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Report "Obama"   23-4-2009


Indice degli articoli

Sezione principale: Obama

Enel Green Power numero uno mondiale delle energie verdi ( da "Stampa, La" del 23-04-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Pronti a collaborare al piano di Obama" [FIRMA]LUIGI GRASSIA La neonata Enel Green Power, società che da pochi mesi raggruppa tutte le attività dell'Enel nelle energie rinnovabili, è già balzata al vertice mondiale del settore con 17,2 miliardi di kilowattora prodotti (per potenza installata la numero uno è la spagnola Iberdrola, però la compagnia italiana ha uno spettro di attività «

Ora sniffano l'anestetico per cavalli ( da "Stampa, La" del 23-04-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: BEFFA THYSSEN IL CASO MOSCHEA All'interno OBAMA-MANIA Stanno male tolta la cassa a due operai Il centrodestra «Sì, ma prediche in italiano» Ora sniffano l'anestetico per cavalli Adesso l'orto si coltiva sul balcone Marina Cassi Beppe Minello Vendeva ketamina davanti alle discoteche ventenne condannato per spaccio Alberto Gaino Del Santo e Indemini

"Un motore ibrido top secret da Torino" ( da "Stampa, La" del 23-04-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Obama per salvare la Chrysler con un accordo che molti osservatori del settore danno per imminente. Intanto proprio ieri alla Casa Bianca, in occasione dell'Earth Day è stata riservata agli ultimi modelli di auto ecologica un'accoglienza speciale, con un posto d'onore nei giardini di Pennsylvania Avenue per una fotografia che ha voluto essere a suo modo simbolica del nuovo modo in

Chrysler-Fiat le trattative a una svolta ( da "Stampa, La" del 23-04-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: amministrazione Obama. Le banche sarebbero disposte ad abbattere il debito primario garantito (first-lien) di 2,4 miliardi di dollari (35%), riducendolo a 4,5 miliardi, in cambio di una quota di minoranza della casa automobilistica, dal 33% al 40%. «La nostra speranza - ha detto il funzionario - è che i creditori assumano una posizione molto più costruttiva»

Gli ideali dei partigiani Vorrei ritornare sull'argomento 25 Aprile e Resistenza cerc... ( da "Stampa, La" del 23-04-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: ANDREA SILLIONI BOLSENA (VT) A Obama critiche troppo severe Anche da noi s'è sentita qualche critica a Barack Obama: troppo cordiale con Hugo Chavez, si è detto, quasi a non tener conto che si tratta pur sempre di un autocrate populista che controlla la maggioranza dei consensi nel suo paese con uno uso cinico e spregiudicato dei media,

Foto che raccontano il presidente Obama ( da "Stampa, La" del 23-04-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: PRESSE Foto che raccontano il presidente Obama NIZZA Stimato e apprezzato dagli americani, che lo hanno scelto come nuovo presidente degli Stati Uniti, ma anche da popolazioni di altri Paesi, Barack Obama è certamente tra le nuove personalità carismatiche dei nostri tempi. Inutile dire che l'esclusiva mostra fotografica inaugurata a Villa Massena a Nizza lo scorso weekend,

la sicilia resta indietro nella corsa dell'energia - nicola cipolla ( da "Repubblica, La" del 23-04-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: un dibattito ma anche una mobilitazione di forze che possano nei prossimi mesi in Sicilia proporre e sostenere obiettivi particolari e generali su cui costruire un vero piano energetico adeguato alle esigenze della Terza rivoluzione industriale che, a livello mondiale, si sta imponendo soprattutto sotto l´impulso degli Usa di Obama, della Cina e dei paesi più avanzati dell´Europa.

Lieberman contro Obama "Non trattare con gli arabi" ( da "Stampa, La" del 23-04-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Obama "Non trattare con gli arabi" FRANCESCO SEMPRINI NEW YORK L'iniziativa di pace araba rappresenta una seria minaccia per il futuro di Israele. È perentorio il ministro degli Esteri israeliano, Avigdor Lieberman, che boccia senza possibilità di appello il piano sul ritiro totale dai territori palestinesi occupati in cambio del riconoscimento dello Stato ebraico da parte dei Paesi

L'Iran irrita gli Usa "Se continua così sanzioni più dure" ( da "Stampa, La" del 23-04-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: saranno al centro dei colloqui che il presidente Obama avrà con i leader dei due Paesi il 6 il 7 maggio. Il presidente afghano Hamid Karzai e quello pachistano Asif Ali Zardari incontreranno separatamente alla Casa Bianca Obama. Obiettivo dell'America, finora frustrato, è convincere le due nazioni a cooperare, tra loro e con gli Usa e la Nato, per combattere Al Qaeda e i taleban.

Hillary al Senato "Il regime dei Castro è ormai al capolinea" ( da "Stampa, La" del 23-04-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: isola a Obama Può darsi che all'Havana si sia davvero al cambio storico, alla fine dell'ultimo tempo che la Guerra Fredda si è lasciato ancora alle spalle. Molti ne sono convinti, parecchi lo aspettano e anche lo sperano. Il fatto, ora, che il segretario di Stato americano abbia detto esplicitamente che «il regime di Castro sta per finire»

L'OCCASIONE DELLE RIFORME ( da "Corriere della Sera" del 23-04-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: Rahm Emanuel, Chief of Staff del presidente Obama e la persona più influente nella nuova amministrazione, ripete spesso: «Non vuoi certo sprecare l'occasione di una grave crisi: le crisi sono opportunità straordinarie per fare cose che in tempi normali paiono impossibili». Marchionne insegna.

Podestà: io in corteo con la Brigata Ebraica ( da "Corriere della Sera" del 23-04-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: mi chiedo se darà indicazioni anche al pontefice, o si fermerà ad Obama...». Perché il 25 aprile divide sempre? «Perché qualcuno pensa di appropriarsi di questa ricorrenza. Violante, nel discorso di insediamento come presidente della Camera, era stato chiaro: è una festa di tutti». Pacificazione, insomma? «Io la interpreto così.

