CENACOLO DEI COGITANTI |
Niente foie gras
al presidente ( da "Stampa, La"
del 27-07-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Obama preferisce la pallacanestro, Gordon Brown
è sedentario, Berlusconi se ne guarda bene, Zapatero sta sempre al telefono con
Madrid, la signora Merkel non è certo una praticante
delle arti atletiche. Rimane Sarkozy a difendere
l'onore del jogging.
Il dovere dell'Italia a Kabul (
da "Stampa, La"
del 27-07-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: attitudine italiana è stata vigorosamente apprezzata dal
presidente Obama in occasione sia della visita a Washington del nostro presidente
del Consiglio, sia dell'ultimo G8 aquilano. Ma se le forze a disposizione sono
estremamente limitate, occorre selezionare gli impegni con estremo rigore, alla
luce del nostro interesse nazionale.
Cina, operai in rivolta
uccidono un manager ( da "Stampa, La" del 27-07-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: inviato di Obama a Damasco e Tel Aviv "Sbloccare i
negoziati" Cina, operai in rivolta uccidono un manager Il Nord del Paese
era una grande fonderia Adesso è una «cintura della ruggine» Nigeria, setta
talebana assalta posto di polizia Uccisi 40 miliziani L'India superpotenza
Varato il primo sottomarino nucleare DAMASCO Riparte da una visita dell'
L'Amministrazione Obama ha
completamente ripensato la strategia in Afghanistan perché la minaccia
terrorista agli Stati Uniti non è stata smantellata E' lì che dobbiamo
concentrare ( da "Stampa, La" del 27-07-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: L'Amministrazione Obama ha completamente ripensato la strategia in
Afghanistan perché la minaccia terrorista agli Stati Uniti non è stata smantellata
E' lì che dobbiamo concentrare tutte le nostre energie
Hillary all'Iran: la bomba mai (
da "Stampa, La"
del 27-07-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Per il presidente Obama, è una guerra per necessità o è diventata
una guerra per scelta? «Ritengo che il Presidente sia
stato molto chiaro - in campagna elettorale come alla Casa Bianca - nel dire
che la linea politica seguita in Afghanistan non ha funzionato.
Barack Obama Basket e palestra L'attuale inquilino della Casa
Bianca gioca a pallacanestr... (
da "Stampa, La"
del 27-07-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Barack Obama Basket e palestra L'attuale
inquilino della Casa Bianca gioca a pallacanestro tutti i giorni
La sicurezza e la Formula 1 Ho
avuto paura per Felipe Massa come se si trattasse di un con... (
da "Stampa, La"
del 27-07-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: altra lezione da Barack Obama Il
presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha
pubblicamente ammesso di «aver misurato male le parole» quando mercoledì
scorso, durante una conferenza stampa, aveva definito «stupido» il
comportamento della polizia di Cambridge nella vicenda tra il professor Henry
Louis Gates e il poliziotto James Crawley.
in un clima di odio e di paura
- (segue dalla prima pagina) dal nostro inviato (
da "Repubblica, La"
del 27-07-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: amministrazione Obama ma gli ha reso. All´inizio di luglio l´unico
sondaggio gli attribuiva un vantaggio largo sui suoi principali sfidanti (31%
contro il 7 di Abdullah e il 3 di Ghani). Però da
allora Abdullah sembra in rimonta, e Karzai lontano
dalla maggioranza assoluta che gli è necessaria per evitare il ballottaggio,
obama studia il modello cinese contro la crisi funziona meglio -
(segue dalla prima pagina) ( da "Repubblica, La" del 27-07-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Pagina 23 - Commenti OBAMA STUDIA IL MODELLO CINESE CONTRO LA
CRISI FUNZIONA MEGLIO (SEGUE DALLA PRIMA P
la schiappa - pico floridi ( da "Repubblica, La"
del 27-07-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: accanto a giganti come Oprah Winfrey, Jeff Bezos e Barack Obama. è difficile
immaginare Jeff Kinney nei panni di una Schiappa: è
alto, ha spalle larghe e un gran sorriso. E non solo perché è uno dei tre
autori ad avere ben due titoli nella lista dei venticinque titoli più venduti
negli Stati Uniti quest´anno.
l'uomo di obama
a damasco: "cerchiamo la pace" (
da "Repubblica, La"
del 27-07-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Pagina 17 - Esteri Medio Oriente L´uomo di Obama a Damasco:
"Cerchiamo la pace" DAMASCO - è ripartito da una visita
dell´emissario di Barack Obama, George Mitchell, in Siria, Israele e Territori palestinesi ed
Egitto il pressing degli Stati Uniti per il rilancio del processo di pace in
Medio Oriente.
Afghanistan, incubo Taliban Verso le urne in un clima di odio (
da "Repubblica.it"
del 27-07-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: amministrazione Obama ma gli ha reso. All'inizio di luglio l'unico
sondaggio gli attribuiva un vantaggio largo sui suoi principali sfidanti (31%
contro il 7 di Abdullah e il 3 di Ghani). Però da
allora Abdullah sembra in rimonta, e Karzai lontano
dalla maggioranza assoluta che gli è necessaria per evitare il ballottaggio,
"Ora un libro, la tv e la
Casa Bianca" Sarah Palin si dimette da
governatore ( da "Stampaweb, La" del 27-07-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: economia del presidente Barack Obama.
«Siate vigilanti - ha detto - prima di accettare le elargizioni del governo,
non sono dei regali». I parlamentari dell?Alaska
hanno tuttavia già deciso di riunirsi in sessione speciale il 10 agosto per
aggirare il suo veto e accettare gli aiuti federali.
Agguato con i razzi contro il
candidato alla vicepresidenza ( da "Corriere della Sera" del 27-07-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: il presidente Obama ha voluto lanciare la più massiccia offensiva
dall'attacco di Falluja, in Iraq, nel 2004: 4 mila marines sono stati inviati
il 2 luglio per ripulire la zona dai talebani in vista delle elezioni. Nella stessa regione
combattono le truppe inglesi, per le quali luglio è stato il mese più cruento
dall'inizio del conflitto:
Il coraggio della
responsabilità ( da "Corriere della Sera" del 27-07-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: pag: 3 Il commento Il coraggio della responsabilità SEGUE DALLA
PRIMA Obama ha risposto con una massiccia offensiva al sud, ma gli americani
morti in luglio sono finora 39 e nello stesso mese i britannici hanno una media
di un morto al giorno (cifre da non dimenticare, quando pensiamo alle pur
tragiche perdite italiane).
Nicolas: quanti sacrifici per
avere il ventre piatto ( da "Stampaweb, La" del 27-07-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Obama preferisce la pallacanestro, Gordon Brown
è sedentario, Berlusconi se ne guarda bene, Zapatero sta sempre al telefono con
Madrid, la signora Merkel non è certo una praticante
delle arti atletiche. Rimane Sarkozy a difendere
l?onore del jogging.
Afghanistan, tensione nel
governo Frattini: "Lì anche per Calderoli" (
da "Repubblica.it"
del 27-07-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: amministrazione Usa di Barack Obama. Miliband - intervenuto al quartier generale alla Nato a
Bruxelles per presentare una nuova strategia politico-militare in Afghanistan -
ha sottolineato che il "processo di riconciliazione" deve essere
condotto dalle autorità afgane, a cui ha chiesto anche di assicurare un
"governo credibile, efficace e onesto" a tutti i livelli provinciali
e distrettuali.
Obama, appello alla Cina
"Insieme per un futuro migliore" (
da "Repubblica.it"
del 27-07-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: invito che Barak Obama rivolge alla
Cina. In apertura del vertice sul dialogo stretegico
economico al via oggi a Washington, il presidente Usa si rivolge a Pechino,
tendendo la mano per la creazione di un futuro migliore. Si parlano le due
superpotenze, sapendo che gran parte del futuro del pianeta dipende dalle loro
azioni.
Appello di Barack
Obama alla Cina: "Rispettare sempre i diritti umani" (
da "Stampaweb, La" del 27-07-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: presidente degli Stati Uniti Barack
Obama ha invitato la Cina ad essere un partner affidabile nel combattere i
cambiamenti climatici e il riscaldamento globale. Parlando da Washington, all?apertura di una serie di incontri di alto profilo tra
politici americani e cinesi, Obama ha detto che gli Stati Uniti e la Cina hanno
un interesse comune a creare fonti di energia pulite e sicure.
Afghanistan, tensione nel
governo La Lega frena: "Basta polemiche" (
da "Repubblica.it"
del 27-07-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: amministrazione Usa di Barack Obama. Miliband - intervenuto al quartier generale alla Nato a
Bruxelles per presentare una nuova strategia politico-militare in Afghanistan -
ha sottolineato che il "processo di riconciliazione" deve essere
condotto dalle autorità afgane, a cui ha chiesto anche di assicurare un
"governo credibile, efficace e onesto" a tutti i livelli provinciali
e distrettuali.
