CENACOLO DEI COGITANTI |
countdown a bagdad gli usa
verso l'addio - (segue dalla prima pagina)
( da "Repubblica, La"
del 25-05-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: alla quale Obama ha teso la mano.
Un Iran ostile, ansioso di esportare la propria rivoluzione clericale, può
tenere aperto il conflitto. Gli americani sono quasi spariti dalla città. Già
se ne vedono pochi. Mentre passa un convoglio americano, uno dei rari,
ovviamente blindato, chiedo quando un soldato yankee, o un cittadino degli
Stati Uniti ben identificato come tale,
fiat-magna, duello di
rilanci su opel - paolo griseri ( da "Repubblica,
La" del 25-05-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: ultimatum di Obama per evitare il
fallimento di Gm, casa madre di Opel. L´ipotesi più probabile è quella che si
applichi anche in questo caso la procedura di fallimento pilotato («chapter
11») già utilizzata da Chrysler. è probabile che anche Berlino tenti di
percorrere una strada simile, quella dell´insolvenza regolamentata per prendere
tempo e non decidere subito il partner di Opel.
storia nefanda - anna
bandettini ( da "Repubblica, La"
del 25-05-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: della barzelletta inutilmente
triviale sempre e dovunque tu ti trovi, come quando liquidò Obama dicendo che
era bello e abbronzato. La cultura delle promesse a questa o quella ragazza di
darle un posto in tv o in parlamento, che per lui sono la stessa cosa. La
cultura dell´uomo che va in giro con la valigia piena di gioielli per elargire
regali.
- pier paolo luciano
( da "Repubblica, La"
del 25-05-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Perché come ha riconosciuto anche
Obama in quest´area esiste una straordinaria concentrazione di competenze,
capacità, sapere fare tecnico che dall´auto si sono estesi a altri settori come
l´aerospazio e le energie rinnovabili PIER PAOLO LUCIANO L´ultimo colpo di
acceleratore è arrivato a inizio secolo, sotto la spinta della crisi Fiat.
ciclone-hillary al
dipartimento di stato "pari diritti ai partner dei diplomatici gay" -
arturo zampaglione ( da "Repubblica, La"
del 25-05-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: nel nuovo clima di aperture della
presidenza di Obama ARTURO ZAMPAGLIONE NEW YORK - Hillary Clinton ha deciso che
anche i partner dei diplomatici americani gay avranno diritto alle stesse forme
di protezione e riconoscimento all´estero concesse a mogli e mariti. Godranno
dell´assistenza medica, saranno evacuati in caso di emergenza, potranno
frequentare i corsi di lingua e di anti-
Iran, il regime blocca la
posta elettronica del premio Nobel
( da "Corriere della Sera"
del 25-05-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: La chiamano la Michelle Obama
dell'Iran. La censura su Facebook sembra intesa a colpire i due candidati
riformisti: Mousavi e Mehdi Karroubi. Ne sono convinti i loro seguaci. «Ci
hanno tagliati fuori sabato a mezzogiorno», scrive da Teheran Mohammadreza Mohsenirad.
Come molti fan di Mousavi (oltre 6.
AMBASCIATORI IN MISSIONE
CON IL MARITO ( da "Stampa, La"
del 25-05-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Una tendenza che contraddice la
cautela con cui il presidente Obama ha deciso di gestire in questi mesi la
questione dei diritti civili. È possibile dunque che il Segretario di Stato
voglia aiutare Obama trascinando avanti lei stessa la palla in campo. O che
voglia aiutarlo magari riprendendo in mano una torcia liberal tipica dei Clinton e della loro generazione.
I bambini cubani iniziano
a fare sport nella pancia della mamma
( da "Stampa, La" del
25-05-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Che pensa di Obama? «Mi piace, non ha solo parlato ha già dato segni concreti. I
vicini devono comunicare, da quando c'è lui l'America dialoga con Cuba. Prima
il presidente degli Stati Uniti era un criminale di guerra. Obama deve solo
togliere l'embargo, così anche noi potremo andare avanti».
