CENACOLO DEI COGITANTI |
Enel Green Power numero
uno mondiale delle energie verdi ( da "Stampa, La"
del 23-04-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Pronti a collaborare al piano di
Obama" [FIRMA]LUIGI GRASSIA La neonata Enel Green Power, società che da
pochi mesi raggruppa tutte le attività dell'Enel nelle energie rinnovabili, è
già balzata al vertice mondiale del settore con 17,2 miliardi di kilowattora
prodotti (per potenza installata la numero uno è la spagnola Iberdrola, però la
compagnia italiana ha uno spettro di attività «
Ora sniffano l'anestetico
per cavalli ( da "Stampa,
La" del 23-04-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: BEFFA THYSSEN IL CASO MOSCHEA
All'interno OBAMA-MANIA Stanno male tolta la cassa a due operai Il centrodestra
«Sì, ma prediche in italiano» Ora sniffano l'anestetico per cavalli Adesso
l'orto si coltiva sul balcone Marina Cassi Beppe Minello Vendeva ketamina
davanti alle discoteche ventenne condannato per
spaccio Alberto Gaino Del Santo e Indemini
"Un motore ibrido top
secret da Torino" ( da "Stampa, La"
del 23-04-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Obama per salvare la Chrysler con
un accordo che molti osservatori del settore danno per imminente. Intanto
proprio ieri alla Casa Bianca, in occasione dell'Earth Day è stata riservata
agli ultimi modelli di auto ecologica un'accoglienza speciale, con un posto
d'onore nei giardini di Pennsylvania Avenue per una fotografia che ha voluto
essere a suo modo simbolica del nuovo modo in
Chrysler-Fiat le
trattative a una svolta ( da "Stampa, La"
del 23-04-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: amministrazione Obama. Le banche
sarebbero disposte ad abbattere il debito primario garantito (first-lien) di
2,4 miliardi di dollari (35%), riducendolo a 4,5 miliardi, in cambio di una
quota di minoranza della casa automobilistica, dal 33% al 40%. «La nostra
speranza - ha detto il funzionario - è che i creditori assumano una posizione
molto più costruttiva»
Gli ideali dei partigiani
Vorrei ritornare sull'argomento 25 Aprile e Resistenza cerc...
( da "Stampa, La" del 23-04-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: ANDREA SILLIONI BOLSENA (VT) A
Obama critiche troppo severe Anche da noi s'è sentita qualche critica a Barack
Obama: troppo cordiale con Hugo Chavez, si è detto, quasi a non tener conto che
si tratta pur sempre di un autocrate populista che controlla la maggioranza dei
consensi nel suo paese con uno uso cinico e
spregiudicato dei media,
Foto che raccontano il
presidente Obama ( da "Stampa,
La" del 23-04-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: PRESSE Foto che raccontano il
presidente Obama NIZZA Stimato e apprezzato dagli americani, che lo hanno
scelto come nuovo presidente degli Stati Uniti, ma anche da popolazioni di
altri Paesi, Barack Obama è certamente tra le nuove personalità carismatiche dei
nostri tempi. Inutile dire che l'esclusiva mostra fotografica inaugurata a
Villa Massena a Nizza lo scorso weekend,
la sicilia resta indietro
nella corsa dell'energia - nicola cipolla
( da "Repubblica, La"
del 23-04-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: un dibattito ma anche una
mobilitazione di forze che possano nei prossimi mesi in Sicilia proporre e
sostenere obiettivi particolari e generali su cui costruire un vero piano
energetico adeguato alle esigenze della Terza rivoluzione industriale che, a livello
mondiale, si sta imponendo soprattutto sotto l´impulso degli Usa di Obama,
della Cina e dei paesi più avanzati dell´Europa.
Lieberman contro Obama
"Non trattare con gli arabi"
( da "Stampa, La" del
23-04-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Obama "Non trattare con gli arabi" FRANCESCO SEMPRINI NEW YORK L'iniziativa di
pace araba rappresenta una seria minaccia per il futuro di Israele. È
perentorio il ministro degli Esteri israeliano, Avigdor Lieberman, che boccia
senza possibilità di appello il piano sul ritiro totale dai territori
palestinesi occupati in cambio del riconoscimento dello Stato ebraico da parte
dei Paesi
L'Iran irrita gli Usa
"Se continua così sanzioni più dure"
( da "Stampa, La" del
23-04-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: saranno al centro dei colloqui che
il presidente Obama avrà con i leader dei due Paesi il 6 il 7 maggio. Il
presidente afghano Hamid Karzai e quello pachistano Asif Ali Zardari
incontreranno separatamente alla Casa Bianca Obama. Obiettivo dell'America, finora
frustrato, è convincere le due nazioni a cooperare, tra loro e con gli Usa e la
Nato, per combattere Al Qaeda e i taleban.
Hillary al Senato "Il
regime dei Castro è ormai al capolinea"
( da "Stampa, La" del
23-04-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: isola a Obama Può darsi che
all'Havana si sia davvero al cambio storico, alla fine dell'ultimo tempo che la
Guerra Fredda si è lasciato ancora alle spalle. Molti ne sono convinti,
parecchi lo aspettano e anche lo sperano. Il fatto, ora, che il segretario di
Stato americano abbia detto esplicitamente che «il regime di Castro sta per
finire»
L'OCCASIONE DELLE RIFORME
( da "Corriere della Sera"
del 23-04-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: Rahm Emanuel, Chief of Staff del
presidente Obama e la persona più influente nella nuova amministrazione, ripete
spesso: «Non vuoi certo sprecare l'occasione di una grave crisi: le crisi sono
opportunità straordinarie per fare cose che in tempi normali paiono impossibili».
Marchionne insegna.