( da "Stampa, La"
del 27-07-2009)
Argomenti: Obama
Carlo
Rossella Niente foie gras al presidente CONTINUA A P
( da "Stampa, La"
del 27-07-2009)
Argomenti: Obama
Vittorio
Emanuele Parsi Il dovere dell'Italia a Kabul Hanno ormai cadenza quasi
quotidiana le notizie di attentati, attacchi e operazioni militari di più vasta
portata in cui sono coinvolte le truppe italiane in Afghanistan, che di per sé
attestano quantomeno un inasprimento della situazione tattica e di teatro. A
fronte di quanto sta già accadendo, e del prevedibile innalzamento della
conflittualità che non si esaurirà con le elezioni di metà di agosto, il
quesito che innanzitutto il governo e la sua maggioranza devono porsi è uno
solo: l'Italia e le sue Forze Armate sono nelle condizioni di poter sostenere
una campagna dalla durata ancora indefinita, nella quale i nostri soldati
saranno chiamati sempre più a svolgere con crescente continuità un ruolo più
aggressivo nei confronti degli insorti (come peraltro stanno già, egregiamente,
facendo)? Evidentemente, la risposta implica due dimensioni. La prima riguarda
la dinamica politica interna. L'uscita solo apparentemente estemporanea di
Umberto Bossi («torniamocene a casa») esprime il crescere delle perplessità sul
senso della missione all'interno delle file della maggioranza. Per motivi di
bilancio, oltretutto, il governo sta operando per la riduzione degli organici
della difesa, dove l'Esercito è in grado di schierare non più di 7 brigate
operative per un totale di circa 20-25.000 uomini. Un numero così esiguo da
rendere impossibile adempiere per tempi prolungati a più missioni
internazionali di un certo respiro. D'altronde l'idea che, per conservare un
certo rango nella politica internazionale, l'Italia debba dimostrare
concretamente la capacità di assumersi maggiori oneri per il mantenimento
dell'ordine internazionale sembra ormai un'acquisizione
bipartisan. Dall'Iraq all'Afghanistan al Libano, questa consapevolezza
ha guidato le decisioni di governi di opposto orientamento politico nelle
scelte di prendere parte a operazioni militari internazionali. E, qualora ce lo
fossimo già dimenticati, questa «nuova» attitudine italiana
è stata vigorosamente apprezzata dal presidente Obama in occasione
sia della visita a Washington del nostro presidente del Consiglio, sia
dell'ultimo G8 aquilano. Ma se le forze a disposizione sono estremamente
limitate, occorre selezionare gli impegni con estremo rigore, alla luce del
nostro interesse nazionale. La missione Isaf
rientra tra questi? La risposta affermativa riposa sulla convinzione che una
ritirata dall'Afghanistan si presenterebbe come una sconfitta militare
dell'Occidente e della Nato (la cui credibilità politica e militare verrebbe
seriamente scossa); galvanizzerebbe e rinvigorirebbe le formazioni jihadiste ovunque nel mondo, privando ulteriormente della
volontà di resistere e della speranza di prevalere tutti quelli che, nella
vasta e variegata umma dei fedeli di Allah, lottano
affinché islam e democrazia possano trovare una sintesi felice e originale:
cioè renderebbe ancora più instabile e ostile il nostro «estero vicino». In
termini globali, poi, paleserebbe la perdurante irrilevanza dell'Europa come
fornitore di sicurezza e la sua marginalità politica, così avvicinando la
prospettiva di un G2 sinoamericano. Affinché a ogni
nuovo futuro scontro che dovesse coinvolgere le nostre truppe, con il
presumibile, doloroso e quasi inevitabile bilancio di vittime, non si ricominci
a parlar di caveat e «Tornado», ovvero a invocare
precipitosi ritiri, la consapevolezza delle ragioni strategiche della nostra
presenza in Afghanistan è il solo rimedio possibile. E sarebbe opportuno che il
governo lo chiarisse all'opinione pubblica con la giusta fermezza, cosa che
solo in parte è avvenuta in questi mesi. Esiste una sola possibilità
alternativa. È quella che suggestivamente ricorda che fu proprio Osama Bin
Laden il primo a perseguire quella politica di internazionalizzazione della
crisi afghana, che culminò con gli attentati dell'11 settembre 2001 e
l'invasione alleata. Da quando abbiamo seguito Bin Laden sulla politica da lui
imposta, non solo non abbiamo fatto grandi passi avanti in Afghanistan, ma
siamo riusciti addirittura a mettere a repentaglio il Pakistan. Se invece il
diretto coinvolgimento occidentale cessasse, e il conflitto si «afghanizzasse», probabilmente il Pakistan continuerebbe a
tessere le sue trame nel Paese vicino come ha sempre fatto (almeno dagli Anni
Settanta), nelle vesti di burattinaio, piuttosto che in quelle di potenziale
prossima vittima del contagio talebano. Sarebbe evidentemente un cambio di strategia drastico, dagli esiti incerti e neppure molto
onorevole. La cui decisione, comunque, dovrebbe esser assunta dalla coalizione
nel suo complesso. Ma le mezze misure, tantopiù in
guerra, portano solo a sconfitte complete.
( da "Stampa, La"
del 27-07-2009)
Argomenti: Obama
GEORGE
MITCHELL INCONTRA OGGI NETANYAHU LA RISTRUTTURAZIONE DELL'INDUSTRIA PESANTE, IN
MANCIURIA 30 MILA IN PIAZZA I «MUHAJIRUN» VOGLIONO IMPORRE LA SHARIA COSTRUITO
CON L'AIUTO DEI RUSSI L'inviato di Obama a Damasco e Tel Aviv "Sbloccare i negoziati" Cina,
operai in rivolta uccidono un manager Il Nord del Paese era una grande fonderia
Adesso è una «cintura della ruggine» Nigeria, setta talebana assalta posto di
polizia Uccisi 40 miliziani L'India superpotenza Varato il primo sottomarino
nucleare DAMASCO Riparte da una visita dell'emissario George Mitchell in Siria, Israele e territori palestinesi il
pressing degli Stati Uniti per il rilancio del processo di pace in Medio
Oriente. L'obbiettivo è la ripresa «in tempi brevi» del negoziato fra Damasco e
Gerusalemme. Reduce da un incontro definito «molto franco e positivo» con il
presidente siriano, Bashar Al Assad,
l'inviato di Barack Obama è
sbarcato ieri a Tel Aviv. Mitchell - che precede in
Israele il capo del Pentagono, Robert Gates, atteso oggi, e l'emissario della
Casa Bianca per l'Iran, Dennis Ross - ha incontrato il ministro della Difesa,
Ehud Barak. Oggi sarà a Ramallah
(Cisgiordania), per vedere il leader dell'Autorità nazionale palestinese (Anp), Abu Mazen (Mahmud Abbas). Domani, a Gerusalemme, avrà un confronto decisivo
con il premier conservatore israeliano Benyamin
Netanyahu e poi si sposterà in Egitto. L'obiettivo è far ripartire - sulle base della Road Map, - il
negoziato, bloccato soprattutto dal rifiuto di Netanyahu di congelare gli
insediamenti in Cisgiordania. \[FIRMA]FRANCESCO SISCI PECHINO La classe operaia cinese, non più avanguardia comunista
verso il socialismo reale, non più aristocrazia sociale, riportata al suo
valore antico di braccia da comprare e vendere un tanto al mese, si è ribellata
di nuovo. Circa 30 mila metalmeccanici si sono scontrati violentemente con la
polizia venerdì a Tonghua, nel Nord-Est del paese, in
quella che una volta era la Manciuria, la culla dell'industria pesante cinese,
e che oggi è «la cintura della ruggine», con le vetuste fabbriche in via di
dismissione. La protesta è stata accesa dalla notizia che la locale fonderia
sarebbe stata comprata dalle acciaierie Jianlong,
un'azienda basata a Pechino. Gli operai temevano altri licenziamenti. Ma
l'evento che più ha scosso l'opinione pubblica, cinese e mondiale, è il
pestaggio a morte di un dirigente dell'azienda, Chen Guojun. È stato attaccato dagli operai, massacrato di botte
e lasciato morire, mentre la folla non faceva passare medici e ambulanza. La
Cina è il primo Paese al mondo per produzione dell'acciaio. Ma, anche prima
della crisi, soffriva un eccesso di capacità produttiva, tanto più adesso. La
Cina produceva troppo acciaio di bassa qualità e poco acciaio di alta qualità,
quello che serve nell'industria moderna. Il governo ha lanciato un massiccio
piano di modernizzazione, con feroci tagli ai «rami secchi», cosa che nello
Jilin significa mandare a casa decine di migliaia di operai, con liquidazioni e
protezioni sociali risibili. Per questo molte località si oppongono con le
unghie e con i denti ai piani di chiusura degli impianti, per salvare posti di
lavoro e livelli di vita. A Tonghua gli operai non
protestavano tanto contro la ristrutturazione dell'azienda,
ma contro le liquidazioni da fame. E l'ira dei metalmeccanici era
puntata soprattutto contro il direttore generale della fabbrica, Chen Guojun, che avrebbe ricevuto
l'anno scorso un bonus di tre milioni di yuan (300 mila euro) per la cessione
dell'azienda, mentre agli operai restava solo una specie di cassa integrazione
da 200 yuan al mese (20 euro). Venerdì gli operai hanno bloccato l'autostrada e
tre auto della polizia erano state attaccate e distrutte. Poi il manager è
stato trucidato, scatenando la repressione. Le rivolte come quella di Tonghua evidenziano, con la loro carica di violenza, due
ordini di problemi molto profondi: uno è il sistema disordinato, e propenso ai
soprusi, di gestire il licenziamento degli operai. L'altro è la mancanza di una
forza «interclassista», che stia in mezzo alle richieste divergenti di parti
diverse della società. Perché lo sforzo interclassista del partito comunista si
scontra con la tradizione usata fino a ieri, che inneggiava alla lotta di
classe e disprezzava, con spirito quasi religioso, il frutto naturale
dell'economia di mercato, cioè i ricchi contrapposti ai molti che restano
poveri. LAGOS Armati di pistole e bombe a mano, alcune decine di adepti di una
setta integralista islamica (Muhajirun) di
ispirazione talebana hanno attaccato ieri una stazione di polizia nella città
di Bauchi, in Nigeria. Ne è seguita una violenta
sparatoria con le forze di sicurezza che ha lasciato sul
terreno decine di morti. Almeno 42 le vittime, per lo più attaccanti.
