CENACOLO
DEI COGITANTI |
"Ucciso dai medici" (
da "Stampa, La"
del 27-06-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: America Obama: era
un'icona della musica. Ma esplodono le polemiche "Ucciso dai medici"
[FIRMA]FRANCESCO SEMPRINI NEW YORK Un lenzuolo bianco avvolge il corpo privo di
vita steso sul lettino dell'ambulanza. È l'ultima immagine che Michael Jackson
regala di sé al mondo intero prima dell'imbarco in elicottero per il volo
finale.
"violenze in iran, dialogo
a rischio" - vincenzo nigro ( da "Repubblica, La" del 27-06-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Per la prima volta dopo
il discorso di Obama al Cairo, si è riunito il Quartetto (Onu, Ue, Usa e
Russia), il gruppo che guida il negoziato politico ed economico sulla questione
Palestina-Israele. Il Quartetto ha seguito parola per parola le nuove indicazioni
di Obama: Israele deve bloccare i nuovi insediamenti nei Territori palestinesi,
«anche la loro espansione naturale»
il pugno di ferro del regime
"pena di morte ai rivoltosi" - angeles espinosa (
da "Repubblica, La"
del 27-06-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Pensate alla vicenda di
quella donna uccisa e per la quale Obama ha versato lacrime di coccodrillo.
Chiunque osservi il video si rende conto che sono stati i manifestanti ad
assassinarla», ha detto. Si riferiva alla morte di Neda Agha Soltan. Le
immagini della sua agonia, mentre si dissangua in una strada di Teheran, hanno
fatto il giro del mondo.
sit-in della cgil contro
berlusconi - roberto fuccillo ( da "Repubblica, La" del 27-06-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: per il Sud ci vuole uno
scatto alla Obama" ROBERTO FUCCILLO «è tempo di impegni concreti, non più
di false promesse e annunci». La Cgil campana approfitta del fatto che Silvio
Berlusconi sarà martedì a convegno con gli industriali e prova a rompere il
clima di troppo facile entusiasmo intorno alla crisi e allo stato dell´economia
regionale.
scatti d'america tra bush e
obama ( da "Repubblica, La" del 27-06-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: America tra Bush e
Obama C´è un omino isolato vestito di nero nella posa impettita del bodyguard e
c´è un nugolo di suoi simili che circondano George W. Bush. Christopher Morris,
l´autore della bella mostra esposta alla Fnac, è un reporter che l´America del
potere la frequenta da vicino, anche se non le risparmia frecciate.
clima, la vittoria di obama
"così sfidiamo l'effetto serra" - alberto flores d'arcais (
da "Repubblica, La"
del 27-06-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Pagina 16 - Esteri
Clima, la vittoria di Obama "Così sfidiamo l´effetto serra" Usa, sì
del Congresso alla legge anti-inquinamento L´obiettivo è ridurre le emissioni
del 17% entro il 2020 e dell´83% entro il 2050 ALBERTO FLORES D´ARCAIS dal
nostro inviato LOS ANGELES - «Progressi enormi, ma resta molto da fare».
il lato oscuro dei mercati -
alessandro penati ( da "Repubblica, La" del 27-06-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: la recente riforma di
Obama attribuisce grande rilevanza alla regolamentazione dei mercati.
L´organizzazione degli scambi finanziari non è materia solo per addetti ai
lavori: l´attuale crisi è nata e cresciuta nel mare di strumenti derivati e
titoli cartolarizzati negoziati over-the-counter (Otc), cioè compravendite
effettuate direttamente tra due controparti (
opel, nuove offerte entro metà
luglio - salvatore tropea ( da "Repubblica, La" del 27-06-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Marchionne: "Su
Chrysler non voglio deludere Obama" L´ad Fiat: nel week end la decisione
sulla
bizzarrie di un uomo confuso
nell'america in bianco e nero - (segue dalla prima pagina) vittorio zucconi (
da "Repubblica, La"
del 27-06-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: E ieri il presidente
Obama lo ha definito un´icona dalla vita triste (SEGUE DALLA PRIMA P
giallo sul colloquio con
netanyahu "l'iran va fermato, obama è debole" - alberto stabile (
da "Repubblica, La"
del 27-06-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Giallo sul colloquio
con Netanyahu "L´Iran va fermato, Obama è debole" Una smentita finora
è arrivata solo dallo staff del premier israeliano: racconto impreciso ALBERTO
STABILE dal nostro corrispondente GERUSALEMME - Netanyahu: «Obama non è in un
situazione facile. Gli sarà molto difficile dialogare in una situazione come
questa.
infarto o overdose di farmaci?
è mistero sulle ultime ore di michael jackson. mentre milioni di fan piangono
la sua scomparsa, s'indaga su un'ultima iniezione letale. e ci si inter (
da "Repubblica, La"
del 27-06-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: E ci si interroga su
luci e ombre di una carriera"thriller": dalle accuse di pedofilia
alle operazioni per diventare bianco, dagli incassi record ai debiti per il
sogno infranto di Neverland. "Un´icona della musica", come ha detto
ieri Barack Obama, "dalla vita triste"
JOAN BAEZ A TEHERAN (
da "Corriere della Sera"
del 27-06-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: E soprattutto occorreva
lasciare aperto lo spiraglio nel quale Barack Obama aveva infilato la sua mano
tesa. La posizione del presidente Usa si va facendo ogni giorno più difficile.
Alle prime manifestazioni di protesta e alle prime vittime della repressione
Obama aveva reagito con grande cautela. Poi le violenze delle milizie pro
Ahmadinejad sono diventate intollerabili,
Iran, il G8
Argomenti:
Obama
Abstract: Ma Obama avverte:
«Dialogo a rischio» DA UNO DEI NOSTRI INVIATI TRIESTE Suda Sergej Lavrov sotto
il tendone-sauna, quanto deve aver sudato per evitare che nel testo saltasse
fuori la parola «condanna». I ministri degli Esteri del G8 siedono assieme per
presentare i venti punti del documento finale.
Un giornale israeliano: per
Berlusconi
Argomenti:
Obama
Abstract: gente che sta in Usa e
sento forti critiche alle risposte di Obama all'Iran. Anche Frattini ha parlato
con la Clinton, lei è dell'idea che ci vuole una risposta più dura. Ho detto a
Obama che Ahmadinejad è inaffidabile. Bisogna averne paura. Non c'è tempo da
attendere: bisogna agire subito». Maariv conferma che Netanyahu ha sollecitato
il presidente del Consiglio a ridimensionare l'
Il mondo sotto choc, Internet
si blocca ( da "Corriere della Sera" del 27-06-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: quella di Barack Obama
che ha espresso le sue condoglianze alla famiglia dell'artista, definendolo
«una icona della musica» ma ricordando anche gli «aspetti della sua vita tristi
e tragici». Chiara Maffioletti Il caso Nella frenesia, una macabra burla annuncia
il decesso di Jeff Goldblum, l'attore di «Jurassic Park» The Sun Il tabloid
britannico a lutto Esto Il giornale messicano:
Berlusconi a sorpresa al
vertice Nato-Russia ( da "Corriere della Sera" del 27-06-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: americano Barack Obama.
C'è chi crede che Berlusconi a Corfù possa risultare ingombrante in quella
ripresa delle relazioni ad alto livello tra Usa e Russia dopo il crepuscolo
della presidenza di George W. Bush. Il presidente del Consiglio sosterrà il
contrario, probabilmente ripeterà che il presidente americano gli ha chiesto
suggerimenti in materia.
Suu Kyi e l'artista di Obama (
da "Corriere della Sera"
del 27-06-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: 19 Il ritratto Suu Kyi
e l'artista di Obama La leader dell'opposizione birmana Aung San Suu Kyi
ritratta da Shepard Fairey, l'artista 39enne del South Carolina che con il suo
manifesto ha trasformato il presidente Usa Barack Obama in un'icona internazionale.
Il ritratto è diventato un manifesto per la campagna di liberazione di San Suu
Kyi,
Abstract: Certo ormai si è convinto che l'approccio di sistema scelto da Barack Obama sia quello giusto: ristrutturare l'intero settore in modo organico, partendo dalla certezza che la domanda cambia e la capacità produttiva va ridotta. «Non ho mai incontrato Obama di persona, solo la sua squadra. Raccolgo la sfida, non ho intenzione di deludere », osserva.
Abstract: Obama, che vorrebbe l'America indipendente dal greggio mediorientale, ha riscosso il plauso di Angela Merkel, il cancelliere tedesco, in visita a Washington. Ennio Caretto Il presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha presentato un progetto di 1.>
I DETENUTI DI GUANTANAMO PERCHÉ
L'EUROPA LI ACCOGLIE ( da "Corriere della Sera" del 27-06-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Quando Obama arrivò
alla Casa Bianca, dopo una campagna elettorale durante la quale aveva promesso
la chiusura del carcere, il numero dei detenuti si era pressoché dimezzato. Ma
la chiusura si scontrò con difficoltà giuridiche e politiche. Che cosa fare di
quei prigionieri che ancora rappresentavano, secondo i servizi di intelligence,
Iran, pugno di ferro del regime
( da "Repubblica.it"
del 27-06-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Pensate alla vicenda di
quella donna uccisa e per la quale Obama ha versato lacrime di coccodrillo.
Chiunque osservi il video si rende conto che sono stati i manifestanti ad
assassinarla", ha detto. Si riferiva alla morte di Neda Agha Soltan. Le
immagini della sua agonia, mentre si dissangua in una strada di Teheran, hanno
fatto il giro del mondo.
Obama, avanti sul clima Sì
della Camera alla legge ( da "Repubblica.it" del 27-06-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: WASHINGTON - Obama va
avanti sulla sua politica "verde". La Camera dei Rappresentanti Usa
ha approvato nella notte italiana (219 voti favorevoli e 212 contrari) la nuova
legge sul clima ("Climate change bill") che pone severi limiti alle
emissioni di gas inquinanti.
Usa, Camera approva legge sul
clima ( da "Stampaweb, La" del 27-06-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: WASHINGTON Primo
importante successo per la politica di Barack Obama sulla lotta ai cambiamenti
climatici. La Camera dei Rappresentanti Usa ha approvato con 219 voti e 212
contrari una legge che pone severi limiti ai gas inquinanti e prevede una
riduzione delle emissioni del 17% entro il 2020 e dell?83% entro il 2050.
Ahmadinejad contro Obama
"La smetta di interferire"
( da "Repubblica.it"
del 27-06-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: ROMA - Mahmoud
Ahmadinejad torna a criticare Barak Obama. Il presidente iraniano ha accusato
il leader Usa di interferire negli affari interni iraniani. "Ha parlato di
riforme e di cambiamento, perché allora interviene e fa commenti contrari alle
norme e alla politica?", ha dichiarato il leader di Teheran.
"Jacko", si
infittisce il mistero Fox News: "Non c'è stato infarto"
( da "Repubblica.it"
del 27-06-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: e i suoi numerosi fan
si sono raccolti in decine e decine di città di tutto il pianeta per
ricordarlo, tra le lacrime, cantando i suoi più famosi successi. Lo hanno
ricordato anche i vip di ogni angolo della terra: dal presidente degli Stati
Uniti Barack Obama all'attrice Liz Taylor, dal presidente francese Nicolas
Sarkozy (e Carla Bruni) a Renzo Arbore. (27 giugno 2009
Fred Fliggehorn, 16 anni E il
nuovo re di YouTube ( da "Repubblica.it" del 27-06-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Ti piace Obama?
"Certo, sono stato subito un suo fans, si vede che vuole cambiare
l'America". Coi soldi che guadagni aiuti la famiglia? "L'ho portati a
San Diego in vacanza tempo fa, erano felicissimi". A chi ti sei ispirato
per creare il personaggio di Fred?
Berlusconi parla con Medvedev
"La Russia vuole collaborare con la Nato"
( da "Repubblica.it"
del 27-06-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: incontro fra il
presidente degli Stati Uniti Barack Obama e il leader del Cremlino, Dmitri
Medvedev. Negli ultimi tempi non sono mancate le cooperazioni militari fra la
Russia e singoli paesi membri della Nato - come Stati Uniti, Francia o Germania
-, e pattugliamenti marittimi congiunti con unità dell'Alleanza, nell'ambito
delle operazioni anti-pirateria.
"Jacko", si
infittisce il mistero Fox News: non è stato infarto
( da "Repubblica.it"
del 27-06-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: e i suoi numerosi fan
si sono raccolti in decine e decine di città di tutto il pianeta per
ricordarlo, tra le lacrime, cantando i suoi più famosi successi. Lo hanno
ricordato anche i vip di ogni angolo della terra: dal presidente degli Stati
Uniti Barack Obama all'attrice Liz Taylor, dal presidente francese Nicolas
Sarkozy (e Carla Bruni) a Renzo Arbore. (27 giugno 2009
Corfù, il vertice del disgelo
"Riparte collaborazione Nato-Russia"
( da "Repubblica.it"
del 27-06-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: incontro fra il
presidente degli Stati Uniti Barack Obama e il leader del Cremlino, Dmitri
Medvedev. Negli ultimi tempi non sono mancate le cooperazioni militari fra la
Russia e singoli paesi membri della Nato - come Stati Uniti, Francia o Germania
-, e pattugliamenti marittimi congiunti con unità dell'Alleanza, nell'ambito
delle operazioni anti-pirateria.
Ahmadinejad minaccia Usa e G8
( da "Stampaweb, La"
del 27-06-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: ultima presa di
posizione del presidente degli Stati Uniti Barack Obama, che si era detto ieri
«indignato» dalla repressione delle manifestazioni a Teheran contro l?esito
delle presidenziali del 12 giugno. Il presidente Usa aveva informato l?Iran che
le violenze nei confronti dei manifestanti avrebbero potuto minacciare il
dialogo diretto auspicato da Washington.
"L'economia verde salverà
l'America" ( da "Stampa, La" del 28-06-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: ha detto Obama, secondo
il quale la nuova legge «contribuirà a creare posti di lavoro» come nel caso
della California dove «tremila persone saranno impiegate in una centrale di
energia solare che creerà mille posti». Riguardo alle tasse, Obama risponde che
i costi dell'operazione per ogni cittadino equivarranno all'«acquisto
quotidiano di un francobollo»
"Rothschild finanziava la
tratta degli schiavi" ( da "Stampa, La" del 28-06-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Obama che ha
nell'albero genealogico un trisavolo «venduto» a un coltivatore di riso della
Carolina. Negli ultimi anni diversi gruppi direttamente coinvolti in passato in
questi commerci hanno fatto ammenda. Nel 2005 la JP Morgan, dopo essersi
ufficialmente scusata per il passato poco glorioso, ha istituito un fondo di
cinque milioni di dollari per gli studenti neri della Louisiana.
Nel mio libro l'allarme natura
Siamo troppi, risorse sempre meno
( da "Stampa, La"
del 28-06-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Si guarda alla speranza
Obama per la firma del protocollo di Kyoto? «Anche el mio libro ne parlo. Con
questa intesa, per la prima volta, le Nazioni uscirono da una deregulation
selvaggia nella gestione dell'ambiente. Se anche gli Usa, come penso,
firmeranno il protocollo, sarà un passo in avanti per la salvaguardia del
pianeta ma rischia di essere troppo tardi»
Obama ha parlato di riforme e
di cambiamento ma allora perché interviene negli affari interni iraniani e fa
commenti contrari alle regole della cortesia e alle convenzioni della po
( da "Stampa, La"
del 28-06-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Obama ha parlato di
riforme e di cambiamento ma allora perché interviene negli affari interni iraniani
e fa commenti contrari alle regole della cortesia e alle convenzioni della
politica? Se l'Occidente continuerà nel suo comportamento maleducato e nelle
sue interferenze, la risposta della nazione iraniana sarà dura e dirompente e
vi farà pentire Mahmud Ahmadinejad
Ahmadinejad attacca "Gli
Usa si pentiranno" ( da "Stampa, La" del 28-06-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Mahmud Ahmadinejad
tuona alla volta di Barack Obama, in coincidenza con le notizie che rimbalzano
da Washington sulla scelta del Dipartimento di Stato di mettere a disposizione
del dissenso fondi per almeno 20 milioni di dollari. Il presidente iraniano ha attaccato
frontalmente l'inquilino della Casa Bianca pronunciando un discorso a
dipendenti del ministero della Giustizia.
Il Cavaliere si rimette la
feluca ( da "Stampa, La" del 28-06-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: su Obama nei colloqui
col premier israeliano Il Cavaliere si rimette la feluca Ho spedito Sarkozy che
tanti anni fa era il mio avvocato per mediare mentre io parlavo con Putin Io ho
sempre dato apprezzamento ad Obama e penso che ci sia da essere contenti di lui
Adesso abbiamo bisogno della Russia per l'Afghanistan Nella regione ha un ruolo
centrale Silvio Berlusconi [
ahmadinejad contro g8 e obama
( da "Repubblica, La"
del 28-06-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Pagina 1 - Prima Pagina
"Basta ingerenze in Iran". Moussavi rilancia: nuove elezioni
Ahmadinejad contro G8 e Obama SEGUE A P
l'iran: "basta ingerenze o
ve ne pentirete" - nazila fathi
( da "Repubblica, La"
del 28-06-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Obama, che venerdì
scorso aveva espresso le sue critiche più aspre sulla leadership iraniana,
dicendo che Ahmadinejad dovrebbe «prendere in seria considerazione gli obblighi
che ha verso il suo popolo». Ahmadinejad ha accusato Obama di interferenze,
facendo capire che la posizione di Washington sulla tempesta postelettorale in
Iran potrebbe mettere in pericolo il tentativo di Obama
obama, compromesso su
guantanamo prigione a vita per cento detenuti
( da "Repubblica, La"
del 28-06-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Stati Uniti Obama,
compromesso su Guantanamo prigione a vita per cento detenuti WASHINGTON -
Barack Obama, temendo una battaglia in Congresso che finirebbe per bloccare il
progetto di chiudere la prigione di Guantanamo, sta preparando un ordine
presidenziale che confermi le detenzioni illimitate per 70-100 dei sospetti
terroristi attualmente imprigionati nella base americana sull´
berlusconi
"diplomatico" per risalire la corrente - claudio tito
( da "Repubblica, La"
del 28-06-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: smentire un articolo
del giornale israeliano Mariv che riportava giudizi poco lusinghieri di
Berlusconi su Obama e sul ruolo Usa nella crisi iraniana. «Ho sempre espresso
un grande apprezzamento per Obama in tutte le direzioni - ha spiegato temendo
equivoci con la Casa Bianca -. Ho solo detto che l´amministrazione americana
stava riflettendo sulla risposta da dare all´Iran.
nato, ritorna il dialogo tra
mosca e occidente - vincenzo nigro
( da "Repubblica, La"
del 28-06-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: elezione di Barack
Obama, il nuovo vento di dialogo che arriva dalla Casa Bianca riesce a
riavvicinare Mosca alle capitali dell´Alleanza atlantica. La guerra «di agosto»
sembra dimenticata da molti: naturalmente non è così per gli Stati Uniti, per
la Georgia, ma anche per gli Stati della Nato che hanno conosciuto bene il
tallone russo per aver vissuto sotto il Patto di Varsavia.
stop a schengen, scatta il
piano per il g8 - alessandra retico
( da "Repubblica, La"
del 28-06-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: grandi del G8 compreso
Obama e suo campo da basket, è stata trasferita la prefettura del capoluogo
abruzzese. E tutti gli standard di sicurezza sono stati innalzati: la
delegazione Usa ha insistito molto perché venisse assicurato un piano di
emergenza in caso di sisma, nonostante il capo della Protezione civile Guido
Bertolaso abbia dato ogni garanzia sulla tenuta degli edifici.
furono le ultime ore della
rivoluzione poi il "popolo" divenne "pubblico" - furio
colombo ( da "Repubblica, La" del 28-06-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: possiamo dire fino a
Obama?) si è spenta la politica, trasferita, intanto, nelle inchieste
giornalistiche e nei tribunali del Watergate. Ecco la mia testimonianza: ho
visto Woodstock da un elicottero, quando mi hanno portato alla festa appena
scoppiata con uno scampanio di chitarre nel vasto prato popolato da una folla
che nessuno aspettava,
le motociclette di teheran e i
ragazzi di twitter - vanna vannuccini
( da "Repubblica, La"
del 28-06-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: esterno per via della
mano tesa di Obama: Khamenei è sicuro che anche il più piccolo spiraglio
porterebbe al crollo del sistema islamico. Come in Unione sovietica aveva
portato al crollo del sistema comunista», mi aveva detto un analista iraniano,
ora in carcere: «Indipendentemente da come va a finire questa resterà una data
memorabile nella storia della Repubblica islamica.
il paese dei contadini
aristocratici - stefano malatesta
( da "Repubblica, La"
del 28-06-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: A Pienza tutti hanno
seguito con interesse l´elezione di Obama, ma la vera attrazione quest´anno
come negli anni scorsi è stata la gara del lancio del panforte, alla quale
questa volta non ho partecipato, con mio grande rammarico. L´aspetto
sorprendente di questa riscoperta della civiltà contadina, non solo il lavoro
dei campi, ma i modi, gli usi, le feste,
R incorrendo
( da "Corriere della Sera"
del 28-06-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Corriere della Sera
sezione: Prima Pagina data: 28/06/2009 - pag: 1 TRINCEA DI CARBONE di MASSIMO
GAGGI R incorrendo Kyoto, Barack Obama inciampa sul carbone. Alla Camera è
stata approvata la legge che introduce un sistema di cap and trade, diritti a
emettere CO2, di fatto una tassa sull'inquinamento. CONTINUA A P
Obama e il clima, una legge
tiepida ( da "Corriere della Sera" del 28-06-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Corriere della Sera
sezione: Prima Pagina data: 28/06/2009 - pag: 1 Per la prima volta negli Usa un
piano «energia pulita». Gli ambientalisti: è poco Obama e il clima, una legge
tiepida Passa il piano di Obama sul clima: la Camera Usa approva la legge sul
taglio delle emissioni e l'energia pulita. Gli ambientalisti: è poco. P
A Corfù grande show sulla
Russia
Argomenti:
Obama
Abstract: A Barack Obama, lodi su
lodi: «L'ho sempre considerato bene», «ci ha dato un ottimo ambasciatore per
l'Italia ». E una scivolata in una definizione sbrigativa del presidente
francese: «Ho spedito a Mosca Nicholas Sarkozy, che è stato il mio avocato...
Invito di Gheddafi: la
strategia dell'agenda estera ( da "Corriere della Sera" del 28-06-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Ovvio che Obama e
Medvedev non abbiano bisogno di lui per parlarsi. Si vedranno prima del G8 a
Mosca e proseguiranno nel piano di disarmo nucleare. Ma è indubbio che
entrambi, anche pubblicamente (Obama lo ha fatto pochi giorni fa alla Casa
Bianca), riconoscano in Berlusconi esperienza e relazioni sufficienti per
tornare utile ad entrambi.
Obama dà all'America la prima
legge sul clima ( da "Corriere della Sera" del 28-06-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Corriere della Sera
sezione: Primo Piano data: 28/06/2009 - pag: 8 Obama dà all'America la prima
legge sul clima Passa alla Camera il piano anti riscaldamento terrestre. Ma gli
ecologisti: «Troppo poco» DAL NOSTRO CORRISPONDENTE WASHINGTON L'incipit di una
pagina di Storia si può scrivere anche con 7 voti di scarto.
La lobby del carbone frena la
svolta di Barack ( da "Corriere della Sera" del 28-06-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: come il presidente
della Grande Depressione usò la crisi per trasformare l'America con le sue
riforme, si chiede, angosciato, se Obama riuscirà a fare qualcosa di simile. E
Al Gore, che era atteso a Washington per festeggiare la vittoria dei pro-Kyoto,
alla fine ha preferito restarsene a casa. Casa Bianca Obama poco prima di
illustrare le misure sul clima (Loeb/Afp) Massimo Gaggi
I conti di Bono:
Argomenti:
Obama
Abstract: Blinding Lights è la
preferita del presidente degli Stati Uniti Barack Obama tanto da essere stata
usata come sottofondo nella sua campagna elettorale) chiama in causa
direttamente il governo italiano: «Noi abbiamo detto tutto quello che potevamo
su questa situazione. Noi sappiamo per conoscenza diretta, oltre che dai fatti,
che c'è un supporto bipartisan, da destra e da sinistra,
Aiuti ai Paesi poveri, l'Italia
taglia i fondi ( da "Corriere della Sera" del 28-06-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Non è un caso che il
presidente Usa, Barack Obama, farà il suo primo viaggio ufficiale nel
continente africano, visitando il Ghana il 10 e l'11 luglio, immediatamente
dopo il G8. Sono preoccupazioni che valgono soprattutto in un momento come
questo,cioè nella fase down seguita alla cosiddetta turboglobalizzazione.
Pd, primo duello
Franceschini-Bersani ( da "Corriere della Sera" del 28-06-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Poi Civati cita Obama:
«Noi siamo quelli che nessuno stava aspettando». Lui, come molti altri in sala,
guarda a Chiamparino perché «per ora Franceschini e Bersani non ci hanno
convinto». Però il sindaco di Torino raffredda gli animi: «Se fossi stato un
pericoloso attaccante sarei andato a giocare nel Toro», scherza.
Inchiesta di Bari, Tarantini
indagato anche per droga ( da "Corriere della Sera" del 28-06-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: quella dell'elezione di
Barack Obama a presidente degli Stati Uniti. Ma soprattutto ha ammesso di
averlo fatto in cambio di soldi. Due giorni fa Tarantini si è scusato con il
premier e ha sostenuto di «non sapere che Patrizia faceva la escort». A smentirlo
ci sono però le telefonate allegate all'inchiesta.
Argomenti:
Obama
Abstract: intervista Strobe
Talbott «Effetto Obama sui giovani di Teheran» DAL NOSTRO INVIATO VENEZIA La chiama
«una risonanza fra l'effetto Barack Obama e quello che accade nelle strade di
Teheran ». Poi Strobe Talbott, presidente della Brookings Institutions di
Washington, vice segretario di Stato con Bill Clinton e ora molto vicino a
Hillary,
L'America cambia strategia
sull'oppio ( da "Corriere della Sera" del 28-06-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Esteri data: 28/06/2009
- pag: 15 G8 di Trieste L'inviato di Obama: «Incentivi alle colture alternative
per togliere ai talebani la fonte di ricchezza» L'America cambia strategia
sull'oppio Holbrooke: «In Afghanistan sradicare i papaveri non serve» DAL NOSTRO
INVIATO TRIESTE Bill il chimico era arrivato a Kabul due anni fa.
No R 18,3
( da "Corriere della Sera"
del 28-06-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Lettere al Corriere
data: 28/06/2009 - pag: 37 SUL WEB Risposte alle 19 di ieri La tua opinione su
corriere.it La domanda di oggi La proposta: proibire i Suv nelle Dolomiti,
patrimonio dell'Unesco. Siete d'accordo? Sì R 81,7 No R 18,3 Prima approvazione
negli Usa della legge sul taglio dei gas serra (-80% nel 2050). Obama ha fatto
abbastanza?
Brasile, tutti uniti per
evitare la sorpresa finale degli Usa
( da "Corriere della Sera"
del 28-06-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: INVIATO JOHANNESBURG Al
di là degli appuntamenti con la storia e dell'ormai prevedibilissimo «Yes we
can» del presidente Obama rispolverato come parola d'ordine, una vittoria degli
Stati Uniti nella Confederations Cup sarebbe «sorprendente». Lo ammette Landon
Donovan, il giocatore più elegante tra quelli a stelle e strisce e chissà se la
scelta dell'aggettivo è casuale o voluta.
È palestinese la guru di stile
di Michelle Obama ( da "Corriere della Sera" del 28-06-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Ikran mandò una mail a
tutti i clienti, «votate Obama». Versò 7mila dollari di sostegno. E alla
settimana della moda di Parigi, su un abito, si fece perfino stampare il
faccione di Barack. «La Goldman e la Obama si capiscono perché vengono da
storie particolari e simili», dice Eugena Politchny, un'amica che le conosce
bene.
Il Cavaliere si rimette la
feluca ( da "Stampaweb, La" del 28-06-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: secondo cui nel recente
colloquio con Netanyahu il Cavaliere avrebbe parlato (male) di Obama: «Troppo
debole con l?Iran», secondo Berlusconi. Ricostruzione smentita da Tel Aviv e,
ieri mattina, anche da Palazzo Chigi. Berlusconi fa sapere che di Obama gli piace
tutto, anche il suo nuovo ambasciatore a Roma che, «tra l?altro, parla
benissimo l?
La stampa inglese e lo scandalo
di Silvio "Anche Gianni Letta ha preso le distanze"
( da "Repubblica.it"
del 28-06-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: ricordandogli che
doveva fare una dichiarazione pubblica sulla vittoria di Barack Obama, eletto
presidente quella notte. La D'Addario lo attese in bagno, dove scattò varie
foto. Più tardi accese il registratore del suo telefonino, dove si sente la
voce di un uomo che dice: "Vuoi tè o caffè?" Lasciò la residenza di
Berlusconi alle 11, ma mentre tornava a Bari lui le telefonò: "Bambina
mia!
L'Italia prepara il G8, stop a
Schengen ( da "Stampaweb, La" del 28-06-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: con il Secret Service
Usa in prima linea per proteggere il presidente Barack Obama. SCUDO DAL CIELO E
tranquillità sarà assicurata al vertice anche dall?alto, tramite uno scudo
aereo sul modello di quello predisposto per la prima volta in occasione del
summit Nato-Russia svoltosi del
Colpo di Stato militare in
Honduras Il presidente Zelaya: "E' un sequestro"
( da "Repubblica.it"
del 28-06-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Il presidente degli
Stati Uniti Barack Obama, ha espresso "profonda preoccupazione" per
l'arresto del presidente dell'Honduras."Chiedo a tutti gli attori politici
e sociali in Honduras di rispettare le norme democratiche, la legge e gli
impegni della Carta democratica inter-Americana" ha detto il presidente
Usa.
Colpo di Stato militare in
Honduras Chavez minaccia di intervenire
( da "Repubblica.it"
del 28-06-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Obama: "Sono
preoccupato". E il presidente degli Stati Uniti Barack Obama, ha espresso
"profonda preoccupazione" per l'arresto del presidente dell'Honduras.
"Chiedo a tutti gli attori politici e sociali in Honduras di rispettare lo
stato di diritto" ha detto il presidente Usa.
[FIRMA]GLAUCO MAGGI NEW YORK
Michael Jackson potrebbe essere morto per cause naturali, ma solo...
( da "Stampa, La"
del 29-06-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Ieri sono arrivate alla
famiglia anche le condoglianze personali di Barack Obama il presidente Usa, che
riteneva Jackson «una star dalla vita tragica». Ora l'ultima parola spetta agli
investigatori, alle autopsie, se la seconda darà risposte bisognerà attendere
il verdetto di quella del coroner, che interviene nei casi di morti sospette.
Zero ha il magone. Parla lento.
Languido. L'aria di chi ha passato la notte a misurare l'assurdit...
( da "Stampa, La"
del 29-06-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Da Jessie Owens a
Barack Obama». Un nero che si sbiancava. «Capita quando hai sbagliato culla. La
sua famiglia lo sfruttava portandolo in scena a cinque anni. Lui si è messo
addosso la felicità di essere Michael Jackson solo il giorno in cui si è
liberato di quel padre dittatore».
I militari cacciano il
presidente ( da "Stampa, La" del 29-06-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: esercito e invitato il
presidente statunitense Barack Obama a prendere posizione. L'invito non è
caduto nel vuoto. Obama si è subito pronunciato dicendosi «profondamente
preoccupato» e chiedendo agli «attori politici e sociali» del Paese il rispetto
dello stato di diritto. Secondo Obama, «ogni tensione e ogni disputa dovrebbe
essere risolta in modo pacifico,
Malato ai polmoni non poteva
più cantare ( da "Stampa, La" del 29-06-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Il presidente Obama
Manda una lettera alla famiglia per esprimere il suo cordoglio «Un grande
artista dalla vita tragica» [FIRMA]GLAUCO MAGGI NEW YORK Michael Jackson
potrebbe essere morto per cause naturali, ma solo se possono essere chiamate
naturali le sue condizioni culminate nello stress di un impegno che non sarebbe
mai stato in grado di portare a termine.
- omero ciai
( da "Repubblica, La"
del 29-06-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Prima Pagina OMERO CIAI
Alle sei del mattino (le
"liberateli subito"
l'europa si compatta e studia le ritorsioni - alberto d'argenio
( da "Repubblica, La"
del 29-06-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: cancellata dall´avvento
di Obama Anche se, per ora, nessuno si spinge a pronunciarla apertamente
ALBERTO D´ARGENIO BRUXELLES - La flebile speranza di un ritorno al dialogo con
l´Iran si allontana sempre più. Tanto da far rientrare nel vocabolario della
diplomazia la parola «sanzioni», cancellata dall´avvento di Barack Obama.
patrizia al "sunday
times": così quella notte con silvio - enrico franceschini
( da "Repubblica, La"
del 29-06-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: che doveva fare una
dichiarazione sulla vittoria di Obama, eletto presidente quella notte. La donna
lasciò la residenza alle 11, ma mentre tornava a Bari lui le telefonò: «Bambina
mia!», disse, chiedendo poi perché avesse la voce roca. E lei spiegò: «Per via
delle docce». Il Sunday Times riferisce pure il contenuto di una successiva
telefonata fra la D´Addario e Barbara Montereale,
una lotta fra ayatollah -
(segue dalla prima pagina) ( da "Repubblica, La" del 29-06-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Barack Obama non è
risparmiato. Viene descritto come una brutta copia di Bush Jr. E la Cia non è
trascurata. Sarebbe difficile ignorarla. La stessa stampa americana ha più
volte dato notizia dei milioni di dollari destinati da Washington, ai tempi di
Bush Jr.
jacko, i minuti finali
l'iniezione al cuore diventa un giallo - alberto flores d'arcais
( da "Repubblica, La"
del 29-06-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: fan di tutto il mondo
piangono il loro idolo, Obama scrive alla famiglia, i detective mettono sotto
torchio medici e amici del re del pop, ma come sempre accade nelle vicende
delle superstar, passato il momento delle lacrime e dei peana, iniziano le
grandi battaglie legali: eredità, figli, malasanità e soldi.
gli usa fanno tremare i giganti
poi il brasile rimonta e vince - fabrizio bocca johannesburg
( da "Repubblica, La"
del 29-06-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: ritmando lo slogan di
Obama con le vuvuzelas, si è capito che stava avvenendo l´incredibile. Gli Usa,
paese leader nello sport mondiale ma tra gli ultimi nel pallone, avevano messo
a segno il 2 - 0 contro il Brasile con Donovan, star 27enne dei Los Angeles
Galaxy (il club di Beckham) e della nazionale a stelle e strisce.
stadi super, alti costi e paura
ecco il mondiale che verrà - johannesburg
( da "Repubblica, La"
del 29-06-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Obama è già invitato
per la cerimonia dell´11 giugno. Il filo spinato ricorda che il cammino è lungo
e che i Mondiali non lo spezzeranno del tutto. A Johannesburg si esce in
macchina da un posto recintato col filo spinato per entrare in un altro
recintato di filo spinato a sua volta.
finalmente cabrio sarà il
passaporto per l'america? - salvatore tropea balocco
( da "Repubblica, La"
del 29-06-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Obama a pronunciarsi a
favore della Fiat come alleato di Chrysler. Bassi consumi, basse emissioni,
prezzi contenuti, piccole dimensioni meglio adattabili al traffico urbano:
insomma la carta Fiat che spiega il successo dello storico remake della 500
anche in una versione che rievoca il Cinquino del 1957 e più in generale la
scelta del gruppo per uscire ben posizionato dalla grande
l'uomo che trattò per gli
ostaggi usa "l'occidente si muova il meno possibile" - francesca caferri
( da "Repubblica, La"
del 29-06-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Questo è uno scontro
interno all´Iran: ogni parola di Obama, ogni presa di posizione delle
cancellerie occidentali si trasforma in una scusa per chi vuole attaccare il
movimento riformista. L´unica cosa che possiamo fare è richiamare l´Iran al
rispetto delle convenzioni internazionali sui diritti umani e sulla libertà di
espressione.
iran e gran bretagna la lunga
battaglia nel golfo - (segue dalla prima pagina)
( da "Repubblica, La"
del 29-06-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: comportamento di Barack
Obama, che ha relativamente mitigato le sue critiche nei confronti del regime
di Teheran. Ma questo non conta: l´arresto ieri di iraniani che lavoravano per
l´ambasciata britannica dimostra quanto le ostilità si stiano aggravando. Le
nazioni, come anche i singoli individui, del resto, possono sicuramente non
prendere in considerazione la loro storia e il loro passato,
golpe dei militari in honduras
cacciato il presidente amico di chavez - (segue dalla prima pagina) omero ciai
( da "Repubblica, La"
del 29-06-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: militari in Honduras
cacciato il presidente amico di Chavez Obama: violati i diritti democratici. Il
Venezuela muove l´esercito La decisione presa dalla Corte suprema, nominato un
capo di Stato ad interim La scorsa settimana era stato deposto il generale
Vasquez Oggi vertice a Managua (SEGUE DALLA PRIMA P
albania al voto, affluenza
record sali berisha verso la vittoria - renato caprile
( da "Repubblica, La"
del 29-06-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: affluenza record Sali
Berisha verso la vittoria Lo sfidava Edi Rama, il socialista sindaco di Tirana,
l´"Obama dei Balcani" RENATO CAPRILE Se gli exit poll non mentono, il
partito democratico del premier uscente Sali Berisha avrebbe vinto le elezioni
legislative albanesi con un margine di vantaggio di 5-8 punti sui socialisti
dello sfidante Edi Rama.
napolitano a capri festeggia
gli 84 anni ( da "Repubblica, La" del 29-06-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Nato a Napoli il 29
giugno 1925, il capo dello Stato compie 84 anni e li celebrerà in forma
privata, con la consorte ed alcuni amici di vecchia data. Napolitano rientrerà
già in serata a Roma dove, nei prossimi giorni, lo attendono gli incontri con
il presidente cinese Hu Jintao (il 6 luglio) e con Barak Obama (l´8 luglio)
E Michael disse:
Argomenti:
Obama
Abstract: Ieri anche il
presidente Barack Obama ha scritto una lettera personale di condoglianza alla
famiglia, mentre l'annuale Oscar nero organizzato ad Hollywood veniva
trasformato in un tributo alla memoria di Jacko. «Michael sarà ancora più
grande da morto che da vivo ha detto il patriarca Joe Jackson alla FoxTv .
Iraq, Iran e Corea del Nord: l'
Argomenti:
Obama
Abstract: amministrazione del
presidente Barack Obama ha concentrato gli sforzi per migliorare il dialogo con
Baghdad, Teheran e Pyongyang. Dal
No R 43,9
( da "Corriere della Sera"
del 29-06-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: it Prima approvazione
negli Usa della legge sul taglio dei gas serra. Obama ha fatto abbastanza? SUL
WEB Risposte alle 19 di ieri Sì R 56,1 No R 43,9 La domanda di oggi D'accordo
nel sopportare i disagi provocati dalla sospensione del trattato di Schengen
per motivi di sicurezza in vista del G8?
Nulla sarà più come prima per
gli
Argomenti:
Obama
Abstract: è stata la vittoria di
Barack Obama, se non l'irresistibile ascesa di un candidato improbabile che non
poteva mai vincere, di fronte a un avversario predestinato? Un manto, quello
dell'underdog, del quale si sono coperti anche personaggi che hanno fatto la
Storia. Come Harry Truman, dato per spacciato alle elezioni del 1948, salvo poi
vincerle dopo essersi autodefinito «
Iran, è una lotta fra ayatollah
( da "Repubblica.it"
del 29-06-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Barack Obama non è
risparmiato. Viene descritto come una brutta copia di Bush Jr. E la Cia non è
trascurata. Sarebbe difficile ignorarla. La stessa stampa americana ha più
volte dato notizia dei milioni di dollari destinati da Washington, ai tempi di
Bush Jr.
Golpe Honduras, sfida al
coprifuoco E si riunisce il Consiglio dell'Onu
( da "Repubblica.it"
del 29-06-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: "Obama, ci sei tu
dietro questo?", ha chiesto dopo il suo arresto Zelaya al presidente
americano; subito la smentita della Casa Bianca. Roberto Micheletti ha respinto
le minacce di intervento militare del capo dello Stato venezuelano Hugo Chavez
dopo il colpo di stato.
Iran, parte il riconteggio dei
voti ( da "Stampaweb, La" del 29-06-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: altra ha conseguenze
molto dure» ha spiegato il super-stratega di Obama David Axelrod. «Siamo
consapevoli - ha aggiunto - del fatto che le armi nucleari in Iran e la
denuclearizzazione dell?intera regione sono una minaccia per il Paese, per
tutti i Paesi nella regione, e nel mondo. E dobbiamo affrontarlo. Non possiamo
lasciar correre».
La cyberguerra divide Usa e
Russia ( da "Stampaweb, La" del 29-06-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: settimana dal summit al
Cremlino fra Dmitry Medvedev e Barack Obama. L?intenzione di entrambi i
presidenti è di siglare un accordo bilaterale per proteggere Internet da
intrusioni spionistiche e aggressioni di virus ma la differenza sta nel come
farlo: la Russia preme per redigere un trattato internazionale ad hoc, sul
modello di quello già esistente per il bando delle armi chimiche,
Golpe in Honduras, il mondo
dice no ( da "Stampaweb, La" del 29-06-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Barack Obama, questa
domanda: «Obama, ci sei tu dietro a tutto questo?». Immediata la risposta da
Washington: «No» hanno subito risposto fonti della Casa Bianca. E nel giro di
pochi minuti è arrivata attraverso un comunicato la dichiarazione ufficiale
dello stesso Obama: precisando di essere «molto preoccupato»,
"Gli scandali di
Berlusconi alla prova del G8"
( da "Repubblica.it"
del 29-06-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Obama e gli altri
leader del G8 all'Aquila. "Voci in patria e all'estero si chiedono se i
suoi problemi interni diminuiranno la sua capacità di affrontare importanti
questioni globali", come l'immigrazione, il cambiamento climatico, la
crisi iraniana, scrive Michael Daly da Milano, ricordando le indiscrezioni dei
giorni scorsi secondo cui Berlusconi avrebbe detto al premier israeliano
Honduras, l'opposizione si
organizza E il mondo condanna il colpo di Stato
( da "Stampaweb, La"
del 29-06-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Il presidente americano
Barack Obama si è detto subito «molto preoccupato». A Cuba Fidel Castro ha
affermato che i golpisti «neanche respirano senza l?appoggio degli Stati
Uniti», ma ha osservato che «perfino la signora Clinton ha dichiarato che
Zelaya è l?unico presidente dell?
Iraq, gli americani se ne vanno
feste in strada per la 'liberazione'
( da "Repubblica.it"
del 29-06-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Per Barack Obama, il
presidente che deve restituire credibilità all'America sul fronte iracheno, la
scommessa di mantenere la promessa di "andarsene dall'Iraq il prima
possibile". Per gli iracheni un momento di gioia, con i militari americani
che si riducono sempre di più man mano che passano le ore e una "festa
della liberazione" già programmata per il 30 giugno,
Golpe Honduras, sfida al
coprifuoco Clinton: "Rientro Zelaya priorità Usa"
( da "Repubblica.it"
del 29-06-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: "Obama, ci sei tu
dietro questo?", ha chiesto dopo il suo arresto Zelaya al presidente
americano; subito la smentita della Casa Bianca. Il colpo di stato è stato
infatti condannato da Stati Uniti, insieme all'Unione europea e all'Organizzazione
degli Stati Americani, l'Onu continentale.
"Al G8 nuove sanzioni
contro l'Iran" ( da "Stampaweb, La" del 29-06-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: amministrazione
democratica di Obama, che aveva puntato molto sulla politica della mano tesa
nei confronti di Teheran. E in serata proprio da Washington è arrivata una
frenata alle dichiarazioni di Berlusconi. Il portavoce di Barack Obama, Robert
Gibbs, ha infatti commentato con molta cautela le parole di Berlusconi, e ha
spiegato come il presidente Usa intenda prima esaminare «
Golpe Honduras, sfida al
coprifuoco Obama: "Zelaya il vero presidente"
( da "Repubblica.it"
del 29-06-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Barack Obama, ha detto
che per gli Usa il presidente dell'Honduras resta Manuel Zelaya. Quanto
avvenuto ieri in Honduras secondo Obama "non è legale" e se il colpo
di stato in Honduras venisse accettato sarebbe "un terribile precedente".
L'Assemblea generale delle Nazioni Unite, riunita d'urgenza, ha invitato a
intervenire il presidente destituito Manuel Zelaya:
Obama scopre il cortile di casa
( da "Stampa, La"
del 30-06-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: opera e energie alternative
Arrivano però anche droga, radicalismo politico e terrorismo islamico LUCIA
ANNUNZIATA La Casa Bianca è tirata per la giacca: deve decidere con chi stare a
Tegucigalpa Ora schierarsi è più difficile Sono in gara Cina, India e anche
outsider come l'Iran Obama scopre il cortile di casa SEGUE DALLA PRIMA P
Harry Potter, istruzioni per
l'uso ( da "Stampa, La" del 30-06-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: gli appassionati
comprendono le figlie del presidente Obama. la Potter-mania è stata descritta
perfino nel Diavolo veste Prada. Ginny. E' lei il grande amore di Potter, la
sorella del miglior amico Ron. Se non si fosse nel mondo dei maghi, si potrebbe
dire che Harry, alla fine, si innamora della ragazza della porta accanto.
[FIRMA]PAOLO MANZO Ore di
attesa per l'Honduras, dopo il golpe che ha destituito il presidente de...
( da "Stampa, La"
del 30-06-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Lo stesso Obama ha
detto che per gli Usa il presidente dell'Honduras resta Manuel Zelaya, che
quanto è avvenuto in Honduras «non è legale» e che, se il colpo di stato
venisse accettato, sarebbe «un terribile precedente». Il segretario di Stato
Clinton ha aggiunto che «l'immediata priorità è il pieno ripristino dell'ordine
costituzionale e democratico»
Troppo bianchi per fare i
pompieri ( da "Stampa, La" del 30-06-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: la candidata di Obama
per entrare nel tribunale supremo americano La polemica La giudice ispanica
aveva già fatto dichiarazioni controverse sulla razza. Rischia d'essere
bocciata in Senato La Corte Suprema Usa riconosce discriminati i candidati
scartati in favore dei neri giudici dell'Alta Corte NEW YORK La Corte Suprema
boccia la sentenza del suo prossimo giudice.
Iraq, i militari Usa lasciano
le città ( da "Stampa, La" del 30-06-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Amministrazione Obama,
in base ai quali nel 2012 non vi saranno più soldati americani dentro i confini
dell'Iraq. L'ultimo edificio di Baghdad consegnato dall'Us Army agli iracheni è
stato l'ex Ministero della Difesa di Saddam Hussein ed è qui che Al Maliki ha pronunciato
un discorso alle forze armate sul «Giorno della sovranità nazionale»
"first ladies" in
ordine sparso michelle farà la turista a roma - anais ginori
( da "Repubblica, La"
del 30-06-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Nell´ultimo caso, vedi
alla voce Michelle Obama, che sarà ospite di un noto albergo della capitale e
passerà le sue "vacanze romane" con le figlie Sasha e Malia come
tanti normali turisti. La First Lady ha espresso il desiderio di visitare Colosseo,
Campidoglio, Fori imperiali e altre «bellezze della Roma antica».
le tre questioni da affidare ai
giovani del pd - adriano sofri ( da "Repubblica, La" del 30-06-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: come nell´America di
Obama. Nel Pd, e attorno, non mancano collaudate personalità "di
formato", della cui esperienza sarebbe, oltre che odioso, stupidissimo
privarsi: ma è lo stesso loro rango, e il lungo corso, a destinarle alla
seconda fila, e al magnanimo compito del sostegno.
usa, il soccer è diventato
grande "ora avrete più rispetto di noi" - enrico sisti roma
( da "Repubblica, La"
del 30-06-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: una svolta Tutto è
cominciato con le parole di Obama a Blatter Beckham e le altre star europee non
l´hanno cambiato "Questa volta è una cosa diversa" ENRICO SISTI ROMA
Hanno perso ma hanno vinto. Per il "soccer" le lacrime di Dempsey
potrebbero davvero rappresentare la svolta: «La finale di domenica sera è stato
il momento più importante del calcio nel nostro paese»,
"dal g8 dure sanzioni
all'iran" - vincenzo nigro ( da "Repubblica, La" del 30-06-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Il portavoce Robert
Gibbs ha detto che il presidente Usa Obama «esaminerà quello che sarà
considerato al G8 in Italia prima di formulare un giudizio» su possibili misure
nei riguardi dell´Iran. I primi a gettare acqua sul fuoco sono proprio i
funzionari di Palazzo Chigi che spiegano che quella evocata da Berlusconi «è
solo una possibilità: sono in corso consultazioni fra leader,
coprifuoco e paura in honduras
appello all'onu dell'ex presidente - pablo ordaz
( da "Repubblica, La"
del 30-06-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Obama sono stati
chiarissimi in proposito. «Il ritorno al potere di Zelaya è una priorità
immediata», dice Washington. In un comunicato letto nella capitale del
Nicaragua dopo la riunione convocata d´urgenza dal sandinista Daniel Ortega, i
paesi dell´Alba hanno lanciato un appello al popolo honduregno perché si
ribelli contro il governo di Roberto Micheletti nominato dal Congresso
2047, la scommessa usa spegnere
l'ultima sigaretta - cristina nadotti
( da "Repubblica, La"
del 30-06-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Il piano Obama fa
sperare il fronte anti tabacco E gli esperti si sbilanciano: entro quarant´anni
gli Stati Uniti potrebbero diventare la prima nazione no smoke 2047, la
scommessa Usa spegnere l´ultima sigaretta Dal 1965 al 2007 il numero di
consumatori si è già dimezzato "Possiamo farcela" CRISTINA NADOTTI
Difficile immaginare un´
"popolarità in calo, dubbi
sulla sua capacità di reggere" - enrico franceschini
( da "Repubblica, La"
del 30-06-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: quindi la settimana
prossima ospitando Obama e gli altri leader del G8 all´Aquila. «Voci in patria
e all´estero si chiedono se i problemi domestici diminuiranno la sua capacità
di affrontare importanti questioni globali» al summit, scrive il quotidiano
londinese. Preoccupazione condivisa dal francese Figaro, che titola: «Gli
scandali di Berlusconi gettano un´
Stanca e la
Argomenti:
Obama
Abstract: Insomma lei è d'accordo
con Barack Obama: una crisi è un'occasione da non sprecare. «È un'occasione
irripetibile: aumenta l'esigenza di recuperare risorse, oggi e per il futuro».
Il governo dice che non è il momento di creare tensioni. «Deve bilanciare
equilibrio e coesione, ma nel governo nessuno nega l'esigenza di queste
riforme.
Ritiro Usa nelle mani di Biden
Argomenti:
Obama
Abstract: i protagonisti ed ha la
completa fiducia del presidente Obama». Ma è chiaro che un incarico di così
alto profilo confermi l'insoddisfazione della Casa Bianca: «Non ho visto ancora
la quantità di progressi politici che avrei voluto vedere», ha ammesso Barack
Obama ancora quattro giorni fa. «Se le cose fossero tutte andate per il verso
giusto dicono le fonti dell'Amministrazione ,
Lotta al cyber-crimine Ue, la
centrale sarà in Italia ( da "Corriere della Sera" del 30-06-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Barack Obama, sarà a
Roma. Il direttore della Us Secret Service, l'agenzia che dall'Ottocento si
occupa delle frodi finanziarie, allora sui dollari falsi, oggi sempre più
spesso sul web, è atteso al Viminale dal ministro Roberto Maroni per mettere la
firma insieme all'amministratore delegato delle Poste Italiane,
Europei, ricordiamoci della
Georgia L'estate e i russi si avvicinano
( da "Corriere della Sera"
del 30-06-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Unione europea e Obama,
a contenere le ambizioni ataviche e i capricci di Mosca? O acquisteranno una
fallace e precaria tranquillità sacrificando l'indipendenza della Georgia? La
posta in gioco non è il supplemento d'anima attualmente disprezzato diritti
dell'uomo e libertà , ma l'indipendenza dell'Europa, la sua autonomia
energetica,
( da "Corriere della Sera" del 30-06-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: il Duomo sullo sfondo e
un mare in cui nuotano Sarkozy, Merkel, Berlusconi, Obama, Putin. «Io ne avevo
fatto un altro prima. Solo Letizia Moratti - è lei che ha voluto questa mostra
- che nuota nel mare davanti al Duomo, con un costume elegante a fiori. A lei
piaceva, ma poi è arrivato un no. È' difficile fare il mio lavoro, davvero».