Podestà: io in corteo con
la Brigata Ebraica ( da "Corriere
della Sera" del 23-04-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: mi chiedo se darà indicazioni anche
al pontefice, o si fermerà ad Obama...». Perché il 25
aprile divide sempre? «Perché qualcuno pensa di
appropriarsi di questa ricorrenza. Violante, nel discorso di insediamento come
presidente della Camera, era stato chiaro: è una festa di tutti».
Pacificazione, insomma? «Io la interpreto così.
LA TURCHIA IN EUROPA
QUALCHE NODO DA SCIOGLIERE ( da "Corriere
della Sera" del 23-04-2009)
Argomenti:
Obama
Abstract: pienamente con lei sulle motivazioni
che hanno spinto il presidente Obama a rilasciare al Parlamento turco le
dichiarazioni a cui lei fa riferimento nella sua risposta ( Corriere, 11
aprile). Certamente la reiterata considerazione sull'opportunità che la Turchia
entri a far parte dell'Europa non autorizza come lei osserva il presidente
degli Stati Uniti a sostenere pubblicamente,
( da "Stampa, La"
del 23-04-2009)
Argomenti: Obama
CONTI: CEDEREMO UNA
QUOTA DI MINORANZA Enel Green Power numero uno mondiale delle energie verdi
Intesa con l'Australia nel carbone pulito "Pronti a
collaborare al piano di Obama" [FIRMA]LUIGI GRASSIA La neonata Enel Green Power, società
che da pochi mesi raggruppa tutte le attività dell'Enel nelle energie
rinnovabili, è già balzata al vertice mondiale del settore con 17,2 miliardi di
kilowattora prodotti (per potenza installata la numero uno è la spagnola
Iberdrola, però la compagnia italiana ha uno spettro di attività «verdi»
più esteso). L'amministratore delegato di Enel, Fulvio Conti, ha detto ieri che
il gruppo intende «cedere un pacchetto azionario di minoranza di Egp.
Manterremo il controllo strategico, ma un partner a lungo termine sarà
fondamentale per le nostre strategie». Conti ha anche ipotizzato un'offerta
pubblica di azioni e ha stimato il valore della società fra gli 11 e i 12
miliardi di euro. Il presidente di Enel Green Power, Francesco Storace, ha
illustrato un piano industriale 2009-2013 di forte crescita per passare
dall'attuale capacità installata di 4.500 megawatt a 6.400, con un incremento
soprattutto nel settore eolico (+1.600 MW) con un
investimenti di 3,7 miliardi di euro. La produzione crescerà a 22,7 miliardi di
kilowattora. Nel 2013 il mix energetico di Egp sarà 44% idroelettrico, 28%
eolico e 26% geotermico. L'attuale produzione è in grado di soddisfare i
consumi di circa 6,5 milioni di famiglie e di evitare ogni anno l'emissione di
13 milioni di tonnellate di CO2. Su questa strada l'Enel ieri ha firmato un
accordo con l'Australia per lo sviluppo delle tecniche di cattura e sequestro
dell'anidride carbonica. Con quest'intesa Enel entra nel Global Carbon Capture
and Storage Institute, un'organizzazione nata su iniziativa del governo
australiano; Conti ha spiegato che lo scopo è «mettere a fattor comune sforzo e
tecnologia per arrivare a impianti di produzione di energia elettrica a zero
emissioni», nelle centrali a carbone o di altro genere. Fulvio Conti ha anche
detto che Enel Green Power è «pronto a cogliere le opportunità che si
presenteranno negli Stati Uniti sul fronte delle energie rinnovabili con il
piano Obama». Una notizia di variabile interpretazione
viene da Agrigento, dove si è tenuto un referendum sul rigassificatore che
l'Enel realizzerà a Porto Empedocle. I no hanno vinto con più del 90% dei voti,
ma alle urne è andato appena il 15% degli aventi diritto.
( da "Stampa, La"
del 23-04-2009)
Argomenti: Obama
BEFFA
THYSSEN IL CASO MOSCHEA All'interno OBAMA-MANIA Stanno male tolta la cassa a
due operai Il centrodestra «Sì, ma prediche in italiano» Ora sniffano
l'anestetico per cavalli Adesso l'orto si coltiva sul balcone Marina Cassi
Beppe Minello Vendeva ketamina davanti alle discoteche
ventenne condannato per spaccio Alberto Gaino Del Santo e Indemini
( da "Stampa, La"
del 23-04-2009)
Argomenti: Obama
Retroscena Nuova
chance nella partita d'Oltreoceano VANNI CORNERO "Un motore ibrido top
secret da Torino" TORINO La nuova strada imboccata dall'auto è ormai
indicata chiaramente, a partire dagli Usa: mentre precipita ai minimi storici la
richiesta dei Suv e delle altre vetture di grossa cilindrata che fanno
( da "Stampa, La"
del 23-04-2009)
Argomenti: Obama
MARCHIONNE È
RIENTRATO PER RIFERIRE OGGI AL CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE LE SPERANZE DELLA
FIOM Chrysler-Fiat le trattative a una svolta Il capo della finanza di Gm non
esclude una possibile intesa di Opel con gli italiani Airaudo: «Potrebbe essere
una grande risorsa per gli stabilimenti italiani» [FIRMA]FRANCESCO SEMPRINI NEW
YORK «Con Fiat e Chrysler si continua a trattare». Con un comunicato lapidario
giunto nella serata italiana, Ron Gettelfinger, presidente del sindacato United
Auto Workers, mette fine alla ridda di voci e smentite che danno per fatto
l'accordo tra l'azienda di Auburn Hills, Lingotto e parti sociali. «Stiamo
proseguendo le trattative per raggiungere un accordo nel miglior interesse dei
lavoratori, dei pensionati e delle comunità dove il gruppo svolge le attività»,
spiega il numero uno del Uaw. La precisazione arriva
dopo le dichiarazioni provenienti da fonti sindacali italiane «sull'avvenuto
accordo». E' per prima la Fiat a farsi sentire smentendo a chiare lettere la
notizia. «Le trattative sono totalmente aperte - dice un portavoce del Lingotto
- al momento non è possibile prevederne la tempistica e l'esito finale».