L'assalto è stato seguito da una retata alle moschee e ai covi della setta.
Secondo la polizia sono stati arrestati almeno 200 miliziani islamici. Un
membro della setta, ferito nell'azione e che ha dichiarato di chiamarsi
Abdullah, ha detto che «la polizia arrestava i nostri leader e così abbiamo
deciso la rappresaglia». Lo scopo dei Muhajirun,
secondo Abdullah, è quello di «ripulire la società inquinata dalla cultura
occidentale e imporre la sharia in tutto il Paese». I talebani nigeriani sono
nati nel 2004 su iniziativa di circa 200 studenti. \NEW DELHI Un nuovo gigante
militare si affaccia in Asia. New Delhi ha varato ieri il suo primo sottomarino
a propulsione nucleare dotato di missili balistici. L'India è così diventato il
sesto Paese dopo Usa, Russia, Cina, Francia e Gran Bretagna a possedere
sottomarini nucleari. L'unità, costruita in India con l'aiuto di tecnici russi,
è stata battezzata dal premier Manmohan Singh «Arihant» (Il distruttore
di nemici). Lungo
( da "Stampa, La"
del 27-07-2009)
Argomenti: Obama
L'Amministrazione Obama ha
completamente ripensato la strategia in Afghanistan perché la minaccia
terrorista agli Stati Uniti non è stata smantellata E' lì che dobbiamo
concentrare tutte le nostre energie
( da "Stampa, La"
del 27-07-2009)
Argomenti: Obama
Intervista
Il Segretario di Stato Usa Hillary all'Iran: la bomba mai "La corsa
all'atomica è inutile e inaccettabile, useremo tutti i mezzi per
bloccarla" DAVID GREGORY WASHINGTON Segretario di Stato Clinton, la sua
dichiarazione dei giorni scorsi sull'«ombrello difensivo» da costruire con gli
alleati del Golfo Persico in funzione anti-Teheran ha
sorpreso molti. «Vogliamo che l'Iran rifletta su un
punto importante: se gli Stati Uniti aprono un ombrello difensivo sulla
regione, difficilmente l'Iran sarà più forte o più sicuro, perché non potrà
minacciare o dominare come pensa di poter fare una volta costruita la bomba
atomica. I loro sforzi sono inutili». Lei sta dicendo
ai Paesi arabi che un attacco a loro è come un attacco agli Stati Uniti, dai
quali partirebbe un'immediata ritorsione? «E' chiaro
che stiamo cercando di contrastare i calcoli del regime iraniano. Il nostro
messaggio a chi prende le decisioni in Iran è questo: se pensate di ottenere
l'arma atomica per intimidire e proiettare la vostra potenza non ve lo
lasceremo fare. Riteniamo inaccettabile che Teheran abbia l'atomica e non lo
permetteremo, a qualunque costo». Entriamo nei dettagli. Allude a un ombrello
nucleare? «Non intendo entrare nei dettagli, perché
questi arriverebbero in un secondo tempo, ammesso che ce ne sia bisogno. La
nostra speranza è che l'Iran capisca che è nel suo interesse assecondare la
comunità internazionale, che dice in maniera molto chiara che diritti e
responsabilità vanno di pari passo. Tutti hanno il diritto a un uso pacifico
del nucleare, non alla bomba atomica». Lei ritiene illegittimo il nuovo governo
iraniano? «Ogni valutazione sulla legittimità del
regime iraniano spetta al popolo iraniano. Le sue grida di libertà mi hanno
commosso. Gente con una cultura e una storia così grandi
merita di meglio di quello che ha adesso». Una delle grandi sfide è impedire a
Israele di agire per primo. Se gli israeliani penseranno di trovarsi in una
situazione di vita o di morte, colpiranno l'Iran per rendere inoffensivi i suoi
siti nucleari. E il vicepresidente Usa Biden ha detto
che non è possibile imporre a un altro Stato sovrano quello che può o non può fare. «Il
vicepresidente ha sottolineato un dato di fatto: Israele è uno Stato sovrano e
non ascolterà altri se si sentirà in pericolo di vita. Noi però continuiamo a
credere negli sforzi diplomatici e contemporaneamente, con le nostre azioni, diciamo
a Israele: "Gli Stati Uniti sono con voi, e con il vostro diritto alla
sicurezza"». L'Iran è un regime illegittimo? «Tocca
agli iraniani scegliere, noi non entriamo nelle dinamiche interne alla società.
Credo però che un popolo con una cultura e una storia come la loro si meriti di
più di quello che ha adesso». Passiamo all'Afghanistan. Per
il presidente Obama, è una guerra per necessità o è diventata una guerra per scelta?
«Ritengo che il Presidente sia stato molto chiaro - in
campagna elettorale come alla Casa Bianca - nel dire che la linea politica
seguita in Afghanistan non ha funzionato. Sappiamo che la minaccia agli
Stati Uniti non è stata smantellata, chi ha complottato contro di noi e ha
portato a termine gli attacchi dell'11 settembre non è ancora stato portato
davanti alla giustizia, né ucciso o catturato. Così l'obiettivo del presidente
è smantellare, distruggere e alla fine sconfiggere Al Qaeda». Intende dire che
è tutto concentrato sulla lotta ai taleban? Vorrei
che rispondesse all'editorialista Thomas Friedman, che ha scritto: «Siamo andati in Afghanistan per distruggere Al Qaeda e
adesso ci troviamo invischiati in una lunga guerra con i taleban.
E' questo un buon uso della forza americana?». «Abbiamo
avuto una radicale revisione strategica, perché Al Qaeda sta utilizzando i suoi
alleati estremisti, compresi i taleban, per estendere
il suo raggio d'azione nel mondo. Così, per sradicare e distruggere questa rete
del terrore, dobbiamo sfidare coloro che offrono ad Al Qaeda un porto sicuro.
Come sapete, il confine tra Afghanistan e Pakistan è permeabile, continuamente
attraversato da una parte all'altra. La nostra nuova strategia, appoggiata da
un alto numero di Paesi - alcuni dei quali sono in disaccordo con noi su molti
altri temi - è concentrata sul nostro obiettivo primario. Dall'Iraq abbiamo
imparato una durissima lezione: perché l'intervento militare sia efficace,
occorre migliorare la capacità della comunità locale di difendersi da sola.
Questa è la nuova strategia. Ma è appena cominciata».
Lei pensa che i taleban sentano la vostra pressione? «Sì, e credo che questa sia nell'interesse nazionale americano.
Abbiamo l'esercito più straordinario del mondo, con vertici perfettamente
allineati con i nostri obiettivi. Spero che vedremo presto i benefici della
loro azione e del loro sacrificio in vite umane». Passiamo all'Iraq. Siete
soddisfatti del bilancio di questi primi sei mesi di nuova amministrazione alla
Casa Bianca? «Abbiamo cominciato a mettere in pratica il nostro impegno a
ritirarci e così adesso, quando incontriamo il primo ministro Maliki e il suo governo, parliamo di istruzione e di
agricoltura». Parliamo di un'altra regione difficile, la Russia. E della frase
pronunciata dal presidente Obama: «Dobbiamo fare un
"reset" dei nostri rapporti con Mosca». «Sì,
questo ha detto il Presidente poco dopo il suo ingresso alla Casa Bianca.
Sappiamo che non è un compito facile. Richiede tempo e fiducia. Noi vogliamo
una Russia forte, pacifica e prospera. Stiamo lavorando insieme per ridurre i
reciproci arsenali atomici, assicurarci che il materiale fissile non cada nelle
mani sbagliate, combattere la minaccia dell'estremismo violento. Ma diciamo
anche chiaramente a Mosca che rifiutiamo la sua politica di ricostruire una
sfera di influenza nell'Europa dell'Est. I Paesi che facevano parte dell'Unione
Sovietica hanno il diritto di scegliersi gli alleati che vogliono, Nato
compresa. I russi sanno che noi mettiamo in discussione alcune loro politiche,
così come loro mettono in discussione alcune delle nostre».
( da "Stampa, La"
del 27-07-2009)
Argomenti: Obama
Barack Obama Basket e palestra
L'attuale inquilino della Casa Bianca gioca a pallacanestro tutti i giorni
( da "Stampa, La"
del 27-07-2009)
Argomenti: Obama
La
sicurezza e la Formula 1 Ho avuto paura per Felipe Massa come se si trattasse
di un conoscente, che sollievo sapere che non ci sono danni cerebrali. Tuttavia
serve una soluzione definitiva per evitare altre vittime, solo
una settimana prima un pilota di F2 è morto colpito da un pneumatico. Di
recente la F1 ha rischiato di chiudere i battenti, ma il tema non era la
sicurezza bensì il tetto di spesa. Avrei un'idea, destinare il 20% del budget
di ogni singola scuderia per la costruzione di una capsula protettiva, composta
da un cristallo durissimo come il diamante. Niki Lauda afferma che potrebbero
esserci problemi di visibilità, forse l'ex ferrarista non considera che così si
potrebbe eliminare il casco. FABRIZIO VINCI, MESSINA Il valore del pezzo di
carta Nell'editoriale dei lettori offerto da La Stampa del 24 luglio u.s. il
prof. Paolo Fai, docente di latino e greco, racconta un episodio che sarebbe
sconcertante se non fosse dimostrativo dell'annunciato degrado che - con
attività ininterrotta e corrosiva - è arrivato al punto di
rottura. «Nei bagni del mio liceo ho letto coi miei occhi la confessione
di un anonimo studente che, con l'arroganza dell'impunità, ha consegnato, a
futura memoria, a un muro dei gabinetti: "Ho preso la maturità senza
conoscere nemmeno un verbo greco"». Se uno studente arriva a vantarsi, con
orgoglio, di un simile risultato, è chiaro che si è toccato il fondo. Era
prevedibile che il voto politico e la promozione a ogni costo avrebbero finito con il premiare l'inettitudine, favorendo i
furbastri. Ora pare che ci sia un ritorno a valori quali l'impegno, la buona
volontà e l'abolizione di vergognose scorciatoie. Se il ritorno alla
meritocrazia sarà costante ed effettivo potremo sperare che il famoso «pezzo di
carta» ritorni a essere l'attestato di meriti comprovati ed effettivi. E io
credo che ci siano validi motivi per ritrovare la speranza. RENATA MUCCI,
BRESCIA Un'altra lezione da Barack
Obama Il presidente degli Stati Uniti Barack
Obama ha pubblicamente ammesso di «aver misurato male le parole»
quando mercoledì scorso, durante una conferenza stampa, aveva definito
«stupido» il comportamento della polizia di Cambridge nella vicenda tra il
professor Henry Louis Gates e il poliziotto James Crawley.
