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Report "Obama"   27-30 giugno 2009


Indice degli articoli

Sezione principale: Obama

"Ucciso dai medici" ( da "Stampa, La" del 27-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: America Obama: era un'icona della musica. Ma esplodono le polemiche "Ucciso dai medici" [FIRMA]FRANCESCO SEMPRINI NEW YORK Un lenzuolo bianco avvolge il corpo privo di vita steso sul lettino dell'ambulanza. È l'ultima immagine che Michael Jackson regala di sé al mondo intero prima dell'imbarco in elicottero per il volo finale.

"violenze in iran, dialogo a rischio" - vincenzo nigro ( da "Repubblica, La" del 27-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Per la prima volta dopo il discorso di Obama al Cairo, si è riunito il Quartetto (Onu, Ue, Usa e Russia), il gruppo che guida il negoziato politico ed economico sulla questione Palestina-Israele. Il Quartetto ha seguito parola per parola le nuove indicazioni di Obama: Israele deve bloccare i nuovi insediamenti nei Territori palestinesi, «anche la loro espansione naturale»

il pugno di ferro del regime "pena di morte ai rivoltosi" - angeles espinosa ( da "Repubblica, La" del 27-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Pensate alla vicenda di quella donna uccisa e per la quale Obama ha versato lacrime di coccodrillo. Chiunque osservi il video si rende conto che sono stati i manifestanti ad assassinarla», ha detto. Si riferiva alla morte di Neda Agha Soltan. Le immagini della sua agonia, mentre si dissangua in una strada di Teheran, hanno fatto il giro del mondo.

sit-in della cgil contro berlusconi - roberto fuccillo ( da "Repubblica, La" del 27-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: per il Sud ci vuole uno scatto alla Obama" ROBERTO FUCCILLO «è tempo di impegni concreti, non più di false promesse e annunci». La Cgil campana approfitta del fatto che Silvio Berlusconi sarà martedì a convegno con gli industriali e prova a rompere il clima di troppo facile entusiasmo intorno alla crisi e allo stato dell´economia regionale.

scatti d'america tra bush e obama ( da "Repubblica, La" del 27-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: America tra Bush e Obama C´è un omino isolato vestito di nero nella posa impettita del bodyguard e c´è un nugolo di suoi simili che circondano George W. Bush. Christopher Morris, l´autore della bella mostra esposta alla Fnac, è un reporter che l´America del potere la frequenta da vicino, anche se non le risparmia frecciate.

clima, la vittoria di obama "così sfidiamo l'effetto serra" - alberto flores d'arcais ( da "Repubblica, La" del 27-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Pagina 16 - Esteri Clima, la vittoria di Obama "Così sfidiamo l´effetto serra" Usa, sì del Congresso alla legge anti-inquinamento L´obiettivo è ridurre le emissioni del 17% entro il 2020 e dell´83% entro il 2050 ALBERTO FLORES D´ARCAIS dal nostro inviato LOS ANGELES - «Progressi enormi, ma resta molto da fare».

il lato oscuro dei mercati - alessandro penati ( da "Repubblica, La" del 27-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: la recente riforma di Obama attribuisce grande rilevanza alla regolamentazione dei mercati. L´organizzazione degli scambi finanziari non è materia solo per addetti ai lavori: l´attuale crisi è nata e cresciuta nel mare di strumenti derivati e titoli cartolarizzati negoziati over-the-counter (Otc), cioè compravendite effettuate direttamente tra due controparti (

opel, nuove offerte entro metà luglio - salvatore tropea ( da "Repubblica, La" del 27-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Marchionne: "Su Chrysler non voglio deludere Obama" L´ad Fiat: nel week end la decisione sulla 500 in Usa "Termini Imerese è insostenibile, i sindacati siano ragionevoli" SALVATORE TROPEA TORINO - Il caso Opel non solo continua a restare aperto ma si va complicando col passare dei giorni.

bizzarrie di un uomo confuso nell'america in bianco e nero - (segue dalla prima pagina) vittorio zucconi ( da "Repubblica, La" del 27-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: E ieri il presidente Obama lo ha definito un´icona dalla vita triste (SEGUE DALLA PRIMA PAGINA) VITTORIO ZUCCONI Dietro gli orrori della chirurgia plastica abusata, la bizzarria disperata della sua solitudine e la maledizione di un favoloso talento, la morte per arresto cardiaco di Michael «Wacko Jacko» Jackson a 50 anni sembra volerci dire che di lui,

giallo sul colloquio con netanyahu "l'iran va fermato, obama è debole" - alberto stabile ( da "Repubblica, La" del 27-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Giallo sul colloquio con Netanyahu "L´Iran va fermato, Obama è debole" Una smentita finora è arrivata solo dallo staff del premier israeliano: racconto impreciso ALBERTO STABILE dal nostro corrispondente GERUSALEMME - Netanyahu: «Obama non è in un situazione facile. Gli sarà molto difficile dialogare in una situazione come questa.

infarto o overdose di farmaci? è mistero sulle ultime ore di michael jackson. mentre milioni di fan piangono la sua scomparsa, s'indaga su un'ultima iniezione letale. e ci si inter ( da "Repubblica, La" del 27-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: E ci si interroga su luci e ombre di una carriera"thriller": dalle accuse di pedofilia alle operazioni per diventare bianco, dagli incassi record ai debiti per il sogno infranto di Neverland. "Un´icona della musica", come ha detto ieri Barack Obama, "dalla vita triste"

JOAN BAEZ A TEHERAN ( da "Corriere della Sera" del 27-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: E soprattutto occorreva lasciare aperto lo spiraglio nel quale Barack Obama aveva infilato la sua mano tesa. La posizione del presidente Usa si va facendo ogni giorno più difficile. Alle prime manifestazioni di protesta e alle prime vittime della repressione Obama aveva reagito con grande cautela. Poi le violenze delle milizie pro Ahmadinejad sono diventate intollerabili,

Iran, il G8 . Nessuna condanna ( da "Corriere della Sera" del 27-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Ma Obama avverte: «Dialogo a rischio» DA UNO DEI NOSTRI INVIATI TRIESTE Suda Sergej Lavrov sotto il tendone-sauna, quanto deve aver sudato per evitare che nel testo saltasse fuori la parola «condanna». I ministri degli Esteri del G8 siedono assieme per presentare i venti punti del documento finale.

Un giornale israeliano: per Berlusconi ( da "Corriere della Sera" del 27-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: gente che sta in Usa e sento forti critiche alle risposte di Obama all'Iran. Anche Frattini ha parlato con la Clinton, lei è dell'idea che ci vuole una risposta più dura. Ho detto a Obama che Ahmadinejad è inaffidabile. Bisogna averne paura. Non c'è tempo da attendere: bisogna agire subito». Maariv conferma che Netanyahu ha sollecitato il presidente del Consiglio a ridimensionare l'

Il mondo sotto choc, Internet si blocca ( da "Corriere della Sera" del 27-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: quella di Barack Obama che ha espresso le sue condoglianze alla famiglia dell'artista, definendolo «una icona della musica» ma ricordando anche gli «aspetti della sua vita tristi e tragici». Chiara Maffioletti Il caso Nella frenesia, una macabra burla annuncia il decesso di Jeff Goldblum, l'attore di «Jurassic Park» The Sun Il tabloid britannico a lutto Esto Il giornale messicano:

Berlusconi a sorpresa al vertice Nato-Russia ( da "Corriere della Sera" del 27-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: americano Barack Obama. C'è chi crede che Berlusconi a Corfù possa risultare ingombrante in quella ripresa delle relazioni ad alto livello tra Usa e Russia dopo il crepuscolo della presidenza di George W. Bush. Il presidente del Consiglio sosterrà il contrario, probabilmente ripeterà che il presidente americano gli ha chiesto suggerimenti in materia.

Suu Kyi e l'artista di Obama ( da "Corriere della Sera" del 27-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: 19 Il ritratto Suu Kyi e l'artista di Obama La leader dell'opposizione birmana Aung San Suu Kyi ritratta da Shepard Fairey, l'artista 39enne del South Carolina che con il suo manifesto ha trasformato il presidente Usa Barack Obama in un'icona internazionale. Il ritratto è diventato un manifesto per la campagna di liberazione di San Suu Kyi,

( da "Corriere della Sera" del 27-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Certo ormai si è convinto che l'approccio di sistema scelto da Barack Obama sia quello giusto: ristrutturare l'intero settore in modo organico, partendo dalla certezza che la domanda cambia e la capacità produttiva va ridotta. «Non ho mai incontrato Obama di persona, solo la sua squadra. Raccolgo la sfida, non ho intenzione di deludere », osserva.

Tassa sui gas serra e le emissioni, primo test di Obama al Congresso ( da "Corriere della Sera" del 27-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Obama, che vorrebbe l'America indipendente dal greggio mediorientale, ha riscosso il plauso di Angela Merkel, il cancelliere tedesco, in visita a Washington. Ennio Caretto Il presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha presentato un progetto di 1.>

I DETENUTI DI GUANTANAMO PERCHÉ L'EUROPA LI ACCOGLIE ( da "Corriere della Sera" del 27-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Quando Obama arrivò alla Casa Bianca, dopo una campagna elettorale durante la quale aveva promesso la chiusura del carcere, il numero dei detenuti si era pressoché dimezzato. Ma la chiusura si scontrò con difficoltà giuridiche e politiche. Che cosa fare di quei prigionieri che ancora rappresentavano, secondo i servizi di intelligence,

Iran, pugno di ferro del regime ( da "Repubblica.it" del 27-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Pensate alla vicenda di quella donna uccisa e per la quale Obama ha versato lacrime di coccodrillo. Chiunque osservi il video si rende conto che sono stati i manifestanti ad assassinarla", ha detto. Si riferiva alla morte di Neda Agha Soltan. Le immagini della sua agonia, mentre si dissangua in una strada di Teheran, hanno fatto il giro del mondo.

Obama, avanti sul clima Sì della Camera alla legge ( da "Repubblica.it" del 27-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: WASHINGTON - Obama va avanti sulla sua politica "verde". La Camera dei Rappresentanti Usa ha approvato nella notte italiana (219 voti favorevoli e 212 contrari) la nuova legge sul clima ("Climate change bill") che pone severi limiti alle emissioni di gas inquinanti.

Usa, Camera approva legge sul clima ( da "Stampaweb, La" del 27-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: WASHINGTON Primo importante successo per la politica di Barack Obama sulla lotta ai cambiamenti climatici. La Camera dei Rappresentanti Usa ha approvato con 219 voti e 212 contrari una legge che pone severi limiti ai gas inquinanti e prevede una riduzione delle emissioni del 17% entro il 2020 e dell?83% entro il 2050.

Ahmadinejad contro Obama "La smetta di interferire" ( da "Repubblica.it" del 27-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: ROMA - Mahmoud Ahmadinejad torna a criticare Barak Obama. Il presidente iraniano ha accusato il leader Usa di interferire negli affari interni iraniani. "Ha parlato di riforme e di cambiamento, perché allora interviene e fa commenti contrari alle norme e alla politica?", ha dichiarato il leader di Teheran.

"Jacko", si infittisce il mistero Fox News: "Non c'è stato infarto" ( da "Repubblica.it" del 27-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: e i suoi numerosi fan si sono raccolti in decine e decine di città di tutto il pianeta per ricordarlo, tra le lacrime, cantando i suoi più famosi successi. Lo hanno ricordato anche i vip di ogni angolo della terra: dal presidente degli Stati Uniti Barack Obama all'attrice Liz Taylor, dal presidente francese Nicolas Sarkozy (e Carla Bruni) a Renzo Arbore. (27 giugno 2009

Fred Fliggehorn, 16 anni E il nuovo re di YouTube ( da "Repubblica.it" del 27-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Ti piace Obama? "Certo, sono stato subito un suo fans, si vede che vuole cambiare l'America". Coi soldi che guadagni aiuti la famiglia? "L'ho portati a San Diego in vacanza tempo fa, erano felicissimi". A chi ti sei ispirato per creare il personaggio di Fred?

Berlusconi parla con Medvedev "La Russia vuole collaborare con la Nato" ( da "Repubblica.it" del 27-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: incontro fra il presidente degli Stati Uniti Barack Obama e il leader del Cremlino, Dmitri Medvedev. Negli ultimi tempi non sono mancate le cooperazioni militari fra la Russia e singoli paesi membri della Nato - come Stati Uniti, Francia o Germania -, e pattugliamenti marittimi congiunti con unità dell'Alleanza, nell'ambito delle operazioni anti-pirateria.

"Jacko", si infittisce il mistero Fox News: non è stato infarto ( da "Repubblica.it" del 27-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: e i suoi numerosi fan si sono raccolti in decine e decine di città di tutto il pianeta per ricordarlo, tra le lacrime, cantando i suoi più famosi successi. Lo hanno ricordato anche i vip di ogni angolo della terra: dal presidente degli Stati Uniti Barack Obama all'attrice Liz Taylor, dal presidente francese Nicolas Sarkozy (e Carla Bruni) a Renzo Arbore. (27 giugno 2009

Corfù, il vertice del disgelo "Riparte collaborazione Nato-Russia" ( da "Repubblica.it" del 27-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: incontro fra il presidente degli Stati Uniti Barack Obama e il leader del Cremlino, Dmitri Medvedev. Negli ultimi tempi non sono mancate le cooperazioni militari fra la Russia e singoli paesi membri della Nato - come Stati Uniti, Francia o Germania -, e pattugliamenti marittimi congiunti con unità dell'Alleanza, nell'ambito delle operazioni anti-pirateria.

Ahmadinejad minaccia Usa e G8 ( da "Stampaweb, La" del 27-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: ultima presa di posizione del presidente degli Stati Uniti Barack Obama, che si era detto ieri «indignato» dalla repressione delle manifestazioni a Teheran contro l?esito delle presidenziali del 12 giugno. Il presidente Usa aveva informato l?Iran che le violenze nei confronti dei manifestanti avrebbero potuto minacciare il dialogo diretto auspicato da Washington.

"L'economia verde salverà l'America" ( da "Stampa, La" del 28-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: ha detto Obama, secondo il quale la nuova legge «contribuirà a creare posti di lavoro» come nel caso della California dove «tremila persone saranno impiegate in una centrale di energia solare che creerà mille posti». Riguardo alle tasse, Obama risponde che i costi dell'operazione per ogni cittadino equivarranno all'«acquisto quotidiano di un francobollo»

"Rothschild finanziava la tratta degli schiavi" ( da "Stampa, La" del 28-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Obama che ha nell'albero genealogico un trisavolo «venduto» a un coltivatore di riso della Carolina. Negli ultimi anni diversi gruppi direttamente coinvolti in passato in questi commerci hanno fatto ammenda. Nel 2005 la JP Morgan, dopo essersi ufficialmente scusata per il passato poco glorioso, ha istituito un fondo di cinque milioni di dollari per gli studenti neri della Louisiana.

Nel mio libro l'allarme natura Siamo troppi, risorse sempre meno ( da "Stampa, La" del 28-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Si guarda alla speranza Obama per la firma del protocollo di Kyoto? «Anche el mio libro ne parlo. Con questa intesa, per la prima volta, le Nazioni uscirono da una deregulation selvaggia nella gestione dell'ambiente. Se anche gli Usa, come penso, firmeranno il protocollo, sarà un passo in avanti per la salvaguardia del pianeta ma rischia di essere troppo tardi»

Obama ha parlato di riforme e di cambiamento ma allora perché interviene negli affari interni iraniani e fa commenti contrari alle regole della cortesia e alle convenzioni della po ( da "Stampa, La" del 28-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Obama ha parlato di riforme e di cambiamento ma allora perché interviene negli affari interni iraniani e fa commenti contrari alle regole della cortesia e alle convenzioni della politica? Se l'Occidente continuerà nel suo comportamento maleducato e nelle sue interferenze, la risposta della nazione iraniana sarà dura e dirompente e vi farà pentire Mahmud Ahmadinejad

Ahmadinejad attacca "Gli Usa si pentiranno" ( da "Stampa, La" del 28-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Mahmud Ahmadinejad tuona alla volta di Barack Obama, in coincidenza con le notizie che rimbalzano da Washington sulla scelta del Dipartimento di Stato di mettere a disposizione del dissenso fondi per almeno 20 milioni di dollari. Il presidente iraniano ha attaccato frontalmente l'inquilino della Casa Bianca pronunciando un discorso a dipendenti del ministero della Giustizia.

Il Cavaliere si rimette la feluca ( da "Stampa, La" del 28-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: su Obama nei colloqui col premier israeliano Il Cavaliere si rimette la feluca Ho spedito Sarkozy che tanti anni fa era il mio avvocato per mediare mentre io parlavo con Putin Io ho sempre dato apprezzamento ad Obama e penso che ci sia da essere contenti di lui Adesso abbiamo bisogno della Russia per l'Afghanistan Nella regione ha un ruolo centrale Silvio Berlusconi [

ahmadinejad contro g8 e obama ( da "Repubblica, La" del 28-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Pagina 1 - Prima Pagina "Basta ingerenze in Iran". Moussavi rilancia: nuove elezioni Ahmadinejad contro G8 e Obama SEGUE A PAGINA 11

l'iran: "basta ingerenze o ve ne pentirete" - nazila fathi ( da "Repubblica, La" del 28-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Obama, che venerdì scorso aveva espresso le sue critiche più aspre sulla leadership iraniana, dicendo che Ahmadinejad dovrebbe «prendere in seria considerazione gli obblighi che ha verso il suo popolo». Ahmadinejad ha accusato Obama di interferenze, facendo capire che la posizione di Washington sulla tempesta postelettorale in Iran potrebbe mettere in pericolo il tentativo di Obama

obama, compromesso su guantanamo prigione a vita per cento detenuti ( da "Repubblica, La" del 28-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Stati Uniti Obama, compromesso su Guantanamo prigione a vita per cento detenuti WASHINGTON - Barack Obama, temendo una battaglia in Congresso che finirebbe per bloccare il progetto di chiudere la prigione di Guantanamo, sta preparando un ordine presidenziale che confermi le detenzioni illimitate per 70-100 dei sospetti terroristi attualmente imprigionati nella base americana sull´

berlusconi "diplomatico" per risalire la corrente - claudio tito ( da "Repubblica, La" del 28-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: smentire un articolo del giornale israeliano Mariv che riportava giudizi poco lusinghieri di Berlusconi su Obama e sul ruolo Usa nella crisi iraniana. «Ho sempre espresso un grande apprezzamento per Obama in tutte le direzioni - ha spiegato temendo equivoci con la Casa Bianca -. Ho solo detto che l´amministrazione americana stava riflettendo sulla risposta da dare all´Iran.

nato, ritorna il dialogo tra mosca e occidente - vincenzo nigro ( da "Repubblica, La" del 28-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: elezione di Barack Obama, il nuovo vento di dialogo che arriva dalla Casa Bianca riesce a riavvicinare Mosca alle capitali dell´Alleanza atlantica. La guerra «di agosto» sembra dimenticata da molti: naturalmente non è così per gli Stati Uniti, per la Georgia, ma anche per gli Stati della Nato che hanno conosciuto bene il tallone russo per aver vissuto sotto il Patto di Varsavia.

stop a schengen, scatta il piano per il g8 - alessandra retico ( da "Repubblica, La" del 28-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: grandi del G8 compreso Obama e suo campo da basket, è stata trasferita la prefettura del capoluogo abruzzese. E tutti gli standard di sicurezza sono stati innalzati: la delegazione Usa ha insistito molto perché venisse assicurato un piano di emergenza in caso di sisma, nonostante il capo della Protezione civile Guido Bertolaso abbia dato ogni garanzia sulla tenuta degli edifici.

furono le ultime ore della rivoluzione poi il "popolo" divenne "pubblico" - furio colombo ( da "Repubblica, La" del 28-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: possiamo dire fino a Obama?) si è spenta la politica, trasferita, intanto, nelle inchieste giornalistiche e nei tribunali del Watergate. Ecco la mia testimonianza: ho visto Woodstock da un elicottero, quando mi hanno portato alla festa appena scoppiata con uno scampanio di chitarre nel vasto prato popolato da una folla che nessuno aspettava,

le motociclette di teheran e i ragazzi di twitter - vanna vannuccini ( da "Repubblica, La" del 28-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: esterno per via della mano tesa di Obama: Khamenei è sicuro che anche il più piccolo spiraglio porterebbe al crollo del sistema islamico. Come in Unione sovietica aveva portato al crollo del sistema comunista», mi aveva detto un analista iraniano, ora in carcere: «Indipendentemente da come va a finire questa resterà una data memorabile nella storia della Repubblica islamica.

il paese dei contadini aristocratici - stefano malatesta ( da "Repubblica, La" del 28-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: A Pienza tutti hanno seguito con interesse l´elezione di Obama, ma la vera attrazione quest´anno come negli anni scorsi è stata la gara del lancio del panforte, alla quale questa volta non ho partecipato, con mio grande rammarico. L´aspetto sorprendente di questa riscoperta della civiltà contadina, non solo il lavoro dei campi, ma i modi, gli usi, le feste,

R incorrendo ( da "Corriere della Sera" del 28-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Corriere della Sera sezione: Prima Pagina data: 28/06/2009 - pag: 1 TRINCEA DI CARBONE di MASSIMO GAGGI R incorrendo Kyoto, Barack Obama inciampa sul carbone. Alla Camera è stata approvata la legge che introduce un sistema di cap and trade, diritti a emettere CO2, di fatto una tassa sull'inquinamento. CONTINUA A PAGINA

Obama e il clima, una legge tiepida ( da "Corriere della Sera" del 28-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Corriere della Sera sezione: Prima Pagina data: 28/06/2009 - pag: 1 Per la prima volta negli Usa un piano «energia pulita». Gli ambientalisti: è poco Obama e il clima, una legge tiepida Passa il piano di Obama sul clima: la Camera Usa approva la legge sul taglio delle emissioni e l'energia pulita. Gli ambientalisti: è poco. PAGINE 8E9

A Corfù grande show sulla Russia ( da "Corriere della Sera" del 28-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: A Barack Obama, lodi su lodi: «L'ho sempre considerato bene», «ci ha dato un ottimo ambasciatore per l'Italia ». E una scivolata in una definizione sbrigativa del presidente francese: «Ho spedito a Mosca Nicholas Sarkozy, che è stato il mio avocato...

Invito di Gheddafi: la strategia dell'agenda estera ( da "Corriere della Sera" del 28-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Ovvio che Obama e Medvedev non abbiano bisogno di lui per parlarsi. Si vedranno prima del G8 a Mosca e proseguiranno nel piano di disarmo nucleare. Ma è indubbio che entrambi, anche pubblicamente (Obama lo ha fatto pochi giorni fa alla Casa Bianca), riconoscano in Berlusconi esperienza e relazioni sufficienti per tornare utile ad entrambi.

Obama dà all'America la prima legge sul clima ( da "Corriere della Sera" del 28-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Corriere della Sera sezione: Primo Piano data: 28/06/2009 - pag: 8 Obama dà all'America la prima legge sul clima Passa alla Camera il piano anti riscaldamento terrestre. Ma gli ecologisti: «Troppo poco» DAL NOSTRO CORRISPONDENTE WASHINGTON L'incipit di una pagina di Storia si può scrivere anche con 7 voti di scarto.

La lobby del carbone frena la svolta di Barack ( da "Corriere della Sera" del 28-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: come il presidente della Grande Depressione usò la crisi per trasformare l'America con le sue riforme, si chiede, angosciato, se Obama riuscirà a fare qualcosa di simile. E Al Gore, che era atteso a Washington per festeggiare la vittoria dei pro-Kyoto, alla fine ha preferito restarsene a casa. Casa Bianca Obama poco prima di illustrare le misure sul clima (Loeb/Afp) Massimo Gaggi

I conti di Bono: ( da "Corriere della Sera" del 28-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Blinding Lights è la preferita del presidente degli Stati Uniti Barack Obama tanto da essere stata usata come sottofondo nella sua campagna elettorale) chiama in causa direttamente il governo italiano: «Noi abbiamo detto tutto quello che potevamo su questa situazione. Noi sappiamo per conoscenza diretta, oltre che dai fatti, che c'è un supporto bipartisan, da destra e da sinistra,

Aiuti ai Paesi poveri, l'Italia taglia i fondi ( da "Corriere della Sera" del 28-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Non è un caso che il presidente Usa, Barack Obama, farà il suo primo viaggio ufficiale nel continente africano, visitando il Ghana il 10 e l'11 luglio, immediatamente dopo il G8. Sono preoccupazioni che valgono soprattutto in un momento come questo,cioè nella fase down seguita alla cosiddetta turboglobalizzazione.

Pd, primo duello Franceschini-Bersani ( da "Corriere della Sera" del 28-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Poi Civati cita Obama: «Noi siamo quelli che nessuno stava aspettando». Lui, come molti altri in sala, guarda a Chiamparino perché «per ora Franceschini e Bersani non ci hanno convinto». Però il sindaco di Torino raffredda gli animi: «Se fossi stato un pericoloso attaccante sarei andato a giocare nel Toro», scherza.

Inchiesta di Bari, Tarantini indagato anche per droga ( da "Corriere della Sera" del 28-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: quella dell'elezione di Barack Obama a presidente degli Stati Uniti. Ma soprattutto ha ammesso di averlo fatto in cambio di soldi. Due giorni fa Tarantini si è scusato con il premier e ha sostenuto di «non sapere che Patrizia faceva la escort». A smentirlo ci sono però le telefonate allegate all'inchiesta.

( da "Corriere della Sera" del 28-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: intervista Strobe Talbott «Effetto Obama sui giovani di Teheran» DAL NOSTRO INVIATO VENEZIA La chiama «una risonanza fra l'effetto Barack Obama e quello che accade nelle strade di Teheran ». Poi Strobe Talbott, presidente della Brookings Institutions di Washington, vice segretario di Stato con Bill Clinton e ora molto vicino a Hillary,

L'America cambia strategia sull'oppio ( da "Corriere della Sera" del 28-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Esteri data: 28/06/2009 - pag: 15 G8 di Trieste L'inviato di Obama: «Incentivi alle colture alternative per togliere ai talebani la fonte di ricchezza» L'America cambia strategia sull'oppio Holbrooke: «In Afghanistan sradicare i papaveri non serve» DAL NOSTRO INVIATO TRIESTE Bill il chimico era arrivato a Kabul due anni fa.

No R 18,3 ( da "Corriere della Sera" del 28-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Lettere al Corriere data: 28/06/2009 - pag: 37 SUL WEB Risposte alle 19 di ieri La tua opinione su corriere.it La domanda di oggi La proposta: proibire i Suv nelle Dolomiti, patrimonio dell'Unesco. Siete d'accordo? Sì R 81,7 No R 18,3 Prima approvazione negli Usa della legge sul taglio dei gas serra (-80% nel 2050). Obama ha fatto abbastanza?

Brasile, tutti uniti per evitare la sorpresa finale degli Usa ( da "Corriere della Sera" del 28-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: INVIATO JOHANNESBURG Al di là degli appuntamenti con la storia e dell'ormai prevedibilissimo «Yes we can» del presidente Obama rispolverato come parola d'ordine, una vittoria degli Stati Uniti nella Confederations Cup sarebbe «sorprendente». Lo ammette Landon Donovan, il giocatore più elegante tra quelli a stelle e strisce e chissà se la scelta dell'aggettivo è casuale o voluta.

È palestinese la guru di stile di Michelle Obama ( da "Corriere della Sera" del 28-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Ikran mandò una mail a tutti i clienti, «votate Obama». Versò 7mila dollari di sostegno. E alla settimana della moda di Parigi, su un abito, si fece perfino stampare il faccione di Barack. «La Goldman e la Obama si capiscono perché vengono da storie particolari e simili», dice Eugena Politchny, un'amica che le conosce bene.

Il Cavaliere si rimette la feluca ( da "Stampaweb, La" del 28-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: secondo cui nel recente colloquio con Netanyahu il Cavaliere avrebbe parlato (male) di Obama: «Troppo debole con l?Iran», secondo Berlusconi. Ricostruzione smentita da Tel Aviv e, ieri mattina, anche da Palazzo Chigi. Berlusconi fa sapere che di Obama gli piace tutto, anche il suo nuovo ambasciatore a Roma che, «tra l?altro, parla benissimo l?

La stampa inglese e lo scandalo di Silvio "Anche Gianni Letta ha preso le distanze" ( da "Repubblica.it" del 28-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: ricordandogli che doveva fare una dichiarazione pubblica sulla vittoria di Barack Obama, eletto presidente quella notte. La D'Addario lo attese in bagno, dove scattò varie foto. Più tardi accese il registratore del suo telefonino, dove si sente la voce di un uomo che dice: "Vuoi tè o caffè?" Lasciò la residenza di Berlusconi alle 11, ma mentre tornava a Bari lui le telefonò: "Bambina mia!

L'Italia prepara il G8, stop a Schengen ( da "Stampaweb, La" del 28-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: con il Secret Service Usa in prima linea per proteggere il presidente Barack Obama. SCUDO DAL CIELO E tranquillità sarà assicurata al vertice anche dall?alto, tramite uno scudo aereo sul modello di quello predisposto per la prima volta in occasione del summit Nato-Russia svoltosi del 2002 a Pratica di mare. Nei prossimi giorni verrà definito dall?

Colpo di Stato militare in Honduras Il presidente Zelaya: "E' un sequestro" ( da "Repubblica.it" del 28-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Il presidente degli Stati Uniti Barack Obama, ha espresso "profonda preoccupazione" per l'arresto del presidente dell'Honduras."Chiedo a tutti gli attori politici e sociali in Honduras di rispettare le norme democratiche, la legge e gli impegni della Carta democratica inter-Americana" ha detto il presidente Usa.

Colpo di Stato militare in Honduras Chavez minaccia di intervenire ( da "Repubblica.it" del 28-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Obama: "Sono preoccupato". E il presidente degli Stati Uniti Barack Obama, ha espresso "profonda preoccupazione" per l'arresto del presidente dell'Honduras. "Chiedo a tutti gli attori politici e sociali in Honduras di rispettare lo stato di diritto" ha detto il presidente Usa.

[FIRMA]GLAUCO MAGGI NEW YORK Michael Jackson potrebbe essere morto per cause naturali, ma solo... ( da "Stampa, La" del 29-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Ieri sono arrivate alla famiglia anche le condoglianze personali di Barack Obama il presidente Usa, che riteneva Jackson «una star dalla vita tragica». Ora l'ultima parola spetta agli investigatori, alle autopsie, se la seconda darà risposte bisognerà attendere il verdetto di quella del coroner, che interviene nei casi di morti sospette.

Zero ha il magone. Parla lento. Languido. L'aria di chi ha passato la notte a misurare l'assurdit... ( da "Stampa, La" del 29-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Da Jessie Owens a Barack Obama». Un nero che si sbiancava. «Capita quando hai sbagliato culla. La sua famiglia lo sfruttava portandolo in scena a cinque anni. Lui si è messo addosso la felicità di essere Michael Jackson solo il giorno in cui si è liberato di quel padre dittatore».

I militari cacciano il presidente ( da "Stampa, La" del 29-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: esercito e invitato il presidente statunitense Barack Obama a prendere posizione. L'invito non è caduto nel vuoto. Obama si è subito pronunciato dicendosi «profondamente preoccupato» e chiedendo agli «attori politici e sociali» del Paese il rispetto dello stato di diritto. Secondo Obama, «ogni tensione e ogni disputa dovrebbe essere risolta in modo pacifico,

Malato ai polmoni non poteva più cantare ( da "Stampa, La" del 29-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Il presidente Obama Manda una lettera alla famiglia per esprimere il suo cordoglio «Un grande artista dalla vita tragica» [FIRMA]GLAUCO MAGGI NEW YORK Michael Jackson potrebbe essere morto per cause naturali, ma solo se possono essere chiamate naturali le sue condizioni culminate nello stress di un impegno che non sarebbe mai stato in grado di portare a termine.

- omero ciai ( da "Repubblica, La" del 29-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Prima Pagina OMERO CIAI Alle sei del mattino (le 14 in Italia) un gruppo di soldati si è presentato nella residenza del presidente dell´Honduras, Manuel Zelaya, lo ha portato all´aeroporto e da lì nel vicino Costa Rica. S´è consumato così uno stranissimo golpe nel «cortile di casa» dell´America di Obama. SEGUE A PAGINA 6 SERVIZI ALLE PAGINE 6 E

"liberateli subito" l'europa si compatta e studia le ritorsioni - alberto d'argenio ( da "Repubblica, La" del 29-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: cancellata dall´avvento di Obama Anche se, per ora, nessuno si spinge a pronunciarla apertamente ALBERTO D´ARGENIO BRUXELLES - La flebile speranza di un ritorno al dialogo con l´Iran si allontana sempre più. Tanto da far rientrare nel vocabolario della diplomazia la parola «sanzioni», cancellata dall´avvento di Barack Obama.

patrizia al "sunday times": così quella notte con silvio - enrico franceschini ( da "Repubblica, La" del 29-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: che doveva fare una dichiarazione sulla vittoria di Obama, eletto presidente quella notte. La donna lasciò la residenza alle 11, ma mentre tornava a Bari lui le telefonò: «Bambina mia!», disse, chiedendo poi perché avesse la voce roca. E lei spiegò: «Per via delle docce». Il Sunday Times riferisce pure il contenuto di una successiva telefonata fra la D´Addario e Barbara Montereale,

una lotta fra ayatollah - (segue dalla prima pagina) ( da "Repubblica, La" del 29-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Barack Obama non è risparmiato. Viene descritto come una brutta copia di Bush Jr. E la Cia non è trascurata. Sarebbe difficile ignorarla. La stessa stampa americana ha più volte dato notizia dei milioni di dollari destinati da Washington, ai tempi di Bush Jr.

jacko, i minuti finali l'iniezione al cuore diventa un giallo - alberto flores d'arcais ( da "Repubblica, La" del 29-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: fan di tutto il mondo piangono il loro idolo, Obama scrive alla famiglia, i detective mettono sotto torchio medici e amici del re del pop, ma come sempre accade nelle vicende delle superstar, passato il momento delle lacrime e dei peana, iniziano le grandi battaglie legali: eredità, figli, malasanità e soldi.

gli usa fanno tremare i giganti poi il brasile rimonta e vince - fabrizio bocca johannesburg ( da "Repubblica, La" del 29-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: ritmando lo slogan di Obama con le vuvuzelas, si è capito che stava avvenendo l´incredibile. Gli Usa, paese leader nello sport mondiale ma tra gli ultimi nel pallone, avevano messo a segno il 2 - 0 contro il Brasile con Donovan, star 27enne dei Los Angeles Galaxy (il club di Beckham) e della nazionale a stelle e strisce.

stadi super, alti costi e paura ecco il mondiale che verrà - johannesburg ( da "Repubblica, La" del 29-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Obama è già invitato per la cerimonia dell´11 giugno. Il filo spinato ricorda che il cammino è lungo e che i Mondiali non lo spezzeranno del tutto. A Johannesburg si esce in macchina da un posto recintato col filo spinato per entrare in un altro recintato di filo spinato a sua volta.

finalmente cabrio sarà il passaporto per l'america? - salvatore tropea balocco ( da "Repubblica, La" del 29-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Obama a pronunciarsi a favore della Fiat come alleato di Chrysler. Bassi consumi, basse emissioni, prezzi contenuti, piccole dimensioni meglio adattabili al traffico urbano: insomma la carta Fiat che spiega il successo dello storico remake della 500 anche in una versione che rievoca il Cinquino del 1957 e più in generale la scelta del gruppo per uscire ben posizionato dalla grande

l'uomo che trattò per gli ostaggi usa "l'occidente si muova il meno possibile" - francesca caferri ( da "Repubblica, La" del 29-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Questo è uno scontro interno all´Iran: ogni parola di Obama, ogni presa di posizione delle cancellerie occidentali si trasforma in una scusa per chi vuole attaccare il movimento riformista. L´unica cosa che possiamo fare è richiamare l´Iran al rispetto delle convenzioni internazionali sui diritti umani e sulla libertà di espressione.

iran e gran bretagna la lunga battaglia nel golfo - (segue dalla prima pagina) ( da "Repubblica, La" del 29-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: comportamento di Barack Obama, che ha relativamente mitigato le sue critiche nei confronti del regime di Teheran. Ma questo non conta: l´arresto ieri di iraniani che lavoravano per l´ambasciata britannica dimostra quanto le ostilità si stiano aggravando. Le nazioni, come anche i singoli individui, del resto, possono sicuramente non prendere in considerazione la loro storia e il loro passato,

golpe dei militari in honduras cacciato il presidente amico di chavez - (segue dalla prima pagina) omero ciai ( da "Repubblica, La" del 29-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: militari in Honduras cacciato il presidente amico di Chavez Obama: violati i diritti democratici. Il Venezuela muove l´esercito La decisione presa dalla Corte suprema, nominato un capo di Stato ad interim La scorsa settimana era stato deposto il generale Vasquez Oggi vertice a Managua (SEGUE DALLA PRIMA PAGINA) OMERO CIAI è stata la Corte suprema elettorale ad ordinare il sequestro e l´

albania al voto, affluenza record sali berisha verso la vittoria - renato caprile ( da "Repubblica, La" del 29-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: affluenza record Sali Berisha verso la vittoria Lo sfidava Edi Rama, il socialista sindaco di Tirana, l´"Obama dei Balcani" RENATO CAPRILE Se gli exit poll non mentono, il partito democratico del premier uscente Sali Berisha avrebbe vinto le elezioni legislative albanesi con un margine di vantaggio di 5-8 punti sui socialisti dello sfidante Edi Rama.

napolitano a capri festeggia gli 84 anni ( da "Repubblica, La" del 29-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Nato a Napoli il 29 giugno 1925, il capo dello Stato compie 84 anni e li celebrerà in forma privata, con la consorte ed alcuni amici di vecchia data. Napolitano rientrerà già in serata a Roma dove, nei prossimi giorni, lo attendono gli incontri con il presidente cinese Hu Jintao (il 6 luglio) e con Barak Obama (l´8 luglio)

E Michael disse: ( da "Corriere della Sera" del 29-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Ieri anche il presidente Barack Obama ha scritto una lettera personale di condoglianza alla famiglia, mentre l'annuale Oscar nero organizzato ad Hollywood veniva trasformato in un tributo alla memoria di Jacko. «Michael sarà ancora più grande da morto che da vivo ha detto il patriarca Joe Jackson alla FoxTv .

Iraq, Iran e Corea del Nord: l' che non si sgretola ( da "Corriere della Sera" del 29-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: amministrazione del presidente Barack Obama ha concentrato gli sforzi per migliorare il dialogo con Baghdad, Teheran e Pyongyang. Dal 2007 a questa parte, l'Iraq ha visto profilarsi una certa stabilità, per quanto tenue, e il governo Obama si preoccupa a ragione della sicurezza del Paese quando le truppe americane si ritireranno dalle città irachene nel corso dell'

No R 43,9 ( da "Corriere della Sera" del 29-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: it Prima approvazione negli Usa della legge sul taglio dei gas serra. Obama ha fatto abbastanza? SUL WEB Risposte alle 19 di ieri Sì R 56,1 No R 43,9 La domanda di oggi D'accordo nel sopportare i disagi provocati dalla sospensione del trattato di Schengen per motivi di sicurezza in vista del G8?

Nulla sarà più come prima per gli ( da "Corriere della Sera" del 29-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: è stata la vittoria di Barack Obama, se non l'irresistibile ascesa di un candidato improbabile che non poteva mai vincere, di fronte a un avversario predestinato? Un manto, quello dell'underdog, del quale si sono coperti anche personaggi che hanno fatto la Storia. Come Harry Truman, dato per spacciato alle elezioni del 1948, salvo poi vincerle dopo essersi autodefinito «

Iran, è una lotta fra ayatollah ( da "Repubblica.it" del 29-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Barack Obama non è risparmiato. Viene descritto come una brutta copia di Bush Jr. E la Cia non è trascurata. Sarebbe difficile ignorarla. La stessa stampa americana ha più volte dato notizia dei milioni di dollari destinati da Washington, ai tempi di Bush Jr.

Golpe Honduras, sfida al coprifuoco E si riunisce il Consiglio dell'Onu ( da "Repubblica.it" del 29-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: "Obama, ci sei tu dietro questo?", ha chiesto dopo il suo arresto Zelaya al presidente americano; subito la smentita della Casa Bianca. Roberto Micheletti ha respinto le minacce di intervento militare del capo dello Stato venezuelano Hugo Chavez dopo il colpo di stato.

Iran, parte il riconteggio dei voti ( da "Stampaweb, La" del 29-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: altra ha conseguenze molto dure» ha spiegato il super-stratega di Obama David Axelrod. «Siamo consapevoli - ha aggiunto - del fatto che le armi nucleari in Iran e la denuclearizzazione dell?intera regione sono una minaccia per il Paese, per tutti i Paesi nella regione, e nel mondo. E dobbiamo affrontarlo. Non possiamo lasciar correre».

La cyberguerra divide Usa e Russia ( da "Stampaweb, La" del 29-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: settimana dal summit al Cremlino fra Dmitry Medvedev e Barack Obama. L?intenzione di entrambi i presidenti è di siglare un accordo bilaterale per proteggere Internet da intrusioni spionistiche e aggressioni di virus ma la differenza sta nel come farlo: la Russia preme per redigere un trattato internazionale ad hoc, sul modello di quello già esistente per il bando delle armi chimiche,

Golpe in Honduras, il mondo dice no ( da "Stampaweb, La" del 29-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Barack Obama, questa domanda: «Obama, ci sei tu dietro a tutto questo?». Immediata la risposta da Washington: «No» hanno subito risposto fonti della Casa Bianca. E nel giro di pochi minuti è arrivata attraverso un comunicato la dichiarazione ufficiale dello stesso Obama: precisando di essere «molto preoccupato»,

"Gli scandali di Berlusconi alla prova del G8" ( da "Repubblica.it" del 29-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Obama e gli altri leader del G8 all'Aquila. "Voci in patria e all'estero si chiedono se i suoi problemi interni diminuiranno la sua capacità di affrontare importanti questioni globali", come l'immigrazione, il cambiamento climatico, la crisi iraniana, scrive Michael Daly da Milano, ricordando le indiscrezioni dei giorni scorsi secondo cui Berlusconi avrebbe detto al premier israeliano

Honduras, l'opposizione si organizza E il mondo condanna il colpo di Stato ( da "Stampaweb, La" del 29-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Il presidente americano Barack Obama si è detto subito «molto preoccupato». A Cuba Fidel Castro ha affermato che i golpisti «neanche respirano senza l?appoggio degli Stati Uniti», ma ha osservato che «perfino la signora Clinton ha dichiarato che Zelaya è l?unico presidente dell?

Iraq, gli americani se ne vanno feste in strada per la 'liberazione' ( da "Repubblica.it" del 29-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Per Barack Obama, il presidente che deve restituire credibilità all'America sul fronte iracheno, la scommessa di mantenere la promessa di "andarsene dall'Iraq il prima possibile". Per gli iracheni un momento di gioia, con i militari americani che si riducono sempre di più man mano che passano le ore e una "festa della liberazione" già programmata per il 30 giugno,

Golpe Honduras, sfida al coprifuoco Clinton: "Rientro Zelaya priorità Usa" ( da "Repubblica.it" del 29-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: "Obama, ci sei tu dietro questo?", ha chiesto dopo il suo arresto Zelaya al presidente americano; subito la smentita della Casa Bianca. Il colpo di stato è stato infatti condannato da Stati Uniti, insieme all'Unione europea e all'Organizzazione degli Stati Americani, l'Onu continentale.

"Al G8 nuove sanzioni contro l'Iran" ( da "Stampaweb, La" del 29-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: amministrazione democratica di Obama, che aveva puntato molto sulla politica della mano tesa nei confronti di Teheran. E in serata proprio da Washington è arrivata una frenata alle dichiarazioni di Berlusconi. Il portavoce di Barack Obama, Robert Gibbs, ha infatti commentato con molta cautela le parole di Berlusconi, e ha spiegato come il presidente Usa intenda prima esaminare «

Golpe Honduras, sfida al coprifuoco Obama: "Zelaya il vero presidente" ( da "Repubblica.it" del 29-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Barack Obama, ha detto che per gli Usa il presidente dell'Honduras resta Manuel Zelaya. Quanto avvenuto ieri in Honduras secondo Obama "non è legale" e se il colpo di stato in Honduras venisse accettato sarebbe "un terribile precedente". L'Assemblea generale delle Nazioni Unite, riunita d'urgenza, ha invitato a intervenire il presidente destituito Manuel Zelaya:

Obama scopre il cortile di casa ( da "Stampa, La" del 30-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: opera e energie alternative Arrivano però anche droga, radicalismo politico e terrorismo islamico LUCIA ANNUNZIATA La Casa Bianca è tirata per la giacca: deve decidere con chi stare a Tegucigalpa Ora schierarsi è più difficile Sono in gara Cina, India e anche outsider come l'Iran Obama scopre il cortile di casa SEGUE DALLA PRIMA PAGINA

Harry Potter, istruzioni per l'uso ( da "Stampa, La" del 30-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: gli appassionati comprendono le figlie del presidente Obama. la Potter-mania è stata descritta perfino nel Diavolo veste Prada. Ginny. E' lei il grande amore di Potter, la sorella del miglior amico Ron. Se non si fosse nel mondo dei maghi, si potrebbe dire che Harry, alla fine, si innamora della ragazza della porta accanto.

[FIRMA]PAOLO MANZO Ore di attesa per l'Honduras, dopo il golpe che ha destituito il presidente de... ( da "Stampa, La" del 30-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Lo stesso Obama ha detto che per gli Usa il presidente dell'Honduras resta Manuel Zelaya, che quanto è avvenuto in Honduras «non è legale» e che, se il colpo di stato venisse accettato, sarebbe «un terribile precedente». Il segretario di Stato Clinton ha aggiunto che «l'immediata priorità è il pieno ripristino dell'ordine costituzionale e democratico»

Troppo bianchi per fare i pompieri ( da "Stampa, La" del 30-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: la candidata di Obama per entrare nel tribunale supremo americano La polemica La giudice ispanica aveva già fatto dichiarazioni controverse sulla razza. Rischia d'essere bocciata in Senato La Corte Suprema Usa riconosce discriminati i candidati scartati in favore dei neri giudici dell'Alta Corte NEW YORK La Corte Suprema boccia la sentenza del suo prossimo giudice.

Iraq, i militari Usa lasciano le città ( da "Stampa, La" del 30-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Amministrazione Obama, in base ai quali nel 2012 non vi saranno più soldati americani dentro i confini dell'Iraq. L'ultimo edificio di Baghdad consegnato dall'Us Army agli iracheni è stato l'ex Ministero della Difesa di Saddam Hussein ed è qui che Al Maliki ha pronunciato un discorso alle forze armate sul «Giorno della sovranità nazionale»

"first ladies" in ordine sparso michelle farà la turista a roma - anais ginori ( da "Repubblica, La" del 30-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Nell´ultimo caso, vedi alla voce Michelle Obama, che sarà ospite di un noto albergo della capitale e passerà le sue "vacanze romane" con le figlie Sasha e Malia come tanti normali turisti. La First Lady ha espresso il desiderio di visitare Colosseo, Campidoglio, Fori imperiali e altre «bellezze della Roma antica».

le tre questioni da affidare ai giovani del pd - adriano sofri ( da "Repubblica, La" del 30-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: come nell´America di Obama. Nel Pd, e attorno, non mancano collaudate personalità "di formato", della cui esperienza sarebbe, oltre che odioso, stupidissimo privarsi: ma è lo stesso loro rango, e il lungo corso, a destinarle alla seconda fila, e al magnanimo compito del sostegno.

usa, il soccer è diventato grande "ora avrete più rispetto di noi" - enrico sisti roma ( da "Repubblica, La" del 30-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: una svolta Tutto è cominciato con le parole di Obama a Blatter Beckham e le altre star europee non l´hanno cambiato "Questa volta è una cosa diversa" ENRICO SISTI ROMA Hanno perso ma hanno vinto. Per il "soccer" le lacrime di Dempsey potrebbero davvero rappresentare la svolta: «La finale di domenica sera è stato il momento più importante del calcio nel nostro paese»,

"dal g8 dure sanzioni all'iran" - vincenzo nigro ( da "Repubblica, La" del 30-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Il portavoce Robert Gibbs ha detto che il presidente Usa Obama «esaminerà quello che sarà considerato al G8 in Italia prima di formulare un giudizio» su possibili misure nei riguardi dell´Iran. I primi a gettare acqua sul fuoco sono proprio i funzionari di Palazzo Chigi che spiegano che quella evocata da Berlusconi «è solo una possibilità: sono in corso consultazioni fra leader,

coprifuoco e paura in honduras appello all'onu dell'ex presidente - pablo ordaz ( da "Repubblica, La" del 30-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Obama sono stati chiarissimi in proposito. «Il ritorno al potere di Zelaya è una priorità immediata», dice Washington. In un comunicato letto nella capitale del Nicaragua dopo la riunione convocata d´urgenza dal sandinista Daniel Ortega, i paesi dell´Alba hanno lanciato un appello al popolo honduregno perché si ribelli contro il governo di Roberto Micheletti nominato dal Congresso

2047, la scommessa usa spegnere l'ultima sigaretta - cristina nadotti ( da "Repubblica, La" del 30-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Il piano Obama fa sperare il fronte anti tabacco E gli esperti si sbilanciano: entro quarant´anni gli Stati Uniti potrebbero diventare la prima nazione no smoke 2047, la scommessa Usa spegnere l´ultima sigaretta Dal 1965 al 2007 il numero di consumatori si è già dimezzato "Possiamo farcela" CRISTINA NADOTTI Difficile immaginare un´

"popolarità in calo, dubbi sulla sua capacità di reggere" - enrico franceschini ( da "Repubblica, La" del 30-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: quindi la settimana prossima ospitando Obama e gli altri leader del G8 all´Aquila. «Voci in patria e all´estero si chiedono se i problemi domestici diminuiranno la sua capacità di affrontare importanti questioni globali» al summit, scrive il quotidiano londinese. Preoccupazione condivisa dal francese Figaro, che titola: «Gli scandali di Berlusconi gettano un´

Stanca e la : l'Expo è perfetta, vale dieci Olimpiadi ( da "Corriere della Sera" del 30-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Insomma lei è d'accordo con Barack Obama: una crisi è un'occasione da non sprecare. «È un'occasione irripetibile: aumenta l'esigenza di recuperare risorse, oggi e per il futuro». Il governo dice che non è il momento di creare tensioni. «Deve bilanciare equilibrio e coesione, ma nel governo nessuno nega l'esigenza di queste riforme.

Ritiro Usa nelle mani di Biden ( da "Corriere della Sera" del 30-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: i protagonisti ed ha la completa fiducia del presidente Obama». Ma è chiaro che un incarico di così alto profilo confermi l'insoddisfazione della Casa Bianca: «Non ho visto ancora la quantità di progressi politici che avrei voluto vedere», ha ammesso Barack Obama ancora quattro giorni fa. «Se le cose fossero tutte andate per il verso giusto dicono le fonti dell'Amministrazione ,

Lotta al cyber-crimine Ue, la centrale sarà in Italia ( da "Corriere della Sera" del 30-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Barack Obama, sarà a Roma. Il direttore della Us Secret Service, l'agenzia che dall'Ottocento si occupa delle frodi finanziarie, allora sui dollari falsi, oggi sempre più spesso sul web, è atteso al Viminale dal ministro Roberto Maroni per mettere la firma insieme all'amministratore delegato delle Poste Italiane,

Europei, ricordiamoci della Georgia L'estate e i russi si avvicinano ( da "Corriere della Sera" del 30-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Unione europea e Obama, a contenere le ambizioni ataviche e i capricci di Mosca? O acquisteranno una fallace e precaria tranquillità sacrificando l'indipendenza della Georgia? La posta in gioco non è il supplemento d'anima attualmente disprezzato diritti dell'uomo e libertà , ma l'indipendenza dell'Europa, la sua autonomia energetica,

( da "Corriere della Sera" del 30-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: il Duomo sullo sfondo e un mare in cui nuotano Sarkozy, Merkel, Berlusconi, Obama, Putin. «Io ne avevo fatto un altro prima. Solo Letizia Moratti - è lei che ha voluto questa mostra - che nuota nel mare davanti al Duomo, con un costume elegante a fiori. A lei piaceva, ma poi è arrivato un no. È' difficile fare il mio lavoro, davvero».

Barack Obama: ( da "Corriere della Sera" del 30-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: 17 Honduras Barack Obama: «Per noi il presidente resta Zelaya» TEGUCIGALPA Non si arrendono dentro e fuori dall'Honduras i sostenitori del presidente Manuel Zelaya, deposto con un golpe dai militari e trasferito in Costa Rica domenica, nel giorno del referendum da lui indetto per estendere il limite del suo mandato quadriennale,

Iran, sul web la scure degli ayatollah Niente YouTube, e Twitter va a rilento ( da "Repubblica.it" del 30-06-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: è una cosa che Obama e tutto l'Occidente potrebbero fare per i ragazzi di Teheran: approvare misure e mettere soldi per sviluppare le tecnologie di "internet censorhip evasion" (tecniche per aggirare la censura sulla rete e non essere individuati). Detta in parole semplici: la radio Londra di internet, la radio voce della libertà della rete.


Articoli

"Ucciso dai medici" (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 27-06-2009)

Argomenti: Obama

L'America Obama: era un'icona della musica. Ma esplodono le polemiche "Ucciso dai medici" [FIRMA]FRANCESCO SEMPRINI NEW YORK Un lenzuolo bianco avvolge il corpo privo di vita steso sul lettino dell'ambulanza. È l'ultima immagine che Michael Jackson regala di sé al mondo intero prima dell'imbarco in elicottero per il volo finale. La notte più lunga del pop è un condensato di emozioni: mentre il presidente Obama saluta «un'icona della musica» (ma dalla vita per alcuni aspetti «triste e tragica») i fan danno l'ultimo saluto al loro idolo con un interminabile abbraccio planetario, mentre radio e tv gli rendono omaggio con maratone musicali del suo stesso repertorio, colonna sonora di un'America sotto shock. Al capezzale di Michael arrivano la sorella La Toya, mamma Katherine e il fratello Jermaine che ne conferma il decesso mettendo fine alla lunga ridda di voci e smentite. Giunge il messaggio della sorella Janet, l'altra star dei Jackson: «Sono distrutta», mentre papà Joe, da Las Vegas, chiede alla famiglia di stringersi intorno al figlio che non c'è più. È l'inizio della notte più lunga, quella delle centinaia di migliaia di persone radunate nelle piazze di tutta America per dare l'estremo saluto al «Moonwalker», quello che sulla luna c'è andato con la musica. A Washington, la Camera si ferma per un minuto, Elizabeth Taylor riceve la notizia e si sente male. Oltre al pianto, iniziano le accuse: il sospetto è che Jackson sia morto per l'assunzione di un narcotico simile alla morfina. Lo si saprà solo dopo l'autopsia, intanto la polizia di Los Angeles è a caccia del medico personale della star, che si ritiene potrebbe aiutare gli investigatori a risolvere il mistero della morte. La polizia ha sequestrato la Bmw del dottore. «Nell'automobile potrebbero esserci medicinali - spiega un portavoce - o altri indizi che potrebbero aiutare il medico legale a risalire alle cause del decesso». Intanto l'exmoglie, Lisa Maria Presley, figlia di Elvis, ricorda una frase che le disse Jacko: «Temo che farò la fine di tuo padre», morto a 42 anni appunto per un attacco di cuore provocato dal super consumo di medicinali. Intanto la folla si raduna davanti all'Ucla Medical Center, l'ospedale dove è stato portato Michael: si piange, si canta, si accendono candele e si posano fiori. Dopo poche ore arrivano le prime magliette con la foto del re e le date di nascita e morte. La folla dilaga fra Hollywood Boulevard e Highland Avenue mentre alcuni fan si dirigono verso l'abitazione della star, presidiata dalla polizia, dove rimangono per tutta la notte. A New York la musica non cambia. I primi nuclei sono a Times Square attaccati ai maxischermi di Mtv: «È come quando morì Lady Diana, tutti si ricorderanno dove erano in quel momento». Il raduno più grande è all'Apollo Theatre di Harlem, dove Jackson si è esibito più volte: oltre 2.500 persone danno vita a uno «steet-party», si piange, si ride, si balla e si canta: «Lui avrebbero voluto così» dicono i jacksoniani del quartiere ghetto. Tra loro il reverendo al-Sharpton, amico di Michael e leader nella lotta per i diritti civili: «Per l'America afroamericana lui è stato tanto importante con la musica quanto lo è stato Barack Obama con la politica». A centinaia si radunano anche davanti alla casa natale dei Jackson, a Gary, in Indiana. Ma non di sola America vive il ricordo di Michael: manifestazioni spontanee si tengono a Tokyo, Buenos Aires, in Brasile e persino in Cina, India e Pakistan. Incessante la maratona di messaggi di amici e artisti come Madonna: «Non riesco a smettere di piangere», Mariah Carey: «Ho il cuore spezzato», mentre Elton John nel corso di un concerto benefico a Londra, gli dedica Don't Let the Sun Go Down on Me. «Un grande talento dall'animo gentile», dice Paul McCartney che dimentica in un attimo gli antichi dissapori causati dal contenzioso sui diritti di 200 brani dei Beatles acquistati da Jacko agli inizi degli Anni '80. Sul web ogni singola pagina è intasata per eccesso di «click», mentre su Twitter la morte del re del pop scalza gli scontri in Iran. YouTube gli dedica l'apertura del sito e una compilation di video, mentre su Facebook è boom di iscrizioni alla pagina «Rip Michael Jackson, we miss you». Dalle pagine del social networking nasce la prima iniziativa musicale in ricordo, il Silent Disco, un tributo al re del pop organizzato per il 3 luglio a Trafalgar Square dove si balleranno le grandi hit, nel silenzio più assoluto, ovvero con iPod e cuffiette.

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"violenze in iran, dialogo a rischio" - vincenzo nigro (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 27-06-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 10 - Esteri "Violenze in Iran, dialogo a rischio" Obama risponde a Ahmadinejad. Il G8 "deplora" ma non condanna Teheran Ministri degli esteri più duri con Israele "Deve bloccare gli insediamenti nei Territori occupati" VINCENZO NIGRO DAL NOSTRO INVIATO TRIESTE - «Ahmadinejad pensi al suo popolo invece che alle scuse che chiede all´America, guardi alle persone che sono state uccise, ferite e picchiate. Gli Usa vogliono ancora il dialogo, ma sicuramente le violenze in Iran avranno un effetto». Quando le parole di Barack Obama arrivano sui tavoli dei ministri degli Esteri del G8 riuniti qui a Trieste, l´effetto è quello di aggravare i mille dubbi su questo che è diventato il dossier di politica internazionale più esplosivo al mondo. Cosa fare con il governo iraniano che corre verso il nucleare e che, per rimanere al potere, trucca le elezioni e picchia chi protesta? Obama per la prima volta è quasi sprezzante contro Ahmadinejad, per la prima volta risponde alle provocazioni del leader iraniano: «Non prendo sul serio la sua richiesta di scuse, anche perché abbiamo fatto tutto il possibile per non interferire con il processo elettorale in Iran». Gli Stati Uniti hanno una difficoltà particolare sul dossier iraniano: le aperture al dialogo di Obama iniziano ad essere giudicate ingenue da chi ha sempre puntato sulla impossibilità di parlare con Ahmadinejad. E così ieri il G8 ha rispettato non solo le cautele chieste dalla Russia, ma anche la super-prudenza americana: «Gli americani ci hanno detto che avrebbero tenuto un profilo bassissimo qui a Trieste», dice un diplomatico che ha partecipato al negoziato, «il fatto che non ci fosse la Clinton li ha aiutati a sfilarsi dalla prima fila». è toccato al ministro degli Esteri italiano Franco Frattini tirare le fila fra chi avrebbe voluto una condanna più severa delle violenze iraniane e la Russia più prudente. Italia, Francia, Gran Bretagna e Germania alla vigilia avevano lasciato credere che nel comunicato finale ci fosse esplicitamente la parola «condanna». Mosca ha chiarito che quella parola sarebbe stata un errore, perché avrebbe bollato una dinamica elettorale interna su cui non bisogna interferire, e precluso la possibilità di continuare a dialogare sul nucleare. Per questo Frattini ha mediato con abilità un documento finale che esprimerà comunque la preoccupazione per la deriva pericolosa su cui scivola l´Iran. «Abbiamo condannato senza se e senza ma le uccisioni, le violenze e le repressioni in atto in Iran, più di questo che volete», dice il ministro italiano a chi gli chiede se non sia troppo poco la «deplorazione» espressa nel comunicato. Frattini lascia capire che oltre non si poteva andare, e aggiunge: «Il G8 non ha rinunciato per niente a una condanna per la perdita di vite umane e per la repressione». Non è così, la parola «condanna» non c´è nel testo. C´è nelle sue dichiarazioni, in quelle di Kouchner, di Milliband, di Steinmeier. Secondo tema di rilievo affrontato ieri a Trieste è la situazione in Medio Oriente. Per la prima volta dopo il discorso di Obama al Cairo, si è riunito il Quartetto (Onu, Ue, Usa e Russia), il gruppo che guida il negoziato politico ed economico sulla questione Palestina-Israele. Il Quartetto ha seguito parola per parola le nuove indicazioni di Obama: Israele deve bloccare i nuovi insediamenti nei Territori palestinesi, «anche la loro espansione naturale» (ovvero costruire altre case negli insediamenti che già esistono). Perché l´unica soluzione possibile è «due Stati per due popoli». Il premier di Israele sui due Stati adesso forse è d´accordo, ma sul blocco agli insediamenti ha già risposto "no" agli Usa. La richiesta ora gli arriva da tutto il Quartetto: per Netanyahu un problema davvero serio.