Missile e nucleare, la
Corea provoca ( da "Stampaweb,
La" del 25-05-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Barack Obama, in un comunicato, ha
detto che le azioni di Pyongyang rappresentano «una minaccia per la pace». Il
consiglio di Sicurezza dell?Onu ha convocato una riunione straordinaria per il
pomeriggio di oggi. La Corea del Nord «ha compiuto con successo un nuovo test
nucleare sotterraneo, il 25 maggio (oggi,
( da "Repubblica, La"
del 25-05-2009)
Argomenti: Obama
Pagina 12 - Esteri
Ritorno alla vita Un futuro incerto COUNTDOWN A BAGDAD GLI USA VERSO L´ADDIO
Viaggio nella capitale, a un mese dall´inizio del ritiro Il reportage La
società, in quasi tutte le sue espressioni, ha ripreso vita. Cerca di avere,
con coraggio e fatica, ritmi normali Non tutti sono sicuri che la vera pace,
sia pure precaria, sia imminente e garantita (SEGUE DALLA PRIMA P
( da "Repubblica, La"
del 25-05-2009)
Argomenti: Obama
Pagina 2 - Economia
Fiat-Magna, duello di rilanci su Opel Guttenberg: no ai piani. Lingotto: meno
soldi statali e niente chiusure in Italia Marchionne: "Con la nostra
offerta solo 2000 esuberi in Germania" PAOLO GRISERI TORINO - A poche ore
dalle decisioni irrevocabili, quella della Opel
somiglia sempre più a un´asta. Magna e Fiat continuano a rilanciare modificando
in continuazione l´offerta mentre il terzo incomodo, il fondo di private equity
Ripplewood appare, al momento, fuori gioco. La disponibilità di Torino e Vienna
a ridurre le pretese per conquistare Berlino sortisce due diversi effetti:
prima spinge Karl Franz, leader dei sindacati Opel, a mettere in guardia «da chi cambia i piani in poche ore. è
importante che mettano nero su bianco le nuove offerte». Il secondo effetto è
la reazione del ministro dell´economia, zu Guttenberg: «Nessuna delle proposte
finora presentate appare sufficiente», dice Guttenberg
chiedendo implicitamente un nuovo rilancio ai pretendenti. Nelle pieghe della
zuffa tedesca si intravedono le rivalità tra territori: con Angela Merkel
favorevole alla proposta Fiat perché taglia meno posti a Bochum, lo
stabilimento nella Westfalia retta dal suo partito, la Cdu. Una nuova certezza
viene dal Frankfurter Allgemeinen Zeitung che l´8 maggio scorso aveva chiuso gli
stabilimenti della Pininfarina a San Giorgio Canavese e il sito Fiat di Termini
Imerese. Notizia singolare, visto che Pininfarina non è di proprietà della
Fiat. Ora comunque non ci sono più rischi: nel nuovo piano della Fiat, annuncia
la Faz, «non ci saranno chiusure di impianti in Italia». Nella girandola di
indiscrezioni si capisce che l´asta tra Magna e Fiat si gioca su due terreni:
accanto a quello dell´occupazione ci sono le richieste di denaro pubblico. Così
Marchionne annuncia che «in Germania non ci saranno più di 2.000 esuberi»
sapendo che nel piano Magna sono previsti 2.200 licenziamenti nel solo
stabilimento di Bochum. Il gruppo di Vienna replica proponendo «l´anticipo
nella restituzione dei prestiti» di cui si dovrebbe far indirettamente carico
lo stato tedesco provocando così l´annuncio di Fiat che fa scendere da
( da "Repubblica, La"
del 25-05-2009)
Argomenti: Obama
Pagina 6 - Interni
Storia nefanda Quella sentenza Pensavamo che il peggio fosse stato raggiunto,
ora c´è questa nefanda storia Se possiamo digerire questa storia? Abbiamo
digerito la sentenza del caso Mills... ANNA BANDETTINI ROMA - «Pensavamo che il peggio fosse già stato raggiunto. E invece
ora questa nuova, nefanda, storia. Mi viene amaramente da dire: noi italiani
abbiamo quello che ci meritiamo». Lo dice con rabbia, più che con
rassegnazione, il premio Nobel Dario Fo leggendo dell´ultima, clamorosa puntata
della storia che riguarda Noemi Letizia, la giovane ragazza napoletana, e
Silvio Berlusconi. Fo, in che senso ce lo meritiamo noi italiani? «Lei crede che con queste nuove dichiarazioni del fidanzato
della ragazza, che contraddicono tutto quello che Berlusconi ha detto finora,
succederà qualcosa? La gente in giro plaude. Se la ride. Signore che di solito
si scandalizzano per un seno nudo, ora sono pronte a giustificare quest´uomo
dicendo "ma vabbè che male c´è, lo fanno tutti gli uomini". Il
premier va in giro con le ragazze, si dice minorenni? Che sarà mai! La gente
anche davanti a questo lo ama. Viene fuori che si fa in week end in villa con
trenta ragazze? Bravo! Che bella vita. Ecco cosa dicono gli italiani. E´
all´estero che ci guardano come poveri deficienti, ma in Italia si applaude. E
questo perché Berlusconi ha tirato fuori il peggio di questo Paese». Molta
gente dice che si tratta di faccende private, che non c´entrano con la politica
«In parte sono d´accordo, ma per altre ragioni.