Quando vedremo - anche in Italia - un politico, fosse anche un semplice
consigliere di quartiere, ammettere di aver sbagliato e chiedere scusa? Non so,
ma credo ne passerà ancora tanto di tempo. SERGIO GAIOTTI Scherzar coi santi
Confessando di non essere un santo, Berlusconi ottiene in un
sol colpo due notevoli risultati: da un lato ingraziarsi la Chiesa,
dall'altro entusiasmare il popolo che, storicamente, idolatra i presidenti sciupafemmine. Sennonché (ecco l'inciampo) pentendosi il
peccatore ammette, nello stesso tempo, di essere un mentitore. Il che indurrà
la Chiesa a chiedersi se vale la pena aver fiducia in un pentito che fa della
menzogna il suo stile di vita. Quanto alla gggente, a
poco a poco si farà strada il dubbio che le tanto
vantate prodezze copulatorie altro non siano che
puerili vanterie messe in giro a fini pubblicitari. GINO SPADON Nell'interesse
del Paese. E perché? I politici di oggi diventano i ripetitori
dell'insopportabile frase «gli italiani lo sanno, è nell'interesse del Paese».
Purtroppo in nessuna occasione nessuno chiede loro il perché. Lo chiedo io:
ammesso e non concesso che gli italiani veramente lo sappiano, qualcuno mi
saprebbe spiegare perché lo scudo fiscale è «nell'interesse del Paese»? E perché la non processabilità
delle quattro più alte cariche dello Stato è «nell'interesse del Paese»? E perché il limite alle intercettazioni e il divieto di
pubblicazione è «nell'interesse del Paese»? DUCCIO IVO
PLATONE, ASTI Latin lovers e incubo stalking Ultimamente si parla molto di stalking,
anche a sproposito. È chiaro che in questa materia bisogna usare cautela e intelligenza, ma credo che alcune donne abbiano abusato
della nuova legiferazione in questo campo. Certamente avvengono da parte
dell'uomo persecuzioni vere, ma bisogna anche chiedersi il motivo. Mogli o ex
che non permettono ai padri di vedere i figli, uomini lasciati senza una
spiegazione. È umano che questi si trovino spaesati e commettano scorrettezze.
Spero di non venire frainteso, la materia è eticamente sensibile e non vorrei
essere tacciato di misoginia. Però eravamo un popolo di «latin lovers» e oggi il sesso forte non è più l'uomo bensì la
donna, che per emancipazione e carriera sta perdendo una cosa molto importante:
la femminilità. GIUSEPPE CAROSELLA Togliere i treni ai terremotati Non so se
oggi abbia ancora senso sopprimere treni regionali nei mesi estivi. Però posso
affermare con certezza che la soppressione non era opportuna in Abruzzo, dove
ai pendolari abituali si sono aggiunti i pendolari terremotati. Risultato:
nelle ore di punta i treni non soppressi che partono, ad esempio, da
Montesilvano si riempiono al punto da costringere le persone a viaggiare in
piedi. Il che non accadeva prima del terremoto. FRANCESCA
RIBEIRO Cavour pensaci tu Sarebbe cosa ben grave se ci fosse qualcuno al
governo che volesse sabotare persino il ricordo storico del Risorgimento in una
nuova vampata estiva di secessionismo. L'Unità Nazionale resta un valore
fondante, così come resta un valore fondante il Risorgimento, oltre ad altre
scadenze che dovrebbero imporre una riflessione storica: la II guerra
d'Indipendenza del 1859, la spedizione dei Mille, il bicentenario dalla nascita
di Cavour. Credo che non ci vogliano celebrazioni o demolizioni, ma una
riflessione che richiami al Paese le sue origini unitarie, in un rapporto solidale
tra Nord e Sud. Ricordo Mario Pannunzio che teneva,
lui non piemontese, dietro la sua scrivania di direttore del Mondo il ritratto
di Cavour. PIER FRANCO QUAGLIENI,
( da "Repubblica, La"
del 27-07-2009)
Argomenti: Obama
Pagina 2
- Esteri IN UN CLIMA DI ODIO E DI
PAURA Il reportage E il Paese si prepara al voto Per la prima volta
l´elettorato potrebbe esprimere un massiccio voto di protesta La Casa Bianca tifa per un economista, Ashraf
Ghani, che promette 1 milione di posti di lavoro
Privato dei sostegni internazionali, Karzai tesse
alleanze con figure controverse (SEGUE DALLA PRIMA P
( da "Repubblica, La"
del 27-07-2009)
Argomenti: Obama
Pagina 23 - Commenti OBAMA STUDIA IL MODELLO CINESE CONTRO LA
CRISI FUNZIONA MEGLIO (SEGUE DALLA PRIMA P
( da "Repubblica, La"
del 27-07-2009)
Argomenti: Obama
Pagina
33 - Cultura LA SCHIAPPA Intervista all´autore, l´americano Jeff kinney Il ragazzino imbranato da 13 milioni di copie di
successo "Time" lo ha messo nella
classifica delle 100 persone più influenti I genitori ringraziano per aver
"sottratto" i ragazzi a computer e playstation PICO FLORIDI Chi è la
Schiappa? Chi è questo ragazzino di inchiostro che riesce a convertire alla
lettura milioni di teenager in carne ed ossa distraendoli dalla playstation? Il
personaggio creato da Jeff Kinney si chiama Greg Heffley, e le pagine in cui racconta le sue disavventure
sono i volumi del Diario di una schiappa (Editrice il Castoro, euro 11,
traduzione di Rossella Bernascone). Già, la Schiappa
è proprio lui, il ragazzino filiforme, un po´ curvo, con tre peli sulla testa,
con un fratello piccolo viziato, un fratello grande prepotente, dei genitori
che non lo apprezzano e dei compagni che non se lo filano. è
lui il solo, infatti, ad essere molle, fuori gioco, "uccio",
una Schiappa, insomma. Una Schiappa che inizia il suo anno scolastico
barcamenandosi fra i compagni divenuti degli energumeni irsuti e muscolosi e le
compagne che non lo guardano più perché ormai adolescenti, piccole star. Ma
Greg, con tutte le sue esilaranti traversie, è un vero eroe, riuscito nel
compito impossibile di appassionare almeno sedici milioni di lettori tante sono le copie dei suoi libri venduti nel mondo. Un
risultato che ha valso al suo autore la recente nomina nella celebre lista dei
cento personaggi più influenti dell´anno di Time magazine, accanto a giganti come Oprah Winfrey, Jeff Bezos e Barack Obama. è
difficile immaginare Jeff Kinney nei panni di una
Schiappa: è alto, ha spalle larghe e un gran sorriso. E non solo perché è uno
dei tre autori ad avere ben due titoli nella lista dei venticinque titoli più
venduti negli Stati Uniti quest´anno. Essere considerato un maestro, un
mentore, è un´idea che lo diverte, «sono stati due anni pazzeschi», ma non ci
crede tanto: «figuriamoci, io non avevo nemmeno pensato di diventare un autore
per ragazzi, volevo diventare vignettista». Un inizio difficile, quindi. «Beh, volevo fare il vignettista per un giornale. Ma il mio
tratto non era all´altezza, e così ho deciso di mettermi nei panni di un
dodicenne, in modo che nessuno potesse criticare i miei disegni». Una reazione
da Schiappa? «Mah, veramente all´inizio pensavo di
stare scrivendo per gli adulti. In tutti gli otto anni che mi ci sono voluti
per pubblicare il mio primo libro, non ho mai lavorato pensando ai ragazzi. è stato il mio editore a volerne fare un libro per ragazzi,
poi non ho cambiato il mio stile». Kinney scriveva
per i grandi. E proprio questo è stato il suo segreto, anche se all´inizio ne
era preoccupato: «Non mi vedevo come uno scrittore per
ragazzi, pensavo che gli adulti si sarebbero divertiti a ritrovare i loro
dilemmi di adolescenti. Greg non è perfetto, avevo paura che i ragazzini non lo avrebbero capito». Riuscire ad accalappiare i non
lettori ha vari segreti, il primo è di «essere molto
accessibili, di sfidarli con un testo poco impegnativo. Puoi aprire i miei
libri in qualsiasi pagina e iniziare a divertirti. La comicità gioca un grande
ruolo in questo senso. Ho lavorato molto per trovare le battute giuste». Sono
trentamila i genitori e insegnanti che gli hanno scritto via mail, e molti lo
ringraziano perché la Schiappa è il primo libro nel quale i loro ragazzi si
tuffano con piacere. «Già, e molti mi dicono che poi continuano a leggere, che
apro la strada alla lettura legittima». Ecco, Kinney
non ha le presunzioni di un maestro: «I miei libri non
hanno un messaggio. La letteratura per ragazzi è spesso molto didattica. Io
cerco di evitare di dare lezioni. L´importante è avere fiducia nei ragazzi e
tenere conto del fatto che il loro punto di vista è complesso e sofisticato. E
che capiscono molto di più di quanto gli adulti non siano disposti ad
ammettere». Eppure Greg non è esente da difetti. «No,
è una persona normale. E sta crescendo. La comicità viene proprio dalle
imperfezioni che attraversiamo tutti. Molti libri rappresentano i bambini come
degli adulti in miniatura. Greg è un ragazzino autentico, per questo funziona».