Barack Obama:
Argomenti:
Obama
Abstract: 17 Honduras Barack
Obama: «Per noi il presidente resta Zelaya» TEGUCIGALPA Non si arrendono dentro
e fuori dall'Honduras i sostenitori del presidente Manuel Zelaya, deposto con
un golpe dai militari e trasferito in Costa Rica domenica, nel giorno del referendum
da lui indetto per estendere il limite del suo mandato quadriennale,
Iran, sul web la scure degli
ayatollah Niente YouTube, e Twitter va a rilento
( da "Repubblica.it"
del 30-06-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: è una cosa che Obama e
tutto l'Occidente potrebbero fare per i ragazzi di Teheran: approvare misure e
mettere soldi per sviluppare le tecnologie di "internet censorhip
evasion" (tecniche per aggirare la censura sulla rete e non essere
individuati). Detta in parole semplici: la radio Londra di internet, la radio
voce della libertà della rete.
( da "Stampa, La" del
27-06-2009)
Argomenti: Obama
L'America Obama:
era un'icona della musica. Ma esplodono le polemiche "Ucciso dai
medici" [FIRMA]FRANCESCO SEMPRINI NEW YORK Un lenzuolo bianco avvolge il
corpo privo di vita steso sul lettino dell'ambulanza. È l'ultima immagine che
Michael Jackson regala di sé al mondo intero prima dell'imbarco in elicottero
per il volo finale. La notte più lunga del pop è un condensato di
emozioni: mentre il presidente Obama saluta «un'icona
della musica» (ma dalla vita per alcuni aspetti «triste e tragica») i fan danno
l'ultimo saluto al loro idolo con un interminabile abbraccio planetario, mentre
radio e tv gli rendono omaggio con maratone musicali del suo stesso repertorio,
colonna sonora di un'America sotto shock. Al capezzale di Michael arrivano la
sorella La Toya, mamma Katherine e il fratello Jermaine che ne conferma il
decesso mettendo fine alla lunga ridda di voci e smentite. Giunge il messaggio
della sorella Janet, l'altra star dei Jackson: «Sono distrutta», mentre papà
Joe, da Las Vegas, chiede alla famiglia di stringersi intorno al figlio che non
c'è più. È l'inizio della notte più lunga, quella delle centinaia di migliaia
di persone radunate nelle piazze di tutta America per dare l'estremo saluto al
«Moonwalker», quello che sulla luna c'è andato con la musica. A Washington, la
Camera si ferma per un minuto, Elizabeth Taylor riceve la notizia e si sente
male. Oltre al pianto, iniziano le accuse: il sospetto è che Jackson sia morto
per l'assunzione di un narcotico simile alla morfina. Lo si saprà solo dopo
l'autopsia, intanto la polizia di Los Angeles è a caccia del medico personale
della star, che si ritiene potrebbe aiutare gli investigatori a risolvere il
mistero della morte. La polizia ha sequestrato la Bmw del dottore.
«Nell'automobile potrebbero esserci medicinali - spiega un portavoce - o altri
indizi che potrebbero aiutare il medico legale a risalire alle cause del
decesso». Intanto l'exmoglie, Lisa Maria Presley, figlia di Elvis, ricorda una
frase che le disse Jacko: «Temo che farò la fine di tuo padre», morto a 42 anni
appunto per un attacco di cuore provocato dal super consumo di medicinali.
Intanto la folla si raduna davanti all'Ucla Medical Center, l'ospedale dove è
stato portato Michael: si piange, si canta, si accendono candele e si posano
fiori. Dopo poche ore arrivano le prime magliette con la foto del re e le date
di nascita e morte. La folla dilaga fra Hollywood Boulevard e Highland Avenue
mentre alcuni fan si dirigono verso l'abitazione della star, presidiata dalla
polizia, dove rimangono per tutta la notte. A New York la musica non cambia. I
primi nuclei sono a Times Square attaccati ai maxischermi di Mtv: «È come
quando morì Lady Diana, tutti si ricorderanno dove erano in quel momento». Il
raduno più grande è all'Apollo Theatre di Harlem, dove Jackson si è esibito più
volte: oltre 2.500 persone danno vita a uno «steet-party», si piange, si ride,
si balla e si canta: «Lui avrebbero voluto così» dicono i jacksoniani del
quartiere ghetto. Tra loro il reverendo al-Sharpton, amico di Michael e leader
nella lotta per i diritti civili: «Per l'America afroamericana lui è stato
tanto importante con la musica quanto lo è stato Barack Obama
con la politica». A centinaia si radunano anche davanti alla casa natale dei
Jackson, a Gary, in Indiana. Ma non di sola America vive il ricordo di Michael:
manifestazioni spontanee si tengono a Tokyo, Buenos Aires, in Brasile e persino
in Cina, India e Pakistan. Incessante la maratona di messaggi di amici e
artisti come Madonna: «Non riesco a smettere di piangere», Mariah Carey: «Ho il
cuore spezzato», mentre Elton John nel corso di un concerto benefico a Londra,
gli dedica Don't Let the Sun Go Down on Me. «Un grande talento dall'animo
gentile», dice Paul McCartney che dimentica in un attimo gli antichi dissapori
causati dal contenzioso sui diritti di 200 brani dei Beatles acquistati da
Jacko agli inizi degli Anni '80. Sul web ogni singola pagina è intasata per
eccesso di «click», mentre su Twitter la morte del re del pop scalza gli
scontri in Iran. YouTube gli dedica l'apertura del sito e una compilation di
video, mentre su Facebook è boom di iscrizioni alla pagina «Rip Michael
Jackson, we miss you». Dalle pagine del social networking nasce la prima
iniziativa musicale in ricordo, il Silent Disco, un tributo al re del pop
organizzato per il 3 luglio a Trafalgar Square dove si balleranno le grandi
hit, nel silenzio più assoluto, ovvero con iPod e cuffiette.
( da "Repubblica, La" del
27-06-2009)
Argomenti: Obama
Pagina
10 - Esteri "Violenze in Iran, dialogo a rischio" Obama
risponde a Ahmadinejad. Il G8 "deplora" ma non condanna Teheran
Ministri degli esteri più duri con Israele "Deve bloccare gli insediamenti
nei Territori occupati" VINCENZO NIGRO DAL NOSTRO INVIATO TRIESTE -
«Ahmadinejad pensi al suo popolo invece che alle scuse che chiede all´America,
guardi alle persone che sono state uccise, ferite e picchiate. Gli Usa vogliono
ancora il dialogo, ma sicuramente le violenze in Iran avranno un effetto».
Quando le parole di Barack Obama arrivano sui tavoli
dei ministri degli Esteri del G8 riuniti qui a Trieste, l´effetto è quello di
aggravare i mille dubbi su questo che è diventato il dossier di politica
internazionale più esplosivo al mondo. Cosa fare con il governo iraniano che
corre verso il nucleare e che, per rimanere al potere, trucca le elezioni e
picchia chi protesta? Obama per la prima volta è quasi
sprezzante contro Ahmadinejad, per la prima volta risponde alle provocazioni
del leader iraniano: «Non prendo sul serio la sua richiesta di scuse, anche
perché abbiamo fatto tutto il possibile per non interferire con il processo
elettorale in Iran». Gli Stati Uniti hanno una difficoltà particolare sul
dossier iraniano: le aperture al dialogo di Obama
iniziano ad essere giudicate ingenue da chi ha sempre puntato sulla
impossibilità di parlare con Ahmadinejad. E così ieri il G8 ha rispettato non
solo le cautele chieste dalla Russia, ma anche la super-prudenza americana:
«Gli americani ci hanno detto che avrebbero tenuto un profilo bassissimo qui a
Trieste», dice un diplomatico che ha partecipato al negoziato, «il fatto che
non ci fosse la Clinton li ha aiutati a sfilarsi dalla prima fila». è toccato al
ministro degli Esteri italiano Franco Frattini tirare le fila fra chi avrebbe
voluto una condanna più severa delle violenze iraniane e la Russia più
prudente. Italia, Francia, Gran Bretagna e Germania alla vigilia avevano
lasciato credere che nel comunicato finale ci fosse esplicitamente la parola
«condanna». Mosca ha chiarito che quella parola sarebbe stata un errore, perché
avrebbe bollato una dinamica elettorale interna su cui non bisogna interferire,
e precluso la possibilità di continuare a dialogare sul nucleare. Per questo
Frattini ha mediato con abilità un documento finale che esprimerà comunque la
preoccupazione per la deriva pericolosa su cui scivola l´Iran. «Abbiamo
condannato senza se e senza ma le uccisioni, le violenze e le repressioni in atto
in Iran, più di questo che volete», dice il ministro italiano a chi gli chiede
se non sia troppo poco la «deplorazione» espressa nel comunicato. Frattini
lascia capire che oltre non si poteva andare, e aggiunge: «Il G8 non ha
rinunciato per niente a una condanna per la perdita di vite umane e per la
repressione». Non è così, la parola «condanna» non c´è nel testo. C´è nelle sue
dichiarazioni, in quelle di Kouchner, di Milliband, di Steinmeier. Secondo tema
di rilievo affrontato ieri a Trieste è la situazione in Medio Oriente. Per la prima volta dopo il discorso di Obama al Cairo, si è riunito il Quartetto (Onu, Ue, Usa e Russia), il
gruppo che guida il negoziato politico ed economico sulla questione
Palestina-Israele. Il Quartetto ha seguito parola per parola le nuove
indicazioni di Obama:
Israele deve bloccare i nuovi insediamenti nei Territori palestinesi, «anche la
loro espansione naturale» (ovvero costruire altre case negli
insediamenti che già esistono). Perché l´unica soluzione possibile è «due Stati
per due popoli». Il premier di Israele sui due Stati adesso forse è d´accordo,
ma sul blocco agli insediamenti ha già risposto "no" agli Usa. La
richiesta ora gli arriva da tutto il Quartetto: per Netanyahu un problema
davvero serio.
( da "Repubblica, La" del
27-06-2009)
Argomenti: Obama
Pagina
11 - Esteri Il pugno di ferro del regime "Pena di morte ai rivoltosi"
I falchi incitano il presidente: nessuna pietà ANGELES ESPINOSA ÁNGELES
ESPINOSA TEHERAN - Pena di morte per quelli che guidano le proteste contro la
rielezione di Mahmud Ahmadinejad e maggiori controlli nei confronti della
stampa estera. Questo è ciò che ha chiesto l´ayatollah Ahmad Khatami dal pulpito
della preghiera del venerdì all´università di Teheran. Khatami (che non ha
nessun legame di parentela con l´ex presidente Mohammed Khatami) è un fedele
alleato della Guida suprema e di Ahmadinejad. Le sue parole riflettono la
decisione degli ultraconservatori di non cedere. Tuttavia, dimostrando
nuovamente che esistono delle divergenze nella cupola clericale, il grande
ayatollah Naser Makarem Shirazi ha lanciato un appello alla «riconciliazione
nazionale». «Voglio che il potere giudiziario punisca i capi di queste
manifestazioni illegali con fermezza e senza mostrare alcuna compassione,
perché serva di lezione a tutti», ha detto l´ayatollah Khatami. Per questo ha
suggerito che la magistratura accusi i responsabili di mohareb, termine arabo
che nella legislazione islamica (sharia) si applica a chi combatte contro Dio.
Un delitto punito con la pena capitale. Khatami, uno degli ayatollah più
conservatori dell´Assemblea degli Esperti, ha anche accusato i giornalisti
stranieri di diffondere notizie false. «Pensate alla
vicenda di quella donna uccisa e per la quale Obama ha versato lacrime di coccodrillo. Chiunque osservi il video si
rende conto che sono stati i manifestanti ad assassinarla», ha detto. Si
riferiva alla morte di Neda Agha Soltan. Le immagini della sua agonia, mentre
si dissangua in una strada di Teheran, hanno fatto il giro del mondo.
Sullo sfondo della repressione delle manifestazioni di piazza, il radicalismo
di Khatami trasmette l´immagine di un regime che stringe i suoi ranghi attorno
alla Guida suprema, l´ayatollah Khamenei. Ci sono, tuttavia, segnali di
divisioni nella cupola clericale, dove si svolge una lotta interna, anche se
tutti hanno interesse a mantenerla entro i limiti istituzionali. Un altro
segnale delle difficoltà che la Guida suprema si trova ad affrontare per
imporre la sua visione al settore critico del regime sono i tentennamenti del
Consiglio dei Guardiani. Ieri sera, questo organo di supervisione dei risultati
elettorali aveva annunciato la creazione di una commissione speciale per
indagare sul contestato risultato delle elezioni. Sembrava un gesto di
disponibilità nei confronti del principale candidato dell´opposizione, che ha
chiesto un´indagine indipendente. Ma il portavoce del Consiglio, Abbas Ali
Kadkhodai, ha poi definito le presidenziali come «le elezioni più pulite che
abbiamo avuto dalla rivoluzione del 1979». (Copyright El Paìs/La Repubblica
traduzione di Luis E. Moriones)
( da "Repubblica, La" del
27-06-2009)
Argomenti: Obama
Pagina
VII - Napoli Sit-in della Cgil contro Berlusconi "Crisi drammatica. E
Lettieri faccia il presidente degli industriali" Polemico anche Bassolino:
"I fondi vanno al Nord, per il Sud ci vuole uno scatto
alla Obama" ROBERTO
FUCCILLO «è tempo di impegni concreti, non più di false promesse e annunci». La
Cgil campana approfitta del fatto che Silvio Berlusconi sarà martedì a convegno
con gli industriali e prova a rompere il clima di troppo facile entusiasmo
intorno alla crisi e allo stato dell´economia regionale. «E siccome non
siamo invitati - dice Federico Libertino della segreteria regionale - saremo lì
in piazza, davanti al San Carlo, a fare un sit-in e a volantinare, per
ricordare al premier che è ora di passare ai fatti». La fotografia del
sindacato è chiara: la situazione è disastrosa e anche la cassa integrazione
aggiuntiva, affidata alla Regioni, rischia di essere un pannicello caldo.
Libertino riassume la cifre, insieme al segretario della Camera del lavoro
Peppe Errico: la cassa integrazione ha già toccato le 11-12mila unità per
riguarda Fiat e indotto; se si aggiungono le altre situazioni di crisi
industriale si arriva a circa 25mila persone che sono il bacino di utenza della
potenziale integrazione a reddito della Regione; poi si calcolano altre 15mila
unità in mobilità; infine i precari e tutti quelli che aspettano provvedimenti
in deroga. Alla fine la dimensione della crisi si attesta intorno alle 60mila
persone. Libertino prova un excursus sui casi principali. Cassa integrazione:
«Berlusconi ci ha fatto sapere che avrebbe provveduto con gli amici Maurizio
(Sacconi) e Giulio (Tremonti). Non abbiamo ancora visto nulla». Ammortizzatori
in deroga: «Riguardano coloro che sono fuori dalla copertura della cassa
integrazione. Stiamo ancora aspettando il decreto ministeriale che liberi 59
milioni, che peraltro coprirebbero solo il primo semestre del 2009». Precari:
«è andato da Vespa a dire che c´erano fondi anche per loro, ma qui non abbiamo
visto ancora nulla». Fas: «Vogliamo che tornino al Sud i fondi per le aree
sottosviluppate usati per altre aree» Fiat: «D´accordo, hanno scongiurato la
chiusura di Pomigliano, ma quando ci portano a un tavolo per un piano?»
Atitech: «Sono passati un paio di mesi. Siamo fermi alla riunione del governo
con Gianni Lettieri, che farebbe bene a fare il presidente degli industriali e
non a pensare ad altre cose». L´attacco a Lettieri è in funzione delle voci su
un suo possibile coinvolgimento per le prossime elezioni regionale o comunali.
Cgil rammenta al governo che il piano Lettieri, «è inadeguato e debole, occorre
tornare a coinvolgere Cai e Finmeccanica, per dare maggiori garanzie allo
stabilimento». Quel che è certo è che martedì in piazza non ci sarà aria di
pace sociale. «Non per ideologismo - conclude Libertino - ma perché è evidente
che tutti gli istituti di rilevazione, da Banca Italia all´Istat, parlano di un
Pil in calo e di una situazione drammatica, specie nel Mezzogiorno». E chiede
«più attenzione strategica» per il Sud il governatore Antonio Bassolino: «La
maggior parte dei fondi impiegati dal governo va al Nord, mentre per il
Mezzogiorno servirebbe uno scatto alla Obama».
( da "Repubblica, La" del
27-06-2009)
Argomenti: Obama
Pagina
XV - Milano Fotografia Scatti d´America tra Bush e Obama C´è un omino isolato vestito di
nero nella posa impettita del bodyguard e c´è un nugolo di suoi simili che
circondano George W. Bush. Christopher Morris, l´autore della bella mostra
esposta alla Fnac, è un reporter che l´America del potere la frequenta da
vicino, anche se non le risparmia frecciate. Abituato ai drammi di
Cecenia e Colombia, usa toni diversi quando riprende le contraddizioni del suo
paese alternando auto abbandonate e giovani obesi in un tripudio di bandierine
stars and strips. Ma accanto a queste fotografie (tanto apprezzate da Bush che
non ne ha colto il tono sarcastico), altre ne compaiono dove si fa largo la
speranza rappresentata da Barack Obama. Lo si nota nel
confronto lombrosianamente impietosa
fra gli sguaiati protagonisti dei comizi repubblicani e il composto
pubblico di quelli democratici. (Roberto Mutti)
( da "Repubblica, La" del
27-06-2009)
Argomenti: Obama
Pagina 16 - Esteri Clima, la vittoria di Obama
"Così sfidiamo l´effetto serra" Usa, sì del Congresso alla legge
anti-inquinamento L´obiettivo è ridurre le emissioni del 17% entro il 2020 e
dell´83% entro il 2050 ALBERTO FLORES D´ARCAIS dal nostro inviato LOS ANGELES -
«Progressi enormi, ma resta molto da fare». Barack Obama applaude il Congresso che ieri sera ha dato il via
libera alla nuova legge sul clima, uno dei punti più importanti nell´agenda
"interna" della Casa Bianca. Una legge che il presidente voleva ad
ogni costo, tanto che giovedì, alla vigilia di un voto con molte incertezze, si
era impegnato personalmente telefonando ai deputati democratici meno convinti
per fargli cambiare idea: «Il mio appello verso quei membri del Congresso che
non vogliono prendere posizione, così come al popolo americano, è il seguente:
non possiamo aver paura del futuro, non possiamo essere prigionieri del
passato». Il risultato non era scontato (per i repubblicani la riforma porta
«l´aumento delle tasse maggiore della storia americana») e l´appello del
presidente non ha convinto tutti i deputati del suo partito. La proposta di
legge è passata infatti con 217 voti favorevoli e 205 contrari e ben trenta
democratici (in prima fila i cosiddetti "blue dog", gli anti-liberal
del partito) hanno votato contro. «Avremo i voti necessari all´adozione della
legge», aveva previsto poco prima del voto il capogruppo democratico Steny
Hoyer. «Si tratta di un testo enorme e complesso, sul quale i membri del
Congresso stanno riflettendo, ma crediamo si tratti di un´opportunità storica
davvero importante. Sia per rispondere ai nostri problemi di sicurezza
nazionale, sia per la sfida del riscaldamento globale». Con la nuova legge
viene creato un mercato dei diritti di emissione chiamato Cap and Trade. Il
sistema prevede che questi diritti vengano venduti (oppure concessi
gratuitamente) alle industrie più vulnerabili, con l´obiettivo di ottenere una
riduzione progressiva delle emissioni di «gas effetto serra» del 17 per cento
(rispetto al 2005) nel 2020 e dell´83 per cento nel 2050. Il 5 per cento dei
finanziamenti sarà erogato grazie ad accordi con i paesi in via di sviluppo per
scoraggiare la deforestazione tropicale. I fornitori di energia americani
dovranno ottenere il 15 per cento della loro produzione da fonti di energia
rinnovabili (eolico, solare, geotermico, biomassa) entro il 2020. Il testo
prevede anche che in questo periodo i consumi di elettricità vengano ridotti
del 5 per cento grazie al risparmio energetico. Modificata anche la normativa
edilizia, in modo che le nuove abitazioni siano più efficienti da un punti di
vista energetico. Il progetto di legge prevede inoltre la creazione di una
sorta di "banca verde", la Clean Energy Deployment Administration,
organismo federale che sarà indipendente dall´agenzia americana dell´ambiente
(Epa), avrà un fondo di 7,5 miliardi di dollari e fornirà i finanziamenti
necessari per lo sviluppo delle energie pulite.
( da "Repubblica, La" del
27-06-2009)
Argomenti: Obama
Pagina
24 - Economia IL MERCATO IL LATO OSCURO DEI MERCATI La riforma europea è
complessa, farraginosa e richiederà tempi lunghi ALESSANDRO PENATI L´Unione
Europea ha appena varato la riforma della regolamentazione finanziaria. Una
costruzione complessa, farraginosa, e che richiederà tempi lunghi.
Sostanzialmente, recepisce le raccomandazioni del Rapporto de Larosière (RdL),
nel quale però il funzionamento e l´organizzazione dei mercati ricevono
un´attenzione marginale: solo una delle 30 raccomandazioni, infatti, è dedicata
a questo argomento. Diversamente, la recente riforma di Obama attribuisce grande rilevanza alla
regolamentazione dei mercati. L´organizzazione degli scambi finanziari non è
materia solo per addetti ai lavori: l´attuale crisi è nata e cresciuta nel mare
di strumenti derivati e titoli cartolarizzati negoziati over-the-counter (Otc),
cioè compravendite effettuate direttamente tra due controparti (principalmente
banche), al di fuori dei mercati organizzati e regolamentati. Quattro i rischi
degli strumenti Otc. Il rischio controparte. Il rischio liquidità: mancando un
mercato organizzato ed efficiente, le transazioni possono avvenire a prezzi
molto distanti da quelli stimati (e contabili). Il rischio sistemico: senza
concentrazione degli scambi, nessuno può conoscere l´esposizione complessiva (e
la leva) nei confronti di uno strumento; e il rischio di abusi: la scarsa
trasparenza consente valorizzazioni arbitrarie e manipolazioni di ogni sorta.
La concentrazione di tutte le transazioni Otc (non solo i derivati) presso
un´unica stanza di compensazione (Central Clearing House, CCH) e il
trasferimento degli scambi su mercati organizzati e regolamentati, dovrebbe
essere una priorità dei governi europei. Una CCH, frapponendosi in tutte le
transazioni, elimina il rischio controparte; impone agli intermediari di
versare margini di garanzia, fissando un tetto alla loro leva; fornisce valori
di riferimento, limitando il rischio di manipolazioni contabili; e permette di
conoscere l´esposizione complessiva ai rischi del mercato. Il RdL si limita
timidamente ad auspicare una CCH europea per i soli credit default swaps,
rimandando la materia alla costituenda Autorità Europea di Supervisione. Sarà
troppo poco, troppo tardi. Lo sviluppo dei mercati Otc riflette l´enorme potere
di poche grandi banche che li hanno creati e li controllano: concentrando al
proprio interno le negoziazioni, riescono a spuntare margini elevati,
acquistano una grande forza contrattuale nella determinazione dei prezzi, e
possono creare la leva che vogliono. Grazie alla direttiva Mifid, in Europa le
banche possono anche promuovere e gestire mercati organizzati in diretta
concorrenza con le Borse, ed effettuare al proprio interno grandi transazioni,
anonimamente, e senza trasparenza di prezzo (dark pools). Non bastasse, 11
grandi banche vogliono ora comperarsi LCH. Clearnet, la più grande CHH europea.
Così, diminuisce la trasparenza e aumenta il rischio di contagio tra mercati
finanziari e banche. Bisognerebbe evitarlo, ma temo manchi la volontà: Borse e
investitori istituzionali non protestano perché la loro attività dipende dalle
maggiori banche; e per governi e banche centrali, il rafforzamento dei bilanci
bancari è oggi prioritario, anche se passa per extra profitti da trading e
commissioni salate. Il problema tocca l´Italia. Le nostre banche sono poco
esposte ai derivati Otc: che però li hanno venduti massicciamente a
risparmiatori (obbligazioni strutturate e polizze vita), enti locali, e
imprese. Come nella riforma Obama, dovrebbe essere
vietata la vendita di strumenti Otc a chi non è finanziariamente sofisticato.
Inoltre, Borsa Italiana opera una CCH efficiente e competitiva, ma locale:
grazie alla visibilità internazionale del suo azionista di controllo (Borsa di
Londra), ha oggi la grande opportunità di esportare i suoi servizi. L´aperto
sostegno delle autorità italiane sarebbe utile. Si è parlato spesso di
promuovere la piazza finanziaria italiana: ecco un´occasione per farlo
veramente.
( da "Repubblica, La" del
27-06-2009)
Argomenti: Obama
Pagina
26 - Economia Opel, nuove offerte entro metà luglio Magna in difficoltà. Marchionne: "Su Chrysler non voglio deludere Obama" L´ad Fiat: nel week end la
decisione sulla
( da "Repubblica, La" del
27-06-2009)
Argomenti: Obama
Pagina
40 - Spettacoli Bizzarrie di un Uomo Confuso nell´America in bianco e nero Tra
solitudine disperata e la maledizione di un favoloso talento, ha rappresentato
un periodo di passaggio, di confusione, dunque di transizione per quella parte
così sensibile dello spirito del tempo raccontata dalla musica popolare. E ieri il presidente Obama lo ha definito un´icona dalla vita triste (SEGUE DALLA PRIMA P
( da "Repubblica, La" del
27-06-2009)
Argomenti: Obama
Pagina
9 - Interni Secondo un retroscena del giornale israeliano Maariv il premier
italiano avrebbe sostenuto che occorre "agire subito" Giallo sul colloquio con Netanyahu "L´Iran va fermato, Obama è debole" Una smentita finora
è arrivata solo dallo staff del premier israeliano: racconto impreciso ALBERTO
STABILE dal nostro corrispondente GERUSALEMME - Netanyahu: «Obama non è in un situazione facile. Gli
sarà molto difficile dialogare in una situazione come questa. Le cose
non sono come erano. La situazione è cambiata». Berlusconi: «Obama
è debole. E in una situazione difficile. Parlo con alcune persone in America e
loro mi dicono che ci sono critiche per le sue risposte deboli. Frattini ha
parlato con Hillary Clinton e lei ha opinioni un po´ più dure riguardo
all´Iran». Se le frasi che il quotidiano israeliano Maariv attribuisce al
premier israeliano e al primo ministro italiano in un retroscena pubblicato
ieri sono state effettivamente pronunciate ce n´è abbastanza per innescare una
tempesta diplomatica. Netanyahu e Berlusconi non credono, secondo l´inviato del
giornale che ha seguito il premier isreliano nel sul recente viaggio a Roma,
alla strategia della «mano aperta» o del dialogo lanciata da Obama
per fronteggiare la corsa dell´Iran verso il nucleare. Una smentita annunciata
dall´ufficio del premier israeliano parlerebbe di resoconto impreciso. Qual è
la versione di Palazzo Chigi? L´argomento è particolarmente delicato. Italia e
Israele sono due alleati fedeli degli Stati Uniti. Una netta divergenza come
quella ipotizzata da Maariv, è una cosa che Obama non
potrebbe accettare. Le rivelazioni sembrano gli ingredienti di un giallo
politico-diplomatico che necessita un chiarimento, tanto più adesso che la
protesta verso il regime degli Ayatollah è esplosa nelle piazze. «Ho una grande
ammirazione per i dimostranti in Iran» avrebbe detto Netanyahu, il quale fino
all´indomani del voto, raccogliendo l´input ricevuto dai principali giornali
israeliani, Maariv compreso, non sembrava propenso a distinguere tra Ahmadinedjad
e Mussawi. Ma adesso il premier riconosce: «C´è un vero desiderio di libertà
lì. Guarda come il regime sta combattendo i civili. Immagina cosa si
permetterebbero di fare se avessero già una bomba atomica». Nel «retroscena»
raccontato da Maariv, Berlusconi sembra persino più severo nelle critiche e
deciso sul da farsi, quasi a riprendere i timori che circolano da mesi negli
ambienti politici israeliani: «Non dobbiamo perdere tempo, perché di tempo non
ce n´è. Dobbiamo agire adesso e fermare la loro corsa verso il nucleare».
«Netanyahu - commenta l´inviato di Maariv, Ben Caspit - non l´avrebbe potuto
dire meglio». Che Berlusconi ambisca al ruolo esclusivo, tra i paesi europei,
di miglior amico d´Israele è noto da tempo. Anche con Netanyahu, come in passato
con Olmert, il primo ministro si propone come ostacolo insuperabile contro i
tentativi di danneggiare i rapporti tra Israele e l´Ue. Ma da questo ad
accusare la commissaria europea Benita Ferraro Waldner, che «farà di tutto per
colpirvi», ne corre. Insomma, al momento Berlusconi sarebbe più vicino ad
Israele di Obama, scrive Maariv senza temere
d´esagerare.
( da "Repubblica, La" del
27-06-2009)
Argomenti: Obama
Pagina
37 - R2 Infarto o overdose di farmaci? è mistero sulle ultime ore di Michael
Jackson. Mentre milioni di fan piangono la sua scomparsa, s´indaga su un´ultima
iniezione letale. E ci si interroga su luci e ombre di una
carriera"thriller": dalle accuse di pedofilia alle operazioni per
diventare bianco, dagli incassi record ai debiti per il sogno infranto di
Neverland. "Un´icona della musica", come ha detto ieri Barack Obama, "dalla vita triste"
( da "Corriere della Sera"
del 27-06-2009)
Argomenti: Obama
Corriere
della Sera sezione: Prima Pagina data: 27/06/2009 - pag: 1 LE CAUTELE DEL G8
JOAN BAEZ A TEHERAN di FRANCO VENTURINI S ull'Iran il G8 di Trieste ha fatto il
massimo di quello che poteva fare, cioè non molto. Nel comunicato vengono
deplorate le violenze del dopo-elezioni e si chiede il rispetto dei diritti
umani. Parole che possono sembrare insufficienti. Ma due motivi impedivano di
andare oltre. Non si voleva uno scontro con la Russia, che comunque ha
accettato espressioni mai prima sottoscritte. E soprattutto
occorreva lasciare aperto lo spiraglio nel quale Barack Obama aveva infilato la sua mano tesa.
La posizione del presidente Usa si va facendo ogni giorno più difficile. Alle
prime manifestazioni di protesta e alle prime vittime della repressione Obama aveva reagito con grande cautela.
Poi le violenze delle milizie pro Ahmadinejad sono diventate intollerabili,
e il volto coperto di sangue della giovane Neda ha fatto il giro del mondo
diventando la bandiera di una rivolta di popolo. Obama
ha allora alzato il tono, fino a parlare, come ha fatto ieri, di oltraggio alle
regole internazionali e di brutalità senza limiti delle autorità di Teheran.
Nessun capo della Casa Bianca avrebbe potuto fare diversamente. Ma Barack Obama, ed è qui il legame con Trieste, non ha mai detto che
la sua disponibilità al dialogo veniva revocata, non ha mai messo una croce
definitiva sulla speranza di prevenire la potenziale minaccia nucleare iraniana
con il metodo del negoziato. La linea di Obama è
giusta: davanti al calvario di Teheran l'Occidente deve riaffermare i propri
valori senza troppi peli sulla lingua, e nel contempo non deve tornare a quella
dottrina bushiana del «non si parla con» che tanti guasti ha prodotto e che
nessuno applica fino in fondo. Ma è proprio qui, è su questa mano tesa malgrado
tutto, che Ahmadinejad fa ora piovere i suoi veleni. Nei giorni scorsi, mentre
i blog di Teheran riferivano di massacri non verificabili, il presidente
iraniano si è scagliato contro Gran Bretagna e Stati Uniti. La Bbc è diventata
una organizzazione sovversiva. Si è provveduto ad allontanare due diplomatici
inglesi. È stato tirato in ballo un complotto della Cia. Gli Usa sono stati
accusati di ingerenza, e Obama di «parlare come Bush».
È stato resuscitato, insomma, il vecchio Satana a stelle e strisce che per
decenni ha nutrito il nazionalismo iraniano. Scaricare all'esterno le tensioni
interne è un classico. Ma in questo caso il giochetto di Ahmadinejad può avere
conseguenze gravi, come se non bastasse la tragica perdita di vite umane che ha
insanguinato Teheran. Nessuno, nemmeno Obama, potrà
superare in poco tempo la somma negativa delle pesanti accuse pubbliche
all'America e della repressione armata. Il negoziato nucleare, ammesso che un
giorno ci sia, è rinviato per esigenze politiche. Ma nella vicenda del nucleare
iraniano il tempo è un fattore cruciale, perché al di là dei morti e delle
rampogne l'arricchimento dell'uranio prosegue. Obama
per primo, così, potrebbe trovarsi un giorno con una sola opzione sul tavolo:
quel ricorso alla forza che tutti, Israele compreso, preferirebbero evitare.
Ancora una volta Ahmadinejad si comporta come se «volesse» essere bombardato. E
Obama, tra mille equilibrismi, deve impegnarsi in una
ardua corsa contro il tempo per rendere possibile una soluzione alternativa.
Paradossale. Forse non ci resta che sperare in Joan Baez, la splendida voce del
movimento anti Vietnam, quando torna a cantare il suo We shall overcome in
lingua farsi.
( da "Corriere della Sera"
del 27-06-2009)
Argomenti: Obama
Corriere
della Sera sezione: Primo Piano data: 27/06/2009 - pag: 5 Iran, il G8
«deplora». Nessuna condanna Al vertice di Trieste linea morbida di Usa e
Russia. Ma Obama avverte: «Dialogo a rischio» DA UNO DEI NOSTRI INVIATI TRIESTE
Suda Sergej Lavrov sotto il tendone-sauna, quanto deve aver sudato per evitare
che nel testo saltasse fuori la parola «condanna». I ministri degli Esteri del
G8 siedono assieme per presentare i venti punti del documento finale.
Del numero «6» (l'Iran) è stata negoziata ogni frase. I Paesi «deplorano la
violenza post-elettorale ed esprimono solidarietà a chi ha sofferto per la
repressione». Lanciano un appello al regime perché «rispetti i diritti umani
fondamentali, compresa la libertà di espressione». La giornata diplomatica parte
con la «foto di famiglia»,
( da "Corriere della Sera"
del 27-06-2009)
Argomenti: Obama
Corriere
della Sera sezione: Primo Piano data: 27/06/2009 - pag: 5 Articolo di «Maariv»
Un giornale israeliano: per Berlusconi «Barack debole» DA UNO DEI NOSTRI
INVIATI TRIESTE In pubblico, Silvio Berlusconi riempie di complimenti Barack Obama, il presidente degli Stati Uniti che prima di dargli
udienza a Washington lo ha obbligato a un'attesa di circa sette mesi dalle
elezioni americane, cinque dal suo insediamento. Dietro le porte chiuse del
colloquio di martedì scorso con il premier Benjamin Netanyahu a Palazzo Chigi,
stando al quotidiano israeliano Maariv il giudizio del presidente del Consiglio
non sarebbe stato esattamente lo stesso. «Sull'Iran, Obama
è debole», avrebbe detto il Cavaliere al suo ospite secondo il giornale. Capo
di un governo di coalizione che proviene da una destra radicale priva al
momento di molte sponde all'estero, Netanyahu aveva scelto l'Italia come sua
prima tappa in Europa dopo la nomina. E' ripartito molto soddisfatto. Se si
prende alla lettera la ricostruzione, è facile capire perché. L'attuale governo
di Israele è il primo da tanti anni a non avere una sintonia immediata con la
Casa Bianca. Sul nuovo inquilino democratico di questa, Berlusconi avrebbe
affermato: «E' in una situazione difficile. Parlo con gente
che sta in Usa e sento forti critiche alle risposte di Obama all'Iran. Anche Frattini ha
parlato con la Clinton, lei è dell'idea che ci vuole una risposta più dura. Ho
detto a Obama che
Ahmadinejad è inaffidabile. Bisogna averne paura. Non c'è tempo da attendere:
bisogna agire subito». Maariv conferma che Netanyahu ha sollecitato il
presidente del Consiglio a ridimensionare l'interscambio dell'Italia con
l'Iran (quasi sei miliardi di euro nel 2006). Berlusconi avrebbe risposto che
compagnie petrolifere straniere sono pronte a rubare spazio alle nostre e ciò
non converrebbe, comunque avrebbe promesso che con Teheran non saranno firmati
nuovi contratti. Commento del Maariv: «E' quasi certo che non manterrà quella
promessa». Berlusconi avrebbe fatto auto-promozione: «Ho un governo forte.
Ministri eccellenti. Frattini e io siamo una squadra forte da 15 anni. Se Obama vuole sapere che cosa succede in Europa, sa che è a
noi che lo deve chiedere». Parole rimbalzate nei corridoi della riunione tra i
ministri degli Esteri del G8 a Trieste, nella quale fonti della Farnesina hanno
fatto filtrare che l'Italia avrebbe concesso visti a una cinquantina di
iraniani invisi al regime. Una misura che, se vera, è curioso sia stata fatta
trapelare, considerata l'attenzione del meccanismo repressivo del regime agli
oppositori. M. Ca. Visti dalla Farnesina L'Italia avrebbe concesso visti a una
cinquantina di iraniani invisi al regime
( da "Corriere della Sera"
del 27-06-2009)
Argomenti: Obama
Corriere
della Sera sezione: Primo Piano data: 27/06/2009 - pag: 10 Il mondo sotto choc,
Internet si blocca La massa di contatti sul nome «Jackson» ha fatto pensare
all'attacco di hacker MILANO Sono bastati pochi minuti per comprendere quanto
sia sconfinato il regno che ha lasciato il re del pop. La notizia dell'infarto
prima e, poco dopo, quella della morte di Michael Jackson si sono abbattute
sulle redazioni di tutto il mondo, come una gigantesca valanga che, minuto dopo
minuto, aumentava il suo volume. Radio, televisioni, giornali. E internet.
Soprattutto internet. L'ansia di capire qualche dettaglio in più sulla sorte di
una delle star più amate e controverse di sempre si è immediatamente diffusa in
un impressionante contagio. Chi poteva, si è precipitato fuori dall'UCLA
Hospital di Los Angeles, dove la popstar era stata ricoverata d'urgenza dopo
l'attacco cardiaco. Già prima dell'annuncio della sua morte si era formata una
preoccupata folla alle porte della struttura. Gli altri si sono riversati nella
rete. Milioni di persone sparse nel pianeta inizialmente in cerca di
rassicurazioni sulla sorte di Jackson. Poi, ancora di più, desiderose di
lasciare un ultimo, personale saluto al cantante. Subito dopo la notizia del
decesso, Twitter, popolare social network, ha avuto picchi di 5 mila messaggi
al minuto da parte di fan, causando pesanti rallentamenti del traffico web dopo
che gli aggiornamenti sul cantante erano arrivati a quota 66.500. La morte di
Jackson ha così superato i commenti sulla crisi iraniana, al centro delle
attenzioni degli utenti nei giorni scorsi. La potente ondata di messaggi ha
travolto anche Facebook, dove in pochi attimi si sono moltiplicate le pagine
dedicate alla popstar. Tra queste «Rip Michael Jackson (we miss you)» che in
qualche ora ha superato le 300 mila adesioni. I video dedicati a Jacko hanno
monopolizzato YouTube. Google è andato in tilt: un portavoce ha confermato alla
Bbc che di fronte ai milioni di utenti che hanno digitato quasi
contemporaneamente il nome Jackson si è pensato ad un attacco informatico tanto
che chi ha provato a chiedere notizie sull'artista fra le 14.40 e le 15.15 (ora
californiana; il cantante è morto alle 14.44) ha ricevuto questa risposta: «La
richiesta appare simile a richieste automatiche da un virus del computer o da
un software di spionaggio ». Stessa sorte per il sito Tmz, che per primo ha
annunciato la morte di Jackson: in tilt per troppe domande di accesso. Pesanti
intasamenti anche per Wikipedia e i siti di Aol, Cbs, Cnn, MsNbc e Yahoo. Un
marasma incontrollato di notizie o presunte tali, condivise con milioni di
utenti in tutto il mondo in cui si è diffuso anche l'inspiegabile annuncio
della morte dell'attore Jeff Goldblum, sciaguratamente ripreso da una tv
australiana. Fortunatamente l'attore sta bene, è stato solo vittima della
frenesia scatenatasi nel web nelle ultime ore. La stessa che, dalla notte di
giovedì, dagli Stati Uniti all'Australia, dalla Nuova Zelanda all'Italia, dalla
Spagna alla Svezia ha riportato i brani e gli album di Jackson in vetta alle
classifiche dei più scaricati. Palinsesti modificati anche nelle principali
radio e tv. Mtv in particolare, dalla notizia della morte del cantante, sta
dedicandogli la programmazione con videoclip, interviste e speciali. Lo stesso
vale per i siti delle emittenti che raccolgono le testimonianze dei fan di
Jackson. Dalle piazze virtuali a quelle reali. Los Angeles, Sofia, Città del
Messico, Londra, Ginevra, Varsavia, New Delhi. Impossibile contare i raduni
spontanei di ammiratori che hanno pianto la star. Candele, fiori e fotografie
hanno invaso la stella di Jackson sulla Walk of fame che ha dovuto essere
transennata per la gente che si accalcava all'altezza del nome del cantante. In
Italia, è prevista oggi una veglia a Milano, alle
( da "Corriere della Sera"
del 27-06-2009)
Argomenti: Obama
Corriere
della Sera sezione: Esteri data: 27/06/2009 - pag: 18 La riunione All'incontro
presenti i ministri degli Esteri dei 28 Paesi Berlusconi a sorpresa al vertice
Nato-Russia Il premier: «A Corfù per risanare i rapporti» DA UNO DEI NOSTRI
INVIATI TRIESTE Attratto dalla prospettiva di far parlare di sé per un incontro
all'estero e senza collegamenti con cene appariscenti a causa di signorine,
Silvio Berlusconi ha deciso di partire oggi per Corfù, in Grecia. Il presidente
del Consiglio parteciperà al primo incontro tra tutti i ministri degli Esteri
dei 28 Stati dell'Alleanza atlantica e il loro collega della Russia Sergei
Lavrov che si terrà da quando i rapporti con Mosca si irrigidirono, nel
( da "Corriere della Sera"
del 27-06-2009)
Argomenti: Obama
Corriere
della Sera sezione: Esteri data: 27/06/2009 - pag: 19 Il
ritratto Suu Kyi e l'artista di Obama La leader dell'opposizione birmana Aung San Suu Kyi ritratta da
Shepard Fairey, l'artista 39enne del South Carolina che con il suo manifesto ha
trasformato il presidente Usa Barack Obama in un'icona internazionale. Il ritratto è diventato un manifesto
per la campagna di liberazione di San Suu Kyi, vincitrice del premio
Nobel per la pace, in prigione dallo scorso 14 maggio.
(
da "Corriere della Sera"
del 27-06-2009)
Argomenti: Obama
Corriere della Sera sezione: Economia data: 27/06/2009 - pag: 28 Alleanze L'amministratore delegato Fiat: bene giugno. «Questo fine settimana decideremo dove produrre la 500 americana» «Opel ci interessa ma l'offerta non cambia» Marchionne: su Chrysler non voglio deludere Obama, sfida a Toyota e Honda DAL NOSTRO INVIATO VENEZIA Non passerà negli Stati Uniti più di 183 giorni l'anno, prevede, «se non altro per ragioni fiscali». Ma ora che veste il doppio cappello di amministratore delegato di Fiat e di Chrysler, Sergio Marchionne avverte che dedicherà «parecchio tempo» al suo ufficio di Detroit. Lo farà perché questo fine settimana dovrà decidere dove costruire la Nuova 500 «made in Usa» e perché oltre-Atlantico, dice, porterà le Alfa Romeo. Ma anche per una sua idea commerciale precisa su Chrysler: «I consumatori americani dovranno spostarsi verso auto di taglia inferiore e con Fiat siamo piuttosto bravi in questo premette il manager italo-canadese - . Adesso il progetto per Chrysler è di sfidare sul mercato americano gruppi giapponesi come Toyota e Honda nelle vetture di medie dimensioni. Possiamo essere competitivi sui modelli e sui costi». A rafforzare l'ottimismo di Marchionne contribuisce un mese di giugno che gli fa confermare gli obiettivi 2009 del Lingotto, ma anche la valutazione sulla prima linea che ha trovato a Detroit: «Sono contento della velocità con cui stiamo selezionando i manager, ci sono dei veri leader e credo che terremo il 90% delle persone». Per Marchionne, l'occasione di fare il punto è arrivata ieri all'isola di San Clemente a Venezia, al Workshop 2009 del Consiglio per le relazioni Italia-Usa (di cui da ieri è presidente). L'amministratore delegato del Lingotto ci arriva da un incontro a Singapore, ma neanche il lungo viaggio gli cancella un'ombra di ironia dal sorriso. Né lui fa molto per dissimularla, con un occhio alla vicenda Opel: «Da ciò che sento osserva fra Opel e Magna non sta andando molto bene. Noi abbiamo confermato il nostro interesse». Inutile chiedergli di più, o ipotizzare che Fiat intenda alzare la sua offerta: «Non credo che si possa migliorare perché è la più razionale». Le parole ufficiali finiscono qua, non però le opinioni fortemente sentite dal numero uno operativo di Torino. Chi partecipa al Workshop, rigorosamente a porte chiuse, ne avrà un assaggio subito dopo. Perché sarà che questi mesi di spola attraverso l'Atlantico a Marchionne hanno dato un'idea più diretta delle differenze. Certo ormai si è convinto che l'approccio di sistema scelto da Barack >Obama sia quello giusto: ristrutturare l'intero settore in modo
organico, partendo dalla certezza che la domanda cambia e la capacità
produttiva va ridotta. «Non ho mai incontrato Obama di
persona, solo la sua squadra. Raccolgo la sfida, non ho intenzione di deludere
», osserva. Invece è quello che vede soprattutto in Europa che non lo convince:
interventi frammentari e improvvisati dei singoli governi a sostegno
artificiale della domanda, palesi violazioni delle norme sugli aiuti di Stato.
Sullo sfondo c'è settore globale dell'auto con un eccesso di capacità del 30%,
anche in Cina. E di fronte a queste realtà che Marchionne rimprovera agli
europei il ritardo e l'assenza di visione. O, come lo chiama lui, «un eccesso
di realismo» di cui l'America non soffre mai. Federico Fubini Sergio Marchionne ( da
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Argomenti: Obama Corriere della Sera sezione: Tempo Libero data: 30/06/2009 - pag: 15 Il personaggio Mentre Palazzo Reale gli dedica una grande mostra «E Andreotti mi disse: a me m'ha inventato Forattini» il disegnatore racconta 36 anni di vignette e litigi Le mille vite del maestro dello sberleffo S i ritrae un po' in tutti i modi: come Napoleone, come un centauro che scocca la freccia a forma di matita tricolore (è il manifesto della grande mostra che si apre venerdì 3 a Palazzo Reale, ed è stata costruita a tempo di record anche una statua equestre da collocare davanti all'entrata), come San Giorgio che sfida il drago Craxi, come un Rushdie inseguito dall' ayatollah Scalfari che non gli perdona le «vignette sataniche» su De Mita e Occhetto, come un esibizionista con l'impermeabile che punta una matitona eretta contro i politici (Scalfaro, Prodi ecc.). Quello che ama di più è l'autoritratto nelle vesti dello scultore danese Bertel Thorvaldsen immortalato dal pittore Horace Vernet, direttore di Villa Medici nei primi anni '30 dell'Ottocento: sulla copertina del libro «Regimen » (2006), Forattini è lo scultore e accanto ha il busto di Prodi vestito come sempre da prete. Il dipinto di Vernet lo si può ammirare nella casa milanese di Forattini, a due passi da Porta Venezia: «Ci sono quattro esemplari del quadro, tre sono in altrettanti musei, uno era proprietà di un collezionista milanese. Me lo sono regalato anni fa spendendo un bel po' di soldi», racconta. Perché tutti questi autoritratti? «Molto per prendermi in giro, per ridere di me, per non darmi l'aria di essere importante. Mi è capitato, è vero, di riportare la satira sui giornali italiani dopo il deserto dell'era democristiana. Ho cresciuto una covata di disegnatori - «Satyricon», l'inserto di «Repubblica » nato nel '78, è stata una scuola - e dovunque ho lavorato non ho mai fatto vignette a comando. Col risultato che a volte, per aperti dissidi o mancata difesa contro i politici infuriati e promotori di querele, me ne sono andato senza troppe storie». Animale impolitico, mille lavori prima di arrivare ai giornali (rappresentante, operaio in un'industria di idrocarburi, consulente per una casa di edizioni musicali ecc.) si è trovato a doversi occupare prevalentemente di politici, capi di governo, presidenti della Repubblica, pontefici e capipartito. È lui che va sulla prima pagina di «Paese sera» all'indomani della vittoria del NO nel referendum contro il divorzio promosso da Fanfani: e la vignetta è una bottiglia di spumante che spara il tappo-Fanfani. Tra i fondatori di «Repubblica» (lavora anche come grafico), pubblica sulla pagina delle opinioni del giornale di Scalfari. Alla «Stampa», dove va una prima volta nell'82, gli danno la prima pagina: «Non piaceva il mio Spadolini nudo con il pisellino, li convinsi che invece lui si divertiva. Mandavo gli originali al senatore e lui ogni volta mi spediva il suo libro su Garibaldi, sempre quello.». Uno dei suoi classici è Andreotti: nerovestito, orecchie grandi, un sorriso vampiresco («Andreacula»). Da lui ha ricevuto il più bel complimento: «A me mi ha inventato Forattini». Da tempo non nasconde le sue simpatie di centro-destra («sono un liberale, come dice di me nella prefazione al catalogo Piero Ostellino»), ma rivendica la sua assoluta indipendenza di pensiero. «In Italia», dice «fare satira è un gran problema. Ai politici piaci quando prendi di mira gli avversari, se invece sono loro il bersaglio diventano furiosi». E la lista degli arrabbiati è lunga: Berlinguer, Craxi, D'Alema ecc. ecc. «Io poi non sono d'accordo con il sillogismo che dice: la satira è contro il potere; il potere è di destra; ergo, la satira è di sinistra. E la riprova l'ho avuta quando la sinistra è andata al governo, apriti cielo!». La vignetta censurata Ma anche con la destra, recentemente, le cose non sono state sempre rose e fiori. «Nel 2007, quando Berlusconi crea il Popolo delle libertà col discorso del predellino, io lavoravo per 'Il Giornale'. Faccio un Berlusconi- Atlante, mutande tricolori, che porta un mappamondo con la sua faccia (nell'ultima foto sotto). Al direttore Giordano non piace, 'l' hai fatto con le tette, in mutande'. Non la pubblica e io mi dimetto». Da allora disegna per il «Quotidiano Nazionale» di Riffeser. Ma l'episodio più duro resta lo scontro con D'Alema: 1999, su «Repubblica » appare la vignetta di Max che sbanchetta la Lista Mitrokhin. Scatta la querela con richiesta miliardaria di danni. «Al giornale non fui difeso, poi D'Alema, in trasmissione da Santoro, ritira la querela. Ma io lascio Repubblica». Con la convinzione più volte ribadita negli anni che è soprattutto la sinistra che non gradisce la satira: «Ho avuto venti querele, sempre da sinistra ». Per la mostra curata con grandi scenografie da Gherardo Frassa («lo stesso che 20 anni fa fece la mostra itinerante dei miei disegni per 'Repubblica') ha disegnato un secondo manifesto: Titolo, La bella estate; il Duomo sullo sfondo e un mare in cui nuotano Sarkozy, Merkel, Berlusconi, Obama, Putin. «Io ne avevo fatto un altro prima. Solo Letizia Moratti - è lei che ha voluto questa mostra - che nuota nel mare davanti al Duomo, con un costume elegante a fiori. A lei piaceva, ma poi è arrivato un no. È' difficile fare il mio lavoro, davvero».>Ranieri Polese Giorgio
Forattini, 77 anni, romano ( da
"Corriere della Sera"
del 30-06-2009) Argomenti: Obama ( da
"Repubblica.it"
del 30-06-2009) Argomenti: ObamaTorna
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Tassa sui gas serra e le emissioni, primo test di Obama al
Congresso (sezione: Obama)
Corriere
della Sera sezione: Economia data: 27/06/2009 - pag: 30 Green economy Per
l'opposizione repubblicana sarebbe «la più grande imposta nella storia Usa»
Tassa sui gas serra e le emissioni, primo test di Obama
al Congresso WASHINGTON La Camera ha ieri messo al voto una legge sulla
riduzione delle emissioni di gas del 17% entro il 2020 e dell'83% entro il 2050
rispetto al 2005, legge che per i repubblicani porterebbe al massimo aumento
delle tasse della storia, centinaia o addirittura migliaia di miliardi di
dollari annui, tesi già sostenuta da George Bush. A tarda ora, il passaggio
della legge, per il quale occorrono 218 voti, non appariva ancora certo, in una
fase preliminare i democratici, che la appoggiano, ne avevano ottenuti 217
contro 205. La legge inoltre potrebbe incontrare forti ostacoli in un secondo
tempo al Senato. Ma il presidente Obama, che ha
presentato un progetto di 1.200 pagine, confida nella sua approvazione: porrebbe
l'America, ha detto, al passo con l'Europa e faciliterebbe un nuovo accordo
internazionale sul clima a dicembre. Secondo i repubblicani, che la chiamano
«la CO2 tax», la legge, che prevede la riduzione dell'uso del petrolio, del
carbone e lo sviluppo di fonti alternative pulite e durevoli di energia, e che
creerebbe nuovi posti di lavoro, costerebbe alla famiglia media fino a 3.100
dollari in più all'anno, cioè dai mille miliardi di dollari in su. Secondo
l'Ufficio bilancio del Congresso, costerebbe molto meno, 175 dollari annui, per
un totale di 22 miliardi. Secondo l'Epa, Ente protezione ambiente, costerebbe
attorno a 80 dollari quindi la metà. Obama, che vorrebbe l'America indipendente dal greggio mediorientale,
ha riscosso il plauso di Angela Merkel, il cancelliere tedesco, in visita a
Washington. Ennio Caretto Il presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha presentato un progetto di 1.200
pagine sull'ambiente
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I DETENUTI DI GUANTANAMO PERCHÉ L'EUROPA LI ACCOGLIE (sezione: Obama)
Corriere
della Sera sezione: Lettere al Corriere data: 27/06/2009 - pag: 37 Risponde
Sergio Romano I DETENUTI DI GUANTANAMO PERCHÉ L'EUROPA LI ACCOGLIE Non riesco a
comprendere le ragioni e le eventuali conseguenze del trasferimento verso Paesi
terzi di buona parte dei prigionieri di Guantanamo. Dovrebbero vivere «in uno
status ibrido, a metà strada fra il regime di protezione e una sorta di libertà
vigilata». I Paesi ospitanti dovranno sobbarcarsi il compito di monitorare
elementi pericolosi e dovranno forse procedere un giorno a nuovi arresti.