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il pugno di ferro del regime "pena di morte ai rivoltosi" - angeles espinosa (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 27-06-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 11 - Esteri Il pugno di ferro del regime "Pena di morte ai rivoltosi" I falchi incitano il presidente: nessuna pietà ANGELES ESPINOSA ÁNGELES ESPINOSA TEHERAN - Pena di morte per quelli che guidano le proteste contro la rielezione di Mahmud Ahmadinejad e maggiori controlli nei confronti della stampa estera. Questo è ciò che ha chiesto l´ayatollah Ahmad Khatami dal pulpito della preghiera del venerdì all´università di Teheran. Khatami (che non ha nessun legame di parentela con l´ex presidente Mohammed Khatami) è un fedele alleato della Guida suprema e di Ahmadinejad. Le sue parole riflettono la decisione degli ultraconservatori di non cedere. Tuttavia, dimostrando nuovamente che esistono delle divergenze nella cupola clericale, il grande ayatollah Naser Makarem Shirazi ha lanciato un appello alla «riconciliazione nazionale». «Voglio che il potere giudiziario punisca i capi di queste manifestazioni illegali con fermezza e senza mostrare alcuna compassione, perché serva di lezione a tutti», ha detto l´ayatollah Khatami. Per questo ha suggerito che la magistratura accusi i responsabili di mohareb, termine arabo che nella legislazione islamica (sharia) si applica a chi combatte contro Dio. Un delitto punito con la pena capitale. Khatami, uno degli ayatollah più conservatori dell´Assemblea degli Esperti, ha anche accusato i giornalisti stranieri di diffondere notizie false. «Pensate alla vicenda di quella donna uccisa e per la quale Obama ha versato lacrime di coccodrillo. Chiunque osservi il video si rende conto che sono stati i manifestanti ad assassinarla», ha detto. Si riferiva alla morte di Neda Agha Soltan. Le immagini della sua agonia, mentre si dissangua in una strada di Teheran, hanno fatto il giro del mondo. Sullo sfondo della repressione delle manifestazioni di piazza, il radicalismo di Khatami trasmette l´immagine di un regime che stringe i suoi ranghi attorno alla Guida suprema, l´ayatollah Khamenei. Ci sono, tuttavia, segnali di divisioni nella cupola clericale, dove si svolge una lotta interna, anche se tutti hanno interesse a mantenerla entro i limiti istituzionali. Un altro segnale delle difficoltà che la Guida suprema si trova ad affrontare per imporre la sua visione al settore critico del regime sono i tentennamenti del Consiglio dei Guardiani. Ieri sera, questo organo di supervisione dei risultati elettorali aveva annunciato la creazione di una commissione speciale per indagare sul contestato risultato delle elezioni. Sembrava un gesto di disponibilità nei confronti del principale candidato dell´opposizione, che ha chiesto un´indagine indipendente. Ma il portavoce del Consiglio, Abbas Ali Kadkhodai, ha poi definito le presidenziali come «le elezioni più pulite che abbiamo avuto dalla rivoluzione del 1979». (Copyright El Paìs/La Repubblica traduzione di Luis E. Moriones)

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sit-in della cgil contro berlusconi - roberto fuccillo (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 27-06-2009)

Argomenti: Obama

Pagina VII - Napoli Sit-in della Cgil contro Berlusconi "Crisi drammatica. E Lettieri faccia il presidente degli industriali" Polemico anche Bassolino: "I fondi vanno al Nord, per il Sud ci vuole uno scatto alla Obama" ROBERTO FUCCILLO «è tempo di impegni concreti, non più di false promesse e annunci». La Cgil campana approfitta del fatto che Silvio Berlusconi sarà martedì a convegno con gli industriali e prova a rompere il clima di troppo facile entusiasmo intorno alla crisi e allo stato dell´economia regionale. «E siccome non siamo invitati - dice Federico Libertino della segreteria regionale - saremo lì in piazza, davanti al San Carlo, a fare un sit-in e a volantinare, per ricordare al premier che è ora di passare ai fatti». La fotografia del sindacato è chiara: la situazione è disastrosa e anche la cassa integrazione aggiuntiva, affidata alla Regioni, rischia di essere un pannicello caldo. Libertino riassume la cifre, insieme al segretario della Camera del lavoro Peppe Errico: la cassa integrazione ha già toccato le 11-12mila unità per riguarda Fiat e indotto; se si aggiungono le altre situazioni di crisi industriale si arriva a circa 25mila persone che sono il bacino di utenza della potenziale integrazione a reddito della Regione; poi si calcolano altre 15mila unità in mobilità; infine i precari e tutti quelli che aspettano provvedimenti in deroga. Alla fine la dimensione della crisi si attesta intorno alle 60mila persone. Libertino prova un excursus sui casi principali. Cassa integrazione: «Berlusconi ci ha fatto sapere che avrebbe provveduto con gli amici Maurizio (Sacconi) e Giulio (Tremonti). Non abbiamo ancora visto nulla». Ammortizzatori in deroga: «Riguardano coloro che sono fuori dalla copertura della cassa integrazione. Stiamo ancora aspettando il decreto ministeriale che liberi 59 milioni, che peraltro coprirebbero solo il primo semestre del 2009». Precari: «è andato da Vespa a dire che c´erano fondi anche per loro, ma qui non abbiamo visto ancora nulla». Fas: «Vogliamo che tornino al Sud i fondi per le aree sottosviluppate usati per altre aree» Fiat: «D´accordo, hanno scongiurato la chiusura di Pomigliano, ma quando ci portano a un tavolo per un piano?» Atitech: «Sono passati un paio di mesi. Siamo fermi alla riunione del governo con Gianni Lettieri, che farebbe bene a fare il presidente degli industriali e non a pensare ad altre cose». L´attacco a Lettieri è in funzione delle voci su un suo possibile coinvolgimento per le prossime elezioni regionale o comunali. Cgil rammenta al governo che il piano Lettieri, «è inadeguato e debole, occorre tornare a coinvolgere Cai e Finmeccanica, per dare maggiori garanzie allo stabilimento». Quel che è certo è che martedì in piazza non ci sarà aria di pace sociale. «Non per ideologismo - conclude Libertino - ma perché è evidente che tutti gli istituti di rilevazione, da Banca Italia all´Istat, parlano di un Pil in calo e di una situazione drammatica, specie nel Mezzogiorno». E chiede «più attenzione strategica» per il Sud il governatore Antonio Bassolino: «La maggior parte dei fondi impiegati dal governo va al Nord, mentre per il Mezzogiorno servirebbe uno scatto alla Obama».

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scatti d'america tra bush e obama (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 27-06-2009)

Argomenti: Obama

Pagina XV - Milano Fotografia Scatti d´America tra Bush e Obama C´è un omino isolato vestito di nero nella posa impettita del bodyguard e c´è un nugolo di suoi simili che circondano George W. Bush. Christopher Morris, l´autore della bella mostra esposta alla Fnac, è un reporter che l´America del potere la frequenta da vicino, anche se non le risparmia frecciate. Abituato ai drammi di Cecenia e Colombia, usa toni diversi quando riprende le contraddizioni del suo paese alternando auto abbandonate e giovani obesi in un tripudio di bandierine stars and strips. Ma accanto a queste fotografie (tanto apprezzate da Bush che non ne ha colto il tono sarcastico), altre ne compaiono dove si fa largo la speranza rappresentata da Barack Obama. Lo si nota nel confronto – lombrosianamente impietosa – fra gli sguaiati protagonisti dei comizi repubblicani e il composto pubblico di quelli democratici. (Roberto Mutti)

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clima, la vittoria di obama "così sfidiamo l'effetto serra" - alberto flores d'arcais (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 27-06-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 16 - Esteri Clima, la vittoria di Obama "Così sfidiamo l´effetto serra" Usa, sì del Congresso alla legge anti-inquinamento L´obiettivo è ridurre le emissioni del 17% entro il 2020 e dell´83% entro il 2050 ALBERTO FLORES D´ARCAIS dal nostro inviato LOS ANGELES - «Progressi enormi, ma resta molto da fare». Barack Obama applaude il Congresso che ieri sera ha dato il via libera alla nuova legge sul clima, uno dei punti più importanti nell´agenda "interna" della Casa Bianca. Una legge che il presidente voleva ad ogni costo, tanto che giovedì, alla vigilia di un voto con molte incertezze, si era impegnato personalmente telefonando ai deputati democratici meno convinti per fargli cambiare idea: «Il mio appello verso quei membri del Congresso che non vogliono prendere posizione, così come al popolo americano, è il seguente: non possiamo aver paura del futuro, non possiamo essere prigionieri del passato». Il risultato non era scontato (per i repubblicani la riforma porta «l´aumento delle tasse maggiore della storia americana») e l´appello del presidente non ha convinto tutti i deputati del suo partito. La proposta di legge è passata infatti con 217 voti favorevoli e 205 contrari e ben trenta democratici (in prima fila i cosiddetti "blue dog", gli anti-liberal del partito) hanno votato contro. «Avremo i voti necessari all´adozione della legge», aveva previsto poco prima del voto il capogruppo democratico Steny Hoyer. «Si tratta di un testo enorme e complesso, sul quale i membri del Congresso stanno riflettendo, ma crediamo si tratti di un´opportunità storica davvero importante. Sia per rispondere ai nostri problemi di sicurezza nazionale, sia per la sfida del riscaldamento globale». Con la nuova legge viene creato un mercato dei diritti di emissione chiamato Cap and Trade. Il sistema prevede che questi diritti vengano venduti (oppure concessi gratuitamente) alle industrie più vulnerabili, con l´obiettivo di ottenere una riduzione progressiva delle emissioni di «gas effetto serra» del 17 per cento (rispetto al 2005) nel 2020 e dell´83 per cento nel 2050. Il 5 per cento dei finanziamenti sarà erogato grazie ad accordi con i paesi in via di sviluppo per scoraggiare la deforestazione tropicale. I fornitori di energia americani dovranno ottenere il 15 per cento della loro produzione da fonti di energia rinnovabili (eolico, solare, geotermico, biomassa) entro il 2020. Il testo prevede anche che in questo periodo i consumi di elettricità vengano ridotti del 5 per cento grazie al risparmio energetico. Modificata anche la normativa edilizia, in modo che le nuove abitazioni siano più efficienti da un punti di vista energetico. Il progetto di legge prevede inoltre la creazione di una sorta di "banca verde", la Clean Energy Deployment Administration, organismo federale che sarà indipendente dall´agenzia americana dell´ambiente (Epa), avrà un fondo di 7,5 miliardi di dollari e fornirà i finanziamenti necessari per lo sviluppo delle energie pulite.

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il lato oscuro dei mercati - alessandro penati (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 27-06-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 24 - Economia IL MERCATO IL LATO OSCURO DEI MERCATI La riforma europea è complessa, farraginosa e richiederà tempi lunghi ALESSANDRO PENATI L´Unione Europea ha appena varato la riforma della regolamentazione finanziaria. Una costruzione complessa, farraginosa, e che richiederà tempi lunghi. Sostanzialmente, recepisce le raccomandazioni del Rapporto de Larosière (RdL), nel quale però il funzionamento e l´organizzazione dei mercati ricevono un´attenzione marginale: solo una delle 30 raccomandazioni, infatti, è dedicata a questo argomento. Diversamente, la recente riforma di Obama attribuisce grande rilevanza alla regolamentazione dei mercati. L´organizzazione degli scambi finanziari non è materia solo per addetti ai lavori: l´attuale crisi è nata e cresciuta nel mare di strumenti derivati e titoli cartolarizzati negoziati over-the-counter (Otc), cioè compravendite effettuate direttamente tra due controparti (principalmente banche), al di fuori dei mercati organizzati e regolamentati. Quattro i rischi degli strumenti Otc. Il rischio controparte. Il rischio liquidità: mancando un mercato organizzato ed efficiente, le transazioni possono avvenire a prezzi molto distanti da quelli stimati (e contabili). Il rischio sistemico: senza concentrazione degli scambi, nessuno può conoscere l´esposizione complessiva (e la leva) nei confronti di uno strumento; e il rischio di abusi: la scarsa trasparenza consente valorizzazioni arbitrarie e manipolazioni di ogni sorta. La concentrazione di tutte le transazioni Otc (non solo i derivati) presso un´unica stanza di compensazione (Central Clearing House, CCH) e il trasferimento degli scambi su mercati organizzati e regolamentati, dovrebbe essere una priorità dei governi europei. Una CCH, frapponendosi in tutte le transazioni, elimina il rischio controparte; impone agli intermediari di versare margini di garanzia, fissando un tetto alla loro leva; fornisce valori di riferimento, limitando il rischio di manipolazioni contabili; e permette di conoscere l´esposizione complessiva ai rischi del mercato. Il RdL si limita timidamente ad auspicare una CCH europea per i soli credit default swaps, rimandando la materia alla costituenda Autorità Europea di Supervisione. Sarà troppo poco, troppo tardi. Lo sviluppo dei mercati Otc riflette l´enorme potere di poche grandi banche che li hanno creati e li controllano: concentrando al proprio interno le negoziazioni, riescono a spuntare margini elevati, acquistano una grande forza contrattuale nella determinazione dei prezzi, e possono creare la leva che vogliono. Grazie alla direttiva Mifid, in Europa le banche possono anche promuovere e gestire mercati organizzati in diretta concorrenza con le Borse, ed effettuare al proprio interno grandi transazioni, anonimamente, e senza trasparenza di prezzo (dark pools). Non bastasse, 11 grandi banche vogliono ora comperarsi LCH. Clearnet, la più grande CHH europea. Così, diminuisce la trasparenza e aumenta il rischio di contagio tra mercati finanziari e banche. Bisognerebbe evitarlo, ma temo manchi la volontà: Borse e investitori istituzionali non protestano perché la loro attività dipende dalle maggiori banche; e per governi e banche centrali, il rafforzamento dei bilanci bancari è oggi prioritario, anche se passa per extra profitti da trading e commissioni salate. Il problema tocca l´Italia. Le nostre banche sono poco esposte ai derivati Otc: che però li hanno venduti massicciamente a risparmiatori (obbligazioni strutturate e polizze vita), enti locali, e imprese. Come nella riforma Obama, dovrebbe essere vietata la vendita di strumenti Otc a chi non è finanziariamente sofisticato. Inoltre, Borsa Italiana opera una CCH efficiente e competitiva, ma locale: grazie alla visibilità internazionale del suo azionista di controllo (Borsa di Londra), ha oggi la grande opportunità di esportare i suoi servizi. L´aperto sostegno delle autorità italiane sarebbe utile. Si è parlato spesso di promuovere la piazza finanziaria italiana: ecco un´occasione per farlo veramente.

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opel, nuove offerte entro metà luglio - salvatore tropea (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 27-06-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 26 - Economia Opel, nuove offerte entro metà luglio Magna in difficoltà. Marchionne: "Su Chrysler non voglio deludere Obama" L´ad Fiat: nel week end la decisione sulla 500 in Usa "Termini Imerese è insostenibile, i sindacati siano ragionevoli" SALVATORE TROPEA TORINO - Il caso Opel non solo continua a restare aperto ma si va complicando col passare dei giorni. La soluzione Magna non convince e in gioco tornano anche gli altri tre concorrenti che sembravano esclusi dopo la decisione di Berlino del 29 maggio. «Da quello che ho sentito risulta anche a me che non sta andando bene» ha commentato ieri Sergio Marchionne, in margine al Consiglio relazioni Italia-Usa a Venezia. «Come Fiat non possiamo migliorare la nostra offerta che è la cosa più razionale dal punto di vista industriale che potevamo offrire». Secondo quanto riferiva ieri il quotidiano Frankfurter Allgemeine entro il 15 luglio i quattro gruppi, che sono il fondo belga RHJ controllato dall´americana Ripplewood, i cinesi della Beijing Automotive Industry Company (Baic), la Fiat e naturalmente Magna, dovrebbero presentare nuove offerte non vincolanti. Il silenzio del Lingotto a questo proposito va letto come l´attesa di chi non ha fretta, sapendo che il tempo può giocare a suo favore e preferendo impiegarlo per far ripartire Chrysler e risolvere i problemi sindacali che si vanno presentando in Italia, da Termini Imerese (per Marchionne «non ha ragione di esistere») alla CNH di Imola. Al fondo della complicata partita Opel restano i problemi finanziari irrisolti. Stando a quanto scrive la Faz, Magna rifiuta l´opzione di riacquisto chiesta da Gm mentre RHJ insiste per ottenerla. Prima di acquisire il controllo di Opel il fondo di Bruxelles intenderebbe infatti regolare le modalità per uscire dall´investimento in futuro. In ogni caso i tempi sono stretti tenuto conto che il prestito ponte da 1,5 miliardi potrebbe essere bruciato entro settembre da perdite calcolate tra 5 e 6 milioni di euro al giorno. Proprio per questo si tenta la carta "finanziaria" cinese o belga che però è molto problematica. Mentre anche il ministro dell´Economia, Karl-Theodor zu Guttenberg, ammette che le trattative con Magna non hanno prodotto ancora «una soluzione sostenibile», aggiungendo comunque che la situazione non è «disperata» ma che «tutto resta ancora aperto». Sulla strada di Opel-Magna ci sono anche problemi tecnici e di volumi. Poiché la casa tedesca, avrebbe preclusi i mercati cinese e americano, si troverebbe a dover cercare sbocchi in Russia e nell´Est dove le vendite di recente hanno accusato flessioni del 70%. In Fiat conoscono questo punto debole e aspettano. Marchionne ieri ha dichiarato che nel week end si deciderà dove costruire la 500 in Usa e che entro fine luglio sarà convocato il primo cda di Chrysler. «Non voglio deludere Obama» ha aggiunto. Quindi ha definito «solo indiscrezioni» l´emissione di un bond da un miliardo di dollari e ha confermato gli obiettivi Fiat per il 2009: oltre 100 milioni di utile netti e più di un miliardo di cash flow. E intanto la chiusura dello stabilimento Cnh di Imola (circa 500 addetti) che sta creando una forte reazione dei sindacati. «Quello che è avvenuto è gravissimo. Due giorni dopo l´incontro a Palazzo Chigi la Fiat ci comunica la chiusura di questo impianto» ha detto ieri Gianni Rinaldini segretario generale della Fiom. La replica di Marchionne: «I sindacati siano più ragionevoli».

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bizzarrie di un uomo confuso nell'america in bianco e nero - (segue dalla prima pagina) vittorio zucconi (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 27-06-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 40 - Spettacoli Bizzarrie di un Uomo Confuso nell´America in bianco e nero Tra solitudine disperata e la maledizione di un favoloso talento, ha rappresentato un periodo di passaggio, di confusione, dunque di transizione per quella parte così sensibile dello spirito del tempo raccontata dalla musica popolare. E ieri il presidente Obama lo ha definito un´icona dalla vita triste (SEGUE DALLA PRIMA PAGINA) VITTORIO ZUCCONI Dietro gli orrori della chirurgia plastica abusata, la bizzarria disperata della sua solitudine e la maledizione di un favoloso talento, la morte per arresto cardiaco di Michael «Wacko Jacko» Jackson a 50 anni sembra volerci dire che di lui, e della sua impossibile traversata della barriera razziale, non c´era più bisogno, nel tempo e nella nazione che ha visto crollare per sempre anche il muro del colore, con Barack Obama che proprio ieri lo ha definito «un´icona della musica dalla vita triste e tragica». Possiamo essere certi che nel mare del giornalismo tabloide, quella diagnosi così banale di «arresto cardiaco» che significa ben poco senza conoscerne la causa, scritta sul certificato di morte all´ospedale dell´Università UCLA a Beverly Hills dopo tre quarti d´ora d´inutile rianimazione, mentre nei corridoi la gente gridava «salvatelo, salvatelo», diventerà oggetto di insinuazioni e teorie complottiste e già le accuse ai medici sono partite. Beverly Hills rimane il luogo dei misteri in technicolor, dal massacro di «Satana» Manson al suicido di Marilyn Monroe. Quella «Norma Jean» che «Wacko», Jacko lo Svitato, aveva tentato di imitare nel falsetto seducente di una voce che lui aveva mantenuto infantile, con iniezioni di ormoni femminili. Eppure Michael Jackson, nonostante le almeno cinque «rinoplastiche», le modifiche di naso ripetute fino all´ultima fatta da un chirurgo tedesco, il doktor Mang, utilizzando la cartilagine di un orecchio, è stato molto più del King of Pop che aveva inventato la «camminata lunare» sul palcoscenico e aveva ripreso le mosse pelviche da Elvis Presley aggiungendo di suo la presa a piena mano del «pacco» nei calzoni per far gridare le ragazzine di ogni età. Proprio come Elvis, morto a 42 anni, anche lui in circostanze che ancora gli irriducibili non vogliono accettare, il quinto dei sette figli di «Joe» Jackson l´operaio e di Katherine Scruse venuti al mondo nell´Indiana, anche lui ha rappresentato un periodo di passaggio, di confusione, dunque di transizione per quella parte così sensibile dello spirito del tempo raccontata dalla musica popolare. Un uomo confuso per un tempo confuso, nel quale anche i suoi «brothers» di pelle oscillavano tra il rivendicarlo come appartenente a loro, nella celebrazione solenne all´Apollo di Harlem, sacrario della musica e dell´intrattenimento afroamericano, e il disconoscimento come traditore. Sempre capito, tuttavia, nella sua angoscia di essere «altro» da ciò che mamma aveva fatto. Mentre Elvis trasportava nel mondo dei bianchi le mosse, i ritmi, le tonalità e le allusioni scandalose della musica nera, e i Beatles cantavano le ballate della generazione dei «ribelli senza una causa», «Jacko» viveva quindi attraverso il proprio corpo la metamorfosi razziale e la confusione di un´America che lottava contro se stessa, per accettare il fatto di essere sempre più multietnica. La sua musica, dai facili coretti dei primi successi con la band di famiglia, i Jackson 5 che i critici licenziavano come «Bubblegum», gomma dolciastra da masticare, fino all´ultimo album che avrebbe dovuto presentare nel suo sfiancante tour della resurrezione con 50 concerti in Inghilterra, non aveva mai cercato, neppure negli anni del successo con Thriller, sfide e provocazioni al commercialismo. Né aveva avuto gli accenti aggressivi dell´hip hop, del rap scritti per i ghetti dai ghetti. La provocazione erano lui, la sua fisicità mutante e in fondo tenera di creatura senza identità, l´Uomo Confuso, nero, cappuccino, bianco latte, chiazzato (nella «vitiligo», la depigmentazione patologia della pelle) rosa shocking, verdolino, clownesco, tragico, con il naso mutevole come la polena di una nave senza rotta. Jacko era una società multietnica ambulante, tutta contenuta in una sola persona, con sottotoni d´incertezza di genere e di sessualità, nonostante le due mogli, Eva Marie Presley, sposata per assorbire qualcosa del padre, e poi Deborah Rowe, l´infermiera di un dermatologo, dalla quale ebbe due figli, Michael Prince, il neonato che espose nel vuoto da un balcone d´albergo facendo inorridire il mondo, e Paris Michael Katherine. Di lui, si diceva che fosse il primo caso di «un uomo nato maschio nero e diventato donna bianca». E che soltanto in America potesse accadere. Infatti soltanto in America, dove i simboli sono realtà e la realtà si traduce sempre in simboli, la metamorfosi collettiva di una società poteva diventare la pubblica metamorfosi di un essere umano. Piaceva, mentre faceva orrore, questo suo essere tutti e nessuno, sempre al suono dei pezzi che versavano milioni di dollari sopra i suoi capelli stirati e strinati, come i 95 milioni di dollari che la Sony gli pagò soltanto nel 1995 per i diritti sulle sue future canzoni. E nella «horror story» di un uomo talmente visibile da essere divenuto inguardabile, l´accusa di turpitudine sessuale contro i bambini, attirati nel «lettone grande» del suo Paese del Balocchi, la «Terra del Mai», la Neverland, dove pagò addirittura 20 milioni di dollari per tacitare una famiglia che lo aveva denunciato per molestie, apparve quasi inevitabile, come se ormai lui avesse attraversato il confine delle terre dove soltanto i Peter Pan possono volare. Fu scagionato, ma nessun tribunale avrebbe mai potuto assolverlo da se stesso. Lo avevano abbandonato tutti, i suoi addetti stampa, i succhiasangue interessati, le prime e seconde mogli che pur di non vederlo più avevano rinunciato a vedere anche i figli («sono suoi e se li tenga lui» aveva dichiarato al giudice l´ex infermiera) persino gli amici disinteressati, come Steven Spielberg, offeso dalle liriche di una sua canzone che rimava «Hey Jew, you can sue», senti Ebreo, se vuoi, querelami. Ma ancora difeso da una legione di fedeli, soprattutto fuori dall´America, affezionati alle melodie che avevano accompagnato, con i magnifici arrangiamenti di Quincy Jones, le loro adolescenze, il tempo della loro confusione. Era scontato che s´imbottisse di Valium, Xanax, Ativan, benzodiazepine a gogo e analgesici per resistere all´essere, in senso questa volta reale, un uomo che sapeva stare nella propria pelle. Perché sia morto forse lo dirà l´autopsia, visto che almeno il cuore, nel proprio colore, non ha incertezze.

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giallo sul colloquio con netanyahu "l'iran va fermato, obama è debole" - alberto stabile (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 27-06-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 9 - Interni Secondo un retroscena del giornale israeliano Maariv il premier italiano avrebbe sostenuto che occorre "agire subito" Giallo sul colloquio con Netanyahu "L´Iran va fermato, Obama è debole" Una smentita finora è arrivata solo dallo staff del premier israeliano: racconto impreciso ALBERTO STABILE dal nostro corrispondente GERUSALEMME - Netanyahu: «Obama non è in un situazione facile. Gli sarà molto difficile dialogare in una situazione come questa. Le cose non sono come erano. La situazione è cambiata». Berlusconi: «Obama è debole. E in una situazione difficile. Parlo con alcune persone in America e loro mi dicono che ci sono critiche per le sue risposte deboli. Frattini ha parlato con Hillary Clinton e lei ha opinioni un po´ più dure riguardo all´Iran». Se le frasi che il quotidiano israeliano Maariv attribuisce al premier israeliano e al primo ministro italiano in un retroscena pubblicato ieri sono state effettivamente pronunciate ce n´è abbastanza per innescare una tempesta diplomatica. Netanyahu e Berlusconi non credono, secondo l´inviato del giornale che ha seguito il premier isreliano nel sul recente viaggio a Roma, alla strategia della «mano aperta» o del dialogo lanciata da Obama per fronteggiare la corsa dell´Iran verso il nucleare. Una smentita annunciata dall´ufficio del premier israeliano parlerebbe di resoconto impreciso. Qual è la versione di Palazzo Chigi? L´argomento è particolarmente delicato. Italia e Israele sono due alleati fedeli degli Stati Uniti. Una netta divergenza come quella ipotizzata da Maariv, è una cosa che Obama non potrebbe accettare. Le rivelazioni sembrano gli ingredienti di un giallo politico-diplomatico che necessita un chiarimento, tanto più adesso che la protesta verso il regime degli Ayatollah è esplosa nelle piazze. «Ho una grande ammirazione per i dimostranti in Iran» avrebbe detto Netanyahu, il quale fino all´indomani del voto, raccogliendo l´input ricevuto dai principali giornali israeliani, Maariv compreso, non sembrava propenso a distinguere tra Ahmadinedjad e Mussawi. Ma adesso il premier riconosce: «C´è un vero desiderio di libertà lì. Guarda come il regime sta combattendo i civili. Immagina cosa si permetterebbero di fare se avessero già una bomba atomica». Nel «retroscena» raccontato da Maariv, Berlusconi sembra persino più severo nelle critiche e deciso sul da farsi, quasi a riprendere i timori che circolano da mesi negli ambienti politici israeliani: «Non dobbiamo perdere tempo, perché di tempo non ce n´è. Dobbiamo agire adesso e fermare la loro corsa verso il nucleare». «Netanyahu - commenta l´inviato di Maariv, Ben Caspit - non l´avrebbe potuto dire meglio». Che Berlusconi ambisca al ruolo esclusivo, tra i paesi europei, di miglior amico d´Israele è noto da tempo. Anche con Netanyahu, come in passato con Olmert, il primo ministro si propone come ostacolo insuperabile contro i tentativi di danneggiare i rapporti tra Israele e l´Ue. Ma da questo ad accusare la commissaria europea Benita Ferraro Waldner, che «farà di tutto per colpirvi», ne corre. Insomma, al momento Berlusconi sarebbe più vicino ad Israele di Obama, scrive Maariv senza temere d´esagerare.

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infarto o overdose di farmaci? è mistero sulle ultime ore di michael jackson. mentre milioni di fan piangono la sua scomparsa, s'indaga su un'ultima iniezione letale. e ci si inter (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 27-06-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 37 - R2 Infarto o overdose di farmaci? è mistero sulle ultime ore di Michael Jackson. Mentre milioni di fan piangono la sua scomparsa, s´indaga su un´ultima iniezione letale. E ci si interroga su luci e ombre di una carriera"thriller": dalle accuse di pedofilia alle operazioni per diventare bianco, dagli incassi record ai debiti per il sogno infranto di Neverland. "Un´icona della musica", come ha detto ieri Barack Obama, "dalla vita triste"

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JOAN BAEZ A TEHERAN (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 27-06-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Prima Pagina data: 27/06/2009 - pag: 1 LE CAUTELE DEL G8 JOAN BAEZ A TEHERAN di FRANCO VENTURINI S ull'Iran il G8 di Trieste ha fatto il massimo di quello che poteva fare, cioè non molto. Nel comunicato vengono deplorate le violenze del dopo-elezioni e si chiede il rispetto dei diritti umani. Parole che possono sembrare insufficienti. Ma due motivi impedivano di andare oltre. Non si voleva uno scontro con la Russia, che comunque ha accettato espressioni mai prima sottoscritte. E soprattutto occorreva lasciare aperto lo spiraglio nel quale Barack Obama aveva infilato la sua mano tesa. La posizione del presidente Usa si va facendo ogni giorno più difficile. Alle prime manifestazioni di protesta e alle prime vittime della repressione Obama aveva reagito con grande cautela. Poi le violenze delle milizie pro Ahmadinejad sono diventate intollerabili, e il volto coperto di sangue della giovane Neda ha fatto il giro del mondo diventando la bandiera di una rivolta di popolo. Obama ha allora alzato il tono, fino a parlare, come ha fatto ieri, di oltraggio alle regole internazionali e di brutalità senza limiti delle autorità di Teheran. Nessun capo della Casa Bianca avrebbe potuto fare diversamente. Ma Barack Obama, ed è qui il legame con Trieste, non ha mai detto che la sua disponibilità al dialogo veniva revocata, non ha mai messo una croce definitiva sulla speranza di prevenire la potenziale minaccia nucleare iraniana con il metodo del negoziato. La linea di Obama è giusta: davanti al calvario di Teheran l'Occidente deve riaffermare i propri valori senza troppi peli sulla lingua, e nel contempo non deve tornare a quella dottrina bushiana del «non si parla con» che tanti guasti ha prodotto e che nessuno applica fino in fondo. Ma è proprio qui, è su questa mano tesa malgrado tutto, che Ahmadinejad fa ora piovere i suoi veleni. Nei giorni scorsi, mentre i blog di Teheran riferivano di massacri non verificabili, il presidente iraniano si è scagliato contro Gran Bretagna e Stati Uniti. La Bbc è diventata una organizzazione sovversiva. Si è provveduto ad allontanare due diplomatici inglesi. È stato tirato in ballo un complotto della Cia. Gli Usa sono stati accusati di ingerenza, e Obama di «parlare come Bush». È stato resuscitato, insomma, il vecchio Satana a stelle e strisce che per decenni ha nutrito il nazionalismo iraniano. Scaricare all'esterno le tensioni interne è un classico. Ma in questo caso il giochetto di Ahmadinejad può avere conseguenze gravi, come se non bastasse la tragica perdita di vite umane che ha insanguinato Teheran. Nessuno, nemmeno Obama, potrà superare in poco tempo la somma negativa delle pesanti accuse pubbliche all'America e della repressione armata. Il negoziato nucleare, ammesso che un giorno ci sia, è rinviato per esigenze politiche. Ma nella vicenda del nucleare iraniano il tempo è un fattore cruciale, perché al di là dei morti e delle rampogne l'arricchimento dell'uranio prosegue. Obama per primo, così, potrebbe trovarsi un giorno con una sola opzione sul tavolo: quel ricorso alla forza che tutti, Israele compreso, preferirebbero evitare. Ancora una volta Ahmadinejad si comporta come se «volesse» essere bombardato. E Obama, tra mille equilibrismi, deve impegnarsi in una ardua corsa contro il tempo per rendere possibile una soluzione alternativa. Paradossale. Forse non ci resta che sperare in Joan Baez, la splendida voce del movimento anti Vietnam, quando torna a cantare il suo We shall overcome in lingua farsi.

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Iran, il G8 . Nessuna condanna (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 27-06-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Primo Piano data: 27/06/2009 - pag: 5 Iran, il G8 «deplora». Nessuna condanna Al vertice di Trieste linea morbida di Usa e Russia. Ma Obama avverte: «Dialogo a rischio» DA UNO DEI NOSTRI INVIATI TRIESTE Suda Sergej Lavrov sotto il tendone-sauna, quanto deve aver sudato per evitare che nel testo saltasse fuori la parola «condanna». I ministri degli Esteri del G8 siedono assieme per presentare i venti punti del documento finale. Del numero «6» (l'Iran) è stata negoziata ogni frase. I Paesi «deplorano la violenza post-elettorale ed esprimono solidarietà a chi ha sofferto per la repressione». Lanciano un appello al regime perché «rispetti i diritti umani fondamentali, compresa la libertà di espressione». La giornata diplomatica parte con la «foto di famiglia», 8.30 in piazza Unità d'Italia. Alle spalle il porto di Trieste, davanti ancora ore da dedicare alle trattative. Il francese Bernard Kouchner lo ribadisce prima di posare sul palco: «E' chiaro che le posizioni sono diverse ». La Russia spinge perché la dichiarazione del vertice «non isoli Teheran, sarebbe un errore ». Lo sforzo è mantenere l'unità degli Otto. «Abbiamo condannato le uccisioni e la repressione, senza se e senza ma», commenta il ministro Franco Frattini. Ripete che la comunità internazionale non vuole interferire nel processo elettorale, ammette «se dovessi dire oggi chi sia il vincitore, non potrei: non ho in mano gli elementi che hanno le autorità iraniane. Rivolgiamo un appello perché i risultati siano accertati ed emerga la reale volontà del popolo». L'americano William Burns è a Trieste perché Hillary Clinton un braccio fratturato non è potuta venire. E' lui a mettere la faccia (e i baffi) sulla posizione degli Stati Uniti. Nelle trattative con i ministri degli Esteri, Burns avrebbe mantenuto una linea morbida. Tutti vogliono lasciare una porta aperta al negoziato sul nucleare. «Restiamo impegnati a trovare una soluzione diplomatica alla questione del programma atomico recita il testo stilato dal vertice . Riconosciamo il diritto dell'Iran al nucleare civile e allo stesso tempo temiamo i rischi di proliferazione delle armi». Da Washington, Barack Obama usa parole più dure del suo inviato. Risponde ad Ahmadinejad: «Non prendo sul serio la sua richiesta di scuse. Dovrebbe piuttosto pensare agli obblighi nei confronti del suo popolo. Alle persone che sono state uccise, ferite, picchiate. Noi vediamo questa violenza e la condanniamo». Parla di «rischi » per i tentativi di dialogo diretto, che finora ha sempre sostenuto: «Non ci sono dubbi che terremo conto degli avvenimenti di queste settimane». Teheran ha accusato ieri gli Stati Uniti di aver negato il visto al vicepresidente Parviz Davoudi e alla sua delegazione, che avrebbe dovuto partecipare a tre giorni di conferenza sulla crisi finanziaria globale, organizzati a New York dalle Nazioni Unite. Davide Frattini Foto di gruppo Il «ministro degli Esteri» Ue Javier Solana, il britannico David Miliband, il sottosegretario Usa William Burns (Hillary Clinton era assente per una frattura al braccio, il francese Bernard Kouchner, il canadese Lawrence Cannon, Franco Frattini, il giapponese Hirofumi Nakasone, il tedesco Frank-Walter Steinmeier, il russo Sergej Lavrov, il ceco Jan Kohout e la commissaria Ue Benita Ferrero-Waldner (Ap/Paolo Giovannini) Veglia per l'Iran Candele a Vancouver, Canada (Reuters) Avvertimento Il presidente Usa: «Non ci sono dubbi che terremo conto degli avvenimenti di queste settimane»

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Un giornale israeliano: per Berlusconi (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 27-06-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Primo Piano data: 27/06/2009 - pag: 5 Articolo di «Maariv» Un giornale israeliano: per Berlusconi «Barack debole» DA UNO DEI NOSTRI INVIATI TRIESTE In pubblico, Silvio Berlusconi riempie di complimenti Barack Obama, il presidente degli Stati Uniti che prima di dargli udienza a Washington lo ha obbligato a un'attesa di circa sette mesi dalle elezioni americane, cinque dal suo insediamento. Dietro le porte chiuse del colloquio di martedì scorso con il premier Benjamin Netanyahu a Palazzo Chigi, stando al quotidiano israeliano Maariv il giudizio del presidente del Consiglio non sarebbe stato esattamente lo stesso. «Sull'Iran, Obama è debole», avrebbe detto il Cavaliere al suo ospite secondo il giornale. Capo di un governo di coalizione che proviene da una destra radicale priva al momento di molte sponde all'estero, Netanyahu aveva scelto l'Italia come sua prima tappa in Europa dopo la nomina. E' ripartito molto soddisfatto. Se si prende alla lettera la ricostruzione, è facile capire perché. L'attuale governo di Israele è il primo da tanti anni a non avere una sintonia immediata con la Casa Bianca. Sul nuovo inquilino democratico di questa, Berlusconi avrebbe affermato: «E' in una situazione difficile. Parlo con gente che sta in Usa e sento forti critiche alle risposte di Obama all'Iran. Anche Frattini ha parlato con la Clinton, lei è dell'idea che ci vuole una risposta più dura. Ho detto a Obama che Ahmadinejad è inaffidabile. Bisogna averne paura. Non c'è tempo da attendere: bisogna agire subito». Maariv conferma che Netanyahu ha sollecitato il presidente del Consiglio a ridimensionare l'interscambio dell'Italia con l'Iran (quasi sei miliardi di euro nel 2006). Berlusconi avrebbe risposto che compagnie petrolifere straniere sono pronte a rubare spazio alle nostre e ciò non converrebbe, comunque avrebbe promesso che con Teheran non saranno firmati nuovi contratti. Commento del Maariv: «E' quasi certo che non manterrà quella promessa». Berlusconi avrebbe fatto auto-promozione: «Ho un governo forte. Ministri eccellenti. Frattini e io siamo una squadra forte da 15 anni. Se Obama vuole sapere che cosa succede in Europa, sa che è a noi che lo deve chiedere». Parole rimbalzate nei corridoi della riunione tra i ministri degli Esteri del G8 a Trieste, nella quale fonti della Farnesina hanno fatto filtrare che l'Italia avrebbe concesso visti a una cinquantina di iraniani invisi al regime. Una misura che, se vera, è curioso sia stata fatta trapelare, considerata l'attenzione del meccanismo repressivo del regime agli oppositori. M. Ca. Visti dalla Farnesina L'Italia avrebbe concesso visti a una cinquantina di iraniani invisi al regime

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Il mondo sotto choc, Internet si blocca (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 27-06-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Primo Piano data: 27/06/2009 - pag: 10 Il mondo sotto choc, Internet si blocca La massa di contatti sul nome «Jackson» ha fatto pensare all'attacco di hacker MILANO Sono bastati pochi minuti per comprendere quanto sia sconfinato il regno che ha lasciato il re del pop. La notizia dell'infarto prima e, poco dopo, quella della morte di Michael Jackson si sono abbattute sulle redazioni di tutto il mondo, come una gigantesca valanga che, minuto dopo minuto, aumentava il suo volume. Radio, televisioni, giornali. E internet. Soprattutto internet. L'ansia di capire qualche dettaglio in più sulla sorte di una delle star più amate e controverse di sempre si è immediatamente diffusa in un impressionante contagio. Chi poteva, si è precipitato fuori dall'UCLA Hospital di Los Angeles, dove la popstar era stata ricoverata d'urgenza dopo l'attacco cardiaco. Già prima dell'annuncio della sua morte si era formata una preoccupata folla alle porte della struttura. Gli altri si sono riversati nella rete. Milioni di persone sparse nel pianeta inizialmente in cerca di rassicurazioni sulla sorte di Jackson. Poi, ancora di più, desiderose di lasciare un ultimo, personale saluto al cantante. Subito dopo la notizia del decesso, Twitter, popolare social network, ha avuto picchi di 5 mila messaggi al minuto da parte di fan, causando pesanti rallentamenti del traffico web dopo che gli aggiornamenti sul cantante erano arrivati a quota 66.500. La morte di Jackson ha così superato i commenti sulla crisi iraniana, al centro delle attenzioni degli utenti nei giorni scorsi. La potente ondata di messaggi ha travolto anche Facebook, dove in pochi attimi si sono moltiplicate le pagine dedicate alla popstar. Tra queste «Rip Michael Jackson (we miss you)» che in qualche ora ha superato le 300 mila adesioni. I video dedicati a Jacko hanno monopolizzato YouTube. Google è andato in tilt: un portavoce ha confermato alla Bbc che di fronte ai milioni di utenti che hanno digitato quasi contemporaneamente il nome Jackson si è pensato ad un attacco informatico tanto che chi ha provato a chiedere notizie sull'artista fra le 14.40 e le 15.15 (ora californiana; il cantante è morto alle 14.44) ha ricevuto questa risposta: «La richiesta appare simile a richieste automatiche da un virus del computer o da un software di spionaggio ». Stessa sorte per il sito Tmz, che per primo ha annunciato la morte di Jackson: in tilt per troppe domande di accesso. Pesanti intasamenti anche per Wikipedia e i siti di Aol, Cbs, Cnn, MsNbc e Yahoo. Un marasma incontrollato di notizie o presunte tali, condivise con milioni di utenti in tutto il mondo in cui si è diffuso anche l'inspiegabile annuncio della morte dell'attore Jeff Goldblum, sciaguratamente ripreso da una tv australiana. Fortunatamente l'attore sta bene, è stato solo vittima della frenesia scatenatasi nel web nelle ultime ore. La stessa che, dalla notte di giovedì, dagli Stati Uniti all'Australia, dalla Nuova Zelanda all'Italia, dalla Spagna alla Svezia ha riportato i brani e gli album di Jackson in vetta alle classifiche dei più scaricati. Palinsesti modificati anche nelle principali radio e tv. Mtv in particolare, dalla notizia della morte del cantante, sta dedicandogli la programmazione con videoclip, interviste e speciali. Lo stesso vale per i siti delle emittenti che raccolgono le testimonianze dei fan di Jackson. Dalle piazze virtuali a quelle reali. Los Angeles, Sofia, Città del Messico, Londra, Ginevra, Varsavia, New Delhi. Impossibile contare i raduni spontanei di ammiratori che hanno pianto la star. Candele, fiori e fotografie hanno invaso la stella di Jackson sulla Walk of fame che ha dovuto essere transennata per la gente che si accalcava all'altezza del nome del cantante. In Italia, è prevista oggi una veglia a Milano, alle 12 in piazza Duomo e lunedì a Roma, alle 19 in piazza del Popolo. Grande la commozione anche nello spettacolo. In molti, e, anche qui, da ogni parte del mondo, hanno voluto ricordare Jackson. Tante le dichiarazioni anche da politici e capi di Stato. Non è mancata quella di Barack Obama che ha espresso le sue condoglianze alla famiglia dell'artista, definendolo «una icona della musica» ma ricordando anche gli «aspetti della sua vita tristi e tragici». Chiara Maffioletti Il caso Nella frenesia, una macabra burla annuncia il decesso di Jeff Goldblum, l'attore di «Jurassic Park» The Sun Il tabloid britannico a lutto Esto Il giornale messicano: «Bye, Michael» USA Today Il giornale Usa più venduto

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Berlusconi a sorpresa al vertice Nato-Russia (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 27-06-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Esteri data: 27/06/2009 - pag: 18 La riunione All'incontro presenti i ministri degli Esteri dei 28 Paesi Berlusconi a sorpresa al vertice Nato-Russia Il premier: «A Corfù per risanare i rapporti» DA UNO DEI NOSTRI INVIATI TRIESTE Attratto dalla prospettiva di far parlare di sé per un incontro all'estero e senza collegamenti con cene appariscenti a causa di signorine, Silvio Berlusconi ha deciso di partire oggi per Corfù, in Grecia. Il presidente del Consiglio parteciperà al primo incontro tra tutti i ministri degli Esteri dei 28 Stati dell'Alleanza atlantica e il loro collega della Russia Sergei Lavrov che si terrà da quando i rapporti con Mosca si irrigidirono, nel 2008, a causa dell'invasione russa della Georgia. Salvo imprevisti, il Cavaliere risulterà l'unico capo di governo straniero ad affacciarsi alla riunione. Sulla sua strada dovrebbe incrociare l'unico la cui presenza nell'isola era nell'ordine delle cose, il premier conservatore greco Costas Karamanlis. La scelta di Berlusconi, ieri, ha colto di sorpresa sia parte dell'apparato di palazzo Chigi sia la diplomazia italiana schierata a Trieste per il G8 dei ministri degli Esteri. Per il nostro Paese, a Corfù, l'unico previsto era Franco Frattini, il quale si fermerà nell'isola anche domani per una riunione dell'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa alla quale aderiscono 56 Stati. La presidenza greca, temendo una ripresa dei combattimenti in Georgia, vorrebbe che l'Osce prorogasse il mandato ai propri osservatori attivi lì, la cui scadenza è fissata per martedì. In cambio, la Russia pretenderebbe una missione di osservazione in Ossezia del Sud, provincia georgiana che reclama un'indipendenza osteggiata da Tbilisi. Tariffa che nessun Paese occidentale pare orientato a pagare. È in questo clima che Berlusconi mette sul piatto la propria presenza, vista ieri con qualche fastidio nel quartier generale della Nato a Bruxelles. In luglio al Cremlino, dal presidente Dmitri Medvedev, andrà l'americano Barack Obama. C'è chi crede che Berlusconi a Corfù possa risultare ingombrante in quella ripresa delle relazioni ad alto livello tra Usa e Russia dopo il crepuscolo della presidenza di George W. Bush. Il presidente del Consiglio sosterrà il contrario, probabilmente ripeterà che il presidente americano gli ha chiesto suggerimenti in materia. «Lo spirito di Pratica di Mare » è uno degli ingredienti ai quali Berlusconi ricorre spesso nell'esporre la sua politica estera. Oggi lo rifarà. In quell'aeroporto vicino a Roma, nel 2002, fu lui a ospitare l'istituzione del Consiglio Nato- Russia che dette una copertura istituzionale alla sua sintonia con il russo Vladimir Putin. L'organismo nacque per accentuare la collaborazione militare tra ex nemici della Guerra fredda. Le vicende successive non dettero grandi impulsi al progetto. «Le ultime mosse dell'Amministrazione americana, con il posizionamento dei missili nella Repubblica Ceca e in Polonia e la risposta russa con il posizionamento dei missili nell'enclave di Kaliningrad, avevano buttato per aria il clima di Pratica di Mare. A ciò si è aggiunta l'offerta troppo veloce della Nato a Georgia e Ucraina di entrare nell'Alleanza, la Federazione russa si è sentita accerchiata», è stata la ricostruzione di Berlusconi. «Sarò a Corfù come levatrice di quel che successe a Pratica di Mare e come medico che ha risanato la situazione», ha detto. Sullo sfondo, l'energia che la Russia vende all'Italia. In maggio, la riunione che si terrà oggi era stata cancellata: Mosca protestò per l'espulsione di due suoi diplomatici dal quartier generale della Nato a Bruxelles. Erano accusati di spionaggio. Maurizio Caprara Acrobazie Esibizione di caccia russi MiG-29 a San Pietroburgo (Ap) L'analisi «Le mosse degli Usa con lo scudo spaziale e il caso della Georgia hanno rovinato il clima di Pratica di Mare»

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Suu Kyi e l'artista di Obama (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 27-06-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Esteri data: 27/06/2009 - pag: 19 Il ritratto Suu Kyi e l'artista di Obama La leader dell'opposizione birmana Aung San Suu Kyi ritratta da Shepard Fairey, l'artista 39enne del South Carolina che con il suo manifesto ha trasformato il presidente Usa Barack Obama in un'icona internazionale. Il ritratto è diventato un manifesto per la campagna di liberazione di San Suu Kyi, vincitrice del premio Nobel per la pace, in prigione dallo scorso 14 maggio.

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(sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 27-06-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Economia data: 27/06/2009 - pag: 28 Alleanze L'amministratore delegato Fiat: bene giugno. «Questo fine settimana decideremo dove produrre la 500 americana» «Opel ci interessa ma l'offerta non cambia» Marchionne: su Chrysler non voglio deludere Obama, sfida a Toyota e Honda DAL NOSTRO INVIATO VENEZIA Non passerà negli Stati Uniti più di 183 giorni l'anno, prevede, «se non altro per ragioni fiscali». Ma ora che veste il doppio cappello di amministratore delegato di Fiat e di Chrysler, Sergio Marchionne avverte che dedicherà «parecchio tempo» al suo ufficio di Detroit. Lo farà perché questo fine settimana dovrà decidere dove costruire la Nuova 500 «made in Usa» e perché oltre-Atlantico, dice, porterà le Alfa Romeo. Ma anche per una sua idea commerciale precisa su Chrysler: «I consumatori americani dovranno spostarsi verso auto di taglia inferiore e con Fiat siamo piuttosto bravi in questo premette il manager italo-canadese - . Adesso il progetto per Chrysler è di sfidare sul mercato americano gruppi giapponesi come Toyota e Honda nelle vetture di medie dimensioni. Possiamo essere competitivi sui modelli e sui costi». A rafforzare l'ottimismo di Marchionne contribuisce un mese di giugno che gli fa confermare gli obiettivi 2009 del Lingotto, ma anche la valutazione sulla prima linea che ha trovato a Detroit: «Sono contento della velocità con cui stiamo selezionando i manager, ci sono dei veri leader e credo che terremo il 90% delle persone». Per Marchionne, l'occasione di fare il punto è arrivata ieri all'isola di San Clemente a Venezia, al Workshop 2009 del Consiglio per le relazioni Italia-Usa (di cui da ieri è presidente). L'amministratore delegato del Lingotto ci arriva da un incontro a Singapore, ma neanche il lungo viaggio gli cancella un'ombra di ironia dal sorriso. Né lui fa molto per dissimularla, con un occhio alla vicenda Opel: «Da ciò che sento osserva fra Opel e Magna non sta andando molto bene. Noi abbiamo confermato il nostro interesse». Inutile chiedergli di più, o ipotizzare che Fiat intenda alzare la sua offerta: «Non credo che si possa migliorare perché è la più razionale». Le parole ufficiali finiscono qua, non però le opinioni fortemente sentite dal numero uno operativo di Torino. Chi partecipa al Workshop, rigorosamente a porte chiuse, ne avrà un assaggio subito dopo. Perché sarà che questi mesi di spola attraverso l'Atlantico a Marchionne hanno dato un'idea più diretta delle differenze. Certo ormai si è convinto che l'approccio di sistema scelto da Barack >Obama sia quello giusto: ristrutturare l'intero settore in modo organico, partendo dalla certezza che la domanda cambia e la capacità produttiva va ridotta. «Non ho mai incontrato Obama di persona, solo la sua squadra. Raccolgo la sfida, non ho intenzione di deludere », osserva. Invece è quello che vede soprattutto in Europa che non lo convince: interventi frammentari e improvvisati dei singoli governi a sostegno artificiale della domanda, palesi violazioni delle norme sugli aiuti di Stato. Sullo sfondo c'è settore globale dell'auto con un eccesso di capacità del 30%, anche in Cina. E di fronte a queste realtà che Marchionne rimprovera agli europei il ritardo e l'assenza di visione. O, come lo chiama lui, «un eccesso di realismo» di cui l'America non soffre mai. Federico Fubini Sergio Marchionne

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Tassa sui gas serra e le emissioni, primo test di Obama al Congresso (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 27-06-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Economia data: 27/06/2009 - pag: 30 Green economy Per l'opposizione repubblicana sarebbe «la più grande imposta nella storia Usa» Tassa sui gas serra e le emissioni, primo test di Obama al Congresso WASHINGTON La Camera ha ieri messo al voto una legge sulla riduzione delle emissioni di gas del 17% entro il 2020 e dell'83% entro il 2050 rispetto al 2005, legge che per i repubblicani porterebbe al massimo aumento delle tasse della storia, centinaia o addirittura migliaia di miliardi di dollari annui, tesi già sostenuta da George Bush. A tarda ora, il passaggio della legge, per il quale occorrono 218 voti, non appariva ancora certo, in una fase preliminare i democratici, che la appoggiano, ne avevano ottenuti 217 contro 205. La legge inoltre potrebbe incontrare forti ostacoli in un secondo tempo al Senato. Ma il presidente Obama, che ha presentato un progetto di 1.200 pagine, confida nella sua approvazione: porrebbe l'America, ha detto, al passo con l'Europa e faciliterebbe un nuovo accordo internazionale sul clima a dicembre. Secondo i repubblicani, che la chiamano «la CO2 tax», la legge, che prevede la riduzione dell'uso del petrolio, del carbone e lo sviluppo di fonti alternative pulite e durevoli di energia, e che creerebbe nuovi posti di lavoro, costerebbe alla famiglia media fino a 3.100 dollari in più all'anno, cioè dai mille miliardi di dollari in su. Secondo l'Ufficio bilancio del Congresso, costerebbe molto meno, 175 dollari annui, per un totale di 22 miliardi. Secondo l'Epa, Ente protezione ambiente, costerebbe attorno a 80 dollari quindi la metà. Obama, che vorrebbe l'America indipendente dal greggio mediorientale, ha riscosso il plauso di Angela Merkel, il cancelliere tedesco, in visita a Washington. Ennio Caretto Il presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha presentato un progetto di 1.200 pagine sull'ambiente

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I DETENUTI DI GUANTANAMO PERCHÉ L'EUROPA LI ACCOGLIE (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 27-06-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Lettere al Corriere data: 27/06/2009 - pag: 37 Risponde Sergio Romano I DETENUTI DI GUANTANAMO PERCHÉ L'EUROPA LI ACCOGLIE Non riesco a comprendere le ragioni e le eventuali conseguenze del trasferimento verso Paesi terzi di buona parte dei prigionieri di Guantanamo. Dovrebbero vivere «in uno status ibrido, a metà strada fra il regime di protezione e una sorta di libertà vigilata». I Paesi ospitanti dovranno sobbarcarsi il compito di monitorare elementi pericolosi e dovranno forse procedere un giorno a nuovi arresti. Vincenzo Moraro Avezzano (Aq) Caro Moraro, G uantanamo è una base militare americana in territorio cubano, ultimo avanzo delle prerogative di Paese protettore che gli Stati Uniti ebbero per molto tempo nell'isola caraibica. Dopo l'11 settembre e la guerra afghana dell'ottobre 2001, la presidenza Bush decise di farne un carcere per uomini a cui non intendeva riconoscere lo status di prigionieri di guerra. Scelse una base extraterritoriale per evitare che i tribunali americani potessero applicare ai detenuti le garanzie del giusto processo. Nel momento di maggiore affollamento vi erano in questa piccola enclave cubana 778 persone che non erano quindi né prigionieri di guerra né detenuti in attesa di processo: uomini privi di qualsiasi diritto che il governo americano avrebbe potuto trattenere sino a quando li avesse giudicati, insindacabilmente, pericolosi. Negli anni seguenti alcuni magistrati americani misero in discussione questa politica e la pubblica opinione cominciò a sollevare polemicamente il problema della loro detenzione. Quando Obama arrivò alla Casa Bianca, dopo una campagna elettorale durante la quale aveva promesso la chiusura del carcere, il numero dei detenuti si era pressoché dimezzato. Ma la chiusura si scontrò con difficoltà giuridiche e politiche. Che cosa fare di quei prigionieri che ancora rappresentavano, secondo i servizi di intelligence, un rischio di sicurezza? Sarebbe stato necessario processarli, ma esistevano almeno due difficoltà. In primo luogo i loro avvocati avrebbero potuto dimostrare che le confessioni erano state estorte con la violenza ed erano quindi prive di qualsiasi validità. In secondo luogo il pubblico ministero avrebbe potuto dimostrare la loro colpevolezza soltanto producendo documenti segreti che avrebbero rivelato al mondo i metodi di lavoro e la struttura organizzativa dei servizi di intelligence. I nemici politici del nuovo presidente sfruttarono le sue difficoltà per accusarlo di perseguire politiche irrealistiche e pericolose. Fu questo il momento in cui Obama decise di rivolgersi agli alleati della Nato. La prima reazione fu, con qualche eccezione, negativa. Pochi erano disposti ad accettare persone che non potevano essere processate ma erano pur sempre potenzialmente pericolose. Era giusto, tuttavia, respingere le richieste del nuovo presidente nel momento in cui cercava di dare al mondo una nuova immagine degli Stati Uniti? Dopo molte esitazioni, i Paesi dell'Unione europea hanno accettato in linea di principio di accogliere alcuni detenuti, ma in una riunione a Lussemburgo hanno deciso di vincolare la loro concessione a una migliore politica americana sullo scambio d'informazioni relative ai viaggiatori europei diretti negli Stati Uniti e sul loro diritto alla privacy: una materia su cui la presidenza Bush era stata particolarmente aggressiva e illiberale. Quando ha recentemente promesso a Obama che l'Italia avrebbe accolto tre detenuti di Guantanamo, Berlusconi ha ripetuto nella sostanza ciò che gli europei avevano deciso a Lussemburgo.

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Iran, pugno di ferro del regime (sezione: Obama)

( da "Repubblica.it" del 27-06-2009)

Argomenti: Obama

TEHERAN - Pena di morte per quelli che guidano le proteste contro la rielezione di Mahmud Ahmadinejad e maggiori controlli nei confronti della stampa estera. Questo è ciò che ha chiesto l'ayatollah Ahmad Khatami dal pulpito della preghiera del venerdì all'università di Teheran. Khatami (che non ha nessun legame di parentela con l'ex presidente Mohammed Khatami) è un fedele alleato della Guida suprema e di Ahmadinejad. Le sue parole riflettono la decisione degli ultraconservatori di non cedere. Tuttavia, dimostrando nuovamente che esistono delle divergenze nella cupola clericale, il grande ayatollah Naser Makarem Shirazi ha lanciato un appello alla "riconciliazione nazionale". "Voglio che il potere giudiziario punisca i capi di queste manifestazioni illegali con fermezza e senza mostrare alcuna compassione, perché serva di lezione a tutti", ha detto l'ayatollah Khatami. Per questo ha suggerito che la magistratura accusi i responsabili di mohareb, termine arabo che nella legislazione islamica (sharia) si applica a chi combatte contro Dio. Un delitto punito con la pena capitale. Khatami, uno degli ayatollah più conservatori dell'Assemblea degli Esperti, ha anche accusato i giornalisti stranieri di diffondere notizie false. "Pensate alla vicenda di quella donna uccisa e per la quale Obama ha versato lacrime di coccodrillo. Chiunque osservi il video si rende conto che sono stati i manifestanti ad assassinarla", ha detto. Si riferiva alla morte di Neda Agha Soltan. Le immagini della sua agonia, mentre si dissangua in una strada di Teheran, hanno fatto il giro del mondo. OAS_RICH('Middle'); Sullo sfondo della repressione delle manifestazioni di piazza, il radicalismo di Khatami trasmette l'immagine di un regime che stringe i suoi ranghi attorno alla Guida suprema, l'ayatollah Khamenei. Ci sono, tuttavia, segnali di divisioni nella cupola clericale, dove si svolge una lotta interna, anche se tutti hanno interesse a mantenerla entro i limiti istituzionali. Un altro segnale delle difficoltà che la Guida suprema si trova ad affrontare per imporre la sua visione al settore critico del regime sono i tentennamenti del Consiglio dei Guardiani. Ieri sera, questo organo di supervisione dei risultati elettorali aveva annunciato la creazione di una commissione speciale per indagare sul contestato risultato delle elezioni. Sembrava un gesto di disponibilità nei confronti del principale candidato dell'opposizione, che ha chiesto un'indagine indipendente. Ma il portavoce del Consiglio, Abbas Ali Kadkhodai, ha poi definito le presidenziali come "le elezioni più pulite che abbiamo avuto dalla rivoluzione del 1979". (Copyright El Paìs/La Repubblica traduzione di Luis E. Moriones) (27 giugno 2009

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Obama, avanti sul clima Sì della Camera alla legge (sezione: Obama)

( da "Repubblica.it" del 27-06-2009)

Argomenti: Obama

WASHINGTON - Obama va avanti sulla sua politica "verde". La Camera dei Rappresentanti Usa ha approvato nella notte italiana (219 voti favorevoli e 212 contrari) la nuova legge sul clima ("Climate change bill") che pone severi limiti alle emissioni di gas inquinanti. La legge, che deve ancora essere approvata dal Senato, è considerata dalla amministrazione una delle maggiori priorità della agenda del presidente americano. Il presidente ha fatto subito conoscere la sua soddisfazione: "Un passo coraggioso e necessario" ha detto aggiungendo la sua speranza che anche dal Senato arrivi presto un "sì". La legge impone alle compagnie americane - incluse le raffinerie e le centrali di energia - di ridurre le emissioni di gas inquinanti (associate al mutamento del clima) di una percentuale del 17 per cento entro il 2020 e dell'83 per cento entro il 2050, prendendo come punto di riferimento i livelli del 2005. La legge mira, oltre a creare una produzione di energia meno inquinante, a ridurre la dipendenza degli Stati Uniti dalle importazioni di petrolio estero con un passaggio graduale alla energia pulita al posto del petrolio e del carbone. La legge è stata approvata dalla Camera col sostegno quasi esclusivo della maggioranza democratica: solo otto repubblicani hanno votato a favore della misura. I sostenitori della legge sottolineano il beneficio per l'ambiente mentre i critici affermano che la legge provocherà la chiusura di numerosi posti di lavoro. (27 giugno 2009

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Usa, Camera approva legge sul clima (sezione: Obama)

( da "Stampaweb, La" del 27-06-2009)

Argomenti: Obama

WASHINGTON Primo importante successo per la politica di Barack Obama sulla lotta ai cambiamenti climatici. La Camera dei Rappresentanti Usa ha approvato con 219 voti e 212 contrari una legge che pone severi limiti ai gas inquinanti e prevede una riduzione delle emissioni del 17% entro il 2020 e dell’83% entro il 2050. Il provvedimento, che ora passa all’esame del Senato per l’approvazione definitiva prevista in autunno, ha avuto il sostegno di solo otto deputati repubblicani e anche tra i democratici in 44 hanno votato contro. Il presidente americano ha parlato di «azione storica» e di «passo coraggioso e necessario che getta le premesse per la creazione di nuove industrie e milioni di posti di lavoro, riducendo la pericolosa dipendenza dal petrolio straniero». La legge impone alle compagnie americane - incluse le raffinerie e le centrali di energia - di ridurre le emissioni di gas inquinanti in una percentuale del 17% entro il 2020 e dell’83% entro il 2050, prendendo come punto di riferimento i livelli del 2005. Il pacchetto di 1.200 pagine prevede anche un passaggio graduale alle energia pulite. I critici sostengono che obiettivi così drastici porteranno alla perdita di milioni di posti di lavoro nei prossimi anni.