Considero un errore fare il conto della spesa dei comportamenti di Berlusconi.
Perché quello che fa paura non sono le cose belle o brutte che fa, ma la
volgarità , la cultura, il senso della vita che esse
esprimono. Berlusconi va battuto non per quello che fa ma per quello che
produce, e che ha già contagiato tutto il paese. Parlo di quella cultura della
pacca sul sedere, della barzelletta inutilmente triviale
sempre e dovunque tu ti trovi, come quando liquidò Obama dicendo che
era bello e abbronzato. La cultura delle promesse a questa o quella ragazza di
darle un posto in tv o in parlamento, che per lui sono la stessa cosa. La
cultura dell´uomo che va in giro con la valigia piena di gioielli per elargire
regali. E´ la cultura di chi si presenta nelle vesti
dell´imbonitore" Lei dice che ormai tutto questo noi lo digeriamo.
«Se abbiamo digerito la sentenza Mills
» Ma perché digeriamo
tutto questo? «Perché Berlusconi è il sogno dell´italiano medio, incarna l´anima
profonda del Paese e l´ha allevata rendendola più triviale, più meschina e
kitsch. Ecco perché dico che il problema non è lui, sono gli italiani. Non
tutti per carità. Sono un 50 per cento. Ma è quel 50 per cento che lo applaude
e che lo tiene lì sulla poltrona del potere».
( da "Repubblica, La"
del 25-05-2009)
Argomenti: Obama
Pagina X - Torino Da
"one company town" a polo della conoscenza: Torino cerca una nuova
missione puntando sempre sulla produzione manifatturiera. Perché
come ha riconosciuto anche Obama in quest´area esiste una
straordinaria concentrazione di competenze, capacità, sapere fare tecnico che
dall´auto si sono estesi a altri settori come l´aerospazio e le energie
rinnovabili PIER PAOLO LUCIANO L´ultimo colpo di acceleratore è arrivato a
inizio secolo, sotto la spinta della crisi Fiat. Le aziende dell´indotto
che per anni avevano lavorato solo per il Lingotto hanno capito che per
sopravvivere occorreva andare a cercare commesse oltreconfine.
Una sfida non per tutti, complice una serie di difetti ereditati dalla
tradizione delle boite, a cominciare dall´inesperienza internazionale per chi
aveva lavorato sempre per un solo padrone. Ma chi ce l´ha fatta - assistito da
progetti come «From concept to car» promosso dalla Camera di commercio proprio
negli anni bui della crisi del Lingotto per aiutare la componentistica ad
allargare il portafoglio clienti - ora conta tra i suoi committenti quasi tutti
i marchi più prestigiosi dell´auto made in Europe. Perché, come ricorda
Vincenzo Ilotte, numero uno dell´Amma, «a Torino esiste una straordinaria
concentrazione di competenze, di capacità, saper fare tecnico e organizzativo
riferiti all´intero ciclo dell´auto». Competenze che lo stesso Barack Obama ha riconosciuto quando ha indicato nella Fiat il
partner giusto per salvare la Chrysler e indirizzarla verso l´auto del futuro.