LA TURCHIA IN EUROPA QUALCHE NODO DA SCIOGLIERE ( da "Corriere della Sera" del 23-04-2009)
Argomenti: Obama

Abstract: pienamente con lei sulle motivazioni che hanno spinto il presidente Obama a rilasciare al Parlamento turco le dichiarazioni a cui lei fa riferimento nella sua risposta ( Corriere, 11 aprile). Certamente la reiterata considerazione sull'opportunità che la Turchia entri a far parte dell'Europa non autorizza come lei osserva il presidente degli Stati Uniti a sostenere pubblicamente,


Articoli

Enel Green Power numero uno mondiale delle energie verdi (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 23-04-2009)

Argomenti: Obama

CONTI: CEDEREMO UNA QUOTA DI MINORANZA Enel Green Power numero uno mondiale delle energie verdi Intesa con l'Australia nel carbone pulito "Pronti a collaborare al piano di Obama" [FIRMA]LUIGI GRASSIA La neonata Enel Green Power, società che da pochi mesi raggruppa tutte le attività dell'Enel nelle energie rinnovabili, è già balzata al vertice mondiale del settore con 17,2 miliardi di kilowattora prodotti (per potenza installata la numero uno è la spagnola Iberdrola, però la compagnia italiana ha uno spettro di attività «verdi» più esteso). L'amministratore delegato di Enel, Fulvio Conti, ha detto ieri che il gruppo intende «cedere un pacchetto azionario di minoranza di Egp. Manterremo il controllo strategico, ma un partner a lungo termine sarà fondamentale per le nostre strategie». Conti ha anche ipotizzato un'offerta pubblica di azioni e ha stimato il valore della società fra gli 11 e i 12 miliardi di euro. Il presidente di Enel Green Power, Francesco Storace, ha illustrato un piano industriale 2009-2013 di forte crescita per passare dall'attuale capacità installata di 4.500 megawatt a 6.400, con un incremento soprattutto nel settore eolico (+1.600 MW) con un investimenti di 3,7 miliardi di euro. La produzione crescerà a 22,7 miliardi di kilowattora. Nel 2013 il mix energetico di Egp sarà 44% idroelettrico, 28% eolico e 26% geotermico. L'attuale produzione è in grado di soddisfare i consumi di circa 6,5 milioni di famiglie e di evitare ogni anno l'emissione di 13 milioni di tonnellate di CO2. Su questa strada l'Enel ieri ha firmato un accordo con l'Australia per lo sviluppo delle tecniche di cattura e sequestro dell'anidride carbonica. Con quest'intesa Enel entra nel Global Carbon Capture and Storage Institute, un'organizzazione nata su iniziativa del governo australiano; Conti ha spiegato che lo scopo è «mettere a fattor comune sforzo e tecnologia per arrivare a impianti di produzione di energia elettrica a zero emissioni», nelle centrali a carbone o di altro genere. Fulvio Conti ha anche detto che Enel Green Power è «pronto a cogliere le opportunità che si presenteranno negli Stati Uniti sul fronte delle energie rinnovabili con il piano Obama». Una notizia di variabile interpretazione viene da Agrigento, dove si è tenuto un referendum sul rigassificatore che l'Enel realizzerà a Porto Empedocle. I no hanno vinto con più del 90% dei voti, ma alle urne è andato appena il 15% degli aventi diritto.

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Ora sniffano l'anestetico per cavalli (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 23-04-2009)

Argomenti: Obama

BEFFA THYSSEN IL CASO MOSCHEA All'interno OBAMA-MANIA Stanno male tolta la cassa a due operai Il centrodestra «Sì, ma prediche in italiano» Ora sniffano l'anestetico per cavalli Adesso l'orto si coltiva sul balcone Marina Cassi Beppe Minello Vendeva ketamina davanti alle discoteche ventenne condannato per spaccio Alberto Gaino Del Santo e Indemini

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"Un motore ibrido top secret da Torino" (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 23-04-2009)

Argomenti: Obama

Retroscena Nuova chance nella partita d'Oltreoceano VANNI CORNERO "Un motore ibrido top secret da Torino" TORINO La nuova strada imboccata dall'auto è ormai indicata chiaramente, a partire dagli Usa: mentre precipita ai minimi storici la richiesta dei Suv e delle altre vetture di grossa cilindrata che fanno 4 chilometri con un litro di carburante, cresce in parallelo la richiesta di mezzi più ecologici. Ed è proprio la strada che ha fatto di Fiat il gruppo scelto da Obama per salvare la Chrysler con un accordo che molti osservatori del settore danno per imminente. Intanto proprio ieri alla Casa Bianca, in occasione dell'Earth Day è stata riservata agli ultimi modelli di auto ecologica un'accoglienza speciale, con un posto d'onore nei giardini di Pennsylvania Avenue per una fotografia che ha voluto essere a suo modo simbolica del nuovo modo in cui l'America intende vivere il suo rapporto con l'auto. Ed è anche di ieri la notizia che Fiat sta lavorando da mesi a un inedito sistema di motorizzazione ibrida. A far filtrare la novità è la rivista automobilistica «Quattroruote», con un'anticipazione sul numero di maggio. «A Torino si lavora in segreto da mesi a un inedito sistema ibrido», scrive il magazine, che scendendo più nei dettagli spiega: «Nato per le piccole di Fiat, in particolare per la 500 e la futura Topolino, il progetto potrebbe rivelarsi una pedina straordinaria nel quadro degli accordi che stanno prendendo corpo tra l'azienda italiana e la Chrysler». L'operazione concepita dal Lingotto vuole abbinare il futuro motore bicilindrico 900 turbo a benzina, che sarà in produzione già nel 2010, a un inedito cambio automatico tutto italiano, all'interno del quale è collocato il motore elettrico, con batterie di nuova generazione agli ioni di litio e la possibilità di ricarica «plug-in», da una presa di corrente. «Il sistema ibrido, infatti - continua Quattroruote - può essere adottato anche per numerosi modelli di classe media, realizzabili sia in Italia, sia negli Stati Uniti, avvalorando le potenzialità tecnologiche del gruppo guidato da Sergio Marchionne nei piccoli propulsori a basso consumo». Fiat, comunque, non ha ancora definito l'applicazione commerciale del nuovo sistema propulsivo. L'anticipazione di Quattroruote conclude: «Nel mondo diversi costruttori, a cominciare dai giapponesi Toyota e Honda, hanno già in produzione motori ibridi, ma nessuno aveva ancora realizzato un propulsore elettrico-benzina di dimensioni e cilindrata così ridotte, potenzialmente in grado di portare i consumi di un'utilitaria a livelli minimi». All'indiscrezione fa seguito un positivo commento del segretario generale della Fiom torinese, Giorgio Airaudo: «Se fosse tutto vero - dice - sarebbe un'occasione che il governo italiano e gli amministratori locali non dovrebbero farsi sfuggire.«La Fiat - prosegue Airaudo - potrebbe recuperare il ritardo accumulato rispetto ad altre case automobilistiche. Con una domanda sostenuta da commesse pubbliche, l'auto ibrida potrebbe aiutare a colmare il "delta" di circa 250 mila auto all'anno prodotte negli stabilimenti nazionali, che adesso manca per saturare gli impianti. In questo modo si potrebbero rafforzare, all'interno della politica delle alleanze, gli stabilimenti italiani, che oggi rischiano di pagare più di altri».

