei brasiliani non aveva dato alcun esito, si è deciso di andare avanti con un Hercules C130 equipaggiato con strumentazioi per cogliere i segnali inviati dal ’faro di emergenzà dell’areo e con un altro aereo con radar e sistemi all’infrarosso in grado di individuare corpi in mare. Il presidente di Air France, Pierre-Henry Gourgeon, ha detto che «una sequela di un decina di messaggi tecnici» trasmessi dall’aereo alle 4,15 ora italuiana segnalavano che diversi sistenmi elettruici erano andati in tilt« causando »una situazione senza precedenti a bordo dell’aereo« e di conseguenza »poco dopo si è verificato l’impatto con le acque dell’Atlantico«. Quella del volo AF 447 è la peggiore sciagura aerea della storia della Air France e la più grave per l’aviazione civile da una decina d’anni. Continueranno «fino a quando necessario» le ricerche per trovare l’A330 dell’Air France scomparso dai radar durante la tratta Rio de Janeiro-Parigi. Lo ha detto il ministro della Difesa francese, Hervé Morin. «Le ricerche saranno portate avanti fino a quando necessario. I mezzi sono dispiegati sulla zona e li metteremo a disposizione finchè servirà», ha dichiarato Morin su Europe 1, sottolineando che «tutti i mezzi marittimi e aerei» chi potevano essere messi a «disposizione» sono stati impiegati. Interpellato sulle luci arancioni notate in superficie sullOceano Atlantico - nella zona presunta della catastrofe - da un pilota brasiliano, il ministro ha indicato di non avere «alcuna conferma» a riguardo. «Aerei estremamente efficienti, piloti specializzati» sorvolano la zona e «per il momento non hanno individuato nulla. Si tratta di un’ipotesi che, per noi, non è confermata», ha affermato.

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Così il telefonino ucciderà la tv (sezione: Obama)

( da "Stampaweb, La" del 02-06-2009)

Argomenti: Obama

INVIATA A MILANO Manuel Castells, 67 anni, spagnolo trapiantato in California, tondo e sorridente, a parte la chioma ribelle e bianca è ben lontano dal «physique du rÔle» che ci si aspetta da uno definito dal Wall Street Journal già una dozzina d’anni fa quando scrisse la sua trilogia The Information Age come il Karl Marx dell’era post-industriale. Eppure è uno dei maggiori studiosi mondiali della società dell’informazione che da oltre vent’anni si interessa dell’impatto di Internet sulla società globalizzata. Lo abbiamo intervistato in occasione della sua visita all’Università di Milano Bicocca, dove la settimana scorsa è venuto a parlare di mobilità, cambiamenti sociali e comunicazione nell’era digitale per un convegno sulla formazione a distanza. Internet all’inizio sembrava fonte di ricchezza e di libertà infinita, oggi per molti è causa di disoccupazione, flop economici, cyber-crimini, censura. Tecno-élite vs neo-luddisti. «Lo sviluppo sociale dipende oggi dalla capacità di stabilire un’interazione sinergica tra innovazioni tecnologiche e valori umani, nell’ambito di un nuovo modello che sia sostenibile per la società e per l’ambiente. La difficoltà è convenire sulle scelte politiche e sulle strategie da adottare per realizzarli, c’è un conflitto tra diversi interessi e valori. Manca un’interpretazione universale dei processi di trasformazione». Ce la dia lei, l’interpretazione. «Dalla fine del XX secolo il capitalismo ha vinto nel mondo, ma si tratta di un tipo nuovo che si avvale delle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione che sono alla radice delle nuove fonti di produttività, delle nuove forme di organizzazione e della formazione di un’economia globale». Lei ha detto: siamo nell’era della confusione informata… che cosa significa? «La comunicazione è il processo fondamentale dell’attività umana, così la connettività ubiqua e permanente diventa un fattore di trasformazione sociale. Nella società sempre connessa in rete nascono nuove figure lavorative, si plasmano nuove strutture familiari, si inventano relazioni e linguaggi. I confini del mondo si espandono, con l’accesso a popoli che finora ne erano esclusi. Ma il ruolo delle tecnologie dell’informazione nel promuovere lo sviluppo è un’arma a doppio taglio: da un lato permette di modernizzarsi rapidamente e diventare competitivi, dall’altro il ritardo di chi non riesce ad adattarsi al nuovo sistema tecnologico tende ad accumularsi. Sta prendendo forma un “quarto mondo”, caratterizzato dall’esclusione sociale. Senza alfabetizzazione, c’è solo confusione informata». Quale percorso per uscire dalla crisi? «E’ fatto di collaborazione nella società civile, di banche del tempo fra le persone che riscoprono il baratto per sostenersi, di intendere la globalizzazione come tante comunità locali in rete. Internet per tutto questo è ormai indispensabile». In Mobile Communication e trasformazione sociale, lei parla di mediamorfosi resa possibile dal telefonino. Cioè? «Un tempo si parlava di eccesso di comunicazione o di informazioni per colpa di Internet: oggi la gente ne sente il bisogno, si impazzisce se non si può accedere sempre e ovunque all’email. Piuttosto si rinuncia volentieri alla televisione, e questo potrebbe essere il vero inizio della fine per il vostro Silvio Berlusconi. Il più potente e versatile strumento di connettività è diventato il telefonino: vi convergono i diversi media, dall’accesso a Internet ai video alla musica alla messaggistica. La comunicazione senza fili è la tecnologia con la più rapida diffusione nella storia: nel 1991 gli abbonati ai primi telefonini erano 16 milioni, oggi sono 3,8 miliardi (contro 1,4 miliardi di linee fisse), il 60 per cento dela popolazione del pianeta è connesso “wireless”. Con un riflesso immenso sulla società». Per esempio, si ridurrà il divario digitale fra chi è connesso e chi no? «In Africa il 30% del budget della gente è allocato alle comunicazioni senza fili, usano le bici per ricaricare le batterie. Nell’era dell’industrializzazione si diceva che senza elettricità non si mangiava. Oggi non si mangia senza Internet». Eppure la Rete è sotto assedio dappertutto: bersaglio di censura, divieti, tentativi di controllarne i contenuti e bloccarne lo scambio di informazioni, a costo di cambiare le leggi o farne ad hoc. «Non è necessario mettere a punto leggi restrittive per limitare la libertà online, basta applicare quelle esistenti. Siamo in una fase di transizione, chi detiene il potere ha paura di questa tecnologia di libera comunicazione. Che non risolve i problemi, semmai li amplifica: i governi temono di perdere il controllo, le aziende temono la libera concorrenza, i politici temono di perdere il seggio. Sono tutti nel panico, si sentono spodestati dai giovani internettiani meglio informati e rapidi a reagire grazie all’accesso ubiquo, forti della solidarietà fra pari in rete». Già: l’informazione è potere… Però intanto al potere la generazione di Internet deve ancora arrivarci. «A dire il vero negli Usa è arrivato Barack Obama, grazie a Internet… In Italia il ricambio generazionale arranca perché il sistema politico è imbrigliato dai partiti e Internet non ha ancora spodestato del tutto la tivù. Ma la rivolta delle banlieu insegna che la mobilitazione della gente che comunica in rete via cellulare (“flash mobs”) funziona. E i politici sanno che qualsiasi cittadino con un videofonino può distruggerli, basta beccarli in fallo e caricare il video su YouTube». commenti (0) scrivi

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