Già, l´auto del futuro. A Torino ci si lavora già da tempo. E non solo Fiat,
che pure pare pronta a produrre presto un motore che
abbina l´elettrico, che è nel nuovo cambio a doppia frizione, al bicilindrico e
che «Quattroruote» ha ribattezzato ibridino. C´è Pininfarina che, pur tra guai
finanziari, si sta preparando a produrre in serie l´auto elettrica realizzata
in partnership con il francese Vincent Bollorè. E c´è Phylla, l´auto ad
alimentazione solare che è frutto di una collaborazione tra Politecnico e Centro
ricerche Fiat finanziato dalla Regione. Ecco le energie sostenibili sono
l´altra grande sfida di Torino nel futuro. Per esempio l´idrogeno, con gli
studi compiuti all´Environment park. Ma anche l´eolico e il solare. Senza
dimenticare l´altro grande filone di questa sfida che punta a trasformare la
"one company town" del "secolo breve" in una delle capitali
europee della conoscenza: l´aerospazio. Quasi tutti i progetti dell´agenzia
aerospaziale europea contengono qualche pezzo prodotto negli stabilimenti
torinesi di Alenia o di Avio. Senza dimenticare anche in questo caso l´indotto
che ruota attorno a questi colossi dell´aeronautica. Questi tre filoni su cui
Torino sembra scommettere per il futuro hanno un comune denominatore: la
ricerca. E dunque i due atenei cittadini, l´università e, soprattutto, il
Politecnico. Sono proprio queste oggi le migliori carte per attrarre
investimenti dall´estero. Ma Alessandro Barberis, presidente della Camera di
commercio, non si stanca di ripetere come sia importante innanzitutto la
capacità di fare sistema: «Solo sfruttando appieno
tutte le risorse che Torino offre, potremo ancora accrescere il nostro
potenziale tecnologico. E arrivare prima degli altri in qualsiasi campo resta
ancora oggi la miglior garanzia per battere la concorrenza». E proprio questo
spostamento verso produzioni a maggiore intensità di conoscenza e innovazione
che richiedono servizi di informazione, comunicazione, ricerca - come
sottolineano i ricercatori del Comitato Giorgio Rota nell´ultima indagine -
hanno favorito nell´ultimo decennio il sorpasso del terziario sul
manifatturiero. «La terziarizzazione è quindi connessa più che a un processo di
deindustrializzazione, a una trasformazione di struttura del settore
manifatturiero - sottolinea Luca Davico, ricercatore - .
Tra l´altro molte imprese hanno esternalizzato servizi
prima svolti nel proprio interno». In questo quadro di una Torino orientata a
diventare un polo della conoscenza internazionale - come provano già le
centinaia di laboratori di ricerca presenti in città - resta un handicap che è
lo stesso di vent´anni fa: il nanismo delle imprese industriali. Il 97,2% ha
meno di dieci dipendenti. «Imprese di dimensioni così ridotte mostrano
generalmente minori produttività, capacità di investire in innovazione,
marketing e di differenziare i Paesi in cui esportano».
( da "Repubblica, La"
del 25-05-2009)
Argomenti: Obama
Pagina 15 - Esteri
Ciclone-Hillary al Dipartimento di Stato "Pari diritti ai partner dei
diplomatici gay" Il Pentagono pronto a cambiare linea sui militari
omosessuali La svolta si inserisce nel nuovo clima di
aperture della presidenza di Obama ARTURO ZAMPAGLIONE NEW YORK -
Hillary Clinton ha deciso che anche i partner dei diplomatici americani gay
avranno diritto alle stesse forme di protezione e riconoscimento all´estero
concesse a mogli e mariti. Godranno dell´assistenza medica, saranno evacuati in
caso di emergenza, potranno frequentare i corsi di lingua e di anti-terrorismo,
saranno rimborsati per le spese di viaggio e gireranno con un passaporto
diplomatico. «Le discriminazioni che ci sono state storicamente sono ingiuste e
devono sparire», ha scritto la Clinton in un memorandum interno diffuso al
Dipartimento di Stato. Preannunciata nei giorni scorsi al Congresso, che l´ha
già avallata, la svolta del Segretario di Stato chiude una lunga battaglia
condotta dall´associazione che riunisce i diplomatici gay e le lesbiche. Si
inserisce anche nel nuovo clima di apertura dell´America di Barack Obama, che non solo sta portando un numero crescente di
stati americani a legalizzare i matrimoni gay ma anche a un riesame della
«politica dello struzzo» seguita dal Pentagono. Proprio ieri il capo di Stato
Maggiore Mike Mullen ha confermato di essere pronto ad accettare un eventuale
cambiamento parlamentare della linea «don´t ask, don´t tell» che finora
impediva ai militari omosessuali di dichiarare pubblicamente i loro
orientamenti sessuali pena l´espulsione dalle forze armate. Fu Bill Clinton,
quando era presidente, a nominare il primo ambasciatore americano apertamente
gay, James Hormel, destinandolo alla sede di Lussemburgo e sfidando i
repubblicani. Ma negli otto anni di George W. Bush sono stati fatti solo passi
indietro. Pur non avendo veri ostacoli di carriera, i diplomatici gay mandati
all´estero si consideravano funzionari di serie B e si lamentavano per la
scarsa tutela riservata ai loro partners specie in situazioni di grave crisi.