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Ahmadinejad contro Obama "La smetta di interferire" (sezione: Obama)

( da "Repubblica.it" del 27-06-2009)

Argomenti: Obama

ROMA - Mahmoud Ahmadinejad torna a criticare Barak Obama. Il presidente iraniano ha accusato il leader Usa di interferire negli affari interni iraniani. "Ha parlato di riforme e di cambiamento, perché allora interviene e fa commenti contrari alle norme e alla politica?", ha dichiarato il leader di Teheran. Ieri Obama si era detto "indignato" dalla repressione delle manifestazioni a Teheran contro l'esito delle presidenziali del 12 giugno. Il presidente Usa ha informato l'Iran che le violenze nei confronti dei manifestanti potrebbero minacciare il dialogo diretto auspicato da Washington. Ahmadinejad ha anche denunciato "le opinioni offensive di alcuni responsabili occidentali" nei confronti dell'Iran, affermando che intende approfittare della sua presenza "in tutte le istituzioni internazionali per fare il processo" a questi dirigenti. Un riferimento al G8 di Trieste dove i capi della diplomazia hanno chiesto la fine delle violenze in Iran ed invitato il potere iraniano a rispettare in particolare "il diritto di espressione". In Iran, nel frattempo, la repressione continua. La polizia ha sequestrato documenti e computer dalla sede del partito dei servitori della costruzione, la formazione moderata vicina all'ex presidente Akbar Hashemi Rafsanjani che alle presidenziali aveva sostenuto Mir Hossein Moussavi. E proprio un collaboratore di Moussavi si è visto negare l'espatrio mentre stava per imbarcarsi su un volo per Londra. OAS_RICH('Middle'); (27 giugno 2009

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"Jacko", si infittisce il mistero Fox News: "Non c'è stato infarto" (sezione: Obama)

( da "Repubblica.it" del 27-06-2009)

Argomenti: Obama

NEW YORK - Michael Jackson, il re del pop, non è morto per infarto ma, verosimilmente, per i troppi medicinali che stava prendendo in preparazione ai 50 concerti d'addio che avrebbe dovuto tenere a partire dalla metà di luglio a Londra. A sostenerlo è l'emittente americana Fox News, citando fonti investigative. Sul corpo del cantante sono stati riscontrati solo i lividi dei tentativi di rianimazione e, sul suo volto, diverse cicatrici. Gli inquirenti ritengono dunque sia stata una combinazione di sostanze ad indurre il cuore di "Jacko" a smettere di battere o i polmoni ad interrompere la respirazione. Nel suo entourage i dubbi sono pochi, ma si dovranno attendere tra le 4 e le 6 settimane per saperlo con assoluta precisione, dato che l'ufficio del coroner della contea di Los Angeles, che ha eseguito l'autopsia, ha chiesto una serie di esami supplementari. Terminati in serata gli esami autoptici, il coroner ha autorizzato la famiglia a seppellire il cantante. La salma è stata restituita segretamente ai familiari. La consegna è avvenuta verso le 21 ora locale (le 6 In italia), riuscendo a evitare le orde di paparazzi appostati davanti all'istituto medico-legale, ha precisato Winter. La destinazione delle spoglie del re del pop non è chiara e non sono filtrate informazioni sulla data dei funerali. In una breve conferenza stampa a Los Angeles, il portavoce del coroner, Craig Harvey, ha indicato che le cause esatte della morte saranno conosciute soltanto 'tra quattro e sei settimane al termine di nuovi esami supplementari. Escludendo che la morte sia sta provocata da un trauma esterno o da una caduta, Harvey ha detto che i nuovi esami saranno soprattutto di carattere tossicologico e polmonare. OAS_RICH('Middle'); L'autopsia è durata circa tre ore e il portavoce dell' ufficio del coroner ha confermato che Jackson è morto nella Emergency Room dell'ospedale dell'Ucla, il pronto soccorso. Il primo a parlare apertamente della dipendenza dai medicinali di Jackson, in particolare dall'antidolorifico Demerol, è stato uno degli avvocati della famiglia, Brian Oxman. Il sito web Tmz, il primo ad annunciare la morte del cantante, citando un familiare di Jackson aveva indicato dal canto suo già giovedì sera che sarebbe stata proprio una iniezione di Demerol a provocare l'arresto cardiaco al cantante, finito in coma e poi morto poco dopo. Inoltre, la polizia di Los Angeles sta continuando a cercare il medico personale di Jacko, Conrad Murray, di cui si sono perse le tracce, e ha sequestrato la sua automobile ancora parcheggiata nella proprietà di Bel Air che Jackson affittava per circa 100 mila dollari al mese. La morte del re del pop ha suscitato grande emozione in tutto il mondo, e i suoi numerosi fan si sono raccolti in decine e decine di città di tutto il pianeta per ricordarlo, tra le lacrime, cantando i suoi più famosi successi. Lo hanno ricordato anche i vip di ogni angolo della terra: dal presidente degli Stati Uniti Barack Obama all'attrice Liz Taylor, dal presidente francese Nicolas Sarkozy (e Carla Bruni) a Renzo Arbore. (27 giugno 2009

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Fred Fliggehorn, 16 anni E il nuovo re di YouTube (sezione: Obama)

( da "Repubblica.it" del 27-06-2009)

Argomenti: Obama

CANNES - Il suo mito è Jim Carrey, la sua balia YouTube, il suo nome d'arte Fred, il suo piatto preferito si chiama "Tv Dinner", orrendo vassoio di cibo surgelato da sbattere nel micronde, vive in solitudine a Columbus, nell'agricolo Nebraska eppure l'audience del suo canale web ha picchi di 45 milioni di persone, pari a quattro festival di Sanremo e i suoi video, in totale, sono stati visti 250 milioni di volte. Edita da solo un sorta di "tv dei ragazzi fatta da un ragazzo" e con le sponsorizzazioni ha superato i 100.000 dollari di reddito. Quest'anno gli organizzatori del Festival Internazionale della pubblicità di Cannes, rappresentato in Italia da Sipra/Rai, lo hanno invitato come esempio di un nuovo modo di comunicare con investimenti prossimi allo zero. Lucas Cruikshank, 16 anni, quarto di sette fratelli, si ritrova così a parlare nel Palais du Festival tra speaker come Kofi Annan, Bob Gheldof e Spike Lee. Riavviandosi la frangetta bionda che gli arriva da nonni irlandesi e tedeschi, Lucas si annoia un po' davanti a domande troppo tecniche che i guru della pubblicità provano a rivorgergli. Ci porge il biglietto da visita del suo agente di Beverly Hills, che lo sta educando a muoversi da attore e dopo varie apparizioni tv, adesso punta a Hollywood. La sua pagina su My Space conta su un milione di fedeli amici, che seguono sillaba per sillaba i suoi testi nevrotici. "Non scrivo mai i testi dei miei video", racconta, "improvviso davanti ad una telecamera da 100 dollari in casa mia, assistito dai miei due cugini". OAS_RICH('Middle'); Il Los Angeles Time lo ha descritto come simbolo di una generazione "imperscrutabile" cresciuta sulle chat line, isolata dal mondo reale, tanto che Fred, il suo personaggio, tra le praterie del Nebraska e le mucche solitarie, vive in una realtà orrenda. La madre è alcolizzata e drogata, il padre giace nel braccio della morte di una prigione, Judi, la ragazzina che lui ama in segreto lo dedesta e lo perseguita durante le lezioni e allora Fred esasperato, al limite di una crisi di nervi, accende la videocamera e si mette a raccontare la sua angoscia non priva di guizzi di ironia: una volta si tuffa nella piscinetta di plastica, un'altra si candida a presidente degli Stati Uniti. Ti piace Obama? "Certo, sono stato subito un suo fans, si vede che vuole cambiare l'America". Coi soldi che guadagni aiuti la famiglia? "L'ho portati a San Diego in vacanza tempo fa, erano felicissimi". A chi ti sei ispirato per creare il personaggio di Fred? "Ho un fratellino più piccolo e sono state le sue nevrosi e suoi capricci ad alimentare le storie di Fred. Produco due storie al mese e le monto con il Pc deformando la mia voce con un programmino gratuito". Il tuo successo planetario ti crea problemi con la scuola? "Quando vado a Los Angeles per lavoro mi porto dietro i compiti e li faccio in aereo". Il suo milione di iscritti alla sua pagina di MySpaces sono manna per le aziende che vogliono raggiungere i nuovi teen agers, una generazione che passa più tempo sul web che in tv. Nella blogosfera Fred si è fatto anche dei nemici: Robert Scoble, uno studioso del web, lo definisce "il punto più basso dell'espressione in rete, che fa ridere per generare traffico". Ha girato e messo in rete il suo primo video all'età di sei anni ma definirlo il Mozart di Internet forse è esagerato, di sicuro, però, Fred è un modello di business che sta rivoluzionando le regole della comunicazione. Qui a Cannes, negli anni 80, si applaudivano gli spot di Ridley Scott costati un milione e mezzo di euro. Adesso tutti corteggiano Lucas, autore, attore, regista e produttore a costo zero. (27 giugno 2009

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Berlusconi parla con Medvedev "La Russia vuole collaborare con la Nato" (sezione: Obama)

( da "Repubblica.it" del 27-06-2009)

Argomenti: Obama

CORFU' (GRECIA) - La Russia vuole riconciliarsi con l'occidente e ha espresso la volontà di ottenere una piena collaborazione con la Nato. Ad annunciarlo è stato il presidente del Consiglio italiano, Silvio Berlusconi, prima dell'inizio dei lavori del vertice Nato-Russia a Corfù. "Spirito di Pratica di Mare". "Ho parlato mezz'ora al telefono con il presidente della Federazione Russa Medvedev - ha detto il premier ai giornalisti che attendevano il suo arrivo nell'albergo che ospita il summit -, e mi ha confermato che il suo Paese intende assolutamente riprendere lo spirito di Pratica di Mare". Il vertice di Pratica di Mare si tenne nel 2002, con Berlusconi gran cerimoniere che sancì alla presenza del presidente americano George W.Bush e di quello russo Vladimir Putin, un accordo di associazione tra la Nato e la Federazione Russa. "Riprendere collaborazione". E' fondamentale riprendere la collaborazione e io sono qui per questo - ha aggiunto Berlusconi. Ci sono stati dei problemi in passato, ma credo che non siano più davanti a noi, perché c'è l'espressa volontà della Russia di riprendere la totale collaborazione". Quindi, la convinzione che "da qui si andrà avanti anche con importanti conseguenze pratiche". E' prevista per la fine di luglio una riunione degli ambasciatori dei Paesi dell'Alleanza Atlantica e della Russia a Bruxelles, sede della Nato. Il vertice di oggi tra il ministro degli esteri russo Sergei Lavrov e i suoi omologhi della Nato giunge a un mese dall'incontro fra il presidente degli Stati Uniti Barack Obama e il leader del Cremlino, Dmitri Medvedev. Negli ultimi tempi non sono mancate le cooperazioni militari fra la Russia e singoli paesi membri della Nato - come Stati Uniti, Francia o Germania -, e pattugliamenti marittimi congiunti con unità dell'Alleanza, nell'ambito delle operazioni anti-pirateria. OAS_RICH('Middle'); "Sarkozy mio avvocato da Medvedev". Il gelo tra la Russia e la Nato era calato nell'estate scorsa a causa del conflitto nel Caucaso tra la Russia e la Georgia per l'indipendenza della regione dell'Ossezia del Sud. Berlusconi ha ricordato: "Per fortuna quella volta mandai a Mosca da Medvedev il buon Nicolas Sarkozy, che era il mio avvocato tanti anni fa. Io restai a lungo al telefono con Putin per ricomporre le cose, altrimenti il divorzio che sarebbe venuto fuori sarebbe stato difficilmente ricomponibile". Poi, uno sketch con i giornalisti: "Da quando ci sono io venite qui gratis, con Prodi pagavate..." (27 giugno 2009

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"Jacko", si infittisce il mistero Fox News: non è stato infarto (sezione: Obama)

( da "Repubblica.it" del 27-06-2009)

Argomenti: Obama

NEW YORK - Michael Jackson, il re del pop, non è morto per infarto ma, verosimilmente, per i troppi medicinali che stava prendendo in preparazione ai 50 concerti d'addio che avrebbe dovuto tenere a partire dalla metà di luglio a Londra. A sostenerlo è l'emittente americana Fox News, citando fonti investigative. Sul corpo del cantante sono stati riscontrati solo i lividi dei tentativi di rianimazione e, sul suo volto, diverse cicatrici. Gli inquirenti ritengono dunque sia stata una combinazione di sostanze ad indurre il cuore di "Jacko" a smettere di battere o i polmoni ad interrompere la respirazione. I medici legali sono rimasti sorpresi dal "buono stato di salute generale" del cantante. Nel suo entourage i dubbi sono pochi, ma si dovranno attendere tra le 4 e le 6 settimane per saperlo con assoluta precisione, dato che l'ufficio del coroner della contea di Los Angeles, che ha eseguito l'autopsia, ha chiesto una serie di esami supplementari. Terminati in serata gli esami autoptici, il coroner ha autorizzato la famiglia a seppellire il cantante. La salma è stata restituita segretamente ai familiari. La consegna è avvenuta verso le 21 ora locale (le 6 In italia), riuscendo a evitare le orde di paparazzi appostati davanti all'istituto medico-legale, ha precisato Winter. La destinazione delle spoglie del re del pop non è chiara e non sono filtrate informazioni sulla data dei funerali. In una breve conferenza stampa a Los Angeles, il portavoce del coroner, Craig Harvey, ha indicato che le cause esatte della morte saranno conosciute soltanto 'tra quattro e sei settimane al termine di nuovi esami supplementari. OAS_RICH('Middle'); Escludendo che la morte sia sta provocata da un trauma esterno o da una caduta, Harvey ha detto che i nuovi esami saranno soprattutto di carattere tossicologico e polmonare. L'autopsia è durata circa tre ore e il portavoce dell' ufficio del coroner ha confermato che Jackson è morto nella Emergency Room dell'ospedale dell'Ucla, il pronto soccorso. Il primo a parlare apertamente della dipendenza dai medicinali di Jackson, in particolare dall'antidolorifico Demerol, è stato uno degli avvocati della famiglia, Brian Oxman. Il sito web Tmz, il primo ad annunciare la morte del cantante, citando un familiare di Jackson aveva indicato dal canto suo già giovedì sera che sarebbe stata proprio una iniezione di Demerol a provocare l'arresto cardiaco al cantante, finito in coma e poi morto poco dopo. Inoltre, la polizia di Los Angeles sta continuando a cercare il medico personale di Jacko, Conrad Murray, di cui si sono perse le tracce, e ha sequestrato la sua automobile ancora parcheggiata nella proprietà di Bel Air che Jackson affittava per circa 100 mila dollari al mese. La morte del re del pop ha suscitato grande emozione in tutto il mondo, e i suoi numerosi fan si sono raccolti in decine e decine di città di tutto il pianeta per ricordarlo, tra le lacrime, cantando i suoi più famosi successi. Lo hanno ricordato anche i vip di ogni angolo della terra: dal presidente degli Stati Uniti Barack Obama all'attrice Liz Taylor, dal presidente francese Nicolas Sarkozy (e Carla Bruni) a Renzo Arbore. (27 giugno 2009

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Corfù, il vertice del disgelo "Riparte collaborazione Nato-Russia" (sezione: Obama)

( da "Repubblica.it" del 27-06-2009)

Argomenti: Obama

CORFU' (GRECIA) - La Russia si riconcilia con l'occidente e riprende la cooperazione militare con la Nato. Questo il risultato del vertice dei ministri degli Esteri tra i Paesi Nato e quello della Federazione Russa. "Un grande passo" secondo il ministro degli esteri presente Steinmeier. Prima del summit Silvio Berlusconi, unico premier presente, aveva lasciato intendere che si sarebbe arrivati ad un punto d'incontro "con importanti conseguenze pratiche nei rapporti tra l'occidente e la Russia". "Spirito di Pratica di Mare". "Ho parlato mezz'ora al telefono con il presidente della Federazione Russa Medvedev - ha detto il premier ai giornalisti che attendevano il suo arrivo nell'albergo che ospita il summit -, e mi ha confermato che il suo Paese intende assolutamente riprendere lo spirito di Pratica di Mare". Il vertice di Pratica di Mare si tenne nel 2002, con Berlusconi gran cerimoniere che sancì alla presenza del presidente americano George W.Bush e di quello russo Vladimir Putin, un accordo di associazione tra la Nato e la Federazione Russa. "Riprendere collaborazione". E' fondamentale riprendere la collaborazione e io sono qui per questo - ha aggiunto Berlusconi. Ci sono stati dei problemi in passato, ma credo che non siano più davanti a noi, perché c'è l'espressa volontà della Russia di riprendere la totale collaborazione". Quindi, la convinzione che "da qui si andrà avanti anche con importanti conseguenze pratiche". Il vertice tra il ministro degli esteri russo Sergei Lavrov e i suoi omologhi della Nato è giunto a un mese dall'incontro fra il presidente degli Stati Uniti Barack Obama e il leader del Cremlino, Dmitri Medvedev. Negli ultimi tempi non sono mancate le cooperazioni militari fra la Russia e singoli paesi membri della Nato - come Stati Uniti, Francia o Germania -, e pattugliamenti marittimi congiunti con unità dell'Alleanza, nell'ambito delle operazioni anti-pirateria. OAS_RICH('Middle'); Il segretario generale della Nato Jaap de Hoop Scheffer ha sottolineato "gli interessi comuni" fra le parti, aggiungendo che il rapporto fra Nato e Russia riveste "grande importanza per lo sviluppo della sicurezza nello spazio euroatlantico". E' prevista per la fine di luglio una riunione degli ambasciatori dei Paesi dell'Alleanza Atlantica e della Russia a Bruxelles, sede della Nato. "Sarkozy mio avvocato da Medvedev". Il gelo tra la Russia e la Nato era calato nell'estate scorsa a causa del conflitto nel Caucaso tra la Russia e la Georgia per l'indipendenza della regione dell'Ossezia del Sud. Berlusconi ha detto: "Per fortuna quella volta mandai a Mosca da Medvedev il buon Nicolas Sarkozy, che era il mio avvocato tanti anni fa. Io restai a lungo al telefono con Putin per ricomporre le cose, altrimenti il divorzio che sarebbe venuto fuori sarebbe stato difficilmente ricomponibile". Resosi conto della gaffe, il premier è costretto a precisare, con una nota che parte da Palazzo Chigi: "Come al solito, un mio modo scherzoso di esprimermi è stato riferito per iscritto da alcune agenzie, assumendo un diverso significato rispetto all'atteggiamento affettuoso e sorridente che ho nei confronti del mio amico Sarkozy a cui porto stima e ammirazione". Infine, un altro sketch con i giornalisti: "Da quando ci sono io venite qui gratis, con Prodi pagavate..." (27 giugno 2009

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Ahmadinejad minaccia Usa e G8 (sezione: Obama)

( da "Stampaweb, La" del 27-06-2009)

Argomenti: Obama

Nel giorno della chiusura del vertice del G8 a Trieste, Mahmoud Ahmadinejad alza i toni dello scontro con gli Stati Uniti e l’Occidente e minaccia ritorsioni per le presunte «ingerenze» negli affari interni di Teheran: «Se continuerete nel vostro comportamento maleducato e nelle vostre interferenze, la risposta della nazione iraniana sarà dura e dirompente e vi farà pentire», ha detto il presidente iraniano. Ahmadinejad, in particolare, sembra non aver digerito l’ultima presa di posizione del presidente degli Stati Uniti Barack Obama, che si era detto ieri «indignato» dalla repressione delle manifestazioni a Teheran contro l’esito delle presidenziali del 12 giugno. Il presidente Usa aveva informato l’Iran che le violenze nei confronti dei manifestanti avrebbero potuto minacciare il dialogo diretto auspicato da Washington. Obama «ha parlato di riforme e di cambiamento, ma allora perché interviene (negli affari interni iraniani) e fa commenti contrari alle regole della cortesia e alle convenzioni della politica», è stata la replica di Ahmadinejad all’inquilino della Casa Bianca. Ma il presidente rieletto iraniano si è spinto oltre, stigmatizzando l’atteggiamento delle principali potenze straniere e denunciando «le opinioni offensive di alcuni responsabili occidentali» nei confronti dell’Iran: porteremo i leader occidentali davanti ai tribunali iraniani, ha detto, «per una sorta di processo al cospetto di tutto il mondo», e «quando li incontreremo in conferenze internazionali, li porteremo in giudizio per la collottola». Intanto, la protesta virtuale che si organizza e denuncia l’esito delle controverse elezioni presidenziali in Iran è stata oggi connotata dall’attesa per una manifestazione delle madri delle vittime degli scontri di questi giorni nella capitale iraniana. Almeno undici messaggi diffusi tra le 19 e le 21 italiane, nelle due ore successive al momento in cui doveva iniziare il raduno, hanno segnalato che - come scritto ad esempio da «108radha» - «un gruppo di persone fra cui madri di attivisti per i diritti si sono riunite al parco Laleh per accendere candele in memoria di Neda e altri martiri». Altri messaggi hanno però segnalato che la «piccola dimostrazione» è stata «subito disciolta da polizia in assetto anti-sommossa»: «un certo numero di persone», tra cui «alcune donne, sono state arrestate». La polizia, ha scritto «Iraj1387», si è comportata «selvaggiamente». Secondo un altro blogger gli agenti si sono «scontrati duramente» con i manifestanti. Sul fronte interno, il leader dell’opposizione, Mir Hossein Mussavi, ha respinto la proposta del regime di ricontare il 10% dei voti della contestata elezione presidenziale del 12 giugno, secondo quanto dichiara un suo alleato alla Reuters. «Una riconta di questo tipo - ha dichiarato l’alleato, che mantiene l’anonimato, citando Mussavi - non rimuoverà le ambiguità...Non c’è altra strada che l’annullamento del voto...Alcuni membri di questa commissione non sono imparziali».

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"L'economia verde salverà l'America" (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 28-06-2009)

Argomenti: Obama

L'APPELLO SU YOUTUBE IL PACCHETTO AMBIENTE PASSANO PER POCHI VOTI I PROVVEDIMENTI PIÙ SEVERI NELLA STORIA DEL PAESE. ORA SI ATTENDE IL PRONUNCIAMENTO DEL SENATO LA PROMESSA ELETTORALE Attesa nei prossimi giorni la conferma del voto al Senato Misure drastiche approvate ieri con 219 voti contro 212 "L'economia verde salverà l'America" Quando accettò la nomination disse: «Priorità al clima» L'opposizione resiste: «L'ecologia è la scusa per giustificare enormi aumenti di tasse» Il presidente ribatte: «A ogni cittadino l'operazione costerà come un francobollo» [FIRMA]MAURIZIO MOLINARI CORRISPONDENTE DA NEW YORK Reduce da una vittoria al cardiopalma alla Camera, Barack Obama si appella «ad ogni senatore» per ottenere l'approvazione della più severa legge sulla protezione del clima mai varata da un governo degli Stati Uniti. Redatto in un mega-documento di circa 1200 pagine, il testo approvato dalla Camera obbliga l'America a ridurre le emissioni di gas nocivi entro il 2020 del 17 per cento rispetto ai livelli del 2005 ed entro il 2050 dell'83 per cento. Si tratta di una drastica ristrutturazione del sistema industriale ed energetico, che va incontro alle richieste della battaglia ambientalista dell'ex vicepresidente Al Gore e punta a fare degli Stati Uniti la nazione-leader della lotta al surriscaldamento del clima alla conferenza delle Nazioni Unite che si svolgerà a Copenhagen in dicembre. Ma la battaglia alla Camera è stata molto dura: solo l'impegno personale della presidente Nancy Pelosi è riuscito ad ottenere un passaggio molto risicato - 219 voti contro 212 - a dispetto di una maggioranza che sulla carta avrebbe dovuto essere assai più ampia, visto che i democratici dispongono di 255 seggi. Le numerose defezioni si devono alle obiezioni sollevate dall'opposizione repubblicana sul rischio di andare incontro al «più forte aumento di tasse della storia sotto la veste di lotta ai cambiamenti climatici», come è stato detto dal deputato dell'Indiana Mike Pence, ed il rischio per la Casa Bianca è che al Senato la maggioranza di 59 seggi su 100 possa rivelarsi insufficiente. E' lo stesso leader dei senatori democratici, Harry Reid, ad ammettere che «da noi sarà tutto più difficile» in ragione della necessità di ottenere un quorum di 60 voti per vanificare l'ostruzionismo repubblicano. «Speriamo di farcela entro l'autunno» dice con prudenza Reid facendo capire che la battaglia che inizia domani si annuncia in salita. I repubblicani sembrano sicuri di riuscire a bloccare la legge: «Hanno vinto alla Camera per pochi voti presentando le ultime 300 pagine di testo solo poco prima della votazione, con queste premesse l'esito da noi è quasi segnato» assicura il senatore dell'Oklahoma, James Inhofe, veterano delle battaglie anti-ecologiste. L'atmosfera incandescente spiega perché il presidente ha scelto di sfruttare il settimanale messaggio ai cittadini - trasmesso via radio e affidato anche a Youtube - per lanciare un appello a «ogni senatore come ad ogni americano». «Non bisogna avere paura del futuro, non dobbiamo essere prigionieri del passato nè credere alla disinformazione secondo cui investire nell'energia pulita frena la ripresa economica» ha detto Obama, secondo il quale la nuova legge «contribuirà a creare posti di lavoro» come nel caso della California dove «tremila persone saranno impiegate in una centrale di energia solare che creerà mille posti». Riguardo alle tasse, Obama risponde che i costi dell'operazione per ogni cittadino equivarranno all'«acquisto quotidiano di un francobollo». Anche uno studio del Congresso va in questa direzione anticipando che ogni famiglia avrà costi annuali in eccesso per 175 dollari. «Da decadi stiamo parlando della necessità di ridurre la dipendenza energetica dall'estero e di salvare il Pianeta, adesso è arrivato il momento di agire per il bene dei nostri figli, per quanto Dio ha creato e per le future generazioni» chiede il presidente americano, dimostrandosi pronto ad iniziare un tour di comizi per sostenere l'approvazione della legge sulla protezione del clima nei distretti dove vengono eletti i senatori più titubanti. 123

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"Rothschild finanziava la tratta degli schiavi" (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 28-06-2009)

Argomenti: Obama

Il leggendario patriarca della dinastia di banchieri Un segreto rimasto sepolto quasi due secoli La storia Il Financial Times rivela: "Difendeva i diritti dei neri solo a parole" FRANCESCA PACI "Rothschild finanziava la tratta degli schiavi" CORRISPONDENTE DA LONDRA 1. In un quadro dell'epoca una tipica scena della Gran Bretagna schiavista: una famiglia di colore si riscalda intorno a una stufa in una casa, in attesa di ordini dai padroni bianchi intenti a svolgere le loro faccende. 2. Un ritratto di Nathan Mayer Rothschild, il fondatore della dinastia che si è distinto nella campagna per l'abolizione della schiavitù nel Regno Unito, obiettivo raggiunto nel 1831. 3. Il documento ritrovato negli archivi nazionali britannici che testimonia la partecipazione di Rothschild a una transazione che vedeva il passaggio in garanzia di 88 schiavi per un debito di 3 mila sterline. Tra le centinaia di raccoglitori di documenti catalogati T71 e impilati sugli scaffali dell'Archivio Nazionale, nel verdeggiante quartiere londinese di Kwe, ce n'è uno che la famiglia Rothschild avrebbe preferito rimanesse nella polvere per altri 170 anni. Scartabellando i fogli color seppia con nome e prezzo dei «negri» compilati a mano dai tanto scrupolosi quanto privi di scrupoli mercanti di schiavi delle ex colonie britanniche, Nick Draper, ex banchiere passato dalla JP Morgan all'University College, si è imbattutto nel contratto T71/122, un atto d'acquisto del valore di 3.000 sterline firmato nientepopodimenoché da Nathan Mayer Rothschild, patriarca della leggendaria dinastia tedesca finanziatrice, tra l'altro, del duca di Wellington nella battaglia di Waterloo, ma soprattutto paladina dei diritti civili e della campagna per l'abolizione della schiavitù. Della vicenda, rivelata ieri dal quotidiano britannico Financial Times, non c'è nessuna menzione nelle dettagliate biografie dei Rothschild nè in quelle altrettanto voluminose dei Freshfields, uno dei principali studi legali internazionali e fiore all'occhiello della City, il cui fondatore, sir James William, risulta ora fosse dedito allo stesso bieco commercio di Nathan Mayer. Ma carta canta. E quella ingiallita degli Archivi Nazionali, osserva lo storico Niall Ferguson, autore del saggio «The World's Banker: The History of the House of Rothschild», dimostra quanto la tratta di essseri umani fosse «parte integrante dell'economia britannica del 1830». Sebbene la storia del traffico degli schiavi sia stata parzialmente scritta grazie a rivelazioni come questa e successive complicate compensazioni, resta un tema caldo negli Stati Uniti dove la memoria del commercio degli esseri umani importato dagli inglesi nel XVIII secolo è tornata alla ribalta con l'attuale first Lady Michelle Obama che ha nell'albero genealogico un trisavolo «venduto» a un coltivatore di riso della Carolina. Negli ultimi anni diversi gruppi direttamente coinvolti in passato in questi commerci hanno fatto ammenda. Nel 2005 la JP Morgan, dopo essersi ufficialmente scusata per il passato poco glorioso, ha istituito un fondo di cinque milioni di dollari per gli studenti neri della Louisiana. La Royal Bank of Scotland, informata dal Financial Times di un remoto legame con i «negrieri», ha acconsentito ad aggiornare i propri archivi. Ma mancano ancora molti tasselli. I documenti scovati da Nick Draper descrivono in modo minuzioso l'accordo tra Nathan Mayer Rothschild, affiancato dal fratello, il barone James, e Lord James O'Bryen. I due fratelli Rothschild avevano dato in garanzia a O'Bryen 88 schiavi per il debito di 3.000 sterline contratto da un intermediario nell'acquisto della sua proprietà ad Antigua. Quando il compratore fece bancarotta la Gran Bretagna si era ormai lasciata alle spalle quel traffico poco onorevole e Nathan Mayer richiese la somma prevista come risarcimento per la garanzia cancellata. Una sgradevole sopresa per quanti conoscevano la biografia del banchiere che più di ogni altro si era speso per l'abolizione della schiavitù, nel 1831. Raccontano le cronache che un anno prima della messa al bando del mercato della vergogna, Nathan Mayer Rothschild si adoperò per procurare al governo di Sua Maestà un prestito di 15 milioni di sterline, tre quarti del totale necessario a riscattare il popolo dei senza diritti. Come conciliare il dottor Jekyll che cancella la macchia dalla coscienza inglese e mister Hyde che nel frattempo incassa la compensazione? La famiglia fa quadrato replicando che «Nathan Mayer Rothschild è stato un noto e prominente attivista dell'uguaglianza e delle libertà civili. A fronte del suo background queste insinuazioni appaiono inconsistenti». Anche la Freshfields Bruckhaus Deringer, chiamata a rispondere delle medesime accuse a carico del capostipite James Williams vira sul suo impegno a fianco della Church Missionary Society. Ma la scoperta, giudicata «estremamente importante» dal direttore del Wilberforce Institute for Study of Slavery and Emancipation dell'università di Hull, segna un passo avanti nella liberazione dei torti dimenticati dai raccoglitori polverosi della Storia. www.lastampa.it/paci

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Nel mio libro l'allarme natura Siamo troppi, risorse sempre meno (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 28-06-2009)

Argomenti: Obama

Il geologo Mario Tozzi «Nel mio libro l'allarme natura Siamo troppi, risorse sempre meno» Un libro dedicato all'uomo e al suo ambiente. Ormai da anni si parla di temi quali il buco nell'ozono e di desertificazione. Tutti temi trattati da Mario Tozzi nel suo libro «Gaia, un solo pianeta». Ma come nasce l'idea di un libro così? «Il mio libro nasce come repertorio e non come saggio - spiega Tozzi -. Una raccolta di dati ambientali e sociali insieme. Ho voluto spiegare come le condizioni ambientali influiscono sulle società umane. Nel libro sono trattate sia le guerre che i fenomeni migratori degli uomini più che nel loro quadro storico in quello ambientale. Si parla dei profughi del clima che cambia come della della guerra in Iraq per il petrolio». Si guarda alla speranza Obama per la firma del protocollo di Kyoto? «Anche el mio libro ne parlo. Con questa intesa, per la prima volta, le Nazioni uscirono da una deregulation selvaggia nella gestione dell'ambiente. Se anche gli Usa, come penso, firmeranno il protocollo, sarà un passo in avanti per la salvaguardia del pianeta ma rischia di essere troppo tardi». Cosa ci riserverà il futuro? «Andremo verso una società sempre più disuguale: meno acqua, legno, meno cibo. Noi siamo sempre di più ma le risorse rimangono sempre le stesse. Se gli uomini si rendessero conto che le risorse sono limitate ed esiste il pericolo che possano finire, non si comporterebbero così. Il consumo delle risorse è esponenziale e proprio per questo motivo penso che in un prossimo futuro possano nascere proprio per questo motivo forti tensioni tra i popoli».

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Obama ha parlato di riforme e di cambiamento ma allora perché interviene negli affari interni iraniani e fa commenti contrari alle regole della cortesia e alle convenzioni della po (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 28-06-2009)

Argomenti: Obama

Obama ha parlato di riforme e di cambiamento ma allora perché interviene negli affari interni iraniani e fa commenti contrari alle regole della cortesia e alle convenzioni della politica? Se l'Occidente continuerà nel suo comportamento maleducato e nelle sue interferenze, la risposta della nazione iraniana sarà dura e dirompente e vi farà pentire Mahmud Ahmadinejad

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Ahmadinejad attacca "Gli Usa si pentiranno" (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 28-06-2009)

Argomenti: Obama

Ahmadinejad attacca "Gli Usa si pentiranno" [FIRMA]MAURIZIO MOLINARI CORRISPONDENTE DA NEW YORK «Hai fatto un grave errore a schierarti dalla parte dei manifestanti»: Mahmud Ahmadinejad tuona alla volta di Barack Obama, in coincidenza con le notizie che rimbalzano da Washington sulla scelta del Dipartimento di Stato di mettere a disposizione del dissenso fondi per almeno 20 milioni di dollari. Il presidente iraniano ha attaccato frontalmente l'inquilino della Casa Bianca pronunciando un discorso a dipendenti del ministero della Giustizia. «Siamo molto sorpresi da Mister Obama - ha detto Ahmadinejad, ripreso in diretta dalla tv statale - non ci aveva forse detto che perseguiva un cambiamento? E allora perché ha scelto di interferire in Iran?». E ancora: «Gli americani continuano a dire che vogliono dialogare con l'Iran ma il metodo che hanno scelto non è quello corretto». Da qui l'affondo: «Schierarsi a sostegno dei manifestanti responsabili di gravi disordini e violenze è stato un grave errore». Le parole di Ahmadinejad arrivano all'indomani della nuova condanna della repressione pronunciata da Obama ricevendo alla Casa Bianca la cancelliera tedesca Angela Merkel, ma ciò che più potrebbe aver irritato Teheran è la decisione presa dal Segretario di Stato, Hillary Clinton, di mettere a disposizione degli attivisti di opposizione fondi federali per 20 milioni di dollari. A darne l'annuncio sono le 31 pagine del bando denominato «Support for Civil Society and Rule of Law in Iran» (Sostegno per la società civile e lo Stato di diritto in Iran), che prevede l'assegnazione di «grants» da parte di UsAid, l'Agenzia per lo sviluppo internazionale del Dipartimento di Stato. I finanziamenti andranno a chi presenterà progetti e programmi per «promuovere la democrazia, i diritti umani e lo Stato di diritto in Iran» compilando gli appositi moduli disponibili sul sito www.grants.gov e inviandoli all'«Office of Acquisition and Assistance» della UsAid al numero 1300 di Pennsylvania Avenue. I «grant» potranno essere richiesti da singoli o gruppi di cittadini iraniani entro il 30 giugno e sarà poi l'UsAid ad esaminarli ed assegnarli, elargendo cifre da un minimo di 100 mila dollari ad un massimo di 3 milioni di dollari: somme apparentemente non ingenti ma che in Iran possono garantire ampi margine di azione. Il bando suggerisce ai concorrenti alcuni «esempi» di programmi possibili: denuncia della corruzione, migliore organizzazione delle ong, uso dei nuovi media. Si tratta di una strategia di sostegno all'opposizione in Iran che venne inaugurata dall'amministrazione Bush e che ora Obama dimostra di voler continuare attraverso la «Near East Regional Democracy Initiative». «Parte dei fondi di questa iniziativa sono destinati ad aumentare l'accesso da parte degli iraniani alle informazioni e comunicazioni via Internet» spiega a «UsaToday» David Carle, portavoce della sottocommissione del Congresso che li ha autorizzati, lasciando intendere la volontà di rafforzare le potenzialità del popolo di twitter che nelle ultime settimane si è dimostrato molto attivo nel sostenere le proteste. Per la Casa Bianca questa scelta non implica comunque «interferenze in Iran». Tommy Vietor, portavoce del presidente, lo dice così: «Gli Stati Uniti non finanziano alcun movimento o fazione politica in Iran, sosteniamo però i principi universali dei diritti umani, della libertà di parola e dello Stato di Diritto». Ian Kelly, portavoce di Hillary Clinton, aggiunge: «Rispettare la sovranità iraniana non significa restare in silenzio su questioni inerenti a diritti fondamentali di libertà, come il diritto a protestare pacificamente». Si tratta di un approccio che ricalca quello avuto dagli Stati Uniti con l'Urss dopo la Conferenza di Helsinki del 1975 quando la Realpolitik del dialogo bilaterale si coniugò al sostegno di singoli gruppi di attivisti per i diritti umani. La differenza rispetto al precedente programma di finanziamenti di Bush - il Segretario di Stato Condoleezza Rice stanziò 66 milioni di dollari per l'Iran nel 2006 - sta proprio nel fatto che allora i fondi andavano a gruppi politici organizzati mentre in questo caso l'assegnazione dei «grant» è a singoli cittadini.

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Il Cavaliere si rimette la feluca (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 28-06-2009)

Argomenti: Obama

DIPLOMAZIA Ha detto BERLUSCONI A CORFÙ Incidente Polemiche per suoi apprezzamenti (smentiti) su Obama nei colloqui col premier israeliano Il Cavaliere si rimette la feluca Ho spedito Sarkozy che tanti anni fa era il mio avvocato per mediare mentre io parlavo con Putin Io ho sempre dato apprezzamento ad Obama e penso che ci sia da essere contenti di lui Adesso abbiamo bisogno della Russia per l'Afghanistan Nella regione ha un ruolo centrale Silvio Berlusconi [FIRMA]UGO MAGRI INVIATO A CORFU' Se c'è qualcosa che manda ai matti gli ambasciatori è questo modo, tipicamente berlusconiano, di irrompere nella cristalleria diplomatica. Appena prima che Silvio l'Elefante sbarcasse all'Hotel Imperial, sede del vertice Nato-Russia, tra le feluche straniere era tutto un darsi di gomito, «quando arriva Papi?», e battute acidule sull'ospite inatteso, unico premier nel consesso riservato ai ministri degli Esteri. Berlusconi ha imposto un cambio di passo all'organizzazione dei lavori. Primo a intervenire su invito del segretario generale Jaap, con il padrone di casa Karamanlis che ha rinunciato a parlare per dare spazio all'ospite. Discorso «un po' troppo lungo», ammette, centrato sul prossimo G8, che nell'agenda dei lavori non era previsto. E annuncio del suo importante colloquio con il presidente Medvedev, «il quale mi ha pregato di rappresentare la volontà della Federazione russa di riprendere la collaborazione con l'Occidente e la Nato». Gli sguardi della sala si sono appuntati sul rappresentante di Mosca, Lavrov: cosa è venuto a fare, se il vero portavoce del Cremlino si chiama Berlusconi? La vendetta dei diplomatici, casta permalosa, consiste nel disseminare trappole in vista del G8 a L'Aquila. L'ultima è un perfido retroscena del «Maariv», giornale israeliano, secondo cui nel recente colloquio con Netanyahu il Cavaliere avrebbe parlato (male) di Obama: «Troppo debole con l'Iran», secondo Berlusconi. Ricostruzione smentita da Tel Aviv e, ieri mattina, anche da Palazzo Chigi. Berlusconi fa sapere che di Obama gli piace tutto, anche il suo nuovo ambasciatore a Roma che, «tra l'altro, parla benissimo l'italiano». Ebbene: l'incidente del «Maariv» ha fatto scattare l'allarme. Nell'entourage del premier si sospetta una gola profonda, qualche talpa annidata nella Farnesina per scavare il terreno sotto ai piedi del premier. Berlusconi però è lanciatissimo, dell'etichetta se ne infischia, lui vive il riavvicinamento tra Obama e i russi anzitutto come personale occasione di rivincita. Ora sono tutti d'accordo che, per usare le sue parole, «sarebbe utile coinvolgere i russi contro il terrorismo in Afghanistan, visto il loro ruolo centrale nella regione». Eppure per due anni i falchi dell'amministrazione Bush l'avevano messo in castigo come l'«amico del nemico». Adesso, che siamo in vista della storica visita di Obama a Mosca per parlare di disarmo, il Cavaliere vorrebbe gridare: avevo ragione io. Sull'aereo che lo porta a Corfù sottolinea quale sbaglio fu isolare l'ex Impero del Male commesso «dalla mia amica Rice, che dopo aver studiato per anni i soviet è tornata alla sua antica passione», appunto gli studi... La battuta, nella sua spericolata giovialità, fa il paio con quella (più tardi definita «scherzosa») sul presidente francese, «il buon Sarkozy, mio avvocato di tanti anni fa, che andò a Mosca per mediare sul conflitto russo-georgiano proprio mentre io ero al telefono con Putin per ricomporre le cose». Quella telefonata, secondo un comitato di super-berlusconiani, dovrebbe meritare al premier addirittura il Nobel per la pace 2010. Ora che c'è da ricucire lo strappo Est-Ovest, Berlusconi rilancia la sua vecchia idea che mise nero su bianco nel summit con Putin e Bush del 2002 a Pratica di Mare (passato felicemente alla storia per il «caro Vladimir, caro George», ma pure per il lapsus su «Romolo e Remolo»): riunioni periodiche scadenzate tra Nato e Russia a tutti i livelli, dai Capi di Stato giù giù fino agli ambasciatori (dovrebbero riunirsi con il collega russo perlomeno una volta al mese). E lì sciogliere tutti i nodi che dovessero ostacolare la nuova distensione mondiale. «Tutti guardano al proprio orticello, invece bisogna vincere la fame nel mondo», è il motto della diplomazia berlusconiana.Il Cavaliere reclama fatti concreti, non semplici parole. E gradirebbe che l'intuizione originaria gli venisse in qualche modo riconosciuta.

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ahmadinejad contro g8 e obama (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 28-06-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 1 - Prima Pagina "Basta ingerenze in Iran". Moussavi rilancia: nuove elezioni Ahmadinejad contro G8 e Obama SEGUE A PAGINA 11

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l'iran: "basta ingerenze o ve ne pentirete" - nazila fathi (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 28-06-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 11 - Esteri L´Iran: "Basta ingerenze o ve ne pentirete" Ahmadinejad attacca Usa e G8. I blog:la polizia bastona le madri in lutto Moussavi rifiuta l´offerta di Rafsanjani di un parziale riconteggio dei voti NAZILA FATHI TEHERAN - Anche se sabato i segni della repressione del governo erano meno visibili, chi si è avventurato per le strade di Teheran ha detto che era scoraggiante, e che si stava come in attesa che accadesse qualcosa. Qualcuno è uscito per svolgere le sue faccende quotidiane, ma molti hanno evitato di muoversi in città per paura di nuovi interventi repressivi del governo. Mentre ieri la città lottava per riprendere una parvenza di normalità, giungevano nuovi segnali che l´opposizione stava esaurendo le sue possibilità di contestare la rielezione del presidente Mahmoud Ahmadinejad, benedetta dalla guida suprema del paese, l´ayatollah Ali Khamenei, ma definita dai critici come il frutto di un enorme broglio elettorale. Il Consiglio per il Discernimento, guidato dall´ex presidente Ali Akbar Hashemi Rafsanjani, ha tentato una mediazione e rilasciato una dichiarazione che definiva la decisione della guida suprema l´ultima parola sulle elezioni, pur chiedendo al governo un´indagine adeguata ed esaustiva sui reclami elettorali. Il consiglio ha anche chiesto ai candidati di collaborare con il governo nelle indagini. Ma il candidato moderato sconfitto Mir Hossein Moussavi e quello riformista Mehdi Karrubi hanno rifiutato di partecipare al riconteggio del 10 per cento dei voti, tornando a chiedere l´annullamento del voto. Ahmadinejad, nel frattempo, ha continuato a ripetere la versione del governo su ciò che è andato male dopo le elezioni, prendendosela con i governi stranieri. Sabato, ha risposto alle dichiarazioni del presidente Obama, che venerdì scorso aveva espresso le sue critiche più aspre sulla leadership iraniana, dicendo che Ahmadinejad dovrebbe «prendere in seria considerazione gli obblighi che ha verso il suo popolo». Ahmadinejad ha accusato Obama di interferenze, facendo capire che la posizione di Washington sulla tempesta postelettorale in Iran potrebbe mettere in pericolo il tentativo di Obama di migliorare le relazioni tra i due paesi. «Obama ci sorprende», ha detto Ahmadinejad in un discorso ai magistrati, poi trasmesso sulla televisione di Stato, «Non aveva detto che voleva il cambiamento? Perché interferisce?» Poi la minaccia all´Occidente e agli Stati Uniti: «Se continuerete nel vostro comportamento maleducato e nelle vostre interferenze, la risposta della nazione iraniana sarà dura e dirompente e vi farà pentire», ha detto il presidente iraniano. Sabato, le forze di sicurezza erano ancora nelle strade, per cercare di stroncare nuove proteste. Le guardie in uniforme, però, hanno sostituito le forze più temute: i paramilitari della milizia Basiji, coinvolti in molti pestaggi e sparatorie contro i manifestanti, e gli integralisti Guardiani della Rivoluzione nelle loro tute mimetiche. In rete, ancora una volta, le notizie su numerose rivolte e sul violento intervento della polizia alla manifestazione inscenata a Teheran da madri delle vittime degli scontri di questi giorni nella capitale iraniana nel parco Laleh, a pochi passi dal luogo dove è stata uccisa Neda, la ragazza divenuta una icona del movimento di opposizione. La gente comune parla e denuncia, come la signora Mahtab: «Sono disgustata e vorrei poter lasciare questo paese». Racconta di aver visto un paramilitare, fuori dal suo negozio, colpire in testa una donna di mezza età talmente forte da farle colare il sangue dalla fronte. Quando Mahtab e le sue colleghe hanno cercato di uscire dal negozio per andare a casa, i paramilitari le hanno attaccate, ha detto, colpendole con i manganelli mentre urlavano i nomi dei santi sciiti. «Lo fanno in nome della religione, ma quale religione permette una cosa del genere?» ha chiesto. (Copyright New York Times - La Repubblica. Traduzione di Luis E. Moriones)

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obama, compromesso su guantanamo prigione a vita per cento detenuti (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 28-06-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 11 - Esteri Stati Uniti Obama, compromesso su Guantanamo prigione a vita per cento detenuti WASHINGTON - Barack Obama, temendo una battaglia in Congresso che finirebbe per bloccare il progetto di chiudere la prigione di Guantanamo, sta preparando un ordine presidenziale che confermi le detenzioni illimitate per 70-100 dei sospetti terroristi attualmente imprigionati nella base americana sull´isola di Cuba. Secondo il Washington Post, il decreto presidenziale finirebbe così per riconfermare i discussi ordini del predecessore di Obama, George W. Bush, che permettono di tenere in prigione senza processo e per lunghi periodi le persone sospettate di terrorismo.

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berlusconi "diplomatico" per risalire la corrente - claudio tito (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 28-06-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 4 - Interni Berlusconi "diplomatico" per risalire la corrente Missione a Corfù pensando al G8. E sulle feste: solo svago, inviterò i giornalisti Sul volo di ritorno: "Guai a chi non ha senso dell´ironia e a quelli a cui non piace..." CLAUDIO TITO DAL NOSTRO INVIATO CORFù - Silvio Berlusconi prova di nuovo ad indossare i panni del mediatore tra Mosca e Washington. Soprattutto cerca di rilanciare l´immagine internazionale dell´Italia. Così si presenta, inaspettato, al vertice di Corfù, al quale prendono parte i ministri degli Esteri dei Paesi Nato e della Russia. «Ho parlato mezz´ora al telefono con il presidente Medvedev - ha spiegato - e mi ha detto di rappresentare, anche a nome della Federazione Russa, la volontà assoluta di riprendere una totale collaborazione con i paesi del Patto Atlantico ristabilendo così lo spirito di Pratica di Mare». Superando le ritrosie della Farnesina e le perplessità dei vertici Nato, e strappando le regole della diplomazia che vieterebbero la presenza di un capo di governo ad un riunione ministeriale, il Cavaliere è corso in Grecia sicuro di poter rilanciare la politica estera italiana. L´obiettivo è creare un clima più disteso in vista del G8 dell´Aquila. A Palazzo Chigi vivono come un incubo l´idea che il summit possa essere catalizzato dalle polemiche italiane. Sulle quali, però, il premier continua a scherzare con i giornalisti. Dopo aver sottolineato ai cronisti che «prima, con Prodi, sui voli di Stato pagavate, ora con me viaggiate gratis», torna sul tema delle sue "feste": «La prossima volta invito anche voi, così potrete apprezzare la qualità degli spettacoli. Se n´è parlato tanto ma io ne facevo solo una l´ultimo venerdì del mese. E comunque diffidate di chi non ha senso dell´umorismo e di quelli a cui non piace...». Al vertice di Corfù, dopo aver parlato dei rapporti tra Nato ex Urss, Berlusconi ha spostato l´attenzione sul G8. Sui suoi obiettivi: il Global legal standard, la crisi economica («solo una crisi di fiducia»), i cambiamenti climatici e la sicurezza alimentare. Ma la prima preoccupazione di ieri è stata un´altra: smentire un articolo del giornale israeliano Mariv che riportava giudizi poco lusinghieri di Berlusconi su Obama e sul ruolo Usa nella crisi iraniana. «Ho sempre espresso un grande apprezzamento per Obama in tutte le direzioni - ha spiegato temendo equivoci con la Casa Bianca -. Ho solo detto che l´amministrazione americana stava riflettendo sulla risposta da dare all´Iran. Qualcuno, nel Pd, insisteva che ci fosse una posizione più forte di Obama». Il premier ha tentato di rispolverare lo "spirito di Pratica di Mare". Ha fatto spesso riferimento all´incontro del 2002 alle porte di Roma (ha tenuto anzi a distribuire personalmente il testo del discorso pronunciato sette anni fa), nel quale si individuò un percorso per una graduale collaborazione tra Nato ed ex Urss. Venne istituito un Comitato Preparatorio, che poi non si è mai riunito. Un´intesa che non si è sviluppata anche a causa degli scontri in Ossezia e Georgia. Ma Berlusconi, rivendicando il suo ruolo nell´appianare i contrasti, rischia di incappare in una gaffe. Riferendosi al conflitto russo-georgiano, afferma: «Per fortuna ho spedito lì, perché era il mio avvocato tanti anni fa, il buon Sarkozy che andò a Mosca per mediare, mentre io ero al telefono con Putin per ricomporre le cose». Per rimediare all´accenno all´"avvocato Sarkozy" (immagine già usata dal premier italiano nel 2007 anche se la circostanza non ha mai trovato conferma presso l´Eliseo), è stata necessaria una nota: «Come al solito - dice Berlusconi - un mio modo scherzoso di esprimermi è stato riferito da alcune agenzie, assumendo un diverso significato rispetto all´atteggiamento affettuoso che ho per il mio amico Sarkozy a cui porto stima e ammirazione». Gaffe sfiorata a parte, a Palazzo Chigi sono convinti che sia fondamentale "ricomporre" l´immagine internazionale dell´Italia. All´ultimo consiglio europeo di Bruxelles, il Cavaliere ha toccato con mano il distacco dei leader Ue. Il faccia a faccia alla Casa Bianca con Obama del 15 giugno è stato preparato con dosi massicce di apprensione e in quell´occasione il nostro premier si è speso proprio per farsi concedere un ruolo nella mediazione con Mosca. «è fondamentale - ha sottolineato a Corfù - riprendere la collaborazione tra la Federazione Russa e i paesi dell´Alleanza Atlantica. Io sto qui per questo. Ho il mandato anche da parte di Medvedev. Ho parlato con Putin e Obama, e sono qui come presidente del G8». Berlusconi nel mettere in evidenza il suo ruolo di «facilitatore» con Putin e Medvedev agli occhi del nuovo inquilino della Casa Bianca, non risparmia una «bacchettata» alla presidenza Bush di cui si era sempre dichiarato fedele sostenitore: «Bisogna dare un ulteriore impulso alla collaborazione tra Nato e Russia dopo le scelte della precedente amministrazione Usa e della mia amica Condoleezza Rice che, dopo avere studiato per una vita i soviet, è tornata alla sua antica passione».

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nato, ritorna il dialogo tra mosca e occidente - vincenzo nigro (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 28-06-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 4 - Interni Il gelo era calato dopo l´ingresso dei carri russi in Abkhazia. Il segretario de Hoop Scheffer: riparte la cooperazione militare Nato, ritorna il dialogo tra Mosca e Occidente VINCENZO NIGRO ROMA - Il Consiglio Nato-Russia torna a funzionare: un anno dopo la guerra di Georgia, ma soprattutto pochi mesi dopo l´elezione di Barack Obama, il nuovo vento di dialogo che arriva dalla Casa Bianca riesce a riavvicinare Mosca alle capitali dell´Alleanza atlantica. La guerra «di agosto» sembra dimenticata da molti: naturalmente non è così per gli Stati Uniti, per la Georgia, ma anche per gli Stati della Nato che hanno conosciuto bene il tallone russo per aver vissuto sotto il Patto di Varsavia. Ma l´interesse al dialogo fa sì che da oggi in poi sia possibile tornare a discutere di sicurezza europea attorno al tavolo del Consiglio che saltò quando i carri armati russi entrarono in Georgia per difendere le enclave filo-russe di Ossezia e Abkhazia. «Abbiamo deciso di far ripartire le nostre relazioni», dice il segretario generale della Nato de Hoop Scheffer al vertice di Corfù. «Ripartirà anche la cooperazione a livello militare: siamo d´accordo sul fatto che i nostri disaccordi non devono bloccare il complesso delle nostre relazioni. La Nato ha bisogno della Russia e la Russia ha bisogno della Nato». Reduce dal vertice del G8 di Trieste, dove aveva visto il sottosegretario Usa Burns, a Corfù il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov si è incontrato con il numero due del Dipartimento di Stato, James Steinberg. Il ministro russo, molto cauto, è pronto a fare «la faccia feroce» se dalla Nato dovessero arrivare altre recriminazioni per l´invasione di un Paese che aveva chiesto di poter entrare nella Nato e al quale l´Alleanza aveva promesso una corsia di accesso accelerato che poi (nel vertice di Strasburgo) le è stata negata. Lavrov parla di «uno sviluppo in qualche modo positivo, anche se abbiamo avuto scambi molto franchi», che è la formula diplomatica per dire che con gli Usa c´è ancora scontro duro. Per Lavrov «il riconoscimento dell´indipendenza di Abkhazia e Ossezia è irreversibile, è una realtà a cui l´Occidente dovrebbe abituarsi». Con il vertice di ieri a Corfù, gli Usa e gli alleati Nato in qualche modo hanno confermato di aver rinunciato a una politica più aggressiva in difesa della Georgia. Le ragioni sono molte. Gli Alleati erano divisi sulla «strategicità» dell´ingresso della Georgia nella Nato ancora prima della guerra del 2008. E l´attuale dirigenza georgiana (il presidente Saakashvili) da molti viene considerata semplicemente avventurista. Ma poi ormai la Nato ha tali interessi globali da dover chiedere alla Russia di partecipare a mille partite diverse, dall´Iran, all´Afghanistan, al processo di pace in Medio Oriente, che non riguarda direttamente la Nato ma coinvolge tutti i suoi partner principali, a partire dagli Usa. Il vertice di ieri arriva a una settimana dal summit che Obama terrà col presidente russo Medvedev prima del G8 dell´Aquila: la riattivazione del Consiglio Nato-Russia è la conferma migliore della nuova dinamica Washington-Mosca.

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stop a schengen, scatta il piano per il g8 - alessandra retico (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 28-06-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 15 - Cronaca Stop a Schengen, scatta il piano per il G8 Da stasera super controlli negli aeroporti e alle frontiere. In campo 15mila agenti Il 7 luglio l´arrivo dei Grandi a Roma Scudo aereo sopra la caserma che ospiterà il summit ALESSANDRA RETICO ROMA - Sospesa la libera circolazione alle frontiere, l´Italia si "chiude" per entrare nel vivo dell´operazione sicurezza del G8. Dalla mezzanotte di oggi il trattato di Schengen, che dall´85 permette ai cittadini di passare da un paese all´altro dei 28 stati membri, verrà congelato fino al 15 luglio. Per attraversare i confini bisognerà dunque avere un documento d´identità valido. Ferie rimandate per gli agenti delle forze dell´ordine, 15mila di loro saranno al lavoro in tutto il paese per tutelare capi di stato e di governo e loro delegazioni. Il vertice dei grandi, in programma all´Aquila dall´8 al 10 luglio, ha messo in moto la macchina della sicurezza nazionale. Per il ripristino dei controlli, una circolare della direzione centrale dell´immigrazione e della polizia delle frontiere ha deciso di inviare 100 specialisti di rinforzo negli aeroporti e negli altri varchi, navali e terrestri. Meglio arrivare in anticipo agli imbarchi, le verifiche sui passaporti e carte d´identità potrebbero creare qualche lungaggine. Per i big, massima vigilanza. Il 7 luglio a Roma è previsto l´arrivo di sette capi di Stato attraverso i tre aeroporti della capitale (Fiumicino, Ciampino e Pratica di Mare) o in quello di Pescara. Di lì, forse in elicottero, saranno trasferiti a L´Aquila, dove atterreranno nell´aeroporto di Preturo. Ma parte delle delegazioni viaggerà sull´autostrada Roma-L´Aquila, che sarà sorvegliata speciale: posti di blocco e presidi delle forze dell´ordine assicureranno che i viaggi lungo l´arteria avvengano senza problemi. Naturalmente, Roma e L´Aquila saranno blindate. Non solo, probabilmente una circolare dei vertici dell´ordine pubblico inviterà questori e prefetti a innalzare la guardia sugli obiettivi sensibili di tutto il territorio nazionale. A L´Aquila, nella scuola della Guardia di finanza di Coppito che ospiterà i grandi del G8 compreso Obama e suo campo da basket, è stata trasferita la prefettura del capoluogo abruzzese. E tutti gli standard di sicurezza sono stati innalzati: la delegazione Usa ha insistito molto perché venisse assicurato un piano di emergenza in caso di sisma, nonostante il capo della Protezione civile Guido Bertolaso abbia dato ogni garanzia sulla tenuta degli edifici. Comunque, in caso di terremoto, i leader saranno evacuati con elicotteri, mentre altri progetti-sicurezza sono pronti per qualsiasi evenienza. Lungo i due chilometri di mura che circondano la scuola di Coppito, un compound di circa 45 ettari, è stato predisposto un cordone di sorveglianza. Contro intrusi e manifestazioni eventuali, anche se al momento non si registrano iniziative particolari. Cielo protetto da uno scudo aereo: caccia pronti per intercettare eventuali velivoli non ammessi oltre a elicotteri e aerei per interdire alianti, ultraleggeri, deltaplani a motore.