Vincenzo Moraro Avezzano (Aq) Caro Moraro, G uantanamo è una base militare
americana in territorio cubano, ultimo avanzo delle prerogative di Paese
protettore che gli Stati Uniti ebbero per molto tempo nell'isola caraibica.
Dopo l'11 settembre e la guerra afghana dell'ottobre 2001, la presidenza Bush
decise di farne un carcere per uomini a cui non intendeva riconoscere lo status
di prigionieri di guerra. Scelse una base extraterritoriale per evitare che i
tribunali americani potessero applicare ai detenuti le garanzie del giusto
processo. Nel momento di maggiore affollamento vi erano in questa piccola
enclave cubana 778 persone che non erano quindi né prigionieri di guerra né
detenuti in attesa di processo: uomini privi di qualsiasi diritto che il
governo americano avrebbe potuto trattenere sino a quando li avesse giudicati,
insindacabilmente, pericolosi. Negli anni seguenti alcuni magistrati americani
misero in discussione questa politica e la pubblica opinione cominciò a
sollevare polemicamente il problema della loro detenzione. Quando
Obama arrivò alla Casa Bianca,
dopo una campagna elettorale durante la quale aveva promesso la chiusura del
carcere, il numero dei detenuti si era pressoché dimezzato. Ma la chiusura si
scontrò con difficoltà giuridiche e politiche. Che cosa fare di quei
prigionieri che ancora rappresentavano, secondo i servizi di intelligence,
un rischio di sicurezza? Sarebbe stato necessario processarli, ma esistevano
almeno due difficoltà. In primo luogo i loro avvocati avrebbero potuto
dimostrare che le confessioni erano state estorte con la violenza ed erano
quindi prive di qualsiasi validità. In secondo luogo il pubblico ministero
avrebbe potuto dimostrare la loro colpevolezza soltanto producendo documenti
segreti che avrebbero rivelato al mondo i metodi di lavoro e la struttura
organizzativa dei servizi di intelligence. I nemici politici del nuovo
presidente sfruttarono le sue difficoltà per accusarlo di perseguire politiche
irrealistiche e pericolose. Fu questo il momento in cui Obama
decise di rivolgersi agli alleati della Nato. La prima reazione fu, con qualche
eccezione, negativa. Pochi erano disposti ad accettare persone che non potevano
essere processate ma erano pur sempre potenzialmente pericolose. Era giusto,
tuttavia, respingere le richieste del nuovo presidente nel momento in cui cercava
di dare al mondo una nuova immagine degli Stati Uniti? Dopo molte esitazioni, i
Paesi dell'Unione europea hanno accettato in linea di principio di accogliere
alcuni detenuti, ma in una riunione a Lussemburgo hanno deciso di vincolare la
loro concessione a una migliore politica americana sullo scambio d'informazioni
relative ai viaggiatori europei diretti negli Stati Uniti e sul loro diritto
alla privacy: una materia su cui la presidenza Bush era stata particolarmente
aggressiva e illiberale. Quando ha recentemente promesso a Obama
che l'Italia avrebbe accolto tre detenuti di Guantanamo, Berlusconi ha ripetuto
nella sostanza ciò che gli europei avevano deciso a Lussemburgo.
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Iran, pugno di ferro del regime (sezione: Obama)
TEHERAN -
Pena di morte per quelli che guidano le proteste contro la rielezione di Mahmud
Ahmadinejad e maggiori controlli nei confronti della stampa estera. Questo è
ciò che ha chiesto l'ayatollah Ahmad Khatami dal pulpito della preghiera del
venerdì all'università di Teheran. Khatami (che non ha nessun legame di
parentela con l'ex presidente Mohammed Khatami) è un fedele alleato della Guida
suprema e di Ahmadinejad. Le sue parole riflettono la decisione degli
ultraconservatori di non cedere. Tuttavia, dimostrando nuovamente che esistono
delle divergenze nella cupola clericale, il grande ayatollah Naser Makarem
Shirazi ha lanciato un appello alla "riconciliazione nazionale".
"Voglio che il potere giudiziario punisca i capi di queste manifestazioni
illegali con fermezza e senza mostrare alcuna compassione, perché serva di
lezione a tutti", ha detto l'ayatollah Khatami. Per questo ha suggerito che
la magistratura accusi i responsabili di mohareb, termine arabo che nella
legislazione islamica (sharia) si applica a chi combatte contro Dio. Un delitto
punito con la pena capitale. Khatami, uno degli ayatollah più conservatori
dell'Assemblea degli Esperti, ha anche accusato i giornalisti stranieri di
diffondere notizie false. "Pensate alla vicenda di
quella donna uccisa e per la quale Obama ha versato lacrime di coccodrillo. Chiunque osservi il video si
rende conto che sono stati i manifestanti ad assassinarla", ha detto. Si
riferiva alla morte di Neda Agha Soltan. Le immagini della sua agonia, mentre
si dissangua in una strada di Teheran, hanno fatto il giro del mondo.
OAS_RICH('Middle'); Sullo sfondo della repressione delle manifestazioni di
piazza, il radicalismo di Khatami trasmette l'immagine di un regime che stringe
i suoi ranghi attorno alla Guida suprema, l'ayatollah Khamenei. Ci sono,
tuttavia, segnali di divisioni nella cupola clericale, dove si svolge una lotta
interna, anche se tutti hanno interesse a mantenerla entro i limiti
istituzionali. Un altro segnale delle difficoltà che la Guida suprema si trova
ad affrontare per imporre la sua visione al settore critico del regime sono i
tentennamenti del Consiglio dei Guardiani. Ieri sera, questo organo di supervisione
dei risultati elettorali aveva annunciato la creazione di una commissione
speciale per indagare sul contestato risultato delle elezioni. Sembrava un
gesto di disponibilità nei confronti del principale candidato dell'opposizione,
che ha chiesto un'indagine indipendente. Ma il portavoce del Consiglio, Abbas
Ali Kadkhodai, ha poi definito le presidenziali come "le elezioni più
pulite che abbiamo avuto dalla rivoluzione del 1979". (Copyright El
Paìs/La Repubblica traduzione di Luis E. Moriones) (27 giugno 2009
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Obama, avanti sul clima Sì della Camera alla legge (sezione: Obama)
WASHINGTON - Obama va
avanti sulla sua politica "verde". La Camera dei Rappresentanti Usa
ha approvato nella notte italiana (219 voti favorevoli e 212 contrari) la nuova
legge sul clima ("Climate change bill") che pone severi limiti alle
emissioni di gas inquinanti. La legge, che deve ancora essere approvata
dal Senato, è considerata dalla amministrazione una delle maggiori priorità
della agenda del presidente americano. Il presidente ha fatto subito conoscere
la sua soddisfazione: "Un passo coraggioso e necessario" ha detto aggiungendo
la sua speranza che anche dal Senato arrivi presto un "sì". La legge
impone alle compagnie americane - incluse le raffinerie e le centrali di
energia - di ridurre le emissioni di gas inquinanti (associate al mutamento del
clima) di una percentuale del 17 per cento entro il 2020 e dell'83 per cento
entro il 2050, prendendo come punto di riferimento i livelli del 2005. La legge
mira, oltre a creare una produzione di energia meno inquinante, a ridurre la
dipendenza degli Stati Uniti dalle importazioni di petrolio estero con un
passaggio graduale alla energia pulita al posto del petrolio e del carbone. La
legge è stata approvata dalla Camera col sostegno quasi esclusivo della
maggioranza democratica: solo otto repubblicani hanno votato a favore della
misura. I sostenitori della legge sottolineano il beneficio per l'ambiente
mentre i critici affermano che la legge provocherà la chiusura di numerosi
posti di lavoro. (27 giugno 2009
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Usa, Camera approva legge sul clima (sezione: Obama)
WASHINGTON
Primo importante successo per la politica di Barack Obama
sulla lotta ai cambiamenti climatici. La Camera dei Rappresentanti Usa ha approvato
con 219 voti e 212 contrari una legge che pone severi limiti ai gas inquinanti
e prevede una riduzione delle emissioni del 17% entro il 2020 e dell83% entro il 2050. Il provvedimento, che ora passa
allesame del Senato per lapprovazione definitiva prevista in autunno, ha
avuto il sostegno di solo otto deputati repubblicani e anche tra i democratici
in 44 hanno votato contro. Il presidente americano ha parlato di «azione
storica» e di «passo coraggioso e necessario che getta le premesse per la creazione
di nuove industrie e milioni di posti di lavoro, riducendo la pericolosa
dipendenza dal petrolio straniero». La legge impone alle compagnie americane -
incluse le raffinerie e le centrali di energia - di ridurre le emissioni di gas
inquinanti in una percentuale del 17% entro il 2020 e dell83% entro il 2050, prendendo come punto di riferimento i
livelli del 2005. Il pacchetto di 1.200 pagine prevede anche un passaggio
graduale alle energia pulite. I critici sostengono che obiettivi così drastici
porteranno
alla perdita di milioni di posti di lavoro nei prossimi anni.
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Ahmadinejad contro Obama "La smetta di
interferire" (sezione: Obama)
ROMA - Mahmoud Ahmadinejad torna a criticare Barak Obama.
Il presidente iraniano ha accusato il leader Usa di interferire negli affari
interni iraniani. "Ha parlato di riforme e di cambiamento, perché allora
interviene e fa commenti contrari alle norme e alla politica?", ha
dichiarato il leader di Teheran. Ieri Obama si era
detto "indignato" dalla repressione delle manifestazioni a Teheran
contro l'esito delle presidenziali del 12 giugno. Il presidente Usa ha
informato l'Iran che le violenze nei confronti dei manifestanti potrebbero
minacciare il dialogo diretto auspicato da Washington. Ahmadinejad ha anche
denunciato "le opinioni offensive di alcuni responsabili occidentali"
nei confronti dell'Iran, affermando che intende approfittare della sua presenza
"in tutte le istituzioni internazionali per fare il processo" a
questi dirigenti. Un riferimento al G8 di Trieste dove i capi della diplomazia
hanno chiesto la fine delle violenze in Iran ed invitato il potere iraniano a
rispettare in particolare "il diritto di espressione". In Iran, nel
frattempo, la repressione continua. La polizia ha sequestrato documenti e
computer dalla sede del partito dei servitori della costruzione, la formazione
moderata vicina all'ex presidente Akbar Hashemi Rafsanjani che alle
presidenziali aveva sostenuto Mir Hossein Moussavi. E proprio un collaboratore
di Moussavi si è visto negare l'espatrio mentre stava per imbarcarsi su un volo
per Londra. OAS_RICH('Middle'); (27 giugno 2009
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"Jacko", si infittisce il mistero Fox News:
"Non c'è stato infarto" (sezione: Obama)
NEW YORK -
Michael Jackson, il re del pop, non è morto per infarto ma, verosimilmente, per
i troppi medicinali che stava prendendo in preparazione ai 50 concerti d'addio
che avrebbe dovuto tenere a partire dalla metà di luglio a Londra. A sostenerlo
è l'emittente americana Fox News, citando fonti investigative. Sul corpo del
cantante sono stati riscontrati solo i lividi dei tentativi di rianimazione e,
sul suo volto, diverse cicatrici. Gli inquirenti ritengono dunque sia stata una
combinazione di sostanze ad indurre il cuore di "Jacko" a smettere di
battere o i polmoni ad interrompere la respirazione. Nel suo entourage i dubbi
sono pochi, ma si dovranno attendere tra le 4 e le 6 settimane per saperlo con
assoluta precisione, dato che l'ufficio del coroner della contea di Los
Angeles, che ha eseguito l'autopsia, ha chiesto una serie di esami supplementari.
Terminati in serata gli esami autoptici, il coroner ha autorizzato la famiglia
a seppellire il cantante. La salma è stata restituita segretamente ai
familiari. La consegna è avvenuta verso le 21 ora locale (le
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Fred Fliggehorn, 16 anni E il nuovo re di YouTube (sezione: Obama)
CANNES - Il
suo mito è Jim Carrey, la sua balia YouTube, il suo nome d'arte Fred, il suo
piatto preferito si chiama "Tv Dinner", orrendo vassoio di cibo
surgelato da sbattere nel micronde, vive in solitudine a Columbus,
nell'agricolo Nebraska eppure l'audience del suo canale web ha picchi di 45
milioni di persone, pari a quattro festival di Sanremo e i suoi video, in
totale, sono stati visti 250 milioni di volte. Edita da solo un sorta di
"tv dei ragazzi fatta da un ragazzo" e con le sponsorizzazioni ha superato
i 100.000 dollari di reddito. Quest'anno gli organizzatori del Festival
Internazionale della pubblicità di Cannes, rappresentato in Italia da
Sipra/Rai, lo hanno invitato come esempio di un nuovo modo di comunicare con
investimenti prossimi allo zero. Lucas Cruikshank, 16 anni, quarto di sette
fratelli, si ritrova così a parlare nel Palais du Festival tra speaker come
Kofi Annan, Bob Gheldof e Spike Lee. Riavviandosi la frangetta bionda che gli
arriva da nonni irlandesi e tedeschi, Lucas si annoia un po' davanti a domande
troppo tecniche che i guru della pubblicità provano a rivorgergli. Ci porge il
biglietto da visita del suo agente di Beverly Hills, che lo sta educando a
muoversi da attore e dopo varie apparizioni tv, adesso punta a Hollywood. La sua
pagina su My Space conta su un milione di fedeli amici, che seguono sillaba per
sillaba i suoi testi nevrotici. "Non scrivo mai i testi dei miei
video", racconta, "improvviso davanti ad una telecamera da 100
dollari in casa mia, assistito dai miei due cugini". OAS_RICH('Middle');
Il Los Angeles Time lo ha descritto come simbolo di una generazione
"imperscrutabile" cresciuta sulle chat line, isolata dal mondo reale,
tanto che Fred, il suo personaggio, tra le praterie del Nebraska e le mucche
solitarie, vive in una realtà orrenda. La madre è alcolizzata e drogata, il
padre giace nel braccio della morte di una prigione, Judi, la ragazzina che lui
ama in segreto lo dedesta e lo perseguita durante le lezioni e allora Fred
esasperato, al limite di una crisi di nervi, accende la videocamera e si mette
a raccontare la sua angoscia non priva di guizzi di ironia: una volta si tuffa
nella piscinetta di plastica, un'altra si candida a presidente degli Stati
Uniti. Ti piace Obama? "Certo, sono stato subito un suo fans, si vede che vuole
cambiare l'America". Coi soldi che guadagni aiuti la famiglia? "L'ho
portati a San Diego in vacanza tempo fa, erano felicissimi". A chi ti sei
ispirato per creare il personaggio di Fred? "Ho un fratellino più
piccolo e sono state le sue nevrosi e suoi capricci ad alimentare le storie di
Fred. Produco due storie al mese e le monto con il Pc deformando la mia voce
con un programmino gratuito". Il tuo successo planetario ti crea problemi
con la scuola? "Quando vado a Los Angeles per lavoro mi porto dietro i
compiti e li faccio in aereo". Il suo milione di iscritti alla sua pagina
di MySpaces sono manna per le aziende che vogliono raggiungere i nuovi teen
agers, una generazione che passa più tempo sul web che in tv. Nella blogosfera
Fred si è fatto anche dei nemici: Robert Scoble, uno studioso del web, lo
definisce "il punto più basso dell'espressione in rete, che fa ridere per
generare traffico". Ha girato e messo in rete il suo primo video all'età
di sei anni ma definirlo il Mozart di Internet forse è esagerato, di sicuro,
però, Fred è un modello di business che sta rivoluzionando le regole della
comunicazione. Qui a Cannes, negli anni 80, si applaudivano gli spot di Ridley
Scott costati un milione e mezzo di euro. Adesso tutti corteggiano Lucas,
autore, attore, regista e produttore a costo zero. (27 giugno 2009
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Berlusconi parla con Medvedev "La Russia vuole
collaborare con la Nato" (sezione: Obama)
CORFU'
(GRECIA) - La Russia vuole riconciliarsi con l'occidente e ha espresso la
volontà di ottenere una piena collaborazione con la Nato. Ad annunciarlo è
stato il presidente del Consiglio italiano, Silvio Berlusconi, prima dell'inizio
dei lavori del vertice Nato-Russia a Corfù. "Spirito di Pratica di
Mare". "Ho parlato mezz'ora al telefono con il presidente della
Federazione Russa Medvedev - ha detto il premier ai giornalisti che attendevano
il suo arrivo nell'albergo che ospita il summit -, e mi ha confermato che il
suo Paese intende assolutamente riprendere lo spirito di Pratica di Mare".
Il vertice di Pratica di Mare si tenne nel 2002, con Berlusconi gran
cerimoniere che sancì alla presenza del presidente americano George W.Bush e di
quello russo Vladimir Putin, un accordo di associazione tra la Nato e la
Federazione Russa. "Riprendere collaborazione". E' fondamentale
riprendere la collaborazione e io sono qui per questo - ha aggiunto Berlusconi.
Ci sono stati dei problemi in passato, ma credo che non siano più davanti a
noi, perché c'è l'espressa volontà della Russia di riprendere la totale
collaborazione". Quindi, la convinzione che "da qui si andrà avanti
anche con importanti conseguenze pratiche". E' prevista per la fine di
luglio una riunione degli ambasciatori dei Paesi dell'Alleanza Atlantica e
della Russia a Bruxelles, sede della Nato. Il vertice di oggi tra il ministro
degli esteri russo Sergei Lavrov e i suoi omologhi della Nato giunge a un mese
dall'incontro fra il presidente degli Stati Uniti Barack Obama e il leader del Cremlino, Dmitri
Medvedev. Negli ultimi tempi non sono mancate le cooperazioni militari fra la
Russia e singoli paesi membri della Nato - come Stati Uniti, Francia o Germania
-, e pattugliamenti marittimi congiunti con unità dell'Alleanza, nell'ambito
delle operazioni anti-pirateria. OAS_RICH('Middle'); "Sarkozy mio
avvocato da Medvedev". Il gelo tra la Russia e la Nato era calato
nell'estate scorsa a causa del conflitto nel Caucaso tra la Russia e la Georgia
per l'indipendenza della regione dell'Ossezia del Sud. Berlusconi ha ricordato:
"Per fortuna quella volta mandai a Mosca da Medvedev il buon Nicolas
Sarkozy, che era il mio avvocato tanti anni fa. Io restai a lungo al telefono
con Putin per ricomporre le cose, altrimenti il divorzio che sarebbe venuto
fuori sarebbe stato difficilmente ricomponibile". Poi, uno sketch con i
giornalisti: "Da quando ci sono io venite qui gratis, con Prodi
pagavate..." (27 giugno 2009
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"Jacko", si infittisce il mistero Fox News: non
è stato infarto (sezione: Obama)
NEW YORK -
Michael Jackson, il re del pop, non è morto per infarto ma, verosimilmente, per
i troppi medicinali che stava prendendo in preparazione ai 50 concerti d'addio
che avrebbe dovuto tenere a partire dalla metà di luglio a Londra. A sostenerlo
è l'emittente americana Fox News, citando fonti investigative. Sul corpo del
cantante sono stati riscontrati solo i lividi dei tentativi di rianimazione e,
sul suo volto, diverse cicatrici. Gli inquirenti ritengono dunque sia stata una
combinazione di sostanze ad indurre il cuore di "Jacko" a smettere di
battere o i polmoni ad interrompere la respirazione. I medici legali sono
rimasti sorpresi dal "buono stato di salute generale" del cantante.
Nel suo entourage i dubbi sono pochi, ma si dovranno attendere tra le 4 e le 6
settimane per saperlo con assoluta precisione, dato che l'ufficio del coroner
della contea di Los Angeles, che ha eseguito l'autopsia, ha chiesto una serie
di esami supplementari. Terminati in serata gli esami autoptici, il coroner ha
autorizzato la famiglia a seppellire il cantante. La salma è stata restituita
segretamente ai familiari. La consegna è avvenuta verso le 21 ora locale (le
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Corfù, il vertice del disgelo "Riparte collaborazione
Nato-Russia" (sezione: Obama)
CORFU'
(GRECIA) - La Russia si riconcilia con l'occidente e riprende la cooperazione
militare con la Nato. Questo il risultato del vertice dei ministri degli Esteri
tra i Paesi Nato e quello della Federazione Russa. "Un grande passo"
secondo il ministro degli esteri presente Steinmeier. Prima del summit Silvio
Berlusconi, unico premier presente, aveva lasciato intendere che si sarebbe
arrivati ad un punto d'incontro "con importanti conseguenze pratiche nei
rapporti tra l'occidente e la Russia". "Spirito di Pratica di
Mare". "Ho parlato mezz'ora al telefono con il presidente della
Federazione Russa Medvedev - ha detto il premier ai giornalisti che attendevano
il suo arrivo nell'albergo che ospita il summit -, e mi ha confermato che il
suo Paese intende assolutamente riprendere lo spirito di Pratica di Mare".
Il vertice di Pratica di Mare si tenne nel 2002, con Berlusconi gran
cerimoniere che sancì alla presenza del presidente americano George W.Bush e di
quello russo Vladimir Putin, un accordo di associazione tra la Nato e la
Federazione Russa. "Riprendere collaborazione". E' fondamentale
riprendere la collaborazione e io sono qui per questo - ha aggiunto Berlusconi.
Ci sono stati dei problemi in passato, ma credo che non siano più davanti a
noi, perché c'è l'espressa volontà della Russia di riprendere la totale
collaborazione". Quindi, la convinzione che "da qui si andrà avanti
anche con importanti conseguenze pratiche". Il vertice tra il ministro
degli esteri russo Sergei Lavrov e i suoi omologhi della Nato è giunto a un
mese dall'incontro fra il presidente degli Stati Uniti
Barack Obama e il leader
del Cremlino, Dmitri Medvedev. Negli ultimi tempi non sono mancate le
cooperazioni militari fra la Russia e singoli paesi membri della Nato - come
Stati Uniti, Francia o Germania -, e pattugliamenti marittimi congiunti con
unità dell'Alleanza, nell'ambito delle operazioni anti-pirateria.
OAS_RICH('Middle'); Il segretario generale della Nato Jaap de Hoop Scheffer ha
sottolineato "gli interessi comuni" fra le parti, aggiungendo che il
rapporto fra Nato e Russia riveste "grande importanza per lo sviluppo
della sicurezza nello spazio euroatlantico". E' prevista per la fine di
luglio una riunione degli ambasciatori dei Paesi dell'Alleanza Atlantica e
della Russia a Bruxelles, sede della Nato. "Sarkozy mio avvocato da
Medvedev". Il gelo tra la Russia e la Nato era calato nell'estate scorsa a
causa del conflitto nel Caucaso tra la Russia e la Georgia per l'indipendenza
della regione dell'Ossezia del Sud. Berlusconi ha detto: "Per fortuna
quella volta mandai a Mosca da Medvedev il buon Nicolas Sarkozy, che era il mio
avvocato tanti anni fa. Io restai a lungo al telefono con Putin per ricomporre
le cose, altrimenti il divorzio che sarebbe venuto fuori sarebbe stato
difficilmente ricomponibile". Resosi conto della gaffe, il premier è
costretto a precisare, con una nota che parte da Palazzo Chigi: "Come al
solito, un mio modo scherzoso di esprimermi è stato riferito per iscritto da
alcune agenzie, assumendo un diverso significato rispetto all'atteggiamento
affettuoso e sorridente che ho nei confronti del mio amico Sarkozy a cui porto
stima e ammirazione". Infine, un altro sketch con i giornalisti: "Da
quando ci sono io venite qui gratis, con Prodi pagavate..." (27 giugno
2009
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Ahmadinejad minaccia Usa e G8 (sezione: Obama)
Nel giorno
della chiusura del vertice del G8 a Trieste, Mahmoud Ahmadinejad alza i toni
dello scontro con gli Stati Uniti e lOccidente e
minaccia ritorsioni per le presunte «ingerenze» negli affari interni di Teheran: «Se
continuerete nel vostro comportamento maleducato e nelle vostre interferenze,
la risposta della nazione iraniana sarà dura e dirompente e vi farà pentire»,
ha detto il presidente iraniano. Ahmadinejad, in particolare, sembra non aver
digerito lultima presa di posizione del presidente degli Stati
Uniti Barack
Obama, che si era detto ieri «indignato» dalla
repressione delle manifestazioni a Teheran contro lesito delle presidenziali del 12 giugno. Il presidente Usa aveva
informato lIran che le violenze nei confronti dei manifestanti
avrebbero potuto minacciare il dialogo diretto auspicato da Washington. Obama
«ha parlato di riforme e di cambiamento, ma allora perché interviene (negli
affari interni iraniani) e fa commenti contrari alle regole della cortesia e
alle convenzioni della politica», è stata la replica di Ahmadinejad allinquilino della Casa Bianca. Ma il presidente rieletto
iraniano si è spinto oltre, stigmatizzando latteggiamento delle principali potenze straniere
e denunciando «le opinioni offensive di alcuni responsabili occidentali» nei
confronti dellIran: porteremo i leader occidentali davanti ai
tribunali iraniani, ha detto, «per una sorta di processo al cospetto di tutto
il mondo», e «quando li incontreremo in conferenze internazionali, li porteremo
in giudizio per la collottola». Intanto, la protesta virtuale che si organizza
e denuncia lesito delle controverse elezioni presidenziali in
Iran è stata oggi connotata dallattesa per una manifestazione delle
madri delle vittime degli scontri di questi giorni nella capitale iraniana.
Almeno undici messaggi diffusi tra le 19 e le 21 italiane, nelle due ore
successive al momento in cui doveva iniziare il raduno, hanno segnalato che -
come scritto ad esempio da «108radha» - «un gruppo di persone fra cui madri di
attivisti per i diritti si sono riunite al parco Laleh per accendere candele in
memoria di Neda e altri martiri». Altri messaggi hanno però segnalato che la
«piccola dimostrazione» è stata «subito disciolta da polizia in assetto
anti-sommossa»: «un certo numero di persone», tra cui «alcune donne, sono state
arrestate». La polizia, ha scritto «Iraj1387», si è comportata
«selvaggiamente». Secondo un altro blogger gli agenti si sono «scontrati
duramente» con i manifestanti. Sul fronte interno, il leader dellopposizione, Mir Hossein Mussavi, ha respinto la proposta
del regime di ricontare il 10% dei voti della contestata elezione presidenziale
del 12 giugno, secondo quanto dichiara un suo alleato alla Reuters. «Una riconta di
questo tipo - ha dichiarato lalleato, che mantiene
lanonimato, citando Mussavi - non rimuoverà le ambiguità...Non cè
altra strada che lannullamento del voto...Alcuni membri di questa
commissione non sono imparziali».
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"L'economia verde salverà l'America" (sezione: Obama)
L'APPELLO SU
YOUTUBE IL PACCHETTO AMBIENTE PASSANO PER POCHI VOTI I PROVVEDIMENTI PIÙ SEVERI
NELLA STORIA DEL PAESE. ORA SI ATTENDE IL PRONUNCIAMENTO DEL SENATO LA PROMESSA
ELETTORALE Attesa nei prossimi giorni la conferma del voto al Senato Misure
drastiche approvate ieri con 219 voti contro 212 "L'economia verde salverà
l'America" Quando accettò la nomination disse: «Priorità al clima»
L'opposizione resiste: «L'ecologia è la scusa per giustificare enormi aumenti
di tasse» Il presidente ribatte: «A ogni cittadino l'operazione costerà come un
francobollo» [FIRMA]MAURIZIO MOLINARI CORRISPONDENTE DA NEW YORK Reduce da una
vittoria al cardiopalma alla Camera, Barack Obama si
appella «ad ogni senatore» per ottenere l'approvazione della più severa legge
sulla protezione del clima mai varata da un governo degli Stati Uniti. Redatto
in un mega-documento di circa 1200 pagine, il testo approvato dalla Camera
obbliga l'America a ridurre le emissioni di gas nocivi entro il 2020 del 17 per
cento rispetto ai livelli del 2005 ed entro il 2050 dell'83 per cento. Si
tratta di una drastica ristrutturazione del sistema industriale ed energetico,
che va incontro alle richieste della battaglia ambientalista dell'ex
vicepresidente Al Gore e punta a fare degli Stati Uniti la nazione-leader della
lotta al surriscaldamento del clima alla conferenza delle Nazioni Unite che si
svolgerà a Copenhagen in dicembre. Ma la battaglia alla Camera è stata molto
dura: solo l'impegno personale della presidente Nancy Pelosi è riuscito ad
ottenere un passaggio molto risicato - 219 voti contro 212 - a dispetto di una
maggioranza che sulla carta avrebbe dovuto essere assai più ampia, visto che i
democratici dispongono di 255 seggi. Le numerose defezioni si devono alle
obiezioni sollevate dall'opposizione repubblicana sul rischio di andare
incontro al «più forte aumento di tasse della storia sotto la veste di lotta ai
cambiamenti climatici», come è stato detto dal deputato dell'Indiana Mike
Pence, ed il rischio per la Casa Bianca è che al Senato la maggioranza di 59
seggi su 100 possa rivelarsi insufficiente. E' lo stesso leader dei senatori
democratici, Harry Reid, ad ammettere che «da noi sarà tutto più difficile» in
ragione della necessità di ottenere un quorum di 60 voti per vanificare
l'ostruzionismo repubblicano. «Speriamo di farcela entro l'autunno» dice con
prudenza Reid facendo capire che la battaglia che inizia domani si annuncia in
salita. I repubblicani sembrano sicuri di riuscire a bloccare la legge: «Hanno
vinto alla Camera per pochi voti presentando le ultime 300 pagine di testo solo
poco prima della votazione, con queste premesse l'esito da noi è quasi segnato»
assicura il senatore dell'Oklahoma, James Inhofe, veterano delle battaglie
anti-ecologiste. L'atmosfera incandescente spiega perché il presidente ha
scelto di sfruttare il settimanale messaggio ai cittadini - trasmesso via radio
e affidato anche a Youtube - per lanciare un appello a «ogni senatore come ad
ogni americano». «Non bisogna avere paura del futuro, non dobbiamo essere prigionieri
del passato nè credere alla disinformazione secondo cui investire nell'energia
pulita frena la ripresa economica» ha detto Obama, secondo il quale la nuova legge
«contribuirà a creare posti di lavoro» come nel caso della California dove
«tremila persone saranno impiegate in una centrale di energia solare che creerà
mille posti». Riguardo alle tasse, Obama risponde che i costi dell'operazione per ogni cittadino
equivarranno all'«acquisto quotidiano di un francobollo». Anche uno
studio del Congresso va in questa direzione anticipando che ogni famiglia avrà
costi annuali in eccesso per 175 dollari. «Da decadi stiamo parlando della
necessità di ridurre la dipendenza energetica dall'estero e di salvare il
Pianeta, adesso è arrivato il momento di agire per il bene dei nostri figli,
per quanto Dio ha creato e per le future generazioni» chiede il presidente
americano, dimostrandosi pronto ad iniziare un tour di comizi per sostenere
l'approvazione della legge sulla protezione del clima nei distretti dove vengono
eletti i senatori più titubanti. 123
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"Rothschild finanziava la tratta degli schiavi" (sezione: Obama)
Il
leggendario patriarca della dinastia di banchieri Un segreto rimasto sepolto
quasi due secoli La storia Il Financial Times rivela: "Difendeva i diritti
dei neri solo a parole" FRANCESCA PACI "Rothschild finanziava la
tratta degli schiavi" CORRISPONDENTE DA LONDRA
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Nel mio libro l'allarme natura Siamo troppi, risorse
sempre meno (sezione: Obama)
Il geologo
Mario Tozzi «Nel mio libro l'allarme natura Siamo troppi, risorse sempre meno»
Un libro dedicato all'uomo e al suo ambiente. Ormai da anni si parla di temi
quali il buco nell'ozono e di desertificazione. Tutti temi trattati da Mario
Tozzi nel suo libro «Gaia, un solo pianeta». Ma come nasce l'idea di un libro
così? «Il mio libro nasce come repertorio e non come saggio - spiega Tozzi -.
Una raccolta di dati ambientali e sociali insieme. Ho voluto spiegare come le
condizioni ambientali influiscono sulle società umane. Nel libro sono trattate
sia le guerre che i fenomeni migratori degli uomini più che nel loro quadro
storico in quello ambientale. Si parla dei profughi del clima che cambia come
della della guerra in Iraq per il petrolio». Si guarda alla
speranza Obama per la firma
del protocollo di Kyoto? «Anche el mio libro ne parlo. Con questa intesa, per
la prima volta, le Nazioni uscirono da una deregulation selvaggia nella
gestione dell'ambiente. Se anche gli Usa, come penso, firmeranno il protocollo,
sarà un passo in avanti per la salvaguardia del pianeta ma rischia di essere
troppo tardi». Cosa ci riserverà il futuro? «Andremo verso una società
sempre più disuguale: meno acqua, legno, meno cibo. Noi siamo sempre di più ma
le risorse rimangono sempre le stesse. Se gli uomini si rendessero conto che le
risorse sono limitate ed esiste il pericolo che possano finire, non si
comporterebbero così. Il consumo delle risorse è esponenziale e proprio per
questo motivo penso che in un prossimo futuro possano nascere proprio per
questo motivo forti tensioni tra i popoli».
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Obama ha parlato di riforme e di cambiamento ma allora
perché interviene negli affari interni iraniani e fa commenti contrari alle
regole della cortesia e alle convenzioni della po (sezione: Obama)
Obama ha parlato di riforme e di cambiamento
ma allora perché interviene negli affari interni iraniani e fa commenti contrari
alle regole della cortesia e alle convenzioni della politica? Se l'Occidente
continuerà nel suo comportamento maleducato e nelle sue interferenze, la
risposta della nazione iraniana sarà dura e dirompente e vi farà pentire Mahmud
Ahmadinejad
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Ahmadinejad attacca "Gli Usa si pentiranno" (sezione: Obama)
Ahmadinejad
attacca "Gli Usa si pentiranno" [FIRMA]MAURIZIO MOLINARI
CORRISPONDENTE DA NEW YORK «Hai fatto un grave errore a schierarti dalla parte
dei manifestanti»: Mahmud Ahmadinejad tuona alla volta di
Barack Obama, in
coincidenza con le notizie che rimbalzano da Washington sulla scelta del
Dipartimento di Stato di mettere a disposizione del dissenso fondi per almeno
20 milioni di dollari. Il presidente iraniano ha attaccato frontalmente
l'inquilino della Casa Bianca pronunciando un discorso a dipendenti del
ministero della Giustizia. «Siamo molto sorpresi da Mister Obama - ha detto Ahmadinejad, ripreso in diretta dalla tv
statale - non ci aveva forse detto che perseguiva un cambiamento? E allora
perché ha scelto di interferire in Iran?». E ancora: «Gli americani continuano
a dire che vogliono dialogare con l'Iran ma il metodo che hanno scelto non è
quello corretto». Da qui l'affondo: «Schierarsi a sostegno dei manifestanti
responsabili di gravi disordini e violenze è stato un grave errore». Le parole
di Ahmadinejad arrivano all'indomani della nuova condanna della repressione
pronunciata da Obama ricevendo alla Casa Bianca la
cancelliera tedesca Angela Merkel, ma ciò che più potrebbe aver irritato
Teheran è la decisione presa dal Segretario di Stato, Hillary Clinton, di
mettere a disposizione degli attivisti di opposizione fondi federali per 20
milioni di dollari. A darne l'annuncio sono le 31 pagine del bando denominato
«Support for Civil Society and Rule of Law in Iran» (Sostegno per la società
civile e lo Stato di diritto in Iran), che prevede l'assegnazione di «grants»
da parte di UsAid, l'Agenzia per lo sviluppo internazionale del Dipartimento di
Stato. I finanziamenti andranno a chi presenterà progetti e programmi per
«promuovere la democrazia, i diritti umani e lo Stato di diritto in Iran»
compilando gli appositi moduli disponibili sul sito www.grants.gov e inviandoli
all'«Office of Acquisition and Assistance» della UsAid al numero 1300 di
Pennsylvania Avenue. I «grant» potranno essere richiesti da singoli o gruppi di
cittadini iraniani entro il 30 giugno e sarà poi l'UsAid ad esaminarli ed
assegnarli, elargendo cifre da un minimo di 100 mila dollari ad un massimo di 3
milioni di dollari: somme apparentemente non ingenti ma che in Iran possono
garantire ampi margine di azione. Il bando suggerisce ai concorrenti alcuni
«esempi» di programmi possibili: denuncia della corruzione, migliore
organizzazione delle ong, uso dei nuovi media. Si tratta di una strategia di
sostegno all'opposizione in Iran che venne inaugurata dall'amministrazione Bush
e che ora Obama dimostra di voler continuare
attraverso la «Near East Regional Democracy Initiative». «Parte dei fondi di
questa iniziativa sono destinati ad aumentare l'accesso da parte degli iraniani
alle informazioni e comunicazioni via Internet» spiega a «UsaToday» David
Carle, portavoce della sottocommissione del Congresso che li ha autorizzati,
lasciando intendere la volontà di rafforzare le potenzialità del popolo di
twitter che nelle ultime settimane si è dimostrato molto attivo nel sostenere
le proteste. Per la Casa Bianca questa scelta non implica comunque
«interferenze in Iran». Tommy Vietor, portavoce del presidente, lo dice così:
«Gli Stati Uniti non finanziano alcun movimento o fazione politica in Iran, sosteniamo
però i principi universali dei diritti umani, della libertà di parola e dello
Stato di Diritto». Ian Kelly, portavoce di Hillary Clinton, aggiunge:
«Rispettare la sovranità iraniana non significa restare in silenzio su
questioni inerenti a diritti fondamentali di libertà, come il diritto a
protestare pacificamente». Si tratta di un approccio che ricalca quello avuto
dagli Stati Uniti con l'Urss dopo la Conferenza di Helsinki del 1975 quando la
Realpolitik del dialogo bilaterale si coniugò al sostegno di singoli gruppi di
attivisti per i diritti umani. La differenza rispetto al precedente programma
di finanziamenti di Bush - il Segretario di Stato Condoleezza Rice stanziò 66
milioni di dollari per l'Iran nel 2006 - sta proprio nel fatto che allora i fondi
andavano a gruppi politici organizzati mentre in questo caso l'assegnazione dei
«grant» è a singoli cittadini.
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Il Cavaliere si rimette la feluca (sezione: Obama)
DIPLOMAZIA Ha
detto BERLUSCONI A CORFÙ Incidente Polemiche per suoi apprezzamenti (smentiti) su Obama nei
colloqui col premier israeliano Il Cavaliere si rimette la feluca Ho spedito
Sarkozy che tanti anni fa era il mio avvocato per mediare mentre io parlavo con
Putin Io ho sempre dato apprezzamento ad Obama e penso che ci sia da essere contenti di lui Adesso abbiamo
bisogno della Russia per l'Afghanistan Nella regione ha un ruolo centrale
Silvio Berlusconi [FIRMA]UGO MAGRI INVIATO A CORFU' Se c'è qualcosa che
manda ai matti gli ambasciatori è questo modo, tipicamente berlusconiano, di
irrompere nella cristalleria diplomatica. Appena prima che Silvio l'Elefante
sbarcasse all'Hotel Imperial, sede del vertice Nato-Russia, tra le feluche
straniere era tutto un darsi di gomito, «quando arriva Papi?», e battute
acidule sull'ospite inatteso, unico premier nel consesso riservato ai ministri
degli Esteri. Berlusconi ha imposto un cambio di passo all'organizzazione dei
lavori. Primo a intervenire su invito del segretario generale Jaap, con il
padrone di casa Karamanlis che ha rinunciato a parlare per dare spazio
all'ospite. Discorso «un po' troppo lungo», ammette, centrato sul prossimo G8,
che nell'agenda dei lavori non era previsto. E annuncio del suo importante
colloquio con il presidente Medvedev, «il quale mi ha pregato di rappresentare
la volontà della Federazione russa di riprendere la collaborazione con
l'Occidente e la Nato». Gli sguardi della sala si sono appuntati sul rappresentante
di Mosca, Lavrov: cosa è venuto a fare, se il vero portavoce del Cremlino si
chiama Berlusconi? La vendetta dei diplomatici, casta permalosa, consiste nel
disseminare trappole in vista del G8 a L'Aquila. L'ultima è un perfido
retroscena del «Maariv», giornale israeliano, secondo cui nel recente colloquio
con Netanyahu il Cavaliere avrebbe parlato (male) di Obama:
«Troppo debole con l'Iran», secondo Berlusconi. Ricostruzione smentita da Tel
Aviv e, ieri mattina, anche da Palazzo Chigi. Berlusconi fa sapere che di Obama gli piace tutto, anche il suo nuovo ambasciatore a
Roma che, «tra l'altro, parla benissimo l'italiano». Ebbene: l'incidente del
«Maariv» ha fatto scattare l'allarme. Nell'entourage del premier si sospetta
una gola profonda, qualche talpa annidata nella Farnesina per scavare il
terreno sotto ai piedi del premier. Berlusconi però è lanciatissimo,
dell'etichetta se ne infischia, lui vive il riavvicinamento tra Obama e i russi anzitutto come personale occasione di
rivincita. Ora sono tutti d'accordo che, per usare le sue parole, «sarebbe
utile coinvolgere i russi contro il terrorismo in Afghanistan, visto il loro
ruolo centrale nella regione». Eppure per due anni i falchi
dell'amministrazione Bush l'avevano messo in castigo come l'«amico del nemico».
Adesso, che siamo in vista della storica visita di Obama
a Mosca per parlare di disarmo, il Cavaliere vorrebbe gridare: avevo ragione
io. Sull'aereo che lo porta a Corfù sottolinea quale sbaglio fu isolare l'ex
Impero del Male commesso «dalla mia amica Rice, che dopo aver studiato per anni
i soviet è tornata alla sua antica passione», appunto gli studi... La battuta,
nella sua spericolata giovialità, fa il paio con quella (più tardi definita
«scherzosa») sul presidente francese, «il buon Sarkozy, mio avvocato di tanti
anni fa, che andò a Mosca per mediare sul conflitto russo-georgiano proprio
mentre io ero al telefono con Putin per ricomporre le cose». Quella telefonata,
secondo un comitato di super-berlusconiani, dovrebbe meritare al premier addirittura
il Nobel per la pace 2010. Ora che c'è da ricucire lo strappo Est-Ovest,
Berlusconi rilancia la sua vecchia idea che mise nero su bianco nel summit con
Putin e Bush del
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ahmadinejad contro g8 e obama (sezione: Obama)
Pagina 1 - Prima Pagina "Basta ingerenze in Iran".
Moussavi rilancia: nuove elezioni Ahmadinejad contro G8 e Obama
SEGUE A P
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l'iran: "basta ingerenze o ve ne pentirete" -
nazila fathi (sezione: Obama)
Pagina 11 -
Esteri L´Iran: "Basta ingerenze o ve ne pentirete" Ahmadinejad
attacca Usa e G8. I blog:la polizia bastona le madri in lutto Moussavi rifiuta
l´offerta di Rafsanjani di un parziale riconteggio dei voti NAZILA FATHI
TEHERAN - Anche se sabato i segni della repressione del governo erano meno
visibili, chi si è avventurato per le strade di Teheran ha detto che era
scoraggiante, e che si stava come in attesa che accadesse qualcosa. Qualcuno è
uscito per svolgere le sue faccende quotidiane, ma molti hanno evitato di
muoversi in città per paura di nuovi interventi repressivi del governo. Mentre
ieri la città lottava per riprendere una parvenza di normalità, giungevano
nuovi segnali che l´opposizione stava esaurendo le sue possibilità di
contestare la rielezione del presidente Mahmoud Ahmadinejad, benedetta dalla
guida suprema del paese, l´ayatollah Ali Khamenei, ma definita dai critici come
il frutto di un enorme broglio elettorale. Il Consiglio per il Discernimento,
guidato dall´ex presidente Ali Akbar Hashemi Rafsanjani, ha tentato una
mediazione e rilasciato una dichiarazione che definiva la decisione della guida
suprema l´ultima parola sulle elezioni, pur chiedendo al governo un´indagine
adeguata ed esaustiva sui reclami elettorali. Il consiglio ha anche chiesto ai
candidati di collaborare con il governo nelle indagini. Ma il candidato
moderato sconfitto Mir Hossein Moussavi e quello riformista Mehdi Karrubi hanno
rifiutato di partecipare al riconteggio del 10 per cento dei voti, tornando a
chiedere l´annullamento del voto. Ahmadinejad, nel frattempo, ha continuato a
ripetere la versione del governo su ciò che è andato male dopo le elezioni,
prendendosela con i governi stranieri. Sabato, ha risposto alle dichiarazioni
del presidente Obama, che venerdì
scorso aveva espresso le sue critiche più aspre sulla leadership iraniana,
dicendo che Ahmadinejad dovrebbe «prendere in seria considerazione gli obblighi
che ha verso il suo popolo». Ahmadinejad ha accusato Obama di interferenze, facendo capire che la posizione di Washington
sulla tempesta postelettorale in Iran potrebbe mettere in pericolo il tentativo
di Obama di migliorare le relazioni tra i due
paesi. «Obama ci sorprende», ha detto Ahmadinejad in
un discorso ai magistrati, poi trasmesso sulla televisione di Stato, «Non aveva
detto che voleva il cambiamento? Perché interferisce?» Poi la minaccia
all´Occidente e agli Stati Uniti: «Se continuerete nel vostro comportamento
maleducato e nelle vostre interferenze, la risposta della nazione iraniana sarà
dura e dirompente e vi farà pentire», ha detto il presidente iraniano. Sabato,
le forze di sicurezza erano ancora nelle strade, per cercare di stroncare nuove
proteste. Le guardie in uniforme, però, hanno sostituito le forze più temute: i
paramilitari della milizia Basiji, coinvolti in molti pestaggi e sparatorie
contro i manifestanti, e gli integralisti Guardiani della Rivoluzione nelle
loro tute mimetiche. In rete, ancora una volta, le notizie su numerose rivolte
e sul violento intervento della polizia alla manifestazione inscenata a Teheran
da madri delle vittime degli scontri di questi giorni nella capitale iraniana
nel parco Laleh, a pochi passi dal luogo dove è stata uccisa Neda, la ragazza
divenuta una icona del movimento di opposizione. La gente comune parla e
denuncia, come la signora Mahtab: «Sono disgustata e vorrei poter lasciare
questo paese». Racconta di aver visto un paramilitare, fuori dal suo negozio,
colpire in testa una donna di mezza età talmente forte da farle colare il
sangue dalla fronte. Quando Mahtab e le sue colleghe hanno cercato di uscire
dal negozio per andare a casa, i paramilitari le hanno attaccate, ha detto,
colpendole con i manganelli mentre urlavano i nomi dei santi sciiti. «Lo fanno
in nome della religione, ma quale religione permette una cosa del genere?» ha
chiesto. (Copyright New York Times - La Repubblica. Traduzione di Luis E.
Moriones)
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obama, compromesso su guantanamo prigione a vita per cento
detenuti (sezione: Obama)
Pagina 11 -
Esteri Stati Uniti Obama, compromesso su Guantanamo prigione a vita per cento detenuti
WASHINGTON - Barack Obama,
temendo una battaglia in Congresso che finirebbe per bloccare il progetto di
chiudere la prigione di Guantanamo, sta preparando un ordine presidenziale che
confermi le detenzioni illimitate per 70-100 dei sospetti terroristi
attualmente imprigionati nella base americana sull´isola di Cuba.
Secondo il Washington Post, il decreto presidenziale finirebbe così per
riconfermare i discussi ordini del predecessore di Obama,
George W. Bush, che permettono di tenere in prigione senza processo e per
lunghi periodi le persone sospettate di terrorismo.
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berlusconi "diplomatico" per risalire la
corrente - claudio tito (sezione: Obama)
Pagina 4 -
Interni Berlusconi "diplomatico" per risalire la corrente Missione a
Corfù pensando al G8. E sulle feste: solo svago, inviterò i giornalisti Sul
volo di ritorno: "Guai a chi non ha senso dell´ironia e a quelli a cui non
piace..." CLAUDIO TITO DAL NOSTRO INVIATO CORFù - Silvio Berlusconi prova
di nuovo ad indossare i panni del mediatore tra Mosca e Washington. Soprattutto
cerca di rilanciare l´immagine internazionale dell´Italia. Così si presenta,
inaspettato, al vertice di Corfù, al quale prendono parte i ministri degli
Esteri dei Paesi Nato e della Russia. «Ho parlato mezz´ora al telefono con il
presidente Medvedev - ha spiegato - e mi ha detto di rappresentare, anche a
nome della Federazione Russa, la volontà assoluta di riprendere una totale
collaborazione con i paesi del Patto Atlantico ristabilendo così lo spirito di
Pratica di Mare». Superando le ritrosie della Farnesina e le perplessità dei
vertici Nato, e strappando le regole della diplomazia che vieterebbero la
presenza di un capo di governo ad un riunione ministeriale, il Cavaliere è
corso in Grecia sicuro di poter rilanciare la politica estera italiana.