Seguono quindi le precisazioni: «In merito all'incontro con i vertici Uaw -
dice la stessa fonte sindacale - tengo a precisare che non c'è informazione di
alcun accordo fatto su Chrysler, ma di una forte azione congiunta dei sindacati
Usa e canadesi». Fonti di mercato affermano comunque che l'accordo è più
vicino. E' il risultato del round di negoziati al quale ha partecipato in
questi giorni l'amministratore delegato, Sergio Marchionne, assieme al numero
uno di Auburn Hills, Bob Nardelli, alle banche e alla task force della Casa
Bianca. L'ad del Lingotto è tornato a Torino per il cda Fiat durante il quale
farà il punto sulle trattative americane con azionisti, analisti e, nel
pomeriggio, con i sindacati. Più complessa appare invece la situazione con il
Canadian Auto Workers di Ken Lewenza, che sta trattando con Chrysler sul taglio
dei salari orari, da 76 dollari canadesi a 57, pari ai livelli retributivi dei
dipendenti delle aziende giapponesi che operano in Nord America. Fonti vicine
alla trattativa spiegano che le discussioni sarebbero concentrate
sull'abbattimento di un parte dei cosiddetti «benefici
attivi», ovvero una serie di indennizzi che incidono per 31,32 dollari sul
salario orario. Secondo alcuni rappresentanti del Caw il governo canadese
avrebbe fissato tra ieri ed oggi la scadenza ultima per trovare l'intesa e
consentire a Chrysler di incassare i 2,9 miliardi dollari che le autorità
federali e il governo dell'Ontario sono disposte a stanziare. Mancano del resto
sette giorni alla data del 30 aprile entro cui il terzo produttore di auto Usa
deve presentare alla task force guidata dallo zar Steven Rattner il piano di riordino
societario e il progetto di alleanza con Fiat. Tra i nodi ancora da sciogliere
c'è quello della ristrutturazione del debito, dopo la doccia gelata del Tesoro
sulla controproposta avanzata ieri dai creditori e definita inaccettabile
perché garantirebbe agli istituti un rendimento ingiustificato. «Non è
nell'interesse di nessuno specie in un momento in cui l'azienda, i suoi
lavoratori e tutte le parti coinvolte stanno facendo sacrifici per salvare
Chrysler», spiega un funzionario dell'amministrazione Obama. Le banche sarebbero disposte ad abbattere il debito primario
garantito (first-lien) di 2,4 miliardi di dollari (35%), riducendolo a 4,5
miliardi, in cambio di una quota di minoranza della casa automobilistica, dal
33% al 40%. «La nostra speranza - ha detto il funzionario - è che i creditori
assumano una posizione molto più costruttiva». Se poi l'accordo non
andasse in porto resta sempre la cosiddetta «opzione B», che per Fiat potrebbe
tradursi in una trattativa con la Opel di General
Motors. Ieri il capo della finanza di Gm, Ray Young, non ha escluso con il Wall
Street Journal la possibilità di un accordo con il Lingotto.
( da "Stampa, La"
del 23-04-2009)
Argomenti: Obama
Gli ideali dei
partigiani Vorrei ritornare sull'argomento 25 Aprile e Resistenza cercando da
un lato di evitare elegie ed ipocrisie, dall'altro
revisionismi e rivisitazioni di maniera più che di sostanza, ma restando
fermi sull'evidenza della Storia. Lo scopo di chi combattè come partigiano,
fatta salva un risicata minoranza che aveva mire
politiche di stampo rivoluzionario, era quello di liberare il nostro paese
dalla dittatura odiosa del nazifascismo; su questo non è lecito nutrire dubbi.
Odiose furono le azioni dei nazifascisti durante l'occupazione, odiose furono
le vendette di una minoranza all'atto della Liberazione e nel periodo che
seguì, anche se viene spontaneo chiedersi se ci sarebbero state le seconde se
non fossero avvenute le prime. Dubitare è lecito, credo. Ciò che accadde nel
ventennio deve lasciare un ammonimento a noi ed alle future generazioni; tenere
sempre alta la guardia per evitare che scelte totalitarie possano fare di nuovo
capolino e gli anni in cui viviamo non fanno eccezione. I segnali di pericolo
ci sono tutti, a volerli leggere: a noi la scelta se guardare, parlarne e fare
qualcosa, oppure voltare la testa dall' altra parte,
fare finta di niente ed accettarne le conseguenze. Democrazia e libertà non
sono un pasto gratis. SILVANO SAINOTINI Misure inutili Secondo voi, sospendendo
le partite e squalificando le società sportive, si elimina il vergognoso
razzismo e la profonda ignoranza di persone maggiorenni che allo stadio (e
nella vita) insultano per il colore della pelle o per mille altri motivi?