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furono le ultime ore della rivoluzione poi il "popolo" divenne "pubblico" - furio colombo (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 28-06-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 39 - Spettacoli Furono le ultime ore della rivoluzione poi il "popolo" divenne "pubblico" FURIO COLOMBO A lla domanda che mi viene rivolta spesso: a Woodstock c´eri? rispondo no. Ma se la domanda viene riformulata in un altro modo («hai visto Woodstock?») rispondo sì. E preciso: quel giorno e sul posto. Ma allora - insistono gli interlocutori che sanno del mio lungo attraversamento dell´America da un capo all´altro e con molti personaggi ed interpreti dell´epoca per tre decenni - c´eri o non c´eri? C´ero, e ho visto; ma in un altro modo. E dal punto in cui mi trovavo mi è sembrato di essere testimone di un momento in cui qualcosa cambia per sempre. Ho visto le ultime ore della musica dei giovani figli ribelli degli Usa. Ho visto finire la musica dei ragazzi e nascere il grande business. Ho visto il popolo giovane che aveva spinto alla nascita quella musica trasformarsi - in un magico istante - da popolo a pubblico, da protagonista a consumatore, da proprietario ad utente della nuova musica. In quel momento, finita la politica con l´uccisione di Martin Luther King e di Robert Kennedy, la musica era il territorio largo, vivo, ben presidiato, il più giovane al mondo, di ciò che restava della speranza. Woodstock è il giorno - e la notte e il giorno, e il sole e il fango e la pioggia, e i giovani corpi avvinghiati e senza difesa - in cui tutto finisce. è finito a tal punto che in quelle ore ha cominciato a deperire la musica. E per decenni (possiamo dire fino a Obama?) si è spenta la politica, trasferita, intanto, nelle inchieste giornalistiche e nei tribunali del Watergate. Ecco la mia testimonianza: ho visto Woodstock da un elicottero, quando mi hanno portato alla festa appena scoppiata con uno scampanio di chitarre nel vasto prato popolato da una folla che nessuno aspettava, un immenso sostare nel niente di ragazze e ragazzi giovani e nudi, precipitati a decine di migliaia, poi a centinaia di migliaia dentro il loro sogno ostinato in cui musica, vita e politica (e dunque pace in Vietnam, pace ovunque) erano la stessa cosa. Quando Joan Baez ha deciso di esserci, non era più possibile arrivare in auto alle spalle del palco. Non era possibile attraversare a piedi la folla dei ragazzi zombie, immersi nella frenesia dolce - ma anche impossibile da interrompere - del sogno-allucinazione. Dall´elicottero vederli che salutavano come naufraghi quel volo (quei voli) che portavano le loro voci, i loro amici, i ragazzi-divi, quasi sempre coetanei, con cui - fino a quell´istante - avevano convissuto, era il segno del grande cambiamento. Stava infatti cambiando per sempre la vita giovane, dalle marce dell´Alabama allo schierarsi di fronte ai soldati con baionetta innestata, l´anno prima, agosto 1968, stessi giorni di agosto, nelle strade di Chicago, mentre la Convenzione Democratica, protetta dal filo spinato e dalle truppe, sceglieva la guerra e perdeva i suoi giovani. Erano in tanti a Chicago a guidare il grande canto di protesta, che nessuna baionetta aveva avuto la forza di spegnere. Quella folla di corpi era la stessa Woodstock? Non lo sapremo mai. Ma l´andare e venire degli elicotteri nel cielo, che forse a qualcuno avrà ricordato le immagini del Vietnam, hanno segnato la separazione. Di qua le star, di là il pubblico. Di qua le grandi case che produrranno i dischi con splendide copertine; di là i ragazzi che credevano di essere tutti insieme, tutti artisti, tutti star, perché altrettanto belli e giovani. Ma sono stati separati e dichiarati per sempre «consumatori». Dal palco - che era inaccessibile e, per forza, molto alto sopra la folla, e poi, dopo l´uragano, quando la partenza è stata possibile - li ho visti nel fango. Sostavano esausti e abbracciati, dopo una lunga marcia piena di sogni (illusioni?), di attese insensate, di canzoni che dureranno trent´anni, tanto erano (sono) belle e colme di uno strano fervore e di un suono che resta dentro per sempre. Ma erano là, come un´illustrazione di Gustavo Doré a una Divina Commedia, però a colori. Il colore dei loro corpi, dei loro jeans, dei loro capelli, delle camice perdute lontano nelle pozzanghere, era tutto ciò che restava di quel decennio indimenticabile di vita, di morte, di attesa di quel grande Messia collettivo che è la vita dei giovani. Per un attimo avevano posseduto la Storia. Avevano fermato il mondo di affari e di armi. Tutti, per un istante - anche in guerra - hanno dovuto ascoltare la loro musica. Poi basta. L´elicottero, la casa discografica, la grande distribuzione, i registi, i creativi, i «packaging people», vanno via nelle nuvole.

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le motociclette di teheran e i ragazzi di twitter - vanna vannuccini (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 28-06-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 34 - Cronaca Le motociclette di Teheran e i ragazzi di Twitter Rivolte l´attualità La polizia antisommossa usa quelle rosse; i "bassiji", le milizie volontarie khomeiniste, i pesanti motorini indiani Sono il simbolo e lo strumento della repressione iraniana: armi a due ruote che piombano sulla folla disarmata lasciandosi dietro sangue e morte. Sono come i carri armati di Tienanmen, ma non danno nell´occhio Il regime conosce i vantaggi tattici di queste unità da quando venivano lanciate contro gli iracheni nella guerra contro Saddam VANNA VANNUCCINI teheran ancora una volta, all´ultimo momento, un portone si apre, una serranda si alza per offrire rifugio ai manifestanti inseguiti a tutta velocità da una falange di polizia antisommossa che travolge la gente come birilli su un tavolo da biliardo. Gruppi di cittadini stanno cercando invano di arrivare al Parlamento, dove è stata fissata per il nono giorno consecutivo una manifestazione di protesta contro la gigantesca frode elettorale che ha regalato la vittoria al presidente uscente, Ahmadinejad, e defraudato il candidato a cui tutti sanno di aver dato il proprio voto, Mir Hossein Moussavi. Poco prima la strada era stata bloccata dai bassiji, le milizie volontarie che Khomeini creò come modello di devozione fino alla morte alla Repubblica islamica (bassiji significa appunto mobilitati) e che ora vengono usati come strumenti d´intimidazione e di repressione. Da un vicolo dietro una moschea ne erano usciti un centinaio, armati di randelli, di fruste, con i caschi e i giubbotti antiproiettile sopra gli abiti civili. I manifestanti - ormai solo giovani, ragazzi e moltissime ragazze - si erano difesi, appiccando il fuoco ai cassonetti e lanciando sassi raccolti nel cantiere di un palazzo in costruzione. I bassiji erano arretrati, tra le grida di giubilo di tutti gli abitanti della strada. Ma il giubilo era durato poco. Subito dopo era piombata sulla strada la polizia antisommossa. Il suo passaggio aveva lasciato la strada come un campo di battaglia abbandonato, dappertutto sangue, zainetti, occhiali spezzati. Se uno le paragona ai carri armati turriti che vent´anni fa il governo di Pechino mandò contro gli studenti sulla piazza Tienanmen, le motociclette dei poliziotti antisommossa di Teheran possono sembrare un gioco da ragazzi, e comunque qualcosa di improvvisato. Non è così. Le unità in motocicletta che piombano sulla folla possono fare altrettanti morti di un carro armato, con il vantaggio che le loro immagini in tv non equivalgono come quelle dei carri armati all´ammissione della bancarotta morale e politica di un governo. Il regime teocratico conosce i vantaggi tattici delle unità in motocicletta già dal tempo in cui, estremamente mobili e veloci, venivano lanciate sugli obiettivi iracheni durante la guerra contro Saddam Hussein. Nelle parate militari a Teheran, accanto ai supertecnologici missili Shahab-3, sfilano sempre anche le motociclette. Quelle pesanti che in occidente si chiamano streetfighters, e i grossi motorini di fabbricazione indiana con un bassij alla guida mentre un altro sta in piedi sul sedile posteriore col lanciarazzi in spalla. Per quanto tempo si potrà tenere sotto chiave una gioventù che è più di due terzi della popolazione? Mi chiede una giovane amica. Ormai perfino Twitter non funziona quasi più. La mancanza di comunicazione, insieme alla repressione selvaggia, ha finito per bloccare un movimento spontaneo, nato perché ognuno sapeva chi aveva votato e non voleva subire un affronto così umiliante. «A voi occidentali potrà sembrare un paradosso», mi diceva questa amica accompagnandomi per le strade di Teheran, «ma noi giovani abbiamo sempre creduto che il nostro voto contasse, avesse importanza». Essere nati dopo la rivoluzione significa qualcosa in Iran. Significa per esempio credere nella Repubblica. In quegli elementi repubblicani dello Stato teocratico che all´inizio erano, almeno sotto il profilo retorico, prevalenti, mentre il potere assoluto del Leader non era ancora stato precisamente definito e si confondeva con il carisma personale di Khomeini. «Ai nostri genitori molte frasi fatte sulla partecipazione dei cittadini, o sull´islam che doveva consentire un governo giusto, apparivano ipocrite, ma noi in qualche modo ci credevamo. Per questo non eravamo andati a votare negli anni passati, era un gesto per manifestare la nostra disapprovazione». L´esperienza della rivoluzione era stata paradossale soprattutto per le donne, la cui partecipazione alla vita politica veniva valorizzata mentre si imponeva loro uno status d´inferiorità. Per anni, dopo la delusione dovuta alla mancata realizzazione delle promesse di riforma di Khatami, il presidente che avevano eletto in massa nel 1997, i giovani iraniani erano sembrati l´incarnazione dell´apatia politica. Si esercitavano nell´escapismo: la chitarra, l´arte, lo yoga, le meditazioni nel deserto, la droga. Studiavano psicologia per capire chi erano e come tutto quello che era accaduto fosse potuto accadere. Il fuori e il dentro, il pubblico e il privato erano mondi separati. Fuori l´obbedienza alla regole islamiche, il silenzio, la simulazione. Dentro la frustrazione, e per chi se lo poteva permettere uno stile di vita occidentale. Una tensione a volte insostenibile. La speranza che la protesta pacifica nella capitale e in tutte le maggiori città iraniane avrebbe avuto qualche effetto è durata quasi una settimana. All´inizio la teocrazia era sembrata per un momento indecisa, il rinvio al Consiglio dei Guardiani del riesame delle schede aveva fatto sperare che il Leader supremo Khamenei, che si era schierato per Ahmadinejad prima ancora del risultato definitivo del voto, si sarebbe lasciato convincere dalle centinaia di migliaia di persone in piazza. Che ci sarebbero state nuove elezioni, o un ballottaggio, o almeno qualche concessione. Ma dopo la preghiera del venerdì, tutti i sogni sono svaniti. In quella preghiera il Leader ha messo tutto il suo peso accanto a quello di Ahmadinejad, contro la tradizione khomeinista che vedeva la Guida suprema al di sopra delle parti. «Un colpo di Stato deciso perché i radicali si sentono sotto assedio, dall´interno perché conoscono lo scontento della popolazione, dall´esterno per via della mano tesa di Obama: Khamenei è sicuro che anche il più piccolo spiraglio porterebbe al crollo del sistema islamico. Come in Unione sovietica aveva portato al crollo del sistema comunista», mi aveva detto un analista iraniano, ora in carcere: «Indipendentemente da come va a finire questa resterà una data memorabile nella storia della Repubblica islamica. Una mezza democrazia e una mezza teocrazia, come era stata finora, non potrà più esserlo: o avremo una dittatura in piena regola, oppure ci saranno riforme importanti. Questo è il senso della lotta di potere di questi giorni».

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il paese dei contadini aristocratici - stefano malatesta (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 28-06-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 40 - Cultura Il paese dei contadini aristocratici Memorie toscane i luoghi Montefollonico è un borgo del Senese, oggi turistico, ma fino a ieri centro agricolo e minerario. I suoi abitanti conducevano una vita durissima, iniziando a lavorare da quando "s´era capaci di camminà". Un libro ha raccolto i ricordi degli anziani, che raccontano fatica e povertà ma anche un´intensa vita sociale fatta di feste, musica e cacce STEFANO MALATESTA montefollonico è un borgo del Senese, alto sulle colline, non ha i nobili palazzi umanistici di Pienza e nemmeno quegli scorci architettonici e quella vista sulla Val d´Orcia di Monticchiello. Ma la straordinaria bellezza del paesaggio tutt´intorno, una delle campagne più a regola d´arte che esistano, con le coltivazioni già identiche a campiture stese su tela con colori ad olio, i fondali che sfumano dall´azzurrino al turchiniccio, i casali color mattone che spezzano le linee orizzontali dei prati verdi, si riversa nel borgo dandogli un fascino che non avrebbe altrove. Ogni tanto qualche sindaco della Toscana, dedito all´autolesionismo, prova a modificare questo paesaggio senza rendersi conto che si dà la tradizionale zappa sui piedi. La venustà della campagna toscana non è solo una cosa degna di contemplazione e basta, che viene preservata per contentare gli esteti alla Ruskin che passano da una visione estatica all´altra. Rappresenta quello che è la Ford per Detroit o la Borsa per Londra: il volano di tutta l´economia della regione. Se l´immagine di questo paesaggio si incrina e i turisti disgustati se ne vanno, i bilanci della regione sprofonderebbero senza speranza. Negli ultimi tempi le meraviglie della natura, i palazzi, i musei ricolmi di opere geniali sembrano essere stati creati come splendida cornice ad attività molto più materiche che spirituali: una continua ossessiva ricerca di cibo definito «genuino» e «naturale», che sembra diventata lo scopo primario delle masse di turisti in Toscana. Pienza, una volta chiamata città dell´arte, si sta trasformando in città del cacio, con decine di botteghe aperte lungo il corso che vendono oltre ai pecorini, anche marmellatine, salamini, prosciuttini, senza che nessuno sappia mettere un freno ad un´attività commerciale insensata e dannosa nella sua frenesia. Montefollonico si è salvata dal cacio, ma tutta l´area è dedita al culto della bistecca chianina e numerose trattorie intorno diffondono nell´atmosfera il profumo della tagliata al rosmarino, che sembra quasi un odore connaturato al posto, come il profumo del sandalo nello Yemen o il gelsomino in Sicilia. Su Montefollonico è uscito in questi giorni un bellissimo testo, Memoria di un Paese: Montefollonico… ieri, di Renzo Butazzi, pubblicato dall´Accademia degli Oscuri di Torrita di Siena, che solo in apparenza rientra in un vistoso fenomeno editoriale letterario della provincia italiana, che da qualche anno si va beatamente interrogando sulle proprie radici. I giornali continuano a parlare della globalizzazione, che dovrebbe raggiungere anche le contrade più remote, e noi tutti siamo in attesa del momento in cui i cinesi, diventati i padroni del mondo, ci faranno tirare i risciò al posto dei coolies in un simpatico contrappasso. Ma in Toscana per la verità i paesani, non si capisce bene se per timore di questa globalizzazione di cui non vedono gli scopi o più semplicemente perché se ne fregano altamente di questi temi mondiali, hanno reagito con un comportamento che si potrebbe definire la sindrome della marmotta: ad ogni segnale che non rientra nelle loro usanze tradizionali, si vanno a rifugiare nel profondo delle loro tane. O nel proprio "particulare", come direbbe Guicciardini. A Pienza tutti hanno seguito con interesse l´elezione di Obama, ma la vera attrazione quest´anno come negli anni scorsi è stata la gara del lancio del panforte, alla quale questa volta non ho partecipato, con mio grande rammarico. L´aspetto sorprendente di questa riscoperta della civiltà contadina, non solo il lavoro dei campi, ma i modi, gli usi, le feste, le ricorrenze, gli scherzi, i motti e il linguaggio, è il suo tono accentuatamente edulcorato. Come se gli autori, quasi tutti contadini o meglio figli di contadini, che in realtà non si sono mai mossi dal borgo, non avessero capito bene quello che si raccontava in casa. Trenta o quarant´anni fa l´immagine della vita nei campi era quella di una fatica che stroncava i corpi come le menti, inumana per definizione. Anche in Toscana, dove i braccianti erano in numero limitato, non esisteva latifondo e i contadini erano quasi tutti mezzadri, vivere in campagna significava immensi sacrifici e privazioni costanti. Adesso quasi tutti ne parlano, seduti nei caffè di Montalcino, con i divani di velluto rosso, o in piazza a Pienza, come di un´età felice, una sorta di Bengodi del genere Amici miei, dove gli scherzi si alternavano alle mangiate e bevute e la vita della famiglia mezzadrile era sana e unita. Oh i bei tempi di quando Brunetto, il proprietario del bar di Pienza, andava a piedi a Siena per non perdersi la nuova quindicina. E sono molto rari gli accenni a tutta quella violenza, soprattutto sulle donne e sui bambini, che era la realtà nascosta di ogni cultura rurale. Sembra di essere ritornati ai racconti di lingua toscana infiocchettati e lustri di Bino Sanminiatelli, che girava in calessino dalle parti di Lamole, o di Gotti Lega, l´autore di Memorie toscane. Personaggi spesso di forte simpatia, avarissimi come tutti i proprietari toscani, scrivevano libri inzeppati di storie noiosissime, come la gita dallo zio arciprete che faceva il «vino bono» e l´«oio bono», le due ossessioni primarie dei toscani nella vita come nelle conversazioni, o quando erano andati a rubare le ciliegie nel giardino del curato, parlando di quegli anni come di un´età dell´oro. Memoria di un Paese: Montefollonico… ieri ricorda un celebre saggio minimalista, il Montaillou di Le Roy Ladurie, splendido narratore. La differenza sta che il ritratto del paese occitano viene ricavato da una pazientissima analisi di testi trattati con una cura filologica estrema. Mentre Butazzi si è servito delle testimonianze dirette di sopravvissuti, che parlano una lingua finalmente non affettata, ma trasparente e chiara che suona come musica alle orecchie. Il merito del libro di Butazzi è quello di mantenere un equilibrio tra la narrazione delle miserie di un mondo ormai tramontato per sempre e tutti i momenti in cui una razza di contadini, la più tenace, la più acuta e spesso anche la più aristocratica d´Italia, riusciva a scrollarsi di dosso quelle immani fatiche e a camminare lesta e leggera godendo il panorama, il vino e la compagnia degli amici, e creando una vita sociale straordinariamente intensa fatta di manifestazione religiose, di musica, di balli, di cacce. Nella famiglia mezzadrile si lavorava da quando «s´era capaci di camminà». I ragazzi più grandi andavano con gli adulti a seminare e a mietere e i più piccoli a badare ai maiali e alle pecore. Si lavorava dodici, quattordici, anche sedici ore al giorno e c´erano case coloniche che erano porcilaie, senza nessun servizio igienico, niente strade, niente acqua e niente luce. Da marzo fino a dicembre «‘un c´era pace», nelle case c´erano pochi letti e in tre letti dormivano sette o otto persone. Quando si accendeva il fuoco, il fumo invece di andare su per il camino, si spargeva per la stanza. Ma quando arrivava il carnevale, tutti andavano a ballare anche senza orchestra, con la fisarmonica, e quelli che non ballavano si esercitavano alla rotella o andavano a vedere le corse dei cavalli nella chiesa di Renellino, o le corse a piedi, e a chi vinceva davano una gallina e un coniglio. La campagna era piena di vigneti e alla fine della giornata tutti si ritrovavano sdraiati nell´erba a sognare quando avrebbero fatto fuori il padrone.

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R incorrendo (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 28-06-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Prima Pagina data: 28/06/2009 - pag: 1 TRINCEA DI CARBONE di MASSIMO GAGGI R incorrendo Kyoto, Barack Obama inciampa sul carbone. Alla Camera è stata approvata la legge che introduce un sistema di cap and trade, diritti a emettere CO2, di fatto una tassa sull'inquinamento. CONTINUA A PAGINA 8

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Obama e il clima, una legge tiepida (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 28-06-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Prima Pagina data: 28/06/2009 - pag: 1 Per la prima volta negli Usa un piano «energia pulita». Gli ambientalisti: è poco Obama e il clima, una legge tiepida Passa il piano di Obama sul clima: la Camera Usa approva la legge sul taglio delle emissioni e l'energia pulita. Gli ambientalisti: è poco. PAGINE 8E9

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A Corfù grande show sulla Russia (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 28-06-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Primo Piano data: 28/06/2009 - pag: 5 Missione «Ho parlato mezz'ora con Medvedev». E ai giornalisti: in aereo con me gratis A Corfù grande show sulla Russia «L'intesa con la Nato merito mio» DAL NOSTRO INVIATO CORFU' (Grecia) C'era il giardino, c'erano gli ombrelloni, c'era la piscina e c'era un bel mare con gli scogli. Ma a rendere il tutto più sobrio e spartano c'erano anche frotte di diplomatici in abito scuro e generali in uniforme con le mostrine dorate che allontanavano dalla mente le immagini di Villa Certosa con l'ex premier ceco Mirek Topolanek in costume adamitico e signorine in costumi molto minimalisti. Nel «Grecotel Corfu Imperial », albergo-resort a cinque stelle, Silvio Berlusconi ieri ha riservato il suo sabato non sardo alla prima riunione dei ministri degli Esteri di tutti i 28 Paesi della Nato con il collega russo da quando nel 2008 Mosca decise di invadere la Georgia. Interessato a disincagliare la propria immagine dalle cronache sulle signorine, oltre a essere l'unico capo di governo sul posto a parte il greco Costas Karamanlis, oltre ad aver ottenuto di intervenire dopo il segretario generale della Nato, il presidente del Consiglio ha sottratto il lavoro a uno dei protagonisti della giornata. «Ho parlato mezz'ora al telefono con il presidente Dmitri Medvedev e mi ha detto di rappresentare anche a nome della Federazione russa la volontà di riprendere una totale collaborazione con i Paesi dell'Alleanza atlantica», ha dichiarato Berlusconi nell'isola greca. Il ministro degli Esteri mandato da Mosca, Sergei Lavrov, è risultato uno dei tanti. Quando gli è toccato il microfono, in fondo, il Cremlino aveva già detto la sua. Si è presentato in polo blu e pullover nero sulle spalle, il Cavaliere, ieri mattina. Sull'Airbus dell'Aeronautica in partenza da Ciampino per Corfù, scottato dalle accuse (non accolte dalla magistratura di Roma) di aver sperperato danaro pubblico offrendo passaggi su voli di Stato al posteggiatore-cantante Mariano Apicella e altri passeggeri non istituzionali, Berlusconi ha salutato così i giornalisti al seguito: «Avevo portato arabi, musulmani, ma è la prima volta che ho qui un popolo di miscredenti. E nemmeno pagate. Con Romano Prodi pagavate, dai 300 euro in su. Ma in realtà non pagava nessuno». Gli è stato fatto notare che con il governo Prodi i giornalisti sui voli di Stato pagavano davvero (fu stabilito per ridurne i costi). Berlusconi: «Anche in questo siamo diversi da Prodi...». A Corfù il presidente del Consiglio ha annunciato che ieri non rimarrà un'eccezione. Nei suoi viaggi più brevi gli inviati torneranno a seguirlo sugli Airbus, senza costi per le testate. Berlusconi ha proseguito la campagna di seduzione politica con altre mosse tese a far risultare accettabili i suoi usi domestici adesso discussi: «Voglio invitarvi tutti a una delle mie feste. Resterete ammirati dagli interventi artistici». Ieri il Cavaliere ha fatto smentire il quotidiano israeliano Maariv che gli ha attribuito di aver definito «debole » sull'Iran il presidente americano davanti al premier Benjamin Netanyahu: articolo «privo di fondamento ». A Barack Obama, lodi su lodi: «L'ho sempre considerato bene», «ci ha dato un ottimo ambasciatore per l'Italia ». E una scivolata in una definizione sbrigativa del presidente francese: «Ho spedito a Mosca Nicholas Sarkozy, che è stato il mio avocato...», ha raccontato il presidente del Consiglio rivendicando di aver fermato la guerra in Georgia. Questo era il Berlusconi di ieri. Che in aereo, di sera, distribuiva come volantini il suo discorso nel primo Consiglio Nato-Russia del 2002 a Pratica di Mare. Per poi concludere l'immancabile barzelletta così: «Il Padreterno allora mi dice: la tua idea di trasformare il Paradiso in società per azioni è eccezionale. Una sola cosa non mi convince, Silvio: perché il vicepresidente dovrei essere io?». Maurizio Caprara

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Invito di Gheddafi: la strategia dell'agenda estera (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 28-06-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Primo Piano data: 28/06/2009 - pag: 5 Dietro le quinte Il capo del governo vuole rafforzare il ruolo internazionale per rimediare alle difficoltà di immagine in Italia Invito di Gheddafi: la strategia dell'agenda estera ROMA È un vertice che lui più di altri ha voluto, inseguito, promosso e alla fine conseguito. Così raccontano a Palazzo Chigi. Lui che si sente il «padre» di una collaborazione, quella fra Mosca e l'Alleanza atlantica, nata in modo ufficiale a Pratica di Mare e ideata anni fa, a Soci, sul mar Nero, da una telefonata fra Bush e Putin. Una conversazione diretta svelata dal Cavaliere e in cui il premier italiano si ritagliò, rivendicandolo negli anni a venire, il ruolo di «centralinista » di lusso e al tempo stesso di promotore di un accordo in qualche modo storico. Berlusconi ieri a Corfù ha innanzitutto rivendicato una paternità. L'accordo che lui contribuì a promuovere è stato nell'ultimo anno praticamente congelato dalla crisi georgiana, dallo schieramento di missili nei Paesi dell'ex blocco sovietico che ora fanno parte della Ue, dalla reciproca espulsione di diplomatici (accusati anche di spionaggio) fra Mosca e il quartier generale dell'Alleanza a Bruxelles. Nel giorno in cui il Consiglio Nato- Russia ricomincia lentamente a vivere (anche con esercitazioni militari congiunte), a pochi dal G8 che è chiamato a presiedere a l'Aquila, il capo del governo ha voluto non mancare una ripartenza che auspica foriera di risultati concreti. Poco importa se non ci fossero altri primi ministri, ad eccezione di quello greco e in veste di padrone di casa. Poco importa almeno per Berlusconi, che in aereo tiene a rimarcare che la sua presenza ha alle spalle anche il via libera del Cremlino. Berlusconi parla con Medvedev prima e dopo l'arrivo a Corfù. Lo fa sapere alla stampa. Dice di essere lì anche in veste di rappresentante dell'assoluta volontà di collaborazione russa. Torna soprattutto a rilanciare un'immagine che è propria della sua politica estera di sempre, quella del leader in grado di fare da cuscinetto fra due superpotenze. Ovvio che Obama e Medvedev non abbiano bisogno di lui per parlarsi. Si vedranno prima del G8 a Mosca e proseguiranno nel piano di disarmo nucleare. Ma è indubbio che entrambi, anche pubblicamente (Obama lo ha fatto pochi giorni fa alla Casa Bianca), riconoscano in Berlusconi esperienza e relazioni sufficienti per tornare utile ad entrambi. E in questo momento, mentre si apre la settimana che procede il G8, il premier ha più bisogno che mai di rilanciare quest'immagine. Si lascia dietro le polemiche sulla sua vita privata, prova a tuffarsi in un'agenda che nelle prossime due settimane prevede per lui un vero e proprio tour de force. E in fin dei conti anche un test. Se non altro proprio d'immagine, e di fronte al mondo. Forse anche per queste ragioni ha deciso di essere presente, a meno di ripensamenti dell'ultima ora, a Sirte, in Libia, mercoledì prossimo, per partecipare al vertice dell'Unione africana. Ci andrà in veste di presidente del G8, invitato da Gheddafi, che a sua volta quell'Unione presiede, e che per questo fra pochi giorni sarà a sua volta presente a l'Aquila, proprio per rappresentare gli interessi di un intero continente. E poco importa che qualcuno abbia ironizzato, attribuendo addirittura imbarazzi alla Farnesina, sulla presenza improvvisa a Corfù. Presenza per alcuni inutile, per altri utilitaristica. Il capo del governo ha certamente bisogno di ristabilire un indice di priorità relativo alla percezione che hanno di lui all'estero: da Corfù alla Libia, dagli incontri in preparazione con la Cina agli altri con i leader attesi fra pochi giorni in Abruzzo, è pronto ad affrontare un'agenda internazionale che tutti a Palazzo Chigi sperano possa servire a risollevare l'immagine sfregiata di un leader di governo certamente sui generis, ma con uno dei più alti livelli di consenso dei Paesi occidentali. Gli imbarazzi Poco importa per il premier che qualcuno ironizzi, attribuendo imbarazzi alla Farnesina, sul viaggio a Corfù Marco Galluzzo

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Obama dà all'America la prima legge sul clima (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 28-06-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Primo Piano data: 28/06/2009 - pag: 8 Obama dà all'America la prima legge sul clima Passa alla Camera il piano anti riscaldamento terrestre. Ma gli ecologisti: «Troppo poco» DAL NOSTRO CORRISPONDENTE WASHINGTON L'incipit di una pagina di Storia si può scrivere anche con 7 voti di scarto. Tanto è il stato il margine, 219 a 212, con cui la Camera dei Rappresentanti ha votato venerdì sera la legge sull'energia, consegnando a Barack Obama una delle più importanti vittorie politiche dei suoi cinque mesi alla Casa Bianca. Il nuovo ordinamento, che per entrare in vigore dovrà passare l'esame del Senato, impone per la prima volta negli Stati Uniti limiti alle emissioni di gas-serra e prevede stimoli all'uso delle fonti pulite e sostenibili. Detto altrimenti, l'America dà il via a una rivoluzione, che affronta il problema del global warming, cambiando il modo in cui la prima economia del mondo produce e usa energia. «Un passo coraggioso e necessario, che contiene la promessa di creare una nuova industria e milioni di posti di lavoro », ha detto il presidente Obama, ricordando che la legge, se approvata dalla Camera Alta, «renderà finalmente l'energia pulita la forma più conveniente di energia». L'American Clean Energy and Security Act pone l'obiettivo di ridurre del 17% entro il 2020 (usando come base i valori del 2005) le emissioni di Co2 nell'atmosfera. Al suo centro è un meccanismo di «cap and trade», che fissa il tetto globale dei gas serra consentiti, ma consente a industrie, centrali e altri operatori di comprare e vendere i cosiddetti «permessi d'inquinamento». Un numero limitato di questi ultimi verrà istituito dal governo e in parte distribuito gratuitamente in base a criteri, fissati dal Congressional Budget Office. Il tetto alle emissioni verrà abbassato progressivamente negli anni, rendendo più caro acquistare i permessi e presumibilmente costringendo le industrie a investire su energie rinnovabili (solare, eolica e geotermale) o più pulite, come la nuova generazione di reattori nucleari o il carbone che non inquina. Secondo il Congresso, la nuova legge costerà in media al consumatore americano 175 dollari l'anno. Non è stato facile per la Casa Bianca farla passare. Giovedì mattina, Rahm Emmanuel, capo dello staff e vero stratega di Obama, aveva ammesso a un breakfast con un gruppo di giornalisti che «i voti non ci sono ». Ma nelle 24 ore successive, sotto la regia sua e della Speaker Nancy Pelosi, il lavorio è stato frenetico. I numeri del testo sono stati modificati al ribasso. Obama ha trascorso ore al telefono per convincere uno per uno i deputati riluttanti e molti di loro sono stati corteggiati perfino con un invito all'Iuau, la prima festa hawaiiana organizzata dalla first family giovedì sera nel South Lawn della Casa Bianca. Alla fine il successo è arrivato, sia pur sudato e di misura: per 8 repubblicani che hanno votato con la maggioranza, ci sono stati ben 44 democratici che hanno detto no. Una variegata ribellione interna, dove si sono ritrovati insieme chi osteggia la legge temendo che possa alienare voti nelle regioni agricole o dell'industria tradizionale e chi invece la considera troppo timida. E anche gli ambientalisti hanno chiesto una legge più dura contro gli inquinatori e le industrie. Le difficoltà del primo ostacolo annunciano un'altra, dura battaglia al Senato, dove ai democratici mancano 2 dei 60 voti necessari per evitare l'ostruzionismo, ma dove le linee divisorie sull'ambiente sono anche molto trasversali. La festa hawaiiana Per ottenere il consenso dei deputati anche l'invito alla festa hawaiiana prevista alla Casa Bianca Paolo Valentino

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La lobby del carbone frena la svolta di Barack (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 28-06-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Primo Piano data: 28/06/2009 - pag: 8 La riforma dimezzata Nessuna tassa per disincentivare la produzione. Anzi sarà agevolata la costruzione di nuove centrali La lobby del carbone frena la svolta di Barack SEGUE DALLA PRIMA Questa approvazione è stata pagata dal presidente americano con ampie concessioni ai parlamentari degli Stati che dipendono fortemente dal carbone per la loro produzione di energia elettrica. È per questo che, se il voto del Congresso apre la strada a una svolta storica della politica energetica Usa (ma ora la legge andrà al Senato dove sarà ulteriormente modificata e dove la «lobby» carbonifera è fortissima), gli ambientalisti non gioiscono affatto. D'accordo, la politica è l'arte del possibile: se non accetta compromessi, Obama rischia di trovarsi senza maggioranza. Del resto la legge sull'ambiente è passata per un soffio nonostante il presidente possa contare su un'ampia maggioranza in Parlamento, perché decine di deputati democratici della destra «antistatalista» hanno deciso in blocco di votare contro. Ma, avanti di questo passo, quello di Obama rischia di diventare il riformismo delle mezze misure che serve ad arrivare in fondo alla legislatura senza troppe scosse, ma non risolve i problemi. All'inizio erano soprattutto gli economisti della sinistra radicale (da Krugman a Reich) ad accusare il presidente di non esser stato abbastanza coraggioso col suo pacchetto di stimoli fiscali all'economia. Ora, però, lo scetticismo sta crescendo per le incertezze sulla riforma della sanità e il varo di un nuovo sistema di sorveglianza dei mercati finanziari che tiene in piedi la vecchia architettura, troppo complessa e contraddittoria. Adesso è la volta dell'ambiente, un punto-chiave del programma di Obama. La distanza tra le promesse elettorali e le dure necessità economiche e della politica cresce giorno dopo giorno. Durante la campagna, il leader democratico si era impegnato a difendere le foreste dai progetti di sfruttamento economico di Bush ma, a cinque mesi dal suo insediamento, gli avvocati di Obama hanno assunto la stessa posizione di quelli del suo predecessore repubblicano nella battaglia per la protezione dei «polmoni verdi » in corso davanti alla Corte d'Appello. Quanto al «cap and trade», il disincentivo della tassazione delle emissioni non si applicherà per molti anni all'industria del carbone. Anzi, in una prima fase la costruzione di nuove centrali sarà addirittura agevolata. E siccome quella di ridurre le emissioni di questo minerale a costi ragionevoli è, per ora, solo una speranza, il rischio è che alla fine il volume dei gas-serra non si riduca affatto, nonostante il taglio che verrà ottenuto in altri settori con uno scambio di diritti già bollato dai repubblicani come «il più pesante intervento fiscale della storia americana». Il settimanale Time, che dedica un'altra copertina alla figura di Franklin Delano Roosevelt, dopo aver raccontato come il presidente della Grande Depressione usò la crisi per trasformare l'America con le sue riforme, si chiede, angosciato, se Obama riuscirà a fare qualcosa di simile. E Al Gore, che era atteso a Washington per festeggiare la vittoria dei pro-Kyoto, alla fine ha preferito restarsene a casa. Casa Bianca Obama poco prima di illustrare le misure sul clima (Loeb/Afp) Massimo Gaggi

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I conti di Bono: (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 28-06-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Focus Vuota data: 28/06/2009 - pag: 11 Il leader degli U2 e il suo monitoraggio della situazione in Africa I conti di Bono: «Rispettato solo il 3% degli impegni È il momento di mantenere le promesse fatte» Da Bono degli U2 al cardinale Oscar Andre's Rodriguez Mariadaga, arcivescovo di Tegucigalpa (Honduras) e presidente di Caritas internationalis, la denuncia è unanime: l'Italia ha diminuito di oltre la metà il suo aiuto allo sviluppo per i paesi poveri (Aps). La percentuale più bassa da 20 anni, nonostante le promesse dello 0,7% del Pil. E questo, ha detto il cardinale, «non è affatto un buon segno per il summit del G8 di quest'anno, proprio in Italia». Ancora più impietoso il Rapporto Data 2009 (un'organizzazione il cui nome è un acronimo che sta per «Debt, Aids, Trade in Africa» ed è stata fondata da Bono nel 2002) il cui obiettivo è monitorare il rispetto degli impegni presi dal G8 nei confronti dell'Africa. Dallo studio emerge con chiarezza che mentre i paesi del G8 nel suo complesso stanno iniziando a fornire importanti aiuti di qualità, le performance negative di Italia e Francia minacciano di vanificare i progressi compiuti. In particolare l'Italia presidente G8 nel 2009 ha rispettato solo il 3% degli impegni presi a Gleneagles nel 2005. C'è quindi bisogno, secondo Data, per riconquistare credibilità internazionale, di rifinanziare il taglio all'Aps 2009, di almeno 411 milioni di euro. Altri 500 milioni serviranno a sostenere una Partnership globale per l'Agricoltura. Va infine definito un «piano di rientro» per raggiungere lo 0,7% di Aps su Rnl (reddito nazionale lordo) entro il 2015. Bono (la cui canzone City of Blinding Lights è la preferita del presidente degli Stati Uniti Barack Obama tanto da essere stata usata come sottofondo nella sua campagna elettorale) chiama in causa direttamente il governo italiano: «Noi abbiamo detto tutto quello che potevamo su questa situazione. Noi sappiamo per conoscenza diretta, oltre che dai fatti, che c'è un supporto bipartisan, da destra e da sinistra, affinché l'Italia mantenga le sue promesse. Sappiamo che i cuori e le menti del popolo italiano sono con noi». Il leader degli U2 aggiunge: «Noi speriamo che le pressioni dei premier e dei cittadini cambieranno in pochi giorni questo stato di cose». Il caso italiano, però, non è isolato: solamente cinque paesi hanno raggiunto l'obiettivo dello 0,7 del Pil. Gli Stati Uniti arrivano appena allo 0,2%. Per il cardinale Maradiaga, i capi di Stato «non dovrebbero usare la crisi finanziaria come una scusa per tagliare l'aiuto allo sviluppo». Il motivo è la sopravvivenza di decine di migliaia di esseri umani: «Poiché il 70 per cento del finanziamento della sanità viene dai donatori esterni, come è il caso di molti paesi dell'Africa, tagliare gli aiuti significa sacrificare vite umane». Più in generale, in vista dell'imminente summit dell'Aquila, il presidente della Caritas internationalis ha esortato i leader del mondo a «resistere alle pressioni interne e dimostrare una vera leadership per convincere gli elettori che aiutare i poveri non è una opzione da fare solamente in tempi di prosperità, ma una responsabilità morale permanente ». In questo quadro, il G8 è da lui considerata una «opportunità» per la stessa Chiesa affinché esorti i politici a trovare delle misure adeguate. «Anche in questi tempi difficili fare la cosa giusta è politicamente possibile ed economicamente sensato », hanno dichiarato all'unisono Kofi Annan (Africa progress panel) e sir Bob Geldof, l'altro cantante (irlandese come Bono) impegnato per l'Africa. Il cardinale Mariadaga «Il G8 è un'opportunità perché anche la Chiesa esorti i politici a trovare misure adeguate. Non possono usare la crisi come scusa» M.A.C.

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Aiuti ai Paesi poveri, l'Italia taglia i fondi (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 28-06-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Focus Vuota data: 28/06/2009 - pag: 11 Lo studio La Fondazione FareFuturo ha realizzato una complessa ricerca sul ruolo italiano nel mondo Le soluzioni Un'ipotesi è quella di defiscalizzare i redditi dei cittadini stranieri che serviranno a realizzare, nella loro terra, attività produttive Aiuti ai Paesi poveri, l'Italia taglia i fondi Per la cooperazione allo sviluppo stanziato lo 0,12% del Pil «Meno impegni multilaterali e più accordi con singoli Stati» S econdo i Maori della Nuova Zelanda ogni cosa donata ha in sé uno spirito magico, di nome Hau, che spinge chi lo ha ricevuto a ricambiare. Gli Stati sanno benissimo che i Maori hanno ragione. Tanto che nella «scatola degli attrezzi» di cui ognuno di essi dispone per l'attuazione della propria politica estera, ormai la cooperazione allo sviluppo ha assunto un ruolo sempre maggiore e qualificato. Non così invece per l'Italia, che si segnala in netta controtendenza. Roma fa sempre meno e in modo disorganizzato: pochissimi aiuti e per tanti paesi sull'onda delle varie emergenze. Con l'effetto paradossale che quando c'è crisi per tutti, la prima cosa che si taglia sono gli aiuti ai più deboli. È questo il giudizio di una complessa ricerca «Fare Italia nel mondo» predisposta dalla Fondazione Farefuturo, presieduta da Gianfranco Fini. Si tratta di una disamina articolata del nostro ruolo nel pianeta (dagli investimenti delle nostre aziende all'estero alle missioni militari). Ma uno dei capitoli più interessanti riguarda proprio il settore cooperazione, tema di grande attualità a una settimana dello svolgimento del G8. La critica, in sostanza, è quella di continuare a fare scelte miopi soprattutto verso aeree emergenti di crescente interesse per l'Italia come «l'Africa subsahariana, per la quale andrebbe sviluppata una più incisiva politica in virtù dei tassi di sviluppo crescenti e dove si giocano importanti partite strategiche a livello mondiale che ci vedono pressoché assenti». Non è un caso che il presidente Usa, Barack Obama, farà il suo primo viaggio ufficiale nel continente africano, visitando il Ghana il 10 e l'11 luglio, immediatamente dopo il G8. Sono preoccupazioni che valgono soprattutto in un momento come questo,cioè nella fase down seguita alla cosiddetta turboglobalizzazione. Tempi in cui spiega Paolo Quercia, curatore dello studio di Farefuturo «il destino delle famiglie e degli individui di un paese, è legato sempre più a quello che avviene negli altri: da quanto e cosa producono i cinesi (e a che prezzo), al livello dei tassi sui mutui americani, dalla pressione demografica del centro Africa all'apertura delle frontiere dei nuovi arrivati nella Ue». La stessa Banca Mondiale (non un organismo benefico) ha chiesto alla fine dello scorso anno alle nazioni industrializzate di destinare in ogni caso lo 0,7 per cento dei pacchetti anticrisi per interventi a sostegno di infrastrutture e welfare nei 43 Paesi in via di sviluppo più esposti alla gelata economica planetaria, in modo da non aggravare la fuga di capitali da economie vulnerabili e già in difficoltà. Svizzera, Spagna, Giappone e Germania aumenteranno l'aiuto con somme tra i 100 e 500 milioni di euro. Il Giappone incrementerà del 50 per cento i fondi, la Svizzera farà lo stesso, la Spagna aumenterà i prestiti ai paesi poveri, sia pure condizionando per la realizzazione degli interventi la presenza di imprese spagnole. Anche Francia e Regno Unito hanno confermato un progressivo aumento della percentuale di aps (aiuti allo sviluppo) sul Pil. Infine, la prima legge finanziaria di Obama chiederà al Congresso una crescita degli impegni del 10 per cento . L'Italia invece già alla fine di settembre 2008 ha tagliato del 56 per cento gli stanziamenti della cooperazione, dimezzandone l'incidenza sul bilancio dello Stato rispetto al 2007 (quando già con lo 0,20 per cento del Pil eravamo all'ultimo posto dell'Europa dei quindici insieme alla Grecia). Nell'anno della presidenza italiana del G8, si stima quindi che l'Aps (aiuto pubblico allo sviluppo) potrebbe raggiungere al massimo 1,7 miliardi circa di euro, pari allo 0,11-0,12 per cento del Pil. Al netto delle cancellazioni del debito dei Paesi in via di sviluppo, per il 2008, le cifre italiane sono ancora peggiori: si è passati dallo 0,16% del 2007 allo 0,15% di Aps/Pil dell'anno scorso. In termini reali, nel periodo 2007-2008, c'è stata quindi una riduzione di 100 milioni di dollari. In questo momento storico, invece, secondo Quercia, «la cooperazione diventa uno strumento da privilegiare, anzi una nuova leva di politica estera». Per funzionare deve essere innanzitutto maggiormente concentrato su alcuni paesi, puntando meno sugli impegni multilaterali e di più su quelli bilaterali. La programmazione dei prossimi tre anni (2009-2011) riduce a 58 (da 94) i potenziali paesi candidati. All'Africa sub-sahariana dovrà essere destinato il 50 per cento dell'aiuto bilaterale, poi seguiranno l'area Mediterraneo- Balcani e l'America Latina. Ma ecco un altro effetto paradosso la contrazione delle risorse finanziarie complessive potrebbe finire per tradursi in una sostanziale riduzione dell'impegno in Africa, visto che gli aiuti previsti dal trattato Italia-Libia vanno conteggiati in quelli per l'area mediterranea. «Pochi giorni fa in occasione dei vent'anni di attività di ActionAid in Italia, la presidente internazionale Noerine Kaleeba è stata insignita del titolo di Grande Ufficiale al merito della Repubblica Italiana», racconta Patrizia Sentinelli, viceministro degli Esteri del governo Prodi che già allora lamentava i tagli alla cooperazione. «L'onorificenza l'ha riempita di gioia, ma Kaleeba si è anche chiesta senza aiuti cosa potrà farne, di una medaglia, in Africa». Eppure tre italiani su quattro (intervistati dell'istituto di marketing You Gov) chiedono al governo di «onorare l'impegno preso in ambito internazionale per destinare entro il 2015 lo 0,7% del pil in aps ogni anno». Il 37% si è definito «fortemente d'accordo», un altro 37% si è detto «d'accordo» e solo il 10% è contrario. Per superare questo empasse lo studio di Farefuturo lancia una proposta: «Studiare la defiscalizzazione dei redditi dei cittadini stranieri che serviranno a finanziare, in collaborazione con la nostra cooperazione, progetti bilaterali di microcredito legati all'imprenditoria ». Una quota delle colossali rimesse degli immigrati, stimata tra il 20% e il 30%, e comunque superiore a tutto l'aiuto mondiale, è destinata a tornare nei paesi d'origine per avviare piccole attività produttive. «Questi flussi spiega Quercia vanno incentivati, sostenuti e inseriti in cofinanziamento all'interno dei fondi della cooperazione bilaterale con i paesi d'origine degli immigrati ». «Anche in questo caso quando un aiuto da parte di uno Stato si attua in termini di dono, senza quindi alcuna transazione e per pura liberalità, esso sicuramente non costituisce quasi mai una perdita secca per il donatore commenta Quercia al di là dell'intrinseco valore umanitario che esso riveste ». Hau, lo spirito magico del dono, funziona. L'Italia dovrebbe imparare dai Maori. M.Antonietta Calabrò

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Pd, primo duello Franceschini-Bersani (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 28-06-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Politica data: 28/06/2009 - pag: 19 Al Lingotto Faccia a faccia tra i due candidati alla kermesse dei giovani. L'outsider Marino conquista la platea Pd, primo duello Franceschini-Bersani Il leader: la squadra prima del congresso. Chiamparino e la corsa: certo che ci penso DAL NOSTRO INVIATO TORINO Un militante con i capelli d'argento si avvicina a Sergio Chiamparino e quasi lo implora: «Tieni duro. Non troppi giovani». Il sindaco di Torino quasi si schermisce: «Faccio il mio lavoro». È arrivato al Lingotto all'assemblea dei «piombini» in compagnia di Pierluigi Bersani. E quello che doveva essere l'incontro sul «Pd che vogliamo », organizzato dal gruppo animato da Giuseppe Civati, Paola Concia, Sandro Gozi, Marta Meo, Ivan Scalfarotto e Luca Sofri, si trasforma nel primo confronto pre-congressuale: in seconda e terza fila della Sala 500 siedono Piero Fassino, Giovanna Melandri, David Sassoli, Antonio Boccuzzi, Ermete Realacci, Emanuele Fiano, Laura Puppato. La giornata dei 'giovani' viene «sconvolta » dall'arrivo dei 'vecchi'. Se Chiamparino, Franceschini e Serracchiani erano attesi, la presenza e il discorso di Bersani sono un fuori programma che fa saltare la scaletta (con la neo-eurodeputata insofferente: «Ma non ha detto che i suoi giovani ce li ha già?»). Anche Ignazio Marino alla fine interviene e con il suo richiamo alla laicità, leit-motiv della giornata, conquista la platea. Insomma, i 'giovani' del Pd si scoprono interlocutori politici. Rompe il ghiaccio Michele Fina, Pd dell'Aquila: «Rimuoviamo le macerie dal partito e dal Paese». Poi Civati cita Obama: «Noi siamo quelli che nessuno stava aspettando». Lui, come molti altri in sala, guarda a Chiamparino perché «per ora Franceschini e Bersani non ci hanno convinto». Però il sindaco di Torino raffredda gli animi: «Se fossi stato un pericoloso attaccante sarei andato a giocare nel Toro», scherza. Poi serio spiega che «è una questione etica e politica, quando si ha un mandato dei cittadini non si possono far prevalere interessi di parte». Ma sceso dal palco ammette: «Certo che ci penso». Intanto attende «di conoscere le idee dei due candidati e su quella base decidere». Fa poi un appello: «Non sia il congresso delle tautologie». Franceschini in maniche di camicia illustra la propria road map per il Pd: definizione dell'identità attraverso valori condivisi, fatto salvo il principio che «si decide nel rispetto sacro della laicità dello Stato». Deve essere chiaro, per il leader del Pd, che sarà «un partito in cui si discute ma poi si decide e si esce con una voce sola». Infine la squadra: «Dirò come sarà formata prima del congresso». Non trascura nemmeno il nodo tessere: «Non aspettate ottobre, partecipate ai circoli prima del congresso». In sintonia con i «piombini», che hanno lanciato l'11 luglio come giornata del tesseramento. Dopo il segretario tocca a Bersani, in completo scuro e cravatta. Il suo Pd lo presenterà il primo luglio, ma al Lingotto ribadisce alcuni punti: «Io contro le primarie? Non è vero. È però mio il copyright che non voglio un partito liquido perché per funzionare un partito deve darsi un codice». Quanto ai giovani, per l'ex ministro dell'Economia «una nuova generazione non c'è da inventarsela, c'è da riconoscerla, facendo sì che sia pienamente protagonista ». Ma un punto deve essere chiaro: «Gli italiani devono capire che stiamo parlando di loro, in particolare dei ceti popolari e produttivi da cui noi ci stiamo distaccando ». Se qualcuno si attendeva il terzo nome è rimasto deluso. Nemmeno la Serracchiani ha sciolto la sua riserva: «Volevo dirvi qualcosa che vi aspettavate. Ma ve la dirò un'altra volta». Assicura, però, che si impegnerà «in prima persona» e indica la sua strada: «Non ci serve un capo, abbiamo bisogno di una squadra che dopo il congresso punti a governare», ma soprattutto c'è bisogno che qualcuno dei maggiorenti «si assuma la responsabilità di un patto generazionale e dica: vi aiuto a farvi diventare classe dirigente del 2013». «Finora, nessuna offerta ricevuta» mette le mani avanti la Serracchiani. Ma Franceschini è avvisato. Francesca Basso

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Inchiesta di Bari, Tarantini indagato anche per droga (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 28-06-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Politica data: 28/06/2009 - pag: 21 La decisione L'imprenditore che frequentava il premier è già inquisito per induzione alla prostituzione Inchiesta di Bari, Tarantini indagato anche per droga L'accusa: distribuiva cocaina alle sue feste di Porto Cervo DAL NOSTRO INVIATO BARI Adesso Gianpaolo Tarantini è indagato anche per la droga. L'imprenditore già inquisito per induzione alla prostituzione per aver portato ragazze a pagamento nelle residenze del premier Silvio Berlusconi, dovrà rispondere di detenzione di cocaina ai fini di spaccio. Polvere bianca che avrebbe offerto ai suoi ospiti durante le serate organizzate l'estate scorsa nella villa che aveva affittato a Porto Cervo e che aveva riempito di amici. E pure nel periodo successivo alla vacanza. Ad accusarlo ci sono i colloqui telefonici con Alessandro Mannarini, il suo ex collaboratore finito sotto inchiesta per lo stesso reato, e con alcune donne. Non sapeva di essere intercettato e parlava a ruota libera: ad una avrebbe proposto «una notte di sesso e droga ». Sono centinaia le conversazioni agli atti dell'inchiesta e in alcuni casi l'imprenditore e i suoi interlocutori avrebbero utilizzato una sorta di codice proprio per celare la vera natura dei contatti. La prima traccia arriva agli inizi dello scorso luglio quando Tarantini sta organizzando il trasferimento in Sardegna e pianifica un vero e proprio trasloco con tanto di mobili, biancheria, vettovaglie. «Ma le valigie quando arrivano?», chiede a Mannarini con insistenza, e il tenore del colloquio fa ritenere agli investigatori che in realtà parli proprio di stupefacenti. Da quel momento l'oggetto delle conversazioni sembra diventare sempre più esplicito fino a convincere gli inquirenti che chi frequentava la villa era consapevole che durante le serate avrebbe avuto a disposizione molto più che il cibo e le bevande. Le altre telefonate che saranno contestate a Tarantini nell'ambito di questo filone tra gli altri ce n'è pure uno sulla presunta corruzione per le forniture di protesi ortopediche riguardano proprio la cessione della cocaina alle persone che frequentavano la sua casa e che, in diverse occasioni, lui ha portato con sé nelle residenze di Silvio Berlusconi. La prima volta è stata l'11 agosto 2008. Tarantini fu invitato per una cena con oltre sessanta invitati e coinvolse i suoi amici. Con lui, oltre alla moglie Nicla, c'erano Mannarini e Massimo Verdoscia, l'uomo che due mesi dopo gli presentò Patrizia D'Addario e fece da mediatore per il suo ingaggio. È la donna che ha raccontato di essere entrata due volte a Palazzo Grazioli e di aver trascorso con il premier la notte tra il 4 e il 5 novembre, quella dell'elezione di Barack Obama a presidente degli Stati Uniti. Ma soprattutto ha ammesso di averlo fatto in cambio di soldi. Due giorni fa Tarantini si è scusato con il premier e ha sostenuto di «non sapere che Patrizia faceva la escort». A smentirlo ci sono però le telefonate allegate all'inchiesta. Fu proprio lui, infatti, a dirle che il compenso di 2.000 euro pattuito per la prima serata doveva essere «dimezzato perché non sei rimasta». E sempre lui, nei mesi successivi, le propose di tornare dal premier «perché lui ti vuole» e incontri a pagamento con altre persone. In un'occasione le offrì dei soldi per andare da suo fratello Claudio e poi le procurò il contatto diretto. Lei rifiutò l'appuntamento, ma decise di registrare quelle telefonate: le audiocassette sono state consegnate la scorsa settimana agli investigatori della Guardia di Finanza. In agosto Tarantini tornò a Villa Certosa per un pranzo organizzato con Roman Abramovich, il patron del Chelsea. E tanto bastò per consolidare i rapporti tra l'imprenditore e il presidente del Consiglio che da quel momento diventarono quasi quotidiani. Telefonate, incontri, viaggi, feste, cene: l'imprenditore era ospite fisso e nelle residenze del premier portò decine di ragazze. Molte hanno confermato di fronte ai magistrati di aver partecipato agli eventi e di essere state pagate per questo. Adesso si cerca di capire se qualcuna fra loro, oppure fra gli amici che Tarantini talvolta coinvolgeva in queste serate, abbia avuto con sé cocaina. Mannarini è stato interrogato alla presenza del suo avvocato Marco Vignola e lo ha escluso, ma nuove verifiche dovranno essere effettuate dagli investigatori della Guardia di Finanza che ai pubblici ministeri hanno già consegnato la prima informativa sul conto di Tarantini e dei suoi collaboratori più stretti, fra i quali c'è appunto Verdoscia. La relazione contiene riscontri trovati su quanto emerso dalle telefonate, e sarà contestata agli indagati quando saranno convocati dal magistrato. Intercettazioni In telefonate in cui non sapeva di essere ascoltato prometteva «una notte di sesso e droga» a una donna e chiedeva all'amico se «le valigie sono arrivate...» Detenzione e spaccio La Procura contesta la detenzione di sostanze stupefacenti ai fini di spaccio Imprenditore Gianpaolo Tarantini a Cortina d'Ampezzo il 31 dicembre2008 (fotoOlycom/Photopress) Fiorenza Sarzanini

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(sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 28-06-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Esteri data: 28/06/2009 - pag: 14 L'intervista Strobe Talbott «Effetto Obama sui giovani di Teheran» DAL NOSTRO INVIATO VENEZIA La chiama «una risonanza fra l'effetto Barack Obama e quello che accade nelle strade di Teheran ». Poi Strobe Talbott, presidente della Brookings Institutions di Washington, vice segretario di Stato con Bill Clinton e ora molto vicino a Hillary, quasi si impressiona davanti alla sua stessa idea, o alla dimensione degli eventi. «Qualunque altra ipotesi è valida frena nessuno capisce fino in fondo le dinamiche dell'Iran oggi». Lei però sospetta che il discorso di Obama al mondo musulmano dal Cairo dia più coraggio ai ragazzi delle piazze di Teheran? «Penso che la voglia di Obama di tendere la sua mano, anziché mostrare un pugno chiuso, contribuisca alle convinzioni di larghe parti della popolazione in Iran: sono coloro che non vogliono un Paese isolato, ostile all'Occidente e soprattutto agli Stati Uniti». In sintesi, c'è un effetto Obama sull'Iran. «Certo, c'è un effetto Obama e sta giocando un ruolo nelle aspirazioni di molti iraniani, in particolare i più giovani, cosmopoliti e sintonizzati con il mondo esterno, quelli che usano Internet di continuo e vogliono essere parte del mondo. A loro Obama sostanzialmente sta dicendo: vogliamo che voi siate parte del mondo». La Casa Bianca aveva aperto in qualche modo al dialogo con il regime. Questa repressione la mette in imbarazzo? «Non vedo perché dovrebbe: Obama non ha mai sostenuto il regime. Piuttosto, ha mostrato di capire che l'Iran è una società complessa. È un Paese più democratico di molti altri nel Medio Oriente, Turchia esclusa, direi il più democratico dopo guarda un po' Israele. Ma la Casa Bianca non si è mai giocata la reputazione sulle scelte del regime: ha solo ricordato che siamo di fronte a un Paese in movimento, ricco di gruppi con cui dovremmo parlare se vogliono parlare con noi. I fatti lo confermano ». Eppure per i repubblicani, e certi democratici, Obama non sostiene abbastanza i giovani nelle piazze di Teheran. «Sì: il presidente su questo incassa bordate sul fronte interno, ma credo abbia assolutamente ragione a mostrare una certa cautela. Applaudire e incoraggiare i manifestanti da Washington non li aiuterebbe affatto, al contrario sarebbe visto come il bacio della morte del Grande Satana. E i ragazzi che chiedono più democrazia laggiù sono i primi a non volere la benedizione americana: vogliono che l'America tenga la bocca chiusa». A causa delle sanzioni, i gruppi petroliferi dell'Ue hanno rinunciato ai più recenti giacimenti in gara in Iran ma sono subentrati i cinesi. Le sanzioni servono davvero? «Sono uno strumento decisivo per gestire la questione nucleare. Assistiamo a eventi spiegabili solo con l'aspirazione dell'Iran ad avere armi atomiche in violazione del Trattato di non proliferazione. In questa situazione, ci occorre la carota del dialogo ma anche il bastone delle sanzioni. A maggior ragione, visto che credo l'opzione di un attacco militare sull'Iran sia irrealistica. Anche la Russia e la Cina, che siedono in Consiglio di sicurezza dell'Onu, dovranno dare più sostegno a questo approccio ». Federico Fubini

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L'America cambia strategia sull'oppio (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 28-06-2009)

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Corriere della Sera sezione: Esteri data: 28/06/2009 - pag: 15 G8 di Trieste L'inviato di Obama: «Incentivi alle colture alternative per togliere ai talebani la fonte di ricchezza» L'America cambia strategia sull'oppio Holbrooke: «In Afghanistan sradicare i papaveri non serve» DAL NOSTRO INVIATO TRIESTE Bill il chimico era arrivato a Kabul due anni fa. Nominato da George W. Bush per il passato da ambasciatore in Colombia e soprannominato per la tattica prediletta contro i cartelli della droga: irrorare dall'alto le coltivazioni (cocaina od oppio) con gli spray diserbanti. Dalla fine di aprile, William Wood non è più ambasciatore in Afghanistan e con lui se n'è andata anche la vecchia strategia americana. Perché c'è un nuovo plenipotenziario di Barack Obama nella regione, che si chiama Richard Holbrooke e con il suo stile aggressivo non ha mai nascosto le critiche alle scelte del presidente repubblicano. «Il programma per la lotta al traffico di droga scriveva sul Washington Post nel 2008 costa 1 miliardo di dollari l'anno ed è probabilmente il progetto meno efficace nella storia della politica estera degli Stati Uniti. Non è solo sperperare i soldi, rafforza i talebani e Al Qaeda». Ripete le stesse parole a Trieste, dov'è intervenuto al G8 dei ministri degli Esteri. «Sradicare serve a distruggere qualche ettaro, per il resto non fa nulla dice Holbrooke in un'intervista alla Associated Press . Abbiamo deciso di spostare i nostri investimenti e gli sforzi a piani per contrastare i trafficanti e imporre la legge. Soprattutto vogliamo incentivare i contadini a coltivare prodotti alternativi. Gli agricoltori non sono i nemici, devono trovare un modo per vivere. Fino ad ora li abbiamo spinti ad allearsi con i talebani». Il documento finale approvato dagli Otto sostiene «lo sviluppo dell'agricoltura, che dia posti di lavoro, alzi i livelli di reddito e offra possibilità diverse dalla coltivazione dei papaveri». L'oppio afghano copre il 93 per cento della produzione mondiale e frutta ai fondamentalisti oltre 300 milioni di dollari l'anno, tra estorsione in cambio di protezione e tasse imposte ai contadini. I guadagni vengono reinvestiti per finanziare la guerra contro le truppe occidentali. Dopo l'attacco americano del 2001, le distese dei campi di papaveri sono cresciute fino a 160.000 ettari. Dalla fine di agosto, attorno al periodo delle elezioni presidenziali, ventimila soldati verranno inviati nelle aree di Helmand, Kandahar e Zabul, le province dove si concentra l'«oro bianco» per l'eroina. «Distribuire i semi per il frumento ai contadini non basta spiega Vanda Felbab- Brown della Georgetown University al quotidiano Usa Today . Il punto è garantire accesso ai finanziamenti e alla terra». Antonio Maria Costa, direttore dell' Unodc, l'ufficio Onu per la lotta alla droga e alla criminalità, appoggia la svolta americana. «La distruzione dei campi come avviene in Colombia, dove vengono eliminati oltre 230 mila ettari l'anno, è efficace. In Afghanistan, quest'anno ne sono stati sradicati solo 6.500: così non funziona ed è anzi controproducente». L'International Council on Security and Development, un pensatoio strategico con sedi a Londra e Kabul, ha proposto di legalizzare la coltivazione di oppio da rivendere alle industrie per produrre morfina. «I farmaci a base di oppiacei scarseggiano per l'ottanta per cento della popolazione mondiale», commenta Reza Aslan sul Daily Beast, il giornale online di Tina Brown. Costa la considera una vecchia idea, ormai abbandonata anche da chi l'aveva lanciata. «La domanda mondiale non è sufficiente, perché nei Paesi in via di sviluppo non c'è purtroppo ancora una cultura dell'uso degli antidolorifici e con la produzione annuale afghana copriremmo la richiesta di morfina per tre anni». Antonio Maria Costa «Quest'anno distrutti solo 6.500 campi: così non funziona ed è anzi controproducente» Davide Frattini

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No R 18,3 (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 28-06-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Lettere al Corriere data: 28/06/2009 - pag: 37 SUL WEB Risposte alle 19 di ieri La tua opinione su corriere.it La domanda di oggi La proposta: proibire i Suv nelle Dolomiti, patrimonio dell'Unesco. Siete d'accordo? Sì R 81,7 No R 18,3 Prima approvazione negli Usa della legge sul taglio dei gas serra (-80% nel 2050). Obama ha fatto abbastanza?