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Chrysler-Fiat le trattative a una svolta (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 23-04-2009)

Argomenti: Obama

MARCHIONNE È RIENTRATO PER RIFERIRE OGGI AL CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE LE SPERANZE DELLA FIOM Chrysler-Fiat le trattative a una svolta Il capo della finanza di Gm non esclude una possibile intesa di Opel con gli italiani Airaudo: «Potrebbe essere una grande risorsa per gli stabilimenti italiani» [FIRMA]FRANCESCO SEMPRINI NEW YORK «Con Fiat e Chrysler si continua a trattare». Con un comunicato lapidario giunto nella serata italiana, Ron Gettelfinger, presidente del sindacato United Auto Workers, mette fine alla ridda di voci e smentite che danno per fatto l'accordo tra l'azienda di Auburn Hills, Lingotto e parti sociali. «Stiamo proseguendo le trattative per raggiungere un accordo nel miglior interesse dei lavoratori, dei pensionati e delle comunità dove il gruppo svolge le attività», spiega il numero uno del Uaw. La precisazione arriva dopo le dichiarazioni provenienti da fonti sindacali italiane «sull'avvenuto accordo». E' per prima la Fiat a farsi sentire smentendo a chiare lettere la notizia. «Le trattative sono totalmente aperte - dice un portavoce del Lingotto - al momento non è possibile prevederne la tempistica e l'esito finale». Seguono quindi le precisazioni: «In merito all'incontro con i vertici Uaw - dice la stessa fonte sindacale - tengo a precisare che non c'è informazione di alcun accordo fatto su Chrysler, ma di una forte azione congiunta dei sindacati Usa e canadesi». Fonti di mercato affermano comunque che l'accordo è più vicino. E' il risultato del round di negoziati al quale ha partecipato in questi giorni l'amministratore delegato, Sergio Marchionne, assieme al numero uno di Auburn Hills, Bob Nardelli, alle banche e alla task force della Casa Bianca. L'ad del Lingotto è tornato a Torino per il cda Fiat durante il quale farà il punto sulle trattative americane con azionisti, analisti e, nel pomeriggio, con i sindacati. Più complessa appare invece la situazione con il Canadian Auto Workers di Ken Lewenza, che sta trattando con Chrysler sul taglio dei salari orari, da 76 dollari canadesi a 57, pari ai livelli retributivi dei dipendenti delle aziende giapponesi che operano in Nord America. Fonti vicine alla trattativa spiegano che le discussioni sarebbero concentrate sull'abbattimento di un parte dei cosiddetti «benefici attivi», ovvero una serie di indennizzi che incidono per 31,32 dollari sul salario orario. Secondo alcuni rappresentanti del Caw il governo canadese avrebbe fissato tra ieri ed oggi la scadenza ultima per trovare l'intesa e consentire a Chrysler di incassare i 2,9 miliardi dollari che le autorità federali e il governo dell'Ontario sono disposte a stanziare. Mancano del resto sette giorni alla data del 30 aprile entro cui il terzo produttore di auto Usa deve presentare alla task force guidata dallo zar Steven Rattner il piano di riordino societario e il progetto di alleanza con Fiat. Tra i nodi ancora da sciogliere c'è quello della ristrutturazione del debito, dopo la doccia gelata del Tesoro sulla controproposta avanzata ieri dai creditori e definita inaccettabile perché garantirebbe agli istituti un rendimento ingiustificato. «Non è nell'interesse di nessuno specie in un momento in cui l'azienda, i suoi lavoratori e tutte le parti coinvolte stanno facendo sacrifici per salvare Chrysler», spiega un funzionario dell'amministrazione Obama. Le banche sarebbero disposte ad abbattere il debito primario garantito (first-lien) di 2,4 miliardi di dollari (35%), riducendolo a 4,5 miliardi, in cambio di una quota di minoranza della casa automobilistica, dal 33% al 40%. «La nostra speranza - ha detto il funzionario - è che i creditori assumano una posizione molto più costruttiva». Se poi l'accordo non andasse in porto resta sempre la cosiddetta «opzione B», che per Fiat potrebbe tradursi in una trattativa con la Opel di General Motors. Ieri il capo della finanza di Gm, Ray Young, non ha escluso con il Wall Street Journal la possibilità di un accordo con il Lingotto.

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Gli ideali dei partigiani Vorrei ritornare sull'argomento 25 Aprile e Resistenza cerc... (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 23-04-2009)

Argomenti: Obama

Gli ideali dei partigiani Vorrei ritornare sull'argomento 25 Aprile e Resistenza cercando da un lato di evitare elegie ed ipocrisie, dall'altro revisionismi e rivisitazioni di maniera più che di sostanza, ma restando fermi sull'evidenza della Storia. Lo scopo di chi combattè come partigiano, fatta salva un risicata minoranza che aveva mire politiche di stampo rivoluzionario, era quello di liberare il nostro paese dalla dittatura odiosa del nazifascismo; su questo non è lecito nutrire dubbi. Odiose furono le azioni dei nazifascisti durante l'occupazione, odiose furono le vendette di una minoranza all'atto della Liberazione e nel periodo che seguì, anche se viene spontaneo chiedersi se ci sarebbero state le seconde se non fossero avvenute le prime. Dubitare è lecito, credo. Ciò che accadde nel ventennio deve lasciare un ammonimento a noi ed alle future generazioni; tenere sempre alta la guardia per evitare che scelte totalitarie possano fare di nuovo capolino e gli anni in cui viviamo non fanno eccezione. I segnali di pericolo ci sono tutti, a volerli leggere: a noi la scelta se guardare, parlarne e fare qualcosa, oppure voltare la testa dall' altra parte, fare finta di niente ed accettarne le conseguenze. Democrazia e libertà non sono un pasto gratis. SILVANO SAINOTINI Misure inutili Secondo voi, sospendendo le partite e squalificando le società sportive, si elimina il vergognoso razzismo e la profonda ignoranza di persone maggiorenni che allo stadio (e nella vita) insultano per il colore della pelle o per mille altri motivi? Assolutamente no, questa è solo pretestuosa indignazione che ha il merito di sollevare il problema ma mai lo risolverà e nel frattempo punirà anche chi invece si comporta bene. Il razzismo e la violenza degli stadi sono dirette emanazioni del razzismo e della violenza presenti nella società: rispetto a quel che accade ogni giorno, i cori sono un'inezia. Non so se è peggio il punto a cui siamo arrivati o la constatazione che continuiamo a prendere misure del tutto inutili: il primo aspetto genera disgusto, ma il secondo genera sconforto. MAURO OTTONELLO MONTIGNOSO (MS) Tesi «copia incolla» come ovviare C'è un vecchio detto che recita: «copiare da uno è plagio, copiare da molti è ricerca». Dai dati di una società di ricerca i «picchi di similitudine» presenti in tesi e tesine è notevolmente elevato, permettendo agli studenti di produrre elaborati con veloci «copia incolla». Oltre al danno per gli autori degli studi, c'è un danno reale per lo studente che non si abitua ad approfondire gli argomenti e a ricercare bibliografie e fonti. L'unico modo per ovviare a tale situazione è prevedere un «work in progress» che inizi contestualmente al percorso universitario e termini con l'ultimo esame. Ciò permetterà di produrre uno studio dilazionato e accurato che comprenda più discipline contemporaneamente abituando e costringendo gli studenti alla ricerca continua e costante. ANDREA SILLIONI BOLSENA (VT) A Obama critiche troppo severe Anche da noi s'è sentita qualche critica a Barack Obama: troppo cordiale con Hugo Chavez, si è detto, quasi a non tener conto che si tratta pur sempre di un autocrate populista che controlla la maggioranza dei consensi nel suo paese con uno uso cinico e spregiudicato dei media, ormai da tempo ridotti a mero amplificatore della propaganda di regime. Ritengo che siano critiche troppo severe, deve essere stato preso in contropiede. Ti senti gridare alle spalle: «Mr. Obamaaa!», ti volti, ti trovi davanti un faccione che sorride e una mano tesa. Sorridi pure tu, e i fotografi fanno il resto. NICOLA SANA La ricostruzione del Molise Spiace constatare che il Molise, terra antica e abitata da gente onesta e laboriosa, debba pagare, ancora una volta, i costi della disinformazione e della distorsione della verità. Al fine di salvaguardare l'immagine del Molise e dei suoi cittadini debbo riaffermare con forza che non un solo centesimo dei fondi stanziati dal Governo nazionale per la ricostruzione è stato speso per fini diversi da quelli della messa in sicurezza o la riedificazione degli immobili colpiti dal terremoto del 2002. La Regione Molise varò un Piano Pluriennale per la ripresa economico-sociale di tutto il suo territorio dopo il terremoto e l'alluvione (che seguì tre mesi dopo il sisma e che causò danni a tutto il territorio regionale). Un Piano che aveva la dotazione di 500 milioni di euro rinvenienti da fondi ordinari della stessa Regione Molise, dello Stato centrale e dell'Unione Europea. Una regione colpita dal terremoto e dall'alluvione doveva certo ricostruire gli immobili, ma doveva anche sostenere il suo sistema economico-sociale. La ricostruzione, dunque, ha utilizzato i fondi straordinari per il terremoto, mentre alla ripresa produttiva del Molise sono andati i fondi ordinari del Programma Pluriennale. Il terremoto poi non è stato «allargato» ma si è semplicemente riconosciuto il danno, verificato da tecnici comunali, della Regione Molise e della Protezione Civile Nazionale, in ciascun immobile in cui esso si è verificato. Questo anche al di fuori del cosiddetto «cratere sismico». A ogni Comune, sia dell'area più colpita, sia di quella meno, sono state date risorse in proporzione agli immobili lesionati. Questo senza sprechi o discrezionalità. Un'ultima precisazione: i danni causati al Molise dal terremoto del 31 ottobre 2002, così come certificato dalla Regione, dallo Stato centrale e dall'Unione Europea, ammontano a 3 miliardi 415 milioni di euro, quelli del Comune di San Giuliano di Puglia a 240 milioni di euro. A oggi il Molise di questi importi complessivi ha avuto e speso 652 milioni di euro. SEN. MICHELE IORIO PRESIDENTE DELLA REGIONE MOLISE Prendiamo atto delle osservazioni del Governatore del Molise su un tema, quello della ricostruzione post-terremoto e dell'impiego dei fondi per lo sviluppo della regione colpita dal sisma del 2002, sul quale la magistratura ha ritenuto opportuno avviare un'indagine. \