Secondo le regole in vigore fin qui, infatti, quando il Dipartimento di Stato
ordina l´evacuazione di una sede a rischio, i partners non possono salire sugli
elicotteri o sugli aerei predisposti dal Pentagono. Nel dicembre del 2007
Michael Guest, un giovane abile e colto che era riuscito a diventare
ambasciatore in Romania a soli 43 anni, diede le dimissioni da Foggy Bottom, il
soprannome del Dipartimento di Stato, criticando le discriminazioni ai danni
dei gay. «Ho dovuto scegliere tra gli obblighi nei confronti del mio compagno e
il lavoro per il mio paese», spiegò nella cerimonia pubblica di commiato,
facendo il gesto meno diplomatico della sua vita. «Una scelta del genere -
continuò - rappresenta una macchia per il Segretario di Stato e una vergogna
per la nostra istituzione». Chiamata in causa, Condoleezza Rice preferì tacere
e barricarsi dietro alla legge sulla difesa del matrimonio che limita il riconoscimenti delle coppie omosessuali negli organismi
federali. Hillary Clinton invece non ha perso troppo tempo. Le nuove norme, che
entreranno in vigore tra breve, rappresentano una piccola rivoluzione nella
cultura e nello stile della diplomazia internazionale. Potrebbero anche avere
un effetto contagioso nelle strutture diplomatiche di altri paesi che, come nel
caso della Farnesina, non prevedono facilitazioni specifiche per i partners dei
funzionari gay.
( da "Corriere della Sera"
del 25-05-2009)
Argomenti: Obama
Corriere della Sera
sezione: Esteri data: 25/05/2009 - pag: 17 Repressione All'avvio della campagna
presidenziale Iran, il regime blocca la posta elettronica del premio Nobel
Boicottata la Ebadi, chiuso Facebook «Questo sito non
è accessibile ». E' un messaggio che in questi giorni compare spesso sui
monitor in Iran dove, alla vigilia dalle presidenziali del 12 giugno, le
autorità hanno imposto una nuova stretta su internet. Colpiti la posta
elettronica dell'avvocato e premio Nobel per la pace Shirin Ebadi, il social
network Facebook e altri siti usati da attivisti e riformisti. L'email della Ebadi, che dirige a Teheran il Centro per la difesa
dei diritti umani, è stata oscurata due settimane fa. Gli esuli iraniani negli
Stati Uniti, dove l'avvocato si trova attualmente, lo leggono come un tentativo
di intimidirla per evitare che torni in Iran prima delle presidenziali. Ai
primi di maggio, le autorità avevano negato l'espatrio a due sue
collaboratrici, Narges Mohammadi (moglie di Taghi Rahmani, attivista riformista
in prigione) e Soraya Azizparah, attese in Guatemala per un convegno. Mohammadi
è accusata di «atti di propaganda contro il regime islamico», ha comunicato
venerdì il portavoce della magistratura. La Ebadi, il
cui Centro era stato chiuso a dicembre dalla polizia, era attesa in Europa
domani, ma ha deciso di tornare in Iran mercoledì. In vista delle elezioni, ha
formato una coalizione con 100 note attiviste per i diritti delle donne: non si
sono schierate con nessuno dei 4 candidati (tutti uomini; 42 donne sono state
squalificate dal Consiglio dei Guardiani, insieme a 429 altri uomini aspiranti
alla presidenza). La coalizione chiede di modificare le leggi che discriminano
le donne. E gli sfidanti del presidente Ahmadinejad le stanno corteggiando: in
particolare il «riformista » Mir Hossein Mousavi punta sulla moglie, Zahra
Rahnavard, scrittrice, scultrice, ex rettore dell'Università femminile Al Zahra
(dove invitò la Ebadi), che appare ai comizi nel ruolo
inedito di first lady. La chiamano la Michelle Obama dell'Iran. La censura su Facebook sembra intesa a colpire i due
candidati riformisti: Mousavi e Mehdi Karroubi. Ne sono convinti i loro
seguaci. «Ci hanno tagliati fuori sabato a mezzogiorno», scrive da Teheran
Mohammadreza Mohsenirad. Come molti fan di Mousavi (oltre
( da "Stampa, La"
del 25-05-2009)
Argomenti: Obama
Lucia Annunziata
AMBASCIATORI IN MISSIONE CON IL MARITO Quando la scorsa settimana, nel pieno