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Brasile, tutti uniti per evitare la sorpresa finale degli Usa (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 28-06-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Sport data: 28/06/2009 - pag: 45 Confederations Si chiude stasera a Johannesburg il prologo al Mondiale Brasile, tutti uniti per evitare la sorpresa finale degli Usa Il c.t. Bradley ai suoi: «Abbiamo un'occasione unica» DAL NOSTRO INVIATO JOHANNESBURG Al di là degli appuntamenti con la storia e dell'ormai prevedibilissimo «Yes we can» del presidente Obama rispolverato come parola d'ordine, una vittoria degli Stati Uniti nella Confederations Cup sarebbe «sorprendente». Lo ammette Landon Donovan, il giocatore più elegante tra quelli a stelle e strisce e chissà se la scelta dell'aggettivo è casuale o voluta. Tutto il torneo sudafricano è stato infatti sorprendente: dalla sconfitta dell'Italia con l'Egitto alla successiva batosta rifilata agli egiziani dagli States per finire con la clamorosa vittoria degli americani sulla Spagna. «Loro sono più forti, ma noi ci proveremo spiega nel dettaglio Donovan . A chi dedicheremo l'eventuale vittoria? A Michael Jackson? Non credo. So chi è stato, ma ho 27 anni, molti dei miei compagni ne hanno meno: forse siamo troppo giovani per capire bene Michael Jackson. La verità è che mi interessa vincere. Dopo, magari, penserò a chi dedicare la vittoria». Che si tratti comunque di un giorno molto speciale per gli Stati Uniti lo sottoscrive anche il c.t. Bob Bradley, che non potrà mandare in campo il figlio Michael, espulso in semifinale («Mi spiace per lui, è una prova molto dura. Ma sono esperienze che aiutano a crescere, a diventare uomini », ha detto citando a spanne Rudyard Kipling): «Non abbiamo mai giocato una finale di un torneo mondiale. Chi conosce la nostra storia, sa che abbiamo un'occasione unica». Gli americani aspettano dunque il Brasile con qualcosa più di una speranza. Il problema, per loro, è che questa sera all'Ellis Park dovranno vedersela con l'unica delle tre grandi nazionali partecipanti alla Confederations che ha dimostrato, a differenza di Spagna e Italia, di sapersela cavare in ogni situazione. Il Brasile ha rischiato molto nella prima partita contro l'Egitto, ma grazie a un rigore (visto dal quarto uomo e non dall'arbitro, ma comunque grande come un palazzo) ha vinto 4-3. Ha faticato anche in semifinale contro il Sudafrica, ma ha risolto con una punizione di Daniel Alves a tre minuti dalla fine. Dunga, peraltro, è un c.t. che non prende nulla alla leggera: «Gli Usa sono tatticamente molto preparati, hanno disciplina e sono pericolosi in contropiede. Non sarà semplice. Dovessimo segnare subito bene, altrimenti sarà una gara di pazienza. Il 3-0 nel girone eliminatorio? Quello non conta nulla». Ieri Dunga ha anche trovato il tempo per fare un appello a Ronaldinho: «Vorrei riaverlo in squadra, ma non so quando sarà possibile. Credo dipenda più da lui che da me». Che il c.t. brasiliano, pur avendo la squadra bella e fatta per il prossimo Mondia-- le, pensi a Ronaldinho è elementare. Se il milanista ritrovasse una forma accettabile, completerebbe la linea formata da Ramires e Kaká togliendo il posto a Robinho, giocatore di qualità, ma con un difetto: sembra più o meno sempre convinto di giocare sulla spiaggia con gli amici. Il Brasile non avrà Luis Fabiano al massimo: «Sono influenzato, ma non è la febbre suina scherza il centravanti . Mi sono ammalato per colpa del freddo. Pensavamo di dover giocare con la Spagna. Poco male, quello che conta è che in finale sia arrivato il Brasile». Che, chiacchiere prepartita a parte, è il grande favorito. «Voglio vincere questa coppa e vincerne altre chiarisce Julio Cesar . Non mi interessa sapere chi è il miglior portiere del mondo, voglio soltanto vincere e lasciare un segno nel Brasile«. Probabile che ci riesca stasera. A meno che, citando Donovan, non salti fuori un altro risultato «sorprendente». Sfida al freddo A sinistra Kaká, Miranda e Gilberto Silva. A destra Donovan, Davies e Bornstein (Reuters e Epa) Domenico Calcagno

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È palestinese la guru di stile di Michelle Obama (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 28-06-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Esteri data: 28/06/2009 - pag: 17 Il personaggio Ikran Saman, nata a Gerusalemme Est, si è trasferita a Chicago dove ha sposato un filantropo ebreo È palestinese la guru di stile di Michelle Obama DAL NOSTRO CORRISPONDENTE GERUSALEMME Dov'è nata, non è proprio Rodeo Drive. Dov'è cresciuta, non somiglia esattamente a Montenapoleone. E sull'Az Zahra Street, Gerusalemme Est, dove due mesi fa le ruspe israeliane hanno buttato giù una casa di arabi, l'unica cosa che va sempre di moda è la rabbia: la piega (che prendono gli eventi) è brutta, la manica (della polizia) non è mai larga e spesso si sta sull'orlo, sì, ma d'una crisi di nervi. Fra cambiasoldi abusivi, ragazze velate e carretti di ciambelle al sesamo, la casa natale della personal stylist è una porticina. Le scale sono scrostate, l'odore di candeggina. I nomi sulle porte sono spariti. Oggi ci sono un call center, un'agenzia di taxi, una vecchia svanita. Domani, chissà, una targa in memoria: fra queste mura, nacque nel 1967 e visse fino a 14 anni Ikran Saman, figlia della Palestina, la donna che consigliò e vestì la moglie nera del primo presidente nero degli Stati Uniti. Lady Kefiah e la First Lady. Gli ultrà della destra israeliana che accusano Washington d'averli abbandonati - quelli che in queste settimane hanno tappezzato Gerusalemme d'un fotomontaggio con Obama in stile Arafat, la testa kefiata e la scritta «Barack Hussein, il peggior nemico degli ebrei» -, ancora non sapevano di Michelle. E della sua stylist araba di fiducia, Ikran: una ricca signora di Chicago che prima d'andare in sposa a un filantropo ebreo e diventare Ikran Goldman, prima ancora d'aprire una lussuosa boutique con 17 commesse, molto prima d'arrivare fotografatissima sotto le passerelle di New York, prima fu una ragazzina palestinese senzapatria e senzafuturo. Che partì adolescente per l'Illinois, un viaggio della speranza con la madre malata di cancro. Che fu ospitata nella casa della sorella maggiore, a dividere i mesi fra il capezzale e la Cathedral High School di Chicago. Che infine rimase orfana e si decise a restare, a conquistare una borsa di studio, a fare la commessa e la baby-sitter e tutto quel che la sorte offriva: «Imparai - ha confidato una volta - che se vuoi fare parte di qualcosa, devi respirarla, toccarne l'aria intorno e non avere paura di sognarla«. Oggi, Ikran Saman Goldman è diventata «l'unica persona che la First Lady ascolta in fatto di moda», come ne ha scritto il Chicago Tribune. Amiche, confidenti, complici: è nel suo negozio di Rush Street che Michelle va a scegliere i vestiti nuovi dell'imperatrice; è da lei, girando per atelier, che si fa consigliare il mix di costoso ed economico, Narciso Rodriguez e gli straccetti di J-Crew; è suo il merito (o la colpa) di quell'abito giallo limone by Isabel Toledo, sfoggiato il giorno del giuramento; sono scelte sue, il bianco del primo ballo col presidente o la mise sfoggiata vicino a Carla Bruni- Sarkozy; sono acquisti suoi, le costose scarpe-gaffe che Mrs Obama ostentò in una visita ai poveri, o gli abiti low cost delle due figliole... «Michelle e Ikran si conoscono e collaborano da anni - dice un portavoce della Casa Bianca - . S'apprezzano reciprocamente. E amano lavorare con molti stilisti». Michelle, ma belle. In campagna elettorale, Ikran mandò una mail a tutti i clienti, «votate Obama». Versò 7mila dollari di sostegno. E alla settimana della moda di Parigi, su un abito, si fece perfino stampare il faccione di Barack. «La Goldman e la Obama si capiscono perché vengono da storie particolari e simili», dice Eugena Politchny, un'amica che le conosce bene. Audace Una mise pastello della first lady Michelle: scelta da Ikran Francesco Battistini

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Il Cavaliere si rimette la feluca (sezione: Obama)

( da "Stampaweb, La" del 28-06-2009)

Argomenti: Obama

CORFU' Se c’è qualcosa che manda ai matti gli ambasciatori è questo modo, tipicamente berlusconiano, di irrompere nella cristalleria diplomatica. Appena prima che Silvio l’Elefante sbarcasse all’Hotel Imperial, sede del vertice Nato-Russia, tra le feluche straniere era tutto un darsi di gomito, «quando arriva Papi?», e battute acidule sull’ospite inatteso, unico premier nel consesso riservato ai ministri degli Esteri. Berlusconi ha imposto un cambio di passo all’organizzazione dei lavori. Primo a intervenire su invito del segretario generale Jaap, con il padrone di casa Karamanlis che ha rinunciato a parlare per dare spazio all’ospite. Discorso «un po’ troppo lungo», ammette, centrato sul prossimo G8, che nell’agenda dei lavori non era previsto. E annuncio del suo importante colloquio con il presidente Medvedev, «il quale mi ha pregato di rappresentare la volontà della Federazione russa di riprendere la collaborazione con l’Occidente e la Nato». Gli sguardi della sala si sono appuntati sul rappresentante di Mosca, Lavrov: cosa è venuto a fare, se il vero portavoce del Cremlino si chiama Berlusconi? La vendetta dei diplomatici, casta permalosa, consiste nel disseminare trappole in vista del G8 a L’Aquila. L’ultima è un perfido retroscena del «Maariv», giornale israeliano, secondo cui nel recente colloquio con Netanyahu il Cavaliere avrebbe parlato (male) di Obama: «Troppo debole con l’Iran», secondo Berlusconi. Ricostruzione smentita da Tel Aviv e, ieri mattina, anche da Palazzo Chigi. Berlusconi fa sapere che di Obama gli piace tutto, anche il suo nuovo ambasciatore a Roma che, «tra l’altro, parla benissimo l’italiano». Ebbene: l’incidente del «Maariv» ha fatto scattare l’allarme. Nell’entourage del premier si sospetta una gola profonda, qualche talpa annidata nella Farnesina per scavare il terreno sotto ai piedi del premier. Berlusconi però è lanciatissimo, dell’etichetta se ne infischia, lui vive il riavvicinamento tra Obama e i russi anzitutto come personale occasione di rivincita. Ora sono tutti d’accordo che, per usare le sue parole, «sarebbe utile coinvolgere i russi contro il terrorismo in Afghanistan, visto il loro ruolo centrale nella regione». Eppure per due anni i falchi dell’amministrazione Bush l’avevano messo in castigo come l’«amico del nemico». Adesso, che siamo in vista della storica visita di Obama a Mosca per parlare di disarmo, il Cavaliere vorrebbe gridare: avevo ragione io. Sull’aereo che lo porta a Corfù sottolinea quale sbaglio fu isolare l’ex Impero del Male commesso «dalla mia amica Rice, che dopo aver studiato per anni i soviet è tornata alla sua antica passione», appunto gli studi... La battuta, nella sua spericolata giovialità, fa il paio con quella (più tardi definita «scherzosa») sul presidente francese, «il buon Sarkozy, mio avvocato di tanti anni fa, che andò a Mosca per mediare sul conflitto russo-georgiano proprio mentre io ero al telefono con Putin per ricomporre le cose». Quella telefonata, secondo un comitato di super-berlusconiani, dovrebbe meritare al premier addirittura il Nobel per la pace 2010. Ora che c’è da ricucire lo strappo Est-Ovest, Berlusconi rilancia la sua vecchia idea che mise nero su bianco nel summit con Putin e Bush del 2002 a Pratica di Mare (passato felicemente alla storia per il «caro Vladimir, caro George», ma pure per il lapsus su «Romolo e Remolo»): riunioni periodiche scadenzate tra Nato e Russia a tutti i livelli, dai Capi di Stato giù giù fino agli ambasciatori (dovrebbero riunirsi con il collega russo perlomeno una volta al mese). E lì sciogliere tutti i nodi che dovessero ostacolare la nuova distensione mondiale. «Tutti guardano al proprio orticello, invece bisogna vincere la fame nel mondo», è il motto della diplomazia berlusconiana.Il Cavaliere reclama fatti concreti, non semplici parole. E gradirebbe che l’intuizione originaria gli venisse in qualche modo riconosciuta.

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La stampa inglese e lo scandalo di Silvio "Anche Gianni Letta ha preso le distanze" (sezione: Obama)

( da "Repubblica.it" del 28-06-2009)

Argomenti: Obama

LONDRA - Gianni Letta, sottosegretario e più fidato collaboratore di Silvio Berlusconi, ha preso le distanze dal premier e rifiuta i suoi inviti a cena. Lo scrive il Sunday Times, citando fonti anonime dall'interno del governo. L'indiscrezione fa parte dell'ampia copertura che la stampa britannica continua a dedicare agli scandali che coinvolgono il primo ministro italiano. Sia il Times che il Telegraph della domenica gli dedicano una pagina intera. E l'Independent parla della vicenda in un editoriale. Il Sunday Times, più diffuso trai domenicali "di qualità" con circa due milioni di copie vendute, scrive in una corrispondenza da Bari dell'inviato John Follain che "insiders", ovvero fonti dall'interno, fonti che conoscono bene Berlusconi e il suo entourage, "dicono che Gianni Letta si è distanziato dal premier e da alcuni mesi declina i suoi inviti a cena". Un collaboratore "disamorato" del presidente del Consiglio dichiara al giornalista inglese: "Berlusconi si è trasformato nell'opposto di re Mida, sporca tutto quello che tocca". Notando anche le critiche al suo comportamento espresse dalla chiesa cattolica, il giornale afferma che le rivelazioni sulla sua vita privata hanno indebolito politicamente il leader del Pdl, e sebbene non ci sia una minaccia immediata, "alleati nella sua coalizione di centro destra si azzardano in privato a contemplare un'era post-Berlusconi". L'articolo contiene anche una serie di dichiarazioni di Patrizia D'Addario, la escort pugliese che ha visitato due volte Berlusconi a Palazzo Grazioli e vi ha trascorso una notte con lui. "Non ho mai dormito", racconta la donna di cui Berlusconi sostiene di non ricordare il volto, "era instancabile, un toro". Secondo la sua ricostruzione, il premier la condusse in camera da letto quasi alle 4 del mattino, dopo che le altre ragazze se n'erano andate. La D'Addario dice che Berlusconi fece mezza dozzina di docce ghiacciate durante la notte e lei lo raggiunse sotto la doccia a sua richiesta. A un certo punto, secondo quanto la donna ha raccontato in seguito a un amico, "d'improvviso smise di muoversi e pensai fra me e me, grazie a Dio, si è addormentato. Ma non durò molto". OAS_RICH('Middle'); La escort confida di essersi sentita imbarazzata quando un membro dello staff del premier entrò in camera da letto al mattino, con un vestito per Berlusconi, ricordandogli che doveva fare una dichiarazione pubblica sulla vittoria di Barack Obama, eletto presidente quella notte. La D'Addario lo attese in bagno, dove scattò varie foto. Più tardi accese il registratore del suo telefonino, dove si sente la voce di un uomo che dice: "Vuoi tè o caffè?" Lasciò la residenza di Berlusconi alle 11, ma mentre tornava a Bari lui le telefonò: "Bambina mia!", le disse, chiedendo poi perché avesse la voce roca. E lei gli spiegò: "Per via delle docce". Il Sunday Times riferisce anche il contenuto di una successiva telefonata fra la D'Addario e Barbara Montereale, un'altra partecipante alla cena a Palazzo Grazioli. "Ti ricordi come mi carezzava mentre eravamo sul sofà? E come carezzava te e guardava me?", chiede la D'Addario. E la Montereale replica: "Era disgustoso, faceva tutto di fronte alle guardie del corpo". Il domenicale inglese riporta poi le rivelazioni del settimanale L'espresso sulle conversazioni telefoniche in cui Berlusconi avrebbe descritto all'uomo d'affari pugliese Giampaolo Tarantini che tipo di donne voleva invitare a Roma e in Sardegna, compreso il colore dei capelli e le misure, con dettagli spesso "spinti" su cosa succedeva ai party notturni. Il Sunday Telegraph pubblica invece un ritratto di Berlusconi (e dell'Italia), a firma dello scrittore inglese Tobya Jones, che vive da un decennio nel nostro paese, autore del libro "The dark heart of Italy" (Il cuore tenebroso dell'Italia). Come mai, si chiede Jones, Berlusconi è ancora primo ministro, nonostante tutti gli scandali del passato, le accuse di falsa testimonianza, di ostruzione della giustizia, di collusione con la mafia, di appartenenza a una loggia massonica, di evasione fiscale e di corruzione di pubblici ufficiali, alle quali si aggiungono ora le notizie sulle sue feste con decine di giovani fanciulle? Lo scrittore dà una serie di motivazioni. Primo, l'Italia è talmente abituata agli scandali, che non ci fa più caso e anzi non ne può più. Secondo, almeno per qualcuno, le infedeltà del premier suscitano invidia e ammirazione. Terzo, Berlusconi si presenta come un "uomo qualunque, una persona semplice che non appartiene alla elite snob della politica, uno a cui piacciono le cose che piacciono a tutti, il denaro e le donne". Quarto: la sinistra è fragile e divisa, per cui non offre un'alternativa valida. Quinto: essere "furbi" e "spregiudicati", in Italia, è considerata da alcuni una virtù. E sesto, le critiche dei media stranieri possono ottenere l'effetto di rinsaldare il sostegno verso Berlusconi, perlomeno in quella parte della popolazione che, dopo secoli in cui l'Italia è stata dominata da potenze straniere, è determinata a tenere gli stranieri fuori dai propri affari. Il commento di Sarah Sands, columnist del quotidiano Independent, suona come un corollario delle ragioni offerte da Jones sul Telegraph: "Forse ogni nazione ha lo scandal, o che si merita. In un paese famoso per la sua televisione pornografica, la sua indifferenza per il processo politico e per la sua storicamente rilassata visione dello stupro, Berlusconi non è un mostro". Ma poi conclude che, anche in un paese simile, l'atteggiamento del premier va oltre i limiti della dignità. In Europa. Il settimanale francese Nouvel Observateur sottolinea come i nuovi scandali abbiano fatot precipitare il gradimento di Berlusconi sotto il 50 per cento per la prima volta da quando è ritornato al governo nel 2008. "Malgrado tutto - scrive il settimanale francese - chi lo sostiene di più sono proprio i cattolici". "Le donne del G8 boicotteranno Berlusconi?". A chiederselo è un altro autorevole settimanale francese, L'Express, che dà spazio alla richiesta di 4 docenti universitarie che in vista del G8 di Genova stanno raccogliendo firme per chiedere a Carla Bruni e a Michelle Obama tra le altre, di boicottare il summit dei Grandi all'Aquila. "Finora - si chiede L'Express - hanno ottenuto 6,500 firme. Cresceranno?" Lo spagnolo El Paìs invece dedica un reportage agli "scandali di Berlusconi", intitolandolo "Le pericolose amicizie di Papi". Nel pezzo vengono riassunti i rapporti di Berlusconi con Tarantini, Patrizia D'Addario e Barbara Montereale. "Tra soli 12 giorni - prosegue il corrispondente da Roma, Miguel Mora -, il politico e magnate milanese accoglierà i leader del G8 dove si riscriveranno le regole della finanza globale tra gli scandali che ne stanno minando la credibilità". (28 giugno 2009

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L'Italia prepara il G8, stop a Schengen (sezione: Obama)

( da "Stampaweb, La" del 28-06-2009)

Argomenti: Obama

TORINO Con la sospensione del Trattato di Schengen entra da oggi nel vivo l’operazione sicurezza per il G8 dell’8-10 luglio a L’Aquila. Un dispositivo in cui saranno impegnati in tutta Italia non meno di 15.000 unità delle forze dell’ordine con l’obiettivo di garantire la massima tutela per la ventina di capi di Stato e di Governo, accompagnati da altrettante delegazioni, ospiti per pochi giorni nel Belpaese. Decisa anche la sospensione delle ferie per i poliziotti in questo delicato periodo. STOP A SCHENGEN Fino al 15 luglio, dunque, chiunque entri od esca dall’Italia dovrà presentare un documento di identità valido. Per facilitare le operazioni e consentire le verifiche, una circolare della direzione centrale dell’immigrazione e della polizia delle frontiere ha disposto l’invio di 100 specialisti di rinforzo negli aeroporti e negli altri varchi di frontiera, quelli navali e terrestri. Per il precedente - poco felice - G8 di Genova del 2001 i controlli alle frontiere furono ripristinati per una settimana, dal 14 al 21 luglio. Con scarsi risultati visto poi gli scontri che hanno avuto per protagonisti tanti black bloc arrivati dall’estero. Da qui la decisione di allungare a 18 giorni il periodo di stop al Trattato. QUATTRO GIORNI BLINDATI TRA ROMA E L’AQUILA Il 7 luglio, vigilia del vertice, è il giorno in cui è previsto l’arrivo dei sette capi di Stato a Roma. Faranno scalo in tre aeroporti della Capitale (Fiumicino, Ciampino e Pratica di Mare) o in quello di Pescara. Di lì, presumibilmente in elicottero, avverrà il trasferimento a L’Aquila, con atterraggio nell’aeroporto di Preturo. Ma parte delle delegazioni viaggerà sull’autostrada Roma-L’Aquila, che sarà sorvegliata speciale in quei giorni. Posti di blocco e presidi delle forze dell’ordine assicureranno che i viaggi lungo l’arteria avvengano senza problemi. Naturalmente, Roma e L’Aquila saranno blindate. Non solo, probabilmente una circolare dei vertici dell’ordine pubblico inviterà questori e prefetti ad innalzare la guardia sugli obiettivi sensibili di tutto il territorio nazionale. CASERMA L’AQUILA A PROVA DI SISMA Sarà dunque una caserma della Guardia di finanza ad ospitare il G8. Un complesso, quello di Coppito, periferia aquilana, che offre ampie garanzie di sicurezza. Le mura perimetrali della Scuola si snodano infatti per oltre due chilometri e racchiudono un’area di circa 45 ettari. Nella cittadella militare è stata anche trasferita la prefettura del capoluogo abruzzese. In queste ultime settimane si è lavorato alacremente per migliorare ulteriormente gli standard di sicurezza della Scuola, raccogliendo anche le richieste delle delegazioni straniere che hanno visitato la struttura. In particolare, la delegazione americana ha insistito molto sull’approntamento di un piano di evacuazione in caso di sisma, anche se il capo della Protezione civile ha assicurato che il complesso è in grado di reggere a tutti i terremoti verificatisi finora nell’area. Così, in caso di forti scosse, è comunque pronto il piano per evacuare rapidamente i leader mondiali facendoli salire sugli elicotteri; nel compound delle Fimmme Gialle sono infatti in funzione due eliporti. Più il vicino scalo di Preturo. A seconda dell’intensità delle scosse, come hanno chiesto gli americani, saranno previsti differenti piani di evacuazione. Ed un adeguato cordone di sorveglianza è stato predisposto al di fuori delle mura per evitare intrusioni ed azioni dimostrative. Dentro, spazio per 25 persone per ogni delegazione, più gli uomini della sicurezza, con il Secret Service Usa in prima linea per proteggere il presidente Barack Obama. SCUDO DAL CIELO E tranquillità sarà assicurata al vertice anche dall’alto, tramite uno scudo aereo sul modello di quello predisposto per la prima volta in occasione del summit Nato-Russia svoltosi del 2002 a Pratica di mare. Nei prossimi giorni verrà definito dall’Aeronautica Militare il complesso sistema di difesa aerea che prevederà l’emissione di "notam" (disposizioni) per la regolamentazione stretta dello spazio aereo: sarà previsto un cerchio di dimensioni poco ampie nel quale potranno entrare solo gli aerei che trasportano le personalità che prenderanno parte al vertice. Caccia saranno pronti a partire in pochi minuti per intercettare eventuali velivoli non ammessi. Voleranno anche elicotteri HH3F ed aerei MB339, in assetto "Slow mover interceptor" (Smi), in grado cioè di intercettare velivoli che si muovono troppo lentamente per essere efficacemente contrastati dai caccia: alianti, piccoli aerei da turismo, ultraleggeri, deltaplani a motore. Particolare attenzione verrà poi dedicata alle aviosuperfici ed ai campi volo; queste strutture saranno controllate e presidiate per evitare che decollino ultraleggeri, minaccia molto sensibile.

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Colpo di Stato militare in Honduras Il presidente Zelaya: "E' un sequestro" (sezione: Obama)

( da "Repubblica.it" del 28-06-2009)

Argomenti: Obama

TEGUCIGALPA - Colpo di Stato in Honduras. Il presidente Manuel Zelaya si è rifugiato in Costa Rica. "Non ho chiesto asilo al governo del Costa Rica", ha detto il presidente Zelaya all'aeroporto di San José. "Quello che ho subito stamane è stato un sequestro compiuto dai militari. Hanno mitragliato la mia casa. La mia guardia d'onore ha opposto resistenza per almeno venti minuti, sono stato svegliato dagli spari e dalle urla. Sono stato portato via di fatto in pigiama", ha raccontato Zelaya. I militari, ha aggiunto, sono entrati "sparando, e ho dovuto proteggermi dai colpi: mi hanno minacciato e puntato contro le armi". Zelaya conclude il drammatico resoconto con un appello alla comunità internazionale: "Difendete l'Honduras". Il presidente degli Stati Uniti Barack Obama, ha espresso "profonda preoccupazione" per l'arresto del presidente dell'Honduras."Chiedo a tutti gli attori politici e sociali in Honduras di rispettare le norme democratiche, la legge e gli impegni della Carta democratica inter-Americana" ha detto il presidente Usa. "Ogni tensione esistente e ogni contesa deve essere risolta in modo pacifico attraverso il dialogo". Inizialmente, la tv di Stato honduregna aveva riferito che il presidente era stato arrestato e trasferito in una località segreta, poi una dichiarazione del governo di San José annunciava di aver dato ospitalità al presidente honduregno, ed infine le angosciate parole del presidente destituito. La tensione nella capitale Tegucigalpa stava montando da giorni dopo che il presidente Zelaya aveva annunciato un progetto di modifica della Costituzione, sfidando così il potere dell'esercito e del Congresso. Zelaya puntava a cambiare la carta fondamentale per far sì che potesse essere rieletto per più di un singolo mandato di 4 anni. Era entrato in contrasto con l'esercito per aver recentemente rimosso il capo di stato maggiore delle forze armate, Romeo Vasques: decisione contestata dallo stesso militare, la cui reintegrazione all'incarico era stata d'altra parte chiesta dalla Corte Suprema dello Stato. OAS_RICH('Middle'); Il presidente, stretto alleato del venezuelano Hugo Chavez, è stato condotto dalla sua residenza in una base alla periferia della capitale, ha annunciato il suo segretario personale Manuel Zelayas. Un cronista dell'Associated Press ha riferito di aver visto questa mattina decine di soldati con l'elmetto verde circondare la residenza di Zelaya. Poco dopo sono saliti a bordo del camion e sono andati via. In un'intervista rilasciata qualche giorno fa al quotidiano spagnolo El Pais, Zelaya aveva sostenuto che "un tentativo di sottrargli il potere" era stato respinto dal suo governo solo dopo che gli Stati Uniti si erano rifiutati di sostenere il golpe. (28 giugno 2009

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Colpo di Stato militare in Honduras Chavez minaccia di intervenire (sezione: Obama)

( da "Repubblica.it" del 28-06-2009)

Argomenti: Obama

TEGUCIGALPA - Colpo di Stato in Honduras. Il presidente Manuel Zelaya è stato trasferito con la forza in Costa Rica; sua moglie è in un rifugio segreto sulle montagne. "Sequestrati" anche gli ambasciatori di Venezuela, Cuba e Nicaragua nella capitale Tegucigalpa. La città in cui oggi si doveva tenere il referendum per avrebbe permesso al presidente di candidarsi per un secondo mandato, è invasa dai corazzati militari e le comunicazioni con il paese sono quasi impossibili. Pietre contro i soldati. Un cordone di soldati è schierato attorno al palazzo presidenziale dove un centinaio di sostenitori del presidente con indosso la t-shirt "sì al referendum", manifestano gettando pietre sui soldati e gridando "traditori, traditori". I giudici ispiratori dell'intervento militare. "Siamo stati noi - ammettono i giudici della Corte Suprema di Tegucigalpa - ad ordinare ai militari di agire perchè Zelaya aveva tentato di violare la legge facendo votare un referendum per autorizzare la sua rielezione". Zelaya: "Hanno mitragliato la mia casa". Drammatico il resonto del golpe rilasciato dal presidente Zelaya giunto all'aeroporto di San José in Costa Rica: "Quello che ho subito stamane è stato un sequestro compiuto dai militari. Hanno mitragliato la mia casa. La mia guardia d'onore ha opposto resistenza per almeno venti minuti, sono stato svegliato dagli spari e dalle urla. Sono stato portato via in pigiama", ha raccontato Zelaya. I militari, ha aggiunto, sono entrati "sparando, e ho dovuto proteggermi dai colpi: mi hanno minacciato e puntato contro le armi". Zelaya ha concluso il drammatico resoconto con un appello alla comunità internazionale: "Nessuno riconosca gli usurpatori. Difendete l'Honduras". OAS_RICH('Middle'); Chavez: "Pronto ad intervenire con le armi". Il presidente venezuelano Hugo Chavez, vicino politcamente a Zelaya, ha annunciato di aver messo in stato di massima allerta le forze armate e ha minacciato un intervento militare in Honduras se il suo ambasciatore a Tegucigalpa non sarà rilasciato. "Dietro i soldati golpisti si nascondono la borghesia honduregna - ha detto Chavez - i ricchi che hanno trasformato l'Honduras in una repubblica delle banane, in una base politica, militare e terroristica dell'impero nordamericano", ha aggiunto. "Lancio un appello al presidente degli Stati Uniti perché condanni come noi questa aggressione". Obama: "Sono preoccupato". E il presidente degli Stati Uniti Barack Obama, ha espresso "profonda preoccupazione" per l'arresto del presidente dell'Honduras. "Chiedo a tutti gli attori politici e sociali in Honduras di rispettare lo stato di diritto" ha detto il presidente Usa. Anche il segretario di Stato americano Hillary Clinton ha condannato senza remore il golpe: "Sono stati violati i principi democratici". La Casa Bianca ha respinto però con forza l'accusa di aver avuto un ruolo nel golpe: "Non c'è stato alcun coinvolgimento statunitense in quest'azione", ha riferito un funzionario della presidenza Usa. Scontro Zelaya-esercito. La tensione a Tegucigalpa stava montando da giorni dopo che il presidente Zelaya aveva annunciato un progetto di modifica della Costituzione, sfidando così il potere dell'esercito e del Congresso. Zelaya puntava a cambiare la carta fondamentale per far sì che potesse essere rieletto per più di un singolo mandato di 4 anni. In un'intervista rilasciata qualche giorno fa al quotidiano spagnolo El Pais, Zelaya aveva sostenuto che "un altro tentativo di sottrargli il potere" era stato recentemente respinto dal suo governo solo dopo che gli Stati Uniti si erano rifiutati di sostenere il golpe. (28 giugno 2009

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[FIRMA]GLAUCO MAGGI NEW YORK Michael Jackson potrebbe essere morto per cause naturali, ma solo... (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 29-06-2009)

Argomenti: Obama

[FIRMA]GLAUCO MAGGI NEW YORK Michael Jackson potrebbe essere morto per cause naturali, ma solo se possono essere chiamate naturali le sue condizioni culminate nello stress di un impegno che non sarebbe mai stato in grado di portare a termine. Questa è la conclusione dopo la ricostruzione della vicenda così come è proposta su MailOnline da Ian Halperin, il giornalista che segue da anni i travagli di Jackson e che, con tragica profezia, aveva scritto nel dicembre scorso che il cantante non aveva più di sei mesi di vita. «Non poteva reggere un concerto, figuriamoci 50», ha scritto Halperin. «Non poteva cantare. Certi giorni non riusciva a parlare. Non ballava più. A Londra si profilava un disastro, e secondo l'opinione di gente della sua cerchia Michael aveva propositi suicidi». Del resto, una settimana fa, a Jackson sfuggì un «meglio che io muoia, sono finito». Erano in troppi, creditori, familiari, banchieri, impresari, e lui stesso oppresso dai debiti, a voler mungere dal suo talento i milioni che i suoi fans erano disposti a pagare per rivederlo in carne e ossa. Più ossa che carne, in verità: pesava 56 chili, capelli grigi coperti con parrucche corvine, e si reggeva in piedi con un micidiale cocktail di antidepressivi e antidolorifici: Vicodin, Dolaudil, Xanax, Zoloft, Demerol, Vistaril, Paxil, Prilosec. Gli anni passati a lottare contro le accuse di pedofilia gli avevano scosso l'equilibrio psicologico, ma contro Jackson avrebbe giocato fin dalla nascita pure una situazione genetica negativa. Una fonte vicina al cantante ha rivelato che soffriva della deficienza genetica di una proteina, la alfa-1 antitripsina (Aat), che viene prodotta nel fegato. Il ruolo principale della Aat è quello di proteggere i polmoni. Jackson, tra i tanti farmaci, ha ricevuto iniezioni regolari di Aat per anni, mantenendo una vita quasi regolare: ma le maschere respiratorie che ne hanno accompagnato l'immagine per tanto tempo, e in certi periodi l'uso della sedia a rotelle per spostarsi, sarebbero la prova di queste difficoltà polmonari crescenti. La carenza di Aat può infatti degenerare in enfisema polmonare, ossia in una dilatazione anormale e permanente degli alveoli polmonari, le cui pareti perdono elasticità. Jackson e la sua cerchia sapevano della estrema precarietà dell'impresa londinese, quindi. Non a caso alla star era stato fatto credere in un primo tempo che le serate sarebbero state 10 non 50. La verità sulla fine di Michael Jackson in termini clinici la si avrà con i risultati delle due autopsie, l'ufficiale e la privata, voluta da familiari e amici. Il reverendo Jesse Jackson, che è da sempre vicino ai parenti della star, ha detto alla Cnn che «questo affare si è trasformato da richiesta di informazioni a indagine di polizia. Non c'è ancora pace. Non sappiamo che cosa sia successo e abbiamo bisogno di saperlo. Michael non era malato prima di giovedì». Ieri sono arrivate alla famiglia anche le condoglianze personali di Barack Obama il presidente Usa, che riteneva Jackson «una star dalla vita tragica». Ora l'ultima parola spetta agli investigatori, alle autopsie, se la seconda darà risposte bisognerà attendere il verdetto di quella del coroner, che interviene nei casi di morti sospette. Le procedure sono diverse: il medico ufficiale cerca prove per il tribunale. Tra l'altro, può intervenire sul cervello, fino a rimuoverlo e conservarlo per valutare i danni provocati anche in passato dall'uso di sostanze particolari. Le indagini del patologo privato potrebbero dare risposte non collimanti, e ciò aggiungerà dolore a un dramma che ha colpito più di tutti i tre figli di Jackson. Prince era presente nel momento in cui il papà, dopo l'iniezione fatale, è crollato sul pavimento: pensava che scherzasse. Ma presto il ragazzino ha capito, e si è impietrito nell'angoscia mentre il medico e la guardia del corpo cercavano di rianimarlo. Quando è stato chiamato il 911 dall'emergenza, erano passati minuti forse decisivi per la fine del mito. A conferma del giallo gli agenti di Los Angeles hanno interrogato per tre ore Conrad Murray, il medico personale di Jackson. I poliziotti avevano perquisito la sua Bmw alla ricerca di tracce utili a capire le responsabilità del medico, che era stato assunto dalla Aeg Live, società per i concerti londinesi che dovevano segnare il ritorno sul palco della star. Secondo il presidente di Aeg era stato lo stesso Jackson a richiedere di poter disporre dell'assistenza di Murray, 51 anni, afro-americano padre di sei figli avuti da cinque donne, con qualche pendenza per mancati riconoscimenti di paternità e alimenti negati. Per i suoi legali Edward Chernoff e Matthew Alford, «Murray ha aiutato a ricostruire le circostanze della morte della icona del pop». Il medico continuerà a mantenersi a disposizione delle autorità, ma «non è un sospettato». Chernoff ha anche definito «assolutamente falsa» la notizia secondo cui il suo assistito avrebbe fatto alla pop star una iniezione di un potente painkiller appena prima del decesso: «Niente Demerol, niente OxyContin», ha detto il legale, aggiungendo che Murray entrò nella camera da letto di Jackson «fortuitamente» quando il cantante era già privo di coscienza «e non stava respirando. Controllate le pulsazioni, che ancora si percepivano, deboli, nell'arteria femorale, il cardiologo ha cercato di praticare la rianimazione d'urgenza». Guardate i videoclip e votate il preferito su www.lastampa.it

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Zero ha il magone. Parla lento. Languido. L'aria di chi ha passato la notte a misurare l'assurdit... (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 29-06-2009)

Argomenti: Obama

Zero ha il magone. Parla lento. Languido. L'aria di chi ha passato la notte a misurare l'assurdità di una notizia, a vegliare su una morte che è di tutti, ma sua più di altri. Lo incontro in un ufficio romano al centro, la mattina dopo. Michael Jackson era in fondo ma anche in superficie uno di loro, lo stesso demone, una strepitosa bestia da palcoscenico, sfigurata dalla calce viva del proprio talento. Renato Zero non aspetta nemmeno la prima domanda. «... Tornavo a casa dopo una cena a Fiumicino con mia sorella, mia nipote, le figlie di mio figlio...». Suo figlio? «Roberto, il figlio che ho adottato una decina d'anni fa. Il vantaggio dell'adozione tardiva è che puoi scegliere di volta in volta se essere genitore o figlio...». Torna a casa e... «Accendo la radio e sento l'annuncio... Uno choc». Reazione immediata? «Buio. Si è spento un faro formidabile. Lui, come Battisti da noi, ha alzato l'educazione artistica del mondo. Con le sue innovazioni sceniche ha costretto lo show business ad adeguarsi ai suoi standard. Penso a Madonna, a tutti gli altri...». Dopo lo choc? «Un senso di liberazione. L'idea di una persona che aveva cessato di lottare contro la crudeltà». Non la immaginavo tanto partecipe. «La sua storia mi ha coinvolto. Lui ha sempre subito questa ispezione maligna di un'America bigotta che ha bisogno dei mostri per sentirsi rassicurata. Senza mostri non c'è l'America». Sembra un lutto privato, il suo. «La fine di Michael Jackson è la fine di tutti noi. Sì, ci restano Michael Bublé, i Dire Straits, John Mayall... Ma lui era unico nella capacità di rubare l'attenzione del mondo, dai bambini agli adulti e questa, un po', è roba che ci accomuna. Se mi va via lui, va via una parte di Renato». Hanno accostato spesso in queste ore Michael Jackson a Madonna, tra le divinità pop. «Lo trovo irriverente nei confronti di Michael. Lui incarna la perfezione di un disegno non solo artistico. Era un nero, non dimentichiamolo. La vittoria dei neri è sempre schiacciante in qualunque epoca. Da Jessie Owens a Barack Obama». Un nero che si sbiancava. «Capita quando hai sbagliato culla. La sua famiglia lo sfruttava portandolo in scena a cinque anni. Lui si è messo addosso la felicità di essere Michael Jackson solo il giorno in cui si è liberato di quel padre dittatore». Popolari ed eccentrici, popolari nonostante la diversità. Anche questo vi accomuna. «Si può essere stravaganti non per paraculaggine, ma per la felicità liberatoria di comunicare al mondo che sei te stesso finalmente. Ci si sbianca o ci si traveste anche per una sorta di riscatto, per chi come noi viene da una zona d'ombra». La sua zona d'ombra? «Quando all'anagrafe ti chiami Renato Fiacchini, hai un destino già assegnato e tu cambi nome, stravolgi le carte, scatta la censura del mondo. Sa una cosa? Solo oggi mi concedo di accarezzare le persone e di farmi accarezzare. Ero sempre in assetto di guerra. Quando m'insultavano, scendevo dal palco, andavo a scovare i vigliacchi, li pizzicottavo e li spogliavo. Li lasciavo in canottiera». Lei ha sbagliato culla? «No, per mia fortuna. Io la culla l'ho azzeccata. Quando sono nato, il benvenuto è stato molto rassicurante. A parte la flebo...». La flebo? «Sono nato con l'rh negativo di mia madre. Mi hanno dovuto sostituire completamente il sangue. A quei tempi si moriva per molto meno. Rinato... Renato. Credo non sia un caso». Il concerto per l'Abruzzo a Roma, voluto da lei. Hanno scritto di un mezzo flop. «Quando rivedi colleghi dopo tanto tempo, c'è la paura della riscoperta. Purtroppo, lo dico con languore, molti di questi miei amici non sono più gli stessi. Hanno creato intorno a sé barriere di manager, parrucchiere, adulatori. Il messaggio non è arrivato alla gente. Ci saremmo dovuti esporre di più nella comunicazione. La magia è scattata solo sul palco». Il suo ultimo cd è forse il più autorale di sempre. «Ho sempre lasciato a chi mi ascoltava la liberta di legare i fili dei tanti aquiloni. Stavolta gli ho detto: vieni con me, abbandonati, che ti faccio vedere il panorama dalla vertigine dei miei 58 anni». «Presente», il titolo. Come una volta, all'appello di scuola. «Presente vuol dire ci sono. Magari cambiato, ma sempre al tuo fianco. Sono convinto che anche oggi, qualche lustrino, qualche piuma, di straforo si vede sempre su di me. Il clown resta, anche quando ha perso il circo». Dieci chili e chissà quante malinconie in più. «Quando si cambia, devi anche assecondare il tuo corpo. Non puoi più pretendere di tornare ai 45 chili di una volta. La gente sotto dieta, quella sì è di una tristezza... Lo sguardo sguincio, l'occhio che cade. E poi, anche volendo, non potrei. Prendo dei metabloccanti che rallentano il metabolismo». Un malinconico gaudente? «Bazzico i ristoranti. I dieci chili che mi vengono imputati sono la prova che frequento. Che non sto a casa con l'imbalsamatore che mi dice: Fai il bagno coi sali del Mar Morto o metti 'sta pelle di lucertola che assorbe i grassi e i cattivi umori. Non rinuncio allo spaghetto, ma non prendo il Lexotan». A nanna senza additivi? «Dormo bene, quando non sono in tournée. Mi ci vogliono quattro, cinque ore per smaltire l'adrenalina». Dorme da solo? «Solo in un letto matrimoniale. Non si sa mai, dovesse arrivare qualcuno.... Chi dorme solo ha il vantaggio che non s'illude, non si fa dipendenze. L'ideale sarebbero due letti molto vicini». Renato Zero oggi? «Renato Zero oggi trova che il minimalismo in palcoscenico diventa sempre più interessante. Penso a Gilbert Becaud, Jacques Brel, la stessa Piaf. Per stare in palcoscenico come loro devi avere un carisma pazzesco. Certi musicisti hanno bisogno dei laser, quando non c'è la ciccia». Renato Zero come Carmelo Bene, predicatore della sottrazione. «L'ho odiato Carmelo Bene...». Che le ha fatto? «Cantavo in un locale a Firenze. La gente attaccata alle tende, aggrappata alle colonne. Si presentò lui, a spettacolo iniziato. Si siede, ascolta due canzoni, si alza e se ne va. L'avrei strangolato. Diceva ad amici comuni di Forte dei Marmi che era un mio estimatore e poi m'ha fatto fare 'sta figura di merda». Invoca spesso la poesia nel suo ultimo cd. Merce scaduta? «Un poeta non lo riconosci per la poesia che scrive, ma per la poesia che indossa. Per come si muove, come ti guarda, come sospira. Schifano era un poeta. Il coraggio di darsi senza risparmio». Un poeta tra i suoi colleghi di oggi? «Molte volte non diventi poeta perché non te ne rendi conto. La consapevolezza aiuta, non sminuisce. Un esempio? Claudio Baglioni. Un percorso, il suo, di tutto rispetto, ma ci sono pagine sue, sconosciute, di grande lirismo. Come "Gesù è mio fratello" che scrisse per Mia Martini». Il poeta che è in lei. «Da giovane bazzicavo Ventotene. Su quell'isola mi resi conto che quella parte di me andava curata e preservata». Il pezzo che più somiglia alla sua pelle. «"Il cielo". Fotografia amara e meravigliosa di questo '900. La speranza e la disperazione. Lo scrissi proprio a Ventotene». «I migliori anni della nostra vita» è il preferito di molti di noi. «Un giorno viene da me Maurizio Fabrizio, compositore straordinario, e mi fa: "Rena' senti 'sto pezzo". Era un cd logoro per quanto l'aveva fatto girare. Lo ascolto: un capolavoro. "Lo interpreto" dico io. E lui: "Sono contento, non l'ha voluto nessuno". E mi fa un elenco di nomi impressionanti». Andreotti e la moglie lo ascoltano alla televisione, teneramente intimi sul divano, ne «Il divo» di Sorrentino. «Un film girato da Dio. Mi chiamò Sorrentino: vuoi venire a vedere la sequenza, prima di dirmi no? Rimasi scioccato. Una scena di una potenza assoluta». Ha appoggiato Giovanni Galli, candidato sindaco di Firenze. «Siamo amici da sempre. Lo stimo. Basta con queste congreghe dei partiti. T'appioppano delle liste di gente senza volto e senza storia. Tu devi scegliere la persona. Il mio fornaio sotto casa lo manderei subito a Montecitorio». Berlusconi dice: gli italiani mi amano e mi vogliono così. «Essere amati con i soldi suoi è facile. L'amore è credibile quando non frequenta le banche e i centri di potere. La verità è che arriveremo a ottant'anni senza aver capito niente dell'amore». Canta anche: «Vorrei fermarmi ma questo attrezzo non vuole... Dottore caro mi sento depresso, già condannato all'ennesimo amplesso». «Attribuire al sesso tanta importanza è un paravento per certe nevrosi. Per non dire del ricorso idiota a certi farmaci». Un monumento musicale di oggi. «Ornella Vanoni. Meravigliosa». Un monumento di ieri? «Lucio Battisti. Aveva un carattere difficile ma, una volta che riuscivi a passare lo sbarramento, eri suo, ti faceva sentire a casa». A lei capitò? «Una volta fu bellissimo. Stavamo alla mensa dell'Rca. Lui da solo, io pure. Mi fa: vie' qua. Parlammo delle cose più disparate. Mi raccontò pure qualche barzelletta. Non benissimo, devo dire. Però sorrisi lo stesso, perché era tenero, da lui non te lo aspettavi».

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I militari cacciano il presidente (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 29-06-2009)

Argomenti: Obama

I militari cacciano il presidente [FIRMA]PAOLO MANZO «Un colpo di Stato troglodita». Così il presidente del Venezuela Hugo Chávez ha definito in una dichiarazione alla tv Telesur il golpe che in Honduras ha destituito il presidente della Repubblica Manuel Zelaya Rosales, costretto all'esilio in Costa Rica. E dopo aver puntato il dito contro gli Stati Uniti, coinvolti a suo dire nel colpo di Stato, ha mobilitato l'esercito e invitato il presidente statunitense Barack Obama a prendere posizione. L'invito non è caduto nel vuoto. Obama si è subito pronunciato dicendosi «profondamente preoccupato» e chiedendo agli «attori politici e sociali» del Paese il rispetto dello stato di diritto. Secondo Obama, «ogni tensione e ogni disputa dovrebbe essere risolta in modo pacifico, attraverso il dialogo». Dal canto suo la Casa Bianca ha respinto con forza l'accusa di aver avuto un ruolo nel golpe. «Non c'è stato alcun coinvolgimento statunitense in quest'azione contro il presidente Zelaya», ha riferito un funzionario sottolineando di riferirsi al leader honduregno sempre con il titolo di presidente. Dal Costarica intanto il presidente deposto ha dichiarato, sempre ai microfoni di Telesur, di essere stato «rapito e di essere vittima di un complotto» e ha chiesto aiuto proprio agli Stati Uniti affinché intervengano per il ripristino del governo legittimo. Per l'Honduras, tra i Paesi più poveri dell'America centrale, quello che doveva essere il giorno del voto si è trasformato, così, in quello del caos più assoluto. Si è passati da un referendum costituzionale che avrebbe garantito la rielezione dell'attuale presidente al golpe. Poco prima dell'inizio delle operazioni di voto, infatti, Zelaya, conservatore poi diventato grande alleato di Chávez, è stato arrestato da un gruppo di militari che all'alba avevano circondato la sua residenza e portato in una base dell'aviazione militare alla periferia della capitale Tegucigalpa, prima di essere costretto a lasciare il Paese. Dopo il suo arresto, la capitale è stata presa d'assedio da centinaia di blindati. Interi quartieri sono privi di energia elettrica, la polizia ha disperso gruppi di manifestanti filo-governativi. Secondo alcune fonti, sarebbe stato arrestato anche il ministro degli Esteri e altri sette membri del governo. La situazione è precipitata negli ultimi giorni, dopo che Zelaya aveva destituito il Capo di Stato Maggiore, il generale Romeo Vasquez, oppostosi alla sua decisione di convocare un referendum costituzionale. Zelaya, eletto nel 2006 con un mandato di quattro anni non rinnovabile, stava appunto cercando di emendare la Costituzione per potersi ricandidare. Ma aveva subito incontrato l'opposizione della Corte Suprema, che gli aveva intimato di restituire la carica al generale Vasquez. E proprio la Corte Suprema sarebbe dietro al golpe. Lo hanno reso noto gli stessi giudici spiegando di «aver ordinato ai militari di agire perché Zelaya aveva tentato di violare la legge con il referendum». In un'intervista su El Pais poco prima dell'arresto, Zelaya aveva rivelato che un tentativo di colpo di Stato era stato evitato dopo che gli Usa si erano rifiutati di sostenerlo. Immediate le reazioni internazionali. L'Ue ha condannato all'unanimità l'arresto del presidente. Franco Frattini ha espresso «grande preoccupazione» auspicando il «ristabilimento della legalità». L'Organizzazione degli Stati Americani (OSA) ha indetto una riunione d'emergenza dopo che la stessa delegazione venezuelana presso l'OSA denunciava il «rapimento» a Tegucigalpa da parte di «soldati honduregni» degli «ambasciatori del Venezuela, che è stato anche picchiato, di Cuba e Nicaragua». «Se non liberano il nostro ambasciatore», ha minacciato Chávez, «interverremo militarmente in Honduras». Ieri notte, intanto, il Parlamento nelle mani dei golpisti ha scelto come successore «ad interim» alla presidenza Roberto Micheletti Bain, di origini italiane, iscritto allo stesso partito liberale di Zelaya ma con lui in rotta da tempo. Le elezioni del nuovo capo di Stato si terranno il 29 novembre, come previsto già prima del golpe. L'Honduras ha goduto di una certa stabilità politica dalla fine del regime militare nei primi anni '80 ma negli ultimi mesi ha risentito profondamente della crisi. Il paese è uno degli snodi cruciali del narcotraffico tra America Latina e Stati Uniti.

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Malato ai polmoni non poteva più cantare (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 29-06-2009)

Argomenti: Obama

La tragedia della popstar LA MALATTIA GENETICA «Soffriva della mancanza di Aat, una proteina che protegge i polmoni» Malato ai polmoni non poteva più cantare Jackson disperato avrebbe detto: "Meglio che io muoia, sono finito" Il biografo Halperin «A Londra si profilava un disastro e secondo chi lo conosceva bene aveva propositi suicidi» Il presidente Obama Manda una lettera alla famiglia per esprimere il suo cordoglio «Un grande artista dalla vita tragica» [FIRMA]GLAUCO MAGGI NEW YORK Michael Jackson potrebbe essere morto per cause naturali, ma solo se possono essere chiamate naturali le sue condizioni culminate nello stress di un impegno che non sarebbe mai stato in grado di portare a termine. Questa è la conclusione dopo la ricostruzione della vicenda così come è proposta su MailOnline da Ian Halperin, il giornalista che segue da anni i travagli di Jackson e che, con tragica profezia, aveva scritto nel dicembre scorso che il cantante non aveva più di sei mesi di vita. «Non poteva reggere un concerto, figuriamoci 50», ha scritto Halperin. «Non poteva cantare. Certi giorni non riusciva a parlare. Non ballava più. A Londra si profilava un disastro, e secondo l'opinione di gente della sua cerchia Michael aveva propositi suicidi». Del resto, una settimana fa, a Jackson sfuggì un «meglio che io muoia, sono finito». Erano in troppi, creditori, familiari, banchieri, impresari, e lui stesso oppresso dai debiti, a voler mungere dal suo talento i milioni che i suoi fans erano disposti a pagare per rivederlo in carne e ossa. Più ossa che carne, in verità: pesava 56 chili, capelli grigi coperti con parrucche corvine, e si reggeva in piedi con un micidiale cocktail di antidepressivi e antidolorifici: Vicodin, Dolaudil, Xanax, Zoloft, Demerol, Vistaril, Paxil, Prilosec. Gli anni passati a lottare contro le accuse di pedofilia gli avevano scosso l'equilibrio psicologico, ma contro Jackson avrebbe giocato fin dalla nascita pure una situazione genetica negativa. Una fonte vicina al cantante ha rivelato che soffriva della deficienza genetica di una proteina, la alfa-1 antitripsina (Aat), che viene prodotta nel fegato. Il ruolo principale della Aat è quello di proteggere i polmoni. Jackson, tra i tanti farmaci, ha ricevuto iniezioni regolari di Aat per anni, mantenendo una vita quasi regolare: ma le maschere respiratorie che ne hanno accompagnato l'immagine per tanto tempo, e in certi periodi l'uso della sedia a rotelle per spostarsi, sarebbero la prova di queste difficoltà polmonari crescenti. La carenza di Aat può infatti degenerare in enfisema polmonare, ossia in una dilatazione anormale e permanente degli alveoli polmonari, le cui pareti perdono elasticità. Jackson e la sua cerchia sapevano della estrema precarietà dell'impresa londinese, quindi. Non a caso alla star era stato fatto credere in un primo tempo che le serate sarebbero state 10 non 50. La verità sulla fine di Michael Jackson in termini clinici la si avrà con i risultati delle due autopsie, l'ufficiale e la privata, voluta da familiari e amici. Il reverendo Jesse Jackson, che è da sempre vicino ai parenti della star, ha detto alla Cnn che «questo affare si è trasformato da richiesta di informazioni a indagine di polizia. Non c'è ancora pace. Non sappiamo che cosa sia successo e abbiamo bisogno di saperlo. Michael non era malato prima di giovedì». Ieri sono arrivate alla famiglia anche le condoglianze personali di Barack Obama il presidente Usa, che riteneva Jackson «una star dalla vita tragica». Ora l'ultima parola spetta agli investigatori, alle autopsie, se la seconda darà risposte bisognerà attendere il verdetto di quella del coroner, che interviene nei casi di morti sospette. Le procedure sono diverse: il medico ufficiale cerca prove per il tribunale. Tra l'altro, può intervenire sul cervello, fino a rimuoverlo e conservarlo per valutare i danni provocati anche in passato dall'uso di sostanze particolari. Le indagini del patologo privato potrebbero dare risposte non collimanti, e ciò aggiungerà dolore a un dramma che ha colpito più di tutti i tre figli di Jackson. Prince era presente nel momento in cui il papà, dopo l'iniezione fatale, è crollato sul pavimento: pensava che scherzasse. Ma presto il ragazzino ha capito, e si è impietrito nell'angoscia mentre il medico e la guardia del corpo cercavano di rianimarlo. Quando è stato chiamato il 911 dall'emergenza, erano passati minuti forse decisivi per la fine del mito. A conferma del giallo gli agenti di Los Angeles hanno interrogato per tre ore Conrad Murray, il medico personale di Jackson. I poliziotti avevano perquisito la sua Bmw alla ricerca di tracce utili a capire le responsabilità del medico, che era stato assunto dalla Aeg Live, società per i concerti londinesi che dovevano segnare il ritorno sul palco della star. Secondo il presidente di Aeg era stato lo stesso Jackson a richiedere di poter disporre dell'assistenza di Murray, 51 anni, afro-americano padre di sei figli avuti da cinque donne, con qualche pendenza per mancati riconoscimenti di paternità e alimenti negati. Per i suoi legali Edward Chernoff e Matthew Alford, «Murray ha aiutato a ricostruire le circostanze della morte della icona del pop». Il medico continuerà a mantenersi a disposizione delle autorità, ma «non è un sospettato». Chernoff ha anche definito «assolutamente falsa» la notizia secondo cui il suo assistito avrebbe fatto alla pop star una iniezione di un potente painkiller appena prima del decesso: «Niente Demerol, niente OxyContin», ha detto il legale, aggiungendo che Murray entrò nella camera da letto di Jackson «fortuitamente» quando il cantante era già privo di coscienza «e non stava respirando. Controllate le pulsazioni, che ancora si percepivano, deboli, nell'arteria femorale, il cardiologo ha cercato di praticare la rianimazione d'urgenza». Guardate i videoclip e votate il preferito su www.lastampa.it

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- omero ciai (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 29-06-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 1 - Prima Pagina OMERO CIAI Alle sei del mattino (le 14 in Italia) un gruppo di soldati si è presentato nella residenza del presidente dell´Honduras, Manuel Zelaya, lo ha portato all´aeroporto e da lì nel vicino Costa Rica. S´è consumato così uno stranissimo golpe nel «cortile di casa» dell´America di Obama. SEGUE A PAGINA 6 SERVIZI ALLE PAGINE 6 E 7

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"liberateli subito" l'europa si compatta e studia le ritorsioni - alberto d'argenio (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 29-06-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 3 - Esteri Cala sempre più la speranza di normalizzare le relazioni "Liberateli subito" l´Europa si compatta e studia le ritorsioni Nel vocabolario della diplomazia torna la parola "sanzioni", cancellata dall´avvento di Obama Anche se, per ora, nessuno si spinge a pronunciarla apertamente ALBERTO D´ARGENIO BRUXELLES - La flebile speranza di un ritorno al dialogo con l´Iran si allontana sempre più. Tanto da far rientrare nel vocabolario della diplomazia la parola «sanzioni», cancellata dall´avvento di Barack Obama. Per ora nessuno, tra ministri e addetti ai lavori, si spinge a pronunciarla apertamente, ma - seppur con cautela - in molti lasciano capire che dietro ad espressioni come «mobilitazione diplomatica e pressioni» per ottenere il rilascio dello staff dell´ambasciata britannica ci sarebbe proprio la carta delle ritorsioni. La notizia dell´arresto dei nove funzionari è arrivata proprio mentre i ministri degli esteri Ue erano riuniti a Corfù. Subito è scattata la solidarietà con Londra e al termine del vertice i 27 hanno emesso il comunicato più duro dall´inizio della crisi iraniana con la richiesta di «immediata liberazione» dei funzionari, avvertendo che in caso di ulteriori «intimidazioni e persecuzioni» Teheran si scontrerà con una «risposta europea forte e comune». Un inasprimento che un diplomatico spiega così: «Prima degli arresti di ieri la posizione della comunità internazionale verso l´Iran era piuttosto morbida. Il modo giusto per sostenere la mano tesa di Obama e la sua volontà di riallacciare il canale del dialogo». Ieri, però, gli europei hanno dovuto alzare i toni. Fino a che punto sono pronti a spingersi? Da Bruxelles si avverte che sarebbe poco saggio «elencare in anticipo gli strumenti che useremo». A disposizione, aggiungono, «abbiamo i mezzi già usati nel dossier sul nucleare, come la mobilitazione internazionale e la pressione, anche a livello Onu». Un giro di parole per non menzionare mai le sanzioni. Prudenza comprensibile, visto che le sanzioni manderebbero all´aria i piani di Obama e delle capitali Ue, facendo precipitare ancor più le relazioni tra Teheran e comunità internazionale. E poi, sottolineano molti, «al G8 di Trieste la Russia ha detto che fino all´autunno non farà passare nuove sanzioni all´Onu». Insomma, riassume un´autorevole fonte Ue: «Dalle elezioni non abbiamo più contatti con Teheran: la speranza di normalizzare le relazioni resta ma è sempre minore. Ora la palla è nel campo degli iraniani, che la stanno giocando molto male».