E che tipo di riflessione fa nei confronti di sé stesso? «Beh,
come tutti noi, fa sempre dei buoni proponimenti. Nel terzo libro, inizia il
nuovo anno con la decisione che il migliore è lui e che quindi sta a lui
cambiare gli altri». Il proponimento di Kinney
riguarda invece l´autenticità: «Voglio che Greg sia
realistico. Fra trent´anni sapremo se il mio personaggio è universale e memorabile».
L´intenzione c´è, se è vero che il rosso bruciato della copertina del primo
volume vuole essere un omaggio al Giovane Holden di Salinger. «Già, è stata un´idea che ho avuto insieme al mio editore.
Anche Greg vede negli altri i propri difetti, ed è il primo a fare tutto ciò
che critica negli altri. Ha una voce forte, anche se imperfetta». La sua storia è abbastanza autobiografica: «è tutto verosimile anche se non è tutto vero. Ho avuto anch´io i
miei momenti da Schiappa». Kinney continua a fare la
vita di sempre: ha tenuto il suo lavoro di programmatore di giochi online, vive
con la moglie e due bambini in un paesotto del Massachussets, Plainville nome perfetto per una Schiappa. E la storia editoriale del
suo successo è una di quelle a rovescio, che racconta come la carta stampata abbia a
volte da imparare dal digitale: «Ho iniziato a pubblicare le storie di Greg sul
sito di Funbrain nel 2004 e da allora hanno avuto
ottanta milioni di lettori online, anche se ho smesso
di aggiungere contenuti nel 2005. Dall´idea del libro alla sua pubblicazione,
sono passati vari anni, durante i quali ho riempito il
mio "idea book" con migliaia di pagine. Il primo Diario è diventato
un bestseller due settimane dopo l´uscita. Ed è in lista da centotrenta
settimane. Ho un contratto per cinque titoli, ma vorrei scriverne sette». Da un
anno a questa parte, Kinney sta lavorando con la 20th
Century Fox alla sceneggiatura del film tratto da la
Schiappa, che uscirà a primavera prossima. Il casting per l´attore protagonista
è durato per mesi e adesso hanno "probabilmente" trovato il ragazzino
giusto. Crescerà Greg? «Ci sto pensando. I migliori
personaggi a fumetti non crescono mai».
( da "Repubblica, La"
del 27-07-2009)
Argomenti: Obama
Pagina 17 - Esteri Medio Oriente L´uomo di Obama a Damasco:
"Cerchiamo la pace" DAMASCO - è ripartito da una visita
dell´emissario di Barack Obama, George Mitchell, in Siria, Israele e Territori palestinesi ed
Egitto il pressing degli Stati Uniti per il rilancio del processo di pace in
Medio Oriente. Mitchell è stato ieri a Damasco, dove
ha avuto un colloquio, definito «molto franco e positivo» con il presidente
siriano, Bashar al Assad. La posizione di Assad
nella regione è fondamentale: per questo, dopo l´isolamento di Bush, Obama ha deciso di tentare di riavviare il dialogo con la
Siria. Da Damasco, Mitchell è poi partito per
Israele, per un primo round di incontri, e poi è andato in Egitto dove ha visto
il presidente Hosni Mubarak. Oggi l´incontro con il presidente Abu Mazen nei
Territori palestinesi, martedì quello con il premier israeliano Benjamin Nethanyau. Ieri Mitchell ha
ribadito che gli Usa vogliono «una pace globale» in Medio Oriente. Con Nethanyau, l´inviato di Obama
discuterà anche della possibilità di un dialogo diretto fra Siria e Israele.
( da "Repubblica.it"
del 27-07-2009)
Argomenti: Obama
KABUL -
Il colonnello in pensione Din Rahmani
stamane si presenta all'elettorato con gran parte di quel che possiede: un
doppiopetto celestino, occhiali cerchiati e una bicicletta di fabbricazione
cinese. Si ferma ai margini del bazar, smonta, prende dal portapacchi duecento
volantini, o più esattamente fotocopie, e spiega ai passanti perché dovrebbero
votarlo nelle presidenziali del 20 agosto. Velleitario, patetico. Però con la
piccola folla che ora gli si accalca intorno, discute, maledice insieme a lui
la corruzione, si materializza un Afghanistan insolito, svincolato da
obbedienze etniche o tribali, stufo, indignato, capace di un pensiero autonomo.
Proprio la probabilità che questo elettorato esprima un massiccio voto di
protesta giustifica non solo le modeste speranze di notorietà del colonnello Rahamani, ma anche le ambizioni di ben più poderosi
sfidanti del presidente in carica, Hamid Karzai, la
cui vittoria non è scontata. Se i Taliban non
riusciranno a sabotarle, saranno le prime vere elezioni nella storia afgana.
Incerte come non lo furono le presidenziali del 2004, organizzate dagli americani
nel modo più vantaggioso per Karzai. Oggi la sua
sconfitta sarebbe accolta con sollievo al Dipartimento di Stato, dove si tifa
sommessamente per Ashraf Ghani,
l'economista acuto e scontroso cui Hillary Clinton ha suggerito un consulente
d'eccezione, James Carville. Nel 1994 Carville condusse Bill Clinton alla Casa Bianca con
l'intuizione che riassunse nel motto It's the
economy, stupid: per intendere che è l'economia,
l'interesse concreto, a determinare l'elettorato. Quindici anni dopo Carville prova a far vincere Ghani
applicando la stessa idea nientemeno che in Afghanistan. Non scommetteremmo sul
risultato. Ghani promette un milione di posti di
lavoro, ha un curriculum di alto profilo e in tv risulta convincente. OAS_RICH('Middle'); Ma in un Paese
dove il 42% della popolazione vive sotto la soglia della povertà, It's the economy, stupid andrebbe
tradotto anche con più concrete e tradizionali dimostrazioni di liquidità. E
forse per questo le quotazioni di Ghani sono in
ribasso rispetto a quelle di rivali più solvibili, in grado di pagare
sull'unghia rimborsi, ingaggi e banchetti alle centinaia che affollano i loro
uffici elettorali. Il vuoto che trovo nel suo quartier generale sembra indicare
che dagli Stati Uniti l'economista non ha ottenuto altro che la considerazione
di Hillary e i consigli di Carville. Molto meno di
quanto hanno ricevuto dall'estero i suoi rivali. Lontano dai microfoni, ciascun
candidato di peso attribuisce agli altri uno o più finanziatori stranieri.
Britannici e pakistani per il presidente del parlamento Mirwais
Yasini (che però si è venduto la casa per finanzare la propria campagna). Sauditi per un altro.
Indiani per un terzo. Non sfuggono a questi sospetti neppure il presidente Karzai e il suo principale sfidante, l'ex ministro degli
Esteri Abdullah Abdullah. Karzai
è appoggiato da capi di milizie etniche ciascuno sponsorizzato da uno Stato
straniero. Abdullah dispone di fondi notevoli, come attesta la sua rete
imponente di sedi elettorali, e poiché negli anni in cui l'Alleanza del nord
combatteva i Taliban, era il recettore dei
finanziamenti iraniani, tutti sono convinti che i suoi benefattori siano a
Teheran. Il capo della sua campagna, Fazel
Sancharaki, non nega il passato ("L'Afghanistan
era piombato nella guerra civile e nessuno in Occidente se ne proccupava: era ovvio che cercassimo aiuti dai Paesi
vicini). Ma adesso, giura, contiamo soltanto su amici afgani. In ogni
caso, è scontato che tutte le potenze dell'area abbiano scommesso poste su
questo o su quello, in genere puntando su più cavalli. Probabilmente anche
Paesi occidentali hanno impegnato qualche somma. Ma nel complesso l'Occidente
ha scelto la neutralità. Il nuovo ambasciatore statunitense, Ricciardone, assicura che il candidato di Washington è
"la legalità" (della consultazioni). Lo ha
ripetuto stamane anche a Fazel Sancharaki,
e lo ha convinto. "La nuova amministrazione americana - mi dice adesso
l'afgano - ha capito che i presidenti imposti non funzionano". La
neutralità occidentale ha un'implicazione forte: Hamid Karzai
non è più il nostro uomo a Kabul. E questo cambia le cose. Privato dei sostegni
internazionali che nel 2004 lo portarono alla presidenza, Karzai
ha sopperito tessendo alleanze locali con i personaggi più vari, inclusi figuri
che il capo dello Stato dovrebbe combattere - comandanti dal passato criminale,
poliziotti rapaci, governatori corrotti, ora tutti parte della sua macchina
elettorale. Questo tattica spregiudicata ha acuito il
disagio dell'amministrazione Obama ma gli ha
reso. All'inizio di luglio l'unico sondaggio gli attribuiva un vantaggio largo
sui suoi principali sfidanti (31% contro il 7 di Abdullah e il 3 di Ghani). Però da allora Abdullah sembra in rimonta, e Karzai lontano dalla maggioranza assoluta che gli è
necessaria per evitare il ballottaggio, evenienza per lui molto
rischiosa. Nel secondo turno, infatti, il voto contro di lui non sarebbe più
disperso tra i vari sfidanti. Dunque è probabile che non menta Yasini, il presidente del parlamento, quando mi racconta di
un Karzai "molto nervoso". Il presidente
non si fida degli occidentali ("Non se ne è mai fidato", commenta Yasini). E chiede rassicurazione a diplomatici in visita:
sospetta che americani ed europei abbiano deciso di fargli perdere le elezioni.