del dibattito sulle torture durante la presidenza di George W. Bush, un
ennesimo traduttore arabo venne cacciato dall'esercito americano perché gay, il
comico Jon Stewart così trafisse le ipocrisie americane: «Permettiamo agli
interrogatori di usare il waterboarding per i terroristi, ma cacciamo perché
gay i traduttori che ci potrebbero dire cosa rivelano i terroristi sotto
tortura». «Don't ask, don't tell» - Non chiedere e non spiegare. La formula,
che è da sempre nel mondo anglosassone la base della ricerca della felicità in
condizioni di incertezza - per esempio, nel matrimonio - è diventata da anni
sinonimo della pilatesca fuga a cui hanno fatto ricorso una serie di
Amministrazioni statunitensi di fronte a uno dei più scomodi tra i diritti
civili: il riconoscimento dei gay nell'esercito. Fu Clinton - Bill, presidente
Usa - nel primo mandato a dovervisi adeguare, dopo aver fatto molte promesse,
intimorito dalla reazione dei conservatori. La storia torna a galla ora,
rimessa in moto da un secondo Clinton, Hillary,
Segretario di Stato, che ha deciso di picconare il muro delle fobie pubbliche
antiomosessuali. Non si tratta di militari, stavolta, ma - da un certo punto di
vista - il riconoscimento è persino più audace: il Dipartimento di Stato
riconoscerà ai compagni/e dei diplomatici americani gay gli stessi diritti
delle coppie eterosessuali. E forse gli Usa rischieranno di pentirsene. A volte
succede. Ma, se di rivoluzione nel linguaggio internazionale si vuol parlare,
quale migliore shock che quello di portare a tavola, a ricevere i potenti di
turno, insieme con il Signor Ambasciatore anche il suo Signor compagno? È un
bel ribaltamento, intanto, contro l'ipocrisia. I Mr e Mrs Ambasciatori esistono
già oggi: nelle mani di Hillary e Obama c'è un recente
appello di ben 2200 membri dell'Amministrazione Esteri di sgombrare la vita
diplomatica dalle ambiguità connesse al problema di compagni di vita che finora
vengono inclusi come «parte della famiglia», ma che non hanno diritto, ad
esempio in situazioni di guerra, di essere evacuati insieme con i loro
compagni/e. Il caso più famoso lo ha fatto esplodere nel 2007 un apprezzato
diplomatico, Michael Guest, che dopo 26 anni di servizio si dimise dal Foreign
Service per protesta contro le regole che gli impedivano di riconoscere il suo
compagno, «obbligandomi così a scegliere tra la lealtà al mio partner e quella
nei confronti della patria». Guest è poi stato chiamato da Obama
a far parte del «transition team» nel Dipartimento di Stato. Molti punti di
vista possono essere letti, ovviamente, in questa decisione di Hillary Clinton.
Secondo gli ultimi dati, il 57 per cento della popolazione Usa sotto i 35 è a
favore dei matrimoni gay. Una tendenza che contraddice la
cautela con cui il presidente Obama ha deciso di gestire in questi
mesi la questione dei diritti civili. È possibile dunque che il Segretario di
Stato voglia aiutare Obama trascinando avanti lei stessa la palla in campo. O che voglia
aiutarlo magari riprendendo in mano una torcia liberal tipica dei Clinton e della loro generazione. O anche solo
che voglia «compensare» la cautela nazionale della Casa Bianca, aprendo una
campagna di immagine internazionale. Perché, alla fine, di questo poi si
tratterà. Immaginiamo l'impatto che avranno sul piano diplomatico queste coppie
«same-gender»; immaginiamo gli sconvolgimenti del più arido e del più
tradizionale settore della burocrazia, quello dei «foreign offices» esposti
alla frizione di una rivoluzione sessuale aperta; immaginiamo imbarazzi di
cerimoniali, e autentici problemi di rispetto religioso, come potrebbero
verificarsi in Medio Oriente o anche in Vaticano. Ma qualunque sarà l'intoppo,
questa decisione di Foggy Bottom si irraggerà in tutta l'amministrazione
pubblica americana, e anche in quelle mondiali. Con effetti non meno
rivoluzionari di quelli già avuti nelle relazioni internazionali dall'elezione
del primo presidente Usa nero.