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patrizia al "sunday times": così quella notte con silvio - enrico franceschini (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 29-06-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 11 - Interni La escort racconta che il premier la invitò a fare docce gelate. L´imbarazzo quando entrò in camera un componente dello staff Patrizia al "Sunday Times": così quella notte con Silvio Il giornale scrive che Letta rifiuta gli inviti a cena di Berlusconi. Palazzo Chigi: invenzioni ENRICO FRANCESCHINI dal nostro corrispondente londra - Gianni Letta, sottosegretario e più fidato collaboratore di Silvio Berlusconi, ha preso le distanze dal premier e rifiuta i suoi inviti a cena. Lo scrive il Sunday Times, citando fonti all´interno del governo. L´indiscrezione fa parte dell´ampia copertura che la stampa britannica continua a dedicare agli scandali che coinvolgono il premier italiano. Il Sunday Times, più diffuso trai domenicali «di qualità», scrive in una corrispondenza da Bari dell´inviato John Follain che «insiders», ovvero fonti dall´interno, «dicono che Gianni Letta si è distanziato dal premier e da alcuni mesi declina i suoi inviti a cena». L´indiscrezione è smentita da Palazzo Chigi, da dove si fa notare che anche nelle ultime settimane Letta ha partecipato regolarmente a incontri, comprese cene di lavoro, con il premier. Il giornale inglese è tuttavia deciso nel rappresentare l´isolamento di Berlusconi. Un collaboratore «disamorato» ne parla in questi termini: «Berlusconi si è trasformato nell´opposto di re Mida, sporca tutto quello che tocca». Notando anche le crescenti critiche al suo comportamento espresse dalla Chiesa cattolica, l´articolo afferma poi che le rivelazioni sulla sua vita privata hanno indebolito il leader del Pdl, e sebbene non ci siano minacce immediate, «alleati nella sua coalizione di centro destra si azzardano in privato a contemplare un´era post-Berlusconi». Nei giorni scorsi, citando «alte fonti di governo», il Financial Times aveva affermato la stessa cosa. Il servizio del Sunday Times contiene una serie di dichiarazioni di Patrizia D´Addario, la escort pugliese che ha visitato due volte Berlusconi a Palazzo Grazioli e vi ha trascorso una notte con lui. «Non ho mai dormito - racconta la donna - era instancabile». Secondo la sua ricostruzione, il premier la condusse in camera da letto quasi alle 4 del mattino, dopo che le altre ragazze se n´erano andate. La D´Addario dice che Berlusconi fece mezza dozzina di docce ghiacciate durante la notte e lei lo raggiunse sotto la doccia a sua richiesta. A un certo punto, secondo quanto raccontato in seguito dalla donna a un amico, «d´improvviso smise di muoversi e pensai fra me "grazie a dio si è addormentato". Ma non durò». La escort confida di aver provato imbarazzo quando un membro dello staff entrò in camera da letto al mattino, con un vestito per Berlusconi, ricordandogli che doveva fare una dichiarazione sulla vittoria di Obama, eletto presidente quella notte. La donna lasciò la residenza alle 11, ma mentre tornava a Bari lui le telefonò: «Bambina mia!», disse, chiedendo poi perché avesse la voce roca. E lei spiegò: «Per via delle docce». Il Sunday Times riferisce pure il contenuto di una successiva telefonata fra la D´Addario e Barbara Montereale, altra partecipante alla cena a Palazzo Grazioli. «Ti ricordi come mi carezzava mentre eravamo sul sofà? E come carezzava te e guardava me?» chiede la D´Addario. E la Montereale: «Era disgustoso, faceva tutto di fronte alle guardie del corpo».

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una lotta fra ayatollah - (segue dalla prima pagina) (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 29-06-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 25 - Commenti UNA LOTTA FRA AYATOLLAH Khamenei e Ahmadinejad agitano polverosi fantasmi capaci di accendere l´immaginazione popolare L´Inghilterra è un bersaglio provvisorio, nell´attesa che si chiariscano gli equilibri tra le varie correnti (SEGUE DALLA PRIMA PAGINA) La storia alimenta così il sempre vivo orgoglio della patria persiana. Khamenei e Ahmadinejad agitano polverosi fantasmi capaci di accendere l´immaginazione popolare: espellono (la settimana scorsa) due diplomatici britannici provocando la risposta di Londra, che espelle a sua volta due diplomatici iraniani. è un conflitto incruento destinato ad avvalorare la tesi della mano straniera dietro la protesta di piazza. Seguendo lo stesso copione, viene messo alla porta il corrispondente della Bbc, voce della perfida Albione che diffonde in lingua farsi notizie ignorate o truccate dalle emittenti iraniane. Ulteriore colpo di teatro, nelle ultime ore: l´arresto di impiegati iraniani dell´ambasciata di Gran Bretagna, accusati di essere tra gli ammiratori del complotto contro la Repubblica islamica. Questa è una prima lettura, direi classica. Il regime squalifica gli oppositori, denunciando interessi stranieri alle loro spalle, e rilancia lo scontro con l´Occidente. è una tattica elementare. Ma perché indicare come principale nemico la vecchia potenza coloniale, e non il "grande satana", ossia gli Stati Uniti? Anche a loro sono indirizzate le accuse di Teheran. Barack Obama non è risparmiato. Viene descritto come una brutta copia di Bush Jr. E la Cia non è trascurata. Sarebbe difficile ignorarla. La stessa stampa americana ha più volte dato notizia dei milioni di dollari destinati da Washington, ai tempi di Bush Jr., alla "destabilizzazione" della Repubblica islamica, sospettata di preparare armi nucleari. Tuttavia l´America non è il bersaglio principale. Non è risparmiata, è investita frontalmente, ma l´Inghilterra fa da schermo. Pur ricorrendo agli stereotipi dei momenti di crisi, ad uso interno, l´ayatollah Khamenei e il presidente Ahmadinejad esitano a sbattere la porta in faccia a Barack Obama. Con lui dovranno affrontare un giorno la questione nucleare, la quale resta all´ordine del giorno, chiunque sia ufficialmente al potere a Teheran. Attaccare l´Inghilterra costa poco. La vecchia potenza coloniale è, appunto, uno schermo ideale. Il bersaglio inglese rivela anche l´incerta situazione interna al gruppo dirigente che, secondo Mir Hussein Moussavi, il leader dell´opposizione repressa, ha preparato e compiuto il «colpo elettorale». L´Inghilterra è un bersaglio provvisorio, nell´attesa che si chiariscano gli equilibri tra le varie correnti. I comandanti della Guardia rivoluzionaria, espressione dell´estrema destra e della seconda generazione dall´avvento della Repubblica islamica, sarebbero i veri autori del colpo elettorale. Avevano vent´anni nel ´78-´79, quando l´ayatollah Khomeini arrivò al potere, e hanno vissuto tutte le successive prove: la guerra contro l´Iraq di Saddam Hussein; la repressione interna avvenuta a conclusione di quel conflitto; la precedente eliminazione dei Mujahiddin Khalq, gli islamici di sinistra decimati ed esiliati; la morte di Khomeini e la nomina di Khamenei al suo posto, come guida suprema, ossia vero capo dello Stato. Nel corso degli anni si è formata la forte corrente di estrema destra che ha via via preso il controllo della Guardia rivoluzionaria. I nomi più noti sono quelli oggi alla sua testa: i generali Jafari e Javani, che hanno accusato Moussavi di promuovere una «rivoluzione di velluto». Ex della Guardia rivoluzionaria hanno invece fatto carriera nella burocrazia: il ministro degli Interni Sadegh Mahsouli, il suo vice Kamran Daneshjou, supervisore delle elezioni, e lo stesso presidente Ahmadinejad. Il loro ispiratore è l´ayatollah Mohammed Taghi Mesbah Yazdi, il più conservatore dei grandi capi religiosi. Molti si sono formati nel suo seminario (la scuola Haghani) a Qom. L´ayatollah Mesbah, così è chiamato in Iran, è noto per le sue sentenze. Ne viene spesso citata una: «Non ha importanza quel che pensa la gente. La gente è ignorante come una capra». Gli attuali capi dell´intelligence, come non pochi responsabili delle milizie Bassiji, formazioni paramilitari controllate dalla Guardia rivoluzionaria, sono discepoli dell´ayatollah Mesbah. Il quale, prima delle elezioni, avrebbe lanciato una fatwa che autorizzava l´uso di qualsiasi mezzo al fine di far rieleggere Ahmadinejad. L´ayatollah Mesbah e lo stesso Ahmadinejad citano di rado la Repubblica islamica, preferiscono parlare di governo islamico. L´espressione "repubblica" non va a genio né a l´uno né all´altro, implica un coinvolgimento popolare e quindi elezioni che essi tendono a rifiutare. Il potere discende direttamente dalla volontà di dio, e loro ne sono gli interpreti. Per questo attendono che l´ayatollah Khamenei, malandato di salute e non del tutto allineato sulle loro posizioni, tolga il disturbo. Per designare il successore. Ma la lotta tra le varie correnti non si è ancora conclusa.

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jacko, i minuti finali l'iniezione al cuore diventa un giallo - alberto flores d'arcais (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 29-06-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 16 - Spettacoli Jacko, i minuti finali l´iniezione al cuore diventa un giallo Il medico si difende: non l´ho fatta io L´ex baby sitter dei figli, prima di essere interrogata: "Troppi farmaci, gli ho dovuto fare più volte la lavanda gastrica" ALBERTO FLORES D´ARCAIS dal nostro inviato los angeles - è l´ora degli avvocati. Michael Jackson è morto da tre giorni, fan di tutto il mondo piangono il loro idolo, Obama scrive alla famiglia, i detective mettono sotto torchio medici e amici del re del pop, ma come sempre accade nelle vicende delle superstar, passato il momento delle lacrime e dei peana, iniziano le grandi battaglie legali: eredità, figli, malasanità e soldi. Tanti soldi. Che a uccidere Peter Pan siano stati vagoni di farmaci, prescritti da medici che sulla salute di Michael hanno lucrato palate di dollari, sembra ormai un dato acquisito. Cocktail di medicinali che lo costringevano a continue lavande gastriche, come ha raccontato Grace Rwaramba, ex assistente e babysitter dei figli, considerata dal re del pop una sorta di «seconda mamma». «Gli ho dovuto svuotare lo stomaco molte volte», ha raccontato ai media inglesi prima di partire da Londra alla volta di Los Angeles, dove i poliziotti della Robbery and Homicide l´aspettano per interrogarla come "persona informata". «C´erano dei periodi che stava così male che non gli permettevo di vedere i bambini, mangiava sempre pochissimo, mescolava troppi farmaci». Un atteggiamento protettivo che irritava il re del pop, tanto che a dicembre Grace venne licenziata senza troppi complimenti dopo dieci anni di servigi. Lancia pesanti accuse anche ai familiari, racconta come uno del «clan Jackson» l´abbia chiamata a poche ore dalla morte solo per sapere «dove Michael nascondeva i soldi». I soldi, tanti, come tanti sono i debiti. Negli ultimi tempi Michael non se ne occupava più, aveva anche abbandonato la vecchia abitudine di nascondere le mazzette di verdoni sotto i tappeti o nelle buste nere della spazzatura. Il suo contestato patrimonio gestito da manager e avvocati, case messe in vendita, Neverland affidata a una società di cui era socio, un complicato incrocio di carte, contratti, tasse, donazioni, cause legali trascinate per anni. E due testamenti. La battaglia per l´eredità non è ancora iniziata ma dalle prime avvisaglie si capisce che sarà spietata. La famiglia ringrazia i fan, Joseph, il padre-padrone del clan accusato in passato dai figli di varie nefandezze, monopolizza gli schermi tv: «Siamo devastati, continuate ad amarlo, così la sua eredità vivrà per sempre». Eredità artistica ovvio, ma alla famiglia preme molto anche quella concreta. Hanno già assoldato un potente avvocato, uno che con Michael aveva già lavorato, perché studi e risolva la questione dei figli. Michael Jr, detto Prince (12 anni), Paris (11) e Prince Michael II detto Blanket (7) sono gli eredi naturali e la cinica posta in gioco di una storia più grande di loro. I primi due sono figli di Debbie Rowe, il terzo di una "madre in affitto" di cui non si conosce il nome. Il «clan Jackson» vuole che vengano affidati alla nonna (moglie di Jospeh), ma Debbie non ci sta. Anche lei ha il suo potente avvocato e, secondo gli esperti di diritto familiare, le leggi californiane alla fine le daranno ragione. Avvocati al lavoro anche sul fronte medici. Il cardiologo Conrad Murray ha scelto il migliore di Houston per farsi accompagnare alla centrale del Los Angeles Police Department. Un interrogatorio durato tre ore, da cui è uscito soddisfatto e con in mano il comunicato dei detective che hanno testimoniato il suo «spirito collaborativo» e le informazioni «utili alle indagini» che ha fornito. Secondo il tabloid inglese Mirror il dottor Murray avrebbe fatto un ultimo disperato tentativo di salvare Jackson con un´iniezione di lidocaina direttamente nel cuore. Versione totalmente smentita da Edward Chernoff, l´avvocato di Murray. L´avvocato ha dichiarato al Los Angeles Times che il suo assistito non ha mai somministrato a Jacko «alcun potente farmaco». «Sono voci totalmente false» ha concluso. Murray non è indagato e il LAPD ha confermato che stando ai primi risultati dell´autopsia la morte non è dovuta «ad atto criminoso». Gli avvocati dei Jackson vogliono però saperne di più. Quindici giorni fa le notizie sulla salute di Michael erano già preoccupanti, tanto che i familiari avevano cercato di costringerlo a forza a ricoverarsi in una clinica specializzata. Ricevendo il netto rifiuto del re del pop, che non voleva assolutamente rinunciare ai concerti di Londra e del suo medico che dagli organizzatori del tour londinese era stato assunto (su richiesta di Michael) con un ricco contratto. Per questo hanno chiesto (e ottenuto) una seconda autopsia. I cui risultati, visto che è stata fatta da medici legali e laboratori privati, potrebbero arrivare prima di quelli dell´autopsia ufficiale che richiedono almeno un mese. Non è detto però che portino grandi novità, anche perché i «privati» non hanno potuto esaminare il cervello della popstar, restato nei laboratori del coroner per approfonditi esami neuropatologici. L´avvocato di famiglia vuole anche una risposta al perché Murray abbia praticato il massaggio cardiaco tenendo il paziente sul letto, mentre secondo i manuali andrebbe fatto su una superficie rigida. La «medical malpractice» è un campo minato, con medici, avvocati e assicurazioni che negli States sono in guerra permanente. Visto che qui sono in gioco i milioni di dollari dell´eredità è facile prevedere uno scontro aperto. Mentre il presidente Obama scrive una lettera "riservata" alla famiglia, l´esercito di avvocati, medici, manager che hanno segnato gli ultimi anni della vita di una delle icone popolari più sole al mondo affilano le armi.

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gli usa fanno tremare i giganti poi il brasile rimonta e vince - fabrizio bocca johannesburg (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 29-06-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 42 - Sport L´altra finale Spagna terza (3-2) Sudafrica in lacrime Gli Usa fanno tremare i giganti poi il Brasile rimonta e vince La finale della Confederations Cup regala brividi. Gli statunitensi avanti 2-0 e campioni in bambola. Ma Luis Fabiano segna una doppietta e Lucio il 3-2 cancellando l´impresa. E lo stadio in coro cantava: "Yes we can..." Non concessa una rete a Kakà: il pallone era entrato nella porta di Howard FABRIZIO BOCCA JOHANNESBURG dal nostro inviato Quando l´Ellis Park- stadio di Johannesburg abituato alle partite storiche - ha cominciato a gridare «Yes we can» ritmando lo slogan di Obama con le vuvuzelas, si è capito che stava avvenendo l´incredibile. Gli Usa, paese leader nello sport mondiale ma tra gli ultimi nel pallone, avevano messo a segno il 2 - 0 contro il Brasile con Donovan, star 27enne dei Los Angeles Galaxy (il club di Beckham) e della nazionale a stelle e strisce. Uno spettacolare triangolo in contropiede con Davies lanciato a sinistra, la palla che torna e lui che salta Luisao e infila Julio Cesar, portiere numero 1 al mondo. Il Brasile la squadra più famosa del globo, i maestri del dribbling, la formazione di Kakà venduto al Real per 65 milioni, la nazionale dei 5 Mondiali e le 8 Coppe America dominata da una nazionale antica ma che mai ha vinto nulla. Il mondo capovolto. C´è voluto più di un´ora per ribaltare ancora la storia: il Brasile ha vinto la sua terza Confederation Cup in una finale bellissima, finita 3-2, e ora si presenta ai prossimi Mondiali come favorito alla conquista del suo sesto titolo: «Esacampeao!», urlano già i suoi tifosi. Proprio l´Italia aveva cominciato a sperimentare la sorpresa Usa, quel lunedì di tre settimane fa a Pretoria: il rigore di Chiellini sul 19enne di origine haitiane Altidore avrebbe dovuto mettere in guardia il calcio. C´erano voluti due gol di Rossi per battere i ragazzi di Bob Bradley, cinquantenne professore di educazione fisica del New Jersey che ha costruito una bellissima squadra, prendendo quasi tutti calciatori che giocano in Europa. In tuta si è piantato a gambe larghe davanti alla panchina, con il sergente Dunga che lo guardava stupito: ma cosa si sono messi in testa questi? Difesa, contropiede e tanto cuore. Luis Fabiano, Kakà, Robinho, e Ramires un attacco da almeno 150 milioni di euro contro Spector, Demerit, Onyewu e Bocanegra gente che viene da West Ham, Watford, Standard, Rennes non proprio grandi club. I brasiliani hanno trovato almeno inizialmente una difesa migliore della nostra. Andati gli Usa in vantaggio dopo appena 10´ hanno perso la testa. Non ci potevano credere: il texano Clint Dempsey, uno che ha imparato a giocare a soccer con gli immigrati clandestini messicani, li aveva beffati con una ciabattata di destro da metà area. Lo tenevano talmente in considerazione che i vari Lucio, Luisao, Maicon e Andre Santos, si erano scordati di marcarlo. Clint ha esultato e ripetuto al rallentatore il gesto: visto come gli ho fatto gol a questi? L´eroe della serata è Tim Howard, portiere dell´Everton ex Manchester Utd, uno con la passione del basket. E´ stato lui sull´1-0 e sul 2-0 a far impazzire i brasiliani, ha parato tutto. A Robinho in tuffo, a Felipe Melo da fuori area, ad Andre Santos salito a dare man forte. Anche a Luis Fabiano aveva parato un bel tiro, fino a quando l´attaccante del Siviglia, quello che aveva fatto due gol pure all´Italia, e ora capocannoniere del torneo con 5 gol, non ha rimesso a posto i conti con la storia: stop di petto e tiro al ritorno in campo (2-1), colpo di testa mezz´ora dopo (2-2). Con tanto di regolare gol di Kakà parato oltre la linea da Howard non visto dall´arbitro Hansson. Il sogno degli Usa, la prima vittoria della sua storia, è durato un´ora e dieci minuti. Lucio di testa ha messo dentro il 3-2 che ha fatto scoppiare in lacrime gli americani. Mister Bradley e i suoi ragazzi si sono abbracciati. Lo stesso hanno fatto i brasiliani, nemmeno avessero già conquistato la Coppa del Mondo: hanno pregato in circolo. Maicon, Elano e gli altri prima di ritirare il trofeo sono andati a stringere la mano agli americani: l´onore delle armi dai migliori al mondo.

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stadi super, alti costi e paura ecco il mondiale che verrà - johannesburg (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 29-06-2009)

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Pagina 43 - Sport Stadi super, alti costi e paura ecco il Mondiale che verrà "E´ assurdo, qui non siamo in zona di guerra" Jordan, attivista anti-apartheid: "Con questo progetto corriamo uniti nel futuro" JOHANNESBURG dal nostro inviato Lo stadio è un´enorme "pentola sul fuoco" - lo chiamano così, o anche "the calabash" la zucca - e il cantiere è circondato da 5 km di filo spinato. Non si sa se sia più simbolo uno o l´altro. Soccer City sarà lo stadio della finale, un mostro da 94 mila posti e 350 milioni di euro, sorto sull´ex FNB Stadium dove Mandela nel ´90, davanti a 100.000 persone accorse da Soweto, tenne il primo discorso da uomo libero. Soccer City avrà tunnel degli spogliatoi e volte che ricordano le miniere, dove milioni di neri hanno lavorato in condizioni disumane. E infatti sorge davanti l´immenso bacino di una delle miniere di diamanti che circondano Johannesburg, cuore di South Africa 2010. Obama è già invitato per la cerimonia dell´11 giugno. Il filo spinato ricorda che il cammino è lungo e che i Mondiali non lo spezzeranno del tutto. A Johannesburg si esce in macchina da un posto recintato col filo spinato per entrare in un altro recintato di filo spinato a sua volta. Alla tv c´è un programma di bricolage: così si monta sui muri di cinta la rete elettrica che sbruciacchia chi la scavalca. «Il Mondiale è un tributo all´Africa, verso cui il mondo ha un debito» questa Blatter l´ha detta giusta. Non avvicinerà del tutto bianchi e neri, non eliminerà la povertà delle townships, ma se c´è un posto dove il Mondiale ha senso forse è davvero questo. Vedremo 6 nazionali africane e i quartieri poveri avranno almeno nuovi centri sportivi. Il Mondiale delle contraddizioni: il Sudafrica ha stadi che in Italia sogniamo. Il tutto per un football popolare, ma non certo ricco. Ai margini di Soweto c´è lo stadio degli Orlando Pirates - il club più importante, protagonista di accesi derby con Kaizer Chiefs, Moroka Swallos e Jomo Cosmos tutti della township più nota al mondo - rinnovato e modernissimo. Non ci si giocherà nemmeno una partita perché ci sono altri stadi ancora. Ci sono almeno 4 milioni di persone che vivono in baracche monolocale 3 per 3 in eternit e ci sono impianti eccezionali e polifunzionali, rugby o soccer è lo stesso. Gli Springboks hanno battuto i Lyons al Loftus Versfeld di Pretoria, dove l´Italia ha preso ceffoni dal Brasile. Il soccer è popolare tra i neri, anche se ora si intravedono punti bianchi alle partite di Pienaar & C e uno degli idoli è il bianco Booth. Ma la maggioranza non può permettersi un biglietto: secondo Actionaid 5 milioni vivono con un dollaro al giorno. Nemmeno Sudafrica-Brasile ha fatto il pieno. Per i Mondiali si sono venduti 650.000 biglietti ma forse ci vorranno - come in questi giorni - omaggi a migliaia e deportazione di ragazzini in tribuna. La massa dei bianchi segue rugby e cricket e al limite la Premier League inglese. Giornali come Citizen e Star dedicano spazio, ma mai troppo. Anche qui i costi sono saliti, non si sa cosa fare dopo di stadi così, ma se li avranno ci faranno i Mondiali di rugby 2015. Anche qui come in Cina si spostano migliaia di famiglie per non farle vedere, come accade alla township di Jovo Slovo a Capetown. Atteso mezzo milione di turisti, c´è un problema di treni e di trasporti: nessuno usa mezzi pubblici, l´intero Sudafrica si muove su pullmini da 15 persone. Si raddoppiano così le autostrade. Confederations Cup e Mondiali 2010 costeranno una cifra: il governo ha investito 787 miliardi di rand (75 miliardi di euro) per le sole infrastrutture. Quasi mezzo milione di persone lavora al mondiale: al Soccer City ci sono 3500 operai a turno. Si sono investiti 1,3 miliardi di rand in sicurezza: assunti 41.000 poliziotti e addestrati 45.000 steward, acquistate macchine, elicotteri e perfino cannoni ad acqua. L´esperto di sicurezza inglese Nick Buickless ha detto che il Sudafrica è più pericoloso di Iraq ed Afghanistan. La BBC ha diffuso statistiche secondo cui su 100.000 persone ogni anno 4 vengono uccise, 47 rapinate e a 30 rubano la macchina. La security è un caso diplomatico. Il capodelegazione del Brasile si è lamentato di vivere sotto scorta: poi ha ritrattato. L´Egitto (giocatori ripuliti da ladri o forse da prostitute) ha scatenato la reazione del delegato sudafricano alla sicurezza Fikile Mbalula: «Assurdo, non siamo in zona di guerra!». Dicevano che il Sudafrica non ce l´avrebbe fatta. La Confederations Cup ha dimostrato il contrario e se le vuvuzelas rompono ci abitueremo. L´Italia ha affrontato il viaggio con sufficienza, quasi si venisse a un torneo minore: peccato. Danny Jordaan, 58 anni, attivista anti-apartheid e manager di South Africa 2010 è sicuro: «Sarà il più grande spettacolo del mondo: volevamo un progetto che ci facesse sentire una nazione, corriamo uniti verso il futuro». (f. bo.)

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finalmente cabrio sarà il passaporto per l'america? - salvatore tropea balocco (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 29-06-2009)

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Pagina 32 - Automotori Finalmente cabrio sarà il passaporto per l´America? Presentata la più attesa scoperta della Fiat. L´obiettivo è di 35 mila unità l´anno ma in due settimane ha già incassato 5 mila ordini. Il listino parte da 16.600 euro per arrivare a 22.800. In vendita dal 4 luglio. E nel 2011 potrebbe debuttare anche negli Stati Uniti SALVATORE TROPEA BALOCCO Che cosa rappresentano numericamente 35 mila vetture per un gruppo che ne produce annualmente oltre 2 milioni? La risposta è che esse non cambiano molto anche se, come si dice, in tempi di crisi "tutto fa". Se però queste vetture sono le nuove 500 in versione cabrio allora meritano una particolare attenzione perché, al di là dei numeri, aiutano a capire ancor meglio le ragioni che inducono il Lingotto a spingere sui mercati forti dell´Europa col marchio Fiat, che oltretutto è quello che ha avuto sinora la migliore reazione alla crisi, e a farlo continuando a guardare all´America. Ufficialmente la 500C arriverà sui mercati italiano, francese, britannico il 4 luglio ma ha già incassato in due settimane 5 mila ordini il che lascia pensare che possa anche andare oltre la soglia prevista delle 35 mila unità. Quando Lorenzo Sistino, ad di Fiat Automobiles osserva che «al di là dei volumi questa vettura sarà importantissima per rafforzare l´immagine di 500 e di tutto il brand Fiat», spiega di fatto la strategia alla quale risponde questa vettura. è probabile, infatti, che in un giorno neppure tanto lontano anche questa elegante piccola 500 circolerà sulle strade della West Coast. La Fiat l´ha messo nel conto del gran ritorno in America e del resto, a giudicare dal successo che questo modello sta incontrando in alcune grandi capitali europee a cominciare da Parigi, non sarebbe un´idea stravagante. In fondo le caratteristiche sono quelle che hanno indotto Barack Obama a pronunciarsi a favore della Fiat come alleato di Chrysler. Bassi consumi, basse emissioni, prezzi contenuti, piccole dimensioni meglio adattabili al traffico urbano: insomma la carta Fiat che spiega il successo dello storico remake della 500 anche in una versione che rievoca il Cinquino del 1957 e più in generale la scelta del gruppo per uscire ben posizionato dalla grande crisi. Nel palmares della 500 si scopre che, a livello globale, la 500 è stata lanciata in 59 paesi, è stata già venduta in 360 mila unità, detiene il 12 per cento di quota nel suo segmento europeo, ha vinto 30 premi internazionali, il suo sito ha messo assieme undici milioni di visite. Si dice anche che, per essere un´utilitaria, il suo prezzo la spinga verso l´area dei prodotti di lusso. Ma se l´80 per cento dei clienti si orienta verso gli allestimenti più ricchi una ragione deve pur esserci. Significa che il suo appeal è riuscito a imporsi ma può anche voler dire che la maggiore spesa trova in parte compensazione in alcune caratteristiche di economicità nella sua gestione. Più della metà delle 500 sinora vendute circola all´estero, con 6 mila clienti in Giappone, tanto per citare un mercato a vocazione fortemente domestica. Insomma, quello che Sistino chiama «un successo internazionale».

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l'uomo che trattò per gli ostaggi usa "l'occidente si muova il meno possibile" - francesca caferri (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 29-06-2009)

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Pagina 4 - Esteri Gary Sick è stato membro del National Security Council durante la crisi con Teheran del 1979 L´uomo che trattò per gli ostaggi Usa "L´Occidente si muova il meno possibile" FRANCESCA CAFERRI Se c´è un uomo che sa cosa significhi trattare con l´Iran in un momento di crisi, quello è Gary Sick: membro del National security council sotto i presidenti Ford, Carter e Reagan, principale negoziatore della Casa Bianca durante la crisi degli ostaggi del ´79, oggi senior research scholar della Columbia University, sulla crisi di questi giorni non ha dubbi: «L´Occidente farà meglio a muoversi il meno possibile se non vuole creare danni all´opposizione». Professor Sick, il braccio di ferro si fa sempre più duro: cosa può fare L´Occidente? «Il meno possibile. Questo è uno scontro interno all´Iran: ogni parola di Obama, ogni presa di posizione delle cancellerie occidentali si trasforma in una scusa per chi vuole attaccare il movimento riformista. L´unica cosa che possiamo fare è richiamare l´Iran al rispetto delle convenzioni internazionali sui diritti umani e sulla libertà di espressione. Tutto il resto sarebbe un´interferenza pericolosa». La strategia del dialogo di Obama è tramontata? «Non escludo che se ne possa riparlare un giorno. Ma oggi è l´intero Occidente ad accusare l´Iran. E il regime iraniano accusa l´Occidente: non si può pensare che venga dimenticato presto». Lei è stato in prima linea nel momento più difficile delle relazioni fra il suo paese e l´Iran: cosa si aspetta oggi? «Sarà uno scontro lungo. Ricordiamo quello che accadde con Khomeini: tutti parlano del gennaio ´79, ma la rivoluzione iniziò un anno prima. Non vorrei arrivare ad usare il termine fascismo: ma qui in campo c´è uno stato militarizzato e nazionalista, con un´ideologia unica che punta a controllare ogni settore della società. E che non accetta l´idea di dividere il controllo con nessuno».

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iran e gran bretagna la lunga battaglia nel golfo - (segue dalla prima pagina) (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 29-06-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 4 - Esteri IRAN E GRAN BRETAGNA LA LUNGA BATTAGLIA NEL GOLFO La storia Una via dedicata a Winston Churchill si chiama da tempo via Bobby Sands, il mito dell´Ira (SEGUE DALLA PRIMA PAGINA) A suo dire il peggiore di questi Stati, il più perfido, il più diabolico, "il più infido" è …la Gran Bretagna. Le fila serrate dei basiji hanno ruggito in segno di approvazione, facendo con le braccia una sorta di saluto vagamente fascista. Gli analisti hanno in seguito spiegato che all´origine della scelta di Khamenei potrebbe esserci la motivazione che intende tenere l´uscio aperto nel momento in cui gli Stati Uniti stanno cercando di esprimere energicamente la loro disapprovazione per il risultato elettorale e la repressione dei manifestanti, ma non a tal punto da rendere impossibile rompere il ghiaccio tra i due Paesi. Per questa e altre ragioni la Gran Bretagna è considerata un comodo surrogato dell´America. Ma ciò non basta: Iran e Gran Bretagna hanno un passato nonché un presente che spiega ancor meglio le cose. E spiega anche perché aver definito i britannici "i più infidi" ha provocato la reazione particolare della folla che ascoltava il discorso di Khamenei. I primi contatti tra i due Stati, risalenti al XVI e al XVII secolo, furono produttivi: i mercanti e i soldati britannici aiutarono la dinastia dei Safavidi al potere, instaurando proficui rapporti commerciali e studiandone la cultura. Nei due secoli seguenti, tuttavia, quando il potere della dinastia dei Quajarid provocò caos e subbugli nella popolazione, la Persia - come si chiamava allora - divenne il terreno di scontro di due imperi in concorrenza tra loro, e la casa regnante si trovò costretta a fare concessioni sempre più umilianti. Una per tutte quella nei confronti del Barone de Reuter (fondatore dell´agenzia di stampa), talmente onerosa da attirarsi molta ostilità da ogni settore della società persiana, al punto da essere revocata. I Quajarid nel 1921 persero il potere e furono sostituiti da Reza Pahlavi, aiutato dai britannici a conquistare il trono, prima di essere deposto durante la guerra. Suo figlio Reza Pahlavi II fu aiutato a restare al potere dai britannici fino alla fine degli anni ‘70, benché il suo Primo ministro Mohammad Mossadegh fosse stato allontanato dai servizi segreti britannici che lavoravano insieme alla Cia. Lo scià, alla fine, fu destituito dalla Rivoluzione islamica che portò l´ayatollah Khomeini al potere nel 1979. L´anno seguente la Gran Bretagna chiuse la propria ambasciata a Teheran, poi riaperta nel 1988. Buona parte delle interferenze britanniche avvennero dunque quando l´impero era al massimo della sua potenza: negli ultimi trent´anni la Gran Bretagna è stata più vittima che colpevole. Il caso Rushdie nel 1989 - l´autore britannico nei confronti del quale l´Ayatollah Khomeini decretò una fatwa, ovvero una condanna a morte, per i suoi blasfemi Versetti Satanici - diede ai rapporti tra i due Paesi una nuova svolta verso il basso: le relazioni diplomatiche rimasero ridotte al minimo per tutti gli anni ‘90, durante i quali il governo britannico arrivò ad accusare l´Iran di aiutare i terroristi dell´Ira. Per due volte da allora il governo di Teheran ha arrestato dei marinai britannici - nel 2004 e nel 2007 - con il pretesto che stessero navigando in acque iraniane. Benché ci siano state visite periodiche a livello ministeriale e vari tentativi di aprire dei colloqui sul terrorismo, le relazioni tra i due Paesi restano poco più che freddi. Così, per esempio, la strada un tempo intitolata a Winston Churchill - e tuttora così chiamata dai tassisti - è stata dedicata a Bobby Sand, il terrorista dell´Ira che si è lasciato morire di fame in prigione in segno di protesta contro il governo britannico. E sempre per la stessa freddezza di rapporti, l´eroe di un romanzo anti-britannico si chiama "Zio Napoleone" e così sono anche spesso soprannominati i britannici in genere. Il passato influisce ancora pesantemente sulla visione che i leader e i sostenitori del regime iraniano hanno della Gran Bretagna: ma è chiaro che gli eventi odierni sono sfruttati da loro anche per sostenere la loro opposizione. Il più importante di questi casi è stata la costituzione, nel gennaio di quest´anno, del Servizio in lingua farsi della Bbc World Service, un servizio finanziato, come tutti gli altri della Bbc World Service, da un fondo del dipartimento britannico degli Affari Esteri (nello specifico 15 milioni di sterline l´anno). Molti iraniani avevano chiesto trasmissioni della Bbc nella loro lingua, affermando di non potersi fidare dell´unica altra emittente esistente, quella dello Stato iraniano. Ma il regime, naturalmente, non la pensa in questi termini: per la leadership di Teheran, i notiziari trasmessi da fuori dall´Iran, per di più dalla Gran Bretagna, e finanziati dal Foreign Office britannico sono per definizione e per natura "infidi", in quanto cercano di istigare la popolazione a ribellarsi contro le autorità. Per i teocrati iraniani, come per molti altri, del resto, è inconcepibile che simili trasmissioni non siano naturalmente una mera forma di propaganda britannica anti-iraniana, e le rassicurazioni che si tratta di notiziari obiettivi li lasciano interdetti, come se fossero assurdità. Il governo britannico ha cercato di imitare il comportamento di Barack Obama, che ha relativamente mitigato le sue critiche nei confronti del regime di Teheran. Ma questo non conta: l´arresto ieri di iraniani che lavoravano per l´ambasciata britannica dimostra quanto le ostilità si stiano aggravando. Le nazioni, come anche i singoli individui, del resto, possono sicuramente non prendere in considerazione la loro storia e il loro passato, ma la storia delle relazioni britannico-iraniane è uno strumento troppo comodo perché il regime di Teheran sia disposto a rinunciarvi. Traduzione di Anna Bissanti

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golpe dei militari in honduras cacciato il presidente amico di chavez - (segue dalla prima pagina) omero ciai (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 29-06-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 6 - Esteri Golpe dei militari in Honduras cacciato il presidente amico di Chavez Obama: violati i diritti democratici. Il Venezuela muove l´esercito La decisione presa dalla Corte suprema, nominato un capo di Stato ad interim La scorsa settimana era stato deposto il generale Vasquez Oggi vertice a Managua (SEGUE DALLA PRIMA PAGINA) OMERO CIAI è stata la Corte suprema elettorale ad ordinare il sequestro e l´esilio forzato del presidente mentre il Parlamento ha già nominato un sostituto ad interim confermando per il 29 novembre la data in cui si svolgeranno come previsto le presidenziali. Il conflitto a Tegucigalpa viene da lontano, da quando il presidente Zelaya, il cui mandato era in scadenza, aveva deciso di indire un referendum per garantirsi la possibilità di un secondo mandato, non previsto della Costituzione. All´idea di Zelaya si erano opposti in molti: la Corte Suprema, l´esercito, una grossa parte del Parlamento. Da qui la tensione che aveva portato la settimana scorsa alle destituzione del capo di Stato maggiore dell´esercito Romeo Vasquez. «Hanno tentato un colpo di Stato contro di me - diceva ieri in una intervista a El Pais il presidente - ma non avendo l´appoggio di Washington hanno rinunciato». Sbagliato. Nella notte tra sabato e domenica erano continuate febbrili trattative per trovare una soluzione di compromesso. Ma Zelaya insisteva nella convocazione del referendum, non vincolante, che avrebbe dovuto svolgersi ieri. All´alba la decisione. L´ordine di arrestare Zelaya e portarlo fuori dal paese è stato dato all´esercito dalla Suprema corte elettorale, la stessa che aveva bocciato il referendum. Ora la situazione è estremamente fluida. Quasi tutti le capitali latinoamericane hanno condannato il golpe; il segretario dell´Osa, l´Onu continentale, Insulza è partito per Tegucigalpa mentre Chavez da Caracas minaccia di far intervenire il suo esercito per difendere l´ambasciata venezuelana. Duri anche Obama e Hillary Clinton secondo la quale in Honduras «sono stati violati i principi democratici» e in un appello chiede «a tutte le parti di rispettare l´ordine costituzionale e la legge, di riaffermare la loro vocazione democratica e di impegnarsi a risolvere le divergenze in modo pacifico». Nella capitale dell´Honduras l´esercito ha schierato i blindati nei luoghi più "sensibili" mentre centinaia di persone sono scese in piazza a sostenere il presidente estromesso. Ma se la diplomazia lavora per impedire che la crisi accenda scintille in tutta l´area caraibica, in Honduras quelli che hanno ordinato l´allontanamento forzato di Zelaya cercano di costruire una "legittimità democratica". La Corte ha annunciato che si voterà come previsto il 29 novembre mentre il Parlamento afferma di «aver accettato le dimissioni» che, secondo alcune fonti, Zelaya (che dal Costarica però nega) avrebbe firmato prima di lasciare il paese e riconosce in Roberto Micheletti, il capo del Parlamento, il nuovo presidente ad interim. Insomma è un "golpe" che assomiglia moltissimo a quello ordito contro Chavez in Venezuela nel 2002. Ma Zelaya, al contrario di Chavez, sembra troppo isolato per poter tornare al potere. Le prossime ore, e l´entità delle proteste a favore del presidente, saranno cruciali per capire se questo "putsch di palazzo" potrà consolidarsi o meno. Intanto la moglie del presidente è riuscita a fuggire per rifugiarsi sulle montagne mentre diversi ministri del governo sono stati arrestati da «militari incappucciati» e vengono trattenuti nelle caserme della capitale.

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albania al voto, affluenza record sali berisha verso la vittoria - renato caprile (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 29-06-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 18 - Esteri Albania al voto, affluenza record Sali Berisha verso la vittoria Lo sfidava Edi Rama, il socialista sindaco di Tirana, l´"Obama dei Balcani" RENATO CAPRILE Se gli exit poll non mentono, il partito democratico del premier uscente Sali Berisha avrebbe vinto le elezioni legislative albanesi con un margine di vantaggio di 5-8 punti sui socialisti dello sfidante Edi Rama. Qualche dubbio rimane, però. Non fosse altro perché questi exit poll sono i primi in assoluto con cui si misura la giovane democrazia albanese. I risultati ufficiali si conosceranno solo giovedì, ma quelli virtuali, diffusi in tempo reale pochi minuti dopo la chiusure delle urne, hanno già fatto cantare vittoria alla torcida di Sali Berisha che si è riversata in massa nelle strade e nelle piazze della capitale. In ogni caso è stato un voto quanto mai regolare e senza incidenti di rilievo. Un significativo passo in avanti rispetto alle violenze del passato. L´affluenza è stata record, tanto che molti seggi sono rimasti aperti ben oltre le 19 per consentire a tutti di esprimere il loro voto. L´hanno presa sul serio, gli albanesi, questa tornata elettorale per il rinnovo del Parlamento. In gioco al di là di destra e sinistra, di Berisha e di Rama, c´era qualcosa di più importante: il vagheggiato ingresso in Europa, minino comun denominatore del programma degli uni e degli altri. Il sogno di generazioni e generazioni di albanesi di potersi finalmente muovere senza più bisogno di gommoni e di visti. Grande partecipazione, dunque, nonostante la vigilia sia stata arroventata da accuse e polemiche. Soprattutto quelle relative ai nuovi documenti elettronici validi per accedere ai seggi. A due giorni dall´apertura delle urne erano almeno 250mila, secondo fonti del ministero degli Interni, e addirittura 600 mila secondo i socialisti, coloro che non ne erano ancora in possesso. Un decimo, se non un quinto dell´intero corpo elettorale, tre milioni di aventi diritto. Tessere e passaporti sarebbero stati assegnati "con criteri politici" per penalizzare i simpatizzanti dell´opposizione. L´eterno campione della destra, Sali Berisha, 64 anni, ex presidente, ex cardiologo di Enver Hoxha e premier uscente ce l´avrebbe dunque fatta. Scandali a parte, non ha governato male. I numeri sono dalla sua: Pil in crescita anche in questo anno di crisi, ingenti investimenti nelle infrastrutture stradali e nel settore energetico, adesione alla Nato e richiesta di adesione alla Ue. Per contro Edi Rama, 44 anni, l´artista stravagante che ha vissuto a lungo a Parigi, il pittore le cui opere sono esposte a Berlino e New York, l´"Obama dei Balcani", come lo hanno ribattezzato i suoi, dovrà aspettare un´altra occasione. A Tirana, di cui è sindaco dal 2000, ha dimostrato di saper amministrare. Ha cambiato il volto della città: ridipinto di colori vivaci vecchi palazzi, aggiustato strade, costruito grattacieli.

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napolitano a capri festeggia gli 84 anni (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 29-06-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 12 - Interni Napolitano a Capri festeggia gli 84 anni CAPRI - Giorgio Napolitano festeggia oggi a Capri, dove sta trascorrendo alcuni giorni di vacanza con la moglie Clio, il suo compleanno. Nato a Napoli il 29 giugno 1925, il capo dello Stato compie 84 anni e li celebrerà in forma privata, con la consorte ed alcuni amici di vecchia data. Napolitano rientrerà già in serata a Roma dove, nei prossimi giorni, lo attendono gli incontri con il presidente cinese Hu Jintao (il 6 luglio) e con Barak Obama (l´8 luglio)

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E Michael disse: (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 29-06-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Cronache data: 29/06/2009 - pag: 22 La morte di Jackson Giallo sull'eredità, alcuni consulenti finanziari parlano di due testamenti E Michael disse: «Sono un uomo finito» L'ex tata dei figli: costretta a fargli lavande gastriche per liberarlo dai farmaci DAL NOSTRO CORRISPONDENTE NEW YORK Misteri, lacrime e fango. Quattro giorni dopo la morte di Michael Jackson schiere di suoi ex impiegati si fanno avanti per consegnare alcuni dietro compenso sconcertanti rivelazioni sul suo conto, che il Re del Pop non potrà mai confermare né smentire. L'ultima macchia alla memoria viene dall'ex tata dei suoi tre figli, la 42enne ruandese Grace Rwaramba, che in un'intervista al Times di Londra afferma di avergli «effettuato più volte delle lavande gastriche per rimuovere pericolosi mix di medicinali che aveva assunto». «Dovevo ripulirgli spesso lo stomaco spiega la donna, che sarà interrogata dagli inquirenti . Prendeva tantissimi farmaci e c'erano giorni in cui stava così male che impedivo ai bambini di vederlo». Un giorno la tata avrebbe chiamato la madre e la sorella del cantante per costringerle ad intervenire, «convincendo Michael ad abbandonare la sua dipendenza dai medicinali». Questa cosa lo fece infuriare al punto che Jackson la licenziò, dopo 17 anni al suo servizio, accusandola di «tradimento». Al tabloid britannico News of the World la bambinaia dice di essere stata contattata poche ore dopo la morte del cantante da uno dei suoi familiari, la cui unica morbosa domanda era: «sai dove nascondeva i soldi?». «In realtà Michael era talmente al verde puntualizza la Rwaramba che spesso dovevo usare la mia carta di credito per comperare regali e palloncini per i compleanni dei suoi figli». La sua improvvisa scomparsa adesso rischia, paradossalmente, di aiutare i tre eredi a colmare la montagna di debiti lasciati dal padre. Anche se anonimi ex consulenti finanziari di Jackson citati dalla stampa inglese affermano sibillini che «potrebbe aver lasciato non uno, ma due testamenti». Intanto la raccolta dei suoi maggiori successi, «Number One», ha già scalato l'hit parade inglese, piazzandosi al primo posto. E secondo gli addetti ai lavori il miracolo si ripeterà nel resto del mondo. Un destino a dir poco ironico, per un artista che a detta del reporter investigativo Ian Halperin «non era neppure più in grado di cantare» perché «fisicamente e psicologicamente al capolinea». Una settimana prima di morire Jackson avrebbe rivelato di considerarsi «un uomo finito». «Jackson è stato ucciso dall'avidità», punta il dito Halperin, che ha vissuto cinque anni tra il suo entourage, mentre preparava un libro e un documentario su di lui. «Se non fosse per i banchieri, agenti, dottori e consiglieri che l'hanno costretto a imbarcarsi nella massacrante tournee inglese», accusa, «sarebbe ancora vivo». Le polemiche sono destinate a durare mesi. Ieri la famiglia è tornata all'attacco contro il Dr. Conrad Murray, il cardiologo personale di Jackson, che è uscito da tre ore di colloquio con gli investigatori, nel weekend, non come una persona sospetta ma da «semplice testimone della tragedia». Una fonte vicina ai familiari della star ha bollato come «prematura» questa conclusione. «I risultati dell'autopsia porteranno ad un'inchiesta criminale», ha assicurato ieri alla Cnn il reverendo Jesse Jackson, portavoce del clan. Che definisce Murray «un incompetente » per aver praticato il massaggio cardiaco tenendolo sul letto, invece che su una superficie rigida come ogni medico dovrebbe sapere. Ieri anche il presidente Barack Obama ha scritto una lettera personale di condoglianza alla famiglia, mentre l'annuale Oscar nero organizzato ad Hollywood veniva trasformato in un tributo alla memoria di Jacko. «Michael sarà ancora più grande da morto che da vivo ha detto il patriarca Joe Jackson alla FoxTv . Vorrei tanto che potesse vedere il diluvio di affetto scatenato dalla sua morte ». Alessandra Farkas SPECIALE con video e foto di Michael Jackson su www.corriere .it I messaggi Malesia: un fan scrive una dedica a Michael Jackson durante una veglia organizzata a Kuala Lumpur (Khan/Afp) Il cardiologo Il medico personale sentito tre ore dagli investigatori, ma non risulta indagato La lettera di Obama Il presidente americano ha scritto una lettera di condoglianze alla famiglia

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Iraq, Iran e Corea del Nord: l' che non si sgretola (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 29-06-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Opinioni data: 29/06/2009 - pag: 10 DOPO SETTE ANNI I TRE PAESI CONDIZIONANO LA STRATEGIA POLITICA USA Iraq, Iran e Corea del Nord: l'«asse del male» che non si sgretola di ROBERT D. KAPLAN S ette anni e mezzo fa, correva l'anno 2002, nel suo discorso alla nazione l'allora presidente George W. Bush dichiarò che i regimi di Iraq, Iran e Corea del Nord rappresentavano l'«asse del male» e mise gli Stati Uniti sul piede di guerra contro di loro. In termini retorici, la frase fu un'invenzione di grande successo e venne rimbalzata incessantemente dai media. Ma in termini operativi, le conseguenze furono tragiche. La frase aiutò Bush a raccogliere consensi per l'invasione dell'Iraq, che cancellò il male, incarnato dalla dittatura di Saddam Hussein, per sostituirlo ahimè con un male assai peggiore, l'anarchia, che ha fatto centinaia di migliaia di vittime tra gli iracheni e quattromila morti tra le forze armate americane. Per di più, il termine ha alienato la leadership iraniana, con la quale, a seguito dell'invasione americana dell'Iraq, era auspicabile instaurare un ravvicinamento funzionale, tenendo conto del fatto che l'Iraq è il nemico storico dell'Iran. Infine, la frase ha condotto a una politica controproducente che ha tagliato ogni possibilità di dialogo con la Corea del Nord, spingendo i rapporti tra i due Paesi in un vicolo cieco. Non avendo raggiunto alcun risultato con il rifiuto di qualsiasi approccio, l'America (ancora sotto Bush) è tornata al tavolo delle trattative cinque anni più tardi. E Kim Jong-Il non ha certo perso tempo e nel frattempo ha mandato avanti il suo programma nucleare che mira alla bomba atomica. A che punto siamo oggi? Tutti e tre i Paesi dell'«asse del male» continuano ad avere un peso determinante nell'evoluzione della strategia politica americana. L'amministrazione del presidente Barack Obama ha concentrato gli sforzi per migliorare il dialogo con Baghdad, Teheran e Pyongyang. Dal 2007 a questa parte, l'Iraq ha visto profilarsi una certa stabilità, per quanto tenue, e il governo Obama si preoccupa a ragione della sicurezza del Paese quando le truppe americane si ritireranno dalle città irachene nel corso dell'estate. Quanto all'Iran, una cosa è certa: il regime clericale antiamericano che Bush ha bollato come «canaglia» nel 2002 oggi è ufficialmente offuscato dal sospetto di illegittimità. Al momento, la minaccia rappresentata da un potenziale impero sciita, con il suo quartier generale in Iran, e l'appoggio di Hezbollah in Libano e di Hamas in Palestina, ha spinto gli israeliani e i governi arabi sunniti a stringere una specie di alleanza. Tuttavia, se riuscirà a frenare l'impulso di israeliani e arabi sunniti a far causa comune, un miglioramento nelle relazioni tra America e Iran potrebbe generare quell'effetto positivo che Bush immaginava sarebbe scaturito dall'invasione dell'Iraq nel 2003: fare pressione sulle dittature arabe sunnite da cui provenivano i terroristi dell'11 settembre. Occorre tenere a mente che oggi solo il regime iraniano resta così ferocemente anti israeliano. I sostenitori di Mousavi non condividono tanto fervore e storicamente i persiani sono stati sempre consapevoli, in senso pragmatico, dell'effetto positivo di Israele quale leva contro gli odiati arabi sunniti. Sotto lo Scià, i rapporti tra Israele e Iran sono stati coltivati sempre mantenendo un basso profilo, ma sviluppando una collaborazione strategica di fatto. Si potrebbe assistere a un ripetersi di questa situazione. Ciò non toglie che le relazioni tra America, Iran e Israele restano assai dinamiche e potrebbero subire svolte importanti negli anni a venire. Altrettanto movimentata è la situazione in Corea del Nord. Il regime di Pyongyang, che tiranneggia una popolazione ridotta alla fame, non ha nulla da vantare oltre al test di un ordigno nucleare e pertanto rappresenta una minaccia ben più concreta per la Cina che per l'America. La Cina potrebbe decidere di ignorare le bizzarrie di Kim Jong-Il e restare a guardare, mentre Giappone e Corea del Sud si affannano a rafforzare le loro strutture difensive, al punto da optare forse per le armi nucleari. Ma la Cina certo non gradisce un Giappone e una Corea del Sud militarizzati che possano sfidare il potere di Pechino nel Pacifico. D'altro canto, se dovesse tentare di scardinare la Corea del Nord in modo decisivo, la Cina rischia di mandare all'aria il regime di Kim. E la fine della tirannia nordcoreana produrrebbe milioni di profughi che dalle frontiere del nord si riverserebbero in Cina. L'America sta facendo pressione sulla Cina affinché adotti un atteggiamento più severo con la Corea del Nord, ma i cinesi non hanno bisogno di ammonimenti da parte degli Usa: sanno benissimo che cosa occorre per rimettere in riga Kim, ma ne temono le conseguenze. Oggi assistiamo a profondi sconvolgimenti in atto nei regimi di Iran e Corea del Nord e nei prossimi anni potremmo assistere al completo sgretolamento dell'asse del male. Come nel caso dell'Iraq, tuttavia, è assai improbabile che questi Paesi sappiano ritrovare nel breve periodo la strada della stabilità. © The Atlantic traduzione di Rita Baldassarre CONC L'intuizione La definizione di Bush ebbe un grande successo mediatico, ma conseguenze tragiche sul piano operativo Il futuro È improbabile, per gli analisti, che nel breve periodo questi regimi possano trovare la strada della stabilità

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No R 43,9 (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 29-06-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Lettere al Corriere data: 29/06/2009 - pag: 31 La tua opinione su corriere.it Prima approvazione negli Usa della legge sul taglio dei gas serra. Obama ha fatto abbastanza? SUL WEB Risposte alle 19 di ieri Sì R 56,1 No R 43,9 La domanda di oggi D'accordo nel sopportare i disagi provocati dalla sospensione del trattato di Schengen per motivi di sicurezza in vista del G8?