L´obiettivo è creare un clima più disteso in vista del G8 dell´Aquila. A
Palazzo Chigi vivono come un incubo l´idea che il summit possa essere catalizzato
dalle polemiche italiane. Sulle quali, però, il premier continua a scherzare
con i giornalisti. Dopo aver sottolineato ai cronisti che «prima, con Prodi,
sui voli di Stato pagavate, ora con me viaggiate gratis», torna sul tema delle
sue "feste": «La prossima volta invito anche voi, così potrete
apprezzare la qualità degli spettacoli. Se n´è parlato tanto ma io ne facevo
solo una l´ultimo venerdì del mese. E comunque diffidate di chi non ha senso
dell´umorismo e di quelli a cui non piace...». Al vertice di Corfù, dopo aver
parlato dei rapporti tra Nato ex Urss, Berlusconi ha spostato l´attenzione sul
G8. Sui suoi obiettivi: il Global legal standard, la crisi economica («solo una
crisi di fiducia»), i cambiamenti climatici e la sicurezza alimentare. Ma la
prima preoccupazione di ieri è stata un´altra: smentire un
articolo del giornale israeliano Mariv che riportava giudizi poco lusinghieri
di Berlusconi su Obama e
sul ruolo Usa nella crisi iraniana. «Ho sempre espresso un grande apprezzamento
per Obama in tutte le
direzioni - ha spiegato temendo equivoci con la Casa Bianca -. Ho solo detto
che l´amministrazione americana stava riflettendo sulla risposta da dare
all´Iran. Qualcuno, nel Pd, insisteva che ci fosse una posizione più
forte di Obama». Il premier ha tentato di rispolverare
lo "spirito di Pratica di Mare". Ha fatto spesso riferimento
all´incontro del 2002 alle porte di Roma (ha tenuto anzi a distribuire
personalmente il testo del discorso pronunciato sette anni fa), nel quale si
individuò un percorso per una graduale collaborazione tra Nato ed ex Urss.
Venne istituito un Comitato Preparatorio, che poi non si è mai riunito.
Un´intesa che non si è sviluppata anche a causa degli scontri in Ossezia e
Georgia. Ma Berlusconi, rivendicando il suo ruolo nell´appianare i contrasti,
rischia di incappare in una gaffe. Riferendosi al conflitto russo-georgiano,
afferma: «Per fortuna ho spedito lì, perché era il mio avvocato tanti anni fa,
il buon Sarkozy che andò a Mosca per mediare, mentre io ero al telefono con
Putin per ricomporre le cose». Per rimediare all´accenno all´"avvocato
Sarkozy" (immagine già usata dal premier italiano nel 2007 anche se la
circostanza non ha mai trovato conferma presso l´Eliseo), è stata necessaria
una nota: «Come al solito - dice Berlusconi - un mio modo scherzoso di
esprimermi è stato riferito da alcune agenzie, assumendo un diverso significato
rispetto all´atteggiamento affettuoso che ho per il mio amico Sarkozy a cui
porto stima e ammirazione». Gaffe sfiorata a parte, a Palazzo Chigi sono
convinti che sia fondamentale "ricomporre" l´immagine internazionale
dell´Italia. All´ultimo consiglio europeo di Bruxelles, il Cavaliere ha toccato
con mano il distacco dei leader Ue. Il faccia a faccia alla Casa Bianca con Obama del 15 giugno è stato preparato con dosi massicce di
apprensione e in quell´occasione il nostro premier si è speso proprio per farsi
concedere un ruolo nella mediazione con Mosca. «è fondamentale - ha
sottolineato a Corfù - riprendere la collaborazione tra la Federazione Russa e
i paesi dell´Alleanza Atlantica. Io sto qui per questo. Ho il mandato anche da
parte di Medvedev. Ho parlato con Putin e Obama, e
sono qui come presidente del G8». Berlusconi nel mettere in evidenza il suo
ruolo di «facilitatore» con Putin e Medvedev agli occhi del nuovo inquilino
della Casa Bianca, non risparmia una «bacchettata» alla presidenza Bush di cui
si era sempre dichiarato fedele sostenitore: «Bisogna dare un ulteriore impulso
alla collaborazione tra Nato e Russia dopo le scelte della precedente
amministrazione Usa e della mia amica Condoleezza Rice che, dopo avere studiato
per una vita i soviet, è tornata alla sua antica passione».
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nato, ritorna il dialogo tra mosca e occidente - vincenzo nigro (sezione: Obama)
Pagina 4 -
Interni Il gelo era calato dopo l´ingresso dei carri russi in Abkhazia. Il
segretario de Hoop Scheffer: riparte la cooperazione militare Nato, ritorna il
dialogo tra Mosca e Occidente VINCENZO NIGRO ROMA - Il Consiglio Nato-Russia
torna a funzionare: un anno dopo la guerra di Georgia, ma soprattutto pochi
mesi dopo l´elezione di Barack Obama, il nuovo vento di dialogo che arriva dalla Casa Bianca riesce a
riavvicinare Mosca alle capitali dell´Alleanza atlantica. La guerra «di agosto»
sembra dimenticata da molti: naturalmente non è così per gli Stati Uniti, per
la Georgia, ma anche per gli Stati della Nato che hanno conosciuto bene il
tallone russo per aver vissuto sotto il Patto di Varsavia. Ma
l´interesse al dialogo fa sì che da oggi in poi sia possibile tornare a
discutere di sicurezza europea attorno al tavolo del Consiglio che saltò quando
i carri armati russi entrarono in Georgia per difendere le enclave filo-russe
di Ossezia e Abkhazia. «Abbiamo deciso di far ripartire le nostre relazioni»,
dice il segretario generale della Nato de Hoop Scheffer al vertice di Corfù.
«Ripartirà anche la cooperazione a livello militare: siamo d´accordo sul fatto
che i nostri disaccordi non devono bloccare il complesso delle nostre
relazioni. La Nato ha bisogno della Russia e la Russia ha bisogno della Nato».
Reduce dal vertice del G8 di Trieste, dove aveva visto il sottosegretario Usa
Burns, a Corfù il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov si è incontrato con
il numero due del Dipartimento di Stato, James Steinberg. Il ministro russo,
molto cauto, è pronto a fare «la faccia feroce» se dalla Nato dovessero
arrivare altre recriminazioni per l´invasione di un Paese che aveva chiesto di
poter entrare nella Nato e al quale l´Alleanza aveva promesso una corsia di
accesso accelerato che poi (nel vertice di Strasburgo) le è stata negata.
Lavrov parla di «uno sviluppo in qualche modo positivo, anche se abbiamo avuto
scambi molto franchi», che è la formula diplomatica per dire che con gli Usa
c´è ancora scontro duro. Per Lavrov «il riconoscimento dell´indipendenza di
Abkhazia e Ossezia è irreversibile, è una realtà a cui l´Occidente dovrebbe
abituarsi». Con il vertice di ieri a Corfù, gli Usa e gli alleati Nato in
qualche modo hanno confermato di aver rinunciato a una politica più aggressiva
in difesa della Georgia. Le ragioni sono molte. Gli Alleati erano divisi sulla
«strategicità» dell´ingresso della Georgia nella Nato ancora prima della guerra
del 2008. E l´attuale dirigenza georgiana (il presidente Saakashvili) da molti
viene considerata semplicemente avventurista. Ma poi ormai la Nato ha tali
interessi globali da dover chiedere alla Russia di partecipare a mille partite
diverse, dall´Iran, all´Afghanistan, al processo di pace in Medio Oriente, che
non riguarda direttamente la Nato ma coinvolge tutti i suoi partner principali,
a partire dagli Usa. Il vertice di ieri arriva a una settimana dal summit che Obama terrà col presidente russo Medvedev prima del G8
dell´Aquila: la riattivazione del Consiglio Nato-Russia è la conferma migliore
della nuova dinamica Washington-Mosca.
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stop a schengen, scatta il piano per il g8 - alessandra
retico (sezione: Obama)
Pagina 15 -
Cronaca Stop a Schengen, scatta il piano per il G8 Da stasera super controlli negli
aeroporti e alle frontiere. In campo 15mila agenti Il 7 luglio l´arrivo dei
Grandi a Roma Scudo aereo sopra la caserma che ospiterà il summit ALESSANDRA
RETICO ROMA - Sospesa la libera circolazione alle frontiere, l´Italia si
"chiude" per entrare nel vivo dell´operazione sicurezza del G8. Dalla
mezzanotte di oggi il trattato di Schengen, che dall´85 permette ai cittadini
di passare da un paese all´altro dei 28 stati membri, verrà congelato fino al
15 luglio. Per attraversare i confini bisognerà dunque avere un documento
d´identità valido. Ferie rimandate per gli agenti delle forze dell´ordine,
15mila di loro saranno al lavoro in tutto il paese per tutelare capi di stato e
di governo e loro delegazioni. Il vertice dei grandi, in programma all´Aquila dall´8
al 10 luglio, ha messo in moto la macchina della sicurezza nazionale. Per il
ripristino dei controlli, una circolare della direzione centrale
dell´immigrazione e della polizia delle frontiere ha deciso di inviare 100
specialisti di rinforzo negli aeroporti e negli altri varchi, navali e
terrestri. Meglio arrivare in anticipo agli imbarchi, le verifiche sui
passaporti e carte d´identità potrebbero creare qualche lungaggine. Per i big,
massima vigilanza. Il 7 luglio a Roma è previsto l´arrivo di sette capi di
Stato attraverso i tre aeroporti della capitale (Fiumicino, Ciampino e Pratica
di Mare) o in quello di Pescara. Di lì, forse in elicottero, saranno trasferiti
a L´Aquila, dove atterreranno nell´aeroporto di Preturo. Ma parte delle
delegazioni viaggerà sull´autostrada Roma-L´Aquila, che sarà sorvegliata
speciale: posti di blocco e presidi delle forze dell´ordine assicureranno che i
viaggi lungo l´arteria avvengano senza problemi. Naturalmente, Roma e L´Aquila
saranno blindate. Non solo, probabilmente una circolare dei vertici dell´ordine
pubblico inviterà questori e prefetti a innalzare la guardia sugli obiettivi
sensibili di tutto il territorio nazionale. A L´Aquila, nella scuola della
Guardia di finanza di Coppito che ospiterà i grandi del G8
compreso Obama e suo campo
da basket, è stata trasferita la prefettura del capoluogo abruzzese. E tutti
gli standard di sicurezza sono stati innalzati: la delegazione Usa ha insistito
molto perché venisse assicurato un piano di emergenza in caso di sisma,
nonostante il capo della Protezione civile Guido Bertolaso abbia dato ogni
garanzia sulla tenuta degli edifici. Comunque, in caso di terremoto, i
leader saranno evacuati con elicotteri, mentre altri progetti-sicurezza sono
pronti per qualsiasi evenienza. Lungo i due chilometri di mura che circondano
la scuola di Coppito, un compound di circa
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furono le ultime ore della rivoluzione poi il
"popolo" divenne "pubblico" - furio colombo (sezione: Obama)
Pagina 39 -
Spettacoli Furono le ultime ore della rivoluzione poi il "popolo"
divenne "pubblico" FURIO COLOMBO A lla domanda che mi viene rivolta
spesso: a Woodstock c´eri? rispondo no. Ma se la domanda viene riformulata in
un altro modo («hai visto Woodstock?») rispondo sì. E preciso: quel giorno e
sul posto. Ma allora - insistono gli interlocutori che sanno del mio lungo
attraversamento dell´America da un capo all´altro e con molti personaggi ed
interpreti dell´epoca per tre decenni - c´eri o non c´eri? C´ero, e ho visto;
ma in un altro modo. E dal punto in cui mi trovavo mi è sembrato di essere
testimone di un momento in cui qualcosa cambia per sempre. Ho visto le ultime
ore della musica dei giovani figli ribelli degli Usa. Ho visto finire la musica
dei ragazzi e nascere il grande business. Ho visto il popolo giovane che aveva
spinto alla nascita quella musica trasformarsi - in un magico istante - da
popolo a pubblico, da protagonista a consumatore, da proprietario ad utente
della nuova musica. In quel momento, finita la politica con l´uccisione di
Martin Luther King e di Robert Kennedy, la musica era il territorio largo,
vivo, ben presidiato, il più giovane al mondo, di ciò che restava della
speranza. Woodstock è il giorno - e la notte e il giorno, e il sole e il fango
e la pioggia, e i giovani corpi avvinghiati e senza difesa - in cui tutto
finisce. è finito a tal punto che in quelle ore ha cominciato a deperire la
musica. E per decenni (possiamo dire fino a Obama?) si è spenta la politica,
trasferita, intanto, nelle inchieste giornalistiche e nei tribunali del
Watergate. Ecco la mia testimonianza: ho visto Woodstock da un elicottero,
quando mi hanno portato alla festa appena scoppiata con uno scampanio di chitarre
nel vasto prato popolato da una folla che nessuno aspettava, un immenso
sostare nel niente di ragazze e ragazzi giovani e nudi, precipitati a decine di
migliaia, poi a centinaia di migliaia dentro il loro sogno ostinato in cui
musica, vita e politica (e dunque pace in Vietnam, pace ovunque) erano la
stessa cosa. Quando Joan Baez ha deciso di esserci, non era più possibile
arrivare in auto alle spalle del palco. Non era possibile attraversare a piedi
la folla dei ragazzi zombie, immersi nella frenesia dolce - ma anche
impossibile da interrompere - del sogno-allucinazione. Dall´elicottero vederli
che salutavano come naufraghi quel volo (quei voli) che portavano le loro voci,
i loro amici, i ragazzi-divi, quasi sempre coetanei, con cui - fino a
quell´istante - avevano convissuto, era il segno del grande cambiamento. Stava
infatti cambiando per sempre la vita giovane, dalle marce dell´Alabama allo
schierarsi di fronte ai soldati con baionetta innestata, l´anno prima, agosto
1968, stessi giorni di agosto, nelle strade di Chicago, mentre la Convenzione
Democratica, protetta dal filo spinato e dalle truppe, sceglieva la guerra e
perdeva i suoi giovani. Erano in tanti a Chicago a guidare il grande canto di
protesta, che nessuna baionetta aveva avuto la forza di spegnere. Quella folla
di corpi era la stessa Woodstock? Non lo sapremo mai. Ma l´andare e venire
degli elicotteri nel cielo, che forse a qualcuno avrà ricordato le immagini del
Vietnam, hanno segnato la separazione. Di qua le star, di là il pubblico. Di qua
le grandi case che produrranno i dischi con splendide copertine; di là i
ragazzi che credevano di essere tutti insieme, tutti artisti, tutti star,
perché altrettanto belli e giovani. Ma sono stati separati e dichiarati per
sempre «consumatori». Dal palco - che era inaccessibile e, per forza, molto
alto sopra la folla, e poi, dopo l´uragano, quando la partenza è stata
possibile - li ho visti nel fango. Sostavano esausti e abbracciati, dopo una
lunga marcia piena di sogni (illusioni?), di attese insensate, di canzoni che
dureranno trent´anni, tanto erano (sono) belle e colme di uno strano fervore e
di un suono che resta dentro per sempre. Ma erano là, come un´illustrazione di
Gustavo Doré a una Divina Commedia, però a colori. Il colore dei loro corpi,
dei loro jeans, dei loro capelli, delle camice perdute lontano nelle
pozzanghere, era tutto ciò che restava di quel decennio indimenticabile di
vita, di morte, di attesa di quel grande Messia collettivo che è la vita dei
giovani. Per un attimo avevano posseduto la Storia. Avevano fermato il mondo di
affari e di armi. Tutti, per un istante - anche in guerra - hanno dovuto
ascoltare la loro musica. Poi basta. L´elicottero, la casa discografica, la
grande distribuzione, i registi, i creativi, i «packaging people», vanno via
nelle nuvole.
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le motociclette di teheran e i ragazzi di twitter - vanna
vannuccini (sezione: Obama)
Pagina 34 -
Cronaca Le motociclette di Teheran e i ragazzi di Twitter Rivolte l´attualità
La polizia antisommossa usa quelle rosse; i "bassiji", le milizie
volontarie khomeiniste, i pesanti motorini indiani Sono il simbolo e lo
strumento della repressione iraniana: armi a due ruote che piombano sulla folla
disarmata lasciandosi dietro sangue e morte. Sono come i carri armati di
Tienanmen, ma non danno nell´occhio Il regime conosce i vantaggi tattici di
queste unità da quando venivano lanciate contro gli iracheni nella guerra
contro Saddam VANNA VANNUCCINI teheran ancora una volta, all´ultimo momento, un
portone si apre, una serranda si alza per offrire rifugio ai manifestanti
inseguiti a tutta velocità da una falange di polizia antisommossa che travolge
la gente come birilli su un tavolo da biliardo. Gruppi di cittadini stanno
cercando invano di arrivare al Parlamento, dove è stata fissata per il nono
giorno consecutivo una manifestazione di protesta contro la gigantesca frode
elettorale che ha regalato la vittoria al presidente uscente, Ahmadinejad, e
defraudato il candidato a cui tutti sanno di aver dato il proprio voto, Mir
Hossein Moussavi. Poco prima la strada era stata bloccata dai bassiji, le
milizie volontarie che Khomeini creò come modello di devozione fino alla morte
alla Repubblica islamica (bassiji significa appunto mobilitati) e che ora
vengono usati come strumenti d´intimidazione e di repressione. Da un vicolo
dietro una moschea ne erano usciti un centinaio, armati di randelli, di fruste,
con i caschi e i giubbotti antiproiettile sopra gli abiti civili. I
manifestanti - ormai solo giovani, ragazzi e moltissime ragazze - si erano
difesi, appiccando il fuoco ai cassonetti e lanciando sassi raccolti nel
cantiere di un palazzo in costruzione. I bassiji erano arretrati, tra le grida
di giubilo di tutti gli abitanti della strada. Ma il giubilo era durato poco.
Subito dopo era piombata sulla strada la polizia antisommossa. Il suo passaggio
aveva lasciato la strada come un campo di battaglia abbandonato, dappertutto
sangue, zainetti, occhiali spezzati. Se uno le paragona ai carri armati turriti
che vent´anni fa il governo di Pechino mandò contro gli studenti sulla piazza
Tienanmen, le motociclette dei poliziotti antisommossa di Teheran possono
sembrare un gioco da ragazzi, e comunque qualcosa di improvvisato. Non è così.
Le unità in motocicletta che piombano sulla folla possono fare altrettanti
morti di un carro armato, con il vantaggio che le loro immagini in tv non
equivalgono come quelle dei carri armati all´ammissione della bancarotta morale
e politica di un governo. Il regime teocratico conosce i vantaggi tattici delle
unità in motocicletta già dal tempo in cui, estremamente mobili e veloci,
venivano lanciate sugli obiettivi iracheni durante la guerra contro Saddam
Hussein. Nelle parate militari a Teheran, accanto ai supertecnologici missili
Shahab-3, sfilano sempre anche le motociclette. Quelle pesanti che in occidente
si chiamano streetfighters, e i grossi motorini di fabbricazione indiana con un
bassij alla guida mentre un altro sta in piedi sul sedile posteriore col
lanciarazzi in spalla. Per quanto tempo si potrà tenere sotto chiave una
gioventù che è più di due terzi della popolazione? Mi chiede una giovane amica.
Ormai perfino Twitter non funziona quasi più. La mancanza di comunicazione,
insieme alla repressione selvaggia, ha finito per bloccare un movimento
spontaneo, nato perché ognuno sapeva chi aveva votato e non voleva subire un
affronto così umiliante. «A voi occidentali potrà sembrare un paradosso», mi
diceva questa amica accompagnandomi per le strade di Teheran, «ma noi giovani
abbiamo sempre creduto che il nostro voto contasse, avesse importanza». Essere
nati dopo la rivoluzione significa qualcosa in Iran. Significa per esempio
credere nella Repubblica. In quegli elementi repubblicani dello Stato
teocratico che all´inizio erano, almeno sotto il profilo retorico, prevalenti,
mentre il potere assoluto del Leader non era ancora stato precisamente definito
e si confondeva con il carisma personale di Khomeini. «Ai nostri genitori molte
frasi fatte sulla partecipazione dei cittadini, o sull´islam che doveva
consentire un governo giusto, apparivano ipocrite, ma noi in qualche modo ci
credevamo. Per questo non eravamo andati a votare negli anni passati, era un
gesto per manifestare la nostra disapprovazione». L´esperienza della
rivoluzione era stata paradossale soprattutto per le donne, la cui
partecipazione alla vita politica veniva valorizzata mentre si imponeva loro
uno status d´inferiorità. Per anni, dopo la delusione dovuta alla mancata
realizzazione delle promesse di riforma di Khatami, il presidente che avevano
eletto in massa nel 1997, i giovani iraniani erano sembrati l´incarnazione
dell´apatia politica. Si esercitavano nell´escapismo: la chitarra, l´arte, lo
yoga, le meditazioni nel deserto, la droga. Studiavano psicologia per capire
chi erano e come tutto quello che era accaduto fosse potuto accadere. Il fuori
e il dentro, il pubblico e il privato erano mondi separati. Fuori l´obbedienza
alla regole islamiche, il silenzio, la simulazione. Dentro la frustrazione, e
per chi se lo poteva permettere uno stile di vita occidentale. Una tensione a
volte insostenibile. La speranza che la protesta pacifica nella capitale e in
tutte le maggiori città iraniane avrebbe avuto qualche effetto è durata quasi
una settimana. All´inizio la teocrazia era sembrata per un momento indecisa, il
rinvio al Consiglio dei Guardiani del riesame delle schede aveva fatto sperare
che il Leader supremo Khamenei, che si era schierato per Ahmadinejad prima
ancora del risultato definitivo del voto, si sarebbe lasciato convincere dalle
centinaia di migliaia di persone in piazza. Che ci sarebbero state nuove
elezioni, o un ballottaggio, o almeno qualche concessione. Ma dopo la preghiera
del venerdì, tutti i sogni sono svaniti. In quella preghiera il Leader ha messo
tutto il suo peso accanto a quello di Ahmadinejad, contro la tradizione
khomeinista che vedeva la Guida suprema al di sopra delle parti. «Un colpo di
Stato deciso perché i radicali si sentono sotto assedio, dall´interno perché
conoscono lo scontento della popolazione, dall´esterno per
via della mano tesa di Obama: Khamenei è sicuro che anche il più piccolo spiraglio porterebbe
al crollo del sistema islamico. Come in Unione sovietica aveva portato al
crollo del sistema comunista», mi aveva detto un analista iraniano, ora in
carcere: «Indipendentemente da come va a finire questa resterà una data
memorabile nella storia della Repubblica islamica. Una mezza democrazia
e una mezza teocrazia, come era stata finora, non potrà più esserlo: o avremo
una dittatura in piena regola, oppure ci saranno riforme importanti. Questo è
il senso della lotta di potere di questi giorni».
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il paese dei contadini aristocratici - stefano malatesta (sezione: Obama)
Pagina 40 -
Cultura Il paese dei contadini aristocratici Memorie toscane i luoghi
Montefollonico è un borgo del Senese, oggi turistico, ma fino a ieri centro
agricolo e minerario. I suoi abitanti conducevano una vita durissima, iniziando
a lavorare da quando "s´era capaci di camminà". Un libro ha raccolto
i ricordi degli anziani, che raccontano fatica e povertà ma anche un´intensa
vita sociale fatta di feste, musica e cacce STEFANO MALATESTA montefollonico è
un borgo del Senese, alto sulle colline, non ha i nobili palazzi umanistici di
Pienza e nemmeno quegli scorci architettonici e quella vista sulla Val d´Orcia
di Monticchiello. Ma la straordinaria bellezza del paesaggio tutt´intorno, una
delle campagne più a regola d´arte che esistano, con le coltivazioni già
identiche a campiture stese su tela con colori ad olio, i fondali che sfumano
dall´azzurrino al turchiniccio, i casali color mattone che spezzano le linee
orizzontali dei prati verdi, si riversa nel borgo dandogli un fascino che non
avrebbe altrove. Ogni tanto qualche sindaco della Toscana, dedito
all´autolesionismo, prova a modificare questo paesaggio senza rendersi conto
che si dà la tradizionale zappa sui piedi. La venustà della campagna toscana
non è solo una cosa degna di contemplazione e basta, che viene preservata per
contentare gli esteti alla Ruskin che passano da una visione estatica
all´altra. Rappresenta quello che è la Ford per Detroit o la Borsa per Londra:
il volano di tutta l´economia della regione. Se l´immagine di questo paesaggio
si incrina e i turisti disgustati se ne vanno, i bilanci della regione
sprofonderebbero senza speranza. Negli ultimi tempi le meraviglie della natura,
i palazzi, i musei ricolmi di opere geniali sembrano essere stati creati come
splendida cornice ad attività molto più materiche che spirituali: una continua
ossessiva ricerca di cibo definito «genuino» e «naturale», che sembra diventata
lo scopo primario delle masse di turisti in Toscana. Pienza, una volta chiamata
città dell´arte, si sta trasformando in città del cacio, con decine di botteghe
aperte lungo il corso che vendono oltre ai pecorini, anche marmellatine,
salamini, prosciuttini, senza che nessuno sappia mettere un freno ad
un´attività commerciale insensata e dannosa nella sua frenesia. Montefollonico
si è salvata dal cacio, ma tutta l´area è dedita al culto della bistecca
chianina e numerose trattorie intorno diffondono nell´atmosfera il profumo
della tagliata al rosmarino, che sembra quasi un odore connaturato al posto,
come il profumo del sandalo nello Yemen o il gelsomino in Sicilia. Su
Montefollonico è uscito in questi giorni un bellissimo testo, Memoria di un Paese:
Montefollonico
ieri, di Renzo Butazzi,
pubblicato dall´Accademia degli Oscuri di Torrita di Siena, che solo in
apparenza rientra in un vistoso fenomeno editoriale letterario della provincia
italiana, che da qualche anno si va beatamente interrogando sulle proprie radici. I
giornali continuano a parlare della globalizzazione, che dovrebbe raggiungere
anche le contrade più remote, e noi tutti siamo in attesa del momento in cui i
cinesi, diventati i padroni del mondo, ci faranno tirare i risciò al posto dei
coolies in un simpatico contrappasso. Ma in Toscana per la verità i paesani,
non si capisce bene se per timore di questa globalizzazione di cui non vedono
gli scopi o più semplicemente perché se ne fregano altamente di questi temi
mondiali, hanno reagito con un comportamento che si potrebbe definire la
sindrome della marmotta: ad ogni segnale che non rientra nelle loro usanze
tradizionali, si vanno a rifugiare nel profondo delle loro tane. O nel proprio
"particulare", come direbbe Guicciardini. A
Pienza tutti hanno seguito con interesse l´elezione di Obama, ma la vera attrazione quest´anno
come negli anni scorsi è stata la gara del lancio del panforte, alla quale
questa volta non ho partecipato, con mio grande rammarico. L´aspetto
sorprendente di questa riscoperta della civiltà contadina, non solo il lavoro
dei campi, ma i modi, gli usi, le feste, le ricorrenze, gli scherzi, i
motti e il linguaggio, è il suo tono accentuatamente edulcorato. Come se gli
autori, quasi tutti contadini o meglio figli di contadini, che in realtà non si
sono mai mossi dal borgo, non avessero capito bene quello che si raccontava in
casa. Trenta o quarant´anni fa l´immagine della vita nei campi era quella di
una fatica che stroncava i corpi come le menti, inumana per definizione. Anche
in Toscana, dove i braccianti erano in numero limitato, non esisteva latifondo
e i contadini erano quasi tutti mezzadri, vivere in campagna significava
immensi sacrifici e privazioni costanti. Adesso quasi tutti ne parlano, seduti
nei caffè di Montalcino, con i divani di velluto rosso, o in piazza a Pienza,
come di un´età felice, una sorta di Bengodi del genere Amici miei, dove gli
scherzi si alternavano alle mangiate e bevute e la vita della famiglia
mezzadrile era sana e unita. Oh i bei tempi di quando Brunetto, il proprietario
del bar di Pienza, andava a piedi a Siena per non perdersi la nuova quindicina.
E sono molto rari gli accenni a tutta quella violenza, soprattutto sulle donne
e sui bambini, che era la realtà nascosta di ogni cultura rurale. Sembra di
essere ritornati ai racconti di lingua toscana infiocchettati e lustri di Bino
Sanminiatelli, che girava in calessino dalle parti di Lamole, o di Gotti Lega,
l´autore di Memorie toscane. Personaggi spesso di forte simpatia, avarissimi
come tutti i proprietari toscani, scrivevano libri inzeppati di storie
noiosissime, come la gita dallo zio arciprete che faceva il «vino bono» e
l´«oio bono», le due ossessioni primarie dei toscani nella vita come nelle
conversazioni, o quando erano andati a rubare le ciliegie nel giardino del
curato, parlando di quegli anni come di un´età dell´oro. Memoria di un Paese:
Montefollonico
ieri ricorda un celebre saggio
minimalista, il Montaillou di Le Roy Ladurie, splendido narratore. La
differenza sta che il ritratto del paese occitano viene ricavato da una
pazientissima analisi di testi trattati con una cura filologica estrema. Mentre
Butazzi si è servito delle testimonianze dirette di sopravvissuti, che parlano
una lingua finalmente non affettata, ma trasparente e chiara che suona come
musica alle orecchie. Il merito del libro di Butazzi è quello di mantenere un equilibrio
tra la narrazione delle miserie di un mondo ormai tramontato per sempre e tutti
i momenti in cui una razza di contadini, la più tenace, la più acuta e spesso
anche la più aristocratica d´Italia, riusciva a scrollarsi di dosso quelle
immani fatiche e a camminare lesta e leggera godendo il panorama, il vino e la
compagnia degli amici, e creando una vita sociale straordinariamente intensa
fatta di manifestazione religiose, di musica, di balli, di cacce. Nella
famiglia mezzadrile si lavorava da quando «s´era capaci di camminà». I ragazzi
più grandi andavano con gli adulti a seminare e a mietere e i più piccoli a
badare ai maiali e alle pecore. Si lavorava dodici, quattordici, anche sedici
ore al giorno e c´erano case coloniche che erano porcilaie, senza nessun
servizio igienico, niente strade, niente acqua e niente luce. Da marzo fino a
dicembre «un c´era pace», nelle case c´erano pochi letti e in
tre letti dormivano sette o otto persone. Quando si accendeva il fuoco, il fumo
invece di andare su per il camino, si spargeva per la stanza. Ma quando arrivava il
carnevale, tutti andavano a ballare anche senza orchestra, con la fisarmonica,
e quelli che non ballavano si esercitavano alla rotella o andavano a vedere le
corse dei cavalli nella chiesa di Renellino, o le corse a piedi, e a chi
vinceva davano una gallina e un coniglio. La campagna era piena di vigneti e
alla fine della giornata tutti si ritrovavano sdraiati nell´erba a sognare
quando avrebbero fatto fuori il padrone.
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R incorrendo (sezione: Obama)
Corriere della Sera sezione: Prima Pagina data: 28/06/2009 - pag:
1 TRINCEA DI CARBONE di MASSIMO GAGGI R incorrendo Kyoto, Barack Obama
inciampa sul carbone. Alla Camera è stata approvata la legge che introduce un
sistema di cap and trade, diritti a emettere CO2, di fatto una tassa
sull'inquinamento. CONTINUA A P
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Obama e il clima, una legge tiepida (sezione: Obama)
Corriere della Sera sezione: Prima Pagina data: 28/06/2009 - pag:
1 Per la prima volta negli Usa un piano «energia pulita». Gli ambientalisti: è
poco Obama e il clima, una legge
tiepida Passa il piano di Obama
sul clima: la Camera Usa approva la legge sul taglio delle emissioni e
l'energia pulita. Gli ambientalisti: è poco. P
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A Corfù grande show sulla Russia
Corriere
della Sera sezione: Primo Piano data: 28/06/2009 - pag: 5 Missione «Ho parlato
mezz'ora con Medvedev». E ai giornalisti: in aereo con me gratis A Corfù grande
show sulla Russia «L'intesa con la Nato merito mio» DAL NOSTRO INVIATO CORFU'
(Grecia) C'era il giardino, c'erano gli ombrelloni, c'era la piscina e c'era un
bel mare con gli scogli. Ma a rendere il tutto più sobrio e spartano c'erano
anche frotte di diplomatici in abito scuro e generali in uniforme con le
mostrine dorate che allontanavano dalla mente le immagini di Villa Certosa con
l'ex premier ceco Mirek Topolanek in costume adamitico e signorine in costumi
molto minimalisti. Nel «Grecotel Corfu Imperial », albergo-resort a cinque
stelle, Silvio Berlusconi ieri ha riservato il suo sabato non sardo alla prima
riunione dei ministri degli Esteri di tutti i 28 Paesi della Nato con il
collega russo da quando nel 2008 Mosca decise di invadere la Georgia.
Interessato a disincagliare la propria immagine dalle cronache sulle signorine,
oltre a essere l'unico capo di governo sul posto a parte il greco Costas
Karamanlis, oltre ad aver ottenuto di intervenire dopo il segretario generale
della Nato, il presidente del Consiglio ha sottratto il lavoro a uno dei
protagonisti della giornata. «Ho parlato mezz'ora al telefono con il presidente
Dmitri Medvedev e mi ha detto di rappresentare anche a nome della Federazione
russa la volontà di riprendere una totale collaborazione con i Paesi
dell'Alleanza atlantica», ha dichiarato Berlusconi nell'isola greca. Il
ministro degli Esteri mandato da Mosca, Sergei Lavrov, è risultato uno dei
tanti. Quando gli è toccato il microfono, in fondo, il Cremlino aveva già detto
la sua. Si è presentato in polo blu e pullover nero sulle spalle, il Cavaliere,
ieri mattina. Sull'Airbus dell'Aeronautica in partenza da Ciampino per Corfù,
scottato dalle accuse (non accolte dalla magistratura di Roma) di aver
sperperato danaro pubblico offrendo passaggi su voli di Stato al
posteggiatore-cantante Mariano Apicella e altri passeggeri non istituzionali,
Berlusconi ha salutato così i giornalisti al seguito: «Avevo portato arabi,
musulmani, ma è la prima volta che ho qui un popolo di miscredenti. E nemmeno
pagate. Con Romano Prodi pagavate, dai 300 euro in su. Ma in realtà non pagava
nessuno». Gli è stato fatto notare che con il governo Prodi i giornalisti sui
voli di Stato pagavano davvero (fu stabilito per ridurne i costi). Berlusconi:
«Anche in questo siamo diversi da Prodi...». A Corfù il presidente del
Consiglio ha annunciato che ieri non rimarrà un'eccezione. Nei suoi viaggi più
brevi gli inviati torneranno a seguirlo sugli Airbus, senza costi per le
testate. Berlusconi ha proseguito la campagna di seduzione politica con altre
mosse tese a far risultare accettabili i suoi usi domestici adesso discussi:
«Voglio invitarvi tutti a una delle mie feste. Resterete ammirati dagli
interventi artistici». Ieri il Cavaliere ha fatto smentire il quotidiano
israeliano Maariv che gli ha attribuito di aver definito «debole » sull'Iran il
presidente americano davanti al premier Benjamin Netanyahu: articolo «privo di
fondamento ». A Barack Obama, lodi su lodi: «L'ho sempre considerato bene», «ci ha dato un
ottimo ambasciatore per l'Italia ». E una scivolata in una definizione
sbrigativa del presidente francese: «Ho spedito a Mosca Nicholas Sarkozy, che è
stato il mio avocato...», ha raccontato il presidente del Consiglio
rivendicando di aver fermato la guerra in Georgia. Questo era il Berlusconi di
ieri. Che in aereo, di sera, distribuiva come volantini il suo discorso nel
primo Consiglio Nato-Russia del
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Invito di Gheddafi: la strategia dell'agenda estera (sezione: Obama)
Corriere
della Sera sezione: Primo Piano data: 28/06/2009 - pag: 5 Dietro le quinte Il
capo del governo vuole rafforzare il ruolo internazionale per rimediare alle
difficoltà di immagine in Italia Invito di Gheddafi: la strategia dell'agenda
estera ROMA È un vertice che lui più di altri ha voluto, inseguito, promosso e
alla fine conseguito. Così raccontano a Palazzo Chigi. Lui che si sente il
«padre» di una collaborazione, quella fra Mosca e l'Alleanza atlantica, nata in
modo ufficiale a Pratica di Mare e ideata anni fa, a Soci, sul mar Nero, da una
telefonata fra Bush e Putin. Una conversazione diretta svelata dal Cavaliere e
in cui il premier italiano si ritagliò, rivendicandolo negli anni a venire, il
ruolo di «centralinista » di lusso e al tempo stesso di promotore di un accordo
in qualche modo storico. Berlusconi ieri a Corfù ha innanzitutto rivendicato
una paternità. L'accordo che lui contribuì a promuovere è stato nell'ultimo
anno praticamente congelato dalla crisi georgiana, dallo schieramento di
missili nei Paesi dell'ex blocco sovietico che ora fanno parte della Ue, dalla
reciproca espulsione di diplomatici (accusati anche di spionaggio) fra Mosca e
il quartier generale dell'Alleanza a Bruxelles. Nel giorno in cui il Consiglio
Nato- Russia ricomincia lentamente a vivere (anche con esercitazioni militari
congiunte), a pochi dal G8 che è chiamato a presiedere a l'Aquila, il capo del
governo ha voluto non mancare una ripartenza che auspica foriera di risultati
concreti. Poco importa se non ci fossero altri primi ministri, ad eccezione di
quello greco e in veste di padrone di casa. Poco importa almeno per Berlusconi,
che in aereo tiene a rimarcare che la sua presenza ha alle spalle anche il via
libera del Cremlino. Berlusconi parla con Medvedev prima e dopo l'arrivo a
Corfù. Lo fa sapere alla stampa. Dice di essere lì anche in veste di
rappresentante dell'assoluta volontà di collaborazione russa. Torna soprattutto
a rilanciare un'immagine che è propria della sua politica estera di sempre,
quella del leader in grado di fare da cuscinetto fra due superpotenze. Ovvio che Obama e Medvedev non abbiano bisogno di lui per parlarsi. Si vedranno
prima del G8 a Mosca e proseguiranno nel piano di disarmo nucleare. Ma è
indubbio che entrambi, anche pubblicamente (Obama lo ha fatto pochi giorni fa alla Casa Bianca), riconoscano in
Berlusconi esperienza e relazioni sufficienti per tornare utile ad entrambi.
E in questo momento, mentre si apre la settimana che procede il G8, il premier
ha più bisogno che mai di rilanciare quest'immagine. Si lascia dietro le
polemiche sulla sua vita privata, prova a tuffarsi in un'agenda che nelle
prossime due settimane prevede per lui un vero e proprio tour de force. E in
fin dei conti anche un test. Se non altro proprio d'immagine, e di fronte al
mondo. Forse anche per queste ragioni ha deciso di essere presente, a meno di
ripensamenti dell'ultima ora, a Sirte, in Libia, mercoledì prossimo, per
partecipare al vertice dell'Unione africana. Ci andrà in veste di presidente
del G8, invitato da Gheddafi, che a sua volta quell'Unione presiede, e che per
questo fra pochi giorni sarà a sua volta presente a l'Aquila, proprio per
rappresentare gli interessi di un intero continente. E poco importa che
qualcuno abbia ironizzato, attribuendo addirittura imbarazzi alla Farnesina,
sulla presenza improvvisa a Corfù. Presenza per alcuni inutile, per altri
utilitaristica. Il capo del governo ha certamente bisogno di ristabilire un
indice di priorità relativo alla percezione che hanno di lui all'estero: da
Corfù alla Libia, dagli incontri in preparazione con la Cina agli altri con i
leader attesi fra pochi giorni in Abruzzo, è pronto ad affrontare un'agenda
internazionale che tutti a Palazzo Chigi sperano possa servire a risollevare
l'immagine sfregiata di un leader di governo certamente sui generis, ma con uno
dei più alti livelli di consenso dei Paesi occidentali. Gli imbarazzi Poco
importa per il premier che qualcuno ironizzi, attribuendo imbarazzi alla
Farnesina, sul viaggio a Corfù Marco Galluzzo
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Obama dà all'America la prima legge sul clima (sezione: Obama)
Corriere della Sera sezione: Primo Piano data: 28/06/2009 - pag: 8
Obama dà all'America la prima legge sul clima
Passa alla Camera il piano anti riscaldamento terrestre. Ma gli ecologisti:
«Troppo poco» DAL NOSTRO CORRISPONDENTE WASHINGTON L'incipit di una pagina di
Storia si può scrivere anche con 7 voti di scarto. Tanto è il stato il
margine,
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La lobby del carbone frena la svolta di Barack (sezione: Obama)
Corriere
della Sera sezione: Primo Piano data: 28/06/2009 - pag: 8 La riforma dimezzata
Nessuna tassa per disincentivare la produzione. Anzi sarà agevolata la
costruzione di nuove centrali La lobby del carbone frena la svolta di Barack
SEGUE DALLA PRIMA Questa approvazione è stata pagata dal presidente americano
con ampie concessioni ai parlamentari degli Stati che dipendono fortemente dal
carbone per la loro produzione di energia elettrica. È per questo che, se il
voto del Congresso apre la strada a una svolta storica della politica
energetica Usa (ma ora la legge andrà al Senato dove sarà ulteriormente
modificata e dove la «lobby» carbonifera è fortissima), gli ambientalisti non
gioiscono affatto. D'accordo, la politica è l'arte del possibile: se non accetta
compromessi, Obama rischia di trovarsi senza
maggioranza. Del resto la legge sull'ambiente è passata per un soffio
nonostante il presidente possa contare su un'ampia maggioranza in Parlamento,
perché decine di deputati democratici della destra «antistatalista» hanno
deciso in blocco di votare contro. Ma, avanti di questo passo, quello di Obama rischia di diventare il riformismo delle mezze misure
che serve ad arrivare in fondo alla legislatura senza troppe scosse, ma non
risolve i problemi. All'inizio erano soprattutto gli economisti della sinistra
radicale (da Krugman a Reich) ad accusare il presidente di non esser stato
abbastanza coraggioso col suo pacchetto di stimoli fiscali all'economia. Ora,
però, lo scetticismo sta crescendo per le incertezze sulla riforma della sanità
e il varo di un nuovo sistema di sorveglianza dei mercati finanziari che tiene
in piedi la vecchia architettura, troppo complessa e contraddittoria. Adesso è
la volta dell'ambiente, un punto-chiave del programma di Obama.
La distanza tra le promesse elettorali e le dure necessità economiche e della
politica cresce giorno dopo giorno. Durante la campagna, il leader democratico
si era impegnato a difendere le foreste dai progetti di sfruttamento economico
di Bush ma, a cinque mesi dal suo insediamento, gli avvocati di Obama hanno assunto la stessa posizione di quelli del suo
predecessore repubblicano nella battaglia per la protezione dei «polmoni verdi
» in corso davanti alla Corte d'Appello. Quanto al «cap and trade», il
disincentivo della tassazione delle emissioni non si applicherà per molti anni
all'industria del carbone. Anzi, in una prima fase la costruzione di nuove
centrali sarà addirittura agevolata. E siccome quella di ridurre le emissioni
di questo minerale a costi ragionevoli è, per ora, solo una speranza, il
rischio è che alla fine il volume dei gas-serra non si riduca affatto,
nonostante il taglio che verrà ottenuto in altri settori con uno scambio di
diritti già bollato dai repubblicani come «il più pesante intervento fiscale
della storia americana». Il settimanale Time, che dedica un'altra copertina
alla figura di Franklin Delano Roosevelt, dopo aver raccontato come il presidente della Grande Depressione usò la crisi per
trasformare l'America con le sue riforme, si chiede, angosciato, se Obama riuscirà a fare qualcosa di
simile. E Al Gore, che era atteso a Washington per festeggiare la vittoria dei
pro-Kyoto, alla fine ha preferito restarsene a casa. Casa Bianca Obama poco prima di illustrare le misure
sul clima (Loeb/Afp) Massimo Gaggi
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I conti di Bono:
Corriere
della Sera sezione: Focus Vuota data: 28/06/2009 - pag: 11 Il leader degli U2 e
il suo monitoraggio della situazione in Africa I conti di Bono: «Rispettato
solo il 3% degli impegni È il momento di mantenere le promesse fatte» Da Bono
degli U2 al cardinale Oscar Andre's Rodriguez Mariadaga, arcivescovo di
Tegucigalpa (Honduras) e presidente di Caritas internationalis, la denuncia è
unanime: l'Italia ha diminuito di oltre la metà il suo aiuto allo sviluppo per
i paesi poveri (Aps). La percentuale più bassa da 20 anni, nonostante le
promesse dello 0,7% del Pil. E questo, ha detto il cardinale, «non è affatto un
buon segno per il summit del G8 di quest'anno, proprio in Italia». Ancora più
impietoso il Rapporto Data 2009 (un'organizzazione il cui nome è un acronimo
che sta per «Debt, Aids, Trade in Africa» ed è stata fondata da Bono nel 2002)
il cui obiettivo è monitorare il rispetto degli impegni presi dal G8 nei
confronti dell'Africa. Dallo studio emerge con chiarezza che mentre i paesi del
G8 nel suo complesso stanno iniziando a fornire importanti aiuti di qualità, le
performance negative di Italia e Francia minacciano di vanificare i progressi
compiuti. In particolare l'Italia presidente G8 nel
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Aiuti ai Paesi poveri, l'Italia taglia i fondi (sezione: Obama)
Corriere
della Sera sezione: Focus Vuota data: 28/06/2009 - pag: 11 Lo studio La
Fondazione FareFuturo ha realizzato una complessa ricerca sul ruolo italiano
nel mondo Le soluzioni Un'ipotesi è quella di defiscalizzare i redditi dei
cittadini stranieri che serviranno a realizzare, nella loro terra, attività
produttive Aiuti ai Paesi poveri, l'Italia taglia i fondi Per la cooperazione
allo sviluppo stanziato lo 0,12% del Pil «Meno impegni multilaterali e più
accordi con singoli Stati» S econdo i Maori della Nuova Zelanda ogni cosa
donata ha in sé uno spirito magico, di nome Hau, che spinge chi lo ha ricevuto
a ricambiare. Gli Stati sanno benissimo che i Maori hanno ragione. Tanto che
nella «scatola degli attrezzi» di cui ognuno di essi dispone per l'attuazione
della propria politica estera, ormai la cooperazione allo sviluppo ha assunto
un ruolo sempre maggiore e qualificato. Non così invece per l'Italia, che si
segnala in netta controtendenza. Roma fa sempre meno e in modo disorganizzato:
pochissimi aiuti e per tanti paesi sull'onda delle varie emergenze. Con
l'effetto paradossale che quando c'è crisi per tutti, la prima cosa che si
taglia sono gli aiuti ai più deboli. È questo il giudizio di una complessa
ricerca «Fare Italia nel mondo» predisposta dalla Fondazione Farefuturo,
presieduta da Gianfranco Fini. Si tratta di una disamina articolata del nostro
ruolo nel pianeta (dagli investimenti delle nostre aziende all'estero alle
missioni militari). Ma uno dei capitoli più interessanti riguarda proprio il
settore cooperazione, tema di grande attualità a una settimana dello
svolgimento del G8. La critica, in sostanza, è quella di continuare a fare
scelte miopi soprattutto verso aeree emergenti di crescente interesse per
l'Italia come «l'Africa subsahariana, per la quale andrebbe sviluppata una più
incisiva politica in virtù dei tassi di sviluppo crescenti e dove si giocano
importanti partite strategiche a livello mondiale che ci vedono pressoché
assenti». Non è un caso che il presidente Usa, Barack Obama, farà il suo primo viaggio
ufficiale nel continente africano, visitando il Ghana il 10 e l'11 luglio,
immediatamente dopo il G8. Sono preoccupazioni che valgono soprattutto in un
momento come questo,cioè nella fase down seguita alla cosiddetta
turboglobalizzazione. Tempi in cui spiega Paolo Quercia, curatore dello
studio di Farefuturo «il destino delle famiglie e degli individui di un paese,
è legato sempre più a quello che avviene negli altri: da quanto e cosa
producono i cinesi (e a che prezzo), al livello dei tassi sui mutui americani,
dalla pressione demografica del centro Africa all'apertura delle frontiere dei
nuovi arrivati nella Ue». La stessa Banca Mondiale (non un organismo benefico)
ha chiesto alla fine dello scorso anno alle nazioni industrializzate di destinare
in ogni caso lo 0,7 per cento dei pacchetti anticrisi per interventi a sostegno
di infrastrutture e welfare nei 43 Paesi in via di sviluppo più esposti alla
gelata economica planetaria, in modo da non aggravare la fuga di capitali da
economie vulnerabili e già in difficoltà. Svizzera, Spagna, Giappone e Germania
aumenteranno l'aiuto con somme tra i 100 e 500 milioni di euro. Il Giappone
incrementerà del 50 per cento i fondi, la Svizzera farà lo stesso, la Spagna
aumenterà i prestiti ai paesi poveri, sia pure condizionando per la
realizzazione degli interventi la presenza di imprese spagnole. Anche Francia e
Regno Unito hanno confermato un progressivo aumento della percentuale di aps
(aiuti allo sviluppo) sul Pil. Infine, la prima legge finanziaria di Obama chiederà al Congresso una crescita degli impegni del
10 per cento . L'Italia invece già alla fine di settembre
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Pd, primo duello Franceschini-Bersani (sezione: Obama)
Corriere
della Sera sezione: Politica data: 28/06/2009 - pag: 19 Al Lingotto Faccia a
faccia tra i due candidati alla kermesse dei giovani. L'outsider Marino
conquista la platea Pd, primo duello Franceschini-Bersani Il leader: la squadra
prima del congresso. Chiamparino e la corsa: certo che ci penso DAL NOSTRO
INVIATO TORINO Un militante con i capelli d'argento si avvicina a Sergio
Chiamparino e quasi lo implora: «Tieni duro. Non troppi giovani». Il sindaco di
Torino quasi si schermisce: «Faccio il mio lavoro». È arrivato al Lingotto
all'assemblea dei «piombini» in compagnia di Pierluigi Bersani. E quello che
doveva essere l'incontro sul «Pd che vogliamo », organizzato dal gruppo animato
da Giuseppe Civati, Paola Concia, Sandro Gozi, Marta Meo, Ivan Scalfarotto e
Luca Sofri, si trasforma nel primo confronto pre-congressuale: in seconda e terza
fila della Sala 500 siedono Piero Fassino, Giovanna Melandri, David Sassoli,
Antonio Boccuzzi, Ermete Realacci, Emanuele Fiano, Laura Puppato. La giornata
dei 'giovani' viene «sconvolta » dall'arrivo dei 'vecchi'. Se Chiamparino,
Franceschini e Serracchiani erano attesi, la presenza e il discorso di Bersani
sono un fuori programma che fa saltare la scaletta (con la neo-eurodeputata
insofferente: «Ma non ha detto che i suoi giovani ce li ha già?»). Anche
Ignazio Marino alla fine interviene e con il suo richiamo alla laicità,
leit-motiv della giornata, conquista la platea. Insomma, i 'giovani' del Pd si
scoprono interlocutori politici. Rompe il ghiaccio Michele Fina, Pd
dell'Aquila: «Rimuoviamo le macerie dal partito e dal Paese». Poi Civati cita Obama: «Noi siamo quelli che nessuno stava aspettando». Lui, come
molti altri in sala, guarda a Chiamparino perché «per ora Franceschini e
Bersani non ci hanno convinto». Però il sindaco di Torino raffredda gli animi:
«Se fossi stato un pericoloso attaccante sarei andato a giocare nel Toro»,
scherza. Poi serio spiega che «è una questione etica e politica, quando
si ha un mandato dei cittadini non si possono far prevalere interessi di
parte». Ma sceso dal palco ammette: «Certo che ci penso». Intanto attende «di
conoscere le idee dei due candidati e su quella base decidere». Fa poi un
appello: «Non sia il congresso delle tautologie». Franceschini in maniche di
camicia illustra la propria road map per il Pd: definizione dell'identità
attraverso valori condivisi, fatto salvo il principio che «si decide nel rispetto
sacro della laicità dello Stato». Deve essere chiaro, per il leader del Pd, che
sarà «un partito in cui si discute ma poi si decide e si esce con una voce
sola». Infine la squadra: «Dirò come sarà formata prima del congresso». Non
trascura nemmeno il nodo tessere: «Non aspettate ottobre, partecipate ai
circoli prima del congresso». In sintonia con i «piombini», che hanno lanciato
l'11 luglio come giornata del tesseramento. Dopo il segretario tocca a Bersani,
in completo scuro e cravatta. Il suo Pd lo presenterà il primo luglio, ma al
Lingotto ribadisce alcuni punti: «Io contro le primarie? Non è vero. È però mio
il copyright che non voglio un partito liquido perché per funzionare un partito
deve darsi un codice». Quanto ai giovani, per l'ex ministro dell'Economia «una
nuova generazione non c'è da inventarsela, c'è da riconoscerla, facendo sì che
sia pienamente protagonista ». Ma un punto deve essere chiaro: «Gli italiani
devono capire che stiamo parlando di loro, in particolare dei ceti popolari e produttivi
da cui noi ci stiamo distaccando ». Se qualcuno si attendeva il terzo nome è
rimasto deluso. Nemmeno la Serracchiani ha sciolto la sua riserva: «Volevo
dirvi qualcosa che vi aspettavate. Ma ve la dirò un'altra volta». Assicura,
però, che si impegnerà «in prima persona» e indica la sua strada: «Non ci serve
un capo, abbiamo bisogno di una squadra che dopo il congresso punti a
governare», ma soprattutto c'è bisogno che qualcuno dei maggiorenti «si assuma
la responsabilità di un patto generazionale e dica: vi aiuto a farvi diventare
classe dirigente del 2013». «Finora, nessuna offerta ricevuta» mette le mani
avanti la Serracchiani. Ma Franceschini è avvisato. Francesca Basso
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Inchiesta di Bari, Tarantini indagato anche per droga (sezione: Obama)
Corriere
della Sera sezione: Politica data: 28/06/2009 - pag: 21 La decisione
L'imprenditore che frequentava il premier è già inquisito per induzione alla
prostituzione Inchiesta di Bari, Tarantini indagato anche per droga L'accusa:
distribuiva cocaina alle sue feste di Porto Cervo DAL NOSTRO INVIATO BARI
Adesso Gianpaolo Tarantini è indagato anche per la droga. L'imprenditore già inquisito
per induzione alla prostituzione per aver portato ragazze a pagamento nelle
residenze del premier Silvio Berlusconi, dovrà rispondere di detenzione di
cocaina ai fini di spaccio. Polvere bianca che avrebbe offerto ai suoi ospiti
durante le serate organizzate l'estate scorsa nella villa che aveva affittato a
Porto Cervo e che aveva riempito di amici. E pure nel periodo successivo alla
vacanza. Ad accusarlo ci sono i colloqui telefonici con Alessandro Mannarini,
il suo ex collaboratore finito sotto inchiesta per lo stesso reato, e con
alcune donne. Non sapeva di essere intercettato e parlava a ruota libera: ad
una avrebbe proposto «una notte di sesso e droga ». Sono centinaia le
conversazioni agli atti dell'inchiesta e in alcuni casi l'imprenditore e i suoi
interlocutori avrebbero utilizzato una sorta di codice proprio per celare la
vera natura dei contatti. La prima traccia arriva agli inizi dello scorso
luglio quando Tarantini sta organizzando il trasferimento in Sardegna e
pianifica un vero e proprio trasloco con tanto di mobili, biancheria,
vettovaglie. «Ma le valigie quando arrivano?», chiede a Mannarini con
insistenza, e il tenore del colloquio fa ritenere agli investigatori che in
realtà parli proprio di stupefacenti. Da quel momento l'oggetto delle
conversazioni sembra diventare sempre più esplicito fino a convincere gli
inquirenti che chi frequentava la villa era consapevole che durante le serate
avrebbe avuto a disposizione molto più che il cibo e le bevande. Le altre
telefonate che saranno contestate a Tarantini nell'ambito di questo filone tra
gli altri ce n'è pure uno sulla presunta corruzione per le forniture di protesi
ortopediche riguardano proprio la cessione della cocaina alle persone che
frequentavano la sua casa e che, in diverse occasioni, lui ha portato con sé
nelle residenze di Silvio Berlusconi. La prima volta è stata l'11 agosto 2008.