Davvero resterete spettatori neutrali?, domanda e si
domanda. Il suo rovello è comprensibile. In queste elezioni l'Occidente di
fatto è anche un arbitro. E gli arbitri sono sempre sospettati di favorire
l'uno o l'altro. Come? Per esempio attraverso gli osservatori internazionali.
Quelli inviati dall'Unione europea sono guidati da Philippe Morillon,
il generale francese che durante la guerra bosniaca fu, allo stesso tempo, il
comandante delle truppe Onu e un esecutore della politica mitterandiana
nell'ex Jugoslavia. Se non bastasse l'attitudine di Morillon
a interpretare ruoli doppi, ad inquietare gli uomini di Karzai
concorre la fama del francese, noto come un vecchio amico dell'Alleanza del
Nord. E quella consorteria di ex guerrieri tagichi oggi è gran parte della
macchina elettorale di Abdullah. Come si difende, generale? "Io sono un
vecchio amico dell'Afghanistan, non di questo o di quello", protesta Morillon. "E' vero che venni qui
la prima volta su invito dell'Alleanza del nord, ma sono tornato altre otto
volte. E non ho alcun problema ad essere imparziale".
Non v'è ragione per non credergli. Però è evidente che il controllo sulle
elezioni può essere interpretato dagli occidentali nei modi più vari. Un
rapporto confidenziale giunto alla presidenza stima che la polizia e l'esercito
afghani non riescono a garantire la sicurezza nel 18% dei seggi, perciò esposti
agli attacchi dei Taliban. Soprattutto in alcune
circoscrizioni del sud e dell'est, votare sarà pericoloso per gli uomini e
molto più per le donne, che rischierebbero una pallottola a tradimento se
soltanto si avventurassero fuori di casa nella giornata delle elezioni. Tanto
più è sospetto che le afghane risultino essersi iscritte in massa nelle liste
elettorali proprio dove pare scontato il loro forzato astensionismo. Per
esempio: mentre in una città sicura come Kabul le elettrici registrate sono la
metà degli elettori, nell'insicura provincia di Paktika
avrebbero superato largamente i maschi (come nel 2005, quando risultarono
90mila su 166mila iscritti). E laggiù perfino andare a scuola comporta rischi
per le femmine. Minaccia la correttezza delle elezioni anche il consueto caos
afgano, per il quale, ad esempio, nel Nuristan gli
iscritti nelle liste elettorali risultano 443mila, contro una popolazione di
130mila, neonati inclusi. Dunque le irregolarità non saranno poche. Molti
elettori voteranno più volte. Molte elettrici non voteranno affatto ma qualcuno
compilerà le loro schede. Consapevoli, americani ed europei hanno abbassato le
aspettative. Se prima volevano elezioni regolari, ora chiedono soltanto
elezioni "credibili", l'aggettivo ripetuto la settimana scorsa a
Kabul da due alti emissari dell'Unione europea, Javier Solana
ed Ettore Sequi. Ma 'credibilità' è un criterio vago.
Vi fossero brogli massicci, il più sospettato sarebbe inevitabilmente Karzai, che controllando lo Stato ha più strumenti dei suoi
rivali per manipolare i risultati. Come si comporterebbero in quel caso gli
occidentali? Come reagirebbero i candidati sconfitti? E gli elettori? Scendereste
in piazza, imitereste la protesta degli iraniani? domanda
ai passanti il tg della Tolo, la tv afgana più
seguita, ostile a Karzai. L'intervistatore non li
molla finché quelli non convengono: sì, come gli iraniani, in piazza fin quando
Karzai non riconvocasse le elezioni. Uno spettacolo 'iranianò a Kabul non contribuirebbe a convincere le nostre
opinioni pubbliche che la missione della Nato sta rimettendo in sesto
l'Afghanistan. E l'imbarazzo dei governi occidentali aumenterebbe se le
tifoserie dei principali candidati prendessero a scontrarsi nelle strade. C'è
una certa animosità in giro. La gente di Karzai ha
ammazzato uno dei nostri quadri e ne ha ferito un altro, mi racconta uno tra
gli ex mujahiddin che guidano a Kabul la campagna
elettorale di Abdullah. Questi reduci vengono tutti dal Panshir,
una regione del nord dove, con la forza e con le minacce, impediscono a Karzai di tenere comizi. Però finora la contesa elettorale
nel complesso è stata incruenta, in tv i dibattiti sono molto professionali, i
candidati si mostrano rispetto. Non è poco, in un Paese da trent'anni in guerra
che pullula di armi e di armigeri. Nei comizi si parla soprattutto della
miseria, della corruzione e dei Taliban. I principali
candidati sono tutti favorevoli al negoziato con il nemico, e lasciano
intendere che un accordo di pace sia raggiungibile con facilità (ma non è
così). Tanto Karzai quanto il più accreditato tra i
suoi sfidanti, Abdullah, annunciano che rinegozieranno con l'Alleanza atlantica
i termini della presenza occidentale, per garantirsi che non vi siano più
bombardamenti sommarii, 'danni
collateralì e oltraggi alle tradizioni locali (ma il
comando Nato ha già provveduto a rettificare le relative procedure militari). Karzai ed Abdullah esprimono spesso opinioni simili,
sembrano più complementari che antagonisti. Cinque anni lavoravano di buon
accordo nel governo e non è improbabile che in futuro tornino a collaborare. Forse per questo nel quartier generale di Abdullah Fazel Sancharaki descrive così il
presidente: "Troppo erratico, ragione per cui gli afgani non gli credono
più. Però, un democratico, un patriota, un politico
con una visione nazionale". Più che di un avversario sembra la
descrizione di un futuro alleato. (27 luglio 2009
( da "Stampaweb, La" del
27-07-2009)
Argomenti: Obama
ANCHORAGE
(STATI UNITI) Sarah Palin, la ex
candidata repubblicana alla vicepresidenza degli Stati Uniti a fianco di John McCain, ha ufficialmente lasciato ieri la sua carica di
governatore dellAlaska,
senza nulla svelare dei suoi progetti per il futuro. In una cerimonia al
Pioneer Park di Fairbanks, seconda città del più grande stato degli Usa, la Palin, 45 anni, ha passato il testimone al suo vice Sean Parnell. Le sue ultime parole da governatore sono state
dedicate al suo bilancio, caratterizzato in particolare dallaumento della tassa sui profitti derivanti dal petrolio e alla nuova
legislazione sulletica e il
buon governo. Nel suo discorso Sarah Palin, che amava
definirsi nella campagna presidenziale come un «pitbull col rossetto» ha
esortato gli abitanti dellAlaska a «resistere allasservimento al grande governo centrale», in un
probabile riferimento al piano di sostegno alleconomia del presidente Barack Obama.
«Siate vigilanti - ha detto - prima di accettare le elargizioni del governo,
non sono dei regali». I parlamentari dellAlaska hanno tuttavia già deciso di riunirsi in sessione speciale il
10 agosto per aggirare il suo veto e accettare gli aiuti federali. La Palin, cui alcuni osservatori attribuiscono ambizioni
politiche sulla scena nazionale, non ha parlato dei suoi progetti per il
futuro, limitandosi a ripetere quando detto allinizio di luglio durante lannuncio a sorpresa delle
sue dimissioni. «Prendendo questa decisione - ha dichiarato - potrò battermi
ancora di più per voi, per ciò che è giusto, per la verità; e non ho mai
pensato che ci volesse una carica (da governatore) per fare tutto ciò». Il futuro, per
ora, resta avvolto nel mistero. Di certo la Palin ha
unautobiografia in cantiere e un futuro in tv, ma il
suo vero obiettivo è la Casa Bianca nel 2012. Dal giorno dellannuncio
delle dimissioni, il 3 luglio, la ex vice di John McCain è rimasta vaga. Unici punti fermi sono le parcelle
degli avvocati in ascesa e gli indici di gradimento in calo (il 40% degli
americani le sono favorevoli contro il 53% contrari),
oltre al fatto che la governatrice dellAlaska non ha alcuna intenzione di abbandonare le luci della
ribalta. Quanto ai piani in politica, Sarah potrebbe annunciarli l8
agosto, quando è attesa per un discorso alla Biblioteca Presidenziale Ronald
Reagan in California. Di lì ad allora la «regina dei ghiacci»
continuerà a dire la sua su Twitter: «Non chiuderò la
bocca/ so che ci sono centinaia di milioni come me/ che cercano di essere
liberi», ha «cinguettato» la Palin in un recente
messaggino parafrasando la canzone Rollin del duo Big and Rich. Unopzione che la ex governatrice ha in caldo è
lautobiografia: la pubblicheranno la prossima primavera HarperCollins e una casa editrice specializzata in edizioni
della Bibbia. Unaltra è il talk show: Sarah, che nella meteorica
apparizione in campagna elettorale, ha dimostrato di essere un volto fotogenico,
potrebbe parcheggiarsi in tv in attesa che si muovano i buoi della prossima
campagna presidenziale. Intanto il trasferimento dei poteri: li eredita il suo
vice e alleato Sean Parnell. La Palin,
che ha 45 anni, ha citato le accuse sul fronte delletica mosse contro di lei e i suoi figli come distrazioni
che le hanno reso impossibile continuare a lavorare. In realtà cè chi
sostiene che da quando è rientrata in Alaska dopo la fine della campagna di McCain il suo governo ha
cominciato a girare a vuoto. La governatrice non è riuscita a far approvare questanno nessuna delle sue 90
proposte di legge.