( da "Stampa, La"
del 25-05-2009)
Argomenti: Obama
L'AVANA
AMERICA LA FRASE Intervista 12"87 «Li vedo anche io i palazzi che crollano
e i problemi economici, ma non potrei mai stare lontano da qui» «Sono primi in
troppi campi per non essere intelligenti e Obama mi
piace. Bush era
un criminale di guerra» I bambini cubani iniziano a fare sport nella pancia della mamma GIULIA ZONCA Record mondiale Santiago Antunez
INVIATA A SANTA CLARA (CUBA) DEI 110 OSTACOLI Il simbolo della nuova Cuba
ascolta hip-hop americano per caricarsi, adora il gelato di McDonald's, tiene
in casa le foto fatte a Pechino con il Dream Team Usa e si sente «cubano al 100
per 100», faccia di quella nuova generazione che studia la Revolucion, ma si
veste come i rapper del Bronx. È idolo, esempio, trascinatore. Dayron Robles ha vinto un oro olimpico nei 110 ostacoli alle ultime
Olimpiadi, ha il record del mondo della specialità (12"87), è uno di
quegli sportivi cresciuti dal sistema e sbandierati orgogliosamente dal governo.
Ed è diverso da chiunque sia stato bandiera prima di lui. Perché è figlio della
scuola di stato, ne va fiero ed esibisce il libro su Marx che sta studiando per
l'esame di filosofia, però è anche un ragazzo che sa dire «Obama
me gusta muchissimo» e «gli americani sono leader in troppi campi per non
essere intelligenti». È intriso di storia come chiunque sia cresciuto
sull'isola che si nutre di passato. Il centro di perfezionamento degli
ostacoli, Università Manuel Fajardo, il posto dove Dayron passa mesi ad
allenarsi, sta a Santa Clara, la città che ha trasformato il Che nel comandante
Guevara. Qui i castristi hanno combattuto l'ultima battaglia contro Batista e
sulla facciata del cinema Camillo ci sono ancora i segni dei proiettili, qui
c'è il mausoleo dedicato a Guevara e proprio nell'enorme piazza comunista, che
si apre davanti alla statua, gli atleti esibiscono in parata le loro medaglie.
Robles festeggia in un locale più intimo, la Villita, ribattezzata casa Dayron.
Un bar che ha appeso al soffitto la sedia preferita dall'ostacolista e sopra
c'è scritto: «Recordista mundial, campeon olimpico nell'anniversario della
Revolucion», firmato Robles. Per lei, nato nel 1986, che cosa è la
«Revolucion», chi è Che Guevara? «È la nostra storia.
La studiamo e la onoriamo. Il Che ha avuto una vita impressionante, nemmeno era
cubano, si è guadagnato la nazionalità sul campo. Lo ammiro, non è lo stesso
per tutti i ragazzi?». Lei è nato a Guantanamo città che per il resto del mondo
è un carcere. Che effetto fa? «Per me è casa. Io non
posso tenere i premi delle miei vittorie ma lo Stato
mi ha messo a disposizione una casa ed è lì che l'ho chiesta. Ci stanno mia
madre e i miei fratelli. E vi assicuro che è un posto come un altro, abbiamo
avuto anni più ricchi, quando c'era l'Unione Sovietica poi la vita è diventata
complicata, ma ho sempre avuto quello di cui avevo bisogno e sono felice che le
mie vittorie vengano abbinate a Guantanamo, che il nome della mia città evochi
anche belle cose. Più vinco e meno sarà conosciuta per un carcere». All'Avana
non ha una casa? «Vivo con mia zia e guido la sua
macchina, una Chevrolet del 1957. Ne vorrei una mia... ci vuole tempo». Tempo? A Bolt ne hanno regalata una per i record, perché
lei deve aspettare? «Perché sono cubano, qui è diverso
e a me va bene così. Senta, io viaggio molto e non posso fare comparazioni. Noi
siamo un Paese piccolo e povero, non siamo ricchi come l'Italia e li vedo anche
io palazzi che cadono a pezzi e i problemi economici che abbiamo. Non so fare
politica, so che sono un fanatico di Cuba e che non potrei mai vivere altrove.
E poi forse per un giamaicano è strano, ma per un cubano è normale fare record
del mondo. Lo sport qui è centrale, l'abbiamo nel sangue». E che pensa dei
campioni come lei che hanno usato lo sport per espatriare? «Scelte.