Assolutamente no, questa è solo pretestuosa indignazione che ha
il merito di sollevare il problema ma mai lo risolverà e nel frattempo punirà anche
chi invece si comporta bene. Il razzismo e la violenza degli stadi sono dirette
emanazioni del razzismo e della violenza presenti nella società: rispetto a
quel che accade ogni giorno, i cori sono un'inezia. Non so se è peggio il punto
a cui siamo arrivati o la constatazione che continuiamo a prendere misure del
tutto inutili: il primo aspetto genera disgusto, ma il secondo genera
sconforto. MAURO OTTONELLO MONTIGNOSO (MS) Tesi «copia incolla» come ovviare
C'è un vecchio detto che recita: «copiare da uno è plagio, copiare da molti è
ricerca». Dai dati di una società di ricerca i «picchi di similitudine»
presenti in tesi e tesine è notevolmente elevato, permettendo agli studenti di
produrre elaborati con veloci «copia incolla». Oltre al danno per gli autori
degli studi, c'è un danno reale per lo studente che non si abitua ad
approfondire gli argomenti e a ricercare bibliografie e fonti. L'unico modo per
ovviare a tale situazione è prevedere un «work in progress» che inizi
contestualmente al percorso universitario e termini con l'ultimo esame. Ciò
permetterà di produrre uno studio dilazionato e accurato che comprenda più
discipline contemporaneamente abituando e costringendo gli studenti alla
ricerca continua e costante. ANDREA SILLIONI BOLSENA (VT) A
Obama critiche troppo severe Anche da noi s'è sentita qualche critica
a Barack Obama: troppo cordiale con Hugo Chavez, si è detto, quasi a non tener
conto che si tratta pur sempre di un autocrate populista che controlla la
maggioranza dei consensi nel suo paese con uno uso
cinico e spregiudicato dei media, ormai da tempo ridotti a mero amplificatore
della propaganda di regime. Ritengo che siano critiche troppo severe, deve
essere stato preso in contropiede. Ti senti gridare alle spalle: «Mr. Obamaaa!», ti volti, ti trovi davanti un faccione che
sorride e una mano tesa. Sorridi pure tu, e i fotografi fanno il resto. NICOLA
SANA La ricostruzione del Molise Spiace constatare che il Molise, terra antica
e abitata da gente onesta e laboriosa, debba pagare, ancora una volta, i costi
della disinformazione e della distorsione della verità. Al fine di
salvaguardare l'immagine del Molise e dei suoi cittadini debbo riaffermare con
forza che non un solo centesimo dei fondi stanziati dal Governo nazionale per
la ricostruzione è stato speso per fini diversi da quelli della messa in
sicurezza o la riedificazione degli immobili colpiti dal terremoto del 2002. La
Regione Molise varò un Piano Pluriennale per la ripresa economico-sociale di
tutto il suo territorio dopo il terremoto e l'alluvione (che seguì tre mesi
dopo il sisma e che causò danni a tutto il territorio regionale). Un Piano che
aveva la dotazione di 500 milioni di euro rinvenienti da fondi ordinari della
stessa Regione Molise, dello Stato centrale e dell'Unione Europea. Una regione
colpita dal terremoto e dall'alluvione doveva certo ricostruire gli immobili,
ma doveva anche sostenere il suo sistema economico-sociale. La ricostruzione,
dunque, ha utilizzato i fondi straordinari per il terremoto, mentre alla
ripresa produttiva del Molise sono andati i fondi ordinari del Programma
Pluriennale. Il terremoto poi non è stato «allargato» ma si è semplicemente
riconosciuto il danno, verificato da tecnici comunali, della Regione Molise e
della Protezione Civile Nazionale, in ciascun immobile in cui esso si è
verificato. Questo anche al di fuori del cosiddetto «cratere sismico». A ogni
Comune, sia dell'area più colpita, sia di quella meno, sono state date risorse
in proporzione agli immobili lesionati. Questo senza sprechi o discrezionalità.
Un'ultima precisazione: i danni causati al Molise dal terremoto del 31 ottobre
2002, così come certificato dalla Regione, dallo Stato centrale e dall'Unione
Europea, ammontano a 3 miliardi 415 milioni di euro, quelli del Comune di San
Giuliano di Puglia a 240 milioni di euro. A oggi il Molise di questi importi
complessivi ha avuto e speso 652 milioni di euro. SEN. MICHELE IORIO PRESIDENTE
DELLA REGIONE MOLISE Prendiamo atto delle osservazioni del Governatore del
Molise su un tema, quello della ricostruzione post-terremoto e dell'impiego dei
fondi per lo sviluppo della regione colpita dal sisma del 2002, sul quale la
magistratura ha ritenuto opportuno avviare un'indagine. \
( da "Stampa, La"
del 23-04-2009)
Argomenti: Obama
NIZZA REALIZZATE
DALL'AGENZIA FRANCE-PRESSE Foto che raccontano il
presidente Obama NIZZA Stimato e apprezzato dagli americani, che lo hanno scelto
come nuovo presidente degli Stati Uniti, ma anche da popolazioni di altri
Paesi, Barack Obama è certamente tra le nuove personalità carismatiche dei nostri
tempi. Inutile dire che l'esclusiva mostra fotografica inaugurata a Villa
Massena a Nizza lo scorso weekend, sta suscitando interesse, curiosità e
consenso. L'esposizione resterà aperta al pubblico fino al 4 maggio. Gli scatti
selezionati ripercorrono un viaggio attraverso la Casa Bianca e i momenti più
significativi del presidente americano. Dalla sua campagna elettorale alla sua
entrata nella stanza ovale. E ancora, la sua visita in Europa, con pregevoli
foto che trasmettono, in ogni dettaglio, l'atmosfera degli alti vertici del
potere presidenziale statunitense. Le fotografie sono dell'Agenzia
France-Presse, agenzia di stampa internazionale che trasmette in tempo reale gli
avvenimenti dei cinque continenti. I giornalisti dell'AFP,
hanno seguito passo dopo passo Barack Obama, dai tempi
della campagna fino alla sera della sua elezione, e poi durante la sua
investitura. Naturalmente continuano a seguire il presidente Obama
ancora oggi, per cogliere tutti quegli istanti che scrivono poi la storia.
( da "Repubblica, La"
del 23-04-2009)
Argomenti: Obama
Pagina XV - Palermo
La sicilia resta indietro nella corsa dell´energia Il piano della Regione
esalta il ruolo delle fonti alternative solo nelle dichiarazioni di principio.