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Foto che raccontano il presidente Obama (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 23-04-2009)

Argomenti: Obama

NIZZA REALIZZATE DALL'AGENZIA FRANCE-PRESSE Foto che raccontano il presidente Obama NIZZA Stimato e apprezzato dagli americani, che lo hanno scelto come nuovo presidente degli Stati Uniti, ma anche da popolazioni di altri Paesi, Barack Obama è certamente tra le nuove personalità carismatiche dei nostri tempi. Inutile dire che l'esclusiva mostra fotografica inaugurata a Villa Massena a Nizza lo scorso weekend, sta suscitando interesse, curiosità e consenso. L'esposizione resterà aperta al pubblico fino al 4 maggio. Gli scatti selezionati ripercorrono un viaggio attraverso la Casa Bianca e i momenti più significativi del presidente americano. Dalla sua campagna elettorale alla sua entrata nella stanza ovale. E ancora, la sua visita in Europa, con pregevoli foto che trasmettono, in ogni dettaglio, l'atmosfera degli alti vertici del potere presidenziale statunitense. Le fotografie sono dell'Agenzia France-Presse, agenzia di stampa internazionale che trasmette in tempo reale gli avvenimenti dei cinque continenti. I giornalisti dell'AFP, hanno seguito passo dopo passo Barack Obama, dai tempi della campagna fino alla sera della sua elezione, e poi durante la sua investitura. Naturalmente continuano a seguire il presidente Obama ancora oggi, per cogliere tutti quegli istanti che scrivono poi la storia.

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la sicilia resta indietro nella corsa dell'energia - nicola cipolla (sezione: Obama)

( da "Repubblica, La" del 23-04-2009)