( da "Corriere della Sera"
del 27-07-2009)
Argomenti: Obama
Corriere
della Sera sezione: Primo Piano data: 27/07/2009 -
pag:
( da "Corriere della Sera"
del 27-07-2009)
Argomenti: Obama
Corriere
della Sera sezione: Primo Piano data: 27/07/2009 - pag: 3 Il commento Il coraggio della responsabilità SEGUE DALLA
PRIMA Obama ha risposto con una massiccia offensiva al sud, ma gli americani
morti in luglio sono finora 39 e nello stesso mese i britannici hanno una media
di un morto al giorno (cifre da non dimenticare, quando pensiamo alle pur
tragiche perdite italiane). Una parte dei Talebani, sotto pressione,
tende a ripiegare verso nord-est moltiplicando i contatti con le forze italiane
dislocate a Farah e a Herat
(oltre che nella zona di Kabul) . E' questa
circostanza, assai più della modifica del regime dei caveat,
ad accrescere i rischi per i nostri. Può essere anche utile ripetere che i
reparti italiani in Afghanistan sono forze Nato, alleanza dalla quale soltanto
pochi estremisti vorrebbero farci uscire, e che la missione ha una legittimità
internazionale ben diversa da quella dell'operazione angloamericana in Iraq.
Bossi e Di Pietro a ciò sembrano anteporre le loro convenienze elettorali, ben
sapendo che nessuna opinione pubblica ama piangere soldati morti o feriti.
Peccato, perché tutti i nostri soldati meriterebbero, soprattutto da un uomo di
governo, il coraggio di un maggior senso di responsabilità. Franco Venturini
( da "Stampaweb, La" del
27-07-2009)
Argomenti: Obama
Basta
vederlo mangiare al Bristol, un grandhotel a pochi passi dallEliseo,
per capire che Nicolas Sarkozy è uno sportivo. Anzi,
un praticante del jogging, della bicicletta, mountain e normale, dello squash e della ginnastica da
spa. Sarkozy ha un fisico asciutto, muscoloso, secco,
nervoso, scattante, anche la mascella e il volto, spesso abbronzato,
sono quelli di un uomo dedito alla cultura del proprio fisico. Mangia solo
piatti leggeri, verdure soprattutto, insalate, accompagnato in questi pranzi
frugali dalla moglie Carlà. Gli chef del Bristol gli servono, oltre ai vegetali, pezzetti di
pesce crudo o sushi alla giapponese. A mezzogiorno Monsieur le Président non mangia altro. Ma anche ai pranzi ufficiali,
quando gli chef dellEliseo
sono costretti a sfoggiare i pezzi da novanta della cucina francese come il
foie gras, si guarda bene dagli eccessi, accarezza
con la lingua lo champagne, centellina il vino rosso, è molto attento agli
intingoli e ai gateaux. Carlà lo tiene docchio per evitare qualche eccesso diplomatico. Lei non è
sportiva, lo accompagna solo nelle passeggiate e quando Sarkozy
inizia a camminare con passo troppo veloce, lei lo trattiene. Ma lo spirito del jogger è troppo forte: se lo ricordano anche gli agenti del
secret service della Casa Bianca. Quando Sarkozy andò
con la prima moglie a visitare il presidente Bush nella sua residenza di
vacanze nel Maine, chiese subito indicazioni per il percorso di jogging. Ma
corse poco, perché era più impegnato nei litigi con la sua consorte di allora,
Cécilia. Fece solo qualche corsetta per vincere la rabbia e qualche decina di
piegamenti allaperto. I
suoi amici sanno che per piacere a Monsieur le Président
non si deve essere flaccidi ma bisogna avere un addome abbastanza «tirato», come si
dice, ed essere disponibili a parlare di affari di Stato anche correndo. Rachida Dati era ed è molto brava nel jogging. Peccato che
dopo il matrimonio tra Sarkozy e Carlà,
sia costretta a praticarlo da sola e non più in compagnia
del primo cittadino di Francia. I Capi di Stato che fanno jogging ai vertici
del G8 sono pochissimi. Obama preferisce la
pallacanestro, Gordon Brown è sedentario, Berlusconi
se ne guarda bene, Zapatero sta sempre al telefono con Madrid, la signora Merkel non è certo una praticante delle arti atletiche.
Rimane Sarkozy a difendere lonore del jogging. Bisognerebbe suggerirgli una frase che a
Roma si attribuisce allex presidente del
Consiglio Giulio Andreotti. Una volta, vedendo passare un gruppo di joggers,
rivolgendosi a un amico che esaltava le qualità salutari di questo esercizio,
gli rispose: «Sono stato ai funerali di alcuni che facevano abitualmente
jogging...» Vera o falsa che sia la frase di
Andreotti, è un monito che i fanatici della corsetta non dovrebbero mai
dimenticare, specie sopra i trentanni.
( da "Repubblica.it"
del 27-07-2009)
Argomenti: Obama
ROMA -
Malessere nella maggioranza di governo tra Lega e Pdl
sulla missione militare italiana in Afghanistan, dopo le dichiarazioni di
Umberto Bossi ("Io riporterei a casa tutti i soldati") e quelle del
ministro Roberto Calderoli che in un'intervista a Repubblica ha chiesto il
ritiro dei militari italiani da altre missioni come Balcani e Libano, e il
ripensamento di quella in Afghanistan. "Lavoriamo in Afghanistan per la
sicurezza anche dell'Italia, quindi anche di Calderoli", ha detto il
ministro degli Esteri, Franco Frattini, interpellato dai giornalisti a
Bruxelles. "Sono tutte opinioni rispettabili - ha detto Frattini - ma sono
opinioni personali il governo ha una visione che è già stata approfondita, le
missioni internazionali sono un biglietto da visita dell'Italia nel
mondo". In merito alla verifica della missione italiana in Afghanistan, il
titolare della Farnesina ha detto che "dipenderà molto dai risultati delle
elezioni del 20 agosto". "Noi vogliamo che quelle elezioni siano credibili
- ha aggiunto - e quindi realmente rappresentative del popolo afghano, quindi
che ci sia partecipazione adeguata alla urne".
"La missione in Afghanistan è irrinunciabile", ha ribadito il
ministro della Difesa, Ignazio La Russa, a margine di un incontro a Palazzo
Marino a Milano. La Russa ha poi spiegato che "ci
sarebbe un problema solo se la Lega votasse contro. Faccio un appello a
non usare questi argomenti per avere visibilità. Questo dibattito se c'è, e non
c'è, lo dobbiamo fare prima in Consiglio dei ministri.
Non ho mai sentito in Consiglio dei ministri e in
Parlamento gli amici della Lega in difformità dalle posizioni del governo
italiano". La Russa rispondendo alle parole di Bossi e
di Calderoli ricorda che "ci siamo assunti degli obblighi per quanto
riguarda le missioni internazionali. Se ci sono delle novità si usino le
sedi opportune. Io leggo le parole di Calderoli come una
garbata precisazione e rettifica alle frasi di Bossi tanto che parla di Kosovo
e Libano dove, non è una novità, il governo intende ridurre la presenza".
OAS_RICH('Middle'); Quello
espresso dal leader della Lega, Umberto Bossi, è stato "un pensiero con il
cuore" ha detto il viceministro delle Infrastrutture, Roberto Castelli,
che, commentando il desiderio di Bossi di riportare a casa i militari in
missione, ha chiarito come il leader del Carroccio "sia sempre molto
spontaneo". Nella realtà, per Castelli "si tratta di capire che cosa
fare a livello di interesse del Paese". Il viceministro ha comunque sottolineato
di condividere il "moto dell'animo" del capo del partito. Nel dettaglio della missione in Afghanistan, Castelli ha detto che
"si sapeva che ci sarebbe stata un'escalation. Deciderà il
Consiglio dei Ministri cosa fare. Ma - ha concluso - non c'è
nessuna polemica tra La Russa e Bossi". "Non è il momento di
far rientrare i ragazzi italiani dall'Afghanistan: è il momento di completare
quel lavoro" ha detto il segretario del Pd Dario Franceschini,
oggi a Udine. "Penso che i ragazzi italiani, che sono là perché lo Stato
li ha mandati, hanno il diritto di non vedere ministri
che litigano fra di loro con interviste sui giornali semplicemente per
raccogliere qualche consenso o qualche voto in più". "Hanno il
diritto - ha concluso Franceschini - di avere un
governo e un Parlamento che compattamente stanno alle loro spalle". La
tregua sul terreno. Il governo afgano ha siglato la prima tregua con i
talebani, in vista delle elezioni presidenziali del 20 agosto. L'accordo per un
cessate il fuoco è stato raggiunto nella remota provincia di Badghis, dove è presente il contingente italiano. Si tratta
della prima intesa di questo genere mai raggiunta nel Paese. Lo ha annunciato
oggi un portavoce della presidenza a Kabul. La tregua è in vigore da sabato
nell'area di Bala Murghab,
nella provincia nordoccidentale di Badghis, ed è
stata definita attraverso, ha riferito Kabul, "gli sforzi e le mediazioni
degli anziani" dei villaggi. Dal campo talebano, però, non è giunta
conferma dell'accordo. Gb, dialogare con i guerriglieri "moderati".