Nei fatti gli impianti eolici o solari risultano penalizzati
NICOLA CIPOLLA L´impressione è che lo scopo principale è tenere sotto
controllo le energie alternative e soprattutto l´energia eolica che in questo
momento ha, a livello mondiale, un grande sviluppo. Il
( da "Stampa, La"
del 23-04-2009)
Argomenti: Obama
DISGELO CON L'EGITTO
Retroscena Verso il vertice sul Medio Oriente a Washington Dopo settimane di
freddo il premier Netanyahu è stato invitato al Cairo Lieberman contro Obama "Non trattare con gli arabi"
FRANCESCO SEMPRINI NEW YORK L'iniziativa di pace araba rappresenta una
seria minaccia per il futuro di Israele. È perentorio il ministro degli Esteri
israeliano, Avigdor Lieberman, che boccia senza possibilità di appello il piano
sul ritiro totale dai territori palestinesi occupati in cambio del
riconoscimento dello Stato ebraico da parte dei Paesi arabi. «Si tratta
di una ricetta che ha il fine ultimo di distruggere Israele», avverte
l'esponente dell'esecutivo di Benjamin Netanyahu, nel corso di un'intervista al
periodico russo Moskovskiy Komosolets, ripresa ieri dal quotidiano Haaretz. La
linea dura di Lieberman, membro di spicco del Israel
Beitenu, la destra radicale nazionale, ribadita ieri nel corso del consiglio di
sicurezza interministeriale, si pone in netta contrapposizione con quella del
presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, il quale
sostiene l'iniziativa. Fonti vicine all'esecutivo israeliano spiegano che il
capo degli Esteri si oppone in particolare al cosiddetto «Diritto del ritorno»
per i profughi palestinesi, che a suo parere rappresenta un pericolo per
Israele. Lieberman sostiene invece che sia necessario coinvolgere maggiormente
la Russia nella ricerca di un futuro assetto geopolitico mediorientale, in cui
Israele svolgerà il ruolo di ponte tra Washington e Mosca. Il ministro non usa
mezzi termini neanche nei confronti del Pakistan del vicino
Afghanistan considerati «un pericolo più incombente sul piano nucleare
maggiore dei programmi dell'Iran», e per il quale chiama a raccolta altre
grandi potenze come la Cina e la stessa Russia esposte «agli stessi rischi che
corre lo Stato ebraico». Le invettive di Lieberman non sono una novità: due
settimane fa ha già destato scalpore quando aveva detto di non sentirsi più
vincolato dal processo di Annapolis, in cui Ehud Olmert, Abu Mazen, e George W.
Bush, si impegnarono a rilanciare la formula di «due Stati per i due popoli». Obama da parte sua prosegue sulla strada della ricerca di un
processo di pace invitando alla Casa Bianca i leader di Israele, Anp (Autorità
nazionale palestinese) ed Egitto per colloqui bilaterali separati. «A un certo
punto occorre passare dalle parole ai fatti - ha detto Obama
annunciando l'iniziativa - E' necessario vincere le diffidenze per raggiungere
risultati». E' stato così fissato per il 28 maggio l'incontro nella capitale
americana fra il presidente degli Stati Uniti e il collega palestinese Abu
Mazen. Secondo la stampa israeliana, il faccia a faccia Obama-Netanyahu
dovrebbe invece avvenire il 18 maggio.Lo stesso
Netanyahu è stato invitato in Egitto (dopo settimane di rapporti tesi) durante
l'incontro avuto ieri con il capo dei servizi di intelligence del Cairo, Omar
Suleiman. La visita dovrebbe aver luogo «nelle prossime settimane». Il nuovo
slancio nelle trattative ha ottenuto il plauso dell'Italia che ha accolto
«molto positivamente» il «forte impegno» della nuova amministrazione Usa per il
processo di pace in Medio Oriente. Mentre sull'ipotesi di dialogo con un
governo palestinese che includa anche il partito di Hamas, si è pronunciata
ieri il segretario di Stato Usa, Hillary Clinton. L'ex first lady ha posto tre
condizioni spiegando che gli Stati Uniti «non avranno a che fare, o non daranno
finanziamenti, a un governo palestinese che includa Hamas finché il movimento
radicale non avrà rinunciato alla violenza, riconosciuto Israele e accettato i
precedenti impegni presi dalla Autorità palestinese».