Argomenti: Obama

Pagina XV - Palermo La sicilia resta indietro nella corsa dell´energia Il piano della Regione esalta il ruolo delle fonti alternative solo nelle dichiarazioni di principio. Nei fatti gli impianti eolici o solari risultano penalizzati NICOLA CIPOLLA L´impressione è che lo scopo principale è tenere sotto controllo le energie alternative e soprattutto l´energia eolica che in questo momento ha, a livello mondiale, un grande sviluppo. Il 2008, a livello mondiale, si è chiuso con un record di installazioni eoliche che vedono al primo e secondo posto con 8.300 e 6.400 megawatt gli Usa e la Cina. Il governo svedese ha varato la costruzione di 1.100 torri eoliche di 200 metri in uno spazio di 450 chilometri quadrati. La Puglia ha presentato domande per 22 mila megawatt. In Sicilia, malgrado gli ostacoli frapposti prima da Cuffaro e poi da Lombardo, sono state presentate domande per 7 mila megawatt di impianti terrestri di medie dimensioni: energia alternativa a due centrali termoelettriche delle dimensioni di Termini Imerese. Gli imprenditori protestano contro i vincoli e i limiti posti dal governo Lombardo che suggerisce loro di andare ad impiantare in Albania visto che inSicilia non si deve costruire questo tipo di impianti. Le norme contenute nella deliberazione infatti impongono, per impianti eolici e solari, una documentazione dettagliata che richiede l´intervento di diverse autorità amministrative e finanziarie. Solo ditte fortemente ammanigliate con i centri di potere regionale possono superare questo iter e da queste forme di intervento derivano gli scandali giudiziari, tipo Mazara del Vallo. Ma l´ostacolo principale è rappresentato dalla comunicazione del gestore «che la capacità ricettiva della rete consente l´immissione dei nuovi megawatt richiesti aggiuntivamente a quelli in produzione o autorizzati». Non solo. Anche gli impianti esistenti e in funzione possono essere in ogni momento revocati se il gestore ritiene che per sue sopravvenute esigenze non è più possibile continuare a immettere in rete l´energia prodotta. In sostanza la decisione sulla possibilità di installare in Sicilia un impianto eolico è o di Terna, che gestisce la rete ad alta tensione, o dell´Enel, che gestisce le reti a media e bassa tensione. Società oggi private i cui atti non sono sottoponibili a nessuna possibilità di ricorso in via di giustizia amministrativa. L´Enel, va aggiunto, è anche il principale produttore di energia elettrica tradizionale e in questa veste concorrente con i piccoli produttori indipendenti che si cimentano nell´eolico. La situazione diventa ancora più grave per quanto riguarda il solare fotovoltaico. In Sicilia ci sono oltre 6 milioni di utenze elettriche che fanno capo alla rete Enel. I contatori di questi utenti invece di segnare i kw/ora che devono essere pagati all´Enel devono registrare i kw/ora che l´Eenel deve pagare loro, in base alla legge sul Conto Energia. Se alla direzione Enel invece del dottore Conti ci fosse Giobbe in persona non potrebbe che opporsi a una trasformazione che fa cessare la ragione sociale e l´attività su cui è basata la sua gigantesca struttura. Ma fa sorridere anche la foga ambientalista di un governo e di una classe politica che hanno tollerato tutte le forme di abusivismo edilizio in Sicilia, promosso tutte le sanatorie relative, che tengono la raccolta differenziata a livelli bassissimi per giustificare i 4 inceneritori contestati anche dalla UE, che non esercita nessun contrasto alla proliferazione di antenne elettromagnetiche su Montepellegrino che è diventato una specie di irsuto monte Porcospino e invece si preoccupa dei turisti la cui sensibilità può essere offesa da impianti offshore se collocati a meno di 5 miglia marine. Mentre lo stesso limite non è stato evocato al momento della concessione delle autorizzazioni a costruire un impianto questa volta terrestre del rigassificatore di Porto Empedocle. Dico questo per sottolineare il fatto che la difesa del paesaggio è l´ultima delle preoccupazioni di coloro che spingono a far si che le energie rinnovabili in Sicilia siano un fatto puramente ornamentale e limitato, impedendo l´occasione storica che lo sviluppo delle rinnovabili, sole e vento in primo luogo, rappresenta per fare uscire la Sicilia dalla sua secolare depressione. Abbiamo ben presente che il passaggio dalle energie fossili a quelle rinnovabili richiederà modifiche strutturali profonde ed interventi anche drastici. La Sicilia di Girolamo Li Causi, di Riccardo Lombardi e di Mario Ovazza riuscì a fare approvare dal governo di Unità Nazionale assieme allo Statuto dell´Autonomia i provvedimenti istitutivi dell´Ese per combattere il monopolio elettrico della Sges e assicurare oltre un miliardo di metri cubi di acqua alle famiglie e alle campagne siciliane. Bisognerebbe ripensare a questa esperienza e intervenire nell´immediato. Occorre aprire non solo un dibattito ma anche una mobilitazione di forze che possano nei prossimi mesi in Sicilia proporre e sostenere obiettivi particolari e generali su cui costruire un vero piano energetico adeguato alle esigenze della Terza rivoluzione industriale che, a livello mondiale, si sta imponendo soprattutto sotto l´impulso degli Usa di Obama, della Cina e dei paesi più avanzati dell´Europa.

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Lieberman contro Obama "Non trattare con gli arabi" (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 23-04-2009)

Argomenti: Obama

DISGELO CON L'EGITTO Retroscena Verso il vertice sul Medio Oriente a Washington Dopo settimane di freddo il premier Netanyahu è stato invitato al Cairo Lieberman contro Obama "Non trattare con gli arabi" FRANCESCO SEMPRINI NEW YORK L'iniziativa di pace araba rappresenta una seria minaccia per il futuro di Israele. È perentorio il ministro degli Esteri israeliano, Avigdor Lieberman, che boccia senza possibilità di appello il piano sul ritiro totale dai territori palestinesi occupati in cambio del riconoscimento dello Stato ebraico da parte dei Paesi arabi. «Si tratta di una ricetta che ha il fine ultimo di distruggere Israele», avverte l'esponente dell'esecutivo di Benjamin Netanyahu, nel corso di un'intervista al periodico russo Moskovskiy Komosolets, ripresa ieri dal quotidiano Haaretz. La linea dura di Lieberman, membro di spicco del Israel Beitenu, la destra radicale nazionale, ribadita ieri nel corso del consiglio di sicurezza interministeriale, si pone in netta contrapposizione con quella del presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, il quale sostiene l'iniziativa. Fonti vicine all'esecutivo israeliano spiegano che il capo degli Esteri si oppone in particolare al cosiddetto «Diritto del ritorno» per i profughi palestinesi, che a suo parere rappresenta un pericolo per Israele. Lieberman sostiene invece che sia necessario coinvolgere maggiormente la Russia nella ricerca di un futuro assetto geopolitico mediorientale, in cui Israele svolgerà il ruolo di ponte tra Washington e Mosca. Il ministro non usa mezzi termini neanche nei confronti del Pakistan del vicino Afghanistan considerati «un pericolo più incombente sul piano nucleare maggiore dei programmi dell'Iran», e per il quale chiama a raccolta altre grandi potenze come la Cina e la stessa Russia esposte «agli stessi rischi che corre lo Stato ebraico». Le invettive di Lieberman non sono una novità: due settimane fa ha già destato scalpore quando aveva detto di non sentirsi più vincolato dal processo di Annapolis, in cui Ehud Olmert, Abu Mazen, e George W. Bush, si impegnarono a rilanciare la formula di «due Stati per i due popoli». Obama da parte sua prosegue sulla strada della ricerca di un processo di pace invitando alla Casa Bianca i leader di Israele, Anp (Autorità nazionale palestinese) ed Egitto per colloqui bilaterali separati. «A un certo punto occorre passare dalle parole ai fatti - ha detto Obama annunciando l'iniziativa - E' necessario vincere le diffidenze per raggiungere risultati». E' stato così fissato per il 28 maggio l'incontro nella capitale americana fra il presidente degli Stati Uniti e il collega palestinese Abu Mazen. Secondo la stampa israeliana, il faccia a faccia Obama-Netanyahu dovrebbe invece avvenire il 18 maggio.Lo stesso Netanyahu è stato invitato in Egitto (dopo settimane di rapporti tesi) durante l'incontro avuto ieri con il capo dei servizi di intelligence del Cairo, Omar Suleiman. La visita dovrebbe aver luogo «nelle prossime settimane». Il nuovo slancio nelle trattative ha ottenuto il plauso dell'Italia che ha accolto «molto positivamente» il «forte impegno» della nuova amministrazione Usa per il processo di pace in Medio Oriente. Mentre sull'ipotesi di dialogo con un governo palestinese che includa anche il partito di Hamas, si è pronunciata ieri il segretario di Stato Usa, Hillary Clinton. L'ex first lady ha posto tre condizioni spiegando che gli Stati Uniti «non avranno a che fare, o non daranno finanziamenti, a un governo palestinese che includa Hamas finché il movimento radicale non avrà rinunciato alla violenza, riconosciuto Israele e accettato i precedenti impegni presi dalla Autorità palestinese».