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Nulla sarà più come prima per gli (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 29-06-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Sport data: 29/06/2009 - pag: 37 Sfavoriti Non avevano alcuna chance, invece sono riusciti a spaventare i maestri del calcio Nulla sarà più come prima per gli «underdog» DAL NOSTRO CORRISPONDENTE WASHINGTON L'illusione degli underdog è durata 85 minuti. Il nuovo «miracolo sull'erba» non c'è stato. Ma nulla sarà più lo stesso per il calcio americano, dopo la straordinaria notte di Johannesburg, dove la nazionale Usa ha tenuto testa ai maestri brasiliani, costringendoli a inseguire fino a pochi minuti dalla fine. Landon Donovan e compagni non hanno fatto l'impresa. Ma da ieri anche loro appartengono all'immaginario della nazione, almeno tanto quanto gli eroi del baseball e del football. Per quello che hanno fatto, nonostante si siano fermati a un passo dal trionfo: «Non esistono vittorie morali chiosa il New York Times ma quello che abbiamo visto augura soltanto buone cose per gli Stati Uniti in futuro ». E soprattutto perché hanno ancora una volta incarnato uno dei più forti miti americani, quello di chi parte con gli sfavori del pronostico, l'underdog appunto. L'America ama i vincitori, ma non ama i favoriti. Stare di fronte agli altri alla vigilia di una gara, di una partita, di un'elezione politica, può essere un posto molto pericoloso. Chiedetelo a Hillary Clinton o ai New England Patriots, rispettivamente ex inevitabile candidata democratica alla Casa Bianca ed ex inevitabili vincitori del Superbowl 2008. Oppure chiedetelo ad Al Gore, che con grande autoironia dopo la sconfitta nelle elezioni del 2000, si presentava in pubblico dicendo: «Sono l'ex prossimo presidente degli Stati Uniti». L'America ama gli underdog, quelli che in apparenza non hanno chance ma che «raise to the occasion», sanno diventare giganti nella tenzone: i Davide che sconfiggono Golia. Cos'è stata la vittoria di Barack Obama, se non l'irresistibile ascesa di un candidato improbabile che non poteva mai vincere, di fronte a un avversario predestinato? Un manto, quello dell'underdog, del quale si sono coperti anche personaggi che hanno fatto la Storia. Come Harry Truman, dato per spacciato alle elezioni del 1948, salvo poi vincerle dopo essersi autodefinito «the comeback kid», il ragazzo che parte da dietro e recupera finendo in testa. «Sembra che siamo biologicamente attrezzati a tifare per gli underdog», ha scritto Michael Scroccaro su the American Thinker. E la ragione è che tutti, o quasi, conoscono nel corso della vita il disagio di trovarsi in quella condizione. Anche la nazionale di calcio era underdog. Le è servito con la Spagna, le è quasi servito col Brasile. C'è mancato poco. Ma l'America ha capito. E da ieri, il soccer negli Usa non è più figlio di un Dio minore. Paolo Valentino Lacrime americane Il pianto di Clint Dempsey dopo la sconfitta (Ap/Calanni) Un posto tra i grandi La stampa celebra i più deboli che hanno sfiorato l'impresa, portando finalmente il «soccer» nel pantheon dello sport nazionale

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Iran, è una lotta fra ayatollah (sezione: Obama)

( da "Repubblica.it" del 29-06-2009)

Argomenti: Obama

di BERNARDO VALLI LA PROTESTA è stata dispersa, frantumata, almeno per ora, dalle milizie islamiche, e adesso, con le piazze deserte, il regime basato su un voto inquinato cerca di squalificare quella protesta di massa. Non era una spontanea collera popolare, esplosa all'interno della società, ma un complotto ordito dai nemici storici dell'Iran. Questo dicono, in coro, la Guida suprema Khamenei e il presidente Ahmadinejad, e con loro tutti gli artefici dell'elezione contestata. La trionfante comitiva dei repressori tenta di darsi una legittimità denunciando la mano straniera alle spalle dei milioni di manifestanti che hanno fatto barcollare la Repubblica islamica. E, frugando più nel passato che nel presente, sceglie come bersaglio principale delle invettive la vecchia Inghilterra. La riesumazione dell'ex potenza coloniale, ormai più presente nei testi di storia che nelle memorie, equivale a un colpo di scena. Sembra un trucco teatrale ad uso non soltanto interno. È un'idea geniale mettere sotto accusa l'ex impero britannico, un tempo tanto presente nella regione, e in particolare coautore, con la Cia, nel 1953, del colpo di Stato contro Mohammed Mossadegh, colpevole di avere nazionalizzato il petrolio e di avere cacciato (temporaneamente) lo shah e la moglie Soraya. La storia alimenta così il sempre vivo orgoglio della patria persiana. Khamenei e Ahmadinejad agitano polverosi fantasmi capaci di accendere l'immaginazione popolare: espellono (la settimana scorsa) due diplomatici britannici provocando la risposta di Londra, che espelle a sua volta due diplomatici iraniani. È un conflitto incruento destinato ad avvalorare la tesi della mano straniera dietro la protesta di piazza. OAS_RICH('Middle'); Seguendo lo stesso copione, viene messo alla porta il corrispondente della Bbc, voce della perfida Albione che diffonde in lingua farsi notizie ignorate o truccate dalle emittenti iraniane. Ulteriore colpo di teatro, nelle ultime ore: l'arresto di impiegati iraniani dell'ambasciata di Gran Bretagna, accusati di essere tra gli ammiratori del complotto contro la Repubblica islamica. Questa è una prima lettura, direi classica. Il regime squalifica gli oppositori, denunciando interessi stranieri alle loro spalle, e rilancia lo scontro con l'Occidente. È una tattica elementare. Ma perché indicare come principale nemico la vecchia potenza coloniale, e non il "grande satana", ossia gli Stati Uniti? Anche a loro sono indirizzate le accuse di Teheran. Barack Obama non è risparmiato. Viene descritto come una brutta copia di Bush Jr. E la Cia non è trascurata. Sarebbe difficile ignorarla. La stessa stampa americana ha più volte dato notizia dei milioni di dollari destinati da Washington, ai tempi di Bush Jr., alla "destabilizzazione" della Repubblica islamica, sospettata di preparare armi nucleari. Tuttavia l'America non è il bersaglio principale. Non è risparmiata, è investita frontalmente, ma l'Inghilterra fa da schermo. Pur ricorrendo agli stereotipi dei momenti di crisi, ad uso interno, l'ayatollah Khamenei e il presidente Ahmadinejad esitano a sbattere la porta in faccia a Barack Obama. Con lui dovranno affrontare un giorno la questione nucleare, la quale resta all'ordine del giorno, chiunque sia ufficialmente al potere a Teheran. Attaccare l'Inghilterra costa poco. La vecchia potenza coloniale è, appunto, uno schermo ideale. Il bersaglio inglese rivela anche l'incerta situazione interna al gruppo dirigente che, secondo Mir Hussein Moussavi, il leader dell'opposizione repressa, ha preparato e compiuto il "colpo elettorale". L'Inghilterra è un bersaglio provvisorio, nell'attesa che si chiariscano gli equilibri tra le varie correnti. I comandanti della Guardia rivoluzionaria, espressione dell'estrema destra e della seconda generazione dall'avvento della Repubblica islamica, sarebbero i veri autori del colpo elettorale. Avevano vent'anni nel '78-'79, quando l'ayatollah Khomeini arrivò al potere, e hanno vissuto tutte le successive prove: la guerra contro l'Iraq di Saddam Hussein; la repressione interna avvenuta a conclusione di quel conflitto; la precedente eliminazione dei Mujahiddin Khalq, gli islamici di sinistra decimati ed esiliati; la morte di Khomeini e la nomina di Khamenei al suo posto, come guida suprema, ossia vero capo dello Stato. Nel corso degli anni si è formata la forte corrente di estrema destra che ha via via preso il controllo della Guardia rivoluzionaria. I nomi più noti sono quelli oggi alla sua testa: i generali Jafari e Javani, che hanno accusato Moussavi di promuovere una "rivoluzione di velluto". Ex della Guardia rivoluzionaria hanno invece fatto carriera nella burocrazia: il ministro degli Interni Sadegh Mahsouli, il suo vice Kamran Daneshjou, supervisore delle elezioni, e lo stesso presidente Ahmadinejad. Il loro ispiratore è l'ayatollah Mohammed Taghi Mesbah Yazdi, il più conservatore dei grandi capi religiosi. Molti si sono formati nel suo seminario "la scuola Haghani" a Qom. L'ayatollah Mesbah, così è chiamato in Iran, è noto per le sue sentenze. Ne viene spesso citata una: "Non ha importanza quel che pensa la gente. La gente è ignorante come una capra". Gli attuali capi dell'intelligence, come non pochi responsabili delle milizie Bassiji, formazioni paramilitari controllate dalla Guardia rivoluzionaria, sono discepoli dell'ayatollah Mesbah. Il quale, prima delle elezioni, avrebbe lanciato una fatwa che autorizzava l'uso di qualsiasi mezzo al fine di far rieleggere Ahmadinejad. L'ayatollah Mesbah e lo stesso Ahmadinejad citano di rado la Repubblica islamica, preferiscono parlare di governo islamico. L'espressione "repubblica" non va a genio né a l'uno né all'altro, implica un coinvolgimento popolare e quindi elezioni che essi tendono a rifiutare. Il potere discende direttamente dalla volontà di dio, e loro ne sono gli interpreti. Per questo attendono che l'ayatollah Khamenei, malandato di salute e non del tutto allineato sulle loro posizioni, tolga il disturbo. Per designare il successore. Ma la lotta tra le varie correnti non si è ancora conclusa. (29 giugno 2009

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Golpe Honduras, sfida al coprifuoco E si riunisce il Consiglio dell'Onu (sezione: Obama)

( da "Repubblica.it" del 29-06-2009)

Argomenti: Obama

MANAGUA (Nicaragua) - Golpe in Honduras, si muova la comunità internazionale. L'Assemblea generale delle Nazioni unite si riunisce d'urgenza oggi per esaminare la situazione politica in Honduras, dove il presidente Manuel Zelaya è stato destituito e costretto a partire per il Costa Rica da un golpe militare. Migliaia di sostenitori di Zelaya hanno deciso di sfidare il coprifuoco di due giorni imposto dal nuovo capo dello Stato designato Roberto Micheletti, protestando sotto il palazzo presidenziale di Tegucigalpa, capitale hunduregna. Il coprifuoco è di 48 ore in tutto il Paese a partire dalle 21 di ieri, le 3 in Italia fino alle 6 di mattina. Già ieri sera i manifestanti vicini al presidente deposto si sono riversati in strada scandendo slogan e hanno incendiato cassonetti davanti all'esercito schierato nel centro della capitale. Sindacati e altri rappresentanti dei settori della società hanno annunciato per oggi uno sciopero generale, chiedendo il ritorno di Zelaya. Unanime la condanna internazionale al colpo di Stato, conseguenza del tentativo di Zelaya di modificare la Costituzione per potersi ricandidare. "Obama, ci sei tu dietro questo?", ha chiesto dopo il suo arresto Zelaya al presidente americano; subito la smentita della Casa Bianca. Roberto Micheletti ha respinto le minacce di intervento militare del capo dello Stato venezuelano Hugo Chavez dopo il colpo di stato. "Vedo con molta preoccupazione quello che dice Chavez senza riflettere, che non venga a minacciarci", ha ammonito Micheletti, aggiungendo di essere "totalmente sicuro del nostro esercito, che è pronto ad intervenire". OAS_RICH('Middle'); (29 giugno 2009

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Iran, parte il riconteggio dei voti (sezione: Obama)

( da "Stampaweb, La" del 29-06-2009)

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Cinque dei nove addetti iraniani dell’ambasciata britannica a Teheran arrestati ieri sono stati rilasciati. Lo ha annunciato il ministero degli Esteri britannico, mentre in 22 distretti elettorali di Teheran e in altre province dell’Iran è cominciato un nuovo spoglio su un campione casuale del 10% delle schede delle elezioni presidenziali del 12 giugno scorso. Quella di ieri è stata una giornata nuovamente segnata dalle proteste di piazza e dalla repressione sanguinosa. Iraniani che lavorano per l’ambasciata britannica a Teheran sono stati arrestati, stando all’agenzia Fars: avrebbero avuto «un ruolo attivo e importante» nei disordini seguiti alle elezioni presidenziali del 12 giugno. Per il governo inglese, che ha chiesto l’immediato rilascio dei funzionari, si tratta di «minacce e intimidazioni». La guerra diplomatica fra Teheran e Londra era iniziata già una settimana fa, quando il ministro degli Esteri iraniano Manucher Mottaki aveva accusato il Regno Unito di aver ordito un complotto contro il governo iraniano per manomettere il risultato delle elezioni. Poi l’espulsione da parte della Repubblica islamica di due diplomatici britannici, seguita a ruota da un analogo provvedimento di rappresaglia da parte del primo ministro Gordon Brown. Gli ayatollah avevano anche allontanato dalla capitale il corrispondente della Bbc John Leyne, sospettato di sostenere le manifestazioni contro il governo di Ahmadinejad. Nei giorni scorsi il ministro dell’Intelligence, Gholamhossein Mohseni-Ejei, aveva affermato che tra gli identificati come fomentatori dei disordini vi erano alcune persone con passaporto britannico. Una fonte vicina all’ambasciata britannica a Teheran ha detto che l’arresto dei funzionari dell’ambasciata risale a sabato. Alla rappresentanza diplomatica lavorano più di 100 persone, fra cui 70 dipendenti locali. «L’idea per cui l’ambasciata britannica sarebbe in qualche modo dietro le manifestazioni e i movimenti di protesta che si sono verificati a Teheran è totalmente priva di fondamento» ha commentato il titolare del Foreign Office, David Miliband. Dall’avvio della crisi post-elettorale in Iran, il regime dei mullah accusa l’Occidente di aizzare la contestazione e denuncia apertamente Londra e Washington per ingerenze. I ministri degli Esteri dell’Unione Europea, che hanno discusso del dossier a Corfù a margine di una riunione Osce, hanno espresso il loro sostegno agli inglesi con una dichiarazione comune che «riafferma la solidarietà fra Paesi membri». «Non possiamo accettare l’arresto dei funzionari di un’ambasciata» ha osservato il ministro degli Esteri Franco Frattini. Mentre un portavoce del Foreign Office ha avvertito che qualsiasi altro incidente di questo tipo comporterà una «risposta forte e unita da parte dell’Unione Europea». Per il momento non è chiaro se Londra richiamerà o meno l’ambasciatore nella Repubblica islamica. In ogni caso, l’Europa intende lasciare la porta aperta alla ripresa del dialogo sul nucleare, cercando di mantenere il delicatissimo equilibrio di questi giorni fra le critiche davanti alle violenze di Teheran e la necessità di evitare l’isolamento dell’Iran a livello internazionale. «Vorremmo tanto avere la possibilità di riavviare al più presto colloqui multilaterali con l’Iran sulle importanti questioni nucleari» ha spiegato, sempre da Corfù, l’Alto Rappresentante per la Politica Estera Ue Javier Solana. Propositi, questi, condivisi dall’amministrazione americana che attraverso la voce dei suoi più alti funzionari ha ribadito domenica di spingere per sedersi al tavolo con gli iraniani, nonostante gli ultimi attacchi del presidente Mahmoud Ahmadinejad nei confronti di Washington. «Non intendiamo premiare l’Iran. Vogliamo solo sederci e parlare con gli iraniani, per offrire loro due alternative. Una comporta il loro rientro nella comunità delle nazioni, e l’altra ha conseguenze molto dure» ha spiegato il super-stratega di Obama David Axelrod. «Siamo consapevoli - ha aggiunto - del fatto che le armi nucleari in Iran e la denuclearizzazione dell’intera regione sono una minaccia per il Paese, per tutti i Paesi nella regione, e nel mondo. E dobbiamo affrontarlo. Non possiamo lasciar correre». Nonostante tutto va avanti il processo di normalizzazione, con una nuova manifestazione di 3mila persone repressa dalle forze dell’ordine con bastoni e gas lacrimogeni, vicino a una moschea nel nord della capitale. Mentre le forze di sicurezza cominciavano a sparare i lacrimogeni, i manifestanti hanno risposto urlando slogan come: «Dov’è il mio voto?». Alcuni giovani si sarebbero messi a gridare contro la polizia, prima che l’aggressione di un’anziana signora da parte delle forze dell’ordine scatenasse gli scontri veri e propri. I testimoni raccontano di manifestanti con gambe e braccia rotte dalle percosse della polizia.

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La cyberguerra divide Usa e Russia (sezione: Obama)

( da "Stampaweb, La" del 29-06-2009)

Argomenti: Obama

La difesa del cyberspazio dagli attacchi degli hacker divide Stati Uniti e Russia a una settimana dal summit al Cremlino fra Dmitry Medvedev e Barack Obama. L’intenzione di entrambi i presidenti è di siglare un accordo bilaterale per proteggere Internet da intrusioni spionistiche e aggressioni di virus ma la differenza sta nel come farlo: la Russia preme per redigere un trattato internazionale ad hoc, sul modello di quello già esistente per il bando delle armi chimiche, mentre gli Stati Uniti vorrebbero piuttosto un accordo fra le reciproche agenzie di sicurezza digitale sul modello della Convenzione europea contro la cyber-criminalità, che è stata finora siglata da 22 Paesi, America inclusa. La distanza fra le due capitali va ben oltre la formulazione diplomatica dell’intesa e concerne l’approccio stesso alla lotta agli hacker. La priorità per il Cremlino è in quello che Vladislav Sherstyuk, vicesegretario del Consiglio di sicurezza russo, definisce il «disarmo nel cyberspazio» ovvero il divieto per una singola nazione di detenere i codici di virus-killer da poter attivare a distanza nel cyberspazio di un’altra nazione puntando, più in generale, sulla formula del trattato internazionale per assegnare agli Stati una maggiore responsabilità sul controllo di quanto avviene sulla rete. Ma per l’amministrazione Obama questa è una strada al alto rischio perché può portare ad aumentare la censura sul web, consentendo a regimi totalitari di stringere il controllo sulle comunicazioni online dei propri cittadini, dando legittimità internazionale a blocchi di Internet simili a quello avvenuto nelle ultime due settimane in Iran. Anziché affidare agli Stati il controllo su Internet, come il trattato comporterebbe, Washington preferisce dunque raggiungere gli stessi scopi - come disinnescare i virus-killer dormienti - attraverso una più stretta collaborazione fra le diverse agenzie nazionali responsabili di garantire la sicurezza delle comunicazioni online. Uno degli scenari per realizzarlo potrebbe essere l’adesione della Russia - come anche della Cina - alla convenzione europea. La difficoltà nell’armonizzare le opposte posizioni sta nel fatto, come spiega al New York Times Herbert Lin coordinatore di uno studio ad hoc del Consiglio nazionale delle Ricerche Usa, «sono gli Stati che possono lanciare attacchi dal web celandosi dietro false sigle per non farsi riconoscere». Da qui l’obiezione dei russi agli americani sul fatto che un sistema basato solo sulla cooperazione intergovernativa potrebbe dimostrarsi inefficace per il semplice motivo che potrebbe essere proprio un singolo Stato a barare, lanciando in segreto attacchi che formalmente si è impegnato a respingere. La recente decisione della Casa Bianca di autorizzare il Pentagono a creare un comando militare ad hoc per la cybersicurezza conferma l’intenzione di Obama di procedere a ritmi accelerati verso la blindatura della rete americana ed è proprio questa scelta che ha spinto il Cremlino a proporre una soluzione immediata, al fine di disinnescare possibili future tensioni bilaterali. A complicare lo scenario ci sono le indiscrezioni che rimbalzano dalla «intelligence comunity» sulla convinzione che la maggior parte dei più pericolosi attacchi informatici contro gli Stati Uniti arriverebbero da siti-fantasma russi e cinesi. Sarebbero almeno 50 mila i blitz condotti dagli hackers ogni giorno contro il cyberspazio americano, ponendo una minaccia diretta al funzionamento del governo e dei più importanti settori dell’economia.

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Golpe in Honduras, il mondo dice no (sezione: Obama)

( da "Stampaweb, La" del 29-06-2009)

Argomenti: Obama

WASHINGTON Il mondo condanna il colpo di stato in Honduras di cui è stato vittima il presidente Manuel Zelaya. Dagli Stati Uniti all’Unione Europa agli Stati di Centro e Sud America, tutti sono concordi nel rifiutare la destituzione di Zelaya e a chiedere il ripristino dei principi democratici. Per una volta parlano tutti all’unisono, da Obama a Castro, da Hugo Chavez al ministro degli esteri italiano Franco Frattini. Subito dopo essere stato portato in Costa Rica, il presidente Zelaya in collegamento con la tv venezuelana Telesur e con la CNN in spagnolo, aveva posto al presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, questa domanda: «Obama, ci sei tu dietro a tutto questo?». Immediata la risposta da Washington: «No» hanno subito risposto fonti della Casa Bianca. E nel giro di pochi minuti è arrivata attraverso un comunicato la dichiarazione ufficiale dello stesso Obama: precisando di essere «molto preoccupato», il presidente degli Stati Uniti ha detto. «Chiedo a tutti gli attori politici e sociali in Honduras di rispettare le norme democratiche, la legge e gli impegni della Carta democratica inter-Americana. Ogni tensione esistente e ogni contesa deve essere risolta in modo pacifico attraverso un dialogo libero da interferenze esterne», ha detto Obama. La sua dichiarazione è stata seguita da quella del segretario di Stato americano, Hillary Clinton. «Chiediamo a tutte le parti in Honduras di rispettare l’ordine costituzionale e la legge, di riaffermare la loro vocazione democratica e di impegnarsi a risolvere le loro divergenze politiche in modo pacifico e attraverso mil dialogo», ha affermato. A breve sono giunte quindi nel corso della giornata le dichiarazioni di condanna dei ministri degli Esteri dell’Unione Europea, e via via quelle dei singoli Paesi del Centro e del Sud America, dal Venezuela all’Argentina, dall’Ecuador al Messico. Il presidente della Organizzazione degli Stati Americani (Osa), Josè Miguel Insulza, ha condannato il «colpo di stato» messo a segno «da un gruppo militare»; i ministri degli Esteri dell’ Ue, riuniti a Corfù, in Grecia, hanno «condannato con forza l’arresto del presidente dell’Honduras», auspicando «un rapido ritorno alla normalità»; così hanno fatto, con toni più o meno forti, i Paesi del Centro e del Sud America, dal Venezuela a Cuba, dal Messico al Brasile, dall’Ecuador all’Argentina, dal Salvador alla Colombia. Un coro di no, in cui seppur con toni diversi tutti esprimono «profonda costernazione per la rottura dell’ordine costituzionale». Intanto in Honduras il presidente del Parlamento designato capo dello Stato, Roberto Micheletti, ha dichiarato un coprifuoco di 48 ore in tutto il Paese a partire dalle 21 di ieri e respinto le minacce di intervento militare del capo dello Stato venezuelano Hugo Chavez dopo il colpo di stato. «Vedo con molta preoccupazione quello che dice Chavez senza riflettere, che non venga a minacciarci», ha ammonito Micheletti, aggiungendo di essere «totalmente sicuro del nostro esercito, che è pronto ad intervenire». Il destituito presidente Manuel Zelaya è invece arrivato all’aeroporto di Managua, in Nicaragua, ed è stato ricevuto dagli appalusi e dagli abbracci del padrone di casa, il presidente Daniel Ortega, e dei suoi colleghi, il venezuelano Hugo Chavez e l’ecuadoriano Rafael Correa. A Managua Zelaya parteciperà ad una riunione urgente dell’Alternativa bolivariana per le Americhe (ALBA) che chiederà la restituzione del suo incarico e incontrerà il cancelliere cubano Bruno Rodriguez, in rappresentanza del presidente Raul Castro. L’Honduras resta così in attesa dopo il colpo di stato che ieri ha visto l’esercito destituire il presidente e designare il suo successore, Roberto Micheletti, non riconosciuto da nessun Paese. Prima di partire per Managua dalla Costa Rica, dove era stato portato con la forza, Zelaya ha commentato che Micheletti si è «politicamente suicidato». Nella notte a Tegucigalpa centinaia sostenitori del presidente deposto, sfidando il coprifuoco, si sono riversati in strada a colpi di slogan e hanno incendiato cassonetti davanti all’esercito schierato nel centro della capitale. Sindacati e altri rappresentanti dei settori della società hanno annunciato per oggi uno sciopero generale, chiedendo il ritorno di Zelaya.

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"Gli scandali di Berlusconi alla prova del G8" (sezione: Obama)

( da "Repubblica.it" del 29-06-2009)

Argomenti: Obama

LONDRA - Un giornale lo paragona a "un imperatore romano, che si lancia in iniziative lontano da casa propria per distogliere l'attenzione dai suoi problemi domestici". Un altro ipotizza che i problemi domestici lo seguiranno anche quando si occupa di affari internazionali, con la possibilità che i magistrati baresi lo "chiamino a testimoniare" alla vigilia o nei giorni del summit del G8. Un terzo riporta che la sua popolarità è scesa rapidamente "sotto il 50 per cento", e che continua a perdere consensi, in particolare tra "donne, giovani e cattolici praticanti". Sono alcuni degli articoli sul caso Berlusconi che appaiono oggi sulla stampa straniera. Interessati alla vicenda fin dall'inizio, i media stranieri la mettono ora sotto una lente d'ingrandimento per la prossimità con il vertice del G8, che richiamerà inevitabilmente l'attenzione del mondo sul paese ospitante, l'Italia, e sul suo leader, che ha la presidenza di turno del "club più esclusivo del mondo", come viene soprannominato il Gruppo delle democrazie più ricche della terra. E' il quotidiano Independent di Londra a fare un paragone tra Silvio Berlusconi e gli imperatori di Roma antica: "Allo stesso modo, confrontato da una serie di scandali interni che farebbero imbarazzare l'imperatore Tiberio, il primo ministro italiano sale sul palcoscenico mondiale", oggi annunciando il programma del G8, poi partendo per la Libia dove incontrerà Gheddafi, quindi la settimana prossima ospitando il presidente Obama e gli altri leader del G8 all'Aquila. "Voci in patria e all'estero si chiedono se i suoi problemi interni diminuiranno la sua capacità di affrontare importanti questioni globali", come l'immigrazione, il cambiamento climatico, la crisi iraniana, scrive Michael Daly da Milano, ricordando le indiscrezioni dei giorni scorsi secondo cui Berlusconi avrebbe detto al premier israeliano Netanyahu che Obama è "debole" sull'Iran, un commento che non è certo stato gradito a Washington, e altre recenti prese di posizioni del leader del Pdl che hanno suscitato irritazione tra i nostri alleati. OAS_RICH('Middle'); Il Times di Londra riporta che il presidente del Consiglio potrebbe essere chiamato a deporre, come testimone, nell'indagine su Giampaolo Tarantini, l'uomo d'affari pugliese che portava modelle ed escort alle sue feste in Sardegna e a Roma, il quale è ora inquisito non solo per "incitamento alla prostituzione ma anche per traffico di cocaina. Il quotidiano londinese scrive che gli inquirenti pugliesi stanno esaminando dichiarazioni rese alla polizia di Olbia, in Sardegna, l'estate scorsa, da due donne che dissero di "essersi sentite male" dopo un party nella villa di Tarantini, che è vicina a quella di Berlusconi, apparentemente dopo avere preso della droga. E l'inchiesta, aggiunge il Times, si sta allargando al possibile reclutamento di "donne straniere", dopo che Barbara Montereale, una delle invitate a Villa Certosa, ha affermato di avere visto in un'occasione numerose "donne slave o dell'Est Europa che sembravano di casa" alla villa del premier. Convocare Berlusconi come testimone "è possibile ma è al momento solo un'ipotesi", dice Marco Dinapoli, uno dei magistrati che indagano, citato dal Times. Il giornale scrive che, secondo la polizia, Tarantini e Berlusconi si parlavano "circa 20 volte al giorno" l'estate scorsa prima e dopo le vacanze di Ferragosto. Sempre sul Times, che pubblica in un riquadro a parte la nuova versione delle "dieci domande" presentate al premier italiano da "Repubblica", ci sono indicazioni sul calo di popolarità di Berlusconi, il cui indice di gradimento secondo un sondaggio pubblicato lo scorso fine settimana sarebbe sceso "sotto il 50 per cento", con un calo particolarmente forte "tra donne, giovani e cattolici praticanti". Un altro giornale inglese, The Age, dedica a Berlusconi un lungo ritratto, chiedendosi che peso avranno le polemiche degli ultimi due mesi sul summit del G8 e più in generale se il premier riuscirà a conservare il potere. A Berlusconi dedica oggi una pagina anche l'americano Wall Street Journal, con un'inchiesta da Porto Rotondo su un altro filone dello scandalo, passato in questi giorni in secondo piano ma non tramontato: il rapporto tra Berlusconi e Noemi Letizia, e soprattutto le foto di Antonello Zappadu, il fotografo autore degli scatti delle feste a Villa Certosa, alcuni dei quali sono stati pubblicati dal quotidiano spagnolo El Pais. (29 giugno 2009

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Honduras, l'opposizione si organizza E il mondo condanna il colpo di Stato (sezione: Obama)

( da "Stampaweb, La" del 29-06-2009)

Argomenti: Obama

WASHINGTON L’Honduras è in regime di coprifuoco, ordinato da Roberto Micheletti Bain, il presidente della Camera che ha preso il posto del presidente eletto, Manuel Zelaya, deposto ieri dai militari ed estradato in Costa Rica. Ma l’opposizione si sta organizzando per reagire. Vaste zone del paese sono in black out elettrico ed informativo. Secondo la testimonianza di una cooperante citata dal sito di un giornalista italiano, Gennaro Carotenuto, appena deposto Zelaya «hanno spento tutto, hanno chiuso il Canal 8, l’unico favorevole al governo e poi anche tutti gli altri». Il colpo di stato di ieri è stato duramente condannato a 360 gradi: dall’Onu, dall’Osa, dagli Stati Uniti e da Cuba. Il presidente dell’Assemblea Generale del Palazzo di Vetro, Miguel d’Escoto, ha parlato di «operazione criminale». Il presidente americano Barack Obama si è detto subito «molto preoccupato». A Cuba Fidel Castro ha affermato che i golpisti «neanche respirano senza l’appoggio degli Stati Uniti», ma ha osservato che «perfino la signora Clinton ha dichiarato che Zelaya è l’unico presidente dell’Honduras» ed ha previsto una breve durata per il golpe: «I golpisti, rinchiusi e isolati, non hanno alcuna salvezza se si affronta al problema con fermezza». I leader dei partiti di sinistra si stanno preparando a manifestare il loro appoggio a Zelaya, mentre migliaia di dimostranti - secondo quanto detto all’agenzia ANSA da un dirigente del partito dei contadini - avrebbero sfidato il coprifuoco tenendo una veglia davanti al palazzo presidenziale di Tegucicalpa. Stephen Gibbs, corrispondente della Bbc nella capitale honduregna, ha invece riferito di «strade deserte a parte qualche manciata di manifestanti», secondo quanto riportato dal sito della tv britannica. Il colpo di stato è scattato nel giorno in cui si sarebbe dovuto tenere un referendum che avrebbe permesso al presidente Zelaya di essere rieletto al termine del suo mandato quadriennale.

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Iraq, gli americani se ne vanno feste in strada per la 'liberazione' (sezione: Obama)

( da "Repubblica.it" del 29-06-2009)

Argomenti: Obama

BAGHDAD - A sei anni dalla guerra che aveva diviso l'occidente e, forse, anche il mondo intero, le truppe americane inizieranno domani il primo passo verso il ritiro dall'Iraq, che dovrebbe essere completato entro la fine del 2011. Per Barack Obama, il presidente che deve restituire credibilità all'America sul fronte iracheno, la scommessa di mantenere la promessa di "andarsene dall'Iraq il prima possibile". Per gli iracheni un momento di gioia, con i militari americani che si riducono sempre di più man mano che passano le ore e una "festa della liberazione" già programmata per il 30 giugno, quando le truppe del generale Ray Odierno inizieranno il "pullout". Gli Usa lasciano le città. Secondo il ministero degli interni di Baghdad, gli oltre 135 mila soldati Usa hanno già lasciato le città con un giorno d'anticipo rispetto alla data del 30, consegnando a polizia ed esercito iracheni tutte le installazioni militari presenti all'interno dei confini amministrativi dei centri abitati. A colmare questo vuoto sono da giorni operativi nelle città del Paese circa un milione tra soldati e poliziotti. Il portavoce delle operazioni militari di Baghdad, il generale Qassem Atta, ha affermato che in queste ore ben 120 mila agenti e militari sono stati dispiegati nella capitale. "Siamo preparati al peggio e pronti ad affrontare ogni situazione", ha detto Atta. Lo stesso Atta era stato accusato recentemente di non fare abbastanza per evitare l'inasprimento della violenza: più di 150 persone hanno perso la vita negli ultimi dieci giorni in diversi sanguinosi attentati a Baghdad e in varie regioni del Paese. Una striscia di sangue che si è allungata anche oggi, con la morte in un due diversi attentati nei pressi di Mossul, nel nord, di almeno sette soldati governativi. I segnali del cambiamento non sono solo visibili sugli schermi di tutte le tv locali, che da giorni trasmettono 24 ore su 24 'conteggi alla rovescia' per celebrare la sovranità ritrovata, ma anche nelle strade di Baghdad: rimosse le barriere di cemento e cavalli di frisia, dopo cinque anni sono stati riaperti al traffico importanti sottopassi e viali della città, così come ha riaperto al pubblico lo storico e lussuoso Hotel Baghdad, per sei anni quartier generale delle truppe straniere nel Paese. OAS_RICH('Middle'); Feste e concerti. Ma per l'Iraq, aldilà delle questioni di sicurezza, il ritiro degli americani significa anche il ritrovato orgoglio per il recupero della sovranità nazionale. Nemmeno una violenta tempesta di sabbia, che ieri ha causato la chiusura temporanea dell'aeroporto internazionale, ha interrotto i preparativi per le celebrazioni previste in corrispondenza del ritiro delle truppe Usa dall'Iraq. Il "giorno della sovranità nazionale" - così è stato battezzato il 30 giugno 2009 dalle autorità locali -, viene salutato a partire da questa sera con parate militari, un concerto musicale nel centrale parco al Zawraa, una processione sul Tigri di barche addobbate a festa, kermesse di luci colorate e giochi pirotecnici che illumineranno a giorno lo storico viale Abu Nuwass, sul lungo fiume, dove si affacciano i più noti ristoranti di pesce. Insomma, un momento per fare finalmente festa dopo gli anni bui vissuti sotto il regime di Saddam Hussein e un dopoguerra più lungo e sanguinoso della stessa "guerra preventiva" pensata allora da George W.Bush e per la quale ora si potrebbe aprire un capitolo nuovo. (29 giugno 2009

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Golpe Honduras, sfida al coprifuoco Clinton: "Rientro Zelaya priorità Usa" (sezione: Obama)

( da "Repubblica.it" del 29-06-2009)

Argomenti: Obama

MANAGUA (Nicaragua) - Golpe in Honduras, si muove la comunità internazionale. L'Assemblea generale delle Nazioni Unite, riunita oggi d'urgenza per esaminare la situazione politica in Honduras, ha invitato a intervenire Manuel Zelaya, il presidente destituito e costretto a partire per il Costa Rica da un golpe militare. "Tutta la comunità internazionale, tutti i 192 Paesi delle Nazioni Unite, devono far sentire la propria voce per condannare questa azione criminale", ha aggiunto il presidente dell'Assemblea, annunciando di aver scritto una lettera a Zelaya, invitandolo al Palazzo di Vetro. E il segretario di Stato Usa Hillary Clinton afferma che per gli Stati Uniti "la massima priorità è quella di restaurare la piena democrazia e l'ordine costituzionale in Honduras". Secondo Clinton, l'estromissione del presidente Manuel Zelaya equivale "a un colpo di Stato". Migliaia di sostenitori di Zelaya hanno deciso di sfidare il coprifuoco di due giorni imposto dal nuovo capo dello Stato designato, Roberto Micheletti, protestando sotto il palazzo presidenziale di Tegucigalpa, capitale honduregna. Il coprifuoco è di 48 ore in tutto il Paese a partire dalle 21 di ieri, le 3 in Italia, fino alle 6 di mattina. Oggi Zelaya incontrerà il presidente venezuelano Hugo Chavez ed altri leader regionali che intendono mostrargli il loro sostegno affinché riprenda il suo posto e un summit di emergenza è stato convocato per oggi nella capitale del Nicaragua, Managua. Qui Zelaya parteciperà ad una riunione urgente dell'Alternativa bolivariana per le Americhe (ALBA) che chiederà la restituzione del suo incarico e incontrerà il cancelliere cubano Bruno Rodriguez, in rappresentanza del presidente Raul Castro. OAS_RICH('Middle'); Già ieri sera i manifestanti vicini al presidente deposto si sono riversati in strada scandendo slogan e hanno incendiato cassonetti davanti all'esercito schierato nel centro della capitale. Sindacati e altri rappresentanti dei settori della società hanno annunciato per oggi uno sciopero generale, chiedendo il ritorno di Zelaya. Prima partire per Managua dal Costa Rica, Zelaya ha commentato che Micheletti si è "politicamente suicidato". Unanime la condanna internazionale al colpo di Stato, conseguenza del tentativo del presidente deposto di modificare la Costituzione per potersi ricandidare. "Obama, ci sei tu dietro questo?", ha chiesto dopo il suo arresto Zelaya al presidente americano; subito la smentita della Casa Bianca. Il colpo di stato è stato infatti condannato da Stati Uniti, insieme all'Unione europea e all'Organizzazione degli Stati Americani, l'Onu continentale. Roberto Micheletti ha respinto le minacce di intervento militare del capo dello Stato venezuelano Hugo Chavez dopo l'allontanamento di Zelaya. "Vedo con molta preoccupazione quello che dice Chavez senza riflettere, che non venga a minacciarci", ha ammonito Micheletti, aggiungendo di essere "totalmente sicuro del nostro esercito, che è pronto ad intervenire". Micheletti Bain è di origine italiana. E' nato infatti nel paese centroamericano ma ha il passaporto italiano: secondo fonti locali a Tegucigalpa"il padre di Micheletti era nato a Bergamo ed era, tra l'altro, grande tifoso dell'Atalanta". Il nuovo presidente ad interim honduregno "parla l'italiano ed ha una parte della famiglia a Bergamo", aggiungono le fonti, precisando che "il padre arrivò in Honduras molti anni fa, dopo la guerra". (29 giugno 2009

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"Al G8 nuove sanzioni contro l'Iran" (sezione: Obama)

( da "Stampaweb, La" del 29-06-2009)

Argomenti: Obama

ROMA Al G8 del L'Aquila probabilmente prevarrà la linea dura contro il governo iraniano. Ad accennare oggi esplicitamente a nuove possibili sanzioni nei confronti di Teheran - per la prima volta dopo la contestata rielezione del presidente Mahmud Ahmadinejad e gli scontri di piazza che ne sono seguiti - è stato il premier Silvio Berlusconi, presidente di turno del G8. «Anche dalle recenti telefonate che ho avuto con gli altri leader mondiali credo che si andrà in questa direzione», ha anticipato il presidente del Consiglio, assicurando che al summit dell’Aquila il nodo iraniano «sarà il primo argomento che esamineremo». Fonti di palazzo Chigi hanno poi precisato all’agenzia Ansa che in questa fase «le sanzioni sono una possibilità» che è sul tavolo degli otto Grandi ma «non è una decisione che è stata presa». Comunque, hanno aggiunto le fonti, «si sta andando verso un chiaro segnale nei confronti dell’Iran». Non a caso, ad esempio dalla Gran Bretagna, vengono pressioni affinchè l’Unione europea prenda delle posizioni comuni ad alto valore simbolico, come la chiusura delle ambasciate a Teheran. Nel giorno in cui arriva la scontata conferma della vittoria di Ahmadinejad da parte del Consiglio dei Guardiani della costituzione dopo un limitato riconteggio dei voti, si irrigidisce quindi la posizione degli occidentali. Berlusconi ha premesso di non voler anticipare quello che accadrà all’Aquila. Ma le sue parole lasciano comunque trapelare tutto il disappunto delle cancellerie occidentali - soprattutto europee - per le repressioni interne del regime degli ayatollah che rischiano a questo punto di affondare anche il tentativo di dialogo con Teheran sul dossier nucleare che ha segnato le prime settimane di Barack Obama alla Casa Bianca. Certo bisognerà fare i conti con la Russia, che è riuscita a smussare fino a questo momento ogni tentativo di condanna esplicita da parte del G8 e ha fatto intendere chiaramente di non voler sentir parlare di sanzioni almeno fino a dopo l’estate. E confrontarsi anche con l’amministrazione democratica di Obama, che aveva puntato molto sulla politica della mano tesa nei confronti di Teheran. E in serata proprio da Washington è arrivata una frenata alle dichiarazioni di Berlusconi. Il portavoce di Barack Obama, Robert Gibbs, ha infatti commentato con molta cautela le parole di Berlusconi, e ha spiegato come il presidente Usa intenda prima esaminare «ciò che sarà considerato» al G8 in Italia «prima di dare un giudizio sulla sua applicabilità».

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Golpe Honduras, sfida al coprifuoco Obama: "Zelaya il vero presidente" (sezione: Obama)

( da "Repubblica.it" del 29-06-2009)

Argomenti: Obama

MANAGUA (Nicaragua) - Golpe in Honduras, si muove la comunità internazionale. Il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha detto che per gli Usa il presidente dell'Honduras resta Manuel Zelaya. Quanto avvenuto ieri in Honduras secondo Obama "non è legale" e se il colpo di stato in Honduras venisse accettato sarebbe "un terribile precedente". L'Assemblea generale delle Nazioni Unite, riunita d'urgenza, ha invitato a intervenire il presidente destituito Manuel Zelaya: "Tutta la comunità internazionale, tutti i 192 Paesi delle Nazioni Unite, devono far sentire la propria voce per condannare questa azione criminale". E il segretario di Stato Usa Hillary Clinton afferma che per gli Stati Uniti "la massima priorità è quella di restaurare la piena democrazia e l'ordine costituzionale in Honduras". Secondo Clinton, l'estromissione del presidente Manuel Zelaya equivale "a un colpo di Stato". Migliaia di sostenitori di Zelaya hanno deciso di sfidare il coprifuoco di due giorni imposto dal nuovo capo dello Stato designato, Roberto Micheletti, protestando sotto il palazzo presidenziale di Tegucigalpa, capitale honduregna. Il coprifuoco è di 48 ore in tutto il Paese a partire dalle 21 di ieri, le 3 in Italia, fino alle 6 di mattina. Oggi Zelaya incontrerà il presidente venezuelano Hugo Chavez ed altri leader regionali che intendono mostrargli il loro sostegno affinché riprenda il suo posto e un summit di emergenza è stato convocato per oggi nella capitale del Nicaragua, Managua. Qui Zelaya parteciperà ad una riunione urgente dell'Alternativa bolivariana per le Americhe (ALBA) che chiederà la restituzione del suo incarico e incontrerà il cancelliere cubano Bruno Rodriguez, in rappresentanza del presidente Raul Castro. OAS_RICH('Middle'); Già ieri sera i manifestanti vicini al presidente deposto si sono riversati in strada scandendo slogan e hanno incendiato cassonetti davanti all'esercito schierato nel centro della capitale. Sindacati e altri rappresentanti dei settori della società hanno annunciato per oggi uno sciopero generale, chiedendo il ritorno di Zelaya. Prima partire per Managua dal Costa Rica, Zelaya ha commentato che Micheletti si è "politicamente suicidato". Unanime la condanna internazionale al colpo di Stato, conseguenza del tentativo del presidente deposto di modificare la Costituzione per potersi ricandidare. "Obama, ci sei tu dietro questo?", ha chiesto dopo il suo arresto Zelaya al presidente americano; subito la smentita della Casa Bianca. Il colpo di stato è stato infatti condannato da Stati Uniti, insieme all'Unione europea e all'Organizzazione degli Stati Americani, l'Onu continentale. Roberto Micheletti ha respinto le minacce di intervento militare del capo dello Stato venezuelano Hugo Chavez dopo l'allontanamento di Zelaya. "Vedo con molta preoccupazione quello che dice Chavez senza riflettere, che non venga a minacciarci", ha ammonito Micheletti, aggiungendo di essere "totalmente sicuro del nostro esercito, che è pronto ad intervenire". Micheletti Bain è di origine italiana. E' nato infatti nel paese centroamericano ma ha il passaporto italiano: secondo fonti locali a Tegucigalpa"il padre di Micheletti era nato a Bergamo ed era, tra l'altro, grande tifoso dell'Atalanta". Il nuovo presidente ad interim honduregno "parla l'italiano ed ha una parte della famiglia a Bergamo", aggiungono le fonti, precisando che "il padre arrivò in Honduras molti anni fa, dopo la guerra". (29 giugno 2009

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Obama scopre il cortile di casa (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 30-06-2009)

Argomenti: Obama

RELAZIONI STRATEGICHE I PERICOLI Analisi LA SCELTA IL GRANDE GIOCO La nuova politica degli Stati Uniti in America Latina Il putsch in un Paese delle banane rilancia l'interesse americano per il continente perduto Dal Centro e Sud America arrivano petrolio, mano d'opera e energie alternative Arrivano però anche droga, radicalismo politico e terrorismo islamico LUCIA ANNUNZIATA La Casa Bianca è tirata per la giacca: deve decidere con chi stare a Tegucigalpa Ora schierarsi è più difficile Sono in gara Cina, India e anche outsider come l'Iran Obama scopre il cortile di casa SEGUE DALLA PRIMA PAGINA

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Harry Potter, istruzioni per l'uso (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 30-06-2009)

Argomenti: Obama

Harry Potter, istruzioni per l'uso Il 15 luglio arriva l'attesissimo "Principe Mezzosangue", l'ultimo capitolo [FIRMA]FULVIA CAPRARA ROMA L'attesa è alle stelle, le fughe di notizie si moltiplicano, la campagna pubblicitaria diventa epica. Il 15 luglio, arriva nelle sale Harry Potter e il Principe Mezzosangue, regia di David Yates, ultimo capitolo della saga cinematografica che ha incantato le platee giovanili (e non solo) del mondo, rilanciato il genere fantasy, re-inventato il tema eterno della lotta del Bene contro il Male. Prima di affrontare la nuova cavalcata nell'universo magico , ecco un manuale di istruzioni per l'uso. Amori. I maghi crescono e gli ormoni impazzano. Vedremo sbocciare la passione tra Harry e Ginny, mentre Ron prenderà una cotta dopo l'altra provocando le ire di Hermione. Qualche fan grida già allo scandalo. Babbani Il mondo dei non-Maghi contagia quello di Potter e compagni. Niente da stupirsi, quindi, se nella stanza di Sirius Black si trovano manifesti con ragazze in bikini, rockstar e motociclette. Critiche. Non sono mai mancate e ci saranno anche stavolta. La più eminente risale al 16 luglio 2005 quando Papa Ratzinger, allora cardinale, aveva espresso perplessità sui libri della Rowling parlando di «seduzioni sottili» che possono logorare lo spirito cristiano. D issennatori: Guardiani della prigione dei maghi di Azbakan, hanno un ruolo importante nel nuovo film. Solo dopo la sconfitta definitiva di Lord Voldemort, il Ministero della Magia rinuncerà a usarli come guardie . Effetti speciali Sono da sempre l'ingrediente fondamentale della serie, manon se n'è mai abusato. Stavolta ne vedremo di più, rocce nel bel mezzo dell'oceano, trasformazioni e soprattutto esplosioni come quella del Millenium Bridge, preciso rimando all'attualità degli attentati terroristici. Fenomeno l'ordine della fenice aveva incassato 938 milioni di dollari, Il Principe Mezzosangue ha ovviamente il compito di superare la cifra. Dei romanzi della Rowling sono state vendute 540 milioni di copie, gli appassionati comprendono le figlie del presidente Obama. la Potter-mania è stata descritta perfino nel Diavolo veste Prada. Ginny. E' lei il grande amore di Potter, la sorella del miglior amico Ron. Se non si fosse nel mondo dei maghi, si potrebbe dire che Harry, alla fine, si innamora della ragazza della porta accanto. Il bacio tra i due fa già storia. Hermione E' diventata grande e soffre per amore di Ron. Forse, dopo averla vista posare, negli ultimi mesi, per servizi fotografici da diva adulta, faremo un po' fatica a crederle. Ma, si sa, le ragazze crescono sempre più in fretta. Invenzioni. Il cappello parlante, che divide le matricole in 4 case nel momento in cui mettono piede nel college di Hogwarts, i quadri animati, la penna che scrive da sola,sono solo alcuni dei tanti oggetti fatati che hanno creato il fascino di Potter. Lord Voldemort. Il lato più dark della saga. Stavolta darà fondo a tutte le risorse della sua cattiveria. Lo interpreta, con gusto skakespeariano, Ralph Fiennes, e la novità è che nei panni di Voldemort bambino, recita il vero nipote dell'attore . Morte. Irrompe con forza nella storia, e Radcliffe ha confessato che non è facile confrontarsi con un dolore che non conosceva nella vita reale: uno degli interpreti del film, Robert Knox, è stato ucciso a Londra, dopo la fine delle riprese. Nove e tre quarti. L'inizio di tutto, ovvero il binario della stazione londinese di King's Cross da cui parte il treno espresso diretto a Hogwarts. Il sogno di ogni viaggiatore coraggioso, una rotaia che corre, verso una destinazione fantastica. Oldman Gary. E' Sirius Black, padrino di Harry Potter, nonché idolo di Daniel Radcliffe: «In ogni film è totalmente diverso, e io credo che sia il significato del recitare». Paura. Domina l'atmosfera del nuovo film. I timori infantili delle prime storie lasciano il posto a scontri terrificanti: «Harry - annuncia Silente - in vita mia ho visto cose orribili. Tu stai per vederne di peggiori». Quidditch. Lo sport nazionale dei maghi, un misto di football e cricket giocato da squadre che sfrecciano tra le nuvole a bordo di scope volanti. L'obiettivo è acchiappare il boccino d'oro che si muove grazie a due minuscole ali magiche. Nel nuovo film Potter diventa capitano della squadra del Grifondoro. Ron Weasley. interpretato da Rupert Grint è l'amico del cuore del protagonista, discendente di una famiglia di maghi, tutti con i capelli rossi. Negli anni, film dopo film, Rupert Grint è diventato anche nella realtà il miglior amico di Radcliffe. Scuola. Lo schema della saga è costruito intorno all'istituzione portante della vita dei bambini e dei ragazzi. Ogni libro segna un anno dell'esistenza dei personaggi e le loro avventure sono scandite dalla fine e poi dalla ripresa dell'anno scolastico. I fan sono cresciuti con Potter e adesso, con lui, si preparano al grande salto nell'età adulta. Traumi. Sono alla base di molta parte delle invenzioni della scrittrice. Quando lo conosciamo, nel primo volume, Harry Potter è un orfano di 11 anni con una cicatrice sulla fronte. Insomma, un diverso. Anche Voldemort, scopriremo qui, è stato un bimbo rifiutato dai genitori. Ultimi capitoli. Sono già in preparazione. Il libro che conclude la vicenda sarà spezzato in due e raccontato in altrettante pellicole, titolo «Harry Potter e i doni della morte», parte prima e parte seconda. Vampiri. Da quando è esploso il fenomeno Harry Potter hanno conosciuto una nuova stagione di successi. Nella scia, naturalmente, c'è soprattutto il fenomeno «Twilight» e il pubblico degli adolescenti si divide. Zulu. Una delle quaranta lingue in cui sono state tradotte le storie del giovane mago con gli occhiali.

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[FIRMA]PAOLO MANZO Ore di attesa per l'Honduras, dopo il golpe che ha destituito il presidente de... (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 30-06-2009)

Argomenti: Obama

[FIRMA]PAOLO MANZO Ore di attesa per l'Honduras, dopo il golpe che ha destituito il presidente della Repubblica Manuel Zelaya. Nonostante un coprifuoco di 48 ore, nella capitale Tegucigalpa centinaia di sostenitori del presidente deposto sono scesi in piazza a protestare. Con loro ci sono anche i sindacati, che hanno indetto uno sciopero generale. E già c'è stato un morto - un dirigente sindacale -, oltre a sette feriti e 27 arresti: il bilancio del primo intervento di un gruppo di militari che hanno cercato di disperdere i manifestanti davanti al palazzo presidenziale a Tegucigalpa. Intanto l'Assemblea generale Onu si riuniva d'urgenza a New York e il suo presidente, Miguel D'Escoto, condannava «in maniera chiara e categorica l'azione criminale dell'esercito golpista dell'Honduras». Intanto a Tegugigalpa il parlamento honduregno ha nominato il nuovo presidente del Paese, Roberto Micheletti, attualmente presidente dell'assemblea legislativa. La costituzione prevede che se il presidente è impossibilitato a esercitare le sue funzioni, subentra il vice, che però ha rifiutato. Micheletti è stato votato all'unanimità dai 123 deputati presenti ma non è stato riconosciuto da nessuno governo straniero. Di origine bergamasca per parte di padre, imprenditore nel settore dei trasporti, 65 anni, appartiene allo stesso partito di Zelaya, il Partido Liberal, che però prima del golpe aveva scelto alle primarie un altro candidato per le presidenziali del prossimo novembre. Roberto Micheletti ha trionfato adesso grazie all'appoggio di Forze Armate, Parlamento e Corte Suprema, attraverso un golpe quale da decenni non si vedeva in America Centrale. Un golpe che, a differenza del passato, non ha visto l'intervento - né diretto né indiretto - degli Stati Uniti, che hanno invece smentito un interesse a rovesciare Zelaya, accusato dall'opposizione di aver indetto un referendum per permettere la sua rielezione a un secondo mandato, vietata dalla Costituzione. Lo stesso Obama ha detto che per gli Usa il presidente dell'Honduras resta Manuel Zelaya, che quanto è avvenuto in Honduras «non è legale» e che, se il colpo di stato venisse accettato, sarebbe «un terribile precedente». Il segretario di Stato Clinton ha aggiunto che «l'immediata priorità è il pieno ripristino dell'ordine costituzionale e democratico», perché «la cacciata del presidente è diventata un golpe». Quanto a Zelaya, dal Costa Rica in cui si è rifugiato domenica subito dopo essere stato costretto all'esilio dai militari, ieri è arrivato in Nicaragua. A riceverlo, il presidente Daniel Ortega insieme ai suoi colleghi, il venezuelano Hugo Chávez e l'ecuadoriano Rafael Correa. In programma, una riunione urgente dell'Alba - l'Alleanza bolivariana per le Americhe, che in segno di protesta ha ritirato tutti gli ambasciatori in Honduras - e del blocco dei Paesi centro-americani, per chiedere la restituzione a Zelaya del suo incarico. Zelaya è anche stato invitato da D'Escoto a venire a parlare oggi di fronte all'Assemblea Onu, che vede riuniti i 192 Stati membri. Anche il governo di Cuba ha condannato «il brutale colpo di Stato» che Fidel Castro, in un editoriale pubblicato su «Granma», ha definito «un errore suicida». L'Osa, l'Organizzazione degli Stati Americani, lo ha definito «una istituzione preistorica». La posizione più agguerrita rimane, comunque, quella venezuelana, con Chávez che dopo il temporaneo sequestro del proprio ambasciatore ha minacciato l'intervento militare. Immediate le risposte di Micheletti: «Chávez parla senza riflettere. Non venga a minacciarci, il nostro esercito è pronto a intervenire».

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Troppo bianchi per fare i pompieri (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 30-06-2009)

Argomenti: Obama

La storia L'ACCUSA POLITICAMENTE CORRETTO Il mito 9 FRANCESCO SEMPRINI Nessuno degli afroamericani superò i test, ma vennero assunti a scapito dei vincitori I vigili del fuoco temevano le critiche per la violazione dei diritti delle minoranze Troppo bianchi per fare i pompieri Il verdetto Ribalta la decisione di Sonia Sotomayor, la candidata di Obama per entrare nel tribunale supremo americano La polemica La giudice ispanica aveva già fatto dichiarazioni controverse sulla razza. Rischia d'essere bocciata in Senato La Corte Suprema Usa riconosce discriminati i candidati scartati in favore dei neri giudici dell'Alta Corte NEW YORK La Corte Suprema boccia la sentenza del suo prossimo giudice. Il massimo organo di legge degli Stati Uniti ha ribaltato il giudizio su un caso di discriminazione nei confronti di alcuni vigili del fuoco di razza bianca emesso da Sonia Sotomayor in veste di giudice di tribunale d'appello. Una vicenda che rischia di complicare ulteriormente il cammino verso l'Alta Corte del giudice liberal di origine ispaniche più volte finito nell'occhio del ciclone per le sue dichiarazioni controverse sui temi razziali. «Il timore di contenziosi da solo non può vincolare le scelte di un datore di lavoro a discapito di persone che hanno superato test e selezioni», spiega nella sua motivazione Anthony Kennedy, uno dei cinque giudici (su nove) che hanno votato contro la sentenza d'appello. L'episodio riguarda un gruppo di pompieri di New Haven, cittadina del Connecticut in cerca di candidati per posti vacanti di funzionari col grado di tenente e capitano. Le autorità locali decidono di affidarsi a una società di consulenza esterna per le selezioni che tra i 41 bianchi, 22 neri e 18 ispanici passati all'esame scritto reputa idonei solo 17 bianchi e due ispanici. La autorità decidono allora di non tenere conto delle selezioni perché il risultato sarebbe potuto risultare discriminante nei confronti di minoranze razziali e in violazione del Civil Rights Act del 1964. Immediata la reazione dei vincitori del concorso che sentendosi discriminati a loro volta decidono di ricorrere alle vie legali. Il caso Ricci, dal nome di Frank Ricci, il promotore della causa, vede in prima linea non solo i 17 pompieri bianchi, ma anche un collega per metà ispanico. A pronunciarsi è dapprima il giudice distrettuale Janet Bond Arterton che rigetta la causa senza dare una motivazione sui contenuti ma solo sul merito. Il ricorso in appello avviene davanti alla corte presieduta dalla Sotomayor, e due suoi colleghi, Robert Sack e Rosemary Pooler. Dopo un'ora di audizioni i tre pur «non rimanendo indifferenti» alle ragioni dei vigili del fuoco, confermano all'unanimità la sentenza di primo grado. Oggi infine il parere della Corte Suprema, che con 5 voti contro 4 a favore ha ribaltato il risultato. Secondo Kennedy, giudice di tendenze conservatrici anche se spesso ago della bilancia nelle decisioni dell'Alta Corte, un datore di lavoro può agire così solo quando ritenga che sia stata commessa una chiara discriminazione a danno di minoranze. Di parere opposto Ruth Bader Ginsburg, giudice liberal noto di recente per essersi pronunciata sul ricorso dei creditori dissidenti nella bancarotta di Chrysler. «Il Congresso si sforza a promuovere uguali opportunità nei fatti e non solo nella forma, il danno arrecato dalla sentenza odierna è indescrivibile». Sebbene di stretta misura, la decisione rappresenta una dura sconfitta per la Sotomayor, scelta da Barack Obama al posto dell'uscente David Souter, anche lui un liberal, e potrebbe pesare nella fase di indagine da parte dei senatori per la sua conferma. In particolare alla luce delle accuse di razzismo contro i bianchi a lei rivolte in passato, specie dai repubblicani. Il caso più emblematico risale al 2001 quando in un discorso affermò che «sesso e razza di un giudice fanno e faranno la differenza nei giudizi». «Una donna ispanica con la ricchezza delle sue esperienze - disse la Sotomayor, allora in forze ai tribunali d'appello - arriva spesso a conclusioni molto più sagge di un uomo bianco che quella vita non l'ha fatta». La sentenza della Corte suprema non fa che gettare benzina sul fuoco e potrebbe spingere i senatori democratici ad accelerare l'iter procedurale per una conferma prima di ottobre, l'inizio del nuovo anno giudiziario, evitando altre pronunce che potrebbero pesare ulteriormente. Quella di ieri è stata infatti l'ultima sessione della Corte Suprema prima della chiusura estiva, e quindi l'ultima dello stesso Souter. La lampadina di Livermore Nel 1901, nella caserma di Livermore, California, venne accesa una lampadina che non si è mai spenta. I pompieri la accarezzano prima di ogni emergenza, gli americani fanno la fila per toccarla.11 settembre 2001 Nei soccorsi dopo il crollo delle Torri Gemelle morirono 343 pompieri. L'emozione creò un tale mito che ancora nel 2007 un sondaggio li metteva al primo posto tra i mestieri più amati dagli americaniFuoco assassino (Usa, 1991) Film diretto da Ron Howard, con Kurt Russell e Robert De Niro. Storia di due fratelli vigili del fuoco, in competizione dopo la morte del padre, anch'egli pompiere ed eroe. Uno morirà, l'altro smaschererà il complotto omicida.

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Iraq, i militari Usa lasciano le città (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 30-06-2009)

Argomenti: Obama

IL COMANDANTE AMERICANO ODIERNO: SONO IN GRADO DI DIFENDERSI DA SOLI, MA NOI INTERVERREMO SE CI CHIAMANO SCHIAFFO ISRAELIANO Le bombe di Al Qaeda hanno ucciso oltre 200 persone nelle ultime due settimane Iraq, i militari Usa lasciano le città Cisgiordania cinquanta nuovi alloggi [FIRMA]MAURIZIO MOLINARI CORRISPONDENTE DA NEWYORK La sfilata delle truppe irachene nelle vie del centro di Baghdad imbandierate a festa ha segnato la conclusione del ritiro delle truppe americane dalla capitale ed entro la mezzanotte di oggi lo stesso avverrà nelle altre città del Paese: è l'inizio dell'applicazione degli accordi raggiunti fra il governo di Nuri al Maliki e l'Amministrazione Obama, in base ai quali nel 2012 non vi saranno più soldati americani dentro i confini dell'Iraq. L'ultimo edificio di Baghdad consegnato dall'Us Army agli iracheni è stato l'ex Ministero della Difesa di Saddam Hussein ed è qui che Al Maliki ha pronunciato un discorso alle forze armate sul «Giorno della sovranità nazionale» dicendo: «La nostra sovranità è iniziata, dobbiamo ora costruire uno Stato moderno giovandoci della sicurezza che abbiamo creato». Raymond Odierno, comandante delle truppe Usa in Iraq, si dice sicuro che «le forze che abbiamo addestrato sono in grado di mantenere la sicurezza» ma gli oltre duecento morti causati nelle ultime due settimane da attentati di Al Qaeda lasciano temere un ritorno del terrorismo. «Le nostre truppe saranno a disposizione ogni volta che il governo iracheno avrà bisogno del nostro fuoco di appoggio» assicura Odierno, riferendosi al nuovo schieramento dei 130 mila soldati americani dentro circa 300 basi in tutto il Paese, incluse due imponenti installazioni nei pressi dell'aeroporto di Baghdad. A temere il rischio di un ritorno del terrorismo è l'ex vicepresidente Dick Cheney che, intervenendo a una trasmissione radio del «Washington Times», si è detto «preoccupato per il fatto che continua aesserci questo problema in Iraq». «Si può presumere che i terroristi stiano aspettando l'opportunità di lanciare nuovi attacchi, spero che gli iracheni possano gestire tale scenario, ma - ha detto Cheney - non vorrei veder andare perduti i tremendi sacrifici che ci hanno consentito di arrivare fino a questo punto». A non avere tali dubbi è il nuovo ambasciatore degli Stati Uniti a Baghdad, Chris Hill, che ribatte: «Le truppe americane non sono solo le migliori unità combattenti del mondo ma hanno anche i migliori addestratori del mondo, e dunque abbiamo piena fiducia nelle forze di sicurezza irachene». In base agli accordi militari fra Washington e Baghdad, la maggioranza dei militari Usa lascerà l'Iraq entro l'agosto 2010 e il ritiro sarà ultimato entro la fine del 2011. L'Amministrazione Obama lascia comunque aperta la porta a un'intesa successiva con Baghdad sulla permanenza di propri contingenti di truppe scelte. Cinquanta nuovi alloggi in Cisgiordania, avanguardia dei 1450 già approvati come estensione della colonia di Adam, a Sud di Ramallah (foto). Il via libera l'ha dato ieri il ministro della Difesa israeliano Ehud Barak, poco prima di partire per Washington dove lo aspetta l'inviato speciale Usa per il Medio Oriente, George Mitchell. Tema del colloquio sono proprio gli insediamenti: il presidente Obama insiste a chiederne il totale congelamento mentre il premier israeliano Netanyahu come massima concessione propone un congelamento per tre mesi, esclusi però i progetti in via di completamento.

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"first ladies" in ordine sparso michelle farà la turista a roma - anais ginori (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 30-06-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 4 - Esteri L´assenza della moglie del premier italiano crea problemi organizzativi "First Ladies" in ordine sparso Michelle farà la turista a Roma Carla Sarkozy e Sara Brown potrebbero disertare l´appuntamento ANAIS GINORI ROMA - I mariti in caserma, a lavorare. Le mogli in vacanza a Roma, oppure a casa. Non è il canovaccio di una commedia all´italiana, più modestamente si tratta della diplomazia ai tempi del G8 aquilano. Forse il primo senza First Ladies, almeno questa è una primizia. Michelle, Carla e le altre molto probabilmente diserteranno il vertice nella caserma di Coppito o faranno solo qualche breve comparsata. E non tanto per volontà politica, come suggeriva l´appello di un gruppo di docenti italiane contro il "sessista" Berlusconi, quanto piuttosto a causa di problemi di organizzazione non ancora risolti, oppure di priorità personali. Nell´ultimo caso, vedi alla voce Michelle Obama, che sarà ospite di un noto albergo della capitale e passerà le sue "vacanze romane" con le figlie Sasha e Malia come tanti normali turisti. La First Lady ha espresso il desiderio di visitare Colosseo, Campidoglio, Fori imperiali e altre «bellezze della Roma antica». L´unico appuntamento certo e irrinunciabile per Michelle - ovviamente insieme al consorte - è l´incontro con il Papa il 10 luglio. Ma la mom-in-chief, come ama definirsi, ha chiesto di limitare al massimo il suo programma ufficiale. «Non è affatto certo che Michelle accetti di andare nelle zone terremotate» spiega una fonte diplomatica americana che sta lavorando alla visita degli "Obamas". Anche Carla Bruni-Sarkozy potrebbe lasciare solo il marito durante il summit. Alcuni stretti collaboratori della Première dame sono arrivati ieri in Italia per valutare le varie sistemazioni possibili (a Roma o a L´Aquila) e discutere di eventuali impegni pubblici. Viene data per probabile una sua visita di qualche ora a Onna o nel centro storico di L´Aquila. L´indizio principale sta nella lettera scritta dopo il terremoto del 6 aprile al presidente della regione Gianni Chiodi per testimoniare la sua "emozione" e annunciare un dono per la ricostruzione dell´ospedale cittadino. E´ quindi possibile che Carla incontri anche il premier Berlusconi, non proprio in cima alle sue simpatie personali. Dopo la celebre battuta del premier su «Obama abbronzato» l´ex modella e cantante si disse «felice di non essere più italiana». Finora il programma First Ladies è alquanto striminzito rispetto al passato. Il fatto che non ci sia la moglie del capo di governo che ospita il vertice complica ulteriormente il cerimoniale spiegano fonti diplomatiche Usa. A pochi giorni dall´inizio del summit, poche First Ladies hanno confermato la loro presenza. Sarah Brown, per esempio, non dovrebbe accompagnare il premier britannico. Il lato più mondano e frivolo di questi megavertici potrebbe dare forfait. Non è detto che sia un male per le popolazioni locali. «Temiamo che nel G8 aquilano si parlerà più di Michelle e Carla che di come vivono i terremotati» ha detto Renato di Nicola, dell´Abruzzo Social Forum. La più prestigiosa e autorevole figura femminile del vertice resta la cancelliera Angela Merkel, unica eccezione nel club dei potenti per soli uomini. Anche qui, una defezione. Quasi sicuramente il "first man" tedesco non verrà, Joachim Sauer spesso non accompagna la moglie nelle trasferte internazionali. E´ una sua libera scelta e Angie la rispetta, ci mancherebbe altro.