( da "Stampa, La"
del 23-04-2009)
Argomenti: Obama
il caso L'Iran irrita gli Usa
"Se continua così sanzioni più dure" Washington critica anche
Islamabad «Deve fare di più contro gli estremisti» Teheran rimprovera alla Casa
Bianca l'assenza da Ginevra «Peggiora le cose» GLAUCO MAGGI Bastone Dopo la
mano tesa di Obama la strigliata dell'ex First Lady:
«Crediamo nella diplomazia ma ci sono altre vie» Trionfo La replica di
Ahmadinejad arriva tra gli applausi della folla: «America, se vuoi cambiare,
devi combattere i razzisti» Attacco del segretario di Stato Clinton NEW YORK
Sanzioni più strette all'Iran, «dovessero rendersi necessarie». Il segretario
di Stato americano Clinton, parlando davanti alla Commissione Affari Esteri del
Senato, ha mostrato il bastone dell'amministrazione Usa, dopo la carota offerta
con la «mano tesa» dal presidente Obama al leader
oltranzista di Teheran Ahmadinejad. «Crediamo realmente che seguendo
la strada della diplomazia guadagniamo credibilità e influenza presso le
nazioni che dovranno lavorare con noi per rendere il regime delle sanzioni
stretto e paralizzante tanto quanto sarà necessario», ha spiegato Hillary. Il
governo americano ha fiducia che, con l'aiuto dei partner internazionali, potrà
essere coordinato un regime articolato di misure restrittive contro l'Iran,
«nell'eventualità che non dovessimo avere successo e trovassimo un ostacolo
insormontabile nel nostro approccio», ha detto Hillary ai suoi ex colleghi
senatori perché l'Iran sentisse. Se Clinton mostra il muso duro dell'America,
da Teheran la risposta non è però affatto incoraggiante. L'Iran si mantiene
fermo nel rivendicare il diritto di costruire centrali nucleari, ufficialmente
a scopi civili, e continua imperterrito ad arricchire l'uranio, il passo
tecnologico indispensabile a produrre sia l'elettricità, sia le bombe. Anzi,
prendendo alla lettera le aperture fatte da Obama in
campagna elettorale, e appena dopo la vittoria, Ahmadinejad ha fatto l'offeso e
ha ribattuto alle critiche e alle minacce da Washington con un avvertimento e
una lezioncina. «Boicottare la conferenza dell'Onu di Ginevra sul razzismo
criticando l'Iran, come ha fatto il presidente degli Stati Uniti Barack Obama, non aiuta a risolvere i problemi», ha detto ieri in
un comizio trasmesso dalla televisione il presidente iraniano, che era stato
contestato all'Onu per il suo attacco ad Israele. «Nuova
amministrazione americana, ti darò un consiglio - è arrivato a dire Ahmadinejad
-. Obama è arrivato al potere con lo slogan del
cambiamento, cioè che il popolo americano come il resto del mondo vuole un
cambiamento nella politica del colonialismo. Di conseguenza, per lui sarebbe
stato un obbligo prendere parte alla più importante conferenza internazionale
sul razzismo», ha recriminato. E ha aggiunto:
«Condannare le mie affermazioni non aiuta a risolvere i problemi», mentre la
folla gridava «morte all'America e morte a Israele». Quanto alla linea dei
colloqui diretti prospettati da Obama-Clinton, una
netta rottura con la politica di Bush, il leader iraniano ha risposto con la
riscoperta degli incontri «5+1»: il dialogo simultaneo sul nucleare con Usa,
Francia, Gran Bretagna, Germania, Russia e Cina è per Teheran «costruttivo».
Avendo già ottenuto che gli incontri si avvieranno senza fermare le attività di
arricchimento dell'uranio, Ahmadinejad preferisce che al tavolo ci siano pure gli amici russo e cinese. In Senato il segretario di Stato
ha avuto anche parole allarmate sul Pakistan, Paese già dotato di armi
nucleari. «Pone una minaccia mortale alla sicurezza
degli Usa e del mondo - ha affermato Clinton -. Voglio dire senza equivoci non
solo al governo pachistano, ma anche al popolo pachistano nel Paese e
all'estero, che devono osteggiare con forza la politica che sta cedendo
territori sempre più estesi agli insorti». Il giorno prima, i taleban avevano
occupato il distretto di Buner nel Pakistan nord-occidentale, estendendo
l'imposizione della sharia fino a soli
( da "Stampa, La"
del 23-04-2009)
Argomenti: Obama
FRENATA Retroscena
Il futuro dell'isola LA PREVISIONE «All'Avana si profilano grandi cambiamenti
Occorre prepararsi» Sul Delaware Fidel smentisce Raul «Per adesso nessuna
apertura agli Usa» MIMMO CÁNDITO Hillary al Senato
"Il regime dei Castro è ormai al capolinea" Chavez regala un'isola a Obama Può darsi che all'Havana si sia davvero al cambio storico, alla
fine dell'ultimo tempo che la Guerra Fredda si è lasciato ancora alle spalle.
Molti ne sono convinti, parecchi lo aspettano e anche lo sperano. Il fatto,
ora, che il segretario di Stato americano abbia detto esplicitamente che «il
regime di Castro sta per finire» aggiunge una spinta di buon rilievo a
quel convincimento. L'occasione di questo intervento ascoltato con attenzione
in molte parti del mondo è stata, ieri, l'audizione del ministro presso la Commissione esteri del Congresso; analizzando il panorama
internazionale e il ruolo che gli Usa progettano di svolgervi, Hillary Clinton
ha tracciato per i membri del parlamento la condizione attuale dell'isola
caraibica e le variabili dello sviluppo legato alla successione (già in atto,
comunque) di Fidel Castro. Il fratello Raùl ha assunto l'eredità formale del
Lìder Maximo, ma Fidel resta ancora alle sue spalle a
vegliare sui tempi e sulle forme dell'evoluzione politica del regime, e il suo
appuntamento settimanale sul quotidiano ufficiale «Granma» è una
puntualizzazione cui gli osservatori internazionali prestano molto valore, per
cogliere il senso di una possibile dialettica al vertice del potere. Un esempio
significativo è stato dato proprio ieri dal Comandante, che ha ripreso le
parole pronunciate pubblicamente da Raùl dopo la decisione di Obama di ridurre le restrizioni imposte ai viaggi verso
l'isola. Il fratello in carica aveva risposto con una notazione molto positiva
al presidente americano, «siamo pronti a collaborare, naturalmente su una
condizione di parità». Ma poiché Obama aveva fatto
riferimento alla liberazione dei prigionieri politici dell'isola come una
realistica precondizione per l'avvio di un negoziato di «pacificazione», Fidel
interviene ora con una precisazione molto netta, e dice che - se di liberazione
di «eventuali prigionieri» si voglia parlare - questo sarà possibile soltanto
attraverso uno scambio con «i cinque prigionieri politici cubani che gli Usa
tengono nelle loro carceri». I cinque cubani sono cittadini dell'isola che
lavoravano negli Stati Uniti e che sono stati condannati per spionaggio dopo
regolare processo, ma l'Havana sostiene che si tratta di una spregiudicata
speculazione del governo americano e che in realtà sono «prigionieri politici».