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L'Iran irrita gli Usa "Se continua così sanzioni più dure" (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 23-04-2009)

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il caso L'Iran irrita gli Usa "Se continua così sanzioni più dure" Washington critica anche Islamabad «Deve fare di più contro gli estremisti» Teheran rimprovera alla Casa Bianca l'assenza da Ginevra «Peggiora le cose» GLAUCO MAGGI Bastone Dopo la mano tesa di Obama la strigliata dell'ex First Lady: «Crediamo nella diplomazia ma ci sono altre vie» Trionfo La replica di Ahmadinejad arriva tra gli applausi della folla: «America, se vuoi cambiare, devi combattere i razzisti» Attacco del segretario di Stato Clinton NEW YORK Sanzioni più strette all'Iran, «dovessero rendersi necessarie». Il segretario di Stato americano Clinton, parlando davanti alla Commissione Affari Esteri del Senato, ha mostrato il bastone dell'amministrazione Usa, dopo la carota offerta con la «mano tesa» dal presidente Obama al leader oltranzista di Teheran Ahmadinejad. «Crediamo realmente che seguendo la strada della diplomazia guadagniamo credibilità e influenza presso le nazioni che dovranno lavorare con noi per rendere il regime delle sanzioni stretto e paralizzante tanto quanto sarà necessario», ha spiegato Hillary. Il governo americano ha fiducia che, con l'aiuto dei partner internazionali, potrà essere coordinato un regime articolato di misure restrittive contro l'Iran, «nell'eventualità che non dovessimo avere successo e trovassimo un ostacolo insormontabile nel nostro approccio», ha detto Hillary ai suoi ex colleghi senatori perché l'Iran sentisse. Se Clinton mostra il muso duro dell'America, da Teheran la risposta non è però affatto incoraggiante. L'Iran si mantiene fermo nel rivendicare il diritto di costruire centrali nucleari, ufficialmente a scopi civili, e continua imperterrito ad arricchire l'uranio, il passo tecnologico indispensabile a produrre sia l'elettricità, sia le bombe. Anzi, prendendo alla lettera le aperture fatte da Obama in campagna elettorale, e appena dopo la vittoria, Ahmadinejad ha fatto l'offeso e ha ribattuto alle critiche e alle minacce da Washington con un avvertimento e una lezioncina. «Boicottare la conferenza dell'Onu di Ginevra sul razzismo criticando l'Iran, come ha fatto il presidente degli Stati Uniti Barack Obama, non aiuta a risolvere i problemi», ha detto ieri in un comizio trasmesso dalla televisione il presidente iraniano, che era stato contestato all'Onu per il suo attacco ad Israele. «Nuova amministrazione americana, ti darò un consiglio - è arrivato a dire Ahmadinejad -. Obama è arrivato al potere con lo slogan del cambiamento, cioè che il popolo americano come il resto del mondo vuole un cambiamento nella politica del colonialismo. Di conseguenza, per lui sarebbe stato un obbligo prendere parte alla più importante conferenza internazionale sul razzismo», ha recriminato. E ha aggiunto: «Condannare le mie affermazioni non aiuta a risolvere i problemi», mentre la folla gridava «morte all'America e morte a Israele». Quanto alla linea dei colloqui diretti prospettati da Obama-Clinton, una netta rottura con la politica di Bush, il leader iraniano ha risposto con la riscoperta degli incontri «5+1»: il dialogo simultaneo sul nucleare con Usa, Francia, Gran Bretagna, Germania, Russia e Cina è per Teheran «costruttivo». Avendo già ottenuto che gli incontri si avvieranno senza fermare le attività di arricchimento dell'uranio, Ahmadinejad preferisce che al tavolo ci siano pure gli amici russo e cinese. In Senato il segretario di Stato ha avuto anche parole allarmate sul Pakistan, Paese già dotato di armi nucleari. «Pone una minaccia mortale alla sicurezza degli Usa e del mondo - ha affermato Clinton -. Voglio dire senza equivoci non solo al governo pachistano, ma anche al popolo pachistano nel Paese e all'estero, che devono osteggiare con forza la politica che sta cedendo territori sempre più estesi agli insorti». Il giorno prima, i taleban avevano occupato il distretto di Buner nel Pakistan nord-occidentale, estendendo l'imposizione della sharia fino a soli 96 chilometri di distanza dalla capitale Islamabad. La mossa segue la conquista pacifica da parte dei taleban della confinante Swat Valley dove in base a una pace separata con il governo centrale vige da allora la sharia. La drammatica involuzione politico-sociale in Pakistan e la guerra in Afghanistan saranno al centro dei colloqui che il presidente Obama avrà con i leader dei due Paesi il 6 il 7 maggio. Il presidente afghano Hamid Karzai e quello pachistano Asif Ali Zardari incontreranno separatamente alla Casa Bianca Obama. Obiettivo dell'America, finora frustrato, è convincere le due nazioni a cooperare, tra loro e con gli Usa e la Nato, per combattere Al Qaeda e i taleban.

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Hillary al Senato "Il regime dei Castro è ormai al capolinea" (sezione: Obama)

( da "Stampa, La" del 23-04-2009)