Per vincere la guerra in Afghanistan bisogna avviare un dialogo con i
guerriglieri "moderati", separandoli dai talebani
"irriducibili". E' quanto ha dichiarato il ministro degli Esteri
britannico, David Miliband, nella scia di quanto già
affermato dall'amministrazione Usa di Barack
Obama. Miliband - intervenuto al quartier
generale alla Nato a Bruxelles per presentare una nuova strategia
politico-militare in Afghanistan - ha sottolineato che il "processo di
riconciliazione" deve essere condotto dalle autorità afgane, a cui ha
chiesto anche di assicurare un "governo credibile, efficace e onesto"
a tutti i livelli provinciali e distrettuali. (27
luglio 2009
( da "Repubblica.it"
del 27-07-2009)
Argomenti: Obama
NEW YORK
- Cooperiamo. Per migliorare il clima, combattere la minaccia nuclare e migliorare la crescita. E' ad ampio raggio l'invito che Barak Obama rivolge alla Cina. In apertura del vertice sul dialogo stretegico economico al via oggi a Washington, il
presidente Usa si rivolge a Pechino, tendendo la mano per la creazione di un
futuro migliore. Si parlano le due superpotenze, sapendo che gran parte del
futuro del pianeta dipende dalle loro azioni. A partire dal clima e
dalla crescita economica. E proprio dall'ambiente parte il discorso di Obama. Che prosegue con l'invito a Pechino a cooperare per
una risposta globale per un futuro energetico "pulito, sicuro e
prospero". Per risolvere la questione dei cambiamenti climatici bisogna
che "i nostri mercati siano aperti a nuove idee" e che ci sia una
forte partnership tra Stati Uniti e Cina. Poi tocca alla crescita economica.
Per Obama Stati Uniti e Cina dovrebbero
"cooperare per avere una crescita economica equilibrata e sostenibile,
togliendo più persone dalla povertà e creando maggiore ricchezza". "L'attuale crisi - dice il leader Usa - ha chiarito che le
scelte che facciamo all'interno dei nostri confini si riflettono per tutta
l'economia globale e questo è vero non solo per New York e Seattle, ma anche
per Shanghai e Shenzhen. Per questo dobbiamo
impegnarci in un forte coordinamento bilaterale e multilaterale".
Infine la richiesta di fare fronte comune contro la minaccia nuclare in Nord Corea e in Iran. Nel suo discorso il
presidente americano cita anche Yao Ming, stella
cinese della squadra di basket professionista di Houston. Lo fa quando si
rivolge al presidente cinese Hu: "Come nuovo
presidente e come tifoso di basket, ho imparato molto da Yao
Ming che una volta ha detto: 'non importa se sei un
giocatore esperto o se sei agli inizi. Comunque hai bisogno di tempo per
adattarti al gioco di squadra'. Per questo, a partire dal
confronto di oggi così costruttivo, sono fiducioso che insieme faremo come ci
ha detto Ming e raggiungeremo il suo livello di gioco". OAS_RICH('Middle'); (27 luglio
2009
( da "Stampaweb, La" del
27-07-2009)
Argomenti: Obama
WASHINGTON
«La religione e la cultura di tutti i popoli devono essere rispettate e
protette». Lo ha detto il presidente Barack Obama in apertura della due giorni
a Washington sul dialogo strategico e economico con la Cina. Per il presidente
Usa gli Stati Uniti e la Cina dovrebbero «cooperare per avere una crescita
economica equilibrata e sostenibile, togliendo più persone dalla povertà e
creando maggiore ricchezza». Il presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha invitato la Cina
ad essere un partner affidabile nel combattere i cambiamenti climatici e il
riscaldamento globale. Parlando da Washington, allapertura di una serie di incontri di alto profilo tra politici americani e
cinesi, Obama ha detto che gli Stati Uniti e la Cina
hanno un interesse comune a creare fonti di energia pulite e sicure. Essendo i
due maggiori consumatori al mondo, né Stati Uniti né Cina traggono profitto
dalla dipendenza dal petrolio importato dallestero, ha detto Obama. Il miglior
modo per sviluppare nuove fonti di energia è «mantenere i mercati aperti a
nuove idee», ha detto.
( da "Repubblica.it"
del 27-07-2009)
Argomenti: Obama
ROMA -
Malessere nella maggioranza di governo tra Lega e Pdl
sulla missione militare italiana in Afghanistan, dopo le dichiarazioni di
Umberto Bossi ("Io riporterei a casa tutti i soldati") e quelle del
ministro Roberto Calderoli che in un'intervista a Repubblica ha chiesto il
ritiro dei militari italiani da altre missioni come Balcani e Libano, e il
ripensamento di quella in Afghanistan. "Lavoriamo in Afghanistan per la
sicurezza anche dell'Italia, quindi anche di Calderoli", ha detto il
ministro degli Esteri, Franco Frattini, interpellato dai giornalisti a
Bruxelles. "Sono tutte opinioni rispettabili - ha detto Frattini - ma sono
opinioni personali il governo ha una visione che è già stata approfondita, le
missioni internazionali sono un biglietto da visita dell'Italia nel
mondo". E per smorzare la polemica, nel pomeriggio, il Carroccio affida ai
capigruppo il compito di chiedere uno "stop" a quelle che definisce
" polemiche strumentali". Non c'è alcun contrasto a livello di maggioranza,
spiegano i parlamentari del Carroccio, che rimandano la discussione sulle
scelte future al dopo elezioni afgane. E anche
Frattini spiega come la verifica della missione italiana "dipenderà molto
dai risultati delle elezioni del 20 agosto". "Noi vogliamo che quelle
elezioni siano credibili - ha aggiunto - e quindi realmente rappresentative del
popolo afghano, quindi che ci sia partecipazione adeguata alla
urne". OAS_RICH('Middle');
"La missione in Afghanistan è irrinunciabile", ha ribadito il
ministro della Difesa, Ignazio La Russa, a margine di un incontro a Palazzo
Marino a Milano. La Russa ha poi spiegato che "ci
sarebbe un problema solo se la Lega votasse contro. Faccio un appello a
non usare questi argomenti per avere visibilità. Questo dibattito se c'è, e non
c'è, lo dobbiamo fare prima in Consiglio dei ministri.
Non ho mai sentito in Consiglio dei ministri e in
Parlamento gli amici della Lega in difformità dalle posizioni del governo
italiano". La Russa rispondendo alle parole di Bossi e
di Calderoli ricorda che "ci siamo assunti degli obblighi per quanto
riguarda le missioni internazionali. Se ci sono delle novità si usino le
sedi opportune. Io leggo le parole di Calderoli come una
garbata precisazione e rettifica alle frasi di Bossi tanto che parla di Kosovo
e Libano dove, non è una novità, il governo intende ridurre la presenza".
Quello espresso dal leader della Lega, Umberto Bossi, è stato "un pensiero
con il cuore" ha detto il viceministro delle Infrastrutture, Roberto
Castelli, che, commentando il desiderio di Bossi di riportare a casa i militari
in missione, ha chiarito come il leader del Carroccio "sia sempre molto
spontaneo". Nella realtà, per Castelli "si tratta di capire che cosa
fare a livello di interesse del Paese". Il viceministro ha comunque
sottolineato di condividere il "moto dell'animo" del capo del
partito. Nel dettaglio della missione in Afghanistan,
Castelli ha detto che "si sapeva che ci sarebbe stata un'escalation.
Deciderà il Consiglio dei Ministri cosa fare. Ma - ha
concluso - non c'è nessuna polemica tra La Russa e Bossi".
"Non è il momento di far rientrare i ragazzi italiani dall'Afghanistan: è
il momento di completare quel lavoro" ha detto il segretario del Pd Dario Franceschini, oggi a Udine. "Penso che i ragazzi
italiani, che sono là perché lo Stato li ha mandati, hanno
il diritto di non vedere ministri che litigano fra di loro con interviste sui
giornali semplicemente per raccogliere qualche consenso o qualche voto in
più". "Hanno il diritto - ha concluso Franceschini
- di avere un governo e un Parlamento che compattamente stanno alle loro
spalle". D'accordo con la proposta della Lega di rivedere gli obiettivi
della missione italiana il leader dell'Idv Antonio Di
Pietro: "Meglio tardi che mai- esordisce l'ex pm - siamo contrari al
passaggio da una fase di difesa della popolazione ad una fase di guerra
guerreggiata". Ma ammette : "Se c'è in corso
una guerra, però, non si può andare lì con i garofani, ma armati di tutto
dente". Nessun tregua. Giallo sulla tregua in vista delle elezioni
presidenziali del 20 agosto. L'accordo per un cessate il fuoco è stato
annunciato da un portavoce della presidenza a Kabul. Ma il principale portavoce
dei taliban ha smentito l'intesa. "Non abbiamo
alcun accordo di cessate il fuoco con le autorità", ha detto Yusuf Ahmadi. Gb, dialogare con i
guerriglieri "moderati". Per vincere la guerra in Afghanistan bisogna
avviare un dialogo con i guerriglieri "moderati", separandoli dai
talebani "irriducibili". E' quanto ha dichiarato il ministro degli
Esteri britannico, David Miliband, nella scia di
quanto già affermato dall'amministrazione Usa di Barack Obama. Miliband
- intervenuto al quartier generale alla Nato a Bruxelles per presentare una
nuova strategia politico-militare in Afghanistan - ha sottolineato che il
"processo di riconciliazione" deve essere condotto dalle autorità
afgane, a cui ha chiesto anche di assicurare un "governo credibile,
efficace e onesto" a tutti i livelli provinciali e distrettuali. (27 luglio 2009