Si tratta di schermaglie di manovre diplomatiche nient'affatto nuove; da una
parte e dall'altra delle
( da "Corriere della Sera"
del 23-04-2009)
Argomenti: Obama
Corriere della Sera
sezione: Prima Pagina data: 23/04/2009 - pag: 1 IDEE PER IL DOPO CRISI
L'OCCASIONE DELLE RIFORME di FRANCESCO GIAVAZZI L a crescita cinese, più 6,1%
nel primo trimestre dell'anno, seppure in discesa rispetto al 9% del 2008, è il segno che l'economia mondiale non è crollata. Fra le
famiglie americane ritorna un po' di speranza: l'indice della fiducia dei
consumatori è salito in Aprile a 61.9, il livello più elevato degli ultimi
sette mesi, 12% meglio che nello scorso autunno. La caduta degli investimenti
si è attenuata: cresce il numero delle imprese che dice di aver aumentato gli
investimenti (sebbene continuino ad essere più numerose quelle che li stanno
ancora tagliando). I tassi di interesse su titoli decennali iniziano a salire,
prova che i mercati finanziari cominciano a vedere la ripresa e un'inversione
della politica monetaria della Federal Reserve. Certo, le banche americane
rimangono molto fragili e nell'economia reale soprattutto in Europa dove il
ciclo è tradizionalmente sfasato di sei mesi rispetto a quello americano il
peggio deve ancora arrivare. Ma è venuto il momento di cominciare a pensare al
dopo. Nonostante il crollo degli ordini 30-40 per cento meno di un anno fa gli
imprenditori italiani non sembrano aver perduto la fiducia. Come ha scritto sul
Corriere Dario Di Vico: «Mentre le élite si
accapigliano sul ritorno di Keynes, le aziende del Nord Est non smettono di far
girare le macchine, di cercare idee nuove, prodotti diversi, tecnologie più
avanzate. Sono coscienti della gravità della recessione, ma sanno anche che un
giorno passerà e che quel giorno non bisogna farsi trovare con le mani in mano.
Anzi che è il caso di porsi oggi quei problemi che il travolgente sviluppo a
due cifre degli anni scorsi ha aperto e ha lasciato insoluti, a cominciare dal
paesaggio distrutto dai capannoni ». Con straordinaria abilità Sergio
Marchionne ha sfruttato la crisi per far uscire la Fiat dall'angolo. Un anno fa la domanda ricorrente era: «In Europa c'è un produttore
di automobili di troppo: chi chiuderà? ». L'acquisizione della Chrysler
apre all'azienda di Torino il mercato americano, che aveva lasciato all'inizio
degli anni 70 e nel quale non era più riuscita a rientrare. La domanda «chi
chiuderà?» non riguarda più la Fiat. E la politica? Rahm
Emanuel, Chief of Staff del presidente Obama e la persona
più influente nella nuova amministrazione, ripete spesso: «Non vuoi certo
sprecare l'occasione di una grave crisi: le crisi sono opportunità
straordinarie per fare cose che in tempi normali paiono impossibili».
Marchionne insegna. Possiamo cogliere appieno l'occasione anche noi?
Alzare l'età della pensione non è solo necessario: in un momento in cui le
famiglie sono preoccupate per il loro futuro potrebbe essere persino popolare.
Il governo potrebbe incalzare Confindustria e sindacato proponendo uno scambio
virtuoso fra un sistema moderno di sussidi di disoccupazione e la revisione
dello Statuto dei lavoratori. Invece, fino ad oggi, ha limitato gli interventi
all'emergenza: palliativi costosi ma insufficienti (estendere via via la cassa
integrazione non è il modo per dare certezze a chi ha perso il lavoro e
sostenere i consumi) e che non hanno affrontato alcuno dei nostri problemi
strutturali. È venuto il momento di smetterla con le inutili discussioni sulle
colpe della finanza e sul futuro del capitalismo (certo non saremo noi a
determinarne la svolta, se mai ci sarà) e invece pensare al domani. CONTINUA A
PAGINA 38
( da "Corriere della Sera"
del 23-04-2009)
Argomenti: Obama
Corriere della Sera
sezione: Primo Piano data: 23/04/2009 - pag: 2 Il
candidato pdl alla Provincia di Milano Podestà: io in corteo con la Brigata
Ebraica MILANO Aveva già detto che ci sarebbe stato «per celebrare
l'affermazione delle libertà e della democrazia in Italia». Ora ha deciso anche
con chi sfilerà. L'europarlamentare del Pdl, Guido Podestà, 62 anni, candidato
a Milano alla presidenza della Provincia, sarà al corteo del 25 aprile al
fianco della Brigata Ebraica «per dare un segnale contro i nuovi fenomeni di
razzismo ». Ha deciso dopo che ha deciso Berlusconi? «Proprio
no. Ho sempre celebrato il 25 aprile, che considero una data storica perché da
lì siamo tornati ad essere una democrazia liberale. E avevo già detto che ci
sarei stato anche quest'anno: non avevo ancora deciso con chi sarei sfilato».