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FRENATA Retroscena Il futuro dell'isola LA PREVISIONE «All'Avana si profilano grandi cambiamenti Occorre prepararsi» Sul Delaware Fidel smentisce Raul «Per adesso nessuna apertura agli Usa» MIMMO CÁNDITO Hillary al Senato "Il regime dei Castro è ormai al capolinea" Chavez regala un'isola a Obama Può darsi che all'Havana si sia davvero al cambio storico, alla fine dell'ultimo tempo che la Guerra Fredda si è lasciato ancora alle spalle. Molti ne sono convinti, parecchi lo aspettano e anche lo sperano. Il fatto, ora, che il segretario di Stato americano abbia detto esplicitamente che «il regime di Castro sta per finire» aggiunge una spinta di buon rilievo a quel convincimento. L'occasione di questo intervento ascoltato con attenzione in molte parti del mondo è stata, ieri, l'audizione del ministro presso la Commissione esteri del Congresso; analizzando il panorama internazionale e il ruolo che gli Usa progettano di svolgervi, Hillary Clinton ha tracciato per i membri del parlamento la condizione attuale dell'isola caraibica e le variabili dello sviluppo legato alla successione (già in atto, comunque) di Fidel Castro. Il fratello Raùl ha assunto l'eredità formale del Lìder Maximo, ma Fidel resta ancora alle sue spalle a vegliare sui tempi e sulle forme dell'evoluzione politica del regime, e il suo appuntamento settimanale sul quotidiano ufficiale «Granma» è una puntualizzazione cui gli osservatori internazionali prestano molto valore, per cogliere il senso di una possibile dialettica al vertice del potere. Un esempio significativo è stato dato proprio ieri dal Comandante, che ha ripreso le parole pronunciate pubblicamente da Raùl dopo la decisione di Obama di ridurre le restrizioni imposte ai viaggi verso l'isola. Il fratello in carica aveva risposto con una notazione molto positiva al presidente americano, «siamo pronti a collaborare, naturalmente su una condizione di parità». Ma poiché Obama aveva fatto riferimento alla liberazione dei prigionieri politici dell'isola come una realistica precondizione per l'avvio di un negoziato di «pacificazione», Fidel interviene ora con una precisazione molto netta, e dice che - se di liberazione di «eventuali prigionieri» si voglia parlare - questo sarà possibile soltanto attraverso uno scambio con «i cinque prigionieri politici cubani che gli Usa tengono nelle loro carceri». I cinque cubani sono cittadini dell'isola che lavoravano negli Stati Uniti e che sono stati condannati per spionaggio dopo regolare processo, ma l'Havana sostiene che si tratta di una spregiudicata speculazione del governo americano e che in realtà sono «prigionieri politici». Si tratta di schermaglie di manovre diplomatiche nient'affatto nuove; da una parte e dall'altra delle 98 miglia che separano l'isola comunista dalla patria ufficiale dell'anticomunismo si è sempre fatto uso di questi attacchi polemici per giustificare la propria intransigenza. Tuttavia, anche al di là delle parole dette ieri dal ministro americano, la sensazione più diffusa è che questa volta si sia davvero alla vigilia di un radicale mutamento di scenario, perché la nuova identità dei due protagonisti - Obama a Washington e Raùl all'Havana - non può che portare a un mutamento degli atteggiamenti e degli indirizzi di gestione della crisi. A Cuba, l'attesa è molto intensa, quasi quanto quella che manifestano in Florida i due milioni di esuli dall'isola castrista. L'attesa si è accesa e attenuata più volte, da quando - ormai quasi tre anni fa - Fidel finì in ospedale senza più riuscirne. All'Havana se ne parla con una spregiudicatezza prima impensabile, a Miami si approntano gli yacht con cui dare l'assalto alle spiagge e agli attracchi di Cuba dopo la «liberazione». Ora ci si è aggiunto anche il governo americano, che, nelle parole ieri della signora Clinton, ha dichiarato ufficialmente: «Ci dobbiamo preparare, stiamo assistendo all'inizio di un dibattito che porterà grandi cambiamenti». La generosità di Hugo Chavez si è spinta a regalare non solo un libro ma anche un'intera isola a Barack Obama, o meglio all'America. A margine del Quinto vertice delle Americhe conclusosi domenica, Chavez ha annunciato di aver regalato al governo del New Jersey un'isola di proprietà della Citgo, filiale del gigante petrolifero venezuelano Pdvsa. L'isola di Petty si trova davanti a Philadelphia, nell'estuario del fiume Delaware e occupa un'area di 214 ettari. Sede di attività petrolifera sin dal 1900, nel 1982 era divenuta proprietà della Citgo, che nel 2001 aveva cessato di utilizzarla. L'isola ora è un vero e proprio gioiello ambientale.

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L'OCCASIONE DELLE RIFORME (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 23-04-2009)

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Corriere della Sera sezione: Prima Pagina data: 23/04/2009 - pag: 1 IDEE PER IL DOPO CRISI L'OCCASIONE DELLE RIFORME di FRANCESCO GIAVAZZI L a crescita cinese, più 6,1% nel primo trimestre dell'anno, seppure in discesa rispetto al 9% del 2008, è il segno che l'economia mondiale non è crollata. Fra le famiglie americane ritorna un po' di speranza: l'indice della fiducia dei consumatori è salito in Aprile a 61.9, il livello più elevato degli ultimi sette mesi, 12% meglio che nello scorso autunno. La caduta degli investimenti si è attenuata: cresce il numero delle imprese che dice di aver aumentato gli investimenti (sebbene continuino ad essere più numerose quelle che li stanno ancora tagliando). I tassi di interesse su titoli decennali iniziano a salire, prova che i mercati finanziari cominciano a vedere la ripresa e un'inversione della politica monetaria della Federal Reserve. Certo, le banche americane rimangono molto fragili e nell'economia reale soprattutto in Europa dove il ciclo è tradizionalmente sfasato di sei mesi rispetto a quello americano il peggio deve ancora arrivare. Ma è venuto il momento di cominciare a pensare al dopo. Nonostante il crollo degli ordini 30-40 per cento meno di un anno fa gli imprenditori italiani non sembrano aver perduto la fiducia. Come ha scritto sul Corriere Dario Di Vico: «Mentre le élite si accapigliano sul ritorno di Keynes, le aziende del Nord Est non smettono di far girare le macchine, di cercare idee nuove, prodotti diversi, tecnologie più avanzate. Sono coscienti della gravità della recessione, ma sanno anche che un giorno passerà e che quel giorno non bisogna farsi trovare con le mani in mano. Anzi che è il caso di porsi oggi quei problemi che il travolgente sviluppo a due cifre degli anni scorsi ha aperto e ha lasciato insoluti, a cominciare dal paesaggio distrutto dai capannoni ». Con straordinaria abilità Sergio Marchionne ha sfruttato la crisi per far uscire la Fiat dall'angolo. Un anno fa la domanda ricorrente era: «In Europa c'è un produttore di automobili di troppo: chi chiuderà? ». L'acquisizione della Chrysler apre all'azienda di Torino il mercato americano, che aveva lasciato all'inizio degli anni 70 e nel quale non era più riuscita a rientrare. La domanda «chi chiuderà?» non riguarda più la Fiat. E la politica? Rahm Emanuel, Chief of Staff del presidente Obama e la persona più influente nella nuova amministrazione, ripete spesso: «Non vuoi certo sprecare l'occasione di una grave crisi: le crisi sono opportunità straordinarie per fare cose che in tempi normali paiono impossibili». Marchionne insegna. Possiamo cogliere appieno l'occasione anche noi? Alzare l'età della pensione non è solo necessario: in un momento in cui le famiglie sono preoccupate per il loro futuro potrebbe essere persino popolare. Il governo potrebbe incalzare Confindustria e sindacato proponendo uno scambio virtuoso fra un sistema moderno di sussidi di disoccupazione e la revisione dello Statuto dei lavoratori. Invece, fino ad oggi, ha limitato gli interventi all'emergenza: palliativi costosi ma insufficienti (estendere via via la cassa integrazione non è il modo per dare certezze a chi ha perso il lavoro e sostenere i consumi) e che non hanno affrontato alcuno dei nostri problemi strutturali. È venuto il momento di smetterla con le inutili discussioni sulle colpe della finanza e sul futuro del capitalismo (certo non saremo noi a determinarne la svolta, se mai ci sarà) e invece pensare al domani. CONTINUA A PAGINA 38

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Podestà: io in corteo con la Brigata Ebraica (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 23-04-2009)