Tarantini fu invitato per una cena con oltre sessanta invitati e coinvolse i
suoi amici. Con lui, oltre alla moglie Nicla, c'erano Mannarini e Massimo
Verdoscia, l'uomo che due mesi dopo gli presentò Patrizia D'Addario e fece da
mediatore per il suo ingaggio. È la donna che ha raccontato di essere entrata
due volte a Palazzo Grazioli e di aver trascorso con il premier la notte tra il
4 e il 5 novembre, quella dell'elezione di Barack Obama a presidente degli Stati Uniti. Ma
soprattutto ha ammesso di averlo fatto in cambio di soldi. Due giorni fa
Tarantini si è scusato con il premier e ha sostenuto di «non sapere che
Patrizia faceva la escort». A smentirlo ci sono però le telefonate allegate
all'inchiesta. Fu proprio lui, infatti, a dirle che il compenso di 2.000
euro pattuito per la prima serata doveva essere «dimezzato perché non sei
rimasta». E sempre lui, nei mesi successivi, le propose di tornare dal premier
«perché lui ti vuole» e incontri a pagamento con altre persone. In un'occasione
le offrì dei soldi per andare da suo fratello Claudio e poi le procurò il
contatto diretto. Lei rifiutò l'appuntamento, ma decise di registrare quelle
telefonate: le audiocassette sono state consegnate la scorsa settimana agli
investigatori della Guardia di Finanza. In agosto Tarantini tornò a Villa
Certosa per un pranzo organizzato con Roman Abramovich, il patron del Chelsea.
E tanto bastò per consolidare i rapporti tra l'imprenditore e il presidente del
Consiglio che da quel momento diventarono quasi quotidiani. Telefonate,
incontri, viaggi, feste, cene: l'imprenditore era ospite fisso e nelle
residenze del premier portò decine di ragazze. Molte hanno confermato di fronte
ai magistrati di aver partecipato agli eventi e di essere state pagate per
questo. Adesso si cerca di capire se qualcuna fra loro, oppure fra gli amici
che Tarantini talvolta coinvolgeva in queste serate, abbia avuto con sé
cocaina. Mannarini è stato interrogato alla presenza del suo avvocato Marco
Vignola e lo ha escluso, ma nuove verifiche dovranno essere effettuate dagli
investigatori della Guardia di Finanza che ai pubblici ministeri hanno già
consegnato la prima informativa sul conto di Tarantini e dei suoi collaboratori
più stretti, fra i quali c'è appunto Verdoscia. La relazione contiene riscontri
trovati su quanto emerso dalle telefonate, e sarà contestata agli indagati
quando saranno convocati dal magistrato. Intercettazioni In telefonate in cui non
sapeva di essere ascoltato prometteva «una notte di sesso e droga» a una donna
e chiedeva all'amico se «le valigie sono arrivate...» Detenzione e spaccio La
Procura contesta la detenzione di sostanze stupefacenti ai fini di spaccio
Imprenditore Gianpaolo Tarantini a Cortina d'Ampezzo il 31 dicembre2008
(fotoOlycom/Photopress) Fiorenza Sarzanini
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Corriere
della Sera sezione: Esteri data: 28/06/2009 - pag:
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L'America cambia strategia sull'oppio (sezione: Obama)
Corriere
della Sera sezione: Esteri data: 28/06/2009 - pag: 15 G8 di
Trieste L'inviato di Obama:
«Incentivi alle colture alternative per togliere ai talebani la fonte di
ricchezza» L'America cambia strategia sull'oppio Holbrooke: «In Afghanistan
sradicare i papaveri non serve» DAL NOSTRO INVIATO TRIESTE Bill il chimico era
arrivato a Kabul due anni fa. Nominato da George W. Bush per il passato
da ambasciatore in Colombia e soprannominato per la tattica prediletta contro i
cartelli della droga: irrorare dall'alto le coltivazioni (cocaina od oppio) con
gli spray diserbanti. Dalla fine di aprile, William Wood non è più ambasciatore
in Afghanistan e con lui se n'è andata anche la vecchia strategia americana.
Perché c'è un nuovo plenipotenziario di Barack Obama
nella regione, che si chiama Richard Holbrooke e con il suo stile aggressivo
non ha mai nascosto le critiche alle scelte del presidente repubblicano. «Il
programma per la lotta al traffico di droga scriveva sul Washington Post nel
2008 costa 1 miliardo di dollari l'anno ed è probabilmente il progetto meno
efficace nella storia della politica estera degli Stati Uniti. Non è solo
sperperare i soldi, rafforza i talebani e Al Qaeda». Ripete le stesse parole a
Trieste, dov'è intervenuto al G8 dei ministri degli Esteri. «Sradicare serve a
distruggere qualche ettaro, per il resto non fa nulla dice Holbrooke in
un'intervista alla Associated Press . Abbiamo deciso di spostare i nostri
investimenti e gli sforzi a piani per contrastare i trafficanti e imporre la
legge. Soprattutto vogliamo incentivare i contadini a coltivare prodotti
alternativi. Gli agricoltori non sono i nemici, devono trovare un modo per
vivere. Fino ad ora li abbiamo spinti ad allearsi con i talebani». Il documento
finale approvato dagli Otto sostiene «lo sviluppo dell'agricoltura, che dia
posti di lavoro, alzi i livelli di reddito e offra possibilità diverse dalla
coltivazione dei papaveri». L'oppio afghano copre il 93 per cento della produzione
mondiale e frutta ai fondamentalisti oltre 300 milioni di dollari l'anno, tra
estorsione in cambio di protezione e tasse imposte ai contadini. I guadagni
vengono reinvestiti per finanziare la guerra contro le truppe occidentali. Dopo
l'attacco americano del 2001, le distese dei campi di papaveri sono cresciute
fino a
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No R 18,3 (sezione: Obama)
Corriere
della Sera sezione: Lettere al Corriere data: 28/06/2009 -
pag: 37 SUL WEB Risposte alle 19 di ieri La tua opinione su corriere.it La
domanda di oggi La proposta: proibire i Suv nelle Dolomiti, patrimonio dell'Unesco.
Siete d'accordo? Sì R 81,7 No R 18,3 Prima approvazione negli Usa della legge
sul taglio dei gas serra (-80% nel 2050). Obama ha fatto abbastanza?
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Brasile, tutti uniti per evitare la sorpresa finale degli
Usa (sezione: Obama)
Corriere
della Sera sezione: Sport data: 28/06/2009 - pag: 45 Confederations Si chiude
stasera a Johannesburg il prologo al Mondiale Brasile, tutti uniti per evitare
la sorpresa finale degli Usa Il c.t. Bradley ai suoi: «Abbiamo un'occasione
unica» DAL NOSTRO INVIATO JOHANNESBURG Al di là degli
appuntamenti con la storia e dell'ormai prevedibilissimo «Yes we can» del
presidente Obama
rispolverato come parola d'ordine, una vittoria degli Stati Uniti nella
Confederations Cup sarebbe «sorprendente». Lo ammette Landon Donovan, il
giocatore più elegante tra quelli a stelle e strisce e chissà se la scelta
dell'aggettivo è casuale o voluta. Tutto il torneo sudafricano è stato
infatti sorprendente: dalla sconfitta dell'Italia con l'Egitto alla successiva
batosta rifilata agli egiziani dagli States per finire con la clamorosa
vittoria degli americani sulla Spagna. «Loro sono più forti, ma noi ci
proveremo spiega nel dettaglio Donovan . A chi dedicheremo l'eventuale
vittoria? A Michael Jackson? Non credo. So chi è stato, ma ho 27 anni, molti
dei miei compagni ne hanno meno: forse siamo troppo giovani per capire bene
Michael Jackson. La verità è che mi interessa vincere. Dopo, magari, penserò a
chi dedicare la vittoria». Che si tratti comunque di un giorno molto speciale
per gli Stati Uniti lo sottoscrive anche il c.t. Bob Bradley, che non potrà
mandare in campo il figlio Michael, espulso in semifinale («Mi spiace per lui,
è una prova molto dura. Ma sono esperienze che aiutano a crescere, a diventare
uomini », ha detto citando a spanne Rudyard Kipling): «Non abbiamo mai giocato
una finale di un torneo mondiale. Chi conosce la nostra storia, sa che abbiamo
un'occasione unica». Gli americani aspettano dunque il Brasile con qualcosa più
di una speranza. Il problema, per loro, è che questa sera all'Ellis Park
dovranno vedersela con l'unica delle tre grandi nazionali partecipanti alla
Confederations che ha dimostrato, a differenza di Spagna e Italia, di sapersela
cavare in ogni situazione. Il Brasile ha rischiato molto nella prima partita
contro l'Egitto, ma grazie a un rigore (visto dal quarto uomo e non
dall'arbitro, ma comunque grande come un palazzo) ha vinto 4-
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È palestinese la guru di stile di Michelle Obama (sezione: Obama)
Corriere
della Sera sezione: Esteri data: 28/06/2009 - pag: 17 Il personaggio Ikran
Saman, nata a Gerusalemme Est, si è trasferita a Chicago dove ha sposato un
filantropo ebreo È palestinese la guru di stile di Michelle Obama
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE GERUSALEMME Dov'è nata, non è proprio Rodeo Drive.
Dov'è cresciuta, non somiglia esattamente a Montenapoleone. E sull'Az Zahra
Street, Gerusalemme Est, dove due mesi fa le ruspe israeliane hanno buttato giù
una casa di arabi, l'unica cosa che va sempre di moda è la rabbia: la piega
(che prendono gli eventi) è brutta, la manica (della polizia) non è mai larga e
spesso si sta sull'orlo, sì, ma d'una crisi di nervi. Fra cambiasoldi abusivi,
ragazze velate e carretti di ciambelle al sesamo, la casa natale della personal
stylist è una porticina. Le scale sono scrostate, l'odore di candeggina. I nomi
sulle porte sono spariti. Oggi ci sono un call center, un'agenzia di taxi, una
vecchia svanita. Domani, chissà, una targa in memoria: fra queste mura, nacque
nel 1967 e visse fino a 14 anni Ikran Saman, figlia della Palestina, la donna
che consigliò e vestì la moglie nera del primo presidente nero degli Stati
Uniti. Lady Kefiah e la First Lady. Gli ultrà della destra israeliana che
accusano Washington d'averli abbandonati - quelli che in queste settimane hanno
tappezzato Gerusalemme d'un fotomontaggio con Obama in
stile Arafat, la testa kefiata e la scritta «Barack Hussein, il peggior nemico
degli ebrei» -, ancora non sapevano di Michelle. E della sua stylist araba di
fiducia, Ikran: una ricca signora di Chicago che prima d'andare in sposa a un
filantropo ebreo e diventare Ikran Goldman, prima ancora d'aprire una lussuosa
boutique con 17 commesse, molto prima d'arrivare fotografatissima sotto le
passerelle di New York, prima fu una ragazzina palestinese senzapatria e
senzafuturo. Che partì adolescente per l'Illinois, un viaggio della speranza
con la madre malata di cancro. Che fu ospitata nella casa della sorella
maggiore, a dividere i mesi fra il capezzale e la Cathedral High School di
Chicago. Che infine rimase orfana e si decise a restare, a conquistare una
borsa di studio, a fare la commessa e la baby-sitter e tutto quel che la sorte
offriva: «Imparai - ha confidato una volta - che se vuoi fare parte di
qualcosa, devi respirarla, toccarne l'aria intorno e non avere paura di
sognarla«. Oggi, Ikran Saman Goldman è diventata «l'unica persona che la First
Lady ascolta in fatto di moda», come ne ha scritto il Chicago Tribune. Amiche,
confidenti, complici: è nel suo negozio di Rush Street che Michelle va a
scegliere i vestiti nuovi dell'imperatrice; è da lei, girando per atelier, che
si fa consigliare il mix di costoso ed economico, Narciso Rodriguez e gli
straccetti di J-Crew; è suo il merito (o la colpa) di quell'abito giallo limone
by Isabel Toledo, sfoggiato il giorno del giuramento; sono scelte sue, il
bianco del primo ballo col presidente o la mise sfoggiata vicino a Carla Bruni-
Sarkozy; sono acquisti suoi, le costose scarpe-gaffe che Mrs Obama
ostentò in una visita ai poveri, o gli abiti low cost delle due figliole...
«Michelle e Ikran si conoscono e collaborano da anni - dice un portavoce della
Casa Bianca - . S'apprezzano reciprocamente. E amano lavorare con molti
stilisti». Michelle, ma belle. In campagna elettorale, Ikran
mandò una mail a tutti i clienti, «votate Obama». Versò 7mila dollari di sostegno. E alla settimana della moda
di Parigi, su un abito, si fece perfino stampare il faccione di Barack. «La
Goldman e la Obama si
capiscono perché vengono da storie particolari e simili», dice Eugena
Politchny, un'amica che le conosce bene. Audace Una mise pastello della
first lady Michelle: scelta da Ikran Francesco Battistini
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Il Cavaliere si rimette la feluca (sezione: Obama)
CORFU' Se cè qualcosa che manda ai matti gli ambasciatori è questo
modo, tipicamente berlusconiano, di irrompere nella cristalleria diplomatica.
Appena prima che Silvio lElefante sbarcasse allHotel Imperial, sede
del vertice
Nato-Russia, tra le feluche straniere era tutto un darsi di gomito, «quando
arriva Papi?», e battute acidule sullospite
inatteso, unico premier nel consesso riservato ai ministri degli Esteri.
Berlusconi ha imposto un cambio di passo allorganizzazione dei lavori. Primo
a intervenire su invito del segretario generale Jaap, con il padrone di casa
Karamanlis che ha rinunciato a parlare per dare spazio allospite. Discorso «un po troppo lungo», ammette,
centrato sul prossimo G8, che nellagenda dei lavori non era previsto.
E annuncio del suo importante colloquio con il presidente Medvedev, «il quale
mi ha pregato di rappresentare la volontà della Federazione russa di riprendere
la collaborazione con lOccidente e la Nato». Gli
sguardi della sala si sono appuntati sul rappresentante di Mosca, Lavrov: cosa è venuto a
fare, se il vero portavoce del Cremlino si chiama Berlusconi? La vendetta dei
diplomatici, casta permalosa, consiste nel disseminare trappole in vista del G8
a LAquila. Lultima è un perfido retroscena del
«Maariv», giornale israeliano, secondo cui nel recente colloquio con Netanyahu
il Cavaliere avrebbe parlato (male) di Obama: «Troppo
debole con lIran», secondo Berlusconi. Ricostruzione smentita da
Tel Aviv e, ieri mattina, anche da Palazzo Chigi. Berlusconi fa sapere che di Obama gli piace tutto, anche il suo nuovo ambasciatore a
Roma che, «tra laltro, parla benissimo
litaliano». Ebbene: lincidente del «Maariv» ha fatto scattare
lallarme. Nellentourage del premier si sospetta una gola profonda, qualche
talpa annidata nella Farnesina per scavare il terreno sotto ai piedi del
premier. Berlusconi però è lanciatissimo, delletichetta
se ne infischia, lui vive il riavvicinamento tra Obama e i
russi anzitutto come personale occasione di rivincita. Ora sono tutti daccordo che, per usare le sue parole, «sarebbe utile
coinvolgere i russi contro il terrorismo in Afghanistan, visto il loro ruolo
centrale nella regione». Eppure per due anni i falchi dellamministrazione
Bush lavevano messo in castigo come l«amico del nemico».
Adesso, che siamo in vista della storica visita di Obama
a Mosca per parlare di disarmo, il Cavaliere vorrebbe gridare: avevo ragione
io. Sullaereo che lo porta a Corfù sottolinea quale sbaglio
fu isolare lex Impero del Male commesso «dalla mia amica Rice, che dopo
aver studiato per anni i soviet è tornata alla sua antica passione», appunto gli
studi... La battuta, nella sua spericolata giovialità, fa il paio con quella
(più tardi definita «scherzosa») sul presidente francese, «il buon Sarkozy, mio
avvocato di tanti anni fa, che andò a Mosca per mediare sul conflitto
russo-georgiano proprio mentre io ero al telefono con Putin per ricomporre le
cose». Quella telefonata, secondo un comitato di super-berlusconiani, dovrebbe
meritare al premier addirittura il Nobel per la pace 2010. Ora che cè da ricucire lo strappo Est-Ovest, Berlusconi rilancia la sua
vecchia idea che mise nero su bianco nel summit con Putin e Bush del
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La stampa inglese e lo scandalo di Silvio "Anche
Gianni Letta ha preso le distanze" (sezione: Obama)
LONDRA - Gianni
Letta, sottosegretario e più fidato collaboratore di Silvio Berlusconi, ha
preso le distanze dal premier e rifiuta i suoi inviti a cena. Lo scrive il
Sunday Times, citando fonti anonime dall'interno del governo. L'indiscrezione
fa parte dell'ampia copertura che la stampa britannica continua a dedicare agli
scandali che coinvolgono il primo ministro italiano. Sia il Times che il
Telegraph della domenica gli dedicano una pagina intera. E l'Independent parla
della vicenda in un editoriale. Il Sunday Times, più diffuso trai domenicali
"di qualità" con circa due milioni di copie vendute, scrive in una
corrispondenza da Bari dell'inviato John Follain che "insiders",
ovvero fonti dall'interno, fonti che conoscono bene Berlusconi e il suo
entourage, "dicono che Gianni Letta si è distanziato dal premier e da
alcuni mesi declina i suoi inviti a cena". Un collaboratore
"disamorato" del presidente del Consiglio dichiara al giornalista
inglese: "Berlusconi si è trasformato nell'opposto di re Mida, sporca
tutto quello che tocca". Notando anche le critiche al suo comportamento
espresse dalla chiesa cattolica, il giornale afferma che le rivelazioni sulla
sua vita privata hanno indebolito politicamente il leader del Pdl, e sebbene
non ci sia una minaccia immediata, "alleati nella sua coalizione di centro
destra si azzardano in privato a contemplare un'era post-Berlusconi".
L'articolo contiene anche una serie di dichiarazioni di Patrizia D'Addario, la
escort pugliese che ha visitato due volte Berlusconi a Palazzo Grazioli e vi ha
trascorso una notte con lui. "Non ho mai dormito", racconta la donna
di cui Berlusconi sostiene di non ricordare il volto, "era instancabile,
un toro". Secondo la sua ricostruzione, il premier la condusse in camera
da letto quasi alle 4 del mattino, dopo che le altre ragazze se n'erano andate.
La D'Addario dice che Berlusconi fece mezza dozzina di docce ghiacciate durante
la notte e lei lo raggiunse sotto la doccia a sua richiesta. A un certo punto,
secondo quanto la donna ha raccontato in seguito a un amico, "d'improvviso
smise di muoversi e pensai fra me e me, grazie a Dio, si è addormentato. Ma non
durò molto". OAS_RICH('Middle'); La escort confida di essersi sentita
imbarazzata quando un membro dello staff del premier entrò in camera da letto
al mattino, con un vestito per Berlusconi, ricordandogli
che doveva fare una dichiarazione pubblica sulla vittoria di Barack Obama, eletto presidente quella notte.
La D'Addario lo attese in bagno, dove scattò varie foto. Più tardi accese il
registratore del suo telefonino, dove si sente la voce di un uomo che dice:
"Vuoi tè o caffè?" Lasciò la residenza di Berlusconi alle 11, ma
mentre tornava a Bari lui le telefonò: "Bambina mia!", le
disse, chiedendo poi perché avesse la voce roca. E lei gli spiegò: "Per
via delle docce". Il Sunday Times riferisce anche il contenuto di una
successiva telefonata fra la D'Addario e Barbara Montereale, un'altra
partecipante alla cena a Palazzo Grazioli. "Ti ricordi come mi carezzava
mentre eravamo sul sofà? E come carezzava te e guardava me?", chiede la
D'Addario. E la Montereale replica: "Era disgustoso, faceva tutto di
fronte alle guardie del corpo". Il domenicale inglese riporta poi le
rivelazioni del settimanale L'espresso sulle conversazioni telefoniche in cui
Berlusconi avrebbe descritto all'uomo d'affari pugliese Giampaolo Tarantini che
tipo di donne voleva invitare a Roma e in Sardegna, compreso il colore dei
capelli e le misure, con dettagli spesso "spinti" su cosa succedeva
ai party notturni. Il Sunday Telegraph pubblica invece un ritratto di
Berlusconi (e dell'Italia), a firma dello scrittore inglese Tobya Jones, che
vive da un decennio nel nostro paese, autore del libro "The dark heart of
Italy" (Il cuore tenebroso dell'Italia). Come mai, si chiede Jones, Berlusconi
è ancora primo ministro, nonostante tutti gli scandali del passato, le accuse
di falsa testimonianza, di ostruzione della giustizia, di collusione con la
mafia, di appartenenza a una loggia massonica, di evasione fiscale e di
corruzione di pubblici ufficiali, alle quali si aggiungono ora le notizie sulle
sue feste con decine di giovani fanciulle? Lo scrittore dà una serie di
motivazioni. Primo, l'Italia è talmente abituata agli scandali, che non ci fa
più caso e anzi non ne può più. Secondo, almeno per qualcuno, le infedeltà del
premier suscitano invidia e ammirazione. Terzo, Berlusconi si presenta come un
"uomo qualunque, una persona semplice che non appartiene alla elite snob
della politica, uno a cui piacciono le cose che piacciono a tutti, il denaro e
le donne". Quarto: la sinistra è fragile e divisa, per cui non offre
un'alternativa valida. Quinto: essere "furbi" e
"spregiudicati", in Italia, è considerata da alcuni una virtù. E
sesto, le critiche dei media stranieri possono ottenere l'effetto di rinsaldare
il sostegno verso Berlusconi, perlomeno in quella parte della popolazione che,
dopo secoli in cui l'Italia è stata dominata da potenze straniere, è
determinata a tenere gli stranieri fuori dai propri affari. Il commento di
Sarah Sands, columnist del quotidiano Independent, suona come un corollario
delle ragioni offerte da Jones sul Telegraph: "Forse ogni nazione ha lo
scandal, o che si merita. In un paese famoso per la sua televisione
pornografica, la sua indifferenza per il processo politico e per la sua storicamente
rilassata visione dello stupro, Berlusconi non è un mostro". Ma poi
conclude che, anche in un paese simile, l'atteggiamento del premier va oltre i
limiti della dignità. In Europa. Il settimanale francese Nouvel Observateur
sottolinea come i nuovi scandali abbiano fatot precipitare il gradimento di
Berlusconi sotto il 50 per cento per la prima volta da quando è ritornato al
governo nel 2008. "Malgrado tutto - scrive il settimanale francese - chi
lo sostiene di più sono proprio i cattolici". "Le donne del G8
boicotteranno Berlusconi?". A chiederselo è un altro autorevole
settimanale francese, L'Express, che dà spazio alla richiesta di 4 docenti
universitarie che in vista del G8 di Genova stanno raccogliendo firme per
chiedere a Carla Bruni e a Michelle Obama tra le
altre, di boicottare il summit dei Grandi all'Aquila. "Finora - si chiede
L'Express - hanno ottenuto 6,500 firme. Cresceranno?" Lo spagnolo El Paìs
invece dedica un reportage agli "scandali di Berlusconi",
intitolandolo "Le pericolose amicizie di Papi". Nel pezzo vengono
riassunti i rapporti di Berlusconi con Tarantini, Patrizia D'Addario e Barbara
Montereale. "Tra soli 12 giorni - prosegue il corrispondente da Roma,
Miguel Mora -, il politico e magnate milanese accoglierà i leader del G8 dove
si riscriveranno le regole della finanza globale tra gli scandali che ne stanno
minando la credibilità". (28 giugno 2009
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L'Italia prepara il G8, stop a Schengen (sezione: Obama)
TORINO Con la
sospensione del Trattato di Schengen entra da oggi nel vivo loperazione sicurezza per il G8 dell8-10 luglio a
LAquila. Un dispositivo in cui saranno impegnati in tutta Italia non meno di 15.000 unità delle
forze dellordine con lobiettivo di garantire la massima
tutela per la ventina di capi di Stato e di Governo, accompagnati da
altrettante delegazioni, ospiti per pochi giorni nel Belpaese. Decisa anche la
sospensione delle ferie per i poliziotti in questo delicato periodo. STOP A SCHENGEN
Fino al 15 luglio, dunque, chiunque entri od esca dallItalia dovrà presentare un documento di identità valido. Per
facilitare le operazioni e consentire le verifiche, una circolare della
direzione centrale
dellimmigrazione e della polizia delle frontiere ha
disposto linvio di 100 specialisti di rinforzo negli aeroporti e negli
altri varchi di frontiera, quelli navali e terrestri. Per il precedente - poco
felice - G8 di Genova del 2001 i controlli alle frontiere furono ripristinati per una
settimana, dal 14 al 21 luglio. Con scarsi risultati visto poi gli scontri che
hanno avuto per protagonisti tanti black bloc arrivati dallestero. Da qui la decisione di allungare a 18 giorni il
periodo di stop al Trattato. QUATTRO GIORNI BLINDATI TRA ROMA E LAQUILA Il 7 luglio, vigilia del vertice, è il giorno in cui
è previsto larrivo dei sette capi di Stato a Roma. Faranno scalo in tre
aeroporti della Capitale (Fiumicino, Ciampino e Pratica di Mare) o in quello di Pescara. Di lì,
presumibilmente in elicottero, avverrà il trasferimento a LAquila, con atterraggio nellaeroporto di Preturo. Ma
parte delle delegazioni viaggerà sullautostrada Roma-LAquila, che
sarà sorvegliata speciale in quei giorni. Posti di blocco e presidi delle
forze dellordine assicureranno che i viaggi lungo
larteria avvengano senza problemi. Naturalmente, Roma e LAquila
saranno blindate. Non solo, probabilmente una circolare dei vertici
dellordine pubblico inviterà questori e prefetti ad innalzare la guardia
sugli obiettivi sensibili di tutto il territorio nazionale. CASERMA LAQUILA A PROVA DI SISMA Sarà dunque una caserma della
Guardia di finanza ad ospitare il G8. Un complesso, quello di Coppito,
periferia aquilana, che offre ampie garanzie di sicurezza. Le mura perimetrali
della Scuola si snodano infatti per oltre due chilometri e racchiudono unarea di circa
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Colpo di Stato militare in Honduras Il presidente Zelaya:
"E' un sequestro" (sezione: Obama)
TEGUCIGALPA -
Colpo di Stato in Honduras. Il presidente Manuel Zelaya si è rifugiato in Costa
Rica. "Non ho chiesto asilo al governo del Costa Rica", ha detto il
presidente Zelaya all'aeroporto di San José. "Quello che ho subito stamane
è stato un sequestro compiuto dai militari. Hanno mitragliato la mia casa. La
mia guardia d'onore ha opposto resistenza per almeno venti minuti, sono stato
svegliato dagli spari e dalle urla. Sono stato portato via di fatto in
pigiama", ha raccontato Zelaya. I militari, ha aggiunto, sono entrati
"sparando, e ho dovuto proteggermi dai colpi: mi hanno minacciato e
puntato contro le armi". Zelaya conclude il drammatico resoconto con un
appello alla comunità internazionale: "Difendete l'Honduras". Il presidente degli Stati Uniti Barack Obama, ha espresso "profonda preoccupazione" per l'arresto
del presidente dell'Honduras."Chiedo a tutti gli attori politici e sociali
in Honduras di rispettare le norme democratiche, la legge e gli impegni della
Carta democratica inter-Americana" ha detto il presidente Usa.
"Ogni tensione esistente e ogni contesa deve essere risolta in modo
pacifico attraverso il dialogo". Inizialmente, la tv di Stato honduregna
aveva riferito che il presidente era stato arrestato e trasferito in una
località segreta, poi una dichiarazione del governo di San José annunciava di
aver dato ospitalità al presidente honduregno, ed infine le angosciate parole
del presidente destituito. La tensione nella capitale Tegucigalpa stava
montando da giorni dopo che il presidente Zelaya aveva annunciato un progetto
di modifica della Costituzione, sfidando così il potere dell'esercito e del
Congresso. Zelaya puntava a cambiare la carta fondamentale per far sì che
potesse essere rieletto per più di un singolo mandato di 4 anni. Era entrato in
contrasto con l'esercito per aver recentemente rimosso il capo di stato
maggiore delle forze armate, Romeo Vasques: decisione contestata dallo stesso
militare, la cui reintegrazione all'incarico era stata d'altra parte chiesta
dalla Corte Suprema dello Stato. OAS_RICH('Middle'); Il presidente, stretto
alleato del venezuelano Hugo Chavez, è stato condotto dalla sua residenza in
una base alla periferia della capitale, ha annunciato il suo segretario
personale Manuel Zelayas. Un cronista dell'Associated Press ha riferito di aver
visto questa mattina decine di soldati con l'elmetto verde circondare la
residenza di Zelaya. Poco dopo sono saliti a bordo del camion e sono andati
via. In un'intervista rilasciata qualche giorno fa al quotidiano spagnolo El
Pais, Zelaya aveva sostenuto che "un tentativo di sottrargli il
potere" era stato respinto dal suo governo solo dopo che gli Stati Uniti
si erano rifiutati di sostenere il golpe. (28 giugno 2009
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Colpo di Stato militare in Honduras Chavez minaccia di
intervenire (sezione: Obama)
TEGUCIGALPA -
Colpo di Stato in Honduras. Il presidente Manuel Zelaya è stato trasferito con
la forza in Costa Rica; sua moglie è in un rifugio segreto sulle montagne.
"Sequestrati" anche gli ambasciatori di Venezuela, Cuba e Nicaragua
nella capitale Tegucigalpa. La città in cui oggi si doveva tenere il referendum
per avrebbe permesso al presidente di candidarsi per un secondo mandato, è
invasa dai corazzati militari e le comunicazioni con il paese sono quasi
impossibili. Pietre contro i soldati. Un cordone di soldati è schierato attorno
al palazzo presidenziale dove un centinaio di sostenitori del presidente con
indosso la t-shirt "sì al referendum", manifestano gettando pietre
sui soldati e gridando "traditori, traditori". I giudici ispiratori
dell'intervento militare. "Siamo stati noi - ammettono i giudici della
Corte Suprema di Tegucigalpa - ad ordinare ai militari di agire perchè Zelaya
aveva tentato di violare la legge facendo votare un referendum per autorizzare
la sua rielezione". Zelaya: "Hanno mitragliato la mia casa".
Drammatico il resonto del golpe rilasciato dal presidente Zelaya giunto
all'aeroporto di San José in Costa Rica: "Quello che ho subito stamane è
stato un sequestro compiuto dai militari. Hanno mitragliato la mia casa. La mia
guardia d'onore ha opposto resistenza per almeno venti minuti, sono stato
svegliato dagli spari e dalle urla. Sono stato portato via in pigiama", ha
raccontato Zelaya. I militari, ha aggiunto, sono entrati "sparando, e ho
dovuto proteggermi dai colpi: mi hanno minacciato e puntato contro le
armi". Zelaya ha concluso il drammatico resoconto con un appello alla
comunità internazionale: "Nessuno riconosca gli usurpatori. Difendete
l'Honduras". OAS_RICH('Middle'); Chavez: "Pronto ad intervenire con le
armi". Il presidente venezuelano Hugo Chavez, vicino politcamente a
Zelaya, ha annunciato di aver messo in stato di massima allerta le forze armate
e ha minacciato un intervento militare in Honduras se il suo ambasciatore a
Tegucigalpa non sarà rilasciato. "Dietro i soldati golpisti si nascondono
la borghesia honduregna - ha detto Chavez - i ricchi che hanno trasformato
l'Honduras in una repubblica delle banane, in una base politica, militare e
terroristica dell'impero nordamericano", ha aggiunto. "Lancio un
appello al presidente degli Stati Uniti perché condanni come noi questa
aggressione". Obama:
"Sono preoccupato". E il presidente degli Stati Uniti Barack Obama, ha espresso "profonda
preoccupazione" per l'arresto del presidente dell'Honduras. "Chiedo a
tutti gli attori politici e sociali in Honduras di rispettare lo stato di
diritto" ha detto il presidente Usa. Anche il segretario di Stato
americano Hillary Clinton ha condannato senza remore il golpe: "Sono stati
violati i principi democratici". La Casa Bianca ha respinto però con forza
l'accusa di aver avuto un ruolo nel golpe: "Non c'è stato alcun
coinvolgimento statunitense in quest'azione", ha riferito un funzionario
della presidenza Usa. Scontro Zelaya-esercito. La tensione a Tegucigalpa stava
montando da giorni dopo che il presidente Zelaya aveva annunciato un progetto
di modifica della Costituzione, sfidando così il potere dell'esercito e del
Congresso. Zelaya puntava a cambiare la carta fondamentale per far sì che
potesse essere rieletto per più di un singolo mandato di 4 anni. In
un'intervista rilasciata qualche giorno fa al quotidiano spagnolo El Pais,
Zelaya aveva sostenuto che "un altro tentativo di sottrargli il
potere" era stato recentemente respinto dal suo governo solo dopo che gli
Stati Uniti si erano rifiutati di sostenere il golpe. (28 giugno 2009
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[FIRMA]GLAUCO MAGGI NEW YORK Michael Jackson potrebbe
essere morto per cause naturali, ma solo... (sezione: Obama)
[FIRMA]GLAUCO
MAGGI NEW YORK Michael Jackson potrebbe essere morto per cause naturali, ma
solo se possono essere chiamate naturali le sue condizioni culminate nello
stress di un impegno che non sarebbe mai stato in grado di portare a termine.
Questa è la conclusione dopo la ricostruzione della vicenda così come è
proposta su MailOnline da Ian Halperin, il giornalista che segue da anni i
travagli di Jackson e che, con tragica profezia, aveva scritto nel dicembre
scorso che il cantante non aveva più di sei mesi di vita. «Non poteva reggere
un concerto, figuriamoci 50», ha scritto Halperin. «Non poteva cantare. Certi
giorni non riusciva a parlare. Non ballava più. A Londra si profilava un
disastro, e secondo l'opinione di gente della sua cerchia Michael aveva
propositi suicidi». Del resto, una settimana fa, a Jackson sfuggì un «meglio
che io muoia, sono finito». Erano in troppi, creditori, familiari, banchieri,
impresari, e lui stesso oppresso dai debiti, a voler mungere dal suo talento i
milioni che i suoi fans erano disposti a pagare per rivederlo in carne e ossa.
Più ossa che carne, in verità: pesava 56 chili, capelli grigi coperti con
parrucche corvine, e si reggeva in piedi con un micidiale cocktail di
antidepressivi e antidolorifici: Vicodin, Dolaudil, Xanax, Zoloft, Demerol,
Vistaril, Paxil, Prilosec. Gli anni passati a lottare contro le accuse di
pedofilia gli avevano scosso l'equilibrio psicologico, ma contro Jackson
avrebbe giocato fin dalla nascita pure una situazione genetica negativa. Una
fonte vicina al cantante ha rivelato che soffriva della deficienza genetica di
una proteina, la alfa-1 antitripsina (Aat), che viene prodotta nel fegato. Il
ruolo principale della Aat è quello di proteggere i polmoni. Jackson, tra i tanti
farmaci, ha ricevuto iniezioni regolari di Aat per anni, mantenendo una vita
quasi regolare: ma le maschere respiratorie che ne hanno accompagnato
l'immagine per tanto tempo, e in certi periodi l'uso della sedia a rotelle per
spostarsi, sarebbero la prova di queste difficoltà polmonari crescenti. La
carenza di Aat può infatti degenerare in enfisema polmonare, ossia in una
dilatazione anormale e permanente degli alveoli polmonari, le cui pareti
perdono elasticità. Jackson e la sua cerchia sapevano della estrema precarietà
dell'impresa londinese, quindi. Non a caso alla star era stato fatto credere in
un primo tempo che le serate sarebbero state 10 non 50. La verità sulla fine di
Michael Jackson in termini clinici la si avrà con i risultati delle due autopsie,
l'ufficiale e la privata, voluta da familiari e amici. Il reverendo Jesse
Jackson, che è da sempre vicino ai parenti della star, ha detto alla Cnn che
«questo affare si è trasformato da richiesta di informazioni a indagine di
polizia. Non c'è ancora pace. Non sappiamo che cosa sia successo e abbiamo
bisogno di saperlo. Michael non era malato prima di giovedì». Ieri sono arrivate alla famiglia anche le condoglianze personali
di Barack Obama il
presidente Usa, che riteneva Jackson «una star dalla vita tragica». Ora
l'ultima parola spetta agli investigatori, alle autopsie, se la seconda darà
risposte bisognerà attendere il verdetto di quella del coroner, che interviene
nei casi di morti sospette. Le procedure sono diverse: il medico
ufficiale cerca prove per il tribunale. Tra l'altro, può intervenire sul
cervello, fino a rimuoverlo e conservarlo per valutare i danni provocati anche
in passato dall'uso di sostanze particolari. Le indagini del patologo privato
potrebbero dare risposte non collimanti, e ciò aggiungerà dolore a un dramma
che ha colpito più di tutti i tre figli di Jackson. Prince era presente nel
momento in cui il papà, dopo l'iniezione fatale, è crollato sul pavimento:
pensava che scherzasse. Ma presto il ragazzino ha capito, e si è impietrito
nell'angoscia mentre il medico e la guardia del corpo cercavano di rianimarlo.
Quando è stato chiamato il 911 dall'emergenza, erano passati minuti forse
decisivi per la fine del mito. A conferma del giallo gli agenti di Los Angeles
hanno interrogato per tre ore Conrad Murray, il medico personale di Jackson. I
poliziotti avevano perquisito la sua Bmw alla ricerca di tracce utili a capire
le responsabilità del medico, che era stato assunto dalla Aeg Live, società per
i concerti londinesi che dovevano segnare il ritorno sul palco della star.
Secondo il presidente di Aeg era stato lo stesso Jackson a richiedere di poter
disporre dell'assistenza di Murray, 51 anni, afro-americano padre di sei figli
avuti da cinque donne, con qualche pendenza per mancati riconoscimenti di
paternità e alimenti negati. Per i suoi legali Edward Chernoff e Matthew
Alford, «Murray ha aiutato a ricostruire le circostanze della morte della icona
del pop». Il medico continuerà a mantenersi a disposizione delle autorità, ma
«non è un sospettato». Chernoff ha anche definito «assolutamente falsa» la
notizia secondo cui il suo assistito avrebbe fatto alla pop star una iniezione
di un potente painkiller appena prima del decesso: «Niente Demerol, niente
OxyContin», ha detto il legale, aggiungendo che Murray entrò nella camera da
letto di Jackson «fortuitamente» quando il cantante era già privo di coscienza
«e non stava respirando. Controllate le pulsazioni, che ancora si percepivano,
deboli, nell'arteria femorale, il cardiologo ha cercato di praticare la
rianimazione d'urgenza». Guardate i videoclip e votate il preferito su
www.lastampa.it
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Zero ha il magone. Parla lento. Languido. L'aria di chi ha
passato la notte a misurare l'assurdit... (sezione: Obama)
Zero ha il
magone. Parla lento. Languido. L'aria di chi ha passato la notte a misurare
l'assurdità di una notizia, a vegliare su una morte che è di tutti, ma sua più
di altri. Lo incontro in un ufficio romano al centro, la mattina dopo. Michael
Jackson era in fondo ma anche in superficie uno di loro, lo stesso demone, una
strepitosa bestia da palcoscenico, sfigurata dalla calce viva del proprio
talento. Renato Zero non aspetta nemmeno la prima domanda. «... Tornavo a casa
dopo una cena a Fiumicino con mia sorella, mia nipote, le figlie di mio
figlio...». Suo figlio? «Roberto, il figlio che ho adottato una decina d'anni
fa. Il vantaggio dell'adozione tardiva è che puoi scegliere di volta in volta
se essere genitore o figlio...». Torna a casa e... «Accendo la radio e sento
l'annuncio... Uno choc». Reazione immediata? «Buio. Si è spento un faro
formidabile. Lui, come Battisti da noi, ha alzato l'educazione artistica del
mondo. Con le sue innovazioni sceniche ha costretto lo show business ad
adeguarsi ai suoi standard. Penso a Madonna, a tutti gli altri...». Dopo lo
choc? «Un senso di liberazione. L'idea di una persona che aveva cessato di
lottare contro la crudeltà». Non la immaginavo tanto partecipe. «La sua storia
mi ha coinvolto. Lui ha sempre subito questa ispezione maligna di un'America
bigotta che ha bisogno dei mostri per sentirsi rassicurata. Senza mostri non
c'è l'America». Sembra un lutto privato, il suo. «La fine di Michael Jackson è
la fine di tutti noi. Sì, ci restano Michael Bublé, i Dire Straits, John
Mayall... Ma lui era unico nella capacità di rubare l'attenzione del mondo, dai
bambini agli adulti e questa, un po', è roba che ci accomuna. Se mi va via lui,
va via una parte di Renato». Hanno accostato spesso in queste ore Michael
Jackson a Madonna, tra le divinità pop. «Lo trovo irriverente nei confronti di
Michael. Lui incarna la perfezione di un disegno non solo artistico. Era un
nero, non dimentichiamolo. La vittoria dei neri è sempre schiacciante in
qualunque epoca. Da Jessie Owens a Barack Obama». Un nero che si sbiancava.
«Capita quando hai sbagliato culla. La sua famiglia lo sfruttava portandolo in
scena a cinque anni. Lui si è messo addosso la felicità di essere Michael
Jackson solo il giorno in cui si è liberato di quel padre dittatore».
Popolari ed eccentrici, popolari nonostante la diversità. Anche questo vi
accomuna. «Si può essere stravaganti non per paraculaggine, ma per la felicità
liberatoria di comunicare al mondo che sei te stesso finalmente. Ci si sbianca
o ci si traveste anche per una sorta di riscatto, per chi come noi viene da una
zona d'ombra». La sua zona d'ombra? «Quando all'anagrafe ti chiami Renato
Fiacchini, hai un destino già assegnato e tu cambi nome, stravolgi le carte,
scatta la censura del mondo. Sa una cosa? Solo oggi mi concedo di accarezzare
le persone e di farmi accarezzare. Ero sempre in assetto di guerra. Quando
m'insultavano, scendevo dal palco, andavo a scovare i vigliacchi, li
pizzicottavo e li spogliavo. Li lasciavo in canottiera». Lei ha sbagliato
culla? «No, per mia fortuna. Io la culla l'ho azzeccata. Quando sono nato, il
benvenuto è stato molto rassicurante. A parte la flebo...». La flebo? «Sono
nato con l'rh negativo di mia madre. Mi hanno dovuto sostituire completamente
il sangue. A quei tempi si moriva per molto meno. Rinato... Renato. Credo non
sia un caso». Il concerto per l'Abruzzo a Roma, voluto da lei. Hanno scritto di
un mezzo flop. «Quando rivedi colleghi dopo tanto tempo, c'è la paura della
riscoperta. Purtroppo, lo dico con languore, molti di questi miei amici non
sono più gli stessi. Hanno creato intorno a sé barriere di manager,
parrucchiere, adulatori. Il messaggio non è arrivato alla gente. Ci saremmo
dovuti esporre di più nella comunicazione. La magia è scattata solo sul palco».
Il suo ultimo cd è forse il più autorale di sempre. «Ho sempre lasciato a chi
mi ascoltava la liberta di legare i fili dei tanti aquiloni. Stavolta gli ho
detto: vieni con me, abbandonati, che ti faccio vedere il panorama dalla
vertigine dei miei 58 anni». «Presente», il titolo. Come una volta, all'appello
di scuola. «Presente vuol dire ci sono. Magari cambiato, ma sempre al tuo
fianco. Sono convinto che anche oggi, qualche lustrino, qualche piuma, di
straforo si vede sempre su di me. Il clown resta, anche quando ha perso il
circo». Dieci chili e chissà quante malinconie in più. «Quando si cambia, devi
anche assecondare il tuo corpo. Non puoi più pretendere di tornare ai 45 chili
di una volta. La gente sotto dieta, quella sì è di una tristezza... Lo sguardo
sguincio, l'occhio che cade. E poi, anche volendo, non potrei. Prendo dei
metabloccanti che rallentano il metabolismo». Un malinconico gaudente? «Bazzico
i ristoranti. I dieci chili che mi vengono imputati sono la prova che
frequento. Che non sto a casa con l'imbalsamatore che mi dice: Fai il bagno coi
sali del Mar Morto o metti 'sta pelle di lucertola che assorbe i grassi e i
cattivi umori. Non rinuncio allo spaghetto, ma non prendo il Lexotan». A nanna
senza additivi? «Dormo bene, quando non sono in tournée. Mi ci vogliono
quattro, cinque ore per smaltire l'adrenalina». Dorme da solo? «Solo in un
letto matrimoniale. Non si sa mai, dovesse arrivare qualcuno.... Chi dorme solo
ha il vantaggio che non s'illude, non si fa dipendenze. L'ideale sarebbero due
letti molto vicini». Renato Zero oggi? «Renato Zero oggi trova che il
minimalismo in palcoscenico diventa sempre più interessante. Penso a Gilbert
Becaud, Jacques Brel, la stessa Piaf. Per stare in palcoscenico come loro devi
avere un carisma pazzesco. Certi musicisti hanno bisogno dei laser, quando non
c'è la ciccia». Renato Zero come Carmelo Bene, predicatore della sottrazione.
«L'ho odiato Carmelo Bene...». Che le ha fatto? «Cantavo in un locale a
Firenze. La gente attaccata alle tende, aggrappata alle colonne. Si presentò
lui, a spettacolo iniziato. Si siede, ascolta due canzoni, si alza e se ne va.
L'avrei strangolato. Diceva ad amici comuni di Forte dei Marmi che era un mio
estimatore e poi m'ha fatto fare 'sta figura di merda». Invoca spesso la poesia
nel suo ultimo cd. Merce scaduta? «Un poeta non lo riconosci per la poesia che
scrive, ma per la poesia che indossa. Per come si muove, come ti guarda, come
sospira. Schifano era un poeta. Il coraggio di darsi senza risparmio». Un poeta
tra i suoi colleghi di oggi? «Molte volte non diventi poeta perché non te ne
rendi conto. La consapevolezza aiuta, non sminuisce. Un esempio? Claudio
Baglioni. Un percorso, il suo, di tutto rispetto, ma ci sono pagine sue,
sconosciute, di grande lirismo. Come "Gesù è mio fratello" che scrisse
per Mia Martini». Il poeta che è in lei. «Da giovane bazzicavo Ventotene. Su
quell'isola mi resi conto che quella parte di me andava curata e preservata».
Il pezzo che più somiglia alla sua pelle. «"Il cielo". Fotografia
amara e meravigliosa di questo '900. La speranza e la disperazione. Lo scrissi
proprio a Ventotene». «I migliori anni della nostra vita» è il preferito di
molti di noi. «Un giorno viene da me Maurizio Fabrizio, compositore
straordinario, e mi fa: "Rena' senti 'sto pezzo". Era un cd logoro
per quanto l'aveva fatto girare. Lo ascolto: un capolavoro. "Lo
interpreto" dico io. E lui: "Sono contento, non l'ha voluto
nessuno". E mi fa un elenco di nomi impressionanti». Andreotti e la moglie
lo ascoltano alla televisione, teneramente intimi sul divano, ne «Il divo» di
Sorrentino. «Un film girato da Dio. Mi chiamò Sorrentino: vuoi venire a vedere
la sequenza, prima di dirmi no? Rimasi scioccato. Una scena di una potenza
assoluta». Ha appoggiato Giovanni Galli, candidato sindaco di Firenze. «Siamo amici
da sempre. Lo stimo. Basta con queste congreghe dei partiti. T'appioppano delle
liste di gente senza volto e senza storia. Tu devi scegliere la persona. Il mio
fornaio sotto casa lo manderei subito a Montecitorio». Berlusconi dice: gli
italiani mi amano e mi vogliono così. «Essere amati con i soldi suoi è facile.