È Cuba che mi ha permesso di diventare l'atleta che sono e io mi sento bene
quando cammino per le calli dell'Avana, quando vado a
mangiare con la mia fidanzata al Fior di Loto, nel barrio chino, quando guardo
quelle vecchie macchine che circolano solo qui. Ecco, anche se potessi non ne
prenderei una nuova, vorrei un Porsche Cayenne, datato». Tutto questo come si
concilia con l'hip hop e le foto del Dream Team? «Gli
americani fanno un sacco di roba che mi piace e non importa cosa dicono i
governanti: sono primi in troppi campi per non essere intelligenti. Prima di
una gara io devo caricarmi e quella musica dura e violenta è perfetta. Se devo
ballare va bene la nostra salsa». Che
pensa di Obama? «Mi piace, non ha solo parlato ha già
dato segni concreti. I vicini devono comunicare, da quando c'è lui l'America
dialoga con Cuba. Prima il presidente degli Stati Uniti era un criminale di
guerra. Obama deve solo togliere l'embargo, così anche noi potremo andare
avanti». Crede che ci sia una nuova generazioni
di cubani che la pensa così? «Il tempo passa, le mode
cambiano e arrivano persino qui. Ci piacciono i vestiti bianchi, l'alta moda e
le catene d'oro. Non ci vestiamo come i nostri padri e non pensiamo come loro».
Come fa a correre con tutto quell'oro addosso, bracciali, catena al collo,
orecchini, orologio? «Mi ci sento a mio agio. Proprio
quando tolgo qualcosa la gara va storta». Porta un crocefisso
anche se a Cuba non si può manifestare appartenenza religiosa. È
cattolico? «È solo un regalo di mia zia. Mi fa sentire
protetto, tutto qui». Dicono che gli ostacolisti per
vincere devono essere un po' matti. «È vero. Io urlo
prima di affrontare la pista. La vena di follia è necessaria altrimenti non ti
butti in una gara dove puoi cadere rovinosamente. È successo a tanti, ci vuole
un attimo a toccare un ostacolo e franare». Lei ha dei problemi alla vista,
potrebbe essere un freno nel futuro? «Porto occhiali speciali
in gara, il mio occhio destro è debole e va tenuto sotto controllo. Non
a caso il mio idolo è Allen Johnson, anche lui aveva un problema simile». Un altro
idolo americano. «Sono bravi, che ci posso fare? Anche
se non è il passaporto di Johnson che fa la differenza, ma la longevità. Ha
corso e vinto oltre i 35 anni. E questo inseguo, i record per i cubani sono
normali io voglio durare tanto tempo».
( da "Stampaweb, La"
del 25-05-2009)
Argomenti: Obama
ROMA La Corea del
Nord ha annunciato oggi di avere compiuto «con successo» un nuovo test
nucleare, sfidando la comunità internazionale che chiede da tempo a Pyongyang
di rinunciare allo sviluppo del suo programma. Dallo scorso mese di aprile, la
Corea del Nord minacciava rappresaglie contro la decisione del Consiglio di
sicurezza dellOnu di inasprire le sue sanzioni a seguito
del lancio di un razzo passato sopra il Giappone. Lesperimento odierno
sembra così aver dato compimento alla minaccia ed ha provocato «profonda preoccupazione» nella
comunità internazionale. Il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, in un comunicato, ha detto che le azioni di Pyongyang
rappresentano «una minaccia per la pace». Il consiglio di Sicurezza dellOnu
ha convocato una riunione
straordinaria per il pomeriggio di oggi. La Corea del Nord «ha compiuto con
successo un nuovo test nucleare sotterraneo, il 25 maggio (oggi, ndr), nel
quadro delle sue misure volte a rafforzare le sue capacità di dissuasione
nucleare», ha indicato oggi lagenzia di stampa ufficiale KCNA.
«Il test contribuirà a garantire la nostra sovranità, il socialismo, la pace e
la sicurezza sulla penisola coreana e nella regione», ha aggiunto
lagenzia, senza fornire dettagli sullesperimento. Lesperimento
è stato confermato dal
ministero della Difesa di Mosca. E lagenzia
giornalistica sudcoreana Yonhap ha riferito anche che la Corea del Nord ha
compiuto un altro test, lanciando un missile a corto raggio. Secondo KCNA,
questo secondo test sarebbe stato più potente di quello compiuto nellottobre
2006 che aveva causato una vera e propria crisi internazionale. «Il test
nucleare è stato compiuto senza rischi e a livello superiore in termini di
potenza esplosiva e di controllo di questa tecnologia», ha precisato lagenzia nordcoreana. Alcuni
responsabili sudcoreani hanno riferito che il test avrebbe provocato una scossa
sismica nella città nordcoreana di Kilju, nel nord del paese, dove Pyongyang
aveva già compiuto il test di ottobre 2006. LIstituto
americano di studi
geologici (USGS), da parte sua, ha registrato un sisma di magnitudo 4,7 sulla
scala Richter alle 9.54 locali (le