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Corriere della Sera sezione: Primo Piano data: 23/04/2009 - pag: 2 Il candidato pdl alla Provincia di Milano Podestà: io in corteo con la Brigata Ebraica MILANO Aveva già detto che ci sarebbe stato «per celebrare l'affermazione delle libertà e della democrazia in Italia». Ora ha deciso anche con chi sfilerà. L'europarlamentare del Pdl, Guido Podestà, 62 anni, candidato a Milano alla presidenza della Provincia, sarà al corteo del 25 aprile al fianco della Brigata Ebraica «per dare un segnale contro i nuovi fenomeni di razzismo ». Ha deciso dopo che ha deciso Berlusconi? «Proprio no. Ho sempre celebrato il 25 aprile, che considero una data storica perché da lì siamo tornati ad essere una democrazia liberale. E avevo già detto che ci sarei stato anche quest'anno: non avevo ancora deciso con chi sarei sfilato». Perché proprio la Brigata Ebraica? «Considero il popolo ebreo portatore di una grande civiltà. Sono stati nei millenni oggetto di razzismo e violenze e, come dicevo, nella nostra società si intravedono segnali preoccupanti da respingere con forza». Una scelta «di campo», come nel suo slogan elettorale? «Esatto. Siamo al fianco di Israele per quello che rappresenta come avamposto della nostra società rispetto ai fatti del Medio Oriente». Il suo antagonista, Filippo Penati, aveva invitato Berlusconi a sfilare a Milano. Cosa ne pensa? «Mi chiedo chi sia Penati per dire al capo del governo vieni o non vieni. Pensa forse che Berlusconi non sia in grado di decidere se e dove andare? Davvero incredibile, questo Penati: mi chiedo se darà indicazioni anche al pontefice, o si fermerà ad Obama...». Perché il 25 aprile divide sempre? «Perché qualcuno pensa di appropriarsi di questa ricorrenza. Violante, nel discorso di insediamento come presidente della Camera, era stato chiaro: è una festa di tutti». Pacificazione, insomma? «Io la interpreto così. A 16 anni ero iscritto alla Gioventù liberale, oggi sono nel Pdl. Per me le parole hanno un senso e il 25 aprile è stata una svolta per la libertà di noi tutti. Questo non mi impedisce di portare rispetto per chi lottava nella Repubblica Sociale. Sono passati 60 anni: perché non si volta pagina?». Elisabetta Soglio Sfidante Europarlamentare azzurro sin dal 1994, Guido Podestà, 62 anni, sfiderà il presidente uscente della Provincia di Milano Filippo Penati (Pd)

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LA TURCHIA IN EUROPA QUALCHE NODO DA SCIOGLIERE (sezione: Obama)

( da "Corriere della Sera" del 23-04-2009)

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Corriere della Sera sezione: Lettere al Corriere data: 23/04/2009 - pag: 39 Risponde Sergio Romano LA TURCHIA IN EUROPA QUALCHE NODO DA SCIOGLIERE Concordo pienamente con lei sulle motivazioni che hanno spinto il presidente Obama a rilasciare al Parlamento turco le dichiarazioni a cui lei fa riferimento nella sua risposta ( Corriere, 11 aprile). Certamente la reiterata considerazione sull'opportunità che la Turchia entri a far parte dell'Europa non autorizza come lei osserva il presidente degli Stati Uniti a sostenere pubblicamente, nel suo discorso al Parlamento, tale necessità. Ma dopo tante impegnative valutazioni sul ruolo della Turchia, sulla sua rilevanza geo-strategica in Asia centrale, Caucaso e Medio Oriente, il problema non è se l'Europa debba degnarsi di fare posto alla Turchia, ma piuttosto quello di chiedersi se non occorra pregare la Turchia di raggiungere l'Ue, superando stanchezza e delusioni accumulate nel tempo, perché l'Europa ha bisogno di lei. Maria Antonia Di Casola dicasola.maria@alice.it Cara Signora, N egli scorsi giorni sono stato a Istanbul per un convegno organizzato a Palazzo Venezia (ora sede del consolato italiano) dall'Unione di amicizia Italia-Turchia. Vi erano, insieme a molti giornalisti italiani e turchi, numerosi imprenditori dei due Paesi e una buona rappresentanza della politica turca. Il principale tema dell'incontro è stato naturalmente l'adesione della Turchia all'Unione Europea. Il negoziato procede con snervante lentezza e i turchi hanno eccellenti ragioni per lamentarsi del modo in cui, ad esempio, Cipro, spalleggiato da alcuni Paesi, è riuscito a creare una serie di pretestuosi blocchi stradali. Ma ho avuto l'impressione che la Turchia non abbia rinunciato al suo obiettivo e che lo stia perseguendo con molta serietà. Il ministro Egemen Bagis, responsabile turco dei negoziati, ha parlato delle riforme costituzionali che il governo intende adottare (fra le quali una legge sulla parità dei sessi). Il ministro dell'Economia Mehmet Simsek ha parlato degli effetti della crisi finanziaria, ma ha descritto un Paese giovanile, dinamico, ambizioso che ha voglia di misurare se stesso, sul piano economico e civile, con gli standard prevalenti nell'Unione Europea. Un imprenditore, Halim Mete, ha ricordato che la Turchia è già integrata nell'economia mondiale e che la prospettiva dell'ingresso nell'Ue è stata una straordinaria motivazione psicologica per la sua industria e la sua finanza. So che l'atteggiamento di alcuni Paesi europei (in particolare Francia, Germania, Austria) e la lentezza dei negoziati hanno deluso una parte dell'opinione pubblica turca. Ma dal convegno di Istanbul ho ricavato l'impressione che l'Europa sia ancora al primo posto nella lista delle priorità della classe dirigente. La Turchia è una potenza regionale e può, all'occorrenza, voltare le spalle all'Unione per coltivare i propri interessi in Medio Oriente, nel mar Nero, nel mar Caspio e nell'Asia centrale, dove popolazioni e lingue sono vecchi rami dell'Impero ottomano. Ma l'Europa è il suo principale partner economico (80% dei suoi scambi commerciali) e il depositario dei modelli politici e sociali a cui intende ispirarsi. Esiste un interesse turco all'adesione ed esiste, a mio avviso, un corrispondente interesse europeo. Continuo a pensare, in particolare, che l'ingresso nell'Ue di un Paese musulmano, ma democratico e laico, gioverebbe ai nostri rapporti con i vicini islamici del Sud e del Sud-est. Ma questa prospettiva si scontra, dopo il frettoloso allargamento dell'Ue e la crisi del Trattato costituzionale, con almeno due ostacoli. In primo luogo alcuni governi europei sanno di non potere imporre l'adesione della Turchia ai loro Paesi in questo momento. Il problema, in altre parole, non è il personale atteggiamento di Nicolas Sarkozy e Angela Merkel, ma quello dei loro elettori. In secondo luogo l'ingresso della Turchia nell'Ue allargherebbe enormemente l'area delle nostre responsabilità internazionali. Smetteremmo di essere una unione esclusivamente europea per diventare contemporaneamente una potenza medio-orientale. Non basta quindi che la Turchia completi la sua marcia di avvicinamento anche sul piano istituzionale e civile. Occorre soprattutto che la Ue abbia gli strumenti per governare se stessa e per fare una politica estera conforme ai maggiori impegni che deriveranno dalla sua estensione. Sono questi, al di là dei singoli problemi negoziali, i veri nodi da sciogliere.

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