L'amore è credibile quando non frequenta le banche e i centri di potere. La
verità è che arriveremo a ottant'anni senza aver capito niente dell'amore».
Canta anche: «Vorrei fermarmi ma questo attrezzo non vuole... Dottore caro mi
sento depresso, già condannato all'ennesimo amplesso». «Attribuire al sesso
tanta importanza è un paravento per certe nevrosi. Per non dire del ricorso
idiota a certi farmaci». Un monumento musicale di oggi. «Ornella Vanoni.
Meravigliosa». Un monumento di ieri? «Lucio Battisti. Aveva un carattere
difficile ma, una volta che riuscivi a passare lo sbarramento, eri suo, ti
faceva sentire a casa». A lei capitò? «Una volta fu bellissimo. Stavamo alla
mensa dell'Rca. Lui da solo, io pure. Mi fa: vie' qua. Parlammo delle cose più
disparate. Mi raccontò pure qualche barzelletta. Non benissimo, devo dire. Però
sorrisi lo stesso, perché era tenero, da lui non te lo aspettavi».
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I militari cacciano il presidente (sezione: Obama)
I militari
cacciano il presidente [FIRMA]PAOLO MANZO «Un colpo di Stato troglodita». Così
il presidente del Venezuela Hugo Chávez ha definito in una dichiarazione alla
tv Telesur il golpe che in Honduras ha destituito il presidente della
Repubblica Manuel Zelaya Rosales, costretto all'esilio in Costa Rica. E dopo
aver puntato il dito contro gli Stati Uniti, coinvolti a suo dire nel colpo di
Stato, ha mobilitato l'esercito e invitato il presidente
statunitense Barack Obama a
prendere posizione. L'invito non è caduto nel vuoto. Obama si è subito pronunciato dicendosi «profondamente preoccupato» e
chiedendo agli «attori politici e sociali» del Paese il rispetto dello stato di
diritto. Secondo Obama,
«ogni tensione e ogni disputa dovrebbe essere risolta in modo pacifico,
attraverso il dialogo». Dal canto suo la Casa Bianca ha respinto con forza
l'accusa di aver avuto un ruolo nel golpe. «Non c'è stato alcun coinvolgimento
statunitense in quest'azione contro il presidente Zelaya», ha riferito un
funzionario sottolineando di riferirsi al leader honduregno sempre con il
titolo di presidente. Dal Costarica intanto il presidente deposto ha dichiarato,
sempre ai microfoni di Telesur, di essere stato «rapito e di essere vittima di
un complotto» e ha chiesto aiuto proprio agli Stati Uniti affinché intervengano
per il ripristino del governo legittimo. Per l'Honduras, tra i Paesi più poveri
dell'America centrale, quello che doveva essere il giorno del voto si è
trasformato, così, in quello del caos più assoluto. Si è passati da un
referendum costituzionale che avrebbe garantito la rielezione dell'attuale
presidente al golpe. Poco prima dell'inizio delle operazioni di voto, infatti,
Zelaya, conservatore poi diventato grande alleato di Chávez, è stato arrestato
da un gruppo di militari che all'alba avevano circondato la sua residenza e
portato in una base dell'aviazione militare alla periferia della capitale Tegucigalpa,
prima di essere costretto a lasciare il Paese. Dopo il suo arresto, la capitale
è stata presa d'assedio da centinaia di blindati. Interi quartieri sono privi
di energia elettrica, la polizia ha disperso gruppi di manifestanti
filo-governativi. Secondo alcune fonti, sarebbe stato arrestato anche il
ministro degli Esteri e altri sette membri del governo. La situazione è
precipitata negli ultimi giorni, dopo che Zelaya aveva destituito il Capo di
Stato Maggiore, il generale Romeo Vasquez, oppostosi alla sua decisione di
convocare un referendum costituzionale. Zelaya, eletto nel 2006 con un mandato
di quattro anni non rinnovabile, stava appunto cercando di emendare la
Costituzione per potersi ricandidare. Ma aveva subito incontrato l'opposizione
della Corte Suprema, che gli aveva intimato di restituire la carica al generale
Vasquez. E proprio la Corte Suprema sarebbe dietro al golpe. Lo hanno reso noto
gli stessi giudici spiegando di «aver ordinato ai militari di agire perché
Zelaya aveva tentato di violare la legge con il referendum». In un'intervista
su El Pais poco prima dell'arresto, Zelaya aveva rivelato che un tentativo di
colpo di Stato era stato evitato dopo che gli Usa si erano rifiutati di
sostenerlo. Immediate le reazioni internazionali. L'Ue ha condannato
all'unanimità l'arresto del presidente. Franco Frattini ha espresso «grande
preoccupazione» auspicando il «ristabilimento della legalità». L'Organizzazione
degli Stati Americani (OSA) ha indetto una riunione d'emergenza dopo che la
stessa delegazione venezuelana presso l'OSA denunciava il «rapimento» a
Tegucigalpa da parte di «soldati honduregni» degli «ambasciatori del Venezuela,
che è stato anche picchiato, di Cuba e Nicaragua». «Se non liberano il nostro
ambasciatore», ha minacciato Chávez, «interverremo militarmente in Honduras».
Ieri notte, intanto, il Parlamento nelle mani dei golpisti ha scelto come
successore «ad interim» alla presidenza Roberto Micheletti Bain, di origini
italiane, iscritto allo stesso partito liberale di Zelaya ma con lui in rotta
da tempo. Le elezioni del nuovo capo di Stato si terranno il 29 novembre, come
previsto già prima del golpe. L'Honduras ha goduto di una certa stabilità
politica dalla fine del regime militare nei primi anni '80 ma negli ultimi mesi
ha risentito profondamente della crisi. Il paese è uno degli snodi cruciali del
narcotraffico tra America Latina e Stati Uniti.
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Malato ai polmoni non poteva più cantare (sezione: Obama)
La tragedia
della popstar LA MALATTIA GENETICA «Soffriva della mancanza di Aat, una
proteina che protegge i polmoni» Malato ai polmoni non poteva più cantare
Jackson disperato avrebbe detto: "Meglio che io muoia, sono finito"
Il biografo Halperin «A Londra si profilava un disastro e secondo chi lo
conosceva bene aveva propositi suicidi» Il presidente Obama Manda una lettera alla famiglia
per esprimere il suo cordoglio «Un grande artista dalla vita tragica» [FIRMA]GLAUCO
MAGGI NEW YORK Michael Jackson potrebbe essere morto per cause naturali, ma
solo se possono essere chiamate naturali le sue condizioni culminate nello
stress di un impegno che non sarebbe mai stato in grado di portare a termine.
Questa è la conclusione dopo la ricostruzione della vicenda così come è
proposta su MailOnline da Ian Halperin, il giornalista che segue da anni i
travagli di Jackson e che, con tragica profezia, aveva scritto nel dicembre
scorso che il cantante non aveva più di sei mesi di vita. «Non poteva reggere
un concerto, figuriamoci 50», ha scritto Halperin. «Non poteva cantare. Certi
giorni non riusciva a parlare. Non ballava più. A Londra si profilava un
disastro, e secondo l'opinione di gente della sua cerchia Michael aveva propositi
suicidi». Del resto, una settimana fa, a Jackson sfuggì un «meglio che io
muoia, sono finito». Erano in troppi, creditori, familiari, banchieri,
impresari, e lui stesso oppresso dai debiti, a voler mungere dal suo talento i
milioni che i suoi fans erano disposti a pagare per rivederlo in carne e ossa.
Più ossa che carne, in verità: pesava 56 chili, capelli grigi coperti con
parrucche corvine, e si reggeva in piedi con un micidiale cocktail di
antidepressivi e antidolorifici: Vicodin, Dolaudil, Xanax, Zoloft, Demerol,
Vistaril, Paxil, Prilosec. Gli anni passati a lottare contro le accuse di
pedofilia gli avevano scosso l'equilibrio psicologico, ma contro Jackson
avrebbe giocato fin dalla nascita pure una situazione genetica negativa. Una
fonte vicina al cantante ha rivelato che soffriva della deficienza genetica di
una proteina, la alfa-1 antitripsina (Aat), che viene prodotta nel fegato. Il
ruolo principale della Aat è quello di proteggere i polmoni. Jackson, tra i
tanti farmaci, ha ricevuto iniezioni regolari di Aat per anni, mantenendo una
vita quasi regolare: ma le maschere respiratorie che ne hanno accompagnato
l'immagine per tanto tempo, e in certi periodi l'uso della sedia a rotelle per
spostarsi, sarebbero la prova di queste difficoltà polmonari crescenti. La
carenza di Aat può infatti degenerare in enfisema polmonare, ossia in una
dilatazione anormale e permanente degli alveoli polmonari, le cui pareti
perdono elasticità. Jackson e la sua cerchia sapevano della estrema precarietà
dell'impresa londinese, quindi. Non a caso alla star era stato fatto credere in
un primo tempo che le serate sarebbero state 10 non 50. La verità sulla fine di
Michael Jackson in termini clinici la si avrà con i risultati delle due
autopsie, l'ufficiale e la privata, voluta da familiari e amici. Il reverendo
Jesse Jackson, che è da sempre vicino ai parenti della star, ha detto alla Cnn
che «questo affare si è trasformato da richiesta di informazioni a indagine di
polizia. Non c'è ancora pace. Non sappiamo che cosa sia successo e abbiamo
bisogno di saperlo. Michael non era malato prima di giovedì». Ieri sono
arrivate alla famiglia anche le condoglianze personali di Barack Obama il presidente Usa, che riteneva Jackson «una star
dalla vita tragica». Ora l'ultima parola spetta agli investigatori, alle
autopsie, se la seconda darà risposte bisognerà attendere il verdetto di quella
del coroner, che interviene nei casi di morti sospette. Le procedure sono
diverse: il medico ufficiale cerca prove per il tribunale. Tra l'altro, può
intervenire sul cervello, fino a rimuoverlo e conservarlo per valutare i danni
provocati anche in passato dall'uso di sostanze particolari. Le indagini del
patologo privato potrebbero dare risposte non collimanti, e ciò aggiungerà
dolore a un dramma che ha colpito più di tutti i tre figli di Jackson. Prince
era presente nel momento in cui il papà, dopo l'iniezione fatale, è crollato
sul pavimento: pensava che scherzasse. Ma presto il ragazzino ha capito, e si è
impietrito nell'angoscia mentre il medico e la guardia del corpo cercavano di
rianimarlo. Quando è stato chiamato il 911 dall'emergenza, erano passati minuti
forse decisivi per la fine del mito. A conferma del giallo gli agenti di Los
Angeles hanno interrogato per tre ore Conrad Murray, il medico personale di
Jackson. I poliziotti avevano perquisito la sua Bmw alla ricerca di tracce
utili a capire le responsabilità del medico, che era stato assunto dalla Aeg
Live, società per i concerti londinesi che dovevano segnare il ritorno sul
palco della star. Secondo il presidente di Aeg era stato lo stesso Jackson a
richiedere di poter disporre dell'assistenza di Murray, 51 anni, afro-americano
padre di sei figli avuti da cinque donne, con qualche pendenza per mancati
riconoscimenti di paternità e alimenti negati. Per i suoi legali Edward
Chernoff e Matthew Alford, «Murray ha aiutato a ricostruire le circostanze
della morte della icona del pop». Il medico continuerà a mantenersi a
disposizione delle autorità, ma «non è un sospettato». Chernoff ha anche
definito «assolutamente falsa» la notizia secondo cui il suo assistito avrebbe
fatto alla pop star una iniezione di un potente painkiller appena prima del
decesso: «Niente Demerol, niente OxyContin», ha detto il legale, aggiungendo
che Murray entrò nella camera da letto di Jackson «fortuitamente» quando il
cantante era già privo di coscienza «e non stava respirando. Controllate le
pulsazioni, che ancora si percepivano, deboli, nell'arteria femorale, il
cardiologo ha cercato di praticare la rianimazione d'urgenza». Guardate i
videoclip e votate il preferito su www.lastampa.it
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- omero ciai (sezione: Obama)
Pagina 1 - Prima Pagina OMERO CIAI Alle sei del mattino (le
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"liberateli subito" l'europa si compatta e
studia le ritorsioni - alberto d'argenio (sezione: Obama)
Pagina 3 -
Esteri Cala sempre più la speranza di normalizzare le relazioni
"Liberateli subito" l´Europa si compatta e studia le ritorsioni Nel
vocabolario della diplomazia torna la parola "sanzioni", cancellata dall´avvento di Obama Anche se, per ora, nessuno si spinge a pronunciarla apertamente
ALBERTO D´ARGENIO BRUXELLES - La flebile speranza di un ritorno al dialogo con
l´Iran si allontana sempre più. Tanto da far rientrare nel vocabolario della
diplomazia la parola «sanzioni», cancellata dall´avvento di Barack Obama. Per ora nessuno, tra
ministri e addetti ai lavori, si spinge a pronunciarla apertamente, ma - seppur
con cautela - in molti lasciano capire che dietro ad espressioni come
«mobilitazione diplomatica e pressioni» per ottenere il rilascio dello staff
dell´ambasciata britannica ci sarebbe proprio la carta delle ritorsioni. La
notizia dell´arresto dei nove funzionari è arrivata proprio mentre i ministri
degli esteri Ue erano riuniti a Corfù. Subito è scattata la solidarietà con
Londra e al termine del vertice i 27 hanno emesso il comunicato più duro
dall´inizio della crisi iraniana con la richiesta di «immediata liberazione»
dei funzionari, avvertendo che in caso di ulteriori «intimidazioni e
persecuzioni» Teheran si scontrerà con una «risposta europea forte e comune».
Un inasprimento che un diplomatico spiega così: «Prima degli arresti di ieri la
posizione della comunità internazionale verso l´Iran era piuttosto morbida. Il
modo giusto per sostenere la mano tesa di Obama e la
sua volontà di riallacciare il canale del dialogo». Ieri, però, gli europei
hanno dovuto alzare i toni. Fino a che punto sono pronti a spingersi? Da
Bruxelles si avverte che sarebbe poco saggio «elencare in anticipo gli
strumenti che useremo». A disposizione, aggiungono, «abbiamo i mezzi già usati
nel dossier sul nucleare, come la mobilitazione internazionale e la pressione,
anche a livello Onu». Un giro di parole per non menzionare mai le sanzioni.
Prudenza comprensibile, visto che le sanzioni manderebbero all´aria i piani di Obama e delle capitali Ue, facendo precipitare ancor più le
relazioni tra Teheran e comunità internazionale. E poi, sottolineano molti, «al
G8 di Trieste la Russia ha detto che fino all´autunno non farà passare nuove
sanzioni all´Onu». Insomma, riassume un´autorevole fonte Ue: «Dalle elezioni
non abbiamo più contatti con Teheran: la speranza di normalizzare le relazioni
resta ma è sempre minore. Ora la palla è nel campo degli iraniani, che la
stanno giocando molto male».
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patrizia al "sunday times": così quella notte
con silvio - enrico franceschini (sezione: Obama)
Pagina 11 -
Interni La escort racconta che il premier la invitò a fare docce gelate.
L´imbarazzo quando entrò in camera un componente dello staff Patrizia al
"Sunday Times": così quella notte con Silvio Il giornale scrive che
Letta rifiuta gli inviti a cena di Berlusconi. Palazzo Chigi: invenzioni ENRICO
FRANCESCHINI dal nostro corrispondente londra - Gianni Letta, sottosegretario e
più fidato collaboratore di Silvio Berlusconi, ha preso le distanze dal premier
e rifiuta i suoi inviti a cena. Lo scrive il Sunday Times, citando fonti
all´interno del governo. L´indiscrezione fa parte dell´ampia copertura che la
stampa britannica continua a dedicare agli scandali che coinvolgono il premier
italiano. Il Sunday Times, più diffuso trai domenicali «di qualità», scrive in
una corrispondenza da Bari dell´inviato John Follain che «insiders», ovvero
fonti dall´interno, «dicono che Gianni Letta si è distanziato dal premier e da
alcuni mesi declina i suoi inviti a cena». L´indiscrezione è smentita da
Palazzo Chigi, da dove si fa notare che anche nelle ultime settimane Letta ha
partecipato regolarmente a incontri, comprese cene di lavoro, con il premier.
Il giornale inglese è tuttavia deciso nel rappresentare l´isolamento di
Berlusconi. Un collaboratore «disamorato» ne parla in questi termini:
«Berlusconi si è trasformato nell´opposto di re Mida, sporca tutto quello che
tocca». Notando anche le crescenti critiche al suo comportamento espresse dalla
Chiesa cattolica, l´articolo afferma poi che le rivelazioni sulla sua vita
privata hanno indebolito il leader del Pdl, e sebbene non ci siano minacce
immediate, «alleati nella sua coalizione di centro destra si azzardano in
privato a contemplare un´era post-Berlusconi». Nei giorni scorsi, citando «alte
fonti di governo», il Financial Times aveva affermato la stessa cosa. Il servizio
del Sunday Times contiene una serie di dichiarazioni di Patrizia D´Addario, la
escort pugliese che ha visitato due volte Berlusconi a Palazzo Grazioli e vi ha
trascorso una notte con lui. «Non ho mai dormito - racconta la donna - era
instancabile». Secondo la sua ricostruzione, il premier la condusse in camera
da letto quasi alle 4 del mattino, dopo che le altre ragazze se n´erano andate.
La D´Addario dice che Berlusconi fece mezza dozzina di docce ghiacciate durante
la notte e lei lo raggiunse sotto la doccia a sua richiesta. A un certo punto,
secondo quanto raccontato in seguito dalla donna a un amico, «d´improvviso
smise di muoversi e pensai fra me "grazie a dio si è addormentato".
Ma non durò». La escort confida di aver provato imbarazzo quando un membro
dello staff entrò in camera da letto al mattino, con un vestito per Berlusconi,
ricordandogli che doveva fare una dichiarazione sulla
vittoria di Obama, eletto
presidente quella notte. La donna lasciò la residenza alle 11, ma mentre
tornava a Bari lui le telefonò: «Bambina mia!», disse, chiedendo poi perché
avesse la voce roca. E lei spiegò: «Per via delle docce». Il Sunday Times
riferisce pure il contenuto di una successiva telefonata fra la D´Addario e
Barbara Montereale, altra partecipante alla cena a Palazzo Grazioli. «Ti
ricordi come mi carezzava mentre eravamo sul sofà? E come carezzava te e
guardava me?» chiede la D´Addario. E la Montereale: «Era disgustoso, faceva
tutto di fronte alle guardie del corpo».
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una lotta fra ayatollah - (segue dalla prima pagina) (sezione: Obama)
Pagina 25 -
Commenti UNA LOTTA FRA AYATOLLAH Khamenei e Ahmadinejad agitano polverosi
fantasmi capaci di accendere l´immaginazione popolare L´Inghilterra è un
bersaglio provvisorio, nell´attesa che si chiariscano gli equilibri tra le
varie correnti (SEGUE DALLA PRIMA P
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jacko, i minuti finali l'iniezione al cuore diventa un
giallo - alberto flores d'arcais (sezione: Obama)
Pagina 16 -
Spettacoli Jacko, i minuti finali l´iniezione al cuore diventa un giallo Il
medico si difende: non l´ho fatta io L´ex baby sitter dei figli, prima di
essere interrogata: "Troppi farmaci, gli ho dovuto fare più volte la
lavanda gastrica" ALBERTO FLORES D´ARCAIS dal nostro inviato los angeles -
è l´ora degli avvocati. Michael Jackson è morto da tre giorni, fan di tutto il mondo piangono il loro idolo, Obama scrive alla famiglia, i detective
mettono sotto torchio medici e amici del re del pop, ma come sempre accade
nelle vicende delle superstar, passato il momento delle lacrime e dei peana,
iniziano le grandi battaglie legali: eredità, figli, malasanità e soldi.
Tanti soldi. Che a uccidere Peter Pan siano stati vagoni di farmaci, prescritti
da medici che sulla salute di Michael hanno lucrato palate di dollari, sembra
ormai un dato acquisito. Cocktail di medicinali che lo costringevano a continue
lavande gastriche, come ha raccontato Grace Rwaramba, ex assistente e
babysitter dei figli, considerata dal re del pop una sorta di «seconda mamma».
«Gli ho dovuto svuotare lo stomaco molte volte», ha raccontato ai media inglesi
prima di partire da Londra alla volta di Los Angeles, dove i poliziotti della
Robbery and Homicide l´aspettano per interrogarla come "persona
informata". «C´erano dei periodi che stava così male che non gli
permettevo di vedere i bambini, mangiava sempre pochissimo, mescolava troppi
farmaci». Un atteggiamento protettivo che irritava il re del pop, tanto che a
dicembre Grace venne licenziata senza troppi complimenti dopo dieci anni di
servigi. Lancia pesanti accuse anche ai familiari, racconta come uno del «clan
Jackson» l´abbia chiamata a poche ore dalla morte solo per sapere «dove Michael
nascondeva i soldi». I soldi, tanti, come tanti sono i debiti. Negli ultimi
tempi Michael non se ne occupava più, aveva anche abbandonato la vecchia
abitudine di nascondere le mazzette di verdoni sotto i tappeti o nelle buste
nere della spazzatura. Il suo contestato patrimonio gestito da manager e avvocati,
case messe in vendita, Neverland affidata a una società di cui era socio, un
complicato incrocio di carte, contratti, tasse, donazioni, cause legali
trascinate per anni. E due testamenti. La battaglia per l´eredità non è ancora
iniziata ma dalle prime avvisaglie si capisce che sarà spietata. La famiglia
ringrazia i fan, Joseph, il padre-padrone del clan accusato in passato dai
figli di varie nefandezze, monopolizza gli schermi tv: «Siamo devastati,
continuate ad amarlo, così la sua eredità vivrà per sempre». Eredità artistica
ovvio, ma alla famiglia preme molto anche quella concreta. Hanno già assoldato
un potente avvocato, uno che con Michael aveva già lavorato, perché studi e
risolva la questione dei figli. Michael Jr, detto Prince (12 anni), Paris (11)
e Prince Michael II detto Blanket (7) sono gli eredi naturali e la cinica posta
in gioco di una storia più grande di loro. I primi due sono figli di Debbie
Rowe, il terzo di una "madre in affitto" di cui non si conosce il
nome. Il «clan Jackson» vuole che vengano affidati alla nonna (moglie di
Jospeh), ma Debbie non ci sta. Anche lei ha il suo potente avvocato e, secondo
gli esperti di diritto familiare, le leggi californiane alla fine le daranno
ragione. Avvocati al lavoro anche sul fronte medici. Il cardiologo Conrad
Murray ha scelto il migliore di Houston per farsi accompagnare alla centrale
del Los Angeles Police Department. Un interrogatorio durato tre ore, da cui è
uscito soddisfatto e con in mano il comunicato dei detective che hanno
testimoniato il suo «spirito collaborativo» e le informazioni «utili alle
indagini» che ha fornito. Secondo il tabloid inglese Mirror il dottor Murray
avrebbe fatto un ultimo disperato tentativo di salvare Jackson con un´iniezione
di lidocaina direttamente nel cuore. Versione totalmente smentita da Edward
Chernoff, l´avvocato di Murray. L´avvocato ha dichiarato al Los Angeles Times
che il suo assistito non ha mai somministrato a Jacko «alcun potente farmaco».
«Sono voci totalmente false» ha concluso. Murray non è indagato e il LAPD ha
confermato che stando ai primi risultati dell´autopsia la morte non è dovuta
«ad atto criminoso». Gli avvocati dei Jackson vogliono però saperne di più.
Quindici giorni fa le notizie sulla salute di Michael erano già preoccupanti,
tanto che i familiari avevano cercato di costringerlo a forza a ricoverarsi in
una clinica specializzata. Ricevendo il netto rifiuto del re del pop, che non
voleva assolutamente rinunciare ai concerti di Londra e del suo medico che
dagli organizzatori del tour londinese era stato assunto (su richiesta di
Michael) con un ricco contratto. Per questo hanno chiesto (e ottenuto) una
seconda autopsia. I cui risultati, visto che è stata fatta da medici legali e
laboratori privati, potrebbero arrivare prima di quelli dell´autopsia ufficiale
che richiedono almeno un mese. Non è detto però che portino grandi novità,
anche perché i «privati» non hanno potuto esaminare il cervello della popstar,
restato nei laboratori del coroner per approfonditi esami neuropatologici.
L´avvocato di famiglia vuole anche una risposta al perché Murray abbia
praticato il massaggio cardiaco tenendo il paziente sul letto, mentre secondo i
manuali andrebbe fatto su una superficie rigida. La «medical malpractice» è un
campo minato, con medici, avvocati e assicurazioni che negli States sono in
guerra permanente. Visto che qui sono in gioco i milioni di dollari
dell´eredità è facile prevedere uno scontro aperto. Mentre il presidente Obama scrive una lettera "riservata" alla
famiglia, l´esercito di avvocati, medici, manager che hanno segnato gli ultimi
anni della vita di una delle icone popolari più sole al mondo affilano le armi.
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gli usa fanno tremare i giganti poi il brasile rimonta e
vince - fabrizio bocca johannesburg (sezione: Obama)
Pagina 42 -
Sport L´altra finale Spagna terza (3-2) Sudafrica in lacrime Gli Usa fanno
tremare i giganti poi il Brasile rimonta e vince La finale della Confederations
Cup regala brividi. Gli statunitensi avanti 2-0 e campioni in bambola. Ma Luis
Fabiano segna una doppietta e Lucio il 3-2 cancellando l´impresa. E lo stadio
in coro cantava: "Yes we can..." Non concessa una rete a Kakà: il
pallone era entrato nella porta di Howard FABRIZIO BOCCA JOHANNESBURG dal
nostro inviato Quando l´Ellis Park- stadio di Johannesburg abituato alle
partite storiche - ha cominciato a gridare «Yes we can» ritmando
lo slogan di Obama con le
vuvuzelas, si è capito che stava avvenendo l´incredibile. Gli Usa, paese leader
nello sport mondiale ma tra gli ultimi nel pallone, avevano messo a segno il 2
- 0 contro il Brasile con Donovan, star 27enne dei Los Angeles Galaxy (il club
di Beckham) e della nazionale a stelle e strisce. Uno spettacolare
triangolo in contropiede con Davies lanciato a sinistra, la palla che torna e
lui che salta Luisao e infila Julio Cesar, portiere numero 1 al mondo. Il Brasile
la squadra più famosa del globo, i maestri del dribbling, la formazione di Kakà
venduto al Real per 65 milioni, la nazionale dei 5 Mondiali e le 8 Coppe
America dominata da una nazionale antica ma che mai ha vinto nulla. Il mondo
capovolto. C´è voluto più di un´ora per ribaltare ancora la storia: il Brasile
ha vinto la sua terza Confederation Cup in una finale bellissima, finita 3-2, e
ora si presenta ai prossimi Mondiali come favorito alla conquista del suo sesto
titolo: «Esacampeao!», urlano già i suoi tifosi. Proprio l´Italia aveva
cominciato a sperimentare la sorpresa Usa, quel lunedì di tre settimane fa a
Pretoria: il rigore di Chiellini sul 19enne di origine haitiane Altidore
avrebbe dovuto mettere in guardia il calcio. C´erano voluti due gol di Rossi
per battere i ragazzi di Bob Bradley, cinquantenne professore di educazione
fisica del New Jersey che ha costruito una bellissima squadra, prendendo quasi
tutti calciatori che giocano in Europa. In tuta si è piantato a gambe larghe
davanti alla panchina, con il sergente Dunga che lo guardava stupito: ma cosa
si sono messi in testa questi? Difesa, contropiede e tanto cuore. Luis Fabiano,
Kakà, Robinho, e Ramires un attacco da almeno 150 milioni di euro contro
Spector, Demerit, Onyewu e Bocanegra gente che viene da West Ham, Watford,
Standard, Rennes non proprio grandi club. I brasiliani hanno trovato almeno
inizialmente una difesa migliore della nostra. Andati gli Usa in vantaggio dopo
appena 10´ hanno perso la testa. Non ci potevano credere: il texano Clint
Dempsey, uno che ha imparato a giocare a soccer con gli immigrati clandestini
messicani, li aveva beffati con una ciabattata di destro da metà area. Lo
tenevano talmente in considerazione che i vari Lucio, Luisao, Maicon e Andre
Santos, si erano scordati di marcarlo. Clint ha esultato e ripetuto al
rallentatore il gesto: visto come gli ho fatto gol a questi? L´eroe della
serata è Tim Howard, portiere dell´Everton ex Manchester Utd, uno con la
passione del basket. E´ stato lui sull´1-0 e sul 2-
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stadi super, alti costi e paura ecco il mondiale che verrà
- johannesburg (sezione: Obama)
Pagina 43 -
Sport Stadi super, alti costi e paura ecco il Mondiale che verrà "E´
assurdo, qui non siamo in zona di guerra" Jordan, attivista
anti-apartheid: "Con questo progetto corriamo uniti nel futuro"
JOHANNESBURG dal nostro inviato Lo stadio è un´enorme "pentola sul
fuoco" - lo chiamano così, o anche "the calabash" la zucca - e
il cantiere è circondato da
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finalmente cabrio sarà il passaporto per l'america? -
salvatore tropea balocco (sezione: Obama)
Pagina 32 -
Automotori Finalmente cabrio sarà il passaporto per l´America? Presentata la
più attesa scoperta della Fiat. L´obiettivo è di 35 mila unità l´anno ma in due
settimane ha già incassato 5 mila ordini. Il listino parte da 16.600 euro per
arrivare a 22.800. In vendita dal 4 luglio. E nel 2011 potrebbe debuttare anche
negli Stati Uniti SALVATORE TROPEA BALOCCO Che cosa rappresentano numericamente
35 mila vetture per un gruppo che ne produce annualmente oltre 2 milioni? La
risposta è che esse non cambiano molto anche se, come si dice, in tempi di
crisi "tutto fa". Se però queste vetture sono le nuove
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l'uomo che trattò per gli ostaggi usa "l'occidente si
muova il meno possibile" - francesca caferri (sezione: Obama)
Pagina 4 -
Esteri Gary Sick è stato membro del National Security Council durante la crisi
con Teheran del 1979 L´uomo che trattò per gli ostaggi Usa "L´Occidente si
muova il meno possibile" FRANCESCA CAFERRI Se c´è un uomo che sa cosa
significhi trattare con l´Iran in un momento di crisi, quello è Gary Sick:
membro del National security council sotto i presidenti Ford, Carter e Reagan,
principale negoziatore della Casa Bianca durante la crisi degli ostaggi del
´79, oggi senior research scholar della Columbia University, sulla crisi di
questi giorni non ha dubbi: «L´Occidente farà meglio a muoversi il meno
possibile se non vuole creare danni all´opposizione». Professor Sick, il
braccio di ferro si fa sempre più duro: cosa può fare L´Occidente? «Il meno
possibile. Questo è uno scontro interno all´Iran: ogni
parola di Obama, ogni presa
di posizione delle cancellerie occidentali si trasforma in una scusa per chi
vuole attaccare il movimento riformista. L´unica cosa che possiamo fare è
richiamare l´Iran al rispetto delle convenzioni internazionali sui diritti
umani e sulla libertà di espressione. Tutto il resto sarebbe
un´interferenza pericolosa». La strategia del dialogo di Obama
è tramontata? «Non escludo che se ne possa riparlare un giorno. Ma oggi è
l´intero Occidente ad accusare l´Iran. E il regime iraniano accusa l´Occidente:
non si può pensare che venga dimenticato presto». Lei è stato in prima linea
nel momento più difficile delle relazioni fra il suo paese e l´Iran: cosa si
aspetta oggi? «Sarà uno scontro lungo. Ricordiamo quello che accadde con
Khomeini: tutti parlano del gennaio ´79, ma la rivoluzione iniziò un anno
prima. Non vorrei arrivare ad usare il termine fascismo: ma qui in campo c´è
uno stato militarizzato e nazionalista, con un´ideologia unica che punta a
controllare ogni settore della società. E che non accetta l´idea di dividere il
controllo con nessuno».
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iran e gran bretagna la lunga battaglia nel golfo - (segue
dalla prima pagina) (sezione: Obama)
Pagina 4 -
Esteri IRAN E GRAN BRETAGNA LA LUNGA BATTAGLIA NEL GOLFO La storia Una via
dedicata a Winston Churchill si chiama da tempo via Bobby Sands, il mito
dell´Ira (SEGUE DALLA PRIMA P
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golpe dei militari in honduras cacciato il presidente
amico di chavez - (segue dalla prima pagina) omero ciai (sezione: Obama)
Pagina 6 -
Esteri Golpe dei militari in Honduras cacciato il
presidente amico di Chavez Obama: violati i diritti democratici. Il Venezuela muove l´esercito La
decisione presa dalla Corte suprema, nominato un capo di Stato ad interim La
scorsa settimana era stato deposto il generale Vasquez Oggi vertice a Managua
(SEGUE DALLA PRIMA P
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albania al voto, affluenza record sali berisha verso la
vittoria - renato caprile (sezione: Obama)
Pagina 18 -
Esteri Albania al voto, affluenza record Sali Berisha verso
la vittoria Lo sfidava Edi Rama, il socialista sindaco di Tirana, l´"Obama dei Balcani" RENATO CAPRILE
Se gli exit poll non mentono, il partito democratico del premier uscente Sali
Berisha avrebbe vinto le elezioni legislative albanesi con un margine di
vantaggio di 5-8 punti sui socialisti dello sfidante Edi Rama. Qualche
dubbio rimane, però. Non fosse altro perché questi exit poll sono i primi in
assoluto con cui si misura la giovane democrazia albanese. I risultati
ufficiali si conosceranno solo giovedì, ma quelli virtuali, diffusi in tempo
reale pochi minuti dopo la chiusure delle urne, hanno già fatto cantare
vittoria alla torcida di Sali Berisha che si è riversata in massa nelle strade
e nelle piazze della capitale. In ogni caso è stato un voto quanto mai regolare
e senza incidenti di rilievo. Un significativo passo in avanti rispetto alle
violenze del passato. L´affluenza è stata record, tanto che molti seggi sono
rimasti aperti ben oltre le 19 per consentire a tutti di esprimere il loro
voto. L´hanno presa sul serio, gli albanesi, questa tornata elettorale per il
rinnovo del Parlamento. In gioco al di là di destra e sinistra, di Berisha e di
Rama, c´era qualcosa di più importante: il vagheggiato ingresso in Europa,
minino comun denominatore del programma degli uni e degli altri. Il sogno di
generazioni e generazioni di albanesi di potersi finalmente muovere senza più
bisogno di gommoni e di visti. Grande partecipazione, dunque, nonostante la
vigilia sia stata arroventata da accuse e polemiche. Soprattutto quelle
relative ai nuovi documenti elettronici validi per accedere ai seggi. A due
giorni dall´apertura delle urne erano almeno 250mila, secondo fonti del
ministero degli Interni, e addirittura 600 mila secondo i socialisti, coloro
che non ne erano ancora in possesso. Un decimo, se non un quinto dell´intero
corpo elettorale, tre milioni di aventi diritto. Tessere e passaporti sarebbero
stati assegnati "con criteri politici" per penalizzare i
simpatizzanti dell´opposizione. L´eterno campione della destra, Sali Berisha,
64 anni, ex presidente, ex cardiologo di Enver Hoxha e premier uscente ce
l´avrebbe dunque fatta. Scandali a parte, non ha governato male. I numeri sono
dalla sua: Pil in crescita anche in questo anno di crisi, ingenti investimenti
nelle infrastrutture stradali e nel settore energetico, adesione alla Nato e
richiesta di adesione alla Ue. Per contro Edi Rama, 44 anni, l´artista
stravagante che ha vissuto a lungo a Parigi, il pittore le cui opere sono
esposte a Berlino e New York, l´"Obama dei
Balcani", come lo hanno ribattezzato i suoi, dovrà aspettare un´altra
occasione. A Tirana, di cui è sindaco dal
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napolitano a capri festeggia gli 84 anni (sezione: Obama)
Pagina 12 -
Interni Napolitano a Capri festeggia gli 84 anni CAPRI - Giorgio Napolitano
festeggia oggi a Capri, dove sta trascorrendo alcuni giorni di vacanza con la
moglie Clio, il suo compleanno. Nato a Napoli il 29 giugno
1925, il capo dello Stato compie 84 anni e li celebrerà in forma privata, con la
consorte ed alcuni amici di vecchia data. Napolitano rientrerà già in serata a
Roma dove, nei prossimi giorni, lo attendono gli incontri con il presidente
cinese Hu Jintao (il 6 luglio) e con Barak Obama (l´8 luglio)
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E Michael disse:
Corriere
della Sera sezione: Cronache data: 29/06/2009 - pag: 22 La morte di Jackson
Giallo sull'eredità, alcuni consulenti finanziari parlano di due testamenti E
Michael disse: «Sono un uomo finito» L'ex tata dei figli: costretta a fargli
lavande gastriche per liberarlo dai farmaci DAL NOSTRO CORRISPONDENTE NEW YORK
Misteri, lacrime e fango. Quattro giorni dopo la morte di Michael Jackson
schiere di suoi ex impiegati si fanno avanti per consegnare alcuni dietro
compenso sconcertanti rivelazioni sul suo conto, che il Re del Pop non potrà
mai confermare né smentire. L'ultima macchia alla memoria viene dall'ex tata
dei suoi tre figli, la 42enne ruandese Grace Rwaramba, che in un'intervista al
Times di Londra afferma di avergli «effettuato più volte delle lavande
gastriche per rimuovere pericolosi mix di medicinali che aveva assunto».
«Dovevo ripulirgli spesso lo stomaco spiega la donna, che sarà interrogata
dagli inquirenti . Prendeva tantissimi farmaci e c'erano giorni in cui stava
così male che impedivo ai bambini di vederlo». Un giorno la tata avrebbe
chiamato la madre e la sorella del cantante per costringerle ad intervenire,
«convincendo Michael ad abbandonare la sua dipendenza dai medicinali». Questa
cosa lo fece infuriare al punto che Jackson la licenziò, dopo 17 anni al suo
servizio, accusandola di «tradimento». Al tabloid britannico News of the World
la bambinaia dice di essere stata contattata poche ore dopo la morte del
cantante da uno dei suoi familiari, la cui unica morbosa domanda era: «sai dove
nascondeva i soldi?». «In realtà Michael era talmente al verde puntualizza la
Rwaramba che spesso dovevo usare la mia carta di credito per comperare regali e
palloncini per i compleanni dei suoi figli». La sua improvvisa scomparsa adesso
rischia, paradossalmente, di aiutare i tre eredi a colmare la montagna di
debiti lasciati dal padre. Anche se anonimi ex consulenti finanziari di Jackson
citati dalla stampa inglese affermano sibillini che «potrebbe aver lasciato non
uno, ma due testamenti». Intanto la raccolta dei suoi maggiori successi,
«Number One», ha già scalato l'hit parade inglese, piazzandosi al primo posto.
E secondo gli addetti ai lavori il miracolo si ripeterà nel resto del mondo. Un
destino a dir poco ironico, per un artista che a detta del reporter
investigativo Ian Halperin «non era neppure più in grado di cantare» perché
«fisicamente e psicologicamente al capolinea». Una settimana prima di morire
Jackson avrebbe rivelato di considerarsi «un uomo finito». «Jackson è stato
ucciso dall'avidità», punta il dito Halperin, che ha vissuto cinque anni tra il
suo entourage, mentre preparava un libro e un documentario su di lui. «Se non
fosse per i banchieri, agenti, dottori e consiglieri che l'hanno costretto a
imbarcarsi nella massacrante tournee inglese», accusa, «sarebbe ancora vivo».
Le polemiche sono destinate a durare mesi. Ieri la famiglia è tornata
all'attacco contro il Dr. Conrad Murray, il cardiologo personale di Jackson,
che è uscito da tre ore di colloquio con gli investigatori, nel weekend, non come
una persona sospetta ma da «semplice testimone della tragedia». Una fonte
vicina ai familiari della star ha bollato come «prematura» questa conclusione.
«I risultati dell'autopsia porteranno ad un'inchiesta criminale», ha assicurato
ieri alla Cnn il reverendo Jesse Jackson, portavoce del clan. Che definisce
Murray «un incompetente » per aver praticato il massaggio cardiaco tenendolo
sul letto, invece che su una superficie rigida come ogni medico dovrebbe
sapere. Ieri anche il presidente Barack Obama ha scritto una lettera personale
di condoglianza alla famiglia, mentre l'annuale Oscar nero organizzato ad
Hollywood veniva trasformato in un tributo alla memoria di Jacko. «Michael sarà
ancora più grande da morto che da vivo ha detto il patriarca Joe Jackson alla
FoxTv . Vorrei tanto che potesse vedere il diluvio di affetto scatenato
dalla sua morte ». Alessandra Farkas SPECIALE con video e foto di Michael
Jackson su www.corriere .it I messaggi Malesia: un fan scrive una dedica a
Michael Jackson durante una veglia organizzata a Kuala Lumpur (Khan/Afp) Il
cardiologo Il medico personale sentito tre ore dagli investigatori, ma non
risulta indagato La lettera di Obama Il presidente
americano ha scritto una lettera di condoglianze alla famiglia
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Iraq, Iran e Corea del Nord: l'
Corriere
della Sera sezione: Opinioni data: 29/06/2009 - pag: 10 DOPO SETTE ANNI I TRE
PAESI CONDIZIONANO LA STRATEGIA POLITICA USA Iraq, Iran e Corea del Nord:
l'«asse del male» che non si sgretola di ROBERT D. KAPLAN S ette anni e mezzo
fa, correva l'anno 2002, nel suo discorso alla nazione l'allora presidente
George W. Bush dichiarò che i regimi di Iraq, Iran e Corea del Nord
rappresentavano l'«asse del male» e mise gli Stati Uniti sul piede di guerra
contro di loro. In termini retorici, la frase fu un'invenzione di grande
successo e venne rimbalzata incessantemente dai media. Ma in termini operativi,
le conseguenze furono tragiche. La frase aiutò Bush a raccogliere consensi per
l'invasione dell'Iraq, che cancellò il male, incarnato dalla dittatura di Saddam
Hussein, per sostituirlo ahimè con un male assai peggiore, l'anarchia, che ha
fatto centinaia di migliaia di vittime tra gli iracheni e quattromila morti tra
le forze armate americane. Per di più, il termine ha alienato la leadership
iraniana, con la quale, a seguito dell'invasione americana dell'Iraq, era
auspicabile instaurare un ravvicinamento funzionale, tenendo conto del fatto
che l'Iraq è il nemico storico dell'Iran. Infine, la frase ha condotto a una
politica controproducente che ha tagliato ogni possibilità di dialogo con la
Corea del Nord, spingendo i rapporti tra i due Paesi in un vicolo cieco. Non
avendo raggiunto alcun risultato con il rifiuto di qualsiasi approccio,
l'America (ancora sotto Bush) è tornata al tavolo delle trattative cinque anni
più tardi. E Kim Jong-Il non ha certo perso tempo e nel frattempo ha mandato
avanti il suo programma nucleare che mira alla bomba atomica. A che punto siamo
oggi? Tutti e tre i Paesi dell'«asse del male» continuano ad avere un peso
determinante nell'evoluzione della strategia politica americana. L'amministrazione del presidente Barack Obama ha concentrato gli sforzi per migliorare il dialogo con Baghdad,
Teheran e Pyongyang. Dal
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No R 43,9 (sezione: Obama)
Corriere
della Sera sezione: Lettere al Corriere data: 29/06/2009 - pag: 31 La tua
opinione su corriere.it Prima approvazione negli Usa della
legge sul taglio dei gas serra. Obama ha fatto abbastanza? SUL WEB Risposte alle 19 di ieri Sì R 56,1
No R 43,9 La domanda di oggi D'accordo nel sopportare i disagi provocati dalla
sospensione del trattato di Schengen per motivi di sicurezza in vista del G8?
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Nulla sarà più come prima per gli
Corriere
della Sera sezione: Sport data: 29/06/2009 - pag: 37 Sfavoriti Non avevano
alcuna chance, invece sono riusciti a spaventare i maestri del calcio Nulla
sarà più come prima per gli «underdog» DAL NOSTRO CORRISPONDENTE WASHINGTON
L'illusione degli underdog è durata 85 minuti. Il nuovo «miracolo sull'erba»
non c'è stato. Ma nulla sarà più lo stesso per il calcio americano, dopo la
straordinaria notte di Johannesburg, dove la nazionale Usa ha tenuto testa ai
maestri brasiliani, costringendoli a inseguire fino a pochi minuti dalla fine.
Landon Donovan e compagni non hanno fatto l'impresa. Ma da ieri anche loro
appartengono all'immaginario della nazione, almeno tanto quanto gli eroi del
baseball e del football. Per quello che hanno fatto, nonostante si siano
fermati a un passo dal trionfo: «Non esistono vittorie morali chiosa il New
York Times ma quello che abbiamo visto augura soltanto buone cose per gli Stati
Uniti in futuro ». E soprattutto perché hanno ancora una volta incarnato uno
dei più forti miti americani, quello di chi parte con gli sfavori del
pronostico, l'underdog appunto. L'America ama i vincitori, ma non ama i
favoriti. Stare di fronte agli altri alla vigilia di una gara, di una partita,
di un'elezione politica, può essere un posto molto pericoloso. Chiedetelo a
Hillary Clinton o ai New England Patriots, rispettivamente ex inevitabile
candidata democratica alla Casa Bianca ed ex inevitabili vincitori del
Superbowl 2008. Oppure chiedetelo ad Al Gore, che con grande autoironia dopo la
sconfitta nelle elezioni del 2000, si presentava in pubblico dicendo: «Sono
l'ex prossimo presidente degli Stati Uniti». L'America ama gli underdog, quelli
che in apparenza non hanno chance ma che «raise to the occasion», sanno
diventare giganti nella tenzone: i Davide che sconfiggono Golia. Cos'è stata la vittoria di Barack Obama, se non l'irresistibile ascesa di un candidato improbabile che
non poteva mai vincere, di fronte a un avversario predestinato? Un manto,
quello dell'underdog, del quale si sono coperti anche personaggi che hanno
fatto la Storia. Come Harry Truman, dato per spacciato alle elezioni del 1948,
salvo poi vincerle dopo essersi autodefinito «the comeback kid», il
ragazzo che parte da dietro e recupera finendo in testa. «Sembra che siamo
biologicamente attrezzati a tifare per gli underdog», ha scritto Michael
Scroccaro su the American Thinker. E la ragione è che tutti, o quasi, conoscono
nel corso della vita il disagio di trovarsi in quella condizione. Anche la
nazionale di calcio era underdog. Le è servito con la Spagna, le è quasi
servito col Brasile. C'è mancato poco. Ma l'America ha capito. E da ieri, il
soccer negli Usa non è più figlio di un Dio minore. Paolo Valentino Lacrime
americane Il pianto di Clint Dempsey dopo la sconfitta (Ap/Calanni) Un posto
tra i grandi La stampa celebra i più deboli che hanno sfiorato l'impresa,
portando finalmente il «soccer» nel pantheon dello sport nazionale
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Iran, è una lotta fra ayatollah (sezione: Obama)
di BERNARDO
VALLI LA PROTESTA è stata dispersa, frantumata, almeno per ora, dalle milizie
islamiche, e adesso, con le piazze deserte, il regime basato su un voto
inquinato cerca di squalificare quella protesta di massa. Non era una spontanea
collera popolare, esplosa all'interno della società, ma un complotto ordito dai
nemici storici dell'Iran. Questo dicono, in coro, la Guida suprema Khamenei e
il presidente Ahmadinejad, e con loro tutti gli artefici dell'elezione
contestata. La trionfante comitiva dei repressori tenta di darsi una
legittimità denunciando la mano straniera alle spalle dei milioni di
manifestanti che hanno fatto barcollare la Repubblica islamica. E, frugando più
nel passato che nel presente, sceglie come bersaglio principale delle invettive
la vecchia Inghilterra. La riesumazione dell'ex potenza coloniale, ormai più
presente nei testi di storia che nelle memorie, equivale a un colpo di scena.
Sembra un trucco teatrale ad uso non soltanto interno. È un'idea geniale
mettere sotto accusa l'ex impero britannico, un tempo tanto presente nella
regione, e in particolare coautore, con la Cia, nel 1953, del colpo di Stato
contro Mohammed Mossadegh, colpevole di avere nazionalizzato il petrolio e di
avere cacciato (temporaneamente) lo shah e la moglie Soraya. La storia alimenta
così il sempre vivo orgoglio della patria persiana. Khamenei e Ahmadinejad
agitano polverosi fantasmi capaci di accendere l'immaginazione popolare:
espellono (la settimana scorsa) due diplomatici britannici provocando la risposta
di Londra, che espelle a sua volta due diplomatici iraniani. È un conflitto
incruento destinato ad avvalorare la tesi della mano straniera dietro la
protesta di piazza. OAS_RICH('Middle'); Seguendo lo stesso copione, viene messo
alla porta il corrispondente della Bbc, voce della perfida Albione che diffonde
in lingua farsi notizie ignorate o truccate dalle emittenti iraniane. Ulteriore
colpo di teatro, nelle ultime ore: l'arresto di impiegati iraniani
dell'ambasciata di Gran Bretagna, accusati di essere tra gli ammiratori del
complotto contro la Repubblica islamica. Questa è una prima lettura, direi
classica. Il regime squalifica gli oppositori, denunciando interessi stranieri
alle loro spalle, e rilancia lo scontro con l'Occidente. È una tattica elementare.
Ma perché indicare come principale nemico la vecchia potenza coloniale, e non
il "grande satana", ossia gli Stati Uniti? Anche a loro sono
indirizzate le accuse di Teheran. Barack Obama non è risparmiato. Viene descritto
come una brutta copia di Bush Jr. E la Cia non è trascurata. Sarebbe difficile
ignorarla. La stessa stampa americana ha più volte dato notizia dei milioni di
dollari destinati da Washington, ai tempi di Bush Jr., alla
"destabilizzazione" della Repubblica islamica, sospettata di
preparare armi nucleari. Tuttavia l'America non è il bersaglio principale. Non
è risparmiata, è investita frontalmente, ma l'Inghilterra fa da schermo. Pur
ricorrendo agli stereotipi dei momenti di crisi, ad uso interno, l'ayatollah
Khamenei e il presidente Ahmadinejad esitano a sbattere la porta in faccia a
Barack Obama. Con lui dovranno affrontare un giorno la
questione nucleare, la quale resta all'ordine del giorno, chiunque sia
ufficialmente al potere a Teheran. Attaccare l'Inghilterra costa poco. La
vecchia potenza coloniale è, appunto, uno schermo ideale. Il bersaglio inglese
rivela anche l'incerta situazione interna al gruppo dirigente che, secondo Mir
Hussein Moussavi, il leader dell'opposizione repressa, ha preparato e compiuto
il "colpo elettorale". L'Inghilterra è un bersaglio provvisorio,
nell'attesa che si chiariscano gli equilibri tra le varie correnti. I
comandanti della Guardia rivoluzionaria, espressione dell'estrema destra e
della seconda generazione dall'avvento della Repubblica islamica, sarebbero i
veri autori del colpo elettorale. Avevano vent'anni nel '78-'79, quando
l'ayatollah Khomeini arrivò al potere, e hanno vissuto tutte le successive
prove: la guerra contro l'Iraq di Saddam Hussein; la repressione interna
avvenuta a conclusione di quel conflitto; la precedente eliminazione dei
Mujahiddin Khalq, gli islamici di sinistra decimati ed esiliati; la morte di
Khomeini e la nomina di Khamenei al suo posto, come guida suprema, ossia vero
capo dello Stato. Nel corso degli anni si è formata la forte corrente di
estrema destra che ha via via preso il controllo della Guardia rivoluzionaria.