Perché proprio la Brigata Ebraica? «Considero il
popolo ebreo portatore di una grande civiltà. Sono stati nei millenni oggetto
di razzismo e violenze e, come dicevo, nella nostra società si intravedono segnali
preoccupanti da respingere con forza». Una scelta «di campo», come nel suo
slogan elettorale? «Esatto. Siamo al fianco di Israele
per quello che rappresenta come avamposto della nostra società rispetto ai
fatti del Medio Oriente». Il suo antagonista, Filippo Penati, aveva invitato
Berlusconi a sfilare a Milano. Cosa ne pensa? «Mi
chiedo chi sia Penati per dire al capo del governo vieni o non vieni. Pensa
forse che Berlusconi non sia in grado di decidere se e dove andare? Davvero
incredibile, questo Penati: mi chiedo se darà indicazioni
anche al pontefice, o si fermerà ad Obama...». Perché il 25 aprile
divide sempre? «Perché qualcuno pensa di appropriarsi
di questa ricorrenza. Violante, nel discorso di insediamento come presidente
della Camera, era stato chiaro: è una festa di tutti». Pacificazione, insomma? «Io la interpreto così. A 16 anni ero iscritto alla
Gioventù liberale, oggi sono nel Pdl. Per me le parole hanno un senso e il 25
aprile è stata una svolta per la libertà di noi tutti. Questo non mi impedisce
di portare rispetto per chi lottava nella Repubblica Sociale. Sono passati 60
anni: perché non si volta pagina?». Elisabetta Soglio Sfidante Europarlamentare
azzurro sin dal 1994, Guido Podestà, 62 anni, sfiderà il presidente uscente
della Provincia di Milano Filippo Penati (Pd)
( da "Corriere della Sera"
del 23-04-2009)
Argomenti: Obama
Corriere
della Sera sezione: Lettere al Corriere data: 23/04/2009 - pag: 39 Risponde
Sergio Romano LA TURCHIA IN EUROPA QUALCHE NODO DA SCIOGLIERE Concordo pienamente con lei sulle motivazioni che hanno spinto il
presidente Obama a rilasciare al Parlamento turco le dichiarazioni a cui lei fa
riferimento nella sua risposta ( Corriere, 11 aprile). Certamente la
reiterata considerazione sull'opportunità che la Turchia entri a far parte
dell'Europa non autorizza come lei osserva il presidente degli Stati Uniti a
sostenere pubblicamente, nel suo discorso al Parlamento, tale necessità. Ma dopo tante
impegnative valutazioni sul ruolo della Turchia, sulla sua rilevanza
geo-strategica in Asia centrale, Caucaso e Medio Oriente, il problema non è se
l'Europa debba degnarsi di fare posto alla Turchia, ma piuttosto quello di
chiedersi se non occorra pregare la Turchia di raggiungere l'Ue, superando
stanchezza e delusioni accumulate nel tempo, perché l'Europa ha bisogno di lei.
Maria Antonia Di Casola dicasola.maria@alice.it Cara Signora, N egli scorsi
giorni sono stato a Istanbul per un convegno organizzato a Palazzo Venezia (ora
sede del consolato italiano) dall'Unione di amicizia Italia-Turchia. Vi erano,
insieme a molti giornalisti italiani e turchi, numerosi imprenditori dei due
Paesi e una buona rappresentanza della politica turca. Il principale tema
dell'incontro è stato naturalmente l'adesione della Turchia all'Unione Europea.
Il negoziato procede con snervante lentezza e i turchi hanno eccellenti ragioni
per lamentarsi del modo in cui, ad esempio, Cipro, spalleggiato da alcuni
Paesi, è riuscito a creare una serie di pretestuosi blocchi stradali. Ma ho
avuto l'impressione che la Turchia non abbia rinunciato al suo obiettivo e che lo stia perseguendo con molta serietà. Il ministro Egemen
Bagis, responsabile turco dei negoziati, ha parlato delle riforme
costituzionali che il governo intende adottare (fra le quali una legge sulla
parità dei sessi). Il ministro dell'Economia Mehmet Simsek ha parlato degli
effetti della crisi finanziaria, ma ha descritto un Paese giovanile, dinamico,
ambizioso che ha voglia di misurare se stesso, sul piano economico e civile,
con gli standard prevalenti nell'Unione Europea. Un imprenditore, Halim Mete,
ha ricordato che la Turchia è già integrata nell'economia mondiale e che la
prospettiva dell'ingresso nell'Ue è stata una straordinaria motivazione
psicologica per la sua industria e la sua finanza. So che l'atteggiamento di
alcuni Paesi europei (in particolare Francia, Germania, Austria) e la lentezza
dei negoziati hanno deluso una parte dell'opinione pubblica turca. Ma dal
convegno di Istanbul ho ricavato l'impressione che l'Europa sia ancora al primo
posto nella lista delle priorità della classe dirigente. La Turchia è una
potenza regionale e può, all'occorrenza, voltare le spalle all'Unione per
coltivare i propri interessi in Medio Oriente, nel mar Nero, nel mar Caspio e
nell'Asia centrale, dove popolazioni e lingue sono vecchi rami dell'Impero
ottomano. Ma l'Europa è il suo principale partner economico (80% dei suoi
scambi commerciali) e il depositario dei modelli politici e sociali a cui
intende ispirarsi. Esiste un interesse turco all'adesione ed esiste, a mio
avviso, un corrispondente interesse europeo. Continuo a pensare, in
particolare, che l'ingresso nell'Ue di un Paese musulmano, ma
democratico e laico, gioverebbe ai nostri rapporti con i vicini islamici del
Sud e del Sud-est. Ma questa prospettiva si scontra, dopo il frettoloso
allargamento dell'Ue e la crisi del Trattato costituzionale, con almeno due
ostacoli. In primo luogo alcuni governi europei sanno di non potere imporre
l'adesione della Turchia ai loro Paesi in questo momento. Il problema, in altre
parole, non è il personale atteggiamento di Nicolas Sarkozy e Angela Merkel, ma
quello dei loro elettori. In secondo luogo l'ingresso della Turchia nell'Ue
allargherebbe enormemente l'area delle nostre responsabilità internazionali.
Smetteremmo di essere una unione esclusivamente
europea per diventare contemporaneamente una potenza medio-orientale. Non basta
quindi che la Turchia completi la sua marcia di avvicinamento anche sul piano
istituzionale e civile. Occorre soprattutto che la Ue
abbia gli strumenti per governare se stessa e per fare una politica estera
conforme ai maggiori impegni che deriveranno dalla sua estensione. Sono questi,
al di là dei singoli problemi negoziali, i veri nodi da sciogliere.