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le tre questioni da affidare ai giovani del pd - adriano sofri (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 30-06-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 33 - Commenti LE TRE QUESTIONI DA AFFIDARE AI GIOVANI DEL PD ADRIANO SOFRI Il Pd dev´essere unito, e diviso in tre: la Questione meridionale, la Questione settentrionale, e la Questione centrale. Così penserei se fossi un giovane del Pd. Non tanto, come si usa oggi, un giovane sulla quarantina, ma uno sul serio, un ventiduenne, alla vigilia della tesi. Uno che per la tesi abbia scelto, mettiamo, la Questione Meridionale. E perché un argomento così stantio? Proprio per questo: un ventenne può permettersi di essere lungimirante, anche all´indietro, e di non rincorrere i nuovi luoghi comuni. Gli anni 80, smaltendo la pretesa degli operai – che si erano permessi davvero di essere la classe operaia – a fare da protagonisti della vita sociale, contribuirono a liquidare anche la questione meridionale. La questione meridionale era traslocata con l´enorme migrazione di giovani dal Sud alle fabbriche del Nord, che avevano fatto di Torino o di Milano delle metropoli meridionali. Sicché le grandi lotte operaie culminate nell´"autunno caldo" – di cui si commemorerà fra poco il quarantennale, assieme alla loro orrenda punizione, la strage di Stato – avevano preso su di sé il riscatto del Meridione, e rivendicato per l´ultima volta (come esemplarmente negli scioperi per l´abolizione delle gabbie salariali, che oggi si vogliono reintrodurre a man salva) un ideale unitario dell´Italia. Era inevitabile che al declino di quella ondata succedesse un impulso opposto, a separare il Nord dal Sud, puntando sul suo orgoglio produttivo, e a dichiarare il primato, fino ad allora malignamente offuscato, dell´egoismo e della Questione Settentrionale. Se su una simile base la Lega costruiva le proprie fortune, secessioniste prima, e ormai, siccome l´appetito vien mangiando, a modo loro annessioniste, la sinistra ha tratto un solo frutto dalla proclamata Questione Settentrionale: l´archiviazione della Questione Meridionale. Si accennò in vario modo, nel Pd e nei suoi antenati, all´esigenza di una peculiare responsabilità per il Nord, ma non se ne fece niente: nemmeno nell´ultimo governo Prodi, che si rassegnò a un pletorico novero di ministeri, ma non ne dedicò uno alla deriva del nord. Non occorre indugiare nelle ricostruzioni: basta guardare il paesaggio elettorale odierno, del Nord e del Sud, con le sue impressionanti simmetrie. Restava il Centro, non mutato ancora in Questione Centrale, per una doppia ragione. Una, la pigra sicumera di disporvi di un radicamento e un controllo elettorale ormai quasi di diritto divino. La seconda, il pregiudizio che destituisce di autonomia il Centro, facendone un mero luogo intermedio fra Nord e Sud – o fra destra e sinistra – e più esattamente il luogo di una più o meno aurea mediocrità, ceti medi, vie di mezzo, climi temperati e quieto vivere. Finché la campana non è suonata – e ora fragorosamente – anche per le regioni rosse, autorizzando senz´altro a dichiarare una Questione Centrale, e anche un po´ trafelata, visti certi banchetti della Lega, o certe sacrileghe espugnazioni di roccheforti come Sassuolo o Prato. La dichiarazione della Questione Centrale può chiudere il cerchio, e annunciare una estinzione della sinistra – quella che ha una storia di un paio di secoli almeno, e non ingloriosa, benché da ripiantare dalle radici – nell´Italia intera. Ora, piuttosto che lasciare che le tre Questioni cadano come birilli l´una addosso all´altra, rivendicherei con tutta la forza, se fossi un giovane sulla ventina, o anche sulla quarantina, che trovassero un riconoscimento peculiare nell´organismo del Partito Democratico. E siccome fare Questione non è più l´affare di una parte né un´eccezione, ma la norma dell´intero territorio civile cui il Pd appartiene, converrebbe che per ciascuna delle tre grandi regioni del paese – Sud e Isole, Centro e Nord – ci fosse una specifica responsabilità. Un assetto seriamente federativo, in cui alla direzione nazionale, e al segretario – o segretaria – si accompagnassero direzioni e segretari di quelle tre grandi ripartizioni. Le obiezioni suonano, nel quadro attuale, deboli, e gli argomenti a favore sono viceversa robusti. Si può obiettare che si rischierebbe di incrinare l´unità di un partito che aspira a farsi maggioranza e a governare, e di consegnare la sua geografia ad altrettanti feudatari. Direi però che un certo feudalesimo, o almeno un notabilato molto conservatore e spesso usurato, sia piuttosto vigente nella situazione attuale, e su una scala sminuzzata e campanilista. Al contrario, una responsabilità specifica terrebbe conto di caratteri peculiari che investono grosso modo le tre grandi suddivisioni, e che immigrazione e crisi non hanno fatto che accentuare, e favorirebbe quel "radicamento nel territorio" che è diventato una imbarazzante giaculatoria. Soprattutto, un simile investimento "federativo" permetterebbe di far fare un buon passo avanti alla questione congressuale, e alla sua incombente riduzione alla questione della Segreteria. Un uomo o una donna di grande tempra e capacità, e magari di vero carisma, alla guida del Pd, sarebbe un avvenimento eccellente. Tanto più in un tempo che mette assieme populismo e personalismo impudente con mezze figure incresciose, nella maggioranza come nell´opposizione. Ma una leadership capace di muovere menti e commuovere cuori non si inventa. Se c´è, trova il modo di affermarsi come nell´America di Obama. Nel Pd, e attorno, non mancano collaudate personalità "di formato", della cui esperienza sarebbe, oltre che odioso, stupidissimo privarsi: ma è lo stesso loro rango, e il lungo corso, a destinarle alla seconda fila, e al magnanimo compito del sostegno. è un fatto che, finché non si siano spostati un po´ indietro, o almeno ai lati, della fotografia di gruppo – senza uscirne! – quelli di dietro, per quanto si alzino sulla punta dei piedi, non si vedono. Si può certo adoperarsi per rimuovere i meccanismi che ne ostruiscono l´emersione, e favoriscono invece la selezione dei peggiori, nella vita di partito come nel Parlamentare e negli altri organi elettivi. La selezione alla rovescia è così avida che perfino la promozione per sorteggio sarebbe migliore. Ma insomma, quanto al Pd, è già ragionevole dire che i candidati attuali alla segreteria, e quelli che si potranno aggiungere alla corsa, sono persone degne e capaci, senza avere la novità e il carisma che è naturale sognare o rimpiangere, ma di cui si può fare senz´altro a meno. Non si può vivere senza aspettare il messia, ma nominare falsi messia è la cosa peggiore (salvo una, forse: non riconoscere il messia vero, ma questo vale solo per chi crede che il messia possa esistere davvero). Ora i "giovani", e in genere tutti coloro che puntano al rinnovamento e al ricambio generazionale, non hanno molto da guadagnare da un investimento su un candidato o un altro alla segreteria, e anche dall´azzardo di un "loro" candidato – o candidata. Hanno un interesse molto più vivo all´eventualità che, chiunque sia l´uomo o la donna eletto segretario del Pd fra i diversi e apprezzabili candidati, si formi quella struttura tripartita di responsabilità – Nord, Centro e Sud con le Isole – e se ne affidi loro la direzione. Il rinnovamento generazionale avrebbe lì il suo miglior banco di prova, e anche la rinascita di una "militanza" che è tipicamente giovanile, ed è indispensabile a ritrovare il famoso legame col "territorio". Non solo, ma donne e uomini giovani e promossi a una nuova responsabilità sarebbero capaci di una solidarietà, di un´agilità mentale e di un amore per i compiti reciproci che i vecchi gruppi dirigenti non sanno più nemmeno immaginare. E nei vecchi gruppi dirigenti c´è un toccante e micidiale senso di proprietà patrimoniale del partito. Mi sembrerebbe questa una via concreta e sostanziosa fra la mira di un "giovane" alla segreteria nazionale del Pd (che oltretutto esaurirebbe energie preziose contro un muro di Berlino di tessere e apparati) e la generica promessa di un´apertura al nuovo e un ricambio generazionale. Che cosa ci sarebbe di meglio, infatti, per un giovane del Pd, che occuparsi di questioni settentrionali e centrali e meridionali, di ragazze iraniane e di foreste pluviali?

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usa, il soccer è diventato grande "ora avrete più rispetto di noi" - enrico sisti roma (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 30-06-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 50 - Sport Inghilterra Usa Germania Danimarca Francia Altri Usa, il soccer è diventato grande "Ora avrete più rispetto di noi" Gli StatiUniti hanno riscoperto il calcio dopo la finale contro il Brasile. Due milioni di tifosi hanno visto la partita in tv, commenti entusiasti: una svolta Tutto è cominciato con le parole di Obama a Blatter Beckham e le altre star europee non l´hanno cambiato "Questa volta è una cosa diversa" ENRICO SISTI ROMA Hanno perso ma hanno vinto. Per il "soccer" le lacrime di Dempsey potrebbero davvero rappresentare la svolta: «La finale di domenica sera è stato il momento più importante del calcio nel nostro paese», ha dichiarato Don Garber, commissario unico della Major League Soccer. L´eco delle parole di Obama ancora rimbomba nei barangrill dove domenica, in Texas, Alabama, California e Vermont, a ore diverse, due milioni di tifosi hanno seguito la partita col Brasile: «Il calcio è il vero sport di tutto il mondo - scriveva il presidente a Blatter manifestando la volontà americana ad ospitare la Coppa del mondo nel 2018 o nel 2022. E aggiungeva: «Perché la Coppa del Mondo, con la sua competizione, promuove l´amicizia e la solidarietà di tutti i continenti». E se fosse davvero Obama a cambiare la percezione del calcio in America, lui, il primo presidente a parlare esplicitamente di calcio come dell´unico sport planetario e unificante? Essersela giocata col Brasile fino in fondo è un piccolo consolidarsi della sua speranza. Il calcio americano è stato, almeno finora, un´eterna promessa mal mantenuta. I suoi giocatori migliori emigrano presto. Ce ne sono parecchi in Europa (Germania e Inghilterra, Spagna, Scozia, Danimarca, Francia), ma non sono delle star. Ogni tanto nella MLS arriva qualche bravo calciatore d´oltreoceano, magari un po´ avanti con l´età, che con un forte sostegno della stampa (l´ultimo è stato Freddie Ljungberg, lo svedese ex Arsenal e West Ham) si ritrova a dover svolgere un compito meraviglioso e spiacevole: rendere credibile una piazza calcistica senza storia (nel caso di Ljungberg la Seattle dei Sounders). Oppure arriva Beckham: «Con lui il soccer muterà radicalmente», disse Alexi Lalas, allora presidente dei Galaxy, unico americano della serie A (Padova). In realtà non è mai mutato. Anche per l´opposizione, sordida, delle 4 federazioni leader: football, basket, baseball e hockey, il quadrumvirato del potere sportivo americano, gli "untouchables", quelli che muovono le masse, che non fanno biglietti invenduti da anni, che pagano cifre impossibili ai loro campioni e che adesso Obama fa improvvisamente scendere di un gradino davanti al «calcio di tutti». Il ct Bradley concorda: «Ora avranno più rispetto per noi». «Questa sarà la vera svolta», esclama Irv Smalls, direttore dell´Harlem Youth Soccer. New Frontier? Questi i numeri che il soccer potrà d´ora in poi pubblicizzare senza vergogna: quasi 5 mln di praticanti registrati, un campionato che dalla prossima stagione avrà una squadra in più, 45 mln all´anno dalle televisioni, cifra raddoppiata rispetto al 2006 quando Espn, Univision e Fox Soccer Channel cominciarono a pagare perché i loro abbonati potessero assistere in diretta ai match della MLS. Non ci sono budget cap, ma è previsto un "floor" per le entrate pubblicitarie (ad esempio 750 mila dollari per lo sponsor sulla maglietta). Gli investimenti complessivi e l´indotto sono triplicati. Solo la Red Bull, neo-proprietaria della squadra di New York, ex Cosmos e Metrostars, ha speso 400 mln di dollari per il nuovo stadio (addio Giants Stadium). Gli stipendi medi dei giocatori sono bassi (135 mila dollari bonus compresi): «Ma penseremo anche a quelli, così non scapperanno». Domenica gli Usa stavano per abbattere il Brasile, non si sono ancora qualificati per i Mondiali del 2010 (sono secondi dietro il Costa Rica), ma possono già dire di aver chiuso il loro apprendistato di "soccer artigianale", ricco ma rozzo (paesant). I loro giocatori potrebbero entrare nel mercato delle grandi d´Europa. Potrebbero far gola Dempsey, Altidore, Howard potrebbe essere rimpianto dal suo Manchester. Nel novembre ´95 i dirigenti del pallone Usa si attaccarono al telefono perché al loro progetto mancava qualcosa, un dettaglio: i giocatori: «Volete giocare nella nascente Major League Soccer? Chiamateci». Il numero era 800-678-1328. Chiamarono. 14 anni dopo, c´era il Brasile in finale. Qualcosa è cambiato.

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"dal g8 dure sanzioni all'iran" - vincenzo nigro (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 30-06-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 11 - Esteri "Dal G8 dure sanzioni all´Iran" Annuncio di Berlusconi, Casa Bianca cauta. Teheran insiste: "Il voto è regolare" Le nuove "misure" contro gli ayatollah necessarie per evitare un possibile attacco israeliano agli impianti nucleari VINCENZO NIGRO ROMA - Silvio Berlusconi accelera, forse un po´ troppo. Rispondendo ieri alla domanda di un giornalista che gli chiedeva se sarà possibile che il G8 di L´Aquila decida sanzioni contro l´Iran, il premier italiano ha detto che «sentendo i miei colleghi leader al telefono in questi giorni, penso che si andrà nella direzione da lei indicata». Ovvero di nuove sanzioni internazionali nei confronti dell´Iran; e in ogni caso «l´Iran sarà il primo argomento del G8 di L´Aquila». Tutte le agenzie di stampa internazionali hanno ripreso Berlusconi traducendo le sue parole non come un mero auspicio, ma come una anticipazione della decisione di nuove sanzioni a L´Aquila. E la Casa Bianca è cauta. Il portavoce Robert Gibbs ha detto che il presidente Usa Obama «esaminerà quello che sarà considerato al G8 in Italia prima di formulare un giudizio» su possibili misure nei riguardi dell´Iran. I primi a gettare acqua sul fuoco sono proprio i funzionari di Palazzo Chigi che spiegano che quella evocata da Berlusconi «è solo una possibilità: sono in corso consultazioni fra leader, ma non significa decidere sanzioni al G8. Il presidente del Consiglio non ha detto con sicurezza "adotteremo le sanzioni", ha detto solo che andiamo verso quella direzione». Una fonte della Farnesina spiega poi che «il G8 non è un organismo decisionale, Berlusconi si riferiva a una tendenza, a un orientamento politico: non sanzioni in senso tecnico, ma indurimento delle posizioni nel caso in cui l´Iran continui su attuali posizioni confrontazionali». Berlusconi in effetti interpreta un sentimento molto diffuso negli ultimi giorni fra alcuni paesi occidentali, e soprattutto nel governo israeliano con cui ha avuto consultazioni di recente. Il tempo corre, la dirigenza iraniana confermata dal colpo di mano post-elettorale sembra avere pochissima voglia di dialogo, tantomeno sul programma nucleare. Per evitare che Israele si trovi con le spalle al muro e attacchi militarmente l´Iran, molti pensano che l´unica possibilità siano nuove sanzioni politiche, economiche e finanziarie. «La cosa più probabile è che come in passato la Ue e gli Stati Uniti decidano alla fine qualcosa di unilaterale», dice un diplomatico italiano che segue il dossier Iran: «Come nel giugno del 2008, quando l´Europa ha rafforzato le sanzioni all´attività di una quindicina di banche iraniane, soprattutto della famosa Bank Melli». Sarà utile? Servirà a qualcosa se poi Cina e Russia potranno continuare a rafforzare la loro collaborazione nel settore finanziario ed energetico? Per ora da Teheran continuano ad arrivare segnali di consolidamento della situazione attorno ad Ahmadinejad: ieri Consiglio dei Guardiani ha approvato la rielezione del presidente uscente, rifiutando le proteste dei candidati sconfitti. Dopo aver fatto ricontare il 10 per cento delle schede il capo del Consiglio, l´ayatollah Ahmad Jannati, ha informato il ministero dell´Interno che «non ci sono irregolarità di rilievo». Alla revisione non hanno partecipato i rappresentanti dei due candidati che avevano chiesto l´annullamento del voto, Moussavi e Kharrubi. Sarebbe stato ingenuo che sarebbe potuto cambiare qualcosa.

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coprifuoco e paura in honduras appello all'onu dell'ex presidente - pablo ordaz (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 30-06-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 12 - Esteri Coprifuoco e paura in Honduras appello all´Onu dell´ex presidente L´esercito spara, un morto. La Clinton: prioritario reinsediare Zelaya Attuale presidente Roberto Micheletti Ban, passaporto italiano, originario di Bergamo PABLO ORDAZ TEGUCIGALPA - Il coprifuoco. I soldati nelle strade deserte e il primo morto, ucciso dai militari a Tegucigalpa mentre cercavano di disperdere i manifestanti davanti al palazzo presidenziale. Nella sparatori anche tre feriti. La luce che non c´è. I telefoni che non funzionano. Le radio e le televisioni censurati. Denunce di scomparsi impossibili da confermare. Sabato sera, quando il presidente Manuel Zelaya si mise il pigiama pensando di essere ormai salvo, l´Honduras era un paese sotto scacco per la sua povertà e la delinquenza, governato da capo di Stato populista un po´ fanfarone e un po´ esagerato. Ma ieri l´Honduras non era un paese migliore. Faccia a faccia, separati soltanto da una inferriata, una signora parla ad un giovane che potrebbe essere suo nipote. La donna ha le lacrime agli occhi e, in alcuni momenti, tra le grida e l´odore dei pneumatici bruciati, sembra che ce le abbia anche lui. La signora parla dolcemente: «Tu e i tuoi amici dovete uscire da lì. Anche voi siete del popolo. Non siete schiavi dei potenti. Siete figli, nipoti nostri. Non credo che saresti capace di sparare con quel coso contro di me. Dai, esci da lì. Puoi essere il primo. E vedrai che dietro di te verranno anche gli altri». Il ragazzo, quasi un adolescente, abbassa lo sguardo. è uno dei soldati, uno dei tanti soldati con il fucile in mano e il casco abbassato fino alle orecchie, che presidiano la Casa presidencial dall´assedio dei manifestanti pro-Zelaya. Il colpo di Stato, attuato all´alba di domenica con l´appoggio unanime di politici, giudici e imprenditori, ha raccolto il rifiuto unanime della comunità internazionale. Ma gli honduregni non lo sanno ancora. Il nuovo governo, presieduto dall´industriale di origine italiana Roberto Micheletti, sta facendo il possibile per nascondere all´opinione pubblica il suo primo risultato: trasformare Manuel Zelaya in un eroe internazionale. Ma, nel 2009, impedire che l´informazione circoli è tanto difficile come afferrare l´acqua con le mani. E mentre avanzava il giorno, gli honduregni si sono a poco a poco resi conto dell´appoggio ricevuto dal presidente deposto. Il segretario di Stato, Hillary Clinton, e il presidente Obama sono stati chiarissimi in proposito. «Il ritorno al potere di Zelaya è una priorità immediata», dice Washington. In un comunicato letto nella capitale del Nicaragua dopo la riunione convocata d´urgenza dal sandinista Daniel Ortega, i paesi dell´Alba hanno lanciato un appello al popolo honduregno perché si ribelli contro il governo di Roberto Micheletti nominato dal Congresso dell´Honduras e ha annunciato il ritiro dei propri ambasciatori a Tegucigalpa fino a che non sia restituito a Zelaya il suo incarico. La decisione di isolare l´Honduras è stata presa dai capi di Stato dopo due riunioni convocate d´urgenza e svoltesi a Managua come risposta alla crisi politica apertasi dopo il colpo di Stato. Ad entrambi gli incontri ha partecipato Manuel Zelaya, che oggi è atteso a New York, all´Onu. I presidenti Rafael Correa, dell´Ecuador; Evo Morales, della Bolivia, Hugo ChÁvez, del Venezuela e il nicaraguense Ortega con il ministro degli Esteri cubano, Bruno RodrÍguez, hanno firmato un accordo che stabilisce che vengano mantenuti i programmi di cooperazione con l´Honduras, ma attraverso il presidente Zelaya. I presidenti dell´Alba hanno chiesto al resto della regione di prendere misure in sintonia con quelle prese a Managua. «Condanniamo unanimemente il colpo di Stato in Honduras e chiariamo che c´è un solo presidente in quel paese, il presidente Manuel Zelaya. Esortiamo a ristabilire senza condizioni Zelaya nelle sue legittime funzioni», ha detto il ministro degli esteri dell´Ecuador, Falconi. Il gruppo dei paesi dell´Alba si è dichiarato in "allerta permanente" e, secondo Falconi, manterrà riunioni di consultazione per valutare nuovi interventi contro l´Honduras, finché a Zelaya non venga restituito il suo incarico. (Copyright El Pais- traduzione Luis Moriones)

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2047, la scommessa usa spegnere l'ultima sigaretta - cristina nadotti (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 30-06-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 39 - Cronaca Meno nicotina, più divieti, al bando additivi e scritte light. Il piano Obama fa sperare il fronte anti tabacco E gli esperti si sbilanciano: entro quarant´anni gli Stati Uniti potrebbero diventare la prima nazione no smoke 2047, la scommessa Usa spegnere l´ultima sigaretta Dal 1965 al 2007 il numero di consumatori si è già dimezzato "Possiamo farcela" CRISTINA NADOTTI Difficile immaginare un´America senza un Humphrey Bogart con la sigaretta appoggiata sulle labbra, o Arnold Schwarzenegger senza il sigaro. E invece entro il 2047 sarà spenta l´ultima sigaretta degli Stati Uniti, ci sarà un ultimo estimatore del tabacco che dirà basta e la nazione non avrà più fumatori. La data l´hanno individuata i ricercatori della scuola di Medicina e Salute Pubblica dell´università del Winsconsin, il centro statunitense incaricato dal ministero della Salute di studiare le strategie per combattere il tabagismo. Il direttore del centro, Michael Fiore, pubblicherà sul numero di luglio dell´American Journal of Public health lo studio fatto sui dati raccolti dal 1960, anno in cui si è cominciato a tenere conto del numero di fumatori e dei danni provocati dal tabagismo, e sull´impatto delle politiche governative per la lotta al tabacco. «I risultati erano incoraggianti già negli ultimi dieci anni - dice Fiore - ma la legge varata dal presidente Obama lo scorso 13 giugno rappresenta un passo storico per la lotta a "big tobacco", il cartello dei produttori di sigarette, tanto che non è azzardato sperare che i fumatori possano sparire anche prima del 2047». Dal 1965 al 2007, hanno riscontrato i ricercatori, il numero dei fumatori adulti è sceso del 50 per cento e sebbene il calo non sia stato costante ogni anno, la tendenza è chiara. Questa diminuzione è stata continua e ora, grazie a nuove conoscenze e alle nuove leggi, gli Stati Uniti «saranno una nazione "tobacco-free" entro poche decadi». Le tesi di Fiore e colleghi non è un peana di vittoria, piuttosto la dimostrazione che ci sono strategie che finora hanno fatto vincere alcune battaglie e se coordinate porteranno alla vittoria della guerra. E lo scontro decisivo, sottolineano, si gioca su due fronti, quello delle misure per arginare lo strapotere di "big tobacco" e quello dell´impegno per proteggere i giovani sotto i 17 anni dalla tentazione di cominciare a fumare. «Ci sono numerosi dati scientifici - sottolinea Fiore - che testimoniano come cominciare a fumare prima dei 17 anni esponga geneticamente al rischio di diventare dipendenti dalla nicotina per tutta la vita». Chi ha visto il film Thank you for smoking conosce tutti i trucchi di "big tobacco" per presentare alcune sigarette come «meno dannose» e per arginare i divieti alla pubblicità. Ora i ricercatori statunitensi, che plaudono alla norma di Obama che impedisce tra l´altro l´uso di termini come "sigarette leggere", chiedono non soltanto un divieto totale alla pubblicità di ogni prodotto da fumo, ma anche alle sponsorizzazioni e promozioni fatte in modo subdolo da "big tobacco". Questo è il primo passo, sostenuto da un «aumento consistente» delle tasse sul tabacco; una legge che riduca ulteriormente il rischio di fumo passivo e scoraggi i fumatori negli ambienti chiusi; l´eliminazione della nicotina e di ogni additivo dal tabacco; finanziamenti generosi per una campagna che contrasti le strategie di marketing di "big tobacco" e sostegno medico e psicologico per chi vuole smettere. Perché su una cosa sono tutti d´accordo: spegnere quell´ultima sigaretta non sarà piacevole né facile.

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"popolarità in calo, dubbi sulla sua capacità di reggere" - enrico franceschini (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 30-06-2009)

Argomenti: Obama

Pagina 9 - Interni Le critiche dell´Independent: farebbe imbarazzare gli imperatori. Le Figaro denuncia: "Un´ombra sul G8" "Popolarità in calo, dubbi sulla sua capacità di reggere" ENRICO FRANCESCHINI dal nostro corrispondente LONDRA - Un giornale lo paragona a «un imperatore romano, che si lancia in iniziative lontano da casa propria per distogliere l´attenzione dai suoi problemi domestici». Un altro ipotizza che i magistrati baresi lo «chiamino a testimoniare» alla vigilia del summit del G8. Un terzo riporta che la sua popolarità è scesa rapidamente «sotto il 50 per cento». Sono alcuni degli articoli sul caso Berlusconi apparsi ieri sulla stampa straniera, che in prossimità del summit del G8 lo mettono sotto una lente d´ingrandimento, chiedendosi se la vicenda peserà sui risultati del vertice. E´ l´Independent a fare un paragone tra Berlusconi e gli imperatori di Roma antica: «Confrontato da una serie di scandali interni che farebbero imbarazzare l´imperatore Tiberio, il primo ministro italiano sale sul palcoscenico mondiale», ieri annunciando il programma del G8, poi partendo per la Libia dove incontrerà Gheddafi, quindi la settimana prossima ospitando Obama e gli altri leader del G8 all´Aquila. «Voci in patria e all´estero si chiedono se i problemi domestici diminuiranno la sua capacità di affrontare importanti questioni globali» al summit, scrive il quotidiano londinese. Preoccupazione condivisa dal francese Figaro, che titola: «Gli scandali di Berlusconi gettano un´ombra sul G8». Il Times riporta che il premier potrebbe essere chiamato a deporre, come testimone, nell´indagine su Giampaolo Tarantini, l´uomo d´affari pugliese che portava modelle ed escort alle sue feste in Sardegna e a Roma, inquisito per «incitamento alla prostituzione», riferendo che, secondo la polizia, l´estate scorsa intorno a Ferragosto Berlusconi e Tarantini si parlavano «20 volte al giorno». Il giornale scrive che gli inquirenti pugliesi stanno esaminando dichiarazioni rese alla polizia di Olbia da due donne che dissero di «essersi sentite male», apparentemente per abuso di droghe, dopo un party nella villa di Tarantini. E l´inchiesta, aggiunge il Times, si sta allargando al possibile reclutamento di «donne straniere». Dello scandalo scrivono anche il giornale inglese The Age, la rivista francese Elle e il quotidiano americano Wall Street Journal.

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Stanca e la : l'Expo è perfetta, vale dieci Olimpiadi (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 30-06-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Politica data: 30/06/2009 - pag: 13 Dopo l'editoriale di Monti «La proposta del presidente della Bocconi è di grande interesse. E dopo le liti stiamo lavorando pancia a terra» Stanca e la «data-chiave»: l'Expo è perfetta, vale dieci Olimpiadi MILANO Più che a Londra 2012, Lucio Stanca guarda a Barcellona '92. Quell'Olimpiade fu il simbolo della rinascita spagnola e ora, dice l'amministratore delegato dell'Expo 2015, dovrebbe diventare il modello per un'Italia in cerca di datechiave per uno scatto d'orgoglio. «Trovo di grande interesse la proposta dell'editoriale di Mario Monti sul Corriere di domenica osserva Stanca . Il nostro Paese ha bisogno di una scadenza in modo da concentrare le proprie forze». Crede che questa scadenza possa diventare l'Expo 2015? «Sì, per un semplice motivo: è di gran lunga l'evento più importante che abbia l'Italia. Pesa dieci volte più di un'Olimpiade, perché i giochi durano diciotto giorni ma l'Expo 180. E un'Olimpiade è un evento sportivo, questo invece tocca la nutrizione, lo sviluppo sostenibile, l'ambiente, l'agricoltura, la ricerca. Secondo uno studio della Bocconi, creerebbe 70 mila posti e la Camera di commercio valuta un ritorno di 44 miliardi di euro». Monti però nota difficoltà, «per problemi interni alle forze di maggioranza». La politica saprà cogliere l'occasione? «Osservazione pertinente. La mia prima risposta, è che un successo dell'Expo farà benissimo al prestigio dell'Italia ma anche alla fiducia in noi stessi». Ma non c'è stato qualche ritardo e qualche lite di troppo fra politici? «Non sta a me giudicare l'anno che è passato. Ora ci siamo messi pancia a terra e se ci sono stati ritardi sono recuperabili, ma dobbiamo essere più bravi ». Più bravi in cosa? «Nel dare più forza alla politica nel suo ruolo di indirizzo e nel depurare il momento tecnico ed esecutivo dalla politica stessa. L'impegno del centrodestra e del centrosinistra ci ha consentito di vincere l'Expo e ci dà forza. Purché si limiti appunto alla fase di indirizzo, perché quando entra nella dimensione del fare diventa un problema». Lei davvero è convinto che l'Expo possa segnare una svolta per tutto il Paese? O solo per il Nord? «Lo sarà per tutti se attireremo milioni di persone che poi vorranno vedere il resto del Paese. Ma qui tolgo il cappello del manager e vorrei indicare certe condizioni di cornice ». Vuole dire che nemmeno il potenziale dell'Expo si può sfruttare in pieno senza riforme più generali dell'economia? «La modernizzazione del Paese resta fondamentale, ad esempio le liberalizzazioni dei servizi pubblici. Lo stesso welfare troppo spesso da noi è clientelare: si continua a proteggere chi è già protetto e penalizzare chi non lo è». Insomma lei è d'accordo con Barack Obama: una crisi è un'occasione da non sprecare. «È un'occasione irripetibile: aumenta l'esigenza di recuperare risorse, oggi e per il futuro». Il governo dice che non è il momento di creare tensioni. «Deve bilanciare equilibrio e coesione, ma nel governo nessuno nega l'esigenza di queste riforme. E quando si tratta di recuperare efficienza, prima si agisce e meglio è: sprecare tempo e risorse non è una politica sociale». Federico Fubini

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Ritiro Usa nelle mani di Biden (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 30-06-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Esteri data: 30/06/2009 - pag: 15 Il retroscena Friedman: «Missione ad alto rischio: noi responsabili se l'Iraq si squaglia» Ritiro Usa nelle mani di Biden «Solo lui capace di gestirlo» DAL NOSTRO CORRISPONDENTE WASHINGTON Nei giorni in cui le forze americane completano il ritiro dalle città della Mesopotamia, Barack Obama affida il dossier iracheno alle mani esperte del vice-presidente Joe Biden. Una decisione, confermata al Corriere da fonti della Casa Bianca, che rispecchia la priorità data dall'Amministrazione alla partita in corso a Bagdad, ma anche le sue preoccupazioni per i recenti rigurgiti di violenza e soprattutto per il rischio di una crescente instabilità politica nella regione. Biden non sarà una sorta di ufficioso inviato speciale, sul modello di quanto fa Richard Holbrooke in Afghanistan e Pakistan, né gestirà i rapporti quotidiani con il governo iracheno e i capi militari, che per definizione spettano al nuovo ambasciatore degli Usa in Iraq, Christopher Hill. A lui, dice al nostro giornale un collaboratore del vicepresidente, «toccherà far pressione sulle autorità di Bagdad, alzando il livello politico del contatto, perché lavorino con più impegno al superamento delle divisioni interne, intensifichino il rafforzamento delle forze di sicurezza e si prodighino di più nella riconciliazione politica sulla strada che porta alle elezioni nazionali». Pochi negli Stati Uniti, fanno notare le fonti dell'Amministrazione, «posseggono l'esperienza e la conoscenza del problema iracheno di Joe Biden, che conosce bene tutti i protagonisti ed ha la completa fiducia del presidente Obama». Ma è chiaro che un incarico di così alto profilo confermi l'insoddisfazione della Casa Bianca: «Non ho visto ancora la quantità di progressi politici che avrei voluto vedere», ha ammesso Barack Obama ancora quattro giorni fa. «Se le cose fossero tutte andate per il verso giusto dicono le fonti dell'Amministrazione , non ci sarebbe stato bisogno di coinvolgere il vice-presidente. Ma il ritiro è cominciato in buone condizioni di sicurezza. È la situazione politica che richiede più attenzione ». Allarme per lo stato delle cose in Iraq è stato espresso da analisti come Tom Friedman, che in un'intervista di pochi giorni fa al Corriere ha messo in guardia dai rischi di un fallimento in Mesopotamia: «Se l'Iraq si squaglia mentre ci ritiriamo, l'Amministrazione verrà ritenuta responsabile e sarà il caos. Ma se si instaura un ordine politico stabile e decente, avrà un impatto molto positivo sul futuro dell'intero mondo arabo e sulla reputazione americana. Possiamo odiare la guerra, possiamo condannare Bush, ma non possiamo rinunciare a chiudere questa cosa nel modo giusto. In fondo l'Afghanistan è secondario, questo è il dossier più importante. Ci vuole uno sforzo maggiore: dimostriamo che i leader sciiti, sunniti e curdi possono scrivere il loro contratto sociale e il mondo arabo avrà un modello diverso da quello degli autocrati o dei dittatori col pugno di ferro». Friedman queste cose le ha dette anche di persona al presidente Obama, in una lunga telefonata di qualche settimana fa. E l'incarico al vice-presidente Biden sembra muoversi proprio nel senso del riconoscimento di questa preoccupazione. «Non c'è dubbio che dobbiamo cercare di tirare fuori il meglio dalla situazione che abbiamo ereditato », dicono le fonti dell'Amministrazione. Da presidente della Commissione esteri del Senato americano, Joe Biden aveva visitato la regione almeno una dozzina di volte ed era stato uno dei principali protagonisti del dibattito politico. La sua idea di fondo sul futuro dell'Iraq è quella di uno Stato federale, con ampi poteri demandati ai governi locali. Paolo Valentino

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Lotta al cyber-crimine Ue, la centrale sarà in Italia (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 30-06-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Economia data: 30/06/2009 - pag: 28 Task force Sarmi: «Cooperiamo con lo Us Secret Service» Lotta al cyber-crimine Ue, la centrale sarà in Italia DAL NOSTRO INVIATO TORONTO Oggi Mark Sullivan, l'uomo che si occupa della sicurezza personale del presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, sarà a Roma. Il direttore della Us Secret Service, l'agenzia che dall'Ottocento si occupa delle frodi finanziarie, allora sui dollari falsi, oggi sempre più spesso sul web, è atteso al Viminale dal ministro Roberto Maroni per mettere la firma insieme all'amministratore delegato delle Poste Italiane, Massimo Sarmi, e al capo della Polizia di stato, Antonio Manganelli, sull'intesa dalla quale nascerà la prima task force europea contro il cybercrime al di fuori degli Stati Uniti. E la centrale operativa del nuovo polo della sicurezza informatica sarà proprio il gruppo postale italiano. Il fenomeno dei furti di identità digitali, dati, informazioni e denaro sul web è ormai di tale portata da aver attirato, secondo gli esperti del settore, anche la criminalità organizzata. Su internet si «spacciano» dosi di informazioni come nel mondo fisico si vende la droga. Il business dietro è incontrollabile. E in questi ultimi anni le Poste Italiane, grazie a un manager come Sarmi che viene dalle telecomunicazioni, si sono ritagliate un ruolo di primo piano a livello mondiale sul cybercrime, entrato nell'agenda di tutti i principali leader. «Il progetto - racconta Sarmi - è nato in seguito a un mio viaggio a Washington in febbraio. Dopo aver visto cosa faceva la Us Secret Service che si occupa dei reati finanziari su tutto il territorio degli Stati Uniti li ho invitati a Roma per mostrargli il grado di eccellenza che abbiamo raggiunto grazie alle nostre peculiarità. Seguiamo 25 milioni di transazioni al giorno in tempo reale. Siamo gli unici al mondo che lo fanno potendo seguire sia i flussi logistici, sia il passaggio di informazioni riservate (come i documenti anagrafici), sia le transazioni finanziarie. Nemmeno le banche possono contare su un flusso così importante perché le informazioni sulle nostre carte di credito sono residenti nelle nostre memorie, mentre quelle delle carte bancarie risiedono nelle società come Visa e Master- Card». Già un mese fa la Us Secret Service aveva mosso il primo passo ammettendo le Poste, unico caso al di fuori degli Stati Uniti, a far parte della New York Electronic Task Force che ha competenza anche sul principale mercato azionario al mondo, Wall Street, visto che le grida degli agenti di cambio sono un lontano ricordo e che tutto avviene ormai sulle autostrade elettroniche. «Consideriamo la firma di oggi un primo passo - spiega Sarmi - perché quello a cui puntiamo è diventare un polo aggregante mondiale per questo tema che ci permette di condividere le informazioni non solo con soggetti politici ma anche accademici. Siamo già in contato con la Mallow University, con un centro in Malaysia che si occupa dei crimini informatici, con il Canada». Massimo Sarmi Massimo Sideri

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Europei, ricordiamoci della Georgia L'estate e i russi si avvicinano (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 30-06-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Opinioni data: 30/06/2009 - pag: 8 DEMOCRAZIA ED ENERGIA Europei, ricordiamoci della Georgia L'estate e i russi si avvicinano di ANDRÉ GLUCKSMANN U na domanda strampalata si pone al viaggiatore appena uscito dal bozzolo comunitario: l'Unione europea esiste? Per Washington, si tratta di un Ufo di cui, dai tempi di Kissinger, il Dipartimento di Stato cerca invano il numero di telefono. Per Mosca, solo di una tribuna televisiva; dai tempi di Gromyko, i regimi si susseguono, ma resta la convinzione che a contare siano solo le potenze classiche: il Regno Unito, la Francia e, soprattutto, la Germania, per lungo tempo nano politico ma sempre gigante economico. Quanto agli storici, essi esitano: i rapporti de Gaulle-Adenauer non sempre furono stabili, non andò meglio alla coppia Kohl-Mitterrand, e i bisticci Londra-Parigi-Bonn (poi Berlino) rimasero al centro dell'attenzione per decenni. Di fronte alla crisi mondiale, la disunione europea si manifesta in reazioni concorrenti non potendo essere concordi. La Comunità europea a Sei come a Quindici aveva sormontato le proprie irriducibili divergenze, ataviche e ideologiche, solo assegnandosi sfide limitate, ma concrete e cruciali. Principalmente due: 1) Resistenza all'espansione staliniana 2) Volontà di farla finita con un bellicismo economico portatore di due conflitti mondiali (di qui nasce il pool Carbone-Acciaio che testimonia una cooperazione franco-tedesca mai vista prima). Si è conclusa, l'avventura? I «valori comuni», di cui ciascuno si riempie la bocca, sono seriamente bistrattati allorché un ex cancelliere socialdemocratico (Schroeder) arriva alla direzione di Gazprom soltanto un mese dopo aver perso la Cancelleria. Immaginate l'entusiasmo di mezza Europa quando, nel gennaio 2009, rabbrividì dal freddo perché il Cremlino attuava il ricatto dell'energia! Il Signor Schroeder ha forse protestato, quando il suo nuovo padrone minacciava di tagliare il gas (attraverso l'Ucraina) ai concittadini tedeschi? Per quel che ne sappiamo, no. Anzi, continua a immagazzinare milioni. Corruzione o convinzione? L'una e l'altra lo spingono probabilmente a vilipendere la Georgia indipendente, quando il Cremlino la smembra con la malcelata annessione di due delle sue province, nel disprezzo ostentato degli accordi di cessate il fuoco firmati con Nicolas Sarkozy, ingegnoso presidente del Consiglio europeo. Si può obiettare che la meschina avidità dell'ex cancelliere non può marchiare l'Ue nel suo insieme. Solo che il personaggio continua a rappresentare un'autorità morale di sinistra nell'opinione pubblica tedesca che rispetta l'amico Putin e reputa il presidente georgiano, Mikheil Saakhashvili, un pericoloso squilibrato, poiché si ostina a resistere agli ukaze del «Grande Fratello». Al termine di un breve soggiorno in Georgia (riuscite a immaginare la Toscana, con un mare che di nero ha soltanto il nome, con nevi eterne e una delle capitali più belle del mondo, prediletta da poeti russi perseguitati, come per esempio Lermontov?) dico a me stesso che, se il fatto di non cedere al duetto Putin-Medvedev è un segno di alienazione mentale, i quattro milioni di georgiani sono folli quanto il loro presidente. Sono troppo fieri della loro recente libertà e troppo innamorati della loro cultura per arrendersi davanti a un impero di 140 milioni di anime. Hanno ricordi scottanti: le purghe di massa organizzate da Stalin, Beria e Ordjonikidze (tutti caucasici vergognosi di esserlo) che liquidarono più di un cittadino su dieci. E hanno buone ragioni di essere inquieti. Nei settant'anni di regime sovietico, i giardini, i negozi e il mercato nero caucasici alimentarono Mosca e Leningrado affamate: ecco perché oggi i consigli minacciosi della Russia su economia e democrazia non suscitano che ironia. Mikheil Saakashvili, incalzato da un'opposizione veemente ed eterogenea, che come unico programma ha il suo ritiro incondizionato, resta fermo sulle proprie posizioni. Eletto democraticamente sotto il controllo dell'Ocse, il presidente si adopera per edificare grande novità nello spazio ex-sovietico, in particolare caucasico una Repubblica non corrotta (sforzo di cui testimoniano gli osservatori internazionali). Perché dovrebbe cedere davanti a una minoranza? Perché non dovrebbe andare fino al termine del proprio mandato, come accade da noi? Egli lascia che si svolgano manifestazioni, tenta di negoziare e ha la meglio sull'avversario logorandolo. Negli ultimi mesi, il tasso di popolarità del presidente ha oscillato fra il 53 e il 65 per cento secondo istituti di sondaggio indipendenti e internazionali. Certo, l'opposizione non ha tutti i torti in una buona democrazia l'opposizione è sempre necessaria ma se è intollerante agisce contro se stessa, tanto più che i mass media russi esagerano e demonizzano Saakashvili trasformandolo in un Hitler del Caucaso (come dice Medvedev). Più grande è la menzogna e più impressionate saranno le cancellerie... Ci piacerebbe che nel regno putiniano esistesse, come in Georgia, un'opposizione dotata di giornali, di due canali televisivi e del raro privilegio di poter bloccare a suo piacere alcune importanti strade e l'entrata di edifici ufficiali piantando gabbie di ferro coperte di plastica bianca, la maggior parte totalmente vuote (l'ho visto con i miei occhi) e questo per due mesi, senza che la polizia ristabilisca la circolazione, per non offendere i manifestanti. In quanti minuti il temerario che volesse piantare una tenda davanti all'Eliseo sarebbe arrestato? Ed è del tutto inimmaginabile che possa sognare di installarla sulla Piazza Rossa. La Georgia indipendente deve sopravvivere all'estate 2009. L'esercito russo si è installato l'anno scorso a 30 chilometri da Tbilisi, a un'ora di autostrada per un carro armato. Le nubi si accumulano: grandi manovre militari, imprecazioni sugli organi d'informazione, veto russo al Consiglio di sicurezza al fine di interrompere le missioni di osservazioni neutrali. Onu e Ocse hanno fatto le valigie, restano 200 osservatori del-- l'Ue, che non possono operare dalla parte «russa » e possono solo constatare le atrocità commesse dai cecchini russi contro i poliziotti georgiani. Un esperto militare moscovita, Pavel Felgenhauer, teme che, approfittando dell'assenza di testimoni internazionali, lo stato maggiore russo organizzi imbrogli-provocazioni che servano da pretesto per dare l'attacco ed esaudire il suo desiderio più caro: «Appendere Saakashvili per i c...» (come dice Putin). (Dopo tutto, nel 1940, la Germania non ha forse invaso la Polonia esibendo due povere guardie di frontiera polacche, sospettate di «invadere» il III Reich?). Andrej Illarionov, consigliere speciale di Putin fino al 2006, condivide le stesse apprensioni. Difficile prevedere. Sergei Kovaliev, amico di Sakharov, mi ha dissuaso dal far castelli in aria: i padroni della Russia non sono strateghi, sistemano le loro faccende di giorno in giorno, pensano ai propri interessi e pianificano nell'arco di un mese, di un anno, il loro comportamento è da gangster. Ma i capi attuali del Cremlino non perdoneranno mai al giovane leader georgiano il crimine di occidentalismo, tanto contagioso può rivelarsi il desiderio di libertà. Riusciranno, l'Unione europea e Obama, a contenere le ambizioni ataviche e i capricci di Mosca? O acquisteranno una fallace e precaria tranquillità sacrificando l'indipendenza della Georgia? La posta in gioco non è il supplemento d'anima attualmente disprezzato diritti dell'uomo e libertà , ma l'indipendenza dell'Europa, la sua autonomia energetica, decisiva poiché ormai per Putin il gas è un'«arma» potente quanto un arsenale di dissuasione. Consiglio di assaporare su YouTube una canzone popolare intonata da un coro militare di Mosca, il cui ritornello riassume l'«avvenire radioso» che ci prepara Gazprom: «L'Europa ha qualche problema con noi? E noi le taglieremo il gas, un grande sorriso nascerà nei nostri occhi e la felicità non ci abbandonerà più.». Lo stesso vale per l'Ucraina e i suoi desideri di adesione alla Nato, lo stesso vale per le forze americane e il mondo intero. Il pubblico è estasiato. Se Tbilisi cade, non c'è più modo di aggirare Gazprom e di garantirsi un accesso autonomo alle ricchezze di gas e petrolio dell'Azerbaigian, del Turkmenistan e del Kazakistan. Quanto a Barack Obama, egli perderà presto di credibilità: i suoi gesti eloquenti saranno gesti di un oratore cui sono state amputate le braccia. Meglio stare in guardia: una parte del nostro avvenire si deciderà nella dolce indolenza delle nostre vacanze estive. BEPPE GIACOBBE traduzione di Daniela Maggioni

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(sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 30-06-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Tempo Libero data: 30/06/2009 - pag: 15 Il personaggio Mentre Palazzo Reale gli dedica una grande mostra «E Andreotti mi disse: a me m'ha inventato Forattini» il disegnatore racconta 36 anni di vignette e litigi Le mille vite del maestro dello sberleffo S i ritrae un po' in tutti i modi: come Napoleone, come un centauro che scocca la freccia a forma di matita tricolore (è il manifesto della grande mostra che si apre venerdì 3 a Palazzo Reale, ed è stata costruita a tempo di record anche una statua equestre da collocare davanti all'entrata), come San Giorgio che sfida il drago Craxi, come un Rushdie inseguito dall' ayatollah Scalfari che non gli perdona le «vignette sataniche» su De Mita e Occhetto, come un esibizionista con l'impermeabile che punta una matitona eretta contro i politici (Scalfaro, Prodi ecc.). Quello che ama di più è l'autoritratto nelle vesti dello scultore danese Bertel Thorvaldsen immortalato dal pittore Horace Vernet, direttore di Villa Medici nei primi anni '30 dell'Ottocento: sulla copertina del libro «Regimen » (2006), Forattini è lo scultore e accanto ha il busto di Prodi vestito come sempre da prete. Il dipinto di Vernet lo si può ammirare nella casa milanese di Forattini, a due passi da Porta Venezia: «Ci sono quattro esemplari del quadro, tre sono in altrettanti musei, uno era proprietà di un collezionista milanese. Me lo sono regalato anni fa spendendo un bel po' di soldi», racconta. Perché tutti questi autoritratti? «Molto per prendermi in giro, per ridere di me, per non darmi l'aria di essere importante. Mi è capitato, è vero, di riportare la satira sui giornali italiani dopo il deserto dell'era democristiana. Ho cresciuto una covata di disegnatori - «Satyricon», l'inserto di «Repubblica » nato nel '78, è stata una scuola - e dovunque ho lavorato non ho mai fatto vignette a comando. Col risultato che a volte, per aperti dissidi o mancata difesa contro i politici infuriati e promotori di querele, me ne sono andato senza troppe storie». Animale impolitico, mille lavori prima di arrivare ai giornali (rappresentante, operaio in un'industria di idrocarburi, consulente per una casa di edizioni musicali ecc.) si è trovato a doversi occupare prevalentemente di politici, capi di governo, presidenti della Repubblica, pontefici e capipartito. È lui che va sulla prima pagina di «Paese sera» all'indomani della vittoria del NO nel referendum contro il divorzio promosso da Fanfani: e la vignetta è una bottiglia di spumante che spara il tappo-Fanfani. Tra i fondatori di «Repubblica» (lavora anche come grafico), pubblica sulla pagina delle opinioni del giornale di Scalfari. Alla «Stampa», dove va una prima volta nell'82, gli danno la prima pagina: «Non piaceva il mio Spadolini nudo con il pisellino, li convinsi che invece lui si divertiva. Mandavo gli originali al senatore e lui ogni volta mi spediva il suo libro su Garibaldi, sempre quello.». Uno dei suoi classici è Andreotti: nerovestito, orecchie grandi, un sorriso vampiresco («Andreacula»). Da lui ha ricevuto il più bel complimento: «A me mi ha inventato Forattini». Da tempo non nasconde le sue simpatie di centro-destra («sono un liberale, come dice di me nella prefazione al catalogo Piero Ostellino»), ma rivendica la sua assoluta indipendenza di pensiero. «In Italia», dice «fare satira è un gran problema. Ai politici piaci quando prendi di mira gli avversari, se invece sono loro il bersaglio diventano furiosi». E la lista degli arrabbiati è lunga: Berlinguer, Craxi, D'Alema ecc. ecc. «Io poi non sono d'accordo con il sillogismo che dice: la satira è contro il potere; il potere è di destra; ergo, la satira è di sinistra. E la riprova l'ho avuta quando la sinistra è andata al governo, apriti cielo!». La vignetta censurata Ma anche con la destra, recentemente, le cose non sono state sempre rose e fiori. «Nel 2007, quando Berlusconi crea il Popolo delle libertà col discorso del predellino, io lavoravo per 'Il Giornale'. Faccio un Berlusconi- Atlante, mutande tricolori, che porta un mappamondo con la sua faccia (nell'ultima foto sotto). Al direttore Giordano non piace, 'l' hai fatto con le tette, in mutande'. Non la pubblica e io mi dimetto». Da allora disegna per il «Quotidiano Nazionale» di Riffeser. Ma l'episodio più duro resta lo scontro con D'Alema: 1999, su «Repubblica » appare la vignetta di Max che sbanchetta la Lista Mitrokhin. Scatta la querela con richiesta miliardaria di danni. «Al giornale non fui difeso, poi D'Alema, in trasmissione da Santoro, ritira la querela. Ma io lascio Repubblica». Con la convinzione più volte ribadita negli anni che è soprattutto la sinistra che non gradisce la satira: «Ho avuto venti querele, sempre da sinistra ». Per la mostra curata con grandi scenografie da Gherardo Frassa («lo stesso che 20 anni fa fece la mostra itinerante dei miei disegni per 'Repubblica') ha disegnato un secondo manifesto: Titolo, La bella estate; il Duomo sullo sfondo e un mare in cui nuotano Sarkozy, Merkel, Berlusconi, Obama, Putin. «Io ne avevo fatto un altro prima. Solo Letizia Moratti - è lei che ha voluto questa mostra - che nuota nel mare davanti al Duomo, con un costume elegante a fiori. A lei piaceva, ma poi è arrivato un no. È' difficile fare il mio lavoro, davvero».>Ranieri Polese Giorgio Forattini, 77 anni, romano

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Barack Obama: (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 30-06-2009)

Argomenti: Obama

Corriere della Sera sezione: Esteri data: 30/06/2009 - pag: 17 Honduras Barack Obama: «Per noi il presidente resta Zelaya» TEGUCIGALPA Non si arrendono dentro e fuori dall'Honduras i sostenitori del presidente Manuel Zelaya, deposto con un golpe dai militari e trasferito in Costa Rica domenica, nel giorno del referendum da lui indetto per estendere il limite del suo mandato quadriennale, mossa che aveva irritato Congresso, Chiesa, magistratura ed esercito. Ieri in centinaia hanno sfidato il coprifuoco imposto per due notti di fila dal nuovo presidente ad interim, Roberto Micheletti, dando vita a una veglia davanti al palazzo presidenziale di Tegucigalpa. Alcuni hanno formato barricate e abbattuto cartelloni pubblicitari nel centro della capitale. Fuori dal Paese, oltre allo schieramento socialista sudamericano alleato che fa capo a Hugo Chávez, tutti, dalle organizzazioni latino-americane all'Onu, dagli Usa all'Ue, hanno reclamato il ritorno di Zelaya alle sue funzioni di legittimo presidente. Ieri è intervenuto anche Barack Obama: quanto avvenuto in Honduras «non è legale», «per gli Stati Uniti il presidente dell'Honduras resta Zelaya», ha chiarito il presidente americano. Poco prima Hillary Clinton aveva precisato: «La priorità della comunità internazionale è quella di ripristinare l'ordine democratico e costituzionale in Honduras». La crisi è un banco di prova per l'amministrazione Obama che sta cercando di migliorare l'immagine di Washington in America Latina. Il presidente dell'Assemblea generale dell'Onu, Miguel D'Escoto, ha invitato Zelaya a intervenire all'Onu: «Da nicaraguense pensavo che quel che è successo in Honduras fosse un incubo ormai lontano ha detto ieri l'ex sacerdote presidente del Nicaragua durante una sessione speciale dell'Assemblea da lui convocata per discutere del caso . Tutti i 192 Paesi delle Nazioni Unite devono far sentire la propria voce per condannare questa azione criminale», ha auspicato. GUARDA le foto del golpe su www .corriere.it

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Iran, sul web la scure degli ayatollah Niente YouTube, e Twitter va a rilento (sezione: Obama)

( da "Repubblica.it" del 30-06-2009)

Argomenti: Obama

C'è una cosa che Obama e tutto l'Occidente potrebbero fare per i ragazzi di Teheran: approvare misure e mettere soldi per sviluppare le tecnologie di "internet censorhip evasion" (tecniche per aggirare la censura sulla rete e non essere individuati). Detta in parole semplici: la radio Londra di internet, la radio voce della libertà della rete. Alla camera dei rappresentanti il progetto è già stato presentato, e ci sono 50 milioni da spendere per aiutare i popoli del mondo ad aggirare le loro censure. Altrettanto potrebbe fare l'Europa. Questo detto in generale, perché per "questi" ragazzi di Teheran, per quelli di questi giorni, ora è il tempo della repressione e della fuga. Forse degli arresti e chissà altro. II silenzio è sceso, ma la loro epopea resta e fa discutere l'occidente. Senza le rete non sarebbe esistita la lotta dei giorni scorsi, già, ma cosa sta succedendo a chi quella lotta ha animato e documentato? Su YouTube si è fermato il flusso dei filmati. Su Twitter il "canale" (dizione non esatta ma serve per capirsi) dedicato a "neda", la ragazza uccisa nei primi giorni della rivolta è meno visibile e più rallentato. Resistono "Iran" e "Iranelection" (attorno a questo tag è nato il canale dell'oppositore Moussavi), ma si tratta di messaggi di solidarietà, scarseggiano le testimonianze. Perlomeno fino a quando si parla di messaggi in inglese - chi scrive ammette di non aver controllato messaggi e canali in lingua farsi. OAS_RICH('Middle'); Non ci sono tracce di persiankiwi, molto attivo nei giorni scorsi. In uno degli ultimi messaggi dice: "Devo scappare, hanno trovato uno dei miei". Resiste il blog Revolutionary road. Altri scrivono ogni tanto, ma senza dare mai troppi particolari, hanno evidentemente paura di essere individuati. Cosa può esser successo ai manifestanti che hanno mandato su internet le loro testimonianze? Non tutti erano degli sprovveduti, molti si sono serviti di meccanismi di "anonimizzazione" per poter evitare di essere individuati in seguito. In tanti hanno messo in atto l'accorgimento di "far apparire" il loro messaggio come mandato da un computer residente in Canada o in Australia - su questa attività si è dispiegata molta solidarietà tecnologica. E' tuttora in attività la "NedaNet", rete di "Hacktivist (da Hacker e attivisti) per aiutare l'uscita di messaggi dall'Iran in modo sicuro per chi li manda. Usano la tecnica dei "proxy": un proxy server è un semplice pezzetto di software che gira sul computer di una persona che vive al di fuori del paese, e permette a quel pc di diventare il "ripetitore" di un altro navigatore che può apparire sulla rete con l'Ip dell'ospite. Certo chi ha mandato un video dal suo telefono cellulare o un messaggio twitter con la propria identità rischia gravemente, perché ogni atto elettronico lascia una traccia. Ma c'è dell'altro che la polizia può aver fatto. Nelle manifestazioni del '68 c'era la psicosi dell'"agente in borghese che fotografava". Al G8 di Genova si temette che vi fossero dei provocatori che alimentavano la violenza. Sono attività che possono essere svolte anche sulla rete, si possono mandare messaggi fiammeggianti e linkare un sito che è in realtà della polizia e che registra gli indirizzi IP (la targa) di tutti coloro che lo visitano. I video di youtube e le foto di flickr possono essere viste e "scaricate" sia dalla polizia che dagli amici e in seguito analizzati, anche se "pixelati" per prudenza. La rete è di tutti, dei "buoni" e dei "cattivi", e così la tecnologia. Si possono incrociare i messaggi con i tabulati degli sms e dei video spediti dai telefoni. Si può sottoporre ad esame - grazie a software specifici - il flusso dei messaggi inviati ai server di twitter. Nei giorni scorsi il Wall Street Journal ha denunciato la vendita di tecnologie occidentali ed in particolare europee alla polizia iraniana. Servono per registrare ed analizzare tutto ciò che si fa sulla rete e ad individuarne i responsabili. In particolare c'è una sigla che merita attenzione. Si chiama DPI. La Deep Packet Inspection. La DPI può analizzare i contenuti delle comunicazioni internet. E può arrivare a "capire" quale tipo di attività gli utenti stanno svolgendo. Può anche cercare - sono sempre compiti che si affidano ai computer - dentro il traffico internet alcune parole chiave che siano state predeterminate da chi usa il software. Lo fa come facevano i postini ficcanaso di una volta: intercetta la "busta" , la apre, la fruga e poi la richiude e la fa proseguire per la sua strada, come se tutto fosse a posto. Lo stato iraniano ha acquistato questo programma nel 2008. E' la fine per i ragazzi di Teheran? Non c'è alcun dubbio che per chi non si sia premunito sul piano tecnologico ci sia in questo momento il serio rischio di essere individuato. E' senz'altro la fine del reporting di massa dei giorni scorsi (anche perché diversa è la situazione sulla piazza), se non altro perché le maglie della censura si sono strette. Ma è cominciata una solidarietà più specialistica, più avvertita, per permettere ai messaggi di uscire anonimamente. E su questo piano si può fare molto. Fin dagli anni del regime sovietico hanno funzionato i server "anonimizzatori" che permettevano alle persone - erano anni in cui internet non era per le masse e la posta elettronica viaggiava con modalità assai primitive - di confondere le loro tracce. Per anni la sigla "anon.penet.fi (fi sta per Finlandia) ha significato per molti la libertà di esprimersi senza essere intercettati. In seguito i paesi, anche democratici, hanno combattuto duramente la pratica dell'anonimato per il timore - e la concreta realtà - che quelle stesse tecnologie aiutino anche la mafia e ogni altra attività criminale. Ma l'Iran dovrebbe accendere la luce sulle tecniche, molto più raffinate, della "censorship evasion". Si può fare ancora molto per i ragazzi di Teheran. (30 giugno 2009

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