I nomi più noti sono quelli oggi alla sua testa: i generali Jafari e Javani,
che hanno accusato Moussavi di promuovere una "rivoluzione di
velluto". Ex della Guardia rivoluzionaria hanno invece fatto carriera
nella burocrazia: il ministro degli Interni Sadegh Mahsouli, il suo vice Kamran
Daneshjou, supervisore delle elezioni, e lo stesso presidente Ahmadinejad. Il
loro ispiratore è l'ayatollah Mohammed Taghi Mesbah Yazdi, il più conservatore
dei grandi capi religiosi. Molti si sono formati nel suo seminario "la
scuola Haghani" a Qom. L'ayatollah Mesbah, così è chiamato in Iran, è noto
per le sue sentenze. Ne viene spesso citata una: "Non ha importanza quel
che pensa la gente. La gente è ignorante come una capra". Gli attuali capi
dell'intelligence, come non pochi responsabili delle milizie Bassiji,
formazioni paramilitari controllate dalla Guardia rivoluzionaria, sono
discepoli dell'ayatollah Mesbah. Il quale, prima delle elezioni, avrebbe
lanciato una fatwa che autorizzava l'uso di qualsiasi mezzo al fine di far
rieleggere Ahmadinejad. L'ayatollah Mesbah e lo stesso Ahmadinejad citano di
rado la Repubblica islamica, preferiscono parlare di governo islamico.
L'espressione "repubblica" non va a genio né a l'uno né all'altro,
implica un coinvolgimento popolare e quindi elezioni che essi tendono a
rifiutare. Il potere discende direttamente dalla volontà di dio, e loro ne sono
gli interpreti. Per questo attendono che l'ayatollah Khamenei, malandato di
salute e non del tutto allineato sulle loro posizioni, tolga il disturbo. Per
designare il successore. Ma la lotta tra le varie correnti non si è ancora
conclusa. (29 giugno 2009
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Golpe Honduras, sfida al coprifuoco E si riunisce il
Consiglio dell'Onu (sezione: Obama)
MANAGUA
(Nicaragua) - Golpe in Honduras, si muova la comunità internazionale.
L'Assemblea generale delle Nazioni unite si riunisce d'urgenza oggi per
esaminare la situazione politica in Honduras, dove il presidente Manuel Zelaya
è stato destituito e costretto a partire per il Costa Rica da un golpe
militare. Migliaia di sostenitori di Zelaya hanno deciso di sfidare il
coprifuoco di due giorni imposto dal nuovo capo dello Stato designato Roberto
Micheletti, protestando sotto il palazzo presidenziale di Tegucigalpa, capitale
hunduregna. Il coprifuoco è di 48 ore in tutto il Paese a partire dalle 21 di
ieri, le
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Iran, parte il riconteggio dei voti (sezione: Obama)
Cinque dei
nove addetti iraniani dellambasciata britannica a Teheran
arrestati ieri sono stati rilasciati. Lo ha annunciato il ministero degli
Esteri britannico, mentre in 22 distretti elettorali di Teheran e in altre province dellIran è cominciato un nuovo spoglio su un campione casuale
del 10% delle schede delle elezioni presidenziali del 12 giugno scorso. Quella
di ieri è stata una giornata nuovamente segnata dalle proteste di piazza e
dalla repressione sanguinosa. Iraniani che lavorano per lambasciata
britannica a Teheran sono stati arrestati, stando allagenzia Fars:
avrebbero avuto «un ruolo attivo e importante» nei disordini seguiti alle
elezioni presidenziali del 12 giugno. Per il governo inglese, che ha chiesto limmediato rilascio dei funzionari, si tratta di «minacce e
intimidazioni». La guerra diplomatica fra Teheran e Londra era iniziata già una
settimana fa, quando il ministro degli Esteri iraniano Manucher Mottaki aveva
accusato il Regno Unito di aver ordito un complotto contro il governo iraniano per
manomettere il risultato delle elezioni. Poi lespulsione
da parte della Repubblica islamica di due diplomatici britannici, seguita a
ruota da un analogo provvedimento di rappresaglia da parte del primo ministro Gordon Brown.
Gli ayatollah avevano anche allontanato dalla capitale il corrispondente della
Bbc John Leyne, sospettato di sostenere le manifestazioni contro il governo di
Ahmadinejad. Nei giorni scorsi il ministro dellIntelligence,
Gholamhossein Mohseni-Ejei, aveva affermato che tra gli identificati come
fomentatori dei disordini vi erano alcune persone con passaporto britannico.
Una fonte vicina allambasciata britannica a Teheran
ha detto che larresto dei funzionari dellambasciata risale a sabato. Alla
rappresentanza diplomatica lavorano più di 100 persone, fra cui 70 dipendenti
locali. «Lidea per cui lambasciata britannica sarebbe in
qualche modo dietro le manifestazioni e i movimenti di protesta che si sono
verificati a Teheran è totalmente priva di fondamento» ha commentato il
titolare del Foreign Office, David Miliband. Dallavvio
della crisi post-elettorale in Iran, il regime dei mullah accusa
lOccidente di aizzare la contestazione e denuncia apertamente Londra e
Washington per ingerenze. I ministri degli Esteri dellUnione
Europea, che hanno discusso del dossier a Corfù a margine di una riunione Osce,
hanno espresso il loro sostegno agli inglesi con una dichiarazione comune che
«riafferma la solidarietà fra Paesi membri». «Non possiamo accettare larresto dei funzionari di unambasciata» ha osservato
il ministro degli Esteri Franco Frattini. Mentre un portavoce del Foreign
Office ha avvertito che qualsiasi altro incidente di questo tipo comporterà una
«risposta forte e unita da parte dellUnione Europea». Per il momento non
è chiaro se Londra richiamerà o meno lambasciatore nella Repubblica
islamica. In ogni caso, lEuropa intende lasciare la porta aperta alla
ripresa del dialogo sul nucleare, cercando di mantenere il delicatissimo equilibrio di questi giorni
fra le critiche davanti alle violenze di Teheran e la necessità di evitare lisolamento dellIran a livello internazionale.
«Vorremmo tanto avere la possibilità di riavviare al più presto colloqui
multilaterali con lIran sulle importanti questioni nucleari» ha spiegato, sempre
da Corfù, lAlto Rappresentante per la Politica Estera Ue Javier
Solana. Propositi, questi, condivisi dallamministrazione americana che
attraverso la voce dei suoi più alti funzionari ha ribadito domenica di spingere per sedersi al
tavolo con gli iraniani, nonostante gli ultimi attacchi del presidente Mahmoud
Ahmadinejad nei confronti di Washington. «Non intendiamo premiare lIran. Vogliamo solo sederci e parlare con gli iraniani, per
offrire loro due alternative. Una comporta il loro rientro nella comunità delle
nazioni, e laltra ha conseguenze molto dure» ha spiegato il
super-stratega di Obama David Axelrod. «Siamo consapevoli
- ha aggiunto - del fatto che le armi nucleari in Iran e la denuclearizzazione
dellintera regione sono una minaccia per il Paese, per
tutti i Paesi nella regione, e nel mondo. E dobbiamo affrontarlo. Non possiamo
lasciar correre».
Nonostante tutto va avanti il processo di normalizzazione, con una nuova
manifestazione di 3mila persone repressa dalle forze dellordine con bastoni e gas lacrimogeni, vicino a una moschea
nel nord della capitale. Mentre le forze di sicurezza cominciavano a sparare i
lacrimogeni, i manifestanti hanno risposto urlando slogan come: «Dovè il mio voto?». Alcuni giovani si sarebbero messi a gridare
contro la polizia, prima che laggressione di unanziana signora da
parte delle forze dellordine scatenasse gli scontri veri e propri. I testimoni
raccontano di manifestanti con gambe e braccia rotte dalle percosse della
polizia.
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La cyberguerra divide Usa e Russia (sezione: Obama)
La difesa del
cyberspazio dagli attacchi degli hacker divide Stati Uniti e Russia a una
settimana dal summit al Cremlino fra Dmitry Medvedev e Barack Obama. Lintenzione di entrambi
i presidenti è di siglare un accordo bilaterale per proteggere Internet da intrusioni
spionistiche e aggressioni di virus ma la differenza sta nel come farlo: la
Russia preme per redigere un trattato internazionale ad hoc, sul modello di
quello già esistente per il bando delle armi chimiche, mentre gli Stati Uniti
vorrebbero piuttosto un accordo fra le reciproche agenzie di sicurezza digitale
sul modello della Convenzione europea contro la cyber-criminalità, che è stata
finora siglata da 22 Paesi, America inclusa. La distanza fra le due capitali va
ben oltre la formulazione diplomatica dellintesa e
concerne lapproccio stesso alla lotta agli hacker. La priorità per il
Cremlino è in quello che Vladislav Sherstyuk, vicesegretario del Consiglio di
sicurezza russo, definisce il «disarmo nel cyberspazio» ovvero il divieto per
una singola nazione di detenere i codici di virus-killer da poter attivare a
distanza nel cyberspazio di unaltra nazione puntando,
più in generale, sulla formula del trattato internazionale per assegnare agli
Stati una
maggiore responsabilità sul controllo di quanto avviene sulla rete. Ma per lamministrazione Obama questa è una
strada al alto rischio perché può portare ad aumentare la censura sul web,
consentendo a regimi totalitari di stringere il controllo sulle comunicazioni
online dei propri cittadini, dando legittimità internazionale a blocchi di
Internet simili a quello avvenuto nelle ultime due settimane in Iran. Anziché
affidare agli Stati il controllo su Internet, come il trattato comporterebbe,
Washington preferisce dunque raggiungere gli stessi scopi - come disinnescare i
virus-killer dormienti - attraverso una più stretta collaborazione fra le
diverse agenzie nazionali responsabili di garantire la sicurezza delle
comunicazioni online. Uno degli scenari per realizzarlo potrebbe essere ladesione della Russia - come anche della Cina - alla
convenzione europea. La difficoltà nellarmonizzare le opposte posizioni
sta nel fatto, come spiega al New York Times Herbert Lin coordinatore di uno
studio ad hoc del Consiglio nazionale delle Ricerche Usa, «sono gli Stati che
possono lanciare attacchi dal web celandosi dietro false sigle per non farsi
riconoscere». Da qui lobiezione dei russi agli
americani sul fatto che un sistema basato solo sulla cooperazione intergovernativa potrebbe
dimostrarsi inefficace per il semplice motivo che potrebbe essere proprio un
singolo Stato a barare, lanciando in segreto attacchi che formalmente si è
impegnato a respingere. La recente decisione della Casa Bianca di autorizzare
il Pentagono a creare un comando militare ad hoc per la cybersicurezza conferma
lintenzione di Obama di procedere a
ritmi accelerati verso la blindatura della rete americana ed è proprio questa
scelta che ha spinto il Cremlino a proporre una soluzione immediata, al fine di
disinnescare possibili future tensioni bilaterali. A complicare lo scenario ci
sono le indiscrezioni che rimbalzano dalla «intelligence comunity» sulla
convinzione che la maggior parte dei più pericolosi attacchi informatici contro
gli Stati Uniti arriverebbero da siti-fantasma russi e cinesi. Sarebbero almeno
50 mila i blitz condotti dagli hackers ogni giorno contro il cyberspazio
americano, ponendo una minaccia diretta al funzionamento del governo e dei più
importanti settori delleconomia.
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Golpe in Honduras, il mondo dice no (sezione: Obama)
WASHINGTON Il
mondo condanna il colpo di stato in Honduras di cui è stato vittima il
presidente Manuel Zelaya. Dagli Stati Uniti allUnione
Europa agli Stati di Centro e Sud America, tutti sono concordi nel rifiutare la
destituzione di Zelaya e a chiedere il ripristino dei principi democratici. Per
una volta parlano tutti allunisono, da Obama
a Castro, da Hugo Chavez al ministro degli esteri italiano Franco Frattini.
Subito dopo essere stato portato in Costa Rica, il presidente Zelaya in
collegamento con la tv venezuelana Telesur e con la CNN in spagnolo, aveva
posto al presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, questa domanda: «Obama, ci sei tu dietro a tutto
questo?». Immediata la risposta da Washington: «No» hanno subito risposto fonti
della Casa Bianca. E nel giro di pochi minuti è arrivata attraverso un
comunicato la dichiarazione ufficiale dello stesso Obama: precisando di essere «molto preoccupato», il presidente
degli Stati Uniti ha detto. «Chiedo a tutti gli attori politici e sociali in
Honduras di rispettare le norme democratiche, la legge e gli impegni della
Carta democratica inter-Americana. Ogni tensione esistente e ogni contesa deve
essere risolta in modo pacifico attraverso un dialogo libero da interferenze
esterne», ha detto Obama. La sua dichiarazione è stata
seguita da quella del segretario di Stato americano, Hillary Clinton.
«Chiediamo a tutte le parti in Honduras di rispettare lordine costituzionale e la legge, di riaffermare la loro
vocazione democratica e di impegnarsi a risolvere le loro divergenze
politiche in modo pacifico e attraverso mil dialogo», ha affermato. A breve
sono giunte quindi nel corso della giornata le dichiarazioni di condanna dei
ministri degli Esteri dellUnione Europea, e via via
quelle dei singoli Paesi del Centro e del Sud America, dal Venezuela allArgentina, dallEcuador al Messico. Il presidente della
Organizzazione degli Stati Americani (Osa), Josè Miguel Insulza, ha condannato
il «colpo di stato» messo a segno «da un gruppo militare»; i ministri degli
Esteri dell Ue, riuniti a Corfù, in Grecia, hanno «condannato con forza
larresto del presidente dellHonduras», auspicando «un rapido
ritorno alla normalità»; così hanno fatto, con toni più o meno forti, i Paesi
del Centro e del Sud America, dal Venezuela a Cuba, dal Messico al Brasile, dallEcuador allArgentina, dal Salvador alla Colombia. Un
coro di no, in cui seppur con toni diversi tutti esprimono «profonda
costernazione per la rottura dellordine costituzionale». Intanto in
Honduras il presidente del Parlamento designato capo dello Stato, Roberto Micheletti, ha
dichiarato un coprifuoco di 48 ore in tutto il Paese a partire dalle 21 di ieri
e respinto le minacce di intervento militare del capo dello Stato venezuelano
Hugo Chavez dopo il colpo di stato. «Vedo con molta preoccupazione quello che
dice Chavez senza riflettere, che non venga a minacciarci», ha ammonito
Micheletti, aggiungendo di essere «totalmente sicuro del nostro esercito, che è
pronto ad intervenire». Il destituito presidente Manuel Zelaya è invece
arrivato allaeroporto di Managua, in Nicaragua, ed è stato
ricevuto dagli appalusi e dagli abbracci del padrone di casa, il presidente
Daniel Ortega, e dei suoi colleghi, il venezuelano Hugo Chavez e
lecuadoriano Rafael Correa. A Managua Zelaya parteciperà ad una riunione
urgente dellAlternativa bolivariana per le Americhe (ALBA) che
chiederà la restituzione del suo incarico e incontrerà il cancelliere cubano
Bruno Rodriguez, in rappresentanza del presidente Raul Castro. LHonduras
resta così in attesa dopo il colpo di stato che ieri ha visto lesercito destituire il presidente e designare il suo
successore, Roberto Micheletti, non riconosciuto da nessun Paese. Prima di
partire per Managua dalla Costa Rica, dove era stato portato con la forza,
Zelaya ha
commentato che Micheletti si è «politicamente suicidato». Nella notte a
Tegucigalpa centinaia sostenitori del presidente deposto, sfidando il
coprifuoco, si sono riversati in strada a colpi di slogan e hanno incendiato
cassonetti davanti allesercito schierato nel centro
della capitale. Sindacati e altri rappresentanti dei settori della società
hanno annunciato per oggi uno sciopero generale, chiedendo il ritorno di Zelaya.
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"Gli scandali di Berlusconi alla prova del G8" (sezione: Obama)
LONDRA - Un
giornale lo paragona a "un imperatore romano, che si lancia in iniziative
lontano da casa propria per distogliere l'attenzione dai suoi problemi
domestici". Un altro ipotizza che i problemi domestici lo seguiranno anche
quando si occupa di affari internazionali, con la possibilità che i magistrati
baresi lo "chiamino a testimoniare" alla vigilia o nei giorni del
summit del G8. Un terzo riporta che la sua popolarità è scesa rapidamente
"sotto il 50 per cento", e che continua a perdere consensi, in
particolare tra "donne, giovani e cattolici praticanti". Sono alcuni
degli articoli sul caso Berlusconi che appaiono oggi sulla stampa straniera.
Interessati alla vicenda fin dall'inizio, i media stranieri la mettono ora
sotto una lente d'ingrandimento per la prossimità con il vertice del G8, che
richiamerà inevitabilmente l'attenzione del mondo sul paese ospitante,
l'Italia, e sul suo leader, che ha la presidenza di turno del "club più
esclusivo del mondo", come viene soprannominato il Gruppo delle democrazie
più ricche della terra. E' il quotidiano Independent di Londra a fare un
paragone tra Silvio Berlusconi e gli imperatori di Roma antica: "Allo
stesso modo, confrontato da una serie di scandali interni che farebbero
imbarazzare l'imperatore Tiberio, il primo ministro italiano sale sul
palcoscenico mondiale", oggi annunciando il programma del G8, poi partendo
per la Libia dove incontrerà Gheddafi, quindi la settimana prossima ospitando
il presidente Obama e gli altri
leader del G8 all'Aquila. "Voci in patria e all'estero si chiedono se i
suoi problemi interni diminuiranno la sua capacità di affrontare importanti
questioni globali", come l'immigrazione, il cambiamento climatico, la
crisi iraniana, scrive Michael Daly da Milano, ricordando le indiscrezioni dei
giorni scorsi secondo cui Berlusconi avrebbe detto al premier israeliano
Netanyahu che Obama è "debole" sull'Iran, un
commento che non è certo stato gradito a Washington, e altre recenti prese di
posizioni del leader del Pdl che hanno suscitato irritazione tra i nostri
alleati. OAS_RICH('Middle'); Il Times di Londra riporta che il presidente del
Consiglio potrebbe essere chiamato a deporre, come testimone, nell'indagine su
Giampaolo Tarantini, l'uomo d'affari pugliese che portava modelle ed escort alle
sue feste in Sardegna e a Roma, il quale è ora inquisito non solo per
"incitamento alla prostituzione ma anche per traffico di cocaina. Il
quotidiano londinese scrive che gli inquirenti pugliesi stanno esaminando
dichiarazioni rese alla polizia di Olbia, in Sardegna, l'estate scorsa, da due
donne che dissero di "essersi sentite male" dopo un party nella villa
di Tarantini, che è vicina a quella di Berlusconi, apparentemente dopo avere
preso della droga. E l'inchiesta, aggiunge il Times, si sta allargando al
possibile reclutamento di "donne straniere", dopo che Barbara
Montereale, una delle invitate a Villa Certosa, ha affermato di avere visto in
un'occasione numerose "donne slave o dell'Est Europa che sembravano di
casa" alla villa del premier. Convocare Berlusconi come testimone "è
possibile ma è al momento solo un'ipotesi", dice Marco Dinapoli, uno dei
magistrati che indagano, citato dal Times. Il giornale scrive che, secondo la
polizia, Tarantini e Berlusconi si parlavano "circa 20 volte al
giorno" l'estate scorsa prima e dopo le vacanze di Ferragosto. Sempre sul
Times, che pubblica in un riquadro a parte la nuova versione delle "dieci
domande" presentate al premier italiano da "Repubblica", ci sono
indicazioni sul calo di popolarità di Berlusconi, il cui indice di gradimento
secondo un sondaggio pubblicato lo scorso fine settimana sarebbe sceso
"sotto il 50 per cento", con un calo particolarmente forte "tra
donne, giovani e cattolici praticanti". Un altro giornale inglese, The
Age, dedica a Berlusconi un lungo ritratto, chiedendosi che peso avranno le
polemiche degli ultimi due mesi sul summit del G8 e più in generale se il
premier riuscirà a conservare il potere. A Berlusconi dedica oggi una pagina
anche l'americano Wall Street Journal, con un'inchiesta da Porto Rotondo su un
altro filone dello scandalo, passato in questi giorni in secondo piano ma non
tramontato: il rapporto tra Berlusconi e Noemi Letizia, e soprattutto le foto
di Antonello Zappadu, il fotografo autore degli scatti delle feste a Villa Certosa,
alcuni dei quali sono stati pubblicati dal quotidiano spagnolo El Pais. (29
giugno 2009
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Honduras, l'opposizione si organizza E il mondo condanna
il colpo di Stato (sezione: Obama)
WASHINGTON LHonduras è in regime di coprifuoco, ordinato da Roberto
Micheletti Bain, il presidente della Camera che ha preso il posto del
presidente eletto, Manuel Zelaya, deposto ieri dai militari ed estradato in Costa
Rica. Ma lopposizione si sta organizzando per reagire. Vaste
zone del paese sono in black out elettrico ed informativo. Secondo la
testimonianza di una cooperante citata dal sito di un giornalista italiano,
Gennaro Carotenuto, appena deposto Zelaya «hanno spento tutto, hanno chiuso il Canal 8, lunico favorevole al governo e poi anche tutti gli altri». Il
colpo di stato di ieri è stato duramente condannato a 360 gradi: dallOnu,
dallOsa, dagli Stati Uniti e da Cuba. Il presidente dellAssemblea Generale del Palazzo di Vetro, Miguel
dEscoto, ha parlato di «operazione criminale». Il presidente americano
Barack Obama si è detto subito «molto preoccupato». A Cuba Fidel
Castro ha affermato che i golpisti «neanche respirano senza lappoggio degli Stati Uniti», ma ha osservato che «perfino la signora
Clinton ha dichiarato che Zelaya è lunico
presidente dellHonduras» ed ha previsto una breve durata per il golpe: «I
golpisti, rinchiusi e isolati, non hanno alcuna salvezza se si affronta al problema con fermezza».
I leader dei partiti di sinistra si stanno preparando a manifestare il loro
appoggio a Zelaya, mentre migliaia di dimostranti - secondo quanto detto allagenzia
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Iraq, gli americani se ne vanno feste in strada per la
'liberazione' (sezione: Obama)
BAGHDAD - A
sei anni dalla guerra che aveva diviso l'occidente e, forse, anche il mondo
intero, le truppe americane inizieranno domani il primo passo verso il ritiro
dall'Iraq, che dovrebbe essere completato entro la fine del 2011. Per Barack Obama, il presidente che deve restituire credibilità all'America sul
fronte iracheno, la scommessa di mantenere la promessa di "andarsene
dall'Iraq il prima possibile". Per gli iracheni un momento di gioia, con i
militari americani che si riducono sempre di più man mano che passano le ore e
una "festa della liberazione" già programmata per il 30 giugno,
quando le truppe del generale Ray Odierno inizieranno il "pullout".
Gli Usa lasciano le città. Secondo il ministero degli interni di Baghdad, gli
oltre 135 mila soldati Usa hanno già lasciato le città con un giorno d'anticipo
rispetto alla data del 30, consegnando a polizia ed esercito iracheni tutte le
installazioni militari presenti all'interno dei confini amministrativi dei
centri abitati. A colmare questo vuoto sono da giorni operativi nelle città del
Paese circa un milione tra soldati e poliziotti. Il portavoce delle operazioni
militari di Baghdad, il generale Qassem Atta, ha affermato che in queste ore
ben 120 mila agenti e militari sono stati dispiegati nella capitale.
"Siamo preparati al peggio e pronti ad affrontare ogni situazione",
ha detto Atta. Lo stesso Atta era stato accusato recentemente di non fare
abbastanza per evitare l'inasprimento della violenza: più di 150 persone hanno
perso la vita negli ultimi dieci giorni in diversi sanguinosi attentati a
Baghdad e in varie regioni del Paese. Una striscia di sangue che si è allungata
anche oggi, con la morte in un due diversi attentati nei pressi di Mossul, nel
nord, di almeno sette soldati governativi. I segnali del cambiamento non sono
solo visibili sugli schermi di tutte le tv locali, che da giorni trasmettono 24
ore su 24 'conteggi alla rovescia' per celebrare la sovranità ritrovata, ma
anche nelle strade di Baghdad: rimosse le barriere di cemento e cavalli di
frisia, dopo cinque anni sono stati riaperti al traffico importanti sottopassi
e viali della città, così come ha riaperto al pubblico lo storico e lussuoso
Hotel Baghdad, per sei anni quartier generale delle truppe straniere nel Paese.
OAS_RICH('Middle'); Feste e concerti. Ma per l'Iraq, aldilà delle questioni di
sicurezza, il ritiro degli americani significa anche il ritrovato orgoglio per
il recupero della sovranità nazionale. Nemmeno una violenta tempesta di sabbia,
che ieri ha causato la chiusura temporanea dell'aeroporto internazionale, ha
interrotto i preparativi per le celebrazioni previste in corrispondenza del
ritiro delle truppe Usa dall'Iraq. Il "giorno della sovranità
nazionale" - così è stato battezzato il 30 giugno 2009 dalle autorità
locali -, viene salutato a partire da questa sera con parate militari, un
concerto musicale nel centrale parco al Zawraa, una processione sul Tigri di
barche addobbate a festa, kermesse di luci colorate e giochi pirotecnici che
illumineranno a giorno lo storico viale Abu Nuwass, sul lungo fiume, dove si
affacciano i più noti ristoranti di pesce. Insomma, un momento per fare
finalmente festa dopo gli anni bui vissuti sotto il regime di Saddam Hussein e
un dopoguerra più lungo e sanguinoso della stessa "guerra preventiva"
pensata allora da George W.Bush e per la quale ora si potrebbe aprire un
capitolo nuovo. (29 giugno 2009
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Golpe Honduras, sfida al coprifuoco Clinton: "Rientro
Zelaya priorità Usa" (sezione: Obama)
MANAGUA
(Nicaragua) - Golpe in Honduras, si muove la comunità internazionale.
L'Assemblea generale delle Nazioni Unite, riunita oggi d'urgenza per esaminare
la situazione politica in Honduras, ha invitato a intervenire Manuel Zelaya, il
presidente destituito e costretto a partire per il Costa Rica da un golpe
militare. "Tutta la comunità internazionale, tutti i 192 Paesi delle
Nazioni Unite, devono far sentire la propria voce per condannare questa azione
criminale", ha aggiunto il presidente dell'Assemblea, annunciando di aver
scritto una lettera a Zelaya, invitandolo al Palazzo di Vetro. E il segretario
di Stato Usa Hillary Clinton afferma che per gli Stati Uniti "la massima
priorità è quella di restaurare la piena democrazia e l'ordine costituzionale
in Honduras". Secondo Clinton, l'estromissione del presidente Manuel
Zelaya equivale "a un colpo di Stato". Migliaia di sostenitori di
Zelaya hanno deciso di sfidare il coprifuoco di due giorni imposto dal nuovo
capo dello Stato designato, Roberto Micheletti, protestando sotto il palazzo
presidenziale di Tegucigalpa, capitale honduregna. Il coprifuoco è di 48 ore in
tutto il Paese a partire dalle 21 di ieri, le
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"Al G8 nuove sanzioni contro l'Iran" (sezione: Obama)
ROMA Al G8
del L'Aquila probabilmente prevarrà la linea dura contro il governo iraniano.
Ad accennare oggi esplicitamente a nuove possibili sanzioni nei confronti di
Teheran - per la prima volta dopo la contestata rielezione del presidente
Mahmud Ahmadinejad e gli scontri di piazza che ne sono seguiti - è stato il
premier Silvio Berlusconi, presidente di turno del G8. «Anche dalle recenti
telefonate che ho avuto con gli altri leader mondiali credo che si andrà in
questa direzione», ha anticipato il presidente del Consiglio, assicurando che
al summit dellAquila il nodo iraniano «sarà
il primo argomento che esamineremo». Fonti di palazzo Chigi hanno poi precisato
allagenzia Ansa che in questa fase «le sanzioni sono una possibilità» che è sul
tavolo degli otto Grandi ma «non è una decisione che è stata presa». Comunque,
hanno aggiunto le fonti, «si sta andando verso un chiaro segnale nei confronti
dellIran». Non a caso, ad esempio dalla Gran Bretagna,
vengono pressioni affinchè lUnione europea prenda delle
posizioni comuni ad alto valore simbolico, come la chiusura delle ambasciate a
Teheran. Nel giorno in cui arriva la scontata conferma della vittoria di
Ahmadinejad da parte del Consiglio dei Guardiani della costituzione dopo un limitato
riconteggio dei voti, si irrigidisce quindi la posizione degli occidentali.
Berlusconi ha premesso di non voler anticipare quello che accadrà allAquila. Ma le sue parole lasciano comunque trapelare tutto
il disappunto delle cancellerie occidentali - soprattutto europee - per le
repressioni interne del regime degli ayatollah che rischiano a questo punto di
affondare anche il tentativo di dialogo con Teheran sul dossier nucleare che ha
segnato le prime settimane di Barack Obama alla Casa
Bianca. Certo bisognerà fare i conti con la Russia, che è riuscita a smussare
fino a questo momento ogni tentativo di condanna esplicita da parte del G8 e ha
fatto intendere chiaramente di non voler sentir parlare di sanzioni almeno fino
a dopo lestate. E confrontarsi anche con lamministrazione
democratica di Obama, che aveva puntato
molto sulla politica della mano tesa nei confronti di Teheran. E in serata
proprio da Washington è arrivata una frenata alle dichiarazioni di Berlusconi.
Il portavoce di Barack Obama, Robert Gibbs, ha
infatti commentato con molta cautela le parole di Berlusconi, e ha spiegato
come il presidente Usa intenda prima esaminare «ciò che sarà
considerato» al G8 in Italia «prima di dare un giudizio sulla sua
applicabilità».
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Golpe Honduras, sfida al coprifuoco Obama: "Zelaya il
vero presidente" (sezione: Obama)
MANAGUA
(Nicaragua) - Golpe in Honduras, si muove la comunità internazionale. Il
presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha detto che per gli Usa il
presidente dell'Honduras resta Manuel Zelaya. Quanto avvenuto ieri in Honduras
secondo Obama "non è
legale" e se il colpo di stato in Honduras venisse accettato sarebbe
"un terribile precedente". L'Assemblea generale delle Nazioni Unite,
riunita d'urgenza, ha invitato a intervenire il presidente destituito Manuel
Zelaya: "Tutta la comunità internazionale, tutti i 192 Paesi delle
Nazioni Unite, devono far sentire la propria voce per condannare questa azione
criminale". E il segretario di Stato Usa Hillary Clinton afferma che per
gli Stati Uniti "la massima priorità è quella di restaurare la piena democrazia
e l'ordine costituzionale in Honduras". Secondo Clinton, l'estromissione
del presidente Manuel Zelaya equivale "a un colpo di Stato". Migliaia
di sostenitori di Zelaya hanno deciso di sfidare il coprifuoco di due giorni
imposto dal nuovo capo dello Stato designato, Roberto Micheletti, protestando
sotto il palazzo presidenziale di Tegucigalpa, capitale honduregna. Il
coprifuoco è di 48 ore in tutto il Paese a partire dalle 21 di ieri, le
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Obama scopre il cortile di casa (sezione: Obama)
RELAZIONI
STRATEGICHE I PERICOLI Analisi LA SCELTA IL GRANDE GIOCO La nuova politica
degli Stati Uniti in America Latina Il putsch in un Paese delle banane rilancia
l'interesse americano per il continente perduto Dal Centro e Sud America
arrivano petrolio, mano d'opera e energie alternative
Arrivano però anche droga, radicalismo politico e terrorismo islamico LUCIA
ANNUNZIATA La Casa Bianca è tirata per la giacca: deve decidere con chi stare a
Tegucigalpa Ora schierarsi è più difficile Sono in gara Cina, India e anche
outsider come l'Iran Obama
scopre il cortile di casa SEGUE DALLA PRIMA P
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Harry Potter, istruzioni per l'uso (sezione: Obama)
Harry Potter,
istruzioni per l'uso Il 15 luglio arriva l'attesissimo "Principe
Mezzosangue", l'ultimo capitolo [FIRMA]FULVIA CAPRARA ROMA L'attesa è alle
stelle, le fughe di notizie si moltiplicano, la campagna pubblicitaria diventa
epica. Il 15 luglio, arriva nelle sale Harry Potter e il Principe Mezzosangue,
regia di David Yates, ultimo capitolo della saga cinematografica che ha
incantato le platee giovanili (e non solo) del mondo, rilanciato il genere
fantasy, re-inventato il tema eterno della lotta del Bene contro il Male. Prima
di affrontare la nuova cavalcata nell'universo magico , ecco un manuale di
istruzioni per l'uso. Amori. I maghi crescono e gli ormoni impazzano. Vedremo
sbocciare la passione tra Harry e Ginny, mentre Ron prenderà una cotta dopo
l'altra provocando le ire di Hermione. Qualche fan grida già allo scandalo.
Babbani Il mondo dei non-Maghi contagia quello di Potter e compagni. Niente da
stupirsi, quindi, se nella stanza di Sirius Black si trovano manifesti con
ragazze in bikini, rockstar e motociclette. Critiche. Non sono mai mancate e ci
saranno anche stavolta. La più eminente risale al 16 luglio 2005 quando Papa
Ratzinger, allora cardinale, aveva espresso perplessità sui libri della Rowling
parlando di «seduzioni sottili» che possono logorare lo spirito cristiano. D
issennatori: Guardiani della prigione dei maghi di Azbakan, hanno un ruolo
importante nel nuovo film. Solo dopo la sconfitta definitiva di Lord Voldemort,
il Ministero della Magia rinuncerà a usarli come guardie . Effetti speciali
Sono da sempre l'ingrediente fondamentale della serie, manon se n'è mai
abusato. Stavolta ne vedremo di più, rocce nel bel mezzo dell'oceano,
trasformazioni e soprattutto esplosioni come quella del Millenium Bridge,
preciso rimando all'attualità degli attentati terroristici. Fenomeno l'ordine
della fenice aveva incassato 938 milioni di dollari, Il Principe Mezzosangue ha
ovviamente il compito di superare la cifra. Dei romanzi della Rowling sono
state vendute 540 milioni di copie, gli appassionati
comprendono le figlie del presidente Obama. la Potter-mania è stata descritta perfino nel Diavolo veste
Prada. Ginny. E' lei il grande amore di Potter, la sorella del miglior amico
Ron. Se non si fosse nel mondo dei maghi, si potrebbe dire che Harry, alla
fine, si innamora della ragazza della porta accanto. Il bacio tra i due
fa già storia. Hermione E' diventata grande e soffre per amore di Ron. Forse,
dopo averla vista posare, negli ultimi mesi, per servizi fotografici da diva
adulta, faremo un po' fatica a crederle. Ma, si sa, le ragazze crescono sempre
più in fretta. Invenzioni. Il cappello parlante, che divide le matricole in 4
case nel momento in cui mettono piede nel college di Hogwarts, i quadri
animati, la penna che scrive da sola,sono solo alcuni dei tanti oggetti fatati
che hanno creato il fascino di Potter. Lord Voldemort. Il lato più dark della
saga. Stavolta darà fondo a tutte le risorse della sua cattiveria. Lo interpreta,
con gusto skakespeariano, Ralph Fiennes, e la novità è che nei panni di
Voldemort bambino, recita il vero nipote dell'attore . Morte. Irrompe con forza
nella storia, e Radcliffe ha confessato che non è facile confrontarsi con un
dolore che non conosceva nella vita reale: uno degli interpreti del film,
Robert Knox, è stato ucciso a Londra, dopo la fine delle riprese. Nove e tre
quarti. L'inizio di tutto, ovvero il binario della stazione londinese di King's
Cross da cui parte il treno espresso diretto a Hogwarts. Il sogno di ogni
viaggiatore coraggioso, una rotaia che corre, verso una destinazione
fantastica. Oldman Gary. E' Sirius Black, padrino di Harry Potter, nonché idolo
di Daniel Radcliffe: «In ogni film è totalmente diverso, e io credo che sia il
significato del recitare». Paura. Domina l'atmosfera del nuovo film. I timori
infantili delle prime storie lasciano il posto a scontri terrificanti: «Harry -
annuncia Silente - in vita mia ho visto cose orribili. Tu stai per vederne di
peggiori». Quidditch. Lo sport nazionale dei maghi, un misto di football e
cricket giocato da squadre che sfrecciano tra le nuvole a bordo di scope
volanti. L'obiettivo è acchiappare il boccino d'oro che si muove grazie a due
minuscole ali magiche. Nel nuovo film Potter diventa capitano della squadra del
Grifondoro. Ron Weasley. interpretato da Rupert Grint è l'amico del cuore del
protagonista, discendente di una famiglia di maghi, tutti con i capelli rossi.
Negli anni, film dopo film, Rupert Grint è diventato anche nella realtà il
miglior amico di Radcliffe. Scuola. Lo schema della saga è costruito intorno
all'istituzione portante della vita dei bambini e dei ragazzi. Ogni libro segna
un anno dell'esistenza dei personaggi e le loro avventure sono scandite dalla
fine e poi dalla ripresa dell'anno scolastico. I fan sono cresciuti con Potter
e adesso, con lui, si preparano al grande salto nell'età adulta. Traumi. Sono
alla base di molta parte delle invenzioni della scrittrice. Quando lo
conosciamo, nel primo volume, Harry Potter è un orfano di 11 anni con una
cicatrice sulla fronte. Insomma, un diverso. Anche Voldemort, scopriremo qui, è
stato un bimbo rifiutato dai genitori. Ultimi capitoli. Sono già in
preparazione. Il libro che conclude la vicenda sarà spezzato in due e raccontato
in altrettante pellicole, titolo «Harry Potter e i doni della morte», parte
prima e parte seconda. Vampiri. Da quando è esploso il fenomeno Harry Potter
hanno conosciuto una nuova stagione di successi. Nella scia, naturalmente, c'è
soprattutto il fenomeno «Twilight» e il pubblico degli adolescenti si divide.
Zulu. Una delle quaranta lingue in cui sono state tradotte le storie del
giovane mago con gli occhiali.
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[FIRMA]PAOLO MANZO Ore di attesa per l'Honduras, dopo il
golpe che ha destituito il presidente de... (sezione: Obama)
[FIRMA]PAOLO
MANZO Ore di attesa per l'Honduras, dopo il golpe che ha destituito il
presidente della Repubblica Manuel Zelaya. Nonostante un coprifuoco di 48 ore,
nella capitale Tegucigalpa centinaia di sostenitori del presidente deposto sono
scesi in piazza a protestare. Con loro ci sono anche i sindacati, che hanno
indetto uno sciopero generale. E già c'è stato un morto - un dirigente
sindacale -, oltre a sette feriti e 27 arresti: il bilancio del primo
intervento di un gruppo di militari che hanno cercato di disperdere i
manifestanti davanti al palazzo presidenziale a Tegucigalpa. Intanto
l'Assemblea generale Onu si riuniva d'urgenza a New York e il suo presidente,
Miguel D'Escoto, condannava «in maniera chiara e categorica l'azione criminale
dell'esercito golpista dell'Honduras». Intanto a Tegugigalpa il parlamento
honduregno ha nominato il nuovo presidente del Paese, Roberto Micheletti,
attualmente presidente dell'assemblea legislativa. La costituzione prevede che
se il presidente è impossibilitato a esercitare le sue funzioni, subentra il
vice, che però ha rifiutato. Micheletti è stato votato all'unanimità dai 123
deputati presenti ma non è stato riconosciuto da nessuno governo straniero. Di
origine bergamasca per parte di padre, imprenditore nel settore dei trasporti,
65 anni, appartiene allo stesso partito di Zelaya, il Partido Liberal, che però
prima del golpe aveva scelto alle primarie un altro candidato per le
presidenziali del prossimo novembre. Roberto Micheletti ha trionfato adesso
grazie all'appoggio di Forze Armate, Parlamento e Corte Suprema, attraverso un
golpe quale da decenni non si vedeva in America Centrale. Un golpe che, a
differenza del passato, non ha visto l'intervento - né diretto né indiretto -
degli Stati Uniti, che hanno invece smentito un interesse a rovesciare Zelaya,
accusato dall'opposizione di aver indetto un referendum per permettere la sua
rielezione a un secondo mandato, vietata dalla Costituzione. Lo stesso Obama ha detto che per gli Usa il presidente dell'Honduras resta Manuel
Zelaya, che quanto è avvenuto in Honduras «non è legale» e che, se il colpo di
stato venisse accettato, sarebbe «un terribile precedente». Il segretario di
Stato Clinton ha aggiunto che «l'immediata priorità è il pieno ripristino
dell'ordine costituzionale e democratico», perché «la cacciata del
presidente è diventata un golpe». Quanto a Zelaya, dal Costa Rica in cui si è
rifugiato domenica subito dopo essere stato costretto all'esilio dai militari,
ieri è arrivato in Nicaragua. A riceverlo, il presidente Daniel Ortega insieme
ai suoi colleghi, il venezuelano Hugo Chávez e l'ecuadoriano Rafael Correa. In
programma, una riunione urgente dell'Alba - l'Alleanza bolivariana per le
Americhe, che in segno di protesta ha ritirato tutti gli ambasciatori in Honduras
- e del blocco dei Paesi centro-americani, per chiedere la restituzione a
Zelaya del suo incarico. Zelaya è anche stato invitato da D'Escoto a venire a
parlare oggi di fronte all'Assemblea Onu, che vede riuniti i 192 Stati membri.
Anche il governo di Cuba ha condannato «il brutale colpo di Stato» che Fidel
Castro, in un editoriale pubblicato su «Granma», ha definito «un errore
suicida». L'Osa, l'Organizzazione degli Stati Americani, lo ha definito «una
istituzione preistorica». La posizione più agguerrita rimane, comunque, quella
venezuelana, con Chávez che dopo il temporaneo sequestro del proprio
ambasciatore ha minacciato l'intervento militare. Immediate le risposte di
Micheletti: «Chávez parla senza riflettere. Non venga a minacciarci, il nostro
esercito è pronto a intervenire».
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Troppo bianchi per fare i pompieri (sezione: Obama)
La storia
L'ACCUSA POLITICAMENTE CORRETTO Il mito 9 FRANCESCO SEMPRINI Nessuno degli
afroamericani superò i test, ma vennero assunti a scapito dei vincitori I
vigili del fuoco temevano le critiche per la violazione dei diritti delle
minoranze Troppo bianchi per fare i pompieri Il verdetto Ribalta la decisione
di Sonia Sotomayor, la candidata di Obama per entrare nel tribunale supremo
americano La polemica La giudice ispanica aveva già fatto dichiarazioni
controverse sulla razza. Rischia d'essere bocciata in Senato La Corte Suprema
Usa riconosce discriminati i candidati scartati in favore dei neri giudici
dell'Alta Corte NEW YORK La Corte Suprema boccia la sentenza del suo prossimo
giudice. Il massimo organo di legge degli Stati Uniti ha ribaltato il
giudizio su un caso di discriminazione nei confronti di alcuni vigili del fuoco
di razza bianca emesso da Sonia Sotomayor in veste di giudice di tribunale
d'appello. Una vicenda che rischia di complicare ulteriormente il cammino verso
l'Alta Corte del giudice liberal di origine ispaniche più volte finito nell'occhio
del ciclone per le sue dichiarazioni controverse sui temi razziali. «Il timore
di contenziosi da solo non può vincolare le scelte di un datore di lavoro a
discapito di persone che hanno superato test e selezioni», spiega nella sua
motivazione Anthony Kennedy, uno dei cinque giudici (su nove) che hanno votato
contro la sentenza d'appello. L'episodio riguarda un gruppo di pompieri di New
Haven, cittadina del Connecticut in cerca di candidati per posti vacanti di
funzionari col grado di tenente e capitano. Le autorità locali decidono di
affidarsi a una società di consulenza esterna per le selezioni che tra i 41
bianchi, 22 neri e 18 ispanici passati all'esame scritto reputa idonei solo 17
bianchi e due ispanici. La autorità decidono allora di non tenere conto delle
selezioni perché il risultato sarebbe potuto risultare discriminante nei
confronti di minoranze razziali e in violazione del Civil Rights Act del 1964.
Immediata la reazione dei vincitori del concorso che sentendosi discriminati a
loro volta decidono di ricorrere alle vie legali. Il caso Ricci, dal nome di
Frank Ricci, il promotore della causa, vede in prima linea non solo i 17
pompieri bianchi, ma anche un collega per metà ispanico. A pronunciarsi è
dapprima il giudice distrettuale Janet Bond Arterton che rigetta la causa senza
dare una motivazione sui contenuti ma solo sul merito. Il ricorso in appello
avviene davanti alla corte presieduta dalla Sotomayor, e due suoi colleghi,
Robert Sack e Rosemary Pooler. Dopo un'ora di audizioni i tre pur «non rimanendo
indifferenti» alle ragioni dei vigili del fuoco, confermano all'unanimità la
sentenza di primo grado. Oggi infine il parere della Corte Suprema, che con 5
voti contro
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Iraq, i militari Usa lasciano le città (sezione: Obama)
IL COMANDANTE
AMERICANO ODIERNO: SONO IN GRADO DI DIFENDERSI DA SOLI, MA NOI INTERVERREMO SE
CI CHIAMANO SCHIAFFO ISRAELIANO Le bombe di Al Qaeda hanno ucciso oltre 200
persone nelle ultime due settimane Iraq, i militari Usa lasciano le città
Cisgiordania cinquanta nuovi alloggi [FIRMA]MAURIZIO MOLINARI CORRISPONDENTE DA
NEWYORK La sfilata delle truppe irachene nelle vie del centro di Baghdad
imbandierate a festa ha segnato la conclusione del ritiro delle truppe
americane dalla capitale ed entro la mezzanotte di oggi lo stesso avverrà nelle
altre città del Paese: è l'inizio dell'applicazione degli accordi raggiunti fra
il governo di Nuri al Maliki e l'Amministrazione Obama, in base ai quali nel 2012 non vi
saranno più soldati americani dentro i confini dell'Iraq. L'ultimo edificio di
Baghdad consegnato dall'Us Army agli iracheni è stato l'ex Ministero della
Difesa di Saddam Hussein ed è qui che Al Maliki ha pronunciato un discorso alle
forze armate sul «Giorno della sovranità nazionale» dicendo: «La nostra
sovranità è iniziata, dobbiamo ora costruire uno Stato moderno giovandoci della
sicurezza che abbiamo creato». Raymond Odierno, comandante delle truppe Usa in
Iraq, si dice sicuro che «le forze che abbiamo addestrato sono in grado di
mantenere la sicurezza» ma gli oltre duecento morti causati nelle ultime due
settimane da attentati di Al Qaeda lasciano temere un ritorno del terrorismo.
«Le nostre truppe saranno a disposizione ogni volta che il governo iracheno
avrà bisogno del nostro fuoco di appoggio» assicura Odierno, riferendosi al
nuovo schieramento dei 130 mila soldati americani dentro circa 300 basi in
tutto il Paese, incluse due imponenti installazioni nei pressi dell'aeroporto
di Baghdad. A temere il rischio di un ritorno del terrorismo è l'ex
vicepresidente Dick Cheney che, intervenendo a una trasmissione radio del
«Washington Times», si è detto «preoccupato per il fatto che continua aesserci
questo problema in Iraq». «Si può presumere che i terroristi stiano aspettando
l'opportunità di lanciare nuovi attacchi, spero che gli iracheni possano
gestire tale scenario, ma - ha detto Cheney - non vorrei veder andare perduti i
tremendi sacrifici che ci hanno consentito di arrivare fino a questo punto». A
non avere tali dubbi è il nuovo ambasciatore degli Stati Uniti a Baghdad, Chris
Hill, che ribatte: «Le truppe americane non sono solo le migliori unità
combattenti del mondo ma hanno anche i migliori addestratori del mondo, e
dunque abbiamo piena fiducia nelle forze di sicurezza irachene». In base agli
accordi militari fra Washington e Baghdad, la maggioranza dei militari Usa
lascerà l'Iraq entro l'agosto 2010 e il ritiro sarà ultimato entro la fine del
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"first ladies" in ordine sparso michelle farà la
turista a roma - anais ginori (sezione: Obama)
Pagina 4 -
Esteri L´assenza della moglie del premier italiano crea problemi organizzativi
"First Ladies" in ordine sparso Michelle farà la turista a Roma Carla
Sarkozy e Sara Brown potrebbero disertare l´appuntamento ANAIS GINORI ROMA - I
mariti in caserma, a lavorare. Le mogli in vacanza a Roma, oppure a casa. Non è
il canovaccio di una commedia all´italiana, più modestamente si tratta della
diplomazia ai tempi del G8 aquilano. Forse il primo senza First Ladies, almeno
questa è una primizia. Michelle, Carla e le altre molto probabilmente
diserteranno il vertice nella caserma di Coppito o faranno solo qualche breve
comparsata. E non tanto per volontà politica, come suggeriva l´appello di un
gruppo di docenti italiane contro il "sessista" Berlusconi, quanto
piuttosto a causa di problemi di organizzazione non ancora risolti, oppure di
priorità personali. Nell´ultimo caso, vedi alla voce
Michelle Obama, che sarà
ospite di un noto albergo della capitale e passerà le sue "vacanze
romane" con le figlie Sasha e Malia come tanti normali turisti. La First
Lady ha espresso il desiderio di visitare Colosseo, Campidoglio, Fori imperiali
e altre «bellezze della Roma antica». L´unico appuntamento certo e
irrinunciabile per Michelle - ovviamente insieme al consorte - è l´incontro con
il Papa il 10 luglio. Ma la mom-in-chief, come ama definirsi, ha chiesto di
limitare al massimo il suo programma ufficiale. «Non è affatto certo che
Michelle accetti di andare nelle zone terremotate» spiega una fonte diplomatica
americana che sta lavorando alla visita degli "Obamas".
Anche Carla Bruni-Sarkozy potrebbe lasciare solo il marito durante il summit.
Alcuni stretti collaboratori della Première dame sono arrivati ieri in Italia
per valutare le varie sistemazioni possibili (a Roma o a L´Aquila) e discutere
di eventuali impegni pubblici. Viene data per probabile una sua visita di
qualche ora a Onna o nel centro storico di L´Aquila. L´indizio principale sta
nella lettera scritta dopo il terremoto del 6 aprile al presidente della
regione Gianni Chiodi per testimoniare la sua "emozione" e annunciare
un dono per la ricostruzione dell´ospedale cittadino. E´ quindi possibile che
Carla incontri anche il premier Berlusconi, non proprio in cima alle sue
simpatie personali. Dopo la celebre battuta del premier su «Obama
abbronzato» l´ex modella e cantante si disse «felice di non essere più
italiana». Finora il programma First Ladies è alquanto striminzito rispetto al
passato. Il fatto che non ci sia la moglie del capo di governo che ospita il
vertice complica ulteriormente il cerimoniale spiegano fonti diplomatiche Usa.
A pochi giorni dall´inizio del summit, poche First Ladies hanno confermato la
loro presenza. Sarah Brown, per esempio, non dovrebbe accompagnare il premier
britannico. Il lato più mondano e frivolo di questi megavertici potrebbe dare
forfait. Non è detto che sia un male per le popolazioni locali. «Temiamo che
nel G8 aquilano si parlerà più di Michelle e Carla che di come vivono i
terremotati» ha detto Renato di Nicola, dell´Abruzzo Social Forum. La più
prestigiosa e autorevole figura femminile del vertice resta la cancelliera
Angela Merkel, unica eccezione nel club dei potenti per soli uomini. Anche qui,
una defezione. Quasi sicuramente il "first man" tedesco non verrà,
Joachim Sauer spesso non accompagna la moglie nelle trasferte internazionali.
E´ una sua libera scelta e Angie la rispetta, ci mancherebbe altro.
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le tre questioni da affidare ai giovani del pd - adriano
sofri (sezione: Obama)
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Commenti LE TRE QUESTIONI DA AFFIDARE AI GIOVANI DEL PD ADRIANO SOFRI Il Pd
dev´essere unito, e diviso in tre: la Questione meridionale, la Questione
settentrionale, e la Questione centrale. Così penserei se fossi un giovane del
Pd. Non tanto, come si usa oggi, un giovane sulla quarantina, ma uno sul serio,
un ventiduenne, alla vigilia della tesi. Uno che per la tesi abbia scelto,
mettiamo, la Questione Meridionale. E perché un argomento così stantio? Proprio
per questo: un ventenne può permettersi di essere lungimirante, anche
all´indietro, e di non rincorrere i nuovi luoghi comuni. Gli anni 80, smaltendo
la pretesa degli operai che si erano permessi davvero
di essere la classe operaia a fare da protagonisti della vita sociale,
contribuirono a liquidare anche la questione meridionale. La questione
meridionale era traslocata con l´enorme migrazione di giovani dal Sud alle
fabbriche del Nord, che avevano fatto di Torino o di Milano delle metropoli
meridionali. Sicché le grandi lotte operaie culminate nell´"autunno
caldo" di cui si commemorerà fra poco il quarantennale,
assieme alla loro orrenda punizione, la strage di Stato avevano preso su
di sé il riscatto del Meridione, e rivendicato per l´ultima volta (come
esemplarmente negli scioperi per l´abolizione delle gabbie salariali, che oggi si
vogliono reintrodurre a man salva) un ideale unitario dell´Italia. Era
inevitabile che al declino di quella ondata succedesse un impulso opposto, a
separare il Nord dal Sud, puntando sul suo orgoglio produttivo, e a dichiarare
il primato, fino ad allora malignamente offuscato, dell´egoismo e della
Questione Settentrionale. Se su una simile base la Lega costruiva le proprie
fortune, secessioniste prima, e ormai, siccome l´appetito vien mangiando, a
modo loro annessioniste, la sinistra ha tratto un solo frutto dalla proclamata
Questione Settentrionale: l´archiviazione della Questione Meridionale. Si
accennò in vario modo, nel Pd e nei suoi antenati, all´esigenza di una
peculiare responsabilità per il Nord, ma non se ne fece niente: nemmeno
nell´ultimo governo Prodi, che si rassegnò a un pletorico novero di ministeri,
ma non ne dedicò uno alla deriva del nord. Non occorre indugiare nelle
ricostruzioni: basta guardare il paesaggio elettorale odierno, del Nord e del
Sud, con le sue impressionanti simmetrie. Restava il Centro, non mutato ancora
in Questione Centrale, per una doppia ragione. Una, la pigra sicumera di
disporvi di un radicamento e un controllo elettorale ormai quasi di diritto
divino. La seconda, il pregiudizio che destituisce di autonomia il Centro,
facendone un mero luogo intermedio fra Nord e Sud o fra destra e sinistra e più esattamente il luogo
di una più o meno aurea mediocrità, ceti medi, vie di mezzo, climi temperati e
quieto vivere. Finché la campana non è suonata e ora
fragorosamente anche per le regioni rosse, autorizzando senz´altro a
dichiarare una Questione Centrale, e anche un po´ trafelata, visti certi
banchetti della Lega, o certe sacrileghe espugnazioni di roccheforti come Sassuolo o Prato. La
dichiarazione della Questione Centrale può chiudere il cerchio, e annunciare
una estinzione della sinistra quella che ha una
storia di un paio di secoli almeno, e non ingloriosa, benché da ripiantare
dalle radici nell´Italia intera. Ora, piuttosto che lasciare che le tre Questioni
cadano come birilli l´una addosso all´altra, rivendicherei con tutta la forza,
se fossi un giovane sulla ventina, o anche sulla quarantina, che trovassero un
riconoscimento peculiare nell´organismo del Partito Democratico. E siccome fare
Questione non è più l´affare di una parte né un´eccezione, ma la norma
dell´intero territorio civile cui il Pd appartiene, converrebbe che per
ciascuna delle tre grandi regioni del paese Sud e
Isole, Centro e Nord ci fosse una specifica responsabilità. Un assetto
seriamente federativo, in cui alla direzione nazionale, e al segretario o segretaria si accompagnassero direzioni e
segretari di quelle tre grandi ripartizioni. Le obiezioni suonano, nel quadro
attuale, deboli, e gli argomenti a favore sono viceversa robusti. Si può obiettare
che si rischierebbe di incrinare l´unità di un partito che aspira a farsi
maggioranza e a governare, e di consegnare la sua geografia ad altrettanti
feudatari. Direi però che un certo feudalesimo, o almeno un notabilato molto
conservatore e spesso usurato, sia piuttosto vigente nella situazione attuale,
e su una scala sminuzzata e campanilista. Al contrario, una responsabilità
specifica terrebbe conto di caratteri peculiari che investono grosso modo le
tre grandi suddivisioni, e che immigrazione e crisi non hanno fatto che
accentuare, e favorirebbe quel "radicamento nel territorio" che è
diventato una imbarazzante giaculatoria. Soprattutto, un simile investimento
"federativo" permetterebbe di far fare un buon passo avanti alla
questione congressuale, e alla sua incombente riduzione alla questione della
Segreteria. Un uomo o una donna di grande tempra e capacità, e magari di vero
carisma, alla guida del Pd, sarebbe un avvenimento eccellente. Tanto più in un
tempo che mette assieme populismo e personalismo impudente con mezze figure
incresciose, nella maggioranza come nell´opposizione. Ma una leadership capace
di muovere menti e commuovere cuori non si inventa. Se c´è, trova il modo di
affermarsi come nell´America di Obama. Nel Pd, e attorno, non mancano
collaudate personalità "di formato", della cui esperienza sarebbe,
oltre che odioso, stupidissimo privarsi: ma è lo stesso loro rango, e il lungo
corso, a destinarle alla seconda fila, e al magnanimo compito del sostegno.
è un fatto che, finché non si siano spostati un po´ indietro, o almeno ai lati,
della fotografia di gruppo senza uscirne!
quelli di dietro, per quanto si alzino sulla punta dei piedi, non si vedono. Si
può certo adoperarsi per rimuovere i meccanismi che ne ostruiscono l´emersione, e
favoriscono invece la selezione dei peggiori, nella vita di partito come nel
Parlamentare e negli altri organi elettivi. La selezione alla rovescia è così
avida che perfino la promozione per sorteggio sarebbe migliore. Ma insomma,
quanto al Pd, è già ragionevole dire che i candidati attuali alla segreteria, e
quelli che si potranno aggiungere alla corsa, sono persone degne e capaci,
senza avere la novità e il carisma che è naturale sognare o rimpiangere, ma di
cui si può fare senz´altro a meno. Non si può vivere senza aspettare il messia,
ma nominare falsi messia è la cosa peggiore (salvo una, forse: non riconoscere
il messia vero, ma questo vale solo per chi crede che il messia possa esistere
davvero). Ora i "giovani", e in genere tutti coloro che puntano al
rinnovamento e al ricambio generazionale, non hanno molto da guadagnare da un
investimento su un candidato o un altro alla segreteria, e anche dall´azzardo
di un "loro" candidato o
candidata. Hanno
un interesse molto più vivo all´eventualità che, chiunque sia l´uomo o la donna
eletto segretario del Pd fra i diversi e apprezzabili candidati, si formi
quella struttura tripartita di responsabilità
Nord, Centro e Sud con le Isole e se ne affidi loro la direzione. Il
rinnovamento generazionale avrebbe lì il suo miglior banco di prova, e anche la
rinascita di una "militanza" che è tipicamente giovanile, ed è
indispensabile a ritrovare il famoso legame col "territorio". Non solo,
ma donne e uomini giovani e promossi a una nuova responsabilità sarebbero
capaci di una solidarietà, di un´agilità mentale e di un amore per i compiti
reciproci che i vecchi gruppi dirigenti non sanno più nemmeno immaginare. E nei
vecchi gruppi dirigenti c´è un toccante e micidiale senso di proprietà
patrimoniale del partito. Mi sembrerebbe questa una via concreta e sostanziosa
fra la mira di un "giovane" alla segreteria nazionale del Pd (che
oltretutto esaurirebbe energie preziose contro un muro di Berlino di tessere e
apparati) e la generica promessa di un´apertura al nuovo e un ricambio
generazionale. Che cosa ci sarebbe di meglio, infatti, per un giovane del Pd,
che occuparsi di questioni settentrionali e centrali e meridionali, di ragazze
iraniane e di foreste pluviali?
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usa, il soccer è diventato grande "ora avrete più
rispetto di noi" - enrico sisti roma (sezione: Obama)
Pagina 50 -
Sport Inghilterra Usa Germania Danimarca Francia Altri Usa, il soccer è
diventato grande "Ora avrete più rispetto di noi" Gli StatiUniti
hanno riscoperto il calcio dopo la finale contro il Brasile. Due milioni di
tifosi hanno visto la partita in tv, commenti entusiasti: una
svolta Tutto è cominciato con le parole di Obama a Blatter Beckham e le altre star europee non l´hanno cambiato
"Questa volta è una cosa diversa" ENRICO SISTI ROMA Hanno perso ma
hanno vinto. Per il "soccer" le lacrime di Dempsey potrebbero davvero
rappresentare la svolta: «La finale di domenica sera è stato il momento più
importante del calcio nel nostro paese», ha dichiarato Don Garber,
commissario unico della Major League Soccer. L´eco delle parole di Obama ancora rimbomba nei barangrill dove domenica, in
Texas, Alabama, California e Vermont, a ore diverse, due milioni di tifosi
hanno seguito la partita col Brasile: «Il calcio è il vero sport di tutto il
mondo - scriveva il presidente a Blatter manifestando la volontà americana ad
ospitare la Coppa del mondo nel 2018 o nel 2022. E aggiungeva: «Perché la Coppa
del Mondo, con la sua competizione, promuove l´amicizia e la solidarietà di
tutti i continenti». E se fosse davvero Obama a
cambiare la percezione del calcio in America, lui, il primo presidente a
parlare esplicitamente di calcio come dell´unico sport planetario e unificante?
Essersela giocata col Brasile fino in fondo è un piccolo consolidarsi della sua
speranza. Il calcio americano è stato, almeno finora, un´eterna promessa mal
mantenuta. I suoi giocatori migliori emigrano presto. Ce ne sono parecchi in
Europa (Germania e Inghilterra, Spagna, Scozia, Danimarca, Francia), ma non
sono delle star. Ogni tanto nella MLS arriva qualche bravo calciatore
d´oltreoceano, magari un po´ avanti con l´età, che con un forte sostegno della
stampa (l´ultimo è stato Freddie Ljungberg, lo svedese ex Arsenal e West Ham)
si ritrova a dover svolgere un compito meraviglioso e spiacevole: rendere
credibile una piazza calcistica senza storia (nel caso di Ljungberg la Seattle
dei Sounders). Oppure arriva Beckham: «Con lui il soccer muterà radicalmente»,
disse Alexi Lalas, allora presidente dei Galaxy, unico americano della serie A
(Padova). In realtà non è mai mutato. Anche per l´opposizione, sordida, delle 4
federazioni leader: football, basket, baseball e hockey, il quadrumvirato del
potere sportivo americano, gli "untouchables", quelli che muovono le
masse, che non fanno biglietti invenduti da anni, che pagano cifre impossibili
ai loro campioni e che adesso Obama fa improvvisamente
scendere di un gradino davanti al «calcio di tutti». Il ct Bradley concorda:
«Ora avranno più rispetto per noi». «Questa sarà la vera svolta», esclama Irv
Smalls, direttore dell´Harlem Youth Soccer. New Frontier? Questi i numeri che
il soccer potrà d´ora in poi pubblicizzare senza vergogna: quasi 5 mln di
praticanti registrati, un campionato che dalla prossima stagione avrà una
squadra in più, 45 mln all´anno dalle televisioni, cifra raddoppiata rispetto
al 2006 quando Espn, Univision e Fox Soccer Channel cominciarono a pagare
perché i loro abbonati potessero assistere in diretta ai match della MLS. Non
ci sono budget cap, ma è previsto un "floor" per le entrate
pubblicitarie (ad esempio 750 mila dollari per lo sponsor sulla maglietta). Gli
investimenti complessivi e l´indotto sono triplicati. Solo la Red Bull,
neo-proprietaria della squadra di New York, ex Cosmos e Metrostars, ha speso
400 mln di dollari per il nuovo stadio (addio Giants Stadium). Gli stipendi
medi dei giocatori sono bassi (135 mila dollari bonus compresi): «Ma penseremo
anche a quelli, così non scapperanno». Domenica gli Usa stavano per abbattere
il Brasile, non si sono ancora qualificati per i Mondiali del 2010 (sono
secondi dietro il Costa Rica), ma possono già dire di aver chiuso il loro
apprendistato di "soccer artigianale", ricco ma rozzo (paesant). I
loro giocatori potrebbero entrare nel mercato delle grandi d´Europa. Potrebbero
far gola Dempsey, Altidore, Howard potrebbe essere rimpianto dal suo Manchester.
Nel novembre ´95 i dirigenti del pallone Usa si attaccarono al telefono perché
al loro progetto mancava qualcosa, un dettaglio: i giocatori: «Volete giocare
nella nascente Major League Soccer? Chiamateci». Il numero era 800-678-1328.
Chiamarono. 14 anni dopo, c´era il Brasile in finale. Qualcosa è cambiato.
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"dal g8 dure sanzioni all'iran" - vincenzo nigro (sezione: Obama)
Pagina 11 -
Esteri "Dal G8 dure sanzioni all´Iran" Annuncio di Berlusconi, Casa
Bianca cauta. Teheran insiste: "Il voto è regolare" Le nuove
"misure" contro gli ayatollah necessarie per evitare un possibile
attacco israeliano agli impianti nucleari VINCENZO NIGRO ROMA - Silvio
Berlusconi accelera, forse un po´ troppo. Rispondendo ieri alla domanda di un
giornalista che gli chiedeva se sarà possibile che il G8 di L´Aquila decida
sanzioni contro l´Iran, il premier italiano ha detto che «sentendo i miei colleghi
leader al telefono in questi giorni, penso che si andrà nella direzione da lei
indicata». Ovvero di nuove sanzioni internazionali nei confronti dell´Iran; e
in ogni caso «l´Iran sarà il primo argomento del G8 di L´Aquila». Tutte le
agenzie di stampa internazionali hanno ripreso Berlusconi traducendo le sue
parole non come un mero auspicio, ma come una anticipazione della decisione di
nuove sanzioni a L´Aquila. E la Casa Bianca è cauta. Il
portavoce Robert Gibbs ha detto che il presidente Usa Obama «esaminerà quello che sarà considerato al G8 in Italia prima di
formulare un giudizio» su possibili misure nei riguardi dell´Iran. I primi a
gettare acqua sul fuoco sono proprio i funzionari di Palazzo Chigi che spiegano
che quella evocata da Berlusconi «è solo una possibilità: sono in corso
consultazioni fra leader, ma non significa decidere sanzioni al G8. Il
presidente del Consiglio non ha detto con sicurezza "adotteremo le
sanzioni", ha detto solo che andiamo verso quella direzione». Una fonte
della Farnesina spiega poi che «il G8 non è un organismo decisionale,
Berlusconi si riferiva a una tendenza, a un orientamento politico: non sanzioni
in senso tecnico, ma indurimento delle posizioni nel caso in cui l´Iran
continui su attuali posizioni confrontazionali». Berlusconi in effetti
interpreta un sentimento molto diffuso negli ultimi giorni fra alcuni paesi
occidentali, e soprattutto nel governo israeliano con cui ha avuto
consultazioni di recente. Il tempo corre, la dirigenza iraniana confermata dal
colpo di mano post-elettorale sembra avere pochissima voglia di dialogo,
tantomeno sul programma nucleare. Per evitare che Israele si trovi con le
spalle al muro e attacchi militarmente l´Iran, molti pensano che l´unica
possibilità siano nuove sanzioni politiche, economiche e finanziarie. «La cosa
più probabile è che come in passato la Ue e gli Stati Uniti decidano alla fine
qualcosa di unilaterale», dice un diplomatico italiano che segue il dossier
Iran: «Come nel giugno del 2008, quando l´Europa ha rafforzato le sanzioni
all´attività di una quindicina di banche iraniane, soprattutto della famosa
Bank Melli». Sarà utile? Servirà a qualcosa se poi Cina e Russia potranno
continuare a rafforzare la loro collaborazione nel settore finanziario ed
energetico? Per ora da Teheran continuano ad arrivare segnali di consolidamento
della situazione attorno ad Ahmadinejad: ieri Consiglio dei Guardiani ha
approvato la rielezione del presidente uscente, rifiutando le proteste dei
candidati sconfitti. Dopo aver fatto ricontare il 10 per cento delle schede il
capo del Consiglio, l´ayatollah Ahmad Jannati, ha informato il ministero
dell´Interno che «non ci sono irregolarità di rilievo». Alla revisione non
hanno partecipato i rappresentanti dei due candidati che avevano chiesto
l´annullamento del voto, Moussavi e Kharrubi. Sarebbe stato ingenuo che sarebbe
potuto cambiare qualcosa.
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coprifuoco e paura in honduras appello all'onu dell'ex
presidente - pablo ordaz (sezione: Obama)
Pagina 12 -
Esteri Coprifuoco e paura in Honduras appello all´Onu dell´ex presidente
L´esercito spara, un morto. La Clinton: prioritario reinsediare Zelaya Attuale
presidente Roberto Micheletti Ban, passaporto italiano, originario di Bergamo
PABLO ORDAZ TEGUCIGALPA - Il coprifuoco. I soldati nelle strade deserte e il
primo morto, ucciso dai militari a Tegucigalpa mentre cercavano di disperdere i
manifestanti davanti al palazzo presidenziale. Nella sparatori anche tre
feriti. La luce che non c´è. I telefoni che non funzionano. Le radio e le
televisioni censurati. Denunce di scomparsi impossibili da confermare. Sabato
sera, quando il presidente Manuel Zelaya si mise il pigiama pensando di essere
ormai salvo, l´Honduras era un paese sotto scacco per la sua povertà e la
delinquenza, governato da capo di Stato populista un po´ fanfarone e un po´
esagerato. Ma ieri l´Honduras non era un paese migliore. Faccia a faccia,
separati soltanto da una inferriata, una signora parla ad un giovane che
potrebbe essere suo nipote. La donna ha le lacrime agli occhi e, in alcuni
momenti, tra le grida e l´odore dei pneumatici bruciati, sembra che ce le abbia
anche lui. La signora parla dolcemente: «Tu e i tuoi amici dovete uscire da lì.
Anche voi siete del popolo. Non siete schiavi dei potenti. Siete figli, nipoti
nostri. Non credo che saresti capace di sparare con quel coso contro di me.
Dai, esci da lì. Puoi essere il primo. E vedrai che dietro di te verranno anche
gli altri». Il ragazzo, quasi un adolescente, abbassa lo sguardo. è uno dei
soldati, uno dei tanti soldati con il fucile in mano e il casco abbassato fino
alle orecchie, che presidiano la Casa presidencial dall´assedio dei
manifestanti pro-Zelaya. Il colpo di Stato, attuato all´alba di domenica con
l´appoggio unanime di politici, giudici e imprenditori, ha raccolto il rifiuto
unanime della comunità internazionale. Ma gli honduregni non lo sanno ancora.
Il nuovo governo, presieduto dall´industriale di origine italiana Roberto
Micheletti, sta facendo il possibile per nascondere all´opinione pubblica il
suo primo risultato: trasformare Manuel Zelaya in un eroe internazionale. Ma,
nel 2009, impedire che l´informazione circoli è tanto difficile come afferrare
l´acqua con le mani. E mentre avanzava il giorno, gli honduregni si sono a poco
a poco resi conto dell´appoggio ricevuto dal presidente deposto. Il segretario
di Stato, Hillary Clinton, e il presidente Obama sono stati chiarissimi in proposito. «Il ritorno al potere di
Zelaya è una priorità immediata», dice Washington. In un comunicato letto nella
capitale del Nicaragua dopo la riunione convocata d´urgenza dal sandinista
Daniel Ortega, i paesi dell´Alba hanno lanciato un appello al popolo honduregno
perché si ribelli contro il governo di Roberto Micheletti nominato dal
Congresso dell´Honduras e ha annunciato il ritiro dei propri
ambasciatori a Tegucigalpa fino a che non sia restituito a Zelaya il suo
incarico. La decisione di isolare l´Honduras è stata presa dai capi di Stato
dopo due riunioni convocate d´urgenza e svoltesi a Managua come risposta alla
crisi politica apertasi dopo il colpo di Stato. Ad entrambi gli incontri ha
partecipato Manuel Zelaya, che oggi è atteso a New York, all´Onu. I presidenti
Rafael Correa, dell´Ecuador; Evo Morales, della Bolivia, Hugo ChÁvez, del
Venezuela e il nicaraguense Ortega con il ministro degli Esteri cubano, Bruno
RodrÍguez, hanno firmato un accordo che stabilisce che vengano mantenuti i
programmi di cooperazione con l´Honduras, ma attraverso il presidente Zelaya. I
presidenti dell´Alba hanno chiesto al resto della regione di prendere misure in
sintonia con quelle prese a Managua. «Condanniamo unanimemente il colpo di
Stato in Honduras e chiariamo che c´è un solo presidente in quel paese, il
presidente Manuel Zelaya. Esortiamo a ristabilire senza condizioni Zelaya nelle
sue legittime funzioni», ha detto il ministro degli esteri dell´Ecuador,
Falconi. Il gruppo dei paesi dell´Alba si è dichiarato in "allerta
permanente" e, secondo Falconi, manterrà riunioni di consultazione per
valutare nuovi interventi contro l´Honduras, finché a Zelaya non venga
restituito il suo incarico. (Copyright El Pais- traduzione Luis Moriones)
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2047, la scommessa usa spegnere l'ultima sigaretta -
cristina nadotti (sezione: Obama)
Pagina 39 -
Cronaca Meno nicotina, più divieti, al bando additivi e scritte light. Il piano Obama fa sperare il fronte anti tabacco E gli esperti si sbilanciano:
entro quarant´anni gli Stati Uniti potrebbero diventare la prima nazione no
smoke 2047, la scommessa Usa spegnere l´ultima sigaretta Dal 1965 al 2007 il
numero di consumatori si è già dimezzato "Possiamo farcela" CRISTINA
NADOTTI Difficile immaginare un´America senza un Humphrey Bogart con la
sigaretta appoggiata sulle labbra, o Arnold Schwarzenegger senza il sigaro. E
invece entro il 2047 sarà spenta l´ultima sigaretta degli Stati Uniti, ci sarà
un ultimo estimatore del tabacco che dirà basta e la nazione non avrà più
fumatori. La data l´hanno individuata i ricercatori della scuola di Medicina e
Salute Pubblica dell´università del Winsconsin, il centro statunitense
incaricato dal ministero della Salute di studiare le strategie per combattere
il tabagismo. Il direttore del centro, Michael Fiore, pubblicherà sul numero di
luglio dell´American Journal of Public health lo studio fatto sui dati raccolti
dal 1960, anno in cui si è cominciato a tenere conto del numero di fumatori e
dei danni provocati dal tabagismo, e sull´impatto delle politiche governative
per la lotta al tabacco. «I risultati erano incoraggianti già negli ultimi
dieci anni - dice Fiore - ma la legge varata dal presidente Obama
lo scorso 13 giugno rappresenta un passo storico per la lotta a "big
tobacco", il cartello dei produttori di sigarette, tanto che non è
azzardato sperare che i fumatori possano sparire anche prima del 2047». Dal
1965 al 2007, hanno riscontrato i ricercatori, il numero dei fumatori adulti è
sceso del 50 per cento e sebbene il calo non sia stato costante ogni anno, la
tendenza è chiara. Questa diminuzione è stata continua e ora, grazie a nuove
conoscenze e alle nuove leggi, gli Stati Uniti «saranno una nazione
"tobacco-free" entro poche decadi». Le tesi di Fiore e colleghi non è
un peana di vittoria, piuttosto la dimostrazione che ci sono strategie che
finora hanno fatto vincere alcune battaglie e se coordinate porteranno alla
vittoria della guerra. E lo scontro decisivo, sottolineano, si gioca su due
fronti, quello delle misure per arginare lo strapotere di "big
tobacco" e quello dell´impegno per proteggere i giovani sotto i 17 anni
dalla tentazione di cominciare a fumare. «Ci sono numerosi dati scientifici -
sottolinea Fiore - che testimoniano come cominciare a fumare prima dei 17 anni
esponga geneticamente al rischio di diventare dipendenti dalla nicotina per
tutta la vita». Chi ha visto il film Thank you for smoking conosce tutti i
trucchi di "big tobacco" per presentare alcune sigarette come «meno
dannose» e per arginare i divieti alla pubblicità. Ora i ricercatori
statunitensi, che plaudono alla norma di Obama che
impedisce tra l´altro l´uso di termini come "sigarette leggere",
chiedono non soltanto un divieto totale alla pubblicità di ogni prodotto da
fumo, ma anche alle sponsorizzazioni e promozioni fatte in modo subdolo da
"big tobacco". Questo è il primo passo, sostenuto da un «aumento
consistente» delle tasse sul tabacco; una legge che riduca ulteriormente il
rischio di fumo passivo e scoraggi i fumatori negli ambienti chiusi;
l´eliminazione della nicotina e di ogni additivo dal tabacco; finanziamenti
generosi per una campagna che contrasti le strategie di marketing di "big
tobacco" e sostegno medico e psicologico per chi vuole smettere. Perché su
una cosa sono tutti d´accordo: spegnere quell´ultima sigaretta non sarà
piacevole né facile.
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"popolarità in calo, dubbi sulla sua capacità di
reggere" - enrico franceschini (sezione: Obama)
Pagina 9 -
Interni Le critiche dell´Independent: farebbe imbarazzare gli imperatori. Le
Figaro denuncia: "Un´ombra sul G8" "Popolarità in calo, dubbi
sulla sua capacità di reggere" ENRICO FRANCESCHINI dal nostro
corrispondente LONDRA - Un giornale lo paragona a «un imperatore romano, che si
lancia in iniziative lontano da casa propria per distogliere l´attenzione dai
suoi problemi domestici». Un altro ipotizza che i magistrati baresi lo
«chiamino a testimoniare» alla vigilia del summit del G8. Un terzo riporta che
la sua popolarità è scesa rapidamente «sotto il 50 per cento». Sono alcuni
degli articoli sul caso Berlusconi apparsi ieri sulla stampa straniera, che in
prossimità del summit del G8 lo mettono sotto una lente d´ingrandimento,
chiedendosi se la vicenda peserà sui risultati del vertice. E´ l´Independent a
fare un paragone tra Berlusconi e gli imperatori di Roma antica: «Confrontato
da una serie di scandali interni che farebbero imbarazzare l´imperatore
Tiberio, il primo ministro italiano sale sul palcoscenico mondiale», ieri
annunciando il programma del G8, poi partendo per la Libia dove incontrerà
Gheddafi, quindi la settimana prossima ospitando Obama e gli altri leader del G8
all´Aquila. «Voci in patria e all´estero si chiedono se i problemi domestici
diminuiranno la sua capacità di affrontare importanti questioni globali» al
summit, scrive il quotidiano londinese. Preoccupazione condivisa dal francese
Figaro, che titola: «Gli scandali di Berlusconi gettano un´ombra sul
G8». Il Times riporta che il premier potrebbe essere chiamato a deporre, come
testimone, nell´indagine su Giampaolo Tarantini, l´uomo d´affari pugliese che
portava modelle ed escort alle sue feste in Sardegna e a Roma, inquisito per
«incitamento alla prostituzione», riferendo che, secondo la polizia, l´estate
scorsa intorno a Ferragosto Berlusconi e Tarantini si parlavano «20 volte al
giorno». Il giornale scrive che gli inquirenti pugliesi stanno esaminando
dichiarazioni rese alla polizia di Olbia da due donne che dissero di «essersi
sentite male», apparentemente per abuso di droghe, dopo un party nella villa di
Tarantini. E l´inchiesta, aggiunge il Times, si sta allargando al possibile
reclutamento di «donne straniere». Dello scandalo scrivono anche il giornale
inglese The Age, la rivista francese Elle e il quotidiano americano Wall Street
Journal.
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Stanca e la
Corriere
della Sera sezione: Politica data: 30/06/2009 - pag: 13 Dopo l'editoriale di
Monti «La proposta del presidente della Bocconi è di grande interesse. E dopo
le liti stiamo lavorando pancia a terra» Stanca e la «data-chiave»: l'Expo è
perfetta, vale dieci Olimpiadi MILANO Più che a Londra 2012, Lucio Stanca
guarda a Barcellona '92. Quell'Olimpiade fu il simbolo della rinascita spagnola
e ora, dice l'amministratore delegato dell'Expo 2015, dovrebbe diventare il
modello per un'Italia in cerca di datechiave per uno scatto d'orgoglio. «Trovo
di grande interesse la proposta dell'editoriale di Mario Monti sul Corriere di
domenica osserva Stanca . Il nostro Paese ha bisogno di una scadenza in modo da
concentrare le proprie forze». Crede che questa scadenza possa diventare l'Expo
2015? «Sì, per un semplice motivo: è di gran lunga l'evento più importante che
abbia l'Italia. Pesa dieci volte più di un'Olimpiade, perché i giochi durano
diciotto giorni ma l'Expo 180. E un'Olimpiade è un evento sportivo, questo invece
tocca la nutrizione, lo sviluppo sostenibile, l'ambiente, l'agricoltura, la
ricerca. Secondo uno studio della Bocconi, creerebbe 70 mila posti e la Camera
di commercio valuta un ritorno di 44 miliardi di euro». Monti però nota
difficoltà, «per problemi interni alle forze di maggioranza». La politica saprà
cogliere l'occasione? «Osservazione pertinente. La mia prima risposta, è che un
successo dell'Expo farà benissimo al prestigio dell'Italia ma anche alla
fiducia in noi stessi». Ma non c'è stato qualche ritardo e qualche lite di
troppo fra politici? «Non sta a me giudicare l'anno che è passato. Ora ci siamo
messi pancia a terra e se ci sono stati ritardi sono recuperabili, ma dobbiamo
essere più bravi ». Più bravi in cosa? «Nel dare più forza alla politica nel
suo ruolo di indirizzo e nel depurare il momento tecnico ed esecutivo dalla
politica stessa. L'impegno del centrodestra e del centrosinistra ci ha
consentito di vincere l'Expo e ci dà forza. Purché si limiti appunto alla fase
di indirizzo, perché quando entra nella dimensione del fare diventa un
problema». Lei davvero è convinto che l'Expo possa segnare una svolta per tutto
il Paese? O solo per il Nord? «Lo sarà per tutti se attireremo milioni di
persone che poi vorranno vedere il resto del Paese. Ma qui tolgo il cappello
del manager e vorrei indicare certe condizioni di cornice ». Vuole dire che
nemmeno il potenziale dell'Expo si può sfruttare in pieno senza riforme più
generali dell'economia? «La modernizzazione del Paese resta fondamentale, ad
esempio le liberalizzazioni dei servizi pubblici. Lo stesso welfare troppo
spesso da noi è clientelare: si continua a proteggere chi è già protetto e
penalizzare chi non lo è». Insomma lei è d'accordo con
Barack Obama: una crisi è
un'occasione da non sprecare. «È un'occasione irripetibile: aumenta l'esigenza
di recuperare risorse, oggi e per il futuro». Il governo dice che non è il
momento di creare tensioni. «Deve bilanciare equilibrio e coesione, ma nel
governo nessuno nega l'esigenza di queste riforme. E quando si tratta di
recuperare efficienza, prima si agisce e meglio è: sprecare tempo e risorse non
è una politica sociale». Federico Fubini
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Ritiro Usa nelle mani di Biden
Corriere
della Sera sezione: Esteri data: 30/06/2009 - pag: 15 Il retroscena Friedman:
«Missione ad alto rischio: noi responsabili se l'Iraq si squaglia» Ritiro Usa
nelle mani di Biden «Solo lui capace di gestirlo» DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
WASHINGTON Nei giorni in cui le forze americane completano il ritiro dalle
città della Mesopotamia, Barack Obama affida il
dossier iracheno alle mani esperte del vice-presidente Joe Biden. Una
decisione, confermata al Corriere da fonti della Casa Bianca, che rispecchia la
priorità data dall'Amministrazione alla partita in corso a Bagdad, ma anche le
sue preoccupazioni per i recenti rigurgiti di violenza e soprattutto per il
rischio di una crescente instabilità politica nella regione. Biden non sarà una
sorta di ufficioso inviato speciale, sul modello di quanto fa Richard Holbrooke
in Afghanistan e Pakistan, né gestirà i rapporti quotidiani con il governo
iracheno e i capi militari, che per definizione spettano al nuovo ambasciatore
degli Usa in Iraq, Christopher Hill. A lui, dice al nostro giornale un
collaboratore del vicepresidente, «toccherà far pressione sulle autorità di
Bagdad, alzando il livello politico del contatto, perché lavorino con più
impegno al superamento delle divisioni interne, intensifichino il rafforzamento
delle forze di sicurezza e si prodighino di più nella riconciliazione politica
sulla strada che porta alle elezioni nazionali». Pochi negli Stati Uniti, fanno
notare le fonti dell'Amministrazione, «posseggono l'esperienza e la conoscenza
del problema iracheno di Joe Biden, che conosce bene tutti i
protagonisti ed ha la completa fiducia del presidente Obama». Ma è chiaro che un incarico di così alto profilo confermi
l'insoddisfazione della Casa Bianca: «Non ho visto ancora la quantità di
progressi politici che avrei voluto vedere», ha ammesso Barack Obama ancora quattro giorni fa. «Se le
cose fossero tutte andate per il verso giusto dicono le fonti
dell'Amministrazione , non ci sarebbe stato bisogno di coinvolgere il
vice-presidente. Ma il ritiro è cominciato in buone condizioni di sicurezza. È
la situazione politica che richiede più attenzione ». Allarme per lo stato
delle cose in Iraq è stato espresso da analisti come Tom Friedman, che in
un'intervista di pochi giorni fa al Corriere ha messo in guardia dai rischi di
un fallimento in Mesopotamia: «Se l'Iraq si squaglia mentre ci ritiriamo,
l'Amministrazione verrà ritenuta responsabile e sarà il caos. Ma se si instaura
un ordine politico stabile e decente, avrà un impatto molto positivo sul futuro
dell'intero mondo arabo e sulla reputazione americana. Possiamo odiare la
guerra, possiamo condannare Bush, ma non possiamo rinunciare a chiudere questa
cosa nel modo giusto. In fondo l'Afghanistan è secondario, questo è il dossier
più importante. Ci vuole uno sforzo maggiore: dimostriamo che i leader sciiti,
sunniti e curdi possono scrivere il loro contratto sociale e il mondo arabo
avrà un modello diverso da quello degli autocrati o dei dittatori col pugno di
ferro». Friedman queste cose le ha dette anche di persona al presidente Obama, in una lunga telefonata di qualche settimana fa. E
l'incarico al vice-presidente Biden sembra muoversi proprio nel senso del
riconoscimento di questa preoccupazione. «Non c'è dubbio che dobbiamo cercare
di tirare fuori il meglio dalla situazione che abbiamo ereditato », dicono le
fonti dell'Amministrazione. Da presidente della Commissione esteri del Senato
americano, Joe Biden aveva visitato la regione almeno una dozzina di volte ed
era stato uno dei principali protagonisti del dibattito politico. La sua idea
di fondo sul futuro dell'Iraq è quella di uno Stato federale, con ampi poteri
demandati ai governi locali. Paolo Valentino
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Lotta al cyber-crimine Ue, la centrale sarà in Italia (sezione: Obama)
Corriere
della Sera sezione: Economia data: 30/06/2009 - pag: 28 Task force Sarmi:
«Cooperiamo con lo Us Secret Service» Lotta al cyber-crimine Ue, la centrale
sarà in Italia DAL NOSTRO INVIATO TORONTO Oggi Mark Sullivan, l'uomo che si
occupa della sicurezza personale del presidente degli Stati Uniti, Barack Obama,
sarà a Roma. Il direttore della Us Secret Service, l'agenzia che dall'Ottocento
si occupa delle frodi finanziarie, allora sui dollari falsi, oggi sempre più
spesso sul web, è atteso al Viminale dal ministro Roberto Maroni per mettere la
firma insieme all'amministratore delegato delle Poste Italiane, Massimo
Sarmi, e al capo della Polizia di stato, Antonio Manganelli, sull'intesa dalla
quale nascerà la prima task force europea contro il cybercrime al di fuori
degli Stati Uniti. E la centrale operativa del nuovo polo della sicurezza
informatica sarà proprio il gruppo postale italiano. Il fenomeno dei furti di
identità digitali, dati, informazioni e denaro sul web è ormai di tale portata
da aver attirato, secondo gli esperti del settore, anche la criminalità organizzata.
Su internet si «spacciano» dosi di informazioni come nel mondo fisico si vende
la droga. Il business dietro è incontrollabile. E in questi ultimi anni le
Poste Italiane, grazie a un manager come Sarmi che viene dalle
telecomunicazioni, si sono ritagliate un ruolo di primo piano a livello
mondiale sul cybercrime, entrato nell'agenda di tutti i principali leader. «Il
progetto - racconta Sarmi - è nato in seguito a un mio viaggio a Washington in
febbraio. Dopo aver visto cosa faceva la Us Secret Service che si occupa dei
reati finanziari su tutto il territorio degli Stati Uniti li ho invitati a Roma
per mostrargli il grado di eccellenza che abbiamo raggiunto grazie alle nostre
peculiarità. Seguiamo 25 milioni di transazioni al giorno in tempo reale. Siamo
gli unici al mondo che lo fanno potendo seguire sia i flussi logistici, sia il
passaggio di informazioni riservate (come i documenti anagrafici), sia le
transazioni finanziarie. Nemmeno le banche possono contare su un flusso così
importante perché le informazioni sulle nostre carte di credito sono residenti
nelle nostre memorie, mentre quelle delle carte bancarie risiedono nelle
società come Visa e Master- Card». Già un mese fa la Us Secret Service aveva
mosso il primo passo ammettendo le Poste, unico caso al di fuori degli Stati
Uniti, a far parte della New York Electronic Task Force che ha competenza anche
sul principale mercato azionario al mondo, Wall Street, visto che le grida
degli agenti di cambio sono un lontano ricordo e che tutto avviene ormai sulle
autostrade elettroniche. «Consideriamo la firma di oggi un primo passo - spiega
Sarmi - perché quello a cui puntiamo è diventare un polo aggregante mondiale
per questo tema che ci permette di condividere le informazioni non solo con
soggetti politici ma anche accademici. Siamo già in contato con la Mallow
University, con un centro in Malaysia che si occupa dei crimini informatici,
con il Canada». Massimo Sarmi Massimo Sideri
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Europei, ricordiamoci della Georgia L'estate e i russi si
avvicinano (sezione: Obama)
Corriere
della Sera sezione: Opinioni data: 30/06/2009 - pag: 8 DEMOCRAZIA ED ENERGIA
Europei, ricordiamoci della Georgia L'estate e i russi si avvicinano di ANDRÉ
GLUCKSMANN U na domanda strampalata si pone al viaggiatore appena uscito dal
bozzolo comunitario: l'Unione europea esiste? Per Washington, si tratta di un
Ufo di cui, dai tempi di Kissinger, il Dipartimento di Stato cerca invano il
numero di telefono. Per Mosca, solo di una tribuna televisiva; dai tempi di
Gromyko, i regimi si susseguono, ma resta la convinzione che a contare siano
solo le potenze classiche: il Regno Unito, la Francia e, soprattutto, la
Germania, per lungo tempo nano politico ma sempre gigante economico. Quanto
agli storici, essi esitano: i rapporti de Gaulle-Adenauer non sempre furono
stabili, non andò meglio alla coppia Kohl-Mitterrand, e i bisticci
Londra-Parigi-Bonn (poi Berlino) rimasero al centro dell'attenzione per
decenni. Di fronte alla crisi mondiale, la disunione europea si manifesta in
reazioni concorrenti non potendo essere concordi. La Comunità europea a Sei
come a Quindici aveva sormontato le proprie irriducibili divergenze, ataviche e
ideologiche, solo assegnandosi sfide limitate, ma concrete e cruciali.
Principalmente due: 1) Resistenza all'espansione staliniana 2) Volontà di farla
finita con un bellicismo economico portatore di due conflitti mondiali (di qui
nasce il pool Carbone-Acciaio che testimonia una cooperazione franco-tedesca
mai vista prima). Si è conclusa, l'avventura? I «valori comuni», di cui
ciascuno si riempie la bocca, sono seriamente bistrattati allorché un ex
cancelliere socialdemocratico (Schroeder) arriva alla direzione di Gazprom
soltanto un mese dopo aver perso la Cancelleria. Immaginate l'entusiasmo di
mezza Europa quando, nel gennaio 2009, rabbrividì dal freddo perché il Cremlino
attuava il ricatto dell'energia! Il Signor Schroeder ha forse protestato,
quando il suo nuovo padrone minacciava di tagliare il gas (attraverso
l'Ucraina) ai concittadini tedeschi? Per quel che ne sappiamo, no. Anzi, continua
a immagazzinare milioni. Corruzione o convinzione? L'una e l'altra lo spingono
probabilmente a vilipendere la Georgia indipendente, quando il Cremlino la
smembra con la malcelata annessione di due delle sue province, nel disprezzo
ostentato degli accordi di cessate il fuoco firmati con Nicolas Sarkozy,
ingegnoso presidente del Consiglio europeo. Si può obiettare che la meschina
avidità dell'ex cancelliere non può marchiare l'Ue nel suo insieme. Solo che il
personaggio continua a rappresentare un'autorità morale di sinistra
nell'opinione pubblica tedesca che rispetta l'amico Putin e reputa il
presidente georgiano, Mikheil Saakhashvili, un pericoloso squilibrato, poiché
si ostina a resistere agli ukaze del «Grande Fratello». Al termine di un breve
soggiorno in Georgia (riuscite a immaginare la Toscana, con un mare che di nero
ha soltanto il nome, con nevi eterne e una delle capitali più belle del mondo,
prediletta da poeti russi perseguitati, come per esempio Lermontov?) dico a me
stesso che, se il fatto di non cedere al duetto Putin-Medvedev è un segno di
alienazione mentale, i quattro milioni di georgiani sono folli quanto il loro
presidente. Sono troppo fieri della loro recente libertà e troppo innamorati
della loro cultura per arrendersi davanti a un impero di 140 milioni di anime.
Hanno ricordi scottanti: le purghe di massa organizzate da Stalin, Beria e
Ordjonikidze (tutti caucasici vergognosi di esserlo) che liquidarono più di un
cittadino su dieci. E hanno buone ragioni di essere inquieti. Nei settant'anni
di regime sovietico, i giardini, i negozi e il mercato nero caucasici
alimentarono Mosca e Leningrado affamate: ecco perché oggi i consigli
minacciosi della Russia su economia e democrazia non suscitano che ironia.
Mikheil Saakashvili, incalzato da un'opposizione veemente ed eterogenea, che
come unico programma ha il suo ritiro incondizionato, resta fermo sulle proprie
posizioni. Eletto democraticamente sotto il controllo dell'Ocse, il presidente
si adopera per edificare grande novità nello spazio ex-sovietico, in
particolare caucasico una Repubblica non corrotta (sforzo di cui testimoniano
gli osservatori internazionali). Perché dovrebbe cedere davanti a una
minoranza? Perché non dovrebbe andare fino al termine del proprio mandato, come
accade da noi? Egli lascia che si svolgano manifestazioni, tenta di negoziare e
ha la meglio sull'avversario logorandolo. Negli ultimi mesi, il tasso di
popolarità del presidente ha oscillato fra il 53 e il 65 per cento secondo
istituti di sondaggio indipendenti e internazionali. Certo, l'opposizione non
ha tutti i torti in una buona democrazia l'opposizione è sempre necessaria ma
se è intollerante agisce contro se stessa, tanto più che i mass media russi
esagerano e demonizzano Saakashvili trasformandolo in un Hitler del Caucaso
(come dice Medvedev). Più grande è la menzogna e più impressionate saranno le
cancellerie... Ci piacerebbe che nel regno putiniano esistesse, come in
Georgia, un'opposizione dotata di giornali, di due canali televisivi e del raro
privilegio di poter bloccare a suo piacere alcune importanti strade e l'entrata
di edifici ufficiali piantando gabbie di ferro coperte di plastica bianca, la
maggior parte totalmente vuote (l'ho visto con i miei occhi) e questo per due
mesi, senza che la polizia ristabilisca la circolazione, per non offendere i
manifestanti. In quanti minuti il temerario che volesse piantare una tenda
davanti all'Eliseo sarebbe arrestato? Ed è del tutto inimmaginabile che possa
sognare di installarla sulla Piazza Rossa. La Georgia indipendente deve
sopravvivere all'estate
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Barack Obama:
Corriere
della Sera sezione: Esteri data: 30/06/2009 - pag: 17
Honduras Barack Obama: «Per
noi il presidente resta Zelaya» TEGUCIGALPA Non si arrendono dentro e fuori
dall'Honduras i sostenitori del presidente Manuel Zelaya, deposto con un golpe
dai militari e trasferito in Costa Rica domenica, nel giorno del referendum da
lui indetto per estendere il limite del suo mandato quadriennale, mossa
che aveva irritato Congresso, Chiesa, magistratura ed esercito. Ieri in centinaia
hanno sfidato il coprifuoco imposto per due notti di fila dal nuovo presidente
ad interim, Roberto Micheletti, dando vita a una veglia davanti al palazzo
presidenziale di Tegucigalpa. Alcuni hanno formato barricate e abbattuto
cartelloni pubblicitari nel centro della capitale. Fuori dal Paese, oltre allo
schieramento socialista sudamericano alleato che fa capo a Hugo Chávez, tutti,
dalle organizzazioni latino-americane all'Onu, dagli Usa all'Ue, hanno
reclamato il ritorno di Zelaya alle sue funzioni di legittimo presidente. Ieri
è intervenuto anche Barack Obama: quanto avvenuto in
Honduras «non è legale», «per gli Stati Uniti il presidente dell'Honduras resta
Zelaya», ha chiarito il presidente americano. Poco prima Hillary Clinton aveva
precisato: «La priorità della comunità internazionale è quella di ripristinare
l'ordine democratico e costituzionale in Honduras». La crisi è un banco di
prova per l'amministrazione Obama che sta cercando di
migliorare l'immagine di Washington in America Latina. Il presidente
dell'Assemblea generale dell'Onu, Miguel D'Escoto, ha invitato Zelaya a
intervenire all'Onu: «Da nicaraguense pensavo che quel che è successo in
Honduras fosse un incubo ormai lontano ha detto ieri l'ex sacerdote presidente
del Nicaragua durante una sessione speciale dell'Assemblea da lui convocata per
discutere del caso . Tutti i 192 Paesi delle Nazioni Unite devono far sentire
la propria voce per condannare questa azione criminale», ha auspicato. GUARDA
le foto del golpe su www .corriere.it
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Iran, sul web la scure degli ayatollah Niente YouTube, e
Twitter va a rilento (sezione: Obama)
C'è una cosa che Obama e tutto l'Occidente potrebbero fare per i ragazzi di Teheran:
approvare misure e mettere soldi per sviluppare le tecnologie di "internet
censorhip evasion" (tecniche per aggirare la censura sulla rete e non
essere individuati). Detta in parole semplici: la radio Londra di internet, la
radio voce della libertà della rete. Alla camera dei rappresentanti il
progetto è già stato presentato, e ci sono 50 milioni da spendere per aiutare i
popoli del mondo ad aggirare le loro censure. Altrettanto potrebbe fare l'Europa.
Questo detto in generale, perché per "questi" ragazzi di Teheran, per
quelli di questi giorni, ora è il tempo della repressione e della fuga. Forse
degli arresti e chissà altro. II silenzio è sceso, ma la loro epopea resta e fa
discutere l'occidente. Senza le rete non sarebbe esistita la lotta dei giorni
scorsi, già, ma cosa sta succedendo a chi quella lotta ha animato e
documentato? Su YouTube si è fermato il flusso dei filmati. Su Twitter il
"canale" (dizione non esatta ma serve per capirsi) dedicato a
"neda", la ragazza uccisa nei primi giorni della rivolta è meno
visibile e più rallentato. Resistono "Iran" e
"Iranelection" (attorno a questo tag è nato il canale dell'oppositore
Moussavi), ma si tratta di messaggi di solidarietà, scarseggiano le testimonianze.
Perlomeno fino a quando si parla di messaggi in inglese - chi scrive ammette di
non aver controllato messaggi e canali in lingua farsi. OAS_RICH('Middle'); Non
ci sono tracce di persiankiwi, molto attivo nei giorni scorsi. In uno degli
ultimi messaggi dice: "Devo scappare, hanno trovato uno dei miei".
Resiste il blog Revolutionary road. Altri scrivono ogni tanto, ma senza dare
mai troppi particolari, hanno evidentemente paura di essere individuati. Cosa
può esser successo ai manifestanti che hanno mandato su internet le loro
testimonianze? Non tutti erano degli sprovveduti, molti si sono serviti di
meccanismi di "anonimizzazione" per poter evitare di essere
individuati in seguito. In tanti hanno messo in atto l'accorgimento di "far
apparire" il loro messaggio come mandato da un computer residente in
Canada o in Australia - su questa attività si è dispiegata molta solidarietà
tecnologica. E' tuttora in attività la "NedaNet", rete di
"Hacktivist (da Hacker e attivisti) per aiutare l'uscita di messaggi
dall'Iran in modo sicuro per chi li manda. Usano la tecnica dei
"proxy": un proxy server è un semplice pezzetto di software che gira
sul computer di una persona che vive al di fuori del paese, e permette a quel
pc di diventare il "ripetitore" di un altro navigatore che può
apparire sulla rete con l'Ip dell'ospite. Certo chi ha mandato un video dal suo
telefono cellulare o un messaggio twitter con la propria identità rischia
gravemente, perché ogni atto elettronico lascia una traccia. Ma c'è dell'altro che
la polizia può aver fatto. Nelle manifestazioni del '68 c'era la psicosi
dell'"agente in borghese che fotografava". Al G8 di Genova si temette
che vi fossero dei provocatori che alimentavano la violenza. Sono attività che
possono essere svolte anche sulla rete, si possono mandare messaggi
fiammeggianti e linkare un sito che è in realtà della polizia e che registra
gli indirizzi IP (la targa) di tutti coloro che lo visitano. I video di youtube
e le foto di flickr possono essere viste e "scaricate" sia dalla
polizia che dagli amici e in seguito analizzati, anche se "pixelati"
per prudenza. La rete è di tutti, dei "buoni" e dei
"cattivi", e così la tecnologia. Si possono incrociare i messaggi con
i tabulati degli sms e dei video spediti dai telefoni. Si può sottoporre ad
esame - grazie a software specifici - il flusso dei messaggi inviati ai server
di twitter. Nei giorni scorsi il Wall Street Journal ha denunciato la vendita
di tecnologie occidentali ed in particolare europee alla polizia iraniana.
Servono per registrare ed analizzare tutto ciò che si fa sulla rete e ad
individuarne i responsabili. In particolare c'è una sigla che merita
attenzione. Si chiama DPI. La Deep Packet Inspection. La DPI può analizzare i
contenuti delle comunicazioni internet. E può arrivare a "capire"
quale tipo di attività gli utenti stanno svolgendo. Può anche cercare - sono
sempre compiti che si affidano ai computer - dentro il traffico internet alcune
parole chiave che siano state predeterminate da chi usa il software. Lo fa come
facevano i postini ficcanaso di una volta: intercetta la "busta" , la
apre, la fruga e poi la richiude e la fa proseguire per la sua strada, come se
tutto fosse a posto. Lo stato iraniano ha acquistato questo programma nel 2008.
E' la fine per i ragazzi di Teheran? Non c'è alcun dubbio che per chi non si
sia premunito sul piano tecnologico ci sia in questo momento il serio rischio
di essere individuato. E' senz'altro la fine del reporting di massa dei giorni
scorsi (anche perché diversa è la situazione sulla piazza), se non altro perché
le maglie della censura si sono strette. Ma è cominciata una solidarietà più
specialistica, più avvertita, per permettere ai messaggi di uscire
anonimamente. E su questo piano si può fare molto. Fin dagli anni del regime sovietico
hanno funzionato i server "anonimizzatori" che permettevano alle
persone - erano anni in cui internet non era per le masse e la posta
elettronica viaggiava con modalità assai primitive - di confondere le loro
tracce. Per anni la sigla "anon.penet.fi (fi sta per Finlandia) ha
significato per molti la libertà di esprimersi senza essere intercettati. In
seguito i paesi, anche democratici, hanno combattuto duramente la pratica
dell'anonimato per il timore - e la concreta realtà - che quelle stesse tecnologie
aiutino anche la mafia e ogni altra attività criminale. Ma l'Iran dovrebbe
accendere la luce sulle tecniche, molto più raffinate, della "censorship
evasion". Si può fare ancora molto per i ragazzi di Teheran. (30 giugno
2009
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